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Benvenuti
nella mia seconda fic su “Lizzie McGuire”! Dopo aver constatato che
la mia one-shot su questo telefilm ha fatto sì che fosse creata
l’apposita categoria nel sito, già che c’ero ho deciso di
pubblicare anche questa long-fic, che ho iniziato a scrivere anni fa, quando ho
visto per la prima volta LMG in tv, salvo poi interrompermi per mancanza di
stimoli. Beh, ora gli stimoli li ho ritrovati, eccome; e quindi lavorandoci un
po’ su e rendendola un po’ più presentabile (considerate che
la stavo scrivendo tipo quattro o cinque anni fa, non
so se mi spiego… U_U), ho deciso di presentarvi
la prima storia a più capitoli che abbia mai scritto in assoluto. Solo
una precisazione: la storia non tiene assolutamente conto del film (quando l’ho iniziata non era ancora uscito! ^^),
e i personaggi principali hanno circa sedici anni e sono già al liceo.
Ah, un’altra cosa: mi sono lasciata molto influenzare dalla serie, tanto
che ho riprodotto alcune situazioni, modificandole un po’; vi sarà
più chiaro quando vi imbatterete in scene di
questo tipo, e spero che allora non mi accuserete di poca inventiva. È solo
che il ripetersi di dati eventi ha il duplice scopo di conferire
veridicità alla storia e di rafforzare dei concetti… Beh, ad ogni
modo confido nella vostra benevolenza… ^///^
Dedico
questa storia a BabyDany94, la prima
che abbia commentato la mia one-shot What dreams are made of.
“IL MIO MIGLIORE AMICO”
1. L’ultima settimana di scuola
Oggi
è lunedì, il primo giorno dell’ultima settimana di lezioni.
Ancora cinque giorni e poi finalmente la libertà dell’estate. Non
vedo l’ora. Insomma, la scuola mi piace, ma mi piace anche quando
è chiusa, se non di più.
Miranda, Gordo e io usciamo
dalla mensa e ci dirigiamo al solito tavolino in cortile, poggiamo sul piano i
vassoi del pranzo e ci sediamo. Miranda è in preda a uno dei suoi
attacchi di parlantina e pettegolezzi.
«Ho sentito dire che
Ethan Craft ha snobbato Claire per il ballo di fine anno…»
Mi blocco con la forchetta
davanti alla bocca.
«Ethan ha snobbato Claire?»
«Già»,
conferma Miranda. «Lei lo ha invitato venerdì scorso, ma Ethan ha
risposto di avere già un’idea su chi vuole accompagnare al
ballo.»
Il mio cervello comincia a
lavorare freneticamente. Afferro il braccio di Miranda, che sussulta e mi fissa
come se fossi impazzita.
«Miranda, lo sai cosa
significa questo?»
«Le tue patate si
raffreddano», interviene Gordo.
«Oh, fammi
pensare…» Miranda si finge assorta per un istante, poi mi rivolge
uno sguardo ovvio. «Che Ethan andrà al ballo con Kate?»
Grandioso. E questa dovrebbe
essere la mia migliore amica.
«No!», grido,
quasi isterica. «Significa che inviterà me! Ho fatto
colpo!»
«Lizzie, torna sulla
Terra e non partire in quarta. Ora pensa con razionalità…»
«Non sono irrazionale,
sono realista. Ethan ha finalmente capito tutto.»
«Tutto cosa?», mi
interrompe con aria esasperata.
«Come, tutto cosa? Ha
capito che la cotta per lui non mi è mai passata e che nemmeno io gli
sono indifferente, no?»
«Ecco, vedi, è
questo che intendevo con le parole “Non partire in
quarta”…»
«Insomma, Miranda, da
che parte stai?»
«Come sarebbe? Adesso
te la prendi con me?»
Mi sento sfilare la forchetta
di mano. Mi volto a guardare Gordo, che ha già la bocca piena e mi
guarda a sua volta.
«Beh? Te l’avevo
detto che si raffreddavano…»
Miranda approfitta della mia
distrazione per divincolare il braccio dalla mia presa.
«Lizzie»,
sospira, «io non sono certo contro di te. Hai tutto il diritto di andare
ad invitare Ethan. Guarda, è laggiù.»
Mi volto verso la direzione
che mi indica e lo vedo, bello come il sole, che parla con i suoi amici. Il
cuore già mi batte a mille. Guardo di nuovo Miranda.
«Vuoi dire che dovrei
invitarlo io?»
Non avevo pensato a questa
opportunità. È piuttosto imbarazzante.
Miranda alza le spalle.
«Se sei convinta che
Ethan voglia andare al ballo con te, non vedo il problema.
Accetterà.»
Oddio, no, adesso cominciano
ad affiorare i dubbi… Beh, grazie tante, Miranda.
«Ehi, ragazzi.»
Larry Tudgeman si avvicina al
nostro tavolo. Uao, si è pettinato, stamattina. Se solo si cambiasse
quella vecchia camicia, ogni tanto…
«Miranda, posso
parlarti un attimo?», esordisce.
Sorrido alla mia amica. Ora
vedremo lei soffrire.
Miranda si volta verso di me
prima di rispondergli.
«Come? Credevo volessi
parlare con Lizzie…»
Le mollo un calcio sotto il
tavolo. Larry sembra non accorgersi di nulla.
«No», dice
tranquillamente, «volevo parlare proprio con te.»
«Beh… Ah…
Certo, vengo subito.»
Con uno sguardo atterrito,
Miranda si alza e lo segue. Sappiamo entrambe che Larry sta per invitarla al
ballo, e sappiamo entrambe che lei gli rifilerà una scusa qualsiasi e
rifiuterà. Conosco troppo bene la mia migliore amica, forse meglio di me
stessa.
Mentre Miranda si allontana
con Larry, io mi volto di nuovo verso Ethan e cerco di racimolare tutto il mio
coraggio. Gordo mi dà una lieve pacca sulla spalla.
«Non
preoccuparti», dice, «Miranda ha ragione. Se vuole andare al ballo
proprio con te, Ethan non rifiuterà il tuo invito.»
Annuisco, prendo fiato e mi
alzo.
Mi sembra di procedere al
rallentatore attraverso il cortile, mentre cerco di scegliere le parole adatte
a ciò che mi aspetta. Ma quando sono a pochi passi dal tavolo di Ethan e
sto già sfoderando il mio sorriso migliore, accanto al ragazzo dei miei
sogni appare Kate, come materializzatasi dal nulla. Mi blocco, sorpresa.
«Ciao, Ethan.»
Pronuncia il suo nome con un tono alto e chiaro, con l’evidente
intenzione di farsi sentire da tutta la scuola. «Mi chiedevo se non
avessi per caso voglia di venire al ballo della scuola con me, sabato.»
Trattengo il fiato e resto
immobile al mio posto. Speriamo che dica di no, speriamo che dica di no…
Nel silenzio generale, Ethan
guarda Kate e poi sorride. Quel sorriso che mi fa sciogliere, rivolto ad
un’altra, rivolto a Kate Sanders. Finalmente Ethan risponde.
«Sì, forte. Mi
piacerebbe.»
Sapevo che avrebbe detto
di… Un momento: ha detto di sì?
Torno a respirare mentre
guardo Kate sorridere melensa. Mi chiedo se sono destinata a dovermi fare da
parte tutte le volte. Non mi rimane altro da fare che voltare le spalle e
tornare al mio pranzo.
Ritorno al tavolo come un
automa e mi lascio cadere a sedere.
«Mi sa che sei arrivata
tardi, eh?», osserva Gordo.
Ma davvero? Strano, non me
n’ero accorta.
«Beh», sospiro,
passandomi le mani sul viso, «mi sbagliavo. Ovviamente, io non sono
abbastanza… Kate per andare al ballo con Ethan Craft. Nemmeno per
sperarci.»
«Lizzie», dice
Gordo a mezza voce, «tu sei fantastica così come sei, e lo sei
proprio perché tu sei tu, e non Kate.»
Lo guardo e cerco di sorridergli,
ma all’improvviso mi sento in imbarazzo. È sempre così,
ormai, quando Gordo mi fa un complimento qualsiasi. È così fin da
quella sera, quando Kate mi ha guardato e mi ha ordinato di aprire gli occhi,
spiattellandomi in faccia che Gordo ha una cotta per me.
Mi rifiuto categoricamente di
credere a una tale sciocchezza, ma… Ma lo ammetto, quelle parole non mi
danno pace.
Conosco Gordo da tutta una
vita, e non si tratta di un eufemismo. Siamo praticamente cresciuti insieme.
Lui è sempre stato il mio migliore amico, sempre al mio fianco, sempre
pronto ad aiutarmi e consolarmi. Quando ho avuto quella storia con Ronnie
Jacobs e ho provato la mia prima delusione d’amore, Gordo era lì.
Quando Ethan mi ha detto chiaramente che per lui sono solo un’amica, Gordo
era lì. È sempre stato lì. Ed è strano per me
pensare che in tutto questo tempo mi abbia nascosto di provare qualcosa per
me…
I miei pensieri vengono
bruscamente interrotti da un tonfo.
Miranda è appena
crollata sulla panca. Sospira e riprende in mano il suo vassoio.
«Bentornata. Che ti ha
detto Larry?»
Sì, lo ammetto, la sto
stuzzicando. Beh, devo pur cercare di tirarmi su il morale, no?
Miranda mi fulmina con lo
sguardo e si caccia in bocca una forchettata di patate al forno.
«Lo sai benissimo. Mi
ha invitata al ballo.»
«Tranquilla,
Miranda.» Sorrido con rassegnazione. «Non dovrai passare tutta la
serata da sola, sabato. Ci sarò io accanto a te. Purtroppo Kate mi ha
preceduto con Ethan.»
Miranda mastica più
lentamente.
«Ehm…
Lizzie…»
«Già, almeno
faremo tappezzeria insieme.»
«No…
Lizzie… Non hai capito…»
«Cosa non ho
capito?»
Riprende a masticare
furiosamente.
«Ecco… Ho
accettato l’invito di Tudgeman.»
Rimango
a bocca aperta. Ehi, un attimo solo: è proprio Miranda Sanchez a parlare
o un pericoloso alieno mutante che ha preso le sue sembianze per divertirsi
alle nostre spalle?
«Cosa hai fatto?»
«Ho dovuto
farlo», cerca di giustificarsi. «Tanto non ci sarebbe stato nessun
altro ragazzo disposto ad invitarmi, perciò tanto valeva dire di
sì a Tudgeman. Non mi piace affatto l’idea di andare al ballo
senza cavaliere, Lizzie.»
«Miranda, ma lo sai
cosa stai dicendo? Stiamo parlando di Larry Tudgeman, accidenti! Io gli
ho concesso un solo appuntamento e il giorno dopo lui era convinto che fossimo fidanzati!
Te ne sei dimenticata, forse?»
Deglutisce e comincia a
tossire, rischiando di strozzarsi. Gordo le versa un bicchiere d’acqua.
Miranda lo afferra e lo vuota in un solo sorso.
«Non… Non ci
avevo pensato», bofonchia tornando a guardarmi. «Oddio, Lizzie,
è terribile! Domani tutta la scuola crederà che io stia con Larry
Tudgeman! La mia reputazione è rovinata!»
«Se è questo che
ti preoccupa, sappi che lo crederanno già da oggi. Ad ogni modo, ormai
non puoi andare da lui e rimangiarti tutto. Non sarebbe carino nei suoi
confronti.» Mi passo stancamente una mano tra i capelli. «Beh, se
non altro tu non andrai al ballo da sola.»
«Ora non
disperarti», dice Miranda, preoccupandosi finalmente anche per me.
«Ci sono ancora tanti ragazzi disponibili.»
«Davvero?»,
ironizzo. «Ad esempio?»
Assume un’aria
concentrata e riflette per un momento. Poi il suo sguardo si posa su Gordo.
«Tu sei un ragazzo,
se non sbaglio.»
Sbircio l’espressione
di Gordo. Non saprei dire chi tra noi due è più imbarazzato.
Cerca di mostrarsi distaccato e a suo agio.
«Ti ringrazio per la
tua arguzia, Miranda, ma devo deluderti: ho promesso a me stesso di non andare
a quel ballo, in modo da dimostrare, a me stesso quanto agli altri, che tale
ballo non è affatto essenziale per lo studente.»
Miranda lo guarda, perplessa
dalla sua nuova strampalata teoria. Io cerco di tagliare corto.
«Non è un vero
problema il non avere un accompagnatore», confesso, voltandomi di nuovo
nella direzione di Ethan. «Ciò che mi dà più
fastidio è l’essere stata di nuovo superata da Kate, ancora una
volta. Proprio da quella che un tempo era una delle mie migliori amiche.»
***
Qualcuno bussa alla porta
della mia camera.
«Avanti», ribatto
senza alzare lo sguardo.
Con la coda dell’occhio
vedo mia madre entrare, chiudersi la porta alle spalle e dirigersi verso il mio
letto. Continuo a tenere gli occhi fissi sul libro che sto leggendo.
«Coraggio, Lizzie. Cosa
c’è?», comincia senza preamboli.
«Di cosa stai parlando,
mamma?»
«È tutto il
giorno che sei strana. A cena non hai praticamente aperto bocca e non hai mai
ribattuto alle frecciatine di tuo fratello. Decisamente, qualcosa non va. Sputa
il rospo.»
Sospiro, chiudo il libro e la
guardo.
«Pensavo solo al ballo
di sabato sera.»
Il suo viso si illumina.
«Oh, capisco. Problemi
con il tuo cavaliere, vero?»
Oddio, pensa che voglia
sfogarmi riguardo la persona che dovrebbe accompagnarmi al ballo. Si vede che
sarebbe felicissima di darmi qualche consiglio sugli uomini. Del resto,
è ciò che fa sempre: mettermi in guardia dai ragazzi di oggi.
«Beh, effettivamente
sì. Il problema è che il cavaliere non ce l’ho.»
Per un istante mi sembra
sorpresa. Poi mi sorride.
«Coraggio, tesoro, hai
ancora tempo per trovarlo. Vedrai quanti bei ragazzi ti inviteranno, nei
prossimi giorni. Avrai l’imbarazzo della scelta.»
«Può
darsi», la interrompo, «ma non potrò certo sperare
nell’invito di colui che vorrei mi invitasse, perché è
già impegnato. Non credo che riuscirei ad accettare di andarci con
qualcun altro. E il peggio è che anche Miranda è impegnata, per
cui non avrò nemmeno la sua compagnia. Mamma, sto seriamente pensando di
restare a casa, sabato.»
Mi fermo e riprendo fiato.
Non mi sono nemmeno resa conto di aver cominciato una delle mie tirate.
«D’accordo,
adesso calmati», dice la mamma. «E ascolta me. Il solo fatto di non
volere un altro cavaliere per il ballo non ti impedisce di andarci lo
stesso e divertirti. Lo sai che spesso i ragazzi migliori li trovi alle feste,
sprovvisti di una dama? Vedrai che anche stavolta andrà così:
sabato sera troverai mille ragazzi senza una compagna pronti a chiederti almeno
un ballo. Così, invece che avere un solo cavaliere, alla fine ne avrai
molti di più, un centinaio almeno.»
Mi sforzo di sorriderle. Mia
madre è bravissima a tirare su il morale alla famiglia. Ma, in tutta
sincerità, non credo proprio che stavolta seguirò il suo
consiglio.
Mi aspetta un lungo,
noiosissimo weekend domestico.
Ecco a voi il secondo capitolo… Innanzitutto ci tengo a fare dei
ringraziamenti: a Bellafifi1986, Chefame93, Juju210 e PikkolaGrandefan, per avere inserito questa fic tra i loro preferiti… E inoltre un ringraziamento
doppio a Juju210 e PikkolaGrandefan per le loro
recensioni (a proposito, niente paura, PikkolaGrandefan,
è OVVIAMENTE una Lizzie/Gordo,
anche se loro due ne dovranno passare di tutti i colori prima di poterlo
capire!).
E ora, sperando che questo capitolo sia di vostro gradimento, vi auguro
una buona lettura…
“IL MIO MIGLIORE AMICO”
2. Il ballo di fine anno
Ma chi accidenti me
l’ha fatto fare?
Mi guardo allo specchio per
l’ennesima volta. I capelli mi sembrano l’unica cosa decente.
Pensare che ero tanto soddisfatta, quando ho prosciugato la mia paghetta per comprare
questo completo. E ora, invece, mi sembra che lo specchio rifletta
semplicemente l’immagine di una totale idiota.
Del resto, però, che
razza di migliore amica sarei se non facessi questo favore a Miranda? Mi ha
praticamente implorato in ginocchio.
Matt entra nella mia stanza e
mi osserva con aria critica. Mi sento talmente sfinita che non ho neanche
voglia di urlargli contro di bussare prima di entrare.
«Sembri una scema
agghindata a festa, sorellina», sogghigna.
Mi viene voglia di
strozzarlo.
«Ma davvero? Si
dà il caso che nessuno abbia chiesto il tuo parere, fratellino.»
«Ecco, è
esattamente questo tuo brutto atteggiamento a sfigurarti, credo»,
aggiunge Matt. «Magari, se provassi a rilassarti un
po’…»
Buffo. Stavolta la peste ha
detto qualcosa di sensato.
Dal piano di sotto mi giunge
il suono del campanello. Mi precipito giù per le scale e apro la porta
prima che possano farlo i miei.
Miranda indossa un bel
vestito azzurro, con la gonna lunga e non troppo stretta. Ha i capelli neri
sciolti sulle spalle e mi squadra da capo a piedi.
«Uao, Lizzie, stai
benissimo! Mica come me, che sembro una totale idiota…»
È proprio strano: i
nostri pensieri riguardo noi stesse sono praticamente identici, però
scambiati di posto. Mi liscio nervosamente i pantaloni in velluto.
«Sei tu che stai
benissimo», le assicuro con sincerità. «Ehm… Allora
andiamo?»
Annuisce e dal suo silenzio
capisco che è psicologicamente distrutta. Grido un saluto alla mamma e
al papà, mi chiudo la porta di casa alle spalle ed esco con Miranda.
Ci incamminiamo lentamente,
in direzione della scuola.
«Grazie per essere
venuta con me», esordisce Miranda dopo una lunga pausa di silenzio.
«Non ce l’avrei fatta a farmi accompagnare da Tudgeman. Sarà
già dura al ritorno, quando non potrò evitarlo in alcun
modo… Pensa che imbarazzo se si fosse presentato a casa dai miei!»
«Non c’è
problema», dico automaticamente, anche se il problema c’è,
eccome.
Non avevo intenzione di
andare a quel ballo, cavolo!
Arriviamo a scuola fin troppo
presto. Le finestre della palestra sono illuminate: è lì che si
terrà il ballo. La musica ci raggiunge e comincio a sentirmi fuori
posto.
