Il racconto della strega.

di KIAsia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Sotto la polvere e dietro la porta. ***
Capitolo 2: *** 1- Un peluche Blu. ***
Capitolo 3: *** 2 - Una scatola pulita. ***
Capitolo 4: *** 3 - Zoppo. ***
Capitolo 5: *** 4 - Un grazie d'obbligo. ***
Capitolo 6: *** 5 - Gravità. ***
Capitolo 7: *** 6 - Ala spezzata. ***
Capitolo 8: *** 7 - Ragione e Realtà. ***
Capitolo 9: *** 8 - Maria. ***



Capitolo 1
*** Prologo - Sotto la polvere e dietro la porta. ***


Prologo - Sotto la cenere e dietro la porta.

 

Ehy caro amico mio che hai aperto questa FanFiction, sappi che già mi stai simpatico! *cerca di accaparrarsi lettori* .

Ho scritto questa “cosa” dopo aver visto una cosa(?) e beh, era nata per essere davvero simile a quello, ma poi è andato tutto come la mia mente pian piano si è immaginata e l'idea iniziale è andata a farsi friggere quasi del tutto..... ops.

Spero ti piaccia e che trovi il tempo di recensirla alla fine... (Ti sto pregando, fallo! *piange*)

Ti lascio leggere!

Volevo ringraziare le ragazze che hanno letto in anteprima alcuni capitoli e che mi hanno supportato nella scrittura degli altri, se non ci foste state voi probabilmente sarebbe finita nel dimenticatoio!

ElisaThad; SoniaBelle; NaliKurtye e RobertaKyle.

 

Kurt stava ancora facendo la spesa mentre quel povero peluche lo aspettava impaziente di poter tornare a casa, non aveva mai sopportato le automobili.

Si sarebbe messo volentieri a correre quando una bambina tutta pelle e ossa le si era avvicinata come se fosse una montagna di gelato e cavolo, aveva una voglia matta di urlare a quella marmocchia di smammare, ma sicuramente quello non era il massimo.

Quindi rimase immobile e vigile, ringraziò il cielo e chiunque lo ospitasse quando la mamma della piccola peste la prese fermamente per un braccio borbottando che non doveva avvicinarsi ai giocattoli per terra perché potevano essere portatori di germi.

Mi viene da ridere al pensare che il povero peluche si arrabbiò molto di più, fantasticando di prendere a parole la povera donna, del fatto che gli aveva dato giustamente di “giocattolo” e non perché aveva detto che era un germe e malattie vivente.

Quando vide quelle due sparire dietro ad un muro si passò una soffice zampa blu sulla fronte e sospirò sollevato, per quanto un orsacchiotto di peluche potesse fare ovviamente.

Si guardò il corpo blu scuro e sentì stretto al collo il collare rosso che in ogni momento gli ricordava il perché. Aveva capito ormai da tanto tempo che doveva fare di tutto per tornare indietro, a qualsiasi costo.. tranne che a costo della vita!
Oh, dopotutto gli orsacchiotti vivono finché qualcuno non gli si rompe.. giusto? O forse c'era una scadenza da qualche parte? ...

 

Ma lasciamolo nei suoi assurdi pensieri e torniamo a noi: buongiorno Umani o Babbani o Mondani o come vi pare, so che vi piace offendervi da soli per la vostra ignoranza in materia, come se poi gli scrittori non fossero proprio come voi.. non vi capisco, e pensare che per metà sono come voi. Che schifo sinceramente, ma senza offesa eh.

Capisco se vi starete chiedendo cosa ci fa una stregona di così alta fama e conosciuta da tutti a fare due chiacchiere con voi.. beh, ve lo spiego subito.

Voglio raccontarvi una storia, una storia vera che ha avuto dell'incredibile e, ammettiamolo, me ne prendo tutto il merito cazzo!

Ok, mi avete passato parole poco adeguate per una signorina come me, ma ormai siamo nel XXI secolo quindi lasciamo questi termini “veeecchio stile” a casa.

Comunque, dicevo che voglio parlarvi di questa piccola avventura fin troppo da diabete per la mia acidità, ma ci si accontenta così. Non so proprio perché ho scelto questa qua, forse perché a dei pazzi romantici come voi potrà piacere, e molto.

Penso inoltre che i nostri cretin-eroi, i nostri eroi ovviamente, siamo un po' tardivi perché se fosse stato per me tutto sarebbe finito in un battito di ciglia mentre loro la fanno così lunga da farla quasi assurdamente divertente, senza il quasi.

Ah, importante: non mi interessa minimamente cosa la società in cui siete cresciuti vi dice: qui il sesso e l'amore sono due cose diverse.. pure per me che non ho nel mio vocabolario parole come “am-amu-amore” ed ho detto tutto cari. Quindi se si amano una donna ed un uomo, due uomini, un pesce ed un gatto, una carota e un broccolo, non ce ne fotte una sega.

Penso che in questo periodo siete sia andati avanti con tutti quei cosi assurdi che ti fanno parlare con una persona lontana chilometri e chilometri da te e sia andati indietro con tutti questi pregiudizi che vi auto-imponete.

.. devo ancora capire come ha fatto un umano a riuscire ad inventare tutti quegli aggeggi!

Sto divagando, porca merda.

Allora che stavo dicendo? Ah si, Leggete.

Leggete e capite in che mondo vivete, con peluche che si muovono, risate senza motivo, doppia personalità e occhi di gatto (io ancora mi sbellico per quella scena.. Kurt ha davvero rischiato il linciaggio quella volta!).

Leggete e indovinate cosa si cela dietro quel portone di legno scuro e sotto quella polvere grigia che ricopre ogni piano possibile ed immaginabile. Non fermatevi a scorrere gli occhi sulle parole però, dovete captare tutto ciò che vi racconterò perché ci sono cose che non sentirete ripetere mai più, se per sfortuna o fortuna non lo so, sta a voi deciderlo.

Oh, ehy.. sta arrivando.

 

Il giocattolo che non voleva essere chiamato giocattolo aspettò il ragazzo e sbuffò quando si accorse che era troppo lontano per potersi far vedere. Così con un paio di culate finì in mezzo al marciapiede e sorrise dolorante quando qualcuno lo colpì al fianco inciampandosi sopra.

Ottimo.

 

KIAsia Channel:

Ecco, questo è ovviamente un piccolo prologo e spero di averti incuriosito almeno un po'!
Per adesso non hai capitolo nulla giustamente, ma sarà tutto chiarito!

Beh, alcuni capitoli sono già scritti e quindi spero di aggiornare regolarmente una volta a settimana.
 

Alla prossima, Asia. 

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Capitolo 2
*** 1- Un peluche Blu. ***


Nome Capitolo: 1: Un Peluche Blu.
Ship: Klaine

Rating: verde
Numero Parole: 4806

 

E' così che la strega cominciò a narrare.

Kurt stava tranquillamente attraversando la strada per tornare a casa quando inciampò contro un oggetto che quasi non lo fece cadere a terra rovesciando tutto il contenuto della spesa.
Sbuffò mentre si voltava indietro per vedere cosa aveva pesticciato poco prima: era un peluche a forma di orso di un blu scuro che lo osservava con degli occhi davvero realistici indossando un collare rosso. Un sorriso intenerito nacque sul volto del ragazzo mentre con la mano libera andava a raccogliere l'oggetto leggendo sulla targhetta una via a lui sconosciuta di Westerville.
Lo guardò di nuovo negli occhi di spastica e riprese a camminare tenendoselo stretto al petto visto che ormai aveva deciso che lo avrebbe riportato al suo padroncino.
«Ti porterò a casa, contento?.. Sono arrivato papà!» Kurt informò suo padre del suo rientro a casa e andò a posare la spesa nei vari cassetti della cucina, lasciando l'orsacchiotto seduto sopra la sedia nel soggiorno. Quando aprì il cassetto dove si trovavano foglietti vari e penne, si pentì di averlo fatto sentendo la rabbia montargli velocemente nel petto accompagnata dalla paura e dalla tristezza.

«Pà, quando avevi intenzione di dirmelo di queste?!» urlò davanti all'uomo sventolando le innumerevoli buste delle bollette che suo padre gli aveva tenuto nascosto, di nuovo.

«Non sono più un bambino! Ormai ho finito di andare al McKinley e vorrei saperle queste cose!» cercò di abbassare la voce, ma era una cosa che lo mandava su tutte le furie: ormai era grande e suo padre doveva capirlo.
Burt sbuffò alzando gli occhi al cielo e prese le buste dalle mani di suo figlio «Ho capito. Ma anche se te lo dicessi non cambierebbero le cose quindi non ne vedo il motivo..» esclamò rassegnato abbassando gli occhi senza il coraggio di guardare il ragazzo in viso. Era sempre stata una situazione difficile la loro, da dopo la morte della madre, dalla omosessualità accettata di Kurt, dal bullismo alla scuola pubblica, fino alla crisi che adesso stava colpendo un po' tutti i settori, compresa l'officina di Burt.

«Senti, stavo pensando che potrei cercarmi un lavorino così da racimolare qualcosa anche io..» ruppe il silenzio Kurt mentre abbassava la testa cercando gli occhi del padre. «Sono grande e poi mi farebbe bene per un curricolo, ehm?» sorrise incoraggiante incrociando le braccia al petto.

«Sì, ha ragione.. e poi ci farebbe davvero bene ora come ora! Ma non voglio obbligarti Kurt, ce la caveremo lo stesso benissimo, quelle non sono un problema» farfugliò fino a bloccarsi storgendo il naso e rivolgendo gli occhi dietro al figlio. «cos-cosa è quello?» indicò il peluche blu vicino alla porta.
«Quello, è un giocattolo che ho trovato per strada, c'è una via pensavo di riportarlo là .. ci vado adesso! Mi informo dov'è il posto e ci faccio un salto! Sai, mi fa un po' soggezione» il ragazzo si voltò piano osservando il grande orso di quel bizzarro colore scuro che sembrava guardarlo attentamente.

«Cavolo, anche a me!» ruppe il silenzio Burt portando entrambi a ridere. Kurt si precipitò in camera e, dopo aver acceso il PC, si scrisse su un foglietto le indicazioni, si cambiò e scese velocemente in cucina per salutare il padre e prendere le chiavi della macchina. Quasi si dimenticò del pupazzo sulla sedia e si chiuse la porta alle spalle sentendo le risate e i commenti di suo padre su quanto fosse “svampito” che aveva assistito alla scena. Sbuffò e guidò stando attento e ricordandosi anche google maps, ringraziò chissà chi quando raggiunse la via e sospirò sollevato ritrovandosi davanti al numero civico e una grande casa rudimentale, quasi antica, che stonava in mezzo a quelle classiche, anonime. Kurt doveva ammettere che gli piaceva.
Arrivò davanti al portone e, dopo aver salito qualche scalino, fu intimorito dal bussare: c'era una porta di legno massiccio e scuro, con un anello di ferro al centro che sembrava rappresentasse un tornado d'oro ed era polveroso, come se fosse in disuso. Per un attimo pensò che fosse abbandonata finché non si accorse della luce accesa al piano superiore e, con un coraggio che non seppe da dove lo tirò fuori, bussò ben due volte spingendo il pesante anello contro il legno.
La porta si aprì cigolando ma non sembrava esserci nessuno dall'altra parte. Kurt entrò titubante all'interno sentendosi un intruso e posò il peluche sopra l'unico piano che non fosse pieno di briciole di cibo, occupato da libri o piatti sporchi da chissà quanto. Il ragazzo rabbrividì disgustato da quello spettacolo ragionando su quando fosse stata l'ultima volta che la casa venne pulita e a quanti germi ci fossero, fece uno scatto quando un grosso ragno grigio scese dal muro e si andò a posare su una delle infinite ragnatele che circondavano le pareti e tutti gli angoli possibili.

Kurt ragionò, facendo due calcoli, e arrivò alla conclusione che, in quella casa, nessun essere umano avrebbe potuto viverci. Quindi decise di tornare indietro finché non notò una tazza da caffè con rimasuglio qualche goccia liquida ancora sul fondo, nuova.
Oddio, ma chi ha il coraggio di abitarci qua dentro?! Avrebbe davvero bisogno di un aiuto..

«C'è qualcuno?» esclamò un po' spaventato facendo qualche passo avanti e notando un grosso camino spento a destra e delle scale sommerse di roba proprio infondo alla sala. Si sorprese di notare come la casa fosse.. antica? Aveva qualcosa di misterioso, sembrava uscita da un romanzo ambientato nel periodo feudale pieno di castelli e grandi signorie: le pareti erano circondate da dipinti con paesaggi e orizzonti: dal mare alla montagna, dalla grande città alla casetta isola su una collina.
L'attenzione di Kurt fu attirata come un magnete da un quadro dove sopra c'era raffigurato un paesaggio soave, c'erano semplicemente tre soggetti che completavano il dipinto: una casa isolata sul pelo dell'orizzonte che veniva illuminata dal sole che andava sparendo dietro la collina.
Infine si vedeva un albero quasi al centro della tela, sembrava il protagonista della scena, come se quel quadro parlasse di lui. Inoltre un grande gioco di ombre e colori contornava il tutto, come le foglie che variavano dal verde più chiaro fino al più scuro o come i mattoni squadrati del tetto che toccavano ogni variazione di rosso.
Kurt poté giurare di sentire la leggera brezza serale soffiargli sul viso o il sole che lo baciava amorevolmente con i suoi raggi caldi, addirittura sembrava che l'erbolina ai piedi del maestoso albero seguisse la scia che il vento le indicava. Chiuse gli occhi e l'odore di margherite lo accerchiò mentre uno strano rumore, come se ci fosse un ruscello da quelle parti gli giunse all'orecchio.
Kurt non era più in quella stanza, era nel quadro stesso.
Tack, Tock, Tack, Tock...
Il ragazzo aprì di scatto gli occhi e mise nuovamente a fuoco la sala lurida nella quale in realtà si trovava mentre il rumore di passi al piano di sopra lo invogliò ad alzare lo sguardo ma, appena lo fece, tutto tornò da un inspiegabile e pesante silenzio.
Corrugò la fronte pensando che il proprietario si fosse fermato finché non pensò che forse poteva essere un topo e semplicemente smise di pensare, impaurito dalle altre possibili conclusioni.
Non sapeva bene il perché ma trovava quella casa magnetica, come se ti invitasse.. o costrinse a restarci.

«Kurt?! Ma ch-?» una voce svegliò il ragazzo da quei pensieri. Si voltò di scatto pensando di trovare una faccia familiare, ma si stupì davanti ad un riccioluto pressapoco della sua età, con delle pozze color nocciola tanto profonde da potersi perdere dentro al posto degli occhi che lo scrutavano da capo a piedi come se avesse visto un fantasma. Ci mise qualche secondo a rendersi conto che quello sconosciuto lo aveva chiamato per nome.

«Come fai a sapere il mio nome?» gli domandò ovviamente mentre assumeva l'espressione stupefatta dell'altro.

«Eh? Che? No!» il morettino volse gli occhi intorno alla stanza alla ricerca di qualcosa mentre le sue gote si tingevano di rosso, finché non si schiarì la voce. «Ecco! Kurt è l'or-orsacchiotto.. sai, pensavo di averlo perso!» sembrò soddisfatto della sua risposta visto che gonfiò il petto e tirò su il mento orgoglioso.
Kurt corrugò la fronte alzando un sopracciglio e si domandò come mai il ragazzo sconosciuto avesse indugiato così tanto e come mai ancora non gli avesse chiesto cosa ci faceva nella sua proprietà.

«Ma tu chi sei??» si svegliò facendo un balzo, come se qualcuno gli avesse tirato una forte gomitata nello stomaco «sei dentro casa mia senza un motivo!»
A Kurt sembrò di essere finito dentro uno spettacolo a Broadway: dove il ragazzo protagonista davanti a lui recitava la sua battuta ripetuta così tante volte che ormai sapeva alla perfezione.
«Mi chiamo Kurt Hummel, come il pupazzo! Per quello pensavo che..» scosse la testa, era una cosa irrilevante e non voleva passare come un egocentrico che si crede sempre al centro dell'attenzione. «comunque l'ho trovato e ho pensato fosse giusto restituirtelo..» indicò l'orso ancora comodamente seduto sulla sedia, il quale lo scrutava con i suoi occhi scocciati, annoiati e irritati...
Cosa? Kurt, è un semplice pupazzo!? Smettila, i suoi occhi sono proprio come prima... Sto impazzendo, accidenti!
«Capisco, io sono Blaine. E grazie per avermi riportato Kurt a casa!»
«Oh prego, non c'è di che..»
«Piacere di conoscerti, Kurt» Blaine gli lanciò un sorriso mentre gli porgeva educatamente la mano aperta, pronta a stringersi con la sua.

«Piacere mio!» Kurt la strinse e notò quanto calda e rassicurante fosse, sentiva una forte scarica elettrica partire dall'altro, come non gli era mai capitato.

«Scusa per il disordine, ma non ho mai tempo per rimettere a posto e non trovo nessuno disposto a metterci le mani» esclamò Blaine muovendo le braccia aperte per la stanza e aspettando una qualche risposta da parte di Kurt. Aveva un sorrisetto strano, pensò Kurt, e lo vedeva ogni tanto lanciare occhiatine all'orsacchiotto.

«Se vuoi lo faccio io!» si propose coraggiosamente il castano.

Blaine quasi salta e batte le mani una volta, entusiasta. «Solo se ti farai pagare! E farei sui 15$ all'ora.. ma se vuoi posso aumentare eh!? Non ho davvero problemi con i soldi» un grande sorriso si impossessò di entrambi i ragazzi mentre realizzavano di aver ottenuto quello che desideravano: un lavoro per Kurt e Kurt per Blaine.
«Oddio no, mi va benissimo davvero.. allora quando comincio? Ci sarà davvero tanto da fare» ammise Kurt scrutando con una smorfia corrucciata la stanza, fece una smorfia per il completo disordine, ma non poteva essere triste: aveva trovato un lavoro e poteva stare più a contatto con quel stupendo, bizzarro e intrigante ragazzo di nome Blaine.
Blaine, dalla sua parte, era super contento e pronto finalmente, perché davvero non ne poteva più di vivere in quel sudiciume senza Kurt.
«Kurt.. allora per me anche da domani, puoi dirmelo tu! Ho vissuto qui dentro per molto tempo, non ho problemi a starci per un altro paio di giorni.» scherzò Blaine mentre liberava una sedia da un paio di libri per offrirla all'altro e posava il peluche a terra per sedersi lui. «Vuoi del caffè o dell'acqua? Sai sono le uniche bibite che ho.» domandò educato all'ospite strusciandosi nervosamente le mani sulle cosce.

«No grazie. Sto a posto... posso farti una domanda?»

«Certo, dimmi!»
Kurt si sporse in avanti cercando di non arrossire e di non essere troppo diretto, non voleva mancare di tatto o di rispetto a Blaine che sembrava così gentile, ma non aveva saputo contenere la sua curiosità e ormai doveva parlare.

«Come mai si è ridotta così questa abitazione?» si morse la lingua dopo aver parlato perché era andato dritto al punto, ma non aveva trovato metodo migliore se non quello.
Blaine alleggerì la tensione scoppiando in una fragorosa risata e arricciando il naso in un'espressione adorabile. «Non sono mai in casa ormai e la badante ha deciso di non tornare più e quindi mi arrangiavo, finché non sei arrivato tu salvandomi!» ridacchiò ancora osservando Kurt che arrossiva ancor di più e abbassava lo sguardo lasciandogli un sorriso leggero e genuino.

«Adesso sta a me domandare, ok?» Blaine mise su una faccetta da bambino che fece ridere l'altro. Annuì aspettando il quesito con trepidazione, paura e curiosità.
«Dove abiti? Cioè ti ci vorrà tanto a giungere qui quando verrai a fare le pulizie?» Kurt scosse la testa e, dopo averci pensato reggendosi il mento con le dita, rispose

«Un po'.. un ora e mezza circa! Abito a Lima.» sorrise al moretto al quale gli si illuminarono gli occhi di una lucina entusiasta mentre annuiva contento della risposta.

Intanto a Kurt pensò ad una cosa che lo fece riflettere e si domandò finalmente quanti anni avesse davvero il ragazzo che si trovava di fronte.

Viveva da solo?

Possibile che un suo coetaneo vivesse il solitudine da così tanto da riuscire a far diventare una casa così? La riposta sembrava affermativa, ma visto che eravamo finiti in un gioco dei quiz chiese direttamente al diretto interessato. «Vivi da solo?»
Blaine tintinnò per alcuni secondi fino ad annuire mentre faceva voltare velocemente gli occhi intorno alla stanza «Sì, da qualche anno ormai. I miei si sono trasferiti in Europa per.. lavoro e io sono voluto rimanere qui invece.» alzò le spalle e Kurt decise di non andare oltre perché non sembrava essere un argomento che amava, anzi.
«Ah, ma tutti questi quadri stupendi chi gli ha fatti? Ho notato che si firma come “Devon”»
Blaine annuì e sorridette gonfiando il busto «Mi chiamo Blaine Devon Anderson.. sono miei» il ragazzo non si perse nemmeno un secondo dell'espressione stupita e meravigliata di Kurt che si alzava dirigendosi davanti al quadro che aveva notato prima per poi voltarsi verso di lui.
«Mi stai dicendo che sono opera tua? Ma sono dei capolavori!» strofinò una mano sul dipinto leggermente e sentì i polpastrelli scontrarsi contro la tempera asciutta. Anche Blaine si alzò e con il cuore a mille si andò a posizionare accanto all'altro e guardò anche lui la tela dipinta da se stesso chissà quanto tempo fa, sembrava passata l'eternità.
«Esagerato! Quando avevo tempo mi divertivo a immaginarmi questi luoghi mistici, non so nemmeno se esistano, ne dubito» un sorriso triste gli nacque sul volto e Kurt sentì il bisogno urgente di allontanarglielo perché lo preferiva sicuramente con la risata fragorosa di qualche attimo prima.
Blaine si svegliò dalla sua trance e si rivolse a Kurt «Stavo pensando che sarebbe più comodo per entrambi se tu rimanessi a dormire qui, almeno io non sto da solo quando torno dai miei soliti giri e tu non devi farti due viaggi lunghi tutti giorni, perdendo tempo e benzina. Ho molte stanze in questa casa, il posto non manca! Ch-che ne pensi?» Kurt stava per scuotere la testa e rifiutare quando Blaine continuò a parlare «ti offro il doppio della paga che avevamo stabilito: quindi 30$ all'ora!»
L'altro strabuzzò gli occhi che gli uscirono quasi fuori dalle orbite e spalancò la bocca a dir poco sconvolto. Quel pazzo gli aveva offerto una cifra esorbitante e non avrebbe mai potuto rifiutare, non per tutti quei soldi! Lui e suo padre sarebbero stati apposto per tutta la vita. Quindi annuì convinto e sorridente
«Sei uno squilibrato a darmi una cifra così alta, posso accontentarmi di meno, ma accetto.. adesso vado a casa a prendere dei vestiti e.. »
«Non ti preoccupare, ho molti soldi inutilizzati!» scherzò di risposta. «Oh, vai vai pure.. io ti aspetto qui.»
Lo salutò sventolando una mano mentre Kurt usciva entusiasta dalla casa.

 

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Kurt arrivò a casa e saltellò fino al salotto dove suo padre stava pigramente guardando una partita di football registrata. Mise in pausa senza ascoltare minimamente le lamentele del suo vecchio.

«Kuurt, stava per fare meta!»

«Papà, l'avrai vista milioni di volte questa partita..» lo guardò incrociando le braccia.

«Ma hanno vinto, cavolo!» gioì Burt sulla poltrona. Kurt sventolò la mano disinteressato e gonfiò il petto pronto ad informare suo padre. «Comunque, devi essere orgoglioso di me!».

«Lo sono sempre, ma.. perché?»

«Mi sono trovato un lavoro, ovviamente! E ci darà un sacco di bei soldi!» alzò lo sguardo sognante e cominciò a parlare a raffica, ancora ci si chiede dove trovaresse l'aria dentro i polmoni. «questo ragazzo, Blaine, vive da solo in una casa che è un sudiciume e mi ha proposto di ripulirla da capo a piedi, è davvero tanto lavoro! Mi pagherà 30$ all'ora e poi dormirò lì quindi-»

«COSA? Tu non andrai a vivere a casa di uno sconosciuto.» Kurt conosceva bene quella voce, era quando non c'erano repliche: proprio come per la cena del venerdì insostituibile che... era stata sostituita con quella del giovedì. Doveva semplicemente lavorarci un po' di più sopra.

«Ma papà è un opportunità unica, non lo troverai mai più un pazzo del genere»

«Esatto, proprio un pazzo!» sbuffò l'uomo incrociando le braccia al petto.

Cattivo segno...

«Ma non per davvero, era un modo di dire! Accidenti, quanto sei puntiglioso!» fece una smorfia «ti prometto che terrò sempre il telefono in tasca e poi cosa potrebbe mai farmi, eh?» lo sfidò sapendo che non aveva niente in mano, aveva perso ormai.

«Potrebbe ucciderti, molestarti.. e poi la convivenza è difficile!» grugnì il padre arrampicandosi sugli specchi che non avrebbero retto tanto.

«Uno: non mi ucciderà, gli servo! Due: non mi molesterà, non mi farò picchiare sicuramente! E tre: starà tutto il giorno fuori, a quanto dice, e ti prometto che se mi ci trovo male vengo via, ok?» lo rassicurò smontando tutte le sue scuse e sorridendogli dolcemente «E poi ti chiamerò tutte le sere! Promesso»
«Promesso?» Burt mise su un adorabile faccetta triste e Kurt si chiese chi dei due fosse il più adulto in quella stanza.

«Promesso.»
«Okey. Ma non sono ancora convinto, sappilo..» Kurt balzò contento regalando un sentito bacio sulla guancia di suo padre e salì velocemente le scale per fare le valigie. Sperò che Blaine avesse un armadio ampio altrimenti tutta quella roba dove l'avrebbe messa? Sperò anche che fosse cordiale come al primo incontro, gli era subito piaciuto il suo modo garbato e timido. Sorridette per tutto il tempo fino a sentir male alle guance. Finì con portare tre valigie stracolme dei suoi vestiti e si avviò giù in cucina.

«Allora.. io sono pronto!» si strofinò le mani sulle cosce realizzando quello che stava per fare e entrando decisamente nel puro panico.
Ma dove sto andando? Papà ha ragione, cavolo! E poi magari quel tizio è antipatico, o uno psicopatico.. ci sarà un motivo se nessuno ha fatto il lavoro che vado a fare prima di adesso, no? Oddio, perché li altri non hanno accettato?
«Kurt, respira.» il padre scoppiò a ridere mentre tirava leggere pacche sulla schiena del proprio figliolo. «Andrà tutto bene e tu lo sai! Questa è la classica paura che arriva nei momenti di cambio drastico!» sghignazzò cercando di infondere coraggio al suo bambino cresciuto.
«S-sì, hai ragione!» Kurt si alzò e drizzò le spalle «vado.. prima di cambiare idea!» ridacchiò baciando nuovamente l'uomo e prese le borse portandole in macchina partendo alla volta di Westerville.

Per tutto il tragitto si domandò se la scelta che aveva fatto fosse stata corretta, tutto così.. veloce, troppo veloce: la mattina non cercava nemmeno lavoro ed adesso si stava trasferendo da uno sconosciuto, quanto poteva essere normale tutto quello?
Arrivò semplicemente alla conclusione che ormai era fatta ed era inutile piangere sul latte versato e che, comunque. quei soldi servivano davvero, sia a lui sia a suo padre, per pagare quelle stramaledettissime bollette. Blaine sembrava un ragazzo tranquillo e Kurt provava un certa attrazione verso quella casa antica, tutti quei quadri e chissà cosa nascondeva al piano di sopra.

Arrivò senza guardare il foglietto dove aveva scritto le indicazioni stradali e si congratulò da solo della sua formidabile memoria. Bussò alla grande porta e non si sorprese di trovarla nuovamente aperta, entrò tranquillamente. «Blaine, sono tornato!» sentii dei passi proprio come la prima volta che però, al contrario, non si fermarono e fecero apparire Blaine sulla rampa delle scale che scendeva a passo svelto andandogli incontro.
«Oh, eccoti qui! Ti faccio vedere la tua stanza così ti sistemi, ok?» Probabilmente tra i due quello più emozionato per la situazione era Blaine, senza il “probabilmente”. Aveva il fiatone, un sorriso gli occupava il viso mentre si stropicciava il bordo della maglia con nervosismo.

«S-Sì.. andiamo!» Kurt batté le mani e intanto Blaine prendeva due valigie «No-non importa davvero, posso portarl-»
«shh, che gentiluomo sarei sennò?» esclamò lanciandogli un occhiolino il moro. Kurt si sentì morire e le sue guance presero colore mentre gli occhi osservavano ostinatamente le proprio mani. «O-okey»
Cavolo Kurt, smettila di balbettare ad ogni frase!
Intanto Blaine si malediva per la demente trovata, ma gli era venuto così spontanea! Non ci aveva pensato minimamente.
Devo pensare prima di agire, cavolo! Non la imparerò mai questa lezione..
Giunsero davanti alla stanza oltrepassando altre camere lungo un corridoio che a Kurt sembrava non finire mai.

«E' sicuramente la più pulita!» Blaine prese la maniglia con la mano tremante dall'emozione e aprì la porta mostrando una camera ordinata, con i muri azzurri, un grande letto e una scrivania in mogano.

«Wow! E' bellissima. » gli occhi di Kurt vagarono per tutta la stanza sconvolti per la diversità rispetto alla sala così lurida. Si sedette a peso morto sul letto «davvero, è perfetta!» dicendolo notò una bacheca di sughero vuota proprio sopra la scrivania, sulla parete c'erano delle puntine, dei fogli e qualche penna, il minimo indispensabile per scrivere, sapeva già di amare quella stanza.
«D-davvero?» Blaine era felicemente sorpreso «comunque ancora non hai visto niente, caro Kurt!» ghignò facendo uno schiocco di dita e incitò l'altro a seguirlo verso la porticina blu.
Kurt pensò di non averla davvero notata ed incuriosito di alzò per seguirlo, fu quando Blaine aprì la porta che i suoi occhi azzurri si spalancarono non potendo credere a quello che vedevano.
Un intera, enorme e meravigliosa cabina-armadio!
«Tu.. oddio.. ma è per me?»

«Ovvio!» il moro sorridette davanti alla faccia di Kurt e si autoproclamava genio: sapeva di aver avuto un'ottima idea di aggiungere quel particolare!
«Ok. Allora ti lascio a sistemarti.. se vuoi una mano fai un fischio!»

«mhmh..» L'altro non si era ancora davvero ripreso mentre vedeva quando grande fosse.

Blaine lasciò la stanza e Kurt decise di cominciare proprio dai vestiti e portò le valigie di là. Si scrocchiò le mani e sorridette con una strana lucina negli occhi come un bambino a Natale davanti al nuovo giocattolo tanto atteso.
Sistemò tutta la roba e si accorse che ne poteva entrare tranquillamente il triplo e nemmeno se avesse svuotato tutto l'armadio lo avrebbe riempito.
Sconvolto tornò nella camera sedendosi sulla sedia girevole davanti alla scrivania.
Chissà come mai questa stanza è pulita.. magari lo ha fatto ieri o..

Il ragazzo non capiva come mai quella camera fosse così in ordine ma non se ne lamentò, giustamente.

 

Guardando il grande orologio che segnava le 18:00 decise di scendere al piano di sotto per preparare la cena, ma si arrese appena aprì il frigo trovandosi davanti al vuoto più assoluto. Così si rivolse a Blaine affacciandosi alle scale e urlò «Ma dove la nascondi la roba commestibile?» come risposta ricevette solo silenzio e preoccupato fece per salire al piano di sopra, ma un gran botto lo spaventò.

«Ehi, stai bene?»

Qualcuno tossì e la voce di Blaine gli arrivò storpiata e strana «Sì, ordina una pizza perché non tengo proprio niente!»
«Hai bisogno di aiuto? Ho sentito un bel colpo e..»

«mhh no! Non scassare..»

Kurt non credette alle sue orecchie, possibile che neanche dopo un paio di ore fosse cambiato così tanto caratterialmente? A quanto sembrava sì.

Forse è per questo che nessuno vuole conviverci! Beh, guardiamo come continua..

«AHIA! Ma che fai?!».

«Blaine cosa..?» il ragazzo si morse la lingua perché molto probabilmente avrebbe ricevuto la stessa risposta di qualche attimo prima e proprio non ci teneva.
«Oh Kurt.. scusami per prima.. non ero io.. cioè Sì che ero io ovviamente cioè ovvio ma..»
«Okok, ho capito! Non ti preoccupare.» Cercò di non spaventarsi davanti a quel discorso incoerente pensando che forse soffriva di sdoppiamento della personalità e che avrebbe tenuto gli occhi aperti, ma per qualche assurdo motivo, non aveva paura di Blaine.
«comunque dicevo: ordiniamo una pizza? Perché S-io, io dicevo bene, non tengo molto in casa..» si grattò la nuca nervoso ed apparse così tenero ed indifeso davanti a Kurt che si dimenticò di ogni pensiero. Blaine gli porse il volantino di “Pizzeria Biancaneve” e il telefono di casa.

“Buongiorno, qui pizzeria Biancaneve. Voleva ordinare?”
«Sì, grazie. Ehmm..» Kurt tappò con il palmo della mano il citofono del telefono e si rivolse a Blaine sussurrandogli un «che gusto vuoi?»

«Biancaneve e Piccante.. due per-perché mangio tanto e, sai com'è..»

«Allora vogliamo tre pizze: due Biancaneve e una Piccante» disse tranquillamente Kurt all'uomo al telefono, era abituato alle dosi abbondanti con suo padre e trovò dolcemente strano il cercare scuse di Blaine.
“Molto bene, vorrebbe indicarmi un orario?”

«Verso le.. 19:30!»

“Ottimo, a che nome prendo prenotazione?”

«Hummel.»

“Saranno pronte due Biancaneve e una Piccante alle 19:30 con nome Hummel qui a PizzeriaBiancaneve.”

«Ok.»

“Arrivederci e grazie.”

