La ragazza dagli occhi color ghiaccio.

di Jade Tisdale
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricordi. ***
Capitolo 2: *** Benvenuta alla Kame House! ***
Capitolo 3: *** Parole. ***
Capitolo 4: *** Sentimenti indecifrabili. ***
Capitolo 5: *** Domande. ***
Capitolo 6: *** Al cuor non si comanda! ***
Capitolo 7: *** Chi è Marion? ***
Capitolo 8: *** L'incontro. ***
Capitolo 9: *** La notizia. ***
Capitolo 10: *** Incubi e dubbi. ***
Capitolo 11: *** Un addio doloroso. ***
Capitolo 12: *** Un compleanno speciale! ***
Capitolo 13: *** Amore materno. ***
Capitolo 14: *** Incidenti di percorso. ***
Capitolo 15: *** Paure. ***
Capitolo 16: *** Nuovi problemi. ***
Capitolo 17: *** Come una pugnalata al cuore. ***
Capitolo 18: *** I consigli di un sayan. ***
Capitolo 19: *** La promessa. ***
Capitolo 20: *** Ottimismo. ***
Capitolo 21: *** Jirou. ***
Capitolo 22: *** Pericolo. ***
Capitolo 23: *** Il passato dimenticato. ***
Capitolo 24: *** La neve della notte di Natale. ***
Capitolo 25: *** Cotte adolescenziali. ***
Capitolo 26: *** Fidanzamento. ***
Capitolo 27: *** Zio C17. ***
Capitolo 28: *** Non spezzarle il cuore. ***
Capitolo 29: *** La mamma ha sempre ragione! ***
Capitolo 30: *** Due splendide sorelline. ***
Capitolo 31: *** L'approvazione di Vegeta ***
Capitolo 32: *** Fraintendimenti. ***
Capitolo 33: *** Sorriso spontaneo. ***
Capitolo 34: *** Fotografie. ***
Capitolo 35: *** Copia. ***
Capitolo 36: *** La nonna migliore. ***
Capitolo 37: *** Il matrimonio. ***
Capitolo 38: *** La nascita dei gemelli. ***
Capitolo 39: *** La stella più luminosa. ***
Capitolo 40: *** L'inizio di una nuova vita. ***



Capitolo 1
*** Ricordi. ***


 

 

La ragazza dagli occhi color ghiaccio.

 

 

 

 

 

1. Ricordi

 

 

Sentivo il mio cuore battere ad un ritmo irregolare. Forse sono morta pensai. O forse sto semplicemente impazzendo. 
Non poteva essere il mio cuore quello. Era da tempo che non batteva così. Era da tempo che non provavo più emozioni simili. 
Paura, terrore, spavento, ma al tempo stesso gratitudine e protezione. Da quando in qua io provavo gratitudine verso qualcuno? E poi, com'era possibile che qualcuno mi stesse proteggendo? E da chi poi?
Mi sembrava come di essere chiusa in una sorta di buco nero. Di sicuro stavo dormendo o avevo perso i sensi. Eppure quelle emozioni erano lì e non se ne volevano andare.
In quel momento, qualcosa di strano accadde. Il buco nero iniziò schiarirsi, fino a far comparire una strana luce bianca davanti a me.
Sto morendo, ne sono sicura.
Dopo pochi secondi però, mi resi conto di essere davvero caduta nel sonno. Non stavo morendo, stavo semplicemente sognando.
Capii subito chi stavo sognando. Una delle persone che avevo odiato con tutte le mie forze. Il Dottor Gelo. Che ci faceva quel verme dentro ai miei sogni?
Socchiusi leggermente gli occhi per evitare che la luce mi accecasse. 
Il Dottor Gelo si trovava nel suo vecchio laboratorio, vicino a due lettini. Ricordavo perfettamente quel giorno. Era quando quel lurido verme aveva rapito me e mio fratello. 
Per me era strano rivedere un pezzo della mia vita prima di diventare cyborg. Gelo aveva fatto in modo che io e C17 dimenticassimo tutto, dalla prima all'ultima informazione. Non ricordavamo assolutamente niente, né i nostri nomi, né chi fossero i nostri genitori. Il vuoto più totale.
Tutto ciò che ricordavamo era che eravamo stati trasformati attorno ai diciott'anni e qualche spezzone del nostro ultimo giorno da umani, ma niente di più. Quel pazzo aveva proprio fatto pulizia totale.
I miei pensieri furono distratti da un urlo. Intravidi la me umana svegliarsi di colpo e ritrovarsi legata sul lettino. Riuscivo a leggere negli occhi miei e di mio fratello tanta paura e disperazione. Eppure, quel mostro non ci aveva dato alcuna pietà.
Eravamo le sue cavie da laboratorio. Ci aveva usati con un unico obiettivo che non era stato raggiunto. Uccidere Goku.
La vista iniziò ad offuscarsi, fino a farmi ritornare in quello strano spazio nero. Dopo qualche minuto, si formò di nuovo quella accecante luce bianca, ma non vidi nessuno. Sentii solo una voce, una voce che riuscì a farmi rabbrividire, cosa che non era molto facile.
«Colpo del sole!»
Sentii gli occhi bruciarmi come quel giorno, o forse di più. Cercai inutilmente di reagire, ma la luce era troppo forte.
A differenza della prima volta, ero sola. Né C16, Vegeta, suo figlio o il piccoletto erano presenti. 
Ero sola. Completamente sola. C'eravamo solamente io e quel mostro di nome Cell. 
Riuscii ad aprire gli occhi e lo vidi avanzare verso di me. Le gambe iniziarono a tremarmi ad un ritmo incontrollabile, superando la velocità dei battiti del mio cuore.
Possibile che quell'essere mi facesse così paura? Possibile che avesse lasciato un segno indelebile nella mia vita?
In quel momento non riuscivo a trovare una risposta. Vederlo venire verso di me mi stava facendo venire le lacrime agli occhi.
Fu questione di pochi attimi affinché Cell scomparisse nel nulla. Tirai un sospiro di sollievo e mi accasciai a terra.
«C18, stai bene?»
Alzai lo sguardo verso l'alto e lo vidi. Era basso, pelato e con la tuta arancione. Proprio come me lo ricordavo.
Perchè lo stavo sognando? Domanda stupida considerando il fatto che avevo appena visto l'uomo che disprezzavo di più e quello che mi faceva più paura.
Ma lui che cosa c'entrava con loro? Era cattivo? No, mi pareva troppo ingenuo.
E allora, quale altra spiegazione ci poteva essere?

 

Quando aprii gli occhi, tirai un altro sospiro di sollievo. 
«Ehi, come ti senti?»
Voltai la testa lentamente e per poco non mi venne un colpo. Mi alzai di scatto, incredula di chi avevo davanti.
Gli occhi dei pochi presenti erano puntati su di me. Ed io odiavo quando qualcuno mi guardava.
«Calma, ci troviamo al Palazzo del Supremo. Il figlio di Goku, Gohan, ha sconfitto Cell. Perciò puoi stare tranquilla, lui è solo un brutto ricordo.»
Stranamente, mi fidai. Sentivo di essere al sicuro lì con loro.
Spostai lo sguardo verso il ragazzino alle sue spalle. Com'era possibile che un bambino così piccolo fosse riuscito a battere quel mostro?
Un essere dalla pelle verde fece un passo avanti. 
«Sappi che se sei qui è solo grazie a Crilin. Da quando Cell ti ha sputata fuori è sempre rimasto al tuo fianco.»
Il nanerottolo arrossì.
Crilin.
Allora era quello il suo nome.
«Adesso è chiaro! Crilin ha salvato C18 perchè le piace!» esclamò il figlio di Goku.
In men che non si dica gli arrivò una botta in testa da parte del pelato.
Era strano da pensare. Un umano che si innamorava di me. No. Quel ragazzino aveva ancora la testa per aria a causa dello scontro. Era l'unica spiegazione plausibile.
Non riuscivo a credere che Crilin fosse innamorato di me, ma decisi comunque di stare al loro gioco per poter tagliare la corda.
«Mi dispiace deluderti, ma ti sbagli di grosso se credi di aver fatto colpo con me. E non pensare minimamente che ti salterò al collo per ringraziarti. Perciò addio!»
Con un balzo aggraziato presi a volare verso il basso.
Forse in fondo un po' mi dispiaceva per lui, ma il mio orgoglio mi impediva di ringraziare qualcuno.
Dopo pochi secondi, il cielo si oscurò. Mi ci volle poco per capire che la fonte di tale cambiamento proveniva dal Palazzo.
Decisi di tornare da quei terrestri per capire cosa stava succedendo.
Mi nascosi dietro ad una lastra ad origliare e ciò che sentii uscire dalla bocca del piccoletto mi lasciò perplessa.
«Drago Shenron, ti è possibile trasformare completamente i cyborg C17 e C18 in esseri umani?»
Il drago, con la sua voce roca, iniziò a parlare.
«Mi dispiace, ma questa è una richiesta che va oltre i miei limiti. Esprimete un altro desiderio.»
Nel volto del piccoletto si formò un'espressione triste. Perchè stava facendo tutto quello per me? Cos'avevo fatto io per meritarmelo?
E poi, era impossibile far tornare me e mio fratello umani. Ci sarebbe voluto un miracolo affinché accadesse.
«Ascolta Shenron! Puoi almeno rimuovere il dispositivo di autodistruzione contenuto nei loro corpi?»
Una gocciolina di sudore, causa di tutta l'agitazione che mi ero sentita addosso fino a quel momento, mi attraversò lentamente la tempia sinistra.
«Questo posso farlo.» disse infine il drago verde, prima di scomparire completamente.
In tutta onestà, io non mi sentivo affatto diversa.
«Scusa Crilin, ma avrei una domanda da farti. Perchè hai espresso questo desiderio?» chiese il sayan coi capelli viola.
«Beh, è semplice, mi dispiaceva per loro. Non dev'essere bello avere una bomba dentro al proprio corpo.»
Per un attimo, provai gratitudine verso quel terrestre. Mi sembrava così strano da credere, eppure, era come se riuscisse a capirmi.
«Come mai hai voluto rimuovere anche quella di C17?» chiese un altro terrestre con tre occhi.
«Ehm, ecco, io credo che con C17 lei sia più felice. Perciò, io, l'ho fatto.»
A quel punto, la mia ira scoppiò. Non so cosa mi portò a compiere quel gesto, visto che di quell'umano a me non importava un fico secco. Eppure, lo feci. Mi giustificai. Cosa che non ero sicura di aver mai fatto nella mia vita.
«La vuoi smettere?» urlai uscendo allo scoperto. 
Il nano mi guardò stupito. «Che c'è, C18?» chiese ingenuamente.
«Sciocco! Non hai capito che C17 è mio fratello gemello?»
«Dici sul serio?»
Riuscii a leggere nei suoi occhi del sentimento, qualcosa misto a gioia e speranza.
Ma non ne ero molto sicura.
«Questo però non cambia niente tra noi! Non ti ho chiesto io di esprimere questo desiderio, quindi non ti devo niente! Hai capito testone?»
Mi voltai, pronta a volare via.
Mi chiedevo perchè lo stavo facendo. Perchè lo aggredivo così senza alcuna ragione? Perchè me ne stavo andando se lì con loro mi trovavo bene?
Fu in quel momento che capii. Non era lì con loro che stavo bene. Non con loro. Con lui. 
Era lui che mi aveva fatto provare protezione e gratitudine.
Che mi stessi innamorando di lui?
Scacciai subito quel pensiero dalla testa. Non poteva essere vero.
Mi voltai nuovamente e lo guardai negli occhi. Quegli occhi scuri che fino a qualche istante prima mi erano sembrati ricchi di felicità, mi parevano mutati in tristi e affranti.
In fondo, anche se mi nuoce molto ammetterlo, un po' mi dispiaceva per lui.
«Ciao, ci vediamo.» fu tutto ciò che riuscii a dire prima di scomparire di nuovo.
Grazie Crilin pensai mentre scendevo verso la terraferma. Non dimenticherò mai ciò che hai fatto per me. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buonasera! Comincio col dirvi che l'idea di creare questa storia mi è venuta così per caso.
Mi sono semplicemente posta la domanda “Se dovessi racchiudere la storia tra Crilin e C18 in una fanfiction come lo farei?”
E partendo da quella domanda ho iniziato a scrivere. 
C18 è il mio personaggio preferito in assoluto, ma non avendo mai scritto delle storie con lei come personaggio non ho idea di come appaia ai vostri occhi.
Spero vivamente che sia IC, ma ripeto, è la prima volta che la inserisco in una fanfiction quindi non è facile per me.
Innanzitutto vi do un avvertimento. Siccome io sono una persona furba - ovviamente lo dico nel senso ironico - oltre a questa qui sono in corso altre tre mie fanfiction. Credetemi, basta davvero poco per darmi l'ispirazione, come quella stupida domanda che ho scritto sopra e quando mi viene non mi ferma più nessuno: o scrivo, o scrivo!
Quindi farò di sicuro il mio meglio per aggiornare al più presto, ma ciò non significa che seguo uno schema ben preciso, anzi, scrivo i capitoli delle mie fanfiction in base all'ispirazione, non lo faccio tanto per fare. Perciò potrebbe anche darsi che, se non aggiorno, non sia solo a causa del mio scarso tempo, ma anche dell'immaginazione che ho sul momento.
In quanto allo stile di scrittura, ho deciso di sperimentarne uno nuovo. Ho letto tante, tantissime fanfiction in cui il titolo è a destra e i caratteri del testo sono piccoli, così ho deciso di provare anch'io. Adesso vi chiedo, cortesemente, di non iniziare a dirmi che ho copiato lo stile di scrittura di qualcuno. Ce ne sono molti di autori che scrivono così e ciò vorrebbe dire che siamo tutti dei copioni!
Ripeto, spero di non aver sfiorato l'OOC con C18.
Ovviamente ci una parte del capitolo vi ricorderà l'episodio in cui Crilin ha ‘liberato’ C18 del suo congegno di autodistruzione. In effetti, in questa storia io voglio solamente approfondire la loro storia d'amore, perciò in alcune parti prenderò spunto dall'anime e dai dialoghi.
Spero di non avervi annoiata con questa brevissima spiegazione. Tra un po' è più lunga la spiegazione del capitolo ma va beh, dettagli.
Fatemi sapere cosa ne pensate lasciandomi una recensione! 

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Capitolo 2
*** Benvenuta alla Kame House! ***


 

2. Benvenuta alla Kame House!

 

 

Dopo aver lasciato il palazzo, avevo continuato a volare senza meta alla ricerca di qualcosa. O meglio, di qualcuno.
C17.
Chissà dov'era in quel momento mio fratello. Ero sicura che non avrebbe più fatto del male a nessuno, dopo tutto quello che era successo non l'avrei fatto neanch'io, considerando anche il fatto che i Saiyan ci avrebbero fatti fuori all'istante.
Ma dov'era? Cosa stava facendo? Anche lui mi stava cercando?
Di sicuro non avrei mai trovato una risposta ben precisa. Ma, conoscendo mio fratello, ero sicura che lui si sarebbe arrangiato, magari vivendo per il resto della sua vita in un bosco o in un paese isolato.
E io? Cos'avrei fatto poi? Di certo non potevo vagare per il globo tutta la vita.
Avevo bisogno di una sistemazione. Ma dove potevo andare?
Il sole stava quasi per tramontare, segno che erano passate almeno un paio d'ore da quando me ne ero andata.
Il mare iniziò ad agitarsi in balìa del vento. Ad un tratto, un potente sbuffo d'aria mi travolse, scaraventandomi a diversi chilometri di distanza.
Possibile che mi fossi rammollita a tal punto da essere persino più debole dell'aria che mi circondava?
Possibile che fossi stata nel corpo di Cell così tanto da non riuscire più a padroneggiare il mio corpo come prima?
Immaginavo che sarei andata a sbattere contro qualcosa, tipo una roccia, oppure che avrei continuato ad essere trascinata dal vento per il resto dei miei giorni.
Ma niente di tutto questo accadde.
Da dietro, delle braccia calde mi cinsero la vita con dolcezza. Mi sentii sollevata e schifata allo stesso tempo.
Chi aveva osato toccarmi senza il mio permesso?
Girai la testa di scatto, con la mano pronta a lanciare un ki blast. Ma non ci riuscii.
La persona che avevo davanti, impediva al mio cuore di farlo.
«Oh, s-scusami C18... N-non era mia i-intezione abbracciarti in quel modo... Cioè, non è che ti ho abbracciato, io...»
«Zitto.»
Malgrado la mia richiesta, o forse dovrei dire il mio ordine, Crilin continuò a parlare.
«N-non l'ho fatto apposta, lo giuro! M-mi stavi venendo addosso e istintivamente ti ho b-bloccata con le mani...»
Mentre parlava, sulle sue guancie si formò un lieve rossore.
Voltai lo sguardo verso il mare che, nel frattempo, si era calmato, in segno di indifferenza.
«Hai un posto dove stare?» chiese dopo poco.
Continuai a tenere lo sguardo rivolto altrove e trascorsero un paio di minuti prima che rispondessi.
«No.»
Sul suo volto si formò un piccolo sorriso.
«Beh, allora perchè non vieni alla Kame House?»
«La Kame House?» ripetei confusa.
Il suo sorriso si ampliò. «E' una casetta situata su un'isola non molto distante da qui. Ci abito da parecchi anni assiema al Maestro Muten, il mio insegnante di arti marziali di quand'ero bambino. Se ti va, potresti venire a stare lì con noi.»
Un sorriso amaro mi comparve sulle labbra.
«E perchè mai dovrei venire a stare da te?» 
Il sorriso che fino a pochi istanti prima gli colorava il volto scomparve, lasciando spazio ad un'espressione di pura tristezza.
«Scusa, non era mia intenzione offenderti... Cercavo solo di essere gentile...»
Lo fissai col mio solito sguardo gelido.
Forse avrei dovuto accettare la sua richiesta. In fondo, dove potevo andare?
Sarei rimasta alla Kame House il tempo necessario per riprendere pienamente le mie forze e poi me ne sarei andata via.
«Accetto.» dissi secca.
Restò impalato per qualche secondo con un sorriso da ebete. In quel momento, mi chiesi quali strambi pensieri potessero esserci dentro quella zucca pelata.
«Mi hai sentita? Ho detto che vengo con te!» dissi spazientita dalla sua reazione, alzando il tono di voce.
«Ho capito, C18.»
Solo allora mi resi conto del perchè avesse reagito in quel modo.
Prestando più attenzione ai suoi occhi, capii che era sul punto di piangere. Lacrime di gioia, suppongo.
Ma perchè era contento? Gli faceva così piacere avere una macchina distruttrice in giro per casa?
Certo che quel ragazzo oltre ad essere strano era anche matto.
Mi fece cenno di seguirlo e dopo un quarto d'ora circa, arrivammo alla cosiddetta Kame House. 
«E questa ti sembra una casa?» chiesi una volta messo piede sull'isola.
«So che può sembrare un po' piccola, ma è accogliente. E poi c'è anche una stanza con degli attrezzi per allenarsi, se ti va di utilizzarla...»
Arricciai il naso.
«Fammi entrare, prima che cambi idea.» 
Mentre apriva la porta, riuscii a intravedere un lieve sorriso sul suo viso.
Gli faceva davvero piacere che io restassi a casa sua? 
Una volta all'interno, lo seguii mentre scattava da una stanza all'altra con completa naturalezza. Malgrado da fuori sembrasse davvero piccola, quella casa era parecchio spaziosa. Al piano terra vi erano la cucina, il salotto e la camera da letto del maestro.
«Il tuo insegnante dov'è?» chiesi mentre osservavo una tartaruga che dormiva vicino al divano.
«Spesso Muten passa del tempo alla Capsule Corporation, dove vive la nostra amica Bulma. Quello lì invece è Umigame.» disse riferendosi al rettile.
Al piano superiore invece, c'erano il bagno, la stanza degli allenamenti e la camera di Crilin.
«E io dove dovrei dormire?»
Il terrestre arrossì ancora. «Beh, puoi dormire nel mio letto ed io invece starò nel divano...»
Strinsi gli occhi fino a farli diventare due fessure.
«Cos'è, stai cercando un altro modo per fare colpo? Col cavolo! Sul divano ci dormo io! Tieniti pure la tua stanza!»
Mi diressi verso le scale, ma prima di scendere, mi girai un'ultima volta verso di lui.
«E comunque non farti strane idee. Ho accettato di stare qui solo perchè non ho un altro posto dove andare, ma non appena riprenderò tutte le mie forze me ne andrò a cercare mio fratello. Sono stata chiara?»
Annuì con un sorriso. 

 

La mattina seguente, quando mi svegliai, avevo la schiena dolorante. Quel divano era più scomodo di quanto pensassi.
La prima cosa che sentii fu la voce di Crilin parlare con qualcuno in cucina.
«Mi spieghi come ti è venuta in mente una cosa simile? A cosa diamine stavi pensando Crilin? Hai portato un cyborg estremamente pericoloso in casa nostra!» chiese una voce maschile leggermente irritata, mantenendo comunque un tono piuttosto basso.
«Le porgo le mie più sincere scuse maestro. E' solo che ero dispiaciuto per lei e così l'ho invitata a stare qui...» ribatté il pelato. 
«Tu sei Muten, non è vero?» chiesi entrando nella cucina.
Fulminai il vecchio con lo sguardo così tanto da riuscire a farlo tremare di paura.
«Prenderò il tuo silenzio come un sì.» dissi mentre mi versavo un po' di caffè in una tazza. «Sappi che se avessi voluto uccidervi l'avrei già fatto. Al momento mi serve solo un posto dove stare, dopodiché me ne andrò io stessa il prima possibile.»
Sorseggiai un po' di caffè bollente. Provai una sensazione strana allo stomaco. Era da tanto che non bevevo o mangiavo qualcosa.
«Hai dormito bene?» chiese il terrestre.
«Ho dormito da schifo. Quel divano è un macigno per il mio corpo. Da stasera io mi prendo la tua camera.»
Sorrise malgrado il mio tono sgarbato. «Va bene.»
Dopo aver finito il caffè, posai la tazza nel lavandino e volai fuori dalla finestra. 
Il mio obiettivo era quello di ritrovare mio fratello e andarmente con lui in un posto lontano.
Senza C17, la mia vita non avrebbe più avuto un senso. Dopo essere stata trasformata in cyborg, lui era l'unico che poteva capirmi.
L'unico che mi voleva bene per ciò che ero veramente.
Nessuno mi avrebbe mai amata per davvero oltre a lui. E' per questo che dovevo ritrovarlo. Avevo bisogno di sentirmi amata.
Passai tutto il giorno a perlustrare la zona a sud dell'isola, ma non trovai alcuna forma di vita. 
Tornai a casa dopo che il sole era tramontato.
Non trovai nessuno in casa, nemmeno la tartaruga, ma notai un biglietto sopra al tavolo in cucina.

 

 

“Siamo andati tutti alla Città dell'Ovest perchè Chichi, 
la moglie di Goku, deve dirci una cosa importante.
Torneremo il prima possibile.
Crilin.” 

 

 

Approfittai della mia solitudine in casa per farmi un bagno caldo.
Non avevo molta fame. Mi bastava rilassarmi un po' e poi sarei andata a dormire.
Sentivo il mio corpo riprendere a poco a poco le forze. Evidentemente, quando quel mostro mi aveva assorbita nel suo corpo, si era appropriato anche della mia forza.
Com'era possibile? In fondo, io ero un cyborg e possedevo un'energia infinita.
Ma allora perchè mi sentivo così debole? Perchè il mio corpo ci metteva così tanto a riacquistare tutta la sua potenza?
Mi intestardii ancor di più sul voler trovare mio fratello.
Forse anche lui si trovava nella mia stessa situazione. E forse, sarebbe stato l'unico che avrebbe trovato delle risposte alle mie domande. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi qui con il secondo capitolo! Chiedo scusa se è un po' corto, ma ho fatto del mio meglio per poterlo pubblicare il prima possibile.
Ho cercato di descrivere il momento in cui Crilin chiede a C18 di andare a vivere alla Kame House al meglio, ma ammetto che non sono molto soddisfatta.
Crilin mi sembra abbastanza IC, ma come vi ho già detto la scorsa volta, con C18 non sono molto sicura.
Vi avverto in anticipo che questa storia sarà principalmente divisa in tre parti: la prima è questa, in cui ho intenzione di descrivere come C18 si è resa conto di amare Crilin, la seconda si ambienterà nel periodo in cui Marron è bambina e la terza riguarda Dragon Ball GT in poi.
Ovviamente questa è solo una mia idea per la struttura della storia, ma può darsi che man mano che scrivo i capitoli decida di apportare qualche modifica.
Purtroppo questo è a malapena il secondo capitolo, quindi non posso pretendere che qualcuno mi dica che la storia gli piaccia.
Aspetto comunque una vostra recensione!

ps. Volendo il prossimo capitolo potrei riuscire a pubblicarlo nel fine settimana, visto che non ho molti compiti ^^

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Capitolo 3
*** Parole. ***


 

3. Parole.

 

 

Trascorsero un paio di giorni prima che Crilin tornasse a casa. Nel frattempo, io avevo continuato la mia ricerca, uscendo la mattina presto e tornando al tramonto.
«C18, ti chiedo scusa! Non sono riuscito ad avvisarti che ci saremmo fermati più del previsto... Vedi, Chichi ha scoperto di essere incinta e...»
«Non me ne importa nulla delle tue scuse.» risposi freddamente. «Non sono cose che mi riguardano, quindi risparmia il fiato.»
A quella risposta, il terrestre si era rattristato parecchio.
Eppure, per la prima volta da quando ero diventata un'androide, iniziai a farmi delle domande sul mio lato umano.
Quella parola era riuscita a scombussolare tutte le mie idee ed i miei pensieri.
Incinta.
Dopo la conversazione con Crilin, mi ero chiusa a chiave nella sua camera a riflettere.
Come sarebbe stata la mia vita se avessi avuto un figlio? E poi, a me piacevano i bambini?
Non lo sapevo. L'unico bambino che ricordavo di aver incontrato dopo il mio risveglio era Gohan, il figlio di Goku. E onestamente, vederlo non mi aveva fatto né caldo né freddo.
Ma un figlio mio, avrebbe potuto farmi cambiare idea?
Non sapevo neanche quello e mai l'avrei saputo. Io ero un cyborg, un robot. Per quanto bevessi, mangiassi e dormissi, di sicuro non potevo avere figli. 
Ma perchè quella strana reazione?
Trovai una sola risposta: C17.
Dovevo continuare a cercarlo e trovarlo al più presto. La sua assenza mi stava facendo cambiare gradatamente e volevo evitare ulteriori mutamenti nel mio carattere. Solo lui poteva trovare risposta alle mie domande. Solo lui poteva aiutarmi a non far uscire il lato umano che c'era in me.
Quel giorno, malgrado tutto, decisi di non cercarlo. Mi misi invece a pensare a dove mi sarei diretta i giorni seguenti.
Dopo più di un'ora, uno strano rumore mi portò ad affacciarmi alla finestra aperta.
Abbassai lo sguardo e vidi il nanerottolo allenarsi sulla spiaggia. Con una balzo, mi lanciai verso di lui e atterrai alle sue spalle.
Non appena si accorse di me, si girò lentamente nella mia direzione.
Lo guardai negli occhi con uno sguardo puramente gelido e dopo neanche trenta secondi, lui arrossì di colpo.
«P-perchè mi fissi?» chiese facendo un passo indietro.
Storsi il naso e voltai lo sguardo da un'altra parte. Mi sedetti sulla sabbia calda, vicino ad una palma.
«Posso farti una domanda?»
Il terrestre si guardò intorno diverse volte prima di puntare il dito contro sé stesso.
«Dici a me?» chiese incredulo.
La zona della tempia sinistra iniziò a pulsarmi, cosa che capitava spesso quando stavo per arrabbiarmi.
«Con chi pensi che stia parlando? E' ovvio che ce l'ho con te, ignorante!» esclamai in un tono poco garbato.
Il pelato sobbalzò a causa del mio tono.
«S-scusami C18...» rispose sedendosi a circa mezzo metro di distanza da me. «Che cosa mi vuoi chiedere?»
Abbassai lo sguardo verso il mare limpido e pulito. Perchè mi ero seduta lì con lui? Ma soprattutto, perchè gli parlavo insieme?
C17, è meglio che ti ritrovi al più presto. Senza di te mi sto umanizzando un po' troppo! pensai mentre sospiravo.
«Ti è mai capitato di sentirti debole senza aver fatto nulla?»
Ci fu un silenzio di tomba. Dopo poco, mi voltai verso di lui -che aveva lo sguardo rivolto verso il cielo- e guardai attentamente il suo viso. Nella zona della testa stavano iniziando a spuntare le punte dei capelli.
Trascorsero altri cinque minuti durante i quali nessuno dei due parlò.
«Mi hai sentita o sei sordo?» esclamai ad un tratto con un tono spazientito e irritato.
Il terrestre si voltò verso di me.
«Sei stata nel corpo di Cell parecchio tempo, sai?»
Quel nome mi provocò una fitta allo stomaco. Annuii e deglutii allo stesso tempo.
«Beh, lui ha detto che aveva assorbito la tua energia, quindi ritengo che sia per questo motivo che tu ti senta debole.» Sorrise. «Lo vuoi un consiglio? Cerca di non sforzare il tuo corpo per un po'. Anche se sei un cyborg, sei comunque un essere umano come tutti noi. Concediti un po' di riposo e vedrai che tra non molto ritornerai forte come prima!»
Un essere umano come tutti noi? Ma si rendeva conto delle parole che aveva detto?
Io ero solo il robot creato dal Dottor Gelo. Solo quello. Non potevo essere un'umana qualunque. Essere cyborg era l'unica cosa che potevo fare.
«Allora, il mio consiglio ti è stato utile?» chiese speranzoso col suo solito sorrisino da ebete.
«Non mi è stato utile neanche un po'. Anzi, adesso che ci penso ho solo sprecato del tempo a chiedertelo!» risposi alzandomi e dirigendomi verso l'interno della casa.
La verità era che quel consiglio mi era stato utilissimo, ma il mio orgoglio, come quando aveva espresso il desiderio di rimuovere il dispositivo di autodistruzione dal mio corpo, mi impedì di ringraziarlo.
«Comunque, lascia che adesso sia io a darti un consiglio. E' meglio che i capelli te li fai crescere, tanto da avere un aspetto più normale.» 
Di sicuro mi era andato di volta il cervello. Non avevo mai dato consigli a nessuno. Stavo davvero impazzendo.

 

Mi trovavo di nuovo in quello strano spazio nero che avevo già sognato. Il ricordo di ciò che avevo visto giorni prima si fece vivido nella mia mente.
Cell che utilizzava il colpo del sole su di me. 
Il mio incubo sembrò continuare proprio da quel momento. Ero di nuovo sola e facevo fatica ad aprire gli occhi.
«Ciao, bellezza.»
Aprii gli occhi -che mi bruciavano molto- ma tutto ciò che riuscii a vedere fu la figura appannata del mostro venire verso di me.
«Sei pronta ad essere assorbita?» chiese con una piccola risata.
Tremavo dalla paura, ma cercai di non darlo a vedere.
«M-mai!» dissi io.
Dalla sua bocca uscì una sonora risata.
«E' inutile che opponi resistenza, non puoi fare nulla contro di me!»
Cell iniziò a camminare sempre più velocemente, fino ad essere a pochi centimetri di distanza da me.
«Vattene Cell! Stammi lontano! Sei solo un verme schifoso come il tuo creatore!»
Gli occhi mi bruciavano troppo ed era come se mi fossi pietrificata. E in un attimo, riprovai le stesse sensazioni di quel giorno. La sua coda che si apriva e che mi imprigionava, la paura di morire soffocata in quello spazio troppo piccolo e le forze che mi abbandonavano lentamente. Il tutto seguito da un mio potentissimo grido di dolore.

 

Aprii gli occhi di colpo e mi alzai in piedi, guardandomi intorno per essere sicura che Cell non fosse nei paraggi. Il mio respiro era affannato e il battito del mio cuore era mille volte più veloce del giorno in cui mi risvegliai al Palazzo del Supremo. Una lacrima cadde lentamente dal mio occhio destro. Mi misi una mano sulla fronte sudata e prima che potessi compiere qualsiasi altro movimento, la porta della mia stanza, o meglio, della stanza di Crilin, si spalancò.
«C18, stai bene? Cos'era quell'urlo?» chiese il terrestre correndomi incontro.
Mi voltai verso di lui e me ne pentii subito. Le lacrime avevano iniziato a scendere una dietro l'altra e farmi vedere in quello stato da qualcuno, per il mio orgoglio, era una cosa davvero umiliante.
«C18, perchè pian...»
«Non sto piangendo, è chiaro?» esclamai irritata. «E adesso vattene! Non ho bisogno di te!»
«Ma io volevo solo...»
«Ho detto di andartene, hai capito? Vattene Crilin!»
Il terrestre si rassegnò e uscì velocemente dalla camera.
Ma perchè gli interessava così tanto come stavo? Come mai si preoccupava così tanto per me dopo tutti i problemi che avevo causato?
Mi accasciai a terra vicino alla finestra e mi misi a piangere più di prima, singhiozzando anche di tanto in tanto.
C17, dove sei? Ho bisogno di te... Fratello, ti prego, fatti trovare. Senza di te non posso farcela! 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Visto che sono riuscita a pubblicare molto presto il capitolo? ;)
Allora, tanto lo so che anche se ho pubblicato solo tre capitoli vi avrò già stressati con questa storia dell'IC di C18, ma a me vengono sempre dei dubbi su di lei. In questo capitolo però, ammetto di averla resa un po' OOC alla fine, ma l'ho fatto di mia spontanea volontà. Di certo non la vedremo mai e poi mai piangere davanti a qualcuno, tantomeno davanti a Crilin! (Anche se eccezionalmente in Dragon Ball GT, quando C17 lo uccide, piange davanti al fratello e a sua figlia Marron). 
Comunque, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e ovviamente aspetto le vostre recensioni :) 

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Capitolo 4
*** Sentimenti indecifrabili. ***


 

4. Sentimenti indecifrabili.

 

 

La mattina successiva al mio incubo cercai in ogni modo di evitare il terrestre. 
Mi sentivo umiliata per essermi messa a piangere e il pensiero che qualcuno, il pensiero che lui mi avesse vista, mi imbarazzava.
Avevo sempre cercato di farmi vedere forte davanti a tutti, anche quando Cell mi aveva assorbita non avevo pianto e mi ero sentita superiore a chiunque.
Nonostante ciò, il ricordo di quel giorno mi aveva spaventata parecchio.
Avrei fatto qualsiasi cosa pur di non rivivere quell'episodio della mia vita. Qualsiasi.
Forse, essere stata assorbita da Cell era stato anche peggio di quando Gelo mi aveva trasformata in cyborg. Il Dottore, fortunatamente, mi aveva fatto dimenticare ciò che avevo provato quel giorno. Ma il dolore fisico e psicologico che mi aveva causato quel mostro verde non lo avrei mai dimenticato.
Uscii nel primo pomeriggio e mi diressi a est. Arrivai in una zona in cui vi erano parecchie colline e boschi. Essendo primavera, la vegetazione era ben sviluppata e quindi non sarebbe stato molto difficile nascondersi. Ma di mio fratello non c'era traccia.
Ritornai alla Kame House verso mezzanotte, proprio per evitare di incontrare qualcuno.
«Se tornata tardi.»
Mi voltai lentamente e vidi il nanerottolo seduto sul divano. La luce lunare che filtrava dalla finestra gli colpiva la parte destra del viso, facendo risaltare i pochi ciuffi neri che gli spuntavano qua e là sulla testa. Ormai erano cinque giorni che non si rasava. Guardandolo un po' meglio, notai anche che aveva indosso dei vestiti nuovi: una maglietta rossa, dei pantaloni beige e delle scarpe marroni.
«Non mi sembra che debba darti delle spiegazioni. E ora scusami, ma sono stanca e voglio andare a dormire.»
Crilin si alzò di scatto dal divano e mi bloccò un braccio. Io reagii all'istante ruotando il polso e scaraventandolo contro il muro.
«Non devi mai più osare toccarmi, hai capito?» urlai seccata.
Il terrestre fece un passo avanti aprendo lentamente gli occhi. La mia forza era parecchio superiore alla sua, quindi gli avevo di sicuro fatto un gran male.
Malgrado ciò, mi sorrise.
«Sai che ti stai torturando da sola, vero?»
Strinsi gli occhi fino a farli diventare due fessure.
«A che ti riferisci?» chiesi.
«Meno di una settimana fa mi hai detto di essere debole e nonostante io ti avessi consigliato di stare a riposo, testarda come sei, hai continuato a cercare C17.» Il suo sorriso si spense. «Poi ieri ti ho sentita urlare e ho avuto un deja vù di quando Cell ti ha assorbita. Mi sono precipitato di sopra e quando ti ho vista in lacrime, giuro, mi sono sentito male.»
Il mio sguardo era indifferente, ma dentro di me continuavo a chiedermi cosa spingesse Crilin ad interessarsi a me.
Che sia... Che sia davvero innamorato di me? mi chiesi ad un certo punto. Ma no, è impossibile! Non può essersi innamorato di un robot! Eppure, non c'è altra spiegazione logica...
«Non dev'essere facile per una come te piangere.» disse ad un tratto, facendomi evadere dai miei pensieri. «Perciò ho dedotto che se ciò è accaduto è stato a causa di qualcosa che ti ha fatto soffrire tanto.»
Lo guardai intensamente negli occhi, cercando di capire se era meglio andarmene senza dire nulla oppure ucciderlo all'istante. Ma ancora una volta, il mio lato umano impedì al mio lato meccanico di compiere azioni stupide.
Mi passai una mano tra i capelli e sospirai. «Dimenticati di ciò che è successo ieri, Crilin. Dimenticati di tutto, ti prego.»
Fece un mezzo sorriso. «Quando una donna piange, bisogna sempre cercare di aiutarla.»
«Ma io non sono una donna!» urlai ancora. «Io sono un robot, una macchina distruttrice ideata dal Dottor Gelo! Lo vuoi capire o no, eh?»
«Ti sbagli C18. Tu per me non sei mai stata un cyborg, ma solo una ragazza che ha avuto un passato orribile.»
«Io non sono un'umana qualunque! E il mio passato non è stato poi così male, se proprio vuoi saperlo!»
«Posso leggere il dolore sul tuo volto.» Fece una pausa. «Sei dispiaciuta per tutti i danni che hai causato, per tutto ciò che è successo. Ti manca tuo fratello più di ogni altra cosa al mondo e soffri perchè non conosci il tuo passato. Ma credimi, il fatto che tu abbia commesso degli errori e abbia dei circuiti nel tuo corpo, non significa che non sei una donna.»
I lineamenti dei miei occhi ritornarono normali, o meglio, quasi. La tristezza e la confusione che provavo in quel momento si stavano lentamente facendo notare.
«Perchè insisti?» chiesi ad un tratto, con voce bassa. «Perchè ne sei così convinto?» 
«Perchè, beh, io...» Arrossì lievemente. «Ecco, vedi C18... So che tu non sei abituata a questo genere di cose ma...» Deglutì. «Il fatto è, che tu mi creda o no, che io tengo molto a te. Perciò ho imparato a conoscerti a fondo.»
Lo guardai incredula per qualche secondo. Poi, non sapendo più che altro dire, mi diressi verso le scale in silenzio.
«C18!»
Mi voltai verso di lui, ancora confusa.
«Che c'è?»
Sorrise e allungò una mano verso di me.
«Lascia che ti aiuti.»
Un sorriso amaro mi contornò le labbra.
«Mi dispiace Crilin, ma tu non hai idea di come mi senta. Per quanto tu ti stia sforzando di capirmi, non riuscirai mai ad aiutarmi.»
Detto questo, mi diressi in silenzio in camera.

 

Sentii delle braccia tremolanti poggiarmi delicatamente a terra. Quando riuscii ad aprire gli occhi, vidi l'ultima persona che mi sarei immaginata, con la zucca pelata e la tuta arancione.
«Che bello, ti sei svegliata!» disse Crilin soddisfatto. «Adesso però è meglio che ci nascondiamo, prima che Cell ci trovi!»
Cell? Ma non mi aveva già assorbita nel sogno precedente?
Evitai di farmi ulteriori domande in quel momento. Mentre il terrestre mi aiutava a rialzarmi, sentii i passi robotici di Cell avanzare verso di noi.
«Guarda un po' chi si rivede.» esclamò il mostro seccato. «Se il tuo amichetto non si fosse messo in mezzo a quest'ora saresti già nel mio stomaco. Ma stai tranquilla, a breve raggiungerai il tuo caro fratellino!»
Ricordavo alla perfezione come fossero andati i fatti quel giorno. Allora perchè nel mio sogno la storia si stava modificando?
Provai una strana fitta allo stomaco.
Crilin mi si piazzò davanti, in segno di difesa.
«Non ti permetterò mai di farle del male ancora!» esclamò il terrestre deciso, anche se terrorizzato. «Mai!»
L'androide sorrise.
«Cosa credi di fare? Vuoi per caso metterti contro di me, ragazzino?»
Con uno scatto, Cell si posizionò davanti a Crilin e lo tirò su stringendolo per la gola.
Vederlo in difficoltà mi fece provare una strana sensazione.
Dispiacere.
A me non era mai importato un bel niente di Crilin, niente! Quindi perchè in quel momento soffrivo per lui?
Desideravo più di ogni altra cosa svegliarmi, ma non ci riuscivo.
Accecata dalla mia inspiegabile rabbia, tentai di salvarlo, invanamente. Come la volta precedente, non riuscivo a compiere nessun movimento.
Le lacrime iniziarono a scendere una dietro l'altra sul mio volto. 
«Lascialo andare!» urlai con tutte le mie forze. «Non toccarlo!»

 

Quando mi svegliai per davvero, oltre a sentirmi le guance umide, notai che anche buona parte del cuscino era bagnato.
Avevo pianto di nuovo. E di sicuro Crilin se ne era accorto in qualche modo.
Mi asciugai con il lenzuolo e ruotai la testa alla mia sinistra. Dall'altro lato del letto matrimoniale, c'erano un pacco e un biglietto. 

 

 

 

“Ti informo che io e il Maestro siamo stati invitati
a cena a casa dalla nostra amica Bulma.
Torniamo domani mattina presto, promesso!
Comunque ieri, mentre tu eri via, ho fatto un salto
alla Città dell'Ovest e ho pensato che magari
ti avrebbe fatto piacere cambiare il tuo look.
Mi ero completamente dimenticato di dartelo!
Spero che sia di tuo gradimento.
Crilin.”

 

 

 

Aprii subito il pacco. Dentro trovai una maglietta nera con le maniche a righe nere e bianche, un paio di jeans, dei calzini arancioni e delle scarpe nere.
Mi provai subito il completo e soddisfatta del risultato, buttai nella spazzatura i vestiti vecchi. Dovevo fare in modo di eliminare tutto ciò che mi avrebbe potuto far ricordare Cell. 
Dopo aver fatto ciò, andai a lavarmi la faccia e riflettei a lungo sul mio sogno.
Crilin era innamorato di me, ormai era diventato ovvio, soprattutto dopo ciò che mi aveva detto la sera prima.
Guardai il mio riflesso nello specchio prima di arrivare alla conclusione più assurda di tutte.
La mia paura più grande negli incubi in principio era stato Cell. Nell'ultimo però, la mia vera paura riguardava la sorte di Crilin.
Che mi stia innamorando di lui? No, non può essere. Ho smesso di provare dei sentimenti molto tempo fa. Ma allora... Allora cos'erano tutte quelle sensazioni? Protezione, gratitudine, dispiacere. Cos'erano?
Osservai attentamente i miei occhi cerulei. Erano sempre stati spenti, freddi, privi di qualsiasi emozione. Ma da quando avevo conosciuto Crilin, qualcosa era cambiato. Di certo non erano occhi comuni, ma erano comunque più vivi. E per la prima volta nella mia vita, dopo aver sentito le parole del terrestre la sera prima, sentivo di potermi fidare davvero di lui.
La conclusione era una sola.
Mi sono innamorata di Crilin e non me ne sono mai resa conto?  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buonasera, cari lettori! Dopo un'estenuante giornata passata tra compiti, relazioni e studio, eccomi col quarto capitolo.
Che dire al riguardo? Era già pronto ieri, ma non l'ho pubblicato perchè avrei voluto farlo un po' più lungo, però questa sera essendo stanca non ho avuto altre idee e ho preferito lasciarlo così.
Questa volta, è Crilin che non mi convince molto. Penso di averlo fatto un po' troppo "saggio" durante il dialogo con C18, ma forse è solo una mia impressione. 
Come le volte precedenti, vi chiedo per cortesia di lasciarmi una recensione, anche breve. Mi fa sempre piacere leggere le impressioni di chi legge i miei capitoli! 

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Capitolo 5
*** Domande. ***


 

5. Domande.

 

 

Passò un mese. Un mese durante il quale mi feci un mucchio di domande riguardo i miei sentimenti per Crilin. 
Ma c'era una domanda, una in particolare che mi ronzava nella testa più di tutte le altre.
Quando avevo bisogno di lui, C17 dove cazzo era?
Forse il mio era un pensiero egoistico. In fondo, non potevo obbligarlo a trascorrere il resto della vita con me. In quel momento però, avevo bisogno di lui.
E poi, in base alle modifiche apportate da Gelo, io ero il braccio e mio fratello era la mente. Io ero più forte e lui più intelligente.
Avevo bisogno che lui trovasse le risposte alle domande, ma non riuscivo a capire dove fosse. Sembrava quasi come se stesse scappando da me.
Me ne ero andata dalla Kame House il giorno stesso in cui avevo trovato il pacco coi vestiti.
Non avevo detto niente a nessuno e non avevo lasciato nemmeno un biglietto. 
Avevo bisogno di riflettere, ma non sapevo se in futuro sarei tornata o no in quella casetta rosa.
Ci avevo vissuto i primi dieci giorni dopo il mio risveglio. Eppure, quei pochi giorni mi avevano cambiata totalmente.
Per anni ero stata fredda, acida, senza sentimenti, ma da quando ero andata alle Kame House, qualcosa dentro di me era cambiato. Da quando avevo conosciuto Crilin, la mia vita era cambiata.
Vagavo da una città all'altra alla ricerca del mio gemello senza darmi tregua. Di notte mi fermavo in qualche isola o bosco che incontravo durante il mio tragitto e la mattina successiva ripartivo alla sua ricerca. In quel periodo non avevo la minima intenzione di tornare dal terrestre.
Poi una notte, esattamente trenta giorni dopo che me ne ero andata, feci un sogno. E per la prima volta, non si trattava di un incubo. 

 

Ero seduta sulla sabbia della casa rosa ad osservare il sole tramontare. Ad un certo punto, sentii qualcuno abbracciarmi da dietro.
Avrei dovuto scaraventare quella persona dall'altra parte del pianeta solo per aver pensato di sfiorarmi. Ma non lo feci.
Mi lasciai invece cullare da quelle braccia calde, scivolando sulle ginocchia dello sconosciuto con gli occhi chiusi.
Li aprii solo non appena sentii le sue labbra sfiorare le mie con delicatezza. E quando vidi Crilin, non mi stupii affatto.

 

Fu dopo aver fatto quel sogno che, per la prima volta, notai di essermi svegliata con un sorriso. Ma non era né un sorriso di gioia, né uno amaro.
Era un sorriso di soddisfazione.
Mi alzai subito in volo e mi diressi in fretta alla Kame House, che raggiunsi dopo quasi un'ora. In trenta giorni mi ero allontanata parecchio, ma il desiderio che avevo in quel momento di ritornare in quella casa, mi fece volare oltre i limiti della mia velocità possibile. 
Il sorriso non se ne voleva andare dalla mia faccia, anzi, non appena misi piede dentro la casa, si ampliò ancora di più nel vedere Crilin seduto nel divano a fissare il soffitto. I primi raggi del sole si intravedevano dalla finestra mezza aperta, ma il terrestre non mi vide subito.
Mi avvicinai a lui e con grande stupore, notai che era cambiato moltissimo. I pochi ciuffi che aveva sulla testa un mese prima erano diventati una folta chioma nera.
Il mio sorriso si spense solamente quando voltò lo sguardo verso di me. Dopo aver pianto davanti a lui, farmi vedere sorridere sarebbe stato doppiamente umiliante.
«Ti stavo aspettando, sai?» disse il terrestre sorridendo. «All'inizio credevo che te ne fossi andata temporaneamente per cercare tuo fratello. Ma poi, con il passare dei giorni, mi sono reso conto che c'era qualcos'altro sotto.»
Oltre all'aspetto fisico, anche la sua voce era diversa. Era più matura di come la ricordavo. Decisamente meglio pensai.
«Infatti.» risposi con un tono meno freddo del solito, ma comunque distaccato. «Avevo bisogno di riflettere sulle domande che mi ero posta.»
«E hai trovato le risposte a queste domande?»
Sorrisi. Quello fu un momento strano e ambiguo. Avevo mai sorriso a qualcuno? Di certo non di recente. Ma quel sorriso mi era uscito spontaneo e ormai il danno era fatto. Quello, fu il mio primo, vero sorriso che Crilin vide.
«Sì.» risposi semplicemente, andandomene poi in camera.
Non era cambiato nulla dentro a quella stanza. Evidentemente, in quei giorni il terrestre aveva continuato a dormire sul divano.
Fu solo un particolare che mi stupì parecchio. Sul letto, piegati, c'erano i miei vecchi vestiti.
Crilin entrò nella stanza in quel momento, tenendo le braccia dietro alla testa.
«Che cosa c'è?» chiese notando la mia faccia sconvolta.
«Quelli...» dissi indicando il letto. «Dove li hai trovati?»
«Nella spazzatura.» rispose con semplicità. «Guarda che solo perchè ti ho comprato degli abiti nuovi non significa che non puoi usare quelli vecchi! E poi, se proprio vuoi saperlo, entrambi ti stanno d'incanto.»
Subito arrossii leggermente, ma poi lo fulminai con uno sguardo più che omicida. Il terrestre sobbalzò e iniziò a gesticolare con le mani agitatamente.
«C18, non p-prenderla nel verso s-sbagliato! Io v-volevo s-solo farti un c-complimento... N-non era m-mia intenzione o-offend...»
«Sparisci.» risposi secca incrociando le braccia. «Prima che ti uccida.»
Il terrestre schizzò immediatamente fuori dalla camera. Non era cambiato proprio nulla: aveva ancora una paura folle di me! 
Malgrado fossi tornata in quella casa, avevo mentito a Crilin. Non avevo trovato delle vere risposte alla mie domande. Grazie a quel sogno, avevo capito di tenerci a lui. Ma ovviamente non lo amavo. Ero sicura che un simile sentimento non lo avrei mai provato verso nessuno.
Misi i miei vecchi vestiti nell'armadio di Crilin. Non li volevo più vedere, ma se li avessi buttati ancora, il nanerottolo mi avrebbe chiesto delle spiegazioni. Ed io non volevo approfondire quell'argomento più di tanto.
A distanza di quasi un mese e mezzo dal mio risveglio, mi sentivo molto più potente. E visto che quel giorno non avevo niente di meglio da fare, malgrado non ne avessi bisogno, decisi di provare ad allenarmi nella stanza con gli attrezzi di cui mi aveva parlato Crilin.