Larry Tudgeman è in
piedi nel cortile, con un gran mazzo di strani fiori in mano. Indossa uno
smoking scuro che sembra risalire come minimo a trent’anni fa e,
nonostante l’eleganza, sembra più fuori posto di me.
Miranda geme lievemente
quando Larry si volta verso di noi. Il suo viso si illumina come un albero di
Natale. Si avvicina a grandi passi.
«Miranda! Sono
così felice che tu sia qui…» Intuisco che non ci credeva
nemmeno lui, e non saprei dire chi è più sorpreso dalla cosa, tra
lui e Miranda. «Questi sono per te», aggiunge, porgendole i fiori.
«Grazie, Larry»,
fa lei, imbarazzata.
Se non altro, il suo è
stato un bel gesto. Ho imparato a conoscere Larry Tudgeman e ho capito che non
è male, come ragazzo… Beh, almeno in linea di massima.
«Andiamo?»
Vedo Miranda farsi coraggio e
affiancarsi a Larry, che non mi ha nemmeno salutato. Ripensandoci, ci sono
molti punti negativi, in questo tipo…
Entro anch’io e mi
guardo intorno con ammirazione. La palestra è tutta addobbata e
l’insieme è davvero carino: rinfresco, pista da ballo e perfino un
dj.
Qualcuno sta già
ballando, ma non sono dell’umore giusto per unirmi a loro. Dato che non
posso godere di altre distrazioni, mi dirigo alla tavola imbandita e mi caccio
svogliatamente in bocca una manciata di popcorn. La serata non promette un gran
divertimento, esattamente come previsto.
Mi siedo su una panca
accostata ad una parete e scorro la pista con lo sguardo. Non c’è
traccia di Claire, che certamente sta ancora digerendo il rifiuto di Ethan
Craft. Kate, al contrario, è impettita al margine della pista, tirata a
lucido nel suo abitino rosso da almeno trecento dollari e stretta al braccio di
Ethan. Li fisso e noto con piacere sadico che Ethan sembra più
interessato al rinfresco che a Kate.
«Ehi, ciao.»
Sussulto e mi volto. Mi
ritrovo a guardare Gordo.
«Ciao», ribatto,
sorpresa. «Credevo che non volessi venire… Qualcosa a proposito di
una dimostrazione dei tuoi ideali o cose del genere, no?»
«Effettivamente no, non
volevo», sorride con aria un po’ impacciata. «Ma mi sono
detto che non era giusto lasciare sola la mia migliore amica.»
Ricambio il sorriso con
infinita gratitudine.
«Grazie, Gordo.
Davvero.»
Si siede accanto a me e mi
guarda ironico.
«Ehi, cos’hai
capito? Io parlavo di Miranda…»
Gli mollo un pugno leggero
sul braccio, ridendo.
«Brutto scemo.»
«Almeno ti ho fatto
ridere. Non è una buona cosa?»
Scuoto la testa continuando a
sorridere. Certo che è una buona cosa.
Parliamo del più e del
meno e non mi rendo neanche conto del passare del tempo. Miranda continua a
battere la pista con Larry, scoccandoci spesso degli sguardi imploranti.
Improvvisamente la musica
cambia e le luci si abbassano. Le coppie cominciano a ballare un lento. Mi
volto verso Ethan e Kate e li vedo abbracciati. Vorrei sprofondare, pur di non
assistere a questa scena.
«Ci stai proprio male,
vero?», mormora Gordo.
Mi accorgo che ha seguito il
mio sguardo e ha percepito il mio fastidio. Beh, del resto è un
po’ difficile non notarlo.
Cerco di fare finta di
niente.
«Ma no, la cosa non mi
tocca neanche.»
Bleah. Che bugia debole.
Gordo si volta a guardarmi.
«Non hai bisogno di
mentire con me, Lizzie. Credi che non ti conosca abbastanza da capire come ti
senti? Sto solo cercando di farti capire che, se vuoi, puoi sempre sfogarti con
qualcuno. Tutto qui.»
Annuisco lentamente e alzo lo
sguardo su di lui. Improvvisamente capisco qual è la prossima cosa da
dire.
«Balleresti con me,
Gordo?»
Per un istante mi fissa
stupito. Poi sorride timidamente, si alza e mi porge la mano.
Lo conduco sulla pista,
lascio che le sue braccia mi circondino la vita e lo abbraccio
all’altezza delle spalle. Gli sfioro appena la spalla con una guancia,
chiudo gli occhi e mi rendo improvvisamente conto di aver già vissuto
una scena simile a questa…
È stato quando Matt ha
istituito una sorta di pub nel cortile di casa nostra. Anche allora la scuola
aveva organizzato un ballo. Anche allora non ero riuscita ad andarci con Ethan.
Ricordo che Gordo non aveva ricevuto nemmeno un invito: in
quell’occasione erano le ragazze a invitare. E ricordo che non siamo
andati al ballo, che ci siamo rifugiati in cortile con Matt e Miranda e che io
ho invitato Gordo a ballare.
È buffo il modo in cui
la storia si ripete.
No,
aspettate un momento… Qualche differenza c’è. Quella volta
io ero un po’ più alta di Gordo. Adesso non è più
così. Ehi, ma quando diavolo è cresciuto? Io dov’ero? E
poi… E poi, quella volta, non abbiamo ballato così… Non
eravamo così… abbracciati…
Apro gli occhi: la mia testa
è reclinata sulla spalla di Gordo, quasi contro la mia volontà, e
siamo tremendamente vicini. Riesco quasi a sentire i battiti del suo cuore.
Sollevo di poco la testa,
sentendomi improvvisamente a disagio. Vedo Miranda stretta nella morsa di
Larry: cerca di divincolarsi e guarda verso di me, negli occhi un misto di
terrore, disgusto e… invidia?
La musica finalmente cessa e
le luci tornano normali, mentre il dj inserisce un pezzo rock. Mi allontano
lentamente da Gordo. Ci sorridiamo, ma vedo bene che è incerto e confuso
quanto me.
«Fa un po’ caldo,
qui dentro», dice, distogliendo lo sguardo.
«Sì, hai
ragione. Sarà meglio uscire», convengo io.
Sgattaioliamo fuori dalla
pista e ci dirigiamo verso la porta. A metà strada finisco addosso a
qualcuno che sembra sbucato dal nulla.
«Oh, chiedo
scusa…»
Alzo la testa e mi blocco
all’istante. È Ethan.
«Lizzie?», fa lui
con tono quasi incredulo, mandandomi in ebollizione. «Stai benissimo,
stasera!»
«Grazie, Ethan»,
sorrido scostandomi i capelli dal viso, cercando di indurlo a dirmi
qualcos’altro di carino.
Ma all’improvviso
appare Kate accanto a lui.
«Ah. McGuire»,
pronuncia a mo’ di saluto, fissandomi dall’alto in basso. Poi si
volta e mi ignora. «Vieni, Ethan, andiamo a prenderci qualcosa da
bere.»
Mi lancia uno sguardo
trionfante mentre lo trascina via con sé. Ricambio con
un’occhiataccia.
«Che smorfiosa.»
Gordo mi prende per un braccio e mi fa voltare. «Dai, lasciala
perdere.»
Sospiro e mi lascio guidare
fuori, all’aperto.
L’aria fresca mi sembra
un toccasana. Il cielo è limpido, senza una nuvola; la luna è
piena e le stelle brillano. Per qualche istante smetto di pensare a qualsiasi
cosa.
Mi siedo su una panchina nel
cortile e guardo la luna, puntando i gomiti sulle ginocchia e poggiando la
testa su una mano.
«È
bellissima», mormoro.
Gordo mi siede accanto e mi
guarda.
«Sì.
Fantastica.»
Sposto lo sguardo su di lui e
vedo che il suo viso è ben illuminato dalla luce proveniente dalla
finestra alle nostre spalle. Che strano… Non mi sono mai soffermata sui
suoi occhi. Non ho mai davvero notato che sono chiari e limpidi.
All’improvviso capisco che ci sono molte cose del mio migliore amico a
cui non ho mai pensato.
Continuo a guardarlo senza
parlare. Indossa uno smoking simile a quello di Larry, eppure sta benissimo.
È… Oddio, non avrei mai pensato di poter definire Gordo in questi
termini, ma… Sì, è carino, a modo suo.
«Lizzie…»
Mi sembra di vederlo arrossire, ma non ne sono sicura. «Ecco,
c’è… C’è una cosa che… vorrei
dirti.»
Oh, oh. Di botto tutte le
parole di Kate che ho sempre voluto ignorare mi ripiombano addosso. Non
è possibile. Gordo sta davvero per dirmi che io gli piaccio? Davvero ha
una cotta per me? Non capisco più niente.
«Certo, dimmi», mormoro,
sperando di non farfugliare.
Gordo si passa una mano
dietro il collo, senza guardarmi; poi torna a voltarsi verso di me.
«Beh…
Io…»
Qualcuno o qualcosa sfreccia
fuori dalla palestra e piomba sulla panchina. Alzo lo sguardo, confusa.
«Ah, eccovi qui»,
ansima Miranda. «Vi supplico, aiutatemi: Larry mi sta facendo impazzire!
Nascondetemi! Portatemi a casa! Almeno voi, abbiate pietà!»
«Miranda!»
Larry appare alle sue spalle.
Miranda si irrigidisce.
«Ecco
dov’eri!», sorride Larry. «Dai, vieni dentro, ti stai
perdendo la festa.»
Miranda mi guarda
supplichevole, ma con lo sguardo le faccio capire che non posso farci niente.
Dopotutto è stata lei a cacciarsi in questa situazione: avrebbe potuto
semplicemente rifiutare l’invito di Larry.
Mentre tornano dentro, mi
volto di nuovo verso Gordo.
«Allora… Cosa
stavi dicendo?»
Non so perché, ma ho
proprio voglia che le cose si chiariscano, tra noi. Anche se non ho idea di
come reagirei se lui ora mi dicesse che… Aiuto, non so cosa fare!
Gordo mi guarda e infine
scuote la testa.
«Niente, lascia
stare.» Si alza di scatto dalla panchina. «Dai, torniamo dentro
anche noi.»
***
Siamo in
piedi nel parcheggio della scuola. Il ballo è finito da una buona
mezz’ora. Miranda è andata via con Larry, come gli aveva promesso.
Gordo si è offerto di farmi compagnia finché non arriverà
mio padre.
Avevo pensato che, durante la
serata, avrebbe ripreso il discorso lasciato in sospeso. Ma non l’ha
fatto. Questa, poi, sarebbe l’occasione adatta per parlare. Invece siamo
qui già da dieci minuti e non è successo proprio nulla. Non so
più cosa pensare.
Finalmente l’auto del
papà entra nel parcheggio e si ferma davanti a noi. Mio padre esce con
la testa dal finestrino.
«Ehi, Gordo. Sali, ti
do un passaggio.»
«Grazie mille, signor
McGuire.»
Gordo apre la portiera
posteriore. Io mi siedo accanto al papà e mi allaccio la cintura.
«Allora, tesoro»,
esordisce il papà mentre riparte, «ti sei divertita?»
«Per niente»,
ribatto. «Finché non è venuto qualcuno a farmi
compagnia.»
Mi volto verso Gordo e gli
sorrido. Lui ricambia, poi si gira a guardare fuori dal finestrino.
Durante il tragitto parliamo
tranquillamente del più e del meno. Ben presto arriviamo davanti a casa
Gordon.
Gordo ringrazia del passaggio
e io scendo per salutarlo.
«Beh, ‘notte,
Lizzie.»
«Ehi», lo fermo
prima che rientri in casa. «Grazie per stasera. Davvero. Ti ringrazio
tanto.»
«E di cosa?»
Gordo sorride impacciato. Per
un istante ho l’impressione che stia per aggiungere qualcosa, ma poi
sembra rinunciarci e scuote leggermente la testa.
«Allora
buonanotte», lo saluto.
Poi, prima che possa rendermi
conto di ciò che sto facendo, avanzo verso di lui e lo bacio su una
guancia.
Gordo rimane immobile a
guardarmi. Lo vedo arrossire nella penombra e all’improvviso avverto
tutto l’imbarazzo del gesto che ho appena compiuto.
Mi volto e torno velocemente
alla macchina.
Mentre rimette in moto, il
papà mi fissa a lungo, in silenzio. Mi chiedo che cos’abbia visto.
Sfuggo ai suoi occhi e appoggio una guancia rovente al vetro gelido del
finestrino.
È assurdo. È
semplicemente assurdo. Io non ho una cotta per Gordo.
Eccomi tornata con un po’ di anticipo!… Allora, ringrazio
subito Selhin e Sarahpoxy
per aver inserito questa fic tra i preferiti… E
ovviamente grazie ancora a Selhin, Juju210 e PikkolaGrandeFan per le loro recensioni… Sono veramente
contenta che questa storia vi piaccia, ragazze; pensate che credevo fosse un po’
troppo banale per pensare di pubblicarla! ^^ Beh, ora ci tengo a precisare una
cosa: nei prossimi capitoli Lizzie continuerà
a fare il filo a Ethan… Ma questo ovviamente non esclude il fatto che lei,
conoscendo i sentimenti di Gordo, si senta sempre
molto confusa… Insomma, le apparenze ingannano!
Buona lettura a tutti… Fatemi sapere che ne pensate!
“IL MIO MIGLIORE AMICO”
3. Tentativi di conquista
«Lizzie,
c’è Miranda al telefono.»
«Arrivo, mamma.»
Afferro al volo il portatile
mentre salgo in camera e me lo porto all’orecchio.
«Pronto,
Miranda?»
«Meno male che sei
lì», mi giunge la sua voce concitata.
«Miranda, non avevi
detto che non mi avresti chiamato dal Messico per via dei costi?»
«Sì, lo so, ma
questa è un’emergenza: devo assolutamente sfogarmi con qualcuno,
prima di esplodere! Bene, abbiamo poco tempo, non devono beccarmi al telefono
con te.»
Mi informa velocemente su
ciò che ha subito nelle ultime ore. È partita in vacanza con i
suoi solo da ieri, eppure sembra che ne abbia già passate di tutti i
colori. Si sfoga per dieci minuti buoni sulle ‘torture’ che la sua
famiglia le sta infliggendo; alla fine sospira profondamente.
«Ehi, mi sento meglio.
Avrei dovuto telefonarti prima.»
No, non le sarebbe convenuto.
E lo sa benissimo.
«Spero che torni
presto», le dico, cercando di consolarla. «Le vacanze non sono le
stesse, senza di te.»
«E lo dici a me?»
Ci salutiamo e lei
riaggancia. Mi auguro che non abbia appena speso un patrimonio.
«Lizzie, è
arrivato Gordo.»
«Ti dispiace mandarlo
di sopra?»
Mi dirigo allo specchio del
cassettone e mi spazzolo i capelli. Mi sto ancora pettinando quando Gordo entra
nella mia stanza.
«Ciao, Lizzie.»
«Ciao. Siediti
pure.»
Si lascia cadere sul mio
letto. Lo informo della telefonata di Miranda, poi mollo la spazzola e lo
guardo nello specchio.
«Allora, che si fa
oggi?»
«Prima devo riferirti
un messaggio. Tua madre mi ha detto di dirti che è stufa di urlarti le
cose solo perché tu non ti prendi mai la briga di muoverti e andare a
vedere con i tuoi occhi quello che succede in casa.»
Mi volto, perplessa.
«Scusa, ma questo cosa
c’entra?»
«Ho cercato di dirtelo
subito, ma da quando sono arrivato hai parlato ininterrottamente… così
non ne ho avuto il modo.»
Ops. E così ha notato
la mia loquacità forzata. Chissà se ha notato anche che ormai mi
comporto così da ben cinque giorni, ossia dalla sera del ballo…
Ma come faccio a dirgli che
mi sforzo di parlare per la paura di restare in silenzio e guardarlo negli
occhi?
***
Siamo seduti a un tavolo del Digital
Bean, con due frullati davanti a noi. Continuiamo a parlare di qualsiasi
argomento e, quando è Gordo a parlare, faccio di tutto per scacciare
dalla mia mente le immagini di quella notte, di quando ci siamo seduti in
disparte, di quando non ha trovato le parole per ciò che voleva dirmi,
di quando l’ho baciato sulla guancia, perché l’imbarazzo
è insostenibile. Ma è difficile fare finta di niente. Sono giorni
che ci provo, da quando la scuola è ufficialmente finita con il ballo di
fine anno; e la partenza di Miranda ha complicato le cose, perché ora
non passo più il pomeriggio con lei e Gordo, ma sola con Gordo.
Non faccio che pensarci.
Accidenti, io ho preso l’iniziativa e gli ho dato un bacio. Sì,
d’accordo, l’ho già fatto prima, alla fine delle scuole
medie, appena dopo aver scoperto quanto lui in realtà mi fosse vicino.
Ma allora era diverso. Allora volevo dimostrargli la mia gratitudine e la mia
amicizia, sul serio. Ora, invece… Ora non faccio che chiedermi il motivo
del mio bacio. Insomma, un bacio è un bacio, anche se sulla guancia. Sento che stavolta ha un significato
diverso… Ma non voglio, non posso, non devo pensarci. Io non sono
innamorata di Gordo. Punto e basta. Sono la sua migliore amica, e con lui devo
essere spontanea e sincera. Almeno, devo provarci.
Anche adesso mi sforzo di sembrare naturale. Poi,
qualcosa mi distoglie dalla conversazione.
Ethan Craft è appena
entrato nel locale.
Nota il nostro tavolo,
proprio accanto alla porta, e ci vede. Ci saluta venendoci incontro.
«Ehi, ciao,
ragazzi.»
Il cuore mi balza in gola.
Questa volta Kate non è nei paraggi… Questa volta ho la mia vera
occasione!
«Ciao, Ethan.»
Ricambio il saluto con voce forte e chiara. «Perché non ti siedi
qui con noi?»
Afferra lo schienale di una
sedia di plastica e si siede accanto a me, proprio accantoa me!
«Allora, che si dice?»
«Le solite cose»,
gli fa Gordo, alzando le spalle, concentrandosi sul suo frullato.
«Ehi.» Ethan si
sporge verso di me, e io mi sento evaporare per la sua vicinanza. «Questa
è fragola, giusto?»
Speravo mi dicesse ben altro,
ma gli sorrido comunque, radiosa.
«Sì,
esatto!»
Lui alza lentamente gli
occhi, quegli occhi che mi fanno liquefare, e li fissa nei miei. Sono certa di
essere sul punto di una crisi respiratoria.
«Lizzie… Me lo
faresti assaggiare?», sussurra.
Fa’ che la mia voce non sia quella di Minni, fa’ che la mia
voce non sia quella di Minni…!
«Certo!»
Continuo a sorridergli mentre
gli porgo il mio bicchiere. Ethan sorride di rimando, chinandosi ancora, prima
di bere un sorso del mio frullato. Dalla mia
cannuccia.
