Ciò che costituisce un popolo

di alex99x
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ricordi del passato ***
Capitolo 2: *** Come distruggere una razza ***
Capitolo 3: *** Illusioni esistenziali ***
Capitolo 4: *** Gocce di sudore color vermiglio ***
Capitolo 5: *** Tutto inizia con piccoli gesti ***



Capitolo 1
*** I ricordi del passato ***


Capitolo 1 – I ricordi del passato – Bardak

E’ notte. Tra le macerie di una città, una donna sta correndo per poter salvare il suo piccolo. Il suo sguardo di terrore avrebbe lasciato impressa nella mente del figlio quella maledetta serata come inchiostro nero su una tela candida. Quel bambino e sua madre dovevano pagare per crimini che non avevano commesso. I sentimenti di quest’ultima erano di terrore, come dimostravano le sue grida di aiuto e il frenetico movimento della sua coda. Poi, di colpo, un rumore strano, e la quiete. Non c’era stato niente da fare; la madre, a terra, era agonizzante, trafitta a morte da un raggio di energia. Il figlio piangeva. Un individuo la cercò di soccorrere, ma lei, consumando le sue ultime energie, pronunciò una sola parola: «Salvalo…».
I suoi occhi, oramai privi dell’affetto che il bambino avrebbe ricordato per sempre, si staccarono dal mondo dei vivi, precipitando in un abisso senza fine.
L’individuo portò con sé il pargoletto, che cadendo si era procurato un taglio sulla guancia. Una volta a casa, una testa arruffata fece capolino da dietro una porta: «Papà, chi è questo bambino? Come si chiama?». «Non so tesoro mio, credo sia meglio che tu glielo chieda, perché da oggi sarà il tuo fratellino». Quella figura, così fragile e scossa, ebbe la forza di dire solo una parola: «B-Bardak…».
 
Era giorno, e due individui stavano lottando tra loro, senza staccare gli occhi uno dall’altro, carichi di rispetto reciproco. Uno dei due iniziò a sferrare una rapida scarica di pugni verso il viso dell’avversario, che l’altro però riuscì ad eludere con facilità; sfruttò quest’occasione per passare al contrattacco, colpendo l’avversario nel ventre con una gomitata, e poi buttandolo a terra. «Niente da fare, non c’è storia… Ci sarà mai un giorno in cui riuscirò a batterti, fratellino?» esclamò il primo, rialzandosi a fatica. «Non si può vincere in eterno, fratellone, contrariamente a quanto credi - rispose il secondo col fiatone – e poi stai migliorando a vista d’occhio! Non c’è da stupirsi se io e te siamo riusciti ad arruolarci nell’esercito del nostro pianeta, Vegeta!». Il primo fece l’occhiolino al secondo, come due veri fratelli. «Sembra solo ieri quando ti abbiamo accolto in casa nostra…». «… e non smetterò mai di ringraziarti, Paragas!». «Sei mio fratello, non è vero Bardak? I fratelli si soccorrono sempre, non dimenticarlo!».
 
“Si soccorrono sempre…” pensò Bardak. Si sentiva in imbarazzo. Era come se quella sua cicatrice stesse bruciando, come succedeva sempre quando era agitato. Erano passati vent’anni da quando lui e suo fratello, raggiunta la maggiore età, si erano arruolati come soldati nell’esercito dei Saiyan, e 15 da quando Paragas lo avevo lasciato per tentare la fortuna in un’altra città del pianeta. Ora Bardak era in una stanza, anzi, in un salone, del palazzo di Re Vegeta. Aveva trovato una moglie che lo amava, Taanipu, da cui aveva avuto due figli, Radish e Kakarot. Aveva fatto strada nell’esercito e si trovava lì per essere nominato Gran Generale dell’Esercito Saiyan, sotto gli occhi dei suoi familiari citati prima e dei suoi compagni che lo avevano sempre supportato sin dal primo giorno, che sono Toma, tra l’altro suo migliore amico, Seripa, compagna di Toma, Toteppo e Punbukin, che si stava abbuffando senza ritegno al tavolo imbandito dietro. Tuttavia sentiva la mancanza di quella figura che fu un punto di riferimento per lui. Stava trasalendo, quando le dita di Re Vegeta, che portavano una medaglietta, vennero a contatto con la sua armatura di battaglia verde e blu scuro, incastonandoci il simbolo di una vita di sacrifici per la sua famiglia. La sua regina, Rosecheena, lo fece inginocchiare. «Giuri di prestare servizio al tuo re per tutta la vita?». La sua voce risuonava nella stanza che sembrava vuota. «Lo giuro!» esclamò. «Giuri di collaborare nella formazione dei nuovi guerrieri saiyan, di cui sarai responsabile?». «Lo giuro!» esclamò, con voce più decisa. «Giuri di morire in battaglia per la tua razza? Di anteporre l’onore alla tua condizione fisica? Di non tradire mai i nostri ideali?». Bardak pensava. Più di tutto lo faceva ragionare quella domanda che lo avrebbe messo in crisi, senza potere saperlo. «Lo giuro!» urlò con tutto il fiato che aveva. «Allora alzati, Gran Generale! Ora questo è il tuo ruolo, fatti rispettare per questo!» tuonò la regina. «Lo farò, può starne certa…». Bardak sorrise, e si rese conto che la sua vita sarebbe cambiata.

I figli del re, i principi Vegeta e Tarble, erano uno l’opposto dell’altro. Bardak li osservava, siccome non aveva quasi mai occasione di vederli, e cercava di caire come fossero anche in base ai racconti dei suoi due figli. Il primo, pur essendo molto amico dei figli di Bardak, in particolare di Radish, se ne stava su un trono più piccolo rispetto a quello dei suoi genitori, ma più grande rispetto a quello vuoto di suo fratello; era molto potente, anteponeva l’onore a tutto, e la superbia era il suo simbolo di riconoscimento. Tarble, invece, non si faceva problemi e stava seduto vicino a Kakarot, il suo migliore amico. Non era molto bravo nel combattimento, ma aveva un’anima gentile e premurosa; a differenza di suo fratello, Radish e Kakarot, non si era mai trasformato in Oozaru, la caratteristica con cui si identifica un saiyan. Non aveva mai capito a cosa servisse la coda, e diceva continuamente ai suoi genitori che non è con la forza che si vince sempre un nemico. Per questo motivo si allenava molto di rado, in particolare quando aveva la giornata storta ed entrava in casa, per così dire, sbuffando: «Cazzo, oggi mi è andata proprio di merda!», cosa invece abituale per Vegeta.
Mentre osservava i suoi figli stare con quelli del re, facendo queste considerazioni, lo afferrarono per le caviglie, e i suoi compagni esclamarono: «Per Bardak, hip hip urrà!». Alla sua terza imprecazione lo fecero scendere, mentre sua moglie rideva sotto i baffi. Toma si complimentò con lui insieme alla sua compagna, mentre Punbukin gli diede quattro pacche sulla spalla, che si coprì di torta spiaccicata. Toteppo alzò gli occhi al cielo. Re Vegeta annunciò: «Bene, ora tornate alle vostre abitazioni, è tardi! Io e mia moglie vorremmo riposarci…». Tutti scattarono subito e, in men che non si dica, avevano tutti abbandonato il palazzo. Era rimasta solo la famiglia di Bardak, che si diresse verso casa dopo aver ringraziato i reali.
La casa di Bardak era come quella di un saiyan normale: appena entrati c’era un salotto con un tavolo e la cucina, con una porta che conduceva al piano superiore, con le altre camere, e un’altra che conduceva nella camera dei genitori. Bardak e Taanipu ci si distesero sopra, mentre i loro due figli andarono di sopra a dormire. «Cosa pensi se ti ricordo che domani ti dovrò dare degli ordini?» disse Bardak, mentre la sua coda accarezzava le gambe della sua compagna. «Penso che sarà meglio sfogarsi prima» esclamò, lasciando di stucco Bardak, che in quel momento era tormentato da mille ricordi e pensieri, rivolti soprattutto agli anni passati. Taanipu lo riportò alla realtà con un’agile mossa, che la lasciò priva di vestiti. Bardak fece altrettanto; la luce si spense, mentre i due saiyan si apprestavano a unirsi anche quella notte, mentre la mente del saiyan provava gioia e dolore insieme per il bruciore sulla sua guancia, trascinandolo in una spirale di emozioni splendide.
 

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Capitolo 2
*** Come distruggere una razza ***


Ciao a tutti, questo è il secondo capitolo della mia storia, in cui approfondiremo la psicologia del capo dei saiyan...
Devo inoltre specificare che i saiyan non vengono spediti su altri pianeti più deboli se, alla nascita, sono deboli, quindi Kakarot/Goku e Tarble sono vissuti sul pianeta Vegeta.
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Capitolo 2 – Come distruggere una razza – Re Vegeta

La sera della nomina di Bardak, il monarca saiyan era distaccato dalla sua vita, in uno stato di trance, riflettendo su dubbi che nemmeno lui stesso pensava di poter avere. Aveva continue visioni di saiyan ormai defunti, senza saperne il motivo. Sua moglie Rosecheena lo aveva notato, e quella sera infatti gli chiese: «Che ne è del saiyan che amo e che ho sposato? Non volevo sposare un rammollito!». Quella frase fu come una pugnalata per il fiero re. Era confuso, e non capiva perché sua moglie lo feriva così. «Ho un brutto presentimento. Qualcosa sta per accadere. Non ho mai provato prima un’emozione del genere…» ammise, con un filo di voce. Improvvisamente l’atteggiamento aggressivo della moglie venne meno, lasciando il posto al desiderio erotico. Così Re Vegeta, almeno per una notte, si distaccò da ciò che lo turbava nel profondo, prima di tornare a sprofondare in quella sensazione di totale impotenza.
 
Durante la tarda mattinata del giorno seguente, Re Vegeta fece condurre nella biblioteca, che fungeva anche da osservatorio, Bardak e suo figlio maggiore, Vegeta. Voleva aprirsi con loro, che rappresentavano le persone a lui più vicine dopo sua moglie. Il re si era vestito con la sua solita armatura rossa e bianca, con sotto una tuta grigio scura, guanti bianchi, un bracciale dorato sul braccio e stivali blu. Sul petto c’era il simbolo della famiglia reale, e dietro aveva un mantello blu esternamente e rosso internamente. I suoi capelli non erano lisci come al solito, bensì arruffati e scompigliati; la barba e i baffi erano estremamente lunghi e non curati, e sotto gli occhi c’erano due occhiaie gigantesche: per questa ragione il re non si sorprese affatto quando Bardak gli domandò: «Vostra Altezza, è successo qualcosa?». Il re annuì muovendo lievemente la testa. «Vi ho fatti chiamare – annunciò – perché in questo periodo ho un brutto presentimento che riguarda l’integrità del nostro popolo. Ho immagini di un pianeta ostile e, finora, l’unico pianeta che non è sotto il nostro controllo è Kanassa». I tre interlocutori chiusero gli occhi per riflettere e ricordare. Il principe interruppe il silenzio: «Uhm… Suggerisco di attaccarli il più presto possibile e di annientarli». «No, non sai quello che dici! I kanassiani sono ossi duri, un attacco improvviso non ci condurrà che alla morte!». La risposta improvvisa di Bardak aveva scosso il principe, che tentennò.
Il pianeta Vegeta ruotava intorno alla stella Floris, attorno a cui ruotavano pianeti grandi come Vegeta stesso e Kanassa così come ci ruotavano pianeti più piccoli, come Meat. Una caratteristica dei pianeti del sistema floridico era la presenza di un satellite, che aveva consentito alla razza saiyan di attaccare i pianeti trasformandosi in Oozaru e di annientarli molto velocemente. L’unico pianeta ancora libero dal controllo dei saiyan era Kanassa: i particolari poteri dei kanassiani, cioè la previsione del futuro e la grande intelligenza, avevano permesso loro di rendere impossibile per i saiyan un attacco al pianeta. Anni addietro ci fu una grande guerra tra i due popoli e i saiyan ne uscirono sconfitti; subirono pesanti condizioni di resa e persero molti uomini. Ma il re aveva un piano…
 
«Il mio piano per conquistare il pianeta Kanassa e quindi l’intero sistema floridico è questo: alcuni di noi si infiltreranno velocemente sulla terra kanassiana, più precisamente nella capitale, per spiare i nemici; quelli più veloci nel prevedere il futuro dovranno essere uccisi segretamente, poi gli infiltrati ci daranno un segnale; attaccheremo il pianeta dal loro satellite, che in questo periodo è nel plenilunio, dividendoci in cinque gruppi: uno andrà nella capitale unendosi a quelli che saranno già lì, gli altri quattro si dirigeranno ciascuno in una delle grandi città situate nei quattro poli del pianeta» illustrò Re Vegeta, di fronte a tutti i membri dell’Esercito Saiyan. «Io mi offro per essere mandato sul pianeta da infiltrato» esclamò il principe Vegeta, sorprendendo tutti quelli che c’erano nella sala. «Anch’io! Non lascio da solo un amico!» incalzò Radish, facendo vergognare i guerrieri saiyan: dei guerrieri giovani come Radish e Vegeta avevano più coraggio di loro veterani, che stavano ammutoliti, aspettando la reazione del re. «Bene! Mentre voi due verrete con me su Kanassa, i cinque gruppi verranno addestrati personalmente da ciascuno dei generali scelti per comandare i singoli insiemi: il primo da mia moglie, Rosecheena; il secondo dal Gran Generale Bardak; il terzo dal comandante Toma; il quarto dal sergente Seripa e l’ultimo dalla mia guardia del corpo, Nappa… Obbedite come se fossi IO a darvi i loro ordini!» sentenziò il re, che aveva preso la sua decisione. Tutti i presenti applaudirono il suo discorso, e la riunione venne conclusa.
 
