Il canto del rinnovo

di MorganaLuce
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I love him, he will kill me ***
Capitolo 2: *** News ***
Capitolo 3: *** Surprises and tears ***
Capitolo 4: *** Burning love ***
Capitolo 5: *** The strange meeting ***
Capitolo 6: *** The irrevocable contract ***



Capitolo 1
*** I love him, he will kill me ***


                                                  
       Capitolo primo
       I love him, he will kill me




Vengo svegliata da un raggio di luce che penetra dalla finestra della mia camera da letto, sono avvolta da un calore piacevole e familiare che mi fa compagnia ogni notte da qualche mese e che avevo tanto atteso dalla fine della rivoluzione. Peeta è addormentato con le sue braccia forti avvolte al mio corpo, non ha russato questa notte e non si è svegliato per gli incubi, nemmeno io. Studio i tratti del suo volto calmo con le dita, tentando di non svegliarlo. E' strano che sia sveglia prima di lui, che di solito si alza per preparare il pane (una delle cose che lo rilassano di più al mondo) ma aprofitto di questo strappo alla regola per farmi un bagno caldo e preparare la colazione a Peeta. Con cautela mi libero dalla presa di Peeta, esco dal letto e mi dirigo verso il bagno per preparare la vasca. Non sono abituata a farlo, mia madre la preparava per me, ma era solo un modo per riacquistarsi la mia fiducia e io non glielo impedivo, anzi, da quando ho vinto i miei primi Hunger Games ogni sua dimostrazione d'amore e affetto veniva accettata ma non ricambiata. Penso per qualche minuto ai suoi abbracci aspettando che la vasca si riempia di acqua bollente che va a mischiarsi con vari sali da bagno e oli speciali per le mie cicatrici. Quando la schiuma è quasi arrivata all'orlo chiudo l'acqua e mi libero dalla camicia da notte leggera e dalla biancheria intima che lascio sparse sul pavimento del lussuoso bagno. Le bruciature non pizzicano più a contatto con l'acqua bollente e il mio corpo non si ricopre più di un rosa acceso, è una sensazione piacevole. Mi rilasso e giocherello con la schiuma profumata poi con una spugna di mare proveniente dal Distretto 4, regalatami da Annie Cresta, mi strofino via quella poca sporcizia che ho sulla pelle. Passo quei minuti di relax ammirando le pareti piastrellate grigie e azzurre che mi ricordano le sfumature degli occhi di Peeta. Sorrido per un secondo poi mi ricordo di dover preparargli la colazione. Da quasi cinque mesi Sae la Zozza non viene più a prepararci da mangiare, gliel'ho chiesto io poichè non volevo che concentrasse le sue giornate sul nutrire una piccola pazza che non sapeva nemmeno nutrirsi da sola, il che è strano dati tutti quegli anni passati a procurare illegamente il cibo per sfamare mia madre e la mia sorellina Prim. Prim, la piccola Prim, uccisa da una bomba scagliata dal mio migliore amico. La rivedo nelle rose che Peeta ha piantato di fronte a casa, sento la sua risatina nelle fusa di Ranuncolo. 
-Mi manchi- sussurro mentre la mia mente vaga nel suo ricordo. Scuoto la testa per levare quei ricordi se pur belli troppo tristi da sopportare e dopo aver svuotato la vasca e essermi asciugata e intrecciato i capelli per bene, mi dirigo nuovamente verso la mia camera da letto per vestirmi. Appena apro la porta scopro il letto vuoto e ciò significa che Peeta è sveglio e sta di certo già preparando la colazione, cosa che eccezionalmente volevo fare io per lui. Anche dopo il depistaggio non fa altro che prendersi cura di me e ciò dimostra quanto il vecchio lui sia sempre presente, anche se in parte. Mi vesto con una semplice canottiera verde e dei jeans, fuori l'estate si fa sentire, scendo le scale e come previsto in cucina c'è Peeta, intento a impastare, che improvvisamente alza lo sguardo verso di me.
 -Buongiorno- e subito si riconcentra sull'impasto. - Buongiorno, mi hai preceduto, lo sai?- un sorriso spunta sul mio volto e vedo il suo che assume un'aria interrogativa -Cioè?- le sue mani premono ripetutamente sull'impasto che dev'essere del pane alle mandorle che prepara quando è di ottimo umore. Sto ritrovando caratteri presenti nel vecchio Peeta e che credevo fossero persi per sempre dopo il depistaggio e questo non fa altro che riaffiorare le mie speranze di riaverlo del tutto indietro, ma già che rimanga a dormire con me senza tentare di soffocarmi col cuscino durante il sonno è un buon segno. -Volevo preparare io la colazione ma...- non faccio in tempo a terminare la frase che lui mi interrompe con le sue parole dal tono giocoso -ma la vasca da bagno era più allettante, comprendo- mi avvicino al piano da lavoro e appoggio i gomiti sulla superficie avvicinando il viso e quasi sussurro -Falso, signor Mellark- mi ha lanciato una frecciatina e io devo rispedirla indietro. -E allora perchè quando mi son svegliato non usciva un buon profumo dalla cucina ma vapore da sotto la porta del bagno, signorina Everdeen?- anche lui ha avvicinato il viso e imita il mio tono e siamo poco distanti l'uno dall'altra, mi vengono i brividi lungo la schiena. Mi sorride sarcasticamente, poi si distacca dal mio sguardo e torna a maneggiare l'impasto mentre fischietta. Osservo le sue labbra e mi accorgo che mi mancano, mi mancano i suoi baci di cui mi priva ma che prima mi donava generosamente, mi mancano persino i baci dal sapor salato e bollenti dalla febbre nella grotta dell'arena. Mi mordo il labbro inferiore. L'osservo per qualche minuto quando il suo sguardo si alza verso di me, si è accorto che lo sto fissando e di scatto punto gli occhi verso la finestra, il calore pervade il mio volto, sto diventando rossa, ottimo! Lui se n'è accorto e di sicuro mi sta prendendo in giro. -Dato che ti ho preceduto, che ne dici almeno di aiutarmi? Così prima mangiamo meglio è- per fortuna che ha rotto lui il silenzio. Annuisco e preparo una purea di mele mentre lui inforna il pane. Non appena chiude il forno vedo tutti i suoi muscoli irrigidirsi, i suoi occhi azzurri spalancarsi e capisco che sta per avere un episodio. Gli prendo una mano mentre lui, non del tutto ancora perso nel ricordo fasullo, si siede sul pavimento poggiando la schiena al muro e fa  per chiudere gli occhi. -Va tutto bene, Peeta. Non sono un ibrido. Ricorda i luccichii, non è reale, non voglio ucciderti.- gli sussurro mentre con la mano libera gli accarezzo i riccioli biondi, questo solitamente aiuta e l'episodio termina in pochi secondi, ma non ora, sta tremando e mi stringe la mano talmente forte da bloccarmi la circolazione. Schiude improvvisamente gli occhi e gli sgrana, poi mi guarda e quasi ho il terrore che la mia tecnica stavolta abbia fallito miseramente. Libero la mano ormai addormentata dalla presa per paura che possa evitarmi di scappare mentre l'istinto omicida pervade la sua mente avvelenata. Indiettreggio terrorizzata con gli occhi che sento riempirsi di lacrime. Lo sento, sta per attaccarmi, non ho nemmeno il coraggio di scappare nella stanza dove tengo uno dei miei archi e conficcargliene uno nel cuore, ponendo fine alle sue pene e per proteggermi. Ma mi rendo conto che non potrei mai ucciderlo, perchè anche se non ho mai voluto ammetterlo, io amo Peeta.

