Le indagini di Shinichi e Ran

di adler_kudo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sinfonia di morte ***
Capitolo 2: *** La malamela ***
Capitolo 3: *** Attrazione fatale ***
Capitolo 4: *** Puzzle ***
Capitolo 5: *** Apparenze ***
Capitolo 6: *** Il Cuore dell'Oceano ***
Capitolo 7: *** Tra la braccia di Morfeo ***
Capitolo 8: *** Mistero d'inverno ***
Capitolo 9: *** Cluedo ***
Capitolo 10: *** Gita sulla neve ***
Capitolo 11: *** Non sono stato io ***
Capitolo 12: *** Vendetta ***
Capitolo 13: *** Un normale viaggio estero ***
Capitolo 14: *** L'errore dell'evidenza ***



Capitolo 1
*** Sinfonia di morte ***


Sinfonia di morte

 

Conan si era appena alzato dal letto sbadigliando e stava ciondolando verso la cucina scalzo. I suoi passi riecheggiavano nel corridoio vuoto e lasciavano delle piccole impronte sul pavimento. Tutto era silenzioso, non un suono si percepiva nell'aria, solo il rumore dei suoi piedi a interrompere la tranquillità. Entrò in cucina senza nemmeno accendere la luce svogliato e aprì il frigorifero per cercare un po' di acqua per rinfrescarsi. Aveva appena richiuso l'anta quando il lampadario si accese di colpo rivelando la presenza sulla soglia di Ran.

-Ti sei alzato presto stamane.-

-Avevo sete. E tu, invece? Spero di non averti svegliata.- si sincerò il piccolo detective.

-No, tranquillo. È ora di preparare la colazione.- rispose sorridente la ragazza dandogli una carezza sulla testa.

-Così presto? Sono le cinque e mezza!-

-Già, ma oggi papà è stato chiamato per un'importante caso e deve andare via presto.- spiegò Ran mentre preparava il tè.

Conan annuì in risposta e si offrì di aiutarla, ma la karateka rifutò e lo rispedì a letto allegra.

"Kogoro che risolve un caso senza di me? Bhà, dubito!" Il bambino si rivestì mezz'ora dopo e tornò in cucina per fare colazione, Kogoro era appena uscito e Ran stava girando il cucchiaio nel suo tè.

-Ciao!-

-Ciao, Conan. Ti spiace prendere la posta? Ieri mi sono dimenticata.- chiese la ragazza gentilmete. Il detective obbedì e scese per aprire la cassetta. Senza curarsi di guardare le lettere le passò a Ran e si sedette per fare colazione.

-Bolletta... bolletta... parcella... pubblicità...- la ragazza stava bofonchiando il tipo di posta ricevuta con disinteresse - ...bolletta... lettera per papà... lettera per... Shinichi???!- urlò vedendo la busta bianca indirizzata a Shinichi Kudo con il suo indirizzo.

-Cosa? Fa vedere!- disse Conan strappandogliela dalle mani. "Una lettera? Per me? Non c'è il mittente... vediamo" stava per aprirla, quando Ran lo fermò.

-Cosa fai? È di Shinichi, non è per te! Non puoi aprirla!-

-Ma potrebbe essere importante e lui non la può leggere, quindi se la leggo posso avvisarlo, no?- protestò il bambino odiando la sua condizione, dato che moriva dalla voglia di aprirla.

-Uhm... hai ragione... la aprirò io.- si convise Ran.

"No! Se contiene cose compromettenti io..."

-Si tratta di una richiesta d'aiuto.- lesse la ragazza -Un tale di nome Iroshi Hashimoto chiede la consulenza di Shinichi su uno strano caso.-

-Ah, davvero? E che dice?- chiese Conan curioso "Fiuuu... nulla che potesse collegare la mia doppia identità..."

-Uhm... dice che è un caso della assoluta riservatezza, quindi conviene che chiami immediatamente Shinichi.- disse Ran prendendo il cellulare e digitando il numero del ragazzo. Conan con la scusa di andare in bagno corse a recuperare papillon e cellulare e rispose alla telefonata.

-Pronto, Ran? Dimmi.-

-Ciao Shinichi. Come va?-

-Bene, grazie. Cosa volevi?- chiese piuttosto impertinete Shinichi.

-Ti sembra il modo di rispondere?!- lo rimproverò la karateka.

-No, no, scusa... allora?- domandò impaziente.

-È arrivata una lettera per te a casa mia. Non ti dispiace se l'ho aperta, vero?-

-No, no, cosa dice?-

-Un tale di nome Iroshi Hashimoto ti chiede aiuto per un caso molto strano... si tratta di uno spettacolo musicale... non ho ben capito... dice che ti spiegherà tutto quando e se accetterai di dargli una mano. Dice che è un caso della massima risevatezza, ma non ha specificato altro oltre all'indirizzo.- spiegò Ran in spiccio.

-Ah, ok... bhè, sai che non posso andarci, ma il caso mi incuriosisce... ti spiace andarci tu con Conan al posto mio? Poi potreste chiamarmi e farmi avere i dettagli del caso, no?- propose Shinichi che voleva sempre di più sapere chi era quell'uomo e cosa voleva.

-Uhm, bhè per oggi non avevo da fare più di tanto. Va bene.-

-Grazie Ran, sei la migliore! Ti adoro!-

-Uh, non ho fatto niente di speciale...-

-No, sei fantastica! Grazie. Ora devo andare, ciao! Smack!-

-C-ciao...- Ran chiuse la telefonata sorridendo con un sopracciglio alzato per lo stupore.

-Conan! Vieni!-

-Arrivo Ran!- il bambino corse in fretta in cucina dopo aver riposto cellulare e papillon in tasca e si mise seduto pronto ad ascoltare la sorellona con fare ingenuo.

-Bene... ho chiamato Shinichi e ha chiesto se gli facciamo il piacere di andare al posto suo per sentire cosa vuole il signor Ashimoto. Che ne dici?-

Conan annuì deciso e sorridente. Avrebbe risolto un caso senza doversi nascondere, per una volta, e non sarebbe apparso nulla sui giornali dato che l'uomo che l'aveva contattato non desiderava si sapesse. Forse era stato un po' incauto ad accettare, poteva trattarsi di un trucco dell'organizzazione, ma il suo intuito da detective gli suggeriva che non c'era nulla di cui preoccuparsi o meglio nulla che potesse mettere in pericolo la persona che amava.

-Dobbiamo prendere un treno però... il luogo è fuori città, ma dovremmo fare in tempo ad arrivare. Sono appena le sei e un quarto e il signor Hashimoto ha dato appuntamento alle nove.- considerò Ran mentre guardava in internet gli orari dei treni per la località specificata nella lettera. Trovò un treno che partiva per le sette e che in una sola ora li avrebbe portati a destinazione. Poi avrebbero preso un taxi fino all'indirizzo indicato.

-Lascio un biglietto a papà così non si preoccupa.-

-Intanto io prendo una cosa.- Conan sparì nella sua stanza e tornò poco dopo con un sorriso enigmatico.

-Coraggio andiamo o facciamo tardi.-

Uscirono di casa e camminarono per i viali alberati che si tingevano dei tanti colori dell'autunno. Il freddo non era ancora arrivato e si riusciva a girare per le strade senza cappotto, bastava solo ricordarsi un ombrello perchè il tempo era molto volubile per evitare di ammalarsi.

Arrivati alla stazione Ran si mise in coda per acquistare i biglietti e quando fu ora di pagare Conan tirò fuori un portafoglio da uomo di cuoio pregiato ben rifinito.

-Ma quello è il portafoglio di Shinichi!- esclamò Ran vedendolo.

-No, non proprio... Shinichi me lo ha dato perchè se c'erano delle spese da sostenere avrei potuto pagare senza sfruttarti.- spiegò Conan con aria innocente.

-Oh, Conan... non è affatto un problema. Come siete stati premurosi voi due...- li adulò la ragazza con un sorrisone addolcita dalle parole del ragazzo -Non è necessario, piccolino. Pago io.-

-Insisto per favore.-

-Va bene, se ci tieni tanto.- acconsentì la karateka divertita pensando che fosse come tutti i bambini che volevano provare a comportarsi da adulti, ma non aveva letto in quel gesto la premura di Shinichi nel non farle spendere soldi inutili, di comportarsi da gentiluomo, di tentare di sembrare al suo fianco anche se non lo era, in teoria. Dopo che Shinichi ebbe pagato, Ran gli prese la mano avvertendolo -Conan, dammi la mano. Le stazione sono molto affollate rischi di perderti.-

Il bambino annuì e si lasciò condurre al binario come avrebbe fatto un qualsiasi marmocchio sperduto in una stazione come quella di Beika. Il treno arrivò puntuale e i due si sedettero uno di fronte all'altro accanto al finestrino sulla destra. Il paesaggio cambiava man mano che si allontanavano dalla caotica metropoli e si avvicinavano alla campagna circostante. Il treno procedeva velocemente con un movimento costante che cullava i due innamorati sui sedili. Ran, che guardava fuori dal finestrino con aria triste, pian piano si lasciò prendere dal sonno e si addormentò con la guancia appoggiata al vetro. Shinichi stava scrutando l'orizzonte pensoso e si voltò in direzione della ragazza sorridendo dolcemente vedendola in quella posizione. Anche lui decise di abbandonarsi a Morfeo e chiuse gli occhi rimanendo lo stesso vigile per vegliare sulla sua amata.

-Ran, Raaan..- Conan stava tentanto di svegliare la ragazza ancora addormentata dato che tra pochi minuti sarebbero arrivati.

-Sh...Shin...Shini...chi...- mormorò Ran prima si aprire gli occhi e scontrare le sue iridi indaco con quelle blu cobalto del ragazzo -Oh, Conan... siamo... siamo già arrivati?-

-Sì. Siamo quasi in stazione.-

-Ma potevi svegliarmi prima!- disse la karateka stiracchiandosi.

-Dormivi così bene che non ho voluto svegliarti... che cosa stavi sognando?- chiese Conan con aria furbetta.

-Niente che ti interessi, ora coraggio usciamo o il treno riparte.- Ran lo spinse giù dal vagone senza rispondere alla sua domanda e lo trascinò all'uscita. La cittadina che gli si profilava di fronte era piuttosto piccola e tradizionale. I viali alberati erano colorati di giallo e rosso autunnali e facevano da cornice agli edifici nipponici circostanti, tutti con un bellissimo giardino ornato di lussureggiante vegetazione e case con pannelli in carta di riso. Presero un taxi che li condusse fino a destinazione. La costruzione che si ritrovarono di fronte era un teatro che doveva essere uno tra i più antichi della città. Aveva all'ingresso le caratteristiche colonne rosse giapponesi ornate da due orchidee in oro, l'interno era classico con pannelli in elegante carta di riso e legno scuro pregiato a rifinire il tutto. La platea era divisa in due da una passerella che si collegava direttamente con il palco che al posto dei sipari aveva pannelli in riso in tema con il resto del teatro. Doveva aver avuto quasi cento anni quel posto anche se era tenuto splendidamente. Ran e Conan avanzarono tra la platea guardandosi attorno come spaesati e solo il rumore dei loro passi si poteva percepire nell'aria. La karateka guardò prima la parete di destra e poi quella di sinistra e non vedendo nessuno chiese ad alta voce -C'è nessuno? È permesso?-

D'un tratto dalla penombra si sentì una voce maschile che rispose -Chi è?- in tono piuttosto sgarbato.

-Ehm... siamo qui per incontrare il signor Iroshi Hashimoto. È possibile?- disse Ran rivolta volgendo il capo verso la porta che si era appena aperta sulla sinistra.

-Sono io Iroshi Hashimoto. Voi chi siete?- era un'uomo giovane sulla trentina, capelli scuri, piuttosto affascinante se non fosse stato per i suoi modi un po' burberi. Conan fece qualche passo in direzione del tale e la ragazza lo seguì a ruota presentandosi.

-Il mio nome è Ran Mouri e lui è Conan Edogawa. Siamo venuti qui in vece di Shinichi Kudo, il quale ha ricevuto una sua lettera nella quale accennava ad un caso.-

-Uhm, avrei avuto piacere di parlarne direttamente con lui...-

-Lo so signore.- intervenne Conan con vocina infantile -Ma, vede, Shinichi è impeganto in un caso molto importante e non poteva essere presente, però ritiene il suo caso degno di nota quindi ci ha pregato di venire qui al posto suo e di inviargli via mail le informazioni, così potrà valutare lui stesso.-

-Uhm... va bene. Seguitemi.- l'uomo fece cenno di andargli dietro e portò i due in una stanza che sembrava un camerino, ma totalmente piena di strumenti musicali di ogni specie. Vi erano al centro, però, una poltrona e un divanetto sul quale il signor Hashimoto fece accomodare Ran con il bambino accanto.

-Vi infomo, intanto, che non è stato per nulla facile trovare il vostro amico. Ho dovuto contattare un dectective per aver il suo indirizzo, signorina.- iniziò l'uomo indicando Ran -Ho dovuto inviare a lei la lettera perchè l'investigatore che avevo assunto mi ha informato che lei è la persona più vicina a Shinichi Kudo, in Giappone.-

La ragazza annuì e poi assumendo un tono professionale -Ci parli del caso.-

-Oh, sì. Il caso. Vi avverto che esigo la massima riservatezza, è piuttosto importante e strano. Si tratta di due morti che tutti hanno classificato come naturali ma io non ne sono affatto sicuro. Anzi, sostengo che siano due omicidi.- spiegò il signor Hashimoto.

-Si spieghi meglio.- intervenne Shinichi catturato nell'interesse.

-Allora, tutto cominciò quando l'orchestra sinfonica della città, di cui io sono il primo violino, fu ingaggiata per celebrare il centenario di questo teatro con l'esecuzione della sinfonia che duarnte la sua innaugurazione era stata lasciata incompiuta alla prima perchè il direttore d'orchestra era deceduto durante lo spettacolo, da allora la sinfonia venne considerata maledetta e prese il nome di "Sinfonia di morte". Comunque, ci preparammo bene per lo spettacolo con il nostro direttore d'orchestra, piuttosto attempato, il signor Yamada, che però era un uomo molto energico e rispettabile. Durante la prima dello spettacolo musicale proprio durante la parte più intensa della sinfonia, il signor Yamada stramazzò al suolo. Quando arrivò l'ambulanza non c'era più nulla da fare e dissero che era morto d'infarto. Eravamo tutti molto scossi, ma lo spettacolo doveva continuare quindi rinviammo la prima a una settimana dopo e chiamammo un altro direttore che aveva assistito all'allestimento dello spettacolo e che quindi conosceva la partitura. Il signor Kimura, così si chiamava, era anche lui piuttosto vecchio, ma non si tirò indietro e diresse la seconda prima in modo ineccepibile fino a quando, nello stesso crescendo del suo predecessore, morì allo stesso modo. La cosa venne definita un tragico incidente e non fu aperta alcuna inchiesta, ma io ho notato che che sulla mano destra di entrambi c'erano alcuni segni nerastri: uno sul pollice, uno sull'indice e uno sul lato del medio. L'ho riferito alla polizia, ma gli hanno declinati come delle sbavature della penna con la quale scrivevano entrambi, cioè una stilografica. Io, però, non ci credo. Non può essere solo una coincidenza. E io non mi sento tranquillo per il prossimo spettacolo.

-Uhm, interessante... ci sono delle foto dei morti?- domandò Conan pensoso.

-Sì, eccole qui. Questo è il signor Yamada e la sua mano... e questo è il signor Kimura e la sua mano.- disse il signor Hashimoto porgendo al detective le immagini dei due cadaveri. Il bambino le osservo dubbioso, in particolare le mani che non lo convincevano per nulla, poi le passo a Ran che le scrutò leggermente scossa e le ridiede in fretta all'uomo.

-Chi ha scattato le foto?- chiese Conan.

-Sono stato io. Subito dopo la loro morte. Ero certo che sarebbero state utili.-

"Infatti... il caso si rivela piuttosto interessante. Non credo che si tratti solo di coincidenze. Quei segni delle mani... sembrano segni di un veleno assunto a livello cutaneo anche se somigliano davvero a segni d'inchiostro... bisognerebbe esaminare bene i corpi, ma si sono già svolti i funerali." Conan pensoso si portò una mano al mento e corrugò la fronte attirando l'attenzione di Ran al quale ricordò davvero tanto il suo Shinichi. "Shinichi... coraggio Ran, comportati come farebbe lui!" si spronò mentalmente la ragazza rivolgendosi poi al signore di fronte -Ehm... signor Hashimoto, potrebbe mostrarci, per favore, il luogo di lavoro dei due signori?-

-Sì, seguitemi. E, potete benissimo chiamarmi Iroshi, mi fate sentire vecchio!- rise l'uomo mettendo una mano sulla spalla della karateka e conducendola verso le quinte del palcoscenico, continuando a parlare con lei amabilmente facendola ridacchiare. Shinichi rimase dietro di loro osservando il quadretto e ribollendo di gelosia. "Chi si crede di essere quello? Chiede il mio aiuto e poi si mette a fare il cascamorto con Ran??? La mia Ran??? Il caso, se vuole, se lo risolve da solo se continua così! Razza di... di... aah! D'accordo, d'accordo... sono calmo. Shinichi, respira... uff. Allora, concentriamoci sul caso. Ma ora che fa? Le sussurra una cosa all'orecchio??!! Ora basta!"

-Ehm, Ran?- intervenne il bambino cercando di mascherare il suo umore.

-Sì, dimmi, Conan.- Ran si piegò alla sua altezza sorridente.

-Mi prendi in braccio?- propose il detective per evitare che il trentenne continuasse a importunarla.

-Come, scusa?- la karateka strabuzzò gli occhi divertita.

-Sì, sono stanco! Allora, mi prendi in braccio? Dai!!!- piagnucolò il bambino tendendo le mane verso di lei.

La ragazza sospirò e lo prese tra le braccia sollevandosi, Conan l'abbracciò rilassato e scrutò Iroshi con due occhi minacciosi da far raggelare il sangue. L'uomo sussultò sorpreso e indicò la porta che portava nelle quinte. Il retro del teatro era piuttosto tetro e cupo, ma pulito. Iroshi li portò nella sala prove e mostrò gli spartiti e i leggii dell'orchestra.

-Questo è lo spartito usato dai direttori. E questo il loro leggio.-

-Non mi sembra ci sia nulla di strano...- fece Ran osservandoli attentamente -Meglio inviare le foto a Shinichi.-

-Ah, no. Non preoccuparti, faccio io.- Conan estrasse il suo cellulare e fece finta di mandarsi le foto e la mail con i dettagli -Perfetto. Fatto. Shinichi risponderà a momenti.- avvisò poi.

-Cos'è quella?- chiese la karateka indicando una bacchetta da direttore d'orchestra scura in un legno che pareva molto pregiato e antico chiusa in una teca di vetro.

-Quella è la bacchetta del primo direttore d'orchestra di questo teatro, risale a cento anni fa. L'abbiamo usata solo durante le due prime per il centenario perchè portasse fortuna, ma non l'ha fatto in realtà.- spiegò Iroshi con un tono lievemente malinconico.

"È stata usata solo dai due direttori? Uhm, potrebbe..." pensò Shinichi colto da un lampo

-Mi scusi, chi altri ha toccato quella bacchetta?-

-Nessuno, piccolo. Solo il signor Yamada e il signor Kimura.- rispose l'uomo cordialmente.

-Ah, ok. Grazie.- "Uhm, se nessuno l'ha toccata è probabile che il veleno si trovasse lì. Se non sbaglio i direttori d'orchestra tengono la bacchetta tra pollice indice e medio, proprio dove ci sono i segni sulle mani delle vittime."

-Questo caso mi ricorda molto Il nome della rosa...- intervenne Ran sfogliando gli spartiti musicali.

-Come?- fece Iroshi incuriosito da questa sua considerazione.

-Bhè.. è un romanzo di Umberto Eco, Il nome della rosa, è alquanto famoso come autore, è italiano.- spiegò la karateka.

-Ah, di che cosa parla?- domandò il violinista con aria interessata mentre Conan continuava ad indagare.

-Bhè, in un monastero vengono trovati morti alcuni frati, tutti in biblioteca mentre stavano leggendo e tutti con un indice nero. Gli altri frati iniziano ad indagare e alla fine si scopre che...-

-No! Non dirmelo, non voglio rovinarmi il finale.- la interruppe l'uomo.

-Vuoi leggerlo?-

-Sì, mi incuriosisce. Sembra interessante, non pensavo ti piacessero questo genere di libri...- disse Iroshi amabilmente.

-Effettivamente non è il mio genere... Shinichi mi ha costretto a leggerlo.- spiegò Ran, mentre l'altro si fingeva sempre più interessato.

-Uhm, dunque tu e Shinichi Kudo siete molto legati?- chiese l'altro con fare inadgatore.

La ragazza stava per rispondere qualcosa un po' imbarazzata, quando Shinichi, nel suo piccolo corpo, intervenne seccato -Sì, molto legati. Moltissimo! Chiaro?-

-Conan! Comportati bene...- lo rimproverò Ran, ma l'altro se ne infischiò. "Come si permette di fare il cascamorto con la mia Ran davanti ai miei occhi! Per di più è stato lui a contattarmi e ora se ne frega per flirtare con lei??!! Ma io lo faccio arrestare! Non riesco a lavorare con quei due che... che... che... bhè lasciamo perdere. Insomma non si può lavorare così!"

-Ran, hai trovato qualcosa di interessante?- domandò Conan che ancora stava sbollendo dalla gelosia.

-Non mi sembra...-

-Ah, ok- Conan era piuttosto deluso da quel primo sopralluogo; non era riuscito a trovare neanche uno straccio di indizio. D'un tratto gli venne in mente il finale de Il nome della rosa. Alla fine si scopriva che erano le pagine dei libri ad essere avvelenate e che i monaci ingerivano la sostanza quando si leccavano l'indice per voltare pagina. Shinichi controllò gli spartiti, ma questi erano stati toccati da tutti e non potevano certo contenere veleno. Ma allora cosa era che solo i direttori avevano toccato? Un lampo si fece largo nella sua mente: la bacchetta. Si voltò soddisfatto verso la teca e pensò "Dunque è così, eh? Ingenioso..." Aveva capito tutto, ora restava solo da spiegarlo agli altri, ma per farlo doveva essere Shinichi Kudo. Con una scusa si allontanò fuori ed effetuò la chiamata a Ran restando sempre nei paraggi pronto a spuntare fuori.

-Eh, eh.. Conan, sempre il solito. Deve correre sempre al bagno...- stava dicendo la karateka a Iroshi dopo che il bambino era scappato di corsa. L'uomo le si avvicinò e le stava per mettere un braccio attorno ai fianchi quando il cellulare della ragazza squillò forte.

-Uh! Questo deve essere Shinichi... Pronto?-

-Pronto, ciao Ran.-

-Ciao Shinichi, hai risolto il caso?-

-Sì, Conan mi ha inviato le foto e i dettagli. Per cortesia prendi la teca.-

Ran obbedì e la posò sopra un mobile che fungeva da tavolo.

-Fatto e ora?-

-Aprila, ma fa attenzione a non toccare la bacchetta.-

-Ok. E adesso?-

-Ecco il tuo colpevole.- disse semplicemente il ragazzo.

-Come? Che vuol dire?- chiese la karateka sconcertata.

-Vuol dire che... aspetta mettimi in vivavoce così non devo spiegare le cose due volte...-

-Va bene... fatto.-

-Ottimo. Allora, signor Iroshi Hashimoto, le spiego come si sono svolti i fatti. Aveva ragione a non credere alla morte naturale dei due direttori, perchè si è trattato di omicidio. Sfortunatamente il suo autore è morto da parecchi anni. La bacchetta con cui è stata diretta l'orchesta è stata avvelenata. È stata intinta in un veleno molto potente, l'aconito che è tra i pochi che uccidono anche a livello cutaneo, ancora durante l'inaugurazione del teatro. Il vero obiettivo era uccidere il primo direttore d'orchestra, poi quella bacchetta non sarebbe più stata utilizzata e il delitto sarebbe rimasto impunito. A distanza di cento anni il veleno si è seccato sull'impugnatura, ma è ancora efficacie. Durante il concerto i due direttori l'hanno impugnata e hanno, con il sudore delle loro mani, assorbito il veleno residuo dai pori della pelle e sono morti. L'aconito è un veleno subdolo e non si può notare così su due piedi la differenza tra un avvelenamento e un infarto. Tenuto conto dell'età dei due signori tutti hanno pensato che si fosse trattato di un tragica morte naturale, invece di ciò che era in realtà.-

-Stupefacente!- esclamò Iroshi sbalordito -Un così giovane ragazzo senza neppure vedere la scena di persona è riuscito a capire tutto questo. Geniale!-

-Grazie, ma non è nulla... In realtà il merito non è stato mio, ma di Ran.- disse il detective con falsa modestia -È stata lei a darmi l'intuizione per la soluzione grazie al suo riferimento a Il nome della rosa.-

-I miei complimenti anche a te, allora! Non solo sei molto carina, ma anche intelligente!- si complimentò l'uomo prendendo le mani di Ran. Shinichi, dall'angolo fuori dalla porta dove si trovava, vide la scena e intervenne immediatamente -E inoltre... Ran puoi togliere il vivavoce?-

-Sì, fatto.- disse la karateka sciogliendosi dalla presa di Iroshi.

-Puoi passarmi il signor Hashimoto?-

-Certo. Tieni Iroshi.- fece Ran porgendo il telefono all'altro.

-Pronto? Finalmente parliamo solo noi, Shinichi Kudo. Ottima deduzione! Cosa volevi dirmi?-

-Volevo dire che la parcella per i miei servigi sarà doppia rispetto al solito, data la collaborazione anche della mia ragazza e di Conan. Il totale è di ottantamila yen.

-Ott...Ottantamila???- domandò Iroshi strabuzzando gli occhi.

-C'è qualche problema, forse?- chiese Shinichi mentre intanto si godeva la sua reazione.

-N-no, no.-

-Bene allora li consegni alla mia ragazza in busta chiusa. E mi ripassi lei per favore.-

-Certo... certo.- l'uomo ridiede il cellulare a Ran.

-Pronto, Ran?-

-Dimmi, Shinichi.-

-Volevo dirti geniale quella tua intuizione sul romanzo.-

-D-davvero? Mi hai appena detto che sono stata geniale??? Ma sto parlando con Shinichi Kudo o il gemello buono?- scherzò la ragazza.

-Cosa? Guarda che non sono cattivo!-

-No... certo che no... sei solo altezzoso.-

-Devo andare ora, Ran. Mi dispiace.-

-Uff, lo so. Come al solito. Ciao.-

-Ciao.-

Chiusero entrambi la chiamata con un sospiro. Sembrava di essere tornati ai vecchi tempi, in cui era normale per loro prendersi in giro, ridere e scherzare assieme. Come se nulla fosse cambiato. Mentre Ran e Conan uscivano con la busta bianca di Iroshi in mano, una folata di vento fece cadere le foglie dagli alberi avvolgendoli in una fresca tormenta autunnale colorata. Iroshi non aveva detto cosa c'era all'interno del pacchetto, aveva solo detto che era per lei e per Shinichi; così Ran l'aprì e dentro vi trovò la bellezza di Ottantamila yen in contanti e un biglietto in allegato.

Ringrazia il tuo ragazzo da parte mia. E digli di abbassare le parcelle!

-C-come??? Il mio ragazzo???-

-Uh? Cosa c'è Ran?- domandò Conan in modo ingenuo ma sotto sotto aveva capito benissimo ed era soddisfatto al massimo.

-Eh? Niente, niente. Solo... oh, un messaggio!- Ran prese il cellulare sollevata di quell'interruzione, sarebbe stato troppo imbarazzante spiegare al bambino cosa c'era scritto, e lesse sul display il nome di Shinichi.

Goditi la tua prima parcella, Watson.

P.S. Non trascinare il povero Conan a fare shopping.

E come Iroshi??? Da quando in qua si da del tu ad un cliente???

La karateka non potè fare a meno di ridacchiare e ringraziò mentalmente il detective dicendo poi ad alta voce con un sorriso a trentadue denti trasognate -Ma che gelosone...-

-Cosa? Chi?- esclamò il piccolo detective accanto a lei come se fosse appena stato colto in flagrante.

-Nessuno, coraggio andiamo a casa.-

Mentre stavano tornando a casa in treno Shinichi, guardando la karateka, non potè fare a meno di pensare "Io sarò anche geloso, ma non dirmi che non ti piace che lo sia..."

-Allora, Conan... Shinichi, anche se non mi sembra giusto, mi ha lasciato alcuni spiccioli per il disturbo, quindi... domani tieniti libero che andiamo a spenderli!- rise Ran visibilmente di buon umore.

"Oh, no!" pensò il ragazzo disperato "Le avevo pure chiesto di non farlo! Aiuto!"

Angolo Autrice:
Ciao!!! 
Per chi non lo avesse ancora capito adoro gialli e misteri, ma adoro anche Shinichi e Ran!
Quindi ecco le mie personali indagini con loro due soli soletti.
Per questa indagine mi ha dato l'idea la mia sorellina che è una violinista che come me adora Detective Conan.
Spero vi sia piaciuta!

Alla prossima con La Malamela
=)

 

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Capitolo 2
*** La malamela ***


La Malamela

 

Shinichi Kudo era appena arrivato dall'ingresso laterale alla grande festa della polizia di Tokyo. C'erano tutte le autorità più in vista della prefettura e ne stavano continuando ad arrivare. Aveva dovuto per forza presenziare come Shinichi perchè sarebbe stato troppo sospetto il fatto che nessuno dei presenti aveva la minima idea di dove si trovasse e soprattutto a quale fantomatico caso stesse lavorando. Aveva ottenuto l'antidoto da Haibara piuttosto facilmente, dato che anche lei concordava sul fatto che dovesse esserci d'obbligo, anche se le aveva promesso di essere come un ombra ed evitare di esporsi in ogni modo. Doveva solo salutare un paio di persone senza farsi vedere da troppa gente per far capire che era ancora in circolazione. Il salone da ballo era spendente e affollato, c'erano alcuni che parlavano, altri che ballavano e altri ancora che magiavano ridendo in compagnia. Lui, invece, era solo come un cane nascosto dietro a una pianta decorativa e osservava gli altri divertirsi; stava sbadigliando assonnato quando si sentì tirare per la manica.

-Che ci fai qui?- domandò Ran sconcertata -Mi avevi detto che non saresti venuto!-

-Ciao Ran. Ehm, lo so che avevo detto di no, ma... ecco... non dovrei nemmeno essere qui.-

-Davvero? È per questo che ti nascondi? Come mai?-

-Bhè... ci sono troppi giornalisti e potrebbero fare delle domande inopportune sul mio caso.- inventò su due piedi risultando, però, piuttosto convincente.

-Ah, ok, ma almeno a me potevi dirlo!- lo rimproverò la karateka.

-Sì, scusa. Ora mi andresti a prendere un paio di salatini al buffet?- chiese il ragazzo sviando il discorso -E anche un martini, magari.-

-Cosa? Non puoi bere!-

-Senti, sono grande, adulto e vaccinato.- sbuffò Shinichi sentendosi trattato da bambino anche quando non lo era. Ran alzò gli occhi al cielo e sospirando andò a prendere ciò che il ragazzo le aveva chiesto; quando tornò vide che il detective stava parlando con Yusaku Kudo, suo padre nonché famosissimo scrittore di gialli.

-Ah, Ran! Come stai?- la salutò allegramente lo scrittore.

-Bene, grazie Yusaku. E tu?- rispose cordiale la ragazza porgendo i salatini a Shinichi che li prese e se li divorò in un secondo.

-Tutto bene, grazie. Shinichi, avevi fame, eh?-

-Sì, papà. Non immagini neanche da quanto tempo non metto nulla sotto i denti.-

-Sempre il solito... Ran, ma quello non è martini?- chiese sospettoso Yusaku.

-Sì.- disse Ran sorridendo maligna a Shinichi -Per tuo figlio.-

-Shinichi! Lo sai che non devi bere!- lo sgridò il padre prendendo il bicchiere dalle mani della karateka, facendo sbuffare il giovane detective.

-Devi ascoltare tuo padre, Shinichi caro.- intervenne Yukiko andando a prendere a braccetto il marito.

-Mamma... che gioia....- disse ironico Shinichi -Che ci fai qui?-

-Accompagno tuo padre, figlio degenere! Ran, sei incantevole, cara!-

-Grazie Yukiko.- rispose la ragazza che sorrise imbarazzata. L'attrice propose al figlio di invitare Ran a ballare e, data la sua riluttanza, prese la sua mano e la mise sul fianco della ragazza spingendoli in pista.

-Che modi...- bofonchiò Shinchi irritato dalla madre. Per consolarlo, divertita e imbarazzata, Ran gli prese la mano e gli si mise vicino per ballare il lento che era appena partito. Il detective si rilassò e iniziò a condurre la sua compagna in un dolce ballo, mettendosi pure a canticchiare alcune note della musica nell'orecchio di lei.

-La pianti di cantare? Non azzecchi una nota...- ridacchiò sottovoce la karateka.

-Ha parlato miss ugola d'oro!-

-Meglio di te di sicuro.-

-Non mi serve saper cantare per fare il detective.- si giustificò il ragazzo distogliendo lo sguardo che gli era caduto un po' troppo in basso sulla scollatura dell'elegante abito viola della sua amica.

-A proposito...- iniziò Ran cambiando radicalmente umore -Perchè ogni volta che sparisci non hai nemmeno il tempo di salutare?-

-Te l'ho già detto che devo lavorare.-

-Un saluto lo puoi sempre fare.- disse amaramente la ragazza che stava iniziando già ad avere le lacrime agli occhi.

-Mi dispiace.- fece Shinichi con lo sguardo a terra -Per tutto, mi dispiace. Mi dispiace di lasciarti sola, di non esserci mai, di non salutarti, di non consolarti... mi dispiace. Ti giuro che però... io...-

-Non ti preoccupare, ora sei qui e va bene così.- lo interrupe Ran trattendo a stento il pianto.

-Io... volevo dirti che... ecco io ti... volevo... insomma... già da...-

D'un tratto un urlo squarciò l'aria facendo precipitare tutti all'esterno. Shinichi prese il polso della ragazza e la trascinò verso il luogo sulla strada dove tutti si erano riversati.

Sotto un lampione vi era il corpo martoriato di una donna in un bagno di sangue. Il torace era aperto ed erano stati asportati alcuni organi.

-O mio Dio!- esclamò Ran portandosi una mano alla bocca.

-Ancora?! È già la quarta vittima in un mese!- disse l'ispettore Megure, mentre gli altri agenti facevano rientrare gli invitati.

Fuori erano rimasti solo Yusaku, Shinichi, Ran, Kogoro e l'ispettore Megure.

-Ricorda molto gli omicidi di J.T.R.- considerò Megure.

-Chi è?- chiese il detective dormiente dando mostra di tutta la sua immensa ignoranza.

-Jack lo Squartatore.- rispose Yusaku mentre guardava turbato la scena e suo figlio che analizzava i vari dettagli con Ran attaccata al braccio.

-Aaaaan, ok. Ma tu che ci fai qui? E perchè la mia bambina ti sta avvinghiata?- sbraitò Kogoro verso Shinichi che arretrò impaurito.

-Ehm...-

-Dai Kogoro... andiamo dentro e beviamoci qualcosa.- propose lo scrittore nel tentativo di salvare il figlio.

-Bhè, non rifiuto mai una bevuta in compagnia... ma lo tengo d'occhio.- Kogoro scrutò minaccioso il ragazzo che sussultò e distolse lo sguardo verso il cadavere.

-Ispettore, venga anche lei. Direi di lasciare spazio ai giovani.-

-Yusaku, sei sicuro? Può essere pericoloso con serial killer in giro.- protestò Megure.

-Credo se la caveranno.- Yusaku lanciò uno sguardo eloquente a Shinichi, uno sguardo paterno che esprimeva sia preoccupazione sia fiducia; con quello sguardo lo scrittore affidava il caso al figlio che avrebbe certo fatto del suo meglio per risolverlo.

Così Ran e Shinchi rimasero soli in strada a studiare la morta.

-Ma non arriva mica la scientifica?- domandò la karateka infreddolita.

-Più tardi. Intanto facciamo noi.- rispose l'altro senza staccare gli occhi dal cadavere.

-Shinichi, è raccapricciante!- urlò Ran scoppiando in lacrime, al che il detective si voltò verso di lei e le mise la sua giacca sulle spalle scoperte che stavano tremando.

-Così eviti di prendere freddo... allora, Watson, cosa deduci?-

-Deduco che è orribile!-

-Se non vuoi restare non ti biasimo, va pure dentro.-

-Sei impazzito? Sarei troppo in pensiero per te.- esclamò Ran afferrandogli la mano.

-Bene- sorrise il ragazzo -Allora, Watson?-

-La vittima si vestiva malissimo. E non chiamarmi così!- commentò la karateka cercando di non vomitare alla vista del corpo squartato.

-Geniale, Ran! Aspettami qui! Torno subito!- e corse in dentro la villa dove si stava tenendo la festa lasciando sola la povera ragazza.

-Shinichi...- mormorò lei seguendo con gli occhi la sua figura allontanarsi -...mi lasci sempre sola...-

Dopo solo un minuto, il detective tornò trionfante tutto trafelato con un mazzo di chiavi in mano.

-Vieni!- la prese per il polso di nuovo e la fece correre fino alla macchina del padre.

-Sali.- le disse tenendole la portiera aperta.

-Ma che vuoi fare?- domandò Ran sospettosa accomodandosi sul sedile del passeggero.

-Ora vedrai.- rispose lui enigmatico piazzandosi al posto del guidatore e accendendo il motore.

-Shinichi!!! Tu non hai la patente!!!- strillò la karateka terrorizzata dalla velocità con cui il ragazzo procedeva sulla strada.

-Non preoccuparti! Ho imparato alle Hawaii.-

-Oh, mio Dio! Aiuto!-

Sfrecciarono per Tokyo rischiando un paio di volte di fare un incidente e si fermarono inchiodando di fronte al distretto di polizia.

-Pazzo! Sei un pazzo!- gli urlò Ran una volta fermi.

-Sei viva, no? Andiamo...-

Salirono nel commissariato e grazie a una chiamata all'ispettore Megure riuscirono ad aver i permesso di andare nell'archivio dei casi.

-Allora... questi sono i referti medici delle altre tre vittime, noti niente?- chiese Shinichi con fare di un maestro che insegna all'alunna. Ran scosse la testa e il detective la incitò a sforzarsi di più.

-Bhè... sono tutte piuttosto simili e così come le modalità in cui sono state uccise, si tratta di un serial killer?-

-Sì, ma osserva meglio le caratteristiche fisiche.-

-Uhm... sono vestite orrendamete.-

-Appunto. Quindi sappiamo che lavoro facevano.- spiegò Shinichi.

-Cioè?- domandò ingenuamente la karateka.

-Le prostitute.-

-Ah. E ti sembra un lavoro?!- gli sbraitò contro Ran.

-Mica è colpa mia...- si difese il ragazzo dalle urla della ragazza, facendole segno di tacere.

-Cosa proponi di fare allora, Holmes?- sbuffò lei ancora irritata.

-Ci sono due cose da poter fare. La prima è setacciare la città, ma mi pare troppo dispendioso; la seconda è andare nelle fauci del nemico per attirarlo allo scoperto, e propongo questa.- disse soddisfatto della sua pensata a modi di “quanto sono geniale”.

-Cosa intendi dire? Che dobbiamo andare dove c'è il serial killer?- chiese Ran ignorando di proposito l'espressione da ebete sborone sulla faccia del detective.

-Non proprio. Sappiamo chi sono le sue prede, perciò possiamo tendergli una trappola. Ascolta, tutte le donne morte sono bionde, alte più o meno un metro e settanta e sono prostitute. Dobbiamo trovare una possibile vittima e seguirla.- spiegò Shinichi mentre sul suo volto si dipingeva un sorriso di appagamento per la sua “genialata”.

-Una cosa, Holmes. Quante donne bionde credi ci possano essere a Tokyo?-

-Non osservi bene, Ran mia cara. Guarda attentamente. Osserva il volto delle vittime.-

-Uhm... non è giapponese! È occidentale!- esclamò Ran soddisfatta della sua deduzione.

-Esatto... e quindi sarà più facile no? Andiamo.-

I due scesero di fretta le scale e rimontarono in auto dopo aver ringraziato gli agenti al distretto per il loro aiuto. Shinichi mise in moto la macchina e iniziò a sfrecciare per le vie di Tokyo, mentre spiegava a Ran che le quattro donne morte provenivano tutte da un casino nei sobborghi e che quindi là avrebbero trovato ciò che cercavano. Il detective parcheggiò l'auto a due isolati dal posto cui erano diretti per evitare sospetti in un'auto così elegante come quella di suo padre e iniziarono a camminare verso la periferia della metropoli che ogni metro più in fuori diventava più squallida e più malfamata; ogni rumore che sentivano li faceva sobbalzare e Ran si stringeva sempre più al ragazzo. Due adolescenti vestiti elegantemente da sera erano una preda troppo facile in dei quartieri come quelli. Andavano piuttosto velocemente in quel tetro e umido ambiente e dopo alcune svolte arrivarono alla loro destinazione, uno squallido palazzotto fatiscente dal quale si sentivano rumori poco rassicuranti con un bodyguard alla porta che somigliava ad un colosso, sopra di lui troneggiava un'insegna al neon Malamela.

“Nome alquanto fantasioso...”

Shinichi si sciolse dalla presa di Ran e si avviò solo verso la soglia, ma si sentì tirare per un braccio.

-Dove credi di andare? Vengo con te!-

-Eh? Ma sei impazzita? Per entrare lì devi essere o un cliente o...-

-Una prostituta. Lo so. Per questo entrerò con te.- insistette la karateka.

-Non se ne parla! Saresti in pericolo... quelli lì dentro sono...- il detective tentò di convincerla con ogni mezzo, ma lei non si smosse.

-Preferisci lasciarmi qui, sola, in strada?- Shinichi sbuffò, ormai convinto, e la prese rapido per la vita e allontanandosi verso l'ingresso con lei.

-Perchè mi prendi così?- chiese lei imbarazzata.

-Se vuoi entrare lì con me dovrai dare a vedere di essere una poco di buono, perchè non fanno entrare le signore. Quindi, mi spiace, ma comportati come si addice a una del loro rango.- disse accennando ad alcune donne che, accompagante da un uomo ben vestito, stavano ridacchiando e ad entrando nel palazzo. Una volta dentro i due si guardarono attorno. Era l'ambiente più nauseante che avessero mai visto. Un brusio di sottofondo accompagnava talvolta qualche schiamazzo, c'era pochissima luce ed era pieno di donne malvestite e uomini attorno a loro. Shinichi stava cercando di individuare una persona che rispondesse alle caratteristiche che aveva definito in precedenza, ma in quella penombra era pressochè impossibile senza allontanarsi. Mosse un passo verso una donna appoggiata allo stipite di una porta, quando senti che non c'era più nessuno appeso al suo braccio.

-Ran!- si voltò di scatto e la vide tra le braccia di un losco individuo che la toccava ovunque mentre lei cercava di sottrarsi. Il detective non ci vide più e andò furioso da quel tale.

-Lei è con me, chiaro?- disse prendendole la mano e allontanandola dall'uomo.

-Pensavo fosse una nuova... volevo provarla...- rispose l'altro sghignazzando.

-Non ha alcun ritegno.-

-Chi frequenta certi posti non se ne preoccupa... ma sei un po' troppo giovane per queste cose o sbaglio?- gli domandò l'altro con fare amichevole.

Shinichi gli disse di farsi gli affari suoi e si allontanò portando Ran con sé. Trovarono un corridoio semivuoto e lui la spinse lì dentro.

-Tu ora esci. È un luogo troppo...-

-Troppo pieno di idioti?- completò per lui la karateka sarcastica, ma si vedeva lontano un miglio che era spaventata.

-Ti prego, se capitasse un'altra volta...- cercò di convincerla il detective parlandole dolcemente.

-Shinichi! Ora sono qui e ci resto! E...- stava per aggiungere qualcosa quando passò un uomo, uno di quelli che erano incaricati di controllare che tutto andasse bene. Shinichi non ci pensò due volte e tappò la bocca della ragazza con la sua. La attirò a sé e le scorse con le mani i fianchi baciandola con passione. Poi passo al collo senza staccare le labbra da lei e in un istante ogni pensiero nelle loro menti svanì, lasciando spazio per imprimere a fuoco ogni singolo attimo di quel loro primo momento, di quella loro passione, di quel loro amore che avevano represso in ogni istante della loro vita e che, invece, c'era da quando erano nel ventre delle loro madri. Si abbandonarono entrambi tra le braccia l'uno dell'altro e continuarono finchè non furono senza fiato. L'uomo che si era affacciato nel corridoio era ormai passato oltre e non c'era alcun pericolo di essere scoperti. Shinichi si sollevò dal volto di Ran. Non poteva credere di averla baciata davvero, per un motivo così stupido, poi! Lei ora avrebbe pensato che era uno che se la faceva con tutte, che ne approfittava delle situazioni. Era un idiota. Arrossì di colpo quando si accorse che la ragazza lo stava guardando rossa in viso scossa dalle stesse emozioni con occhi colmi d'amore.

-Ehm... t-troviamo di andare la gonna... c-cioè... volevo dire... cerchiamo la gonna di andare... no...-

“Idiota! Calmati Shinichi! Sembri un bambino! Datti un contegno...”-Andiamo a trovare la donna!- esclamò alla fine contento di essere riuscito ad esprimere il concetto. Senza guardarla in faccia le prese il polso e la guidò fino a dove prima aveva visto una persona che corrispondeva alla perfezione al modello di vittima del serial killer. Fecero appena in tempo a scorgerla che lei uscì dalla sala andando fuori dove loro la seguirono. Fu un piacere immenso respirare l'aria fresca e non quella viziata mista di fumo e sudore all'interno del casino. Shinichi inspirò a fondo comandando al cuore di rallentare per poco prima, ma al solo ricordo della cosa questo accellerò spropositatamente. Sperava solo che Ran non lo notasse troppo, presa com'era a seguire con lo sguardo la donna che si allontanava. Dopo pochi passi uno straccione mal ridotto li fermò.

-Un elemosina, signori?-

-No, non ora...- sbottò Shinichi facendolo da parte e trascinandosi Ran dietro. In quell'istante sentirono un agghiacciante urlo. La donna aveva trovato il suo assassino.

-Dannazione!- esclamò Shinichi correndo verso il luogo del grido. Il detective giunse appena in tempo per vedere l'uomo, coperto da un pesante impermeabile nero, uccidere la povera vittima e poi dileguarsi nella notte prima di finire il lavoro come era suo uso. Il ragazzo prese ad inseguire l'assassino, con dietro da Ran che lo chiamava a gran voce cercandolo di dissuaderlo, ma Shinichi non aveva alcuna intenzione di fermarsi. Era ormai arrivato a pochi metri da lui e non se lo sarebbe lasciato scappare. Accelerò ancora la corsa essendo allenato grazie al calcio e lo riuscì a raggiungere; gli mise una mano sulla spalla costringendolo a fermarsi e lo atterrò.

-Ti ho preso!- gli urlò in faccia assestandogli un pugno per disorientarlo, ma l'altro senza dire nulla fu in grado di estrarre il coltello e puntarglielo alla gola ribaltando i ruoli.

-Ora direi che ti ho preso io...- gli rispose con una voce stidula -Vediamo di spiazzare un po' gli agenti con un omicidio al maschile...-

-Shinichi! NO!- la voce di Ran lo costrinse a voltarsi, mentre l'altra dopo averli raggiunti colpiva l'assassino con tutte le più terribili mosse di karate che conosceva, l'uomo, però, si rivelò più veloce di lei e le bloccò un colpo facendola cadere addosso a Shinichi che si stava rialzando. Una sopra l'altro, i due amici d'infanzia videro il serial killer avanzare verso di loro con il coltello pronto a colpire; Shinichi si mise davanti a Ran per proteggerla anche se sarebbe servito a poco se un tale non avesse aperto la finestra per lamentarsi del rumore mettendo in fuga l'assassino.

Shinichi si rimise in piedi tenedosi la spalla che aveva battuto nella colluttazione e porse la mano a Ran per aiutarla.

-Grazie.-

-Ran, non farlo mai più!- esclamò il detective abbracciandola forte.

-Shinichi... io...

-No, non devi mai più esporti così tanto. Ne per me, ne per altri.- la strinse ancora di più a se. La karateka ricambiò il gesto e chiuse gli occhi per assaporare ogni secondo di quel piacevolissimo momento.

-Volevo...volevo chiederti scusa... per prima.-

-Non... non devi scusarti...-

-Io...io sono... non dovevo farlo.-

-Ti ho già detto che non c'è problema.- disse la ragazza con tono a metà tra il sereno e il deluso.

Shinichi percepì i suoi pensieri e ancora abbracciato a lei si scostò leggermente e le sussurrò all'orecchio -Non mi è affatto dispiaciuto, al contrario.-

Ran arrossì guardandolo spiazzata, poi lui continuò -Vedi... io... io...-

-Volete sapere da che parte è andato?- domandò lo straccione che avevano incontrato poco prima e che aveva preso a seguirli.

-Sì, per favore. Sai dov'è?- disse la ragazza con la sua caratteristica gentilezza sciogliendosi dall'abbraccio.

-È andato verso di là.- fece l'uomo indicando con la mano la strada che portava al quartiere di Beika dove vivevano.

-Dunque è di Beika...- considerò il detective tra sé e sé, mettendo un paio di monete in mano al poveretto che se ne andò soddisfatto.

-Come dici, scusa?-

-È di Beika! Sa di essere seguito e vuole andare in un posto sicuro, ossia un posto che conosce.- spiegò Shinichi facendo segno a Ran di andare. Iniziarono a camminare velocemente verso la zona che non era affatto vicina dal luogo in cui erano nonostante bastasse seguire una strada più o meno dritta.

-Vuoi andare a casa, Ran? È un pluriomicida quello che cerchiamo...-

-Potrei esserti utile... Ehi, ho visto qualcosa laggiù!- esclamò la karateka d'un tratto e indicò un viottolo laterale poco rassicurante andandovi verso.

-No, Ran. Aspetta! Non andare da sola!- la richiamò il ragazzo mettendosi a correrle dietro -Ran! È pericoloso! Aspettami!-

-Vieni!- gli gridò la karateka, facendo cenno con la mano di avvicinarsi.

-Cosa c'è?- chiese Shinichi arrivando alle sue spalle.

-Guarda...- Ran indicò sulla strada un coltello insaguinato ed alcune impronte che proseguivano in direzione del parco.

-Sta di sicuro andando in un luogo sicuro per lui. Uhm... se fossi un serial killer dove mi sentirei in salvo?- domandò retorico il detective nell'intento di ragionare.

-A casa?- tentò la ragazza indecisa.

-Uhm... non credo. Deve prima ripulirsi per evitare di lasciare tracce. Un magazzino o qualcosa del genere...-

-Quello?- suggerì Ran indicando una vecchia costruzionecon degli alti finestroni tetri per metà rotti.

-Perfetta!- Il detective la raggiunse e iniziò ad arrampicarsi per andare a vedere all'interno dall'alto. Appena si affacciò vide il tipo con il quale aveva lottato poco prima tentare di ripulirsi dal sangue e cambiarsi i vestiti; doveva sbrigarsi così lo avrebbe colto con le mani nel sacco. Scese in fretta e ordinò alla ragazza di chiamare la polizia, intanto lui si era appostato alla porta e si stava frugando in tasca per cercare qualcosa. Appena Ran ebbe concluso la conversazione al telefono si rivolse a Shinichi per chiedere cosa stesse cercando con tanta insistenza.

-Che cerchi?-

-Un arma, ma...- Improvvisamente l'assassino sbucò fuori dalla porta con la pistola pronta a sparare su Shinichi che fortunatamente si spostò rapido e riusci a fare inciampare l'assassino facendogli volare l'arma lontano. Ran la prese prontamente e gliela puntò contro con decisione anche se in cuor suo tremava. Pochi secondi dopo, la tranquillità del quartiere fu turbata dalle numerose sirene della polizia che arrivarono e catturarono il killer. Furono tutti portati alla stazione di polizia e i due ragazzi dettero la loro deposizione agli agenti. L'assassino era Itachi Fukuda, uno che non avrebbe fatto fatica a farsi dare da una giuria lo stato di infermità mentale; aveva dichiarato di aver letto di Jack Lo Squartatore e di averlo voluto emulare così aveva scelto un posto che conosceva bene per prendere le sue prede e un tipo di vittima preferita. A vederlo nessuno avrebbe mai detto che si trattava di uno psicopatico, ma ciò che fece mettere a verbale lo etichettò inevitabilmente come tale; si sentiva soddisfatto di essere stato catturato da quello che considerava un brillante personaggio, non un ottuso poliziotto, un suo pari in intelletto.

-Io non sono al pari di un assassino.- fu il commento freddo del detective. Ran, che era stata forte fino a quel momento, non ce la fece più e iniziò a tremare come una foglia trattenendo a stento le lacrime, così il detective rinunciò per una volta alla conclusione dell'indagine e preferì stare con la giovane. Dopo un ora passata al commissariato, i due furono liberi di andare e, felici, ispirarono l'aria della notte fonda.

-Torniamo alla festa?- domandò Shinichi prendendo sotto braccio la ragazza.

-Abbiamo l'auto da recuparare.- fece Ran guardandolo di lato.

-Ah, già... uff, dobbiamo farcela tutta a piedi!- sbuffò il detective stanco.

-Per lo meno non devo sentire quanto sei stato bravo a risolvere il caso perchè c'ero anche io!-

-Ah, ah... vorresti dire che sono noioso?-

-Ripetitivo è il termine esatto...-

Stavano camminando da quasi dieci minuti, quando Ran iniziò a lamentarsi del male ai piedi che le facevano le scarpe eleganti che portava.

-Ahi! Che male! Io odio queste scarpe!-

-Perchè le hai messe, allora?-

-Perchè stavano bene sul vestito.- rispose lei come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Eh, sì. Le ragazze Shinichi non le avrebbe mai capite.

-La cosa si risolve facilmente.- disse il ragazzo prendendo in braccio la karateka e accelerando il passo verso la macchina che ormai si scorgeva da lontano.

-Shinichiii! Mettimi giù!- urlò Ran rossa in volto, ma il detective non l'ascolto e la lasciò solo una volta che furono dentro l'abitacolo.

Shinichi si rimise al volante e combattendo contro la stanchezza che incombeva guidò fino alla villa del ricevimento. Ran, intanto, si era addormentata e lui dovette svegliarla a malincuore per poter riportare le chiavi al padre. Fecero il loro ingresso nella sala trionfanti e andarono dai loro parenti. Shinichi impiegò più tempo a spiegare come aveva svolto l'indagine di quanto effettivamente ce ne aveva messo a farla e raccomandò, ovviamente, di non rivelare la sua partecipazione.

-Hai portato mia figlia in giro di notte per Tokyo???- urlò Kogoro stizzito.

-Sì, ma eravamo in auto! Ah, grazie papà.- rispose il detective facendo dondolare di fronte a sé le chiavi del padre.

-Shinichi! Hai preso la mia auto senza permesso?!- lo scrittore guardò il figlio con occhi severi per poi dargli una pacca sulla spalla dicendo -Bella iniziativa, bravo figliolo.-

-Yusaku! Non incoraggiarlo!Shinichi, spero che tu questo non lo abbia detto alla polizia...- lo rimproverò Yukiko squadrando sia padre che figlio con occhi assassini.

-No, ma ti pare! Mica sono scemo! Comunque ora accompagno Ran a casa che è stanca.- disse Shinichi prendendo sotto braccio Ran mentre salutava le persone attorno.

-Aspetta!- fece Kogoro -Come mai hai del rossetto sulla faccia?-

“Cosa? Acc.. il rossetto! Possibile che si accorga dei dettagli solo con me???”

-Ehm, non è niente...- rispose frettolosamente il ragazzo pulendosi la faccia.

-Già, niente papà!- esclamò Ran paonazza in volto come l'altro. La karateka tirò per un braccio il detective facendolo uscire prima che Kogoro si rendesse conto di cosa era accaduto. Ormai erano fuori quando il detective dormiente sbraitò -Che cosa hai fatto a mia figlia, moccioso!!!!-

-Presto!- Shinichi incitò Ran ad uscire e a salire in auto. Il tragitto fino alla casa si svolse in un silenzio imbarazzante e fece colorare di rosso le gote di entrambi.

-Ciao Ran.- la salutò il detective una volta sotto casa.

-Ciao.- la ragazza fece per aprire la portiera, ma si bloccò -Io...-

-Aaho!- esclamò Shinichi interrompendola; l'effetto dell'antidoto stava svanendo e anche piuttosto in fretta.

-Shinichi, cosa hai? Stai male?-

-Devo a-andare... sono in ritardo! Per l-l'a-aereo!- inventò sul momento senza nemmeno sapere se sarebbe riuscito a restituire la macchina al padre. Lo opprimeva un grande peso nel petto che gli faceva ofuscare la vista. “Ma questo antidoto non durava ventiquattrore?” pensò mentre cercava di mettere alla porta nella maniera più gentile e veloce possibile Ran “Ai mi sente appena torno in versione ridotta!”

-Shinichi? Devo chiamare...?-

-NO! Non... chiamare nessuno per favore... sono... sono solo... in ritardo. Aaho! Va pure a casa...- la rassicurò in modo poco convincente; vedendo che la ragazza non accennava a volerlo lasciare non ebbe altra scelta.

-Ran...- iniziò respirando affannosamente -Ti... ti prego! Fa come... come ho detto... anf, anf... ti prego!- la stava implorando quasi con le lacrime agli occhi dal dolore che si stava facendo sempre più accecante. -Ti prego!- ripeteva incessantemente prendendosi la testa tra le mani.

-Shin...Shinichi, va bene.- cedette infine la karateka mettendogli una mano sulla testa che tremava.

-Grazie.- Ran uscì dalla macchina e lo salutò con la mano mentre svoltava l'angolo cercando di tenere la strada il più possibile. Il ragazzo era tutto un tremore e temeva di sbandare con l'auto. Di tornare alla festa non se ne parlava nemmeno, quindi accostò davanti alla sua enorme casa. Voleva come minimo entrare nel giardino, ma i vestiti cominciavano già a farsi grandi. Sgusciò fuori dalla macchina e aprì il cancello chiudendoselo alle spalle proprio mentre rimpiccioliva del tutto e restava in quel mare di stoffa nera che era stato il suo abito elegante per la serata. -Evvai... sono di nuovo piccolo...- ironizzò Shinichi facendosi su le maniche -Uffa! Ma Haibara domani mi sente! “Oh certo ventiquattro ore dura anche forse qualcosina in più.” Idiota... Entriamo in casa, va là, che sono stanco morto. Ma... ma le chiavi? Oh, no! Sono rimaste nel cruscotto! E il cellulare? Anche!- il detective sospirò affranto e pensò sconfortato “Mi sa che mi tocca passare la notte all'aperto.”