Nella base delle navicelle, i tre stavano salutando le loro famiglie. «Se ti vedesse tuo zio…» sospirò Bardak. Kakarot era su di giri, continuando ad esclamare: «Mio fratello sarà un eroe! Yeeeeeeh!», mentre Taanipu era commossa. Nel frattempo Tarble salutò suo fratello: «Ciao, Vegeta! Fammi diventare orgoglioso di te!». Il principe ricambiò il saluto con un sorriso orgoglioso. «Amministra bene il nostro popolo, mentre non ci sono – disse Re Vegeta alla moglie – e tra una settimana tu prepara le truppe e vai sul loro satellite. Il segnale sarà un nostro simultaneo colpo energetico verso il cielo» concluse rivolgendosi a Bardak. Lui sorrise annuendo con la testa. Detto ciò, tre navicelle decollarono verso lo spazio aperto.
 
Era notte fonda, quando i tre saiyan atterrarono nella periferia della Grande Fortezza, capitale di Kanassa. Scorsero una fattoria in lontananza, e il re fece un cenno col capo a Radish. Lui capì; la sua armatura marrone e nera splendeva alla luce della luna kanassiana, e lo rendeva simile a una creatura mistica. Il re soffermò la sua attenzione sui bracciali che portava sul braccio e sulla coscia sinistra, di colore rosso sangue: era il simbolo della famiglia di Bardak, infatti anche lui portava una fascia rossa sulla fronte. Radish entrò nell’abitazione, e vi trovò una madre con due piccoli; senza indugiare, prese il primo bambino e accartocciò la sua testa come se fosse stata di pongo, poi passò al secondo, che lanciò contro il muro, sfracellandogli le ossa. A causa del baccano che aveva fatto il saiyan, la kanassiana si svegliò, e vedendo i suoi due piccoli morti, fece un urlo fortissimo e sparò dalla sua bocca un raggio di energia verde, che colpì in pieno il figlio di Bardak. Ma, quando si diradò la polvere, vide che l’alieno era ancora vivo e vegeto, e che non si era fatto un graffio. «E questo sarebbe un colpo? Sarebbe questa la forza del grande pianeta Kanassa?» esclamava, mentre i due compagni lo osservavano dalla soglia. «Ti farò un regalino… - disse mentre nella sua mano si concentrava energia di colore violaceo – Ti farò vedere come si fa un vero colpo energetico!». Stava ridendo in modo sadico, e sembrava che questo contribuisse nel raggruppamento di energia; quando sentì che era carico, lo lanciò contro la kanassiana: «Prendi questo, essere inferiore!». Di lei non rimase altro che cenere, illuminata dai candidi raggi lunari.
 
I giorni stavano passando in fretta, e mentre i due giovani saiyan si allenavano giorno dopo giorno alla fattoria da loro occupata, il monarca esplorava la fortezza, scrutando ogni angolo usando il suo Scouter, che si attivava quando percepiva esseri con un livello di combattimento minimo di 1. Mentre tornava verso la loro base, sentì un messaggio provenire dal suo strumento di ricerca: «Bzzz… Re Vegeta, sono io – recitava l’apparecchio, riproducendo la voce del Gran Generale – noi siamo arrivati sull’asteroide, siccome domani è il settimo giorno dopo che siete partiti. Ora le possibilità che ci scoprano sono più elevate, quindi fate fuori  i più forti in fretta!». Re Vegeta, dopo aver comunicato questo anche ai suoi due compagni, andò dove lo Scouter lo conduceva.
 
“Ho rivelato un guerriero con un livello da combattimento di 300 – pensava – accompagnato da diversi guerrieri leggermente più deboli… E’ il mio momento”. Si diresse sul retro di un locale, che sembrava essere un bar, dal quale provenivano diverse urla di persone ubriache, in preda alla pazza gioia. Si affacciò e vide una kanassiana che stava venendo stuprata; non sapeva perché, ma credeva di non doverla uccidere, anzi addirittura di salvarla. «Cosa succede al  tuo orgoglio, coglione!» esclamò, rimproverandosi da solo. «Chi va là? Vieni fuori o chiamo…». Quell’innocente signore, che non aveva colpe, non riuscì a finire la frase, perché venne trapassato da un pugno del saiyan. “50. Patetico… i saiyan ragazzini sono forti quanto questa feccia aliena?” pensò. Impulsivamente, entrò nel bar demolendo una parete. «Chi sei? Guarda che la devi riparare!» esclamò uno degli alieni intento a scopare la povera innocente. Re Vegeta vide quanto erano brutti gli abitanti di quel pianeta: la loro faccia somigliava a quella di una rana e avevano la pelle color verde-acqua, che sulla schiena avevano una pelle ruvida, con chiazze più scure, mentre sul torace e sull’addome avevano una pelle molto liscia, che il saiyan intuì essere anche meno protettiva. Per togliersi ogni sospetto, il saiyan colpì all’altezza dello stomaco il proprietario del locale: il viso si contorse in una smorfia di dolore, i suoi occhi diventarono di color latteo e dalla pancia fuoriuscì un liquido di color giallo chiaro, il loro sangue. La battaglia iniziò: mentre l’altro kanassiano intento a stuprare la ragazza si rivestiva in fretta, gli altri, che erano muniti di armatura e arsenale da soldato, combattevano invano contro Re Vegeta, che li uccideva con una facilità impressionante. L’essere che si era rivestito esclamò: «Hai di fronte il principe dei kanassiani, non hai speranze!». Il re, per nulla intimorito, imitando la voce dell’alieno rispose: «Hai di fronte il re dei saiyan, pezzo di merda, non hai speranze!». Poi, tornando ad usare la sua voce normale lo accusò: «Non ti vergogni a stuprare una tua suddita, lurido verme?». «No, affatto, deve pagare le sue colpe…» sogghignò il principe. «Le colpe che vi inventate, brutti coglioni! Non ho fatto niente di male!» replicò la ragazza, che era uscita dal suo nascondiglio sotto un tavolo. «Qualcuno allora dovrà essere ucciso seduta stante! Colpo frantumante kanassiano!». L’alieno aveva raccolto una quantità di energia color scarlatto sufficiente a far esplodere l’intero locale, e l’aveva scagliato contro il corpo nudo e minuto di quella ragazza, che non avrebbe certamente retto l’impatto con quell’enorme massa di energia. Re Vegeta, impulsivamente, si frappose fra lei e il colpo energetico. «Cazzooooooooooooooooo!» urlò, mentre veniva colpito. Non appena si riprese, sibilò: «Come hai osato far scorrere sangue reale saiyan?!?! Preparati a morire!». In quel momento, il kanassiano ebbe una visione: «Vedo uno sciame di esseri… Gigantesche scimmie che ci attaccano… Che siano saiyan? Sei qui per avvisarli?». Non ebbe mai una risposta a quella domanda: il re lo afferrò rapidamente per la testa e iniziò a tirargli calci sulla pancia, difesa però da un’armatura rinforzata proprio sul davanti; non soddisfatto, lo lanciò e lo colpì con una scarica di energia violacea che gli sfiguarava il corpo: «Prendi questo, essere inferioreeeee! Questo è il mio FRANTUMATORE DI ORGA!». Non appena il monarca riaprì gli occhi, non trovò con lo sguardo il nemico. Lo aveva disintegrato. In quel momento, una voce fiebile, che proveniva da un corpo nascosto dietro a una colonna ricoperta di cadaveri, gli stava parlando: «Grazie…». Il re la fissò, e le chiese con dolcezza: «Siccome ti ho salvata, posso sapere il tuo nome?». «Mi chiamo… Reyna».
 
Solo dopo aver terminato lo scontro Re Vegeta osservò la kanassiana. Aveva anche lei la pelle verde-acqua, ma era diversa dai suoi connazionali: aveva la pelle del colore di quella meno resistente su tutto il corpo, aveva un naso, seppur piccolo rispetto a quello di un saiyan, e anche dei capelli, bluastri con striature verdognole. Era strana, e aveva un corpo più simile a quello saiyan, eccezion fatta, naturalmente, per la coda. Nella sua nudità, le forme risaltavano in modo positivo, e il re si sentiva in imbarazzo. La ragazza, che a quanto pare si chiamava Reyna, non era del tutto kanassiana, secondo lui. «So che cosa pensi, – intervenne Reyna – credi che non sia del tutto kanassiana, non è vero?». La domanda spiazzò completamente Re Vegeta, che non se l’aspettava. «Io… io…» sospirò con un fil di voce. «Ti racconterò la mia storia, se ti preme scoprirlo.
Mio padre era un mercante, sposato con una sua compatriota, che durante un suo viaggio conobbe un’aliena, di un pianeta lontano… Durante una notte mi concepì; fu un brutto colpo per lui. Cercò di tenermi nascosta, ma alla fine la mia matrigna lo scoprì e denunciò l’accaduto. L’esercito ha quindi giustiziato i miei genitori e mi ha “conservato” per soddisfare i piaceri di quel viziato del principe… Ad ogni modo, lasciandoci alle spalle il passato, vogliamo andarcene di qui?» chiese. Era ancora scosso, ma non abbastanza da non capire: le sue urla e quelle del principe devono avere allertato l’esercito, e loro non dovevano essere scoperti. Perciò chiese: «Sai volare?». «Tutti i kanassiani lo sanno fare» rispose, con un certo charme, strizzando al re l’occhiolino, librandosi in aria.
 
Arrivati alla fattoria, scoprirono di essere arrivati per ultimi, perché sia Radish che Vegeta erano tornati dalla loro missione. Rimasero a bocca aperta quando insieme al loro re arrivò anche Reyna, per loro una perfetta sconosciuta, per di più senza vestiti. “Ora penseranno che io sia un maniaco, fantastico” pensò Re Vegeta. «Dentro quella fattoria – suggerì alla ragazza – ci dovrebbe essere un armadio con dei vestiti, perché prima viveva qui una kanassiana». Reyna decise che era meglio non fare domande, e si diresse il più in fretta possibile nell’abitazione. «Bene bene – intervenne Vegeta, rompendo il silenzio – sei diventato un maniaco? Potrei anche raccontarlo alla mamma…». Il re, rabbrividendo al pensiero di Rosecheena arrabbiata, si affrettò a descrivere nei minimi dettagli la sua vicenda, dallo stupro, al principe, a Reyna e la sua storia. I due annuirono, tacendo. Poi la semi-kanassiana tornò: aveva scelto un vestito di colore nero, che le donava moltissimo; i tre rimasero ammutoliti, finché lei non si fece spiegare tutto: Re Vegeta descrisse i suoi presentimenti, l’infiltrazione e la permanenza su Kanassa, e il futuro attacco. Contrariamente a quanto si aspettassero tutti e tre, Reyna esclamò: «Se lo meritano, questi sudici anfibi!».
Dopo questa notizia, scossi, i quattro andarono a dormire, riposandosi per il giorno seguente.
 
