Storia di un amore perduto

di itsrigel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Tassorosso! ***
Capitolo 3: *** Miranda Hemyl ***
Capitolo 4: *** Valzer ***
Capitolo 5: *** La fine della favola? ***
Capitolo 6: *** Una poesia ***
Capitolo 7: *** Un bacio ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
Londra, anno 2017.
Seduto in una cabina dell'Hogwarts Express c'era Gabriel Hill, undici anni. Guardava fuori dal finestrino gli ultimi ritardatari che salutavano i parenti, e dentro sé pregava che salissero in fretta su quel treno. Un improvviso rumore alle sue spalle lo fece sobbalzare, e lui sbatté il gomito contro la gabbia dove era chiuso il suo gufo reale, che bubolò indignato.
«Sei leggermente emozionato, eh Gabe?»
In piedi davanti alla porta c'era Pandora Russo, una coetanea di Gabriel, di origini italiane. Si sedette di fronte al ragazzo, poggiando al suo fianco la gabbietta della sua piccola civetta bianca.
«È tutta la vita che aspetto questo momento, non posso non essere emozionato, non trovi?»
Pandora ridacchiò, spostandosi i capelli scuri dietro le orecchie. «Come vuoi.»
D'un tratto gli occhi di Gabriel si illuminarono, mentre spiaccicava la faccia e le mani al vetro del finestrino. «Hey, Pan, guarda lì!»
Anche lei si sporse verso il finestrino. «Lì dove? Io vedo solo moltissimo fumo.»
«Lì!» ripeté lui tutto convinto. «C'è Potter! Harry Potter!»
«Chi?»
Pandora si pentì immediatamente della domanda. Gabriel si voltò lentamente verso di lei, con uno sguardo incredulo stampato in faccia. «Come chi! Harry Potter! Colui che ha ucciso Tu-sai-chi!»
«No, non so per niente chi.»
«Il Signore Oscuro, Pan. Ti avrò raccontato la sua storia un centinaio di volte!» La ragazza sospirò di sollievo quando lui tornò a voltarsi verso il finestrino. Almeno per ora si sarebbe risparmiata una noiosissima chiacchierata sulla storia della magia.
«Ah bé, scusami se sono una nata Babbana» ironizzò con un sorriso.
Il treno partì qualche minuto dopo. Quasi subito dopo la partenza, Pandora tirò fuori dalla tasca dei suoi pantaloni un oggetto bianco da una parte e nero dall'altra, con una mela stilizzata stampata sulla parte bianca.
«Che roba è?» chiese immediatamente Gabriel, che da sempre era interessato agli oggetti dei Babbani.
«Un i-Phone, un cellulare. Serve per chiamare, scrivere messaggi, giocare ai videogiochi...» si bloccò, guardando di sottecchi Gabriel. «Sai cosa sono i videogiochi?»
Lui scrollò le spalle. «Li ho sentiti nominare ogni tanto.»
«Mh.» Pandora cliccò qualcosa sullo schermo, che divenne improvvisamente colorato. Il ragazzo si spostò vicino a lei, per vedere come funzionava quel coso. Lo schermo era pieno di quadratini, ognuno con un disegno dentro e una scritta sopra. Sotto, c'era per sfondo una foto di loro due che mostravano la lingua, completamente blu. Pandora cliccò nuovamente lo schermo, che cambiò improvvisamente.
«Sai già in che casata capiterai, Gabe?» chiese lei mentre faceva muovere con dei pulsanti un pupazzetto sul telefono.
«Ovvio che no, è il Cappello parlante che lo sceglie. Ma c'è una buona possibilità che io capiti in Grifondoro...»
«Perché tutta la mia famiglia è stata parte della casata Grifondoro» l'anticipò Pandora. «Intendevo in che casa vorresti essere smistato.»
«Grifondoro ovviamente» rispose pronto lui. «Ma anche Corvonero non sarebbe troppo male, in fondo.»
«Che mi dici delle altre due?»
«Bé... I Serpeverde non hanno una buona fama... Ma in effetti sono dei grandi leader. I Tassorosso invece sono inutili» aggiunse freddamente.
Pandora rimise il cellulare al suo posto, iniziando a guardare il panorama fuori dal finestrino. «E se capito io in Tassorosso?»
«Tu non saresti mai inutile, Pan.»
Passarono il resto del viaggio in silenzio, mentre ammiravano il paesaggio intorno a loro cambiare drasticamente.