Il signore riattaccò e solo a quel punto Kurt si pose una domanda fondamentale.
«Ti prego dimmi che dista poco da qui e possiamo andarle a prendere noi tranquillamente!» si voltò verso l'altro lentamente temendo di aver fatto una sciocchezza e che avrebbe dovuto richiamare morendo di vergogna.
Blaine ridette e Kurt pensò che avrebbe voluto volentieri spaccargli la faccia prendendo a pugni quel sorrisetto.
«E' vicino per fortuna..» sghignazzò l'altro e Kurt si lasciò sfuggire un sospiro sollevato. «vado io a prenderla comunque.. ho la macchina!» continuò Blaine sventolando un paio di chiavi.

«Ok, e la pizza come la fanno?»

«mhhhh è deliziosa!» esclamò il moro leccandosi le labbra facendo un'espressione buffa.

Scoppiarono entrambi a ridere e quando smisero si resero conto che era arrivata già l'ora di andare a prendere l'ordinazione. Blaine uscendo e Kurt sedendosi pensarono entrambi che il tempo, se passato con l'altro, passava spaventosamente in fretta.

Kurt non avrebbe dovuto sospirare felice verso la porta adesso chiusa e Blaine non avrebbe dovuto saltare dall'altra parte entusiasta, lo sapevano.

Quando tornò trovò Kurt seduto sul divano e sopra il tavolo davanti a esso un paio di bicchieri e delle posate.
«Sicuramente meglio sedersi qui e mangiare scomodi che farlo sopra quel tavolo!» il ragazzo seduto indicò la tavola sudicia con uno strato di polvere imbarazzante insieme a un'infinità di piatti sporchi. «e poi.. possibile che queste» prese in mano le due forchette «siamo le ultime pulite?!»

«La verità o ciò che dovrebbe essere?»
Kurt esitò e si passò una mano sulla fronte ridacchiando «possibile aver così paura della realtà?» il moro scosse la testa e porto le due biancaneve sul tavoletto davanti al divano lasciando la piccante sopra il tavolo sporco. Si sedette comodamente e sfilò una forchetta dalla presa di Kurt.

Blaine poteva giurare di sentire scariche elettriche che arrivavano dall'altro e capì di essere impazzito, ma dette colpa alla lunga attesa e che, finalmente, era lì: Accanto a Lui.

«Comunque, hai qualche utensile per pulire?» Blaine fu svegliato dalle parole di Kurt che gli fecero arcuare le sopracciglia pensieroso. «Tipo sapone, spugne.. sai almeno cosa vogliono dire?» lo provocò e lui stette al gioco «Non credo facciano parte dei mio vocabolario..» non si perse l'occhiataccia che ricevette e sbuffò divertito «No, non li ho. Li portava la donna delle pulizie che mi ha abbandonato..» scrollò le spalle prendendo un trancio di pizza portandoselo alla bocca e dando un grande morso. «D.e.l.i.z.i.o.s.a!»

«Dovrò comprarli quindi..»

Kurt lo seguì a ruota sentendo anche lui quanto fosse buona e per il resto della cena non parlarono molto se non qualche domanda buttata là proprio per non lasciare un silenzio opprimente.

Finito Blaine si alzò e prese il portafoglio dando a Kurt delle banconote. «Queste ti serviranno per la spesa e questa è la tua paga!» Kurt poteva giurare di non aver mai tenuto in mano tutti quei soldi in contanti. Fece tornare alla mano di Blaine un paio di queste «Ed ecco la pizza!»
Non si aspettava una grossa risata come risposta con il moro che lo guardava tra la metà di come si guarda un pazzo o un clown.

«Ma fammi il piacere!? Offro io!» scacciò qualcosa di invisibile con la mano e ancora ridendo disse «vado a letto, Buonanotte!» si alzò e lasciò un Kurt scocciato che metteva sbuffando i soldi nella tasca dei jeans.

«Beh, allora.. grazie! E buonanotte anche a te.» sorridette spegnendo la luce e lo seguì su per le scale lasciando la povera pizza Piccante abbandonata sopra al tavolo.

 

KIAsiaChannel:

Alloooora, abbiamo un Kurt pronto per cominciare a lavorare e un Blaine pazzo con probabile doppia personalità... .. sembro io!
Cooomunque nulla.. Grazie per chi è arrivato fino a qui, un grande abbraccio a chi la metterà nelle seguite/ricordate/preferite e, non lo credo nemmeno possibile, ma un bacione a chi la recensirà...

Mi sento tanto che non ringrazierò/abbraccerò/bacerò nessuno! ç_ç

Alla prossima, Asia.

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Capitolo 3
*** 2 - Una scatola pulita. ***


Nome Capitolo: 1. La scatola pulita
Ship: Klaine
Rating: verde
Numero Parole: 6634

 

Ho pubblicato anche oggi visto che la prossima settimana sono in settimana bianca e quindi non pubblicherò! :)

Ed è così che la strega continuò a narrare.

I raggi del sole erano particolarmente irritanti e il rumore delle macchine che sfrecciavano sulla strada lo erano ancora di più.
Kurt si stiracchiò nel letto comodo e, dopo essersi stropicciato gli occhi ancora assonati, si alzò sapendo che prima avesse cominciato prima avrebbe potuto permettersi una pausa. Si vestì velocemente e scese le scale notando che erano solo le 8:00 ma non se ne meravigliò, dopotutto era sempre stato un tipo mattutino. Quella, decise, sarebbe stata l'ora perfetta per andare a comprare tutto l'occorrente per pulire quel lerciume di casa: l'orario in cui solo le signore anziane sono al supermercato e beh, lui.

«Ehy Bla-» arrivò in cucina e si fermò a metà frase notando dispiaciuto che il ragazzo non c'era. Pensò che dormisse ancora ma, ricordandosi che la porta era aperta e il letto vuoto, lasciò perdere quella opzione domandandosi dove fosse andato e si rattristò giusto un po'.

Dopo un scossa di testa si diresse verso il frigo e sconvolto si rese conto che quella casa era davvero mancante di cibo, tranne per la pizza Biancaneve della sera prima ma, non andandogli il salato di mattina, andò verso il supermarket dopo aver fatto meta ad un bar per strada.
Quando, una mezzora dopo, si presentò alla cassa con metà se non più degli scaffali del negozio il proprietario, nonché cassiere, decise si amarlo all'istante facendogli uno sconto. Finita la spesa Kurt si permise un altro caffè e rientrò in casa tranquillo e sereno tanto quanto sveglio e pronto per ciò che lo aspettava.
Si rimboccò le maniche e partì dalla sala che molto probabilmente era la più sporca, o almeno era quello che lui sperava con tutto se stesso. Era sommerso da più di tre ore da ruggine, scope, sapone e polvere quando decise di fare una pausa. Servendosi un bicchiere di acqua si andò a sedere sulla poltroncina accanto a quella dove si trovava l'orsacchiotto che lo aveva portato in quel lurido posto, da Blaine e al suo lavoro: non sapeva se ringraziarlo o mandarlo a quel paese.

Si risvegliò da quei pensieri quando vide una scatola azzurra posata sopra il frigo, nascosta da quasi tutti i punti di vista. Ma non era quella la particolarità che aveva attirato Kurt come le api al miele ma semplicemente il fatto che la scatola fosse linda mentre il frigo e quell'ala di sala fossero ancora pieni di polvere e ragnatele, sembrava come se la scatola fosse stata appena messa lì oppure pulita accuratamente. La sua innata curiosità lo fece alzare per vedere cosa ci fosse stato dentro, dopotutto Blaine non gli aveva negato nulla, no?!

«Ma cosa-?» si sentì buttar giù da un gran peso che gli piombò addosso sulla schiena. Ed è stato girandosi che si rese conto che il peluche gli era caduto addosso, Kurt gemette per il peso e lo alzò tornando a sedersi con il fiatone per la fatica, si scioccò per quanto pesante fosse l'orso perché proprio non se lo ricordava così.

«Cavolo, ma sei ingrassato?» non si stupì dell'assenza di risposta dell'altro ovviamente e avrebbe pure ridacchiato se non avesse potuto giurare di aver visto il giocattolo roteare gli occhi scettico.
Scosse la testa pensando che era davvero molto stanco e dopo una decina di tentativi riuscì a rimettere l'orso sulla sedia riportando l'attenzione alla scatola, alzandosi di nuovo.
BAM!
Un rumore sordo lo costrinse a voltarsi e a vedere il pupazzo disteso di faccia sul pavimento. Poteva addirittura sentire un piagnucolio per il dolore e, per un assurdo quanto ovvio motivo, provò una certa pietà per quel povero essere, sbuffando, lo aiutò (come se poi un giocattolo si “aiutasse”) a mettersi a sedere ma decise di lasciarlo comunque a terra con la schiena posata contro la gamba della sedia perché se lo avesse tirato su di nuovo avrebbe rischiato di spaccarsi la schiena a causa del peso sovrumano.

Non fece in tempo a girarsi che si ricordò di aver lasciato l'acqua del rubinetto aperta.

Che sbadato che sono oggi! Sto dando di matto da solo: l'orso che pesa come un uomo è proprio assurdo ma sarà la stanchezza che mi fa imm- ma cosa!?

L'orso era staccato dalla sedia, era in piedi, sui suoi piedini di pezza e sventolava verso Kurt le grassocce braccia con delle mani davvero.. umane per un orso.
Kurt indietreggiò di qualche passo sbattendo contro il lavello e chiuse velocemente l'acqua senza staccare lo sguardo dal peluche, si sentiva così scemo!
Sospirò e alzò gli occhi al cielo chinandosi per bagnarsi le mani ma, dopo aver contato fino a cinque, rigirò di scatto la testa e osservò il giocattolo immobile anche se qualcosa non quadrava, sentiva che un particolare era diverso: possibile che prima la gamba davanti fosse la destra invece della sinistra e che fosse più lontano? Assottigliò lo sguardo cercando le differenze.
«Cosa Kurt? Giochi a 1-2-3-Stella!» qualcuno scoppiò a ridere.

«Sì, problem- ma.. impossibile.» Kurt fece girare la testa per tutta la stanza spaventato a morte.

Shh Kurt, buono: non impazzire... O-K, oggi sto male, forse ho la febbre o mhh ci sono: ho bevuto l'acqua fredda troppo velocemente e mi si è ghiacciato il cervello, semplice! Sì, deve essere quello! Adesso mi mangio un trancio di pizza che c'era stamani così almeno boh, mi riempio lo stomaco...

Si avviò a passo di marcia al tavolo e aprì la confezione di cartone scoprendo che la pizza non c'era, non c'era più. Lasciando correre il fatto di averla vista la mattina, di sapere che Blaine non era tornato e che, oltretutto, non mangiava le croste; decise di attribuire quella sparizione ad un ritorno del proprietario mentre lui era andato a fare la spesa. Sì, doveva essere quello anche se la stridula vocina della ragione lo negava insistentemente.

Ceeerto, perché Blaine viene in casa solo per mangiare la pizza, vero?
- Beh, magari aveva fame.. no?
E non poteva comprarselo, il cibo!?
- No-non aveva soldi..
E le croste, mh? Ieri le ha lasciate.
- Oh, sta zitto.


Si afferrò la testa tra le mani ridacchiando nervoso quando si rese conto di star parlando da solo ma non se ne preoccupò, lo faceva sempre dopotutto. Sentii qualcosa muoversi tra i suoi piedi e, pensando che fosse un ratto, fece un salto spaventato e posso assicurarvi che avrebbe preferito scontrarsi contro un grosso sorcio grigio che contro il peluche che lui stesso aveva posato a più di qualche metro di distanza.
Gli dette un potente calcio facendolo rotolare dove prima e ridacchiò quando sentii l'orsacchiotto mugolare dal dolore

«Ah Ah così impari stupido orso inanim- oh.» strabuzzò gli occhi perché davvero non poteva ne parlare con un oggetto ne averlo sentito emettere suoni.

«Ok, adesso mi calmo e-e mi siedo qui.. sì, esatto» con lentezza disarmante andò contro il divano chiudendo gli occhi e portandosi le ginocchia al petto. Aveva il fiatone ed era spaventato a morte quando decise di cominciare a canticchiare nervoso.
Passato qualche secondo, che per Kurt sembravano essere ore, riaprì gli occhi e il suo sguardo cadde sul vetro della finestra che, come uno specchio, gli fece vedere il dolorante orso che si massaggiava la schiena.
Fece un sussultò e si girò di scatto pronto a vedere l'orso commettere un errore e invece se lo ritrovò proprio come lo aveva lasciato: sbattuto contro le gambe della sedia. Sbuffò sapendo di aver fallito e si rigirò sul divano accucciandosi di nuovo ma non ebbe il tempo di registrare la pazzia della situazione che notò, rispecchiato al vetro, il peluche che si burlava di lui salutandolo con la mano.
Grugnì e sospirò quando ovviamente trovo l'oggetto disteso: o era il vetro, o era l'orso, o era impazzito.. stava considerando sia la seconda sia la prima possibilità senza pensare alla terza che sapeva fosse la più probabile.

Beh, ovvio! Se mi deve prendere in giro non si farà mai vedere da me mentre si muove.. ma io riuscirò a ingannarlo e poi si guarda chi ride, eh!?

Si stropicciò gli occhi facendo finta di essere assonnato e, alzandosi, prese il peluche per la zampa ma lo lasciò cadere quasi subito perché una forte scarica lo aveva trapassato e aveva raggiunto la radice dei capelli. Dopo essersi calmato lo fece sedere e, chinandosi sulle gambe, arrivò a pari del peluche.

Lo osservò bene: quel blu così strano per un orso, quegli occhi tanto espressivi quanto paurosi che sembrava proprio lo stessero scrutando e quel collaretto rosso che spiccava, Kurt si rese conto solo in quel momento della medaglietta che pendeva.

Thaddeus ♪
libero sarai solo se l'amore farai trovare.


«Thad?» alzò un sopracciglio domandandosi come mai non ci avesse trovato il suo nome, visto che si chiamava come lui, giusto? Questo era quello che Blaine gli aveva detto anche se dopo molta incertezza e... si segnò mentalmente di domandare direttamente al moro appena fosse tornato non considerando affatto quella frase, per fortuna nostra.

«Bene, Thaddeus...tu adesso stai qui buono buono ok?» non voleva pensare di averlo visto storcere il naso al suo nome intero o che avesse ruotato gli occhi a quella frase, meglio non farlo. Tornò a sedere sul divano come poco prima, tutto rannicchiato su se stesso.

«Parlo al vento e sono in questa casa soltanto da un giorno.. come penso di fare? Uffa» Si passò una mano sulla fronte sudata scuotendo la testa rassegnato quando sentì una voce ridere nella stanza e, irritato, gli rispose «senti un po' tu, cosa ci trovi tanto da ridere eh? Perché davvero non c'è niente da ridere di me che parlo da solo in quest- oh.» si sarebbe strappato volentieri tutti i capelli di dosso per poi urlare come Hulk e diventare Blu, sì perché il verde non gli donava molto.

Sto parlando DI NUOVO da solo come un cane e oltretutto adesso sento anche le voci? Molto bene Kurt, facciamo progressi proprio... Ehy, ma nessuno mette al muro di Hummel!

Si alzò risoluto e convinto: ce la deve fare.
«Ora mi faccio una grande tazza di caffè e riprendo a lavorare! Nessuno, inesistente o non, mi fermerà da ciò!»
Si stiracchiò andando a prepararsi la bibita calda e si rimboccò le maniche per la ventesima volta quel giorno, proprio come aveva stabilito.
Se il peluche avesse potuto avrebbe sospirato di sollievo, per aver scampato il pericolo, e di orgoglio, per essere riuscito nel suo compito di distrarlo da ciò che aveva attirato la sua attenzione come una calamita.
E se Kurt avesse avuto occhio avrebbe notato una scatoletta ingiallirsi e farsi sporca proprio come il posto dove si trovava: sopra il frigo nell'angolo ancora non pulito della sala.

 

♪ ¤°.¸¸.·´¯`»« ´¯`·.¸¸.°¤ ♪
 

Era ancora immerso nella polvere quando decise di passare ad un'altra stanza della casa ed il bagno gli sembrò la scelta più adeguata.
Ci era già entrato la sera prima, e avrebbe tanto voluto non doverlo fare più.
Era disgustoso, davvero: il lavandino era così arrugginito che nemmeno si riusciva a girare del tutto i due pomelli dell'acqua calda e fredda, la quale usciva di un colore giallognolo perché era usata davvero poco o a causa di qualcosa nei tubi di cui lui non voleva avere niente a che fare.

Comunque era la parte messa meglio in quanto il cesso era così sporco da far invidia ai bagni pubblici; la vasca gli causò il voltastomaco perché era piena d'acqua torbida di un colore indescrivibile e non aveva assolutamente voglia di affondarci le mani per scoprire cosa nascondesse il fondo.
Kurt si tirò su le maniche e incominciò dal bidè che sembrava innocuo continuando a lanciare occhiatacce alla vasca come se fosse stata la sua più grande nemica in battaglia contro lo sporco. Quest'ultima l'avrebbe lasciata alla fine, ovviamente.

Decise di dedicarsi al armadietto, sopra il lavandino, quando aprì l'anta scricchiolante ci trovò un'infinità di boccette di ogni colore immaginabile e di grandezze varie, Kurt sapeva quanto importante fosse la cura per la pelle in quanto, anche lui doveva stare molto tempo sia la sera sia la mattina ad occuparsi dell'igiene per evitare brufoli o nei troppo vistosi. Il ragazzo pensò anche che ci fossero troppe scatolette nell'armadio e non resistette a guardare l'esterno dello scaffalino che sembrava piccolo in confronto a quante bottigliette c'entravano per questo decise di misurare la profondità di questo facendo toccare alle dita lo specchio accanto al legno notando che lo sportello era allineato al suo gomito quindi lo scaffale era lungo quanto tutta la sua mano più metà del braccio. Fece lo stesso all'interno del mobiletto e sgranò gli occhi quando dovette infilare tutto il braccio fino alla spalla dentro di esso.
Era impossibile.

A quel punto decise di far toccare alla mano destra lo specchio e alla sinistra la fine del mobile: non ottenne il risultato da lui tanto sperato infatti la sua spalla sinistra sparì all'interno dello scaffale mentre la destra non ci pensava minimamente ad avvicinarsi di più allo specchio.
Fece quel gesto almeno altre cinque o sei volte stupendosi ogni volta sempre di più. Si accorse di aver smesso di respirare solo quando riprese aria di botto e fece un sospiro calmandosi, chiuse gli occhi e ragionò a bassa voce

«Allora, a suon di logica, questo non è fattibile! Ma sono sicuro che c'è una spiegazione a tutto ciò,f-forse.. Ahh, forse è incavato nel muro! Sì certo, deve essere sicuramente così!» aprii gli occhi risoluto con un sorriso vittorioso stampato sul volto.
«Ahhh, pensavi di farmela, eh?! Ma ho vinto io, caro scaffale dei miei stivali alla moda di MarkJacobs, pft!» dette una pacca al mobile di legno tirandosi su le maniche.

«Adesso ti svuotiamo e puliamo tutto!» non si accorse di star parlando con un arredo, e forse era meglio così. Mise i contenitori in ordine di grandezza: i più alti in fondo in modo che non nascondessero gli altri, fino a raggiungere saponi viola grandi quanto il suo mignolo.

Decise di mettere le scatolette di cartone nell'ultimo ripiano, sorrise quando notò una a forma di usignolo.
Chiuse lo sportello rilassato e si girò verso il cesso senza calcolare la vasca che avrebbe aspettato paziente il suo torno. Quel “coso” avrebbe dovuto essere bianco avorio invece era di un verde vomito mescolato ad un arancione rugginoso, Kurt scoprì questo quando fece passare un dito coperto dal guanto sopra il gabinetto.
Rabbrividii davanti a quella notizia e schifato indietreggiò davanti a quell'orrido spettacolo. Dovette farsi forza mentalmente per riavvicinarsi armato di MastroLindo, spugna e uno scovolino attaccato alla cinta, se lo aveste visto davvero adesso stareste morendo dal ridere, ve lo giuro: io lo sto facendo solo al ripensarci!

Tornando a noi, Kurt prese a grattare forte sopra il coccio facendo pian piano comparire il colore bianco che si nascondeva sotto tutta quella ruggine, storse il naso davanti alla vista dell'acqua verdognola che si trovava dentro al cesso: con riluttanza impugnò la spugna insaponata cominciando a pulire l'interno. Capì di aver compiuto un ottimo lavoro solo quando si rese conto che avrebbe potuto considerare quell'acqua limpida come potabile e che, alla fine dei giochi, non gli sarebbe dispiaciuto poi così tanto essere infilato di testa nel cesso come gli facevano i suoi cari vecchi amici giocatori di Football.

Dopo aver pulito il muro, il pavimento ed aver tolto le ragnatele da ogni angolo capì che non poteva più rimandare quell'appuntamento con la Vasca. Inghiottì a vuoto e, a passo lento, si fece vicino ad essa; si fece coraggio infilando la mano dentro l'acqua alla ricerca del tappo che non la faceva scorrere via e chiuse gli occhi quando si rese conto che sembrava aver immerso il braccio nella melma che si trova sul fondale del lago più sporco. Non credette al suo tatto quando sentii la mano scontrarsi contro qualcosa e non resistette all'impellente impulso di alzare l'oggetto fino a lui: era una scarpa sciupata e decisamente vecchia.

Cosa ci fa una scarpa lì dentro?? Dio, che schifo! Ma Blaine si fa la doccia con le scarpe? Io non ho parole per esprimere il mio disappunto.

La lanciò dentro il secchio dell'immondizia e tornò a cercare dentro la vasca, durante la lunga navigazione si scontrò con altri oggetti quotidiani tanto quanto fuori posto lì dentro, come ad esempio con delle lampadine nuove di zecca che pensò ci fossero cadute dal soffitto anche se non c'erano luci sopra la vasca, delle statuette di legno alle quali trovò come causa di Blaine che gli piaceva fare il bagno nell'acqua melmosa con quelli, dei pupazzetti voodoo che gli misero il terrore in corpo ai quali non trovò risposta.. il colmo comunque arrivò quando si trovò tra le mani una manciata di spaghetti ormai scotti, possibile che Blaine mangiasse nella vasca e poi lo lasciasse lì?

Stava per arrendersi quando afferrò un altra cosa: una corda di cotone abbastanza spessa, pensò che alla fine ci fosse collegato il tappo della vasca e quindi cominciò a tirare posando la corda sul pavimento.
Venti minuti dopo era ancora lì a tirare, ma non perché non veniva via ma semplicemente perché era infinita: era da venti minuti che tirava via quintali di corda dalla vasca. Il ragazzo continuò a lanciare la corda sul pavimento fino a far una montagna alta quanto lui quando esasperato perché era davvero impossibile che ci entrasse tutto.

Kurt pensò che forse non doveva sorprendersi più di tanto a quella scena perché sicuramente quella dell'orso aveva fatto più effetto!
Si scontrò con i suoi pensieri quando girandosi vide un cumulo di corda gettata in mezzo al bagno e si afferrò la testa tra le mani in attacco di panico. Perché in quella casa l'impossibile diventava possibile? Si grattò la nuca assente quando sentii il suo stomaco brontolare dalla fame e guardò l'orologio: erano le 14 e la sua pancia faceva bene a racimolare attenzioni, a malincuore si alzò e fece il segno del “ti tengo d'occhio” con le dita alla vasca prima di uscire dal bagno dirigendosi in cucina pronto a prepararsi un'insalatina niente male.

Quando si sedette gli spuntò un sorriso triste al pensiero di suo padre alle prese coi fornelli che lui gli aveva lasciato: probabilmente in quel momento stava dando fuoco a metà casa oppure era uscito a comprare qualcosa di pronto. Si sarebbe preoccupato, quella sera, di chiamarlo lui stesso per ricordargli che doveva stare attento al cuore.
Canticchiò un po' e poi posizionò il piatto proprio davanti alla sedia di Thad in cerca di compagnia, anche un pupazzo andava bene quando sembrava così umano.
Cominciò a mangiucchiare qualcosa osservando il peluche davanti a se incantato, pensò a come risolvere il discorso della 'corda infinita' arrivando alla conclusione che avrebbe aspettato Blaine per descrivergli e fargli vedere l'assurdità del fatto. Inforcchettò un po' di insalata e pomodoro portandoselo alla bocca e masticò con calma sorridendo al peluche, sventolò la forchetta davanti a se e cominciò a ragionare con questo.

«Ehy ma tu sai parlare? Ti giuro che se mi parli non mi sconvolgo! E' che non mi piace mangiare da solo..» si sentì così stupido appena dopo averlo fatto che scaraventò la faccia contro il legno del tavolo finalmente pulito da farsi male alla fronte e se la massaggiò mentre l'orso si tappava la bocca con la mano-zampa cercando di non ridere ma Kurt non lo vide perché era troppo impegnato ad alleviarsi il dolore alla testa e vi assicuro che è stato conveniente per tutti compreso lui.
Quando Kurt rialzò il capo finì in silenzio il suo pranzo e pulì il piatto e le posate che aveva usato mettendole ad asciugare accanto al lavello e, senza tante cerimonie, ritornò a lavorare tralasciando il bagno per il discorso della fune precipitandosi nello studio del ragazzo. Entrò trovandosi davanti ad un numero di libri che equivaleva a quello delle ragnatele e quella era la libreria più grande che avesse mai visto. Si promise a se stesso che, quando avesse finito lì si sarebbe permesso di leggersi qualche libro che lo intrigava di più perché proprio c'erano tantissimi titoli carini che lo distraevano.

C'era ogni genere immaginabile ma il più gran numero era costituito da libri di antica stesura con davvero poca trama da quanto poteva vedere sfogliandoli veloce: sembrava trattassero di magie e pozioni, di maledizioni e antidoti per esse, erano complicati: c'erano parole che non capiva e nomi messi in maiuscolo che lui non aveva mai sentito nominare nei libri di storia. Ogni volta che ne trovava uno si perdeva cercando di decifrare una pagina e a ridacchiare davanti ad un nome alquanto buffo di una magia. Storse il naso quando incontrò una pozione dove, come simbolo avevo un usignolo tanto simile a quella boccetta che aveva rimesso a posto sopra il mobiletto del bagno: da quello che riusciva a leggere parlava di prendere le sembianze dell'animale scelto che, in questo caso, un uccellino.

Inoltre a circondare ogni parete c'era uno scaffale che raggiungeva il soffitto e non ebbe il tempo di domandarsi come sarebbe arrivato a quello più in alto che vide una scava fissata alla fila di scaffali che si poteva spostare, proprio come quelle che si vedeva nei film storici. Kurt si rese conto di amare quel lato della casa: amava come i vetri delle librerie tenessero i libri al loro interno come se non ci fosse niente di più raro, amava come i libri variassero dai best-seller più nuovi fino a quel libro sconosciuto con la copertina ingiallita dal tempo, amava tutte quello e sapeva che avrebbe passato molto tempo lì dentro.

Perse molto tempo in quelle mura perché erano molti libri ed altrettanti scaffali e bisogna anche dire che si fermava spesso a sfogliare i libri che più lo ispiravano. Verso metà dell'opera era sommerso dalla polvere e decise di aprire le grandi finestre per fare luce e cambiare l'aria pesante che si era formata a causa del polverume che aveva alzato con la sua grande amica scopa. Ogni tanto rompeva il silenzio con un urlo schifato e spaventato a causa di un qualche ragno gigante che gli appariva davanti arrabbiato, probabilmente, visto che gli aveva appena distrutto l'attico di ragnatela che si era fatto ma lui non demordeva e ghignava colpendolo con forza con la scarpa: non era mai stato più coraggioso in vita sua.

A fine lavoro si mise a sedere sopra la poltroncina rossa in centro alla sala e posò i piedi distrutti sopra il tavolino di vetro posando le mani dietro il suo collo e aspirando l'odore dei libri che circondava la stanza. Chiuse gli occhi e si beò quel momento di beatitudine assaporando ogni attimo. Sapeva di aver fatto tanto quel giorno e quindi si prese una pausa sentendo il suo corpo ringraziarlo. Si alzò precipitandosi verso un libro che aveva notato e che si era annotato mentalmente come primo libro da leggere: era probabilmente uno dei più nuovi e come titolo aveva “Promessi Vampiri” da quello che aveva capito dalla trama c'era una giovane ragazza ignara di appartenere ad una nobile stirpe di vampiri ma sopratutto ignara del fatto di essere promessa sposa ad un eccentrico vampiro, da qui sarebbe nata un'avvincente avventura piena di colpi di scena e una romantica storia tra i due promessi.
Era un libro particolare che lo aveva colpito fin da subito ed era proprio per quello che adesso si trovava a gambe incrociate a leggerlo con attenzione, a ridacchiare per la battuta saccente della ragazza o a sbuffare davanti alla faccia tosta del vampiro.
Si spaventò quando sentii la porta sbattere e dei passi farsi pesanti al piano di sotto ma si ricompose quando sentì la dolce voce di Blaine.

«Ehy Kurt sono a casa finalmente!».

Kurt chiuse il libro con uno dei tanti segnalibri dentro una scatola sopra il tavolo di vetro stupendosi di essere già a pagina 50 prima di scendere velocemente le scale per andare ad accogliere il proprietario di casa che adesso era al di poco sconvolto e fece cadere dalle braccia la sua valigia mentre la sua bocca poteva tranquillamente toccare il pavimento da quanto aperta fosse. L'altro ridacchiò a quella vista e si fece avanti chiudendo con l'indice la bocca di Blaine e lo risvegliò da quello stato di trance in cui era caduto.

«Kurt ma sei un mostro? Come hai fatto? E' bellissima, ti assicuro che nemmeno me la ricordavo così questa stanza» gli occhi del moro erano spalancati e aveva una strana lucina emozionata al loro interno, il casalingo era lusingato di tutti quei complimenti e sorrise timido.

«Oh, ma io non ho fatto davvero nulla! La cosa di cui stupirsi era l'aspetto di prima» ridacchiò vedendo Blaine alzare gli occhi e sorridere alla battuta mentre camminava per la stanza posando i diti sopra i mobili per costatare che davvero non ci fosse più nemmeno un briciolo di polvere oppure mettendosi davanti ai vetri per potersi vedere riflesso.

«E comunque non è finito qui... credo che il lavoro migliore l'ho fatto in bag- Ahh oddio devo farti vedere una cosa impossibile! Forza andiamo!» Kurt lo prese fortemente per la manica della camicia mentre lo portava su per le scale verso il bagno dove sapeva ci sarebbe stata quella fune.

Intanto Blaine stava pregando che riuscisse a non peggiorare la situazione che stranamente già conosceva infatti quando Kurt aprì la porta del bagno si trovò davanti alla scena che si era immaginato tranne per il fatto che l'altro non era sconvolto.

«Cavolo, ma la vedi quella fune?» proprio non si spiegava come il moro non potesse guardarla male.

«Sìsì lo so, la casalinga di prima l'aveva fatta così perché diceva che era più comoda e altre cavolate varie. Devo ammettere che non l'avevo davvero ascoltata.. devi solo tirare per svuotare la vasca, perché non lo hai fatto?».

«Perché è infinita, ecco perché?! Ti giuro non ha fine!».

«Kurt, tutto ha una fine!» Blaine alzò un sopracciglio e ridacchiò davanti all'espressione sbigottita e sarcastica dell'altro.

«Ok, allora prova dai! Tirala via» lo sfidò il castano indicando la fune con superiorità perché sapeva che non ce l'avrebbe fatta.
Ma si dovette ricredere quando Blaine, con un colpo secco, prese la fune e si sentì il classico rumore dell'acqua che si precipita giù per lo scarico, infatti il ragazzo fece comparire la fine della fune con attaccato il tappo nero mentre in faccia aveva stampato un sorriso vittorioso.

«Ma come-? Uffa.» Kurt sbuffò e allargò le braccia per poi lasciarle cadere a peso morto sui fianchi mentre l'acqua sporca spariva dentro il buco nero dello scarico.

Sbuffò di nuovo e uscì dal bagno scalciando imbufalito mentre Blaine dietro di lui ridacchiava per la tenera scena visto che Kurt sembrava un bambino a cui era stato privato un altro giro sulla sua giostra preferita.
Il ragazzo si stava davvero chiedendo come poteva Blaine aver fatto così veloce facendolo passare per uno sciocco, arrossi giusto un po' pensando a che figuraccia ci aveva fatto e scosse la testa voltandosi credendo di trovare Blaine dietro di se ma non fu così.

Infatti l'altro stava guardando sconvolto il mobiletto dei “saponi” che Kurt aveva risistemato, se potessi descrivere meglio la sua espressione terrificata vi giuro che lo farei volentieri ma posso solo dirvi che era completamente impaurito da ciò che sarebbe nato da quella trasformazione, rabbrividì davanti alle possibilità schiaffandosi una mano sulla fronte.

«Blaine..? ho un'altra stanza da farti vedere!» il moro si sentì chiamare e, dopo un'ultima occhiata allo scaffale, si diresse verso la voce che lo chiamava cercando di riprendere colorito: sembrava che avesse visto un fantasma.

«Oh, eccoti.. seguimi dai!» Kurt lo portò fino davanti alla libreria e il ragazzo pensò di morire perché capì cosa aveva fatto l'altro.

Il castano gli tappò gli occhi e lo fece avanzare nella stanza «pronto? 3...2..1!» quando Blaine si trovò davanti a quella meraviglia i suoi occhi luccicavano perché nemmeno si ricordava quando aveva avuto tutto quell'ordine e adesso si stava chiedendo se anche quando l'aveva creata l'aveva mai avuto, forse no. Forse Kurt aveva fatto un miracolo che nemmeno il miglior mago di sua conoscenza sarebbe stato capace di fare e per questo si girò verso di lui abbracciandolo di colpo senza lasciargli via di fuga o di respiro.

«Tu non sai quanto è importante per me.. grazie Kurt, grazie!» gli sorrise dolcemente lasciando la presa e guardandolo con i suoi occhi nocciola emozionati.

Kurt si perse in quegli occhi così belli e profondi nei quali poteva immaginare il più bello dei suoi sogni, magari uno che ancora non aveva fatto. Si sentì mancare il fiato e arrossì leggermente abbassando lo sguardo sulle sue mani e sul tenero e goffo abbraccio che ancora di stavano scambiando.

