In Nome del Re

di Lady Guineviere di Camelot
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


a

In nome del Re

 

E

Capitolo

1

Inghilterra, 1068

 

<<P Partirai con Lord Devereux, tra due settimane, assieme ad una scorta armata che ti condurrà sana e salva a Londra. Là ci sarà anche tua madre, e se le nostre truppe riusciranno ad intimorire i sassoni, vi raggiungerò entro breve >>.

Le parole di mio padre, mi fischiavano nella mente, come il ritornello di una canzone, senza capirne il significato. Davanti a me, vedevo il nulla, ma molto probabilmente, ci doveva essere mio padre, con la faccia di chi aspetta una risposta.

Sfortunatamente, dentro di me, non ne avevo alcuna. Il mio cervello, si era bloccato sul quel nome pronunciato dalla bocca di mio padre: Devereux.

Un brivido di terrore e ripugnanza mi attraversò da capo a piedi;

Come poter dimenticare, il primo cavaliere del re, che dopo avermi salvato da due aggressori, mi ha letteralmente sbattuto a terra, e senza guardarmi in faccia, se n’è andato via, lasciandomi sola in mezzo ad una piazza?

Se sarà lui ad accompagnarmi sino a Londra, al primo dirupo, mi ci farà cadere dentro. Non è quello che si può definire "cavaliere" dall’animo buono e dall’armatura splendente.

Io lo vedovo più come un barbaro ombroso e scorbutico, dai modi rudi e assolutamente intrattabile.

E pensare, che tutte le dame di corte stravedevano per lui: lo definivano "virile".

Bhè… questo non potevo negarlo. Era molto alto, con ampie spalle e un petto muscoloso. La pelle leggermente abbronzata, ed il viso incorniciato da capelli neri e completato da due profondi occhi verdi.

Questo però non bastava, per definirlo "accettabile". Forse, se si limitasse a stare fermo e con la bocca chiusa…

<< Isabeau… mi hai ascoltato? >>.

Sentivo in lontananza, la voce burbera di mio padre, e lentamente i pensieri che affollavano la mia mente, si dissiparono, riportandomi alla realtà: l’enorme sala da pranzo, col camino accesso che scoppietta allegramente, e mio padre di fronte a me, che mi scruta preoccupato.

<< Perdonami padre… stavo riflettendo su un dettaglio riguardo alla mia scorta >>. Cercai di buttare sul vago, sperando di riuscire ad aggirare le barriere di mio padre.

<< Dettaglio? E potrei sapere quale sarebbe? >>.

<< Bhè… mi stavo domandando come mai, sua maestà il Re, abbia voluto assegnarmi il suo… >>, m’interrupi a metà frase, non riuscendo a trovare un aggettivo abbastanza adatto, a quella specie d’orco. So bene, quanto mio padre adori quell’uomo, perciò devo stare bene attenta alle parole che uso, per riuscire ad ottenere ciò che voglio.

<< … il suo… valoroso cavaliere. Non dovrebbe essere in mezzo alla battaglia con lo spadone sguainato, a tagliare gole? >>.

<<Ma cheriè, sai bene quanto il Re, tenga alla nostra famiglia. E quando ho espresso il desiderio di portarti al sicuro a Londra, mi ha subito offerto il meglio per la tua protezione. Inoltre, sembra che ti abbia trovato un importante pretendente… >>.

Pretendente? Speravo di aver udito male. Erano quasi sei mesi, che finalmente, ero riuscita a togliermi dai piedi quei boriosi ometti, ed in particolar modo, quel damerino albino che non faceva altro che darmi il tormento. E ora, mi ritrovavo da capo, se non peggio, dato che dubitavo, che mio padre, mi facesse negare un volere del re.

Con un po’ di coraggio, osai chiedere: << Chi sarebbe questo…pretendente? >>.

<< Tranquilla… niente a che fare con quel désagréable di Victor. Questa volta si tratta di una persona d’alto rango, in altre parole del cugino del Re >>.

Questa volta si, che sono nel letame… e ora che faccio? Ovviamente, avevo le solite due possibilità: uno, mi sposo con questo neuf sigisbée. Due, mi cerco un altro sigisbée e me lo sposo.

Ok… c’è una terza alternativa?

 

Ancora mezza giornata a cavallo, e finalmente raggiungeremo il castello di Ingelwald. Io e i mie uomini siamo in viaggio da più di una settimana, e non vediamo l’ora di poter mangiare qualche boccino di selvaggina, della buona birra, e riposare su un comodo giaciglio, che non sia un tronco o un prato umidiccio.

Mentre, faccio rallentare il cavallo, mettendolo al trotto, osservo dall’altura su cui ci troviamo il panorama sottostante: un immensa distesa verde, che si estende sconfinata oltre le colline a nord.

Tutto sommato, l’Inghilterra non è poi così male. È molto vasta, si trova in un punto strategico e ha possedimenti un po’ ovunque. L’unica cosa è il clima, che non sembra essere molto solare, ma anzi, lo definirei "umidiccio".

Basta una sola goccia di umidità inglese, per farti sentire appiccicoso e bagnaticcio per un’intera giornata.

<< Thomas! >>. Mi giro sentendo qualcuno che mi chiama, e vedo Percival, che in fondo alla fila, si dirige al galoppo verso di me.

<< Percival… che succede? >>.

<< Niente, avevo solo voglia di venire qua, e darti un po’ il tormento. Questo posto mi annoia… >>.

<< Allora ti consiglio, di cominciare a fartelo piacere, perché sarà l’unico che vedrai nuovamente tra due settimane >>.

<< Non vorrai veramente scortare quella mademoiselle, sino a Londra? Abbiamo altro da fare… come per esempio difendere quest’enorme possedimento dalle mani dei sassoni >>.

<< Il Re, ci ha ordinato di scortare una certa… non so chi, a Londra. Noi lo faremo, e tu, verrai con me >>.

<< Sapevo che lo avresti detto… >>.

Il malcontento di Percival, non faceva altro che aumentare il mio. Credeva che facessi i salti di gioia per questa "missione"? Se così si poteva definire…

L’idea di fare da balia, ad una donnetta capricciosa, non era quello che esattamente avevo in mente. Fortunatamente, avevo preso con me Lionel, almeno lui ci sapeva fare con le donne, io invece, credo proprio che perderò la pazienza al primo lamento.

Sono comunque certo, che dopo una o due delle mie sgridate, le petite fleur non darà più problemi, durante il lungo viaggio che ci aspetta.

Senza rendermene conto, era già arrivato il crepuscolo, ed in lontananza si stagliava la sagoma della fortezza, che si erge su un’altura verde. Finalmente, siamo arrivati.

Euforico, sprono il cavallo, partendo ad un galoppo sfrenato, mentre dietro di me, i miei uomini m’imitano, seguendomi.

Sapevo di non poter tenere quell’andatura per molto, ma quei cinque minuti di libertà, mi sarebbero serviti per sopportare al meglio quel compito ingrato che mi aspettava, non appena avessi varcato le soglie del castello.

In ogni modo, sapevo anche di poter rivedere un mio caro amico: il duca di Lodegrance, lord Beauregard D’Arcy.

<< Mio caro Thomas, felice che tu sia giunto sino a qui integro. Avete incontrato qualche banda di ribelli? Ho saputo che ce ne sono in giro parecchie, da quando quel tizio è riuscito a far evadere di prigione tutti quei traîtres>>.

<< No, è stato un viaggio abbastanza tranquillo. Solo due o tre incursioni, avvenute nei pressi di Nottingham. Posizione molto strategica essendo ricca di boschi. Però sono convinto che lungo il percorso ci siano state altre bande, ma davanti ad un numero così esiguo di cavaliere ben armati, non hanno avuto il coraggio di attaccare >>.

<< Si, penso anch’io mon ami. Dunque… devi essere piuttosto stanco e anche i tuoi uomini. Ho assegnato ad ognuno di voi una stanza, quando vorrai ritirarti t’indicherò la tua >>.

L’offerta era piuttosto allettante, dopo un giorno pesante di cavallo, ma prima di ritirami avevo bisogno di più informazioni riguardo alla pulzella, che avrei dovuto scortare.

<< Perdonatemi Beauregard, ma vorrei sapere delle jeune dame di cui dovrei occuparmi a breve >>.

<< Ah, sì. Si tratta di mia figlia Thomas, Isabeau. Non dovrebbe darvi problemi, ma ha un caratterino piuttosto vivace. Con un po’ di polso e mano ferma, gli farete capire chi comanda >>.

<<Une pouliche vivante… besoin savoir mettre la selle>>. (una puledra vivace... bisogna saperle mettere la sella)

<<Magnifique Thomas, vous ètè l’apprivoisé que ce voux>>. (magnifico thomas, vosi siete l'addestatore che ci vuole)

 

Mi ero appena svegliata quando, scendendo la lunga scalinata, trovai nella sala grande, il lungo tavolo occupato da aitanti cavalieri, che ridevano, tracannavano birra dai boccali e si davano pacche sulle spalle.

Lentamente scesi gli ultimi due scalini, e quando fui bene in vista al centro della sala, improvvisamente, tutto quel vociare violento cessò, ritrovandomi diverse paia d’occhi, puntati addosso.

Non sapevo esattamente cosa fare, ma anche se ne avessi avuto una minima idea, dubito che sarei riuscita a fare qualcosa: ero come pietrificata.

<< Isabeau… ma fille, vieni avanti e fai compagnia ai nostri nuovi ospiti >>.

La voce di mio padre, mi permise di riprendermi, e lentamente, riuscii a raggiungere il mio posto a tavola, alla sua destra.

Alla sua sinistra invece, c’era quel borioso di lord Devereux, che mio padre non tardò a presentarmi.

<<Ma cheriè, ti presento il Barone Thomas Devereux. Colui che ti scorterà sino a Londra, e questi altri ragazzi lo accompagneranno. Sono certo che lo troverai piuttosto piacevole >>.

Certo… come un’ortica sulla lingua! Non si era nemmeno voltato quando sono entrata, e nemmeno ora che mio padre lo sta presentando.

Dopo aver ingoiato un altro sorso d’idromele, vedo che lentamente volge il volto verso mio padre, ignorandomi ancora una volta.

<< Non esagerare Beauregard! Non sono esattamente quello che si può definire un buon intrattenitore >>.

Come potergli dare torto. A quella battuta, un uomo in fondo al tavolo si alza in piedi, e urla: << Ma come Tom? E le madames rencontre dans la vie... mi pare tu le abbia intrattenute bene! >>.

Ecco, ci mancava pure questo. Oltre che ad essere un’insopportabile villano, è anche un puttaniere. Userà le mie vesti, da donare alle "sue signore", che gli hanno donato notti di fuoco.

Risate su risate si espandono per tutta stanza, seguite poi da altre battutine volgari, rivolte al qui presente "stallone da monta".

<< Ah, ah, ah! Thomas… da te, mi aspettavo di peggio! >>, riesce a dire mio padre tra le risa, mentre gli da una pacca sulla spalla.

<< Se alludete che io abbia intrattenuto solo dames de la nuit, vi sbagliate di grosso >>.

Dicendo questo, per la prima volta, mi guardò con quei suoi incantatori occhi verdi, facendomi l’occhiolino.

Credeva davvero di potermi raggiare così?

<<Monsieur, je me demandais comme votre ego, il pu passer de la porte>>. (signore, mi domandavo come il vostro ego potesse passare dalla porta)

<<Mademoiselle, vous faites attention à ce que vous dites. De ce qui m'ont dit, vous avez la langue longue... il pourrait vous mettre dans les ennuis!>>. (signorina, fate attenzione a quello che dite. da quello che mi dicono, voi avete la lingua lunga... potrebbe mettervi nei guai!)

<<  Oh... pauvre cavalier! Il mettrait dans les ennuis peut-être, vous. Ops, mais que je dis: est-ce que vous êtes Thomas l'Invicibile, de qu'ennuis vous auriez peur vous? >>. (oh... povero cavaliere. metterà nei guai voi probabilmente. ops, ma che cosa dico: voi siete Thomas l'Invincibile, di quali guai avete paura?)

<<Attente à ce que vous dites femme! J'ai peu de patience, et... votre beau visine ne m'empêchera pas de vous tirer sur les jupes et vous donner une belle tape, sur votre derrière sculettante!>>. (attenta a quello che dite donna! ho poca pazienza e... il vostro bel faccino non m'impedirà di tirarvi su le gonne e darvi una bella pacca sul vostro sedere sculettante!)

<< Alors... je vous attendrai avec anxiété, mon monsieur!>>. (allora... vi attenderò con ansia mio signore)

E detto questo mi alzai di colpo dalla sedia, sbattendo rumorosamente sul tavolo il mio calice. Chi si credeva di essere, per poter parlarmi a quel modo?

 

Ma chi si crede di essere, quella femmina, per poter parlami in quel modo? Due giorni con me, e imparerà a stare al suo posto. Non tollero che mi si manchi di rispetto, e lei ha superato ogni limite.

Non ho mai visto una donna così focosa… è davvero la puliche vivante di cui si parlava.

<< Ha un bel caratterino, non vi pare Thomas? >>, mi domandò Lionel, che era seduto a poca distanza da me. Ci mancavano solo le sue sfrecciatine.

<< Non sono dell’umore adatto per comprendere la vostra fredda logica sir Lionel… >>.

<< Oh, non è fredda logica… ma rammentate almeno questo: ils prennent plus mouches avec le miel qui avec le vinaigre! >>.

<< State insinuando che sarei stato io a comportarmi male? >>.

<< Tirare su le jupes ad una mademoiselle, non mi sembra un bell’inizio! >>.

<< Ne ho abbastanza. Vado a farmi un giro… >>.

Ci mancava solo la predica da Lionel. Lui non sa cosa voglia dire per me, essere nei miei panni;

Sono il primo cavaliere del re, ho dei doveri verso la corona e Dio. Ho prestato un giuramento, e nulla, nemmeno due occhioni viola, mi allontaneranno dalla mia missione.

Quegli splendidi occhi viola, gli ho già visti da qualche parte… ma dove?

Ora rammento: due anni fa, a Londra. Dopo un torneo da cui uscii vincitore, mi ero incamminato verso una locanda per festeggiare, e da un viottolo provenivano delle urla. Mi avvicinai sguainando la spada, e vidi due uomini cercare di violentare la vivace Isabeau… gli teneva pure testa. Io intervenni e loro scapparono a gambe levate come due conigli. Issai la ragazza sul cavallo e galoppai verso la piazza. Durante quel breve tragitto un’intensa fragranza di rosa, mi avvolse intorpidendomi i sensi. Sconvolto dall’effetto che poteva farmi, quest’innocua mademoiselle, la feci scendere un po’ bruscamente, e senza dirle una parole me ne andai.

Chissà se anche lei, rammenta ancora quel nostro fugace incontro? Io non pensavo di ricordarmelo così nitidamente;

Posso dire con certezza, che quel giorno portava un vestito in broccato lilla, che la fasciava come una seconda pelle. Sui capelli mogano, annodati in una treccia lunga sino ai fianchi, portava una coroncina di filigrana molto semplice…

Accidenti, mi sto rammollendo come un enunco! Guarda, mi sembro uno stupido innamorato, colpito dalla freccia di Cupido, che rincretinito per bene, passa le sue giornate a pensare alla donna amata e a sospirare.

Non posso diventare così, perché io non ho tempo per l’amore. Io devo pensare a come eseguire gli ordini del mio Re, a come difendere gli innocenti, e far rispettare la legge, tutto in nome del Re.

Quando verrà il mio momento, di metter su famiglia, sarà il mio Re, a trovarmi la giusta ragazza che si confà al mio stile di vita.

Volsi un’ultima volta lo sguardo al panorama, perdendomi nell’immensità di quel verde, e cercando di spaziare oltre l’orizzonte.

Improvvisamente un raggio di sole, mi inondò il viso di calore, suggerendomi che oggi era una bella giornata per allenarsi con la spada, o magari tirare un po’ con l’arco.

<<Mon petite choux… non siate così imbronciata. Dopotutto quell’uomo non ha fatto altro che tenervi testa. E sia lodato il Signore, se esiste qualcuno che riesca farlo! >>. (mia picollina)

<<Nourrice-moi! Non posso credere che prenda le parti di quel galletto impettito! >>. (nutrice mia)

Non potevo credere che la mia fedele balia e nutrice, sia stata colpita dal fascino di quel borioso. Non lei…

<< Ascoltatemi, ma cherè, se lo farete arrabbiare come è successo stamani, il vostro viaggio verso Londra sarà molto disagevole. Cercate di farvelo amico, è addirittura molto bello >>.

<< Credete sul serio che mi faccia accompagnare da lui? Ho ricevuto poco fa una lettera da mio fratello, che m’informa che giungerà qua tra breve. Intendo chiedere a lui di scortarmi sino a Londra >>.

<< Vostro padre, non approverà… >>.

<< Staremo a vedere… E ora, desidero andare a scaricare un po’ la tensione: prendo Majestic per fare una passeggiata. Ci vediamo questa sera >>.

Sollevandomi le gonne rosse, uscii di fretta dalla stanza, per raggiungere al più presto le stalle.

Non intendevo stare in casa un minuto di più, perché se avessi incontrato quel Devereux, non mi sarei trattenuta da schiaffeggiarlo davanti a tutti, qualsiasi siano state le conseguenze da pagare.

Entrai di gran carriera nella stalla, e imboccando la seconda corsia, sulla strada incrociai Leroy, lo stalliere.

<< Madamina, desiderate che vi selli il vostro cavallo? >>.

<< No, grazie Leroy. Farò da sola… >>.

Dovevo tenere la mente occupata, e cercare di non pensare a come sarebbe bello poter spezzare il collo a quel bell’imbusto.

<< Majestic! >>, grido dalla selleria, sentendo con gioia, un nitrito per risposta.

Avendo tutto quello che mi occorre, mi avvicino al box del mio stallone bianco, dandogli un bacio sul naso rosa, che lui accoglie con piacere.

Neanche dopo dieci minuti, eravamo sistemati e pronti per una sana ed estenuante galoppata. Non vedevo l’ora… avevo i nervi a fior di pelle, e questo era proprio quello che mi ci voleva.

Infilato il piede destro nella staffa, diedi un leggero colpo ai fianchi del mio cavallo, ma lui intuì subito, nonostante il mio comando fosse stato debole, e dopo un’impennata si lanciò ad un galoppo sfrenato verso il campo.

Come diceva sempre mio padre, la fatica aiuta a non far pensare. E come sempre, mi stava davvero aiutando.

Davanti a me, c’era Lionel, sudato, esausto e sporco di terra, lo spadone a due mani pronto a sferrare un altro colpo.

Anche io dovevo essere nelle sue stesse condizioni, se non peggio. Erano già più di quattro ore, che combattevo: prima Gareth, Gawain poi Percival.

Tutti avevano dato forfait, dopo un’ora di battaglia con me, ma io dovevo ancora scaricarmi del tutto.

Prima del tramonto dovevo essere esausto, tanto da non reggermi più sulle gambe, ma purtroppo ce ne sarebbe voluta… nessuno dei miei amici era abile quanto me nella spada, tanto che durante alcuni incontri, gli lasciavo avanzare, nonostante avessi potuto abbatterli in qualsiasi momento.

Assorto com’ero nei miei pensieri, per poco non mi accorsi del attacco al mio fianco destro, di Lionel, che io parai per un soffio.

Scuotei la testa, cercando di capire che diamine mi stava succedendo.

<< Che succede Tom? La stanchezza non è… posso osare dire, che la flèche du Cupid ti ha stregato? >>.

Notando il suo lato destro scoperto, decisi di sferrargli un attacco frontale, poi con un giravolta, avrei potuto facilmente toccare la parte priva di difesa.

Ovviamente la mia tattica funzionò, ma diedi la possibilità a Lionel di contrattaccare.

<< Che c’è? Toccato un tasto dolente? >>.

<< Perché, ti ostini così tanto a darmi il tormento con quella mademoiselle? Ho già espresso molto chiaramente, il mio disappunto nei suoi riguardi >>.

<< Già, ma il tuo disappunto potrebbe mutare, non trovi? >>, mi disse, attaccandomi per cercare di farmi arretrare.

Due giravolte, e qualche fendente in alto ben assestato, lo fecero cadere per terra, ed io dall’alto gli puntai la spada alla gola.

<< D’accordo, devo ammettere che è molto gradevole, ma questo non cambia le cose. Se ti piace così tanto, perché non la corteggi. Sono più che sicuro, che gradirà molto la tua verve>>.

<< Oh no amico mio! Sono sicuro che gradirebbe più te che me >>.

<< Anche se così fosse, non ho nessunissima intenzione di avere qualcosa a che fare con Mademoiselle D’Arcy. Né con nessun altra… >>.

Levandogli la spada dal collo, gli offrii la mano per alzarsi. Lo guardai per un attimo in volto, leggendo il suo disappunto alla mia decisione.

<< Per quanto ancora, hai intenzione di andare avanti così? Per quanto continuerai a mettere il tuo dovere prima della tua vita? >>.

<< Fino a quando, Lionel, mi resterà fiato in corpo >>.

Da lontano mi giunse alle orecchie, un rumore di zoccoli. Comincia a guardarmi attorno, ma non vidi nessun cavallo.

La cosa in ogni modo, cominciò a preoccuparmi: come mi avevano detto tempo fa, alcune truppe sassoni, avevano intenzione di riconquistare tutte le fortezze occupate dai normanni.

Se in questo caso, si fosse trattato di loro, la situazione era a loro vantaggio, in quanto nessuno era pronto per un assalto.

<< Thomas guarda… >>.

Mi voltai nella direzione suggerita da Lionel, e quello che vidi, era paragonabile ad una visione: un bellissimo destriero bianco, galoppava con slancio in mezzo al verde, e sopra Isabeau, sorrideva spensierata. I lunghi capelli, del colore dei pini, fluttuavano liberi, colorandosi di riflessi ramati. La pelle del viso, era rosa come la più delicata delle porcellane…

Ma che andavo a pensare? Devono essere tutte quelle ore di allenamento, ma ora, ci penso io.

<< Vediamo se la nostra pucelle, sa schivare le frecce, tanto quanto sa ferire con la lingua >>.

Avevo intenzione di farle prendere un bello spavento: lei e il suo cavallo si stavano dirigendo esattamente verso di noi.

