Look into my eyes, it's where my demons hide. di Delfy22 (/viewuser.php?uid=148882)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
prologo
PROLOGO
Il cacciatore più alto si bloccò sulla soglia
della porta. Il suo sguardo era stato catturato da un paio di occhi color
ambra, così familiari per lui, quanto sconosciuti sul viso della persona a cui
appartenevano. Incapace di comprendere ciò che lo circondava, di registrare il
fatto che suo fratello aveva alzato la pistola e in risposta il capobranco si
era messo di fronte al resto del gruppo, riusciva solo a fissare quegli occhi
che di rimando lo fissavano sconvolti. Una sola parola lasciò le sue labbra,
spezzando il silenzio carico di tensione.
“Stiles?”
“Sam?”
La risposta del ragazzo gli confermò la
realtà, e Sam sentì tornare prepotenti mille ricordi sepolti nella sua mente.
Il breve scambio di battute tra i due aveva gelato sul posto il resto dei
presenti, per differenti motivi. Il gigante sembrava non riuscire a staccare gli occhi dal giovane,
che invece cercava inutilmente di respirare ed evitare di essere sommerso da
un’ondata di emozioni capace di trascinarlo via, verso vecchi dolori. D’un
tratto, Sam tornò in sé; la sua mente riacquistò contatto con la realtà, e
immediatamente si girò verso il fratello.
“Dean, abbassa la pistola.”
“Cosa?” sbottò l’altro cacciatore incazzato.
“Siamo letteralmente in un covo di
lupi e tu mi dici di abbassare la pistola?!”
“Abbassa.la.pistola.”
ripeté il minore, lo sguardo questa volta legato a quello del fratello.
Quest’ultimo vide negli occhi dell’altro un dolore profondo, come da otto anni
non vedeva, che lo convinse a fare come lui gli diceva.
Intanto l’Alfa aveva continuato a fissare
alternativamente Stiles e l’alto sconosciuto. Il ragazzo, pur sentendo su di sé
lo sguardo del moro, non lo degnò di un’occhiata, girandosi invece verso i due
cacciatori.
“È bello rivederti dopo tanto tempo, Sam. Non
vorrei rovinare l’atmosfera allegra, amico, ma penso che tu mi debba qualche
spiegazione.”
Con espressione colpevole, Sam concordò.
“Penso che più che una spiegazione, la mia sarà una lunga, dolorosa e oscura
storia.”
“Dolorosa? Puoi scommetterci quei tuoi favolosi
dannati capelli!”
Senza volerlo, il cacciatore si mise a ridere
tristemente, ripensando ad una scena di più di otto anni prima, in cui quelle
parole erano state dette per la prima volta.
Nota dell’autrice: È la mia prima ff, è un
crossover perché a quanto pare so trovare idee solo per delle Superwolf, e
ribadisco che nessuno dei personaggi mi
appartiene (per mia grande sfortuna)! È possibile che i personaggi siano un po’
OOC, se così vi sembrerà fatemelo sapere, dato che la storia è ancora in corso
di scrittura. Quindi, il rating potrebbe
cambiare. Grazie per aver letto, lasciate un commento se volete! L.
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Capitolo 2 *** Capitolo I ***
cap 1
Nota dell’autrice: Il POV è
variabile, chiedo scusa per ciò ma non sapevo come altro scriverlo. Di nuovo,
possibile OOC dei personaggi, che non sono di mia proprietà. *vorrebbe uno
Stiles per il suo compleanno* Spero che vi piaccia l’idea che ho avuto, e al
prossimo capitolo! Se volete lasciate un commento, o semplicemente godetevi la
lettura. L.
CAPITOLO I
La risata del cacciatore spezzò la tensione
che permeava la stanza, lasciando comunque l’Alfa in uno stato di massima
allerta: erano pur sempre in presenza di due cacciatori, anche se non
sembravano intenzionati a fare del male a qualcuno per il momento. Se ciò che
Argent aveva detto loro su questi due era vero, allora avrebbe avuto bisogno che
tutti i suoi istinti fossero pronti a scattare, perché dall’altra parte avevano
le spalle ben coperte. Quindi, Derek si girò verso l’unica persona che poteva
dargli una spiegazione: “Stiles, cosa diamine sta succedendo?”
In risposta a quella che più che una domanda
sembrava un ordine, il ragazzo si voltò verso di lui, legando i loro sguardi.
Il lupo poté leggere, nel fondo di quei pozzi ambra, tristezza, cordoglio,
determinazione e una dose di rassicurazione rivolta specificatamente a lui.
Dietro tutto questo, null’altro che fiducia nei suoi confronti , nata,
cresciuta e consolidata durante la lotta contro il branco di Alfa. Dopo pochi
attimi, sembrati un’eternità, arrivò la risposta: “A quanto pare, oggi non
morirà nessuno. Ci sono invece un bel po’ di storie da raccontare e spiegazioni
da dare, sarà il caso di sedersi comodi.” Concluse il ragazzo, indicando con un
gesto della mano il salotto.
Derek rimase a fissare Stiles, consapevole che
ci fosse qualcosa che non andava. Lavorare a stretto contatto aveva portato i
due a conoscersi meglio, e il lupo ormai aveva imparato a percepire quando
c’era qualcosa di sbagliato in lui. Era in momenti come questi che si sentiva
inadatto, incapace di offrire un appoggio o di consolare; era in questi attimi
che si sentiva un idiota, perché non riusciva a ricambiare completamente la
fiducia che il castano aveva in lui, nonostante quest’ultimo non avesse fatto
nulla per non meritarsela. Anzi, se esisteva qualcuno al mondo che potesse
averla, quello era Stiles. Ma chi si scotta una prima volta, è più diffidente
la seconda.