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Note dell'autrice: Mi presento, sono MorganaLuce, ho 17 anni e non avete idea dell'amore che ci ho messo per scrivere questo primo capitolo. Essendo stata rapita dalla saga di Hunger Games, come tutti voi mi son sentita vuota alla fine del terzo e ultimo libro (Mockingjay- Il canto della rivolta) e perciò ho deciso di condividere quello che secondo me sarebbe potuto succedere prima dell'epilogo. *Ma questi due cristiani riusciranno a copulare prima o poi?* In sincerità vi dico SI', ci riusciranno ma non subito, piccole menticine perverse! Dunque, arrivando ad una conclusione di questa infinita nota (so di avervi già scartavetrato i genitali) vi ringrazio per aver letto questa storia e spero seguiate i prossimi capitoli che seguiranno, recensite ecc ecc. Bye and see you soon :3

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Capitolo 2
*** News ***


Avanza lentamente verso di me mentre trema, sono improvvisamente paralizzata, non riesco a scappare o ad attaccarlo prima che lo faccia lui. Chiudo gli occhi per un attimo perchè le mie lacrime mi offuscano la vista e come li riapro Peeta è a meno di un metro da me con le braccia tese in avanti, ma improvvisamente mi accorgo che non sono io che vuole ma un coltello sul bancone della cucina che di certo non userà per colpire me, questo mi fa agire. -Peeta, no!- urlo e mi getto istintivamente verso di lui tentando di placcarlo e quasi senza accorgermene mi sporgo in avanti e lo bacio intensamente con la stupida idea che questo possa in qualche modo calmarlo. E' quando ha smesso di tremare che mi rendo conto che la mia stupida idea ha funzionato. Mi stacco e vedo i suoi occhi stanchi che mi osservano preoccupati, con una mano mi sfiora i capelli e con l'altra mi asciuga una lacrima dalla guancia destra. Rimaniamo in silenzio a guardarci negli occhi, poi le sue mani mi accarezzano prima le spalle poi la schiena, avvicina il suo viso al mio, ancora rigato dalle lacrime, e mi bacia. Tutto quel tempo in cui ho desiderato le sue labbra senza poterle nemmeno sfiorare per la paura che non mi fosse concesso di farlo e adesso, finalmente, posso riassaggiarle dopo la lunga attesa. Non gli permetto di staccarsi e affondo le piccole mani nei riccioli biondi e approfondisco il bacio, dolce idillio. Sento strusciare tra le mie caviglie e mi rendo conto che dev'essere quella fattispece di gatto quale è Ranuncolo, il gatto più brutto del mondo, il gatto immortale, ma soprattutto il gatto di Prim. Ignoro le sue ricerche di attenzione e lo scaccio via con un piede, non sarà di certo lui a rovinare questo momento e infatti non lo fa. A rovinarlo è un urlo strazziante di una persona torturata proveniente dalla piccola piazza del Villaggio dei Vincitori, ci metto un secondo a capire da chi provviene e la cosa non fa altro che irritarmi più del normale, è la voce di Haymitch. Le labbra si separano con uno schiocco ed entrambi veniano attratti dal rumore inaspettato, le nostre teste si voltano contemporaneamente in direzione della finestra della cucina che affaccia sul vialetto, ci dirigiamo frettolosamente all'ingresso e uscendo dall'abitazione non assistiamo ad una tortura e mi rendo conto che l'urlo è in realtà un canto strozzato che esce dalla rauca gola di un Haymitch, ubriaco fradicio (come al solito) che intona, o meglio dire stona le note di una canzone del 12 che conosco alla perfezione da mio padre. <> Con le braccia spalancate rotea barcollante per la piazzetta di mattoncini grigi, in una mano una bottiglia di liquore verdognolo che io identifico come assenzio, va a scontrarsi con la fontalenna e inevitabilmente perde l'equilibrio e cade nell'acqua spruzzando ovunque. Io e Peeta ci guardiamo e ci vuole un'attimo per capirci, andiamo in suo soccorso, prendendo ognuno un braccio e reggendo a fatica il peso di Haymitch. Dalle undici case del villaggio si affacciano gli abitanti del distretto alla quale è stato reso possibile trasferirsi nelle lussuose case inutilizzate, destinate ai vincitori degli Hunger Games, che assistono alla pietosa scena. Trasciniamo il corpo di Haymitch verso casa nostra e superato l'ingresso del salotto, lo buttiamo di peso sul divano. Peeta gli urla contro -Ti sei bevuto il cervello?- "ne sarebbe capace", penso. Lascio fare Peeta mentre io me ne sto a guardare il volto di Haymitch che si contorce in varie smorfie infastidite, sembra quasi un bambino che fa i capricci. Mi godo ancora un po la scena quando decido che ne abbia subito abbastanza e tento di calmare Peeta, con successo. E' un comportamento strano da parte di Haymitch... non che si sia ubriacato, ma che si sia trascinato fino all'esterno quando preferisce invece rimanersene al buio e nella sporcizia di casa sua. E proprio quando i miei dubbi si fanno talmente forti da voler ricevere una risposta, Haymitch mi precede prima che possa aprire bocca. -Volevo solo dirvi una cosa..- borbotta col fiato palesemente puzzolente di alcol e incantandosi con gli occhi puntati su un quadro poggiato sulla carta da parati verde. Batto fortemente le mani davanti al suo viso per riportarlo alla realtà facendolo sussultare e riprendere il discorso lasciato incompiuto. -Sto aprendo una splendida bottiglia di assenzio quando il telefono squilla, io lascio perdere e tento di aprire la bottiglia che sembra abbia il tappo incastrato. Il telefono per fortuna smette di squillare ma subito dopo...- è incredibile quanto possa essere logorroico alle volte e prima che ritenti di riportarlo tra di noi rincomincia il suo monologo. - quel fottuto telefono torna a fracassarmi i timpani e perciò vado a rispondere per mandare a quel paese chiunque sia tanto ostinato a voler sentire la mia voce e io lo voglio accontentare. Ma appena sollevo il telefono già intento a sputare tutti gli insulti che posso conoscere, una voce stridula comincia a vomitare parole su parole non lasciandomi nemmeno il tempo di capire chi sia.- mi ci vuole un secondo per capire chi possa avere una voce tanto stridula. -Effie!- diciamo all'unisono quasi fosse stato già programmato. -E cosa voleva Effie?- domanda Peeta incuriosito. -A quanto pare c'è una piccola novità: sta venendo qui al 12. Non ho capito perchè andava troppo veloce per me. Quella donna deve avere dei problemi seri.- riporta la bottiglia sulla bocca e Peeta fa per scacciargliela via poi io la prendo e la metto da parte. Questo non sembra renderlo tanto felice. - Non la voglio qui- dice accigliato, portando le braccia conserte sul petto. Lo ignoriamo. Qualche minuto dopo Peeta corre in cucina ricordandosi del pane nel forno, lasciandomi da sola con Haymitch, che sgradevole situazione. Mi osserva mentre il mio sguardo è rivolto verso la porta scorrevole che collega la cucina con il salone, evitando qualunque contatto visivo con il mio mentore.- Che mi dici, dolcezza? Come va con Peeta? Ti sei resa conto che sta vivendo con te solo perchè i dottori gli hanno imposto di innamorarsi di nuovo di te?- ha toccato il fondo ed io non riesco più ad avere il controllo del mio corpo perchè mi alzo dalla sedia in legno di quercia e stringo i colletti della sua camica costringendolo a mettersi seduto. Ho il volto bollente dalla furia.- Ma non mi dire... ora che è indefferente nei tuoi confronti, tu cominci a provare qualcosa di vero per lui? Non è comico quando i ruoli si invertono?- comincia a sghignazzare ed io porto le mani attorno al suo collo, potrei ucciderlo in questo momento, poi ritorno al completo controllo della mia mente e del mio corpo e mi allontano da lui per evitare di dargli davvero il colpo finale. - Non ne vale la pena- dico uscendo dalla stanza, prendendo arco e la feretra e uscendo di casa. Dopo aver chiuso il cancelletto che hanno messo alla recinzione, supero il Prato al cui centro hanno posto un monumento in marmo con tutti i nomi dei caduti durante la rivolta del Distretto 12, tra questi, ovviamente, anche i nomi della famiglia di Peeta. Arrivo finalmente nel bosco alla mia solita postazione e prima di avanzare con cautela per non spaventare la selvaggina, c'è qualcosa che spaventa me: una figura lontana, di spalle, inginocchiata ai bordi del lago. Ha i capelli scuri, è muscoloso e porta un'uniforme blu scuro con scarponcini pesante e non ci vuole un'intelligenza da Distretto 3 per capire di chi si tratti, so bene chi sia quella figura, l'ho guardata per anni e la sto guardando tuttora. ___________________________________________________ *Stronzaggine mode: ON.* Spiace lasciarvi così, ma sto già scrivendo il terzo capitolo. Ovviamente avete già capito di chi si tratta, dai lo so che lo sapete! Non spoilerandovi niente sul prossimo capitolo, mi auguro che questo sia stato per voi soddisfacente per le vostre aspettative. Concludo ringraziando chi ha sorbito i miei vaneggi mentali del primo capitolo e grazie in anticipo a chi apprezzerà questo. ありがとう. 次の章. ^-^