 

«C18! Aiutami, ti prego!»
La voce di Crilin rimbombava nella mia testa. Ma io non riuscivo né a muovermi, né a parlare.
Era da lì che era ricominciato il mio sogno, dal momento in cui Cell stringeva Crilin per il collo. Faticava a muoversi e a parlare, ma riuscì comunque, con voce roca, a pronunciare quelle maledette parole che mi trafissero il cuore. Aiutami.
L'androide verde iniziò a ridere di gusto.
«E' inutile, sciocco! La deliziosa numero 18 è solo un cyborg!»
Chiusi gli occhi in preda al panico, mentre Cell riprendeva a parlare.
«Cosa credi, che verrà a salvarti? Lei è solo un'inutile robot!»
«Basta! Smettila, mostro!» urlai cercando di avvicinarmi le mani alle orecchie per evitare di sentire la sua voce. Ma niente. Il mio corpo non rispondeva ai miei comandi.
«Sei solo uno stupido terrestre se credi che lei verrà ad aiutarti! E' solo un cyborg senza cuore!» continuò il mostro verde, mentre stringeva la sua presa sul collo di Crilin.
Non aprii gli occhi fino a quando non sentii un suo potente urlo di dolore.
«Ora basta! Lascialo subito!» urlai arrabbiata, scagliandomi contro Cell con una velocità e potenza che non mi riconoscevo. Lasciò subito la presa dal terrestre ed io lo colpii fino allo sfinimento, senza provocargli neanche un graffio. Caddi dopo poco a terra, allo stremo delle forze.

 

Mi svegliai con un groppo in gola. Le parole dell'androide rimbombavano nella mia testa continuamente e sembravano non volere più uscire.
E' solo un cyborg senza cuore.
Era davvero quello che ero? Un cyborg senza cuore e basta? Non potevo essere... Una donna qualunque?
Quel pensiero mi aveva schifata per parecchio tempo. Non volevo essere come le altre donne. Mi piaceva essere diversa.
Ma, per la prima volta, ebbi il desiderio di provare ad esserlo.
Cosa faceva una donna normale?
Non lo sapevo. Non lo avrei mai saputo.
Mi alzai nel cuore della notte e andai in spiaggia. Ero tornata alla Kame House già da una settimana e ancora mi chiedevo quali fossero i miei veri sentimenti per Crilin. C'era qualcosa, ma non riuscivo a capire cosa.
Mi resi conto solo in quel momento che il suo non era amore come credevo, ma solo semplice attrazione. Come poteva un terrestre innamorarsi di me?
Non potevo piacergli. Certo, magari gli piacevo dal punto di vista fisico. Ma considerando tutte le volte che lo avevo trattato male, non poteva amarmi.
«Ehi, che ci fai qui?»
Il terrestre si sedette alla mia sinistra subito dopo avermi posto quella domanda. 
«Non sono affari tuoi.» risposi con tono freddo, anche se mi stupì molto vederlo.
Lui mi sorrise.
«Sai, spesso vengo qui di notte per pensare.» continuò.
Fissammo il mare per cinque minuti buoni senza parlare.
«Se ti faccio una domanda, prometti di rispondere sinceramente?» chiesi ad un tratto.
Il terrestre annuì. Deglutii prima di porgli quella fatidica domanda.
«Perchè ti piaccio?»  
Quella domanda lo stupì, facendolo diventare completamente rosso in faccia.
«M-ma... C18... C-che d-domande mi f-fai...»
«Rispondi e basta!» esclamai alzando il tono di voce.
Crilin sospirò e si passò una mano fra i capelli.
«Beh, non c'è da stupirsi, tanto ormai era ovvio.» Sorrise ancora. «Vedi C18, tu mi piaci un sacco. E' così fin dal primo momento in cui ti ho vista.»
Inarcai un sopracciglio.
«Quindi vorresti dirmi che ti piaccio solo per il mio aspetto esteriore?» 
Il terrestre deglutì.
«No, ti sbagli. In realtà ho sempre riflettuto a lungo sul tuo passato. Devi aver passato dei momenti orribili a causa di Cell e del Dottor Gelo.»
Le sopracciglia tornarono al loro posto, ma i miei occhi iniziarono ad esprimere tristezza.
«Allora ti faccio pena?»
«Ma no, non capisci!» Sospirò. «E' difficile da spiegare... Mi piaci e basta! Dev'esserci per forza un motivo secondo te?»
Abbassai lo sguardo.
«Come fa a piacerti una persona che ti ha trattato male fin dal primo momento che ti ha visto?» chiesi, stavolta, con un tono più pacato.
Crilin mi guardò negli occhi a lungo prima di rispondere.
«Te l'ho già detto. Posso leggere il dolore sul tuo volto. I tuoi occhi sono pieni di rabbia e malinconia. Hai sofferto tanto, ne sono certo, è per questo che sei scontrosa e acida con tutti. Non ti fidi di nessuno. E anche se so che dopo questa frase mi ucciderai, io sono sicurissimo che cerchi di fare la dura, ma in realtà hai un animo gentile e dolce come le altre comuni ragazze.»
Già, anch'io pensavo che i miei istinti da cyborg mi avrebbero fatto venir voglia di ucciderlo. Invece no. Mi resi conto che Crilin aveva pienamente ragione su tutto, anche se mi nuoceva assai parecchio ammetterlo.
«Io non sono una terrestre qualunque.» risposi trattenendo a stento le lacrime.
«Non è vero C18!»
«Ah no? Ma ti rendi conto delle cazzate che stai dicendo Crilin? Io sono un cyborg, un robot! Ho dei circuiti al posto del cervello, una forza sovrumana! Non posso provare sentimenti, non ho idea di che cosa significhi amare o voler bene a qualcuno! Non ho un nome vero, ti rendi conto? Ho un numero al posto di un nome! Ho causato dei disastri non indifferenti su questo pianeta! Come cazzo fai a definirmi un'umana Crilin? Come fai?»
«Dici di non poter provare sentimenti. Eppure, tu e tuo fratello avete odiato Gelo o sbaglio?»
Aveva ragione, di nuovo.
«Tu sei una donna C18, una bellissima e coraggiosissima donna, solo un po' speciale. E io ti amo per quello che sei, anche se tu non ci crederai mai!»
La rabbia, la tristezza e la gioia di quelle parole, mi fecero andare in tilt i circuiti.
Mi chinai verso di lui e gli diedi un bacio a fior di labbra. Non si poteva considerare un bacio vero, anzi, semplicemente un leggero contatto fisico, una cosa che comunque odiavo. Ma era già un'inizio, considerando il fatto che si trattava di Crilin.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ehilà! Chiedo scusa se non ho aggiornato prima, ma ho avuto molti compiti da fare (ne ho altri a dire il vero, ma questa fanfiction è un'eccezione per una pausa!)
Questo capitolo è un po' più lungo degli altri o sbaglio? Beh, anche se fosse, meglio così.
Allora, C18 è un po' OOC credo (?) ma adesso me ne sto facendo una ragione, visto che in alcuni capitoli voglio far uscire la parte di lei che definisco "dolce e sensibile."
Ci ho pensato un po' e credo che la storia sarà articolata in quattro parti anzi che tre. La prima (questa, ovviamente) sulla loro storia d'amore all'inizio, la seconda durante la saga di Majin Bu o subito dopo che è stato sconfitto, la terza in cui Marron sarà adolescente (più o meno nel periodo in cui compare Pan e Goku va ad allenarsi con Ub) e la quarta riguardante Dragon Ball GT (quest'ultima però sto ancora pensando se inserirla o meno, magari farne una storia a parte).
Ovviamente sono solo mie supposizioni, poi deciderò bene in seguito cosa fare in base alla mia ispirazione e al mio tempo.
Spero di non avervi annoiati. Gradirei, come sempre, se mi faceste sapere cosa ne pensate attraverso una recensione :) 

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Capitolo 6
*** Al cuor non si comanda! ***


 

6. Al cuor non si comanda!

 

 

Io e Crilin, dopo esserci sfiorati, arrossimmo a tempo, ma nessuno disse nulla.
Anche la mattina successiva, ci comportammo come se non fosse accaduto niente. In fondo, lui sapeva che era stato molto difficile per me compiere un gesto simile.
Passai tutto il giorno a riflettere e mi resi conto che, forse, quello era uno dei motivi per cui Crilin mi piaceva. Mi capiva.
Avevo sempre pensato che l'unica persona in grado di farlo fosse C17, ma evidentemente mi sbagliavo. Il neo capellone me lo aveva dimostrato la sera prima con le sue parole.
In più, una cosa mi stupì: quel bacio mi era piaciuto. Anche se si trattava semplicemente di un lieve contatto fisico, non mi aveva dato fastidio, anzi, lo avevo apprezzato.
Oh no... pensai tra me e me. Me ne sto seriamente innamorando?
Sospirai e sorrisi senza accorgermene.
C17, adesso come faccio? Devi aiutarmi a capire i miei veri sentimenti per lui...
Mi stesi nel letto e in preda a quei mille pensieri, caddi in un sonno profondo. 

 

«C18! Avanti, svegliati!»
Aprii gli occhi con la mia solita delicatezza e mai, ripeto, mai, mi sarei immaginata di vederlo in un mio sogno.
«C17... Sei davvero tu?» chiesi con le lacrime agli occhi.
«Sì C18, sono...»
Non lo lasciai concludere, perchè gli avevo già messo le braccia al collo.
Mio fratello, la persona più importante della mia vita, dopo ben due mesi dal mio risveglio, mi era apparso in sogno. E anche se non era davvero lì con me, provai una gioia immensa nel vederlo.
Inoltre, per la prima volta, non avevo sognato Cell e stranamente, mi trovavo nella camera di Crilin.
E' un posto molto ambiguo per un sogno... pensai. Ma non importa. Avere ritrovato mio fratello adesso è la cosa più importante.
Restammo abbracciati a lungo. Mi era mancato così tanto...
«Come hai fatto a trovarmi?»
Il mio gemello ignorò completamente la mia domanda.
«Avevi bisogno di me, non è così?» chiese sorridendo.
Annuii.
«Ci sono così tante cose che devo capire... Insomma, da quando Cell mi ha sputata fuori mi sembra di essere rinata. Sto ricominciando a provare sentimenti e non riesco a trovarne un motivo logico!»
Mio fratello sorrise.
«Forse dimentichi che siamo ancora umani. Gelo ha solamente aggiunto dei circuiti al nostro corpo, ma siamo umani. E' normale che proviamo dei sentimenti, soprattutto ora che siamo a contatto col mondo.»
«No, non è una cosa normale. E adesso ti prego C17, andiamocene via da qui! Fuggiamo in un posto lontano e costruiamoci una nuova vita insieme!»
Mio fratello sciolse l'abbraccio e si alzò dal letto.
«No, C18. Quando mi sono risvegliato e non ti ho vista con me ho capito che è meglio se stiamo divisi.»
Le lacrime avrebbero bagnato a breve il mio viso, ne ero sicura. Ma se era stato complicato per me piangere davanti a Crilin, farlo con C17 sarebbe stato ulteriormente umiliante.
«C17, che stai dicendo?» chiesi con voce tremante, alzandomi a mia volta.
Sorrise ancora.
«Sorellina, puoi farcela. In fondo sai cavartela da sola, non hai più bisogno di me. E poi io sono il gemello più piccolo.»
«Ma anche il più intelligente.»
«Non credere alle parole del Dottore. Tu sei molto più intelligente di quanto credi, fidati.»
Mi diede le spalle e si preparò a spiccare il volo fuori dalla finestra.
«C17!» esclamai.
Si voltò un'ultima volta.
«Sì?»
Abbassai lo sguardo, imbarazzata per ciò che gli stavo per dire.
«Io... Ecco, io... Io credo di essermi innamorata...»
Sentii le guance bruciarmi e per questo continuai a tenere lo sguardo basso.
Udii la voce di mio fratello sussurrare le sue ultime parole prima di andarsene per sempre dalla mia vita.
«Tu sei una donna, non un cyborg. Non dimenticarlo mai.»

 

Mi svegliai di soprassalto con il respiro affannato.
Finalmente, avevo capito. 
Sapevo che stavo per compiere una follia, ma se era davvero ciò che mi rendeva felice, dovevo farlo.
Mi diressi al piano inferiore con le gambe tremolanti. Non appena misi piede nel salotto, mi bloccai.
Crilin era coricato nel divano e ovviamente dormiva.
Sto davvero per fare la cosa giusta? 
Ma in quel momento, il mio cervello non era niente in confronto alla forza del mio cuore.
Facendo molta attenzione a non svegliarlo, mi avvicinai a lui. Mi coricai al suo fianco e molto lentamente, lo abbracciai.
Chiusi gli occhi con l'intento di addormentarmi, ma un secondo dopo, le braccia di Crilin mi cinsero la vita stringendomi a lui.
Mi piaceva stare tra le sue braccia. Mi ricordava il mio sogno e provavo la stessa sensazione di protezione che avevo sentito quando avevo abbracciato mio fratello.
Trascorsero un paio di minuti prima che ci riuscissimo a guardarci negli occhi. Fu questione di pochi attimi affinché entrambi ci sporgemmo verso l'altro.
Fu un bacio né violento, né passionale, semplicemente pieno di amore. Lo abbracciai sempre di più, come per dire “resta qui con me e non andartene.”
Quando ci staccammo l'uno dall'altro, come la volta precedente, arrossimmo e non dicemmo nulla.
Piegai la testa verso il basso e mi accoccolai nell'incavo del suo collo tiepido.
Poco dopo, una lacrima mi attraversò lentamente la guancia, prima di addormentarmi serenamente. 

 

Mi svegliai verso le dieci a causa del verso di un gabbiano.
Mi stropicciai gli occhi prima di alzarmi.
Entai nella cucina sbadigliando. Crilin, dopo avermi salutato, mi porse la mia solita tazza di caffè.
«Hai voglia di parlare?» chiese ad un tratto, dopo svariati minuti di silenzio.
Feci un mezzo sorriso.
«E di cosa?»
«Beh...» Il terrestre arrossì. «Ecco, non mi aspettavo che anche tu...»
«Non eri tu quello che diceva che ero umana e che potevo provare sentimenti?» chiesi alzando un sopracciglio.
«Certamente! E difatti è così! Solo che non mi aspettavo che il fortunato sarei stato io...»
Misi la tazza nel lavandino.
«Visto che mi hai fatto anche tu questa domanda... Posso chiederti come mai ti piaccio?»
Se non avessi posato la tazza un istante prima, di sicuro sarebbe caduta e si sarebbe rotta in mille pezzi.
Lo guardai con lo sguardo irritato e lui sobbalzò all'istante.
«Non penso sia il momento adatto per parlartene.» risposi freddamente mettendomi le mani sui fianchi.
«Scusami... E' solo che credevo ti piacessi...» rispose lui deluso.
«E' così. Ma visto che sei così convinto di conoscermi, dovresti sapere che parlare non mi piace, né tanto meno esternare i miei sentimenti. Sappi solo che non mi metto col primo che capita.»
E dopo aver pronunciato quelle parole, mi diressi verso la spiaggia per cercare un po' di pace.
Circa un'ora dopo, il nanerottolo uscì e mi sorrise.
«Stavo pensando...» disse guardandomi con una gioia indescrivibile negli occhi. «Che ne pensi se ci alleniamo un po' insieme? Ho notato che vai spesso nella stanza degli allenamenti e magari una cavia umana potrebbe tornarti più utile.»
Feci un sorriso amaro.
«Accetto. In fondo mi basta solamente usare un decimo della mia forza per metterti al tappeto senza problemi!»

 

Quella sera non cenai, anzi, passai una buona mezz'ora nella vasca da bagno per rimettere in sesto i miei muscoli.
Andai a dormire presto, senza nemmeno salutare il terrestre. Ma dopo un'ora, non riuscii a resistere e andai da lui.
«Alzati.» dissi secca togliendogli la coperta di dosso.
«Perchè?» chiese lui confuso dal mio comportamento.
Arrossii lievemente.
«Il letto è tuo.» risposi semplicemente. «E poi sono stufa di stare da sola. Un po' di compagnia non guasta.»
Sul suo volto si creò un sorriso enorme.
«Sì, vengo subito C18!» esclamò seriamente felice.
«Ehi nanerottolo, frena l'entusiasmo! Vedi di non metterti in testa delle strane idee! Se tu ti azzardi anche solo a toccarmi senza il mio permesso ti faccio fuori in un attimo! Sono stata chiara?»
«Certo che sì!» rispose rimanendo allegro. 
Mi chiedevo seriamente come facesse ad essere contento anche quando lo trattavo in modo così sgarbato. Quel ragazzo era più strano di quando pensassi. 
Una volta di sopra, cercai di stare il più lontano possibile da lui.
Malgrado l'avessi baciato io, in quel momento non volevo essere a contatto con la sua pelle.
«Sai C18, oggi mentre lottavamo sono riuscito a percepire la tua aura.»
Mi voltai di scatto verso di lui incredula.
«E' impossibile.» risposi convinta.
«So che non mi credi, ma è la verità. Non so come, ma sono riuscito a sentire la tua aura, anche se solo una minima parte...»
Gelo aveva fatto in modo che le aure di noi cyborg fossero azzerate, perciò faticai a crederci. Avrei voluto approfondire l'argomento, ma ero talmente stanca che tutto ciò a cui pensavo in quel momento era dormire. Ma a quanto pare il nanerottolo aveva molta voglia di parlare.
«Scusa per la domanda di oggi. So che a te non piace parlare dei tuoi sentimenti, è solo che mi è ancora difficile credere a tutto ciò che è successo in questi giorni...» Fece una pausa e sospirò. «Che tu ci creda o no stai cambiando, l'ho notato. Ti stai addolcendo sempre di più e anche se ti sembrerà una follia, ti stai umanizzando. Lo dimostra anche il fatto che riesco a percepire la tua aura.»
Presi la sua mano e la strinsi nella mia.
«Crilin. Devo dirti una cosa.» 
Deglutii.
C18, ma che cazzo fai? Taci che è meglio!
«Vedi, io...» Iniziai ad agitarmi. E di sicuro lui lo aveva notato.
«C18, puoi dirmi tutto. Io non ti giudicherò, qualsiasi cosa si tratta.»
Mi passò l'altra mano tra i capelli e mi diede un bacio sulla fronte.
Non ero abituata a tutti quei gesti affettuosi, però, stranamente, provai piacere nel pensiero che qualcuno teneva a me.
«Crilin io... Io sto davvero bene con te... Quando mi abbracci, sento una sorta di protezione inspiegabile...» Sospirai. «Io non sono proprio un tipo da smancerie, scusami. E' solo il mio modo per farti capire che a te ci tengo.»
Sorrise.
«So che questo per te è un enorme sforzo. E per questo ti ringrazio.»
«Non... Non ho finito...» risposi con la voce tremolante. «Mi sento protetta perchè... Perchè da quando mi sono svegliata faccio degli incubi con Cell e...»
Andare avanti non servì. Ormai ero seriamente convinta del fatto che Crilin mi potesse capire, perciò non c'era alcun bisogno di dirgli esplicitamente che avevo paura.
Mi accolse tra le sue braccia ed io mi lasciai toccare da lui senza battere ciglio.
Mi baciò sulla mia chioma dorata e gli permisi di coccolarmi un po'.
«C18... Non devi più avere paura. Cell ormai è all'altro mondo, non può più farti del male.»
Misi nuovamente la testa nell'incavo del suo collo e chiusi gli occhi.
«Sono stanca. Voglio dormire.» 
Riuscii a sentire le sue labbra ampliarsi in un sorriso.
«Ah sì? Tu vuoi dormire? Non io che mi sono fatto demolire dalla tua forza...»
Ma dopo quella parola, non sentii più nulla.
Mi addormentai serenamente tra le braccia di Crilin, come non facevo da tempo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Visto che è la festa della donna, oltre a fare gli auguri a tutte le ragazze del sito, vi regalo anche questo nuovo capitolo ^^
Oggi, dopo tanti giorni passati chiusa in casa a studiare, sono uscita con una mia amica e onestamente sono stanchissima, ma ho fatto di tutto pur di finire il capitolo e pubblicarlo.
C18 è un po' OOC (come sempre xD), mentre Crilin mi sembra sia abbastanza IC.
Avevo già in mente di inserire C17 da qualche parte e spero che la parte del fratello saggio vi sia piaciuta.
Non so se in futuro lo inserirò in altri capitoli. Si vedrà in base al procedimento della storia.
Beh, spero vivamente che vi sia piaciuto e aspetto le vostre recensioni!
Vi dico subito che questa settimana sarà piena di verifiche (piena nel vero senso della parola D:), perciò non so quando potrò aggiornare...

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Capitolo 7
*** Chi è Marion? ***


 

7. Chi è Marion?

 

 

Più i giorni passavano, più avevo la certezza che Crilin era un compagno meraviglioso. 
Mai e poi mai mi ero sentita così in pace con me stessa. Mai e poi mai avrei creduto di poter provare dei sentimenti.
Lui, in un modo che ancora non riuscivo a capire, mi aveva salvata. Mi aveva come fatta rinascere. 
La notte avevo ancora degli incubi e lui mi calmava abbracciandomi e rassicurandomi. Le mattine successive, a differenza delle prime volte, non ricordavo più cos'avevo sognato, anche se si trattava quasi sempre di Cell od occasionalmente del Dottor Gelo.
Già, Gelo. Benché avessi dimenticato tutte le sue torture, piano piano esse mi stavano tornando alla mente. E i sogni con Gelo non me li dimenticavo affatto.
Apparve nei miei incubi per due notti di fila. Nel primo sogno rividi me e mio fratello, ancora completamente umani, mentre facevamo tranquillamente una passeggiata in un bosco e lui ci rapiva. Nel secondo, il sogno ricominciava da dove l'avevo concluso la notte prima e continuava quando Gelo iniziò a torturare i nostri corpi, sottoponendoli a degli sforzi fisici enormi per migliorarli.
Erano pochi dettagli, particolari eventi della mia vita che credevo aver dimenticato. Eppure, ne ebbi la conferma: quei ricordi erano ancora lì.
Era come se fossero protetti da una barriera che non riuscivo a buttar giù. Ma per me quello era un problema secondario.
Con Crilin mi divertivo molto e spesso mi facevo vedere ridere. Ma non dei piccoli sorrisi, anzi, delle vere e proprie risate di gioia. 
In quei momenti avrei tanto voluto sprofondare dall'imbarazzo, ma proprio non ce la facevo. Era più forte di me, un'azione incontrollabile.
Io e il capellone ci allenavamo spesso insieme, oppure mi portava in città a fare degli acquisti. La sua amica Bulma era molto ricca e gli permetteva di comprare qualsiasi cosa volesse.
Ormai ero più che convinta che Muten ci avesse scoperti.
La prima notte che Crilin aveva dormito con me il vecchio non c'era, mi pare fosse a casa della moglie di Goku, ma al suo ritorno la mattina seguente, quando ci vide scendere la scale a tempo, ci rimase di sasso.
Sapevo che mi aveva odiata fin dal primo momento che mi aveva vista mettere piede in casa sua. In fondo, quell'odio era reciproco.
Molto spesso Crilin andava ancora ad aiutare la moglie di Goku, visto che era quasi alla fine della sua gravidanza ed io, purtroppo, me ne dovevo stare a casa da sola con quel vecchio rimbambito.
Di solito non mi considerava più di tanto, anzi, se ne stava rintanato in camera a leggere delle riviste di non so cosa o in salotto a guardare dei programmi.
Un pomeriggio però, ebbe la brillante idea di venirmi a disturbare mentre me ne stavo tranquillamente in cucina a bere il caffè. Ormai quella bevanda era diventata una droga per me. Ne bevevo una tazza a colazione, a pranzo, dopo ogni allenamento e quando capitava. Solitamente oltre le sei non ne bevevo neanche un goccio. Ma non era il caffè il vero problema in quel momento.
Muten entrò nella stanza rimanendo a devota distanza e mi fissò qualche minuto prima di cominciare a parlare.
«Tu non mi sei mai piaciuta.»
Feci finta di niente e bevvi un sorso di caffè bollente.
«Non so come mai piaci a Crilin. Il ragazzo deve essere veramente andato fuori di testa per essere innamorato di una come te.»
Presi una rivista di moda che avevo comprato in città e iniziai a sfogliarla senza nemmeno degnare di uno sguardo il vecchio.
«E' inutile che mi ignori. Sappi solo che io di te non mi fido affatto. So bene che prima o poi ci farai qualche dispetto. Anzi, magari hai già in mente un piano per farci fuori.»
Alzai lo sguardo verso il Maestro e lo fulminai coi miei occhi di ghiaccio.
Dovrei ucciderlo. pensai. In fondo, è la soluzione migliore. Prima lo stordisco con un colpo energetico e poi lo faccio fuori con un ki-blast. Però se lo faccio, poi a Crilin che dico?
No, non lo potevo uccidere. Nonostante in quel momento l'idea mi allettava, mi convinsi a mantenere la calma.
«Se avessi voluto farvi fuori, l'avrei già fatto da tempo.» risposi semplicemente. 
Il vecchio continuò a fissarmi in silenzio per qualche minuto, prima di dire qualcosa che attirò la mia attenzione.
«A quanto pare sei ben diversa da Marion. Il nostro Crilin ha fatto proprio un salto di qualità.»
Poggiai con leggerezza la tazza mezza piena sul tavolo.
«Chi è Marion?» chiesi cercando di mostrare indifferenza.
Il vecchio fece una smorfia.
«Nessuno di importante.»
In mezzo secondo, scattai verso di lui e lo scaraventai contro il muro, tenendolo per le spalle.
«Ti ho fatto una domanda!»
Muten deglutì un paio di volte, ma continuò a mantenere la sua aria di strafottenza.
«Beh, Marion è l'ex di Crilin. Sai, oltre ad essere una ragazza bellissima era anche molto intelligente, generosa e dolcissima. Tutte queste qualità erano gradite a Crilin, ma poi hanno deciso di prendersi una piccola pausa. Infatti mi sembra molto strano che si sia innamorato di te che sei acida e misteriosa, visto che prima stava con una ragazza docile e buona.»
Lo lasciai cadere con poca grazia a terra e volai velocemente fuori dalla finestra.
Non avevo la più pallida idea di dove andare. Sapevo solo di essere incazzata come una iena.
Allora la mia prima impressione sul terrestre era vera... Io non gli piaccio davvero, gli piace il mio aspetto fisico! Che sciocca sono stata a pensare che un umano potesse provare interesse per me!
In preda alla rabbia, aumentai la mia velocità e volai per qualche ora senza meta. Quando si fece buio, mi fermai in una collinetta fiorita con poche case sparse.
Mi misi sotto a un albero a riflettere ancora sulle parole di Muten e lentamente, la rabbia si trasformò un tristezza.
Le lacrime iniziarono a scendere sempre più rapide sul mio viso.
Allora è davvero questo il mio destino? Dovrò vivere così, spostandomi da una località all'altra per tutta la vita? Senza poter nemmeno provare ad avere una vita da umana?
Mi coricai sull'erba morbida e mi girai su un fianco, iniziando a singhiozzare.
C17, ti sei sbagliato. Io ho ancora bisogno di te... Io non sono umana! 

 

Trascorsi due giorni sotto l'ombra di quell'albero che mi riparava dai raggi solari estivi, senza cibo né acqua.
Ero sola. Sola con le mie lacrime e il mio rancore.
Forse, se mi fossi comportata diversamente, Crilin mi avrebbe amata per davvero.
Ma chi voglio prendere in giro! Non ero dolce prima di essere trasformata in cyborg, figuriamoci ora! Io non sarò mai dolce per nessuno, nessuno! 
Non avevo più la forza di fare niente. Le parole di Muten erano riuscite a farmi stare peggio dei sogni con Cell.
Poi la terza mattina, mentre mi asciugavo le poche lacrime appena versate, sentii una mano accarezzarmi lentamente i capelli.
«Non dovevi cercarmi.» dissi freddamente, senza voltarmi. Avevo percepito la sua aura da lontano.
«Dovevo farlo. Te ne sei andata senza dire nulla.»
«E non ti sei chiesto il perchè?»
«Certo che me lo sono chiesto, ma non ho trovato risposta!»
Mi alzai di scatto in piedi e lo guardai arrabbiata.
«Ah no Crilin? Non hai trovato risposta?»
«No C18, neanche una! Io non ti ho fatto proprio niente! Quando sono tornato a casa non ti ho trovata e ho pensato a tantissime cose, ma mai mi sarei immaginato che la causa del mio allontamento fosse mia!»
«E chi ti ha detto questo?»
«Il Maestro Muten. Non mi ha detto i particolari, però mi ha fatto capire che è stata colpa mia.»
Arricciai il naso.
«Che mi dici di Marion?»
Il terrestre si irrigidì.
«M-Marion? C-come s-sai questo n-nome?» 
«Beh, me ne ha parlato il tuo caro maestro. Si da' il caso che io non sapessi nulla di questa ragazza e molto probabilmente se il vecchio non me lo avesse detto non lo avrei mai saputo!»
Il nano si calmò leggermente e fece una piccola risata.
«Aspetta C18, non mi vorrai dire che te ne sei andata per questo! Non è che sei gelosa per caso?»
La tempia iniziò a pulsarmi pericolosamente.
«No, citrullo!» urlai con tutta la voce che avevo in gola. «Io non sarò mai gelosa di nessuno! Muten mi ha elencato tutte le buone qualità della tua ex e onestamente mi sembra strano che tu adesso stia con me, visto e considerato che prima avevi una fidanzata più brava di me!»
«Buone qualità? Ma Marion...»
«Zitto! Non voglio più sentirti!» Sentii gli occhi iniziare a bruciarmi di nuovo. «Sono passati la bellezza di cinque mesi e mezzo da quando vivo alla Kame House, tre da quando stiamo insieme! Ho iniziato veramente a credere che per noi ci sarebbe stato un futuro, ma l'altro giorno mi sono ricreduta! Tu sei identico a tutti gli altri ragazzi! Ti piaccio solo per il mio aspetto fisico! Non ti importa niente di me, ammettilo Crilin! Ammet...»
Quel bacio fu inaspettato ma incredibilmente bello. In quegli attimi dimenticai tutta la tensione di pochi secondi prima.
Lo abbracciai forte, in segno di affetto, quasi come se mi fossi dimenticata anche delle parole del Maestro.
«Muten ti ha mentito.» disse sciogliendo l'abbraccio.
Si sedette sotto all'allbero ed io feci lo stesso.
«Marion era la mia ex ragazza. Siamo stati insieme per poco tempo, ma non era davvero come Muten l'ha descritta. Era una ragazza vanitosa, svampita e abbastanza stupida.»
«Ma allora perchè Muten mi ha detto il contrario?» chiesi confusa.
«Beh, da quando sei entrata nelle nostre vite ha sempre avuto paura che potessi ucciderci. In più suppongo che scoprire della nostra relazione l'abbia messo sotto schock. Può darsi che il suo vero scopo fosse quello di farci litigare.»
«C'è riuscito molto bene.» dissi appoggiando la testa sopra alla sua spalla.
«Mi dispiace.» Sospirò. «Ti prometto che quando torniamo a casa gliene dico quattro a Muten. Vedrai che non ti darà più fastidio. E poi, io so praticamente tutto di te, ma tu sai ben poco della mia vita, perciò mi pare giusto che ti racconti qualcosa...»
Crilin mi raccontò molti eventi e persone che avevano fatto parte della sua vita. Mi raccontò della sua amicizia con Goku, del suo primo torneo di arti marziali, dell'arrivo dei Sayan sulla Terra, dei duri anni di allentamento: mi parlò delle persone che avevano fatto parte della sua vita, amici e nemici, come Bulma, Yamcha, Tensing, Rif, Dende, Chichi, Junior, Popo, Lunch, Jirobai, Radish, la squadra Ginew, Pual, Olong e tutti gli altri. 
Trascorremmo un intero pomeriggio in cui mi raccontò solo della sua vita, cercando di non tralasciare neanche il minimo dettaglio. 
Tornammo alla Kame House a tarda sera e Crilin obbligò il Maestro Muten a chiedermi personalmente scusa.

 

«Crilin, stai dormendo?»
«No. Non più almeno.» rispose sbadigliando. «Cosa c'è? Hai fatto un altro incubo?»
Sospirai e misi la testa sopra al suo petto. Riuscivo a sentire il suo cuore battere.
«No, nessun sogno strano. Stavo solo pensando ad una cosa...» Sentii la sua mano destra accarezzarmi lentamente i capelli. «Oggi come hai fatto a trovarmi?»
«Te l'ho già detto. Riesco a percepire la tua aura sempre più, ogni giorno che passa.»
«E' troppo strano. E poi dovresti riuscire a sentire anche l'aura di mio fratello o sbaglio?»
Il terrestre accese la luce dell'abat jour e mi guardò negli occhi.
«C18, io... Ti devo dire una cosa importante.»
Riuscii a percepire nei suoi occhi paura e dispiacere.
«Dimmi.» risposi semplicemente, anche se ero curiosa riguardo a ciò che mi avrebbe detto.
Sospirò. «Vedi, quando mi hai raccontato di aver sognato tuo fratello, io... Io non ti ho detto una cosa... E per questo ti chiedo scusa in anticipo... Sono sicuro che dopo questa cosa mi odierai...»
«Crilin, sai benissimo che odio quando inizi a balbettare. Perciò ora sbrigati e parla!»
Deglutì.
«In realtà, tu non l'hai sognato... C17 è stato davvero qui.»
Lo fissai imbambolata per qualche secondo, riflettendo sulle sue parole.
«Com'è possibile? Come ha fatto a trovarmi?»
«Non l'ha fatto. Sono stato io a cercare lui.» 
Inarcai un sopracciglio.
«E perchè mai l'avresti fatto?»
«Perchè...» Arrossì lievemente. «Perchè mi dispiaceva vederti uscire tutti i giorni per cercarlo. Una mattina poi, inaspettatamente, ho iniziato a sentire la sua aura. Ti giuro, all'inizio avevo paura di rincontrarlo, ma poi mi sono fatto coraggio e sono andato a cercarlo. Avevo il terrore che ti portasse via, ma non l'ha fatto. Non appena l'ho trovato, mi ha detto che doveva lasciarti al tuo destino e che ti saresti dovuta fare una nuova vita.»
Spensi l'abat jour e rimisi la testa sul petto di Crilin.
«Grazie.»
Una semplice parola che, uscita dalla mia bocca, sembrava quasi finta.
Arrossii di botto e nascosi il mio viso nel collo del terrestre, facendolo scoppiare a ridere.
Ti ringrazio fratellino. Adesso sì che ho capito cosa voglio dalla vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi qui, anche se con un po' di ritardo! Vi avevo avvisati che sarebbe stata una settimana carica e ho trovato del tempo per scrivere solamente oggi.
Non credevo che fossi già al settimo capitolo! 
Allora, io ho cercato di farlo il più lungo possibile, ma alla fine non mi è venuta più alcuna idea.
Direi che siamo quasi alla fine della prima parte della storia (la mia idea era quella di fare una decina di capitoli per ogni parte, ma devo sempre vedere in base ai miei impegni e al mio umore nel momento in cui scrivo).
Marion da qualche parte la dovevo inserire. In fondo, una scena di gelosia di C18 non potevo non scriverla!
Per ora non credo che farò riapparire C17, ma più avanti si vedrà.
Mi auguro di non aver fatto degli errori grammaticali. Sono quel tipo di persona che quando scrive un capitolo lo fa molto velocemente e malgrado io rilegga quasi sempre ciò che scrivo, può capire che mi dimentico qualcosa per strada.
Spero che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento!
A presto :) 

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Capitolo 8
*** L'incontro. ***


 

8. L'incontro.

 

 

«Avanti C18! Si tratta solo di una mezza giornata! E poi che ti costa?»
«Mi costa un sacco Crilin e tu lo sai bene!»
Anche Muten -che dalla storia di Marion aveva iniziato a comportarsi molto meglio- cercò di convincermi, ma fu tutto inutile. Ormai avevo preso la mia decisione.
«No invece, non ti costa proprio niente! Hai intenzione di passare il resto della tua vita chiusa in casa, senza mai farti vedere? Non eri tu quella che voleva cambiare vita?»
Sbuffai ancora. Perché quel testone non la smetteva? Tanto alla fine ci sarei andata comunque a quella stupida festa da quanto insisteva. 
«Io ci vengo.» dissi cercando di mantenere un tono di voce calmo. «Ma alla prima persona che mi infastidisce, giuro che me ne vado all'istante e non ci tornerò mai più. Va bene?»
Il terrestre mi fece un enorme sorriso. «Sì, d'accordo! Ci sto!»
Il piccolo Goten era nato da poche settimane ed era già in programma una grande festa in suo onore alla Capsule Corporation.
Benché fossi stata invitata pure io -cosa che mi sembrava parecchio strana- l'idea di stare in mezzo agli amici di Crilin mi irritava e al tempo stesso mi imbarazzava.
Avevo causato un sacco di problemi e non credevo di essere ben accetta. Ma volevo fare un favore a Crilin, visto che lui mi concedeva tante cose.
E poi, da come mi aveva detto lui, Bulma era un'esperta di computer, perciò ne avrei approfittato per farmi dare una controllata, visto che secondo me non era normale che si percepisse la mia aura.

 

Il giorno seguente, a mezzogiorno in punto, ci trovammo tutti davanti a casa di Bulma. Si sentivano urla e risate provenire dall'interno della casa, la cui porta principale era semplicemente socchiusa.
Muten e Umigame schizzarono dai loro amici molto velocemente, mentre Crilin, prima di arrivare in una zona in cui ci avrebbero potuti vedere, mi bloccò per il braccio.
«Uhm? E adesso che c'è?» chiesi guardandolo negli occhi.
Sembrava preoccupato.
«Ecco, vedi C18... Io credo sia meglio che tu resti qui per ora. Pochi minuti intendo... Vado prima io e poi arrivi anche tu quando vengo a chiamarti. Va bene?»
Riflettei per pochi, anzi, pochissimi secondi sulle sue parole. C17 aveva pienamente ragione: se mi impegnavo a fondo, potevo essere più intelligente di quello che credevo di essere già.
In un attimo, lo tirai all'insù per il colletto della maglietta.
«Sei uno stronzo!» dissi con il mio solito sguardo omicida. «Tu mi hai mentito! Loro non sanno che stiamo insieme, non sanno niente e nessuno mi ha invitata!»
Il terrestre deglutì.
«C18, cerca di capire.» continuò lui con un tono più pacato, cercando di nascondere il terrore che provava in quel momento. «E' passato quasi un anno dalla sconfitta di Cell e nell'ultimo periodo non mi sono mai fatto vedere in tua presenza. Se adesso andiamo di là insieme, potrebbero spaventarsi. Non sanno che sei cambiata ed è molto probabile che non si fidino. Perciò, tutto ciò che ti chiedo, è di concedermi cinque minuti. Vorrei solo cinque minuti per spiegare ai miei amici la situazione.»
Arricciai il naso e lo feci cadere a terra con poca grazia, proprio come avevo fatto pochi mesi prima con Muten.
«Non è un mio problema! Li avresti dovuti avvertire subito!» risposi io dirigendomi verso l'interno della casa.
Ormai fermarmi non sarebbe servito a nulla. Eppure, malgrado pensassi che avrei avuto addosso gli occhi di persone spaventate, mi trovai invece davanti gli occhi di persone che cercavano di essere gentili con me. Non appena misi piede in quell'area piena di festoni e stuzzichini, Chichi e Bulma si presentarono ed iniziarono a trattarmi come se fossi una loro amica.
«Siamo molto contenti che tu sia venuta C18! Mangia tutto quello che vuoi e fai come se fossi a casa tua, mi raccomando!» esclamò la donna dai capelli azzurri.
«Già, ci fa molto piacere la tua presenza! Se ti va puoi conoscere Goten, adesso sta riposando ma c'è mio figlio Gohan con lui.» continuò la moglie di Goku.
Non feci in tempo a dire una parola che quest'ultima mi aveva già trascinata al primo piano della Capsule Corporation. Mi guidò fino ad uno stanzino e mi lasciò sulla porta.
La aprii con la mano tremolante e al suo interno trovai il piccolo Gohan che osservava entusiasta il nuovo fratellino.
«Ciao C18! Allora ci sei anche tu!» esclamò il ragazzino felice, invitandomi a sedermi vicino a lui su uno sgabello.
Si può sapere cosa diamine sta succedendo? mi chiesi tra me e me.
Dopo vari minuti di silenzio da parte di entrambi, Gohan mi fece una domanda che mi fece sobbalzare.
«Quindi tu e Crilin siete fidanzati?»
Sentii le guance diventarmi bollenti.
«Ma... Che domande mi fai...»
«Come mai sei tutta rossa?»
In quel momento sentii davvero il fumo uscirmi dalle orecchie.
«Hai dieci anni, dovresti capire che certe domande non bisogna farle!» esclamai imbarazzata, con un tono tutt'altro che amichevole.
Il ragazzino scoppiò in una risata di gusto. Crilin mi diceva spesso che Gohan rideva esattamente come suo padre.
Ad un tratto, a causa del nostro rumore, il piccolo Goten si svegliò ed iniziò a piangere, provocando così l'ansia del fratello.
«Oh no! E adesso che faccio? Se mamma scopre che l'ho fatto piangere poi se la prende con me e mi tiene chiuso in casa a studiare!»
Gohan iniziò a correre agitatamente da una parte all'altra della stanza in cerca di una risposta, mentre io lo guardavo impassiva.
«Ci sono!» disse ad un tratto, prendendo in braccio il bambino e venendo verso di me. «C18, ti spiace cullarlo un pochino?»
Strabuzzai gli occhi come non avevo mai fatto prima.
«Ma sei impazzito?»
«Dai C18! Quando voi donne prendete in braccio i bambini si calmano subito! Ti prego, almeno provaci, altrimenti la mamma si arrabbia con me!»
Sospirai infastidita.
Ma guarda cosa mi tocca fare... E pensare che io qui non ci volevo neanche venire!
Gohan mi passò il piccolo e lo accolsi tra le mie braccia con una grazia che non mi riconoscevo.
Avere quella piccola creatura tra le braccia fu una novità per me. Mai in vita mia avevo tenuto tra le braccia un bambino. Mai.
Goten sembrò calmarsi subito e cullarlo non mi sembrò più così strano. Anzi, se devo essere onesta, provai un leggero piacere nel prendermi cura di lui.
«Gli piaci!» esclamò contento Gohan.
E giuro, nella mia vita mai e poi mai avrei pensato di poter essere simpatica ad un bambino, o meglio, a due bambini.

 

Dopo aver fatto calmare Goten, Gohan uscì velocemente dalla stanzetta per portarlo all'aperto. Ed io ovviamente, visto com'era grande la Capsule Corporation, andai a perdermi.
Gli costava così tanto aspettarmi? pensai infastidita.
Quella casa sembrava veramente un palazzo, non per la sua forma, ma per l'enorme quantità di stanze e corridoi.
Passarono una quindicina di minuti ed io ancora non riuscivo a trovare una vita d'uscita da quella casa.
«Guarda un po' chi si rivede.»
Riconobbi subito quella voce. Non ero stupita, anzi, mi aspettavo di vederlo.
Mi voltai lentamente e lo guardai in volto esprimendo indifferenza. In fondo, per me era solo uno stupido sayan. 
«Mi sono persa.» dissi secca. «Fammi uscire da questo labirinto.»
Senza aggiungere altro, Vegeta mi condusse in poco tempo fino alla cucina, dove vi era una porta che dava nel grande salone in cui vi erano tutti gli amici di Crilin.
«Posso chiederti una cosa?» dissi poco prima di riunirmi a tutti gli altri.
Il guerriero sembrò non avermi neanche sentita e mostrò indifferenza. Ma io feci finta di niente e andai avanti.
«Come avete fatto a sapere di me?»
«Pff! Credevo che ormai l'avessi capito che Muten non sa tenere la bocca chiusa.»
Quel vecchio maledetto che non si fa mai gli affari suoi!
La tempia destra iniziò a pulsarmi, ma di certo non potevo entrare nel salone e farlo fuori. 
Misi la mano sulla maniglia, ma notando che il sayan non si era mosso di un millimetro, mi venne spontaneo fargli quella domanda.
«Non vieni?»
«A me non piacciono queste stupide festicciole. Me ne torno nella Gravity Room.»
«Gravity Room?» ripetei.
«E' una stanza speciale creata dal padre di Bulma dove mi alleno.» Fece una pausa e prese a guardare il soffitto. «Mi alleno quasi tutti i giorni da solo e non sono ancora riuscito a trovare un degno compagno di allenamenti. Se vuoi, potresti venire anche tu.»
Arricciai il naso.
«Non ne ho bisogno. Mi alleno già con Crilin.»
Fece una mezza risata.
«Con Crilin? Lasciamelo dire, tu sei un cyborg e hai una forza incredibilmente superiore alla sua. E' poco probabile che tu riesca a rafforzarti se combatti con lui.»
«Vorresti dire che tu saresti abbastanza forte da tenermi testa?» Sorrisi amaramente. «Oh Vegeta, io ti ho già battuto una volta in passato. Se credi che nell'ultimo anno tu sia l'unico ad essersi rafforzato ti sbagli di grosso. Quando Cell mi ha sputata fuori ammetto di essermi parecchio indebolita e a quel tempo avresti anche potuto farmi fuori, ma credimi, adesso sarà molto difficile procurarmi dei graffi.»
«Visto che ne sei così convinta, perchè non facciamo una prova?»
«Un giorno verrò nella Gravity Room e ti metterò al tappeto. Te lo prometto.» 


«Allora C18, ti sei divertita oggi?» mi chiese Crilin, sperando in una risposta positiva.
«Direi che non è stata una brutta giornata. Solo mi chiedo come mai Muten non si sia fatto i cazzi suoi.»
Il terrestre fece una risatina.
«Lui è fatto così!» Sospirò. «Prima gli ho chiesto spiegazioni e a quanto sembra, li aveva avvertiti fin da subito. All'inizio ci rimasero molto male, soprattutto Chichi. Ma col tempo, con gli aggiornamenti continui di Muten, hanno capito che sei diventata una brava persona.» Mi guardò negli occhi e fece un mezzo sorriso. «A proposito, ma alla fine hai chiesto a Bulma quello che tu definisci “problema” alla tua aura?»
«Diamine, no! Me ne sono completamente dimenticata...»
Sbadigliai e mi rannicchiai vicino a lui. L'inverno era arrivato da poco e faceva già un gran freddo.
«So che forse è presto per parlarne.» iniziò a dire Crilin. «Però... C18, tu hai mai pensato di sposarti?»
Quella domanda mi colse alla sprovvista. Avrei potuto benissimo fare finta di dormire, ma nell'ultimo anno mi ero talmente umanizzata che se l'avessi fatto mi sarei di sicuro sentita in colpa.
«Perché me lo chiedi?» domandai mentre cercavo di nascondere le mie guance rosse sotto alle coperte.
«Beh, ci ho pensato molto oggi pomeriggio. Vedere Chichi allegra nonostante Goku non ci sia più mi ha fatto ritornare alla mente il giorno del loro matrimonio. E così mi sono chiesto: “io sarei pronto per sposarmi?”»
Deglutii.
«E la risposta qual è?»
Crilin mi fece un mezzo sorriso. 
«La risposta è sì. Io sarei pronto a sposarti.»
Mi ripetei quella domanda nella mente per quattro o cinque volte prima di trovare una risposta definitiva.
«Anche io sarei pronta a sposarti, Crilin.»
Sprofondai con la testa sotto al cuscino, mentre diventavo praticamente bordò in faccia. Il terrestre scoppiò in una sonora risata, ormai abituato alle mie azioni che in seguito mi facevano imbarazzare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti :)
So che non c'entra assolutamente niente con la storia, ma domani inizia la primavera!
Qui da me si sta bene, anche se la mattina fa ancora un po' fresco, al pomeriggio posso dire che per la maggior parte delle volte fa abbastanza caldo.
Comunque, torniamo alla storia, che è meglio.
Oggi sono di buon umore, perciò ho deciso di pubblicare il nuovo capitolo (l'avrei anche pubblicato ieri sera, ma non stavo molto bene e poi non l'avevo concluso).
Così come per C17, mi ero già messa in testa di far interagire anche Vegeta da qualche parte. Caratterialmente è  abbastanza simile a C18, forse un po' più orgoglioso secondo me, ma si tratta comunque di un personaggio che non ho mai trattato, perciò spero di aver fatto un buon lavoro. 
Il prossimo capitolo non credo che riuscirò a pubblicarlo prima di domenica o lunedì. Sabato ho una gara e ovviamente mi sono ridotta all'ultimo per esercitarmi ç_ç
Va beh, tralasciando la confusione che faccio coi miei impegni, spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento. Aspetto le vostre recensioni! :)

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Capitolo 9
*** La notizia. ***


 

9. La notizia.

 

 

Era già passato un mese dalla festa di Goten. E in quel mese, mi ero allenata di continuo.
Quando il tempo lo permetteva, mi allenavo con Crilin all'aperto, altrimenti passavo molto tempo nella Gravity Room con Vegeta. 
Con il terrestre ero arrivata ad usare quattro decimi della mia forza per tenergli testa. Col sayan invece, utilizzando completamente la mia potenza, ero riuscita a metterlo al tappeto un paio di volte.
Sia lui che Crilin mi fecero notare sempre più spesso che la mia aura si percepiva anche da lontano e così, un giorno, mi ricordai finalmente di farmi dare un'occhiata da Bulma. Per quattro ore consecutive, caddi in una sorta di coma. 
«E' meglio fare un'analisi completa del tuo corpo.» mi aveva detto la scienziata.
Non le avessi mai dato retta! Sebbene il mio corpo non agisse più, la mia mente era fresca ed ebbi uno dei miei soliti incubi.
Stranamente, nell'ultimo periodo, si trattava solamente di ricordi ambientati nel laboratorio di Gelo, ma mai riguardanti Cell.
Quando mi svegliai, la donna dai capelli blu non era più nel laboratorio.
Da quando mi allenavo con Vegeta, avevo memorizzato alcune stanze della casa, perciò, con un po' di fortuna, riuscii a trovarla nella cucina più piccola, mentre dava da mangiare a Trunks.
«Allora?»
La donna continuò a imboccare il figlio, quasi come se non mi avesse sentita.
Trascorsi circa un minuto a guardarla impaziente. Se non fosse stata un'amica di Crilin, l'avrei già fatta fuori. 
Pulì la bocca del piccolo, lo prese in braccio e finalmente si decise a parlare.
«Non c'è niente che non va in te.»
«Ah no? Si da' il caso che io sia un cyborg, se non te ne fossi accorta. La mia aura non si dovrebbe sentire, perciò c'è per forza qualcosa che non quadra qui!»
La turchina sospirò.
«C18, non sto scherzando. E' tutto a posto col tuo corpo, davvero. La tua base è umana, hai solo dei circuiti e lo sai. Di conseguenza, la tua aura è percepibile.»
Alzai un sopracciglio.
«Allora perchè ha iniziato a sentirsi soltanto di recente?»
«Beh, questo non lo so. I casi sono due: o il Dottor Gelo non ha fatto bene il suo lavoro, oppure essendo rimasti in una sorta di coma per tanti anni, non appena tu e tuo fratello vi siete risvegliati, le vostre aure si sono temporaneamente azzerate.»
«Ma io l'aura di mio fratello non riesco a sentirla!» esclamai alzando un po' la voce.
Bulma fece un mezzo sorriso.
«E chi ti dice che non abbia azzerato volontariamente la sua aura?»
Non aveva tutti i torti. Se quando avevo visto C17 non si era trattato di un sogno, allora potevo anche credere che non volesse farsi trovare. 
«Quindi non c'è niente che non va?» chiesi un'ultima volta per sicurezza.
Fece una piccola risatina che mi infastidì parecchio.
«Oh, beh, più o meno...»
«Che significa più o meno
«Significa che lo scoprirai da sola.» concluse la turchina, guardando con due occhi dolci suo figlio.