Angolo autrice: Confesso che questo caso non mi convince molto, ma alla mia critica piaceva quindi l'ho pubblicato... Spero vi piaccia... fatemi sapere! =)

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Capitolo 3
*** Attrazione fatale ***


Attrazione Fatale

 

Shinichi stava sonnecchiando con un libro aperto sotto la testa. La finestra era leggermente aperta e lasciava passare un po' di quell'aria non ancora fredda di novembre. Accarezzato dalla lieve brezza che entrava, il ragazzo aprì pigramente gli occhi rabbrividendo e si alzò per chiudere la finestra rimanendo a fissare l'esterno. Quel giorno era soleggiato e inusualmente caldo e non faceva per nulla venire voglia di studiare quelle quaranta pagine di fisica che erano ancora immacolate sulla sua scrivania. Un sacco di informazioni inutili che riempivano la testa senza nessuno scopo se non quello di essere promossi alla fine dell'anno. La metà delle cose le sapeva già o per sentito dire o perchè le aveva sapute lavorando, ma ciò non toglieva che se voleva un buon voto nell'esame del giorno dopo avrebbe dovuto mettersi sotto con lo studio se non altro per sapere di che si stava parlando.

"Uff! Ma tu guarda! Cosa mi tocca fare! Perdere tempo a studiare! Che assurdità! Vediamo un po' capitolo primo: il magnetismo. Che palle! Vediamo cosa c'è in tv." Il detective che non riusciva proprio a concentrarsi premette un canale a caso sul telecomando e casualmente capitò sul telegiornale proprio mentre stavano trasmettendo una notizia piuttosto interessante.

-Ci colleghiamo in diretta con il nostro inviato, Eizan Inoue. A te la linea, Eizan.-

-Sì, grazie, Haruko. Stà arrivando ora l'ispettore di polizia, mentre alcuni agenti sono già all'opera. Dai primi rilievi sembra che la vittima sia Aritomo Shimizu, noto attore e docente di recitazione. Le modalità del decesso sono ancora ignote. L'uomo è stato trovato privo di vita nella sua stanza, chiusa a chaive dall'interno, dalla moglie. Per ulteriori sviluppi vi terremo aggiornati.-

-Grazie e passiamo a...-

Shinichi spense il televisore con sguardo pensieroso. La via dove era accaduto il misfatto non era troppo distante e visto che non riusciva a concentrarsi sulla fisica... decise d'impulso di andare a dare un'occhiata che l'ispettore Megure non gli avrebbe certo rifiutato, dopotutto lui era Shinichi Kudo, mica uno qualunque. Uscì di casa rallegrato da quella interruzione allo studio quell'insulto alla sua intelligenza che si chiamava fisica e cavò di tasca il cellulare componendo un numero ben noto.

-Pronto?- rispose Ran in tono piatto non avendo visto il numero sul display.

-Ran! Ciao! Come va?-

-Andrebbe meglio se non avessimo così tanto da studiare...- fece la ragazza sorridendo felice per la chiamata dell'amico, ma anche sospirando al pensiero delle ancora venti pagine che la separavano dalla fine dello studio -Immagino che tu abbia già finito...-

-No, sbagliato... a dire il vero stavo per iniziare quando mi è venuto in mente che è da tanto tempo che non mangiamo un gelato assieme, quindi... vieni a prendere un gelato con me?-

-Ma... è novembre! E non dovresti studiare?-

-Naaa, faccio dopo... allora? Sappi che un tipo che ha la fila di ragazze davanti a casa non ti invita certo tutti i giorni, eh...- scherzò il detective ridacchiando con la consapevolezza di infastidirla.

-Guarda che puoi uscire con tutte quelle ragazze insieme, per quello che mi riguarda.- rispose Ran indispettita.

-Allora, scendi o vengo su e ti porto di peso?- disse Shinichi suonando il campanello di casa Mouri.

-Come? Ma se qui?- la karateka si precipitò ad aprire e si trovò di fonte il sorriso furbetto del detective che le fece chiudendo la chiamata -In persona.- Poi prese la giacca della ragazza, gliela buttò sulle spalle e la trascinò giù per le scale.

-Lo vuoi proprio 'sto gelato! Hai le voglie per caso?-

-Spiritosa... prendiamo un taxi!- propose il ragazzo fermandone uno e caricandoci dentro l'amica che era sempre più stranita.

-Ma la gelateria era dietro l'angolo!- protestò Ran mentre il taxi sfrecciava tra le strade affollate su richesta di Shinichi.

-Uh? Gelateria? Ah, sì... ma andiamo in una diversa. Ecco si fermi qui per favore. Grazie. Muoviti, Ran!-

La ragazza scese seccata dalla vettura e si guardò intorno. Effettivamente poco più in là c'era una gelateria, ma non le pareva avesse nulla di speciale; piuttosto notò alcune auto della polizia con i lampeggianti accesi di fronte ad un palazzo vicino circondate da curiosi e giornalisti. Shinichi non pareva nemmeno un po' stupito di questo e si stava dirigendo deciso verso di loro.

-Shinichi!-

-Uh? Dai, Ran, sbrigati!- la rimproverò rallentando il passo per affiancarla.

-Tu! Tu lo sapevi! Lo sapevi che qui c'era un caso da risolvere e mi ci hai trascinato?!- sbraitò Ran contro il ragazzo che solo ora si rendeva forse conto di averle mentito.

-Non saresti mai venuta se te lo avessi detto... non fare quella faccia, dai, sorridi! Sei in televisione!-

il detective le indicò una telecamera che li stava giusto inquadrando e un giornalista che li avvicinava fortunatamente salvandolo dall'ira di Ran che stava montando. Ciò nonostante, mentre si lisciava i capelli per la tv non potè fare a meno di sibilargli nell'orecchio un temibile "dopo facciamo i conti" che per Shinichi significava come minimo un pugno nello stomaco. Il ragazzo tentò di non badare a questa futura promessa di pestaggio e rivolse al giornalista un sorriso imbarazzato.

-Ed ecco arrivare sul luogo del mistero anche colui che viene considerato ormai come la salvezza della polizia giapponese, Shinichi Kudo! E non è solo... si direbbe in dolce compagnia!- annunciò l'uomo soddisfatto per il suo arrivo che di sicuro prometteva un boom di ascolti.

-Salve a tutti!- salutò allegramente Shinichi di fronte alla telecamera.

-Hai già una teoria su questo strano caso?- gli domandò la giornalista con gli occhio che luccicavano per la bramosia di avere uno scoop.

-A dire il vero sto andando ora a dare un occhiata... scusate. Vieni Ran.- il ragazzo si scostò dall'inquadratura e, prendendo la mano di Ran, la guidò fino all'ingresso seguito dai due inviati televisivi che non li perdevano d'occhio. Di fronte alla palazzina un agente che ben conosceva li fece entrare indicandogli il piano e il numero della porta dell'appartamento ove era avvenuto il delitto, separando i due amici dai giornalisti insistenti.

-Passi che tu mi abbia mentito e che non tu non mi abbia lasciato finire di studiare, ma mi spieghi perchè mi hai portato? Non potevi venire da solo?- chiese la ragazza accelerando il passo per le scale che stavano percorrendo l'uno di fianco all'altra.

-Bhè, stavo guardando il telegiornale e ho sentito questa notizia così ho pensato di venire a dare un'occhiata, poi ti sono venuto a prendere perchè mi aiutassi.- spiegò l'altro con semplicità.

-Io? Io non sono brava a fare queste cose.- si stupì la karateka dato che di solito Shinichi Kudo non chiedeva mai aiuto, piuttosto moriva.

-Sì, ma mi ispiri e tu non sai quanto è importante per il mio lavoro la giusta ispirazione per l'intuizione.- rivelò l'altro evitando di guardarla in faccia per poi proseguire sviando il discorso -Anche Watson ha lo stesso ruolo con Holmes, dalle sue consid...-

-Ho capito. Non iniziare con Holmes, per favore. E la prossima volta dimmi la verità! E mi devi un gelato! E anche un risarcimento per il tempo perso!- lo interruppe seccata Ran.

-Non lo chiamerei "perso" il tempo con me. Puoi imparare cose utili e poi ci sono io...- ridacchiò Shinchi tenedole la porta aperta per entrare nell'appartamento indicato.

-Uff, finiscila di fare lo sborone! Buongiorno ispettore!-

-Ran! Shinichi! Che ci fate qui?- domandò Megure voltandosi di scatto al saluto della ragazza. Il detective spiegò brevemente all'uomo cosa li aveva portati lì e si fece spiegare come al suo solito tutti i dettagli pretendendo pure di riinterrogare tutti possibili sospettati e conoscenti della vittima.

-Bhè, Shinichi... non c'è molto da dire. Crediamo che si tratti di suicidio anche se in modo piuttosto insolito.-

-Ci mostri la scena, per favore.- L'ispettore li guidò in una stanza attigua dove vi era ancora il corpo steso a terra coperto da un telo bianco. La camera nella quale si trovavano era una stanza da letto semplicissima con un letto all'occidentale perfettamente fatto dal copriletto ricamato cremisi, un comò e un armadio entrambi in pregiato legno massello italiano scuri e lucidi con le serrature in oro ogniuna con la sua propria chiave luccicante. Il pavimento era immacolato e sui mobili non vi era un traccia di polvere; dalla finestra penetrava la luce del pomeriggio che illuminava lussuose tende damascate color cipria legate ciascuna con il proprio cordone pendente dorato alternate a fini tende di cotone ecrù. Nulla era stato trovato, solo l'uomo morto, a terra, con la faccia sofferente contratta dal dolore e una mano ormai irrigidita dalla fredda morte premuta violentemente contro il ventre.

-Interessante...- borbottò Shinichi osservando la scena. Non c'era nulla che potesse sembrare sospetto e comunque la teoria del suicidio, per quanto abbastanza azzardata, aveva una sua logica se si considerava il fatto che non c'erano altre possibili piste da seguire e che l'unico indizio fosse dato da una tazza di tè sul comò con dei residui di bevanda sul fondo. Doveva essere lì la sostanza che lo aveva ucciso, non essendoci tracce ematiche di nessun tipo. Si guardò intorno e fece cenno a Ran di avvicinarsi -Tu cosa ne pensi?-

-Io? Bhè... trovo che la teoria del suicidio sia un po' avventata... non capisco perchè vogliono classificarlo come tale.- disse la karateka cercando di evitare la visione dell'uomo a terra.

-Davvero? Come mai? Quando il cadavere è stato trovato la stanza era chiusa a chiave dall'interno , nessun segno di effrazione o colluttazione, nessuna traccia ematica o di altro, nessun oggetto che possa far pensare ad una arma... solo quella tazza. Gli agenti ritengono alquanto probabile il suicido anche se la dinamica non è chiarissima. In più da quello che ho capito non hanno il movente.- Shinichi iniziò a spiegare più a sè stesso che all'amica le sue congetture in modo sconclusionato e dubbioso passeggiando per la stanza.

-Io credo che se uno cerca di suicidarsi cerca il modo più rapido e indolore, invece mi sembra che lui stesse soffrendo molto, poverino.- considerò Ran portandosi una mano al mento per pensare facendo ridere Shinichi per il modo in cui lo imitava, mentre questi stava tentando di aprire armadio e comò senza successo.

-Questo armadio non si apre?- chiese retorico scuotendo le ante piuttosto violentemente. La serratura era totalmente perfetta, sembrava che non fosse mai stata usata. Luccicante e di gran pregio, immacolata.

-Forse bisogna chiedere la chiave...- disse la karateka venendogli vicino. Shinichi si spostò verso il comò; lì vi erano un paio di scatole portagioie di raso con ricami in oro e argento finemente lavorati e la tazza da tè in ceramica grezza con sopra disegnato una nota musicale. Il liceale passò ad esaminare la tazza e il suo contenuto. Qualche goccia di pregiato tè verde, come si poteva intuire dal profumo, e nient'altro. "Dalla mia conoscenza in materia direi che si tratta di arsenico. È incolore, inodore e brucia l'intestino. Tutto filerebbe liscio, ma allora significa che l'ipotesi del suicidio può anche non reggere può essere stata la moglie che gli ha portato la tazza con il veleno..." Shinichi aveva la fronte corrugata per il pensiero e iniziò a consultarsi con l'amica che si stava guardando attorno tra l'annoiato e l'impaurito.

-Uhm, noti qualcosa di strano, mia cara Watson?- domandò dubbioso il detective facendo sospirare l'altra a quell'appellativo.

-Cosa dovrei vedere? È un comò con due scatole chiuse sopra... e una tazza.-

-Appunto. Troppo ordine. Non va... il letto non è nemmeno disfatto. Forse hai ragione. Non convince nemmeno me il suicidio...-

-Cosa odono le mie orecchie! Shinichi Kudo che mi dà ragione??? Ma vuoi fare venire il diluvio universale?- lo schernì la ragazza interrompendolo nel ragionamento.

Shinichi ribatte -Non sono così parco di complimenti, dai. Comunque potrebbe trattarsi di arsenico nella tazza.-

-No, mi spiace Shinichi. Abbiamo già verificato. È comunissimo tè verde.- intervenne Megure sentendo le elucubrazioni dei due, poi passo a presentare la padrona di casa, la signora Tomi Shimizu, consorte del defunto.

-Signora Tomi Shimizu...- iniziò l'ispettore -avrei piacere di presentarle il nostro...-

-Detective Kudo! Meno male che c'è!- esclamò la donna come rassicurata. Shinichi la guardo stranito per la sua reazione eccessiva, ma la saluto comunque cordialmente.

-Oh, meno male! Questi incapaci non sanno fare nulla!- continuò la padrona di casa afferrando il ragazzo per un braccio. La donna era piuttosto alta, sulla quarantina, come il marito, e molto eccentrica nei modi di fare e nel vestire; portava una ricercata acconciatura cotonata intonata ad un tailleur rosa shocking e sull'attaccapanni in ingresso si potevano notare un cappotto verde smeraldo e una borsa intonata al vestito. Il tutto corredato di ricchi gioielli tutt'altro che d'acciaio e da lunghe unghie finte molto elaborate.

-Sono qui da più di mezz'ora e tutto quello che sono riusciti a fare è stato mettermi a soqquadro la casa e rovistare nella vita del mio povero marito! Come se potessero essere stati i suoi amici! Oh, giovanotto! Meno male che ci sei tu! La salvezza del Giappone!-

Shinichi tentò di liberarsi dalla presa della donna e ridacchiando con falsa modestia. "La sua reazione è alquanto strana... e poi a parte il fatto che il signor Shimizu era un attore famoso quindi abbastanza ricco, lei si concia in un modo assurdo." pensò il detective, mentre l'altra si allontanava da lui e strillava contro l'agente Takagi che questo o quello tizio erano insospettabili e per quale motivo. "Suo marito è appena stato trovato morto in camera da letto e lei si preoccupa che gli si metta in disordine la casa... o che i suoi amici possano essere sospettati... tutto si fa sempre più strano."

-Non è molto gentile con gli agenti...- commentò Ran, ma vedendo che l'amico era distratto lo scosse per la manica della giacca -Shinichi? Allora?-

-Uh? Bhè... ecco... Ran! Tu cosa faresti?- chiese il ragazzo d'un tratto.

-Cosa? In che senso?-

-Bhè, se ti trovassi nella sua situazione. Che tuo marito sia morto.- ammiccò verso la signora Shimizu che ora stava sbraitando contro l'agente Sato di non toccare la sua roba.

-Ah, io... non so, non ci ho mai pensato a dire il vero...- rispose la ragazza leggermente in imbarazzo.

-Immagina che sia io. Che io sia morto. Che faresti?- insistette ancora Shinichi che voleva sentire la risposta.

-Non è carino da pensare!-

-Rispondimi, cavolo! Non te ne fregherebbe niente?- domandò leggermente alterato per la perdita di tempo.

-Io... ecco... piangerei. Sarei distrutta dal dolore. Non vorrei vedere nessuno, vorrei solo piangere.- rivelò scura in volto la ragazza; quel pensiero l'aveva intristita molto, troppo in realtà, tanto che un paio di lacrime le si stavano iniziando a formare sugli occhi.

-No, Ran... non piangere... scherzavo! Mi hai dato un grande aiuto, sai? Eh? Non mi chiedi perchè? Eh?- farfugliò Shinichi nel tentavo di consolarla.

-Ah ah ah! Ci sei cascato!- rise Ran fingendo uno scherzo e spiazzando l'altro -Comunque, allora? Perchè?-

-Eh? Ah, già... tu sei una donna e la tua reazione dovrebbe essere simile a quella di tutte le altre, ma quella signora non si comporta dovrebbe quindi...-

-Sospetti di lei? Guarda che ogniuno reagisce a modo suo al dolore... magari sta solo aspettando che se ne vadano tutti per scoppiare in lacrime. Non ci hai pensato?- considerò Ran guardandola diventare rossa nelle guance imbellettate nel parlare irata a un'agente.

-Umm... mi sa che sarà meglio interrogarla. Da soli. La polizia la infastidisce a quanto vedo.- così dicendo andò verso la signora.

-Mi scusi, signora. Vorrei porgerle qualche domanda se non le dispiace.- domandò con gentilezza. Shinichi si aspettava di sicuro una risposta positiva, ma invece ebbe un violento ceffone sulla faccia correlato di anelli e quant'altro.

-Razza di maleducato! Mi hanno già fatto milioni di domande questi qua! Hanno deciso che è un suicidio e allora lo è!- la donna era fuori di sè e lasciò il detective scioccato con una manata rossa sulla guancia destra dolorante e pulsante. Fortunatamente Ran andò in soccorso del ragazzo e con grande abilità cercò di calmare la signora.

-Signora Shimizu, sono davvero addolorata per la morte di suo marito. Mi permetta di presentarmi, cosa che il mio maleducatissimo amico non ha ancora provveduto a fare. Sono Ran Mouri.- la donna parve tranquillizzarsi dalla cordialità usatale e sorrise rasserenata invitando la ragazza a prendere un tè con lei mentre gli altri finivano le ultime indagini.

Le due quindi andarono nella sala principale della casa, lasciando agli investigatori campo libero.

-Oh, Ran è stata geniale!- esclamò Sato mettendo una mano sulla spalla di Shinichi.

-Già.- concordò Takagi -Senza quella vipera di sicuro potremo lavorare meglio e scommetto che riuscirà a cavar fuori da quell'isterica più lei in pochi minuti che noi in un anno.-

Shinichi sorrise fiero della sua amica e iniziò a lavorare con il suo solito metodo.

-Allora, Sato, mi puoi raccontare almeno tu cosa è successo di preciso?-

-Ti accontento subito, Shinichi. Allora, la signora Shimizu era fuori per lavoro ed era appena rientrata. Voleva entrare nella stanza per cambiarsi, ma l'ha trovata chiusa a chiave dall'interno. Ha inizialmente pensato che suo marito stesse studiando una nuova parte, dato che aveva l'abitudine di chiudersi in camera quando lo faceva, quindi ha preferito non disturbarlo ed è andata al bar qui vicino. Ci sono dei testimoni che possono confermarlo. Dopodichè è tornata su di nuovo, ma si è stupita del fatto che il marito non rispondesse così ci ha chiamati.- spiegò l'agente con fare spigliato.

-Uhm, non mi convince molto... il marito non ha risposto neanche la prima volta, avrebbe potuto pensare che stesse dormendo.-

-No, ha detto di aver sentito prima il marito recitare quindi se ne è andata.- disse Takagi sfogliando il suo taccuino con tutti gli appunti sul caso.

-Ciò non toglie il fatto che qui non c'è neanche l'ombra di uno spartito.- il detective liceale dubbioso si guardò attorno nella stanza per vedere se c'era qualcosa che gli era sfuggito, ma non trovava nulla di rilevante a parte il fatto che fosse tutto troppo perfetto.

-Chiedo scusa ispettore, quelle ante non si aprono?- domandò Shinichi ammicando verso l'armadio mentre intanto si dirigeva alla finestra per esaminarla.

-La signora ha perso la chiave e sono di grande valore quindi...-

-Ho capito, ho capito...- "Strano, degli armadi così preziosi senza chiave... e poi dove tengono i vestiti allora? Quella donna non mi convince affatto. Ma non ho nulla contro di lei. Se solo trovassi le chiavi..." Il ragazzo era affacciato sul davanzale della finestra illuminata dal sole che ormai stava iniziando il suo lento declinio, quando scorse luccicare a terra un oggetto che gli fece brillare gli occhi. La prima prova concreta di quello strano caso. Soddisfatto Shinichi rimise la testa dentro e chiuse le imposte sorridendo nel suo modo sbiego come faceva sempre quando aveva capito i fatti. Stava mettendo a punto gli ultimi dettagli quando una gioviale voce femminile lo chiamò.

-Ah, Shinichi! Vieni con noi! Sei sempre così indaffarato che devi prenderti una pausa. Siedi. La signora Shimizu è stata così gentile da preparare il tè anche per te. E ti chiede pure scusa per prima. Era così scossa che non era in sè.- Ran si alzò ammiccando e lo trascinò seduto attorno al tavolino imbandito di pasticcini e tè aromatizzato fumante.

-Sì, mi spiace tantissimo. Sono davvero imbarazzata per l'accaduto. Ti prego di accettarele mie scuse più sentite.- la signora Shimizu abbassò la testa come in un inchino fino a che Shinichi non le disse che era tutto apposto, poi Ran proseguì con fare civettuolo.

-Pensa, si stava dicendo che la signora Shimizu è insegnate di fisica all'università. E che il marito era, invece, insegnante di recitazione e grande attore. Magari conosceva tua madre!-

-Eh, eh, già.- fece il detective invitandola a proseguire. Ran era stata davvero brava a mettere a suo agio la donna per farsi raccontare le cose in modo naturale.

-Dicevo che mio marito era sempre stato molto allegro, ma da quando sua madre è morta non è più stato lo stesso. Era sempre più depresso e si rintanava nella stanza chiudendola a chiave dall'interno.

Pensavo recitasse e invece stava preparando il suo suicidio! Senza pensare nemmeno a me per giunta!- raccontò la signora scaldandosi.

-Che storia triste...- fece la karateka abbassando lo sguardo con fare empatico. Il detective stava per aprire bocca per fare una domanda, ma la ragazza fece finta di far cadere pasticcino e colse il momento in cui lo riprendeva mortificata per dire in un lieve sussurro -Vedi di non fare domande idiote! Devi fare come se ti interessasse la sua vita, non il marito!-

Shinichi annuì impercettibilmente e formulò in modo differente la sua domanda -Sono addolorato. Comunque, sono veramente curioso di sapere dove ha comprato quel bel completo che indossa. Ne volevo regalare uno così a mia madre per il suo compleanno.-

-Oh, caro. Bravo lascia lavorare i grandi! Questo straccetto non è nemmeno il più bello, quello azzurro è fantastico.-

-Mi piacerebbe vederlo.- fece Ran reggendogli il gioco.

-Ora è in lavanderia. Ma è meraviglioso.-

-Non ho dubbi.- rispose Shinchi soddisfatto dell'informazione ottenuta -Scusate, mi è venuta in mente una cosa.-

 

Il liceale fece la sua comparsa sulla soglia della stanza dove gli agenti stavano indagando.

-Cosa state facendo?- chiese rivolto a Takagi.

-Stiamo chiamando i possibili sospetti, ma tutti hanno dei buoni alibi per ora.-

-Lasciate perdere, è inutile.- ordinò Shinichi.

-Hai capito cosa è successo?- domandò Megure dubbioso.

-Più o meno. Devo solo verificare una cosa.- il detective si avvicinò al cadavere e scoprì l'addome del morto dove vi erano delle piccole echimosi, avvicinando il polso con l'orologio e ritraendolo subito in velocità. Ridacchiò dandosi dell'ingenuo da solo e si voltò verso i tre agenti che lo fissavano aspettando.

-Perdonate, ora saprete tutto. Si tratta di un trucco talmente semplice... ma andiamo con ordine. Per favore, Takagi, vai giù nella strada che si vede sotto la finestra e raccogli l'oggetto che trovi vicino alla lattina di Coca-Cola e dì alla scientifica di lasciare il cadavere qui un altro po' non ci vorra molto. Ora...- si bloccò d'un tratto e corse verso la sala dove le due donne stavano ancora chiaccherando.

-Shinichi cosa c'è?- chiese stupita la ragazza vedendo l'amico precipitarsi da lei.

-Dovete venire di là.- le informò trascinando Ran nell'altra stanza.

-Ma perchè, scusa?

-Ho capito dopo attenta riflessione il trucco usato dall'assassino per fare credere a tutti che si trattasse di un suicidio.- spiegò Shinichi chiudendo la porta della camera dietro di sè.

-Bene ora che ci siamo tutti possiamo iniziare. Innanzitutto ho chiesto alla scientifica di non portare via il corpo per uno scopo ben preciso: rivelare il colpevole. Possiamo partire dal presupposto che era un piano architettato nei minimi dettagli. Notiamo- si avvicinò all'uomo indicando le echimosi sull'addome -che si sono delle lesioni interne che sembrano provocate da un veleno di cui però non è stata trovata traccia. Passiamo ora a vedere cosa c'è nel misterioso armadio chiuso di cui è stata persa la chiave. Io l'ho trovata, quindi Takagi ti spiace aprirlo?-

L'agente obbedì e non appena le ante si apriron, oltre che a un sacco di vestiti raffinati, caddero fuori alcuni oggettini metallici appuntiti non più grandi di un unghia di un mignolino.

-Ecco qui l'arma del delitto. Magneti appuntiti con cariche opposte. Sono stati fatti ingerire alla vittima a distanza di un'ora al massimo in modo che i primi, tutti della stessa carica, fossero già nell'intestino quando si sono aggiunti quelli di carica opposta. Durante la digestione i magneti si sono attratti per i poli opposti e così facendo gli hanno lacerato le viscere provocando delle lesioni interne così gravi da far morire l'uomo, ma facendoci credere che si trattasse di arsenico. Un piano ben congeniato non c'è dubbio. Bisognava avere grandi conoscenze di fisica e medicina e dalle lauree che vedo appese nel salotto non posso fare a meno di chiedermi... non è andata forse così signora Tomi Shimizu?- concluse Shinichi teatralmente puntando l'indice contro la donna.

-Ma cosa dici? Io non posso essere stata ero via! Mi hanno vista in molti!- obbiettò la signora che stava iniziando a sentirsi sotto pressione.

-Già, ma per far morire un uomo di lesioni interne occorre tempo. Questo suo piano l'ha messo in atto stamane. Quando l'uomo ha in iniziato a sentirsi male, lo ha chiuso nell'armadio aspettando che morisse anche per asfissia come testimoniano i vestiti caduti dalle gruccie. Nel frattempo ha fatto in modo che nella stanza non rimanesse nessuna traccia, tranne appositamente quella tazza da tè che doveva servire per depistare le indagini. Un tentativo alquanto scarso perchè non aveva dell'arsenico a disposizione. Poi lo ha tirato fuori e steso sul pavimento lasciando che la morte lo avvolgesse definitivamente. È uscita per procurasi un alibi per l'ora effettiva del decesso e ha fatto finta di trovare il marito morto. Recita mal riuscita perchè è stata troppo fredda e scostante nella reazione. E prima che obbietti qualcosa, la prova schiacciante sta nei magneti nell'armadio, messi lì se qualcosa fosse andato storto e o ne fossero occorsi di più. Questi sono apparteneti al laboratorio dove lavora come si vede dall'incisione sul retro e vi saranno di sicuro le sue impronte digitali.- concluse il detective con lo sguardo fisso sulla colpevole che iniziava a vacillare.

-Io odiavo quel verme! Preferiva il suo lavoro a me, ma ha avuto il coraggio di farmi una paternale quando mi ha trovato con l'amante... io lo odiavo! Lui che con le sue attricette aveva un sacco di relazioni! Non potevo sopportare tanta ipocrisia e l'ho tolto di mezzo! Nessuno lo rimpiangerà mai.- rivelò la donna con occhi assassini freddi senza una lacrima. L'agente Sato le si avvicinò per metterle le manette e portarla alla centrale, mentre gli altri si complimentavano con Shinichi per la sua deduzione veramente arguta.

-Come hai fatto a capire dei magneti?- chiese Ran curiosa.

-L'ho capito mentre pensavo al capitolo di fisica che devo studiare...- spiegò il ragazzo salutando i poliziotti uscendo dalla palazzina assaltata dai giornalisti.

I due persero tempo fino a sera tra interviste e deposizioni e tornarono sfiniti alle proprie case.

-Mi devi un gelato, Holmes...- fece Ran per salutarlo.

-Solo uno?-

-Riconosci che ti sono stata utile?- chiese stupita la karateka.

-Ti ho già detto che mi ispiri... ciao a domani!- il ragazzo corse via dopo averla lasciata sulla soglia di casa. "Ora una notte di studio non me la leva nessuno... uff!"

 

Il giorno dopo a scuola, tutti parlavano del caso risolto dal detective liceale, professori compresi.

-Kudo, vedo che ha risolto brillantemente un altro caso...- constatò la professoressa di fisica con la prima pagina del giornale davanti agli occhi.

-Eh, già prof.- iniziò Shinichi strofinadosi le unghie sulla giacca -Ordinaria amministrazione.-

-Sarà... vedo che c'era anche Mouri con lei...-

-Sì, mi ha dato una mano... più che altro ha guardato...-

-Ma che...! Ho solo guardato??? Ma se per poco quella donna non ti prendeva a sberle se non c'ero io!- protestò Ran facendo ridere l'intera classe e arrossire il ragazzo.

-Via, via... ora il compito.- la prof passò per la classe distribuendo fogli a destra e a manca, guadagnadosi occhiate sdegante dagli studenti -Piuttosto spero che abbiate studiato, invece che giocare tutto il giorno...-

"Ecco ti pareva. Nessuno mai riconosce che ho lavorato!" pensò Shinichi melodrammatico.


Angolo autrice.
Eccomi con una nuova mini-indagine di shinxran...
L'idea mi è venuta... non so come mi è venuta... credo in un momento di profondo squilibrio mentale...xD
chi mai andrebbe ad uccidere gente con dei magneti...
Spero vi piaccia! 
E
ringrazio tutti coloro che recensiscono o anche solo leggono!
Siete fantastici!
per la prossima credo che sia d'obbligo la presenza del
filo da pesca il nostro eroe xD
Grazie ancora!
=)

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Capitolo 4
*** Puzzle ***


Puzzle

 

-Io adoro Haibara! La adoro sul serio!- Shinichi stava passeggiando beato per le strade di Beika, nonostante fosse quasi mezzanotte. Sarebbe potuto tornare subito a casa dopo essere stato dal dottor Agasa, ma era talmente felice di aver riavuto il suo vero corpo, più che altro della dimensione giusta, che aveva allungato la strada prima di recarsi nella sua villa. Fortunatamente il signor Subaru era via per lavoro e quindi l'aveva tutta per sé. Ancora stava ringraziando ad alta voce come uno scemo per strada la giovane scienziata che, anche senza formula completa dell'APTX, era riuscita a realizzare un antidoto che durava per ben quarantotto ore, due giorni nei quali avrebbe fatto finta di non essersene mai andato e sarebbe potuto tornare a scuola. Raggiante di gioia sarebbe voluto correre subito da Ran, ma aveva promesso ad Ai tre cose che non doveva assolutamente fare se no non sarebbe mai più tornato della giusta statura. Il detective rivide mentalmente la scena.

-Allora, Kudo. Questo dovrebbe durare per due giorni interi e forse qualche ora in più. Vediamo che succede... se il tuo corpo reagisce bene dovrei aver capito come realizzare l'antidoto anche senza formula, ma non ti fidare troppo... ho rotto uno specchio stamattina.-

-Non credevo fossi superstiziosa.-

-Zitto e ingoia!-

Poco dopo...

-Meraviglioso! Sono di nuovo io!-

-Non abituartici troppo... e soprattutto devi promettermi tre cose o non ti faccio uscire di casa!-

-D-dove h-hai trovato quella p-pistola?-

-In giro. Ora, primo: non devi e dico per nessun motivo al mondo esporti come fai al solito. Potesse cadere il cielo, Shinichi Kudo non muoverà un dito e non apparirà su nessun giornale cartaceo e non. Chiaro?-

-S-sì-

-Secondo: non devi assolutamente fare nulla che non rientri nell'ambito scolastico. Niente casi!-

-O-ok.-

-E terzo: so che è impossibile chiederti di tenerti distante dalla tua principessa, quindi almeno ti chiedo questo... NON andare subito da lei! Conan non può sparire e tu riapparire in cinque minuti. Sono stata sufficientemente chiara e persuasiva?-

-C-certo. Posso andare ora?-

-Fila! E se non fai come ho detto, ho idea che Shinichi Kudo non tornerà mai più!-

“Che caratterino...” Shinichi capitò proprio davanti a casa sua destandosi e notò il cancello e la porta aperti, ma tutte le luci spente.

“Che succede qui?” Il detective entrò lentamente nella sua dimora, agguantando un ombrello all'ingresso come arma improvvisata temendo il peggio. Avanzò per le stanze e i corridoi deserti illuminati solo dalla pallida luce della luna; sembrava che nulla fosse fuori posto eccetto per la biblioteca con la luce accesa. Il ragazzo aprì lentamente la porta guardandosi attorno circospetto, ma vide solo Ran avvolta dalla luce soffusa dell'abat-jour addormentata sulla poltrona. Mise giù l'ombrello, stupito di vederla lì, e si avvicinò scuotendo leggermente la spalla della ragazza.

-Uh? Ancora cinque minuti...- mormorò la karateka scacciando con mano lieve il tocco del detective ad occhi semi chiusi.

-Raaan... Raaan...- la chiamò di nuovo l'altro.

-Shin... Shinichi... Shinichi!- esclamò la ragazza trovandosi di fronte i suoi occhi blu.

-Ben svegliata, bella addormentata.- rise Shinichi in tutta risposta -Come andiamo?-

-Razza di... DEFICIENTE! Sparisci per mesi e mi chiedi “come andiamo” ?!- la karateka saltò su dalla sedia e avanzò minacciosa mentre l'altro arretrava impaurito. Non c'era nulla di peggio di una Ran infuriata.

-Ehm... piuttosto che ci fai a casa mia?- il detective tentò di sviare il discorso per salvarsi e ci riuscì, fortunatamente.

-Ecco... mi... mancavi. Tanto. Così ho... ho pensato che se fossi venuta qui mi saresti mancato di meno.- spiegò Ran impacciata.

-Uhm, direi che non è che mi vada a genio che tu vada in giro di sera da sola e che entri in casa mia senza permesso, ma “mi casa es tu casa”. Comunque anche tu mi sei mancata.- detto questo Shinichi la abbracciò forte come se non volesse più lasciarla andare, come se quell'attimo fosse destinato a non finire mai; un abbraccio di due anime che si cercavano, così vicine, ma anche così lontane. Inspirò a fondo il suo profumo, giocando con le punte dei suoi lunghi capelli dietro la schiena, mentre lei gli sfiorava il collo con le dita. Si sciolsero troppo presto per guardarsi negli occhi leggermente accaldati.

-Quanto resti? Fino a domani?- chiese già delusa la ragazza.

-Ti stupirò. Fino a dopodomani.-

-Cosa?! Davvero?! Allora... che bello! Un giorno in più!- sorrise euforica Ran di quella rivelazione.

Shinichi rise contento e la riaccompagnò a casa nonostante le sue proteste di non volere lasciarlo, promettendole di andare a scuola con lei l'indomani. Una delle promesse fatte ad Ai era già sfumata, ma almeno non era proprio colpa sua.

Il giorno successivo, il detective fu svegliato dal lungo trillo del campanello che gli indicava che la ragazza che aveva sognato quella notte era arrivata alla sua soglia. Si vesti in un lampo e si precipitò alla porta spettinato, con la camicia abbottonata alla bel e meglio e i calzini spaiati.

-Ehm, Shinichi... stavi ancora dormendo?- chiese Ran trattenendo una risata.

-Cosa te lo fa pensare?- sorrise il ragazzo imbarazzato buttando l'occhio sui suoi vestiti.

-Tranquillo... abbiamo tempo sono venuta un po' prima apposta, dormiglione!-

-Cosa farei senza di te!-

-Sei sempre senza di me...- disse la ragazza con gli occhi bassi.

-Per questo sono tornato, perché senza di te non so cosa fare.- Non era proprio vero che era tornato perché dopotutto era sempre stato lì, ma per il resto era vero. La karateka sorrise e spronò l'altro a muoversi. Poco dopo a scuola, vi fu il grande ritorno del detective accolto da amici e ammiratrici.

-Eeeh! Il detective Kudo! Ma da quanto tempo! Vedo che non hai sprecato tempo con tua moglie...- salutò Sonoko ammiccando verso i due.

-Suzuki...eri la prima che volevo vedere.- Shinichi rispose in tono sarcastico con uno sbuffo, al ché l'ereditiera si guardò attorno circospetta e disse perfida -Strano... non è ancora morto nessuno.-

Per poco il ragazzo non le saltava al collo, ma per fortuna Ran intervenne come paciere e li condusse in classe. Dopo le noiosissime lezioni durante le quali Shinichi era stato costretto a sostenere ben tre interrogazioni con risultati non esattamente eccelsi per ovvi motivi, finalmente gli studenti poterono uscire nel cortile per rilassarsi e mangiare un piccolo snack a metà mattina. Il detective e la ragazza si sedettero al loro solito posto per parlare e gustare la loro pausa dalla noia della scuola.

-Potevi studiare almeno qualcosina prima di venire, mister so-tutto-io.- iniziò Ran in tono allegro.

-Naaa, non sono andato poi così male...- fece Shinichi incrociando le braccia.

-Hai preso due sufficienze tirate e una quasi-sufficienza. Non sei andato malissimo, no, l'anno scorso avevi solo una media altissima...- ironizzò la karateka.

-Però qualcosa sapevo e senza aver aperto il libro.- obbiettò scherzosamente il ragazzo.

-Non tutto, mister io-sono-meglio-dei-comuni-mortali.-

Stavano ridacchiando come se nulla fosse cambiato quando sentirono un urlo terrorizzato. Shinichi non perse tempo e corse a vedere cosa era accaduto seguito da Ran; ciò che videro appena giunti sul posto li lasciò scioccati e interdetti per qualche secondo, mentre attorno già si stava radunando una grande folla di studenti e docenti. Alcuni urlavano, altri si voltavano disgustati e altri ancora scappavano. Indicato dalla mano tremante di una ragazza sbiancata dal terrore , vi era in mezzo all'erba un avambraccio ancora sanguinolento; il raccapricciante spettacolo aveva scosso tutti quanti, detective compreso, diffondendo panico. D'un tratto, ridestato dal grido di Ran e dalle sue lacrime sulla sua camicia, Shinichi ordinò in tono perentorio a tutti di tornare al proprio posto e fece chiamare la polizia che giunse poco dopo.

-Shinichi, sei tornato a scuola?- chiese l'agente Sato in segno di saluto, ma il ragazzo non la badò e passò a spiegare subito il caso. Era la prima volta anche per lui; una cosa così cruenta non gli era mai capitata ed era scosso anche se non voleva darlo a vedere per via di Ran che ancora piangeva tra le sue braccia.

-Ran, per favore, calmati...-

-Calmarmi?! È un pezzo di... di... mi viene da vomitare!- la karateka si strinse ancora di più al petto del ragazzo trattenendo un conato.

-Ora, cerca di respirare. Brava, così. Rilassati. Ti va di aiutarmi?- propose Shinichi una volta che l'altra si fu calmata. Lei lo guardò dubbiosa e lo abbracciò ancora più stretto muovendo la testa in segno affermativo. La disgustava rimanere ancora in compagnia di quell'arto tranciato, ma non voleva rinunciare assolutamente a Shinichi che, anche se non lo dava a vedere, era piuttosto turbato.

-Eccellente. Muoviamoci, i casi non si risolvono da soli...- e detto questo la trascinò verso la polizia scientifica che stava facendo i rilevamenti sul posto.

-Buongiorno agenti, avete qualche novità?- chiese il ragazzo come se fosse la cosa più naturale del mondo.

-Ah, il giovane detective Kudo. Qual buon vento! Ragazzo, mi sa che questo caso ti conviene lasciarlo agli esperti. Fidati.- gli rispose uno della scientifica che stava esaminando il braccio ritrovato.

-Fa lo stesso. Allora, cosa abbiamo? Le dico ciò che so già. So che appartiene ad uomo piuttosto giovane e ho notato dei residui sotto le unghie, se siamo fortunati sono ematici o di pelle così risaliamo al colpevole, poi so anche che il luogo dove fino a poco tempo fa, circa un paio d'ore, tre al massimo, era tenuto il braccio era piuttosto umido dato che la pelle è bagnata e il sangue non è ancora coagulato del tutto e che si tratta di un taglio netto e preciso, nulla di feroce. Erro?-

L'agente lo guardò stupito sbattendo le palpebre meravigliato e ciò rese soddisfatto il detective che si soffiò sulle unghie con falsa modestia. Ridestatosi l'uomo si mise a ridere -Bhè, sai già tutto quello che so io... Non credo che ti possa essere di aiuto.-

-Grazie lo stesso, mi può dire i risultati delle analisi poi?- domandò Shinichi cordiale.

-Va bene, ciao.-

-Arrivederci!- salutarono in coro i due giovani mentre l'altro si allontanava con la valigetta metallica in mano. Il liceale rimase con uno sguardo pensoso a guardarsi intorno esaminando i possibili modi con i quali quell'arto avrebbe potuto finire proprio lì in un luogo così visibile; non era stato certo un modo per nasconderlo, chiunque fosse stato voleva che si trovasse.

-Shinichi?- lo chiamò Ran scuotendolo preoccupata per il suo sguardo.

-Uh? Dimmi...-

-La polizia se ne è andata, torniamo dentro?- propose la ragazza guardando il volto del ragazzo corrugato dal pensiero.

-Sì, va bene. Tanto tra un po' è ora di pranzo...-

Le due ore successive passarono rapide tra lo sforzo deduttivo di Shinichi e il tentativo di aiutarlo di Ran tramite sussurri o bigliettini che per poco i professori non intercettavano guadagnandosi alcune eloquenti occhiate da parte di Sonoko. Quando fu ora del pranzo, uscirono nel cortile e si misero al tavolo aprendo i loro cestini, anche se nessuno ne aveva troppa voglia dato lo spettacolo di prima. Avevano mangiato appena il primo boccone quando un nuovo urlo, stavolta maschile, ruppe la tranquillità. Il detective corse subito seguito dagli amici che stavano pranzando con lui e arrivò appena in tempo per vedere un ragazzo smilzo tenere tremante tra le mani una scatola di plastica per il pranzo con dentro dieci dita di piedi tagliate da poco. Grida di terrore si levarono da ogni angolo facendo rabbrividire chiunque le sentisse. Ran si tuffò nuovamente tra le braccia del ragazzo in lacrime, bianca in volto e tanti altri la imitarono stringendosi tra di loro sconvolti.

-Tu!- disse Shinichi perentorio allo studente tremante -Come ti chiami?-

-Yo...zo... Yozo.-

-Sei di prima, vero?-

L'altro annuì scosso.

-Dove hai lasciato lo zaino prima di venire a pranzare?- chiese il detective sempre con durezza.

-In classe. Ah, però poi l'ho lasciato sul tavolo per andare a prendere dell'acqua.-

-Quanto sei stato via?-

-Circa cinque minuti.-

-Chi c'era con te?-

-Lei...- indicò una ragazza al suo fianco pallida per lo shock -...e lui- accennando all'altro occupante del tavolo.

-Quindi qui non è rimasto nessuno?-

-No-

-Qualcuno di voi altri a visto se c'era qualcuno che si avvicinava qui? Qualcuno di particolare?- chiese Shinichi alzando il tono di voce. Un brusio si levò tra la gente, ma nessuno si fece avanti.

-Molto bene.- concluse il ragazzo prendendo la scatola dalle mani del poveretto e andandosene scuro in volto seguito dai suoi amici che mormoravano tra di loro.

-Sonoko!- chiamò poco dopo senza fermarsi -Chiama la polizia... subito!-

L'ereditiera obbedì senza fiatare e in poco tempo gli agenti furono di nuovo sul posto. Questa volta Shinichi si rivolse subito verso l'ispettore e gli porse la scatola disgustandolo.

-Mio Dio! Abbiamo a che fare con un pazzo!- commentarono i poliziotti a quella vista raccapricciante. Il detective liceale, intanto, si era allontanato stranamente dagli agenti e stava osservando crucciato la folla di studenti e professori che bazzicava tra cortile e interno nel tentativo di riprendere le normali attività. Anche i suoi compagni erano stati rispediti dentro, ma lui aveva rifiutato categoricamente di abbandonare le indagini e Ran si era imposta per restare lì nonostante fosse sul punto di svenire. La polizia si era radunata su un tavolo all'esterno per discutere, ma Shinichi stava ancora solo e pensoso, tanto che non si accorse che la karateka gli si era avvicinata.

-Sei preoccupato?- gli chiese in tono gentile.

-Chi? Io? Non...-

-Non dire di no. Conosco quell'espressione. Sei triste... non sai cosa fare?- ora era lei a dedurre le cose e lui doveva risponderle in sincerità.

-Ecco, io... no. Non so cosa fare.- ammise puntando lo sguardo a terra.

-Lo Shinichi Kudo che conoscevo io non lo avrebbe mai detto.- Ran gli prese le mani imponendogli di guardarla in faccia.

-Non so se conoscevi quello vero...- la guardò con occhi addolorati.

-Conoscevo Shinichi Kudo e basta. Quello che sapeva sempre cosa fare, l'unico che riusciva a battere suo padre in deduzioni, l'erede di Sherlock Holmes. Quello eri tu, questo sei tu. E io so che sai cosa fare.- Le parole incoraggianti della ragazza gli diedero nuova forza e lo fecero sorridere.

-Bene! Allora, Watson, abbiamo già perso troppo tempo! Vediamo di concludere questo caso particolare. Sono riuscito a fare un paio di considerazioni prima che arrivassero quegli incompetenti della polizia a rovinarci la piazza, ma prima... mi dica, Watson, cosa farebbe come prima cosa?-

-Ah ah ah! Sei sempre il solito... Allora, intanto cercherei di scoprire a chi appartengono le... ehm... cose trovate.- rispose Ran divertita e sorridente finalmente.

-Eccellente! Poi?-

-Poi proverei a capire chi può avercela con lui a tal punto.-

-Fantastico! Ora so cosa non devo fare.- disse Shinichi soddisfatto.

-Come?!- ribatté offesa la ragazza incrociando le braccia.

-Ran, non hai capito. Ciò che vuoi fare tu è ciò che farebbero tutti compresi quelli della polizia, ma se fosse così elementare il caso sarebbe già risolto. Quindi partiremo invece al contrario, ossia dal colpevole. Tu che immagine ti fai?- il detective era partito in quarta grazie alla fiducia di Ran e sentiva di poter spaccare il mondo con una sola mano.

-Ecco, vediamo... un uomo sulla cinquantina...- la ragazza tirò a caso, facendo ridere l'altro per la sua ingenuità.

-Mia cara Ran, è errato al massimo, ma se questa domanda la fai a chiunque sono certo che ti risponderà così. Se ci pensi bene, i possibili sospettati sono gli studenti, maschi in particolare. E prima che tu me lo chieda te lo spiego. Innanzitutto sappiamo che la vittima è un ragazzo e dal braccio possiamo dedurre che fosse piuttosto alto e muscoloso, quindi non essendoci ragazze in grado di bloccare un tipo del genere senza arrivare al contatto fisico, il campo si riduce ai maschi. Ed escluderei pure insegnati e bidelli perché sarebbero stati troppo facili da notare se si fossero avvicinati allo zaino di quel ragazzo. Ho escluso il contatto fisico perché non c'erano escoriazioni sul braccio e i residui sotto le unghie erano, ora che ci penso meglio, legno marcio. La vittima è nascosta in un posto in legno, umido perciò marcito ed è ancora viva.- concluse il ragazzo serio.

-Dici che è ancora vivo?- chiese speranzosa la karateka.

-Non avrebbe motivo di non esserlo. Il colpevole, chiamiamolo pure S.I...-

-S.I.?-

-Soggetto ignoto. Comunque, vuole di sicuro qualcosa perciò sta seminando parti del corpo della vittima in giro, altrimenti tanto varrebbe far trovare il corpo direttamente. Vuole che si soffra, forse tanto quanto ha sofferto lui.- spiegò Shinichi.

Ran lo guardò di sbieco e, lasciando cadere il discorso, gli prese una mano dicendogli -La scuola è finita ormai, andiamo a casa.- L'altro annuì e si avviarono per tornare alle loro dimore. Durante il tragitto rimasero in silenzio l'uno di fianco all'altra per un po', fino a quando Shinichi non ruppe il silenzio e si misero a parlare come se nulla fosse. Arrivati a casa Mouri, il ragazzo chiese tra il dubbioso e il divertito -Tuo padre sarebbe felice di vedermi?-

-Perché me lo chiedi?- fece lei guardandolo stranita.

-No, così... perché magari salivo a fare un salto.-

-Davvero?! Sali, dai!-

-No, no, se c'è Kogoro io...-

-Non fare il timido dai!-

Una volta in casa trovarono il “detective dormiente” dormiente per l'appunto con a lato numerose lattine di birra, al ché Ran scosse la testa sconsolata e trascinò Shinichi nella sua stanza dove fino a tardi lasciando perdere quel caso raccapricciante e tutti i loro problemi davanti a una cenetta niente male. Quando il detective fu a casa sua finalmente si rilassò come una volta e si addormentò con ancora il suo libro preferito sulla faccia. Dimenticando tutto. Dimenticando di avere un corpo da bambino, di doversi nascondere, di avere un caso molto difficile per le mani, di essere cercato da dei criminali internazionali. Si dimenticò di tutto. Tranne che della sua Ran e di Holmes; ciò che non aveva mai dimenticato in tutta la vita.

La mattina dopo, Ran passò a suonare al suo campanello e tornati a scuola per un altro noioso giorno trovarono un nuovo sconcertante indizio. Erano nell'aula di chimica pronti per un esperimento che prevedeva la creazione di una pila. Shinichi guardava il tavolo di ceramica bianca con aria assonnata e lasciava tirare fuori il materiale necessario da sotto di questo alla karateka che pian piano inginocchiata appoggiava sulla superficie immacolata i vari strumenti. Il detective aveva appena chiuso gli occhi, cullato dal lieve tintinnio della vetreria che gli studenti stavano tirando fuori, quando la ragazza accucciata ai suoi piedi cacciò un urlo che lo fece sussultare.

-Ran!- si chinò anche lui allontanandola e guardando dentro nella stanzia. Vide che all'interno di un

becker, accanto ad una provetta contenente liquido rosso, vi erano delle orecchie amputate. Il detective arretrò cadendo seduto sul pavimento fissando quell'orrore. Questo era troppo anche per lui; aveva passato la vita attaccato a gente morta, ma avere la consapevolezza che la vittima questa volta era ancora viva e che ciò che gli stavano facendo lo stava uccidendo lentamente lo faceva rabbrividire. Si ripeté la stessa scena del giorno prima. Studenti sconvolti che venivano condotti da altre parti mentre lui rimaneva lì ad attendere notizie dalla polizia insieme a Ran che, per quanto sempre più pallida, non ne voleva sapere di andarsene.

-La polizia non sa che fare...- commentò Shinichi rivolto a Ran che aveva condotto in giardino per farle prendere aria e, anche se non voleva ammetterlo, per prendere aria lui stesso.

-Shinichi.- iniziò lei con fermezza -Prendi quel criminale! Ormai hai tutti gli elementi per farlo.- ordinò.

-Ma non so chi sia! La polizia non mi ha fornito nessun dato! Come posso...?- contestò l'altro allargando le braccia.

-Si da il caso che io sappia qualcosa.- confessò una voce dietro di loro. Si trattava di una bella ragazza dai capelli rossicci di quinta con delle deliziose lentiggini sulle guance che in situazioni normali avrebbero dovuto essere rosee, ma erano color della neve per la paura.

-Tu chi saresti?- chiese Shinichi facendole segno di avvicinarsi.

-Io mi chiamo Hisa e credo di sapere di chi sono quelle... ehm... parti trovate.-

-Dimmi pure...- fece gentilmente il ragazzo invitandola a sedersi con loro.

-Il braccialetto a... all'arto trovato... ecco... gliel'ho regalato io. Cioè il ragazzo che state cercando è il mio ragazzo, Gaho. È scomparso tre giorni fa. Nessuno però ha denunciato la scomparsa perché ha lasciato una lettera che diceva che sarebbe tornato a breve.-

-Hai qui la lettera?-

-Sì, tieni.- gli porse un pezzo di carta straccia scritto di fretta in una calligrafia quasi illeggibile, ma per un occhio allenato poteva essere fondamentale.

-Hai qualche suo altro scritto o roba del genere?- domandò il detective.

-Sì, ecco un suo vecchio bigliettino per me.- gli porse anche quello, ordinato e piegato solo una volta, tirato fuori dall'astuccio lilla. Il ragazzo studiò attentamente i foglietti portandosi una mano al mento, ma Ran fu più veloce di lui ed esclamò -Sono diversi!-

-Cosa?- domandò Hisa guardandola male per aver interrotto il detective.

-Le scritture sono diverse. Guarda.- indicò alcuni elementi degli ideogrammi che non potevano essere di sicuro della stessa persona. Shinichi si congratulò con lei e l'abbracciò entusiasta guadagnandosi un'occhiata truce dalla povera ragazza seduta davanti a loro.

-Ehm, scusa... comunque chi può avercela con lui a tal punto?- chiese ricomponendosi il ragazzo.

-Credo nessuno... è piuttosto apprezzato. Forse... un nostro compagno di classe, Mashai, ce l'aveva a morte con lui perché a seguito di un incidente con lui non ha più potuto fare judo e lui era un campione. Oh, non posso pensare che sia stato lui!-

-Non si può escludere. Dov'è adesso?-

-In classe credo. Anzi no. In palestra! La mia classe è ora in palestra. Io vi ho visti qui fuori e sono venuta qui. So che sei bravo.

-Va bene, grazie delle informazioni. Andiamo Ran. Non abbiamo più molto tempo.- disse il detective alzandosi e invitando l'altra a fare altrettanto.

-Aspettate! Voglio venire con voi!- protestò la rossa che ora era scoppiata in lacrime.

-No, lascia stare. Chiama la polizia e digli di chiamarmi. Fatti passare l'agente Takagi, solo lui. Digli di cercare negli archivi il caso Harada Mashai. Io vado a parlare con lui.- ordinò Shinichi allontanandosi seguito dalla karateka.

-Ma come sai il suo cognome?- chiese Hisa stupita, ma il detective scosse la testa ripetendole di fare ciò che le aveva chiesto senza domande e condusse Ran all'imbocco del corridoio per la palestra.

-Ho un paio di...- iniziò la ragazza, ma Shinichi la zitti mettendole un dito sulla bocca.

-Tutto a tempo debito. Ora puoi ben capire che mi preme maggiormente trovare quel povero ragazzo prima che muoia dissanguato. Io non posso entrare in palestra per due motivi. Il primo è che il professore mi costringerebbe a fare allenamento e non voglio e il secondo è che il nostro uomo sa chi sono io quindi non risponderebbe mai alle mie domande in modo naturale. Chiaro? Bene, quindi ci devi entrare tu. Devi fare pochissime domande e riferirmi nel dettaglio risposta e comportamento. Le domande che farai sono: uno, il professore di chimica ti ha detto che lui è bravissimo in questa materia e che ti interesserebbero delle lezioni private anche fuori orario; due, il gruppo teatrale ti ha chiesto di domandargli dove ha messo il tavolo per lo spettacolo. E infiocchettale bene, mi raccomando, cerca di fare l'affascinante. Io sarò qui in giro in caso di bisogno, d'accordo?- spiegò in spiccio con una punta di gelosia sull'ultima parte e prima che lei potesse ribattere aprì la porta della palestra e la spinse dentro dicendole in un sussurro “in bocca al lupo”. Attese pazientemente, anche se fremendo, accanto all'ingresso osservando il soffitto poco illuminato del corridoio. “Ah, e io che volevo godermi un po' di pace... invece mi ritrovo un caso bruttissimo da risolvere. Ho l'acqua alla gola. Quel poveretto potrebbe pure non farcela e io non me lo perdonerei mai! Siamo sulla strada giusta me lo sento, ma non mi riesco ancora a spiegare come abbia fatto a prendere le chiavi... se Ran riuscisse a farglielo dire saremmo a cavallo, ma è furbo. Lo conosco purtroppo. Anni fa mio padre ha risolto un caso che vedeva come colpevole il padre di lui. Un caso psichiatrico purtroppo, una malattia che ha trasmesso al figlio. Non è mai stato sulla retta via e non mi stupirei se per quell'incidente si fosse vendicato in un modo così cruento. Ma quello cos'è?” Shinichi notò appena un filo semi-trasparente scendere giù di circa un metro da una grata del condotto di areazione, proprio nella bacheca dove si tenevano le chiavi del custode. All'estremità di questo vi era un piccolo gancetto non distinguibile dagli altri al quale era appesa una vecchia chiave. Si mise sotto la grata e, con l'aiuto di una sedia trovata nel ripostiglio, si arrampicò togliendola; entrò con la testa nel condotto polveroso e grazie alla luce del cellulare notò un filo da pesca che proseguiva per tutto il condotto verso destra.

-Shinichi! Ma che fai?- la voce stizzita di Ran lo fece abbassare bruscamente e scivolare a terra, fortunatamente senza farsi troppo male.

-Ma che ci facevi lì?- domandò lei aiutandolo ad alzarsi.

-Ho trovato qualcosa di interessante, ma a te piuttosto come è andata?- chiese Shinichi tossicchiando un po' di polvere che aveva respirato nel condotto.

-Insomma, è stato abbastanza freddo, ma mi ha detto che mi darà ripetizioni se necessario anche fuori orario. Ha detto che non è un problema per la chiave e ha detto anche che porterà lui il tavolo al gruppo teatrale. Ora mi vuoi spiegare?-

-Più tardi! Ora entra lì dentro – indicò il condotto per l'aria -Che è stretto e forse non ci passo.-

-Dovrei entrare lì?- Ran lo osservò dubbiosa per le ragnatele che cadevano dall'alto con i rispettivi ragni.

-Forza ti tengo io!- Shinichi la prese per le gambe e la issò dentro il buco sul soffitto -Sei ingrassata per caso?- chiese ironico guadagnandosi un'occhiata sdegnata dall'altra.

-Cerca di non guardare sotto la gonna, pervertito!-

-Che colpa ne ho io se non ti muovi a salire o se mi sbatti il sedere in faccia?- ribatté il detective con poco tatto.

-Sparisci!- Era appena entrata nel condotto quando sentirono dei passi provenire da dietro l'angolo, così anche il ragazzo si infilò in fretta stringendosi contro l'altra e chiudendo la grata.

