Flowers

di Shine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fiordaliso ***
Capitolo 2: *** Primula ***
Capitolo 3: *** Stella Alpina ***
Capitolo 4: *** Camelia ***



Capitolo 1
*** Fiordaliso ***


Fiordaliso

Simbolo di "amicizia "

 

“Ciao, Catrin”, salutò allegramente una ragazza mora, giunta al bar dove aveva appuntamento con l’amica,  con una serie enorme di pacchetti.

“Ciao Lucia”, rispose la ragazza al saluto. “Hai svaligiato un negozio?”, le domandò guardando le innumerevoli bustine che aveva in meno.

“Diciamo che mi sono data da fare…”, rispose con un tono malizioso.

Si accomodò di fronte all’amica, posando i suoi pacchi accanto a lei.

“Allora, come va?”, le chiese.

“Non c’è male. Sono molto stressata per il mio lavoro”, dichiarò l’amica.

“Dovresti svagarti, sai?”, poi aggiunse, “Dovresti venire con me a fare shopping!”

Catrin scosse la testa divertita. “Con tutto quello che ho da fare!”

“Oggi sei riuscita a liberarti, però”, esclamò Lucia.

“Cosa non si fa per un’amica…”

“Cosa vi porto?”, domandò un cameriere, appena giunto dinanzi al loro tavolo.

“Due caffè e due cornetti?”, chiese all’amica.

“Un cornetto… Sono a dieta.”, dichiarò Lucia.

Catrin scosse il capo e disse al cameriere: “Due cornetti e due caffè andranno benissimo”

L’amica la guardò contrariata. Non appena il cameriere si allontanò, però, subito la sua disapprovazione svanì.

“Hai visto come ti guardava?”, le disse.

“Sei peggio di mia madre!”, esclamò. Entrambe non facevano che affibbiarle sguardi di ragazzi per la strada, per lo più inverosimili.

“Era così anche quando eravamo piccole…”, continuò poi, colta da un impeto di nostalgia.

Lucia annuì.

“Ti ricordi la prima volta che ci conoscemmo? Eravamo all’elementari…”, le disse la ragazza.

“Già..”

“Ero nel mio solito angolino, quando tu…”

 

“Ciao, io mi chiamo Lucia.”

“Ciao, sono Catrin”

“Vieni a giocare con noi?”

“Non mi va”

“Cosa fai qui tutta sola?”

“Guardo i fiori”

La bambina indicò il giardino.

“Lo vedi quel fiore blu?”

“Si”

“Non è bellissimo?”

“Si… ma lo sai che io so di che specie è?”

“Davvero… me lo vuoi dire?”

“Certo che si... è un fiordaliso!”

“Ma lo sai che la mia mamma mi ha detto che il fiordaliso è simbolo di amicizia?”

“Davvero?”

“Si”

“Wow”

La bambina sorrise, compiaciuta.

“Mi è venuta un’idea”

“Vieni con me”

La prese per mano e la guidò in giardino, poi avvicinatasi al fiore ne colse due petali.

“Questo è per te”

“Sarà il simbolo della nostra eterna amicizia”

 

“Avevamo azzeccato. Siamo ancora amiche!”, disse Lucia.

“Ma lo sai…”, disse Catrin, aprendo la sua borsa.

“Lo conservo ancora”, disse mostrandole un petalo blu, secco.

“Anch’io”, disse estraendone uno uguale dal portafoglio.

Entrambe sorrisero.

“Ah, giusto. Mi stavo dimenticando.”, disse.

Prese un pacchetto rosa e glielo porse.

“Questo è per te”, aggiunse.

Catrin lo prese stupita.

“Non dovevi!”

“L’ho vista e ho pensato a te.”, le disse Lucia.

“Dai, aprilo!”, la incitò.

La ragazza, sorpresa, aprì il pacchetto.

Dentro c’era una borsa, molto carina e sopra era ricamato uno splendido fiore dai petali blu.