Sarà molto facile scoccare una freccia nella sua direzione.

Mentre mi accingevo, a raccogliere da terra l’arco ed una freccia, vidi con la coda dell’occhio il volto angustiato di Lionel;

Credeva la volessi colpire veramente, ma in realtà avevo solo intenzione di far passare la freccia, vicino a lei.

Mi dispiaceva, per quell’innocente mademoiselle, ma non sapeva ancora con chi aveva a che fare.

Cominciai a tendere l’arco, mentre la ragazza si avvicinava sempre più, verso di noi. Presi la mira, e… scoccai la freccia.

 

Galoppavo spensierata, mentre il tiepido e timido sole di febbraio mi accarezzava il capo. Il venticello, giocava con i miei capelli e la criniera del cavallo.

Finalmente ero spensierata, felice… chiusi gli occhi per un momento, lasciandomi trasportare dal dolce cullare del galoppo.

Riaprii gli occhi, ed improvvisamente, vidi una freccia puntare dritta nella mia direzione. Istintivamente, mi piegai di lato, mentre indicavo al cavallo di andare verso destra, mentre la freccia, che non mi aveva colpito, andava a conficcarsi in un albero alle mie spalle.

Frenai il cavallo, e col cuore in gola, guardai in giro, e quello che vidi, fu il preludio di un’enorme tempesta.

Lord Devereux, con in mano un arco, lo stesso che sicuramente aveva scagliato la freccia, mi guardava con quell’aria di chi la sapeva lunga.

Comincia ad avvicinarmi a lui molto tranquillamente, e mentre procedevo al passo, con spavalderia, pensavo che poverino, non sapeva ancora con chi aveva a che fare.

<<Mademoiselle, dovreste prestare più attenzione, quando lasciate le mura del castello. Se fosse stata la freccia del nemico, avrebbe deturpato il vostro beau visage>>.

<< Mon monsieur, si votre protection est égal à votre objectif, je préfère mourir d'une flèche ennemie, plutôt qu'être protégée par un comme vous!>>. (signore, se la vostra protezione è uguale alla vostra mira, allora preferisco morire di una freccia nemica, piuttosto che essere protetta da uno come voi!)

<<Mademoiselle, così mi offendete. E poi, vi prego, non vorrete continuare a parlarmi in francese? Penso che dovremmo diventare più… intimi >>.

<< Come desiderate monsieur: andate al diavolo, voi e le vostre maledette frecce! >>.

<< Madame, vi prego non parlate a quel modo. Non vi si confà… >>.

Questa è la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso. Quel suo sorriso così innocente, eppure così provocatorio, aveva la capacità di farmi ribollire il sangue nelle vene.

Fermai il cavallo, e con ostentata lentezza, mi diressi versi di lui, fino a, quando non gli arrivai esattamente davanti. Solo cinque centimetri d’aria ci dividevano.

Era piuttosto alto, tanto che io gli arrivavo a malapena alle spalle, ma questo non m’intimorì e, con studiata calma dissi:

<<Maintenant je vous dis j'une chose qu'il y va: s'il arrête non entièrement je jure que je y fais châtrer comme un cochon à l'abattoir!>>. (ora vi dico una cosa che vi confa: se non la smettete immeditamente, giuro che vi castro come un maiale al macello)

Un’immensa felicità provai, quando vidi sul suo volto, disegnarsi un’espressione indecifrabile. Evidentemente non era abituato, che una donna gli tenesse testa… aveva ancora molto da imparare.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


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   E

Capitolo

2

 

 

         Quella piccola peste, mi sta facendo perdere le staffe! Non fa altro che darmi il tormento, in tutti i modi possibili. È più furba di una volpe quella… con la sua aria da innocentina, in realtà mette in trappola tutti quanti.

         E’ già passata una settimana, da quando io ed i miei uomini siamo giunti ad Ingelwald, ed io sia dannato, che da quando ho messo piede qua dentro, quella mademoiselle, sta facendo di tutto per farmi impazzire;

Ma niente, è paragonabile a quello che mi sta facendo passare da due giorni a questa parte, ma se crede che gliela farò passare liscia, si sbaglia di grosso.

Non ho mai permesso ha nessuno di mettermi in imbarazzo, e tanto meno ad una donna.

Il suo bel visino non la salverà, e quando saremo in viaggio, si renderà conto di cosa vuol dire

essere sotto il mio comando;

ho intenzione di farle aiutare i miei uomini, a prendersi cura dei cavalli: ogni giorno, gli dovrà dar da mangiare e strigliare, e lei non potrà riposarsi, ne nutrirsi, fino a, quando non avrà finito il suo lavoro.

Sì, questo era proprio quello che ci voleva!

         Terminando di allacciarmi la cintura di cuoio, sopra i pantaloni aderenti grigi, decisi di scendere da basso per fare colazione;

Magari a stomaco pieno, sarei riuscito a placare maggiormente la rabbia, che infuriava dentro di me.

         Uscendo dalla stanza che mi era stata designata, per arrivare alla sala grande, dovevo percorre diversi corridoi, i quali mi permettevano di osservare meglio la struttura del castello;

era molto più forte e robusto dei tradizionali castelli normanni, che solitamente erano costruiti col legno, e non con la pietra.

         Si poteva definire Ingelwald, come una grande fortezza, grazie anche alla sua pozione strategica, che la vedeva su d’una altura, da cui si potevano vedere facilmente tutti i nemici che tentavano di avvicinarvisi.

Inoltre dalla cima delle sue alte mura, le sentinelle potevano colpire con molto agio, coloro che avrebbero tentato di attaccare il castello.

         Percorrendo l’ultimo corridoio, che mi separava dalla grande tavola imbandita, notai che era molto decorato, grazie alla presenza d’arazzi, rappresentanti di scene di caccia e battaglie. Sul soffitto si ammiravano diversi affreschi, che con molta probabilità risalivano a tempi più antichi, mentre il pavimento era ricoperto da tappeti, di fattura inglese, ma anche provenienti da mondi esotici.

         Quando fui all’ingresso della sala da pranzo, odore di farinata d’avena, tortine di mele e dolcetti al miele, m’ investirono, facendomi venire l’acquolina in bocca.

         Senza badare ad altro, se non al mio stomaco brontolante, mi diressi al solito posto che, ormai occupavo da diversi giorni.

         Mi servii senza indugio, riempiendomi il piatto di biscotti e torta, ma solo quando afferrai la brocca del latte, posta poco più in la da dove mi trovavo, mi accorsi che la sala era pressoché vuota: solo alcune guardie del Duca D’Arcy presenziavano al banchetto, che in fondo al tavolo, chiaccheravano davanti ad un boccale di birra.

Dei miei uomini nemmeno l’ombra, e neppure del Duca.

         Molto probabilmente dovevo essermi svegliato più tardi del solito, cosa da parte mia, piuttosto insolita;

ero sempre il più mattiniero, ma in ogni modo non diedi molta importanza a questo dettaglio, e presi a mangiare con gusto.

         Dopo qualche minuto, sentii delle voci provenire dal corridoio antecedente alla sala da pranzo.

Sembrava proprio, la voce della nostra puliche vivante… e doveva anche essere molto arrabbiata dal tono di voce.

         <bète à cornes (bestia cornuta), ed informalo che se non se ne andrà immediatamente, ci penserò io personalmente, correndogli dietro con un hache (ascia) >>.

         << Qui, mademoiselle >>.

         Si, era proprio arrabbiata, e avrei sfruttato questa occasione per punzecchiarla un pochino.

         Entrò come una furia dalla porta, e senza guardare in faccia nessuno, si sedette al suo solito posto: ovvero al mio fianco.

Era piuttosto nervosa. Si poteva benissimo notare, quando prese la brocca del latte per versarlo nella tazza di terra cotta: il contenitore oscillava pericolosamente nella sua mano, che tremava per la rabbia.

         Ero convinto, che il massimo della sua collera si esprimeva nei miei confronti, ma a quanto pare mi sbagliavo. C’era qualcuno che era riuscito a battermi…

         Prima che potessi cominciare il mio gioco, la sua cameriera personale Sarah, rientro trafelata nella stanza, e senza prestarmi la ben che minima attenzione, si rivolse a Isabeau:

         << Mademoiselle, je suis desolèe… il Conte Victor, ha detto che non se ne andrà, fino a, quando non vi potrà vedere >>.

         Isabeau per tutta risposta, batté furiosamente il coltello sul tavolo, riuscendo conficcare la punta nella superficie del tavolo.

         << Non preoccuparti. A questo punto ci penserò io… >>.

         << Non preferite che chiami le guardie? >>.

         << No. Me ne occuperò personalmente… di quel imbécile! >>.

         La cameriera se ne andò, e io non persi neanche un minuto a scoccare la mia sfrecciatina.

         << Non credevo, mademoiselle, che aveste dei pretendenti. Da quello che so, gli uomini preferiscono le fleur, pas les épines (i fiori non le spine >>.

         << Come osate? Voi non sapete nulla di me… e nemmeno dei miei pretendenti. La comune decenza… >>.

         << Vi avrebbe suggerito di avere più rispetto nei miei riguardi >>.

         << Non azzardatevi a farmi la predica, e… per quanto riguarda il rispetto: siete così sicuro di meritarvelo? >>.

         << Non vi conviene esagerare… >>.

         << Osate anche minacciarmi? Uno spauracchio d’uomo come voi, non mi fa alcuna paura >>.

         << E voi siete soltanto una donna capricciosa! Spero tanto per voi, che incontrerete un uomo che vi sappia sopportare >>.

         << Io invece, spero che la donna che sposerete, decida un giorno, quando si sarà stufata del vostro caratteraccio e dei vostri modi, di trafiggervi le coeur dans la nuit! (il cuore nella notte) >>.

 

 

         Brutto zotico! Come si permette di parlarmi a quel modo? Chi si crede di essere, per avere tutta questa confidenza nei miei confronti?

Lui non sa nulla di me, non mi conosce per niente, e crede di potermi venire a giudicare, come se fosse un sovrano illuminato da Dio?

         Mi ha fatto sentire come una donnetta dai costumi semplici, o peggio, come una poca di buono.

Non ho intenzione di lasciare quest’evento, impunito, perciò si dovrà preparare per l’arrivo di una grossa tempesta, perché se crede veramente che uno dei suoi sorrisi, gli basterà per non subire la mia vendetta, si sbaglia di grosso;

Ci sono uomini più avvenenti di lui, e inoltre, non ho nessunissimo intento di diventare una gatta morta, che si struscia ai suoi piedi per ottenere una ben che minima attenzione… non se lo merita.

         Era quasi un’ora che passeggiavo su e giù per il giardino, maledicendo mentalmente quel marrano. Mi stavo cominciando, anche a domandare, come un uomo così insopportabile, potesse essere diventato il primo cavaliere del Re.

Certo, era molto abile con le armi, e la sua corporatura, mi suggeriva che avrebbe avuto la meglio nei combattimenti corpo a corpo.

         Ma essere cavaliere, non comporta avere decenza nei modi? Che fine ha fatto la regola che dice: “difendere gli oppressi e le dame”? Se l’è dimenticata in un cassetto?

         Inavvertitamente, inciampai in una tinozza di legno, piena d’acqua, che al mio urto, ne fuoriuscì un po’.

         Un sorrisetto impertinente, mi si disegnò sul volto: gliele avrei fatte vedere io les épines!

         Presi la bacinella, e con un po’ di sforzo riuscii a tirarla su da terra, e stando ben attenta, andai a cercare, quello che doveva essere il mio obbiettivo.

        

         Era passata più di mezz’ora, da quando stavo girovagando per tutto il castello come una matta, in cerca di Lord Devereux, senza vedere la ben che minima traccia.

Stavo per abbandonare l’idea e lasciar perdere, per provare con qualcosa che non mi spezzasse la schiena e mi bagnasse le gambe.

         Dopotutto, potevo permettermi qualsiasi cosa nei suoi confronti;

mio fratello sarebbe giunto qui a breve, accompagnandomi lui stesso sino a Londra, perciò non dovevo temere alcuna ripercussione da parte di Lord Devereux.

         Mi fermai per riprendere fiato, contro una colonna vicino ad una finestra, da dove mi poteva giungere un po’ d’aria fresca, che mi donava una sensazione molto piacevole sulla pelle sudata.

         << Forza Lionel… fatti sotto! Dove hai messo tutta la tua verve?! >>.

         Questa voce mi giunse alle orecchio, come una manna dal cielo: lo spauracchio era sotto di me!

         Euforica mi sporsi con contegno fuori dalla finestra, e con mia immensa gioia, il mio magnifique obbiettivo era in perfetta posizione, per una rinfrescante doccia, dopo un duro allenamento.

         Sollevai la bacinella, stando attenta a non farmi vedere ne sentire, e sforzandomi, riuscii ad appoggiare la tinozza sul davanzale.

Quando fui pronta, la mia mano, svuotò con enorme soddisfazione la tinozza. Seguì, uno scroscio d’acqua, e dopo qualche istante, un urlo di rabbia, che mi fece sorridere.

 

 

         << Donna! Aspettate solo che vi raggiunga, e questa ve la farò pagare, potete starne certa! Lo giuro sul mio onore! Sperate in cuor vostro, d’essere veloce a scappare, perché sto per venire a prendervi! >>.

         Questa volta l’aveva combinata grossa!

         Vedevo i volti dei miei uomini guardarmi con stupore, e questo mi fece inferocire ancor di più.

Con la sua bravata, mi aveva fatto sminuire, ed era una cosa che non tolleravo. Questa volta non avrei aspettato di essere in viaggio, ma avrebbe pagato immediatamente.

         Bagnato fradicio, con un diavolo per capello, entrai nel castello, cominciando a setacciarlo da cima a fondo. I domestici e le guardie che incontravo, mi rivolgevano sguardi confusi.

         Chissà cosa avrebbero pensato, se gli avessi detto, che l’artefice di tutto ciò, era nientepopodimeno che la loro amata “madamina Isabeau”.

         Ormai, avevo guardato ovunque fosse stato possibile, così, sull’orlo di una crisi di nervi, mi fermai al centro di un corridoio, urlando:

         << Codarda! Venite fuori se n’avete il coraggio! Vi posso assicurare mademoiselle, che non ho mai picchiato una donna, ma sua maestà il Re, non mi ha mai accusato d’essere morbido col crimine! >>.

         Aspettai qualche istante, ma non ricevetti alcuna risposta. Dove diavolo si era andata a nascondere quelle filou? (quella volpe

         << Thomas… che vi è accaduto? >>.

         La voce del Duca D’Arcy, mi arrivò dalle spalle. Aveva il coraggio di chiedermi cosa mi fosse accaduto?

         Sgomento dalla situazione, mi girai lentamente nella sua direzione per guardarlo in faccia.

Lui, d’altro canto, mi osservò attentamente, mentre sul suo volto si andava disegnando un’espressione di puro stupore.

         << Vostra figlia…  >>, mi limitai a rispondere a denti stretti.

         << Oh… sono desolato Thomas. Non credevo arrivasse sino a tanto >>.

         << Bè, ora ne avete la certezza! >>, purtroppo il mio tono di voce si alzò involontariamente.

         << Avete il mio permesso, per darle una bella lezione. Non tollero che tratti in questo modo i nostri ospiti >>.

         << Lo farei molto volentieri, ma le petite filou, sembra si sia nascosta >>.

         << No, è al feudo che aiuta le anziane a tingere la lana. E’ una cosa che fa tutti gli anni… >>.

         Molto bene, vorrà dire, che attenderò il suo arrivo, perché quel giorno non sarei andato a letto, se prima non le avessi dato una bella lezione.

 

 

         L’odore di lana bagnata, m’investì nuovamente le narici, mentre con un lungo mestolo di legno continuavo a mescolare l’acqua colorata nella pentola di rame.

         Era una vera fortuna, che fossi riuscita a raggiungere il feudo, senza che Lord Devereux mi avesse raggiunto: questa volta lo avevo proprio fatto arrabbiare.

Ma la cosa non m’intimoriva più di tanto. Il suo malumore, se ne sarebbe andato tra due giorni, quando io lascerò Ingelwald, e assieme ad esso il suo volto.

         << Mademoiselle, non credevo che una donna del vostro rango, si prestasse a svolgere lavori così umili. Dovete possedere un grande animo di cuore per la vostra gente >>.

         Stupita da quelle parole, alzai la testa sudata, causato dal vapore dell’acqua bollente, per incontrare il volto di ser Lionel;

possedeva una voce molto carezzevole, ed il suo volto, incorniciato da riccioli neri ed espressivi occhi azzurri, gli conferiva un aspetto molto dolce.

         << Ser Lionel! >>, esclamai stupita. << … Ehm, sono stupita dalla vostre gentili parole, non pensavo foste dotato di tale tatto >>.

         << Suppongo la pensiate a questo modo, riferendovi a Lord Devereux. Ma vi prego, non giudicatelo male, non è duro come sembra >>.

         << Ha inviato l’ambasciatore? >>.

         << No, anzi, lui non è al corrente di questa nostra conversazione. Sono venuto qui, di mia iniziativa. Spero di non arrecarvi disagio… >>.

         << Oh no, affatto! E’ piacevole parlare con voi >>.

         << Aussi vous, mademoiselle. Forse dovreste adottare questa tattica anche con Thomas >>.

         << Thomas… non penso, che con lui possa funzionare >>.

         << Come fate a dirlo, se non provate? Ascoltate, lo conosco molto bene. Non è solito a lasciarsi andare, ma se imparerete a conoscerlo come lo conosco io, capirete che sta solo aspettando la persona giusta, a cui donare il suo cuore. Per un cavaliere come lui, è la cosa più preziosa, in quanto una parte, è donata al suo Re, l’altra è in attesa. Forse anche il vostro cuore attende… >>.

         Quelle parole, mi avevano completamente svuotato la testa. Nei miei pensieri non c’erano altro che quei vocaboli, che si ripetevano all’infinito.

         Ero rimasta basita, stupefatta, dalla saggezza di quell’uomo, e dalla visione che era riuscito a darmi di Lord Devereux.

         Un venticello molto freddo, m’investì costringendomi a stringermi nelle spalle, ma ricordandomi anche che, era ora di rientrare al castello.

         << E’ stato molto… forviante, parlare con voi, chevalier. Spero di averne ancora l’occasione >>.

         << Ogni qual volta vorrete, mademoiselle >>, disse baciandomi elegantemente la mano.

         M’incamminai infreddolita verso il castello, e quando finalmente entrai dall’enorme portone di quercia inglese, tirai un sospiro di sollievo, trovandomi al dolce calore del camino scoppiettante.

         Oramai, nella sala grande non c’era più nessuno. Tutto era molto silenzioso e tranquillo, così decisi di ritirarmi nelle mie stanze.

         Mi diressi verso le scale, portando con me una brocca d’acqua per rinfrescarmi il volto ed il decoltè, sentendomi ancora sudata.

Quando raggiunsi il corridoio che portava alla mia camera, rischiarato unicamente da alcune torce appese alle pareti di nuda pietra, sentii alle mie spalle un fruscio.

         Mi voltai di scatto, ma quello che mi si presentò davanti, fu una grande sorpresa: un ampio petto villoso, fu sfiorato dal mio naso.

 

 

         << Mademoiselle, la stavo aspettando… abbiamo un conto in sospeso noi due >>.

         << Ancora arrabbiato per la tinozza? >>.

         << Questa volta avete davvero superato ogni limite >>.

         << Avete intenzione di picchiarmi? >>.

         << Ci sono cose ben peggiori della violenza, mademoiselle… >>.

         << Davvero? Datemi un esempio allora >>.

         Esattamente quello che aspettavo. Senza alcun preavviso l’avvicinai bruscamente, fino a farla aderire al mio corpo, premendole una mano contro la cotta di maglia che mi copriva il torace. Lì sotto non batteva un cuore normale, ma uno freddo e crudele.

         Chinai il capo finché le sue labbra non si ritrovarono ad un soffio dalle mie, e senza darle il tempo di reagire, la baciai.

         Con quel bacio, intendevo punirla per il disprezzo e l’impertinenza manifestata contro la mia autorità.

Mademoiselle Isabeau, doveva capire che ormai comandavo io.

         Il piacere non aveva nulla a che fare con il mio gesto. Stavo semplicemente dimostrando il mio potere su di lei, inducendola a socchiudere le labbra in cerca della sua lingua.

         Tuttavia, mi sorpresi a maledire la cotta di maglia che m’impediva di sentire le sue piccole mani, contro il mio petto.

Nonostante la natura ostinata e combattiva, mi pareva così fragile ed esile sotto le mie mani, indurite dall’uso delle armi.

         Come se guidato da una mano invisibile, mi ritrovai a far scivolare le mani attorno alla sua vita, mentre con la bocca le sfioravo il mento, e scendendo poi lungo la gola, assaporando la sua pelle calda e profumata.

 

 

         Non so ben dire, cosa stesse accadendo. L’unica cosa di cui ero certa, è che Lord Devereux, mi stava baciando, ed agiva su di me, come un potente elisir.

         Con mia gran sorpresa, mi ritrovai a rispondere con passione al bacio, mentre mi aggrappavo alle sue forti spalle.

 

 

         Quella donna era capace di privarmi d’ogni buonsenso.

E non appena me ne resi conto, mi tirai indietro, scostando Isabeau con un gesto così brusco, che lei dovette fare un passo indietro per riguadagnare l’equilibrio.

         Il viso era arrossato e nei suoi occhi viola comparve un’aria confusa, ma prima che riuscissi a pronunciare una sola parola, uno schiaffo incontrò la mia guancia.

 

 

         Non so come, né perché. L’unica cosa di cui ero certa, è che una delle mie mani, aveva colpito la sua guancia.

Aspettavo da un momento all’altro che lui reagisse, ma non accadde nulla;

Restò fermo ed immobile, scrutandomi con quei suoi profondissimi occhi verdi.

Pareva non fosse accaduto nulla. Tuttavia, l’unica cosa che riuscii a fare, fu augurargli la buona notte, e ritirarmi nelle mie stanze.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


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 E

Capitolo

3

 

 

 

         Ero sveglia da diverse ore, e tutto per colpa di quel Devereux. Con quel bacio, non ero riuscita a chiudere occhio, e se c’era una cosa che odiavo, era non riuscire, a prendere sonno.