 

La primavera era alle porte. Era trascorso praticamente un anno da quando ero andata a vivere alla Kame House e mancavano appena due mesi al giorno del mio matrimonio.
Già, matrimonio. Chi l'avrebbe mai detto che un giorno mi sarei mai sposata? Con quel nanerottolo poi!
Alla fine però mi ero decisa. Non so cosa mi fosse preso quel giorno quando, alla poroposta di Crilin, avevo risposto affermativamente rimanendo impassiva, anche se dentro di me morivo dalla felicità.
Ero proprio cambiata in quei mesi. Per quanto fossi scontrosa, acida, fredda, isterica e quant'altro, ero diventata anche più sensibile, buona, gentile e per quanto mi nuocesse ammetterlo, dolce.
Il matrimonio si sarebbe svolto in una piccola chiesa sui Monti Paoz e visto che Bulma aveva insistito tanto, avremmo continuato i festeggiamenti alla Capsule Corporation.
Mi chiedevo cosa spingesse quella donna ad organizzare tutte le feste dei suoi amici a casa sua. 
Gli ultimi giorni d'inverno sembravano trascorrere abbastanza tranquillamente. Sembravano...
Da un paio di settimane mi sentivo più strana del solito. Avevo molta nausea, mal di stomaco e mi sentivo più debole del solito.
Quella notte inoltre vomitai di continuo. Vomitai la cena, vomitai il caffé, vomitai l'anima. Praticamente il mio corpo era diventato vuoto. Ma fu proprio mentre vomitavo che, per quanto impossibile potesse sembrare, ebbi una mezza idea su cosa potesse trattarsi.
Cazzo! Credevo di non poter avere dei figli! pensai spazientita. Sono stata insieme a Crilin una volta, una fottutissima volta a capodanno perchè avevo bevuto troppo, altrimenti non gli avrei mai concesso il mio corpo!
Mi accasciai a terra e mi presi i capelli fra le mani.
Non potevo essere incinta. Eppure, tutto coincideva, persino lo strano comportamento di Bulma.
Crilin entrò in bagno proprio in quel momento. Si sedette davanti a me e mi guardò per cinque minuti buoni senza dire una parola.
«Vai a dormire.» dissi secca. «E' notte fonda.»
Il terrestre sorrise.
«Sono già le cinque di mattina. E poi vorrei capire che cos'hai.»
Allungò una mano verso di me nel tentativo di accarezzarmi la guancia, ma io mi allontanai prima che ciò accadesse.
«Che succede?»
«Succede che...» Mi bloccai. La gola mi bruciava e le lacrime erano pronte per cadere. Ma non mi potevo mettere a piangere. Non in quel momento.
«Ho un ritardo.» continuai. 
Mi guardò con uno sguardo scettico, cercando di trovare le parole. Ma non ce n'erano.
Andai via dalla Kame House e volai verso ovest alla ricerca di risposte.

 

«Che ci fai qui?» mi chiese la turchina infastidita. «Non sai che a quest'ora del mattino la gente dorme? Avresti potuto svegliare Trunks!»
Mi versai un po' di caffé in una tazza celeste e mi comportai allo stesso modo in cui si era comportata Bulma un mese prima: feci finta di non averla sentita.
Bevvi un sorso della mia bevanda prima di aprire bocca.
«Perchè non mi hai detto che ero incinta?»
La donna dai capelli blu sbadigliò.
«Perchè non ne ero completamente sicura. Durante il controllo, il computer ha captato un'altra forma di vita all'interno del tuo corpo, ma la percentuale era molto bassa. Così ho dedotto che la gravidanza fosse solo all'inizio.»
«Ciò non toglie il fatto che avresti dovuto dirmelo.» 
Bulma si fece seria in volto come non l'avevo mai vista.
«Sarai anche umana, ma non hai la più pallida idea di come si porti avanti una gravidanza. Non è così?»
Il mio silenzio le fece capire che aveva ragione.
«Da quanto tempo sei incinta?» mi chiese la turchina sedendosi sulla sedia a capotavola.
«Se non ho sbagliato i calcoli, un mese e dieci giorni.» risposi bevendo un'altro sorso di caffé.
«E' tempo di andare da un dottore allora.»
«Non ho intenzione di andare in un ospedale e di farmi visitare da uno sconosciuto!» esclamai decisa, alzando un po' la voce.
Bulma scoppiò in una sonora risata simile a quella della volta precedente.
«Si può sapere perchè ridi sempre?» chiesi seriamente infastidita, mentre lei si asciugava le lacrime.
«E' solo che mi ricordi molto Goku: anche lui non voleva mai andare in ospedale per paura che gli facessero una puntura!»
Arrossii lievemente.
«Io non ho paura delle punture, hai capito? E' solo che non mi piacciono gli ospedali perchè le stanze al loro interno mi ricordano quelle in cui il Dottor Gelo ci torturava!»
Avevo detto quelle parole senza pensare a chi avevo davanti. Mai, ripeto, mai avevo detto una cosa riguardante il mio passato a qualcuno che non fosse Crilin.
Nella stanza si diffuse un silenzio di tomba per diversi minuti.
«Mi dispiace.» disse ad un tratto Bulma. «Io non immaginavo che...»
«Non fa niente.» risposi fredda.
«Puoi venire qui da me, una volta al mese almeno. Non sarò un dottore, però i miei macchinari sono i più all'avanguardia del paese...»
Posai la tazza sul tavolo e me ne andai senza dire altro. 

 

Trascorsi tutto il giorno in città, saltando da un negozio all'altro, ma nessun vestito o accessorio sarebbe riuscito a farmi stare meglio.
Tornai a casa solo a tarda sera. Mi sedetti in riva al mare e mi misi a guardare un punto fisso all'orizzonte.
Dopo poco, Crilin si avvicinò e mi mise una coperta sulle spalle.
«Non dovresti stare qui. Fa freddo.» disse accennando un sorriso. «Avanti, entriamo in casa.» 
Entrammo nella Kame House e ci dirigemmo in camera da letto. Il mio futuro marito restò in piedi davanti alla finestra, mentre io mi sedetti sul letto.
Restammo in silenzio per diversi minuti. Nessuno sapeva cosa dire. Entrambi eravamo imbarazzati e confusi.
«Non credevo che potessi avere figli.» disse ad un tratto Crilin, per cercare di spezzare quel silenzio di tomba.
«E' stata una sorpresa anche per me.» ammisi.
Il terrestre arrossì.
«Senti, C18...» Fece un sorriso imbarazzato. «So che forse a te questa storia non va giù, però... A me onestamente non dispiace. Insomma, è capitato proprio adesso che ci stiamo per sposare. Non sembra un segno del destino?»
Non avevo idea di cosa dire. Era come se in un attimo mi fossi dimenticata tutti i vocaboli che conoscevo.
«Forse non sei d'accordo con me, anzi, magari dopo questa domanda vorrai farmi fuori, però devo fartela. C18, tu... Tu vorresti avere un figlio?»
Mi ero già posta quella domanda molto tempo prima, ma non ero mai riuscita a trovare una risposta ben precisa.
Volevo un bambino? Ero disposta a rinunciare a tutto pur di diventare madre?
Provai una strana sensazione allo stomaco, ma non si trattava della creatura che stava crescendo dentro di me.
Era un sentimento nuovo, un sentimento piacevole che non avevo mai provato prima. Entusiasmo.
Mi tornarono alla mente le espressioni di Chichi e Bulma quando avevano tra le braccia i loro figli. La prima era un po' severa, ma al tempo stesso si capiva che era una donna tenera. L'altra invece, amava suo figlio più di sé stessa e ogni momento libero era buono per stare con lui.
Ma io? Io ero pronta per un simile passo?
«Crilin, io...» I suoi occhi neri e speranzosi incrociarono i miei cerulei e spaventati. «Io non lo so...»
Mi portai le mani agli occhi, nella speranza di riuscire a bloccare le lacrime che di lì a poco sarebbero cadute. Ma fu inutile.
«Dopo tutto quello che è successo... Io non so se sarò in grado di fare la madre!»
Crilin mi abbracciò, stringendomi a lui più che poteva.
«Andrà tutto bene C18! Tutte le cose che sono successe non sono state a causa tua! Tu hai fatto solo quello che credevi fosse necessario per il tuo futuro! Ma adesso sei qui con me ed è questo ciò che conta! Ti prometto che farò il possibile per cercare di far avere alla nostra famiglia una vita normale! Tesoro io te lo prometto, te lo prometto sulla mia stessa vita!»
Le lacrime che avevano bagnato la sua maglietta non erano più di paura, bensì di gioia.
Mi resi conto soltanto in quel momento di amare veramente, ma veramente l'uomo che avevo davanti. Quell'uomo che che mi amava nonostante le mie lune storte, quell'uomo che aveva distrutto il telecomando di autodistruzione per salvarmi, quell'uomo che aveva utilizzato un desiderio di Shenron solo per me, quell'uomo a cui riuscivo a dire tutto senza provare imbarazzo, quell'uomo che voleva mettere su famiglia con me, quell'uomo che riusciva sempre a consolarmi.
Lo strinsi a me più di come aveva fatto lui.
«Grazie.» dissi incurvando le mie labbra in un piccolo sorriso. «Ma non chiamarmi più tesoro, altrimenti ti spezzo le braccia.»
Il terrestre scoppiò a ridere, senza mai sciogliere quell'abbraccio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hello everybody!
Ok, scusatemela questa, è che ho finito da poco di fare i compiti di inglese, perciò... xD
La mia ‘gara’ non dev'essere andata male, ma non ho ancora ricevuto i risultati.
Siccome a voi non ve ne frega sicuramente un cactus (?) sorvoliamo.
Penso abbiate capito che sono un po' una romanticona, per questo nei miei capitoli C18 appare molto più sensibile del solito. Nonostante all'inizio pensavo di creare una storia con personaggi completamente IC, col tempo ho capito che non era esattamente ciò che volevo, perciò me ne sono fatta una ragione.
Spero comunque che la storia sia di vostro gradimento anche se i personaggi sono un po' OOC!
Riguardo alla suddivisione delle parti, la prima dovrei concluderla a breve, non so di preciso quando, ma ve lo farò sapere al momento opportuno.
Ora penso che mi dedicherò a scrivere un capitolo di qualche altra mia storia, visto che ultimamente mi sto dedicando solo a questa :')
Il prossimo capitolo inizierò a scriverlo domani o mercoledì, perciò tra sabato e domenica (se non prima) dovrei riuscire a pubblicare il decimo capitolo.
Mi raccomando, ditemi come al solito cosa ne pensate con una recensione c: 

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Capitolo 10
*** Incubi e dubbi. ***


 

10. Incubi e dubbi.

 

 

«Crilin, sbrigati! Si può sapere perché ci metti così tanto?»
Il mio futuro marito, dopo avermi sentita urlare per la terza volta, stava finalmente entrando nella camera da letto con il vassoio contenente la mia colazione: due brioche al cioccolato, una tazza di caffè, tre mini ciambelle, uno yogurt, un'albicocca, mezza bottiglia di succo all'arancia e altre, tantissime cose.
«S-scusami C18, ma p-pensavo che il c-caffè fosse troppo f-freddo e così te l'ho r-rifatto...»
La gravidanza procedeva abbastanza bene, per modo di dire. Ero al quarto mese e la pancia iniziava a notarsi. Inoltre, avevo ricominciato ad essere scontrosa e maleducata, avevo voglie di continuo e cosa peggiore, il mio corpo era spesso molto debole. Certo, potevo benissimo scendere le scale e prepararmi la colazione da sola -di certo non avevo perso le forze fino a quel punto- ma, anche se un po' mi dispiaceva, decisi di continuare ad approfittarmi di Crilin. 
Divorai tutto in meno di cinque minuti, dopo di che, fui costretta ad alzarmi di malavoglia dal letto.
Non appena misi i piedi per terra, sentii la testa girarmi e se Crilin non mi avesse presa al volo, di sicuro sarei caduta per terra.
«C18, stai bene?» chiese il terrestre.
«S-sì.» Mi portai una mano alla tempia. «Cioè, mi fa solo un po' male la testa...»
Il moro sorrise.
«E' meglio che oggi ti riposi. Chiamerò Bulma e le dirò che non possiamo andare da lei oggi.» Mi adagiò lentamente sul letto. «In fondo, l'ecografia possiamo farla anche un altro giorno.»
«Col cavolo!» esclamai tentando, inutilmente, di alzarmi di nuovo. «Tra meno di due settimane ci sposiamo e io voglio sapere se il bambino che porto in grembo è maschio o femmina!»
«Scusa, ma proprio non ti capisco. Cosa cambia se lo vieni a sapere prima o dopo il matrimonio?»
A dirla tutta, neanch'io lo sapevo. In realtà quella del matrimonio era solo una scusa per sapere il sesso di mio figlio.
Che poi, quando mai mi ero interessata di cose simili?
Fino a pochi mesi prima era solo C18, la ragazza dagli occhi gelidi che adorava fare shopping e dimostrare la propria forza a chiunque intralciava il suo cammino. E invece, nell'arco di poco, sarei diventata madre. 
Crilin mi diede un bacio sulla fronte.
«Adesso devi pensare a dormire. Vedrai che con un po' di riposo starai meglio e magari domani facciamo questa ecografia.»

 

Mi sembrava di avere la schiena congelata e non riuscivo a muovere neanche un muscolo, anzi, a malapena aprii gli occhi.
Il soffitto era grigio, con una lampada gigantesca al centro e l'ambiente mi sembrava famigliare.
Ruotai molto lentamente la testa alla mia sinistra e mi stupii nel vedere il mio futuro marito privo di sensi e legato ad una sedia.
«Crilin!» urlai guardandolo da capo a piedi.
Mi sentii male al solo pensiero che qualcuno gli potesse fare qualcosa. Fu allora che mi resi conto che anch'io ero legata, ma ad un lettino d'acciaio.
«Ci si rivede, numero 18.»
Avrei riconosciuto quella voce tra milioni e l'avrei disprezzata per il resto della vita.
«Gelo! Brutto verme schifoso, liberalo immediatamente!»
«Altrimenti?» chiese il Dottore scoppiando in una risata che rimbombò per tutto il laboratorio. «Non puoi fare niente C18, niente! E adesso che sei di nuovo nelle mie mani, posso finalmente vendicarmi per ciò che tu e tuo fratello mi avete fatto!»
Lo guardai incazzata al massimo, sputandogli addosso.
«Tu non mi fai più paura!» dissi guardandolo freddamente.
Il Dottore però, dopo essersi pulito la manica della maglia, fece un ghigno.
«Magari non avrai più paura di me, ma che mi dici di lui?»
La figura di Gelo scomparve e fu sostituita dal mostro verde che, per mesi, mi aveva perseguitata nei miei incubi.
«Ciao, bellezza.» disse Cell avvicinandosi. «Allora, sei pronta per dividerti dalla cosa più cara che hai?»
Il mio primo pensiero fu diretto a Crilin.
«Vuoi uccidermi?» chiesi. «Fallo.»
«Oh no, sarebbe troppo facile così. Credo che potrei uccidere quello stupido terrestre laggiù, però...» Sul suo volto si formò un sorriso perfido. Avevo già capito cos'aveva in mente, ma pregarlo non sarebbe servito a niente. «Dì addio per sempre a tua figlia!»
E in quella frazione di secondi, le sue mani sorpassarono il mio ventre, stritolando la piccola creatura che stava ancora crescendo dentro al mio corpo.

 

«C18! E' tutto a posto?»
Il mio risveglio era stato piuttosto brusco. Sudavo freddo, ansimavo, tremavo e non riuscivo a staccare le mani dalla mia pancia.
Scoppiai a piangere e mi buttai tra le braccia di Crilin.
«Tesoro, non piangere, ti prego... Quando fai così fatico a riconoscerti, lo sai.» disse lui scherzosamente, accarezzandomi lentamente la testa. «Si può sapere cos'hai sognato?»
Nei suoi occhi neri riuscii a vedere il mio riflesso ancora spaventato.
«Crilin.» dissi seguito da un singhiozzo. «Io non credo che riuscirò a crescere questo bambino.»
«Perché dici questo?» 
«Perché non riusciremo mai a dargli una vita normale! Con tutto quello che abbiamo passato entrambi, credi davvero che riuscirermo a tenerlo lontano dai pericoli futuri?»
«Beh, certo che no. Però è ovvio che faremo il possibile pur di proteggerlo.» Mi fece un mezzo sorriso. «Adesso mi puoi dire cos'hai sognato?»
«Cell che...» Deglutii. «Cell che uccideva nostra figlia.»
Mi diede un bacio e mi strinse tra le sue braccia.
«C18, non devi preoccuparti di questo. Nessuno, ripeto, nessuno riuscirà a fare del male a questo bambino senza prima passare sui nostri corpi.»
Mi asciugai le lacrime nel copriletto e mi girai dalla parte opposta alla sua.
«Non voglio andare da Bulma a fare l'ecografia.» dissi decisa, chiudendo gli occhi. 
«Come mai?»
«Perché nel mio sogno ero incinta di una femmina e sento che è così anche nella realtà. Mi fido di più del mio sesto senso che di uno stupido macchinario moderno!» 

 

Alla fine, Crilin riuscì comunque a convincermi a farmi visitare da Bulma. In realtà non è che mi convinse, semplicemene ero stufa di sentirmelo chiedere e alla fine mi arresi.
Ci recammo alla Capsule Corporation nel primo pomeriggio. 
La turchina mi fece accomodare, come sempre, nel lettino del suo laboratorio e passò un aggeggio simile ad una macchina fotografica sopra alla mia pancia.
«Non potendo fare un'ecografia vera e propria, il computer potrebbe metterci un po'.» aveva detto l'amica del moro. «Io e Crilin andiamo a prenderci un caffé, tu intanto sta' qui, da brava.»
Sta' qui? E dove voleva che andassi se già facevo fatica ad alzarmi da sola?
Sbuffai. Quella donna a volte sapeva come farmi irritare con le sue risatine isteriche o con le sue frasi senza senso.
Quella solitudine non mi dispiaceva, anzi, mi dava una sensazione di pace e tranquillità.
«Tra un po' di tempo non ci sarà più questa calma.» disse ad un tratto una voce, come se mi avesse letto nel pensiero.
Vegeta entrò nel laboratorio e si guardò un po' intorno prima di parlare.
«Quando il marmocchio nascerà la casa sarà piena di pannolini e biberon. Passerai molte notte insonni, se vuoi saperlo.»
Non aveva tutti i torti. Avere un figlio significava dover rinunciare a dormire e ad avere del tempo libero.
«Io non mi sono mai posto questi problemi, ci ha sempre pensato Bulma.» disse il principe dei sayan posizionandosi di fronte al computer. «E visto che tu sarai la madre, è tuo compito assistere tuo figlio in ogni suo bisogno.»
Stranamente, non avevo niente da dire. Nessun insulto, nessuna risposta. Era come se non potessi rispondergli perché sapevo che aveva ragione.  
«Vedi di non metterci troppo a far nascere il marmocchio. Ho ancora bisogno di qualcuno con cui allenarmi.» 
Il sayan iniziò a camminare verso la porta di uscita, ma ad un tratto, si fermò, senza però voltarsi.  
«Comunque è una femmina.»
Sorrisi senza nemmeno accorgermene, felice di aver finalmente avuto ragione in qualcosa.

 

Quando rientrammo alla Kame House, ovvero all'ora di cena, Crilin diede subito la notizia al Maestro Muten.
«Che bello! Allora avrò una bella nipotina che girerà per casa!» disse entusiasto il vecchio, addentando un pezzo di pizza comprato mentre tornavamo a casa.
Posai il bicchiere sul tavolo e lo feci sbattere.
«Non voglio che mia figlia cominci a chiamarti nonno Muten, così come non voglio che, una volta cresciuta, tu cominci a fare degli apprezzamenti poco carini su di lei. Perchè se lo fai, mio caro, puoi stare certo che ti disintegro. Sono stata sufficentemente chiara?»
Il vecchio deglutì ed iniziò a ripetere la parola 'sì' fino allo sfinimento.
«Stia tranquillo maestro, è così isterica solo perchè è incinta. Vedrà che quando avrà partorito le passerà.» gli aveva bisbigliato Crilin all'orecchio.
Diedi uno schiaffone sulla testa ad entrambi, procurandogli un bel bernoccolo. 

 

Era praticamente da mezz'ora che mi rigiravo nel letto.
«Non riesci a dormire?» chiese Crilin ad un tratto.
Sbuffai.
«Non riesco a smettere di pensare al sogno che ho fatto ieri.»
Il terrestre si avvicinò a me e mi abbracciò da dietro.
«C18, te l'ho già detto. Non devi preoccuparti di Cell.»
«Crilin, lo benissimo anch'io che Cell è morto! Però...» Mi girai verso di lui. «E se fosse un segno? E se volesse dire che qualcuno farà del male a nostra figlia? Che faremo poi, se non saremo più in grado di proteggerla?»
«C18, io dubito fortemente che non riusciremo a proteggerla. Dopo la morte di Goku, i più forti della Terra siete tu e Vegeta e subito dopo c'è Gohan. Se ci fosse una nuova minaccia, credo che voi tre insieme ci mettereste poco tempo a sconfiggerla.»
«E se così non fosse?»
Mi baciò la fronte.
«Evitiamo di pensare negativo. Se nostra figlia è come te, sarà di sicuro molto forte. E comunque, non appena sarà pronta, le insegneremo a difendersi da sola. Siamo d'accordo?»
Annuii, anche se ero ancora un po' in ansia.
Mi addormentai tra le sue braccia, tenendo una mano sulla mia pancia e sorridendo. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buon pomeriggio!
Chiedo scusa e ci ho messo tanto a pubblicare questo capitolo, è che ho avuto diverse cose da fare al di là dei compiti.
Comunque, inizialmente pensavo di inserire C17 in questo capitolo, ma poi ci ho pensato su e in base all'andamento che voglio far prendere alla storia, ho pensato che non fosse ancora il momento, così, anche se per poco, ho inserito Vegeta.
Il matrimonio di C18 e Crilin è alle porte... Secondo voi andarà alla grande o sarà un completo disastro? ;) 

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Capitolo 11
*** Un addio doloroso. ***


 

11. Un addio doloroso.

 

 

Se avessi potuto, avrei disintegrato l'intera Capsule Corporation quel giorno. Ero talmente arrabbiata che avrei potuto far esplodere l'intera città con un solo ki-blast.
Da quando vivevo con Crilin, ero andata dal parrucchiere due volte, ma mai da quando avevo scoperto di essere incinta: di conseguenza, i miei capelli si erano allungati, superando di poco le spalle.
Bulma me li stava pettinando con poca grazia e mi faceva così male che avrei voluto darle un calcio.
«Smettila di lamentarti!» disse la turchina. «Se ogni tanto non ti pettini è normale che sia un po' doloroso!»
Mi alzai in piedi e la guardai incazzata nera.
«Bulma, se non te ne fossi accorta sono incinta da quasi cinque mesi, perciò ho ben altro a cui pensare!» Alzai un po' il tono di voce. «Odio i capelli lunghi, ma non ho trovato il tempo di andarmeli a tagliare e di certo non me lo faccio fare da Crilin!»
Fece una mezza risata.
«Ti conviene non scaldarti, altrimenti ti si arruffano i capelli e dovrò ricominciare daccapo!»
Sbuffai e mi sedetti di nuovo.

 

Mancava meno di mezz'ora al mio matrimonio quando, finalmente, Bulma mi accompagnò ai Monti Paoz con la sua navicella. Gesto inutile, visto che io potevo volare.
Durante tutto il viaggio, Trunks dormì, mentre Vegeta guardò fuori dal finestrino in silenzio.
Al nostro arrivo, gli unici già presenti erano Chichi, Gohan, Goten e Junior. Tutti gli altri, compreso lo sposo, dovevano ancora arrivare.
Crilin non cambierà mai... Nemmeno in una giornata importante come questa riesce ad arrivare in anticipo! 
Restammo tutti ad attendere davanti all'entrata della cappella.
Dopo pochi minuti, sentii una strana presenza nei paraggi. Non si trattava di un'aura, ma solo di una... Beh, presenza.
Non sapevo come spiegare ciò che sentivo.
Scesi lungo la riva di un fiume, lasciandomi portare dalla mia sensazione. E fu lì, che lo rividi.
L'istinto fu quello di corrergli incontro e di abbracciarlo, però mi trattenni. L'avevo già fatto una volta credendo che si trattasse di un sogno. Non potevo sfigurare una seconda.
«A quanto pare ti sposi...» Curvò le labbra in un sorriso. «E sei pure incinta.»
Io però lo guardai seria. 
«Come mai sei qui?»
«Beh, non potevo non salutare mia sorella nel giorno più importante della sua vita.»
Continuai ad osservarlo freddamente. 
«Che vuoi farne della tua vita?»
Mio fratello si sedette su una roccia, posta di fianco al piccolo fiume.
«Non ne ho idea.»
«E sei venuto qui solo per dirmi questo?»
C17 alzò un sopracciglio.
«Vieni con me.» lo pregai. «Per quanto mi nuoce ammetterlo, sono cambiata. Non sono più la C18 di un tempo. Insomma, guardami! Sto per sposarmi e per diventare madre!» Feci una pausa. «Ma ho bisogno che ci sia anche tu nella mia vita, fratellino.»
Prese a guardare un punto fisso nell'acqua, segno che ci stava seriamente pensando.
«Non posso.»
«Che significa non posso?» 
«Quello che ho detto. Tu stai formando una famiglia tua. Perché mai io dovrei entrare a farne parte?»
«Perché sei mio fratello gemello.» insistetti. «Come puoi non farne parte?» 
«Perché io, a differenza tua, non sono cambiato poi così tanto. E anche se ti voglio un gran bene, non voglio avere la vita che tu tanto desideri.»
Deglutii.
«Vuoi dire che mi stai dicendo addio?»
Il mio gemello si alzò in piedi.
«In un certo senso, è così.»
In quel momento, non mi importava cosa fossi. Non mi importava fare una figuraccia davanti a lui o rovinarmi il viso poco prima del mio matrimonio.
Mi abbandonai alle lacrime, cadendo tra le sue braccia.
«Diventerai una brava madre. Ne sono certo.» disse dandomi un bacio sulla fronte.
«E io sono sicura che saresti diventato un ottimo zio.» risposi, ancora con le guance bagnate.  

 

La cerimonia fu breve e ben organizzata. Festeggiammo tutti insieme a casa di Bulma e stranamente, mi divertii un mondo.
Non raccontai mai a Crilin dell'incontro con C17. Non trovavo un motivo per la quale avrei dovuto farlo.
I miei giorni da neo sposa trascorsero rapidi, talmente rapidi che neanche mi resi conto fosse già luglio inoltrato.
Quel pomeriggio ero seduta a gambe incrociate sul divano a mangiare, con un cucchiaio, del gelato alla fragola direttamente dalla vaschetta.
«Ti stai umanizzando sempre di più!» mi aveva detto Muten. Ma secondo me, ero semplicemente incinta e di conseguenza, la fame era portata solo ed
esclusivamente dalla gravidanza
Comunque, fu proprio mentre stavo riponendo la vaschetta in cucina che mi resi conto che mi si erano rotte le acque.
Chiamai Crilin con tutta la voce che avevo in corpo, provocando anche l'attenzione di Muten e della sua tartaruga.
«Oh mamma, che bello! Tra poco nascerà! Tra poco nascerà!» esordì il vecchio. «Diventerò nonno! Diventerò nonno! Diventerò...»
Benché fossi indebolita e provassi un dolore lancinante al ventre, non mi fu poi così difficile tirargli un bel pugno sulla fronte e provocargli un bernoccolo bello gonfio. 
«Invece... Invece di... Essere così... Euforico...» Mi piegai leggermente in avanti e misi una mano sulla pancia.
«Non devi sforzarti!» mi disse Crilin sorreggendomi. «Avanti, adesso ti porto subito in ospedale...»
A quella parola, sobbalzai, mollando la stretta del terrestre.
«No! Non ho intenzione di andare in un ospedale!»
«C18.» cercò di dire Crilin con tono calmo. «Abbiamo già trasgredito non andando a fare i controlli da un medico. Almeno ora che sta nascendo, ti conviene...»
«Mi conviene un corno!» Mi appoggiai contro al muro, consapevole che le mie forze si stavano, lentamente, esaurendo. «Nemmeno Chichi è andata in ospedale...» dissi decisa. «Perciò... Se Bulma ha fatto nascere Goten... Dovrà far nascere... Pure nostra figlia...» 
Crilin sospirò, ma poi mi annuì, in segno di approvazione.
Ma da quel momento, non ricordo più niente.

 

Mi svegliai ancora con la testa e il resto del corpo doloranti. Mi guardai intorno e riuscii a riconoscere una delle camere della Capsule Corporation.
Proprio in quel momento, la porta si aprì di scatto.
«Finalemente ti sei svegliata!» esclamò Bulma, seguita da mio marito.
Mi sedetti nel letto e mi massaggiai lentamente la tempia destra.
«Cos'è successo?»
La domanda era rivolta alla turchina, ma ormai era già corsa fuori dalla stanza nervosamente.
Crilin fece una mezza risata.
«E' tutto a posto, C18. Sei svenuta, ma ti ho portata subito qui da Bulma.» Si avvicinò al mio letto. «La bambina è nata.»
In quel momento, fu come se il mio cuore si fosse gonfiato. Una sfilza di emozioni lo stavano occupando, fino a farlo quasi scoppiare.
Tutto ciò che riuscii a dire però, fu un semplice: «Com'è stato possibile?»
«Beh... Col cesario, ovviamente.» 
Di sicuro, da tanto felice ed emozionato che era pochi istanti prima, il mio sguardo era divenuto estremamente assassino.
«Vuoi dire che mi avete portata in ospedale?» dissi con un tono di voce che avrebbe spaventato chiunque.
«A-assolutamente no! Anzi, è avvenuto t-tutto il c-contrario.» rispose lui, deglutendo. «Il p-padre di B-Bulma ha delle c-conoscenze in ospedale e ha f-fatto venire qui i suoi a-amici.»
Quell'aria di rabbia cessò quando Bulma fece nuovamente il suo ingresso nella stanza.
Teneva tra le braccia quella creatura con ammirazione, quasi come se fosse un tesoro estremamente fragile.
«E' una bambina bellissima.» fu l'ultima cosa che disse la donna dai capelli blu, prima di passarmi mia figlia e di uscire definitivamente dalla stanza. 
La bimba aprì gli occhi dolcemente: erano neri come quelli di suo padre. Sulla testa invece, aveva soltanto qualche ciuffetto biondo qua e là.
«Bulma ha ragione.» disse Crilin, ammirando la piccola con stupore. «Nostra figlia è bellissima.»
A quelle parole, provai una leggera fitta allo stomaco.
Nostra figlia.
Sorrisi senza accorgermene, perché in fondo, l'idea di essere mamma non mi dispiaceva, anzi, mi rendeva orgogliosa di me e dei passi da gigante che avevo fatto nell'ultimo anno. Mi ero innamorata, sposata, avevo detto addio a mio fratello e alla mia vecchia vita ed ero addirittura rimasta incinta.
Il cambiamento che avevo fatto mi aveva stupita, tanto che quasi non mi riconoscevo.
«Come la vuoi chiamare?» disse ad un tratto Crilin, facendomi tornare alla realtà.
«Devo decidere io?»
«Diciamo che, secondo me, qualsiasi nome tu sceglierai andrà bene.» rispose lui, accennando un sorriso. «Scommetto che ne hai già pensato uno.»
In realtà non me ne era venuto in mente neanche uno. Ma quando avevo visto negli occhi mia figlia, avevo avuto una sorta di ispirazione.
«Marron.»
«Marron?» ripeté.
«Sì.» dissi facendo un sorriso. «Mi piace Marron.»
«E' un nome che non ho mai sentito...» disse il terrestre. 
«Se è per questo non ho mai sentito nemmeno Crilin.» puntualizzai.
Fece una risata.
«Va bene dai, vada per Marron!»
Ripresi a guardare la nostra bambina, che era ancora tra le mie braccia.
«Ti piace il tuo nuovo nome?» chiesi, anche se sapevo benissimo che non mi poteva capire.
Marron allungò le sue manine verso di me, riuscendo ad agganciarsi ad una ciocca dei miei capelli.
Arrossii e la lasciai fare. 
C17... Se solo tu potessi vedermi in questo momento, di sicuro, saresti orgogliosa di me!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con questo capitolo, vi informo che si conclude la prima parte della storia!
La prossima parte si ambienterà qualche mese dopo la sconfitta di Majin Bu, ovvero quando Marron fa le sue prime apparizioni nell'anime.
La mia idea è quella di fare all'incirca una decina di capitoli per parte, ma dipende sempre dal tempo che impiego per scriverli e dall'ispirazione che ho sul momento, perciò può anche darsi che ne scriva di più o di meno.
Come al solito, spero di aver fatto un buon lavoro e che questa parte vi sia piaciuta! 

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Capitolo 12
*** Un compleanno speciale! ***


 

12. Un compleanno speciale!

 

 

«Mammaaaa!!!»
Aprii gli occhi di scatto, riconoscendo immediatamente quella voce.
Per prima cosa, mi voltai verso Crilin, nella speranza che fosse sveglio. Al contrario, mio marito stava tranquillamente dormendo e pareva non essersi nemmeno accorto della voce di sua figlia. 
Mi alzai di malavoglia, sbadigliando e stiracchiandomi un po'. In fondo, anche se Crilin dormiva, andava bene comunque: nostra figlia aveva chiamato me perché sapeva che l'intervento di suo padre, in quel frangente, non l'avrebbe aiutata.
Una volta entrata nella sua camera -che non era niente meno che la vecchia stanza degli allenamenti- vidi Marron, come suo solito, rannicchiata nel suo letto con le lacrime che scendevano ad una velocità indescrivibile sul suo volto.
La abbracciai da dietro e la strinsi a me.
«Tesoro, è stato solo un brutto sogno... E' tutto finito, sta' tranquilla...»
La piccola tirò su col naso.
«No, non è finita! Lo sogno di continuo... Il mostro rosa...»
Avevo smesso di sognare Gelo e Cell dopo la nascita di Marron. Ma dopo la sconfitta di Majin Bu, nonostante lui fosse diventato buono e fosse anche simpatico a mia figlia, Marron non riusciva a dimenticare la parte "negativa" di lui, ovvero quella parte che ci aveva trasformati in cioccolatini.
Mi chiedevo se avesse ereditato l'abitudine di fare brutti sogni da me oppure se si trattasse di semplice casualità.
«E' stato solo un incubo.» ripetei, accennando un sorriso. «Adesso ci sono io qui con te. Non devi più avere paura. E poi, domani sarà una giornata importante. Pensa a questo.»
La piccola iniziò a ridurre i singhiozzi, smettendo anche, piano piano, di piangere. 

 

Quel pomeriggio avevamo ultimato i preparativi della festa di Marron. Crilin era andato alla Città dell'Ovest per prendere la torta e gli stuzzichini e Muten aveva allestito i tavoli sulla spiaggia. Io invece, dopo aver dato una piccola ordinata alla casa, iniziai a preparare la bambina per la festa.
Le avevo comprato un vestitino fucsia che le stava davvero bene, simile a quello che indossava abitualmente.
«Mamma...» iniziò a dire la piccola, abbassando lo sguardo.
«Sì, tesoro?» dissi io, raccogliendole i capelli coi soliti nastri rossi.
«Verrà anche il signor Bu alla festa?»
«Sì. Tuo padre ha voluto invitare anche Mr Satan.»
Purtroppo... pensai.
La piccola scese dalla seggiola e mi guardò.
«Cos'hai sognato questa notte?» chiesi accovacciandomi davanti a lei. 
«C'era il mostro rosa che... Portava via te e papà...»
I suoi occhi iniziarono a diventare lucidi. Di lì a poco il suo bel viso sarebbe diventato una cascata di lacrime e di paura.
La abbracciai e la strinsi forte a me, come facevo spesso.
«Marron, io e tuo padre non ti lasceremo mai. Ciò che abbiamo vissuto è stato terribile, lo so, soprattutto per te. Però...» Sorrisi. «Adesso qui con noi c'è anche Goku e non ci lascerà più. Ci sarà anche lui a proteggerci. E poi, credimi, Majin Bu non ci farà del male.»
«Lo so che il signor Bu è bravo.» rispose lei, asciugandosi gli occhi con le mani. «E' il cattivo mostro rosa che sogno. Quello che ci ha trasformati.» disse ingenuamente.
In quel momento, il rumore della navicella di Bulma attirò la nostra attenzione.
«Sono arrivati! Evviva!» esclamò la piccola, correndo fuori dall'abitazione per accogliere gli invitati. 
Io invece uscii con calma, sorridendo e guardando da lontano il mio piccolo scricciolo che saltellava da una persona all'altra tutta contenta. 
«Signor Bu! Che bello, ci sei anche tu!» esclamò felice, abbranciandolo.
«Ma certo Marron. Non potevo non venire a festeggiare il tuo compleanno.» rispose lui.
Mia figlia aveva paura della parte negativa di Majin Bu, ma le stava molto simpatica la parte buona. Per me era un controsenso.
Mi avvicinai al gruppetto, restando però in silenzio.
«Urca! Ci sono un sacco di cose da mangiare!» disse Goku eccitato, guardando i tavoli posti nel mezzo della spiaggia.
«Piantala, Kaarot. Possibile che tu debba sempre pensare a mangiare?» chiese il principe dei sayan.
«Già, infatti! Ti ricordo che alla festa di Goten ti sei mangiato tutti i biscotti alla cannella! Non vorrai fare lo stesso anche qui, non è vero?» continuò Chichi.
«A proposito di Goten, ma lui e Trunks dove si sono cacciati?» chiese il maestro Muten.
«Stanno arrivando.» rispose Goku, addentando uno spiedino. «Dovrebbero essere assieme a Gohan e Videl. Hanno deciso di venire volando.»
Mia figlia, nel frattempo, era finita tra le braccia di Bulma, spostata qualche metro più in là.
«Tesorino, ma lo sai che sei proprio bella, vero?» disse la turchina, riempiendo di coccole Marron. «Sei stupenda, una meraviglia, zuccherino!» 
Avrei tanto voluto vomitare. Da quando Marron era entrata nella mia vita mi ero addolcita, certo, ma Bulma secondo me era troppo esagerata.
Avevo notato che anche quando mia figlia era nata si era comportata più o meno allo stesso modo, così come aveva fatto tutte le altre volte che l'aveva vista.
«Sai, C18...» iniziò a dire. «Io non so il perché, ma tutte le volte che vedo Marron, improvvisamente mi rallegro. Eppure non è nemmeno mia figlia! E' strano, no?»
La guardai impassiva, anche se dentro di me sapevo benissimo il motivo di tutta quella dolcezza.
«Tu volevi una figlia femmina, non è così?»
Quella frase la lasciò di stucco. Avevo fatto centro.
«Beh... Sì, lo ammetto.» Mise mia figlia a terra. «Voglio molto bene a Trunks, mi pare ovvio. Però, è sempre stato il mio sogno fin da ragazzina avere una figlia femmina. Non so il motivo... Forse perché vorrei che mi somigliasse o per poterci scambiare i vestiti quando sarà grande.» 
«Io non farò nulla di tutto questo.» dissi accarezzando la mia bambina sulla testa.
«Già, so come sei fatta!» Rise. «Eppure, malgrado il tuo carattere, tua figlia ti vuole molto bene. Perciò, devo ammettere che sei una brava madre.»
Arrossii di colpo. 

 

Quando Gohan e Videl ci raggiunsero, più o meno dieci minuti dopo, il loro arrivo fu molto cauto e silenzioso, a differenza di quello di Trunks e Goten, che fu alquanto turbolento: per poco non distrussero l'isola.
Stando a ciò che ci aveva detto la figlia di Mr Satan, i due bambini, durante il tragitto, avevano improvvisato una lotta senza significato e Goten, trasformatosi in Super Sayan, avrebbe scagliato un'onda energetica potentissima contro l'amico, talmente potente da catapultarlo ad una velocità indescrivibile sino alla Kame House, facendolo sbattere contro uno dei tavolini.
Bulma si precipitò da suo figlio per assicurarsi che stesse bene, ma dopo ciò, sia lei che Chichi fecero una bella ramanzina ai due bambini.
Fortuna che io, con Marron, non avevo questi problemi.
Mentre le due donne sembravano avere i fumi che gli uscivano dalle orecchie, Goku e Crilin scoppiarono a ridere di gusto e iniziarono a raccontare tutti i pasticci che avevano combinato loro due quand'erano bambini.
«Se non fosse che è la festa di una vostra amica, a quest'ora sareste già in camera vostra a guardare il soffitto!» li minacciò furiosa Chichi.
«Beh, di certo non possiamo lasciarli divertire così facilmente!» commentò la turchina. «Oltre ad essere in punizione per due settimane, passerete tutto il pomeriggio laggiù senza muovervi!»
I due bambini sbuffarono, ma subito dopo, probabilmente ripensando al tono che aveva usato Bulma, si allontanarono e si sedettero in riva alla spiaggia.
Non passò neanche mezz'ora che la festeggiata -seduta sulle gambe di Bulma-, da tanto felice e pimpante che era, divenne cupa e triste. 
«Tesoro, come mai quel muso lungo?» chiese la donna dai capelli blu.
«Perché... A me dispiace tanto per loro...» rispose la piccola, indicando i due piccoli sayan.
Bulma fece una breve risata.
«Oh Marron, se la sono meritata! Tu non puoi capire perché i tuoi non ti hanno mai messa in punizione, visto che non hai mai fatto nulla di male.»
Marron non riuscì a staccare gli occhi da Goten e Trunks. Avevamo invitato anche le loro famiglie, ma a lei importava la loro presenza e invece, loro erano obbligati a stare lontani da tutti. 
Ad un tratto però, saltò giù dalle gambe di Bulma e si sedette sulle mie.
«Mi porti da loro?» mi chiese all'orecchio. «Se Bulma vede che mi porti tu non dirà nulla, perché tu sei la mia mamma!»
Bulma non poteva farmi niente, era vero. E poi, lei aveva detto che i bambini non potevano muoversi, non che noi non potevamo andare da loro.
In realtà, non mi dispiaceva affatto per loro due, anzi, mi dispiaceva per mia figlia.
Quando ci alzammo, né Bulma né gli altri ci diedero troppa importanza, visto che erano occupati ad ascoltare le stupide storie di Muten di quand'era giovane lui.
«Goten! Trunks!»
I due bambini si voltarono, mentre mia figlia gli corse incontro.
«Marron! Che ci fai qui?» chiesero i due all'unisono.
«Voglio giocare con voi!» esclamò lei.
«Non puoi! Se Bulma se ne accorge si arrabbierà tantissimo!» commentò il figlio di Goku.
«Potete stare tranquilli, bambini.» dissi io, col mio solito tono glaciale. «Nessuno vi dirà nulla finché io resto qui con voi.»
I due marmocchi si alzarono di scatto e si guardarono felici.
«Potete giocare con Marron...» iniziai a dire guardando negli occhi prima uno, poi l'altro. «Sappiate però, che se improvvisate un'altra delle vostre stupide lotte, vi procurerò delle lesioni che nemmeno in ospedale riusciranno a guarirvi. Sono stata sufficientemente chiara?»
Deglutirono entrambi, annuendo così velocemente che, giuro, credevo gli si sarebbe staccata la testa.

 

«Trunks, sei sicuro di non esserti fatto male durante la caduta?» chiese Marron, lanciando la palla nella sua direzione.
«Certo che no Marron! Io sono un sayan, difficilmente mi faccio male!» rispose lui in tono beffardo.
«Un sayan?» ripeté la piccola. «E che cos'è un sayan?»
A dire il vero, nonostante avesse sentito quella parola un milione di volte, Marron non aveva la benché minima idea del suo significato.
«Beh...» cominciò il bambino dai capelli viola, ricevendo nuovamente la palla dal suo amico. «I sayan sono una stirpe di uomini, solo molto più potenti dei terrestri. Quando si trasformano poi gli vengono i capelli biondi, gli occhi azzurri e la loro forza aumenta raggiungendo il limite!»
«Uhm...» borbottò mia figlia, stringendo la palla a sé e accovacciandosi a terra. «Perciò, anche la mia mamma è una sayan?»
In quel momento avrei voluto sprofondare dalla vergogna. Fortuna che non eravamo vicino al resto degli invitati...
«Non lo so.» ammise Trunks, grattandosi la testa. «Tu che ne pensi Goten?»
«Mmh... Non ne sono sicuro, ma una volta ho sentito mia madre dire che un tempo C18 era un cyborg.»
Ecco. Quello era il momento in cui avrei voluto sprofondare nella sabbia per davvero.
«E cos'è un cyborg?» chiese ancora la bambina.
«Boh!» esclamò il sayan più grande. «Comunque non è una sayan di sicuro!»
In quel momento Crilin venne a chiamarmi, dicendomi che la torta era appena stata portata fuori. E mentre i piccoli mocciosi riflettevano riguardo alle mie origini, Marron si diresse dagli altri con suo padre.
Trascorsero trenta secondi buoni prima che ritornassero alla realtà.
«Aspetta un attimo Goten... Ma dov'è andata a cacciarsi Marron?»
«Non lo so!» rispose l'altro. «Era qui un attimo fa!»
«Stupidi.» commentai, alzandomi in piedi. «Eravate così presi per delle stupidaggini che non vi siete neanche accorti della torta.»
Quella parola fece immediatamente scattare i due bambini verso i tavoli. E per scattare, intendo volare alla massima velocità.
Si bloccarono appena in tempo per evitare di prendere in pieno Marron, ma caddero contro il tavolo facendo volare la torta contro la sua faccia.
Fantastico! pensai. Ora come minimo si mette a piangere...
I miei pensieri però, si rivelarono errati. Marron si leccò le labbra e subito dopo scoppiò a ridere, contangiando tutti tranne me, Chichi e Bulma che, al contrario, eravamo più che arrabbiate.
Crilin prese la macchina fotografica e prima di premere il pulsante disse: «Buon quinto compleanno, principessa!»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E dopo circa una settimana, eccomi qui ad aggiornare col primo capitolo della seconda parte di questa fanfiction!
Spero che l'idea del compleanno di Marron non vi sia risultata banale, ma se devo essere sincera, per introdurre questa parte non mi sono venute altre idee...
Vi avviso in anticipo che per le prossime due settimane potrei avere dei ritardi con la pubblicazione dei capitoli, in quanto ho diversi compiti da fare nelle vacanze. Volendo riuscirei benissimo a scrivere un paio di capitoli in questo arco di tempo, ma volevo anche dedicarmi alle altre due storie in corso.
Farò il possibile, ma se non ce la facessi, credo che per il prossimo aggiornamento dovrete aspettare i primi di maggio...
Comunque sia, ci tenevo a farvi gli auguri di Pasqua in anticipo :) 

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Capitolo 13
*** Amore materno. ***


 

13. Amore materno.

 

 

Quella mattina, quando mi svegliai, la luce del sole era talmente forte che non riuscii nemmeno ad aprire gli occhi.
Mi voltai dalla parte di Crilin e allungai una mano. Mi stupii nel sentire che stavo abbracciando il vuoto.
Spalancai le palpebre di colpo -in quanto la finestra era alle mie spalle e quindi non c'era più nulla a darmi fastidio- e mi alzai dal letto.
Lo schock peggiore, fu quello di vedere che anche la stanza di Marron era vuota. 
Iniziando a preoccuparmi, non mi venne neanche in mente di provare a sentire le loro aure. Mi precipitai direttamente al piano inferiore, scendendo le scale di corsa.
Mi tranquillizzai solamente non appena vidi che mia figlia era seduta al tavolo della cucina a disegnare.
«Ciao mammina!» cinguettò la piccola, allungando le manine verso di me.
Le scoccai un bacio sulla guancia e le feci un mezzo sorriso, per poi tornare subito seria.
«Ciao anche a te Marron. Tuo padre dov'è?»
«E' andato a pescare col signor Goku!» esclamò la piccola.
Inarcai un sopracciglio. Com'era possibile? Di solito Crilin mi lasciava dei bigliettini.
«E tu che ci fai qui tutta sola? E come hai fatto a salire sulla sedia?» puntualizzai, visto che per avere cinque anni Marron era davvero bassa.
«Mi ha aiutata nonno Muten. E' stato lui a dirmi che papà non era in casa e mi ha detto di restare qui ad aspettare te.» 
Iniziai ad irritarmi.
«Da quant'è che sei qui da sola?» chiesi, cercando di mantenere un tono di voce pacato.
«Uhm...» La piccola sembrò pensarci su con molta serietà. «La lancetta piccola dell'orologio era sul numero otto.»
Due ore. Muten aveva lasciato mia figlia da sola in cucina per due ore. E mio marito se n'era andato chissà quando senza dire niente.
«Almeno hai fatto colazione?»
Fece cenno di no con la testa.
Sospirai.
«Torno subito. Devo dire una cosa importante al nonno e poi ti preparo la colazione.»
Mi diressi verso la camera del vecchio con molta rapidità. Non appena aprii la porta lo trovai, ovviamente, intento a guardare un programma di ginnastica femminile. Mi notò quasi subito e sobbalzò dallo spavento. Di sicuro avevo uno sguardo più che omicida.
«Come hai potuto lasciare mia figlia da sola per due lunghe ore?» Le mie parole parvero quasi un sussurro, ma a giudicare dalla faccia di Muten, mi aveva capita benissimo.
«C-C18... M-mi d-dispiace ma... E-ecco, i-io...»
«Zitto. Ne ho abbastanza di te! E' già tanto che non ti faccio fuori all'istante!»
Deglutì.
«C18, d-davvero... L-lasciami s-spiegare...»
«E che cosa mi dovresti spiegare, eh?» chiesi ironicamente, mettendomi in posizione d'attacco e serrando i pugni. «Hai lasciato una bambina di soli cinque anni in una stanza, senza farle fare nemmeno colazione. Cosa mi dovresti spiegare?»
Ormai ero pronta per sferrare un pugno nel suo stomaco, ma la voce di Marron mi bloccò.
«Mammina.» esordì la piccola entrando nella stanza. «C'è il telefono che squilla.»
Sbuffai e mi diressi nel salotto mano nella mano con la bambina.
«Pronto?» dissi con voce impassiva, una volta alzata la cornetta.
«C18, sono Chichi. Per caso hai notizie di Crilin?»
«Non dovrebbe essere con Goku a pescare?»
«Beh, sì, infatti. Però, avevano detto che sarebbero tornati dopo un'ora e invece sono via già da tre. Ho mandato Goten e Trunks a cercarli, ma sono via da tanto anche loro.» Sentii la donna sospirare. «Gohan è a casa di Videl e io non so volare. Il fiume è troppo lontano, a piedi ci impiegherei più di mezz'ora... Non è che potresti fare un salto e andarli a cercare?»
«Per me possono anche restare dove sono.» dissi con noncuranza.
«C18, ti sto implorando. Non è mai capitato che restassero fuori per così tanto tempo... Ti prego!»