.:: Angolo dell'autrice ::.
Saalve gente! Qui è quella pazza di me che scrive (maddai?) ed oggi, che voi ci crediate o no, ho finalmente fiducia in me stessa!
Sto iniziando a pensare che scrivo bene :) Non troppo bene, ma abbastanza ^^
Comunque, passando alle cose importanti: questa storia è nata dalla mente brillante dell'autore
a otaku with armonica, che ha inventato sia i personaggi sia la trama :) Io sono solo stata incaricata di sistemarla e pubblicarla ;)
Bene, detto questo spero che questo prologo vi abbia interessato e che lascerete qualche recensione per farmi sapere cosa ne pensate :)
Baci, e alla prossima <3

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Capitolo 2
*** Tassorosso! ***


Tassorosso!
Quando scesero dal treno, trovarono un paesaggio fantastico ad attenderli, un paesaggio che neanche il vento gelido che tirava riuscì a rendere meno mozzafiato. Davanti a loro si allargava un lago di un blu profondo, che rifletteva i raggi del sole morente. In lontananza, boschi, montagne ed un castello. Un castello maestoso, bellissimo in ogni suo minimo dettaglio.
«Primo anno!» Un omone grosso almeno due volte un uomo normale attirò l'attenzione  degli undicenni sbalorditi. Era abbastanza vecchio, pensò Pandora. Chiamava a gran voce gli alunni, parlando un inglese pieno di errori. «I ragazzi del primo anno qui!»
Pandora e Gabriel si avvicinarono insieme, chiacchierando eccitati tra loro. Qualche minuto dopo avevano già attraversato il lago con Hagrid, così si chiamava l'omone, come guida e stavano già entrando nel castello. Anche lì c'era un professore ad aspettarli.
«Buonasera ragazzi, e benvenuti ad Hogwarts!» esordì lui con un sorriso e le braccia aperte. «Forse dovrei presentarmi: sono Neville Paciock, professore di erbologia e della casa Grifondoro. Ora, se volete seguirmi dentro quella sala» continuò indicando una porta alle sue spalle. «Verrete chiamati in ordine alfabetico, vi verrà posto il Cappello parlante in testa e verrete smistati una delle quattro case presenti ad Hogwarts. Per chi non le conoscesse sono Grifondoro, Serpeverde, Tassorosso e Corvonero. Ora seguitemi, prego.»
Pandora si ritrovò improvvisamente a stringere il polso di Gabriel, emozionata. Lui gli sorrise e le poggiò una mano sulla spalla. «Hey, calmati» sussurrò. «Mi stai conficcando le unghie nella carne.»
Lei biascicò delle scuse prima di entrare nella sala. Se era possibile, questa sbalordì i ragazzi ancora più dell'esterno della scuola: ovunque fluttuavano candele accese, il soffitto della sala, di un blu scuro, era trapuntato di stelle brillanti, oscurate ogni tanto da qualche nuvola passeggera. Intorno a loro c'erano quattro lunghi tavoli, pieni di ragazzi più grandi di loro che chiacchieravano e ridevano. Continuarono ad avanzare fin quando non si ritrovarono di fronte al tavolo dei professori, davanti il quale era stato posto uno sgabello con sopra il Cappello parlante, che nel frattempo si stava esibendo in una canzone, al termine di cui tutti applaudirono.
«Ora vi chiamerò in ordine alfabetico, voi vi siederete su questa sedia e vi metterò il Cappello sulla testa» ricordò il professor Paciock. Trasse fuori dal suo mantello una pergamena e iniziò a leggere i nomi. «Abierich, Johanna!»