«Davvero è stato un piacere! Questa stanza è... è perfetta» non stava mentendo perché lo pensava davvero, la trovava irreale, la confine con la fantasia così ampia e luminosa. Blaine indicò il divanetto davanti alla poltrona e lo invitò Kurt a sedersi con lui, ovviamente il ragazzo non se lo fece ripetere due volte lasciando al moro un posto affianco.
Si incupì un po' vedendolo dirigersi verso la porta, ma sorrise quando capì che non voleva andarsene, ma solo prendere un libro ingiallito: uno di quelli che Kurt aveva tanto provato a capire senza riuscirci.

«Questo è uno dei miei libri preferiti» lo informò Blaine stringendoli al petto come fa una mamma con il suo piccolo bambino, come se avesse timore di perderli.

«E' una storia intrecciata e complicata che parla principalmente di due coppie di innamorati circondati da altri personaggi secondari: una coppia ha un lieto fine mentre l'altra no perché l'amore non è ricambiato da entrambe le parti, mentre questi quattro personaggi vivono l'avventura altri attori entrano in scena rovinando ogni volta un loro incontro e, allo stesso tempo, rendendolo unico nel suo genere. Sono inoltre immersi nella magia vera.

Questo poema è di uno scrittore italiano, si chiama Ludovico Ariosto e questa» indicò la copertina rotta e di mano antica «questa è la prima stesura dell'Orlando Furioso.» riprese fiato sedendosi accanto a Kurt e lo incatenò al suo sguardo mentre accarezzava lentamente la fodera del libro «Ho pensato questo, ci sono due possibilità in amore: essere ricambiati o no e questo libro illustra entrambe le possibilità, è per questo che lo amo: mi mette davanti ai due binari opposti in cui potrei incappare sulla mia strada. Uno è quello che desidero da.. un'eternità mentre l'altro lo temo da altrettanto tempo perché so che ho solo una strada da percorrere ma sta a me camminare fino al traguardo.. ». 

Sembra risvegliarsi da quel discorso mentre alza una mano verso Kurt ma poi la ferma a metà facendola tornare sul libro. Intanto Kurt si sente gelare le vene realizzando che quelle parole lo hanno colpito molto, capisce il discorso di Blaine ma sa di non apprendere completamente tutto, sa che gli manca un pezzo fondamentale del puzzle.

«Scusa, mi lascio sempre prendere da questi discorsi assurdi e complicati su questo manoscritto che..» borbottò Blaine guardando a giro per la stanza arrossendo, Kurt lo trovò stupendo nella sua dolcezza e lo fermò poggiandogli l'indice sulle labbra aperte. Calò un silenzio sereno mentre Kurt sorrideva a Blaine mentre questo continuava a scusarsi con gli occhi «Ho amato questa tua passione, davvero!».

Per Blaine quello fu un colpo al suo lontano cuore, un colpo di felicità che gli riempì tutto il corpo facendolo volare meglio delle ali stesse e un sorriso raggiante si fece strada sul suo viso perché quella parola per lui era quella che aspettava da vite intere.

Non è uguale, coglione! Ma intanto mi godo quel suono così dolce dalle sue labbra, finalmente.

«Sono contento.. adesso andiamo giù in cucina e mangiamo?» gli domando il moro porgendogli la mano a palmo aperto che l'altro afferrò sicuro. Kurt si mise ai fornelli preparando un roast beef e delle patate arrosto squisite.

Blaine apparecchiava fischiettando felice la tavola notando con piacere che finalmente aveva dei piatti puliti, lo disse a Kurt ed entrambi, dopo una sarcastica risposta da parte dell'altro, ridacchiarono.
Non parlarono per tutto il tempo ma non fu né uno di quei silenzi che senti l'impellente bisogno di spezzare né uno di quelli che sanno tanto di astio e di parole non dette ma fu uno di quelli in cui ci vivresti per sempre perché vi basta anche la presenza dell'altro per stare bene; non so se a voi è mai capitato ma a me sì e vi assicuro, per la barba di Merlino, che è magico davvero!

Finito di cucinare Kurt portò la pentola in tavola e la posò proprio al centro, poté vedere il viso di Blaine illuminarsi e gli occhi farsi più grandi. Fece un gran respiro con il naso e quando espirò si lasciò cadere sulla sedia. A quanto parevv gli piaceva molto.

«Io scommetto che è buonissimo e gustosissimo.. meraviglioso..» furono le parole di Blaine davanti al pollo e alle patate, come se il suo vocabolario fosse composto solo da quelle.

«Blaine, sembra che tu non veda cibo da un bel po'.» ridacchiò Kurt mettendosi a sedere e prendendo il piatto di Blaine per riempirlo con un pezzo di pollo e qualche patata. Si aspettava una risposta da parte del moro che non arrivò perché semplicemente stava divorando con lo sguardo il cibo nella padella, immaginatevi quando gli fu nel piatto.
Kurt alzò lo sguardo e vide un Blaine che stava letteralmente finendo la sua porzione, il ragazzo scoppiò a ridere e porse all'altro un secondo giro.

«Hai fame, ho capito! Ma non ti ingozzare, che ti fa male!» consigliò il castano e Blaine alzò la testa guardandolo e assumendo un espressione da bambino capriccioso.

«Ok, mamma.»
Fu così che Kurt si arrese e sorridendo cominciò a mangiare anche lui gustandosi l'ottima cena che aveva preparato.
Il proprietario finì di mangiare il suo piatto e si stravaccò sulla sedia guardando mangiare il ragazzo, i suoi occhi si scontrarono contro quelli azzurri e poté vedere le gote di entrambi colorarsi di rosso. Kurt fu il primo a rompere il silenzio.

«Bhe, allora.. cosa hai fatto per tutto il giorno?»

«uhm.. nulla di che!»

«Oh, non vuoi dirmelo, non importa!» smorzò un sorriso cercando di non sembrare eccessivamente deluso o imbronciato.

Prima o poi la curiosità di Kurt lo avrebbe fatto arrivare ad un punto di non ritorno, ma per questo c'è ancora tempo.
«No, non è questo! » esclamò Blaine mentre i suoi occhi variavano da tutte le parti. A Kurt sembrò un deja-vù: gli ricordava troppo il primo loro incontro quando Blaine lo aveva informato di chiamarsi come il peluche.

«E' che non ho fatto davvero niente.. sono andato a trovare dei miei amici e poi sono andato al bar dove lavoro.. nulla di che!».

A Kurt suonava tanto una scusa ma scrollò le spalle perché comunque ancora non si conoscevano bene e non poteva obbligarlo a raccontargli i fatti propri. Fu quando il moro riprese a guardare il soffitto e poi il tavolo, e poi di nuovo il soffitto ed infine il frigo che si ricordò di una cosa.

«Oggi Kurt mi è cascato addosso, è davvero pesante!» Blaine lo guardò come se fosse matto, ma quando ricevette una rinfrescata di memoria ridacchiò «Sì. Quel peluche sa essere una peste..».

«Quiiindi confermi che si chiama come me, giusto?» Kurt si avvicinò allungandosi sul tavolo e puntando i gomiti sul legno posandoci la testa.

«S-sì, non dovrei?» il moro deglutì a vuoto facendo mente locale se avesse sbagliato o si fosse tradito da solo. Vide lo sportello dietro la schiena di Kurt aprirsi e chiudersi e l'orsacchiotto indicarsi la medaglietta rosso acceso al collo, era spaventato e saltellava per farsi vedere. Blaine quasi si strozzo con la saliva e deglutì di nuovo.

«Certo, si chiama Kurtye Thaddeus! Ma io lo chiamo semplicemente Kurt.. ti da fastidio? Posso chiamarlo diversamente: come Thad.» stava ballando auto-congratulando se stesso mentalmente.

«Ahh, no perché avevo visto la targhetta e.. nulla! Mi chiedevo perché Kurt..»

«E'.. è una specie di secondo nome diciamo!» gli sorrise, si alzò e stiracchiò prima di afferrare il proprio piatto e portarlo dentro il lavandino «vuoi una mano? Posso sciacquare mentre te insaponi!».

«Nono, non preoccuparti! Dopotutto sono pagato per questo, no?» Kurt ridacchiò prendendo il suo posto accanto al lavello. Blaine lo lasciò fare appoggiandosi affianco a lui.

Chiacchierarono del più e del meno mentre il castano lavava i piatti, quando finì il proprietario si congedò dicendo che era stanco e doveva andare a dormire invece Kurt disse che avrebbe telefonato a suo padre e così fece.

-Pronto?

«Papà? Ciao!»

-Oh figliolo! Come va? Stai bene? Mangiato? Sei solo? Ti sei lavato? Hai il pigiama con te? E le creme? Spero per te che tu abbia un bagno riservat-

«PAPA',» lo interrompette Kurt «sono vivo, ho un bagno solo mio e anche un letto! Te devi stare calmo, devo ricordarti che hai problemi al cuore?»

-Tanto lo fai lo stesso..

Kurt poteva giurare di vedere l'espressione imbronciata del padre e sorrise dolcemente, gli mancava ed era solo da un paio di giorni che non si vedevano.
«Sì, l'ho appena fatto! Comunque, com'è andata la giornata?»

-Bene, in officina va., oggi sono arrivati due nuovi clienti per fortuna. E' fantastico!

Burt si emozionava sempre quando parlava del suo lavoro e Kurt amava sentirlo così preso dal suo lavoro, era contento per lui.

-E a te, com'è andata?

A Kurt non passò nemmeno per l'anticamera del cervello di dire a suo padre del peluche pesante, della fune infinita dentro la vasca o del mobiletto che.. che non sapeva nemmeno come descriverlo! Così passò ad un argomento tranquillo che sapeva avrebbe annoiato un po' suo padre.

«Blaine ha una libreria ENORME e aiutami a dire enorme papà! Ha un sacco di enciclopedie e anche i libri sono di lingue diverse e le più disparate! Alcune non mi sono nuove in quanto adottano i nostri stessi simboli ma altre.. altre sono assurde!» riprese fiato cercando di calmare tutta l'eccitazione che gli scorreva nelle vene.

Kurt amava la moda o il canto o la danza ma amava la cultura e le lingue «.. un paio erano anche in francese!» suo padre in quel momento gli avrebbe potuto dire qualsiasi cosa e lui probabilmente non avrebbe sentito perché perso nella libreria.

- Figliolo? KURT

Una cosa avevano e hanno in comunque quei due uomini, basta un urlo dall'altro e si riprendano dai loro sogni all'istante. Vi giuro che è quasi comico sentirli riprendersi uno dopo l'altro!

«Scusa pà.. dicevi?»

-ti sei divertito quindi? E sei sano e salvo.. avevi ragione. Mi dispiace per l'altra sera..

Dall'altra parte del telefono si stava grattando la nuca nervoso e alquanto sconsolato.

«Lo so! Ti voglio bene e ti prometto che ti chiamerò ogni sera. Buonanotte» mormorò Kurt intenerito dal padre, poteva essere un uomo possente e forte, ma si vedeva che era saggio da quei momenti.

- Ti voglio bene anche io, notte figliolo! BRACK

Kurt mise via il telefono sotto l'occhio dolce di Blaine che stava appoggiato allo stipite della porta e prima che il ragazzo se ne accorgesse girò i tacchi tornando in camera.
Il cascato sospirò, si chiuse in camera e, dopo tutte le sue cure per la pelle, finì sotto le coperte addormentandosi.

♪ ¤°.¸¸.·´¯`»« ´¯`·.¸¸.°¤ ♪

«Blaine...»
«gnn shhh!»
Il letto si mosse e lo fece cadere a terra.

«Lui dorme»
«Davvero?»
«Sì, era stanco. Ora va!»
«Ok.»
«Sta attento Blaine.. e torna prima! Dopo un po' mi annoio qui e tu non vuoi questo, no?»
«ti odio.»
«Naaah, non è vero!.. Ehy!»
«Sì?»
«Portami Thad.»
Blaine sbuffò

«Può venire anche da solo, ha le gambe!»
«Dai andiamo, lo sai che si caca addosso!»

Blaine annuì.

«Grazie.»
«A dopo!» Blaine si chiuse la porta alle spalle.

 

KIAsia channel:
Ed eccoci alla fine di anche questo capitolo.
Che dire? Faccio impazzire Kurt già dal primo momento e boh, spero di avervi incuriosito in questo capitolo perché è così che dovrebbe essere!
No, Blaine non spaccia e Kurt non l'ha assaggiata se è questo che vi state chiedendo! XD

Ringrazio chi ha messo questa FF nelle seguite/preferite/ricordate.
Mi sbaciucchio chi la recensisce e mi abbraccio forte forte chi la legge in silenzio.

Alla prossima, Asia.

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Capitolo 4
*** 3 - Zoppo. ***


NomeCapitolo: Zoppo.
Ship: Klaine.
Rating: verde.
Parole: 4684.

Eccoci!!! 

 

Ed è così che la strega continuò a raccontare:

 

«Blaine, ma sei scemo?».

Blaine si guardò attorno mortificato. «Almeno non ho fatto tardi, no?» sussurrò dopo essersi chiuso la porta alle spalle.

«Sta zitto e distenditi qui, che ci pensiamo noi a te!» ridacchiò «ma non prenderci come le tue crocerossine, eh!»

Blaine saltò sanguinante fino al letto accennando un sorriso. «Grazie..»

 

♪ ¤°.¸¸.·´¯`»« ´¯`·.¸¸.°¤ ♪

 

Kurt si stiracchiò e si vestì con la sua tuta più comoda, pronto ad un'altra giornata di lavoro. Lo spaventava un po' pensare che era solo in quella casa, ma scosse la testa allontanando quegli sciocchi pensieri.

Camminò scalzo verso il suo bagno privato e, dopo aversi donato alla sua cura della pelle quotidiana, scese le scale verso la cucina. Finché non sentì un rumore, come un russare tranquillo, e tornò sui suoi passi percorrendo il corridoio chiaro, sul quale ogni tanto si scorgeva dei quadri e polvere, verso la camera di Blaine. Quando arrivò davanti alla porta scura, bussò avvicinando l'orecchio alla porta, fino a schiacciarlo contro il legno. Si sentiva così beota.
«Ehy, sei sveglio?» non ricevette risposta. Guardò l'orologio a pendolo sistemato alla fine del corridoio costatando che non era poi così presto, anzi: erano già le nove passate.

«Blaine..?» bussò di nuovo e, proprio quando era pronto a fare dietro front, un borbottare dall'altra parte del muro lo chiamò.
«Altri dieci minuti..» Kurt, mosso dalla curiosità, cercò di avvicinarsi ancora di più, anche se impossibile. «Quel papillon è mio!»

A quel punto non riuscì ad evitare che una risatina gli uscisse dalle labbra al suono della dolce voce di Blaine che assumeva quella nota imbronciata da bambino al quale era stato appena sottratta una caramella o, in quel caso, un papillon.
Il ragazzo avrebbe fatto un patto col demonio pur di assistere... Ma questo, per fortuna nostra, non lo disse ad alta voce.

Una manciata di minuti ancora e si allontanò, in quanto il moro sembrava essersi zittito dopo quella frase, e decise di lasciarlo dormire. Si preparò una veloce e sana colazione f nella cucina che finalmente luccicava da quanto pulita: le mattonelle erano bianco spendente e il soffitto era formato dalle assi di legno scuro ben visibile, gli piaceva.

Prima di partire a lavorare gli venne una grande idea: salì le scale velocemente e afferrò il cellulare con auricolari ad accompagnarlo, pronto a spararsi in un altro mondo fatto di note e accordi.

La scusa che usò con se stesso fu che “almeno si sarebbe divertito un po'”, ma la vera motivazione era che voleva distrarsi dai possibili rumori o scricchiolii che avrebbe sentito durante il suo spolverare tra i mobili tenebrosi di quell'abitazione.

Tornato in cucina sistemo la tavola, lavò la tazza e il cucchiaio che aveva usato poco prima, e uscì per buttar via il sudicio accumulato in quei giorni, principalmente polvere. Per fortuna sua la pattumiera era dall'altra parte della strada e quindi tornò in casa di corsa in tempo record vergognandosi di essere uscito conciato in quel modo impresentabile con i pantaloni azzurri del pigiama e la t-shirt leggera con disegnato un coniglietto, anche se solo per svuotare il cestino.
Mentre si dirigeva su per le scale guardò di sfuggita il salotto sorridendo alla vista della vasca che lo aveva fatto preoccupare facendogli fare una figuraccia con Blaine per il discorso della fune.

… che?
Aveva appena finito di pensarlo che la sua mente collegò finalmente vasca e salotto insieme, fece velocemente tre passi indietro sconvolto. Chiuse gli occhi contando fino a tre mentalmente

1.. quella non era la vasca ...2... ho visto male ...3... Dio, ho le allucinazioni!

Aprì impaurito gli occhi e si schiaffò una mano in faccia quando vide solo uno stupidissimo telo bianco sopra il letto, non era la vasca! La vasca non poteva essere in sala, dove invece c'era un .. c'era un letto in sala?!
«Con tanto di federa pulita...» disse ridacchiando qualcuno. Un brivido attraversò la spina dorsale di Kurt facendolo tremare. Non era la voce di Blaine, qualcuno era in casa e si era divertito a mettere un letto in mezzo al salotto? Qualcuno di malato, quindi. Ma che storia era quella!

Ma le cuffie e la musica non servano a nulla? Che cosa me le sono messe a fare? La prossima volta mi bendo pure, così giochiamo a mosca cieca... sto impazzendo.

Gli scappò un urlo e salì frettolosamente le scale per poi rifarle al contrario e tornare in salotto, convinto che quella volta non avrebbe trovato nient'altro che il pianoforte nero, il tavolo grande e il camino spento.

E difatti così fu: trovò tutto al loro posto. Si sedette sopra il divano davanti al camino pieno di polvere e prese un lungo respiro per calmarsi. Dopo averlo fatto si ripromise di non cadere di nuovo in queste scemenze. Si alzò sistemandosi la maglia e salì in camera sua verso il bagno per sciacquarsi la faccia.
Girò a destra, come aveva sempre fatto e quando andò ad afferrare la maniglia quasi non sbatte la faccia contro la porta. La porta chiusa. La porta chiusa di Blaine.

… che?

Si schiarì la gola tornando sui suoi passi fino alla cima delle scale. Era sicuro di essere andato dalla parte giusta, ma, a quanto pareva ai suoi occhi, si era sbagliato. Fece un giro su se stesso ad occhi chiusi e riprese la strada a destra, si aggrappò con forza alla maniglia, aspettò un paio di secondi e tremante girò il pomello notando che la serratura era scattata, era camera sua!
Aprì la porta contento.
Sussultò.

Aprì la porta e la richiuse.
Aprire e chiudere.

Di nuovo.
Sbuffò frustrato quando si ritrovò davanti alla vasca, al bidè e al cesso, si consolò pensando che almeno erano puliti! Col sorriso isterico sulle labbra, chiuse per l'ennesima volta quella porta di legno e contò fino a 3.

1... Quella non era la vasca ..2.. ho visto male ..3.. Dio, ho le allucinazioni!

Quando i suoi occhi videro il letto, la piccola scrivania, le poche foto della sua famiglia che aveva messo sul comodino e il suo computer fece un salto insieme ad un piccolo urletto contento.

Non si domandò come mai fosse successo, ormai si era arreso alla triste verità di essere impazzito. Si fermò impaurito, posò una mano assente sopra la porta del bagno privato e fece un respiro profondo prima di rigare la maniglia afflitto. Almeno quella volta se avesse trovato un cesso non si sarebbe dovuto spaventare. Decise di chiudere gli occhi e entrare nella stanza, chiudersi la porta alle spalle pensando che quella tecnica potesse funzionare.
Serrò le palpebre così forte da sentir male e con scatto veloce entrò nel bagno. Aprì gli occhi e si afferrò i capelli tra le mani piagnucolando alla vista del letto che si sarebbe dovuto trovare alle sue spalle, dietro alla porta che aveva appena chiuso.

Non è giusto.

Sconfitto aprì la porta ed vide il suo bagno privato dall'altra parte, scosse la testa sorridente.

«Ecco spiegato, si vede che in qualche modo assurdo sono entrato ed uscito dalla stanza.. non può essere altrimenti!» Se ne auto-convinse davvero e si bagnò il viso.

Uscì solo dopo essersi sistemato i capelli che, per colpa della sua presa isterica di poco prima, si erano tutti spettinati, poi si guardò lo specchio e fece incurvare le proprie labbra in un sorriso tranquillo, rilassato.
Si voltò a destra, dove ci sarebbe dovuto essere la porta, che invece era sostituita da una bella serie di mattonelle bianche e lucide che sembravano ridacchiare vispe, stava decisamente dando di matto.

Mentre pensava che quel giorno il suo senso dell'orientamento non era il massimo, voltò la testa a sinistra trovando altre mattonelle bianche identiche a quelle di prima.
Mattonelle bianche a destra e a sinistra, fece un giro a 360 gradi guardandosi dietro, mattonelle.
Dove. È. La. Porta.

Si sentì spaesato ed in trappola, sicuramente la sua claustrofobia non lo aiutò, ogni parete era senza porta e questo non era possibile almeno che in tre secondi non fossero arrivati dei muratori e si fossero divertiti a fargli quello scherzetto, muratori bravi tra parentesi e pagati un bel po' di quattrini anche.

Pensando tutte quelle cose, spostò lo sguardo veloce: prima a destra, dietro, sinistra, dietro, destra e così di nuovo. Finché non indietreggiò, voleva posare le mani sul lavandino che almeno lo avrebbe sorretto in quanto non si sentiva più le ginocchia e molto probabilmente era bianco cadaverico, ma non lo trovò. Cadde, sbattendo la nuca contro quello che sarebbe dovuto essere il vetro dello specchio e che, invece, era il legno della porta.
Fece un salto staccandosi dalla parete, si afferrò le meningi stanco mentre pensava come tutto quello fosse stato possibile. Se prima lì c'era il suo riflesso com'era possibile che ora ci fosse l'uscita? Si voltò solo per ridere di se stesso vedendo il lavandino proprio alle sue spalle.
Sconsolato aprì la porta e assistette alla sua faccia sconvolta, impaurita ed isterica che si osservava nello specchio sopra al lavandino accanto al cesso di fronte alla vasca.

Ovvio che ci sia un bagno alle sue spalle e uno davanti a me, no? Eh certo.

Si sbatté furioso la porta dietro di se ed entrò nel bagno 2.0 lasciandosi quello vecchio dietro. Era identico a quello prima, solo che finalmente c'erano anche gli altri mobili. Ormai era sconsolato e rassegnato quando riaprì, per non sa quale volta, la porta di legno.. sempre la stessa e si ritrovò nella sua camera. Era sconvolto perché finalmente tornava, era riuscito a trovare la stanza che desiderava.

E quindi è questo l'impossibile in questa maledetta casa: La logica!?

Saltò in alto e urlò di felicità, i suoi neuroni stavano ballando contenti. Stava ancora esultando quando un Blaine assonnato apparì alla porta.

«Che è tutto questo fracasso?» domandò. Kurt gli saltò completamente in braccio.

«Oh Blaine, finalmente ho aperto la porta e ci ho trovato la stanza che volevo: capisci? Non la vasca, non la tua porta chiusa: NO, la MIA camera che doveva essere proprio QUI!» spiegò parlando a macchinetta e riprese fiato sono alla fine di quel discorso che, ad ogni parola aggiunta, gli sembrava sempre più cretino. Blaine intanto era rimasto impietrito stretto tra le braccia del castano con i capelli a solleticargli il viso, avrebbe pianto di felicità, lo voleva da così tanto tempo che nemmeno lui ricordava da quando.

«Kurt.. » si obbligò a svegliarsi e si accigliò guardandolo storto. Kurt pensò che figura peggio di quella non poteva fare.

O forse quella della vasca la batte? Non so..

«Colpa mia, Andy! ...Ops.» Ecco che torna la nostra fantomatica voce a far rabbrividire Kurt e sbuffare Kurt.

«Lo hai sentito?» il castano alzò di molte tonalità la sua voce da soprano disperato agitando la testa da tutte le parti, puntando il soffitto alla ricerca di una specie di spider-man attaccato lì sopra. Intanto Blaine borbottava fra se e S-se, scalciò una pedata contro la scrivania sperando di farlo soffrire almeno un po', anche sapendo che non era così che funzionava la faccenda.
«No, no.. sentito niente..» esclamò facendo una smorfia che doveva assomigliare ad un sorriso. Blaine prima o poi lo avrebbe strangolato, non sapeva come, ma lo avrebbe fatto... non stava parlando di Kurt, non preoccupatevi!

Sperò con tutto se stesso di non riceve un'ennesima risposta ed incrociò le dita pregando in tutte le religioni e lingue che conosceva e, vi assicuro, che sono davvero tante.
Kurt scosse la testa non capendo come Blaine non potesse averlo sentito, pensò che forse avrebbe dovuto farsi visitare da qualcuno di davvero, davvero, bravo. Scacciò questo pensiero strofinando le mani tra loro e avvicinandosi a Blaine.
«Allora, ti va una colazione?» domandò tranquillo cercando di calmare i battiti del suo cuore agitato. Si sentiva come un lupo che cerca di captare la posizione della propria preda, solo che la preda era lui.
Blaine annuì allargando il sorriso ormai sincero e allungò un braccio invitando Kurt ad afferrarlo a braccetto, l'altro non aspettò ancora e lo fece, arrossendo violentemente. Non era abituato a tutto quel contatto fra ragazzi e sopratutto quel contatto così aristocratico e ottocentesco.

«Prendetevi una stan-»Blaine dette un pugno contro il muro e dopo tossì. «Bene, andiamo..»

Il castano notò che Blaine zoppicava un po' e gli venne naturale sorreggerlo per scendere le scale, ma appena l'altro se ne accorse si ritrasse veloce dalla presa, anche se mal volentieri, Blaine non poteva permettersi di ricevere domande alle quali non era pronto a dare risposta.
«Non mi serve aiuto.» Esclamò a voce rigida con le labbra in una linea retta, dire che Kurt ci rimase male è dire poco. Non lo dette comunque a vedere scrollando le spalle disinteressato e superandolo di qualche passo.
«Ecco cosa ci si guadagna a dar mano alla gente..» Scese frettoloso le scale sperando di non inciampare e fare una figuraccia rotolando giù come un facocero. Appena arrivò, incrociò le braccia al petto battendo un piede sul pavimento fingendo nervosismo. «Allora, ce la facciamo a scendere!?».
Sapeva di esagerare, ma allo stesso tempo non poteva permettersi di fare altrimenti e mostrarsi eccessivamente altruista o triste per una cosa così piccola perché sapeva che era il suo più grande punto debole. Aveva sempre usato il sarcasmo come sua arma e adesso non avrebbe smesso per un certo Blaine. Dovette comunque mordersi l'interno guancia per non correre dal moro quando lo vide arrancare per scendere uno scalino alla volta.

Però almeno una cosa il moro l'aveva indovinata: se si fosse comportato da maleducato, Kurt non avrebbe fatto domande.

Ed infatti così andò, il ragazzo, essendo troppo impegnato a stare imbronciato, non si era preso la briga di chiedere cosa fosse successo a Blaine. E menomale, altrimenti sarebbe stato nei guai: non era bravo a dire stronzate.

Arrivò da Kurt, il quale fece un ultimo passo verso la porta pronto ad aprirla, fino a che Blaine non lo afferrò svelto dal retro della giacca allontanandolo per pararcisi davanti col proprio corpo e gli occhi da pazzo.

«Ma cos-» corrugò la fronte Kurt.

«No! ehm.. cioè.. faccio io!» mormorò in risposta armeggiando con la maniglia. «non vorrei, sai, che.. va beh.» borbottava ancora tra se e se come un demente, intanto Kurt stava davvero cercando una spiegazione plausibile al comportamento completamente senza senso di Blaine, ma non ci riusciva.. almeno che non comprendesse qualche malattia mentale con problemi seri di personalità. E, troppo impegnato nei suoi ragionamenti, Kurt non notò quel “stack” di una manopola che gira.

Pochi secondi più tardi erano finalmente usciti dalla casa e stavano camminando lungo il marciapiede. La strada era composta principalmente da case tutte uguali, marroni e tristi, ovviamente niente a che fare coll'entrata cinquecentesca della casa di Blaine, quel portone con la maniglia ad anello dava decisamente nell'occhio nel mezzo a quel ripetersi di edifici.

Blaine voltò sicuro a destra e Kurt si ritrovò davanti ad un giardinetto: poteva scorgere, nascoste tra gli alberi, delle panchine di metallo che erano sistemate ai lati di una stradicciola di sassolini bianchi, i quali schiarivano il tappeto d'erba curata e scura. C'erano molti alberi, inoltre, che tappezzavano il prato con vari colori autunnali e, se si focalizzava lo sguardo più in lontano alla ricerca di particolari, si poteva vedere un piccolo laghetto con qualche paperella a sguazzarci dentro.

A Kurt piacque, ma sapeva che gli sarebbe andata bene anche una discarica se ci fosse stato Blaine lì con lui, e questo un po' lo spaventava.

«Allora, come ti appare la casa?».

“«Sporca, posseduta da strane e alquanto antipatiche voci, con stupidi peluche che ti prendono per i fondelli, mobili che si scambiano di posto solo per il gusto di farti impazzire e, finendo in bellezza, corde che si divertano a farti fare figuracce..»”. Questo è quello che la sua mente registrò come pure e semplice verità, ma dalla sua voce uscì un «Fantastica, scommetto che dopo averle tolta tutta quella polvere sarà.. sorprendente!». Anche quella era una metà (o forse un quarto) di verità, dopotutto.

«Sono entusiasta che ti aggrada.» esclamò il moro sedendosi sulla panchina più vicina, così fece pure Kurt accomodandosi affianco a lui.

Davanti ai due cinguettavano un paio di passerotti, i quali chinavano il proprio capo verso terra dove probabilmente li aspettava un cibo prelibato. Inoltre le foglie rosse e gialle seguivano la scia dettatagli dal vento sposandosi verso destra come se attratte dal grande desiderio di volare via ed il fruscio che producevano era il sottofondo ideale per quel paesaggio.

Blaine inspirò l'aria con malinconia immaginando di essere immerso nel bosco. «Ogni tanto mi manca l'ambiente pulito...».

«In che senso?» il castano si era voltano verso l'altro scorgendolo ad occhi chiusi col volto rivolto verso il sole tiepido del mattino, indossava un sorriso genuino e rilassato. Non li aprì nemmeno per rispondere. «Anni fa vivevo in un piccolo paesino ignorante dell'inquinamento, dei clacson e dei cellulari.. era come se fossimo vissuti in un'altra epoca.» si lasciò scappare uno sbuffo dolce e spalancò gli occhi intrecciandoli con quelli dell'altro.

Se Kurt aveva pensato che prima era perfetto, adesso avrebbe dovuto trovare un aggettivo ancora più perfetto: le ridi di Blaine sembravano splendere di un oro pallido con qualche accenno di verde smeraldo, esprimevano solo pura.. quiete.

Il suo posto è qui.

Se il castano avesse saputo cosa in realtà aveva scaturito quell'espressione pacifica a Blaine probabilmente sarebbe arrossito.. e non pensate sempre da pervertiti, avete il chiodo fisso, dios!

Gli occhi del moro tornarono al loro colore originario mentre il loro proprietario accavallava le gambe stravaccandosi più comodamente sulla panchina, e così facendo i due si ritrovarono coi fianchi spiaccicati uno contro l'altro e un ghignetto stampato in viso. Stavano andando entrambi a fuoco dall'agitazione, ma nessuno pensò minimamente di dividersi.

«Allora, vieni spesso qui?» chiese Kurt.

«Hum sì, diciamo. Mi piace dipingere la natura e questo è uno dei pochi posti rimasti...» stiracchiò un sorriso in risposta.

«Ti ci vedo seduto qua, con un pennello nella mano e un foglio sopra le ginocchia mentre osservi attento un albero o una foglia particolarmente bella, davvero.»

Blaine non rispose se non con una occhiata timida.

Non parlarono di molto altro, c'era troppa pace attorno a loro per spezzarla con chiacchiere inutili, così rimasero a contemplare il paesaggio, ad ascoltare i propri respiri e a gustarsi la presenza dell'altro.

Quando Kurt rabbrividì stretto nel suo cappotto, a Blaine scappò una risatina e si alzò in piedi. Dopo essersi strusciato le mani sui pantaloni, una abitudine che mai avrebbe perso, pose il palmo aperto al castano invitandolo ad alzarsi. «Dai, ti va una cioccolata?».

Kurt storse il naso un attimo pensando a quante calorie avrebbe potuto avere.. «troppo zucchero, preferisco un caffè fumante!.» accettò la mano del moro, la strinse con la sua e pensò quanto fosse giusto quello.

Pensiero cretino, Hummel.. sveglia!

Blaine sbuffò ed insieme andarono verso il piccolo bar all'angolo della strada. Percorsero il sentiero ciottoloso mano nella mano superando il laghetto, vicini e a proprio agio come se si conoscessero da un paio di vite, invece di tre giorni.

Kurt notò questo (minuscolo, microscopico, impercettibile) particolare, e prima di entrare nel locale lasciò la presa, a malincuore. Blaine si odiò, se avesse potuto si sarebbe mangiato quella mano dopo essersi preso a schiaffi ripetutamente!

Immersi nei loro problemi, non si accorsero di essere arrivati alla cassa e che dietro di essa una ragazzina tutta truccata e mezza nuda stava sventolando una mano davanti ai loro occhi come se fossero sonnambuli. «Ma.. volete ordinare qualcosa o..?» domandò ormai spazientita.

«Oh sì, ci scusi. Signorina» Blaine torno in se, forse anche troppo. «vorremmo gustare un caffè per costui e una cioccolata per il sottoscritto.».

La ragazza, l'uomo dietro di loro e Kurt lo guardarono, e anche voi se foste stati lì, come si potrebbe fare con un alieno... o con un cane parlante. «Ehm.. Oh andiamo, stavo a scherzà!» cercò di recuperare l'alieno canino parlante facendo alzare gli occhi al cielo alla barista.

«Le arrivano subito, signore.» lo scimmiottò. Blaine la ignorò ed a capo chino andò a sedersi ad un tavolino libero, Kurt lo seguì ammutolito ed affascinato ad suo comportamento bizzarro.

Si ritrovarono in un silenzio pieno di domande che Kurt non sapeva porre e che Blaine temeva di ricevere. E così fu quest'ultimo a rompere quell'atmosfera per primo, sorrise.