-E ora come ci muoviamo genio?- obbiettò sarcasticamente Ran che era incastrata tra il detective e il metello del condotto.

-Seguiamo il filo e vediamo dove porta...-

-Ma se non ci passi!-

-Muoviti!-

Percorsero con non poca fatica a carponi la via segnata dal filo da pesca e arrivarono proprio giusto sopra lo spogliatoio maschile, più nello specifico le docce di questo. Shinichi coprì in fretta gli occhi di Ran ottenendo una sommessa protesta da lei.

-Non mi va che tu veda... ecco... il nostro spogliatoio!-

-Fa quello che devi fare in fretta!-

Il ragazzo osservò attentamente la scena sottostante e vide il tizio che stava cercando molto attento alla maniglia della sua doccia: man mano che lui la girava anche il filo da pesca si accorciava.

-Perfetto!- sussurrò esultante il detective spronando Ran a tornare indietro. Il condotto scricchiolava ad ogni loro mossa e fu un miracolo il fatto che non fossero ancora caduti di sotto. Appena scesi a terra si trovarono di fronte una Sonoko Suzuki allibita che li fissava coperti di polvere e con i vestiti spiegazzati.

-Ma guardate che c'è anche lo sgabuzzino se preferite...- ridacchiò l'ereditiera prima di allontanarsi di fretta per evitare l'ira del detective.

-Sparisci, Suzuki!- le intimò il ragazzo per poi scrollarsi di dosso la polvere e fare altrettanto con la karateka.

-Hai capito, allora?- chiese Ran scocciata da quel continuo mistero.

-Aspettiamo solo la telefonata di Takagi e ti dirò tutto, anzi risolverò direttamente il caso!- Shinichi stava già iniziando a gongolarsi del suo successo quando gli venne in mente il viso severo di Ai che gli intimava di tenersi distante da casi e quant'altro. -Ahi, non ci voleva...-

-Cosa c'è?- domandò Ran incuriosita dalla sua esclamazione.

-Eh? No, niente. Te la sentiresti di risolvere il caso al posto mio?- propose il ragazzo abbassando il tono di voce e spingendola verso una parete in ombra.

-Io? Ma non ho mica capito chi è il colpevole! E non so fare queste cose!- protestò la karateka.

-Ti dirò io cosa dire. Anzi lo spiegherò io ma ti prenderai tu il merito. Non posso permettermi di... ehm... dato che sono impegnato in un grosso caso... io non dovrei essere qui. Capisci?-

La ragazza annuì dubbiosa e stava per rispondere quando arrivò Mashai e le chiese di seguirlo per dargli una mano con il tavolo che aveva richiesto. Il detective si offrì di aiutarlo al posto di Ran, ma l'altro rifiutò insistendo cosicché lei dovette seguirlo timidamente all'esterno dell'edificio. Shinichi attese che i due svoltassero l'angolo per seguirli e finalmente sapere se la sua deduzione era esatta, ma in quel momento squillò il suo cellulare facendolo sussultare.

-Pronto?-

-Ciao, Shinichi. Sono Takagi. Mi hanno detto che volevi delle informazioni... te le ho inviate per e-mail.-

-Grazie Takagi. E ora fammi il favore di venire qui con una volante. Sto per consegnarvi il colpevole.- annunciò trionfante il ragazzo dimenticandosi della promessa fatta ad Ai.

-Va bene arriviamo.-

La chiamata si concluse in fretta, ma non abbastanza da permettere al detective liceale di vedere dove Ran era stata condotta. Uscì nel cortile ancora deserto e si guardò attorno per cercare qualche indizio e trovò le impronte di scarpe di Ran affiancate da quelle del tipo, ma mentre quelle del ragazzo proseguivano, quelle di lei si interrompevano bruscamente. Allarmato Shinichi seguì le orme che portavano dritto nel capanno degli attrezzi in disuso sul fondo del cortile dietro la scuola. Un posto tetro e solitario, nessuno andava mai lì. Se la vittima e il suo carnefice si trovavano lì doveva esserci anche Ran; Mashai doveva aver capito che lei agiva per conto del detective e aveva preso le dovute precauzioni. Stava per entrare in azione quando si sentì toccare il gomito. Era Hisa.

-Hai scoperto qualcosa? Ti prego dimmi di sì! Ho visto Mashai che trascinava la tua amica via di qua. È stato lui?- la ragazza tremava come una foglia e aveva le lacrime agli occhi. Shinichi annuì.

-Sì, Hisa. È stato lui. Ormai ho tutte le prove e...- qualche lamento iniziò a provenire dall'interno del capanno mettendoli in allarme e prima che i due potessero fare qualsiasi cosa si sentì un urlo agghiacciante.

-Ran!- Il detective corse verso la porta e sfondò il legno marcio con un solo colpo. Steso su un tavolo legato in condizioni pietose c'era quello che doveva essere Gaho, la pelle marmorea era sporcata dal rosso ematico e ormai respirava a fatica. A terra in un angolo in lacrime c'era Ran tremante, la gonna appena sporca di sangue accanto ad una gamba mozzata. Il colpevole, Mashai, era rintanato nell'altro angolo e per Shinichi fu facile immobilizzarlo con abili mosse e atterrarlo. Hisa era intanto corsa verso ciò che rimaneva del suo ragazzo in lacrime. Le ferite e le amputazioni che riportava erano molto gravi e alcune erano in un pessimo stato. Il nuovo taglio appena fresco non aveva fatto altro che peggiorare il quadro e Gaho con voce spezzata fece appena in tempo a dire le ultime parole alla ragazza prima di spirare. Il criminale rise sotto il peso del detective che lo immobilizzava, mentre l'altro si sentiva in colpa per non essere riuscito a salvarlo. Coraggiosamente Ran si alzò e mi una mano sulla spalla di Hisa disperata. Pochi secondi più tardi arrivò la polizia che arrestò il ragazzo e raccolse la deposizione di Shinichi e Ran. Il detective iniziò spiegando che conosceva la famiglia di Mashai da anni prima e che erano sempre stati con problemi mentali, sadismo in particolare. Continuò dicendo che la vittima si era attirata le ire per un incidente che aveva minato la carriera del colpevole e che aveva architettato tutto nei minimi dettagli.

-Ha rotto appositamente una maniglia della doccia dello spogliatoio per avere un appiglio con il quale grazie al filo da pesca nel condotto dell'aria rubava la chiave dello stanzino abbandonato dalla bacheca. L'ho dedotto grazie ad un paio di domande. Dalle risposte ho capito che aveva libero accesso alle chiavi e che conosceva la vecchia rimessa. Nessuno avrebbe mai notato che mancava una chiave o che quel filo pendeva, era un piano perfetto. Nessuno sarebbe mai arrivato al colpevole se non fosse stato per quel braccialetto rimasto legato al braccio della vittima. Con quello siamo stati in grado di capire chi fossero le persone coinvolte e abbiamo scoperto tutto. Poi, avendo capito che Ran mi stava aiutando, l'ha attirata là dentro con una scusa che gli avevo io appositamente fornito per coglierlo in flagrante e quindi sono riuscito a catturarlo. Purtroppo non sono riuscito ad arrivare in tempo per salvare il ragazzo e mi dispiace molto.-

Prima che la stampa arrivasse, Shinichi si affrettò a scomparire con una scusa seguito da Ran. Era, ormai, ora di pranzo e i professori li avevano già dati per dispersi, così si incamminarono per tornare a casa. Ran temeva che il padre potesse essere già all'agenzia e quindi non volle farvi ritorno prima dell'orario stabilito. Andarono perciò a villa Kudo. Il detective era stato silenzioso per tutto il tempo con una faccia contrita che però non sminuiva affatto la sua bellezza.

-Cos'hai, Shinichi?- gli chiese Ran in tono gentile posandogli una mano sulla spalla.

-Io... non sono stato veloce. Non sono stato veloce abbastanza da salvarlo.- il ragazzo strinse i pugni in un attimo di rabbia mentre si accomodava sulla sua poltrona.

-Hai fatto del tuo meglio...-

-Bene! Se il mio meglio è questo faccio davvero schifo...-

-Non dire così idiota! Da quando in qua ti compiangi? Sei stato geniale! Nemmeno la polizia investigativa ci è arrivata, ma tu sì! Quindi fammi il favore di piantarla di piangerti addosso!- lo rimproverò la karateka nel tentativo di spronarlo.

-Ma un detective che...-

-Basta, non pensarci più. Hai assicurato un criminale alla giustizia e tanto basta.-

-Avrei potuto salvare quel ragazzo.- considerò amaramente Shinichi.

-Shinichi Kudo!- urlò la ragazza interrompendo il silenzio che si era creato.

-Cosa c'è?- il detective si ridestò subito correndo nella sua stanza dove Ran era appena entrata.

-Mi spieghi cosa è questo?- indicò il disordine che regnava nella camera -Sei tornato da nemmeno un giorno e hai già ridotto tutto così???-

-Ehm, sistemo dopo... andiamo a pranzo?- disse il ragazzo ridendo di gusto per l'adorabile faccia della karateka che acconsentì arcigna.

Passarono il giorno fino a sera insieme come non facevano ormai da tempo divertendosi come matti. Shinichi si era rasserenato e non considerava più di tanto quel caso come un fallimento. Arrivò il tramonto e il ragazzo sapeva che la sua ora era giunta. Sapeva che non sarebbe rimasto a lungo adulto quindi accompagnò Ran sulla soglia di casa sua e le diede un piccolo bacio in ringraziamento prima di andare via, lasciandola sola. Conan sarebbe tornato da un momento all'altro.

 

-Allora, Kudo... come è andata?- chiese Ai con finto interesse.

-Bene... tutto apposto.-

-Ottimo. Mi sto avvicinando alla soluzione.- disse la scienziata soddisfatta, poi cambiò espressione repentinamente -Hai fatto ciò che ti ho chiesto?-

Lo sguardo severo della giovane non ammetteva risposte negative.

-Bhè, ecco... non sono apparso sul giornale.-

-Vuoi dire che hai risolto un caso e sei andato subito da lei???-

-No! Cioè, non proprio. Allora, ammetto che un caso l'ho risolto, ma non mi sono fatto notare... non troppo almeno. Per Ran, invece, si è presentata lei a casa mia. Io non c'entro nulla!- La bambina aveva assunto un'espressione infuriata così il detective aggiunse in fretta -Ma non sono apparso sul giornale!-

Ai sospirò -Va bene. Era troppo chiederti di tenerti lontano dal tuo unico vero amore.-

-Non prendermi sempre in giro per Ran!-

-Mi riferivo al tuo lavoro, ma grazie per aver ammesso così dichiaratamente che la signorina dell'agenzia è la tua amata...- sghignazzò la scienziata.

-Ti detesto Haibara.- ridacchiò Shinichi mentre ritornava Conan per l'ennesima volta.


Angolo Autrice:
Ciao a tutti! Come va? Spero a tutti bene.
Questo caso, lo ammetto, è un po' macabro, ma spero che vi piaccia.
é un po' lungo... xD
Grazie a tutti quanti coloro leggono o recensiscono!
Siete fantastici!
Alla prossima!!! 

=)

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Capitolo 5
*** Apparenze ***


Apparenze

 

-Che splendida giornata! Non è così Conan? Conan!- una Yukiko in splendida forma si stava stiracchiando in piedi alla luce del sole sorto da poche ore.

-Uh? Eh? Che c'è?- Shinichi, seduto su uno sdraio con ancora pantaloncini e maglietta, osservava distrattamente il panorama del mare ancora poco affollato.

-Svegliati, bambino mio!-

-Non così ad alta voce! Potrebbero sentirti!-

-Yukiko, Conan! Venite in acqua! È fantastica!- Ran, sulla riva immersa fino alle caviglie nell'oceano azzurro, li incitava a raggiungerla per iniziare con un bel tuffo quella giornata.

-Coraggio, Shin-chan. Andiamo dalla tua...-

-Mamma, piantala!-

-Coraggio! Venite!-

-Arriviamo Ran!- urlò il bambino mentre si apprestava a togliersi i vestiti rimanendo con un adorabile costumino verde acqua. -Non una parola, mamma, lo sai- sussurrò serio alla donna che lo affiancava mentre avanzavano per la spiaggia.

-Sono un'attrice, Conan Edogawa. So fingere meglio di chiunque altro.- lo rassicurò lei, poi scattò in avanti e si gettò tra le onde teatralmente.

“E dire che la giornata prometteva bene.” Conan e Ran sarebbero dovuti andare al mare con il dottor Agasa, Ai e Sonoko, ma il dottore aveva fatto esplodere una parte della cucina con un esperimento così Ai era dovuta restare con lui e Sonoko aveva dovuto rinunciare perché l'avevano costretta ad andare a trovare dei parenti. La gita sarebbe saltata anche per loro se non fosse stato per Yukiko che con una delle sue improvvisate si era presentata all'agenzia investigativa all'alba, appena scesa dall'aereo, costringendoli a salire in auto per destinazione ignota, ossia la località marina dove erano, abbastanza distante da Tokyo. Ran, fortunatamente, non aveva indagato troppo sul motivo di quella visita e in quel momento stava parlando scherzosamente di Shinichi con sua madre senza sapere che il ragazzo era proprio lì davanti a lei.

“Voglio morire!” il piccolo Conan era rosso come un pomodoro e si stava trattenendo dal saltare addosso alla madre mentre questa se la rideva di gusto. Fortunatamente la mattinata passò veloce e arrivò l'ora di pranzo; con il sole a picco arrivò anche un'amica di Yukiko che abitava in quel posto, alta e bruna con i capelli appena arricciati alla fine.

-Ragazzi, lei è la signorina Rumi Ikeda, sceneggiatrice d'eccezione.- presentò l'attrice sorridendo.

-Ciao, Yukiko. Grazie per la “sceneggiatrice d'eccezione”. È tuo figlio?- chiese l'altra ridacchiando e indicando Conan.

-Oh, no... mio figlio ha diciassette anni. Lui è Conan Edogawa. Saluta, su! È un parente di mio marito alla lontana.-

-Oh, ma che carino! Somigli tanto a... a... come si chiama?- la signorina Ikeda si portò una mano alla bocca per pensare e Conan temette fortemente che stesse per dire il suo vero nome facendo aumentare i sospetti di Ran che già era all'erta da quanto Yukiko aveva messo piede in casa, ma la donna prosegui ridendo -Quell'attore di Hollywood... non me lo ricordo mai. Fa lo stesso.- poi si voltò verso la karateka domandando -E questa splendida ragazza chi è?-

-Lei è Ran Mouri, figlia del famoso detective Kogoro Mouri non ché fidan...-

-Fidatissima mia amica!- intervenne Shinichi avendo intuito l'intenzione della madre.

-Veramente volevo dire...- iniziò Yukiko, ma uno sguardo assassino del figlio la fece fermare. Conan odiava quando l'attrice si impicciava degli affari suoi, non lo tollerava nemmeno quando era piccolo, figuriamoci a diciassette anni dopo aver vissuto per ben tre anni da solo, anche se l'apparenza ingannava.

-Tuo figlio dov'è, Yukiko?- domandò Rumi.

-È impegnato... sai com'è, i ragazzi d'oggi sono sempre più precoci, già lavora e...-

Conan non poté fare a meno di tossicchiare per ricordare alla madre di non mettersi a parlare a sproposito. Yukiko si voltò verso di lui fulminandolo per l'interruzione e gli si chinò accanto.

-Hai fame, piccolino? Non ti preoccupare ora andiamo a mangiare la pappa.-

Shinichi guardò di sbieco la madre, ma la signorina fece cenno di seguirli -Allora vi porto a casa mia, mi dispiace che non ci sia anche tuo figlio, Yukiko cara. Ho una biblioteca immensa e so che a lui piace leggere.-

-Non è un problema, anche a me piace!- intervenne Conan catturato nell'interesse.

-Anche io mi diletto con i libri.- fece Ran prendendo in braccio il bambino.

-Mettimi giù! So camminare!-

-Hai perso le ciabatte, non puoi camminare per strada scalzo.-

La scena fece ridere Yukiko anche se da brava attrice riuscì a mascherarlo divinamente, ma la cosa non sfuggì al figlio detective che si sentì umiliato e imbarazzato e arrossì visibilmente.

Vennero condotti in una lussuosissima villa sull'oceano con una vista da mozzare il fiato. L'edificio era una commistione di due epoche differenti. La parte che dava direttamente sulla scogliera era nuova dotata di ogni comfort in stile occidentale, bianca luminosa con parete a vetro che dava l'idea di spazio dilatato etereo perfettamente in linea con la splendida vista sul azzurro oceano Pacifico. L'altra parte era molto antica, doveva risalire circa al 18° secolo, in legno; uno dei lati si andava ad inserire nella pietra viva dello strapiombo che portava alle onde guizzanti in basso tra gli scogli. Sia Ran che Shinichi rimasero a bocca aperta davanti a quello spettacolo, una casa così bella non l'avevano mai vista. Era stupenda sotto tutti i punti di vista, dalla costruzione alla posizione più che invidiabile. In quell'angolo di paradiso, la proprietaria li fece accomodare sul tavolo in legno nel piccolo giardino dell'ala nuova e poco dopo vennero loro servite delle portate da ristorante di lusso francese, una vera delizia. Era tutto così perfetto che Conan, a fine pasto, non riuscì a trattenersi vedendo anche che vi erano una cameriera e un cameriere oltre al cuoco -Ma fa la sceneggiatrice ed è così ricca, signorina?-

-Conan!- sia Ran che Yukiko lo rimproverarono per la sua insolenza, ma Rumi gli rispose cordialmente che la sua famiglia era sempre stata facoltosa e lei aveva ereditato tutto quando erano morti sia i suoi zii senza figli e i genitori.

-Quindi non è sposata?- un altro rimprovero si levò nell'aria, ma Shinichi strinse le spalle.

-Lo sono stata anche se per poco. Ah, Yukiko, lo sai che quel figlio di buona donna mi ha spedito l'avvocato qui perché vuole che io rinunci alla parte che mi spetta dal divorzio con la scusa che sono già a posto con i soldi? Ma che razza di verme! Poteva venirmelo a dire lui, no, invece manda quella sottospecie di legale inamidato che si ritrova!-

-Oh, cielo! Rumi, come hai fatto a sposare una persona del genere!- Il dialogo proseguì per acceso per poco e il detective sinceramente pensò di non volersi trovare nei panni dell'ex marito a sentire come ne sparlavano le due. Per poter proseguire indisturbate, la signorina Ikeda condusse i due giovani nell'ala antica della villa che non era abitata, ma conteneva numerose rarità e una biblioteca immensa e fornitissima, un vero paradiso per gli amanti della lettura. Ran iniziò a girovagare tra gli scaffali antichi in legno modanato sfiorando le copertine in pelle ruvida dei libri impolverati con le scritte oro, Conan invece selezionò circa una mezza dozzina di volumi, rigorosamente del suo genere preferito, e iniziò a leggerli in poltrona come fosse a casa sua. Era totalmente immerso nel primo libro quando sentì la karateka lanciare un urlo.

-Sono qui, Ran, che succede?- corse subito da lei e si trovò di fronte il cadavere di una donna, mai vista prima, in una pozza di sangue -Ran chiama la mamma... ehm... di Shinichi- si affrettò ad aggiungere -e dì di chiamare la polizia!-

Passò poi ad esaminare il cadavere. “Colpo alla testa da distanza ravvicinata.” fu la prima cosa che gli venne in mente. L'unico foro appena sopra gli occhi sparato a pochissimi millimetri dal viso a quanto si poteva dedurre dal tipo di ferita e dal segno della bruciatura della canna della pistola sulla vittima. Osservò con la mano sul mento la posizione in cui era stata rinvenuta la donna: rigida, coricata prona, con le braccia tenute mollemente lungo i fianchi come se si fosse arresa. La faccia rivolta verso il pavimento era impassibile, ma aveva gli occhi socchiusi, sembrava che stesse fissando truce qualcuno.

-Conan!- esclamò Yukiko arrivando raggiunta dall'amica -Che succede? Oh, Dio! È morta!-

-È Ayano!- la signorina Rumi inorridì nel vedere la donna stesa sul pavimento della sua biblioteca priva di vita e si dovette appoggiare alla libreria per evitare di crollare.

-Chiamo la polizia!- fece Ran afferrando il cellulare, ma la proprietaria della casa glielo strappò dalle mani.

-Lascia perdere... la chiamiamo dopo aver risolto. Non mi va che vengano qui a fare tutti i rilevamenti eccetera. Se consegniamo già loro il colpevole non ci saranno troppi indugi.-

Yukiko tentò di dirle che era necessario, ma lei la interruppe dicendo -Yukiko cara, non ti preoccupare. Riusciremo a scoprire anche senza la polizia che è l'autore di questo terribile delitto, dopotutto tu sei la baronessa della notte, tuo figlio è il più grande giovane detective e tuo marito uno scrittore di gialli molto abile in deduzioni, in più mi stavi dicendo che lei è la figlia del famoso detective dormiente e che lui è bravo su questo genere di cose. Non potrei essere più sicura di non volere la polizia tra i piedi.- Il ragionamento non faceva una piega, ma Shinichi non era convinto che fosse solo per questo che non voleva la polizia. Ran rimise il telefono nella borsa e prese in braccio Conan -Allora lasciamo risolvere il caso alla baronessa.- scherzò.

-No! Voglio aiutarla anche io!- protestò dimenandosi il bambino. Yukiko sorrise -Perché non fate voi due allora?-

-D'accordo!- acconsentì Conan che corse a riesaminare il cadavere.

“Allora, vediamo un po'... Sembra che la donna conoscesse chi le ha sparato perché non si è affatto opposta, anzi sembra quasi che se lo aspettasse. Le braccia sono troppo molle, sembra arresa. E quel foro sulla fronte... di sicuro se ne è resa conto. Sapeva chi era l'assassino, lo conosceva piuttosto bene data la distanza ravvicinata, ma allora se si è vista una pistola alla testa perché non ha urlato? E perché non si è sentito lo sparo?” Il detective era immerso nelle sue elucubrazioni mentali quando vibrò il suo telefono. Non curante lo tirò fuori e guardò il mittente della chiamata: Ran. Si voltò verso la ragazza in fondo alla stanza con il cellulare in mano e lo sguardo spazientito dai troppi squilli. “Eh, eh... furba la ragazza. Vuole il mio aiuto, eh? Peccato che quest'oggi Shinichi Kudo sia impegnato e non possa rispondere.” il telefono smise di vibrare e partì la segreteria telefonica che fece infuriare la karateka. Yukiko era, invece, tranquillissima seduta in poltrona che dialogava amabilmente con l'amica. Shinichi diventò sospettoso; come era possibile che con un morto li vicino si comportassero con così tanta noncuranza? Da sua madre poteva pure aspettarselo dopo tutto era un'attrice bravissima, ma dall'altra no. Una era morta non si sa come in casa sua e lei sorseggiava tè verde ridendo; non era certo qualcosa di normale. E perché non chiamare la polizia? E chi era quella donna?

-Allora Conan, hai scoperto qualcosa di interessante?- domandò mielosa Ran abbassandosi alla sua altezza.

-Più o meno... piuttosto tu cosa pensi di fare? Chiamare un certo detective?- disse il bambino socchiudendo gli occhi per sfidarla.

-Chi? Io? Perché dovrei chiamare Shinichi?- rispose, ma così facendo si tradì.

-Chi ha parlato di lui?- il bambino rise divertito dalla reazione di lei che incrociò le braccia fingendosi irritata.

-Vado parlare con la signorina, se al posto di dire baggianate vuoi venire con me...-

-Arrivo.-

“Ma quanto è orgogliosa! Se solo sapesse che la persona che cercava ce l'ha davanti...” Riprese la sua deduzione. La posizione nascosta tra due scaffali faceva intuire che fosse stata una cosa voluta. “Un'esecuzione!”esclamò mentalmente Shinichi “Si è trattato di un'esecuzione! Lei è composta perché era in ginocchio e chi l'ha uccisa ha sparato di fronte apposta. Ma chi è stato a sparare tenuto conto che tutti hanno un alibi inattaccabile perché sono stati sempre con noi?” Conan si guardò attorno. C'erano poche finestre da cui uscire e tutte davano sullo strapiombo del mare, una fuga pressoché impossibile se non per Ladro Kid. Era necessario conoscere anche il movente e per farlo doveva parlare con la signorina Ikeda almeno per capire chi era la morta. Si accomodò sulla sedia di fronte alla donna e iniziò in tono professionale -Mi dica, signorina, lei conosceva bene la defunta?-

Rumi Ikeda lo squadrò allibita per il suo comportamento e scoppiò in una fragorosa risata -È identico a tuo figlio, Yukiko! Uhahahah! Ma tornando a noi. Sì, la conoscevo molto bene era una scienziata, lavorava al laboratorio di microbiologia della città. Può non sembrare, ma sono molto addolorata per la sua morte, è che mi sto sottoponendo ad una cura di antidepressivi e non mi riesce proprio essere triste. Li aveva prodotti lei, sai?-

-Interessante... e posso avere il numero del centro di ricerca dove lavorava?-

-Sì, eccolo.- tirò fuori il cellulare e porse a Ran il contatto in rubrica con il numero cercato.

-Lo chiami, per cortesia? E lei mi dica, sa se aveva dei nemici?-

-No, non credo.-

-E cosa ci faceva in casa sua, se posso chiedere?-

-Dopo il suo divorzio è venuta a stare da me dato che anche io ero sola dopo la separazione da mio marito.-

-E come ha fatto ad entrare?-

-Ha la copia della chiavi che era del mio ex.-

-Grazie. Non ho altre domande. Mam... ehm, Yukiko ti spiace venire con me un secondo?-

-Arrivo.- l'attrice seguì il figlio nel corridoio attiguo dove era andata anche Ran a telefonare.

-La tua amica non mi convince parecchio sai?-

-Tesoro, la conosco da una vita...-

-Anche io conoscevo tante persone da tanto, ma le ho viste ugualmente finire in cella.-

-Ti posso assicurare che lei non è cattiva.-

-Conoscevi la signorina Ayano?-

-No, lei non l'avevo mai vista.-

-Che avete da bofonchiare voi due?- domandò Ran una volta chiusa la chiamata.

-Nulla, nulla. Cosa hai scoperto?- si affrettò a rispondere Conan.

La karateka strinse le spalle -Niente di che. Normalissimi lavori di ricerca.-

-Ok, i possibili colpevoli sono solo le persone che abitano qui, dato che non è possibile uscire senza essere visti o rotolando giù per la scogliera. Controlliamo le loro stanze.-

Il detective stava salendo per le scale dove c'erano le camere degli inquilini quando vide la signorina Ikeda scendere di fretta con una faccia molto preoccupata ed andarsene senza nemmeno badarli. Perquisirono, anche senza permesso, tutte le stanze che c'erano e non trovarono nulla tranne che in quella di Rumi Ikeda dove, nel cestino appena nascosti da qualche cartaccia, un paio di guanti neri sporchi di liquido rosso giacevano abbandonati senza troppa cura. Conan ne prese uno con un fazzoletto e lo annusò. Non c'era alcun dubbio, polvere da sparo.

-Non può essere stata l'amica di Yukiko!- sussurrò Ran delusa da quella che credeva fosse la triste realtà, ma Conan scosse la testa -Ti sei fatta ingannare. Non vedi come oltre a questi pochi residui non ce ne siano altri? Se dopo aver sparato i guanti fossero finiti subito qui allora ci sarebbero molte più tracce. L'osservazione prima di tutto, Watson.- immediatamente si rese conto dell'errore madornale che aveva fatto chiamandola con quel “simpatico” epiteto tipico di Shinichi. Si affrettò a correggersi notando la faccia sconcertata che era disegnata sul volto della ragazza -Cioè... Come dice Shinichi, vero? Lo hai detto tu che ti chiama così, ma tu non lo sopporti, vero?-

-Ah, sì... A volte sei proprio identico a lui.-

Il piccolo detective ridacchiò con una mano tra i capelli, altro errore: lo faceva sempre quando era nervoso e questo rese dubbiosa ancora di più la karateka. Proprio quel giorno doveva capitargli di essere così terribilmente... se stesso? Per evitare altri passi falsi uscì dalla stanza e si scontrò con la cameriera che stava entrando.

-Oh! Scusa sono davvero mortificata!-

-Non si preoccupi... lei è la signorina Haruka Okada?-

-Sì, sono io. Scusami! Ti aiuto, piccolino.- la donna era alta, capelli tinti di biondo, occhi verdi, fisico avvenente, vestita con una classica divisa da cameriera che stonava leggermente con il resto della casa. Si piegò a novanta per raccogliere il bambino facendo penzolare involontariamente davanti agli occhi di lui una ciocca ribelle di capelli con un alcuni residui ematici e una catenina d'oro con un ciondolo su cui vi era incisa una frase. Shinichi la vide di sfuggita, ma le parti che intravide furono illuminati.

“A secret makes woman a woman.” le venne in mente il volto gelido di Vermouth mentre pronunciava quello che era come il suo motto. Guardò leggermente scosso la donna che non ricordava nemmeno vagamente quell'assassina. Sapeva bene che Vermouth poteva essere chiunque travestita e non gli risultava affatto impossibile pensare che fosse lì per far fuori qualcuno, ma non era da lei usare una copertura così sciatta, non si sarebbe mai posta in una condizione così servile. Non era il suo stile, però era di sicuro qualcuno vicino a lei. In quel volto all'apparenza così angelico si nascondeva uno dei sicari degli uomini in nero.

-Qualcosa non va, piccolino?- chiese la donna sorridendo.

-No, no devo andare...- Conan indietreggiò, prese per Ran per mano e la trascinò in biblioteca, ignorando le sue proteste. Il detective sapeva bene che non doveva dare a vedere di avere capito che era una criminale o non sarebbe riuscito a prenderla perché sarebbe scappata. Innanzitutto doveva risolvere quel caso così avrebbero potuto contattare la polizia e sarebbe stato più facile catturarla; non c'erano dubbi che fosse stata lei a compiere il delitto per conto dell'organizzazione, ma come la morta si era inimicata a tal punto quei criminali restava ancora un mistero. Le vennero in mente le parole della madre “Se vuoi sapere chi è davvero una donna guarda nella sua borsa.” Non aveva ancora pensato a controllare lì, in effetti.

-Ran, ti spiace di guardare nella borsa della vittima? Vedi se trovi qualcosa di interessante.-

La ragazza eseguì senza dire nulla, ma non trovò niente -Niente di speciale o che possa far pensare a qualche implicazione criminosa.-

Conan si fece passare il contenuto. Il telefono all'apparenza era un normalissimo modello, ma esaminandolo meglio Shinichi poté notare che era un modello con dual-sim anche se era stato fatto di tutto per evitare che si vedesse. Schiacciò qualche tasto e riuscì ad aprire la seconda sim che ovviamente prevedeva un pin. Per fortuna il dottor Agasa gli aveva insegnato come decriptare le password e non gli fu difficile attivarlo del tutto. Scorse messaggi e rubrica e gli fu sempre più chiaro che la donna era una dell'organizzazione. Dedusse che doveva essere una scienziata addetta alla stessa sezione di Shiho e anche lei come la sua collega si era attirata le ire del capo, ma non era stata altrettanto fortunata come Sherry.

“Cosa ha fatto di tanto grave? Qui vedo che parla di un farmaco molto particolare... si deve essere rifiutata di aiutarli in qualche modo...”

Il telefono di Ran squillò e lei si affrettò ad uscire dalla stanza per rispondere al padre, lasciando il detective da solo.

-Shinichi?- la voce di Yukiko un po' troppo alta si espanse per la biblioteca poco dopo.

-Mamma! Ti ho detto che non devi chiamarmi con il mio vero nome! Dannazione!-

-Sono tutti andati via. Con chi stava parlando la tua cara Ran?-

-Mamma, lo sai di essere odiosa?- L'attrice gli diede un sonoro ceffone sulla faccia lasciandogli la manata.

-Ahia! Perché? Che ho fatto?-

-Porta rispetto a tua madre, signorino!-

-Uff, con Kogoro.-

-Oh, è vero! Avevo detto che vi avrei portati a casa per quest'ora!-

-Bhè, ho quasi fatto...-

-Dovresti chiamare Ran e scusarti per non averle risposto. Ci è rimasta male. È venuta lei a lamentarsi da me...-

-Ho capito, mamma... dopo la chiamo, prima finisco.-

-Ma che bravo il mio bambino! Chiamala.- lei gli scompigliò tutti i capelli infastidendolo se ne andò contenta.

“Ma non può essere Conan a risolvere il caso! Ho già dato troppo spettacolo per oggi, è meglio salvare le apparenze almeno... e non riuscirei a prendere quella criminale, ma forse Shinichi...” Tirò fuori un porta-pastiglie argentato e vi trasse una pasticca bianca e rossa, una delle sue ultime riserve di antidoto. Ai gli aveva detto che era solo per le emergenze e questa lo era. Se per caso fosse riuscito a catturale quella donna avrebbe fatto un grosso passo avanti con le indagini sugli uomini in nero, e poi se lei avesse tentato di fare qualcosa per scappare non sarebbe mai riuscito a fermarla nel suo mini-corpo. Assunse, quindi, la compressa e stringendo i denti tornò adulto. Ormai era abituato ad essere previdente e portava sempre con se anche i vestiti da grande, ma li aveva lasciati sbadatamente in un'altra stanza che non poteva assolutamente raggiungere nudo come un verme.

-Mamma! Mamma!- urlò in un sussurro da dietro la libreria. Era nudo accanto ad un cadavere con un'assassina e la sua innamorata in giro; non era una delle migliori situazioni, ma senza dubbio molto comica o almeno così dovette pensarla Yukiko non appena vide il figlio nella penombra di nuovo adulto con le mani a coprirsi le zone intime.

-Mamma! O ti rendi utile o sloggi!-

-Va bene! Ahahahah! Sei incredibile! Ti avevo solo detto di chiamarla e ti ritrovo già pronto per la quarta base... uhuhuh!-

L'attrice se ne andò ridendo e tornò con le lacrime agli occhi dal divertimento poco dopo con la borsa in mano. Shinichi si rivestì in fretta e sospirò esasperato.

-Sono contenta di rivederti, mio caro.- Yukiko lo abbracciò e per una volta anche il ragazzo si lasciò andare ricambiando, felice di essere di nuovo con sua madre che non vedeva da tempo immemore. Era ormai quasi adulto, ma pur sempre umano. La baronessa della notte fu la prima a staccarsi dando un buffetto alla guancia del figlio -È ora di risolvere il caso con uno splendida entrata ad effetto.-

-Raduna tutti in sala da pranzo, per favore. Rivelerò il colpevole.- decretò teatrale il detective con lo sguardo fisso sul corpo della donna morta. La madre annuì e poi aggiunse sorridente -Lo sai che sei carinissimo quando fai così? Tutto tuo padre!-

-Mammaaa...- piagnucolò Shinichi, non era più abituato ad essere trattato così, perfino quando era un bambino veniva trattato in modo meno imbarazzante.

-D'accordo, d'accordo, vado.-

Yukiko riunì tutti come le era stato detto, annunciando che a brave si sarebbe risolto il mistero; lei si accomodò sulla poltrona di fronte agli inquilini della casa e fece gesto a Ran di accomodarsi accanto. Ne seguì un periodo di silenzio assoluto durante il quale la gente aveva iniziato a guardarsi in giro come se si aspettassero che qualcuno confessasse spontaneamente. Dopo un minuto intervenne il cuoco irritato da quella pausa -Allora? Stiamo aspettando...-

-Vi chiedo scusa per l'attesa, non mi è riuscito di arrivare prima.- una voce proveniente da non si sa dove fece sobbalzare tutti, in particolar modo la karateka. Si misero a voltare la testa a destra e manca per capire chi era stato a parlare e il detective liceale sbucò fuori dal corridoio con il sorriso sbilenco e lo sguardo deciso.

-Bene. Ci siamo tutti. Scusate ancora per il ritardo, ma sono dovuto correre qui in fretta. Ho scoperto alcune cose alquanto interessanti sulla defunta. Il laboratorio dove lavorava era in contatto con dei malviventi e lei si era attirata le loro ire, quindi l'hanno fatta fuori. Si è trattato di un esecuzione. È stato scelto tutto nei minimi dettagli: il luogo, il momento... tutto per farci pensare che si fosse trattato di una morte misteriosa. Sarebbe stato più conveniente chiamare la polizia, ma la signorina Ikeda ha insistito perché non lo facessimo in modo da evitare che il colpevole venisse scoperto subito, dandole il tempo di cancellare i vari indizi lasciati da lui. Ammirevole dimostrazione di amicizia, purtroppo sprecata nei confronti di un'assassina. Sto parlando della cameriera, la signorina Haruka Okada. O forse dovrei dire killer di professione? I miei complimenti... non credevo che fosse capace di tanto. Ha escogitato questa copertura sfruttando quella che la credeva una sua amica. L'organizzazione per cui lavora l'ha incaricata di tenere sotto controllo la signorina Ayano che stava iniziando ad essere un problema e intanto sfruttare la signorina Rumi somministrandole i farmaci che lei credeva fossero antidepressivi ma in realtà erano un potente veleno che se assunto in piccole dosi non è affatto letale e permette di creare nel soggetto dei blackout temporanei durante i quali si cade in una sorta di trance ed è possibile modificare la memoria attraverso l'attivazione del subconscio. Una sorta di ipnosi indotta farmacologicamente che le serviva per far sì che la villa fosse a sua disposizione per i loschi affari di cui si occupa. Inoltre il farmaco sarebbe stato così sperimentato e se ritenuto efficacie sarebbe stato utilizzato anche su altri. Dopo i primi tempi la signorina Ayano si deve essere opposta allo sfruttamento della sua amica, così lei, signorina Okada, ha ricevuto l'ordine di eliminarla. Ha realizzato un esecuzione perfetta e sarebbe riuscita pure a farla franca dileguandosi in poco tempo se non fosse stato per la signorina Ikeda che, ancora stordita dall'uso delle droghe, ha capito che era stata lei e nonostante tutto ha cercato di proteggerla e invece ha ottenuto l'effetto contrario. Ci ha condotti proprio la signorina Ikeda a scoprire che la inchiodano. Spostando i guanti da una stanza all'altra e cercando di pulire a fatto si che il sangue si spargesse ancora meglio e quindi più rintracciabile con il Luminor. La polizia non farà fatica a capire che il sangue che ha sui capelli è lo stesso dei guanti e della defunta. Ovviamente l'arma ce l'ha ancora addosso ed ha usato un silenziatore, ma ha commesso l'errore di appoggiare la canna bollente sulla fronte della vittima così è stato facilissimo capire che si è trattato di una calibro 8, pistola piuttosto pratica e facile da nascondere adatta per le distanze ravvicinate.-

Quando Shinichi ebbe concluso, la donna rise e si torse con uno strappo quella ridicola uniforme da cameriera rivelando una tuta aderente da motociclista. Era una che il detective non aveva mai visto.

-Sorpreso, ragazzo mio? Non esserlo. Lei mi ha detto che avresti subito capito. Questo me lo ha dato apposta per te.- si tolse la collana e gliela lanciò -Con i suoi omaggi. Addio!- l'assassina aprì la finestra che dava direttamente sulla scogliera e si buttò giù senza tanti preamboli tra gli urli sconcertati dei presenti. Shinichi corse a vedere la fine che avrebbe fatto anche quella sua possibilità di fare qualche passo avanti con l'organizzazione e vide sgomento che con un piccolo paracadute atterrò giusto su una moto d'acqua sulla quale sfrecciò via come il vento dileguandosi. Un altro pesce, per quanto piccolo, era sfuggito alla sua rete; una cosa era certa: conosceva Vermouth e anche piuttosto bene. Il ragazzo batté un pugno sul bianco davanzale deluso e si rivolse verso gli altri.

-Qualcuno chiami la polizia. Fate portare via il cadavere e date questa al vicequestore.- tirò fuori una busta bianca che aveva scritto di fretta poco prima con tutti i dettagli necessari. Non aveva alcuna intenzione di spiegare cosa ci faceva lì, il perché e il percome eccetera, quindi aveva preparato una lettera per il commissario dove forniva le informazioni strettamente legate al caso e basta, evitandosi un lungo interrogatorio con il dubbio di tornare in miniatura nel bel mezzo. Senza guardare in faccia nessuno, chiamò le sue due donne e ordinò in tono che non ammetteva repliche di seguirlo fuori. Salutarono in fretta e salirono nell'elegante auto di Yukiko partendo alla volta di Tokyo poco prima di sentire le sirene della polizia.

In macchina Shinichi era silenzioso e guardava l'oceano dal finestrino del sedile posteriore perso nella sua contemplazione, aveva perso un'occasione d'oro e non se lo sarebbe perdonato facilmente. Ran era seduta accanto a lui e ogni tanto dava una sbirciata nella sua direzione ammirando il suo viso che le era tanto mancato. D'un tratto prese coraggio e iniziò a parlare -Dunque sei venuto fin qui per risolvere il caso?-

-Ehm... Sì. Cioè no, Conan mi ha chiamato e mi ha detto che forse era pericoloso... ero nei dintorni e sono venuto.-

-Ah, e ora dove è Conan?-

-Mi ha portato fin qui il dottor Agasa e Conan è tornato a casa con lui.- una scusa più che plausibile, ottima, ma che ancore non convinse la ragazza a lasciare cadere il discorso.

-Potevi avvisare.- decretò Ran voltandosi a guardarlo.

-Avrei voluto, ma mentre stavo arrivando ho scritto la lettera.- anche il detective la imitò girandosi.

-Sempre con questi casi... uff!-

-Non sei felice che io sia qui?- chiese ironico in tutta risposta.

-Perché mai dovrei esserlo... tanto te ne vai tra due secondi...- la karateka incrociò le braccia e fisso il sedile di fronte sul quale stava guidando Yukiko, ma né lui né lei parvero notare il particolare di non essere soli.

-Io non me ne vado tra due secondi. Dovresti essere felice che io sia qui, non mettermi il muso.-

-Stupido.-

A quel punto Shinichi le prese il braccio spazientito e le disse -Se che vuoi sparisca basta dirmelo e farò.-

-No!- gridò la ragazza spaventata al solo pensiero di non vederlo più -Non voglio che tu sparisca. Io...-

-Tu....?- il detective la incalzò tenendo gli occhi fissi su di lei arrossendo appena, ma lei non rispose e gli gettò le braccia al collo con le lacrime agli occhi.

-Sono felice che tu sia qui.- sussurrò al suo petto. Shinichi richiamò la sua attenzione con uno leggero schiocco di dita facendole alzare la testa, i suoi occhi luccicanti lo fissavano in attesa. Lui si chinò e le baciò la testa per poi passare più sotto dove le sue labbra fremevano per il contatto. Fu un rapido bacio, ma che fece fare una capriola all'indietro ad entrambi i cuori. Un piccolo tocco che voleva diventare sempre di più, ma che venne interrotto dal tossicchiare di Yukiko.

-Ehm, ehm... ragazzi, mi secca fare la guastafeste, ma sarebbe meglio in privato non trovate?-

Entrambi si staccarono di colpo sussultando e diventando viola in faccia per l'imbarazzo.

-Se volete c'è un motel lì, mi fermo?- proseguì raggiante l'attrice con quella che sembrava la massima ingenuità.

-Mamma!- la rimproverò il ragazzo mentre incrociava le braccia irritato e Ran si nascondeva il viso.

-Che ho fatto di male?- chiese con finta limpidezza la baronessa della notte.

Shinichi sbuffo esasperato “Mamma non si smentisce mai... uff!”

Angolo autrice:
Ciao a tutti! scusate il ritardo ma quella stupida chiavetta che mi ristrovo si è inacavolata perchè ho usato 7Gb in films & co. che sarà mai poi...xD
Comuque ecco il nuovo capitolo... non so cosa ne pensate della storia l'ho molto rimaneggiata perchè non mi soddisfaceva e non lo fa nemmeno adesso ad esserne sincera, però a voi il giudizio.
Voglio ringraziare:
_
SkyDream (brava scrittrice con poco autostima)
_
sakura kudo (per la sua dedica e la sua storia)
_
cami_sunny (scrittrice che deve ancora pubblicare il prossimo capitolo)
_
shin ran amore (che mi recensisce sempre)
Grazie a voi a tutti quanti per il vostro sostegno!

E grazie anche a te che stai leggendo!
xD Alla prossima con un caso di furto ovviamente con il nostro ladro preferito...xD
bye! =)

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Capitolo 6
*** Il Cuore dell'Oceano ***


Il Cuore dell'Oceano

 

Conan stava facendo ritorno a casa dopo una monotona giornata di scuola con in mano un quotidiano più grande di lui che stava sfogliando con interesse. Ai lo accompagnava in silenzio guardando fisso davanti a sé impassibile.

-Hai letto?- domandò il bambino ad un cero punto porgendole il giornale.

La giovane si voltò a guardare e rispose in tono piatto -Cosa ci sarebbe di così interessante?-

-Non vedi? “Domani sarà esposto al museo per la prima volta il Cuore dell'Oceano, collana di inestimabile valore ritenuta da tempo perduta dopo inabissamento della nave sulla quale viaggiava. Il monile, così chiamato per la somiglianza con il gioiello del celebre film Titanic, è già stato adocchiato dal Mago del Chiar di Luna che ha mandato un messaggio al direttore del museo dichiarando che lo ruberà sotto gli occhi di tutti all'inaugurazione. La polizia ha già preso le dovute precauzioni ed intanto i numerosi fan di Ladro Kid si stanno già preparando per la sua apparizione.”-

-Ah, an. Interessante.- la scienziata si voltò di nuovo a guardare la strada -Il tuo amichetto vuole di nuovo giocare a “guardie e ladri” con te, a quanto pare...-

-E io sarò pronto!-

-Uhm... ok. Il Cuore dell'Oceano, un nome più insulso di così non potevano darglielo.-

-Non è insulso, è romantico. Un ricordo della storia più smielata di tutti i tempi. Sto male al solo pensiero...-

-Guarda un po', il nostro Holmes ha visto Titanic.- ironizzò Ai.

-Ran mi avrà obbligato a guardarlo un migliaio di volte! Lo detesto quel film!-

Proseguirono la loro conversazione fino all'agenzia investigativa dove sul davanti una folla di giornalisti si ammassava di fronte.

-Ma che succede?- chiese la bambina arretrando leggermente di fronte alle telecamere accese che non aspettavano altro che riprendere chiunque passasse.

-Oh, no! Mi hanno di nuovo preso d'assalto per la storia di Kid! Andiamo dal dottore, non ho alcuna voglia di affrontarli.-

I due fecero marcia indietro e proseguirono in direzione della casa di Agasa che li accolse stupito della furia con la quale il piccolo detective scagliò la cartella sul pavimento.

-Ma che ha?- domandò l'uomo alla bambina indicando l'altro che si sedeva sul divano scocciato.

-Ladro Kid e i giornalisti.-

-Non è solo per quello...- intervenne Shinichi guardandoli male -È che ogni volta Kid riesce a scappare e io faccio la parte del povero piccolo pulcino che è troppo bambino per competere veramente con quel mago da quattro soldi.-

-E cosa vuoi? Che ti facciano una targa d'oro?- chiese per sfottere Ai.

-No, vorrei solo per una volta che non ci fossero giornalisti a rompere... così sarebbe uno scontro alla pari perfetto.- rispose il detective con gli occhi che gli brillavano per l'immagine di lui che catturava il ladro una volta per tutte.

-Potresti fingerti malato.- propose Agasa con noncuranza.

-Geniale!- Shinichi tirò fuori il cellulare e compose il numero di Ran; appena questa rispose finse di avere mal di gola e mise su un'ottima recita che convinse la karateka a lasciarlo per un paio di giorni dal dottor Agasa.

-Coff, coff... Ran mi sono preso il morbillo. Coff, coff... tu non l'hai mai preso quindi è meglio che resti qui dal dottore. Non ti preoccupare. Non disturberò... Coff, coff.-

Ai lo guardò beffarda scuotendo la testa rassegnata e Agasa non mancò di fargli notare che così facendo non sarebbe mai potuto andare al museo senza essere notato e non sarebbe potuto uscire. A questo il piccolo investigatore non aveva pensato, ma un lampo di genio lo folgorò.

-E se...-

-No... no... no. Non torni grande per...- Ai si voltò a guardare l'uomo in camice bianco che strinse le spalle come per dire “perché no?” - Bhè... allora... lei dice che sarebbe una buona idea?-

-Non si farebbe vedere e sarebbe uno scontro paritario.-

-Allora... va bene.- la piccola cedette convinta da una delle pochissime persone a cui non riusciva a dire di no. Lo guardò dubbiosa mentre l'altro sorrideva paterno a Shinichi e gli dava una pacca sulla spalla contento per la vittoria. Ai scosse la testa e andò nell'altra stanza tornando con la pasticca bianca e rossa in mano lanciandola al detective che la afferrò al volo.

-Grazie!-

-Prendi quel ladro, Holmes.- disse beffarda la scienziata prima di andare a prendere cuscino e coperta e metterli sul divano. Conan avrebbe dormito lì per quella notte prima di prendere l'antidoto la sera stabilita per il colpo del mago e tentare di catturarlo.

Dopo aver atteso per tutto il giorno chiuso in casa a fare congetture su quello che Kaito Kid si sarebbe inventato per rubare il Cuore dell'Oceano, finalmente arrivò il tempo di agghindarsi per la festa e di uscire dalla sua finta quarantena per sventare quello che i giornali definivano il colpo del secolo. Si recò al museo accompagnato dal dottor Agasa e Ai che volevano assistere all'inaugurazione e tenerlo sott'occhio; nessuno fece caso a lui dato che erano tutti in fermento per l'imminente arrivo del ladro più ricercato del Giappone e così ebbe tutta la calma di ambientarsi. C'erano agenti ad ogni angolo e tutti venivano perquisiti all'ingresso e all'uscita, entrare sarebbe stato impossibile se non avesse scorto di lontano Sonoko e Ran che venivano fatte entrare come ospiti d'onore in qualità di nipote del proprietario del palazzo e accompagnatrice. Fece uno scatto verso di loro chiamandole a gran voce e agitando la mano per attirare la loro attenzione. Le due si voltarono sorprese di vederlo e dissero agli agenti di attendere a chiudere la porta, Ran uscì di poco e lo salutò entusiasta da dietro la transenna -Ciao! Che ci fai qui?-

-Ciao. Ero passato di qui quando ho saputo che Kid vuole fare un altro dei suoi spettacolini, vi ho visto e quindi...-

-Quindi hai ben pensato di sfruttarci per entrare.- intervenne Sonoko ridacchiando.

-Non è proprio così, ma mettila come vuoi.- rispose seccato Shinichi guardandola storto.

-Ehi, conoscete questo ragazzo?- chiese un agente in assetto antisommossa.

-Sì, sì, è un nostro amico. Lo lasci entrare.- fece l'ereditiera con fare magnanimo con un cenno della mano. Il ragazzo riuscì a passare ed entrò con le due dentro il palazzo allestito a museo per l'occasione. A ogni piano vi erano delle pregiate collezioni di svariato tipo tra quadri, sculture, oggettistica e altre cose molto curiose e particolari, ma a troneggiare su tutte nella stanza principale a terzo piano vi era il tesoro strappato dal mare, trovato sul fondo del relitto sul quale viaggiava dopo anni di ricerca, il ricordo di una storia d'amore destinata a vivere in eterno, il Cuore dell'Oceano. Bellissimo, semplicemente bellissimo nella sua elegante sobrietà, ma preziosissimo. Il blu intenso del diamante del ciondolo a cuore riluceva illuminato dalle varie luci che andavano a rifrangersi anche nei brillanti sulla fine catenella di oro bianco. Rubare un oggetto del genere equivaleva a rubare un pezzo dell'anima che chiunque lo vedesse lasciava in quel monile stupito di tanta raffinatezza. La teca trasparente che lo proteggeva era così sottile che anche un bambino avrebbe potuto pensare di romperla, ma in realtà era rinforzata con fibre di diamante artificiale che la rendevano pressoché indistruttibile, circondata da cordoni di velluto rosso a sensibilità di movimento, illuminata da una serie di fari con raggi infrarossi incorporati che la rendevano così invitante e allo stesso tempo così irraggiungibile. Shinichi sfilò davanti al gioiello come tutti i presenti incantato a fianco di Ran che lo accompagnava tenendolo per un braccio onde evitare che scappasse con Sonoko appena davanti a loro che li guidava su e giù per le esposizioni. Arrivarono nella sala dove era stato allestito il buffet e si concedettero una pausa.

-Sei venuto solo per Kid.- disse la ragazza in tono piatto una volta che l'ereditiera si fu allontanata.

-No, cioè non solo... -

-Sempre con questi casi e casi. Quando mai la smetterai di vivere in questo modo. C'è altro oltre a quello, sai?- il tono di Ran era fermo, pieno di quello che tutti avrebbero definito disprezzo, ma che in realtà era solo un modo per non fare una scenata in pubblico.

-E che altro ci sarebbe?- chiese Shinichi sospirando per l'imminente crisi di pianto dell'altra.

-Tante altre cose.-

-Tipo?-

-Me.- Ora era lei voler essere egoista. Non sapeva perché, ma la vista di quel gioiello l'aveva fatta pensare a sé stessa. Voleva sentirsi apprezzata, voluta, amata; non voleva solo esserlo, voleva percepirlo.

-Tranquilla, te l'ho detto un sacco di volte che penso sempre a te.-

-Però...- tentò di dire Ran spiazzata da quell'ammissione, il ragazzo però le ficcò un pasticcino alla bocca e la zittì sorridendo. Dopo che lei ebbe finito di masticare divertita, si scurì in volto come colpita da un pensiero tetro e si voltò verso la folla che passava qua e là.

-C'è un sacco di gente...- osservò guardando Shinichi di sottecchi -Kaito Kid non potrebbe essere uno di questi?-

-No, nella lettera ha scritto che voleva rubarla sotto gli occhi di tutti quindi non credo che stavolta si travestirà.- rispose il detective sorseggiando un aperitivo e osservando la folla. All'improvviso Ran gli tirò violentemente la guancia.

-Ahia! Ma che fai! Mi fai male!-

-Sei Shinichi, vero?-

-Sì tranquilla. Non permetterò più a quel bastardo di avvicinarsi a te.- disse l'altro ricordando ancora la volta in cui il ladro aveva cercato di spacciarsi per lui*; quella se l'era proprio legata al dito.

-Uhm...-

-Non ti fidi di me?- chiese guardandola fisso negli occhi. Ran si perse nel colore delle sue iridi così profonde da poter vedere l'anima sincera del ragazzo, così brillanti da sembrare rubate dal diamante del Cuore dell'Oceano, e si convinse che quello non poteva essere nessun altro se non Shinichi, il suo Shinichi. Il detective le prese la mano delicatamente sfiorandole prima le dita quasi per paura che lei la ritraesse, poi avvicinò lentamente il volto a quello della ragazza che si era illuminato in un bellissimo sorriso, ma d'un tratto ad interromperli per l'ennesima volta ci fu l'intera folla che si mise a vociare ad alto volume indicando fuori dalla finestra che il Mago del Chiar di Luna era arrivato ed era sul palazzo di fronte. Sia Shinichi che Ran corsero a vedere la figura bianca e beffarda del ladro stagliarsi contro l'edificio dirimpetto illuminata dai riflettori della polizia ed dagli elicotteri che sorvegliavano lo spazio aereo. Era comparso in una nuvola di candido fumo su un cornicione a metà del grattacielo salutando la folla con una cascata di brillantini sparsi con gesto teatrale. L'ispettore Nakamori era già all'opera con i suoi uomini che stavano salendo sul palazzo per prenderlo, ma non ci sarebbero mai riusciti in quel modo. Il Ladro aveva un piano. Shinichi lo fissò intensamente per capire cosa tramasse in base ai suoi gesti e Kaito Kid lo individuò tra la folla accalcata alla finestra. Ci fu uno scambio fulmineo di sguardi che diceva tutto ciò che a parole non avrebbero mai potuto dirsi prima che Ladro Kid sorridesse e schioccando le dita facesse spegnere tutte le luci puntate su di lui abbagliando tutti i presenti con un potente faro dietro di lui che lo rese invisibile alla folla per una frazione di secondo. Appena riapparve tutti mormorarono stupiti da questo gesto, ma il detective non si fece ingannare. Aveva notato subito che il mago stava armeggiando in tasca in cerca di qualcosa, evidentemente un telecomando che disattivava l'impianto elettrico, e poi aveva visto che la figura apparsa era più chiara, si faceva come attraversare dalla luce.

-È una proiezione.- disse alla karateka che lo guardò stranita -Quello non è Kid, è una sua proiezione.- spiegò meglio, ma Ran rispose -Ma allora lui dov'è?-

Arrivarono entrambi alla risposta in attimo con gli occhi sgranati, dopotutto anche un bambino ci sarebbe arrivato, e corsero giù a rotta di collo fino alla sala dove era custodita la collana giusto in tempo per vedere per primi sulla teca il bigliettino “Con gli omaggi di Kaito Kid”.

-Maledizione!- esclamò il ragazzo proprio mentre arrivavano gli agenti con Nakamori che doveva esserci arrivato anche lui alla fin fine a scoprire il trucco.

L'ispettore vide la scena e le facce deluse dei due ragazzi e imprecò per poi mettersi a sbraitare -Razza di stupidi! Dovevate fermarlo accidenti! E voi due chi sareste, scusate?-

-Io sono un detective e lei mi aiuta. Ci siamo già presentati ispettore Nakamori, sono Kudo Shinichi.- gli tese la mano amichevole, ma lui lo guardò diffidente e la strinse poco convinto.

-Mi ricordo, mi ricordo... un impiccione piantagrane. Comunque l'altra sarebbe?-

-Anche lei l'avrà già sentita.- fece cenno a Ran di avvicinarsi -Ran Mouri.-

-Ah, sì, ho un vago ricordo. Ora sloggiate che dobbiamo lavorare.-

-Ma io posso aiutare, l'ho già fatto in passato...- tentò di convincere l'uomo che si avviava fuori dalla sala a passo di carica senza ascoltarlo, così il ragazzo fu costretto a giocare quella che doveva essere la sua carta vincente -Ho insegnato io al bambino, Conan Edogawa, tutto quello che sa.- L'ispettore si bloccò e si voltò dicendo -Ah, l'altro piantagrane...e va bene potete restare, ma non disturbate.-

Shinichi sorrise soddisfatto e prese Ran in un angolo mentre l'altro urlava a tutti di andare a destra e a manca.

-È bravo, ma gli manca la pazienza purtroppo.- commentò il ragazzo sottovoce per evitare di farsi sentire. La karateka concordò e aggiunse -Dove potrebbe essere Ladro Kid? Forse si è travestito?-

-No, non credo. Guarda stanno perquisendo tutti. Non sarebbe furbo. Piuttosto controlliamo il piedistallo. Dal palazzo di fronte per arrivare qui non è velocissimo, quindi deve esserci un meccanismo per il quale è riuscito a prendere la collana senza toccare la teca, cosa peraltro impossibile.-

Shinichi fece disattivare le difese e si concentrò sul piedistallo con Ran dietro di lui che lo osserva.

