Dear me..

di mashtonsconcert
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** introduzione ***
Capitolo 2: *** Back to the past? ***
Capitolo 3: *** Before falling ***
Capitolo 4: *** four years ***
Capitolo 5: *** Monster is back. ***
Capitolo 6: *** meltdowns ***
Capitolo 7: *** I want you back. ***
Capitolo 8: *** George. ***
Capitolo 9: *** AVVISO IMPORTANTE. ***



Capitolo 1
*** introduzione ***


'cara me, 
io ti odio,
sei debole
e meriti il dolore.
sei imperfetta
e non sarai mai buona abbastanza.
spero che tu muoia.'
-me stessa 



note autore : 
spero che la leggiate e lascierete una recensione , se volete il primo capitolo recensite c:

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Capitolo 2
*** Back to the past? ***


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CAPITOLO 1


Io sono brutta.
Io sono priva di dolore.
Io sono inutile.
Io sono depressa.
Io non sono ok.
Io voglio morire.
Io odio me stessa.
Io odio la persona con cui devo condividere le giornate , me stessa , la odio intensamente , vorrei ucciderla ma non posso , non  ne ho il coraggio.
Mi rialzo e qualcuno , non è importante chi , mi fa cadere di nuovo.

E poi c’è lui , la persona che vorrei sempre al mio fianco , la persona che diceva sarebbe rimasta per sempre e invece se n’è andata , trasformandosi nel mio incubo peggiore , come quei mostri sotto al letto di cui avevamo il terrore da bambini. Ma lui era peggio , lui mi aveva ridicolizzato , mi aveva umiliato facendomi diventare quello che sono adesso , una ragazza che spera in una luce di salvezza che non arriverà.

La testa mi scoppiava , troppi pensieri mi affollavano la mente , la facevano diventare un puzzle complicato , di quelli che non riesci mai a incastrare due pezzi insieme , di quelli di cui non capivi niente. Scesi dal letto , le gambe mi tremavano , non per il freddo , ma per debolezza , non avevo energia , prendere energie voleva dire mangiare , mangiare voleva dire ingrassare , che a sua volta voleva dire aumentare gli insulti già troppo pesanti rivolti al mostro che ero diventata.

Mi diressi al bagno. Era un’orrore , la doccia aveva i ricordi della notte precedente , delle chiazze di colore rosso si estendevano per tutto il piano.I miei occhi però si concentrarono sul cassetto , quel cassetto era la parte dominante della mia vita , lì c’era la mia migliore amica , non che la mia unica amica , non è altro che un pezzo di metallo che ogni sera sta zitto e ascolta il mio dolore , aiutandomi.

Scossi la testa , mandando via questi pensieri , pur sapendo che tra un quarto d’ora sarebbero tornati ancora più forti di prima.
Mi avvicinai al lavandino lavandomi viso scavato , a forza di trovarmi imperfetta.

Alzai lo sguardo verso lo specchio , un’espressione disgustata si formò nella mia faccia , ero orribile , molti me lo dicevano , ma non capivano che lo sapevo già. Sforzai un sorriso , mi ero rialzata un’altra volta.

Mi dovetti voltare subito , non sopportavo la mia visione per più di un tot di minuti , adesso capito perché gli altri mi odiavano , o perché facevano facce disgustate alla mia vista , non mi potevo vedere nemmeno io , e loro mi dovevano sopportare per 6 ore tutti i giorni , un giorno non mi vedranno , un giorno saranno tutti felici , un giorno io renderò felice qualcuno e non deluso come tutte le volte. 

Testa alta.
Sii forte.
Fingi un sorriso.
Vai avanti.


Non riuscivo mai ad avverarlo , non andavo avanti ma tornavo indietro , indietro a quando tutto è iniziato , a quando lui mi ha detto ‘non siamo più come prima’ , a quando fu stato il primo taglio , al primo tentato suicidio , al primo insulto , alla prima volta in cui non mi sono sentita amata , alla prima volta in cui tagliai verticalmente. Ogni volta tornavo a questi pensieri , a quella che dovrebbe essere la mia storia ma che sembra la trama di un film horror dove nessuno rimane in piedi , dove nessuno ha più forze.

Non mi resi nemmeno conto che avevo già indossato la mia inseparabile felpa dei meyday parade e i miei jeans che mia madre mi comprò due anni fa , ormai erano scoloriti , ormai quasi bianchi , e le mie superga nere. È strano che una ragazza si vesta così , di solito lo fanno i ragazzi , ma io non mi sento sicura con un vestito che fa vedere le gambe , le braccia , i posti in cui è scritta in un'altra lingua la mia storia , non voglio.

Scesi velocemente le scale facendo attenzione a non scivolare sul tappeto rosa confetto che mia madre tanto desiderava e poi , con lentezza indeterminata , mi fiondo fuori .

Il gelo di ottobre mi arriva dritto in faccia facendomi rabbrividire , mi fece ricordare di quando lui mi faceva stare al caldo racchiusa in un suo abbraccio durante queste giornate di gelo e improvvisamente gli occhi iniziarono ad appannarsi senza che io potessi farci niente , i miei piedi invece  camminavano verso la strada della scuola , o meglio l’incubo.

Mi passai il braccio sulla faccia togliendo le piccole gocce salate che gridavano di scendere e accellerai il passo , prima arrivo prima l’incubo passa.
Avvistai i cancelli ormai arrugginiti della scuola e sospirai prima di varcarli. Tutti si girarono facendo battutine e cose varie per poi zittirsi di colpo.

couthbert..’ quella voce




note autore : scusate se è corto , ma volevo finisse così , il prossimo sarà più lungo  c:

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Capitolo 3
*** Before falling ***


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CAPITOLO 2


‘couthbert..’ quella voce.

Mi girai lentamente per poi perdermi in quelle pozze verdi , quegli occhi che per tanto avevo aspettato che mi vedessero per quella che ero , quelli per cui sarei potuta morire anche al minimo contatto visivo. Ma la voce non era la sua , era del suo amico , il diavolo in persona , perché di diavoli che ne sono quattro , quattro che purtroppo mi hanno rovinato , mi hanno portato a questo senza accorgersene.