Con mio sollievo, dall’enorme finestra coperta da una lunga tenda di lino bianco, filtrò la debole luce del sole, che sorgeva oltre le colline.

         Senza perdere tempo, mi vestii, indossando un abito verde smeraldo, poi mi avvicinai al catino per sciacquarmi la faccia, ed infine mi diressi alla porta per scendere a fare colazione.

         Quando raggiunsi la sala da pranzo, c’erano poche persone a tavola. Solamente qualche guardia, ma era comprensibile: ero scesa troppo presto, ma non sarei riuscita a tollerare un minuto di più, le mura della mia stanza.

         Mi sedetti al tavolo, osservando le varie pietanze, che dovevano essere tutte quante, molto deliziose: dolcetti ai mirtilli, torta di mele e frittelle.

Purtroppo, quel bacio, mi aveva tolto l’appetito. Come avevo potuto permettergli certe libertà? Quell’uomo era assolutamente indisponente e scorbutico, e come se non bastasse, aveva la pretesa che ubbidissi ai suoi ordini.

          La verità però, era che in quel momento non avevo pensato a niente. Il suo bacio mi aveva procurato delle incredibili emozioni, inondandomi di un calore chi mi aveva annebbiato la mente.

Non avrei mai creduto che un semplice bacio potesse avere tali effetti, e comincia a chiedermi se Thomas Devereux, avesse provato la stessa cosa.

         Ma con tutta evidenza, non era così. Altrimenti non avrebbe messo fine al bacio proprio sul più bello.

         Feci un respiro profondo, e comincia a rivolgere i miei pensieri a qualcosa di più urgente. Non aveva senso continuare a rimuginare su quel bacio.

         Dovevo pensare a questioni più concrete, come informarmi dell’arrivo di mio fratello, e magari trovare anche un modo per dare il tormento a Lord Devereux, così da prendermi la rivincita di quel bacio rubato.

 

 

         Quella mattina, mi ero destato ancor prima che il sole sorgesse. Quel bacio, mi dava il tormento, tanto che non riuscivo a prendere sonno. Era un pensiero fisso, che non aveva alcun’intenzione di lasciare la mia mente.

Per cui, mi ero alzato di buon’ora, per fare una bella galoppata che mi scaricasse i nervi, e che mi aiutasse ad allontanare dai miei pensieri, le deliziose labbra di Isabeau.

         Mi ero posto parecchi quesiti, e non riuscivo proprio a spiegarmi cosa diamine fosse accaduto al mio buonsenso, quando Isabeau, si era avvicinata a me.

Il mio corpo, aveva reagito alla donna come se fosse dotato di volontà propria, ed esigeva che il mio desiderio venisse appagato.

         Tutto ciò, non me lo potevo assolutamente permettere, poiché era stata l’unica donna, che era riuscita a distrarmi dai miei doveri. Quindi la migliore soluzione, era quella di porre maggiore distanza tra me e lei.

         Era solo questione di tempo, ma sarei riuscito a togliermela dalla testa;

Anzi, forse era giunto il momento di andare a sfogare i miei bassi istinti, trovando una ragazza al villaggio, o il senso di frustrazione che mi attanagliava, mi avrebbe fatto impazzire.

Isabeau non aveva niente di particolare. Qualsiasi altra donna, mi sarebbe andata bene.

         Oltretutto, ho altri problemi a cui dedicare attenzione, primo fra tutti quello di organizzare la scorta per il viaggio a Londra.

         Dopo tre ore passate a galoppare per tutta la tenuta di Ingelwald, che si estendeva per parecchi chilometri in tutti le direzioni, tornai al castello.

         Ero completamente sudato, ed i muscoli delle gambe mi dolevano per lo sforzo, ma almeno, mi era servito a qualcosa. Ora, non avevo nemmeno la forza per pensare a lei.

         Scesi dal cavallo, ed essendo anch’esso molto sudato, gli tolsi la sella e lo lascia libero di pascolare in santa pace, mentre io mi andavo ad accomodare all’ombra di un’enorme quercia inglese.

         Disteso a pancia in su, osservavo rapito la luce del sole, che filtrava dalla fronda dell’albero, e molto lentamente mi addormentai.

 

 

         Dopo essere passata fugacemente in sala da pranzo, avevo trascorso la maggior parte della mattinata in camera mia, imbronciata e a rimuginare su come farla pagare a quel mascalzone. Valutate però, tutte le possibilità, decisi di lasciar stare, e provare ad uscire fuori.

         Ormai, era quasi un’ora che passeggiavo avanti e indietro per il giardino, senza trovare alcun sollievo, capace di placare il mio turbamento.

         Frustrata dalla situazione, cambiai direzione, con lo scopo di raggiungere l’altra parte del giardino, nel quale vi era un’enorme quercia inglese, che con la sua mole, sembrava poterti proteggere da qualunque cosa.

Fin da piccola, passavo molte delle mie giornate, sotto quell’albero, restando incantata ad osservare i suoi lunghi rami, da cui filtrava la luce del sole.

         Ero quasi arrivata, e potevo già assaporare il venticello leggero, che mi accarezzava la pelle, il delicato suono prodotto dal frusciare dei rami, l’odore di corteccia e…

         Quel voleur, mi aveva occupato il posto!

         Dormiva beato, appoggiato con la schiena contro il tronco dell’imponente albero.

Il suo cavallo, brucava tranquillo qualche metro più distante dalla sua posizione.

         Inaspettatamente, un’idea mi balenò in testa, e più ne prendevo coscienza, più un sorrisetto impertinente si andava a disegnare sul mio volto.

         Cercai una corda abbastanza lunga, e quando la trovai, comincia ad avvicinarmi molto lentamente verso lo stallone nero;

La mia presenza pareva non infastidirlo, ma notai che mi osservava, mentre avanzavo nella sua direzione.

         In cuor mio, speravo non scappasse, altrimenti Devereux si sarebbe sicuramente svegliato, e con tutta evidenza, avrebbe intuito facilmente le mie intenzioni.

         Mancavano tre passi, ed improvvisamente il cavallo tirò su la testa, per fissarmi incuriosito.

Era veramente una splendida creatura, non c’è che dire, ma non avevo nessuna intenzione di fare male all’animale… era l’altra, la bestia che volevo punire.

         Senza che dovessi avvicinarmi ulteriormente, fu il cavallo a venire verso di me, e appoggiarmi il suo morbido naso sul palmo della mia mano.

         Accarezzai il manto morbido e lucente, pensando come un cavallo così buono potesse sopportare un padrone tanto scorbutico;

Forse, anche Thomas era come lui: da lontano, pareva un minaccioso cavallo, così alto e robusto. Da vicino invece, non era altro che un dolcissimo destriero.

         Legai la corda attorno al suo collo, cercando di assicurare bene il nodo, poi mi diressi verso l’albero, cercando di fare poco rumore.

         Quando gli fui abbastanza vicina, vidi che dormiva profondamente. Sul volto vi era un’espressione innocente e beata, da farlo sembrare, quasi un bambino.

Da quella distanza, mi accorsi che, oltre ad essere un temibile guerriero, era anche un uomo estremamente affascinante.

Potei apprezzare i suoi lineamenti virili e il taglio deciso del mento. Osservai i muscoli possenti delle spalle che si tendevano ad ogni respiro e, ricordando la forza mentre mi stringeva a se, non riuscii a reprimere un fremito, che mi percorse da cima a fondo.

         Afferrai con mano un po’ tremante l’altra estremità della corda, pronta per legarla attorno alla sua caviglia, e quando fui sul punto di completare il nodo, commisi l’errore, di urtare leggermente il suo piede;

Aprì gli occhi di scatto, guardandomi confuso, ma pronto a scattare.

         << Che state...? >>, mi domandò, ma non gli diedi il tempo per finire la frase, perché colpii immediatamente il posteriore del cavallo, il quale partì al galoppo, con appresso il suo padrone.

 

 

         Per mia enorme fortuna, il nodo doveva essere lento, perché la corda lasciò la mia caviglia, dopo tre metri percorsi a schiena a terra.

         Quella donna me l’aveva fatta di nuovo!

         Mi sollevai sui gomiti, mentre guardavo il mio cavallo allontanarsi, e con enorme stupore, mi domandai come fosse riuscita ad avvicinare Pegaso.

         Mentre mi passavo una mano sulla fronte, sbalordito dal coraggio della donna, vidi con la coda dell’occhio Mademoiselle D’Arcy che mi fissava, dall’altra parte del giardino.

Senza perdere tempo, mi misi eretto, e comincia a correre verso di lei, cercando di assumere l’aria più minacciosa che potessi avere;

In realtà quella situazione era per me, molto esilarante, ma volevo solo farle prendere un po’ di spavento, facendole credere di essere furioso.

         Appena comincia a correre, Isabeau scappò, sollevandosi le gonne, e diretta verso l’interno del castello.

Non avevo intenzione di permetterglielo, così accelerai la corsa, fino a trovarmi ad una spanna dal suo corpo, e quando fui sul punto di afferrarla, si girò di colpo verso di me.

          << Non potete toccarmi, monsieur >>, mi disse col fiatone, cercando di tenermi a debita distanza, con le braccia stese.

         << Voi però l’avete fatto >>.

         << Solo il piede >>, disse mentre un piccolo sorriso le spuntò dalle labbra. Il primo rivolto solamente a me.

         << Bene, vorrà dire che toccherò anche io il vostro piede. Soffrite il solletico? >>.

         << Non oserete… >>.

         << Voi dite? Non mi definite come uno scorbutico ed insopportabile mascalzone, dai modi di fare assolutamente scurrili? >>.

         << Non potrei dire lo stesso del vostro cavallo >>.

         << Mademoiselle, pardonne-moi >>.

         Ci interruppe la sua cameriera personale, che dopo un breve inchino, consegnò ad Isabeau una lettera.

         << Ve la manda Joseph… vostro fratello. Comunque ha informato vostro padre, che non potrà raggiungere Ingelwald, prima di una settimana. Mi dispiace… >>.

         << Non fa nulla Sarah, grazie. Vai pure >>.

         Quando la cameriera si congedò, rimanemmo soli e, accompagnati da una deliziosa brezza serale, rimanemmo a guardarci negli occhi senza dire nulla.

 

 

         Io ed i miei uomini, eravamo tutti riuniti nella sala grande, mentre tra boccali di birra ed idromele, scherzando e ridendo, ricordavamo le nostre disavventure.

         Volevamo goderci, l’ultima sera in quel castello caldo e confortevole, riparato dall’umidità e dal bagnato;

Purtroppo per il viaggio a Londra, non si prevedeva un clima particolarmente favorevole, ed inoltre, i posti in cui ci saremmo potuti accampare, prevedevano solo boschi, a causa delle eventuali incursioni da parte dei sassoni.

         In cuor mio, però non ero allarmato, in quanto avevo un’enorme fiducia nei miei prodi cavalieri, e in Dio, che ci avrebbe guidato sani e salvi, sino a Londra.

         << Di un po’ Thomas… come te la stai spassando con la nostra esuberante Mademoiselle D’Arcy? >>, mi disse Percival, distraendomi dai miei pensieri.

         << Che cosa vuoi dire? >>.

         << Percival… taci! Fatti gli affari tuoi, e poi non mi sembra il caso >>, s’intromise Lionel, scoccandogli un’occhiata maligna.

         << Perché? Adesso non posso dire ciò che penso? >>.

         << Allora dillo. Cos’è che pensi Percival? >>, gli dissi alzandomi per andarlo a fronteggiare.

         << Penso che Mademoiselle D’Arcy ti stia distraendo da quelli che sono i tuoi doveri, e dal tuo giuramento >>.

         Rimasi folgorato da quella rivelazione. Tutto ciò mi pareva assolutamente ridicolo: io non ero distratto da Isabeau… o si?

Che abbiano visto, ciò che era accaduto quel pomeriggio in giardino? Ma poi, cos’era accaduto veramente?

         Dannazione! Guarda come mi ha ridotto quella donna. Neanche una strega con i suoi migliori sortilegi, sarebbe riuscita a farmi perdere la ragione.

Non glielo avrei più permesso. Percival aveva ragione, e se quella donna avesse continuato a distrarmi, nessuno sarebbe riuscito ad arrivare incolume sino a Londra.

Devo concentrarmi solo ed esclusivamente, sul modo migliore per far arrivare i miei cavalieri sani e salvi fino alla fine del viaggio.

         << Percival, non hai da temere nulla. Ti posso assicurare che Mademoiselle D’Arcy, non costituisce per me, alcun tipo di tentazione >>.

         << Lo spero. E ricorda: tu sei il primo cavaliere, e tutte le azioni che compi, sono in nome del Re e del Signore >>.

         << Si… in nome del Re e del Signore >>, risposi, guardando uno per uno negli occhi, per dare più peso alle mie parole.

Un senso di frustrazione mi pervase completamente: sapere che i miei cavalieri, avevano dubitato anche solo per un attimo, la mia capacità di comando e perso la fiducia nei miei confronti, significava che qualcosa in me era cambiato.

Ed io non avrei permesso ad una donna, e soprattutto all’amore di cambiarmi, e mettere in pericolo la vita dei miei uomini e del mio sovrano.

         Guardandoli un’ultima volta, uscii dalla stanza senza dire una parola. Dall’interno, udii Lionel rimbeccare Percival.

         << La prossima volta, farai meglio a tenere a freno la lingua, o giuro che te la taglio! >>.

         Ero già sulla grande scalinata che conduceva ai piani superiori, quando Lionel mi raggiunse, bloccandomi la strada.

         << Non so cosa sia preso a Percival, ma non intendeva ciò che pensi tu >>.

         << Ed io cosa penso? >>.

         << Che stai sbagliando >>.

         Mi guardò negli occhi, con una luce di rimprovero. Restai in silenzio, senza sapere realmente cosa dire.

         << Thomas, sono quello che ti conosce meglio di tutti. Ti prego, non allontanare da te tutto ciò può far bene al tuo cuore. Provare dei sentimenti per una donna, fa parte della vita di qualsiasi uomo… >>.

         << Ma io, non sono un qualsiasi uomo! Sono il primo cavaliere! Pensi che corteggiare una donna, faccia parte dei miei doveri? Pensi che il Re sarebbe contento se un giorno gli dicessi, che non ho potuto obbedire ai suoi ordini, perché amo una donna?! >>.

         << Ma perché deve essere per forza così?! >>.

         Entrambi avevamo già alzato la voce, e la cosa, era successa rare volte.

         << Perché è così Lionel! Cosa potrei dare a quella donna, che non sia solitudine in un castello vuoto e dei figli? Cosa?! >>.

         << L’amore! L’amore rientra nei tuoi doveri… lo sai! Tu hai solo paura di capire che c’è qualcosa di più importante del Re e di Dio. Fatti un esame di coscienza >>.

         Le sue parole mi folgorarono, tanto da lasciarmi basito ed immobile sulle scale. Non so quanto tempo restammo lì in silenzio a guardarci, ma qualche istante dopo, Lionel mi lasciò lì sui gradini, solo con i miei pensieri.

         La strada che mi si apriva davanti, era molto bella, mi prometteva cose meravigliose come l’amore, la famiglia. Si prospettava però molto tortuosa e ripida, ma stava a me trovare il modo di attraversarla, e arrivare dall’altra parte, dove mi attendeva la discesa.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


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Capitolo

4

 

 

 

         Era un mattino umido e piovoso, come sempre, ma nonostante il brutto tempo, cercavo di non rendere il mio umore simile.

         Scesi in cortile dove mi attendevano i 12 cavalieri, e due drappelli di soldati pronti a cominciare il lungo viaggio che ci attendeva.

Io invece, non avrei voluto lasciare la mia casa paterna, con così tanta fretta e urgenza. Avrei preferito andare a Londra, per motivi più frivoli, che raggiungere la capitale per nascondermi come un coniglio.

         Thomas Devereux, incurante della pioggia che cadeva, stava parlando con una delle sentinelle del castello;

Evidentemente, lo stava mettendo in guardia sui possibili attacchi dei sassoni.

         Indossava un mantello nero sopra l’armatura di ferro e aveva un’aria fresca e riposata.

         Si voltò leggermente verso di me, e quando incrociò il mio sguardo la sua conversazione parve risentirne.

L’istante successivo, mi resi conto che dovevo essermi sbagliata perché lui riprese a discutere con la sentinella, come se non avesse notato la mia presenza.

         Per un soffio, sarei finita a faccia a terra, se non fosse stato per Sir Auvrai, che gentilmente m’impedì di cadere, e in seguito mi accompagnò al mio cavallo.

         Infilai un piede nella staffa e salii in groppa a Majestic, mentre Sir Auvrai mi teneva le redini, dopodichè mi diressi verso Thomas, che montò in sella senza degnarmi di uno sguardo.

         Un drappello di soldati cavalcò sino alle porte e restò nell’attesa del suo comandante, il quale senza esitazione, fece segno di avanzare.

         Ricacciai indietro le lacrime e cercai di farmi forza, per non pensare che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrei visto Ingelwald. Da lontano mio padre alzò la mano in segno di saluto, poi partimmo.

         << Mademoiselle, quanto è vasta Ingelwald? C’è la possibilità di passare dai confini meridionali? >>.

         Non gli risposi subito, essendo rimasta sorpresa dall’inaspettata domanda, ma dopo qualche istante, riuscii a dire:

         << Ingelwald è troppo vasta. Ci vogliono due giorni di cavallo per raggiungere i suoi confini meridionali >>.

         << Bene. In questo caso ci dirigeremo verso nord. Lionel! Gawain! >>.

         Thomas chiamò i due cavalieri perché si avvicinassero, senza prestarmi più alcun’attenzione.

         Non riuscivo a darmi una spiegazione per questo suo atteggiamento, freddo e scostante. Ero sicura che non dipendesse da me, in quanto, il mio comportamento era stato impeccabile.

         << Il percorso di Percival non va bene. Dobbiamo passare per forza da nord >>.

         << Ma è pieno di sassoni! >>, esclamò sbalordito Gawain.

         << Lo so, ma è l’unica via. Fate ripiegare metà drappello sui lati, e tenete ben chiuse le file. Dobbiamo aspettarci di tutto >>.

         << Sì signore >>.

         Cavalcammo fianco a fianco. La pioggia mattutina si era trasformata in un’acquerugiola fastidiosa ed i miei abiti di velluto pesante, si stavano per bagnare completamente.

Sebbene il clima fosse mite, Thomas comprese che mi sarei infreddolita sino alle ossa, perché si tolse il mantello dalle spalle, consegnandomelo.

         << Prendete questo. Mettetelo >>.

         Lo accettai molto volentieri, drappeggiandomelo addosso come uno scialle coprendo il capo, e subito dopo, fui investita da un intenso profumo mascolino, sapone e biancheria pulita.

         Quando mi ripresi da quella dolce sensazione, lo ringraziai, ma lui continuò a guardare avanti a se come se non ci fossi.

        

 

         Era già mezzogiorno inoltrato, e le prime miglia furono percorse molto rapidamente senza intoppi.

Il clima sembrava essersi quietato, facendo spuntare un sole pallido, ma che riusciva a rendere più bella la giornata.

         Avremmo continuato ad avanzare per altre due miglia, o per lo meno, fino a quando non fossimo usciti dai confini occidentali.

Sebbene non fossi allarmato, ero cosciente del pericolo di quella zona.

         Dalla posizione in cui mi trovavo, potevo vedere i miei uomini cavalcare divisi in due file con Isabeau nel mezzo. Lei era a capo scoperto e i suoi capelli rossi brillavano al sole.

         Avevo preferito porre maggiore distanza tra me e lei, facendola cavalcare affianco agli altri cavalieri, piuttosto che vicino a me.

La sua assenza non mi recava disturbo, anzi, ero ansioso di liberarmi di lei. Non appena fossi arrivato a Londra, l’avrei affidata al Re, dimenticandomi della sua esistenza… semmai ci fossi riuscito.

         Stavamo percorrendo una valle piuttosto profonda, circondata da folti boschi. Per un istante, fui convito di cogliere un bagliore tra gli alberi, poco lontano da noi.

Aguzzai lo sguardo per accertarmi che non si trattasse di un semplice riflesso del sole sull’acqua, ma poco dopo notai un equivocabile movimento tra i cespugli e mi resi conto chi, in effetti, qualcosa non andava.

         Qualcuno era nascosto tra gli alberi. Forse si trattava di predoni scozzesi oppure truppe sassoni, In ogni caso, se i nemici avessero attaccato di sorpresa, ci saremmo trovati in enorme svantaggio.

         Sapevo che era necessario fare qualcosa e presto. Ma avvertire i miei uomini gridando avrebbe messo in guardia anche gli assalitori. Lanciarsi al galoppo al loro inseguimento avrebbe sortito lo stesso effetto, ed in ogni modo, ne sarebbe seguita una battaglia dove Isabeau si sarebbe trovata in mezzo.

         Non potevo pensare a lei in quel momento. Dovevo agire.

         <>, mi chiese Gawain, che con evidenza, aveva notato la preoccupazione sul mio volto.

         <>.

         Spronai il cavallo al galoppo chinando il busto in avanti. La mia strategia consisteva nel muoversi in fretta e di nascosto, con l’utilizzo di un diversivo: io.

Non mi rimaneva che sperare nella riuscita del mio intento.

         Mentre m’infilavo tra gli alberi, continuavo a pensare a cosa sarebbe potuto accadere ad Isabeau se il mio piano non avesse funzionato.

Se fossimo stati attaccati, lei sarebbe stata la più vulnerabile, essendo sprovvista d’armatura.

         Una volta arrivato nel folto del bosco, rallentai il passo prestando attenzione a qualsiasi rumore mi aiutasse a localizzare il punto preciso in cui erano nascosti gli incursori.

         Quando udii lo stridore del metallo sfregato contro il metallo, compresi d’essere vicino, infatti, alzando lo sguardo, vidi a cinque metri di distanza un campo di sassoni.

         Il pericolo nascosto nella foresta, era più serio di quanto avessi supposto;

Erano parecchi, almeno due per ciascuno dei miei uomini, e se avessero messo in atto un’imboscata, non avrebbero avuto difficoltà a circondarci e sopraffarci.

         Muovendomi con estrema cautela, mi avviai su per il fianco di una modesta altura, e non appena mi trovai proprio sopra di loro, feci rotolare alcuni piccoli massi lungo il pendio, poi portandomi il corno alle labbra soffiai.