-Non è possibile. Non c'è niente!- fece il detective battendo il pugno per terra deluso.

-Forse... aspetta.- la ragazza lo scostò e tolse delicatamente il vetro dalla teca appoggiandolo per terra, sollevò il supporto facendo un po' di forza e guardò soddisfatta nel buco che si era aperto.

-Et voilà!- esclamò facendo cenno all'altro di guardare dentro. Vi era una sorta di cunicolo ripido che portava verso il basso e il supporto in velluto che Ran teneva in mano era doppio, aveva due parti identiche una opposta all'altra. Non fu difficile per il detective intuire che aveva azionato un meccanismo che aveva fatto ruotare il supporto facendo scivolare la collana lungo il cunicolo e lasciando vuota la teca.

-Sei un genio, Ran!- si complimentò Shinichi euforico.

-Oh, per così poco...- la karateka arrossì lievemente. Complimenti di questo genere non capitavano mica tutti i giorni con Shinichi Kudo.

-No, no... davvero brava. Ma d'altronde le donne sono frivole e sanno sempre dove si nascondono i gioielli.-

-Cosa intendi dire, antipatico!-

-Non arrabbiarti dai... hai una torcia?- Ran scosse la testa, così il ragazzo la invitò candidamente a togliersi il maglione che indossava per cederglielo.

-Ma sei impazzito?- la ragazza lo guardò storto.

-Non hai nulla sotto?-

-No, no ho un'altra maglia, ma è senza maniche e ho freddo!- dopo tutto era dicembre e per quanto fossero al chiuso non si stava certo bene in canottiera.

-Tieni.- Shinichi con fare cavalleresco si tolse la giacca blu e gliela porse sorridente. Alla karateka non restò altro che sospirare e sfilarsi il maglione indossando in fretta l'altro indumento per non congelarsi. Il detective lo studiò per bene prima di afferrare un filo e tirarlo fino a smagliare la cucitura.

-Ma che fai! È nuovo!- protestò la ragazza, ma lui la zittì passandole a spiegare il suo piano.

-Faremo come con il filo di Arianna. Attaccherò questo gancetto con un localizzatore a una estremità e la butterò giù per il tubo, così sapremo dove va a finire e troveremo Ladro Kid.-

-Sì, ma il mio maglione....-

-Rilassati te ne compro uno nuovo se è questo che ti preme. Perfetto e ora, il localizzatore. Vai.- prese la sua piccola “invenzione” e la lasciò cadere nel vuoto attaccando l'altra parte finale a uno dei paletti che reggevano i cordoni rossi.

-Bene. Ora seguiamo il suo percorso con il mio cellulare.-

-Il tuo cellulare fa anche questo???- chiese Ran stupita.

-Certo, è un semplice segnale GPS... comunque ecco a lei, Watson, il percorso del nostro Cuore dell'Oceano. Cosa deduce?-

-Che è abbastanza lineare... dovrebbe finire nella sala delle... caldaie?- fece lei corrugando la fronte per pensare.

-Watson, mia cara, comincio a pensare che devo smetterla di darti lezioni o mi supererai... scherzi a parte, muoviamoci, il caaaaaro maghetto ha le ore contate. Da là sotto non puoi certo scappare con il tuo ridicolo deltaplano, Kid.-

Ran non poté fare a meno di notare come la voce di Shinichi fosse cambiata quando si era messo a parlare di Kaito Kid, aveva trattenuto a stento un ringhio mentre pronunciava il suo nome. Che fosse geloso? Non aveva motivo di esserlo per una storia così vecchia e che tra l'altro non doveva neppure conoscere. Di sicuro era stato Conan ad informarlo, ma perché ingelosirsi a tal punto? Erano passati mesi dall'accaduto. Eppure Shinichi non accennava a voler dimenticare mentre si dirigeva a passo di carica verso la sala caldaie del palazzo con Ran al seguito. Non che fosse un vendicativo, ma era la prima volta che poteva affrontare a viso aperto il ladro dopo tanto tempo e una piccola rivincita da parte di Shinichi e non di Conan ci stava. Dopo pochi minuti arrivarono nel sotterraneo nel luogo indicato dal segnale e trovarono il locale deserto. Il luogo era grigiastro e malsano, piuttosto caldo e sporco. Vi erano varie macchie sul pavimento e in un angolo proprio sotto il tubo metallico il rudimentale sistema di localizzazione. Il detective raccolse la ricetrasmittente e la ficco in tasca impassibile.

-Accidenti siamo arrivati tardi.- commentò Ran non vedendo nessuno.

-No, non è ancora scappato, c'è troppa polizia. Piuttosto per me...- Shinichi fece una pausa per andare verso l'ascensore di servizio sotto il quale vi era una macchia d'olio di motore sbavata e lo aprì trovando il ladro più ricercato del Giappone rannicchiato come in trappola dentro il metro quadrato del cubicolo con il cilindro in mano per evitare di stropicciarlo. Kaito Kid si voltò scocciato verso il detective come se si trattasse di un bambino che è appena stato scoperto a nascondino, ma riprese subito la sua solita faccia da poker quando comparve sullo sfondo anche Ran.

-Beccato, Kid.- sottolineò con fare superiore Shinichi facendogli cenno di uscire con le mani in alto.

L'altro uscì con tutta calma stiracchiandosi.

-Ce ne hai messo... temevo di dover venire io a cercarti. Non vedevo l'ora di rivederti mio caro. Mi è mancato il tuo scetticismo verso i miei trucchi, cosa che invece non credo sia mancata alla tua deliziosa compagna, dico bene tesoro?- Ladro Kid si avvicinò teatrale alla karateka chinandosi per farle il baciamano, ma lei rispose con un pugno dritto nello stomaco e una gomitata sulla schiena che lo atterrarono e lasciarono basito il detective.

-Ok... forse, me lo sono meritato.- fece il mago rialzandosi cercando di non far credere di essersi fatto male.

-Dove è la collana, Kid?- il detective e il ladro si fronteggiavano fissi negli occhi nei sotterranei del palazzo mentre tutti stavano cercando ai piani più alti.

-Ovvio che non te lo dico, genio dal QI superiore alla media.-

-Sei in trappola.-

-Ti dirò... non avevo previsto la tua presenza, quanto piuttosto quella di un certo bambino, ma è lo stesso. Il trucchetto funzionerà lo stesso. Anzi, anche meglio. Ora che ho la tua incantevole amica qui potrò avere un'assistente come ogni mago che si rispetti. Sei d'accordo, detective?- il ladro prese in un lampo le braccia della karateka e gliele fermò dietro la schiena bloccandola.

-Non azzardarti ad avvicinarti a lei, bastardo!-

-Me la presti un secondo? È per la scienza, cioè per la magia... eh, eh.- Kaito Kid sorrise beffardo mentre con un colpo di pistola faceva saltare la griglia sopra la sua testa e saliva su come un lampo grazie alla sua pistola a corda trascinando con sé anche Ran che urlava senza dimenarsi per paura di cadere.

Shinichi lo maledisse e corse su per le scale fino ad arrivare al primo ascensore disponibile, ma non prima di essersi fermato da un agente e avergli sottratto la pistola. Certi trucchetti gli conosceva anche lui, nonostante non fosse un ladro. Salì fino all'ultimo piano e si fece a piedi le rimanenti scale fino al tetto dove di sicuro il Mago del Chiar di Luna aveva portato sia la sua Ran che la collana per fuggire indisturbato. Con il fiatone per la corsa il ragazzo arrivò in cima e si trovò la figura del ladro stagliata contro la luna con la ragazza a fianco seduta per terra immobile.

-Sei stato veloce.- Kaito Kid sorrise beffardo.

-Kid. Basta è finita. Ho capito i tuoi trucchi. La proiezione sul palazzo per poterti dileguare, il doppio fondo della teca, il tubo, e la grata. Hai preparato bene le tue cose come ogni volta, lo ammetto, ma hai fatto i conti senza l'oste.-

-Sei tu forse ha non aver capito. Io ho lei.- il mago indicò la ragazza seduta al suo fianco che fissava il detective con tutta l'aria di chi vuole alzarsi, ma non può.

-Che le hai fatto?- chiese in cagnesco Shinichi avvicinandosi.

-Nulla. Solo che se vuole che la collana non vada rotta le conviene non muoversi di un millimetro perché è in bilico appena dietro di lei. Se si azzarda a muoversi cade.- spiegò con semplicità diabolica il ladro.

-Ma tu non vuoi che vada rotta.- affermò Ran con convinzione -A cosa serve rischiare?-

-Non sta affatto rischiando, mia Ran. È legata a lui lo stesso. Non vedi il filo che gli penzola dalla cinta?- disse Shinichi ormai sporto contro la ringhiera.

A quelle parole la karateka si alzò di scatto e gli tirò un violento calcio per averla trattata di nuovo da stupida, così Kaito Kid si piegò in due dal dolore, ma il gancio gli si staccò facendo cadere il prezioso monile al suo destino inesorabilmente. Con scatto felino, Shinichi si avventò sul restante filo prima che scivolasse del tutto e riuscì ad afferrarlo per un pelo, così facendo però cadde lui al di là della recinzione rimanendo appeso solo per un braccio. Ran, che stava tenendo fermo il mago onde evitare che scappasse, si alzò di scatto per salvare il detective, ma era troppo pesante per lei da sollevare e la sua mano stava mollando sempre di più la presa. Stava per scivolare dall'ultimo piano di un palazzo su una delle strade più trafficate di Tokyo.

-Non mollare la presa, Shinichi! Ti prego!- con le lacrime agli occhi la ragazza stava facendo ricorso a tutte le sue forze per tenerlo su, ma si stava così avvicinando anche lei sempre di più alla fine del tetto.

-No! Lasciami Ran. Cadrai anche tu. Lasciami!-

-No! No! Ti prego!- le lacrime ora scendevano copiose dai suoi occhi indaco finendo sulla manica della camicia di Shinichi che ormai aveva quasi mollato la presa. Stava per accadere come nel film dal quale quella maledetta collana aveva preso il nome. Sia Jack che il Cuore dell'Oceano erano destinati ad affondare e non tornare mai più. Ran ormai era limite del bordo e l'altro stava scivolando del tutto quando una terza mano si aggiunse alla presa, quella di Kaito Kid.

-Uff, ti devi sempre mettere nei guai.- ironizzò mentre con un sforzo lo issava di nuovo al sicuro. Prima che Shinichi mettesse di nuovo le gambe sulla terra ferma, il mago colse l'occasione per avvicinarsi al suo orecchio e sussurrargli -Non dire poi che non tengo ai miei amici... me ne sarei potuto andare che era forse meglio.-

Appena il detective toccò di nuovo il solido vi stese sopra rassicurato, il pavimento liscio e caldo nonostante il freddo lo fecero tornare a respirare regolare, il cielo scuro punteggiato di stelle e illuminato dalla luna gli sorrideva e lui si lasciò andare con un sospiro; stavolta aveva davvero temuto per la sua vita. Ran gli si buttò sopra abbracciandolo piangendo di felice.

-Grazie, grazie, grazie...- ripeteva senza sosta ad un ipotetico santo o allo stesso Kaito che guardava la scena a poca distanza o chi a chiunque fosse stato ad evitare che il suo detective cadesse nel vuoto.

-Ran, calmati... calma...- Shinichi prese ad accarezzarle la testa e si mise a sedere. Quando entrambi si furono rilassati, il ladro parlò -Che scena toccante. Scusate ma ora mi sa che devo andare... la polizia mi deve aver beccato.- Infatti un stormo di elicotteri si stava avvicinando con riflettori puntati proprio contro di lui che si accinse a spiccare il volo con il suo deltaplano.

-Kid!- lo chiamò il detective quando aveva appena mosso il primo passo nel cielo librandosi nell'aria -Grazie, ma questo non cambia le cose!- alzò la pistola che aveva preso all'agente precedentemente e la puntò contro un ala del velivolo facendo fuoco. Il deltaplano iniziò a perdere lentamente quota e a sbandare mentre Ladro Kid imprecava contro Shinichi dicendo che era l'ultima volta che faceva qualcosa per lui.

-Shinichi!- lo rimproverò la karateka -Ti ha salvato la vita!-

-Mica l'ho ucciso, ho solo rallentato la sua fuga, mia cara.- il ragazzo sorrise ironico raccogliendo il gioiello blu da terra. Così bello alla luce della luna, splendente di luce propria, rifletteva le iridi dei due innamorati fondendole in una sola. Shinichi lo fece indossare alla ragazza contemplandolo.

-Bellissima.- disse ammirato.

-Sì, lo è.- convenne Ran guardando la collana che le pendeva al collo.

-Non la collana, tu.- e così dicendo si chinò su di lei per baciarla dopo tanto tempo come si deve, con amore e dolcezza uniti a una passione che non sarebbe mai sfumata nemmeno dopo mille anni. Così alla luce della luna candida, sotto il cielo stellato, come sfondo una Tokyo rilucente e l'inseguimento comico del ladro più ricercato del Giappone con un ala forata, i due si concessero un breve momento per loro prima di tornare alla triste realtà che li vedeva vicini e nonostante tutto distanti. Ma entrambi sapevano che questa situazione sarebbe finita presto, perché il loro amore non era il Titanic destinato ad affondare, era il Cuore dell'Oceano destinato a riaffiorare sempre e vivere nei secoli come leggendario.

 

-Allora come è andata?- chiese Ai a Conan mezzo addormentato sul banco di scuola.

-Bene, bene... ho preso la collana...-

-E il ladro?-

-Un... altro... giorno...- il bambino sbadigliò e poi crollò comicamente sul banco esausto dopo la notte passata a correre dietro a Ladro Kid.

-La smetterai una buona volta di giocare a guardie e ladri con Kaito Kid...- disse ironica la giovane scienziata al detective semi-addormentato.

-Dopo, dopo... notte...-

-Notte.- scosse la testa divertita e sconsolata mentre la maestra batteva il pugno facendolo sussultare per svegliarlo, così lui bofonchiò ancora con gli occhi chiusi -Altri cinque minuti, Kid...-

 

*Movie 8 Lost Ship in the sky
Angolo Autrice:
Ecco il ladro più figo di 'sto mondo che rubacchia qua e là...
XD spero vi sia piaciuto!
Dedicato alla mia critica che adora Ladro Kid
Vi ringrazio tutti! Siete fantastici! (per dirla alla emo vi lovvo!)
Dal prossimo caso, in corso d'opera, ritrorneranno i miei amati cadaveri (un poco tetro lo so) 
XD é stata davvero dura scrivere senza nessun morto a farmi compagnia XD
Ma ammetto che la compagnia di Kid non è da sottovalutare *-*
Ciao a tutti alla prossima!
=)

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Capitolo 7
*** Tra la braccia di Morfeo ***


Tra le braccia di Morfeo

 

Mancavano pochi giorni a Natale e tutti erano indaffarati a fare le ultime compere prima della vigilia. Uno Shinichi imbottito di strati caldi per proteggersi dal vento freddo che manteneva solida la neve accumulata ai bordi delle strade stava appoggiato con la mano ad un lampione sospirando leggermente spazientito. Un fiocco di neve gli cadde sulla guancia arrossata dal gelo lasciata appena scoperta dalla sciarpa che lo avvolgeva. Non era comunissimo che nevicasse a Tokyo, ma quell'anno era piuttosto freddo e la neve aveva iniziato a imbiancare la città già a fine novembre, le strade se ne erano riempite in fretta per via del clima secco che caratterizzava la regione e ora ci si poteva godere anche lì il grandioso spettacolo di una metropoli natalizia candida. Il detective portò la mano guantata nel punto in cui la sua pelle si era raffreddata per riscaldarlo e di fianco a lui comparve una grossa ombra deforme che lo fece voltare.

-Ce ne hai messo di tempo!- esclamò in uno sbuffo di irritazione il ragazzo vedendo una Ran carica di pacchi e borse avanzare verso di lui lentamente per evitare di scivolare sul marciapiede congelato.

-Uff, potresti anche darmi una mano...-

-E perché mai? Sei tu che hai svaligiato i grandi magazzini, mica io!-

-Lascia stare.- la karateka lo superò a passo deciso, ma scivolò su una lastra di ghiaccio e gli fini letteralmente in braccio.

-Meglio se mi dai un paio dei tuoi pacchi.- ammise Shinichi tenendola ancora in quella posizione da casquette con cui l'aveva afferrata.

-Uhm, già.- I due si stavano guardando negli occhi persi l'uno nell'altro, ma l'irritante suono di un cellulare lì vicino li distrasse e li costrinse ad allontanarsi riprendendo il cammino.

Ran, anche lei bardata dalla testa ai piedi, passeggiava con le mani piene di borse accanto al detective che aveva preso in custodia gli altri pacchi.

-Tu non hai comprato nulla?- chiese ad un certo punto la ragazza.

-Naaa, solo la mia presenza basta e avanza come regalo. Questo dovrebbe bastare a tutti quelli che conosco.-

-In particolar modo ai becchini!- la voce acuta di Sonoko Suzuki si espanse dietro di loro.

-Cosa hai detto scusa??? I becchini li do io a te se non ti togli subito dalla mia vista!- sbraitò Shinichi arrabbiato per quell'affermazione. Non era lui a portare sfortuna, ne era certo. Altrimenti perché sarebbe stato così fortunato da aver una ragazza come Ran al suo fianco da tutta la vita?

-Non ti scaldare... passavo solo di qua. Non voglio certo rubare tempo agli sposini che comprano i regali per gli amici in comune.- così dicendo se ne andò agitando la mano dietro a sé in segno di saluto.

-Mi spieghi perché sei sempre così? Ti costa tanto lasciarla perdere?- domandò Ran proseguendo la strada.

-Sì, scusami... ho freddo.-

-Il freddo ti fa essere scorbutico? Allora ho io quello che ci vuole... vieni!- Erano giusto davanti all'agenzia investigativa e Ran lo trascinò su per bere un tè caldo assieme e distendere le membra intirizzite dall'aria gelida. Kogoro lì salutò dalla sua scrivania mentre leggeva il giornale in tono piatto e gli disse di andarsene poiché di lì a poco sarebbe arrivato un cliente. A quelle parole Shinichi non poté resistere e chiese il permesso di rimanere incitando anche Ran a incoraggiare il padre a dire di sì.

-E va bene!- acconsentì l'uomo alzando gli occhi al cielo -Ma non devi disturbarmi!-

-Senz'altro! Grazie!-

Tutti e tre quindi si misero ad attendere l'arrivo di questa persona che doveva portare un caso piuttosto particolare a sentire il modo in cui era stato presentato a Kogoro. Il tè fumante fece tornare la circolazione nelle mani dei due amici d'infanzia mentre le immagini alla televisione scorrevano senza essere davvero viste. Quando il campanello trillò tutti i presenti sussultarono e Ran andò ad aprire la porta da brava padrona di casa accogliendo la figura tremolante dell'uomo smilzo bardato in un pesante cappotto marrone scuro con sciarpa, cappello e guanti rossi. Entrò in un inchino cordiale di saluto e Kogoro lo invitò ad accomodarsi e a porgere il soprabito alla figlia. Il signore eseguì rivelando una silhouette ancora più magra e smunta di quanto si poteva immaginare; i capelli erano bruni tendenti al grigiore di una vecchiaia non adatta all'età sui trentacinque che dimostrava. Si sedette sulla comoda poltrona di fronte al detective Mouri e attese di essere invitato a parlare educatamente.

-Molto bene, il signor Nakano Zenko, giusto?- chiese per rompere il ghiaccio Kogoro.

-Sì.- confermò l'altro con rigido cenno di testa.

-Questi sono mia figlia Ran e il suo amico Kudo Shinichi, avrà già sentito parlare di lui...- si trattenne dall'aggiungere il “purtroppo” che per gentilezza verso la figlia aveva evitato di usare.

-Oh, certo! Ho letto di lui sul giornale dell'altra settimana. Molto lieto di fare la vostra conoscenza.-

disse l'uomo accennando un lievissimo interesse. Sia Ran che Shinichi risposero cordialmente e poi Kogoro passò a farsi spiegare il caso che il signore gli sottoponeva.

-Allora, è piuttosto difficile da spiegare, mi creda... Ho la sensazione che nemmeno mi crederà, comunque... Io sono il nuovo direttore di un istituto penitenziario minorile maschile nella periferia di Beika. Sono arrivato da poco, circa tre mesi, e inizialmente non ci sono stati problemi... almeno non diversi dai soliti di un comunissimo carcere minorile, ma poi sono venute fuori alcune storie di cui non ero a conoscenza che mi hanno costretto a correre ai ripari e a contattarla. Si tratta di una serie di morti inspiegabili, avvenute in circostanze non chiarite.-

-Si spieghi meglio.- intervenne Shinichi molto interessato guadagnandosi un occhiataccia da parte di Kogoro.

-Bhè, per le prime due, tre settimane tutto è stato tranquillo, ma quando i primi ragazzi hanno iniziato a fidarsi di me sono saltate fuori delle vicende davvero... strane. Sapevo che tre ragazzi erano morti precedentemente, ma nessun dossier era stato aperto perché si credevano delle tragiche coincidenze, poi un giorno mi si presenta un ragazzo in ufficio e chiede di poter parlare con me in privato. Così faccio allontanare tutte le guardie e rimaniamo soli, so bene quanto una qualsiasi dimostrazione di fiducia nei loro confronti sia già di grande effetto su di loro, quindi il ragazzo si è aperto subito con me e mi ha raccontato cose che giuro di non aver mai udito! Mi ha confidato che un paio di giorni prima di ogni morte si sentivano di notte delle urla agghiaccianti, ma che nessuno dei custodi se ne è mai preoccupato e che sempre dopo due giorni uno dei ragazzi veniva trovato morto. Io ho trovato molto strano che si trattasse di una coincidenza, ma per rinfrancare il ragazzo gli ho detto che non c'era da preoccuparsi per lui e per i suoi compagni. Avevo notato, però, negli occhi di quel giovane e di tanti altri una sfumatura di paura, terrore, non normale per tipi come loro da riformatorio. Sono passate alcune settimane in cui tutto è stato tranquillo, ma pochi giorni fa è stato trovato morto un altro ragazzo. Ho subito preso contatti con lei, quindi perché capisco le coincidenze, ma quattro mi sembrano un po' troppe.-

-Come è stato trovato morto il ragazzo?- ancora una volta fu Shinichi a parlare per primo, colto nel vivo da quel caso.

-Allora... nella cella di isolamento, rannicchiato privo di vita in un angolo in fondo alla stanza.-

-E c'è qualcosa di particolare che ha notato? Tipo se c'era qualcosa che poteva uccidere una persona all'interno o roba del genere?-

-No, nulla di questo... la stanza era vuota. Il piatto della cena era stato ritirato già la mattina quando era passata la colazione e non c'era altro.-

-E come è stata classificata la morte?-

-Stenti e pestaggi. Lo stesso di una delle tre precedenti.-

-Interessante... e le altre?-

-Due come incidenti dato che sembra che i due detenuti siano scivolati e abbiano picchiato la testa. L'altra come suicidio dato che il ragazzo è morto picchiando la testa contro il muro più volte. Ah, e tutti erano in isolamento con la cella vuota.-

Shinichi si portò una mano al mento per pensare mentre Kogoro diceva la sua conclusione al direttore -Non si preoccupi... si è trattato di un caso, una coincidenza... non si dia tanta pena e non dia retta a quei piccoli teppisti che se ne inventano di tutti i colori.- Si alzò e il signore fece altrettanto deluso da quella risposta. Si salutarono cordialmente, ma il giovane detective li fermò.

-Aspetti, signore! Io non sono convinto che sia una coincidenza. Vorrei dare un occhiata se non le dispiace...- Tutti si voltarono verso di lui stupiti e l'uomo andò a stringergli la mano ringraziandolo per avergli creduto.

-Quando vuoi, ragazzo! Basta che mi dici...-

-Subito direi, se non è un problema. Mai aspettare con la scena del crimine ancora fresca.- disse Shinichi con il suo solito entusiasmo quando si trattava di indagini. Kogoro gli riservò un'occhiata piena di quello che si potrebbe definire odio accademico e Ran scosse la testa sospirando per poi dire -Vengo anche io.-

-Come???- il padre sgranò gli occhi a quell'affermazione e il giovane investigatore fece altrettanto dicendo -Tu? In un carcere minorile? Maschile?-

-Signorina, non credo sia posto per lei...- tentò di convincerla il signor Nakano, ma lei da testarda qual'era non volle sentire ragioni e prese cappotto e sciarpa scendendo le scale. Dopo la velata minaccia di Kogoro a Shinichi di ridurlo in poltiglia se lei fosse tornata con un solo graffio, anche gli altri due raggiunsero la ragazza in strada e salirono su un taxi che li condusse al riformatorio dopo una buona mezz'ora di strada.

L'edificio, alto e imponente, era circondato da mura con filo spinato e metteva timore solo a vederlo; era grigio di varie tonalità e imbiancato di neve dava l'idea di un istituto abbandonato consumato dal tempo. Entrarono dal cancello di pesante metallo rinforzato, attraversarono il cortile spoglio innevato circondato da reti metalliche a maglie fine e fecero il loro ingresso nella struttura. L'interno era come l'esterno: spoglio. C'erano le stesse piastrelle e luci dell'ospedale e dall'anticamera si diramavano tre corridoi; uno conduceva alle celle, uno alla mensa e l'altro agli uffici.

-Benvenuti.- annunciò tristemente il direttore rendendosi conto del brutto spettacolo che si presentava davanti. -Non abbiamo fondi, se no avrei già cambiato parecchie cose.- si giustificò mentre li portava direttamente alla cella d'isolamento. Stavano sfilando nel grande corridoio tra le celle e venivano squadrati dalla testa ai piedi dai ragazzi attorno.

-Chi abbiamo qui?- chiese uno scorbutico.

-Nuova carne fresca!- rispose ridendo sguaiato un altro.

-Ora siamo un carcere misto? Uh, che bella figa!-

Ran si strinse al detective cercando di non dare troppo peso ai commenti, ma non disse una parola per evitare il consueto “te lo avevo detto”; man mano che i tre si avvicinavano alla cella d'isolamento, i giovani detenuti si facevano sempre più silenziosi fino a piombare nell'assenza assoluta di suono quando gli ospiti si fermarono davanti alla porta della cella. Alcuni dei ragazzi più coraggiosi si schiacciarono alle sbarre per vedere meglio cosa facevano curiosi e d'un tratto proprio, mentre il direttore girava la chiave nella toppa, uno gridò -Ma quello è il detective liceale! Quello sul giornale!-

Tale commento catturò l'attenzione di molti altri che si addossarono contro la parete delle celle, in particolar modo un ragazzino piuttosto magrolino e piccolo appoggiò la faccia alle sbarre con vivo interesse stringendo le mani attorno ai freddi pali metallici come per allargarli ed avvicinarsi al ragazzo che si guardava attorno stupito da quell'accoglienza. Shinichi si sarebbe nel caso aspettato scherno, battute, offese, ma mai avrebbe pensato che quei ragazzi considerati dalla società come dei rifiuti lo riconoscessero e fossero in attesa di una sua valutazione di quegli strani eventi; evidentemente quelle morti dovevano aver scosso tutti quanti da come si vedeva che i giovani guardavano con interesse il detective.

Il ragazzo fece un accenno di saluto con la mano prima di entrare nella stanza seguito dal signor Nakano e da Ran che si stava guardando attorno stranita. La cella di isolamento era il posto più triste e vuoto che si fosse mai visto; cubica di tre metri per tre, le mattonelle una volta bianche ora erano gialle per l'usura, così come le pareti e il soffitto con una singola lampada al neon troppo forte per quei pochi metri quadrati che accecava chiunque tentasse di fissarla per più di due secondi, in vari punti sia della parete che del pavimento c'erano piccole tracce ematiche mal cancellate e in alto, troppo per arrivarci, vi era un piccolo condotto d'aria.

Il direttore passò a spiegare le varie macchie a cosa corrispondevano.

-Questa che vedete sul muro all'altezza del ginocchio è il risultato delle testate con cui uno dei ragazzi si è tolto la vita..., qui sul pavimento ci sono i punti dove sono caduto gli altri... e in quell'angolo è dove sono stato trovato l'ultimo.-

Shinichi passò in esame ogni centimetro quadrato, ma non trovò nulla che fosse d'aiuto; sembrava che in quella stanza fossero davvero accadute quattro terribili coincidenze, però lui non ne era affatto convinto. Non credeva al fato quando si trattava di queste cose, dietro c'era sempre una mente ben precisa e articolata a manovrare i fili volendo far credere e credendosi il destino. Queste cose non accadevano mai senza una ragione, non si poteva trattare di disgrazie perché in quel caso il tutto sarebbe stato imperfetto, ci sarebbero stati indizi e invece l'assenza di prove parlava più di mille testimoni, era come un imputato che dichiarava la propria colpevolezza consapevole della gravità del suo gesto. Tutto era contro la teoria, che rimaneva teoria senza prove, ma i fatti parlavano chiaro: le coincidenze erano troppo simili per essere solo scherzi del destino. Erano dei crimini veri e propri che non sarebbero rimasti impuniti a lungo con Shinichi Kudo ad indagare.

Quando uscirono dalla cella, tutto il carcere era rivolto verso di loro con sguardo implorante, ma l'aria delusa del detective li fece perdere la speranza e molti si allontanarono irritati dalle sbarre mormorando a volume non troppo basso ingiurie. Shinichi attraversò il corridoio per tornare indietro con lo sguardo basso in evidente difficoltà per non aver trovato niente; si sentiva puntati addosso gli sguardi accusatori di tutti e non lo mettevano per niente a suo agio. Si guardò intorno osservando le facce dei giovani e ne notò una in particolare, quella dello stesso ragazzino che poco prima lo guardava con le mani strette alle sbarre speranzoso. Proseguì nella sua camminata e appena fu fuori nel cortile sentì calare sulla spalla una mano delicata che gli fece una dolce carezza.

-Forse papà aveva ragione.- disse la karateka sorridendo triste.

-No. Non hai visto come mi stavano guardando quei ragazzi? Sono un detective, loro dovrebbero detestarmi! E invece volevano una risposta da me! Erano terrorizzati, persino i più grandi e grossi. Sanno di più di quanto vogliano ammettere, ma dubito che lo verranno a dire al signor Nakano. Forse se chiedessi di parlarci io a quattr'occhi mi darebbero qualche informazione...-

-Uhm, non credo, sai? Sono piuttosto sulle loro da quanto ho visto. Shinichi, come si fa a stare in un posto del genere! È orribile!- la ragazza gli si strinse al petto facendolo arrossire -Scusa, no-n dovevo...-

-No, no tranquilla. Torniamo a casa che è ora di cena.-

-Resti a cena da noi? Scommetto che non c'è nulla di commestibile a casa tua!- Ran rise al solo pensiero della sua dispensa semi-vuota, ma Shinichi protestò -Guarda che per tua informazione le gallette di riso integrali rafferme, le zucchine mosce e il pesce di tre giorni fa sono un ottima cena!-

 

Il giorno seguente Ran era passata come di consueto a casa di Shinichi ma non lo aveva trovato, anzi, l'intera villa era come deserta, sembrava che si fosse volatilizzato nel nulla e la cosa la fece preoccupare non poco. L'unica cosa che trovò attaccata alla porta con del nastro adesivo era una busta bianca con sopra il suo nome scritto dalla calligrafia del detective. La karateka la staccò e la aprì frettolosamente sempre più in ansia; dentro vi trovò un messaggio che la fece preoccupare poi la lasciò perplessa e infine la fece infuriare. Solo Shinichi era in grado di scatenare in lei tutte quelle emozioni in una volta sola.

Cara Ran, se stai leggendo questo messaggio vuol dire che sono morto...

No, no sto scherzando... non dirmi che ci eri cascata! Comunque, mi sono infiltrato nel carcere minorile sotto falso nome per indagare con l'aiuto del direttore ovviamente. Ti sarei immensamente grato se passassi alle 15:30 per l'orario di visite con la parrucca bionda che troverai nell'anticamera di casa mia, devo darti alcune istruzioni per accelerare i tempi di risoluzione del caso. Il nome di cui devi chiedere è Saburo Ota.

Grazie mille,

Shinichi

P.S. Trova una scusa a scuola. Ti adoro!

-Ma che razza di idiota! Mi fa prendere certi colpi... poi mi sente!- la ragazza era davvero arrabbiata con il detective, ma eseguì lo stesso ciò che le aveva lasciato scritto e alle 15:30 era davanti alla porta della sala per le visite del penitenziario minorile con l'orrenda parrucca bionda a caschetto che Shinichi le aveva lasciato. Ovviamente anche il signor Nakano era a conoscenza del piano e aveva riservato ai due una saletta per poter parlare in privato con la scusa che il detenuto era appena arrivato.

-Razza di imbecille!- lo salutò Ran con le mani sui fianchi.

-Anche per me è un piacere, bambola!- rispose la figura dai capelli neri ricci e spettinati con la pelle ambrata e gli occhi marroni vestita con una logora tuta arancione.

-Come, prego?-

-È gergo di qua. Ti prego, accomodati.- gli fece lui indicando la sedia davanti a sé.

-Spero che almeno sia stato produttivo...- disse la karateka scuotendo la testa come di fronte ad un pazzo.

-Estremamente! Non hai idea di quante cose si imparino in carcere! Lo sapevi che da un semplice laccio e un pezzo di legno può venire fuori un'arma niente male? E che...-

-Shinichi! Non sono qui per parlare di questo!-

-Non devi chiamarmi così... io sono la “lince” qui.-

-Non oso immaginare il motivo di questo nome... ti sei già fatto amico tutti qui, a quanto noto...- ironizzò Ran avendo intuito la dinamica di quella mattinata per il ragazzo.

-Passo a spiegarti quello che devi fare. Allora, vai agli archivi e controllami tutti gli addetti. Mi serve una persona che sia capace in medicina o che abbia facilità nel reperire farmaci. Poi devi farmi il favore di pagarmi la cauzione e...-

-Pensavo ti piacesse la prigione...- lo interruppe sarcastica Ran ridacchiando.

-Ebbene sì, io sono un detective e la prigione fa parte del mio essere... anche se di solito sono dall'altra parte delle sbarre.- ammise l'altro in tono ispirato.

-Mi racconti come ti è andata stamattina, allora? Sono curiosa “lince”.-

-Ti accontento subito, bambola. Ieri sera mi ero già accordato con il signor Nakano per questa cosa e la mattina presto è passato da me e mi ha portato qui facendomi passare per uno nuovo. Teoricamente io sarei un taccheggiatore. Poi sono andato nella cella che mi sono scelto io in precedenza, quella con quel ragazzino particolare, e mi sono fatto subito amico il capo della banda. Volevano pestarmi all'inizio, ma io con le mie eccezionali doti deduttive sono riuscito a dissuaderli con dettagli poco consoni a una signora e in nemmeno due ore sono nel corpo d'élite del carcere.-

-Bravo...- fece con poco interesse la karateka -Noi invece a scuola non abbiamo fatto granché... mi sono inventata che avevi mal di testa e che non te la sentivi di venire e poi...-

-Mi sei mancata.- la interruppe Shinichi con lo sguardo basso.

-Come?- Ran volle accertarsi di aver inteso bene quello che aveva detto.

-Mi sei mancata.- ripeté stavolta alzando gli occhi su di lei. La parrucca bionda non la imbruttiva affatto ed esaltava il candore della sua pelle incantandolo.

-Anche tu.- sussurrò la ragazza sorridendo.

-Sai, il carcere non fa per me. Io voglio essere libero ovviamente, di indagare, di girare, di vedere chi voglio..., ma soprattutto voglio essere libero di stare con te. Voglio essere libero di non vederti solo per pochi minuti, capisci? Sono qui da solo una mattina e già mi mancano le tue urla su quanto in disordine tengo la casa. Non riuscirei a restarci qui dentro più di tanto fingendo di essere chi non sono. Non è da me. Ti prego quindi di fare in fretta a trovare quei documenti e di tirarmi fuori di qui prima di stasera sennò dovrò pestare uno per farmi accettare nella combriccola e io non picchio la gente, lo sai.- il ragazzo concluse sorridendo, ma la Ran era ancora rimasta nelle parole che aveva detto. Sembravano quasi il preludio a una dichiarazione d'amore e la karateka si stava beando in questo quando Shinichi le schioccò le dita davanti agli occhi e le mandò in frantumi il suo bel castello in aria.

-Ti è piaciuto lo scherzo nella lettera?- chiese il detective con la faccia da ebete.

-No! Non farlo mai più, idiota! Ho preso un colpo che... che... devi ringraziare che sia viva e non in rianimazione!-

-Dai, secondo te ti lascio una lettera scritta da me prima di morire attaccata alla porta?-

-Non farlo più per favore...- gemette Ran al solo pensiero di come si era sentita appena aveva letto quella frase. In quel momento arrivò una delle guardie carcerarie che portò via il detenuto “Saburo Ota” e scortò Ran all'ingresso. Lì la ragazza raggiunse il direttore e fece ciò che le era stato richiesto frugando in ogni angolo dell'archivio.

Shinichi intanto dalla sua cella guardava il cielo imbrunire sperando che la karateka facesse in fretta dato che se avesse fatto ciò che gli veniva chiedevano per farsi rispettare ossia pestare uno dei più deboli lo avrebbero spedito in isolamento e non ci teneva affatto a finire là dentro in quella che tutti definivano come stanza “maledetta” in tono un po' esagerato. Quando si era guadagnato l'interesse dei suoi compagni di cella quella mattina era rimasto parecchio scettico davanti alle varie dicerie che c'erano su quegli avvenimenti, ma aveva lo stesso ascoltato le varie impressioni e il quadro che ne era emerso era piuttosto inquietante.

 

Quello più grosso tra i miei nuovi coinquilini di questa squallida cella, ovviamente, punta su di me, il novellino. Non devo avere un aspetto troppo minaccioso od audace perché mi schernisce immediatamente -Ehi, gente! Guardate qui, c'è un pivello nuovo! Che hai combinato, moccioso? Rubato le caramelle?-

Cerco di fare la faccia più impassibile che ho, evito il mio solito sorrisetto con la mano dietro la testa dato che non si addice molto alla situazione e inizio la mia recita sperando che la bevano -Uhmf, non sono affari tuoi, Billy Boy.-

-Oh, si crede intelligente. Come conosce il mio nome, il nuovo arrivato? Fama di pestaggio?-

-No, l'ho letto sul muro sopra il tuo letto.- indico il materasso più sfondato deducendo che fosse suo; lui mi guarda circospetto e finisce con il darmi una pacca sulla spalla che mi fa barcollare in avanti.

-È bravo, avete visto? Mi piace il tuo modo di fare... “lince”! Vi va bene come soprannome?- si rivolge agli altri che annuiscono con dei grugni.

Uno, che sta giocattolando con un coltellino saltato fuori magicamente, mi chiede -Che hai combinato per finire qui dentro?-

-Taccheggio.- Il tizio che si fa chiamare Billy Boy passa a presentarmi tutti i miei compagni e i loro reati; ci sono molestatori, rapinatori, ladri, taccheggiatori, fortunatamente nessun omicida e da loro riesco a farmi raccontare dopo un po' di sforzi la vicenda che mi interessa e le loro impressioni. Mentre parlano vedo la paura nei loro occhi, una paura che non dovrebbero avere. Rigano dritti, alle lezioni sono più attenti del solito ed evitano di comportarsi male; non che me ne dispiaccia, ma in un carcere minorile dovrebbero essere un po' più “dinamici”, si vede che hanno paura. Billy Boy chiama a sé il ragazzino che mi guardava attraverso le sbarre implorante e gli ordina di raccontarmi tutto; si chiama Falco ed è stato lui a trovare il cadavere per primo. Dice di aver sentito durante la notte come tutti delle urla tremende, di essere stato inviato nel condotto dell'aria a controllare essendo il più piccolo e di aver visto il primo ragazzo morto otto mesi fa. Dopo due settimane lo stesso schema si è ripetuto e ha trovato l'altro, il terzo dopo un mese e mezzo e pochi giorni fa questo. Ovviamente non ha detto nulla perché altrimenti lo avrebbero punito, ma lo ha raccontato ai suoi compagni e che sono rimasti spaventati dal riscontro che poi hanno avuto le sue parole.

 

Ran stava rovistando tra le cianfrusaglie nell'archivio giurando che era l'ultima volta che aiutava quello stacanovista di un detective per le sue indagini. Aveva appena finito di guardare dentro il raccoglitore dalla D alla F quando la luce si interruppe e lei rimase al buio terrorizzata. Odiava il buio e odiava essere sola, non vedeva nulla e procedeva a tentoni verso il punto dove ricordava ci fosse la porta anche se non la trovava. Provò a chiamare qualcuno, ma nessuno rispose così si accasciò a una parete in lacrime non sapendo da dove uscire, sperava solo che la luce tornasse in fretta. Mosse la mano lateralmente facendola strisciare sul pavimento con gli occhi chiusi dalla paura e incappò in un oggetto molto familiare cilindrico; ringraziò mentalmente chiunque fosse stato a dimenticarlo lì e premette il pulsante. Una pallida luce bianca illuminò la stanza e la porta davanti a lei. Si alzò di scatto e corse alla porta spalancandola; la luce del corridoio la fece sorridere di gioia e fu seriamente tentata di andarsene di lì immediatamente, ma la consapevolezza che il detective aveva bisogno di lui la trattenne e anzi la fece tornare a finire il suo lavoro. Dopo tre ore quando ormai il sole era già basso, la karateka era riuscita a concludere qualcosa ed aveva pure messo in scena il teatrino della cauzione. Ora era al fianco di Shinichi che si era tolto il travestimento, così come lei la parrucca, e stavano tornando a casa. Il ragazzo si era perso nella spiegazione dei dettagli che aveva scoperto e di come l'indomani avrebbe di sicuro preso il colpevole quando Ran scivolò sul ghiaccio come il giorno prima e l'altro la prese per un soffio prima che rovinasse al suolo facendosi male.

-Occhio! Sei parecchio sbadata in questi giorni.- commentò Shinichi rimettendola stabile sui suoi piedi.

-È colpa del ghiaccio! Mica scelgo io di cadere!-

-Non mi hai ancora detto che cosa hai trovato.-

-Giusto!- Ran tirò fuori una agenda e gli diede i suoi appunti.

-Grazie. Stasera li studio e domani risolviamo il caso.-

-Non hai intenzione di dormire?-

-Quando avrò finito. Buonanotte!-

Il ragazzo lasciò Ran sotto casa correndo via pronto per la sua nottata in bianco, anzi in giallo.

“Allora, tre possibili sospettati. Due inservienti e una guardia carceraria. Il fratello della guardia possiede una farmacia. Poi uno dei due inservienti, il signor Uchiha, è assunto da nemmeno un anno, è stato via però per qualche mese per motivi di salute e ha lavorato precedentemente per una ditta farmaceutica ed è stato licenziato. Il terzo è il signor Endo che ha frequentato medicina, insegna scienze nella scuola interna alla prigione e vi fa anche il medico. Uhm, ha subito una rapina e dei danni da parte di alcuni teppisti due anni fa ed è stato costretto a chiudere lo studio medico perché non aveva abbastanza soldi per riaprirlo. Molto interessante. Il nostro ha fatto la prima vittima otto mesi fa circa, poi dopo la seconda non se ne è più saputo nulla e infine ricompare poco tempo fa. Il signor Uchiha è stato via per motivi di salute! Forse è stato lui, ma mi mancano le prove.” La notte proseguì così fino a che le prime luci dell'alba non rischiararono la stanza di Shinichi che era appena arrivato alla sua conclusione e si stava apprestando a sistemare gli ultimi dettagli con un paio di telefonate.

 

-Non hai chiuso occhio.- notò la karateka mentre l'amico si trascinava accanto a lei tentando di mantenere una postura dignitosa.

-No, dai, un poco ho dormito. Ma mi riposerò dopo. Ora dobbiamo risolvere il caso.- sbadigliando il ragazzo si fermò accanto ad un maggiolino giallo molto familiare ad entrambi e bussò al finestrino.

Il conducente abbassò il vetro e Ran scorse all'interno la figura pasciuta del dottor Agasa che li invitava a salire.

Shinichi per tutto il tragitto fino al carcere ignorò la ragazza che si lamentava per il fatto che sarebbero dovuti essere a scuola e intanto con un caffè energizzante in mano ripassa le sue deduzioni e il filo logico che le collegava.

Il direttore gli accolse a braccia aperte essendo stato avvisato dal giovane investigatore dell'imminente risoluzione del caso.

-Signor Nakano, ha fatto quello che gli ho chiesto per telefono stamane?- chiese Shinichi in tono professionale.

-Sì, sì. Sono tutti radunati nella sala conferenze. Posso sapere chi....-

-Più tardi. Ora andiamo tutti là e annuncerò il colpevole.-

L'aula adibita ad auditorium era molto grande anch'essa grigia come il resto della costruzione e affollata di tute arancioni che si agitavano sulle sedie scricchiolanti. Ai lati delle scale vi erano le guardie carcerarie pronte nell'eventualità di risse e davanti alla platea i vari inservienti. Tutti si stavano guardando intorno per capire il motivo per cui il signor direttore gli aveva convocati in quel posto tutti insieme. Quando fece la comparsa di fonte allo stuolo di persone il detective tutti si zittirono immediatamente.

-Qui.- iniziò con fare ufficiale – Sono avvenuti delle morti che non erano spiegabili se non come incidenti. Si è trattato, però, di un piano molto articolato. Un piano che era perfetto. Troppa perfezione però porta spesso a degli errori che sono madornali se uno li sa notare. Ma procediamo con ordine. Vi spiego la mia teoria. Il colpevole deve essersi procurato il modo di uccidere le vittime senza che nemmeno loro se ne accorgessero. Ha architettato tutto in modo che nemmeno la polizia scientifica ne rilevasse tracce. Ma cosa ha usato? La domanda è questa. Cosa è stato così efficacie da uccidere quattro ragazzi e non essere riscontrato negli esami clinici? Possiamo supporre che la cosa usata non sia invisibile per la scientifica, ma che sia irrilevante, trascurabile. E cosa in una persona può essere considerato trascurabile di estraneo?- con l'ultima domanda si rivolse all'intera assemblea e un ragazzo rispose dopo poco svogliatamente -Farmaci?-

-Esatto. Farmaci. Dei farmaci molto particolari: psicofarmaci allucinogeni. Tali sostanze possono essere anche non tenute in conto nell'esame medico legale se sono prescritte nella cartella clinica e non sono presenti nel corpo in dosi massicce. Sono farmaci potenti, ma non abbastanza da uccidere una persona; sono però in grado in indurla alla pazzia se usate in modo scorretto, ossia quando uno non ne ha bisogno. L'assassino ha somministrato nel giro dei due giorni di cella di isolamento quantità tali di quella sostanza da non essere considerati overdose, ma sufficienti per indurre alla pazzia chi non ne ha mani fatto uso. Da delle ricerche che ho fatto ho concluso che solo pochi tipi di psicofarmaci sono così potenti e sono quelli che vanno a sollecitare la zona della memoria del cervello e il subconscio creando uno stato di allucinazione durante la notte. Mentre si dorme quindi il soggetto perde la cognizione del tempo e quando si sveglia crede di continuare a vivere dentro il sogno che la sua testa gli fa vedere così, stimolato da ricordi e visioni per lui terribili, impazzisce e tenta il suicidio, muore di paura, mentre cerca di scappare cade e scivola, cerca di porre fine alla sua sofferenza. Trova piacere nella morte. Il colpevole ha sfruttato la stanza chiusa dell'isolamento per attuare il suo piano e si è creato un alibi perfetto. Ha fatto in modo che la colpa a prima vista, se mai qualcuno fosse riuscito a capire il suo folle piano, sarebbe ricaduta su un suo collega le cui presenze al lavoro coincidevano con le morti dei giovani. Ha somministrato farmaci anche ha lui provocandone la malattia che l'ha costretto a casa per tanti mesi e ha atteso il suo ritorno per le vittime successive modificando le cartelle cliniche di ciascuna di loro. Ci dica non è forse andata così, signor Endo? Lei non sopportava che a questi ragazzi venisse data una seconda possibilità quando a lei era stata negata proprio per colpa di alcuni di loro. Ha selezionato le persone che più le ricordavano i suoi aggressori e gli ha eliminati per vendicare il torto subito.-

Il signor Endo rise a quell'accusa, la parte preferita del detective, e chiese dove erano le prove di quell'assurda fantasia da ragazzini. Shinichi non si scompose e, abbassando il dito che teneva puntato contro l'omicida come nel più classico dei gialli, rispose -Ma io le ho le prove.- fece cenno a Ran di entrare con un paio di fascicoli in mano -Queste sono le cartelle cliniche dei ragazzi deceduti. Tutte scritte di suo pugno, in quanto anche medico dell'istituto, e tutte con la dicitura cura sotto psicofarmaci terapeutici, ma tutti gli altri inservienti addetti hanno dichiarato che ai ragazzi non è mai stato somministrato nulla del genere. Inoltre, mi sono preso il disturbo di far controllare il suo armadietto delle scorte e ho trovato alcuni flaconi di allucinogeni non prescritti. Ritengo che ci siano prove a sufficienza per accusarla.-

L'uomo si alzò in piedi ancora con il sorriso sulle labbra e si lasciò ammanettare dagli agenti che erano arrivati poco prima. Non disse una parola. Il suo silenzio era come un'ammissione di colpevolezza. Sapeva ciò che aveva compiuto, non gli importava però. Voleva la sua vendetta e l'aveva avuta. Shinichi lo guardò allontanarsi e scorse nei suoi occhi una scintilla di compiacimento che lo fece rabbrividire. Non avrebbe mai capito le ragioni di un assassino.

 

I due fecero in tempo ad andare a scuola in ritardo clamoroso per l'ultima ora di lezione.

-Shinichi Kudo!- la professoressa lo fece sussultare.

-Sì! Sì! Sono sveglio! Sono...-

-Si dorme a casa!-

-Mi scusi.- Il detective si scambiò un eloquente occhiata con Ran che gli sussurrò -La prossima volta dormi al posto di giocare!-

-Ma io non gioco!- Shinichi pensò poi tra sé e sé melodrammatico “Nessuno mi capisce.”


Angolo autrice:
Salve! scusate se mi sono fatta aspettare, ma è difficile scrivere solo alla sera. 
Comunque ecco un bel caso sadico di quelli che piacciono a me. Pre-trasformazione (per chi non lo avesse capito)
Grazie mille a tutti quanti che siete troppo buoni e continuate a recensire!
Bacioni a tutti quanti!
E alla prossima con... volete un anticipazione? mi sa che dovrete attendere. xD
Grazie in particolare a tuuuutti i miei fedeli recensori!
Hola!
=)

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Capitolo 8
*** Mistero d'inverno ***


Mistero d'inverno

 

-“Sonoko Suzuki, ereditiera della compagnia Suzuki, è stata rapita questa mattina davanti agli occhi della sua migliore amica Ran Mouri. Gli inquirenti hanno già...” Allora, Ran mi vuoi spiegare tu com'è andata di preciso?- al telefono Shinichi teneva in mano la cornetta da una parte e dall'altra il giornale con l'articolo del giorno in bella vista in prima pagina. La sua peggior amica era stata rapita da chissà quali criminali e per chissà quale motivo e ora lui stava parlando con una Ran disperata per la scena alla quale aveva assistito.

-Eravamo appena uscite da scuola e avevamo giusto svoltato l'angolo quando un furgone nero senza targa ci ha affiancate e sono scesi tre uomini con il passamontagna. Uno ha incappucciato Sonoko, un altro l'ha caricata sul van stordendola e il terzo mi ha tirato un pugno nello stomaco per impedirmi di seguirli.- disse Ran con la voce ancora tremante per l'accaduto.

-Cosa?! Ti hanno picchiata???- esclamò il giovane detective contraendo i muscoli a quella notizia; avevano osato toccare la sua Ran ed ora non era più una questione di investigazione, era una faccenda personale.

-Sì, ma non mi sono fatta niente. Sto bene. Piuttosto Sonoko! Dove sarà ora?-

-Tranquilla. Dobbiamo aspettare che i malviventi si facciano vivi per darci qualche indizio. Da che parte hanno svoltato poi?-

-Verso destra. Fuori città.-

-Ok. Ti raggiungo il prima possibile.- Shinichi chiuse la chiamata corrugando la fronte. Sonoko Suzuki era stata rapita. Quante volte l'aveva maledetta e implorato che sparisse mentre lo prendeva in giro, quante volte le aveva urlato contro con Ran lì accanto che scuoteva la testa. Eppure ora gli dispiaceva ovviamente. E sapere che i tipi che l'avevano portata via avevano picchiato anche la sua amata Ran gli dava una motivazione in più per trovarli. Non aveva un minuto libero, nemmeno in quel weekend che si era ritagliato per sé stesso. Nonostante Ai lo avesse nuovamente usato come cavia umana per i suoi test sull'antidoto all'APTX, non aveva la minima voglia di uscire perché si era preso l'influenza ed era costretto a casa, nella sua bella villa deserta. Naturalmente questo non lo aveva detto a nessuno, ma ora che Sonoko era stata rapita doveva farsi forza e alzarsi anche con la fronte che scottava. Il tempo fuori non era dei migliori e tutto era gelato con la brina sugli alberi di prima mattina. Era dal giorno prima che non metteva piede in strada e anche per questo non aveva saputo che quello che era successo fino a che la karateka lo aveva avvisato. Appena si alzò dal letto la testa perse a giragli ed ebbe la forte sensazione di rimettersi sotto, ma non poteva certo lasciare tutti solo perché aveva un po' di febbre. Ignorando il freddo si vestì ed uscì camminando velocemente per scaldarsi. Raggiunse in fretta la casa dove Ran lo stava attendendo in ansia. Appena suonò il campanello la ragazza gli aprì correndogli incontro stupita dalla rapidità del giovane nell'accorrere in suo soccorso.

-Shinichi! Pensavo che ci mettesi di più!- disse stringendosi a lui e tirandolo in casa.

-Anche io a dire il vero.- sorrise mettendosi una mano dietro la testa come al solito modo che era tanto mancato alla karateka.

-Vieni, siediti. Mio papà è appena andato in commissariato. Aiuta anche lui nelle indagini. Sono contenta, però, che ci sia anche tu.-

Shinichi non rispose e si accomodò lentamente sul divano tremando per il freddo; solo in quel momento Ran parve accorgesi che qualcosa non andava in lui. Gli si avvicinò e gli posò una mano sulla fronte ritraendola subito.

-Ma scotti! Hai la febbre!-

-No, tranquilla. Sto bene. Se hai un po' di sciroppo meglio però.-

-Te lo prendo subito, ma tu mettiti al caldo.- ordinò la ragazza porgendogli una coperta di panno colorata.

-Grazie.- mormorò affannosamente il detective.

Dopo che Ran si fu presa cura di lui per tutta la mattina, Shinichi si sentiva decisamente meglio e si era già ricomposto per l'arrivo di Kogoro che si stupì leggermente nel trovarlo lì, ma doveva portare cattive notizie perché non fece quasi alcuna domanda sulla sua presenza lì.

-Allora?- chiese la ragazza concitata.

-I rapitori si sono fatti vivi. Hanno inviato un video dove chiedono il riscatto. Hanno detto che daranno altre istruzioni. Per il momento hanno comunicato di volere dodici miliardi di yen in contanti e che daranno in seguito il luogo dello scambio. Vogliono però che entro le sei di stasera gli inviamo una conferma del fatto che abbiamo accettato le loro condizioni. Ci hanno dato un assurdità da risolvere per capire cosa fare. Io non riesco mica a comprendere!- spiegò Kogoro tra una forchettata e l'altra.

-Posso vedere anche io il video?- domandò Shinichi sorbendo il bordino che Ran gli aveva preparato.

-Nella tasca della mia giacca c'è una copia.-

Il giovane investigatore si alzò di corsa e inserì il disco nel lettore. Anche la ragazza lo raggiunse e sullo schermo videro comparire uno dei sequestratori inquadrato con il passamontagna nero addosso e la voce modificata; fermo per un minuto buono, iniziò a parlare e disse solo la cifra pattuita e che avrebbero ricevuto istruzioni, poi l'inquadratura passava a Sonoko legata e imbavagliata svenuta. Con il DVD nella tasca di Kogoro c'era anche la fotocopia del codice che era stato mandato. Un codice molto particolare composto da delle coordinate apparentemente senza senso.

567 C2 13

-Che vuol dire?- chiese Ran guardando stranita il foglio.

-È una coordinata geografica.- intervenne Kogoro con la bocca piena, ma Shinichi dovette dissentire e disse -Io l'ho già visto questo codice. È facilissimo.-

-E sentiamo sua genialità che ha dedotto!- lo schernì l'uomo deglutendo il boccone troppo grosso per l'ingordigia.

-L'ho letto su Holmes. Ne “La valle della paura” all'inizio c'è un codice del genere. Il primo numero indica la pagina, il secondo la colonna e il terzo la riga. Dato che non è stato fornito il testo allora si può supporre che sia di uso comune come... l'elenco telefonico!-

-Geniale!- esclamò Ran abbracciandolo forte e guadagnandosi un' occhiataccia da parte del padre. La karateka corse verso il grosso volume sul mobiletto sotto il telefono fisso e lo iniziò a sfogliare con trepidazione; raggiunse il punto indicato e spalancò gli occhi stupita.

-È un negozio di ortofrutta!- disse stranita guardando il detective che pian piano le sia avvicinava tra uno starnuto e l'altro.

-Vediamo... come sospettavo. Non hanno dato il luogo dove la tengono, ovviamente, ma lì troveremo le nuove istruzioni.-

Kogoro si alzò satollo da tavola e comunicò ai due ragazzi che se ne andava a dormire senza curarsi delle loro nuove scoperte affidando letteralmente tutta l'incombenza sulle spalle del febbricitante Shinichi. Appena l'uomo ebbe chiuso la porta dietro a sé, Ran si rivolse al ragazzo dicendogli che da ieri sera stava cercando di scoprire qualcosa e che quindi era piuttosto stanco. L'altro scrollò le spalle e le fece cenno di venire a sedersi di nuovo sul divano.

-Sei uno straccio. Ora vado a comunicare in commissariato ciò che hai scoperto, torno molto presto.-

-Non voglio che tu esca da sola. Se prendessero anche te io...- ma la ragazza non lo fece finire uscendo di casa con la raccomandazione di non muoversi di lì e di stare al caldo.

Shinichi rimase così solo con febbre che stava nuovamente salendo e si alzò per prendere un po' del tè caldo aromatizzato che stava sul fornello. Mentre stava camminando con incedere incerto e poco stabile sentì alcuni ticchettii alla finestra che lo fecero voltare di scatto. Sul davanzale c'era la sagoma bianca più magica di Tokyo a salutarlo con la mano guantata. Il detective storse il naso nel vederla lì appollaiata, ma andò ugualmente ad aprire la finestra.