Né Pandora né Gabriel prestarono troppa attenzione allo smistamento degli altri... Almeno finché non arrivarono a chiamare gli alunni i cui cognomi iniziavano per H. Col cuore in gola, aspettarono che venisse pronunciato il nome del ragazzo, scambiandosi delle occhiate incoraggianti.
Poco prima di lui venne chiamata una ragazza... Una ragazza che rimase impressa nella mente di Gabriel. Brillanti occhi azzurri scrutavano con aria regale tutto ciò che aveva intorno, splendidi capelli rosso fuoco le scendevano fino ai fianchi e una spruzzata di efelidi spiccavano sulle guancie pallide. Si sedette sullo sgabello, accavallando le gambe, e il professore le mise il Cappello sulla testa. Passarono pochi secondi di silenzio prima che il Cappello pronunciasse il suo verdetto.
«Serpeverde!»
Un boato di esultanza si levò dal tavolo dei Serpeverde, mentre la ragazza si alzava e camminava verso i suoi nuovi compagni. Gabriel per un attimo sentì di voler far parte ardentemente di quella casata.
«Hill, Gabriel!» chiamò il professor Paciock dopo aver letto sulla pergamena. Pandora diede una spintarella amichevole al ragazzo, che trovò il coraggio di camminare e si diresse verso lo sgabello. Si sedette, fiducioso nel fatto che avrebbe fatto parte anche lui della stessa casata dei suoi genitori. Ma il Cappello non fece nemmeno in tempo a poggiarsi sulla sua testa che esclamò la sua scelta: «Tassorosso!»
Per un attimo non credette alle sue orecchie. Era impossibile. La sua famiglia, purosangue da generazioni, aveva sempre fatto parte dei Grifondoro. E ora? Ora lui era la pecora nera di casa. Si alzò dalla sedia, leggermente frastornato dalle grida di gioia della sua nuova casa, e camminò verso il tavolo a testa bassa, costringendosi a fare qualche sorriso di tanto in tanto per non apparire antipatico.
Pandora fu chiamata molto più tardi. «Russo, Pandora!» esclamò la voce del professore di erbologia cercando di azzeccare gli accenti italiani. La ragazza arrivò alla sedia, il cuore che le martellava nel petto, e aspettò il giudizio del cappello con gli occhi semichiusi. Non prestò ascolto alle parole del Cappello che rieccheggiavano nella sua mente, completamente oscurata da una sola parola.
«Tassorosso!» esclamarono insieme per l'ennesima volta la sua vocina mentale e il Cappello. Altre grida di gioia si levarono dal tavolo, accompagnate dal sorriso più raggiante che la ragazza avesse mai sfoggiato. Si avviò quasi di corsa verso il tavolo. Quando lo raggiunse, tutti la accolsero nella loro bellissima famiglia allargata con pacche sulla schiena e strette di mano. Sfortunatamente, i posti vicino a Gabriel erano stati già occupati, così Pandora dovette sedersi a qualche posto di distanza da lui.
Quando i loro sguardi riuscirono ad incontrarsi, Pandora gli sorrise incoraggiante e alzò i pollici, riuscendo a strappare un sorriso a Gabriel.
Beh, era anche potuto finire nella casa degli inutili, ma almeno avrebbe potuto contare su una vera amica.

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Capitolo 3
*** Miranda Hemyl ***