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Capitolo 3
*** Surprises and tears ***


E' Gale, lo riconoscerei ovunque. Ma che ci fa qua? Non voglio nemmeno saperlo, infatti giro i tacchi il meno rumorosamente possibile per non farmi vedere dall'assassino di mia sorella. Nonostante i miei tentativi di fuga silenziosa, sento la sua voce chiamarmi. Non mi volto, ma placo il mio cammino, guardo per terra per evitare la tentazione di girarmi e riempirgli la faccia di schiaffi, ma infine cedo e mi rendo conto che mi ha già raggiunto con il suo tacito passo felino. -Le vecchie abitudini sono dure a morire, non è vero Catnip?- dice indicando l'arco che stringo in mano e sorridendo. Sembra aver messo su qualche chilo in più di salute, è ancora più muscoloso per via dei continui addestramenti che dovrà fare come soldato. I suoi occhi, grigi come i miei, i capelli arruffati scuri come il carbone e la barba ancora più ispida dall'ultima volta che l'ho visto, sono tratti che riconosco sul suo volto e che mi riportano agli anni passati assieme. Una serie di flashback dominano la mia testa ma io li scaccio quasi subito. -Come il tuo vizio di chiamarmi Catnip- rispondo senza enfasi e con espressione gelida. Gale si è accorto della mia scarsa voglia di scherzare, abbassa lo sguardo e nasconde il sorriso per poi farlo riapparire -Così mi spezzi il cuore- dice quasi ridacchiando falsamente. -Che ci fai qui, Gale? Perchè non te ne ritorni da dove sei venuto?- la mia voce si fa ancora più acida. -Avevo nostalgia di casa, volevo vederti...- dice innocentemente. -Bene, mi hai visto, puoi anche andartene. Buon viaggio.- Lo sto torturando, lo so, è troppo da sopportare per Gale, ma se lo merita e non ho intenzione di fare la caritatevole e dargli il bentornato. -Non puoi trattarmi così, Katniss. Abbiamo condiviso troppe cose assieme per buttare il nostro rapporto al vento. Eravamo migliori amici, inseparabili, avevamo dei piani e...- dice con voce supplicante mentre mi insegue nella mia lenta fuga, messa in atto per evitare questa situazione. Si interrompe per qualche secondo con il fiato pesante e dice qualcosa che avrebbe dovuto tenersi dentro. -... io ti amavo, ti amo ancora.- mi fermo, paralizzata. Si pone davanti a me, mi prende il viso con una mano e la solleva. Vedo nei suoi occhi rammarico, dolore, non più rabbia. Quasi senza accorgermene pigia le sue labbra sulle mie, ma quel bacio non mi soddisfa e al contrario di come farei con Peeta, invece di chiederne di più, mi stacco bruscamente e lo spingo via da me. Il suo dolore aumenta, glielo leggo in faccia, ma sarebbe aumentato il mio se non mi fossi sottratta a quel bacio. -Vattene, Gale- sussurro scuotendo dolcemente la testa. -Non posso, non posso rassegnarmi-. -Dovresti- rispondo. -E in ogni caso non posso andarmene, non ancora almeno. Ma non impedisco a te di farlo. Ci rivedremo, Katniss- non abbassa lo sguardo per nascondere il dolore causato dal cuore palesemente spezzato da me, mi guarda scomparire tra gli alberi senza dire niente. Una volta perso di vista tento di affogare quel briciolo di senso di colpa e rabbia per concentrarmi nella caccia, che si prospetta talmente ricca da farmi venire in mente l'idea di donare un po della selvaggina al macellaio e appena decido di aver dedicato abbastanza tempo alla caccia per oggi, torno indietro con la paura che Gale sia ancora lì per pretendere un altro bacio per lui prezioso anche se non ricambiato, ma non trovo nessuno e mi metto l'anima in pace mentre mi dirigo verso la recinzione, la supero e mi ritrovo a camminare tra le case nuove del Distretto 12. La gente non muore più di fame, non soffre il caldo o il freddo torrido, non vive più nel terrore, ma in pace e serenità, finalmente. Io, Peeta ed Haymitch abbiamo donato una grandissima parte dei nostri soldi (troppi e inutili) ai superstiti del distretto, dandoli la possibilità di una vita dignitosa. Ho visto tanta gente del Giacimento che dopo aver ricevuto la generosa offerta, è caduta sulle ginocchia, piangendo a dirotto e mostrando tutta la gratitudine che potevano avere in quel momento e tuttora, quando mi vedono camminare e mi salutano con un sorriso a trentadue denti. Quei momenti mi scaldano il cuore e mi ricordano che dopo tutta la sofferenza che si può subire nella vita, c'è ancora la speranza che non ti fa abbattere. Raggiungo la zona dei negozi e dopo aver consegnato due tacchini selvatici e tre conigli al macellaio, prima di attraversare la solita strada per tornare a casa, vedo uno stabile vuoto sul punto in cui si trovava il negozio dei genitori di Peeta, immagino che il Signor Mellark spasimerebbe per qualche scoiattolo che ho cacciato poco fa, se solo fosse vivo. Il suo corpo è sepolto sotto il Prato come tante altre vittime causate da me. Assaporo ancora per poco quell'immagine per poi distaccarmi e tornare a casa. Mi chiedo se Haymitch sia ancora sul mio divano a lamentarsi come un bambino mentre Peeta tenta di fargli prendere un boccone della colazione. Improvvisamente mi ricordo: non ho fatto colazione, sono uscita in fretta e furia senza avvisare Peeta e non immagino che cosa possa avergli detto Haymitch riguardo alla mia imprevista fuga. All'idea di qualche fraintendimento, mi dirigo verso il Villaggio dei Vincitori con passo più svelto immaginando qualche sfuriata da parte di Peeta. Sono ormai sulla soglia di casa e mi preparo al peggio che per mia fortuna non arriva. Il salotto è vuoto e non c'è puzza di alcol, cosa che mi fa immaginare che il mio vecchio mentore se ne sia andato, ma bensì