-Temevo mi facessi morire di freddo!- disse Kaito Kid fiondandosi sul termosifone per scaldarsi.

-Zitto, c'è Kogoro che dorme!- lo avvisò l'altro sedendosi accanto al ladro.

-Che vuoi che mi importi! Piuttosto... sei della dimensione giusta!-

Shinichi starnutì ripetutamente a raffica soffiandosi il naso e concludendo con dei colpi di tosse rochi.

-E anche piuttosto ammalato... stammi lontano!- Kid si scostò da lui divertito e riprese a parlare non appena Shinichi aprì la bocca per dire qualcosa.

-Sono venuto per proporti un'alleanza. Come ben sai, la Suzuki è stata rapita. Ora, io non rapirei mai una persona, ma c'è chi pensa che sia stato io. Voglio scagionarmi da quest'accusa infangante e soprattutto voglio far vedere ai responsabili che Kaito Kid ha l'esclusiva su tutte le cose e persone legate alla compagnia Suzuki. Si pentiranno di aver tentato di rubare nella mia area di competenza!-

La melodrammaticità con cui pronunciò questa frase fu tale da far ridere di gusto entrambi come due vecchi amici che si ritrovano dopo tanto tempo. Non sapevano quasi nulla l'uno dell'altro eppure erano sulla stessa lunghezza d'onda, erano simili come due gocce d'acqua nonostante fossero rivali. Seduti al calduccio emanato dal radiatore si scrutavano come cane e gatto a loro modo; con una sfida bonaria sottintesa che conoscevano solo loro. A quella proposta di aiuto il giovane investigatore annuì per la prima volta affidandosi a un altro in un indagine. Questa cosa non era da lui, ma le sue condizioni non gli permettevano di muoversi liberamente e il ladro sarebbe stato come la sua appendice. Kaito si rialzò e riaprì la finestra sfregandosi le mani per il gelo pungente che lo investì immediatamente e si rivolse a Shinichi accanto a lui sistemandogli la coperta che si stringeva attorno alle spalle -Copriti che altrimenti poi non mi diverto più se non c'è nessuno che mi insegue.-

-Tu cerca di scoprire qualcosa.-

-Ovviamente.- Il mago si gettò dalla finestra con il deltaplano nell'esatto momento in cui Ran rincasò tutta trafelata.

-Shinichi! Sei impazzito? Di fronte alla finestra con la tua influenza?-

-Scusa, scusa... controllavo che fosse tutto apposto. Ci hai messo poco.-

-Non sono andata fino là. Sono stata alla fermata del bus fino ad adesso, ma hanno cancellato la corsa! Sono costretta a chiamarli da qui.-

-Meglio così parlo io e la troviamo in fretta.-

La karateka alzò un sopracciglio con disappunto mentre l'altro faceva nuovamente l'eroe della situazione anche con l'influenza, prese così il telefono e compose il numero passandoglielo con una certa aria di sfida divertita. Shinichi raccolse subito la provocazione con un sorriso sghembo e pigiò il tasto di avvio della chiamata continuando a fissare negli occhi Ran. Si perdettero nelle iridi azzurre l'uno dell'altra e solo il quinto urlo dall'altra parte della cornetta parve ridestarli come d'incanto.

-Pronto?- fece il detective nuovamente padrone di se stesso.

-Alla buon ora! Ma chi sei scusa?- la voce dell'ispettore della sezione sequestri addetto a questo caso tuonò all'altro capo.

-Shinichi Kudo, ispettore.-

-Oh! Il famoso Shinichi! Sappiamo molto sul tuo conto qui alla centrale... deduco che tu abbia qualcosa che mi interessa.-

-Ho risolto il codice.- annunciò il ragazzo fiero del suo operato e passò a spiegare i dettagli delle conclusioni che aveva tratto. In meno di mezz'ora la squadra della sequestri era di fronte al fruttivendolo indicato nel codice e lo stava rivoltando come un calzino. Sul posto erano giunti anche Ran, Kogoro e Shinichi nonostante avesse dovuto implorare la ragazza di farlo uscire di casa. Appena arrivò anche il padre della ragazza scomparsa le telecamere, che fino ad allora erano rimaste in disparte, assaltarono la scena cominciando a torturare tutti con una miriade di domande. Il giovane detective dovette fare i salti mortali per uscire dalla folla senza essere inquadrato ed iniziare finalmente ad indagare per conto suo con il suo solito metodo. Innanzitutto occorreva trovare un ipotetico motivo per restringere il campo di ricerca dei possibili sospettati e poi attuare delle indagini più mirate. Cercò di focalizzare un qualcosa che poteva stare alla base di quel rapimento: un vecchio rancore, soldi, loschi affari..., ma ciascuno di questi non lo convinceva abbastanza. Il luogo scelto era un luogo comune, facile da localizzare, con molti clienti e di vario genere; un ottimo posto per confondere l'inchiesta. Intanto il padre di Sonoko stava lanciando alla telecamera un accorato appello per liberare sua figlia confermando la sua volontà di pagare il riscatto; ora toccava ai malviventi venire allo scoperto per dare il nuovo indizio che li avrebbe condotti dalla povera ereditiera.

Shinichi vide Ran avanzare incerta verso di lui con un espressione quasi cadaverica in volto. Aveva appena concluso un'animata conversazione con l'ispettore ed un paio di agenti con suo padre ed ora stava guardando il giovane investigatore preoccupata. Mentre veniva verso di lui, la folla attorno parve dissolversi lasciandoli come soli al mondo; non sentivano nessun rumore, nessun brusio, solo i passi della karateka erano udibili alle orecchie di entrambi. Si osservarono a lungo negli occhi come per valutare le reciproche intenzioni e dopo un tempo che parve interminabile l'incedere lento e grave della ragazza si bloccò di fronte alla figura di Shinichi. C'era qualcosa che non andava, se lo erano detti con lo sguardo, ma erano piombati in un assurdo silenzio. A romperlo fu Ran che iniziò in tono piatto tradendosi con una lieve sfumatura di paura negli occhi -Sei uno dei sospettati.-

Il detective strabuzzò gli occhi stupito -Io??? Ma se fino a stamattina non ero nemmeno qui!-

-Appunto per questo. Non hai nessuno che possa testimoniare dove eri.-

-Ma tu hai dichiarato che erano come minimo in quattro!-

-Tre.-

-Quattro. Uno guidava.-

-Giusto. Ma non è questo il punto! Hanno trovato qui la sciarpa di Sonoko con le tue impronte digitali sopra!-

-Che??? Non ci credo!-

-È così ti dico!- la karateka abbassò gli occhi a terra. Non era delusa, non sospettava minimamente di lui, ma percepiva quanto male ci fosse rimasto l'altro. Una vita passata ad aiutare la polizia e alla prima occasione eccoli pronti a sparare a zero su di lui.

-Mi dispiace.- mormorò la ragazza guardandolo da sotto alla frangetta scura. Per un attimo le parve che Shinichi avesse gli occhi lucidi, ma forse era solo la febbre perché allargò la bocca in uno dei suoi splendidi sorrisi e disse -Stanno facendo solo il loro dovere, Ran. Nulla di cui preoccuparsi.-

Ran alzò la testa stupita di quella reazione così rilassata e iniziò a porgli domande a raffica -E se ti chiedessero l'alibi? E se non riuscissi a fornirlo? E se ti mettessero in cella? E se ti interrogassero? E se accusassero? E se...?-

-Ran, ho afferrato il concetto. Non preoccuparti ti dico. E poi quale sarebbe il movente?-

-Sanno che tu e lei non andavate molto d'accordo.-

Shinichi sorrise come avrebbe fatto con una bambina spaventata per un nonnulla.

-Questo non basta certo per indurre una persona a rapirne un'altra. E poi io ho un'altra pista da seguire. La polizia della sequestri, senza offesa, ma non è un granché.-

Lei lo guardò di sbieco con un bonario rimprovero e gli afferrò la mano bollente.

-Scotti. Dobbiamo andare a casa.-

-Non credo proprio.- intervenne una terza voce autoritaria a pochi passi da loro, l'ispettore.

-Signor ispett...-

-Kudo, sei tra i sospettati. Devi venire in centrale con noi.-

-Ma non avete un movente che regga. Ed è palese che è tutto costruito appositamente per sviare le indagini. Supponendo anche che sia stato io avrei dovuto trovare come minimo tre complici, noleggiare un furgone e procurarmi il luogo necessario per il sequestro; senza contare che sarei mai stato così ingenuo da lasciare una sciarpa con le mie impronte sopra? Credete che avrei lasciato la firma così evidente se anche fossi stato io?-

Il ragionamento non faceva una piega, ma non convinse del tutto l'uomo che gli chiese l'alibi. Shinichi era indeciso se dire sua madre o suo padre; non aveva idea di dove fossero stati il giorno precedente e se fossero andati in luoghi affollati ci sarebbero stati più testimoni a confermare che stava mentendo. Idem per Heiji Hattori; il dottor Agasa era teoricamente via con Conan e la banda dei giovani detective, così l'unica cosa che gli rimaneva era dire la verità ossia che era a casa da solo malato. L'ispettore parve quasi compiacersi di questa assenza di testimoni e insistette nuovamente perché lo seguisse in centrale, fu Ran a mettersi in mezzo pregandolo di concedergli il fermo cautelare a casa date le sue condizioni di salute. L'uomo osservò Shinichi, che per accentuare la sua influenza dette qualche colpo di tosse e si soffiò il naso teatrale, e sospirando acconsentì intimandogli di non lasciare la villa per nessuna ragione al mondo o lo avrebbe sbattuto in cella per intralcio alle indagini. La karateka contenta prese sotto braccio il ragazzo trascinandolo via come per paura che il poliziotto potesse cambiare idea. Kogoro non fu molto felice di vederselo ancora tra i piedi, ma era pur sempre un padre e un padre vuole vedere sempre contenta sua figlia; vederla raggiante come poche volte in quel periodo stringere la mano al giovane investigatore lo rese felice e anche se di malavoglia accettò di aiutarli a perorare la loro causa.

A villa Kudo, i tre si riunirono in salotto e il detective dormiente fu subito spedito alla centrale di polizia per ricavare qualche informazione utile. Rimasero soli, lei e lui, in silenzio. Shinichi era tanto spossato anche se non lo dava a vedere e Ran era in apprensione per tutta la situazione che si era creata. Ad un certo punto fu Shinichi a prendere l'iniziativa e disse -Io non posso uscire. Quindi indagherai tu.-

-Ma non sono capace!-

-Sì che lo sei. Lo hai già fatto sotto mia direttiva tante altre volte, sarà la stessa cosa. Ma stavolta i meriti li prenderai tu, non dovrà mai essere pronunciato il mio nome.-

La ragazza annuì debolmente. Non si sentiva affatto in grado, ma forse con lui come mentore le cose sarebbero state differenti.

-Hai passato la vita accanto a un fanatico di Holmes come me e credi di non aver imparato nulla? Mi delude se pensa così, Watson.-

-Era da tanto che non mi chiamavi così.- sorrise per la prima volta davvero felice di quell'epiteto che le dava forza, quell'epiteto le diceva che aveva la piena fiducia di Shinichi, che lui credeva in lei.

-Ti spiego cosa devi fare, mia cara. Innanzitutto, se passi a prendermi del tè caldo che non ce n'è in casa, te ne sono grato. Poi dovresti indagare su una cosa molto importante: il chi. Mi devi fare un elenco di chi sa che la nostra Sonoko è figlia dei Suzuki e ha problemi di denaro o cose del genere. Bada bene, però, che queste persone, o questa persona, deve aver noleggiato un furgone nero, il modello lo sai tu, e deve aver un luogo abbastanza adatto per un rapimento. Tutto chiaro?-

-Shinichi, ma mezza Tokyo credo che sappia chi è Sonoko!-

-Ma non sono in tanti a sapere che io e lei non andiamo d'accordo. E devono essere anche in grado di fornire le mie impronte. Insomma devono esserci abbastanza vicini, del quartiere.-

-Ma sai quanto è grande Beika-cho?-

-Devi restringere il campo. Mi affido a te. Ora lasciami riposare che non sto benissimo.-

Ran sbuffò irritata per quelle poche informazioni che come al solito le venivano fornite. Sembrava quasi che ci godesse nel vederla scervellarsi per le sue deduzioni che novanta su cento erano inesatte. Prima di uscire si voltò verso di lui che già dormiva sul divano avvolto nella calda coperta colorata e non resistette alla tentazione di posare innocentemente le sue labbra sulla sua fronte bollente, non per controllare la temperatura, ma semplicemente per salutare come avrebbe fatto una qualsiasi coppia normale. Peccato che loro non fossero normali; sarebbe andato tutto meglio se lui non fosse stato un detective famoso impegnato chissà dove, ma forse era proprio questo che a Ran piaceva di lui, amava che fosse diverso, amava sentirlo speciale, amava sapere che per lei “è un ragazzo speciale” non era solo una frase fatta, era vero.

Uscì di casa raggelando solo ai primi passi e si recò al supermercato più vicino per comprare il tè che Shinichi le aveva chiesto, dopotutto quello era il compito più facile e l'unico che era certa di poter far bene. Passò alla seconda richiesta del ragazzo: trovare i sospettati. E c'era un solo modo con il quale ottenere tutte le informazioni necessarie cioè spacciarsi per una detective; Shinichi lo aveva fatto tante di quelle volte ancora prima di apparire sui giornali in prima pagina che non avrebbe dovuto essere così difficile, ma Ran non si riteneva affatto capace di mentire spudoratamente per avere qualche confidenza. Camminando senza una meta precisa nel decidere il da farsi la karateka capitò proprio di fronte alla sua scuola, il liceo Teitan, e fu lì che le venne una folgorazione degna del detective con cui si accompagnava. Le sole persone a sapere che Shinichi e Sonoko non andavano d'accordo erano quelli della scuola o quelli che li vedevano passare lungo la strada del ritorno e, escludendo i compagni o i docenti vari che sapevano che il ragazzo era via, rimanevano solo i vicini. Di questi bastava escludere troppo vecchi, che erano già parecchi, o troppo giovani e era necessario conoscere il loro status finanziario per poter adocchiare i possibili colpevoli. Con un rapido giro di pochi isolati, Ran riuscì a fare una scrematura dei sospettati come il migliore degli investigatori e prima di quanto pensasse aveva già in mano nome e indirizzo per verificare il loro movimento conti correnti. Restava quindi la parte più difficile, il direttore di qualsiasi banca non avrebbe mai concesso ad una ragazza di ficcanasare negli affari privati dei suoi clienti nemmeno fosse stata l'imperatrice. Ora era ad un punto morto. Era così contenta di essere riuscita a fare qualcosa di buono con il cervello e sperava di rendere fiero Shinichi, ma se non riusciva a finire la sua indagine i suoi sforzi sarebbero valsi a poco. Si sedette su una panchina fredda e arrugginita reclinando il capo all'indietro per rilassarsi e chiuse gli occhi sospirando quando il cellulare squillò. Era Lui.

 

Shinichi era intorpidito sul suo comodo divano, ma aveva percepito lo stesso le Sue morbide labbra posarsi sulla sua fronte. Ora sorrideva beatamente al caldo, si sentiva le guance infuocate e non sapeva se era dovuto solo alla febbre, ma non gli dispiaceva. Si voltò verso lo schienale del divano raggomitolandosi, ma il campanello suonò e lo ridestò immediatamente. Andò ad aprire borbottando e si trovò di fronte Kogoro con due agenti al seguito.

-Ciao, sono venuti per controllare che tu non esca.- esordì il detective dormiente entrando senza troppa cura delle buone maniere -E ti faranno qualche domanda.-

-Va bene, ma dove vogliono che vada con quello che ho addosso! Ci sono novità?-

-Sì, una. I sequestratori hanno mandato un nuovo indizio.-

-Fa vedere.-

Kogoro frugò in tasca ed estrasse una busta bianca porgendola all'altro noncurante. Shinichi la aprì e lesse il contenuto: un indovinello.

“Però ne hanno di fantasia i nostri uomini...

quando scocca sotto le stelle

il punto più alto della notte

accanto alla prima parola

troverai la freccia

che fa breccia di sopra.

23:40

Il fiore di ciliegio ci sarà

quando il gallo deporrà

-Avete già scoperto che significa?-

-Lo avrei portato a te, moccioso se così fosse?-

-Non ti scaldare, Kogoro, ti va su la pressione.-

-Non dirmi cosa devo fare!-

-Uff, allora... è molto semplice. “Sotto le stelle” indica che dobbiamo leggere la parola sotto stelle cioè “notte”, poi il “punto più alto” è la prima parola e successivamente dice quella accanto perciò “quando scocca”. Infine il “sopra” si riferisce alla freccia che sta appunto sopra dell'ultima riga.-

-Quindi?-

-Quindi dice: notte quando scocca la freccia.-

-Ma che razza di indovinello è!-

-Significa mezzanotte... quando scocca la lancetta, freccia, dell'orologio sulle dodici. Poi c'è un orario... le 23:40. Deve indicare il luogo. Al parco qui vicino c'è una meridiana rotta che segna sempre venti minuti indietro l'orario indicato. Il fiore di ciliegio è la polizia e “il gallo deporrà” significa mai perché i galli non fanno le uova quindi non vogliono polizia. Ecco fatto.-

L'uomo lo guardò con rimprovero per averlo superato nuovamente e se ne andò irritato lasciando il giovane in balia dei due agenti che lo tartassarono di domande. Fortunatamente Shinichi si era preparato a questo e aveva una risposta pronta per ogni cosa. Il sospetti erano concentrati su di lui in assenza d'altro anche se le prove fornite non avrebbero retto nemmeno nel più scadente dei tribunali. Durante la conversazione, però, gli venne in mente una cosa che lo fece inorridire: e se le impronte fossero state quelle di Conan?

Conan aveva più volte raccolto la sciarpa di Sonoko, l'ultima volta proprio la sera precedente al rapimento quando gliel'aveva portata dall'attaccapanni di casa. Si irrigidì al solo pensiero che tutta la verità potesse saltare fuori per un nonnulla e, congedando i due poliziotti in fretta, chiamò Ran per darle qualche contrordine ed evitare scoprisse tutto per caso.

-Pronto?- la voce della karateka risuonò all'altro capo come annoiata.

-Ciao, sono io. Ascoltami, a che punto sei arrivata?-

-Ho stilato una lista delle persone da controllare, ma non so come farlo... e poi credo che nessuna avesse l'occasione di procurarsi le tue impronte.-

-Sì, quest'ultima parte lascia perdere, ho già risolto io.-

-Vuoi dire che non sei più indagato?-

-Ehm, non proprio. Fa lo stesso. Concentrati sulla lista, piuttosto!-

-Grazie, non ci ero arrivata...- ironizzò lei sbuffando irritata -Come credi che possa controllare i dati privati di una banca!-

-Posso aiutarti io.- una voce maschile si aggiunse alla conversazione facendoli sussultare. Ran si voltò e vide un ragazzo, molto simile al suo Shinichi se non per qualche dettaglio, venirgli in contro con un sorriso sghembo sul viso.

-Chi è, Ran?- chiese il detective all'altro capo della linea infastidito da quell'interruzione.

-Ehm, ecco... non...-

-Digli che sono un suo candido conoscente, capirà.- disse il nuovo arrivato senza smettere di sorridere.

-Ha detto di dirti che è un tuo “candido conoscente”.-

Shinichi assottigliò gli occhi appena sentì quell'espressione, ma intimò a sé stesso di mantenere la calma e non lasciar trapelare che il ragazzo era in realtà Kaito Kid.

-Forse è meglio se te ne vai.- disse l'investigatore rivolto alla ragazza memore dei precedenti del ladro.

-Non ti fidi di me?- chiese Kid con voce angelica ormai anche lui attaccato al ricevitore.

-No.- rispose piatto Shinichi -E... Ran, ti spiace passarmelo?-

La ragazza cedette il suo telefonino rosa allo sconosciuto scrutandolo dubbiosa. Non si fidava di lui, non sapeva nemmeno chi era ma se Shinichi lo conosceva non doveva essere cattivo. Intanto, i due al telefono discutevano animatamente su come e cosa avrebbero dovuto fare. Poco dopo Kaito ripassò il cellulare a Ran chiuso e le disse che sarebbero andati a casa di Shinichi per lavorare meglio dal computer. Cavallerescamente, il ladro porse il braccio alla karateka che lo accettò indugiando poco convinta.

 

Shinichi si vide piombare i due dalla finestra della cucina che dava sul retro senza tanto preavviso.

-Che diavolo...?-

-Non potevamo entrare con gli agenti alla porta, no?- Kaito strinse le spalle per scusarsi e tirò su con una mano Ran che era ancora stesa sul pavimento dopo la caduta.

-La lista?-

-Tieni.- Appena il ladro la ebbe tra le mani si sedette di fronte allo schermo ed iniziò a lavorare con grande abilità. Ran e Shinichi si sedettero invece sul divano in attesa; la karateka era congelata dal freddo pungente che c'era fuori e così lui l'accolse nella sua coperta soffice al caldo. La febbre era molto scesa e, con lei vicino, Shinichi si sentiva in grado di combattere ogni cosa, si sentiva forte, uomo. Al tepore dei loro corpi si assopirono l'una tra le braccia dell'altro e vennero svegliati solo quando l'altro ospite della casa gli richiamò poco dolcemente.

-Ehi! Piccioncini! Vi svegliate? Ho finito qua!-

-Che vuoi, dannazione!- Shinichi si alzò cercando di non disturbare l'altra che sonnecchiava ancora; andò a sedersi al posto di Kaito di fronte al monitor e in meno di un minuto aveva già la sua teoria pronta.

-Bravo, Kid.-

-Lo so...- il ladro si lucidò le unghie e fece per andarsene, ma il detective lo fermò rimproverandolo.

-Kid! Non hai controllato solo quello che ti avevo chiesto!-

-Scusa, sto preparando un nuovo colpo. Mi sei stato di grande aiuto!- Ladro Kid uscì dalla finestra dove era entrato e tornò al suo travestimento volando via.

Il giovane investigatore sbuffò irritato e andò a svegliare Ran. Le spiegò tutto il suo piano elaborato in due minuti, ma molto complesso e chiamò l'ispettore per comunicargli la sua deduzione. Non restava ora che attendere la mezzanotte e salvare Sonoko.

 

-Tutti pronti in posizione?- domandò Shinichi alla ricetrasmittente nascosto dietro un cespuglio con Ran. Numerose conferme ci furono da parte degli altri agenti impiegati nell'operazione. Erano nel luogo indicato, venti minuti prima dell'orario stabilito; il riscatto era in una borsa sopra la meridiana e come indicato non c'era ombra di polizia nei paraggi.

-Rispiegami cosa dobbiamo fare.- disse la karateka accucciata accanto a lui.

-Allora, dai sospetti che hai trovato siamo scesi a un paio con il movimento conti. E uno in particolare mi ha insospettito. Ha noleggiato due furgoni uno bianco e uno nero in due negozi differenti, ma la sua attività è quella di tecnico elettricista e possiede già mezzi simili. Lavora a capo di una ditta con altri tre impiegati e poche settimane fa ha fatto un controllo a casa dei Suzuki. In più non naviga in ottime acque così come i suoi assistenti ergo tutto conduce a lui, ma non abbiamo prove concrete in mano perciò stasera ho fatto venire qui gli agenti, ma sarò io ad agire. Nessuno dovrà intervenire fino a che non si renderà conto di essere braccato. Tutto chiaro?-

-Ma io cosa c'entro?-

-Non ti metterei mai in una situazione di pericolo, lo sai, ma mi necessita il tuo aiuto con il karate.-

-Qualcosa che so fare! Bene, quindi?-

-Se la mia deduzione è corretta arriveranno due furgoni. Uno nero che parcheggerà là in fondo e uno bianco che si fermerà qui vicino. Tu devi andare verso quello nero e non appena io agirò, mi devi mettere fuori gioco i due conducenti. Ok? Sonoko sarà lì dentro, ma ci penseranno i poliziotti.-

-Va bene. Sono contenta, sai?-

-Di cosa?- Shinichi la guardo strano.

-Della tua fiducia. Hai sempre voluto fare tutto da solo.-

-Oh, bé... mi hai sempre aiutato a modo tuo. Senza di te non riesco a fare nulla. Mi piace saperti vicina. Tanto mi basta.-

Ran sorrise dolcemente e posò una mano gelata sulla guancia ancora bollente del ragazzo. Si guardarono negli occhi e unirono in un breve attimo le loro labbra. Avrebbero voluto di più, ma ormai era ora di entrare in azione. Shinichi iniziò a passeggiare per il parco fingendo di non notare l'uomo che si avvicinava alla borsa incappucciato. Appena vi fu accanto il detective caricò la pistola nascosta nella tasca che scattò producendo un secco rumore metallico.

-Non ti muovere.- gli intimò piano per non farsi sentire dai complici.

Ran aveva eseguito il compito affidatogli con rapidità e con meno rumore del previsto. Si voltò verso il ragazzo dandogli l'ok e a quel segnale gli agenti nascosti nel parco uscirono in un lampo allo scoperto e circondarono i responsabili. Sonoko fu trovata legata e imbavagliata nel van come aveva intuito il detective e i colpevoli confessarono ormai sconfitti.

-Shinichi! Ci sei anche tu!- fu la prima cosa che disse l'ereditiera.

-Che gioia risentirti!- ironizzò l'altro stavolta per scherzo.

-Ran, allora? Novità?- Sonoko ammiccò ai due che arrossirono.

-Ti preferivo con il bavaglio, sai?-

-Avanti, hai appena vinto di nuovo! Dovresti esserne contento! Hai risolto un altro caso con lei, per giunta!-

A quella frase Ran e Shinichi si guardarono sorridendo e unirono involontariamente le loro mani. Lui era contento. Shinichi Kudo aveva trionfato un'altra volta, l'ennesima. Lui avrebbe sempre risolto anche il più intricato dei misteri gli sarebbe bastato pensare a Ran e allora ogni nodo si sarebbe dissolto nel nulla.


Angolo Autrice:
Allora gente! come andiamo? Natale si avvicina quindi per il momento sospenderò i morti (che gioia! ma davvero? O.o) e mi dedicerò a qualcosa di più appropriato ma non temete... continuero per il vostro orrore! XD. 
Vorrei ringraziare shin ran amore che mi ha fornito lo spunto per questa storia e fare gli auguri (in ritardo) di buon compleanno a shin17. 
Grazie comunque a tutti voi e vi comunico con gioia che a seguito delle svariate "richieste" di fare la scrittrice ho iniziato a buttare giù la trama per un romanzo giallo inedito. 
grazie a tutti voi!
=)

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Capitolo 9
*** Cluedo ***


Cluedo

 

“Che noia...” pensò Shinichi di fronte alla lavagna alla quale era interrogato da quasi un ora e dallo stesso tempo cercava di evitare di sbadigliare in faccia alla professoressa che stava girando in torno alla domanda da porgli da almeno dieci minuti buoni. Il ragazzo ne approfittò per cercare tra i compagni lo sguardo di Ran che lo osservava beata, si fissarono a lungo e lui espresse il suo stato d'animo con il labiale facendola ridere sommessamente. Quando finalmente anche quell'ora fu conclusa Shinichi si gettò sulla sedia sbuffando e iniziò a parlare con Ran e gli altri che si erano avvicinati commentando la sua performance deduttiva del giorno precedente apparsa quella stessa mattina sul giornale. Poco dopo si sentì bussare. Alla porta vi era un ragazzo dall'aria timida leggermente rosso in volto per essersi presentato lì senza conoscere nessuno che teneva in mano una busta bianca.

-Ehm, permesso?- fece il giovane muovendo un passo all'interno dell'aula.

-Prego.- disse uno dei ragazzi attorno al banco del detective.

-Sto cercando Shinichi Kudo. È qui?-

La folla attorno al ragazzo si aprì facendo vedere la sua figura sorridente che si dondolava sulla sedia senza pensieri e tutti lo indicarono.

-Sono io Shinichi Kudo. Che cosa c'è?- domandò con leggera superbia il detective continuando a dondolare.

-Hanno recapitato questa per te in portineria e mi hanno chiesto di portartela. Sembra importante.- il ragazzo sollevò la busta candida chiusa da un sigillo con stemma in ceralacca rosso cupo recante il suo nome a chiare lettere. Shinichi la guardò incuriosito e si distrasse dal suo dondolio regolare cadendo a terra.

-Ahia! Ok, grazie. Dammela.-

Quando il giovane portalettere se ne fu andato, di nuovo tutti i compagni di classe di accalcarono attorno al detective ancora seduto a terra dopo la caduta per vedere cos'era.

-La carta è molto pregiata e il sigillo è autentico.- considerò rigirandosela tra le mani.

-Che aspetti! Aprila!- gli disse Sonoko impaziente. Chissà cosa pensava contenesse.

Shinichi ruppe la ceralacca ed estrasse la lettera scritta a mano con caratteri svolazzanti e raffinati.

-Egregio signorino Kudo, è formalmente invitato alla cena di beneficenza del casato degli Nishimura che si terrà in data e luogo sottoscritti. Il signor Nishimura si scusa per il poco preavviso e confida ugualmente nella sua presenza. Sarà ospite più che gradito anche un suo eventuale accompagnatore.- lesse ad alta voce per tutti, soffermandosi in particolare su data e ora: le sette di quello stesso giorno.

-Che cosa è la cena di beneficenza del casato degli Nishimura?- chiese Ran prendendo la lettera.

-Non lo so. È la prima volta che ne sento parlare.-

una delle ragazze domandò nella più che ovvia speranza che le venisse chiesto di andarci insieme -Che farai allora? La cena è stasera alle sette e devi pensare all'accompagnatrice!-

-Ci andrò, ovviamente! Voglio saperne di più. E...- si voltò verso Ran come per dire qualcosa, ma poi lasciò perdere circondato com'era da così tante persone e preferì parlarne in privato più tardi.

Lungo la strada di casa, Shinichi riprese l'argomento della cena -Ehm, Ran?-

-Dimmi, Shinichi.-

-So che non c'è molto preavviso, ma ti andrebbe di venire con me stasera? Non... non è un impegno vero e proprio... se non ti va basta... basta dirlo... quindi...-

-Va bene, vengo.- rispose la karateka sorridendo come se non aspettasse altro che quella richiesta.

-Davvero?! Sono contento!- il ragazzo si illuminò e la prese sotto braccio dicendo con fare cavalleresco -Passerò a prenderla alle sei e mezza in punto, madamigella. Cerchi di essere pronta.-

-Oh, bé... e con quale carrozza arriveremo fino al castello?- disse lei stando al gioco.

-Ehm, credo che un autobus possa andare bene, sennò facciamo in metropolitana.-

-Sì, credo anche io che prendere l'autobus o la metro vestiti da sera sia il modo migliore per arrivare con ancora i soldi in tasca a destinazione.- ironizzò Ran.

-Sono un detective nessuno ti torcerà un capello... o ti ruberà la borsa, ma se insisti andiamo in taxi.-

-Perfetto, ma non ho nulla da mettermi.-

-L'ultima volta che ho visto il tuo armadio era pieno ed è stato l'altro ieri...- commentò Shinichi.

-Nulla di adatto! Ma cosa ne vuoi capire tu!-

-A proposito, come lo dici a tuo padre?-

-Semplice... sta fuori con gli “amici” fino a notte fonda, gli lascio un biglietto e nemmeno si accorge che non ci sono.- disse con rammarico la ragazza. Il detective si accorse del dispiacere che provava nel sapere che nessuno le avrebbe detto nemmeno un “ci vediamo dopo” o un “sta attenta” o un “torna presto”, ma dopotutto anche lui era nella stessa situazione e tentò di risollevarle il morale dicendole -In ogni caso cerca di essere pronta per le sei e mezza perché che tu sia vestita o meno vengo su. Ma sei vuoi anche non esserlo non mi lamento, sai?-

-Pervertito!- gli urlò Ran sfiorandogli la testa con un pugno, ma in cuor suo sapeva che l'aveva fatto apposta per farla ridere.

Alle sei e mezza precise Shinichi si presentò alla porta di casa Mouri in smoking tirato fuori dall'armadio di suo padre per l'occasione. Suonò due volte e come aveva promesso non ricevendo risposta entrò con la chiave di scorta. La casa era vuota, tutto era scuro e poco illuminato dalla luce della sera che irrompeva lieve dalle finestre. Non una mosca si muoveva, il silenzio regnava sovrano. Il ragazzo entrò nella camera di lei, ma la trovò perfettamente in ordine e deserta; passò al setaccio le altre stanze chiamandola prima piano poi a gran voce con una nota di preoccupazione.

-Ran? Ran?-

-Un secondo!- si sentì gridare dal bagno chiuso a chiave. Il detective si rilassò. Dove poteva essere una donna prima di una serata di gala se non a fare toeletta?

-Il tassametro gira!- scherzò, ma in realtà moriva dalla voglia di vederla: non aveva fatto altro che pensare a cosa avrebbe indossato quella sera.

-Non essere tirchio! Ho quasi finito!-

Poco dopo uscì dalla porta del bagno una splendida Ran, truccata e acconciata con un bell'abito scarlatto lungo a maniche lunghe abbassate che lasciavano le spalle scoperte, ai piedi aveva un paio di decolté dello stesso colore non troppo alte e in mano teneva una piccola pochette brillantata d'argento scuro.

-Allora? Sono abbastanza elegante? Ehi? Shinichi?-

Ma il detective era rimasto talmente stupito con la bocca aperta che lei dovette schioccargli le dita un paio di volte di fronte agli occhi prima di ricevere risposta.

-Incantevole.- disse porgendole il braccio per scendere le scale. Montarono nel taxi e si recarono al luogo indicato nell'invito che si rivelò essere una villa immensa completa di giardini e fontane, un vero e proprio castello. Scesero all'imponente ingresso principale e vennero accompagnati in una sala per un cocktail da un cameriere impettito. Gli altri invitati erano sette e tutti senza accompagnatore; forse aveva fatto male a portare Ran lì, ma Shinichi sapeva quanto questo le facesse piacere anche perché sennò sarebbe rimasta a casa da sola. I più giovani erano di sicuro loro due, per il resto vi erano una vecchia signora, una signora di mezza età, una trentenne, un vecchio uomo, due uomini di mezza età e un trentenne.

La vecchia signora stava impettita in prezioso abito ceruleo e con un diadema di brillanti azzurri che risaltava ancora di più sulla sua impeccabile crocchia grigia nella quale aveva raccolto il lunghi capelli. La donna di mezza età era vestita con un elegantissimo tailleur bianco e portava i capelli striati di grigio corti sopra le spalle. La trentenne, bionda dai capelli sciolti sulle spalle, era in un bellissimo abitino rosa a sirena pericolosamente tendente al color carne e così stretto da dare l'idea della nudità, il che non fu per niente gradito a Ran che la squadrò subito come una poco di buono.

Il vecchio uomo era vestito come un capitano della marina ed aveva i capelli di un bel marrone scuro nonostante l'età. Uno dei due uomini di mezza età era nella tenuta militare color senape di un colonnello e l'altro, invece, aveva un completo viola accompagnato da un papillon piuttosto stravagante. Il trentenne, infine, vestiva con uno smoking corredato di cravattino e fazzoletto verde.

-Buonasera.- salutò Shinichi dopo averli squadrati tutti dalla testa ai piedi, ma loro non gli diedero troppa retta e continuarono a conversare tra di loro. Forse aveva fatto bene a portare Ran con sé, non sembravano molto socievoli gli altri invitati.

-Ma chi sono queste persone?- sussurrò Ran al detective.

-Non ne ho idea...-

D'un tratto le porte si spalancarono ed entrò dentro un pasciuto signore vestito di bianco con il bastone con il pomello di diamante che doveva essere il padrone di casa.

-Benvenuti signori! Scusate l'attesa. E un benvenuto particolare anche a lei, signorino Kudo. Conosco suo padre, sa? Qui tutti lo conosciamo. Siamo tutti fan del giallista Yusaku Kudo. Ogni anno viene a questa cena, ma non è potuto venire stasera quindi abbiamo invitato lei.-

-Ehm, mio padre non mi aveva mai accennato.-

-Lo credo... siamo noi che non desideriamo essere citati.-

-Ah.- rispose Shinichi stranito. Non lo convinceva per nulla tutta quella situazione e soprattutto che suo padre non gliene avesse mai parlato o avvisato.

-E questa incantevole creatura è la tua ragazza di certo. Hai uno splendido gusto come tuo padre dopotutto.-

-Ah, ecco vede, siamo solo amici.-

-Sì, sì certo. Signori, la cena!- annunciò il signor Nishimura guidandoli nella sala da pranzo. La cena si svolse in una grande stanza con un tavolo lunghissimo. Stranamente era apparecchiato esattamente per dieci persone nonostante il detective non avesse avvistato della presenza di Ran. Discussero di svariati argomenti, ma si percepiva un senso di imbarazzo e mistero attorno.

-Shinichi, non mi piace questa gente...- confidò Ran al ragazzo. Nemmeno lui si fidava. Erano così seri e compassati; non certo il genere di persone di suo padre. Erano tutti come in attesa di qualcosa.

-Non sono convinto che dicano la verità.- sussurrò Shinichi usando un tovagliolo per coprirsi la bocca.

-Cosa intendi?-

-Credo che...- fece sottovoce il detective, ma prima di finire venne interrotto dal padrone di casa.

-Graditi ospiti, ora viene il punto cruciale della serata. Caro signorino Kudo sarei lieto se accettasse di venire un secondo nello studio per aiutarmi a prendere una cosa. Lei che è così giovane, mi sarà di certo di aiuto.-

-Oh, va bene.- il ragazzo strinse le spalle e si alzò, ma la karateka al suo fianco lo trattenne preoccupata.

-Non andare. Per favore.-

-Non succederà nulla. Splendidi arazzi, non trovi?-

Shinichi e il signor Nishimura si recarono nella stanza attigua lasciando soli gli ospiti. Rimasta sola Ran fece un sorrisetto imbarazzato ai commensali e si gettò sul dessert appena servito per scongiurare ogni tipo di contatto con quelle persone che le mettevano i brividi. Pochi attimi dopo si sentì un urlo provenire dalla stessa stanza dove il detective e il padrone di casa si erano recati; tutti si alzarono di scatto e corsero per vedere cosa era accaduto, ma trovarono la stanza immacolata e dei due nemmeno l'ombra. Le uniche cose che rimanevano di loro erano il bastone con il pomello di diamante del signor Nishimura e il cravattino slegato di Shinichi. La ragazza corse verso i due oggetti e inorridì non appena vide che giacevano su una macchia di sangue scuro appena assorbita dal tappeto. Lanciò un urlo imitata anche dalle altre donne presenti mentre gli uomini del gruppo le portavano di nuovo nella sala da pranzo per calmarsi.

Ran continuava a ripetere disperata il suo nome nella speranza di vederlo comparire da qualche parte ridendo, ma non venne esaudita e attorno a lei vedeva solo sconosciuti mormorare tra di loro come in combutta.

-Ragazzina, tu sei...?- le domandò ad un certo punto scorbuticamente l'uomo vestito di viola.

-Ran Mouri.- rispose lei tra le lacrime.

-Bene. Piantala di piangere, Ran Mouri. Non aiuti di certo nessuno così facendo.-

-E che cosa dovrei fare allora?- sbottò la karateka guardandolo di traverso.

-Indagare, no?-

Ran parve riflettere seriamente su questa proposta. Certo lei non era Shinichi Kudo, ma non era di sicuro più stupida di lui. E se quel detective fanatico di sé stesso al quale si accompagnava riusciva a risolvere casi intricatissimi, perché lei avrebbe dovuto essere da meno? Si guardò attorno circospetta. Si sentiva come in un film di spionaggio dove lei non poteva fidarsi di nessuno. I sospettati erano i suoi commensali, due persone erano sparite e si trovavano tracce ematiche sul tappeto. C'erano tre domande principali alle quali rispondere: chi, come e perché. E forse c'era da aggiungere anche un dove. Dove erano finiti Shinichi e Nishimura? Stavano bene? No, a giudicare dal sangue, ma per il momento la ragazza volle pensare che il rosso sul tappeto non appartenesse al detective. Si stupì della velocità con la quale era riuscita a mettere lucidità nella sua mente e a fare ordine per le deduzioni. Ma una cosa era capire cosa fare un'altra era farlo. Non sapeva da quale punto incominciare e senza Shinichi a guidarla nel ragionamento era persa, lo ammise anche lei. Si ricordò di una volta durante la quale il detective la stava guardando con aria da sbruffone mentre le faceva notare che se non si aveva un sospetto mirato sul quale concentrarsi era meglio capire lo svolgimento di tutta l'azione e poi formulare una qualche ipotesi su chi la possa aver compiuta. Decise quindi di partire dal “come”.

“Come hanno fatto a farli sparire nel nulla? E soprattutto senza che Shinichi si accorgesse della cosa ed opponesse resistenza?”

Rifletté un momento sull'urlo che aveva sentito. Non sembrava di terrore quanto più di rabbia. Un ruggito di rabbia in seguito a cosa? Non gli era parsa affatto la voce del detective ed era questa la cosa strana; se lo avessero colpito avrebbe per lo meno gridato o cercato di difendersi invece nulla. Si guardò attorno vedendo gli altri ospiti vagare per le stanze come se fossero esperti della loro disposizione e come se non gli importasse molto di quello che era successo. Ran si accorse di essere ancora accasciata sulla sedia dove si era lasciata cadere poco prima in modo poco elegante e si tirò su ricomponendosi. Innanzitutto le venne l'idea di chiamare la polizia, ma aveva lasciato il cellulare a casa e stranamente non c'era un solo apparecchio telefonico in tutta la villa.

“Maledette le pochette! Non ci sta un fico secco dentro!” Ebbe la forte tentazione di gridare per la frustrazione di non saper fare nulla di utile, ma si trattenne se non altro per l'ambiente d'élite nel quale si trovava.

“Rifletti, Ran. Cosa farebbe Shinichi? Ipotesi!” Si mise a fantasticare su cosa mai potrebbe essere successo. Andò nello studio dove i due erano spariti e la osservò attentamente come avrebbe fatto un qualsiasi detective. C'erano una vecchia scrivania e una vecchia poltrona da ufficio in pelle tenute molto bene; numerosi ripiani colmi di libri e registri contabili di ogni tipo; un tavolino con delle sedie comode al centro della stanza; qualche quadro astratto e un grande arazzo che copriva l'intera parete dietro alla scrivania. La macchia di sangue si trovava poco distante da quella parete ed era un po' sbavata verso il muro. Ran raccolse con un fazzoletto il farfallino di Shinichi sporco di sangue e lo esaminò. Non c'erano segni di taglio, sembrava proprio che se lo fosse tolto da solo. Prese, poi, il prezioso bastone da passeggio dell'uomo; sfavillante certo, ma troppo leggero per avere il pomolo in diamante. Lo osservo attentamente alla luce del lampadario, ma il luccichio che emanava non la convinceva. Ricordò di quello che avevano studiato a scuola “I diamanti sono strutture particolari del carbonio e sono indistruttibili, tra i materiali naturalmente ottenibili più duri, le sue particolari proprietà chimiche e fisiche gli conferiscono resistenza e brillantezza. Sono molto rari e costosi e nei gioielli vengono spesso sostituiti da zirconi, meno brillanti e molto meno resistenti.”.

La karateka sollevò in aria il bastone afferrandolo dal puntale e lo batté violentemente a terra facendo schizzare ovunque frammenti di quello che era stato fino a poco prima il pomello. Soddisfatta, si rigirò tra le mani ciò che rimaneva del grande diamante falso e provò a trarre le sue conclusioni.

“Se il diamante è uno zircone, allora forse il signor Nishimura non è un vero ricco e nobile anziano, ma chi è? E se fosse stato lui a colpire Shinichi? Dove l'avrà portato? Siamo corsi qui subito! Se non fosse stato lui però, chi altro? Gli ospiti erano tutti di là con me, anche i camerieri lo erano. Quindi rimangono i cuochi e non credo ci sia nessun altro, giusto?” si rivolse verso uno dei ritratti che pareva che la stesse fissando.

“Perfetto, ora parlo anche con i quadri... è meglio che la smetta di pensare, non sono brava. Non come te, Shinichi. Dove sei finito, accidenti!”. D'un tratto le venne in mente l'ultima frase che le aveva detto il ragazzo prima di andarsene “Splendidi arazzi, non trovi?”; forse Shinichi aveva già capito qualcosa e l'aveva voluta avvisare con quel commento ambiguo, ma perché complicarsi la vita e non dire le cose chiare e tonde in faccia?

Con ogni probabilità sugli arazzi c'era un qualche indizio, però la karateka non aveva idea di come trovarlo. Le sembrava tutto così strano e irreale, tutto costruito, falso. Gli ospiti parlavano tra di loro come se nulla fosse e di tanto in tanto le lanciavano uno sguardo interrogativo per poi riprendere la loro conversazione. Si recò in cucina per verificare magari qualche sospettato, ma trovò solo un paio di cuochi molto gentili che la avvisarono con cortesia della presenza di telecamere in quella stanza e che quindi non si sarebbero potuti muovere. La sua teoria iniziava a fare acqua e dovette ricominciare da capo. L'unica altra persona che si era allontanata era stato il signor Nishimura, ma se ne era andato con Shinichi e quindi lui era una delle vittime. Restavano i commensali, troppo intenti nel parlare tra di loro per prestare attenzione ad altro. Tornata nella sala da pranzo si gettò su una sedia e si mise a guardare gli arazzi. “Chissà cosa hanno di tanto particolare che Shinichi ha notato immediatamente. Scommetto che se fosse qua direbbe -Sei davvero una tonta frignona, Ran. È lampante il fatto che...- … che... che... si muovono! C'è dell'aria dietro! Aria? Tipo... tipo come se ci fosse un'apertura. Un condotto.”

Si alzò rincuorata e scostò uno dei drappi ricamati infilandosi sotto. Si appoggio contro la parete gelida e iniziò a scorrerla per sentire se c'era una sorta di maniglia o cosa. La trovò poco più in là e tutta soddisfatta la girò entrando in una stanza nascosta, ma non meno illuminata o ricca delle altre. Una stanza identica allo studio, ma con le pareti spoglie. Al posto di quadri ed arazzi c'erano delle porticine che si collegavano con chissà quali camere della villa. Su una delle poltroncine al centro c'era Shinichi con un espressione a metà tra il pensoso e il preoccupato che fissava il focolare, sull'altra sedia c'era il signor Nishimura privo di sensi.

-Shinichi!- chiamò la karateka con occhi colmi di gioia.

-Ran!- il detective si voltò di scatto guardandola male.

-Che ho fatto? Ehi, ma ti sanguina il braccio!-

-Perché sei qui? Dovevi andartene via! Ci vogliono morti!-

-C-come?- Ran sbiancò nel sentire quelle parole.

Shinichi le raccontò ciò che aveva scoperto. Tutto quanto, villa compresa era finto. Erano degli attori ingaggiati appositamente sia i cuochi che i camerieri. Gli ospiti e il padrone erano in combutta tra di loro. Il signor Nishimura, sempre se quello era il suo vero nome, lo aveva attirato nello studio e lo aveva tentato di colpire alla testa, ma lui era stato più veloce e si era scansato venendo però ferito al braccio. L'uomo aveva lanciato un urlo di disappunto, ma poi lo aveva narcotizzato e portato in quella stanza nascosta. Appena Shinichi si era risvegliato lo aveva colto di sorpresa e lo aveva messo fuori gioco, ma non sapeva come aprire dall'interno le porte per uscire. L'unica speranza del ragazzo era Ran che però al posto di scappare a cercare aiuto lo aveva trovato.

-Hai lasciato la porta aperta?- chiese Shinichi.

-Sì, io...- un tonfo secco la interruppe.

-No!- gridò il detective -Dannazione! Ci hanno chiuso dentro!-

-Ma perché?-

-Vogliono ucciderci! Era troppo strano quell'invito... lo sapevo che c'era qualcosa sotto. Eppure ti ho trascinato con me, che stupido. Solo perché credevo di sapermela cavare. Mi dispiace.-

-Non ti preoccupare. Sei l'investigatore più bravo che conosca, so di per certo che troverai il modo per uscire.-

-Bé, sì. Hai ragione. Sono eccezionale, io. Stavo solo bluffando. Vuoi che nell'eternità che ci hai messo a scoprire che gli arazzi nascondevano delle porte me ne sia stato a far nulla?-

-Eccolo che ritorna odioso! E allora perché stavi aspettando me?-

-Ti confesso che ho concluso il ragionamento solo poco fa. Dunque, dunque, dunque...- iniziò Shinichi guardandosi attorno in modo teatrale -Abbiamo quattro porte, tutte chiuse. Ma ci deve essere un condotto dell'aria. Condotto che è questo. Ma... ahi! È troppo piccolo!-

-Fa vedere. Non è vero! Ci passi!-

-Intendevo per te!- sghignazzò il ragazzo, prima di prendersi sulla testa un forte pugno e passare dalle risa al pianto.

-Maleducato!-

Il detective scosse la testa sbuffando e fece gesto a Ran di entrarvi, ma la bloccò prima che lei muovesse un solo passo. Proveniente dall'interno del condotto avvertì un odore strano che lo fece tossire, un fumo che si espandeva fino alla stanza segreta. Anche la ragazza si mise ad annusare come lui e sgranò gli occhi esclamando -Monossido di carbonio!-

-Ma non si sono resi conto che c'è anche il signor Nishimura o chi diavolo è qui dentro?-

-Non gli importa granché da quel che ho visto. Sembrano apatici... eppure uno mi ha spinto a cercarti, sai?-

-Davvero?- Shinichi chiuse il condotto dell'aria pensoso. Se volevano ucciderli, perché spronarla a cercarlo? Sarebbe stato più facile eliminarla subito, senza indugi, tanto era sola e spaventata contro molti sconosciuti; e lui lo avrebbero potuto lasciare lì a morire. Ma perché allora fare in modo che entrambi facessero la stessa fine, con il rischio tra l'altro che lei non fosse in grado di trovarlo? E poi quella storia di suo padre come se la erano inventata? Ovviamente lui sapeva che era falsa, ma era decisamente ben costruita. Cosa c'era sotto? In un lampo capì.

-Shinichi, ho paura.-

-Uff, tranquilla.- il detective la prese tra le braccia impacciato per rassicurarla.

-No, davvero. Come usciamo? Se tuo padre non fa in tempo a...-

-Mio padre?!-

-Sì, prima di venire stasera ho voluto chiamare tua madre per sapere che tipo di festa era, ma lei mi ha risposto che non ne sapeva nulla. Mi ha passato Yusaku che in realtà non mi ha dato una risposta concreta, ma mi ha detto di starti vicino e non lasciarti mai da solo.-

-Quanto aspettavi a dirmelo?- sbottò il ragazzo irritato dal sapere quella cosa solo allora.

-Bé, è stato Yusaku a dirmi di non dirti nulla e che ci avrebbe pensato lui. Gli ho dato luogo e ora per sicurezza.-

-Quindi è probabile che abbia capito e che ci aiuti... da Los Angeles?-

-Questo lo sai tu.-

-Ammetto che questa volta sei stata brava. Hai preparato anche una seconda via d'uscita come avrebbe fatto un qualsiasi detective. Non io però.-

-Non hai bisogno di un piano di riserva perché sei...-

La conversazione venne interrotta dal cigolio della porta dietro l'arazzo della sala da pranzo e dall'ingresso di Yusaku Kudo nella stanzetta. Il facilmente equivocabile atteggiamento dei due ancora abbracciati lo fece tossicchiare mentre diceva -Ehm, ragazzi se volete uscire...-

-Papà!- esclamò Shinichi arrossendo.

-Figliolo, non perdi certo l'occasione...- ridacchiò lo scrittore.

-Non stavamo facendo nulla! Aveva paura! Tu piuttosto che ci fai qui?- il ragazzo parve piuttosto irritato dalla presenza del padre mentre usciva a passo di carica.

-Ti aiuto?-

Appena fuori dalla spoglia stanza dove erano rinchiusi, Ran e Shinichi videro la polizia intenta a fare arresti, foto e prendere deposizioni. In manette c'erano tutti gli invitati a quella fantomatica festa e gli inservienti erano sotto interrogatorio; anche il signor Nishimura venne condotto fuori e una volta rinvenuto venne arrestato per tentato omicidio.

Yusaku portò all'aria aperta i due ragazzi per ossigenare i polmoni e colse l'occasione per una chiacchierata con il figlio.

-Shinichi, come ti è venuto in mente? Lo sai che un bravo detective deve...-

-Lo so, papà. Mi dispiace.-

-Mi raccomando. Sii più prudente. Ma non affliggerti, sei ancora tanto giovane e ne hai di tempo per fare esperienza.- il sorriso del padre rincuorò l'investigatore che sussurrò sommessamente “va bene.”

-Ora vado. Tua mamma sennò non sarà contenta se perdo l'aereo di nuovo. Ciao, Sherlock Holmes.-

-Ciao papà.-

-Arrivederci Yusaku.- salutò Ran raggiungendoli.

Rimasti soli di nuovo la karateka azzardò a chiedere il movente di tutta quella messinscena cosa che fu più che gradita a Shinichi che aveva ormai capito ogni cosa.

-Allora, l'invito che mi è arrivato è arrivato anche a mio padre. Lui ovviamente ha declinato, ma non è riuscito ad avvisare. Per quello era apparecchiato per dieci giusti. Naturalmente non si aspettavano di trovare te al posto di mio padre, ma hanno mandato avanti lo stesso il piano. Sono un gruppo di squilibrati che si divertono sotto falso nome a uccidere le persone giocando a Cluedo. Ogni anno uno di loro progetta una modalità di omicidio e una volta che la vittima è morta gli altri devono giocare a scoprire chi dove e come. Quest'anno il colpevole ha voluto rischiare molto e ha chiamato due detective facendo recitare a uno degli amici, il signor Nishimura, la parte del padrone di casa che veniva ucciso misteriosamente, così le vittime sarebbero state due e ci sarebbe stato più divertimento. Si aspettava di inserire della vera deduzione all'interno del gioco, ma quando ti sei presentata tu al posto di mio padre ha dovuto fare in modo che il gioco continuasse e ti ha spronato a giocare anche tu.-

-Quindi chi ha architettato tutto è il signore vestito di viola!-

-Esatto. Stasera sei stata bravissima con le deduzioni!- si complimentò il detective facendola arrossire.

-Non ho fatto nulla di speciale.-

-Non è vero! Senza di te sarei morto. Letteralmente!-

-Bé, è stato “elementare, Watson”-

-Mi copi pure le battute ora, Watson?-

-Certo, Holmes.-

Senza curasi di ciò che avveniva all'interno della villa presero a giocare come due bambini a rincorresi fino a che non arrivò il taxi che li condusse fino a casa ponendo fine a quella serata.



Angolo Autrice:
Buone Feste a tutti! 
Grazie per le vostre fantastiche recensioni.
Spero che questo capitolo (scritto un po' di fretta xD) vi piaccia altrettanto.
Questa volta è Ran che fa la parte del detective....
spero di non essere stata OOC
in ogni caso,
Buone Feste!
=)  

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Capitolo 10
*** Gita sulla neve ***


Gita sulla neve

 

Alle sette e trenta in punto Ran era davanti al liceo Teitan con la valigia in mano pronta per la partenza in gita. La destinazione designata era una tranquilla località sciistica non troppo lontana scelta dalla sua amica Sonoko Suzuki che era l'organizzatrice di quel viaggio. Sarebbero rimasti fuori una settimana accompagnati dal loro professore di scienze ed altri due professori delle altre due classi che andavano con loro. Prima di lasciare casa aveva salutato suo padre e letto un bigliettino di Conan che la informava di essere partito molto presto quella mattina con i suoi genitori che erano venuti a trovarlo.

“Inizia anche lui a sparire senza salutare adesso? Devo proprio essere condannata.” pensò malinconicamente la ragazza; intanto sempre più gente si stava accalcando attorno a lei con valige e borselli in mano pronti per la neve. Anche Sonoko era arrivata, ma in qualità di organizzatrice stava mettendo a punto gli ultimi dettagli e quindi Ran era rimasta sola tra la calca di ragazzi che stavano mettendo giù le valige e scegliendo i posti.

-Permetti?-

Una voce dolcemente familiare le accarezzò le orecchie facendole allargare la bocca in un sorriso grandissimo.

Con un sussurro la karateka esclamò -Shinichi!- e si voltò scontrandosi subito con i suoi bellissimi occhi blu.

-Ciao, come va?-

-Stupido!- Ran gettò a terra la valigia e lo abbracciò così forte da farlo quasi soffocare.

-Mi strangoli!-

-Scusa. Dove sei stato? Resti? Vieni con noi?- allentò la presa, ma non si staccò sommergendolo di domande.

-Dammi la valigia te la porto giù io. Vai a prendere i posti sulla corriera così poi parliamo.- suggerì con un gran sorriso il detective e lei non poté far altro che annuire ed eseguire raggiante. Mai in vita sua era stata più contenta di andare via di casa.

Shinichi, dal canto suo, era euforico. Era riuscito ad ottenere una settimana di spensieratezza sulla neve come regalo di natale anticipato da Ai e ciò non lo poteva rendere più allegro. Sistemò i bagagli e salutò un paio di compagni che lo avevano riconosciuto prima di accomodarsi nel posto vicino al finestrino accanto a Ran che ricominciò a fare domande a raffica alle quali il ragazzo rispose piuttosto vagamente. Al momento dell'appello, quando il professore chiamò il suo nome e lui rispose si sollevò un boato tra gli studenti che si misero ad acclamarlo, in particolar modo le ragazze che avevano già guardato male Ran per il posto che occupava.

Arrivarono dopo un paio di ore di viaggio all'hotel prenotato per quella settimana e scaricarono i bagagli. Il professore che li accompagnava si sincerò che le stanze proposte dall'organizzatrice fossero eque e soddisfatto consegnò le chiavi ai ragazzi.

Ovviamente Shinichi avrebbe preferito stare in camera da solo, ma venne messo in stanza con due suoi vecchi amici e non gli dispiacque più di tanto. Temeva solo che per qualche ragione dovesse tornare ad essere Conan improvvisamente e la sua copertura andasse perduta. Era una probabilità remota che tornasse piccolo prima del tempo dovuto, ma c'era pur sempre il rischio. Cercò di rilassarsi, non doveva pensarci troppo o non si sarebbe goduto la sua vacanza. Dispose la valigia accanto al letto a castello e si distese in quello sotto appisolandosi in pochissimo tempo. Aveva dormito poco la sera antecedente come al solito e prima che il professore li chiamasse per le attività mancava ancora del tempo così si concesse una pausa, ma si addormentò più profondamente di quello che avrebbe voluto. Si svegliò solo quando ormai il suo stomaco già brontolava e l'orologio sul muro segnava le due. Aveva dormito per quasi sei ore senza nemmeno accorgersi che gli altri erano usciti lasciandolo solo. Si alzò puntellandosi sui gomiti ancora intontito ed osservo per la prima volta con attenzione la stanza. Tre letti a una piazza di cui due erano impilati con una struttura a castello; moquette verde marcio per terra che stonava leggermente con le tende color crema sull'unica ampia finestra con balcone nonostante fossero al piano terra; una scrivania e un armadio in legno chiaro e una sedia da ufficio nera sulla quale c'era seduta una figura in controluce intenta ad osservare il bianco panorama delle piste da sci fuori. Questa sentendo del movimento dietro a sé si voltò fissando il ragazzo ancora mezzo addormentato e lo salutò cordialmente avvicinandosi.

