Salve a
tutti...rieccomi di nuovo qui con un altro capitolo di questa storia,
che vi sorprenderà. Mi raccomando fatemi sapere se
vi piacerà con tantissime recensioni. Baci...A presto...
Il viaggio era lungo ma mentre
dormiva le ora passavano più
velocemente. Sam si svegliò con il sorgere del sole. I suoi
raggi caldi e
accecanti le davano fastidio agli occhi.
Giunti alla casa della nonna,
dopo i saluti, gli abbracci e le coccole
ai nipoti, Mary e i figli sistemarono le loro cose. Ma Sam non riusciva
a
dimenticare quel tragico evento. Nonostante si trovasse in un luogo
diverso
sentiva che suo padre in qualche modo era lì. Ma non sapeva
quanto avesse
ragione. Non conosceva ancora gli eventi misteriosi che avrebbero
avvolto la
sua vita, che l’avrebbero confusa e le avrebbero fatto
cambiare l’opinione che
aveva avuto su suo padre fino a quel momento.
La mattinata passò
in fretta tra il racconto di quell’evento accaduto
da troppo poco tempo e le tisane calde della nonna.
Il pomeriggio decise di uscire
e di cercare di ricordare quel posto,
che da bambina aveva sempre adorato. E per sua sfortuna fu costretta a
portare
con sé anche Matt. Camminavano incuriositi in paese.
C’era il mercato. C’era
davvero tanta gente.
Ad un certo punto la ragazza
fu spinta ed andò a sbattere contro un
ragazzo.
“E sta
più attenta!” le urlò infastidito.
“Scusami non
l’ho fatta apposta.” Disse lei cercando di scusarsi.
Ma niente quel ragazzo era
proprio insolente e quel suo modo di essere
era fastidiosamente irritante.
“Che razza di
maleducato... è così che si tratta una ragazza!
Certo
che la gente di paese...” Pensò andandosene e
guardandolo con aria di
superiorità. Sam continuò il suo percorso tra le
bancarelle. L’odore degli hot
dog era intenso e Matt cominciava a reclamare di avere fame
così decise che
qualcosa da mangiare non avrebbe fatto male a nessuno. Così
con gli hot dog in
mano proseguirono. Ad un tratto quel ragazzo, forse per restituire il
favore
ricevuto prima o forse solo per divertirsi e dimostrare ai suoi amici
di essere
un duro, giunse alle spalle di Sam e la spinse nello stesso modo in cui
lei
aveva accidentalmente fatto mezz'ora prima. Scivolò a terra
mentre l’hot dog
che stringeva fra le mani andò a finire sulla maglietta dei
leakers di lui.
“Cavolo ma quanto
sei imbranata. Guarda cosa hai fatto alla mia
maglietta.” Disse lui urlando
“Capirai
è solo una maglia.”
“una maglia? Questa
cara mia è la maglia dei leakers. La squadra più
famosa di baseball.” Era proprio arrabbiato mentre
pronunciava quelle parole e
lei rimase impassibile.
“Con un
po’ di detersivo la lavi e tornerà come
nuova.” intanto si era
rialzata in piedi. Si fermò ad osservare meglio quel
ragazzo. Aveva un qualcosa
di molto famigliare ai suoi occhi, ma più lo guardava, e
più non le veniva in
mente nulla.
"E adesso? Che cos'hai da
guardare? Ti sei imbambolata per
caso?" le chiese il ragazzo sventolandole una mano davanti alla faccia.
Lei, tornando con la testa a quella situazione, esclamò:
"Senti tu... invece di
preoccuparti per quella stupidissima
maglia, perchè invece non mi chiedi scusa per avermi
scaraventato a terra poco
fa?"
"Ma non ci penso proprio...
come dice il proverbio... chi la fa,
l'aspetti!" esclamò pungente
"Che cosa?" urlò
Sam "Che significa questo?"
"Tu prima mi sei venuta
addosso!"
"Senti un pò
ragazzino..." disse avvicinandosi minacciosa
"Prima di tutto io non l'ho fatto apposta... e seconda cosa, quella
più
importante, io ti ho chiesto scusa!"
"Sai cosa me ne faccio delle
tue scuse, bambina!"
"Come mi hai chiamata?" eh,
no! quel ragazzo stava proprio
esagerando...
"Dai amico.. ti vuoi muovere?
Non mi sembra il caso di perdere
tempo con le ragazzine ora... abbiamo cose più urgenti da
fare..." lo
incitò un ragazzo da lontano
"D'accordo.. arrivo!" rispose
lui
"Ecco bravo... amico... vai...
vattene dalle bestie dei tuoi
amici... forse tra animali vi intendete!"
"Questo vuol dire che portei
intendermi anche con te
allora!" scherzò il ragazzo. Sam si sentiva esplodere,
avrebbe voluto
tirargli un ceffone. Ma non ci riuscì. Il brunetto si
allontanò, ma non prima
di avergli rivolto un'occhiata e di averle gridato:
"Ci rivedremo, bambina!"
"Te lo do io la bambina!"
pensò Sam guardandolo allontanarsi
"E poi, spero con tutto il cuore di non rincontrarlo mai
più!"
