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Lista capitoli: Capitolo 1: *** 1 - Cuore di fratelli *** Capitolo 2: *** 2 - Scelte di uomini *** Capitolo 3: *** 3 - Anime Ribelli *** Capitolo 4: *** 4 - Ombre e speranze *** Capitolo 5: *** 5 - Ferite *** Capitolo 6: *** 6 - La speranza cavalca il vento *** Capitolo 7: *** 7 - Verso la tempesta *** Capitolo 8: *** 8 - Lunga notte di tenebra *** Capitolo 9: *** 9 - Una via che costa lacrime *** Capitolo 10: *** 10 - Cuore e dovere *** Capitolo 11: *** 11 - Sotto un cielo senza luce *** Capitolo 12: *** 12 - La battaglia più grande *** Capitolo 13: *** 13 - Cominciare a guarire ***
"A Tale of Rohan" è il mio ennesimo racconto
basato sul "Il Signore degli Anelli", stavolta la storia sarà vista
dalla prospettiva dei Rohirrim; è un racconto basato soprattutto sui
sentimenti, perciò è stato abbastanza impegnativo scriverla. E' anche la prima
storia di LOTR che comincio a pubblicare non avendola finita; questo mi mette
una certa insicurezza, credo di essere a buon punto e spero di riuscire a
finirla presto (magari quando sarò in vacanza). Quando ho cominciato a scrivere
"A Tale of Rohan" era un periodo non super tranquillo, ma
relativamente calmo per me; molte cose sono cambiate da allora, e chi mi
conosce sa che non sono tempi allegri, perciò spero che i vostri commenti mi
aiutino a sentirmi più serena e magari che m'ispirino per il finale di questa
ff. Vi ringrazio di cuore fin da ora.
La storia è pubblicata in anteprima su EFP, e
ringrazio questo sito per le opportunità che mi da. Naturalmente i personaggi
di "Il Signore degli Anelli" sono opera di quella grande mente del
Maestro J.R.R. Tolkien, che spero mi perdonerà dell'uso improprio che ne
faccio, ma giuro è solo per amore. Elfrid, invece, è tutta mia, e spero
l'amerete come la amo io. Le canzoni citate appartengono ai loro legittimi
autori. Buona lettura, a presto.
Sara
1. Cuore di fratelli
Will you be there to guide me
All the way through, I wonder will you
Walk by my side...
(Tomorrow
- Europe)
La colonna di cavalieri si
fermò prima di scendere la collina, arrestata da un gesto del comandante;
l'uomo si sfilò l'elmo, scuotendo i capelli, il cavaliere al suo fianco fece
altrettanto.
Eomer guardò il compagno,
il suo profilo chiaro, gli zigomi nobili, gli occhi di un profondo azzurro,
così simili a quelli del padre; l'altro si passò una mano tra i capelli biondi,
lunghi fino alla base del collo, sospirando.
"Ci fermiamo in quel
bosco, sulla riva del fiume, per far abbeverare i cavalli." Disse,
indicando la macchia d'alberi vicino all'ansa del fiume. "Prima del
mezzogiorno ripartiamo." Non sentendo giungere risposta, si girò verso
Eomer, osservandolo per un momento. "Ti vedo stanco fratello."
"Non sei la persona
giusta, per dirmi certe cose, Theodred." Ribatté l'altro cavaliere; il
cugino fece ripartire la colonna con un gesto, dopo aver spronato il proprio
cavallo. "Hai sempre la faccia scura..."
"E' mio padre, l'uomo
che lascio nelle mani di quella viscida serpe, ricordatelo." Affermò il
maresciallo, guardando davanti a se.
"Lo sai, è come se
fosse anche il mio." Replicò con rabbia Eomer. "E poi..."
"Credi che non pensi
ad Eowyn?!" Esclamò Theodred, voltandosi verso il cugino. "Non sai la
pena che ho nel cuore ogni volta che parto." Aggiunse, tornando a guardare
avanti. "Vedo la mia terra morire, vedo la mia piccola stella spegnersi
ogni giorno, e non posso fare nulla, e la rabbia cresce dentro di me..."
Eomer si trovava a condividere pienamente quelle parole. "...l'unica cosa
che posso fare è combattere contro gli orchetti, proteggere il mio popolo,
servire il mio re nel modo migliore, e sperare che un giorno riusciremo a liberare
mio padre dal fiele che lo avvelena..." Girò di nuovo il capo verso il
cugino. "Per questo ho bisogno di te, fratello mio." Gli disse,
allungando un braccio e stringendogli una spalla; Eomer gli sorrise
stentatamente.
"E io sarò con te,
fino alla fine." Gli garantì poi, stringendo con la propria la mano
dell'altro cavaliere.
Raggiunsero la macchia
d’alberi in breve tempo; gli uomini scesero da cavallo, lasciando che gli
animali si abbeverassero, mentre loro mangiavano e si dissetavano.
Quando Theodred impartì
l'ordine di prepararsi a riprendere il cammino, Eomer stava espletando un
bisogno fisico nascosto dietro ad un albero; si riallacciò velocemente i
pantaloni e si apprestò a tornare dagl'altri. Il cavaliere, mentre riprendeva
il sentiero, vide uno dei suoi uomini trafficare tra alcuni cespugli.
"Sbrigati soldato,
stiamo per riprendere la strada!" Gli gridò; quello sollevò appena la
testa, ma Eomer già si allontanava.
"Hey, dov'eri
finito?" Gli domandò Theodred, andandogli incontro.
"Io stavo pisciando,
ma non sono l'unico ritardatario." Rispose il cugino, indicando col
pollice il cavaliere che usciva dai cespugli; il maresciallo guardò in quella
direzione, alzando le sopracciglia. "Insomma soldato, ti avevo detto di
sbrigarti!" Esclamò Eomer.
Il cavaliere si avvicinò ai
due, togliendosi l'elmo e mostrando una lunga chioma di capelli che tendevano
all'arancio del sole al tramonto; si fermò davanti a loro, sorridendogli con
una faccia da ragazzino pestifero, macchiata da efelidi. I suoi occhi nocciola
scintillavano al sole. Era decisamente una donna.
"Mi spiace, Sire, ma
per noi donne è un po' più difficoltoso, non basta scuotere il gingillo e
chiudere la patta." Affermò con sarcasmo; vedendo l'espressione comica sul
viso di Eomer, Theodred non poté fare a meno di ridere.
Il cugino si voltò verso di
lui, con espressione serissima, ed una piccola nota di rimprovero negl'occhi.
"Abbiamo una donna nei
nostri ranghi?" Gli domandò; Theodred stava per rispondere, ma fu
anticipato da lei.
"Non una qualsiasi
donna, Sire, il mio nome è Elfrid, figlia di Ranulf, e sono il capitano della
seconda compagnia dell'Ovestfalda." Dichiarò la ragazza con orgoglio; lui
la guardava corrucciando le sopracciglia, Theodred rideva di nuovo. "E
sono qui per servire il mio re..." Sguardo poco convinto ai due cavalieri.
"...ed i Marescialli del Mark." Aggiunse, con un sorrisino divertito,
poi girò i tacchi e se n’andò.
"Tu lo sapevi!"
Sbottò Eomer, quando si fu allontanata, voltandosi verso il cugino con le mani
sui fianchi; Theodred rideva senza ritegno.
"Certo che sì!"
Rispose poi, ricomponendosi, ma senza lasciare il sorriso. "Conosco tutti
i miei uomini... Fantastica, eh?"
"Hmm, non so se
ucciderla o innamorarmi di lei!" Esclamò Eomer, incamminandosi verso il
suo cavallo.
"Ehhh, le rosse dell'Ovestfalda..."
Commentò divertito Theodred, e poi scoppiò di nuovo a ridere seguendo il
cugino.
Quella sera si fermarono
nei pressi di una fattoria ormai abbandonata; i rohirrim si accamparono intorno
ad alcuni grandi falò.
Theodred si gettò a sedere sul
ceppo tagliato di un albero, lanciando un'occhiata ad Eomer seduto a terra a
qualche passo da lui; il cugino fissava il fuoco, con aria assorta.
C'erano volte in cui
stentava a riconoscere, in quell'alto uomo biondo dal fisico possente, il
bambino scontroso e solitario che aveva accolto ad Edoras tanti anni prima,
preoccupato solo di stringere convulsamente la mano della sorellina.
"Malinconia?" Gli
domandò distrattamente.
"Solo... pensavo ad
Eowyn..." Rispose Eomer senza guardarlo.
"Passano gli anni, ma
le tue priorità non cambiano." Affermò Theodred annuendo; il cugino lo
guardò.
"E' tutta la mia
famiglia." Ribatté poi.
"Hey, non dimenticare
che ci sono anch'io!" Esclamò l'altro sorridendo.
"Certo che no, ma tu
sei qui, lei invece..." Mormorò tornando a guardare il fuoco; non doveva
dire altro, Theodred condivideva ogni suo pensiero, non doveva spiegare nulla,
dividevano la stessa ansia. Amava Eowyn come se fosse la sua vera sorella, e
lasciarla era ogni volta un'angoscia.
"Non temere, al
massimo dopodomani potrai riabbracciarla." Disse Theodred, con l'intento
di rassicurarlo; Eomer non poté rispondere, poiché qualcuno piombò a sedere tra
loro.
"Allora, che
accampamento di Rohirrim è, senza un po' di alcool?" Domandò una voce
femminile; era Elfrid, con tra le mani una grossa borraccia di pelle.
"Che cos'è?"
Domandò Theodred, con espressione interessata.
"Vero sidro
dell'Ovestfalda." Rispose con orgoglio la donna; il secondo maresciallo
lanciò al terzo un'occhiata di pura gioia.
"Dammi qua."
Ordinò poi, prendendo la borraccia dalle mani di Elfrid.
Theodred bevve un lungo
sorso di liquore, terminando con un sospiro soddisfatto; gli altri due lo
osservavano divertiti, alla luce del fuoco.
"Per tutti i Valar, è
un nettare!" Commentò poi, pulendosi le labbra col dorso della mano.
"Ne dubitavi?"
Intervenne la ragazza, strappandogli la borraccia dalle mani e bevendo a sua
volta. "Viene dalle cantine di mio padre!" Aggiunse, passando il
contenitore ad Eomer, che lo prese dopo un attimo di titubanza.
L'uomo guardò il bordo
della borraccia, poi la ragazza che scherzava con suo cugino, le sue labbra
sottili, i suoi capelli legati un po' a caso, le sue lentiggini... Infine
bevve, assaporando il sapore forte e dolce del liquore.
Quando riaprì le palpebre,
si ritrovò con i begl'occhi nocciola di Elfrid fissi nei suoi, anche se la
ragazza stava appoggiata a suo cugino e scherzava con lui.
"Perché non ti sei
ancora sposato, Theodred?" Domandò lei, ad un certo punto.
"Sto aspettando che tu
decida di fare il grande passo, Elfrid." Rispose scherzando l'uomo;
entrambi scoppiarono a ridere.
"Non ci sperare!"
Sbottò divertita la ragazza, sorseggiando dell'altro liquore.
Bevvero e parlarono a
lungo, ma Eomer rimase taciturno, al contrario degli altri due, che si misero
perfino a cantare. La luna era già alta in cielo, e la notte invecchiava
rapidamente, quando Theodred, sbuffando, si alzò barcollante.
"Ho bevuto
troppo." Sentenziò.
"Penso proprio di
sì." Commentò Eomer, mettendosi a sua volta in piedi. "Ti porto nella
tenda..." Aggiunse, prendendolo per le spalle.
"Elfrid, vieni ad
aiutarmi a togliere i pantaloni?" Domandò alla ragazza, mentre il cugino
lo trascinava via.
"Ehehehe, perché
no!" Rise lei a braccia conserte. "Tanto sei innocuo." Dicendo
così li seguì.
Appena Eomer lo ebbe
depositato sul letto, e dopo un'ultima battuta, Theodred si addormentò
pesantemente, confermando appieno la teoria di Elfrid; lo spogliarono di
casacca, cotta di maglia e pantaloni. Eomer sospirò, quando finirono; la
ragazza lo guardò.
"Sei preoccupato per
lui?" Gli domandò all'improvviso; l'uomo si girò verso di lei con sguardo
triste.
"A volte mi sembra
così fragile..." Ammise tristemente; lei tornò a guardare il corpo disteso
dell'erede al trono di Rohan, trovandosi a condividere le impressioni di Eomer,
ma non lo avrebbe ammesso. Le venne in mente qualcosa per stemperare i toni...
"Sarebbe proprio un
peccato, se dovesse morire..." Disse seria.
"Non dirlo nemmeno per
scherzo!" Sbottò lui. "Non perderemmo solo il nostro principe, ma
anche un condottiero valoroso e..."
"Io dicevo che sarebbe
un peccato per noi signore." Lo interruppe Elfrid, osservando maliziosa
quel che la camicia di Theodred, il solo indumento che indossasse, mostrava.
"E' davvero tanta roba, per andare sprecata..."
"Sei mostruosa!"
Esclamò l'uomo con rabbia, dandole le spalle e uscendo sbrigativamente dalla
tenda; Elfrid sbuffò.
"Eomer..." Lo
chiamò seguendolo. "Eomer dai..." Continuò raggiungendolo fuori; lui
stava immobile vicino al fuoco, con le braccia conserte. "Dimmi un
po'..." Gli sussurrò, posando il mento sulla sua spalla. "...voi
della stirpe di Eorl siete tutti messi così bene?" Domandò con un
sorrisetto divertito.
"Smettila."
Borbottò Eomer offeso e imbarazzato. "La sua vita è una cosa seria."
Aggiunse, tornando a guardarla.
"Stavo solo cercando
di sdrammatizzare." Affermò Elfrid allargando le mani. "Credi che non
ci tenga a lui? Tu non hai idea da quanto tempo lo conosco..."
"Sei stata con
lui?" La domanda la interruppe, e la colse di sorpresa; la ragazza chinò
il capo negando.
"No." Rispose
poi. "Mi ha sempre respinta, è un vero principe..." Spiegò
sorridendo.
"Perfetto." Annuì
Eomer. "Non ti vedevo un granché bene, come regina di Rohan."
Dichiarò poi, lasciandola per tornare nella tenda che divideva col cugino.
Lei lo guardò andare via,
seguendo il suo passo elegante ed i capelli biondi che ondeggiavano sulla
schiena robusta; Elfrid fece un sorriso soddisfatto.
"Mi piaci davvero
molto, Terzo Maresciallo del Mark..." Mormorò a bassa voce.
Edoras li accolse la sera
del giorno successivo; i due marescialli ed i capitani delle varie compagnie
furono introdotti nella sala del trono di Meduseld, alla presenza del re.
Elfrid si accorse subito
delle espressioni tirate di Eomer e Theodred, come se si preparassero a
qualcosa che preferivano di gran lunga evitare.
Entrarono nel salone; sul
trono, oltre il grande focolare, era seduto un uomo canuto e curvo, con occhi
spenti, cui sembrava pesare perfino la corona che gli cingeva la fronte. Non
poteva essere il re del Mark, quello; l'ultima volta che la ragazza lo aveva
visto era un uomo di una certa età, sì, ma ancora pieno di vigore, alto e
fiero... Cosa era successo? Mentre si poneva quelle domande, Elfrid vide un
omuncolo, pallido e viscido, con occhietti attenti e maligni; era accasciato
alla destra del trono, teneva la mano del re e gli sussurrava qualcosa. E la
scena non piacque per niente alla ragazza, le dette subito una sensazione
estremamente negativa.
Spostando gli occhi si
accorse della fanciulla in piedi alla sinistra del re; era diritta e sottile
come una lama, bianca come un giglio, con i capelli d'oro. Elfrid rimase
colpita dalla sua somiglianza con Eomer: sembravano il maschile ed il femminile
di una stessa persona, con l'identica bellezza candida e severa. Era molto bella,
la Bianca Dama, ma sembrava triste, cupa, come un giorno di pioggia.
"I Marescialli del
Mark sono tornati." Affermò l'omuncolo alzandosi e scendendo un paio di
gradini; Theodred ed Eomer, nel frattempo, si erano fermati davanti alla pedana
del trono.
"Lasciaci riferire
direttamente al Re, Grima." Disse Theodred, fissandolo negl'occhi.
"Temo di non poterlo
fare, egli è piuttosto stanco oggi..." Occhiata al sovrano, che emise un
debole lamento. "Dovrete accontentarvi di me..." Aggiunse, tornando a
guardare l'altissimo principe da sotto in su, con un sorrisino malevolo.
Theodred strinse i denti,
prendendo un profondo e rabbioso respiro; Eomer, nello stesso momento,
scambiava un'eloquente occhiata con la sorella.
"Padre." Il
principe, senza ascoltare il consigliere, si rivolse al sovrano. "Ci siamo
scontrati con gruppi di orchi, devastavano i villaggi lungo il corso dell'Isen,
e portavano insegne con la mano bianca di Saruman!"
"Se non
sbaglio..." Intervenne Grima, mettendosi tra Theodred e suo padre.
"...ti ho riferito che il nostro sovrano è stanco." Il cavaliere
serrò i pugni, tanto forte da penetrare la pelle con le unghie.
"Vermilinguo..."
Sibilò a denti stretti. "...togliti di mezzo..." Un colpo di tosse
del re, distrasse tutti.
Sguardi allarmati si rivolsero
al trono; Eowyn gli fu subito vicino per sostenerlo. Theoden, affannato per
l'improvvisa mancanza di respiro, rimaneva piegato su se stesso; alzò appena il
suo sguardo appannato sul figlio, che stentava a riconoscere.
"Lascia che sia il
buon Grima, ad occuparsi di tutto..." Mormorò con voce roca e piatta;
Vermilinguo sorrise compiaciuto a quelle parole. "Io devo riposare... sono
stanco... molto vecchio e stanco..." Aggiunse poi, porgendo il braccio ad
Eowyn, che lo aiutò a lasciare il suo trono; mentre si allontanava con lo zio,
la ragazza lanciò un'occhiata disperata al fratello.
Theodred seguì come
ipnotizzato l'uscita lenta e strascicata del padre, cercando di sovrapporre a
quell'immagine la figura nobile e vigorosa dell'uomo che ricordava, di rivedere
la severità del maestro e l'affettuosità del genitore; sentì lacrime disperate
salirgli agl'occhi, vedendo la larva consumata che un tempo era un uomo
coraggioso e gentile che lui idolatrava. Si voltò verso Grima, con gli occhi
lucidi.
"Che cosa gli stai
facendo?" Domandò il principe, senza riuscire a nascondere una certa
rassegnazione.
"Io?! Ma questa è
un'accusa ingiusta!" Proclamò melodrammaticamente Vermilinguo. "Voi,
piuttosto..." Indico i due marescialli. "Siete voi che non fate altro
che portargli preoccupazioni e brutte notizie!" Continuò rammaricato.
"Io, invece, mi prendo cura di lui, l’assito nella sua malattia..."
"Ma taci!" Lo
interruppe Eomer con rabbia, alzando i pugni; Elfrid era sconvolta da tutta
quella tensione.
"Non osare
intervenire, tu!" Sbottò il consigliere guardando il terzo maresciallo.
"Tu che sei una serpe covata nel seno del Re!" Eomer stava per
avventarsi contro di lui, quando fra di loro si pose Theodred.
Il principe si avvicinò
all'omuncolo, sovrastandolo col suo corpo imponente; lo prese per il bavero,
impedendogli di allontanarsi, e lo guardò con occhi gelidi.
"Ascoltami bene,
Vermilinguo, perché non mi ripeterò..." Gli ringhiò sul viso. "Ora
forse non è nel mio potere, liberarmi di te, ma sappi che verrà il giorno in
cui riuscirò a strappare quel pungiglione velenoso che hai infilato nel cuore
di mio padre, e allora... tu sarai finito, ricordatelo." Aggiunse, con
estrema freddezza.
Lo lasciò spingendolo a
sedere ai piedi del trono, poi lasciò la sala, seguito dal cugino e dagl'altri
soldati; Grima si asciugò bruscamente il sudore con la manica, stringendo i
denti, doveva ancora riprendersi dalla paura.
"Devo liberarmi di
lui..." Mormorò tra se. "Devo assolutamente liberarmi di
lui..."
Elfrid si affacciò
discretamente sulla porta della stanza; vide la fanciulla indaffarata a riporre
biancheria in una cassapanca.
"Perdonatemi, Dama
Eowyn." Le disse; l'altra si girò subito, osservandola con aria
interrogativa. Elfrid si fece avanti. "Non vorrei sembrare invadente, ma
mi hanno detto di rivolgermi a voi."
Eowyn la osservò per un
momento, e trovò che quella ragazza dal fisico scattante, con quel bel viso
lentigginoso, le piaceva, soprattutto perché vestiva da maschio senza problemi.
"Ditemi." La
incitò poi.
"Ecco..." Esordì
Elfrid. "...mi chiedevo se non aveste del balsamo per capelli da prestarmi..."
La ragazza bionda rimase un po' sorpresa da quella richiesta. "Il fatto è
che, viaggiando con i Rohirrim, non posso portare con me troppi oggetti per la
cura personale..." Si sentì in dovere si piegare.
"Oh, ma certo!"
Esclamò Eowyn. "Non c'è problema, ve lo procuro subito." Affermò poi,
voltandosi verso un mobiletto. "Il vostro nome?" Le chiese senza
guardare, occupata nella ricerca.
"Elfrid."
"E' un bellissimo
nome." Le disse la fanciulla, porgendole il vasetto. "Posso fare
ancora qualcosa per voi?" Aggiunse sorridendo.
"Volete farmi
compagnia?" Ribatté Elfrid, rispondendo al sorriso.
"Con piacere."
Annuì Eowyn.
Elfrid si lavò i capelli,
vi passò sopra il balsamo che le aveva fornito Eowyn e poi, dopo averli
accuratamente pettinati, estrasse il suo affilato pugnale e cominciò a
tagliarli; la fanciulla bionda la osservava incuriosita.
"Perché fai
questo?" Le chiese.
"Li ho lasciati
crescere troppo, e adesso mi danno fastidio sotto l'elmo." Rispose
l'altra, mentre si tagliava accuratamente i ciuffi sulla fronte davanti ad uno
specchio.
"Una volta anch'io ho
provato un elmo, ed è tutto fuorché comodo!" Scherzò Eowyn, poi,
rattristandosi, si girò piano verso di lei. "Com'è, essere un
guerriero?" Domandò timidamente.
"Hm, com'è... E'
incosciente, pericoloso e sporca un sacco!" Affermò divertita Elfrid; si
era però accorta dell'espressione dell'altra ragazza. Eowyn fece un breve
sorriso, chinando il capo.
"A volte vorrei essere
un soldato anch'io..." Ammise infine, continuando a guardare in basso.
"...così da cavalcare insieme ai miei fratelli, difendere il mio paese,
invece di restare qui ed essere una specie di... inutile serva, buona solo a
sostenere i passi di un pover'uomo..." Aggiunse con rabbia, scuotendo la
testa.
"Eowyn..."
Mormorò Elfrid, sedendosi accanto a lei e prendendola per le spalle. "Io
sono sicura che non ti manca né il coraggio né l'abilità, per combattere
insieme a noi." Le disse. "Ma pensa a cosa sarebbe di tuo zio, se
anche tu dovessi partire... Vuoi davvero lasciarlo totalmente in balia di
Vermilinguo?"
"Ma che cosa posso
fare, io?" Replicò la ragazza, lasciando che una solitaria lacrima le
scendesse lungo la guancia.
"Puoi dargli il tuo
affetto." Ribatté Elfrid con foga. "Finché gli sarai vicina ci sarà
speranza per lui."
"Forse hai ragione..."
Mormorò Eowyn, guardandola negl'occhi. "Vorrei solo che arrivasse qualcuno
a liberarmi di questo peso..." Aggiunse tristemente.
"Beh, non si sa
mai..." Intervenne l'altra. "Chissà che, prima o poi, non arrivi
davvero un misterioso principe, con penetranti occhi azzurri, sopra ad un
possente destriero..." Continuò con tono scherzoso. "Sognare non
costa nulla!" Aggiunse allegramente, strizzandole l'occhio; Eowyn sorrise
con sincerità.
"Grazie..."
Mormorò poi, asciugandosi gli occhi con la mano.
"Anche confortare
qualcuno non costa nulla." Affermò Elfrid carezzandole il capo; si
sorrisero, era nata una nuova amicizia.
Erano passati tre giorni
dal loro ritorno a Edoras, ma quel momento di pace stava per finire, se pace si
poteva chiamare. Theodred invitò ad entrare la persona che aveva appena
bussato; Eomer apparve sulla soglia.
Il cavaliere guardò il
cugino, che era in piedi accanto alla finestra, apparentemente concentrato
sull'implacabile vento che spazzava la prateria ai piedi di Meduseld; il suo viso
era tirato, la mascella contratta, gli occhi inespressivi.
"Oh, sì..."
Mormorò Theodred, recuperando attenzione; si voltò verso il cugino. "Sì,
scusa, vieni pure."
Eomer, con sguardo
sospettoso, si portò di fronte al suo comandante; lo scrutò per un attimo,
trovandolo stranamente pallido, era un periodo che non poteva fare a meno di
essere preoccupato per lui.
"Parla." Lo
incitò, fermandosi in piedi.
"Ho ricevuto un
messaggio dal Fosso di Helm, la situazione nell'Ovestfalda si sta
aggravando..." I loro peggiori timori si stavano drammaticamente
realizzando; Eomer strinse i pugni. "Credo che la soluzione migliore sia
un attacco in forze..." Continuò Theodred, dandogli le spalle. "Riunisco
le truppe al Trombatorrione, poi attaccheremo ai guadi dell'Isen, dobbiamo far
scoprire Saruman..." Aggiunse tornando a guardare il cugino.
"Giusto." Annuì
lui. "Possiamo farcela..."
"Tu rimarrai
qui." Affermò il secondo maresciallo, interrompendolo.
"Che cosa?!" Esclamò
Eomer furente. "Non se ne parla nemmeno!" Sbottò poi alzando i pugni.
"Eomer!" Gridò
Theodred, girandosi e prendendolo per le braccia. "C'è una guerra in
corso, non lascio sguarnita Edoras, ed ho sentito voci di movimenti di orchi
sul confine ad est." Gli disse fissandolo negl'occhi.
"Io vengo con te, non
mi convincerai!" Insisté il terzo maresciallo.
"Non puoi decidere
tu." Affermò calmo Theodred, lasciandolo e facendo qualche passo verso la
finestra. "E' un ordine." Dichiarò con freddezza. "Sono ancora
io il comandante generale dell'esercito di Rohan."
"Tu non puoi
obbligarmi..."
"Posso eccome!"
Urlò Theodred, sbattendo un pugno sul tavolo. "Se disubbidisci ai miei
ordini sei fuori, Eomer." Aggiunse fissandolo; il cugino strinse i denti
con rabbia.
"Io sono il tuo
miglior capitano, il tuo secondo in comando..." Tentò di protestare Eomer,
in preda alla frustrazione.
"Ed è proprio per
questo che resterai qui, mi fido solo di te..." Riprese il principe,
rimettendosi dritto e passando una mano tra i folti capelli biondi. "Non
ho intenzione di lasciare altro terreno a Vermilinguo, e so che lo contrasterai
con tutti i mezzi." Aggiunse serio; il cugino era a pochi passi da lui, la
mascella tesa, il respiro pesante. "Ti ho detto tutto, puoi andare."
Lo congedò mentre si voltava verso la finestra.
Eomer, in preda all'ira,
girò i tacchi e se n’andò sbattendo violentemente la porta; Theodred sospirò
aggrappandosi alla tenda: sapeva che quell'impresa ai guadi dell'Isen era
folle, e lasciare Eomer a Edoras era, forse, l'unico modo per salvare l'ultimo
erede della casa di Eorl. Lo faceva per il suo bene, lo avrebbe capito... un
giorno.
Elfrid si stava dirigendo
verso le stanze di Theodred per sentire i nuovi ordini, quando le passò a
fianco Eomer, nero come una nuvola di Mordor; la sorpassò senza nemmeno
vederla, ma lei si preoccupò e lo seguì.
"Eomer!" Lo
chiamò, ma lui non diede segno di sentirla, anzi proseguiva a passo spedito
verso l'uscita. "Eomer." Lo chiamò ancora, e nuovamente non
l'ascoltò, uscendo dal palazzo, scendendo i gradini del bastione e continuando
a camminare fino alla staccionata dei cavalli, sbattendoci le mani sopra.
La ragazza si fermò dietro
di lui, osservandolo: respirava intensamente, come cercando di recuperare una
certa padronanza di se, non sembrava riuscirci troppo bene...
"C'è qualcosa che non
va?" Gli domandò timidamente.
"Qualcosa che non va,
hum..." Rispose l'uomo con ironica rabbia, poi si voltò. "Certo, la
mia terra soffre sconvolta dalla guerra, il mio re è sotto il giogo di una
volontà straniera, mia sorella è preda delle mire di un viscido ratto di fogna,
e una delle persone che più amo al mondo non mi vuole al suo fianco in una
battaglia decisiva... sì, decisamente qualcosa non va." Dichiarò
appoggiandosi alla staccionata e sbattendoci di nuovo le mani con violenza.
"Ora sei sconvolto,
Eomer." Disse lei, avvicinandosi. "Se ragioni capirai che, se ti
lascia qui, è solo perché si fida di te." Aggiunse saggiamente.
"Io voglio combattere,
non capisci?! Non rimanere al palo come un vecchio ronzino!" Ribatté
adirato lui.
"Allora siamo due
vecchi ronzini, perché anch'io rimango a Edoras." Replicò con calma
Elfrid, sorridendo sarcastica.
"Ha mollato anche te,
non ci posso credere..." Affermò Eomer, sollevando gli occhi al cielo e
scuotendo il capo.
"Non mi ha
mollata." Proclamò la ragazza. "La mia è una delle migliori compagnie
della cavalleria di Rohan, e ne sono orgogliosa, come sono orgogliosa di
rimanere a servire il Terzo Maresciallo del Mark..."
"Ma fammi il
favore!" Sbottò lui, senza spostare lo sguardo sulla guerriera.
"Eomer..."
Mormorò Elfrid, facendo un altro passo verso l'uomo. "...non c'è davvero
nulla che possa fare, per farti sentire meglio?" Gli domandò poi.
"Non credo..."
"Invece, io penso di
sì..." Continuò la ragazza, prendendogli tra le mani il bavero della
casacca e adagiandosi contro di lui, che si reggeva sulla staccionata.
Il primo riflesso di Eomer
fu di afferrarle i polsi e scostarla da se; riuscì nella prima azione, ma non
nella seconda. Quando si accorse che il viso di Elfrid si avvicinava al suo, si
allontanò, ritraendo il collo, ma lei non si arrese; la battaglia del
maresciallo, per evitare il bacio, era persa in partenza: lei lo guardò
negl'occhi, con maliziosa dolcezza, e lui si arrese. Le labbra di Elfrid si posarono
su quelle di Eomer.
Fu un bacio lento e lungo;
le mani dell'uomo lasciarono i polsi della ragazza, scivolando fino alla sua
vita sottile e traendola a se, lei passò una mano tra i suoi capelli. Quando si
lasciarono, rimasero a fissarsi negl'occhi per qualche attimo, poi si
sorrisero.
"Sappi che non riservo
questo trattamento a tutti i Rohirrim." Gli disse Elfrid.
"Vorrei ben
vedere..." Ribatté lui; poi si mise ad osservarla, con sguardo dolce,
finché non allungò una mano carezzandole i capelli. "Ma che hai
fatto?" Le domandò.
"Li ho tagliati."
Rispose tranquillamente lei.
"Adesso sembri un
monello!" Sbottò divertito Eomer; Elfrid lo rimproverò con lo sguardo,
scostandosi da lui.
"Devo andare..."
Annunciò. "Ma, se dovessi avere bisogno di me..."
"So dove
trovarti." Concluse il cavaliere; la ragazza gli sorrise dolcemente.
"A più tardi, bel
biondo." Lo salutò alzando una mano, mentre si allontanava; Eomer le
sorrise, incrociando le braccia.
Il mattino dopo i soldati
di Theodred erano pronti a partire; il principe entrò nella sala del trono
indossando la sua lucente cotta di maglia, e l'armatura con le insegne di
Rohan. S'inginocchiò davanti al re, tenendo l'elmo sotto braccio.
"Parto, per rinforzare
le difese alla Breccia." Dichiarò tenendo il capo chinato, poi alzò
lentamente lo sguardo sul viso inespressivo del sovrano. "Padre, verrai a
darci la tua benedizione dal bordo del bastione?" Gli domandò; Theoden
emise un breve lamento.
"Fa molto freddo,
oggi..." Mormorò poi. "E io sono vecchio..."
"Come desideri, mio
Sire." Rispose con rammarico il figlio, alzandosi, salendo al trono e
inginocchiandosi ai piedi del padre, sotto lo sguardo malevolo di Grima.