Abbassai subito lo sguardo sentendo ancora quella voce a parlare , era calda , piatta ,  non trasmetteva sentimenti , odio forse? Verso di me , è logico.
‘Il gatto ti ha mangiato la lingua per caso?’ mi sfidò. Voleva parlassi a tutti i costi , che dicessi qualcosa con cui poteva ridicolizzarmi lì , davanti a tutti , davanti  a quelli che io odiavo di più , cioè chi vedeva e non faceva niente , avevano nelle mani il potere di  far fermare o peggiorare l’inferno , e questo lo odiavo perché non ero abbastanza forte per comandarlo.

Il suo corpo si mosse velocemente vicino al mio ‘parla stronza’ mi ordinò duramente , ormai non faceva più paura, perché si era trasformata in puro terrore , solo che di solito qualcuno ti abbraccia in quei casi no ? a me no, non c’è nessuno disposto ad abbracciarmi , l’unica persona che l’ha fatto in tutta la mia vita è lui , lui che sta osservando muto , senza espressione , il suo amico che mi parlava , ormai non riuscivo più a leggerli dentro .

‘non ti decidi eh str-‘ qualcuno lo interruppe prima che avesse detto l’insulto decisivo , quello che mi avrebbe fatto crollare definitivamente , quello che mi avrebbe fatto passare per lo sbaglio della situazione. O lo sono? ..

Era stato lui a parlare , la ragione della mia felicità fino a 4 anni fa , erano passati tanti anni da quando ero felice che non mi ricordo più com’è un sorriso , mi vergogno di me stessa. Lui lo aveva semplicemente avvertito che stava arrivando una prof. logico no ? non lo avrebbe mai fatto per me , per non farmi crollare, per non vedermi piangere, per non vedermi morire davanti a lui.

Improvvisamente Calum , il ragazzo che mi aveva insultato, fece finta di parlare amorevolmente con me , dicendomi con gli occhi di tenerli quel gioco sporco.
Per fortuna la campanella suonò e tutti entrarono a scuola , compresi loro.

Scoppiai in lacrime , fregandomene se qualcuno mi avrebbe visto, e mi allontanai da quel luogo , quell’incubo , quello frequente , quello in cui provi a svegliarti ma scopri che quella è la realtà e non puoi fare niente per fermarla perché è così che va la vita, non puoi cambiarla.

Corsi fino al mio prato , lo chiamavo mio perché nessuno ci veniva , era vicino al bosco e tutti dicevano che era infestato dai fantasmi, che creduloni , i fantasmi e i mostri non esistono , come ci insegna scooby doo i veri mostri sono le persone, e io sono il mostro più grande , sia per me stessa che per gli altri. Se non esistessi staremmo tutti meglio.

Mi sedetti sull’erba fresca con questi pensieri , mi stavo facendo la bara da sola al solo pensiero , mi stavo uccidendo lentamente e me lo meritavo.
Poi pensai a quelle pozze verdi in cui mi perdevo ogni volta che entravo in quella scuola , pensavo a quanto era stato bello averlo vicino per 14 anni , e a quanto era brutto vederlo da lontano senza salutarlo , abbracciarlo , ma soltanto ascoltare gli insulti che ti rivolgeva. Lui da angelo si era trasformato in diavolo , in incubo , in tutto quello che di male può esistere.

Lui era Ashton.

                                                                  Do you remember summer ‘09
                                                    
Wanna go back there every night 
                                             Just can’t lie it was the best time of my life 

                                                                                                                -Rock me ; One direction 

SPAZIO AUTRICE:
lo so che è corto ma non ho tempo di scrivere con la scuola e tutto il resto , volevo avvisarvi che mi sa che cambierò nick , ma non lo so , in ogni caso poi mi chiamerò 'mashtonsconcert' ma ancora è tutto un forse. Grazie. 
-Kei 

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Capitolo 4
*** four years ***


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CAPITOLO 3


Sentii dei rumori dietro di me, mi girai di scatto e il fiato mi si mozzò in gola, non c’era nessuno , nemmeno uno scoiattolo niente, conclusi che il mal di testa stava peggiorando e quindi, prendendo la mia borsa ormai sporca d’erba, mi incamminai verso casa mettendomi le cuffie nelle orecchie, mettendo come un muro tra me e il mondo.
La voce quasi femminile di Kellin Quinn risuonava nelle orecchie mentre i miei passi veloci nell’asfalto , erano sincronizzati , come una melodia dai bassi-toni rock, il mio stile insomma.

Quando scorsi la piccola costruzione giallo sbiadito cominciai a cercare le chiavi, mentre un senso di tristezza fece baleno nella mia mente portandomi al pensiero si una casa vuota, spoglia , ma non di mobili , bensì di amore , sentimento che non sia odio, anche priva di persone , a casa non avrei trovato nessuno se non ‘Fì’ il mio gatto , mio perché nessuno se ne occupava tranne me , perché in un certo senso lui era mio no? Lui mi ascoltava , mi scaricava dai miei problemi , mi preparava alla sensazione , per me , più conosciuta del mondo, quella del metallo.

Sospirai per poi infilare la chiave dentro la serratura e farla girare verso destra due volte, sorrisi leggermente al sentire del click che emetteva per segnarne l’apertura. Aprii quasi con paura la porta per poi fare due o tre passi e chiuderla dietro di me, e facendo i primi passi nell’atrio mi riempii di angoscia. Volevo solamente qualcuno che mi volesse bene, che non mi abbandonasse pugnalandomi alle spalle, come fece lui, il mio riccio, o almeno quando era il mio riccio.
Mi ero fatta un’ipotesi del perché mi avesse abbandonato, insomma lui è perfetto, ha le sue belle fossette che contornavano le guancie, i suoi capelli mossi che lui spostava sempre con quelle mani grandi che fino a quattro anni fa stringevano saldamente le mie, mi mancava tutto questo, davvero tanto.

Appoggiai la borsa sul pavimento stando attenta a non rompere niente, la leggerezza a fine scuola non era il mio forte. Ignorai completamente la cucina, la fame l’avevo persa da un bel po’ di tempo, e andai subito in camera mia. Mi stesi sul letto dopo aver accarezzato due o tre volte il gatto pensando a cosa avevo di sbagliato da farmi odiare da tutti, solo mio fratello e George erano esclusi da tutto quello, loro mi confortavano, per quanto ci riuscissero facevano il loro meglio, e io gliene sarei grata per sempre.