Mi mordo il labbro, cercando
di controllare i battiti furiosi del mio cuore, senza distogliere lo sguardo.
Con la coda dell’occhio però mi sembra di vedere che Gordo,
dall’altra parte del tavolo, alza gli occhi al cielo. Odio quando fa così.
Ethan si risolleva,
passandosi il dorso della mano sulla bocca, e poi torna a sorridermi. Sto per
svenire, ne sono matematicamente, drasticamente, assolutamente certa.
«Beh, ragazzi, devo
scappare.»
Oh, no, non così
presto!
Inutile. Lui è
già in piedi, ci saluta con la mano; poi volta le spalle ed esce dal
locale.
Sospiro profondamente, mentre
aspetto che l’adrenalina torni ad un livello nella media. Attesa vana.
Sono eccitatissima, esagitata, entusiasta.
Mi volto e vedo gli occhi di
Gordo fissi su di me, sotto le sopracciglia alzate con disapprovazione.
«Se ti vedessi,
sembreresti ridicola persino a te stessa», dice scuotendo la testa.
«Lizzie, torna sulla Terra.»
«Tornare sulla
Terra?» Lo guardo interdetta. «Gordo, ma tu ci sei, sulla Terra? Non hai visto quel che è appena
successo?»
«Ah, ho visto
sì. Ho visto Ethan Craft scroccarti mezzo frullato con un solo, lungo
risucchio.»
«Smettila di fare il
sarcastico!», sbuffo, per poi sorridere apertamente. «Ma non
capisci? Non hai visto come mi guardava?»
«Certo che l’ho
visto. Come un assetato.»
«No! Voglio dire che era davvero… felice di vedermi. Di vedere
me, capisci? Questo vuol dire una
cosa sola…»
Gordo posa la guancia su una
mano, guardandomi con ironica attesa.
«Che i suoi occhi hanno
visto la luce dopo che hai placato la sua sete?»
«No!», strillo di nuovo. «Che ho qualche
possibilità con lui!»
Gli occhi di Gordo si
chiudono esasperati.
«Oh, Lizzie, mi farai
diventare matto.»
Mi sistemo i capelli dietro
le orecchie, sospirando e scoccandogli un’occhiataccia.
«Senti, Gordo…
È un secolo che mi piace
Ethan, e tu lo sai. Io, semplicemente, non voglio mollare. Ecco tutto. È
un problema per te?»
Riapre lentamente gli occhi.
Quando intravedo di nuovo quel verde azzurrino, comincio a sentirmi a disagio.
Un momento: quand’è che ci siamo inoltrati in questa conversazione
imbarazzante? Presto, torniamo indietro, premiamo il reset, per carità!
Mi do mentalmente della
stupida. Come ho potuto dirgli una cosa del genere? Adesso lui mi dirà
che sì, per lui è un problema, che la mia cotta per Ethan gli
dà fastidio, perché… Oddio… E poi? Poi cosa gli dirò
io? Aiuto, non so come uscirne, non
so cosa fare!
Gordo sospira. Io trattengo
il fiato, terrorizzata. Poi…
«Mi dispiace, Lizzie.
So bene quanto ci tieni.» Mi rivolge un lieve sorriso, un po’
forzato, in effetti. «Prometto che non ci scherzerò più
sopra, d’accordo? E se vuoi… Se avrai bisogno di aiuto… ti
darò una mano.»
Lascio andare il respiro.
Sono sbalordita. È questo ciò che lui farebbe per me? Lasciar
perdere le proprie idee… i propri sentimenti, pur di vedermi felice?
Distolgo lo sguardo,
proiettandolo sul tavolo. All’improvviso mi sento quasi indegna di
specchiarmi in quei suoi occhi così puri, trasparenti, leali.
Vorrei sorridergli, dirgli
quanto gli sono grata della sua vicinanza, quanto sono felice che sia mio
amico…
Ma tutto ciò che
riesco a fare è sentirmi inspiegabilmente in colpa.
***
«Allora, Gordo, che te
ne pare?» Mi avvicino al petto la gruccia con la maglietta bianca e
rossa. «Oppure credi sia meglio questa?» Cambio mano, mostrando
stavolta una t-shirt nera con il collo largo.
Gordo alza lo sguardo.
È seduto sul mio letto, circondato dai miei vari capi
d’abbigliamento, e ha l’aria di non capirci più niente. I
ragazzi non capiranno mai l’universo vestiario femminile.
«Dai, Gordo, ti prego,
esprimi un giudizio!», lo incalzo.
«Accidenti, Lizzie, non
sono un consulente d’immagine! E poi stai benissimo
comunque…»
Per un istante mi sento
arrossire, ma scuoto la testa con foga.
«Grazie, ma questa non
è un’occasione qualunque. Insomma, se devo pedinare Ethan Craft,
devo essere al meglio!»
Lui sospira. Alza gli occhi
al cielo. Di nuovo. Non capisce che così mi fa sentire una stupida?
«D’accordo…»,
mi fa poi. Indica la maglietta nera. «Personalmente, mi piace di
più quella.»
Sorrido.
«Ottima scelta.»
Lascio cadere sul letto l’altra gruccia; poi mi dirigo verso la porta del
bagno. «Ehm, bene, io… andrei a… a metterla.»
Forse colto
dall’imbarazzo, lui abbassa di colpo la testa.
«Certo»,
borbotta. «Ti aspetto qui.»
Mi chiudo nel bagno, mi
guardo allo specchio, e mi scopro le guance in fiamme. Stare sola con Gordo non
mi aveva mai messa tanto in imbarazzo come negli ultimi tempi. Rimpiango
amaramente di avergli chiesto alla fine di aiutarmi in questa cosa.
Mi sfilo la maglietta per
provare quella nera. È un po’ che non la metto, ma per fortuna mi
sta ancora a pennello. Quando sono pronta, sciolgo i capelli sulle spalle, per
osservare il contrasto del biondo con il nero. Sorrido tra me e me. Davvero
un’ottima scelta, Gordo.
Torno nella mia stanza,
lisciandomi nervosamente la maglietta, spianando pieghe inesistenti. Gordo
è ancora seduto sul letto, ma è chino in avanti, la fronte tra le
mani. Come tormentato da chissà quali pensieri, esasperato, oppresso da
un peso. Mi fermo a guardarlo.
Chissà a cosa sta
pensando.
No, non devo nemmeno
chiedermelo. Devo andare avanti come al solito. È troppo strano pensare
che lui…
Mi schiarisco la gola, piano,
ma lui sobbalza comunque. Poi torna a sedersi ritto e mi guarda. E, giuro, non
riesco a capire cosa c’è in quei suoi occhi che conosco, o credevo
di conoscere, tanto bene.
«A…
Allora?», farfuglio, torcendomi una ciocca di capelli.
Lui all’improvviso
torna il solito Gordo, l’aspirante regista che si guarda intorno con
occhio critico. Difatti, mi squadra con un sorrisetto e poi mi mostra il
pollice alzato.
«Niente male,
McGuire.»
Rido anch’io, sperando
di non essere arrossita.
***
«Ethan? Non riesco a
crederci! Ancora tu! Deve essere destino!»
«Ciao, Lizzie!»
Beh, da Ethan Craft è
difficile aspettarsi un saluto che rasenti l’originalità. A dire
il vero, la sua intera conversazione si mantiene costantemente su un livello
tra il banale e il mediocre. In compenso, però, è carino da
morire!
Inizio a chiacchierare, nella
corsia del supermercato dove di solito viene a comprare le pile per il suo
walkman. Ormai conosco tutte le sue abitudini; è più di una
settimana che il mio piano “Pedina Ethan Craft” è in pieno
svolgimento.
Del resto, è
già capitato, quando eravamo ancora alle medie, che io spiassi le sue
abitudini. È stato proprio quando lui mi ha
detto che mi vedeva unicamente come un’amica: disperata, volevo
dimostrargli che eravamo fatti l’uno per l’altra. Non è
andata bene, però. E quella sera stessa mi sono ritrovata nel giardino
di casa mia, a chiedere a Gordo di ballare con me.
Accidenti. Basta con questi
pensieri. Stavolta andrà tutto a meraviglia, ne sono certa, e Ethan si accorgerà che non possiamo che stare
insieme… Mi concentro di nuovo sulla conversazione.
Quasi subito il suo sguardo
magnetico si fa vacuo. Non mi segue più. Ha esaurito la sua
capacità di concentrazione.
Ah, ma io non mi do per
vinta. Sorrido con aria astuta, mentre gli rivolgo un cenno di saluto.
«Beh, ci vediamo,
Ethan.»
«Sì…
Sì, ci vediamo, Lizzie.»
Sorride confuso. Ma che dolce…!
Mi incammino di buon passo,
per uscire dal negozio, voltandomi un paio di volte a guardare Ethan.
E proprio per questo, appena
volto l’angolo, inciampo in qualcuno. Qualcuno che mi stava aspettando, a cui io stessa avevo detto di aspettarmi.
«Oddio, scusa,
Gordo!»
Mi accorgo solo ora di averlo
praticamente scaraventato a terra, sotto di me. Mi sollevo sui gomiti e guardo
il suo viso imbronciato.
«Tu sei tutta matta,
parola mia», sbuffa ricambiando lo sguardo. «Ho capito che sei
impaziente, ma addirittura buttarmi gambe all’aria… Non lo trovi
eccessivo?»
«Ehm…»
Ho le mani vicine ai suoi
capelli, e sento le sue sui miei fianchi. I nostri visi sono fin troppo vicini.
Mi tiro indietro come se mi fossi scottata, mi alzo precipitosamente e tendo
una mano a Gordo.
«Scusami ancora!»
«Non fa niente»,
borbotta lui, accettando il mio sostegno e riportandosi al livello dei miei occhi.
Per la seconda volta dalla
sera del ballo di fine anno, mi stupisco di quanto improvvisamente e
inspiegabilmente sia diventato alto.
Quando nei suoi occhi fissi
su di me svanisce la seccatura, lasciando il posto ad una muta serietà,
lascio andare la sua mano e riprendo a camminare nel corridoio d’ingresso
del supermercato, non meno agitata.
«Beh, dai, andiamo.
Abbiamo quindici minuti.»
Lo sento seguirmi, ma non mi
volto a guardarlo.
Mentre il mio imbarazzo
sfuma, mi concentro di nuovo sul piano. Non appena usciremo dal negozio,
avrò l’occasione di un altro incontro ‘casuale’ con
Ethan. Con questo pensiero, accelero il passo.
«Coraggio, Gordo, Ethan
uscirà tra poco…»
«Scusa se non sono
impaziente come te», ironizza.
Ignoro il suo tono
recalcitrante. Raggiungo la porta automatica e la oltrepasso, poi inizio a
percorrere il perimetro dell’edificio. Gordo mi raggiunge e tiene il mio
passo, le mani affondate nelle tasche, senza guardarmi.
Giunti all’uscita
principale, esattamente tredici minuti dopo aver varcato quella secondaria,
incrociamo Ethan, che esce in questo preciso momento con una busta di plastica.
«Eccolo», sospira
Gordo. «Vai e conquista.»
L’eccitazione provocata
in me dalla vista di Ethan scema lievemente mentre lancio uno sguardo al mio
migliore amico.
«Ehm…
Gordo…»
«Sì?»
Gli sorrido.
«Grazie.»
Mi guarda un po’
sorpreso.
«Per cosa?»
«Per esserci
sempre.»
Ricambia il sorriso, poi
scuote leggermente il capo.
«Di niente. Siamo
amici, no?» Si morde il labbro, come se volesse aggiungere qualcosa, ma dopo
un istante torna a sorridere. «Ora fila.»
Fiuuu. Dobbiamo sempre
ficcarci in queste situazioni e in questi discorsi sibillini?
Senza pensarci troppo, mi
volto per lanciarmi di nuovo su Ethan.
Ecco qui il
quarto capitolo! Innanzitutto un GRAZIE a caratteri cubitali a Eliathease a Valevigi1995 per aver inserito la fic tra
i preferiti, e a Chefame93 per
avermi inserito tra i suoi autori preferiti!! ^^ Sono
commossa!! E poi, grazie ovviamente a Selhin, Juju210 e PikkolaGrandefan
per le recensioni: eh, che volete farci, Lizzie è
davvero un po’ troppo tonta e Gordo è
davvero troppo timido… Ah, rispondo a PikkolaGrandefan,
per quanto riguarda Miranda: in effetti lei per un po’
sarà totalmente assente!! ^^
Ora vi
avviso: in questo capitolo Lizzie è
fissatissima con Ethan… Personalmente la cosa
non mi piace affatto, a volte arrivo perfino ad odiare Ethan
a morte; ma tutto questo mi serviva come spunto per gli avvenimenti futuri tra Lizzie e Gordo, come potrete
capire già alla fine del capitolo… Perciò vi prego, non
siate troppo dure!! ^^
Buona
lettura a tutti!
“IL MIO MIGLIORE AMICO”
4. Un bacio mancato
Sabato pomeriggio.
L’occasione della mia vita. Più o meno.
Mi guardo allo specchio. Ho
indosso la stessa maglietta nera consigliatami da Gordo più di una
settimana fa, insieme ai jeans bianchi che metto solo nelle occasioni
importanti. Stringo il portatile così forte che ho perso la
sensibilità delle dita.
«Ho un po’ paura
di ciò che sto per fare», confesso nel ricevitore.
Il sospiro di Gordo mi arriva
direttamente nell’orecchio.
«Lizzie, adesso stammi
a sentire. Non so più nemmeno io da quanto tempo hai pianificato questa
cosa. Ormai conosci le abitudini di Ethan Craft a memoria, meglio delle tue.
Andrà tutto bene. Non c’è motivo perché tu debba
aver paura… Vedrai che non potrà resisterti. Sarebbe un idiota se
ti resistesse.»
Cade un silenzio imbarazzato
da entrambe le parti.
«Beh, però in
fin dei conti Ethan Craft è un
idiota», aggiunge subito dopo, stemperando la tensione.
Non sei d’aiuto, Gordo.
Come al solito.
«Senti»,
prosegue, senza aspettare una mia risposta. «Non pensarci troppo, va
bene? Adesso esci di casa e vai in quell’accidenti di parco. In fretta,
prima che io cambi idea e…»
«E…?»,
esalo, abbastanza spaventata.
«… E ti dica che
quell’idiota non merita il tuo interessamento», borbotta lui con
voce bassissima.
Sono ancora davanti allo
specchio, perciò non ho difficoltà nel vedere il calore
incendiarmi il viso. Il cuore mi batte tanto forte da echeggiare nel telefono. Per fortuna siamo al telefono… Per
fortuna non può vedermi.
Mi schiarisco la gola improvvisamente
secca.
«Ah…
Gordo…»
«Lascia perdere»,
mi interrompe lui. «Sono tuo amico, ed è giusto che tu sappia come
la penso. Ma con questo non voglio assolutamente intromettermi, lo sai.»
Sospira di nuovo, come per buttar fuori l’imbarazzo. «Forza, ora
cammina.»
«D’accordo.»
Esito, attorcigliandomi una ciocca di capelli intorno all’indice.
«Ci… Ci sentiamo stasera?»
«Vuoi farmi il
resoconto come nelle soap-opera?», scherza Gordo, ma nel suo sarcasmo
c’è un velo di amarezza.
«No», ribatto,
forse con troppo zelo. «Mi va semplicemente di sentirti, va bene?»
Per un istante resta in
silenzio. Poi si schiarisce la voce a sua volta.
«Va bene. Scusami, non
volevo farti arrabbiare.»
«Non sono
arrabbiata.»
«Sicura?»
«Sì.»
Certo che sono sicura. Non
sono arrabbiata. Sono solo… così confusa.
«Beh, allora a
stasera.»
«A stasera,
Lizzie… In bocca al lupo.»
«Crepi.»
Riaggancio, ritrovando
improvvisamente l’uso delle dita. Fisso il portatile come se potesse
darmi una soluzione ai mille dubbi che sento dentro, poi riporto lo sguardo al
mio riflesso.
Basta. Ha ragione Gordo. Non
devo pensarci troppo.
Il colore delle mie guance
torna pian piano al solito rosa carne.
Spero solo che lui abbia
ragione.
***
Cammino lentamente nel parco.
Oggi è sabato, e Ethan sarà qui col suo skate-board fedele. La
volta buona per fingere di incontrarlo per
caso lontano da sguardi estranei. La volta buona per passare alla tappa
decisiva.
Sono emozionata, non vedo
l’ora di vederlo. Però…
Perché continuo a
pensare all’ultima conversazione con Gordo?
Perché sono
così confusa?
Accidenti a Kate Sanders.
Ancora una volta è tutta colpa sua. Non aveva altro da fare, quella
sera, che venire a dirmi che il mio migliore amico ha una cotta per me?
Sono ancora immersa in questi
inquietanti pensieri quando arrivo in vista del laghetto al centro del parco.
Mi fermo di botto. Ethan
è seduto su una panchina, chino sul suo skate, ed è intento ad
oliare le ruote. Indossa una t-shirt azzurra insieme ai soliti jeans scuri
pieni di griffe. Stagliato contro il laghetto luccicante dei riflessi del sole,
sembra quasi un dio…
All’istante mi
dimentico di tutto e di tutti.
La consapevolezza di essere
qui sola con lui mi coglie quasi impreparata. L’adrenalina salta a mille,
mentre mi dirigo lentamente verso la panchina. Ci siamo.
Finalmente Ethan alza gli
occhi e mi vede.
«Ci si rivede,
Lizzie», mi sorride, sorpreso ma allegro.
Ricambio il suo sorriso,
fermandomi a pochi passi da lui.
«Ciao, Ethan.» Il
solo pronunciare il suo nome mi manda in estasi. Decido di andare subito al punto.
«Ehi, che ne dici, prendiamo qualcosa al chiosco?»
Sorride ancor più
ampiamente, saltando in piedi.
«Certo! Andiamo, ho
proprio voglia di una granita.»
Con lo skate-board sotto il
braccio, si incammina al mio fianco, verso il chioschetto delle bevande. Adoro la sua vicinanza e il suo profumo.
Ad un tratto si porta la mano libera alle tasche dei jeans.
«Ehm, però mi sa
che non ho…»
«Lascia stare, offro
io», lo interrompo, felice di poter fare qualcosa, qualsiasi cosa, per lui.
Mi guarda con il solito sorriso.
«Grazie, Lizzie, sei
veramente una forza!»
Una forza. Beh, è un complimento. Uao!
Per un solo vago istante mi
risuonano nelle orecchie le parole di Gordo, quel pomeriggio al Digital Bean.
“Ah, ho visto sì. Ho visto Ethan Craft scroccarti mezzo frullato
con un solo, lungo risucchio.”
Oh, accidenti. Sto di nuovo
pensando a lui. Ma che mi prende? Sono qui sola con il ragazzo che sogno da una
vita e mi metto a rimuginare su Gordo?
