High Tide

di swagatore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.1 ***
Capitolo 2: *** 2.2 ***



Capitolo 1
*** 1.1 ***


   



Stratford, Canada.


Per Payton era una cosa nuova trovarsi in quella situazione pericolosa. Sbarre di ferro la circondavano e l'ambiente puzzava di chiuso; lei non era abituata a respirare quell'aria impura. Era una ragazza che proveniva da una famiglia ricca, rispettosa, e non era certamente una cosa di tutti i giorni trovarsi in una prigione. Qualche ora prima si trovava alla sua festa dei diciassette anni, in una villa con piscina affittata dai suoi genitori, che naturalmente non erano stati invitati, altrimenti non avrebbe potuto divertirsi come aveva fatto con i suoi amici. Quando erano state le undici, la festa aveva già preso un andamento caotico, tanto che la musica ad alto volume si era sentita per l'intero quartiere; alla fine i vicini non ne potevano più e quando fu l'una la casa era già stata sgomberata dai polizziotti. Purtroppo Payton non aveva dodici anni, e perciò la sua non era stata una festa tranquilla; anzi, molti alcolici e droghe erano stati perquisiti e portati nella centrale di polizia. 

Quella sera il fato volle che al suono delle sirene sulla strada, la ragazza si trovasse a pomiciare con un ragazzo, del 
quale non ricordava neanche il nome per giunta, e perciò mentre la maggior parte dei suoi amici era fuggita via, lei era restata dentro quella camera matrimoniale, troppo brilla per rendersi conto delle sirene o del caos al piano terra. A differenza del ragazzo con cui stava pomiciando, i poliziotti avevano trovato della droga nel suo sangue, e perciò ora la sua festa dei diciassette anni era diventata un incubo. Non solo lei si rifiutava di chiamare i suoi genitori per pagare la cauzione (i quali se avrebbero saputo della droga l'avrebbero segregata in casa fino al 2020) , ma con il suo abito stretto e corto stava morendo di freddo. Inoltre i tacchi numero 13 non facevano che provocargli dolore ai piedi, così si chinò e li sfilò entrambi. -Merda!- esclamò quando i suoi piedi andarono a contatto con il pavimento freddo della cella, la situazione non poteva andare peggio di così per la ragazza, o forse si?

 
-Calma Barbie- disse una voce rauca nella cella di fronte alla sua facendo prendere un colpo alla povera ragazza, la quale era già terrorizata in quel posto. Payton notò subito un'ombra muoversi nell'oscurità della cella, mise a fuoco la vista e intravide un ragazzo seduto su una panchina; la ragazza non riuscì bene a inquadrarlo, così non sapeva nemmeno com'era la faccia del ragazzo che si era rivolto a lei. -Chi sei?- Payton si fece avanti, ma poi si pentì subito per aver rivolto la parola a un criminale, del quale ne era certa, di sicuro non era stato chiuso lì dentro solo per aver fumato della marijuana. "Tua nonna" rispose lo sconosciuto per poi emettere un verso simile a una risata. La ragazza rimase confusa per quella risposta sciatta, quel ragazzo la stava prendendo per il culo e ci provava anche gusto nel farlo. Payton decise che era meglio girarsi e fare finta di niente, non aveva voglia di parlare con quel coglione, era troppo occupata a pensare a un modo per uscire da quelle quattro mura. A un tratto si ricordò di ciò che aveva visto parecchie volte nei film, così si aggrappò con entrambe le mani alle sbarre fredde e arruginite della cella, e per far si che i polizziotti la sentissero urlò -Ho diritto a una telefonata!- Un giovane polizziotto sbucò dal fondo del corridoio e con passo lento e disinvolto raggiunse la postazione della ragazza. -Hai detto qualcosa?- le domandò con aria da superiore, Payton pensò subito che quel posto fosse molto diverso da casa sua, lei aveva un maggiordomo che si aggirava per casa e che a ogni sua richiesta rispondeva gentile e con un grande sorriso sul volto. Sapeva che al mondo c'erano persone e persone, ma non gli era mai capitato di essere trattata in modo sciatto e superficiale, come se lei fosse inferiore a qualcuno.