"Addio, padre
mio..." Disse Theodred, prendendo la mano del re, senza riuscire a celare
l'emozione nella sua voce.
"Perché mi dici
addio?" Domandò con ingenuità l'uomo.
"Vado in
battaglia..." Rispose il figlio con voce rotta, cercando di trattenere le
lacrime.
"Ah..." Gli
sembrò di scorgere un brivido, nell'intorpidito corpo del padre, ma fu solo un
attimo.
"E' ora che tu
vada." Intervenne Grima, facendo un passo verso il seggio; Theodred gli
lanciò un'occhiata di puro odio, e Vermilinguo rimase di ghiaccio, spostandosi.
"Abbi cura di te,
padre." Si raccomandò poi il principe, tornando a guardare il sovrano.
"Anche tu..."
Bisbigliò l'uomo; dopo avergli baciato la mano, il maresciallo si alzò in piedi
e gli carezzò la guancia rugosa.
Prima di scendere dalla
pedana, Theodred si voltò verso Vermilinguo; si fissarono negl'occhi per un
attimo infinito: odio in quelli del principe, soddisfazione in quelli del
consigliere.
"Addio Vermilinguo,
spero ardentemente di non rivederti mai più." Disse infine Theodred.
"Se così sarà, spero
che non dipenda da me." Ribatté il bieco omuncolo. "Addio
Theodred..." Aggiunse poi, mentre l'altro scendeva le scale dandogli le
spalle. "...e che la morte ti prenda..." Concluse, sussurrando quasi
tra se.
Il principe si diresse a
grandi passi decisi verso il portone, spalancato davanti a se; si fermò solo
all'altezza dei battenti, accanto ad una figura dai capelli rossi. La guardò
negl'occhi, ricambiato.
"Ci siamo."
Affermò, continuando a fissarla.
"A quanto pare
sì." Confermò lei; Theodred lanciò un'occhiata veloce alla figura di
Eomer, fermo sulla terrazza del bastione.
"Abbi cura di
lui." Le disse poi, tornando a guardarla. "E' più... sensibile di
quello che sembra." Aggiunse con tono paterno.
"Non temere, gli sarò
accanto." Dichiarò decisa la ragazza, annuendo.
"Mi fido di
te..." Mormorò Theodred, posandole una mano sulla spalla e sorridendole. "Addio
Elfrid."
"Addio Theodred..." Mormorò
lei con gli occhi lucidi; lui le fece una carezza sul viso e poi si allontanò
con un sorriso triste.
Fece qualche passo fuori
dalla porta, avvertendo il freddo del vento pungente, ma ringraziandolo di aver
asciugato i suoi occhi; i suoi passi si bloccarono all'improvviso, quando si
trovò davanti il viso disperato di Eowyn. Si guardarono negl'occhi a lungo,
finché le lacrime non cominciarono a scendere sul volto della fanciulla.
"No... no, no..."
Affermò Theodred, avvicinandosi a lei e asciugandole il viso con un dito
guantato. "Non piangere mia piccola stella, tesoro mio." La implorò
abbracciandola; Eowyn si aggrappò alla sua gelida armatura, posando la guancia
al suo petto.
"Non andare..."
Lo supplicò rialzando il viso bagnato dal pianto.
"Devo." Replicò
tristemente lui.
"Ti prego..."
Continuò la ragazza, battendogli i pugni sull'armatura.
"Eowyn, non fare
così... o non riuscirò ad andarmene..." Lei singhiozzò nascondendo il
viso; Theodred la scostò da sé, le carezzò il viso arrossato, scostò i suoi bei
capelli dalla fronte, poi le sorrise dolcemente. "Tu sei il mio unico
grande amore, lo sai vero?" Eowyn annuì tra le lacrime. "E allora
fidati di me." Affermò lui, stringendola di nuovo e carezzandole il capo.
"Andrà tutto a posto... Finirà tutto bene, Eowyn, credimi..."
Theodred, quando riuscì a
lasciare Eowyn, si avvicinò ad Eomer, che lo osservava da qualche minuto; il
volto del terzo maresciallo era cupo, il cugino gli posò le mani sulle spalle.
"Non lasciamoci con
rancore e incomprensioni, fratello mio." Gli disse poi.
"Ammetto di essere
deluso dalla tua scelta, e forse arrabbiato, ma non ti serberei mai
rancore..." Ribatté Eomer. "Ti amo e ti rispetto troppo."
"Non sai che sollievo
mi danno le tue parole." Affermò Theodred, stringendo le mani sulle spalle
del cugino.
Rimasero a fissarsi per un
momento che sembrò lunghissimo ad entrambi; i profondi occhi blu di Theodred
scrutavano nelle profondità di quelli verdi e fieri di Eomer, come alla ricerca
del loro passato comune, dei ricordi felici, di ogni battaglia combattuta
fianco a fianco, di un affetto che non avrebbe potuto essere più profondo
nemmeno se fossero stati veramente fratelli. E trovarono tutto, e anche le
lacrime trattenute a forza, con quell'orgoglio indomabile che era principale
caratteristica di Eomer.
"Se non dovessi
tornare..." Mormorò il principe.
"Non dirlo..."
Protestò il terzo maresciallo.
"Se non dovessi
tornare..." Eomer strinse i denti ed i pugni. "...ti affido la nostra
terra, il nostro popolo, e..." Lanciò un'occhiata alla figuretta di Eowyn.
"...le due persone che amo di più al mondo."
"Questo non devi
farlo..." Cercò di intervenire il cugino; lo zittì con un gesto.
"E devi dire a mio
padre che, tutto ciò che ho fatto, è solo per amore suo e per il bene del
Mark." Dichiarò infine.
"Lo farai tu, quando
tornerai." Affermò deciso Eomer; Theodred prese un lungo respiro. La
fiducia di quel ragazzo lo commuoveva, ma bisognava restare coi piedi per
terra.
"Addio Eomer."
Gli disse.
"No, no, no... ci
rivedremo, hai capito?!" Replicò con veemenza il terzo maresciallo,
alzando i pugni; Theodred gli sorrise, con tutto l'affetto possibile, poi lo
salutò scompigliandogli i capelli biondi, come faceva quando era bambino.
Lo guardarono infilarsi
l'elmo, scendere velocemente le scale e salire a cavallo; il secondo
maresciallo del Mark si voltò indietro solo quando fu nei pressi dei cancelli
di Edoras. Si levò sulle staffe e alzò una mano in direzione del bastione di
Meduseld; Eomer gli rispose, mentre Eowyn si avvicinava a lui.
Quando gli ultimi soldati
furono usciti dalle porte, Eomer strinse a se la sorella, cercando di
rassicurarla, ma, mentre lo guardavano allontanarsi nella pianura, col cuore
sapevano che non lo avrebbero mai più rivisto...
Elfrid entrò
silenziosamente nella stanza, richiudendosi la porta alle spalle; i due soldati
alle spalle di Eomer la guardarono, ma lei si fermò appoggiandosi alla porta.
Il terzo maresciallo era seduto al tavolo, di fronte ad un uomo che si stava
rifocillando; sentito il rumore della porta, si girò in quella direzione,
facendo cenno alla ragazza di avvicinarsi.
"Allora,
continua." Eomer incitò l'uomo a riprendere il suo racconto.
"Abbiamo incrociato
una carovana, gente che fuggiva dalla piana dell'Entalluvio..." Riprese
l'uomo, dopo aver bevuto un sorso di vino. "...pare che circa tre giorni
fa una numerosa squadra di orchi abbia attraversato la prateria in direzione
est..." Eomer ed Elfrid si scambiarono un'occhiata. "...erano grossi,
viaggiavano di giorno, correvano, e, stando alle loro parole, erano più crudeli
di quanto non siano normalmente gli orchi, hanno fatto strage di uomini e di
bestie..."
"Da dove
venivano?" Domandò preoccupato il maresciallo, mentre la ragazza si
fermava al suo fianco, appoggiando una mano sulla spalliera della sedia.
"Non n’erano certi, ma
forse scendevano da nord, lungo il corso del fiume, di sicuro diretti a est,
verso l'Anduin." Rispose il soldato.
"Portavano insegne,
qualche segno di riconoscimento?" Azzardò Elfrid; l'uomo alzò il capo
verso di lei.
"Su questo i contadini
sono stati fermi, portavano, sugli scudi, le cotte, addirittura sulla pelle,
l'emblema della mano bianca..." Stavolta, lo sguardo tra il maresciallo ed
il capitano, fu più che eloquente.
"Aveva ragione
Theodred, abbiamo il nemico anche ad est..." Mormorò la ragazza,
stringendo la spalliera della sedia di Eomer.
"Non vedo perché
avremmo dovuto dubitarne." Replicò piano l'uomo, posando il mento sulle
mani giunte. "A proposito..." Tornò a rivolgere lo sguardo al
soldato. "Notizie dal nord?"
"Nessuna certa."
Rispose quello scuotendo il capo. "Ci sono voci di un violento scontro ai
Guadi dell'Isen, un paio di notti fa, ma niente di più."
"Dunque..." Disse
Eomer alzandosi. "Tu riposati, Eothain, più tardi ti farò sapere il tuo
nuovo incarico." Il soldato annuì.
Il maresciallo si alzò dal
tavolo col volto cupo, prese per un braccio Elfrid e la guidò fuori della
stanza, lasciando i tre soldati da soli; quando furono fuori allentò la presa,
andando a posare la fronte contro il muro.
"Orchi a nord e a est,
Dunlandiani a ovest..." Mormorò Elfrid, stringendosi nelle braccia.
"Siamo assediati, stretti tra le due torri..."
"Sapevo che Gondor non
avrebbe potuto garantire a lungo per i confini orientali..." Mormorò
Eomer, interrompendola. "Presto arriveranno anche da sud."
"Ho sentito che
l'esercito di Minas Tirith ha grossi problemi a Osgiliath e in tutto
l'Ithilien." Affermò la ragazza, appoggiandosi al muro e voltandosi per
vedere il profilo di Eomer; l'uomo sospirò.
"Non so quanto
riusciremo a resistere così, spero solo che Theodred sia riuscito a sfondare a
Isengard." Dichiarò, ma non c'erano sicurezze nella sua voce.
"Che intendi
fare?" Gli domandò Elfrid, voltandosi e posandogli una mano sulla schiena;
lui si rialzò lentamente e la guardò negl'occhi.
"Quello che vorrei
fare è radunare i miei uomini, partire, raggiungere e sterminare quei maledetti
mostri." Proclamò con rabbia, poi prese un lungo respiro. "Ma il mio
dovere, come Maresciallo del Mark, m’impone di riferire prima al mio sovrano,
ed ascoltare i suoi ordini."
Elfrid comprendeva la sua
frustrazione. Ora avrebbe dovuto sopportare di riferire quelle informazioni, e
poi ricevere ordini non dal suo re, ma bensì da un individuo che, non solo era
un pessimo consigliere, forse un ladro, ma probabilmente anche una spia, tutte
attività che un uomo come Eomer non poteva nemmeno pensare di accettare; e, in
più, Grima era viscidamente interessato alla sua adorata sorella.
"Eomer..." Gli
disse stringendo il suo braccio e fissandolo negl'occhi. "Qualunque cosa
tu decida di fare, io sono con te." Lui le sorrise stentatamente.
"Grazie Elfrid."
Ribatté l'uomo con sincerità.
"Adesso vai." Lo
incitò poi la ragazza; Eomer le fece un ultimo sorriso triste, lasciandola nel
corridoio.
La guerriera sapeva che la
situazione era terribile, che forse il regno del Riddermark stava per finire,
tramontando schiacciato tra i due oscuri poteri, ma quando era con lui... Le
bastava guardarlo per un attimo negl'occhi e si trovava pronta a qualsiasi
battaglia, pur di stargli al fianco. Non innamorati, Elfrid... si disse.
Ho paura che sia troppo tardi, per queste raccomandazioni...
Il cielo grigio prometteva
pioggia, non c'era uno spiraglio nella massa di cupe nuvole che copriva la
prateria fino all'orizzonte. Elfrid, davanti al quel triste panorama, non
poteva fare a meno di pensare a quanto è ridicolo il cuore degl'uomini; quello
era il momento più sbagliato per innamorarsi, eppure non c'era altra
spiegazione a quei suoi batticuori, a quel suo desiderio nei confronti di
Eomer, a quel timore per lui... Sbuffò.
La porta si aprì lentamente
e qualcuno entrò; la guerriera continuò a guardare fuori, incerta se voltarsi e
mostrare il suo turbamento, o insistere nell'indifferenza.
"Elfrid..." Una
voce timida la chiamò, lei si voltò subito.
"Oh, Eowyn, sei
tu..." La ragazza si avvicinò all'amica annuendo, l'altra le sorrise.
"Scusa se ti disturbo,
ma..." Riprese, una volta raggiunta la finestra. "Ci sono notizie di
Theodred?" Domandò poi, rialzando il capo e guardandola negl'occhi.
"Purtroppo no." Rispose
Elfrid scuotendo il capo; Eowyn contrasse le labbra e si voltò verso l'esterno.
Per lunghi minuti rimasero
così, entrambe guardando la pioggia che cominciava a scendere annerendo i massi
che spuntavano tra l'erba, inzuppando le bandiere, lavando le pietre del
bastione di Meduseld.
"Lui mi manca."
Ammise Eowyn, mettendo fine al silenzio.
"Anche a me,
sai." Disse Elfrid; si guardarono negl'occhi, la guerriera fece un breve
sorriso.
"Ancora oggi, che
ormai sono adulta, ogni tanto mi prende sulle ginocchia e mi chiama 'mia
piccola stella'..." Raccontò la ragazza bionda, guardando fuori e cercando
di non far tremare la voce.
"E' una persona
dall'animo gentile." Affermò il capitano dai capelli rossi.
"Sì..." Annuì
Eowyn senza guardarla. "Quando arrivammo qui, Eomer si mise subito in
testa di diventare il più forte dei Rohirrim, e mi lasciava spesso sola."
La fanciulla prese a narrare la sua storia. "Theoden mi metteva una certa
soggezione, allora, prima di imparare a conoscerlo, così io mi rivolsi a suo
figlio, l'unico che aveva dimostrato un po' di tenerezza verso di me..."
Continuò, ma faceva fatica a trattenere il pianto, la sua voce stentava.
"...e lui mi teneva con se, mi portava a cavallo, oppure mi cullava sulle
sue ginocchia, carezzandomi il capo, e poi mi guardava con i suoi dolcissimi
occhi blu, rassicurandomi e dicendomi che tutto sarebbe andato bene..." Le
sue parole furono spezzate da un singhiozzo, chinò la testa, ma Elfrid vide le
sue lacrime gocciolare a terra.
"Oh, Eowyn..."
Mormorò Elfrid, passandole un braccio sulle spalle; quel racconto aveva
commosso anche lei, sentiva gli occhi lucidi.
"Dimmi che
tornerà..." La ragazza sospirò, stringendo a se l'amica.
"Non sono in grado di
darti assicurazioni sul suo ritorno..." Le disse dolcemente. "Ma di
una cosa sono sicura, lui farà di tutto per tornare da te."
Si abbracciarono, perché il
dolore era profondo e, nonostante le parole fossero d'incoraggiamento, da
qualche parte, in fondo al cuore, sapevano che la speranza di rivederlo era
ormai morta.
Eomer, in quegli stessi
momenti, affrontava Vermilinguo al cospetto del re; il maresciallo aveva appena
finito di riferire le notizie giunte dall'est.
"...perciò io vi
chiedo, mio Sire, di concedermi l'organizzazione di una éored, così da poter
partire subito all'inseguimento degl'orchi in movimento sul confine
orientale." Richiese, inginocchiandosi davanti al sovrano.
"Non vedo che motivo
ci sia per fare tutto questo." Intervenne Grima, alzandosi dal fianco del
re. "Mi sembra che il vero pericolo risieda ancora a nord... E, a quanto
pare, i rinforzi apportati dal Secondo Maresciallo non hanno sortito gli
effetti voluti..." Aggiunse con una smorfia.
"Il motivo, invece, mi
sembra chiaro e palese." Replicò Eomer alzandosi e guardandolo in viso.
"Pattuglie di orchi con la mano bianca che si dirigono a est, possono
voler dire una sola cosa: un'alleanza tra Orthanc e la Torre Oscura!"
"Oh, che avventate
parole!" Ribatté Vermilinguo, posandosi una mano sul petto. "Non ci
sono prove di questi tuoi infamanti sospetti nei confronti di Saruman."
"Andiamo, ma che cosa
vuoi?! Che ti porti una delle loro teste, Grima?" Sbottò rabbioso Eomer;
il consigliere si preparò a rispondere, ma un rantolo del re li fece voltare
entrambi.
"Tu..." Mormorò
il sofferente sovrano, alzando l'indice sul nipote. "Tu resti... resterai
qui..." Poi la sua mano ricrollò sul bracciolo del trono ed il capo si
chinò di nuovo; Grima non perse tempo.
"Sentito le parole del
Re?" Chiese subito ad Eomer. "Egli desidera che tu rimanga in difesa
di Meduseld e del suo Sovrano, e non che parta per emulare le gesta di tuo
padre..." Continuò mellifluo. "O vuoi fare la sua stessa fine?"
Eomer strinse i pugni.
"Non hai il diritto di
parlare di lui..." Ringhiò a denti stretti.
"Ma ho il dovere di
proteggere il nostro amato Sire!" Proclamò Vermilinguo, voltandosi con una
velocità incredibile per lui, e raggiungendo il trono, per poi chinarsi e
baciare la mano del re. "Proteggerlo soprattutto dall'avventatezza dei
suoi figli, i quali non pensano al dolore che gli danno con la loro brama di
battaglia." Enunciò con tono puramente addolorato; il più grande attore
vivente, pensò con rabbia Eomer.
Grima, infine, lentamente
si alzò, posando una mano sulla spalla del sovrano; poi girò lo sguardo su
Eomer, che era in piedi alla base del piedistallo del trono e lo guardava
impassibile, respirando intensamente.
"Hai ascoltato i tuoi
ordini, Terzo Maresciallo, il tuo compito è proteggere Edoras, non sarà
intentata alcuna azione contro questi presunti attacchi a est..." Affermò
Vermilinguo. "Ora puoi andare." Aggiunse con un sorrisino maligno.
Eomer prese un respiro più
lungo, fissando con puro odio il consigliere, infine spostò gli occhi sul re e
li socchiuse, facendo un severo inchino; lasciò la sala con una nuova
determinazione, stavolta nessuno gli avrebbe impedito di difendere ciò che
amava.
Elfrid lo trovò nelle
stalle, stava strigliando Zoccofuoco, il suo cavallo dal manto brunito;
indossava una camicia con le maniche arrotolate ed aveva un'espressione triste.
"Vorresti strigliare
anche Neronube?" Gli chiese; lui si voltò appena, con un sorriso
malinconico.
"Lo sai che il tuo è
uno degl'ultimi cavalli neri di Rohan?" Replicò poi.
"Certo, è per questo
che ci tengo tanto." Rispose la ragazza, fermandosi al suo fianco e
carezzando il muso dell'animale, che le diede una piccola spinta.
"Quali sono gli
ordini?" Gli domandò, dopo qualche istante di silenzio, che avevano
passato a guardarsi negl'occhi.
"Raduno una éored e
partiamo stanotte in direzione est." Rispose lui, tornando a guardare il
cavallo.
"Questa non è la
volontà del Re..." Mormorò Elfrid.
"No." Disse Eomer
senza guardarla.
"Dunque stiamo per
disubbidire apertamente ad un ordine del Sovrano?" Continuò la guerriera.
"Sì." Annuì
l'uomo, voltandosi verso di lei. "Tu sei con me?" Le chiese
fissandola negl'occhi.
"Ho fatto una
promessa, Eomer, ed io sono solita mantenerle..." Dichiarò lei.
"...sarò al tuo fianco, fino alla fine." Aggiunse decisa.
Eomer fece un breve
sorriso; era felice che Elfrid lo seguisse, non solo perché di lei ci si poteva
fidare, ma solo per averla accanto con la sua energia, la sua determinazione,
la sua bellezza... Alzò una mano verso di lei, all'improvviso, carezzandole
dolcemente una guancia; la ragazza socchiuse gli occhi a quel contatto.
"Non sono necessarie
le carezze, per convincermi." Affermò poi.
"Non era per
quello..." Mormorò Eomer con un sorriso. "...mi piacciono le tue
lentiggini..." Si giustificò poi; Elfrid sorrise, chinando lo sguardo.
Avrebbe voluto
abbracciarla, avrebbe voluto dire tante cose, ma gli sembrava impossibile che
in un cuore solo potessero entrare tanti sentimenti; quello che provava per lei
era perso tra la preoccupazione per la sua terra, il dolore per Theodred,
l'amore per Eowyn e l'odio per gli orchi e chi li comandava. Era confuso, non
era il momento, così le strinse soltanto la mano.
Eomer stava indossando
l'armatura, quando sentì alcuni passi leggeri alle sue spalle; voltandosi vide
sua sorella che lo guardava con espressione seria.
"Stai partendo,
vero?" Gli chiese, fissandolo negl'occhi.
"Sì." Rispose
chinando di nuovo lo sguardo e indossando il coprispalle; Eowyn si spostò
davanti a lui, sistemandogli il bavero.
Eomer rilasciò le braccia
lungo i fianchi, osservando la sorella che, con abilità, sistemava i lacci
dell'armatura; Eowyn aveva gli occhi rossi ed il viso pallido. La ragazza alzò
lo sguardo, lui la fissava con apprensione.
"Non ti tradirò, stai
tranquillo." Mormorò la ragazza; il maresciallo sorrise brevemente,
carezzandole il capo, ma all'improvviso la vide piegarsi e poggiare la fronte
sul suo petto. "Portami con te..." Eomer spalancò gli occhi.
"Che cosa?!"
Esclamò poi, scostandola da se. "Sei impazzita?!" Le chiese.
"Voglio combattere,
voglio essere utile, non lasciarmi qui!" Replicò la ragazza.
"Se c'è una cosa che
non rischierei mai è la tua vita, Eowyn, non puoi chiedermi una cosa del
genere!" Protestò il fratello.
"Ma non capisci che
io, qui, mi sento prigioniera, come una farfalla in una tela di ragno!"
Gridò lei stringendo i pugni.
"Beh, perdonami, se preferisco
vederti viva in una gabbia, che morta tra una selva di lance!" Ribatté
lui, allontanandosi con pochi passi nervosi; Eowyn piangeva.
"Non posso restare
qui, mentre le persone che amo combattono e muoiono lontano da me..."
Mormorò disperata la fanciulla.
"Eowyn..." Disse
il fratello, tornando davanti a lei e posandole le mani sulle spalle.
"...io non posso portarti con me..."
"Perché?" Chiese
con gli occhi pieni di lacrime.
"Non sopporterei di
perdere anche te..." Dichiarò guardandola negl'occhi; Eowyn capì quello
che voleva dire, condividevano il dolore per Theodred. Lo guardò a sua volta,
aveva la stessa paura anche lei, ma non sapeva arrendersi.
"Nemmeno io lo potrei
sopportare..." Ammise infine; si abbracciarono, mentre Eomer le baciava la
fronte.
"Portami con
te..." Tentò un'ultima volta la ragazza, sussurrando nascosta tra le
braccia del fratello.
"Non lo farò."
Proclamò lui deciso, ma a bassa voce.
Eowyn si allontanò
bruscamente da Eomer, lanciandogli un'occhiata offesa e addolorata, poi gli diede
le spalle allontanandosi velocemente; l'uomo sospirò, reclinando il capo e
socchiudendo gli occhi.
Partirono a notte
inoltrata, quando già la città ed il palazzo dormivano; si erano ritrovati
fuori dalla cerchia di Edoras, per non destare agitazione. Erano centoventi
rohirrim, fedeli ad Eomer, tra i migliori cavalieri di Rohan, e alla loro testa
svettava il terzo maresciallo, con la criniera bianca che spioveva dall'elmo.
Prima di dare l'ordine alla
partenza sia Eomer che Elfrid si voltarono verso il bastione di Meduseld; là,
in cima alla scalinata, c'era una figura vestita di bianco, troppo lontana per
distinguerne i lineamenti, ma entrambi i soldati sapevano chi era. Eowyn alzò
una mano in segno di saluto, un colpo di vento fece muovere il suo vestito ed i
capelli biondi; Elfrid ed Eomer si scambiarono un'occhiata triste, poi lui
diede l'ordine di partire.
Bene, ecco qua un altro capitolo di questa storia che mi
sembra vi stia appassionando; io la amo molto, perciò mi fa piacere! Ringrazio
tutte le ragazze che hanno commentato: Andromeda, Calliope, Argenne (grazie per
gli auguri) e la Miriella (quello che penso delle tue storie lo sai, perciò ti
mando un bacione ^__-). Spero con tutto il cuore che il resto della storia vi
piacerà come questi primi capitoli. Un abbraccio a tutte, a presto.
Sara
P.S.:
io sto partendo per le vacanze, perciò mi sa che il prossimo aggiornamento ci
sarà solo tra una ventina di giorni; godetevi quest’inizio, il meglio ha da
venire! Ciaoooooooooo!
4. Ombre e speranze
Well it's hard to be strong
When there's no one to dream on
(Keep the faith - Bon Jovi)
Cavalcarono per quasi un giorno,
in direzione est, finché le vedette non avvistarono la coda del gruppo di
orchi; poche ore dopo i rohirrim erano sulle loro tracce. Si fermarono per
esaminare il terreno calpestato.
"Sono molti, e
corrono." Affermò Eomer, osservando le orme, era piegato a terra; si
rialzò, guardando verso l'orizzonte.
"Vanno verso
nord." Mormorò Elfrid, ferma al suo fianco. "Vanno a Isengard."
"Avevi qualche
dubbio?" Le domandò lui, lanciandole un'occhiata retorica.
"No, purtroppo."
Rispose la ragazza, scuotendo il capo.
Eomer gettò il ciuffo
d'erba che aveva tra le dita, poi si voltò verso i suoi uomini, con espressione
decisa.
"A cavallo!"
Ordinò con voce chiara e potente. "La caccia riprende." Aggiunse
raggiungendo Zoccofuoco e issandosi in sella.
Il giorno cadeva, quando,
dall'alto di una collina, i rohirrim avvistarono la colonna degl'orchi;
correvano ancora, come se fossero inseguiti dal padrone con la frusta, e si
avvicinavano ai margini della foresta di Fangorn. Li seguirono da lontano,
restando sulle alture, fino al momento in cui gli orchi si fermarono, proprio
sotto le fronde degl'alberi. Era quello che i cavalieri aspettavano.
Eomer osservava le lontane
figure scure, quasi confuse con le ombre del bosco, che si muovevano
scompostamente, abbattendo gli alberi più vicini per accendere il fuoco.
"Se è vero quel che
dicono dell'Entobosco, segare quei rami equivale ad una condanna." Affermò
Elfrid, fermando il suo cavallo vicino a quello dell'uomo.
"Non credo in queste
cose." Ribatté lui. "La loro condanna saremo noi." Aggiunse poi,
deciso; la ragazza fece un breve sorriso.
"Come
procediamo?" Domandò poi; lui la guardò.
"Quando sarà notte
fonda li circonderemo." Spiegò Eomer, tornando a guardare davanti a se.
"Poi, all'alba, attaccheremo." Elfrid annuì.
L'uomo si girò di nuovo
verso di lei; i suoi occhi erano meno decisi, più preoccupati. La fanciulla lo
osservò, inclinando il capo.
"Tu sei pronta?"
Le chiese.
Elfrid avrebbe voluto
gridargli che per lui era pronta a tutto, perfino a volare, perfino a morire;
la battaglia che li aspettava non era che un momento e, anche se fosse stata
l'ultima, non aveva rimpianti, se non quello di non avergli detto che lo amava.
Ma non c'era tempo per tutto questo, così Elfrid si limitò ad annuire.
Eomer, dopo quel gesto, le
prese la mano togliendola dalle briglie; la strinse nella sua e, sotto lo
sguardo allibito della ragazza, la portò a se, baciandola, nonostante portasse
i guanti. Lei, per un attimo, lo fissò con gli occhi sgranati, poi chinò
velocemente gli occhi.
L'assedio fu un gioco di
nervi massacrante, ed andò avanti tutta la notte. I cavalieri attaccavano ad
intervalli irregolari l'accampamento degli orchi; gli arcieri di Rohan si
avvicinavano veloci a cavallo, e facevano strage delle vedette dei nemici,
allontanandosi poi con velocità, per evitare di essere colpiti.
Un gruppo di orchetti tentò
la fuga verso nord, a notte inoltrata; furono raggiunti e sterminati dalla
compagnia di Elfrid.
Quando il sole cominciò a
rosseggiare ad est, dal grande fiume, Eomer ordinò l'attacco. Le voci dei corni
s'inseguirono, finché, con un unico grido, i rohirrim si gettarono sui nemici,
facendo rombare gli zoccoli dei loro possenti cavalli.
Gli orchi, atterriti,
cominciarono a scappare da ogni parte, facilitando il compito ai cavalieri; nonostante
questo ci furono delle perdite tra i rohirrim.
Gli uomini di Rohan
inseguivano gli ultimi orchi fuggitivi nella pianura, quando Eomer e pochi
altri, tra cui Elfrid, accerchiarono i pochi rimasti ai margini della foresta.
Un grosso orco mostruoso dall'aria strafottente osava ancora sfidare i
cavalieri, invitandoli allo scontro con la sua corta spada tozza; quando Elfrid
vide Eomer scendere da cavallo e andargli incontro spada alla mano, sentì il
cuore mancarle. La sua preoccupazione, ad ogni modo, durò poco, poiché il terzo
maresciallo ebbe presto ragione del nemico, tagliandogli di netto la testa.
Occupati nella loro
battaglia, nessuno di loro si accorse di due figurette incappucciate che
scappavano nel fitto della foresta; persone di cui, ben presto, qualcuno gli
avrebbe chiesto notizie...
Al termine della battaglia,
i rohirrim eressero un tumulo per i loro caduti e ne cantarono le lodi, poi
bruciarono i corpi degli orchi; la colonna di fumo si alzò alta nel cielo,
portando notizia di quella sconfitta.
Ripresero il cammino per
Edoras con solerzia, una lunga assenza non sarebbe stata giustificata. Il
mattino successivo, dopo una breve pausa notturna, viaggiavano veloci sulla
strada del ritorno, cavalcando nella ondulata campagna del Mark; la luce del
mattino faceva scintillare le punte delle loro lance e le cotte di maglia.
Eomer, ogni tanto, voltava
il capo verso Elfrid, che era al suo fianco, sul suo cavallo nero; lo
meravigliava il fatto di trovare gli occhi della ragazza su di se, nonostante
lei abbassasse subito lo sguardo.
"Che notizie dal nord,
cavalieri di Rohan?!" Quella domanda, gridata con voce possente, fece
scambiare ai due guerrieri un'occhiata sorpresa; poi, Eomer, tirò le redini del
suo cavallo, obbligando la schiera dei soldati a seguirlo mentre tornava
indietro.
Non ci fu bisogno di ordini
o parole, i cavalieri lo seguirono veloci, accerchiando in pochi minuti le tre
figure grigie ferme nell'erba; un cerchio di lance li imprigionò in quel punto,
mentre altri guerrieri gli puntavano contro gli archi.
Eomer si fece avanti,
puntando la sua lancia contro il petto del portavoce, senza scendere da
cavallo. Neronube scalpitò, Elfrid lo rassicurò carezzandogli il collo.
"Chi sei, e perché
attraversi il Mark?" Gli domandò, sporgendosi appena sulla sella.
"Mi chiamo Grampasso,
io ed i miei compagni veniamo dal nord, e stiamo inseguendo gli orchetti."
Rispose l'uomo.
Eomer scese da cavallo,
seguito da Elfrid; le affidò la sua lancia e sguainò la spada, piantandosi
davanti al viandante. Lo osservò con curiosità per qualche attimo.
"Inseguite gli
orchetti, dici, ma ne dovete sapere ben poco se lo fate così." Affermò il
cavaliere. "Erano bene armati e numerosi, non avreste avuto speranze se
mai li aveste raggiunti." Aggiunse, poi tornò ad osservarlo con
attenzione. "E ora dimmi chi sei, Grampasso, poiché il tuo nome ed il tuo
aspetto sono alquanto strani, e poi... siete forse spuntati dall'erba? Non vi
avevamo scorti, siete per caso Elfi?" Chiese.
"Non lo siamo, o
almeno, vi è un solo Elfo tra noi..." Indicò uno dei suoi compagni, quello
più alto. "...Legolas del Reame Boscoso..." L'altro viandante si
scoprì il capo, rivelando la sua bionda chioma, ed una bellezza che certo non
apparteneva alla razza degl'uomini. "Indossiamo però i doni della Dama di
Lothlòrien, e la sua benedizione ci accompagna."
"Esiste davvero una
Dama nel Bosco d'Oro, allora!" Esclamò meravigliata Elfrid; la fanciulla
aveva sempre amato le antiche storie che narravano la leggenda della fata
elfica.