Devo proprio darmi una scrollata.
Arriviamo al chiosco e io
prendo due granite. Ne porgo una a Ethan, con mano tremante; poi andiamo a
sederci insieme ad un tavolino rotondo.
Cerco di chiacchierare del
più e del meno, sforzandomi di sembrare naturale, ma Ethan sembra
concentrato solo sulla granita. Del resto, anche in condizioni normali non
è che si possa avere questa gran conversazione con lui.
Finita la sua granita, Ethan
poggia il mento su una mano e mi guarda tranquillo.
«Scusami, Lizzie, stavi
dicendo?»
Come volevasi
dimostrare… Ma in fondo, chi se ne importa? Mio Dio, quant’è
carino!
«Niente di
importante», sorrido. Ingoio l’ultimo sorso di granita.
«Ehm…» Lo guardo negli occhi. È il momento di passare
all’azione diretta. «Andiamo a farci un giro?»
«Certo.»
Si alza. Per un attimo ho il
terrore che salga sullo skate e mi pianti in asso a piedi; ma mi si affianca di
nuovo, e ci incamminiamo insieme sul sentiero di ghiaia del parco. È
più sensibile di quanto mi aspettassi, allora…
Adesso è lui a
parlare, inoltrandosi in un argomento che per fortuna è accessibile a
entrambi: deve incontrare suo cugino al Candy
Records, il negozio di dischi, perciò inizia a spiegarmi il genere
di musica che gli piace. Ovviamente sono più che interessata
all’argomento, ma mi sono prefissa di compiere oggi, qui e adesso, il
primo passo, quindi alla prima occasione dovrò darmi da fare…
E l’occasione si
presenta quando inavvertitamente, preso dal discorso, Ethan si ferma. Lo imito,
respirando profondamente: so benissimo cosa fare, ho fatto le prove per tutta
la mattina.
«Ahi!», grido,
chiudendo gli occhi e coprendoli con le mani.
«Cosa
c’è?», domanda lui, vagamente preoccupato.
«Ahi… Mi è
entrato un moscerino nell’occhio», mento con convinzione,
intensificando i lamenti. «Cavolo, fa malissimo!»
«Aspetta, non
stropicciarti gli occhi così… Fammi vedere, dai…»
Proprio quello che speravo.
In fondo la prevedibilità di Ethan può giocare a mio favore.
Abbasso le mani,
permettendogli di avvicinarsi al mio viso. Il cuore inizia a sussultarmi nel
petto, mi sento arrossire, ma non indietreggio di un millimetro.
«Lizzie, a me sembra
tutto a posto…», mormora confuso.
Il suo respiro che sa di
menta è quasi un tutt’uno col mio. Siamo vicinissimi.
«Da…
Davvero?», ribatto in un soffio. «Forse… mi sono
sbagliata?»
«Forse», mormora
ancora lui, guardandomi fisso.
Bene, Ethan, che aspetti? Sto
facendo di tutto per agevolarti il compito… Perché non mi baci,
accidenti?
Ma, purtroppo, il piano
fallisce.
Ethan si tira di nuovo
indietro e guarda l’orologio. Io sospiro, delusa.
«Cavolo, si è
fatto tardi!» Lui mette a terra lo skate-board e ci sale sopra.
«Scusami, Lizzie, ma devo proprio andare. Ci si vede in giro!»
Un cenno della mano, poi si
allontana e sparisce.
Per un istante resto immobile
a fissare il punto in cui, fino a un minuto fa, vedevo i suoi occhi fissi nei
miei. C’eravamo quasi. Avevo tanto sperato che, dandogliene
l’occasione, gli fosse venuta voglia di baciarmi. E invece…
Sospiro di nuovo. Niente da
fare, evidentemente non c’è verso che io possa piacergli. Forse
è vero, forse è solo Kate la ragazza che gli interessa. Io sono
un’amica, e anche cambiando per lui non posso sperare di più.
Proprio come mi ha già fatto capire. Ma avevo tanto sperato che le cose
potessero cambiare.
Mi volto lentamente per
tornare a casa e crogiolarmi nella sconfitta con un bel pianto. Ma poi qualcosa
mi fa immobilizzare sul posto.
Dall’altro lato del
vialetto, a qualche metro da me, immobile come me, c’è Gordo.
Per un secondo mi fissa senza
alcuna reazione. Poi mi fa un sorriso, tirato, strano, quasi triste. E di colpo
mi volta le spalle e si allontana.
Ho deciso di
inviare prestissimo questo nuovo capitolo perché mi sono resa conto con
grande sorpresa che questa ff vi piace davvero!! Non l’avrei mai creduto, ragazze!!
°///° Perciò ora mi darò da fare per farvela leggere
tutta al più presto!!
Ringrazio
profondamente Zerbyper avere inserito la fic tra i preferiti, e per le recensioni Machy, PikkolaGrandefan, Zerby, Selhin e Juju210 (evviva,
anche a voi non sta simpatico Ethan, ho trovato delle
colleghe!! ^^).
In questo
capitolo ci sarà una situazione di quelle cui vi accennavo nel primo,
ossia un richiamo diretto ad una puntata del telefilm… Ma comunque qui la
situazione è tutta diversa… Spero che vi piaccia…!!
Buona
lettura a tutti!
“IL MIO MIGLIORE AMICO”
5. Consigli sentimentali
Al lunedì pomeriggio
sono seduta al bancone del Digital Bean,
depressa e sola.
Già, depressa e sola.
Ovvio. Miranda non è ancora rientrata da Città del Messico, e
Gordo… Beh, Gordo è il motivo della mia depressione.
Sono ben due giorni che non
lo vedo e non lo sento, ossia da quando ha assistito al mio
‘quasi-bacio’ con Ethan. Quella sera gli ho telefonato, come
promesso, ma suo padre mi ha detto che era uscito. Ci ho riprovato, ovviamente,
ma nulla da fare. E ieri, anche se avremmo dovuto incontrarci, non si è
fatto vedere. In tutta la vita non avevo mai passato un weekend senza avere
idea di dove fosse il mio migliore amico.
Senza convinzione, mescolo lo
zucchero nella mia bibita ghiacciata. Di colpo, dal ronzio del chiacchiericcio
del locale si distacca una voce nota.
«Un caffè, per
favore.»
Alzo la testa. È
proprio lui, appoggiato al bancone a qualche passo da me, con la solita camicia
sformata sulla solita maglietta stropicciata; eppure al primo impatto mi sembra
diverso. Ed è come quando cerchi qualcosa fino allo sfinimento, e poi
quello ti compare davanti quando tu meno te l’aspetti.
Lui mi vede a sua volta. Fa
un cenno con la mano, poi posa un dollaro sul banco e afferra la tazza che gli
porge il barman, già pronto ad andarsene.
Eh, no, mi dispiace. Io non
ci sto più ad essere ignorata.
«Aspetta un attimo,
Gordo.»
Mollo il mio bicchiere e vado
ad afferrarlo per la camicia.
«Ehi, fa’
attenzione», borbotta lui, riparando la tazza con la mano libera.
«Non vorrai farmelo rovesciare.»
Guardo il liquido nero
attraverso le sue dita.
«Da quando bevi caffè?», gli chiedo, invece
di scusarmi.
Alza le spalle.
«Da un
po’.» Mi lancia una strana occhiata, prima di vuotare la tazza in
un sorso. «Devi dirmi qualcosa, Lizzie?»
Lo fisso cercando di
controllare l’irritazione.
«Credevo fossi tu a dover dire qualcosa a me.»
«Scusa?» Gordo
alza le sopracciglia. «No, io non devo dirti proprio niente.»
«Ma davvero? E non vuoi
spiegarmi, ad esempio, il motivo per cui mi stai evitando?»
«Io non ti sto
evitando.» Non mi guarda in faccia. «Senti, ho molto da fare, e non
posso proprio restare a farmi stressare dalle tue domande infondate. Non
potresti farti una bella chiacchierata con Ethan Craft, invece?»
Resto impietrita.
Approfittando del mio
silenzio, Gordo rimette la tazza vuota al suo posto e, con un secco saluto, se
ne va dal locale.
Non posso crederci. Non
l’avrei mai creduto possibile. Insomma, non aveva mai dato a vedere nulla
del genere. Eppure è così evidente. E mi chiedo perché,
perché solo adesso, perché subito dopo aver visto il mio viso a
due centimetri da quello di Ethan Craft, Gordo si stia dimostrando geloso.
***
È sera, ed è
anche piuttosto tardi. Senza i compiti di scuola, e senza le solite telefonate
a tre con Miranda e Gordo, mi sembra che il tempo non passi mai. Ma stasera ho
qualcosa da fare.
Già da qualche giorno
in tv circola lo spot di un nuovo programma per adolescenti. Si intitola Chiedilo a Fannie!, e in teoria dovrebbe
elargire consigli di vario genere, anche e soprattutto sentimentali.
All’inizio mi sembrava un’emerita cavolata… Però ci ho
ripensato. In fondo, non ho forse gestito io stessa una rubrica di questo tipo
nel giornalino della scuola? E poi, a ben vedere, non ho proprio altro da
fare…
Rileggo le ultime righe della
lettera che ho appena finito di scrivere, ma all’improvviso un rumore
alla porta mi fa sussultare. Caccio in fretta penna e foglio sotto il cuscino e
mi tiro il lenzuolo sulle gambe.
«Non si usa più
bussare, in questa casa?»
È come rivivere la
scena di quel lunedì sera: mia madre è sulla porta, avvolta in una
vestaglia. Si chiude la porta della mia camera alle spalle.
«In genere sì,
ma ho l’impressione che questa sia un’emergenza.» Viene a
sedersi accanto a me. «Lizzie, non puoi continuare a far finta di niente.
Così ti fai solo del male. Con me puoi parlare, lo sai.»
Ma non si può
nascondere proprio nulla alle mamme, o è solo che la mia è una
terribile impicciona?
La guardo. Non posso parlarne
con lei, sarebbe troppo imbarazzante. Proprio per questo stavo scrivendo quella
lettera anonima, cavolo! Però…
Non so come, e soprattutto
non so perché, ma mi ritrovo a spifferare tutto. Di Kate che mi ha
aperto gli occhi, di Ethan che sto cercando di conquistare, e di Gordo, di
tutta la confusione che sento ormai anche solo pensando a lui.
Mi fermo a riprendere fiato.
La mamma ha una luce strana negli occhi: sembra colpita, ma al tempo stesso
sembra anche aver voglia di scoppiare a ridere.
«Tu piaci a Gordo?», è tutto
ciò che commenta infine.
Sentirlo dalla sua bocca mi
fa avvampare.
«Ti prego, mamma, non
ti ci mettere anche tu! È una situazione così… strana e
complicata!»
All’improvviso si
sporge a mettermi una mano sulla spalla.
«Lizzie»,
sorride, «devi stare tranquilla. Non è niente di grave. Senti,
fatti una bella dormita… Mi è venuta un’idea.»
Si alza e raggiunge la porta
a grandi falcate, mentre io la seguo con lo sguardo, terrorizzata. Poi la mamma
mi augura la buonanotte ed esce dalla mia stanza.
E ora? Quale idea malsana le
è venuta in mente? Cosa si agita nel suo cervello?
Devo fidarmi di lei?
La risposta a quest’ultima
domanda è la più semplice.
Sì, probabilmente
sì.
Mi stendo, allargando le
braccia sul cuscino. Un rumore di carta stropicciata mi ricorda la lettera.
Quella la spedirò
comunque.
***
Qualche sera fa ho deciso di
fidarmi di mia madre. Oggi non so più se ho fatto bene.
Certo, avevo capito che
voleva aiutarmi, ma non mi sarei mai sognata l’eventualità che
invitasse a cena la famiglia Gordon al completo.
Ad essere sincera, ho anche
pensato che non avrebbero accettato l’invito. Lo so, è infantile,
ma non riuscivo proprio ad immaginarmi la scena di noi sette seduti allo stesso
tavolo, con Gordo al mio fianco, di nuovo allegro e amichevole.
Ma sbagliavo. Siamo tutti qui
in cortile, intorno ad una tavolata di pizza, e Gordo è seduto accanto a
me. Però non è affatto di nuovo allegro e amichevole. Quindi
almeno una parte del mio scetticismo ha trovato conferma.
Finora Gordo mi avrà
guardato sì e no tre volte. Partecipa alle conversazioni, mangia con
appetito, però è come se la sedia dove io sono seduta fosse vuota.
Mi sa che la mamma non ha avuto poi questa grande idea.
I piatti sono ormai vuoti e
mia madre si alza, insieme alla signora Gordon, per sparecchiare.
Automaticamente faccio per aiutarle, ma la mamma mi ferma con un gesto.
«No, Lizzie, ci
pensiamo noi.» Mi guarda con aria eloquente. «Perché voi
ragazzi non andate a guardare la tv?»
Ah, così sarebbe
questa la tappa finale del suo piano? Grande!
Io esito, mentre Gordo
schizza in piedi.
«Ma no, signora
McGuire, è giusto che aiutiamo anche noi…»
«No, David, Jo ha
ragione», interviene sua madre. «Tu e Lizzie andate pure dentro a
chiacchierare.»
Anche Matt si alza, e fa per
guidare Gordo in casa.
«Sì, dai, Gordo,
andiamocene prima che ci incastrino qui…»
«Tu non vai da nessuna parte», lo blocca il papà, afferrandolo
per la collottola. «Tua madre non si rivolgeva a te.»
«Esatto, Matt, a te non
farà male aiutarci qualche volta», sogghigna la mamma con aria
astuta.
Io mi volto verso Gordo,
esasperata. Lui sembra l’immagine della rassegnazione.
«Va bene»,
borbotta, guardandomi di sbieco. «A… Andiamo, Lizzie.»
Annuisco ed entro in casa con
lui, sforzandomi di non voltarmi a guardare mia madre e scoprirle in viso la
complicità di una ragazzina che aiuta la sua migliore amica coi suoi
piccoli problemi di cuore. Santo cielo, a che punto siamo arrivati.
In salotto ostento
naturalezza, invitando Gordo a sedersi e accendendo il televisore. Nello stesso
istante in cui lo schermo si illumina, mi ricordo che stasera c’è
la prima puntata di Chiedilo a Fannie!…
Accidenti. Questo non
l’avevo proprio previsto.
«Buonasera, amici telespettatori, e benvenuti in questo nuovo talk show
dedicato agli adolescenti…»
Sono sorpresa: avevo
immaginato la famigerata Fannie come una vecchia strizzacervelli con gli
occhialini tondi sul naso, invece quella che sta parlando è una ragazza
che sembra appena uscita dall’adolescenza, con lunghi capelli castani e
un bel sorriso aperto.
Sono tentata dall’idea
di cambiare canale, ma è Gordo a farmi cambiare idea.
«Lascia questo»,
mormora. «Vediamo di che si tratta.»
Senza dire nulla, vado a
sedermi accanto a lui, gli occhi fissi sul televisore.
Il programma è ben
fatto, la conduttrice ci sa fare. Legge una lettera dopo l’altra, senza
mai soffermarsi sui nomi di chi le ha scritte, o meglio di chi è stato
tanto sprovveduto da firmarsi con nome e cognome, rispettando la loro privacy;
e in effetti i suoi consigli sembrerebbero davvero efficaci, di certo
più delle ‘idee’ di mia madre…
«… Ed invece questo ragazzo ci sottopone il problema di un amore
non confessato.» Fannie guarda fisso nella telecamera. «Amico mio, non lasciarti abbattere dalla
teoria secondo cui l’amicizia tra uomo e donna resterà sempre
tale. Cerca invece di essere sincero, con lei e in primo luogo con te stesso.
Perché non le parli? Certo, il rischio che lei non ricambi
c’è; ma se è davvero un’amica, come mi scrivi, non la
perderai mai, stanne certo…»
«Giustissimo»,
commento, accorgendomi troppo tardi di aver parlato ad alta voce.
Gordo mi scocca uno sguardo,
poi torna a concentrarsi sulla tv.
«… Ma veniamo ora alla ragazza che si firma come
Confusa&Depressa…»
Mi agito, mi muovo sul
divano, cerco una posizione più comoda. È la mia lettera.
«”Cara Fannie”», legge la conduttrice, «”ho quasi sedici anni, e un grande
problema. So che il mio migliore amico ha una cotta per me, ma lui non riesce a
dirmelo…”»
Ad ogni parola mi sento
peggio. Come ho potuto scrivere i miei segreti più inconfessabili ad una
perfetta sconosciuta che ora li sta spifferando in diretta a tutta
l’America?
«Mia cara Confusa&Depressa», sospira Fannie, guardando in
camera, «capisco come ti senti.
Certo, è strano quando un amico ti guarda in modo diverso. E ovviamente
è ancora più strano quando di punto in bianco si infastidisce per
la tua vicinanza con altri ragazzi…» Sospira di nuovo,
passandosi una mano tra i capelli e sorridendo gentilmente. «Non me la sento proprio di fare la
maestrina, o la psicologa, dicendoti chissà cosa. Tutto ciò che
potrei consigliarti sarebbe di chiarire le cose con lui, ma sono certa che
l’idea ti spaventa… Perciò, io ti consiglio innanzitutto di
fare chiarezza nel tuo cuore. Se pensi che in fondo potresti anche ricambiare i
suoi sentimenti, allora affronta la situazione; ma se così non è,
faglielo capire gentilmente, senza ferirlo, dimostrandogli che gli vuoi bene
come ad un fratello. Se è un amico, capirà cosa è meglio
per voi, e lo capirà comunque.»
Fannie annuncia la
pubblicità e io butto fuori il fiato.
«Lo sai?»,
mormora Gordo. «È un programma interessante.»
Annuisco, nervosa.
«Lizzie…»
Mi volto a guardarlo, senza
sapere cosa aspettarmi.
«Cosa
c’è?»
«Mi dispiace.»
Lui deglutisce e abbassa gli occhi. «Non volevo essere così
distante in questi giorni. Sto… solo passando un brutto momento. Ma
passerà. Ti prego, non parliamone più.»
Di colpo mi sento sollevata.
Non m’importa più di quanto mi abbia fatto male, mi basta
ritrovarlo al mio fianco come sempre.
«Non
preoccuparti», sorrido. «È tutto a posto. Solo, la prossima
volta parla liberamente, invece di evitarmi… Non parliamone
più.»
Gordo alza lo sguardo e
ricambia il sorriso, che sembra quasi colpevole.
Con la coda dell’occhio
riesco a vedere lo sbuffo dei capelli biondi di mia madre che si allontana dal
soggiorno.
Grande, mamma.
E grazie anche a te, Fannie.
Ora capisco: devo solo fare chiarezza nel mio cuore.