Era la notte del giorno seguente. I tre decisero che era meglio dare il segnale, così lanciarono tutti una raggio di energia verso il cielo. Bardak, vedendo i colpi oltrepassare l’atmosfera kanassiana, urlò: «All’attacco!». Dopo questo grido, i saiyan si divisero esclamando: «Evviva Vegeta, nostro re! Evvisa Rosecheena, sua sposa! Evviva Bardak, il nostro comandante!».
Alla Fortezza D’Oriente si dirigeva il terzo gruppo, comandato da Toma: con lui vi era solamente Punbukin di amico stretto, che si faceva largo insieme a lui schiacciando gli abitanti e demolendo gli edifici, trasformato in Oozaru.
Alla Fortezza Di Meridione, invece, si dirigeva il quinto gruppo, comandato da Nappa, che era seguito da Zorn, suo collega e seconda guardia del corpo del re, e Kakarot. Zorn e Nappa si trasformarono in Oozaru, mentre Kakarot faceva sfoggio della sua tecnica migliore, il Kaio-ken, chiamato così perché in diverse lingue, tra cui quella saiyan, kaio vuol dire bruciare; utilizzando la tecnica infatti l’aura diventa rosso, facendo sembrare che l’utilizzatore vada a fuoco.
La Fortezza Di Settentrione era assediata dal quarto gruppo, composto in prevalenza da femmine, tra cui figuravano Seripa e Taanipu, sotto forma di Grandi Scimmie. Le mura di questa città non ressero l’impatto con le corporature possenti dei primati e si sbriciolarono, rendendo possibile la distruzione della città.
Alla fortezza D’Occidente si diresse invece la regina Rosecheena, accompagnata dal saggio Toteppo e dal resto del primo gruppo. Era la città più ricca di Kanassa, poiché vicino vi erano le miniere di diamanti; pertanto i saiyan festeggiarono saccheggiando la città e dimostrandosi sadici verso i kanassiani. Re Toolo di Kanassa stava avendo la visione della sua sconfitta, quindi arringò le truppe dell’esercito per evitare tutto questo. Il secondo gruppo di guerrieri saiyan era guidato da Bardak e dal principe Tarble, che si incontrarono con i tre infiltrati e con la kanassiana. Spiegato anche a loro l’accaduto molto sinteticamente, si diressero verso la reggia di Toolo. Tarble restò nelle retrovie, accompagnato da Reyna; i due mostrarono molta intesa l’uno con l’altra, infatti si difendevano a vicenda in continuazione da attacchi che potevano essere anche mortali. Radish e Vegeta stavano combattendo nell’immenso giardino della reggia, in cui vi erano moltissimi kanassiani e un numero esiguo di saiyan, che però trionfarono inevitabilmente grazie al comando detenuto da Bardak. Nel frattempo, Re Vegeta si diresse nella sala del trono, dove lo attendeva un ultimo avversario, probabilmente il più forte. «Ho sentito che hai ucciso mio figlio, – disse Toolo, con una voce carica di odio – ma non riuscirai ad uccidere me! » . «Tutte chiacchiere – rispose il re, notando che aveva un livello di combattimento di 2500 – perché so di vincere! ».
Quello che seguì fu un combattimento già perso in partenza, poiché Re Vegeta, in quel periodo, aveva un livello di combattimento pari a 7000, nettamente superiore a quello del monarca kanassiano… Nonostante tutto, decise di far stancare l’avversario, mettendolo alla prova con numerose raffiche di pugni e calci, che non sempre però giungevano a destinazione. «Basta così! – esclamò Toolo – Per te è finita! Sfera distruttiva reale! ». Il monarca scagliò una sfera gigantesca di energia color verde-acqua verso il nemico, che venne colpito in pieno. Quando la polvere si diradò, Toolo riuscì a scorgere Re Vegeta, che si reggeva a fatica in piedi. «Bastardooooooooooooooooooooo! – esclamò con quanta voce aveva in corpo – Tu oggi muori, lurido verme! Sarai l’ultimo a morire di una razza di putridi cani! RAGGIO DI ESECUZIONE! ». Dal palmo della mano sinistra del saiyan uscì un velocissimo e finissimo raggio di energia viola, che colpì il nemico al cuore. «Ahahah… Non immaginavo ne prevedevo ciò che ci sarebbe successo… Tu riesci a prevedere cosa vi succederàà? ». Detto questo, Toolo spirò. “Che… che mi succe...”. La vista si appannò, e il saiyan svenne.
 
«Ohi ohi…» bofonchiò Re Vegeta, risvegliandosi da un lungo sonno. Tarble esclamò: «Siete sveglio! Mamma, Vegeta, Reyna, venite! ». “Perché cazzo l’ha chiamata?” pensò il re, ancora scosso. «Abbiamo vinto, e il nemico è stato annientato. È un miracolo che Voi siate ancora vivo…» disse la kanassiana. «Perché? ». L’impatto con l’onda avrebbe potuto annientarti…». «… Quel che conta è che sei vivo» concluse Rosecheena, che lo baciò. «Ho fatto venire qua Reyna perché deve dirvi una cosa importante… Lo so soltanto io» ammise il figlio minore. A queste parole, il re e il principe sobbalzarono: cosa c’era di così importante? «Vegeta, per favore, potresti controllare il livello di combattimento di tuo padre? » chiese Reyna, trattenendo un sorriso. «Stupida donna! Non osare più da… È impossibile! Come puoi avere un livello di 10000?». «Il mio popolo vi stava studiando per una possibile invasione…». «Non erano poi così stupidi allora! » interruppe Vegeta; Reyna continuò, facendo finta di non sentire: «… e stavamo analizzando le vostre abilità, tra cui ne spiccava una: quando un saiyan viene quasi ucciso, ma sopravvive, la sua forza
aumenta moltissimo… L’avevamo chiamata Zenkai Power».
 

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Capitolo 3
*** Illusioni esistenziali ***


Capitolo 3 – Illusioni esistenziali – Radish

Lo stesso giorno in cui Re Vegeta si risvegliò, per i saiyan fu un giorno di festa, siccome avevano conquistato l’ultimo pianeta del sistema floridico che opponeva ancora resistenza alla loro avanzata, Kanassa. C’era soltanto una sopravvissuta, che però era stata risparmiata dal re, e che era in buoni rapporti con il principe Tarble, quindi i saiyan non si fecero troppi problemi. Durante quella giornata ci fu un banchetto di dimensioni mastodontiche, persino per tutti i saiyan invitati, che rappresentavano anche il resto della popolazione, che festeggiava per conto proprio: infatti alla festa erano invitati solo gli amici del re e quelli più forti, che riscuotevano parecchio prestigio nella società. Tra gli amici del re figurava anche la famiglia di Bardak, che era anche un po’ al centro dell’attenzione sia perché Bardak era il Gran Generale, ma anche perché Radish era uno dei tre infiltrati, e doveva essere premiato insieme al suo amico nonché principe Vegeta. Era lo stesso salone in cui Radish, pochi giorni prima, aveva assistito alla nomina di suo padre. Ad un certo punto, l’annunciatore proclamò: «Adesso premieremo i due giovani eroi che, per il bene della nostra razza, hanno affrontato insieme al Re una missione molto rischiosa, che ci ha concesso di conquistare i ribelli kanassiani: Vegeta e Radish!». Ci fu una standing ovation per i due: il primo si alzò da uno dei quattro troni, mentre il secondo si levò dal suo posto in prima fila. Si inginocchiarono entrambi ai piedi del re, che pronunciò, colmo di orgoglio: «Nonostante la vostra giovane età, avete deciso di intraprendere una missione molto pericolosa, a fianco del vostro re». Fece una pausa, come se non sapesse che parole usare con suo figlio e il suo migliore amico, come se fosse in imbarazzo. «Per questa ragione, io, Vegeta, re dei saiyan, sovrano del sistemo floridico, messo di Orga, a nome della nostra razza, vi nomino membri onorari del Consiglio di Guerra dei Saiyan! Andate, giovani guerrieri!». Ci fu un applauso generale, accompagnato da bottiglie di vino stappate con gioia dai più anziani, con i due ragazzi presi dalla folla e lanciati in alto, arrivando a toccare il soffitto.
Reyna, che stava seduta su una sedia accanto al mini-trono di Tarble, gli bisbigliò qualcosa nell’orecchio, e quest’ultimo sobbalzò. «Ehm… Per favore? Un attimo di attenzione!». Nessuno si accorgeva che il principino stava agitando le braccia nel tentativo di farsi notare. «Per favore!». Reyna rideva, ma non in maniera sadica, anzi, in maniera dolce, perché quel ragazzo era goffo e tenero. Sul volto di Tarble si dipinse un’espressione arrabbiata: «E che cazzo ho detto SILENZIOOOOOO!». Dicendo ciò, scagliò un raggio di energia su una torta che i presenti si stavano spartendo, facendola esplodere in faccia a tutti. A quel punto tutti si girarono, e Tarble si imbarazzò molto; nonostante tutto continuò a parlare: «Reyna, rappresentante della conoscenza kanassiana messa al servizio del pianeta Vegeta, vuole parlarvi». A quel punto tutti si rimisero a sedere, cercando di togliersi i pezzi di torta rimasti sulla faccia. Reyna iniziò a illustrare: «Come sapete, il vostro re è rimasto svenuto dopo aver rischiato la vita contro il mio ex-re, e al suo risveglio la sua forza era aumentata in modo vertiginosamente alto. La domanda è: come? Ecco, la mia razza vi stava studiando, così come stava studiando la geografia di tutto l’universo, per difendersi da eventuali attacchi». I saiyan ridacchiavano, come per dire: “Beh, se volevano soltanto difendersi dagli attacchi, hanno buttato via tempo!”. «Una delle prime caratteristiche che abbiamo studiato è la coda, anomala per quasi tutte le specie conosciute: abbiamo scoperto perché mutate fisicamente in Oozaru, cioè per un organo posto all’interno della coda, che è anche uno dei vostri punti più deboli, ma studiando questo apparato, siamo venuti a conoscenza di un suo uso secondario, cioè la produzione di una sottospecie di batteri benigni, che durante i primi anni di vita di un individuo si diffondono attraverso i muscoli, stimolandoli e aumentando, quindi, la forza dell’individuo, seppur di molto poco. Quando però un saiyan è colpito a morte, tutti i suoi organi funzionano più velocemente, in particolare quello posto dentro la coda, che produce non solo più ormoni, ma li produce anche più efficaci: in questo modo, quindi, se il saiyan non perde la vita, la sua forza combattiva aumenta a livelli spropositati; il funzionamento più rapido degli organi comporta anche un periodo di guarigione nettamente inferiore rispetto a quello di altre razze».
Fece una pausa per respirare, poi proseguì: «Ma non era questa la ragione per cui ho chiesto silenzio; noi kanassiani abbiamo, come ho già detto, studiato la geografia dello spazio, infatti non ci aspettavamo un vostro attacco, poiché avevamo scoperto una minaccia ben più grande…». «Sì, e che cazzo sarebbe? Poi, se era pericolosa per voi, per sarà una bazzecola! Abbiamo conquistato tutto il sistema! Chi ci attaccherebbe?» esclamò Nappa. Il re si alzò, e gli sferrò un calcio che lo fece andare a conficcarsi nel muro. La esortò: «Procedi pure, mia cara». Fece un attimo di pausa, per riflettere su come esprimersi a quel branco di scimmie.
Radish aspettava, curioso, così come il resto della sua famiglia. “Chissà di cosa vuole parlare; – pensò – forse è qualcosa di importante? Perché non l’abbiamo potuto scoprire da soli? Abbiamo degli scienziati fantastici… Cosa vorrà dirci?”. Radish fremeva, era evidente. Sua madre gli si avvicinò. Tra i due c’era una fortissima somiglianza, ed un conseguente affetto. «Stai bene? – chiese, con affetto materno – Se vuoi ti riporto a casa…». «No grazie, sono grande, l’avrei già fatto se avessi voluto… Sono solamente molto curioso. Tutto qui» la rassicurò.
Persino la regina iniziò a scocciarsi. «Coraggio!» esclamò infatti Rosecheena. Reyna finalmente iniziò a riferire la terribile notizia: «Ci stavamo difendendo dagli attacchi di esseri più forti di voi! Non esiste solo il sistema floridico in tutto l’universo!». Coloro che erano scettici, contestarono: «Come mai non sono apparsi prima? Perché non ci affrontano a viso aperto? Perché non ce ne siamo accorti?». «Risposte molto semplici: – replicò – alla prima domanda rispondo che neanche loro si erano accorti di noi, così come noi non ci siamo accorti di loro; alla seconda dico che è meglio così, perché ci schiaccerebbero; all’ultima non so rispondere… Ciò che so è che una volta hanno attaccato la nostra unica colonia, sul pianeta Meat, ai confini del sistema, e che ci hanno distrutti impiegando un decimo di ciò che voi avete impiegato per distruggerci…». Le risposte sconcertanti e la notizia spaventosa resero irrequieti i saiyan, che discutevano su come risolvere la questione. «È semplice – iniziò Zorn – dobbiamo solamente andare su Meat e scoprire chi siano questi tizi… Non credo che i kanassiani siano tornati su quel pianeta, se è vero che ci hanno impiegato così poco a conquistarlo…». Nappa rispose, appena liberatosi dal muro:  «Secondo me dobbiamo prima allenarci, e poi attaccarli solo se messi alle strette… Sembrano molto potenti…». «Non sbagli, Nappa – disse Tarble – hai pienamente ragione, farei come dici tu, ma preferirei omettere la parte in cui li attacchiamo…». «Pivello! – esclamò Vegeta – Solo perché sei uno dei più deboli di tutta la razza saiyan! ». I due fratelli iniziarono a litigare, quando il padre li interruppe: «Ma, secondo voi, c’entra anche con la sparizione dell’ex-GGES, Saegi? Ricordo che, quando ne diedero notizia, stava tornando dal pianeta Meat… Non possono essere coincidenze! Probabilmente ci stanno studiando! Dobbiamo attaccarli sulla loro colonia, e recuperare gli eventuali sopravvissuti!».
 Un grido si levò dalla folla, ma non era di terrore, bensì si voglia di combattere. Era deciso: ci sarebbe stata un’altra spedizione, a cui avrebbero partecipato tutti i saiyan, eccetto i più anziani e i più giovani. L’indomani ci sarebbe stata la diffusione dell’annuncio, e il giorno successivo la partenza: Radish era pronto.
 
