SABBIA di Stray (/viewuser.php?uid=3388)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** The beginning of the end ***
Capitolo 3: *** The director syndrome ***
Capitolo 4: *** White flag ***
Capitolo 5: *** Breathe before to jump ***
Capitolo 6: *** The best shot ***
Capitolo 7: *** Apocalypse now ***
Capitolo 8: *** A battle lost ***
Capitolo 9: *** A battle won ***
Capitolo 10: *** Happy hour ***
Capitolo 11: *** Fear ***
Capitolo 12: *** Future in present tense ***
Capitolo 13: *** My eyes on you ***
Capitolo 14: *** XX ***
Capitolo 15: *** H2O ***
Capitolo 16: *** Photosynthesis ***
Capitolo 17: *** Movement ***
Capitolo 18: *** Going offstage ***
Capitolo 19: *** The longest countdown - Peace time ***
Capitolo 20: *** Knowing no one ***
Capitolo 21: *** This foolish thing ***
Capitolo 22: *** Covered in blood ***
Capitolo 23: *** The day after's refrain ***
Capitolo 24: *** Before flowers fall ***
Capitolo 25: *** Losing the meaning ***
Capitolo 26: *** Oxygen ***
Capitolo 27: *** Precious things ***
Capitolo 28: *** Step-by-step ***
Capitolo 29: *** It's all the small and tiny things you do for me that I will always remember ***
Capitolo 30: *** The world where you are ***
Capitolo 31: *** Children of Eden ***
Capitolo 32: *** To take this hand ***
Capitolo 33: *** Pages ***
Capitolo 34: *** A matter of need ***
Capitolo 35: *** Taboo ***
Capitolo 36: *** Prelude to the last battle ***
Capitolo 37: *** Under my skin ***
Capitolo 38: *** Rain that doesn't know the sky ***
Capitolo 39: *** Thankyou ***
Capitolo 40: *** The act of walking on a rope ***
Capitolo 41: *** The act of falling down ***
Capitolo 42: *** I will not lose ***
Capitolo 43: *** Epilogue: 29 years old ***
Capitolo 1 *** Introduzione ***
Piccola
nota introduttiva
Mi spiace
riservare un
intero capitolo all’introduzione, ma quando e vo’
ce vo’.
Questa fic
non si può
definire né una long fic, né una raccolta di
one-shot scollegate tra loro. Ho
voluto (provare a) riportare tutto ciò che il fumetto ha
tralasciato, per
quanto riguarda la guerra di Ishvar: le scene di vita quotidiana, i
drammi
etici ed esistenziali dei nostri beniamini, in particolare di Roy e
Riza (con
l’aggiunta di Maes e Kimblee, in alcune occasioni). In
più ho cercato di far
evolvere il loro rapporto in questo contesto drammatico
(perché penso che la
guerra sia stata una pietra miliare nella loro relazione, in qualsiasi
chiave
si decida di leggerla).
Dal momento
che non
sono mai stata i guerra e in un deserto ci sono stata una volta sola, e
per
un’ora al massimo, ho cercato di immedesimarmi più
che potevo per rendere una
realtà almeno somigliante con quella ideata
dall’Arakawa. Spero di aver fatto
un buon lavoro, o comunque di non aver sconfinato troppo
nell’inverosimile.
Il rating
è arancione (lo avevo messo rosso, ma ho ridimensionato due o tre cosette...),
oltre che per alcune scene di battaglia un po’ cruente, anche
per un motivo
particolare, ma non anticipo nulla (sennò che gusto
c’è? ^^).
Voglio solo
aggiungere
che questa raccolta non sarà certo comica, anche se alcuni
momenti ironici ci saranno
(altrimenti facevo prima a suicidarmi direttamente: d’accordo
la tristologia,
ma a dosi massicce può essere fatale! Sorry _mame_
^^”).
Vi avviso
subito che
l’aggiornamento almeno fino a dicembre sarà molto
rado, causa esami
principalmente, ma anche perché ho ancora un lavoro aperto
(Raindrops) e per
certi versi in costruzione.
Ah,
già che ci sono
faccio una piccola precisazione cronologica: da fonti varie (grazie
Shatzy e
_mame_!!! ^^) so per certo che nel periodo in cui si svolge la guerra
di Ishvar
e anche questa fic, Roy e Riza hanno rispettivamente 23 e 19 anni.
Non
è un fattore
irrilevante, in alcuni casi l’età (o comunque la
loro maturità) sarà
l’argomento principale della varie riflessioni, insieme alle
altre, senza
contare che soprattutto nel caso di Riza, un cosa del genere non
può non avere
risvolti e conseguenze (stiamo parlando di un’adolescente con
in mano un’arma:
non so voi ma la cosa mi inquieta molto…).
Piccolo ed
ultima
precisazione: Maes.
Io non sono
per lo
Yaoi (si scrive così???), non penso che FMA si presti alla
cosa (è solo il mio
gusto personale: ci sono un sacco di fic sul genere davvero ben fatte
in giro,
che ho avuto modo di apprezzare), ma indubbiamente l’amicizia
tra lui e Roy, in
una situazione come la guerra (con tutte le pressioni a livello
psicologico che
può creare), si è consolidata, o ha comunque dato
vita a un attaccamento più
forte e saldo di un qualsiasi cameratismo esistente (non a caso, i rapporti
interpersonali tra soldati è
uno degli argomenti che ho cercato di dipanare, a mio avviso degno di
nota).
Bon, penso
di aver
detto tutto.
Chiedo
ancora scusa
per la lungaggine, ma visto il tema un po’ pesante e serio,
mi sembrava
d’obbligo premettere alcune cose.
Detto
questo, Grazie
come sempre per tutte le recensioni ad altri miei lavori, spero che
anche
questo sia di vostro gradimento.
Buona
lettura!
Stray
|
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Capitolo 2 *** The beginning of the end ***
The
beginning of the end
Non credeva che il silenzio potesse
trattenere tanto
disagio.
In quei trenta centimetri di distanza
tra le loro spalle,
una voragine greve come il piombo, nonostante il fuoco del
falò sia
vicinissimo, uno strano sudore freddo gli taglia la schiena come la
lama che ha
evitato poco fa.
Non è stato capace di
sostenere a lungo quello sguardo che
ricordava così diverso, così umano e innocente,
una volta…
Si chiede se anche lei lo vede
così, più adulto, più invecchiato...
O solo più mostruoso.
“Come stai?”
E’ la domanda
più stupida che gli è venuta in mente.
Ma da qualche parte doveva pur
cominciare.
“Bene. E lei?”
Non risponde: iniziare uno straccio
di conversazione dopo
anni con una palese bugia, non è quello che vuole. Si limita
a scuotere il
capo, e abbozzare un sorriso tirato.
Maes, si schiarisce la voce, ma
sentendosi ignorato, valuta
quale sia la via di fuga più vicina.
“Da quanto sei
qui?”
“Circa un
anno…”
“Ah… Non ti
avevo ancora visto.”
“Deve
essere così:
io lavoro nell’ombra.”
La osserva guardarsi le mani, posate
inerti sulle ginocchia,
un gesto che le appartiene come quella sua quasi totale
inespressività,
qualcosa di cui non si rende minimamente conto.
Altrettanto inconsciamente, lui
sfrega il pollice e l’indice
tra loro. Anche senza i suoi guanti, sente di poter emettere scintille.
“Grazie per
prima…”
“Non mi ringrazi. Potevo
sbagliare mira.”
Le sopracciglia scure si avvicinano
pericolosamente, lo
sguardo si fa dubbioso o solo fintamente sorpreso. Non sa chi dei due
sia il
più sorpresoo, da quella frase a doppio senso e doppio
taglio.
“Mi scusi. Dimentichi
quello che ho detto, signore.”
Si alza, silenziosa e solenne, o
forse è la sua presenza
discreta ma pungente che zittisce il resto del mondo, ferma
momentaneamente il
tempo.
La guarda allontanarsi, indeciso se
seguirla o meno.
Per un attimo, un attimo solo, ha
intravisto un lampo di
odio, in quegli occhi tristi e vuoti.
Per un secondo infinitesimale,
l’idea di aver avuto quel
fucile puntato sulla schiena per tutto il giorno, gli ha fatto
più paura che
l’attacco a sorpresa appena subito.
Poi, altrettanto velocemente,
è tutto passato.
Si alza stancamente, allungando il
passo per raggiungerla.
Non gli ha sparato, non lo ha fatto.
Significherà pure
qualcosa…
|
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Capitolo 3 *** The director syndrome ***
The
director syndrome
“Di’ la
verità: avevi una cotta per lei, vero?”
Maes ha voluto i dettagli, a tutti
i costi.
E quando Maes vuole qualcosa,
è meglio dargliela in fretta, prima
che diventi pericolosamente simile ad
una zecca: fastidioso e assillante come poche cose
nell’universo.
