Corolle di ciliegio

di Lady Guineviere di Camelot
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


a

 

Corolle di Ciliegio

 

 

1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella vita ci sono giorni pieni di vento e pieni di rabbia,

ci sono giorni pieni di pioggia e pieni di dolore, ci sono giorni pieni di lacrime;

Ma poi ci sono giorni pieni d’amore che ci danno il coraggio

di andare avanti per tutti gli altri giorni.

§ Romano Battaglia §

 

 

Quel giorno, pioveva. Grosse gocce d’acqua cadevano ininterrottamente dal cielo plumbeo, che stava scatenando la sua ira, riversando a terra un oceano d’acqua.

Piangeva con il mio cuore, distrutto da una perdita che non ero pronto ad accettare e mentre varcavo il portone della città proibita, pregavo;

Pregavo per lei e per la sua anima, che non ero stato capace di proteggere. Il rimorso, per non esserle stato abbastanza vicino, sostituì ben presto il dolore che mi aveva accompagnato per tutto il viaggio, di ritorno a casa.

Nonostante non avessi provato amore per mia moglie, l’avevo sempre considerata una persona importante, con la quale avevo mosso i miei primi passi da Imperatore.

Avanzando lentamente verso il palazzo, scorsi ai pedi dell’imponente scalinata il mio consigliere, Guozhi, che mi attendeva reggendo in mano uno stendardo bianco.

Al suo fianco, c’era Xiaoling, la mia seconda moglie vestita completamente di bianco, in segno di lutto.

Non osai guardarli per un altro istante, perciò iniziai ad osservare le gocce che colpivano la mia armatura dorata, producendo un suono metallico. Volsi poi uno sguardo sulle guardie disposte ordinatamente per due file ai miei lati.

Erano silenziosi, immobili ed il fazzoletto bianco annodato al collo lì rendeva ancora più solenni.

Solo in quell’istante, mi resi conto che la mia attraversata in sella al mio stallone bianco, era accompagnata solo dal triste picchiettare dell’acqua sulla terra.

Niente urla di benvenuto, niente tamburi o lanterne accese, neanche fuochi d’artificio per il mio ritorno in patria;

Era questo ciò che avevo chiesto a Guozhi, come risposta alla lettera che m’informava della morte di Daiyu.

Non volevo che il funerale dell’Imperatrice fosse messo in ombra dal mio ritorno, ma nonostante tutto, vedevo sui volti delle persone, a partire dalle mie guardie sino a Guozhi, sollievo.

<< M’inchino dinnanzi all’Imperatore >>, mi disse il mio Consigliere, quando giunsi infine, davanti a loro.

Scendendo da cavallo, mi tolsi l’elmo dorato mettendolo sotto braccio. I miei capelli cominciarono ad inzupparsi all’istante, mentre altre gocciole mi rigavano il viso.

Prontamente, mi si avvicinò un servo con un gigantesco ombrello giallo, ma io lo rifiutai bloccandolo con un gesto secco della mano.

<< Alzatevi >>, ordinai alle due persone inchinate con la fronte che poggiava il freddo pavimento in pietra.

Xiaoling e Guozhi obbedirono e finalmente potemmo guardarci negli occhi, e ciò che scorsi in quelli del mio anziano Consigliere, contornati da profonde rughe, fu pace.

Inaspettatamente, mi sentii meglio anch’io.

<< Com’è andato il viaggio, vostra Maestà? >>.

<< Bene Guozhi, tralasciando il clima piuttosto torrenziale >>.

<< Certo mio signore. Ora è meglio rientrare, vi state bagnando completamente >>.

Insieme, ci dirigemmo verso il palazzo centrale, in altre parole la sede degli appartamenti imperiali, dove fui accolto da alcuni servi che cominciarono a slacciarmi la corazza d’oro.

<< Non ora. Preparatemi un bagno caldo >>, ordinai imperativo. Avevo bisogno di parlare con Guozhi.

Xiaoling mi si avvicinò porgendomi una tazza di Ch’i-Men Mao Feng. Tè dal colore vermiglio, all’aroma di rosa e chiodi di garofano.

<< Tenete mio signore. Questo vi riscalderà >>.

<< Grazie, ora però lasciaci. Devo discutere con Guozhi d’alcune questioni importanti. Ci vediamo nei nostri appartamenti >>.

Rimasti soli, in quella stanza che mi era tanto famigliare, non riuscivo a trovare il coraggio di far uscire dalle mie labbra, la parola "funerale".

Sì, perché ero stato così negligente, da non presenziare al funerale della mia consorte. Purtroppo, gli Unni imperversavano insistentemente sui nostri confini, rischiando così l’imminente invasione.

Avendo ben poca scelta, non mi rimaneva che combattere assieme all’esercito e salvare il mio popolo.

Quando mi giunse la missiva non tornai indietro, ma continuai a lottare, respingendo con tutta la forza che avevo in corpo, gli invasori che volevano rubare quella pace che la mia gente meritava tanto.

Conoscevo, però le conseguenze che mi attendevano. Dopotutto, essere Imperatore significa avere potere. Di decidere;

Io avevo deciso, e lo ammetto con una mano sul cuore, fu una scelta gravosa.

Abbassai lo sguardo verso la tazzina di ceramica, che tenevo in mano: il liquido rossastro tremava al suo interno e i vapori profumati del tè, mi penetravano nelle narici.

Ne bevvi un lungo sorso, assaporandone il dolce gusto che tanto mi era mancato, mentre rimproveravo me stesso, ben conscio che stavo temporeggiando.

