There is no way without you.

di Krish
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** How everything starts. ***
Capitolo 2: *** Who are you? ***



Capitolo 1
*** How everything starts. ***


Prologo

Per la maggior parte della vita passiamo momenti di routine, non importanti e assolutamente dimenticabili.

Per giorni, settimane, mesi interi sembra non succederci niente, o almeno per me è così.

Spegnere la sveglia, buoni venti minuti per cercare di alzarsi, volare giù dal letto, vestirsi, truccarsi, mandare giù qualcosa, fumare la prima sigaretta del giorno, quella che ti apre la mente e ti fa pensare a quanto noiosa e malinconica sia la tua vita, scivolando giù, nella depressione più totale.

Poi riprendere a correre, studiare, mangiare, fumare, dormire e così per giorni che sembrano interminabili.

Ogni tanto però ci succede qualcosa di eclatante, qualcosa che ci sconvolge la vita, quasi come se qualcuno che ci scrive il destino si fosse ricordato improvvisamente di noi e guardando la nostra strada un po' troppo spoglia disegna un incrocio. A volte però quasi avvezze alla nostra monotonia non ci rendiamo neppure conto che quello sarà un momento che ricorderemo per sempre.

Ed è da qui che voglio cominciare, ora allontanata dagli anni, riesco a vedere le cose con più chiarezza e riesco quasi a sorridere davanti alla mia ingenuità, al mio vivere quasi in un mondo parallelo.

 

Capitolo primo

L'adolescenza è un periodo pressoché strano, tutti coloro che hanno superato i trent'anni ti dicono che tornerebbero volentieri alle superiori, anziché fare i loro noiosi e stancanti lavori, questi soggetti però probabilmente si dimenticano di tutto ciò che hanno pensato e provato in quegli anni in cui siamo inevitabilmente portati a scontrarci con la realtà. Per me tutto questo è stato il momento peggiore, non che essere adulti sia meglio, ma l'infanzia, l'ingenuità, l'assenza di apparenti problemi, quello sì che è un periodo che rivivrei all'infinito. Ma tornando all'origine del mio assurdo discorso, la verità è che venire a conoscenza di problemi come il denaro, l'amore, la morte, la nostalgia, beh questo semplicemente ti distrugge dentro se nasci riflessiva quanto me.

A volte mi detesto per quanto rimugino sulle cose. A volte penso a quanto vorrei essere nata stupida. Per tutti è definita una sfortuna ma per me è la miglior dote che si possa avere. Quando nasci con poca intelligenza, ecco, non te ne accorgi, non hai grandi problemi che ti toccano, non provi grandi sofferenze. Sei superficiale, ma non essendo consapevole di esserlo la tua vita scorre in un modo tutto tuo costruito di certezze inattaccabili e sentimenti inconsistenti che a te però sembrano i più sinceri del mondo.

Però devo ora ammettere come sono arrivata a questa riflessione, e qui la cosa si fa abbastanza triste e forse voi da ora in poi mi definirete come una persona spregevole. Non lo sono, non del tutto almeno, ho una parte negativa come ognuno di voi ipocriti che crede di non averla.

Beh la storia è questa, ho conosciuto questa ragazza in prima superiore, era la mia prima compagna di banco e a quel tempo nutrivo larghe speranze nella vita per essere appena entrata nel mondo dei “grandi”.

Questa ragazza era davvero molto carina, parola che odio ma che rende bene il significato, dolce, gentile e in quel momento pensai, davvero infantile. In quel momento mi sentii decisamente superiore a lei, io ero una ragazza matura, lei no. Sarebbe stata l'amica giusta per me e le mie manie di egocentrismo. Solo molto tempo dopo mi accorsi di quanto ero invidiosa. Ma non parliamo di questo e di tutti questi miei pensieri inutili parliamo della Storia.

Ecco era circa luglio, ed ero riuscita a passare la prima superiore con voti scadenti, ma ero ancora felice nella mia innocenza. Le giornate calde passavano l'una uguale all'altra e in quel periodo frequentavo persone poco raccomandabili. A soli quattordici anni avevo iniziato a fumare hashish e marijuana, sapevo sgranare nel giro di pochi secondi due o tre grammi ma per velocizzare ancora di più il procedimento avevo addirittura comprato un grinder. Sapevo rollare bene, mi ero allenata per settimane e settimane sprecando centinaia di filtri e cartine, ma alla fine ce l'avevo fatta ed ero finalmente come gli altri.