«Ok: momento più bello della tua infanzia.» poteva sembrare strano che facesse domande su domande, che volesse farsi raccontare tutte più una delle esperienze di Kurt, ma non lo era tenendo conto del fatto che non sapeva ancora niente di quel ragazzino dagli occhi di ghiaccio che potevano farti ardere.

Kurt quindi gli raccontò dei pomeriggi seduto sulla sedia a bere il tè con suo padre Burt, del giorno in cui era riuscito a pedalare, dei venerdì sera e di tutte le altre abitudini di casa. Anche a Blaine tornarono alla mente un paio di tradizioni della sua famiglia, ma non le raccontò.

Con l'ultimo sorso di cioccolata, ormai fredda perché aveva passato troppo tempo in quella tazza, il ragazzo quasi non si strozzò dalle risa causate dall'ennesimo cocktail KurtHummel+Alcool che era andando a finire con vomito, occhiali da sole e strani riferimenti alla mamma uccisa di Bambi.

Vi posso assicurare però che era più che serio mentre l'altro arrossiva al ricordo di quello che era arrivato a combinare pur di passare del tempo con il quarterback, che alla fine era pure diventato il suo fratellastro. Blaine fu costretto a riportarsi alle labbra il bicchiere ormai vuoto per potersi nascondere dietro alla porcellana e respirò, inspirò e respirò.

«Comunque non mi interessa più.. ho scoperto il vero lui vivendoci accanto.. bleah.» ridacchiò Kurt «Non è il mio genere».

Blaine sospirò sollevato e tornò a osservare il ragazzo seduto davanti a lui. «e com'è il tuo genere, allora?» chiese serio, e incuriosito, e nervoso, e in tensione, e all'erta e tanto altro.

Come te...

- Ma ti sembra il caso di pensare certe cose, Kurt? Beh alla parte sana di te: no!

«M-moro.. di media altezza .. intelligente e gay.» disse marcando l'ultima parola per premersela nella mente.

Blaine ridacchiò. «Sembrerei io, se non per un dettaglio...»

«C-cosa?» chinò la testa e le sue dita poco curate che si intrecciavano divennero davvero molto interessanti. Non voleva saperlo in realtà perché aveva paura.. paura di cosa? Dopotutto Blaine non aveva problemi con l'omosessualità, altrimenti lo avrebbe fermato prima, no?

Solo in quel momento si accorse che si era dichiarato indirettamente.

Accidenti a Blaine e alla mia parlantina.. Adesso avrò l'ennesimo rifiut-

Kurt bloccò con forza i suoi stupidi pensieri ed a malapena udì il «non sono molto alto, purtroppo.» di Blaine, ma quando lo notò scoppiò in una grossa risata.

Non rideva per la battuta dell'altro.

Non rideva del fatto che Blaine si era auto-offeso dandosi di nano.

Rideva di se stesso.

«Dai, non essere così cattivo con te! Sei.. diciamo.. c'è gente più bassa!».

«Grazie di mentirmi per compassione..» sbuffò Blaine mettendo un broncio decisamente adorabile.

«Okey, diciamo così: sei alto abbastanza, davvero!» spalancò gli occhi resistendo all'istinto di nascondersi sotto il tavolo, cercare una pala che sicuramente avrebbero avuto in quel bar e sotterrarsi.

Non posso averlo detto davvero, cavolo! Bello sputtanamento...

Le gote del basso diventarono due paffuti pomodori rossi ed abbassò lo sguardo. «oh.»

Fu in quel momento che Kurt realizzò, realizzò che se e soltanto quel particolare era diverso, allora gli altri erano giusti e, se un punto era che doveva essere gay, quindi..

Questo fu quello che la sua mente assurda partorì, io adesso ve lo riassumo: Blaine era gay.

La mascella del castano toccò il pavimento e i suoi occhi stavano per cadere sul tavolo da quanto erano fuori dalle orbite.. che immagine raccapricciante!

Non commentò in nessun modo perché non voleva passare per il ciarlone della situazione e una piccola parte di lui aveva anche paura di essere smentito, che la sua supposizione fosse errata e che l'altro non avesse fatto caso all'ultima parola.

Nel frattempo il moro stava gongolando dentro di se, si sentiva troppo felice per una piccola frase e probabilmente vedere cuori, unicorni e arcobaleni per tutta la stanza era un po' eccessivo.

Si alzarono quando anche la tazza di Kurt fu svuotata e si avviarono alla cassa dove la ragazza di prima aspettava loro con un sorriso strafottente. «Ecco i due nobil uomini...» commentò sarcasticamente.

Blaine sventolò una mano in aria disinteressato alle sue parole «Sìsi, okey.. un caffè e una cioccolata, grazie.».

Tirò fuori dalla tasca il portafoglio in contemporanea di Kurt.

«Mettilo via, offro io.» La sua voce fu così sicura e indiscutibile che il castano fu costretto a nascondere il portafoglio nel giubbotto e di sbuffare sonoramente per fargli intuire il proprio disappunto. Comunque sia sorrideva sotto i baffi contento di tutto quello, non era abituato e adesso niente impediva alla sua mente di vagare.

Fecero la strada di ritorno parlando male della barrista, di come non sapesse fare il suo lavoro e nemmeno come vestirsi, risero all'ennesimo commento perfido.

Arrivato in cucina Kurt socchiuse gli occhi mentre quella sensazione irritante che ti fa tremare le ossa lo percuoteva, c'era qualcosa di diverso, qualcosa che però lui non riusciva a scorgere in quel momento e questo lo spaventava. Arricciò il naso finché finalmente lo notò: il quadro.

«Blaine, perché è notte?».

«Notte? Ma Kurt saranno appena passate le 13! A proposito, che si mangia di buono?» si leccò teatralmente le labbra il moro.

«No, io dicevo nel quadro!» rispose puntando il dito contro il quadro dell'albero che già un altra volta aveva catturato la sua attenzione, solo che stava tramontando prima e la luce che emanava il sole rosso adesso era sostituita dalle lucciole che volavano attorno all'albero e da una Luna bianca.

«E' sempre così..» mormorò Blaine avvicinandosi.

Kurt scosse la testa e, quando ripuntò lo sguardo sulla parete, si arrese al fatto che ricordasse male: quel quadro ritraeva la notte stellata anche due giorni fa.

«Devo chiamare mio padre..» borbottò Kurt mentre correva in camera sua con la prima scusa che aveva trovato, chiamò davvero suo padre: gli raccontò la giornata tralasciando qualche particolare, cercò di non squittire troppo ad ogni ricordo e forse ci riuscì visto che Burt non fece domande imbarazzanti.

Appena Blaine vide sparire l'altro dietro al muro della sala si schiaffò una mano sulla fronte sbuffando frustrato. Sapeva che probabilmente tutta quella sceneggiata non sarebbe durata tanto e che, prima o poi, avrebbe dovuto far calare il sipario raccontando la verità, ma sperava che non ce ne fosse bisogno. Doveva resistere il più possibile, per il bene di Kurt. Osservò attentamente il quadro e sorrise, per solo un attimo pensò di nasconderlo, ma non lo avrebbe fatto davvero: era il suo preferito dopotutto.

Dopo essersi accorto che era la prima volta dopo secoli che aveva la dispensa straboccante di cibo, si mise ai fornelli preparando un'ottima pasta alla Matriciana. Conosceva tutti gli ingredienti e le loro giuste dosi, doveva ringraziare solo i suoi innumerevoli viaggi in Italia e in Europa per quella fortuna: quando si annoiava partiva verso mete lontane fingendosi l'eroe di uno dei romanzi che riempivano la sua libreria andando proprio nei lunghi descritti tra le pagine fitte di descrizioni. Adorava farlo, ma finalmente non ne aveva più motivo ne tempo.

Mangiarono in silenzio se non qualche mugolio da parte di Kurt che si congratulò con Blaine e la sua bravura almeno una quarantina di volte dopo nemmeno una forchettata mentre l'altro non faceva altro che arrossire, ringraziare ed arrossire di nuovo. Insieme lavarono i piatti uno affianco all'altro, Blaine alle prese con lo sciacquo e Kurt col sapone. Entrambi aveva un gran sorriso sul volto mentre si passavano gli oggetti come se fossero un'unica macchina. Non so dirvi come mai, ma rimasero la maggior parte in silenzio, in quel silenzio che ti rilassa e per niente peso.. non avevano molto da dirsi, o forse ne avevano troppo?

Comunque sia quando si rintanarono nelle rispettive stanze da letto erano felici, soddisfatti ed eccitati della serata passata.

 

 

KIAsiaChannel:

Ed eccoci al terzo capitolo dove Blaine e Kurt si scambiano qualche parolina.
So che può sembrare veloce il comportamento di loro due, ma Blaine è assolutamente giustificato (non sapete ancora e quindi non scassate! ♥) mentre Kurt .. è pur sempre la Klaine, no?
Spero che vi sia piaciuto, un bacio a tutti!

Alla prossima, Asia.

 

 

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Capitolo 5
*** 4 - Un grazie d'obbligo. ***


Nome Capitolo: Un grazie d'obbligo.

Ship: Klaine.

Rating: verde.

Parole: 5319.

 

Ed è così che la strega continuò a raccontare:

 

Erano passati ormai più di una decina di giorni e Kurt aveva paura di essere isterico.
Ormai aveva capito che se chiamava Blaine, lui avrebbe risolto tutto in un batter d'occhio e questo lo mandava su tutte le furie, però doveva ammettere che dopo la mattinata al parco i casi “strani”, come li aveva soprannominati, erano sempre meno frequenti.

Kurt si rigirò nel letto ed emise una smorfia quando la luce del sole gli accecò gli occhi. Fu in quel momento che si rese conto di quanto fosse tardi in quanto il sole era troppo alto per poter essere ancora mattina Si voltò svelto verso il comodino e quasi urlò: erano le 10 e lui doveva ancora finire di pulire metà casa!
Doveva ammettere che rimetteva a posto ogni giorno la cucina e il bagno, il salotto era stata una mezza catastrofe ed ancora gli mancava la biblioteca.. aveva paura a pensare di tutti quei libri impolverati, quindi era andato con calma. Ovviamente non ammetteva che non voleva andare troppo veloce, perché poi non ci sarebbe stato motivo per rimanere a vivere in quella casa e, di conseguenza, di rivederlo.

Si stiracchiò sul materasso arreso al fatto che quel giorno lavorativo era andato perduto, ops.

Sorrise senza motivo e scombussolato si alzò, si guardò velocemente allo specchio e si sistemò i capelli. Lo distrasse dalla sua cura per la pelle di porcellana un odore amaro di caffè e un caldo profumo di biscotti appena sfornati. Così, scalzo e senza preoccuparsi di possibili malanni terminali, attraversò la stanza e scese le scale fino ad appoggiarsi allo stipite della porta, immediatamente però fece un passo indietro andando a nascondersi dietro al muro per non farsi vedere.

Davanti a lui c'era una scena adorabile: un Blaine fischiettante si muoveva sinuoso per la cucina e saltellava dal tavolo al forno, che ogni tanto apriva per controllare i probabili biscotti ancora non pronti. Sopra la tavola invece c'erano già una manciata di quelli, erano con le gocce di cioccolato ed ognuno aveva una forma tondeggiante e diversa fra loro, si vedeva che erano stati fatti a mano e con molta cura. Accanto c'era un bicchiere di succo, ma Kurt non era sicuro se pesca o albicocca. Rise e si tappò la bocca per non farsi sentire quando notò che Blaine si era fermato in mezzo alla cucina, aveva smesso di canticchiare per potersi afferrare il mento e guardare concentrato sopra il mobile dove c'era un vassoio, troppo in altro per un mezzo tappetto come lui.. sembrava quasi che si aspettasse che gli arrivasse direttamente in mano da un momento all'altro. Serrò i pugni guardando attorno alla stanza imbronciato.

«Oh, ma andiamo!» sbuffò. Quando voltò il capo verso la porta Kurt si nascose e sospirò di sollievo notando che non era stato beccato a spiare.

Doveva ammettere a se stesso che aveva preso una bella sbandata per Anderson. Viveva con lui da due settimane o poco più e cenavano insieme tutte le sere. la prima volta che si era ritrovato a fantasticare ad una vita come “maritino di Blaine” erano a tavola, lui era arrossito e si sarebbe voluto prendere a sassate.

«Ti odio quando fai così... bastardo!» lo sentì sospirare sconfitto e lo vide arrampicarsi sul piano di cottura con i ginocchi e spingere le dita in alto, cercando di afferrare il vassoio di legno. Quando ci riuscì, rendendosi conto che non gli era cascata mezza cucina addosso, fece un salto vittorioso portando un pugno al cielo. Kurt sorrise.

Lui aveva deciso di non avvertire Blaine della presenza di Kurt: preferiva di gran lunga osservarli da lontano e ghignare per quanto fossero adorabilmente vomitevoli, per i suoi parametri.

Solo a quel punto, vedendo Blaine con un vassoio, dei biscotti ed un bicchiere di succo, Kurt capisce cosa stava succedendo: voleva portargli la colazione a letto.

Possibile? Oddio, ora me lo sposo... no Hummel, queste uscite no.

Veloce risalì le scale e corse nel suo bagno privato: si sciacquò il viso, si lavò i denti e si pettinò i capelli. Si osservò allo specchio. Scosse la testa decidendo che non erano in un film dove uno appena sveglio avrebbe potuto tranquillamente sfilare in prima fila per Armani e quindi si scompigliò i capelli precipitandosi sul letto per fingersi addormentato.

Non passarono più di una decina di minuti che udì la porta scricchiolare e dei passi avvicinarsi al suo letto. Poteva tranquillamente immaginarsi l'espressione corrucciata di Blaine mentre pensava se svegliarlo o no, se aprire la finestra o accendere la bourgie, se scuoterlo o chiamarlo. Represse un sorriso spontaneo mentre il moro si chinava e lo chiamava piano dopo aver aperto la serranda della finestra. «K-kurt.. svegliati dai!».

Così finse uno sbadiglio e si voltò piano stropicciandosi un occhio, lo guardò per un secondo e strabuzzò gli occhi. «Blaine, che succede? Tutto bene? Ma .. che ore sono!?»

Sono un attore nato.. Broadway, hai perso un ottimo protagonista!

«Sono le 10 passate.. credo non ti sia suonata la sveglia e.. ti ho preparato la colazione, spero non ti dispiaccia!» borbottò sussurrando l'altro quasi temendo di dargli fastidio.

«B-blaine... grazie davvero.» in quel momento non dovette recitare: era davvero grato e contento di tutto quello, di quelle attenzioni che gli scaldavano il cuore come quando da bambino il suo papà veniva a dargli il bacio della buonanotte mentre lui, tecnicamente, sarebbe dovuto essere addormentato.

Si issò a sedere sul letto e prontamente Blaine gli mise un paio di cuscini dietro la schiena per farlo stare più comodo, quando Kurt alzò la testa si trovò il ragazzo piegato in avanti e decisamente troppo vicino, non si accorse che aveva puntato insistentemente lo sguardo sulle labbra carnose e un goccio screpolate del moro finché non lo sentì tossire, le sue gote si arrossarono immediatamente. Che figura.

Intanto Blaine stava ruggendo interiormente per imporsi di non fare cavolate, non poteva rovinare tutto, non aveva una seconda possibilità con Kurt e, se quella andava a rotoli, avrebbe dovuto passare un'eternità di inferno e non era sicuramente quello che si augurava.

Ripresero entrambi respiro ormai lontani e al sicuro da risposte avventate. Kurt afferrò un biscotto e lo assaggiò gustando quel sapore casalingo che gli si spanse in bocca e ne passò uno a Blaine. «Mangia, è buonissimo!».

L'altro non se lo fece davvero ripetere due volte e fece compagnia al castano mangiucchiando, si sedette sul letto e comodo incrociò le gambe sopra il materasso.

«Allora, a cosa devo tutta questa attenzione?» ridacchiò Kurt dopo aver mangiato l'ennesimo demone calorico, erano davvero troppo buoni per resistervi ed ormai si era arreso al triste destino di assumere zuccheri, almeno finché sarebbe stato in casa con quel mangione di Blaine.

«Beh, te lo meriti, andiamo! Stai facendo un ottimo lavoro con questa casa.. solo per il fatto che ho trovato ogni tegame pulito e tutti gli ingredienti a portata di mano! Ti adoro..» il moro sorrise dolce e lo guardò facendo sprofondare l'altro nel caramello fuso dei suoi occhi. Sarebbe decisamente ingrassato di quel passo e quello non lo disgustava, per niente.

«Oh, pft.» mormorò arrossito e sventolando una mano. Ormai la luce opaca del sole invernale irradiava la stanza, loro aveva finito i biscotti ed il succo era di albicocca, il preferito di Kurt e Blaine lo sapeva.

Il moro poteva tranquillamente montarsi dicendo che aveva osservato attentamente ogni comportamento, tic, gusto e espressione dell'altro in quel poco tempo. Poteva dire di aver notato che quando Kurt sorrideva gli si formavano delle adorabili fossette ai lati delle guance che lo rendevano ancora più perfetto, e che quando notava l'ennesimo particolare sbagliato in quella casa piena di pazzi, le sue sopracciglia si corrucciavano in una maniera adorabile. Inoltre quando non gli quadrava qualcosa, lo spaventava o lo irritava cominciava a fare dei respiri forzati e poteva immaginarselo a contare mentalmente almeno fino a tre prima di riaprire gli occhi.

Kurt si mostrava sicuramente più coraggioso e forte di quanto in realtà non fosse: ne era certo, ma non questo lo rendeva debole, forse anche più temprato, se possibile. Era difficile per lui spiegarlo ad alta voce, ma aveva la sensazione che l'altro montasse il busto o alzasse il mento quando si ritrovava davanti a domande che lo mettevano in difficoltà e questo gli faceva venire ancora più voglia di scoprire ogni piccolo dettaglio di quell'affascinante ragazzo che era Kurt Hummel.

Kurt si stiracchiò e spostò il vassoio di lato al letto. «Sarà meglio che mi vesta e, per favore, non mi dire che ore sono..» scherzò.

Blaine sorrise e annuì poco prima di dire «Manca venti alle undici... ops.».

L'altro gli lanciò una linguaccia giocosa e con le mani gli intimò di uscire dalla stanza col sorriso. «Dai, fuori... che mi devo vestire.. voglio essere almeno presentabile!».

«Come se avessi bisogno di queste cose.... sei perfetto.» borbottò Blaine sottovoce con l'idea di nonn farsi sentire, ma Kurt era troppo vicino e udì tutto.

Arrossì e si bloccò balbettando «e-esagerato.». Era rimasto allibito davanti a quella rivelazione perché aveva capito che non era una battuta, sembrava quasi che Blaine ci credesse con tutto se stesso, che fosse il suo ideale di vita. Così profondo che nessuno si sarebbe mai potuto permettere di smentirlo se avesse tenuto alla sua vita. Era stato tutto troppo profondo e serio per una frase sussurrata da un ragazzo che lo conosceva da nemmeno due settimane. Doveva aver dato di matto, sicuramente.

Blaine si voltò in un millisecondo e lo guardò dritto negli occhi perforandolo, entrandogli dentro per trasmettergli quando lui credesse in quello che aveva detto. Kurt percepì una lunga scossa attraversarlo e non si accorse di essersi avvicinato, non si accorse di quando Blaine aveva abbassato lo sguardo sulle sue labbra, non si accorse dello scurire degli occhi di Blaine, non si accorse di quando aveva seguito l'esempio dell'altro e ora guardava le labbra così bell-.

«BLAINE.» un urlo.

Una scossa profonda gli fece cadere entrambi a terra. Il momento si era rotto, frantumato in centomila piccoli pezzettini di eccitazione e tensione che si sarebbe pure potuti raccogliere con una scopa e un secchiello.

Un grazie da parte di Blaine sarebbe stato d'obbligo, ma non in quel momento, dopo.

«Q-quindi, io esco.. cambiati pure.» Quando il moro si chiuse veloce la porta alla spalle, Kurt sbuffò frustrato e si chiuse le mani a pugno sopra i capelli stringendoli stretti, non capiva cosa fosse successo. Era stato come una scintilla che attraversava Blaine e lui, che li portava ad unirsi come se fosse un bisogno morboso e carnale. Non gli era mai capitato con nessuno, nemmeno con Finn o con Sam aveva provato cose del genere.

Accidenti agli ormoni adolescenziali..... uff.

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Mentre Kurt indossava un paio di jeans e una felpa, Blaine stava camminando su e giù per la sua stanza cercando di calmarsi, di placare quella voglia di prendersi a schiaffi ripetutamente. L'aveva fatta quasi grossa quella volta e se non fosse intervenuto quell'utile coglione sarebbe stata davvero merda per il morettino.

«Grazie.» gli disse.

«lo so.. lo so Andy.» rispose dolcemente tirandogli uno scappellotto sulla nuca.
Beh, comunque sia alla fine le aveva pure prese. E se le meritava.
 

♪ ¤°.¸¸.·´¯`»« ´¯`·.¸¸.°¤ ♪
 

Kurt si lanciò sul letto e si maledì subito dopo perché lo aveva appena rifatto e adesso era di nuovo nelle condizioni di dieci minuti prima. Dopo aver sbuffato sonoramente decise che sarebbe uscito a fare la spesa per non perdere totalmente la giornata e, soprattutto, perché aveva bisogno di un po' d'aria aperta per rinfrescarsi la mente.
Così si alzò di scatto, afferrò la borsa e scese le scale mentre si infilava il giubbotto scuro. Gli mancavano ancora qualche gradino quando urlò un saluto al moro pronto a correre letteralmente fuori dalla casa: aveva paura che Blaine volesse accompagnarlo e questo era sicuramente ciò che voleva, ma anche l'ultima cosa che lo avrebbe aiutato per chiarire al se stesso impulsivo e romantico alcuni concetti.

«Ciao Blaine!» fece un ultimo scalino con un salto e aprì veloce la porta, non vedeva l'ora di uscire .«Io vado a fare la sp- AHO!».

Si ritrovò seduto a terra col sedere e la schiena dolorante. Avete presente quando camminate spediti verso una porta scorrevole e quella bastarda non si apre facendovi andare a sbatterci di faccia oppure quando due signori stanno passando con un vetro enorme proprio davanti a voi senza un motivo logico e voi vi ritrovate con un bernoccolo? Ecco, uguale.

Kurt osservò il cielo soleggiato, il sudicio marciapiede grigiastro e gli sembrò quasi che si stessero beffeggiando di lui, come a dire che loro erano fuori mentre lui era col curo per terra.

Si alzò passandosi le mani sudate per il nervoso sopra gli stretti jeans e così si pulì pure il sedere sicuramente sporco. Fece un respiro profondo e, dopo aver riaperto gli occhi, andò in avanti lentamente e con le mani di fronte al viso per proteggerselo, prima ci era andato di faccia e aveva fatto male, sperò solo che non gli venisse un livido.

Ma cosa sto facendo, cavolo? La porta è aperta e non ci sono vetri o che ne so! E' una pazzia... e forse dovrei smetterla di stupirmi di essere impazzito.

Quando le sue mani non riuscirono ad andare ancora più fuori, non riuscì nemmeno ad emettere un sibilo da quanto era sconvolto: era bloccato senza alcun motivo.
La sensazione che provava sui palmi delle mani era strana, non era fredda come quando si preme sopra un vetro o nemmeno solida come dovrebbe essere. Ai suoi polpastrelli sembrava di sentire sotto di loro un soffice tessuto leggero sensibile al tatto, che traspariva una sensazione di calore e morbidezza, ma allo stesso tempo era resistente a tutta la forza che Kurt stava mettendo per rompere quel “muro”.

Lo sbuffo spazientito di Kurt arrivò sopra quello strano strato e lo fece ondeggiare, lo percepì dalle mani che sentirono uno spostamento sotto di loro, era come se fosse in tirare in dei punti, ma comunque sia abbastanza lente per potersi muovere. Kurt ne rimase incantato per i primi cinque minuti e poi la sua voce tornò tutta di colpo per fargli emettere un lungo e acuto urlo che rimbombò per tutta la casa.

Arrivò anche nella camera di Blaine, il quale rimase impietrito spalancando gli occhi, si voltò verso il cretino che gli aveva appena fatto una brontolata su quanto era stato disattento. Non rimase a sentirlo ridere per non prenderlo a sberle e svelto scese le scale due scalini la volta quasi volando.

«Kurt, va tutto bene?» domandò col fiatone e, quando finalmente inquadrò la situazione capendo cosa era appena successo, gli venne una irrefrenabile voglia di risalire le scale e dargliele davvero quelle famose sberle.. Sospirò dentro di se e strinse una spalla a Kurt. «k-kurt..?»

Fu con quel tocco che il castano tornò in se e balbettò qualcosa mentre si girava per poter vedere l'altro in volto. «N-no.. non va bene..» inghiottì a vuoto ponderando su cosa fare: dire a Blaine che qualcosa di invisibile lo vietava di uscire facendo la figura dell'idiota perché tanto lui ci sarebbe riuscito o non andare a fare la spesa.. e rimanere con lui... ancora..

Non ho affatto scelta, niente su cui ponderare: e che figuraccia sia.. tanto ormai è quotidiano!

«E come mai?» lo incitò pazientemente il moro.

«La porta... cioè in realtà non proprio la porta.. direi più una seconda porta di velluto incolore.. ecco sì, diciamo..». Kurt si sarebbe voluto uccidere, ma non era una cosa semplice da spiegare che lui con la porta spalancata non riusciva a fare nemmeno mezzo passo fuori di lì!

«Dai, Kurt.. vedrai che ti sbagli..» sussurrava mentre lo faceva voltare totalmente verso di lui e si portava una mano dietro la schiena. Blaine gli stringeva la spalla come a rassicurarlo e Kurt doveva ammettere che funzionava eccome, si sentiva sempre più calmo, ma ogni volta che il suo cervello gli ricordava in che cosa era incappato prima, rabbrividiva decisamente scosso. Era troppo scioccato per poter udire quello schiocco di dita dietro la mano di Blaine, per udire una porta sbattersi dietro di lui e uno strano rumore di qualcosa che si strappava provenire da fuori.

...Delle volte ho voglia di regalargli un amplifon a quel figliolo!

Blaine si spostò di lato per vedere la porta. «Kurt, è chiusa.» osservò tranquillo facendo voltare l'altro verso il portone di legno.

«Non… io.. allora aprila ed esci!» lo sfidò mordendosi le labbra nervoso. Pensò che non era possibile che se lo fosse sognato, lui aveva davvero aperto la porta, aveva visto il cielo e poi però era andando a sbattere la testa contro il muro e il culo per terra, si era alzato e aveva percepito il telo col le sue dita.. Perché?

Fu interrotto quando Blaine attraversò di qualche passo il marciapiede e fece una giravolta fuori di casa. Kurt sbatté le palpebre almeno cinque volte prima di spalancare la bocca facendo arrivare la mandibola a terra.

Lui. Era. Fuori. Di. Casa. .. ovvio.

«Sono uscito, visto?» alzò le braccia invitandolo a seguirlo, il castano lo fece: uscì sotto la luce del sole coprendosi gli occhi troppo abituati alla penombra della casa. Una risata isterica gli uscì dalla bocca mentre raggiungeva Blaine e lo abbracciava stretto.

«Grazie B.!» borbottò contro la sua spalla. Era completamente partito di cervello.

«E di cosa, Kurt?» mormorò il moro cercando di prendere fiato. «Eh- così morirò!» ridacchiò fingendosi strozzato con la voce, gli serviva spazio in quanto l'altro era completamente spiaccicato contro di lui, era solo un abbraccio e lo sapeva, ma era pur sempre lui ad abbracciarlo, cavolo.

Kurt si spostò svelto e arrossì sistemandosi una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio, si scusò un'altra volta e poi salutò Blaine per andare a fare la spesa visto che, adesso che era uscito, nessuna stoffa invisibile glielo avrebbe impedito, sperava. Non dette il tempo al moro di dire qualsiasi cosa, non voleva dover rifiutare la sua compagnia con una scusa inventata sul momento, non gli sembrava giusto e sopratutto non gli riusciva nemmeno tanto, era negato a dir bugie.

Non che Blaine avesse anche solo lontanamente pensato di accompagnarlo, sapeva benissimo che voleva stare da solo e pure lui stesso voleva starci: aveva bisogno di respirare aria non condivisa con lui e sicuramente bere un buon goccetto di qualcosa di forte.

«Blaine, mi dispiace.. ti ho preparato il drink che volevi.» sorrise.

«Mh? Oh, non mi ero accorto che...» il moro scosse la testa rassegnato e sorridente. «Fingiamo che lo hai fatto perché mi conosci e sei un mio caro amico?».

«Infatti è andata così, Andy!» lo abbracciò calorosamente «Ora bevi e zitto, susu.».

 

Kurt camminava con lo sguardo basso lungo il marciapiede ed ogni tanto doveva risistemarsi la borsa a tracolla che si era portato dietro. Il supermercato era a pochi passi dalla casa e, da quanto desiderava perdere tempo, aveva pure pensato di fare il giro dell'isolato prima di entrare. Aveva bisogno di pensare e di capire cosa gli succedeva: conosceva Blaine da davvero poco eppure era evidente che si era preso una bella cotta per quel morettino tutto riccioli e occhi color nocciola. Non sapeva il perché, ma si sentiva sempre così.. bene con l'altro e poi gli aveva risvegliato una parte di lui nuova, sconosciuta e spaventosa: la brama, la passione e l'eccitazione.

Quando erano stati solo ad un passo ad baciarsi, Kurt aveva davvero sognato che potesse accadere e sì, non era la prima volta che si immaginava un bacio, anche con Finn era successo, ma quello era solo un dolce bacio a stampo dove a malapena si sfioravano i nasi, mentre questo era qualcosa di famelico, di bisognoso fatto da un pizzico passione e di sentimento.

Via, ve la faccio breve visto che comunque questo qui rimane un romanticone: si era immaginato una vera e propria pomiciata, con tanto di toccatina al petto e tra i capelli, magari.

Per lui era strano, quel bisogno carnale non gli era mai capitato e adesso doveva di nuovo fare respiri profondi visto che ogni volta che ci pensava andava in iperventilazione.

Ma non si trattava solo di quello, quello era il minimo. Stava cercando di ragionare e di dare una spiegazione logica non soltanto alla porta, ma anche all'orso, alla vasca, alle stanza, alla fune, ai mobili, alla voce al mobiletto del bagno.. a tutto. E non ci riusciva, ovviamente.

Quasi non andò a sbattere contro la vecchina di turno che stava uscendo ad supermercato quando arrivò davanti all'entrata. Il negozio era piccolo, formato da nemmeno cinque file però era abbastanza fornito, non aveva molta varietà di marche, ma qualsiasi prodotto cercavi c'era e Kurt lo trovava perfetto per lui in quanto era facile trovare tutto e non dovevi farti una mezza maratona con i carrelli della gente come ostacoli per arrivare alle casse.

Entrò tranquillo e, dopo aver lottato con il gettone per farlo entrare nel carrello, andò diretto al primo scaffale afferrando qualche busta di pasta e un po' meno di riso, non aveva voglia di fare i risotti. Prese del pane e del latte visto che stavano finendo, le bottiglie d'acqua le prendeva sempre tanto prima o poi sarebbero state bevute, i formaggi come il philadelphia del quale andava matto e i salumi come il salamino toscano che gli era stato suggerito da Blaine qualche giorno prima, tornò indietro quando si ricordò che il moro gli aveva pure detto di accoppiarci il pecorino, a quanto diceva erano l'accoppiata unica.

Ed è proprio vero!

Stava per andare a dritto senza considerare la corsia “zucchero e caramelle” come faceva ogni santa volta quando si fermò afferrandosi il mento tra le dita indeciso.

A Blaine piacciono un sacco quelle caramelle gommose.. uhh, i suoi cioccolatini preferiti al fondente con il liquore dentro.. E quelli lì sono i biscotti che mi rammenta sempre credo: i Pan Di Stelle della Mulino Bianco... e ora che faccio?

Kurt non si era mai ritrovato in quello stato visto che suo padre, anche se amava le schifezze ipercaloriche, non poteva mangiarle e quindi non gliele aveva mai comprate e sicuramente non andava a fare la spesa per far ingozzare suo fratello Finn. Quindi quando attraversò quegli scaffali si sentiva un pesce fuor d'acqua e la sua mente si divertiva a prenderlo in giro dicendo che mai avrebbe pensato che lui, Kurt Hummel, sarebbe finito a prendere un paio di bustine di caramelle a forma di orsetto dallo scaffale con più zucchero del mondo, mai.

Orsetti? Ma non fanno paura? Io non potrei mai staccare la testa ad uno di questi cosi....

Appena vide la stessa confezione solo a forma di bottiglie, corse subito e posare quei poveri animali inanimati sconsolato per il loro triste destino. Questo è per farvi capire a che livelli siamo.

Giunto alla cassa sistemò sul piano scorrevole tutto ciò che aveva comprato e fece una smorfia per ogni schifezza che posava e ne fece davvero tante per uno come lui, la cassiera lo guardava come se avesse un qualche tic nervoso e non commentò mentre pensava un “poverino, è da ricovero”.

Sono davvero convinta che lo pensò: le si leggeva in faccia!

Kurt si portò dietro il carrello dopo aver constatato che non gli sarebbe mai centrata tutta la spesa in quella piccola tracolla e nelle sue tre tasche complessive. Sbuffò un paio di volte in quanto il carrello ogni tre per due sembrava sul punto di rovesciarsi, scappargli di mano o fermarsi a causa di tutte quelle buchette sul marciapiede malconcio. Guardava i propri piedi annoiato finché non alzò lo sguardo per salire i gradini della casa di Blaine.

O almeno così pensava prima di ritrovarsi davanti ad un cancelletto che non era quello dell'abitazione, ma quello di un piccolo spazio giochi formato da un'altalena, un dondolo e uno scivolo azzurro. C'erano pure una coppia di bambini che saltavano giù dallo scivolo e una piccola scricciola spingeva la propria bambola sopra l'altalena mentre la sua mamma la guardava da lontano chiacchierando con un altro uomo, che fosse suo padre o quello dei due bambini?