-Si, vorrei fare una telefonata, ne ho il diritto.- Il poliziotto dopo aver frugato bene nella tasca della sua uniforme tirò fuori un grande mazzo di chiavi, ognuna con un numeretto inciso, il quale stava a indicare il numero della cella. Payton non sapeva che numero avesse la sua, così guardò quella di fronte a lei, e notò con stupore che il ragazzo che prima si faceva beffe di lei si era avvicinato alle sbarre, e ora la ragazza poteva ammirare il suo volto senza inceppi. Il ragazzo che gli si trovava di fronte la catturò con il suo sguardo magnetico, e Payton si ritrovò a non pensare a nulla, nemmeno al polizziotto che imprecava in cerca della chiave giusta; era ipnotizata da quel tipo, troppo bello, per trovarsi in un posto come quello. Payton si risvegliò quando il ragazzo sconosciuto cercò di mimargli qualcosa, lei scosse la testa corrugando la fronte per far capire al biondo che non ci aveva capito un accidenti di quello che aveva provato a dirgli. Dopo svariati tentativi, alla fine capì tutto. Quel criminale cercava aiuto, e lo stava chiedendo proprio a lei: la ragazza innnocente con indosso un vestitino corto aderente e con niente ai piedi. Payton fece di no con la testa, non sarebbe mai stata in grado di buttare giù un poliziotto tutta da sola. 

Finalmente l'uomo trovò la chiave e non appena aprì la porta arruginita della cella prese la ragazza per il braccio e la scortò fuori, Payton era indecisa sul dafarsi, non sapeva se voleva essere scortata da quel poliziotto per poi chiamare la sua migliore amica, o se per la prima volta nella sua vita voleva fare qualcosa di avventato, pericoloso, rischioso e assolutamente illegale. Forse sono ancora sotto l'effetto della marijuana, si disse, ma ormai aveva preso la sua decisione. Mentre camminava dritta, con affianco il poliziotto, d'un tratto, come trasportata da chissà quale enfasi, sferrò una ginocchiata all'uomo e lo fece cadere a terra. Vedendo che non era ancora fuori combattimento, gli sferrò un calcio, e poi un altro ancora finchè l'uomo non perse i sensi. Payton non sapeva da dove proveniva quell'aggressività, l'unica cosa che sepeva era che gli era bastato uno sguardo con il ragazzo della cella accanto per commettere qualcosa di pazzo e illegale. Velocemente, la ragazza prese la pistola dalla tasca del polizziotto e tirò fuori anche il grande mazzo di chiavi. Se aveva fatto tutto ciò, era solo per lui, un ragazzo che non conosceva nemmeno, anzi, che si era anche preso gioco di lei. Corse sul pavimento freddo e sporco fino a raggiungere il ragazzo, il quale aveva una grande eccitazione negli occhi, e l'adrenalina nelle vene. Il cuore di Payton batteva come non mai, gli tremavano le mani, le quali erano impegnate a cercare la chiave con inciso il numero 38. -Andiamo, cazzo ti vuoi muovere?!- imprecò il biondo, non vedeva l'ora di uscire da quel posto, anche se a forza di trovarsi in quelle situazioni, infondo, si era abituato a stare dietro le sbarre. Persino lui era rimasto impressionato per ciò che aveva fatto la mora, non la immaginava capace di ciò, non con quel vestito addosso. Quando la cella si aprì il ragazzo uscì velocemente, probabilmente conosceva quel posto meglio di Payton, così lei si ritrovò a seguirlo. -Sai da quale parte andare?- chiese agitata la mora. -Sicuro Barbie, stammi dietro.- disse il ragazzo, Payton non capiva il perchè lui la chiamasse in quel modo, ma per ora, tutto quello per cui si preoccupava era solo di uscire di lì. Il biondo la guidò fino infondo al corridoio dove c'era una porta chiusa a chiave.