Spezzando il contatto visivo con il ragazzo,
il lupo notò che il resto del branco aspettava una sua indicazione prima di
fare la prossima mossa; quindi, con un cenno del capo, indicò la sala, sperando
di non sbagliarsi fidandosi di Stiles. Seppur nervosi, i Beta ubbidirono: Scott,
Isaac e Boyd si sistemarono sul divano, rimanendo il più uniti possibile,
mentre Lydia si posizionava in grembo a Jackson, tornato da qualche giorno, su
una delle poltrone.
Nel frattempo, i due cacciatori discutevano a
bassa voce. “Sam, ti aspetti veramente che io mi sieda in salotto a prendere il
tè con un famigliola di licantropi solo perché lo ha detto quel dannato ragazzino?!”
Sam alzò gli occhi al cielo, esasperato.
“Dean, lo so che va contro ogni tua regola, ma per una volta potresti
semplicemente fidarti del mio giudizio e basta?”
“Fidarmi?
Come con Ruby?” sbottò il fratello.
Sam incassò il colpo senza fiatare: era tutto
vero, ma non voleva dire che anche questa volta si stesse sbagliando. “Dean, se
non ti fidi ancora di me, allora puoi sempre far venire qui Castiel e chiedere
a lui se ti puoi fidare di questi lupi mannari. Tanto, con tutti gli errori che
ha fatto, ti fidi sempre e comunque più di lui.” Lo sguardo ferito del fratello
lo colpì dritto al cuore, ma aveva detto quelle parole appunto per ottenere
quella reazione. Un colpo basso, ma necessario.
“Bene” ruggì Dean, “facciamo a modo tuo. Ma al
primo segno di artigli, sparo.” Ribadì,
voltandosi e appoggiandosi allo stipite della porta del salotto, all’apparenza
rilassato ma pronto a scattare al minimo pretesto.
Stiles aveva assistito allo scambio tra i due,
e quando Sam spostò lo sguardo verso di lui il ragazzo gli chiese “Tutto okay?”
“Non proprio, ma per il momento sì.”
“Allora, iniziamo lo show?”
Sam rise. “Certo.”
I due si posizionarono di fronte a tutti gli
altri; Derek era rimasto in piedi, come loro due, dietro il divano, così da
poter reagire alla minima minaccia. Sam si guardò intorno, schiarendosi la
voce, e cominciò a raccontare.
Più di 8 anni prima…
Sam guidava nervoso lungo le statali della California, rassicurato
solo dalla presenza di Jessica accanto a sé, che cantava insieme alla radio. La
luce di quel giorno di primavera le illuminava i capelli biondi di mille
riflessi dorati, riflettendosi poi nei luminosi occhi, rendendoli quasi color
ambra. La ragazza si voltò verso di lui sorridendo “Non dovresti pensare a
guardare la strada?” gli disse. Sam dette una veloce occhiata alla strada,
prima di incrociare di nuovo lo sguardo di Jess. “Posso fare entrambe le cose.”
“Sarebbe meglio se ti concentrassi sulla strada, visto che
preferirei tornare a casa tutta intera. E poi non faresti un’ottima impressione
su mia sorella e suo marito facendoci finire all’ospedale prima ancora che
abbia avuto la possibilità di presentarti a loro.”
Sam concordò, tornando a fissare la statale di fronte a sé.
“Sorellona!”
Il ragazzo non aveva fatto neanche in tempo a fermare la macchina
lungo il vialetto, che già Jessica si era precipitata a salutare la donna che
stava sistemando il giardino. Anche lui scese, dopo aver spento l’auto e aver preso
un profondo respiro.
“Sis, questo il mio fidanzato, Sam. Sam, lei è mia sorella, la
maggiore delle Lee Moore. E da un po’ di anni la signora Stilinski.”
“Lieto di fare finalmente conoscenza con la famiglia di Jessica.”
disse il ragazzo con sincera curiosità. La donna non fece in tempo a
rispondergli, perché un bambino di circa dieci anni le piombò improvvisamente
addosso, urlando a gran voce “Mamma, mamma! Vieni a vedere!”
Ma notando la presenza di altre persone, il bambino si immobilizzò
per un secondo, prima di precipitarsi verso la zia ed essere accolto in un
abbraccio. “Zia Jess! Sei tornata! Quanto rimarrai? E chi il ragazzo con la
frangetta troppo lunga?”
L’ultima domanda fece
ridacchiare entrambe le donne, oltre che a far sbuffare Sam infastidito. “Non è
così lunga!” protestò rivolto al bambino, che per tutta risposta alzò gli occhi
al cielo.
“Non essere maleducato,” lo rimproverò la madre, “Piacere di
conoscerti Sam. Questo è mio figlio, Stiles.” Continuò, indicando il ragazzino.
“Piacere di conoscerti piccolino.” Disse Sam rivolto a Stiles.
“Piccolino a chi? Io ho già dieci anni, amico!” ribatté
quest’ultimo con foga.
La madre del piccolo scoppio a ridere apertamente, impedendo a Sam
di rispondere al bambino. “Mio marito arriverà più tardi, al momento è al
lavoro” disse la donna non appena riuscì a smettere di ridere.
“Jess mi ha detto che è
appena stato nominato sceriffo” replicò il ragazzo, sperando vivamente che il
padre e il fratello si fossero tenuti fuori dai radar della polizia per un po’.
“Sì, è vero, sta lavorando il doppio per dimostrare di aver
meritato la carica. Come se non lo avesse già fatto,” aggiunse la donna, alzando
gli occhi al cielo esattamente come suo figlio.
“Lo sai che ama il suo lavoro, sorellona! Se non mi sbaglio, è uno
dei motivi per cui l’hai sposato.” Ribatté Jessica ammiccando verso la sorella.
“Infatti. Ma questo non vuol dire che non lo voglia più spesso in
casa.”
Stiles, che nel frattempo non era riuscito a stare fermo e aveva
continuato a fare avanti e indietro tra la casa e il giardino, cominciò a
reclamare l’attenzione della zia “Ehi zia Jess per quanto rimani?”