"Dicono sia una strega
ammaliatrice..." Intervenne però Eomer, con espressione dura. "...e
se godete del suo favore, forse siete voi stessi tessitori di reti e
maghi." Spostò improvvisamente lo sguardo su Legolas e Gimli. "Avete
forse qualche cosa da dire, voi?" Domandò fissandoli; Gimli, con sguardo
fiammeggiante, si piantò davanti a lui stringendo l'ascia tra le mani.
"Prima vorrei sapere
il tuo nome, Sire, e poi mi presenterò e aggiungerò tutto quello che ho da
dire." Dichiarò deciso.
"Dovresti essere tu il
primo a dichiarare la tua identità." Ribatté Eomer, guardandolo con
severità. "Ad ogni modo il mio nome è Eomer, figlio di Eomund, e sono il
Terzo Maresciallo del Riddermark."
"Ebbene, Terzo
Maresciallo del Riddermark, sappi che la tua sola ignoranza non giustifica il
parlar male di ciò che di più bello il mondo conosca." Lo redarguì il
nano, fissandolo coi suoi occhi scuri; i soldati di Rohan mormorarono offesi,
puntando le lance. Elfrid intuì subito la reazione di Eomer e fece un passo
verso di lui.
"Ti taglierei la testa
con tutta la barba, Nano, se solo si levasse più alta da terra!" Ruggì il
cavaliere, con occhi fiammeggianti.
"Moriresti prima di
vibrare il colpo." Intervenne Legolas; Elfrid si meravigliò di vedere il
suo arco puntato su Eomer. La velocità della mano dell'elfo le aveva impedito
di vederlo incoccare la freccia.
Elfrid alzò lo sguardo, e
si ritrovò ad incrociare gli occhi con quelli grigi e penetranti di Grampasso,
poi lo vide spostarsi velocemente, ponendosi tra i suoi due compagni ed Eomer
che, nel frattempo, brandiva la spada.
"Perdona i miei amici,
Eomer!" Esclamò. "Dovresti conoscere la nostra storia, prima di
giudicare l'affrettatezza della loro collera, poiché le nostre intenzioni sono
buone e non intendiamo nuocere a nessuno."
I due uomini si guardarono
negl'occhi, e, come la prima volta, Eomer ebbe l'esatta sensazione di guardare
qualcuno della sua stessa razza, uomini d'orgoglio e di guerra; non sapeva da
cosa dipendesse, forse solo dal fatto che il suo sguardo gli ricordava quello
di Theodred, ma sentiva di potersi fidare di quell'uomo. Abbassò la spada,
allentando la presa sull'elsa.
"Ascolterò le tue
parole." Affermò annuendo.
"Prima dimmi chi
servi." Ribatté Grampasso.
"Io servo soltanto il
Signore del Mark, re Theoden figlio di Thengel, anche se il nostro sovrano
stenta a riconoscere la fedeltà del suo stesso sangue." Ammise Eomer con
amarezza; l'altro uomo vide la sincerità nei suoi occhi.
"Il mio vero nome è
Aragorn, figlio di Arathorn." Confessò allora. "E, se io ed i miei
compagni, inseguiamo gli orchetti è per necessità. Essi hanno rapito due nostri
amici, e non temiamo di certo la loro furia. Non siamo inermi." Detto
questo sguainò una spada lucente, che abbagliò gli occhi di coloro che la
guardavano. "Io sono l'erede di Isildur e questa è la Spada che Fu Rotta e
di nuovo forgiata."
Lo stupore dei presenti era
enorme; Eomer ed Elfrid si scambiarono un'occhiata sconvolta, poi, comprendendo
di trovarsi davanti ad una leggenda fattasi carne, chinarono il capo con timore
e venerazione.
"La fine del mondo deve
essere veramente vicina, se le antiche leggende prendono vita e percorrono la
prateria." Mormorò Eomer. "Dicci, Sire, cosa ti spinge ad
attraversare le martoriate terre del Riddermark?" Chiese poi.
L'iniziale diffidenza di
entrambi fu lentamente vinta. I tre viandanti spiegarono il motivo della loro
ricerca, ed Eomer fu costretto ad escludere la possibilità che i Mezzuomini di
cui parlavano fossero in mezzo agl'orchi che i cavalieri avevano distrutto.
Aragorn, però, era persuaso
che anche una piccola speranza di trovarli vivi era motivo sufficiente per
continuare la ricerca.
I membri della Compagnia
raccontarono del loro viaggio, delle perdite che lo avevano segnato; Eomer ebbe
modo di rammaricarsi della morte del valoroso Boromir, che in passato aveva conosciuto
bene, e anche di quella di Gandalf, nonostante nel Mark fosse conosciuto più
come portatore di sventure che come grande saggio.
Il terzo maresciallo,
infine, confessò di aver intrapreso quella missione senza il consenso del
sovrano, prima di raccontargli dettagliatamente la loro battaglia con gli
orchetti.
Alcuni momenti dopo, Eomer
ordinò ai suoi uomini di riunirsi sul sentiero, mentre lui continuava a parlare
in pace con i viandanti; trattenne soltanto Elfrid.
"Sono stato cauto, in
presenza dei miei uomini, ma la nostra situazione è assai difficile..." La
guerriera lo ascoltò pronunciare quelle frasi con sorpresa; Eomer che
confessava la difficoltà in battaglia era un evento cui credeva di non
assistere mai. "Ci sono scontri su tutti i nostri confini, non resisteremo
a lungo. Lo stregone è potente e astuto, e noi ormai siamo deboli..."
Continuò, fissando Aragorn negl'occhi. "Ma forse, se tu ci seguissi a
Edoras, e la Spada si schierasse con noi, potremmo avere una nuova speranza."
"Devo purtroppo
deluderti, Eomer." Replicò calmo Aragorn. "E' un mio dovere trovare
le tracce dei nostri compagni catturati, anche se la speranza è flebile glielo
dobbiamo." Spiegò poi, con chiarezza seppure con rammarico. "Ad ogni
modo ti prometto che, quando la speranza dovesse avermi abbandonato del tutto,
o quando la ricerca si dimostrerà fallita, io tornerò ad Edoras, e allora le
nostre spade potranno combattere insieme." Aggiunse con uno sguardo
sincero e sicuro; Eomer fece un breve sorriso.
"Non posso fare più
niente per voi, a questo punto." Ammise il maresciallo. "Ma lascia
che io ti conceda almeno un piccolo aiuto..." Si voltò verso Elfrid.
"Fa portare Hasufel e Arod." La ragazza ubbidì, allontanandosi verso
la schiera dei cavalieri; lui tornò a guardare Aragorn. "Sono due buoni
cavalli, e spero che vi conducano verso una sorte migliore dei loro precedenti
padroni."
"Grazie, Eomer."
Disse il ramingo, stringendogli la mano.
"Il migliore
ringraziamento sarà riportarli nelle stalle di Meduseld di persona."
Ribatté l'altro sorridendo. "Addio."
Più tardi, quando i
cavalieri avevano ormai ripreso la strada per Edoras, Elfrid cavalcò dalle
retrovie fino ad affiancare Eomer in testa alla schiera; fissò il suo profilo
chiaro sotto l'elmo, il viso pensieroso e un po' pallido.
"Ti è piaciuto
veramente molto, quel tizio..." Affermò, tornando a guardare davanti a se;
lui le lanciò un'occhiata distratta.
"Non so spiegarti il
perché, ma ho sentito di potermi fidare." Rispose poi. "C'è qualcosa,
in quell'uomo..."
"Beh, se è veramente
l'erede di Isildur..."
"Certo che lo è!"
Esclamò Eomer, voltandosi verso di lei. "Hai visto anche tu la Spada, e
poi... da lui emana una tale nobiltà e potenza."
"E' un gran
bell'uomo..." Dichiarò Elfrid, con un sorrisetto compiaciuto; il cavaliere
corrucciò le sopracciglia, lei rise.
"Trovi?" Le
domandò poi.
"Hm, sì." Annuì
la fanciulla. "Ma non pretendo certo che noti questi particolari..."
Aggiunse retorica.
"Di certo ero
concentrato altrove." Affermò noncurante, abbassando lo sguardo,
divertito. "Comunque, credo che farà grandi cose..."
"Per noi?" Chiese
Elfrid, osservandolo.
"Per tutta la Terra di
Mezzo." Rispose alzando il capo e guardando l'orizzonte; la ragazza non
trovava il motivo, ma, in maniera incomprensibile, condivideva quella speranza.
(N.d.Sara - Puff!! che fatica questo capitolo! non perché
dica chissà che, solo volevo essere precisa, la parte dell'incontro tra Eomer e
Aragorn è una di quelle che preferisco ne "Le due torri". ^__^Ogni citazione che vi sembrerà di trovare è
pienamente voluta; ho dovuto attingere per forza, non potrei mai raggiungere
quel livello di perfezione. ^__- Ora posso tornare a Edoras, e riprendere le
fila dei sentimenti, ehhh, purtroppo però mi sa che ci sarà da piangere...
;__;)
Sono tornata dalle vacanze e, anche se non proprio
in forma (maledetta influenza >o<), eccomi qui ad aggiornare la ficcina
(e a sperare che mi torni l’ispirazione per finirla…). Ma non temete, ci sono
ancora molti capitoli prima del punto critico, perciò continuate con i vostri
splendidi commenti, che magari mi aiutano! Questo è un capitolo corto, ma
intenso, spero che vi piaccia; mi raccomando, aspetto i vostri pareri. Un grosso
bacio. Sara
5.
Ferite
It
was dark, too dark to see,
You
held me in the light you gave
(Into
the fire - Bruce Springsteen)
Eomer, appena tornato a Edoras, senza nemmeno farsi
annunciare, si recò nella sala del trono, seguito soltanto da Elfrid. Il
sovrano non c'era, ma, nell'ombra dietro al trono, si muoveva Vermilinguo;
quando il consigliere vide il maresciallo spalancò gli occhi saettanti,
spostandosi subito di fronte al seggio.
Il cavaliere, con un gesto sprezzante, gettò ai piedi
dell'omuncolo un elmo, su cui era dipinta una grande mano bianca; Grima lo
guardò.
"Che cos'è?" Domandò poi.
"Volevi una prova, eccola." Rispose secco
Eomer; il consigliere si chinò presso l'oggetto.
"Che significa..." Mormorò, ma poi
realizzò, alzando gli occhi infidi sul bel figlio di Eomund. "Aspetta un
momento... Ecco dov'eri finito!" Esclamò raddrizzandosi. "Sei andato
ad attaccare gli orchi sul Muro Orientale!"
"L'ho fatto." Ammise il cavaliere senza
tentennamenti.
"Hai disubbidito agl'ordini del Re!" Gridò
Grima.
"La sua volontà non gli appartiene, ed io ho
fatto il mio dovere, proteggendo il Mark." Affermò Eomer, continuando a
fissare il consigliere.
Elfrid era meravigliata della calma che il
maresciallo riusciva a mantenere, ma aveva la solida impressione che sarebbe
bastata una piccola provocazione, da parte di Vermilinguo, perché Eomer cedesse
all'ira.
"Tu..." Sibilò Grima, indicando l'altro.
"Tu... sei un traditore!" Gli occhi di Eomer fiammeggiarono, e salì
il primo gradino della pedana del trono; il consigliere fece un passo indietro.
"Non osare mai più chiamarmi in questo modo,
viscida serpe." Gli ringhiò il cavaliere; Grima tremava, ma era
consapevole di avere le spalle coperte...
"Sei venuto meno alla volontà del Re, il tuo
compito era difendere Meduseld e l'hai lasciata... sei un traditore..."
Ripeté l'omuncolo, scandendo l'ultima parola; Eomer l'afferrò per il bavero.
"Tu, lurido ladro, spia, schifoso ratto di
fogna..." Avrebbe voluto ucciderlo in quel momento, eliminare la sua
oscena presenza da quella sala, liberare Eowyn, Theoden e tutta Rohan da
quell'essere ignobile.
"Mi stai pubblicamente dileggiando?"
Domandò Grima; era pallidissimo e sudato, ma continuava a fissarlo con i suoi
occhietti maligni.
"Io ti ucciderò con queste stesse mani,
Vermilinguo!" Ruggì Eomer, stringendo la presa sulla casacca dell'uomo.
"Avete sentito?!" Gridò Grima, spostando
gli occhi oltre la spalla di Eomer. "Ha minacciato di morte il consigliere
del Re nella sala del trono!" Il cavaliere lo guardava con sguardo
sorpreso e interrogativo. "Portatelo via!" Ordinò Vermilinguo.
Eomer fece appena in tempo a rendersi conto di quello
che succedeva, quando due robuste guardie lo afferrarono per le spalle,
strappandolo dal corpo del consigliere e allontanandolo dal trono; poi gli
tolsero la spada. Elfrid osservava la scena allibita.
"Sbattetelo nelle segrete, i traditori non
meritano altro." Dichiarò Grima, sistemandosi l'abito; i soldati
cominciarono a trascinare via il maresciallo.
"Questo è il tuo ultimo errore,
Vermilinguo!" Gridò Eomer, cercando di divincolarsi. "Ti pentirai di
ogni tua azione, ricordatelo!" Le ultime parole si spensero oltre il
portone, insieme con un grido rabbioso.
"Fossi in te, penserei bene a quello che stai
per fare, Elfrid dell'Ovestfalda." Disse Grima; la ragazza che stava seguendo
i passi dei soldati con espressione corrucciata si voltò verso di lui,
stringendo ancora la mano sull'elsa della spada.
Il consigliere scese le scale della pedana,
avvicinandosi a lei; si guardarono negl'occhi. Sì, lei si sarebbe gettata in
aiuto di Eomer, se Grima non l'avesse fermata.
"Vuoi veramente rischiare la vita, o finire in
prigione, per tentare di soccorrere il tuo adorato Terzo Maresciallo?" Le
chiese con voce melliflua, girandole intorno; lei lo seguiva con gli occhi.
"Preferisco di gran lunga dividere cent'anni di
prigionia con lui, che un solo attimo di libertà con te." Rispose decisa
Elfrid; lui fece una risatina sarcastica.
"Ammirevole, devota..." Mormorò Grima,
osservandola con occhi untuosi. "...e sprecata." La ragazza si scostò
bruscamente, con uno sguardo gelido, poi si allontanò in fretta, cercando di
mantenere la calma.
"Apri la porta." Ordinò Vermilinguo al
soldato di guardia; quello ubbidì.
All'interno della cella, Eomer camminava su e giù,
soffiando come una bestia selvaggia tenuta in gabbia; si voltò di scatto,
osservando con occhi furenti la figura rattrappita del consigliere, illuminato
dalle fiaccole del corridoio.
"Spero che ti piaccia il cibo della
prigione." Disse Grima, senza nascondere un certo compiacimento.
"Stammi lontano, bastardo." Sibilò il
maresciallo.
"Volevo soltanto dirti che, data la gravissima
accusa, saremo probabilmente costretti a condannarti a morte." Eomer fece
una smorfia sarcastica. "E quello che mi dispiace di più è che, quando
sarai giustiziato, la povera, dolce, Eowyn rimarrà sola..." Il cavaliere
prese a respirare velocemente. "...e avrà bisogno di una spalla amica su
cui piangere..."
"Tocca mia sorella soltanto con un dito, e ci
vorrà una mappa per rimettere insieme i tuoi pezzi." Gli garantì Eomer,
lanciandogli uno sguardo incandescente.
"Continui a minacciarmi, non hai imparato
proprio niente..." Affermò Grima, scuotendo la testa. "Chiudi."
Ordinò poi alla guardia. "Ah, aspetta..." Lo fermò quando la porta
era a metà percorso; Eomer non aveva smesso di fissarlo.
"Che cosa vuoi ancora?" Gli chiese con un
cenno del capo; Vermilinguo fece un sorrisino crudele a labbra strette.
"Sono addolorato di doverti comunicare che
Theodred è morto." Annunciò l'omuncolo; Eomer rilasciò le braccia lungo il
corpo, impallidendo all'improvviso.
"Non è vero..." Riuscì soltanto a
mormorare, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime.
"Oh, purtroppo sì." Confermò Grima
soddisfatto. "Quel suo attacco ai Guadi dell'Isen è stata una pessima
idea, la sua ultima pessima idea." Aggiunse, nel momento in cui la porta
si chiudeva.
Eomer era incapace di reagire, si sentiva come se una
spada lo avesse attraversato; lo sapeva, lo aveva sempre saputo che non lo
avrebbe rivisto, ma questo non attenuava il dolore... Si lasciò cadere seduto
sul giaciglio, prese il viso tra le mani, affondando le dita tra i capelli, e
lasciò che le lacrime scendessero copiose dai suoi occhi spalancati.
La risata crudele di Grima echeggiava lontana.
La stanza era semibuia, la illuminava solo il
riflesso di una giornata livida che entrava dalla finestra. Le mani della
ragazza, ferma accanto ad un tavolo vicino alla finestra, tremavano, mentre
piegava delicatamente una casacca di velluto; non sentì la porta che si apriva
e chiudeva alle sue spalle.
"Eowyn..." Il flebile richiamo di Elfrid la
fece voltare di scatto.
"Siete tornati!" Esclamò, ma poi si guardò
un attimo intorno. "Dov'è Eomer?" Chiese con espressione allarmata.
"In prigione." Rispose l'altra ragazza, chinando
il capo; Eowyn aprì la bocca, sorpresa, finché non sospirò.
"Vermilinguo..." Mormorò infine.
"Sì." Ammise sconsolata Elfrid. "Eomer
lo ha minacciato di morte nella sala del trono, e lui lo ha fatto
arrestare..." Spiegò.
"Lo avrà provocato..." Ipotizzò la ragazza
bionda.
"Certo, che ti aspettavi." Affermò
sarcastica l'altra.
"Ci gode a vederci soffrire..." Disse
Eowyn, soffocando un singhiozzo. "...ma perché?"
"Sta tranquilla." La rassicurò Elfrid,
prendendole le mani, ma lei già piangeva. "Lo libereremo, ha ancora molti
soldati fedeli, e..."
"Non piango per quello..." La interruppe
l'amica, alzando gli occhi. "Theodred è morto..." Riferì con voce
rotta, poi riabbassò lo sguardo.
Elfrid rimase di ghiaccio, un lungo brivido gelato le
percorse la schiena, una miriade d'immagini dell'uomo le passarono nella mente,
e quella che le rimase davanti fu quel suo splendido sorriso solare, che faceva
brillare i suoi occhi blu... Era morto... eppure se lo sentiva, dal giorno in
cui le avevano riferito della battaglia ai Guadi... Chissà se Eomer lo aveva
saputo, chi glielo aveva detto, e come stava ora?
Istintivamente abbracciò Eowyn, che ora piangeva
silenziosamente. Si stava facendo il deserto, intorno a quei due ragazzi, ma
lei sarebbe rimasta al loro fianco, fino all'ultimo, anche se questo
significava andare incontro alla morte; avrebbe liberato Eomer, la sua promessa
a Theodred voleva mantenerla...
Convincere la guardia fu un'impresa dura, ma doveva
parlargli; dopo aver lasciato spada e pugnale, finalmente, la fecero passare.
La cella era a metà del corridoio, un grossa porta di legno rinforzato da
borchie e fasce di metallo; l'unica apertura era una finestra quadrata, ad
altezza d'uomo, percorsa da quattro sbarre. Elfrid si avvicinò.
La ragazza si aggrappò alle sbarre, guardando dentro;
la cella era buia, ma grazie alla luce dall'esterno riuscì a vedere parte di
una figura seduta.
"Eomer." Lo chiamò, ma non giunse risposta.
"Eomer sono io, ti prego vieni qui." Insisté; lentamente l'uomo si
mosse, alzandosi ed entrando nel cono di luce.
Si fermò davanti a lei, il suo viso era pallido, ma
le guance erano arrossate dal pianto, gli occhi gonfi.
"Hai saputo, non è così?" Mormorò la
ragazza; lui sospirò, deviando lo sguardo.
"E' morto..." Disse, dopo un lungo momento
di silenzio. "...è morto... e... io non ero con lui..." Balbettò poi.
"Non fare così..." Lo supplicò Elfrid,
cercando di non piangere; il suo dolore era insopportabile, non ce la faceva a
vederlo in quel modo.
"Forse se fossi stato con lui, avrei potuto fare
qualcosa, tentare di salvarlo!" Esclamò Eomer con rabbia, scuotendo il
capo e stringendo i pugni.
"Saresti morto anche tu." Affermò la
ragazza, sicura; lui la guardò negl'occhi. "Ho parlato con uno dei
messaggeri, gli hanno riversato addosso una tale forza che non avrebbero potuto
resistere..." Riferì. "...nemmeno se ci fossi stato tu."
"Che cosa faremo adesso?" Domandò Eomer,
con tono arreso, rivolto più a se stesso che alla guerriera che aveva di
fronte.
"Non devi perdere la speranza!" Esclamò
Elfrid, aggrappandosi con forza alle sbarre; lui teneva gli occhi bassi.
"Ma senza di lui..." Bisbigliò, con voce
appena percettibile.
"Non sei solo, Eomer!" Gli gridò la
ragazza. "Non dimenticarti di Eowyn... non dimenticarti di me..."
L'uomo rialzò il capo, guardandola negl'occhi, poi fece un passo verso la
porta. "Io non ti abbandonerò mai, e non solo perché l'ho promesso a
Theodred..." Dichiarò Elfrid; lui mise la mano sulla sua, che era posata
tra una sbarra e l'altra.
"Credo che tu abbia ragione..." Mormorò
Eomer, fissandola con dolcezza. "Lui vorrebbe che io continuassi a
combattere, per il Mark, per Theoden..."
"Per te stesso." Affermò Elfrid; lui fece
un breve sorriso.
"Quella battaglia la vincerò solo se tu sei con
me." Replicò con gli occhi persi nei suoi; avrebbe davvero voluto
abbracciarla, in quel momento.
"Ed io ci sarò." Proclamò la ragazza; poi
mosse le dita, intrecciandole con quelle di lui, sul legno consumato della
porta.
Eomer sporse, per quanto possibile, il braccio nella
stretta apertura, fino a sfiorare il viso di Elfrid e avvicinandolo al suo; lei
si alzò sulle punte dei piedi, posando la mano libera sul legno della porta. E
così, sempre tenendo le dita intrecciate, si scambiarono un breve e tenero
bacio, attraverso le sbarre.
Capitolo 6 *** 6 - La speranza cavalca il vento ***
6
Ecco qua un nuovo
capitolo, spero che lo gradirete. Vi prego di fare particolarmente attenzione
alla canzone introduttiva, io credo che quel verso rispecchi molto bene lo
stato d’animo di re Thèoden, ed è tra l’altro una canzone che io amo molto. Adesso
vi ringrazio con tutto il mio cuore per i bellissimi commenti che mi lasciate,
mi fanno davvero molto piacere! Continuate a seguirmi, non vi deluderò!
6. La speranza cavalca
il vento
You shot through my anger and rage
To show me my prison was just an open cage
There were no keys no guards
Just one frightened man and some old
shadows for bars
(Living proof - Bruce Springsteen)
Un'alba grigio ghiaccio sorgeva
da est, combattendo con le folte nubi; presto i primi raggi del sole avrebbero
raggiunto i tetti di Edoras, facendo risplendere d'oro tutta la città.
Ma, da tempo, Eowyn non
sorrideva più per una nuova alba, e le notti si dividevano tra veglie insopportabili
e sonni senza sogni; la fanciulla sentiva il suo cuore disseccarsi ogni giorno,
sempre più privato di gioia, di serenità, di speranza e... d'amore.
Presa nei suoi pensieri, la
ragazza non s’accorse della figura curva che le si era avvicinata, con sguardo
fin troppo interessato ed un desiderio perverso negl'occhi.
"Come sei bella oggi,
dolce Eowyn..." Mormorò Grima, osservandola da vicino; lei si voltò
sorpresa e sconvolta, trovandoselo di fronte. Vermilinguo le fece un viscido
sorriso. "Bellissima e fredda, come una mattina di pallida
primavera..." Continuò l'uomo, allungando le dita esangui verso il suo
volto; Eowyn si scostò bruscamente, con espressione accigliata, lacrime di
rabbia cominciavano a farsi strada nei suoi occhi.
Lui la osservò ancora,
girandole intorno; la desiderava da anni, da quando non era che poco più di una
bambina, ed ogni giorno si avvicinava il tempo in cui sarebbe stata sua...
Grima tremava di eccitazione alla sola idea... Il suo corpo era così perfetto,
e illibato, con quella pelle bianchissima, figlia del latte e della neve, i
capelli d'oro... L'unica cosa che non andava erano gli occhi, no... aveva gli
stessi occhi di quel bastardo del fratello, che riuscivano ad attraversarlo
come lame affilatissime ed a guardarlo con un odio viscerale, e questo lo
faceva arrabbiare, tanto da volerla picchiare fino a cavarglieli. Eppure la
desiderava lo stesso...
"Le tue sono lunghe
veglie solitarie, mia cara..." Fece un nuovo passo verso di lei, e la
ragazza uno per allontanarsi. "...avresti bisogno di qualcuno che ti
tenesse compagnia, che ti confortasse..."
"E vorresti essere
tu?" Domandò Eowyn con rabbia.
"Lo sai quanto ci
tengo a te..." Rispose mellifluo Grima; lei lo fissò, col disgusto dipinto
sul bel viso, e con una rabbia profonda che le riempiva gli occhi di lacrime.
"Le tue parole sono
veleno!" Gridò poi, girandosi di scatto.
"Che succede?!"
Un'autoritaria voce femminile fermò la mano di Vermlinguo, appena prima che si
posasse sulla spalla di Eowyn; era Elfrid, entrata di slancio nella stanza.
"Stavo solo dando il
buongiorno alla dolce Eowyn." Si giustificò l'uomo, con l'espressione più
ingenua del mondo, allontanandosi dalla ragazza. "Ora devo andare..."
Detto questo si diresse verso la porta, lanciando un'occhiata malevola alla guerriera.
Elfrid lo seguì con gli
occhi, finché non fu uscito dalla stanza, poi corse accanto ad Eowyn, che
rimaneva voltata verso la finestra.
"Ti ha fatto
qualcosa?" Le domandò con tono allarmato, vedendo il suo viso sconvolto.
"No." Rispose
l'altra, negando col capo.
"Dimmi la
verità..." La pregò Elfrid preoccupata; Eowyn sollevò il mento, portandosi
un ciuffo di capelli dietro la schiena.
"Con le mani non mi ha
mai toccata, ma con le parole mi ha violentata mille volte..." Ammise
infine.
"Non gli permetteremo
più, di fare una cosa simile." Affermò la guerriera; Eowyn la guardò
negl'occhi. "Ognuno ha la sua battaglia da combattere."
"E questa è la
mia." Dichiarò combattiva la fanciulla bionda.
"E promettimi che non
ti rassegnerai ad una sconfitta." Le disse l'amica, stringendole le mani.
"Non lo farò."
Rispose Eowyn, annuendo.
Poco più di un'ora dopo, la
due donne raggiunsero la sala del trono; il re era già stato accompagnato sul
suo trono, e Grima gli sedeva la fianco, come sempre. Eowyn si avvicinò subito
al sovrano, domandandogli se aveva qualche necessità, mentre Elfrid raggiunse
altri soldati che sostavano sotto il colonnato ai piedi del trono.
C'era una strana atmosfera,
come se tutto il palazzo fosse in attesa di qualcosa; Elfrid pensò che dipendesse
dal fatto che, la notte precedente, lei ed i soldati fedeli a Eomer, si erano
accordati per liberare il maresciallo, avrebbero agito quella notte. Ogni sua
supposizione, però, fu confutata dai fatti che avrebbero avuto luogo da lì a
pochi minuti...
Il grande portone di
Meduseld fu spalancato, con grande sorpresa di tutti i presenti, poiché era un
evento che ormai accadeva di rado, e quattro figure grigie entrarono nel
salone; Elfrid, sorpresa e incuriosita, fece qualche lento passo nella loro
direzione, per cercare una migliore visuale. Sembrava che si fossero fermati a
guardare l'arazzo di Eorl il Giovane... Quando ripresero a camminare, uno di
loro le lanciò un'occhiata, ma Elfrid lo aveva già riconosciuto, e non poté
impedire al suo cuore di accelerare i battiti.
I quattro superarono il
lungo focolare, fermandosi ai piedi della pedana del trono, osservati dallo
spento sguardo del re e da quello maligno e sospettoso di Grima.
"Salute Theoden, re
del Mark!" Esclamò il vecchio che sembrava guidare il gruppo. "Sono
tornato, poiché giunta è l'ora in cui gli amici si debbono riunire per
combattere la distruzione." Aggiunse; il re emise un lieve lamento, che
somigliava ad una risata strozzata.
"Rispondo al tuo
saluto, Gandalf..." Mormorò poi. "Ma non chiedermi di darti il
benvenuto, perché porti con te mali peggiori di prima, Gandalf
Corvotempesta..." Le ultime parole morirono in un borbottio.
Elfrid, ferma accanto ad un
colonna vicino al trono, osservava tutta la scena con espressione allibita: chi
era quel vecchio? Il fatto che accompagnasse Aragorn ed i suoi compagni,
comunque, la rassicurava sulle sue intenzioni.
"Giuste sono le tue
parole, mio Sire!" Intervenne Vermilinguo, alzandosi e avvicinandosi a
Gandalf. "Egli non porta altro che cattive notizie e malasorte! Làthspell
lo chiamerò io, Malaugurio, ed il malaugurio è un cattivo ospite!"
Aggiunse, fissando il vecchio con sguardo ostile.
"Taci serpe!" Gli
gridò Gandalf, brandendo il suo bastone. "Ritira la lingua forcuta tra i
denti, non ho attraversato fuoco e morte per scambiare inutili parole con un
servo!" Detto questo batté il bastone contro il pavimento, si alzò un
rombo di tuono e Grima crollò a terra; allora lo stregone si scoprì dal logoro
mantello grigio, rivelando un abito candido come la neve ed un'aura di
abbagliante luce.
Elfrid, sbalordita, lanciò
un'occhiata ad Eowyn, che era rimasta ferma dietro al trono; anche lei era
sbigottita. Gandalf, nel frattempo, si era avvicinato al re.
"Guarda, Theoden, non
tutto è oscuro!" Proclamò lo stregone, ed un raggio di sole penetrò da una
delle alte finestre, illuminando il volto del sovrano. "Io ti darò il mio
aiuto, vieni con me, troppo a lungo sei stato tenuto nell'ombra dai cattivi
consiglieri!"
Il re, con lentezza, si
alzò barcollando dal suo trono, sotto lo sguardo incredulo dei presenti;
sembrava che una nuova luce brillasse nei suoi occhi. Eowyn corse subito al suo
fianco, sostenendolo nel cammino, fino alle porte.
"Aprite!" Ordinò
imperioso Gandalf. "Passa il Signore del Mark!" Le grandi porte si
aprirono lentamente, mentre lo stregone si avvicinava a Theoden. "Lascialo
a me, dama, sarò io ora ad occuparmi di lui."
Eowyn era incerta, vedeva
il suo sire rifiorire ad ogni passo, ma, allo stesso tempo, temeva a lasciarlo
solo. Theoden la guardò e, nei suoi occhi, la fanciulla rivide la luce di un
tempo; le fece un breve sorriso.
"Va, Eowyn, figlia
mia." Le disse, facendole una carezza. "I tempi bui sono
passati." Eowyn sorrise commossa, fino a pochi minuti prima credeva di non
vedere mai il giorno in cui Theoden sarebbe tornato quello di prima; lo lasciò,
sostenuto dal braccio di Gandalf.
La ragazza, mentre
ritornava nel palazzo, si voltò per un attimo a guardare il re che, ancora
malfermo sulle gambe, si fermava sul bordo del bastione; nel suo sguardo c'era
tenerezza e commozione.
Fu allora, però, che i suoi
occhi incrociarono quelli di un uomo alto, avvolto in un manto grigio; i
capelli scuri gli sfioravano, scomposti, le sopracciglia, e la guardava con le
sue iridi grigio azzurre, penetranti, ma gentili. Non appariva vecchio, eppure
su di lui sembravano passati molti inverni, e grande doveva essere la sua
personalità ed il suo lignaggio, poiché Eowyn avvertiva chiaramente il potere
scorrere in lui. La fanciulla rimase immobile a fissarlo, per un periodo che le
sembrò infinito, ma il tempo si era sicuramente fermato, ed il cuore le batteva
in gola come se implorasse di uscire; si sentiva incapace di muovere un
muscolo.
Lui, infine, le fece un
sorriso cordiale ed un breve inchino, poi si mosse, raggiungendo gli altri
all'esterno; Eowyn trasalì, tornando all'improvviso alla realtà, si voltò
rigidamente in direzione del palazzo e corse dentro, coprendo con le mani le
guance arrossate.