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Capitolo 2
*** Primula ***


Primula

simbolo di spensieratezza,  del primo amore.

 

L’alba. L’alba di un nuovo giorno. Per ricominciare. Per dimenticare. Ricordi  stupendi. Perché, se sono stupendi, si vuole dimenticarli? Perché non ci sono più momenti come quelli, perché sono passati, sono immagini che riecheggiano nella nostra memoria, come quando vediamo un filmato che ci ritrae da bambini e non ci riconosciamo nelle nostre azioni, nei nostri pensieri.  Il passato è passato, come si suol dire. Ma non è finito. Perché ancora fa male. Fa tanto, tanto male riviverlo con la mente, perché si è soli, non si ha più quella cieca sicurezza. Non riesco più a combattere contro i ricordi. Mi ci abbandono dentro, come se andassi alla deriva in un oceano immenso…

 

“Posso togliermi la benda, Carlo?”

“Aspetta ancora un po’, dai”

“D’accordo”

Il ragazzo la stava guidando da qualche parte, per farle una sorpresa da quando aveva detto.

“Spero per te che si una bellissima sorpresa! Ho marinato per la prima volta la scuola, a causa tua”

Lui si limitò a sorridere.

“Vedrai”

Era sempre più curiosa.

“Siamo quasi arrivati”

“Stai attenta… Brava!”

“Perché camminiamo in questo sentiero pieno di massi?”

“Ne vale la pena, vedrai.”

Finalmente arrivarono in una zona piana.

Lui la guidò un po’ più avanti, la fece sedere ed le tolse la benda.

La ragazza rimase senza parole.

“Che ne dici, Anna?”

Dinanzi a lei, seduta sull’erba fresca di una radura, c’era un campo incontaminato di fiori rosa.

Respirò il profumo, sparso nell’aria.

“Sono primule?”

“Si”

“Questa sorpresa è la migliore che potessi farmi.”

“Ti amo, Anna”

“Ti amo anch’io”

 

Sono proprio strani i casi della vita. Quando hai 15 anni, tutto ti sembra stupendo. Ti sembra che durerà per sempre. E quando scopri l’amara verità, non ci credi. Rimani interdetta. Poi, quando realizza che è la realtà, cadi nell’incertezza. Non sai se ti è concesso più sognare. Hai paura di illuderti. Pensi al passato. Vuoi rivivere i momenti felici che hai passato, ma non vuoi rivivere quelli tristi. E pensare che credevi potesse durare per sempre…

 

La stazione. Erano l’uno vicino all’altra, con gli occhi lucidi.

“Non tornerai più?”

“Non lo so…”

“Non dipende da me.”

Lei lo guardava, con le lacrime agli occhi.

“Non ti dimenticherò mai”

“Non lo farò neanche io”

La sofferenza più profonda era l’unico sentimento che si leggeva nei loro occhi.

“Tieni questa”

Le porse una primula, appena colta.

“Conservala con la stessa cura con la quale io ti serberò per sempre nel mio cuore”

Lei annuì, con il cuore infranto.

 

Tutto era terminato. Tutto si era concluso. Non c’era più spensieratezza nel suo sorriso, serenità nel suo cuore. Tutto per quel primo, unico amore.

 

Eppure non poteva arrendersi. Non era nel suo carattere. Non era da lei. Si alzò e cominciò a correre. Voleva rivedere il suo posto. Voleva sognare di nuovo. Voleva volare, con le ali della fantasia. Perché primula significa primavera. E nella primavera c’è la pioggia, ma subito dopo c’è anche il sole.

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Capitolo 3
*** Stella Alpina ***


Stella Alpina

Simbolo di coraggio

 

Riordinare la casa. Che compito ingrato! Eppure, nonostante non le piacesse particolarmente, doveva farlo. Ma d’altronde a chi piace fare le pulizie?