Convenni però, che rimandare quella discussione, non mi avrebbe portato a nulla.

<< E’ andato tutto bene il funerale? >>. Le mie parole, parvero avere l’eco in quel silenzio così inteso che riempiva la stanza.

Guozhi, sorpreso dalle mie improvvise parole, mi esaminò per alcuni batter di cigli, prima di rispondere alla mia domanda, tremendamente artificiosa.

<< Certamente vostra Maestà. L’Imperatrice è stata inumata secondo le sue volontà e con tutte le massime onorificenze. La sua veste funeraria è stata la più ricca, che la Cina abbia mai creato: 2000 piastrine di Giada cucite con un sottilissimo filo dorato. Un’eccellente lavoro d’artigianato, vostra Maestà >>.

<< Bene. Ero certo che avreste fatto un ottimo lavoro Guozhi >>, gli risposi, ingoiando l’ultimo sorso di tè. Il liquido caldo che mi scendeva lungo la gola, mi rilassò e rilasciai un sospiro di sollievo.

<< Il popolo è stato molto sollevato nel rivedervi… >>.

<< Sì certo, anche se le circostanze non sono del tutto appropriate >>.

<< Al contrario, vostra Maestà. Voi rappresentate la loro guida. Come avrebbero fatto se vi fosse accaduto qualcosa? Inoltre, non avendo eredi e con la morta prematura dell’Imperatrice, a chi sarebbe andato il trono? >>.

<< Vi preoccupate troppo… >>, gli dissi con poca convinzione.

Le sue parole dicevano il vero e la mancanza di un legittimo erede al trono, era una questione piuttosto delicata;

Xiaoling non rappresentava una persona adatta per generare il futuro della Cina, e delle mie 70 concubine nemmeno una poteva sostenere questo rilevante compito.

Urgeva una soluzione ed immediata. Qualcosa mi suggeriva che gli Unni non si sarebbero limitati a ritirarsi dietro le loro linee di confine, ma avrebbero continuato a provare ad invadere la Cina, ed io non sarei rimasto invano a vedere il mio esercito cadere sotto i miei occhi.

Senza rendermene realmente conto, iniziai a girare in tondo per la stanza sotto lo sguardo stupefatto di Guozhi.

<< Maestà, non era mia intenzione turbarvi >>.

<< No, Guozhi >>, risposi fermandomi davanti a lui. << Avrei dovuto pensarci prima. Ho rimandato così a lungo questa cosa, che l’unica persona che poteva donarmi un’erede degno di essere chiamato tale, se n’è andata. Ho pensato tanto al benessere del mio popolo, che ho scordato di assicurargli la cosa più importante: una guida che impugni il mio posto >>.

<< Maestà, se permettete io avrei un’idea >>.

Il suo sguardo rassicurante e quieto si posò sul mio. Quel vecchio consigliere, dai capelli argentati e la pelle grinzosa, rimaneva sempre pieno di risorse.

Innumerevoli volte mi era stato vicino, indicandomi la giusta via da percorrere, ed ero certo che anche quella volta, non mi avrebbe deluso.

<< Vi ascolto >>.

<< Siete rimasto con una moglie, Maestà. Se vi risposaste, con una donna che riterreste adatta per dare alla luce il vostro erede, la questione sarebbe già risolta >>.

<< Vecchia volpe! Sì… è un’idea alquanto attraente. Resta però, trovare la candidata adatta >>.

<< Ho già pensato anche quello, vostra Maestà, e vi posso assicurare che non ne rimarrete deluso >>.

<< Non ne dubito >>.

Giunta al termine la discussione col mio Consigliere, desideravo solo liberarmi dell’armatura pesante e andare a godermi il mio bagno caldo ristoratore.

Entrando nella mia stanza, la prima cosa che sentii fu la piacevolissima fragranza emanata dai fumi della tinozza, colma d’acqua bollente.

Impaziente d’immergermi, tolsi frettolosamente la corazza e gettai a terra elmo e katana.

Sommerso sino al collo in quell’acqua profumata di caprifoglio, mi conciliò il riflettere sul mio imminente sposalizio;

Lo sguardo mi cadde sul letto al centro della stanza, dove avrei consumato la prima notte di nozze con quella fanciulla.

Liling si chiamava. Il suo nome significava "giada bellissima", e a sentire Guozhi lo era per davvero.

 

Fiori di ciliegio danzavano nell’aria, profumandola di primavera. Udendo un’immaginaria melodia, coglievo i loro movimenti, di una danza dal ritmo incalzante.

Ondeggiavano, disegnavano cerchi ed altre forme fiabesche nel vuoto, ed infine planavano dolcemente sull’erba, sullo stagno ai piedi di un salice, sui miei capelli scuri.

Il rombo di un tuono dall’alto del cielo, preannunciava un’altra pioggia primaverile. Altri fiori di ciliegio sarebbero caduti.

Io, mi sentivo come quelli. Fragili e piccoli, che bastava una folata di vento o una goccia di rugiada a farli precipitare.

Ed io sarei crollata? Sarei riuscita ad assolvere i miei gravosi compiti da futura Imperatrice della Cina?

La vita, che stupori ci riserva. Piccoli momenti, che si dissolvono come un respiro rimangono impressi nella mente, come la più fine incisione nella giada;

Solo una settimana fa, era giunto presso la mia casa paterna, un messo dell’Imperatore che aveva informato mio padre di recarsi all'istante a palazzo.

Cinque ore dopo, tornò. Io mi stavo pettinando i lunghi capelli e mentre posavo il pettine di giada sulla toeletta, mi fu detto che sarei diventata Imperatrice.