Quello che accadde dopo,
nessuno lo avrebbe immaginato. Gandalf parlò a Theoden con parole di pace e di
speranza, risvegliandolo lentamente dal subdolo avvelenamento a cui lo aveva
sottoposto Vermilinguo; lo spronò a rendersi di nuovo forte, a non disperare
nel momento dell'attacco, a non abbassare lo sguardo davanti al nemico. E
Theoden si rialzò, lasciando il bastone che guidava i suoi passi, nonostante la
battaglia per lui giungesse in vecchiaia, ma il sovrano sentiva la forza
rinascere lentamente in se, e la fiducia con lei. Gandalf lo convinse poi a far
scarcerare Eomer, ed egli mando Hàma, il capitano delle guardie ad aprire la
cella di quello che gli era stato fatto credere un traditore da colui che lo
era veramente.
Quando Hàma passò accanto
ad Elfrid, la ragazza lo pregò di portarla con se; il capitano titubò per un
attimo, ma poi annuì e partirono per le prigioni.
Arrivati là, gli si parò
davanti una robusta guardia, una di quelle fedeli a Vermilinguo; incrociò le
braccia, impedendogli il passaggio.
"Che volete?" Gli
domandò con boria.
"Siamo qui per
liberare il Terzo Maresciallo." Gli rispose Hàma, per nulla intimorito.
"E' un ordine di
Grima?" S'informò la guardia.
"E' un ordine del
re." Ribatté il capitano.
"E come faccio io a
sapere che è vero, e voi non siete qui per farlo evadere?" Replicò l'uomo,
annuendo.
"Adesso basta!"
Esclamò spazientita Elfrid; estrasse la spada e gliela puntò alla gola, sotto
lo sguardo allibito di Hàma. "Apri subito quella cella, o la tua testa
rotolerà a terra, insieme a tutta l'altra sporcizia!" Ordinò la donna, la
guardia passò le chiavi al capitano.
Eomer, nel frattempo,
attirato da tutto quel trambusto, si era avvicinato alla porta e cercava di
guardare dalle sbarre; non vide nulla, finché Hàma, con un grosso sorriso, si
fermò davanti alla sua cella, aprendola in fretta. Il cavaliere si scostò, per
permettere di aprire e, appena la porta si scostò, Elfrid gli corse incontro
abbracciandolo.
"Che... che
succede?" Domandò stupito e incredulo l'uomo, mentre la ragazza lo
stringeva appassionatamente.
"Devi vederlo con i
tuoi occhi..." Rispose Elfrid, scostandosi da lui. "...o non ci
crederai."
"Siete libero,
Sire." Disse Hàma. "Per ordine del Re."
Eomer spalancò gli occhi, a
quelle parole, il cuore cominciò a battergli forte: era speranza, l'emozione
che sentiva? Spostò gli occhi di nuovo su Elfrid, che sorrideva tenendogli la
mano.
"Andiamo,
presto!" Lo spronò la ragazza, tirandolo.
Lui non riusciva a capire,
non sapeva che fare; si lasciò trascinare nel corridoio, ma, quando furono
fuori dalla cella, gli tornò a mente qualcosa. Si voltò verso Hàma.
"La mia spada?"
Chiese al capitano.
"Mi sono permesso,
Sire." Disse l'uomo, porgendogli l'arma; Eomer la prese e la sfoderò,
brandendola. Ora si sentiva di nuovo se stesso.
"Sei pronto a
combattere di nuovo per il tuo Re?" Gli domandò Elfrid, che era davanti a
lui e lo guardava sorridendo.
"Come non mai... come
non mai..." Rispose lui, rispondendo allo sguardo.
"Allora andiamo."
L'incitò lei; gli prese di nuovo la mano e si avviarono verso la luce.
Eomer giunse al seggio di
pietra, posto sulla scalinata di Meduseld, proprio nel momento in cui Theoden
cercava la sua spada; il cavaliere gli porse la propria.
"Prendi questa,
Sire." Disse il giovane, porgendogliela, mentre s'inginocchiava di fronte
al re. "Non ti ha mai tradito." Aggiunse a capo chino; Theoden lo
fissò a lungo.
"Vi sono molte cose di
cui debbo chiederti perdono, Eomer figlio mio." Il cavaliere rialzò lo
sguardo su di lui e lo rivide fiero e diritto come un tempo, e gli occhi gli
divennero lucidi.
"Accetta questa spada,
fammi ancora combattere al tuo fianco, Sire, e sarà sufficiente." Rispose
poi. "Io non ho nulla da perdonare a te."
"Prendila." Disse
Gandalf al sovrano.
Dopo aver brandito di nuovo
una spada, il braccio del re sembrò ritrovare il vigore dei tempi andati; tutti
i presenti gioirono nel rivedere la fierezza del loro sovrano. E mentre
esultavano, Eomer e Elfrid si scambiarono un'occhiata commossa; solo la
guerriera vide quella lacrima trasparente, lacrima di gioia, che scese sul viso
chiaro dell'uomo.
"Riprendi la tua
spada, Eomer." Disse ad un certo punto Theoden, poi guardò il capitano
delle guardie. "E tu, Hàma, va' a prendere la mia, è sicuramente Grima che
la custodisce." L'uomo ubbidì subito, allora il sovrano si voltò verso
Gandalf. "Che dobbiamo fare, ora?" Gli domandò.
"Segui il tuo cuore,
riponi la tua fiducia in Eomer, e non in falsi consiglieri bugiardi. La
minaccia di Isengard va debellata, prima che ci schiacci, per rivolgere le
nostre attenzioni al vero nemico... Tutti gli uomini validi dovrebbero
cavalcare a ovest, mentre chi rimane dovrebbe rifugiarsi sulle montagne."
"Seguirò il tuo
consiglio, saggio amico mio, ma non chiedermi di restare, voglio combattere
insieme al mio popolo!" Proclamò Theoden; il senso di colpa era grande nel
suo cuore, per troppo tempo la sua gente era stata priva di guida, ora, anche
se la prospettiva era una morte in battaglia, egli sarebbe sceso al fianco dei
suoi uomini.
I presenti esultarono
ancora, se il re era di nuovo alla loro testa, potevano affrontare ogni
oscurità. Eomer si sentiva pieno di orgoglio, e la speranza era rinata
finalmente in lui, le nuove battaglie non lo spaventavano; sentì che qualcuno
gli stringeva la mano, abbassò lo sguardo e vide Elfrid che gli sorrideva. Ecco
un altro motivo per andare avanti.
Poco dopo tornò Hàma, con
la spada del re; lo seguivano due soldati che spingevano il passo strascicato
ed esitante di Grima. L'uomo si gettò subito in ginocchio ai piedi del re,
implorandolo e continuando ad accusare Gandalf, Eomer e gli altri di essere i
veri traditori di Rohan.
"Ecco la serpe, che
continua a sputare veleno." Disse Gandalf. "Costui non è altro che un
servo dello Stregone di Orthanc, e persevera nel prenderci in giro. Parla,
Vermilinguo, cosa ti aveva promesso Saruman? Il potere e la donna dei tuoi
sogni?"
"Troppo a lungo i tuoi
occhi hanno seguito ogni suo passo..." Intervenne Eomer, stringendo la sua
spada, gli occhi fiammeggianti. "...e questo sarebbe stato sufficiente ad
ucciderti..."
"Calma, Eomer."
Lo bloccò lo stregone. "Ormai non ha più alcun potere, deve solo fare una
scelta."
"Ascolta, Grima!"
Gli ordinò Theoden, parandosi davanti a lui. "Puoi scendere in battaglia
al mio fianco, e provare la tua fedeltà, oppure prendere un cavallo e correre
dal tuo vero padrone, a rispondere del tuo fallimento." Gli disse.
"Cosa farai?"
Vermilinguo si rialzò,
osservando tutti i presenti con occhi scintillanti e crudeli, in quel momento
faceva davvero paura, come una bestia braccata che non teme più nulla; guardò
negl'occhi Theoden, con tutto il rancore possibile, poi sputò ai suoi piedi e
scappò veloce.
"Non fermatelo!"
Gridò il re ai suoi soldati. "Che lasci questo luogo, per non tornarci mai
più."
Eomer seguì la fuga del
consigliere, finché non lo vide sparire nelle scuderie; combatteva ancora con
la voglia di tirargli il collo, ma ora lui non era più il suo primo pensiero.
Si voltò verso Theoden, e lo vide vigoroso e deciso, mentre ordinava l'adunata
delle truppe; il cuore gli si riempì di orgoglio e di speranza, ed ora vi era
anche un grande peso di meno sulle spalle della sua Eowyn. Sorrise a Elfrid,
che era piegata sulle scale, poiché aveva lavato l'insulto di Grima, e lei gli
rispose con gioia.
Altre battaglie li
aspettavano, ma molte cose stavano cambiando, e l'orizzonte non sembrava più
così oscuro.
Grazie per i sempre
graditissimi commenti, sono felice che la storia vi piaccia, un bacione
grandissimo a tutti!
Sara
7. Verso la tempesta
You don't know where you're goin'
But you know you won't be back
(Land of hope and dreams - Bruce
Springsteen)
Nelle prime ore del
pomeriggio cominciarono a radunarsi i guerrieri che avrebbero seguito il re in
battaglia. Eomer, nuovo comandante generale della cavalleria di Rohan, comunicò
le decisioni del sovrano.
"Tutti coloro che sono
abili, possiedono armi e cavalli, seguiranno il Signore del Mark verso nord,
gli altri, donne, vecchi e bambini, guidati da dama Eowyn, si recheranno al
forte di Dunclivio..."
Eowyn ascoltava le sue
parole, ferma a qualche passo dal fratello; aveva accettato quel compito perché
non poteva rifiutare, Theoden si fidava di lei, e non c'era nessun altro della
casa di Eorl per guidare il popolo in sua assenza, ma dentro di lei bruciava un
fuoco di delusione. La lasciavano indietro, di nuovo...
Aragorn si avvicinò a lei,
accorgendosi che era molto distratta, persa nei pensieri tanto da non vedere
nulla di fronte a se; il ramingo si piegò per guardarle il viso, solo allora la
fanciulla si accorse di lui. Eowyn sussultò, quando lo vide, ma lui le sorrise
gentilmente.
"Qualcosa che non
va?" Le domandò con voce dolce e profonda; lei chinò gli occhi, sentendosi
arrossire all'istante.
"No... è solo
che..." Balbettò qualche istante dopo, poi rialzò gli occhi su Eomer.
"Mi lasciano qui, ancora una volta..." Confessò a bassa voce.
"E quale sarebbe il
problema?" Continuò Aragorn; non capiva come quella ragazza, sottile,
bianca e così bella, potesse desiderare di raggiungere una battaglia. Eowyn
levò su di lui uno sguardo fiammeggiante.
"Io... io posso
combattere, io ho abilità e forza per combattere insieme a voi, non voglio
restare chiusa in una gabbia!" Esclamò stringendo i pugni.
"Eowyn..."
Mormorò l'uomo, scostandole i capelli dalla spalla e posandoci sopra una mano;
un brivido la percorse a quel gesto, la sua mano era calda e rassicurante.
"...vi sono guerre che non si vincono sul campo di battaglia." Le
disse. "Tu sei una figlia di re, la tua forza la vedo nei tuoi occhi, non
sei fatta per vivere nell'ombra." Le carezzò la guancia, e lei non poté
fare a meno di tremare leggermente. "Credi alle mie parole, dolce Eowyn,
la forza che ci vuole per restare, e guidare un popolo in assenza del sovrano,
è grande quanto quella che si usa in battaglia."
"Ma io..." Tentò
di protestare la fanciulla, ma il sorriso di Aragorn le impedì di continuare.
"Sono poche le persone
che ho visto brillare quanto te, tu sarai una guida e un faro per i sudditi del
Mark, e la tua luce ci guiderà sulla strada del ritorno..." Il cuore le
batteva fortissimo e, in quel momento, sentiva davvero che sarebbero tornati.
"Continua a brillare su di noi, piccola stella del Riddermark."
Affermò infine il ramingo, allontanandosi con un sorriso.
Piccola stella... quelle
parole... Mia piccola stella... il viso di Theodred le riapparve davanti
all'improvviso, il suo sorriso dolce, i suoi occhi blu, la sua forza e la sua
tenerezza, la sua voce... Un lacrima solitaria le scese lungo la guancia.
Aragorn scese le scale
affiancato da Legolas; l'elfo lo guardava con la coda dell'occhio, aveva
sentito tutta la conversazione con Eowyn, e visto la reazione della ragazza.
"Non credi di aver
esagerato?" Domandò al ramingo, quando furono in fondo alle scale; l'uomo
si voltò verso di lui, sorpreso.
"Tutto ciò che ho
detto mi veniva dal cuore." Rispose tranquillo.
"Sì, ma quella
faccenda della stella..." Mormorò l'elfo, piegando il capo di lato.
"E' vero, ho
conosciuto solo tre persone capaci di brillare come stelle, e lei è una di
queste."Affermò senza timori Aragorn; Legolas sorrise.
"Immagino che un'altra
sia Arwen..." Ipotizzò poi.
"La mia Stella del
Vespro, la cui luce non aumenta ne diminuisce..." Disse il ramingo,
fissando un punto lontano. "E' in fondo al mio orizzonte, e un giorno la
raggiungerò."
"Dunque, sulla terza,
posso solo formulare delle ipotesi..." Disse Legolas, divertito.
"Potrebbe essere Gandalf, oppure Elrond, tua madre forse..."
"Sei tu." Lo
interruppe Aragorn; l'elfo lo guardò, sorridendo dolcemente. "E lo sai
benissimo, perciò non fare tante storie!" Aggiunse ridendo.
Legolas si avvicinò
all'amico, posandogli una mano sulla spalla, poi portò il viso vicino al suo,
come se stesse per baciargli la guancia.
"Sono lusingato di
essere una delle tue stelle..." Gli sussurrò all'orecchio. "Ma
ricorda, sull'emblema di Gondor ce ne sono sette, adesso devi trovare le altre
quattro..." Aggiunse, con ironica dolcezza; infine si scostò da lui con un
grande sorriso.
Il ramingo lo seguì con gli
occhi, mentre l'elfo si allontanava in direzione di Gimli, finché non si voltò
per sorridergli un'ultima volta; era felice di avere Legolas in quella
missione, perché era certo che nessuna battaglia avrebbe mai spento la sua
luce...
"Siete sempre così in
confidenza?" La domanda di Eomer lo fece girare di lato; non si era
accorto che il cavaliere era vicino a loro, mentre parlavano.
"Mi conosce da quando
ero ragazzino, e abbiamo passato tante cose insieme." Rispose Aragorn
lanciando un altro sguardo all'elfo che preparava l'arco. "Non è sempre
necessario essere fratelli, per esserlo."
"Ti capisco benissimo,
Aragorn, benissimo..." Una fitta di dolore profondo e sordo si riacutizzò
nel cuore di Eomer; avrebbe combattuto fino all'ultima goccia di sangue, per
vendicare Theodred, fosse stata anche l'ultima azione della sua vita.
Il sole già si abbassava a
occidente, quando partirono; cavalcarono veloci e decisi, senza fare alcuna
sosta, fino a notte inoltrata. La strada era lunga, e non c'era tempo da
perdere. Si fermarono per poche ore, quando il buio rendeva impossibile
continuare, e ripresero la marcia che ancora il cielo a oriente non si era
quasi schiarito.
Eomer portava Gimli sul suo
cavallo, ed il nano ebbe modo di fargli un persuasivo discorso sulla dama di
Lòrien, che, ad ogni modo, provocò una certa ilarità nella compagnia; Elfrid
cavalcava con le retrovie, mentre Legolas teneva d'occhio la strada davanti a
loro. La marcia non subiva arresti.
Il cielo, al mattino, non
prometteva niente di buono: da oriente, insieme al sole, sorgevano nubi nere e
minacciose, percorse da fulmini, a ovest, sotto le pendici delle Montagne
Nebbiose, nebbie e fumi circondavano Isengard.
"Sarà una lunga
notte... Una lunga e oscura notte." Dichiarò accigliato Gandalf,
osservando l'orizzonte.
La strada continuò,
costeggiando le Montagne Bianche, finché, nel bagliore del tramonto, le vedette
videro venirsi incontro un cavaliere; lo aspettarono.
"Per fortuna siete
arrivati!" Esclamò l'uomo, quando raggiunse la testa del corteo, e dopo
aver riconosciuto con gioia la figura del re. "E' comunque tardi, le
truppe di Sire Erkenbrand sono state costrette a ritirarsi al di qua del
fiume..." Continuò concitato. "...Isengard ha radunato un esercito
enorme, ed è in marcia verso sud..." Eomer e Theoden si scambiarono un'eloquente
occhiata; Gandalf chinava mestamente il capo, tutti avevano espressioni tese e
preoccupate.
"Vengono verso di
noi..." Mormorò infine il terzo maresciallo.
"E noi gli andremo
incontro, e lotteremo fino alla fine!" Dichiarò combattivo Theoden; ora, che
la forza era tornata, non avrebbe permesso che un potere maligno lo piegasse
ancora.
"No!" Intervenne
Gandalf, levando la mano con gesto imperioso; tutti lo guardarono allibiti.
"Dovete ritirarvi al Fosso di Helm, in cui già saranno i sopravvissuti
alla battaglia dei Guadi." Il re lo fissava con incredula rabbia.
"Non posso credere che
tu m'impedisca di raggiungere la battaglia, quando più c'è bisogno di me!"
Sbottò il sovrano, muovendosi sulle staffe del suo Nevecrino.
"Non temere, Theoden,
se ho visto giusto presto sarà la battaglia a raggiungere te." Replicò lo
stregone con dolorosa consapevolezza. "E, a quel punto, sarà meglio che
voi siate in un luogo ove vi sia possibile difendervi a lungo, oltre le
possenti mura dell'antica fortezza dei re di Rohan." Aggiunse poi.
Theoden lo fissò in viso
per alcuni, interminabili, secondi; nell'impassibile volto dello stregone vide
la certezza ed il timore, e capì che, se c'era una speranza di sopravvivere,
quella era all'interno del Trombatorrione, come egli aveva detto. Il sovrano,
arreso ma determinato a combattere, chinò il capo, annuendo lentamente.
"Affrettate il passo,
la notte ci è nemica!" Ordinò infine Gandalf, mentre spronava Ombromanto
verso nord.
"E tu... non verrai
con noi?" Gli domandò Aragorn, accorgendosi che si scostava dalla schiera.
"Ho qualcosa da
sbrigare altrove." Rispose lo stregone, con sguardo deciso. "Andate,
vi raggiungerò all'alba." Aggiunse allontanandosi.
Prima di spronare alla
corsa il suo possente destriero, si voltò verso i cavalieri un'ultima volta,
guardando Aragorn dritto negl'occhi.
"Le difese devono
reggere fino ad allora." Gli disse.
"Reggeranno."
Promise il ramingo; e non ci fu bisogno di altre parole, entrambi sapevano che
una promessa scambiata tra di loro, valeva la vita.
Veloce come il vento,
Ombromanto scomparve presto all'orizzonte, ma stavolta Aragorn non avrebbe
avuto i dubbi e le incertezze che lo avevano tormentato dopo Moria: Gandalf
sarebbe tornato, lo sapeva.
Proseguirono, in direzione
dell'antica fortezza che da secoli era baluardo delle genti del Mark, mentre
una notte cupa e minacciosa scendeva intorno a loro; l'andatura fu per forza
sostenuta, silenzio tra le schiere, l'unico rumore era il galoppo dei cavalli.
Ben presto, però, si
accorsero di non essere più soli, in quella marcia disperata; a poche miglia da
loro si muoveva, come una marea selvaggia e brulicante, l'orrido esercito di
Orthanc, sempre più vicino, sempre più assetato di sangue.
Elfrid galoppò dal fondo
della schiera, fino ad affiancarsi ad Aragorn, il quale cavalcava accanto al re
e ad Eomer; il volto della ragazza era tirato, da capitano esperto qual'era
aveva perfettamente compreso l'aggravarsi della situazione. Parlò direttamente
a Theoden.
"Sire, si stanno
avvicinando." Riferì compostamente.
"Quanto distano
ora?" Domandò il sovrano, continuando a cavalcare ed a guardare dritto
davanti a se.
"Solo qualche
miglio..." Fece una pausa che costrinse Theoden a guardarla. "Hanno
colpito tre nostre vedette delle retrovie..." Il re sospirò profondamente.
"Qualche suggerimento,
sulle contromisure?" Chiese il re, girando lo sguardo dal nipote al
ramingo, alla ragazza; il galoppo non si arrestava.
"Se mi permettete,
Sire..." Mormorò lei, tutti la guardarono. "Credo che dovremmo
lasciare un'avanguardia alla Diga Fossato, dove s'infrangerà il primo attacco
dei nostri nemici, mentre il grosso dell'esercito organizza le difese
all'interno della fortezza..." Theoden rimase molto colpito dalla cognizione
tattica della fanciulla, e dalla sua sicurezza, dalla decisione sul quel viso
da ragazzina.
"Temo di non ricordare
il tuo nome, figliola." Le disse, sinceramente rammaricato.
"Elfrid..."
Rispose lei, arrossendo leggermente. "Elfrid figlia di Ranùlf."
Ripeté poi; quando c'era da combattere non temeva nulla e nessuno, ma la stessa
cosa non era nei rapporti personali, in cui la sua innata timidezza si
ripresentava puntuale.
"Ranùlf
dell'Ovestfalda..." Rifletté Theoden, lei annuì. "Conoscevo tuo
padre, era un guerriero valoroso."
"E per lui era un
onore, avervi servito in tante battaglie, Sire." Dichiarò la ragazza.
"Come lo è per me..." Aggiunse con orgoglio.
Il re le fece un breve
sorriso, cui lei rispose con un cenno del capo, quanto le permetteva il fatto
di stare galoppando; Theoden, poi, si girò verso il nipote, che lo guardò
negl'occhi.
"Ti sei scelto un
secondo davvero capace, Eomer." Gli disse.
Il terzo maresciallo
sorrise, spostando lo sguardo sulla ragazza, che abbassò gli occhi arrossendo,
ma poi li risollevò, sorridendogli. Il cuore di entrambi, come ad ogni sguardo
che si scambiavano, accelerò i battiti.
"Lo so." Rispose
Eomer al re, ma continuando a fissare Elfrid.
"Intravedo le mura
della Diga." Annunciò la voce di Legolas, di ritorno dall'esplorazione;
questo distrasse lo sguardo dei due giovani e concentrò l'attenzione di tutti
sulla strada davanti a loro.
"Bene!" Esclamò
Theoden. "Il piano che seguiremo è quello di Dama Elfrid..." La
ragazza si stupì non poco di sentirsi chiamare a quel modo, mentre gli altri
capitani annuivano. "E ora, al galoppo Eorlingas!" Li incitò poi,
levando alta la mano e indicando la direzione della fortezza.
Giunsero alla Diga Fossato
meno di un'ora dopo; il cielo si faceva sempre più cupo, né luna né stelle
sopra le loro teste, solo nubi minacciose, lampi e tuoni. Trovarono una non
molto numerosa guarnigione, di guardia all'accesso della Conca, per lo più
composta di attempati guerrieri e ragazzi; essi chiesero notizie del loro
signore, Sire Erkenbrand, e fu così che i rohirrim appena arrivati appresero,
con costernazione, che il capitano non era ritornato alla fortezza dopo la
disfatta dei Guadi.
Legolas e Aragorn
osservavano la poco promettente avanguardia che si apprestavano a lasciare a
garanzia del loro spostamento nel Trombatorrione. Il ramingo si fermò vicino al
parapetto della Diga, guardando le minacciose fiamme in avvicinamento; sfiorò
il ciondolo che gli pendeva dal collo, poi lo strinse tra le dita. L'elfo ne
seguì i movimenti, capiva i suoi sentimenti; gli posò una mano sulla schiena,
lui lo guardò.
"Molti di questi
uomini hanno visto troppi inverni." Affermò Aragorn, guardandolo
negl'occhi.
"O troppo pochi."
Rincarò Legolas.
"Sarà dura..."
Mormorò l'amico.
"Ce la faremo, come
sempre." Lo rassicurò l'elfo, sorridendogli; e ancora una volta Aragorn si
stupì della decisione in quegl'occhi blu e profondi come il mare... Ad una
prima occhiata nessuno avrebbe detto che, in quel corpo esile ed etereo, si
nascondeva un temibile guerriero, ma lui lo conosceva bene Legolas
Verdefoglia... Gli strinse la mano posata sulla sua spalla, con un sorriso più
sicuro.
"Dobbiamo lasciare
qualcuno a comando della guarnigione." Dichiarava, nel frattempo, Eomer,
seguendo il re nell'ispezione delle truppe.
"Questo è certo."
Confermò Theoden, annuendo.
"Resto io." Si
offrì Elfrid, che camminava silenziosamente dietro di loro; Eomer si girò di
scatto, fermandosi e fissandola allibito.
"Mi sembra un'ottima
soluzione." Affermò il re, nello stesso momento, continuando a camminare,
come la ragazza.
Il terzo maresciallo,
invece, era rimasto immobile, con gli occhi fissi su Elfrid, la quale,
accortasi che si era fermato, lo guardò con espressione interrogativa; lui non
riusciva a muoversi, avvertiva solo il battito impazzito del suo cuore... Ma come?
Un'orda di orchi stava per abbattersi su quelle mura, e lei voleva rimanere lì,
a fronteggiarli, sostenuta solo da vecchi e ragazzini? Senza un sostegno
adeguato, senza... senza di lui!
"Vuoi... vuoi farlo
davvero?" Riuscì a mormorare infine, con un filo di voce.
"E' la cosa migliore,
con me ce la possono fare..." Rispose lei, cercando di sembrare
convincente, ma aveva visto il terrore negl'occhi di Eomer.
L'uomo deglutì, poi cercò
di fermare il tremore delle mani stringendo i pugni; non poteva perderla, ma
non poteva nemmeno lasciare senza speranza quell'avanguardia...
"Ti lascio, perché è
volontà del mio Re, ed io non la tradirò..." Affermò infine, titubante,
guardandola negl'occhi; poi fece un passo verso di lei, afferrandole con forza
le spalle. "Ma se dovessi trovarti in difficoltà, non tentare atti di
eroismo, molla tutto e ripara alle Mura Fossato." Elfrid annuì. "E'
un ordine..."
"Si riparte!" La
voce di Aragorn si levò limpida, nell'oscurità intorno a loro; i due
distrassero un attimo gli occhi, poi tornarono a guardarsi.
"Va'." Lo incitò
lei.
"E' un ordine,
ricorda." Ripeté Eomer. "Voglio rivederti, hai capito?" Elfrid
annuì con un sorriso.
"Va', adesso."
Gli ripeté, spingendolo verso gli altri.
Lui si allontanò a stento,
continuando a voltarsi verso la ragazza, mentre camminava; Elfrid gli sorrise
un'ultima volta, poi s'infilò l'elmo e salì le scale della Diga.
Eomer, ormai in sella al
suo cavallo, rimase un po' indietro, rispetto alla schiera che ora galoppava
verso la fortezza; non poteva più distinguere la figura di Elfrid,
nell'oscurità, ma pregò i Valar di morire anche lui, nel caso in cui quella
notte avesse deciso la sorte del suo angelo dai capelli rossi...
Cari lettori scusatemi se vi ho fatto aspettare,
questa ff, che pure amo molto, mi fa un po’ penare, ma vi prometto che non vi
lascerò senza un finale! Buona lettura, aspetto i vostri graditissimi commenti!
Un bacione. Sara
8. Lunga notte di tenebra
Believe we're still worth
The fight you'll see
There's hope for this world tonight
I believe...
(I believe - Bon Jovi)
Arrivati alla fortezza cominciarono subito ad
organizzare gli uomini, ma Eomer non riusciva ad essere completamente lucido;
nonostante i rumori concitati intorno a lui, il cavaliere non riusciva a non
sentire il lontano clangore della battaglia ormai cominciata, le urla
degl'orchi, il sibilo delle frecce...
"Ho appena finito di sistemare gli arcieri sulle
mura." La voce di Aragorn lo riportò improvvisamente alla realtà.
"Hm, bene..." Rispose distrattamente, poi
si accorse che il ramingo lo osservava. "Legolas?" Gli chiese allora.
"Sopra anche lui, che si lamenta di non avere a
disposizione arcieri elfici." Eomer non riuscì a trattenere un breve
sorriso, al tono di quella risposta.
"Io ho istruito la difesa del cancello e fatto
spostare bambini, donne e vecchi nelle grotte, poi ho fatto sistemare i cavalli
nel cortile interno del Trombatorrione." Riferì poi.
"Perfetto..." Mormorò Aragorn. "Il
Re?" Domandò, alzando gli occhi sulla torre.
"All'interno della fortezza." Dichiarò il
maresciallo.
"Bene." Annuì il ramingo. "Facciamo in
modo che rimanga al sicuro, almeno finché possiamo." Aggiunse, spostando
di nuovo lo sguardo sulle mura.
"Aragorn..." Eomer lo richiamò a voce
bassa, lui si girò, guardandolo con espressione interrogativa.
"Notizie?"
"Purtroppo no... l'unica cosa su cui possiamo
fare affidamento, per sapere quel che succede, è la vista di Legolas."
Rispose sconsolato l'uomo.
Eomer alzò il capo sull'imponente parete di grigia
pietra, le Mura Fossato, la loro più valente difesa, e, in cima ad esse, su una
figura bionda, diritta ed elegante come un giovane albero, che risaltava sullo
sfondo della notte cupa come un quarto di luna crescente, brillando di tenue
luce bianca.
"Legolas!" Lo chiamò con tutta la voce;
l'elfo si voltò guardando in basso, aveva alzato le sopracciglia sottili in
un'espressione meravigliata. "Dicci un po' cosa succede!" Continuò il
cavaliere.
Legolas si sporse sul parapetto, aguzzando la sua
portentosa vista; vide le torce degl'orchi avvicinarsi alla breccia della Diga,
oscillare, spegnersi, si accorse di figure scure che si radunavano preparandosi
a colpire di nuovo, e poi qualcosa in movimento staccarsi dalla Diga e correre
verso di loro...
"Hanno sfondato!" Gridò verso i compagni;
Aragorn strinse i pugni, Eomer chiuse gli occhi. "C'è un gruppo di
cavalieri che viene verso di noi..." Continuò l'elfo; il maresciallo
riaprì gli occhi di scatto. "...vi è un destriero nero, alla loro
testa..." La speranza stava lentamente rifiorendo nel cuore dell'uomo.
"E' Elfrid!" Annunciò infine Legolas; solo a quel nome Eomer poté
riprendere a respirare.
"APRITE IL CANCELLO!" Gridò lanciandosi
verso i suoi uomini. "Aprite, presto!"
Elfrid si fermò sulla soglia del cancello, aspettando
che ognuno dei suoi uomini entrasse, poi li seguì, mentre le pesanti porte si
richiudevano alle sue spalle, cigolando sui massicci cardini. La ragazza scese
da cavallo, sfilandosi l'elmo e scuotendo i capelli, era pallida ed aveva il
viso e l'armatura macchiati di sangue; Eomer le si avvicinò subito.
"Stai bene?" Le chiese, combattendo con il
desiderio di stringerla tra le braccia; lei annuì, fissandolo negl'occhi.
Sopraggiunse Aragorn.
"Com'è andata?" Le domandò il ramingo,
attirando la sua attenzione con una mano sulla spalla; Elfrid si girò verso di
lui.
"Il primo attacco lo abbiamo respinto, abbiamo
usato tutte le frecce e riempito la conca di orchi, ma non si
arrendono..." Raccontò la ragazza. "...almeno hanno imparato a non
portare torce." Aggiunse con un sorrisetto sarcastico.
"Sei ferita?" Intervenne Eomer; Elfrid
tornò a guardarlo.
"No." Rispose scuotendo il capo.
"Ma... ci sono state ingenti perdite." Ammise tristemente.
"Quanti sono?" Chiese allora Aragorn;
Elfrid lo guardò, poi spostò gli occhi su Eomer, e di nuovo si girò verso il
ramingo.
"Una moltitudine..." Quella risposta
suonava come una condanna, ma Aragorn la fissò per un attimo, con i suoi occhi
in cui brillava il potere degl'antichi re.
"Il nostro compito è resistere, e lo
faremo." Dichiarò deciso; Eomer ghignò e la ragazza gli lanciò un'occhiata
divertita.
"Quando parla così, sono tentato di
credergli." Mormorò poi il maresciallo, facendo sorridere anche il ramingo.
"Abbiamo bisogno di arcieri." Annunciò
infine.
"Eccone uno!" Replicò Elfrid, allargando le
braccia.
"Seguimi." Le disse, incamminandosi per le
scale delle mura; la ragazza salutò Eomer con un gesto ed un sorriso, seguendo
l'uomo.
Ecco, la guerra si stava per riversare addosso a loro
come flutti di un mare in tempesta, il cielo e la fortuna erano avversi, eppure
lui era felice. Felice perché lei era lì, non era ferita, non era arresa e solo
pochi passi li separavano.