 

Atterrai di fronte a casa Son con Marron tra le braccia alle undici passate. Dopo ciò che era successo quella mattina, onestamente, non mi fidavo a lasciarla in custodia a Muten.
«Sei arrivata ancora prima di quanto pensavo!» esclamò la mora. «Baderò io a Marron, tu intanto scendi giù al fiume: si trova ad alcuni chilometri a ovest partendo da qui.»
Annuii e mi alzai in volo. Alla fine avevo deciso di accettare la richiesta di Chichi solo ed esclusivamente per uno scopo personale: dovevo fare una ramanzina a Crilin. Innanzitutto se n'era andato senza avvisarmi. E poi, sapeva benissimo che mi dava fastidio lasciare Marron nelle mani di Muten.
Certo, io ero in casa, ma avrei preferito essere svegliata.
In preda ai miei pensieri, nemmeno mi resi conto di aver raggiunto il fiume in meno di dieci minuti.
Scesi a terra e scorsi tra i cespugli le tute da combattimento di Goten e Trunks. Le presi in mano e decisi di proseguire a piedi. Dopo non molto, trovai anche quelle di Goku e Crilin.
Ma cosa diamine sta succedendo? 
Pochi metri più in là, finalmente, scorsi i quattro che si schizzavano addosso l'acqua del fiume. Sicuramente si erano messi a nuotare e avevano perso del tempo prezioso. 
Non appena uscirono dall'acqua però, avvampai.
«C18? E tu che cosa ci fai qui?» chiesero Goku e Crilin all'unisono.
Gli lanciai le tute.
«E' meglio se vi coprite!» esclamai arrossendo lievemente.
Entrambi fecero una risata.
Spostai lo sguardo sui piccoli sayan che erano ancora in acqua.
«Marron non è venuta con te?» chiese il piccolo Goten.
Annuii.
«E' con tua madre.» risposi.
«C18, perché non fai un bagno con noi?» continuò il figlio di Vegeta.
«Sì! E' una bellissima idea! Tanto anche se non hai il costume non importa, tanto neanche noi ce l'abbiamo!» riprese a dire l'altro.
«Tranquilla, noi mica ci vergognamo, sai?» esclamò Trunks, con un sorriso beffardo.
Sentii le guance infuocarsi sempre di più. 
«Trunks, Goten, vi conviene uscire e vestirvi prima che vi tagli in due col kienzan come ho fatto al torneo. Sono stata chiara?»
I due bambini scattarono fuori e nel giro di pochi secondi avevano già la tuta da combattimento addosso.
Mi avvicinai a loro e guardai mio marito con lo stesso sguardo che avevo avuto quella mattina con Muten. Omicida. E Crilin sapeva benissimo il motivo per cui ero arrabbiata.
«C-Cara... Mi d-dispiace di n-non averti a-avvisata...» Deglutì.
«Ti dispiace? Ma davvero? Ti rendi conto che non sapevo dov'eri? E che nostra figlia è rimasta da sola in cucina per due ore senza fare colazione?»
«Non si lasciano i bambini a stomaco vuoto! Avresti dovuto darle da mangiare prima di venire a pescare.» intervenne Goku.
«Ma Marron non era ancora sveglia! E siccome volevo evitare di svegliarti, il maestro mi aveva promesso che l'avrebbe guardata lui!» continuò il terrestre.
«Quante volte ti ho detto che non voglio che lui controlli nostra figlia?»
Sospirò.
«Troppe.» ammise.
Mi voltai e mi preparai a volare.
«Aspetta C18!» mi chiamò l'allegra voce di Goku. «Sai, abbiamo trovato molti pesci oggi. Perché non vi fermate a mangiare da noi?»

 

L'idea di rimanere a mangiare a casa Son non mi allettava neanche un po', ma sapevo che a Marron e Crilin faceva piacere.
Non parlai con mio marito durante tutto il pasto. Quando mi faceva arrabbiare, riuscivo a tenergli il muso per giorni, anche se non ero poi così arrabbiata.
Lo facevo più che altro come punizione. Il silenzio da parte mia lo spaventava molto.
Poco dopo aver finito il pranzo, i bambini insistettero per uscire all'aria aperta ed io, ovviamente, andai con loro.
Erano rare le volte che lasciavo Marron in luogo o in una stanza da sola, specie se era con Goten e Trunks. Avevo paura che potesse farsi del male in qualche modo, per questo quella mattina mi ero irritata con Muten.
E pensare che fino a qualche anno fa non me ne fregava niente di bambini. Ora invece mi preoccupo per mia figlia in ogni momento...
«Ehi Goten! Che ne dici di tornare giù al fiume a fare un bel bagno?» esclamò il bambino dai capelli viola.
«Uhm, se devo essere onesto non ne ho tanta voglia. Che ne dici di giocare con la palla?» continuò l'altro.
«Non ti ricordi? L'hai rotta la settimana scorsa con un'onda energetica!» 
«Ah sì! Hai proprio ragione! Ma allora che si fa?»
In quell'istante uscirono anche Goku, Chichi e Crilin.
Marron alzò lo sguardo verso l'alto e si mise ad osservare prima gli alberi, poi le ghiande che gli scoiattoli facevano cadere.
«Che ne dite di fare un gara volando?» disse con la sua vocina.
«In che senso?» chiese il sayan più piccolo.
«Qualcuno lancia le ghiande in aria e facciamo a gara a chi riesce a prenderle prima.» spiegò.
«E tu come fai?» chiese Trunks. «Non sai volare!»
La piccola fece un'espressione infelice, ma poi i suoi occhi si illuminarono.
«Papà!» esclamò guardandolo con aria felice. «Papà ti prego! Mi insegni a volare?»
Crilin strabuzzò gli occhi.
«Marron, non credo sia il caso...»
«Ma dai papà! Trunks e Goten sono...»
«Ho detto di no.»
Il tono rigido di Crilin lasciò stupita anche me.
«Bene, allora è deciso. Goku, vieni tu a lanciare le ghiande?» chiese ancora il piccolo Brief.
«Arrivo subito!» rispose il sayan, correndo verso di loro.
Marron corse verso di me con le lacrime agli occhi. La accolsi tra le mie braccia e tentai di calmarla.
«Mammina...» riuscì a dire tra un singhiozzo e l'altro. «Io voglio... Imparare... Io voglio... Essere come voi...»
La strinsi a me ancora più forte, baciandole la testolina bionda. 

 

Ritornammo alla Kame House la sera tardi. Crilin si fece una doccia ed andò subito a dormire. Io invece, dopo aver messo a letto Marron, sprecai una mezz'ora per farmi un bagno caldo. Quando entrai in camera, il terrestre era ancora sveglio.
«Sei ancora arrabbiata con me per stamattina?» chiese abbracciandomi da dietro.
Mi allontanai da lui e mi voltai nella sua direzione.
«A dire il vero mi era passata, ma dopo quello che hai fatto oggi, non so se ti meriti il mio perdono.»
Crilin mi guardò con aria interrogativa.
«Ti riferisci a quando Marron mi ha chiesto di insegnarle a volare?»
«Esattamente.» risposi.
«C18, sai come la penso al riguardo...»
«Lo so benissimo. Ed io sono in totale disaccordo con te.»
Sospirò.
«Perché desideri così tanto allenarla?»
Deglutii prima di rispondere.
«Perché io ho paura per lei, Crilin. E' una paura nata durante la gravidanza che mi sono portata avanti negli anni.» Feci una pausa. «Quando c'era Majin Bu, noi non siamo riusciti a proteggerla ed ora lei ha degli incubi continui come me. Io voglio essere sicura che, per qualsiasi evenienza, lei sia in grado di difendersi da sola.»
Crilin rimase serio.
«Mi avevi detto che al momento opportuno l'avremmo allenata. Te la ricordi quella promessa?»
«Sì.» disse secco. 
Ci guardammo negli occhi a lungo. Sapeva benissimo che, prima o poi, anche se lui non approvava, io l'avrei allenata. Eppure, continuava a cercare di convincermi a fare il contrario. 
«Va bene.» disse ad un tratto.
«Dici sul serio?» chiesi, incredula.
«Sì, dico sul serio.» rispose, con un sorriso. «Se questo ti rende felice, beh... Perché mai dovrei continuare a contraddirti?»
Inarcai un sopracciglio, ma feci un mezzo sorriso.
«Perché, tu credi sul serio che ti avrei dato ascolto?»
Crilin scoppiò a ridere.
«A dire il vero no!»
Gli scoccai un bacio a fior di labbra.
«Ti voglio bene, C18.»
Arrossii lievemente.
«Ti voglio bene anch'io.»
In quel momento, la figura di Marron si fece nitida vicino alla porta.
«Non riesco a dormire. Posso stare qui con voi?» chiese la piccola.
«Certo amore. Avanti, vieni qui!» la invitò Crilin, facendo un po' di spazio nel mezzo.
La piccola non se lo fece ripetere due volte e si infilò nel lettone.
«Indovina un po' tesoro? Domani papà ti insegnerà a volare!» 
«Evviva!» esclamò con un grande sorriso. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Yatta! Sono riuscita ad aggiornare prima del previsto! Beh, meglio così, no? ^^ 
Allora, innanzitutto spero che stiate passando delle belle vacanze. Poi, passando alla storia... Beh, diciamo che questa seconda parte dovrebbe concentrarsi un po' di più su C18 e Marron e un po' meno su lei e Crilin (di certo lui non lo tolgo dalla storia, avrà comunque un ruolo rilevante, ma ci tenevo di più a sottolineare il mutamento nel carattere della bionda cyborg, altrimenti se dico bionda potreste confondere con Marron xD)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto :) 

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Capitolo 14
*** Incidenti di percorso. ***


 

14. Incidenti di percorso.

 

 

Gli allenamenti di Marron iniziarono la mattina successiva. La piccola non vedeva l'ora di imparare a volare.
Crilin non voleva farla sforzare troppo, perciò, in quanto lui era sicurissimo che ci sarebbe voluto un po' di tempo, decidemmo di insegnarle le arti marziali più avanti, non appena avrebbe iniziato a controllare le aure e a volare il meglio possibile.
«Allora, tesoro!» esordì Crilin, guardando la piccola che non vedeva l'ora di cominciare. «Sei pronta?»
«Sì! Prontissima!»
«Bene!» continuò il terrestre. «Per cominciare, osserva ciò che faccio io.» 
Crilin si sedette a gambe incrociate sulla sabbia, invitando Marron a fare lo stesso. Dopo di che, chiuse gli occhi e si concentrò, fino ad essere circondato dalle onde trasparenti formate dalla sua aura.
«Questa qui si chiama aura.» disse.
«Aura?» ripeté la bambina.
«L'aura, in poche parole, è la tua forza interiore.» spiegò. «Per volare è necessario che tu riesca a localizzarla e a controllarla. Solo allora riuscirai a volare.»
«E come faccio a localizzare la mia aura?»
«Beh, come spiegartelo...» Si sfiorò la tempia con l'indice. «Uhm... Devi concentrarti su di te. Devi cercare di pensare alla forza che c'è dentro di te. Chiudi gli occhi e fai una prova.»
La piccola fece come le era stato detto, ma dopo quasi dieci minuti, non accadde nulla. E in quel momento, mi rimbombarono nella testa le parole che Crilin mi aveva detto quella mattina, ancora incerto riguardo all'allenamento di Marron.
«Tesoro, credi davvero che imparerà a volare? Ha solo cinque anni e la sua forza è a malapena superiore di 100 a quella di un bambino della sua età...»
Sorseggiai un po' di caffé e lo congelai con lo sguardo.
«Crilin, se ben ricordi, Vegeta ha iniziato ad allenare Trunks poco dopo la nascita di Marron, mentre Goten ha imparato le arti marziali l'anno scorso, poco prima di compiere sei anni. Ti sembra una cosa impossibile?»
«Capisco ciò che vuoi dirmi, C18. Ma nostra figlia... Insomma, lei non è una sayan!»
Feci una breve risata.
«Oh Crilin! Adesso ho capito! Tu hai paura che abbia ereditato la forza da te!» Dal suo sguardo, capii di aver fatto centro. «Sappi che lei è nostra figlia. Dovrà pur aver ereditato qualcosa da me, o sbaglio?» 
Era stata una discussione inutile, visto che ormai avevo già preso la mia decisione. Ma conoscevo Crilin e anche se mi avrebbe sempre dato ragione, ogni volta doveva dire la sua. 
Marron comunque aveva di sicuro un potenziale nascosto. Certo, io ero un cyborg, però... Sicuramente qualcosa da me, oltre ai capelli biondi, doveva aver ereditato. 
La voce di Crilin mi fece tornare alla realtà.
«Forza piccola, c'eri quasi!»
«Non è vero! Non ce la farò mai!» fu la risposta di Marron, quasi sul punto di piangere.
Mi avvicinai a lei e cercai di mantenere un tono di voce pacato.
«Piagnucolare non ti servirà proprio a nulla.» dissi incrociando le braccia. «Devi semplicemente rimanere calma e concentrarti. Se ti agiti, non concludi proprio niente.»
Le mie parole, sembrarono in qualche modo averla resa ancora più determinata. Chiuse nuovamente gli occhi e si concentrò. Lentamente, i granelli di sabbia intorno a lei iniziarono a muoversi. Dopo pochi secondi, leggere sfumature trasparenti iniziarono a librarsi nell'aria, facendole muovere i codini biondi. Con una calma impressionabile, Marron iniziò ad alzarsi in volo, anche se di malapena un metro.
«Bravissima! Ce l'hai fatta!» esclamò Crilin entusiasto.
«Sì! Evviva!» continuò lei, una volta a terra.
Le accarezzai la testolina e le feci un sorriso orgoglioso.

 

A Marron bastò circa un'ora per imparare a volare come si deve. La cosa mi stupì molto. Credevo nelle abilità di mia figlia, ma non pensavo che le sarebbe bastato poco per riuscire a tirarle fuori. Nel primo pomeriggio, Marron si mise a giocare con la sabbia, mentre io mi limitai a guardarla.
«C18, io e il maestro andiamo!»
Mi voltai e inarcai un sopracciglio.
«E dove?»
Il terrestre deglutì.
«C-Come, n-non te l'avevo d-detto?» balbettò lui. «B-Bulma ci ha chiesto se v-volevamo passare un p-pomeriggio c-con lei...»
Me ne ero dimenticata. Trunks quel pomeriggio sarebbe andato di nuovo da Goten e Vegeta si sarebbe allenato. Quindi, la turchina ci aveva invitati a stare un po' in sua compagnia. Ma io, in tutta onestà, non ne avevo voglia.
Annuii a mio marito che, prima di andarsene, si avvicinò e mi fece una sorta di raccomandazione.
«Questa mattina Marron è stata bravissima, ma anche se sa volare bene, credo che le basterebbe una minima distrazione per cadere a terra. Perciò, ti chiedo di non farla esercitare, questo pomeriggio.»
L'idea di allenare Marron non mi era minimamente passata per la testa. Però, le parole di Crilin mi irritarono. Ero sicurissima che Marron potesse farcela e glielo avrei dimostrato.
«Ehi, Marron! Puoi venire un secondo?» dissi, una volta rimaste sole.
La bambina si pulì le mani e mi venne incontro sorridendo.
«Che c'è, mammina?»
Sorrisi a mia volta.
«Ti va di esercitarti un po' col volo?»
«Sì!» esordì ampliando sempre più il sorriso. Poi, ad un tratto, la sua espressione si fece molto triste. «Cioè, non lo so... Papà mi ha detto che oggi è meglio se non ci provo più.»
«Ma papà adesso non è qui. Gli faremo una sorpresa, va bene?» Le feci l'occhiolino.
Annuì felice. 
La piccola si mise seduta e ripeté ciò che il padre le aveva insegnato quella mattina. In pochi secondi, si era già alzata in volo ed era arrivata più o meno all'altezza del mio collo.
«Benissimo! Che ne dici di provare ad andare un po' più in alto?» proposi.
«Non so... Papà ha detto che non sono pronta...»
Piegai di poco le ginocchia, giusto da avere il viso all'altezza del suo.
«Tesoro, per me tu sei prontissima. E poi, se succederà qualcosa, ci sarò io qui a prenderti.»
Marron iniziò a concentrarsi di nuovo, alzandosi ancora di circa un metro. Si spostò in modo circolare, con l'obiettivo di girare per tutta l'isola in quel senso, aumentando sempre più la velocità.
«Mammina...» iniziò a dire, dopo aver rallentato di colpo. «Non mi sento... Molto bene...»
Fu questione di pochi attimi affinché Marron perdesse i sensi. Mi lanciai contro di lei e riuscii ad afferrarla prima che cadesse a terra, ma ormai era già svenuta.

 

Mi ero precipitata a casa di Bulma col teletrasporto, ma purtroppo, la scienziata non poteva fare molto e così, fummo obbligati a portare Marron in ospedale. Non appena misi piede all'interno dell'edificio, non riuscii più a smettere di tremare. Un po' per il ricordo di ciò che mi aveva fatto passare Gelo, un po' per paura che Marron si fosse fatta male. Io e Crilin ci sedemmo fuori dalla camera in cui l'avevano portata, ma l'attesa sembrava non finire mai. Bulma era appena andata a prendersi un caffé al piano inferiore assieme a Muten. Il corridoio era vuoto e c'era un silenzio impressionante.
«E' tutta colpa mia.» dissi ad un tratto, come se fosse un sussurro. 
«Non dirlo neanche per scherzo.» ribatté Crilin, con voce stranamente seria.
«Se ti avessi dato ascolto, a quest'ora non saremmo qui.»
Le lacrime iniziarono a rigarmi il viso. In quel momento non mi importava niente del mio orgoglio: in quel momento, tutto ciò che desideravo, era che mia figlia stesse bene.
Crilin mise un braccio intorno al mio collo e mi sfiorò dolcemente la guancia col dorso della mano.
«Sono una pessima madre.» dissi, seguendo un singhiozzo.
«Non dire cazzate.» Posò le sue labbra sui miei capelli dorati. «Non potevamo immaginare che sarebbe successo.»
«Ma tu mi avevi avvertita ed io invece ho fatto di testa mia!»
«Come sempre.» disse, in tono scherzoso. «C18, da quando siamo sposati, quante volte mi hai dato ascolto?»
Alzai lo sguardo nella sua direzione.
«Se sapevi che l'avrei allenata comunque, perché mi hai fatto quella raccomandazione?» chiesi.
«Perché spero sempre che tu cambi idea all'ultimo minuto.» Sorrise.
Abbassai nuovamente lo sguardo.
«Sei arrabbiato con me?»
«Perché dovrei? E' stato un incidente.» Sospirò. «E poi, so che insisti sulla storia degli allenamenti perché vuoi che Marron sappia difendersi.»
«E quindi?»
«Quindi le vuoi bene. E ti sembra una cattiva madre una che ha paura che qualcuno faccia del male alla propria figlia?»
«Se mi avessi detto una cosa simile sei anni fa, di sicuro saresti già all'altro mondo.»
«Lo so.» ammise. «Però sei cambiata. E so che mi vuoi bene.»
Chiusi gli occhi fino a farli diventare due fessure.
«Cosa te lo fa pensare?» chiesi con un sorriso amaro. «Ti ricordo che quando sono venuta a stare alla Kame House non avevo altro posto dove andare. Come fai ad essere sicuro che sia rimasta con te perché ti voglio bene e non per interessi?»
Crilin fece una piccola risata. In cuor suo, sapeva che tenevo a lui e a Marron, ma sapeva anche che, per quanto fossi cambiata, erano rare le volte che esternavo i miei sentimenti. Eppure, dopo tutti quegli anni, io stessa non riuscivo a capire come mai amavo quell'uomo. Forse perché, ancor prima che Cell mi assorbisse, era stato l'unico a ritenermi un'umana. I motivi erano tanti, ma forse, nel nostro caso, si era trattato solo di uno scherzo del destino. 
I primi mesi dopo la nascita di Marron, il terrestre aveva iniziato a portarci in giro per la Città dell'Ovest ed alle mie orecchie non erano sfuggite le frecciatine che lanciavano alcuni uomini. Dicevano cose del tipo: “come fa una bambola simile a stare con quel tappo?” Ed io, col carattere che avevo, morivo dalla voglia di tirargli un calcio nello stomaco. Ma Crilin mi bloccava sempre prima che potessi agire, dicendomi che lui non se la prendeva per niente. A me invece dava molto fastidio. Forse era in quelle occasioni che Crilin si rese conto che a lui ci tenevo. Ma da bravo marito che era, non aveva mai preteso che io gli dicessi che lo amavo.
Quando il dottore che aveva visitato Marron uscì dalla stanza, il mio cuore iniziò a battere ad un ritmo indescrivibile.
«Come sta?» si affrettò a chiedere Crilin, visto che la mia gola sembrava essersi seccata.
«Non dovete preoccuparvi, la bambina sta bene.» rispose l'uomo, accennando un sorriso. «Ha solo perso i sensi, ma pochi minuti fa si è svegliata. Se tutto va bene, entro stasera potrete portarla a casa. Ora, se volete vederla...»
Il dottore non finì la frase che io ero già entrata nella stanza. La piccola era seduta nel lettino e guardava nella direzione della finestra.
«Marron!» esclamai correndo verso di lei. 
«Mammina!» disse lei felice.
La abbracciai e la strinsi forte a me. Non ero abituata a quel tipo di abbracci, ma in quel momento, era tutto ciò di cui avevo bisogno. Dopo pochi secondi, sentii delle braccia calde cingermi la vita ed arrivare fino al corpicino di Marron.
«Papà! Ci sei anche tu!»
Mio marito sorrise.
«Vuoi dirmi che è successo?» chiese il terrestre, dopo che avevo messo giù la bambina. 
«La mamma mi stava facendo esercitare col volo, ma l'allenamento di stamattina mi ha stancata e dopo non molto mi sono sentita debole...» rispose lei.
«Tesoro, perché non mi hai detto che eri stanca?» chiesi accarezzandole la testolina bionda.
«E' che voglio imparare a volare!» esclamò, facendosi poi triste in volto. «Scusami...»
Le diedi un bacio sulla guancia.
«Stai tranquilla. L'importante è che stai bene!» 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed eccomi qui col capitolo numero 14 :D
Ho cercato di farlo il più lungo possibile e di renderlo apprezzabile, ma non so se vi soddisferà... 
Credo che presto potrei inserire C17 da qualche parte, ma per ora è solo un'idea, ci sto ancora pensando. 
Spero di non aver fatto errori ortografici...
Aspetto le vostre recensioni!  

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Capitolo 15
*** Paure. ***


 

15. Paure.

 

 

Dopo l'incidente di Marron, io e Crilin decidemmo di sospendere i suoi allenamenti per un po'. Ci eravamo spaventati a morte per ciò che era successo. La piccola invece, a distanza di pochi giorni, sembrava già essersi dimenticata di quella giornata.
Una mattina mi svegliai di soprassalto, col cuore che batteva a mille.
No, non è possibile... Sono passati più di cinque anni dall'ultima volta...
Mi portai le mani sulla testa. Era da tanto che non facevo un incubo. 
Tentai di fare mente locale e di ricordare la trama del sogno. Si ambientava nel laboratorio sotterraneo del Dottor Gelo. Era passato a malapena un mese da quando ci aveva catturati e il processo per trasformarci in cyborg era già cominciato, ma doveva ancora essere portato a termine. “Prima di ultimare il mio progetto, dovete diventare sempre più potenti, fino a raggiungere il vostro limite, cosicché io possa moltiplicare il vostro livello combattivo e superare quel limite” erano le parole che quel pazzo continuava a dirci. Ci faceva fare esercizi disumani, anche per 24 ore consecutive senza darci tregua. E se noi ci azzardavamo a fermarci, ci puniva con delle scosse elettriche a carica potentissima. Avevamo tentato in ogni modo di ribellarci, di provare ad ucciderlo. Ma furono tutti sforzi inutili. Gelo era mille volte più forte di noi. Prima di trasformarci in cyborg, doveva avere la sicurezza che diventassimo potenti, ma non più di lui. Nel sogno, ricordai quando il Dottore, ad un punto cruciale del suo progetto, ci disse che non poteva attribuirci pari forza e pari intelligenza, ma che uno dei due avrebbe avuto lo 0,01% di forza in più dell'altro che, al contrario, avrebbe avuto la stessa percentuale in più di intelligenza. Ci disse che, l'unico modo per essere sicuro di dare la maggioranza di qualità ad entrambi, era quello di farci scontrare a vicenda. Quello che sarebbe stato sconfitto, avrebbe ricevuto maggiore intelligenza, mentre il vincitore, avrebbe avuto maggiore forza. Quando ce lo disse, io rimasi impietrita. Mio fratello invece, iniziò ad opporsi dicendo che non aveva intenzione di farmi del male ed insultò Gelo in una maniera impressionante. Il Dottore allora, lo tirò per i capelli fino al lettino, legandolo ben stretto. Avrei voluto intervenire, ma avevo promesso a mio fratello che non l'avrei più fatto, per evitare che quel pazzo mi facesse del male. Così, Gelo iniziò a torturarlo con l'elettricità. Quella volta, sentii mio fratello urlare molto più forte di quelle precedenti. Evidentemente, l'energia elettrica era molto alta.
«No! Non fargli del male, ti prego!» implorai mentre le lacrime iniziavano a rigarmi il viso.
Il Dottore non mi ascoltò minimamente, anzi, aumentò la potenza delle scariche al massimo. Le urla di mio fratello si fecero ancora più grandi e i miei occhi non cessarono di piangere. Quella volta, iniziai veramente a credere che Gelo lo avrebbe ucciso.
«Masaru!»
Il sogno finiva così, con la me del passato che urlava il nome del fratello in segno di disperazione. Mi alzai velocemente dal letto ed estrassi dal comodino l'album di fotografie che io e Crilin stavamo ancora completando. In realtà, avevamo occupato a malapena un quarto di quell'album. C'erano alcune foto del nostro matrimonio, dei primi giorni di vita di Marron, di alcune feste, di quelle volte che Crilin era andato a pescare con Goku e altre. Ce n'erano molte, ma l'album era talmente grosso che ci sarebbero voluti anni per completarlo. Alla fine dell'album, c'era una foto che non era stata inserita da nessuna parte, ma che mi dispiaceva buttare. Raffigurava me e C17 quando eravamo andati alla ricerca di Goku. Ne avevamo fatte un paio in una di quelle macchinette apposite, solo per divertirci un po'. Le avevamo tenute nelle tasche dei pantaloni fino a quando Cell ci aveva assorbiti. Quando mi ero svegliata, dopo che il mostro mi aveva sputata fuori, la mia era ancora intatta e avevo deciso di non buttarla. L'avevo lasciata dentro alla tasca anche quando avevo cambiato look, ma l'avevo inserita alla fine dell'album non appena io e Crilin l'avevamo comprato. La presi tra le mani e osservai prima me, poi mio fratello.
«Masaru...» ripetei, osservando gli occhi cerulei di C17, identici ai miei. «E' così che ti chiamavi?» 
In quegli anni C17 non si era più fatto vedere. Qualche volta mi era parso di sentire la sua aura non molto distante da me, ma non ne ero mai stata molto sicura. Misi nuovamente la foto al suo posto e scesi al piano inferiore. Marron era imbambolata davanti alla televisione a guardare i cartoni animati, mentre Muten era seduto dietro di lei nel divano, intento a leggere una delle sue riviste femminili. Entrai in cucina sbadigliando. Non appena mi vide, Crilin mi porse una tazza di caffè fumante. 
«Buongiorno C18.» disse con un grande sorriso. «Dormito bene questa notte?»
Voltai lo sguardo nella sua direzione e lo fulminai, facendolo sobbalzare.
«Lo prento come un no...» disse deglutendo. «Che è successo?»
Presi a soffiare un po' dentro alla tazza, dopodiché guardai di nuovo Crilin negli occhi.
«Ho fatto un incubo.» dissi secca.
Crilin mi prese la mano libera e la strinse nella sua.
«Ti va di parlarne?» chiese, con un sorriso.
Scossi la testa. Non sempre avevo raccontato i miei sogni a Crilin. Quando lo facevo, lui mi ascoltava volentieri, dandomi consigli e rassicurandomi. Quando invece non lo facevo, si limitava a sorridere. 
«Mamma! Papà! C'è Goten!»
Io e Crilin, prima di dirigerci verso la soglia -dove ad attenderci c'erano già nostra figlia e il maestro-, ci scambiammo un'occhiata confusa.
«Ciao Crilin! Ciao C18!» esclamò il figlio di Goku, con un grande sorriso.
«Goten!» disse in tutta risposta mio marito, scompigliandogli un po' i capelli. «Che cosa ci fai qui a quest'ora?»
«Beh, in realtà doveva venire Trunks, ma l'altro giorno, mentre mi allenavo con papà, ho accidentalmente tagliato a metà uno dei nostri alberi con un'onda energetica e la mamma, anziché mettermi in punizione, ha deciso di mandarmi a fare delle commissioni, anche quelle degli altri!» Il piccolo fece un sospiro. «Comunque, sono qui per dirvi che Bulma ci ha invitati tutti a pranzo da lei. Non c'è un motivo preciso, vuole semplicemente trascorrere un po' di tempo in nostra compagnia.»
Sul volto di Crilin si formò un grande sorriso, segno che era contento dell'invito.

 

Quella volta non mi dispiaceva andare alla Capsule Corporation. E poi, vedere Marron e Crilin felici assieme ai propri amici, in un certo senso, rendeva felice anche me. Non parlavo molto, certo, ma ultimamente partecipavo alle discussioni e alcune volte intervenivo dicendo cosa pensavo riguardo a determinati argomenti.
Il pranzo fu ricco di pietanze a dir poco squisite. Io non sarei mai stata in grado di cucinare bene come Bulma. Finito di mangiare, i bambini si misero a giocare in un angolo del cortile, mentre noi adulti -a parte Vegeta che si era diretto all'interno della casa- restammo seduti a tavola. Lo seguii dopo poco, usando la scusa che dovevo usare il bagno. Non avevo idea del motivo per cui lo stessi seguendo. Da un po' di tempo avrei voluto parlargli degli allenamenti, certo, ma avrei potuto farlo in qualsiasi momento. Il sayan si diresse in cucina, precisamente diretto verso il cesto coi frutti, dalla quale estrasse una mela. Si voltò di me con noncuranza, passandosi il frutto da una mano all'altra. 
«Da quando tua figlia è nata, non ci siamo più allenati.» disse ad un tratto, quasi come se mi avesse letto nel pensiero.
«Lo so.» risposi. «Ho pensato che non avresti più avuto bisogno di me. In fondo, dopo la lotta contro Majin Bu ti sei rafforzato parecchio.»
Sul suo viso si formò un sorriso beffardo. 
«Sai, c'è una cosa che non mi è chiara...» Fece una pausa. «Sette anni fa mi hai rotto un braccio senza provare pietà e durante i nostri allenamenti, ho pensato che si potesse ripetere la stessa storia. Invece, anche se non facevi sul serio, riuscivi a battermi comunque.»
«E cos'è che non ti è chiaro?»
Riprese a giocherellare con la mela, dedicandogli così tutte le sue attenzioni.
«Non capisco come mai non hai lottato contro Majin Bu. Magari non saresti riuscita a sconfiggerlo, ma di sicuro gli avresti procurato delle lesioni non indifferenti.»
Abbassai lo sguardo.
«Non c'era alcuna possibilità che io riuscissi a fargli qualcosa. Goku non c'è riuscito nemmeno trasformato in super sayan di terzo livello, ma ha dovuto usare la sfera Genkidama. Per cui, non gli avrei fatto neanche il solletico.»
«Non ne sarei così sicuro.» insistette, dando finalmente un morso alla mela. «A quanto mi risulta, al torneo ti sei battuta con Trunks e Goten e sembrava che foste alla pari. Loro erano in due, mentre tu una soltanto. Quindi, ritengo che se ti fossi allenata con loro nella stanza dello spirito e del tempo, tu e Gotenks sareste riusciti a spedirlo all'altro mondo senza l'intervento di Kaarot. Ma a quanto pare, tu eri troppo occupata a stare dietro alla tua figlioletta, invece di pensare a salvare il pianeta.»
Quella frase riuscì ad irritarmi. Se già ero di cattivo umore per l'incubo che avevo fatto, di certo Vegeta con le sue frecciatine non mi faceva sentire meglio.
Sbattei la mano sul tavolo di legno, mentre la tempia sinistra iniziò a pulsarmi.
«Senti, a me non interessa che tu sia il principe dei sayan. Sappi solo che hai un figlio e una moglie che ti amano nonostante il tuo carattere, perciò, il minimo che tu possa fare prima di combattere, sarà sempre assicurarti che loro stiano bene. Dovresti insegnare a tuo figlio che le arti marziali servono a lui per salvarsi la pelle e non perché tu vuoi che diventi il più forte della terra, facendogli fare degli sforzi che sono inadatti ad un bambino della sua età! Dovresti trattare bene tua moglie, che ti ha dato un tetto sotto cui vivere, anziché continuare a trattarla col tuo solito modo scorbutico e incivile!»
Le mie parole lasciarono di stucco sia me che Vegeta.
«Mia figlia era spaventata ed io le sono rimasta accanto per cercare di calmarla. Credo che qualsiasi madre avrebbe fatto in questo modo.» continuai.
Il sayan abbassò lo sguardo.
«Tu non sei nessuno per dirmi quello che devo e non devo fare. Hai capito?» disse, con un tono di voce molto più alto del mio.
«Vale anche per me.» risposi, incrociando le braccia.
Dopo pochi minuti, il sayan sembrò calmarsi. Io, al contrario, ero ancora parecchio arrabbiata.
«Comunque.» dissi ad un tratto, cercando di mantenere un tono di voce calmo. «Ero venuta per dirti che, se vuoi, sono ancora disponibile ad allenarmi.» 
Il sorriso di qualche minuto prima tornò a contornare il suo viso.
«Ma non avevi detto che noi sayan siamo diventati molto più forti di te?»
Sorrisi a mia volta.
«Non mi arrendo facilmente. Nemmeno contro i sayan.»

 

Quando finalmente mio fratello aprì gli occhi, sentii crescere dentro di me una gioia indescrivibile.
«Masaru!» esclamai, limitandomi ad accarezzargli la guancia.
Sapevo che, se l'avessi abbracciato, gli avrei fatto male, visto che aveva lesioni per tutto il corpo.
Si mise seduto e si guardò intorno. Ormai era tardi e Gelo ci aveva rinchiusi nella nostra cella.
«Stai bene?» mi chiese, guardandomi negli occhi.
«Dovrei essere io a chiedertelo!» puntualizzai, sorridendo.
Mio fratello ricambiò il sorriso.
«Sto bene, tranquilla. Il peggio ormai è passato.»
Passai l'indice attorno ad una ferita che aveva sulla fronte. 
«Il Dottore ha detto che per qualche giorno ci lascerà riposare e che ci farà lottare non appena le tue ferite si allevieranno.»
Sbuffò.
«Io non voglio lottare con te...»
«Nemmeno io lo voglio, ma preferisco farmi un paio di lividi piuttosto che vederti ridotto così.»
In quell'istante, il Dottor Gelo aprì la cella e si diresse verso di noi.
«Credo sia il momento che voi due vi dividiate.» disse semplicemente, tirandomi via per un braccio.
Masaru mi bloccò, stringendo la mia mano nella sua. Gelo se ne accorse e con un lieve strattone, riuscì a dividerci.
«Masaru! Ti prego, no! Masaru!» iniziai ad urlare, trattenendo a stento le lacrime.
«Taci, ragazzina! Tu e il tuo fratellino vi rivedrete il giorno del vostro scontro. Ora però dovete riposare da soli.» continuò il Dottore, chiudendo a chiave la cella di mio fratello.
Ogni passo in più che faceva, era una pugnalata al petto che mi faceva star male.
«Non puoi portarmela via, brutto verme schifoso!» iniziò a gridare Masaru, anche lui sul punto di piangere. «Riportami mia sorella! Riportamela Gelo!» 

 

Mi svegliai col fiatone e il corpo che mi tremava. Mi voltai verso mio marito e lui mi accolse immediatamente tra le sue braccia.
«E' già il secondo incubo che fai nell'arco di una settimana.» puntualizzò, baciandomi poi la chioma dorata. «Si tratta di nuovo di Cell?»
«No.» dissi secca, asciugandomi le lacrime. «Scusa, ma non ne voglio parlare.»
«Hai urlato il nome Masaru.» disse, ignorando completamente la mia ultima osservazione. «Chi è?»
«Crilin, ho detto che non voglio parlarne!»
Sciolsi l'abbraccio e mi alzai in piedi, dirigendomi verso la finestra. Crilin sospirò e mi venne vicino.
«Sono stufo di vederti star male. Ogni volta che piangi e non mi dici che ti prende mi sembra quasi di non essere abbastanza.»
«Non devi neanche dirlo...»
«Tranquilla, tanto non ho mai fatto niente di buono nella mia vita, una delusione in più o una in meno, cosa cambia?»
Alzai un sopracciglio.
«Non hai mai fatto niente di buono nella tua vita? Davvero Crilin? Dopo tutti questi anni hai il coraggio di dire una frase simile?»
Il terrestre abbassò lo sguardo.
«E' normale che tu non voglia parlarmi dei tuoi incubi. In fondo, chi sono io per obbligarti a raccontarmeli?» Emise un altro sospiro. «Sono un pessimo marito...»
In men che non si dica, gli arrivò uno schiaffo dritto sulla guancia. 
«Quand'è che la smetterai di dire queste cazzate?» chiesi con gli occhi lucidi. «I miei sogni riguardano le torture che ci faceva passare Gelo prima che diventassimo cyborg. E Masaru... Era il vero nome di mio fratello.»
«E perché non me l'hai detto subito?» chiese confuso.
«Sai, Crilin... Non sono ricordi piacevoli.»
«Hai ragione... Perdonami, non avrei dovuto insistere...»
Gli presi il volto tra le mani e lo guardai con espressione terribilmente seria.
«Perché hai detto di essere un cattivo marito?» 
Il terrestre abbassò lo sguardo.
«Ecco, a volte mi pare di non essere esattamente il marito modello che le donne desiderano. Sono debole, basso, imbranato e neppure così attraente. E poi, tu mi sei piaciuta fin da subito, ma mai e poi mai avrei pensato che tu potessi ricambiare i miei stessi sentimenti. Insomma, a volte mi sembra quasi che si tratti di un sogno e credo di non meritare una famiglia così bella.»
Feci un mezzo sorriso.
«Per cominciare, a me non mi interessa delle qualità che cercano le donne. Poi, sai benissimo che se non ti amassi non mi sarei mai messo con te. Posso scherzare su questa faccenda, ma tu mi conosci meglio di chiunque altro e sai che non ti avrei mai mentito.»
«Lo so.» disse sorridendo. «E' per questo che ti amo.»
Gli presi il volto tra le mani e gli diedi un bacio, dimenticando completamente l'agitazione provocata dall'incubo di poco prima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

So che è un po' tardi, ma ho trovato solo ora il tempo di ultimare e di pubblicare il capitolo.
Allora, la nostra C18 è di nuovo tormentata dai soliti incubi e Crilin, ovviamente, fa di tutto per consolarla.
Non ho molto da dire riguardo a questo capitolo, spero solo che, come al solito, sia di vostro gradimento.
Mi auguro che la discussione con Vegeta non vi sia sembrata banale.
Aspetto, come sempre, le vostre impressioni! :) 

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Capitolo 16
*** Nuovi problemi. ***


 

16. Nuovi problemi.

 

 

Gli incubi che da qualche anno credevo fossero cessati, al contrario, ripresero a tormentarmi sempre più spesso.
Si trattava per lo più dei giorni in cui Gelo non permise a me e a mio fratello di vederci, in quanto dovevamo esercitarci individualmente per lo scontro che avremmo dovuto affrontare l'uno con l'altro. 
Arrivò, purtroppo, la notte in cui sognai quel fatidico giorni. Gelo, che inizialmente aveva in mente di farci allenare poche settimane, aveva lasciato in realtà passare diversi mesi. E quei mesi, li passai nella mia cella. Da sola. E quando arrivò il giorno dello scontro, le mie gambe non riuscivano a smettere di tremare. Non perché avessi paura che mio fratello fosse diventato più forte, no. Avevo paura che rivedendo mio fratello dopo uno, due, sei mesi, o chissà quanto, lo avrei trovato cambiato. Al contrario, non appena il Dottore ci rinchiuse nella stanza speciale in cui si sarebbe svolta la battaglia, la prima cosa che C17 -o forse è più giusto dire Masaru-
 fece, fu corrermi incontro ed abbracciarmi.
«Mi sei mancata tanto, sorellina.» disse baciandomi sulla chioma dorata.
«Anche tu.» risposi, con la voce rotta dal pianto.
La voce di Gelo interruppe quel momento di gioia.
«Avete un minuto. Dopo di che vi voglio vedere tirarvi calci e pugni, altrimenti, ci penseranno le scariche elettriche e non farvi più disubbidire. Sono stato chiaro?» 
Masaru annuì per entrambi. Lo guardai negli occhi e riuscii a vedere il mio riflesso, spaventato e preoccupato.
«Non ho intenzione di farti del male.» disse ad un tratto, a bassa voce. «Non ti colpirò neanche una volta. Tu invece, fa' pure senza problemi. Sono diventato fortissimo...»
Mi asciugai le lacrime e feci un mezzo sorriso.
«Anch'io sono diventata molto forte, ma non voglio vederti soffrire di nuovo. Se non mi colpisci, Gelo ti torturerà ancora...»
«E allora ribelliamoci. Direi che è l'unica soluzione. In fondo, se siamo diventati molto forti, in due ci metteremmo pochissimo a sconfiggerlo!»
«Non ne sarei così sicura.» Sospirai. «Anche Gelo si dev'essere, in qualche modo, rafforzato. E credimi, la sua aura è ancora troppo potente rispetto alle nostre due messe assieme.»
Mio fratello inarcò un sopracciglio. 
«Vorresti dirmi che adesso riesci a percepire le aure?»
Annuii. In quei mesi, oltre ad essermi rafforzata, avevo imparato tante cose da me.
Masaru sorrise e mi mise una mano sulla spalla.
«Dovresti essere tu la mente.»
Sorrisi, a mia volta.
«E chi ti dice che non possa essere sia la mente che la forza?» dissi sarcasticamente. 
In quel momento, il Dottore ci diede l'ordine di cominciare lo scontro.

 

Mi svegliai con una sorta di groppo in gola. Più andavo avanti e più ricordavo. Solo allora mi resi conto che, l'ansia provocata dai miei incubi, non era di certo paura di Gelo -come quando la provavo verso Cell-, bensì, paura di ricordare. Tutte quelle torture, la battaglia contro C17, il dolore provato in quei mesi, la nostra vita prima di essere catturati da C20... La mia seconda paura più grande, dopo il mostro verde, erano i brutti ricordi con Gelo. Nonostante il dottore, per un motivo che ancora devo capire, ci avesse fatto dimenticare il passato, al nostro risveglio, io e C17, anche se non ricordavamo nei minimi dettagli ciò che ci aveva fatto passare, sapevamo benissimo che ci aveva fatto del male. Sapevamo inoltre che quei ricordi ci avrebbero fatto del male, per questo sperai con tutto il cuore di non ricordare mai. E invece, piano piano, quel passato stava tornando a galla.
Mi girai dall'altra parte del letto e stranamente, Crilin stava ancora dormendo. Di solito si svegliava molto presto in quanto, non appena nostra figlia si fosse alzata, le avrebbe preparato la colazione. Spesso, quando non si svegliava per tempo, lo facevo io con le cattive maniere, ma quella mattina, vedendolo dormire beatamente, sentii una sorta di dispiacere nel disturbarlo. Così, visto che di dormire ancora non ne avevo proprio voglia, mi alzai e diedi un'occhio alla cameretta di Marron. Il letto era rifatto e non c'era traccia della bambina, né della bambola che Bulma le aveva regalato quel fine settimana -visto che da allora ce l'aveva sempre tra le braccia-. Scesi rapidamente al piano inferiore ed esaminai tutta la casa da cima a fondo, compresa la stanza del maestro. Ma niente. Non vi era alcuna traccia né di lui, né di mia figlia. Non appena spalancai la porta di casa, sentii la faccia diventarmi rossa dalla rabbia. Che ci faceva Muten sulla spiaggia, a giocare con mia figlia? In più, i due sembravano divertirsi molto. Il mio primo istinto fu quello di dare una lezione a quel vecchio, ma poi, il sorriso sulle labbra di Marron mi fece sciogliere. Mi resi conto che, anche se odiavo Muten, a mia figlia la sua compagnia piaceva. Marron non sapeva cosa significasse avere un nonno: non lo avrebbe mai saputo. Per cui, capii che il maestro, era l'unico su cui lei poteva contare per imparare il significato di quella parola. E per la prima volta, li lasciai tranquillamente giocare insieme, da soli. Ma, prima che mi muovessi, Muten ruotò la testa nella mia direzione e la sua espressione si fece spaventata.
«S-Scusa C-C18... I-Io n-non v-volevo, d-d-davvero... M-Ma M-M-Marron s-si è svegliata e v-voi...» 
«Non voglio sentire le tue stupide spiegazioni.» dissi, con voce fredda, seguendo un sospiro. «Per me ogni tanto potete anche giocare, ma sia chiara una cosa: lascia ancora mia figlia in una stanza da sola ed io ti faccio a pezzettini.»
Marron spostava in continuazione la testolina prima nella mia direzione, poi in quella di Muten, per vedere la reazione di entrambi. 
Il vecchio deglutì.
«Ho imparato la lezione e non si ripeterà più, te lo assicuro.» disse semplicemente, cercando di mantenere un tono di voce normale. «Grazie.» 
Feci una smorfia e ritornai all'interno della casa. Mi versai il caffé preparato da Muten e soffiai per farlo raffreddare.
Pochi giorni prima, avevo chiesto a Marron se i suoi incubi riguardo a Majin Bu fossero cessati e lei aveva risposto positivamente. Mi chiesi quindi se tra le mura della Kame House non si aggirasse un folletto dei brutti sogni. Che idea cretina, lo so. 
Crilin entrò nella stanza in quel momento, sbadigliando rumorosamente. Quel gesto mi irritò e glielo feci notare dandogli un'occhiataccia. A sua volta, si versò del caffè nella propria tazza e mi osservò un paio di minuti senza dire nulla.
«Hai tremato tutta la notte.» disse ad un certo punto.
Feci finta di non averlo sentito e cercai di finire in fretta la bevanda, cosicché potessi andarmene dalla cucina.
«So che hai fatto un'altro incubo. Ormai sono diventati abituali come una volta.» Mi prese la mano. «Ti va di parlarne?»
Ritrassi la mano con poca grazia e continuai a non guardarlo negli occhi.
«Non me la sento.» dissi appoggiando la tazza dentro al lavello.
«Ma C18, io volevo solo...»
«Ho detto che non me la sento!» continuai, alzando di poco il tono di voce.
Crilin non si stupì più di tanto. In fondo sapeva che, quando venivo stuzzicata, andavo fuori di testa e ritornavo ad essere acida e maleducata. Soprattutto se di mezzo c'erano anche i miei incubi. 

 

Lo scontro era iniziato. Io e C17 ci scagliammo l'uno contro l'altro ed iniziammo a colpirci con una velocità ed una potenza pazzesca. La sua aura era pari alla mia, per cui, ci sarebbe voluto un bel po' prima che uno dei due si arrendesse. Mi scocciava fargli del male, però, di sicuro, un paio di pugni gli avrebbero fatto meno male di altre scosse elettriche. Colta alla sprovvista, mio fratello mi tirò un calcio dietro al collo, scaraventandomi contro al muro. Fui rapida a rimettermi in volo ed iniziai a colpirlo più e più volte, riuscendo alla fine, a tirargli un pugno in pieno viso. Dopo di che, gli tirai una ginocchiata nello stomaco, facendolo rimanere piegato a mezz'aria.
Fratellino, perdonami. pensai tra me e me, poco prima di dargli il colpo di grazia. Ma lui, poco prima che il mio calcio gli arrivasse sulla schiena, bloccò il mio piede e mi fece roteare un paio di volte prima di lanciarmi verso il vetro dalla quale ci osservava Gelo. Per poco non lo ruppi, ma era talmente resistente che lo scheggiai appena. Ripartii in picchiata e per diversi minuti, sembrò quasi che fossimo alla pari. Tiravo un pugno e lui schivava, tiravo un calcio e lui parava: mi tirava un pugno e lo bloccavo con la mano, mi tirava un calcio e lo bloccavo col ginocchio. Ormai il tutto si ripeteva da troppo, così mi teletrasportai dietro di lui e gli tirai una piccola sfera energetica sulla schiena. Lui fu altrettanto veloce ad evitare il mio attacco, teletrasportandosi a sua volta, cosicché il nostro scontro diventasse impossibile da vedere a occhio nudo da quanto veloci eravamo a muoverci.
Ad un tratto, C17 finse di darmi un pugno nello stomaco. Io rimasi immobile, fingendo di provare dolore. Avevo capito che mi doveva parlare.
«Scusami.» disse a bassa voce, ritraendo molto lentamente il pugno e ruotando il più possibile la mano verso la sua direzione. «Ma io non ti voglio fare del male.» 
Che intendi dire? avrei voluto chiedergli. Ma ormai era troppo tardi. C17 si era lanciato nel proprio corpo una sfera d'energia potentissima, che lo aveva fatto svenire. Rimasi immobilizzata davanti al suo corpo privo di sensi e mi chiesi da dove avesse tirato fuori tutta quella forza.
Il sorriso del Dottore mi rese molto nervosa.
«Molto bene! A quanto pare, tu avrai la forza, mia cara numero 18!»
Mi voltai nella sua direzione più confusa che mai.
«Numero... 18?» ripetei.
«Tuo fratello avrà la mente, per cui sarà il cyborg numero 17 che costruisco. Di conseguenza, tu sarai il numero 18!»
Lo guardai provando solo un grande sentimento di disprezzo. Avrei tanto voluto tirargli un ki blast in pieno viso e farla finita una volta per tutte. Ma sapevo che, così facendo, Masaru non ne sarebbe stato sicuramente orgoglioso. 

 

Quando mio fratello aprì gli occhi, dovetti tirargli due schiaffi lievi sulla guancia per evitare che svenisse di nuovo. Era successo pochi minuti prima e mi aveva fatto prendere un grosso spavento.
«S-So... Sorellina...»
Gli accarezzai la fronte ancora sudata.
«Gelo ci ha concesso di stare insieme, questa notte. Queste sono le nostre ultime ore da umani. Domani, dopo aver messo a posto le nostre ferite, Gelo ci trasformerà in cyborg...» Sospirai. «Inizierà dalla mente, per cui da te.»
Mio fratello alzò lo sguardo alla parete cupa e sporca che si trovava sopra alle nostre teste.
«Non sei felice di avere la forza?» chiese, a voce bassa.
«Felice? Ti sei massacrato da solo per niente.»
Seguì un silenzio di tomba per alcuni minuti. Mi coricai sul pavimento freddo della cella e poggiai la testa sopra al suo petto.
«Ho paura.» dissi ad un certo punto, trattenendo a stento le lacrime. Masaru mi strinse fra le sue braccia.
«E' normale.» fu la sua risposta. «Ne ho anch'io.»
Alzai lo sguardo verso di lui, mentre una lacrima mi attraversò lentamente la guancia destra.
«Mi dispiace di non essero riuscito a proteggerti.» disse, stringendomi ancora più forte. «E' finita.»
«Già.» conclusi, con le lacrime che mi rigavano in continuazione il volto. «E' davvero finita.» 

