Vita a Kuraigana!

di Yellow Canadair
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vita a Kuraigana! I bigodini di Perona ***
Capitolo 2: *** Una partita speciale ***



Capitolo 1
*** Vita a Kuraigana! I bigodini di Perona ***


Vita a Kuraigana! I bigodini di Perona

 

Com’è triste la vita a Kuraigana!” sbuffò Perona nella sua stanzetta.

Certo, definirla stanzetta era offensivo; il padrone di casa aveva concesso alla giovane ospite una camera davvero spaziosa, e considerando i suoi gusti in fatto di mobilia, era anche lussuosa.

Perona si era trovata in quella strana isola di punto in bianco, sbalzata in aria dallo strano potere di Orso Bartholomew. Poteva andarle peggio, ma anche decisamente meglio.

In quel grandissimo maniero dalle pietre grigie non c’era mai nessuno disposto a giocare con lei, i pupazzi erano così banali, così inanimati, non facevano altro che fissarla con i loro occhietti di bottone.

Ovviamente non aveva potuto farsi una valigia, prima di essere catapultata via, e nella sua nuova casa aveva dovuto cucire, con vecchi ritagli di stoffa, ago e filo, una serie di nuovi amici con cui passare le lunghe e tediose ore. Gli occhi erano stati fatti con i bottoni delle vecchie camicie del padrone della residenza, quindi erano tutti di finissima, bianca, elegante ma inespressiva madreperla.

La ragazza era appena uscita dalla doccia. Si era lavata con cura e si era passata il rasoio sulle gambe, che ora erano “lissie - lissie”, come adorava pensare. L’asciugamano che la copriva le mettevano in bella mostra, e finivano, pallide e longilinee, dentro le ciabattine rosa e nere. Continuò a spazzolarsi i capelli davanti allo specchio, poi colta dalla solitudine richiamò qualcuno dei suoi fantasmini che presero a svolazzarle attorno come uno stormo di uccelli. «Horo horo horo!» ridevano lievi.

Molto meglio.” pensò.

Perona guardò critica i suoi capelli rosei, lunghi, luminosi ma un po’ flosci. Bigodini! Servivano assolutamente i bigodini! Andò a rovistare nell’armadio e tirò fuori un sacchetto a fiori con dentro i preziosi arnesi da parrucchiera.

Ma i suoi capelli erano una massa infinita! Che noia! Ci sarebbe voluto un sacco di tempo! Oh, se almeno avesse potuto stare in compagnia di qualcuno…!

Chissà se è sveglio…” pensò con un sorriso malandrino. Si sfilò in un gesto solo l’asciugamano di dosso ed entrò nel suo pigiamino preferito, quello con la culotte color crema e la maglietta bianca a pois rosa. Si tolse le pantofoline per fare ancor meno rumore, prese il sacchetto dei bigodini e si addentrò senza paura nei corridoi del castello.

 

Drakul Mihawk era ancora sveglio, intento a leggere a lume di candela. Non era mai stato tipo da andare a letto con le galline, e finiva spesso per addormentarsi solo quando l’aurora faceva capolino (o almeno ci provava coraggiosamente, considerando la fitta nebbia) da dietro ai cipressi del giardino.

Era giusto al centro di un grandissimo letto a due piazze con la coperta di ermellino e le lenzuola lucidissime. Detestava il cotone e il lino, troppo ruvidi, e la sua biancheria era solamente di seta. Purtroppo quelle del suo colore preferito, rosso e nero, erano in tintoria, quindi in quei giorni doveva ripiegare su quelle color champagne. Innumerevoli cuscini sostenevano la schiena atletica dell’uomo, che assaporava in cuor suo la comodità del proprio letto e il silenzio della propria casa, ora che quel vandalo di Roronoa aveva finalmente smesso di stressarlo per farsi allenare più di otto ore al giorno e stava russando da qualche parte, e l’Avril Lavigne dei poveri in capelli rosa era chiusa in camera sua a sognare pipistrelli zombie e gente da deprimere.

No, almeno fino al pranzo di domani non avrebbe visto nessuno dei due, pensò tranquillo Mihawk. La serenità non contagiò il suo volto, che rimaneva severo e minaccioso come al solito. Gli occhi dorati scorrevano le righe del testo, addentrandosi nei meandri di quel saggio che dopo annose ricerche era riuscito a trovare in una piccola bottega di un paese lontano lontano.

Perona intanto, giunta davanti alla porta chiusa della camera da letto di Mihawk, ebbe un guizzo di contentezza: una flebile luce filtrava da sotto la porta, era ancora sveglio! Bussò con grazia e attese.

-Avanti.- tuonò Mihawk. Fine della tranquillità, pensò. Fine della mia lettura. Però magari qualcuno si era sentito male nella notte, come quella volta che alla signorinella era venuta la febbre altissima e Roronoa l’aveva svegliato perché lui proprio non sapeva che pesci pigliare.

-Permesso?- sorrise la ragazza facendo capolino dalla pesante porta di legno.

Mihawk le fece con una mano cenno di entrare; sprizzava troppa salute per avere qualche malanno, ergo, era venuta a dare fastidio. Non era sua abitudine però quella di chiudere in faccia la porta a qualcuno, né di far finta di dormire, quindi decise che l’avrebbe congedata rapidamente dicendole con sincerità che a quell’ora, come a tutte le altre, preferiva star solo.