“Non dire
stronzate…”
“Perché no?
In fondo è carina…”
“Hey!”
“E questo è
un chiaro e tardivo attacco di gelosia…”
“Ripeto: non dire
stronzate! Diciamo che le ho fatto da
fratello maggiore, quando stavo da suo padre…”
“Si
ma…”
“Niente ma!
Maes, tu
hai la pessima abitudine – e dico pessima, perché
è un’abitudine da donna
– di inventarti situazioni in stile
soap opera sui fatti degli altri. Era la figlia del mio maestro. Punto.
Fine
del discorso!”
Il capitano che gli cammina al
fianco non prova nemmeno a
camuffare lo sguardo acquoso, da dietro gli occhiali rigati.
“Okay, come vuoi... Era
la figlia del tuo maestro. Ma adesso,
cos’è per te?”
Questo
lascia senza
parole il maggiore Mustang, per il resto del pomeriggio.
Così è Maes
a fare la prima mossa.
“Cosa siete?”
Trova soddisfazione nel vedere sul
viso minuto di quella
ragazzina la sessa espressione disorientata del suo amico –
anche se in parte
stemperata dall’inespressività di fondo di lei.
“In che senso?”
“Nessun senso.”
Sì, è chiaro
che la cosa non abbia nessun senso… ma lei ci
prova lo stesso, se non altro per tenerlo buono – ha
già capito che l’insoddisfazione
di quell’individuo è direttamente proporzionale al
suo grado di
insopportabilità.
“Esseri
umani?”
“Sì…
NO! Intendo voi, voi due. Tu e Roy. Cosa siete?”
Ci mette qualche secondo per
collegare la parola Roy a
un’immagine nella sua testa. Lo ha sempre considerato il
‘signor Mustang’, ora
il ‘maggiore Mustang’: non è abituata, a
pensarlo con il suo vero nome. O forse
non è più abituata a pensarlo
e
basta.
“L’uno per
l’altro?”
“Esatto!”
“Niente.”
Maes scuote la testa ridendo. Il
gruppo dei colleghi di lei è
già lontano, vicino al fuoco: non ha scampo.
“No. Io e uno di Ishvar
siamo ‘niente’.
Io e te siamo – per ora – ‘niente’.
Anche se avendo proprio Roy in comune, diventeremo ‘qualcosa’, prima o
poi… che so, ‘l’amica
dell’amico’, roba
simile…”
Quest’uomo
è matto… si
scopre a pensare Riza. E per una volta è felice che il suo
viso non sia in
grado di lasciar trapelare le emozioni più elementari.
“Qualcosa dovete pur
essere! Cosa?”
“Non lo so.”
“Conoscenti?”
“Ha vissuto da me per
molto tempo…”
“Amici?”
“Non
esattamente…”
“Non sarete
amanti???”
“NO! Ma
che…?”
“Parenti?”
“Non abbiamo legami di
sangue…”
“Meno male.
Sennò sarebbe incesto…”
“Ma se ho detto che non
siamo…”
“Scherzavo. Ma
ciò non toglie che non mi hai ancora detto cosa
siete.”
E’ stanca, sporca, e per
di più uno stupido mal di testa l’ha
appena assalita: quell’idiota di un capitano – con
rispetto parlando, si tratta
di un superiore - ha scelto il momento più sbagliato per
assillarla.
“Devi deciderti, mia
cara! In un esercito bisogna avere ben
presenti i propri ruoli, o è la fine di tutti. Mi
spiego?”
No. Ma evita di sollevare
obiezioni.
Cerca una soluzione per non
passare la notte all’addiaccio.
E dopo poco – stiamo pur
sempre parlando di Riza Hawkeye – la
trova.
“Siamo compagni
d’armi. Colleghi, commilitoni. Per l’esattezza,
io la recluta, e lui il maggiore. Può
bastare?”
Lo ha fregato.
Lo può vedere da come
il ghigno di scherno e malizia gli si
disfa in faccia.
Se si aspettava di incastrarla, ha
decisamente sbagliato
persona.
“Immagino di
sì…”
“Buona notte, capitano
Hughes.”
L’impercettibile
sarcasmo che calca sulla parla capitano,
pone fine all’interrogatorio.
Senza possibilità di replica.
“Approvo.”
Sentenzierà l’uomo la mattina dopo, ad un Roy
più di
là che di qua.
“Che? Hai bevuto,
Maes?”
“No. Ho solo detto che
approvo. Qualsiasi cosa decidiate di
essere, approvo. Io la mia parte l’ho fatta. Buona giornata,
maggiore!”
Si allontana, lasciando Roy ancora
più di là di quanto non
fosse prima.
E pensa che una sceneggiatura non
potrebbe essere più
intrigante di così.
Lo sapeva: aveva sbagliato
mestiere.
Stranamente
riesco ad
aggiornare in tempi ragionevoli… ^^”
No, il
fatto è che cerco
di portare avanti SABBIA e i 15R contemporaneamente, sennò
mi rimane solo la
depressione post-Ishvar…
Questo
capitolo è un po’
più tranquillo: mi sono accorta (per quel po’ di
capitolo che ho già scritto)
che Maes è il cosiddetto
“personaggio-pausa” nel senso che la sua presenza
(il
più delle volte) riesce a risollevare momentaneamente
l’atmosfera da
triste/tristissima a sopportabile.
Sarà
per questo che
l’adoro… ^^”
Grazie
per le recensioni!
Avevo già trattato del loro incontro nei 100 themes (mi
sembra in Memories) ma
ho voluto fare un’altra versione perché era
necessario cominciare proprio
dall’inizio.
Ho
provato soprattutto a
pensare ai pensieri di Riza e al suo stato d’animo:
l’odio momentaneo (non dirò
se lo ha percepito solo Roy o c’era davvero: vi lascio nel
dubbio ^^) nella mia
mente contorta era dovuto al fatto che dopo aver rivelato i segreti del
padre a
quel ragazzo per dei sogno nobili, se lo ritrova a compiere una
carneficina.
Ora, so che Riza non gli rinfaccerà mai una cosa del genere
(e comunque la
questione tornerà fuori tra qualche capitolo) ma penso che
almeno in un primo
breve momento lei si sia chiesta se non fosse il caso di fermare questa
follia,
eliminando uno dei principali “errori” alla
radice…
In questo
senso, “avrebbe
potuto sbagliare mira” se davvero avesse voluto.
Fortunatamente
per la
storia (e per noi) non ha voluto… ^^
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Capitolo 4 *** White flag ***
“I know I left
too much mess and
destruction to come back again
And I caused nothing but trouble
I understand if you can't talk to me again
And if you live by the rules of "it's over"
then I'm sure that that makes sense
I will go down with this ship
And I won't put my hands up and surrender
There will be no white flag above my door
I'm in love and always will be
And when we meet
Which I'm sure we will
All that was there
Will be there still
I'll let it pass
And hold my tongue
And you will think
That I've moved on....”
Dido, “White
flag”
White flag
“Sei brava. Dove hai
imparato?”
Maes si è immedesimato
subito nel suo nuovo compito.
Fare da miccia di accensione per
qualsiasi dialogo tra i
due, risulta facile solo all’apparenza – lo stesso
Roy è sempre stato
ironicamente incapace di dare il via a tutte le cose, anche le
più semplici,
che non fossero fiammelle nell’aria. Deve pensarci lui, il miglior amico.
E’ lui a iniziare,
è lui a dirigere abilmente la conversazione
– o la successione di poche frasi che dovrebbe rispondere al
concetto - è
lui a ritirarsi nell’ombra, come un
burattinaio intento a non disturbare la storia che prosegue anche senza
di lui.
Non sa nulla di alchimia, ma pensa
che qualsiasi cosa ci sia
o ci fosse stata tra loro, è un po’ come la
fiammata in un camino: finché ci
sarà ossigeno continuerà a bruciare; ha solo
bisogno che qualcuno provochi la
prima scintilla, e dia qualche riattizzata, di tanto in tanto.
Per cui “Sei brava. Dove
hai imparato?” è il suo contributo
a quella che reputa una buona causa, la sua buona azione quotidiana.
Riza sposta la pupilla concentrata
dal mirino del fucile di
precisione. Le sagome di cartone sparse per il campo di esercitazione,
momentaneamente salve.
“Mio nonno è
nell’esercito.”
Come se ciò spieghi tutto.
Un dono naturale, un destino già
scritto, qualcosa a cui non puoi sfuggire.
Il rumore secco di un altro sparo, il
tempo di veder cadere
la sagoma più lontana tra la polvere del deserto, e Maes
è già un ombra confusa
tra la folla di militari lontani solo qualche metro.
Roy si sfrega le mani tra loro,
mentre la guarda sterminare
la rada popolazione di cartone del campo. Vede cadere i modelli dalle
forme
umane, uno ad uno, e gli unici aggettivi che potrebbero rendere
giustizia al
suo talento sono precisa e letale.