Quella scena sarebbe pure stata bella, una di quelle che ti fa nascere un piccolo sorriso sul volto, se non fosse che Kurt era sconvolto: si era appena reso conto di essersi perso anche se era sicuro che fosse lì la casa. Sbuffò e si passò una mano fra i capelli frustrato, odiava sbagliare strada e sperava solo di aver preso una via parallela a quella giusta e che non dovesse camminare troppo, era già abbastanza stanco psicologicamente.

Si concesse un goccio di acqua naturale che aveva appena comprato ed entrò nel parco sedendosi in una panchina. Rilassò la schiena contro lo schienale e accavallò le gambe intrecciandoci le mani sopra, il carrello era proprio di fianco a lui che straboccava di borse termiche per i cibi da frigo e buste di plastica per tutti gli altri.

Sospirò perdendosi ad osservare i bambini che sembrava stessero vivendo una strana avventura: erano due esploratori, stavano sopra la zattera (che altro non era della parte alta dello scivolo) e sotto di loro c'era il fiume pieno di coccodrilli con le fauci enormi pronte a papparseli in un sol boccone. Quando il primo bambino dagli occhi verdi scivolò giù l'altro gli afferrò la mano per non farlo cadere in bocca ai coccodrilli, urlavano spaventati come se davvero da quella stretta dipendesse la vita del bambino o si fondasse la loro amicizia.

Kurt sorrise davanti all'immaginazione che i bambini possedevano: si erano costruiti il loro mondo lontano con solo la forza della mente, stavano vivendo un viaggio che molti adulti non sarebbero stati capaci di fare. Kurt chiuse gli occhi e si concentrò per un attimo, quando gli riaprì poteva quasi vedere la malconcia e alta barca che galleggiava sopra quell'acqua immersa di coccodrilli e quel bambino che si penzolava giù con un piede già dentro l'acqua mentre l'altro cercava con tutte le sue forze ti tirarlo su velato pure da un rivolo di sudore. L'odore pungente del fiume gli entrava nelle narici mentre le urla gli perforavano i timpani.

«Non lasciarmi John, non voglio morire!».

«Non lo farei mai Nicky, mai!».

Il castano si scosse sulla sua panchina e si alzò deciso a tornare a casa, da una delle poche persone alla quale non avrebbe mai lasciato la mano. Quello fu un colpo al cuore, quella rivelazione lo avrebbe ucciso finché non si sarebbe deciso a scrollarselo dalla mente.

Blaine doveva essere dimenticato, era troppo bello perché potesse ricambiare in qualche modo assurdo, ed inoltre non ci stava del tutto di testa, né lui né l'altro.
 

♪ ¤°.¸¸.·´¯`»« ´¯`·.¸¸.°¤ ♪

 

Nel momento in cui Blaine si accorse di quello che stava accadendo sputò tutto il suo caffè amaro dalla bocca sporcando il tavolo. Stava parlando tranquillo con l'altro quando notò il cielo azzurro alla finestra, fece un saltò sulla sedia e si porse in giù scorgendo un Kurt sconsolato che si allontanava dalla postazione della casa.

«Cazzo, muoviti! Kurt era tornato!!» urlò agitato.

Ovviamente gli altri due scoppiarono a ridere e, se avessero potuto, avrebbero pure pianto dal divertimento e avrebbero provato un forte dolore alla pancia.

«Ma cosa avete da ridere, gente quello ci impazzisce!» brontolò frustrato Blaine.

«Ed è quello il bello B! Rilassat-».

«Non te lo voglio ripetere, torna giù.» non aveva mai usato il Tono, ma quella volta loro non sembravano intenzionati ad ascoltarlo e poteva almeno obbligarne uno, il quale mormorò qualcosa sottovoce su quanto fosse antipatico ed il classico “sciupafeste” mentre però tornava al proprio posto in quella viuzza.

Non vi spaventate, i bambini sono al sicuro insieme ai loro genitori, ma non statevi tanto a chiedere come sia possibile perché c'è sicuramente la mano di un mio fratello stregone magicamente bravo in quel genere di cose. Ah, e ovviamente ci riuscirei senza nessun tipo di problema pure io!

«Ecco, sono tornato dove ero..» esclamò, i tre sospirarono sollevati e Blaine si risedette al suo posto sperando di non dover andare a cercare Kurt per tutto il quartiere.

 

♪ ¤°.¸¸.·´¯`»« ´¯`·.¸¸.°¤ ♪

 

Ovviamente il castano non trovò la casa dove pensava e si era davvero stufato di (pensare) di avere il senso dell'orientamento pari a zero quando notò la casa proprio dove pensava che fosse fin dall'inizio.

Dove prima però c'era il parco.. coi bambini.. e l'altalena.. giusto?

Si schiaffò una mano in fronte e camminò piano non staccando nemmeno per un millisecondo gli occhi dalla casa: aveva troppa paura che scomparisse di nuovo. Cercò di non pensare a quanto malato mentalmente fosse mentre si impegnava a sbattere le palpebre il minimo indispensabile.

Arrivò affianco al piccolo portalettere che ogni casa aveva e solo allora si permise di rilassarsi lasciando un po' la presa sul carrello, che era stata così stretta da fargli diventare i diti pallidi. Tutti i suoi arti si rilassarono e a quel punto si accorse di quanto era stato in tensione attraversando la strada che lo divideva dalla casa, non si spiegava cosa gli stava capitando in quel periodo e pure lui riconosceva che, qualsiasi cosa fosse, era cominciata da quando aveva incontrato Blaine.

Magari in quella casa c'è qualche allucinogeno che mi ha dato alla testa... speriamo.

Afferrò le buste tra le mani e, quando ormai era davanti alla porta, Blaine la aprì sorridente prendendogli la spesa «Prendi l'altra.. queste le porto io!».

Kurt obbedì e rimase a fissare il carrello di ferro per almeno cinque minuti buoni prima di decidere che lo avrebbe riusato per la volta successiva e quindi non si doveva preoccupare di riportarlo, ma adesso dove lo metteva?

«Come faccio col carrello?» gli venne spontaneo domandarlo all'altro. Blaine arrivò subito affianco a lui desiderando con tutto se stesso di stringergli la vita o mettergli due mani sulle spalle, ma sapeva che sarebbe stato troppo affrettato.

«Lo potremmo lasciare sotto le scale e usarlo la prossima volta, ci stai?» il moro era sulla stessa linea di Kurt che, quindi, annuì trascinando il carrello dove indicato dall'altro e portando l'ultima borsa dentro casa.

Entrambi andarono in cucina e Blaine si posò sul tavolo con le mani, non sapeva bene come comportarsi ed era un po' spaventato del fatto che Kurt non si fosse stupido più di tanto della sparizione della casa. Però allo stesso tempo ne era contento, almeno non doveva inventarsi delle scuse sul momento che avrebbero convinto solo un bambino con tanta immaginazione e innocenza, o forse nemmeno lui.

«Mi dai una mano a mettere a posto la roba?» ruppe il silenzio il castano sventolando una mano davanti agli occhi persi di Blaine, il quale annuì scrollando le spalle.

Kurt si mise alle prese con il cibo che andava in frigo e Blaine afferrò la prima busta pronto a svuotarla in dispensa. Passarono pochi minuti prima che il moro esultasse battendo eccitato le mani un paio di volte.

«Ma Kurt, queste sono caramelle, biscotti e cavolo, ci sono pure i cioccolatini al Rum.. cavolo..» si poteva tranquillamente dire che gli occhi di Blaine stavano luccicando da quanto erano estasiati davanti a quella zuccherosa vista.

«A quanto pare...» l'altro puntò lo sguardo dentro in frigo senza davvero mettere a fuoco qualcosa di preciso e si morse il labbra inferiore in chiara difficoltà. Ovviamente si stava già pentendo di quello che aveva fatto, poteva tranquillamente udire la nota scioccata e felice di Blaine e stava arrossendo come un pomodoro perché davvero non voleva scatenare tutta quella meraviglia.. o forse si.

E comunque nemmeno gli avesse fatto una proposta di matrimonio!? Kurt era veramente un piccolo innocente ragazzino a quel tempo.

Intanto Blaine si era mosso e lo stava abbracciando stretto da dietro la schiena e gli sussurrò un timido ringraziamento poco prima di lasciarlo per correre a mangiare la prima caramella della giornata. Kurt non pensava di poter arrossire ancora di più, ma a quanto pare, si sbagliava.

Quando Blaine gli offrì una caramella lui rifiutò categoricamente. «Non pensarci nemmeno, Anderson. Non mangio quella roba!».

Blaine sorrise e si mise teatralmente una mano sul cuore. «Kurt Hummel, io prometto che mi impegnerò per convincerti a farti mangiare una caramella, e ci riuscirò prima o poi.» L'ultima frase era decisa così tanto che fece pure vacillare la convinzione dello stesso Kurt per un solo secondo, poi tornò salda e schifata verso tutto quello zucchero ancora più di prima se possibile.

Scherzarono insieme, cenarono con un roast-beef e spinaci preparati dal castano e parlarono tranquillamente di tutto e di niente contemporaneamente lasciando le domande troppo private e del passato in sospeso. La scusa di entrambi fu che non si conoscevano abbastanza da poter condividere con l'altro tutto, ma la realtà è che nessuno era pronto a farlo per primo perché poi l'altro avrebbe chiesto di raccontargli la propria e non volevano raccontare, ma solo sapere.

Blaine voleva sapere come mai un ragazzo così promettente fosse ancora in quella schifosa città, ma non voleva allarmarlo con la sua di motivazione.

Kurt voleva capire per quale triste motivo Blaine fosse rimasto solo in quella grande casa già da così giovane, ma non voleva raccontare la sua storia strapiena di bullismo, baci rubati e di un cuore spezzato da un sogno mai raggiunto.

 

KIAsia's Channel:

Buoooongiorno gente!! *O*

Beh, non ho niente da dire, tranne che ringrazio davvero chi impiega il suo tempo a leggere questa FanFiction!

Dovrebbe essere circa 13 capitoli, ma non assicuro nulla.. E non so nemmeno se piace abbastanza da continuare a pubblicarla, non so che fare... va beh. 

Un bacio ed un abbraccio a voi! 
 
Alla prossima, Asia.

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Capitolo 6
*** 5 - Gravità. ***


Nome Capitolo: Gravità.

Ship: Klaine.

Rating: Arancione/Rosso.

N° Parole: 5322.

 

Ciaaao gente! Ed eccoci al quinto capitolo di questa long.

Volevo ringraziare Klara (scrittrice di EFP originale che non vede l'ora che voi corriate a leggere anche le sue FanFiction!) che è sempre disposta ad assecondarmi e ad aiutarmi durante l'ora di italiano! ahaah ♥

 

Ed è così che la strega continuò a narrare:

Kurt grugnì e mosse il braccio per spegnere il suono odioso della sua sveglia. Richiuse gli occhi solo per un secondo e si permise di riaddormentarsi visto che tra qualche minuto ne sarebbe squillata un altra. Ed infatti non ebbe nemmeno il tempo di tornare a sognare che l'ennesimo “driinn” non lo fece saltare dallo spavento.

Si passò una mano arresa sulla faccia e si alzò posando i piedi nudi sul gelido pavimento della stanza che ormai sembrava sempre più sua: c'era qualche vestito lasciato sopra una sedia, una foto della sua famiglia sul comodino ed un computer portatile sopra la scrivania in legno circondato da foglietti, schizzi e altro ancora scritti dalla calligrafia indubbiamente di Kurt.

Prima di trovare le ciabatte lanciate chissà dove la sera prima dovette fare qualche passo che lo fece svegliare immediatamente da quanto freddo gli fece.

Corse in bagno per lavarsi e vestirsi mentre pensava che ormai era diventata una strana routine il suo vivere in quella casa e andare nei week-ends a trovare suo padre e la sua matrigna a Lima, sapeva che non era bello da pensare, ma stava bene lì con Blaine. Si sentiva a casa più lì che da Burt da un po' di tempo e non si sapeva spiegare il perché, o meglio non voleva.

Aveva la bocca cosparsa di dentifricio e lo spazzolino tra i denti quando il suo cellulare riprodusse “Defying Gravity” cantata da lui e Rachel informandolo di una chiamata in arrivo. Quindi veloce si sciacquò la bocca e corse a rispondere non guardando il numero per la troppa paura di perdere la chiamata.

«Pronto, Kurt Hummel.»

-«Ehy Figliolo!»

«Papà!». Non si aspettava di ricevere quella telefonata, solitamente era lui a chiamare quasi ogni sera almeno che non fosse esageratamente stanco o sconvolto da qualche strano episodio per sopportare un interrogatorio. «Come stai? Tutto bene?». Non voleva pensare subito male, ma da quanto aveva avuto quel problema al cuore durante il suo secondo anno di superiori era sempre in allerta, pronto a ricevere una cattiva notizia. Non so dirvi se fosse autodifesa o tremenda paura di non sapersi proteggersi.

-«Sì sì, tutto bene.. e te?» L'uomo sorrise dall'altra parte del telefono. Gli faceva sempre scaldare il cuore quando suo figlio faceva così perché in quell'istante più che in molti gli dimostrava quanto davvero ci tenesse.

«Tutto alla grande.. La polvere sta diminuendo da far paura e ormai mi manca solo la biblioteca e la stanza di Blaine!» Kurt era davvero soddisfatto di tutto quello che aveva fatto durante quel mese in cui era stato a casa di Blaine ed il tempo sembrava essere passato troppo velocemente, ma allo stesso tempo sembrava che fosse lì da molto più di un mese, possibile?

-«Ci vieni a trovare a fine settimana?» la nota era decisamente speranzosa.

«Certo, quando mai ho saltato, mh?».

-«Mai. Allora, come va col proprietario? Non ci parli mai molto di lui.».

E questo il ragazzo lo sapeva e aveva anche un motivo valido per non farlo, perché ogni volta che sentiva il suo nome o pensava a qualcosa che gli riguardasse, cosa che capitava pure troppo spesso, un sorriso da beoti gli si stampava in faccia e i suoi occhi si alzavano al cielo nemmeno avesse visto un asino che volava. Kurt non era ancora pronto a chiamarlo “amore” come invece andava già fatto, ripeteva a se stesso che si conoscevano da troppo poco e si stava sbagliando.

Certo, come no.

Ma ogni volta la sua vocina interiore gli ricordava di quei fantomatici “colpi di fulmine” che venivano rammentati in ogni romanzo che si rispetti e ogni sua teoria andava in fumo.

«B-eh, non è che ci sia molto da dire!».

Cretino, ci convivi da un mese.. qualcosa da dire ci sarà!

-«Ma Kurt, è antipatico?».

Una risata sincera gli scappò dalle labbra e si passò una mano tra i capelli nervoso. «No, è simpaticissimo, davvero! E' molto solare, ma riservato..»

Perfetto, ecco come è .

Ed è gay, Kurt?» uno sbuffò arrivò all'orecchio del castano che spalancò la bocca sconvolto.

«M-ma.. ma che domande sono queste, pà!?» lo brontolò sedendosi sul letto ed accavallando le gambe. Ringraziava il fatto che suo padre non fosse lì a vederlo in pigiama, rosso come un peperone che si osservava attento i piedi per non perdersi nemmeno un particolare. Si sentiva come un quindicenne alle prese con sua cotta.

-«Ti piace ed è gay, vero?» imprecò piano allontanando la cornetta per non farsi sentire.

«N-non è vero!» borbottò piano arrossando con tutto se stesso. «comunque non è.. cioè .. no.».

Burt rise forte e scrollò le spalle scuotendo la testa, era davvero rassegnato. «E tu.. gli piaci?».

«no.» sospirò il castano triste, si ricordava di come si fosse allontanato più volte Blaine da lui quando stavano per baciarsi, ricordava di come fosse dovuto scappare e di come, a volte, lo trattava male senza un vero motivo.

Lo so, caro lettore, lo so.. è cieco, ma lascialo stare dai..

-«Oh.. mi dispiace figliolo, magari..» Burt non aveva mai visto Blaine, quindi non poteva aver notato come gli occhi si illuminavano in presenza del castano o di come sorridesse quando l'altro non poteva vederlo, altrimenti non gli avrebbe creduto così facilmente. O forse sì, dopotutto Il lupo non caca agnelli* .

«Niente magari. Ma non importa, davvero! Mi passerà..» vacillò, ma suo padre lasciò correre. Parlarono di come andasse bene l'officina, di quanto sporchi erano gli angoli di quella casa e che Kurt aveva davvero comprato caramelle e dolciumi.

Suo padre scherzò con un «allora è vero amore questo!». Lui lo diceva così per ridere e difatti entrambi scoppiarono in una risatina, ma a Kurt fece un tuffo il cuore come ad avvisarlo che sì, era la realtà.

E ricorda umano lettore: il cuore ha sempre ragione!

Quando la chiamata terminò, il castano aveva un sincero sorriso stampato sul volto e canticchiava allegramente scendendo le scale due a due. Dopotutto suo padre gli aveva sempre fatto quell'affetto, anche quando sua madre era morta e gli aveva afferrato la mano, anche quando Finn lo aveva offeso per la camera ridecorata (ed anche giustamente se mi permettete: lì non ci avrei dormito nemmeno io!) o ancora quando Dave lo aveva attaccato. Suo padre era tutto per lui.

Afferrò scopa e cestino della spazzatura ed entrò nello sgabuzzino, si tirò su le maniche e sbuffò pronto a mettersi all'opera. Era già stato lì dentro, trovandosi immerso in scatoloni e scope di ogni genere.
Era curioso il fatto che ogni scatolone posato uno sopra l'altro avesse come etichetta di riconoscimento un numero, ma non c'era i classici primi dieci numeri, erano tutti a quattro cifre scritte in una calligrafia veloce e sempre uguale, Kurt supponeva fosse quella di Blaine. Assottigliò gli occhi per individuare il numero più basso che ci fosse, dopo un paio di minuti pensò di averlo trovato e coincideva con il numero 1593 ed era in fondo al ripostiglio sotto tutti gli altri scatoloni.

Decise di cominciare dalla fila più vicina alla porta partendo dal basso spaventato dall'idea che sarebbe dovuto arrivare davvero in alto. Spolverò ogni scatolone, tossì un bel po' di volte a causa di tutta quella polvere che gli ricopriva ed era solo l'inizio.

Tra gli angoli o in ogni spazio libero immaginabile un'immensità di ragni di ogni dimensione avevano tessuto le loro ragnatele, Kurt dovette urlare per poi tapparsi la bocca un'innumerevole quantità di volte e, dopo una dozzina di scatole, si sentì come Hitler verso gli ebrei, solo che lui sterminava quei ragnetti.
Ad un certo punto poteva anche vedere gli occhi a cucciolo bastonato dell'ennesimo animalino indifeso, gli fece quasi pena, e ho detto quasi infatti lo schiaccio un millisecondo dopo.

Passò davvero tanto tempo prima che arrivasse all'ultima fila del primo scaffale e aveva dovuto prendere una sedia dalla cucina salendoci sopra per poterci arrivare, anche se comunque doveva stare sulle punte. Sentiva un atroce dolore al braccio che era stato per troppo tempo steso verso l'alto e sbuffò portandolo vicino a sé massaggiando piano il muscolo e chiudendo per un attimo gli occhi stanchi. Batté l'alca destra contro il muro e riaprì immediatamente le palpebre.

Ho perso l'equilibrio in un battito di ciglia? Strano..

Si tirò in piedi passandosi una mano dolente, corrugò subito le sopracciglia socchiudendo gli occhi perché non capiva come fosse possibile che, se avesse fatto un solo passo, sarebbe finito sopra il vetro della finestra coi piedi.

Ma... io.. sto camminando sul muro!?

Si inginocchiò contro la parete e si affacciò alla finestra sul pavimento, la cosa che vide gli fece emettere un urlo alto: il marciapiede era verticale alla sua visuale e la casa dall'altra parte della strada aveva la porta troppo larga e poco lunga a due metri da terra.

Inoltre l'albero si alzava verso sinistra, non verso l'alto!, e le sue radici erano a destra, come se fosse cresciuto orizzontalmente. Fu troppo quando una macchina arrivò dall'alto, dove doveva essere il cielo, fino a scomparire dalla parte del vetro della la finestra, cioè sotto terra.

No, no e no.. sto sognando! E' come se fosse tutto messo al rovescio e questo non ha senso!

Quando si tirò su in piedi vide gli scatoloni posati in orizzontale invece che in verticale e c'erano molte meno file e fin troppe scatole una sopra l'altra. Si domandò per un secondo come fosse possibile che fossero posizionate con il lato più corto come base, mentre prima avevano la parte più lunga, ma subito si tolse il quesito dalla mente perché sapeva benissimo che non lo avrebbe risolto in quanto impossibile.

Se avesse girato la testa di 90° gradi però notava che la sua visuale sarebbe tornata normale, ma ignorò anche quel particolare perché lo avrebbe sconvolto ancora di più.

Fece un paio di passi in avanti e sfiorò lo scatolone numero 1645 dolcemente finché non emise un gemito andando a toccarsi il braccio che aveva appena battuto contro il lampadario che, a suon di logica, sarebbe dovuta essere sul soffitto ed invece gli colpiva la spalla puntando la sua luce verso il muro dietro di lui mentre il tubo saliva dai suoi piedi fino alla sua spalla facendo partire la lampada di metallo.

Tutto questo era assurdo, urlò con tutte le sue forze e si coprì svelto gli occhi accovacciandosi a terra piegando le ginocchia vicino al suo busto.

Sentì la solita risata che lo scherniva per tutta la stanza, come se stesse rimbombando su ogni muro e, non seppe come mai, quando riaprì gli occhi la visuale era tornata al suo posto, sospirò di sollievo alzandosi piano.

Mi sono immaginato tutto.. magari mi gira un po' la testa per colpa del polverume che sto alzando, sì.

Sapeva di mentire a se stesso, ma ormai non gli era rimasto che quello da fare e quindi tornò al suo lavoro. Un altro scaffale lo attendeva anche quello pieno di scatole numerate, tutto proseguì tranquillo finché non giunse al quinto scaffale dove si dovette fermare per un attimo.

Non sapeva come raggiungere l'angolo in alto visto che la posizione era davvero sfavorevole e lui troppo basso per arrivare a prendere i libri, erano delle enciclopedie da quanto aveva intuito ed una era sicuramente in francese di un certo “Denis Diderot”, era la più sgualcita ed usata, ma era stata anche rivestita da una copertina trasparente, si vedeva che il proprietario ci teneva molto a quella soprattutto. (*) Non ebbe il tempo di aprire quel libro che già si era rivoltato ed era finito a sedere sopra lo scaffale, col sedere. Ovviamente non poteva mica stringere tra le sue dita indelicate e polverose un volume così sacro e antico.

Come se fosse possibile sederci sopra, poi.

Si sarebbe volentieri alzato, ma se così avesse fatto, avrebbe calpestato le scatole finendo per romperle perché adesso il suo pavimento erano gli scaffali e il suo soffitto era il quadro di due cani da caccia che puntavano un cespuglio come se nascosto lì dietro ci fosse la preda più grande e gustosa della loro vita, quello che in realtà doveva avere alle sue spalle.

Urlò con tutta l'aria che aveva nei polmoni e poi si rivolse alla voce «Ti diverti a farmi impazzire? Perché non ti trovi un altro passatempo, eh? Magari un puzzle, sono un hobby comune!».

Sbuffò incrociando le braccia al petto mentre una risata chiara gli arrivava alle orecchie come risposta insieme ad un «Molto più divertente questo...». Stava anche sentendo le voci, anche se quello probabilmente era il minimo visto in che condizioni si trovava con la gravità.

Decise che doveva prendere un caffè e che avrebbe raggiunto la cucina ad ogni costo. Ed infatti partì a gattoni posando le ginocchia e le mani sopra i libri di varie grandezze, scese dallo scaffale profondo quanto sarebbe potuto essere uno scalino e si mise in piedi finalmente sopra un piano piano. Non si arrese quando si ritrovò davanti al muro e, dopo aver alzato lo sguardo ed essersi allungato per vedere quanto in alto fosse la porta fece un salto riuscendo ad arrampicarsi fino a raggiungere lo stipite della porta aperta.

Penzolò per un po' i suoi piedi stando seduto, pensava che avrebbe dovuto saltare a quel punto, non aveva altra scelta. Non era molto alto comunque, nemmeno un metro, ma aveva sempre avuto paura di saltare anche dalle altezze più ridotte. Chiuse gli occhi e, dopo essere arrivato fino a tre, si lanciò giù cadendo sulle ginocchia, grugnì di dolore e probabilmente se le sarebbe pure sbucciate se non era per i pantaloni abbastanza resistenti. Infatti non aveva tenuto conto del fatto che adesso il suo pavimento era il muro laterale e che quindi era ruvido al tatto e non liscio come le mattonelle di quello vero. Si rimise in piedi e quasi sbatté la testa contro il muro dall'altra parte dello stretto corridoio. Dopotutto, in circostanze normali, ci sarebbero passanti accanto forse tre persone, se si stringevano un po'. Sbuffò chinando un po' la schiena e quando raggiunse la fine delle scale si odiò e gli venne una strana voglia di strapparsi i capelli dalla testa.

La cucina è di là! E come faccio ad andare fin lassù? Beh, meglio così.. se fosse stata al posto del salotto..

Guardò per un attimo sotto di lui, dove il buco della porta della sala faceva vedere in lontananza un divano, avrebbe dovuto far un salto di più di tre metri. Rabbrividì.

Uhhh, non ci voglio nemmeno pensare!

Non seppe bene quando, ma una frase che suo padre gli aveva ripetuto molte volte, gli rimbombò nella testa: “Nessuno mette al muro gli Hummel!”.

Scoppiò in una forte risata fino a doversi tenere lo stomaco dal troppo ridere perché c'era un parallelismo quasi comico in tutto quello. A quanto pareva, adesso era al muro e, in qualche assurdo modo, adesso c'era..

Ma, oltre a farlo ridere, lo fece anche più determinato. I suoi occhi si socchiusero e il suo sguardo era sicuro, lui avrebbe preso quel dannato caffè. Quindi si guardò attorno in cerca di qualcosa, magari di un mobile su cui potersi aggrappare o un oggetto da tirare per dopo usarlo per salire.

Eccolo!

Osservò il comodino affianco alla sedia dall'altra parte della porta del salotto e inghiottì a vuoto. Si domandò cosa sarebbe successo adesso, sarebbe caduto nel salotto rompendosi l'osso del collo o ce l'avrebbe fatta? Non guardò giù, non se lo permise.

Chiuse gli occhi e saltò.

Quando posò i piedi a terrà non osò riaprirli per ben due minuti, stava controllando mentalmente dove sentisse male e se fosse insopportabile, magari si era rotto una gamba o fratturato un braccio. Solo quando constatò di star abbastanza bene, se non per la testa che non pensava essere sana, si decisa a riaprire gli occhi, prima uno e poi l'altro lentamente. Un sincero sospiro di sollievo gli uscì dalle labbra nel momento in cui si rese conto di esserci riuscito, aveva saltato ed aveva superato la porta in un batter d'occhio, quelle sì che erano soddisfazioni.

Almeno finché una voce malefica non gli rovinò tutto.

«Ti sei accorto vero che potevi tranquillamente aggirarla?» scoppiò a ridere.

«Ah ah, molto divertente... mi sto sbellicando dal ridere.» borbottò Kurt odiandosi per non averci pensato, è solo che tutta quella prospettiva nuova lo destabilizzava. Scosse la testa e allungò una mano ad afferrare una gamba della sedia, dovette stendere tutto il braccio per arrivarci e si stupì (perché ancora riusciva a stupirsi, il ragazzo...) che non gli venne addosso, quello andava davvero contro ad ogni logica. Dopotutto la sedia non era inchiodata all'ex-pavimento e quindi sarebbe dovuta scivolare proprio come aveva fatto lui. Fu in quel momento che notò le tende perfettamente dritte, che puntavano le loro fini al pavimento vero o i quadri sul nuovo soffitto che stavano attaccati al muro invece di penzolare pericolosamente sopra la propria testa.

Quando ricomprerò la roba buona che probabilmente qualcuno mi ha spacciato, mi devo ricordare di non andare dal solito fornitore, non voglio mai più vivere cose del genere..

Non pensate male, non è che Kurt si drogasse, ma come biasimarlo se era arrivato anche a quella conclusione? Io ci avrei pensato anche prima, sinceramente.

Si issò su con tutta la forza che aveva nelle braccia, ma non si fermò alla sedia andando a sedersi sopra il lato del comodino e sbuffò asciugandosi la fronte, non si era nemmeno accorto di quando aveva cominciato a sudare. Fece un ultimo sforzo e salì anche il muro che lo divideva dalla cucina e quando arrivò in cima e si mise in piedi. Perse nuovamente l'equilibrio e finì di nuovo col culo a terra, ma stavolta posava sul giusto pavimento e quando posò le mani sopra il piano della cucina si sentì rinascere e socchiuse gli occhi tranquillo.

«Te lo concedo Hummel, hai vinto. Ti meriti una pausa.».

«Grazie..» Non considerò il fatto che fosse solo, ormai quella voce gli faceva compagnia quando non c'era Blaine e lui forse se la immaginava perché si sentiva solo. Scrollò la testa e si fece un buon caffè macchiato, tornò poco dopo alla libreria a cui mancava di essere pulito solo un ultimo scaffale.

Tutto quella volta andò meravigliosamente bene e stava dando il cencio sul pavimento quando la porta si aprì e un borbottio arrivò dall'ingresso «Sono a casa, Kurt!».

Il castano sorrise e andò incontro a Blaine, lo abbracciò piano dandogli il bentornato. Blaine ricambiò, ormai era diventata una loro routine e ad entrambi stava bene, si sentivano a casa l'uno con l'altro.

«Come è andata la giornata?».

«Bene..» mormorò in risposta Blaine. Kurt ormai aveva smesso di chiedergli dove andava per metà mattinata perché non gli rispondeva mai, rimaneva sul vago e alla fine riusciva a cambiare argomento lasciandolo nella condizione più snervante di tutte. Non seppe in che giorno decise di smettere, ma all'ennesimo “da nessuna parte di interessante..” aveva lasciato cadere lui per primo il quesito, si era arreso. «A te come è andata?».

«B-bene dai..» mentì un attimo, ma nel momento in cui Blaine alzò il sopracciglio scettico sbuffò rassegnato «Potremmo dire che ho avuto qualche problema con la gravità, ma niente di che..».

Il moro scosse la testa sorridente e guardo in aria «Un giorno di questi ti pagherò una visita da uno psicologo bravo, te lo devo.».

Scherzavano sempre sulle visioni di Kurt perché erano innaturali, ma il castano non si spiegava come potesse Blaine non dare importanza al fatto che aveva un pazzo nevrotico in casa.

Kurt preparò il pranzo mentre Blaine lo osservava con il mento posato sopra la mano, sembrava davanti ad un sogno. «E smettila di fissarmi...» sbuffò.

«Non posso, mi ipnotizzi!» rispose con un tono da bambino incrociando le braccia al petto «Sei fantastico quando ti impegni, è interessante guardarti.». Blaine aveva notato che Kurt si afferrava la lingua tra le labbra quando cucinava e lo trovava adorabile, il suo sguardo vigile e attento a dosare bene o a non far bruciare mezza casa era stupendo. Blaine non poteva farne a meno, era più forte di lui.

«Fa molto pazzo questa frase..».

«Mai negato di esserlo.» ridacchiarono insieme e mangiarono tranquilli, parlarono delle solite cose e si ritrovarono a ridere durante il racconto di “Le avventure di Kurt Hummel: arrivare in cucina.”, ecco come alla fine lo aveva soprannominato.

 

♪ ¤°.¸¸.·´¯`»« ´¯`·.¸¸.°¤ ♪

 

Ad un certo punto Blaine si alzò e si congedò con un «Vado a fare una doccia veloce..». Kurt annuì e finì di pulire la pentola nel lavandino.

Prima di entrare in doccia però aprì l'armadietto e afferrò, senza controllare tanto, la boccetta di shampoo/sapone del terzo scaffale, in seconda fila a destra. Si spogliò lentamente ed quando l'acqua fu alla temperatura giusta, entrò.

Era sotto lo scroscio caldo dell'acqua, aveva gli occhi chiusi e si stava godendo quella sensazione di tranquillità finché l'immagine di Kurt non gli apparve davanti. Di Kurt nudo con lui nella doccia, non aprì gli occhi nemmeno sotto tortura e continuò a coltivare quella immaginazione.

~Kurt che si avvicinava guardandogli le labbra e che lo baciava prima dolcemente, con un semplice sfioramento di bocche e successivamente gli leccava il labbro superiore in una silenziosa domanda di approfondire il bacio. Blaine reagì subito socchiudendola e rispondendo al bacio, le loro bocche si incrociarono e ballarono in un piccolo ballo scoordinato, ma stupendo. Quando il moro morse un labbro a Kurt, l'altro gemette nel bacio avvicinandosi di più finché i loro petti non furono appiccicati, portò la sua mano alla nuca di Blaine cominciando a giocare con i suoi ricci bagnati dall'acqua che ancora gli bagnava dall'alto.~

Si portò una mano tra le gambe e si afferrò la semi erezione deciso, ma delicato. Appena ebbe quel contatto si lasciò sfuggire un gemito che subito represse mordendosi l'interno della guancia, non poteva rischiare che Kurt lo sentisse.

Mosse piano la mano su e giù per tutta la sua lunghezza mentre si appoggiò al muro lasciando che l'acqua lo bagnasse dallo stomaco e non più sulla testa. Non si sentiva in colpa per quello che stava pensando ad occhi chiusi, dopotutto era da un mese che ce lo aveva in giro per casa: in pigiama, impegnato a risolvere un mistero, chinato sulla cucina (fatto che gli dava una perfetta visione del suo culo) e ancora sbadigliante e stanco mentre si alzava per andare a dormire.. a pochi passi da lui.

~Chinò il capo per poter lasciare una scia umida e calda di baci sopra il collo di Kurt, capì che all'altro non dispiaceva affatto quando si sentì stringere le spalle e lo vide inarcare la schiena.

Kurt si avvicinò al suo orecchio e gli leccò il lobo mordicchiandolo un po'.~

Con un ultimo movimento della mano venne nella doccia, si obbligò a riaprire gli occhi solo dopo che il suo respirò fu tornato regolare e finì, o meglio iniziò, a lavarsi. Mise un po' del suo sapone preferito sul palmo della mano e se lo gettò tra quella massa di capelli ricci massaggiandoseli piano, fermò subito una nitida immagine che la sua mente gli stava fornendo, non poteva stare in bagno ore e ore a masturbarsi. Si faceva pena da solo.