-Dammi le chiavi.- le ordinò il ragazzo, lei gliele passò senza proferire parola, tutto quello che riusciva a fare era tremare, ma questa volta non era per il freddo. Il biondo aprì la porta e sorrise notando l'uscita d'emergenza proprio alla sua destra. Aprì anche quella porta, stavolta senza bisogno di chiavi e, con dietro Payton, si arrampicò sulla rete, scavalcandola facilmente. Al contrario, Payton era rimasta dall'altra parte della rete, non sapeva nemmeno come iniziare a provare ad arrampicarsi con quel vestito stretto, così imprecò a bassa voce; la cosa che la fece arrabbiare di più fu vedere il biondo continuare il suo percorso senza nemmeno accorgersi che lei non c'era più. -Hey, aspettami!- urlò al ragazzo, il quale si stava dirigendo verso il boschetto affianco alla centrale della polizia: si girò e non appena si accorse che lei non aveva ancora attraversato la rete alzò gli occhi al cielo, cosa che mandò in bestia Payton, la quale cercava invana di scavalcare. -Hai l'agilità di una lumaca.- commentò il ragazzo dagli occhi color nocciola, poi, dopo aver lasciato un brutto sguardo l'abito della ragazza disse -Non puoi scavalcare con quello indosso, non riesco nemmeno a immaginare come tu riesca a camminare con quello lì.- ammiccò verso la ragazza.

-Non me lo levo, non ho niente sotto, ti prego aiutami- Payton si stava innervosendo, non avrebbe mai dovuto aiutare un ragazzo che non conosceva, e che inoltre era anche un criminale. -Porca troia!- gemette il biondo guardando dietro le spalle della ragazza, dei polizziotti si stavano avvicinando a loro, e questo non prometteva niente di buono. A Payton gli si gelò il sangue nelle vene, era arrivata la sua fine, e quella non doveva che essere la punizione per essere andata contro la legge. -Passa!- il ragazzo alzò con le mani la recinzione dal basso, era un buco stretto, ma Payton doveva assolutamente farcela. Si chinò e strisciò sotto la rete proprio quando i poliziotti erano a un passo da lei, pensava di avercela quasi fatta, quando la mano di uno sbirro gli afferrò il piede scalzo. A quel punto nell'aria risuonò un solo sparo. Lo sbirro mollò la presa, e Payton sotto shock riuscì a passare; il ragazzo biondo aveva sparato a un poliziotto, lo stesso la prese per un braccio e insieme corsero più velocemente possibile per sfuggire alla polizia. Fuggirono il più lontano possibile dalla stazione, inoltrandosi nel bosco con il buio della notte, fin quando i piedi scalzi di Payton non chiedettero pietà. Si accovacciarono entrambi con la schiena appoggiata al tronco di due alberi per riprendere fiato, solo quando la ragazza sentì il biondo scoppiare a ridere si ricordò dello sparo. Scattò in piedi -Tu...- lo indicò, il biondo la guardò incuriosito -Hai ucciso un uomo, ti rendi conto?! Cosa succederà ora? Ci cercano, io voglio solo tornare a casa.- ed era vero, la mora non ne poteva più di tutta quell'azione, ma ora comprendeva anche che era impossibile tornare a casa come se niente fosse, là fuori i poliziotti la stavano cercando, e forse quest'ultimi avevano già avvertito la sua famiglia. -Rilassati, non ho ucciso nessuno, gli ho sparato a una gamba Barbie, ho dovuto farlo per salvarti il culo.- rispose lui alzandosi in piedi. -Non chiamarmi Barbie, mi chiamo Payton e non mi rilasso per un cazzo perchè ora per colpa tua sono ricercata!- si sfogò la ragazza. -Colpa mia? Sentiamo Barbie, chi ha steso un poliziotto e mi ha fatto uscire dalla cella?- sogghignò il biondo divertendosi a stuzzicare quella ragazza, lui la vedeva come una perfettina, una figlia del capo; non poteva immaginarsi il motivo per il quale era in cella quella notte. -Dovresti ringraziarmi, coglione.- rispose fredda Payton, per poi portare le ginocchia al petto, stava morendo di freddo e si stava torturando con le domande, l'unica cosa certa era che temeva per il suo futuro.