Chi è George? Beh lui è colui che riesce a farmi sorridere, uno dei pochi, lui mi aveva aiutato, e mi aiuta ancora molto adesso, darei la vita per lui.
Ad interrompere il mio monologo su George, sarei andata avanti ore a parlare su di lui, fu una porta che si chiuse, e una voce che informava che chi fosse entrato era ritornato.
Era mio fratello.

Corsi di lui quasi inciampando nelle scale e lo abbracciai forte, come un bambino faceva con la propria mamma, con un peluche o con papà. Avevo bisogno di un abbraccio, un abbraccio caldo e forte che ti trasmetteva sicurezza e serenità, ne avevo davvero bisogno.

JJ , mio fratello, mi strinse a se capendo tutto, nei miei 17 anni di vita non avevo ancora capito come facesse a capirmi al volo, era come se fossimo collegati, come se mi leggesse nella mente. Lui non mi giudicava un mostro come tutti gli altri, lui non mi diceva ‘stronza’-‘grassa’-‘aborto’ o chissà cos’altro, no,  lui mi sosteneva come un pilastro sostiene il tetto, lui era il pilastro e il tetto, una cosa troppo carica di sbagli da potersi reggere da sola, ecco cos’ero io.

Mi staccai da lui sorridendogli, sapendo che avrebbe ricambiato subito, infatti lo fece prima di ritirarsi nella sua stanza senza dire niente. Era strano.
Decisi di non pensarci e ripetei le sue azioni.

Domani sarebbero stati 4 anni precisi.


((((il giorno dopo))))


Varcai la soglia della scuola ricevendo occhiate di disgusto che mi fecero abbassare lo sguardo ma non prima che si incatenasse a quelle pozze verdi che io amavo. Chissà se si ricorda che oggi sarebbero 4 anni dalla catastrofe, o almeno per me.
Ma lo dubito, lui sta così bene senza di me, lui sorride quando non ci sono io, lui è felice.
Mentre guardate me, ridotta ai metodi estremi pur di non soffrire per questo, ridotta a non accettarmi credendo che fosse per come ero, fisico e carattere, a non piacere a lui e agli altri.

Insomma guardatemi, faccio schifo.


Questo è quello che il mio cervello contorto pensa ogni giorno,ora, minuto, secondo della mia vita da ben quattro anni, sono stanca di questo.
Sentii la campanella suonare e vidi tutti gli studenti andare in classe, così gli imitaii iniziando a camminare lentamente verso l’aula di chimica, la mia materia preferita dopo scienze.

Sbadatamente andai a sbattere contro qualcuno, i libri mi caddero per terra e dispersero i fogli contenuti all’interno sul freddo pavimento di marmo. Mi scusai per non so quante volte mentre il mio cervello mi incolpava dandomi della stupida e dicendomi di stare più attenta, e le mie mani raccoglievano tutto il casino che avevo combinato.
Ormai il corridoio era vuoto e c’eravamo solo io e colui o colei che mi avrebbe mandato a quel paese dopo la mia mente. Quando finii mi alzai scusandomi per l’ennesima volta e alzai lo sguardo restando pietrificata.

Era ashton.

<> disse prendendo come esempio la mia azione di alzarmi. Dopo che vide la mia reazione non seppe più che dire e quindi sparò a caso.
<<eve..>> mi chiamò.

SPAZIO AUTRICE: 
ciao belle, belli, o come siete allora, volevo assolutamente scusarmi con voi per l'assoluto ritardo ma non ho avuto tempo di scrivere e ieri ho fatto sta merda, è corto, prometto che il prossimo sarà più lungo e pubblicato prima assolutamente, dipende se recensite ovvio. Poi avete sentito di selena? io spero non sia vero cavolo. 
Comunque ho creato dei banner per la storia e vorrei sapere il vostro preferito così lo metto sono questi: 
1-
2-
3-
4-
5-
Ho finitooo , meglio per voi lol, potete farmi sapere quali vi piacciono? sono indecisa lol
vi lascio il mio twitter(cliccate sopra ashton ouo)   Ora vado , vo ho rotto già abbastanza. 
Mashtonsconcert xoxo.

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Capitolo 5
*** Monster is back. ***


Domandina: lo vedere il banner? ditemelo, vi prego. 

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Capitolo 5 


Mi era mancato tutto questo.
 
Tirai un lungo sospiro. Era uno di quei fottuti momenti in cui avrei voluto solamente piangere. Piangere fino a finire le lacrime. Semplicemente non era il momento giusto per crollare.
Con le sue braccia che mi avvolgevano la vita. Le sue labbra accanto al mio orecchio; «Sei al sicuro con me, Eve.»
Sentivo il suo fiato premere sul collo.
Una lacrima mi rigò il viso. Fu allora che mi prese la mano, giocherellando con le mie dita e avvicinò il suo viso al mio. Passò il palmo appena sotto il mio occhio. Appoggiò le sue labbra lungo la mia fronte e ci lasciò un delicato bacio.
«Devo and-..» Si sentì un tonfo. Poi si vide Calum barcollare per terra. «Maledetta vegetazione!» Imprecò sotto voce. «Chi ha messo un fottuto ramo nel bel mezzo di un bosco?!» Sbottò massaggiandosi un ginocchio. Non feci a meno di arrossire e di trattenere un sorriso.
Ashton lo guardò malamente e sospirando gli disse «Siamo in una foresta, testa di cazzo.» Sembrava furioso.
 
Come se avesse interrotto qualcosa.
 
Il problema era che, non aveva interrotto proprio niente, se non la mia fuga.
Abbassai lo sguardo. Calum continuava a soffocare una risata; Ashton invece sorrideva falsamente nascondendo il nervosismo.
 
Feci qualche passo indietro senza fare rumore, senza lasciar vedere che me la scappavo da loro, dalla vita, da me.
 
Dopo i primi leggeri passi, lasciai che il mio corpo si voltasse dando le spalle ai due che stavano leggermente discutendo della caduta appena avvenuta di Calum.
Lasciai le mie gambe prendere velocità, le lasciai portarmi lontano da lì, dal mio posto, quello che avevano scoperto, quello che non potevo più chiamare mio..
 
Lasciai libere di fare quello che volevano pure le lacrime, le lasciai cadere lungo le guance. Come ogni fottuto giorno, quella era la routine.
 
Ti svegli, vai a scuola, vedi Ashton e loro escono come fiumi a ogni sua parola, a ogni suo sorriso, a ogni suo respiro.
 