il dolce profumo di pane che inebria le mie narici ogni mattina. Entro in cucina, anch'essa stranamente vuota, sobbalzo quando sento delle mani che mi stringono in vita e delle labbra che mi siorano dolcemente uno zigomo, mi giro e mi lascio dondolare tra le forti braccia di Peeta, poggiando il lato destro del viso sul suo petto. Sento il suo cuore battere e mi sento quasi cullata da quel tanto dolce rumore, potrei addormentarmi come una bambina al suono di una ninna nanna e infatti mi sento le gambe cedere come se stessi cadendo improvvisamente in un sonno profondo, mi si chiudono gli occhi e l'ultima cosa che mi ricordo è la voce di Peeta che esclama il mio nome. Mi risveglio nel mio letto, Peeta affianco a me che mi accarezza i capelli non più raccolti nella solita treccia, alla mia destra un vassoio con pane, zuppa di verdure, un bicchiere d'acqua e una piccola primula non ancora sbocciata. Con voce soffocata formulo il nome di Peeta che subito concentra la sua attenzione sui miei occhi semi chiusi. -Tranquilla, fai piano, ti aiuto ad alzarti- con forza mi fa sedere, mi sistema il cuscino e mi avvicina il vassoio. -Non hai fatto colazione e sei uscita di fretta. Ora mangia e starai meglio.- E' così premuroso con me, ma i suoi occhi non lo dimostrano, sono ancora troppo lontani da quelli del ragazzo del pane che mi amava, freddi, e questo non fa che ferirmi. Mangio il mio pasto, sentendomi ancora un po scossa, ma poi svuotato il vassoio comincio a sentirmi rinvenire. Mi giro verso Peeta che è rimasto in silenzio a guardarmi mangiare, dietro di lui noto l'orologio che segna le tre del pomeriggio. Ho dormito per tutto questo tempo? Era tempo che non mi sentivo tanto debole da perdere i sensi. -Bene, ti lascio sola, ora stai meglio.- fa per aprire la porta e prima di uscire dalla camera lo fermo. -Peeta...Grazie- ci fissiamo per qualche secondo poi annuisce e socchiude la porta, lo guardo andare via. So che è andato a dipingere nello studio, ne sono certa, io intanto me ne sto qua sul letto e decido di passare un po di tempo leggendo un libro e quando decido di aver letto abbastanza e calcolato che ho impiegato tre e mezzo immersa nel relax, mi alzo con cautela e scendo piano le scale perchè le mie gambe sono ancora un po insensibili. Man mano che scendo gradino per gradino sento delle urla strozzate provvenire dallo studio. Rabbrividisco al pensiero che Peeta stia avendo un'episodio, dato che solitamente ne ha uno per giornata. Che sta succedendo? Perchè sta avvenendo un altro episodio? Non so che fare, vorrei piombare lì dentro e rassicurarlo, aiutarlo ad affrontare le visioni ma allo stesso tempo sono terrorizzata per la mia vita, potrebbe attaccarmi non appena varcata la soglia e strangolarmi, o pugnalarmi con il taglia carte sulla scrivania. Il seguente urlo mi fa agire e spensieratamente percorro il breve corridoio, spalanco la porta aspettandomi un Peeta con gli occhi da maniaco desiroso della mia morte, ma la scena mi lascia alquanto sconcertata. Peeta è a un angolo della stanza con il volto rosso e gonfio dal pianto. Mi piange il cuore a vederlo così, ma ancora non capisco cos'abbia portato a questa reazione. Raggiungendolo riconosco, tra le sue mani sporche di vernice, una tela che mi schiarisce le idee: rappresenta un uomo piazzato che abbraccia un bambino dai ricci biondi, entrambi sorridenti, nello sfondo mi pare di riconoscere un forno a legna. Non è difficile capire la sua reazione. Mi inchino verso di lui e gli stringo forte la testa sul mio petto, poggiando le labbra sulla sua testa. Quelle urla che credevo fossero dovute alla rabbia maniacale, ora si mostrano per quello che realmente erano: urla sofferenti. Osservo ogni dipinto e mi rendo conto che ciò che Peeta ha disegnato per tutti questi mesi non sono solo io versione normale e versione ibrido, non sono solo gli Hunger Games, ma sono suoi ricordi di infanzia, che stranamente, però, non comprendono la madre. Terminati i singhiozzi, Peeta alza la testa e i suoi occhi lucidi incontrano i miei. Quello sguardo mi provoca una strana sensazione, mai provata finora. I nostri occhi si distaccano ma in compenso le labbra si congiungono in un bacio appassionato, sento le sue mani spostarsi velocemente accarezzandomi la schiena, mentre le mie sono affondate nei riccioli biondi. Senza staccarci, Peeta mi prende in braccio di peso e mi trasporta sul divano di velluto rosso. Ho lo stomaco in subbuglio ed una sensazione irriconoscibile, inquietante e piacevole allo stesso tempo. Non mi riconosco, ma riconosco il desiderio nelle dolci labbra di Peeta che si spostano sul collo. _______________________________________________________________________________________________________________________________________________ Note dell'autrice: Ormone in fermento Mode: ON. It's happening? Yeah, it's happening! E Halleluja abbiamo dovuto sopportare i tre libri dove nulla accadeva e dove le nostre menti da ninfomani partivano per la tangenziale. Ora, sì signore posso dirlo, le nostre sofferenze stanno per finire muahahahahah (e anche quelle di Peeta, pora stellina). Here comes a little spoiler: Se credete di esservi liberate di Gale, non cantate vittoria perchè il "bello e dannato" del Giacimento, tornerà a comparire nei nostri incubi, ebbene sì. Un po di giramento di coglioni ci vuole sempre, un po come l'ammore! Detto questo mi dissolvo e scrivo la coputala nel capitolo quarto. Hugs and kisses, folks ^-^ °MorganaLyucè°

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Capitolo 4
*** Burning love ***