-Ti serve qualcosa?- le domandò. -Altri ritagli per i tuoi pupazzi?-

-No!- esclamò Perona balzando sul morbido letto. -Oh! Come sono lisce le tue lenzuola! Horo horo!!- ridacchiò stendendosi godereccia ai piedi del materasso e costringendo Mihawk a ritirare le proprie gambe per non sfiorarla e per non farsi schiacciare un dito.

-Dunque…?- incalzò spazientito l’uomo.

-Devo mettermi i bigodini. Tienimi compagnia!- ordinò Perona con disinvoltura.

-Non se ne parla. Torna nella tua stanza.- replicò lo spadaccino. I bigodini! Era venuta per mettersi i bigodini!

-E dai!- lo pregò la ragazza gattonando fino a lui e costringendolo a chiudere il libro per non sgualcirlo. -Fammi rimanere!- disse gonfiando le guance capricciosa.

-Stavo leggendo.- esplicitò glaciale Mihawk. -Quindi per favore, esci.-

-Guarda, puoi leggere mentre io mi metto i bigodini! È semplice!- e così dicendo si accomodò tra le braccia del padrone di casa, passandogli un braccio attorno alle vigorose spalle e sforbiciando giocosa le lunghe gambe. -Ecco, vedi?- disse contenta. -Il libro lo metti qui davanti, e puoi fare come se non ci fossi!-

Perona batté le mani e richiamò qualche fantasmino. -Horo horo! Forza, datevi da fare!-

I piccoli ectoplasmi presero spazzola e bigodini dal sacchetto che era rimasto abbandonato ai piedi del letto e cominciarono a lavorare sui capelli della padroncina.

-Così possiamo farci compagnia!- sentenziò infine, mentre Mihawk, decisamente sconfitto, sospirò rassegnato.

Perona sorrise trionfante, nel luogo più ambito della casa: in braccio al temibile e tenebroso Drakul Mihawk e nel morbidissimo letto padronale! 


Perona e Mihawk appartengono ad Eiichiro Oda, storia senza scopo di lucro, leggere attentamente il foglio illustrativo, se i sintomi persistono consultare il medico.

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Capitolo 2
*** Una partita speciale ***


Vita a Kuraigana! Una partita speciale

 

Perona entrò nella stanza e li trovò a giocare a scacchi sogghignando e lanciandosi frecciatine.

-Drakul.- disse Crocodile muovendo il suo alfiere nero. -Chi mi assicura che qui a Kuraigana non mi venga a cercare nessuno?-

-Se non ti fidi sei libero di andartene.- sussurrò Mihawk. -E notare che nessuno ti inseguirà.- e la sua regina mangiò il cavallo dell’avversario.

Perona si avvicinò ai due e guardò curiosa la scacchiera, aggrottando le sopracciglia.

-Non ti sei sprecato molto, a Marineford.- tuonò l’uomo dall’uncino d’oro con un sorriso sarcastico. -Nemmeno contro di me.- la sua torre arrivò tra le file avversarie, minacciando il re.

-Non eri l’unico a combattere contro di me, laggiù.- osservò lo spadaccino. -Il mio dovere era solo far sì che quell’esecuzione proseguisse senza intoppi.- e mosse deciso il cavallo.

-Poi però è arrivato il Rosso…

-Lui non faceva parte del contratto.- pose fine alla questione Mihawk concentrandosi sulla scacchiera.

I due uomini rimasero a fissare i pezzi in cagnesco, dopo quella mossa. Crocodile fumava il suo sigaro, e si levava in silenzio un filo di fumo. Drakul Mihawk intrecciò le dita affusolate e si rilassò contro lo schienale della sua poltrona.

-Ma che accidenti state combinando!?- sbottò Perona. -State sbagliando tutto! Non avete mosso bene un solo pezzo! Ma chi vi ha insegnato a giocare!?-

Crocodile e Mihawk alzarono di scatto le teste, si guardarono negli occhi con incredulità.

-Il cavallo muove così! E la torre invece così!- spiegò la ragazza muovendo quel guazzabuglio dove i pezzi neri si mischiavano ai bianchi senza logica.

-Giocano così a… Marijoa.- disse rapido Mihawk.

-Esatto, mocciosa.- confermò Crocodile. -È una variante dei Draghi Celesti.

-Siete così noiosi da non saper nemmeno giocare a scacchi!- inveì la ragazza chiudendosi la porta alle spalle e lasciando i due uomini increduli e indecisi se riderci su o no.

Ma in fondo, riderci su sarebbe stato un parolone, per due come loro, e a farne le spese sarebbe stata quel poco di dignità che gli era rimasta dopo l’intervento della capricciosa Perona.      

 


 

 

Dietro le quinte…

Drakul Mihawk e Sir Crocodile che non sanno giocare a scacchi e credono di ingannarsi a vicenda con le loro spettacolari poker face sono gentilmente offerti da Legasy che mi ha suggerito l’idea. Grazie per aver letto anche questo delirio!! Spero che i personaggi, nonostante la brevità del racconto, non siano risultati OOC! 

Tutti i diritti riservati. I personaggi appartengono ad Eiichiro Oda, non servire sotto i 12 anni, leggere attentamente il foglio illustrativo, se i sintomi persistono sono cavoli vostri. Immagine trovata in giro per internet.

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