“Sei davvero brava.
Troppo.”
Lei ignora l’ultima parola.
E’ l’immagine
della concentrazione: la mascella serrata, gli
occhi più fissi del sole nel cielo polveroso, le braccia
rigide e tese. Solo la
spalla si muove di qualche millimetro, ogni volta che il rinculo dello
sparo
scuote la sua esile figura.
Sembra sia il fucile a bilanciarla,
non il contrario.
“Mi
dispiace…”
Come se fosse colpa sua, ogni sagoma
caduta - ogni colpo
andato a segno è una vita in meno sul campo di battaglia,
l’indomani mattina –
ciascun singolo granello di sabbia che le sporca il viso.
Il labbro inferiore è
imprigionato tra i denti, torturato a
sangue.
“Non importa. Chi uccido,
è troppo lontano da me, perchè io
possa rendermene conto fino in fondo.”
Roy sorride, pensando alla menzogna
che si è creata attorno
per trovare un equilibrio, anche se precario, il giusto per rimanere in
piedi.
La canna traccia un arco
nell’aria, scende lentamente fino a
sfiorare il suolo. Lei sospira come se l’arma sia diventata
improvvisamente
troppo pesante.
“Non ha bisogno di
preoccuparsi per me, maggiore Mustang.
Come mio superiore non ha motivo di farlo.”
Mentre la guarda andare via, pensa
che per la seconda volta
è lei a fuggire il confronto.
Forse come superiore, non ha davvero
ragione per essere li,
come superiore non dovrebbe scusarsi, come superiore non ha bisogno di
sentirsi
in colpa.
Ma quella sua precisazione gli da la
conferma, che come amico
– o come qualsiasi altra ‘cosa’
sia
adesso per lei – è suo preciso dovere farlo.
Approfitto
del periodo
post esame, di relativa calma per aggiornare un po’ tutti i
lavori…
Dal momento che ho
molta nostalgia di Maes, anche in questo capitolo fa la sua apparizione
(ma
penso sarà una cosa frequente: mi sono accorta che
è quasi indispensabile per
approfondire bene il personaggio di Roy senza contare che dargli spazio
mi da
modo di aprire anche tematiche un po’ diverse…
Certo questo theme si
concentra un po’ di più su Roy e Riza: volevo dare
bene l’idea dello sgelarsi
graduale del loro rapporto: è una cosa difficilissima, me ne
sono resa conto
soprattutto scrivendo Request: alla fine siamo abituate a pensare a
loro come
coppia, ma in fondo prima di diventare tali, anche loro sono stati
individui a
sé, con un atteggiamento addirittura diverso (basti guardare
Riza: non c’è
altro personaggio in FMA che
cambia di
più a mio parere).
Detto questo: grazie
per le recensioni! ^^
Metto la
traduzione
della canzone-citazione dell’inizio (il titolo non era
collegato, anche perché
mi sono ricordata di questa canzone proprio cinque minuti prima di
postare… di
recente mi capitano di questa folgorazioni… mah…)
“Sono
sicuro di aver
lasciato troppo caos e distruzione dietro di me
Non ho causato altro
che problemi
Capisco se tu non puoi
più parlarmi
E so che se hai deciso
di vivere secondo la regola del “E’
finita”
Tutto ciò ha
senso
Ma non abbandonerò la
nave ora
Non alzerò le mani
arrendendomi
Non ci sarà alcuna
bandiera banca sulla mia porta
Sono innamorato e lo
sarò sempre
E quando ci
incontreremo
Perché sono sicuro che
accadrà
Tutto quello che c’è e
c’era
Ci sarà ancora
E io lascerà andare
E terrò a freno la
lingua
E tui penserai
Che ho deciso di
andare avanti…”
P:S x
Shatzy: Chiedo
scusa per il “non lo sapevo”: in realtà
avrei dovuto scrivere “non me lo
ricordavo”!^^” Perdona la mia memoria colabrodo: se
fosse per me faticherei a
ricordarmi il mio, di compleanno! ^^” Un bacio e ancora tanti
auguri
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Capitolo 5 *** Breathe before to jump ***
Breathe before to jump
Il secondo prima dello sparo di
inizio, Roy ha in mente lei.
Ha in mente lei, appollaiata in cima
a un edificio
diroccato, da qualche parte in mezzo al caos.
Un secondo prima che il rumore secco
in lontananza gli
arrivi alle orecchie e che l’odore pungente della polvere da
sparo gli dia la
nausea, Roy pensa a lei: pensa che quel colpo potrebbe averlo esploso
lei,
dall’alto della sua postazione, pregando infantilmente che
non colpisca il
bersaglio.
Un secondo prima che gli ordini
urlati dei superiori gli
impongano di muovere i primo passi - il plotone compatto, deciso,
inarrestabile:
un nugolo di formiche di un blu sbiadito misto al colore della terra e
della
sabbia – tra le strade deserte del quartiere, Roy pensa a
lei, con il suo fucile
in spalla, lo sguardo concentrato, le mani tese nello sforzo di
mantenere a
canna puntata contro l’obiettivo.
Pensa a lei, mentre si rende conto
che quella sagoma che
cade nella sabbia non è affatto un manichino di cartone,
mentre realizza che a
differenza di un pezzo inanimato, quel corpo crivellato di colpi
può emettere
suono - straziante, lungo, assordante: continuerà a urlare
anche di notte, nei
suoi sogni – può cadere più lentamente,
può fermare il tempo per un istante per
darle modo di guardarlo bene.
Pensa a lei, e sa che non
chiuderà gli occhi, per non
lasciare scendere le lacrime.
Pensa a lei, e mentre schiocca le
dita sa di avere quel
fucile puntato addosso, ma la cosa non lo spaventa più
così tanto: lascia solo
un leggero senso di ansia, come a voler dire “Spara
pure, se lo ritieni giusto. Spara e facciamola finita davvero, se
pensi stia sbagliando tutto quanto”.
Pensa a lei, a quando quella mattina,
prima dell’inizio
dell’operazione, le ha appoggiato una mano sulla spalla e ha
sentito le ossa
della clavicola muoversi verso l’alto, il petto gonfiarsi
lentamente di aria:
inspirare, espirare, una leggera apnea in mezzo come se dovesse
tuffarsi da uno
scoglio.
Ma sapevano entrambi che sotto,
l’acqua non ci sarebbe stata:
solo rocce aguzze.
Guarda le truppe ritirarsi in
silenzio: solo qualche rantolo
dei moribondi a terra disturbano la quiete.
Un urlo di donna,
all’improvviso: pensa a lei.
Pensa a lei, e prega con tutto se
steso che non sia lei.
Allooooooora….
Vediamo
se riesco a spiegare il mio ragionamento contorto, perché mi
sono accorta all’ultimo
che forse questo capitolo non è molto chiaro…
Intanto mi
sto
uccidendo per riuscire a rendere il loro riavvicinamento graduale:
sembra una
cavolata, ma ci sto spendendo sopra tutte le mie energie,
perché in realtà è
difficilissimo (o forse lo è per me, che me li vedo sempre
felici, sposati e
insieme): pensarli diciamo, leggermente ostili/risentiti/in colpa
l’uno verso l’altro
e descriverli tali è una tortura, ma d’altra parte
secondo me un momento del
genere lo hanno passato .
Con questo
capitolo volevo
sottolineare il fatto che Roy ha trovato la sua
“distrazione” dalla guerra,
chiamiamola così: lo ribadirò meglio in un
prossimo capitolo, ma mi premeva
dimostrare quanto sia combattuto tra il fatto di sentirsi in colpa per
aver
tradito i suoi sogni ma soprattutto quelli di Riza, insieme alla sua
fiducia, e
il fatto di non poter fare a meno di preoccuparsi per lei (il relitto
di quel
rapporto di amicizia-parentela che c’era quando vivevano
insieme).
Non ho
trovato momento
migliore per descrivere tutto questo che l’inizio di una
battaglia: la presenza
di Riza rimette in discussione tutte le priorità di Roy,
persino nel suo “lavoro”.
Detto questo
ringrazio
per le recensioni e i commenti (Thanks! ^^)
Faccio una
risposta
collettiva: in un certo senso Riza E’ effettivamente
risentita verso Roy: d’accordo
che è una santa donna, ma la persona a cui aveva affidato il
segreto più grande
della sua famiglia sta facendo l’esatto contrario di
ciò che le aveva
raccontato, parlandole dei suoi sogni. In un certo senso, in questo
periodo sta
valutando attentamente il da farsi (prima, l’istinto a
sparare, poi il tenerlo
a distanza, il fatto di dimostrargli le sue capacità quasi a
ribadire che non è
più una ragazzina e non ci cascherà
un’altra volta): nei prossimi capitolo mi
soffermo molto su questa “evoluzione”,
l’ho trovata una parte del personaggio
di Riza molto interessante, che la rende più
“umana” e fallibile di quanto non
sembri… mi saprete dire! ^^
Grazie
ancora per i
commenti! A presto!
|
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Capitolo 6 *** The best shot ***
“It can't be too hard
I keep telling myself
while the ground's missing
what's coming after?”