Vent’anni. Aveva vent’anni. Ma era la solita disordinata e pigrona. Comunque, oggi, rarissimo giorno in cui non doveva studiare, o meglio, in cui aveva deciso di riposarsi, doveva riordinare perché sarebbe venuto suo fratello a trovarla. E conoscendolo come magnate dell’ordine, sapeva che non avrebbe messo piede in una casa così. Iniziò a sistemare la scrivania, ordinando velocemente i quaderni ed i libri in pile, che poi dispose nella libreria. Mentre si dava da fare con l’ultimo carico di libri, la ragazza non si accorse che da uno di essi era scivolato un foglio. Scorgendolo lo raccolse. Gli occhi le divennero umidi e i ricordi le affollarono la mente…

 

Su una panchina era seduta una ragazza. Era immobile, con lo sguardo fisso nel vuoto ed il viso serio, ma sereno. D’un tratto una voce che chiamava il suo nome la riscosse, facendola riemergere bruscamente nella realtà.

“Sofia”

Lei si voltò a guardarlo, sorpresa.

“Ciao, fratellone”, disse con un sorriso.

Lui la guardò contrariato.

“Potresti chiamarmi con il mio nome?”

Lei rise. Una risata innocente, pura, che risuonò nell’aria circostante.

“Ok, fratellone”

Lui scosse il capo, con rassegnazione.

Si sedette accanto a lei.

“Che fai qui?”

“Osservo la fontana”

Prese ad osservarla anche lui.

I sensi di colpa si facevano pesanti, ma osservando la sorella sempre così allegra non aveva il coraggio di dirglielo.

Doveva farlo, però. Doveva…

“Senti, Sofia…”

Lei lo guardò, intuendo.

“Vuoi dirmi della mamma?”

Gli occhi del ragazzo divennero lucidi.

“Tu come fai a saperlo?”

Lei sorrise.

“Ci sono molte cose che io so… Ad esempio, so che, quando l’hai scoperto era furioso perché non te l’avevano detto e avresti voluto rinfacciarle tutto…”

Lui sembrava sconvolto dalla quantità di informazioni che sua sorella conosceva.

“Poi però non l’hai fatto”

“Non sarebbe servito a nulla”, commentò rassegnato.

“Lo so…”

Per un po’ stettero entrambi in silenzio.

“Come fai? Come fai, pur sapendolo, ad essere così serena?”

“Non sono serena e neanche felice”, rispose lei.

“Ma credo che le situazioni difficili vadano accettate ed affrontate… e non si può farlo se si sta a compiangersi per le proprie sventure o a farsi travolgere dalla rabbia”

Lui la guardò, ammirato.

“Sei veramente coraggiosa, sai?”

Lei scosse il capo.

“Cosa centra il coraggio?”

Lui le sorrise.

“Centra, centra…”

 

Aveva 15 anni. Era così piccola. Troppo per affrontare quella situazione. Sua madre malata. Un tumore ai polmoni. Il rischio della sua morte le era sembrato improbabile. Eppure, a 15 anni, si era ritrovata a doverlo annoverare tra le possibilità imminenti. Le risultava doloroso persino ricordare. Eppure, in quei momenti bui, c’era stato suo fratello ad illuminarla…

 Una ragazza sedeva sul divano.

 “Sofia, noi usciamo…”

 Lei alzò lo sguardo.

 Sorrise. “Ok, papà, a più tardi.”

 Non appena la porta fu richiusa, la ragazza spense la televisione e si guardò intorno.

 “Sai dove stanno andando?”, domandò suo fratello.

 Lei annuì.

 Lui la osservò per un po’.

 “Dovrei fare i compiti”, disse.

“Come ci riesci?”

“A fare cosa?”

“Ad essere così tranquilla!”

“Non lo sono affatto”, rispose.

Lui la fissò negli occhi.

D’un tratto gli venne un’idea.

“Aspetta qui, Sofia, devo uscire un attimo”

“Dove vai?”, domandò preoccupata.

“Abbi fede”, disse dandole un bacio sulla guancia e scappando via.