Fumare mi faceva inizialmente viaggiare verso un altro mondo. Un mondo dove potevo essere quella che ero, pensare quello che volevo senza limiti, immaginarmi ogni cosa. Spariva il dolore e affioravano le lunghe risate fino alle lacrime; la gola secca e l'enorme buco che si formava nel mio stomaco erano solo delle piccole conseguenze di cui poco mi importava. Quello a cui ero più interessata era far parte finalmente di qualcosa. Un gruppo di amici, quasi tutti ragazzi più grandi e tutti attraenti. In quel periodo avevo il disperato bisogno di affermare quella che credevo di essere, darmi delle conferme, o meglio, darle agli altri. Volevo gridare al mondo: “Ciao, sono Claudia, sono importante e tutti mi rispettano. Io me ne frego di tutti, faccio quello che voglio.”

Ma evidentemente non era così. Ero la persona più insicura del mondo e avevo bisogno delle certezze che nessuno nella mia famiglia mi aveva dato, e queste in conseguenza le andavo a cercare nei miei coetanei. Era così bello sentirsi importante. In quel gruppo tutto erano follemente innamorati di me, per quanto si possa essere innamorati a quattordici, quindici, sedici anni. Fumando riuscivo ad essere il mio ideale di persona perfetta. Mi sentivo finalmente bella, simpatica e intelligente.

Quella ragazza di cui parlavo prima era diventata ovviamente mia amica, più che amica, ero il suo punto di riferimento. Tutto ciò che facevo era per lei oro colato e cercava di imitarlo alla perfezione, questo innaffiava alla grande il mio ego e ancora una volta accresceva la mia autostima apparente. Era capitato qualcosa di strano però, qualcosa che mi aveva irritato. Per quanto mi barcamenassi tra tutti i ragazzi del gruppo non ne avevo mai preso in considerazione seriamente nemmeno uno. Ero fiera di me nel potermi far desiderare da più persone. Le prime esperienze sono anche queste, passare per gli eccessi. Comunque non vedevo Kim, ecco come si chiama, dall'inizio di giugno; l'avevo scaricata per passare tutto il giorno a fumarmi addosso con questo gruppo di baby-delinquenti e non volevo assolutamente includerla nel mio prezioso mondo e orgoglio personale. Mi mandò un messaggio raccontandomi di aver incontrato un ragazzo e mi fece la telecronaca ogni giorno per due mesi finché mi chiese di uscire con lei,questo fantomatico belloccio e gli amici di quest'ultimo. Per i primi venti, trenta minuti non risposi. La mia era vera e propria invidia nel sapere che lei avesse un ragazzo e io no anche se la mia mente cercava di rassicurarmi sul fatto che sarebbe stato un totale idiota esattamente come lei. Ma ero invidiosa di quanto facile fosse stato per una persona stupida come lei trovare qualcuno, al contrario mio che, seppure indossavo la maschera da tossica/persona molto conosciuta a cui non importava di nessuno, ero ancora una persona che esercitava le sue piene facoltà mentali e che si faceva mille domande, si interessava a mille cose e conosceva altrettante persone e che quindi aveva molte più possibilità di lei di stringere relazioni.

Ma avevo sete di vendetta e così accettai, per la sera stessa, dicendomi che avrei fatto la solita facciata da “anima della festa” avrei fatto gli occhi dolci a tutti e avrei fatto sì che tutti mi adorassero più di lei.

Mi ero preparata alla perfezione, avevo solo quindici anni ma ne dimostravo almeno venti, truccata perfettamente, vestita di tutto punto mi recai nel luogo di ritrovo dove erano soliti recarsi tutti gli under 20 della mia piccola città.

Era un parco, con una cancellata antica dipinta di nero alta circa tre metri, gli spuntoni erano ormai arrugginiti, non più taglienti ed era facile scavalcarli dopo l'orario di chiusura. C'erano mille panchine tutte di legni diversi, con milioni di scritte in vari colori. Gli alberi erano imponenti, verdi e con rami grossi e accoglienti ed era davvero bello dimostrare a tutti che potevo arrivare davvero in alto in pochi secondi.