Elfrid seguì Aragorn in cima alle Mura Fossato, dove
Legolas stava dando altre disposizioni agli uomini appostati.
"Ti ho portato un altro arciere." Gli
disse; l'elfo si voltò verso di loro, mentre il ramingo gl'indicava la ragazza.
"Non è un elfo, ma mi posso
accontentare..." Ribatté il principe di Bosco Atro, incrociando le
braccia.
"Ti conviene, farlo." Disse Aragorn,
tornando sui suoi passi. "Sistemo le ultime cose sotto, poi torno."
Spiegò.
"Benvenuta." Legolas, nel frattempo,
salutava Elfrid, indicandole dove mettersi.
"Grazie..."
"Ah, Legolas..." Aragorn tornò a voltarsi
verso di loro, rimanendo tra due gradini. "...amin... "
Mormorò guardando l'elfo negl'occhi.
"Amin sinta. (Lo so)"Rispose
Legolas interrompendolo; Aragorn si allontanò dopo un ultimo sorriso.
Legolas, ancora sorridendo, tornò a voltarsi verso
l'esterno e riprese ad osservare il minaccioso orizzonte; Elfrid non riusciva a
non guardarlo.
"Cosa pensi che volesse dirti?" Gli domandò
dopo qualche attimo; l'elfo rise sommessamente, mentre pian piano si girava
verso di lei.
"Qualcosa che già so." Le disse. "Il
tuo cuore conosce sempre le parole, anche quando non le vuoi confessare."
Come aveva pronunciato quella frase, come la guardava negl'occhi... lui
sapeva...
Elfrid lo osservò per un attimo, con ironica
dolcezza; le sue parole l'avevano colpita molto. E poi, aveva capito,
guardandola meno di un paio di volte, quali erano i suoi sentimenti; gli elfi
erano proprio delle creature speciali, non si meravigliava che Aragorn li
amasse tanto.
"E' strano il vostro rapporto, lo sai
vero?" Gli disse, tornando a guardare oltre il parapetto; i nemici si
avvicinavano.
"Sì." Annuì Legolas. "E temo che
qualcuno possa fraintendere, ma ti giuro che tra noi c'è solo un profondissimo
affetto fraterno." Garantì poi; lei sorrise.
All'improvviso lo vide irrigidirsi, stringere gli
occhi in due fessure taglienti; l'elfo incoccò una freccia, preparandosi a
tirare.
"Arrivano." Annunciò poi; anche la sua voce
era cambiata, ora era gelida e decisa tanto prima era dolce e musicale. Elfrid
gli lanciò un'occhiata.
"Non so perché, ma mi sento stranamente sicura,
al tuo fianco, Legolas..." Mormorò la ragazza, mentre una pioggia di
frecce passava sopra le loro teste.
"E' normale..." Rispose lui, scaricando,
con velocità inimmaginabile, frecce sulle teste degl'orchi che assalivano le
mura. La battaglia era cominciata.
Le schiere mostruose dell'esercito di Isengard
s'infransero contro le mura come un nero mare in tempesta, mentre la pioggia
cadeva ormai copiosa sui volti dei guerrieri, sulle armi e le armature, sulle
pietre della fortezza.
Orchi, Uruk e uomini selvaggi attaccarono le mura con
scale e ramponi, e i cancelli con arieti di legno e metallo; le loro frecce
nere continuavano a sibilare contro i merli del parapetto. I corpi dei nemici
abbattuti erano ricoperti da nuove forze, e i malefici soldati parevano
moltiplicarsi, poiché continui rinforzi gli giungevano da nord.
Aragorn ed Eomer dovettero uscire sul cancello del
Trombatorrione, per impedire che fosse sfondato; riuscirono a respingere
l'assalto, ma solo l'intervento di Gimli li salvò da un agguato. Frattanto,
sulle mura, gli arcieri stavano esaurendo le frecce.
Smise di piovere, le nubi si diradarono leggermente,
mostrando una pallida luna e poche sbiadite stelle, ma questo ridiede una
timida speranza agli assediati. Fu proprio allora, però, quando i guerrieri di
Rohan ricominciavano a sperare, che si verificò l'irrimediabile... Un fragore
assordante squarciò l'aria, fumo e fiamme si alzarono, mentre le acque del
fiume, ormai non più trattenute, si riversarono all'esterno: un'esplosione
aveva spaccato le Mura Fossato, e gli orchi stavano entrando...
Legolas e Elfrid erano rimasti sulle mura,
fortunatamente abbastanza distanti da non essere travolti dall'esplosione, ma
non c'era più modo di scendere. Si guardarono negl'occhi.
"Legolas!" La voce concitata di Aragorn
attirò la loro attenzione; il ramingo era sotto di loro, insieme con altri
guerrieri, intento a respingere nemici. "Dobbiamo ritirarci nella
fortezza!" Aggiunse.
L'elfo si diede un'occhiata intorno, mentre Elfrid
abbatteva un arciere uruk, che li puntava; raccolse uno dei ramponi degl'orchi,
che portava ancora una corda abbastanza lunga, e ne lanciò l'estremità ad
Aragorn. La ragazza sorrise di sbieco.
"Forse ho capito quello che vuoi fare..."
Quando la corda fu tesa, Legolas ci passò sopra una
cinghia di cuoio, poi strinse a se Elfrid e, insieme, si calarono fino alla
posizione di Aragorn; i tre guerrieri, infine, corsero verso le scale del
Trombatorrione.
Ormai la strada era libera, gli orchi stavano
travolgendo le difese, da sopra e da sotto le mura, non restava che ritirarsi;
i cavalieri, divisi, cercarono rifugio in direzioni diverse, chi verso le
caverne, chi verso la fortezza.
Solo la presenza di Aragorn sulla scala che conduceva
nel Trombatorrione, impediva ai nemici di avanzare anche lì; mentre i soldati
di Rohan si rifugiavano all'interno, solo altri due guerrieri continuavano a
sostenere l'azione dell'erede di Isildur: Legolas, armato della sua ultima
freccia, e Elfrid, anche lei quasi a corto di armi.
"Sono entrati tutti, andiamo Aragorn!"
Gridò l'elfo, quando l'ultimo guerriero fu passato.
Il ramingo corse verso di lui, ma la stanchezza gli
piovve improvvisa sulle spalle, facendolo inciampare e cadere; subito i nemici
si avventarono su di lui. Il primo orco fu abbattuto dall'ultima freccia di
Legolas, ma fu subito sostituito da altri.
"Coprimi." Disse l'elfo alla ragazza, poi
con uno scatto fu accanto all'amico, mentre a Elfrid, terminate le frecce, non
restavano che i sassi per respingere gli orridi soldati; per fortuna lei era
un'ottima e potente lanciatrice.
I tre, infine, stravolti, riuscirono a riparare oltre
il portone, che fu richiuso prontamente alle loro spalle; Legolas sosteneva
ancora Aragorn, Elfrid, invece, si appoggiò con la schiena contro un muro,
respirando affannosamente e socchiudendo gli occhi.
Un pensiero improvviso, però, le attraversò la mente
come una lama gelata; riaprì gli occhi, osservando la stanza tra le ciglia
bagnate dal sudore, il cuore aumentò gradualmente i battiti, fino a farle
pulsare dolorosamente il petto.
"Dov'è Eomer?" Domandò con voce flebile e
tremante; anche Aragorn e Legolas si guardarono intorno.
"L'ultima volta l'ho visto radunare gli uomini
nel Fosso..." Intervenne un uomo. "Con lui c'era anche il Nano,
avranno riparato nelle caverne..."
"Certo un luogo che piacerà al nostro amico
Gimli." Commentò l'elfo, mentre Aragorn si staccava da lui. "Però è
un peccato, volevo sapere a che quota era giunto, nella nostra sfida..."
"Sta tranquillo, a quest'ora ti avrà superato,
non ho mai visto usare tanto un'ascia..." Replicò Aragorn. "Vado a
parlare con il Re..."
Durante questo scambio di battute, Elfrid non aveva
sentito quasi nulla, i suoni le arrivavano alle orecchie ovattati; si era
lasciata scivolare lungo il muro, sopraffatta improvvisamente dalla stanchezza,
ma i suoi occhi rimanevano spalancati. Aveva visto quanti orchi si erano
riversati nel Fosso, come potevano resistere a quell'attacco? Pregò
intensamente che ce l'avesse fatta a raggiungere le caverne...
Una mano sulla spalla la riscosse; alzò gli occhi, da
cui non era scesa nemmeno una lacrima, e si trovò davanti il volto chiaro di
Legolas, che le fece un dolce sorriso.
"Tornerà, vedrai." Le disse, porgendole la
mano per alzarsi.
Quelle parole e quel gesto ebbero l'effetto di
risollevarla, di darle speranza; sorrise stropicciandosi il naso, poi afferrò
l'esile e bellissima mano dell'elfo, mettendosi in piedi.
"Sì, lo farà." Rispose la ragazza annuendo.
"Grazie..."
Aragorn, nel frattempo, era salito nella torre;
Theoden stava nei pressi di una stretta finestra, osservando lo sfacelo sotto
di se.
"Quali notizie?" Domandò il sovrano, quando
si accorse di lui.
"Pessime, purtroppo." Rispose mestamente il
ramingo. "I nemici hanno preso le Mura Fossato, grazie ad una spaventosa
arma esplosiva, le difese sono travolte."
"Eomer è con te?" Chiese allora,
continuando a guardare fuori.
"No..." Quella risposta lo scosse come un
terremoto, chiuse gli occhi, serrando le mani sull'elsa della spada; che
avrebbe fatto se avesse perso anche lui? "...ma, molti uomini si sono
ritirati nel Fosso, e lui tra questi, pensiamo che abbiano trovato scampo nelle
grotte." Aggiunse Aragorn.
"Se è così..." Ma la voce del re tremava.
"...allora hanno più speranze di noi, chiusi in questa trappola per
topi."
"Sempre che gli orchetti non ce li seppelliscano
dentro." Commentò il ramingo; in quel momento Theoden si voltò verso di
lui, si guardarono negl'occhi.
"Mi sento inutile, chiuso qui." Affermò il
sovrano. "Se avessi potuto cavalcare alla testa del mio esercito, forse
avrei trovato una morte onorevole."
"Preferisco sapervi al sicuro, Sire."
Ribatté Aragorn. "Almeno finché ciò è possibile..."
"Ad ogni modo ho deciso." Lo interruppe
Theoden, dandogli le spalle. "All'alba suonerà il corno di Helm, e io
cavalcherò contro il nemico..." Mentre pronunciava quelle parole, sembrava
aver ritrovato tutta la nobiltà della sua antica stirpe. "...che ciò mi
dia la vittoria, o una morte degna dei poemi, è ciò che farò." Dichiarò
infine, tornando a guardare l'uomo che gli stava di fronte. "Cavalcherai
con me?"
"Cavalcherò al vostro fianco, Sire."
Promise Aragorn.
Quando si fu congedato, il ramingo tornò sulle mura
del Trombatorrione, occupando il tempo ad incoraggiare gli uomini, a prestare
aiuto dove c'era bisogno, seguito da Legolas; respinsero numerosi attacchi, ma
ormai era questione di poco, il sole stava per sorgere...
L'ennesimo assalto fu ricacciato indietro, e gli
uomini stanchi si fermarono a riprendere fiato dietro i merli delle mura; Aragorn
osservava i nemici, cercando un varco tra le loro linee, mentre l'elfo
osservava l'orizzonte schiarirsi lentamente.
"Estel, tiro... (Estel, guarda)" La
voce di Legolas fece voltare il ramingo, verso est. "...na i aur...
(è mattina)" Aggiunse con un sorriso.
Il sole stava lentamente salendo, con uno splendore
dorato; adesso, se Gandalf manteneva la promessa, la battaglia poteva essere
vinta. Anche Aragorn fece un breve sorriso.
Movimenti strani nelle truppe nemiche, attirarono ben
presto la loro attenzione; le frecce non erano più così insistenti, gli
spostamenti scomposti e indecisi. Aragorn s'insospettì, osservando gli orchi
con le sopracciglia aggrottate.
"Che succede..." Mormorò; Legolas guardò
con più attenzione.
"Sento grida e lamenti dalle loro retrovie, e...
non ne sono certo, ma... qualcosa si avvicina..." Affermò l'elfo.
"Qualcosa che li spaventa..." Aggiunse sorpreso.
In quel momento, nella gola del Fosso si alzò,
potente e minaccioso, il suono di un corno; la sua voce risuonò in tutta la vallata,
ritornando in mille echi, sembrava non spegnersi mai. Gli orchi si scomposero,
alcuni si gettarono a terra per lo spavento, le loro schiere furono scosse;
Aragorn e Legolas si scambiarono un'occhiata d'intesa.
"Il Re ci aspetta." Dichiarò il ramingo, e
veloci scesero verso il cortile interno della fortezza.
Il corno di Helm suonava nel Fosso, e Theoden scese
nel cortile, indossava la sua armatura, e procedeva sicuro; gli venne incontro
un guerriero coperto da un elmo e da una cotta di maglia brunita, portava
Nevecrino ed un cavallo nero.
"Il vostro cavallo, Sire." Disse Elfrid,
porgendogli le redini del bianco destriero.
"Cavalcherai al mio fianco, Elfrid?" Le
chiese Theoden.
"Sì, mio Re." Rispose la ragazza annuendo.
"Bene, ne sono felice." Ribatté lui,
posandole paternamente una mano sulla spalla; lei sorrise.
Giunsero anche Aragorn e Legolas, ed i cavalieri
uscirono contro il nemico. La notte lasciò il posto al mattino splendente,
mentre il re ed i suoi capitani, travolgevano le schiere di Isengard; anche
coloro che si erano rifugiati nelle caverne e sulle alture piombarono contro i
nemici ormai allo sbando, sorpresi dal suono del corno e da ciò che accadeva
alle loro spalle.
I cavalieri galopparono falciando ogni cosa intorno a
loro, fino alla Diga, lasciando gli orchi smarriti e terrorizzati. Arrivati
alla breccia si fermarono, la luce del sole ora brillava su di loro, facendo
risplendere le armature, le lance e le spade, ma ciò che li aveva fermati era
lo stupore: la verde Conca Fossato era adesso ricoperta da una fitta e buia
foresta, che ingoiava gli orchi in fuga.
Quanto ai soldati di Isengard, essi tentavano di
fuggire, ma da una parte avevano le montagne, dall'altra il misterioso bosco, i
cavalieri davanti, né a occidente potevano andare, poiché in quel punto apparve
un bianco cavaliere...
"Mithrandir, Mithrandir è tornato!" Esclamò
Legolas.
"Mirate il Bianco Cavaliere!" Rincarò
Aragorn, col cuore ricolmo di gioia; la promessa era mantenuta.
E con Gandalf giunsero anche Erkenbrand e i guerrieri
dell'Ovestfalda che erano stati dispersi ai Guadi dell'Isen; e la battaglia
ebbe veramente termine, per i nemici non ci fu più scampo, il Fosso e la Conca
Fossato erano riconquistati.
Grazie per i bellissimi e sempre graditi commenti, farò
tutto il possibile per non lasciarvi ancora così tanto a bocca asciutta! Vi dedico
questo nuovo capitolo, che per altro amo molto, e spero che piacerà anche a voi
lettori. Un bacione grande a tutti. Sara
9. Una via che costa
lacrime
...when the dawn seemed forever lost
you showed me your love in the light of stars
(Dante's prayer -
Loreena McKennit)
I guerrieri che avevano
combattuto la battaglia del Fosso di Helm si riunirono sulle sponde del fiume
Fossato; tra loro anche Eomer e Gimli, discesi dalle grotte, illesi e
soddisfatti. Ma non furono i festeggiamenti a trionfare, difatti lo stupore per
la presenza degl'alberi era troppo grande, non lasciava spazio nemmeno alla
felicità di rivedere i compagni sani o al dolore per i caduti. Gandalf fu poco
esauriente, rispetto alla curiosità dei presenti, particolarmente a quella di
Legolas, entusiasta della magica foresta; lo stregone dichiarò che le risposte
risiedevano ad Insengard, e che lui era intenzionato a recarvisi. Theoden si
dimostrò risoluto nel volerlo seguire, e così fu disposto che una piccola
guarnigione sarebbe partita dopo che gli uomini si fossero riposati, quella
sera.
Elfrid bussò delicatamente
alla porta, poi, senza aspettare risposta, entrò; Eomer era in piedi presso un
tavolo, vi teneva le mani appoggiate sopra, il capo era chinato e respirava
profondamente.
"Ti disturbo?"
Quella timida domanda lo fece voltare di scatto e rialzare la testa; la guardò
per un attimo, poi negò. "Stavo andando a riposare, ma..." Continuò
la ragazza. "...volevo vederti..."
"...anch'io..."
Soggiunse lui, quando la frase della donna non era ancora finita; lei gli
sorrise.
Non avevano ancora avuto
modo di parlarsi, dopo la fine della battaglia, e ora non sapevano che dirsi, e
continuavano a guardarsi negl'occhi in silenzio. La trovava così bella, con
quei corti capelli rossi ancora scompigliati, le lentiggini che le scurivano le
guance ed i grandi, dolcissimi, occhi nocciola. Lui, invece, era pallido, col
viso ancora sporco, ma Elfrid non riusciva a non trovarlo attraente, con lo
sguardo sempre indomato, sempre fiero.
"Abbracciami..."
Mormorò la ragazza, senza capire perché le sue labbra avessero dato voce ai
suoi desideri; Eomer si staccò dal tavolo, facendo due lunghi passi verso di
lei e la strinse a se.
La ragazza posò il capo sul
suo petto e strinse le braccia intorno al torace; quando serrò la stretta,
l'uomo emise un lamento soffocato. Elfrid si staccò subito, guardandolo in
faccia; Eomer stringeva gli occhi, con un'espressione sofferta.
"Cosa c'è?"
Domando preoccupata la ragazza.
"Credo di essermi
rotto qualcosa..." Rispose lui, toccandosi l'addome.
"Fammi vedere, togliti
questa roba." Gli ordinò lei.
"Ma non è nulla,
dai..." Replicò imbarazzato Eomer, ma lo sguardo di Elfrid non ammetteva
diniego.
Arreso, il maresciallo, si
sfilò la cotta di maglia e poi la camicia che portava sotto, restando a torso
nudo; l'armatura l'aveva già tolta, qualche minuto prima che arrivasse la
ragazza. Elfrid non riuscì a trattenere un sorriso soddisfatto.
"Forse non dovevo
fartela togliere..." Ipotizzò poi; lui la guardò stranito. "Non so se
riuscirò a trattenermi, davanti ad un corpo simile..." Aggiunse, mentre il
suo malizioso sguardo vagava sui muscoli perfetti dell'uomo.
"Per favore..."
Si lamentò lui, alzando gli occhi al cielo.
"Scusa!" Esclamò
la ragazza ridendo, poi si avvicinò.
Gli arrivò accanto e vide
subito il grosso livido che aveva all'altezza delle costole; ci posò
delicatamente le dita, percorrendone il contorno, chiedendogli se provava
dolore, finché non ne toccò il centro e lui sussultò con un breve lamento.
"Sembra solo una
brutta contusione." Affermò Elfrid, alzando gli occhi sul viso di Eomer,
ma continuando ad accarezzare il suo fianco.
"Non toccarmi
così..." Le sussurrò lui, guardandola negl'occhi; sentiva già intensi
brividi salirgli lungo la schiena, e la desiderava, troppo...
"Come? Così?"
Rispose lei, con un piccolo sorriso malizioso, e poi prese a carezzargli il
petto; Eomer sospirò intensamente.
I loro volti erano così
vicini da sfiorarsi, si guardavano negl'occhi, e non avevano mai avuto un
momento di tale intimità; il fuoco bruciava caldo nel camino, la luce nella
stanza era tenue, le loro labbra si cercavano...
"Oh, scusate..."
L'imbarazzatissima voce di Legolas li interruppe, facendoli scostare
bruscamente. "Perdonate..." Le levigate e candide guance dell'elfo
avevano assunto un delizioso color fragola. "Non ho bussato, ma... ecco,
credevo fosse la camera di Aragorn..." Tentò di giustificarsi, tenendo il
capo chinato.
"Ma no,
figurati..." Biascicò Elfrid, spostandosi verso la porta.
"Non fa nulla..."
Rincarò Eomer, passandosi una mano sulla nuca e guardando altrove.
"Vado a prenderti un
unguento." Dichiarò la ragazza; nel frattempo, Legolas era già scomparso
oltre la porta.
"Elfrid." Eomer
la richiamò che aveva già la mano sulla maniglia; si girò.
"Dimmi." Lo
incitò.
"Mi domandavo se
verrai con noi a Isengard." Disse l'uomo.
"Ecco... pensavo di
rimanere qui, veramente..." Rispose la ragazza; lui si fece serio,
abbassando gli occhi.
"Il fatto è
che..." Riprese poi, titubante. "...passeremo dai Guadi..."
Rialzò lo sguardo su di lei. "Ho bisogno di te." Dichiarò con
espressione triste.
"Io ci sarò."
Annuì lei; non lo avrebbe lasciato solo, nel momento del dolore, nel momento
dell'ultimo addio a Theodred.
La scorta del re lasciò il
Trombatorrione quando il sole cominciava a scendere verso ovest, salutata dai
canti festosi della gente; attraversarono, pieni di timore, un sentiero che si
apriva tra le fronde della misteriosa foresta.
Legolas, trascinato
dall'entusiasmo e dall'emozione di attraversare quel miracolo, era tentato di
rimanere lì, ad ascoltare le voci degl'alberi, se Gimli non glielo avesse
impedito; il nano, invece, ancora parlava con totale ammirazione delle caverne
scintillanti del Fosso. I due compagni, infine, si scambiarono una promessa: se
alla fine della guerra fossero stati entrambi vivi, allora Legolas avrebbe
visitato le grotte e Gimli, ricambiando, la foresta di Fangorn.
La strada verso nord, che i
cavalieri avevano preso, li avrebbe condotti ai Guadi dell'Isen, il luogo in
cui era avvenuta la disfatta dei guerrieri guidati prima da Theodred e poi da
Erkenbrand. Tutti tra loro, ma in special modo Eomer e Theoden, temevano lo
spettacolo che avrebbero potuto trovare al fiume; quando, però, scesero la
sponda, illuminata da una grande luna quasi piena e splendente, ciò che videro
fu molto diverso da come si aspettavano.
Il fiume, prima di tutto.
Il corso dell'Isen, di solito impetuoso e spumeggiante, era ora poco più di un
ruscello che lambiva le pietre del guado, lasciando agevole passaggio a uomini
e cavalli; mormorii sulle magie di Saruman si alzarono tra i cavalieri, molti
guardarono con timore verso Isengard: dal cerchio lontano di Nan Curunìr si
alzavano minacciosi vapori, nel cielo livido.
Li rasserenava, però, il
fatto di non aver trovato lo scempio dei corpi dei guerrieri sconfitti;
sull'isolotto al centro del fiume, era stato costruito un tumulo, circondato da
lance e spade conficcate nel terreno.
"Sei stato tu,
Gandalf?" Chiese Theoden, mentre discendevano la sponda, guardando davanti
a se; lo stregone annuì.
"Giunsi qui in cerca
di rinforzi, e come pensavo vi trovai ancora alcuni soldati dell'Ovestfalda, li
misi al lavoro." Rispose poi.
"Grazie..."
Mormorò soltanto il re, procedendo nell'attraversamento del guado.
Elfrid lanciò un'occhiata a
Eomer, e lo vide fissare il triste tumulo illuminato dalla luna con gli occhi
sempre più lucidi; era sicura che se avesse socchiuso le palpebre per un attimo,
le lacrime sarebbero scese lungo le sue guance.
Il maresciallo,
all'improvviso, fermò il cavallo, spalancando gli occhi, come se si fosse
accorto di qualcosa; smontò velocemente, costringendo anche gli altri a
fermarsi, poi corse verso il tumulo. Arrivato lì, cadde in ginocchio; Elfrid lo
seguì, ma anche Theoden, Aragorn e Gandalf li raggiunsero.
Una spada brillava più di
tutte le altre, sotto i raggi argentei della luna; era piantata praticamente al
centro del cerchio delle lance, vicina alla base della collinetta. La lama era
lucida, l'impugnatura di cuoio consumata dal grande uso, l'elsa dorata scolpita
con la forma di due teste di cavallo con le criniere al vento. E davanti alla
spada, un elmo, da cui spioveva una coda di cavallo dal colore dorato.
"La sua spada..."
Mormorò Eomer, osservando l'arma. "...il suo elmo..." Anche Elfrid
riconosceva quegl'oggetti, molte volte aveva visto Theodred maneggiarli; le si
strinse il cuore, e posò una mano sulla schiena di Eomer.
"Eomer..."
"Povero figlio
mio." Entrambi si voltarono verso Theoden, che era fermo al loro fianco;
il suo sguardo era segnato e triste, rivolto a quella tomba, la voce tremava
lievemente. "Che la forza della tua anima ti guidi verso le case dei
Padri." Riprese, dopo un sospiro. "L'unico rimpianto che ho, è di non
avergli mai detto quanto lo amavo..."
"Lui lo
sapeva..." Intervenne Eomer, guardando lo zio. "Lo sapeva..."
Ribadì, tornando con lo sguardo sulla spada.
"Che infausto destino,
amico mio." Affermò con amarezza il sovrano, accorgendosi della presenza
di Gandalf accanto a lui. "I giovani muoiono, ed i vecchi devono
riprendere le armi."
"Il suo sacrificio non
sarà stato vano, se continuerai a combattere." Ribatté lo stregone.
"Lo farò, perché lo
devo al mio regno, al mio popolo e... a lui." Dichiarò deciso Theoden; il
dolore era terribile, le lacrime trattenute gli facevano bruciare gli occhi.
"Addio, figlio mio..." Mormorò infine, portandosi una mano sul cuore
e facendo un inchino, poi si allontanò in fretta, prima che il pianto bagnasse
il suo volto fiero.
Eomer, invece, era rimasto
immobile, inginocchiato davanti all'ultima dimora di quello che il suo cuore
conosceva come fratello; non c'erano parole, non c'erano lacrime che valessero
il dolore che provava, il vuoto lasciato da Theodred niente lo avrebbe potuto
riempire.
"Dobbiamo
andare..." Disse Aragorn, dandogli le spalle e tornando verso il cavallo;
la schiera aveva già ricominciato a muoversi, Eomer non si alzò.
"Andiamo..." Lo
incoraggiò Elfrid, chinandosi presso di lui e scostandogli i capelli dal viso;
l'uomo la guardò, lei piangeva, ma tentò un breve sorriso. "Digli
addio..."
Eomer le passò un braccio
intorno alla vita, avvicinandola a se, poi sporse l'altra mano fino a sfiorare
la lama della spada di Theodred.
"Ovunque tu sia,
veglia su di noi, guida il nostro braccio e il nostro cuore, fino alla
sconfitta dei nemici..." Mormorò poi, con voce tremante, facendo scivolare
lentamente le dita sulla liscia superficie. "Addio Theodred, addio
fratello mio." Aggiunse alzandosi; fece un triste sorriso, mentre
asciugava le lacrime sul viso di Elfrid, le diede un bacio sulla fronte e,
insieme, presero i cavalli per raggiungere gli altri.
I tristi Guadi furono
velocemente abbandonati; non lo stesso fu per il dolore nel cuore dei cavalieri,
ma combattevano con l'urgenza, non poteva esserci tempo per i rimpianti.
Cavalcarono fino a mezzanotte, poi si fermarono, il re era stanco; molti si
assopirono, mentre le vedette montavano la guardia.
Qualche tempo dopo
l'accampamento fu svegliato dal concitato vociare delle guardie; la luna era
scomparsa, ma non era quello il problema: una nebbia cupa e densa si era alzata
da Nan Curunìr e ora li avvolgeva in un'oscurità impossibile da penetrare.
Gli uomini erano allarmati,
pronti ad estrarre le armi, ma Gandalf glielo impedì, sostenendo che l'oscurità
sarebbe presto passata.
Elfrid, vigile, reggeva
strettamente le briglie di Neronube che era molto nervoso, tenendo l'altra mano
sull'elsa della spada; poteva percepire i sussurri e i lamenti portati dalla
nebbia, le voci preoccupate dei suoi compagni, ma non riusciva a vedere nulla.
All'improvviso sentì un braccio circondarle la vita, si girò di scatto,
allarmata, ma era Eomer; il cavaliere osservava le mobili nubi circondarli, poi
la strinse di più, facendole quasi poggiare il capo contro la sua spalla.
"Eomer..."
Sussurrò la ragazza; lui la guardò e, inaspettatamente sorrise, chinando il
viso verso il suo. Lei lo bloccò con la mano.
"Che fai?" Gli
chiese a bassa voce, stupita.
"Non ci vedrà nessuno,
e... voglio farlo..." Le rispose con dolcezza, fissandola.
Elfrid si arrese, davanti
alla sua gentile ostinazione, e si lasciò baciare, con tenerezza, a lungo, come
non era mai successo prima. E si accorse che quel bacio le dava più forza di
qualsiasi riposo, perché ne aveva bisogno, entrambi ne avevano.
Prima dell'alba ripresero
il cammino, nessuno aveva più dormito quella notte; Elfrid ed Eomer erano
rimasti seduti, fianco a fianco, vigili, ma non era accaduto nulla, l'oscurità
era passata, come previsto da Gandalf.
Isengard si presentò
davanti a loro molto diversa da come se l'erano immaginata: nessun esercito,
nessuna magia o maledizione, né orchi o mannari, solo distruzione e silenzio. I
cavalieri, sbigottiti, attraversarono lentamente le porte di Nan Curunìr; solo
Gandalf non sembrava stupito dalla devastazione che li circondava.
Incontrarono due strani
personaggi, dopo che si furono inoltrati nel deserto di fango che una volta era
il giardino di Orthanc; si presentarono come Meriadoc Brandibuc e Peregrino Tuc,
erano i mezzuomini che Aragorn ed i suoi amici cercavano, la loro riunione fu
piena di gioia.
Theoden, insieme a Gandalf,
Eomer e gli altri cavalieri proseguirono, mentre il ramingo, l'elfo e il nano
s'intrattennero con i loro amici ritrovati; lo stregone era deciso a
perlustrare la cerchia di Isengard, incontrare i misteriosi alleati colpevoli
della disfatta di Saruman, nonché di avere un incontro con lo stregone di
Orthanc in persona.
Nel pomeriggio, dopo aver
parlato con Barbalbero, l'Ent a capo dell'assalto a Isengard, e ora guardia
della torre, il corteo si recò ai piedi della fortezza; la vista del pastore di
alberi, e dei suoi compagni, aveva chiarito molte cose, e sorpreso ancora una
volta i poveri Rohirrim.
Aragorn e gli altri membri
della Compagnia raggiunsero a loro volta la torre, e fu allora che avvenne il
confronto tra Saruman, Gandalf e Theoden. Appresero che Vermilinguo si era
rifugiato lì, dal suo padrone. Lo stregone tentò di sedurre nuovamente il re ed
i suoi cavalieri, usando il potere della sua voce; Elfrid, come gli altri, per
un attimo, fu convinta di ascoltare le prime parole sagge, da giorni, uscire
proprio dalle labbra di Saruman, ma la voce di Eomer la riportò improvvisamente
alla realtà.
Il potere dello stregone di
Orthanc non era più forte come un tempo, egli stava cedendo all'ira della
sconfitta, mentre Gandalf, ormai, era al suo pari; lo scontro verbale tra i due
fu violento, finché lo stregone buono non spezzò il bastone dell'altro,
ricacciandolo nella sua torre, come una belva ferita nella tana.
Gandalf affidò la cura e la
guardia della fortezza a Barbalbero e gli altri Ent, ma mentre si
allontanavano, dall'alto della torre, fu gettato un oggetto, senz'altro a cura
di Grima, che per poco non colpì qualcuno di quelli sulle scale, compreso il re
di Rohan. Era una sfera scura; prima che cadesse in una pozza profonda, Pipino
la raccolse, ma Gandalf gliela strappò di mano, avvolgendola velocemente nel
mantello. Dopo tutto questo, lasciarono Nan Curunìr.
Al tramonto deviarono dalla
via principale; Gandalf ed il re avevano deciso di mantenere la massima
segretezza sugli spostamenti, sospettando che l'occhio di Sauron fosse puntato
su Rohan, dopo la sconfitta dello stregone di Orthanc.
Si accamparono sui dolci
pendii coperti di erica, la luna era alta e piena e illuminava la prateria col
suo chiarore perlaceo; era una notte molto placida, nonostante il vento freddo
che soffiava, ma la nebbia era sparita ed il cielo era limpido e stellato.
Elfrid stava cercando Eomer
da ormai qualche minuto, senza riuscire a trovarlo; vide Aragorn, e decise di
chiedere a lui. Si avvicinò all'uomo.