Miranda Hemyl
La sveglia arrivava di mattino presto nella casata degli inutili. Gabriel era cresciuto sepolto nelle sue convinzioni, nonostante quando tornò a casa dopo il primo anno i genitori accolsero fieri il fatto che loro figlio fosse un Tassorosso.
«La casa dei leali e di chi non si arrende!» avevano esclamato. «Siamo fieri di te, Gabriel.»
Pandora era ancora la sua migliore amica, e dopo due lunghissimi anni di storia della magia aveva finalmente imparato i nomi dei personaggi famosi che Gabriel citava in continuo.
Il terzo anno cominciò con la stessa monotonia degli anni precedenti: arrivo a Hogwarts, smistamento di quelli del primo anno, banchetto, festeggiamenti fino a tarda notte nelle sale comuni di ogni casa.
E la stessa monotonia si rifletteva anche sull'umore del ragazzo, che era costretto a passare spesso molte ore di lezione in comune con i Serpeverde... e con la ragazza di cui si era innamorato. Negli anni precedenti però lei si era mostrata completamente indifferente alla sua vista, anzi. Si vedeva che lo sfotteva solo perché era l'unico Tassorosso della famiglia.
Un giorno, o per meglio dire una notte, quando la maggior parte degli studenti fu tornata nei dormitori, Gabriel si avvicinò silenzioso alla poltrona dove era seduta Pandora, intenta nella lettura dell'ultimo libro fantasy che le aveva regalato il padre.
«Hey Pan... posso parlarti?» domandò sottovoce mentre poggiava i gomiti allo schienale della poltrona. Sapeva che l'amica sarebbe stata capace di picchiare qualcuno che la disturbava mentre leggeva, ma sapeva anche che per lui avrebbe fatto un'eccezione.
«Vedi di far veloce, Gabe» rispose lei mettendo un dito tra le pagine del libro per non perdere il segno. «Questi due stanno per baciarsi.»
Gabriel normalmente si sarebbe interessato all'identità di "quei due", ma si trattenne dal domandarlo per paura di uno degli attacchi da Fangirl dell'amica. Ricordava perfettamente l'ultima mezz'ora che aveva passato a sentirla parlare dell'etimologia di alcuni nomi nei fantasy, e non voleva di certo rivivere la noiosissima esperienza.
«Hai presente Miranda Hemyl, Serpeverde?» esordì abbastanza in imbarazzo. «Capelli rossi, lentiggini, occhi azzurri...»
«Quella che sta sempre con il ragazzo con gli occhi ambrati decorati con venature color miele e i capelli biondo cenere?»
Gabriel incurvò le sopracciglia verso l'alto, stupito e preoccupato allo stesso tempo dalla risposta della ragazza. «Che c'è? Presto attenzione a quello che mi succede intorno» si giustificò lei con una scrollata di spalle. «E ho un talento innato per le descrizioni» aggiunse poi con un mezzo sorriso.
«Al contrario tuo, io non mi metto a vedere le sfumature delle caratteristiche fisiche di qualcuno.»
«Bé, dovresti. Comunque sì, ho presente quella ragazza. Perché?»
«Vedi...» cominciò lui. «È da quando l'ho vista che... non so come spiegarlo. Penso di avere una cotta per lei, ecco.»
Pandora arricciò il naso. «E tu hai interrotto la mia lettura per questo?»
«Fammi finire!» sbottò improvvisamente lui. La ragazza alzò le mani in segno di resa, ricordandosi troppo tardi di non togliere il dito dal libro. Imprecò sottovoce mentre apriva di botto il romanzo e iniziava a sfogliare le pagine con gli occhi spalancati.
Gabriel tossicchiò due volte, tanto per ricordarle la sua presenza. «Parla, ti ascolto» mormorò lei poco convinta mentre rileggeva un brano del libro.
«Ecco... C'è un piccolo problema... Lei non mi nota neppure. Sono solo un inutilissimo Tassorosso per lei.»
A questo punto Pandora fece qualcosa che Gabriel non si sarebbe mai aspettato: chiuse di colpo il libro e lo sbatté in testa al ragazzo.
«Ahi! Ma si può sapere che ti prende?!» domandò trattenendosi dall'urlarle contro e massaggiandosi un punto nascosto tra i capelli.
«Ti devo ricordare che non voglio che insulti la nostra casata? Mi hai interrotto mentre leggevo, dovevi aspettarti una reazione del genere al primo passo falso» lo rimproverò mentre tornava a cercare la pagina perduta.
«Comunque sia» continuò lui, «Ti volevo chiedere una mano. Perfavore, non so più cosa fare per farmi notare da lei.» Il suo tono di voce ora aveva raggiunto un tono supplichevole.
Pandora sospirò, fissando il fuoco acceso davanti a lei. «Va bene... Ti aiuterò.»
Gli occhi del ragazzo brillarono improvvisamente di gioia. Si chinò in avanti e baciò Pandora su una guancia. «Grazie, Pan. Sei la migliore.»
Pandora si strofinò la guancia, mentre si fingeva infastidita per quel bacio innocente. Nel frattempo, qualcosa dentro di lei si stava spezzando... Un'incrinatura era stata aperta sul suo piccolo cuore.