         La reazione tra i sassoni, fu quella che mi ero aspettato, e avrebbero impiegato diverso tempo per comprendere che non erano attaccato alle spalle.

         Nel frattempo, Sir Raoul de Moreton doveva aver sentito il corno, e preparando a difendersi.

 

 

         Sedevo rigida in sella. Non sapevo dove fosse Thomas Devereux, ma non intendevo voltarmi per vedere se ci avesse di nuovo raggiunti.

         Stavamo cavalcando in una stretta valle circondata da una fitta boscaglia e da alti dirupi.

Non mi ero mai avventurata così a Nord, perché secondo mio padre e Joseph percorrere quel sentiero era rischioso per l’eventualità d’imboscate da parte dei vicini scozzesi.

         Un infausto presagio mi fece accapponare la pelle.

         << Sir Gawain… >>.

         Non intendevo dare l’impressione di essere una fanciulla spaventata, tuttavia qualcosa non andava. Mi guardai attorno senza notare niente di strano, eppure continuavo a provare la sensazione di un pericolo incombente.

         << Credo che dovremmo tornare indietro >>.

         << Che cosa c’è Mademoiselle? >>, mi domandò, mentre si guardava attorno come se stesse valutando i rischi di quel percorso.

         << I miei ordini sono di… >>.

         Non finì la frase, perché in lontananza risuonò un corno da battaglia. A quel suono i cavalli reagirono bruscamente, compreso il mio che s’impennò, poi fuggì al galoppo verso la foresta.

         Mi limitai ad aggrapparmi al suo collo, per impedire di cadere, mentre sentivo i cavalieri sguainare le spade e corrermi dietro.

         << Presto! Qualcuno la vada a recuperare! Gli altri con me! >>.

         << E’ il barone. Li sta conducendo dalla parte opposta alla nostra! >>.

         << Dobbiamo aiutarlo! >>.

         Finalmente, riuscii a fermare il cavallo, che agitato continuava ad impennarsi e soffiare con le narici.

Tentai di calmarlo, accarezzandogli dolcemente il collo, ma alcune voci si dispersero nella foresta, come se gli uomini si fossero sparpagliati.

         Il corno risuonò ancora, ma questa volta sembrava più vicino, poi compresi, ed inconsciamente trattenei il respiro;

Tutti i miei timori erano per Thomas Devereux. Solo un folle avrebbe cercato di liberarsi da solo di un gruppo numeroso di nemici.

         Come mai il suo destino mi premeva tanto?

         A dire il vero non m’importava. La mia unica preoccupazione era la mia salvezza.

Ma nonostante i miei propositi, comincia a guardarmi attorno alla ricerca di qualche segno che m’indicasse dov’era finito il Barone.

         Mentre il rumore dello scontro, mi risuonava nelle orecchie, capii che dovevo fare qualcosa;

Potevo stare lì ed attendere la fine del combattimento, ma la vita di Thomas, mi premeva al tal punto, che cominciai ad avvicinarmi con cautela al luogo della battaglia.

         Notai che noi, eravamo i meno numero, ma i meglio equipaggiati, e presto avremmo avuto ragione sui sassoni, più disorganizzati.

         All’improvviso Thomas Devereux, sbucò da un groviglio d’alberi e irruppe nella mischia brandendo la spada con gesti rapidi e vigorosi.

Non riuscii a togliergli gli occhi di dosso e mi sentii inondare da una sensazione di calore, che provavo ogni volta che lo guardavo. Mi era difficile perfino respirare vedendolo dominare con facilità gli avversari con il suo fisico agile e potente.

         Perché mio padre non mi aveva fatta sposare con un cavaliere forte come Thomas Devereux?

         Forse in quel caso, non mi sarei rivelata tanto sensibile alla prestanza che il Barone esibiva con estrema arroganza.

         Improvvisamente, qualcuno mi arrivò alle spalle, facendomi cadere da cavallo.

Picchiai con violenza il suolo, e prima che potessi emettere un solo grido il sassone sollevò la sua ascia e si preparò a colpirmi.

         Gridai, rotolando su un fianco per sfuggire al fendente, poi schizzai in piedi per cercare di sfuggirgli, ma nel disperato tentativo, mi sbilancia in avanti ed il mio inseguitore mi afferrò per i capelli.

Tirandomi bruscamente indietro la testa, mi appoggiò un coltello alla gola.

         << Muori, sgualdrina normanna! >>.

         Non era quello il momento di piangere. Dovevo mantenermi lucida altrimenti sarei morta.

         Sentii il bruciore della lama che penetrava la carne e un rivolo di sangue che scendeva lungo il mio collo.

Chiusi gli occhi, sapendo che stava per arrivare la fine, ma invece di affondare il colpo, un istante dopo il sassone lasciò la presa ed io, caddi al suolo.

         << Isabeau! >>.

         Nonostante il frastuono delle spade, sentii la voce di Thomas che mi chiamava, e voltandomi, vidi che lanciò da una parte l’arco e corse verso di me.

Non mi diede nemmeno il tempo di riprendermi, facendomi alzare e con estrema gentilezza m’indusse a piegare indietro la testa per esaminare la ferita.

         << Non è profonda >>.

         Non riuscii a pronunciare una sola parola, limitandomi a rimanere di fronte a lui, turbata e tremante.

         << State ferma >>, mi disse mentre mi premeva sul taglio un pezzo di lino.

         Avrei preferito che non fosse tanto premuroso. Volevo poterlo odiare con tutte le mie forze senza sentirmi in colpa per le sue dimostrazioni di compassione e benevolenza.

Allo stesso tempo, desideravo che mi stringesse tra le braccia fino quando il tremito che mi scuoteva non fosse cessato.

         Senza quasi rendermene conto, il mio desiderio venne esaudito, perché mi ritrovai circondata dalle sue possenti braccia, mentre dava gli ultimi ordini ai suoi uomini.

         << Gawain! Auvrai! Radunate gli uomini, e appena pronti, ci dirigeremo verso Oakley: Isabeau ha bisogno di cure >>.

         << Sì signore >>.

         << Ma così allungheremo il viaggio di almeno tre giorni >>, intervenne Percival.

         << Lo so, ma è ferita. Non abbiamo altra scelta >>.

         << Possiamo curarci strada facendo, e quando ci saremmo… >>.

         << Percival, non è questo il momento. Ora fa come ti ho detto, invece di stare sempre a criticare! >>, gli rispose Thomas con un tono che non ammetteva replica.

         Thomas parlò anche con altri cavalieri, ma non me ne importava più di tanto: mi ero accoccolata contro il suo petto, e nonostante fosse coperto dall’armatura di ferro, trovai molto piacevole quella posizione, stretta tra le sue braccia.

         Un istante dopo, mi sollevò di peso, issandomi sul cavallo, mentre lui si sistemava alle mie spalle.

         << Posso cavalcare >>, obbiettai con poca convinzione. Anche se il tremito era passato, volevo ancora potermi accoccolare contro il suo petto.

         << Non questa volta >>.

         << Non è la prima battaglia che vedo. Non… >>.

         << Lo so Mademoiselle. Ora cercate di riposare, Oakley è ancora distante >>.

         Mi attirò ancor più vicino a se, e nonostante non ne comprendessi le ragioni, non protestai avvertendo un invitante calore dovuto a quella vicinanza.

         << Voi… mi avete salvato la vita >>.

         << Non ho fatto niente di speciale. Mi sarei comportato allo stesso modo per chiunque fosse stato sotto la mia protezione >>.

         Mancava ancora un’ora, e finalmente saremmo giunti ad Oakley. Quella era una tenuta di un mio vecchio amico, e sicuramente li avremmo potuto passare una notte tranquilla, al riparo dai sassoni.

Sapevo che facendo in questo modo, avevo reso più lungo il viaggio, ma Isabeau aveva un taglio sulla gola, alcuni dei miei uomini erano rimasti feriti nello scontro. Ed io…

         Un grosso taglio, si estendeva sul mio fianco sinistro, che avevo accuratamente fasciato. Sul momento ero stato bene, ma ora cominciavo a sentire nuovamente dolore: con molta evidenza, la ferita sanguinava nuovamente.

         Fortunatamente, nessuno si era accorto della mia lesione, solo grazie all’armatura che impediva di vedere la grossa chiazza rossa, che mi stava bagnando la cotta di cuoio.

Colui che me l’aveva inflitta, era stato maledettamente bravo: mi era arrivato di spalle, mentre ero pronto a scoccare la freccia contro l’assalitore di Isabeau.

         A quel pensiero, una rabbia mi fece tremare le mani che impugnavano le redini. Quell’uomo avrebbe potuto ucciderla molto facilmente, e se io non fossi stato lì, sarebbe riuscito nel suo intento.

         Fortunatamente, l’uccisione di quell’uomo, era riuscita a placare la mia collera, anche se gli insegnamenti del Codice dei Cavalieri, dice che nessuna morte è motivo di gioia.

         Chinai il capo per guardare Isabeau che dormiva appoggiata contro il mio petto, mentre una mano stringeva un lembo del mio mantello.

Nel sonno aveva un’aria incredibilmente innocente, e nonostante il vestito sporco e i capelli scarmigliati, non potevo fare a meno di notare…

         Basta! Devo smetterla di pensare a queste cose!

         Il mio unico compito è quello di scortarla incolume sino a Londra al cospetto del Re. Tutto il resto, non conta. Questa donna non conta nulla per me. L’avevo salvata da quel bruto, unicamente perché rientrava nei miei doveri.

Se non ci fossi riuscito, non mi sarei certo buttato a terra piangendo.

         In cuor mio però, sapevo che quello erano solo vane speranze…

         << Barone! Siamo ad Oakley >>, gridò Auvrai puntando il dito davanti a se.

         << Bene. Ora: in questa zona, sorgeva un vecchio castello, del quale rimangono solo le mura. Ci accamperemo là per questa notte. La priorità va ai feriti >>.

         Detto questo mi voltai e spronai il cavallo al galoppo, tenendo ben saldo con una mano, il corpo di Isabeau, che minacciava di cadere.

 

         Finalmente il campo era quasi del tutto allestito. I cavalli erano già stati dissellati e nutriti, i feriti curati e le tende montate.

Mancava solo un buon pasto e qualche ora di meritato risposo.

         Decisi di mettere prima a letto Isabeau, poi di occuparmi della mia recente ferita.

La presi in braccio, ma nel farlo il corpo sfregò la ferita sul fianco, e la mia bocca si piegò in una smorfia di dolore.

         Quando fui sul punto di entrare nella mia tenda, mi chiesi se avesse gradito dividerla con me, e se anch’io, sarei riuscito a sopportare la sua vicinanza durante la notte.

         In tutti i modi, non avevo altra scelta: le tende erano poche, perché la maggior parte erano state usate per i feriti, e pensare di affidarla a qualcun altro, non mi piaceva affatto.

Così entrai, e dopo aver deposto Isabeau su un mucchio di pellicce, improvvisato come materasso, la coprii con una coperta.

         Restai a guardarla per qualche istante, mentre dormiva beata, poi mi allontanai in silenzio e comincia a spogliarmi;

Lasciai cadere la pesante armatura, poi toccò alla cotta di maglia, seguita dalla cotta di cuoio per finire con una sottile tunica che scoprii, completamente inzuppata di sangue.

         Con un’imprecazione soffocata, osservai il taglio, che era piuttosto profondo e aveva bisogno di alcuni punti di sutura, sebbene non fosse così grave da costituire una seria preoccupazione.

         Uscii dalla tenda, cercando un uomo che andasse ad avvertire Sir Auvrai.

         << Hugh! Manda Auvrai qui da me, ho bisogno di alcuni punti di sutura e digli anche che servono i suoi unguenti per Mademoiselle D’Arcy >>.

         << Sì signore. Volete anche qualcosa da mangiare? >>.

         << Sì, grazie. Porta un vassoio per due >>.

         Tornai dentro, diretto verso il catino pieno d’acqua e alcune salviette pulite. Ne presi una e la immersi nell’acqua, poi afferrai la bottiglia di liquore, e ne versai un po’ sulla ferita.

         << Ma voi sanguinate! Che cose è successo? >>.

         Mi voltai, notando Isabeau che si alzava dal letto, con gli occhi ancora arrossati dal sonno, e si avvicinava verso di me.

         << Si è trattato di un colpo fortunato, da parte del vostro aggressore. Perché non continuate a dormire? >>.

         << Non avevo intenzione di farlo >>.

         Mi lasciai sfuggire un sussulto, quando Isabeau mi sfiorò la lacerazione.

         << Questo taglio ha bisogno di qualche punto >>.

         << E voi cosa ne sapete? >>.

         << Più di quanto vorrei. Datelo a me >>.

         Mi tolse la salvietta di mano e tamponò con delicatezza la ferita.

         << Perché non me lo avete detto prima? >>.

         << Non avete fame? >>.

         << Prima vi curerò la ferita poi penserò a mangiare. Allora, rispondete alla mia domanda? >>.

         << Vi ricordo che anche voi siete ferita >>.

         << Nulla di paragonabile al vostro taglio >>.

         Trattenei il respiro mentre univa i margini dello squarcio. Il suo tocco era gentile tuttavia sicuro.

         << Vedo che siete esperta di medicazioni, Mademoiselle >>.

         << Non per mia scelta. Mio padre crede che occuparsi degli ammalati e dei feriti sia tra i primi doveri di una dama. Ho imparato tutto quello che so da Soana, un’anziana donna che abitava al limitare del bosco di Ingelwald. Era una bravissima guaritrice prima che la sua mente si ottenebrasse >>.

         <>.

         Una voce all’esterno della tenda, m’interruppe. Era l’araldo Gilbert de Bose.

         <>.

         Entrò portando con se un vassoio pieno di vivande e un sacco di cuoio in cui Sir Auvrai teneva i suoi medicamenti.

         << Sir Auvrai arriverà fra poco >>.

         << Digli di non preoccuparsi. Mi medicherà Mademoiselle D’Arcy >>.

         << Certo Thomas >>.

 

 

         Nella tenda si era fatto improvvisamente caldo, così mi diressi verso l’apertura per lasciar entrare l’aria serale, prima di tornare ad occuparmi della ferita.

         Mi trovai nuovamente il torace nudo e muscoloso di Thomas davanti agli occhi, e senza rendermene conto comincia una lenta ispezione al suo corpo possente.

         << Siete certa di riuscirci? >>, mi domandò interpretando la mia esitazione per mancanza di coraggio, ma se avesse saputo a cosa stavo pensando, non avrebbe certo detto quella frase.

          Mordendomi il labbro mi tirai su le maniche e presi in mano l’ago.

         << Preferite sdraiarvi, piuttosto che stare seduto? >>.

         << Così andrà bene >>, mi rispose accomodandosi meglio sullo sgabello e divaricando le gambe.

         Sollevò il braccio destro e lo appoggiò sul lavamano per farmi operare con maggiore agio, ma la visione dei suoi muscoli tesi, m’intimidirono più di quanto non avrei voluto.

         Osservai la lesione e poi l’ago che tenevo in mano. Erano necessari cinque punti per chiudere la ferita.

        

 

          Quando Isabeau premette l’ago nella mia carne, serrai un pugno battendolo sulla coscia. Per cercare di non pensare al dolore, mi concentrai sul viso di Isabeau, soffermandomi sulle labbra morbide e rosse, che avevano risposto con tanta intensità al mio bacio.

         Fino al quel momento avevo evitato di pensarci, ben sapendo che era meglio mantenere quella linea di condotta.

Ma lei era così vicina, tanto che potevo riuscire a distinguere le piccole lentiggini sul naso e la sottile linea degli occhi, incredibilmente viola;

         Per un momento mi dimenticai di respirare.

         << Fatevi forza. Ho quasi finito >>, mi disse Isabeau inconsapevole del fatto che non mi ero quasi accorto della sua opera.

         Si avvicino ancor di più, e quel movimento fece cadere alcune ciocche che sfiorarono il mio torace.

Sarebbe stato così facile baciarla di nuovo, farla alzare in piedi e portarla a…

         No! Devo smetterla. Che diavoleria mi sta facendo quella donna?

Sto diventato come un uomo sempliciotto, che si lascia rammollire ogni volta che la sua donna apre bocca. Io non sono così, e anche se lo fossi, non potrei fare nulla di tutto quello che mi passa per la testa.

         Innamorami di Isabeau sarebbe stata la cosa più sbagliata. La situazione era già troppo complicata.

         Capii che era meglio concentrarsi sull’ago che mi stava trapassando la pelle.

         << Credo che basti. Non sono una tovaglia d’altare su cui potete divertirvi a fare i vostri ricami >>, le dissi freddamente scostandola di lato.

         << Uff… quando fate così siete davvero insopportabile. Credete di continuare a fare l’odieux ancora per molto? >>.

         Invece di risponderle, rovistai nella sacca di pelle che conteneva gli unguenti di Auvrai. Ne tirai fuori un piccolo involucro e ne sciolsi i lembi, e dopo averlo aperto, indussi Isabeau a sollevare il mento per occuparmi del taglio sul collo.

         << Gradirei una risposta, se non vi è di troppo disturbo >>.

         << Fate silenzio. Il troppo parlare sminuisce la vostra beltà >>.

         << E’ il vostro caratteraccio a farmi comportare così. Siete un bruto >>.

         << Così dicono… >>.

         Notai che evitava di guardarmi, tenendo le palpebre abbassate, ed io non potei fare a meno di notare le folte ciglia che le contornavano gli occhi.

         Mi raschiai la gola, cercando di ignorare la delicata curva del collo, e di concentrarmi di più sul taglio piccolo, ma abbastanza profondo.

Aveva rischiato veramente di perdere la vita, ma adesso non volevo pensarci.

         << Voltatevi verso la luce >>.

         Le applicai l’unguento che odorava di muffa sulla ferita. Non appena smisi di spalmare, Isabeau fece un passo indietro. La fermai catturandole una mano.

         << Non ho ancora finito >>.

         Le avvolsi una grossa benda di lino attorno alla gola, poi passai ad esaminare il piccolo graffio che aveva sulla spalla.

Con molta probabilità doveva esserselo procurato, quando quell’uomo l’aveva buttata giù da cavallo.

         << Il linimento sarà d’aiuto anche qui, ma vi macchierà i vestiti >>.

         << Non credo sia un problema. Ci sono cose ben più importanti >>.

         << Manderò qualcuno per portarvi uno dei vostri abiti >>.

         << Preferirei domandaste una camicia da notte >>.

         Rimasi a guardarla per un momento, pensando a come avrei fatto a dormire, se lei fosse stata in biancheria intima al mio fianco.

Evidentemente, non si era resa conto, che avrebbe dovuto dividere la tenda con me.

         << Ehm, non credo sia il caso. Purtroppo non ci sono abbastanza tende per tutti, quindi ho pensato che avreste gradito usare la mia con me. Vi è di disturbo? >>.

         << Oh no! Affatto. Andrà benissimo. Spero solo di non arrecarvi disagio >>.

         << No. Sempre che non comincerete a blaterare per tutta la notte >>.

         << Ed io spero vivamente che con una bella dormita il vostro savoire-faire migliori, altrimenti, la prossima volta andrò a dormire con qualcuno più educato >>.

         << Sperando che qualcuno vi voglia >>.

         << Cosa avete detto? >>.

         << E’ tardi, e oggi è stata una giornata lunga. Domani avremo tutto il tempo che vogliamo per giocare, ora però sdraiatevi e mettetevi a dormire >>.

         << Qui, mon capitane >>, mi rispose lei ironica facendomi una linguaccia.

         Facendo attenzione al mio squarcio, mi sdraiai sulle pellicce, lasciano spazio ad Isabeau tra me e la parete di tessuto della tenda.

         Quando si sdraiò al mio fianco, l’aiutai a coprirsi con la pesante coperta di lana, e dopo che si fu sistemata, la guardai per un ultimo istante, prima di augurarle la buona notte.

         << Bonne nuit >>.

         << Bonne nuit, a domaine >>.

 

 

         Il respiro di Thomas si era ormai fatto regolare da diverse ore, io invece ero ancora sveglia. Era la prima volta che dormivo assieme ad un uomo, e questo non mi permetteva di rilassarmi abbastanza, per addormentarmi.

         Mi rigirai prima da un lato, poi dall’altro, ma quando vidi il suo volto a pochi centimetri dal mio, dedussi che era più sicuro stare sdraiata sulla schiena.

         Osservai il soffitto per diversi minuti, ma per quanto tentassi, non riuscii a rilassarmi.

         Come se Thomas comprendesse il mio turbamento, mi attirò a se accentuando la stretta attorno alla vita. Fece poi scivolare un ginocchio tra le mie gambe, e temendo di svegliarlo, non osai muovermi.

         <>.

         Sentii il mio nome sussurrato tra i capelli, mentre il suo respiro mi accarezzava dolcemente il capo.

         Per un momento mi chiesi il motivo per il quale avesse pronunciato il mio nome, ma subito dopo socchiusi le palpebre e quasi inconsapevolmente mi accoccolai contro di lui.

Il calore del suo corpo mi dava conforto, come se fossi stata avvolta in un morbido bozzolo. Era passato molto tempo dall’ultima volta che mi ero sentita al sicuro.

         Thomas si mosse nel sonno, aderendo ancor di più al mio corpo. Io del resto, non mi ero mai sentita tanto stanca in tutta la mia vita, quindi accettai molto volentieri quel contatto, sapendo che presto mi sarei addormentata.

         Sentii il suo respiro lento e regolare tra i miei capelli, il battito del suo cuore ritmico, la peluria che gli ricopriva il torace e il suo profumo intensamente virile.

         Con queste nuove sensazioni, mi addormentai, nel modo più bello che potessi conoscere.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


a

   E

Capitolo

5

 

 

 

         Di solito non sognavo, invece quella notte l’esperienza si era rivelata davvero piacevole. Senza dubbio Isabeau aveva avuto un ruolo in quello che era successo, visto che mi ero ritrovato allacciato a lei in un morbido groviglio di braccia e gambe.

         Prestando attenzione a non destarla, mi alzai per vestirmi. Presi la mia tunica e la cotta di maglia, mentre osservavo Isabeau, che dormiva con un’espressione beata sul viso.