Forse vi sembrerà stupido ma, è difficile, vederlo andare avanti senza di me. Vederlo andare avanti con la sua vita, come se nulla fosse successo. Lui riesce a sorridere, riesce a parlare senza avere timore, riesce a respirare normalmente.
Mentre io tutte queste cose non riesco a farle facilmente perché è fantastico come un piccolo movimento delle labbra può nascondere quattro anni di dolori, è fantastico come non parlare nasconda tutti i timori, ma ancor più meraviglioso è come una semplice felpa riesce a nascondere il tuo hobby preferito, quello da cui non riesci a smettere.
 
La verità è che sono stanca di respirare.
Sono stanca di essere falsa.
Sono stanca di questa pelle.
Portatemi via dall’inferno in cui mi sono cacciata.
 
 
Casa mia si mostrava davanti a me mentre mi fermai e regolarizzai il respiro ormai eccessivo.
Quando fui dentro chiusi la porta appoggiandomi sopra e attaccando la fronte a essa liberando il resto del pianto.
 
Sentii qualcuno che scese le scale lentamente, come se alla fine non volesse arrivarci. Poi una voce, una flebile, quasi inudibile.
 
«Dovresti risparmiare le tue lacrime per altro.» JJ mi avvertì. Ma di cosa? Era la prima volta, da ieri, che mi rivolgeva parola, non aveva aperto bocca.
 
 
«JJ, perché dici questo? Cosa succede?» mormorai appena, sentendo il sangue gelarsi. Di nuovo quella fottuta sensazione.
Il cuore mi si fermò in gola.
Ciò che temevo stesse per uscire dalle sue labbra era devastante.
Mi passai una mano tra i capelli, incosciente.
«E’ tornato il mos-..» venne interrotto da passi. Passi pesanti. Lungo le scure scale di legno massiccio.
Lui era tornato.
Mio padre sorrise appena e mi rivolse parole laceranti.
 
«Buon giorno, piccola Eve.»
 
Ero spaventata. Spaventata come non mai. Il suo sorriso era … era cattivo; quasi quanto lui.
Ero stanca.
L’unica parola che uscì dalle mie labbra fu un flebile «scusa..».
Dopo di che corsi velocemente su per le scale, chiudendomi in camera.
 
 
La lametta passava ripetutamente sulla pelle. Bollicine di sangue fuoriuscivano dai corti ma profondi tagli lungo il mio braccio destro.
«.. Questo è per mamma. Questo è perché non sono mai abbastanza. Questo è per..è per Ashton. Che merda di persona sei Eve?» colpii violentemente il polso sanguinante contro l’anta dell’armadio.
Qualcuno stava salendo le scale. Tirai violentemente un pugno al materasso e tirai giù le maniche nere. Uscii velocemente dalla stanza e mi chiusi in bagno.
Mi accasciai a terra dolente. Dietro di me lasciavo piccole goccioline di sangue, lasciai cadere le braccia  inermi lungo il lucido pavimento di marmo del bagno.
Sentii bussare pesantemente alla porta. Udii il mio nome urlato da una voce fin troppo conosciuta e i miei singhiozzi farsi più penetranti.
Sentivo le palpebre farsi sempre più deboli, il corpo andarsene e il dolore con lui.
Forse era l’ora.
Forse ce la stavo facendo.
Forse il mio sogno stava diventando realtà.
L’ultima cosa che vidi fu la porta che si spalancò e il viso spaventato di JJ.
Il mio JJ.
Il mio fratellone.
Quando lo aveva scoperto gli avevo promesso che non lo avrei più fatto, ma non ho resistito, potevo rendere felice e migliore pure la sua vita. Lui mi dovrebbe odiare, per averli mentito, per aver commesso quel fottuto sbaglio il 20 dicembre di quattro anni fa.
Mi dovrebbe odiare.
Perché non lo fa?
Lui mi deve odiare, almeno quanto lo faccio io.  
 
Ma la persona che avrei fatto felice in quell’istante era lui. E io ero felice se questo gesto portava la sua goia, perché non c’è niente di migliore di vedere un sorriso sul suo viso, anche se questo mi costa molto caro.
 
Oh Ashton, quanto avrei voluto non far toccare le nostre labbra quella notte d’estate.
 
Credimi, se potessi premere ‘replay’ alla mia vita, cancellerei quel gesto e ti avrei solamente abbracciato.
 
Un urlo.
 
La voce rotta dal pianto di mio fratello che mi diceva di non chiudere gli occhi.
 
La sua mano che mi teneva stretto il polso.
 
JJ.
 
Io.
 
E il buio.
 
 
Oh Ashton, quanto avrei voluto dirti che ti amo.

 
                                                                  ”I make a mistake ‘cause I’m trying to deal with the pain.
                                                                                                                                                              I don’t understand it, it is now the end?”
                                                                                                                                             -A trophy father, a trophy son; Sleeping With Sirens.

 
                                        ≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈SPOILER ≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈
 
                                       -Cosa cazzo ti passa per la testa Hemmings?-
 
                                                         ~
 
                      -Sei il suo ragazzo?- il dottore sembrava impaziente di una mia risposta.
 
                                                         ~
 
                                          -Calum, dimmi che non è vero.-
 
                                                         ~
 
                         Non è successo davvero, ditemi che è tutto un fottuto scherzo.
 
                                                         ~
 
     -..E bastava guardarla negli occhi per capire l’inferno in cui si era cacciata, ma come ben sappiamo, le persone sono                     sempre troppo impegnate per sprecare quei pochi secondi per farlo.-
 
                                                         ~
 
                 -..Mi dispiace- le parole che più odiavo che un dottore dicesse mi erano state riferite.


SPAZIO AUTRICE:
Questa volta, ho aggiornato presto, A-M-A-T-E-M-I.
Questo capitolo mi piace molto ed è merito della mia migliore amica @omgisbiebs aka alessia, kyau amyka O.o

Per ogni cosa vi lascio i miei contatti:
Twitter: uno: 
https://twitter.com/ashtonsbravery
         due: http://twitter.com/twinsmjle
LiveJournal : http://hemm0rauhl.livejournal.com/


 

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Capitolo 6
*** meltdowns ***


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CAPITOLO 4


«Eve…»
Quando alzai lo sguardo e vidi i suoi occhi mi allontanai tremante.
Feci qualche passo indietro e strinsi al petto i libri che tenevo tra le mani.
Avevo gli occhi arrossati e lucidi ed ero sul punto di scoppiare.