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Capitolo 4
*** Valzer ***


Valzer
Dopo un anno buono di allenamenti con Pandora, Gabriel era diventato una sorta di rubacuori. Certo, non bisognava solo ringraziare i consigli della ragazza: lui era davvero bello. Occhi verdi, capelli neri, un'altezza e un fisico adatti per la sua età...
Mancava solo un'ultima cosa da imparare: il valzer. Quell'anno anche loro avrebbero potuto partecipare al ballo del ceppo, tenuto ogni anno per la Coppa Tremaghi. L'unico problema era che Gabriel era completamente negato per il ballo.
«Mi sei salito sul piede» lo rimproverò Pandora durante una delle lezioni che stavano avendo insieme nella sala comune dei Tassorosso. «Ancora.»
«Scusami Pan...»
«Riproviamo» ordinò lei con un tono da professoressa. Strinse una mano di Gabriel con la sua e poggiò l'altra sulla spalla del ragazzo, che intanto non si muoveva. «Terra chiama Gabriel! Mano sul fianco» gli ricordò con un colpetto sulla fronte. Lui si sbrigò a rimettersi in posizione, nonostante fosse veramente stanco. Non voleva conoscere la Pandora arrabbiata.
Mentre ballavano - o almeno ci provavano - un pensiero strano gli si aggiunse alla confusione mentale provocata dalla stanchezza. Forse avrebbe potuto invitare lei al ballo, non Miranda. In fondo la Serpeverde non aveva fatto altro che prenderlo in giro fino a quel giorno, mentre Pandora era sempre stata lì per aiutarlo. E ora che la vedeva bene, anche lei era molto bella. Al contrario di Miranda però, lei non cercava di esibirla in alcun modo la sua bellezza. Anzi, secondo lei era solo una scocciatura. Ci nasci e te la porti dietro finché la vecchiaia non ti toglie pure quella, e intanto le persone non ti giudicano per quello che sei veramente.
«Dannazione, Gabe!»
«Mh?» Risposta intelligente, la sua.
«Vuoi stare un po' più attento?» gli disse Pandora trattenendo la rabbia. «Sarà l'ennesima volta che mi pesti i piedi. Ti avviso che non me li sento più.»
«Scusami... è che sono stanco.»
Pandora sbuffò e si staccò dal ragazzo. «Allora vai a dormire. E non ti lamentare con me se farai un casino al ballo.»
Gabriel guardò l'amica dirigersi verso le scalette per il dormitorio femminile e notò che si stropicciava gli occhi. Di sicuro anche lei era stanchissima. Si lasciò sfuggire un sorriso.
«Hey, Pan» chiamò poco prima di vederla scomparire. Lei si voltò immediatamente.
«Che c'è ora?»
«Vuoi venire al ballo con me?»
Per la prima volta in vita sua, Pandora ringraziò che la sala comune fosse così buia: almeno Gabriel non si sarebbe accorto del rossore sulle sue guancie. «Sono già stata invitata.» Non riuscì a fare a meno di essere dispiaciuta per questo.
Il ragazzo corrugò la fronte, leggermente confuso. «Da chi?»
Lei arrossì ancora di più. «Albus Severus Potter» rispose velocemente. «Me l'ha chiesto a Pozioni, non te ne sei accorto?»
«No...»
Pandora scrollò le spalle e si rigirò. «Buonanotte Gabe.»