“Rimango per tutte le vacanze di Natale. E, Stiles, tratta bene
Sam, è il mio fidanzato.” Gli rispose dolcemente Jessica. Il bambino si girò a
scrutarlo, e con un tono di voce fin troppo serio, proclamò “Lo tratterò bene
se lui non ti farà del male!”
Sam non riuscì a ridere troppo, perché gli occhi ambra del bambino,
così simili a quelli di Jess, lo fissavano seri.
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Capitolo 3 *** Capitolo II ***
cap 2
Nota dell’autrice: Chiedo
scusa per il fatto che ci ho messo molto più tempo del previsto per finire
questo capitolo, ma ho dovuto riscriverlo due volte perché non mi veniva fuori
bene. Senza l’aiuto di EleaAkira, questo capitolo sarebbe stato un disastro. La
ringrazio con tutto il cuore, e le dedico il capitolo. A presto (si spera), L.
P.S.: fatemi sapere se la storia vi sta
piacendo.
CAPITOLO II
Sam smise di raccontare e Stiles prese un
profondo respiro. Alzando lo sguardo
verso il resto della sala, si accorse che Dean fissava il fratello,
un’espressione indecifrabile sul suo volto, mentre il resto del branco fissava
Stiles perplesso. Era la prima volta che sentivano parlare della famiglia del
loro compagno, e persino Scott, che aveva consolato l’amico quando la madre era
morta, non sapeva dell’esistenza di questa zia. Fu proprio lui a rompere il
silenzio, dicendo piano “Non mi avevi mai detto che tua madre aveva una
sorella”. Lo sguardo preoccupato del suo migliore amico, misto all’affetto che
da anni provavano l’uno per l’altro, ancorò Stiles alla realtà: sapere che lui
c’era, c’era sempre stato e non sarebbe andato da nessuna parte, impedì
all’umano di risprofondare in quell’abisso oscuro che erano stati i mesi
seguenti alla morte di Jessica e di sua madre. In quei mesi il dolore era stato
un compagno fedele, la tristezza un’emozione che minacciava di sopraffarlo ad
ogni passo, la rabbia un’amica indissolubile mentre un senso di solitudine si
faceva strada in lui. Per questo, fissò lo sguardo in quello di Scott e, per la
prima volta, gli parlò della sua famiglia “Jessica è morta più di otto anni fa,
qualche mese prima di mia madre. Io e te ci siamo conosciuti qualche tempo
dopo” continuò, giocando nervoso con i lembi della felpa “ c’è stato un
incendio nella casa in cui abitava, ma non abbiamo mai saputo con certezza cosa
le fosse successo”. Dopodiché, spostò lo
sguardo verso Sam “ Spero che ora tu
possa fare un po’ di chiarezza”.
Il cacciatore era sull’orlo delle lacrime,
perché nonostante tutti gli anni che erano passati, il solo rivivere quei pochi
ricordi di Jess gli aveva fatto tornare in mente tutto il tempo che aveva
passato con lei, il futuro che avrebbero potuto avere e che invece non sarebbe
mai esistito. Guardandosi intorno, capì che non sarebbe riuscito a raccontare
il resto della storia senza crollare, e non voleva farlo di fronte a tutti
quegli estranei che non sapevano neanche chi fosse Jessica. Soprattutto, non
aveva voglia di affrontare il fratello, non per il momento. Abbassando il
proprio sguardo verso quello ambra di Stiles, Sam gli chiese “ Possiamo
parlarne io e te da soli, faccia a faccia? Ti racconterò tutto quello che vuoi
sapere”.
Un lampo di comprensione attraversò gli occhi
del ragazzo, che capì di non essere l’unico a trovarsi sull’orlo di un vecchio
e familiare abisso. Perciò fece un cenno al cacciatore, invitandolo a seguirlo
fuori, quando la voce dell’Alfa lo bloccò sul posto.
“Stiles, non puoi andartene in giro da solo
con un cacciatore!” sbottò Derek, preoccupato, anche se per il momento i due
fratelli non sembravano rappresentare una minaccia.
L’umano si era quasi scordato della sua
presenza, preso com’era dai suoi ricordi e dalla voglia di scoprire la verità.
Girandosi con determinazione verso il licantropo, replicò “Non mi farà del
male, Derek. E in ogni caso, so badare a me stesso, mio grande e grosso lupo
cattivo” concluse con un mezzo sorriso e un’occhiolino. L’Alfa gli indirizzò
un’occhiata scettica, a cui rispose semplicemente raddrizzando ancor di più le
spalle, esclamando “Io voglio sapere la verità, e non sarai certo tu a fermarmi!”
Derek era irritato, perché ancora una volta
Stiles si rifiutava di dargli ascolto, ma non poteva lasciare che uno dei suoi
andasse in giro da solo con un cacciatore. Iniziò ad avvicinarsi ai due,
vedendo con la coda dell’occhio Scott fare la medesima cosa – neanche lui si
fidava di questi cacciatori, a quanto pare - quando il biondino si parò di fronte a lui
“Lasciali andare, tigre”. L’Alfa lo squadrò: davvero quel cacciatore pensava di
riuscire a bloccare un licantropo con la forza? Dean continuò a fissarlo,
assumendo una posa all’apparenza rilassata, ma pronto a scattare alla minima
provocazione “Nel frattempo noi potremmo avere un’amichevole conversazione” continuò sarcastico “magari riuscirò a
capire come si addestra un lupo
mannaro”. Derek fece ricorso a tutto il
suo autocontrollo, per evitare di pestare a sangue il cacciatore e dare altre
preoccupazioni al branco. Fu per questo che non si accorse del fatto che Stiles
e Sam stavano sgusciando via finché i due non erano già fuori dalla porta
principale; avevano approfittato del fatto che la sua attenzione e quella del
branco erano fisse su Dean, il pericolo più vicino. Dannazione, pensò, questi
cacciatori sanno come usare un diversivo, e non si dica che Stiles non sappia
cogliere al volo le occasioni che gli si presentano davanti. Cercò di nuovo
di raggiungere la porta, con Scott ancora una volta dietro di lui, più
preoccupato di prima, e di nuovo il biondino si frappose tra lui e la porta. “A
cuccia, lupetto, vedo che non ti hanno ancora insegnato come si fa a rimanere
fermo”. A quel punto, Derek non ci vide più, offuscato dalla rabbia crescente
verso il cacciatore di fronte a lui e dalla preoccupazione per l’umano, solo
con l’altro. “Ancora no” disse, mezzo ringhiando “Vogliamo vedere se ci
riesci?” E mollò un gancio verso il volto di Dean.