«Eve..» Il mio nome pronunciato da lui, le sue labbra che si muovevano per formare il mio nome, d’un solo fiato. Mi girai velocemente dal lato opposto e iniziai a correre, ma quando udii ancora una volta il mio nome mi voltai e sbattendo leggermente le mani sui jeans gli dissi «Hai voglia di prendermi ancora in giro, Ashton Irwin?» I suoi occhi si gonfiarono e rimase immobile.

Non emetteva parola, ma i suoi occhi parlavano.

Mi domandavano perché. Per me era semplice rispondere a tale domanda, mi chiedevo se anche per lui lo fosse.
Girai i tacchi e diedi un colpo secco allo zaino.
Ashton pov’s
Non sapevo più cosa provare per farle capire che non avevo commesso io quel fatidico errore.
Tirai un violento pugno all’armadietto di fianco a me e svolazzò a terra una fotografia a me famigliare.

Eravamo io e Eve da piccoli.

Fu allora che capii che lei non aveva dimenticato.
Mi piegai a terra e la raccolsi. Quella mattina capii tante cose; camminai verso il prato deserto e poi corsi velocemente nel bosco.

Passai l’intera mattinata seduto a terra sotto un albero di ciliegio, ma i miei pensieri furono interrotti da una schifosa pigna che mi cadde in testa. «Fottuta vegetazione di merda. Karma, è tutta colpa del karma!» Sussurrai. Mi squillò il cellulare.
«Pronto?»
«Hihihihi ti amuxxo tantixximo Ashton oddioo» Disse una voce “vagamente” famigliare.
«Ciao Calum» dissi ridacchiando. Cercava sempre di farmi questi stupidi scherzi senza riuscirci.
 
«yo bro, come mai non sei a scuola?» lui non sapeva fare una conversazione normale, doveva fare lo scemo sempre e per sempre.
 
«un casino con Eve.» la mia voce risuonava come una canzone da funerale, ero triste per quello. Volevo davvero restaurare quello che c’era tra di noi, quello che c’era quattro anni esatti fa.
 
«Eve?..» chiese in un sussurro, dopo sentii uno spostamento d’aria dall’altra parte della cornetta, forse si era spostato per non far sentire ai ragazzi l’argomento.
 
«che cosa cazzo è successo?» continuò subito dopo con tono preoccupato.

Presi fiato diverse volte, le parole non mi uscivano dalla bocca. Quella situazione mi stava distruggendo e l’unico a saperlo era Calum.
 
 
«Oggi ..» l’unica parola che dissi era quella, era venuta fuori tremante e insicura, la mia voce si faceva sempre più bassa mentre stavo quasi per non scoppiare con i miei risentimenti e tutte le colpe.

Mi passavano davanti le scene quando ogni volta che non avevo proferito parola dopo le frasi di mio padre, e dopo quelle che mi trovavo alla finestra di notte, quelle orribili scene di Eve mentre piangeva, singhiozzava e urlava, invece che smetterla e chiederli scusa, invece ogni volta continuavo, forse per paura di un suo rifiuto, che stupido che ero, che sono ancora e che sarò se questa storia continua.
 
 
 «dove sei?» sputò nervoso il mio amico ormai esasperato da questa situazione, come lo capivo, era l’unico ad aver scoperto i miei rimorsi e ora mi faceva come da psicologo. Povero lui.
Gli dissi fievolmente il posto, cioè l’unico che ormai sapevo a memoria, il prato vicino al bosco.
 
 
Eve pov’s

Da stamattina per i corridoi non ho più incontrato nessuno di loro, è ovvio che sono “felice” di questo, ma dopo aver visto lo sguardo di Ashton stamattina sono preoccupata. So che non dovrei esserlo, lui non lo sarebbe minimamente, ma sono fatta così, sempre gentile e carina con tutti. Mi faccio schifo pure per questo.
Mi risvegliai dal suono della campanella, la scuola era finita.

Avevo un mal di testa che la metà bastava e avanzava pure, e in più non ero ancora arrivata a casa, era ancora abbastanza lontana.
Decidi di fare un salto al bosco così mi sarei riposata un po’.
Quando arrivai lì quasi ebbi un mancamento, il mio posto era stato scoperto, si sentivano delle voci.
 
«Calum, ti giuro non ce la faccio più, la rivoglio.»
 
Erano calum ed Ashton.

I diavoli erano lì e non sapevo cosa fare.
 
Il respiro mi si mozzò il gola. Non riuscivo a fare niente se non guardare davanti a me respirando velocemente, pesantemente e con molta difficoltà. Cosa ci faceva lui lì? Cosa ci facevano loro lì? E soprattutto di chi stavano parlando? Di sicuro non di me, che stupida che sono, come potevo anche solo pensare questo.
 
Mi voltai lentamente cercando di non fare il minimo rumore per non farmi scoprire. Impresa fin troppo ardua per me che calpestai un ramoscello. Questo emise un sonoro rumore di rottura, maledizione a me.
Le voci cessarono, tutto tacque.
Ero immobile, speravo fosse solo una coincidenza, o che qualcuno lassù, sempre se fosse esistito, mi avesse fatto uno scherzo, che fosse annoiato.
 
Passi veloci.
Due braccia forti mi avvolsero.
Una voce calda che mi sussurrò di calamarmi.
 
Mi era mancato tutto questo.




note autrice: com'è ? vi piace? 
questa volta ho aggiornato presto rispetto le altre volte. Sono stata cucciolosa, per modo di dire nell'ultima parte eh ? mi sorprendo di me stessa.
Voglio ringraziare @0mgisbiebs , nonchè mia migliore amica, che mi ha aiutato a scriverlo, e ha scritto il primo pezzo.

Volevo chiedere, qualcuno andrà al concerto di miley?  

vi lascio il mio twitter: ragazzo da parete cliccateci sopra lol
il mio tumblr:5SOS(((mellark))) cliccate sopra lol
e il mio livejournal : hemm0rauhl
e il mio gattarleno
  non è bellissimo oddio.

Mashtonsconcert xoxo.

 PS: ho sbagliato a scrivere 'capitolo 4' dovevo scrivere 5, scusate. aiuto. 

