68th Hunger Games

di pandaschocolate
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La mietitura. ***
Capitolo 2: *** L'addio e la partenza. ***
Capitolo 3: *** La sfilata. ***
Capitolo 4: *** Addestramento ***



Capitolo 1
*** La mietitura. ***


68th Hunger Games. La notte non è mai stata mia amica, sopratutto quella prima della mietitura. Sbuffai per l'ennesima volta, alzandomi da quello che poteva sembrare un letto e cominciai a prepararmi per la raccolta del grano della mattina.
Mi venne in mente la parola “mietitura” e cominciai a rifletterci sopra: è buffo, davvero buffo che la mietitura per gli Hunger Games porti lo stesso nome della mietitura del grano; forse ha questo nome perché, come nel caso dei Distretti Favoriti sono scelte solo le spighe migliori, quelle che possono fruttare più farina o più pane, ma non credo sia solo per questo, anzi la storia è ben diversa. Noi tributi siamo come spighe pronte a essere strappate da madre natura per andare a fare il piacere dei commensali che seduti comodamente sulle poltrone che aspettano di essere soddisfatti.
Sorrisi al pensiero di tutti noi ragazzi trasformati in pagnotte, ma smisi di farlo quando capì che tra quei ragazzi ci sarei stato anch’io, e che probabilmente sarei stato estratto per finire dentro la macina, come succede per le spighe di grano. Mi risvegliai dai miei pensieri e cominciai a prepararmi, indossando quegli odiosi stivali che i Pacificatori e il sindaco davano a tutti gli abitanti del nove, per poter permettere a tutti noi la possibilità di incominciare a lavorare e portare loro soddisfazioni il più presto possibile.
Uscii dalla casa in tutta fretta notando il mio, ormai enorme, ritardo per il lavoro e m'incamminai verso quello che nel mio distretto è definito il pratone, in altre parole gli immensi campi di grano che ogni giorno ci fanno compagnia.
- Jay, grazie al cielo sei arrivato, tuo fratello ti sta aspettando da un pezzo!- disse, anzi urlò mia madre non appena mi vide.
Annuii con un breve cenno del capo e andai da mio fratello maggiore, che stava tranquillamente dormendo sotto un albero, in attesa del mio dolce arrivo. Lo guardai dubbioso e mi fermai per qualche minuto per osservarlo. Yoan, era un bellissimo ragazzo, per questo era molto corteggiato sia nei campi sia a scuola. Occhi azzurri, ciuffetto biondo e genio della matematica: chi non lo vorrebbe uno del genere in giro per casa? Tutte lo vogliono, ma non io. Personalmente lo credevo troppo smielato quando passava del tempo con Haileth, la sua ragazza; inoltre era un rompiscatole di prima categoria e notevolmente sfaticato per alzare un solo muscolo per tutto il giorno, tanto che lasciava fare il suo lavoro a me, non che fosse particolarmente pesante, ma ero stanco di sgobbare dalla mattina alla sera facendo il doppio di quello che normalmente fa in un giorno un contadino con corpo troppo esile e fragile. Lo guardai un'ultima volta attratto dalla sua bellezza, attratto dal suo essere diverso da tutti noi poveri e comuni mortali, poi, lentamente decisi di svegliarlo. Cominciai a pensare un modo efficace ma doloroso per risvegliarlo dal suo dolce sonno, ma lui, forse sentendosi osservato, si alzò e cominciò a sorridere trionfante.

- Ammettilo, stavi pensando a un malsano modo per farmi fuori e prenderti Haileth - disse lui alzandosi.
Sorrisi vittorioso anch’io e risposi
–Ma certo, che non lo sai? Sogno Haileth da quando ero un semplice spermatozoo che viveva nei testicoli di papà-, sorrisi come meglio potevo. Haileth era bellissima, ma meritava tutto l’amore possibile, ed io non ero pronto a quell’enorme passo, non ero pronto ad amare qualcuno con tutto me stesso.
-Si certo fratellino, come no. Come si ti lasciassi Haileth. Dimenticavo, Marcus ti stava cercando- mio fratello si fece serio e riprese a lavorare e prima che lui cambiasse idea, andai da Marcus.
Camminai per un po’, poi lo notai seduto sulla sua solita poltrona a ordinare a destra e a manca, come faceva da ormai cinque anni, come se cercasse di tornare alla sua vita normale. Lo guardai torvo, quando tentò di rimorchiare una ragazza e ne approfittai per vedere come quell’edizione degli Hunger Games l’aveva cambiato. I capelli neri, tendenti al grigio coprivano la parte della faccia che aveva perso durante i giochi, una sorta di maschera, nascondeva la bocca quasi sicuramente storta. L’unico occhio che ancora aveva era di un nero pece, e visto da lontano sembrava ancora più orribile della faccia mancante; un’altra cosa che lo rendeva particolarmente disgustoso e ancora più orribile era il vizio che si trascinava dietro. Lui fumava una quantità eccessiva di droga e non si preoccupava neanche di cosa fumare, non faceva distinzioni tra le varie droghe che si potevano trovare tra i vari distretti, e a pensare che fosse l’unico vincitore del Distretto nove ancora in vita, poiché gli altri ormai sono rinchiusi in ospedali psichiatrici o si considerano morti perché morfinomani. Non che fosse così orribile, anzi. Fino a cinque anni fa la sua bellezza era paragonabile a quella di mio fratello, e la cosa che mi lasciava ancora più schifato da quell'essere, che non poteva più essere definito come uomo: passava la maggior parte del tempo a sbavare dietro a qualche giovane ragazza solo per aver del sesso. Solo dopo averlo osservato a lungo, ricordai che ero andato da lui per un motivo e Marcus vedendomi mi diede una lunga lista di cose da fare, e cominciai a lavorare subito dopo. Non so esattamente quanto lavorai e quante di quelle mansioni avessi portato a termine, ma a mezzogiorno preciso, la sirena suonò e la voce del sindaco si fece viva tra i vari altoparlanti.