Il mio atteggiamento era il solito, assumere una facciata. Le guance rilassate, la bocca leggermente socchiusa, gli occhi carichi di fierezza quasi volessero obbligarti a pensare che io ero la migliore e tu non avresti potuto fare niente per demolirmi. Il mio corpo e con esso anche il suo linguaggio che avevo allenato per ore e ore, erano ormai capaci di adattarsi bene a questo comportamento. Passi slanciati, veloci e decisi, lo sguardo che non si posava mai per terra ma che guardava inquisitore verso tutti coloro che osavano incrociarlo.

La sera era appena arrivata, dopo una lunghissima giornata di sole, che faticava ad accompagnarci e che infatti si mostrava ancora con qualche raggio. A qualche passo dalla panchina concordata, Kim mi corse incontro abbracciandomi e utilizzando la sua voce acuta per sfoderare quei complimenti e quelle mielosità a cui facevo finta di credere: “Amore ma quanto sei bella!” “Sei ancora più magra di quanto non ti ricordassi” e così via finché non la allontanai un po', con un sorriso falso, ringraziandola. A quel punto essendosi resa conto di aver esagerato colse l'occasione per afferrarmi il polso e farmi procedere verso la panchina che era stata precedentemente oscurata dalla sua massa di boccoli neri mentre mi abbracciava. Quella panchina era decisamente sovrappopolata da un mucchio di ragazzi uno dei quali si alzò di scatto e inizio a venirmi incontro.

Contrariamente a come avessero fatto tutti fino a quel momento, da quando riuscissi a ricordarmi, non mi sorrise ne abbassò lo sguardo in segno di lasciarmela vinta e quindi di sottomettersi.

Era di una bellezza incredibile, forse ne avevo visti così solo nei profili fake su Facebook che in quel momento andavano tanto di moda. Aveva capelli scuri, pelle ambrata, labbra carnose e un fisico perfetto. E gli occhi, cos'erano quegli occhi. Tutta questa mia ammirazione durò circa un millisecondo nella mia testa e quindi non mi sfociò neppure in viso seppure per un secondo ebbi l'impressione di schiudere un po' di più le labbra in segno di sorpresa. Tutto questo fu interrotto dal suo guardarmi dall'alto in basso, cosa che io non avevo mai permesso a nessuno, in più era assolutamente palese che non gli facessi ne caldo ne freddo anche perché non ebbe alcuna reazione a vedermi al massimo della mia bellezza. Disse solo: -Sono Zayn.

 

Note dell'autrice:

Ciao a tutte, sono Claudia e questa è la mia prima fiction dopo tanti anni. Ho sempre coltivato la passione di scrivere, forse perché è la mia vera e unica valvola di sfogo e solo adesso ho deciso di pubblicare qualcosa dopo aver recuperato la mia ispirazione.

Premetto che non sono una fan dei One Direction, ma non mi dispiacciono affatto. Prendere delle persone reali e farle diventare dei personaggi è un esperimento davvero interessante ancora di più se questi sono decisamente attraenti. Spero che questo primo capitolo vi piaccia e magari se vi va aspetto anche qualche recensione! Giusto per sapere che qualcuno mi legge e che non devo andarmi ad impiccare per quanto scrivo male.

So che la protagonista è un personaggio un po' intricato e probabilmente al momento la odierete, ma fa tutto parte del gioco e spero che con il tempo riuscirete a capirla.

Un bacio.

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Capitolo 2
*** Who are you? ***


Capitolo secondo

 

Ricordo bene che quella notte era stata decisamente insonne per me.

Erano circa le due del mattino ero seduta nel letto, appoggiata con la schiena alla spalliera, rassegnatami ormai a non dormire. Guardavo fuori dalla finestra, il cielo ormai si era fatto scuro e ogni tanto quel paesaggio tetro veniva rallegrato dalle luci dei fari di qualche macchina che correva veloce.

Cercavo di non dare troppa importanza al comportamento che aveva avuto quel ragazzo nei miei confronti ma era stato il primo, a quel tempo, a cercare di compromettere la mia autostima e così anche la mia salute mentale. Dovete sapere, se non ve ne foste accorte, che la paranoia era una delle mie amiche più fidate e quella notte non accennava neanche a volermi abbandonare tra le braccia di Morfeo.

Quel ragazzo era sicuramente bello ed io ero veramente incazzata che stesse con Kim, che non consideravo assolutamente all'altezza. Ma il problema, in quel momento, per me non era quello.