 

Ripensai a quei sogni in continuazione. A distanza di soli dieci giorni dalla "discussione" con Crilin, gli avevo rivolto la parola di rado. Ero quasi sempre immersa nei miei pensieri e non riuscivo neanche più a star dietro a Marron.
Ero a pezzi. Quei ricordi stavano lentamente sgretolando il mio cuore di ghiaccio, facendomi provare i brividi e le sensazioni di quando io e C17 fummo trasformati in cyborg.
Quel pomeriggio, Marron e Crilin erano sul divano a fare un pisolino, mentre Muten era in spiaggia a chiacchierare con Umigame. Così, ne approfittai e me ne andai volando. Desideravo stare un po' da sola e cercare di riflettere.
Volai per una buona mezz'ora senza meta, ma ad un certo punto mi fermai.
«Fatti avanti!» dissi con voce minacciosa. «So che mi stai seguendo da un po'. Ti conviene farti vedere, prima che riesca a farti del male!»
Avevo captato una presenza non molto distante da me, però, non riuscivo proprio a capire di chi fosse quell'aura.
«Complimenti sorellina. Vedo che nel corso degli anni hai mantenuto la tua rigidità.»
Mi voltai incredula.
«C17?»
Mio fratello sorrise.
«Ciao, C18.» disse semplicemente.
Sorrisi a mia volta, mentre una folata di vento mi scompigliò di poco i capelli.
«Che ci fai qui?» chiesi.
C17 si mise a gambe incrociate.
«Beh, diciamo che quando non ho niente da fare, ogni tanto ti controllo...» 
Incrociai le braccia e il mio sorriso passò dall'essere di gioia ad amaro.
«Quindi mi spii?»
«Non la metterei così.» ribatté lui. «Diciamo che sono semplicemente curioso di come cambi nel corso degli anni.»
«Come puoi vedere, sono sempre la stessa.» lo interruppi.
Lui scosse la testa.
«Ti sbagli. Da quando sei diventata madre, sei cambiata tantissimo. E comunque, Marron è un bellissimo nome.»
Per un paio di minuti, rimanemmo in silenzio a guardarci negli occhi.
«Dovresti venire a conoscerla.» azzeccai. «Credo che le farebbe piacere passare un po' di tempo con suo zio. Ti adorerebbe!»
Scosse la testa.
«Non posso. Te l'ho già detto...» Mise la sua mano sopra alla mia spalla. «La famiglia è tua. Ed io non ne faccio parte.»
Cercai di controbattere, ma non trovai nessuna parola adeguata per rispondere alle sue frasi. Così, decisi di cambiare argomento.
«Faccio degli incubi di continuo riguardo al Dottor Gelo. E mi sono venuti alla menti tantissimi ricordi di quando ci torturava.» dissi, tutto d'un fiato.
La sua espressione rimase calma e indifferente. Fece un sospiro corto, così corto che pensai gli mancasse aria.
«Io... In realtà, non ho mai dimenticato...»
Strabuzzai letteralmente gli occhi.
«Come scusa?»
Mio fratello fece un sorriso beffardo.
«Quel che ti ho detto. Gelo non deve aver fatto un buon lavoro con me... Ho mantenuto alcuni ricordi dal giorno in cui ci ha catturato in poi.»
«Ah sì? E perché non me l'hai mai detto?» chiesi, inarcando un sopracciglio.
Scrollò le spalle.
«Non ho mai ritenuto che fosse importante metterti al corrente.»
Chiusi le mani a pugno, conficcandomi quasi le unghie sulla pelle. Possibile che mio fratello fosse stato così cretino da non dirmi una cosa che io ritenevo importantissima?
«In realtà...» continuò. «Non l'ho fatto perché sapevo che ti saresti agitata per nulla. E poi, di sicuro mi saresti stata appiccicata fino a quando non ti avessi raccontato tutto nei minimi dettagli!»
Rilassai le dita, fino a farle tornare alla loro posizione abituale. C17 non aveva torto. Ma ciò non toglie che avrebbe potuto dirmelo. 
«Direi che è quasi ora che tu torni dalla tua famiglia, Harumi.»
Non appena pronunciò quel nome, mi pietrificai.
«Ha... Harumi?» ripetei confusa.
Mio fratello fece un sorriso.
«E va bene, ammetto che al momento non sei l'unica che fa degli incubi riguardo al Dottore...» Sospirò. «In uno di essi, ricordo che ti chiamavo per nome: Harumi.»
Sorrisi nuovamente anch'io.
«Se ti interessa, il tuo vero nome era Masa...»
«Sì, lo so che era Masaru.»
D'un tratto mi feci seria.
«Che antipatico!» esclamai fingendomi offesa e facendolo scoppiare a ridere. «Sia chiara una cosa: il mio nome è C18 e non Harumi. Mi sono spiegata bene?»
Annuì divertito. Dopo di che si voltò e capii che se ne stava andando.
«Crilin dev'essere proprio un bravo ragazzo...» Fece una pausa. «Ed è proprio per questo che credo tu debba dirgli che sei immortale.» 
Alzai di scatto la testa verso la sua direzione. A sua volta, C17 voltò lo sguardo verso di me.
«Sono sicuro che non gliel'hai ancora detto. Ma se l'hai fatto, beh... Ammetto che l'ha presa molto bene.»
Deglutii e non ebbi il coraggio di rispondergli.
«Sta' tranquilla. Un giorno o l'altro, può darsi che ci incontreremo di nuovo. Ma non aspettarti che entrerò a far parte della tua "famiglia."»
Annuii. Dopo avermi fatto un sorriso, C17 si diresse a nord ed azzerò completamente la sua aura.
Mi morsi la lingua, rendendomi conto che avevo un nuovo problema a cui pensare. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vi chiedo perdono!!
So che avevo promesso che avrei aggiornato molto prima, ma tra la scuola ed una gara, sono stata impegnatissimo...
Scusatemi, vi prego ç_ç
Che posso dire riguardo alla storia? Innanzitutto il nome Harumi... Così come Masaru, non ha alcuna rilevanza nella storia, li ho inseriti solamente perché i nomi mi piacevano, ma loro resteranno pur sempre C17 e C18, nessuno li chiamerà con questo nome ;)
Poi, riguardo a C17, spero che la sua apparizione sia stata di vostro gradimento.
Vi prometto che farò il possibile per non aggiornare nuovamente così in ritardo... In più adesso siamo quasi a fine anno e di conseguenza, non appena inizierà l'estate, sarò liberissima e potrò dedicare tutto il mio tempo (o quasi) esclusivamente alle mie fanfiction!

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Capitolo 17
*** Come una pugnalata al cuore. ***


 

17. Come una pugnalata al cuore.

 

 

Tornai a casa quella sera tardi e per diversi giorni, non rivolsi la parola a Crilin. Il terrestre si accorse ben presto del mio strano comportamento ed iniziò a chiedermi che cosa mi fosse preso. Il mio silenzio gli fece capire che non ne volevo parlare e mi lasciò in pace per un po'.
Trascorsi alcuni pomeriggi lontana da tutti. Mi dispiaceva per Crilin, ancor di più per Marron. Ma non ce la facevo più a guardarli in faccia senza pensare alle parole di mio fratello che, come una pugnalata al cuore, non mi lasciavano più in pace. Spesso sentivo la testa scoppiare da quante volte quella frase veniva ripetuta.
Crilin dev'essere proprio un bravo ragazzo. Ed è per questo che credo tu debba dirgli che sei immortale.
La mia immortalità era un particolare di cui mi ero completamente dimenticata. Ma più ci pensavo, più mi rendevo conto che sarebbe stato un enorme problema per la mia famiglia.
Un giorno, Crilin mi avrebbe lasciata sola e di conseguenza, ciò sarebbe successo anche con Marron e i suoi figli. Perciò, che senso aveva affezionarmi a qualcuno, se intanto un giorno o l'altro ci saremmo dovuti dividere? Non volevo vedere le persone che amavo morire una dopo l'altra. Non potevo permetterlo. 
L'idea di fuggire fu la prima che mi venne in mente, ma poi, mi resi conto che sarebbe stato molto più coerente mettere Crilin al corrente della mia situazione. Se fossi scappata, il mio orgoglio ne avrebbe risentito. Dovevo farmi forza e dire la verità e anche se mi avrebbe fatto male, dovevo dimostrare che la situazione mi lasciava indifferente.

 

Una di quelle mattine mi svegliai presto. Avevo deciso: quel giorno, avrei detto la verità a Crilin. Qualche anno prima, sarebbe stata una passeggiata rivelare una cosa simile. Ma dopo tutto il tempo che era trascorso, per la prima volta, non ne avevo il coraggio. Sapevo però che prima o poi glielo avrei dovuto dire per forza.
«C18, che cosa ci fai in piedi a quest'ora?»
La voce del terrestre mi distolse dai miei pensieri.
«Potrei farti la stessa domanda.»
Si mise la mano davanti alla bocca e sbadigliò.
«Ti ho sentita alzarti.» Si avvicinò a me e tentò di incrociare il mio sguardo, ma io glielo impedii. «Che succede?»
Sospirai. Avrei tanto voluto uscire dalla sua vita per sempre, così da causare meno dolore ad entrambi, ma sapevo che non potevo andarmene senza dare una spiegazione.
«Crilin... Ti devo dire una cosa.» 
«Ma certo. Dimmi tutto, tesoro.» disse, con un sorriso. 
«Io... Volevo dirti che...» Deglutii, mentre il mio cuore iniziò a cambiare il ritmo del battito. «Tramite un sogno... Ho scoperto qual era il mio vero nome prima di diventare cyborg.»
Gli occhi di Crilin espressero stupore.
«Davvero? Ma è fantastico! E qual era il tuo nome?»
Ecco, sapevo che sarebbe andata a finire così. Non avevo avuto il coraggio di dire la verità e in preda all'agitazione, mi erano uscite di bocca delle informazioni che Crilin non necessitava di sapere.
«Harumi.» sussurrai.
Il suo sorriso dolce mi fece venire per un attimo il voltastomaco.
«E' un nome bellissimo.» 
Arricciai il naso.
«Sarà anche un bel nome, ma adesso non cominciare a chiamarmi così!»
Fece un breve risata, ma il suo sguardo mi fece capire che ancora non mi credeva. 
«Senti, 18... Ti va se oggi ti porto a fare un po' di shopping?» chiese ad un tratto.
Non ne avevo proprio voglia, ma se non avessi trovato una risposta adeguata, Crilin avrebbe di sicuro insistito.
«Marron deve guardare il suo cartone preferito alla tv e non credo che riuscirai a trascinarla via con la forza.»
Fece un piccolo sorriso.
«Muten resterà con lei. In fondo, hai detto anche tu che merita anche lui un'opportunità o sbaglio?»

 

Crilin mi portò in tantissimi negozi. Di solito, ne usciva sempre pieno zeppo di borse, ma quel giorno, non ero proprio in vena. Il terrestre si rese conto che non mi importava fare shopping, ma capii che stava fingendo di non esserne al corrente. 
«Torniamo a casa?» chiesi ad un tratto.
Fece finta di nulla e continuò a camminare, tenendo le mani dentro alle tasche dei pantaloni e con un sorriso da ebete sulla faccia. Giungemmo in un parco stupendo, in cui stranamente non c'era nessuno.
Ripetei la domanda un altro paio di volte e dopo non aver ricevuto alcuna risposta, mi spazientii.
«Mi hai sentita?» domandai, bloccandogli la strada.
«Certo che ti ho sentita.» disse semplicemente.
Lo fissai negli occhi per qualche secondo.
«E allora? Ce ne andiamo?»
Il suo sorriso si ampliò ancora di più.
«No.»
Inarcai un sopracciglio.
«No!?» La tempia sinistra iniziò a pulsarmi pericolosamente. «Si può sapere che ti salta in quella testolina, citrullo? Ho detto che voglio andare a casa e quindi, a casa ci andiamo per forza. Tu non ti puoi opporre! Sono stata chiara?» 
La sua espressione non mutò minimamente.
«Ho detto di no.»
La mia sopportazione stava raggiungendo il suo limite. Mi irritai a tal punto da sferrargli un pugno in pieno viso, che lui evitò per un pelo balzando all'indietro. E fu allora che si fece serio in volto.
«Tu non sei C18. O almeno, non sei quella che conosco io.»
«Ma che cosa stai dicendo?»
Si mise in piedi e si avvicinò a me facendo piccoli passi.  
«Nella mia vita, ho conosciuto due parti di te.» iniziò a dire. «La prima, l'ho scoperta sei anni fa. Rappresentava la C18 fredda, decisa, indifferente, apatica e scorbutica di sempre. La seconda, è quella che è rinata in questi anni, una nuova C18. Quella che arrossisce quando le si fa un complimento, quella che esterna i suoi sentimenti, che piange, che ride, che gioca con sua figlia e che si preoccupa per lei. Una C18 che non si sognerebbe mai di colpire il suo uomo.»
Deglutii e non ebbi la forza di controbattere.
«Tempo fa, avrei ritenuto che il tuo comportamento fosse più che normale. Ma adesso, dopo tutto il tempo che è passato, è ovvio che c'è qualcosa che non va.»
Abbassai lo sguardo e Crilin fu lesto nel spostare una ciocca di capelli posizionatasi davanti al mio occhio a causa del vento.
«E' davvero così orribile da non volerne parlare?» chiese, notando la preoccupazione nei miei occhi.
La mia risposta fu abbastanza rapida da farmi capire quanto quel pensiero mi stava consumando.
«Sì.» 
Crilin emise un lungo sospiro prima di parlare.
«Qualunque cosa sia, possiamo superarla insieme, come abbiamo sempre fatto.»
Scossi la testa.
«Questa volta è diverso...» sussurrai.
«Non credo. Sono certo che passerà.» Sorrise.
Trattenni a stento le lacrime. 
«Sono immortale.»
Quelle parole mi uscirono di bocca senza preavviso. In realtà, in quel momento desideravo teletrasportarmi chissà dove e sparire, ma il mio cuore, mi aveva imposto di restare e dirgli la verità. Dentro di me, sentivo il vuoto più totale. La testa mi scoppiava, il cuore stava lentamente cessando di battere e i polmoni facevano entrare sempre meno aria. Iniziai a sudare, a tremare e ad avere gli occhi lucidi. Lo sguardo di Crilin incrociò i miei occhi provocandomi un dolore lancinante al petto. Vederlo in quello stato mi fece pentire di avergliene parlato. In preda al panico, dopo avergli dato un bacio sulla guancia, volai via, lasciandolo solo con le mie tremende parole.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vi chiedo scusa in anticipo per il capitolo... E' breve rispetto agli altri, ma ero a corto di idee e di tempo, perciò scusatemi ç_ç 
Mi auguro comunque che sia di vostro gradimento e spero di non aver fatto degli errori ortografici.
Non ho molto da dire questa volta, almeno non riguardo al capitolo. Per le prossime tre settimane, gli aggiornamenti potrebbero essere davvero imprevedibili... Potrei pubblicare da un giorno all'altro, visto che non ho più nulla da studiare, ma ci sono comunque dei compiti e alcuni impegni.
Farò del mio meglio, come sempre. Aspetto le vostre recensioni! c: 

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Capitolo 18
*** I consigli di un sayan. ***


 

18. I consigli di un sayan.

 

 

Malgrado inizialmente ci avessi pensato per davvero, quella sera, anziché scappare, ritornai alla Kame House. Immaginavo che, non appena Crilin sarebbe rincasato, avrebbe cercato in ogni modo di parlare con me della cosa. Ma non andò esattamente così.
Passò un giorno. Poi due. Poi tre. E di Crilin, non c'era alcuna traccia. Marron mi chiedeva in continuazione dove fosse ed io le dicevo che era da Bulma per svolgere un lavoretto. A Muten la cosa di sicuro puzzò, ma non si azzardò a chiedere nulla.
Trascorsero ancora un paio di giorni prima che il terrestre si facesse vivo. Erano le dieci di sera ed ero l'unica ancora sveglia. Crilin si diresse verso il salotto a passo lento, con lo sguardo perso nel vuoto. Mi alzai dal divano e mossi verso di lui più incazzata che mai.
«Si può sapere dove cazzo eri finito?»
Niente. Continuava a guardare un punto fisso nel vuoto, immobile, con la bocca aperta di poco, senza emettere il minimo movimento. 
«Cos'è, fai finta di non sentirmi?» chiesi, alzando leggermente il tono di voce.
Di nuovo nulla. Sembrava un corpo senza anima. Dopo non molto, mosse un piede in avanti con l'intento di andarsene. E lì la mia pazienza terminò. Non gli permisi di fare un altro passo e con un movimento veloce, tenendogli una mano sul petto, lo scaraventai contro il muro con poca forza, giusto per evitare di rompere la casa ma abbastanza da farlo tornare in sé.
«Ti rendi conto che mi hai fatta preoccupare tantissimo?» dissi, con le lacrime lì lì per cadere. «Non avevo alcuna idea di dove fossi! Hai azzerato la tua aura! Si può essere più stupidi di così? Marron chiedeva di te in continuazione ed io ho dovuto mentirle!»
Crilin continuò a mostrare indifferenza. Esterrefatta, lasciai lentamente la presa su di lui, rimettendolo coi piedi per terra. Gli diedi un'ultima occhiata, dopodiché mi diressi in camera da letto.

 

Quella notte, Crilin dormì sul divano. Fu lui stesso a svegliarmi la mattina successiva, bussando alla porta della camera da letto.
«Ciao.» disse semplicemente, mostrando ancora indifferenza, ma sicuramente molta più vitalità della sera precedente.
Mi stropicciai l'occhio sinistro.
«Ieri sera ti ho sentito andare via.» esordii. «Dove sei stato?» 
Si avvicinò alla finestra e l'aprì di poco.
«Non ha importanza.»
Si bloccò ad osservare nuovamente un punto fisso nel vuoto, ma dopo non molto, scosse la testa e ritornò -per modo di dire- alla realtà.
«Goku e Chichi ci hanno invitati a pranzo da loro oggi, in occasione dell'equinozio d'autunno. Hanno insistito così tanto che non ho saputo dire loro di no. Scusa se non te l'ho detto prima, è che me ne sono completamente dimenticato...»
«Fa nulla.» risposi semplicemente. «Per me ci possiamo anche andare.»
Il terrestre annuì e tentò, inutilmente, di abbozzare un sorriso.

 

Il pranzo a casa Son non fu per niente piacevole. A differenza delle altre volte, non c'era la solita aria ricca di allegria e spensieratezza. Certo, avevamo passato tutto il tempo tra chiacchiere e discorsi vari, ma si capiva che c'era molta tensione. Inoltre, solitamente erano Crilin, Goku, Bulma e Muten ad animare le conversazioni. Ma stavolta, i primi due non aprirono mai bocca.
Dopo aver mangiato, ci dirigemmo tutti all'esterno della casa: Vegeta, Goten, Trunks e Gohan improvvisarono un combattimento per riscaldarsi un po' -la cosa che mi lasciò di stucco fu la partecipazione del principe dei sayan, visto che, solitamente, lui era il primo a mettersi in disparte-, mentre tutti gli altri, Bulma con in braccio Marron compresa, si misero seduti sull'erba in un angolo a parlare per conto proprio. Crilin si era distanziato da tutti quanti ed osservava da lontano il combattimento tra i sayan. O almeno, così sembrava. Aveva ancora quello sguardo perso nel vuoto che mi faceva comprimere il cuore. Io ero la più lontana, visto che mi trovavo con le spalle contro il muro della casa. Dopo non molto, vidi sbucare dall'interno dell'abitazione Goku e mi resi conto che, da quando avevamo finito di pranzare, non era ancora uscito. Molto probabilmente avrà finito gli avanzi di tutti pensai. Ma non gli dedicai molta attenzione, perché essa era rivolta completamente a mio marito.
«Sei preoccupata per lui, non è vero?» disse ad un tratto il sayan, attirando la mia attenzione. 
Feci una smorfia di dispiacere.
«Si comporta in un modo strano. Non lo riconosco più.» dissi, cercando di non far notare che la voce mi tremava.
«E' normale.» continuò Goku.«Insomma, dopo quello che gli hai detto...» 
Mi voltai di scatto verso di lui. Rimasi impietrita e non mi ci volle molto per capire a cosa si riferisse.
«E' state da te in questi giorni. Non è così?»
Il sayan si mise le mani dietro alla testa.
«Ci conosciamo da tanti anni. E' normale che si sia confidato con me.»
Emisi un sospiro e abbassai lo sguardo.
«La notizia della tua immortalità non l'aveva sconvolto più di tanto, all'inizio.» riprese a dire. «Quando è venuto qui, mi ha raccontato tranquillamente ciò che era accaduto. Ma poi, più i minuti passavano e più si è reso conto della gravità della cosa. Sa che un giorno lui morirà e che tu vivrai e di questo ne è felice. Però...» Fece una pausa
. «Ha comunque paura.»
Inarcai un sopracciglio tentando, nel frattempo, di nascondere l'agitazione che provavo in quel momento.
«Paura? E di che cosa?» 
Goku sospirò.
«Ha paura che quando se ne andrà, tu ti dimenticherai di lui e ti ricostruirai una nuova famiglia.» 
«Dimenticarmi di lui? Ma dico, è impazzito per caso?» chiesi, alzando di poco il tono di voce. 
Il sayan fece un mezzo sorriso.
«E' fatto così. Anche quando tutto va bene, ha paura che qualcosa possa andare storto nella sua vita.» Si avvicinò lentamente a me e poggiò la sua mano sopra alla mia spalla. «C18... Te la posso fare una domanda?»
Esitai per un secondo, ma poi annuii.
«Tu... Tu lo ami davvero Crilin?»
Arrosii di colpo e nascosi il viso fra i capelli biondi.
«Goku... Ma che cazzo di domande mi fai?»
Il sayan iniziò a ridere di gusto.
«Avanti, non è poi così difficile rispondere!»
La tempia destra iniziò a pulsarmi, ma l'imbarazzo mi impedì di ucciderlo o di compiere qualsiasi altra azione a suo svantaggio.
«Beh... E' ovvio che lo amo. Sono sua moglie e...»
«Anche lui ti ama.» mi interruppe. «E' per questo che dovresti metterti nei suoi panni.»
«Senti, per me è già tanto ammettere di tenere a qualcuno, figuriamoci se adesso mi metto a pensare a come reagirei se capitasse a me!» sbuffai. 
«Urca! Ma allora è proprio vero che se ti si fa arrabbiare diventi
 intrattabile!» Mi bastò fulminarlo con lo sguardo per fargli cambiare discorso. «Ciò che intendo dire... Ecco... Ho notato un notevole cambiamento nel carattere di Crilin prima e dopo il vostro matrimonio. Da quando sono tornato in vita, anche se lo osservavo da lassù, devo ammettere che non l'ho riconosciuto. Fin da subito mi è sembrato un uomo estremamente allegro, ma non avevo subito capito il motivo. Tu e Marron siete i suoi tesori più grandi, C18. Crilin vi ama più della sua stessa vita e mi fa piacere che con te abbia finalmente trovato la felicità e realizzato il suo desiderio di avere una famiglia. Ma questa notizia l'ha reso una persona che non è. Devi trovare un modo per fargli capire che a lui tieni davvero, così, magari, ritornerà ad essere lo stesso di prima.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed eccomi qui col nuovo aggiornamento :3
Il bello è che ieri l'avevo già finito ed ero anche convinta di averlo pubblicato... Poi nel dubbio ho controllato e mi sono resa conto che non era affatto così. Si può essere più sbadati secondo voi!? ç_ç
Va beh, comunque, mi auguro che il capitolo sia di vostro gradimento. Questa volta mi sentivo molto ispirata, anche se è venuto corto...
Mi auguro che piaccia anche a voi :) 

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Capitolo 19
*** La promessa. ***


 

19. La promessa.

 

 

Le parole di Goku erano riuscite a farmi riaprire gli occhi. Ma purtroppo, intendo in senso negativo.
Riflettei parecchio sul suo discorso e mi posi una domanda: perché Crilin sta soffrendo?
La risposta era ovvia. A causa mia. 
E qual è il modo migliore per farlo stare meglio? 
Sparire, ovviamente. Me ne sarei voluta andare quel giorno stesso, ma il pensiero che avrei dovuto dire addio a mia figlia così presto, mi fece rimangiare tutti i pensieri. Però, i giorni passavano. Crilin stava sempre peggio, non mi rivolgeva la parola e stava fuori dalla mattina presto fino a tarda sera a fare chissà cosa. Muten mentiva in continuazione a Marron dicendole che non eravamo in litigio, anzi, andavamo d'amore e d'accordo. Per la prima volta, quel vecchio stava facendo qualcosa che, anche se per un istante, mi rese orgogliosa di averlo come nonno di mia figlia.
Un giorno, mi alzai molto tardi e inaspettatamente, trovai Crilin seduto in cucina, sempre col suo sguardo fisso nel vuoto. Aveva una mano stesa sul tavolo e l'altra nella tasca dei pantaloni.
«Ciao.» dissi, cercando di non guardarlo negli occhi.
Non mi arrivò alcuna risposta.
«Ehi, ti ho salutato.» puntualizzai, alzando di poco il tono di voce.
Ancora niente. E lì, la mia pazienza si esaurì. Sbattei le mani sopra al tavolo talmente forte da creare una piccola crepa.
«Cos'è, adesso non mi saluti nemmeno? So che sei arrabbiato con me, ma ciò non significa che devi smettere di essere educato!»
I suoi occhi iniziarono lentamente ad alzarsi, fino a raggiungere il mio sguardo. Li scrutai attentamente e mi resi conto che erano identici ai miei poco prima di essere risucchiata da Cell, pieni di terrore e di paura. Mi si congelò il cuore, anche se solo per un'istante.
«Non sono arrabbiato con te.» disse, con voce fioca.
«Ah no? E allora perché non mi parli?»
Sospirò.
«E' che... Io non so più cosa dire.»
Allungai la mano destra verso di lui e gli accarezzai la guancia tiepida. Dopo di che, senza aggiungere altro, me ne andai, mentre mille pensieri ed emozioni mi invasero il cuore e la mente.

 

Provai strana sensazione alle guance. Qualcosa, o meglio qualcuno, me le stava pizzicando di continuo. Aprii gli occhi lentamente e in primo piano, vidi la piccola Marron con le mani poste sulla mia faccia. Eravamo in uno strano spazio bianco, senza alcuna via d'uscita.
«Marron, ma che diamine...»
Poco prima di concludere la frase, lei scoppiò in lacrime. 
«Mammina... Perché te ne sei andata?»
La guardai scioccata.
«Tesoro, io non...»
«Mammina, mi manchi tanto. Quand'è che torni?»
Allungai la mano verso di lei e le accarezzai la testa.
«Marron, non so come spiegartelo...»
«Non c'è niente da spiegare! Devi tornare a casa mammina!»
«Io... Io... Non posso farlo...»
L'espressione spaventata e malinconica di Marron si trasformò in una rabbiosa.
«Sei cattiva! Pensi solo a te stessa!» iniziò a dire, battendo i pugni sulla mia pancia. «Cattiva, cattiva, cattiva!»
Tentai di abbracciarla, ma la bambina svanì tra le mie stesse braccia. Lacrime amare iniziarono a scorrere ad una velocità incredibile sul mio viso.
Devo tornare mi dissi. Devo tornare da lei.
«No, non puoi tornare!» disse una voce.
Alzai lo sguardo.
«Se non torno, la bambina mi odierà! Lo capisci o no?»
Mio fratello si avvicinò a me e poggiò la sua mano sulla mia spalla.
«Ti sbagli. Se torni, soffrirai e farai soffrire anche loro. Ti sei già dimenticata del motivo per cui te ne sei andata?»
«Hai ragione.» sussurrai, mentre le lacrime continuavano a scivolarmi sulle guance.
«C18, tu non puoi tornare a casa per nessun motivo al mondo. Hai capito? Nessuno!»
Dopo quella frase, anche mio fratello scomparve nel nulla. Cos'avrà voluto dire? mi chiesi. E dopo non molto, me ne resi conto.
Crilin apparve all'improvviso seduto al mio fianco. Il suo volto non era nulla in confronto al mio: sembrava che non avesse dormito da giorni. Aveva le occhiaie, le guance umide e gli occhi rossi. Sentii la sua mano calda accarezzare dolcemente il mio collo.
«Harumi, torna da me. Torna da noi.»
Lo guardai come i bambini guardano il proprio giocattolo preferito rompersi in mille pezzi.
«Crilin... Non posso... Se lo faccio, vi farò soffrire!» urlai, con la voce rotta dal pianto.
«E' vero. Allora non tornare mai più.» sussurrò, scomparendo anche lui.
Mi ritrovai imprigionata in quello spazio bianco a lungo, fino a quando fui svegliata per davvero da una strana sensazione alle guance.

 

Mi irrigidii all'istante, ma tirai immediatamente un sospiro di sollievo. Le mie guance erano umide. Aprendo gli occhi, mi resi conto che le foglie dell'albero sotto al quale mi ero riparata -visto che quella notte aveva iniziato a piovere- erano piene di gocce d'acqua. Probabilmente si trattava dei residui della pioggia. O forse, quel sogno mi era sembrato così reale che avevo pianto per davvero.
Mi alzai e con mio grande stupore, sentii un dolore lancinante alla schiena. La terra era, evidentemente, troppo scomoda anche per il mio corpo. 
Mi stiracchiai un po', ma la mia calma si esaurì quasi subito. Non molto distante da me, un uomo era voltato di spalle.
Che sia... Che sia davvero lui?
Che si trattasse di Crilin o meno, il mio sarebbe stato comunque un gesto stupido, visto che ero stata io ad andarmene. Eppure, non resistetti alla tentazione e corsi da lui. Non appena fui abbastanza vicina, l'uomo si voltò. Lo scrutai attentamente e mi resi conto che si trattava soltanto di un ragazzino che, probabilmente, era un contadino, visto che aveva un cesto pieno di ortaggi. Feci finta di nulla e volai via, alla ricerca di un altro luogo in cui sostare.
Volai per diverse ore senza sosta. Non avevo la più pallida idea di dove andare. Così, dopo aver girato in tondo per un po', ritornai sotto all'albero di quella collinetta a sud della Kame House. Chissà se, prima o poi, Crilin mi sarebbe venuta a cercare...

 

«Ti vuoi svegliare, pigrona? E' mezz'ora che ti chiamo inutilmente!»
Mi stropicciai gli occhi. Non appena li aprii, a causa della stanchezza, vidi tutto appannato, ma non mi fu difficile scorgere la sagoma di mio fratello.
Era venuto a cercarmi nel momento del bisogno. Di nuovo. 
«Perché non sei a casa tua?» chiese dolcemente.
Il vento mi scompigliò leggermente i capelli, facendo cadere qualche foglia dal grande albero che mi riparava.
«E' colpa tua se non sono a casa mia.» dissi, facendo un piccolo broncio.
«Mia?» chiese, inarcando un sopracciglio.
«Certo! Se non mi avessi rotto le scatole, non avrei detto a Crilin della mia immortalità, perché me ne ero dimenticata! Lui si è arrabbiato a tal punto da fingere che non ci fossi... Così, ho deciso di andarmene. Anziché vederlo soffrire, preferisco che si dimentichi di me.»
«Pff! Che stupidità!»
Arricciai il naso.
«E perché scusa?»
Fece un mezzo sorriso, ma ignorò completamente la mia domanda.
«Sai, è da ieri che ti osservo e...» Scoppiò in una sonora risata. «Oddio, sono sicuro che se te lo dico mi uccidi all'istante!»
«Se valesse la pena di ucciderti, lo farei comunque.» puntualizzai. «Avanti, parla!»
«Ecco... Questa mattina ho parlato con Crilin e... Beh, non ha voluto spiegarmi ciò che era accaduto, ma io gli ho detto comunque dove ti trovavi.»
Lo tirai su per il colletto della maglietta, mentre la tempia destra iniziò a pulsarmi molto pericolosamente.
«Tu... Cos'avresti fatto!?»
«La cosa giusta, C18. Nei suoi occhi ho letto una disperazione immensa. E onestamente, provo un lieve dispiacere verso di lui.»

 

Dopo quasi un'ora da quando mio fratello se n'era andato, come avevo previsto, arrivò Crilin.
Ci scambiammo un'occhiata glaciale. Non era la prima volta che me ne andavo per diversi giorni, anzi, in quegli anni, quando litigavamo, mi era capitato di farlo varie volte. Ma, in quel momento, la cosa era abbastanza diversa. 
«Perché sei venuto?» chiesi. «Non ti sei mai degnato di cercarmi. Ti sembra giusto venire solo perché mio fratello ti ha dato una mano?»
Per la prima volta dopo tanto, scorsi nel viso di Crilin un piccolo sorriso.
«Sono venuto per onorare il gesto di tuo fratello.» disse. «Sono anni che non lo vedo e mai, giuro, mai avrei pensato che sarebbe venuto a parlare con me. All'inizio, credevo di avere le allucinazioni. Sono venuto solo per far sì che il suo gesto sia servito a qualcosa.»
Voltai lo sguardo dalla parte opposta alla sua.
«Appunto. Se non sei venuto prima, significa che non t'importava.»
«Ti sbagli.» mi corresse. «Semplicemente ti conosco. E so che, prima di riprenderti, quando te ne vai, ti serve un po' di tempo.»
Mi voltai nuovamente verso di lui.
«Bugiardo!» urlai. «Tu... Tu eri arrabbiato con me!»
Ma lui non mi diede retta e continuò con un discorso tutto suo.
«La visita di C17 mi ha fatto comprendere una cosa importante: mi sono comportato da stupido.»
La sua voce mi era sembrata talmente calma da pensare che stesse recitando. Ma si vedeva benissimo che non era così.
Mi si avvicinò e mi diede un bacio all'angolo della bocca.
«Perdonami, C18. La verità e che io non ero arrabbiato. Semplicemente... Un po' scosso, ecco.»
«Avrei dovuto dirtelo prima.» dissi, con voce fioca. «Il fatto è che con te stavo davvero bene e me ne sono scordata...»
Ci guardammo negli occhi e il suo sorriso si ampliò. Io, al contrario, iniziai a piangere e mi strinsi forte a lui.
«Ho paura Crilin! Non voglio vedervi morire!»
«Shh! Vedrai che andrà tutto bene!» mi disse dolcemente, accarezzandomi i capelli.
«No, non è vero! Non c'è un briciolo di verità nelle tue parole, cazzo!»
Asciugai una lacrima poco prima che cadesse dal mio mento.
«Andiamo a casa.» disse, facendo un passo avanti. «Sono certo che calmandoti...»
«Non posso tornare a casa.» mi affrettai a dire. «E' meglio... E' meglio che tu e Marron vi dimentichiate di me.»
«Non puoi dire una tale idiozia.»
«E invece posso. Se me ne vado ora, avrete l'occasione di rifarvi una vita e di essere felici. Ma se continuate a stare con me, il dolore e l'angoscia si impadroniranno anche di voi. E io non voglio vedervi soffrire!»
Strinse le mie mani dentro alle sue, in segno d'affetto. 
«C18, credimi: soffriremo di sicuro, ma se tu non resti con noi, la situazione si aggraverà ancor di più. Sono certo che riusciremo a trovare una soluzione, come abbiamo sempre fatto. Però, ti prego, ritorna a casa: sia io che Marron sentiamo molto la tua mancanza.»
Lo guardai confusa.
«Com'è possibile che il tuo umore sia cambiato così, all'improvviso?»
«Beh, diciamo che tuo fratello fa dei miracoli!»
Scoppiammo a ridere insieme. Dopo di che, Crilin si alzò in volo e allungò la sua mano verso di me.
«Mi prometti che andrà tutto bene?» chiesi.
«Sì, 18. Te lo prometto.» 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

So che le mie scuse per il ritardo non vi serviranno a nulla, ma questa volta, vi giuro che non è per niente colpa mia! Ringraziate il mio caro computer, che ultimamente mi da dei continui problemi e mi sta facendo andare fuori di testa...
Va beh, l'importante è che finalmente sia riuscita ad aggiornare.
Allora, ho riletto un paio di volte il capitolo e -oltre a errori ortografici che non ne ho notati, ma può darsi che qualcosa mi sia sfuggito- non è che non mi convinca, però, ho paura che possa risultarvi un po' banale il fatto che abbia riunito tutti questi eventi in un'unico capitolo.
Riguardo alla suddivisione in parti, questa si concluderà a breve, non so ancora quanti capitolo di preciso, ma penso che ne scriverò 3 o 4. Poi non so, stavo pensando di fare una sorta di pausa, anche solo di una settimana o due, in quanto quest'estate ho in mente di proseguire con le mie altre fanfiction in corso e di scriverne delle altre. Ma questo è ancora da stabilire, può anche darsi che farò una pausa con le altre.
Purtroppo mi basta vedere una farfalla (esempio random) per ispirarmi, infatti ho già scritto le basi per altre..... 8 fanfiction! E' un grande numero, lo so, ma per vostra sfortuna io sono così, non riesco a concentrarmi su una sola fic ma ne devo scrivere seicentomila alla volta, giusto per complicarmi un po' di più la vita xD
Termino qui, altrimenti vado troppo fuori tema. Aspetto le vostre impressioni :3 

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Capitolo 20
*** Ottimismo. ***


 

20. Ottimismo.

 

 

Una volta ritornata alla Kame House, le giornate ritornarono lentamente quelle di una volta. Iniziando a fare freddo, uscivamo poco di casa e saltò fuori momentaneamente il mio lato materno. Mentre Crilin aiutava Bulma con un lavoro per guadagnare qualche soldo e Muten faceva i suoi pisolini, io rimanevo in casa a giocare con Marron. Non le dissi nulla riguardo alla mia immortalità. Era ancora troppo presto.
Quella sera Crilin mandò Trunks ad avvisarmi che ci sarebbe voluto più del previsto e che quindi sarebbe tornato la mattina seguente. Mia figlia insistette affinché il sayan si fermasse a cena da noi.
Non ero abituata ad avere degli ospiti in assenza di Crilin, ma per la prima volta, la presenza di un estraneo non mi irritò. Anzi, provai un senso di gratitudine verso di lui, perché riusciva a far sorridere Marron. Probabilmente si è presa una cotta mi dissi. Ma forse, trattandosi di due bambini, mi sto sbagliando.
Comunque sia, avevo notato un cambiamento radicale nel carattere del piccolo sayan. Quando eravamo con gli altri guerrieri Z, faceva il duro e lo sbruffone, ma tra di noi, si comportava in modo educato e gentile. Un po' come Gohan quando aveva all'incirca la sua età.
Dopo cena, poco prima che lui tornasse a casa, gli diedi l'opportunità di chiacchierare un po' con Marron sulla sabbia, rimanendo comunque a devota distanza. Crilin definiva la mia protettività verso Marron esagerata. Ma io non la pensavo affatto così.
Mi sedetti sulla sdraio e provai una leggera fitta alla schiena, una cosa da poco. 
«I tuoi genitori litigano mai?» chiese ad un tratto il bambino dai capelli lilla.
«No.» rispose Marron. «Cioè, ogni tanto. Poco. Perché me lo chiedi?»
«Così.» continuò, posando lo sguardo verso il mare. «Ieri i miei si sono messi a litigare.»
«Come mai? Li hai fatti arrabbiare?» domandò ingenuamente la piccola.
«No, non è colpa mia. Ho sentito che la mamma diceva a papà che vorrebbe una figlia femmina, ma lui ha risposto che non vuole vedere altri marmocchi girare per casa e da allora non si parlano più.»
«Tu la vorresti una sorellina?»
Ci ragionò un po' su.
«Se è capricciosa come te, no!»
Marron fece una smorfia e il sayan scoppiò a ridere. 
«Eddai, sto solo scherzando!» continuò Trunks, alzandosi in piedi per far capire che presto sarebbe andato a casa. «E tu la vorresti una sorella o un fratello?»
«Non saprei. Se anche mamma e papà lo vogliono, allora sì!»

 

Crilin rientrò la mattina successiva verso le undici. Mi salutò con un grande sorriso.
«Ho parlato con Bulma della tua immortalità.» esordì. «Ha detto che ha ancora i tuoi progetti, ma visto che da quando è nata Marron il tuo corpo è cambiato un po', preferisce farti ulteriori analisi per scoprire se c'è un modo per annullare tutto ciò. Ti va di andare oggi pomeriggio?»
Annuii.

 

Giunta a casa Brief, sentii nuovamente quel dolore alla schiena che mi fece irrigidire. Non ne avevo parlato a Crilin. In fondo, per me era una cosa di poco conto.
Bulma analizzò il mio corpo in poco tempo e mi promise che avrebbe fatto delle ricerche. Ma, prima di uscire dal laboratorio, si mise ad osservarmi.
«Cosa c'è?» chiesi, sentendomi in soggezione.
Fece un mezzo sorriso e diede un'occhiata furtiva al computer.
«Nulla. Solo che...» 
«Bulma, odio chi temporeggia. Avanti, parla!»
Emise un sospiro.
«Sei di nuovo incinta, C18.»
Abbassai lo sguardo.
«Già, l'avevo dedotto, ma non ne ero completamente sicura.» ammisi. «Ho delle fitte alla schiena troppo frequenti.»
«E' proprio di questo che ti voglio parlare.» continuò la scienziata. «La gravidanza è all'inizio, insomma, il computer si può sbagliare, ma dice che è iniziata da circa un paio di mesi. Eppure, sembra che il feto non abbia un corretto sviluppo...»
«Che intendi dire?» Inarcai un sopracciglio.
«Non volevo dirtelo per non farti preoccupare, però... Ecco, anche se non si può ancora stabilire bene, può darsi che il bambino possa subire delle malformazioni o addirittura morire prima che la gravidanza giunga al termine. Il motivo mi è ancora sconosciuto, ma farò delle ricerche. E' davvero presto per dirlo con sicurezza, dovremmo aspettare fino al quinto mese, però... C'è un alto rischio che possa nuocere anche alla tua salute, 18. Per questo io ti consiglio di abortire.» 
«Ne parlerò con Crilin.» risposi semplicemente, anche se avevo già la risposta pronta. «Decideremo insieme.»
Cercai di non far notare l'agitazione dentro alla mia voce.
Uscii dal laboratorio a passo lento, ancora con la schiena dolorante, trattenendo a stento le lacrime.
Che poi io un altro figlio manco lo volevo. Marron e Crilin erano gli unici a cui io volevo veramente bene. Non me la sentivo proprio di espandere il mio amore ad un terzo elemento. Eppure, Crilin mi aveva chiesto più e più volte di avere un altro bambino e sapevo che a Marron avrebbe fatto piacere.
Ma io un altro bambino non lo volevo. 

 

I sintomi della gravidanza cominciarono ben presto a farsi sentire. Mangiavo il doppio rispetto al normale e provavo spesso una sensazione di nausea.
Dissi a Crilin della mia situazione senza troppi problemi, chiedendogli però di non parlarne ancora con la bambina.
«Che cosa intendi fare?» mi chiese, con un mezzo sorriso.
«Non so. Io altri bambini non ne voglio...»
«Perché no? Sono convinto che Marron sarà felicissima.»
«Lo so Crilin, so bene che sarebbe contenta, ma tu non sai cosa significa avere un peso nella pancia per nove mesi. Non sai cosa significa avere nausea, mal di stomaco, un appetito irrefrenabile e tutto il resto. E' molto stancante essere incinta, più di quanto tu possa immaginare.»
Mio marito alzò un sopracciglio.
«E da quando ti fai dei problemi per la stanchezza?»
Sospirai.
«Crilin... Io non voglio un altro figlio, punto.» Abbassai lo sguardo. «Con Marron sono stata una pessima madre. Non voglio dare una brutta vita ad un altro bambino.»
«Allora è questo che pensi? Che Marron abbia avuto una brutta vita a causa tua?» 
Abbassai lo sguardo.
«Sì.»
Il terrestre si alzò in piedi e chiuse le mani a pugno, assumendo un espressione arrabbiata.
«Smettila C18... Smettila di dire queste stronzate! Non siamo dei genitori perfetti, lo so, ma lei è felice! L'hai protetta, amata e accudita fin dal suo primo giorno di vita. Come può lei non volerti altrettanto bene? Non cercare delle scuse, so bene che hai sempre paura che possa accaderle qualcosa, però... Non è questo il vero motivo. Ne sono sicuro.»
Abbassai lo sguardo. Mi tornarono alla mente i primi giorni di vita di Marron. Dopo solo una settimana ero stanchissima di sentire le sue urla continue e mi lamentavo spesso, ma avrei mentito se avessi detto che non ero felice di vedere quello scricciolo girare per casa.
Marron era nata per caso, forse per una scelta del destino, ma comunque nel momento in cui io e Crilin stavamo dando vita alla nostra famiglia.
«Grazie a voi due ho imparato che cosa significa amare. Ma io... Io non credo di poter amare qualcun altro. Non posso farcela...»
«Certo che puoi. Se ce l'hai fatta con noi, puoi riuscirci con chiunque.»
«Non è così facile per me, Crilin. Una madre ama il proprio figlio indipendentemente da tutto, perché si tratta di suo figlio. Io non penso di...»
Mi bloccò, dandomi un bacio sulla guancia.
«Andrà tutto bene, 18. Ce la puoi fare!»
«E' inutile che fai l'ottimista. Mi conosco molto bene.»
Fece un mezzo sorriso.
«Ti conosci così bene che, sicuramente, avevi previsto che un giorno ti saresti innamorata di un tappetto pelato e senza forze. Non è così?» 
Arrossii di colpo, sentendo le guance pizzicare sempre più. Avrei tanto voluto tirargli un pugno sulla nuca, ma cercai di contenermi e di godermi il momento.
Sospirai.
«E va bene. Terrò il bambino...»
Sul suo viso si formò un amplio sorriso. 
Crilin mi abbracciò forte, iniziando a piangere dalla gioia.
«Lo sapevo che ce l'avrei fatta a convincerti! In fondo, un uomo dalle mille doti come me riesce sempre a persuadere la propria moglie a fare qualcosa...»
Chiusi gli occhi come fossero due fessure e in men che non si dica, gli arrivò rapidamente sulla nuca il pugno che non gli avevo dato poco prima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La scuola è finita... Sono l'unica che ha pochissimi compiti!?
*salta allegramente da una parte all'altra della stanza*
Beh, buon per me, almeno avrò più tempo per uscire e per scrivere :3
Anche se non è ancora ufficialmente estate... Come sono iniziate queste vacanze?
Chiudo la parentesi scuola e apro quella fanfiction. Il capitolo è un po' corto, ma come mi dite sempre, meglio poco ma gradevole da leggere ;)
Riguardo alla gravidanza di C18, non ho intenzione di stravolgere troppo la storia principale. In questa fanfiction voglio semplicemente descrivere cosa è accaduto nei momenti non descritti nell'anime, per cui state tranquilli, non ci sarà nessun cambiamento xD
Detto questo, mi auguro come al solito che il capitolo vi sia piaciuto e di non aver fatto errori ortografici.
Ciao a tutti! E buone vacanze ^^ 

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Capitolo 21
*** Jirou. ***


 

21. Jirou.

 

 

Quella sera, essendo il settimo compleanno di Goten, i Son ci invitarono a cena da loro.
Forse la gravidanza mi stava dando alla testa, ma stare un po' in compagnia mi rese stranamente felice.
Il pancione, essendo già al quinto mese, aveva iniziato a formarsi. Avevo spesso nausee e mal di testa molto frequenti e spesso mi sentivo debole.
Eppure, grazie all'allegria formatasi durante quella cena, tutti i dolori passarono in fretta ed io riuscii, ogni tanto, a sorridere.
Dopo cena, però, la mia attenzione fu rivolta, come sempre, verso mia figlia, che si era seduta di fronte al camino assieme a Trunks: Goten si era addormentato poco prima tra le braccia di Chichi, per questo non era con loro a riscaldarsi.
«Hanno più litigato i tuoi genitori?» chiese ad un tratto Marron.
Sul volto del piccolo sayan si formò un sorriso.
«Per fortuna no. Non li ho più sentiti discutere, ma non penso che avrò una sorellina. Almeno, non adesso.» Allungò le mani in direzione del fuoco. «E tu che mi dici? Avrai un fratello o una sorella?»
«Un fratello!» esclamò la piccola contenta.
«Forte! Peccato solo che ti dovrà sopportare per il resto della sua vita...»
Marron fece un dolcissimo broncio. Era troppo facile farla arrabbiare e Trunks ci riusciva alla perfezione.
«Possibile che tu debba sempre arrabbiarti così facilmente?» continuò il bambino dai capelli lilla, in preda ad una risata continua.
Mia figlia si fermò ad osservarlo e l'allegria riuscì a contagiare pure lei che, stranamente, incominciò a ridere.
Possibile che quella nuova gravidanza stesse riuscendo a renderci tutti più felici? 

 

«Mammina! Vieni, presto!»
Mi alzai di fretta dal letto. Di sfuggita, mi era parso di leggere nell'orologio del corridoio che fossero le nove di mattina, ma non ne ero sicura.
«Marron, che succede?» chiesi alla mia bambina, che era seduta nel letto.
Ecco, ci risiamo pensai. Di sicuro si tratta di un altro dei suoi incubi... Anche il mio secondo figlio ne avrà?
Sul suo volto si formò un piccolo sorriso. 
«Ho fatto un sogno sul signor Bu, ma non era cattivo, anzi!»
Mi sedetti sul suo lettino e le accarezzai i capelli biondi.
«E cosa faceva il signor Bu nel tuo sogno?» chiesi.
«Mi ha comprato tantissime caramelle e me le ha regalate tutte!» esclamò contenta. 
Tirai un sospiro di sollievo. Finalmente, potevo dire che gli incubi continui di Marron erano ufficialmente terminati. 