Quest’ultimo, colto alla sprovvista, non
riuscì a pararlo, ma i suoi riflessi entrarono in azione subito dopo,
permettendogli di parare il colpo successivo del licantropo con il braccio
sinistro, mentre con il destro afferrava la pistola nella fondina. Sembra di essere di nuovo in Purgatorio,
pensò. Puntò l’arma contro l’Alfa, facendo fuoco. I proiettili di solo argento
non ebbero il risultato sperato dal cacciatore: infatti, il licantropo si
limitò ad assorbire i colpi, mentre il resto del branco si lanciava contro il
biondino. Prima che potessero raggiungerlo, però, una luce bianca li accecò,
costringendoli a fermarsi e coprirsi gli occhi. Anche Dean e Derek erano
rimasti abbagliati, e quando la luce scemò, permettendo loro di tornare a
vedere, tutti si accorsero che al centro della stanza, di fronte al cacciatore,
era apparso un uomo in trench. Questi si girò verso il biondo “Dean, che cosa
sta succedendo?” chiese, indicando la pistola mentre parlava.
I licantropi tornarono in posizione d’allerta,
pronti a far fronte alla nuova minaccia di fronte a loro. Vedendo tutte quelle
persone muoversi, l’uomo si girò verso di loro, e dopo averli guardati
incuriosito, sembrò capire qualcosa che a loro sfuggiva, facendo un piccolo
cenno con il capo. “Lupi mannari” fu tutto ciò che disse, prima di girarsi di
nuovo verso il biondo, ignorandoli. Derek iniziava a non capire più niente:
prima i due cacciatori, ora questo strano tizio apparso dal nulla. Cosa doveva
aspettarsi ancora? Il resto del branco sembrava ancora più confuso di lui, e
spostando lo sguardo verso i due uomini, l’Alfa si accorse che il cacciatore
aveva abbassato la pistola, come se non pensasse fosse necessaria al momento.
Mentre il licantropo cercava le parole per
farsi spiegare cosa stava succendendo, l’uomo in trench, che non aveva smesso
di fissare Dean negli occhi dal momento in cui si era girato di nuovo verso di
lui, iniziò nuovamente a parlare “Dean, perché non rispondi alle mie chiamate?”
Iniziando a tastarsi le tasche, il cacciatore si accorse di non avere con sé il
cellulare, e subito dopo ricordò di averlo lasciato nell’Impala “Scusa Cas, ho
lasciato il telefonino nell’Impala…perché mi cercavi?”
“Volevo sapere a che punto è il profeta con la
traduzione della seconda prova” rispose Castiel, continuando platealmente ad
ignorare il resto dei presenti. All’Alfa questo atteggiamento cominciava ad
andare giù, in fin dei conti quella era la sua casa, e inoltre cominciavano a
dargli fastidio i proiettili conficcati nel torace. Doveva estrarli per
permettere alle ferite di richiudersi, ma non avrebbe abbassato la guardia
finché quei due non fossero spariti. All’improvviso, la voce di Lydia risuonò
nella sala, spezzando il discorso fra i due uomini “Non vorrei sembrare
scortese” iniziò sarcastica “ma chi cavolo è il sexy esattore delle tasse?” A
quelle parole, l’uomo si girò verso di lei, mentre Jackson faceva una faccia
disgustata. Ignorando completamente il suo ragazzo, che comunque se lo meritava per essersene andato a Londra per un anno
lasciandola da sola, Lydia aspettò una risposta. Aveva un paio di
supposizioni su cosa il nuovo arrivato potesse essere, non si era appropriata
del computer di Peter e del bestiario degli Argent per nulla. Okay, doveva
ammettere che senza Stiles non avrebbe mai avuto accesso al primo, ma quello
che conta è il risultato, no? L’uomo continuava a guardarla, osservandola come
se cercasse di analizzarla, e alla fine rispose “Io sono Castiel, Angelo del
Signore”.
Le facce di questi ragazzini sono uno spettacolo impareggiabile, pensò Dean, sono a metà
strada tra lo sconvolto e il ‘mi stai prendendo per il culo’. Persino quella dell’ Alfa. Per questo, il
cacciatore scoppio a ridere come non gli succedeva da anni. “Non cambiare mai,
Cas!” disse, tra una risata e l’altra, mentre il suddetto angelo lo guardava
interrogativo e il branco sembrava sempre più perplesso.
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Capitolo 4 *** Capitolo III ***
cap 3
Nota dell’autrice: Cercherò di
aggiornare il prima possibile, ma come avete potuto notare non sono molto
veloce a scrivere! Chiedo scusa e ringrazio tutte le persone che mi seguono,
anche silenziosamente :) Ringrazio
ancora una volta EleaAkira per il betaggio, e il capitolo è dedicato a
Illucesco, senza la quale Stiles non avrebbe saputo come reagire. Grazie amica
mia <3
Buona lettura! L.
CAPITOLO III
Approfittando del placcaggio di Dean su Derek, Sam e Stiles erano sgusciati
fuori. Con un cenno della testa, il ragazzo invitò il cacciatore a seguirlo nel
bosco che circondava la ristrutturata casa Hale, ora base operativa del branco.