"Hai visto
Eomer?" Gli chiese; lui si voltò, guardandola, distraendosi da ciò che
stava facendo.
"No." Rispose
scuotendo il capo. "E' da un po’ che non lo vedo..."
"E' laggiù."
Intervenne una terza voce; entrambi guardarono l'elfo che li aveva raggiunti,
era sereno, splendente e luminoso come una stella. "Oltre quel dosso, dove
si vede il fiume." Le indicò sorridendo.
"Grazie."
Soggiunse la ragazza, annuendo, poi si allontanò.
Aragorn fissava Legolas con
sguardo burbero, mentre l'elfo lo guardava con espressione interrogativa e
ingenua, sbattendo le lunghe ciglia bionde.
"Perché glielo hai
detto? Mi sembrava che volesse restare solo..." Affermò infine il ramingo;
Legolas fece un sorriso dolce e comprensivo, poi carezzò il viso dell'amico,
come si fa con un bambino che non capisce la situazione.
"Ti assicuro che vuole
stare lontano da tutti, tranne che da lei." Replicò con tenerezza,
inclinando il capo di lato; Aragorn fece una smorfia di disappunto.
Elfrid lo trovò dove le
aveva detto Legolas; era seduto su un declivio, con le ginocchia piegate e le
braccia appoggiate sopra, semi nascosto da un cespuglio di erica.
La ragazza si avvicinò
piano, in silenzio, ma Eomer se ne accorse ugualmente; con un gesto veloce si
asciugò gli occhi, che erano lucidi, posando la spada, che aveva impugnato
sentendo qualcuno avvicinarsi. Elfrid gli sorrise.
"Pensi a lui?"
Gli domandò poi, fermandosi a qualche passo dall'uomo.
"Sono così
prevedibile?" Ribatté lui, alzando un sopracciglio; Elfrid scosse il capo.
"No, è solo
che..." Girò un po' la testa, verso il fiume, che risplendeva di luce
argentata, giù nella valle, a poche miglia da loro. "...si vede bene da
qui..." Eomer fu capace solo di annuire, senza impedire ai suoi occhi di
riempirsi nuovamente di lacrime.
"Il primo ricordo che
ho di lui..." Esordì Eomer, dopo infiniti attimi di silenzio, guardando
l'orizzonte. "...è quello del giorno in cui arrivammo a Meduseld."
Elfrid si avvicinò ancora, osservandolo. "Io nascondevo la mia paura e il
mio dolore dietro ad un atteggiamento arrogante e altezzoso, volevo solo
difendere la mia sorellina dagl'occhi grandi..." La sua voce tremò, la
ragazza s'inginocchiò davanti a lui. "...Theodred scese di corsa le scale
della reggia, venendoci incontro, e ci abbracciò..." Ancora adesso era
stupito da quel gesto. "Nessuno ci aveva abbracciati, nessuno dopo la
morte dei nostri genitori, e io... non volevo piangere... non dovevano vedermi
piangere... ma..." Un singhiozzo gli ruppe la voce, chinò il capo tra le
ginocchia. "Non volevo piangere..."
"Eomer..." Elfrid
era commossa, voleva abbracciarlo, consolarlo, dirgli che anche lei era
addolorata; non poté trattenere le lacrime, gli carezzò la fronte, delicatamente.
Lui risollevò appena la
testa, i suoi begl'occhi verdi, limpidi sotto la luce della luna piena, erano
bagnati, come il suo volto; la fissò per un istante, con espressione
rammaricata.
"Che rispetto potrai
mai avere, ora, per un capitano che vedi piangere come un bambino?" Le
disse, piano, con voce roca e triste.
"Ma cosa dici!"
Esclamò lei, gettandogli le braccia al collo e stringendosi a lui. "La mia
ammirazione e il mio rispetto per te non possono che aumentare..." Disse,
contro il suo collo. "Io ti amo..." Mormorò poi. "...ti amo ogni
giorno di più..."
Elfrid sentì il corpo di
Eomer irrigidirsi, dopo che ebbe pronunciato quelle parole; la scostò da se,
come fosse una leggera bambola, con delicatezza, e la guardò con espressione
sorpresa. Le lacrime si erano asciugate all'improvviso, ma lo vide tremare,
allora gli prese il viso tra le mani.
"Non volevo dirtelo,
il momento è dei più cupi, la guerra e la morte ci seguono, il Mark è in
pericolo, tutta la Terra di Mezzo lo è, ma io... non posso... fermare il mio
cuore..." Non le fece aggiungere altro, abbracciandola con forza.
"Non devi dire nulla,
tutti i motivi che hai addotto li conosco benissimo, perché..." Le fece
voltare il viso verso di se, guardandola negl'occhi. "...sono le stesse
scuse che mi sono dato io, per non confessarti che..." Elfrid si
risollevò, allontanandosi un po' dal corpo di Eomer, lasciando le mani
appoggiate sulle sue braccia; lo guardava sconvolta, con gli occhi sgranati,
con timore e urgenza per parole che stava per dire. "...che anch'io ti amo
Elfrid..."
La ragazza non seppe più
trattenere il pianto, due calde lacrime di gioia le scesero lungo le guance
coperte dalle lentiggini; Eomer l'abbracciò con tenerezza, le carezzò i
capelli, e poi la baciò, come fosse la prima volta, come fosse l'ultima. Tutto
intorno a loro scomparve, e non c'era dolore, non c'era guerra, solo la luna, e
il profumo dell'erica.
La notte era alta e la luna
brillava, quando il grido attraversò l'oscurità, destando tutto l'accampamento;
anche Eomer ed Elfrid si sollevarono seduti, smettendo di baciarsi, l'urlo
agghiacciante li aveva strappati al loro sogno d'amore. Si misero in piedi,
decidendo, con un solo sguardo, di correre verso i compagni.
Mentre correvano giù dal
declivio, sopra le loro teste, passò una gigantesca ombra nera, che in pochi
attimi li sorvolò, planando verso Isengard; un'ondata di paura cieca
s'impadronì delle loro menti, si bloccarono, finché la spaventosa creatura non
si fu allontanata con un raggelante verso.
Trovarono tutti in piedi;
Aragorn, Legolas, Gimli e Merry erano vicini ai loro cavalli, mentre Gandalf
stava issandosi su Ombromanto. Theoden stava parlando con alcuni soldati a
qualche passo di distanza.
"Che succede?"
Domandò Eomer, fermandosi accanto al ramingo; Aragorn si voltò verso di lui,
con aria seria.
"Un piccolo problema
con il Palantìr." Rispose, mostrando qualcosa avvolto nel suo mantello;
evidentemente lo stregone aveva affidato a lui la pietra veggente.
"Dove sta andando
Gandalf?" Chiese Elfrid, osservando incuriosita lo stregone che si metteva
in marcia.
"Lui e Pipino vanno a
Minas Tirith." Spiegò Gimli; lei scambiò un'occhiata con l'elfo, poi
guardò di nuovo lo stregone, accorgendosi del fagotto che portava con se.
Dopo le ultime parole
rivolte a Theoden e Aragorn, Gandalf spronò Ombromanto al galoppo, sparendo
velocemente all'orizzonte.
"E' necessario che ci
rimettiamo subito in marcia per il Fosso di Helm." Annunciò il re di
Rohan, avvicinandosi al nipote e agl'altri.
"Al più presto,
Sire." Confermò Aragorn; Eomer annuì.
"Non credi che sia un
po' freddo, per andare in giro con la tunica così slacciata?" Osservò
Theoden, indicando la camicia di Eomer, aperta fin oltre il petto; il
maresciallo si guardò, con espressione imbarazzata, poi cercò di sistemarsi.
"Sta... stavo
dormendo..." Cercò di giustificarsi, ma, alzando gli occhi, incrociò lo
sguardo malizioso e comprensivo di Legolas, e non poté fare a meno di
sorridere; guardò Elfrid, sorrideva anche lei.
Scusate come sempre per il ritardo ormai cronico, spero
che gradirete il nuovo capitolo. Grazie per le recensioni, un bacione a tutti,
e soprattutto a Laurelin, che finalmente ha letto anche questa mia opera,
grazie bella!
10. Cuore e dovere
...every
now and then
I
get a little bit tired of
listening
to the sound of my tears
(Total
eclipse of the heart - Bonnie Tyler)
Eowyn scese velocemente le scale interne del piccolo
forte in mezzo al bosco; l'avevano appena avvertita che stava arrivando una
compagnia di soldati da Edoras, poteva essere il re, o suo fratello, oppure
poteva essere lui...
La lunga veste bianca le intralciava il cammino, così
la sollevò sopra le ginocchia, affrettando i passi; corse fuori, sulla grande
terrazza che faceva anche da piazza d'armi, e si fermò solo contro il
parapetto.
Il crepuscolo stava scendendo rapidamente dietro le
montagne, lunghe ombre si disegnavano alle spalle della grigia compagnia, ma il
volto di Eowyn s'illuminò come la luna nel cielo di primavera, quando vide,
alla testa degli sconosciuti cavalieri, un volto familiare... e amato...
Aragorn discese dal suo destriero, mentre la
fanciulla scendeva in fretta l'ultima scalinata del forte di Dunclivio. Tutti i
presenti osservavano intimoriti i misteriosi, e silenziosi, guerrieri che
seguivano l'uomo, i loro volti severi, il portamento fiero, i mantelli scuri.
Eowyn si fermò, ansimante, solo quando fu davanti al
ramingo; si guardarono per un attimo negl'occhi, poi lui la prese tra le braccia,
quasi sollevandola da terra e stringendosela al petto. A quel gesto, Halbarad,
silente guerriero del nord, lanciò un'occhiata sbalordita a Legolas, il quale
non poté far altro che stringersi nelle spalle.
"Chi sono questi uomini?" Domandò la
fanciulla, una volta sciolta dall'abbraccio di Aragorn, indicando i cavalieri
che lo accompagnavano.
"Essi sono i miei compagni, i Raminghi del
Nord." Spiegò l'uomo. "Si sono uniti a me lungo la strada, e mi
seguiranno nella battaglia." Aggiunse; lei annuì.
"Dimmi di Helm." Lo incitò poi, e lui le
raccontò ogni cosa, e vide i suoi occhi brillare.
Più tardi fu allestito un veloce pasto per i
viandanti; Eowyn sedeva di fronte ad Aragorn, osservando ogni suo gesto, non
facendo caso alle occhiate di rimprovero che Halbarad lanciava al suo capitano,
né allo sguardo preoccupato di Legolas.
"Adesso vorrete sicuramente riposare, ma temo
che vi dovrete accontentare di giacigli arrangiati, vi sistemerò meglio
domani..."
"Mi spiace, mia cara." La interruppe
Aragorn. "Non devi preoccuparti, poiché ci fermeremo solo per questa
notte, l'urgenza ci accompagna e riprenderemo il cammino alle prime luci
dell'alba." Lei lo guardò sorpresa.
"Ma, allora, perché avete deviato dalla vostra
strada solo per riferire notizie a me, nel mio esilio?" Gli chiese
incuriosita.
"Non considero sprecato il viaggio, ma devo
confessarti che non sarei potuto venire qui, se la mia via non passasse proprio
da Dunclivio." Rispose lui, stupendola ancora di più, la fanciulla si
sentì presa in giro.
"Non ci sono strade che da qui conducano a sud o
a est, credo tu abbia sbagliato!" Sbottò Eowyn, incrociando le braccia.
"Non mi sono sbagliato, mia signora."
Replicò deciso il ramingo. "Conosco molto bene queste terre, da prima che
tu le allietassi con la tua grazia, e vi è una via che conduce fuori da questa
valle..." Si fissavano negl'occhi. "Domani percorrerò i Sentieri dei
Morti."
Un silenzio assordante calò sulla tavola e sulle
persone vicine, solo il respiro profondo di Eowyn era percepibile; la fanciulla
era impallidita, mentre continuava a fissare negl'occhi il ramingo... tu
vuoi uccidermi... continuava a ripetere la sua mente all'uomo.
"Cerchi dunque la morte?" Gli domandò
infine, con un filo di voce. "Perché non troverai altro su quella
via..." Il suo tono di voce si era alzato all'improvviso. "...quegli
spiriti non lasciano passare i vivi!" Gridò infine; lui le afferrò la mano
sul tavolo, per impedirle di alzarsi.
"Forse permetteranno a me di farlo."
Ribatté con calma. "E, ad ogni modo, devo tentare, poiché è l'unica via
che può servirmi." Aggiunse, abbassando gli occhi.
"Farai la follia di condurre questi uomini
valorosi alla morte?!" Gli domandò, indicando i raminghi con un gesto.
"Quando ci sarebbe ben più bisogno di loro in battaglia? Aspetta mio
fratello, e cavalca con lui verso sud, avrai ben più speranze!"
"Non sono un folle!" Rispose Aragorn,
rialzando lo sguardo su Eowyn. "Coloro che mi seguono lo fanno di loro
volontà, e nessuno gli impedisce di restare qui e proseguire con le schiere del
re, ma io percorrerò i Sentieri dei Morti, anche solo, se necessario."
C'erano tanta decisione e serietà, nei suoi occhi, che la fanciulla non ebbe la
forza di replicare, ed il pasto si concluse nel silenzio.
La notte non aveva portato pace all'anima tormentata
di Eowyn; la ragazza decise che non poteva restare a torcersi le mani nel suo
padiglione, così abbandonò le ultime remore, uscendo per cercarlo. Non lo
avrebbe lasciato andare così.
Trovò Aragorn che stava andando a dormire; lo guardò
lasciare i compagni e seguire Gimli e Legolas verso il loro padiglione. Lo
ammirò ancora una volta, ancora da lontano, come aveva fatto quando era partito
verso Helm; ma anche se gli stava a tale distanza, non riusciva a far battere
meno forte il suo cuore.
Lo raggiunse veloce, quando vide che stava per
ritirarsi; lo chiamò e lui si accorse della fanciulla, splendente nella notte,
come una stella, dato il candore della sua pelle e della sua veste. Le sorrise,
perché non poteva fare a meno di provare una grande tenerezza per quella ragazza
dal temperamento tanto intenso, ed era bella, come una rosa bianca accarezzata
dalla rugiada del mattino.
Quando furono vicini, lei lo guardò negl'occhi,
decisa, risoluta, ma pur sempre come se si trattenesse per non scoppiare in
lacrime.
"Perché vuoi prendere quella strada,
Aragorn?!" Gli chiese, stringendo i pugni.
"Perché devo." Rispose lui severo. "E'
la via che mi è stata indicata, non posso fare altrimenti, è il mio destino,
non una scelta."
Eowyn lo osservò per un attimo, respirando intensamente;
innumerevoli pensieri si accavallavano nella sua mente confusa. Lo sentiva così
vicino, ma allo stesso tempo talmente protratto nella sua missione da apparire
remoto come un sogno ormai perso.
"Sei risoluto..." Commentò infine la
fanciulla, chinando il capo, ma lo rialzò subito dopo, posando una mano sul
braccio dell'uomo. "Se non posso farti cambiare idea, allora permettimi di
cavalcare con te, non voglio più nascondermi, desidero combattere."
"Il tuo dovere è con il tuo popolo."
Replicò secco il ramingo; fu come se l'avesse trapassata con una spada
incandescente.
"Io sono una guerriera, una figlia di
Rohan!" Protestò con forza Eowyn. "Dovrei restare per fare cosa?
Aspettare e bruciare con la casa, dopo che tutti gli uomini saranno morti in
battaglia?!" Aggiunse con passione, stringendo il braccio di Aragorn.
"Io voglio stare con te..." Continuò fissandolo negl'occhi.
L'uomo ricambiò lo sguardo, e per un attimo si
smarrì, in quelle iridi dal colore dei fiordalisi; il suo cuore volò oltre le
nubi, nei cieli tersi, fino a verdi valli, a cascate cristalline, ad altri
occhi, infinitamente più antichi di quelli che guardava ora, ma che continuava
a sognare, a desiderare...
"Eowyn..." La prese delicatamente per le
spalle, scostandola un po' da se. "Anche se ti permettessi di seguirmi, io
non potrei mai darti ciò che desideri da me, poiché... ilmio cuore appartiene già a qualcun
altro..." Le disse, con evidente rammarico.
La fanciulla s'irrigidì, poi si scostò dalle sue
braccia come se scottassero, mentre i suoi occhi diventavano lucidi come
specchi d'acqua; lo guardò ancora per un attimo, spaesata, infine si voltò e
corse via, urtando Legolas che stava arrivando. Non gli chiese scusa, non lo
guardò nemmeno, e sparì nella notte.
"Che succede?" Domandò l'elfo; Aragorn
teneva il capo chino e posava una mano sul tronco di un vecchio pino, alzò gli
occhi solo sentendo la voce dell'amico.
"E' innamorata di me." Confessò
tristemente, con espressione colpevole.
"Sapevi che poteva succedere, ma non hai fatto
nulla per impedirlo." Affermò Legolas; parole di rimprovero, ma dette con
dolcezza.
"Voleva seguirmi in battaglia, anche attraverso
i Sentieri dei Morti." Riprese il ramingo, girandosi per guardare in
faccia l'elfo.
"E' coraggiosa, e forte." Replicò Legolas.
"La posso anche capire, lei sa che noi non ti seguiamo per dovere o brama
di gloria, ma solo..." Lo guardò negl'occhi. "...per amore."
"Non le avrei mai permesso di seguirmi."
Dichiarò senza dubbi Aragorn.
"E io so che non è semplice amicizia, quella che
ti lega a quella fanciulla." I loro occhi s'incontrarono nuovamente, il
ramingo sospirò.
"Nemmeno quello che provo per te lo è, ma non ti
ho mai nascosto che il mio cuore l'ho donato ad una sola persona, anche se la
mia morte o la sua partenza ci dovessero dividere." Proclamò il ramingo,
stringendo il suo ciondolo.
"Io non ti abbandonerò comunque." Promise
l'elfo. "Ma temo per te, perché so che ora, il pensiero di Eowyn, ti
accompagnerà ad ogni passo di questa missione." Continuò, piegando il capo
di lato, per guardare gli occhi di Aragorn, che si erano abbassati.
"Mi conosci troppo bene, mellon hîn (amico
mio)..." Mormorò l'uomo; Legolas sorrise dolcemente, poi gli passò una
mano tra i capelli.
Grigia l'alba che sorgeva lenta da est, grigi i
mantelli ed i volti dei raminghi, nera la bocca del Sentiero dei Morti
all'orizzonte, tra i monti, pallido il viso di Eowyn e lucidi i suoi occhi. E
tremava, mentre la schiera si allontanava lungo la strada senza ritorno.
La fanciulla si era presentata ad Aragorn vestita
come un cavaliere, con la spada al fianco; non voleva la sua pena, si sarebbe
dovuto pentire di non averla voluta con se, eppure non era riuscita a mantenere
la sua freddezza davanti al tenero sguardo dell'uomo ed al bacio che lui le
aveva depositato sulla fronte.
Gli aveva porto il suo saluto e gli auguri di rito,
mentre il suo cuore perdeva la speranza di rivederlo; sentiva ancora le sue
mani calde sul viso, le sue labbra sulla fronte...
La grigia compagnia aveva ormai imboccato il sentiero
costeggiato dalle pietre miliari. Aragorn non aveva mostrato un segno
cedimento, di titubanza, né si era voltato per guardarla un'ultima volta, ma
lei non ne conosceva il vero motivo: non poteva permettersi di avere dubbi in
quel momento, né di dare alla ragazza false speranze, così guardava dritto
davanti a se, concentrato sul destino che finalmente aveva scelto.
Eowyn strinse la mano sull'elsa della spada fino a
far sbiancare le nocche, come se quel gesto potesse trattenere le lacrime che
ormai scendevano senza freno sulle sue guance, ma non c'era azione che potesse
soffocare la sua rabbia ed il suo dolore; solo l'orgoglio le impedì di saltare
sul primo cavallo e seguirlo. La ragazza prese un lungo respiro, si asciugò le
lacrime con il dorso della mano, poi si voltò, incamminandosi verso il forte,
mentre l'accampamento si risvegliava.
Ci fu ancora un'alba, dopo la partenza dei Dùnedain e
prima del ritorno del re; furono due giorni di profondo dolore e intensa
riflessione da parte di Eowyn, ma le decisioni del suo cuore sarebbero rimaste
celate ad a chiunque l'avesse avuta di fronte.
Aragorn le aveva comunicato che le schiere del re
sarebbero arrivate un paio di giorni dopo di lui, e lei aveva preparato tutto
per accoglierlo; i capitani di Rohan, nel frattempo, avevano già cominciato a
radunare le truppe, sapevano che non era finita.
Eowyn accolse Theoden cavalcandogli incontro; era
felice, sinceramente, di rivedere l'amato sovrano illeso. La fanciulla scambiò
con il fratello solo un cenno del capo, che rimandava a dopo i saluti e gli
abbracci; osservò incuriosita lo strano personaggio che cavalcava con Eomer,
poi spostò gli occhi su Elfrid.
Il sorriso della guerriera perse lentamente allegria,
quando lei si accorse della disperazione negl'occhi dell'amica, erano occhi che
avevano pianto a lungo; quando Eowyn si rese conto che Elfrid la osservava,
distolse subito lo sguardo, cominciando a riferire al re la situazione. La sua
voce tremò solo quando accennò alla partenza di Aragorn, ma l'altra ragazza non
seppe se lo aveva notato solo lei.
Elfrid era ferma fuori dal suo padiglione,
rifletteva; aveva tentato di parlare con Eowyn, ma l'amica era stata molto
sfuggente. Ciò che le aveva causato più preoccupazione, durante la cena, era
stato il racconto che Eowyn aveva fatto del passaggio di Aragorn; la sua voce
era assente, lo sguardo perso, mentre ripeteva "E' partito". Quelle
parole le erano uscite dalle labbra più volte, durante la conversazione, e
questo non era sfuggito ad Elfrid; non aveva cercato di scoprire di più solo
per garbo, giacché anche Eomer sembrava sinceramente addolorato della scelta
fatta dal ramingo.
Dei passi alle sue spalle la fecero girare, era
proprio il secondo maresciallo; Eomer le sorrise, avvicinandosi. Si scambiarono
un breve bacio.
"C'è qualcosa che non va? Sembri
preoccupata." Le domandò poi, dopo averla osservata per un momento.
"So che la situazione è difficile, andiamo incontro alla guerra..."
Aggiunse scostandole una ciocca di capelli dalla fronte; Elfrid strinse le
labbra per un attimo.
"Non è per quello, sono un soldato, sono
abituata a combattere." Rispose lei, scuotendo il capo. "Hai parlato
con Eowyn?" Gli chiese poi, rialzando gli occhi nei suoi.
"Sì..." Affermò sorpreso Eomer. "Ma
perché mi chiedi questo?"
"Non l'hai vista un po' strana?" Ribatté la
ragazza, passandosi una mano tra i capelli e facendo qualche passo sul prato.
"Non ci vedo nulla di strano, mi è solo sembrata
turbata da questo stato di cose epreoccupata per Aragorn, ma lo siamo tutti..." Replicò lui,
allargando le mani.
"C'è qualcosa di più..." Continuò Elfrid,
voltandosi di nuovo verso l'uomo. "L'hai guardata negl'occhi?" Eomer
la fissò per qualche istante, ricordando che, in effetti, qualcosa nello
sguardo di sua sorella lo aveva turbato; era la stessa lucida determinazione di
quello di Theodred, quando era partito per il nord.
"Stai esagerando..." Stavolta fu il
maresciallo a darle le spalle. "Eowyn è sempre stata una persona molto
volitiva..."
"Sì!" Esclamò Elfrid, andandogli davanti e
afferrandogli un braccio. "Ma non avevo mai visto nei suoi occhi una
determinazione così violenta, un dolore così grande..."
"Spiegati meglio." La interruppe lui.
"Dove vuoi arrivare?" Elfrid lo guardò negl'occhi.
"E' innamorata di Aragorn." Rispose poi.
"Ti sbagli." Dichiarò subito Eomer.
"Mi spiace, ma non credo." Ribatté lei,
negando col capo; l'uomo alzò la testa, guardando oltre la ragazza, verso le
pendici della montagna.
"Anche se tu avessi ragione..." Mormorò
poco dopo. "...ci sono ben poche speranze di rivederlo vivo."
"E non pensi che sia proprio per quello che è
così disperata?" Intervenne Elfrid.
"Io non ho la cura per il suo dolore."
Affermò Eomer, guardando altrove.
"Ma puoi evitare che peggiori." Lui tornò a
guardarla, con espressione interrogativa.
"In che modo?" Chiese aggrottando le sopracciglia.
"Lo sai, qual è il modo." Rispose calma la
ragazza.
Gli occhi di Eomer fiammeggiarono, un velo di rabbia
gli offuscò il bel viso chiaro; strinse i pugni, continuando a guardare Elfrid.
"Non verrà in battaglia con noi!" Esclamò
infine.
"Ragiona, lei lo desidera, ne ha le capacità, e
noi abbiamo bisogno di ogni lancia del Mark..." La replica della ragazza
non sortì gli effetti voluti.
"Eowyn non scenderà in guerra, e sappi che se
fosse per me anche tu resteresti qui..." Riprese l'uomo. "...non perderò
anche lei, nessuno di quelli che amo dovrà più morire!" Continuò gridando.
"Eowyn rimarrà qui, e questa è la mia ultima parola." Aggiunse
infine, poi diede le spalle a Elfrid, allontanandosi a grandi passi.
La ragazza rimase sola. Lo poteva capire, anche lei
aveva perso molte persone amate, in quella guerra... tutta la sua famiglia,
molti cari amici... Non riusciva a condividere l'opinione di Eomer, però. Lei
era una donna guerriera, anche Eowyn lo era, e nel cuore si sentiva che, sul
quel campo di battaglia, ci sarebbe stato bisogno anche di loro.
Theoden osservava l'adunata dei cavalieri di Rohan,
dall'alto del bastione naturale che dominava Dunclivio; la notte era
particolarmente scura, né luna né stelle, e chissà se le avrebbero mai più
riviste. Ringraziò mentalmente Gandalf, per aver trasmesso la sua volontà ai
capitani dell'Estfalda, adesso erano quasi pronti. Era talmente concentrato sui
suoi pensieri, il re del Mark, da non accorgersi di qualcuno che si stava
avvicinando.
"Hai altri ordini per me, Sire?" Domandò
Eowyn, fermandosi a pochi passi da lui; l'anziano sovrano si voltò, e sorrise,
quando riconobbe la fanciulla.
"Ordini?" Fece Theoden, dando l'impressione
di pensarci. "Sì, ti ordino di fermati la mio fianco, ed osservare con me
la danza delle fiaccole." Le disse poi, invitando Eowyn ad avvicinarsi
ancora.
La ragazza fece un paio di passi e si fermò accanto
all'uomo; lui la strinse per le spalle, poi si scambiarono un sorriso.
"Domani partiamo... per una guerra che non
volevo combattere..." Eowyn lo osservava, in attesa delle sue parole.
"E io sono vecchio." Aggiunse, con un dolce sguardo per lei.
"Non dire così, Sire, tu sei ancora forte e
valoroso." Replicò la fanciulla con occhi scintillanti; Theoden tornò a
guardare l'accampamento.
"Seimila lance sono poche per spezzare le forze
di Mordor." Ammise l'uomo. "Potrebbe essere la mia ultima
battaglia." Eowyn spalancò gli occhi, pronta a ribattere, ma non ci
riuscì. "Ma sono sereno, nell'affrontare questa nuova sfida, poiché so in
quali mani lascio il mio regno e il mio popolo." Si girò di nuovo verso di
lei e sorrise dolcemente.
Eowyn lo osservò, mentre lui tornava a darle il
profilo, che era nobile e fiero; era felice di rivedere in quell'uomo la
persona gentile che aveva accolto lei e suo fratello a Edoras, che le
raccontava le favole prima di dormire, che dava sicurezza ai suoi giorni
smarriti di piccola orfana, che le era stato al fianco ad ogni passo della
vita, come un vero padre.
"Voglio che tu sappia che sono orgoglioso di
voi, di te e di Eomer." Affermò Theoden, indugiando con gli occhi sulla
valle e la mani dietro la schiena. "Sono fiero di come siete
cresciuti."
"Di come tu, ci hai cresciuti." Volle
dirgli; l'uomo si voltò verso di lei, con un sorriso riconoscente, poi le
carezzò i capelli.
"So che Eomer sarà un buon sovrano, per Rohan,
quando sarà il suo momento, e che tu reggerai con onore il trono dei miei
padri, fino al suo ritorno."
Quella frase, l'orgoglio con cui l'aveva pronunciata
e la certezza del suo mancato ritorno, fecero sentire Eowyn terribilmente in
colpa, ma nel suo cuore non riusciva a tornare indietro, a calpestare la rabbia
e la delusione, a dimenticare l'amore perduto, a soffocare la sua anima
guerriera, e questo le dilaniava il cuore, perché avrebbe tradito la fiducia
del suo re. Ma non poteva tradire se stessa.
"C'è anche un'altra cosa che devi sapere,
Eowyn." La guardò negl'occhi. "Il mio cuore ha sempre visto te e tuo
fratello come figli..." La ragazza sentì un'onda di commozione stringerle
il cuore, a quella parole dette con dolcezza e orgoglio. "...e, fin dal
primo giorno, io vi ho amati come ho amato Theodred." Eowyn vide i suoi
occhi lucidi, e si rese conto di non poter trattenere le lacrime. "Voi
siete i miei figli." Dichiarò, posandole le mani sulle spalle; un pianto
sommesso e dignitoso solcava ormai il viso della fanciulla.
"E tu sei nostro padre..." Riuscì a
mormorare tra le lacrime. "Sento di parlare anche per Eomer, quando dico
questo... tu sei nostro padre..." Theoden l'abbracciò delicatamente,
carezzandole il capo; lei continuò a piangere sul suo petto.
"Ti saluto ora, bambina mia, e pregherò i Valar
di poterti rivedere..." Mormorò il re, trattenendo il pianto; non sapeva
che il destino, seppur infausto, a volte avvera i desideri.
Meriadoc della Contea si guardava intorno, smarrito
tra gli alti e biondi cavalieri del Mark, mentre un cielo sempre più cupo
sovrastava Edoras; non c'era stata alba, quel giorno, forse non ci sarebbe
stata più. Merry guardò la sua bardatura, la spada, l'elmo, che gli aveva dato
la dolce dama Eowyn; aveva giurato fedeltà al suo signore, divenendo uno
scudiero del Mark, ma ora lo stavano abbandonando di nuovo, come un vecchio
bagaglio che ormai ha viaggiato troppo, inutile come una scarpa rotta ripescata
nel Brandivino.
Nella lunga, e inarrestabile, marcia che attendeva i
Rohirrim, un Mezzuomo come lui non era altro che un peso che avrebbe rallentato
la corsa; deluso, si lasciò cadere seduto su un secchio rovesciato.
Gli occhi di Merry si spalancarono e balzò in piedi,
quando un grande cavallo grigio si arrestò proprio di fronte a lui; il
cavaliere che lo montava, un tipo mingherlino, si sporse verso lo hobbit, senza
togliere l'elmo. Si guardarono negl'occhi; l'umano aveva occhi che
scintillavano di determinazione e coraggio, ma anche di disperazione, erano gli
occhi di chi va incontro alla morte senza paura.
"Tu desideri essere accanto al tuo Signore in
battaglia?" Domandò il cavaliere al Mezzuomo.
"Lo voglio!" Rispose Merry senza titubanze.
"Dove vi è la volontà nulla è impossibile."
Replicò allora l'umano. "Vieni con me..." Aggiunse porgendogli la
mano. "...e sarai al suo fianco fino alla fine." Merry prese la sua
mano, e l'altro lo issò in sella senza difficoltà.
"Ti nasconderò sotto il mio mantello, non ti
noteranno e il tuo peso non sarà un fardello per Windfola." Disse il
cavaliere, avvolgendo lo hobbit, poi carezzò la criniera del cavallo.
"Qual è il tuo nome?" Chiese Merry, una
volta sistemato in sella, girando appena la testa verso il compagno, i cui
capelli biondi s'intravedevano appena sotto l'elmo.
"Non conosci il mio nome?" Replicò lui; lo
hobbit negò col capo. "Allora puoi chiamarmi Dernhelm." Rispose
infine. "E ora, alla guerra mastro Holbytla." Dichiarò deciso il
cavaliere, spronando in avanti il suo destriero.
Capitolo 11 *** 11 - Sotto un cielo senza luce ***
11
Come sempre scusatemi per l’attesa e godetevi
questo nuovo capitolo. Un grazie a tutti i lettori, soprattutto per la pazienza
^_____^ Un bacione!
Sara
11. Sotto un
cielo senza luce
...in a world without pity
Do you think what I'm askin's too much
I just want to feel you in my arms
Share a little of that human touch...
(Human touch - Bruce Springsteen)
Quasi tre giorni di viaggio, sempre che ci si potesse
rendere conto dello scorrere dei giorni, in quell’opaca semioscurità che li
circondava dall'inizio della cavalcata verso Gondor; il sole non era più sorto,
o, se lo aveva fatto, le nubi sempre più fitte che si alzavano da Mordor lo
coprivano senza lasciare spiragli.