Ricordi nitidi e chiari inerenti a quel momenti, affollavano la mia mente: la luce soffusa delle candele, i grilli che cantavano, il fruscio della mia vestaglia di seta, il battito del mio cuore che accelerava, il mio riflesso sullo specchio ed il rumore del pettine che s’infrangeva sul pavimento.

Io, principessa Liling, ultima discendente della dinastia dei Sui, stavo per essere incoronata Imperatrice della Cina.

Qualora ci avessi riflesso, il respiro mi diventava gravosamente più affannoso, perciò immersi la mia mano diafana nell’acqua della fontana sotto l’albero di ciliegio.

La sensazione di quella freschezza vellutata e soffice, sulla pelle della mia mano, mi regalò un momento di pace, che assaporai pienamente ad occhi chiusi.

Erano molti, i periodi di luce che trascorrevo sotto quell’albero. Malinconica. Un aggettivo che mi si confaceva molto negli ultimi tempi e mia sorella Wenling non faceva altro che ricordarmelo.

<< Liling! >>.

Alzai il volto, volgendolo in direzione della casa, dove notai mia sorella che correva tutta eccitata verso di me, mentre reggeva un kimono dorato.

<< Liling, guarda! Non è stupendo? Viene direttamente dal palazzo. Sarà l’abito che indosserai per il matrimonio. Non è stupendo? Oddio, mi ripeto come una stupida! Ma ci pensi? Puoi indossare abiti dorati e gialli! >>.

<< Wenling vuoi darti una calmata per cortesia! E’ solo un kimono dorato… >>.

<< Oh Liling! Sorridi un pochino, invece di stare qui a rimirarti nel riflesso dell’acqua. Sono certa che sua Maestà apprezzerà enormemente la tua beltà >>.

Sospirai rassegnata di fronte alla sua eccitazione, mentre si premeva addosso il kimono, rimirandosi dal basso. Era così raggiante, che si esibì in una danza di cerchi, tenendo gli occhi fissi sul fondo dello strascico che produceva un dolce fruscio.

<< Wenling! Smettila di rovinare quell’abito e riportalo qui! >>.

<< Sì madre! >>, gridò sempre continuando la sua danza, poi rivolgendosi a me: << Torno subito >>.

Anch’io avrei voluto essere così felce e spensierata per il mio matrimonio, dopotutto era così che me lo ero sempre immaginata.

Ero ignara anche del volto del mio sposo, in quanto l’Imperatore l’avevo sempre visto sugli yen. Potevo solo immaginare come potesse essere in carne ed ossa.

<< Sorridi un po’ Liling! Stai per sposarti >>, sopraggiunse all’improvviso mia sorella, apparsa improvvisamente al mio fianco.

<< Ti vorrei far rammentare che non sarà un matrimonio normale >>.

<< Appunto! Stai per sposare l’Imperatore. Ma ci pensi? Abiti, gioielli, servitori, e lui… pare che sia molto bello. E poi c’è il palazzo! Abiterai lì, circondata dal lusso… >>.

<< … E da 70 concubine. Non è esattamente quello che mi aspettavo >>, aggiunsi ironica, ma ero consapevole che mia sorella non avrebbe compreso.

Avrei posseduto tutto ciò che desideravo, sarei stata circondata da un infinito numero di servi, ma non avrei mai avuto mio marito;

Sarei stata costretta a condividerlo con altre donne, e questa era una cosa che non potevo accettare. I principi che mi erano stati insegnati, mi ricordavano che questo sacro vincolo poteva essere condiviso solo tra marito e moglie.

Io invece, con altre 70 persone, ma non potevo fare nulla per oppormi perché l’Imperatore è al disopra delle leggi.

<< Liling, sei ancora qui? >>, domandò mia sorella, piuttosto preoccupata.

Sorvolando sui miei pensieri, che da molto tempo a questa parte mi affollavano la mente, sollevai lentamente il capo guardandola rassegnata negli occhi.

<< Sì, Wenling >>.

<< Allora è questo che ti preoccupa! Sinceramente, non ti capisco proprio… Potrai avere qualunque cosa, vivrai negli agi, e tu vai a pensare alle concubine! >>.

<< Perdonami, ma non riesco ad essere così superficiale. Io dal mio matrimonio mi aspettavo amore, non un kimono giallo! >>.

Cadde un silenzio freddo e scostante tra me e mia sorella, che rimase immobile dinnanzi a me, senza muovere un muscolo.

Io invece, abbassai lo sguardo, incontrando il mio riflesso nell’acqua, e quello che vidi, non mi piacque: un volto mi osservava, malinconico e triste.

Quella non ero io, sempre sorridente e solare. Mi stavo trasformando in ciò che gli altri volevano che fossi, ma non ero io.

Di sorpresa, l’immagine nell’acqua si distorse in tanti cerchi che si andavano lentamente allargando.

Alzai gli occhi al cielo, ed una goccia fredda e minuscola mi cadde sulle labbra rosse. Pioveva.

<< Rientriamo, o finiremo col bagnarci tutte >>, dissi rivolta a mia sorella e prendendola sotto braccio, rientrammo in casa.

 

 

Ero attorniato da una gran quantità di monili d’oro tempestati di pietre preziose, spille di giada dalle molteplici forme e pregiatissimi kimoni in seta screziati.

Insieme, creavano un effetto luminescente tutt’intorno alla stanza e la seta lucida e soffice, colpita dai raggi solari, riluceva sopra il massiccio letto davanti a me.