-Ben svegliato, bel addormentato.-

Shinichi non fece in tempo a rendersi conto che a parlare era stata Ran che i loro due volti erano a pochi centimetri di distanza.

-Che ci fai qui?- sbadigliò lui considerandola inconsciamente un sogno.

-Ti ho portato il pranzo. I tuoi compagni di stanza hanno detto che stavi dormendo e non ti volevano disturbare.-

-Oh, già.- biascicò ancora nel mondo dei sogni.

-Non hai dormito molto stanotte. Alzati dai che tra un ora andiamo a sciare.- la ragazza scostò le coperte da lui per farlo muovere, ma rimase con il lenzuolo a mezz'aria vedendo che era solo con la biancheria intima addosso. Il detective si risvegliò immediatamente dal suo stato di torpore e si infilò rapido pantaloni e maglietta.

-Ma ti pare il modo di svegliare la gente?-

-Ma ti pare il modo di andare a dormire?-

Shinichi mangiò quel poco che la karateka era riuscita a sottrarre a quei lupi affamati che erano i suoi compagni e poco dopo i due furono fuori nella neve candida per sciare con gli altri.

Shinichi e Ran iniziarono a scivolare in simbiosi sulla neve in un continuo gioco di incroci e slalom con abilità incredibile facendo dei solchi congiunti nella neve immacolata che sembravano legarli indissolubilmente. Quando furono esausti si concedettero una pausa seduti sugli sdraio fuori dal bar sulle piste, ma nei dintorni arrivò anche un gruppetto di studenti di una delle altre classi che senza accorgersi dei due iniziarono a sparlare con cattiveria. I commenti furono fin troppo crudeli in particolar modo verso Ran tanto che il detective non ci vide più e, lasciato da parte il suo self-control, sbottò contro di loro alcune frasi poco cordiali. Ottene che il più grosso tra tutti gli si parasse davanti e lo sfidasse ad una gara di sci su fuoripista. Shinichi non dette retta né alla sua razionalità né a Ran che lo imploravano di dire no ed accettò senza indugio nonostante non avesse mai fatto un fuoripista.

La sfida si sarebbe svolta il giorno successivo la mattina quando buona parte degli studenti sarebbe partita per la ciaspolata e sarebbe rimasto in albergo solo il professore più allampanato. Il fuoripista scelto era su un fianco della montagna molto ripido per sciatori esperti e la regola era che vinceva il primo che arrivava a valle.

Una coppia di sciatori esperti aveva assistito alla scena gli diedero amichevolmente qualche dritta per i fuoripista.

Shinichi ringraziò, ma ancora alterato si recò a passo di carica per studiare la zona seguito da una Ran sconcertata che lo tentava di dissuadere con ogni mezzo.

-Ti prego. Ti prego. Ti ammazzerai!-

-Finiscila di piagnucolare!-

-Ti reputi tanto intelligente, ma non è così se accetti una cosa del genere! Sta già iniziando a nevicare e sai cosa vuol dire un fuoripista sulla neve fresca? Una slavina! Senza contare che quello che ti ha sfidato è nel club di sci e li usa da quando aveva tre anni. Ti farai stracciare! Oltre che morirai!-

-Lo so!- gridò esasperato il detective. Si era già pentito di quella frazione di secondo in cui non aveva avuto il buon senso a fermarlo dal fare una pazzia. Non era affatto un incosciente e sapeva bene che sulla neve fresca sarebbe stato facilissimo provocare una valanga e finirci sotto. Aveva già fatto quell'esperienza e non la voleva assolutamente ripetere. Senza contare che in ogni caso aveva accettato la sfida del campione nazionale giovanile di sci senza nemmeno pensarci. La nevicata si era fatta a fiocchi sempre più grossi e le previsioni davano quel tempo fino al mattino successivo, il che significava che la neve non avrebbe fatto in tempo a solidificarsi per la gara perché le temperature sarebbero rimaste sullo zero senza scendere sotto e quindi avrebbero dovuto sciare sulla neve appena caduta. Doveva confidare nelle sue capacità. Shinichi abbassò lo sguardo sulla discesa che avrebbe dovuto affrontare e ammise che era piuttosto ripida tanto che non se ne vedeva la fine. Ran gli prese la mano guantata.

-Non sei obbligato a farlo.-

-Lo sono, invece. Io non mi tiro indietro, lo sai bene.-

-Maledetto orgoglio maschile!- sbottò la karateka incrociando le braccia -Tu fa come vuoi, ma io domani non ci sarò a vederti rompere l'osso del collo.- e detto questo si incamminò verso l'hotel a passo spedito. Il detective rimase fermo indeciso per un po'. Come gli era venuto in mente di fare una cosa tanto stupida? Lei aveva ragione: si era lasciato prendere troppo avrebbe dovuto lasciare perdere. Sospirò dandosi dell'idiota e raggiunse Ran che incespicava nella neve con gli scarponi da sci ai piedi mentre un forte vento freddo si era alzato e aveva iniziato ad imbrunire.

-Si sta facendo buio e si sta alzando una tormenta. Meglio rientrare.- propose Shinichi dandole la mano.

Ritornarono in albergo stanchi e infreddoliti e passarono la serata allegramente assieme a tutti gli altri conoscendo anche alcuni degli altri ospiti. Shinichi si tenne discretamente in disparte, ma conobbe lo stesso due alpinisti molto simpatici amanti della lettura con i quali si intrattenne a parlare per molto tempo e giocò a scacchi. Andarono a letto tutti molto tardi, ma il giovane investigatore non riusciva a prendere sonno perciò decise di alzarsi e riscaldarsi accanto al fuoco nella sala relax. Sbirciò fuori dalla finestra. La neve continuava a scendere copiosamente imbiancando tutto quanto. Se avesse proseguito a questo modo il giorno seguente non sarebbe stato possibile fare il fuoripista e se ne rallegrò molto. Sentì uno scricchiolio dietro a sé e rizzò le orecchie all'ascolto. Si fece immobile come se dormisse sulla poltrona scarlatta avvolto dal caldo plaid a scacchi e prestò attenzione. Ancora prima di voltarsi sentì un dolce profumo penetrargli nella narici e si rilassò avendo riconosciuto chi si avvicinava.

-Non dovresti già essere a letto?- chiese divertito dal sussulto che ci fu in risposta.

-Shinichi! Non spaventarmi così! Non avevo sonno. Anche tu dovresti dormire però.-

-Non ci riuscivo.- ammise; alzò la testa per guardarla negli occhi -Vieni qua.- sollevò la coperta e si spostò un po' sulla poltrona per farle posto. La ragazza infreddolita si infilò con lui senza pensarci e venne accolta dal suo calore. Appoggiò la testa nell'incavo della sua spalla beandosi di quella compagnia e chiuse gli occhi cullata dalle carezze che lui le faceva sulla guancia. Entrambi si addormentarono poco dopo abbracciati e si destarono solo quando un flash li abbagliò.

-Sonoko!- esclamò il detective.

-Maritino e mogliettina. Perfetta! Questa foto va dritta sul web!-

-Non ci pensare nemmeno!-

-Come la fai lunga! Ma... come sono messe le mani lì sotto?- domandò l'ereditiera ammiccando alla coperta che lasciava vedere solo i volti dei due. Fu Ran a rispondere appena sveglia perché Shinichi era diventato viola.

-Sonoko, cancella quella foto!-

-Che peccato. Ah, vi conviene andare via da qui perché stanno arrivando tutti.-

I due ragazzi sparirono dalla sala relax in un batter d'occhio e ricomparvero in un lampo nella sala ristorante per la colazione. I ragazzi che partivano per la ciaspolata erano già pronti per uscire guidati dai due professori e la sala si svuoto velocemente. Erano rimasti il gruppetto di studenti del giorno prima tra i quali ovviamente il suo sfidante, Sonoko, Ran e un altro paio di ragazzi amanti dello sci. Il professore rimasto si raccomandò con loro di fare attenzione per l'abbondante nevicata e li lasciò liberi.

Appena messo fuori un piede nella neve affondarono parecchio andando giù fino al ginocchio. Se lì, in una strada spianata, era così chissà dove non era battuto come era! Fecero piuttosto fatica a raggiungere l'impianto di risalita tanto che Shinichi dovette tirare fuori dalla neve sia Ran che Sonoko. Arrivati all'inizio della discesa i due sfidanti si scrutarono negli occhi e si prepararono. La karateka tastò la neve e sbiancò nel constatare che i dodici centimetri del giorno prima erano diventati quasi mezzo metro. Prima che i due partissero tentò di farli ragionare.

-Perché non fate su una pista normale? Sono sicura che sarà ugualmente... ehm... competitivo.-

Shinichi stava per approvare questa sua splendida idea, ma l'altro ragazzo prese a disprezzala.

-Hai paura per il tuo fidanzato? Fai bene, ma sta tranquilla... ti riporto le ossa che perde, sai dolcezza?-

-Che razza di presuntuoso arrogante strafottente!- sbottò Sonoko mettendosi davanti all'amica -Ehi, Kudo! Non dici nulla?-

Shinichi, però, era impegnato in altro per ascoltarli. Aveva visto nella neve poco più in là alcuni solchi di sci che scendevano lungo il pendio. Effettivamente la coppia di sciatori esperti non l'aveva vista quella mattina a colazione, magari erano usciti presto per avere la neve migliore, ma con il tempo della notte appena trascorsa era piuttosto rischioso da fare. Solo l'ennesimo richiamo di Sonoko lo destò dai suoi pensieri.

-Che vuoi?-

-Hai sentito quello che le ha detto?-

-No, e comunque non mi interessa. Facciamo questa cosa.- “prima che ci ripensi...” aggiunse mentalmente. Si disposero in linea per la partenza. Un ragazzo iniziò a contare all'indietro da dieci.

-10... 9... 8...-

A quel punto Ran giocò la carta migliore che aveva e gli afferrò il braccio quasi in lacrime per fermarlo.

-Ti prego! Ieri sono morte due persone per questa stessa follia! Non farlo, per favore!-

-Non ti preoccupare. So quel che faccio.- le prese il mento e le diede un piccolo bacio a fior di labbra con il suo tipico sorrisetto beffardo in viso -Ci vediamo a valle.-

-Via!-

Entrambi gli sfidanti si slanciarono in avanti prendendo velocità. Shinichi sciava con rapidità e abilità, ma l'altro aveva già acquistato un buon vantaggio su di lui. Cercò di accelerare senza sprofondare nella neve e lo raggiunse. Era un testa a testa per la parete ripida. I due si fronteggiavano continuando la discesa quando il detective tornò a notare i solchi nella neve di altri sci che si inserivano in un punto dietro un costolone di roccia. Vide per terrà un bastone da sci e poco più avanti un guanto. Non poteva far finta di nulla, forse qualcuno era in pericolo. Rallentò frenando a spazzaneve e arrestò la sua corsa. Il suo avversario lo notò e pensò che si volesse ritirare, ma si bloccò anche lui pochi metri più avanti vedendo a terra un giubbotto da sci rosso proprio sulla sua strada.

Shinichi si girò verso di lui.

-Che succede?-

-C'è un giubbotto rosso qui!-

-Da donna o da uomo?-

Il ragazzone controllò e rispose -Uomo!-

-Prosegui a valle se vuoi, io resto qua.- disse indicando gli oggetti sparsi sulla neve vicino a lui.

-No, resto anche io. Non mi va di batterti così facilmente.-

I due si addentrarono con gli sci a mano dietro il costolone seguendo le tracce degli sci che il detective aveva tassativamente vietato di sfiorare. Proseguirono per un sentierino di neve pericolante ed arrivarono sotto un'alta sporgenza rocciosa che fungeva da copertura come di una grotta per una zona totalmente imbiancata con stalattiti e stalagmiti di ghiaccio molto appuntite.

L'arrogante ragazzo con passo svelto si addentrò sotto quella roccia, ma il detective coscienziosamente lo bloccò.

-Non andare. Guarda in alto. Ci sono delle stalattiti che pendono da là. Non vorrei che ti cadessero sopra.-

-Che premuroso... - lo disprezzò il rivale.

-Non ti voglio sulla coscienza, punto e basta.-

Un qualcosa di rosso attirò la loro attenzione. A terra tra i ghiacci e la neve giaceva l'uomo della coppia di sciatori che aveva conosciuto il pomeriggio prima. Non indossava la giacca, ma aveva solo il pile bianco e i pantaloni della tuta da sci. Ciò che però risaltava maggiormente era che dal suo petto spuntavano tre spuntoni di ghiaccio colorati di rosso sangue. Due piccole stalagmiti affilate come rasoi e una stalattite piantata con violenza al centro del torace. Il corpo era freddo e con le membra bluastre assiderate dal gelo. I suoi sci erano staccati e sparsi poco lontano e c'era solo un bastoncino nella sua unica mano guantata. Il sangue attorno era ormai rappreso e congelato, ma la mano senza il guanto sembrava che lo avesse sparso nel tentativo malriuscito di scrivere qualcosa.

-Oh, che orrore!- esclamò lo studente, ma Shinichi lo zittì immediatamente. Se erano in una grotta dove rimbombava tutto ogni vibrazione sopra la media poteva rompere il ghiaccio appuntito che pendeva sopra di loro facendoli infilzare. Dovevano uscire e tornare su dagli altri così avrebbero potuto chiamare la polizia. Non si era trattato di una disgrazia, il detective ne era più che certo. Nessuno si sarebbe mai addentrato da solo lì. Era un omicidio con occultamento di cadavere.

 

Un attimo prima della partenza Ran stava quasi per mettersi a piangere e un attimo dopo era sorretta da una Sonoko raggiante e vedeva il suo amore allontanarsi per una pazzia. Ormai erano dieci minuti buoni che attendevano. Il primo che arrivava doveva fare una chiamata per dire che aveva vinto, ma nessun telefono aveva squillato. In discesa libera come stavano facendo loro ci volevano solo due minuti, ma ne erano passati troppi anche per dei piccoli incidenti di percorso.

La karateka fissava incessantemente il display del cellulare.

-Non preoccuparti.- le ripeteva l'amica accanto -Sono certa che sta bene. Ha la testa dura e prima che se la rompa ne passa di tempo.-

Ma Ran non l'ascoltava e in un impeto improvviso di follia indossò gli sci e scese a cercarlo. Non gli importava di non essere chissà che con gli sci, ma doveva trovarlo. Doveva assicurasi che lui stesse bene. Seguì le sue tracce rapida e rallentò un paio di volte per evitare di cadere; d'un tratto vide interrompersi bruscamente i solchi nella neve di entrambi e notò delle impronte in direzione del costolone di roccia. Temendo il peggio si tolse gli sci e corse seguendo le orme. Mise i piedi negli esatti punti del detective dal momento che era certa che quei segni li avesse fatti lui e raggiunse in fretta la grotta ghiacciata dove vide i due ragazzi con gli sci in spalla e... un cadavere.

Stava per urlare, ma Shinichi le tappò la bocca prima che emettesse un solo suono e li uccidesse.

-Shin... Shinichi... che è...?- sussurrò inorridita.

-È morto. Dobbiamo tornare su a chiamare la polizia.-

Il ragazzone vicino a loro impaurito da quella visione se la filò via scendendo a valle di volata e li lasciò soli.

-Che codardo... mi sfida e mi molla sul più bello. Ora torniamo su. Ma perché sei venuta qui giù? Hai rischiato molto. Non devi più farlo!-

-Pensavo ti fosse successo qualcosa. Nessuno chiamava. Ho... ho pensato che... che...- le vennero le lacrime agli occhi.

-Ehi, ehi. No, non si piange. Sennò poi ti si ghiacciano gli occhi... ed è un peccato credimi. Ora saliamo.-

Lasciarono la grotta e risalirono il pendio. Per fortuna non erano nemmeno arrivati a metà e in appena dieci minuti tra neve alle ginocchia e scivolate varie arrivarono di nuovo in cima.

Tutti li tempestarono di domande alle quali Shinichi fu ben lieto di rispondere solo dovo aver chiamato la polizia che arrivò quasi subito. L'ispettore che gli si presentò fu l'ispettore Yamamura, classificato persino da Kogoro come un imbranato. Appena vide Ran le corse incontro per salutarla e si guardò attorno alla ricerca del detective dormiente.

-Mi dispiace.- disse lei -Ma sono in gita con la scuola. Mio padre non c'è.-

-Ah capisco.- rispose lui deluso -Chi è che ha chiamato, allora?-

-Lui.- la ragazza indicò dietro a sé Shinichi che faceva domande a destra e a manca.

-Chi è quello?- chiese l'ispettore.

-Quello? È Shinichi Kudo.-

-Ah, l'investigatore liceale che è scomparso, quello bravo, ma tanto taaaanto bravo...- la faccia di Yamamura era esilarante -Ma non era morto?-

-Cosa?! No! È vivo e vegeto!- rispose Ran non volendo nemmeno pensare a quell'eventualità.

-Bene, meglio. Mi aiuterà.-

La karateka lo stava squadrando male quando il detective la chiamò poco distante.

-Sono qui. Dimmi.-

-È arrivato l'ispettore?-

-Sì e l'ho già informato che segui tu il caso. Pensava fossi morto, che stupido vero?-

Shinichi fece una faccia ambigua e rispose senza calcare troppo il sarcasmo -Perché mai avrebbe dovuto pensarlo? Ispettore Yamamura, qual buon vento.-

-Oh, tu devi essere quello bravo! Sono contento che tu sia qui, ma il caso l'ho già risolto.-

-Che?! Senza sentire nemmeno un testimone? O vedere la scena?- il ragazzo era allibito; quell'ispettore era davvero imbranato.

-Si è trattato di un incidente.- disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Sia Ran che Shinichi si guardarono esterrefatti. Persino lei aveva capito che non poteva esserlo. Il detective per la seconda volta in due giorni perse il self-control e parlò a volume abbastanza alto, ma senza dimenticare la sua compostezza -Ma come diavolo fa a dire che si è trattato di un incidente! Primo: non ha visto nemmeno il posto. Secondo: se la stalattite si fosse staccata dal soffitto perché se ne sarebbe staccata solo una tra le tante che ci sono! E terzo: quale persona sana di mente andrebbe a ficcarsi da sola in un posto del genere!-

L'ispettore parve rifletterci un momento prima di rispondere a quelle che secondo lui erano solo semplici domande, non attacchi alla sua tesi.

-Magari la stalattite era già mezza rotta e forse mentre stava sciando gli scappava e si è allontanato.-

Shinichi sbatté le palpebre stranito e sussurrò alla ragazza -Non può averlo detto davvero. Ti prego dimmi che non lo ha detto!-

-Ispettore, credo che sia meglio andare a vedere il posto.- suggerì Ran che stava trattenendo a stento una risata.

Giunti alla grotta con la scientifica, il detective espose come si era svolto il ritrovamento e lasciò lavorare gli agenti limitandosi ad aggirarsi qua e là.

-Trovato qualcosa di interessante?- domandò la karateka che sol seguiva ovunque come una bambina.

-Questo posto non ci potrà rivelare certo il colpevole. Ho una teoria, ma deve essere supportata da delle prove. È un accusa molto pesante: omicidio premeditato e occultamento di cadavere.-

-Cosa pensi sia successo?-

-Perché non provi a dedurlo tu?- propose il ragazzo. Tanto di tempo ne avevano quanto ne volevano prima che quell'incapace di Yamamura riuscisse a cavare un ragno da buco.

-Proviamo. Allora...- Ran imitò il detective mentre pensava con la mano al mento e iniziò ad elaborare una teoria -Vediamo... qualcuno lo ha portato fino a qui. Non ci è venuto da solo. La scena è stata disposta per far sembrare un incidente: lo sciatore che durante il fuoripista fa un ruzzolone perde qualche oggetto si rifugia nella grotta per riposarsi, ma fa troppo rumore e una stalattite si rompe infilzandolo, cade al suolo e sotto il suo peso viene infilzato anche da due stalagmiti più piccole. Ma l'oggetto che ha fatto da pugnale non può essere caduto dall'alto, quindi l'assassino lo deve aver portato o preso da un altra parte. Magari ha staccato una stalagmite e lo ha colpito.-

-Brava, i miei complimenti. Ora ti faccio un paio di domande che sorgerebbero spontanee. Primo: la giacca? Secondo: i solchi sono solo di un paio di sci. Dove sono gli altri se erano in due?-

Ran fece per rispondere, ma scosse la testa. Non lo sapeva. Il detective rise e disse -Torniamo sulle piste. Come ti ripeto da qui non si può dedurre molto altro.-

Lui aveva tratto le stesse conclusioni, ma gli rimanevano appunto quelle due domande alle quali non riusciva ancora a dare una risposta precisa.

Con il gelo nelle ossa fecero ritorno giusto per pranzo in hotel dove i compagni li attendevano trepidanti ed avidi di notizie anche se nessuno dei due si lasciò sfuggire una parola. Nel pomeriggio, mentre gli altri erano fuori, loro erano rimasti dentro stanchi abbracciati sulla stessa poltrona della notte precedente. Ran si era quasi assopita sulla sua spalla e Shinichi guardava fuori dalla finestra gli agenti eseguire i confusionari ordini dell'ispettore. Lui, a differenza di Yamamura, non aveva perso tempo e aveva già ristretto la cerchia dei possibili sospettati a tre ossia i due alpinisti con i quali aveva giocato a scacchi e la ragazza della vittima. La donna era l'unica a non avere un alibi perché aveva dichiarato di essere alle terme da sola e gli altri due invece avevano detto di essere stati uno nella stanza perché non si sentiva benissimo e aveva persino chiesto un termometro alla hall e l'altro era andato a sciare, ma non era facilmente verificabile il suo alibi perché c'era moltissima gente sulle piste. Tutti e tre sarebbero stati in grado a livello di abilità in montagna di arrivare alla grotta, ma per una donna sarebbe stato assai difficile trasportare un uomo laggiù. Tuttavia era l'unica a non avere un alibi confermato e tra l'altro per tutti e tre mancava il movente.

L'intero pomeriggio era ormai trascorso e era arrivata la sera. I tre sospettati non erano stati arrestati, ma gli era stato imposto di non lasciare l'albergo. Come la sera precedente si era messo a nevicare molto forte e la polizia se ne era andata per tornare il giorno dopo. Ormai tutti erano nei loro letti, ma Shinichi nonostante fosse esausto continuava a pensare al modo in cui l'assassino poteva aver trasportato là il corpo. Stava fissando il vuoto sopra di sé quando sentì alcuni rumori provenire da fuori. Aprì la finestra nella bufera appena in tempo per sentire un urlo non troppo forte.

Uscì con le sole ciabatte e urlò al vento -Chi è?-

Vide una figura con una torcia in mano allontanarsi in gran fretta lasciando indietro un'altra figura tremolante. Il detective vi si avvicinò e si inginocchiò accanto.

-Ran!-

La ragazza congelata stava tremando con solo un leggero pigiamino senza ciabatte in mezzo alla tormenta.

-Ran!-

Shinichi la raccolse tra le braccia e la portò nella propria camera, incespicando ad ogni passo nella tormenta. Fece attenzione a non svegliare gli altri per evitare qualsiasi tipo di disturbo e iniziò a farle riprendere colore. Le doveva togliere gli indumenti bagnati e la doveva riscaldare. Tirò fuori un maglione pesante dalla sua valigia e glielo mise addosso togliendole la maglia del pigiama senza sbirciare troppo. Fece lo stesso con i pantaloni e le mise addosso un paio di calze grosse. La portò nella sala relax accanto al fuoco e le fece riprendere colore.

-Cosa è successo?- domandò con tono concitato appena lei aprì gli occhi.

-Non... non so. Ero sulla terrazza a mettere fuori gli scarponi quando ho visto una luce poco distante e ho guadato, ma sono caduta nella neve. Chiunque fosse è venuto lì mi ha puntato la torcia in faccia e mi premuto la faccia nella neve per soffocarmi.- la karateka si mise a singhiozzare.

-Ssh, non piangere.,, Uomo o donna?

-Cosa?-

-Era un uomo o una donna?-

-Non lo so, era buio non l'ho visto in faccia. Ho visto solo qualcosa brillare di rosso, credo.-

-Che cosa stava facendo?-

-Non lo so. Era lì, sembrava stesse cercando qualcosa nella neve. Shinichi, ho freddo.-

-Ci sono qui io apposta per scaldarti.- le dette un caldo bacio sulle labbra ancora fredde e bluastre e rimase con lei per tutta la notte. Quando spuntarono i primi raggi di sole da dietro alla montagna, il ragazzo la prese in braccio e la portò in camera dalle sue amiche. Gli aprì Sonoko che lo stava guardando stranita mentre gli indicava il letto dove appoggiarla.

Il detective non aveva quasi chiuso occhio quella notte e aveva due occhiaie da far spavento, ma non se ne curò e uscì prima di colazione a vedere alla luce il luogo dell'aggressione della notte prima. Di sicuro chiunque fosse stato aveva pensato che Ran avrebbe potuto dargli dei guai se avesse scoperto cosa stava facendo. Durante la notte era nevicato molto e anche alla mattina c'era

qualche fiocco che cadeva, ma per fortuna grazie al suo intuito riuscì a vedere le orme quasi coperte della sera precedente. Trovò il punto dove la ragazza era stata aggredita e appena un passo più in là vide una zona di neve molto smossa dove evidentemente l'aggressore stava cercando qualcosa. Iniziò a scavare tra il metro di neve che si era accumulato. Doveva essere davvero compromettente ciò che stava cercando se l'assassino aveva affrontato una bufera. Rimase lì per una buona mezz'ora e cercò anche nei dintorni, ma non trovò nulla. Tutto stava in quell'oggetto, ne era sicuro. Se lo avesse trovato avrebbe avuto il colpevole in pugno. Smise la sua ricerca per un attimo e si sedette sulla neve sconsolato. “Cosa accidenti stava cercando? Qui non c'è niente!”

-Hai fatto colazione?- domandò la karateka arrivandogli da dietro.

-No, ma non ho fame.- Shinichi si buttò all'indietro coricandosi sulla neve fresca. Ran si inginocchiò davanti alla sua testa e lo guardò dall'alto.

-Peccato, c'erano degli ottimi croissant al cioccolato. Davvero deliziosi.-

-Ho mangiato abbastanza neve, sono apposto grazie.-

-Ma hai dormito?-

Il detective non rispose si limitò a chiudere gli occhi sorridendo colpevole.

-Devi dormire, Shinichi! Non puoi non farlo! E devi anche magiare!-

-Un cervello lavora meglio a stomaco vuoto... come stai?-

-Io? Bene, grazie.-

-Ci sono sempre per te.-

-No, non sempre. Una volta era così.- disse lei con rammarico.

-Te lo assicuro, che tu lo creda o no io c'ero, ci sono e ci sarò sempre per te. Non dimenticarlo mai.-

Ran sorrise e gli scostò qualche ciocca dalla fronte. Era bellissimo anche con le occhiaie. Si tirò in piedi e gli tese la mano.

-Forza riprendiamo a cercare.-

-Ma...-

-Niente ma, dai! Non vorrai che sia l'ispettore Yamamura a risolvere il caso prima di te.-

Shinichi rise riprendendo a scavare -Quello lì non lo risolve nemmeno se l'assassino gli si presenta di fronte.-

In due scandagliarono ogni centimetro della zona, ma senza successo. Ad un certo punto la ragazza si ricordò di un dettaglio della sera prima.

-Chi mi ha aggredita aveva una sorta di pala nell'altra mano. Lo so perché ha usato solo la sinistra nella quale reggeva la torcia.-

Shinichi rifletté un momento e poi esclamò -Quindi è destrorso, non mancino! Questo ci fa escludere dai sospettati l'alpinista più anziano. L'ho visto muovere le pedine degli scacchi con la sinistra. In più se aveva una pala forse non stava cercando qualcosa stava nascondendo qualcosa. Vediamo... Ran, cosa stava facendo esattamente quando sei arrivata?-

-Mi pare che stesse muovendo la neve con le mani, forse la stava ammucchiando.-

Il detective annuì e andò via di corsa tornando con una pala. Iniziò a scavare nel terreno già privo di neve e lo trovò già morbido. Qualcuno aveva scavato in precedenza. Erano ad un passo dallo scoprire la verità. Quando ebbe fatto una buca abbastanza profonda, iniziò a scavare con le mani e trovò avvolto in un fazzoletto di stoffa un cellulare touchscreen con la cover azzurro caraibico.

-Non c'è alcun dubbio.- disse Ran vedendolo.

-Non riesco ad aprirlo. Ha il riconoscimento dell'impronta digitale per lo sblocco. Su cosa non hai dubbi?-

-È stata la ragazza della vittima.-

-Perché?- domandò Shinichi.

-Bé, questo telefono è di sicuro da donna. Non vedi la cover leggermente brillantata e di quel colore così carino, la decorazione del bordo con i ghirigori dorati?-

Il ragazzo si rigirò in mano il telefono dubbioso e la guardò stranito.

-Ok. Non me ne intendo. Ma basta un piccolo stratagemma e se è stata lei lo sapremo subito. Torniamo dentro.-

-Va bene, ma non ho ancora capito come mai c'erano solo due solchi nella neve.-

-Uhm, è interessante...-

I due si avviarono verso l'albergo in silenzio per non turbare le loro elucubrazioni mentali. In realtà a pensare era sono il detective perché l'altra si era già distratta a vedere la gente venire giù rapida dalle piste innevate. C'erano alcuni gruppi di bambini con istruttore che stavano sciando a spazzaneve allegramente, i suoi compagni di scuola che sfrecciavano e che cadevano, Sonoko intenta a flirtare con uno sciatore conosciuto da poco e i professori che passeggiavano tranquillamente sul fondo della pista. Loro in particolare stavano camminando su una stradina lastricata che portava fino all'impianto di risalita e uno scivolò sulla neve rischiando di cadere.

-Dovrebbero mettere del sale là.- osservò Ran. Shinichi alzò lo sguardo e venne fulminato da un'intuizione.

-Sale... ma certo! Il sale!-

-Il sale?-

-Sì, sì è così ovvio!- il ragazzo tirò fuori il cellulare e chiamò l'ispettore avvisandolo dell'imminente risoluzione del caso. Yamamura sarebbe arrivato solo nel pomeriggio dato che le strade erano bloccate per la neve e solo allora il lavoro dell'inchiesta avrebbe potuto dirsi concluso. Spiegò sottovoce un paio di cose all'uomo e poi prese Ran per la vita proponendole di andare a sciare.

-Ma... il caso?-

-Per il momento non si può fare più di così.-

Passarono la giornata di nuovo insieme ridendo e scherzando nella neve anche con gli altri compagni, ma ad un certo punto uno dei coinquilini di Shinichi chiese senza troppo tatto e ingenuamente -Ah, Kudo, ma che ci faceva un pigiama da donna sul tuo letto? Era anche un po' bagnato.-

Il detective stava per rispondere qualcosa, ma una delle compagne di stanza di Ran chiese -E te, Mouri? Perché quando ti sei alzata stamattina portavi dei vestiti da uomo?-

La tacita risposta venne in mente a tutti che iniziarono a schernirli. Possibile che in quella classe nessuno si facesse mai i suoi affari?

Shinichi prese Ran per un polso e facendo finta che gli fosse venuto in mente qualcosa per il caso si allontanò tutto rosso in volto. Che c'era poi da arrossire? In realtà le aveva salvato la vita, ma questa cosa quel gruppo di beoti non lo avrebbe mai capito. Mancavano quasi due ore all'arrivo della polizia e la karateka propose di andare nella sauna per rilassarsi.

La sauna era in legno chiaro con le vetrate dalle quali ci si poteva godere il panorama innevato. Il detective notò che da una precisa posizione si poteva notare perfettamente il pendio dal quale avevano tentato il fuoripista. Riflettendoci bene, solo la coppia di sciatori sapeva che quel giorno avrebbe dovuto fare la garetta quindi la ragazza sola avrebbe potuto architettare tutto per fare in modo che fossero dei ragazzini a trovare il corpo. Sfortunatamente per lei non aveva messo in conto che ci sarebbe stato un detective dato che lui si era presentato solo con il nome.

-Ran, ti ho lasciato nella tasca del tuo giubbotto il cellulare della ragazza. Dopo appena avrò iniziato a spiegare tu entrerai e lo porgerai alla proprietaria dicendo che era il suo e che lo avevi visto cadere dalla sua tasca. Ok?-

-Va bene.-

Esausto Shinichi si stese sul bordo di legno con il solo asciugamano addosso e chiuse gli occhi. Non si rese conto però di aver appoggiato la testa in grembo alla karateka che tentò di spostarlo, ma non lo volle svegliare. Si limitò a fissare il vuoto con sguardo vacuo e ad accarezzare i capelli di lui senza rendersene conto per tutto il tempo fino a che il campanello che segnava lo scadere dell'ora di sauna non trillò facendoli ridestare. Il ragazzo sgranò gli occhi trovandosi in una posizione che non si aspettava e si tirò su subito. Le chiese scusa quasi mortificato e scappò a vestirsi nello spogliatoio maschile. Era ormai ora di risolvere il caso e Shinichi non aveva assolutamente tempo di pensare a certe cose. Senza aspettarla andò nella hall dove sospettati ed agenti erano stati riuniti per la sua deduzione. Aveva espressamente richiesto l'assenza di giornalisti ed era stato esaudito; ora non gli restava che concentrarsi e fare la sua parte.

-Vi chiedo scusa per l'attesa.- esordì con fare teatrale come al suo solito. Adorava sentire la sua vera voce da adulto in quel tono serio e professionale che usava per i casi. -Sono stato piuttosto occupato quest'oggi per mettere insieme tutti i pezzi, ma alla fine ho capito il crudele piano attuato.-

In quel momento arrivò Ran un po' trafelata con i capelli ancora spettinati dal phon e iniziò a recitare -Ah, scusate un momento signori, ma prima che me ne dimentichi, questo è suo signorina, vero? L'ho visto cadere prima dalla sua tasca.-

-Oh, non credo sia...- tentò di dire la sospettata, ma la karateka lo aveva attivato e non appena lei posò il dito sullo schermo questo si sbloccò.

-Oh, a quanto pare è proprio il suo. Ha un sistema di riconoscimento dell'impronta per sbloccarsi e non appena l'ha toccato si è acceso.- Ran sorrise e si mise a lato per lasciare continuare Shinichi.

-Come stavo dicendo, ora ho capito il trucco utilizzato. Ispettore, mi dica, mi ha raccontato prima che eravate bloccati per la strada dalla neve. Come avete fatto ad arrivare?-

-Hanno messo del sale e la neve si è sciolta, ma cosa c'entra?-

-Semplice. Ho motivo di credere che la vittima e il suo aggressore non fossero andati in quella grotta la mattina, ma il pomeriggio precedente. L'assassino deve aver convinto la vittima a venire con lui e lo ha ucciso. Ma perché allora abbiamo trovato solo le tracce degli sci dell'uomo? Facile, perché sulle scioline degli sci era stato messo del sale. Il sale ha fatto si che i dodici centimetri di neve che c'erano si sciogliessero e che quindi, durante la nevicata della notte, la neve appena caduta si attaccasse con più difficoltà e lasciasse vedere i solchi. Sotto sera prima che iniziasse a nevicare forte l'assassino ha convocato la vittima e attirandola in quella grotta ha staccato una stalagmite molto appuntita e lo ha trafitto lasciando che cadendo si infilzasse in altre due sporgenze affilate. Ha poi disposto la scena come se si fosse trattato di un incidente, spargendo oggetti qua e là, ma si è accorto troppo tardi che la vittima ormai esangue non aveva il giubbotto. Non poteva metterglielo addosso perché sarebbe stata l'unica cosa non sporca di sangue e così nella discesa l'ha abbandonato. Non poteva tornare all'hotel con la teleferica di fondovalle perché ormai era già chiusa, ma aveva lasciato appositamente la macchina giù per fare ritorno con questa. Ci dica non è forse andata così, signorina?-

-Che?! Io?! Non diciamo sciocchezze! La sera ero in camera mia e lui era con me! E poi non hai alcuna prova per dimostrarlo, ragazzino?-

-Nessuna prova, eh? Io credo di sì. Mi potrebbe dare il suo telefono? Sono certo che se anche lei lo ha cancellato la polizia non avrà alcuna difficoltà a rintracciare il messaggio con cui ha chiesto al suo ragazzo di fare il fuoripista quella sera. Lei sa bene che per gli agenti questo non è un problema e ha fatto di tutto per far sparire il telefono, anche tentare di soffocare Ran. Temeva che l'avesse vista nasconderlo e ha pensato di farla fuori. Nessuno avrebbe potuto stabilire se fosse morta assiderata o altro e lei sarebbe stata salva. Sfortunatamente per lei mi sono accorto che qualcosa non andava e sono intervenuto.-

-Magari è stata un'altra persona, non ti puoi basare sulle dichiarazioni di una ragazza in stato di shock che non è riuscita a vedere nulla perché abbagliata dalla luce.-

-Come fa a sapere di questo dettaglio? Io non ne ho mai parlato.- la trappola aveva fatto presa e si stava stingendo sempre di più attorno alla colpevole.

-Un colpo di fortuna.-

-No, non è così. Le porta un anello rosso al dito giusto? Ran ha detto di aver visto un luccichio rosso alla luce della torcia. Le conviene confessare.-

La donna sorrise amaramente e sibilò -Maledetta puttana. Se non fossi uscita ieri sera nulla di tutto questo sarebbe accaduto. Ma no! Lei doveva uscire da quella fottuta finestra e rovinare tutto! Che stupida. Ho pianificato tutto perfettamente, quei pochi dettagli che non andavano erano sorvolabili. Quei ragazzini erano poi capitati a fagiolo in quel fuoripista. Io stessa ero stata a suggerire al ragazzo quale pendio fosse il più ripido per una gara poco prima. Invece, ho coinvolto nel mio piano un fottutissimo detective! Pensavo di potermela cavare anche così, mi sarebbe bastato fingere di non avere un telefono, ma poi si è messa in mezzo anche questa troia ed ha mandato a monte tutto. Se fossi riuscita ad ammazzarti, mia cara, ti assicuro che avrei completato l'opera facendo fuori anche il tuo caro amico di letto.-

Shinichi la guardava con un disprezzo mai provato nei confronti un assassino, anche Ran era raggelata da quelle offese gratuite che la donna le stava lanciando.

-Quel bastardo... voleva lasciarmi perché aveva scoperto che me la facevo con il suo migliore amico. Non si rendeva conto che era colpa sua. Non mi voleva sposare e anzi voleva far vedere a tutti com'ero.- l'assassina rise sguaiatamente -Ma tanto meglio, l'avrei ucciso comunque dopo il matrimonio e sarei vissuta da regina con tutti quei soldi a ballare sulla sua tomba. Sei un povero illuso, mio caro detective, se pensi che lei ti ami. Lei ti userà e ti getterà via. È questo che fanno quelle furbe, e ogni donna è furba, è la natura.-

La donna venne arrestata e processata per omicidio premeditato, occultamento di cadavere, occultamento di prove e tentato omicidio.

Shinichi era rimasto fuori seduto su una staccionata nella neve da solo, mentre i giornalisti facevano foto a destra e a sinistra senza sapere che il merito era suo. Aveva lo sguardo rapito dal tramonto del sole che spariva lentamente dietro le montagne e la testa per una volta libera da pensieri bui. Sopraggiunse Ran che ancora meditava sulle parole di quella donna e gli si sedette accanto.

-Shinichi, io volevo dirti che... quello che ha detto...- esordì timidamente la ragazza.

-Non rimuginare su quello che ha detto quella donna. È solo una cacciatrice di dote senza scrupoli.-

-Ma quello che ha detto... che sei un illuso... se... se... pensi che... che io... uff, non è vero, Shinichi. Non è vero che lo fanno tutte. Non è vero che...-

Il ragazzo non le dette il tempo di finire e prese il viso tra le mani e la baciò. Che fosse per il farmaco che aveva preso per tornare adulto o per chissà cos'altro il suo autocontrollo era andato anche lui in vacanza in quei giorni, ma l'aveva reso sicuramente più dolce.

-Lo so.-

Degli ululati eccitati si sentirono da dietro il vetro della finestra di una camera poco distante dove vi erano accalcati la maggior parte dei loro compagni di classe che facevano segno di vittoria ai due innamorati che non poterono far altro che mettersi a ridere sconsolati. La gita era iniziata da appena due giorni, ne mancavano ancora quattro ed erano lunghi da passare.


Angolo Autrice:
Ciao a tutti signore e signori... popolo del web! popolo di efp! popolo di Detective Conan!
Questo capitolo è luuuuuungo lungo! scritto a tempo di record!
perdonate gli eventuali errori di battitura e forse l'eccessiva smielataggine (per i miei gusti è troppa, ma la dedico a
cami_sunny XD)
non vi preoccupate come avrete notato è mitigata da una buona dose di cinismo...
colgo l'occasione per augurarvi
Buon Anno 2014!
tanti auguri! =)
P.S. mi raccomando recensite in tanti! ci ho perso gli occhi davanti al computer per scriverlo! xD
Grazie ciao! =)

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Capitolo 11
*** Non sono stato io ***


Non sono stato io

 

L'aria della mattina primaverile era fresca e leggera, si potevano udire i cinguettii degli uccelli tra il traffico costante della grande metropoli. Il ritmo frenetico di Tokyo non accennava a diminuire nemmeno alle prime luci del giorno. Le persone che camminavano per quelle strade sovraffollate a ritmo frenetico avevano la testa piena dei loro pensieri; portavano in sé delle storie pronte ad intrecciarsi.

L'ora era appena scoccata. Una lite si era appena consumata. Mai quei due avrebbero dovuto rincontrarsi eppure il destino aveva voluto giocare con loro; aveva fatto intrecciare di nuovo la loro storia facendo accadere l'irreparabile.

 

Ore 9:30 Liceo Teitan

 

Vari sbadigli si sentivano da vari punti dell'aula. La lezione non sarebbe potuta essere più noiosa di così. C'era chi era intento a farsi le unghie, chi si stava lisciando i capelli, chi scarabocchiava senza interesse o chi, personaggio più particolare, leggeva con interesse lo schermo del telefono sul quale erano visualizzati alcuni verbali di polizia senza curarsi della possibilità remota di essere scoperto. La verità era che Shinichi Kudo aveva tentato di prestare attenzione all'inizio, ma l'argomento gli avrebbe occupato troppo spazio nella mente già troppo piena e questo avrebbe causato la perdita di alcune informazioni utili, come sosteneva il suo idolo Sherlock Holmes, e questo lui non se lo poteva certo permettere. Ormai era ad un passo dall'identificare il capo dell'organizzazione e per lavorare in libertà alla pista che stava seguendo la sua giovane amica scienziata gli aveva concesso pochi giorni di tempo da adulto con l'avvertimento di “non sprecarli a pomiciare”. Se ne sarebbe potuto stare perfettamente a casa a indagare per i fatti suoi se Ran non lo avesse incontrato per caso e non lo avesse lasciato andare per un secondo decisa a metterlo sotto torchio una volta per tutte. Per sviare ogni sospetto e lasciarla fuori dai guai si era dovuto inventare una scusa assurda e si era dovuto trascinare fino a scuola per le lezioni perdendo tempo prezioso. Si era così fatto inviare alcuni vecchi verbali dall'amico Hattori per continuare a fare supposizioni anche in classe.

Se la cosa era sfuggita alla professoressa di certo non lo era alla karateka che lo scrutava con occhi duri ogni volta che poteva.

-Che vuoi?- le chiese ad un certo punto il detective scocciato da quel continuo fissarlo.

-Potresti anche fare attenzione già che hai saltato praticamente tutte le lezioni.-

-Bhè, se tu mi continui a fissare anche tu ti distrai quindi non farmi la predica.-

-A casa te la do io la predica!-

-Mouri! Silenzio!- sentenziò la professoressa per riprendere a spiegare.

-Ssh, disturbi la lezione...- sussurrò con ironia Shinichi a Ran facendole segno di tacere.

La ragazza sbuffò e mise il broncio che però non durò a lungo dato che il detective iniziò a stuzzicarla con la penna facendole il solletico.

-Basta Shinichi...- sussurrò divertita Ran cercando di scacciarlo con la mano -Basta, ho detto.-

Non riuscendo più a trattenere le risa si alzò e chiese alla professoressa di uscire per andare in bagno sperando che non notasse la sua faccia rossa con le labbra serrate strette per evitare di scoppiare a riderle in faccia. La donna acconsentì senza dire nulla e continuò il suo argomento. Mentre usciva la karateka fece un piccolo saluto divertito al ragazzo che la scrutava bonariamente vendicativo. Shinichi si mise le mani dietro la testa e dondolandosi sulla sedia attese perdendosi nei suoi pensieri; ad un tratto una mano forte bussò alla porta facendo balzare tutti sull'attenti. Dalla soglia entrò il donnone che si occupava della segreteria scolastica mugugnando, salutò sbrigativa i ragazzi e l'insegnante e arrivò dritta al punto tuonando con il suo vocione -Sto cercando Kudo. Lo cercano al telefono.-

-Arrivo!- Il ragazzo si alzò senza attendere il permesso ed uscì contento di quell'interruzione. Il donnone lo scortò poco più in là blaterando frasi senza attendere la risposta.

-È la prima volta che mi capita... proprio impossibile... un caso disperato... dovrebbero metterti in riga i tuoi... chiamare qui, che vergogna... come se fossimo... tieni il telefono e fai in fretta.-

Shinichi la guardò stranito, non aveva capito a cosa si stesse riferendo nel suo linguaggio biascicato, ma rispose al telefono senza pensarci troppo; in fondo se fosse stato così urgente lo avrebbero chiamato al cellulare.

-Pronto?-

-Pronto, Shinichi. Sei tu?-

Il ragazzo fu stupito di sentire la voce dell'ispettore Megure all'altro capo.

-Ispettore, sì sono io. C'è qualche problema?-

-Sì effettivamente c'è. So che non è opportuno disturbarti a lezione però il dottor Agasa mi ha informato che eri lì e ho fatto prima a contattarti. È bene che tu sappia.-

-Non si preoccupi, di che si tratta?-

-Un omicidio, Shinichi.-

Il detective si rilassò; non era nulla di nuovo per lui.

-Ah, vuole una consulenza?-

-No, volevo confermare il tuo alibi-

-Come!-

-Il corpo è stato rinvenuto a casa tua.-

-Cosa! Sta scherzando, ispettore?-

-Nient affatto, Shinichi. Non scherzerei mai su una cosa simile. È stato rinvenuto da poco tempo il cadavere di un uomo nella villa di proprietà dei tuoi genitori. Gli ho già avvisati, naturalmente. Siamo entrati grazie al dottore che aveva le chiavi. È stato lui a trovare il corpo.-

-Sì, certo. Grazie per avermelo detto. Arriverò il prima possibile.- Shinichi mise giù di botto e ringraziò la donna correndo via. Per fortuna aveva cellulare e portafoglio in tasca così sarebbe potuto andarsene senza passare per la classe. Si era distratto solo un attimo per frugare in tasca e controllare se aveva portato anche le chiavi, ma tanto era bastato per farlo scontrare con Ran che stava rientrando dal bagno.

-Ahia! Ma sei fuori Shinichi?- strillò la karateka ritrovandoselo sopra a carponi.

Nell'urto la gonna della ragazza si era alzata, rivelando più di quanto si avrebbe dovuto vedere e il detective se ne era accorto eccome facendosi dare del pervertito mentre si rialzavano.

-Dove stai correndo così di fretta, Holmes?- domandò con fare acido Ran ancora infastidita per prima.

-É successa una cosa, devo andare... ci pensi tu a coprirmi in classe, vero?- Shinichi era già avviato verso la porta, ma il braccio della karateka gli impedì di muoversi.

-Nient affatto! Tu non ti muovi da qui, mio caro.-

-E chi sarà ad impedirmelo?- la guardò con aria di sfida.

-Io, basta che chiami qualcuno.-

-Ran, davvero, è importante.-

-È solo un altro caso poi sparirai di nuovo e io resterò da sola.-

Ovviamente la ragazza aveva centrato il punto, ma il detective non poteva permettersi freni quel giorno e ciò che era successo era un bel contrattempo già da sé senza che ci si mettesse anche lei.

-Senti, devo andare. È molto urgente. Quindi se non hai voglia di aiutarmi, fila in classe senza fiatare.-

-Oh, adesso ci siamo... Sì, grazie. Vengo volentieri. Dove andiamo?- Ran si era messa le mani sui fianchi e lo guardava soddisfatta, segno che la sua decisione era irremovibile da brava testarda qual'era.

-Oh, tu non vieni.-

-Invece sì.-

-E io dico di no.-

-Io vengo eccome.- la ragazza ora era di fronte a lui con le braccia incrociate e lo fissava seria.

Shinichi la guardò interdetto non sapendo cosa fare. Non poteva certo caricarsela sulle spalle e portarla in classe e dato che stava arrivando qualcuno e le disse -E va bene! Vieni! Basta che fai silenzio e ti comporti bene.-

-Io mi comporto sempre bene.-

-Ma quando mai!-

 

Ore 10:30 villa Kudo

 

L'aria stava iniziando a riscaldarsi per via del sole che si alzava lentamente nel cielo, gli alberi muovevano sinuosi le loro fronde al ritmo della frizzante e fresca brezza che faceva piacevolmente rabbrividire i passanti incuriositi che si fermavano di fronte alla villa di quei famosi cognugi, trasferiti all'estero, ora circondata da innumerevoli volanti e agenti di polizia, tutti indaffarati. I giornalisti ormai avevano preso d'assalto il cancello con le telecamere avidi di conoscere quale scandalo era mai successo per richiamare così tante forze dell'ordine.

Shinichi giunse a passo affrettato trascinando Ran per un braccio, che stava ancora cercando di convincerlo a tornare a scuola, e appena vide la stampa di fronte a casa sua si maledisse per non averci pensato e corse senza farsi vedere nella via laterale costeggiata dall'alta recinzione bianca.

-Shinichi, potevi dirmelo che si trattava di casa tua. Avrei capito...- si scusò mortificata la karateka.

-Non preoccuparti, non è il momento. Non ancora.-

-Non entri?-

-Ehm, non dal cancello. Hai visto quanta gente c'è?-

-Vuoi scavalcare il muro?- chiese incredula la ragazza.

-Esatto- rispose lui, issandosi con le braccia per il muro e sedendovisi sopra a cavalcioni; tese una mano verso il basso e Ran la afferrò slanciandosi. Il detective la sollevò facendola arrivare in alto, ma si sbilanciò e cadde all'indietro volando tra i cespugli a gambe all'aria.

-Ahia.- si lamentò dolorante.

-Shinichi? Stai bene?-

-Sì, scendi.- si rialzò cercando di non badare alla testa che aveva picchiato e cercò di aiutarla a scendere.

-Non ci riesco, ho la gonna!- disse la karateka ancora appollaiata in cima al muro.

-E allora? Ci sono io, buttati. Ti prendo.-

Ran si calò giù un po' e si lanciò tra le braccia del ragazzo che l'afferrò senza sforzo.

-È stata una folle prova di fiducia.- sussurrò lei circondandogli il collo con le braccia.

-Non così tanto folle se lo hai fatto.- le disse lui all'orecchio solleticandolo con le labbra appena appoggiate. Si guardarono intensamente negli occhi sorridendosi l'un l'altra fino a quando Ran non gli disse -Ehm, hai la mano sotto la mia gonna.-

Shinichi arrossì immediatamente e la posò subito a terra chiedendole scusa.

Raggiunsero l'ispettore Megure che fu sorpreso di trovarli già li dentro e soprattutto fuori da scuola.

-Dopo la sua telefonata ero impaziente di saperne di più così ho... approfittato di un paio di ore buche per fare un salto e lei è venuta con me.-

-D'accordo allora, ti mostro la scena del delitto.-

I due ragazzi vennero accompagnati su un lato del perimetro esterno della villa, lungo la candida recinzione; qui, nascosto da un cespuglio, giaceva esangue il corpo di un uomo di circa trentacinque anni, con una profonda ferita alla testa dietro la nuca dalla quale si allargava una piccola pozza di sangue rosso ormai rappreso. Le membra erano irrigidite in un espressione dolorante, la pancia era rivolta verso il cielo e le gambe rivolte verso il muro. Era vestito con abiti sgualciti e gli mancava pure una scarpa, ma il viso non pareva quello di un poveraccio.

A quella vista a Ran scappò un urlo e si aggrappò al giovane detective nascondendo la faccia nella sua giacca blu. Shinichi invece non mosse un muscolo, impassibile a quella scena come al solito. Era rimasto a una distanza di circa un paio di metri, ma aveva già notato alcuni dettagli piuttosto utili. Innanzitutto la vittima giaceva in posizione innaturale, sembrava che fosse caduto dall'alto del muro come era capitato a lui poco prima, ma il terreno era troppo morbido per procurare una ferita del genere. In secondo luogo non lo convinceva il volto, ma venne distratto nel ragionamento dall'ispettore Megure che lo chiamava a gran voce.

-Shinichi, ti eri incantato per caso?-

-Mi scusi, ispettore. A proposito non mi ha ancora detto chi è.-

-Appunto di questo volevo parlati. Non sono stati trovati documenti né portafogli. Non aveva nulla con sé tranne che in un pugno stringeva un pezzetto di carta bianca. C'è sopra parte di un carattere che sembra hiragana, ma non ne siamo sicuri. Perciò ti volevo chiedere, lo conosci?-

Il detective scosse la testa. Non aveva mai visto prima quell'uomo. Ran scostò la testa dal suo petto e dette uno sguardo al cadavere scuotendo il capo. Era per entrambi un perfetto estraneo.

Megure proseguì -Pensiamo che si un senzatetto che si voleva riparare qui dentro, essendo una villa grande e per la maggior parte del tempo vuota, e che è scivolato mentre tentava di scendere.-

-Impossibile, ispettore.- Shinichi allontanò dolcemente la ragazza da sé e si inginocchiò accanto al corpo indicando il volto dell'uomo -Non vede che ha il pizzetto molto curato, il viso liscio e se sente bene c'è anche odore di dopobarba. È impossibile dunque la sua ipotesi. Non ha l'aspetto di un senzatetto, piuttosto di uno che è stato vestito così per sembrarlo... il che mi porta a pensare: chi ha conciato in questa maniera quest'uomo?-

-Intendi dire che è stato ucciso?- intervenne Ran.

-Esatto. In più il sangue è troppo poco rispetto alla profondità della ferita. E per di più, notate le scarpe, anzi la scarpa. Ce ne è solo una, ma si vede che ha la suola in cuoio e i lacci ben rifiniti, non è affatto sporca ed è ben tenuta. E poi i calzini... sono candidi per quanto ora un po' sporchi di terra, comunque freschi di bucato.- spiegò il detective.

-In più era anche sposato.- intervenne timidamente Ran.

-Sì, è vero. Brava, hai notato un particolare piuttosto interessante. L'anulare sinistro pur essendo sprovvisto di anello reca un segno circolare recentissimo, il che mi porta a dedurre che sia stato l'assassino a toglierlo. Ricapitolando, pur non avendo documenti, cerchiamo di identificare un uomo sparito da nemmeno mezza giornata, sposato, di classe sociale piuttosto agiata. E che probabilmente risiedeva nel centro di Tokyo a giudicare dalla suola, liscia e consumata dall'asfalto tipico del centro.-

Tutti i presenti lo guardarono ammirati e l'ispettore si congratulò estasiato con lui. Il ragazzo si mise la mano dietro la testa come al suo solito e ridacchiò con falsa modestia; in realtà adorava essere elogiato, ma doveva pur mantenere un certo contegno.

-Quindi...- iniziò Ran -... come faranno gli agenti a identificarlo? Nel solo centro di Tokyo vivono migliaia e migliaia di persone.-

-Cercheremo qualche altro indizio. Soprattutto sarà opportuno far analizzare i vestiti per vedere se ci sono tracce del colpevole.- disse Shinichi con semplicità. Non poteva credere che alle sue deduzioni nessun altro fosse arrivato erano talmente elementari.

-Ehi, tra poco ci sarà il telegiornale in diretta. Se mostrano a tutti la foto dell'uomo magari qualcuno si farà vivo.- suggerì la ragazza fiera di questa sua intuizione. Il detective stava per controbattere, ma Megure accolse la proposta a braccia aperte e estraendo di tasca una foto istantanea scattata al defunto la consegnò nelle mani di Shinichi avviandolo verso la folla trattenuta al cancello, insistendo perché fosse lui a spiegare dettagliatamente cosa cercavano. Il ragazzo si oppose fermamente e iniziò a dire che non sarebbe stato opportuno se qualcuno lo avesse visto fuori da scuola. L'ispettore quindi si rassegnò ed incaricò Takagi di svolgere le ricerche.

Intanto Shinichi andò verso quelli della scientifica ed iniziò a porre alcune domande.

-Avete analizzato i vestiti dell'uomo?-

-Sì, abbiamo trovato alcuni capelli, ma hanno lo stesso DNA.-

-Posso vederli?-

-Tieni.- l'uomo gli passò un sacchettino chiuso dove c'erano un paio di capelli dello stesso colore del morto, ma più arricciati.

-Ok, grazie. La causa della morte?-

-Colpo di oggetto contundente alla testa, ma l'arma non è stata ritrovata.-

-Bene, grazie.-

Si allontanò da loro e chiese a Ran una mano per una piccola prova.

-Allora, arrampicati sul muro, per favore.-

La karateka si issò sorretta per le gambe dall'altro e si posizionò sopra.

-Vedi qualche segno sul muro dall'altra parte, magari in corrispondenza del corpo?- chiese il detective.

-No, non c'è nulla. Bianco.-

“Perfetto, la mia ipotesi sta prendendo sempre più forma. Ma mi mancano le prove e alcuni passaggi che portò trovare solo quando saprò chi è quell'uomo.”

La ragazza scese come la prima volta, ma questa volta venne posata a terra immediatamente; Shinichi era troppo preso dal suo ragionamento per accorgersi d'altro. Aveva già stabilito la dinamica dei fatti, ma gli mancava qualcosa per far combaciare il tutto.

I primi risultati dell'inchiesta arrivarono poco dopo quando Takagi, tutto trafelato, riuscì a condurre all'interno del giardino tre persone che avevano riconosciuto il morto alla televisione.