- La mietitura sarà svolta oggi pomeriggio nella piazza centrale, alle tre in punto. Tutti i lavoratori sono pregati di rientrare in casa. Tutti i cittadini dovranno inoltre, rendere obbligatoria la loro partecipazione alla manifestazione- finì il sindaco. Tutti noi ci guardammo sconvolti e ormai consci che anche quell’anno si sarebbe svolto il massacro, tornammo a casa a prepararci. Cominciai a riflettere sulla mia famiglia, eravamo ben cinque fratelli, ma solo Yoan aveva perso il diritto di far parte della mietitura, perché aveva compiuto i diciannove anni di età. Poi c’ero io che avevo diciassette anni, le piccole gemelle Sasha e Aurora di quindici anni e infine c’era Louis di soli dodici anni. La fortuna non era a nostro favore, quindi quasi sicuramente uno di noi quattro sarebbero finito su quel maledetto treno senza ritorno. Forse, non era tanto per la mia famiglia, si sarebbero ripresi alla fine, ma ero preoccupato Yoan perché in solo colpo avrebbe potuto vedere sparire due, anche tre persone nella sua vita. Triste andai verso casa e cominciai a prepararmi per mettermi in mostra, come se essere eleganti fosse necessario per andare al martirio. Certo la tradizione voleva questo, per me non ha senso. Indossai comunque i vestiti m’impose mia madre; mi diede una vecchia camicia di Yoan e i pantaloni nuovi, che la nonna mi aveva cucito proprio per la mietitura. Indossai le scarpe luccicanti e scomode, e fui chiamato in cucina per il saluto finale. Prima di dire qualcosa, la mamma ci diede un lungo abbraccio augurandoci buona fortuna, dicendo la frase rituale, mentre papà ci diede un’ultima tazza della sua famosa zuppa di grano, e dopo esserci detto un addio generale, andammo in piazza, pronti per essere portati via da casa. Durante il tragitto da casa alla piazza, cominciai a pensare. Chissà se qualcuno aveva mai provato a fermare tutto questo? Chissà se qualcuno pensava davvero a come quelle povere famiglie si sentivano? Chissà se qualcuno si era mai fermato a pensare a quanto fossero ridicoli questi giochi? Ripensai alle più comuni frasi del presidente Snow “Questi giochi sono svolti per ricordare che neanche il più forte può trionfare” o anche “Per ricordare che il gruppo è più forte del singolo” o ancora “I giochi rappresentano il nostro futuro” certo come no, tutte cazzate che ci iniettano lentamente e che poi ci aspirano via, quando diventiamo coscienti di quello che in realtà sono gli Hunger Games. Questi maledetti giochi non sono altro che una dimostrazione di potere da parte di Capitol City e una conseguente dimostrazione di sottomissione da parte dei dodici distretti, o almeno di quello che ne rimane.
Poco dopo, arrivammo in piazza, notando già delle lunghe fila di ragazzi pronti per la registrazione e noi ci unimmo.
-Jay, cosa succede?- domandò timoroso Louis, cominciando a tremare. Poverino, sono i suoi primi giochi, e purtroppo, deve registrarsi.
-Tranquillo Lou. Non devi fare niente, prenderanno del sangue per registrarti.- dissi cercando di calmarlo, ma niente, non funzionò.
-Guarda me, non farà male- sorrisi sincero verso quella piccola creatura, era così innocente e priva di odio, e solo allora notai il suo respirare normalmente, segno che si era calmato.
Un pacificatore m’inserì una piccola puntina nel dito, prendendo una goccia di sangue inserendolo in una macchinetta fin troppo complicata dei miei gusti. Sorrisi a Louis che fece il suo prelievo, poi fummo separati.
-Ci rivediamo dopo!- urlai leggermente per tranquillizzarlo
Fummo separati in gruppi in ordine di età, in altre parole dal maggiore al minore. Notai Louis in fondo alla mia stessa fila, le gemelle dall’altra parte della piazza, Haileth era al capo della fila femminile. Sbuffai sonoramente, per poi mettermi buono ad aspettare la fine di quella giornata. Poco a poco la piazza fu piena e apparse il sindaco, insieme ai vincitori del nove e una strana donna dai lunghi capelli verdi e dei vestiti fin troppo appariscenti.
Il sindaco fece una breve introduzione, poi presentò la donna e da come diceva, capì che si chiamava Rena e veniva da Capitol City: era quindi la nostra diretta rappresentante.
-Ecco a voi, un breve filmato sul perché degli Hunger Games- disse la donna raggiante con una voce fin troppo squillante e partì immediatamente un filmato, vecchio quasi quanto mia nonna. Ormai da anni era mostrato quel film, e da anni venivano ripetute le stesse cose. Il film finì e la donna riprese squillante.
-Adoro questo filmato- fece una breve pausa seguito da un piccolo applauso e poi riprese –Procediamo ora con l’estrazione dei fortunati partecipanti degli Hunger Games e possa la sorte essere sempre dalla vostra parte. Come sempre, prima le signore.- stirò un sorriso rivolto alla boccia che conteneva i nostri nomi. La sua mano si fermò a mezz’aria e con un colpo secco prese il primo biglietto che le passò per le mani. Tornò al suo posto e aprì il bigliettino leggendo il nome.
–Haileth Levonne- sbiancai e con me anche lei e mio fratello, ma decise di rimanere fermo al suo posto per non rischiare la vita. Haileth, bianca in volto e sul punto di svenire, salì sul piccolo palchetto e si mise accanto alla donna che le strinse la mano trionfante e congratulandosi con lei. Poi, passò alla boccia dei ragazzi e dopo aver preso il bigliettino, lesse ad alta voce.
–Jay Addams- quasi svenni. Stavo seriamente per andare al martirio, e a dire che non avevo mai pensato a questa possibilità. Feci un sonoro respiro e salì sul palco andando vicino alla strana donna.
-Fate un caloroso applauso ai due tributi di quest’anno, Haileth Levonne e Jay Adams!- sorrise lei vittoriosa. Nessuno rispose a quella felicità e in pochi minuti fummo portati all’interno del palazzo, per gli ultimi saluti.

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Capitolo 2
*** L'addio e la partenza. ***


68th Hunger Games. I pacificatori mi mollarono dentro una saletta del palazzo di Giustizia, lasciandomi solo con i miei pensieri. Tra centinaia di ragazzi tra i dodici e i diciotto anni dovevamo uscire per forza io e Haileth, non poteva essere altrimenti. Dovevano per forza rovinare la vita a mio fratello portandogli via le persone a lui più care. Cominciai a piangere, per la prima vera volta avevo paura. La mia paura era ben diversa dalla fobia che provavo per l'amore; a differenza di quella fobia, se così si può chiamare, questa era fin troppo opprimente rispetto al normale. Era come se dieci falci mi fossero state impiantate dietro la schiena. Continuai a piangere, a far scivolare via la mia paura, così che quando sarei stato costretto a salire in treno, mi sarei mostrato pronto a combattere e a cercare di sopravvivere. Notai la porta aprirsi
-Tre minuti- disse uno dei pacificatori fuori dalla porta. Erano entrati tutti, tranne Yoan, che sicuramente era da Haileth.
- Jay, non piangere, puoi farcela.- chiese Louis
- Louis tranquillo, mi sto solo sfogando. - Dissi cercando di sorridere nella sua direzione, ma notando il mio sorriso su uno specchio capii che il mio tentativo di sorridere era fallito.