Avevo il compito di preporre una parte del corredo della futura Imperatrice, sebbene non possedessi alcun’idea a riguardo;

Essendo ignaro dei suoi gusti personali, mi stavo addentrando in un’impresa, che con molte probabilità, non avrei portato a buon fine.

Non avevo intenzione di renderla infelice e desideravo poterla conoscere meglio, in confronto a tutte le donne di cui ero circondato.

Magari, con l’aiuto del tempo avremmo anche imparato ad amarci.

Un’opportunità che bramavo da tanto e che purtroppo, non mi era mai stata concessa.

Ora che n’avevo la possibilità, non me la sarei fatta sottrarre.

Avvolto tutt’intorno da luccichii dorati e senza sapere dove girarmi per non rischiare di rovinare qualche abito, preferii subito scartare i monili più volgari e appariscenti.

Il Fengguan, copricapo in oro che rappresentava una fenice, simbolo della bellezza femminile e indossato dalle Imperatrici, mi fu presentato sopra ad un vassoio dorato;

Troppe gemme lo arricchivano e la forma dell’animale era troppo grossolana, per questa ragione ordinai di crearne uno nuovo seguendo le mie precise direttive.

Osservai alcuni anelli e bracciali, tutti d’ottima fattura ma diversi gli uni dagli altri. Sprovveduto al momento del gusto personale di Liling, risolsi la questione facendoli diventare tutti quanti parte del corredo.

<< M’inchino dinnanzi all’imperatore >>, mi giunse dalle spalle la voce profonda di Guozhi.

Voltandomi, gli indicai di mettersi in piedi in modo piuttosto frettoloso, essendo ora impegnato nella scelta dei kimoni: Homongi, Komon, Iromuji e Furisode.

<< Vostra Maestà, necessitate d’assistenza? >>.

<< Necessiterei di sapere cosa apprezza maggiormente Liling, ma dato che dovrò restarne all’oscuro fino al matrimonio, cerco di utilizzare l’arte dell’arrangiarsi >>.

<< Certamente vostra Maestà, ma sono certo che l’Imperatrice gradirà il vostro raffinato gusto >>.

<< Dubito. Tu! >>, ordinai ad una serva che attendeva pazientemente in un antro della stanza.

<< Tutte queste cose faranno parte del corredo dell’Imperatrice. Raccoglile e portale nella stanza assegnatale >>.

<< Sì Maestà >>, rispose portando la fronte contro il pavimento.

Notai con non poco stupore, l’espressione sbalordita sul volto di Guozhi senza capirne la ragione.

<< Vostra Maestà, se permettete, ma… tutto? >>.

<< Sì. Come ti ho già accennato, non sono al corrente dei suoi gusti, in conseguenza di ciò, sarà lei a scartare le cose che non sono di suo gradimento dal corredo >>.

<< Non avete però intenzione di sottrargliele? >>.

<< Ovviamente no. Tutto quello è suo >>.

<< Maestà, qualcuna delle vostre concubine potrebbe pensare che la stiate favorendo… >>.

<< E anche se fosse? Non preoccuparti Guozhi, e ora andiamo a prenderci una tazza di tè >>.

<< Come desiderate vostra Maestà >>.

C’incamminammo fianco a fianco lungo il corridoio che conduceva alla sala del trono, seguiti dal consueto corteo di mandarini, che mi scortava ovunque io andassi.

Colonne rosse a stucchi dorati, salivano dal pavimento sino a congiungersi col soffitto, affrescato da dipinti e intarsi.

Sotto i miei piedi, tappeti alti e soffici ricoprivano ogni centimetro della superficie del pavimento. Uccelli, draghi, fiori, nuvole e montagne arricchivano i drappi.

Ogni cosa pareva essere stata intinta nell’oro fuso, e così tutto riluceva in uno splendore più forte di quello del sole.

Spalancatemi le porte, vi entrai a passo deciso, congedando immediatamente il mio seguito;

Col tempo avevo imparato a rispettare quell’organo di competenza che mi aiutava a governare il mio paese, ma era opprimente e assolutamente insopportabile averli ovunque io mi muovessi.

Togliendomi il soprabito dorato del mio kimono, che appoggia su uno sgabello, mi accomodai pigramente su una sedia, chiamando con uno schiocco di dita un servo.

<< Conduci qui lo speziale >>.

<< Sì, vostra Maestà >>.

Quel giorno, ero tremendamente pensieroso, e senza esserne pienamente consapevole, iniziai a massaggiarmi il mento con la mano destra.

Gesto che ero solito fare, quando pensavo o riflettevo su una questione che ritenevo importante.

Preso enormemente dalle mie riflessioni, non avevo prestato particolare attenzione a Guozhi, che per tutta la durata, era rimasto in piedi davanti a me.

<< Guozhi, accomodati pure. Stavo riflettendo… >>, gli dissi indicandogli con la mano, la sieda vuota vicino a me.

<>, mi rispose. Mentre si stava per accomodare, però, notai una smorfia di dolore sul suo volto.

<< Che ti succede Guozhi? >>.

<< Non vi allarmate, Maestà. Sono i sintomi della vecchiaia >>.

In quell’istante arrivò lo speziale che s’inchinò ai miei piedi. Gli ordinai di mettersi in posizione eretta e permettendogli di avvicinarsi, concordammo il tè che volevamo bere.

<< Vostra Maestà, posso suggerirvi una miscela di Lu Mu Dan? >>.

<< Per oggi, gradiremmo degustare qualcosa di più deciso. Il tè nero del Wulong. Che dici? >>, domandai rivolto a Guozhi.