-Moviamoci, alla fine del bosco c'è una strada e lì c'è una cabina telefonica, telefonerò a un mio amico per farmi venire a prendere.- Payton riflettè sulle parole del ragazzo del quale non sapeva ancora il suo nome. -Farti venire a prendere, e io?- era di sicuro il compleanno più brutto che avesse mai avuto. -Vedermo...- rispose lui per poi iniziare a camminare nel buio, Payton si affrettò ad alzarsi e a seguirlo; per nulla al mondo sarebbe rimasta da sola in un bosco. Mentre camminavano lei azzardò una domanda -Come ti chiami?- , il ragazzo rispose dopo pochi secondi in modo diretto -Justin, Justin Bieber.- . Quella fù l'unica conversazione che ebbero durante il tragitto dal bosco alla strada. Una volta arrivati a destinazione, i poveri piedi della ragazza erano oramai arrossati, e lei si meravigliò che riuscisse ancora a reggersi in piedi nonostante il sonno e la stanchezza che minacciavano il suo corpo. Payton si sedette sulla panchina affianco alla cabina telefonica illuminata solamente da un lampione che emanava luce giallastra. Guardò Justin comporre un numero e parlare con un certo Dylan, infine, terminata la chiamata, lui lanciò la pistola ( la quale lei stessa l'aveva rubata al primo poliziotto ) e il mazzo di chiavi nel bosco. Passarono diversi minuti, i quali trascorsero in completo silenzio; poi Justin decise che in qualche modo doveva sdebitarsi con la mora, e di certo dopo aver sparato a un poliziotto per proteggerla non l'avrebbe lasciata lì in quel modo. Di solito lui portava al suo rifugio solo i suoi amici e qualche prostituta quando aveva voglia di saziare i suoi bisogni, ma con Payton ora era differente; lei aveva rischiato così tanto per un ragazzo che nemmeno conosceva e ora lui si sentiva in qualche modo legato alla ragazza.

-Ti porto con me.- affermò, la ragazza si girò per guardarlo e per la prima volta in quelle ore sorrise sinceramente. -Grazie.- lei continuava a fissarlo negli occhi, come la prima volta, e nemmeno lui sentiva il bisogno di smettere di fissarsi. -No, grazie a te.- rispose il biondo lasciando Payton a bocca aperta, forse non è solo un coglione si disse. -Perchè quella faccia Barbie?- domandò Justin alzando un sopracciglio, cosa che Payton trovò molto sexy. -Ho detto di non chiamarmi così!- rispose lei accigliata, il biondo in risposta sorrise. 
Dopo pochi minuti una macchina verde si fermò davanti alla panchina dove i due ragazzi stavano seduti, Justin si alzò seguito da Payton e la fece entrare nell'auto. -Bro, non ci credo che sei riuscito a fuggire.- disse meravigliato un ragazzo moro, al volante. Payton pensò che quello doveva essere un amico di Justin, anche lui un criminale; si sentiva un po a disagio in mezzo a loro, lei non aveva nulla a che fare con il loro mondo. -Umh, e lei chi è?- chiese il moro girandosi verso la ragazza, la quale era raggomitolata sul sedile posteriore. -Si chiama Payton, poi ti spiego. Guida e muoviti, sto morendo di sonno.- ordinò Justin, e Payton lo ringraziò mentalmente, perchè anche lei era stanchissima. Quello che desiderava più di tutti era trovarsi nel suo comodo letto, sotto le coperte al calduccio, ma invece stava andando incontro a qualcosa che nemmeno lei poteva immaginare.