-Ascoltatemi, non piangete, non sprecate del tempo. Nell’arena non avrò tempo per farlo, voi starete bene, ve lo prometto, qualsiasi cosa accada. Sapete che non arriverò alla fine, morirò entro due giorni, visto che non so procurarmi del cibo o cose del genere. Voi non siate tristi per me, sapevate che sarebbe arrivato questo giorno. Aiutate Yoan, lui ne avrà più bisogno- non so da dove quelle parole mi uscirono, ma in un minuto smisi di piangere e trovai coraggio. La mia famiglia non doveva preoccuparsi per me, ovunque andrò mi troverò bene, e anche se morirò, voglio che loro capiscano che devono occuparsi di mio fratello maggiore e non piangere per me, per quello c’è tanto tempo. Abbracciai uno a dei miei familiari e li ringraziai per tutto, poi un pacificatore entrò nella sala cacciando via tutti affermando che il tempo a loro disposizione era terminato, e pochi minuti dopo fecero di nuovo la stessa procedura per l’ingresso di mio fratello. Era più distrutto di quanto pensassi, il dover perdere due persone tutt’assieme lo spaventava, e non poco. Preso da un vero e proprio senso affettivo verso di lui, andai ad abbracciarlo, con la speranza di consolarlo un pochino, ma niente, così cominciai a parlare, ripetendo per filo e per segno quello che avevo detto a tutti gli altri.
- Yoan, ascoltami. Sei il maggiore e non puoi abbatterti qui e ora. Non puoi permettertelo. La tua futura moglie e tuo fratello stanno andando al martirio, e di certo uno di noi ci rimetterà le penne. Haileth può vivere, sa usare le armi e capirà come combattere, ed io ti prometto di aiutarla, a qualsiasi costo. Yoan, guardami. Staremo bene. Sono sicuro che non arriverò nemmeno al secondo giorno ma Haileth sì. Lei tornerà qui. - sorrisi amaro.
-Ma Jay, ci stai andando anche tu al martirio ed io vi vorrei entrambi qui. Se solo potessi occupare il tuo posto, lo farei, ma non posso. Non ci resta molto tempo, quindi vedete di sopravvivere. Fate il possibile per riuscirci e non mollate il primo giorno- si asciugò diverse lacrime lasciate cadere volontariamente da quegli occhi cerulei che mi sarebbero mancati un mondo. Abbracciai di nuovo mi fratello e lui mi strinse ancora più forte, infondendomi un piccolo tocco di coraggio e poi fu mandato via dai Pacificatori e restai di nuovo solo. Come sarei stato nell’arena. Sarei stato solo, con le mie scarse abilità nessuno sponsor mi avrebbe preso, e non sarei stato accettato dai favoriti, forse ai loro occhi ero un pappamolla che non valeva nemmeno mezzo quattrino. Non avrei potuto fare delle alleanze, quindi non avrei avuto molte chance di vittoria, anzi per vincere avrei dovuto trovarmi un nascondiglio lontano da occhi indiscreti, imparare a usare un’arma e a sopravvivere in natura, cosa impossibile per me. Continuai a pensare a qualche altro modo per vincere, ma non mi venne in mente nulla, quindi rinunciai a quel dolce sogno e mi arresi immediatamente alla mia imminente morte. Improvvisamente la porta si aprì, rilevando due pacificatori che mi presero sottobraccio e mi trascinarono in una jeep scura, la stessa macchina che mi avrebbe portato dal treno per Capitol City. Ormai rassegnato, salì sulla macchina e i mi concentrai a guardare il panorama del mio paese per l’ultima volta, mentre Rena sorrideva e parlava della bontà di Capitol City e di come saremmo stati trattati durante il nostro breve soggiorno. Per un secondo voltai lo sguardo verso Haileth, che ancora bianca in volto, piangeva e notai i suoi occhi: insanguinati per via del pianto, carichi di risentimento e coscienti della morte brutale che avrebbe dovuto subire tra qualche giorno; per fortuna doveva essere lei quella forte. Fummo scortati da un esercito di Pacificatori fino alla stazione centrale e poco prima di salire in treno, Rena si preoccupò di recuperare qualche vecchio vincitore per permetterci di avere almeno un mentore sano di mente e che fosse in grado di ragionare con la propria testa. Tornò una mezz’oretta dopo con Marcus abbastanza scettico su nostro futuro ed Elein, una delle vincitrici più vecchie del nostro distretto. Aveva una sessantina d’anni e da quando aveva vinto gli Hunger Games, aveva deciso di smettere di parlare, così a oggi si faceva capire a gesti, e poche persone ci riuscivano. Si racconta in giro che poco dopo il suo matrimonio lei uccise suo marito, non si sa per quale motivo. La vecchia Elein ci sorrise di noi e ci invitò a salire in treno e solo allora notai quanto fosse bello e lussuoso. Era la cosa più bella che avessi mai visto. Fummo portati in un salotto che alzava il dito medio a quello che avevamo noi al villaggio e rimasi immobile quando notai l’immenso banchetto che era stato preparato apposta per noi. C’era di tutto e di più: dolci, carne, pesce e tante altre pietanze che non avevo mai visto prima. Diverse persone facevano avanti e indietro da un vagone all’altro e continuavano a portare pietanze calde e toglievano quelle ormai fredde; sempre dallo stesso vagone arrivava un odore abbastanza invitante che mi spingeva verso di lui. Poi cominciai a osservare gli interni di quel treno meraviglioso. Era completamente ricoperto in legno finemente decorato che faceva trasparire in modo abbastanza eloquente il lusso di Capitol City; le poltrone e le varie sedie erano rivestiste di uno strano tessuto che all’apparenza sembrava morbido e, i vari mobili, sempre in legno, erano anch’essi decorati. Su alcuni mobili erano presenti dei liquori e dei sigari. Rena sorrise affondando su una di quelle poltrone ritornando nel suo mondo fatto di lusso e di felicità, un mondo che non comprendeva il distretto nove.
-Ragazzi, fatevi una doccia, mangiate, fate quello che volete, però mi raccomando, disciplina- sorrise la donna dai capelli verdi, mettendosi comoda a bere uno strano liquore di un marroncino. Haileth mi fece un cenno e uscimmo da quel vagone per andare a cercare le nostre stanze, come ci aveva detto poco prima Rena, e dopo aver raggiunto il nostro vagone personale, ci separammo. Il mio vagone era lussuoso quanto il salone. C’era una doccia con un centinaio di bottoni da premere e da abbinare, un vero letto e un comodino enorme che conteneva vestiti a non finire. Decisi di fare una doccia che alla fine si era trasformata in un vero inferno. Più premevo bottoni più la mia situazione si complicava: uscivano creme, spazzole, balsami e profumi che mi ricoprivano e che facevano anche male. Dopo una mezz'ora passata a cercare di capire il funzionamento di quella macchina infernale, finalmente riuscì a trovare il programma per una doccia base e poco dopo ne uscì. Andai verso il cassettone e indossai i primi panni che mi passarono tra le mani e poi decisi di andare a fare un giro, arrivando in una sorta di cabina finale che ti permetteva di vedere il panorama. Pensai di aver scoperto un vero tesoro, ma solo allora notai Haileth ferma a guardare il panorama che comprendeva ancora i vasti campi del nostro distretto.