<< Certamente Maestà >>.

Dopo un ultimo cenno col capo, lo speziale si congedò, diretto a preparare il tè che avevo richiesto.

Potevo vantarmi del glorioso successo che ero riuscito a diffondere in tutta la Cina, sulle coltivazioni delle varie tipologie di tè.

Ogni piantagione, inviava a palazzo un’ingente quantità di cadauno, e grazie a ciò potevo gustare ogni varietà che desideravo.

La gloriosa e magnificentissima dinastia Tang, sarebbe stata ricordata non solo per il suo fiorente periodo di splendore dorato, ma anche per il culto del tè.

<< Guozhi, hai ottenuto le informazioni che ti avevo richiesto? >>.

<< Sì vostra Maestà, e da quello che ho capito, avete la mia parola che possiede tutti i requisiti giusti per governare assieme a voi >>.

<< Molto bene. E’ mio desiderio, possedere una moglie che sappia governare un paese grande quanto la Cina. Ho commesso molti errori nello scegliere le mie consorti, ivi compresa Xiaoling. Spero di non cadere nello stesso tranello… >>.

<< Maestà, dovete rammentare che la brillantezza della giada, rappresenta la carità. La sonorità, la saggezza. E’ traslucida come la franchezza. La giada si spezza, ma non si piega, e questo denota coraggio, ha i bordi acuti, ma non ferisce nessuno e ciò allude all’equità. Ricordate, è di lei che stiamo parlando… >>.

E’ strano pensare come attimi importanti nella vita, finiscano nello stesso istante in cui iniziano.

Ero solo un uomo in quei tempi perché la strada per diventare Imperatore, era ancora molto lunga, ed io mi trovavo alla metà del viaggio.

Molte prove e avversità mi attendevano, ed il peso del potere gravava sempre più sulle mie spalle.

Solo collaborando come la pioggia e il sole, la terra e l’acqua, lo Yin e lo Yang, sarei riuscito a sopportare quel peso condividendolo con qualcuno che ne fosse capace.

Quelle parole, incredibilmente fluide e scorrevoli, come quelle di una preghiera o di un canto, che innalza la sua melodia sino al cielo, le avrei portate dentro di me, per tutta la vita.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


a

2

La nostra meta non è di trasformarci l’un l’altro,

ma di conoscerci l’un l’altro e d’imparare a vedere e rispettare nell’altro

ciò che egli è: il nostro opposto, il nostro completamento.

§ Hermann Hesse §

         Quella mattina, un sole molto timido faceva capolino dietro gli alti monti della Cina. Sorgeva lentamente, bagnando tutto quanto dei suoi caldi raggi dorati.

         I boccioli dei fiori si schiusero e gli uccellini cinguettarono allegri in mezzo alle fronde degli alberi, pronti per l’inizio di una nuova giornata.

         Sveglia da molte ore, avevo potuto gustare appieno il risveglio del mondo, cogliendo tutte le sfumature che possono esserci in una mattina di primavera;

Una luce soffusa e tenue, sgorgava da est, rendendo tutte le ombre allungate.

L’acqua calma dello stagno, luccicava come se la superficie fosse ricoperta da tante pietruzze, mentre le statue dorate nel giardino splendevano di luce, che parvero quasi animate.

         Di sorpresa, un venticello leggero che trasportava con se l’aroma dolce dei gelsomini, investì gli alberi di ciliegio.

Si mossero lentamente, come cullati da una zuccherina melodia ed i fiori, cosparsi nell’erba danzavano con loro, permeando l’aura di una fresca mescolanza di profumi.

         La fragranza mi arrivò alle narici, colmandomi nel più profondo dell’anima.

         Chiusi gli occhi alzando il viso al cielo, mentre sentivo la primavera invadermi. Mossi un passo in avanti, sino a, quando non toccai con i piedi nudi la superficie dell’erba, bagnata ancora di rugiada della mattina.

         La vestaglia di seta che indossavo, prese a seguire il ritmo della brezza, frusciando e sollevandosi da terra. I lacci che la tenevano chiusa si lasciarono andare a quel ballo, come i miei lunghi capelli scuri al vento, che svolazzavano scomposti sul collo e sulle guance imporporate.

         Ultimi istanti di felice libertà e non m’importava se in quel momento, fossi in camicia da notte nel mezzo del giardino. Volevo gustare appieno le sensazioni meravigliose che solo la natura poteva donare.

         Allargai le braccia come la più nobile delle fenici, quasi a poter volare, ed aprii gli occhi.

         Un cielo come non lo potevi immaginare era intorno a me. Limpido e trasparente, ci potevi guardare all’infinito senza mai trovare la fine.

         Una farfalla, dei colori dell’ametista, volava leggiadra fino a posarsi sulla mia mano. L’osservai notando le sfumature di colore sulle ali a forma di cuore, e le chiuse;

Anch’io chiusi le mie ali e la brezza diminuì. Tutto era cessato, come tutto era iniziato.

         Un respiro, un soffio, un battito d’ali di una farfalla.

         Il concerto della natura, con i fiati, il vento, le percussioni, le canne di bambù e gli strumenti a corda, i rami degli alberi, fu interrotto dalla campana del palazzo, che suonava il nuovo dì.

         Allacciai la cintura della vestaglia, come fossero state catene di una prigione e a passo di marcia ritornai in casa, con gli orli bagnati di rugiada.

         Ultima azione di trasgressione e per non dimenticare tutto quanto così facilmente, guardai indietro, verso il giardino del mio mondo.