 

Lo stesso pomeriggio, portammo Marron a casa Brief per giocare con Trunks e Goten -Bulma, la sera prima, aveva insistito affinché la portassimo ed io potessi riposarmi un po'. Al contrario, io e Crilin, essendo dicembre, iniziammo a fare i soliti acquisti natalizi, ovvero i regali da fare ai suoi amici.
Non avevo voglia di fare shopping per me stessa. L'idea non mi era passata minimamente per la testa.
Concluse le spese, il terrestre mi portò in un bar in centro. Dopo aver ordinato due cioccolate calde, iniziammo a parlare.
«Senti, 18... Tu hai già pensato ad un nome per il bimbo?»
Presi a soffiare con delicatezza all'interno della tazza.
«No. Ma non sarò io a decidere il suo nome.»
Crilin mi guardò con aria interrogativa.
«Quando ero incinta di Marron, non abbiamo pensato insieme al nome da darle. Eppure, quando lei è nata, tu me lo hai lasciato scegliere senza esitazioni. E' tempo di restituire il favore.» dissi.
Sul volto di mio marito si formò un sorriso.
«Ecco, io... Io stavo pensando a Jirou, se per te va bene.»
Alzai le spalle, sorseggiando un po' di cioccolata.
«Sei tu che devi scegliere, non io.»
Il suo sorriso si fece ancora più luminoso di quanto già fosse.
«Ti ringrazio.»
Poggiai la tazza sul bancone e guardai Crilin negli occhi.
«Vorrei che C17 fosse qui.» sussurrai, anche se lui mi sentì benissimo. «Vorrei che potesse far parte della nostra famiglia.»
Crilin poggiò la sua mano sopra alla mia pancia ed iniziò ad accarezzarla delicatamente.
«Tu e tuo fratello sarete legati per tutta la vita. Non importa quanta distanza vi separi: sarete sempre insieme e quando tu avrai più bisogno di lui, sono certo che verrà in tuo soccorso.»
Sospirai.
«So che veglia costantemente su di me, ma io vorrei poter fare lo stesso.»
«Penso che a lui vada bene così.»
Feci un mezzo sorriso.
«Mi sa che hai ragione tu. Comunque, mi piace il nome Jirou...»
«Ne sono felice. Ma almeno lui, me lo farai allenare?» chiese.
«Vedremo. Se durante le lezioni di volo non lo farai cadere, va bene...»
Fece una piccola risata.
«A mio parere, tu sei davvero un'ottima madre. Anche se magari sei convinta del contrario, io penso che, nonostante qualche piccolo sbaglio, sei perfetta così.»
Inarcai un sopracciglio.
«Cosa speri di ottenere con tutti questi complimenti?» 
Scosse la testa.
«Assolutamente nulla. Sto solo dicendo quello che penso.»
«Allora, in questo caso...»
Mi avvicinai e gli diedi un bacio, poggiando la mia mano sotto alla sua, già a contatto col mio pancione. 


Più i giorni passavano, più le mie forze diminuivano sempre di più. Era come se quel bambino mi stesse risucchiando tutte le energie del mio corpo.
Malgrado ciò, non ne parlai con Crilin: grazie al mio bambino, tra di noi si era creata un'armonia che non c'era mai stata e volevo evitare che si spezzasse.  
Quando lui era presente, cercavo sempre di mostrarmi allegra e pimpante malgrado il dolore. Ma quel giorno, non ci riuscii: per sbaglio, mentre bevevo il caffé, feci cadere la tazza a terra e mi piegai in due dal dolore.
«C18, va tutto bene?» chiese allarmato il terrestre, sorreggendomi.
Annuii, portandomi una mano alla tempia destra. Subito dopo però, svenni e caddi tra le sue braccia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buonasera! E' quasi mezzanotte, però mi è venuta l'ispirazione solo alle undici, per cui... xD
Proprio perché è tardi, il capitolo è molto corto e potrei aver commesso qualche errore, ma l'ho pubblicato comunque perché onestamente mi convinceva.
*e fu così che le arrivarono 37456890216 recensioni negative* hahaha
No va beh, sono seria, per una volta che un capitolo riesce a convincermi pienamente, mi auguro che valga lo stesso per voi.
Aspetto le vostre impressioni :) 

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Capitolo 22
*** Pericolo. ***


 

Eccomi qui!
Eravamo rimasti a quando C18 è svenuta... in questo capitolo, la cyborg sarà priva di sensi e anche se non potrà assistere a ciò che accadrà, sarà comunque la narratrice della storia.
Hope you enjoy it! :)

 

 

22. Pericolo.

 

 

Poco dopo aver perso i sensi, Crilin si affrettò ad informare il maestro Muten -che rimase a casa a controllare Marron- dell'accaduto, dopo di che mi portò di corsa da Bulma. Il terrestre si teletrasportò nel laboratorio della Capsule Corporation, dove trovò proprio la turchina.
«Cosa le è successo?» domandò la scienziata, facendo riferimento al mio corpo.
«E' svenuta di colpo.» rispose Crilin, agitato.
Bulma indicò il lettino, sopra alla quale il terrestre mi adagiò. Fece un'analisi veloce col computer, ma esso non rivelò alcun mal funzionamento della parte robotica del mio corpo, segno che si trattava di un problema fisico.
«Credo sia meglio portarla in ospedale, Crilin. Coi miei macchinari potrebbe volerci più del previsto per capire cosa le è capitato.»
Il terrestre scosse la testa.
«Non possiamo portarla in ospedale. Lei lo detesta.»
«Lo so, Crilin, però...»
«Bulma, Ti prego.» 
La turchina sospirò. 
«Avrò comunque bisogno di una mano.»
Quella mano arrivò in fretta. A Bulma bastò fare un paio di telefonate e nel giro di pochi minuti, alcuni amici medici di suo padre arrivarono alla Capsule Corporation. E non gli ci volle molto per capire cos'avessi.
Considerando la gravità della situazione, tentarono in ogni modo di svegliarmi dal mio coma per salvarmi, ma fu tutto inutile.

 

Passarono minuti, ore, giorni, senza che io mi svegliassi. Jirou continuava a crescere tranquillamente dentro di me e i dottori iniziarono seriamente a preoccuparsi per la mia salute.
Crilin era disperato. Bulma non gli aveva detto nulla riguardo alla mia situazione e temeva il peggio.
Marron, a sua volta, iniziò a chiedere di me e il terrestre fu costretto a dirle che ero in coma, ma le assicurò che presto mi sarei svegliata. 
La mia famiglia, Muten compreso, si trasferì temporaneamente dai Brief per restarmi accanto. Sperarono ogni giorno che io mi svegliassi, ma il mio corpo non esaudì le loro richieste.

 

A distanza di una settimana circa, Bulma decise di parlare della mia situazione con Crilin. Sapeva che per il terrestre non sarebbe stato semplice mandar giù quel boccone amaro, ma era obbligata a dirgli la verità.
Una mattina, lo trovò da solo in cucina, seduto a tavola a bere del caffé. 
«Crilin, dovrei parlarti di... Di C18.» disse la scienziata, con voce tremante.
La turchina si sedette di fronte a lui che, nel frattempo, aveva posato la tazza nel tavolo ed era pronto ad ascoltarla.
«Quando C18 ha scoperto di essere incinta... Lei... Ti ha parlato delle condizioni del feto?» 
Crilin scosse la testa.
«Vedi, Crilin... Fin dal principio, il vostro bambino non si è sviluppato bene. Le avevo detto che, col tempo, avrebbe potuto nuocere anche alla sua salute e le avevo suggerito di abortire...» continuò tutto d'un fiato la scienziata.
Il terrestre la ascoltò in silenzio, con gli occhi spenti.
«Lei... Lei non... Non me l'ha detto...» sussurrò, con le lacrime pronte a scendere.
Bulma gli mise una mano sopra alla spalla.
«Il bambino è debole, Crilin. Per questo motivo, sta usufruendo dell'energia di sua madre. Ma non importa quanta ne utilizzi, lui... Lui morirà comunque se nasce, perché è solo al quinto mese.» spiegò, cercando di usare le parole adatte. «Però, C18...»
Il terrestre deglutì: aveva capito benissimo dove voleva andare a parare.
«Lei è immortale. Non può... Non può morire!» esclamò, sperando che l'amica gli desse ragione.
«E' più complicato del previsto. Come ben sai, l'interno del corpo di C18 è pieno di circuiti. Col tempo, sono riuscita a trovare il modo per renderla una mortale come noi ma... C'è un problema.» Sospirò. «L'unico modo per salvarla sarebbe far nascere il bambino, anche se prematuro. Quando nuoce alla salute della madre, è possibile operarla legalmente. Però, anche se il vostro desiderio è che lei diventi mortale, durante l'operazione, considerando che il dispositivo di energia infinita è collegato al feto, c'è il rischio venga danneggiato e che lei diventi così una mortale. Nelle sue condizioni, però, vivrebbe ancora per poco...»
Crilin aveva iniziato a piangere silenziosamente. Non aveva capito molto, ma gli era chiara una cosa: sarei potuta morire da un momento all'altro. 
«In poche parole... Se Jirou continua ad assorbire la sua energia... Essa potrebbe non essere più infinita?» chiese, tra un singhiozzo e l'altro.
«Esattamente.» rispose la turchina. «Con l'operazione potremmo riuscire a salvarla, ma essendo molto debole, è pericoloso...»
Il terrestre si portò le mani davanti agli occhi, cercando di far terminare il suo pianto.
«So che è difficile, ma devi scegliere cosa fare. Perderai Jirou comunque, ma...»
«Proviamo con l'operazione.» disse Crilin, non del tutto convinto.
«Ne sei sicuro?»
Sospirò.
«Sì. Lo sono.» 
La scienziata abbassò lo sguardo.
«Bene. I medici procederanno domani mattina... Pensiamo positivo.»

 

Quella notte, Crilin non riuscì a chiudere occhio. Osservò a lungo il soffitto verdastro di una delle tante stanze degli ospiti della Capsule Corporation.
Riusciva a sentire i pianti di Marron e la voce di Trunks che cercava di calmarla, anche se si trovavano ad un paio di camere di distanza dalla sua.
Ad un tratto, si alzò dal letto e cercando di non far rumore, giunse fino al laboratorio di Bulma. Si avvicinò al mio corpo privo di sensi ed iniziò a piangere.
«Combatti...» sussurrò, chiudendo gli occhi. «Combatti, C18!»
Nella stanza vi era un silenzio tombale. L'unico rumore che si sentiva era quello emesso dai macchinari e dai computer di Bulma.
Il terrestre allungò il braccio tremante fino alla mia pancia, accarezzandola dolcemente.
«Lo volevo veramente questo bambino... Immaginavo già il giorno in cui sarebbe nato, la gioia che avrei letto negli occhi di Marron di avere un fratellino...» Singhiozzò. «Immaginavo che un nuovo membro nella nostra famiglia avrebbe reso le nostre vite ancora migliori di quanto già non lo fossero. Ma mai e poi mai avrei pensato che... Che avrebbe messo a rischio la tua...»
Ritrasse la mano e prese a guardarmi il corpo. Jirou si era appropriato di quasi tutta la mia forza vitale e di conseguenza, il mio peso era diminuito.
Persino il pancione sembrava aver diminuito la sua massa. 
Si asciugò le lacrime con la manica della tuta.
«Non voglio perderti, 18. Abbiamo fatto tanti sacrifici per stare insieme e per cercare di dare a nostra figlia una vita normale ed io... Io non... Non posso pensare ad una vita senza di te... Non potrei mai farcela...» 
In quel momento, l'attenzione di Crilin fu attirata da una sorta di gridolino, che lo fece voltare.
«Mi dispiace Crilin.» disse Trunks. «Ti ha sentito uscire e ha voluto seguirti...»
Dietro di lui, c'era una Marron disperata, col volto solcato dalle continue lacrime. Da quando ero in coma, non mi aveva più vista: non immagino il dolore che possa provare una bambina di appena cinque anni davanti a quella visione...
«Papà...» sussurrò, iniziando a singhiozzare.
«Va tutto bene.» continuò lui, prendendola affettuosamente in braccio.
«Lei... Lei è...»
«La mamma è viva. Sta solo... Sta solo dormendo.» la rassicurò, sorridendole.
La bambina, però, continuò a piangere disperatamente davanti ad un Trunks scosso e ad un Crilin che non aveva idea di come sarebbero andate a finire le cose per la sua famiglia. 

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Capitolo 23
*** Il passato dimenticato. ***


 

23. Il passato dimenticato.

 

 

Mi risvegliai in un luogo bianco, simile alla stanza dello spirito e del tempo: si trattava dello stesso spazio che avevo sognato il giorno in cui mi ero svegliata dopo essere stata sputata fuori da Cell.
Ma bene.
Mi guardai un po' intorno e cercai di ricordare cos'era accaduto, invanamente. Ad un tratto però, quel bianco accecante mi portò a chiudere gli occhi e ad assistere ad alcuni momenti che, solo in seguito, mi resi conto si trattavano del mio passato da umana.

 

Una bambina dai lunghi capelli biondi e dagli occhi di ghiaccio lanciò una palla arancione in direzione di un altro bambino con gli occhi come i suoi ed i capelli neri.
Il bambino afferrò la palla e sbuffò.
«Dai Harumi, non ne posso più di giocare con la palla. Facciamo qualcos'altro!»
«No! Io voglio giocare a palla!» ribatté la piccola, gonfiando le guancie come faceva Marron.
Il moro lanciò la palla a terra ed entrò all'interno della sua casa. La bambina, a sua volta, raccolse da terra la palla e seguì l'altro bambino.
La loro casa era piccola ma accogliente, situata in un paese dell'Est.
«Masaru, dove sei?» chiese la piccola, raggiungendo in quel momento la cucina e trovandolo intento a mangiare una mela.
«Sono stufo di venirti dietro. Quando dobbiamo decidere a che cosa giocare, te la do sempre vinta. Ma adesso basta, voglio scegliere io!» sbuffò il piccolo, mordicchiando il frutto.
Sul volto di Harumi andò a formarsi un espressione davvero triste: dopo non molto, scoppiò rumorosamente a piangere. Masaru iniziò a sentirsi in colpa e tentò in ogni modo di calmare la sorella.
«Bambini, che succede? Perché fate questo rumore?»
Dalla sala da pranzo, spuntò una donna dagli occhi verdi e i capelli lisci e mori. Prese tra le braccia la bambina e le diede un bacio sulla guancia umida. Le disse di calmarsi e lei smise di piangere all'istante.
«E' colpa mia, mamma.» disse Masaru. «Ho detto ad Harumi che non volevo più giocare a palla e lei...»
La madre, però, lo bloccò ancor prima che il bimbo finisse.
«Harumi, perché non lasci decidere anche a tuo fratello ogni tanto?»
La bionda fece un'espressione malinconica.
«Scusami mammina. E scusami Masaru.»
La piccola si lasciò andare dalla presa della madre e corse verso il fratello. Lo abbracciò di colpo, lasciandogli cadere la mela di mano.
«Mi spiace fratellino, non lo farò più! Da adesso deciderai tu a che cosa giocare!»
In quel momento, fece il suo ingresso un uomo alto, biondo e con gli occhi di ghiaccio.
«Papà, sei tornato!» esclamarono i gemelli, all'unisono.
Corsero incontro al proprio padre, che li prese in braccio teneramente. 

 

La vista mi si offuscò per un momento e divenne tutto nero, fino a quando, ripresi a vedere dopo aver sentito un rumore. 
«Oddio, perdonami Harumi!» disse un ragazzino dai lunghi capelli neri, raccolti in una coda. Non avrà avuto più di tredici anni. «Scusa, vado subito a prendere un...»
«Lascia stare Masaru.» disse la sorella, accovacciandosi di fianco a lui. «Ci penso io.»
«Ma sono stato io a...»
«No. Non l'hai fatto apposta. Ci penso io, davvero.»
Il fratello sospirò e si sedette nel letto della sorella. Masaru aveva infatti fatto cadere i pennelli sporchi di colore della sorella, sporcando una buona parte del pavimento. Harumi pulì e dopo dieci minuti, riprese a dipingere sulla tela. 
«Sei davvero brava.» disse ad un tratto Masaru, incrociando gli occhi cerulei della gemella. «Dovresti andare in una scuola per artisti. Credo che potresti diventare una pittrice famosissima!»
La ragazzina dai lunghi capelli biondi arrossì.
«G-Grazie...»
Il moro afferrò il telecomando del televisore di sua sorella e lo accese. Fu subito attratto da un notiziario che parlava di un incidente avvenuto in città.
«E' stato un vero e proprio massacro.» disse una giornalista.
«Alza un po' il volume.» chiese Harumi, ancora con gli occhi fissi sulla tela.
Il gemello fece ciò che gli fu chiesto.
«Ehi, Harumi, ma quello non è il ristorante in cui sono andati mamma e papà?» chiese il fratello a voce bassa.
La bionda posò finalmente la tavolozza coi colori e si sedette di fianco a suo fratello.
«Sembra che i ragazzini, armati di pistola, fossero interessati solo ai soldi custoditi nella cassaforte del supermercato. Ma secondo la testimonianza di uno di loro, quando una donna ha cominciato ad urlare dallo spavento e il marito ha tentato di calmarla, uno dei suoi compagni abbia sparato ad entrambi. Di seguito vi mostriamo le loro foto, ma per questione di privacy, non diremmo i loro nomi.»
Il volto di Harumi iniziò a rigarsi di lacrime, mentre Masaru urlò, scioccato da quella visione.

 

All'improvviso, chiusi gli occhi, spaventata di sapere cosa sarebbe accaduto dopo. Sapevo cosa mi stava succedendo: stavo ricordando pezzi del mio passato che credevo di aver dimenticato. Non volevo sapere nient'altro, ma purtroppo, gli occhi mi si riaprirono all'istante, senza che io potessi fare nulla per evitarlo.
«Più veloce Masaru, più veloce!» sbottò una ragazza, seduta dietro al fratello in moto.
«Finalmente adesso che abbiamo diciott'anni siamo usciti da quel cazzo di orfanotrofio e possiamo tornarcene a casa nostra!» esclamò il ragazzo, seriamente contento.
Nel tragitto di ritorno, rischiarono di prendere sotto un signore anziano che attraversava la strada sulle striscie pedonali, ma non se ne fecero un problema.
Non appena giunsero nella loro vecchia casa, parcheggiarono la moto nel vialetto e si tolsero i caschi.
«Casa dolce casa.» sussurrò la ragazza, facendo un sorriso.
«Forza Harumi, entriamo.» continuò il fratello, tirandola per il braccio.
Il loro entusiasmo fu però bloccato dal suono di una sirena.
«Harumi e Masaru Kobayashi, fermi dove siete!» disse ad un tratto un uomo, scendendo da un'auto della polizia.
«Merda.» bisbigliò il moro, indietreggiando.
«Che hai combinato?» chiese a bassa voce la gemella, indietreggiando anche lei.
«Diciamo che ho lasciato un ricordino alla cuoca dell'orfanotrofio. Forse un ricordino che non ha apprezzato...»
«Esattamente. La cuoca ha affermato che voi due avete distrutto tutto l'arredo della cucina. Visti i precedenti, non trovo un motivo per non crederle. Ma sapete, ragazzi, ora che avete diciotto anni, rischiate seriamente di essere sbattuti in prigione a causa di tutti i danni che avete causato a questa città.»
Harumi e Masaru si scambiarono un'occhiata, ma prima che compissero qualsiasi movimento, la casa fu circondata da altre quattro auto della polizia.
«Che cosa facciamo ora?» domandò la ragazza.
Improvvisamente, tre delle cinque macchine furono letteralmente carbonizzate da un colpo energetico e alcuni poliziotti scaparono impauriti. I restanti, al contrario, estrassero le pistole. Ad un tratto, un uomo si avvicinò ai gemelli. Lo riconobbi all'istante.
Gelo. 
Uno dei poliziotti sparò alla gamba del dottore, ma lui non si fece nulla, anzi, rispose con un altro colpo energetico, facendo così scappare tutti quanti.
«Che c-cosa sei t-tu?» chiese Masaru, balbettando.
«Che razza di stregoneria è mai questa?» continuò la sorella.
Gelo fece un sorriso falso.
«Sono un dottore, per cui potete stare tranquilli.»
Masaru salì sulla moto e porse il casco alla sorella.
«Anche se scappate, prima o poi finirete comunque in galera, non credete?» disse Gelo.
«Ha ragione.» sussurrò Harumi, dandogli ragione.
«Vi offro un posto nel mio laboratorio.» continuò il dottore, allungando la mano nella direzione dei gemelli. «Ma in cambio, voi dovrete fare una cosa per me...»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Saaaalve :3
Perdonate il ritardo, mi assumo la completa colpa. Al di là di tutto, in questi giorni mi sono svagata con le amiche e ho passato davvero poco tempo davanti al computer, perciò scusate ^^" 
Passiamo al capitolo, che è meglio. Avevo già intenzione di inserire da qualche parte il momento in cui C18 ricorda pezzi del suo passato da umana e ho pensato che questo fosse il momento adatto.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e come al solito, attendo le vostre recensioni :) 

ps il prossimo capitolo, molto probabilmente, sarà l'ultimo della seconda fase della storia ;) 

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Capitolo 24
*** La neve della notte di Natale. ***


 

24. La neve della notte di Natale.

 

 

Quando ritornai nello spazio bianco, all'improvviso, ricordai il motivo per cui mi trovavo laggiù.
«Ricordi cos'è successo subito dopo l'incontro con il dottore?» disse ad un tratto una voce, facendomi alzare lo sguardo.
Poco distante da me, stava C17. Sapevo che era impossibile che lui fosse lì: si trattava quindi della mia immaginazione.
«Ricordo perfettamente.» risposi, con gli occhi lucidi. 
Mi alzai in piedi e sospirai.
«Perché?» domandai. «Perché sto ricordando proprio adesso?»
Gli occhi di mio fratello si socchiusero.
«Non lo so.»
Avvertii uno strano brivido dietro la schiena. Dopo essere svenuta, mi era sembrato di essere andata in letargo. Sapevo di essere in vita, ma al tempo stesso, non avevo alcun controllo del mio corpo, un po' come quando Gelo ci aveva addormentati una volta divenuti cyborg.
«La tua vita è appesa a un filo.» sussurrò C17. «Devi resistere. Devi lottare...»
«Ma io... Io sto davvero bene qui...» cominciai a dire. «Voglio ricordare C17, voglio ricordare ciò che Gelo ha cancellato. E se l'unico modo per ricordare è restare qui, beh, allora...»
Il mio gemello poggiò la propria mano sopra alla mia spalla.
«Eri una bambina dolcissima, Harumi. Eri sempre in cerca di affetto e di coccole e mi facevi spesso arrabbiare. Malgrado questo, ti volevamo tutti un gran bene, anche se facevi spesso dei capricci. Mamma e papà erano due bravi genitori, ci sono sempre stati dietro e hanno sempre fatto di tutto per renderci felici. Eravamo una famiglia così allegra...» Ad un tratto, si fece serio in volto. «Eravamo dei bravi ragazzi. Tu eri bravissima a disegnare, mentre io sognavo di diventare un avvocato, come nostro padre. I nostri sogni si sono infranti in quella maledetta giornata, quando degli stupidi li hanno uccisi per gioco. Non avendo altri parenti in vita, abbiamo passato cinque anni in un orfanotrofio un po' distante da casa. Dopo circa sei mesi, ho notato un mutamento colossale nel tuo carattere. Rispondevi male a tutti, me compreso. Facevi dispetti continui, disobbedivi, insomma... Non eri più tu. Ho cercato di farti ritornare la dolce Harumi di una volta, ma poco dopo, il dolore ha preso il sopravvento anche su di me e siamo diventati due teppisti di prima categoria. Combinavano casini continui, che non potevano essere considerate delle semplici marachelle, ma essendo minorenni e senza alcun tutore legale, non ci hanno mai sbattuti in galera. Poi però, poche settimane dopo il nostro diciottesimo compleanno, ce ne siamo andati. A causa mia, che ho distrutto la cucina dell'orfanotrofio, la polizia ci è subito venuta a cercare. Se non avessi combinato quel guaio, di sicuro non avremmo mai incontrato Gelo...»
«Non è colpa tua.» dissi secca, togliendo la sua mano dalla mia spalla.
Seguì un silenzio tombale, che trascorremmo a guardarci negli occhi.
«Come ti ho già detto, mi piace stare qui. Mi da una sensazione di calma e tranquillità.» spiegai.
«Se resti qui, morirai!»
«Pazienza.» dissi, facendo spallucce.
Nemmeno io mi riconoscevo in quel momento. Non era da me parlare in quel modo, ma era quasi come se le parole mi uscissero di bocca senza che io riuscissi a controllarle. Come se qualcuno stesse parlando al posto mio.
«Preferisci rimanere qui, piuttosto che tornare da Crilin, Marron e Jirou?»
Sentii una leggera fitta al cuore. Davanti ai miei occhi, anziché un ricordo, si materializzarono le nitide figure di mio marito e della mia primogenita. I due erano mano nella mano davanti al grande albero di Natale che, ogni anno, veniva allestito nella piazza principale della Città dell'Ovest.
«Che cosa desideri per Natale quest'anno, piccola?» chiese Crilin, facendo un mezzo sorriso alla nostra bambina.
«Voglio che la mamma si svegli.» rispose Marron, facendo un'espressione triste.
C17 allungò la sua mano verso la mia direzione, facendomi ritornare alla realtà.
«Torna da loro, 18. Torna dalla tua famiglia.»
Con le gambe tremanti, mi avvicinai a lui, stringendo la sua mano nella mia. 

 

Il mio risveglio non fu per niente brusco, anzi. Fu quello che accadde dopo che fu parecchio brusco. Bulma mi prese il viso tra le mani ed iniziò a farmi delle domande insensate del tipo: 'Ma sei davvero tu?', 'Ci vedi bene?' o 'Non capisci quello che dico?'
Soltanto non appena inarcai un sopracciglio e feci la mia solita espressione gelida mi mollò ed iniziò a saltellare allegramente da una parte all'altra del laboratorio.
«Bulma, ma che diamine...»
Nulla. Ancor prima che riuscissi a terminare la frase -come al solito- la turchina si era già precipitata altrove.
Mi massaggiai con cura le tempie e dopo non molto, dalla porta sbucò Marron.
«Mammina...» disse, attirando la mia attenzione.
Mi limitai a sorriderle, facendola così scoppiare a piangere. Mi corse incontro e saltò sopra al letto. La abbracciai forte, cercando di farla calmare.
«Mammina... Sono felice che stai bene... Mi sei mancata tanto...»
Presi ad accarezzarle dolcemente i capelli tenendola stretta a me e rendendomi così conto che il pancione era sparito. Deglutii a fatica e trattenni a stento le lacrime, sormontandole con un sorriso.
«Sono qui tesoro. Sono qui e sto bene.» sussurrai.
Chiusi gli occhi e ad un tratto, sentii due braccia calde stringere me e il corpicino esile di Marron in un tenero abbraccio.
«Tesoro, ti spiace lasciare la mamma e il papà soli un secondo?» domandò il terrestre.
La mia bambina annuì, saltellando allegramente fuori dal laboratorio. Crilin mi guardò a lungo negli occhi prima di baciarmi.
«Cos'è successo?» chiesi, tenendogli ancora il viso tra le mani.
Sospirò.
«Jirou stava assorbendo la tua energia troppo velocemente. Eravate entrambi deboli e la tua vita era appesa ad un filo. L'unico modo per salvarti era far nascere il bambino... Mi dispiace.»
Mi portai una mano all'altezza del ventre, mentre tentavo di mandar su una lacrima pronta a cadere.
«Lui... Quando è...» balbettai, singhiozzando.
«E' morto ancor prima che nascesse. Non aveva la forza necessaria per farcela...» spiegò, passandosi una mano sul viso. «Perchè non mi hai detto subito che la gravidanza avrebbe potuto nuocere alla tua salute?»
Deglutii.
«Perché avevo visto la felicità dentro ai tuoi occhi quando ti ho detto che ero incinta e... Io non me la sentivo di rompere quell'aria di felicità che si era creata in casa. Ero convinta che saremmo riusciti a vincere questa guerra.»
Abbassai lo sguardo, mentre Crilin mise la sua mano sopra alla mia.
«Non ha importanza. Sono davvero dispiaciuto, ma credo che sia il destino. Questa famiglia deve essere composta solamente da noi due e Marron.»
Mi voltai verso la finestra e mi misi ad osservare la neve.
«Dicono che se nevica la notte di Natale porta fortuna. Non a noi a quando pare...» sussurrai.
«Non è vero.» si affrettò a dire Crilin. «Tu sei ancora qui con noi. Non è una fortuna questa?»
Sorrisi, avvicinandomi a lui e baciandolo nuovamente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buonasera! Purtroppo non ho avuto tempo di ricontrollare il capitolo, perciò spero di non aver fatto alcun errore di battitura, non appena potrò controllerò...
Vi avviso che questo è l'ultimo capitolo della seconda parte della storia. La terza parte sarà ambientata dieci anni dopo, più o meno un mese dopo quando Goku è partito per allenare Ub. La terza e quarta parte avranno meno capitoli rispetto alle precedenti, ma avranno comunque un senso logico. Nella prossima, C18 farà ancora -ahimè- dei sogni, ma non saranno brutti, anzi, sognerà pezzi del suo passato che credeva di avere dimenticato ma che in realtà sono ancora nascosti dentro di lei. 

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Capitolo 25
*** Cotte adolescenziali. ***


 

25. Cotte adolescenziali.

 

 

«Dai zio Goten, puoi farcela!» esclamò la piccola Pan, saltellando a piedi nudi sulla sabbia.
«Trunks, vincerai tu!» fecero eco Marron e Bra. «Metticela tutta!»
Quello era uno dei tipici pomeriggi che passavamo alla Kame House. A distanza di un mese dall'ultimo Torneo Tenkaichi, essendo estate, Pan, Bra, Goten e Trunks cominciarono a passare molto tempo nella nostra spiaggia. La loro presenza non mi dava fastidio, anzi, vedere Marron così allegra coi suoi amici, in un certo senso, rendeva felice anche me.
I due giovani sayan, quel giorno, avevano improvvisato una lotta per riscaldarsi.
«Hanno fatto la stessa cosa dieci anni fa, il giorno del quinto compleanno di Marron. Te lo ricordi?» domandai a Crilin, che era seduto sulla sdraio di fianco a me.
Mio marito annuì.
«A quanto pare è vero che il lupo perde il pelo ma non il vizio!» disse, con un sorriso.
«Quei ragazzi non cambiano mai...» continuò Muten, guardandoli con attenzione.
Goten sferrò un calcio verso il viso di Trunks, che però lo parò con il gomito. I due si distanziarono parecchio e scagliarono, a tempo, due onde energetiche potentissime. Tutta quella potenza fece in modo che la sabbia si spargesse per aria, creando un polverone che ci impedì di capire chi avesse vinto.
Quando la polvere cessò di librarsi nell'aria, trovammo entrambi i sayan stesi a terra, sfiniti. Si rialzarono dopo poco e si scambiarono una stretta di mano.
Pan corse incontro allo zio e lo abbracciò, dicendogli che era stato il migliore. Nel frattempo, Trunks si avvicinò alla sorellina e a mia figlia.
«Fratellone, sei stato davvero bravo!» gli disse Bra, dandogli un tenero bacio sulla guancia.
«Tua sorella ha ragione... Sei stato fenomenale!» continuò Marron, arrossendo.
Il sayan dai capelli lilla sorrise ad entrambe.
«E' meglio che noi andiamo. E' quasi ora di cena e se non riporto Pan a casa, mia madre si arrabbia...» spiegò Goten.
«Già, anche io e Bra togliamo il disturbo.» disse Trunks alzandosi in volo, seguito dalla sorella.
«Ci vediamo presto!» urlò Marron ai suoi amici che, ormai, si erano allontanati fra le nuvole.

 

«Quei ragazzi hanno davvero un gran potenziale.» disse il maestro Muten, mentre cenavamo. «D'altronde, sono i figli di Goku e Vegeta.»
«Anche la piccola Pan ci sa fare.» continuò Crilin, addentando un pezzo di pizza. «Chissà se anche Bra incomincerà a lottare...»
Lanciai un'occhiata verso Marron. Da quando i suoi amici se ne erano andati, non aveva proferito parola e sembrava parecchio tesa.
«Va tutto bene?» domandai, attirando la sua attenzione.
Fece cenno di sì con la testa.
Alzai un sopracciglio.
«Sicura?»  
Marron deglutì.
«Ecco... Ti volevo chiedere una cosa.» esordì, con la voce tremante. «Vorrei... Vorrei che tu mi insegnassi le arti marziali, mamma.»
Crilin e Muten si irrigidirono. 
«Hai sempre detto che non ti interessava impararle. Come mai tutto a un tratto ti è venuta voglia di sudare?»
Deglutì di nuovo.
«Perché... Sai com'è, i nemici sono proprio dietro l'angolo e... Beh, io voglio essere preparata, così da non dover sempre dipendere da voi...»
Incrociai le braccia e socchiusi gli occhi.
«Non se ne parla.»
La biondina cominciò a tremare.
«Mamma, io...»
«Ricorderai benissimo ciò che accadde quando ti feci esercitare col volo.» dissi, sormontando la sua voce. 
«Allora ero solo una bambina! Adesso sono più responsabile, quindi...»
«Non ha alcuna importanza. Non ti insegnerò niente.»
«Ma...»
«Marron, non si discute.» 
Mia figlia fece prima un'espressione dispiaciuta, ma poi si alzò in piedi e sbatté violentemente le mani sul tavolo.
«Io ti odio!» gridò, prima di correre al piano di sopra.

 

Il mio sogno di quella notte si ambientava al giorno del mio decimo compleanno. Sia io che C17 eravamo entusiasti di festeggiare coi nostri genitori.
Purtroppo lavorarono tutto il giorno e li vedemmo soltanto all'ora di cena. Nostro padre ci aveva comprato una torta di compleanno alla panna, con su scritto: 'I 10 anni di Harumi e Masaru.' 
«Forza, esprimete un desiderio!» ci disse allegramente nostra madre.
Ci avvicinammo alle candeline e ci stringemmo la mano.
Voglio stare per sempre con mio fratello!

 

La mattina seguente, Marron non scese per colazione. All'inizio immaginai che se ne fosse andata, ma poi, sentii la sua aura e capii che era ancora in camera.
Starà dormendo pensai. Ma quando, a mezzogiorno inoltrato, non la vidi ancora prendere il sole in spiaggia, mi preoccupai.
Bussai molto rumorosamente alla porta di camera sua, ma nessuno venne ad aprirmi. Così, girai la maniglia ed entrai in fretta all'interno della stanza.
Marron se ne stava coricata nel letto ad occhi chiusi, con le cuffiette nelle orecchie. Mi avvicinai a lei e spensi la musica dall'mp3, costringendola ad aprire gli occhi e a guardarmi.
«Che vuoi?» domandò in modo brusco.
Feci un mezzo sorriso.
«Tu vuoi fare colpo su Trunks, non è vero?»
Mia figlia rimase impietrita. Le gambe iniziarono a tremarle e divenne di colpo bianca in viso.
«T-Tu... Come...» balbettò.
«Basta vedere come lo osservi. Hai sempre avuto un debole per lui sin da bambina.» spiegai. «Non ti sei mai interessata alle arti marziali, perciò, ho fatto due più due.»
Si strinse nelle spalle e fece un'espressione triste.
«Trunks e Goten sono i miei migliori amici da sempre e da quando ci sono le bambine è tutto più divertente. Però...» Sospirò. «Pan e i ragazzi pensano solo agli scontri e adesso anche a Bra cominciano a piacere. All'inizio credevo di sentirmi semplicemente esclusa, ma poi, ho capito che lo facevo solo per attirare l'attenzione di Trunks...»
Le feci una carezza sui capelli biondi come i miei.
«Non è con le arti marziali che lo conquisterai, tesoro. Se anche tu gli piaci, è di sicuro per come sei ora. Non devi sentirti costretta a cambiare solo per lui, chiaro?»
Annuì con gli occhi lucidi, facendo un mezzo sorriso. Ad un tratto, si sentì una forte vibrazione. Marron estrasse da sotto il cuscino il suo cellulare e fece un'espressione allegra.
«Mamma... E' lui...» disse entusiasta. «Mi ha chiesto se stasera mi va di fare un giro in città... Che cosa gli dico?»
«Digli che passi a prenderti alle otto.» risposi, con un sorriso.
Marron mi ringraziò e mi mise le braccia al collo.
«Scusami per ieri... Non ti odio davvero, ero solo arrabbiata!»
Appoggiai le mani sulla sua schiena.
«Non fa nulla.» 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed eccomi qui con il primo capitolo della terza parte!
Vi dico subito che ho deciso che il tema principale di questa parte sarà il rapporto madre-figlia tra Marron e C18. Ovviamente Crilin non verrà messo da parte, diciamo solo che Marron parteciperà di più rispetto alla seconda parte.
Beh, non ho molto da dire, oramai sono sempre le stesse cose... Spero vi piaccia e di non aver fatto errori ;) 

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Capitolo 26
*** Fidanzamento. ***


 

26. Fidanzamento.

 

 

Marron fu allegra per tutto il giorno. Quel pomeriggio, inoltre, si mise a spolverare per tutta la casa canticchiando. Quest'azione lasciò molto perplessi Crilin e il Maestro.
«Che cosa le hai detto per renderla così felice?» aveva chiesto mio marito.
Io non avevo risposto; mi ero limitata a sorridergli.
Marron era sempre stata una ragazza lunatica fin dalla tenera età. Bastava una stupidaggine per renderla la persona più felice della terra, ma bastava altrettanto per rendere una giornata la peggiore della sua vita.
Solo io ero a conoscenza del suo appuntamento, perciò, agli altri sembrò strano sentir suonare il campanello dopo cena.
«Chi può essere a quest'ora?» domandò Crilin, che si era appena seduto sul divano con Muten.
Marron corse giù dalle scale con un vestito lilla, salutandoci tutti con un bacio sulla guancia.
«Io esco!» esclamò.
«Con chi?» chiese il terrestre. Ma ormai nostra figlia aveva già chiuso la porta alle sue spalle. 
«Si può sapere dove sta andando? Assieme a chi poi?» continuò mio marito.
Mi sedetti al suo fianco.
«Possibile che non te ne sei accorto?»
Crilin mi guardò con aria interrogativa.
«Accorto di che cosa?»
Feci un mezzo sorriso.
«Tua figlia è innamorata, scemo!»
Crilin strabuzzò gli occhi ed io scoppiai a ridere.
«Se scopro chi è questo mascalzone giuro che gli do una bella lezione!» sbuffò deciso, con lo sguardo teso.
«Si tratta di Trunks.» dissi, sistemando una ciocca dei miei capelli corti dietro all'orecchio.
Il terrestre deglutì rumorosamente, facendo una risatina nervosa.
«Beh, allora v-va b-bene...»
«Va bene? Ma non avevi detto che gli avresti dato una lezione?» domandai, inarcando un sopracciglio.
«M-Ma Trunks lo c-conosciamo t-tutti... E' un b-bravo r-ragazzo...»
Muten scoppiò a ridere, mentre Crilin continuò a balbettare nervosamente. 

 

«Masaru, torniamo a casa!» urlai, cercando di stare al passo di mio fratello.
«Corri più veloce!» disse lui, evitando una pozzanghera.
Mi fermai, lasciandolo andare avanti di qualche metro. Non appena si accorse che non ero più al suo fianco, si fermò anche lui e si voltò verso di me.
«Dai Harumi, andiamo!»
«Dobbiamo tornare a casa! Se la mamma già ci rimprovererà perché siamo bagnati, si arrabbierà ancor di più se si accorge che ci siamo allontanati!» lo sgridai.
Il mio gemello abbassò lo sguardo.
«Si arrabbierà di sicuro, ma voglio comprarle delle rose per la festa della mamma.»
«Piacerebbe anche a me farle questo regalo, ma dobbiamo tornare indietro prima che venga il temporale!»
Masaru fece gli occhi da cucciolo.
«Sorellina... Te lo chiedo per favore...»
Incrociai le braccia e tentai di resistergli, ma dopo poco, sospirai e lo tirai per il braccio verso il negozio di fiori, che distava ancora più di dieci minuti a piedi.
«Ti prometto che se la mamma si arrabbierà, mi prenderò tutta la colpa!» sussurrò Masaru, una volta davanti al negozio.
Io però scossi la testa e sorrisi.
«Non importa se la colpa è davvero tua. Diremo che è colpa di entrambi.»
Gli occhi di mio fratello si illuminarono, come a dirmi grazia col cuore. Ci abbracciammo sotto la pioggia, mentre la signora anziana del negozio ci coprì con un ombrello e ci invitò ad entrare.

 

Quando scesi per fare colazione, trovai Marron e Crilin già in cucina.
«Buongiorno!» esclamò mio marito, posando due tazze di caffè sul tavolo.
Marron mormorò un buongiorno con la bocca piena.
«Com'è andata la serata?» chiese Crilin, sorseggiando un po' di caffè. «Ti sei divertita?»
Mia figlia alzò le spalle.
«Sì, abbastanza.»
Porta una fetta biscottata all'altezza delle labbra.
«Tu e Trunks vi siete fidanzati?» domandai.
Marron si sporse in avanti e tossì molto rumorosamente; per poco non rischiò di strozzarsi con il thé.
«Mamma... Cosa...» balbettò, arrossendo.
«Tranquilla tesoro, la mamma mi ha detto che uscivi con Trunks.» la rassicurò suo padre, con un dolce sorriso.
Marron divenne tutta rossa e chiuse gli occhi per la vergogna.
Crilin si schiarì la voce.
«Se vi siete messi insieme puoi dircelo, non abbiamo niente in contrario. E poi...»
«E va bene, avete vinto voi!» sbottò Marron, con fare scontroso. «Io e Trunks ci siamo fidanzati, contenti?»
Detto questo, mia figlia si diresse a passo veloce fuori dalla Kame House.
Crilin mise le mani dietro alla testa e si dondolò sulla sedia.
«Sono sicuro che Trunks riuscirà a renderla felice.» disse, guardando il soffitto.
«Lo penso anch'io.» continuai.
Ma di sicuro non la renderà tanto felice quanto tu hai fatto con me pensai nella mia mente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E anche il capitolo 26 è andato!
Negli ultimi giorni esco sempre meno, così mi sono dedicata a scrivere. Qui da me piove quasi tutti i giorni. Bell'estate! -.-
Tralasciando le previsioni meteo, ormai penso che vi aspettaste il fidanzamento tra Marron e Trunks.
Non ho molto da dire, perciò... Alla prossima! 

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Capitolo 27
*** Zio C17. ***


 

27. Zio C17.

 

 

Presi a correre in riva al mare, mano nella mano con mio fratello. I nostri genitori ci avevano portati al mare per un giorno: non faceva molto caldo, perciò, la spiaggia era quasi vuota.
«Non allontanatevi troppo!» esclamò nostro padre.
Ma noi eravamo già distanti per sentire le sue parole.
Era piacevole correre a piedi nudi sulla superficie bagnata della sabbia, così come era piacevole sentire il vento venirci incontro. Masaru si fermò di colpo, mollando così la presa della mia mano.
«Che succede?» domandai, notando che si era accovacciato.
«Ho visto qualcosa.» rispose.
Scavò leggermente sulla superficie ed estrasse una conchiglia violacea. Entrambi la guardammo imbambolati dalla sua bellezza.
«E' meravigliosa...» sussurrai.
Mio fratello me la porse tra le mani.
«Te la regalo.» disse.
«Non posso accettarla. L'hai trovata tu...»
Masaru sorrise.
«Ma tu sei mia sorella e voglio regalartela perché ti voglio bene.» 

 

Da quando lei e Trunks si erano fidanzati, Marron passava parecchio tempo fuori casa e pareva molto allegra. Crilin era felice che si trattasse del figlio di Bulma e non di un qualsiasi altro ragazzo trasandato.
Quel pomeriggio, quando tornò a casa dopo l'ennesimo appuntamento, Marron mostrò a me e Crilin una foto scattata quel pomeriggio assieme a Trunks.
«E' la nostra prima foto insieme!» disse allegramente, arrossendo un po'. «Posso metterla nell'album di famiglia?»
Crilin annuì.
«Va bene. Prendilo, qualche giorno fa gli ho dato un'occhiata e l'ho messo sulla mensola laggiù.» rispose, indicando la mensola vicino alle scale.
Marron fece come le fu detto, ma non appena prese tra le mani l'album, scivolò una foto. Mia figlia la raccolse, ma essendo ancora distante, non mi resi conto di quale fotografia si trattasse.
«Chi è questo ragazzo?» domandò, mostrandoci il soggetto dell'immagine.
Rabbrividii. La foto raffigurava me e C17.
Marron fece un'espressione confusa.
«Allora, mamma? Si può sapere chi è?»
Sentii la gola seccarsi all'improvviso. Crilin mi lanciò un'occhiata. Marron sapeva tutto di me, sapeva che ero un cyborg, sapeva il motivo per la quale ero stata costruita, sapeva i danni che avevo causato, sapeva che ero immortale: sapeva tutto quanto. Ma c'era un particolare di cui non le avevo mai parlato.
C17.
«Lui è...» incominciai a dire. Deglutii. «Lui è tuo zio, Marron. Si chiama C17 ed è... Mio fratello gemello.»
Mia figlia lasciò la presa sulla fotografia, facendola cadere nuovamente a terra.
«Io ho... Uno zio?» bisbigliò, con gli occhi persi nel vuoto.
Annuii, con fare dispiaciuto.
«Perché... Perché non me ne ha mai parlato nessuno?»
«Marron, io e C17 non eravamo delle brave persone. Abbiamo causato parecchi danni e...»
«Non c'entra ciò che avete fatto in passato. Lui è sempre mio zio e tu avresti dovuto farmelo conoscere!» sbottò.
Strinsi le mani a pugno, trattenendomi dall'alzare la voce.
«Io ho deciso di unirmi ai guerrieri Z, ma lui ha preferito uscire dalla mia vita. Pensi che sia facile dire ad una bambina che allo zio non interessa minimamente conoscerla?»
Mia figlia fece un'espressione più che arrabbiata.
«Stai solo parlando a vanvera. Sono certa che zio C17 mi vorrebbe conoscere volentieri, solo che non sa della mia esistenza.» affermò convinta, incrociando le braccia. «Vedrai che lo troverò e ti dimostrerò che ho ragione!»

 

Era una serata di fine estate e presto io e Masaru saremmo ritornati a scuola. Eravamo seduti in giardino dietro casa; io guardavo il panorama, mentre mio fratello leggeva una rivista che avevamo comprato insieme quel pomeriggio.
«Hai già fatto i compiti di matematica?» domandò il mio gemello, posando il giornalino sull'erba.
Annuii.
«Masaru, torniamo a scuola tra meno di una settimana. Non hai ancora fatto nulla?»
Scosse la testa e fece una linguaccia.
Io invece sospirai.
«Dai, ti lascerò copiare i miei...» dissi, facendogli illuminare gli occhi.
«Grazie mille sorellina. Sei sempre la migliore!» esclamò, con un sorriso. «Guarda Harumi!» continuò, indicando il cielo.
Una scia luminosa si fece spazio in cielo: quella era la prima stella cadente che vidi in vita mia.
Chiusi gli occhi ed incrociai le dita delle mani.
Desidero che questo momento duri per l'eternità. Voglio stare per sempre assieme a mio fratello. Desidero solo questo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Konbanwa minna!
Vi chiedo scusa se ultimamente i capitoli sono un po' corti, ma non è perché ho poca immaginazione, anzi, a dire il vero ho tante idee ma purtroppo a me non è mai piaciuto fare capitoli lunghissimi, ho sempre preferito farli brevi ma con cognizione...
Comunque, se non sbaglio nell'anime non si sa se Marron sapesse chi fosse C17 o meno. In GT, quando ha ucciso Crilin, C17 si riferisce a C18 come 'sorellina' e lei come 'fratellino', per cui, se Marron non ha detto nulla, immagino sapesse chi fosse. Ho voluto così descrivere il momento in cui Marron viene a conoscenza di avere uno zio e ormai conosciamo il suo bel caratterino ;) hahaha
Ho scritto delle trame per ogni capitolo e me ne escono abbastanza da arrivare a 38 capitoli in totale, se riesco a trovare ancora un paio di idee riusciamo ad arrivare a 40 tondi tondi, sennò rimaniamo così.
Aspetto le vostre impressioni :) 

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Capitolo 28
*** Non spezzarle il cuore. ***


 

28. Non spezzarle il cuore.

 

 

Quando ci si metteva, Marron sapeva essere davvero testarda, certe volte anche più di me. Voleva a tutti i costi conoscere C17, ma anche se lui, nel corso degli anni, aveva smesso di azzerare la sua aura, ero certa Marron non sarebbe riuscita a localizzarla. Era da tanti anni che non si allenava.
Magari avrebbe chiesto a Trunks o a qualcun altro di farlo per lei, ma dubitavo fortemente che lo avrebbero fatto.

 

Il primo giorno in cui io e Masaru andammo a vivere nell'orfanotrofio fu davvero devastante. Io continuavo a piangere per la perdita dei nostri genitori e lui cercava di essere forte per me. Alcuni ragazzi e ragazze della nostra età cercarono di fare amicizia, ma noi non li considerammo più di tanto.
Ci riservarono una stanza con due letti singoli, ma la prima notte ci coricammo entrambi nel mio.
«Adesso basta Harumi.» sussurrò dolcemente, asciugandomi le guance con il palmo della sua mano.
«Non voglio... Non voglio vivere qui...» dissi, singhiozzando. «Mamma e papà... Mi mancano già tanto...»
Il mio gemello mi spostò una ciocca di capelli dal viso.
«L'importante è che noi due restiamo uniti. Andremo avanti insieme, sorellina.»

 

Pochi giorni dopo che Marron aveva scoperto di avere uno zio, riuscii a localizzare la sua aura: proveniva da una collinetta situata a nord. 
Giunta a destinazione, atterrai vicino ad una casetta di legno con un piccolo portico.
«Cosa ti porta qui?»
Mi voltai di scatto e sorrisi al mio gemello che, al contrario, aveva un'espressione stupita in volto. Di certo non si aspettava che sarei andata a cercarlo.
«Non sei cambiato di una virgola!» esclamai, non rispondendo così alla sua domanda.
«Neanche tu, se non forse per... I capelli. Ogni volta che ti vedo sono sempre più corti.»
Si avvicinò e mi abbracciò di slancio, baciandomi sulla chioma.
«Allora, vuoi dirmi che cosa ci fai qui?» chiese ancora.
Si alzò un leggero venticello, che fece volare alcuni petali di fiore di ciliegio vicino a noi.
«Mia figlia ti vuole conoscere.» dissi tutto d'un fiato.
Mio fratello mi guardò a lungo negli occhi prima di parlare.
«Non è possibile esaudire il suo desiderio.»
«Lo so, C17, ma quando vuole Marron è davvero una testa calda.»
«Come sua madre, no?» ironizzò.
Sospirai.
«A volte è peggio di me. Non appena è stata messa al corrente della tua esistenza, si è messa d'impegno per cercarti. Le ho spiegato che non vorrai mai far parte di questa famiglia, ma lei non mi ha creduto...»
Mio fratello incrociò la braccia. Quel pomeriggio faceva davvero caldo, per cui mi chiesi come facesse a resistere coi jeans e una maglietta a maniche lunghe.
«Posso anche conoscere la ragazzina...» esordì, tirandosi su le maniche della maglia. «Sappi però che non cambierò idea. Ti farò solo questo favore, parleremo giusto un quarto d'ora e poi non sarà più un mio problema quello che accadrà dopo. Chiaro?»
Annuii.
«Ti ringrazio.» sussurrai, alzandomi in volo. «Cerca solo di non spezzarle il cuore, ti prego. Lei ci tiene davvero ad incontrarti.»