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Capitolo 7
*** I want you back. ***


Capitolo 6 

Leggete lo spazio autrice sotto , vi prego.



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Ashton pov’s
 
Stavo ‘litigando’ con Calum per la sua interruzione nel momento più importante forse di questa giornata quando mi accorsi la mancanza di Eve vicino a me, così mi guardai intorno.
Il vuoto.
Non era nei dintorni, pensai che se ne fosse andata a gambe levate visto il terrore nei suoi occhi mentre fissavano i miei qualche minuto prima.
 
Non doveva avere paura di me ma le era quasi stato imposto senza pietà e me ne vergognavo.
 
Non avevo più motivo di stare lì a “poltrire” con Calum quindi lo liquidai con una scusa fattibile, quella dei compiti. Pensavo mi conoscesse tanto da sapere che non li faccio quasi mai, non avendo l’esame alle porte non sono indispensabili.
 
Quando raggiunsi la villetta gialla girai lo sguardo e osservai quella di fronte.
Quella di Eve.
La macchina di JJ non era nel vialetto, di solito era sempre lì verso queste ore del pomeriggio.
 
Pazienza.
 
Sbuffai e aprii la porta senza bisogno di chiavi o altro: quando i miei erano in casa lasciavamo la porta aperta per non dover aprire con la chiave ogni fottuta volta.
 
No one view’s
 
Quel pazienza non andava bene, Ashton fischiettava spensierato davanti alla TV pensando che la mattina dopo avrebbe risolto almeno una piccola parte dell’enorme dramma con Eve.
 
Povero, non sapeva nemmeno quello che gli aspettava la mattina dopo scoprendo quella bruttissima notizia.
 
***La mattina dopo***
 
I corridoi erano affollati mentre il trillo della campanella segnava l’inizio di una dolorosa ora di storia per i quattro ragazzi che ridevano e scherzavano senza pensarci minimamente.
 
Le fossette del riccio spuntavano quasi ogni volta che i ragazzi parlavano, sembravano cattivi e cruenti ma erano normali come tutti gli altri, solo con più voglia di divertirsi.
 
Se ne stavano completamente fregando di tutti gli studenti che correvano per raggiungere le proprie classi prima di beccarsi la solita sgridata mattutina da parte dei professori.
 
Due ragazze attirarono la loro attenzione, camminavano lente parlando preoccupate degli ultimi gossip a scuola.
 
«Hai sentito clary..» disse la bionda alla mora. «Evelyn, quella della 3°E è in ospedale» I suoi occhi trapelavano preoccupazione e le sue labbra avevano come paura di pronunciare quelle parole.
 
Ora l’attenzione del moro e del riccio era completamente su di loro mentre gli altri due se ne stavano a parlare, probabilmente disinteressati da quelle stupide ragazze.
 
Ashton view’s
 
I miei occhi si focalizzarono velocemente sul biondino affianco a me. Lui sapeva tutto, ogni fottuta cosa, di questa merda di posto e ora mi racconterà cosa è successo alla mia Eve.
 
«Cosa cazzo è successo a Evelyn?» ringhiai sottovoce al mio amico che sorrideva vittorioso.
 
Mi dava sul cazzo quel sorriso da deficiente che faceva ogni santa volta che riceveva un’altra vittoria da togliere alla lista delle cose da fare. Mi veniva da dargli uno schiaffo ogni qual volta le sue labbra si arricciavano in quel modo contorto.
 
«E’ finita all’ospedale, dicono sia per tentato suicidio» sulla ultima ‘o’ fece partire una raggiante risata che si estese velocemente nel corridoio. La goccia che fece traboccare il vaso fu un leggero ‘finalmente’ che lasciò le sue labbra seguito da un respiro. Da lì partì pure il mio pugno sulla sua guancia destra che lo fece attaccare agli armadietti dietro di lui.
 
Poi penso a quello che ha detto prima.
 
Eve. Tentato suicidio.
 
La mia piccola Eve ha tentato il suicidio? Ditemi che non è vero.
 
 
«Che cazzo hai per la testa Hemmings?» sputai quelle parole addolorato dalla notizia e dal fatto che lo avesse detto con così tanta emozione e felicità nella voce.
 
Guardai Calum che aveva occhi e bocca sbarrati e gli feci un cenno con la testa, così avrebbe saputo che sarei andato a trovarla in ospedale, adesso.
 
**
 
L’atrio dell’ospedale di Sydney Hospital era affollato di pazienti pronti per tornare a casa dopo visite o ricoveri, oppure persone che stanno chiedendo informazioni sulla posizione di medici o famigliari/amici.
 
Mi avvicinai imbarazzato al bancone aspettando che l’odiosa, a mio parere, signora alla reception finisse di parlare al telefono e di masticare così rumorosamente quella gomma simile a un big babol. Che schifo, dico solo questo. Come puoi comportarti così in un ospedale pieno di persone pieno di speranze, tristezza e pazienti feriti quasi a morte?
 
«Potrei sapere dove si trova la stanza di Evelyn Cuthbert?» dico flebilmente irritato e nervoso, lo si notava lontano un miglio.
 
Mi disse velocemente la stanza senza il minimo interesse e borbottando qualcosa su come siano scortesi i giovani d’oggi ma non la stetti ad ascoltare che corsi verso la meta.
 
Stanza 162.
 
Dannazione a chi ha inventato le scale e il cervello di alcune persone di chiudere le porte dell’ascensore prima che tu ci arrivi. Le avrei ammazzate tutte, una dopo l’altra.
 
Finalmente vidi l’ultimo scalino e ringraziai in non so quante lingue Dio, possibile che non guardasse mai giù e non mi mandasse mai una botta di culo?
 
Contai tutte le stanze fino a quella della mia piccola, cioè, quella che era la mia piccola.
 
Faccio un lungo respiro e proprio mentre stetti per sfiorare la maniglia di argento brillante una voce mi interrompe.
 
«Hey ragazzo, non sei autorizzato ad entrare.» fu una voce calda e quasi roca a parlare, di un 50enne circa, non avrei saputo dire con esattezza quanti.
 
Mi girai velocemente e subito dopo lo pregai di farmi entrare.
Lei era la persona che c’era sempre, lei mi era stata sempre vicina in qualsiasi modo e mi mancava così tanto.
Mi mancavano le sue mani, i suoi abbracci, i suoi baci sulle guancie, i pomeriggi passati a prenderci in giro per poi addormentarci abbracciati, mi mancava tutto.
 