Come
promesso, eccomi tornata prestissimo con il sesto capitolo! Accidenti, ragazze,
siete a dir poco fantastiche, non mi aspettavo che questa storia sarebbe stata
tanto seguita!! Un milione di grazie in particolare a Gabry Sweettosaper
averla inserita tra i preferiti (è buffo, ogni volta che torno a
pubblicare c’è qualcuno che l’ha messa tra i preferiti nel
frattempo!!) e altrettanti ringraziamenti a Juju210, PikkolaGrandefan, Zerby, Selhin, Machy e ancora a Gabry Sweettosa per le recensioni (sempre di più!!). Grazie
veramente a tutte voi, è una vera gioia leggere i vostri commenti, sono
commossa!! ^///^
Allora, adesso
devo avvisarvi che questo capitolo sfocia un pochino nel drammatico, anche se
alla fine c’è una scena piuttosto dolce e romantica… Ma la
drammaticità c’è solo qui, per questo non ho inserito la
voce ‘Drammatico’ nel genere riportato nell’introduzione…
Ad ogni modo, fatemi sapere cosa ne pensate, ci tengo moltissimo!!
Con tanto affetto e tanta gratitudine, vi auguro come sempre la buona
lettura…
“IL MIO MIGLIORE AMICO”
6. Incidente
«Scusa il
ritardo…»
«Non preoccuparti. Dai,
andiamo.»
Gordo allontana la schiena
dal muretto che circonda il giardino di casa mia e si incammina lungo il
marciapiede. Io mi affianco a lui allegramente.
«Sono proprio contenta
che Miranda sia tornata», dico, «mi è mancata molto in
queste due settimane.»
«Già, anche a
me», sorride Gordo.
Lo guardo. È sereno e
tranquillo, finalmente il solito Gordo.
Se ripenso alla tensione
accumulatasi negli ultimi tempi, mi sembra quasi incredibile che ora siamo qui
a parlare e ridere e camminare insieme verso casa Sanchez. Eppure le cose
sembrano tornate come sempre, e dalla sera della cena a casa mia Gordo non ha
più manifestato alcun fastidio all’idea del mio pedinamento ad
Ethan Craft. Vero è che io stessa ultimamente ho messo da parte i miei
propositi di incontrare Ethan di continuo. Insomma, se devo fare
‘chiarezza’, come mi sono riproposta, devo cercare di essere
totalmente lucida nel tempo che passo con Gordo… Ma al momento il ritorno
di Miranda dal Messico è più importante. Finalmente il trio
è di nuovo riunito, e il divertimento è assicurato: è come
se le vacanze iniziassero solo ora. Il resto, mi spiace, deve aspettare.
Arriviamo a piedi a casa di
Miranda. È una vera gioia vedere di nuovo l’auto dei Sanchez in
cortile. Gordo va a suonare il campanello e io lo raggiungo sulla soglia.
«Vado io, mamma!»
Lo strillo di Miranda oltrepassa il muro, unito ad uno scalpiccio di passi
affrettati. «Devono essere Lizzie e Gordo!»
Un secondo dopo, la mia
migliore amica spalanca la porta e si getta letteralmente addosso a noi,
abbracciandoci.
«Ragazzi! Oh, non avete idea di quanto mi siete mancati!»
«Miranda, sto
soffocando», ride Gordo.
«È bello
rivederti», esclamo io ricambiando la stretta.
Parliamo tutti e tre
contemporaneamente. Quando ci lascia andare, Miranda ci guarda radiosa.
«Abbiamo molte cose di
cui parlare. Perché non andiamo a fare un giro? Così riprendo
confidenza con i dintorni e nel frattempo ci raccontiamo tutto.»
Sbircio la porta aperta oltre
le sue spalle.
«Ma dovremmo almeno
salutare i tuoi genitori…»
«Oh, loro stanno
svuotando le valigie, ne avranno fino a stasera.» Fa un cenno vago con la
mano, poi si volta e urla attraverso la porta. «Mamma, noi
usciamo!»
«Bueno, tesoro», grida di rimando la signora Sanchez.
«Salutami tanto i tuoi amici. Non fate tardi!»
«D’accordo.»
Miranda si chiude la porta
alle spalle e si volta a sorriderci.
«Ecco fatto. Allora,
dove si va?»
***
«Bene, e così io
vi ho detto tutto della mia vacanza. Ma voi che mi dite? Che è successo
da queste parti?»
Siamo appena usciti dal Digital Bean, dopo essere già
stati al parco e al centro commerciale. Miranda mi prende sottobraccio dopo
avermi posto l’ultima domanda.
Io e Gordo ci scambiamo un
rapido sguardo.
«Niente di
speciale», rispondo io, alzando le spalle.
«Sì,
l’unica cosa degna di nota è che Lizzie ha preparato un nuovo
piano strategico per conquistare Ethan Craft», spiega Gordo con aria
cospiratoria a Miranda; ma mi sembra di vedere che nasconde un qualcosa sotto il sorriso ironico.
«Ma dai, allora fai sul
serio», mi fa Miranda, colpita, voltandosi a guardarmi bene in faccia.
«Non ti passerà mai, eh? Se continui a sperarci anche dopo che lui
ti ha detto chiaramente che ti vede solo come un’amica…»
Le lancio uno sguardo
inceneritore.
«Scusa», dice lei
alla fine. «Sto rigirando il coltello nella piaga.»
Alzo gli occhi al cielo. Non
ha capito, non può capire. Lei non sa di tutti i dubbi che ho in questo
periodo…
Istintivamente sbircio Gordo,
ma lui guarda fisso davanti a sé, e cammina spedito sul marciapiede, con
le mani in tasca.
Continuo a camminare in
silenzio, sulla carreggiata, visto che il traffico a quest’ora è
praticamente inesistente.
All’improvviso si sente
un orribile sibilo di pneumatici in fondo alla strada. Miranda mi tira il
braccio.
«Lizzie, vieni,
togliamoci da…»
Non sento l’ultima
parola, non ne ho il modo.
Sento solo, indistintamente,
la voce di Gordo che grida qualcosa, mentre un dolore indicibile al fianco e
giù per la gamba mi scaraventa a terra, lontano da Miranda.
***
Non ricordo di essermi
addormentata.
Non ricordo affatto.
Apro lentamente gli occhi.
Non riconosco la stanza in cui mi trovo; sembra tutto irrealmente bianco. Sono
distesa supina e sono tutta indolenzita. Metto meglio a fuoco: questa è
una camera d’ospedale. La situazione comincia a preoccuparmi nel momento
in cui mi accorgo di non avere alcun sentore della parte sinistra del mio
corpo.
«Lizzie!»
È una voce familiare.
Muovo la testa di poco, mentre nel mio campo visivo entrano una massa di
capelli castani e un paio di occhi azzurri preoccupatissimi.
«Gordo?»,
articolo debolmente.
«Non parlare.» Lo
sento sedersi sul letto accanto a me. Lo guardo meglio: è pallido e
teso. «Accidenti, Lizzie, mi hai fatto preoccupare da morire!»
Mi porto la mano destra,
l’unica che riesco a sentire,
sul viso.
«Che… cosa…
è successo?»
«Beh…»
Gordo abbassa gli occhi, a disagio. «C’è stato un incidente.
Quella macchina… È successo tutto così in fretta… Non
siete riuscite a…» Si interrompe e sospira profondamente. Non
l’ho mai visto così turbato e scosso. «I tuoi sono di
là, stanno parlando con i medici. Tu pensa solo a stare tranquilla.
Andrà tutto bene, vedrai.»
È veramente comico
pensare che sono le stesse parole che mi ha rivolto prima che io incontrassi
Ethan al parco… Peccato che non ci sia nulla da ridere.
«Non ho
sensibilità nella parte sinistra, Gordo», obietto in un mormorio
piatto.
Finalmente torna a guardarmi,
lievemente esasperato.
«Dai, Lizzie, ti ho
detto di stare tranquilla. I medici hanno detto che non hai nulla da temere. Ti
prego, ti prego, non andare nel
panico. Perché se tu vai nel panico, io non saprò più che
fare.»
Cerco di sorridergli. Poi mi
ricordo di una cosa.
«E Miranda?»
Gordo passa dalla
preoccupazione al nervosismo.
«Ehm…»
Il cuore mi salta un battito.
Ho un terribile presentimento.
«Beh, lei
è… Ecco, lei… Insomma… Ha riportato delle ferite
più… gravi… e…»
Lo guardo, terrorizzata.
«Dov’è?»,
ansimo.
«In sala
operatoria», sussurra.
No. Non può essere.
Non Miranda. Non può esserle successo questo. Non può rischiare la vita. Non ci credo.
Le lacrime offuscano la mia
vista. Serro le palpebre con forza, ma non c’è verso che quelle
maledette scompaiano.
«Dio, Lizzie, non fare
così…», mormora Gordo, disperato.
«E cosa vuoi che faccia?»,
gemo, senza aprire gli occhi. «Dovrei forse starmene qui tranquilla a
ripetermi che non ho nulla da temere, mentre la mia migliore amica è
sottoposta a un’operazione? Dovrei fare finta di niente, e non pensare
che potrebbe…? È colpa mia, Gordo, è tutta colpa mia, sono
io che camminavo in mezzo alla strada, io…»
Non riesco più a
parlare. Mi mordo le labbra a sangue, ma non posso evitare ancora ai singhiozzi
di scuotermi il corpo.
Due mani si posano sulle mie
guance bagnate, mentre la voce di Gordo risuona più vicina al mio viso.
«Lizzie,
guardami.»
Apro gli occhi. Attraverso il
velo di pianto osservo i suoi occhi chiari a pochissima distanza dai miei.
Forse in altre circostanze proverei dell’imbarazzo, ma ora sono troppo
sconvolta per pensare a qualsiasi cosa che non sia Miranda.
«Non è colpa tua. Chiaro? Non voglio più sentirti dire
una cosa del genere. La colpa è di quel pazzo che vi ha investite, e che
non ha nemmeno avuto la decenza di fermarsi. Tu non puoi farci niente, e
soprattutto non devi pensare di
essere in alcun modo responsabile di ciò che è successo. Adesso
devi solo riposare. Mi hai capito? Non posso sopportare di vederti così,
mi fai male, non immagini quanto. Ora respira profondamente, calmati e poi
riposati. Va bene?»
Sospiro, tremando da capo a
piedi, e annuisco debolmente tra le sue mani. Mi soffermo ancora sul suo
sguardo, ora serio e fermo, sui riccioli bruni sulla sua fronte, e poi sulle
sue labbra, sulla familiare fossetta sul mento… Quand’è che
ho pensato che ero troppo sconvolta per sentirmi in imbarazzo? Sbagliavo…
Poi lui si allontana lentamente, scostando le dita dal mio viso e portandosi
via qualche mia lacrima.
«Bene.» Cerca di
sorridere. «Ora… immagino che per te sia meglio restare un
po’ da sola. E poi devo comunque chiamare i miei, perciò… ti
lascio tranquilla. Dirò ai tuoi genitori che stai bene, ok?»
Annuisco di nuovo, ignorando
l’assurdo impulso di chiedergli di restarmi accanto…
«Grazie, Gordo»,
sussurro invece.
Lui sorride ancora, ma poi
torna serio a poco a poco.
«Lizzie…»
Si china di nuovo su di me.
Io resto immobile, il fiato sospeso, mentre il suo viso si fa sempre più
vicino.
«Non voglio più
vederti piangere.»
Le sue labbra si fermano
sulla mia guancia.
Mi dà un bacio leggero
come acqua.
È la prima volta che
fa una cosa del genere.
Nonostante la gravità
di tutti gli altri pensieri, mi sento comunque arrossire.
Gordo si tira indietro, e
vedo il suo viso prendere letteralmente fuoco. Mi sorride impacciato e mi
stringe una mano nella sua; poi, senza dire altro, si alza dal letto e lascia
la stanza.
Io tiro il fiato, chiudo gli
occhi, ed esprimo l’inutile desiderio di dimenticare tutto.
Eccomi
tornata, scusatemi per il ritardo! So che avevo promesso
di fare più in fretta, ma è un periodo un po’ incasinato…
Perciò mi scuso tantissimissimo! Allora,
innanzitutto un ringraziamento a Ny152
per avere inserito questa fic tra i preferiti (e
siamo a 11 persone! Grazie, ragazze, non l’avrei mai creduto! ^^); e poi,
ovviamente, grazissime per le splendide recensioni anche
a:
Juju210 (grazie mille e… Tranquilla,
Miranda si rimetterà prestissimo!);
Zerby (sono onoratissima dei tuoi complimenti!);
PikkolaGrandefan(i tuoi
commenti mi fanno sempre molto piacere! Comunque tranquilla, ribadisco che
Miranda starà bene!);
Machy(grazie
per il commento! Purtroppo nel telefilm non si mettono insieme, non esattamente,
ma se seguirai la puntata del prossimo giovedì 19,
vedrai che Lizzie capirà mooolte
cose!);
Selhin(grazie
per i complimenti… Sono d’accordo con te, nello scorso capitolo Gordo risollevava decisamente il morale!);
Gabry Sweettosa (grazie mille anche a te per i
complimenti… Sono commossa!).
Bene, vi
chiedo ancora scusa per il ritardo… Spero che questo capitolo vi piaccia, personalmente trovo carina soprattutto la terza
parte… ^///^ Comunque, sarà il vostro giudizio a contare di
più per me!
Buona lettura!!
“IL MIO MIGLIORE AMICO”
7. Bentornate a casa
Sono giorni che mi tengono
rinchiusa qui. Il pericolo di restare semiparalizzata, un’ipotesi che in
un primo momento mi ha terrorizzato, si è rivelato essere una paura
inutile. Tutto ciò che ho rimediato dall’incidente è
qualche lesione, nonché qualche cicatrice, e ovviamente un lungo tempo
di convalescenza. Ma non mi importa di tutto questo.
Non riesco a smettere di
pensare a Miranda. E per quanto ne dica Gordo, mi ripeto spesso che è
colpa mia se lei è in condizioni così gravi. Per fortuna mi hanno
detto che l’operazione è andata bene, che è tenuta in
osservazione ma fa progressi. Spero davvero che vada tutto liscio per lei. Non
mi perdonerei mai, se le rimanesse per sempre un trauma.
Gordo è venuto spesso
qui in ospedale, e ieri anche i suoi genitori sono venuti a trovarmi. Continuo
a ripetermi che, se solo Miranda potesse ricevere visite, lui passerebbe
metà di questo tempo con lei; ma nonostante tutto, non posso impedirmi
di sentirmi nervosa ogni volta che restiamo da soli in questa stanza, specie se
ripenso al bacio di qualche giorno fa.
Ci risiamo. Mi sembra di
rivivere i giorni immediatamente successivi al ballo di fine anno. Sembra
passato un secolo da allora, ma le cose non cambiano. Sono sempre qui a rimuginare
sul significato che può assumere, in date circostanze e per date
persone, un semplicissimo, innocente bacio sulla guancia…
«Lizzie, hai capito
cosa ti ho detto?»
Sussulto alla voce di mia
madre e torno al presente, alla solita stanza d’ospedale. La guardo: la
mamma ha ancora sul viso i segni della disperazione e della stanchezza degli
ultimi giorni, ma ora sembra in qualche modo sollevata. Mi sorride.
«Scusami, mamma, ero
distratta», bofonchio.
«Me n’ero
accorta.» Ora il sorriso sembra quasi un sogghigno, tanto che mi chiedo
cosa pensi davvero della mia distrazione, se ha capito qualcosa di ciò
che si agita in me; ma lei non indaga. «Ti stavo dicendo che ho parlato
con il dottore. Dice che puoi uscire stasera stessa. Puoi tornare a casa. Sei
fuori pericolo.»
Dalla confusione passo
rapidamente al sollievo. Era ora. Non ne potevo più. Gli ospedali sono
così deprimenti. Le sorrido anch’io.
«Stai buona», mi
dice lei, accarezzandomi i capelli. «Dovremo prendere qualche piccolo
accorgimento. Ad esempio, almeno per i primi tempi dovrai camminare il meno
possibile. E non sarebbe male se ti prendessi qualche altro giorno di riposo
assoluto a letto…»
«Mamma», sospiro,
«se mi riposo un altro po’, perderò l’uso delle gambe
per mancanza di abitudine. Dai, per favore, fammi vestire, così
chiamiamo il papà e torniamo subito a casa.»
«Ma non vuoi aspettare
che ci sia anche Gordo?»
Adesso ne ho la conferma: il
suo sorriso è un sogghigno.
«L’ho chiamato
poco fa. Visto che sono la responsabile della vostra
‘riappacificazione’, credo di avere qualche diritto in merito. Ho
fatto male?»
Sorrido di nuovo. Odio
ammetterlo, ma le sono grata per tutto quel che sta facendo. Non è affatto
una madre impicciona. È solo infinitamente attenta.
«No. No, niente
affatto.»
***
La notizia è arrivata
poche ore fa. Non ho nemmeno fatto in tempo a posare un piede in casa…
Beh, si fa per dire: in realtà mio padre mi portava in braccio di peso,
quindi la mia è una metafora… Ad ogni modo, qualcuno
dall’ospedale è stato tanto gentile da telefonarci per avvisarci
che anche Miranda ora è fuori pericolo.
Così adesso siamo di
nuovo qui, Gordo, la mia famiglia ed io, sempre sorretta dal papà. Siamo
nella stanzetta in cui hanno spostato Miranda e ci guardiamo intorno
frastornati.
La camera è piena di
fiori di ogni tipo. Il profumo è tanto intenso da dare alla testa. E
accanto al letto di Miranda, seduto tra i signori Sanchez, c’è
Larry Tudgeman.
Scuotendosi dalla sorpresa di
questa scena floreale, mio padre mi porta dolcemente fino al letto, dove io mi
getto subito ad abbracciare Miranda.
«Mi dispiace»,
mormoro, cercando di non scoppiare in lacrime. «Mi dispiace di tutto.
È stata colpa mia.»
«Ehi, ma cosa vai a
pensare?» Miranda mi allontana un po’ da sé, guardandomi con
i suoi occhi scuri e buoni, che sembrano risaltare nel pallore del suo volto.
«Non farti mai più dei complessi così strampalati, va
bene?» È bello trovarla così serena. Ma all’improvviso
mi accorgo che anche lei è commossa. «Sono contenta di rivederti,
Lizzie.»
Le sorrido, asciugandomi gli
occhi già umidi. Con la coda dell’occhio osservo Larry sistemare
un vaso di fiori sul comodino. Non riesco a trattenermi.
«Miranda, ma tutti
questi fiori…»
«Niente domande, per
carità», sospira lei, con aria esasperata. «Ha fatto tutto
Larry.»
Sono colpita. Questo ragazzo
deve tenerci davvero, alla mia amica. E a giudicare dalla sua espressione,
anche Miranda sembra confusa.
Gordo ci raggiunge, sedendosi
dall’altro lato del letto e posando una mano sulla spalla di Miranda.
«Sono contento di
rivederti sana e salva», mormora, un po’ a disagio.
Miranda gli sorride.