- Haileth, cosa ci fai tu qui? - sorrisi verso la ragazza che solo allora notò la mia presenza.
-Rena mi ha detto che ci siamo fermati per un guasto, per questo siamo ai confini del nove e si vedono ancora i campi e mi ha detto di venire qua per rilassarmi e prendere coscienza di quello che è successo nelle ultime due ore e così eccomi qui, e tu?- sentì la sua voce tremolante, era come un soffio che non poteva essere udito da nessuno se non da chi era in quella stanza in quel momento. Era la prima volta che la sentivo parlare da quando avevamo lasciato il nove.
-Io ci sono finito per caso qui dentro e stavo pensando di passarci un po’ di tempo- sorrisi verso di lei che mi sorrise di rimando. Si spostò leggermente dalla poltrona che dava sull’enorme vetrata che permetteva di osservare il panorama e non parlammo più. Effettivamente io e Haileth non parlavamo molto, si siamo amici ma non di quelli che parlano sempre, siamo più quelli che fanno nascere la loro amicizia nel silenzio. Chissà cosa succedeva nella testa e nel cuore di Haileth? Chissà se anche in lei dominava il caos più assoluto? Chissà a cosa pensava e a cosa farà una volta nell’arena? Cominciai a stancarmi ben presto del nostro silenzio, di solito non era così carico di tensione, solitamente erano più pacifici ed evidentemente anche lei se n’era accorta, così riprese a parlare.
-Credi che diventeremo come loro?- domandò triste la ragazza, tornando a guardare il panorama perfetto.
-Come loro chi?- chiesi io per risposta.
-Come Marcus, come Elein, come uno dei vincitori del nove. - disse lei triste
-Se sopravvivremo, molto probabilmente- risposi io con un tono malinconico nella voce
-Forse i giochi sono più terribili di quanto sembrino. Elein ha ucciso suo marito perché nel sonno l’aveva abbracciata e a lei è tornato in mente quel tributo che la stava per uccidere mentre lei stava dormendo ai piedi di un albero nell’arena e presa da un attacco di panico l’ha ucciso senza pietà. Marcus si è dato alla droga per cercare di dimenticare le immagini che ancora oggi compaiono nella sua mente. Tutti gli altri sono morfinomani perché vogliono sopprimere il dolore che si portano dietro. Io non voglio diventare schiava di un’arma o di una sostanza chimica se sopravvivo. - disse Haileth ormai rassegnata.
-Io credo tutto questo sia nulla in confronto. Secondo te, perché i vincitori sono sempre soli dopo i giochi? Io credo che loro combattano tutti i giorni contro i demoni che gli hanno portato i giochi; provano a tornare alla loro vita normale, ma si buttano su quella roba perché sperano di tornare alla loro vita prima dei giochi. Che poi qualcuno ha mai provato a fermare queste idiozie?- risposi io quasi arrabbiato.
-Ci avranno provato in molti, ma nessuno ci è riuscito. Capitol City è troppo forte e noi siamo troppo deboli e troppo pochi. Dovremo sottostare per sempre, ed è proprio per questo motivo che io e Yoan non vogliamo figli, o almeno non qui nei distretti.- disse lentamente Haileth. Probabilmente tutto questo faceva male anche a lei. La sentì sospirare e notai il treno tornare in movimento. La porta si aprì rilevando una Rena abbastanza irritata ma contenta che ci comunicò la felice notizia del viaggio e che c’invitò nella sala principale per cenare. In silenzio la seguimmo e occupammo posto a tavola. Marcus sedeva di fronte a me, mentre Elein sorrideva di fronte a Haileth e Rena a capotavola si mostrava fiera e contenta. Ci portarono delle portate immense, e senza accorgermene mangiai tutto quello che era sul tavolino davanti a me. Dopo la cena, ci accomodammo su un piccolo divano e ripercorremmo tutte le mietiture di tutti i distretti. Ogni distretto era differente. Mi sono rimasti impressi pochi tributi di pochi distretti. Per esempio, nell’uno e nel due c’erano stati tutti volontari, nell’undici un ragazzo si era dato alla fuga dopo aver ascoltato il suo nome uscire dall’urna e così un pacificatore l'aveva ucciso senza pietà, negli altri distretti nemmeno un volontario. Poi decisi di spegnere la tv e di cominciare a parlare di come saremmo dovuti stare nell’arena.
-Allora, come si può sopravvivere?- chiesi a Marcus
-Non potrai farlo, nessuno sopravvive dentro quell’arena- tagliò lui corto. Pensai alla sua risposta e ci rimasi di stucco quando ne capii il vero significato.
-Quindi stai dicendo che ci lascerai morire dentro quell’arena? Che non ci aiuterai e che ci farai ammazzare alla Cornucopia?- trillò Haileth arrabbiata nera. Marcus, preso alla sprovvista, annuii alla domanda che la ragazza gli aveva rivolto.
- Marcus. Io non ho intenzione di morire lì dentro. Ho imparato a usare le armi ancora prima di camminare, quindi ora tu butterai quella maledetta sigaretta e comincerai a elencarmi come posso sopravvivere lì dentro e mi dirai come uccidere- da quando Haileth era così aggressiva? Lei di solito è dolce e raffinata, non urlava mai davanti alle persone. Invece ora stava urlando come una pazza ed era nera dalla rabbia; mai l’avevo vista così.
-Dolcezza, di certo con quel caratterino non farai molto. - Haileth stizzita strinse il colletto della camicia di Marcus e gli si parò contro.
-Non m’interessa. Io voglio vivere e tornare a casa, anche se non ho nessuno ad aspettarmi, quindi sarà meglio che collabori immediatamente- Haileth si allontanò da lui, lasciando spiazzati tutti quanti. Marcus mise la sigaretta nel posacenere e prese a parlare di come poter sopravvivere nell’arena. Parlò per una mezz’oretta e cercai di accumulare tutte le informazioni possibili. Parlò di come uccidere, di come procurarsi da mangiare, di dove nascondersi, di come procurarsi degli alleati e rispose a tutte le domande che Haileth gli faceva.
-Ma la cosa più importante è l’acqua. Procuratevi dell’acqua e sarete salvi- disse terminando il suo discorso. Appuntai tutto mentalmente e sorrisi all’aggressività della ragazza. Haileth, e in seguito Rena, si alzarono e scusandosi e ringraziando tornarono nelle loro cabine per farsi una dormita. Elein, Marcus ed io rimanemmo ancora un po’ nel salotto a parlare e poco dopo Elein prese un foglio e scrisse sopra alcune frasi che poi girò verso di me.
-E tu ragazzo? Non vuoi sopravvivere?- Lessi le parole del foglietto e sorrisi. Allora si preoccupavano anche per me. Scossi la testa in modo da rispondere e lei colse la risposta scrivendo un’altra domanda sul foglietto.