Un sorriso mi riempì il volto, pensando a quanto potesse essere dolce, e nel sonno mi pareva ancor più fragile di quello che in realtà non era.

         Completando gli ultimi ritocchi al mio abbigliamento, mi sorpresi pensando che non solo avevo sognato;

Quella passata, era una delle poche notti in cui aveva dormito bene, e negli ultimi tempi mi capitava molto raramente.

Avrei dovuto rivolgere un ringraziamento speciale ad Isabeau, per avermi regalato una bellissima sera come quella.

         Raccolsi da terra la mia spada, e allacciai la cintura, ma un fruscio alle mie spalle, mi fece voltare.

Isabeau si era svegliata, e portava ancora i residui del sonno. Tentando di alzarsi a sedere, si stropiccio gli occhi, e guardandomi mi rivolse un sorriso.

         << Dobbiamo già andare? >>, mi domandò con voce assonnata.

         << No è ancora presto. Dormite pure, quando sarà il momento ve lo dirò >>.

         << E voi invece? Non rimanete qui? >>.

         Mi avvicinai al giaciglio, ed abbassandomi su di lei, la invitai a sdraiarsi, rimboccandole le coperte.

         << Non avete nulla da temere. Anche se sarete da sola, io sarò lì fuori, non mi allontanerò molto. Ci vediamo dopo per la colazione >>.

         << Qui, mon seigneur >>.

         Prima di uscire dalla tenda, mi girai un’ultima volta per guardarla, e soddisfatto m’incamminai verso il centro del campo.

         Buona parte dei miei cavalieri, erano già svegli e pronti. Alcuni mangiavano, altri stavano piegando le loro tende.

         << Bonjour Thomas! E’ davvero un bel giorno oggi: c’è il sole finalmente! >>, mi disse Gawain, che gentilmente mi porse una scodella di farinata d’avena.

         << Gawain, stai prendendo vizi inglesi. Tra poco comincerò a vederti bere il tè alle cinque >>.

         << Ti vedo di buon umore stamani. Potrei sapere a cosa è dovuto? Dubito che sia perché c’è il sole… >>.

         << No, infatti> >, interrompendomi per poter ingoiare il boccone che avevo in bocca.

         << Non ho mai visto un cavaliere che si ferma per una spruzzata d’acqua. In ogni modo, è perché stanotte ho dormito davvero bene >>.

         << Davvero? Beato te. Io ho fatto a botte con les fourmis qui m'ont envahi la tente! (ho fatto a botte con le formiche che mi hanno invaso la tenda) >>.

         << Mi dispiace. La prossima volta cerca di non metterla su un formicaio >>.

         << Fosse facile. Non si vedono ces étrons! (quelle stronze) >>.

         Non riuscendo a trattenermi, comincia a ridere immaginando un uomo grande e grosso come Gawain, combattere con le formiche battendo pugni e calci a terra, e non avere la meglio.

         Poco dopo, l’ilarità colpì anche lui, ma entrambi tornammo seri di colpo, vedendo Isabeau che si avvicinava a noi, scortata da Sir Lionel.

         Si era cambiata d’abito, indossandone uno celeste che faceva risaltare i suoi capelli rossi.

Camminavano a braccetto, e sembrava si stessero divertendo, poiché entrambi ridevano;

Probabilmente Lionel la stava intrattenendo con uno dei suoi tanti aneddoti, di quando era ancora uno scudiero alla corte d’Osric il Terribile.

Quando però Isabeau voltò il capo nella mia direzione, il suo sorriso si allargò nel vedermi, ed io non potei fare a meno di ricambiare. Quella mattina era più bella del solito, e mi resi conto che qualcosa era cambiato nel nostro rapporto;

Era da molto che non mi sorprendeva più con uno dei suoi dispetti, o che ci scontravamo verbalmente, andandocene via entrambi imbronciati.

         << Mademoiselle, benvenuta alla “Taverna dei Cavalieri” >>, gli disse galante Gawain baciandole la mano, facendo esplodere Isabeau in una risata cristallina.

         << Sarò lieto di elencarle il menù di questa mattina, su cui potrà contare su una vasta scelta di prelibatezze: farinata d’avena, pane e farinata d’avena >>.

         << Gawain, la tua intraprendenza è del tutto fuori luogo… >>, gli rispose Lionel.

         <>.

         << Chevaliers, penso che Mademoiselle D’Arcy sia affamata. Avrete tutto il viaggio per intrattenerla nel modo più opportuno >>, li interruppi calcando in particolar modo sulle ultime parole;

Ne ignoravo il motivo, ma il loro interesse verso Isabeau, seppur del tutto cortese, m’infastidiva terribilmente.

         Entrambi mi guardarono, ed alzando le spalle se n’andarono lasciandoci soli. Lei mi si avvicinò, allungando la mano verso la mia fronte.

         << Avete un graffio sulla fronte… >>.

         Il suo tocco, seppur leggero mi fece sussultare, e dentro di me imprecai, sentendomi come un’adolescente alle prese con la sua prima cotta.

         << Deve essere stato ieri sera. Allora, cosa preferite? Purtroppo non c’è molta scelta, avendo dovuto fare tutto di corsa. Per questa sera, cercherò di catturare un po’ di selvaggina >>.

         << Non preoccupatevi. La farinata d’avena andrà benissimo >>.

         Ne versai un mestolo dentro una ciotola e gliela porsi, ed accomodandomi sul tronco vicino a lei, comincia a lucidare la mia spada nell’attesa che finisse, poi avremmo proseguito.

 

 

          Lo osservai, mentre compiva quei semplici gesti, che dovevano essere abituali per un cavaliere.

Stava pulendo accuratamente la sua spada che brillava della luce del sole, la cui impugnatura stava a stento nella sua grande mano;

Notai che l’elsa, era molto particolareggiata, e l’elemento che saltava più all’occhio erano due leoni che ruggivano, intagliati nel metallo.

Anche il bellissimo smeraldo che brillava sulla cima, non rimaneva indifferente, ma il leone aveva un significato ben preciso per noi Normanni.

         Era tutta in oro, e l’impugnatura a croce era fasciata da un nastro di stoffa ocra. La lama era lunga e sottile, e su di essa vi erano incise delle parole in latino che citavano:

“Che Dio ci conceda di riconoscere il giusto, la volontà di sceglierlo e la forza per conservarlo”.

         Era una bellissima frase, ma ero completamente allo scuro del significato recondito che poteva attribuirgli Thomas.

         Mi resi conto che non sapevo nulla di lui: chi erano i suoi genitori, a che età era diventato cavaliere, dove si trovava la sua casa, se aveva fratelli o sorelle, se era il promesso sposo di qualche dama…

         Quell’ultimo pensiero, mi colmò di tristezza. Rabbrividii, agitandomi al suo fianco.

         << Non vi piace? >>, mi domandò preoccupato, fraintendendo il mio malessere.

         << No, affatto >>.

         << Allora perché non mangiate? Vi servono energie per il viaggio, e non potremmo fare molte soste d’ora in poi. La zona che andremo a percorrere è invasa dai sassoni >>.

         Persa com’ero nei miei pensieri, mi ero dimenticata della mia colazione, che restava ancora intatta nella scodella di rame tra le mie mani.

         << Ehm… attendevo che si raffreddasse >>, buttai lì la prima scusa che trovai, poi afferrando il cucchiaio cominciai a mangiare lentamente.

         << Posso farvi una domanda? >>, gli domandai con voce talmente bassa, che mi chiesi se mi avesse udito lo stesso.

         Lasciò andare lo straccio che passava sulla lama, e girò la testa verso di me.

         << Ditemi >>.

         << Che cosa significano le parole sulla vostra spada? >>.

         Mi rivolse uno sguardo sorpreso, ergo la mia domanda. Forse era meglio se stavo zitta, ma la mia curiosità, riusciva sempre a sopraffarmi.

         << E’ la frase che si dice alla conclusione dell’investitura di Cavaliere >>.

         << Credevo si dicesse: “Da fratello a fratello, tuo nella vita e nella morte” >>.

         << Si, anche quello, ma lo si dice soltanto al Re >>.

         << Tutti i cavalieri hanno quella scritta sulla lama? >>.

         << No… ogni cavaliere ha la sua spada. Com’è tutta questa improvvisa curiosità? >>.

         << Ho notato che la vostra spada riporta simboli molto importanti… >>.

         Mi sorrise, notando nei suoi occhi un moto d’orgoglio. Forse ero riuscita a scalfire un po’ la sua corazza. Magari avrei imparato qualcosa di più sulla sua vita.

         << Questa spada me la donò il Re, quando avevo 10 anni. Era stata la sua spada quando era giovane >>.

         << Quindi discendete dalla famiglia reale? >>.

         << Non esattamente. Mia madre era la cugina di terzo grado del Re >>.

         << Era? >>, chiesi deglutendo. Temevo di aver toccato un argomento in cui non mi era permesso addentrarmi.

         << I miei genitori sono morti quando ero molto piccolo >>.

         Mi sentii molto in colpa per essere andata ad indagare su un argomento così delicato, soprattutto ben sapendo di non avere così tanta confidenza.

         << Mi dispiace >>, fu l’unica cosa ce riuscii a dire.

         << Non dovete. Dopotutto le cose mi sono andate piuttosto bene: il Re mi accolse nella sua famiglia, ed essendo già stato predestinato a diventare un cavaliere, mi fece seguire dai migliori precettori, mi assegnò ai migliori paladini di quei tempi e lui stesso mi insegnò l’arte del combattere. A soli 14 anni, ricevetti l’investitura >>.

         << Così giovane? A che età avete cominciato a studiare per diventarlo? >>.

         << A sei anni >>.

         Trattenei il respiro. Com’era possibile che un bambino così piccolo potesse già maneggiare armi e cavalcare poderosi destrieri?

Mi resi conto che, anche se fin da fanciullo era stato seguito dal Re, la sua vita non doveva essere stata facile;

Non avere i genitori, a cui non puoi andare a chiedere conforto. Essere sotto costante disciplina e non poter mai sbagliare. Avere già scolpita la strada da percorrere.

         Doveva essere frustrante, ed ora che era il Primo Cavaliere, aveva ancor meno libertà dovendo essere d’esempio per gli altri, e non deludere il suo Re.

         << Siete rimasta senza parole. Davvero molto strano >>.

         << Non pensavo che aveste iniziato così presto >>.

         << C’è chi inizia più tardi, ma è stato fatto per far comprendere alle persone che essere nelle grazie del Re, non comporta privilegi, ma anzi, sacrifici e doveri >>.

         << Avete fratelli o sorelle? >>.

         << No, sono figlio unico >>.

         << Dov’è la vostra casa? Avete sempre vissuto a Londra o siete stato anche in Francia? >>.

         Per la prima volta lo vidi ridere: era bellissimo.

         Una risata profonda, ma di gusto. Lo vidi per la prima volta spontaneo, senza stare a misurare ogni suo gesto e ogni sua parola.

Non riuscii a capire, però cosa ci trovasse di così divertente nella domanda che gli avevo fatto.

         << Perché ridete? >>.

         << Non avrei mai immaginato che poteste essere così curiosa. Da quanto desideravate farmi tutte queste domande?  >>.

         << Bè, da un po’. So che alcune volto sono molto sfacciata, ma credetemi non volevo farmi i vostri affari >>.

         << Non preoccupatevi, non è accaduto nulla. Per rispondere alle vostre domande, vi posso dire che ho abitato in Francia quando ero piccolo, ma il Re mi ha portato con se in Inghilterra. Passo gran parte del mio tempo a corte, ma essendo il Barone di Windsor, la mia residenza attuale è là. In Francia possiedo ancora una tenuta molto vasta nei pressi di Arras. Siete soddisfatta? >>.

         Mi guardò sorridendomi. Quando sorrideva delle piccole rughe d’espressione gli contornavano gli occhi, la bocca e la fronte. Era davvero adorabile quando non sfoderava la sua parte da guerriero.

         Per un momento dimenticai perfino di cosa stavamo parlando. Poi risvegliandomi dal  coma, ricambia il sorriso, ben sapendo che il mio era come quello di un’ebete.

         << Si, abbastanza. C’è qualcos’altro che dovrei sapere? >>.

         << Bè, il mio cavallo, che siete riuscita a corrompere, e tuttora ignoro come, si chiama Pegaso. L’ho da quando avevo 19 anni. Sono ambidestro… >>.

         << Vuol dire che sapete combattere con entrambe le mani? >>.

         << Si, con due spade. Mi sono rotto 3 volte il braccio sinistro, una volta la mascella, quattro costole, il femore e la caviglia. Mi piacciono i bambini e adoro le donne… >>.

         << Voi mi odiate >>.

         << Non è vero. Però siete alquanto irritante in alcune occasioni >>.

         << Allora dimostratelo! >>.

         Gli dissi alzandomi, e mettendomi di fronte a lui. In quella posizione, finalmente potevo godere nel vederlo dall’alto in basso, perché ovviamente in tutte le altre occasioni, in cui non era a sedere, era il contrario.

         Fece un sorriso sghembo, poi ripose la spada nel suo fodero e si alzò fronteggiandomi. I nostri corpi erano a pochi centimetri di distanza, tant’è che i respiri si univano.

         << Dimostrarvelo? E come? >>.

         << Il modo lo dovete trovare voi >>.

         << Forse un’idea ce l’ho… >>.

         Non so perché, ma qualcosa mi diceva che ci stavamo per baciare, ed io quel bacio lo desideravo. Al tempo stesso però, sapevo che era completamente sbagliato, e che lui non si sarebbe mai spinto troppo in là con me;

Eravamo due anime che insieme non avevano futuro. Si sono incontrate per caso, e come si sono incrociate, prima o poi dovranno dividersi.

         I nostri visi si erano pericolosamente avvicinati, e quasi inconsapevolmente, abbassai le palpebre…        

         << Ehi, voi due! Vi volete muovere?! Noi siamo pronti, se non vi sbrigate vi lasciamo qua! >>.

         L’urlo di Gawain ci fece sussultare, ed io indietreggiai di alcuni passi fino a ritrovarmi contro il tronco.

         << Arriviamo! >>, gli rispose Thomas.

         << Sarà meglio che ci affrettiamo, o quelli ci lasciano veramente qui >>.

         Mi porse la mano, ed insieme corremmo verso il drappello.

 

 

 

         Avevamo percorso diverse miglia, e se avessimo mantenuto quel ritmo, l’indomani saremmo giunti a Canterbury.

         L’imbrunire stava scendendo lentamente, illuminando il cielo per metà arancione e per l’altra blu. Davvero uno spettacolo indimenticabile.

         In ogni modo, presto ci saremmo dovuti accampare, e qualcuno avrebbe dovuto pensare a procurare della selvaggina.

Isabeau non poteva nutrirsi solo di farinata d’avena, finché non fossimo giunti ad Heartheaven. Doveva mangiare qualcosa di più sostanzioso.

         Pensando a lei, mi voltai per vedere dove fosse, e come qualche ora fa, era in compagnia di Lionel, che le spiegava il nostro codice.

         Avevamo cavalcato per tutto il pomeriggio fianco a fianco, ma non avevamo avuto bisogno di parole;

Ci bastava scambiarci qualche sguardo di tanto in tanto, accompagnato da un sorriso che significava tutto e nulla.

         Quando però Lionel aveva richiesto la sua compagnia, non avevo potuto protestare ed ora mi sentivo solo e tradito, sebbene fossi consapevole che non vi era motivo di esserlo.

         Perso nei miei pensieri, vidi Percival che si avvicinava a me, con molta scioltezza. Quando fu al mio fianco, restai in silenzio continuando a guardare avanti. Solitamente, non avevo l’abitudine di parlare durante i viaggi, ma prestavo sempre molta attenzione all’ambiente circostante.

L’esperienza mi aveva insegnato di stare sempre all’erta, perché i pericoli potevano essere ovunque.

         << Thomas, ti posso parlare? >>.

         << Certamente. C’è qualche problema? >>.

         << No. Volevo solo esporti il mio punto di vista, e penso anche quello degli altri, riguardo una faccenda piuttosto delicata  >>.

         Mi voltai nella sua direzione guardandolo negli occhi, e con un breve cenno del capo, gli feci capire che poteva proseguire.

Apprezzavo la sincerità dei miei uomini, e preferivo che le cose mi fossero riferite direttamente, piuttosto che sotterfugi, che servivano solo a creare malcontento.

         << Non pensi che quello che è successo la scorsa notte, non si addica alla tua posizione? >>.

         << Parla chiaro Percival. Che cosa vuoi dire? >>.

         << Voglio dire che non è conveniente per te, trascorrere le ore serali in compagnia di Mademoiselle D’Arcy. Io e gli altri cavalieri, conveniamo che sarebbe meglio se la signorina, avesse una tenda tutta sua. Posso cederle volentieri la mia, sempre che siate d’accordo… >>.

Non dovevo certo rendere conto a lui, di quello che facevo con Isabeau. Se solo avessi potuto, lo avrei preso a schiaffi, lui e la sua stramaledetta faccia. Come potevo dire ad Isabeau che non saremo stati assieme?

         Dopo aver passato una notte così piacevole, in cui finalmente ero riuscito a dormire come qualsiasi cristiano, non potevo rinunciare a lei.

         Ma come potevo fare? Non avevo altra scelta. I cavalieri evidentemente, avevano cominciato a vociferare, e Percival scommetto era stato quello che aveva dato il via all’incendio.

         La parte di me, che rappresentava il cavaliere, riaffiorò prepotente, costringendomi ad accettare la proposta di Percival senza repliche.

D’altronde, il mio compito era quello di scortarla a Londra sana e salva, e dormire nella tenda con lei, non rientrava tra i miei doveri.

         << Certo. La informerò personalmente questa sera. Soddisfatto? >>.

         << Guarda che non lo dico per me Thomas. La tua posizione è molto elevata, e non puoi permetterti errori, ricordalo  >>.

         Poi guardandomi un’ultima volta, girò il cavallo e tornò in fondo alla fila, là dov’era il suo posto.

         Contemporaneamente, il mio sguardo si posò su Isabeau che rideva con Lionel e l’aggiunta di Gawain. Si vedeva chiaramente però, che ormai era stanca, e se non ci fossimo fermati presto, si sarebbe messa a dormire sul cavallo.

         Feci segno alla compagnia, che ci saremmo accampati nell’enorme vallata sottostante all’altopiano dove ci trovavamo, e mentre discendevo dal pendio, pensavo al modo migliore per dire a Isabeau che quella notte sarebbe rimasta sola.

 

 

         L’accampamento era ultimato, e finalmente sarei potuta andare a letto;

Ormai le palpebre mi si erano fatte pesanti, e sentivo la stanchezza invadermi.

         Ansiosa di potermi sdraiare, e magari ricevere calore dal corpo muscoloso di Thomas, mi avviai verso la tenda.

         Quando fui sul punto di entrarvi, qualcuno mi afferrò improvvisamente la mano, e spaventata sussultai.

         Voltandomi, vidi Thomas, che con un’aria tremendamente seriosa mi scrutava in silenzio.

         << Devo parlarle… >>.

         Senza darmi il tempo di reagire, mi trascinò dietro di se, portandomi ai margini dell’accampamento, e quando finalmente, girò il viso verso di me, scorsi nei suoi bellissimi occhi verdi, un velo di tristezza.

         << Ditemi. Che cosa sta succedendo? >>.

         << Mademoiselle Isabeau, io le devo chiedere di trasferirsi in un’altra tenda >>.

         Non sapevo il perché, ma gli occhi cominciarono a bruciare per le lacrime che minacciavano di uscire.

Non pensavo che quelle parole potessero farmi così male. Mi sentivo abbandonata, tradita, confusa.

         Cercai di ricompormi, adottando un aspetto più dignitoso, per quanto ci riuscissi.

         << Ho fatto qualcosa di sbagliato? >>, fu quella l’unica cosa che riuscii a pronunciare.

         << No, voi non avete fatto nulla, ma dovete capire che non è bene per noi due dormire assieme. I miei cavalieri non approvano, e nemmeno io. Perciò Sir Percival ha gentilmente proposto a voi, la sua tenda. Vi chiedo di accettarla… >>.

         << Suppongo di non avere scelta. Resterò da sola? >>.

         << No. Accanto alla vostra tenda, c’è quella di Lionel. Ma ricordate, per qualunque cosa non esitate a chiamarmi, ed io verrò subito da voi >>.

 

         Guardandola negli occhi scorsi afflizione, sentendomi improvvisamente in colpa. Ma che cosa potevo fare? Non avevo altra scelta. Speravo solo che lei capisse il motivo del mio gesto.

         Se avessi potuto muovermi liberamente, avrei condiviso cento e più notti in sua compagnia, accontentandomi anche solo di guardarla.

         Quella sera, così fredda e umida, sarebbe stata perfetta per dormire abbracciati assieme ancora una volta, ma il destino aveva il suo percorso da seguire;

C’eravamo incontrati per non essere mai uniti, e lui stava facendo esattamente quello che era il suo compito: allontanarci. Nulla avrebbe potuto mutare questo fato.

         Il suo volto fu solcato da una lacrima solitaria, che si fermò ai margini della bocca. Provai l’impulso di abbracciarla, stringendola forte a me, per dimostrarle che per lei ci sarei sempre stato. Sarebbe stata l’unica donna che avrei portato sempre nel cuore.

         Rimandai il più possibile, quel triste momento: lasciarla, ma ormai erano già trascorsi cinque minuti, ed io non avevo osato muovermi.        Nemmeno lei era riuscita a fare nulla.

Forse provava quel che provavo io?

         La guarda un’ultima volta, poi a malincuore me ne andai, ben sapendo che se fossi rimasto un istante in più, avrei dormito lì fuori con lei, piuttosto che lasciarla.

         I miei passi erano lenti, riottosi, rispetto alla mia normale andatura, ma più mi allontanavo, più schegge di ghiaccio mi trafiggevano il cuore, e mentre mi dirigevo vero la tenda, pensavo all’unica notte insieme, ma che era bastata per diventare importante.

         Allontanandomi, cercai di non guardare indietro.

 

 

         Più mi avvicinavo alla tenda, più sentivo il gelo della solitudine invadermi, tant’è che quando fui sul punto di entrare, ebbi un forte impulso di voltarmi e correre nel caldo abbraccio di Thomas.

Non avevo altra scelta, così mi infusi coraggio, cercando di non pensare alla triste solitudine che mi attendeva.