Eccola lì, bella come un angelo nei suoi vestiti scuri. La pelle sembrava più pallida che mai vicino alla neve candida, e la condensa del suo alito quando parlava le dava un'aria veramente adorabile. Un sorriso da perfetto idiota si stampò sul viso di Gabriel mentre la guardava. Si riscosse solo quando sentì qualcosa colpirlo al braccio. Si voltò velocemente, giusto in tempo per vedere Pandora allontanarsi con la sua borsa.
Non l'avrebbe seguita: ormai aveva perso la speranza. Erano giorni che si comportava in quel modo strano, ed ogni volta che provava a parlarle finivano per litigare.
Si voltò nuovamente verso Miranda. Si era allontanata un attimo dal suo gruppetto.
Ora o mai più, si ritrovò a pensare Gabriel mentre si alzava in piedi. L'avrebbe invitata al ballo.

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Capitolo 5
*** La fine della favola? ***


La fine della favola?
Erano rimasti solo loro due nella sala comune dei Tassorosso, a parte gli alunni dei primi tre anni, che erano comunque pochi. Gabriel ci aveva messo più tempo del previsto per vestirsi, e Pandora era rimasta ad aspettarlo per parlargli.
Quando però lui uscì di corsa dal dormitorio maschile con quel bellissimo vestito da sera che si intonava a meraviglia con i suoi occhi non era riuscita a dire nulla. E lo stesso valeva per lui.
Pandora indossava un vestito leggero, nonostante fuori ancora nevicasse. Era senza spalline, con il corpetto stretto e la gonna che lentamente si allargava, tutto sulle tonalità del rosso. I capelli erano raccolti in alto, in una maniera che la rendeva semplicemente bellissima, si ritrovò a pensare Gabriel.
«Wow» mormorò. Ecco, ora Pandora avrebbe ripensato tutta la serata a quel commento e non si sarebbe divertita con Albus Severus.
«D-dobbiamo andare» disse lei voltandosi e uscendo dalla sala comune senza guardare se Gabriel la stesse seguendo. Dopo pochi secondi però lui era al suo fianco.
Camminarono in silenzio per un po'. Al contrario della sala comune, i corridoi erano pieni di ragazzi. Quando arrivarono in prossimità del luogo dove Albus Severus e Pandora avevano deciso di incontrarsi, lei trovò il coraggio di fermare per un polso Gabriel e tirarlo in un angolino.
«Senti, lei non ti ama» gli sussurrò guardandolo fisso negli occhi. «Perché lo fai?»
Un'espressione gelida si dipinse sul volto di lui. «Non è vero. Questa è la mia occasione per dimostrargli che non sono solo un inutile Tassorosso.»
Pandora si ritrovò improvvisamente a stringere i denti. «Sei uno stupido. Lei vorrà solo divertirsi a prenderti in giro. Perché non lo capisci?»
«Smettila di immischiarti, Mezzosangue.»
Lo schiaffo impiegò pochi secondi per arrivare al viso di Gabriel. Per fortuna, erano tutti così presi dalla festa che non li notò nessuno. Lui si divincolò dalla stretta del suo braccio e se ne andò via senza nemmeno provare a chiedere scusa.
Era così immensamente stupido, pensò Pandora asciugandomi con rabbia l'unica lacrima che era scesa giù per la sua guancia. Perché non riusciva a capire che era utile per lei?
«Hey, Pandora!»
La ragazza si voltò di scatto, ritrovandosi davanti Albus Severus. Si sforzò di sorridere. «Hey. Andiamo?»
Lui ricambiò il sorriso. «Andiamo.»