-Questi sono Ukyo Kimura, fratello della vittima, Gekko Tanaka, suo segretario, Eiko Saito, la moglie. L'uomo si chiamava Hiroya Kimura ed era amministratore delegato di una nota industria di auto.- presentò l'agente leggendo dal suo libretto gli appunti presi.

La donna scoppiò immediatamente in lacrime e venne consolata dagli altri due uomini che si lasciarono scappare entrambi alcune lacrime per la perdita.

-Hiroya! Hiroya! Chi ti ha fatto questo! Ti hanno anche vestito in questo modo ingiurioso! Hiroya!- le urla della signora riecheggiarono in tutto il giardino mentre lei abbracciava il corpo ormai freddo del marito.

Quando si furono calmati Shinichi intervenne con delicatezza chiedendo -Potrei porvi alcune domande? Sono addolorato per la vostra perdita, ma purtroppo mi sono necessarie.-

-Certo, detective.- disse il signor Kimura. Era vestito con un paio di jeans scoloriti e con una felpa rossa aperta sul davanti, le scarpe da tennis grige erano parecchio consumate e logore; il suo volto era abbronzato e con una barba non molto curata e ispida. Spiccava subito tra i tre dato che era il peggio abbigliato. La signora indossava un tailleur color crema con taglio Chanel che dava l'idea di essere molto costoso e il segretario aveva un completo gessato blu molto raffinato; nulla a che vedere con la sciatteria del fratello della vittima.

-Stamattina tra le 8 e le 9?- chiese il detective.

La signora fu la prima a parlare -Io ero a casa, mi ero appena svegliata. Mio marito è uscito alle sette e mezza stamane e io ho continuato a dormire fino alle otto, otto e un quarto, poi mi sono alzata.-

-Io...- intervenne il segretario -invece ero già in ufficio e stavo attendendo l'arrivo del signore assieme ai miei colleghi.-

-Io ero a casa mia, ieri sera ho fatto molto tardi e mi sono alzato da poco. Ho visto il telegiornale e sono corso subito qui. Ma non starete per caso sospettando di noi, vero?- fece il fratello.

Shinichi si premurò subito di tranquillizzarli e li lasciò nelle mani degli agenti. Uno di loro era ovvio che mentiva. Un aggressore estraneo non si sarebbe premurato di cambiargli d'abito. Doveva scoprire qualcosa di più su quei tre.

Sentì un lieve picchiettio sulla spalla.

-Ehi, Sherlock Holmes? Ci sei?- chiese scherzosamente Ran.

-Oh, sì. Scusa, stavo pensando.-

-Come al solito. Ah, non mi sembra di aver capito bene... ma che lavoro faceva quell'uomo?-

-L'amministratore delegato, perché?-

-Ah, mi pareva... di certo solo la moglie di un amministratore delegato può permettersi certe cose.- fece la ragazza guardando la donna in lontananza incantata.

-Cosa intendi?-

-Il tailleur! Non lo vedi? È un vero Coco Chanel. Non trovi sia fantastico? Come ne vorrei uno...-

Shinichi provò ad immaginarsi la karateka con addosso quel costoso abito, la raffinatezza in persona, si vide a tenderle il braccio per una passeggiata sul ponte di una grande nave da crociera di lusso mentre la conduceva nella sua cabina e...

-Shinichi? Sei sveglio?- Ran gli schioccò le dita di fronte e lui si ridestò arrossendo. Molto meglio pensare al caso.

-Sì, Ran staresti una meraviglia... vado a sentire cosa ne dice la polizia.-

-Aspettami!-

I due andarono dall'ispettore Megure che aveva appena concluso gli interrogatori. L'uomo comunicò loro che nulla di particolare era emerso. Gli alibi non erano ferrei, ma non c'era nulla che potesse far sospettare il contrario. L'omicida doveva forse essere qualcun altro, ma Shinichi era convinto che fosse uno di quei tre. Solo il colpevole avrebbe fatto finta di arrivare trafelato sulla scena del crimine per fare in modo di sembrare più convincente agli occhi degli agenti non avendo un solido alibi.

-Non mi convincono quei tre.- fece il detective rivolto a Ran.

-Perché?- chiese lei.

-Sembra che nascondano qualcosa. E so anche come fare per scoprirlo.-

-Come?-

-Usando le mie innate doti di attore, ovviamente...-

-Ma non farmi ridere! Cosa...-

Senza attendere la conclusione della frase la prese per un braccio chiedendole di reggergli il gioco e la trascinò dove i tre sospetti stavano aspettando nuove disposizioni.

-Oh, Ran! È questo lo Chanel che mi avevi detto che ti piaceva?-

-Sì, infatti.- rispose la karateka fingendo un sorriso esaltato.

-Ma costerà tantissimo! Non è vero, signora?- il ragazzo si rivolse alla donna che, chiamata in causa, raddrizzò subito la schiena e arrossì per la domanda indiscreta.

-In realtà...-

-Oh, che sciocco. L'ho messa in imbarazzo. Mi perdoni... deve averglielo regalato suo marito. Lei non può sapere il prezzo.-

-Oh, bé... a dire il vero sì, per natale.-

-Che bello!- esclamò Ran -Tu non mi regali mai nulla di così carino!-

-Te lo regalerò, allora. E a voi due che cosa ha regalato, se non sono troppo indiscreto..?-

Il segretario aprì la giacca e tirò fuori da una tasca interna una splendida stilografica con incisione in oro delle sue iniziali.

-Il signor Kimura era molto generoso.- commentò l'uomo con malinconia.

Shinichi parve più che soddisfatto da questa risposta e si rivolse al fratello della vittima ponendo la medesima domanda. L'uomo però tacque e puntò lo sguardo a terra. Nessuno rispose per lui al che il detective sorrise leggermente facendo intendere alla karateka di essere ormai giunto alla conclusione, inoltre notò un biglietto spuntare dalla tasca interna della giacca dell'uomo che lo incuriosì molto. Ringraziò i tre signori e si allontanò da loro ridacchiando tra sé e sé.

-Hai capito tutto, vero?- gli chiese Ran speranzosa.

-Mi mancano un paio di passaggi da confermare, ma per il resto sì.-

-A che ti è servita quella messinscena?-

Il ragazzo sorrise -Davvero non ci arrivi? Prova a pensarci. Ti do un indizio: osserva bene quei tre.-

La karateka si mise a fissarli con la mano al mento per concentrarsi meglio. Il segretario e la moglie parlavano tra di loro ed erano vicini mentre il fratello si teneva in disparte e non apriva bocca.

-Il signor Kimura è sempre per conto suo... e non ti ha risposto alla domanda quindi forse fra i due non correva buon sangue.- dedusse la ragazza che ricevette uno sguardo di approvazione dall'altro.

-Brava, stai iniziando ad entrare nella mentalità di un detective. Ora scusami, ma devo fare una telefonata.-

Shinichi si allontanò abbastanza perché Ran non lo vedesse estrarre il papillon rosso di Conan e impostarlo sulla voce di Megure. Cavò di tasca il cellulare e chiamò Takagi che era andato al commissariato per fare degli accertamenti. La conversazione fu breve e coincisa e si concluse con l'ordine di tornare immediatamente non appena avesse finito le ricerche. Ora aveva tutti gli elementi in mano per incastrare il colpevole. Si era trattato di una cosa così semplice che tutti l'avevano esclusa a priori.

Tornò da Ran e si fece raggiungere da sospettati e ispettore vicino al corpo del signor Hiroya Kimura.

-Bene ci siamo tutti. Devo ammettere che il colpevole ha lavorato molto bene per camuffare il suo delitto..., ma non abbastanza. È strano trovare un amministratore delegato di una compagnia internazionale che risiede nel centro di Tokyo vagare per una via secondaria di un quartiere come Beika-cho. Ancora più strano trovarlo vestito con dei vecchi abiti sporchi. La dinamica dei fatti è stata piuttosto interessante, tanto che nessuno ha pensato che la vittima potesse essere morta a seguito di un incidente.-

A quell'affermazione tutti sbarrarono gli occhi ritenendo l'ipotesi assurda.

-Shinichi, ma avevi detto prima...?- disse Megure stupito di quella caduta di livello.

-Fatemi finire. L'incidente è stato provocato dal colpevole, ma la morte non era voluta. Si è trattato di un puro caso, vero signor Ukyo Kimura?-

L'uomo iniziò a tremare, ma non perse la lucidità -Ma cosa dice, detective! Non sono stato io. Le ho detto che stavo dormendo a quell'ora.-

-E come spiega il biglietto della lavanderia a secco nella sua tasca? Se non sbaglio è datato per stamattina alle 9:20.-

-Io... ah, sì è vero ora ricordo. Sono andato a lavare le mie scarpe da ginnastica. Non sono stato io ad ucciderlo, mi creda.-

-Vediamo, ora le spiego io come secondo me sono andate le cose. Stamane lei ha chiamato suo fratello chiedendogli di venire a casa sua probabilmente per problemi di denaro. Vi siete messi a litigare e lei lo ha spinto giù dalle scale. Si è accorto solo troppo tardi che ormai non c'era più nulla da fare, ma non essendoci testimoni ha pensato di sbarazzarsi del corpo; quindi lo ha cambiato e preso il portafogli per far sembrare che fosse un senzatetto, ha preso così un sacco della spazzatura grande, lo ha messo dentro e lo ha portato fuori come se si trattasse di rifiuti. Ha cercato un posto in cui gettarlo nei dintorni e ha pensato bene di scaricarlo qui, essendo la villa quasi sempre vuota. Ha simulato quindi una caduta per fare in modo che la polizia archiviasse il caso. Ha poi pulito il pavimento, lavato gli abiti di entrambi e gettati via insieme alla scarpa che aveva perso. Non poteva immaginare che la polizia avrebbe fatto un appello alla televisione per cercare i suoi conoscenti, così ha dovuto presentarsi per evitare sospetti ulteriori. Ho forse sbagliato qualcosa?-

-Teoria interessante, detective. Ma le prove?-

Ecco la tradizionale domanda di ogni colpevole. Per Shinichi era troppo semplice; era stato così prevedibile che si era stupito che la polizia non ci fosse arrivata da sola. Vide l'agente Takagi arrivare e si rivolse agli altri due signori.

-Cosa sapete di quest'uomo?-

-Io so che è il fratello del mio povero marito.-

-Io ho sentito il signore accennarne una volta mi pare.-

-Queste persone dovrebbero conoscerla benissimo, ma a quanto pare lei e suo fratello non andavate d'accordo da un bel po', inoltre...- attese Takagi e poi lo indicò -L'agente Takagi ha svolto alcune indagini a casa sua signor Kimura. Non è stato difficile scoprire che abita a pochi passi da qui e ha verificato una cosa, giusto Takagi?-

L'uomo annuì e con il suo solito taccuino in mano lesse ciò che aveva rilevato -Sul bidone di fronte a casa sua sono stati trovati un sacco nero vuoto sporco di sangue e un altro sacco contenete vestiti appena lavati e una scarpa identica a quella della vittima.-

Shinichi tornò a rivolgersi al colpevole -Anche se non ci fossero impronte lì sopra si potrebbe sempre perquisire casa sua dove le tracce di sangue saranno di sicuro rilevabili alla scientifica.-

Il signor Kimura si inginocchiò stringendo i pugni disperato -Non sono stato io! Non volevo ucciderlo! È scivolato! L'avevo appena toccato! Quello stupido si rifiutava di aiutarmi a pagare i debiti di gioco e così io... l'ho spinto! Accidenti! Non volevo!-

L'uomo venne arrestato con l'accusa di omicidio colposo e venne condotto in centrale per la deposizione.

Una volta che l'entourage di giornalisti se ne fu andato, Shinichi e Ran uscirono dalla villa che tornò ad essere vuota e si incamminarono fianco a fianco. Ormai era quasi mezzogiorno ed era impensabile presentarsi in classe per la lezione, ma dovevano tornare lo stesso per riprendere le cartelle. Una volta a scuola si nascosero dietro un cespuglio sotto la finestra per entrare appena finita l'ora a recuperare i loro oggetti. Mancavano ancora dieci minuti e allora si misero comodi a parlare.

-Come hai fatto a capire che era caduto dalle scale?-

-Semplice, avevo già visto quel tipo di ferita per la stessa causa. Ho solo fatto due più due.-

La ragazza lo guardò ammirata. Come ci riusciva a far sembrare ogni cosa una stupidaggine? Come ci riusciva a farle capire ogni ragionamento contorto in poche parole?

-Sei incredibile.- gli disse appoggiando la testa alla sua spalla. Lui si piegò verso di lei e le sfiorò le labbra. Nel suo programma della giornata questo non era certo previsto, anzi gli era stato vietato, ma lo avrebbe reso di sicuro più determinato a indagare su quei bastardi che gli avevano rovinato la vita. Rimaneva solo metà giornata da impiegare nell'indagine, ma non l'avrebbe certo sprecata. Gli bastava pensare a Ran che lo attendeva e ogni tipo di enigma gli appariva chiaro.

-Grazie.- le sussurrò dolcemente.

-Non so di cosa, ma prego.- La sua solita piccola Ran ingenua. Le dette un bacio sulla punta del naso che le fece il solletico.

-Questo vuol dire che mi compri davvero lo Chanel?- ridacchiò lei.

-Ehm...-

-Scherzavo!-

Shinichi sorrise. Se fosse stato per farla felice le avrebbe regalato un negozio intero, ma sapeva che a lei bastava che lui ci fosse e in questo poteva accontentarla sempre anche se lei non lo poteva sapere. Mentre il sole si alzava a picco, la campanella suonava e Tokyo brillava alla luce di mezzogiorno, le loro mani si intrecciarono come erano intrecciati i loro destini per l'eternità.


Angolo Autrice:
Ciao a tutti! 
Scusate il ritardo, ma non mi è riuscito di aggiornare prima.
Questo caso... ditemi voi com'è perchè non sono tanto sicura che sia bello...
Aspetto le vostre opinioni. 
Grazie a tutti, miei cari...
Baci =)

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Capitolo 12
*** Vendetta ***


Vendetta

 

Ran era seduta sul sedile posteriore dell'auto a noleggio grigia di suo padre e continuava a sbuffare annoiata. Kogoro stava guidando e innervosito da quel continuo lamento sbottò in malo modo -Hai finito?-

-Dimmi ancora dove stiamo andando.- rispose lei irritata.

-A un incontro con un cliente! È la terza volta che te lo dico!-

-Ma perché devo venire anche io?-

-Perché non mi andava che stessi a casa da sola!-

Ran incrociò le braccia al petto come una bambina. Non gliene importava parecchio di lasciarla da sola a casa quando si trattava di andare in bar a sbevazzare.

-Che ipocrita...- sussurrò la ragazza scrutando torva le persone che passavano sul marciapiede accanto all'auto. Era talmente presa dalla rabbia che non si era nemmeno accorta che il padre si era fermato ed era sceso proprio di fronte a un cancello ben conosciuto. Si rese conto della cosa solo quando qualcuno picchiettò amichevolmente sul finestrino qualche minuto dopo.

-Shinichi! Che diavolo..?-

-Tuo padre mi ha... chiesto di venire con voi. Mi fai posto?-

La karateka scivolò sul sedile affianco e lo lasciò accomodare. Era come se tutta la rabbia di prima fosse svanita nello stesso istante in cui aveva scontrato i suoi occhi con quelli incantevolmente blu dell'altro. Shinichi si sedette comodamente e chiuse la portiera attendendo che Kogoro finisse la sua sigaretta. Ripensò a poco prima quando l'uomo era piombato in casa sua visibilmente irato e lo aveva trascinato fuori dal letto imponendogli di venire con lui per fare stare zitta sua figlia che quel giorno era, a detta sua, particolarmente acida. Il ragazzo non la trovava affatto così, ma forse la sua opinione non contava più di tanto.

Quando l'uomo decise di rimettersi al volante, partirono a gran velocità essendo in ritardo e si diressero fuori Tokyo. La riunione si sarebbe dovuta tenere secondo l'invito in una cittadina allestita per l'occasione vicino a un porticciolo a un po' più di mezza giornata di viaggio e sarebbe durata un paio di giorni. Per fortuna che Shinichi era stato rapido a fare il bagaglio altrimenti Kogoro non gli avrebbe lasciato nemmeno il tempo di prendere una giacca.

Durante il viaggio non ci fu molto dialogo, ma il conducente fu lieto di non sentire sua figlia sbuffare in continuazione anche se lo era molto meno del fatto che il motivo fosse quel moccioso detective tornato da chissà dove.

-Mi fermo a una stazione di servizio. Dovete andare in bagno ragazzi?- chiese ad un certo punto svoltando per un piccolo distributore. Entrambi annuirono quindi tutti smontarono dall'auto per recarsi alla toilette. Ran andò nella parte femminile che era piena di signore ad incipriarsi il naso, mentre gli altri due si recarono nel bagno maschile che non era molto affollato.

Dopo di loro entrò un signore bianco in volto che riconobbe il famoso detective Kogoro e lo implorò di seguirlo.

-La prego, detective! Mi è successa una cosa indicibile! Deve aiutarmi! È il migliore sulla piazza!-

Le lusinghe e la disperazione dell'uomo ebbero la meglio su Kogoro che accettò di dargli una mano. Anche Shinichi volle aiutare, ma il tizio lo liquidò in fretta senza lasciarlo presentare e si trascinò dietro il detective iniziando a spiegargli concitatamente il caso. Lo condusse fino ad una vettura blu elettrico e lo fece sedere al posto del passeggero continuando a parlare fitto fitto. Kogoro pareva catturato da quel suo racconto e non oppose la minima resistenza quando lui mise in moto e partì.

Il giovane investigatore sbatté le palpebre stranito. Kogoro Mouri aveva lasciato a piedi lui e soprattutto sua figlia per un caso. Non era certo una cosa normale.

-Ah, Shinichi. Sei qui. Dov'è papà?- domandò Ran appena uscita dal bagno delle signore.

-Là.- il detective indicò ancora senza parole la macchina blu che si stava allontanando lungo la strada.

-Cosa?! Ci ha lasciato a piedi?!- esclamò la ragazza ora sconvolta quanto lui.

-Mi sa di sì.-

D'un tratto si sentì la suoneria di un messaggio e Ran aprì il telefono per controllare. Era di suo padre.

-É papà! Dice di trovarci un passaggio fino alla casa del cliente. Lui ci aspetterà là.-

-Non è da lui fare così.- commentò Shinichi che nel frattempo stava pensando a come risolvere la situazione.

-Non che non lo è! Cos'è successo?-

Il ragazzo raccontò sommariamente l'incontro con quello strano uomo e poi si dette una pacca sulla testa esclamando -Ma certo!-

-Cosa?-

-Le chiavi! Tuo padre le ha lasciate sul cruscotto! Abbiamo l'auto!-

Shinichi fece accomodare Ran al posto del passeggero e poi si sedette al volante sotto lo sguardo scandalizzato di lei.

-Non hai la patente!-

-Preferisci restare qui? No, perché non mi va fare l'autostop lungo la statale.-

La karateka tacque e osservo il ragazzo mettere in moto e con rapide mosse fare manovra ed ingranare marcia e partire nella stessa direzione presa dall'auto blu.

-Vai piano per piacere.- lo implorò afferrandogli il braccio spaventata.

Non c'era da preoccuparsi. Anche se era da un secolo che non si metteva alla guida non era così stupido da dimenticarsi come si faceva e soprattutto non era così stupido da correre lungo una strada sconosciuta con un passeggero così prezioso.

-Tranquilla.-

Dopo i primi chilometri Shinichi aveva preso dimestichezza con i comandi e si sentiva ormai esperto così lasciò il volante per accendere la radio; così facendo però la macchina si sbilanciò pericolosamente verso l'altra corsia e se non fosse stato per la prontezza di Ran si sarebbero andati a schiantare contro un altro mezzo.

-Non farlo mai più!- gli gridò lei dopo essersi ripresa.

-Scusami. Non mi distrarrò più.-

Procedettero il viaggio con il sottofondo musicale e scambiarono anche qualche parola, ma una grande domanda capeggiava su tutto ciò a cui pensavano: dove era finito Kogoro? E soprattutto: Quale grande mistero lo aveva fatto dimenticare di sua figlia?

Shinichi non riusciva proprio a spiegarsi poi come mai l'uomo non lo aveva nemmeno fatto presentare e si era portato dietro Kogoro come se stesse aspettando proprio lui. Se fosse stato così bisognoso d'aiuto non avrebbe certo atteso l'arrivo di un detective. C'era qualcosa sotto, ma evitò di comunicare i suoi pensieri a Ran perché l'avrebbero solo spaventata. Non poteva sapere però che la ragazza era tormentata dai suoi stessi interrogativi.

Ormai era pomeriggio inoltrato, il sole sarebbe calato a breve e loro erano ancora distanti. Quella mattina erano partiti alle nove per arrivare all'orario stabilito dall'invito cioè le otto di sera, ma per via del fatto che in ogni caso Shinichi non voleva rischiare stavano andando molto lenti e sarebbero arrivati forse con un paio di ore di ritardo.

-Shinichi, credi che papà stia bene? Insomma, che sia già là?-

-Sì, sta tranquilla.- sbadigliò il detective. Era stanco, non era abituato a guidare per così tanto tempo.

-Se sei stanco fermiamoci. Non voglio che tu...-

-Non è un problema. Guarda siamo quasi arrivati.-

Poco più giù c'erano in lontananza alcune luci che indicavano il piccolo villaggio dove erano diretti. Quando lo raggiunsero il sole era ormai sceso e le luci in strada tremolavano fievoli sui lampioni. Parcheggiarono poco distante dal luogo dove dovevano recarsi per la notte e si incamminarono.

Per la strada non c'era un anima viva. Sembrava che ogni casa fosse deserta e non ci fosse il minimo rumore.

-Shinichi, c'è silenzio.- sussurrò Ran aggrappandosi a lui.

-N..non avere paura, è solo buio e... arriva qualcuno.-

Istintivamente la porto in un vicoletto laterale via dalla luce dei lampioni per osservare di nascosto i due individui che avanzavano ridacchiando. Non sapeva perché ma il suo intuito gli diceva di non fidarsi. Ran stava per protestare, ma lui fu più rapido e le tappò la bocca con la mano trattenendo il respiro per non farsi scoprire. Ciò che i due sentirono li fece raggelare nonostante fossero così vicini e imbarazzati.

-Il piano procede a meraviglia.-

-Già, quei due non si renderanno nemmeno conto.-

-Domani sera inizierà il tutto. Sarà divertente vederli morire.-

-Sì, e il bello è che si uccideranno a vicenda senza nemmeno saperlo! Un piano perfetto.-

-Non ho ancora ben capito cosa ha contro i quei due, ma immagino sia lo stesso.-

-Gli hanno fatto perdere un grosso affare, tanto grosso da metterlo sul lastrico.-

-Allora ha tutto il mio appoggio...-

Appena i due si furono allontanati, Shinichi e Ran ripresero a respirare abbracciati.

-Vogliono uccidere papà!-

-Non lo permetterò, sta tranquilla. Però ora dobbiamo andarcene o ci scopriranno.- le disse prendendole dolcemente le mani e portandosele alla bocca per baciarle e rassicurala.

-Voglio vederlo! Voglio sapere se sta bene!-

-Non ora, Ran. Non ora. Ci scoprirebbero, non saremmo di aiuto alcuno e ci ucciderebbero. Fidati di me, tuo padre sta benone. Hai sentito, no? Domani sera inizieranno tutto. Abbiamo ventiquattr'ore. Ora però dobbiamo andarcene.-

Con le lacrime agli occhi e a malincuore la ragazza annuì e seguì Shinichi fino alla macchina restando sempre nell'ombra. Ora veniva la parte più difficile: mettere in moto senza farsi scoprire.

Il detective girò la chiave nel quadro pregando che nessuno sentisse, ma purtroppo un uomo che passava di lì vide i fari illuminarsi e dette l'allarme. Partirono a velocità sfrenata ripercorrendo all'indietro la strada dove erano venuti inseguiti da un auto nera con ben tre sgherri a bordo armati.

Shinichi sfrecciava per le curve senza quasi toccare il freno; era una pazzia, ma doveva portare Ran in salvo anche a costo di rimettere lui stesso la vita. Ad un certo punto la ragazza si voltò per vedere gli inseguitori e si rigirò di scatto pallida in viso.

-Hanno delle pistole!- gridò terrorizzata.

-Sta giù!- ordinò il detective proprio mentre un primo colpo perforava il lunotto e poi il parabrezza. Il ragazzo tolse i cocci di vetro da davanti a se e iniziò a guidare con il vento in faccia mentre i proiettili aumentavano attorno a loro. Ad un tratto uno dei colpi gli ferì il braccio facendolo gridare e mollare il volante per tenersi la ferita sanguinante.

-Shinichi!- urlò Ran preoccupata prendendo il controllo dell'auto.

-Sto bene, Ran. Torna giù!- il ragazzo la spinse di nuovo giù con il braccio ferito emettendo un suono strozzato di dolore e poi riprese il volante esclamando -Ora basta.- fece finta di svoltare e spense le luci facendo perdere le proprie tracce. Proseguirono a luci spente fino a uno spiazzo nascosto e lì si fermarono provati da quell'inseguimento. Shinichi spense il motore e si afferrò la ferita grondante di sangue gemendo dal male.

-Fa vedere!- gli disse la karateka. Gli sfilò la giacca delicatamente e studiò la ferita che si apriva sotto il leggero tessuto della camicia candida ormai macchiata di cremisi; non avendo nulla con cui bloccare la fuoriuscita di sangue si sollevò la gonna e strappò un pezzo di tessuto avvolgendoglielo attorno.

-Tranquillo. Ora passa.-

-Sto bene, Ran, sto bene.- Shinichi chiuse gli occhi tremando per il forte dolore e svenne cadendo in grembo alla ragazza. L'ultima cosa che vide furono i suoi occhi indaco guardarlo accasciarsi in preda al panico. Sentì le mani di lei stringersi attorno alle sue poi più nulla.

 

Si svegliò alle prime luci dell'alba su una stuoia dentro una piccola casetta con le pareti in carta di riso e legno chiaro. Come ci era finito lì? Cosa era successo?

Si voltò di lato gemendo per la fitta al braccio ora fasciato abilmente da una benda sterile e vide Ran dormire tranquilla accanto a lui, con le mani ancora un po' sporche del suo sangue. La fissò a lungo con dolcezza rapito dalla sua bellezza fino a che lei non aprì gli occhi e lo salutò con un enorme sorriso.

-Ciao, ben svegliato! Come stai? Perché mi fissi? Ho qualcosa in faccia?-

Shinichi distolse subito lo sguardo arrossendo vistosamente e le chiese per cambiare discorso -Dove siamo?-

La karateka non fece in tempo a dare risposta che la porta di fronte a loro scorse di lato lasciando entrare un vecchietto piuttosto basso e sorridente. Portava la lunga barba bianca divisa in due sul davanti e vestiva con un abito tradizionale verde acido. Avanzò verso di loro con un vassoio carico di tè e riso e glielo posò ai piedi.

-Ben svegliati, ragazzi.- esordì -Dormito bene?-

-Lei chi è scusi?- domandò il detective perplesso.

-La tua amica non ti ha raccontato niente? Oh, bé allora sarà un'ottima conversazione per la colazione. Mangiate pure ragazzi e non fate complimenti.-

Si sedette con loro e iniziò a beccare il riso dalla ciotola a piccoli bocconi.

-Cosa ti ricordi di ieri sera?- chiese Ran incominciando anche lei a mangiare.

-Stavamo scappando e sono stato ferito, siamo riusciti a seminarli e ci siamo fermati, poi non rammento altro.-

-Sei svenuto e così sono uscita per cercare aiuto dato che qui i telefoni non prendono. Poco distante ho visto la luce di questa casa e così..-

-Questa ragazza ti ha salvato la vita, sai caro?- intervenne l'anziano -Certo, ti hanno colpito solo il braccio, ma piuttosto vicino alla spalla e perdevi molto sangue. Se non ti avesse portato qui con ogni probabilità ora come minimo avresti un avvelenamento del sangue in atto. Si è presentata da me trascinandoti a fatica in braccio e mi ha raccontato tutto implorandomi di aiutarti e io da buon ex-medico non ho potuto dire di no. Sei stato fortunato.-

Shinichi si guardò la fasciatura: lo aveva capito subito che non poteva averla fatta Ran, era troppo stabile, curata, perfetta per essere stata fatta frettolosamente da una ragazza in preda al panico.

-La ringrazio signor...?-

-Zeshin Hayashi, pensionato solitario ed ex-medico.-

-Grazie signor Hayashi, da parte di entrambi.-

-Chiamatemi Zeshin, vi prego. E ora mangia, ragazzo. Ti serviranno delle forze.-

-Grazie.-

L'anziano signore li lasciò soli a terminare il pasto e Shinichi ne approfittò per prendere con il braccio sano la mano di Ran e sussurrarle -Grazie.-

-Ma ti pare? Per così poco? Quante volte sei stato tu a farlo per me?-

-Non le ho contate ma credo che siamo sul migliaio.-

-Solo?-

Risero entrambi fino a che Zeshin non tornò con dei vestiti puliti in mano presi dalle loro borse.

-Questo vestito dovrebbe andarti bene, cara. E queste invece sono camicia e giacca per te. Le tue le ho buttate erano logore.-

Solo in quel momento Shinichi parve accorgersi di essere a petto nudo e soprattutto che la gonna della ragazza arrivava troppo vicina all'inguine ed era tutta rotta con delle macchie di scure di sangue ormai coagulato.

Si cambiarono in fretta e ringraziarono per l'ospitalità il simpatico vecchietto. Non sarebbero mai stati più grati ad una persona in vita loro. Li aveva accolti, curati e nascosti nonostante fossero dei perfetti estranei.

-Grazie, Zeshin. È stato molto gentile.-

-Figlioli, fate attenzione e sapete dove mi trovo se avete bisogno.-

-Non la ringrazieremo mai abbastanza.-

Camminarono fino all'auto che era rimasta dalla sera prima sulla piazzola e la trovarono peggio di come immaginavano. I danni erano numerosi: oltre alla carrozzeria ammaccata e i vetri rotti, il serbatoio era stato bucato e la già poca benzina era finita tutta a terra lasciandoli letteralmente a piedi. Erano a quasi venti minuti di strada dalla cittadina indicata senza un mezzo di trasporto e quella sera stessa era in programma chissà quale macabro piano per far fuori Kogoro e... chi altro? I due tipi stavano parlando di due persone; chi era la seconda? Doveva scoprirlo e salvarli.

-Cosa facciamo, Shinichi?-

-Facciamo che intanto andiamo a piedi, cos'altro vuoi fare? Se solo fossi stato più attento!-

-Ti colpevolizzi perennemente! Non è stata colpa tua!-

-Invece sì, Ran. Avrei dovuto stare più attento.-

-Guarda arriva qualcuno.-

Per la strada stava avanzando un giovane ragazzo della loro stessa età più o meno in motorino.

-Ehi, tu! Fermati!- gli gridò Shinichi sbracciandosi per farsi vedere. Il ragazzo si ridestò e frenò poco prima di loro.

-Che è?- chiese guardandoli dall'alto in basso.

-Ci serve il tuo scooter.-

-E perché?-

-Siamo a piedi e dobbiamo raggiungere quella città vicino al porto, con quello arriveremo prima.-

-Cosa mi date in cambio?-

Il detective stava iniziando a spazientirsi per quella petulanza e tagliò corto -500 yen.-

-Sono pochi per una moto.-

-Poi te la riportiamo.-

Il ragazzotto parve pensarci su e Ran intervenne per convincerlo -Per favore, è molto urgente.-

-500 yen più un giro con lei ed è tutto tuo.- stabilì soddisfatto della sua scelta.

-Come ti permetti, razza di maniaco!- sbottò Shinichi con sguardo omicida; stava per prendere per il colletto il tipo, ma la karateka lo fermo con un gesto imperioso. Senza proferire parola lo allontanò e si posizionò di fronte al ragazzetto. Con un deciso colpo di karate lo fece piegare in due e perdere conoscenza; lo abbandonò sul ciglio della strada sotto lo sguardo sbigottito di Shinichi.

-Andiamo a salvare papà.- dichiarò la ragazza incrociando soddisfatta le braccia al petto.

-Sei fantastica, te l'ho mai detto?-

Lei non rispose, ma si limitò a ridere con fare un po' civettuolo arrossendo. Ora però non era più il momento di ridere. Con lo scooter non impiegarono molto ad arrivare e si fermarono prima per non destare sospetti. Nascosti appena proprio sotto una finestra sul retro dell'hotel poterono scorgere Kogoro e nientepopodimeno che Heiji Hattori dilettarsi senza la minima consapevolezza di ciò che stava per accadere.

-Heiji?!- sbottò il detective sbarrando gli occhi -Che ci fa qua?- D'un tratto gli venne in mente di quella volta dove avevano collaborato per sgominare un grosso traffico di droga il cui magnate non era stato incarcerato per assenza di prove schiaccianti, ma era ridotto in miseria.

-Shinichi, che succede?-

-Abbiamo trovato la seconda persona, a quanto pare. Uhm, devono averli drogati con qualcosa che hanno bevuto. Almeno Heiji si sarebbe accorto che qui non c'è anima viva oltre a loro.-

-Quindi?-

-Resta ferma qua.-

Ignorando le proteste di Ran, Shinichi scivolò verso il vetro e picchiettò vicino ad Heiji che vi si era appoggiato. Questo vedendolo aprì la finestra e si mise a parlare senza freni come fosse ubriaco.

-Ehilà guarda guarda chi c'è qui! Sherlock Holmes, che piacere!-

-Heiji, che ti succede? Vieni via da qui! Non vedi che c'è qualcosa di strano?-

-L'unica cosa strana che vedo è che... ma guarda c'è anche Ran. Ciao, Ran!-

-Heiji, concentrati cosa ti hanno fatto bere, amico mio!-

-Un po' di questo, un po' di quello... sono tutti ottimi liquori.-

-C'era qualcosa dentro? Rispondimi!-

-Forse sì, forse no... piantala di vedere misteri ovunque sei fanatico. Ran ha ragione. Perché non ti metti dietro al cespuglio e te la f...-

-Tappati la bocca, Heiji! Dannazione, so che c'è un cervello che funziona anche se è offuscato dalla droga! Usalo!-

-Sarebbe bello se fossi qui dentro con noi, ma tu devi essere sempre diverso...l'asso di picche. Sai il loto è un bel fiore, ma non toccare il mazzo.- detto questo il detective dell'ovest richiuse la finestra e tornò a sedersi sulla poltrona.

Shinichi si ritrasse vedendo entrare uno degli sgherri della sera precedente ed ebbe una fitta al braccio al solo pensiero di quella sparatoria.

-Shinichi!- sussurrò la karateka -Vieni qua!-

-Tranquilla. Nonostante Heiji sia fuso, mi ha dato lo stesso un indizio.-

-E cioè?-

-Conosci la leggenda dei mangiatori di loto?-

-Uhm... non è giapponese... è greca, giusto?-

-Sì, narra di un popolo che viveva in un isola dove cresceva il loto, un fiore dalle magiche proprietà. Ti faceva dimenticare lo scorrere del tempo e tu rimanevi in quell'isola a vita. È stato Ulisse, eroe dell'Odissea, a incontrarli nel suo ritorno ad Itaca.-

-E che centra?-

-Hanno usato un sistema simile anche qui. In più Heiji ha detto che non devo toccare il mazzo e accanto a lui c'era un mazzo di carte, quindi la sostanza è nelle carte da gioco. La pescano sulle dita e poi mangiando gli stuzzichini la inghiottono. Ecco perché Heiji mi ha suggerito un mazzo e poi ha detto asso di picche. Ora sappiamo da cosa dobbiamo stare lontani.-

-Ma, è quasi mezzogiorno! Cosa possiamo fare per salvarli?- chiese Ran prendendogli le mani speranzosa nella sua genialità.

-Io... bé intanto dobbiamo procuraci un arma.-

La ragazza impallidì mentre Shinichi si alzava e strisciava contro il muro fino ad arrivare in corrispondenza ad una guardia. Con rapido scatto gli tappò la bocca e fece cenno alla karateka di colpirlo. L'uomo non ebbe nemmeno il tempo di emettere un singolo suono che era già al tappeto privo di pistola.

-Andiamo.- suggerì il ragazzo dopo aver legato ed imbavagliato lo sgherro. Intascò l'arma e procedette guidando Ran per il retro delle varie case deserte. Il cuore balzava in gola ai due ad ogni fruscio, temevano di essere scoperti ed allora sarebbe stato tutto inutile. Andarono su uno dei lati più nascosti dell'hotel e trovarono una porta, ovviamente chiusa, ma Shinichi notò una scaletta che portava ad un lucernario aperto e iniziò ad arrampicarsi. Fu terribile vedere che dentro a una piccola stanzetta c'erano due pistole di ultima generazione ognuna su una sedia in modo che chiunque le toccasse potesse essere usato dall'altro come bersaglio. Gli investigatori si sarebbero ammazzati a vicenda senza neppure saperlo intontiti com'erano dalla droga.

-Oh, mio Dio! Shinichi! È orribile!-

-Ssh, non urlare. Ora scendo e vedo di manometterle.-

-Ma potrebbero scoprirti!-

-Non c'è nessuno. Sono tutti troppo occupati a tenere a bada quei due. Non faranno nemmeno caso a me.-

Con una corda di una tenda lì vicino si calò all'interno e prese in mano uno di quegli strumenti di morte scaricando i proiettili a terra che caddero con un tonfo metallico riecheggiando. Raccolse tutte le munizioni e le intascò facendo lo stesso con l'altra pistola.

Ad un tratto la karateka lo chiamò con tono terrorizzato -Shinichi, stanno arrivando! Sono qui!-

-Ho quasi finito. Resta nascosta.-

-Mi hanno vista! Stanno salendo!-

Il ragazzo non fece nemmeno in tempo a girare la testa verso l'alto che Ran era già scesa lungo la corda e gli era a fianco.

-Ti avevo detto di nasconderti!-

-Dove? Non potevo!-

Dall'esterno si sentirono alcune grida e dei pesanti passi si sentivano sia sul tetto che all'ingresso: dovevano andarsene alla svelta.

Stavano per avviarsi all'uscita sul retro, ma le porte davanti a loro si spalancarono e quattro uomini grandi come degli armadi entrarono.

-Corri, Ran!-

Presero a scappare verso l'unica via di salvezza, ma il più grosso riuscì a raggiungere la karateka, meno rapida nella corsa del ragazzo, e l'atterrò schiacciandola sotto il suo peso. Il detective si avventò sull'uomo per liberarla e diedero vita ad una vera e propria lotta. Ogni colpo incassato erano due colpi restituiti; un colpo allo stomaco lo fece piegare in due e una storta al braccio ferito lo fece urlare. Cercava di liberarsi dalla presa massiccia dell'omone, ma era troppo forte; riuscì a rompergli il naso con un destro ben assestato, ma non riuscì ad buttarlo al suolo. Sembrava ormai che dovesse avere la peggio quando l'uomo rilassò le braccia e si accasciò al suolo privo di sensi. Dietro di lui si ergeva la figura snella di Ran in posizione da combattimento, attorno a lei vi erano gli altri tre a terra svenuti.

-Oggi sei particolarmente combattiva.- commentò Shinichi tentando di riassestarsi.

-Bé, devo salvare papà, no?-

Il ragazzo notò subito però che non doveva essere stata una lotta facile neanche per lei perché l'orlo del suo abito era sgualcito e la sua giacca con le maniche un po' strappate, in più c'erano sul suo pallido viso alcune ecchimosi in espansione.

-Ti hanno fatto male?-

-Non più di quanto ne abbia fatto lui a te. Come va il tuo braccio?-

-Stavo meglio prima, ma non si è riaperta la ferita per quello.-

Scesero per le scale dell'albergo e uscirono dal retro tornando in corrispondenza della finestra. Dovevano muoversi ad agire perché a breve gli uomini si sarebbero ripresi e avrebbero avuto più grane di quante già ne avevano.

Era l'una passata e lo stomaco di entrambi brontolava forte, tuttavia non avevano nulla da mangiare e non sapevano nemmeno dove trovarlo. All'improvviso Ran si batté la mano sulla fronte -Io ho da mangiare! Nella borsa, ho delle patatine!-

Corsero allo scooter che era diventato il loro punto di riferimento concessero una pausa di qualche minuto. Il silenzio surreale nel quale era avvolto il villaggio rendeva ancora più inquietante quella vicenda, rotto com'era soltanto dallo scrocchiare delle chips che stavano mangiando. L'unica cosa che faceva intuire che tutto ciò non era una fantasia, ma realtà era il vento che sferzava ora lieve ora veloce tra i capelli scompigliandoli. Shinichi prese a sbirciare nella direzione della ragazza. Sembrava diversa, più forte. Non era la solita Ran piagnucolosa che si affidava sempre agli altri, aveva preso in mano la situazione, si stava comportando non più da ragazzina, ma da donna. Voleva apparire forte anche se dentro magari non lo era, ma a differenza delle altre volte in quel caso era riuscita perfettamente a non far trapelare nulla. Stava sorridendo in modo enigmatico al vento in faccia, forse fiduciosa, forse disperata, ma sorrideva. Solo lui poteva sapere che era terribilmente preoccupata e che se avesse potuto sarebbe scoppiata in lacrime, ma gli faceva piacere vederla padrona di sé stessa per una volta. Stava tendendo la mano verso di lei quando dovette portarsela al petto scosso da un terribile dolore.

“Non adesso! No!”pensò trattenendo ogni smorfia. La piccola scienziata gli aveva detto che avrebbe potuto succedere temporaneamente dopo che aveva preso l'antidoto finale, ma il giovane non se ne era mai curato. In quel momento però non poteva permettersi una cosa del genere soprattutto per il fatto che non aveva ancora detto nulla a Ran. Con il tempo il tremore svanì e Shinichi riprese controllo del proprio corpo. L'aveva scampata un'altra volta.

-Tutto bene?- chiese la karateka notando la sua faccia.

-Sì, non temere.-

A quel punto Ran fece un profondo sospiro che normalmente avrebbe preceduto una crisi di pianto, ma non versò una lacrima e disse con voce troppo piatta per il contesto -Hai un piano?-

-Io ho sempre un piano.- rispose lui risoluto.

 

La sera si stava ormai avvicinando. Tutto stava per concludersi.

-Allora, hai capito?- sussurrò Shinichi.

-Sì, non sono una bambina.-

-Non è che ti fai scoprire o ti metti a piangere o cose del genere? Perché se vuoi posso fare tutto io, tu resta qua.-

-No, assolutamente no! Non ho pianto nemmeno un secondo oggi! Ti costa tanto fidarti di qualcuno al di fuori del tuo stupido ego?-

-Non voglio che ti faccia del male.-

-Ma non puoi nemmeno fare tutto da solo! Sei ferito!- in quel momento la voce della karateka tremò, stava cedendo.

Solo in quel momento il detective capì il suo comportamento. Gli aveva dimostrato di saper essere forte solo per evitare che alla fine tutto il carico di responsabilità fosse suo. Aveva fatto finita di avere tutto sotto controllo perché lui era ferito e non voleva che rischiasse di farsi altro male. Le accarezzò la guancia con la mano dicendole -Certo che mi fido di te. Andiamo.-

Le dette un bacio sulla testa e si lasciò abbracciare forte prima di separarsi per quella che, pur essendo stata ideata dalla mente più brillante del secolo, non poteva che dirsi una missione suicida almeno per lui.

Shinichi attese che Ran entrasse dalla finestra nell'albergo dove alloggiavano suo padre ed Heiji per poi entrare in azione. Da quel momento in poi avrebbe fatto tutto da solo.

 

Ran era appena scivolata all'interno della sala relax dove i due investigatori stavano giocando a bridge e la accolsero con calore. Con un tovagliolo prese il mazzo di carte, unico svago in quel posto, e lo getto tra i rifiuti sotto lo sguardo contrariato dei due. Si mise al bancone del bar e preparò un caffè nero così forte che avrebbe potuto risvegliare dal coma una persona.

-Bevete!- ordinò porgendo due tazze belle piene.

-Stai scherzando? Io non bevo nulla che non sia stato corretto!- biascicò Kogoro guardando male la figlia.

-Bevete o vi prendo a calci!-

La minaccia ebbe il suo riscontro tanto che i due ingurgitarono tutto d'un fiato. Si dovettero sedere per i giramenti di testa, ma pian piano ripresero lucidità; l'effetto delle droghe stava lentamente svanendo.

Passarono appena dieci minuti e già Heiji e Kogoro davano segni di ripresa.

-Ran, che ci fai qui?- chiese il detective del Kansai portandosi una mano alla testa.

-Vi avevano rapiti e drogati, volevano uccidervi. Shinichi sta cercando di fermarli, da solo!- disse tutto d'un fiato la karateka mettendoli in allarme.

-Raccontaci tutto dall'inizio.-

Ran iniziò a spiegare con tutti i dettagli: la corsa in auto, la sparatoria, il vecchietto, la stanza con le pistole... ogni cosa che potesse essere d'aiuto ai due per capire il piano di quello “scavezzacollo di moccioso” come lo aveva definito Kogoro.

-Conoscendolo- iniziò Heiji -so che adora fare il supereroe e quindi deve essere andato a cercare il capo di tutto questo. Sì, deve essere così... non si accontenterebbe mai di salvare le persone, vuole che i responsabili finiscano in galera. Ti ha detto dove andava?-

-No, mi ha spiegato quello che dovevo fare io e poi mi ha detto di andarmene con voi, ma non possiamo lasciarlo qui!-

Dei passi pesanti si facevano sempre più vicini ed entrò uno degli uomini che li avevano aggrediti quel pomeriggio. Subito Heiji e Kogoro lo immobilizzarono e lo misero fuori combattimento facendosi dire dove era il suo capo. Era mai possibile che lo Sherlock Holmes del terzo millennio fosse stato così abile da scoprire senza nessun apparente indizio quel nascondiglio così particolare?

 

Shinichi stava camminando per la strada deserta. Ormai Ran avrebbe dovuto aver finito la sua parte e sia Kogoro che Heiji avrebbero dovuto essere salvi. Toccava a lui entrare in scena. Sarebbe stata una scampagnata a confronto di quello che aveva dovuto subire con l'organizzazione. Lo studio “segreto” del magnate era proprio nella stanza accanto a quella dove aveva trovato le pistole, era stato semplice dedurlo dato che la parete presentava una fessura dalla quale traspariva della luce quasi impossibile da vedere se non ad occhio allenato. Si arrampicò fino al lucernario aperto e si calò dentro la stanza. Aprì lentamente la porta nascosta ed entrò dentro l'ufficio di Mister Matsuda, ovvero Suma il magnate della droga.

-Sapevo che non sarebbe mancato molto al nostro incontro. Ero piuttosto ansioso di conoscerla.- esordì l'uomo su una poltrona in pelle marrone dall'aria molto costosa.

-Siamo in due, signore.-

-Naturalmente avrai già scoperto tutto il mio piano.-

-Certo. Era in collera con i due che hanno mandato in rovina il suo impero ed ha architettato tutto quanto per vendetta. Ha acquistato questo villaggio abbandonato e l'ha ristrutturato, ha attirato i due detective con una scusa, li ha drogati con una delle sostanze più leggere in modo che venissero solo storditi grazie al mazzo di carte da gioco che con una scusa li avrà indotti ad usare. Ha progettato una stanza apposita dove sarebbero stati condotti per uccidersi a vicenda senza saperlo.-

-I miei complimenti, pensavo di essere stato più bravo. Detto così sembra scontato. Tuttavia ho scordato che quei due per quanto bravi hanno un asso nella manica, lei.-

-È finita. So dov'è il suo trasmettitore, posso contattare la polizia quando voglio.-

-Ma si ponga, giovane detective, questi problemi: ritiene davvero di avere prove contro di me? E crede davvero che glielo lascerò fare?-

Mister Matsuda premette un bottone sulla scrivania che lanciò l'allarme in tutta la struttura facendo accorrere gli stessi uomini che avevano già dato del filo da torcere al ragazzo. Questi gli bloccarono le vie d'uscita, ma lui, che aveva già previsto questa mossa, estrasse la pistola e la punto contro il magnate.

-Non dategli corda, è solo un ragazzino. Non lo farebbe mai.- sghignazzò l'uomo.

Gli sgherri si avvicinarono al detective per disarmarlo, ma Shinichi fu più rapido e scansandosi li fece cadere tutti addosso al loro capo sulla scrivania. Ormai alla porta puntò l'arma contro il lampadario che cadde al suolo bloccando i criminali il tempo necessario per chiuderli dentro a chiave. Aveva appena concluso il suo operato quando comparvero i suoi amici tutti trafelati.

-Shinichi! Stai bene!- esclamò Ran gettandogli le braccia al collo.

-Certo. Ho valutato bene i miei avversari e li ho messi nel sacco.-

Il detective, dopo aver contattato i soccorsi con il trasmettitore, dette la spiegazione del suo piano. Aveva dedotto ogni possibile mossa dell'uomo e in più gli era bastata un occhiata per capire che il trasmettitore fosse nella sala controllata ventiquattr'ore su ventiquattro dove c'erano i due detective sotto uno dei mobili e altrettanto rapido era stato a capire che le prove della sua colpevolezza erano direttamente nell'ufficio, unico posto totalmente sicuro.

 

Ormai stavano quasi rincasando. Heiji era tornato a casa sua promettendo di tornare il prima possibile e Kogoro stava guidando una nuova auto a noleggio per tornare a Tokyo.

-Quindi la mia auto... l'hai distrutta ragazzino?- domandò l'uomo particolarmente irato.

-Tecnicamente io ho solo guidato...-

-Silenzio! Con la mia bambina su senza patente! Che incosciente!-

-Papà!- lo rimproverò Ran -Se non fosse per lui tu ora saresti...- non riuscì a completare la frase. Era rimasta forte per tutto il tempo ed ora stava cedendo. Troppe emozioni contrastanti in quei due giorni le avevano scosso il cuore e le lacrime avevano iniziato di nuovo a sgorgare.

Shinichi l'abbracciò rassicurandola di ogni cosa. Le sussurrò dolci parole e si complimentò con lei per come aveva affrontato la situazione. La cosa non piacque molto al padre di lei che tossicchiando chiese -Quand'è che te ne andresti?-

-Credo di rimanere.-

-Peccato.-


Angolo Autrice:
Spero vi sia piaciuto... più di quanto piaccia a me...
Ho inserito un po' di azione tanto per movimentare la scena e... nessun cadavere... (uffa!!! voglio i morti! xD)
Per il prossimo vedrò di lavorare sulla parte deduttiva... un caso piuttosto intricato (se mi riesce...)
Grazie a tutti! Siete magnficicicicici! 
Vi lascio con una citazione...
"Dedicato ai cattivi... che poi così cattivi non sono mai" (Dedicato L.Bertè)
Un saluto speciale a SkyDream. 
Kiss Kiss =)

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Capitolo 13
*** Un normale viaggio estero ***


Un normale viaggio estero

 

Il viaggio in aereo non era stato dei più confortevoli che avessero mai fatto, ma alla fine erano arrivati negli Stati Uniti sani e salvi, a Washington D.C.

Yukiko era stata carina ad invitarli a fare un giro nella capitale che non avevano ancora visto; per di più Shinichi non si era allontanato da Tokyo un secondo da quando l'antidoto era diventato definitivo. Rispetto alla tabella di marcia erano arrivati con due giorni di anticipo per via di un disguido sul biglietto aereo che li aveva costretti a prendere un volo di linea in classe economica su un rottame al posto di una lussuosa business class in un aereo di una compagnia all'avanguardia.

Ran si stava trascinando dietro il pesante bagaglio nel quale aveva stipato ogni sorta di indumento per ogni evenienza e Shinichi stava sbuffando al telefono con il padre che gli comunicava che loro sarebbero arrivati comunque due giorni dopo. Ai due ragazzi non restava che andare in albergo nella speranza che le stanza non fossero occupate e poi darsi alla pazza gioia nella città presidenziale.

 

-Cosa? Tutte occupate?- fece il detective deluso al concierge dell'hotel cinque stelle in cui avevano prenotato.

-Mi spiace, signorino, ma il vostro arrivo era previsto per dopodomani e ci sono altri clienti nelle vostre stanze.- rispose con raffinata cortesia l'uomo in un giapponese impeccabile. Doveva ricevere molti clienti esteri a quanto pareva.

-Accidenti, e noi dove andiamo? Non possiamo certo restare in aeroporto per due giorni.-

Il ragazzo era più rivolto a sé che al signore, ma questi intervenne lo stesso -Se gradite è disponibile una stanza doppia, poi potrete spostarvi.-

-Doppia? Bhè, meglio di niente. Tu che dici, Ran?-

-Per me va bene, mi basta avere un tetto sulla testa.-

-Eccellente, signori, la vostra chiave... stanza 265.-

I due ragazzi si avviarono verso l'ascensore con i soli bagagli a mano, mentre un facchino si occupava del resto. Aprirono la stanza dalla porta dorata nel corridoio rosso damascato con la chiave elettronica che gli era stata fornita ed entrarono in quello che per dimensioni poteva essere perfettamente un miniappartamento. Le pareti crema facevano risaltare il rosso del copriletto al centro della stanza, sulla destra vi era una grande finestra che dava sulla strada sottostante e a sinistra invece la porta di un bagno molto raffinato ed immacolato.

-È meraviglioso!- esclamò Ran appropriandosi della propria parte di letto. Shinichi congedò il facchino con una piccola mancia e si accomodò sulla poltrona di fronte alla finestra.

-Una splendida vista.- commentò soddisfatto con le mani dietro la testa. A onor del vero non stava guardando proprio il panorama di Washington, ma ammirava dallo specchio posto di fianco la karateka che si levava la maglia e ne indossava una più comoda e pulita in rapidità per evitare di farsi vedere. Ridacchiò sottovoce arrossendo leggermente e poi distolse subito lo sguardo venendo catturato dalla linea dritta e marmorea dell'obelisco di fronte al Lincoln Memorial. Poco più distante, anche se non era perfettamente visibile, c'era lo Smithsonian Institute, il museo più grande del mondo e ancora più avanti la biblioteca del Congresso e la Casa Bianca.

Magari ci sarebbero andati anche con i suoi genitori, ma l'indomani gli era venuta voglia di andare in quel museo immenso. Gli dava l'idea di un fascino misterioso al cui richiamo non poteva dire di no. Certo, ci sarebbero state anche alcune opere senza senso come i quadri di arte contemporanea o cose che andavano contro la sua razionalità, ma sentiva che c'era qualcosa che gli sarebbe piaciuto; in fondo era il museo più grande al mondo, no? Qualcosa che fosse di suo gusto doveva pur trovarlo ed era curioso di sapere cosa e poi a Ran di sicuro sarebbe piaciuto vederlo.

-Ehi, Ran.- fece alla ragazza che intanto si era vestita e stesa sul morbido letto di lattice -Ti va di andare allo Smithsonian domani?-

-Intendi il museo? Sul serio? Sì! Che bello! Ma per vederlo tutto dovremmo andare là molto presto e sono esausta per via del fuso orario.-

-Andiamo a letto presto, non temere.- disse Shinichi rendendosi immediatamente conto dell'ambiguità della cosa e si corresse -Cioè... a dormire, insomma, intendevo a letto a dormire, non... cioè non... altro. Quindi...-

La ragazza ridacchiò imbarazzata e lo raggiunse alla finestra proiettando sul pavimento la sua lunga e snella ombra nera. Sorrise controluce certa che il detective non avrebbe potuto notarlo abbagliato com'era dal sole. Era da tanto che non si sentiva così bene, così rilassata. Una lacrima di gioia stava per solcarle il viso, ma fu abile a ricacciarla dentro per non rovinare il momento.

Shinichi la osservava accecato dalla radiosità che emanava; la luce del sole che penetrava formava sulla sua testa come un'aureola d'oro che la rendeva ancora più angelica di quanto non fosse.

-A cosa pensi?- chiese senza distogliere lo sguardo.

-Sono felice.-

Per una volta sembrava tutto perfetto. Tutto era come sarebbe dovuto essere. Però lo sapevano meglio di chiunque altro loro che la perfezione era solo apparenza. E l'apparenza è destinata a lasciare il posto alla realtà.

 

-Siamo dentro finalmente!-

Dopo una coda interminabile, erano riusciti a passare i controlli e tutto ed entrare nel complesso museale più vasto del globo. Per fortuna che la mattina Ran si era ricordata di puntare la sveglia presto e quindi erano arrivati prima delle orde di turisti più grandi evitando grosse perdite di tempo.

Non erano ancora entrati in nessuna delle strutture d'esposizione, erano fermi al centro del giardino sul quale si affacciavano tutte le costruzioni di vari stili ed epoche.

-Dove si va per prima?- domandò Shinichi alla ragazza che reggeva la mappa.

-Direi... alle esposizioni d'arte!-

Il detective cercò di fingere interesse, ma l'arte di quel tipo non la capiva. Sarebbe stato capace chiunque di fare certi quadri eppure erano considerati capolavori.

Pian piano visitarono le varie installazioni di tutte le strutture passando dalla storia naturale alla storia aerospaziale. Si divertirono come dei matti, anche se erano in un museo, commentando le varie opere esposte in totale spensieratezza.

Era ormai quasi ora di pranzo e si stavano recando al bar per uno spuntino quando un uomo con un cappotto grigio dai lembi laterali del colletto tirati su, gli occhiali scuri e un berretto viola scuro, si scontrò con Ran facendola quasi cadere e si dileguò in pochi secondi.

-Tutto bene?- chiese Shinichi cercando l'uomo tra la folla. Non gli piaceva affatto, ciò che aveva fatto sembrava il metodo dei... borseggiatori!

-Ran, guarda nella tasca!-

La ragazza obbedì ed impallidì non appena sentì che il suo cellulare nuovo era scomparso.

-Ho perso il telefono!- gridò continuando a tastarsi freneticamente per vedere se era in altri posti.

-No, te lo ha rubato quel tipo. Ha usato il solito metodo dell'urto per non fartene accorgere.-

-Oh, no! E...- la karateka si interruppe infilando una mano in tasca e trovandoci un biglietto mal piegato di carta sgualcita. Sembrava fosse stato scritto in piedi: la mano era tremolante, la calligrafia frettolosa, la carta recava pieghe come se fosse stato stropicciato più e più volte. Un unica parola in maiuscolo risaltava tra alcune macchie di inchiostro blu notte: HELP.

-Che vuol dire?- chiese Ran spaventata dal quel messaggio. Il detective lo prese tra le mani e lo esaminò attentamente fino a che non concluse la sua ipotesi.