         Quando andai dentro, non vidi nulla: l’interno era completamente buio, nemmeno un raggio pallido della luna, riusciva a rischiarare l’ambiente, che era piuttosto angusto, rispetto alla tenda di Thomas.

         Mi strinsi nelle spalle per cercare di reprimere il freddo pungente che mi avvolgeva il corpo, ed un brivido mi attraversò da capo a piedi.

         Disperata, sentii le lacrime che nuovamente m’inumidirmi gli occhi, ma ricordai a me stessa che non dovevo piangere, perché non avrebbe portato a nulla, se non a peggiorare le cose.

         Con molta riluttanza, aggravata dalla rigidità del mio corpo, per il freddo stagnante della tenda, scostai le coperte sdraiandomi.

         Mi scoraggiai ancor di più, quando appoggiai il capo sulle pellicce, e non sentii il buon profumo di Thomas, ma un odore acre e per nulla invitante.

         Come avrei fatto a dormire?

         Cambia posizione diverse volte, voltandomi a destra poi a sinistra, mentre la coperta di lana pesante, non faceva altro che impacciarmi nei movimenti.

         Oramai, quell’incessante cambio di posizioni, mi aveva indolenzito i muscoli, mentre le pellicce erano tutte in disordine.

Ma io ero troppo esausta per fare qualsiasi altra cosa, così mi addormentai unicamente perché sfinita dalla lotta con le coperte.

 

 

 

         Stare in quella stramaledetta tenda, era ormai divenuto insopportabile. Non tolleravo più quel silenzio e quella solitudine che regnavano all’interno, ma quello che m’infastidiva al di sopra d’ogni cosa, era il posto vuoto al mio fianco.

         Più volte avevo allungato la mano in quella direzione, in cerca di qualcosa di morbido, che in realtà non c’era.

         Era inutile stare a crucciarsi, così mi levai dal giaciglio, per andare a prendere una bella boccata d’aria, che magari mi avrebbe fatto aiutato ad alleviare i miei turbamenti.

         La mia meta, era il centro dell’accampamento, dove mi aspettava un grande focolare davanti al quale avrei potuto riflettere.

         Su che cosa dovevo riflettere? In realtà sapevo già tutto;

Isabeau mi era entrata dentro come aria pura, senza che io me ne rendessi subito conto. Quante lotte avevo affrontato tra me e la mia conoscenza, che non voleva ammettere la verità.

         Ora però che ne ero a conoscenza, non potevo pronunciarla apertamente, o avrebbe fatto soffrire entrambi.

Le cose sarebbero peggiorate, soprattutto, quando sarebbe giunto il momento di dirci addio. Ma avremmo avuto il coraggio di dirlo?

         Per la prima volta, comincia a dubitare di me stesso. Non ere del tutto sicuro che sarei riuscito a lasciarla andare, ma avevo altra scelta.

         Accidenti! Lo sapevo fin dall’inizio che le cose erano così, ed ora se entrambi soffrivamo era soltanto colpa mia.

Avevo lasciato che il mio cuore prendesse troppo il sopravvento, ed ora mi ritrovavo a desiderare una cosa che non potevo avere.

         Speravo che almeno lei se la cavasse meglio di me, poiché non potevo sopportare l’idea che anche lei soffrisse come me.

         Alzai gli occhi al cielo, che brillava delle stelle nella notte, e chiesi aiuto all’unica persona che avrebbe compreso la mia situazione.

         << Oh buon Dio misericordioso, ho tanto bisogno della tua misericordia. Indicami la via più giusta da seguire. Mi trovo in balia di me stesso, in un mare di sentimenti contrastanti. Solo tu, puoi suggerirmi ciò che è giusto fare ed io lo farò. Aiuta anche Isabeau, che per la mia brama di desiderio ho portato al dolore. Concedi a lei la tua protezione, ed io ti ripagherò 1000 volte con qualsiasi sacrificio tu voglia chiedermi e se nella tua saggezza dovessi stabilire che quel sacrificio consiste nel dare la mia vita per lei, sarà un sacrificio che accetterò con gioia. Non chiedo altro che questo >>.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


a

   E

Capitolo

6

 

 

 

         Quella notte non avevo chiuso occhio, ma ero rimasto davanti al fuoco, che, mentre lento si consumava, giungeva l’alba.

Vidi il sole sorgere da dietro le colline, ed il cielo di un azzurro così limpido, da sembrare quasi bianco.

         Notai alcuni dei miei uomini, che gradualmente si svegliavano e cominciavano a preparare il campo per la partenza;

         Quel giorno non avevo alcuna voglia di cavalcare, né di stare a risolvere i vari problemi che potevano sorgere. Ero parecchio irritato, causa la notte in bianco, che aveva solamente peggiorato il mio malinconico umore.

         Scorsi in lontananza Gawain, Lionel e Percival uscire dalle loro tende, e dirigersi a fare colazione.

Questo significava che presto saremmo dovuti partire, ma Isabeau mancava ancora all’appello.

         Mi alzai, pronto per andarla a chiamare e fare colazione assieme, ma poi ricordai ciò che avevo detto a me stesso quella sera, così mi sedetti nuovamente, pronto per mandare Lionel al mio posto.

         << Presto! I cavalli stanno scappando! Prendeteli! >>.

         Un urlo squarciò la quiete, così diressi il mio sguardo verso la fonte, vedendo parecchi cavalli galoppare via, mentre alcuni uomini tentavano di corrergli dietro per acciuffarli.

         Ma cosa credevano di fare?

Se avessero continuato così saremmo partiti in ritardo.

         << Damnation! Ne vous supporte plus! Remuez-vous crétins... merde! Vous êtes des incompétent! ( dannazione ! non vi sopporto più! muovetevi cretini… merda! Siete degli incompetenti) >>.

         << Ci scusi signore, volete… >>.

         << Merde... fais silence! (Merda! Fai silenzio) >>.

         La mia pazienza mi aveva completamente abbandonato, e in quel momento nulla mi avrebbe impedito di dare sfogo alla mia collera.

         << Merde! >>, imprecai ancora una volta. Era l’unica cosa che riuscivo a dire in quel momento.

         Intanto vidi Lionel e Gawain, che erano riusciti a recuperare quattro cavalli, ma questo non servì a migliorare il mio umore.

         << Thomas, quattro ci sono, ce ne mancano ancora cinque. Possiamo farcela se… >>.

         << Merde! Lionel… est-ce que nous pouvons nous la faire? Je jure que je vous châtre un à un si vous faites une autre chose du genre! Couille ! ( Merda! Lionel…. Cosa possiamo farcela? Giuro che vi castro uno a uno se fate un'altra cosa del genere! Ciglioni!) >>.

         << Ma Thomas, non è successo… >>, osò protestare debolmente Lionel, ma oggi ce n’erano anche per lui.

         <<  Mais Thomas une corne! Remuez-vous à résoudre ce problème dégoûtant que vous avez créé. Ou vous serez vous les chevaux! (Ma thomas un corno! Muovetevi a risolvere questo fastidioso problema che avete creato, o sarete voi i cavalli) >>.

         << Che sta succedendo? >>.

         La voce di Isabeau mi arrivò dalle spalle, e voltandomi di colpo, vidi che mi osservava sconvolta. Ci mancava solo lei. Se ero in quello stato era solo a causa sua.

         Mi si avvicinò, posandomi con delicatezza una mano sulla spalla.

         << Non fate così. Sono sicura che si risolverà tutto… >>.

         <<  Pas maintenant femme! Je suis fatigué... Merde! Je n'ai pas dormi, je n'ai pas mangé et j'ai mal à la tête! Si vous n'êtes pas ici pour résoudre un de ces problèmes, vous revenez dans la tente et restez y tant que je ne vous appellerai pas je (non ora donna ! sono stanco…. Merda ! non ho dormito, non ho mangiato e ho male alla testa ! se non siete qui per risolvere uno di questi problemi, ritornatevene nella tenda e restateci fin quando non vi verrò a chiamare) >>.

         << Regrette-moi, mais il y n'a pas besoin que vous me traitiez à cette manière! Est-ce que vous voulez un massage à la tête? (scusate ma non c’è bisogno di trattarmi a questo modo ! volete un massaggio alla testa?) >>.

         <<  Mon Dieu non! S'il vous plaît pas maintenant Isabeau! (mio dio no! per favore non ora Isabeau >>.

         Ci mancava solo il massaggio, e avrei perso completamente la testa quel giorno.

         La guardai un’ultima volta, poi mi diressi verso il limitare del bosco;

Avevo bisogno di restare da solo per poter placare la mia collera, o quel giorno sarebbero cadute teste.

 

 

         Il pomeriggio era stato davvero estenuante;

Avevamo dovuto cercare i cavalli mancanti in lungo e in largo, in giro per i boschi. Dopo due ore, eravamo riusciti a scovarli, mentre si dissetavano ad un ruscello.

         Come se non bastasse, l’umore di Thomas non era dei migliori, infatti, aveva tenuto un’aria seriosa per tutto il viaggio, rispondendo con grugniti e ringhi.

         Avevo tentato di tirargli su il morale, ma lui addirittura, si era allontanato da me, dicendomi che non voleva nessuno in mezzo ai piedi.

Mi ero accorta che quella mattina era molto scostante nei miei confronti, ma inizialmente avevo pensato che si trattasse dei cavalli. Dopo il recupero però, nulla era cambiato nel suo umore.

Che gli avessi fatto qualcosa?

         Non riuscivo proprio a spiegarmi il motivo che lo spingeva a comportarsi a quel modo.

Forse, anche lui pensava che quei giorni assieme, presto sarebbero finiti.

         Che tristezza! Non volevo che lui mi lasciasse.

         Ignoravo come fosse accaduto, ma rimaneva che, nonostante il mio odio iniziale nei suoi confronti, ora agognavo per un solo istante da passare con lui.

         Lo amavo? Forse.

Non era una risposta saggia, perché se lo amavo, la separazione sarebbe stata ancor più dolorosa, sia per lui sia per me.

         Un raggio di sole mi colpì gli occhi, deconcentrandomi dai miei pensieri: il sole stava tramontando lento lento, colorando il cielo di diverse tonalità d’arancione.

M’incantai a quella magnifica visione, e finalmente per un attimo riuscii a non pensare a Thomas.

         Le ombre degli alberi, si allungarono sino a formare come un’enorme pozza ai miei piedi, e mentre il sole si nascondeva dietro le colline verdi d’Inghilterra, un venticello si alzò accarezzandomi capelli.

         Trasportava con se, l’odore della foresta e dei fiori di campo;

Inebriata, chiusi gli occhi gustando quel delizioso profumo, e le orecchie, furono deliziate dal melodioso canto d’alcuni uccellini.

         Rilassata, restai lì, ad assaporare quel magnifico momento.

 

 

         Ormai l’avevo cercata ovunque, e tutti coloro a cui avevo chiesto informazioni, non mi avevano saputo dare una risposta esauriente.

         Era impossibile che nessuno l’avesse vista! Non poteva sparire così nel nulla!

A meno che, non si fosse diretta verso il bosco, ma era a conoscenza che non le era permesso allontanarsi più di tanto, e per giunta da sola.

         La preoccupazione si fece padrona di me, impedendomi di ragionare lucidamente;

Camminavo avanti e indietro come un matto, non sapendo da dove cominciare.

         << Thomas? >>.

         La voce di Lionel mi percosse, facendomi fermare di colpo.

         << Lionel, dimmi che hai visto Isabeau! >>.

         << Sì, certo >>.

         << Cosa? E perché non me lo hai detto prima? Merde! >>.

         << Perché non me lo hai chiesto. E’ per questo che sei così agitato? >>.

         << Io non sono agitato… >>.

         << D’accordo. In ogni modo, è pochi metri più in là dall’ultima tenda. Io e Gawain la tenevamo d’occhio >>.

         Tirai un sospiro di sollievo, rilassando finalmente le spalle. Ero talmente angustiato, che mi ero dimentica perfino di respirare.

         <>.

         Non risposi. Cosa potevo rispondere?

Negare, non sarebbe servito a nulla. Avrei lasciato al silenzio il compito di far comprendere le cose a Lionel.

         << Se la ami, non lasciare che le convenzioni politiche e sociali, t’impediscano di vivere il tuo amore >>.

         << Come posso fare? >>, gli chiesi guardandolo negli occhi.

         << Lasciati andare. E’ molto semplice… >>.

         << No invece. E’ tutto fuorché semplice >>.

         << Sei tu che lo rendi complicato. Perché dovete per forza lasciarvi? >>.

         << Perché… >>.

         Non trovai una risposta, ma non ne fui tanto sorpreso;

Tra tutte le questioni che mi ero posto, non mi ero mai fatto questa domanda.

         << Perché io e lei dobbiamo lasciarci >>, provai a ribadire, ma solo per farmi dare la risposta esatta. Lionel la sapeva.

         << E chi lo dice ?>>.

         << Io… e il Re ovviamente >>.

         << No, non il Re. Tu non gli hai ancora chiesto di prendere la mano di Isabeau. Non sai cosa ti può rispondere, anche se entrambi sappiamo che a te non negherà nulla >>.

         << Ma se Isabeau non contraccambiasse i miei sentimenti? >>.

         << Lo sai che non è così >>.

         Si avvicinò ulteriormente a me, e prendendomi per le spalle mi disse:

         << Ascoltami. Per capire quello che vuoi, non hai bisogno altro che di questo: sei disposto a rinunciare a lei? Rispondi a questa domanda, e avrai trovato la soluzione >>.

         Sono disposto a rinunciare a lei? No. La risposta era oltremodo ovvia per me.

         Lionel doveva aver intuito tutto ciò che, in quel piccolo lasso di tempo, era avvenuto dentro di me, perché mi sorrise, dandomi una pacca sulla spalla.

         << Va da lei Thomas. Non tutti abbiamo la fortuna di vivere quello che state provando voi due. Non gettarlo al vento >>.

         << Grazie, amico mio >>.

         Senza perdere altro tempo, corsi a cercarla, ansioso di poterla finalmente vedere senza leggi o regole.

         Quando la trovai, la visuale che mi si presentò davanti, era così bella da togliere il fiato: lei era appoggiata al tronco di un albero. Aveva gli occhi chiusi e il sole le baciava il viso ed i capelli, rendendola simile ad un angelo.

         Senza far rumore, mi avvicinai lentamente a lei.

 

 

         Due braccia che conoscevo molto bene, mi avvolsero delicatamente in un abbraccio, stringendomi la vita.

         Chiudendo gli occhi, mi abbandonai contro il suo petto, assaporando quelle bellissime sensazioni che solo lui, sapeva donarmi.

         Il suo volto, s’immerse nei miei capelli, mentre una mano saliva lungo il mio torace fino a raggiungere la mia mano.

         Sapevo che ciò che stava accadendo aveva qualcosa di sbagliato, o molto più semplicemente, non doveva accadere per niente;

Mi era così difficile interrompere Thomas… lo amavo.

         << Ma belle… >>, gli sentii sussurrare tra i miei capelli, e delicatamente mi fece girare verso di lui.

         << Thomas, non credo… >>, tentai di replicare, poco convinta.

         << Shh >>, mi rispose, posandomi un dito sulle labbra.

         << Non c’è nulla da dire >>.

         Mi prese gentilmente il viso tra le sue calde e grandi mani, e dopo averci guardato negli occhi, per un tempo che pareva non finisse mai, mi baciò.

         Quel bacio, lo avrei ricordato per tutta la vita: così intenso, da farmi girare la testa, e dopo alcuni istanti mi fece dimenticare tutto;

Dove mi trovavo, cosa facevo, qual era il mio compito.

         L’unica cosa di cui ero certa, era che Thomas mi stringeva forte a se, baciandomi con tutto l’ardore misto alla dolcezza, che poteva possedere.

         Quante volte avevo immaginato questo momento, ed ora che si era avverato, non esitai a fare quello che avrei sempre voluto fare: premuta contro il suo petto villoso, feci scorrere le mie mani su di lui, esplorando il suo torace.

         Mi alzai sulle punte, per gustarmi al meglio quella dolce sensazione, ed improvvisamente, un calore intenso m’invase tutta, mentre la terra mi sembrava tremasse sotto i miei piedi.

         Per paura di cadere, mi aggrappai alle sue forti spalle, e lui per tutta risposta, approfondì il bacio, stringendomi più a se.

 

 

         Mai in vita mia, ero riuscito a provare queste emozioni con una donna.

Era bellissimo poterla sentire contro il mio corpo e far scorrere le mie mani su di lei.

         Il suo profumo mi ottenebrava i sensi, rendendomi incapace di pensare lucidamente.

I suoi modi, così innocenti ed assolutamente spontanei, mi facevano perdere la testa.

         Quelle emozioni, erano le prove che mi servivano per non lasciarla andare mai più. Ora non avevo più alcun dubbio su quello che volevo e provavo, e nulla mi avrebbe portato a rinunciare a lei.

         La strinsi ancor di più approfondendo il bacio, poi mi staccai dolcemente da lei, guardandola negli occhi.

         Mi aspettavo uno sguardo spaesato, confuso, indignato. Invece lei, mi stava guardando come nessuno aveva mai fatto.

         << Isabeau… >>, le sussurrai, accarezzandole dolcemente la fronte.

         << Thomas, stiamo facendo la cosa giusta? >>.

         << Dimmelo tu >>.

 

 

         Per tutta risposta, mi aggrappai alle sue spalle, e lo bacia con quanta passione avevo in corpo. Era così bello, poter finalmente abbracciarlo e baciarlo, lasciandomi andare completamente a lui.

         << Posso tenerti con me? >>.

         << Fin quanto tu vorrai >>.

         << Per sempre… >>.

         Ci baciammo ancora una volta, e mentre il tempo avanzava sapevo in cuor mio, che quella sarebbe stata una notte indimenticabile.  

 

 

         Quando mi svegliai era mattino inoltrato e la lampada ad olio si era già spenta. Non sapevo quante ore avessimo dormito, ma l’importante era che la notte trascorsa fosse la più bella di tutte.

         Isabeau era sdraiata su un fianco, rannicchiata contro il mio corpo, mentre un mio braccio le avvolgeva la vita. Mi aveva catturato il cuore.

         Il mio volto era immerso nella sua morbida chioma mogano, ed io potevo sentirne il delicato profumo di rosa.

Ne aspirai l’odore, e il mio caldo respiro fece rabbrividire Isabeau, cosicché per tutta risposta la strinsi ancor di più a me, insinuando una gamba tra le sue.

         << Thomas… >>, sussurrò il mio nome nel sonno.

         Non potei far altro che sorridere, davanti a quella sua innocentezza che adoravo tanto.

         Mossi la mia mano libera per farla risalire lentamente sul petto, sul collo e infine sul volto;

Con l’indice, tracciai delle linee immaginarie sui tratti delicati del suo bel viso, seguite da una scia di baci.

         Sentii Isabeau girarsi sull’altro fianco, in modo da potersi trovare esattamente col volto rivolto verso il mio.

Mi gettò le braccia al collo, stringendosi a me ancor di più, e senza che me lo aspettasi mi diede alcuni baci sulla spalla.

         << Sei così dolce >>, le sussurrai all’orecchio, dopodichè, mi sollevai facendo leva su un gomito e la contemplai.

         Ci guardammo negli occhi, i nostri visi erano a pochi centimetri di distanza, e facilmente avrei potuto contare le sue lunghe ciglia.

Osservai i suoi bellissimi occhi viola, che di mattino risplendevano di pagliuzze grigie sul contorno.

         Non avevamo bisogno di dirci nulla. In quel momento con un solo sguardo, ci stavamo dicendo cose che non potevano essere dette a parole.

         Sorrise. Mi fece un piccolo sorriso, mentre allungava una mano e mi sfiorava la guancia poco rasata.

         << Non ho perso tempo a radermi in questi giorni. La mia barba è troppo ruvida per la tua pelle delicata >>.

         << Invece credo che ti renda ancor più affascinante. Inoltre, non mi arreca alcun disturbo >>.

         << Sei stata fatta per me, ma belle >>.

         << E tu per me >>.

         Mi guardò un’ultima volta, poi allungandosi verso di me, mi baciò.

Un bacio che esprimeva una tale tenerezza da farmi provare un tipo d’estasi mai conosciuto.

Compresi che quella notte non erano stati solo i nostri corpi ad unirsi, ma anche le nostre anime.

         Delle voci all’esterno della tenda, ci interruppero, ed io capii mal volentieri che era tempo di andare ad organizzare la partenza.

         << Sarà meglio che vada, o rischiamo di restare qui >>.

         << Sarebbe un male? >>.

         << In un certo senso… Come pensi riseca a chiedere la tua mano al Re, se non arriviamo a Londra? >>.

         Vidi la sua faccia stupita guardarmi, mentre raccoglievo da terra tutti i miei vestiti sparsi per la tenda.

         Mi preparai indossando i miei pantaloni grigi e la cotta di cuoio, poi mi avvicinai a lei, posandole un bacio sulla fronte.

         << Vestiti, tran po’ dobbiamo partire. Fai con calma, e dopo vai a far colazione >>.

 

         Quando uscii all’aperto, vidi che i miei uomini avevano già cominciato a smantellare il campo per la partenza;

Doveva essere stato Lionel ad organizzare il tutto, dato il mio enorme ritardo.

         Andai verso il grande fuoco al centro dell’accampamento, dove erano disposte alcune scodelle contenenti la colazione: pane, farinata d’avena e miele.

         Ne presi una da dare a Isabeau, qual’ora si fosse alzata per venire a fare colazione, poi presi la mia, ed accomodandomi a terra comincia a mangiare.

         << Bonjour Thomas! >>.

         Alzai la testa, e vedendo Lionel gli sorrisi, che per qualche recondito motivo sorrideva anch’esso.

         << Buon giorno anche a te >>.

         << Questa mattina ti vedo di ottimo umore. Dormito bene? >>.

         Quel figlio di buona donna! Ora faceva anche finta di non sapere. Come se non sapessi che, probabilmente tutto il plotone sapeva cos’era accaduto questa notte.

         Aveva voglia di giocare il mio buon vecchio amico, ma avrei giocato anch’io.

         << Grazie per aver organizzato la partenza in mia assenza. Ti sono debitore >>.

         << Allora, ripagami stando più attento a quello che fai, la prossima volta. Nonostante fosse buio, Percival ha la capacità di vedere lo stesso! >>.