Vivevo in una cittadina inglese, con una sola scuola superiore, quindi tutti conoscevano tutti e sapevano tutto di tutti. A scuola tutti mi rispettavano. Non perché io fossi particolarmente simpatica o brava in qualcosa ma perché mi temevano. Nonostante fossi approdata al liceo da solo un anno, nel giro di due mesi avevo fatto amicizia con tutti quelli del penultimo e dell'ultimo visto che anche loro fumavano. Per il resto, mi era bastato umiliare qualche sfigato in pubblico, grazie al mio puntiglioso sarcasmo, ed ero salita in cima alla piramide sociale della Scott Fitzgerald High School in davvero poco tempo. Ed ecco dove stava il punto. Non potevo permettere a nessuno di guardarmi dall'alto in basso ne tanto meno trattarmi con sufficienza o tutti avrebbero incominciato a parlare e uno ad uno avrebbero iniziato a comportarsi così con me.

Tutto questo insieme di cose che normalmente non preoccuperebbe nessuno, mandò me invece, letteralmente in crisi. Ed ecco che finalmente tornavo bambina ed ero assalita dalle paure, proprio quelle che fingevo di non avere. Avevo paura di essere dimenticata dagli altri, di non essere all'altezza di nessuno se perfino la più idiota del mondo aveva trovato un ragazzo di tale bellezza ed io ero ancora lì a rigirarmi i pollici non sapendo chi scegliere. Molti mi avevano chiesto di uscire, ma difficilmente accettavo un appuntamento tète-à-tète perché tutti in quella scuola mi sembravano incredibilmente stupidi. Di sicuro belli, con un fisico da paura, assi nello sport, ma nessuno riusciva a dialogare per più di due minuti su argomenti che non fossero football, marijuana e figa.

 

Agosto passò in fretta non portando alcun frutto. La vita era sempre la stessa e niente sembrava voler cambiare. A Settembre ricominciava l'anno scolastico, cioè il vero capodanno. Se volevo cambiare vita quello era il momento e così avevo deciso. Ero arrivata alla conclusione che se volevo conoscere qualcuno di intelligente per smascherare un po' la mia parte intellettuale, che era ormai stata inondata dalla superficialità, dovevo iniziare a guardare dove non avevo mai guardato.

 

E così arrivò il primo giorno di scuola. Come sempre percorsi a testa alta il cortile fumando la mia sigaretta in tranquillità, ogni due passi ero costretta a interrompere i miei pensieri perché qualcuno mi salutava e quindi non avevo ancora elaborato un piano d'attacco nei confronti di Kim volevo sapere tutto di quell'insopportabile ragazzo che paradossalmente se la tirava più di me. Ma di certo non potevo essere esplicita.

I miei pensieri vennero interrotti nuovamente da una delle poche persone che mi piacessero in quella scuola.

-Ehi Wilde!

Il ragazzo mi afferrò piano per il mento e mi sfiorò con le labbra la guancia.

-Harry!

Dissi mettendo entusiasmo nella voce. Lo avevo conosciuto quando avevo capito che per fare strada alla Fitzgerald bisognava per forza frequentare delle attività extra-scolastiche e così mi ero decisa a diventare una delle speaker della radio scolastica, Harry coordinava tutti, era stata una sua idea e avevamo passato un pomeriggio alla settimana per tutto un anno. Era indubbiamente un bel ragazzo, capelli castani, ricci, un po' scompigliati, occhi azzurro ghiaccio e un bel fisico asciutto. Aveva una miriade di tatuaggi, tanti almeno quante le ragazze che gli sbavano dietro, ma Harry aveva un'aria stravagante quasi come se non vivesse nello stesso pianeta dove stavamo noi comuni mortali, di conseguenza sembrava non accorgersi di tutte le tipe che gli giravano attorno. Forse era anche per questo che non avevo mai osato provarci con lui.

-Come hai passato l'estate?

Quella era una bella domanda che mi sarebbe stata posta almeno un altro centinaio di volte quel giorno e mi accorsi solo in quel momento che non avevo elaborato nessuna storia incredibile per sorprendere gli altri e fare sì che tutti pensassero che fossi una davvero figa.

Evidentemente dovevo aver fatto un'espressione strana perché Harry mi incalzò con fare ironico.