«Come vedi è
difficile liberarsi di me, Gordo. Anzi, se tutto va bene tra qualche tempo mi
avrete di nuovo tra i piedi, fuori di qui.»
«Lo spero
proprio», rido io. «Perché ci sei mancata tantissimo.»
***
«Lizzie, quante volte
te lo devo dire? Non devi sforzare la gamba. Io qui che ci sto a fare?»
Gordo si alza e mi toglie
dalle mani la bottiglia d’acqua, guardandomi con aria esageratamente
severa. Io ricambio lo sguardo, ironica.
«Vorresti dire che
invece di venire qui per farmi compagnia lo fai solo per senso del
dovere?»
«Certo che no»,
si affretta a dire, distogliendo lo sguardo, «ma dovresti approfittare
della mia presenza e chiedere a me quello di cui hai bisogno, invece di girare
per casa con le stampelle e rischiare di farti male.»
«Gordo, so che ti
preoccupi per me, e te ne sono grata, ma è quasi una settimana che non
mi muovo, che sono costretta all’immobilità nella mia stessa casa.
Almeno tu, cerca di capirmi.»
Sospira, versandomi
l’acqua nel bicchiere che ho faticosamente raggiunto.
«Ti capisco. E va bene,
hai vinto. Ti consentirò qualche passeggiata, ma niente di più
faticoso.»
Scoppio a ridere.
«Ma ti ascolti, quando
parli? Sembri una balia!»
«Oh, scusami, Lizzie,
se sono preoccupato per te.»
Nonostante il tono
sarcastico, il suo sguardo rimane serio. All’istante perdo ogni voglia di
ridere.
«Scusa, Gordo, stavo
solo scherzando.»
«Lo so.» Mi porge
il bicchiere. «Dai, non preoccuparti. Cerca solo di non fare imprudenze;
ogni volta che ti vedo camminare con quelle stampelle mi viene un’ansia
tremenda.»
«Hai paura che
cada?»
«No. Ho paura che tu faccia cadere qualcosa!»
«Sei incredibile!»
Mi fingo offesa, ma rido di nuovo mentre cerco di
rovesciargli l’acqua addosso. «Passi decisamente troppo tempo con
mio fratello, stai diventando cinico come lui!»
«Strano, io pensavo di
passare troppo tempo con te, e di
essere diventato matto come te!»
Anche lui ride. Mi ferma il
polso, tenendomi ferma contro la cucina.
«Chiedi scusa!»
«Neanche morta! Chiedi
scusa tu, semmai!»
«Non ci penso nemmeno,
Elizabeth.»
«Ah, è
così? Beh, allora restiamo in una posizione di stallo, David.»
«E posizione di stallo
sia.»
Ci guardiamo sorridendo. Ma
di colpo mi rendo conto della scena: io ho praticamente le spalle al muro,
mentre lui è proteso verso di me, la mano ancora stretta intorno alla
mia. L’imbarazzo sale lentamente, e smetto di sorridere. Capisco che
Gordo deve essere immerso nei miei stessi pensieri perché vedo anche la
sua espressione cambiare.
«Ehm…» Si
tira leggermente indietro. «Mi sa che la tua acqua è
caduta.»
Abbasso lo sguardo, scoprendo
una pozza ai nostri piedi.
«Accidenti»,
sbuffo, «adesso mi toccherà pulire…»
«Stai scherzando, vero?
Ci penso io. È colpa mia. Piuttosto, vai a sederti, sarebbe anche
ora.»
Gordo lascia il mio polso e
va a prendere uno straccio. Io seguo i suoi movimenti con gli occhi, poi mi
scuoto e decido di dargli ascolto: meglio che mi sieda un po’, visto che
per qualche strano motivo mi sento
girare la testa…
Sostenendomi alla stampella,
mi avvio pian piano verso il divano. Mi siedo nel momento esatto in cui squilla
il telefono. Alzo la cornetta e me la porto all’orecchio.
«Pronto?»
«Lizzie, sei tu?»
«Signora Sanchez!
Sì, sono io… Mi dica… È successo qualcosa?» Mi
irrigidisco, tesa. «Miranda sta bene?»
«Oh, Lizzie, sta bene,
benissimo!», esclama lei con voce raggiante. «Oggi stesso
finalmente sarà dimessa!»
«Ma è
fantastico!»
Entusiasta, scocco uno
sguardo a Gordo e gli comunico a gesti che Miranda tornerà a casa. Lui
si ferma con lo strofinaccio a mezz’aria e fa un gesto di vittoria.
«Ti ho chiamato appunto
per dirtelo», continua la signora Sanchez, «ed anche per dirti che
ho organizzato una festicciola per il ritorno di Miranda, questa sera. Oh,
niente di che, solo qualche parente e gli amici più stretti. So che hai
ancora dei problemi a camminare, e capiremo se preferirai restare a casa,
però…»
«Sta scherzando? Sono
già lì!»
***
Ovviamente i miei hanno fatto
un po’ di storie, ma alla fine non hanno potuto ribattere, perché
i Sanchez hanno invitato anche loro: ritrovandoci qui tutti insieme, ora hanno
la possibilità di controllare che io non ‘sforzi la gamba’ e
che non faccia pasticci di alcun genere.
Non mi preoccupo di loro.
Sono troppo felice che Miranda sia di nuovo a casa, fuori da quel terribile
ospedale, di nuovo tra noi. Peccato che sia quasi impossibile rivolgerle la
parola. Parenti troppo asfissianti? Macché. È posizionata in una
torre controllata da un drago? Acqua. A meno che Larry Tudgeman non conti come
drago.
Ebbene sì,
c’è anche lui; dopo tutte le attenzioni di cui ha ricoperto
Miranda in questi giorni, mi sembra anche giusto. L’unico problema
è che ora sembra tenerla nella sua ala protettiva, e in tutta la serata
io personalmente le avrò rivolto circa dieci parole lontano dalla
supervisione di Larry. La cosa forse più strana è piuttosto il
fatto che lei sembra ricambiare totalmente il suo interesse: ride alle sue
battute, partecipa animatamente alle sue stravaganti conversazioni…
«E pensare che il mese
scorso era terrorizzata all’idea di andare al ballo con lui», dico
a Gordo.
Seguendo il mio sguardo, lui
si limita a scuotere la testa.
«Beh, Lizzie, che ci
vuoi fare…? A volte le tragedie servono ad avvicinare le persone. E poi,
tutto sommato, Tudgeman è un tipo a posto. Credo che voglia molto bene a
Miranda, sul serio.»
Annuisco, pensierosa.
«Lo credo
anch’io.»
Riporto la mia attenzione su
noi due. Siamo seduti su una panchina del giardino dei Sanchez, da soli; Gordo
mi ha condotto qui con estrema attenzione, dopo avermi messo in mano un
bicchiere di aranciata con la raccomandazione scherzosa di non farla cadere,
almeno questa. Ammetto che sono un po’ agitata per via di tutto questo
‘isolamento’, anche perché mia madre ci lancia degli strani
sguardi ogni volta che ci passa davanti. Continuo a stringere convulsamente
l’impugnatura della stampella appoggiata alla panchina.
Perché siamo in
silenzio? Perché mi sento così strana? Perché non riesco
più a sentirmi a mio agio con il mio migliore amico?
Devi fare chiarezza nel tuo cuore. Queste parole mi ronzano nella mente da un tempo indefinibile. Ultimamente
ci ho pensato meno, di fronte a tutto il resto; ma non posso continuare ad ignorarle.
La verità è che c’è ancora qualcosa in sospeso, e
temo proprio che anche Gordo lo stia pensando in questo stesso momento.
«Ehm… Senti,
Lizzie…»
Lupus in fabula.
Mi volto a guardarlo.
«Dimmi.»
Gordo mi fissa. Oddio, il
cuore mi batte a mille. Sta per succedere? Sta per dichiararsi? Cosa faccio adesso?
Ovviamente non devo fare
proprio nulla, se non aspettare pazientemente. Ma che attesa snervante…
«Ecco…»
Prende fiato. «A proposito del ballo… Ti ricordi… Ti ricordi
che quella sera dovevo dirti qualcosa?»
«Sì…»
Deglutisco. «Sì, certo.»
«Bene… Ehm…
Sai… Volevo dirti che…»
Impercettibilmente si
avvicina a me. Non so se sia un gesto intenzionale o inconscio, fatto sta che
mi sento arrossire all’istante.
«Che…?»,
ripeto automaticamente, quasi inconsapevole delle mie stesse reazioni.
«Che… Che
io…» Si ferma. Dopo una pausa, sospira profondamente. «Che io…
l’ho dimenticato.»
Lo guardo, confusa.
«Eh?»
Lui mi sorride con aria furbetta.
«Volevo dirti che
l’ho dimenticato, Lizzie. Ho dimenticato quel
che dovevo dirti. Ti dispiace?»
Mi sta prendendo in giro? Ma
che diavolo ha intenzione di fare?
Non riesco nemmeno a rispondergli, all’inizio, per quanto mi ha
spiazzata; ma alla fine sbuffo sonoramente.
«Non sei divertente,
Gordo.»
Lui scrolla le spalle. Poi si
alza e mi porge il braccio.
«Vorrà dire che
in futuro farò studi da clown. E ora che ne dici, andiamo a prenderci
un’altra aranciata o la facciamo bere tutta a Larry?»
Guardo verso il buffet e vedo
Larry, ancora intento a parlare, chino sulla poltrona su cui è accomodata
Miranda, con in mano due bicchieri e in volto un’espressione totalmente
concentrata sulla conversazione.
Un po’ controvoglia,
afferro la stampella e accetto il braccio di Gordo, incamminandomi nel cortile.
Sento la sua stretta forte intorno alla mia vita, e lo guardo di sottecchi. Non
sorride più.
Capisco che era sul punto di
dirmelo, stavolta sul serio, ma alla
fine non ci è riuscito. E capisco benissimo anche il modo in cui deve
essersi sentito. Così mi lascio andare, mi rilasso sotto la sua mano,
sperando che non pensi che sono arrabbiata con lui.
In realtà sono
arrabbiata solo con me stessa.
Perché non riesco
ancora a fare quel che devo necessariamente
fare per uscire dall’impasse di questa situazione.
E rieccomi qui!! Uh, non riesco
quasi a credere che siamo già all’ottavo capitolo… Tra due
capitoli ci dovremo salutare, fedeli lettrici… Credo che mi mancheranno i
vostri bei commenti… U///U Ok, dai, passiamo
alle cose serie! Innanzitutto un bel GRAZIE a Lallix per avere inserito questa
storia tra i preferiti… E siamo a dodici!! Che bello!! Sono a dir poco euforica!! ^///^
E poi:
PikkolaGrandefan: Sono contenta che la fic continui a piacerti! Sei fin troppo gentile!
Machy: Eh già, sembrava proprio
il momento adatto, eh? Ma tranquilla, non si sa mai… Mille grazie per il
commento!
Zerby: Mi lusinghi! Definirmi un “genio”…
Aaah, sei veramente troppo buona! Ti ringrazio
infinitamente!
Juju210: Sono contenta che anche a te sia
piaciuta la terza parte del capitolo scorso! Ih, ih, vedrai, vedrai! Grazie mille!!
Selhin: Giààà,
e chi ci crede che se l’è dimenticato?? Solo
che è così puccio!!
Grazie mille per il commento!
Gabry Sweettosa: Sono felice che la storia
continui a interessarti! Mille grazie, sei gentilissima!!
Lallix:
Che dire, benvenuta nel circolo! ^^ Grazie per il commento, mi fa piacere che
la storia ti piaccia!!
Bene, bene,
bene… Vi anticipo che questo è un altro capitolo in cui vi
verrà voglia di strozzare Ethan, ma questo
solo dopo aver assistito a un’altra scenetta dolce… E un’altra
cosa: voi ce la vedete Miranda tipo Cupido?? ^^
Più in là capirete!
Buona lettura
a tutti!
“IL MIO MIGLIORE AMICO”
8. Emozioni contrastanti
Agosto è arrivato.
Siamo nel pieno dell’estate. Anche quest’anno, io e la mia famiglia
non lasceremo la città. Poco importa, però, visto che anche
Miranda e Gordo saranno qui.
Domani, per esempio, faremo
un semplice picnic al parco, ma ci basterà come passatempo.
L’importante è stare insieme; è sempre stato così,
per noi tre.
Miranda ed io stiamo
preparando il cibo ed il resto a casa mia. Nonostante evitiamo ancora di stare
in piedi troppo a lungo, adesso tutte e due non abbiamo più
difficoltà a camminare, ed è bello ritrovare la nostra vecchia
complice intimità. Non stavamo un po’ da sole a spettegolare da
chissà quanto.
«Sai, Lizzie», mi
dice Miranda ad un tratto, piegando una serie di tovaglioli e stipandoli nel
cesto da picnic insieme al plaid che ci farà da materassino.
«Credo di doverti dire una cosa.»
«Dimmi pure», rispondo,
alzando gli occhi dalla mia borsa.
Lei evita il mio sguardo, ma
poi sospira e mi fissa seria.
«Beh, insomma, è
giusto che tu lo sappia. Gira voce che Ethan Craft e Kate Sanders escano
insieme.»
Ricambio l’occhiata.
«Eh?»
«Hai capito benissimo.
Dopo il ballo sembrava che lui non fosse poi così interessato alla cosa,
ma a quanto pare ora sono inseparabili.»
«Oh.» Torno a
guardare la mia borsa. «Capisco.»
«Non…»
Miranda esita. «Non ti dà fastidio?»
Ci penso su. In realtà
non lo so, non ho la minima idea di che effetto mi faccia questa notizia. Mi
sento quasi neutrale. Immagino sia perché in fondo mi sono sempre aspettata
una cosa del genere… Ma forse non è per questo che ora sono quasi
indifferente. Forse c’è dell’altro. Forse i miei famosi dubbi sono più forti di quanto
pensassi.
«Oddio.» Miranda
si china di fronte al mio viso, poggiandomi nel frattempo una mano sulla
fronte. «Non può essere. Di sicuro stai male. Mi rifiuto di credere che la cotta per
Ethan ti sia passata.»
Sospiro profondamente,
scostandomi da lei.
«Non è questo.
Almeno, credo di no.»
«Ma
allora…?»
«Senti», la
interrompo, guardandola fisso, stringendo la borsa in una morsa nervosa.
«Se ti dico una cosa, mi prometti che non ne farai parola ad anima
viva?»
«Lizzie, è con
me che stai parlando», dice incrociando le braccia.
«Proprio per questo te
lo chiedo», sbuffo. «Non so bene se posso fidarmi a parlartene. Ho
qualche reticenza per quanto riguarda questo genere di confidenze, da quando tu
sei andata a spiattellare a Gordo che in quarta elementare lui mi
piaceva.»
Lei spalanca gli occhi e la
bocca.
«Andiamo, Lizzie,
quello è stato un incidente, sai che non avrei mai…»
«Scusami.»
Sospiro di nuovo. «Hai ragione, lo so che all’epoca non l’hai
fatto apposta. Però, guarda, è una cosa tanto ingarbugliata
che…» Mi interrompo, cercando le parole. «E va bene,
sarò sincera. Io… Io non so più bene cosa provo per Ethan.
Perché… Perché qualcuno
mi ha fatto venire molti dubbi.» Non me la sento di pronunciare davanti a
lei il nome di Gordo e rivelarle così anche i particolari.
Lo sguardo di Miranda resta
incredulo come prima.
«Mi stai dicendo che ti
piace un altro ragazzo?»
«Non…
esattamente. Oh, cavolo, non lo so!»
Mi sento avvampare. «So solo che da quando mi hanno detto che gli
piaccio, non riesco a smettere di chiedermi come reagirei se lui me lo dicesse di persona, e che
è sempre più difficile ignorare la cosa, perché è
sempre più evidente che lui vorrebbe
dirmelo, anche se non ci riesce…»
«Buona, buona,
buona.» Miranda interrompe la mia tirata confusa, afferrandomi per le
spalle. Ha una luce strana nello sguardo. «Lizzie, stai parlando di chi
penso io?»
La guardo, senza capire. Cosa
diavolo ne so di ciò che pensa lei?
All’improvviso,
cogliendomi di sorpresa, sorride. Mi lascia andare e torna allegramente ai suoi
tovaglioli.
«Beh, era pure ora che
qualcosa si smuovesse», mormora tra sé e sé.
«Di che accidenti stai
parlando, Miranda?», sbotto, esasperata.
Lei si volta a guardarmi con
un sorriso che sa tanto di saccenteria.
«Tranquilla, Lizzie,
capisco che per te deve essere un periodo strano, e non voglio stressarti.
Perciò non ti chiederò chi sia questo fantomatico ragazzo, in modo da lasciarti il più possibile
obiettiva e razionale. Parliamo d’altro, ti va?» Di colpo si
illumina. «Ehi, lo sapevi che ultimamente sto rivalutando Larry
Tudgeman?»
Non lo sapevo, ma non me ne
stupisco. Dalla sera della festa a casa sua, quando è stata dimessa dall’ospedale,
il suo rapporto con Larry è molto migliorato. Ovviamente mi fa piacere,
ma ora, chissà perché, non mi sento in vena di lanciarmi in
un’altra conversazione di questo tipo.
Torno anch’io alla
preparazione della mia borsa, riflettendo intanto sul fatto che su questo
pianeta tutti sembrano trovare una soluzione ai loro problemi sentimentali,
eccetto per la sottoscritta.
***
«Bene, direi che questo
posto va bene per tutti, no?»
«Certo.»
Lascio cadere la borsa da
picnic. Miranda e Gordo fanno lo stesso.
«Ragazzi, io faccio un
salto al chiosco», dice Miranda. «Mi è venuta voglia di un
gelato. E a voi?»
«No, ti
ringrazio.» Scuoto la testa, mentre sistemo a terra il plaid e preparo il
necessario per il picnic, evitando sia il suo sguardo sia quello di Gordo.
«Andate pure voi due.»
«Gordo», scatta
Miranda, «perché non resti ad aiutare Lizzie? Se vuoi posso
portarti io qualcosa.»
Ma cosa diavolo…?
«No, ti ringrazio,
Miranda, sono a posto.» Gordo si avvicina a me, prendendomi dalle mani il
cesto. «Tu vai, ci vediamo più tardi.»
«Ottimo.»
Miranda fa un cenno con la
mano e sparisce in direzione del chiosco, lo stesso in cui sono stata insieme a
Ethan quasi un mese o una vita fa.
Mi viene l’assurdo
pensiero che stia facendo di tutto per lasciarmi sola con Gordo. Ma no, cosa
vado a pensare? Lei non sa mica chi è il ragazzo che mi fa dubitare di
Ethan…! Eppure…
Continuo a dispiegare
tovaglioli e stoviglie di cartone, evitando ostinatamente di guardare Gordo.