Era giorno, e si stava diffondendo la voce: l’attacco al pianeta Meat era stato confermato. Radish, Kakarot, Vegeta e Tarble, accompagnato da Reyna, si stavano allenando per la partenza; Vegeta aveva chiesto al fratello, con tono sfottente, se avesse veramente voluto allenarsi, ma non rispose. La tensione era alle stelle: Kakarot, avvolto dall’aura rossa del Kaio-ken, combatteva contro suo fratello Radish, che era avvolto nei suoi pensieri, siccome non riusciva a capire ciò che aveva detto la kanassiana riguardo alla coda, ma non voleva neanche pensarci: del resto, come tutti sapevano, era una pazzia farsi ridurre in fin di vita per poi cercare di sopravvivere, poiché non c’era la certezza di riuscire a guarire completamente. Nel frattempo, Vegeta stava istruendo Tarble sull’uso del Cannone Galick, la mossa che era il simbolo della potenza reale, senza esiti molto positivi… Reyna fissava in silenzio quel saiyan che pochi giorni prima odiava, insieme al resto della sua razza, e che ora amava, senza avere il coraggio di confessarlo. “Che faccio? – pensò – Ci sarà un modo per fare colpo… Ma certo! Lo aiuterò io negli allenamenti!”. Si alzò, e disse a Vegeta: «Forse dovrebbe iniziare con meno difficoltà nel combattimento…». «E chi vorrebbe venire? Forse tu? ». «Vedo che hai capito». Con quest’ultima affermazione, l’affascinante mezzosangue spiazzò completamente i due principi, che si chiedevano se avessero capito bene. «Userò tutta la mia potenza, che per te non sarà niente» affermò Reyna, anche se non ne era molto convinta: infatti non aveva mai combattuto finora e quindi non conosceva i suoi limiti. Tarble deglutì, e si preparò a sferrare il Cannone Galick. Incrociò le mani, che si era portato ad un fianco, raccogliendo lì tutta la sua energia spirituale, o ki. «CANNONE GALICK! » esclamò, mentre un’onda blu lacerava la stanza; non era molto potente, ma Reyna sapeva che sarebbe bastata a proteggerla. Radish, d’istinto, si mise in mezzo per proteggerla, ma lei chiuse gli occhi e urlò: «RAGGIO ANFIBIO! ». Era una tecnica che suo padre le aveva insegnato, poco prima che la matrigna avesse scoperto il suo tradimento, e lui le diceva che questa tecnica non necessitava di essere esercitata, ma che veniva da sé, quando se ne aveva bisogno; si chiamava anfibio perché, se percorreva un tratto con dell’acqua, accumulava il ki di quest’ultima. Per fortuna, lì non c’era acqua, ma Radish non poteva sopportare un colpo alle spalle: venne colpito su entrambi i lati, e cadde agonizzante sul terreno. Vegeta, come se non fosse successo niente, disse al fratello: «Devi migliorare la potenza del colpo, ma non c’è male come inizio…». Lui, però, non stava ascoltando: insieme a Kakarot, infatti, si stava dirigendo all’ospedale, per far mettere Radish in una vasca di rianimazione. Kakarot piangeva: «Il suo livello di combattimento si abbassa sempre di più! Presto! ».
 
Kakarot e Tarble stavano seduti davanti alla vasca, mentre entrarono Reyna e Vegeta. «Mi dispiace» disse la ragazza, in preda alla frustrazione. Il figlio di Bardak rispose: «Non importa, del resto abbiamo fatto in tempo, ma non so come la prenderà lui…». Tarble fissava il vuoto, e Vegeta era appoggiato al muro. CRASH! Il liquido per la rianimazione si diffuse in fretta per tutta la stanza. «Quella roba sulla coda è vera – esclamò il saiyan, con i lunghi capelli ancora bagnati e senza armatura – mi sento più forte! ». Tarble controllò lo Scouter, e si accorse che c’era stato un cambiamento nel suo livello di combattimento di 1000 punti, arrivando a 4000. Vegeta ne aveva uno da 5000, Kakarot uno da 2500, Reyna da 360 e Tarble ne aveva uno bassissimo, pari a 250. Radish stava ormai raggiungendo il padre, e si rivestì in fretta. «Dai ragazzi! – esclamò – è tardi! È meglio darci appuntamento a domani! ». Detto questo, strizzò l’occhio, sorridendo come se si fosse tolto un pensiero, e prese Kakarot, volando fuori dall’ospedale per raggiungere casa.
Taanipu esclamò: «Radish! Perché sei bagnato? E perché queste ferite? ». Radish riferì tutto, anche l’aumento di forza, mentre la madre ascoltava. Taanipu aveva lunghi capelli mori, come suo figlio maggiore, raccolti in un elastico giallo, e un’espressione dura; aveva indosso abiti casalinghi, ma in genere sfoggiava un’armatura femminile blu scura e giallo ocra, con sotto un vestito aderente blu a maniche corte sia sulle braccia che sulle gambe. Non faceva uso di Scouter se non nelle battaglie, e se avesse dovuto usarlo ne avrebbe usato uno blu, che teneva nel comodino. «Dai venite, che bisogna riposare: domani è un grande giorno! ». “Di sconfitta?” pensò Radish; non avrebbe saputo niente fino al giorno dopo.
 
La navicella più grande del pianeta Vegeta era decollata poco prima e sarebbe atterrata in fretta. Bardak radunò tutti i membri della sua squadra e sua moglie, per spronarli alla lotta personalmente, Re Vegeta si riscaldava con sua moglie e le sue due guardie del corpo, mentre Radish, Kakarot, Vegeta, Tarble e Reyna parlavano tra di loro. La nave atterrò in uno spiazzo desertico, e Bardak prese la parola: «Per l’onore di noi saiyan, combattiamo fino alla fine! ». Tutti i saiyan fuoriuscirono dalla nave, pronti alla lotta.
Bardak, Taanipu e il loro gruppo, confuso in mezzo ai soldati, si stavano dirigendo insieme a parte dell’esercito verso un gruppo di strani esseri, di razze diverse, con colori intorno al blu e al viola. Indossavo anch’essi armature da combattimento e Scouter, perciò intuirono che fossero potenti. «Chi siete? » chiese Bardak. «Prima che iniziamo l’attacco? » chiese uno degli alieni ad un altro, che siccome aveva un’armatura con medagliette, doveva essere il generale. «Sì… Siamo soldati dell’esercito di Freezer! Andate all’Inferno, luridi primati! ». Dopo questa provocazione, iniziò la battaglia. «C-Cosa? Hanno livelli di combattimento ciascuno di 8000! » esclamò Punbukin, in preda allo stupore. «C’è una differenza solo di 1000 punti in più di noi… O meglio, di te! » esclamò Bardak, più divertito che preoccupato. «FUREIMU BARETTO! » esclamò Toma; questo in lingua saiyan antica significa “Colpo incenerente”; la maggior parte delle tecniche dei guerrieri saiyan sono trasmesse di genitore in genitore, e questo spiega il suo nome in lingua antica. Con questo Toma eliminò un bel po’ di soldati di questo Freezer, mentre la sua compagna ne eliminava altri con il suo Balletto Energetico. «Sei meraviglioso…» disse Seripa al suo amato. «Mai quanto te…» rispose con tono sognante. Punbukin e Toteppo si coprivano le spalle a vicenda, mentre venivano assaliti dai soldati, che erano nettamente superiori rispetto ai saiyan. Bardak cercò invece il generale. «Vieni fuori, bastardo codardo! » esclamò, spazientito. «Non hai possibilità di battermi! Ho un livello di combattimento pari a 10000! Non hai speranze! » replicò quello, uscendo dal suo nascondiglio di cadaveri. «Lo pensi tu… E poi se dovessi essere il vincitore, bene, altrimenti mi sconfiggeresti, e la mia forza aumenterebbe! » affermò il saiyan, scagliandosi verso di lui. Attaccò con una rapida scarica di pugni, che mancarono il bersaglio. L’alieno, dalla pelle color turchese, con lunghi capelli che circondavano due lunghe corna, analizzò il nemico con lo Scouter: «M-Ma… Non è possibile! HAHAHAHA! Come può una scimmia avere un livello di combattimento solo di 9000! Ridicolo! » ridacchiò. «Mai abbassare la guardia» lo rimproverò Bardak. La sua aura lo circondò, mentre caricava l’energia necessaria per un suo attacco più potente. «Che te ne pare, ora? » lo schernì. L’alieno impallidì riuscì a leggere quando sul display del suo Scouter il numero 12000. Bardak lo tempestò di colpi alla pancia, e l’espressione dell’alieno si ridusse ad una smorfia. «Dove sono le prigioni? Dimmelo subito! » ordinò il saiyan. Il generale nemico indicò in una direzione, prima di spirare. Bardak disintegrò il cadavere, salvando soltanto una medaglia con una testa stilizzata con due grosse corna, e poi analizzò con lo Scouter la zona indicatagli dall’alieno, notando vari livelli di combattimento. Taanipu stava lottando di una decina di alieni, che la circondavano; Bardak chiamò i suoi a rapporto: «Toma, Seripa, Toteppo, Punbukin, andiamo come ai vecchi tempi ad assaltare la zona con i prigionieri! Dai cara, non divertirti troppo! ». «Uffa…  – sbuffò lei – mi stavo proprio divertendo…». Una luce bianca cosparse la zona, e quando si diradò, i nemici non c’erano più. «Dai, non perdiamo tempo… Dopotutto mi avete interrotta proprio mentre combattevo la noia…» esclamò quella, strizzando l’occhiolino. I sei saiyan si allontanarono velocemente, con le loro aure che li circondavano.
 