-Ti sei fumata addosso e basta?

Non riuscivo a capire se scherzasse e basta o se la mia nuova etichetta fosse solo quella di tossica.

-No, assolutamente, in realtà mi sono divertita un sacco!

Mentivo, spudoratamente.

-Bella! Comunque domani pomeriggio ti aspetto alla radio, ci sei vero?

-Assolutamente! Ora devo scappare, ciao Harry.

Tagliai corto accorgendomi di essere in ritardo. Non attesi nemmeno la risposta del ragazzo che rimase interdetto mentre io riprendevo il mio cammino verso l'atrio.

 

 

Era l'ultima ora, filosofia. Quella materia, pensai, era ancora meglio dell'erba.

-Vi ricordo che il tema su Platone che avevate per l'estate è da consegnare mercoledì e costituirà il 25% del vostro voto.

In quel momento persi un battito. Me l'ero completamente dimenticata. Zero, non avevo fatto nulla. Ed era da consegnare per dopo domani. Sospirai. Mi ero da sempre rifiutata di affibbiare i miei compiti ad uno di quei nerd che giravano per la scuola e che svolgevano temi e ricerche in cambio di non essere umiliati in pubblico. Odiavo il fatto che qualcuno dovesse fare i compiti al posto mio, merito o demerito non lo trovavo giusto, ognuno, almeno a scuola, doveva assumersi le sue responsabilità. Decisi così di fermarmi in biblioteca oltre l'orario per cercare di arrivare almeno a una C, anche se filosofia era una delle poche materie in cui riuscivo ad avere A.

Ero ormai seduta da un paio d'ore ad uno dei tavoli presenti nella biblioteca e il mio tema procedeva bene, ero soddisfatta. Ma erano passate almeno tre ore e la mia testa ormai stava balenando verso altri universi. In quel momento c'erano davvero pochi studenti, forse due o tre proprio perché era il primo giorno di scuola, fui sorpresa quindi che, alle 17 in punto qualcuno entrasse ancora in biblioteca. Purtroppo ero di spalle e non potevo vedere chi stesse arrivando, sentivo i suoi passi leggermente strascicati sul pavimento, sicuramente il passo di un ragazzo, che si avvicinavano alle mie spalle.

-Wilde, tu studi?!

Disse facendo una risata sguaiata e del tutto fuori luogo in una biblioteca. Qualcuno alle mie spalle, di cui non riconoscevo la voce, stava cercando di prendermi in giro? Mi alzai con gli occhi di brace pronta a rispondere a tono a chi mi aveva fatto quella poco simpatica domanda retorica.

Ma quando mi girai fui colta alla sprovvista da un paio di occhi nocciola e un sorriso sghembo, non poteva essere. Questa non la passava. Quei pochi studenti presenti si erano girati ad osservare la scena, in primo luogo perché quel maleducato aveva ignorato la prima regola della biblioteca e cioè “Parlare a BASSA voce”, secondo, mi stava sfidando. E questo non capitava mai. Andava umiliato.

Decisi di restituirgli la stessa moneta, riconoscendo in lui lo stesso smisurato ego che avevo io e lo guardai dall'alto in basso con finto sguardo confuso.

-E tu sei...?

Il suo sorriso soddisfatto perse in un secondo consistenza e si tramutò prima in sorpresa, poi in rabbia poiché non si aspettava e sapeva evidentemente rispondere a un tale colpo basso arrivato così, alla sprovvista.

Gli altri studenti sghignazzarono leggermente ma lui si girò verso di loro e li fulminò con lo sguardo.

-Ma andiamo, sai benissimo chi sono.

Disse cercando di difendersi. L'avevo decisamente colpito. Sentivo esattamente i suoi pensieri, erano palesi. “C'è davvero qualcuno che si può dimenticare di me?”. In realtà no, non c'era nessuno che si potesse dimenticare di Zayn, perché era la bellezza fatta a persona.

-Mh. Com'è che ti chiami?

-Sono Zayn, ma tu già lo sai.

Prese e se ne andò furibondo.

Note dell'autrice

Ciao ragazze, ecco il secondo capitolo! Non è il massimo e mi scuso alla grande ma vi prometto che nei prossimi capitoli ci saranno delle belle novità! Se proprio voleste rendermi felici potreste lasciarmi una recensione <3

Un bacio

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