-ALLERT: HOT STUFF!- Ho il battito cardiaco accellerato, gli occhi chiusi e la bocca impegnata a scambiare fusioni appassionate con quella di Peeta. Sono in braccio a lui, le mie mani si spostano dal collo ai capelli biondi, le sue mi stringono muovendosi ora dalla schiena fin più in sotto del dovuto. Quel dolce oblio si interrompe con uno schiocco di labbra ma io le cerco ancora. Apro gli occhi, perplessa, Peeta mi sfiora la guancia e studia i miei occhi come se volesse trovare una mia risposta ad una domanda silenziosa ma ovvia. Quando sembra aver trovato quello che cercava tra le mie iridi grigie da Giacimento, mi sorride provocando automaticamente in me un sorriso timido di risposta. Con delicatezza mi solleva e si sdraia sul divano portandomi sopra di lui in una posizione più comoda di quella precedente. Quasi perdo il senso della realtà e mi sento sempre più strana, sempre più morbosa delle sue labbra, del suo tocco e non mi sfama quello che già sta accadendo, voglio di più ma non so precisamente cosa, questa confusione mi intimorisce e continuo a cercare conforto il quel momento di unione. Nonostante il caldo estivo sento un calore piacevole percorrermi sotto la maglietta e carezzarmi la schiena, riconosco le dita di Peeta che rinunciano alla schiena e passano in avanti, sul petto. Non mi sarei mai fatta toccare da nessuno e la mia mente dice lo stesso, ma le mie azioni non concordano. Continuo a non riconoscermi e la preoccupazione sale. Dev'essere lui a farmi quest'effetto, ne sono più che certa, non mi controllo più, mi perdo al suo tocco tra la meravigliosa sensazione che mi assale e la paura incontrastabile. Ho la capacità di non farmi controllare da nessuno ed è sempre stato così prima di Peeta. Lo detesto per questa sua presa al potere del mio corpo e lo amo per la bellissima sensazione che mi dà e per essere riuscito ad ostacolare le mie convinzioni sul mio totale controllo. Non so come e quando è capitato, la mia mente è offuscata, ma ho la maglietta di Peeta tra le mani e con decisione gliela sfilo via, lasciando scoperto il fisico superione. Non mi ero mai resa conto di quanto fosse scolpito, saranno stati di certo tutti quegli anni a sollevare grossi pesi e gli allenamenti degli Hunger Games. Questa mia ultima azione sembra averlo preso di sorpresa e scaturita in lui un fuoco più ardente di quello che provo io. Il suo fuoco sembra aver la meglio sul mio, infatti sembra sia stato attizzato provocando un grosso rogo interno. Ripete l'azione su di me stavolta, lasciandomi solo con un reggiseno di pizzo bianco, non esita a levare anche quello. Le sue mani tornano a stringere i fianchi poi il fondoschiena. Mi ritrovo di nuovo a cavalcioni sopra di Peeta, che adesso è seduto. Con un tonfo le sue scarpe cadono a terra, le mie dita fiorano i suoi addominali e incontrano la cintura dei suoi jeans, esito un attimo poi scaccio i sovrappensieri e sgancio la fibbia, incontro anche il bottone ma trovo difficoltà a sganciarlo. Con una mano, prima impegnata sul mio seno, semplifica il lavoro lasciando a me il solo compito di liberarmi dai pantaloni che getto a terra vicino agli altri indumenti sparsi sul pavimento. Ancora un lieve strato di stoffa ci separa e prima che decida di completare la rimozione di quei tessuti, Peeta sposta l'attenzione sulla finestra -Oh, dannazione.- Scoppio a ridere quando si alza e di scatto chiude le tende lasciando entrare poca luce, ma abbastanza per vedere quello che succede all'interno della stanza. Torna da me, soffoca le risate con un bacio e mi corica sul divano, rimanendo sopra di me. Peeta toglie con decisione gli ultimi indumenti di entrambi lasciandoci nudi. Anche quelle rimanenti risate soffocate si placano dando spazio al totale silenzio, spezzato solo dallo schiocco delle labbra e dai respiri pesanti. Mi accarezza il fianco destro ricoperto di cicatrici poi arriva alla coscia. Con l'aiuto della mano entra in me, spaventata ed eccitata dalle nuove sensazioni che si alternano tra dolore e piacere. Il dolore supera il piacere all'ennesima spinta e il mio volto si contorce. Peeta dev'essersene reso conto perchè si interrompe. -Non sei obbligata a farlo, possiamo smetterla subito.- lo zittisco con un piccolo bacio dandogli così il segnale che può continuare. Il dolore è forte e Peeta continua a fermarsi per pochi secondi prima di riprendere. Apro improvvisamente gli occhi che ho tenuto chiusi per quasi tutto il tempo e mi accordo dell'espressione sofferente di Peeta. E' la prima volta per entrambi, se fa male a me dovrà sicuramente far male anche a lui. Abbiamo subito sofferenze fisiche peggiori eppure questo sembra quasi superarle. Pian piano il dolore lascia spazio completamente al piacere ed io mi perdo completamente in esso. Il battito cardiaco accellerato, il respiro affannato, i lievi gemiti che spezzano il silenzio, le mie unghie che incontrano e infilzano violentemente la schiena di Peeta, i nostri corpi che si muovono contemporaneamente. Sembriamo fusi in un'unica creatura che si muove sinuosamente nella luce. Non fa paura, non assomiglia affatto agli ibridi di Capitol City, è bellissima e ricca di passione. Aumenta il suo movimento una volta che ha preso il controllo della situazione ed è pronta a dimostrare tutta la sua sicurezza. La creatura possiede un manto misto tra il biondo e il castano e la sua pelle è unita in due tonalità: quella che la ricopre maggiormente è quasi pallida e quella più sottile e delicata è leggermente più scura. Abbiamo entrambi la pelle lucida dal sudore, siamo in fiamme, lo eravamo per Capitol City e lo siamo in questo dolce oblio. Non ho mai desiderato così tanto che un momento così bello durasse in eterno, ma c'è sempre una prima volta. Peeta sussurra il mio nome e aumenta l'intensità dei movimenti e proprio come i fuochi d'artificio, so che questo è il "gran finale". Avendo ormai raggiunto l'apice del piacere, Peeta, sfinito, si stacca da me e ci intrecciamo in un abbraccio affettuoso.E' in quel momento che mi sento improvvisamente strana, riprendo piena coscienza della realtà e una valanga di sensazioni spiacevoli mi sotterra, facendomi crollare nella confusione. Ho perso il controllo, non dovevo farlo, mi sento dominata, vulnerabile e non posso credere di aver permesso a un tale momento di debolezza di prendere possesso delle mie azioni e del mio buon senso, facendomi fare cose che non avevo nemmeno immaginato di fare. Guardo Peeta, è soddisfatto, rilassato e affettuoso, non prova le mie stesse emozioni, non si sente in colpa, glielo leggo in faccia e questo mi infastidisce. Perchè sto male solo io? Cosa c'è di sbagliato in me? E' normale che mi senta così? Abbasso lo sguardo e mi viene un colpo: tra le mie gambe c'è del sangue, parecchio sangue. Mi ha ferita, in qualche modo quel sangue è causa di ciò che è appena avvenuto tra noi. Mi disgusto da sola, sono stata così debole e incosciente delle mie azioni, non sarei potuta essere così stupida. Mi metto seduta di scatto, allarmando inevitabilmente Peeta, che da un solo sguardo ha già capito la causa del mio panico. -Katniss, va tutto bene. Katniss, guardami.- mi prende il viso con le mani, creando un contatto visivo. -Non spaventarti, è normale, è assolutamente normale, so che sei spaventata ma devi stare calma, non c'è niente di anomalo.- In qualche modo le sue parole mi rassicurano, è bravissimo a farlo. -L'unica cosa di cui dovremmo preoccuparci adesso è il divano.- dice con un sorrisetto, indicando col capo la chiazza di sangue che ha macchiato il tessuto del divano. Con quel sorrisetto, tutto cambia: mi rendo conto che non c'è stato alcun errore, ripenso a come mi sentivo in quegli attimi, a quanto ho desiderato Peeta e a quanto continuerò a desiderarlo. Sono calma, felice di aver condiviso un momento di tale intimità con il ragazzo che amo. Se non l'avessi amato così tanto non ci sarei mai riuscita, non avrei mai potuto farlo con Gale. Ci rivestiamo e spinti dalla fame decidiamo di preparare la cena, che per via dell'orario avremmo dovuto preparare comunque. Tra i fornelli, ci scambiamo qualche bacio e lunghi momenti d'affetto. Ceniamo, alle volte imboccandoci l'un l'altra. -Un momento, come facevi a sapere la causa di quel sangue? C'è qualcosa che mi nascondi?- dico incuriosita e sospettosa. -Fratelli. I miei fratelli sono la fonte delle mie conoscenze. Qualcosa di utile me l'avranno pur insegnata, no?- ridiamo entrambi e cerchiamo di trovare un rimedio alla macchia sul divano. Andiamo a letto e passiamo il tempo, prima di addormentarci, a coccolarci sotto le leggere lenzuola. Prima di sprofondare nel sonno, mi rendo conto che non ho smesso di sorridere per tutto il tempo. _______________________________________________________________________________________________________________________________________________ Note dell'autrice: Sniaccherata: COMPLETED. Vedo la luce divina, sento i canti degli angeli che intonano soavemente: Halleluja! E ci voleva, dai, ce l'hanno fatta finalmente sti due cristiani a conigliare. Ci tenevo a ringraziare tutti coloro che stanno seguendo la mia storia e recensiscono. Davvero, mi riempite di gioia. Come al solito mi auguro che questo capitolo abbia sodidisfatto le vostre aspettative da maniache sessuali. Piccolo spoiler di routine: Nel prossimo capitolo protrebbero deliziarci della loro presenza Gale, Haymitch (stavolta solo un po brillo) e una sopresina da Capitol City. Con ciò vi saluto e come diciamo noi in Sardegna: A si biri. P.S. Sto andando a Kick Boxing quindi tortura assicurata (per il sacco), ho una treccia laterale e penso proprio che con la mia carnagione olivastra potrei giocare a fare Katniss che si allena per gli Hunger Games. Ovviamente tenendo tutto per me, potrebbero scambiarmi per una disagiata mentale e non potrei biasimarli.