Elisa, “It is what it
is”
“Non
può essere così
dura
Continuo a dirmi,
mentre il suolo manca
sotto i piedi:
cosa verrà dopo?”
The best shot
Aveva già preso la mira,
l’occhio sinistro chiuso, il dito
già teso sul grilletto.
Ma la fiammata è arrivata
prima del suo proiettile, e l’uomo
che teneva sotto tiro si è illuminato per un secondo, come
una cometa, prima di
cadere a terra e spegnersi lentamente.
Non ha mai assistito di persona
all’Alchimista di Fuoco in
azione, sebbene ne avesse sentito parlare dai colleghi entusiasti.
Non immaginava che l’odore
della carne bruciata potesse dare
una nausea così violenta.
Vede il responsabile
dall’altra parte della strada, lo
guarda inorridita da dietro la lente del mirino.
Il maggiore Mustang alza gli occhi
verso di lei: con quello
sguardo sembra chiederle di conservare il proiettile inesploso
esclusivamente
per lui.
Riza Hawkeye, spara un
colpo in aria.
Oh,
finalmente, direte
voi! Scusate il ritardo: ci ho messo un po’ a digerire il
pranzo di natale, e
rotolare fino al computer non è stato facile… Ok,
basta con gli scherzi, che
non ci stanno con l’atmosfera da tristologia della
fic… ^^” (P.S: Buon natale a
tutti, e già he ci sono buon anno, perché
è praticamente impossibile che riesca
a pubblicare qualcos’altro entro il 2007…beh,m
forse un altro capitolino di
SABBIA ci sta, questo è veramente corto… vedremo).
Questo
capitolo è
cortissimo, però sono molto contenta che sia venuto
così: volevo proprio dare
l’impressione del colpo sparato: bam! Fine.
Si potrebbe
tranquillamente dire che è il principio di tutto (lo sparo
d’inizio, passatemi
il gioco di parole), anche perché il prossimo capitolo si
riallaccia al manga
(e a quello che per me è stato il punto fondamentale, la
svolta, nel loro
rapporto che fino ad ora è stato qualcosa di confuso e messo
in discussione).
Sono
d’accordo con
Elyxys: anche secondo me Riza è quella che si evolve di
più (“spiritualmente”
come hai detto tu) ma è anche quella che si evolve nel modo
più silenzioso,
tanto che l’intero processo nel fumetto a volte non
è percepibile. In questa
raccolta ho cercato di guardare i fatti anche dal suo punto di vista,
ma non è
stata (e non sarà) cosa semplice, perché non sono
abituata a farlo.
Paradossalmente è più
“semplice” mettersi nei panni di Roy (tutto tra
virgolette: sono personaggi talmente spessi e profondi che la
semplicità e del
tutto relativa…).
Tanto per
dirne una:
l’angoscia di Roy dello scorso capitolo (ndr: sono contenta
che abbiate
avvertito l’ansia di fondo: è proprio quello che
volevo far arrivare! ^^) è
qualcosa che in un certo senso sono abituata (parlo per me, ovvio) ad
associare
a lui. Una Riza assalita dalla stessa sensazione, è
un’immagine che fatica un
po’ di più a formarsi nella mia testa (ma alla
fine si forma, e di questo sono
contenta, perché è un personaggio che amo, e che
vorrei approfondire,
impratichendomi della sua psicologia).
Ok, la
smetto di
assillarvi con le chiacchiere: mi metto d’impegno e
cercherò di aggiornare
almeno domenica, perché il prossimo capitolo fa proprio da
spartiacque, e
l’idea di metterlo a cavallo tra quest’anno e
l’anno nuovo mi piace! ^^
Auguri a
tutte!
|
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Capitolo 7 *** Apocalypse now ***
“Got me ten feet off
the ground
And I'm hearing what you say but I just can't make a sound
But it's too late to apologize
It's too late”
Timbaland, Apologize
(Dieci piedi
sottoterra
Ascolto quello che
dici ma non riesco a emettere suono
E forse è troppo tardi
per scusarsi
È troppo tardi)
Apocalypse now
Quando il momento fatidico arriva,
non è pronto.
Non si è mai sentito, e
mai si sentirà tale.
Ma l’attesa che lo stava
uccidendo, di una morte lenta e
agonizzante, gli piaceva – l’adeguata punizione
auto inflitta, la giusta proporzione
tra tutti gli ingredienti: colpa, rimorso, abnegazione.
Così che, quando sa che il
momento del colpo di grazia sta
per arrivare, si scopre ad aver paura.
Perché un conto
è infliggersi ferite da soli, un conto è
consentire a qualcun altro di premere i grilletto. Togliersi il lusso
di sapere
esattamente quando il colpo arriverà, lasciarsi prendere di
sorpresa dal dolore
per renderlo più acuto.
“Anche se ho continuato a
crederci…”
Lei non piange, non lo fa mai. Non
è insensibilità: è solo
il bisogno fisiologico del corpo di mantenere la naturale percentuale
di
liquidi al suo interno.
“Perché siamo
dovuti arrivare a questo?”
Solo in quel momento Roy comprende
quanto entrambi diano la
colpa a se stessi, prima che all’altro.
Mea culpa,
per
essermi fidata.
Mea culpa,
per
aver avuto dei sogni da realizzare.
Mea culpa,
per il
solo fatto di esistere.
E in quel momento la sua unica paura,
il suo unico terrore,
è che la sua prossima frase possa essere “Non
è stata colpa tua”.
Perché proprio non
riuscirebbe a sopportarlo.
Oooops!
Scusate, ho
fatto un casino con gli aggiornamenti: avevo messo due capitoli
uguali… Ok,
dovrei aver risolto… e questo è
l’aggiornamento promesso prima di capodanno! ^^
Dunque,
passo a
qualche risposta:
Shatzy:
Sì sì, è proprio
quello! ^^ Si accertano a vicenda che l’altro debba uccidere
(=soffrire) il
meno possibile! Sono contenta che l’idea sia
passata…
La nausea era molto
importante: è un po’ come se fosse entrata a
contatto con la morte (vera e propria:
rancida, crudele e violenta come l’odore di bruciato). Quando
si rende conto di
quanto l’alchimia stia lentamente uccidendo lo stesso
alchimista (come suo
padre, in un certo senso: forse ha avuto paura di perdere anche Roy),
capisce
anche (finalmente) la sofferenza continua di Roy, e in questo senso
riesce ad
accettare i suoi sbagli e a “perdonare”: lo sparo
in aria (quello che avrebbe
dovuto colpire il bersaglio del suo risentimento, ovvero Roy)
è il simbolo di
questo cambiamento implicito, che in questo capitolo è
diventato esplicito.
Kaho_chan:
Sono contenta
che la fic ti piaccia, grazie! ^^ oddio, forse
“piacevole” è un aggettivo un
po’ strano applicato alle storie di Ishvar,
comunque… ^^” Scherzi a parte,
faccio del mio meglio perché amo questa coppia e questo
manga (praticamente
dopo un’adolescenza passata a leggere decine fumetti di ogni
tipo
contemporaneamente, è rimasto quasi solo questo che resiste
sulla mia libreria,
e resisterà anche se dovesse durare altri
cinquant’anni! W l’Arakawa!!! XD) e
penso non mi stancherò facilmente di scrivere su di loro,
finchè avrò almeno
un’idea! ^^” Grazie per i complimenti!
Elyxys:
Scusa il casino
cn i capitoli, dovrebbe essere tutto a posto, ora…
Sì, penso che “armistizio”
sia proprio il termine giusto, anche se gradaualmente si
traformerà in una
specie di pace prorogata e continua (ok: mooooolto
gradualmente…). Anche il
senso di nausea era importante: in effetti, come Riza stessa dice, il
suo modo
di uccidere non le dà davvero l’impressione di
farlo, mentre il “metodo” (urg…
non mi piace questa espressione…) di Roy lascia una traccia
indelebile della
morte, anche in se stesso, l’assassino. Arrivare a
comprendere questo, per
Riza, significa comprendere il continuo conflitto interno di quello che
considerava un traditore dei suoi stessi ideali, e che invece diventa
ora ai
suoi occhi una vittima, come lei, degli eventi crudeli della storia.
Bene, a
questo punto,
posso dirvi tranquillamente… BUON ANNO NUOVO!!!!
Ci rivediamo nel 2008
con il prossimo aggiornamento! Baci a tutte! ^^
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Capitolo 8 *** A battle lost ***
A battle lost
“Per esempio tu, giovane
ragazza.”