Seguendo il sentiero che portava alla riva del fiume lì vicino, i due si
incamminarono l’uno di fianco all’altro, e Stiles non poté far a meno di notare
che l’altro era proprio gigante. “Sei ancora più alto di quanto mi ricordassi.
Inoltre non assomigli per niente a tuo fratello – tu sei moro, muscoloso, lui
biondo, più definito. Come mai queste differenze?” indagò, mentre la sua
naturale curiosità tornava a farsi sentire.
Con un mezzo sorriso, Sam rispose “È vero, lui
a ripreso da nostra madre mentre io, beh, da nostro padre ovviamente, ma
entrambi abbiamo gli occhi verde Winchester” concluse, stavolta con un sorriso
più pronunciato.
Stiles inclinò la testa, sorridendo a sua
volta. “Il vostro colore di occhi ha il copyright?” domandò, ridacchiando. Il
cacciatore alzò gli occhi al cielo, lasciandosi sfuggire un altro mezzo sorriso
“Lo chiamiamo verde Winchester perché era anche il colore degli occhi di papà.”
Dopo aver pronunciato queste parole, il mezzo
sorriso sparì, e la faccia di Sam si oscurò per qualche momento. Stiles ne dedusse che la famiglia Winchester
non doveva essere l’allegra famigliola da apple
pie. Effettivamente, come potrebbe
esserlo con il lavoro che fanno?, pensò. Ma la curiosità come al solito
ebbe il sopravvento, e il ragazzo si ritrovò a chiedere, con voce un po’ più
bassa del normale, “Hai detto ‘era il colore’...è morto anche lui?”
Il cacciatore sembrò riscuotersi dai suoi
pensieri “Sì, poco più di un anno dopo la morte di Jess. A volte non so dire se
sia stato un bene o un male.” concluse con una risata amara.
Stiles scelse di non commentare le parole
dell’altro: aveva la sensazione che la morte di papà Winchester avesse a che
fare con la storia che voleva conoscere.
In quel momento, arrivarono alla riva del
fiume, abbastanza lontani per non essere sentiti dai licantropi, ma abbastanza
vicini perché un eventuale urlo di Stiles arrivasse alle orecchie dell’Alfa – anche
se il ragazzo era in compagnia di un cacciatore, in quei boschi poteva
succedere di tutto. Facendo segno a Sam di fermarsi, trasse un profondo
respiro, voltandosi verso l’altro e aspettando che parlasse. Il cacciatore lo
fissò, come se non sapesse da dove iniziare a raccontare, lasciando che i
minuti scorressero silenziosi tra di loro, finché il più giovane, impaziente,
non sbottò “Che cosa è successo a Jessica, in
realtà? Non è stato un incidente, vero?”
Sam non poté fare altro che annuire, e,
decidendosi a raccontare una volta per tutte, iniziò a parlare.
Raccontò a Stiles di sua madre, della voglia
di vendetta del padre che lo aveva portato a divenire un cacciatore, della sua
fuga per frequentare l’università, dell’incontro con Jessica, fino alla
spiegazione di ciò che era successo il giorno della sua morte. Parlò della sua voglia di vendetta, la scoperta del
demone dietro tutto ciò che era successo, la morte del padre. Spiegò il piano
di Occhi Gialli, di come Dean fosse infine riuscito a uccidere il demone, il patto di suo fratello con un demone degli
incroci, l’incontro con Ruby. Continuò,
mentre il senso di colpa tornava a farsi sentire, raccontando di tutti i
tentavi fatti per spezzare il patto di Dean, della sua morte, del suo ritorno
poco più di quattro mesi più tardi, ad opera dell’angelo Castiel. Parlò dei
suoi poteri, di come venissero resi più forti dal sangue di demone, di come
alla fine Ruby si rivelò essere al servizio del demone Occhi Gialli, il cui
vero piano era quello di liberare Lucifero. Spiegò di aver spezzato lui
l’ultimo sigillo, e di come lui e Dean avessero prima scoperto di essere,
rispettivamente, i vessilli di Lucifero e Michele. Infine, disse di come aveva
scoperto che Jessica era stata usata per farlo tornare a cacciare, di come lui
e suo fratello fossero infine riusciti a sventare l’Apocalisse, facendo sì che
Lucifero entrasse nel corpo di Sam e gettandolo poi nella gabbia. Concluse
raccontando di come fosse tornato di nuovo sulla Terra, sempre grazie a
Castiel, anche se con “qualcosa in meno”.
Avrebbe avuto ancora altro da raccontare, ma si limitò a spiegare a
Stiles tutto ciò che serviva per comprendere le cause della morte di Jessica.
Come aveva promesso, aveva raccontato tutto. Le lacrime iniziavano a scemare,
dopo essere state una compagnia fedele durante l’intero racconto. Il cacciatore
non poteva fare altro che aspettare la reazione del ragazzo.
Stiles era immobile, pietrificato. Eccola lì,
un’altra prova che il sovrannaturale aveva cambiato la sua vita in modo
definitivo, anche se lui non lo sapeva. Dopo più di due anni passati in mezzo
ad un branco di licantropi, combattendo ed affrontando creature che non immaginava
esistessero davvero, credeva di aver fatto i conti con questa dura verità.
Invece ogni volta che qualcosa legato a quel mondo, di cui lui ormai faceva
parte, provocava conseguenze sulla sua vita, lui si ritrovava di nuovo
sbigottito, incapace di reagire. Odiava la sensazione di essere inutile, di non
poter fare niente per prevenire che qualcuno a lui caro si facesse male, che
tornava ogni volta a farsi sentire. Lacrime minacciavano di uscire, ma non si
sarebbe mai fatto vedere in quello stato da nessuno, men che meno da un
cacciatore, e cercò di ricacciarle indietro.