 
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Ciao ragazzuoli :) Alloora, questa è la terza fanfiction che posto su EFP.
Oggi avevo questa idea, e bho è uscita così. Mi chiamo Sofia, ho 15 anni (16 tra 12 giorni) e amo
scrivere, perciò fatemi sapere cosa ne pensate. Non l'ho riletta, perciò scusatemi per gli e(o)rrori.
Mi lasciate almeno tre recensioni (?)
Continuerò dopo aver visto cosa ne pensate. Un bacio.
Sofia. 
     

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Capitolo 2
*** 2.2 ***




Rostock, Canada.

Quando Payton riaprì gli occhi, la prima cosa di cui si accorse era che non stava dormendo su una superfice morbida, ma era stesa supina sul pavimento duro e freddo della grande stanza semi-buia in cui si trovava. Alzandosi da terra, con qualche piccola difficoltà, a causa del suo abitino, si guardò intorno; la stanza era completamente priva di qualsiasi oggetto decorativo, non c'era nè un tavolo, nè delle sedie, e nessuna finestra. Dove diavolo sono? Dov'è Justin? si domandò confusa. Solo dopo aver scorso delle scale con alla fine una porta, Payton immaginò di trovarsi in un seminterrato; senza esitazioni salì le ripide scale e una volta arrivata davanti alla porta di legno scuro girò la maniglia. Non si apriva. Riprovò forzando maggiormente, ma era inchiavata dall'esterno. La ragazza iniziò a provare paura, quale bisogno c'era di chiuderla lì dentro? Per di più lei era anche claustofobica e stava già iniziando a sudare freddo; il cuore le martellava nel petto e così iniziò a dare dei pugni alla porta chiamando il nome dell'unico ragazzo che conosceva. -Justin!- urlò battendo con i pugni. -Justin dove cazzo sei, fammi uscire!

Il biondo, la sera precedente, dopo che Payton si era addormentata sul sedile posteriore della sua macchina, aveva parlato a lungo con Dylan, e insieme avevano deciso di mettere in atto un qualcosa che mai prima di allora avevano osato fare: un rapimento. Non si era mai spinto così in oltre, di solito veniva arrestato per furto di oggetti, per uso di droga, ma mai aveva rapito qualcuno; ed ora che l'aveva fatto non intendeva fare del male fisico a quella ragazza, la quale gli aveva anche salvato il culo, ma Justin non era il capo nella sua banda, infatti era stato spesso sottovalutato solo perchè a differenza degli altri membri, lui era arrivato per ultimo. Ora quindi voleva dimostrare ai suoi amici, e al suo capo ( Dannis ) che potevano fidarsi di lui. Avrebbe chiesto una cifra davvero elevata per il riscatto, tanto che Dannis poi, avrebbe dovuto baciargli i piedi per la gratitudine. Così lui e Dylan si erano recati in una casa abbandonata da tempo, lontana dalla cittadina di Stratford, la quale era circondata da un immenso campo di grano; avevano chiuso la ragazza ( la quale dormiva ancora ) nel seminterrato e si erano messi a dormire. Al giungere della mattina seguente, lui stesso si era occupato di scoprire qualcosa in più della ragazza: da quale famiglia proveniva, il suo cognome e l'indirizzio della sua casa: avrebbero dovuto imbucare una lettera di nascosto e informare la sua famiglia del rapimento tra qualche tempo. Non lo avrebbe fatto di certo lui, la sua faccia era su tutti i giornali insieme a quella di Payton. 'Due ragazzi fuggono dalla centrale armati: ricompensa di 1.000 $ per chi li trova.' , questo era il titolo del giornale più diffuso di Stratford. Avrebbero spedito la lettera passate due settimane, per alleggerire i sospetti su Justin, e anche per suscitare paura tra la gente. Niente sarebbe dovuto andare storto.