Mentre ballava con la Serpeverde, Gabriel si sentiva vuoto. Aveva pensato che sarebbe stato felice quella serata, invece... Invece il litigio con Pandora aveva rovinato tutto. Per non parlare del fatto che Miranda era solo una stronza opportunista. Per tutto il tempo non aveva fatto altro che parlar male di Pandora, e del fatto che fosse una nata Babbana. E questa non era di certo una delle cose più divertenti che si potesse fare un ballo.
Se ne andò non appena finì la canzone, diretto verso un punto a caso del castello. Camminò per quasi tutti i piani, salì centinaia di scale e ne scese attrettante. Eppure quel senso di vuoto era ancora lì, presente e doloroso come un pugno. Allora cominciò a cercare Pandora, almeno per scusarsi con lei. Ma la ragazza non si trovava da nessuna parte.
Stava camminando in un corridoio particolarmente illuminato quando sentì qualcuno chiamarlo dalla sua sinistra. Si voltò, e vide il volto di un uomo anziano che gli sorrideva da dietro un quadro. Indossava luminosi occhiali a mezzaluna, e una lunga barba argentea gli ricadeva sul petto.
«Professor Silente?»
«In persona. O meglio» si corresse. «Il professor Silente fatto di tela e tempere. Ma è un dettaglio poco più che insignificante. Ora: stai cercando qualcuno, o sbaglio?»
Gabriel spalancò gli occhi. Quell'uomo era fantastico anche dopo la morte. «S-sì. Pandora Russo, una mia amica.»
«Ah, già. La signorina Russo. Ragazza di tutto rispetto, non c'è che dire.»
«Sa dove si trova?» chiese lui di slancio.
«L'ho vista correre poco fa alla torre dell'orologio. Dovresti andare a vedere come sta.»
Ringraziò velocemente il professore e fece per andarsene, quando la voce di qualcuno rieccheggiò per i corridoi: «UN DISSENNATORE! NELLA TORRE DELL'OROLOGIO!»
Vide i ragazzi della casa Corvonero venire verso di lui e si accorse solo in quel momento di trovarsi nell'ala del castello riservata a loro. Iniziò a correre controcorrente, pregando disperatamente che Pandora stesse bene. Frugò nella tasca interna del vestito e strinse il legno rassicurante della sua bacchetta tra le dita.
Avrebbe distrutto chiunque gliel'avesse portata via.

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Capitolo 6
*** Una poesia ***


La poesia
Si stavano dirigendo tutti nelle sale comuni delle proprie case, spaventati dalla notizia ricevuta dal preside. Bé, tutti tranne Gabriel, che correva il più velocemente possibile verso la torre dell'orologio.
Pandora? Poteva essere in pericolo? Riusciva a pensare solo a lei e al fatto che le sarebbe potuto accadere qualcosa di terribile. Il cuore minacciava di esplodere da un momento all'altro, i polmoni gli bruciavano per la corsa folle, eppure non si fermò finché non arrivò nel luogo dove era stato avvistato il dissennatore.
Non era arrivato ancora nessun professore, cosa che gli mise addosso molta più paura di quella che già aveva. Ma lui sapeva usare l'incantesimo per contrastare i dissennatori, pensò.
Entrò nella torre urlando il nome della ragazza... ma era arrivato troppo tardi.
Sparsi a terra, i vestiti di Pandora occupavano il pavimento sotto il dissennatore, che fluttuava tremendo in aria.
Gabriel chiuse forte i pugni fino a quando non sentì delle goccioline di sangue scivolargli tra le dita. Era impossibile. Quello era di certo un sogno, nulla più... Solo un sogno.
Strinse la bacchetta nella mano destra e la puntò verso il dissennatore, lo sguardo infuocato trabboccante di rabbia.
«EXPECTO PATRONUM!». Un leone bianco, seguito da una scia azzurra appena visibile, uscì dalla sua bacchetta e si accanì contro il dissennatore, che fuggì dalla finestra aperta.
Gabriel abbassò la bacchetta solo quando si accorse delle lacrime che scendevano per il suo viso. Si avvicinò silenziosamente ai vestiti proprio quando i professori entrarono nella stanza, le bacchette in mano pronte all'uso. Si accovacciò davanti al bellissimo vestito rosso e cominciò a frugare per trovare la bacchetta dell'amica. Sapeva che l'aveva portata anche al ballo: da quando l'aveva comprata non se n'era mai separata, neanche nel mondo dei Babbani.
La trovò e la strinse al petto. E pianse, pianse come non aveva mai fatto.