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Capitolo 5
*** The strange meeting ***


Il mattino seguente ci svegliamo assieme e non abbiamo intenzione di abbandonare il letto, così passiamo il tempo a coccolarci e parlare. Mi sembra di riavere il vecchio Peeta, ma non è così, c'è ancora qualcosa nei suoi modi di fare e di guardarmi che mi rammentano che non potrò mai riaverlo completamente, ma dalla scorsa sera si è aperto uno scorcio di speranza. Se il vecchio Peeta non riesce a tornare da me, sarò io a farlo tornare. Non resco a togliermi le parole di Haymitch dalla testa, Peeta è solamente spinto dai dottori a tollerarmi? Non dovrei fidarmi di ciò che dice, ma c'è comunque una parte di me che gli dà retta, odio quella parte. Quindi i baci di Peeta sono falsi e costretti? Sono come quelli della ragazza ubriaca di cui parlava Gale nel Distretto 13: senza significato? Sento la gioia e la spensieratezza createsi la scorsa sera scivolarmi addosso e abbandonare definitivamente il mio corpo. La voce di Peeta, che mi raccontava un'aneddoto della sua infanzia, si fa più chiara ma io non riesco a capire niente di ciò che dice poichè la mia testa è situata altrove. -Katniss, tutto bene?- dev'essersi accorto della distanza dei miei pensieri ma io mento -Sì, certo. Dicevi?- lo guardo negli occhi e cerco una qualche familiarità di quelli che aveva la sera sulla spiaggia dell'arena dell' orologio, ma non riesco a trovare ciò che cerco. Riprende il suo discorso, fisso il mondo fuori dalla finestra e fingo di ascoltarlo annuendo ogni tanto e carezzandogli il braccio che mi stringe, ma rimango comunque assorta in spiacevoli pensieri. Dopo aver fatto colazione ed essermi cambiata i vestiti, esco dalla porta di casa senza esitare e mi precipito nei boschi come al solito. Non riesco a prendere niente, ho la testa troppo occupata per concentrarmi sulla selvaggina. A mani insolitamente vuote resto ad osservare l'orizzonte. Lascio cadere l'arco e la feretra tra l'erba alta e mi siedo ai margini del lago, mi tolgo le scarpe, alzo i pantaloni in modo da non bagnarli e infilo i piedi nell'acqua fresca. Il sole mi picchia forte sulla testa, così mi rinfresco gettandomi un po acqua sulla nuca bollente. Alzo lo sguardo per vedere le rondini che volano nel cielo, poggio la mano destra sulla fronte per farmi da visiera e improvvisamente lo stormo si disfa e fa largo a quello che riconosco essere un Hoverkraft che vola talmente basso da farmi capire che la sua destinazione è proprio il Distretto 12. In fretta e furia mi rimetto le scarpe, raccolgo feretra e arco da terra e mi dirigo con passo svelto verso la recinsione. Superati i cancelli è già possibile udire il brusio causato dalle voci dei miei concittadini e qualche passo più in fondo riesco a scorgere le sagome in movimento verso la piazza, così li raggiungo e le figure si fanno sempre più chiare, appena svolto l'angolo mi accorgo della massa di persone intorno all' Hoverkraft appena atterrato che ha sollevato un sacco di polvere ancora nell'aria. Tra la gente cerco Peeta, ma senza successo. Mentre cerco di farmi spazio tra la folla, qualcuno mi afferra il braccio e mi giro con uno scatto. -Cosa succede, Haymitch? Che ci fa un hoverkraft nella piazza?- non so perchè ma una strana sensazione mi dice che Haymitch sa il motivo del suo atterraggio. -Vieni a casa, dolcezza.- mi dice scontrosamente ma con un tono di voce insolitamente basso. -Haymitch, no. Cosa...?- mi stringe il braccio e con un sorriso orribilmente falso mi ripete: -Katniss. Non fare la sciocca. Vieni. A. Casa. Fidati di me- mi pare difficile farlo, in tutta sincerità, ma annuisco e ci dirigiamo verso il Villaggio dei Vincitori. Di fronte alla casa di Haymitch c'è parcheggiato un grosso furgone verde militare, non mi sono accorta del suo arrivo, strano perchè solitamente quelli fanno molto rumore. Entriamo in casa e veniamo subito accolti da un gran numero di soldati, tra questi riconosco Gale che mi porge un sorriso triste, io rispondo con un secco cenno con la testa. Superiamo l'arco a volta che porta al salone e un'altro gruppo di soldati riempiono la stanza, ma quando si accorgono del nostro arrivo fanno spazio e mostrano una figura femminile di spalle al centro della sala. Non la riconosco fino a quando non si gira e ci regala un grosso sorriso seguito dal una risatina stridula. Come non riconoscerla, è Effie. Certo, è quasi irriconoscibile, non porta più il classico abbigliamento stravagante da Capitol City, ma un semplice vestito bianco stretto in vita da una cinta in pelle. I capelli tagliati a caschetto con una frangia che si interrompe a metà fronte, sono di un bellissimo biondo cenere che mi fanno intuire che i capelli che le ho sempre visto indossare fossero delle semplici parrucche. La pelle è ancora pallidissima ma le lievi lentiggini che le ricoprono zigomi e naso compensano al colore quasi cadaverico. Finalmente riesco a capire il colore degli occhi, prima venivo distratta dai colori accesi delle pitture sul viso. Nocciola, sono nocciola, attornati da lunghe ciglia e ravvivati da una sottile striscia nera vicina allo stacco delle ciglia, sulla palpebra mobile. Le sopracciglia quasi invisibili, tanto chiare. Solo adesso mi rendo conto di quanto Capitol City fosse capace di ravvivare bellezze ma anche nasconderle con maniacali fissazioni modaiole. Guardo Haymitch e sembra che anche lui abbia avuto la mia stessa reazione sorpresa. Sento dei passi arrivare dietro di noi e subito faccio per voltarmi: è Peeta, alquanto sconcertato dalla situazione. -Peeta, finalmente sei arrivato.