La famiglia reale conduceva l’attacco su un altro fronte; tutti combattevano con furore: Re Vegeta continuava a giocare con i nemici, trapassandoli con un sottile raggio di energia esclamando “RAGGIO DI ESECUZIONE!”; Rosecheena, invece, li continuava ad uccidere a suon di pugni. Zorn sbuffava, gocciolando sudore, continuando a colpire gli avversari. I suoi capelli neri erano tutti bagnati, e il mantello azzurro che di solito indossava era tutto strappato. La sua armatura, rossa e blu scura, era a tratti distrutta: combatteva con una foga tale che non si accorgeva di avere un grosso taglio nell’addome, all’altezza dello stomaco, da cui grondava molto sangue. Nappa, che non era conciato molto meglio, gli strizzò l’occhiolino mentre accartocciava il cranio di un avversario, rubandogli il fucile al plasma, arma diffusa tra i membri di quell’esercito. «Ehi Zorn – disse chiamandolo – forse dovresti smettere di combattere: hai una pessima cera e un pessimo taglio in pancia! ». Zorn, dopo aver disintegrato un nemico con un colpo di ki, rispose contraccambiando l’occhiolino con un sorriso: «Se devo morire, lo farò… E poi, diventerò molto più forte se dovessi sopravvivere! ». «Il tuo ragionamento non fa una piega – ammise il gigante – del resto abbiamo di servire il re con la vita! ». «Giusto! Ho sempre ragione» rispose con tono superbo.
 
Nel frattempo, Radish, Kakarot, Vegeta, Tarble e Reyna si facevano strada per andare verso l’edificio di ricerche in cui, appunto, gli alieni facevano ricerche sui saiyan. Radish, suo fratello e il principe non avevano problemi, visto il loro livello di combattimento, ma Reyna e Tarble rischiavano grosso. “Perché – pensò Radish – sono venuti? È un suicidio! Ce la facciamo a malapena io, mio fratello e Vegeta!”. Mentre pensava, abbassava la guardia: un nemico lo colpì con il fucile, facendolo ruzzolare per terra. «Come hai osato, lurido verme! Muori! Gli stupidi come te devono morire! ». Dicendo questo, Radish concentrò in entrambe le sue mani, portate dietro alla nuca, del ki viola, il suo colore, che poi scagliò addosso al malcapitato che lo aveva colpito. Due voci diverse fra loro urlarono la stessa frase: «CANNONE GALICK! ». Due raggi di energia, uno molto potente e veloce, l’altro appena accennato, si scagliarono sull’orda frontale di nemici. Reyna faceva del suo meglio, ma preferiva non utilizzare il suo colpo se non come ultima carta, dato il grande dispendio di energie che essa comportava. Radish fece uno scatto, sfruttando lo stupore dei soldati nemici, e penetrò nel laboratorio di ricerca. Kakarot si fece largo nella folla nemica, dopo aver attivato il Kaio-ken al secondo livello, che faceva aumentare il suo livello di combattimento fino a 7000; gli altri tre corsero rapidamente, poi Vegeta lanciò una raffica di colpi dell’aura contro una parete, che crollò, rendendo impossibile l’avanzata dei nemici. «Chi va’ là? » chiese una voce roca, dall’interno. I saiyan si nascosero e videro che una figura alta vestita con un camice si stava avvicinando, accompagnato da due guerrieri, probabilmente guardie del corpo. «La parete è crollata…» bofonchiò lo scienziato. «Il combattimento esterno l’avrà fatta crollare, si rilassi» lo esortò uno dei due. ETCI’! “Kakarot, sei un coglione” pensò Radish mentre i tre li scoprivano.
Radish corse via, nella direzione da cui erano venuti lo scienziato e le guardie, nella speranza di poter scappare. Erano, infatti, guerrieri di un livello nettamente superiore al loro: 11000. Kakarot e Vegeta li tenevano impegnati come meglio potevano, e lo scienziato si mise a cercare di colpire gli altri due, per poterli tenere come ostaggi. Kakarot esclamò: «KAIO-KEN LIVELLO 3!!!! ». Il suo livello aumentò ancora, superando quello di Vegeta, a scapito della sua condizione fisica: arrivò a 10000, che però non era ancora sufficiente per combattere ad armi pari con i due colossi nemici.
Radish entrò in una stanza semi-illuminata dalla luce verde chiaro che era sprigionata da un liquido contenuto in una capsula vitrea, in cui galleggiava un corpo. Senza esitare, ruppe il contenitore e prese il corpo, cercando di rianimarlo, accorgendosi che era di una donna saiyan, o meglio, di una ragazza. Questa sussultò, poi riaprì gli occhi. «Giù le mani! » esclamò. Era una ragazza dai lunghi capelli rossi, con la pelle color caramello e Radish si poteva specchiare in quei suoi stupendi occhi marroni; il vestito mezzo stracciato lasciava intravedere le linee del suo corpo, da cui Radish, imbarazzato, distolse lo sguardo. «Mi sarei aspettato almeno un grazie, siccome ti ho salvata…» commentò il saiyan. «Grazie» rispose, con tono provocatorio. «Potrei sapere come si chiamerebbe, miss Rompicazzo? » disse, provocandola, soffocando i sentimenti che provava per lei. «Pepper, – disse, a bruciapelo – potresti aiutarmi ad uscire da questo posto?».
Successe in pochissimo tempo. Lo scienziato colpì Reyna al petto con il fucile, e Tarble reagì in una maniera talmente violenta che è difficile da descrivere: per un attimo, i suoi occhi persero la pupilla e divenirono di colore verde, mentre i capelli si rizzarono, divenendo di colore biondo. La sua potenza era aumentata talmente vertiginosamente che il suo corpo non resse a lungo la trasformazione. Con un singolo pugno perforò il ventre di una delle guardie, compresa la corazza, dopodiché rilasciò dal suo corpo un’ondata di energia pura: si sentì solo l’avvertimento di Vegeta: «Dietro di me! », e dopo ci fu un’esplosione violentissima, tanto che la sentirono anche Bardak e i suoi, molto distanti, e impegnati a liberare le prigioni.
Dopo aver sconfitto le guardie all’entrata, il team del Gran Generale entrò nell’edificio, che era vuoto. Le celle erano moltissime, ma erano tutte vuote. Andarono sempre più verso l’interno dell’edificio, che appariva tetro e desolato. All’improvviso ci fu un’imboscata: soldati uscirono da ogni parte, e ce n’erano almeno tre per ognuno dei saiyan; venne ingaggiato un combattimento molto stancante. Bardak non riusciva a colpire gli alieni, ma almeno riusciva a schivare i loro colpi; Taanipu sferrava colpi alla cieca, sperando di colpirne qualcuno; Toma stava sulla difensiva, aspettando un loro errore per contrattaccare; Seripa continuava a graffiarli, facendoli solo arrabbiare di più; Toteppo era stato messo all’angolo, mentre tutti i nemici lo continuavano a colpire; Punbukin, invece, venne colpito e andò a colpire le sbarre che chiudevano una cella, abbattendole: dopo che successe si sentì un respiro di sollievo: «Si sono ricordati di noi i nostri consangunei, o ci conducono al patibolo? Credo che sia la prima opzione quella giusta…». Un saiyan basso, con un dente sporgente, fece capolino dal muro appena distrutto. Tutti erano sbigottiti. «Volete una mano? ». Fece una pausa, poi disse: «Domanda retorica! ». Detto questo, colpì uno dei soldati che opprimeva il povero Toteppo, che iniziò a lottare al suo fianco; allo stesso modo, un altro saiyan, dai lunghi capelli e con la stessa carnagione pallida del primo, attaccò i nemici di Seripa; un terzo spuntò per dare una mano a Toma accompagnato da una persona che indossava strani bracciali con su inciso un nome, che attaccò invece gli avversari di Taanipu. Bardak si liberò dei suoi nemici anche grazie all’intervento di Punbukin, che si era ripreso dal colpo. Finita la strage, i due bizzarri individui si presentarono: «Io – affermò quello basso – sono l’ex-GGES, Saegi». «Mentre io – replicò il suo compagno – sono il suo compagno Kollifum! ». Tutti si inginocchiarono dinnanzi all’ex-Gran Generale, mentre una delle altre due figure, ancora nascosta dalla penombra, esclamò: «Bardak, perché non saluti tuo nipote Broly? ». Il padre di Radish trasalì: conosceva quella voce! «Non è possibile – disse piangendo – sei tu, fratello? ». «Sì, mi sei mancato, fratellino».
 
La conquista del pianeta era stata effettuata con successo, quando i festeggiamenti furono interrotti da un’esplosione e da un urlo: «TARBLE!!!!!! ». I reali si avvicinarono al luogo dell’esplosione, e videro un enorme cratere, con al centro un corpo bruciacchiato, su cui una figura piangeva. Re Vegeta trasalì quando vide che il corpo apparteneva a suo figlio minore, e Rosecheena urlò: «Presto, conducetelo all’astronave, in una vasca di rianimazione! ».
Mentre Kakarot si apprestava ad andare a soccorrerlo, sentì una voce che piangeva: «Papà… Come farò senza di te? ». «Hai bisogno di aiuto? » chiese con benevolenza Kakarot. La figura si girò, ed entrambi trasalirono: «Chi sei tu? » chiesero all’unisono le voci, che provenivano da due corpi uguali. «Io sono Kakarot, figlio di Bardak» disse il primo. «Io sono Turles – disse il secondo, soffocando le lacrime – e mio padre è fratello di Bardak».

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Ciao a tutti, questo è il terzo capitolo della mia prima fanfiction... spero che vi piaccia! La scritta in grassetto è una mia nota, non ci fate troppo caso. Se avete commenti da fare, anche negativi, lasciate una recensione! Ciao, alla prossima!
P.S. Se quacuno mi sapesse dire come caricare immagini, me lo faccia sapere! ;)
 

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Capitolo 4
*** Gocce di sudore color vermiglio ***


Capitolo 4 – Gocce di sudore color vermiglio – Vegeta

I saiyan, nonostante il gran numero di vittime che era stato necessario per conquistare definitivamente Meat, festeggiavano, brindando al loro re, che li aveva condotti alla vittoria; ironia della sorte, Re Vegeta era uno dei pochi che non si sentiva in vena di festeggiamenti, così come il resto della famiglia reale. Si trovavano in una normale stanza di ospedale che però, agli occhi di tutti loro, sembrava una sala di tortura, la cui vittima era Tarble. «È grave? Quanto ci metterà a guarire? È mai successa una cosa simile?» continuava a chiedere ai medici il monarca. «Da quanto abbiamo capito con questi primi esami – esordì uno dei dottori – non è una malattia, ma un eccessivo sforzo fisico». «Questo l’avevo capito anche senza questi inutili esami! » ribattè la regina, adirata. «Tuttavia, questo svenimento poteva anche essere causato da una malattia che ha indebolito il principino…» rispose. «Quindi ci siamo tolti un dubbio. Con gli esami abbiamo inoltre constatato che il paziente è in uno stato di equilibrio solo grazie alla vasca, e che non migliorerà usando soltanto la nostra tecnologia e medicina…» disse un secondo dottore. «I nostri consigli – disse l’ultimo – sono di cercare un nuovo tipo di cura e di capire ciò che è successo: si è rilevato un aumento esponenziale della massa muscolare che però il corpo di Vostro figlio non poteva sopportare… Pertanto, lo sforzo fisico gli è costato molto». Vegeta ascoltava in silenzio, e si sentiva in colpa: era il suo fratello minore, e non aveva saputo proteggerlo. Stava abbracciando Reyna, che piangeva, in quanto era successo tutto quel casino solo perché non era stata in grado di difendersi. «Se ho capito bene – intervenne Re Vegeta – Tarble si è sforzato troppo senza saperlo, ed è caduto in uno stato di catalessi, non è così? ». «Precisamente». Vegeta, con una voce strozzata dal pianto, disse: «Se può essere utile, i suoi capelli e la sua aura hanno cambiato colore, diventando dorate».
 