Gabriel, seduto sul suo letto, fissava con uno sguardo perso il foglio di carta tra le sue mani. Era stata Pandora a scriverlo, durante il secondo anno. Gabriel ricordava che lei gliel'aveva detto... Le era sempre piaciuto scrivere. Aveva scritto quella poesia per il compleanno del ragazzo, e lui le aveva promesso che l'avrebbe letta quando sarebbero arrivati al settimo anno.
Ma ormai lei non c'era più.
Rilesse ancora una volta l'ultimo paragrafo della poesia, quello che lo aveva colpito di più; rilesse le parole scritte in quella scrittura minuta e ordinata caratteristica di Pandora, mentre una fitta di dolore alla bocca dello stomaco gli mozzava il respiro.

"E per questo ti dico
Aspetterò ogni sera
Ti aspetterò sempre
Ma tu vieni adesso, non aspettare ancora
Vieni adesso finché è primavera."

Sotto, scritto in maniera poco più disordinata, c'era un post scriptum. Si vedeva che quelle poche righe erano state scritte più recentemente.

Gabriel, volevo solo dirti due cose. Siamo arrivati al settimo anno, eh? Che avventura... Non oso pensare come sarebbe stato vivere questi anni se non ti fossi finita addosso quel giorno davanti al negozio di bacchette Olivander. Sarebbe stato proprio un bel problema riuscire a diventare tua amica con tutte quelle ragazze che ti stanno attorno se non ci fossimo conosciuti prima ;)
Bene, questa era la prima cosa. La seconda... Spero che non mi vorrai strozzare per questo, ma il Cappello parlante mi voleva smistare in Grifondoro il primo anno. Sono stata io a pregarlo di smistarmi in Tassorosso, per poter stare con te. Scusa se non te l'ho detto prima, ma la ritengo una cosa senza troppo valore.
Ah, ora che ci penso c'è un'altra cosa che ti volevo dire:
Ti amo.
Pandora

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Capitolo 7
*** Un bacio ***


Un bacio
Era il settimo anno. Tra pochi giorni sarebbe finita la scuola, e tutti erano chini sui libri. Gabriel aveva appena finito, e si era chiuso in una stanza vuota, senza motivo apparente. Era seduto su una sedia, visibilmente invecchiato, con la testa rivolta verso il soffitto. L'unica grande finestra in fondo all'aula era spalancata.
Aveva mantenuto la promessa che si era fatto a sé stesso: aveva aspettato Pandora, e l'avrebbe aspettata ancora per anni se ce ne fosse stata la possibilità.
Finalmente, dopo quasi un'ora che era rinchiuso lì dentro, un dissennatore entrò dalla finestra. Gabriel alzò la testa e gli rivolse un sorriso dolcissimo e stanco.
«Sei arrivata finalmente.»
Il dissennatore si abbassò il cappuccio. Sotto, non era come sarebbe dovuto essere: la pelle era ambrata, gli occhi neri, i capelli lunghi fin sotto le spalle e castani. Il viso quello di una quindicenne.
«Mi hai lasciato solo» continuò Gabriel alzandosi dalla sedia. «Scommetto che non mi hai neanche perdonato. Sai che tua madre era appena rimasta incinta quando te ne sei andata? Anche il tuo fratellino è qui ad Hogwarts. Grifondoro.»
Gabriel si avvicinò pericolosamente a Pandora, che lo fissava con uno sguardo perso nel vuoto. Ma lui sapeva che lo poteva vedere, sapeva anche quello che stava per succedere.
Per questo chiuse semplicemente gli occhi quando lei si abbassò e lo baciò, portandosi via la sua anima.
 
Narra la leggenda che nel bosco di Hogwarts vaghino due dissennatori con volti umani, nascosti nella notte, mano nella mano, felici.
E innamorati.
Così fu quell'amore dal mancato finale
Così splendido e vero da potervi ingannare.

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