E ora quel tutto doveva ritornare sotto il mio possesso, doveva ritornare ad essere il mio presente.
Ma lo stavo perdendo per un mio stupido sbaglio, quello di non fare niente in tutti questi anni, quello di non fermare le angherie di Luke, quello di aver preferito la popolarità alla mia migliore amica.
 
Tutti i miei sogni di far tornare tutto al suo posto si stavano sgretolando al pensiero di quelle parole insieme nella stessa frase: Eve e suicidio.
 
Eppure era successo, mi erano state dette in faccia da uno dei miei migliori con uno sbuffo e un’espressione di soddisfazione che lasciava le sue labbra.
 
Con lui avrei fatto i conti dopo e con “conti” intendevo una litigata epica.
 
Avrei dovuto starle vicino e non pensare ad altro.
 
«Sei il suo fidanzato?» disse il dottore che sembrava impaziente di sapere la mia risposta.
 
Risi leggermente a questa domanda perché lo avrei desiderato e desiderato fino alla fine dei miei giorni.
 
«Diciamo che ci sto lavorando.» lui rise a vedermi così impacciato e così fremente di vedere la mora dentro la stanza.
 
Mi fece un leggero cenno seguito a una risata poi si voltò verso un’altra stanza probabilmente per visite o chissà cosa.
 
Tirai un’urletto  stile ragazza sclerata ed entrai subito nella stanza per poi accorgermi che non ne ero pronto.
 
Il suo corpo inerme e immobile sul letto bianco.
Le coperte che le arrivavano sotto al mento.
Le braccia lasciate fuori facendo vedere dei tagli ancora freschi su di essi.
Gli occhi chiusi e la bocca tappata.
 
Non era questo a cui puntavo vedere.
Desideravo vedere in quella stanza un’Evelyn che mi urlasse che era solo per prendermi in giro, per farmela pagare per questi anni.
 
Invece no, era tutto vero.
Lei lo aveva fatto per davvero.
Lei aveva distrutto se stessa per fare un piacere a me? Perché se è così non me lo perdonerò.
 
Avevo voglia di urlare. Di sfogarmi con Calum, quindi decisi di chiamarlo.
 
«Ashton..» la sua voce mi arrivò al timpano e mi spaventai quasi, era preoccupato e impaziente di sapere.
 
Lui per quanto stronzo sembrava era un bravo ragazzo, capiva tutto e per questo era il mio migliore amico.
 
 
«Dimmi che non è vero, Calum.» piagnucolai senza farmi sentire troppo.
Ditemi che fu tutto un fottuto scherzo e nessuno si farà male.
 
Parlammo, nel senso che lui mi consolò tutto il tempo, per circa un quarto d’ora.
La mia mano nel frattempo si era incollata a quella della mora e le mie dita completarono gli spazi vuoti presenti tra le sue.
 
Non l’avrei lasciata mai più lasciata, me lo promisi.
 
Il discorso si concluse con una frase del libro che Calum stava leggendo, non saprei esattamente il titolo, ma mi colpì particolarmente.
 
«..E bastava guardarla negli occhi per capire l’inferno in cui si era cacciata, ma come ben sappiamo, le persone sono sempre troppo impegnate per sprecare quei pochi secondi per farlo.»
 
Lui aveva ragione, la/o scrittrice/scrittore aveva ragione, tutti avevano ragione oggi, tranne quel coglione di Luke. Le persone non avevano mai la voglia e la buona volontà di spendere quei pochi secondi della loro inutile vita per compiere quell’azione.
Non si rendono conto delle cose buone che possono fare facendo questa mossa, osservare per un piccolo lasso di tempo gli occhi degli altri per capire quello che provano, tutte le loro emozioni.
 
I miei pensieri si interruppero dalle mie contorte idee quando la porta si aprì mostrando un normale dottore seguito da JJ, il fratello di Eve e un ragazzo riccio, più o meno della mia età.
 
«Come ho già detto al signorino Cuthbert e al suo amico Shelley..- il suo sguardo serio e leggermente divertito vagò ai due ragazzi che sorrisero innocentemente facendomi quasi ridere, di sicuro avevano combinato qualcosa –per queste situazioni ci vuole tempo, mi dispiace, noi non possiamo fare più di tanto, tutto è in base alla sua volontà di vivere.» le sue ultime parole uscirono sprezzanti.
 
«Mi dispiace..» sussurò prima di lasciare la stanza lasciando noi tre da soli avvolti nel silenzio mentre guardavamo la ragazza che stava lì, pallida, magra e con i battiti del cuore segnati da quella stupida macchina attaccata al suo fragile corpo.
 
Le parole che più odiavo che un dottore dicesse mi erano state riferite.

 
                                                          We're lost in the middle, like a bottles in the ocean. 
                                                                                  -unionj ; Loving you is easy.

SPAZIO AUTRICE:
scusate, d'ora in poi mi sono prefissata di aggiornare il venerdì, così ho il weekend libero lol.
Non ho avuto molto tempo per scrivere quindi è venuta sta sottospecie di capitolo/merdina.
Ho litigato con la mia migliore amica e non accendevo quasi mai il pc. 
Non ho messo gli spoiler perchè ho scritto tutto il giorno e non ho proprio pensato a questo lol.
VI LASCIO I MIEI CONTATTI:
TWITTER 1 : https://twitter.com/ashtonsbravery
TWITTER 2: https://twitter.com/drunkofbrad
LIVEJOURNAL:  http://hemm0rauhl.livejournal.com/
SPERO CHE IL CAPITOLO VI PIACCIA LO STESSO, VI AVVISO CHE NON L'HO RILETTO E NON SO CHE COSA E' VENUTO FUORI

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Capitolo 8
*** George. ***


Capitolo 7

(leggete lo spazio autrice sotto vi prego)





 

Ashton view’s

Il piccolo George, così sembrava, aveva labbra tremanti e lo sguardo vuoto.
Mi si avvicinò sempre tremante e con gli occhi lucidi, sul punto di scoppiare disse parole amare.

«Hai visto cosa l’hai costretta a fare?» ringhiò sottovoce.