-Perché? Perché so che morirò alla cornucopia e che non arriverò lontano. Non so come combattere e nulla di quello che conosco, mi farà sentire utile nell'arena. Anche se ci sarà una sessione di addestramento, non riuscirò a capire come usare un’arma in tempo. So di essere spacciato e mi va bene così- Elein scosse la testa e mi regalò un abbraccio. Chissà quanta pena facevo a quella donna che aveva visto morire milioni di ragazzi come me, lei sapeva come ci si sentiva a essere tributi e sapeva bene come ci si rassegnava, soprattutto se non piaci alla gente e non sai combattere, cosa che fa impazzire i capitolini. Ricambiai l’abbraccio di Elein e poco dopo Marcus parlò.
-Domani saremo a Capitol City, quindi vai a dormire che ti aspetta una terribile giornata.– Annuii e andai nella mia cabina seguendo il consiglio di Marcus che dopotutto era il mio mentore.

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Capitolo 3
*** La sfilata. ***


68th Hunger Games. Cercai di addormentarmi per tutta la notte ma nulla, non ci riuscivo proprio. Probabilmente mancavano poche ore per arrivare a Capitol City e non riuscivo ancora a capacitarmi del fatto che nel giro di poche ore era cambiato tutto. Era stato scelto come tributo maschile del Distretto Nove, avevo visto Haileth cambiare carattere, avevo perso la mia famiglia e i miei amici, avevo perso Yoan, ero salito su un treno diretto al martirio, avevo visto piangere quasi tutti, avevo mangiato come mai in tutta la mia vita. E questo non era tutto, ne dovevano ancora succedere di cose. Sbuffai quando un piccolo raggio di sole raggiunse i miei occhi facendomi alzare dal letto. Imprecai mentalmente contro il sole e mi preparai per affrontare Haileth e il resto della combriccola che aspettavano solo me nella sala da pranzo. Indossai gli stessi vestiti della sera precedente, uscii dal mio vagone e raggiunsi la sala. Nell’entrare nella stanza credevo di trovare una Rena in una crisi isterica, mentre Haileth e Marcus si uccidevano a vicenda utilizzando coltelli e forchette mentre la povera Elein cercava di separarli, ma sbagliavo. Nella stanza c’era un clima abbastanza piacevole mentre Haileth e i nostri due mentori discutevano sul come difendersi o su come accendere un fuoco, Rena invece controllava e ricontrollava la piccola agenda che aveva tra le mani.
-Uh ben svegliato Jay, giusto in tempo per l’arrivo a Capitol City. Dormito bene? – mi disse con la voce di chi sta per uccidere un tacchino.
Prima di poter rispondere al tono quasi raccapricciante di Rena, lei continuò moderando questa volta il suo tono di voce.
-Oggi avrete tantissime cose da fare! Alle nove dovrete essere a Capitol City, dove farete una breve apparizione in stazione tra il pubblico che è venuto ad aspettarvi, poi vi prenderanno in custodia truccatori e preparatori fino a quando il vostro stilista non si farà vivo. Poi quando il sole scende, avrete la sfilata, un’unica opportunità di colpire il pubblico e poi rientrerete nel vostro appartamento preparato per voi. Non sarà il massimo del lusso, ma è un attico al nono piano come il vostro distretto – disse scrivendo freneticamente sull’agendina che aveva ancora tra le mani. Alzò poi lo sguardo e sorrise nel vedere Capitol City da lontano.
-Ci siamo– soffiò lentamente riprendo vita e alzandosi dalla poltrona sulla quale si era accoccolata fino a qualche minuto fa. Guardai sconcertato la scena e poi mi sedetti al mio posto a fare una piccola colazione, almeno avrei resisto fino a quando sarei dovuto rientrare. Haileth mi porse una piccola tazza contenente del liquido nero e dall’odore gradevole. Mi sorrise e riprese a mangiare quello che poteva sembrare un toast con marmellata e burro. In un minuto ci ritrovammo in una galleria che passava sotto a delle montagne e poco dopo ci ritrovammo davanti Capitol City. Era davvero bellissima e diversa da come l’avevo immaginata in tutti quegli anni. Da dove eravamo, non potevamo vedere un granché, però gli enormi palazzi colorati di colori sgargianti e fontane perfette che spruzzavano acqua in giochi di colori ricoprivano la città. E sicuramente, questo era niente in confronto alla vera bellezza di Capitol City. Pochi minuti dopo entrammo in stazione e fummo accolti da tantissime persone colorate e sorridenti. Haileth alzò lo sguardo e si affacciò al finestrino, salutando con la mano e la folla prese a urlare e a invocare il suo nome. Sorrise leggermente e m’invitò a fare lo stesso indicandomi Rena e il suo meraviglioso sorriso alla vista di Haileth tanto amata dalla folla. Marcus ed Elein ci presero e ci fecero scendere dal treno entrando definitivamente nella stazione. Era davvero enorme e colorata, ancora di più di quanto fossero i palazzi cittadini. Rena ci trascinò via e ci fece salire su due macchine diverse e ci spedì dai preparatori. Che l’inferno abbia inizio.
Non so quante ore passarono dal mio ingresso nel centro Immagine, so solo che da un momento all’altro sarei potuto scappare e darmi per suicida visto gli innumerevoli trattamenti che quei pazzi capitolini mi hanno rifilato. Quei tizi non facevano altro che ridere e parlare male delle persone, cosa che cominciavo a non sopportare soprattutto se ridevano del mio corpo. So di non essere questa eccezionale bellezza, ma cosa c’era da ridere? Urlai di nuovo dal dolore quando l’ennesima striscia depilatoria fu staccata dal mio petto.
-Oh accidenti, quanto manca?- sbuffai irritato io. Tutto questo era assurdo e completamente fuori dal normale.
-Oh tranquillo, adesso ti mandiamo dagli stilisti. Abbiamo finito qui. - sorrise uno dei tre ragazzi che continuava a farmi gli occhi dolci da quando ero entrato.
Mi diedero uno strano pezzo di stoffa da indossare e poi fui messo su una specie di ascensore che mi portò dal mio stilista. Entrai nella camera e lo notai: aveva i capelli lunghi, rossi e rasati ai lati, una cresta che sfidava le leggi di gravità era eretta sulla sua testa i restanti capelli erano stati legati in un codino perfetto che arrivava a fondoschiena. La faccia era completamente ricoperta di trucco, i suoi occhi erano ben marcati di nero e le labbra rosso fuoco. Dopo averlo fissato a lungo, decisi di lasciar correre e di non andare a vedere com’era vestito considerata la faccia. Mi sorrise e mi fece accomodare su un lettino davanti a lui. Cominciai ad avere paura di quell’uomo. E se mi avesse fatto del male? E se invece di vestirmi mi avesse mandato in giro nudo, o peggio, rivestito completamente di vernice gialla per rappresentare il grano? Sospirai rassegnato al mio destino e feci come mi aveva detto.