Dovevi saperlo, che non avrebbe
portato a nulla di buono.
“I tuoi occhi dicono a
chiare lettere: quello che faccio non mi
piace per niente.”
“E’
così: uccidere non è affatto
divertente.”
“Ne sei sicura?”
Da come sorrideva: si vedeva da come
piegava la bocca di
lato, mentre narrava la sua parabola crudele.
“Puoi giurare di non
esserti mai sentita soddisfatta del tuo
lavoro? Di non aver mai esultato quando hai centrato il tuo obiettivo,
di non
aver mai riconosciuto con fierezza la tua bravura? Non rispondi,
signorina
cecchino?”
“Basta
così!”
Non hai pensato. Hai agito.
Persino Maes trattiene il respiro,
mentre Kimblee smette di
sorridere – il motivo per cui ha scelto quella ragazzina, in
mezzo a tanti
soldati, non è stato un caso.
Dovevi saperlo: è un
bastardo.
E come tale, ha sempre, dolorosamente
ragione.
Ma quando afferri l’uomo
per il bavero, non ci pensi. Perché
lo fai per lei.
“Tu sei un altro che non
riesco a capire. Cercare giustizia
in un posto come questo, non è normale.”
Lo sai. Ti senti un cavaliere
anacronistico e ridicolo, nel
difendere l’onore di una donzella tutt’altro che
indifesa. Ma non potevi
sopportare oltre di vederla pregare sommessamente di diventare
improvvisamente
sorda, per non sentire più l’orrenda
verità che quell’uomo le leggeva dentro,
come fosse stata un libro aperto.
“Sei venuto qua di tua
volontà: perché fare la vittima?”
Non stai facendo la vittima. Stai
cercando di proteggerla.
Stai cercando una scusa per salvarla, almeno lei. Da quando
l’hai incontrata,
improvvisamente, le giornate hanno cominciato ad avere un che di
diverso: uno
scopo. Uno scopo che non sia un male per nessuno. Uno scopo per il
quale non
sei costretto a fare nulla contro la tua volontà.
Ma questo pazzo terribilmente saggio
sta rovinando tutto.
Questo pazzo, con le sue frasi piene di senso, piene di un senso che fa
paura,
sta distruggendo tutto quello che sei riuscito a creare con tanta
fatica.
“Non distogliere lo sguardo
dalla morte. Guarda avanti.”
Ma tu guardi le mani bianche di Riza:
le dita stringono la
canna del fucile così forte che ti aspetti di sentire il
rumore del ferro e del
legno in frantumi, da un momento all’altro.
“La gente che
uccidi… guardala dritta in faccia. Non
scordartela.”
Ad ogni viso, si sovrappone quello di
lei; la verità è che
la stai uccidendo con le tue mani, la stai bruciando viva, come le
streghe al
rogo. La senti urlare persino nei tuoi sogni.
“Perché loro non
scorderanno la tua…”
La sirena vi salva. Come sempre.
Vi salva sul limite della pazzia; vi
spinge sempre oltre,
sempre più verso il baratro e vi tira per la giacca
all’ultimo secondo,
sull’ultima frazione sempre più piccola di un
battito, quando credi che non ci
sia altro che il vuoto, dopo. E invece tutto quello che senti
è ancora la terra
sotto i piedi.
E l’inferno alle spalle.
Mamma mia
che
ritardoooooooo!!!
Immagino che l’influenza
(bastardissimo e malefico virus, tu sia dannato in eteeeeernooooo!!!!)
non
basti come giustificazione…. Aggiungo anche che gli esami
non finiscono mai (e
non è un detto popolare: qui sembra che non finiscano
proprio, la cosa è
allarmante!).
Passo subito alle
risposte, visto che lo scorso capitolo è stato un
po’ strano (scusatemi…) ^^”.
Shatzy:
Grande! E’
proprio così! Non
poteva scrivere un
saggio più esaustivo della situazione: la
fragilità di Roy è una cosa che mi
premeva molto sottolineare, perché secondo me per arrivare
ad essere l’individuo
abbastanza sicuro che il manga presenta, in una situazione come quella
di Isvar
ha dovuto rimettere in discussione tutto quello in cui
credeva… e sì, Riza in
questo senso è allo stesso tempo uno di questi punti di
riferimento del passato
che vengono a mancare (nel senso che è diversa, cambiata,
per il solo fatto di
essere lì è la dimostrazione vivente che il mondo
è diverso da come Roy se lo
immaginava) ma anche la pietra miliare, il punto di appoggio per una
nuova
partenza (non certo meno faticosa e tormentata).
Per quanto riguarda il
concetto di colpa, io l’ho interpretato come un peso, un
fardello che Roy VUOLE
portarsi addosso. Come hai detto tu, un po’ per non farne
gravare il peso sulle
spalle di altri (leggi Riza), un po’ perché
rappresenta la sua espiazione,
diciamo, l’unico motivo valido che giustifica il fatto di
continuare a vivere
nonostante gli orrori che ha commesso.
Vuole proteggere Riza
(in questo capitolo la cosa è esplicita) soprattutto da
questo senso di colpa,
visto che ne conosce bene le sofferenze, vuole proteggerla anche
perché lei
rappresenterà sempre per lui il simbolo
dell’incorruttibilità, dell’innocenza,
del passato, anche nonostante l’evidenza dei fatti (Kimbly,
la guerra, la
stessa Riza che cerca di farglielo capire)… Mamma mia, il
loro rapporto è
complicatissimo e proprio per questo motivo è la relazione
più bella che abbia
mai letto su un fumetto: non è riducibile solo ad amore o
amicizia o lealtà. E’
tutto questo insieme ma anche tanto altro… Ah, che bello
sentire la passione
Royai che ritorna!!! ^^
Mame:
semmai sei tu che
puoi frustare me, visto che ho superato tutti i possibili limiti di
ritardo! Perdono!
I sensi di colpa sono una brutta bestia, soprattutto per
Roy… Non so perché, ma
mentre sembra (e sottolineo SEMBRA) che Riza riesca a dominarli, Roy
per tutto
il fumetto da sempre l’impressione di soccombere ad essi
(basti guardare la
morte di Maes…). In un certo senso Riza forse ha incanalato
la sua espiazione
nella missione di proteggere Roy, mentre lui continua a nutrirsi di
rimorso (il
suo motto potrebbe tranquillamente essere “pane, rimorso e
tristologia” ^^”).
Il prossimo capitolo
lo pubblicherò domani perchè è
strettamente collegato e vicino temporalmente a
questo, senza contare che è molto importante. Grazie delle
recensioni! ^^
Elyxys:
Questa volta
niente casini di postaggio (spero). In effetti lo scorso capitolo era
moooolto “ermetico”.
Mi è venuto così, a libera interpretazione e non
me la sono sentita di
cambiarlo a scapito dell’atmosfera. Questo in compenso
è un po’ più
“esplicito”!
^^ Buon anno anche a te!
Sisya:
Sono io che devo
chiedere scusa per il ritardo! Dire che mi sono fatta di nebbia
è un eufemismo,
ma il tempo non basta mai… Ma sono contenta che mi abbia
lasciato un commentino
anche su questa raccolta, ci tenevo molto! ^^ grasie!
A dire il vero anche
per me Ishvar era un buco nero impenetrabile, soprattutto per quanto
riguarda
le datazioni, ma grazie a mame e Shatzy se non altro l’ho
rischiarato un
pochino (lo stretto indispensabile per non sbattere il naso nei
numerosi scogli
disseminati dall’Arakawa!).
Tuttavia era un
periodo della relazione Roy-Riza che mi premeva approfondire,
perché penso sia
un po’ la chiave di tutto (così come la guerra
è uno dei punti fondamentali per
la storia generale di FMA). Grasie per i complimenti, davvero, ormai
non so più
come si fa a smettere di arrossire… Un bacio! ^^
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Capitolo 9 *** A battle won ***
A battle won
“Grazie.”
Maes non può sentire,
è già ripartito con la sua truppa. Se si
fosse trattenuto solo un momento, avrebbe potuto udire ciò
che aspettava da
tempo: un inizio spontaneo.
Le mani bianche da pianista non sono
più convulsamente
strette attorno al fucile.
Una gli sfiora il braccio: conforto.
Qualcosa che stenta a
riconoscere, dopo tanto tempo.
Roy sente la pelle da sotto il
tessuto spingere verso l’alto
- come le piante deformano il loro tronco per raggiungere la luce - i
nervi
tendersi nella risposta, le ossa aderire alla forma concava del suo
palmo.
“Dovere.”
“No. E’ questo il
punto: non è suo dovere.”
Per un attimo, teme che sia la fine.