Purtroppo per lei
però, quello era un paese molto piccolo, e che le
piacesse o no, quel ragazzo l'avrebbe rincontrato... e anche prima di
quanto
potesse immaginare!
Verso le sette di sera, lei e
Matt fecero ritorno a casa. La madre di
Sam, Mary, era intenta a preparare la cena. Ormai erano quattro persone
e non
voleva di certo gravare troppo sulle spalle dell'anziana signora. La
nonna di
Sam, invece, stava seduta sul divanetto del salone, e non appena la
vide
rientrare con il piccolo Matt al suo fianco, le sorrise e le disse:
"Samantha, cara, vieni a sederti un pò vicino alla tua
nonnina... come ai
vecchi tempi!" la ragazza, non ne aveva molta voglia, ancora scossa
com'era da quello spiacevole incontro, ma nonostante questo, lo sguardo
tenero
della nonna, vinse su tutto, inclusa l'arrabbiatura.
Si sedette accanto a lei.
"Allora, come é
andata? Il paese era come te lo ricordavi?"
le chiese. Sam non se la sentiva di dirle la verità, non se
la sentiva di
raccontarle cosa era veramente successo. Così, l'unica cosa
che poté fare, fu
mentire
"Certo... proprio carino, come
un tempo... non é cambiato
nulla!" mentì
"Mi fa piacere... sai, temevo
che avendo vissuto per tutto questo
tempo in città, l'aria di paese non fosse più di
tuo gradimento!" ammise
la donna.
Sam ci rifletté su
per qualche istante. Effettivamente avrebbe
preferito rimanere nella sua città, nella sua cara
Memphis... ma purtroppo non
aveva avuto altra scelta.
"Ed hai incontrato qualcuno
che conoscevi?"
"Nonna... non è che
abbia mai stretto amicizia nei pochi mesi che
venivo a stare da te..." anzi, a dire la verità, aveva
sempre preferito
starsene in disparte, a guardare gli altri bambini che giocavano.
"Ora che mi ci fai pensare...
te lo ricordi quel bambino che
giocava sempre con te? Passavate giornate intere nel giardino, ed io vi
portavo
sempre la merenda..."
"Nonna, per favore..."
"Solo che adesso mi sfugge il suo nome... aspetta... ah,
sì... Andrew... tu
lo chiamavi sempre Andy..."
"Mi dispiace, ma non mi ricordo proprio di lui!" esclamò
Samantha
secca
"Ma come? Eravate tanto amici!"
"Evidentemente se non lo
ricordo, non eravamo poi così tanto
amici!"
"Se non sbaglio abita ancora
alla fine di questa strada... subito
dopo il supermercato!"
"Nonna, per favore... non
penserai di..."
"Perché non vai a fargli visita... sarà
sicuramente contento di rivederti
dopo tutti questi anni... e magari avrai un amico con cui passare il
tempo!" Sam la guardò, senza un minimo interesse. La sua
idea non la
animava per niente. "Nonna, svegliati, il tempo in cui giocavo con le
barbie è finito... non sono più una bambina!"
avrebbe voluto dirle. Ma si
trattenne. Non voleva trattarla male, non se lo meritava. In fondo era
stata gentile
con lei. Voleva solo aiutarla... e Sam doveva mostrarle un minino
d'interesse.
"D'accordo, mi arrendo... se
ci tieni così tanto, domani dopo la
scuola, prometto di andare a farci un salto!" esclamò. La
donna le
sorrise. Sam ricambiò. Era bello vederla sorridere, come un
tempo. Mary uscì
dalla cucina e si intromise nella conversazione
"A proposito di scuola... hai
capito dov'è?"
"Certo, non sono una
stupida... subito dopo il parco sulla
destra!"
"Bene..." e se ne
tornò in cucina, soddisfatta.
Il suo primo giorno di scuola
arrivò presto. Uscì di casa, e molto
lentamente si avviò verso la scuola. L'edificio in questione
portava il nome di
Saint Juls. Era un edificio piccolo, ben tenuto, con dei mattoncini
rossi che
ricoprivano l'intera facciata anteriore. La scuola era circondata da un
grande
recinto che conteneva un parco, ben curato, pieno di alberi, cespugli e
panchine. Si sedette su una di queste, e rimase ad osservare il
panorama.
Tantissimi ragazzi scherzavano, ridevano e si rincorrevano tra di loro.
Era
un'atmosfera del tutto strana. Sconosciuta agli occhi della ragazza.
Era
abituata ormai alla sua vecchia scuola. La Columbus,
con il suo cancello bianco, il suo
giardino immenso, e quel piccolo gazzebo nel cortile posteriore. Si
concentrò a
guardare l'abbigliamento di quei ragazzi. Erano pieni di colore, pieni
di vita.