A casa di Bardak erano stati accolti inizialmente due saiyan: il primo era Turles, che era stato accolto per capire perché lui, Kakarot e Bardak si assomigliassero così tanto, e la seconda era Pepper, che non aveva una casa, e che Taanipu già immaginava come compagna di Radish, anche se lui lo negava, arrossendo. Per complicare le cose, anche Paragas e Broly si stabilirono in soggiorno. Bardak stava con suo fratello, discutendo soprattutto di come fosse andata ad entrambi durante quei lunghi anni. «Quindi sei diventato Gran Generale! Certo che ne hai fatta di strada, da quel giorno!» esclamò Paragas. Bardak ripensò a come, poco tempo prima, nel giorno in cui lo avevano nominato GGES, avesse ripensato al loro primo giorno da soldati, così come il suo fratellone lo ricordava in quel momento. «Ho pensato anche a te nel giorno in cui mi hanno nominato Gran Generale! Ora riesco a capire perché non sei venuto…». «Bando ai ricordi, hai avuto due figli e una moglie gentilissima… Ti sei dato da fare! ». «Già, però vedo che anche tu hai un figlio! » disse ingenuamente Bardak, sorridendo. Il volto solare di Paragas si rabbuiò, facendo risaltare una cicatrice sull’occhio sinistro, che Bardak non aveva neanche notato. «Mia moglie…». «Spiegati meglio! ». «L’avevo trovata nella parte sud del pianeta, ed era bellissima. Abbiamo avuto un figlio, Broly, e avevamo deciso di fare un altro figlio. Pensammo di trasferirci su Meat, colonizzato da poco, e così abbiamo fatto… Fu un terribile errore. Trascorso poco tempo dal nostro trasferimento, arrivarono i soldati di Freezer a conquistare il pianeta; io e la mia famiglia ci nascondemmo, e addestrai Broly a combattere. Un giorno, però, ci catturarono, e presero mia moglie, conducendola via, sebbene fosse incinta. Un giorno mi giunse notizia che l’avevano stuprata, uccidendo lei e mio figlio». Fece una pausa per asciugarsi le lacrime, poi riprese: «Riuscii ad organizzare una fuga collettiva, siccome per la rabbia uccisi le sentinelle; ci eravamo nascosti in una nave, su cui c’erano altri saiyan, compresi Saegi, l’ex-GGES, e Kollifum, il suo compagno di lotta; non feci che peggiorare la situazione, siccome i soldati presero la nave e conquistarono le città che non avevano ancora conquistato. Mi sentii in colpa per ciò che era successo, e avendo perso tutto tranne mio figlio, persino la speranza di ritrovarti, persi anche la voglia di vivere, almeno fino a quando non mi hai liberato, insieme ai pochi superstiti che non erano ancora stati presi e usati come cavie per i loro folli esperimenti». Bardak fissò il fratello, poi lo abbracciò, sussurrando: «Promettimi che non mi abbandonerai più. Promettilo… ».
 
Kakarot e Radish stavano conducendo Broly, Pepper e Turles al luogo in cui, in genere, si allenavano insieme a Vegeta e Tarble. Radish avanzava mano nella mano con Pepper, mentre Kakarot parlava con tono curioso con i due amici, che erano molto contenti della sua presenza. «Quindi – chiese Kakarot a Turles – il mio nonno paterno e il tuo sono la stessa persona? Urca, ci assomigliamo davvero tanto, vero Broly? ». «Sì… Ammesso che non siate la stessa persona! » rispose, sorridendo. «Sei forte, Broly? » lo sfidò Turles. Broly aveva il petto nudo, pantaloni bianchi e della seta rossa legata intorno alla vita; sul corpo erano presenti dei bracciali color oro con delle gemme blu incastonate, esattamente come le scarpe. Aveva una lunga chioma nera, e spesso un’espressione apatica. «Secondo te? » chiese il saiyan, con tono pacato. «A giudicare dal fatto che tu non indossi un’armatura da combattimento mi fa pensare che tu non combatta». «È qui che ti sbagli… Non ne ho bisogno! » sogghignò. Turles, sentendosi molto offeso, scattò verso il nemico, che schivò il colpo senza problemi. «Hanno entrambi un livello molto alto… Intorno ai 4000…» affermò Pepper. «Eppure Broly sembra in vantaggio…» disse Radish. Turles continuava a bersagliare Broly di pugni, che mancavano il bersaglio oppure venivano tranquillamente intercettati. «Ora capisci perché non ho bisogno di armature? » rise. Sferrò un pugno in faccia al povero Turles, che tentennò. «Non posso più aspettare! Voglio combattere contro di te, cugino! La tua forza mi fa venire voglia di lottare! » esclamò Kakarot, levandosi lo Scouter. «Come preferisci…» rispose Broly. Kakarot si avvicinò e iniziò a fissare l’avversario. «Trovato! » esclamò. Sferrò un calcio verso il ginocchio sinistro, che Broly riuscì a bloccare facilmente, e una gomitata sul fianco destro, che andò a segno, facendo gemere l’avversario. «In allenamento con mio padre davo il massimo. Sei pronto? ». Detto ciò, la lunga chioma di Broly si sollevò, e l’aura verde del saiyan lo avvolse completamente. «Come può essere di 8000?!?! » esclamò il sosia di Kakarot, che aveva preso il suo Scouter per analizzare Broly. «Stai scherzando? » chiesero all’unisono i due spettatori, che arrossirono. L’attraente saiyan fece l’occhiolino a Radish, poi tornò a guardare lo scontro. «Allora anch’io mi impegnerò! Kaio-ken… ». L’aura bianca di Kakarot lasciò il posto ad una rossa, che lo avvolgeva. «Con questo arriva a 3500 – disse il fratello – non basterà…». «… LIVELLO 3! ». Radish trasalì: «Non può fare questo sbalzo senza i livelli intermedi! Si affaticherà troppo… Devi resistere, fratellino».
 
Nella biblioteca reale, dove in genere non viene nessuno, si sentiva un forte rumore, dovuto alla ricerca frenetica di un libro contenente la descrizione di ciò che era accaduto al malcapitato principe. Tutto era ordinato, prima di quel giorno: in quell’istante, però, Vegeta aveva rovesciato montagne di libri, non curandosi del loro valore, e persino uno scaffale. «Piantala!» sentenziò suo padre. «Di questo passo finirai per distruggere tutto! Ti rendi conto di ciò che stai facendo?». «Lasciami in pace, e se vuoi renderti utile e rendermi felice, perché non mi aiuti a cercare un manoscritto inerente a ciò che è accaduto?!». Il re gli rifilò uno schiaffo. «Piantala. Se non mi ascolti ti esilio per una settimana su Kanassa. Cerca con calma in questa sezione» suggerì Re Vegeta, indicando uno scaffale impolverato. «Si dice che siano le leggende più antiche del pianeta, risalenti alla conquista del nostro pianeta». Vegeta afferrò un libro che sembrava essere molto antico, e lo esaminò. Quando arrivò alle ultime pagine, lo scartò. Continuò per un po’ di tempo, poi, quando arrivò a un libriccino di poche pagine, trasalì. «Padre – disse, con un filo di voce – forse dovresti venire a vedere…». Il re si avvicinò, e dopo una rapida occhiata disse: «Avvisa il tuo amico Radish, raduniamo il Consiglio di Guerra!».
 
Bardak riprese il discorso, una volta asciugate le lacrime: «Ad ogni modo, sai niente su questo Freezer, a parte che è un essere molto forte?». «Innanzitutto, so che, a questo livello, i saiyan non ce la potranno mai fare a sconfiggerlo; oltre a questo, so che l’universo è molto esteso… E che ciò che non conquista o distrugge, lo assoggetta al suo potere» riferì Paragas. «Potresti essere più preciso?» chiese Bardak perplesso. Taanipu sentiva tutto dalla cucina, e intervenne: «Non c’è proprio modo di sconfiggerlo? Non credo che qualcuno possa essere tanto potente… ». «È qui che ti sbagli, cara: il suo potere è temuto in tutta la galassia… Ho però sentito dire che ci sono spesso delle rivolte, e che vengono represse nel sangue: se noi intervenissimo, potremmo renderle nostre alleate per sconfiggere il tiranno». Dopo aver detto ciò, Paragas estrasse da sotto il suo mantello bianco una mappa. «L’ho sottratta agli scagnozzi di quel bastardo. È un po’ sporca di sangue, ma si legge benissimo». Una voce familiare, proveniente dalla finestra, chiamò: «Bardak, sei ancora qui? Anche voi, dai, venite! È stato riunito il Consiglio con urgenza!». «Toma? Ma perché è stato riunito il Consiglio così all’improvviso?» rispose Bardak. «Ne sappiamo quanto te… Ci siamo tutti noi del gruppo ad aspettarti, non ti far pregare!». Senza indugiare, Bardak, Paragas e Taanipu uscirono e, riuniti con gli altri, si diressero verso il palazzo.
 
Kakarot respirava affannosamente, mentre tentava di affrontare suo cugino, che iniziava ad essere in difficoltà. «COLPO ENERGETICO AD ALTA VELOCITA’!». “Dai Kakarot, che lo mandi al tappeto!” pensava Radish, entusiasta della piega che lo scontro stava assumendo; il colpo centrò in pieno l’avversario, che non aveva avuto il tempo di spostarsi. Broly zoppicava, e il petto era tutto rosso e coperto di lividi. D’un tratto, la sua espressione cambiò, ed esclamò, con una voce diversa: «La mia forza aumenta… Il potere necessario… Fatevi avanti anche tutti insieme, non vi temo: semplicemente so che non ce la farete!». Pronunciata questa frase, rise in maniera sadica, quasi a voler imporre la sua supremazia su di loro. Si passò una mano sul petto, trascinando molta polvere con sé. Turles si scagliò verso di lui insieme a Kakarot, mentre Pepper e Radish assistevano alla scena, esterrefatti. Il loro attacco congiunto era mirato alle ginocchia sguarnite, ma Broly con un salto evitò i loro colpi e gli rifilò un calcio in faccia a testa. A quel punto Turles puntò il suo braccio verso il nemico, da cui fuoriuscirono diversi colpi di color bianco/viola, lo stesso del suo ki. Nello stesso tempo, mentre Broly si voltava verso le onde di energia, Kakarot si portò dietro di lui e lo colpì ai fianchi: Broly cadde a terra, ma si rialzò subito dopo, tornando ad avere la sua solita faccia, e ridendo esclamò: «Basta così, siete forti insieme! Hehehe! D’ora in poi alleniamoci così, anche con voi due, – e indicò i due spettatori, che si tenevano costantemente per mano – non vorrei che vi rammolliste!». Quelle risate sincere vennero presto interrotte da due individui che atterrarono in mezzo al campo: una era Reyna, l’altro un saiyan dalla capigliatura familiare per Kakarot e Radish, che però si stava cercando di strappare la pelle e la corazza, e il volto rossastro era ricoperto di lacrime. «Venite, c’è una sessione urgente del Consiglio di Guerra! Potete venire tutti, siccome è una riunione speciale… ». Radish stava fissando lo strano individuo, quando chiese, timoroso: «V-Vegeta? Sei tu?».
 