La fine di qualsiasi cosa, della
vita, del mondo, l’intero
concetto di fine. Non ne sa nulla se non che sta per accadere
lì, ora, in quel
preciso istante.
E nel momento fatidico lui non
è pronto. Non lo sarà mai, ma
rimandare, ritardare il giorno del giudizio lascia un minuscolo spazio
alla
speranza.
“Per questo,
grazie.”
Ci sono 40 gradi all’ombra.
Ma quando la sua mano lascia la
presa, lui sente freddo.
Perché se non è
dovere, non sa proprio cosa sia.
Eccomi qua!
Vi
anticipo che sono leggermente in crisi per l’altra raccolta,
Raindrops (dannato
Risk: ti vuoi scrivere o no???), per cui il mio umore recentemente non
è dei
più rosei… aggiungiamo anche la nevrosi da ultimi
esami, e la situazione non
migliora….
Ma cosa c’è di meglio
di un po’ di sana atmosfera Ishvariana per proseguire con la
fic su (appunto)
Ishvar? ^^” Vabbè,
sorvoliamo…
Un altro capitolino
breve breve… ma doveva proprio essere così
(questioni di titoli): spero di
rimediare con aggiornamenti più ravvicinati.
Passiamo alle risposte
che è meglio…
Nimphadora:
Che dire? Che
anch’io sono ormai ricorsa alla riserva di fazzolettini per
la commozione? Davvero,
non so mai come reagire hai complimenti, e a volte ringrazio che ci sia
uno
schermo di mezzo a nascondermi… ^////^
Non ti preoccupare,
anch’io ogni tanto mi perdo alcune fic, questa poi era un
po’ camuffata, senza
contare che non aggiornavo dagli ultimi dell’anno
(ehm… coff coff…).
Dunque, per un
commento cumulativo ci vuole una risposta cumulativa. Intanto sono
molto
contenta che l’analisi psicologica stia risultando
“in character”: se c’è una
cosa che mi ha sempre appassionato di FMA è proprio il
periodo della guerra,
più che per gli avvenimenti in sé, per i risvolti
psicologici che ha avuto su
alcuni personaggi… senza contare che la nostalgia per Maes
(incrementata dalla
fic di Elyxys… sigh…) stava raggiungendo livelli
pericolosi, dovevo pur
sfogarmi scrivendo un po’ anche di lui e del suo rapporto con
Roy e, perché no?,
anche con Riza…
Parlando di questi
due: mi piace scavare nei loro caratteri (oddio, così suona
male), soprattutto perché
penso che il loro modo di essere “attuale” (e per
attuale intendo durante lo
svolgimento della storia di ED) sia il risultato della loro Storia
comune,
degli eventi che hanno attraversato e scombussolato le loro vite. Il
loro
rapporto, tanto per dirne uno… ^^
Riza comunque è la più
complicata, sembra strano ma è così! ^^”
Grazie ancora per il
commento, un bacione! XD
Elyxys:
Penso che Roy debba
fare i conti con se stesso anche quando non vuole… Ho avuto
l’idea che senza la
presenza di Riza, le avventure del Flame Alchemist si sarebbero
concluse molto
presto e alla maniera dell’anime (ovvero, pistola puntata
alla testa…). Il colonnello
non me ne voglia, ma in una guerra come quella di Ishvar un sognatore
come lui
(fragile come lui, perché secondo me Roy è
profondamente fragile) avrebbe avuto
vita breve senza un sogno più concreto davanti…
Shatzy:
Oh yes, l’influenza
è andata (e spero non ritorni tanto presto, ospite non
gradita). Anche quel
simpaticone di Kimblee potrebbe fare la tessa fine dei miei virus, per
quel che
mi riguarda… però purtroppo pr la storia i suoi
discorsi malefici sono
indispensabili… Mi sarebbe piaciuto vedere cosa accadeva
nella testolina di Roy
mentre quel bombarolo psicopatico massacrava psicologicamente la SUA
Riza, ma visto che l’Arakawa non ha
provveduto (se non con un provvidenziale e sospetto scatto felino del
colonnello incavolato nero) ci ho provato,
chissà…
Sto facendo una fatica
bestia per mantenere una certa gradualità, nello svilupparsi
del loro
rapporto/amicizia/qualsiasi-cosa-sia, per cui siamo passati dallo
pseudo-odio,
all’affetto, fino a un’inizio SPONTANEO (eccola la
parolina chiave: il passo
avanti di questo capitolo ^^) di… boh! Sarò un
po’ sadica, ma mi piace vedere
soprattutto Roy un po’ disorientato da questo rapporto
strano, per il solo
fatto che non ha idea di cosa può diventare… hu
hu, non sanno cosa li aspetta
(me molto malefica nel profondo…).
No no, niente abbandono
della passione Royai, per carità!!!! O_O Solo, tra esami e
la botta psicologica
dell’interruzione del fumetto (che poi è stata
molto breve, pensavo peggio…) mi
ero un attimino depressa… senza contare quel cavolo di Risk
che non vuole
saperne di venire fuori! Insomma! Oggi mi è venuta
un0ideuzza ma… uff… non mi
convince del tutto… se proprio sono disperata
userò quella, pazienza! ;P Grazie
per il supporto, come sempre! baci
|
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Capitolo 10 *** Happy hour ***
Happy hour
“Vuoi?”
E’ la mano di Maes che gli
tende la lattina aperta.
Roy la stringe tra le dita mentre
sente scivolare il liquido
giù per la gola. Maes l’osserva preoccupato: a
volte pensa che senza di lui,
non si ricordi nemmeno di mangiare e bere, come se avesse calato il
corpo in
una situazione di stallo, una specie di condizione ascetica di distacco
dal
mondo e dai suoi bisogni terreni.
“Ce
n’è anche per te…”
Riza allunga la mano, ma
l’occhiata corrugata di Roy sembra
bloccarla a mezz’aria prima che possa toccare la lattina.
Maes sorride: ci mancava solo la
sindrome da fratello
maggiore.
“Andiamo Roy! E’
adulta e vaccinata… che sarà mai, una
birra?”
Lei concorda, manda giù il
primo sorso sotto lo sguardo di
disapprovazione del suo superiore.
“Attenta che non ti vada di
traverso, signorina cecchino..”
Kimblee si siede vicino a loro,
allentando il colletto della
divisa con una mano, l’altra impegnata a cercare la sua
razione di alcol dalla
borsa di provviste.
Roy vira la sua occhiata truce di tre
gradi a sinistra, su
di lui, senza però suscitare nessuna reazione.
“Allora… non mi
fate i complimenti per oggi? Due distretti
presi in soli venti minuti: penso sia il nuovo record. Tu che mi dici,
Flame
Alchemist?”
“Dico che se avessi
lavorato con un po’ di precisione e meno
fretta, i soldati feriti in venti minuti non sarebbero stati due
dozzine, a
causa delle macerie.”
L’uomo sbuffa, come uno
scolaro ripreso per la ventesima
volta dalla stessa insegnante petulante.
“Si riprenderanno. E magari
impareranno a rispettare la
distanza di sicurezza…”
Mentre Kimblee ride, Roy guarda lei,
incontrando i suoi
occhi di nascosto. Persino Maes capisce che le sta chiedendo di
rimanere sempre
il più lontano possibile da quel bombarolo pazzo, in
battaglia. Riza annuisce
piano, uno spostamento di pochi centimetri, avanti e indietro,
lentamente.
“Cos’è,
sei già ubriaca, signorina cecchino?”
Lui beve la sua birra in un sorso
solo, si pulisce la bocca
con la manica del pastrano, lanciando la lattina vuota alle sue spalle.
Un movimento fluido e veloce, e una
serie di proiettili la
colpisce tre volte prima che possa toccare il suolo, sollevando polvere
e
sabbia.
Kimblee solleva un sopracciglio, Roy
gli ruba il ghigno
strafottente che indossava fino ad un momento prima.
“Non
male…”
Si china per raccogliere
ciò che rimane della sua lattina,
ma un nuovo sparo – proprio mentre la sua mano stava per
toccare l’alluminio
accartocciato: la ritira velocemente, troppo per non suscitare
l’ilarità dei
due uomini dietro di lui – la fa sobbalzare lontano.
Nessuno l’ha vista
imbracciare il fucile, appoggiare
l’occhio sull’obiettivo, prendere la mira: lo ha
fatto così velocemente – senza
pensare, senza guardare, come si fosse trattato di un riflesso
involontario del
corpo, alla stregua di respirare o battere le ciglia – che a
guardarla ora,
mentre finisce la sua birra ad occhi chiusi, quietamente, sembra quasi
che non
si sia mossa da quella posizione composta e rigida da ore.
“Ehi, c’era la
mia mano! Sai che danno avresti recato
all’esercito, se mi avessi danneggiato il tatuaggio con una
cicatrice?”