È tutta la mattina che andiamo avanti così. Dopo essere stata sul
punto di ammettere tutta la faccenda con Miranda, sono ancora più
preoccupata dall’eventualità di ciò che può
succedere tra me e lui. Perciò perlopiù lo ignoro. Con un
po’ di fortuna ci riuscirò anche ora…
«Lizzie, si può
sapere che hai?»
Dimenticavo che io non sono affatto fortunata.
«Niente.
Perché?»
Senza preavviso, Gordo si
sporge verso di me, mi porta una mano al mento e me lo solleva, costringendomi
a guardarlo.
«Sei strana. Ecco
perché.»
«Sto bene»,
farfuglio, sperando che mi lasci andare alla svelta.
«Dai, non sei capace di
dire bugie.» Lui allontana le dita dal mio viso, come se si rendesse
conto improvvisamente del contatto fisico che ha cercato e raggiunto. A
disagio, riprende in mano il cesto. «Dimmi la verità… Hai
saputo di Ethan e Kate, vero?»
L’imbarazzo diventa
incredulità: è possibile che lo sappia già tutto il Paese?
Sono stata l’ultima ad esserne messa al corrente? All’improvviso mi
dico che è meglio così, è meglio che lui creda che sono
confusa per via di Ethan, piuttosto che sappia che sono confusa per colpa sua.
«Ehm…
Già.» Abbasso lo sguardo. Cerco di rafforzare la scusa. «E
poi… Ieri Miranda mi ha detto che sta cambiando idea su Larry, e…»
«Cosa c’entrano
Miranda e Larry?», domanda Gordo, spiazzato.
«C’entrano. Vuol
dire che tutti, in qualche modo,
trovano la possibilità di piacere a qualcuno che non si è mai
interessato a loro. È ciò che sta succedendo a Larry con Miranda.
Ma ho paura che a me non succederà mai.»
Accidenti. E questa panzana
da dove cavolo mi è uscita?… Forse però è la
verità… Forse per questo l’ho detto con tanta naturalezza.
In fondo non mi sono detta più volte, dopo il famoso quasi-bacio, che io
non avevo davvero più speranze con Ethan?
«Lizzie…»
Alzo di nuovo gli occhi.
Gordo mi guarda con un’aria seria che mi spaventa.
«Devi smetterla di
sminuirti in questo modo. Te l’avrò detto mille volte; se Ethan
non apprezza la fortuna che ha, significa solo che non la merita. E tu non puoi
e non devi starci male, perché
prima o poi capirai che puoi essere felice anche senza di lui.»
Arrossisce. È
probabile che sia arrossita anch’io.
Certo che è davvero
dolce. Un altro, al posto suo, probabilmente approfitterebbe della situazione:
visto che al momento il ragazzo che teoricamente
mi interessa esce con la mia acerrima nemica, un altro potrebbe benissimo farsi
avanti. Ma non Gordo. Gordo è speciale, è il mio migliore amico.
O forse è qualcosa di più.
In questo momento capisco più
che mai che lui vuole in primo luogo vedermi serena, e che per questo è
anche disposto a non pensare affatto a ciò che prova lui. È
sempre stato così, anche quando ha deciso di sostenermi nel mio
pedinamento a Ethan; ma ora, proprio ora,
questa consapevolezza mi colpisce più forte.
Ci guardiamo in silenzio,
l’uno di fronte all’altra, inginocchiati sul plaid, in questo punto
del parco riparato dal sole, proprio di fronte al laghetto. E di colpo, proprio
come la notte del ballo di fine anno, seguo un impulso.
Lo abbraccio.
«Ma… Lizzie!…»
Gordo è confuso, si
irrigidisce, ma io non gli dico nulla. Anche perché non saprei cosa
dirgli.
Alla fine lo sento ricambiare
l’abbraccio, ed è come essere investita da un fiotto di
tranquillità, anche se il cuore mi batte all’impazzata.
Restiamo così per un
po’, in silenzio.
«Lizzie! Gordo!»
Una voce che conosco molto bene
mi strappa da questa specie di trance. Mi allontano da Gordo, guardandomi
intorno, e lo vedo.
Ethan Craft è a pochi
passi da noi, impettito sul suo skate-board, e ci saluta con un braccio.
Vederlo mi lancia di nuovo
nella confusione più totale. È vero, ero riuscita a non pensare
più a lui come al ragazzo dei miei sogni, l’unico al mondo che
potesse interessarmi; ma questo solo perché ultimamente ho fatto in modo
da allontanarmi in tutti i sensi da lui, per poter capire se il disagio che
provo con Gordo nascondesse qualcos’altro, così come mi ha
consigliato Chiedilo a Fannie!...
Ora, invece, al rivedere Ethan scopro che non è cambiato niente:
guardandolo provo sempre la solita piacevole fitta allo stomaco.
Lui scivola sullo skate fino
a fermarsi di fronte a noi.
«Ciao, Ethan», lo
saluta Gordo, secco.
Non mi curo della sua
freddezza e mi infervoro all’istante.
«Ciao, Ethan»,
ripeto. «Come… Come mai sei solo?» Esito prima di rivolgergli
la domanda; non vorrei sembrare indiscreta, ma sono troppo curiosa. «Non
sei con Kate?»
Lui mi fissa come se avessi
detto un’eresia.
«Kate? Bah! Abbiamo
litigato.»
Questo significa almeno tre
cose.
Punto primo: le voci sono
vere, e Ethan e Kate si sono effettivamente messi insieme.
Punto secondo: le voci sono poco
informate, perché non sanno evidentemente che Ethan e Kate ci hanno
messo poco a litigare.
Punto terzo: Ethan è
qui da solo, e non appena ci ha visti, o mi
ha vista, è venuto da noi, o da me.
E quest’ultimo punto a
sua volta può significare mille cose…
«Sono tornat… Ethan?»
Mi volto e vedo Miranda,
appena tornata dal chiosco, che fissa Ethan come se fosse una specie di alieno.
Che diavolo le prende? Non è contenta che sia qui con noi?
«Ciao, Miranda»,
le fa lui di rimando, con la massima naturalezza.
Io mi guardo intorno,
estremamente confusa da questa situazione inusuale. Così facendo finisco
inevitabilmente per soffermarmi su Gordo.
Si è incupito, e
continua ad armeggiare con le posate di cartone senza guardare nessuno.
Ho la sensazione di essere
spaccata in due. E non è affatto piacevole.
E
così siamo di nuovo qui… Finalmente in questo capitolo mooolte cose si chiariscono!! Spero
veramente che questo vi piaccia, così apprezzerete maggiormente il
prossimo e ultimo… ^^ Bene, passiamo subito ai ringraziamenti:
Selhin: Grazie per il commento! Hai proprio
ragione, Ethan ha bisogno di una qualche punizione, e infatti in questo capitolo, ehm… Beh, non voglio anticipare
troppo! ^^
Zerby: Grazie per il commento! Sono d’accordo
con te, Miranda è fantastica, e Gordo…
Beh, lui è Gordo: un nome, mille significati! ^^
Spero che la storia continui a piacerti!
Juju210: Grazie per il commento! Eh,
già, a Gordo ultimamente va maluccio,
poverino; vedrai poi in questo capitolo… Ma in
compenso Lizzie aprirà gli occhi prestissimo…
Vedrai, vedrai! ^^
PikkolaGrandefan: Grazie per il commento! Beh, io
non direi proprio che Ethan è innamorato di Lizzie, però certo la “illude” parecchio…
Almeno fin quando… Beh, leggerai come va a
finire con Ethan in questo capitolo! ^^
Lallix:
Grazie per il commento! Hai proprio ragione: povera Miranda, si è vista crollare
tutto… Anche qui poi fa di tutto per aiutare i suoi due migliori amici…
^^ Spero che la fic continui a piacerti!!
Bene, ora vi
lascio alla lettura, del resto è molto meglio leggere che basarvi sulle
mie insulse anticipazioni… U///U
Auguro a
tutti voi una buona lettura!
“IL MIO MIGLIORE AMICO”
9. Al laghetto del parco
Sono confusa. Tremendamente,
stramaledettamente confusa.
Il picnic di stamattina non
è andato come ci aspettavamo, ma si è svolto in totale imbarazzo.
L’arrivo inatteso di Ethan, che è rimasto con noi a lungo,
nonché la notizia del suo litigio con Kate, sono stati come un fulmine a
ciel sereno. E non mi riferisco solo a me stessa. Gordo è rimasto
taciturno per tutta la mattinata, e perfino Miranda sembrava scocciata, il che
mi ha fatto pensare di nuovo che forse la sua intenzione iniziale era in
effetti quella di lasciare soli il più possibile me e Gordo. Ma non lo
so, non so se è così, non so più niente.
Adesso è quasi il
tramonto, ma siamo tornati qui al parco con la speranza di poter recuperare
l’allegria che ci è mancata al picnic. L’idea è stata
mia: ho chiamato Miranda e Gordo chiedendo loro di fare una passeggiata, visto
che ero sola a casa, perché i miei erano fuori e Matt restava a dormire
dal suo amico Lenny.
Forse però non
è stata una grande idea.
Tanto per cominciare, Miranda
si è portata dietro Larry Tudgeman. Ha detto che lui era a casa sua
quando l’ho chiamata, presumibilmente per chiederle di uscire, e che le
sembrava poco carino dargli buca. Giuro, non riesco a capire come abbia fatto
Miranda a cambiare idea su di lui così in fretta.
Dall’altra parte
c’è Gordo, ancora chiuso in una sorta di mutismo, tanto che mi
sembra di essere tornata a quando ha iniziato ad evitarmi, dopo che mi ha vista
sul punto di essere baciata da Ethan. Apparentemente cerca di essere naturale,
ma si vede benissimo che si sta sforzando di parlare con noi… con me.
Camminiamo svagati nel parco,
ma si percepisce tra noi quattro qualcosa di indefinito; non è proprio
tensione, ma comunque c’è forzatura nelle nostre chiacchiere.
Perfino Larry, che pure è totalmente esterno ai nostri problemi, appare
confuso dalla situazione, sebbene continui a flirtare imperterrito con Miranda.
Quando arriviamo nel punto
esatto in cui stamattina il nostro piccolo picnic è stato interrotto da
Ethan, senza nemmeno rendermene conto mi fermo.
«Cosa c’è,
Lizzie?»
Mi volto e incrocio lo
sguardo incuriosito di Larry.
«Niente»,
rispondo in una reazione automatica, mentre con la stessa inconsapevolezza i
miei occhi si spostano su Gordo.
Lui mi guarda di rimando,
inespressivo. Lo studio per bene, come non ho probabilmente mai fatto prima.
Anche lui sta pensando a stamattina? Anche lui sta rivivendo il momento in cui
stamattina, in questo stesso posto, ci siamo stretti l’uno
all’altra?…
Perché sento questo turbamento
dentro? Perché tutta questa confusione? A cosa è dovuta davvero?
«Ehm…»
Miranda interviene all’improvviso, rompendo il silenzio teso,
aggrappandosi al braccio di Larry. «Mi è venuta sete. Larry, mi
accompagni alla fontana?»
«Ma certo», le
sorride lui, distogliendo l’attenzione da me e Gordo. «Sai che ti
accompagnerei fino in capo al mondo, mia cara.»
Vedo Miranda alzare gli occhi
al cielo, ma sul suo volto passa anche il lampo di un sorriso lusingato. Poi
lei mi guarda e mi strizza l’occhio, appena prima di trascinare Larry
lontano da noi.
Ora ne ho la consapevolezza.
Miranda sa. Miranda ha capito tutto. Miranda ci ha appena lasciati soli.
Questo non l’avevo
previsto.
Torno a guardare Gordo, di
sottecchi, ma lui ha ancora gli occhi fissi su Miranda e Larry, con
l’espressione di chi è combattuto tra la gratitudine e un istinto
omicida.
Ma prima che possa accadere
qualsiasi cosa tra noi, prima ancora che uno dei due possa spiccicare una
parola, ci raggiunge un gran trambusto da un punto alle nostre spalle.
Ci voltiamo all’unisono
e vediamo due sagome avvicinarsi a grandi passi.
Sobbalzo. Ethan Craft cammina
rabbioso sul sentiero del parco, seguito a qualche passo di distanza da una
Kate Sanders inviperita. Li fisso sbalordita.
All’improvviso Ethan
sembra accorgersi di noi.
«Ciao, ragazzi»,
dice, con l’irritazione perfettamente percepibile nella voce.
Non riesco nemmeno a
rispondergli, tanto sono confusa dalla sua apparizione. Ancora? Ma sopraggiunge
ogni volta che io e Gordo restiamo da soli, e per di più sempre nello
stesso posto?
«Io e te non abbiamo
finito, Ethan!», strilla Kate. «È inutile che mi ignori,
sai?»
Ma davvero? Eppure è
proprio quello che sta facendo…
Ethan si ferma di fronte a
me.
«Tutto bene,
Lizzie?», mi sorride. «È veramente buffo che continuiamo ad
incontrarci, non credi?»
Imbarazzata, soprattutto per
via della presenza minacciosa di Kate, ricambio con un sorrisetto incerto.
«Ehm, già,
veramente buffo.»
Sento lo sbuffo di Gordo alla
mia destra, appena due passi dietro di me. Non distolgo lo sguardo da Ethan,
semplicemente perché non saprei dove guardare per scampare a questa
scena così disorientante.
«Lizzie…»
«Eh?»
Ethan smette di sorridere. Si
avvicina ancora. Poi si china su di me.
Mi sta baciando.
Il mondo intero si ferma.
Ethan Craft sta baciando me, me che ha sempre detto di vedere
semplicemente come un’amica…!
Resto immobile, interdetta,
incredula. Non capisco. Non riesco a realizzare pienamente tutto ciò.
So solo che in teoria dovrei
sentirmi sulle nuvole. Insomma, Ethan mi sta baciando. Io gli vado dietro da una vita, santo cielo. Questo
dovrebbe essere il mio grande trionfo, soprattutto perché lo sto vivendo
davanti alla mia eterna rivale, Kate Sanders.
Ma allora perché mi
sento così neutra?
Poi Ethan si distacca da me,
e il mondo riprende a girare.
E, stranamente, il mio primo
impulso è quello di sbirciare la reazione di Gordo.
Vederlo con gli occhi bassi,
il volto in fiamme e le mani strette nelle tasche mi fa più male di
quanto potessi immaginare.
A malincuore, torno a
guardare interrogativamente Ethan, sperando che si degni di farmici capire
qualcosa.
Ma lui non sta guardando me.
Si è appena voltato, con aria ridicolmente trionfante, verso Kate.
«Adesso l’hai
capito, il concetto?», le fa.
Grande. Sono diventata lo
strumento della rottura tra Ethan e Kate. Certo che è durata, tra questi
due!
No, un momento… Come
sarebbe a dire? Prima ero solo un’amica, ma ora che si tratta di fare da
terzo incomodo, di punto in bianco mi bacia?
Improvvisamente tutto si fa
molto chiaro. Ethan Craft non è solo l’idiota che si è
sempre dimostrato essere. È anche un miserabile.
Mi volto a guardare Kate. Lei
ricambia, e so all’istante che capisce perfettamente come mi sento.
«Non c’è
bisogno che tu dica nulla, Lizzie», mi dice infatti, portandosi accanto a
me.
Io lancio a Ethan uno sguardo
di fuoco. Lui mi guarda confuso.
«Ehm, Lizzie, non
vorrei che tu fraintendessi…»
«No, Ethan, sei tu ad aver frainteso», gli sibilo
in faccia. «Io non sono né un’ultima spiaggia, né una
pedina degli scacchi.»
Kate viene a darmi manforte.
«E giusto per la
cronaca, Ethan», aggiunge furiosa, «sono io a mollare te, e non viceversa.»
Inavvertitamente abbiamo
iniziato a camminare verso di lui, inducendolo ad indietreggiare davanti alle
nostre espressioni. Mi rendo conto ora della posizione di Ethan, e scambio con
Kate uno sguardo complice.
«Siamo
d’accordo?», le chiedo.
«Ovviamente»,
risponde lei, capendo al volo le mie intenzioni.
Poi ci rivolgiamo di nuovo a
Ethan e insieme gli diamo uno spintone. Lui fa appena in tempo a voltarsi,
prima di poter capire che sta cadendo nel laghetto alle sue spalle.
Splash!
Sghignazzando, Kate ed io ce
la svigniamo.
«Mi sento sollevata da
un peso», sospira Kate mentre percorriamo a
grandi passi il sentiero, allontanandoci dal laghetto.
«Come mai…?»,
esordisco, guardandola.
«Come mai l’ho
mollato dopo soli pochi giorni, vuoi dire?» Kate sospira profondamente,
passandosi una mano tra i lunghi capelli biondi. «Mio Dio, Lizzie, tu non
hai la minima idea di come sia starci insieme più di qualche minuto.
Alla lunga ti viene voglia di dargli una scrollata, dico sul serio.»
Rido sinceramente. Posso
capirla. Ethan è così: senz’altro bello da mozzare il
fiato, ma è praticamente impossibile pensare di stare con lui sul serio, perché è
impossibile condividere con lui pensieri, idee, cose serie, insomma.
Perché diavolo non l’ho capito prima? Mi sarei risparmiata
settimane di pedinamenti e speranze stupide, nonché le incomprensioni
sorte con Gordo…
Già, Gordo.
Come ho fatto a
dimenticarmene?
Mi fermo di botto,
guardandomi intorno.
«Cosa
c’è?», fa Kate.
«Hai visto
dov’è andato Gordo?», le chiedo, ansiosa.
Lei scuote lentamente la
testa.
«No. Forse aveva
bisogno di restare da solo.» Assume un’espressione molto seria.
«Lizzie, credevo di avertelo spiegato. Non hai ancora aperto gli occhi
sul tuo migliore amico?»
Sospiro e mi prendo il viso
tra le mani, eludendo il suo sguardo.
«Sì che ho
aperto gli occhi, Kate. Ma li ho aperti troppo tardi.» C’è
una traccia di isteria nella mia voce. «Vorrei tanto aver capito prima…
Vorrei che non avesse sofferto. Perché una cosa è certa, lui deve
aver sofferto. Soprattutto in questi ultimi tempi.»
Con la mente ripercorro le
ultime settimane, a partire dalla fine della scuola: i miei tentativi di
conquistare Ethan, il giorno in cui ho cercato di indurlo a baciarmi, poi
l’incidente, e adesso questo bacio totalmente inaspettato quanto
falso… Tutte cose che probabilmente hanno fatto malissimo a Gordo.
Mi sento terribilmente in
colpa.
Kate non fa ulteriori
domande. Si limita a posarmi una mano su una spalla.
«Allora perché
non cerchi di rimediare?»
Abbasso le mani e la guardo.
«E come?»
«Lizzie, sveglia.
Ragiona un istante. Tra le cose che dici di ‘aver capito’, ci sono
anche i tuoi sentimenti per Gordo?»
Mi sento arrossire.