Era rimasto immobile per lungo tempo, e quindi
non si accorse che Sam si era avvicinato, preoccupato. Solo quando sentì la
voce del gigante chiamarlo Stiles si riscosse. L’altro lo stava fissando,
cercando di trovare parole che potessero confortarlo, ma tutto ciò che Stiles
voleva era rimanere da solo. Con voce rotta disse “Sam, lasciami da solo”.
Il cacciatore continuò a fissarlo, per niente
convinto a lasciare il ragazzo da solo in quelle condizioni, e cercò nuovamente
di avvicinarsi. Lo sguardo gelido che ricevette lo bloccò sul posto. “Ho detto lasciami da solo!” ribadì
Stiles, cercando di tenere sotto controllo la rabbia che provava. Questa volta
il cacciatore sembrò dargli ascolto, e lentamente si allontanò da lui. Solo
quando vide che aveva iniziato a camminare lungo il sentiero che avevano
seguito prima, lasciò che la rabbia e il dolore lo sopraffacessero, cadendo in
ginocchio in mezzo alla radura.
Lacrime
copiose solcavano il suo volto, senza che lui potesse più trattenerle, divenendo
una statua di dolore in mezzo ad una foresta che di sofferenza ne aveva già
vista fin troppa.
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Capitolo 5 *** Capitolo IV ***
capitolo iv
Nota dell’autrice
Chiedo umilmente venia per il mese e più che
vi ho fatto aspettare dallo scorso capitolo, ma mi sono ritrovata con un blocco
per questa storia e altre idee per la mente D: detto ciò, non ho alcuna
intenzione di abbandonare la storia e continuerò a scriverla, anche se quasi
sicuramente tra un capitolo e l’altro passerà molto, molto tempo. Voglio
ringraziare con tutto il cuore coloro che hanno messo la storia tra i preferiti,
ricordati o seguiti e a tutti coloro che mi hanno recensito e a quelli che
leggono in silenzio. Grazie mille <3
Ora vi lascio al capitolo, betato dalla
preziosa Illucesco <3 L.
CAPITOLO IV
La risata di Dean era ancora nell’aria quando
Derek sbottò, con rabbia “Mi state prendendo in giro, non è vero? Gli Angeli
non esistono!” Il branco fissava alternativamente lui e il cacciatore, e quando
pronunciò queste parole le teste di Isaac, Boyd e Jackson si voltarono verso di
lui, per indicare che erano d’accordo con le parole del loro Alfa. Scott
sembrava scettico, ma Lydia aveva l’espressione di chi ha capito tutto. “È un
piacere incontrarti Castiel, non pensavo che sarei mai riuscita ad incontrare
uno dei soldati di Dio” disse impressionata la rossa, che aveva letto
dell’esistenza degli angeli nel computer di Peter. Le informazioni su di loro
erano poche, si sapeva solamente che erano i soldati del Signore e che
eseguivano i Suoi ordini, erano dotati di grandi poteri e conveniva girarne al
largo.
Dean sembrò dispiaciuto nell’apprendere che
almeno uno dei suoi avversari sapesse cos’era un angelo: aveva sperato di poter
contare sull’effetto sorpresa in caso di un’altra rissa. Castiel non sembrava
turbato né lusingato dalle parole della ragazza, e si limitò a fare un cenno
con la testa per accettare le parole gentili. Poi parlò, con la sua voce bassa,
girandosi a fissare Derek dritto negli occhi “Alfa Hale, io non sono qui per
far del male al tuo branco, dato che non avete mai ucciso un innocente.”
Il licantropo si ritrovò a guardare un paio di
occhi di un blu impossibile, la cui unica definizione poteva essere angelico.
Si concentrò sui suoi sensi, che gli confermarono che l’uomo non stava
mentendo. Tuttavia non si fidava di quell’angelo, come d’altronde non si fidava
del cacciatore. Questo pensiero gli riportò in mente Stiles, e con uno sguardo
all’orologio della sala si accorse che era passato molto tempo da quando il
castano era uscito di casa insieme al gigante. Ti prego, fa che non gli sia
successo niente, pensò Derek, con il cuore in tumulto. Le ferite sul torace
continuavano a dargli fastidio, provocandogli un brivido di dolore, e sapeva
che se non le avesse tolte subito gli avrebbero causato problemi.
Il cacciatore sembrò accorgersi del suo spasmo
involontario e si girò versò di lui, puntando però lo sguardo verso Castiel,
che lo fissò di rimando. Dopo qualche minuto in cui i due non fecero altro che
guardarsi in una muta conversazione, il branco iniziò a sentirsi di troppo,
come se non avessero il diritto di trovarsi in quella camera a fissare quelle
due persone fissarsi. Isaac si schiarì la gola, prendendo la parola, e chiese
“Ehm, scusatemi…è il caso che vi lasciamo soli per qualche minuto?”
Dean si riscosse al suono della voce del
ragazzo, e si rigirò verso di loro “No, no, non ce n’è bisogno” rispose,
infilando di nuovo la pistola nei jeans. I licantropi lo fissarono sospettosi,
non sembrava una mossa da cacciatore quella di mettere a posto l’arma davanti a
dei ‘mostri’.
Il biondino continuò a parlare incurante dei
loro sguardi “Cas qui dice che non avete ucciso nessun innocente, quindi vi
darò il beneficio del dubbio, ma provate anche solo a fare una mossa sbagliata
e troverò il vostro punto debole, e allora desidererete di non essere mai nati”
li minacciò. Quando fu chiaro a tutti che il cacciatore intendeva una per una
le parole che aveva pronunciato, quest’ultimo fece un sorrisetto e si tolse la
giacca. “Bene, ora portatemi un panno pulito, dell’acqua calda e delle
pinzette” ordinò, prendendo una sedia e avvicinandola al divano.