         << Ma davvero?… Allora dovremmo sfruttarla questa sua nuova capacità! >>.

         << Dico sul serio. Sta mattina l’ho sentito che parlava con altri, e non erano carinerie quelle che uscivano dalle sue labbra >>.

         << Ti stai angustiando troppo. Quando arriveremo a Londra, chiederò la sua mano al Re. Tu lasciali parlare >>.

         Ingoia l’ultimo boccone, mandandolo giù con un sorso di latte, poi mi alzai da terra.

         << Vado a sellare Pegaso e Majestic. Ti occupi tu di darle la colazione? >>.

         << Si, non preoccuparti… nutrice fedele! >>.

 

         Stavo allacciando la sella a Pegaso, quando sentii due piccole mani posarsi sulla mia schiena e in seguito, abbracciarmi da dietro.

Sapevo che era lei…

         << Bonjour ma belle >>, gli dissi e quando mi voltai verso di lei, l’attirai contro il mio petto.

Isabeau piegò la testa di lato ed io mi chinai in avanti per baciarle l’orecchio.

         Avrei preferito trascorrere quelle ore mattutine a letto, ma entro sera, avremmo dovuto raggiungere i confini di Heartheaven.

         << Hai già mangiato? >>.

         << Si. Allora, cosa ci aspetta l’itinerario di oggi? >>.

         << Un percorso tra i boschi per raggiungere la tappa mediana: Heartheaven. Ci vorrà almeno una settima per attraversare i suoi confini a Sud, ma giunti là ci fermeremo tre giorni per riprenderci, poi proseguiremo verso Londra >>.

         << Bene mio signore. Io sono pronta >>.

         << Anche io >>, le risposi, le diedi un bacio, ed infine l’aiutai a salire in sella.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


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E

Capitolo

7

 

 

 

 

         Dopo una settimana di lungo vagare su e giù per i boschi, guadare fiumi e percorrere stretti sentieri, finalmente eravamo riusciti a raggiungere Heartheaven.

Una tappa che avevo agognato di raggiungere come non mai, perché significava che da Londra mancava poco più di due settimane di viaggio.

         Per lo meno, il tempo in quell’ultimo periodo, si era deciso a migliorare. Il sole, infatti, splendeva alto nel cielo per parecchie ore, finché non giungeva il crepuscolo che rendeva tutto molto più romantico.

         Non c’era notte in cui io e Thomas, non la passassimo ad amarci. Per me era come l’ossigeno. Non potevo farne a meno.

         Mi ero totalmente ed incondizionatamente innamorata di lui, e più passava il tempo, più n’apprezzavo il carattere a tratti deciso, a tratti tenero.

         Ormai, avevamo imparato a conoscerci così bene, che in alcuni momenti non ci servivano parole per esprimere ciò che provavamo. Ce ne stavamo delle ore, semplicemente guardandoci negli occhi, magari stesi su un panno, nel mezzo di un prato verde;

         Appena avevamo un attimo libero durante il percorso, ci fermavamo sotto un grande albero, o sulla riva di qualche ruscello per riposarci e magari farci qualche carezza.

Purtroppo non era sempre facile avere un po’ di privacy con più di settanta uomini che ti gironzolavano attorno.

         Era mezzogiorno, quando ci fermammo all’ombra di un boschetto, per riprenderci dalla lunga galoppata della mattina.

Thomas aveva voluto accelerare l’andatura, cosicché entro sera saremmo giunti a Heartheaven.

         Aveva scelto il luogo reputandolo sicuro, poiché non c’erano segni recenti di viaggiatori. Stese una coperta sul terreno dove ci sedemmo per un breve riposo e consumare un pasto piuttosto frugale.

         Ero silenziosa, e ogni volta che sorprendevo Thomas a fissarmi avvertivo le mie guance colorarsi.

         Si chinò verso di me prendendomi una ciocca tra le dita.

         << Sei bellissima >>.

         << Thomas te ne prego, qualcuno potrebbe vederci. Mi metti in imbarazzo >>, gli dissi allontanando la sua mano.

         << Non era mia intenzione metterti a disagio, ma stai cominciando a pensare un po’ troppo a quello stupido di Percival. Credi veramente che passi il resto delle sue giornate a spiarci? >>.

         << No, però ho udito chiaramente ciò che ha detto due giorni fa. Evidentemente non gradisce le nostre effusioni in pubblico >>.

         << E’ solo geloso mia cara. Se avesse trovato quello che ho io, si comporterebbe ugualmente. Sei tutto per me, Isabeau >>.

         Sollevandomi tra le braccia, mi adagiò sulla coperta, e con il cuore che mi martellava nel petto come fosse la prima volta, cominciò a baciarmi ovunque.

         Sentivo le sue mani, percorrermi il corpo con carezze dolci e sensuali. Chiusi gli occhi, assaporando quel momento, dolce come il nettare degli dei.

 

 

 

         << Barone, finalmente! La stavamo aspettando con ansia. Vous venez, vous venez. Réparez-vous! (venite, venite. Accomodatevi!) >>.

         Sottobraccio a Thomas, avanzammo verso quello che doveva essere il signore di Heartheaven. Dall’accoglienza intuii, che Thomas lo doveva conoscere.

         Lo raggiungemmo davanti alla grande arcata che dava sull’enorme sala da pranzo, riccamente decorata con arazzi.

         << Lord Malory, sono felice di vedervi incolume. Mi erano giunte notizie, riguardo ad alcune incursioni nella vostra proprietà >>.

         << Sì, purtroppo. Ma direi che i sassoni si sono divertiti anche abbastanza, ces crapules! Nous les avons écrasés comme vers! ( si sono divertiti anche abbastanza, quei traditori! Gli abbiamo schiacciati come vermi) >>.

         Mentre lo diceva, vidi Lord Malory dare più enfasi alle sue parole, chiudendo a pugno una mano, e scemare di schiacciare qualcosa nel palmo dell’altra.

         Sembrava un vecchietto piuttosto simpatico e ancora sveglio per la sua età. Non sembrava poi così malandato, nonostante tutto, poteva vantare ancora di un ottimo aspetto.

         <<  Et cette demoiselle merveilleuse? Thomas, che fine hanno fatto le tue buone maniere? >>.

         << Perdonatemi Godfrey ma questa splendida fanciulla mi ha fatto dimenticare tutto quanto >>.

         << Il ferait perdre la tête à n'importe qui!... Oh, vous me pardonnées. La mia audacia non mi si addice. Posso chiedervi il vostro nome, mademoiselle? (farebbe perdere la testa a chiunque!... Oh, perdonatemi… >>.

         << Isabeau D’Arcy, Duchessa di Lodegrance. Honorée de faire votre connaissance, Lord Malory >>.

         Facendo un breve inchino, sentii Thomas ridacchiare, anche se non ne conoscevo il motivo, e quando mi voltai per guardarlo vidi nei suoi occhi un moto d’orgoglio.

         Ci sorridemmo, ben consci di cosa volevamo dirci.

         << Che accento meraviglioso. E ditemi Mademoiselle D’Arcy, il Barone Devereux non vi avrà fatto stancare troppo spero >>.

         << Oh, nulla che non si possa sopportare >>.        

         << Già. I nostri passatempi sono alquanto… piacevoli >>.

         <<  Thomas !>>, esclami indignata, dandogli un piccolo schiaffetto sul braccio.

Chissà di quale tonalità di rosso erano le mie guance? Se più sul carmino o sul porpora.

Cosa sarà andato a pensare Lord Malory a quell’affermazione?

         Indubbiamente a Thomas non importava, vista la risata che tentava di celare con scarso successo.

         << Vedo che siete piuttosto intimi. C’è per caso qualcosa che mi devi dire Thomas? Potrei restare offeso se mi tenessi all’oscuro di cose importanti. Io, che potrei benissimo essere tuo nonno. Ti ho visto crescere, e non ho nessunissima intenzione di perdermi i miei nipotini >>.

         << Tranquillo, te lo avrei detto a tempo debito. E in ogni modo, il matrimonio deve essere ancora organizzato, ma puoi star certo che sei sulla lista degli invitati >>.

         << Ah, lo sapevo! Una bella notizia finalmente, in mezzo a tutto questo spargimento di sangue. In ogni modo, hai fatto un’ottima scelta e sono più che sicuro, che anche sua Maestà, il Re, accetterà di buon grado la tua scelta. Si… davvero una splendida coppia >>.

         Più passava il tempo, più quell’anziano signore mi diventava simpatico. Non aveva peli sulla lingua, e aveva uno spiccato senso dell’umorismo.

         << Sapere che ho la tua approvazione mi rassicura tantissimo >>.

         << Lo credo bene. Ora, suppongo che mademoiselle voglia andarsi a stendere, dopo le fatiche del lungo viaggio >>.

         << Oh, ve ne sarei davvero molto grata >>.

         << Vi prego non datemi del voi, mi fa sentire ancor più vecchio di quello che sono… Ad ogni modo bando alle ciance: vi faccio chiamare immediatamente una cameriera che vi condurrà alla vostra stanza >>.

         << Ehm, Godfrey… gradirei fosse… >>.

         << Taci tu. Ho la faccia di un puritano? Avrete la stessa stanza, contento? E ora, volete sciogliere i vostri artigli dal braccio della signorina e lasciarla ad andare a riposare?! >>.

         Io e Thomas ci guardammo negli occhi, sorridendoci complici. Oramai, non era nostra abitudine separarci.

         Il lungo viaggio, aveva il suo lato positivo: dovevamo fare ogni caso a stretto contatto l’uno con l’altro, e la cosa non era affatto sgradita.

         << Vai di sopra. Io ti raggiungo fra breve >>.

         << Certo, ti aspetto >>, gli risposi accarezzandogli affettuosamente un braccio.

         << Ah, dimenticavo. Godfrey, potresti farle portare un vassoio con qualche vivanda? Credo che oggi il suo stomaco sia stato trascurato >>.

         << Neanche chiederlo. Inoltre, faremo in modo che non capiti più. Vi rifornirò di provviste >>.

         << Siete troppo gentile Lord Malory, vi ringrazio >>.

         << Santa ragazza! Siete troppo ben educata per un vecchio zotico come me. Vi prego, non datemi del voi. Violette! >>.

         Mi scappava da ridere e non sapevo come fare. Guardai di sottecchi Thomas, che anch’esso se la rideva sotto i baffi.

         In quell’istante arrivò una cameriera molto giovane, che con un inchino si rivolse al suo padrone, il quale diede delle istruzioni.

         Intuii che quella doveva essere Violette.

         << Mia cara, Violette vi accompagnerà nelle vostre stanze. Se avete bisogno di qualcosa non esitare a domandare >>.

         << Grazie >>, gli dissi molto limitatamente per evitare di usare il tanto odiato “voi”.

         << Noi ci vediamo dopo >>, dissi rivolta a Thomas, dandogli un veloce bacio sulla guancia, ed infine seguii Violette.

 

        

         << Ah Thomas! Ti vedo in ottima forma. Non sarà merito di quella meravigliosa ragazza? >>.

         << Temo proprio di sì. E’ la cosa migliore che mi sia mai capitata… >>.

         << Lo vedo, e sono felice per te. Era proprio quello che ti mancava ragazzo mio! >>.

         Gli sorrisi, e guardandolo negli occhi vidi la stessa baldanza di vent’anni fa.

Quell’uomo aveva una pelle più dura d’una roccia, e aveva conservato una lucidità mentale che pochi potevano esibire.

         Ingoia un altro sorso di Chartreuse, di cui non gustavo il sapore da diverso tempo. Allontanano il bicchiere dalla bocca, ne osservai il colore alla luce del fuco: era bianco, e questo spiegava il retrogusto leggermente amaro, ma altamente alcolico.

In Francia, nei pressi d’Angers, era chiamato “Elisir de Chartreuse blanc”, declamando la leggenda che questo liquore fosse bianco perché gli angeli, inviati da Dio, avevano creato una bevanda così potente che solo colui che grazie alla fede in Dio, avrebbe potuto non perdere la testa.

         << Ottima annata non è vero? Autunno del 1028. Più di quaranta anni d’invecchiamento. E il suo sapore alcolico ti fa girare la testa non appena ne senti l’odore >>.

         << Sì, davvero ottimo. Fortunatamente, lo reggo ancora bene >>.

         <>.

         << Taci vecchio pazzo. Di un po’: come mai questa bevanda così speciale? A cosa dobbiamo brindare? >>.

         << A nulla fanfarone. Non volevamo passare una serata come si deve tra uomini? A proposito, Lionel, Gawain e Gareth? >>.

         << Erano tutti quanti stremati. Potrai salutarli domani mattina >>.

         Svuotai il bicchiere dell’ultimo sorso che ne rimaneva, poi lo posai sul tavolino al mio fianco a testa in giù. Era meglio non esagerare, quella roba, ti mandavo giù di testa in breve.

         << Ti arrendi già? >>.

         << Sono vecchio amico mio… >>.

         << Ah, e io sono un giovincello! In ogni modo, sei stanco anche tu. Vai di sopra dalla tua donzella, e domani parleremo di cose più serie >>.

         << Certo. A domani >>.

         Lascia il salotto, e presi a salire rapidamente le scale, prendendo due gradini alla volta. Avevo fretta di raggiungere Isabeau.

         Non sapeva perché, ma da molto tempo a questa parte, avevo sempre bisogno si poterla toccare, o almeno, se le circostanze non lo permettevano d’averla vicino.

Quell’ora, seppure breve senza di lei, era stata un’agonia.

         Socchiusi la porta facendo meno rumore possibile, nell’eventualità che si fosse addormentata, invece, la trovai seduta su uno scrano davanti all’enorme camino.

In mano, teneva una delle mie tuniche, e notai che la stava rammendando con perizia.

         Sorrisi spontaneamente a quella visione.

         Mi avvicinai piano piano, per non fare rumore, e quando le fui alle spalle, feci scorrere un dito a fior di pelle sul suo collo.

         Lei sussultò mollando tutto quanto, che si riversò a terra. Si girò spaventata nella mia direzione, ma quando si sorprese ad incontrare il mio volto, i suoi lineamenti si rilassarono.

         << Thomas, che ti salta in mente? >>, mi chiese mente si portava una mano all’altezza del cuore.

         << Perdonami. Non volevo spaventarti. Ancora in piedi? >>.

         << Volevo attenderti. Così ne ho approfittato per rammendare alcune tue cose, erano davvero disastrate. Se non fosse che l’armatura è piuttosto scomoda, ti farei girare con quella. I tuoi abiti sono un buco continuo! >>.

         << Sono davvero imperdonabile, ma suppongo che il tuo buon cuore possa chiudere un occhio >>.

         << Certamente mio caro. Ora andiamo a letto. Ho gli occhi che si chiudono da soli >>.

         << Suppongo che il servizio di trasporto sia obbligatorio… >>.

         << No, però sarebbe davvero molto gentile da parte tua, e poi, non vorrai far stancare una dama in questo modo? Se pensi che dopo la fatica di essermi alzata e sdraiata nel letto, abbia voglia di fare altre cose ti sbagli di grosso >>.

         Risi della sua ostentata furbizia, e senza attendere oltre la sollevai prendendola in braccio. Feci una giravolta, e cui lei rise allegramente gettando la testa indietro, infine l’adagiai delicatamente sul letto e comincia a spogliarmi.

         Anche lei fece lo stesso, ma notai che mi guardava mentre mi sfilavo la calzamaglia.

         << Ti ho beccata piccola furfante! Sbirciare un uomo mentre si denuda. Siete una svergognata! >>.

         << Oh, chiudi il becco! >>, mi disse gettandomi addosso il primo cuscino che gli capitò sotto mano;

Lo afferrai con entrambe le mani per lanciarlo nuovamente a lei. Vedevo che rideva spensierata, e finalmente anch’io, dopo tanto tempo, ridevo al colmo delle felicità.

         Stavamo passando dei momenti davvero molto belli, e sapere che ce ne attendevano molti altri, mi riempiva il cuore di gioia.

         Le fiamme del fuoco illuminavano il corpo di Isabeau, ed i lunghi capelli brillavano alla luce traballante delle fiamme.

Non c’era niente che desiderassi più al mondo. Volevo solo lei.

         Senza che lei se lo aspettasse, mi gettai sul materasso e l’afferrai per le spalle, sdraiandola sotto di me.

         << Hai qualcosa da dire in tua discolpa? >>.

         << Sì. Che sei il più bel pezzo d’uomo che io abbia mai visto >>.

         Risi di cuore a quella sua uscita, e anche lei si lasciò andare in una risata cristallina che riempì la stanza.

         Quando l’ilarità si fu consumata del tutto, rimanemmo a guardarci, come tante altre volte ci era capitato, senza dire nulla.

Osservai rapito i giochi di luce del fuoco, che si disegnavano sulla pelle candida del suo volto.

         Senza dire altro, mi chinai dolcemente su di lei, e la baciai.

         Ogni qual volta che le nostre labbra si univano, sentivo un’estasi completamente diversa impadronirsi di tutto il mio essere, e in quei momenti, non potevo far altro che pensare a quanto fosse importante per me. Quasi stentavo a crederci, ma era vero.

Me ne davano le prove, i nostri meravigliosi momenti insieme, ed in quel momento, le emozioni che mi attraversavano il corpo e la mente, lasciandomi sconvolto.

         Mormorandogli dolci parole d’amore, comincia a sciogliere i nastri azzurri della sua camicia da notte.

         << Io ti amo Thomas >>, mi disse all’improvviso.

         << E io amo te, Isabeau >>.

         Feci l’amore con lei accarezzandola e baciandola con estenuante lentezza dandole il tempo di godere di ogni momento e di sperimentare sensazioni ancora più intime.

 

 

         La fiamma della candela vacillava gentile, e proiettava ombra fantastiche sul soffitto, illuminando i nostri corpi che giacevano sul letto.

         Me ne stavo appoggiata ai guanciali, avviluppata nelle braccia di Thomas, le gambe intrecciate alle sue.

Mi sentivo stranamente incorporea, come se galleggiassi su una nuvola vagante e staccata dal mondo che mi circondava.

         Era così bello poter stare tra le sue braccia, e chiudere gli occhi senza pensare a nulla, se non al fatto che lo amavo.

         Un sorriso soddisfatto e sognante mi spuntò sulle labbra, mentre Thomas mi faceva scorrere leggermente un dito sul volto, carezzandomi la bocca, gli occhi e le sopracciglia oblique.

         << Oh Thomas. E’ tutto così dannatamente bello, che temo da un momento all’altro che tutto ciò finisca >>.

         << Tesoro mio, credo che tu stia provando troppe emozioni in una volta >>.

         << Se avessi saputo prima che le cose sarebbero andate in questo modo, avrei perso meno tempo a farti tutti quei dispetti. Peccato che abbiamo sprecato tutto quel tempo >>.

         Le labbra di Thomas si sostituirono alle dita, mentre mi mormorava sulla bocca parole d’amore e coprendomi di teneri baci.

         << Mi odiavi, ricordi? >>.

         << Uhm, all’inizio, forse >>, replicai, rispondendo ai suoi baci.

         << Poi non più. So soltanto che mi facevi più paura di quanto riuscissi a sopportare >>.

         Thomas rise di gusto, e girandosi sul dorso mi trascinò su di sé, cominciando a baciarmi pigramente il collo.

         << Ho avuto paura anch’io. Ho temuto di perderti del tutto >>.

         Mi sollevai sul suo petto e protesi imbronciata il labbro inferiore.

         << Ti comportavi come un barbaro senza cuore, Thomas Devereux, e lo sai benissimo >>.

         Thomas abbozzò un mezzo sorriso mentre mi faceva scorrere pigramente un dito sulla spalla e poi sempre più giù.

         << Il fatto è che mi tentavi più di quanto riuscissi a sopportare. Ti amo Isabeau. Ti amo più della mia vita, e il mio amore è forte. Fidati ma belle >>.

         << Ti amo anch’io, Thomas. Sei signore del mio cuore, della mia anima e del mio corpo >>.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


a

E

Capitolo

8

 

 

 

         Io e Thomas scendemmo nella grande sala che il giorno prima ci si era presentata, e con molta calma ci avvicinammo al lungo tavolo di quercia.

         Notammo che al tavolo c’erano davvero poche persone. Ovviamente Lord Malory, seduto al fianco di una ragazza che doveva avere circa la mia stessa età.

         Per dire la verità, non sapevo chi fosse, poiché la sera prima non l’avevo vista.

         In aggiunta, c’erano anche Lionel, Gareth, Gawain e purtroppo, anche quell’insopportabile di Percival.

         Quanto avrei dato per poterlo schiaffeggiare come si deve.

         << Bonjour ragazzi miei! Venite, venite >>, ci urlò Lord Malory, mentre scostava due sedie da sotto la tavolata.

Ci avvicinammo, come sempre a braccetto, prendendo posto vicino a Lord Malory, il quale non appena fui più vicina, mi fece un elegante baciamano.

         << Spero mi potrai perdonare Thomas >>.

         << Con te non ho da correre alcun rischio >>.

         << Ne sei così sicuro? Dovrete stare attenta mademoiselle. Thomas è sempre stato molto geloso delle sue cose >>.

         << Lo terrò a mente >>, risposi ridacchiando.

         Per la colazione erano presenti molte vivande di vario tipo: mele, pane, biscotti, torte, marmellata, la nostra famosa farinata d’avena, latte e sidro.

         Durante la colazione, che si stava svolgendo nel migliore dei modi, restai in silenzio a pensare nuovamente al mio matrimonio.

         Con tutto quello che succedeva, non avevo mai molto tempo per pensarci, in ogni modo, sapevo che ciò che contava di più era che io e Thomas ci sposassimo.

Come o con che cosa non aveva alcuna importanza.

         << Isabeau, tutto bene? >>, mi sussurrò all’orecchio Thomas, che non aspettandomelo sussultai leggermente sulla sedia.

         << Sì certo. Perché me lo chiedi? >>.

         << Ti ho visto fissare il vuoto… >>.

         << Probabilmente si starà annoiando. Non facciamo altro che parlare di guerra >>, intervenne Lionel, che guardai volgendogli un sorriso.

         << Perdonami, ti sto trascurando >>.

         << Oh, non preoccuparti. Non voglio distrarti dai tuoi doveri >>.