Perché non ci ho
pensato prima?
La nostra amicizia si
è sempre giocata su un’intensa complicità. E in quante
occasioni avrei potuto capire quel che c’era sotto quella
complicità? Infinite. Ma no, no, sono sempre stata maledettamente cieca.
Quando Gordo si è
messo con quella nostra vecchia compagna, Brooke, e per me era evidente che lei
lo stava solo usando, e ho giustificato il mio fastidio come desiderio di non
vederlo soffrire… Come ho potuto non capire allora?
Quando è stato poi
respinto da Parker, per la stupidissima ragione della sua altezza, e io ho
provato quell’impulso protettivo addirittura eccessivo, e poi alla fine
mi sono sentita quasi infastidita quando lei si
è scusata con lui… Come ho potuto non capire allora?
Quando, in seconda media,
c’è stata l’eventualità che lui saltasse un anno e
andasse direttamente al liceo, dividendo così la sua strada dalla
mia… Come ho potuto non capire allora?
Quando, sempre alle medie, ho
iniziato a progettare il mio futuro, e immaginandomi come casalinga in uno
sprazzo di fantasia ho visto Gordo come potenziale marito… Come ho potuto non capire allora?
Quando, subito dopo che Kate
mi ha detto la verità, Gordo mi è sembrato per la prima volta sul
punto di dirmelo, sul portone di casa mia, e mi sono sentita tanto
strana… Come ho potuto non capire allora?
Abbasso gli occhi.
La verità è
questa, anche se non me ne sono mai resa conto…
La verità è che sono innamorata del mio migliore amico.
«Il tuo silenzio
è molto eloquente», sorride Kate. «Bene, McGuire, immagino
che tu non abbia più bisogno di me. Ora vai a cercarlo e
parlagli.»
La guardo di nuovo, la mia
nemica-amica cui devo tanto, e le sorrido.
«Grazie, Kate.»
***
Ho percorso questo sentiero
già tre volte. Dove diavolo sei finito, David Gordon? Proprio
ora che sono riuscita a ‘fare chiarezza nel mio cuore’, tu sparisci nel nulla?
Il tramonto stende la mia
ombra davanti ai miei piedi. Mi fermo e la seguo con lo sguardo, abbattuta. E
poi, proprio seguendo il gioco di luci e ombre, i miei occhi raggiungono un
altro laghetto del parco, più piccolo di quello in cui abbiamo gettato
Ethan.
Gordo è lì,
seduto sull’argine.
Il cuore inizia a battermi
all’impazzata, saltandomi fino alla gola. Ci siamo. Questa è la
conferma. Ora è tutto chiarissimo. Ora so cosa è giusto
fare… So cosa voglio.
Riprendo lentamente a
camminare, finché lo raggiungo e mi fermo in piedi al suo fianco.
Gordo alza gli occhi, ma
quando mi riconosce torna a nasconderli dietro la frangia scura.
«Ehilà, Lizzie.
Non dirmi che Ethan se n’è già andato.»
Per la prima volta il tono di
fastidio dissimulato dal sarcasmo nella sua voce non mi reca solo imbarazzo, ma
soprattutto mi lusinga.
Mi siedo nell’erba del
prato ben tenuto, accanto a lui, e guardo la superficie del laghetto.
«Non proprio. O almeno
non credo…»
Gli racconto l’iniziativa
presa da me e Kate nello stesso istante, e del ‘bagno’ di Ethan.
Gordo si volta finalmente a guardarmi.
«Non ci credo.»
C’è sincero stupore nella sua voce. «Tu, Lizzie McGuire, invece di scioglierti
come neve al sole per essere stata baciata da EthanCraft lo hai buttato
in un lago?»
Lo guardo sorridendo. Nella
luce del tramonto, i suoi occhi sono davvero straordinari.
«Sai, Gordo, a volte
c’è bisogno di tempo per capire ciò che si vuole
davvero.» Torno seria e abbasso la voce. «Ho sempre visto in Ethan
qualcosa di irraggiungibile, una perfezione che era solo apparente, ma che
comunque mi attirava in modo irresistibile… Ma
così facendo non ho mai capito che, solo un passo più in
là, c’era qualcos’altro, qualcosa che davo per scontato, e
che però era il meglio per me, e che mi aspettava in silenzio, e che
proprio per questo suo rifiuto di mettersi in mostra era perfetto…»
Mi interrompo confusamente e mi mordo il labbro, senza staccare gli occhi da
Gordo.
«Cosa vuoi
dire?», mi chiede lui, a disagio.
Respiro a fondo. È il
momento di parlare chiaro.
«Io non sono mai stata
davvero innamorata di Ethan. Ma
credo… Anzi, ormai sono sicura
di essere innamorata di qualcun altro.»
Continuiamo a guardarci in
silenzio.
L’espressione di Gordo
è indefinibile: un misto di meraviglia, attesa, aspettativa, fastidio,
diffidenza, speranza. È come se fosse geloso e al contempo sperasse di
essere lui, questo ‘qualcuno’. E ovviamente ora so cosa devo dire
per togliergli questo dubbio…
Mi accorgo di quanto,
impercettibilmente, mi sono avvicinata a lui. Prendo di nuovo fiato…
«Ah, finalmente, eccovi
qui!»
Gordo ed io trasaliamo alla
voce squillante appena risuonata dietro di noi.
Mi ero quasi dimenticata di
loro due… Ma Miranda e Larry ci hanno appena ritrovati, facendoci ripiombare
alla realtà circostante.
«Ragazzi, è
tutto a posto?», chiede ancora Miranda, andando con gli occhi da me a
Gordo e viceversa.
«Certo», le
sorrido apertamente. «Tutto a posto.»
Lei si sofferma su di me.
Evidentemente dai miei occhi capisce che sono sincera, che mi sento davvero aposto.
Difatti, da dietro la schiena di Larry, mi fa un cenno di incoraggiamento.
Gordo non si accorge del
gioco di sguardi tra noi ragazze, perché è appena schizzato in
piedi.
«Bene, ora che ci siamo
ritrovati possiamo andare? Ho promesso ai miei di tornare a casa presto.»
Mi alzo anch’io,
sospirando. Non sono riuscita a dirgli tutta la verità. Ma
l’importante ora è che io so.
So che l’unico ragazzo
che mi piace davvero non è altri che il mio migliore amico.
Capitolo 10 *** Tutto è bene quel che finisce bene ***
“IL MIO MIGLIORE AMICO”
Cosa? Siamo
già all’ultimo capitolo? Accidenti, questa storia è
praticamente volata come il tempo! Beh, dai, dopotutto l’importante
è che vi sia piaciuta… Ringrazio infinitamente per le loro
recensioni Machy,
Juju210, PikkolaGrandefan, Zerby, Bellafifi1986 e Selhin… Ragazze, non credo
di avere parole a sufficienza per ringraziarvi… Dico sul serio! ^///^
Sono veramente
felicissima che questa fic sia stata tanto ben
accetta, soprattutto considerando che l’ho scritta così tanto
tempo fa, e che non mi sarei mai sognata che potesse
piacere tanto. Perciò vi ringrazio, uno per uno, voi
che avete letto, dal profondo del mio cuore! E ora… Beh, ora vi lascio
all’epilogo, sperando che anche questo vi piaccia…
Alla
prossima (spero)… e buona lettura!
“IL MIO MIGLIORE AMICO”
10. Tutto è bene quel che
finisce bene
Ormai è sera.
Purtroppo abbiamo perso l’autobus, così ci tocca tornare a casa a
piedi.
Sono un po’ turbata, ma
anche felice. Capire me stessa, oggi al parco, mi ha fatto questo effetto: da
un lato sono vagamente sconvolta per non essere mai riuscita ad ammettere
ciò che provavo davvero, ma dall’altro sono eccitata da ciò
che questa consapevolezza può provocare. Ovviamente mi riferisco al
momento in cui dirò a Gordo la verità.
So già che lui mi ricambia… Ma la paura c’è comunque.
Insomma, sto cambiando totalmente le carte in tavola. La nostra amicizia non
sarà più la stessa, dopo che io gli avrò detto che
finalmente ho aperto gli occhi sul mio cuore. Forse, inconsciamente, ho sempre
saputo di questo rischio, e per questo non mi sono mai voluta
soffermare sui miei sentimenti più nascosti… Ah, ma sentitemi,
sembro una psicanalista freudiana da strapazzo.
Da quando Miranda e Larry ci
hanno interrotti, non ho più avuto il coraggio di guardare apertamente
Gordo. Non so perché, ma è come se la magia che c’era al
laghetto fosse scomparsa lì. Ma mi rendo conto che qualcosa dovrò
pur fare, se davvero voglio dirgli che… il cuore mi batte più
forte solo al pensarlo… sono innamorata di lui.
È ancora una volta la voce
di Miranda a scuotermi dai miei pensieri.
«Allora ci sentiamo
presto, ragazzi…»
Mi fermo, tornando al mondo,
e mi accorgo che siamo arrivati in fondo alla strada che porta a casa Sanchez.
Miranda, già pronta per imboccarla, ci sta facendo un cenno con la mano.
Ma figurarsi se Larry
può accontentarsi di salutarla così.
«Non mi concedi di
accompagnarti fino alla porta?», le sussurra infatti, con voce quasi
ridicolmente galante.
Miranda arrossisce di botto. Cavolo,
se Miranda arrossisce la cosa deve essere
più seria del previsto.
«Oh, non so
se…» Lancia uno sguardo furtivo verso Gordo e me, quindi sembra
cedere. «Va bene, Larry.»
Il viso di Larry si illumina.
Miranda alza gli occhi al cielo, ma, proprio come poche ore fa nel parco, per
un brevissimo istante assume anche un’aria un po’ compiaciuta.
«Telefonami quando
arrivi», scherzo, «così saprò che non devo
preoccuparmi.»
Lei mi rivolge
un’occhiata di fuoco, poi sorride con aria saputella.
«Sì, sì,
certo, ridi pure. Ci sentiamo stasera, e allora vedremo cosa mi racconterai tu.»
Nonostante il sarcasmo, il
suo tono basso e complice mi insospettisce.
Solo quando lei e Larry sono
ormai lontani, e io e Gordo siamo rimasti soli alla biforcazione, mi rendo
conto che forse era proprio questo
che aveva in mente accettando la compagnia di Larry.
Guardo Gordo, e
all’improvviso mi viene voglia di correre dietro a Miranda per
strozzarla.
No, un momento, siamo
razionali: ero o non ero io quella che voleva rivelare i suoi sentimenti a
Gordo, solo poco fa, in riva a quel laghetto? E allora dai, adesso
perché tirarsi indietro? Dovrei essere grata a Miranda. Ormai è
chiaro che sta facendo di tutto perché le cose tra me e Gordo si
chiariscano… Però, nonostante tutta questa buona volontà,
l’istinto di strozzarla permane.
Mi incammino sotto la fila di
lampioni che illuminano la strada nel crepuscolo. Sento la presenza di Gordo
vicinissima a me, e non posso non esserne imbarazzata, ora più che mai.
Il silenzio facilita le cose: almeno per il momento, posso dissimulare il
tremore che sentirei di certo nella mia voce se gli parlassi.
Continuo a rigirarmi nei miei
pensieri. Cosa devo fare, e come? Basterà fermarlo, dirgli che sono
stata una stupida, che…? No, uffa, così non va, non è
adatto. La verità è che vorrei fargli capire tutto quello che
provo nel migliore dei modi, perché è questo che lui
merita… Ma ho paura che stavolta non sarò brava con le parole come
mio solito.
«Beh, allora ciao,
Lizzie.»
Sussulto. Siamo già
arrivati sotto casa sua?
«Scusami», gli
dico affrettatamente, «non ti stavo ignorando, ero solo un po’
distratta.»
«Ehi, non
preoccuparti.» Mi sorride, con la sua aria dolce di sempre, che
però solo ora mi colpisce così tanto… «Credo di
capire come ti senti.»
«Ehm…
Davvero?», chiedo, dubbiosa.
«Sì…
Voglio dire, deve essere un po’ strano ritrovarsi a pensare
all’improvviso a Ethan Craft in un modo diverso dal solito, no?»
Sorride più apertamente. «Io personalmente non avrei problemi di
questo genere, perché l’ho sempre visto come l’idiota che
è, ma so bene che per te deve costituire un colpo…»
Mio malgrado, mi metto a
ridere.
«In realtà non
pensavo a questo», dico alla fine, senza smettere di ridacchiare.
«Non pensavo a lui. Accidenti, Gordo, credevo davvero che avessi capito
quel che intendevo dire al parco. Non eri tu l’intelligente del
gruppo?»
Lui smette di sorridere e si
appoggia al lampione alle sue spalle, fissandomi.
«Di che diavolo stai
parlando?», chiede.
Lo guardo negli occhi, che,
nella penombra, si fanno di un azzurro quasi cupo. All’improvviso non ho
più voglia di ridere. Anzi, mi sento venir meno. Ci siamo, sto per
rischiare il tutto per tutto. Ma se cambiare le cose significasse solo
cambiarle in peggio…? No, no, cavolo, non devo pensare a queste assurdità.
Come diceva Fannie in risposta alla lettera di quel ragazzo?
«…Se è una vera
amica, come mi scrivi, non la perderai mai…»
Già: Fannie. Forse
quello può essere il punto di partenza.
«Gordo…»
Respiro profondamente, senza distogliere lo sguardo. «Ti ricordi di
quella sera in cui abbiamo visto quel programma in tv… Chiedilo a Fannie!...?»
La sua espressione si fa
sorpresa.
«E questo ora cosa
c’entra?»
«Ti prego, non mi
interrompere. Ti ricordi o no?»
Un po’ incerto,
annuisce. Mi sembra che sia arrossito, ma forse è solo la luce decisa
del lampione a trarmi in inganno.
«Sai… Una delle
lettere che sono state lette… Beh, insomma, l’avevo scritta
io.»
La sua sorpresa si trasforma
in meraviglia allo stato puro. Ma poi, inaspettatamente, sorride di nuovo.
«Oh. Capisco. Beh, non
c’è mica da vergognarsene. Anch’io una volta ho scritto una
lettera alla… alla tua rubrica sul giornale della scuola.»
Mentre anch’io lo
guardo stupita, torno con la mente a quel periodo.
E all’improvviso
è tutto chiaro.
“Cara Lizzie, ho un problema. Credo che la mia migliore amica sia…
più che un’amica.”
Com’era che si firmava?
Ragazzo Confuso…
Accidenti! Non ci avevo mai
pensato…!
Basta. Basta ricordi, e
soprattutto basta divagazioni.
Sospiro e faccio un passo
verso di lui.
«Comunque sia»,
mormoro, «te lo dicevo perché… perché ora voglio
dirti chi è il ragazzo di cui ti parlavo poco fa.»
Il sorriso di Gordo svanisce.
È ovvio che si sta chiedendo chi sia questo tipo misterioso capace di
farmi dimenticare la mia cotta madornale per Ethan Craft.
«Ah, sì? E
perché vuoi dirlo a me?», sbuffa, incrociando le braccia.
«Per almeno due buone
ragioni.» Mi avvicino ancora, e lo vedo irrigidirsi contro il lampione.
«Innanzitutto, perché sei il mio migliore amico.» Sono tanto
vicina da constatare di non essermi sbagliata sul suo rossore. «E
poi… perché non sei solo questo.» Mi fermo a un passo da
lui. «Perché il ragazzo in questione… sei tu.»
Cade il silenzio.
Io deglutisco. Gliel’ho
detto. Alla fine ce l’ho fatta.
Gordo mi fissa. È come
se avesse smesso di respirare.
Poi, lentamente, lascia
scivolare le braccia lungo i fianchi.
«Li…
Lizzie…»
È evidente che non ha
la minima idea di cosa dirmi.
Bene, siamo in due.
Faccio un ultimo passo verso
di lui, porto il viso contro la sua spalla e chiudo gli occhi.
«Non parlare, per
favore…», bisbiglio.
«No», mormora
precipitosamente in risposta, «no,
c’è una cosa che devo assolutamente dirti… Avrei voluto
dirtelo prima, ma… Insomma… Quel che voglio dirti da sempre è che…»
Mi prende per le spalle e mi
allontana di poco da sé, restando vicinissimo al mio viso. Io trattengo
il fiato, in attesa, guardando dalle sue guance furiosamente paonazze ai suoi
occhi magneticamente azzurri. Lui prende fiato, e butta fuori le parole che non
ha mai saputo dirmi.
«Mi piaci.»
È la conferma che mi mancava.
Sentirlo dalle sue labbra è… Oddio, è meraviglioso.
Sorrido felice, immersa nei
suoi occhi.
«Ti piaccio e basta?…», lo
incalzo, mordendomi poi le labbra, sperando in una risposta precisa.
Anche Gordo sorride,
sciogliendo finalmente ogni tensione. Tenendo una mano sulla mia spalla, porta
l’altra fino ai miei capelli. Il mio stomaco è invaso dalle
classiche farfalle.
«Se vuoi tutta la
verità», dice a voce bassa, respirandomi sul naso, «mi sa
che dovrò dirti che ti amo…»
Esiste un record dei battiti
del cuore? In tal caso, temo di averlo appena stracciato.
Senza pensarci, chiudo gli
occhi e percorro gli ultimi centimetri tra di noi.
Lo bacio.
E vorrei solo che non finisse
mai.
Mai, mai, mai.
***
«Lizzie? Alla
buonora!»
«Scusami, mamma,
abbiamo perso l’autobus e siamo dovuti tornare a piedi.»
«Ehi, che ti succede,
tesoro? Come mai quell’aria felice?»
Guardo mia madre e le salto
al collo, stringendola in un abbraccio.
«La vita è bella, mamma!»
Lei barcolla, poi mi
allontana da sé e mi sorride.
«Devo intuire che tu
abbia chiarito qualcosa, stasera, vero?»
Ricambio il sorriso, ma mi
limito ad annuire.
«Sono contenta per
te.» Si scioglie del tutto dalla mia stretta e si dirige in cucina.
«Molto bene, Giulietta, se hai bisogno di me sono ai fornelli. Ma presumo
che tu ora abbia bisogno solo del tuo Romeo. Il telefono è nel
soggiorno, se la cosa ti interessa.»
Puoi scommetterci,
mamma… Puoi scommetterci!
Lascio l’ingresso,
sfreccio in soggiorno, afferro il telefono portatile e poi corro alle scale per
andare a chiudermi in camera.
Mi ricordo ad un tratto delle
parole di Miranda.
«Ci sentiamo stasera, e allora vedremo cosa mi racconterai tu.»
Sorrido. Mi dispiace,
Miranda, ma forse ti toccherà aspettare. Ho un’altra telefonata da
fare prima di raccontarti i particolari.
Compongo il numero di Gordo.
Questa sera non ci
sarà la solita conversazione a tre. Questa sera inizia un qualcosa da
dividere in due.