Vegeta piangeva. Era solo, secondo lui. Nella disperazione, voleva uccidersi e cercava di graffiarsi per far uscire quel liquido vermiglio, che lo teneva in vita. Ricordava quando Tarble emise i primi vagiti, una volta nato, e anche quanto gli desse fastidio; ricordava quando doveva badargli mentre i suoi genitori erano agli impegni legati al loro titolo; ricordava quanto non lo sopportasse; nonostante tutto, ora piangeva, ed era disperato. “Perché? Perché? Tarble… Freezer! Te la farò pagare! Fosse l’ultima cosa che faccio! Forse però è meglio aiutare prima mio fratello… No! Devi farla pagare al tiranno! Cibati del tuo e del suo odio, diventa più forte, principe saiyan! È sbagliato, e lo sai benissimo… Aspetta, il tempo curerà tuo fratello… No! Non ce la fa! È la vasca che lo tiene in vita!”. I pensieri di Vegeta si facevano strada nel suo subconscio, mandandolo in confusione, e facendolo cadere sempre di più nello sconforto. «Vegeta…». Radish, il suo migliore amico, era in ginocchio, che piangeva. Persino Broly e Turles, intenti a parlare, si zittirono. Reyna teneva il viso girato dalla parte opposta per evitare di piangere. «Principe… C’è il Consiglio, non possiamo tardare…». «ZITTAAAAAAA!» urlò Vegeta, che iniziò a battere la testa per terra. «Sono un fallito… Non l’ho protetto… Devo morire. È la mia punizione!!!». Il saiyan, in preda alla follia, nel tentativo si strapparsi ancora di più la pelle, cadde per terra, contorcendosi e piangendo; il terreno si cosparse di liquido rosso, il suo sangue, misto alle lacrime che si amalgamavano con questo, rendendolo più chiaro. Il simbolo della famiglia Vegeta, dipinto sull’armatura, era completamente ricoperto dal liquido plasmatico. «Reyna, dimmi dove condurlo» disse Radish. «Seguimi… Come ho già detto, venite tutti, siccome vi può interessare ciò di cui parleremo…» rispose. Reyna si librò in volo, seguita da Radish e Pepper, che sostenevano il corpo del giovane principe, a loro volta seguiti da Kakarot, Broly e Turles, che non esalavano neanche un respiro. «Punizione… Tarble… Morire…». Vegeta diceva, con quel filo di voce che gli restava, parole senza senso, e la sua mente era annebbiata non per il rimorso, ma per la paura di quello che sarebbe successo a suo fratello.
 
Dentro a una stanza del palazzo di Re Vegeta si stava tenendo la riunione. Seduto su un trono, c’era Re Vegeta, seguito dalla moglie Rosecheena, da Vegeta, che riusciva a malapena a tenere aperti gli occhi, da Radish e Pepper, la squadra di Bardak, gli anziani, Kollifum, Saegi, Bardak, e Reyna, che sedeva accanto al re, ma dalla parte opposta rispetto alla regina, che piangeva vedendo i suoi figli in quello stato. I ragazzi stavano in piedi ad ascoltare. «Innanzitutto – annunciò il re – dico subito che, facendo delle ricerche, abbiamo scoperto che Freezer non è solo nella conquista dell’universo, ma è accompagnato da suo fratello, Cooler, e da suo padre, Re Cold, che si sono divisi i territori conquistati». Subito ci fu un’interruzione, da parte di Bardak: «Sono forti quanto Freezer?». «Scusate, – rispose il re – ma prima ho detto una cosa errata: Freezer accompagna Cooler, che è suo fratello maggiore, non il contrario… Però, da quanto ho capito, Freezer si occupa delle conquiste, mentre Cooler tiene in riga i popoli conquistati, schiavizzandoli utilizzando dei mostri-pianta, tali Saibaimen. Il re ha una forza molto inferiore, ed è dovuto alla sua vecchiaia. Comunque, sembra che Freezer abbia un livello di combattimento pari a 100.000; degli altri non abbiamo notizie certe, ma presumiamo che Cooler sia anche lui attorno a quel livello combattivo, mentre il padre ne ha uno decisamente inferiore». «Tutto qui?» chiese Saegi. «No, stavo arrivando al dunque… Tarble non può essere curato, come sapete, e sul nostro pianeta non c’è cura al suo sforzo sovrumano. Questa mutazione muscolare, che lo ha portato ad avere un livello di combattimento vertiginosamente alto, cioè 16.000, è una trasformazione che, secondo una leggenda…». Vegeta iniziò a parlare, sovrastando il padre, che tacque all’istante. «Il punto è che una leggenda dice che i saiyan sono capaci di trasformarsi in un essere superiore, che ha consentito loro di conquistare il pianeta Vegeta». «Cioè?» chiese Kakarot, mentre si grattava la testa in atteggiamento dubbioso. «Con questa trasformazione si ottengono poteri inimmaginabili: Tarble prima aveva una potenza pari a 250, dopo di 16.000! Il suo nome… – disse, mentre la voce si affievoliva sempre di più – è Super Saiyan».

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Ciao a tutti, questo è il quarto capitolo della mia fanfiction sull'affascinante ed eventuale destino che avrebbe potuto avere la sfortunata razza saiyan. Aspetto le vostre recensioni, positive o negative che siano! ;)
 

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Capitolo 5
*** Tutto inizia con piccoli gesti ***


Capitolo 5 – Tutto inizia con piccoli gesti – Kakarot

«Continua!». Kakarot continuava a cercare la misteriosa figura incappucciata, che aveva sconfitto uno alla volta i suoi compagni: Turles, Broly, Vegeta, Tarble, Reyna, Pepper e Radish. Erano tutti a terra, ricoperti dalla polvere e dal sangue, che ancora sgorgava dalle loro ferite. Le loro armature erano distrutte, così come i loro volti. L’aura rosso fuoco di Kakarot e del suo Kaio-ken alimentavano la sua furia distruttiva. «Freezer… TI UCCIDERÒ!». Solo la sua forza di volontà lo tratteneva ancora nel mondo dei vivi.  «Hm hm hm… L’insetto tenta ancora di volare…». La sua voce era come un coltello che strisciava sopra una pietra, e indisponeva molto il giovane saiyan. All’improvviso, al suo fianco apparve un tizio, che aveva anche lui il cappuccio. «Dai Freezer, ti sei divertito abbastanza! Lascialo a me…». «Ok fratellone – disse Freezer al tipo – ti concedo un po’ di divertimento… Non sprecare quest’occasione!». «Hm… Per tua informazione, sono un tipo molto irritabile! Sono Cooler, e non mi diverto da un bel po’!» disse questo tizio a Kakarot. «Fatti sotto!» esclamò il giovane. «Come preferisci…» disse sogghignando. Kakarot non lo vide, e l’avversario si materializzò dietro di lui. Si voltò di scatto, e fu colpito da una fortissima gomitata in pancia. Kakarot si rialzò e concentrando l’energia esclamò: «COLPO ENERGETICO AD ALTA VELOCITÀ!». Il velocissimo colpo energetico rossastro iniziò a inseguire Cooler, che riusciva a mantenersi a distanza. Arrivato davanti al saiyan, esclamò: «Oh no! Non riesco più a fuggire!». Kakarot fece per afferrarlo, ma l’alieno sparì, e venne colpito dalla sua stessa tecnica. Kakarot era steso a terra, e aveva un’espressione spenta. Stava morendo. «Addio, insetto!». Detto ciò, Cooler iniziò a sbattere la testa del saiyan, finché la sua aura rossa non sparì. «Bene… Credo che sia giunto il momento di finirti!». Detto questo, alzò un dito, da cui partì un sottile raggio di energia, lo stesso che aveva usato Freezer per uccidere i giovani saiyan.
AAAAAAAAAAAH! Kakarot sobbalzò, facendo svegliare anche Turles, ritrovandosi, in un bagno di sudore, nel suo letto.
«Che ti è saltato in mente? Mi hai fatto svegliare!» esclamò irritato. «Scusa, è che ho avuto un incubo…» si giustificò il saiyan. «Fantastico – commentò Turles – ho un cugino patetico che ha gli incubi…». «… In cui siamo morti tutti per colpa di Freezer…». «Sì ok bene. Molto interessante. YAWN!» disse, senza ascoltare il parente, prima di tornare sotto le coperte. “Forse ha ragione… – pensò Kakarot – Mi sto preoccupando troppo!”. Mentre stava per tornare anche lui a dormire, Taanipu irruppe nella stanza: « È da mezz’ora che vi chiamiamo! È pronto da mangiare! Dai, dopo dovete andare ad allenarvi…». «Perché, mamma? Perché così presto?» chiese Kakarot. «Già, zia, ho sonno!». «Io e Bardak dobbiamo andare a decidere come organizzare la guerra contro Freezer… Voi allenatevi in vista dei combattimenti! Ieri avete sentito che Freezer ha un livello di combattimento pari a 100.000, no? Credo che sia persino il suo valore normale, non quello alla massima potenza…». Mentre scendevano le scale che conducevano in cucina, Kakarot sentì le risate di suo fratello, e sorrise, tirando un sospiro di sollievo, siccome era ancora sconvolto da quell’incubo tanto orribile. Di sotto, Bardak e Paragas erano appoggiati al muro a raccontarsi storie, mentre Broly, Radish e Pepper stavano ridendo, seduti al tavolo dove era pronta la colazione. «Forse è meglio dimenticare questa storia…» disse tra sé e sé Kakarot. «Quale storia?» chiese Turles. «Se ne avrò il tempo te la spiegherò, cugino».
 
Radish stava lottando contro Broly, mentre Turles si stava riscaldando. Il terreno era ancora sporco del sangue di Vegeta del giorno precedente. Kakarot stava fissando il vuoto, immerso nei suoi pensieri: era così forte Freezer? Tra lui e Cooler scorreva buon sangue? Sarebbe stato possibile affrontarlo? Riflettendo su tutte queste domande, non si accorse che Pepper si stava avvicinando a lui. «Ehi – disse, per richiamare la sua attenzione – che cosa ti succede? Sembri strano… Perché non ci racconti cos’è successo?». «Preferirei non parlarne…». «Dai… Fai solamente la scelta peggiore! Facciamo così: io e te combattiamo, e chi vince decide se dovrai confessarci il tuo segreto!». Il sorrisetto malizioso di Pepper era adorabile, e Kakarot arrossì. «In questo caso… Affare fatto!». I due presero gli Scouter e chiesero agli altri di restare a guardare. Radish urlò: «Dai Kakarot! Non ti puoi far battere da una femmina!». «Concordo! Porta alto l’onore della famiglia!» esclamò Turles. Broly se ne stava zitto, ad assistere al duello con il suo solito sguardo apatico. Pepper avvisò l’avversario: «Sei pronto? Ora arrivo!». Accompagnata da una risata solare, la giovane saiyan si scagliò verso Kakarot, che era sull’attenti. «Uhm… Hanno un livello di 3.000 Kakarot, mentre Pepper di soli 1.000… Non ce la può fare… » disse rassegnatamente Turles. La saiyan, invece di colpire l’avversario, iniziò a girare intorno a lui, creando un vortice, che risucchiò Kakarot. «Pronto?» esclamò, con un certo charme. Iniziò a bersagliare il tornado alla base con molti piccoli colpi di ki, che però non colpivano l’avversario. «Tecnica interessante – commentò il sosia di Kakarot – peccato che sia totalmente inutile». «Aspetta a giudicare – intervenne Radish – guarda e stupisciti». Broly e Turles tornarono ad osservare il combattimento. Tutte le sfere  di aura stavano venendo risucchiate verso l’alto, e in questo modo colpirono Kakarot da ogni lato, sollevando una grande nube di polvere. Contrariamente a quanto si aspettasse Pepper, quando la polvere si diradò, Kakarot era avvolto da un’aura rossa, e privo di ferite; si capiva che era stato colpito solo perché la sua battle suit era a pezzi. «Non male – esclamò Kakarot, ridendo – ma ora tocca a me!». Detto ciò, posizionò le mani a palmo aperto, su cui si stava concentrando una grande quantità di ki rossa tipica del Kaio-ken, ed esclamò: «Prova a schivare questo: COLPO ENERGETICO AD ALTA VELOCITÀ!». Pepper iniziò a volare, circondata dalla sua aura azzurro ghiaccio, in un disperato tentativo di schivare quella tecnica tanto veloce. «L’ho perfezionata – sogghignò Kakarot -  adesso insegue l’avversario… La vittoria è mia! Arrenditi!».
 