 

«Harumi, nemmeno oggi hai appetito?» chiese la cuoca dell'orfanotrofio, notando che, mentre i piatti di tutti gli altri erano vuoti, il mio non era nemmeno stato toccato.
Risposi semplicemente facendo cenno di negazione con la testa.
«Dovresti cominciare a mangiare. Se continui così...» cominciò a dire Masaru, ma io lo bloccai.
«Non ho fame.»
Dopo di che mi alzai ed uscii in cortile per prendere un po' d'aria. In un angolo, sotto ad un albero, c'erano due bambini che giocavano con la palla e dal lato opposto, sedute su una panchina, delle ragazze più grandi di me che chiacchieravano.
«Sei qui da sola?»
Mi voltai e seduta vicino a me trovai una bambina dai capelli neri.
«Perché non mangi mai nulla?» continuò, guardandomi negli occhi.
Distolsi lo sguardo e mi persi nei miei pensieri.
«Tuo fratello ci ha spiegato come mai siete qui. Volevo dirti che mi dispiace per i tuoi genitori...»
Alzai la testa.
«Non preoccuparti.» dissi, con fare triste.
«Anche io ho perso i miei genitori e mia sorella maggiore un anno fa, a causa di un incidente stradale. Mi sono salvata perché ero a casa di un'amica...» Sospirò. «La cosa più distruttiva è stata perdere anche Tomoko... Tu le somigli molto e avevate la stessa età!»
Cercai di sorridere, ma non ci riuscii.
«Comunque scusa se non mi sono presentata... Mi chiamo Kiku, piacere di conoscerti!» esclamò, allungando la mano.
Allungai a mia volta la mia.
«Il piacere è tutto mio, Kiku.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve! ^^
Questa volta sono riuscita ad aggiornare più in fretta del solito!
Volevo solo puntualizzare (anche se ormai penso si sia capito) che i sogni di C18 non seguono esattamente un ordine cronologico. Cioè, nello scorso capitolo erano bambini, in questo adolescenti, ma nel prossimo potrebbero essere di nuovo bambini e così via.
Beh, spero come sempre di non aver fatto errori, anche se ho ricontrollato ;) 

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Capitolo 29
*** La mamma ha sempre ragione! ***


 

29. La mamma ha sempre ragione!

 

 

Quel giorno, nostro padre aveva deciso di portare tutta la famiglia a pescare. Lo faceva spesso con Masaru, ma non aveva mai portato me e mia madre.
«Papà, ha abboccato ancora!» esclamò contento il mio gemello, dopo aver pescato la sesta trota.
«Bravissimo Masaru! Se continuiamo così avremmo pranzo e cena per una settimana!» esclamò mio padre.
E difatti era così, ma non di certo grazie a me. Mio padre era un esperto della pesca e nel giro di pochi minuti, anche mia madre era riuscita ad acchiapparne alcuni belli grossi. Il mio secchio invece era ancora vuoto. Questo perché quelle poche volte che un pesce abboccava, io ero distratta e me lo lasciavo scappare, oppure, in preda al panico, muovevo velocemente la canna anziché tirare su il filo.
«Non ce la farò mai.» dissi con un sospiro.
Mio fratello poggiò le sue mani sopra alle mie.
«Dai, ti aiuto!» esclamò, con un sorriso.
Ricambiai il sorriso. Mio fratello, anche nelle situazioni meno importanti, era sempre pronto ad aiutarmi.

 

Bussai alla porta della camera di Marron con delicatezza. Era mattina presto ed immaginai che mia figlia stesse ancora dormendo.
«Cosa c'è?» chiese in tono brusco, aprendo la porta di scatto.
Mi spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Vuoi ancora conoscere tuo zio?» domandai, anche se la risposta era ovvia.
Annuì. «Certo.»
Incrociai le braccia e sospirai.
«Se vuoi, domani ti porto da lui e te lo faccio conoscere.» 
Gli occhi di Marron si illuminarono e in men che non si dica, mi ritrovai fra le sue braccia.
«Sì... Ne sarei davvero felice.» sussurrò, appoggiando la testa sulla mia spalla e sorridendo.

 

L'indomani mattina, portai Marron a casa di C17 con il teletrasporto. Avevo chiesto anche a Crilin se gli andava di venire con noi, ma lui preferì restare a casa.
Dopo un'attesa lunga una buona mezz'ora, mia figlia cominciò a spazientirsi e prese a battere nervosamente il tallone del piede sinistro. La nostra attenzione fu attirata da un rumore di passi, che ci portò a voltarci. Quando Marron vide suo zio, sul suo volto si formò un enorme sorriso. Corse incontro a C17 e lo abbracciò; il mio gemello ricambiò la stretta, ma si staccò quasi subito e la guardò negli occhi.
«C17... Io...» balbettò, arrossendo lievemente. «Io sono tua... Sono tua...»
«So chi sei, Marron.» la interruppe C17, abbozzando un sorriso.
Mia figlia annuì, osservandolo con adorazione.
«Zio, sono venuta fin qui per chiederti se... Beh, se ti va di unirti alla nostra famiglia!» esclamò speranzosa. «Non sapevo di avere uno zio, ma non appena ne sono venuta a conoscenza, ho fatto il possibile per trovarti e...»
«E hai fatto male.» riprese a dire lui, diventando stranamente serio.
Marron fece un passo indietro.
«Tu... Non vuoi?»
C17 scosse la testa.
«Perché?» domandò confusa. Non vuoi avere una famiglia? Non vuoi conoscere a fondo me e mio padre? Perché non vuoi?»
«Perché io sto bene così, Marron.»
«Ma...» cercò di controbattere, ma C17 le diede le spalle e si diresse verso la sua casa. «...io voglio conoscerti.» continuò.
Il mio gemello si fermò, ma non si voltò.
«Anche tua madre avrebbe voluto che facessi parte della vostra famiglia, ma sono stato io a decidere di non farne parte. Perciò, va' avanti per la tua strada. Non hai affatto bisogno di me.»
Detto questo, entrò in casa sua sbattendo la porta. 

 

Eravamo tornate alla Kame House verso l'ora di pranzo, restando in silenzio durante tutto il pasto. Non appena ebbe finito di mangiare, Marron se ne andò velocemente.
«E' andata così male?» domandò Crilin, aiutandomi a mettere i piatti nella lavastoviglie.
«Meglio di come immaginavo.» ammisi. 
«Dovresti andare a parlare con lei.» s'intromise Muten. «E' pur sempre una ragazzina che è stata rifiutata da suo zio...»
Mi resi conto che il maestro aveva ragione. Quando voleva mia figlia sapeva essere testarda e forte, ma aveva pur sempre un cuore.
Uscii di casa e la trovai seduta sulla spiaggia, intenta ad osservare il mare. Mi misi di fianco a lei, facendole alzare lo sguardo nella mia direzione.
«Va tutto bene?» chiesi, accarezzandole il braccio.
Lei annuì.
«Ci sei rimasta male?» continuai.
«Inizialmente sì, però...» Sospirò. «Beh, tu mi avevi avvertita e... Sono stata stupida a non crederti. Me lo merito.»
Si slacciò le due codine e prese a giocherellare coi due nastri.
«Però non riesco a capire perché non voglia far parte di questa famiglia!» sbottò, diventando bordò dalla rabbia.
«Prima di essere trasformati in cyborg, i nostri genitori sono morti  e con tutte le cose brutte che ci sono capitate anche dopo, penso che lui preferisca non affezionarsi a qualcuno che potrebbe veder morire.»
Il viso di Marron ritornò lentamente al suo colore naturale e mi regalò un bel sorriso.
«Immagino tu abbia ragione, mamma!» 

 

«Harumi, è vero ciò che hanno detto prima quei bambini?» chiese Masaru, in tono brusco.
«Non li ho sentiti. Cos'hanno detto?»
Incrociò le braccia. «Che hai detto che i loro genitori li hanno abbandonati perché non gli vogliono bene. E' vero o no?» 
Non risposi. Era già orribile ciò che avevo detto a quei bambini, figuriamoci se avevo il coraggio di mentire, a mio fratello poi!
«Hai combinato tanti di quei casini in meno di un mese... Stai cambiando troppo.» sussurrò, incredulo.  
«Il dolore cambia le persone. La mamma me lo diceva sempre.» conclusi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti :3
Oggi non sono stata molto bene e -caso vuole- è finalmente uscito un po' di sole ed io me ne sono stata in casa ^-^"
Comunque, ho cercato di fare il capitolo più lungo possibile.
Se vi può interessare, ho cominciato da poco una raccolta di drabbles su C18 e Crilin, perciò, se vi va, date un'occhiata! Qui il link della raccolta :) 

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Capitolo 30
*** Due splendide sorelline. ***


 

30. Due splendide sorelline.

 

 

«Bra, è la terza volta che ti vedo qui in cucina a mangiare del gelato. Non pensi sia il momento di smetterla?»
La bimba dai capelli celesti controllò di non aver sporcato di cioccolata il vestitino a pois. 
«No no!» esclamò, continuando a mangiare.
«Sì, invece.» continuai. «Questo è l'ultimo, altrimenti ti verrà mal di stomaco.»
Gli occhi di Bra cominciarono ad inumidirsi.
«Ma... Ma..» balbettò. «E' stata Marron a dirmi che potevo mangiare tutti i gelati che volevo...» 
La tempia destra cominciò a pulsarmi e la figlia di Vegeta cominciò ad indietreggiare. Uscii in fretta dalla Kame House e localizzai subito mia figlia: era seduta sulla sabbia assieme alla piccola Pan e insieme stavano costruendo un castello.
Proprio in quel momento, arrivarono Goten e Trunks.
«Scusa il ritardo tesoro, ma sai com'è mio padre quando si tratta di allenamenti!» esordì il sayan più grande.
Mia figlia scosse la testa. «State tranquilli, io...»
«Ti rendi conto di ciò che hai fatto?» sbottai, mettendomi davanti a loro.
Marron alzò un sopracciglio.
«Di che parli, mamma?»
Mi voltai verso i sayan che, spaventati dal mio sguardo, cominciarono a tremare e se ne andarono a gambe levate con le bambine.
«Allora?» continuò, incrociando le braccia. 
«Hai detto a Bra che poteva mangiare tutti i gelati che voleva!?»
«E quindi? Ce ne sono tantissimi, mica rimaniamo senza!» 
«Non è questo il punto, Marron. Se tre gelati di fila fanno star male tuo padre, figuriamoci che effetto potrà mai avere su una bambina di sette anni!»
Mia figlia sbuffò. «E' una mezza sayan e i sayan non si fanno problemi col cibo.»
«Non importa. Un giorno anche tu avrai un bambino e dovrai responsabilizzarti e capire cosa è giusto e cosa non lo è.»
«Proprio tu vieni a dirmi una frase del genere?» concluse, dirigendosi all'interno della casa.

 

Erano passati più di cinque mesi da quando io e mio fratello eravamo andati a vivere all'orfanotrofio, quattro da quando avevo conosciuto Kiku. Quella bambina era riuscita, piano piano, a strapparmi un sorriso di tanto in tanto. Nonostante avesse qualche anno in meno di me, era l'unica amica che avevo.
Quel giorno, non avendola vista a fare colazione, andai nell'ufficio della direttrice dell'orfanotrofio e chiesi di lei.
«Mi dispiace tanto Harumi, ma qualche settimana fa una coppia ha fatto richiesta per adottare Kiku... Nemmeno lei ne era al corrente, anzi, l'ha saputo solo ieri e questa mattina, prima che voi vi svegliaste, i suoi nuovi genitori sono venuti a prenderla...»
Dopo aver sentito quelle parole, mi sembrò come se il mondo mi fosse crollato addosso per la seconda volta.
Rimasi tutto il giorno in camera mia a piangere, ma verso sera, la disperazione si trasformò in rabbia.
Perché le cose brutte devono succedere tutte a me? pensai. E così, dissi a dei bambini che erano stati messi in adozione perché i loro genitori li odiavano. Quella fu la prima cosa brutta che feci nella mia vita.

 

In quel periodo Marron era strana. Certo, col suo carattere lo era sempre, però... Era diverso. Ogni volta che venivano Pan e Bra a giocare lei era al settimo cielo, ma quando andavano via sul suo volto si formava un'espressione malinconica e parlava molto poco. Non si era mai comportata così.
Un giorno, Marron chiamò i fratelli delle due bimbe e gli chiese di farle venire alla Kame House, ma i due sayan le dissero che Pan era andata coi suoi genitori a fare un picnic, mentre Bulma avrebbe portato Bra in città. Mia figlia ci rimase male e si mise a guardare ripetutamente il nostro album di foto.
«Sarà la quarta volta che lo ricominci.» dissi ad un tratto, sedendomi vicino a lei. «Si può sapere che ti prende?»
Lei fece spallucce e si soffermò su una fotografia che avevamo scattato il giorno del suo primo compleanno.
«E' tutto ok.»
«No, non lo è. Voglio che tu mi dica cosa ti turba.» Rimasi in silenzio per qualche secondo. «Ultimamente non fai altro che stare con Bra e Pan e quando loro non ci sono ti zittisci. Perché ti comporti così?»
Marron chiuse di scatto l'album e mi guardò negli occhi.
«Io... Io...» sussurrò, cominciando a piangere in silenzio. Si coprì gli occhi con le mani e singhiozzò. «Mamma, è tutto ok... Davvero, io sto bene, non c'è niente che...»
La strinsi con forza in un caldo abbraccio, accarezzandole lentamente la schiena nella speranza di calmarla un po'.
«Io... Sono triste perché...» cominciò a dire, con la voce tremante. «Io... Sono triste per... Per Jirou...»
Spalancai gli occhi. Negli anni, anche se con un po' di fatica, ero riuscita a non sentire la mancanza di Jirou più di tanto, ma mai avrei immaginato che anche Marron avrebbe sofferto.
«Tesoro, io... Io non so che dire...» ammisi.
«Non c'è niente da dire.» continuò, asciugandosi le lacrime. «Mi manca una persona che neanche ho conosciuto...»
«Era tuo fratello, Marron. E poi, anche io sono molto dispiaciuta, ma...»
Mi bloccai. Una parola sbagliata e mia figlia sarebbe -sicuramente- scoppiata nuovamente in lacrime.
«Marron, cosa c'entra Jirou con l'affetto che provi verso Bra e Pan?» chiesi, cambiando completamente discorso.
Lei scosse la testa. «Niente, solo che la loro presenza mi ha fatto capire che avere un fratello o una sorella ti rende davvero la vita migliore. Così ho iniziato a pensare a Jirou e a come sarebbe stata la mia vita se lui fosse nato...»
Singhiozzò e riprese a piangere.
In quell'istante, qualcuno suonò il campanello diverse volte, ma io non mi mossi dal divano e continuai ad abbracciare mia figlia. Dopo un po', Muten, che era nella sua stanza, andò ad aprire e nel salotto giunsero le piccole Bra e Pan.
«Marron!» esclamarono all'unisono, correndole incontro.
Mia figlia sciolse l'abbraccio.
«Cos'è successo?» domandò la sorella di Trunks.
«Perché piangi?» continuò l'altra.
Marron si asciugò di nuovo le lacrime. 
«Siete venute qui da sole?» chiese, non rispondendo così alle loro domande. 
Pan annuì. «Ci dispiaceva di non essere venute a giocare oggi, allora ti abbiamo fatto una sorpresa!»
Marron sorrise e accolse le due bambine tra le sue braccia.
Non hai bisogno di Jirou pensai. Davanti a te hai già due splendide sorelline. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono le 00:25 ed ecco a voi il numero 30!
E' tardi e mi sentivo ispirata, però non ho ricontrollato il capitolo (domani mattina, con la mente un po' più lucida, lo farò xD) 

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Capitolo 31
*** L'approvazione di Vegeta ***


 

31. L'approvazione di Vegeta

 

 

«Buon compleanno Kiku!» esclamai.
La mia amica si era appena svegliata ed io, prima che andasse a far colazione, l'avevo aspettata davanti alla porta della sua camera. Allungai le braccia nella sua direzione e sorrisi, porgendole un pacchettino rosso.
Kiku prese tra le mani il pacchetto e lo aprì rapidamente, facendo attenzione a non romperlo. Non appena vide il contenuto, i suoi occhi si illuminarono.
«L'ho preso con gli ultimi risparmi che i nostri genitori avevano messo da parte.» spiegai.
La bimba mise il braccialetto nero con le perline bianche al polso.
«E' bellissimo!» disse tutta contenta. Estrasse il biglietto dall'interno del pacchetto e si mise a leggerlo a voce alta. «"Cara Kiku, ci conosciamo da appena un mese, ma sei già riuscita a conquistarmi. Con la tua allegria, riesci sempre a contagiarmi e a farmi sorridere nei momenti più bui. Sei la mia migliore amica, come una sorella minore. Felice nono compleanno, sorellina!"»
La mia piccola amica mi guardò, con gli occhi lucidi. Si lanciò nella mia direzione e mi mise le braccia al collo.
«Ti voglio bene, Harumi!»
Arrossii lievemente. Nessuno, oltre ai miei genitori e Masaru, mi aveva detto di volermi bene. Nessuno.

 

«Questo pollo è ottimo!» esclamò Trunks, mangiando un'intera coscia in una volta sola.
«Lo vedo!» disse Crilin, divertito.
Marron fece una piccola risata, arrossendo un po'. 
Mio marito bevve un sorso d'acqua. «Allora domani sera ceniamo da te?» 
Il figlio di Vegeta smise per un secondo di masticare. Si mise una mano davanti alla bocca e cominciò a tossire; di sicuro gli era andato un boccone di traverso.
«D-Di che parli?» balbettò il sayan.
«E' stata tua madre a chiedercelo. Ci ha chiamati poco prima che arrivaste.» continuò mio marito.
«Sicuramente è per parlare della nostra relazione!» disse Marron, eccitata. «In fondo, da quando ci siamo fidanzati, non ho ancora avuto il piacere di parlare coi tuoi genitori!»
Trunks abbozzò un sorrisino tirato.
Finito di mangiare, il sayan ci aiutò a sparecchiare e a lavare i piatti.
«Adesso devo proprio andare. E' stato un piacere cenare con voi!» disse.
Feci un sorrisino beffardo. «Vieni, Trunks, ti accompagno alla porta.»
Il giovane dai capelli lilla deglutì, dopo di che salutò Marron e Crilin e mi seguì fino all'esterno della Kame House.
«Devi dirmi qualcosa?» domandò. Le sue gambe cominciarono a tremare.
Incrociai le braccia. «Non sembravi molto felice quando Crilin ha menzionato la telefonata di tua madre. Qualcosa mi dice che i tuoi non sanno del tuo fidanzamento con Marron, o sbaglio?» 
Il mezzo terrestre deglutì nuovamente. Mi guardò negli occhi per qualche secondo, con uno sguardo terrorizzato.
«Conosci bene mia madre e sai che ogni anno, quando comincia l'autunno, invita tutti a pranzo alla Capsule Corporation. Tutta la famiglia Son è andata in vacanza non so dove e...» Sospirò. «Marron è convinta che i miei lo sappiano, invece...»
«Non hai avuto il coraggio di dirglielo.» lo anticipai, ancora col mio sorriso freddo stampato in faccia.
«Non è esattamente così. Mia madre ha sempre avuto un debole per Marron e sono certa che farà i salti di gioia non appena lo saprà. Però, non posso dire lo stesso riguardo a mio padre...» Fece un piccolo buco nella sabbia, modellandolo con la punta della sua scarpa. «So che vi odiate a morte e ho paura che lui possa non essere contento di questa relazione. E' la sua rezione che mi spaventa di più...»
Io e Vegeta non eravamo mai andati d'accordo, per questo, dopo l'inizio della mia relazione con Crilin, avevo sempre cercato di evitarlo. Malgrado ciò, ci scambiavamo spesso frecciatine e ci stuzzicavamo a vicenda.
«C18, se Marron scopre che i miei non lo sanno, si arrabbierà tantissimo, ma i miei devono saperlo! Perciò, ti prego... Dammi una mano!» 
Alzai un sopracciglio e lo guardai di sbiego.
«Assolutamente no!»
I suoi occhi cominciarono a brillare.
«So che tra di voi non scorre buon sangue, ma io ti sto implorando! Aiutarmi, per favore!»
Sbuffai, spostando il peso da una gamba all'altra.
«Lo farò soltanto perché non ti conviene vedere Marron arrabbiata.» conclusi, con un occhiolino. 

 

«Maledetti! Andate al diavolo!» urlò la commessa del negozio di abbigliamento.
Io e mio fratello ci scambiammo un'occhiata e scoppiammo a ridere. Avevamo rubato una grande quantità di vestiti, scarpe, magliette e pantaloni. Fra tutti e due, avevamo una ventina di borse fra le mani.
«E anche questa è fatta!» esclamò Masaru, col fiatone. 
Ormai erano oltre dieci minuti che correvamo a perdifiato per non farci prendere.
«Abbiamo preso un sacco di vestiti. Siamo a posto per due anni!» continuai io, eccitata. 

 

Ci presentammo alla Capsule Corporation a mezzogiorno in punto. Trunks e Marron rimasero in giardino, mentre io e Crilin ci dirigemmo all'interno dell'abitazione.
Bulma stava finendo di preparare la tavola insieme alla piccola Bra.
«Siete in perfetto orario!» ci accolse la scienziata, con un enorme sorriso stampato in volto. 
Il principe dei sayan se ne stava seduto a capotavola, in silenzio. Mi avvicinai a lui, ma prima che riuscissi ad aprir bocca, Bulma chiamò Trunks e Marron, dicendo loro che era pronto da mangiare. Mia figlia andò ad accomodarsi a tavola, mentre il giovane Brief mi bloccò.
«Sei riuscita a parlare con lui?»
Scossi la testa, ma non diedi ulteriori spiegazioni.
«Non importa... Me la vedrò da solo.»
Lo osservai dirigersi, con un sorriso fasullo, verso gli altri. Se Marron fosse venuta a sapere che Bulma e Vegeta non erano a conoscenza del loro fidanzamento, ci sarebbe rimasta molto male. Conoscendola, non avrebbe mai capito il gesto di Trunks e non lo avrebbe mai perdonato. E malgrado si trattasse del figlio di Vegeta, non volevo che lei e Trunks si lasciassero. Ma, purtroppo, non potevo fare nulla. Potevo solo sperare che il principe dei sayan, come suo solito, si congedasse per allenarsi.

 

I miei propositi non si avverarono. Vegeta restò tutto il tempo a tavola, in silenzio. Né Bra che Marron nominarono la relazione fra quest'ultima e Trunks, ma ero sicura che, molto presto, mia figlia avrebbe detto qualcosa al riguardo. E difatti, andò esattamente come mi aspettavo.
«Bulma, Vegeta...» cominciò a dire Marron, arrossendò un po'. «Voi.. Voi che cosa ne pensate di questa storia?»
La turchina alzò un sopracciglio. «Di che cosa parli, tesoro?»
Marron capì all'istante e regalò un'occhiata omicida al suo ragazzo.
«Trunks, non gliel'hai detto?» sbottò.
«Dirci che cosa?» continuò la scienziata.
Il sayan sospirò. Ormai non aveva più scelta. «Io... Io e Marron ci siamo...» 
Tutto il suo corpo cominciò a tremare. La piccola Bra se ne accorse e dopo aver fatto una risatina, andò in aiuto al fratello.
«Marron e Trunks si sono fidanzati!» esclamò, quasi come se fosse una cantilena. 
Bulma guardò prima Marron, poi suo figlio. Subito si alzò in piedi lentamente, con uno sguardo scioccato, ma subito dopo, tirò un urlo ed andò ad abbracciare mia figlia.
«Tesoro, sono così contenta per voi! Non ci credo, questo è un sogno! Tra qualche anno diventerai mia nuooora!»
«Bulma... Non esagerare adesso...» disse Marron, arrossendo.
«Vegeta, hai sentito? Non sei entusiasta?» domandò la turchina, eccitata.
Trunks deglutì molto rumorosamente. Il principe dei sayan lo guardò col suo solito sguardo freddo, ma poi, con grande stupore di tutti, accennò un sorriso.
«Era ora che il moccioso si trovasse una donna!»
Il ragazzo fece un sospiro di sollievo e sorrise al padre. Ma per Trunks c'era ancora un grosso guaio da risolvere...
«Trunks!» esclamò Marron, furiosa. «Mi avevi detto che lo sapevano! Perché non gliel'hai detto prima!?»
«T-Tesoro... C-Cerca d-di capire...» balbettò, ma sua madre, involontariamente, lo salvò.
«Marron, cara, seguimi, vorrei tanto farti vedere il vestito che ho utilizzato al mio matrimonio. Se tra qualche anno è ancora in buono stato, magari te lo regalo!» disse tutta felice, trascinandola al piano di sopra a braccetto.
Scoppiammo tutti quanti in una sonora risata. Di sicuro, era andata meglio di come immaginavo. 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti :3
Comincio col dirvi che il prossimo capitolo sarà l'ultimo della terza parte della storia.
Ho cercato di farlo più lungo che potevo... Non so perché con la prima e la seconda parte stranamente ci riuscivo e credevo di essere finalmente riuscita ad aver perso questo difetto, ma a quanto pare non è così.
Beh, spero che vi sia piaciuto. A presto! 

P.S. Se vi può interessare, ho creato una nuova longfic che si ambienta nel futuro di Trunks. C18 e Crilin ci saranno per poco, la maggior parte della storia sarà concentrata su Marron e Trunks, ma se può interessarvi, vi lascio il link qui :) 

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Capitolo 32
*** Fraintendimenti. ***


 

32. Fraintendimenti.

 

 

Masaru si legò i lacci delle scarpe da ginnastica e salutò me e la mamma con un bacio sulla guancia.
«Ci vediamo stasera!» cinguettò, salterellando fino alla porta.
«Divertiti tesoro!» esclamò nostra madre.
Eravamo sedute sul divano una di fianco all'altra; io avevo tra le mani un libro, mentre lei stava cucendo.
«Come mai non gli chiedi con chi esce?» domandai, considerando che, quando uscivo con le mie compagne, i miei genitori volevano sapere chi erano e dove andavamo.
La mamma alzò le spalle.
«Saranno i soliti amici.»
«Sicura? Totoya è andato al mare con i suoi zii e Akira si è rotto una gamba mentre faceva arti marziali. Dubito che sia con qualcuno di nostra conoscenza.»
Mia madre fece un mezzo sorriso, ma continuò a prestare la sua attenzione ad ago e filo.
«Penso che tuo fratello sia innamorato, Harumi. E se è uscito con questa ragazza, mi pare giusto non impicciarmi negli affari suoi.» 

 

Osservai con molta attenzione le due carte di Crilin e sperai con tutta me stessa di pescare un asso, visto che, in caso contrario, avrei dato a mio marito l'opportunità di vincere la partita. Estrassi con delicatezza la carta di sinistra e con dispiacere, mi resi conto che non si trattava dell'asso. Mescolai le mie due carte sotto al tavolo ed il terrestre si preparò per scegliere.
Non prendere l'asso! pensai tra me e me.
La fortuna fu dalla mia parte. Ma, purtroppo, toccava nuovamente a me pescare. Fortunatamente, Crilin si era dimenticato di mescolare le due carte, perciò, fu molto facile per me localizzare l'asso.
«Asino!» esclamai, lasciandolo con una sola carta.
Mio marito sprofondò sulla sedia.
«Uffa!» sbuffò. «E' già la quinta volta che vinci!»
«Questa si chiama bravura, caro mio!» esclamai, in tono beffardo.
Ad un tratto, la porta di casa fu sbattuta violentemente.
«Sei solo un bugiardo!» sbottò Marron infuriata più che mai, correndo verso il piano superiore.
«Marron, aspetta!» esclamò Trunks col fiatone, fermandosi sulla soglia della cucina.
«Ehi Trunks, c'è qualcosa che non va?» domandò Crilin, con un tono di voce alquanto calmo.
Il sayan, ancora col fiatone, fece segno di attendere che si riprendesse. Ma io, ripensando al tono di voce di Marron, capii che c'era davvero qualcosa che non andava. La raggiunsi al piano di sopra e con molta sorpresa, la trovai coricata sul suo letto a testa in giù, intenta a piangere.
«Marron... Che cos'è successo?» sussurrai, accarezzandole la schiena.
Lei, però, non rispose. Continuò a piangere rumorosamente, tenendo la testa passa ed io continuai ad accarezzarla.
Dopo alcuni minuti, finalmente, si mise seduta con calma e si asciugò le lacrime.
Sorrisi. «Allora, mi dici come mai hai quella cera?» domandai con fare materno, nonché con un tono di voce inadatto ad una come me.
Lei singhiozzò, dopo di che, cominciò a parlare.
«Come sai... Io e Trunks dovevamo andare al cinema. Durante il tragitto abbiamo incontrato Goten e la sua nuova fidanzata, una bionda che era un po' troppo oca per i miei gusti. Si sono uniti a noi e dopo il film, abbiamo fatto una passeggiata...»
Rivolsi le mie sopracciglie bionde verso l'alto. «E dov'è il problema?»
Marron sospirò. «Trunks... Lui... Lui continuava a fissarla! Le ha pure fatto una foto col cellulare e le sorrideva! E quando gli ho detto che il suo comportamento mi faceva schifo, lui mi ha detto che ho frainteso!» 
La questione puzzava. Certo, Marron non poteva di certo mentire su una questione così delicata, ma al tempo stesso, mi veniva difficile pensare che Trunks la stesse tradendo.
«Sei davvero sicura che oggi lui avesse occhi solo per questa ragazza?»
Mia figlia annuì goffamente.
La nostra attenzione fu catturata dalla grande risata di Crilin, che ci spinse a scendere al piano inferiore. Mio marito aveva in mano un cellulare, molto probabilmente quello di Trunks.
«Che cos'hai da ridere?» chiese Marron, in tono brusco.
Crilin si asciugò una lacrima. «Tesoro... Voi due vi dovete chiarire!» esclamò, tra una risata e l'altra. «Hai frainteso tutto quanto!»
Trunks fece un piccolo sorriso, mentre Marron continuò a tenere il broncio. Il figlio di Bulma riprese in mano il suo telefono e lo passò a mia figlia.
«Questo che significa?» domandò lei, mostrandomi la foto.
Trunks fu rapido a rispondere. «Significa che avresti dovuto lasciarmi spiegare! La ragazza di Trunks si era messa il vestito al contrario, per questo continuavo ad osservarla e le ho scattato questa foto!»
Marron esitò per qualche secondo, ma poi, si gettò tra le braccia del suo ragazzo.
«Che stupida che sono stata... Avrei dovuto darti ascolto! Perdonami Trunks!»
Chiusi gli occhi fino a farli diventare due -spaventose- fessure di ghiaccio.
«Marron...» cominciai a dire, a denti stretti. Le avevo accarezzato la schiena ed avevo inscenato la parte della madre premurosa per cosa? Per una ragazzata?
Non mi servì continuare. Mia figlia capì immediatamente quanto fosse grande la mia rabbia e con la voce tremante, invitò il suo ragazzo a scappare prima che esplodessi.

 

Mio fratello ritornò a casa molto tardi. I miei erano andati a dormire, mentre io ero rimasta in salotto ad aspettarlo guardando la tv.
«Ciao sorellina!» esclamò, dandomi un bacio sulla guancia.
«Con chi sei uscito?» domandai, senza neanche rispondere al suo saluto.
Masaru si diresse in cucina e prese del succo d'arancia dal frigo.
«Con una ragazza.» rispose.
«E chi è?» continuai, ansiosa di sentire il suo nome.
Il mio gemello posò, con delicatezza, il bicchiere sul tavolo.
«Perché ti interessa tanto saperlo? Sei gelosa?»
Non risposi. Non avrei mai potuto ammettere che la mia paura era quella che un'oca mi portasse via mio fratello.
«Sta' tranquilla.» sussurrò, abbracciandomi. «Tu sarai sempre la mia ragazza preferita. Non troverò mai nessun'altra come te, Harumi.»
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In questo capitolo Marron mi è uscita un po' paranoica (quasi ai livelli di Chichi), o è solo la mia impressione?
Come vi avevo già detto in precedenza, questo è l'ultimo capitolo della terza parte della storia. La quarta ed ultima parte si ambienterà cinque anni dopo l'inizio di Dragon Ball GT, ovvero quando Marron ha all'incirca 30 anni. Lei e Trunks hanno avuto una figlia, Ayaka, una bambina dai capelli lilla e gli occhi neri; inoltre, a breve si sposeranno e Marron è di nuovo incinta, questa volta di due gemelli maschi.
Siete contenti di vedere i nostri C18 e Crilin nonni? xD 
Anche se non c'entra nulla, ieri sono andata a dormire col buon umore e oggi mi sono svegliata con esso, per questo mi sono messa a scrivere ^_^
E da lunedì dovrei ricominciare ad essere presente come prima! ;) 

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Capitolo 33
*** Sorriso spontaneo. ***


Salve ^^
Scusate se aggiorno solo ora, credevo che ci sarei riuscita prima... Onestamente, oltre ad essere cortissimo, non mi sembra uscito molto bene questo capitolo, forse perché mentre l'ho scritto non mi sentivo molto bene o semplicemente perché in questo periodo non ho testa...
Comunque, la quarta parte si apre con un incubo di C18 (che novità!) risalente a quando C17 ha ucciso Crilin. Verrà raccontato in modo un po' diverso, ma non perché ho voluto cambiare la storia, anzi, nella fanfiction il terrestre è stato ucciso nello stesso modo dell'anime: si tratta semplicemente di un sogno fatto dalla cyborg.
Ci tenevo a puntualizzare solo questo.
Buona lettura!

 

 

33. Sorriso spontaneo.

 

 

Quando mi ritrovai davanti C17, una strana sensazione si impossessò di me.
Confusione?
No. Sapevo benissimo cosa sarebbe successo. Era stato lui a distruggere quelle città, avevo sentito la sua aura. Ed ero certa che, se mi era venuto a cercare, aveva un motivo ben preciso.
«Ciao, sorellina.» esordì, con un sorriso malvagio. «E' da tanto che non ci vediamo.»
Strinsi le mani a pugno. C'era qualcosa nel suo sguardo che non mi convinceva.
«Sei stato tu a causare tutto questo?» domandai, anche se la risposta era ovvia.
«Oh, mia cara, non hai idea del divertimento che ho provato quando ho visto gli sguardi terrorizzati di questi stupidi umani. Speravano davvero che li avrei risparmiati!» esclamò, scoppiando in una sonora risata.
Marron fece un passo avanti. «Tu non sei zio C17! Tu... Tu sei un mostro!»
Il mio gemello cessò di ridere e fulminò Marron con lo sguardo.
«Ragazzina, mi devi portare rispetto.» sussurrò, poco prima di scattare nella sua direzione.
Fui abbastanza veloce da parare il colpo diretto a sua nipote.
«Non osare alzare un dito su di lei.» dissi in tono minaccioso, stringendo sempre più il suo polso.
C17, con un sorriso beffardo, lasciò la presa e fece un passo indietro.
«Che cosa vuoi da noi, 17?» chiese Crilin, con la voce tremolante.
«Voglio che C18 venga con me. Sai, sorellina, il Dottor Gelo mi ha contattato dagli inferi e...»
Non gli lasciai neppure il tempo di finire la frase. Con uno scatto gli diedi un pugno sulla guancia, facendogli sputare del sangue.
«Non ho intenzione di unirmi a voi.» dissi infine, voltandomi per tornare dalla mia famiglia.
«Tu non capisci!» insistette. «Gli umani sono solo degli stolti! Siamo stati creati da Gelo e dobbiamo essergli riconoscenti!»
Mi bloccai all'improvviso, mentre la rabbia si impossessò di me.
«Ti ricordo che se non fosse stato per quel bastardo, a quest'ora noi saremmo ancora umani a tutti gli effetti!» gridai, cercando di farlo ragionare.
Ma non era lui. Quello che mi ritrovavo davanti, non era C17 e sapevo che sarebbe stato complicato farlo ragionare.
Sospirò. «Come vuoi tu. Allora, non mi rimane altra scelta che uccidervi uno ad uno.»
Dopo aver sentito quelle parole, tutt'intorno a me diventò buio. Fu come se fossi caduta in un sonno eterno, dove tutto ciò che possedevo erano le ultime parole di mio fratello. Ma, dopo poco più di dieci secondi, ripresi a vedere perfettamente, nonostante fossi ancora in quel luogo nero.
Davanti a me, scorsi un corpo privo di vita con una gigantesca chiazza di sangue sull'addome, ma essendo qualche metro più in là, non riuscii a capire di chi si trattasse. Mi avvicinai lentamente e non mi ci volle molto a riconoscere mio marito.
«Crilin!» urlai, buttandomi su di lui, stringendolo a me più che potevo.
Rabbrividii, non sentendo più il suo cuore battere. E in preda alla disperazione, incominciai a piangere, mentre il corpo di Crilin si dissolveva nell'aria.

 

Mi svegliai grondante di sudore, col respiro affannato.
«Di nuovo...» sussurrai, ripensando al mio incubo.
Scossi la testa, cercando di non pensarci più e scesi al piano inferiore.
«Buongiorno!» esclamò Crilin felice, versandomi del caffé in una tazza.
Era incredibile come, ogni volta che mi svegliavo, lui fosse già in cucina.
Spinse lentamente la tazza verso di me.
«Grazie.» dissi freddamente.
Sperai con tutta me stessa che non notasse il mio malumore. Lui, però, capì che c'era qualcosa che non andava.
«Che succede?» domandò in tono dolce, posando la sua mano sopra alla mia.
Osservai con attenzione quel gesto carico d'amore, come per dirmi che mi era vicino.
«Ho avuto... Un'altro incubo...» sussurrai, con lo sguardo spento. «Ho di nuovo sognato che C17 ti uccideva...»
Mi portai le mani davanti agli occhi, nella speranza di non piangere.
«Non ce la faccio più Crilin.» dissi, singhiozzando. «Ho passato la mia vita ad avere incubi, ma ora... Sono stufa di tutto questo!»
Il terrestre si avvicinò e mi accarezzò delicatamente la chioma dorata.
«Sono solo incubi, 18. Io sono qui davanti a te, sono vivo! Quello che è successo con tuo fratello è solo un brutto ricordo, è successo qualche anno fa...»
Sì, ma prima o poi accadrà di nuovo pensai. Presto o tardi tu te ne andrai e anche se ti ho promesso che dopo la tua morte chiederò a Bulma di farmi diventare mortale, ti vedrò comunque soffrire.
Alzai lo sguardo nella sua direzione e Crilin mi regalò un grande sorriso.
«So a cosa stai pensando.» disse sicuro di sé. «Vuoi un abbraccio dal tuo uomo, non è vero?»
Un sorriso mi venne spontaneo.
«No, te lo puoi scordare!» esclamai, beffardamente.
Sapevo che il suo unico obiettivo era quello di farmi sorridere. E anche quella volta, ci era riuscito alla grande. 

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Capitolo 34
*** Fotografie. ***


 

34. Fotografie.

 

 

Nel primo pomeriggio di quella giornata d'autunno, inaspettatamente, qualcuno suonò il campanello della Kame House. Visto che Muten era, come suo solito, intento a leggere delle riviste e Crilin stava riposando, fui costretta ad alzarmi dal divano e andare ad aprire.
Mi scappò però un sorriso quando trovai sulla soglia la piccola Ayaka.
«Nonna!» esclamò la mia nipotina, saltandomi in braccio.
Le diedi un bacio sulla guancia e lei mi regalò un enorme sorriso.
Subito dopo, spuntò anche Marron col suo pancione.
«Ciao mamma.» disse, sorridendo.
Ricambiai il sorriso, tenendomi stretta Ayaka.
«Questa mattina non sono stata molto bene e vorrei fare un controllo in ospedale. Trunks ha una riunione importante alla Capsule Corporation e tornerà a casa tardi.» Si accarezzò la pancia. «E' un problema se vi lascio Ayaka per qualche ora?»
Scossi la testa. «Non è affato un problema. Vuoi che ti accompagni in ospedale?»
«No, non ce n'è bisogno. Stai tranquilla!» esclamò, avvicinandosi. «E tu, piccola peste, vedi di fare la brava!»
La mia nipotina fece una piccola risata.
Salutai Marron con un cenno di mano e chiusi la porta, facendo scendere a terra Ayaka.
Quando entrammo in salotto, il maestro Muten non c'era già più. Ma non me ne preoccupai più di tanto.
«Allora, tesoro, che vuoi fare?» domandai, sedendomi accanto a lei sul divano.
La piccola ci pensò, ma la sua risposta arrivò in fretta.
«Possiamo continuare a sfogliare l'album?» chiese.
Annuii e lo presi dallo scaffale. Ogni tanto, quando Ayaka veniva a trovarci, sfogliavamo insieme un paio di pagine e le raccontavo cos'era successo in ogni foto. 
Lo aprii e mia nipote si avvicinò.
«Questa è la mia mamma da piccola?» chiese, indicando la prima fotografia della pagina.
«Sì, esattamente. In questa foto aveva la tua età.» spiegai. «Quelli vicino a lei sono il tuo papà e lo zio Goten.»
«Come mai papà era vestito in quel modo strano?»
«Perché avevano ideato una piccola recita. Il papà era vestito da cavaliere, Goten da drago e la mamma da principessa.» sorrisi, ripensando a quel giorno ormai lontano.

 

«Aiuto! Un drago!» esclamò Marron, fingendosi spaventata.
«Arw, sono un drago cattivo e sono qui per catturare la principessa Marron e farla mia prigioniera! Arw!» disse Goten, gesticolando un po'.
Trunks si mise tra i due. «Fermo lì, brutto mostro! Lascia andare la principessa!»
«Cavaliere Trunks, sei venuto a salvarmi?» domandò, con un sorriso, mia figlia.
Il sayan dai capelli lilla annuì. Con la sua spada di carta, finse di trafiggere il cuore al drago: dopodiché, Marron lo abbracciò contenta.

 

Ayaka, dopo averle raccontato quella storia, scoppiò a ridere.
«Andiamo avanti!» esclamò, cercando di trattenere le risate.
Indicai la foto sottostante.
«Queste sono la mamma, Pan e la zia Bra, vero?»
Annuii. Posai lo sguardo su Bra: lei e Ayaka erano due gocce d'acqua. Solo che, mentre Bra aveva i capelli azzurri, mia nipote ce li aveva lilla e gli occhi erano di colore differente. Ma, dal punto di vista fisico e caratteriale, zia e nipote erano praticamente identiche.

 

«Auguri Bra!» gridammo tutti in coro.
Era il decimo compleanno della figlia di Vegeta ed eravamo tutti alla Capsule Corporation.
«Forza tesoro, apri i regali!» la incitò sua madre, passandole tutte le borse.
Gli occhi di Bra si illuminarono. Scartò tutti i regali in fretta, con un enorme sorriso stampato in faccia.
Nel frattempo, Bulma aveva tagliato varie fette di torta. La festeggiata ne assaggiò un pezzetto, rimanendo delusa.
«Papà.» disse freddamente, rivolgendosi al principe dei sayan. «Avevo detto che la torta doveva essere interamente fatta di crema. Perché sento anche della panna!?»
Vegeta prese in mano il cucchiaino. «Perché la panna costa molto meno. Ormai è fatta, perciò accontentati!»
Arrabbiata più che mai, Bra prese la parte di torta non ancora tagliata e la lanciò dritta in faccia al padre. 

 

Ayaka fece una piccola risata, ma girò pagina praticamente subito.
«Nonna, chi è?» domandò incuriosita. «Ti assomiglia molto!»
Mi sembrò di avere una sorta di dejà vu.
«Lui... E' mio fratello gemello.» spiegai. «Si chiama C17.»
La piccola si strinse nelle spalle. «E' morto?»
Deglutii. «Non lo so, tesoro, è tanti anni che non lo vedo più.»
«Puoi parlarmi di lui?» 
Sospirai. «Era una brava persona. Nei miei confronti, è sempre stato amorevole e gentile. Cercava sempre di accontentarmi e ci volevamo molto bene. Purtroppo, ci siamo persi di vista tanti anni fa...»
Più che essere la descrizione di C17, mi parve quella di Masaru. Non mi dilungai e Ayaka non mi chiese altro. La sua attenzione era stata attirata da qualcuno che stava scendendo le scale in quel momento.
«Nonnino!» esclamò tutta contenta, correndogli incontro.
«Ciao, Ayaka!» disse lui, abbracciandola.
Mentre li osservavo, mi scappò un sorriso. E per un attimo, anche se solo per un secondo, mi parve di vedere qualcuno dai capelli neri fuori dalla finestra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non ho molto da dire su questo capitolo, come sempre spero di non aver fatto errori malgrado abbia ricontrollato. Mi auguro inoltre che il personaggio di Ayaka vi piaccia ^^

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Capitolo 35
*** Copia. ***


 

35. Copia.

 

 

Quel giorno d'autunno, non appena aprii gli occhi, non riuscii a trattenere un sorriso. Quel giorno, era il compleanno di Ayaka.
Ormai erano ben quattro anni che mia nipote era al mondo. Poche settimane dopo l'addio di Goku, Marron e Trunks ci diedero la notizia e ne fummo tutti felici, soprattutto Crilin.
In effetti, il rapporto che c'era tra loro due era incredibile. Ayaka stravedeva per suo nonno, un po' come Pan con Goku. Solo che Ayaka, nonostante avesse un caratterino, fosse molto più silenziosa ed introversa della "piccola" Son. Ma, nonostante questo, sapeva voler un gran bene a tutti.
Considerando che Marron era ormai all'ottavo mese di gravidanza e Trunks era spesso occupato col lavoro, io e Crilin decidemmo di prenderci la responsabilità per la festa. Per essere settembre inoltrato, faceva davvero caldo, perciò decidemmo che avremmo festeggiato all'aperto.

 

Mi ritornò alla mente il giorno in cui Ayaka nacque. Per tutto il tempo, avevo assistito Marron durante il parto. Fu un'emozione unica, per me, veder nascere mia nipote. 
Durante i suoi primi giorni di vita, inoltre, Marron si trasferì temporaneamente alla Kame House, visto che la dovevo aiutare con la bambina in quanto, in fatto di pannolini e biberon, era assolutamente negata.
Ricordai che, al tempo, quando Ayaka piangeva, la smetteva soltanto se veniva presa in braccio da Marron. Dopo alcuni mesi, iniziò anche a calmarsi se, a cullarla, eravamo io e Crilin. Con tutti i componenti della famiglia Brief, però, piangeva ancora di più. Bulma, un giorno, era quasi andata fuori di testa per farla smettere di piangere e aveva dovuto chiamare me.
Quel ricordo mi fece scappare una risata. 

 

«Nonna! Nonno!» esclamò la piccola Ayaka, correndoci incontro.
Dietro di lei, dalla navicella, scesero praticamente tuti gli invitati. Tra di loro, oltre ai famigliari, vi erano anche Misao, il ragazzo di Pan, Kazuma, quello di Bra, Valese e il piccolo Yakumo, di appena un anno, figlio avuto con Goten.
Ayaka si guardò intorno con gli occhi sbarrati e la bocca semi aperta.
«Tesoro, ti piace?» domandai, accarezzandole dolcemente il capo.
Lei annuì contenta.
In effetti, avevamo proprio realizzato un lavoro da record. Per l'occasione, avevamo comprato un tavolo lungo, su cui erano presenti stuzzichini, tranci di pizza e di focaccia e delle patatine. Avevamo addobbato la parte frontale della Kame House con delle ghirlande e con un cartellone gigantesco con su scritto 'Auguri Ayaka', che tutti avevamo firmato il giorno prima. Inoltre, la sabbia era piena di palloncini colorati. 
«E' addirittura più bello del quarto compleanno di Pan!» esclamò Goten, guardandosi intorno.
La diretta interessata alzò un sopracciglio. «Ehi, guarda che io avevo anche un clown!»
Lo zio sospirò. «Pan, ti ricordo che era letteralmente negato. Gli avevi chiesto di farti un cagnolino coi palloncini e alla fine, non riuscendoci, visto che tu piangevi, ci siamo dovuti mettere d'impegno io e Trunks.»
Pan alzò le spalle, infilandosi in bocca una patatina al formaggio.
«Beh, almeno il risultato è stato ottimo!»
I coniugi Son fecero una risata al ricordo di quella giornata.
Ayaka si avvicinò al cuginetto e allungò la mano nella sua direzione, ma Yakumo continuò a stringere quella della madre.
«Uffa!» soffiò la piccola, incrociando le braccia. «Se anche i miei fratellini saranno così timidi, allora come faremo a giocare insieme?»
Valese fece una piccola risatina. «Ma no, cara! Yakumo fa così perché è ancora piccolo, ma vedrai che già tra un anno o due giocherà con te molto volentieri, così come i tuoi fratelli!»
Osservai quella donna dai lunghi capelli castani molto lentamente. In pochi anni era cambiata davvero tanto. Si era responsabilizzata e dalla nascita di suo figlio, sembrava una persona completamente diversa. E fra lei e Goten, tutto sembrava andare a gonfie vele.
Con Trunks e Marron, non si poteva dire la stessa cosa. Malgrado mia figlia fosse cambiata davvero tanto, su certe cose sapeva far emergere il suo vecchio caratteraccio. Trunks non osava risponderle, perciò, anche se avesse avuto torto, l'avrebbe accontentata comunque. Ad esempio, visto che a causa delle varie lotte non si erano potuti sposare prima, avevano organizzato il loro matrimonio per la settimana successiva. Trunks avrebbe voluto festeggiare alla Kame House, ma Marron aveva insistito per andare sui Monti Paoz. E Trunks, ovviamente, gliel'aveva data vinta.
Ad un tratto, visto che me ne stavo seduta in disparte sulla soglia di casa, Ayaka corse nella mia direzione e mi scrutò attentamente.
«Dici che i miei fratelli mi escluderanno?» chiese, spiazzandomi.
«Perché dici questo?»
Prese in mano un palloncino viola. «Perché sono gemelli!»
«E questo cosa c'entra?» domandai, inarcando un sopracciglio.
«Beh, all'asilo ci sono due gemelle che se ne stanno sempre per conto loro e visto che le maestre ci dicono che i gemelli hanno sempre un "rapporto speciale", ho paura che anche loro faranno così e mi metteranno da parte!» disse tutto d'un fiato. «Anche tu e tuo fratello eravate così?» 
Per un secondo, un brivido mi attraversò la schiena. La verità? Sì, io e mio fratello avevamo escluso tutti, chiudendoci in noi stesso. Anche se questo era accaduto dopo l'incidente dei nostri genitori. Prima eravamo delle persone normalissime, con degli amici cari. Certo, il nostro rapporto era unico, ma di certo non escludevamo le persone.
«No.» risposi, decisa. «Solo perché si è gemelli, non vuol dire che non si possa condividere il bene con altre persone. Evidentemente quelle bambine hanno un carattere chiuso, o semplicemente si voglio così tanto bene che preferiscono restare tra di loro. Ma sono certa che i tuoi fratelli saranno bravissimi.»
Dopo quell'affermazione, sul suo volto si formò un sorriso e mi regalò un bacio sulla guancia. Successivamente, ritornò da Yakumo e da dietro una palma, sbucò Marron.
«L'ho sempre detto che eri una buona madre.» esordì, con un sorriso. 
«Bugiarda!» sbuffai, incrociando le braccia. «Durante tutta la tua adolescenza il nostro rapporto era un continuo alternarsi di litigi!»
Scoppiò in una sonora risata. «Sì, questo è vero... Però, anche se spesso ti disobbedivo, dentro di me sapevo che avevi sempre ragione!»
Si sedette al mio fianco e posò la testa sulla mia spalla. 
«Marron.» dissi ad un tratto, facendole alzare lo sguardo. «Mi spieghi perché vuoi festeggiare il tuo matrimonio sui Monti Paoz? Capisco la cerimonia, ma i festeggiamenti successivi... Voglio dire, ultimamente le feste si fanno qui!»
Dopo alcuni secondi di silenzio, mia figlia sospirò.
«Perché...» Lasciò quella parola a mezz'aria e prese a giocare con un filo della sua felpa color salmone. Lo tirò con forza, spezzandolo e se lo attorcigliò delicatamente intorno all'indice destro. «Perché ho visto le foto del tuo matrimonio e mi è piaciuto tantissimo.» continuò.
«Ma noi abbiamo festeggiato alla Capsule Corporation!» spiegai.
«Davvero?» Piegò la testa di lato. «E perché non ci sono foto?»
Emisi un sospiro. «Perché mi ero rotta di scattare foto.»
«Oh.» sussurrò, sorridendo. «Beh... Allora credo che si può fare.»
Alzai entrambe le sopracciglia. «Questo è il tuo matrimonio. Perché devi trarre esempio dal mio?»
Arrossì lievemente, stringendosi nelle spalle. In quel momento, mi sembrò quasi che non avesse trent'anni, ma quindici.
«Perché... Perché fin da piccola, mi sarebbe sempre piaciuto assomigliarti.» ammise, socchiudendo gli occhi. «Avanti, dimmelo! Dimmi che sono una stupida...»
Le lasciai una carezza sulla guancia. «Affatto. Trovo che sia un gesto dolcissimo.» Sorrisi. «E se proprio vuoi saperlo, ti sta riuscendo alla grande.»
Fece una piccola risata. Poi, posammo il nostro sguardo su Ayaka. Aveva cominciato ad assillare Crilin perché voleva portare fuori la torta, ma lui le stava spiegando, invanamente, che era troppo presto.
«E' la copia sputata di Bra!» soffiò mia figlia, tirandosi su.
Scossi la testa. «No. E' la copia sputata di te.» 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Avrei voluto aggiornare prima, ma purtroppo sono stata male ed ho avuto un problema con la connessione. So che molto probabilmente non vi interessa, ma ci tengo a dare giustificazioni...
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! Ormai la fine è vicina... 