Il branco lo guardò confuso e smarrito, e
Derek non capiva più a che gioco stesse giocando il cacciatore. Quando si
accorse che nessuno dei presenti aveva fatto ciò che aveva chiesto, si girò
verso Scott, “Tu, ragazzo, mi sembri una persona ragionevole, mi potresti
prendere quello che ho chiesto? Il vostro Alfa sta ancora sanguinando, e se non togliamo le pallottole non possiamo
mettere i punti per far rimarginare le ferite”
disse, come se stesse spiegando qualcosa di ovvio ad un bambino. Queste parole fecero sfuggire al moro un
ringhio basso, di avvertimento “Non c’è bisogno dei punti, e posso togliermi le
pallottole da solo, grazie tante! Credi davvero che mi lascerei fare una cosa
del genere ad un cacciatore?!” sbottò
furioso.
Dean si limitò ad alzare gli occhi al cielo,
“Certo che no, ma è più facile che sia un’altra persona ad occuparsene, ci
metteremo meno tempo. E poi non devo essere per forza io, puoi chiederlo anche
uno dei tuoi Beta, io mi limiterò a dirgli come operare.” Derek continuava a
guardarlo incredulo, mentre Scott aveva fatto ciò che gli aveva detto il
cacciatore e quindi si intromise nel discorso “Derek, ci posso pensare io, ho
esperienza con le pinze e ho visto Deaton lavorare con gli aghi milioni di
volte.” Lo sguardo incredulo dell’Alfa si spostò su di lui, ma il ragazzo non
si lasciò scoraggiare. “Andiamo, lo sai che se non togliamo le pallottole le
ferite non si rimargineranno, e se quando Stiles torna ti troverà ancora così
ti toccherà subire l’ennesima lavata di capo” gli fece presente il beta.
Con uno sbuffo esagerato Derek dovette dare
ragione a Scott, e, grugnendo, si avviò verso il divano. Il cacciatore intanto
si era girato verso l’angolo occupato da Castiel, che piegò verso il capo verso
di lui prima di dirgli un “Ci vediamo dopo” e sparire con il tipico fruscio di
ali. Quando vide che il ragazzo e l’Alfa erano in posizione si avvicinò alla
sedia e iniziò a dare istruzioni a Scott, mentre il resto del branco circondava
il divano. In non troppo tempo, seguendo le indicazioni del biondo, il beta
riuscì a togliere tutte le pallottole, permettendo così alle ferite di
rimarginarsi.
Fu proprio mentre stavano rimettendo gli
attrezzi usati al loro posto che Sam entrò dalla porta principale, da solo. Lo
sguardo di Dean si puntò subito sul fratello, analizzando il suo corpo e non
trovandovi segni di ferite. Anche gli occhi dell’Alfa si fissarono sul gigante,
ma dalle sue labbra uscì una sola frase, quasi ringhiata, “Dove è Stiles?”
Il castano si voltò a guardarlo, dopo aver
rivolto un breve cenno verso il fratello per dirgli che era tutto a posto, e
parlò quasi precipitosamente “Si trova lungo la riva del fiume, a un paio di km
a est della casa. È come crollato sul posto non appena ho finito di raccontare.
Ho cercato di avvicinarmi per aiutarlo, ma mi ha allontanato ed intimato di
lasciarlo solo. Invece di litigare con lui ho pensato che la soluzione migliore
fosse quella di venire a chiamarvi.”
Scott e Derek stavano già per precipitarsi
fuori dalla casa, seguiti dal resto del branco, quando la voce del biondo li
bloccò sul posto. “Non conosco il ragazzo, ma non credo che gli sarete molto
d’aiuto se vi precipitate lì tutti insieme” fece notare loro Dean. “Sarebbe
meglio se andasse solo uno di voi”.
Scott e Derek si guardarono. Scott sarebbe
stata la scelta più indicata, ma se Derek fosse rimasto un minuto in più in
quella casa avrebbe rischiato di fare qualcosa di impulsivo, come uccidere i
due cacciatori per aver fatto del male a Stiles. “Riportalo qui, e poi me ne
occupo io” disse Scott, girandosi per tornare verso la sala. Il moro lo fissò,
annuendo, e gli ricordò, con voce seria “Sta attento a quei due, e prendi tutte
le decisioni necessarie in caso d’emergenza”. Il beta annuì di rimando: durante
lo scontro con il branco di Alfa avevano appianato le loro divergenze e Scott
era diventato il luogotenente più fidato che Derek potesse chiedere. Senza
indugiare oltre, uscì dalla porta e si diresse correndo verso il bosco.
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Capitolo 6 *** Capitolo V ***
capitolo V
CAPITOLO V
Derek corse, veloce come il vento. Il cuore gli
martellava nel petto, la paura che fosse successo qualcosa a Stiles gli
annebbiava i pensieri e i suoi sensi erano tutti concentrati sul ritrovare
l’umano. In poco tempo arrivò al margine della radura da cui proveniva l’odore
del ragazzo, e rimase sconvolto dalla visione che gli si parò davanti.
Stiles era in ginocchio, nel bel mezzo della
radura, il corpo scosso da brividi.
L’Alfa non riusciva a comprendere ciò che vedeva.
L’umano era sempre stato il più forte di tutti, ogni volta che il branco si era
trovato sull’orlo del baratro era stato il castano il primo a risollevarsi e a
dire che anche quella volta ce l’avrebbero fatta. Vederlo lì, distrutto,
vulnerabile, nient’altro che un fantasma della persona che era, aveva colpito
il licantropo dritto nel cuore. Non ce la faceva a vederlo così, e capì che
avrebbe fatto di tutto per farlo stare meglio.