-Prima di tutto, mi chiamo Ryndra e sono il tuo stilista. Ora parliamo del tuo costume. Siccome voi siete il distretto nove, ho pensato a un costume che lascerà tutti senza fiato- ecco, sto per andare in giro completamente dipinto di giallo, con il mio coso al vento e con i capelli biondi per rappresentare il grano –ho pensato, cioè io e Kybyr abbiamo pensato di riprendere un’antica leggenda mitologica che rappresentasse il vostro distretto. Chi meglio di Demetra, la dea greca del grano?- sorrise fiero. Bene, non solo andrò in giro nudo, ma avrò addosso un paio di seni finti per interpretare la dea greca. Si va proprio bene.
-Ma tranquillo, non avrai un paio di seni e non andrai in giro nudo, il tuo vestito è ispirato agli dei maschili e avrai un piccolo extra-sorrise vittorioso. Ecco, ora non tanto per il vestito, la cosa che mi preoccupava di più era l’extra. Ormai sconsolato e devastato da quello che dovevo fare, lo stilista mi consegnò il mio vestito e lo indossai, richiamando in seguito Ryndra. Lui vedendomi mi fece diversi complimenti, poi mi diede il piccolo extra.
-Falce e mantello. Se ricordo bene, nel distretto nove si narra la leggenda del vecchio falciatore e volevamo ricondurvi a questo per farvi sembrare fieri del vostro luogo di provenienza.- ricordo quella storia. Yoan me la raccontava sempre quando ero piccolo per farmi spaventare. Parla di un vecchio uomo che aveva deciso di intraprendere la vita del contadino; molto spesso il vecchio usava la falce e un giorno, quando una donna gli si propose, lui scelse la falce e la donna si uccise utilizzando l’amata falce del contadino e quando la mattina dopo fu scoperto il corpo, l’uomo impazzì e da allora è conosciuto come la morte. Mi sorrise e mi sistemò il mantello e la falce, mettendo in ordine anche gli ultimi ritocchi e mi accompagnò al mio carro. Poco dopo arrivò anche Haileth, e dio, dire che era bella non era sufficiente a descrivere la sua bellezza. Sembrava davvero una dea greca. Mi sorrise e per poco non svenni. I capelli erano stati tinti di biondo ed erano stati decorati con una coroncina e dei fiori in una strana acconciatura, gli occhi cerulei erano stati fatti notare dal trucco quasi nero, le labbra perfettamente rosse. Il vestito, bianco e dorato le stava alla perfezione. La falce che aveva in mano era rossa, come il mantello e sul braccio un tatuaggio che a prima vista sembrava ancora fresco.
- Cosa ti è successo al braccio? – dissi incredulo guardandola. Se non fosse stata fidanzata con Yoan, probabilmente l’avrei tenuta tutta per me.
- Tatuaggio permanente. Rappresenta il nove e Yoan. Si vive una volta sola e poiché sto per morire, tanto vale farsi belli e rovinarsi – sorrise lanciando in aria la falce e riprendendola con un gesto veloce della mano.
- Sai, potresti uccidere qualcuno con quella – un ragazzo di un altro distretto le sorrise e la abbracciò da dietro.
- Sai, potresti essere tu a morire grazie a quella falce. E poi giù le mani, sono fidanzata – Haileth, purtroppo, s’infastidiva molto facilmente, anche solo alle parole di uno sconosciuto. Basta pensare a cosa abbia fatto a Marcus sul treno poche ore prima. Il ragazzo spaventato si staccò da lei e chiese scusa, facendo un lieve cenno del capo e cominciai a fissarlo. Non era molto bello, e le varie cicatrici che si vedevano lo facevano sembrare un uomo vissuto.
- Comunque, sono Richard e sono del dodici – fece un breve inchino al cospetto di Haileth e lei sbuffò infastidita. Odia la presenza delle persone che non conosce.
- E comunque sarà l’arena a decidere la mia morte – sorrise beffardo lui.
- Tutto è possibile, anche il fatto che la mia arma possa trafiggere il tuo corpo non proprio statuario da minatore del dodici – ecco, ormai avevo perso quel poco di dolcezza che credevo fosse presente in Haileth. Marcus ha ragione, il solo fatto di entrare nell’arena ti spaventa e ti porta a cambiare. L’arena ti cambia, anche se ne esci vinto. L’arena è il male. Poco dopo vedemmo arrivare i nostri mentori che mandarono via il ragazzo del dodici e ci fecero accomodare sul carro. Dopo una breve conversazione sulla sfilata, i cancelli si aprirono e tutti i cavalli cominciarono a muoversi verso il centro della piazza cittadina. Quando uscimmo, noi ci fu un boato generale e non so per quale motivo. Quando cominciai a vedere miliardi di rose sul nostro carro, feci un cenno a Haileth e insieme lanciammo in aria le due falci, riprendendole poi al volo e mostrandole in aria, come se ci avessero portato alla vittoria. Haileth accennò un sorriso e poco dopo il carro si fermò davanti al Presidente Snow che prese a parlare.
- Miei cari tributi, oggi ricorrono i sessantottesimi Hunger Games che ormai da anni sono ricordati grazie a voi e al vostro sacrificio. Un brindisi, a questi giovani che da domani si batteranno e che ci daranno molte soddisfazioni. E che possa la fortuna sempre essere a vostro favore. – terminò l’uomo e poco dopo un secondo boato, anche più forte di quello di prima partì dalle tribune e dai capitolini, fece sorridere fiero il Presidente Snow. I carri ripreso a camminare e ritornammo al punto di partenza, dentro il garage del centro d’addestramento. Rena, Marcus ed Elein ci vennero a prendere e ci fecero dei complimenti, trascinandoci poi al nostro piano per fare una doccia e per prepararci per domani, quando sarebbero cominciate le sessioni d’addestramento.

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Capitolo 4
*** Addestramento ***


Non so chi o cosa avesse avuto la brillante idea di cominciare a cantare quella mattina, fatto sta che la sveglia alle otto non era molto piacevole. Ma evidentemente quel qualcuno non la pensava allo stesso modo. Mi alzai dal letto e mi trascinai nella doccia permettendomi un po’ di relax. Cominciai a premere un paio di pulsanti e alla fine mi ritrovai completamente immerso nel bagnoschiuma. Sorrisi e dopo essermi risciacquato per bene, aver indossato i vestiti che mi avevano lasciato la sera precedente gli stilisti, decisi di raggiungere la pazza dai capelli verdi e i suoi sorrisi sornioni nella sala da pranzo che era stata predisposta nel nostro appartamento. Sorrisi ai due mentori che si litigavano uno strano liquido marrone, notando poi Haileth bere la stessa sostanza. Rena, come al solito, beveva un bicchierino di quella cosa alcolica color marrone chiaro che tanto amava. Sorrisi anche a lei e mi accomodai a tavola trovandomi davanti pietanze che non avevo mai visto in vita mia.