La sorella lo guardò allontanarsi, con ansia.

 

Il tempo sembrava non scorrere mai. Era circa un’ora che suo fratello era via.

Il rumore della porta la fece sobbalzare.

Si alzò ed andò in salotto.

“Ehi, sei tornato, finalmente!”

“Già”, disse sorridendo.

“Posso sapere dove sei andato?”

Lui annuì.

Prese un foglio che aveva posato sul tavolo.

“Per te.”

Lei lo osservò.

“Una stella alpina?”, chiese indicando il disegno, fatto con gli acquerelli.

Lui annuì.

“Si. Sai, è il simbolo del coraggio. Ho pensato che sarebbe stato perfetto per te, visto che lo sei così tanto. Ne vidi uno nel giardino botanico, un po’ di tempo fa, così ho deciso di disegnarlo per te”

La ragazza lo guardò.

Il suo viso era colmo di lacrime.

“Che fai, io ti dico che sei coraggiosa perché affronti serena le avversità e tu piangi?”

Lei sorrise, tra le lacrime e lo abbracciò.

 

Ed eccolo lì. Un disegno. Ed una marea di emozioni. Un fiore. E tanti segreti nascosti. Pensò di mostrarlo a suo fratello. Sarebbe stato contento di vedere che lo aveva ancora conservato. Ed a sua madre, naturalmente. Non si doveva dimenticare che quel pomeriggio sarebbe venuta anche lei a trovarla!

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Capitolo 4
*** Camelia ***


Camelia

Simbolo di gratitudine

 

L’ombra della sera andava oscurando il cielo, tingendolo di un azzurro sempre più intenso, fino a trasformarlo in un blu acceso e lucente. L’oscurità che pian piano diveniva dominante, s’affacciava con sforza, attraverso le finestre di una stanza. Ma l’uomo che sostava lì, non si era accorto del precoce scorrere delle ore. Continuava infatti, indifferente, a scrivere, senza prestare attenzione al ticchettio dell’orologio, che interrompeva quel silenzio così cupo. All’improvviso il cigolio della porta interruppe la quiete creatasi. Una bambina dai capelli scuri, ricci e lucenti, entrò cautamente nella stanza. Non appena la vide, l’uomo si illuminò con un grande sorriso. La bimba, rassicurata dalla sua espressione, mosse dei passettini veloci verso la sua sedia. Lui la fissò, colmo di ammirazione. Lei gli porse delicatamente, con la manina minuta, un piccolo fiore appena colto. Egli lo fissò, sorpreso, poi si abbandonò nella dolcezza dei ricordi.

 

“Cosa vuoi da me?”, sbottò lui, rivolgendosi ad una ragazza.

Lei rimase indifferente al suo tono di voce.

C’era qualcosa di angelico nel suo volto, incorniciato da morbidi riccioli neri ed illuminato da occhi scuri e profondi.

“Ti ho visto, oggi.”

“Con quel ragazzo.”, aggiunse, al suo sguardo interrogativo.

“La cosa non ti riguarda.”, esclamò.

La rabbia lo pervadeva completamente.

“Lo so”, rispose tranquilla.

“Allora, che fai ancora qui?”

Era infastidito dal suo tono pacato, dal suo viso sereno.

“Ti faccio compagnia.”

“Non ho bisogno di te. Vattene.”

A questo punto, lei lo fissò dritto negli occhi.

“Perché ti comporti così?”

“Così come?”, era sul punto di dire, ma si trattenne.

“Non mi conosci. Sei solo una mia compagna di classe. Non sono fatti tuoi.”

“Hai ragione”, disse.

Si voltò, dirigendosi velocemente dall’altra parte, ma poi aggiunse:

“Mi dispiace solo vederti così.”

“Che intendi dire?”, le urlò dietro.

“Sei tormentato da una profonda sofferenza. E la sfoghi nell’aggressività.”