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Capitolo 36
*** La nonna migliore. ***


 

36. La nonna migliore.

 

 

«C18, vedrai, sarà divertente!» esclamò, per l'ennesima volta, mio marito.
Alla fine, con un sospiro, mi arresi e decisi di accettare quell'assurda proposta.
Quel pomeriggio, Bulma Brief ci chiamò per parlarci della sua "fantastica" idea: «Perché non andiamo tutti insieme al luna park oggi?» ci aveva detto.
In principio, ci sarebbero dovuti andare solamente i Brief, mia figlia e Ayaka, ma poi, alla turchina era venuta la brillante idea di invitare pure noi.
Mi ero opposta fin da subito, dicendo a Crilin che non ci volevo andare. Alla fine, però, decisi di accontentarlo.
Non è che non volessi passare del tempo assieme a mia nipote e la mia famiglia, solo che... odiavo i luna park. Insomma, proprio li detestavo.
Quando però ci presentammo alla Capsule Corporation e mia nipote mi mise le braccia al collo, all'improvviso, i miei propositi per quella giornata cambiarono completamente.
A piedi impiegammo solo dieci minuti per arrivarci. All'entrata, c'erano due ragazze travestite da clown con un sacco di palloncini in mano: poco distante, vi erano degli stand con roba da mangiare, come hot dog, gelato e zucchero filato. Alla fine di una corta passeggiata, invece, cominciavano tutte le attrazioni.
Bulma (che aveva insistito per prendersi cura della nipote, come se i genitori non fossero stati presenti, a tutti i costi), strinse la mano della bambina.
«Ayaka, tesorino, vedi di non lasciare mai la mia mano! Qui è pieno di gente ed è un luogo molto grosso, perciò ti potresti perdere molto facilmente. Hai capito?»
La mia nipotina annuì, guardandosi poi intorno. Allungò le mani verso una giostra e i suoi occhi si illuminarono.
«Mamma, possiamo fare quella?» chiese, ingenuamente.
Marron le si avvicinò e sorrise. «Quale intendi, tesoro?»
Ayaka la indicò. Si trattava di una giostra con delle carrozze a forma di farfalla, simile alle montagne russe, solo che quella giostra era per i bimbi più piccoli.
Mia figlia annuì e si preparò a tirare fuori i soldi del biglietto, ma prima che ci riuscisse, Bulma tirò via Ayaka in modo brusco.
«No, Marron, Ayaka è troppo piccola per quella giostra! C'è scritto vietato ai minori di sei anni!» sbottò.
Marron drizzò le spalle. «Bulma, guarda che c'è anche scritto che, se i minori di sei anni sono accompagnati da un adulto, possono tranquillamente andarci!»
La scienziata arricciò il naso. «Beh, è meglio così!»
Detto questo, si trascinò dietro Ayaka e andò avanti. Marron e Trunks si scambiarono un'occhiata, un po' scioccati.
«Perdonate mia madre.» si scusò Trunks, sospirando. 
Crilin scosse la testa, sorridendo. Alzai lo sguardo in direzione di Bulma, ma questa, aveva già svoltato l'angolo. Sembrava quasi come se, però, si fosse messa a correre...
La cosa mi puzzava un po', perciò, decisi di aumentare il passo. Anche Marron e tutti gli altri si velocizzarono e in pochi secondi la raggiungemmo.
«Bulma?» chiesi, confusa. «Dov'è Ayaka?»
La scienziata si voltò lentamente. Le sue gambe tremavano ed era diventata rossa in volto.
«Io... Io non lo so...» sussurrò, guardandoci. «E' stato un attimo... Mi è sfuggita di mano...»
Marron si sfiorò la fronte con il palmo della mano. Era sul punto di scoppiare. Me lo sentivo.
«Dobbiamo trovarla!» esclamò Bra.
«Questo posto è immenso!» fece eco Kazuma.
Senza farmelo ripetere due volte e senza guardare in faccia a nessuno, cominciai a correre intorno alle giostre: oltrepassai la macchinetta dei peluche, la ruota panoramica e il banchetto con le caramelle. Feci tutta la lunga passeggiata a perdifiato, col sudore che colava lentamente sulla mia fronte.
Ma niente. Anche dopo essere arrivata alla fine del luna park, non trovai Ayaka. Decisi così di rifare tutto il percorso, fermandomi poi all'entrata.
Cominciai a respirare profondamente. Mi guardai intorno, con l'ansia a mille e la paura che cresceva dentro di me.
Ayaka, dove diavolo sei?
Il mio cuore perse un battito. Poi un altro. E un altro ancora. Mi sembrò quasi come se l'aria mi stesse venendo a mancare. Non ero mai stata così preoccupata in tutta la mia vita. 
Poi, tutto a un tratto, la vidi. Era seduta a terra, con le braccia incrociate e un broncio stampato in viso, di fianco alla giostra con le carrozze a forma di farfalla. Mi avvicinai, tirando un sospiro di sollievo.
«Ayaka...» sussurrai, sedendomi al suo fianco. Mi passai una mano fra i capelli.
La piccola sembrava quasi sul punto di piangere, ma si trattenne.
«Perché nonna Bulma mi tratta come se fossi una poppante?» domandò, voltandosi di scatto.
Le accarezzai le guance calde. Si vedeva che aveva corso ed era sudata.
«Io volevo solo salire su questa stupida giostra.» sussurrò, arricciando il naso. «Non mi sembra una cosa tanto pericolosa.»
Sorrisi, compiaciuta. «Lo so, tesoro, ma ti ricordo che gli unici a sapere che sei capace a volare siamo io e tuo padre. La nonna pensa ancora che potresti vomitare sopra alle giostre che vanno in aria, un po' come capitava alla zia Bra quando era piccola.»
Rilassò i muscoli del viso. «Io non sono la zia Bra.»
Seguì un silenzio tombale. Dopo pochi minuti, Ayaka si alzò in piedi e finalmente, mi sorrise.
«Allora, facciamo la giostra?» domandò, speranzosa.
Piegai le labbra all'insù. «Certamente! Dopo però torniamo dagli altri e chiedi scusa alla nonna. Okay?»
Annuì, arrossendo. «Okay!» 

 

«Marron, mi dispiace così tanto!» sbraitò Bulma, abbracciando mia figlia. Aveva gli occhi gonfi e le sue guancie erano umidissime.
Marron le sorrise. «Andiamo Bulma, rilassati! A quest'ora mia madre l'avrà già trovata.» 
«No, no, no! Io ho una bruttissima sensazione! Se le fosse capitato qualcosa, io... Io non me lo perdonerei mai!» 
Diedi una spinta sulla schiena di Ayaka, facendole capire che era il momento di raggiungere Bulma. La piccola si alzò rapidamente in volo, dirigendosi verso la famiglia.
Il primo a notarla fu Vegeta, che sorrise soddisfatto. Poi, quando Bra esclamò il nome di Ayaka, tutti si voltarono. Marron sorrise più di prima e Bulma rimase scioccata.
«Ayaka...» sussurrò la turchina, allungando una mano in direzione della bimba.
La piccola poggiò i piedi a terra. «Scusami nonna. Scusate, mamma e papà.» esordì, unendo le mani. «Non volevo scappare così. Non capiterà...»
Bulma non la lasciò terminare e la prese in braccio. «Come hai imparato a volare?» chiese, ancora con gli occhi pieni di lacrime.
Ayaka fece una linguaccia. «Mi hanno insegnato papà e nonna C18. Visto che non sarebbe stata pericolosa la giostra?» 
Crilin fu il primo che scoppiò a ridere, seguito da Kazuma. Bulma la guardò negli occhi, dopodiché sorrise: riprese a piangere come una fontana, addirittura più di prima. Poi, anche se solo per un istante, si voltò nella mia direzione e mimò qualcosa con la bocca.
Sei la nonna migliore di tutte. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono le 20:03 e vi pubblico il capitolo numero 36! 
Ormai siamo praticamente alla fine, mancano solo quattro capitoli... Non vi anticipo nulla però, preferisco che sia una sorpresa per voi! ;)
Beh, non ho molto da dire sul capitolo. Ayaka sta cominciando a farsi conoscere sempre di più...
Spero che sia stato di vostro gradimento.

p.s. com'è andato il rientro a scuola? 

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Capitolo 37
*** Il matrimonio. ***


 

37. Il matrimonio.

 

 

Sistemai lentamente la piccola rosa bianca tra i capelli di Marron, cercando di non annodarli fra loro. Proseguii con la seconda, poi con la terza, dando così la forma di un cerchietto.
Mia figlia si specchiò con attenzione, riservandomi poi un'occhiata imbarazzata.
«Mamma... secondo te come sto?»
Il vestito bianco, con del pizzo nei fianchi, le arrivava quasi alle caviglie: avendo il pancione, era stata dura trovare un abito che fosse comodo. Le scarpe col tacco le erano state regalate da Bulma e Vegeta. Marron aveva scelto un bouquet piccolo con poche rose bianche e aveva lasciato i capelli sciolti.
Abbozzai un sorriso. Era bellissima.
«Sei una favola.» ammisi.
Arrossì. «Grazie...» 
In quel momento, qualcuno bussò alla porta, ma prima che Marron potesse dire 'avanti', essa fu subito spalancata. A quanto pare Bulma non aveva perso le sue vecchie abitudini.
«Oh mio Dio tesoro, ma sei un incanto!» esclamò, correndo ad abbracciare la sposa. 
Da dietro la porta, subito dopo, sbucò Ayaka. Aveva un vestito lilla come i suoi capelli: essi erano raccolti in uno chignon ben fatto e ai piedi aveva delle ballerine del medesimo colore. Si avvicinò, osservando sua madre con gli occhi che le brillavano.
«Anche io sarò così bella al mio matrimonio?» mi chiese, indicando Marron.
Scossi la testa, accarezzandole una guancia. «Tu sei già bellissima.»

 

Dopo la nostra chiacchierata il giorno del compleanno di Ayaka, Marron aveva deciso di celebrare sia le nozze che i festeggiamenti del matrimonio alla Kame House.
Quando ci sposammo, Crilin arrivò in ritardo, mentre Trunks, al contrario, fu molto puntuale. Non appena la sposa uscì dalla casa, ci voltammo tutti ad osservarla. Davanti a tutti vi era Ayaka, che spargeva petali di rose bianche davanti a lei, prendendoli dalla piccola cesta che aveva in mano. Poco più dietro di Marron, ai lati, Pan e Bra, anche loro damigelle. E infine, mia figlia, a braccetto con mio marito. E anche se non credo l'avrei mai detto, mi commossi molto quel giorno, vedendola raggiungere Trunks. Riuscii a trattenere le lacrime, ma ammetto che quando i due sposi si baciarono, mi si formò un nodo alla gola.
Non era il pensiero che si fosse sposata ad avermi fatto reagire in quel modo, visto che Marron non viveva più con noi da sei anni: era il pensiero che la mia bambina fosse cresciuta così in fretta, a farmi venire voglia di piangere.
Che pensiero dolce, vero? Già. Nemmeno io avrei mai detto che potevo pensare una cosa simile. Ma Marron e Crilin sono sempre state le persone che ho amato di più e il pensiero che una di loro si stava costruendo una vita sua, mi faceva stringere il cuore.

 

Quando cominciarono i festeggiamenti, la maggior parte degli invitati, i sayan primi fra tutti, circondarono il tavolo con le portate. Gli sposi stavano parlando con Bulma e Valese, mentre io mi diressi in cucina per prendere altre posate, seguita dalla piccola Ayaka. 
«Nonna, anche il tuo matrimonio è stato così bello?» domandò ad un tratto.
Sorrisi. «Sì, tesoro: è stato bellissimo.» 

 

«C18, sei sicura che sia tutto ok?» domandò Crilin, sospirando.
Annuii, non aggiungendo nient'altro.
«Hai tenuto il muso lungo tutto il giorno.» sbuffò, sedendosi al mio fianco. «Hai cambiato idea per caso? Ti sei pentita di aver deciso di sposarmi? Perché se è così...»
«Non dire mai più una cosa del genere.» sbottai, infastidita dalla sua stupidità.
«E allora cosa c'è che non va? Con me puoi dire tutto, lo sai...»
Come se fosse stato facile! Come potevo spiegargli che soffrivo perché mio fratello non voleva far parte della nostra famiglia? Non avrebbe mai capito come mi sentivo. E in quel momento, tutto ciò che volevo, era ritornare all'interno della Capsule Corporation a festeggiare e dimenticare quanto accaduto. Gli stampai un bacio sulle labbra, stringendo la sua mano nella mia.
«E' tutto ok, davvero.» mentii, regalandogli uno dei miei rari sorrisi.

 

Ripensando a quel giorno, mi chiesi per l'ennesima volta come avesse passato gli ultimi anni C17. Si era fatto una famiglia? Aveva avuto figli o nipoti? O era davvero rimasto da solo?
La mia attenzione, però, fu attirata da Marron, che fece il suo ingresso in cucina, seguita dal marito.
«Mammina, stai bene?» chiese Ayaka.
La osservai con attenzione: era molto pallida e sembrava quasi che facesse fatica a respirare.
«Marron, che ti succede?» domandai a mia volta, avvicinandomi a lei.
«Non so, mi gira la testa...» sussurrò, appoggiandosi contro al muro. «Forse sono solo un po' stanca...»
La presi sotto braccio e le sorrisi. «Andiamo di sopra. Ti preparo un po' di tè e ti rilassi, va bene?»
Mia figlia annuì.
«Vuoi che venga con te?» chiese il sayan, prendendo in braccia la figlia.
Marron, però, rispose negativamente. «No, preferisco che tu e Ayaka andiate dagli altri. Tra poco vi raggiungo.»

 

Soffiai un'ultima volta nella tazza di Marron, dopodiché gliela porsi.
«Ti ringrazio.»
«Non c'è di che.» replicai, accarezzandole i capelli. «Sicura di sentirti meglio?»
«Sì.» rispose. «E' un po' come quella volta che mi è venuta la sinusite: un secondo prima mi girava la testa, mentre quello dopo mi sentivo carica di energia!»
«Quello era l'effetto dei farmaci!» esclamai divertita. «Ti hanno fatta pure diventare sonnambula per una settimana quelle maledette pastiglie... Di notte cantavi in continuazione!»
«Oh no, dici sul serio?»
Annuii. «Tuo padre ti ha pure fatto un video!»
«Non ci posso credere!» disse, scoppiando a ridere.
La osservai mentre rideva e notai che la sua risata era diventata identica alla mia. E per un secondo, solo per uno, mi sembrò di rivedere me stessa tanti anni prima, con quegli stessi occhi che esprimevano felicità nel giorno del mio matrimonio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scusate, scusate, scusate! Sono in ritardissimo! Non ho mai pubblicato con oltre due mesi di ritardo!
Vi prego, perdonatemi, ma da quando è cominciata la scuola i miei pomeriggi sono diventati davvero incasinati!
E se è così in seconda superiore, ho paura di sapere quanti impegni avrò in quinta ç_ç
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e di non essere peggiorata, visto che è da un po' che non butto giù qualcosa. Purtroppo, anche se mancano ancora tre capitoli, non credo che ci metterò poco a scriverli...
Come vi ho sempre detto, però, farò del mio meglio. Aspetto con ansia le vostre recensioni!

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Capitolo 38
*** La nascita dei gemelli. ***


 

38. La nascita dei gemelli.

 

 

«Direi che il Natale potremmo festeggiarlo qui!» esclamò Bulma.
«E quando mai non festeggiamo qualcosa alla Kame House?» scherzò Crilin, scoppiando a ridere.
La turchina incrociò le braccia, sorridendo. 
«Mi piace troppo organizzare le feste. Non riesco a farne a meno! Però, se volete, possiamo fare il capodanno da voi.»
«Mancano ancora più di due mesi a Natale.» m'intromisi. «Piuttosto, perché non pensiamo ad Halloween? Ayaka mi ha detto che vuole festeggiarlo con i suoi compagni d'asilo.»
«Beh, si potrebbe fare qui anche Halloween. Cosa ne pensi tu, Vegeta?»
Il diretto interessato lanciò un'occhiataccia alla moglie.
«Vuoi sapere cosa ne penso io? Penso che potremmo evitare di avere venti bambini che gironzolano per casa. Perché non se ne possono occupare Trunks e Marron?»
Bulma sospirò. «Non appena nasceranno i bambini saranno più indaffarati di prima. Stiamo solo cercando di aiutarli, ma grazie della comprensione, tesoro.»
In quel momento, il telefono della Capsule Corporation squillò. Bulma andò a rispondere in fretta.
«Pronto?»
«Mamma!» si sentì chiaramente la voce di Trunks dall'altra parte, che quasi urlava. «Ho provato a chiamare alla Kame House ma non mi rispondeva nessuno!»
«Crilin e C18 sono qui con noi. Che succede?»
«Marron ha perso le acque, ma non vuole...»
La linea cadde all'improvviso e C18 si irrigidì. 
«Ho sentito bene?» domandò la cyborg, alzandosi dalla sedia.
Bulma annuì. «Marron ha perso le acque, ma purtroppo non ho capito cos'altro stesse accadendo...»
«Sbrighiamoci.» sussurrai, cercando di nascondere l'ansia che provavo in quel momento.

 

L'arrivo in ospedale, per me, fu davvero un massacro. Il pensiero che fosse successo qualcosa a mia figlia, mi fece stare male. Dalla voce di Trunks, si capiva benissimo che c'era qualcosa che non andava. Ma cosa?
«Mamma!»
Giunti nel reparto, ci voltammo alla nostra destra subito dopo aver sentito quel richiamo. Trunks agitava nervosamente le mani.
«Cos'è successo a Marron?» domandai ansiosa.
Il sayan abbozzò un sorriso. «Lei sta bene, si trova in questa stanza. Il problema è che non ha voluto entrare in sala parto perché voleva sua madre al suo fianco.»
«E i medici hanno permesso una cosa simile? Non potrebbe nuocere alla salute dei bambini?» domandò Crilin.
«Beh, è successo pochi minuti fa, ma se aveste visto Marron, anche voi vi sareste spaventati.» rispose Trunks.
Deglutii, incapace di dire qualsiasi cosa. Le parole di Trunks mi lasciarono senza parole. Mia figlia... voleva che assistessi alla nascita dei suoi figli.
Ma perché? Quando Ayaka era nata, Marron aveva partorito da sola. Perché mi voleva in quel momento?
Trunks mi condusse nella stanza in cui si trovava Marron. Davanti al suo letto, vi erano due dottori che cercavano inutilmente di convincerla ad andare in sala parto. Non appena mi vide, le brillarono gli occhi.
«Mamma!» esclamò felice, ma subito si piegò in avanti dal dolore e fece una smorfia.
Mi avvicinai a lei in fretta e la abbracciai.
«Andiamo.» sussurrai, annuendo ai medici.
Arrivarono subito degli infermieri con una barella e in poco tempo giungemmo in sala parto. Mentre i medici preparavano il tutto, accarezzai dolcemente la guancia di Marron. «Andrà tutto bene.» dissi, sorridendo.
Il medico si avvicinò, interrompendo quel momento. «E' pronta, signora Brief?» 

 

Durante tutto il parto, che fu abbastanza lungo, Marron mi strinse la mano senza mai lasciarla. Poco dopo che i due gemelli erano nati, mia figlia, sfinita, si addormentò.
Tutti seguirono le infermiere per vedere i bambini, mentre io rimasi al fianco di Marron, ad attendere che si svegliasse; ciò accadde dopo quasi un'ora.
Aprì gli occhi con delicatezza, abbozzando un sorriso. «Ciao, mamma.»
Sorrisi a mia volta. «Come ti senti?»
«Sfinita.» rispose.
Aveva le guance rosse e ancora il respiro irregolare.
«C'è una cosa che ti vorrei chiedere.» esordii, poggiando la mia mano sopra alla sua. «Perché hai insistito tanto affinché restassi al tuo fianco? Quando è nata Ayaka non hai voluto il sostegno di nessuno.»
Sospirò, abbassando lo sguardo. 
«Una delle ultime volte in cui sono venuta a fare dei controlli, mi è stato detto che i feti non si stavano sviluppando bene e che erano deboli. Hanno detto che sarebbe potuto accadere qualsiasi cosa, prima o durante il parto. Ho avuto paura... ed ero certa che la tua presenza mi avrebbe rassicurata.»
Arrossii lievemente. «Alla fine è andato tutto bene, visto?»
Annui, ampliando il suo sorriso.
In quel momento, l'infermiera entrò nella stanza, seguita da Trunks, Ayaka, Crilin e Bulma; Vegeta rimase sulla porta ad osservare e si sentirono le voci di Bra e Pan provenire dal corridoio.
L'infermiera e Trunks tenevano fra le braccia i due bambini. Gli occhi di Marron si illuminarono non appena la donna le porse un bambino dai capelli neri e gli occhi cerulei. Il gemello tra le braccia di Trunks, invece, aveva i capelli azzurri e gli occhi verdi.
«Allora, come li volete chiamare?» chiese l'infermiera, sorridendo ai due che, come pensavo, avevano già scelto da tempo i nomi.
«Il primo nato è Kaede.» rispose Trunks, riferendosi al piccolino che teneva fra le braccia.
«Lui invece è Jirou.» continuò Marron, arrossendo mentre guardava me e suo padre negli occhi.
Crilin sorrise come non aveva mai fatto. «Jirou...» sussurrò contento. 
Presi in braccio Ayaka e mi avvicinai ai due bambini.
«Sono bellissimi.» Gli occhi le brillavano mentre lo diceva. «Kaede e Jirou... mi piacciono questi nomi!»

 

Da quel giorno, le nostre vite cambiarono nuovamente. Marron trovò un lavoretto, perciò io e Bulma ci prendemmo cura dei tre fratelli alternatamente. I due anni successivi passarono sereni e tranquilli e si creò molta armonia. Ma un giorno, un ulteriore evento cambiò per l'ennesima volta le nostre vite...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ho aggiornato prima del previsto, vero? ;)
Allora, mancano solo due capitoli alla fine della storia (in realtà solo uno, il numero 40 è in più xD)
Sinceramente non pensavo ci avrei messo così tanto, il mio proposito era di concluderla entro la fine dell'estate... ma è meglio tardi che mai, no?
Spero di riuscire a terminarla entro Natale, ma volendo anche prima. Dipende tutto dalla scuola, perciò incrociamo le dita! 
 

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Capitolo 39
*** La stella più luminosa. ***


 

39. La stella più luminosa.

 

 

«Kaede, aiuta tuo fratello a mettere a posto i giocattoli.» disse mio marito al piccolo.
«No! Non voglio!» ribatté lui.
«Giovanotto, se non riordini la prossima volta darò tutte le caramelle a Jirou!»
Ayaka, al sentir quelle parole, scoppiò a ridere ed io la seguii. Ogni volta che i bambini stavano da noi, la storia si ripeteva: io aiutavo Ayaka con i compiti, mentre Crilin controllava i gemelli mentre giocavano con le macchinine e le costruzioni. E, ovviamente, quando era ora di rimetterli nella loro cesta, soltanto Jirou svolgeva la richiesta, mentre Kaede, testardo, si rifiutava.
«Quel bambino è proprio un casinista!» sbuffò mia nipote, chiudendo l'astuccio.
«Tu non sei da meno, mia cara. Da chi vuoi che abbia preso?»
«Di certo non da me.»
Erano passati poco più di due anni dalla nascita dei gemelli e Ayaka non era cambiata per niente. Eravamo convinti che, col tempo, si sarebbe potuta sentire trascurata con l'arrivo dei nuovi bambini, ma al contrario, pur essendo piccola anche lei, aveva sempre cercato di dare una mano e le piaceva stare coi suoi fratelli.
In quel momento, Crilin, seguito dai gemelli, entrò in cucina sorridente.
«Senti, C18, stavamo pensando...» esordì. «Venerdì pomeriggio Bulma ha delle commissioni da sbrigare, perciò i bambini saranno di nuovo qui con noi. Che ne dici se li portiamo alla Città dell'Ovest a conoscere Babbo Natale?»
«Sìì!» esultò Ayaka, alzando le braccia in aria. «Nonna, ci andiamo, non è vero?»
Alzai un sopracciglio. «Kaede, hai messo a posto i giocattoli?»
«No!» rispose.
Incrociai le braccia. «Beh, allora credo che, mentre noi conosceremo Babbo Natale, tu resterai qui con nonno Muten.»
Il piccolo, senza farselo ripetere due volte, corse in salotto a riordinare e Crilin lo seguì. Dopo poco, si sentì un forte tonfo che ci fece spaventare. Corremmo in salotto, trovando Crilin steso a terra, privo di sensi.

 

«Suo marito è molto debole.» mi spiegò il dottore.
«Cosa gli è successo?» domandai, con voce tremante.
Il dottore ricominciò a parlare, ma del suo discorso, capii solo due frasi: "suo marito potrebbe morire nell'arco di due giorni" e "potete portarlo a casa." Il resto, per me, furono semplicemente parole pronunciate a caso senza un significato logico. Mi sentivo sperduta, come quando un uccellino appena nato cade per sbaglio dal suo nido e non sa più come fare per ritornarci.

 

Quella notte fu lunga e dolorosa. Crilin si lamentò di continuo del suo forte mal di testa ed io, malgrado rimasi al suo fianco per tutto il tempo, non riuscii a trovare un modo per aiutarlo. Mi sentivo impotente nel vederlo muoversi di continuo: continuava a sudare e ad urlare, ma ogni mio tentativo di calmarlo fu inutile.
Verso le quattro, Crilin cessò di colpo di urlare e si addormentò profondamente.
La mattina successiva, Trunks e Marron lasciarono i bambini da Bulma e Vegeta per poter venire alla Kame House: mia figlia entrò nella camera per cinque minuti, dopodiché scappò di sotto. Vedere suo padre in quello stato la faceva stare male, ma... anche io stavo male.
«C18...» sussurrò ad un tratto, cercandomi con lo sguardo.
Gli accarezzai lievemente la testa, facendolo sorridere.
«Che bello... sei qui con me...»
«Non me ne sono andata neanche un minuto.»
Sospirò, continuando a sorridere. «Allora... è arrivato il momento di dirci addio...» 
Diede un colpo di tosse molto forte.
«Tu non te ne andrai via adesso, stupido! Domani dobbiamo... dobbiamo portare i bambini... a conoscere Babbo Natale...» singhiozzai, mentre le lacrime cominciavano a solcare le mie guancie.
Lui, sempre sorridendo, allungò la mano e la mise sulla mia guancia.
«Ti ricordi... ti ricordi il nostro primo bacio?» Arrossii lievemente. «Eravamo sulla spiaggia... era notte fonda e nel cielo c'erano tante stelle... ma nessuna era luminosa come i tuoi occhi... avevi fatto un incubo e trattenevi a stento le lacrime... abbiamo litigato... e alla fine mi hai baciato...»
Mentre lui parlava, io non riuscivo a smettere di piangere. Era più forte di me.
«Sai, in quel momento ero felicissimo... poi le cose per noi si sono un po' complicate... ma alla fine abbiamo superato tutte le difficoltà, insieme... e supereremo anche questa...»
«Quando tu morirai, giuro che andrò da Bulma e le dirò di rendermi mortale.» sussurrai.  
Lui scosse la testa. «No, ti prego... continua a vivere... fallo per Marron... per Ayaka e i gemelli... vivi per loro quando io non ci sarò più...» 
Non risposi. Ci guardammo negli occhi per un po', fino a quando Crilin chiuse gli occhi e riposò ancora. Dopo non molto, esausta, mi addormentai anch'io, seduta al suo fianco.

 

Fui svegliata da una voce che si lamentava, una voce che urlava il mio nome. Una voce che conoscevo bene.
«Crilin, sono qui, che succede?» domandai agitata.
Aveva di nuovo la fronte sudata e respirava a fatica.
«C18... C18... tu me lo devi promettere...» sussurrò, tenendosi la testa fra le mani dal dolore.
Poggiai le mie mani sopra alle sue, anche se era tutto inutile.
«Che cosa, Crilin?» chiesi, mentre i miei occhi cominciarono ad inumidirsi.
Anche lui, nello stesso istante, incominciò a piangere. «Devi promettermi che vivrai... che vivrai fino a quando... ne sentirai... la necessità...» Prese a respirare affannosamente. «Promettimelo, C18!» 
Col cuore in gola, scoppiai di nuovo a piangere. «Te lo prometto Crilin!»
Un suo nuovo lamento mi fece rabbrividire.
«Crilin...»
«Stai tranquilla... andrà tutto... bene...» Cercò di sorridere, ma non ci riuscì. Aveva ancora quella smorfia di dolore sulla faccia. «Ti amo... sarai per sempre la mia... la mia ragazza dagli occhi color ghiaccio...»
I suoi occhi si chiusero lentamente e il suo cuore cessò di battere dopo pochi secondi.
«Crilin...» dissi, con la voce rotta dal pianto. «CRILIN!!!» 

 

Durante il funerale scoprii che Bulma era l'unica ad essere a conoscenza della malattia di Crilin. Lui aveva chiesto che nessuno lo venisse a sapere per poter vivere i suoi ultimi mesi in tranquillità.
Quella sera andai a sedermi sulla spiaggia, coi miei vecchi vestiti, più o meno nel punto in cui baciai Crilin la prima volta. Il vento mi accarezzò il viso e l'acqua del mare era calma. Dopo pochi minuti, qualcuno si sedette al mio fianco.
«Mi dispiace.»
Abbozzai un sorriso. «Va bene così. Sapevamo che prima o poi sarebbe successo.»
Si avvicinò e all'improvviso mi abbracciò.
«C18...» sussurrò. «Ti voglio bene.»
Ricambiai l'abbraccio, mentre una lacrima mi attraversò la guancia. «C17... Anche io te ne voglio...»
Alzai lo sguardo al cielo e osservando le stelle più luminose, mi resi conto che Crilin sarebbe rimasto con me per sempre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Wow, ce l'ho fatta! Speravo di metterci meno tempo ad aggiornare, ma non ho avuto tanto tempo come credevo.
Come vi avevo già anticipato, nel prossimo capitolo ci sarà un salto nel tempo.
Non ho molto da dire sinceramente, rileggendo il capitolo mi sembra molto diverso da quelli che ho scritto fino ad ora... mi spiace se non è il massimo, ma siccome ultimamente scrivo poco, sto facendo del mio meglio.
Credo proprio che l'ultimo capitolo arriverà nel 2015, perciò... al prossimo anno!
Vi auguro un buon anno nuovo e un buon proseguimento delle feste ;) 

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Capitolo 40
*** L'inizio di una nuova vita. ***


 

40. L'inizio di una nuova vita.

 

 

Erano passati tanti anni da quel giorno, anni trascorsi con la mia famiglia che, piano piano, si evolse sempre di più, dando vita a nuove generazioni.
Qualche mese dopo la morte di Crilin, Trunks e Marron mi proposero di andare a vivere da loro e decisi di accettare, anche per poter passare più tempo con i miei nipoti. Cosa posso dire su di loro? 
Ayaka, dopo essersi laureata, decise di cercare lavoro in qualche grande città. Kaede si dedicò alle arti marziali e raggiunta la maggiore età, decise di ritirarsi in qualche regione lontana per allenarsi in modo solitario. Col passare degli anni, i due si fecero sentire sempre meno, fino a non farci avere più alcuna notizia. L'unico che rimase alla Città dell'Ovest fu Jirou. Con i suoi figli e nipoti, si creò un legame molto forte, ma purtroppo, si persero i contatti con la famiglia Son, con Ayaka, Kaede e persino coi Brief. Dopo la morte di Bulma, Trunks lasciò la Capsule Corporation in mano a sua sorella, ma i due non si rividero mai più.

 

Junko si legò i lunghi capelli biondi in una coda di cavallo: mi diede i suoi occhiali, lasciando così visibili i suoi meravigliosi occhi cerulei. Infine, strinse per bene la cintura della sua tuta viola.
«Bene! Sono pronta!» esclamò, contenta e sicura di sé.
Sorrisi, ripensando ancora una volta a quanto, buffamente, mia nipote fosse identica a Marron, sia fisicamente che di carattere.
La piccola si sporse e osservò fra le tribune.
«Mamma e papà non ci sono ancora.» sospirò. «Dici che arriveranno in tempo per la finale?»
«Prima ci devi arrivare tu in finale!» scherzai.
La voce del presentatore ci bloccò. «Bene, signore e signori, sono lieto di annunciare che il vincitore della prima semifinale è Goku Jr! La prossima lotta sarà disputata tra la piccola Junko e il forte Vegeta Jr!»
«Piccola... pff!» sbuffò lei, incrociando le braccia. «Vediamo se mi chiamerà ancora piccola dopo che stenderò quello sbruffone!»
Mi regalò un ultimo sorriso, dopodiché si diresse sul ring, posizionandosi di fronte al suo avversario.

 

«Non è giusto.» disse Junko, prendendo una manciata di pop corn dalla busta. «Non è per niente giusto. No... Non è giusto che i miei non siano venuti a vedermi.»
Sospirai. «Tuo padre è in ospedale da nonna Marron, lo sai. E tua madre sarà stata bloccata nel traffico, visto che oggi hanno chiuso molte strade per il torneo.»
Piano piano, l'arena si era svuotata: gli unici rimasti erano i due finalisti, Goku Jr e Vegeta Jr, che stavano chiacchierando seduti sopra al ring. L'incrontro tra i due si era concluso in parità.
«Perché ti sei ritirata dalla lotta contro Vegeta Jr?»
Fece spallucce. «Non mi andava più di lottare.»
Ultimamente, i genitori di Junko la stavano davvero trascurando, ma di certo non era colpa loro. Mia nipote si era allenata tanto per partecipare al Torneo Tenkaichi, ma avrebbe voluto che Toshiro ed Emi fossero lì sugli spalti a fare il tifo per lei. Era quello il motivo per la quale aveva deciso di non combattere: anche se l'arena era piena di spettatori, i due più importanti non erano presenti.
«Capisco come ti senti.» esordii, alzandomi in piedi. «Capisco che tu sia arrabbiata, ma ricordati che negli ultimi anni ci siamo allenate tanto. Vuoi davvero buttare via il tuo sogno?»
«Fra tre anni potrò partecipare di nuovo.» rispose, con noncuranza.
«Fra tre anni magari ti sarà passata la voglia di lottare, o magari Vegeta Jr e Goku Jr saranno diventati ancora più forti!»
I suoi occhi cominciarono a diventare lucidi. «Ormai il Torneo si è concluso e ho sprecato la mia opportunità. E' tardi per tornare indietro...»
«Io non direi!» esclamai, sorridendo. «Sei ancora in tempo per salire su quel ring e dimostrare a quei bambini la tua forza.»
Junko mi guardò confusa, ma poi capì. Con un balzo, giunse sopra al ring, non molto distante dai due piccoli sayan. La raggiunsi subito dopo, atterrando vicino a due donne sedute in prima fila fra le gradinate che non avevo visto. Entrambe avevano qualcosa di famigliare e mi convinsi della mia teoria: Goku Jr e Vegeta Jr erano i discendenti di Goku e Vegeta. In fondo, erano due nomi mai sentiti e pure uno stupido ci sarebbe arrivato: erano identici ai loro antenati.
La più anziana delle donne mi osservò a occhi spalancati. «C18? Sei... sei davvero tu!?»
Abbozzai un sorriso. «E' passato tanto tempo, Pan.»
Gli occhi della nipote di Goku si illuminarono. Intanto, la donna seduta di fianco a lei, che somigliava molto a Bulma, ci guardò confusa. Dopo poco, per attirare l'attenzione, si schiarì la voce.
«Oh, C18, questa qui è Hiromi, la pronipote di Bra!» spiegò Pan.
«Molto piacere!» esclamò la turchina, sorridendo. «Quindi tu sei la famosa C18, giusto? Di recente ho trovato dei file nel computer personale della mia antenata Bulma sui progetti del tuo corpo e di quello di un certo C17. Ma, forse, non è il momento adatto per parlarne.»
Arrossii lievemente, socchiudendo gli occhi. Che si riferisse ai progetti riguardanti la mia immortalità?
«Quindi, Vegeta Jr è tuo figlio?» chiesi, per cambiare argomento.
La donna annuì.
«Io invece sono la trisavola di Goku Jr!» disse Pan, sorridendo. «Però, immagino che tu avessi già intuito che i due ragazzi fossero i nipoti di Goku e Vegeta.»
«Sì, lo avevo capito. Avevo dedotto che Vegeta Jr fosse il discendente di Bra, ma credevo che Goku Jr fosse imparentato con Goten.»
«Oh, no... il figlio di Goten, Yakumo, si è sposato, ma non ha avuto figli.» spiegò. «Comunque, Junko e Marron sono due gocce d'acqua! L'ho subito riconosciuta, ma non pensavo che tu fossi ancora in vita.» ammise, arrossendo un po'.
Sorrisi, dopodiché mi avvicinai al ring. Nello stesso momento, mia nipote raggiunse i due sayan. Il primo ad accorgersi di lei fu Vegeta Jr, che la guardò con aria interrogativa.
«Ma tu sei la ragazzina che si è ritirata prima di lottare con me, non è così?» disse, con la stessa aria beffarda di Vegeta.
«E' vero! Ma si può sapere perché lo hai fatto?» chiese il piccolo Goku Jr.
Junko incrociò le braccia. «Ho avuto un calo di pressione... ma adesso sono qui per la rivincita!»
Vegeta Jr scoppiò una sonora risata. «Figuriamoci! Vorresti dire che tu saresti in grado di battermi?»
«No.» rispose lei, sorridendo. «Voglio dire che posso battervi entrambi, contemporaneamente, anche se vi trasformare in super sayan.»
«Che cosa ne sai della nostra trasformazione?» Il nipote del principe cominciò ad innervosirsi. «Si può sapere chi diamine sei tu?»
«Il mio nome è Junko Brief.» rispose. «Sono la figlia di Toshiro Brief, figlio di Kazuki Brief, figlio di Jirou Brief, figlio di Trunks Brief!»
Il sayan spalancò gli occhi. «Brief... no... non è possibile!»
«E' tua cugina di settimo grado tesoro!» esclamò Hiromi, che mi aveva raggiunta ai piedi del ring, seguita da Pan.
«Pff! Che tu sia mia cugina o meno, ci metteremo dieci minuti a batterti!» continuò Vegeta Jr, convinto di essere invincibile.
«Facciamo cinque.» propose mia nipote. «Se entro cinque minuti vi batterò entrambi, allora sarò la vincitrice. Se invece, nel tempo stabilito non metterò ko tutti e due, allora mi riconfermerò perdente.»
«La questione si fa interessante... Goku, che ne dici di mettere in palio il denaro che abbiamo vinto al Torneo?»
«Per me va bene!» esclamò il nipote di Pan.
«E se invece perdo? Che cosa volete in cambio?»
I due sayan si scambiarono un'occhiata d'intesa. «Quella sfera!» esclamarono all'unisono, indicando la sfera dalle sette stelle che Junko portava al collo.
Avevamo trovato quella sfera del drago insieme, mentre ci allenavamo in un bosco vicino ai Monti Paoz, quando Junko aveva appena cinque anni.
«Va bene, ci sto!» esclamò mia nipote.

 

Hiromi, sopra al ring, preparò il suo cronometro.
«Siete pronti?» domandò, rivolgendo uno sguardo prima ai sayan, poi a Junko.
«Sì!» dissero a tempo.
Dopo tre secondi, Hiromi diede loro il via e scese in fretta dal ring.
All'inizio, Junko diede il tempo a Goku Jr e Vegeta Jr per trasformarsi in super sayan, dopodiché, aspettò che uno dei due attaccasse. Il primo ad abboccare fu Goku Jr, che tentò di tirarle un pugno in pieno viso, ma Junko si teletrasportò dietro di lui e lo colpì alla schiena con un potente calcio.
Intanto, Vegeta Jr scagliò un'onda energetica contro mia nipote, che ricambiò con la stessa mossa: alla fine, si creò solamente un gran polverone.
I due si avvicinarono l'un con l'altro, dando inizio ad uno scontro corpo a corpo. Junko sembrò avere la meglio, ma dopo poco, Goku Jr li raggiunse e lei dovette parare i colpi di due persone contemporaneamente.
Un minuto.
Junko riuscì a far allontanare i due con una barriera energetica e si avvicinò a Goku Jr, tirandogli una serie di pugni che il sayan riuscì a schivare abilmente. Ad un certo punto, Vegeta Jr lanciò un ki blast nella loro direzione, ma entrambi lo evitarono volando verso l'alto. Spazientito, Vegeta Jr li raggiunse, dando così inizio ad un nuovo scontro corpo a corpo 2 contro 1.
Due minuti.
Ad un certo punto, Junko riuscì a volare rapidamente verso il basso, schivando così un pugno di Goku Jr, che colpì l'altro sayan in pieno viso.
«Idiota!» esclamò Vegeta Jr, rivolgendo un'occhiataccia all'amico.
«Scusami Vegeta! Io non volevo!»
Il nipote del principe seguì Junko e riuscì a colpirla con un ki blast, facendola sbattere contro il ring. Intanto, Goku Jr si teletrasportò sopra di lei e tentò ti colpirla nel fianco con un calcio: Junko, però, fu più rapida e parò il colpo con l'avambraccio. Dopodiché, si teletrasportò dietro Vegeta Jr e lo colpì con un kienzan. Il sayan fu trascinato via e andò a sbattere contro Goku Jr che, preso alla sprovvista, cadde dal ring.
Tre minuti.
Mentre Goku Jr, sbuffando, si massaggiava la nuca, Vegeta Jr rivolse uno sguardo di sfida a Junko.
«A noi due, femminuccia!»
Entrambi volarono a tutta velocità verso l'altro, ma, poco prima di andare a sbattere contro Vegeta Jr, Junko cambiò direzione verso il cielo. Non appena si voltò, lanciò un'onda energetica contro il sayan, che schivò con facilità. Quando i due furono abbastanza vicini, Vegeta Jr le tirò un pugno in viso, ma lei lo bloccò col palmo della sua mano e strinse quella del suo avversario fino a fargliela ritrarre. Poi, si teletrasportò di nuovo. Il sayan si voltò numerose volte, ma non riuscì a localizzare Junko, perché aveva azzerato la sua aura.
All'improvviso, una potente onda energetica lo colpì da dietro. Vegeta Jr fu scaraventato sul ring: non appena i suoi capelli, da biondi, ritornarono neri, fu la segnata la sua sconfitta.
«Quanto tempo ci ho impiegato?» domandò la bionda, sciogliendosi la coda.
«Tre minuti e trentaquattro secondi.» sbuffò Goku Jr.
Quando Vegeta Jr si rialzò, fulminò Junko con lo sguardo, mentre lei gli dedicò un enorme sorriso.

 

Poggiai la mia mano sopra a quella di Marron, ormai gelida. Avevo visto mio marito e mia figlia morire davanti ai miei occhi e non avevo potuto fare niente per salvarli.
Avevo i pantaloni bagnati dalle lacrime e sentivo gli occhi bruciare. Fu esattamente quello il momento in cui compresi che, ormai, non avevo più alcuna ragione di vivere.

 

Nel bel mezzo del funerale, ero scoppiata a piangere davanti a tutti. Restare in mezzo a tutte quelle persone mi faceva mancare il respiro.
«Nonna! Nonna, dove vai?» chiese Junko, correndomi dietro.
Mi asciugai le lacrime con la manica della maglietta, ma dopo due secondi ricominciai subito a piangere.
«Junko...» singhiozzai. «Io... io non ce la faccio! Non ce la faccio... a vivere...»
«Sì che puoi nonna... anche il nonno Jirou è a pezzi, tutti noi lo siamo... ma dobbiamo restare insieme, come quando è mancato nonno Trunks!»
Mi fermai e la guardai negli occhi. «Junko... non posso vivere con te
Sobbalzò. «Con me... perché? Che cosa ho fatto di male?»
«Perché tu me la ricordi! Sei identica a lei, cazzo!» gridai, stringendomi la testa fra le mani. Junko, titubante, si avvicinò e posò la sua mano sopra alla mia.
Fredda... come quella di Marron.
Il gesto con la quale la scansai fu molto rapido.
«Nonna...» sussurrò, incominciando a piangere. «Nonna, mi resti solo tu ormai! In questa famiglia non vengo considerata da nessuno! Non te ne puoi andare... non puoi!»
Si gettò a terra in preda al suo pianto, che era addirittura più straziante del mio. Mi avvicinai e mi sedetti al suo fianco.
«Mi dispiace... io non... io non ce la faccio proprio... sei uguale a lei...»
Junko, lentamente, alzò la testa. Aveva le guance rosse, i capelli fuori posto e continuava a singhiozzare. I passanti, anche se pochi, ci guardavano, ma dopo pochi secondi continuavano per la propria strada.
«Ricordi... ricordi quand'eri piccola e ti raccontavo... quella storia?» domandai, respirando a fatica per l'ansia.
Annuì. Prese un bel respiro e cercò di calmarsi. «La storia della cyborg immortale che si innamorò di un umano, con la quale ebbe una figlia e visse tutta la sua vita spaventata per la sorte di quest'ultima. La tua storia.»
«Già... la mia storia.» sorrisi. «Junko... credo di essere arrivata al capitolo finale della mia storia. Ma la tua... la tua storia è ancora all'inizio... sei ancora giovane, Junko, ci sono ancora mille avventure là fuori che ti aspettano. E sono certa che vivrai serenamente anche senza di me.»
«Nonna, i miei si stanno separando... nonna Marron è morta e a breve potrebbe toccare a nonno Jirou... tu sei l'unica che si preoccupa per me, l'unica che mi vuole bene! Nonna.. tu mi hai cresciuta...»
Le passai una mano fra i capelli dorati. «Lo so, piccola mia, lo so. Ti ho cresciuta come una figlia... ma ora, è giunta l'ora che tu impari a cavartela da sola. Mi dispiace tesoro, ma io... io non ce la faccio più. Sto troppo male...»
«Quindi, è un addio?»
Annuii. «Sì...»
Le diedi un bacio sulla fronte, prima di lasciarla tutta sola. Sola, per l'eternità.

 

«Sei davvero pronta?» mi chiese Hiromi. «Sei ancora in tempo per tornare indietro, se lo desideri.»
Scossi la testa. «No. Sono sicura. Rimuovi il dispositivo ad energia infinita dal mio corpo, ti prego...»
La scienziata si sedette davanti al computer. «Bene. Adesso, chiudi gli occhi, C18...»

 

Il giorno in cui morii, provai una strana sensazione. Per la prima volta nella mia vita, sentii il mio corpo debole.
Quando morii, capii tante cose. Capii che quella era la mia vendetta contro Gelo. Capii che finalmente, dopo tanto tempo, sarei riuscita ad essere di nuovo felice.
Ma soprattutto, capii che dall'altra parte mi aspettava una nuova vita, con mio marito e mia figlia.
Quando giunsi nell'aldilà, li vidi. Crilin e Marron. Mano nella mano. Con un'aureola in testa.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime.
«Mamma!» esclamò mia figlia, che aveva le sembianze di quando era adolescente.
Mi corse incontro e mi abbracciò forte, così forte da farmi mancare il respiro (per modo di dire!). Poi, due braccia calde ci strinsero entrambe. Marron si spostò ed io, dopo tanto, potei guardare di nuovo dentro agli occhi neri di mio marito.
«Mi sei mancata, amore mio.»
«Anche tu.» sussurrai, stringendomi a lui. «Non sai quanto, Crilin...»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E' passato un anno da quando pubblicai il primo capitolo di questa storia. All'inizio credevo che ci avrei messo poco per portarla al termine, ma i miei piani sono cambiati varie volte.
Scrivendo questo ultimo capitolo, sono stata un po' male. E' stata una fanfiction che ho scritto con amore, anche se spesso alcuni capitoli non sono usciti molto bene, ma questo è successo a causa mia, perché ho scritto anche in momenti in cui, a dirla tutta, sarebbe stato meglio non farlo. Però, l'amore che ho provato verso questa storia, l'amore che provo per la scrittura, mi hanno indotta a scrivere anche quando stavo male, anche quando non mi andava di farlo.
Ho impiegato più di un giorno per elaborare questo finale, ad esempio, ieri ci ho passato due ore di fila sopra, oggi quasi due, tra scrivere, rileggere e correggere il tutto. Inoltre, è la prima volta che scrivo un capitolo così lungo o sbaglio? ;)
Ci tengo a ringraziare di cuore tutti voi, che avete letto e recensito questa storia, o che semplicemente l'avete inserita tra le seguite o le preferite.
In particolare, vorrei ringraziare Giampiasr e Alima, che hanno recensito capitolo per capitolo, scrivendomi le loro impressioni, facendomi notare i miei errori e aiutandomi a migliorare sempre di più, ma soprattutto sopportandomi, visto che all'inizio avevo poca fiducia in quello che scrivevo!
Ovviamente, anche tutte le altre persone che hanno letto, mi hanno fatto un grande favore! E' bello sapere che una storia scritta da me piaccia a qualcuno.
Ringrazio anche C18, che è da sempre il mio personaggio preferito di Dragon Ball. La ringrazio, perché mi ha ispirata a scrivere questa storia.
Un giorno, potrei scrivere dei momenti mancanti di questa fanfiction o scrivere qualche one-shot facendo dei riferimenti, chissà... Quello che è certo, è che non lascerò il fandom di Dragon Ball. Ho ancora tante idee e tante storie ancora da scrivere.
Detto questo, con molta tristezza, vi saluto. Vi rifaccio gli auguri per il 2015, sperando che possiate passare un anno sereno.
Ciao a tutti voi! ♥

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