Piano, per evitare di spaventare l’umano, entrò
nella radura e si inginocchiò di fronte a lui. “Stiles…Stiles, per favore
guardami” lo chiamò con una dolcezza di cui non sapeva di essere capace. Il
ragazzo alzò lo sguardo, gli occhi pieni di lacrime, e sembrò sorpreso di
vederlo lì davanti a lui. “Avevo detto a Sam che volevo rimanere da solo”
mormorò, la voce roca per il pianto. Con rabbia, iniziò ad asciugarsi le lacrime,
ma Derek lo bloccò e fece sparire le ultime tracce salate dal viso del ragazzo
con il proprio pollice, una carezza leggera per dare un po’ di conforto. “Che
cosa è successo, Stiles?” domandò serio l’Alfa. L’umano scosse la testa,
facendo segno di non volerne parlare, ma il licantropo insisté “Se non mi dici
cosa è accaduto, tornerò di là a picchiare per bene quei due, e il resto del
branco mi seguirà subito.”
“No!” esclamò immediatamente il ragazzo “lui non
c’entra niente e neanche suo fratello, non comincerete per colpa mia a fare del
male a delle persone innocenti! Non dopo tutto ciò che abbiamo affrontato!”
continuò, ritrovando con quelle parole di frustrazione la forza per rialzarsi.
Derek si alzò insieme a lui, rimanendogli vicino nel caso in cui avesse avuto
bisogno di aiuto. “Se non ti ha fatto niente allora perché sei in questo
stato?! Non è normale per te Stiles e io mi sto preoccupando!” ribatté l’Alfa,
iniziando ad arrabbiarsi contro quell’umano testardo che voleva sempre aiutare
tutti e non si lasciava mai aiutare da nessuno.
“Mr-Sono-Un-Licantropo-Dal-Giorno-In-Cui-Sono-Nato
forse non ti è mai passato per la mente che
io sono un semplice umano e che tutta questa storia del soprannaturale a
volte mi faccia impazzire e scoprire che la morte di mia zia, la persona più
normale e allegra che conoscessi, è opera di un demone forse, dico forse, mi
abbia fatto crollare?!” sbottò Stiles, ancora scosso dalle notizie ricevute e
dal crollo nervoso di poco prima. “Grazie della preoccupazione ma sai, non
sempre un problema è causato da qualcuno che puoi prendere a pugni!” concluse,
cercando di far capire a Derek che la disperazione che provava non era frutto
di un male fisico ma interiore. La confusione lo assalì quando, guardando negli
occhi l’ Alfa, si accorse che in essi c’era ancora la voglia di punire qualcuno
ma anche una profonda comprensione. Pensò di stare immaginando cose che non
c’erano, ma poi capì. Anche il licantropo aveva vissuto quelle sensazioni che
lui ora stava provando in quel momento, dopo la morte della sua famiglia e
probabilmente anche dopo la morte di Laura. Stava accusando Derek di non
comprendere i suoi sentimenti, quando invece lui era l’unico a poterli capire
fino in fondo.
Imbarazzato, spostò lo sguardo verso terra e fu di
nuovo colto di sorpresa quando sentì la mano del licantropo appoggiarsi sulla
sua spalla, offrendo un po’ di conforto. “Lo so. Credimi, lo so” mormorò l’Alfa,
“ma a volte è semplicemente più facile avere qualcuno da incolpare, qualcosa di
fisico contro cui combattere.” Stiles non poté fare a meno di annuire alle
parole del moro, ma precisò comunque “Questa volta non c’è niente e nessuno con
cui prendersela. Devo solo accettare ciò che è accaduto e andare avanti, come
sempre.”
Derek sospirò, mentre la preoccupazione e l’ansia
che lo avevano accompagnato fino a quel momento iniziavano a scemare, ora che
l’umano sembrava essere tornato un po’ più se stesso. “Allora che ne dici,
torniamo a casa così il resto del branco si tranquillizza e Scott non fa arrestare
Sam e Dean?” chiese cercando di alleggerire un po’ l’atmosfera.
Stiles fece una smorfia, come se volesse ridere ma
ancora non ci riuscisse del tutto. “Oh, Scott li farebbe arrestare senz’altro,
ma prima Lydia li torturerebbe per bene!” replicò il ragazzo, cercando di stare
al gioco, per riprendersi e riassumere un aspetto più normale, dato che non
voleva far preoccupare anche il resto del branco. Dopo aver dato una veloce ripulita ai
pantaloni, lì dove delle foglie erano rimaste attaccate all’altezza delle
ginocchia, fece un cenno al licantropo e uno di fianco all’altro si avviarono
verso casa Hale.
Non
avevano fatto che qualche passo, quando l’Alfa
disse, in tono serio ma con delicatezza “Se non vuoi parlarne,
è tuo
diritto, ma un ragazzino iperattivo una volta mi disse che a tenersi
tutto
dentro si finisce con l’esplodere e devo ammettere che aveva
ragione. Quindi,
ricordati che Scott, io e addirittura Lydia siamo qui, se ne avessi
bisogno.
Non sei solo, hai un intero branco alle tue spalle ora.” Stiles
annuì,
altrettanto serio, e per un attimo afferrò la mano di Derek per
ringraziarlo, poi la lasciò andare e continuò a
camminare, riflettendo sulla storia di
Sam e sulle parole del licantropo.
Nota dell’autrice
Non credo ci siano parole abbastanza forti per
esprime il mio rimorso nell’avervi lasciato ad aspettare un capitolo per così
tanto tempo! Chiedo umilmente venia e mi assumo tutta la colpa di questo
tremendo ritardato - ringrazio di cuore tutti coloro che seguono, ricordano e
preferiscono questa storia, grazie a tutti voi che la continuate a leggerla e a
recensirla <3
Ricordo che la trama parte dalla fine della
seconda stagione di Teen Wolf e intorno alla metà dell’ottava di Supernatural –
ecco spiegato perché molte cose potranno sembravi differenti dai due telefilm.
Come ho già detto, ho tutte le intenzioni di finirla quindi da ora in poi
cercherò di aggiornare più spesso (complicazioni varie escluse). Nel frattempo,
potete seguire la storia che io e Illucesco (la mia bellissima, stupenda sis e
beta, che mi ha sopportata mentre scrivevo e riscrivevo questo capitolo <3)
stiamo pubblicando, all Teen Wolf:) L.
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