- Quella cosa a fettine si chiama pancetta, quelle sono uova e lì c'è un cornetto. Marcus e Elein litigano per una bevanda chiamata caffè: ha un gusto amarognolo ma se ci aggiungi del miele o dello zucchero diventa delizioso. Poi c’è della cioccolata calda, che ti consiglio di assaggiare immediatamente prima che si freddi. Ci sono ancora biscotti al cioccolato e marmellata di mirtilli che puoi mangiare direttamente. Per il resto, sei pronto?-. Da quando aveva questa strana parlantina ed era così viva di prima mattina? Nessuno lo era, nemmeno un dio greco. Annuii velocemente appuntando in modo semipermanente le informazioni sulla colazione che mi avrebbero servito nei tre giorni seguenti, prima di entrare nell'Arena. Iniziai a mangiare lentamente, cercando di gustare le varie pietanze presenti sul tavolino, quando Rena cominciò a urlare ricordandoci quanto fosse tardi e quanto noi fossimo in ritardo. Lanciai una veloce occhiata verso il piccolo orologio appeso alla parete e notai l’ora. Erano quasi le nove meno venti ed evidentemente era già tardi, nonostante dovessimo scendere al Centro D’Addestramento per le nove. Mi velocizzai quando Rena cominciò a mettermi in bocca qualsiasi cosa che assomigliasse alla colazione e quando riuscii a mandare tutto giù, annuì verso i mentori che si preparavano a dire qualche parola. Elein prese a fare dei rapidi gesti con le mani, cercando di farci capire, ma non riuscendo nel suo intento, ci parlò Marcus.
-State attenti e non andate immediatamente in bocca a quelle belve che non aspettano altro che uccidervi e bere il vostro sangue. Siate cauti e non mostrate i vostri punti di forza: quelli li sfoggerete quando ci saranno le sessioni private. Siate voi stessi per ora e se potete, cercate di trovare qualche alleato.-
Haileth annuì velocemente, facendo dei rapidi gesti verso Elein ed io accennai un breve sì con la testa. Poco dopo fummo scortati in ascensore da Rena. Arrivammo al piano più basso dell’edificio in cui alloggiavamo, e salutammo la nostra accompagnatrice e dopo un profondo sospiro entrammo nella sala. Effettivamente, erano già presenti alcuni tributi che aspettavano impazientemente l’arrivo degli altri per iniziare ad allenarsi e che non vedevano l’ora di mostrare la loro immensa forza bruta. Non notai tutti i tributi presenti, ma corsi velocemente alla ricerca di qualcuno che conoscessi e con cui parlare. C’era Richard, il tributo che ci aveva provato con Haileth, c’erano i tributi dell’1, del 2 e del 4 che avevano già formato il gruppetto dei favoriti e sfidavano due ragazzini di dodici anni poco più in là che tremavano come foglie. Vidi Richard avvicinarsi a noi e sorridere.
-Allora Nove, siete pronti?- sorrise convincente.
“Certo tu sai usare un’arma, riesci a combattere e hai vagamente delle forme che ricordano i muscoli che un uomo deve avere”pensai.
-Certo Dodici, ci puoi scommettere!-. Certo che sì Dodici: sono pronto a morire ad ogni minimo sforzo che farò qui dentro per guadagnarmi almeno un sette in addestramento. Guardai Haileth al mio fianco sorridere al ragazzo del Dodici e cominciare a parlare.
-Dai Dodici, fai compagnia alla concorrenza? Sai che potremmo ucciderci a vicenda nell’Arena- sbuffò poi quando il ragazzo riprese a parlare. C’era qualcosa di più ironico di Haileth che si prendeva a cazzottate con un tributo che quasi sicuramente l’avrebbe squarciata viva? Mi girai un nano secondo e la notai a testa in giù e con le gambe per aria mentre cercava di camminare avanti e indietro. Dove l’aveva imparato? Che cosa faceva lei nel Nove per riuscire in certe cose?
-Ma dolcezza, sai che non moriremo. Abbiamo più possibilità di arrivare noi in finale e vincere piuttosto che quei sei palloni gonfiati dei Favoriti, e poi sei carina e mi spingi a non prenderti in parola: mi diverto a stuzzicarti-. Richard sorrise alla ragazza che tornò con i piedi per terra, letteralmente. Haileth lo guardò sconcertato, come se non fossero quelle le parole che avrebbe voluto ascoltare da un rivale.
-Sì, certo Richard. Noi faremo ritorno nei nostri Distretti, come ci sono tornati i ventitré sfortunati tributi che sono morti lo scorso anno a causa di uno di quei sei Favoriti laggiù. Che poi, anche noi siamo un po’ sfortunati e non solo per esserci ritrovati qui a combattere per la vita-.
Ormai era ufficiale: Haileth non avrebbe voluto essere in quel momento in quella palestra e non desiderava altro che essere a casa a giocare con la falce. Richard stava per rispondere, ma fu interrotto da un uomo che si era presentato come Generale dell’Addestramento. Non ci aveva detto il suo nome, ma ci aveva spiegato una marea di cose utili e da saper fare nell’Arena. Cominciò a elencare i vari corsi da seguire obbligatoriamente e quelli che avremmo potuto evitare, perché apparentemente inutili, ma che sarebbe stato opportuno frequentare per imparare alcune preziose tecniche di sopravvivenza,. Spiegò brevemente cosa sarebbe successo il giorno delle sessioni private e di come ci saremmo dovuti comportare durante l’addestramento. Infine aveva ufficializzato i nostri orari; in altre parole saremmo dovuti restare a fare corsi obbligatori e non per tutta la mattina fino all’ora di pranzo e poi ci saremmo potuti allenare fino alle sette della stessa sera. Quando terminò il suo discorso, ci sorrise, ci fece mettere sull’attenti e ci spedì alle varie postazioni d’addestramento e sopravvivenza che dovevamo frequentare obbligatoriamente. Io mi diressi immediatamente verso le postazioni delle piante commestibili e fui seguito da Haileth e da Richard, che evidentemente ne sapeva meno di noi. Dopo passammo al corso di sopravvivenza e infine Haileth si avvicinò alla postazione di chimica, dove l’istruttore fu davvero felice di avere un’allieva che lo ascoltava molto volentieri. Non capii l’utilità di quel corso, ma in caso di catastrofe apocalittica e di un’arena invivibile, Haileth avrebbe potuto tranquillamente sopravvivere utilizzando la scienza e la chimica che quel ragazzo dagli enormi occhiali neri e i capelli viola le stava insegnando. Sorrisi commosso alla scena di Haileth che gli sorrideva riconoscente e lo abbracciava contenta, mentre il ragazzo un po’ spaesato ricambiava le manifestazioni d’affetto della ragazza.
L’ora di pranzo arrivò fin troppo in fretta, e dopo una decina di corsi sulla sopravvivenza, su cosa mangiare e cosa no, fummo tutti richiamati in una stanza minuscola e grigia che ospitava la nostra mensa. Richard occupò un tavolo poco più in là con una ragazza molto più piccola di lui e ci fece segno di andare verso di lui. Io ricambiai il sorriso e andai a sedermi davanti ad un possibile alleato.