 
Era mattina inoltrata ormai e Justin aveva concluso le sue ricerche, aveva scoperto che la ragazza si chiamava Payton Rivera e che la sua famiglia era stramaledettamente ricca. Cosa poteva chiedere di meglio? Sorrise tra sè e sè e spense il computer. Il suo amico Dylan si trovava nell'altra stanza, troppo impegnato a guardare un film sul suo pc per preoccuparsi di Payton, la quale si sarebbe svegliata da un momento all'altro. Justin sapeva di non essersi comportato lealmente con lei, ma infondo erano pari: lei lo aveva fatto uscire dalla cella della centrale, e lui le aveva salvato il culo sparando a un poliziotto. Allora perchè sentiva i sensi di colpa divorarlo fino all'interno delle ossa? Ora lei lo avrebbe di sicuro odiato, ma dopo tutto non si conoscevano neanche da un giorno. Basta, doveva smettere di pensarci troppo, non erano amici e non lo sarebbero mai potuti diventare. Prese il suo cellulare e compose il numero di Dannis. Dopo tre squilli, la voce rauca e infastidita del suo capo gli giunse alle orecchie.

-Cosa cazzo vuoi Justin?- gli chiese scocciato, Justin guardò l'orologio al suo polso e sogghignò. -Oh amico, mi dispiace di averti svegliato. Ore piccole?- gli chiese il biondo divertito. -Fanculo Bieber, se mi hai chiamato a quest'ora deve essere una cosa importante, parla o ti attacco il telefono in faccia e me ne ritorno a dormire.- il biondo si fece serio. -Bene, ascoltami...ieri sera sono stato arrestato per possesso di armi non autorizzato e...- Dannis non lo fece finire che sbuffò -Non ti pagherò la cauzione Bieber...- -Non è la cauzione Dannis, cazzo fammi finire!- A volte parlare con il suo capo era talmente stressante, specialmente la mattina. -Parla.- il tono di Dannis si fece più calmo, ora che sapeva di non dover pagare nulla. -Sono riuscito a filarmela, e indovina? Ho rapito una ragazza e...- -Hai fatto cosa?!- -Ascoltami, è ricca, chiederemo il riscatto amico, sono in un posto sicuro con Dylan. Hai presente la vecchia casa abbandonata con il campo di grano a Rostock?- Domandò il biondo, sentendo la voce di Payton che proveniva dalla porta del seminterrato, sospirò sapendo che ora doveva vedersela anche con lei. -Justin prima di fare questa cazzata dovevi chiedermi il permesso, cazzo. Sarò lì verso le 14, ne parleremo meglio.- Detto questo, Justin non ricevette nemmeno il tempo per rispondere, che la chiamata fu interrotta. Il biondo sbattè un pugno sul tavolino, facendo diventare le nocche della sua mano rosse. Non era una stronzata, e lui non aveva bisogno di chiedere il permesso a nessuno. -Justin dove cazzo sei, fammi uscire!- sentì strani rumori provenire dal piano terra. -Vai a vedere cosa cazzo vuole quella, non ci sto capendo un cazzo di questo film!- sbottò Dylan dall'altra stanza. Così Justin si alzò di malavoglia e si incamminò verso la sua vittima.