Si lavò anche il corpo velocemente e quando uscì dalla doccia prese un asciugamano legandoselo attorno alla vita e si asciugò i capelli con un asciugamano un po' più piccolo strofinando forte con le mani. Ricordava ancora quando li teneva lunghi e ricci, gli piacevano sì, ma ormai quella moda era passata insieme, per fortuna, a quella di portare un assurdo ed inutile parrucchino bianco in capo. Lui ne aveva viste molte di acconciature, ma quella era improponibile.

Sorrise al pensiero finché non sente la porta del bagno aprirsi e un timido Kurt affacciarsi, si guardò per un attimo attorno e nel frattempo Blaine era andato a sedersi sopra la vasca mettendo le mani posate sopra la ceramica: sperava di essere sexy come aveva sempre letto in quelle storie dove la ragazzina classica entrava nel bagno e rimaneva incantata dal fusto tutto bagnato con un asciugamano in vita.

A me, sinceramente, sembrava parecchio ridicolo con quella espressione da ebete in faccia... poverino.

Però Kurt non sembrò degnarlo di uno sguardo, in quanto si precipitò davanti al lavandino e si stava sistemando i capelli con uno sguardo attento. Ad un certo punto però guardò dallo specchio proprio dove stava Blaine e sbuffò volgendo gli occhi al cielo, si girò svelto e con due falcate si fermò davanti all'altro. Blaine era completamente andato in iperventilazione da decisamente molto tempo, forse da quando lo aveva visto davanti allo specchio e aveva potuto inquadrare sia il suo culo sia il suo viso.

Non si mosse ti un centimetro nemmeno quando Kurt prese un lembo dell'asciugamano e guardando dritto negli suoi occhi glielo sfilò dolcemente. Pensò di star sognando ancora prima di rendersi conto di essere davanti a lui nudo, completamente, ma non era quello che lo aveva sconvolto: era stato Kurt che lo aveva spogliato mentre lo perforava con lo sguardo color ghiaccio e stava andando a fuoco da quanto era arrossito sotto quegli occhi. Kurt non si mosse per un po' fermo, Blaine pensò che stesse aspettando una sua qualsiasi risposta e non aspettò a dargliela alzando velocemente una mano verso il retro del collo di Kurt e issandosi in piedi pronto a baciarlo.

«Ma cos-?» un Kurt stordito lo stava guardando e Blaine si spaventò.

«Non mi vuoi, Kurt?» domandò con voce suadente e calda (come un babbuino, se volete la mia versione.. okey, non la volete.).

~Kurt si porse e azzerò la distanza fra loro due con un bacio carico di passione e di aspettativa. «Ti voglio, cazzo Blaine quanto ti voglio!» gemette contro le sue labbra mentre una mano andava a palpargli il culo sodo e nudo. Blaine mugolò dal piacere e chiuse gli occhi mentre le loro lingue lottavano tra di loro come due leoni che combattano per l'amore di una leonessa, solo che quella volta la leonessa in gioco era per l'uno l'altro.

Blaine stava ormai tracciando con le sue mani tutta la schiena nuda di Kurt da sotto la camicia che portava e si stava godendo quei muscoli delle spalle che lo mandavano del tutto fuori di testa.

Quando Kurt si allontanò per poterlo guardare negli occhi, sentì subito l'aria mancargli all'inizio, ma appena capì cosa l'altro aveva intenzione di fare inghiottì a vuoto un paio di volte. Kurt lo guardava negli occhi deciso e si leccò le labbra poco prima di far scorrere il suo sguardo per tutto il suo corpo ambrato fino a fermarsi proprio lì. Una mano da sopra il collo di Blaine scese per il petto passando sopra un capezzolo e stuzzicandolo un po' mentre Kurt si inginocchiava davanti a lui e lo guardava dal basso con un piccolo sorriso che era un misto tra una richiesta di permesso e una voglia mal nascosta.

A quella vista non potette resistere e subito mandò la testa all'indietro e mosse il bacino in avanti intimando l'altro a non farlo aspettare troppo, non ce la faceva più. Ma Kurt non sembrò della stessa idea visto che prese a leccare, succhiare un lembo di pelle del moro poco sopra l'inguine, posando la lingua tra quella fossetta causata dal fianco. L'erezione di Blaine gli faceva quasi male a quel punto e gemeva ogni volta che il volto di Kurt si avvicinava più del solito a quel punto così sensibile. Quando gli morse dolcemente il fianco si lasciò sfuggire un lamento adorante, ma un urlo vero e proprio lo emise non appena Kurt lo circondò con le sue morbide labbra mentre la sua lingua lo percorreva per tutta la lunghezza del suo pen- ~

 

Eh no, non è andata propriamente così... purtroppo per voi, per me, per Blaine e, dai mettiamocelo, pure per Kurt.

«Blaine, ma dove sei?» Una voce spaventata svegliò il moro dal suo sogno erotico ad occhi aperti.

«Come dove sono Kurt? sono qui!» assunsero insieme una faccia corrucciata, Blaine allargò le braccia indicandosi mentre Kurt si guardava attorno scuotendo la testa a destra e a sinistra.

«No, qui in bagno non ci sei.. bah.» ridacchiò il castano facendo un passo indietro. «E comunque avevi lasciato l'asciugamano bagnato sulla vasca, ti sembra il caso?».

Avete presente quando da bambini i tuoi genitori bastardi cominciano a fingere di non vederti, almeno finché non ti convinci di essere un fantasma e non vai a battere la testa contro il muro o finché non cominci a piangere? Ecco, uguale.

Blaine rimase palesemente sconvolto e non aprì più bocca mentre Kurt usciva dal bagno chiudendosi la porta alle spalle e spegnendo la luce, proprio come se non ci fosse lui lì: mezzo nudo, ansimante e con un erezione in cerca di attenzioni, ma che non aspettò molto prima di sparire, l'altro era troppo scioccato per essere anche eccitato.

Dopo un po' che si guardava allo specchio e si prendeva bellamente a schiaffi in viso o a pizzicotti per capire se stava ancora dormendo, gli si accese la lampadina. Quindi si arrampicò dentro la vasca ed afferrò la boccetta del suo shampoo di sandalo, quello che doveva essere shampoo di sandalo, ma che in realtà altro non era che il siero del manto invisibile.

Che lui si era tranquillamente sparso per tutto il corpo rendendosi invisibile agli umani ignari della realtà, era così che indicava l'etichetta di quella vecchia boccetta. E Blaine aveva appurato sulla sua pelle che non c'era data di scadenza per la magia.

Sbuffò sconsolato e andò a cercare l'antidoto. Quasi non ringhiò davanti alla visione del mobiletto del bagno rivoluzionato: in prima fila c'erano le pozioni più potenti e pericolose messe dentro contenitori davvero piccoli perché ne bastava una sola goccia per avere l'effetto voluto, mentre laggiù il fondo c'era i suoi vari saponi o pozioni più abituali. Cercò di non toccare quella gialla perché non aveva voglia di rischiare di diventare una strana versione di Homer Simpson e prese la boccetta decorata con un grande occhio con il mondo come pupilla. (#)

Quella era sotto forma di crema e pian piano che se la spalmava sopra la pelle sentiva un chiaro pizzicore che gli faceva capire che stava tornando visibile all'occhio dell'ignaro umano. Mentre si strofinava per tutto il corpo assorbendo la crema stava pensando come fosse potuto accadere tutto quello, dopotutto lui non spostava mai di posizione le sue cose e non controllava più sapendo benissimo dove erano mentre adesso le boccette erano tutte cambiate!

Non era proprio un lampo di genio quel figliolo, ammettiamolo!

Quando Blaine capì che l'artefice di tutto era Kurt represse il bisogno di andare di la e fargli una partaccia perché sapeva che lui non conosceva tutta la situazione e che aveva fatto il suo pulendo anche quella parte bagno. Così si vestì e uscì dirigendosi in camera sua fumante di rabbia come una caffettiera. Sbatte la porta dietro di se e quasi urlò trattenendosi solo perché Kurt era al piano di sotto.

«Perché non me lo hai detto eh?».

«Ops... ciao Andy amicone mio, se ti dico che mi stavo divertendo troppo per interromperti ti arrabbi tanto?» mormorò comodamente seduto sul letto.

«Secondo te?» Blaine alzò le braccia al cielo infuriato. Il peluche stava accanto all'altro e rideva cercando di nasconderlo dietro la sua zampa blu mentre si nascondeva dietro la sua schiena. «E tu non ridere, che anche tu potevi essermi d'aiuto!».

«Mi stavo divertendo pure io e poi sai che non me lo avrebbe mai lasciato fare dai..» si scusò poco convincente.

«Siete due bastardi patentati, cazzo!» grugnì Blaine lanciandosi sul letto facendo rimbalzare il peluche sul materasso.

«Oh Andy, ma andiamo: lo sai che ti vogliamo bene su!» circondò il peluche con un braccio e quest'ultimo sarebbe arrossito come un pomodoro maturo se solo avesse potuto e non fosse stato blu, questo è poco ma sicuro.

«Siete comunque odiosi.» mormorò contro il cuscino Blaine e li guardò vicini ed intrecciati sorridendo, o meglio ghignando e pensò a quanto ci avrebbero messo quei due a fare un passo avanti uno verso l'altro.

«Devi ammettere che la tua espressione compiaciuta e subito dopo imbronciata davanti ad un Kurt che nemmeno sapeva essere davanti a te completamente nudo è esilarante!» loro due scoppiarono a ridere mentre lui prendeva Thad il peluche in collo portandoselo sulle ginocchia.

Blaine si sedette affianco a loro e soffocò una risata davanti agli occhi spalancati di Thad che, poverino, non si sarebbe mai abituato ad essere così a contatto con lui e tanto meno si sarebbe arreso facilmente alla sensazione che provava in quel momento. Anche Blaine si unì alle risate.

«Va beh, comunque adesso vado in cucina da Kurt..» Blaine alzò passandosi le mani sui pantaloni.

«Ti manca già?» ghignò lui seguito da un tossicchiare per nascondere altre risa dalla parte di Thad.

Blaine rispose con una linguaccia scendendo da suo Kurt.

 

KIAsia Channel:

Ehyy gente come va? Io bene sisi. *scansa sassate*

Diciamo che so che sono stata un po' stronzetta con Blaine oggi, ma toccava anche a lui prima o poi!

Volevo ringraziare tutti voi che leggete silenziosamente e lanciare un buonissimo biscotto a chi la recensita o recensirà.... quindi ecco, lo volete un biscotto? Ohh sì che lo volete! :3 *cerca di far recensire*

 

* - Modo di dire, non so se è nazionale o solo toscano! Spero che sia chiaro il significato, sennò

chiedete pure e ve lo spiego :)

* - “Encyclopédie” di D. Diderot: E' il primo volume enciclopedico della storia, scritto dal francese nel XVIII secolo.

boccetta# Immagine dell'occhio. (che non credo lo vediate. uff)

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** 6 - Ala spezzata. ***


 

NomeCapitolo: Ala spezzata.

Ship: Klaine.

Rating: Verde.

N° parole: 5580.

 

Ed è così che la strega continuò a narrare:

 

Kurt stava bevendo una grande tazza di caffè bollente seduto al tavolo della cucina in completo silenzio solo rotto dal ticchettio del vecchio orologio di legno affitto sopra la porta ormai da dieci minuti.

Ripensava assorto alla sera prima quando era andato nel bagno del secondo piano per poter spegnere la luce che Blaine aveva lasciato accesa ed era successo semplicemente dell'assurdo.

Ma non era stupito di quello che era successo nella stanza: era sconvolto dal fatto che Blaine per tutta la cena non avesse fatto parola del suo “non vuoi?”. Kurt non capiva cosa lui stesso non avrebbe volute volere, lui voleva tutto da Blaine e questo era scontato quando spaventoso per il castano.

Un brivido gli passò per tutta la schiena quando la sua mente lo riportò al ricordo di quella sensazione come se fosse stato toccato il dietro del suo collo, come se delle dita fredde e un po' umide avessero giocato con i suoi capelli. Era stato strano, ma anche intimo e qualcos'altro che non sapeva classificare, era una sensazione troppo.. troppo per darle semplicemente un nome.

Sospirò per l'ennesima volta e finì la bevanda ormai fredda con l'ultimo sorso.

Si alzò deciso a finire il suo lavoro con l'ultima stanza rimastagli, non avrebbe potuto tardare quel momento per ancora un secondo di più. Era riuscito a stare in quella casa per un mese, adesso doveva solo sperare che Blaine mente di trasferire nella casa un sacco di polvere e lanciarla su ogni mobile immaginabile per poter tardare il suo rientro a casa.

Si trascinò afflitto in cima alle scale, superò la porta della sua stanza e quando spalancò quella della camera di Blaine rimase assolutamente senza parole: aveva sempre pensato che la camera di una persona raccontasse la storia stessa del suo proprietario come se fosse uno scatto fotografico che racchiudeva il passare degli anni con i poster, le foto da bambino in braccio a suo nonno, con le scritte indelebili sulla scrivania o ancora con i vestiti lanciati malamente sulla sedia.

Ma Kurt non si trovò in una stanza classica di un adolescente. Le pareti erano colorate con ogni sfumatura di colore possibile probabilmente erano state usate delle spugne per raggiungere quell'effetto magnifico.

Kurt camminò sulle punte dei suoi piedi socchiudendo gli occhi mentre passava un dito sopra il muro pulito sentendo il ruvido della tempera sulla parete, era magica. Il letto era matrimoniale spazioso con due cuscini bianche e con coperte di un azzurro chiaro e qualche pagliuzza di marrone qua e là.

Si sedette lasciandosi sprofondare nella morbidezza del materasso. Non era stanco, ma non resistette allo stendersi di lato posando la testa sul cuscino di Blaine. Aveva gli occhi chiusi quando lo fece e il profumo forte tanto quanto delicato del moro lo circondò arrivandogli direttamente alla testa scombussolandolo. Si ritrovò a sorridere ed a stringere a se l'altro cuscino come una bambina abbraccia il suo pupazzetto preferito.

Aprì piano gli occhi e quello che vide lo meravigliò lasciandolo a bocca aperta: il soffitto non era di un semplice bianco con le tegole di legno che caratterizzavano il resto della casa, era solo il cielo.

Nuvole bianche erano sparse sopra un cielo azzurro con qualche tonalità più scura, si vedevano in lontananza uno stormo di uccelli neri volare verso destra, persi nell'infinito cielo che li circondava, senza una vera meta. Kurt poteva quasi vedere le nuvole chiare spostarsi seguendo il vento che gli scompigliava i capelli, socchiuse gli occhi godendosi la sensazione del sole che gli riscaldava la pelle pallida perché, anche se non si vedeva, un sole c'era.
Kurt si immaginò un piccolo bambino tutto riccioli con un grosso papillon rosso che saltava sul quel letto la notte di Natale senza alcuna intenzione di dormire, un ragazzino che scorreva veloce le dita sul game boy con la lingua tra le labbra pronto a vincere l'ultimo livello, un piccolo ometto in pantaloncini che guardava allo specchio gonfiando i muscoli dei bracci come si vede in TV Blaine alla finestra che osservava fuori con una nota nostalgica e triste negli occhi.

Ma andò anche più in là immaginando un uomo adulto che sedeva alla scrivania di legno scarabocchiando chissà quale affare oppure un signore dagli occhi nocciola e i capelli bianchi che accarezzava con le dita una foto con un sorriso dolce perso in ricordi lontani.

Per quanto stette lì non so dirvelo nemmeno io, ma si da il caso che ad un certo punto si alzò sconsolato dal fatto che quel giorno non aveva più nessun angolo della casa da pulire e che probabilmente era anche l'ultimo che passava lì dentro.

Poteva provare a chiedere altri giorni oppure fingere di niente e non ricordare all'altro che cosa doveva fare visto che difficilmente parlavano di quello che faceva Kurt in quella casa, ma si sarebbe sentito troppo in colpa in quanto veniva pagato a stare lì. Avrebbe potuto domandare a Blaine se volesse un coinquilino, ma era sicuramente esporsi troppo e avrebbe retto un rifiuto da parte dell'altro, era troppo importante per lui continuare a credere che Blaine si trovava bene con Kurt, altrimenti sarebbe caduto senza la forza di rialzarsi.

La cosa che non sapeva era che c'era un motivo se il moro non gli chiedeva mai di come procedesse il lavoro, temeva che così facendo l'altro avrebbe aumentato il ritmo e finito prima, lasciandolo solo. Sarebbero stati da prendere a menate, lo so io, lo sapete voi e pure gli altri due abitanti della casa.

Si chiuse la porta alle spalle scendendo svelto le scale, avrebbe lavato i piatti che avevano usato il giorno prima per cenare. Passa la spugna sulle stoviglie con la musica dentro le orecchie per non sa quanto e li asciuga con uno straccio visto che non sa cosa fare. Dopo decide di guardarsi un film sul divano e quando passa nel corridoio vede il peluche blu lì a terra dimenticato.
Non sa bene perché ma lo prende dalla zampa trascinandolo affianco a se prima di premere play pronto a vedere “Amour”, un film francese che aveva fatto successo. Non lo avesse mai fatto, nemmeno dieci minuti dopo si era dovuto alzare per afferrare un pacchetto di fazzoletti stringendosi al pupazzo come sua zattera di salvezza in quel mare di disperazione. Alla fine entrambi avevano stampato in faccia un enorme punto interrogativo.

«Ma cos-?» sibilò passandosi il dorso della mano sulle guance bagnate. «L'hai vista la fine? Oh andiamo non può finire così? Perché l'ho guardato? Sono troppo debole e romantico per questi drammatici!» borbottava camminando su e giù per la stanza davanti agli occhi arrossati dal bianco, ma divertiti da quella scena di Thad, aveva così tanta voglia di annuire e di sclerare con l'altro in quel momento.

Quando il suo stomaco brontolò si rese conto che erano ormai le tre passate e il suo corpo faceva proprio bene a reclamare cibo, così lo accontentò preparandosi un paio di panini integrali con rucola e prosciutto crudo, li adorava. Mangiò con peluche seduto difronte a lui osservandolo attentamente, ogni tanto si ritrovava a dire qualche frase, come se volesse iniziare una conversazione con quell'oggetto inanimato.

Kurt, stai impazzendo, semplice. Ma ha degli occhi così.. realistici.

E il castano non di sbagliata affatto, Thad aveva gli occhi molto simili a come gli aveva avuti molto tempo prima: di un nero pece che stonava col suo collare rosso acceso. Dopo l'ennesima occhiata all'orologio da parte dell'orsacchiotto e l'ennesimo balzo dallo spavento di Kurt, capì.
Capì perché guardava l'orologio come in attesa.

Capì perché sembrava così spaventato e triste.

Capì perché si sentiva solo a tavola quel giorno, perché solitamente Blaine a quell'ora era tornato ed insieme mangiavano.

Blaine non era tornato a casa.

Kurt si alzò di scatto e si guardò attorno come se si fosse appena svegliato. «Ma dove è Blaine, Thad?».

Ceerto, chiamalo pure per nome adesso. Che c'è avete preso confidenza?

«Non lo so.» rispose sussurrando il pel-

Merda, merda, merda. Quello non parla!

Nessuno rispose sussurrando spaventato a sua volta, semplicemente. Kurt si mise subito le cuffie le orecchie perché conoscendosi sarebbe andato fuori di capo aspettandolo seduto a terra davanti alla porta, e non era sicuramente il caso di fare quelle figuracce. Blaine era grande e vaccinato, non aveva bisogno del controllo maniacale di Kurt, ma era spiegabile: il ragazzo aveva perso la madre quando era troppo piccolo e suo padre aveva rischiato troppe volte la vita. Così corse giù in biblioteca afferrando un libro dal titolo interessante La Ragazza Drago e iniziò a leggerlo andando a sedersi su una poltroncina rosso scuro nel centro della sala.
Kurt si perse nella storia di una ragazza orfana romana, di uno strano signore pronto ad adottarla che la porta allo zoo, che ride del fatto che abbia paura dell'altezza.

Perché ride? Pure io ne ho.. è una cosa frequente, no

Si sorprende quando quella scopre di avere un possente drago Thuban dentro di se, il quale può essere svegliato con un piccolo neo in mezzo alla fronte, trova scontato che quella ragazzina bionda dello zoo fosse proprio come lei e non vede l'ora che la loro amicizia si evolva nella più bella del libro.
Si rattrista quando viene descritto che mondo fosse stata la Terra che prima tutto quel disastro scoppiasse. Se lo può immaginare mentre legge le parole dell'uomo: quel posto magico con alberi alti, draghi colorati che volano tra le nuvole e molta pace che adesso, nel mondo fatto di smog e omicidi, non si troverà mai.

Comunque sia quando lesse che è già al capitolo 14 strabuzzò gli occhi e chiuse il libro, solo dopo averci messo un segnalibro. Si alzò sgranchendosi le gambe, ma quando vide l'ora scritta sull'orologio quasi non volò a terra dallo sconcerto: erano già le sette e mezza.
Scende svelto le scale tornando in cucina, si tirò su le maniche deciso a cucinare delle ottime lasagne ai porri, erano buonissime secondo lui tutte bianche. Sapeva che anche a Blaine sarebbero piaciute: hanno la pasta e hanno un sapore molto dolc-

Blaine.

«Blaine? Dove sei? Sei tornato?» gridò inutilmente perché sapeva che non era arrivato a casa, non aveva sentito la porta chiudersi e la calda voce di Blaine urlare un “Sono io!” come era solito fare da un mese a quella parte. Ma non si arrese in quanto non riuscì a credere che davvero l'altro non fosse ancora tornato, quindi andò in ogni stanza spalancando la porta e sperando di trovarci il ragazzo.
Dopo aver fallito nella sua miserabile ricerca, tornò davanti ai fornelli mettendosi all'opera. va poco alle dieci quando si ritrovò seduto da solo al tavolo con un'abbondante porzione di lasagne sul piatto, si era obbligato ad aspettare il ritorno di Blaine, ma ormai ha troppa fame e quindi ne prende solo una forchettata, poi un'altra ancora finché non rimane nemmeno l'ombra sopra il piatto.
Sconsolato si alza e pulisce piano. Ogni tanto uno sbuffo irritato gli esce dalle labbra.

Non è possibile che non ho nemmeno il numero di telefono di Blaine? E perché la lavastoviglie qui non c'è? Dove siamo, eh? Nel medioevo?
Sapeva che non era da lui rifarsela così con tutto e tutti, ma non poté fare altrimenti: era davvero preoccupato e non riusciva a perdonarsi di non avere avuto il numero del cellulare o qualcos'altro con cui rintracciarlo. Si passò una mano sulla fronte accasciandosi sulla sedia, guardò verso la porta e dovette corrugare le sopracciglia quando vide il peluche sistemato proprio davanti ad essa.

Aspettava il suo proprietario, o meglio amico, pure lui, ma aveva un'altra preoccupazione, o meglio la stessa, solo più giustificata perché lui sapeva in che guai assurdi e pericolosi il morettino poteva essersi cacciato.

Kurt si fece una grande tazza di caffè e per un attimo pensò di passarne una anche a Thad, come se poi lui bevesse, ma particolari. Si sedette sul divano facendo zapping con il telecomando annoiato: trovo un programma carino che gli permetteva di commentare diabolicamente i vestiti da sposa di quelle povere racchie.
Si divertì non dimenticando nemmeno per un secondo perché era ancora alzato alle una di notte, tutti i suoi muscoli era in tensione preoccupati così tanto che non si spaventò del peluche che ormai era accanto a lui stretto al suo braccio senza che lui lo avesse toccato. Al contrario lo avvicinò mettendoselo sulle ginocchia in cerca di calore.
«Arriverà, sono sicuro che arriverà.» soffiò triste mentre l'ennesima donna sfilava con un abito a sirena che non faceva altro che metterle in risalto i fianchi abnormi.
Appena il programma terminò si alzò deciso ad andare a letto arrendendosi alla stanchezza e mentre l'orologio segnava le due passate andò a letto senza riuscire a dormire. I suoi occhi si socchiusero e la sua mente vagò verso pensieri non tanto piacevoli, incidenti, rapine e ospedali.

Fece una smorfia rigirandosi nel letto odiandosi per quei pensieri che sicuramente non lo aiutavano a riposare.

~○~○~

Il rumore di una porta che sbatteva lo risvegliò facendogli spalancare gli occhi di soprassalto, non ricordava nemmeno quando era riuscito ad addormentarsi sotto le note di chissà quale testo. Il rumore si ripresentò e proveniva proprio dal piano di sotto.

Kurt trattenne il fiato per poter captare meglio il suono: sembrava che qualcuno stesse camminando e si trascinasse dietro di se un lungo e peso mantello. Fece un piccolo salto sul letto paventato quando un gemito accompagnato ad uno sbuffo gli giunse chiaro alle orecchie interrompendo il ritmo di quello struscio. Il castano non aspettò un altro secondo precipitandosi giù dal letto e scendendo le scale due scalini alla volta. Si fermò sconvolto a metà di queste quando notò la luce della cucina accesa che illuminava il piccolo corridoio facendo vedere uno strano...

Ma cosa è? Sembra un.. coso piumoso...

Sinceramente nemmeno io avrei trovato un giusto nome da dargli nella sua situazione da Ignaro, ma si da il caso che io sappia cose che lui e voi neppure immaginate quindi posso dirvi che erano delle lunghe piume nere e marroni.
Il cuore di Kurt correva sempre più veloce mentre avanzava verso la luce e posava svelto la schiena contro il muro affianco allo stipite della porta, trattenne il fiato cercando di ricordarsi dove fossero i coltelli.
Sono nel terzo, o secondo?, cassetto.. proprio sotto al lavello. Se corro forse riesco a prendergli prima che il ladro si accorga di me, ma cosa viene a rubare qui dentro? Quadri.

Sbuffa e scuote la testa sapendo che non aveva tempo di distrarsi con i suoi stupidi ragionamenti contorti quindi concentrato torna a ragionare.

Se li prendo però non posso più tornare indietro... e se il ladro fosse armato? Contro una pistola non potrò fare molto.. mi devo nascondere allora... dove? In biblioteca? In bagno magari.. quanto vorrei che Blaine fosse qui adesso.

Chiuse gli occhi e inspirò forte, tremava forte spaventato da tutto quello che sarebbe potuto succedere, ma allo stesso tempo l'adrenalina gli scorreva tra le vene distraendolo: era pronto, avrebbe lottato pur di salvarsi.
Sospirò e svelto entro nella cucina facendo una lunga falcata verto i coltelli, la sua unica arma, con la coda dell'occhio però vide una figura scusa seduta sulla sedia accanto al tavolo: era a petto nudo, coi pantaloni strappati a metà polpaccio, salì con gli occhi fino al viso dolorante incorniciato da ricci capelli scuri che guardava preoccupato la sua ala non degnandolo di considerazione, come se non lo avesse nemmeno sentito entrare.

Ma.. Blaine?

Fermò la sua corsa verso le armi e si voltò tutto per vedere meglio il ragazzo. Smise di respirare dalla paura perché, se della gamba destra di vedeva la pelle ambrata della caviglia, dalla gamba sinistra partendo da metà coscia spuntavano piccole e affilate piume scure che alla fine lasciavano spazio ad una zampa di falco o aquila da cui partivano artigli lunghi e pericolosi. Kurt si vietò di pensare a lui tra le grinfie di quella cosa tremando visibilmente.
I suoi occhi salirono più in su superando la pancia piatta e i pettorali accennati del petto fino a soffermarsi alla spalla destra che una spalla più non era. In realtà partivano piume chiari da metà petto, ma dal collo partiva una lunga piuma marrone seguita ma molte altre che insieme formavano una lunga ala d'uccello.
Kurt si portò una mano sulle labbra dalle quali però non uscì neppure un suono come se la voce se ne fosse andata via lasciandolo là solo. Il suo sguardo partì dalla spalla piumata, scese più in giù dove una mano rossa di sangue copriva una parte dell'ala, scendendo ancora trovo ali sempre più sottili e lunghe. Dovette piegare il collo perché sarà stata di due metri continuando fino a raggiungerlo e superarlo oltre la porta, per finire nel corridoio. Averla lì accanto alla caviglia, con quelle piume nere proprio a un centimetro da lui fu la goccia che fece straboccare il vaso: gli tornò la voce come un fiume in piena e un urlò forte gli uscì dalla bocca facendo vibrare i vetri e lui.
Ovviamente e finalmente il ragazzo alato lo notò alzando svelto la testa, sbarrò gli occhi come se avesse visto il suo peggior incubo avverarsi, e così era.

«Kurt!» esclamò trattenendo il fiato.

«Blaine! Cosa cazzo succede qui?» Perché quello era senza nessuno dubbio il proprietario della casa, il suo datore di lavoro, il pittore di quadri, il fissato di papillon e il ragazzo di cui Kurt aveva una cotta: Blaine Devon Anderson.
E il moro ci pensò davvero su cosa rispondergli, non poteva spiegargli tutto adesso, sarebbe stato un condannarsi a morte: Kurt era visibilmente sconvolto con quegli occhi azzurri spalancati e la bocca che formava una “o” perfetta, non poteva rischiare proprio adesso di perdere tutto quello che lo aveva portato fin lì.
Fece per alzarsi con una mano allungata verso l'altro, ma con un gemito dal dolore si ributtò sulla sedia troppo stanco anche solo per riprovarci. Strinse le labbra trattenendo l'ennesimo gemito: si era ridotto davvero male quella volta, si era distratto per un attimo ed ecco il risultato.
Non avrebbe mai voluto quello, lui puntava di non farglielo mai sapere. Poteva essere il suo piccolo segreto e ce l'aveva quasi fatta, un altro solo giorno o forse due e ce l'aveva fatta, forse si era illuso per un attimo accecato dall'amore e dal fine di tutto quello.
Così penso alla risposta più adatta, a quella che sarebbe bastata in quel momento e non la trovò, perché non esisteva. Era illuso, ma non stupido.

Dopo non si sa quanto sotto lo sguardo scioccato di Kurt, rispose determinato «Sono ferito.».

Lo mormorò indicando con il mento la ferita sull'ala che teneva stratta con la sua mano umana mentre il sangue scivolava sia sulle piume scure sia sul braccio fino al gomito dove gocciolava a terra sporcando il pavimento.

Non distolse lo sguardo osservando come l'espressione di Kurt cambiava: da scioccata ad arrabbiata e un goccio delusa. Gli fece male, ma non avrebbe mollato, non adesso.

Kurt lo avrebbe preso volentieri a schiaffi per quello che aveva appena detto perché sicuramente era l'ultima cosa che avrebbe voluto sentirsi dire. Era l'unica cosa che forse aveva capito, quella che aveva notato anche senza l'aiuto utile quando un pugno nell'occhio di Blaine.
Stava per rispondere con una sua uscita sarcastica e magari anche una manata quando notò gli occhi dell'altro, conosceva bene quello sguardo in quanto altre volte lo aveva visto: quando gli chiedeva della sua famiglia, di come mai tutta quella polvere o di tutto quello che riguardava anche il giorno prima che lui entrasse in quella casa.
Non avrebbe risposto a niente in quel momento quindi con un sospiro sconfitto si arrese e annuì «Ok. Vado a prendere il kit si emergenza.».

Si congedò camminando dritto e spedito grazie all'adrenalina che ancora non smetteva di aiutarlo, le avrebbe dovuto dedicare una statua. Ma non andò lontano visto che la voce roca di Blaine lo richiamò facendolo voltare.

«No, aspetta: vai in bagno-» ansimò riprendendo il fiato per lo sforzo e digrignò i denti dolorante. «Lì c'è il mobiletto affianco al lavandino... dentro c'è la poz- medicazione giusta: è una boccetta a forma di usignolo. Prendi anche delle garze e.. del cotone!» finì stiracchiando un sorriso che altro non fu che una smorfia.

Kurt annuì di nuovo e muto salì le scale, arrivò in bagno e cercò tra quelli che pensava fossero saponi scegliendo la bottiglia in fondo metà vuota.

Saponi... certo.
Ridacchiò isterico di se stesso perché aveva ignorato ogni piccolo segnale assurdo compreso quel mobiletto troppo profondo, il peluche che camminava, la voce che inondava le stanze della casa, la gravità che cambiava, la pizza mangiata e troppo altro per ricordarlo.

Si obbligò a non pensarlo in quel momento, non avrebbe retto altro e adesso doveva pensare solo a Blaine che era ferito ad un al-

NO.

Era ferito, punto.

Quando giunse nuovamente in cucina aveva tra le mani tutto l'occorrente necessario e lo passò a Blaine.

«Grazie Kurt..» soffiò il moro mentre cercava di stringere le dita, tutti i suoi muscoli dolevano e quando afferrò la boccetta quasi non cadde a terra se non per i riflessi di Kurt che la presero al volo.

«Faccio io.» disse prendendo il mano le redini della situazione: verso un po' di .. ciò che conteneva la boccetta sul cotone, era uno strano liquido verde-acqua che subito andò ad impregnare il cotone bianco.

«Adesso tamponami la ferita e per non smettere per niente al mondo.» Lo guardava con gli occhi seri e decisi, quando Kurt rese lo sguardo quasi non soffocò con la sua stessa saliva davanti a quelle pupille sottili come un ago e nere come la notte. Non disse nulla, zitto annuì e avvicinò la mano all'ala ferita.
Appena il cotone toccò la ferita la schiena di Blaine si inarcò e gli occhi si spalancarono facendo diventare le sue pupille due fessure semi invisibili, dalle sue labbra uscì un ringhiò di dolore e Kurt pensò di non aver mai visto una persona ridursi così.