-Non era un borseggiatore. Ti ha rubato il cellulare per un preciso motivo. Era certo che te ne saresti accorta e lo avresti seguito, quell'uomo è in pericolo. Ritiene che se lo troviamo prima noi di chiunque lo stia cercando sarà al sicuro, ma si tiene a debita distanza per non coinvolgerci troppo. Ingegnoso.-

Era chiaro che fosse così. L'urgenza del messaggio traspariva dal modo in cui si presentava e poi si capiva subito che la penna usata era una stilografica. Si vedevano chiaramente le graffiature del pennino troppo spinto e le macchie lasciate per la fretta. Dunque a quell'uomo non interessava minimamente un telefono, quanto più che fosse possibile rintracciarlo. Estrasse il cellulare e compose il numero di Ran attendendo una risposta che non arrivò mai.

-Forse non può rispondere.- suggerì la ragazza.

-Usiamo il GPS allora.-

Attivarono l'applicazione ed ebbero la posizione esatta dell'uomo. Si stava muovendo in velocità di qua e di là per il museo come un topo in gabbia. Forse era più in pericolo di quanto pensassero. Presero a inseguirlo per ogni edificio attirando l'attenzione dei molti visitatori e continuarono a tenerlo d'occhio sul display. Dopo aver corso per quasi metà istituto si fermarono: avevano perso il segnale.

-Deve essersi nascosto da qualche parte schermata.- fece Shinichi guardandosi attorno.

-Guarda il puntino c'è di nuovo!-

Da quello che diceva il segnale, l'uomo si trovava in un punto del museo di arte africana dietro il castello ed era fermo vicino ad uno degli accessi ai sotterranei degli archivi federali. La cosa non prometteva affatto bene e i due ragazzi si affrettarono a raggiungerlo. Il detective capì immediatamente che era troppo tardi dalla folla scossa e mormorante che attorniava l'imboccatura di un corridoio secondario.

-Let me through! (Lasciatemi passare)- gridò Shinichi alla folla e pian piano si spinse attraverso arrivando al corpo morto dell'uomo che stavano cercando. Una pozza di sangue si allargava sotto di lui colando dall'incavo della spalla. Non c'era più nulla da fare, era evidente. L'odore di polvere da sparo si poteva ancora percepire nell'aria chiusa del museo, di sicuro era stato usato il silenziatore perché altrimenti la gente attorno sarebbe stata ancora di più.

-Who saw something? (Chi ha visto qualcosa?)- chiese alla folla, ma non ottenne risposta. Tutti erano stati troppo presi dalla loro visita, ovviamente, per notare un uomo che si aggirava in modo sospetto tra le esposizioni.

-Call the police, please! (Chiamate la polizia, per favore!)-

Intanto le guardie giurate poste ai vari ingressi stavano allontanando la folla e chiudendo l'area per evitare che nessuno uscisse; cercarono di far andar via anche Shinichi, ma questi si oppose fermamente presentandosi come investigatore e attese la polizia che non tardò ad arrivare.

-What's happened? (Che è successo?)- fu la prima cosa che l'ispettore disse vedendo il cadavere e il giovane detective alle prese con l'esame di esso.

Shinichi iniziò a spiegare con un inglese piuttosto scorrevole cosa era accaduto e chiamò vicino a sé Ran che era rimasta in disparte rivolta verso l'uscita senza mai guardare il corpo morto. Le chiese il biglietto con la richiesta d'aiuto e lo consegnò all'ispettore per farlo analizzare e capirci di più. Gli agenti si misero al lavoro iniziando ad effettuare i primi rilevamenti con kit di analisi all'avanguardia e lasciarono in disparte il detective. Shinichi sapeva che sarebbe stato difficile farsi ascoltare con gli americani che già lo consideravano come un dilettante, ma era sicuro che alla fine si sarebbero dovuti ricredere; l'unico intralcio che rimaneva era la lingua, ma fortunatamente uno degli agenti era di origini nipponiche e quindi con qualche difficoltà riuscirono ad intendersi e il ragazzo ottenne il permesso di indagare liberamente.

L'uomo era stato freddato con un colpo di pistola da media distanza, poiché non c'erano troppe tracce di polvere da sparo sui vestiti; il proiettile lo aveva colpito alla base del collo, ne aveva decretato subito la morte lesionandogli sia giugulare che carotide ed era uscito dall'altra parte squarciandogli la gola lateralmente. Shinichi si chinò a terra più in là nel corridoio buio che conduceva alla porta degli archivi federali e iniziò a tastare il pavimento alla ricerca di quello che sapeva gli sarebbe valso un grosso passo avanti nelle indagini. Dopotutto se c'era un foro d'uscita ci doveva pur essere da qualche parte il bossolo del proiettile e se avesse avuto quello con un po' di fortuna sarebbe risalito anche all'arma.

-Cerchi questo?- gli chiese la karateka inginocchiandosi accanto a lui e porgendogli l'ogiva del colpo esploso.

-Dove l'hai trovata?- fece lui incredulo.

-Era poco distante da... insomma... dall'uomo.-

-Anche quella cercavo, ma in realtà... ecco! Trovato il bossolo. Ora abbiamo l'intero proiettile.-

Tornarono alla luce e iniziarono ad esaminarli. Il bossolo era piuttosto deformato e senza un'analisi di laboratorio non sarebbero riusciti a ricavarci molto, ma dall'ogiva Shinichi ebbe un'intuizione.

-Calibro 40 a canna rigata, S&W.- disse soddisfatto.

-Cosa?-

-La pistola che ha sparato è una calibro 40 S&W con canna rigata. Lo si nota delle striature sull'ogiva e dal loro periodo di ripetizione. In più se noti bene qui è leggermente schiacciata, prova inconfutabile dell'uso di un silenziatore.-

Dopo quella spiegazione a Ran non restò che annuire senza aver capito granché e seguire il suo amato detective dall'ispettore mentre i due discutevano in inglese a lei poco chiaro dei rilievi che avevano eseguito. Le sembrava di essere precipitata da un sogno ad un incubo. Fino ad appena mezz'ora prima era la ragazza più felice del mondo in compagnia della persona che amava sopra ogni altra cosa ed in quel momento era diventata solo una tra le tante testimoni di un delitto. Per quanto questo la facesse rattristare però era contenta di essere con Lui; gli era mancato così tanto che anche se fossero stati in capo al mondo e lui non l'avesse minimamente badata la sua sola presenza l'avrebbe resa felice. Ma Shinichi non la vedeva affatto così: per lui era fondamentale la sua presenza. Lo faceva sentire attivo, gli dava la forza di capire da un capello l'intera vita di una persona. Era con lei che lui dava il meglio di sé, con lei che il suo cervello raggiungeva livelli di genialità che solo nei romanzi erano possibili.

La karateka era persa ancora nei suoi pensieri tra il ricordo e l'illusione quando venne scossa per le spalle e riprese coscienza di dove si trovava trovandosi davanti i meravigliosi occhi blu del detective.

-Ehi, Ran? Ci sei?-

-Sì, sì ci... dimmi.-

-Il caso si fa più complicato, mia Watson. Ecco un nuovo tassello.-

Shinichi le sollevò davanti al naso un foglio di carta sgualcito come il precedente, ma più grande. Su di esso vi erano scritti in grafia ordinata una serie di numeri senza nessun apparente senso logico.

213987546

759413826

981675432

436759128

874653912

645873621

349785612

192456783

568294137

427316985

+1

right

Our secret key.

I'm waiting you, detective.

-Che cos'è? Un codice?-

Shinichi annuì, ma non apri bocca; era troppo preso da i suoi ragionamenti per capire la risoluzione. Ogni tentativo che faceva falliva o per mancanza di logica o per non portare da nessuna parte. Rimase a fissare quel pezzo di carta per dieci minuti buoni senza sbattere nemmeno una volta le ciglia; alla fine sbuffò infastidito e si sedette su una delle varie poltroncine bianche messe lì per vedere meglio le opere in mostra. L'assassino si doveva essere impegnato molto stavolta.

-Vedi qualcosa di particolare?- chiese a Ran.

-Numeri in colonna.-

-Colonna?- Shinichi rifletté meglio sulla loro disposizione. Aveva dato per scontato che essendo scritto in inglese il messaggio si leggesse da sinistra a destra così come il codice, ma Ran aveva pensato in giapponese e aveva letto dall'alto in basso; forse era legato a quello la chiave di lettura. Sulle righe quasi nessuno dei numeri si ripeteva, ma sulle colonne sì; forse se avesse eliminato i numeri ripetuti riscrivendo il codice sarebbe riuscito a scoprire cosa era inteso in quel messaggio. Estrasse il suo taccuino dalla tasca e iniziò a ricopiare tutti i numeri cerchiando quelli che si ripetevano sulle colonne bofonchiando qualche cifra in giapponese tra sé e sé che fece ridacchiare gli agenti ancora sul posto. Risultò un altro cifrario più corto del precedente, ma che manteneva lo stesso schema con l'aggiunta di una colonna come era indicato dal +1. Ripeté la medesima operazione ed ottenne una nuova serie di numeri che questa volta lesse incolonnati dopo aver girato il foglio verso destra, come da indicazioni, quindi in riga. Proseguì allo stesso modo fino a che non ottenne una serie di cinque cifre non ripetute: 21986.

La “chiave segreta” di cui si parlava era stata trovata, ma cosa serviva ad aprire? Il detective notò su una porta metallica all'ingresso degli archivi federali un sistema di apertura cifrato che prevedeva un codice a cinque cifre o l'inserimento di tesserino di riconoscimento in caso di emergenza. Ecco cosa apriva: era il codice universale per l'accesso alla federal reserve. Restavano numerose domande aperte che non facevano vedere un barlume di chiarezza in quella scura situazione. La matassa era più ingarbugliata del previsto dato che la scoperta di un codice che sarebbe dovuto rimanere sconosciuto ai più faceva presupporre che nel caso fosse coinvolto anche qualcuno dall'interno, ai piani alti; l'unica cosa che sperava Shinichi era che non fossero troppo alti e quindi non essere immischiato in un'altra faccenda seria, ne aveva già avuto abbastanza in Giappone.

Ripensò al proiettile che avevano trovato. Il calibro di quella pistola era piuttosto comune... tra gli agenti di polizia; se poi si aggiungeva il fatto che la munizione fosse del tipo perfetto per le Glock allora tutto faceva supporre che l'arma fosse la pistola d'ordinanza dell'FBI. Questo non dimostrava certo che il colpevole fosse un agente del Bureau, ma spiegava la conoscenza di particolari riservati. Poco dopo la polizia, che aveva completato i rilievi, sgomberò il campo e fece riaprire l'ala del museo senza tante precauzioni, a parte transennare l'area del delitto, lasciando il giovane detective alle prese con le sue deduzioni.

Shinichi era così immerso nel pensiero che non si accorse neppure di stare camminando e si riscosse solo quando Ran gli porse un panino da fast-food ben imbottito nel bar.

-Non ho fame.- le disse restituendoglielo.

-Devi mangiare qualcosa! Non vorrai digiunare fino a stasera, vero?-

-Mangerò quando avrò qualche elemento in più in mano.-

La karateka si limitò a sospirare e scartò l'involto del suo hamburger addentandolo con gusto nella speranza di fargli venire fame anche se con poco successo.

-Cos'è quello?- chiese ad un certo punto indicando una piccola scritta a penna sulla carta che avvolgeva il panino di lui. Shinichi guardò e dal suo volto nuovamente illuminato si capì immediatamente che era ciò che stava attendendo.

-“This kind of thing wasn't planned, but if you wanna to play, let's play. Then let's test your great deductive skills. First clue to find me: my box fell in the lake.”(Questo tipo di cosa non era previsto, ma se vuoi giocare, giochiamo. Quindi testiamo le tue grandi doti deduttive. Primo indizio per trovarmi: la mia scatola è caduta nel lago.) Si è fatto vivo alla fine. Lo sospettavo.-

-Cosa? Che vuoi dire?- domandò Ran che stava ancora interpretando il messaggio.

-Era ovvio che il primo biglietto non era indirizzato alla polizia, ma a quel pover'uomo. Dovevano avere un incontro e qualcosa è andato storto. Tuttavia il colpevole deve avermi osservato ed avere visto che ho risolto il suo codice senza avere la chiave di lettura completa. La polizia non l'ha ritenuto rilevante, ma si sbagliano. È un indizio fondamentale. Per il momento è l'unico legame certo con il nostro uomo e non dobbiamo perderlo.-

-Ma se ti ha visto risolverlo doveva essere ancora là dentro e doveva avere ancora con sé la pistola. La polizia ha perquisito tutti per precauzione e non hanno trovato nulla.- obiettò Ran poco convinta stavolta della sua spiegazione anche se del tutto certa che fosse esatta.

-Infatti.- Shinichi non disse nient'altro e si chinò su di lei andando con il viso appena dietro i suoi lunghi capelli bruni; iniziò a sfiorale collo e schiena con la mano provocandole dei piccoli brividi fino a che non esclamò soddisfatto -Fatto.- Si ritrasse da lei e le mostrò una microspia che distrusse un secondo dopo con un forte colpo del tacco della scarpa.

La ragazza che per un attimo aveva creduto che ci fosse un altro fine a quel suo gesto si limitò ad emettere un suono tra il deluso e lo sorpreso e sorrise lievemente portandosi in fretta la coca-cola alla bocca per mascherare il suo imbarazzo.

Il detective parve non accorgersene e si gettò sul panino che attendeva di essere mangiato con ritrovato appetito.

-Fortuna che non avevi fame...- commendò sorridendo la karateka.

-Ti ho detto che avrei mangiato quando avrei avuto nuovi elementi.-

Conclusero il pasto in fretta e, solo dopo che entrambi si furono recati alla toilette, ripresero la loro rischiosa caccia all'uomo. Shinichi osservò il testo del messaggio; non gli pareva ci fossero doppi sensi tangibili.

-La mia scatola è caduta nel lago...- tradusse Ran dubbiosa -Direi che forse... la scatola si riferisce ad un indizio, giusto?-

-Sì, giusto. E lago?-

-Lago... in tutto il complesso dello Smithsonian ci sono quattro laghi. Tre artificiali e uno naturale. A quale credi di riferisca?-

Il ragazzo ci pensò su come per valutare ogni possibilità e concluse -Quello davanti al Lincoln Memorial. È più stretto ed è più facile avvicinarsi al bordo per gettare qualcosa.-

Andarono di volata di fronte all'immensa vasca di acqua blu che collegava il monumento al sedicesimo presidente degli Stati Uniti all'obelisco.

Fortunatamente era ora di pranzo e non c'era troppa gente nei dintorni, così Shinichi prese a spogliarsi.

-Che stai facendo?- gli chiese Ran stizzita con una mano sugli occhi totalmente rossa in volto.

-Faccio un tuffo, no?- rispose il ragazzo ormai solo in boxer.

-Non vorrai dire che l'indiziò è in acqua, vero?-

-E invece sì. Sarebbe stato troppo visibile altrimenti. Userò la luce dell'orologio per vederci.- detto questo attivò la torcia al suo polso e si tuffò nell'acqua schizzando una Ran sempre più imbarazzata.

-Esci immediatamente!- gli gridò sottovoce per non farsi sentire dai passanti poco distanti, ma il detective non accennava a voler rimettere la testa fuori il che fece preoccupare molto la ragazza. I secondi passavano lentamente rendendo l'attesa struggente; era rimasto sotto da ormai troppo tempo così la karateka iniziò a togliersi le scarpe per andarlo a cercare, ma d'un tratto sentì uno scroscio d'acqua poco distante. Alzò di scatto il capo e vide il ragazzo issarsi sul bordo della vasca tossendo con una busta impermeabile tra le mani tremanti.

-Ah! È congelata!- sbottò stendendosi al sole per scaldare le membra rese bluastre dal freddo. Ran si rinfilò le scarpe e lo abbracciò dandogli il suo calore.

-Se impazzito? Potevi venire su a respirare! Mi hai fatto prendere un colpo!-

Shinichi ridacchiò come per prenderla in giro per la sua ingenuità -Ma ho respirato, solo che tu eri troppo occupata a fissare lo stesso punto in cui mi ero tuffato per vedere che ero uscito più avanti.-

-Non farlo mai più, idiota!-

Irritata dalla sua immancabile strafottenza e presunzione, la karateka gli strappò l'indizio dalle mani e lo aprì mormorando maledizioni contro di lui e anche contro sè stessa che ancora si ostinava a dargli corda.

-E questo che cos'è?- chiese stranita fissando la serie impronunciabile di lettere sulla carta.

XITFABBPLBPQGWLFBR

good luck and remember your most troublesome alcoholic.

-Da qua. Molto interessante... abbiamo a che fare con uno piuttosto risoluto.- commentò Shinichi con un sorriso beffardo in volto.

-Perché ho quasi l'impressione che trovi tutto questo come un gioco e che tu non stia pensando al fatto che quello che cerchiamo è un criminale che ha appena ucciso una persona?-

-Non sottovaluterei mai un avversario, ma devi ammettere che queste deduzioni sono estremamente stimolanti per il cervello, non trovi anche tu?-

Ran scosse la testa rassegnata e chiese -Che cosa c'è scritto?-

Il detective studiò approfonditamente il foglio. Non poteva certo essere un anagramma perché c'erano troppe lettere simili per formare una qualsiasi parola sensata; pensò, quindi, ai vari cifrari e codici che conosceva e quelli che meglio si adattavano al genere erano due: il cifrario di cesare e il cifrario playfair. Il primo era il più semplice: si trattava di uno schema dove semplicemente si associava ad ogni lettera dell'alfabeto un'altra in modo che risultasse un alfabeto sfalsato, ad esempio A con C, B con D, C con E fino alla fine. In tal caso, però, tale codice era inservibile poiché mancava l'indicazione della lettera dalla quale partire con la sostituzione. Quello che rimaneva era il playfair, un codice piuttosto complesso inventato da un inglese ancora nel lontano ottocento. Consisteva nel formare un quadrato di 5x5 con le lettere dell'alfabeto con uno schema piuttosto particolare fornito da una chiave di lettura data e nel caso di Shinichi questa era suggerita

dalla frase sottostante il codice: “ricorda il tuo alcolico più molesto”. Su questo punto non aveva dubbi; il nome si fece largo nella sua mente come un proiettile: Gin.

Tirò fuori la penna e iniziò a scrivere lo schema di risoluzione.

GINAB

CDEFH

JKLMO

PQRST

UWXYZ

Aveva la fronte corrugata e negli occhi lo sguardo più severo che avesse mai avuto; era il ricordo di quel bastardo che lo faceva reagire in quel modo, la ferita era ancora aperta. Chiunque fosse il criminale che si aggirava per il museo di sicuro sapeva ciò che era successo quella notte e le sue vicissitudini con quell'uomo e quello che era peggio le stava sfruttando a suo favore.

Ci impiegò un po' a decriptare il messaggio; certo se avesse avuto un computer avrebbe fatto prima, ma in assenza d'altro si era “accontentato” della sua geniale mente.

Appena ebbe concluso guardò fiero il risultato del suo operato ed esclamò -Ci siamo! Washington Monument.-

La ragazza, che per tutto il tempo era rimasta imbambolata a scrutarlo di sottecchi, parve risvegliarsi all'improvviso dalle sue fantasie non troppo pure e gli sorrise imbarazzata non avendo seguito il ragionamento.

-Ehi, che hai? Sembri un po' stralunata.- le disse Shinichi schioccandole le dita davanti agli occhi.

-Nulla, nulla. Hai detto... cosa?-

Il detective sospirò e ripeté -Washington Monument, l'obelisco lì davanti a te.-

Ran si avviò a passo deciso per mascherare il suo rossore senza voltarsi e al ragazzo non restò che scuotere la testa divertito e raggiungerla mentre incespicava sul prato.

Arrivati al monumento non fu difficile individuare la busta candida attaccata alla pietra ruvida; la aprirono curiosi del prossimo indizio e vi trovarono un invito ad incontrarsi.

Congratulation, little Holmes. You are more good than I thought, but now it's time to meet us.

3:30 p.m.on the top.

-Congratulazioni, piccolo Holmes. Se più bravo di quanto pensassi, ma ora è tempo di incontrarci.

3:30 post meridium sulla cima.- tradusse istantaneamente Shinichi.

-Che?! Ma è impazzito?- sbottò Ran portando il capo verso l'alto per vedere la punta di quell'imponente monumento -Inoltre,mancano solo dieci minuti all'orario stabilito!-

Il detective si guardò attorno in attesa di un'intuizione; non sarebbe stato possibile raggiungerla in così breve tempo e poi di sicuro c'era un doppio senso. Posò gli occhi sulla figura scura slanciata proiettata a terra della ragazza di fronte a lui.

-L'ombra! Dobbiamo trovare dove finisce l'ombra dell'obelisco.-

Questa però era immensa e si perdeva a vista d'occhio, in dieci minuti era impossibile arrivare al punto preciso, per quanto impossibile non esistesse nel suo dizionario. Improvvisamente a Shinichi venne un'idea. Estrasse il cellulare dalla tasca e iniziò a premere freneticamente i tasti. Grazie al programma che dava la visione di ogni parte del globo ad ogni ora riuscì ad avere il luogo esatto in meno di un secondo e vi corse con Ran al seguito arrivando giusto tre minuti prima dello scadere del tempo.

Erano davanti ad una porta spessa di metallo, dopo di quella iniziavano gli archivi federali americani. Per entrare occorrevano solo le cinque cifre che avevano ricavato dal codice e non vi era nessuna guardia o telecamera di sorveglianza attiva.

Prima di entrare, il giovane detective si rivolse alla karateka prendendole le mani e portandosele alla bocca.

-Tu non puoi venire. Potrebbe essere pericoloso.-

-Se lo è per me, lo è anche per te.-

-No, ascolta. Prendi il mio telefono, contatta la polizia, raccontagli tutto, non provare a seguirmi e non pensare a me.- le disse piazzandole in cellulare tra le mani tremanti.

-Lo chiedi come se fosse facile! È armato e tu no!- Ormai Ran stava piangendo. Ogni volta doveva sempre finire in quel modo; con lui che se ne andava per fare l'eroe e tornava con qualche buco in più del previsto e lei in lacrime in preda al terrore di perderlo.

-Fa come ti ho detto. Andrà tutto bene.-

-Lo dici sempre, ma non va sempre tutto bene!-

-Ssh, lo sai che sto male quando piangi.- sussurrò al suo orecchio Shinichi mentre l'abbracciava.

-Vai al diavolo!- rispose lei con voce spezzata abbandonandosi a lui.

Il detective premette le labbra sulle sue umide e salate e si sciolse dalla stretta dicendole per farla sorridere -Mi raccomando, stasera andiamo a cena in un bel ristorante pensa a metterti qualcosa di carino.-

La karateka non fece in tempo a rispondere che lui aveva già digitato il codice ed era già sparito dietro la porta. Non le restava che fare come le era stato richiesto con la ferma convinzione che non fosse giusto. Dopo aver eseguito il suo compito si sedette sulla panchina di fronte alla porta dietro alla quale il suo Holmes era sparito ed attese prendendo a mordicchiarsi le unghie nervosamente. Come se la stava cavando il giovane là sotto era un mistero, ma sperava e pregava che stesse bene.

 

Shinichi era sceso in rapidità lungo le scale ed ora si trovava al primo seminterrato della federal reserve. La zona era labirintica e tutte le porte sembravano uguali non dando segni per orientarsi; le uniche indicazioni erano i numeri dei piani e come raggiungerli poste di tanto in tanto lungo il corridoio. Nell'ambiente bianco spiccò subito all'occhio indagatore del detective una scritta nera su una piastrella al centro che recitava follow me.

“Seguimi?” pensò il ragazzo guardandosi attorno alla ricerca di una qualche freccia senza successo. Ad un tratto sentì un ticchettio poco distante, si girò per cercarne la provenienza e notò un piccolo contaminuti rotondo che rotolava per il pavimento entrando in un corridoio secondario. Shinichi lo inseguì stranito per quella trovata a dir poco insulsa e raggiunse il bel mezzo degli archivi tra vecchi reperti e cimeli fuori esposizione. Il contaminuti sparì dietro una grossa cassa di legno, con sopra dei documenti dall'aria riservata, dalla quale si sentì successivamente una suadente voce rauca.

-Little Holmes, how many time! (Piccolo Holmes, quanto tempo!)-

Da lì dietro apparve un uomo alto e muscoloso, vestito con un completo giacca nera e cravatta rossa, aveva in volto un ghigno ironico e fumava una sigaretta con disinvoltura, mentre l'altra mano la teneva sopra il rigonfiamento della pistola dentro la giacca.

-You remember me, don't you? (Ti ricordi di me, non è vero?)-

Shinichi ebbe un sussulto. Vagò tra i ricordi della sua mente fino ad arrivare alla sera fatidica dello scontro con l'organizzazione; tra i membri dell'FBI che avevano collaborato ne ricordava uno identico a lui e ora che ci pensava uno che somigliava moltissimo alla vittima.

-Yes, of course. It wasn't to much time ago. (Sì, certo. Non è stato troppo tempo fa.)-

-Possiamo parlare anche in giapponese.- suggerì l'uomo con accento americano fin troppo evidente finendo di inspirare il fumo della sua sigaretta -Ti ho riconosciuto subito quando quel Connerl ha lasciato il biglietto in tasca alla tua amichetta. Anche lui c'era quella sera... gli deve essere sembrata una fortuna immane trovarti quando era sul punto di morire. Per questo ovviamente ti ha contattato, a suo modo. Ha fatto il furbo: sapeva che se anche l'avessi ucciso tu saresti stato in grado di fermarmi, ma ha fatto male i suoi conti. L'ho liquidato in fretta e ho disseminato la zona di stupidi giochetti per farti perdere tempo, certo che li avresti risolti per il tuo smisurato ego, e così ho potuto predisporre quella che sarà la tua fine.-

Il giovane detective rise beffardo e iniziò -Abel Connerl... avrei dovuto ricordarmi subito di lui... come anche di te, Artie Scott. Avevo capito che l'assassino era un agente dalla pistola. Probabilmente non avevi previsto di liquidarlo qui così non ti eri preparato un piano di riserva; speravi che accettasse la tua offerta di collaborare al tradimento del tuo paese senza discutere, ma hai dovuto eliminarlo. E così hai preparato tutto quanto perché sapevi che io sarei arrivato al tuo losco piano di doppiogioco, come si deduce da quei documenti top-secret sulla cassa, e ti avrei fatto arrestare.-

-Abel ha scelto un'ottima pedina, devo ammetterlo, ma purtroppo sarà l'ultima volta che sentiremo parlare di Shinichi Kudo. Niente di personale, sono solo affari. Non posso permettere che un moccioso ficcanaso se ne vada in giro conoscendo i miei traffici illeciti... e nemmeno la sua deliziosa amica.-

L'agente traditore premette un pulsante su un telecomando ed attivò uno schermo dal quale si vedeva la telecamera di sorveglianza in giardino riprendere Ran seduta preoccupata sulla panchina.

-Cosa vuoi da lei?- sbottò Shinichi con durezza, non poteva tollerare che toccassero la sua Ran. La ragazza fissava il vuoto persa e si mordicchiava di tanto in tanto le unghie per il nervosismo dell'attesa; sotto di lei era inquadrata una scatolina nera con un paio di luci pulsanti rosse: una bomba.

-Farà la tua stessa fine, ecco cosa. Pensavo ci fossi arrivato... in qualità di agente dell'FBI ho certi privilegi e mi sono infiltrato con dei codici nel sistema di sorveglianza rendendolo mio. Ho visto ogni tua mossa, ogni tuo ragionamento, persino quel patetico saluto alla dolce Ran. Aveva ragione non avresti dovuto venire qui da solo.-

-Non ti permetto di nominarla! Comunque suppongo che quindi in realtà nessuna delle due volte lei abbia davvero chiamato la polizia, sei stato tu a controllare tutto.-

-Sì, ho intercettato entrambe le chiamate. Dopo la prima ho fatto espressamente intervenire una squadra di agenti buoni a nulla onde evitare problemi e la seconda... bé, diciamo che non è mai arrivata a destinazione. Povero ingenuo... ti facevo più furbo. Lo eri sembrato molto di più quella volta.-

Shinichi ridacchiò e proseguì -Immagino che a quel telecomando ci sia collegato anche un dispositivo per fare saltare in aria la bomba sotto la panchina e questa che è ai miei piedi.-

-Indovinato, Holmes. E ora, hai un ultimo desiderio?-

Il detective rise più forte e poi guardò l'uomo con decisione -Mi credi così sprovveduto? Potete procedere!-

All'improvviso da vari punti del sotterraneo apparvero agenti dell'FBI ben conosciuti che misero sotto tiro il malvivente circondandolo in una morsa pronta a stringersi per finirlo.

-Ottimo lavoro, cool guy!- esclamò Jodie battendo le mani in segno di approvazione mentre scendeva le scale lentamente.

L'uomo ormai in trappola lasciò cadere le mani lungo i fianchi -Sei un bravo attore, Kudo Shinichi.-

-Sapevo tutto, sapevo di essere controllato e così ho fatto un paio di telefonate da un cellulare di scorta non tracciabile all'FBI ancora a pranzo e ho nascosto una cimice tra i vestiti così non solo ti hanno trovato, ma hanno avuto pure la confessione dei tuoi crimini in diretta. Ero certo che pur di completare la tua opera avresti giocato il tutto e per tutto tentando di uccidere chiunque tentasse di ostacolarti.- spiegò Shinichi con semplicità, ma estremamente soddisfatto del suo operato.

Uscirono all'aria aperta di nuovo accolti dalla fresca brezza della costa dell'atlantico. Il detective scrutò vittorioso l'uomo che però sorrise ironicamente e prese a parlare con estrema calma.

-Sai, ero sicuro che non ti sarei sfuggito, giovane Holmes. Purtroppo devi sapere una cosa: tu e tutti voi altri tendete a fidarvi troppo.-

Artie Scott riuscì a dimenarsi a sufficienza per liberare una mano ad arrivare al telecomando che non gli era stato ancora sequestrato. Bastò un nanosecondo ed il suono robotico del pulsante riecheggiò nella testa di tutti i presenti. Shinichi rivolse immediatamente la testa verso Ran appena alzatasi dalla panchina e le urlò di togliersi da lì prendendo a correre verso di lei. Arrivò giusto quando partì l'esplosione e si gettò sulla ragazza scartando di lato per proteggerla. Sentì pezzi duri e metallici roteargli attorno mentre il rombo e il calore prodotto si affievolivano man mano alle sue spalle. Da distante si sentivano già le sirene avvicinarsi e un vociferare concitato giunse alle loro orecchie.

-Cool guy! Stai bene?-

Il detective non rispose, si sollevò da terra e tirò su anche Ran che non aveva ancora realizzato appieno la cosa.

-Tutto apposto?- chiese alla karateka scuotendola per le spalle.

-Io... sì, credo di sì... io... cos'è successo?- riuscì a formulare alla fine.

-Te lo spiego dopo. Sei ferita? Stai bene?-

Ran era ancora spaesata, stava tremando con in mente il tuono che aveva squarciato la tranquillità poco prima, così allungò le braccia senza riflettere e abbracciò Shinichi chiudendo gli occhi e lasciandosi cullare dal battito del suo cuore. Il ragazzo non rispose subito al gesto, circondato com'era da agenti e curiosi, ma poi alzò timidamente una mano e la posò sulla sua testa accarezzandola.

-Va tutto bene.- le sussurrò.

Quello che successe poi fu un turbine di eventi che si conclusero solo varie ore dopo. I due ragazzi stavano camminando finalmente liberi per le strade di Washington dopo una visita medica, una deposizione totalmente in lingua inglese e una in giapponese, svariate interviste da parte di televisioni locali e globali e i ringraziamenti del capo dell'FBI in persona, sarebbe solo mancato l'arrivo del presidente degli Stati Uniti che fortunatamente non si trovava alla Casa Bianca in quel momento o sarebbero dovuti rimanere ancora là a lungo tartassati da servizi segreti e telecamere.

 

Una volta nella loro stanza si gettarono entrambi sul letto esausti; correre su e giù per il museo più grande del mondo non era certo riposante.

-Allora, sei contento, Holmes? Sei diventato una celebrità anche in America.- gli disse la karateka per schernirlo.

-Che ci posso fare se sono irresistibilmente bello e geniale ovunque, mia dolce Watson?-

Risero e coricati ognuno sul proprio lato a braccia aperte, lasciarono scorrere le mani sul copriletto vellutato per farle unire. Non appena le loro dita si sfiorarono, il tocco fu così piacevole da infondere in loro una tale sensazione di sicurezza che li fece addormentare all'istante sopra le coperte, ancora vestiti, a pancia in giù sul morbido materasso in lattice. Il cielo fuori si era ormai fatto scuro e la luna sorrideva tra le stelle illuminando le loro mani congiunte, che lo sarebbero rimaste per sempre.


Angolo autrice:
Buongiorno a tutti! 
Inizialmente questa storia doveva essere un'altra, questa doveva essere dopo, ma fa lo stesso.
è un "after" l'ipotetico scontro finale con l'organizzazione che sto pensando di scrivere.
In ogni caso spero vi sia piaciuta e che non faccia troppo schifo...
Baci Baci! =)

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Capitolo 14
*** L'errore dell'evidenza ***


L'errore dell'evidenza

 

Il delitto perfetto è il sogno di ogni criminale. Ciascuno crede di aver attuato un piano ideale per non essere scoperto, ma alla fine la verità viene sempre a galla perché non esiste il delitto perfetto. Si commettono sempre degli errori che, seppur minimali, possono rivelarsi fatali.”

Shinichi aveva appena concluso di leggere il nuovo romanzo e lo aveva richiuso osservandone la copertina liscia appagato. Aveva condotto le indagini passo passo con il protagonista ed era arrivato alla conclusione solo a metà della narrazione, divorando il seguito per scoprire se la sua deduzione era corretta. Posò il volume sul tavolino di fianco a lui e sorseggiò un tè verde vuotando la tazza con estrema serenità; poi prese ad fissare un punto imprecisato della stanza con le mani giunte e lasciò vagare la mente in totale libertà. Pian piano i suoi occhi si fecero più pesanti e il corpo più leggero fino a che non piegò il collo appoggiandosi sulla testiera della poltrona in balia del sonno. Venne svegliato dopo almeno un paio d'ore dall'insistente trillo del telefono di casa; si alzò e rispose con voce impastata dal sonno -Pronto?-

-Shinichi! Sono io!- rispose all'altro capo una Ran tutta trafelata.

-Ran, che succede?-

-Devi venire subito! È successa una tragedia!- la voce della karateka iniziò ad incrinarsi.

-Calmati, dove sei?-

-A... alla stazione... di polizia...-

-Cosa ci fai là?- in quel mentre sentì la voce dell'ispettore Megure dire seppur triste che il tempo a sua disposizione stava finendo per la chiamata.

-Shinichi, sono nei guai!- concluse la ragazza ormai in preda al pianto, poi la chiamata si chiuse con un secco click.

Il detective fisso allibito la cornetta per un paio di secondi, poi realizzò: le chiamate a tempo dalla centrale venivano effettuate solo dalle persone in fermo d'arresto cautelare e questo significava che Ran non era là in visita o come testimone, era là come sospettata.

Nel giro di due minuti fu sul posto. Aveva preso un taxi scansando una signora che tentava di salirvi carica di borse e aveva costretto l'autista a correre come un pazzo per le strade di Beika fino alla stazione di polizia dove aveva sganciato al conducente un paio di banconote senza nemmeno aspettare il resto e si era fiondato su per le scale. Arrivò alla sala degli interrogatori e trovò l'agente Takagi intento a guardare dal vetro oscurato l'interno dove c'erano Sato e Ran con le lacrime agli occhi.

-Takagi.- chiamò Shinichi mettendosi accanto -Che succede?-

-Oh, Shinichi! Mio Dio! Quanto tempo... C'è stato un omicidio in un negozio del centro.-

-E Ran cosa c'entra?-

-Abbiamo fermato quattro sospetti, ma tra di loro lei è l'unica a non avere un alibi.-

-Non mi sembra sufficiente per portarla in fermo cautelare qui!- protestò il detective scrutando la muta scena all'interno della sala.

-È la prassi, lo sai.- intervenne Megure che sopraggiungeva con alcune tazze di tè fumanti -Credimi, non fa piacere a nessuno di noi. Non l'avremmo nemmeno portata qui se uno dei sospettati non avesse insistito tanto, ma dato che ci accusava di favoritismo siamo stati costretti.-

-Ma lei non può aver ucciso nessuno! La conoscete! È Ran!-

-Lo sappiamo, ma i nostri uomini della scientifica stanno lavorando agli ultimi rilievi e se, come credo, non ci sarà nulla a suo carico la rilasceremo.-

-Avete avvisato Kogoro?-

-Ci stavamo pensando, ma poi abbiamo ritenuto che non fosse il caso. Lo avremmo fatto preoccupare per nulla.-

Shinichi si limitò ad annuire senza entusiasmo e guardò l'ispettore entrare e porgere alle due donne il tè con un lieve sorriso. Ran non sollevò nemmeno lo sguardo, ma continuò a singhiozzare e a torturarsi le mani. Quando Megure uscì il ragazzo impose -Voglio sapere tutti i dettagli e voglio interrogare personalmente tutti i sospetti. A proposito, dove sono gli altri?-

-Uno è già stato sentito, gli altri sono in attesa.- rispose Takagi.

-Ottimo, allora qualcuno mi fa la cortesia di raccontarmi per filo e per segno cosa è successo?-

L'ispettore Megure iniziò a raccontare del ritrovamento. Il cadavere era stato rinvenuto in un negozio di estetica del centro, in una delle stanze per la lampada solare artificiale chiusa a chiave. Si chiamava Cheiko Sasaki ed era la proprietaria del centro di bellezza. Era stata rinvenuta priva di vita sul lettino per la lampada acceso irrigidita e le cause della morte non erano ancora chiare. Al momento del decesso nel negozio c'erano solo due dipendenti, le signorine Ema Miura e Jun Kato, e due clienti, il signor Hisato Fujiwara e Ran. Il corpo era stato trovato da tutti che preoccupati per l'assenza della padrona avevano sfondato la porta ed erano entrati.

Shinichi osservò con attenzione le foto scattate -Uhm, direi che il decesso è avvenuto intorno alle dieci, circa un ora fa... e la causa della morte sarebbe ancora sconosciuta?-

-Sì.- confermò Takagi -La scientifica è ancora indecisa. Ci vorrà un po'.-

Megure intervenne -Se vuoi intanto andare a dare un'occhiata ti faccio accompagnare.-

-Non ora, la ringrazio. Preferisco prima sentire i testimoni e i sospetti.-

In quel momento uscì l'agente Sato dalla stanza emettendo un lungo sospiro.

-Allora?- chiesero tutti all'unisono.

-Allora non parla. Non dico che la colpevole sia lei, ma l'alibi non c'è ed ha pure un movente.-

-Un movente?!- sbottò il detective allibito.

-Sì, pare che la donna avesse cacciato sua madre dal negozio dopo che questa aveva fatto una sfuriata perché era uscita con Kogoro un paio di volte tra amici.-

-E sarebbe un motivo sufficiente?-

-Senti ragazzino, io ho solo fatto il mio lavoro! Ora dobbiamo aspettare i risultati della scientifica e poi vedremo cosa fare, chiaro?-

Shinichi la guardò fisso negli occhi come per sfidarla, quel giorno chiunque avrebbe potuto dirgli qualsiasi cosa e il suo pensiero sarebbe stato sempre quello: scagionare la sua Ran.

-Vai a parlare con lei, Shinichi. Noi continuiamo in un'altra stanza.- propose Megure.

Il ragazzo non attese altri inviti ed entrò chiudendo la porta a chiava dietro di sé. La stanza aveva le pareti ovattate verde ospedale con una sola grande lampada al neon che la illuminava rendendola ancora più spoglia e triste, al centro della stanzetta solo un tavolo e due sedie una di fronte all'altra e su una delle due sedeva la ragazza con lo sguardo fisso in terra. Non appena lo vide si alzò di scatto e gli gettò le braccia al collo lasciandosi accarezzare i capelli con dolcezza.

-Non sono stata io, Shinichi.- gli sussurrò all'orecchio. Il detective si libero con gentilezza dalla presa e le disse di rimando -Sta tranquilla. Ci sono io qui. Ora siediti e raccontami tutto con calma.-

Ran si accomodò senza lasciargli andare la mano e iniziò a ricordare -Ero andata al centro di bellezza per una seduta. Ad un certo punto verso le dieci meno un quarto mi hanno lasciata sola per andare a servire qualcun altro, credo e poi ho sentito verso le dieci e un quarto le loro voci concitate e così sono andata a vedere. Lì ho trovato il anche l'altro avventore del negozio e abbiamo sfondato l'unica porta chiusa che c'era trovando... il... il...- la voce le si spezzò e scoppiò in lacrime.

-Ehi, non piangere.- le disse lui per consolarla -Guarda che questa sala serve anche ad altri, non vorrai allagarla, spero.-

-Non sei divertente, Shinichi. Loro credono che sia stata io!-

-Sicura che non ci sia niente che attesti alle dieci la tua presenza da qualche altra parte?-

-Sì, purtroppo. Il centro è sprovvisto di telecamere per questioni di privacy.-

-E cos'eri andata a fare?-

-Una seduta.-

-Sì, grazie. Di cosa?-

La karateka arrossì vistosamente e balbettò -Non... credo sia importante.-

-Lo è. Bisogna valutare se avevi il tempo materiale per commettere l'omicidio e altre cose così.-

-La manicure e... insomma...-

-Allora?- la incalzò con un sorriso furbetto in faccia.

-Ecco... la ceretta!-

-Ah, la ceretta.- Shinichi arrossì un poco immaginandosi la scena, ma scacciando immediatamente quell'immagine indecorosa per qualsiasi situazione -Ehm, ok. Allora, adesso puoi uscire. Io devo fare alcuni accertamenti, ma non ti preoccupare. Non starò via molto.-

-Shinichi, voglio venire con te. Non so dove stare. Posso stare fuori se ti disturbo, ma ti prego non lasciarmi!-

Il ragazzo sorrise e le prese la mano guidandola all'altra sala d'interrogatorio dove l'agente Takagi aveva appena concluso di interrogare la seconda delle due donne: Jun Kato. L'agente era appena uscito quando i due sopraggiunsero mano nella mano.

-Oh, ragazzi. Cioè... Shinichi, vuoi interrogarla anche tu?-

-Sì, ma tu resta qui fuori con Ran per cortesia.-

Una volta entrato, il detective si presentò con spavalderia alla donna che rise civettuola stringendogli la mano.

-Allora- iniziò Shinichi dopo essersi accomodato -lei è la signorina Jun Kato, giusto?-

-Sì, detective.- la giovane donna iniziò a tormentarsi una ciocca di capelli con un sorriso mieloso.

-Mi può raccontare dov'era lei quando è accaduta la tragedia?-

-Oh, è stato uno shock, mi creda! Ero al bancone per finire dei conti e poco dopo è arrivata anche la mia collega, poi è arrivato il cliente e, a distanza di dieci minuti, infine quella ragazza. Stavamo cercando la signora e abbiamo notato la porta chiusa dall'interno di una delle sale per l'abbronzatura artificiale, l'abbiamo aperta e... la padrona era lì, stesa, morta!-

-Sono costernato, mi dispiace. Eravate molto legate?- chiese il ragazzo pur sapendo che era una domanda superflua poiché la donna non l'aveva mai nominata, si era riferita a lei solo con appellativi come “signora” e “padrona” quindi non dovevano essere troppo attaccate.

-Sta scherzando? Quella strega? Non lo dica tanto in giro, ma mi fa piacere che ci abbia lasciato, una vipera in meno!-

-Ma davvero?-

-Certo, eravamo rimaste solo in due a lavorare per lei proprio perché era insopportabile! Preferiva farsi fare i trattamenti piuttosto che venirci ad aiutare e noi dovevamo sgobbare il doppio!-

Shinichi fece finta di pensarci su comprensivo e disse -Mi sta dicendo che aveva dei nemici?-

-Se aveva dei nemici? Certo! Chiunque la conoscesse! Mi deve credere quando le dico che sta bene che si sia tolta di mezzo... naturalmente questo non vuol dire che l'abbia uccisa io.-

-Naturalmente. La ringrazio signorina. È stata molto disponibile. Può andare grazie, e faccia entrare il signor Hisato Fujiwara.-

Attese in silenzio l'arrivo dell'uomo e ne approfittò per concedersi una pausa di riflessione. Doveva ancora vedere il luogo, ma di una cosa era certo: si trattava di un delitto a porte chiuse. In più era necessario scoprire la causa del decesso o sarebbe stato impossibile formulare qualsiasi ipotesi; pareva quasi che la vittima fosse morta per infarto, ma i medici non erano concordi sulla cosa quindi era stata aperta l'inchiesta. Non gli restava che continuare il suo lavoro ed attendere gli sviluppi.

Entrò nella stanza un giovane uomo conciato in modo assai bizzarro che guardò il detective intensamente.

-Si accomodi.- fece Shinichi schiarendosi la gola stranito.

-Grazie. Lei è...?-

-Shinichi Kudo, detective.-

-Ho sempre avuto un debole per gli intellettuali.-

Il ragazzo sgranò gli occhi sperando di aver sentito male -Come prego?-

-Dicevo che gli intellettuali mi sono sempre piaciuti.-

-Oh, ehm... ma io non sono un intellettuale, eh, eh... io uso solo la logica.-

L'uomo si avvicinò di più con la sedia al tavolo e Shinichi non poté trattenersi dal guardarsi attorno tossicchiando imbarazzato. Immaginava che dietro quel vetro Takagi e Ran se la stessero ridendo alla grossa.

-La prego, signore, torniamo al caso.-

-Oh, come vuoi... ma dammi pure del tu.-

-Ok, allora dove eri quando ti sei accorto dell'assenza della signora Cheiko Sasaki?-

-Io ero arrivato da poco ed entrambe le ragazze erano nella hall, stavano discutendo normalmente tra di loro. Ho chiesto dove fosse la signora Cheiko e loro mi hanno risposto che era a fare la lampada. Abbiamo atteso un paio di minuti poi è arrivata anche la ragazza dicendo che la manicure era asciutta. Visto che entrambi volevamo dire qualcosa alla signora Cheiko siamo andati tutti a cercarla e vendendo che non rispondeva e si era chiusa dentro abbiamo dovuto sfondare la porta.-

Shinichi annuì portandosi una mano al mento -Qualcuno ha toccato il cadavere?-

-No, nessuno. La ragazza ha chiamato la polizia e siamo rimasti lì fermi ad aspettare. Ero sconvolto!-

-Altro da aggiungere?-

-No, non mi sembra.-

-Allora abbiamo finito, grazie.-

Uscirono entrambi da quell'angusta sala e il giovano uomo salutò il detective dandogli un buffetto sulla guancia che provocò l'ilarità mal trattenuta di Takagi e Ran.

-Basta ridere voi due!- sbottò Shinichi cercando di non scoppiare anche lui -Ran vieni andiamo dall'ispettore a sentire se ha novità. Tu, Takagi, prosegui gli interrogatori sulla stessa linea.-

I due ragazzi si recarono nella stanza attigua dove Megure stava lavorando alla sua scrivania.

-Oh, avete già finito ragazzi.- li salutò, ma il suo tono di voce era cupo, reggeva in mano un fascicolo con l'effige della polizia scientifica dal quale sporgeva il referto medico-legale.

-Allora? Ci sono novità?- chiese in tono concitato Shinichi. Megure si limitò a passargli le carte e lo osservò addolorato mentre le scorreva velocemente, ma con attenzione.

Il ragazzo iniziò a mormorare -No. No. Non può essere.-

-Che succede?- domandò Ran preoccupata.

-Ran...- il detective non sapeva come dirglielo -Hanno trovato il tuo DNA sul corpo.-

Il cuore della karateka perse un battito. Voleva dire qualcosa, ma le parole le morivano in gola. Lei era la sospettata principale, anzi accusata di omicidio volontario premeditato.

Shinichi la guardò afflitto e proseguì nella lettura sperando di trovare qualcosa che dimostrava l'errore; invece nulla. L'unica cosa non ancora chiara era la causa del decesso a cui i medici legali e gli anatomopatologi stavano ancora lavorando.

L'ispettore si schiarì la gola e prese delicatamente il polso di Ran -Siedi qui, puoi restare nel mio ufficio. Non è la prassi abituale, ma possiamo fare un eccezione, direi.- fece per andarsene, però poi si fermò alla soglia -Ah, Shinichi, è mezzogiorno. Il caso verrà archiviato alle due. Sai cosa vuol dire.- e detto questo chiuse la porta dietro a sé mormorando dispiaciuto -Immagino che dovremo avvisare Kogoro.-

Ran cercava disperatamente di non cedere alle lacrime e guardava il suo detective con occhi imploranti e impauriti. Shinichi era a corto di risorse per la prima volta in vita sua. Se la perizia aveva rilevato il suo DNA sul cadavere doveva di sicuro averlo toccato, ma si rifiutava anche solo di farsi passare per l'anticamera del cervello il pensiero che fosse stata lei.

-Ran, guardami negli occhi. Hai toccato il corpo?-

-N...no.-

-Sicura?- il suo sguardo era freddo, ma lasciava intravedere viva preoccupazione per la situazione.

-Tu... tu credi che sia stata io!-

-No, non sto dicendo questo, dico solo che...-

-Non mi credi! Mi conosci da una vita e pensi che abbia ucciso una persona!- scoppiò in lacrime tenendosi su la testa con le mani.

-No, Ran... pensavo solo magari l'hai toccato per sbaglio...-

-Sta zitto! Vai via! Non voglio più sentirti parlare!-

Shinichi non demorse e l'abbracciò da dietro alzandola e facendola sedere sulle sue gambe. Le sollevò la testa e la fissò dritto negli occhi.

-Io so che non hai fatto niente. Ti aiuterò.- le posò un tenero bacio sulla fronte pulendole le guance rigate dalle lacrime con le mani.

-Non puoi negare l'evidenza- pianse lei -Ci sono le prove.-

-Ma noi sappiamo che non è così. E poi io sono Shinichi Kudo, vuoi che il detective più abile del Giappone non riesca a risolvere questo caso?-

Ran sorrise mestamente -Non ho idea di come ci sia fino il mio DNA lì.-

-Io una mezza idea ce l'avrei. Aspettami qui. Vado a finire una cosa poi torno, ti prometto che entro le due di questo pomeriggio sarai fuori a mangiare cioccolata con me.- Si sciolse dall'abbraccio e uscì di corsa dalla porta lasciandola interdetta. La karateka fissò l'orologio appeso al muro e deglutì, non mancava molto allo scadere del tempo. Aveva piena fiducia nelle sue capacità, ma per un momento, solo un breve attimo, le era parso che i suoi occhi la stessero studiando con distacco come per valutare le eventuali mosse, per un attimo l'aveva guardata come guardava i criminali, e se anche lui stentava a crederle, cosa avrebbe impedito a una giuria di non farlo?

 

Shinichi volò attraverso i corridoi della centrale di polizia e si fiondò dentro la sala degli interrogatori dove anche l'ultimo sospetto stava per essere ascoltata dall'agente Sato.

-Mi spiace interrompere, ma qui faccio io.- ordinò il detective in un modo talmente perentorio che Sato non ebbe nulla da obiettare e lasciò la stanza immediatamente.

-Buongiorno, signorina.- esordì presentandosi -Cosa stava facendo esattamente nel presunto orario del decesso?-

-Io stavo parlando con la mia collega, avevo lasciato la ragazza in posa per le unghie.-

-Capisco.- fece dubbioso, ma poi un lampo di genio lo folgorò, aveva trovato il particolare che cercava finalmente.

-Va tutto bene, detective?-

-Sì, la ringrazio.- Uscì di corsa dalla sala e andò come un fulmine da Takagi che stava tranquillamente sorseggiando il suo caffè alla macchinetta.

Lo urtò per fermare la corsa e gli impose -Presto, portami sul luogo del delitto più in fretta che puoi!-

L'agente obbedì e in poco tempo furono al negozio di estetica cinto dal nastro di nylon giallo della polizia. Il detective studiò il luogo attentamente soffermandosi sulle porte e i corridoi, esaminò con cura anche i cestini di ogni sala e quando prese in mano quello della stanza privata per i dipendenti non poté fare a meno di sorridere. Estrasse il sacco nero e lo porse a Takagi dicendogli di darlo alla scientifica, poi si fece riaccompagnare in commissariato per dare la spiegazione e porre la parola fine a quel caso increscioso.

 

-Sapete tutti perché siamo qui.- esordì Shinichi una volta che tutti i sospettati e gli agenti che si occupavano del caso erano stati radunati in una sala conferenze -Il colpevole è tra di voi.- fece una pausa di rito per lasciare il tempo di assimilare il concetto e poi riprese -Del resto è stato facile per lui nascondersi tra gli innocenti, un piano ben... calcolato.-

-Che vuoi dire?- chiese Megure infastidito da quel mistero.

-Voglio dire che il colpevole ha fatto in modo di avere un alibi per l'orario del decesso, che effettivamente è avvenuto verso le dieci, ma ciò non toglie che sia stato lui ad ucciderla. Si tratta di calcoli temporali relativamente semplici. Quando si ingerisce del cibo all'apparato digerente occorrono tre o quattro ore per digerirlo, tuttavia il nostro sistema non è in grado di assimilare certe sostanze che perciò vengono definite tossine e sono dannose per la salute. Ora, se si ingerisse una tossina alle sette di mattina il suo effetto si avvertirebbe alle dieci più o meno quindi si potrebbe falsificare l'ora dell'avvelenamento. Mi sembra chiaro che la sostanza utilizzata per lo scopo sia il botulino, la cui presenza è stata rilevata all'interno di alcuni residui della colazione della signora Cheiko Sasaki. Il botulino irrigidisce i muscoli lentamente e provoca insufficienza respiratoria e infine morte se non curato per tempo; normalmente una persona si accorgerebbe di questo, ma mettiamo che questa fosse stata stesa e rilassata, in tal caso non si sarebbe accorta della cosa fino a quando non ha avvertito difficoltà al respiro, ma con ormai i muscoli irrigiditi è impossibile chiamare aiuto. Il colpevole sapeva che la signora avrebbe fatto il lettino solare a quell'ora e che quindi non si sarebbe accorta di nulla. Aveva un alibi quasi perfetto, ma qualcuno poteva arrivare a lui, quindi, per eccesso di precauzioni, approfittando della sua professione ha incolpato un'altra persona, ma così si è tradito. Dopotutto se la stanza era chiusa a chiave dall'interno ed esisteva una sola copia delle chiavi non era possibile che qualcuno vi si fosse introdotto, ma il colpevole deve aver pensato che in questo modo la polizia si sarebbe arresa all'evidenza. Non è forse andata così, signorina Ema Miura?-

-Che stai dicendo ragazzino?- protestò l'accusata sbiancando.

-Lei ha incolpato Ran prelevando alcuni frammenti delle unghie appena tagliate e gettandole sul cadavere da lontano, ma ha scordato che le aveva appena messo lo smalto e che quindi i frammenti avrebbero dovuto essere colorati, in più sono certo che la scientifica ha rilevato le sue impronte digitali sull'involto del cibo che ha fatto mangiare a colazione alla signora.-

-Sono solo congetture... non c'è la prova che abbia messo io il botulino nella sua colazione.-

Takagi intervenne -A dire il vero c'è. È stato ritrovato nel suo armadietto un siero cosmetico illegale a base di botulino.-

A quel punto la donna storse la bocca e ringhiò -Ho fatto solo un favore a tutti. Era insopportabile e non pagava mai i suoi conti. Mentre viveva nel lusso sfrenato io e Jun dovevamo lavorare il doppio senza essere retribuite adeguatamente e quando mio zio si è ammalato e le ho chiesto un aumento per le cure mediche lei mi ha riso in faccia e mi ha gettato qualche yen per terra osservandomi mentre gli raccoglievo. È stato allora che ho deciso di farla fuori. Mi dispiace aver tirato in mezzo anche quella ragazza, ma sapevo che la polizia avrebbe cercato anche negli armadietti e mi avrebbero scoperta, così ho cercato di depistarli... un modo poco scaltro, eh?-

-Il depistaggio è servito solo a confondere gli inquirenti, non sarebbe mai riuscita a farla franca, si sarebbe venuto prima o poi a sapere che la causa del decesso era il botulino e che Ran non avrebbe mai potuto somministrarglielo per tempo. La verità viene sempre a galla.- concluse Shinichi soddisfatto anche stavolta del suo operato. Gli agenti condussero fuori l'assassina e rilasciarono gli altri ponendo fine a quella storia.

 

Shinichi e Ran stavano camminando verso casa l'uno di fianco all'altra in silenzio. Non si erano detti praticamente nulla dopo quella discussione nell'ufficio di Megure. Ran era ancora convinta che lui avesse sospettato di lei per un po' ed era rimasta sulla difensiva anche dopo la brillante risoluzione del caso. Il ragazzo ad un certo punto disse -“Non faccio mai eccezioni. Un eccezione contraddice la regola”- fece una breve pausa poi riprese -Sherlock Holmes.-

La karateka sorrise un po' -Non riesci proprio a non citarlo, eh?-

-Fa sempre al caso mio.-

-Che vuoi dire?-

-Se oggi mi fossi comportato diversamente con te, non avrei svolto bene il mio lavoro. Il mestiere del detective è fatto di osservazione, ma anche di regole che vanno rispettate. La mia regola è valutare ogni indiziato come se fosse il potenziale assassino, scendere nella sua mente e rubarne i segreti più recogniti per capirlo e stabilire se è stato lui o meno. Non posso fare eccezioni, per nessuno, o non sarebbe più una regola.-

La ragazza alzò lo sguardo verso di lui e annuì come se non capisse il vero senso di quelle parole.

-È sbagliato farsi guidare dalle emozioni durante un'indagine perciò ho mantenuto fede alla mia regola anche con te, Ran. Solo così ho potuto capire la verità.-

Ran lo guardò negli occhi severa e disse -Se non...- ma venne interrotta da Shinichi che le prese delicatamente le mani e sorrise -Secondo Holmes non bisogna mai farsi guidare dalle emozioni perché sono futili e deboli. Credo che questa sia l'unica regola a cui faccio un eccezione, e la mia eccezione sei tu.-

Lacrime di commozione rigarono le guance della karateka -Da quando sei diventato così poetico?-

-Mai stato. Sarà perché sono stanco.- rise lui.

-Allora dovresti stancarti di più.-

Fece incontrare delicatamente le loro labbra per pochi secondi e poi si staccò rossa come un peperone maturo.

Shinichi fu il primo a parlare -Ehm, allora... ehi, ma tuo padre non si starà domandando che fine hai fatto?-

-Oh, cielo! Mi ucciderà!- prese a correre per la strada agitando la mano in segno di saluto.

“Ho idea che Kogoro uccida prima me...” pensò il ragazzo e le corse dietro.



Angolo Autrice:
Buongiorno a tutti! 
Eccomi di ritorno con un nuovo "piccolo caso" per i piccioncini...
Spero sia di vostro gusto! :)
baci a tutti e un bacio speciale a shin ran amore che mi ha dato l'idea di Ran sotto accusa.
Ci vediamo al prossimo folle delirio di cronaca nera... muahahahah!
Kiss A_K

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