Quando il biondo aprì la porta si ritrovò di fronte la mora con gli occhi lucidi, la quale lo guardava come se lui fosse il suo salvatore. -Finalmente! Dove cazzo eri? Perchè mi avete chiusa qui dentro? S-stavo morendo di paura Justin...- Payton si mosse di lato, facendo per uscire di lì e prendere un po d'aria, ma Justin gli bloccò il passaggio mettendocisi davanti. -Justin, mi serve aria, soffro di claustofobia, voglio uscire.- -Non puoi.- affermò il biondo. La ragazza immaginò che ci fossero poliziotti al piano superiore, ma poi scosse la testa, era impossibile, altrimenti Justin non sarebbe restato così calmo. -Perchè?- chiese confusa. -Ascolta Barbie...non è una cosa semplice da spiegare.- La ragazza lo guardò negli occhi, e sentì che a un tratto non si fidava più di quel ragazzo, non si fidava più dello stesso ragazzo che l'aveva aiutata a fuggire dai poliziotti; sentiva che in lui, ora c'era qualcosa di sbagliato, profondamente sbagliato. -Basta con le cazzate Bieber, spostati o ti passo sopra.- minacciò come meglio poteva la ragazza, cercando di passare. -Stai buona...- Justin la prese per le spalle e la condusse in fondo alle scale. -Non mi toccare.- Payton si allontanò da lui impaurita. -Chiederemo il riscatto al più presto Barbie, non ti succederà nulla di male.- Per la ragazza fu come cadere di faccia su una roccia. Quando capì tutto portò una mano alla bocca, si maledisse per essersi fidata. Guardò il ragazzo che era di fronte a lei, questa volta con gli occhi pieni di tristezza, come poteva fargli una cosa del genere? -Sei un coglione, Justin fammi uscire di qui! Voglio tornare a casa, perfavore! Non puoi fare sulserio!- tentò di risalire le scale, ma Justin la bloccava con le sue forti mani. -Stai calma, cazzo, ci tornerai. Tra non più di tre settimane sarai via di qui, devi solo fare la brava.- -Tre settimane?!- gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime e Justin non voleva ammetterlo, ma gli dispiaceva vederla in quello stato. -Mi dispiace...- sussurrò e detto questo, non avendo nulla da aggiungere si girò per risalire le scale, ma Payton con tutta la forza che aveva lo buttò a terra, e velocemente cercò di fuggire. La ragazza pensava di avercela fatta, ma quando invece fu presa per i fianchi e sollevata da terra, maledisse quel coglione di cui si era fidata. -Ti avevo chiesto di fare la brava, Barbie.- disse lui con tono severo. -Non chiamarmi Barbie, non pronunciare nemmeno più il mio nome coglione!- Payton scoppiò di nuovo a piangere e questa volta lasciò che il biondo scomparisse dalla sua vista. Quando si ritrovò da sola si mise seduta a terra e portò le sue gambe al petto, guardò il soffitto e iniziò a tormentarsi con le domande. Cosa mi succederà? Quando tornerà tutto come prima? Mi faranno del male? Quel coglione di Justin gli aveva detto che non gli sarebbe successo niente, ma ormai non si fidava più di lui; lo odiava come non mai, ma più di tutti odiava se stessa, si odiava perchè aveva aiutato un ragazzo che meritava di passare del tempo in carcere. Si chiese con quale coraggio avesse steso un poliziotto per aiutare un coglione del genere. Continuò il suo pianto, pensando a sua madre, a suo padre, e al suo fratellino; sicuramente si staranno domandando dove sono, si disse.


Una cosa l'aveva imperata da tutto questo: Mai fidarsi degli sconosciuti, neanche se questi erano fottutamente sexy.  



 


≈ His smile ≈

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Eccomi qui con il secondo capitolo!
Ditelo che non ve lo aspettavate che Payton venisse rapita dallo
stesso Justin! Che coglione...e povera Payton! Ma tranquille, 
le cose ne prossimo capitolo andranno anche peggio. Hahaha. 
Intanto spero che il capitolo vi piaccia, a me non convince molto, cercherò
di fare di meglio nel prossimo. Vi ringrazio per le 7 recensioni lasciate al primo
capitolo, vi adoro Barbiess ( ora vi chiamerò così, sto male...) Ok, fatemi sapere
com'è questo capitolo e il nuovo banner! Recensiteeee. Un bacione! 
Sofia. 

 
 

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