Allontanò la mano per fargli riprendere aria, ma Blaine lo prese per il gomito e disse roco «N-non devi fermarti, ricordi?».
Kurt pensò che era assurdo ciò che gli stava chiedendo, che non avrebbe mai potuto farcela, ma sapeva benissimo che non poteva tirarsi indietro e che l'altro era determinato, glielo doveva... forse. Così lo fece e Blaine ebbe la stessa reazione di prima mandando gli occhi indietro. La mano del moro scivolò dal gomito accarezzandogli tutto il braccio fino a prendere quella dell'altro facendo intrecciare le loro dita insieme.
E Kurt si fermò di nuovo, ma stavolta non perché l'altro sentiva dolore, solo per quel gesto così intimo che gli mandò, se possibile, in pappa il cervello. Portò gli occhi sopra le loro mani e strinse debolmente arrossendo sulle guance. Intanto Blaine guardava il volto di Kurt mentre i propri occhi, distraendosi dal dolore e dalla sensazione delle piume tornavano lentamente alla loro forma umana.
Starete pensando che è assurdo, in una situazione del genere fermarsi, ma non lo è per loro. Loro che non aspettavano altro, il tempo si fermò e i loro occhi si incrociarono, quelli nocciola con qualche goccia di miele di Blaine si mescolarono a quelli azzurri ghiaccio di Kurt formando un vortice di sensazioni.

A rompere quel contatto fu il nostro amato Anderson quando l'ennesima scossa di dolore gli fece chiudere gli occhi e digrignare i denti, Kurt ormai liberato da quella presa ritornò a tamponare la ferita guardando come gli occhi di Blaine ad ogni tocco si affilassero sembrando sempre di più quelli di un gatto.

Ma le loro mani erano ancora intrecciate e Blaine si distrasse decisamente molto sentendo quella sensazione di calore partire dalla sua mano e raggiungergli ogni parte del corpo scuotendogli il cuore. Così non inarcò più la schiena stringendosi le labbra tra i denti lo guardava sul viso osservandolo con quelle pupille affilate mentre pian piano Kurt lo medicava.
Il castano continuò a tamponare fissando la ferita concentrato e le piume si ritirarono sotto la pelle facendo apparire il braccio ambrato di Blaine con un grosso taglio profondo poco sopra il gomito, anche le corte piume della gamba e artigli annessi sparirono lasciandolo lo spazio al piede nudo. Quando ebbe finito fasciò tutto con la garza dopo averla impregnata bene dello strano liquido, e batte le mani una volta sola andandole a lavare.

Blaine lo seguì con gli occhi come se volesse studiarlo e si alzò in piedi stiracchiandosi «Grazie Kurt, sto già molto meglio.».

Kurt guardava il rosso del sangue di Blaine scivolargli via dalle dita e si sciacquò anche i polsi, con la coda dell'occhio scorgeva benissimo la boccetta ormai quasi vuota a forma di uccellino marrone, ma ciò che gli fece realizzare tutto furono stranamente i pantaloni strappati di Blaine, perché se da una parte erano lunghi fino al polpaccio, a destra finivano a metà coscia perché prima... prima c'erano tutte quelle piume e gli artigli e ancora piume.

Non lo guardò in faccia e svelto salì in camera correndo su per le scale troppo sconvolto anche solo per pensare o per reagire, l'adrenalina era finita e lo aveva lasciato solo con la realtà dei fatti.

Sbatté forte la porta alle sue spalle e Blaine udì chiaramente la serratura chiudersi.

 

Kurt si gettò sul letto e con gli occhi spalancati guardava il soffitto, si prese i capelli tirandoseli mentre portava l'altra mano tra i denti per non urlare, non voleva che Blaine lo sentisse.

Cosa era appena successo? Cosa realmente lo aveva portato a piangere silenziosamente disteso sul materasso? Perché?
Non si asciugò gli occhi, lo rilassava sentire la lacrima calda scendere dal suo occhio passargli la tempia e sparire tra i suoi capelli poco sopra l'orecchio, lo distraeva da tutto quello a cui avrebbe dovuto pensare. Fece un lungo e fragoroso respiro cercando di mettere insieme i pezzi della serata:

Si era addormentato, un rumore lo aveva svegliato. Era Blaine che gemeva e si sedeva accanto al tavolo stanco di portarsi a presso un.. ala. Un ala, dillo Kurt.
«U-un'ala. Un'ala, un'ala, un'ala..».

Magari se lo ripeto perde di senso, come il proprio nome. E aveva una zampa al posto del piede.. e delle piume al posto del polpaccio.. Ma era Blaine, solo Blaine.

«Zampa, zampa, zampa, piume, Blaine, piume, piume, Blaine, zampa, piume, ala, piume, Blaine, Blaine... merda!» Perché tutto quello non funzionava, perché tutto quello era assurdo e non aveva senso, perché aveva voglia solo di dimenticare tutto, di poter dire a se stesso che era tutto uno stupido sogno, ma non lo era. Lo sai quando è reale e non devi aspettarti di svegliarti per stropicciarti gli occhi. Quello non era un incubo.

Si alzò a sedere portandosi le gambe al petto e stringendole a sé. Scivolò piano e il freddo che il pavimento gelato gli portò lo fece raggomitolare ancora di più posando il mento sulle ginocchia. Le lacrime copiose gli appannavano la vista impedendogli di vedere nel buio della sua stanza, ma aveva paura a chiudere gli occhi perché, ogni volta che lo faceva, gli occhi neri come la pece e sottili come uno spillo di Blaine gli apparivano davanti ricordandogli ogni singolo momento dove aveva trattenuto il fiato, aveva strabuzzato gli occhi e abbandonato la realtà.

La realtà.
Gli scappò da ridere così forte da sentire male alla gola, si tappò la bocca, si sentiva un pazzo da manicomio raggomitolato e ridacchiante. Non si sa bene quando, ma la stanchezza venne a fargli visita visto che ormai era quasi mattina e lo costrinse a chiudere gli occhi e a farsi stringere tra le braccia di Morfeo ancora disteso sul pavimento freddo.
Non sognò mentre dormiva, non sognò perché aveva già avuto un incubo con gli occhi aperti per quella notte.

 

♪ ¤°.¸¸.·´¯`»« ´¯`·.¸¸.°¤ ♪

 

Blaine intanto era ancora giù in cucina e seduto su un'altra sedia si teneva la testa sul palmo della mano stanco tanto quanto sveglio e vigile. Il dolore stava andando sparendo e sapeva che tra nemmeno una settimana dopo sarebbe rimasto solo un graffio sul suo braccio e un brutto, orribile ricordo nella sua mente.
Si alzò e prese uno straccio e pulì il sangue a terra, strusciava con la mano sana con forza e ogni suo muscolo era in tensione, avrebbe voluto doverlo fare con la sua grande faccia di cazzo. Aveva rovinato tutto secondo lui, Kurt era visibilmente sconvolto e adesso sarebbe scappato dalle sue braccia.
Non avrebbe dovuto aspettare, non avrebbe dovuto essere così stupido da non capire che prima o poi il segreto sarebbe stato svelato, avrebbe dovuto solo agire e fare quello che doveva subito invece di volere che tutto venisse da se.
Si schiaffò una mano in fronte e scosse la testa per l'ennesima volta cercando di scacciare quei pensieri inutili, era inutile piangere sul latte, o sangue in questo caso, versato. Il pavimento tornò lindo e alzò la testa verso il soffitto quando gli giunse chiara alle orecchie il suono della risata di qualche ottava più alta del solito di Kurt, aveva sentito che pronunciava qualche parola come anche il suo nome.
Non poteva nemmeno immaginare cosa l'altro stesse combattendo, dopotutto lui non aveva vissuto mai davvero come Ignaro. Nel suo periodo gli umani sapevano, almeno per sentito dire, le leggende e i miti di cui adesso tutti pensano che siano solo storie. Fra cui alcune le sono davvero, ma non tutte.

Non tutte.
Blaine aveva sperato di poter tenere quel suo segreto con se e portarselo nella tomba, mancava così poco e si sarebbe sbarazzato di quelle piume e quel becco arancione, mancava solo una cosa, un paio di giorni forse.

Ormai ce l'aveva fatta, ma mai cantare vittoria prima di aver tagliato il traguardo.

Si alzò da terra e si lavò le mani combattendo contro la stanchezza, salì le scale silenziosamente come solo lui poteva fare e socchiuse gli occhi concentrandosi sull'udito per sentire se Kurt fosse ancora sveglio, si rilassò tornando il camera quando il lento respirare di Kurt gli giunse alle orecchie: dormiva.

Entrò nella stanza chiudendosi piano la porta alle spalle facendola scricchiolare, guardò per un attimo i suoi due amici seduti uno di fronte all'altro mentre lo osservavano preoccupati.

«Vedrai che andrà tutto b-» Thad fu interrotto a metà frase dalla voce rassegnata di Blaine.

«No, zitto. Sai che non è così! Dovevo dirgli tutto, farlo subito oppure dovevo.. dovevo.».

«Sei drammatico.» se ne uscì il suo amico incrociando le braccia al petto. «Ti perdonerà, vedrai.»

«E se non lo facesse?».

«Lo farà.» rispose superiore e deciso senza distogliere lo sguardo.

«Se scappasse?» fece un passo in avanti mentre lo guardava rosso di rabbia verso se stesso soprattutto. «Cosa farei? Come farei senza di lui?».

«Cazzo Andy. Da quanto tempo lo aspettiamo? Troppo per lasciarcelo sfuggire dalle mani!» alzò le braccia al cielo e spalancò gli occhi ovvio. «E poi, non scapperà! Andiamo svegliati Andy, pende dalle tue labbra quel ragazzino!»

Thad intanto alternava gli occhi da Blaine all'altro non sapendo cosa pensare o dire: era d'accordo con lui, ma come avrebbe potuto non capire la paura viscerale di Blaine? Quindi se ne stava in silenzio giocando con il suo orecchio peloso.

«Mi ha visto in quelle condizioni!» disse Blaine marcando ogni parola mentre si avvicinavano sempre più. Per un attimo Thad ebbe paura che cominciassero a fare a botte con solo un piccolo peluche blu come lui a dividerli.

«Ti ha salvato, curato e medicato mentre eri in “quelle condizioni”» mimò le virgolette con le dita affusolate. «o sbaglio eh?».

Blaine sorrise contento e sognante guardando il soffitto/cielo e gongolò «Sì.. l'ho notato questo....» si perse un attimo nel ricordo delle loro mani intrecciate e di quell'attimo sfuggente nel quale i loro occhi si sono fusi. Tossì svelto tornando nel mondo dei vivi appena se ne accorse.

Thad fece una faccetta adorabile gonfiando le guanciotte «Guardalo, com'è innamorato!» ridacchiò picchiettando al ginocchio del suo amico.

«Aww davvero, Andy sei da strapazzare adesso!» esclamò a sua volta l'altro stando al gioco ridendo.

Blaine ghignò sapendo di avere comunque il coltello dalla parte del manico. «Parlano loro...» gli guardò entrambi godendosi la scena di Thad che svelto abbassava lo sguardo sulle sue zampette che improvvisamente erano davvero, ma davvero interessanti mentre la risata dell'altro si interruppe bruscamente e gli lanciò un occhiataccia di fuoco.

Fu il turno di Blaine a ridere «Su, adesso uscite che io vorrei andare a letto!» borbottò indicandogli la porta.

Lui prese Thad portandoselo in braccio il quale perse almeno altri dieci anni di vita «Ce ne andiamo, sua altezza.» soffiò svogliato.

«Quante volte te lo devo dire che non mi devi prendere in collo, eh?» sbuffò Thad intrecciando le zampe.

«Come se ti dispiacesse poi!» ghignò l'altro stringendolo di più a te. Il peluche non rispose perché sapeva quanto l'altro avesse ragione, sbuffò soltanto per l'ennesima volta mentre insieme uscivano dalla stanza lasciando da solo Blaine, solo con i suoi pensieri.

Si distese sul letto cercando la posizione ottimale per non sentire un male cane mugolando ad ogni movimento, ma appena si sistemò per bene cadde in un sonno profondo troppo stanco per pensare ancora.

 

Thad si addormentò tra le sue braccia mentre piano gli accarezzava le orecchie, sapeva quanto il peluche amava giocarsi. A lui non serviva dormire quindi si metteva comodo sul divano chiudendo semplicemente gli occhi, come se fosse umano davvero.

 


KIAsia's Channel:

ciao *scansa sassate* non mi uccidete, io vi voglio taanto bene e poi Kurt ha fatto da crocerossina vestita diciamo... no eh? Va beh.
Se avete domande o non avete capito qualcosa o anche solo per dirmi che mi devo ritirare potete farmelo sapere!
Sarebbe davvero importante per me che almeno questo capitolo mi diciate cosa ne pensate, è quello che mi spaventava di più! 

 

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Capitolo 8
*** 7 - Ragione e Realtà. ***


NomeCapitolo: Ragione e Realtà.

Ship: Klaine

Rating: verde.

N°Parole: 3223

 

Eccoci col nuovo capitolo! E' un po' più corto degli altri... non stappate troppi champagne!! :)

 

Ed è così che la strega continuò a narrare:

 

Kurt fu svegliato dal sole che entrava dalla finestra.Si stropicciò l'occhio col pugno della mano contestando che aveva pianto visto che se la bagnò.

Ala.

Fece un balzo sul letto mettendosi a sedere in un battito di ciglia. Con gli occhi spalancati poi si guardò attorno alla ricerca di camera sua, piena di volantini di teatri, un enorme poster di Lady Gaga, ma non li trovò perché non era a casa sua. Era nella sua camera a casa di Blaine Anderson, però.

E questo, per la prima volta, lo spaventò a morte. Si alzò posando i piedi contro il pavimento freddo, così veloce saltellò fino alle ciabatte. Cercò di non pensarci, ci provò davvero, ma come è ovvio non ci riuscì. La sua mente lo portava alla sera prima, a ricordarsi ogni piccolo particolare, ogni piccola piuma.

Kurt si arresto in mezzo alla stanza allarmato e tremante quando notò che la sua porta era aperta anche se lui la sera prima l'aveva chiusa a chiave prima di gettarsi sul letto. Fece svelto dei passi decisi e senza guardare al di là del suo naso troppo spaventato da tutto ciò che avrebbe potuto vederci, chiuse nuovamente la porta.

Pensò a cosa fare a quel punto, non sarebbe potuto rimanere lì per tutto il tempo ed in quel momento non aveva una gran voglia di schiantarsi dal secondo piano uscendo dalla finestra. Così sconsolato si avviò in bagno, lavandosi e si rivestì comodo considerando la possibilità di dover correre.

Non seppe esattamente quando decise che sarebbe diventato la brutta e pallida versione dell'agente 007 e sarebbe uscito dalla porta principale, diventando invisibile, ma così fu.

Quindi girò piano la chiave nella serratura cercando di fare il minor rumore possibile, poi uscì a passo felpato, se per “felpato” voi intendete “come un elefante imbufalito” ovviamente. Blaine però non lo sentì troppo indaffarato ad armeggiarsi tra pentole e fornelli.

Blaine aveva stupidamente pensato che avrebbero potuto sedersi insieme al tavolo della cucina a parlare amorevolmente dei loro segreti, magari facendo anche la pace col mignolino. Delle volte mi chiedo come sia possibile che abbia tutti quegli anni.

Kurt intanto scese le scale lentamente e si affacciò alla cucina sentendo il chiaro profumo di pane abbrustolito e latte caldo. Quando vide il moro con un grembiule legato alla vita che si mordeva la lingua sorrise solo per un attimo perché poi la sua mente gli ricordò sia quando era già successo, sia la sera prima quando Blaine era seduto su quella sedia, mezzo volatile.
Scosse la testa risvegliandosi da quello stato di trance e avanzò di qualche passo sempre sulle punte dei piedi, guardava spaventato Blaine sperando con tutto se stesso che l'altro non si voltasse e lo cogliesse sul fatto.
Per fortuna non accadde e sospirò di sollievo quando superò la porta della cucina e aprì il portone pronto a uscire, stava già per partire in quarta perché il rumore della maniglia che girava aveva attirato l'attenzione di Blaine, il quale adesso lo stava chiamando.
Quindi svelto mise un piede davanti all'altro solo per trovarsi con un forte dolore alla fronte.

«Cosa è success-?» sbottò portandosi una mano alla testa dolorante.

«Kurt, dove stavi andando..?» quando il castano si gira si pente subito di averlo fatto in quanto si ritrova davanti ad un piccolo Blaine che lo guarda con due occhi tristi e consapevoli. «stavi scappando.»

Non gli resta che annuire perché era così, e il moro lo sapeva.

«Non ti avevo sentito scendere.. stavo preparando la colazione.. magari potresti rimanere solo un al-».

«NO!» urlò spaventato e si voltò di nuovo portando le mani in avanti solo per scontrarsi contro la parete invisibile.

Blaine si interruppe sconsolato e scosse la testa. «Kurt non puoi superare la Barriera andandoci a sbattere..».

«E come posso fare?».

«Non puoi.» lo guardò duro e sicuro incrociando le braccia al petto. Aveva accettato il consiglio silenzioso del suo amico, non lo avrebbe lasciato andare. Non poteva, non dopo tutto quello che aveva fatto! Così scrollò le spalle e fece inversione ad “u” tornando in cucina. «Se hai fame, la colazione è pronta.».

«Scherzi vero Blaine? Questa è una prigionia!» alzò le braccia al cielo mentre la sua faccia si corrugava dalla rabbia. Kurt per un attimo si domandò come mai non avesse paura, lui sapeva che non stava provando la paura giusta: il terrore che l'altro volesse fargli del male, ucciderlo magari. No, lui temeva solo la novità perché tutto ciò che non si sa potrebbe sconvolgere ciò che conosciamo facendosi dubitare di noi stessi e di quello che abbiamo creduto fino a lì; ma allo stesso tempo ti rigenera, ti porta avanti e ti aiuta a disegnare il percorso che solo tu e la tua vita potete percorrere.

Blaine non gli rispose preparando le due tazze di latte caldo.
Forse fu quello a far imbestialire Kurt, l'atteggiamento normale del morettino come se non dovessero affrontare la questione della sera prima. Come se fosse tutto normale.

Delle volte mi sembravano già una coppia di vecchi sposati!

«Blaine, voglio una cazzo di risposta! E la voglio ora, voglio uscire. Fammi uscire o dimmi come faccio ad uscire!» e il moro non sapeva che quando Kurt diventava volgare allora sì che era un guaio. Kurt lo guardava attendendo una qualche risposta, ma non ottenne altro che un lungo ed estenuante silenzio rotto soltanto dalla caffettiera che fumando informava che il caffè fosse pronto.

Blaine si alzò e se ne versò un po' nella tazza e tranquillo chiese «Lo vuoi anche te il caffè?».

Se fosse stato possibile probabilmente dalle orecchie del castano sarebbe uscito fumo e lui sarebbe diventato ancora più rosso di quanto già non era. Non gli risponde salendo le scale a grandi falcate e chiudendosi sbattendo forte la porta di camera sua alle spalle.

Intanto al piano terra Blaine si stava schiaffando una mano sulla fronte e sbuffava stanco.

«Non è che tu sia stato proprio calmo e rilassato come ti eri imposto...» ridacchiò una voce.

«Non sei d'aiuto. Affatto!» sbottò il moro mentre il peluche si premeva una zampa sul muso per non scoppiare a ridere.

 

Kurt posò la schiena contro la schiena e si guardò attorno sconsolato e senza più speranza cercando qualcosa che potesse essergli d'aiuto. Quando il suo occhio scorze il cellulare abbandonato sul comodino quasi non si schiaffeggiò per non aversi pensato prima, lo afferrò e deciso digitò il numero di suo padre chiamandolo.
Ma non suonò, non vibrò, non fece niente. Così guardò lo schermo e non c'era campo in quel momento, anche se era da un mese che c'era campo. Non si domandò niente perché era stanco e furioso di porsi questioni che poi non era in grado di risolvere, quindi lanciò l'inutile telefono sul letto e continuò con la mente a vagare per la stanza e a trovare una soluzione.

Guardò attentamente la finestra chiusa e ragionò che era al secondo piano, sotto non c'era nemmeno una tettoia. Molto probabilmente si sarebbe almeno rotto una gamba a fare un salto così altro.
Poi si ricordò tutti i film che aveva visto e svelto disfece il letto e andò a prendere altri lenzuoli dall'armadio legandoli insieme per infine formare una fune lunga abbastanza da calarsi. Andò ad aprire l'anta della finestra, non riuscì ad aprirla e si strusciò le mani sudate sopra i pantaloni prima di afferrare una scarpa e lanciarla con tutta la sua forza contro il vetro, sapeva che avrebbe fatto rumore e che quindi dopo doveva essere veloce a scappare. Quello che però non sapeva è che sì, avrebbe fracassato il vetro, ma non avrebbe comunque superato il muro della casa rimbalzando contro la Barriera e tornandogli addosso.
Con uno scatto agile si abbassò e riuscì a scansarla. Non si avvicinò più alla finestra accasciandosi a terra spaventato e portandosi le braccia alle ginocchia stanco mentre una lacrima gli rigava il volto.

Si sentiva intrappolato dentro quella casa, con una persona che nemmeno forse poteva essere chiamata tale e con una gran voglia di non sapere niente di tutto quello, di poter dimenticare ogni piccolo istante e allo stesso modo di vederci chiaro. Di conoscere anche quella parte di Blaine.


Blaine non si alzò nemmeno dalla sedia perché sapeva che Kurt stava bene e che non sarebbe mai riuscito a scappare, si fidava del suo amico che adesso gli stringeva le spalle in silenzio.
Non gli diceva che sarebbe andato tutto bene perché sapeva che non glielo avrebbe permesso, Kurt era visibilmente sconvolto, ma non era quello a preoccuparlo, era il fatto che fosse furioso con lui.

Lo sentì sospirare e sparire nell'aria come era solito fare quando la sua presenza non era più necessaria anche se lui avrebbe voluto restare. Era però lo stesso Blaine a voler fingere di rimanere solo anche solo per un attimo, quindi non poteva farci niente. Poteva solo rispettare le volontà dell'umano.

 

Kurt non sapeva da quanto piangeva, ad un certo punto si era disteso e mentre guardava il soffitto sentiva le lacrime calde rigargli le tempie e sparire nei capelli poco sopra le orecchie, non si asciugò nemmeno una volta, quella scia di bruciore era la sua ancora alla realtà.

La realtà che adesso lo spaventava, ma non poteva allontanarsi lasciandola vinta alla ragione.

Perché non sempre Ragione e Realtà coincidono, e questo ne è un chiaro esempio.

Sospirò un paio di volte arreso al destino di rimanere lì, chiuso nella stanza con al piano di sotto

 

cosa? Blaine? Un ragazzo? Un falco? Un piccione? Un'immaginazione? Un unicorno? Una falsità Magari ..

 

Ma non poteva più pensare niente, nessuno “magari” che avrebbe potuto giustificare tutto quanto, nemmeno la pazzia perché non era pazzo, quello che aveva visto c'era. Niente avrebbe potuto negare ai suoi occhi di ricordare.

Si strinse tra le mani i capelli giocando con le proprie ciocche tirandosele, aveva imparato col tempo che niente avrebbe potuto mettere a tacere la sua mente che veloce volava pensando a tutto, a tutto ciò che aveva visto che univa ogni piccolo tassello di quel pazzo e assurdo mese. Come aveva fatto a darsi tutta la colpa? Come aveva fatto a nascondere tutto a se stesso? Semplicemente: la Ragione aveva prevalso sulla Realtà.

E lui adesso di cosa poteva farsene della sua stupida ragione? Della sua testa e delle rotelle che lui stesso sentiva ruotare a velocità imbarazzante? Niente.

Puoi combattere per tutto il tempo che vuoi la realtà dei fatti, ma stai solo rimandando l'inevitabile; perché, prima o poi, lei busserà alla tua porta sbattendo forte il palmo della mano sul legno obbligandoti ad alzarti e aprirle, senza una via di fuga.
Perché la Realtà vince sulla Ragione.

Il problema vero fu che la sua testa stava pensando, ragionando su tutto perché non si era arresa, difficilmente la ragione si arrende alla realtà con tanta facilità, ma non trovava nulla, nessuna prova ovvia che potesse portare tutto indietro.

Sapete chi è un “codino”? Beh, ve lo spiego: nel periodo post-napoleonico, precisamente nel 1814, ci fu il Congresso di Vienna dove gli imperi d'Austria e di Russia e i regni della Prussia e della Gran Bretagna si riunirono per contrastare le idee e valori napoleonici nati nel secolo precedente.
Iniziò così il periodo storico che gli studiosi hanno soprannominato “Restaurazione”, qui le varie potenze del secolo si impegnarono a far tacere i movimenti liberali, che puntavano al futuro, per poter poi tornare indietro. Speravano di poter dimenticare Napoleone, le sue mille vittorie e la sua sete di libertà.

Oltre a riutilizzare i modelli politici del periodo precedente, negando ai borghesi tutto ciò che si erano guadagnati e sudati con tanta fatica, fecero tornare le vecchie mode come i vestiti e i così detti “codini”, che altro non erano che corte code alla base della nuca.

Così è nato il modo di chiamare “codino” colui che pensa un'idea superata o un valore ormai stantio, che non vuole accettare l'avanzare, l'andare avanti.

Ed io non trovo descrizione migliore per il nostro Kurt adesso, assomiglia molto al caro e vecchio principe d'Austria Metternich che voleva solo dimenticare. Se qualcuno sapesse la storia sa che questo durò forse non più di quarant'anni, se non meno.

E come poteva, quindi, la ragione di Kurt avere la meglio sulla realtà?

 

Piangeva da troppo tempo ed ormai non aveva più lacrime quando sentì la porta scricchiolare, come se non fosse stata chiusa a chiave, ed aprirsi lasciando libero accesso a Blaine.

«Vattene!» urlò a pieni polmoni, ma tutto ciò che uscì fu un gracchio rauco a causa del lungo pianto e della stanchezza.

Infatti non fu quella parola a far indietreggiare di qualche passo il moro.

Furono gli occhi di Kurt, così seri e neutri. A Blaine avevano sempre ricordato l'azzurro del cielo mattutino nel quale lui amava volare seguendo la leggera brezza, ma adesso erano gelidi mentre lo scrutavano arrabbiati come se tutta la passione ed il cielo fossero intrappolati dietro un ampio strato di ghiaccio azzurro.

Blaine abbassò lo sguardo rattristato e si avvicinò piano al letto sedendosi sul bordo. «Senti Kurt io..» borbottò passando una mano sulle tempie che sembravano sul punto di scoppiare e posando i gomiti sopra le ginocchia per potersi tenere la testa.

L'altro aspettò in silenzio con le braccia incrociate al petto il più distante possibile dal moro, si aspettava ogni spiegazione possibile, poteva essere un alieno, un mostro, sotto maledizione, uno stregone o un licantropo, per quanto gli interessava. La sua mente era immaginata molteplici parole dopo quel “io”, tutto tranne quello che le sue orecchie sentirono in realtà.

«M-mi dispiace. Non dovevi assistere ieri, speravo solo che tutto questo non fosse necessario e che s-si potesse evitare... sono stato uno sciocco, non dovevo rientrare la sera passata.. o forse dovevo dirtelo subito.. ma, si da il caso, che non dovevi comunque scoprirlo c-così.» mormorò senza riprendere realmente fiato troppo impegnato a farfugliare frasi scollegate fra loro.

Blaine alzò di poco la testa facendo scontrare i loro occhi, incatenando il nocciola della terra con l'azzurro del mare in un tornado senza precedenti. Ci fu silenzio per forse più tempo del necessario che fu rotto dalla risata isterica del castano.

«Lo vuoi capire che mi stai dicendo tutto questo inutilmente? Io voglio solo andarmene, e non sentire i tuoi balbettii!» ribatté pungente.

Lo odiava in quel momento perché non poteva farlo davvero.

Lo odiava perché, comunque sia, se l'altro gli avesse stretto la mano con la sua sarebbe arrossito come un dodicenne.

Lo odiava perché quella mattina, anche se solo per un attimo, aveva pensato di sedersi lì con lui a fare colazione fingendo che niente fosse successo; ma lo odiava ancora di più perché non lo aveva fatto. Non lo aveva fatto perché quando ci tieni davvero ad una persona le discussioni sono utili, sapere tutto dell'altro, chiarire i problemi è fondamentale.
Lo odiava perché nemmeno in quel momento poteva fingersi indifferente a lui.

«K-kurt..» Blaine lo guardava sconvolto e poteva leggere nella sua espressione il ripudio, ma anche altro. Lo sapeva cosa e non poteva non ammettere che un po' ne godeva, pure lui lo provava. Era una sensazione che colpisce poche persone e quasi nessuna ne è consapevole, ma lui sì.

Così si alzò e nervoso si grattò la nuca.

«Beh, vado giù.. sei hai fame ti ho portato un paio di panini» indicò con il mento e lo sguardo il vassoio che aveva posato sulla scrivania nascosta dal buio della stanza. Kurt annuì solamente senza aggiungere niente, si girò dall'altra parte senza intenzione di spiccicare parola.

Il castano si ritrovò di nuovo da solo in quella stanza, anche se non sapeva più se era solo o no..

sussultò e si strinse nelle ginocchia sentendo la fame farsi strada in lui mentre il suo stomaco brontolava. Così arreso si alzò, ma appena fu vicino a fare il primo morso sbuffò e, a grandi falcate scese le scale fino ad arrivare in cucina.

Non rimarrò qui, non sono un cane!

Nemmeno si accorse di averlo detto ad alta voce almeno finché Blaine non alzò il capo verso di lui distogliendolo da un ragazzo seduto difronte a lui, di spalle. Era alto e poteva vedere benissimo che doveva tenere le gambe piegate sotto al tavolo perché non ci sarebbero entrare, i capelli castani erano scompigliati come se avesse il vizio di passarsi ripetutamente una mano tra le ciocche chiare. Appena si girò sul suo posto Kurt si scontrò con due occhi color smeraldo che lo scrutavano spalancati e un bocca sottile in un lieve ghigno.

«Ciao, Kurt.».

E lo riconobbe, come avrebbe potuto non farlo? Era quella voce, quella che lo aveva perseguitato per tutto quel tempo, che lo aveva deriso e spintonato per ogni parte della stanza.

«T-tu...» lo guardò sconvolto.

«A parole tue, Hummel.» ridacchiò invitandolo sarcasticamente a continuare.

E quello gli ricordò quel giorno con la gravità, ma non gli dette importanza sventolando una mano disinteressato. Guardò Blaine con gli occhi arrossati e sentì un piccolo pungere al petto, ma lo scacciò subito. «voglio andarmene.».

«Tu voglio andarmene non ha sens-» Blaine lo interruppe tirandogli una pedata da sotto il tavolo.

Ci fu un attimo di silenzio rotto solo da quel ragazzo strafottente che si lamentava esageratamente per la pedata. Poi Blaine disse una cosa che fece zittire pure lui, troppo sconvolto e arrabbiato per continuare la sceneggiata.

«Puoi andare, Kurt.» sospirò e indicò la porta che subito si aprì. «Fallo andare.»

«M- okey.» sbuffò lo sconosciuto.

Kurt non aspettò altro e corse fuori all'aria aperta, corse per la via senza guardarsi indietro e ansimante si sedette alla fermata dell'autobus, pronto a tornare a casa.

Guardava fuori dal finestrino del bus annoiato, a malapena si accorse che era arrivata la sua fermata e così camminò fino ad arrivare a casa, stravolto e sudato.

Suonò al campanello e quando suo padre gli aprì la porta, semplicemente si lanciò sul suo petto abbracciandolo stretto.

Quando Burt gli chiese cosa era successo, non disse la verità. Non disse niente.

 

«Blaine! BLAINE!» un solo mormorio lontano, troppo distante da lui in quel momento. Sentiva la voce distante dei suoi amici chiamarlo, supplicarlo di non farsi sopraffare da tutto quello, ma non poteva evitarlo.

Non poteva nascondere ai diavoli la sua anima triste e disperata, non poteva impedire loro che si cibassero di quella sensazione travolgente, non poteva impedire che si cibassero di lui.

Perché adesso niente aveva valore, solo un gran buio.

«Thad, vai a chiamare Kurt!» ordinò la voce chiara del suo socio in un tutto quel casino, sentì anche la chiara protesta dell'orsacchiotto.

«Ma sono un peluche! Non posso camminare per strada così!».

«Thadduccio, ti sembra il caso adesso ti metterti a rompere le scatole? Questo qua ci muore!». Blaine sapeva che doveva reagire, scrollarsi quei piccoli esseri violacei dalla schiena, che si arrampicavano veloci su di lui dalla terra, sentiva gli unghielli graffargli i bracci e salirgli dalle gambe. Non ne aveva la forza, non adesso che non c'era più motivo, nessuna ancora a cui aggrapparsi: nessuno Kurt.

 

«Okey, vado.» e Thad partì odiandosi per non essere stato trasformato in un orso immenso e cattivo. Almeno sarebbe potuto essere preso seriamente! Sapeva dove abitava Kurt, adesso stava solo nel convincerlo a tempi record.

 

 

KIAsia Channel:

E adesso c'è stata finalmente la descrizione di quel continuo “lui” che non ha ancora un nome, ma suppongo che voi lo abbiate sospettato da un bel po'!

Spero che vi sia piaciuto ed è un po' di passaggio, lo so, ma pensavo che dovessi almeno un po' lasciare uno spazio ai pensieri di Kurt, alla sua lotta interiore che per me è importante. .. e che sicuramente ho scritto da cani.
Il discorso dei “codini” è vero e mi è piaciuto molto scriverlo (ecco a cosa serve la storia a scuola.....) e niente.

Se vi è piaciuto potete recensire, non mordo come i diavoletti :)

 

Alla prossima, Asia. 

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Capitolo 9
*** 8 - Maria. ***


NomeCapitolo: Maria.

Ship: -

Rating: verde.

N°parole: 5432.

 

Sono in ritardo, I know.
Ma comunque non credo di esservi eccessivamente mancata visto che non recensite mai....... *piange nel suo angolino al buio*

Vi lascio al capitolo, che è meglio!

Scusate per gli errori storico-temporali che sicuramente ci saranno, non sono uno storico e la storia è l'ultima materia che studio.. (lol)

 

Il suo cavallo trottava tranquillo per la strada ciottolata quando il ragazzo notò, osservando il cielo ormai scurito dal sole che spariva dietro ad una collina verde, che si stava facendo tardi. Così prese il proprio orologio da taschino dalla camicia chiara e costosa che indossava e sospirò visto che erano oramai le quattro passate e che doveva mettersi tutto in punto per la serata a casa Maltinti.