Non risposi. Ero completamente fuori di me. Ero confuso. Volevo solamente stare con Eve, indipendentemente da quello che aveva detto quel coglione.
Mi sedetti su una sedia. Mi correggo, l’unica sedia accanto ad Eve. In quel letto bianco sembrava un angelo. Con le lenzuola che le coprivano il busto. I capelli sciolti, mossi lungo il cuscino. I tagli sulle sue braccia sembravano recenti. Lo erano. Era successo da poco.

«Sai quando li ha fatti?» chiesi strofinando le mie lunghe dita sui suoi polsi

«Ieri sera, idiota.» disse scazzato spingendomi lontano dalla sedia.

«Per colpa tua, suppongo. Oramai era sempre colpa tua. Per tutto. Quindi ora ti levi dai coglioni. Vattene da qui. È troppo tardi per riprendertela.» continuò stringendole la mano, intrecciando le sue dita alle magre dita di Eve.

«Tu chi cazzo sei per venire qua e dirmi di andarmene da lei? Non mi conosci. Non sai chi sono, non sai quanto tengo a lei. Non puoi farlo.» sputai esausto da tale situazione.

«So abbastanza. So abbastanza per sapere che l’hai tradita. So quanto è stata male per te. Non voglio che stia male di nuovo, quindi vattene lontano da qui e non importunarla più, sciò.» 

Lui sapeva? Ma sapeva cosa? Lui non sapeva un cazzo di me, non era nessuno per me, non era nessuno per dirmi quello che dovevo fare o no. Io non avevo tradito proprio nessuno, era stato un’equivoco. Uno che non doveva succedere.


«Tu non sai un cazzo di me ragazzino.» la mia voce tuonava nella stanza seguita dai suoni dell’elettrocardiogramma. 

«Ok ragazzi, state tranquilli. Non è il momento di litigare.» si intromise JJ nella discussione. Pur non volendo fui costretto a darli ragione, perché ce l’aveva. Eravamo in un’ospedale e l’ultima cosa che vorresti è pure litigare con qualcuno davanti alla persona che ami in queste condizioni.

Mi sedetti sulla sedia sbuffando stressato chiedendomi chi era quel ragazzo che mi aveva aggredito. Cosa ci faceva qui? Conosceva Eve per caso? Oppure era un’amico di JJ?

La testa mi scoppiava a forza di pensarci, desideravo solo che questa storia finisse al più presto, come credo ogni persona qua dentro. 

«Scusami, è solo che, lei è la mia migliore amica e ..» Finalmente il riccio parlò, la sua voce in quelle ultime parole suonava così fastidiosa. Forse perché ero io a dirle quattro anni fa. 
Forse perché ero io che volevo dirle di nuovo.

Ma no.
Non sarebbe successo, o almeno , non così in fretta. 

Mi sentivo maledettamente in colpa per quello che era successo, mi sentivo come se fosse tutta colpa mia, e in parte lo era. 

Si sentiva intrappolata dalle parole di Luke e Michael, dai miei sguardi freddi e sfuggenti, dalle parole che volevo urlare ma mi morivano in gola. 

Credo che le scuse non sarebbero state sufficienti quella volta, dovevo riconquistare la sua fiducia in qualche modo.

Quale?

Non lo sapevo ancora, mi scervellavo ma non trovavo un piano decente. 

Mi ricordai solo dopo di non aver ancora risposto a quello che doveva essere il migliore amico di Eve ora. 

«Tranquillo, ti capisco.» lo rassicurai con una voce fredda e impassibile, non mi stava già simpatico.

Stava per parlare quando qualcuno bussò alla porta ed entrò subito.

Calum.

Sembrava affannato, probabilmente aveva corso. 
Ne ebbi la conferma quando si piegò sulle ginocchia a riprendere fiato. 

«Ashton ora mi spieghi tutto per-» la sua voce si interruppe quando vide il moro fissarlo con uno sguardo confuso, non stava capendo il perché Calum era qui e chi fosse. «-ehm ciao.» alzò la mano seguito dall’altro. Dopo si presentò cordialmente, lo ammiravo per questo, era sempre gentile e carino con quasi tutti. Così scoprii il nome del riccio, era George. Non sembrava di qui, aveva un’accento inglese e tratti meno marcati di quelli australiani. 

Lo sguardo di Calum diventò cupo non appena si fermò sul corpo dormiente nel lettino. 
La sua bocca si spalancò leggermente insieme agli occhi che si spostarono immediatamente su di me che invece guardavo altrove come per non affrontare la realtà ora, subirmela in faccia subito era come avere un coltello nel petto, non è una bella sensazione.

Mi fece cenno di uscire, quello che fece lui dopo alcuni secondi. 

Lo imitai scusandomi con George dell’interruzione, lui non ci capiva ancora niente. Soffocai una risata a quella scena e poi imitai Calum. 

«Non ci girerò molto attorno, sul serio mi dispiace per Evelyn ma-» in quel momento mi mise le mani sulle spalle come per consolazione, come per prepararmi alle sue prossime parole. «-Luke è qui e vuole vederla.»
                                                                                                                                                          ”I’ve lost my self again and I am nowhere to be found.”
                                                                                                                                                                                                              -breathe me; Sia 


SPAZIO AUTRICE:
Lo so che è corto, lo so che fa schifo, lo so che sono in ritardo ma non mi odiate, vi prego.
Non ho riletto e se ci sono errori di tutti i tipi mi scuso infinitamente.
Sono in ritardo perchè mi scordo sempre durante la settimana di scrivere e inizio agli ultimi giorni quindi devo imparare ad aggiornare prima. 

per sapere se aggiorno:
twitter uno
twitter due


mi diverto un sacco con photoshop, ne ho altre e ad ogni capitolo ne metterò una, sempre se vi piacciono:).

Mi farebbe piacere se recensiste di più almeno so che che la storia vi piace se no non ha senso andare avanti.
 

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Capitolo 9
*** AVVISO IMPORTANTE. ***


Come avrete già notato non è un capitolo ma bensì un avviso. 
Volevo solo dire che la storia la aggiornerò domenica prossima se ci sono perchè ho problemi con il pc e molto probabilemente oggi lo porterò da mio cugino che se ne intende e farà una pulizia completa quindi ho salvato i capitoli in una chiavetta così non vanno perduti. 
Mi scuso infinitamente. 

Mashtonsconcert xoxo.


 

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