         Presto sarebbe arrivata la portantina, che mi avrebbe condotto in un’altra realtà, ed avrei portato per sempre dentro di me quei ricordi, tanto cari al mio cuore.

         Osservando il mio riflesso sullo specchio, potevo vederci l’immagine di un imperatore potente e superbo.

         Lo sguardo fiero, il mento alzato e le mani giunte dietro la schiena.

La veste dorata che indossavo, mi avvolgeva in un’aurea che mi rendeva simile ad un Dio sceso in terra, mentre draghi ricoperti d'oro dalle fauci spalancate, mi avvolgevano interamente dall’orlo sino al collo dell’alta veste.

         Non era quella la sembianza che volevo assumere per il mio matrimonio;

Desideravo semplicemente ricordare, un uomo che portava all’altare una donna.

         Mi rimirai ancora una volta, in quella superficie traslucida che rifletteva ciò che realmente siamo. Essa non mente mai, a differenza di noi mortali, che ci nascondiamo dietro vane apparenze;

Lo stavo commettendo anch’io quest’errore, travestendomi da Imperatore, con questa veste sublimata dall’epoca d’oro in cui vivevo, quando, nella realtà ero solo un uomo.

         Vestito del drago era chiamato, potevi esprimere la supremazia più totale indossando un simile pezzo di seta. L’Imperatrice, avrebbe indossato il suo compagno: l’abito della fenice;

40 artigiani e 20 esperte sarte, avevano collaborato per confezionare quel capolavoro, creato in due mesi.

         Il Fengguan che avevo ordinato di realizzare, era stato ultimato e inviato alla casa della famiglia Sui, così come il vestiario necessario alla celebrazione.

         Sentivo dentro di me, che sarebbe stata la più lucente pietra di giada.

         << Sua eccellenza, la principessa Xiaoling! >>, annunciarono da dietro la porta, la quale si aprì lasciando entrare la mia seconda moglie avvolta in un kimono celeste.

         << M’inchino dinnanzi all’Imperatore >>.

         << Alzati. Avvicinati pure… >>.

         << Shang. Ero venuta a controllare che foste pronto >>.

         Mi voltai dalla sua parte, mentre lei mi si avvicinava per aggiustarmi il colletto del vestito.

         L’osservai attentamente, notando i lineamenti cesellati, le labbra sottili e gli occhi affusolati.

Era molto giovane e non rappresentava particolarmente il mio ideale di compagna, ma purtroppo anche quello ero stato un matrimonio di corrispondenza;

Dovevo porre pace con il regno del Quigong, nella Mongolia Est. L’unica soluzione era di sposare una delle principesse, per unire i nostri regni.

         All’epoca non ne fui molto contento, rischiando di scatenare una guerra che avrebbe segnato per sempre il mio popolo.

Essendo però, il padre di tutta la Cina, ero disposto a compiere dei sacrifici per il loro benessere. E così feci.

         Risiedevamo nello stesso palazzo da due anni, e poche erano le volte in cui c’eravamo fermati ad intrattenere una discussione.

Non per mancanza di rispetto, ma in quanto i nostri pensieri erano troppo diversi e opposti, per arrivare ad unirsi come lo Yin e lo Yang.

         Nel frattempo però, potevo goderne la compagnia a letto, insieme alle mie concubine. Nessuna però di loro, aveva mai fatto compagnia al mio cuore.

         << Siete turbato per il matrimonio? >>.

         La sua domanda così improvvisa, mi ricondusse alla realtà dove c’ero io, che mi sentivo come non mai e davanti a me Xiaoling.

         << No. Pensavo. Tu sei già pronta? >>.

         << Sì. Shang, permettete una domanda? >>.

         << Potrei non rispondere… >>.

         << Certamente. Riguarda la veste nuziale dell’Imperatrice. L’ho veduta, ed era molto bella >>.

         << Indi? >>, dissi per invitarla a procedere col suo discorso.

         L’intuito però, mi suggeriva che nascoste in quelle parole, c’era un che di macchinoso.

         << Quel che mi turba, è che voi possiate favorire maggiormente lei che me. Non giudicatemi un’egoista, ma è da molto tempo che la notte non venite più a trovarmi. Sento la vostra mancanza… >>.

         << Non devo rendere conto a nessuno delle mie scelte notturne Xiaoling. Inoltre, il discorso che hai esposto, mi suggerisce il perché non ti abbia nominata capo-moglie. Non si tratta di favoreggiare, ma come ti è ben noto dalla legge, l’Imperatrice ha più privilegi e un potere illimitato. Mi aspetto da te e dalle altre un comportamento esemplare >>.

         << Certo, Shang. Perdonate…>>.

         << Sì, certo >>, l’interruppi repentinamente, non essendo dell’umore adatto per ascoltare i suoi discorsi, sempre architettati per raggiungere fini.

         Con un gesto della mano, le indicai la porta invitandola ad uscire per essere lasciato solo.

         << Sue eminenza, il Consigliere Guozhi! >>, fu annunciato prima che Xiaoling avesse lasciato la stanza.

         Accedé, col suo passo un po’ sciancato, colpa di una gamba rimasta offesa durante la rivolta di Huang Chao.

         Scorsi interdizione sul suo volto, quando alla vista gli si presentò me e Xiaoling, insieme nello stesso spazio.

S’inchinò, ed alzandosi guardò prima me, a cui risposi con un’eloquente sguardo e successivamente Xiaoling.

         << Vostra eccellenza >>, disse in tono licenzioso.

         << Guozhi. Anche tu sei molto elegante >>.