I Maltinti erano un'altra famiglia di nobil gente della sua cittadina che lo invitava sempre ad uno di quei ritrovi per galantuomini e doveva ammettere a malincuore che si svagava volentieri nella loro tenuta. A malincuore perché erano nobili di spada, e questo rovinava tutto.

I così detti “nobili di spada” erano la disgrazia, secondo lui, della società. Nessuno doveva essere capace di acquistare uno stupido titolo, che altro non era se non carta straccia, nel quale si dichiarava che era un nobile.

Secondo lui, la sua famiglia e il resto dei nobili di sangue era una vergogna perché erano loro i veri nobili del tempo, ma questo non gli impediva di andare a divertirsi alle loro feste.

 

Quando arrivò alla tenuta ad accoglierlo fu, come sempre, Maria una delle loro innumerevoli serve. «Buonasera signorino Thaddeus.» esclamò obbediente la donna aprendogli la porta.

Lui semplicemente annuì in un muto segno di saluto. «Voglio la vasca pronta per un caldo bagno, oggi farò da cicisbeo alla signorina Frili.» ordinò tranquillamente e perfettamente a proprio agio con quel tono di voce.

«Subito.» borbottò Maria poco prima di salire le scale di marmo. Thad poteva sentire degli zoccoli scalpitare sulla strada sterrata mentre si affacciava incuriosito alla finestra.

«Maria, Maria!» la richiamò sorpreso e curioso «chi è quella fanciulla a cavallo?».

Era stupito perché non era solito vedere una giovane donna cavalcare con tale grazia uno stupendo cavallo nero. Aveva una vestito con una lunga gonna chiara che scivolava leggera sul cavallo nascondendo le gambe, il corsetto era circondato da pizzo nero e metteva ancora più in risalto la già pallida pelle della ragazza. Gli occhi erano due grandi pepite marroni chiaro, era bellissima. Non fu quello, però, a far cadere a terra la mascella di Thad e a fargli rotolare gli occhi lungo il pavimento, ma furono i suoi capelli.

I capelli della misteriosa ragazza partivano dalla fronte con un marrone molto scuro, che però sotto la poca luce di sole rimasta riflettevano un rosso rame, fino a che il nero non lasciava spazio al colore della notte, degli abissi e del lapislazzuli: al blu.

La ragazza aveva le punte dei capelli blu.

«Non so chi sia signorino, mi scuso per la mia ignoranza...» sussurrò Maria risvegliandolo e facendogli notare che si era spiaccicato completamente contro il vetro della finestra per poter vedere meglio. La donna si passò ansiosa le mani sulla veste sciupata.

«Non importa... va pure a prepararmi il bagno adesso.» mormorò assente Thad troppo impegnato a constatare se non fosse tutto solo un miraggio.

Appena Maria lo chiamò dalla cima delle scale per informarlo che la vasca era pronta, lui salì fino al bagno constatando che la temperatura dell'acqua era assolutamente perfetta. Se non fosse stato costretto dai suoi obblighi come giovin signore sicuramente sarebbe stato molto grato a quella donna che lo aveva accudito di più che sua madre, ovviamente.

Non so se conoscete il poema di Parini intitolato “Il giorno” composto da quattro parti “Il mattino”, “il mezzogiorno”, “il vespro” e “la notte” lasciato incompleto purtroppo. Questo tratta della classica giornata tipo che un giovin signore doveva tenere in quel tempo.

I due protagonisti di quest'opera sono il precettor d'amabil rito, che è l'educatore al piacere ed al divertimento che guiderà il secondo protagonista, nobil signore, nel suo dì perfetto.

Parini scrive tutto questo sotto forma sarcastica e così facendo denunciò la comunità di quel tempo, nella quale era plausibile che un povero servo venisse licenziato perché aveva dato una pedata al cane che lo stava mordendo o che il signorotto andasse a letto quando i contadini si svegliavano.

Io lo adoro e mi sono davvero molto divertita a constatare quanto tutto quello in quel periodo fosse vero, e quanto facesse paura. Ho inoltre amato come schernisse questo famoso cicisbeo visto che pure io lo consideravo ripugnante.

Il cicisbeo, per chi non lo sapesse, era il fortunato giovane che accompagnava una donna, qualsiasi fosse la sua situazione sentimentale, ad una festa o più di una. Solitamente i due protagonisti altro non erano che due amanti che potevano bellamente mostrarlo agli occhi di tutti come se non fosse un tradimento. Era routine che una donna sposata avesse un cicisbeo assolutamente diverso con suo marito con cui divertirsi.
Non sarò una persona romantica, ma un minimo di pudore cavolo!

 

Ormai Thad, o meglio Thaddeus se proprio devo specificarlo, si era tolto i propri abiti settecenteschi che a quel tempo erano moderni e di moda e si stava lavando nella vasca.
Pensava alla donna dai capelli dalle punte blu mentre si immaginava una soluzione plausibile ad un simile colore, ma non ci riuscì.

A quel tempo non si potevano certo colorare come fate ora nel XXI secolo purtroppo, ma per fortuna non molti conoscevano più in là del proprio naso o cittadina e quindi era quotidiano stupirsi di una novità assurda come quella. Non stette dentro l'acqua tiepida come suo solito, ma svelto uscì asciugandosi e sperando di poter rivedere il cavallo e lei.

Quando, poco dopo essere uscito dalla villa, notò un cavallo ad un lato della strada che stava bellamente mangiando dell'erba fresca e gli si avvicinò. Si chinò a strappare una ciocca d'erba e gliela porse a palmo aperto sotto il muso del mustang che subito la mangiò dalla sua mano, sorrise accarezzando piano il muso coperto dalla lunga e liscia criniera scusa.

«Te la sai cavare con gli animali vedo, solitamente Noctis non si fa avvicinare dagli estranei.» una voce calda lo risvegliò facendolo avanzare di qualche passo per superare il cavallo che dietro di se nascondeva la ragazza. «Piacere Kira. Gli amici di Noctis sono anche amici miei.» sorrise porgendogli la mano.

Thad si pulì la sua dalla saliva sui pantaloni e subito dopo prese quella della ragazza baciandole il dorso «Piacere mio, Thaddeus.» sorrise accarezzando annoiato il fianco del mustang. Kira lo imitò passando sopra il muso e, portando lontano dagli occhi la lunga criniera scoprì una piccola macchia a forma di stella proprio in mezzo a quelli.

«Ma.. la sella dov'è?» scappò dalle labbra di Thad sconvolto.

«Non la uso, come non uno le briglie e tutte quelle altre cose inutili.. sicuramente avere un ferro in bocca a Noctis non farebbe piacere!» sbuffò Kira passandosi annoiata una mano tra le ciocche di capelli blu. Thad non chiese niente di quello per non essere indiscreto, e se fosse stata una malattia rara? O se da piccola fosse.. boh.

O forse aveva solo timore della risposta? Probabile.

«Mh...» annuì. «Come mai da queste parti?».

«Sono in viaggio...» mormorò lasciva senza dare una vera e soddisfacente risposta, ma a Thad bastò. «Ora devo far bere Noctis al lago poco distante... alla prossima Thad.» si congedò Kira salendo in groppa con una agile mossa e partendo a galoppo.

Lui rimase imbambolato a guardare come fosse veloce e completamente un'anima sola col cavallo, se li poteva immaginare insieme a correre nella natura incontaminata, come parte di quella. Come se lei non facesse parte di quella società che già aveva dimenticato un po' della magia che la natura può donare.

〜∽∾∿{}∿∾∽

Thad inciampò per la centesima volta e cascò con un tonfo nell'ombra, per fortuna a quell'ora della sera non c'era molta gente a giro e soprattutto non si fermavano a guardare sotto di loro troppo di corsa per tornare alle loro case dove gli aspettavano una famiglia magari.

Sbuffò e si alzò malamente in piedi continuando a camminare spiaccicato contro il muro e lanciandosi a terra ogni volta che una persona gli si avvicinava troppo.

Non passò molto che la sua mente tornò a vagare veloce e lontana dal suo corpo da peluche a quel giorno. Ci pensava spesso a come tutto fosse cominciato, ed era da qualche centenaio di anni che non sapeva se fosse stato un bene o un male.

〜∽∾∿{}∿∾∽

 

Quella stessa sera Thad era tranquillamente davanti alla porta di casa di Lady Frili.

«Buonasera Anna.» disse appena la vide apparire e le porse il braccio che subito lei strinse.

«Buonasera a te, Thaddeus.» sorrise lei, camminarono insieme fino alla carrozza.

I signori Maltinti gli accorsero a braccia aperte, Thad finì per sedersi sul divano marrone insieme agli altri uomini chiacchierando del più e del meno.

Discutevano appunto di Napoleone e della sua ennesima vittoria in qualche parte lontana da lì e di come fosse riuscita ad arrivare fino a loro quando la porta si spalancò lasciando entrare due uomini robusti dai vestiti logoro, pensò subito che fossero dei servitori, che tenevano tra le braccia una giovane donna. Una giovane donna dai capelli blu che subito Thad riconobbe: Kira.

I ragazzi nella sala si ammutolirono e la musica di sottofondo, abbastanza noiosa per come la vedeva Thad, fu interrotta lasciando solo una gran silenzio.

«Che succede qui?!» gridò con un acuto la signora Maltinti facendo venir voglia a Thad di tapparsi le orecchie con entrambi le mani.

«Una ladra! E' una ladra!» rispose con voce roca e dura uno dei due uomini.

«La abbiamo trovata in cucina a frugae nella dispensa, sicuramente stava pensando a procurarsi la cena!» aggiunse l'altro alzando il mento e lanciando un'occhiataccia a Kira.

«Mi ero solo persa e ora lasciatemi! Non è così che si tratta una signorina.» sibilò divincolandosi dalla presa facendo qualche passo avanti. Sbuffò lisciandosi il vestito poco sgualcito appena fu libera.

Thad nemmeno si accorse di essersi alzato, di aver fatto qualche passo avanti e sentì a malapena la sua voce esclamare sicura «E' venuta con me. E' la mia dama di stasera, quindi trattatela con garbo.».

Subito gli uomini indiettreggiarono a disagio e lei corse tra le sue bracca nascondendosi nell'incavo del suo collo. Thad vedeva la signora Maltinti molto più tranquilla e sospirò di sollievo, a volte essere un ricco nobile di sangue era utile, nessuno metteva in dubbio le tue parole.

«Grazie di reggermi il gioco, Thad.» si sentì soffiare sul collo da Kira «ora portami via, mi sono già divertita abbastanza a fare la donzella in pericolo.» sbuffò la ragazza sussurrando in modo che solo lui potesse sentirla. Thad non se lo fece ripetere due volte e la lasciò un attimo per andar a parlare ad un suo caro amico.

«Nicolò, potresti farmi un grande piacere?» chiese anche se conosceva la risposta visto che l'altro non si sarebbe lasciato sfuggire una simile possibilità.

«Domanda, Thaddeus.».

«Potresti accompagnare a casa la signorina Frili? Ora sono un poco incasinato...» indicò con lo sguardo Kira che stava comodamente seduta ad uno sgabello mentre beveva dal un bicchiere ancora pieno completamente a suo agio.

«Oh, sì.» sorrise Nicolò. Thad lo guardò eloquente e si concedò alla signora Maltinti prima di salire in carrozza con Kira.

Erano ormai in viaggio quando la ragazza ruppe il silenzio «Quindi hai abbandonato la piccola Anna?».

«Noto una nota di sarcasmo nella sua voce.» rispose alzando un sopracciglio.

«Noti bene Thad e, per favore, puoi darmi del tu..».

Thad annuì piacevolmente sconvolto da tutta quella confidenza.

 

«E' tornato presto, signorino Thaddeus.» mormorò stupita Maria quando gli aprì la porta.

«Lo so, abbiamo ospiti.» indicò Kira alle sue spalle e subito la donna si propose di preparare un letto per la giovane nella camera degli ospiti, ma proprio mentre saliva le scale tirando su la sua gonna con le mani Kira la fermò con la voce.

«Non ce n'è importanza, si figuri. Dormirò con Thad stanotte.» ghignò la ragazza lanciando un'occhiata eloquente a Thad accompagnata da un occhiolino.

Dire che a Thad la masciella toccò il pavimento è dir poco cari miei.

Maria era ferma ormai da qualche minuto a metà scale non sapendo cosa fare realmente e aspettando una risposta da parte di Thad.

«B-beh, come dice la signorina, Maria..» borbottò alla donna e porse il braccio a Kira che subito afferrò sicura, insieme salirono le scale fino alla camera di Thad.

Maria portò una veste a Kira ed entrambi si spogliarono indossando i rispettivi pigiami finendo poi sul letto spazioso.

Nessuno dei due sa quando precisamente si ritrovano a guardarsi intensamente negli occhi, ma sicuramente fu Kira a annullare la distanza fra loro baciandolo vorace. Così cominciò una lunga... pomiciata da premio oscar dove ogni tanto uno baciave le labbra dell'altra.

Quando Kira si chinò a leccare e succhiare il collo di Thad soffermandosi a stringere tra i denti il suo pomo d'adamo, l'altro mugolò dalla sorpresa e socchiuse gli occhi alzando la testa lasciandole più spazio. Le mani di lui finirono a passare ansiose sotto la vestaglia accarezzandole decise la schiena, scendendo poi sulle cosce, ormai Kira lo sovrastava a gambe divaricate con il completo controllo della situazione.

Quando però mosse il bacino contro quello di Thad si aspettava di trovare almeno un piccolo accenno di eccitazione, ed invece.

Non si arrese, però, continuando a baciarlo, ma appena alzò il capo per poter di nuovo far scontrare le loro linge vide il suo sguardo e capì.

Capì che poteva piacergli, che poteva forse eccitarlo, ma che in quegli occhi scuri non c'era passione e forse nemmeno lui lo sapeva, ancora.

«Perché non mi spogli, Thad?» domandò roca.

«Non vorrei mai mancarle di rispetto.» rispose sicuro l'altro e Kira scese finendo a lato di Thad che ancora la stringeva per la vita rotenando il pollice sul fianco disegnando piccoli cerchi immaginari.

«E fai bene, ti ringrazio..» in realtà avrebbe tanto avuto voglia di altro quella sera, ma sapeva accontentarsi.

Lui la baciò la fronte e dopo aver constatato entrambi che erano assonnati, si appisolarono abbracciati e stretti insieme in quel letto grande.

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Scosse la testa poco prima di sbattere il muso contro un grosso palo della luce sporco. Si spalmò una mano sulla fronte e lo scanzò, incrociò le proprie mani al petto sconsolato sapendo che ancora avrebbe avuto da camminare e che aveva troppo tempo per pensare, troppo per ricordare e lui ricordava tutto come se fosse stato il giorno prima e non più di 200 secoli prima.

〜∽∾∿{}∿∾∽

Io posso raccontarvi di più di quella sera, e lo farò:

Kira non si lasciò molto tempo per riposare e dopo poche ore era già in piedi e si stava rivestendo senza distogliere lo sguardo da quel giovane ragazzo dai capelli scuri scompigliati disteso sul letto con gli occhi chiusi. Aveva un'espressione beata e pacifica mentre un raggio di sole riuscito a trapassare la finestra serrata gli illumiva deciso il fianco scoperto.

La giovane sorrise passandosi una mano tra le ciocche blu, ci giocava guardando quando sbuffò e sconsolata scosse la testa.

Aveva già deciso ancora prima che pure lei se ne accorgesse, così non fece altro che alzare la mano e socchiudere gli occhi prima di posare un dolce e sentito braccio sulla fronte dell'altro mentre mormorava «Libero sarai solo se l'amore farai trovare..».

 

«Sì, è come pensi.» la guardò dritta negli occhi e Maria non pote far altro che voltarsi a fronteggiare la ragazza con coraggio anche se dentro non sapeva se avere paura o no. Comunque troppo incuriosita si avvicinò e posò le mani su una ciocca blu guardandola e assotigliando lo sguardo. «Come è possibile?».

«Particolarità di famiglia.» alzò le spalle non intenzionata ad aggiungere altro.

Così svelta uscì dalla villa lasciando la donna piena di domande alle quali lei non aveva intenzione di rispondere, i semi-vedenti sono molto pericolosi per noi, soprattutto se non negano a loro stessi tutto ciò a cui assisto, ma lo accettano lasciandosi trasportare dalle dicerie che si sentano a giro sui nostri conti.

〜∽∾∿{}∿∾∽

 

Avanzava lungo la via quando un autubus non gli passò davanti mostrandosi in tutta la sua velocità e lui rimpianse la possibilità di salirci sopra e farsi portare a due isolati più in là. Aveva delle piccole gambette grossocce che lo rallentavano così tanto, ed il posto era già lontano di suo.

Aveva come la sensazione che si allontanasse invece di avvicinarsi.

 

〜∽∾∿{}∿∾∽〜

Thad si stiracchiò sul letto e quando aprì gli occhi notò che aveva infilato pure la testa sotto le coperte e si arrampicò sul letto fino a tirare la testa fuori. Avanzò di almeno qualche culata, ma non ci fece caso ancora troppo assonnato.

Sbadigliò e quando vide Maria che ripuliva poco lontana il corridoio, sorrise sventolando la mano. «Maria, che ore sono?».

La risposta che ricevette fu un grande urlo e una faccia spaventata. Svelta la donna guardò se nel corridoio ci fosse qualcuno e poi si chiuse la porta alle spalle mentre teneva una mano sopra la bocca sconvolta.

«Signorino Thaddesu...?» avanzò incerta fino a sedersi sul letto.

«Ovvio che sono io.. stai bene Maria?».

«L-lei come sta?» mormorò in risposta.

«Io sono in splendida forma!» lei non disse niente, semplicemente si alzò e prese dal tavoletto lo specchio volgendolo verso il volto di Thad.

Per un attimo il povero ragazzo non collegò che il piccolo peluche blu col collare rosso fosse proprio lui, infatti si spostò a destra e a sinistra, poi di nuovo, e di nuovo. La voce gli sparì e la gola gli seccò quando si rese conto di tutto quello che gli stava succendendo e di quanto fosse assurdo.

«Non è possibile.» sussurrò al vuoto perché Maria aveva lo sguardo perso.

«A quanto pare lo è, signorino..».

Non aggiunsero altro, non c'era altro da aggiungere. Maria si prese Thad tra le braccia e lo portò giù nella sua stanza tenendolo con se.

〜∽∾∿{}∿∾∽

 

All'ennesimo angolo affacciò il musetto poco fuori dal muricciolo e, dopo aver constatato che non c'era nessuno, deciso prese la via. Era orgoglioso del suo senso dell'orientamento anche se in realtà era uscito davvero poco dalla casa, ma gli capitava di aprire quella diavoleria chiamata computer e andare su google maps studiando un mondo che lui non avrebbe mai potuto viaggiare perché rinchiuso in una stoffa blu soffice.

Socchiuse gli occhi quando le narici gli si riempirono di un forte odore di pane e pomodore e ancor altro. Girò di scatto la testa sconstrandosi con l'insegna di un piccolo ristorantino italiano “Roberto's”, l'acquolino gli formicolò in fondo alla gola e sorrise tristemente sapendo che non avrebbe mangiato ne in quel momento ne in quelli a venire.

 

〜∽∾∿{}∿∾∽

«Non sto mangiando da giorni oramai.» disse un giorno Thad guardando annoiato la piccola pagnotta che Maria gli aveva portato nella propria stanza che condividevano.

«Forse non ne ha bisogno.» mormorò mentre afferrava il pane portandoselo alla bocca per morderlo «non sa che si perde signorino, è squisito!».

Entrambi sorrisero e, mentre la donna finiva il pasto, Thad si arrampicò sulla sedia guardando fuori dalla finestra il sole caldo che risplendeva.

〜∽∾∿{}∿∾∽

 

Si voltava ogni tanto per lanciare svelte occhiate alle sue spalle spaventato dall'idea che qualche persona potesse sbucare dietro un qualsiasi angolo e vedere un peluche camminare indisturbato per la strada, non era il massimo.

Non era il massimo essere un peluche. Era scomodo e controproduttivo, non poteva correre, bere, mangiare o conversare con le persone.

Non poteva vivere come facevano gli altri umani, ma avrebbe comunque vissuto ciò che aveva come un'avventura, lelo doveva.

〜∽∾∿{}∿∾∽

Maria aprì la porta furtiva e sorrise salutando Thad con la mano. Il ragazzo, però, non la considerò e iniziò a urlarle contro, ad urlare contro se stesso e contro il mondo.

«Perché sono così? Cosa è successo quella notte? E' passato un mese ed io ancora non mi sono svegliato da questo maledetto incubo! Sa, Maria, io ero convinto che fosse tutto uno stupido sogno.. mi sono dato un mese di tempo quel giorno allo specchio e il mese è finito, FINITO!» agitava svelto le zampe blu che pian piano si allungarono davvero di poco, le dita sempre più umane, poteva stare tranquillamente dritto sui piedi e si intravedevano dei piccoli ciuffi di capelli scuri attorno alle orecchie.

Maria lo guardava attentamente lasciandolo sfogare mentre il cambiamento si svolgeva davanti ai suoi occhi, Thad se ne accorse quando cadde dalla scalettina piccola costruita apposta per lui per poter salire sul letto.

La ruppe a causa del suo peso battendo il culo a terra.

Un attimo, il solo attimo di vedersi le dita e tornò il solito orsacchiotto di quello strano colore.

«Cosa è stato, Maria?».

«Non lo so signorino, stava mutando davvero volecemente. Dobbiamo solo capire cosa è stato..» rispose e lo prese in collo posandolo sul materasso «e devo anche far ricostruire la scaletta».

«Magari non ce ne sarà bisogno, magari sto guarendo!» sorrise, per quanto possibile, Thad sprizzando allegria e speranza da tutti i pori.

«Questa non è una malattia, questa è magia signorino. Perché continua a negarlo?».

Gli occhi di Thad tornarono definitivamente quelli inespressivi del peluche «Non lo so.».

 

«Buona mattina signorin-».

Thad scosse il capo e si alzò mentre con la mano le indicava di tacere «Maria, ormai dovrei avere sui trent'anni quindi non sono più tanto “ino”, punto primo. Punto secondo: da quanto tempo vivo nella sua stanza e ogni giorno ci parliamo? Ho perso il conto. Dammi del tu e basta con questo signorino!».

Maria non rispose ancora girata verso la porta che aveva appena chiuso, si voltò piano e posò la schiena contro il muro. Nel momento in cui Thad notò gli occhi lucidi della donna allargò le braccia verso di lei sorridendole.

Avevano capito ormai che nei momenti forti, quando Thad provava forti emozioni, sia negative sia positive, la sua forma umana combatteva contro quella di giocattolo e aveva la meglio sotto alcuni aspetti, come gli arti e il viso.

Maria lo strinse a se e soffiò col sorriso sul volto. «Non ci speravo più, Thaddeus.».

Thad gli asciugò con la zampetta una lacrima che ancora le rigava il viso. «Lo sai che sono un po' tardivo in queste cose...» sorrise a sua volta.

〜∽∾∿{}∿∾∽

«Papà!» sentì un urletto sconvolto dietro alle sue spalle e si immobilizzò spaventato.

I passi si stavano avvicinando velocemente e poco dopo venne sollevato da due piccole manine per i bracci «Stava cammiando, giuro pà!» borbottò un bambino dagli occhi azzurri assotigliati visto che lo stava guardando attentamente. Thad si impedì anche di inghiottire a vuoto come faceva sempre quando era spaventato a morte.

Il padre alto e con un pizzico di barba si toccò il mento e prese in braccio il bambino «davvero? Magari è magico, mh?» rispose con una nota sarcastica stando al gioco del figlio, il quale sbuffò irritato e si divincolò per scendere.

«Ma è vero, perché non mi credi? Uffà!».

«Su andiamo Josh!» l'uomo non gli rispose e riprese a camminare con una mano porsa indietro.

Il bambino teneva ancora stretto a se il piccolo Thad quando prese a camminare dalla parte opposto alla meta del peluche, così questo valutò attentamente la situazione e capì che lo stava portando con se e non era ancora pronto a fare la brutta e noiosa versione di ToyStory.

«pssssss...» sussurrò al bambino «sono in missione ragazzo, non posso venire con te.» cercò di convincerlo lanciandogli un occhiolino. Capitava spesso che i piccoli, più pronti ad accettare la magia, Babbo Natale e le varie storie di draghi e fate fossero disposti a credere a ciò che accadeva sotto i loro occhi. La maggior parte poi col tempo se lo dimenticava o dava la colpa alla tenera età passata, così dimenticavano e diventavano Ignari.

Il bambino non fece molte storie e sorrise posandolo a terra «Ok, vai orsacchiotto!».

«Mi chiamo Thaddeus comunque..» non sapeva perché lo disse, ma si sentì così grato verso di lui che voleva farlo sognare, chissà quanti suoi coetani avrebbero voluto parlare con un giocattolo.

«oh.. Thad, mi piace. Io sono Josh.» e vide che al bambino gli si illuminarono gli occhi di quella lucina che scalda il cuore.

«Josh, muoviti!» lo richiamò arrabbiato suo padre ormai distante mentre apriva la macchina.

«Sì pà, arrivo..» urlò e corse via sventolando una mano per salutare il peluche, Thaddeus. Poi suo padre lo aiutò a salire sull'auto e gli legò la cintura dandogli un leggero bacio in fronte prima di far il giro e salire dalla parte del giudatore.

Thad sorrise intenerito dalla scena e aspettò che si allontanassero con la macchina prima di riprendere il suo cammino.

 

〜∽∾∿{}∿∾∽

Thad fu svegliato dal suono della porta che cigolava chiudendosi, aprì gli occhi stroppiciandoseli un po' con le zampe. Era capitato che si domandassero come mai non doveva mangiare, ma doveva dormire, ma avevano smesso di chiedersi il perché molto tempo prima ormai.

«Sei stata fuori tutto il giorno.» constatò il peluche.

La donna scosse la testa e veloce si spogliò infilandosi sotto le coperte con lui.

«Come mai?» domandò con voce dura.

«I suoi genitori non ci sono e quindi noi servitori ci siamo presi un momento per noi.» mentì guardando il soffitto Maria e si passò sospirando una mano tra i capelli.

Thad ormai la conosceva fin troppo bene così incrociò le braccia al petto aspettando che dicesse la realtà dei fatti.

«Non so come dirtelo...» mormorò con uno sbuffo, si alzò e corse ad accendere la luce poi la donna tornò sul letto e guardò Thad dritto negli occhi. «Tuo padre è venuto a mancare questo pomeriggio sul tardi.» gli strinse decisa la zampa che pian piano tornava umana tra le sua cercando di fargli coraggio.

Thad ormai aveva gli occhi lucidi e sentiva il materasso piegarsi sotto il peso che aumentava.

Quella notte pianse dopo così tanto tempo, pianse tra le braccia dell'unica persona che vedeva da un sacco di tempo, pianse lasciandosi trasportare da tutto e niente.

Suo padre era morto, ma non fu la morte in sè a spaventarlo, fu il tempo.

Come il tempo passava svelto sotto le sue zampe, non sapeva se pure lui invecchiava, non sapeva a che velocità, non sapeva quanto tempo gli restava.

Ma poi, ne aveva di tempo? E di cosa poteva farsene di tutto quel tempo lui? Uno stupido umano trasformato in peluche?

Quelle domande lo tormentarono per molto tempo, ma le braccia forti e rassicuranti di Maria le tenevano a bada in un angolino lontano della sua mente.

Thad quella mattina si svegliò accoccolato sul petto della donna con l'orecchio posato delicatamente proprio sopra il cuore che sentiva battere tranquillo e rilassato mentre veniva scosso dal leggero respiro della donna. Lei invece aprì piano gli occhi scontrandosi con dei piccoli ciuffi scuri che gli solleticavano il viso svegliandola dolcemente.

Per tutte le altre notti a seguire, fu così che si svegliarono.

 

«Thaddeus, stavo pensando.. ce ne potremmo andare, mh?» borbottò sottovoce Maria sedendosi stanca dopo un'altra giornata di lavoro.

«E perché mai?» si arrampicò sulla sedia sedendosi sulle sue ginocchia e si grattò l'orecchio di pezza curioso.

«io..» la donna sospirò e socchiuse gli occhi. «Sono vecchia, non vedi? Ormai mi stanco dopo poche ore.. tua madre è ormai allo stremo delle sue forze. Come sai te sei dato per morto ormai da tanti anni e a lei non è rimasto niente così ha deciso di donare ad alcuni suoi più cari servitori un gruzoletto del suo denaro. Io rientro in questa categoria quindi.. Thad, mi stai ascoltando?» si interruppe.

Thad teneva lo sguardo puntanto sulle sue zampe «Sei in ottima forma...» sussurrò.

Maria sorrise e scosse la testa, lo strinse a se e si dondolò un po' «Sarai anche un quarant'enne oramai, ma ancora reagisci come un ragazzino a questo genere di cose.».

〜∽∾∿{}∿∾∽

 

Quando lesse il numero 73 davanti alla piccola casa a un piano nella via dove abitava Kurt sospirò di sollievo e aprì a fatica il cancelletto grigio chiaro. Superò rotolando quasi il vialetto in ciottoli e arrivato alla porta alzò il muso verso il campanello.

«Perché quando fanno i campanelli non prendano come unità di misura un bambino di tre anni? Sarebbe comodo.... questa è una discriminazione verso i bassetti!» brontolò e dopo tantissimi sbuffetti si decise a saltare.

Un centinaio di tentativi più tardi riuscì a suonare e la porta si aprì, appena scontrò gli occhi contro quelli azzurri e arrosati di Kurt sorrise.

Sorrise finché non si vide sbattersi in pieno muso la porta che, però, poco dopo fu anche riaperta.

«Entra, dai.» sussurrò roco Kurt.

«No, non c'è tempo. Blaine rischia grosso.. ci servi tu. Soltanto te puoi convincerlo a non lasciarsi sopraffare dai diavoletti.» disse senza nemmeno riprendere fiato.

«Da c-cosa?» strabuzzò gli occhi l'altro mentre si chiudeva la porta alle spalle e si infilava il giubbotto.

Thad non rispose. Sorrise per tutto il viaggio in macchina nel più completo silenzio, sorrise perché Kurt non aveva davvero mai voluto lasciare la casa o Blaine.

Perché forse aveva raggiunto il suo obbiettivo quella volta. E sicuramente poteva dire di aver vissuto un sacco di avventure, una dopo l'altra che, alla fine, lo avevano portato a quella conclusiva: la più bella ed unica dopo la prima.

 

〜∽∾∿{}∿∾∽

Erano in montagna da qualche anno quando accadde l'inevitabile.

Thad sapeva che la bella Maria aveva vissuto appieno la sua lunga vita, compiere 76 anni a quel tempo era davvero assurdo, eppure la villa e la casetta in campagna l'avevano aiutata.

Lui pensò che in realtà era l'espressione sempre sorridente e quieta della donna ad averla aiutata, perché lui se la ricordava sempre così, con quegli occhi sognatori.

Non si sarebbe mai dimenticato qualche giorno prima …

«Grazie.»

Thad annuì verso di lei sorridente.

«No, non grazie per avermi aiutato a cucinare, anche stavolta. Grazie per questa vita Thaddeus, per la vita che mi hai regalato.» fece una piccola pausa tossicchiando piano «Quale giovane serviente penserebbe che ad un certo punto il beniamino della villa sarebbe tornato a casa con una giovane ragazza dai capelli blu e che la mattina seguente sarebbe stato soltanto un peluche? Credo nessuno. Da lì in poi ogni giorno è stato diverso e strano, assurdo, magico Thaddeus!

Ti ringrazio per essere stato qui, per esserci ancora e perchè ci sarai fino alla fine. Sei un grande amico Thaddeus, una grande persona.» alzò gli occhi al cielo quando il peluche si indicò eloquente il corpo da peluche «Oh andiamo, hai capito.» scosse la testa tornando al suo discorso. «Solo una cosa ti chiedo adesso, Thaddeus.»

«Cosa?» sussurrò con la gola secca e gli occhi ludici. Perché quello gli sembrava tanto l'epilogo di un libro?

«Vivi un'altra avventura, questa è conclusa ed è soltanto la prima di una lunga serie.Vivi ogni secondo anche quando sarai solo, vai alla scoperta del mondo, scommetto che per un peluche blu e rosso ci saranno tante avventure dietro la porta. Valle a prendere.».

Non aspettò una vera risposta e ricominciò a mangiare il suo prodo ormai freddo in silenzio. Thad affianco a lei guardava il legno della tavola pensando a quelle parole, pensando che lui non era bravo con le parole, ma annuì solo in una tacita promessa e questo alla donna bastò visto che stiracchiò un sorriso stanco.

Thad le strinse la mano quella notte perché entrambi sentivano quella tenzione che gli avvertiva che era arrivato il momento come quando senti lo stridio di un treno avvicinarsi alla stazione e sai che è il tuo o come quando ti alzi la mattina e pensi che sarà una giornata pessima, lo sai e basta.

E loro lo sapevano.

Thad fece incosciamente il regalo più grande che potesse fare alle vecchia Maria, tornò quasi del tutto umano quella sera: le zampe divennero possenti braccia e lunge gambe, le dita affusolate si intrecciarono a quelle rugose e deboli dell'altra e il musetto blu con i due piccoli occhietti neri fu sostituito dalla sua mascella definita e dai grandi occhi scuri di Thad.

Sentì la poca forza rimasta di Maria svanire e quando lei chiuse gli occhi per l'ultima volta lasciandosi sfuggire l'ultimo sospiro, una sola lacrima rigò la guancia di Thad prima che tornasse piccolo e blu sul letto, accanto al corpo senza vita dell'unica e vera amica avesse mai avuto.

Thad non credeva in nessun Dio, anche per questo sentì un vuoto dentro, una voragine nel petto, un pezzo di lui che volava via insieme all'ultimo respiro della donna.

«Maria.».

 

KIAsia's channel:

Ehy, e questo capitolo è finito!! Wow, non ci credo nemmeno io.

Io spero che vi piaccia, io ho davvero amato scrivere di Thad e di Maria insieme.

Maria.... *piange* eh oh, ho appena finito di scrivere, compatitemi.

E..... scusatemi di nuovo per i vari errori (non trovo nessuno betatore ed io ho a malapena il tempo di scriverla, pensate un po' per betarla!) quindi vi supplico di scrivermi se trovare degli errori così che io possa modificare e corregere. Non so scrivere, I know.

 

Alla prossima, Asia.

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