-Lei è Rosalie, tributo femmina del Dodici e non parla molto.- ci presentò la ragazza vicino a lui e Haileth, capendo quello che intendeva il ragazzo, prese a parlare con i gesti di un qualcosa che a me era del tutto sconosciuto. Dopo la breve pausa e il lungo silenzio che era sceso sui tributi, fummo richiamati nella Sala dell’Addestramento per proseguire gli allenamenti con le varie armi che erano state messe a disposizione dagli Strateghi. Questi ci osservavano dal loro balcone mangiando del succulento maiale. Accennai un sorriso quando intravidi una serie di lance e Haileth ci si fiondò sopra analizzandole. Erano diverse dalle nostre falci: non avevano la mezzaluna tipica, ma anzi erano affilate e finivamo con una punta che sembrava micidiale. Annuii lentamente alle varie tecniche che stava spiegando Haileth e sorrisi nel vederla così concentrata su un’arma.
-Ricordati: riserva il meglio per la sessione d’addestramento privata-. Lei annuì e ripose lentamente la lancia, dirigendosi verso le postazioni dei corsi non obbligatori, cominciando ad andare di qua e di là come una trottola.
Il primo giorno d’addestramento finì abbastanza in fretta, e come quello, arrivarono il secondo e il terzo, con la differenza che durante il secondo giorno ci concentrammo sul combattimento armato e il terzo giorno ci fecero allenare liberamente solo di mattina perché nel pomeriggio avremmo avuto le sessioni private. Eccoci qui, dunque. Siamo pronti per essere giudicati dagli Strateghi che ci hanno osservato in questi giorni e che hanno cercato di darci una piccola valutazione. Oggi decideranno se possiamo sopravvivere o meno nell’Arena che hanno progettato apposta per noi. Poco dopo il pranzo hanno cominciato a chiamare i vari tributi, e nel giro di poco sarebbe toccato anche a Haileth e a me. Insomma, non dico che il Distretto Nove sia l’ultimo, ma quasi e quindi gli Strateghi, quando entreremo noi si staranno tranquillamente riempiendo lo stomaco di whiskey, quella sostanza alcolica che beveva sempre Rena, e di stufati caldi. Scatto in piedi quando una voce gracchiante chiama il mio nome, facendomi tornare sul Pianeta Terra e invitandomi a entrare. Entro nella stanza e il Generale mi spiega brevemente quello che devo fare, il tempo a mia disposizione e mi fornisce le istruzioni da seguire una volta finita la mia prova. Prendo appunti mentali e mi dirigo verso alcune postazioni che ho scelto per dare spettacolo di me. Prendo lo spadino e mi dirigo verso gli ologrammi. Imposto determinate possibilità e faccio in modo di ottenere gli effetti desiderati e comincio a combattere, cercando di distruggere i vari ologrammi che mi si presentano davanti. Soddisfatto del mio lavoro con lo spadino, prendo i pugnali e comincio a lanciarli verso i diversi manichini che simboleggiano gli altri tributi e poco dopo ricevo dagli Strateghi il permesso di uscire faccio un breve cenno di rispetto e me ne torno nell’appartamento del nono piano aspettando Haileth.
 
Mezz’ora dopo Haileth rientra e si accomoda sul divano, quasi distrutta e completamente persa nei suoi pensieri. Chissà cos'ha combinato? Chissà a cosa stava pensando in quel momento? Sbuffo quando Haileth si alza e, con la scusa di una doccia, s’isola in camera sua. Nessuno indaga sull’evidente rabbia della ragazza, ma alla fine Haileth si rifà viva per l’ora di cena e la comunicazione dei risultati dell'addestramento. Mangiamo tutti in religioso silenzio, e verso le nove ci accomodiamo davanti all’enorme schermo per vedere Caesar commentare le nostre sessioni comunicandoci un voto che può essere compresi tra l’uno e il dodici, come i Distretti.
Perché quel programma ancora non inizia? Perché impiegano così tanto ad elencare i risultati che ci si sono stati dati? Sbuffo ancora quando l’ennesima messa in onda s'interrompe. Poco dopo le nove e mezzo appare sullo schermo Caesar Flickerman nel suo sfavillante completo grigio, con i suoi capelli e le sue sopracciglia di un color lampone davvero forte. Sorride, scusandosi per i vari problemi di trasmissione. Finalmente inizia ad elencare i voti. Comincia dal Distretto1, aggiungendo un breve commento e sorridendo alla telecamera quando alza lo sguardo. Dopo esserci gustati quasi un’ora di programma, finalmente appare il nostro Distretto.
-Distretto Nove, tributi Jay Addams e Haileth Levonne, che a dirla tutta si credevano già spacciati dalla Mietitura, ma si sono rivelati delle fantastiche macchine da guerra. – sorride abbassando lo sguardo sul foglio del voto e del commento. Comincia da Haileth.
-Haileth Levonne, voto undici! Il Primo Stratega riguardo al suo voto afferma che la ragazza si è rilevata davvero un pericolo pubblico e difficilmente potrà essere colpita in guerra. Afferma che non ha punti deboli e che se li avesse, riuscirebbe tranquillamente a nasconderli, così da evitare di essere presa alla sprovvista.- sorride mostrando i denti perfettamente bianchi e facendo apparire sullo sfondo una foto di Haileth con il voto in sovrimpressione. Rimango a bocca aperta: lei non era una macchina da guerra. Lei piangeva se doveva uccidere un topolino che si era stabilito in casa e alla prima difficoltà scappava e si rifugiava in posti che conosceva solo mio fratello. Rimango sbalordito nell’associare la dolce ragazza che conoscevo a una terribile macchina da guerra, senza pietà e con la voglia di uccidere qualsiasi essere vivente la sfiori. Poi, lentamente, mi volto verso di lei guardando quel filo di rabbia comparirle negli occhi e vidi i suoi pugni stringersi. Comincio ad avere paura di lei... Adesso però è il mio turno.
- Jay Addams, voto nove! Nonostante il fisico inesistente si è davvero rilevato imbattibile nella lotta corpo a corpo, mettendo in mostra tutte le migliori tecniche di combattimento apprese nelle varie sessione di addestramento. Tuttavia non ha ricevuto un voto alto a causa della poca fiducia in sé stesso e il suo essere fin troppo prevedibile lo rende vulnerabile-. Aspetta. Vulnerabile? Sono un bambino adesso? Ok, non sono un guerriero, ma so il fatto mio se mi è stato dato un nove. Noto la mia foto, il voto e poi sbuffo. Farò vedere a tutti quanti chi è il vero e unico vincitore di questi Hunger Games, perché Jay Addams non è un pappamolle, e domani, nell’intervista con Caesar lo mostrerò a tutta la nazione.

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Ringrazio Yvaine_ per aver betato il capitolo (: 

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