I cavalieri erano molto preoccupati, ma continuavano
a seguire, con incrollabile determinazione, le incitazioni del loro re e del
maresciallo Eomer; anche Merry, nel suo piccolo, si era inizialmente lasciato
trasportare dal furore guerriero dei suoi compagni, in special modo da quello
di Dernhelm, ma col passare del tempo, a quello stato d’eccitazione, si era
sostituito un timore sempre crescente ed un senso d’angoscia e impotenza che
aumentavano ad ogni passo.
Il suo compagno d'avventura non lo aiutava molto, era
un tipo taciturno, parlava con gli altri il minimo indispensabile e con lui
poco di più, come se la cosa che gl'importasse di più fosse quella di passare
inosservato; a volte lo sorprendeva ad osservare le mosse di Theoden il quale era
spesso in conversazione con Eomer, mentre Elfrid li seguiva come un'ombra
silenziosa, e poi intravedeva i suoi occhi lucidi, sotto l'elmo che non
toglieva mai.
Merry stava preparando il suo giaciglio, pronto per
un altro tormentato riposo, quando dei passi alle sue spalle lo fecero voltare;
si trovò davanti le lunghe gambe di un rohirrim, ma non era Dernhelm. Alzando
gli occhi scorse gl'inconfondibili capelli rossi di Elfrid.
"Merry?!" Esclamò sbalordita la donna.
"Che fai qui?" Aggiunse fissandolo.
"Voglio servire il mio signore, proprio come
te!" Rispose lo hobbit deciso.
"Ma, messere Holbytla..." Replicò
rammaricata lei. "...per quanto tu lo desideri, questa guerra è troppo più
grande di te..."
"Fammi essere lo scudiero di Rohan che ho
giurato di essere, fammi combattere per il mio signore!" Continuò il
Mezzuomo, combattendo con la frustrazione.
"Merry devi tornare a casa..." Mormorò
Elfrid, con espressione dispiaciuta. "...come ha ordinato il Re."
"No!" Gridò lui, stringendo i pugni.
"Tutti i miei amici sono là, in mezzo a quella battaglia, io non tornerò
indietro, e voi avete bisogno di ogni spada, anche della più piccola."
Ribatté lo hobbit, minimamente intenzionato a cedere; la ragazza trasse un
profondo sospiro, osservando quella figuretta piccola, ma piena di
determinazione.
"Sei un osso duro, Meriadoc della
Contea..." Dichiarò infine Elfrid. "...e c'è bisogno di persone così
forti, in questa battaglia." Aggiunse; lui le sorrise con gratitudine.
"Ma come sei arrivato fin qui?" Gli chiese poi.
"A cavallo." Rispose lo hobbit, come se
fosse ovvio.
"Con chi?" Riprese Elfrid, abbastanza
sorpresa.
"Con un cavaliere?" Replicò con tono
retorico il Mezzuomo.
"Certo, ma quale cavaliere?" Insisté la
ragazza.
"Lui." Merry indicò qualcuno che stava
arrivando alla sua destra; Elfrid si girò, trovandosi a fissare negl'occhi
Dernhelm.
Si scambiarono un lungo sguardo, e la ragazza dai
capelli rossi era sempre più sbalordita; quando cercò di parlare, il cavaliere
glielo impedì, spingendola lontano da Merry. La trascinò fino al punto in cui
erano stati legati i cavalli.
"Tu devi essere completamente uscita di
senno!" Esclamò Elfrid, quando si fermarono.
"Ti prego, ti prego, ti prego, non dire
nulla!" Replicò l'altra.
"Quando Eomer lo saprà..."
"Eomer non deve saperlo!" La interruppe
Eowyn, sfilandosi l'elmo. "Se lo ami davvero non devi dirgli nulla."
Aggiunse accorata.
"Ma perché, perché Eowyn?" Domandò a bassa
voce Elfrid, ancora incredula, cercando di impedire alle lacrime di bagnarle
gli occhi.
"Lo sai, è l'unico modo che ho per aiutare le
persone che amo." Rispose l'amica, anche lei con gli occhi ormai lucidi.
"Tu puoi capire, io lo so che puoi." Continuò prendendole le mani;
Elfrid la fissò negl'occhi per un lungo momento.
"Forse io posso capire..." Mormorò infine.
"...ma è in ogni caso azzardato da parte tua..."
"Io so quello che faccio." Replicò decisa
l'altra ragazza.
"Giurami che sarai prudente, non ce la farei a
vederlo piangere ancora..." Il tono di Eflrid era supplicante e le
stringeva le mani con forza.
"Sarò prudente, te lo prometto." Annuì
Eowyn, poi abbracciò l'amica.
Rimasero così per qualche attimo, riuscendo a non
piangere, sostenendosi in silenzio; erano due donne forti, che avevano scelto
la guerra per dolore e per amore, e solo loro sapevano quanto fosse duro
combattere per questo.
Durante la tappa successiva, Elfrid non poté fare a
meno di cercare con lo sguardo il cavallo grigio di Eowyn, ma non era facile
con quell'oscurità che continuava a circondarli. Ogni tanto, quando gli era più
vicina, osservava Eomer: i suoi occhi decisi guardavano sempre avanti, qualche
volta scambiava poche parole con Theoden. Elfrid si chiese più di una volta, se
non fosse il caso di riferirgli della presenza di Eowyn, ma sempre giungeva
alla conclusione che non doveva farlo; una discussione tra i due fratelli
avrebbe rappresentato un rallentamento della marcia, e loro non potevano
permetterselo, senza contare l'umiliazione cui sarebbe stata sottoposta Eowyn,
costretta a voltare il cavallo ed a tornare mestamente a Edoras.
Sapeva, in più, che la fanciulla era un ottimo
cavaliere, abile col destriero come con la spada e la lancia; era stato lo
stesso Theodred, anni prima, a confessare ad Elfrid di addestrare la cugina, e
la ragazza sapeva che ottimo maestro sapesse essere il secondo maresciallo, lei
stessa era stata in parte sua allieva. Questo pensiero la tranquillizzò.
Girò il capo per guadare Eomer, e lo trovò con gli
occhi su di lei; la sua espressione era seria, tesa, come se volesse dirle
qualcosa... Che avesse scoperto Eowyn? No, quello sguardo era totalmente
concentrato su di lei, non c'era rimprovero nei suo occhi chiari, solo ansia e
preoccupazione. L'uomo sospirò, le fece uno stentato sorriso, poi tornò a
concentrarsi sulla strada che avevano di fronte. Elfrid rimase col dubbio.
Si erano appena fermati, per quello che doveva essere
l'ultimo riposo prima della tappa finale, al limitare della Foresta Druadana;
il re aveva ordinato a tutti di riposare e nutrirsi, per lui stavano montando
una tenda. Elfrid seguiva la scena: Théoden ed Eomer parlavano, mentre gli
uomini lavoravano.
La ragazza avrebbe voluto un pasto caldo, del buon
vino, magari un fuoco per scaldarsi, ma erano solo desideri; lo stomaco era
chiuso ormai da giorni, beveva solo acqua e non potevano accendere fuochi,
altrimenti il nemico li avrebbe avvistati. Se almeno avesse potuto abbracciare
Eomer...
Come se avesse sentito quel suo desiderio, lui salutò
il re, poi si voltò avvicinandosi alla ragazza; Elfrid gli fece un piccolo
sorriso.
Era bello anche adesso, col viso stanco e sporcato
dalla marcia, ma niente poteva cancellare quella bellezza limpida, quei
lineamenti fieri, quegl'occhi intensi; il sangue di una stirpe di re scorreva
nelle sue vene, e ogni suo passo, ogni movimento del suo splendido corpo lo dimostravano.
"Come stai?" Le chiese dolcemente,
sfiorandole la guancia con le dita.
"Non c'è male, vista la situazione."
Rispose lei, piegando il capo di lato.
Elfrid, la sua Elfrid. La sola idea di poterla
perdere nella battaglia che li aspettava gli metteva un'angoscia tremenda. Non
poteva pensare di sopravvivere senza rivedere più il suo dolce volto da
monella, i suoi grandi occhi nocciola; la sua bellezza lo scaldava, il fuoco
dei suoi capelli, la tenerezza del suo sorriso. L'amava, la amava tanto, ma non
c'era sofferenza in questo, anzi, poteva rendersi conto che quell'amore era la
sua unica consolazione in mezzo a tanto dolore, all'oscurità. Le prese il viso
tra le mani e la baciò.
"Eomer, ma sei impazzito..." Mormorò la
ragazza, quando le lasciò le labbra.
"Ti amo." Rispose lui, prendendole le mani.
"Anch'io ti amo, lo sai..."
"Devo chiederti una cosa." Continuò l'uomo,
prendendola delicatamente per le braccia e portandola vicino agli alberi, a
qualche metro dal limitare dell'accampamento.
"Dimmi." Lo incitò lei, quando si
fermarono; Eomer teneva gli occhi bassi.
"So che forse, la mia richiesta, ti sembrerà
egoisticamente maschile, ma..." Esordì infine, tornando a guardarla.
"...questo potrebbe essere il nostro ultimo riposo, l'ultima tappa prima
di una battaglia in cui le forze sono impari..." Lei lo ascoltava in
silenzio, cercando di capire dove voleva arrivare. "Potremmo morire
entrambi." Affermò fissandola negl'occhi; le strinse le mani, lei annuì.
"Potrebbe essere la nostra ultima notte, e... io vorrei passarla con
te." Elfrid rimase in silenzio per un istante, sorpresa da quella
richiesta, appassionata e disperata, ma dolce e commovente.
"Tu vuoi..." Le parole non le uscivano
dalle labbra; molte volte ci aveva pensato, a come sarebbe stato con lui, fin
da quella notte in cui ci aveva parlato per la prima volta.
"Non dovevo chiedertelo..." Mormorò Eomer,
chinando il capo con imbarazzo.
"Vieni." Disse Elfrid, prendendogli la
mano; poi si guardò un attimo intorno, nessuno li aveva notati. Strinse la mano
dell'uomo e lo portò dentro il bosco.
Camminarono a lunghi passi, allontanandosi
ragionevolmente dall'accampamento, inoltrandosi tra gli alberi fitti, sotto i
piedi solo aghi di pino che rendevano i passi silenziosi; quando si fermarono,
Eomer poggiò la schiena contro un tronco.
"Elfrid io..." Lei gli mise le mani sul
petto.
"Non c'è tempo per parlare, Eomer, potremmo
dover ripartire a breve." Gli disse la ragazza; lui la guardò, sospirò,
poi la strinse per la vita e la baciò.
Il bacio fu appassionato, poi la bocca di Eomer passò
sulla guancia della ragazza, sull'orecchio e sul collo, mentre le mani di lei
scioglievano le cinghie dell'armatura dell'uomo. Un lieve clangore accompagnò
la caduta a terra delle spade e delle armature; più rumorose furono le cotte di
maglia, quando caddero sulle corazze e le armi lasciate a terra. I corpetti di
velluto furono gettati, quasi contemporaneamente dai due, che continuavano a
baciarsi con le mani occupate a togliere tutti quegl'abiti.
Eomer, lentamente, si fece scivolare lungo il tronco,
tenendo Elfrid tra le braccia; la ragazza si sedette sopra di lui, aprendogli
la camicia, l'uomo fece lo stesso con la sua.
L'oscurità densa era riempita solo dai loro respiri
sempre più affannati e da brevi silenzi improvvisi, quando le loro labbra
s'incontravano.
Le mani di Elfrid percorsero il collo dell'uomo, poi
il petto, e l'addome, scendendo verso il basso, finché non gli aprirono i
pantaloni; quando lei lo sfiorò in quel punto, Eomer emise un gemito contro il
suo collo. La strinse a se, senza muovere la bocca dalla sua pelle, e la fece
stendere sul tappeto di aghi di pino; Elfrid li sentì pungere sotto la stoffa
della camicia, inarcò la schiena, spingendosi contro di lui. Approfittando del
gesto della ragazza, l'uomo l'afferrò per i fianchi e le sfilò i pantaloni; lei
si liberò velocemente anche degli stivali.
Ora erano stesi a terra, lui sopra di lei che le
baciava languidamente i seni; Elfrid avrebbe voluto tenerlo così ancora a
lungo, su dei lei, caldo e forte, protettivo ed eccitante, ma non avevano
tempo... Lo prese per le spalle, implorandolo con lo sguardo di salire, e lui
lo fece, facendole emettere un gemito di piacere e percorrendo con una mano il
profilo del suo corpo. Elfrid serrò le gambe contro i suoi fianchi, ed Eomer
entrò dolcemente, cominciando a muoversi dentro di lei.
Tutte le preghiere che la ragazza aveva fatto, mentre
camminava dentro il bosco tenendo per mano Eomer, si stavano realizzando: lo
sentiva, il suo amore, caldo come il sole, niente dolore, solo piacere e
tenerezza... Niente dolore, mai più.
"Eomer..." Sussurrò la donna tra i sospiri,
lo sentì muoversi più forte. "...ti amo..." Gli avvolse le spalle con
le braccia, mentre lui teneva una mano tra i suoi capelli e con l'altra la
stringeva a se.
"E io..." Lei strinse ancora di più le
gambe contro il suo corpo. "...amo te, Elfrid..." Riuscì a mormorare
l'uomo, accorgendosi di essere quasi giunto al culmine.
La guardò, reclinava la testa all'indietro, teneva
gli occhi chiusi e le labbra serrate; poi, d'improvviso, aprì gli occhi e
socchiuse le labbra, mentre lui cedeva all'estasi. Ci arrivarono insieme,
sciogliendosi in un bacio.
Eomer stava ancora steso sul corpo di Elfrid, ma ora
posava il capo sulla sua spalla; lei gli carezzava i capelli. Avrebbero avuto
bisogno di dormire, ma non potevano.
"Devo chiederti perdono." Disse l'uomo; la
ragazza fermò la mano che aveva tra i suoi capelli e cercò di guardarlo in
faccia.
"Per che cosa?" Domandò Elfrid; lui sollevò
lo sguardo.
"Per quella discussione che abbiamo avuto a
Dunclivio." La ragazza s'irrigidì: se Eomer avesse saputo di Eowyn,
avrebbe perso fiducia in lei, e non poteva permetterlo.
"Lascia stare." Affermò poi, con tono
comprensivo. "Era una sciocchezza, non dovevo insistere." Aggiunse.
"No." Fece l'uomo, sollevandosi sui gomiti.
"Sono stato troppo rigido, forse avevi ragione tu..." Doveva fargli
cambiare argomento, lo amava, ma conosceva il suo carattere, Eomer era
impetuoso come un torrente di montagna, e glielo aveva appena dimostrato anche
coi fatti; doveva impedirgli di scoprire che Eowyn era con loro.
Fu un evento esterno a venirle in aiuto: un
rumoreggiare di tamburi lontani li distrasse entrambi. Sembravano venire dalle
colline dietro di loro, e inseguirsi nella notte. Eomer ed Elfrid si scambiarono
un'occhiata allarmata.
"Sarà meglio rivestirsi." Suggerì l'uomo;
lei annuì.
Avevano appena finito di rimettersi le armature,
quando udirono la voce di un soldato che chiamava Eomer; Elfrid gli aggiustò il
coprispalle, con un piccolo sorriso.
"Vai, io ti raggiungo." Gli disse poi;
l'uomo annuì, si scostò e fece qualche passo, ma tornò indietro. La baciò
ancora una volta e, infine, si allontanò.
Elfrid raggiunse la tenda del re pochi minuti dopo;
tutti i capitani erano fermi al limitare del cerchio di luce formato dalla
lampada appesa ad un albero. Theoden era seduto, mentre Eomer stava in piedi
alla sua destra; davanti a loro c'era una figura bassa e tozza, un essere che
sembrava scolpito nella roccia ricoperta di muschio, ma era vivente, di carne e
sangue, e parlava con il re.
"Chi è quello?" Domandò la donna ad un
compagno.
"E' uno dei Woses, gli uomini dei boschi."
Rispose l'altro a bassa voce. "Odiano gli orchi, e sembra che ci vogliano
aiutare..."
E così fu. Gli uomini dei boschi portavano notizie
fresche: la strada diretta per il cancello di Mundburg era invasa dai nemici,
molto più numerosi dei cavalieri di Rohan, ma essi conoscevano altri sentieri,
attraverso la foresta, che avrebbero condotto i Rohirrim alla breccia nel
Rammas Echor. Riferirono inoltre che l'assedio di Minas Tirith continuava, e
che c'erano già fuochi oltre le mura.
Dopo una breve consultazione, Theoden ed Eomer
concordarono che seguire gli uomini dei boschi era l'unico modo per riuscire ad
arrivare in tempo, nonostante la deviazione; pochi attimi dopo fu dato l'ordine
di riprendere la marcia.
Eomer si avvicinò ad Elfrid, poco prima che la
ragazza s'infilasse l'elmo e salisse a cavallo; si fermò davanti a lei,
guardandola con dolcezza.
"E così si riparte." Fece lei; Eomer annuì.
"Ci possiamo fidare?" Domandò la ragazza poi, spostando lo sguardo
sul nuovo alleato.
"Penso proprio di sì." Rispose il
maresciallo. "Odiano gli orchi, forse più di noi."
"Bene, allora in sella!" Affermò Elfrid,
tentando un tono allegro.
"Aspetta..." Eomer fermò la sua mano sulle
redini di Neronube; la ragazza lo vide farsi vicino, stringendola contro il
fianco del cavallo e, infine, baciarla.
"Hm..." Un discreto colpo di tosse li fece
separare; si voltarono, trovandosi davanti Theoden. Elfrid arrossì, abbassando
subito gli occhi.
"Potrebbe essere il nostro ultimo bacio."
Dichiarò serio Eomer; lei lo guardò.
"Lo so." Annuì il sovrano, portando le mani
dietro la schiena. "Non vi ho detto di non farlo..." Continuò, con
lieve ironia. "Solo, siate più discreti." Concluse con un sorriso
bonario, poi si allontanò; Eomer ed Elfrid si scambiarono un'occhiata sorpresa.
La marcia dei Rohirrim riprese, con l'oscurità che si
faceva sempre più fitta; lo scorrere del tempo non era che una sensazione, non
vedevano un'alba da giorni. I sentieri su cui li guidarono gli uomini dei
boschi erano veramente sicuri e, prima di quanto pensassero, li condussero
nella parte di strada ormai libera. Il capo dei Woses li salutò là, chiedendo
come ricompensa solo la sconfitta degli orchi e, dopo avergli annunciato che il
vento stava cambiando, scomparve nella foresta da dove era venuto, insieme ai
suoi compagni.
Furono mandate avanti delle vedette, per controllare
la situazione al Rammas Echor; tornarono riferendo che lì i nemici erano rimasti
in pochi e troppo occupati a distruggere il muro per pensare di essere
attaccati alle spalle.
I cavalieri gli piombarono addosso inaspettati, e ne
ebbero presto ragione; a quel punto non c'erano più ostacoli tra gli uomini di
Rohan e la loro missione. Nessuno si era accorto che Dernhelm, e Merry con lui,
si era avvicinato al re, nonostante la sua compagnia fosse più a destra.
Guardarono oltre il cancello distrutto, ma l'oscurità
non permise loro di vedere molto; c'erano fuochi nella pianura invasa dai
nemici, e fuochi dentro le mura, si sentiva clangore di armi e urla di orchi,
esplosioni. L'esercito di Rohan oltrepassò silenzioso le mura, sistemandosi
lentamente, ma la situazione sembrò alquanto disperata per la città sotto
assedio; tutti i cavalieri, Theoden compreso, furono presi da scoramento.
Poi, improvvisamente, ci fu un cambiamento: il vento
cominciò a soffiare sul loro viso, e veniva da sud dove, tra rade nubi
grigiastre, cominciava a levarsi il giorno.
In quello stesso momento dalle mura di Minas Tirith
si levò un bagliore, che raggiunse il cielo, bianco e nero, che illuminò le
mura ed i campi brulicanti di nemici, un rombo percorse la terra sotto di loro;
il re alzò lo sguardo, tornando ad ergersi alto e fiero sul suo cavallo bianco.
E gridò, con tutta la sua voce.
"Avanti cavalieri del Mark, figli di Eorl, forse
questa sarà la nostra ultima cavalcata, ma la gloria che conquisterete sarà
vostra per sempre! Cavalcate! Cavalcate verso Gondor!"
E, mentre gli uomini gridavano, egli suonò il suo corno,
con tanta violenza da frantumarlo, e gli risposero tutti gli altri corni del
Mark, e il loro grido attraversò i campi del Pelennor.
"Cavalcate! Cavalcate verso Gondor!" Incitò
ancora Theoden, lanciandosi al galoppo verso la battaglia.
La sua foga era tale che in breve tempo distanziò il
suo vessillo e la guardia, e anche Eomer, che sembrava egli stesso volare. E il
re risplendeva dell'antica gloria dei suoi avi, terribile sul suo cavallo
bianco, come gli eroi delle antiche leggende, nessuno lo poteva raggiungere,
nessuno lo poteva fermare, l'erba sembrava tornare verde, sotto gli zoccoli
alati di Nevecrino. Così i Rohirrim scesero nella battaglia del Pelennor.
Come sempre, prima di tutto, mi scuso per il mio ormai
prodigioso ritardo nel postare i capitoli; non vi prometto nulla, ma il lavoro
procede, anche se lentamente. Poi, voglio ringraziare Nat per la sua garbata
critica, anche se temo non abbia ben compreso alcune delle mie intenzioni mi fa
piacere che abbia espresso la sua opinione in modo educato, terrò presenti i
suoi suggerimenti. Naturalmente ringrazio anche tutti gli altri lettori, che
abbiano commentato o meno! Un bacione a tutti! Sara
12. La
battaglia più grande
Non ci sarà
l'estate, se non viene primavera
Su queste rovine,
oltre questi anni di frontiera
Dietro alle urla,
che non riesci nemmeno più ad ascoltare
In queste mani che
ora stringono, terra da riconquistare
(Anni di frontiera
- Nomadi)
La furia dei Rohirrim travolse le linee del nemico,
sorprendendolo mentre era concentrato sull'assalto alle mura di Minas Tirith;
la spada di Theoden non risparmiava orchi, uomini di Harad, mannari, ma nel suo
furore guerriero era rimasto quasi isolato dai suoi uomini. L'unico che era
riuscito a mantenere il suo passo era Dernhelm.
Le sorti della battaglia sembrarono volgersi in
favore degli assediati, da quando erano scesi in campo i cavalieri di Rohan, ed
il vento da sud, e il giorno che sorgeva, davano nuova speranza agli uomini.
C'era qualcuno, però, che non era disposto ad arrendersi...
Fu come se l'oscurità, con la violenza della sua
ancora superiore forza, avesse deciso di rifarsi cupa ed eliminare
definitivamente il giorno; il grido della bestia volante si alzò ancora più
acuto, mentre il signore dei Nazgûl la faceva planare sui campi dove infuriava
la battaglia. Doveva fermare colui che guidava l'attacco.
L'agghiacciante verso della creatura fece nitrire e
impennare i cavalli, che, dopo aver disarcionato i loro cavalieri, fuggirono
preda di un terrore furibondo. Il grido del Nazgûl fece il resto: gli uomini
correvano impazziti incontro a nemici armati, o si rannicchiavano su se stessi,
sconvolti dalla paura. Ma il re di Angmar aveva un obiettivo.
Nevecrino non fu immune al terrore e, dopo essersi
impennato con violenza, cadde sul fianco, schiacciando Theoden; l'orrida bestia
volante si appollaiò sul cavallo, affondando gli artigli nella sua carne e
aumentando così il peso sul povero corpo del re.
La creatura emanava un fetore di morte, digrignando
le fauci crudeli, mentre il suo padrone si stagliava, nero fantasma, contro il
cielo livido.
Theoden sembrava essere rimasto solo, nessun uomo
della sua guardia era accanto a lui, ma c'era qualcuno che non lo aveva
abbandonato. Dernhelm, anche lui disarcionato da Windfola, era in piedi al
fianco della carcassa di Nevecrino, con la spada sfoderata e lo scudo a
proteggerlo dallo sguardo del Nazgûl.
Merry, che era caduto insieme al suo accompagnatore, dopo
gesta valorose accanto al sovrano, finalmente ritrovò il coraggio di aprire gli
occhi; il terrore del grido lo aveva quasi paralizzato, ma ora vedeva Dernhelm
di fronte alla bestia, unico cavaliere a difendere le spoglie del re.
"Non osare toccarlo, o ti rimanderò all'inferno
da dove sei venuto!" Minacciò l'esile cavaliere; Merry si chiese quanta
forza possedesse una persona che osava minacciare un Nazgûl.
"Scostati essere inutile!" Ribatté la voce
metallica e agghiacciante del cavaliere nero. "Nessuno può mettersi tra il
Nazgûl e la sua preda!"
"Fossi anche l'unico a possedere abbastanza
sangue e coraggio per fronteggiarti, io resterò!" Replicò Dernhelm; Merry
riusciva quasi a vedere i suoi occhi scintillare.
"Stolto, nessun uomo vivente può uccidermi."
Dichiarò il re stregone, sicuro nella sua imbattibilità.
Dernhelm lo fissò, per un attimo infinito, allo
hobbit sembrò di sentirlo quasi ridere, poi alzò la mano e si sfilò l'elmo. Una
cascata di capelli biondi come un fiume d'oro gli scese fin oltre la vita,
appena mossi dalla lieve brezza del sud che continuava a soffiare sul Pelennor.
Gli occhi color fiordaliso di Eowyn non si erano mossi da volto invisibile del
suo nemico, che la sovrastava, gigantesco e terribile come un'ombra di
disperazione.
"Io non sono un uomo." Proclamò la bianca
dama. "Sono Eowyn, figlia di Eomund, e tu non toccherai il re del mio
stesso sangue!" Il Nazgûl sembrò incerto, per un breve momento, poi incitò
la bestia ad attaccare.
Eowyn non si fece spaventare dal suo orrido ruggito
e, con una mossa perfetta, tagliò di netto la testa della bestia volante; il
suo enorme corpo di afflosciò a terra, il Nazgûl si levò sulle staffe e poi
discese, avvolto dal suo nero mantello.
La ragazza fece un passo indietro, continuando a
ripararsi dietro lo scudo, ma lui avanzava, portando un'enorme mazza ferrata
nera. La lama di Eowyn brillò. Il re stregone colpì, lei si riparò, ma lo scudo
s'infranse, il braccio si ruppe e la ragazza gridò di dolore, cadendo seduta a
terra. Perse la spada, che cadde a poca distanza dal suo braccio destro.
"E ora... muori." Sibilò il re di Angmar.
Ma fu in quel momento che il coraggio, finora sopito,
raggiunse il cuore di Merry. Il nemico non poteva vederlo, era dietro di lui,
era piccolo e insignificante. Lo hobbit afferrò la sua piccola spada e, con un
grido determinato, si lanciò contro il Nazgûl, conficcando la lama nel suo
ginocchio.
Il cavaliere nero si lamentò violentemente,
piegandosi sulle gambe; la spada di Merry si polverizzò. Eowyn lo guardò,
comprendendo che quello era il momento giusto. Girò il capo verso destra, vide
la sua spada, l'afferrò, poi, slanciandosi in avanti, conficcò la lama nel
vuoto tra la corona ed il mantello del re stregone, con tutta la forza e la
disperazione che aveva.
Sentiva il suo braccio sempre più debole, mentre
insisteva il colpo, finché la spada si sbriciolò ed il Nazgûl emise un grido
acutissimo e terribile, che si diffuse per tutto il campo di battaglia fino
alle mura di Minas Tirith, fino ai bastioni di Minas Morgul. E tutti seppero
che il re di Angmar era sconfitto.
Merry era rimasto in piedi, in mezzo a tutta quella
distruzione; si sentiva confuso. Vide Eowyn osservare le proprie braccia,
quello sinistro sanguinava, poi la fanciulla si girò di scatto verso Theoden e
cercò di strisciare a terra per raggiungerlo, ma non ce la fece: perse
conoscenza, accasciandosi, con i capelli biondi sparsi sul terreno.
Lo hobbit si voltò verso il re; Nevecrino era
rotolato via, andando a morire pochi passi più in là. Merry si avvicinò al sovrano
e gli prese la mano, lasciandosi cadere seduto accanto a lui; Theoden aprì
lentamente gli occhi.
"Addio Messere Holbytla..." Mormorò poi.
"Il mio corpo è spezzato. Ritorno alle case dei Padri senza vergogna, ho
combattuto il nemico e tramonto nella gloria..." Merry non riusciva a
parlare, le lacrime gli bloccavano la gola.
"Perdonatemi Sire..." Riuscì a dire infine.
"Vi ho disubbidito e non sono stato capace di fare nulla, se non di
piangere ora che è troppo tardi..." Theoden fu capace di un breve sorriso.
"Sei perdonato, hai un grande cuore, ora vivi e
sii felice, e pensa a me, quando fumerai la tua pipa..." Chiuse gli occhi,
e Merry credette che fosse morto, ma ebbe la forza di poche altre parole.
"Dov'è Eomer? Avrei voluto rivederlo, e sai... m'è parso di vedere Eowyn,
la mia piccola Eowyn, non la rivedrò mai più..." Merry avrebbe voluto
dirgli che era lì anche lei, ma non ebbe il coraggio di turbare gli ultimi
momenti del sovrano.
Poi, quasi all'improvviso, lo hobbit si ricordò che
stavano in mezzo ad una battaglia che continuava e, forse, si stava
ingigantendo. Si alzò e spostò lo sguardo intorno a se, e vide i rinforzi del
nemico giungere da sud e da est, poi riconobbe Eomer che stava riorganizzando
le fila dei cavalieri. Si diressero verso di lui, ma Merry non sapeva se lo
avrebbero trovato in piedi, poiché sentiva le gambe sempre più deboli...
Quando, avvicinandosi, Eomer, Elfrid, ed i superstiti
della prima compagnia dei Rohirrim, videro la carcassa della bestia rimasero
esterrefatti; i loro cavalli si rifiutarono di avvicinarsi, ma Eomer scese di
sella, riconoscendo Nevecrino.
Si avvicinò a Theoden, col dolore dipinto sul volto
sporcato dalla battaglia, e rimase immobile e silenzioso, mentre Elfrid
raccoglieva il vessillo di Rohan. La ragazza vide il profondo turbamento sul
viso di Eomer, e quella sua immobilità la preoccupava più che se avesse visto
una reazione violenta; finché il maresciallo si chinò presso Theoden, il quale
aveva riaperto gli occhi. Gli prese la mano.
"Ti saluto Re del Mark!" Disse all'erede.
"Cavalca verso al vittoria! Porta il mio addio ad Eowyn!" Furono le
sue ultime parole; Eomer socchiuse gli occhi, calde lacrime scesero sul suo
volto, strinse al petto la mano del suo predecessore e gli baciò la fronte,
mentre gli uomini intorno cantavano le lodi di Theoden Re.
In mezzo a quelle grida di saluto per il re
scomparso, Elfrid fu colta da un terribile sospetto; forse furono le ultime
parole di Theoden, forse l'accorgersi della presenza di Merry, ma il suo cuore
cominciò a battere all'impazzata. Si chinò, afferrando per le spalle lo hobbit.
"Dov'è lei?!" Gli chiese con gli occhi già
pieni di lacrime.
"La mia spada non ce l'ho più... è diventata di
polvere..." Mormorò Merry, con lo sguardo perso nel vuoto.
"Non parlo della spada, Merry..." Affermò
Elfrid, disperata.
"Lei era là, era bellissima e terribile... e
splendeva come il sole..." Alzò gli occhi sulla guerriera. "Lo ha
ucciso, sai?"
"Dov'è..." Riuscì soltanto a sussurrare
Elfrid tra le lacrime.
"Laggiù..." Merry indicò una direzione alla
sua destra, ma guardando verso Theoden; la ragazza gli lasciò le spalle,
rimettendosi in piedi.
Appena si fu alzata la vide subito: a pochi passi da
dove giaceva il corpo enorme della bestia volante, c'era Eowyn. Era sdraiata a
terra, la posizione un po' scomposta, senza elmo, i lunghi capelli biondi
abbandonati sulla terra sporca, ai suoi piedi un vuoto mantello nero. Elfrid si
morse il labbro inferiore, il senso di colpa, per un attimo, le attanagliò il
cuore e non riusciva a fermare le lacrime di rabbia e di dolore che le
scendevano sul viso.
"Maledizione..." Imprecò scuotendo il capo,
come per negare quell'immagine. "Lo sapevo..." Mormorò poi,
portandosi una mano alle labbra.
Eomer si era appena rimesso in piedi, quando sentì la
voce di Elfrid pronunciare quel nome: "Eowyn..." Si voltò di scatto
verso il capitano dai capelli rossi e incrociò i suoi occhi disperati, poi il
suo sguardo oltrepassò la figura della ragazza, posandosi sul corpo della
sorella.