Vita mai vista, mai vissuta da lei. Era abituata alle uniformi grigie
della sua
scuola. A quelle gonne fino al ginocchio con le pieghe ed il righino
azzurro
sul bordo, quelle camicie bianche, e quella cravatta. Era questo il suo
abbigliamento scolastico. Non aveva mai impiegato tempo a scegliere
cosa
mettere per il giorno dopo per la scuola. Infondo, non ne aveva mai
avuto
l'occasione. E doveva ammettere che vedere tutti quei ragazzi, vestiti
con i
loro abiti, allegri, spensierati, poco prima dell'inizio della scuola,
la mise
di buon umore. La campanella prese a suonare, e Sam ben presto si
ritrovò
imbottigliata nella calca di giovani che si apprestavano a raggiungere
le loro
classi. Prese un foglio che le aveva consegnato sua madre la mattina,
dalla
tasca dei jeans. Lesse la classe che le era stata assegnata.
"Aula 37... sezione 3a C!" si
guardò in giro. La trovò quasi
subito. Con molta esitazione entrò. Nessuno si accorse del
suo ingresso. Alcuni
ragazzi erano seduti sui banchi. Altri avevano la testa piegata sui
libri,
probabilmente intenti a ripetere la lezione per quel giorno, altri
invece, per
lo più ragazzine, ridacchiavano tra di loro lanciando ogni
tanto qualche
occhiata ai ragazzi. Sam iniziò a sentirsi a disagio. Odiava
essere al centro
dell'attenzione, ma nello stesso momento odiava essere ignorata. Ad un
tratto
però, un uomo robusto, sulla quarantina fece il suo ingresso
nella classe.
"Silenzio e prendete posto,
branco di belve selvagge che non
siete altro... dove credete di stare? Allo zoo? E voi, lì,
seduti su quei
banchi... vi sembra questo il modo? Un pò di decoro non
farebbe male! E' un
anno che lo diciamo, ma non sembra che voi teste bacate abbiate
recepito il
messaggio!" sbatté con forza la sua borsa di cuoio sulla
cattedra e si
sedette. Sam sentì che quello era il momento migliore per
intervenire.
"Ehm mi scusi..."
"Sì?" il prof si girò dalla sua parte,
così come il resto della
classe. Sembrava che solo allora si fossero accorti della sua presenza.
"Chi é lei mi
scusi?" domandò il professore
"Mi chiamo Samantha Collins...
io sono..."
"Ah, sì... la
novellina... mi avevano avvertito del suo arrivo...
mi dispiace solo che non le abbiano fatto trovare il tappeto rosso
fuori dalla
porta!" rispose in tono acido il professore. Qualche risata si
alzò dalla
classe
"Come scusi?" Sam credette,
anzi, sperò, di non aver sentito
bene
"Non fare la finta tonta...
Ormai vi conosco... voi di città vi
credete dei vip... delle star... soltanto perché avete
qualche supermercato in
più e la vigilanza notturna... solo che poi quando avete
bisogno di un posto
dove rifugiarvi venite ad elemosinarlo da noi!"
"Io... io non capisco cosa
vuole dire..." Sam era
sconcertata. Non si era mai trovata davanti a tanta cattiveria e
freddezza
tutte insieme
"Niente... lascia perdere...
vatti a sedere, e vedi di non farmi
arrabbiare!" e le indicò un punto non preciso della classe.
Sam sospirò,
dopodiché, con il sottofondo dei bisbiglii e delle risatine,
raggiunse un banco
vuoto in terza fila. Si sedette ed iniziò a cacciare i libri
dalla cartella. La
ragazza che sedeva accanto a lei, una ragazza minuta, occhi scuri,
capelli
corti, e tante lentiggini, le porse la mano e disse:
"Piacere, io sono Charlotte... allora è vero quello che si
dice in giro?
Vieni sul serio da Memphis?"
"Sì..." disse
soltanto Sam, ma non le diede più modo di
parlarle. Si girò in direzione del prof, ignorandola
completamente. Che inizio
disastroso. Avrebbe voluto tornare nella sua città
"A Memphis una cosa del genere
non sarebbe mai successa..."
pensò sconsolata. Avrebbe voluto confidarsi con suo padre,
probabilmente era
l'unico in quel momento che avrebbe potuto capirla. Ma in fondo... se
suo padre
ci fosse stato ancora... lei non si sarebbe neanche trovata in quel
paese, in
quella scuola, in quella classe, tra Charlotte e...
Ad un tratto sentì
qualcosa di duro che le colpì violentemente la
testa. Si girò nella direzione di provenienza e lo vide.
Dietro di lei...
"Che ci sei venuta a fare qui?
A portarmi i soldi per la mia
maglietta?"
"Tu? E' incredibile!"
esclamò Sam "E comunque ti
ricordo che la scuola è un luogo pubblico... non
è mica tua!"
"Si ma alle arroganti di
città come te, non è permesso
entrare!" Sam sentì di nuovo la rabbia ribollirle dentro.
Per la seconda
volta quel moretto con gli occhi chiari era riuscito a farla andare su
tutte le
furie
"Vai al diavolo, idiota!"
esclamò, dopodiché tornò a
guardare il professore, cercando di controllarsi.
"Ah, dimenticavo!" disse il
ragazzo. Si sporse un pò dal suo
banchetto fino ad esserle molto vicino,e sorridendole disse: "Benvenuta
a St.
Rose , bambina!"
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