“Mi dispiace signore. Ma
forse avrebbe dovuto tenere una
distanza di sicurezza dal bersaglio…”
Maes sorride, dal suo angolo, come un
padre orgoglioso.
La risata di Roy ha un suono
così strano da risultare persino
troppo rumorosa, nel silenzio attonito che ha creato.
Anche Riza lo guarda sbalordita, come
se il ragazzo avesse
appena emesso un suono primitivo e sconosciuto, un verso leggendario,
come
quello delle sirene o degli unicorni.
E’ Maes il primo a seguire
l’amico, tuffandosi di testa
nella sua ilarità. Riza arriva poco dopo, limitandosi ad un
sorriso più aperto
del solito.
Mentre Kimblee si allontana senza una
parola, Roy si
appoggia al terreno, tenendosi la pancia,
sotto gli sguardi ora impensieriti dei due compagni.
Riza è su di lui,
preoccupata che il superiore possa tornare
a respirare normalmente.
“Non farlo mai
più…” prega lui tra gli ultimi singulti
mal
trattenuti: “Non sono più abituato.”
Riza sorride ancora –
giorno straordinario, da segnare sul calendario
- allentandogli con
un dito il colletto
della divisa. Maes aiuta l’amico a rialzarsi.
L’eco di una risata,
galleggia nell’aria come una barca che
non vuole affondare.
Piccola
pausa dalla
tristologia (ogni tanto ci vuole, sennò devo davvero andare
in terapia per
depressione…). Il titolo in questo caso ha doppia valenza:
‘Happy hour’ è sia
l’ora dell’aperitivo, sia
- in senso
letterario - il momento di svago e allegria.
Kimblee farà la sua
comparsa almeno un’altra volta, perché devo
scaricare la mia
frustrazione/rabbia/stress su qualcuno… ^^
Detto questo volevo
provare a far ridere Roy: so che può sembrare strano, ma di
recente mi faceva
tanta pena e ho pensato che se non facevo qualcosa mi andava in
depressione
lui, prima della metà della raccolta. A dirla tutta, non so
nemmeno che suono
possa avere la risata di Roy (qualcuno lo ha mai visto scoppiare in una
fragorosa risata, sia nel manga che nell’anime?), per cui mi
accodo al gruppo
degli sbalorditi Maes e Riza.
Senza contare che
tecnicamente questa è una specie di raccolta di cronache di
guerra, e immagino
che nonostante la situazione tragica, qualche momento di tregua deve
pur
esserci…
Per quanto
riguarda il
capitolo precedente (faccio un rispostone collettivo, pardon)
sì, era il
continuo di A battle lost, e in qualche modo è vero, si
può tranquillamente
dire che inizia tutto lì, da quel contatto (anche se a me
piace pensare che
tutto sia iniziato molto prima, e che in quel momento entrambi,
soprattutto
Roy, cominciano ad avvertire qualcosa senza riuscire a darvi ancora n
nome…).
Ah,
già che ci sono,
ringrazio per le minacce a Risk: come avete visto hanno funzionato! ^^
i norma
sono pacifista, ma per una volta nella mia vita, se quel titolo avesse
avuto
forma umana, lo avrei strozzato alla Homer Simpson… (ah.ehm).
Grazie per i commenti
e il supporto!!! ^^
(x Shatzy:
sarò
sincera. Non ho idea di quanto andrà di lungo questa
raccolta. Vpglio dire, i
capitoli finali li ho già nella mia testolina, ma non so
quanto sarà lunga la
parte centrale! ^^” Per ora sono arrivata a una ventina di
capitoli, ma mi sa
che a 30 ci arriviamo quasi sicuramente… a questo punto
posso solo dirti “Tieni
botta”! ^^”)
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Capitolo 11 *** Fear ***
Fear
L’esplosione non
l’ha sentita: l’ha avvertita.
Nel sangue, come se il suo corpo si
fosse svuotato e
riempito nuovamente in un nanosecondo. E forse è stato
così, perché la sabbia
tutt’intorno è diventata rossa, era rossa quando
ha chiuso gli occhi – non
voleva, ha cercato di impedire alla palpebre di chiudersi. E’
la regola: se ti
addormenti non ti svegli più – ed è
rossa quando li riapre, subito dopo.
Per un attimo sembra che qualcuno
abbia tirato una tenda
scarlatta davanti alle cose. Solo dopo si rende contro che la cortina
c’è davvero,
e che cola senza ostacoli dalla sua tempia, gocciolando
dall’orecchio sulla
sabbia impregnata.
Sente qualcuno imprecare, maledire
Kimblee e la sua fottuta
mancanza di precisione.
Degli ordini urlati. Spari. Una
vampata di calore vicino al
braccio.
Ma la mano che la tira fuori dal
cumulo di macerie, che fino
ad un momento prima era il tetto sul quale si era appostata,
è più fredda della
morte.
Chiude gli occhi un’altra
volta. Non vuole più vedere tutto
quel rosso, ne ha abbastanza, non vuole sapere cosa
succederà dopo che la paura
sarà passata.
Non vuole far vedere che la paura non
è ancora passata.
La stessa mano – lo stesso
tocco gelido – le scosta i
capelli dalla fronte, vi appoggia sopra un pezzo ruvido di quello che
sembra
tessuto.
Quando riapre gli occhi, riconosce la
trama irregolare e
grezza di un brandello del suo pastrano.
“Sto
bene.”
Il sapore del sangue – del
suo sangue – è tanto forte, che
decide di non aprire più la bocca, per evitare di vomitare.
Roy è vicino a lei, anche
il giorno dopo, seduto su un
angolo della brandina, nell’ospedale da campo.
Non dice nulla, sta in silenzio a
guardarla, come se la
fasciatura che le avvolge il capo sia una corona di fiori.
“Come stai?”
E’ la seconda volta da
quando sono lì, che le fa quella
stessa domanda.
E non ha ancora risposto
sinceramente, non una sola volta.
“Bene.
Cos’è successo?”
“Kimblee ha sbagliato.
Capita.”
“Già.
Capita.”
Solo mentre lui si alza, piuttosto
stancamente, sente la fine
della frase.
“… ma se capita
ancora, è un uomo morto.”
E’ stata a prima volta in
cui Riza Hawkeye ha sperimentato
il terrore puro.
E a detta del capitano Hughes,
l’eccezionale evento ha
coinciso anche con la prima volta di Roy.
L’avevo
detto che
Kimblee sarebbe tornato fuori… quando ho scritto Happy hour,
ho pensato che uno
come lui non avrebbe ingoiato l’umiliazione così
facilmente. O almeno, non in
un contesto dove far fuori un compagno
“accidentalmente” è così
facile è non
punibile…
Anche in questo caso
il mio Roy immaginario si è mosso da solo senza che muovessi
alcun filo (a
volte i personaggi fanno anche questo, e non necessariamente
è un male), e ne è
venuto fuori un altro piccolo passo avanti nella loro relazione. Prima
o poi si
ritroveranno l’uno davanti all’altra, non disperate.
Anche questa volta,
rispostone comune: sono completamente d’accordo sul conto di
Kimblee. È
detestabile, ma in fin dei conti i suoi ragionamenti non fanno una
piega. E
secondo me è questo che lo fa sembrare disumano, quando in
realtà non c’è nessuno
di più umano e razionale di lui. Non è il solito
cattivone che ride malefico
con i fulmini nello sfondo (ok, occasionalmente lo è, ma penso sia un espediente
dell’Arakawa per
renderlo più detestabile): è semplicemente un
uomo che ho fatto due conti e ha
capito il vero senso di quella guerra. La differenza tra lui e uno come
Roy, è
che il secondo pur essendosene reso conto, continua a nutrire una
qualche
speranza e una buona dose di sensi di colpa (che da una parte
salvaguardano il
suo lato etico e morale, dall’altro non fanno che
distruggerlo fisicamente e
psicologicamente), mentre Kimblee si è pienamente calato
nella logica della
guerra, ovvero “uccidi prima di essere ucciso, e
già che ci sei divertiti nel
farlo, perché è un lavoro come un
altro”.
E’ ovvio, che con una
logica come questa, se la vita di un nemico è uguale a meno
di zero, ben presto
la vita di tutti (anche degli alleati) arriva ad
un’equivalenza simile.
Sembra un controsenso,
ma il cosiddetto “bombarolo pazzo” è
forse la persona più sana di mente del
gruppo, per quanto triste la cosa possa sembrare…
P.S: Per le
fans di
Maes (ma penso lo siamo un po’ tutte…
^^”) preparatevi, perchè il prossimo
capitolo è piuttosto incentrato su di lui… alla
prossima, e grazie per tutti i
commenti! ^^
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Capitolo 12 *** Future in present tense ***
Future in present tense
Maes è l’unico
dei tre a ricevere posta dal mondo esterno
– lo chiamano così, come
se fossero finalmente coscienti di essere approdati in un universo a
parte,
senza dimensione; o semplicemente un non-luogo, già ridotto
a spazio bianco e
innominato sulle cartine – l’unico dei tre a sapere
con certezza che c’è
dell’altro oltre il campo di battaglia.