Nessuna ferita, nemmeno una mortale, avrebbe potuto
dargli maggiore dolore, il suo viso divenne pallido ed una rabbia sorda e
disperata gl'invase il cuore; scostò bruscamente Elfrid e corse dalla fanciulla
riversa a terra. Cadde in ginocchio accanto a lei.
"Eowyn!" Chiamò, voltando la sorella e stringendola
se. "Eowyn perché hai fatto la follia di seguirci?! Stolta... Morte, che
la morte ci prenda tutti!" Gridò sconvolto.
E poi si alzò, all'improvviso, e con un grido risalì
a cavallo e ordinò la carica, senza aspettare i rinforzi dalla città
"Eomer!" Lo chiamò Elfrid, sorpresa dal suo
gesto. "Che cosa stai facendo?!" Aggiunse sconvolta, ma lui non
l'ascoltò e soffiò nel corno; allora la ragazza si girò indietro, dove gli
uomini erano ancora più allibiti di lei. "Voi, presto, ricomponete i corpi
e portateli in città, oltre le mura, gli altri seguano il Re, dobbiamo
coprirgli le spalle!" Ordinò, mentre saliva su Neronube.
La furia di Eomer e dei suoi cavalieri spazzò via
ogni cosa si trovarono davanti; il nemico fuggiva davanti alla ferocia dei
Rohirrim, e colui che li guidava era il più terribile di tutti.
Elfrid cercava di stare vicino ad Eomer, perché aveva
paura; temeva che il suo dolore lo privasse di lucidità, che potesse commettere
un'imprudenza di troppo. Era terrorizzata di poterlo perdere.
Penetrarono dentro le linee nemiche, senza una
precisa strategia di battaglia, ma i cavalli si rifiutavano di andare dove si
ergevano i giganteschi mumakil degli Haradrim, e in poco tempo si trovarono
quasi circondati.
Il vento, però si levò improvvisamente più forte, da
sud, spazzando le nubi, mentre il sole bucava la pioggia che scendeva ancora
sulle loro teste; l'aria si fece limpida, così come il grido che si levò dalle
sentinelle sulle mura della Cittadella. Era un grido disperato, poiché
l'immagine che essi videro, sulle acque dell'Anduin, era segno di terribile
sventura: grandi navi dalle vele nere risalivano il corso del fiume, veloci e
sospinte dal vento, le navi dei corsari di Umbar...
I Rohirrim erano a poco più di un miglio da Harlond,
e vedevano bene le navi, mentre dalla Cittadella ordinavano la ritirata. Eomer
era separato dal porto da una folla di nemici, e altri stavano arrivando alle
sue spalle, dividendolo dai rinforzi. L'uomo maledisse il vento che all'inizio
della battaglia sembrava di buon augurio, nel momento in cui l'esercito di
Mordor ordinava l'attacco.
Eomer scambiò uno sguardo con Elfrid, e lei si
accorse che era ridiventato freddo, la sua mente era tornata limpida: radunò
gli uomini a difesa, pronti a resistere fino all'ultimo, intorno al vessillo
del cavallo bianco. Erano in cima da una collinetta, e lui pianto il vessillo
che sventolò alto. Guardò di nuovo Elfrid.
"Sei pronta a lottare fino alla fine e compiere
azioni che i menestrelli canteranno per lunghi anni, se ci sarà ancora qualcuno
per cantare le gesta dell'ultimo Re del Mark?" Le chiese con
determinazione; la ragazza aveva gli occhi lucidi.
"Perché non dovrei, sei il mio Re, e se moriremo
oggi, moriremo insieme." Rispose poi, con fierezza e orgoglio, occhi
negl'occhi dell'uomo che amava. "Arrivano." Annunciò infine, ed Eomer
si voltò verso il porto.
"Combattiamo Rohirrim! Minas Tirith non cadrà,
finché ci sarà un solo uomo di Rohan a difendere le sue mura!" Incitò il
nuovo re, e gli uomini risposero gridando la loro approvazione.
Dette queste parole, Eomer alzò la sua spada verso le
navi, in segno di sfida, ma fu allora che sulla prima si levò uno stendardo.
"Sì!!!" Gridò l'uomo ridendo, e poi lanciò la sua spada in aria e la
riprese; Elfrid lo guardò sconvolta e sorpresa, poi girò gli occhi verso il
porto. "Lo sapevo che ce l'avrebbe fatta!" Continuò lui, ancora
ridendo.
Il vessillo garriva nel cielo chiaro, era nero, ma
nel suo centro luccicava un ricamo di mithril: l'albero bianco di Gondor,
sovrastato da una corona alata e da sette stelle, era l'emblema della stirpe di
Elendil... Aragorn tornava, nel modo più inaspettato, al momento più giusto!
I nemici rimasero sconvolti che dalle loro navi
scendessero oppositori, invece che rinforzi, e ben presto si trovarono stretti
tra le forze uscite dalla città, i Rohirrim e la nuova armata venuta dal sud.
Al centro della battaglia si ritrovarono Eomer ed Aragorn.
"E così ce l'hai fatta." Affermò il re del
Mark.
"Ebbene sì." Confermò il ramingo. "Ma
non te lo avevo forse promesso, al Trombatorrione, che avremmo combattuto di
nuovo insieme?"
"Lo facesti." Annuì Eomer. "E
ringrazio la tua lungimiranza, poichè il tuo aiuto giunge nel momento più
opportuno, ci sono state grandi perdite e grandi dolori..." Aggiunse
tristemente.
"E allora vendichiamo i nostri caduti, ancora
prima di parlarne!" Proclamò risoluto Aragorn, e insieme cavalcarono
dentro la battaglia.
Legolas, seguito da Gimli, si avvicinò ad Elfrid,
prima che la ragazza potesse salire a cavallo e raggiungere i due amici.
"Sono lieto di rivederti, sana." Le disse
dolcemente; lei gli sorrise.
"Anch'io, amico Elfo." Rispose poi. "E
sono anche felice di poter combattere ancora insieme a te, e al Mastro
Nano." Aggiunse, facendo un piccolo inchino a Gimli, che rispose allo
stesso modo.
"Adesso andiamo, che la mia ascia non aspetterà
un solo altro attimo, prima di sterminare questi rifiuti!" Incitò il nano,
stringendo l'impugnatura della sua arma.
E ricominciarono a combattere. Ci furono molte altre
perdite, tra le loro fila, ma la battaglia fu comunque vinta; non rimase un
solo nemico in vita sui campi del Pelennor.
Il primo trionfo del re che tornava, e dei suoi
amici, sarebbe stato cantato a lungo come la più grande battaglia della Terra
di Mezzo.
La prima cosa sono le scuse per il mostruoso ritardo sulla
pubblicazione; ultimamente ho la Musa Ispiratrice fuori uso (avrà una garanzia
estensibile? Credo che la riporterò dove l’ho comprata…), quindi riesco a
scrivere solo poco per volta, e non sempre ciò che mi serve.
Poi ringrazio chi ha lasciato un commento, vorrei tanto finirla domani
solo per voi! Ci sto provando, giuro (non picchiatemi! 0_0).
Una
nota particolare per la “argomentata” recensione di Deathwings; mi spiace
informarlo/a che non mai nascosto l’intenzione di scrivere con questa una FF
romantica, anzi il principale interesse che avevo era proprio mostrare il
nascere di un amore in mezzo a situazioni dure e dolorose. Se involontariamente
sono stata melensa, me ne scuso, non sono Emily Brontë, farò più
attenzione.
Godetevi ora il nuovo capitolo! Baci!
Sara
13. Cominciare
a guarire
...s'accende nel
buio un'ancora di luce
E s'accende, e mi
piace
E' la vita che
seduce
(La vita che seduce
- Nomadi)
La prima cosa che Eomer volle fare, quando a notte
fonda la battaglia terminò, fu recarsi alla Cittadella per rendere omaggio al
re caduto. Aragorn, invece, con una saggia mossa, decise di rimanere fuori
delle mura; non sarebbe entrato come sovrano a Minas Tirith finché il nemico
non fosse sconfitto ed il signore della città pronto a riceverlo. I raminghi
piantarono le tende nella pianura.
Fu Imrahil, principe di Dol Amroth e comandante degli
uomini di Gondor, in sostituzione del figlio ferito del Sovrintendente, ad
accompagnarlo in città. Elfrid era con loro.
Raggiunsero la Cittadella ed entrarono nella sala del
trono; lì era stato costruito un letto per re Theoden, che giaceva circondato
da fiaccole, su panneggi verdi e bianchi, i colori di Rohan, ma coperto da un
lenzuolo dorato, con la sua spada tra le mani. A sorvegliare il suo sonno
eterno c'erano solo pochi soldati, alcuni della sua guardia personale e altri
della guarnigione della Cittadella. Nessun altro.
"Dov'è il Sovrintendente?" Domandò sorpreso
Imrahil, mentre Eomer ed Elfrid si avvicinavano al letto di Theoden.
"Egli è ricoverato alle Case di Guarigione, Sire.
E' Mastro Gandalf che regge la città in questo momento." Gli rispose un
soldato; il principe rimase perplesso.
Eomer, nel frattempo si era fermato a lato del corpo,
posandogli una mano sulla fronte; il volto di Theoden era sereno e fiero,
pareva dormisse.
"Ti riporteremo nella nostra terra, dove
riposerai al fianco degli altri re del Mark." Disse il giovane, commosso.
"Addio, padre." Mormorò poi, con gli occhi lucidi.
Dopodiché alzò lo sguardo su Elfrid, e vide che anche
lei tratteneva le lacrime; sfoderarono le spade, ponendole sollevate sul corpo
di Theoden.
"Onore a Theoden Re del Mark!" Proclamarono
insieme, poi si portarono la lama al petto, chinando il capo, imitati dai
soldati di Rohan che erano presenti.
Eomer, a quel punto, rinfoderò la spada e prese a
guardarsi intorno, come se non trovasse qualcosa; infine rivolse lo sguardo su
Imrahil ed i soldati di Gondor che erano vicini a lui.
"Non vedo mia sorella, non meritava forse anche
lei gli stessi onori del Re?" Chiese; anche Elfrid aveva notato che non
c'era un letto per Eowyn.
"Tua sorella?" Domandò Imrahil,
corrucciando la fronte.
"Dama Eowyn." Disse Elfrid. "Colei che
ha sconfitto il Nazgûl..."
"La fanciulla dai capelli biondi?"
L'interrogò il principe; loro annuirono. "Quando la recarono presso le
mura era viva, la feci ricoverare alle Case di Guarigione."
Eomer ed Elfrid rimasero come paralizzati per un
attimo, poi lui girò piano la testa, con un'espressione incredula sul viso
pallido e stanco; lei lo guardò, mentre sentiva che tutta la sua stanchezza
stava per trasformarsi in un pianto violento.
"E' viva..." Mormorò la ragazza con voce
tremante; Eomer tornò a guardare Imrahil.
"Dove sono queste Case di Guarigione?!"
Chiese con impeto.
"Nel Sesto Circolo, vi accompagno." Rispose
il principe; lo seguirono fuori della Torre, tenendosi per mano, come se la
speranza così fosse più potente.
Raggiunsero un cancello che si apriva su un basso
muro, al limitare del sesto circolo, dopo aver percorso velocemente la distanza
che li separava dal ricovero; Eomer ed Elfrid si stringevano ancora forte la
mano, preda dell'ansia. Pensavano entrambi che, anche se al momento in cui era
giunta in città, Eowyn era viva, forse la situazione, dopo tante ore, poteva
essere cambiata, in peggio.
Dalla parte opposta rispetto alla loro, e cioè dal
circolo inferiore, arrivavano altre due persone; non fecero fatica a
riconoscere la figura bianca ed energica di Gandalf. S'incontrarono proprio
davanti al cancello; Imrahil allungò il passo e lo fermò appena prima che lo
stregone entrasse. Il suo accompagnatore, coperto da un lungo mantello scuro,
rimase con la mano sul cancello.
"Gandalf, vuoi spiegarmi cosa succede?"
Domandò il principe di Dol Amroth. "Mi hanno detto che Denethor è
ricoverato qui..." Lo stregone lo guardò, aggrottando le folte
sopracciglia.
"No, non Denethor, egli è morto." Spiegò
sbrigativamente. "Faramir è ricoverato qui, ed è l'unico Sovrintendente
che Gondor abbia ora." E detto questo fece cenno all'uomo incappucciato di
aprire il cancello; il quel momento, qualcosa nel suo modo di fare, lo fece
riconoscere ad Eomer.
"Aragorn?" Mormorò stupito; il ramingo si
scoprì il capo e lo chinò in cenno di saluto. "Cosa ci fai qui?" Lui
stava per rispondere, ma fu interrotto da Gandalf.
"E' venuto a dimostrare di essere il re."
Rispose secco il vecchio, poi spinse dentro Aragorn, ma Imrahil si parò davanti
ad entrambi.
"Voglio sapere cosa è successo!" Esclamò il
principe. "Come sarebbe a dire che Denethor è morto?!" Lo stregone
sospirò esasperato.
"Abbassa i toni, Imrahil, questo è un luogo di
pace e riposo." Esordì poi, rimproverandolo. "Sarebbe troppo lungo
spiegare ora, e ci sarà tempo, ma se tieni alla vita di tuo nipote, non
impedire ad Aragorn di entrare, non possiamo esitare oltre." Aggiunse
deciso; davanti a quello sguardo determinato, il principe non poté fare altro
che ritrarsi a lasciare che entrassero, seguiti a ruota da Eomer ed Elfrid.
"E tu, Eomer, perché sei qui, avete qualche
grave ferito nei vostri ranghi?" Domandò Aragorn all'amico, non appena
ebbero varcato la porta delle Case; aveva già saputo in precedenza della morte
di Theoden.
"Non dirmi che non lo sai?" Ribatté il
nuovo re di Rohan; si fissarono un attimo negl'occhi, ed un tragico sospetto
attraversò il volto stanco del ramingo. Spostò gli occhi su Elfrid.
"Eowyn..." Mormorò la ragazza.
Lo sgomento, sul volto di Aragorn, fu pari solo alla
stanchezza, sembrò impallidire di colpo, come se il suo viso non avesse già
perso ogni colore con la marcia e la battaglia; se non avessero conosciuto la
sua forza d'animo, avrebbero pensato che le gambe stessero per cedergli. Elfrid
non fu poi così stupita da quella reazione.
"Era qui..." Affermò il ramingo con occhi
vacui; Eomer annuì. "Portatemi da lei." E s'incamminò insieme ai due
guerrieri del Mark.
"Devi recarti da Faramir!" Gl'intimò
Gandalf.
"Soltanto un attimo." Rispose Aragorn,
senza guardare verso di lui.
La fanciulla era stata ricoverata in una piccola
camera, dove era ospitata solo lei, un trattamento di riguardo, Eomer se ne
rallegrò; Eowyn era stesa su un letto, coperta di lenzuola bianche, i lunghi
capelli biondi accomodati sul cuscino.
Eomer corse da lei, inginocchiandosi a lato del
letto, Aragorn gli fu subito accanto; il ramingo costatò le condizioni della
fanciulla, il braccio rotto già accuratamente fasciato, le mise una mano sulla
fronte, accorgendosi che era fredda. L'uomo guardò il suo viso, bianco e
perfetto come quello di una statua, e gli si chiuse il cuore.
"Tienile la mano, stalle vicino..." Disse
ad Eomer, che gli rivolse lo sguardo. "...io ora devo occuparmi di
Faramir, che è più grave, ma presto tornerò." Aggiunse, poi si allontanò.
Elfrid porse ad Eomer una sedia, così che lui potesse
restare a fianco della sorella e tenerle la mano; lei si spostò dall'altra
parte del letto, sedendosi su uno sgabello, poi carezzò la fronte di Eowyn e
chinò il capo, mettendosi a pregare. Eomer era immobile, a malapena si era
accorto che Elfrid lo aveva fatto sedere, e stringeva la mano destra di Eowyn;
era gelida e sembrava che la vita non la percorresse più. Si portò la mano
della sorella alle labbra e la baciò, finché non fu costretto a piegare il
capo; i suoi singhiozzi erano l'unico suono che rompeva il silenzio della
stanza.
Dopo un tempo che era sembrato assurdamente lungo ad
entrambi, Elfrid ed Eomer videro tornare Aragorn, ma non fu una visione
rassicurante; l'uomo sembrava invecchiato all'improvviso, la fatica gli scavava
il volto severo, gli occhi erano lucidi e arrossati. Eomer si alzò,
osservandolo.
"Aragorn, stai bene?" Gli domandò
preoccupato; il ramingo annuì deglutendo, poi lo scansò ed andò ad
inginocchiarsi accanto al letto di Eowyn.
"Ora pensiamo a lei." Dichiarò.
"Che cosa le è successo? Sta diventando sempre
più fredda..." Chiese Elfrid.
"Ha combattuto contro un nemico che avrebbe
distrutto la mente e il braccio di un guerriero ben più forte di lei, l'Alito
Nero è entrato nel suo corpo..." Prese delle foglie da un pacchetto che
recava con se e, dopo averle posate sui propri palmi, le sfregò insieme, poi le
gettò in una ciotola di acqua calda che Pipino gli porgeva; fu come se dalla
finestra fosse entrata un brezza nuova, priva di odori, limpida e pura, che con
la sua balsamica freschezza, non curava solo il corpo, ma anche l'animo.
"Possiamo condurla fuori dall'oscurità, ma la guarigione o la morte
dipenderanno solo dalla sua volontà..." Le lavò il braccio destro e la
fronte con l'acqua balsamica. "...poiché la sua disperazione ha radici
molto più profonde, non è così Eomer?" Domandò all'amico; lui lo guardò
stupito.
"Mi sorprende che tu mi chieda questo."
Rispose poi. "Era triste e disperata come me, ai tempi in cui il nostro
sovrano era soggiogato, ma giurerei di non aver mai sentito il gelo in lei,
prima che conoscesse te..." Elfrid lo guardò, lui ricambiò lo sguardo,
annuendo, dimostrando alla ragazza che anche lui aveva capito, nonostante non
volesse dirlo.
Aragorn rivolse di nuovo la sua attenzione alla
fanciulla esanime sul letto. "La pena per lei era nel mio cuore, durante
tutta la marcia fin qui, poiché non c'è dolore più grande, per un uomo, che
vedere l'amore negl'occhi di una donna come lei e non poterlo ricambiare."
Affermò rammaricato, poi strinse la mano di Eowyn al petto e si chinò su di
lei, per baciarle la fronte. "Eowyn, Eowyn, lascia i sentieri
oscuri!" La chiamò poi. "Torna con noi, piccola stella..."
Sussurrò, con tono quasi supplicante.
Eomer ed Elfrid osservavano la scena sentendosi
inutili; la ragazza, in modo particolare, era ancora preda del senso di colpa,
per non aver impedito all'amica di partecipare alla battaglia e sedeva inerte,
schiacciata dalla stanchezza. Aragorn si alzò, posando delicatamente il braccio
di Eowyn sulla coperta; gli altri due lo guardarono.
"Prendile la mano." Disse il ramingo,
rivolto ad Eomer. "Non è di me che ha bisogno ora, ma del tuo affetto."
"Ma lei... per te..." Balbettò il giovane,
sorpreso.
"Di me ha amato il riflesso, il sogno di una
vita diversa, di battaglie e gloria, di luoghi lontani dalla sua
prigione." Spiegò Aragorn, posando una mano sulla spalla di Eomer.
"L'amore che ha per te è molto più vero e profondo, credimi." Gli
assicurò con un sorriso. "Adesso vai da lei, chiamala, tornerà."
Aggiunse; Eomer annuì e lui se n’andò.
Il re del Mark, mestamente, tornò a sedersi a fianco
della sorella, le prese la mano, in cui stava ricominciando a scorrere la vita,
e la strinse forte.
"Eowyn, mia piccola stella, Eowyn, torna da
me." Implorò con le lacrime agl'occhi; la ragazza si mosse appena, Elfrid
spalancò gli occhi e si sporse sul letto. Eomer era paralizzato, mentre, con
fatica, la sorella apriva gli occhi.
"Eomer, sei davvero tu?" Chiese, non appena
vide il fratello al suo fianco. "Mi avevano detto che eri morto... ma
forse era un oscuro sogno..." Aggiunse con voce flebile.
"E' vero, io sono qui, e non ti lascerò."
Affermò deciso lui, carezzandole la fronte. "Va tutto bene..."
"Oh, no!" Lo interruppe Eowyn. "Non va
bene, Theoden è morto..." Disse con amarezza.
"Non ti angosciare, cara." Intervenne
Elfrid, rassicurandola; lei si voltò in direzione della ragazza, sorpresa.
"Elfrid ci sei anche tu!" Esclamò contenta,
Elfrid annuì sorridendo; Eowyn allora tentò di prenderle la mano con il braccio
fasciato; l'amica le prese le dita tra le sue, facendoglielo rimettere giù con
delicatezza.
"Ora devi pensare solo a guarire." Le
intimò dolcemente, sistemandole una ciocca di capelli sul cuscino.
"Guarire..." Mormorò Eowyn, spostando lo
sguardo sul soffitto. "Forse il mio corpo guarirà, la mia anima non
so..." Eomer ed Elfrid si scambiarono uno sguardo preoccupato.
"Adesso riposa." Le disse il fratello; lei
lo guardò e sorrise stentatamente. "Noi saremo qui." Aggiunse
carezzandole il viso, mentre le baciava la fronte; lei socchiuse gli occhi e si
addormentò quasi subito.
Elfrid rientrò nella stanza di Eowyn; aveva chiesto
ad uno dei custodi delle Case di potersi lavare e cambiare, non ce la faceva
più a tenersi addosso l'armatura e l'odore della battaglia. Ora indossava una
delle tuniche che davano ai ricoverati, era semplice, ma per lo meno pulita.
La ragazza si avvicinò ad Eomer, che era ancora seduto
al capezzale della sorella, e gli posò le mani sulle spalle; lui non si girò a
guardarla, semplicemente posò una mano sulla sua. Elfrid si abbassò e l'uomo la
guardò.
"Dovresti andare a lavarti anche tu, dopo ti
sentirai meglio." Gli sussurrò; Eomer tornò a guardare la fanciulla stesa
sul letto.
"Non mi va di lasciarla sola." Rispose poi.
"Non ti devi preoccupare, non rimarrà sola, ci
sono io." Lo rassicurò Elfrid, sempre a bassa voce; si scambiarono uno
sguardo di comprensione, poi lui le bacio la mano che teneva nella propria e si
alzò.
"Dovresti andare a riposare." Le disse,
carezzandole i capelli.
"Lo faccio volentieri, lo sai." Parlavano
piano, per non disturbare il sonno di Eowyn.
"Sei un tesoro." Eflrid gli sorrise; fu
allora che Eomer la guardò meglio, alla luce flebile delle candele, i capelli
corti, il semplice saio chiaro, stretto alla vita da una fascia dello stesso
tessuto. Sembrava così diversa dall'inflessibile guerriera che lo aveva
affiancato sul campo di battaglia.
"Cosa ti sei messa?" Le chiese dolcemente;
lei osservò per un attimo l'abito, prima di rispondere.
"Me lo hanno dato i Custodi..." Mormorò
poi. "E' comodo e, soprattutto, pulito." Aggiunse sorridendo.
"Bene, sarà meglio che vada anch'io,
allora..." Dichiarò infine Eomer. "...devo avere un aspetto
orribile..."
"Tu sei sempre bellissimo." Affermò la
ragazza, carezzandogli il viso; si guardarono per un attimo negl'occhi, ed il
viso di Elfrid divenne serio. "Devo dirti una cosa, Eomer." L'uomo
aggrottò le sopracciglia, con espressione interrogativa.
"Parla pure." L'incitò poi; lei chinava gli
occhi, pensierosa, infine li rialzò, fissandolo.
"Devi sapere che io ero a conoscenza del fatto
che Eowyn ci aveva seguiti..." Eomer l'ascoltava serio, ma calmo.
"...l'ho scoperto per caso, lei mi ha implorata di non dirtelo, poi c'è
stata la battaglia e..." Gli occhi le si bagnarono di lacrime. "Oh,
Eomer, io mi sento così in colpa! Potevo impedire che si ferisse, potevo
dirtelo!" Esclamò alzando i pugni, ormai piangeva; l'uomo sospirò, poi la
prese delicatamente per le spalle.
"Non ti logorare più, Elfrid." Le disse
tranquillo. "Non è accaduto nulla d'irreparabile."
"Ma poteva succedere!" Insisté lei; Eomer
scosse il capo.
"Eowyn è viva, anche noi lo siamo, ed è l'unica
cosa che conta." Detto questo l'abbracciò con tenerezza, carezzandole la
schiena; Elfrid si abbandonò tra le sue braccia.
"Perdonami..." Sussurrò poi.
"Shhh..."
"Ti amo." Mormorò allora la ragazza,
stringendosi di più a lui; Eomer sorrise e le passò le dita tra i corti capelli
rossi.
"Lo so." Le disse, scostandola un po' da
se, poi la baciò. "Anch'io ti amo." Stavolta anche Elfrid sorrise,
mentre lui le asciugava le lacrime. "Adesso vado a darmi una sistemata,
occupati di lei." Concluse, indicandole il letto con un cenno del capo, poi,
dopo averle baciato la fronte, uscì.
Il mantello che lo avvolgeva pesantemente, gli occhi
che guardavano ma non vedevano, le mani in fiamme e le gambe che letteralmente
scricchiolavano, Aragorn si fermò nel mezzo della tenda, incapace di fare un
altro passo. Dopo aver curato Faramir, Eowyn e Merry, implorato dalla folla,
era stato costretto a prendersi cura di numerosi altri feriti, aiutato dai
figli di Elrond; sorrise, non gli era dispiaciuto, lo aveva fatto volentieri,
ma ora era distrutto, e mancavano poche ore all'alba.
"Da quanto non dormi, Estel?" Quella
domanda, mormorata dolcemente, gli fece emettere un sospiro.
"Non so." Rispose poi. "Ho perso il
conto dei giorni."
"Non è ancora finita, lo sai." Continuò
l'elfo, avvicinandosi. "E se non riposi, non ce la farai." Aggiunse
con saggezza.
"Non essere così premuroso con me,
Legolas." Affermò l'uomo, alzando una mano. "Sono adulto, conosco i
miei limiti." L'elfo gli si parò di fronte, incrociando le braccia.
"Qualcuno mi ha chiesto di occuparmi di te, e io
uso mantenere la mia parola." Replicò con fermezza; Aragorn roteò gli
occhi. "Perciò, adesso, testardo di un Ramingo, tu andrai a dormire."
Aggiunse, davanti al sorriso stanco dell'amico.
"Ho paura di essere troppo stanco perfino per
dormire..." Mormorò infine l'uomo.
"Mi assicurerò che tu lo faccia." Ribatté
Legolas, senza battere ciglio.
"Testardo di un Elfo..." Protestò divertito
Aragorn, mentre l'amico gli sfilava prima il mantello, poi la cotta e lo
spingeva sul giaciglio già preparato; infine gli tolse gli stivali e lo coprì.
"Mi canti la ninna nanna, mammina?" Scherzò l'uomo; Legolas scosse la
testa.
"Buonanotte Elessar, Re di Gondor." Gli
sussurrò, baciandogli la fronte.
"Sei il primo che mi chiama così..."
Commentò Aragorn; gli occhi si facevano sempre più pesanti, e il sonno si
faceva strada, ovattando i suoni intorno a lui.
"Dormi ora, che il sonno ti fa bello."
Aggiunse, mentre gli carezzava la guancia; poi si alzò, dirigendosi verso
l'uscita.
"Tu devi aver dormito molto..." Dichiarò il
ramingo, mentre gli occhi gli si appannavano sulla figura luminosa e splendida
dell'elfo sulla soglia; Legolas sorrise, decidendo di stare allo scherzo,
poiché era certo noto ad Aragorn che gli elfi dormono pochissimo.
"Abbastanza." Rispose infine, con un sorriso
divertito.
"Si vede..." Sussurrò l'uomo, e furono le
sue ultime parole, il sonno aveva preso il sopravvento; soddisfatto, Legolas
uscì dalla tenda.
Un limpido cielo azzurro occupava tutto l'arco della
finestra, percorso solo da mobili nuvole bianche, qualche suono indistinto, in
lontananza, ma niente di più; Eowyn sospirò, appoggiata ai cuscini. Per lei era
terribile essere costretta a letto, ma sapeva di non potersi alzare, si sentiva
ancora tremendamente stanca.
"Prendi un po' di brodo, Eowyn." Le consigliò
Elfrid, che si muoveva discreta nella camera; da quando si era ripresa, lei ed
Eomer si erano alternati nella sua stanza, senza lasciarla un momento.
"Dove guarda questa finestra?" Replicò la
ragazza bionda; l'amica la guardò sorpresa, poi alzò gli occhi sullo spicchio
di cielo.
"A sud, credo." Rispose poi, parzialmente
rincuorata da quell'azzurro intenso. "Adesso mangia qualcosa."
Insisté, posando il vassoio sulle ginocchia di Eowyn.
La ragazza guardò il piatto, senza espressione, poi
tornò ad osservare la finestra; Elfrid era preoccupata per questi suoi momenti
di assenza, sospirò e si sedette sul bordo del letto.
"Dov'è Eomer?" Chiese Eowyn, dopo qualche
minuto di silenzio, voltandosi verso l'amica; lei gli scostò i capelli da una
spalla e le sorrise.
"E' giù all'accampamento, sta radunando le
truppe." Le disse.
"Perché?"
"Non è finita, ieri c'è stato un consiglio,
Aragorn e Gandalf hanno deciso di attaccare, ed Eomer è con loro." Spiegò
riluttante Elfrid, sapeva che non avrebbe dovuto dirglielo.
"Attaccano il nemico? Per quale motivo?"
Domandò ancora Eowyn, stringendo convulsamente la coperta, quanto le permetteva
il suo braccio intorpidito.
"Lo fanno per proteggere il Portatore, per
distrarre gli eserciti di Mordor." Si rassegnò a raccontare l'altra
ragazza.
"E io resterò qui..." Commentò con amarezza
la fanciulla bionda, chinando il capo.
"Non temere." Le disse Elfrid con un
sorriso. "Non rimarrai sola, io resto con te..." Eowyn, a quelle
parole, alzò subito gli occhi.
"No, tu devi andare con lui!" Esclamò
prendendole la mano. "Non devi lasciarlo, promettimelo!" La implorò.
"Eowyn, calmati..."
"No, giuramelo." Continuò imperterrita,
stringendole la mano.
"Va bene, come vuoi..." Si arrese infine
Elfrid. "Ti prometto che gli resterò accanto, fin sul cancello del
Morannon..." Dopo aver ascoltato quelle parole, Eowyn sembrò calmarsi e si
appoggiò di nuovo contro i cuscini. Elfrid le carezzò i capelli, e tolse il
vassoio dalle sue ginocchia.
L'esercito dei Capitani dell'Ovest era di nuovo
radunato, gli uomini pronti a partire, gli stendardi sventolavano in cima alle
picche, tutto era predisposto per la marcia.
Eomer si voltò, dopo aver dato gli ultimi ordini ad
uno dei suoi luogotenenti, e si trovò davanti Elfrid, con l'armatura, che
teneva per le briglie Neronube.
"Che cosa fai qui?!" Chiese stupito; la
ragazza sospirò.
"Eowyn mi ha implorato di seguirti anche
stavolta." Confessò poi; seguì un lungo sguardo tra i due.
"Le hai detto che desideravo rimanessi con
lei?" Chiese infine Eomer; Elfrid annuì.
"Certo, ma è testarda come te." Rispose la
guerriera; lo sguardo dell'uomo era teso e triste. "La vinciamo questa
guerra, Eomer, me lo sento." Affermò allora lei, ostentando una sicurezza
che non aveva.
"Non vorrei vincerla a caro prezzo."
Mormorò lui, posandole una mano sulla spalla. "Ho già pagato abbastanza,
Elfrid."
"Lo so." Annuì la ragazza. "Per questo
hai bisogno di me, insieme possiamo farcela." La mano di Eomer si strinse
su di lei; in quel momento squillarono le trombe.
"Perché non mi ha detto niente, quando l'ho
salutata ieri sera?" Domandò l'uomo, fissandola negl'occhi.
"Voleva che lo facessi io." Rispose Elfrid,
con un breve sorriso.
"Dunque, combatteremo insieme ancora una
volta." Dichiarò Eomer, lasciando la spalla della donna.
"Sarà l'ultima." Ribatté lei.
"Sì, l'ultima..." Mormorò l'uomo, poi si
voltò verso i suoi soldati. "In sella Cavalieri del Mark!" Ordinò,
issandosi sul suo cavallo; Elfrid fece altrettanto. "Rendete ancora una
volta onore alla nostra stirpe!" Aggiunse deciso; gli rispose il grido dei
suoi uomini.