- dice con voce piatta Haymitch senza neanche voltarsi. -Qualcuno può spiegarmi il motivo di questo richiamo?- dice Peeta ignorando totalmente le parole di Haymitch. -Già, una risposta sarebbe gradita da tutti.- intervengo. -Con pazienza, Katniss. E' meglio se prima ci sediamo e ne discutiamo con calma. Ragazzi, potete andare, grazie.- i soldati liberano la stanza all'ordine di Effie. Avanziamo verso il divano di velluto e Peeta richiama la mia attenzione prima di sedersi, dicendomi con il labiale "Effie" con espressione interrogativa. Io annuisco e mi metto seduta tra Haymitch e Peeta, Effie è sul divano davanti a noi, prende una tazza di the dal tavolino che ci divide e dopo aver preso un sorso, poggia di nuovo sulla superfice di vetro e tenendo lo sguardo basso prende un grosso sospiro. -Come voi ben sapete, alla fine della rivoluzione c'è stata una riunione dei vincitori, alla quale voi, ovviamente, avete partecipato e affrontato importanti decisioni, tra cui...- riprende un grosso sospiro. -Tra cui quella degli Hunger Games con i bambini di Capitol City, o almeno i nipoti e i figli dei maggiori esponenti della capitale. Certo, lo scopo è quello di far ripagare con la stessa moneta l'ingiustizia subita, questo è chiaro, ma non credete che ce ne siano stati abbastanza? Insomma, solo ora abbiamo compreso l'atrocità che mettevano in atto, molti non sapevano, i bambini di Capitol non capivano che i tributi erano esposti ad una cruda morte, sono cresciuti con l'idea che fosse un semplice intrattenimento, che non fosse reale, sono cresciuti non capendo la gravità di quella sofferenza trasmessa. E... sono cresciuta anche io in quel modo. Ma ora è tutto più chiaro, voi sapete che cosa si prova dentro l'arena, perchè non avete posto fine a tutto ciò?- riprende un sorso di the. - Beh, in ogni caso è già fatta. Il progetto di Alma Coin sarà messo in atto, adesso bisogna solo attendere il consenso definitivo del presidente Paylor, che ci sarà dato oggi stesso. Nessun commento?- Rimaniamo in un silenzio imbarazzante per qualche minuto quando a romperlo è Haymitch. -Che diamine hai fatto al tuo aspetto?- lo sguardo di Effie si alza fulminante verso Haymitch che intanto ha in faccia un fastidiosissimo mezzo sorriso. -Per tua informazione le cose a Capitol sono cambiate radicalmente, anche se non vivo più lì, oramai.- -Cosa? E dove vivi adesso?- domando incredula. Ho sempre visto Effie come una "capitolina Doc" che non si sarebbe mai e poi mai spostata dalla sua città. -Distretto 4, cara Katniss. Vedo spesso tua madre, si occupa della gravidanza di Annie Cresta, non sapevi?- dice con espressione dolce. -E a proposito, non le manca molto per partorire. -Per favore protreste evitare di parlare di gravidanze? Grazie.- interviene Haymitch, fuori luogo come al solito, mentre si versa del whiskey in un bicchiere, poi valuta il contenuto e dopo averlo ingerito prende l'intera bottiglia e torna a sedersi in modo scomposto. -Sta zitto Haymitch- reagisce scontrosamente Peeta, ma Haymitch risponde pacatamente -Sta calmo figliolo, riponi gli artigli.- -Cosa succede a Capitol City, Effie?- riprende Peeta. -Come, non sapete?- domanda riferendosi a me e Peeta. Noi scuotiamo il capo. Prende dalla borsetta affianco a lei un giornale arrotolato e ce lo porge. Subito lo apriamo e ci accorgiamo dei titoli degli articoli che variano dalla moda all'attualità. E' un classico giornale di Capitol, con la sola differenza che le ragazze raffigurate non indossano più i soliti abiti sfarzosi, ricchi di accessori, ma abiti più semplici, sempre di grossa particolarità e ricchi di colori, ma decisamente più di mio gradimento. Haymitch non si risparmia il solito commento aspro -Wow, moda. E' questo che ha portato la rivouzione? Pff- e subito riattacca le labbra al boccale. Lo ignoriamo. Passiamo il tempo a raccontarci ciò che è accaduto in questi mesi di distanza e arriva l'ora di pranzo, così decidiamo di spostarci a casa nostra, decisamente più gradevole di quella di Haymitch, che intanto è crollato in un sonno profondo, ancora con la bottiglia vuota in mano, non lo disturbiamo e lo lasciamo sul suo divano. Dopo il pranzo e alcune chiacchere, riceviamo la visita inaspettata di alcuni soldati tra cui Gale e dietro di loro, una figura insaspettata: Il Presidente Paylor. _______________________________________________________________________________________________________________________________________________ Nota dell'autrice: Ho voluto concludere così il capitolo che altrimenti sarebbe stato troppo lungo. Come avete capito voglio dare risposta a un grande punto di domanda che ci ha lasciato la Collins alla fine dei libri: che stracacchio si fa con i famosi ultimi Hunger Games?! E' una domanda che mi tromenta da tempo! Per quanto possa dire, sono felice di questa versione acqua e sapone di Effie, la immagino come la cantante dei Sixpence None The Richer, ergo una figona coccolosa. Chiedo infinitamente perodno per il lasso di tempo che vi ho lasciato aspettare prima di terminare questo capitolo, ma ero strapiena di studio salvaculo per evitarmi il debito ;) Hope you enjoy this chapter, hugs and kisses. Yours, MorganaLyucè <3