Gli aveva fatto un ritratto perfetto, ma lui non era disposto ad ammetterlo. Perché conosceva così tante cose? Perché?

“Ti sbagli.”

“I tuoi occhi  ti tradiscono.”

Quell’affermazione lo trattenne. Rimase interdetto.

“I miei occhi non possono spiegarti tutto.”

“Ma quanto basta, per capire che stai sopportando un enorme dolore.”

“Sei un’osservatrice piuttosto attenta.”, si rassegnò lui.

Lei sorrise.

“Perché ti interessi proprio di me?”

Lo guardò per un attimo, silenziosa.

“Perché ti voglio bene.”

 

L’uomo fissò la bimba, che gli sorrideva. Le sfiorò il viso, con dolcezza. Era così bella. Così innocente. Come quella confessione. Quelle tre parole che avevano fatto crollare il suo piccolo mondo, tanti anni prima. Quelle dolci parole, pronunciate con ingenuità, che avevano risvegliato quella parte del suo cuore, non invasa dal rancore. Già, il rancore. E l’odio di un ragazzino di 16 anni, sbalzato in una situazione a cui non era preparato, senza via di scampo, senza possibilità di scelta. Strinse in un abbraccio affettuoso la sua piccola Sara, guardandola con amore incondizionato.

 

“Ciao, Aurora.”

La ragazzina bruna si voltò.

“Michele”

Un sussurrò sorpreso, gli occhi colmi di felicità.

“Avevi ragione”

Lei lo fissò, corrugando la fronte.

“Sono afflitto da un’insormontabile sofferenza.”

Sorrideva, ma la ragazza intuì quanto quell’affermazione provocasse in lui.

“Non devi parlarmene, se non vuoi.”

“Ed invece temo che dovrai sopportare le mie parole, perché ho urgente bisogno di sfogarmi.”

Lei sorrise, gli si avvicinò e lo invitò delicatamente a sedersi sull’erba.

Lui parve un po’ in difficoltà.

Respirò a fondo.

“Mi manca mio fratello.”

Lei lo guardò, curiosa, ma non lo interruppe.

“I miei non sono più insieme da un po’.”, spiegò lui.

 Aurora sgranò gli occhi, stupita.

“Mio padre è andato a vivere a Roma, con mio fratello.”

“Non ci vediamo quasi mai.”

La ragazza rimase interdetta.

Senza dire una parola l’abbracciò.

Lui la lasciò fare, dimenticando di essere stato il ragazzo più aggressivo della classe.

Dimenticando di non sopportare i suoi compagni, tutti così felici.

Dimenticando di odiare il resto del mondo.

I due si lasciarono.

Scese un silenzio, ma entrambi sapevano che non c’era bisogno di parole.

Poi, Michele posò lo sguardo sulla cartella, che aveva abbandonato accanto a lui, poco prima.

“Ho una cosa per te.”

Mise la mano nello zaino e prese un fiore.

“È una camelia.”

“Per ringraziarti di avermi ascoltato.”

Lei sorrise, con un’espressione di gioia pura.

 

“Dove hai preso questo fiore, tesoro?”, domandò lui.

“Me lo ha dato la mamma. Ha preso una nuova pianta, da mettere sul balcone.”

Lui sorrise, la prese in braccio e si diresse in cucina.

Non ci fu bisogno di domande.

Lei lo guardò, in tutto la sua bellezza, che aveva egregiamente conservato negli anni.

“Per ricordarti che devi essermi grato”, disse, con una punta di malizia.

 

 

Salve a tutti!! Vorrei ringraziare tantissimo tutti lettori di questa raccolta, ma in particolare Blu Rei e Padme Undomiel, per le loro recensioni. Sto aggiornando questo capitolo perché sappiate che questa storia non avrà un seguito almeno fino a settembre. Purtroppo andrò in vacanza in un posto dove, ahimè, non c’è il computer. Vi prego però di aspettare con pazienza, perché la raccolta non è affatto completa. Grazie di tutto!!

 

Shine

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