Pepper cadde a terra, svenuta. Gli spettatori erano atterriti. Sul volto di Kakarot si stava formando un’espressione sadica, e gli piaceva. “Forse è questo che provano gli altri a lottare? Sembra bellissimo… No! È un errore! Non farei volentieri del male neanche ad una mosca! Questa emozione… Mi stimola… Tira fuori il meglio di me… AHAHAHAH!”. I pensieri di Kakarot differivano tra loro, e lui non sapeva più che pensare; nonostante tutto, rimaneva un sorriso sadico stampato in volto. Radish era appoggiato sul corpo della saiyan con le lacrime agli occhi: «Cosa ti salta in mente?! Sei forse uscito di senno?». «Doveva pensarci due volte prima di non farsi gli affari suoi!» ribatté duramente Kakarot, con un tono di voce diverso dal solito. «Come osi? Preparati a perdere! Sei sempre stato più debole di me!» lo sfidò il fratello. «Staremo a vedere…».  Kakarot tornò ad assumere una posa da combattimento. «Ti sto aspettando…». Con un urlo di frustrazione, Radish si avventò sul fratello, e lo colpì sulle ginocchia; lui, mentre cadeva, si appoggiò a terra con le braccia e gli sferrò un calcio sul collo, che lo fece indietreggiare. «Ti voglio fare un regalo – disse Radish, mentre una sfera energetica viola si formava sul suo palmo sinistro – la fine dello scontro sarà rapida e indolore! PRENDI QUESTO!». Radish sferrò un colpo che prese in pieno il fratello, che barcollò e cadde. La sua espressione sparì, e si rialzò. «Urca! Cos’è successo?». Turles e Broly erano sbalorditi. Radish gli chiese: «Non ricordi? Tu hai picchiato Pepper! Mi hai fatto arrabbiare! Ti ho colpito…». La forza di suo fratello era fortissima, ed era tutta sopita. Un altro dei suoi doveri aveva preso forma: allenare Kakarot. Era la prima volta in cui Radish pensò ai Super Saiyan, oltre a quando li sentì per la prima volta. «Non è possibile! Quello non ero io! Non lo farei mai!». «Forse – intervenne Turles – dovremmo dire tutto questo a un medico…». «Buona idea – disse Kakarot, fraintendendo il soggetto dell’osservazione del suo sosia – portiamo Pepper alle vasche!».
 
Radish cercava di distogliere lo sguardo da suo fratello per volgerlo alla vasca in cui giaceva il corpo della saiyan. I suoi capelli rossi volteggiavano nel liquido curativo, come se fossero mossi dal vento; più e più volte il giovane aveva perso il suo sguardo nella capigliatura della sua amica. Turles tamburellava freneticamente con le dita della mano sinistra su un tavolo, mentre faceva braccio di ferro con Broly. Solo Kakarot non si preoccupava di ciò che era accaduto, forse perché era ingenuo, forse perché non aveva ancora capito cosa fosse successo, forse perché si sentiva stanco; i suoi pensieri volgevano a Tarble, perché quando fissava Pepper vedeva al suo posto il suo giovane amico. “Non posso essere stato io – pensava – non ne combino così grosse! Devi ancora scoprire la tua vera natura… Una selvaggia indole da combattente saiyan! Non da pappamolle! Ma non… Piantala! Sono io che deve tormentarlo…”. Le idee confuse cercavano di farsi strada ancora una volta in Kakarot, facendolo cadere in una sorta di catalessi mentale.
Quando Pepper uscì dalla vasca e si rimise la battle suit, osservò il saiyan che l’aveva aggredita. «Quello non potevi essere tu – lo giustificò, lasciando tutti di sasso – comunque ti devo ringraziare: innanzitutto, ho incrementato la mia potenza, e poi mi hai fatto provare emozioni che non ricordavo neanche che potessero esistere!». Poi lo baciò: questo gesto suscitò molto imbarazzo in Radish, che sembrava essere diventato viola. «Cosa facciamo ancora qui? Dobbiamo mangiare!» esclamò Broly, supportato dal brontolio del suo stomaco, e seguito da una risata collettiva.
 
Nel palazzo di Re Vegeta si poteva percepire la tensione nell’aria. Il Consiglio si era riunito ancora una volta per decidere se intraprendere una guerra contro il tiranno spaziale, e molti erano discordi tra loro. Secondo il monarca dichiarare guerra a Freezer era la soluzione migliore, siccome, prima o poi, li avrebbe attaccati; secondo la maggior parte degli anziani era meglio stringere un’alleanza con Freezer, sostenendo che avrebbe giovato ad entrambi; molti altri non avevano osato esprimere la loro opinione. «Ditemi un solo motivo – chiese Saegi – per cui l’imperatore spaziale vorrebbe allearsi con noi! Non gliene importerebbe niente di un popolo che controlla a malapena un piccolo sistema! Ci potrebbe distruggere, a mio parere, come e quando vuole: fidatevi, io sono stato nelle loro prigioni, e so che i soldati che presidiavano Meat, che eguagliavano la forza di un saiyan sopra la media, erano infinitamente più deboli delle squadre d’elite». Kollifum intervenne in suo aiuto: «Se non dichiarassimo guerra, ma ci allenassimo continuamente per raggiungere questo stadio di  Super Saiyan, avremmo molte possibilità in più di riuscire a combattere ad armi pari». Il suo intervento fu seguito da un discreto numero di applausi, ma Toma si alzò: «I saiyan non sono codardi! Dobbaimo provare a fronteggiarli a viso aperto, sono d’accordo con Sua Maestà, tanto se non moriamo adesso, lo faremo dopo». Gli unici che lo supportarono furono i membri della famiglia reale che erano quelli che contavano di più in Consiglio, seguiti subito dopo dal GGES; proprio quest’ultimo, Bardak, si alzò per esprimere la sua opinione: «Se me lo consentite, vorrei dire la mia: in un impero vasto come quello di Freezer è impossibile che non ci siano focolai di rivolta. La cosa migliore da fare, a parer mio, sarebbe di attaccare i pianeti vicino ai nostri, senza dichiarare guerra al tiranno, per liberare le popolazioni locali dal suo dominio: così facendo le tireremo dalla nostra parte, formando una lega che diventerà sempre più grande, in grado di fronteggiare l’armata congiunta dei due figli di Cold. Nel frattempo, un manipolo scelto di saiyan  andrà verso un pianeta di cui mi parlava mio nonno, Namecc, in cui si dice che ci siano degli oggetti in grado di esaudire desideri; in base a quanto sappiamo dalle mappe nemiche che mio fratello ha recuperato, Namecc non è ancora sotto il controllo di Freezer, e ha una guerra in corso con il tiranno, che invia contingenti dal pianeta Freezer al pianeta Terra, e da quest’ultimo ai nostri potenziali alleati; il desiderio verrà utilizzato per svelarci il modo con cui si può diventare Super Saiyan, e su Namecc esiste una medicina talmente sviluppata da poter guarire il principe, che grazie allo Zenkai Power acquisirà un potere inimmaginabile per la durata del suo coma». L’intervento di Bardak fu accolto con applausi, complimenti e addirittura lacrime dai suoi compagni e parenti, che si erano commossi. Il principe Vegeta, che era sempre stato in silenzio e in uno stato di catalessi, si diresse verso Bardak e il padre, e si gettò ai loro piedi. Piangendo, disse: «Vi prego, affidate a me il comando della spedizione su Namecc! Non sopporto l’idea di dover restare a guardare, impotente, mentre mio fratello lotta tra la vita e la morte! Affidi a me il compito!». Il re lo fissò duramente, e capì che quello che diceva era la verità. «Va bene – sentenziò infine – conto su di te: non deludermi! Hai già scelto i tuoi compagni? Potresti portarti Nappa e Zorn…». «Non se ne parla! Andremo io e i ragazzi. Sarà una passeggiata, vedrai…» replicò, ritrovando il suo carattere altezzoso e superbo.
 
I ragazzi avevano deciso di non parlare più dei fatti accaduti la mattina; dopo che si erano rifocillati, avevano ripreso gli allenamenti, continuando fino a sera. Stavano tornando verso casa, quando Vegeta, con abiti nuovi e privo di ferite, li raggiunse. La sua espressione era raggiante, e tutti si domandavano il perché. «Vegeta… Sembri rinato! Sei tornato quello che tutti conosciamo?» chiese timorosamente Radish. «Certo, e porto grandi notizie: ci sarà una spedizione per andare a Namecc, e indovinate chi ci andrà?» esclamò euforico il principe. «Tuo padre?» chiese con sarcasmo Turles. «Partiremo domani in tarda mattinata, cercate di stamparvelo in testa! Chi non viene è uno senza palle!». «Quindi veniamo tutti noi?» chiese stupito Broly. «Il nostro obiettivo principale è di arrivare su Namecc, per guarire mio fratello e venire a conoscenza di come si diventa Super Saiyan, e lungo la strada dobbiamo cercare di stringere più alleanze possibili con i popoli che incontreremo. Altre domande?» fece il saiyan, con un tono strafottente. «Sì – rispose Kakarot – pensi che ce la faremo?». «Le domande retoriche non sono incluse: a domani!». Detto questo, partì a razzo verso casa sua, avvolto dalla sua aura violacea. Gli altri, ancora scossi, facevano fatica a comprendere il messaggio che aveva riferito, e credevano fosse frutto della loro immaginazione, ma quando varcarono la porta di casa…
«Bravi! Complimenti! Evviva! Festeggiamo!». Questo coro di voci indistinte confuse ancora di più i ragazzi, che non sapevano da che parte guardare. La casa era stata abbellita, e c’erano tutti gli amici di Bardak e Taanipu, che avevano voluto commemorare l’evento. Bardak fece un gran respiro, poi iniziò a parlare: «Ragazzi, oggi abbiamo deciso di festeggiarvi perché parteciperete ad una spedizione pericolosa, che vi farà diventare eroi per ogni componente del nostro popolo, perché ciò che costituisce il nostro popolo sono gli eroi, che sono esempi per i più giovani, ma anche per i più anziani: più eroi ci saranno, più a lungo la nostra specie sopravviverà. ALLA SALUTE!». Tutti alzarono un calice contenente il miglior vino del pianeta Vegeta, e brindarono per augurare un buon inizio della nuova vita dei ragazzi, una vita da eroi. Toma e Seripa passarono la serata a parlare insieme a Paragas e Taanipu, mentre Bardak rideva e scherzava insieme ai suoi compagni di armi. I ragazzi, scossi e confusi, preferirono andare a dormire, per essere pronti alla partenza dell’indomani.
 
Appena fuori dal palazzo di Re Vegeta, nella Piazza Grande, si era radunata tutta la popolazione saiyan, che assisteva ai preparativi della più grande partenza della loro storia: sette saiyan adolescenti sarebbero partiti per compiere una missione molto complicata, difendendo il principino Tarble, cercando nuove alleanze e ostacolando l’egemonia di Freezer; al centro della piazza c’era un astronave enorme, che stava riscaldando i motori; il primo a salirci era stato Turles, che non aveva nessuno da salutare; poi arrivò Broly, che aveva ricevuto dal padre il suo primo Scouter, seguito da Kakarot, che indossava in fronte una replica della fascia di suo padre, e da Radish e Pepper, che si reggevano mano nella mano; per ultimi, salirono Reyna, che portava la barella contenente Tarble aiutata da Nappa e Zorn, e Vegeta, che salutò il suo popolo con un cenno del capo. Non appena le due guardie del corpo reali scesero, l’astronave decollò, e tutti i saiyan rilasciarono parte del loro ki per formare dei fuochi d’artificio, che celebravano la partenza. “Urca! Ne sarò all’altezza? Riuscirò a tornare? Se tornerò, lo farò da vincente o da fallito?”. Questi pensieri accompagnavano Kakarot, che insieme agli altri varcava l’atmosfera rossastra del pianeta Vegeta, immergendosi nella vastità affascinante dello spazio.

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Ciao a tutti! Scusate l'attesa ma il pc si era rotto :( Comunque commentate e recensite per dirmi se vi piace la storia, la cui parte migliore è appena iniziata... Nei prossimi capitoli approfondirò i personaggi di Broly e Turles, quindi, se siete curiosi, seguite la mia fanfic! Ciao, e a presto!
- alex99x

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