         << Vi ringrazio. Maestà, desideravo sapere se durante il cerimoniale, gradireste una frase di celebrazione… >>.

         << Sì, ma desidero pronunciarne una anch’io >>.

         << Ovviamente >>.

         << Avete realmente intenzione di fare una dichiarazione? >>, esclamò con un tono quasi scandalizzato.

         << Xiaoling, sai bene che non gradisco ripetermi. Esci >>.

         Il suo sguardo zampillò di rabbia, ma non avrebbe mai osato contraddirmi, specialmente nella sua posizione.

         Con un veloce inchino del capo, girò le spalle e uscì dalla stanza sbattendo rumorosamente le imposte della porta.

          Rimasto solo con Guozhi, ci scambiammo uno sguardo d’intesa che aveva molti significati.

Fortunatamente, avevamo avuto la decenza di rimanere in silenzio e lasciar cadere la questione, nella quiete che permeava la stanza.

         Era mia intenzione iniziare questa relazione nel migliore dei modi, ivi per cui, avevo deciso di pronunciarmi durante la cerimonia, essenzialmente molto semplice, in una frase d’augurio per il nostro futuro.

         Ovviamente, Xiaoling doveva aver provato qualcosa di molto simile alla gelosia, per aver reagito a quel modo, ma io non dovevo rendere conto a nessuno delle mie azioni, se non al mio popolo.

         Scaccia quel problema tremendamente ampolloso, ed indossai l’ultima parte dell’abito che mancava: l’haori.

Un soprabito dorato con lunghe maniche e strascico.

         << Vedo che i rapporti con Xiaoling non sono migliorati… >>, sopraggiunse Guozhi, accompagnando le sue parole con un leggero sorriso sulle labbra.

         << Neanche un po’. E’ gia tutto pronto? >>.

         << Sì vostra Maestà. Attendiamo solo che arrivi la portantina con la principessa Liling. Non dovremo attendere ancora molto… >>.

         << Bene >>.

         Dovevamo dirigerci verso il terzo palazzo, dell’asse nord-sud, su cui era costruita la Città Proibita.

Quel luogo era la sede degli archivi di stato e degli altari spirituali, in cui si compivano le celebrazioni sacre.

         Con molta fatica, ammisi a me stesso, che ero un po’ agitato. Il mio cuore me lo suggeriva ad ogni battito, che accelerava sempre di più.

          La portantina rossa che era arrivata dinanzi a casa pochi istanti fa, mi stava conducendo verso la mia nuova vita, contornata d’oro e di giada.

         La strada per arrivare alla Città Proibita, mi apparve infinita ed i momenti passati all’interno della portantina, ore, giorni, mesi.

         Inaspettatamente, tutti i miei ricordi mi parvero distanti, irraggiungibili e provai un profondo sconforto, realizzando che i tempi felici passati assieme alla mia famiglia, erano scomparsi per sempre, come cenere al vento.

         Nulla poteva cambiare questo fato, e non c’era cosa peggiore che restare inermi agli eventi.

Neanche lottare sarebbe servito a qualcosa, in conseguenza di ciò non mi rimaneva che soccombere, nella speranza che un raggio di sole mi salvasse.

         Cominciai a chiedermi se avrei ancora sorriso, se qualcuno mi avrebbe abbracciato quando mi sarei sentita disperata o se, semplicemente, avrei potuto parlare con qualcuno senza sentirmi legata da quelle catene di seta in cui volevano imprigionarmi.

         Avevano spezzato le ali ad una farfalla che doveva ancora iniziare ad esistere. Pensare che le farfalle, vivono solo un giorno, ma per loro vale un’eternità.

         Io avrei vissuto quel giorno, in un’eternità da cui non sapevo cosa attendermi. Felicità o tristezza.

         Bei momenti gioiosi, stavo per dirgli addio per sempre, perché mai gli avrei più vissuti. Avevo però una certezza che poteva rasserenarmi: lì avrei portati sempre con me, e quando n’avrei avuto bisogno, non dovevo fare altro che chiudere gli occhi e ricordare;

Parole, odori, suoni, sensazioni. Ogni cosa che mi aveva reso felice assieme a ciò che mi era più caro.

         I pensieri a cui davo addito, divennero sfuocati quando udii il rumore di un portone aprirsi. Purtroppo non potevo averne la certezza, perché la portantina aveva pareti di stoffa che non mi permettevano di vedere il mondo attorno a me.

         Inaspettatamente, tutto si fece più chiaro e capii. Restai immobile, mentre il respiro moriva nella mia gola;

Stavamo attraversando la porta d’acceso principale alla città: Wumen.

         Senza avere il tempo di realizzare quello che stava per accadere, la portantina si arrestò ed un lembo del tessuto venne scostato e fu così permesso ai miei occhi di vedere cosa mi circondava.

         Un corteo di 6 mandarini era inchinato davanti a me con capo un uomo piuttosto vecchio, dai capelli argentati, la pelle rugosa ed una gamba sciancata.

         Indossava una veste rosso fuoco e sulla cima del cappello a cilindro vi era incastonato un enorme rubino rosso;

L’abbigliamento che indossava, mi suggeriva che doveva essere una persona importante e di un certo rilievo.

         << Principessa siete benvenuta. Il mio nome è Guozhi, e sono il Consigliere dell’Imperatore Shang. Seguitemi prego >>, disse con tono carezzevole, mentre mi scrutava con i suoi piccoli occhietti azzurri.