         << Anche mia figlia si sta annoiando. Perché voi due non andate a fare una bella cavalcata >>.

         Mi girai nella direzione di Lord Malory, il quale stava indicando la ragazza che avevo visto prima. Quella era sua figlia.

         Aveva lunghi capelli ricci, di un intenso castano ramato. Sul capo portava una delicata coroncina di filigrana, e pareva alquanto aggraziata.

         << Sarebbe una splendida idea, sempre che… Thomas sia d’accordo >>, risposi, guardandolo. Avevo notato già da prima, lo strano cipiglio assunto dalla sua faccia, di fronte a quella proposta.

         << Suvvia Thomas! Dobbiamo parlare di cose molto importanti. Non vorrai farla restare tutto il santo giorno chiusa qui dentro… >>, intervenne in mia difesa Lord Malory, ma dubitavo bastasse per convincere Thomas.

         Lo conoscevo così bene, da sapere che quella piccola rughetta al lato della bocca, presagiva un attento esame della proposta, seguito da una lunga serie di domande per valutare più attentamente il caso.

         Non voleva mandarmi, ma solo per timore che mi capitasse qualcosa di brutto. Oramai, ero abituata al suo modo di fare, che prevedeva pericoli ovunque.

         Se non ci fosse stato anche lui, non mi avrebbe lasciato andare. In ogni modo, avrei passato il tempo a ricamare e rammendare.

         << Non saprei Godfrey… >>.

         << Se non fossi certo, che non corre alcun pericolo, credi che avrei lasciato andare mia figlia? Thomas, lasciala respirare un po’. Non scappa via, e poi tra quasi due settimane vi sposerete. Hai tutto il tempo per strapazzarla >>.

         << E va bene! Mi arrendo, ma che sia chiaro >>, disse rivolto nella mia direzione, sventolandomi davanti alla faccia un dito.

         << Solo nei dintorni del castello, e guardati da ciò che fai sopra quel cavallo>>.

         <>.

         << Sarà meglio >>, mi rispose sorridendomi.

         Mi alzai, dirigendomi verso la figlia di Lord Malory. Anch’essa si alzò rivolgendomi un delicato sorriso.

         << Salve. Sono Clarise Genevieve Malory, Duchessa di Heartheaven. Felice di conoscervi >>.

         << Altrettanto. Io sono… >>.

         << So chi siete, mademoiselle. Le mie cameriere non fanno altro che parlare di voi e del vostro futuro sposo. A quanto pare, ha conquistato molti cuori >>.

         << Non immaginate quanti >>.

         << Venite, usciamo all’aperto >>.

         La segui lungo un corridoio, alla fine del quale c’era un enorme giardino, che dava una splendida vista della vallata verde sottostante.

         Quel giorno, un sole lucente splendeva alto in un cielo azzurro come l’acqua, e l’aria profumava di gelsomino.

         Cominciammo a passeggiare lungo il perimetro del giardino, e senza quasi rendermene conto, iniziammo una conversazione davvero molto piacevole.

         Parlavamo del più e del meno, spaziando tra vari argomenti, fino a quando decidemmo di andare a prendere i cavalli per la famosa passeggiata.

         Mentre ci incamminavamo verso le stalle, Clarise mi porse alcune domande su me e Thomas.

         << Il Barone Devereux è un uomo molto avvenente. Chissà come vi invidiano le dame di corte… >>.

         << Bhè, diciamo che non l’ho ancora sperimentato, ma sono sicura che presto dovrò farci i conti >>.

         << Il vostro sembra un amore molto profondo. Supererà qualunque insidia >>.

         << Lo spero… Allora, qual è il vostro cavallo? >>, le domandai, quando raggiungemmo l’entrata, pronte per andare in selleria.

         << Lo stallone nero del secondo box. Si chiama Ares >>.

         << E’ meraviglioso. E’ un trottatore francese, nevvero? >>.

         << Esatto. Vi intendete di cavalli? >>.

         << Abbastanza… >>.

         << E il vostro deve essere quell’arabo bianco, giusto? >>.

         <>.

         << Molto esuberante devo dire >>, mi disse riferita al fatto che il mio cavallo, aveva cominciato a nitrire e dare doppie alle travi del box.

Con molta probabilità, aveva solo voglia di uscire e farsi una bella galoppata.

         Dunque, presi tutto l’occorrente, e senza perdere altro tempo inizia a sellarlo.

         Tempo un quarto d’ora, ed entrambe eravamo già in sella, e con lo sguardo spaziavamo la lunga distesa verde, che si estendeva davanti a noi.

         Sentivo l’adrenalina salirmi alla testa, dovuta alla bellissima galoppata che ci attendeva. Anche Majestic l’avvertiva, poiché cominciò a raspare con uno zoccolo.

         << Tracciato unico. La prima che arriva in fondo, vince >>, mi disse Clarise con un sorriso sghembo sulle labbra.

         << Molto bene >>, gli risposi, ricambiando il sorriso, poi partii ad un galoppo sfrenato.

 

 

         Erano già due ore che parlavamo solo della possibile strategia da adottare a Hastings, ma non eravamo riusciti a cavare un ragno da un buco.

         I sassoni erano più numerosi, ed erano riusciti a stringere un’alleanza con i vicini scozzesi. Oramai, Guglielmo aveva mobilitato tutte le truppe sui confini, in modo da non farli passare e mantenere un controllo sul territorio, ma se presto non saremmo intervenuti, le difese si sarebbero indebolite.

         Tracannai dal calice un altro sorso di Cognac, per cercare di scrollarmi di dosso quel senso d’oppressione. Odiavo non avere le cose in mano, e non sopportavo l’idea di non riuscire ad arrivare ad una soluzione.

Era una cosa che mi mandava giù di testa, e intanto, bevvi un altro sorso.

         << Thomas non esagerare con quel Cognac… >>.

         << Che altro vorresti fare Lionel? Ormai, ci siamo resi conto che abbiamo poche scelte >>.

         << Il tuo piano Thomas è buono, ma ci sono alcune imprecisioni. Per esempio: loro possiedono le catapulte. Noi come faremo a difenderci? >>.

         Anche a questo non avevo pensato. Era inconcepibile che i sassoni stavano avendo la meglio. Era quella dannata cavalleria inglese…

In ogni modo, presto avrei trovato una soluzione.

         << A cosa pensi? >>, mi chiese Gawain.

         << Non lo so neppure io >>.

         Ed era vero. Per la metà del tempo, avevo pensato ad Isabeau, e tutt’ora continuavo. E per quanto cercassi di non farlo, era come se quel pensiero si fosse fissato nella mia mente. Non c’era verso di toglierlo.

Inoltre, ero leggermente angustiato: non la vedevo, ne avevo sue notizie da più di tre ore.

E se le fosse successo qualcosa?

         Scuotei il capo, imponendomi di restare calmo. Non dovevo mostrarmi apprensivo.

         << Tranquillo. Isabeau sta bene… >>.

         Alzai lo sguardo su Lionel. Accidenti, quanto mi conosceva bene!

Con un tirato sorriso lo ringrazia, e presi un altro sorso di Cognac.

         << Sentite, è inutile arrovellarsi su questa questione tanto a lungo. Troveremo il modo, magari più avanti. Parliamo piuttosto di come organizzare il resto del viaggio. Manca relativamente poco a Londra… >>, spezzò il silenzio Gareth.

         Londra. Mai avevo agognato come adesso per arrivarci. Speravo di raggiungerla al più presto, e finalmente io ed Isabeau, ci saremmo appartenuti l’unaltro, consacrati da Dio.

         Un bussare deciso alla porta, ci interruppe. Gareth, col suo vocione, ordinò un secco avanti, facendo entrare un servo, che si posizionò sull’uscio.

         << Perdonatemi, ma Sir Galleron è giunto a Heartheaven, e chiede di conferire con voi Lord Devereux. In privato >>.

         Io e gli altri ci guardammo stupefatti. Cosa ci faceva il cugino del Re a Heartheaven? Se si era scomodato così tanto da Londra, dove le sue chiappe potevano stare al sicuro, ed entrare in territori così ostili, doveva riferirmi qualcosa di molto grosso.

         Al tempo stesso non gioivo della sua visita;

Non eravamo mai stati in buoni rapporti, causa, la sua gelosia nei mie confronti. Credeva che io non avessi il diritto di occupare quella posizione, e di certo, il Re aveva commesso un grave errore ad accogliermi in famiglia.

         A sentire lui, tutto ciò spettava ad esso, non a me. Io lo lasciavo parlare, e qualche volta mi divertivo a strapazzarlo, fino a, quando, non se ne andò in Cornovaglia per quasi tre mesi.

         Ed ora, eccolo nuovamente alla carica. Ero veramente curioso di sapere cosa mi doveva dire, e per giunta in privato.

         << Riferitegli che lo attendo con ansia >>.

         << Sì mio signore >>, e con un profondo inchino se ne andò, chiudendo la porta.

         Restammo solo noi quattro nella stanza, in silenzio, probabilmente ognuno immerso nei propri pensieri.

         << Hai veramente intenzione di parlare con quel farabutto? >>.

         Guardai Gawain alterato, guardarmi con ferocia. Purtroppo non avevo scelta. Anch’io avei voluto non per nulla vederlo.

         << Basta ragazzi. Andiamocene, prima che l’aria si faccia troppo pesante >>, disse Lionel alzandosi dalla cassapanca in legno e avvicinandosi alla porta.

         Gli altri lo seguirono ed io rimasi da solo. Dopo un quarto d’ora, sentii la porta aprirsi, e non mi meravigliai nel vedere Galleron entrare con spavalderia verso di me.

         << Barone. Sua Maestà vi porge i suoi più sinceri saluti, e si augura che stiate bene >>.

         << Come vedi, per tua sfortuna sono ancora tutto intero >>.

         Mi guardò con astio, e volgendomi le spalle, si tolse il pesante mantello di velluto marrone, gettandolo a terra, seguito dagli stivali.

Prese un calice di ferro, e si versò una sostanziosa dose di vino rosso. Volgendomi un ultima occhiata in tralice, si accomodò sulla scrano affianco al mio.

         Lo guardai, rammentando a me stesso, di non perdere la calma, perché quell’uomo aveva la capacità di farmi ribollire il sangue nelle vene.

         Con ostentata superiorità, sorseggio il vino, mentre con lo sguardo passava in rassegna la stanza. Evidentemente non era di suo gradimento.

         << Guarda dove sono finito… >>, sussurrò.

         << Come dici prego? >>.

         << Sai, il Re tiene così tanto a te, che per riferirti uno stupido messaggio, ha voluto mandare me, pensando che fosse più sicuro e veloce >>.

         << O forse, ha pensato che tu sia un scansa fatiche… >>.

         Sbattendo il calice di ferro sul bracciolo della sedia, vidi Galleron alzarsi in piedi come una furia, mentre una vena gli pulsava sulla fronte.

Quell’uomo non aveva autocontrollo.

         << Bada a come parli Thomas! Il Re ormai è vecchio, e quando morirà, la vita non ti sarà più facile come adesso >>.

         << Cosa ti fa credere, che quando morirà sua Maestà, non mi designi come suo legittimo erede? >>.

         << Ah, ah, ah! Questa è buona… Non avendo figli, io sono il diretto discendente. Spetta a me la corona. Tu mi hai gia rubato parecchie cose, non ti permetterò di strapparmi anche questa! >>.

         << Non spetta a te decidere, e nemmeno a me. Ora però, fammi il piacere di riferirmi questo stupido messaggio. La tua presenza non è gradita >>.

         Si riempì nuovamente il calice con dell’altro vino, e con lentezza se lo portò alle labbra, bevendolo a piccoli sorsi.

         << Il Re, ha ovviamente pensato a te, mentre eri via. Ha deciso di occuparsi del tuo matrimonio >>.

         Un gelo irreale mi pervase dalla testa ai piedi. Per un momento, fui incapace persino di pensare. La parole matrimonio, mi rimbombava nella testa come un’eco continuo.

         << Sei sorpreso? La cosa mi lascia alquanto perplesso. Credevi che non avrebbe elevato ancor di più la tua posizione con un matrimonio di convenienza? >>.

         << Quale… matrimonio? >>, riuscii a dire. Quella parola mi strozzò, e la cosa era resa peggiore, avendo la bocca arida.

         << Quello con la figlia del Duca di Rouen. Non ti devi neanche lamentare: è davvero una splendida ragazza, e la sua dote è la più ricca di tutto il reame… Tutte le fortune capitano a te, come al solito >>.

         Fortuna? Se solo sapesse… La mia mente corse subito a Isabeau. Non potevo rinunciare a lei. Non volevo…

Lei era tutto per me. Come avrei fatto a sposare un’altra donna che non fosse lei?

         Dovevo assolutamente parlare col Re, e spiegargli la situazione. Lui avrebbe capito e risolto tutto quanto, ne ero sicuro… o almeno era quello che speravo.

         Un silenzio gelido calò nella stanza, ma anche la mia anima si era fatta di ghiaccio.

         Vidi Galleron servirsi il vino per la terza volta. Che ci si affogasse!

         << Si chiama Alistance du Polignac. Una donna molto, anzi, devo dire estremamente piacevole. Ha lunghi capelli color del grano, una vita sottile e un seno prosperoso. Il meglio del meglio, per il nostro principe d’Inghilterra >>.

         Lo guardai con odio, mentre accompagnava le sue parole con un finto brindisi alzando il calice verso di me.

         << Avete finito? >>.

         << Non ti vedo soddisfatto… devo riferire a sua Maestà che non gradite le sue attenzioni? Potrebbe rimanerci molto male. Pensate, ha preso un accordo speciale col Duca, unicamente per riuscire a farvela sposare. Capisci anche tu che è una donna piuttosto corteggiata. Suo marito, entrerà in possesso dei terreni di Rouen, Polignac e anche alcuni possedimenti in Cornovaglia. Un bel bottino >>.

         << Ora taci Galleron. Se è tutto, puoi alzare quel tuo sedere cencioso e non farti più vedere, mi sono spiegato? >>.

         << Sì certo. Come desideri my lord. Ah, ah, ah >>.

         Si alzò leggermente barcollando, con qualche difficoltà raccolse da terra le sue cose, e uscì dalla stanza ridendo come un pazzo.

Aveva bevuto troppo vino.

         Quando fu molto lontano, tutto ciò che potei fare, fu accasciarmi sulla sedia in preda alla disperazione più totale.

 

 

         Io e Mademoiselle Clarise, stavamo rientrando dentro al castello. Avevamo passato la maggior parte del pomeriggio a cavalcare in mezzo ai boschi, e il sole aveva riscaldato fino a poco fa la giornata.

         Mi ero divertita molto in sua compagnia, poiché era una ragazza piacevole. Avevamo parlato, scherzato e condiviso alcuni aneddoti sugli uomini, ma in particolar modo su Thomas.

         << E’ stato un pomeriggio piacevolissimo Mademoiselle D’Arcy. Vi ringrazio molto, mi ci voleva proprio una giornata così >>.

         << Anche per me è stata una bella giornata. Spero che domani, vorrete farmi compagni ugualmente… >>.

         << Certamente. Ora sarà meglio che ci diamo una ripulita >>.

         << Certo, a domani >>.

         Congedandoci, andai a cercare Thomas, che con tutta probabilità doveva essere ancora nel salone a discutere di guerra, armi, combattimenti e simili.

         Percorsi il lungo corridoio ornato da arazzi e statue. Le torce erano già state accese sulle pareti, e alcuni candelabri erano stati posti sui mobili di legno pregiato.

         Arrivai all’enorme portone del salone, e più mi avvicinavo, più sentivo chiare e distinte le voci provenienti dall’interno.

         Riconobbi la voce di Thomas immediatamente, e successivamente anche quella di Lionel. I loro toni, erano molto astiosi, sembrava che stessero litigando.

         Scostai di qualche centimetro la porta, e gli urli mi colpirono pesantemente i timpani.

         << Santo cielo Thomas, glielo devi dire! Non puoi tenerle nascosto una cosa del genere! >>.

         << Come posso Lionel?! Come?! >>.

         << Non mi interessa, ma ha il diritto di sapere! Soffrirebbe e basta, se tu glielo riferissi all’ultimo minuto, o peggio, vederti direttamente all’altare con un’altra donna! >>.

         Soffocai un urlo portandomi una mano davanti alla bocca. La gola mi diventò arida, e il respiro mi si mozzò.

         Sensazioni devastanti e assolutamente dolorose mi trafissero come mille lame. Dagli occhi, presero a sgorgare copiose lacrime.

         << Glielo devi dire prima di raggiungere Londra, mi hai capito?!>>.

         <>.

         << Cosa intendi fare allora, eh?! Sposerai Alistance e proporrai ad Isabeau di diventare la tua amante?! E’ questo quello che vuoi fare?! >>.

         << Noo! Santo cielo no! Ci deve essere un modo per… >>.

         << Dannazione Thomas, guarda in faccia la realtà! Come te lo devo dire?! Non puoi sposare Isabeau! >>.

         Quello fu il colpo di grazia. Sentii le gambe cedere sotto il mio peso, e la vista si offuscava sempre di più, a causa di tutte le lacrime che stavano uscendo dai miei occhi.

         Non potevo continuare un minuto di più ad ascoltare, così aggrappandomi a tutto ciò che trovavo, raggiunsi la mia camera chiudendola a chiave.

         Ignoravo come ci fossi riuscita, ma ora che ero li, potevo sfogare il mio dolore in santa pace.

         Appoggiandomi alla porta sigillata, mi lascia scivolare lentamente sulla sua superficie, sino a ritrovarmi raggomitolata a terra, in preda ad un dolore devastante.

La mia mente era ottenebrata: non pensavo più a niente, non vedevo più niente. Sentivo soltanto male, che minuto dopo minuti mi stringeva ancor di più nella sua fredda morsa.

         Avrei voluto urlare per la sofferenza, ma la mia voce non era abbastanza acuta per esprimerlo pienamente.

        

 

         Col cuore sgretolato come creta, mi diressi lentamente verso la mia camera. Cercai di togliermi quell’aria tremendamente affranta, triste, disperata, addolorata.

         Mi sentivo in mille modi diversi, tutti quanti devastanti per la mia anima, che si struggeva lentamente per un amore, che presto si sarebbe spento.

         Da quando avevo sette anni, non avevo più sentito le lacrime sfiorarmi gli occhi, ma riuscii a trattenerle. Non potevo crollare adesso.

         Avevo deciso di informare Isabeau l’indomani, cercando quella notte, di fingere la nostra spensierata felicità, il nostro amore.

         Come avrei fatto senza di lei?

         Scaccia quegli oscuri pensieri, poiché ero già alla porta, così abbassai la mano sulla maniglia. Cercai di darmi più contegno possibile, ma con mi enorme stupore, la porta non si apriva.

         Feci altri tentativi, e arrivai alla triste conclusione che era chiusa a chiave dall’interno.

         << Isabeau? >>, dissi con la voce ancora tremante.

         Dall’interno non mi arrivò nessuna risposta. Forse non era in camera. Allora, dove poteva essere?

         In ogni modo, la porta era chiusa a chiave,  e lei doveva essere per forza lì dentro, ma non capivo perché non voleva aprirmi.

         << Isabeau? Aprimi per favore… >>.

         Nuovamente il silenzio mi rispose, e questo non fece altro che aumentare il gelo che mi avvolgeva da quel pomeriggio.

         Mi appoggiai alla porta, cercando di capire cosa stesse accadendo. Mi sembrava che stesse per arrivare la fine del mondo.

         Improvvisamente, udii un singhiozzo soffocato al di là della porta.

         << Isabeau! Apri… che succede? >>, chiesi apprensivo.

         Dio! Stava piangendo.

         << Isabeau, per favore, aprimi. Che cosa è accaduto? Ti prego, dimmelo >>.

         Per tutta risposta, sentii un oggetto di terra cotta, infrangersi sulla porta.

         << Isabeau… spiegami cosa è successo, te ne prego. Non sopporto l’idea che tu stia male… >>.

         Un altro oggetto colpì la parete della porta. Attraverso un complicato ragionamento, intuii che Isabeau in qualche modo, era venuta a conoscenza della discussione tra me e Lionel.

         << Oh Dio! Isabeau, ascoltami…  >>, ma non feci in tempo a completare la frase, perché un oggetto metallico colpì la superficie di legno, ammaccandola con un rumore tremendo.

         Restai fermo davanti a quella porta sperando che mi aprisse, o anche che mi dicesse qualcosa, ma nulla accadde.

         Non sapevo quanto tempo era trascorso, oramai avevo perso ogni senso e anche la cognizione del tempo. Il dolore mi aveva pervaso così tanto, da rendermi apatico, statico. Mi sentivo come un fantasma, vagare senza meta.

         Affranto, mi asciugai un po’ gli occhi, e lentamente mi diressi verso il salone.

 

 

         Quella notte mi addormentai sfinita e stremata fra le lacrime, mentre in lontananza udivo la voce di Thomas che mi chiamava e ripeteva il mio nome.

         Combattei fino all’ultimo pur di non cedere alla tentazione di aprire quella porta e gettarmi fra le braccia di Thomas, e chiedergli se veramente tutto stava per finire.

         Forse era passata un’ora, come forse cinque minuti, ma non m’importava. L’unica mia certezza, è che mi sono svegliata da un sonno agitato e buio.

         Mi alzai sul materasso e con le mani cercai di togliermi i residui salati delle lacrime, che mi bruciavano sulle guance scarlatte.

         Volevo scendere. Volevo uscire da quella stanza, che troppi ricordi ,o faceva affiorare alla mente.

         Scesi lentamente le scale, ed il silenzio che vi padroneggiava mi rendeva ancor più sola e abbandonata. Il freddo mi parve aumentare.

         Dalla porta del salone, filtrava uno spiraglio di luce prodotta dal fuoco, che con molta probabilità doveva essere acceso.

         Entrai nella stanza, dove aleggiava un piacevole calore, ma con mio enorme stupore vidi Thomas girare il volto nella mia direzione, quando fino a un secondo prima, guardava assorto le fiamme.

Aveva una mano appoggiata alla cornice in pietra del camino, l’altra sull’elsa della spada, gli occhi fissi sui miei;

Trattenei il respiro, senza poter fare a meno di guardarlo,perdendomi in quel mare verde, che tante volte mi aveva stregato.

 

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