Roy e Riza, non ne sono
più così sicuri.
“Glacier scrive che oggi ha
fatto una torta. Mentre la
faceva pensava a me: ha lasciato il foglio di carta della lettera sulla
ciambella appena sfornata, per impregnarla del profumo e farmelo
sentire.”
Roy non ha mai sentito neanche una
punta di tristezza, nella
voce dell’amico – una delle piccole certezze della
vita che gli consentono di
non affondare del tutto, dai lasciarsi sempre un capo della fune a
portata di
mano per la risalita – e fino a quel momento era
relativamente sicuro che un
simile evento non potesse avere luogo.
E’ la f
di profumo
a tradirlo: quasi inesistente, appena tremolante. Come se volesse
imitare il
suono della sua fidanzata, mentre soffia sulla pasta cotta, spingendo
l’aria
sul pezzo di carta ingiallito e impolverato.
Riza sorride. Evento raro, che
illumina nuovamente il viso
del capitano Hughes.
“Riza, datti una regolata o
farai venire a nevicare!”
L’amico sorride a sua
volta. In qualche modo è lampante che
lei lo abbia fatto apposta, per distrarre Maes dalla malinconia.
“Quando finirà
questa guerra, io e Glacier ci sposeremo.” canticchia
l’uomo, mentre ripone con cura il foglio piegato in una tasca
interna della
giacca.
Si toglie gli occhiali per pulirli, e
Roy è l’unico a sapere
che lo fa solo quando ha gli occhi lucidi e ha bisogno di una scusa per
abbassare lo sguardo.
“E’ per lei che
sopravvivi?”
“Sì.
E’ per il mio meraviglioso
futuro. Senza un futuro che ti aspetta, non hai motivo di
andare avanti.
Faresti bene a trovartene uno anche tu… a trovarti una
moglie!”
Schiva abilmente il cazzotto
dell’amico, prima di avviarsi
verso la sua tenda.
Roy non lo segue. Lo lascia da solo a
pensare al suo
“meraviglioso futuro”; non vuole rovinare la scena
con la sua presenza, perché
tutti hanno bisogno di un attimo di solitudine per sognare.
“Io non ho un meraviglioso
futuro. Mi accontenterei di un
futuro normale, anche mediocre andrebbe bene. Ma non
c’è.”
Comincia a capire – solo
dopo aver visto il suo maestro
consumarsi lentamente come le pagine dei suoi libri, i bordi dei fogli
marroni,
bruciacchiati, sbrecciati da qualcosa che non è il tempo ma
un’ossessione recondita,
un male che rode dall’interno – che la sua alchimia
non è nata per creare, ma
per distruggere.
Comincia a capire che le fenici sono
solo una leggenda, che
la catarsi è un’utopia, che non ci sarà
nessuna resurrezione, nessun futuro.
Semplicemente, nulla.
Riza ha accartocciato il suo sorriso,
lo ha buttato nel falò
acceso tra loro, per alimentarne le fiamme.
E’ li che brucia, ma non
crea più calore.
Eppure la soluzione, sembra essere
proprio lì: se non hai un
futuro per cui combattere, combatti per il presente.
“Hawkeye,
vorresti…”
Vorrebbe chiederglielo, ma mentre le
prime parole escono
dalla sua bocca, sente quanto siano ridicole, sdolcinate, mentre si
susseguono
l’una dietro l’altra: nome, verbo, participio,
articolo....
Lei annuisce. Sa che la frase non
vedrà la sua fine. Non
ora.
Ma annuisce. Pensando al futuro.
Vorresti
essere il mio
presente?
Non so con
che faccia
presentarmi dopo una periodo così lungo di latitanza.
Sappiate però che la
mancanza del fandom e del Royai si è sentita eccome
– ore passate a sollevare gli
occhi dai libri universitari, sospirando in direzione dei volumetti
ordinati e
lisi di un fumetto non più mensile… sigh!
Oltretutto S.Valentino è passato
piuttosto dolorosamente quest’anno…(extra dose di
Royai per tirarsi su il
morale, prestoooo!!!!!!!)
Shatzy,
grasie ancora
per il pensiero. Il bello è che appena letta la mail mi
è venuta una voglia
tale di Royai che non ce l’ho fatta a rimandare al fine
settimana (grazie per
la “scossa”: ci voleva! ^^). Per cui scusatemi se
sono così “sintetica” in questo
commentino, ma il tempo è come una maglietta aderente:
stringe e non basta mai
per coprirsi del tutto (ed è anche tremendamente scomoda).
Per quanto
riguarda
questo capitolo… Maes e le sue foto mi hanno colpito
parecchio (e si noterà
anche più avanti), senza contare che volevo dare una piccola
scossa anche al
rapporto tra Roy e Riza, dopo gli ultimi avvenimenti… Tutto
senza esagerare,
diamo tempo al tempo. ^^
Un grazie
grande come
una montagna per tutti i commenti (me tanto commossa… siamo
tutte Gelatine
Ondeggianti ormai, potremo aprire un fanclub a tema! ^^”)
Un bacione a tutte e a
presto (e questa volta è “presto” per
davvero…)!!!! ^^
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Capitolo 13 *** My eyes on you ***
My eyes on you
A Maes lo ha già chiesto,
il primo giorno.
Lo ha preso in disparte e glielo ha
fatto promettere, i
pugni tesi: una specie di disperazione minacciosa.
L’amico gli ha detto che
non dipendeva da lui, ma alla fine
gli ha dato la sua parola.
Forse sicuro del fatto che una volta
non mantenuta, non
sarebbe più stato punibile. Non in questo mondo.
Ora tocca a lei. Tocca a lei,
perché averla tirata fuori da
quelle macerie, è un’esperienza che non vuole
ripetere, qualcosa che non è
sicuro di poter fare ancora.
Mentre la prende per mano, portandola
al riparo di un masso
più grande degli altri, sorride pensando che davanti ad una
tomba bianca, lei
stessa aveva pronunciato parole molto simili.
“Non devi
morire.” Sussurra a mezza voce, assicurandosi che
i loro occhi siano allineati, le mani sulle sue spalle, la pressione
appena un
po’ più forte in attesa della risposta.
“Non devi morire. Devi
promettermelo, darmi la tua parola. Devi
sopravvivere.”
Lei lo ha guardato come un bambino
capriccioso che chiede la
luna pur sapendo che è irraggiungibile; ma segretamente
meditava di ricordargli
la stessa promessa di quei giorni.
Annuisce, e solo allora Roy la lascia
andare.
“Guarda che ti tengo
d’occhio, eh…” tenta di scherzare,
abbozzando un sorriso di emergenza, guardandola mentre si avvia verso
il campo
di battaglia.
Come se quel movimento impercettibile
del capo – su e giù,
su e giù: quasi una molla allentata, all’interno
di un meccanismo troppo
complesso da capire – potesse sconfiggere il Fato e tutte le
sue paure.
Come non
detto, già
che ci sono aggiorno anche SABBIA.
Grazie mille
per i
commenti: questo è un progetto a cui tengo molto, quasi
quanto i 100 themes,
per cui sono doppiamente contenta quando leggo le recensioni: grasie di
cuoreee!!!!
Che dire? Di
questo
capitolo il titolo è stato quello che mi ha dato il filo da
torcere, e solo
alla fine mi sono resa conto che per una volta poteva essere Roy a
“tenere gli
occhi puntati” su Riza, piuttosto che il contrario. Per
quanto riguarda la sua
richiesta… non so, l’ho sentita molto appropriata
alla situazione, sia perché Riza
gliene aveva fatta una simile, davanti alla tomba del padre
(ricordate?), sia perché,
avendo io ancora davanti agli occhi il funerale di Maes (pianti su
pianti)
penso che Roy sia molto fragile in tema di morte, soprattutto quella
delle
persone a lui più vicine.
Sono
contenta che la
parentesi su Glacier e Maes vi sia piaciuta: ho già visto
che una buona parte
dei capitoli di questa raccolta saranno incentrati su di lui (ed
è per questo
che l’ho inserito tra i personaggi), un po’
perché ne sento la mancanza (vedi
sopra: pianti su pianti su disperazione alla sua morte), un
po’ perché è un
personaggio complesso e interessante… e un po’
anche perché se si parla di
Royai, un accenno al rapporto tra Roy e il suo migliore amico mi
sembrava
doveroso, se non altro per provare a vedere la cosa da
un’angolazione
particolare, o anche solo diversa.
Vabbè,
la sto facendo
un po’ troppo lunga: alla prossima (e stavolta
cercherà di accorciare i tempi
di attesa davvero!). Bacioni a tutte!
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