         Stava accadendo tutto troppo in fretta. Il petto minacciava di esplodermi ad ogni respiro ed io, non riuscivo a fare altro che spostare il mio sguardo confuso, prima sull’anziano poi all’ambiente attorno;

Uno scalone maestoso col corrimano dorato e ricoperto da un tappeto a fiori gialli, pareva arrivare sino al cielo.

         Esso si congiungeva ad un palazzo sostenuto da enormi colonne rosse e

ornato con stucchi dorati. Gli intarsi nel legno erano fini e creati da mani abili, rappresentanti draghi in varie pose: con le fauci spalancate, arrotolati su se stessi o con gli artigli sguainati.

         Ma ciò che catturò il mio sguardo, furono due campi sconfinati di crisantemi gialli, posti hai miei lati;

L’intera piazza del palazzo, pareva essere stata coperta da una gigantesca coltre d’oro, donata dagli dei.

         Ero senza parole. Tutto quello sfarzo, maestoso ed imponente poteva essere solo la rappresentazione della figura dell’Imperatore.

         << Principessa, vi sentite bene? >>.

         La voce dell’anziano parve avere l’eco in quello spazio così immenso, ed io gli riservai uno sguardo tra l’incerto ed il sorpreso.

         << Sì. Credo… >>.

         Di chi era quella voce così ansiosa e bassa? Mia. La mia voce.

Era dall’alba che non pronunciavo parola e quasi stentavo a riconoscerla.

         Mi fu offerta una mano, invitandomi così a scendere. L’accettai, posando la mia su quella attempata del Consigliere.

Prestai molta attenzione e con non poca fatica, riuscii a posare i piedi a terra, senza aver rovinato la mia toilette.

         Che splendida sensazione era, poter stare in posizione eretta e distendere le gambe, dopo tutto quel tempo all’interno della portantina.

         Troppo presa dal beneficio ai miei arti, non mi accorsi che lo stuolo di persone attorno a me, si era inchinato profondamente, portando la fronte a toccare il pavimento in pietra.

         Pochi istanti dopo, mi s’avvicinò un servo che reggeva un enorme ombrello giallo e sempre restando col capo chino, si accostò proteggendomi dai raggi solari di quel giorno, particolarmente caldi.

         << Se volete seguirmi principessa, dobbiamo raggiungere il terzo palazzo. Sede in cui si svolgerà la cerimonia. Prego >>, mi accennò il Consigliere invitandomi ad andare per prima.

         Muovendo i primi passi incerti su quel terreno nuovo e sconosciuto, guardavo tutto ciò su cui occhio umano poteva posarsi con estrema circospezione.

Ogni cosa che adocchiavo trasudava autorità e supremazia;

I tetti, le statue, le lanterne, le guardie avvolte nella loro armatura argentata.

         Arrestai la mia avanzata, quando raggiunsi i piedi della scalinata che vista da lì, pareva farti sentire piccola ed insignificante.

         Nello stesso tempo, il servo prestava molta attenzione a non farmi esporre ai raggi del sole, seguendomi con l’ombrello.

Rassegnata, pesai che neanche del sole avrei più beneficiato. Cosa mi sarebbe rimasto?

         Guardai la cima dello scalone determinata a raggiungere la vetta, come fosse quella di una montagna e posai il piede sul primo scalino.

La scalata verso il palazzo era faticosa, soprattutto dallo strascico del kimono che, molto lungo, mi sbilanciava all’indietro.

         Quell’abito era davvero un incanto: le piccolissime cuciture erano impercettibili ed il tessuto morbido come il petalo di un fiore, scivolava sulla pelle come una carezza.

Oro puro era stato colato su quella stoffa e le fenici che vi volavano sopra ad ali spalancate, sembravano davvero prendere il volo.

         Oramai, pochi scalini ancora da salire ed avrei raggiunto l’ingresso del palazzo.

Quella, voleva essere la mia scalata verso la vita e se sarei riuscita ad arrivare alla meta, nulla avrebbe potuto impedirmi di viverla.

Fortunatamente come dice il Saggio: “Dopo la salita c’è sempre la discesa”.

         Inaspettatamente, un raggio di sole colpì il tessuto della manica e quello che accadde fu uno spettacolo che riuscì a rallegrarmi: giochi di luce danzanti, vennero proiettati tutt’intorno a me.

Sui gradini, sul corteo che mi seguiva e sul mio volto.

         Incantata, mi lasciai andare ad una piacevole risata cristallina ma l’ombra tornò su di me troppo velocemente.

         Alzai il volto e lo sguardo fiero che guardava avanti, verso un portone in legno di rosa che attendeva solo di essere aperto.

Le guardie poste ai lati, lasciarono il loro posto e spalancarono il portale dai battenti dorati.

Quello che seguì mi mozzo il fiato, perché stavo per entrare nel mondo delle fiabe.

 

RINGRAZIAMENTI:

MARTY_CHAN94: Ti ringrazio infinitamente per la tua recensione così sentita e mi riempio di gioia il sapere che ti piace il mio modo di scrivere... sono delle piccoli soddisfazioni per un piccolo scrittore, che, chissà un domani diventerà grande. E questo vale per chiunque scrive, l'importante è che lo faccia col cuore!!! Per gli aggiornamenti ci vorrà un po' di pazienza, sopratutto per questa in quanto per scriverla ho avuto bisogno (e ancora ne avrò) di libri  storici sulla cina imperiale da consultare: vorrei rimanere il più fedele possibile alla storia del mondo! Mi auguro che troverai sempre più avvicente la trama... io farò del mio meglio! Baciotti.

 

Grazie anche a chi ha solo letto, è già tanto!

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