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Capitolo 6
*** The irrevocable contract ***


Capelli raccolti, tailleur beige e figura giovanile; così il presidente Paylor si presenta ai nostri occhi. Subito dietro di lei: Plutarch Heavensbee, suo segretario della comunicazione, che mi sporge un gran sorriso. E' passato così tanto tempo dall'ultima volta che ci siamo visti e non nelle migliori circostanze. Sento la mano destra di Peeta che cerca la mia e io la stringo. E' irrigidito, sento dalla sua stretta che trema. Mi giro verso di lui e vedo che il suo torace si gonfia e si risgonfia dai respiri profondi che sta prendendo, non dev'essere semplice per lui rivedere volti che non vedeva dalla rivoluzione, la cosa deve turbarlo. Gli carezzo il braccio in modo da calmarlo e farlo rilassare un po. Anche se sono impaurita dal fatto che Peeta finga solo di amarmi come una volta, il mio tocco lo rassicura e il tremore diminuisce. Ci sediamo tutti e la conversazione parte chiara e senza indugi. -Come ben sapete questo non è un compito semplice per me. Dare conferma o no per un'atrocità simile è devastante per la mia psiche, ma è mio dovere e non posso tirarmi indietro. Certo, se dipendesse esclusivamente da me, porrei subito fine ad ogni singola forma di Hunger Games- sospira prima di rincominciare a parlare.-Ma purtroppo Alma Coin era astuta, piuttosto astuta, direi quasi un'astuzia alla Snow.- -Che significa?- la interrompo io. -Katniss, la Coin, come te lo posso spiegare, aveva bisogno di legittimare per iscritto l'accordo preso con i vincitori. Voi... avete firmato, per caso, qualche documento che approvasse lo svolgimento dei giochi?- riprende Plutarch. In sala solo silenzio per l'ultima domanda, lancia un'occhiata alla Paylor e continua la sua spiegazione. -Come immaginavo. Abbiamo ritrovato un documento con la firma del presidente Coin, nella quale dichiara irrevocabile l'iniziativa degli ultimi Hunger Games per i bambini di Capitol City. E inoltre dichiara che un documento con le firme dei vincitori, in accordo con lei, fosse in suo possedimento esclusivo, situato in un posto di sola sua conoscenza. Ora, Katniss, so che quando hai scoccato quella freccia verso Alma Coin non eri del tutto lucida, ma ti assicuro che ci hai inconsciamente salvati da un'altra eventuale dittatura.- Faccio un cenno incerto con la testa per ringraziare, ma non son sicura che ci fosse qualcosa da ringraziare, in ogni caso risponde al mio gesto. Guardo di sfuggita Effie, sembra sconcertata, ora che è senza tutta quella tinta in vivo, riesco a riconoscere meglio le rughe di espressione. -Perchè avrebbe dovuto farlo?- chiede Peeta. -Cioè, aveva già avuto la risposta che si aspettava.- -Come ho già detto era astuta e a quanto pare voleva questi ultimi giochi quasi in maniera maniacale. Sapeva che i venti sarebbero cambiati e che per voi rivedere ciò che avete vissuto in passato non sarebbe stato semplice e probabilmente vi sareste quasi dimenati per rimangiarvi la parola e fermare i giochi.- -Si aspettava davvero tutto questo? E' assurdo.- dico. -Davvero credevate che la sua proposta fosse messa così su due piedi in poco tempo?- dice Plutarch con un sorrisetto sbilenco e la Paylor continua: -Progettava questi giochi da prima della ribellione e anche prima dell'Edizione della memoria.- Si gira improvvisamente verso Gale che le porge una cartella blu e lei a sua volta la porge verso di noi. Peeta la apre, mostrando il suo contenuto. Un documento plastificato contraddistinto con l'inconfondibile stemma dorato della capitale in alto al centro del foglio; in basso a sinistra la firma scritta chiaramente da una penna stilografica della Coin, piano piano leggo le parole battute a macchina. Provo un senso di disgusto. Nel documento ci sono i nomi e foto di figli, nipoti di importanti esponenti politici sostenitori di Snow, riconosco i cognomi; e le coordinate per raggiungere una certa località, ma non riesco a leggere di che luogo si tratti perchè distolgo lo sguardo dal documento per concentrarlo in un altro che Peeta tiene in mano. C'è solo un progetto. E' un'arena. In un angolo del foglio ci sono le stesse coordinate del foglio precedente e anch'esso è munito di stemma. La situazione prende improvvisamente un senso. -Non capisco. Tutte le arene sono state distrutte, no?- dico. Plutarch non si leva quel sorrisetto sbilenco e annuisce. -Tutte quelle segnalate dal Distretto 13. Le posizioni delle arene sono sempre state ignote, fino a quando qualcuno del 13 non si è infiltrato abilmente negli uffici segreti nella Capitale e ha fornito ai ribelli, o almeno al capo dei ribelli del 13, le coordinate per raggiungerle. E' così che si scoperto dove si trovava quella usata nell'Edizione della Memoria.- -Credevo fossi stato tu, in quanto stratega, ad aver fornito loro il punto in cui si trovava l'arena.- dice Peeta con aria interrogativa. -Quando sono stato nominato stratega, Snow faceva fatica a fidarsi persino di se stesso, data l'aria di ribellione che tirava.- si fa serio Plutarch. -Ognuno era ai ferri stretti per cui ogni contatto esplicito con i ribelli sarebbe stato fatale per me, non credi? Quando ho saputo quale arena si voleva usare per i giochi, l'ho segnalato ai ribelli, attraverso un certo codice, a mio rischio e pericolo.- -Quindi Alma Coin non vi ha mai rivelato le posizioni?- dico. La Paylor e Plutarch fanno cenno di no con la testa. Era talmente sicura della riuscita della rivoluzione che aveva giù progettato la sua vendetta. Era una donna sicura, sapeva ciò che voleva, non la si prendeva in giro, e questo me l'ha dimostrato da subito. -Quando avete ritrovato i documenti?- chiedo. -Meno di un mese fa. Li abbiamo controllati e ricontrollati per avere la certezza del loro significato e cercando disperatamente lacune. Non abbiamo trovato nulla, purtroppo.- risponde la Paylor. Peeta ripone la cartella sul tavolo e Paylor la restituisce a Gale, freddo, come al solito. -Credevamo che bastasse un semplice "no" per porre fine alla situazione, poi ci siamo ritrovati tra le mai questo.- la sala cala in un silenzio gelido. Tutti hanno già capito qual'è il responso. -Non possiamo fermare i giochi.- dice gelidamente la Paylor. Peeta sospira e si gira verso la finestra. -Mi dispiace, ragazzi.- dice Plutarch. Mi dispiace per Peeta e per Effie che sembrano distrutti dalla notizia, ma io rimango dello stesso parere della riunione dei vincitori al Distretto 13, questi giochi si faranno, per Prim. Voglio che soffrano quanto ho sofferto io nel veder assassinare mia sorella. Voglio che soffrano come le famiglie dei tributi al suono del cannone e davanti all'immagine delle salme dei loro figli uccisi. Voglio che impazziscano come Annie, che si diano all'alcool come Haymitch, voglio che sentano il dolore delle torture di Peeta, che non riescano a riconoscere i loro amati e che tentino di ucciderli brutalmente con le loro stesse mani. Devono sentire quello che ho sentito, quello che mi hanno fatto provare a sedici anni nell'arena, a diciassette durante la guerra e adesso, a diciott'anni voglio la mia dovuta giustizia. Sento la rabbia scorrermi nelle vene, sono assetata di vendetta, il fuoco che avevo dentro si sta riaccendendo, ma le fiamme si affievoliscono non appena i miei occhi incontrano l'azzurro di quelli di Peeta. Mi accorgo di stringergli troppo forte la mano e allento la presa. Mi calmo. _______________________________________________________________________________________________________________________________________________ Note dell'autrice: So cosa pensate. Katniss è una rancorosona di merda, scherzo! Suvvia, dopotutto gli hanno solo ucciso la sorella, l'unica amica che aveva, le hanno depistato il ragazzo che ama, spezzato l'esistenza, ma che sarà mai. Ecco, dato che sono sadica volevo non solo deliziarvi dell'assidua presenza di Gale "Sòfreddosòbellosòfotomodello", ma anche farvi bruciare gli occhi alla lettura del nome "Alma Coin" che anche da crepata deve farsi sopportare. Mentre leggevo Mockingjay mi saliva un nervoso assurdo ogni volta che diceva qualcosa. L'odio. Ma nonostante ciò dovevo per forza inserirla nella storia, è una spina nel fianco troppo dura da togliere. Bueno, sperando che il capitolo sia stato di vostro gradimento, vi invito a recensire in tanti. Accorrete, accorrete! P.S. Non so voi ma a me sto sito (mi riferisco a questo: http://www.thehungergamesexclusive.com/intl/it/1) sta letteralmente portando al tilt totale. A proposito, sostengo che Julianne Moore sia davvero una bomba come Presidente Coin. Se prima l'amavo incondizionatamente, dopo aver visto il film la detesterò a morte, credo. Per non parlare delle BTS (Behind the scene) dell'attacco di Peeta a Katniss. Fottuti FEELS, ce ne sono troppi, non va bene, non fa bene alla salute. Ma, okay mi sto dilungando troppo, vi saluto e vi ringrazio. Kisses!

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