Lusus randomicus di JunJun (/viewuser.php?uid=230)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Heaven can wait ***
Capitolo 2: *** Dog Days ***
Capitolo 3: *** Limbo ***
Capitolo 4: *** I'm your bitch ***
Capitolo 5: *** Bunker Trip #1 ***
Capitolo 6: *** Il peggior compleanno di sempre ***
Capitolo 7: *** La seconda volta che Dean disse “Ti amo” ***
Capitolo 8: *** Bunker Trip #2 ***
Capitolo 1 *** Heaven can wait ***
Questa
è una specie di AU che avevo iniziato a caso per sfogarmi
(?) quando non riuscivo a descrivere bene le scene
drammatiche/violente/depressive della mia fanfic diciamo "principale"
(cioé tutte).
So
già che finirò per scriverne parecchie di questo
tipo (ugh!), per cui ho pensato di inserirle in una raccolta a parte.
Suppongo
che il livello di non-sense crescerà col mio esaurimento.
°-°
Titolo: Heaven can
wait
Ispirata a: Episodio
9x06
Personaggi: Dean,
Castiel, Kevin.
Parole: 500
*
* *
Dean non
poteva credere di dover davvero aiutare
Kevin a tradurre la dannata Tavoletta degli Angeli.
Perché
doveva farlo?
Era lui
il Profeta, insomma!
Quando
Kevin gli aveva chiesto aiuto il cacciatore aveva cercato, ovviamente,
di defilarsi. Ma Sam, con noncuranza, aveva afferrato per primo le
chiavi dell’Impala ed era uscito, incastrandolo nel bunker.
Dean si
costrinse a sedersi al tavolo della Sala. Annoiato a morte ancor prima
di iniziare, fissò Kevin che, a poca distanza da lui, stava
spiegando a Castiel come era riuscito a tradurre gli
scarabocchi di Metatron in un antico linguaggio cuneiforme blah blah.
A
differenza di Dean, l’ex-angelo sembrava molto interessato
all’argomento. Dean approfittò della sua
distrazione per osservarlo: da quando aveva iniziato a vivere con loro,
Castiel aveva abbandonato il trench e i completi, passando ad uno stile
molto più semplice, da cacciatore.
In quel momento era in piedi accanto a Kevin e indossava dei jeans e
una camicia a quadri azzurri e blu sopra una maglietta bianca. Al polso
aveva un braccialetto di metallo, comprato chissà dove, da
cui pendeva un ciondolo a forma di due ali nere.
I suoi capelli erano spettinati e il bel viso era teso in
un’espressione concentrata.
Dean notò il modo in cui si mordicchiava il labbro inferiore
mentre cercava di afferrare i ragionamenti del Profeta, e
deglutì.
“Cas,” lo chiamò, interrompendo Kevin e
facendo voltare entrambi nella sua direzione. “Mi passi la
tavoletta, per favore?”
Castiel e
Kevin si guardarono un attimo, confusi. Poi, senza pensarci troppo,
Castiel fece come Dean gli aveva chiesto.
Non appena il cacciatore ebbe la tavoletta fra le mani, storse le
labbra in un’espressione indecifrabile.
“Dean..?”
chiese Castiel, preoccupato. “Che succede?”
“E’ che… è strano vedere che
mi consegni la tavoletta degli Angeli senza batter ciglio,”
spiegò lui, serio. “O, sai, tentare di
uccidermi...”
Castiel lo guardò, accigliato, cercando di capire se stava
scherzando o meno.
Alla fine scosse la testa, sospirando. “Devi rinfacciarmi
questa storia ancora per molto, Dean...?” Si
riprese la tavoletta e la riportò a Kevin.
“Da quando sei diventato così sfacciato,
tu?” ribatté il cacciatore, un lampo sadico negli
occhi.
“Ragazzi…” provò Kevin.
Castiel fulminò Dean con lo sguardo. “Da quando ho
notato che ogni volta che è il mio turno tu
casualmente sfrutti i miei sensi di colpa per convincermi
a—“
“RAGAZZI!” gridò
Kevin, interrompendoli. “I-Io…io non voglio
sapere!” disse, nell’imbarazzo più
totale. “Possiamo…possiamo tradurre la tavoletta,
per favore?”
Dean sospirò in direzione di Castiel. “Mi hai
scoperto,” disse, fintamente dispiaciuto.
Castiel
lo ignorò e, raccolto un pesante volume dalla libreria,
glielo lanciò davanti.
“Cos’è questa roba?” chiese
Dean.
“Il primo volume dell’Enciclopedia Zimmerman delle
Lingue Estinte.”
“E quanti sono in tutto?”
“Ventiquattro,” spiegò Castiel.
“Non preoccuparti… li abbiamo tutti.”
La voce dell’ex-angelo era bassa e roca come al solito ma,
mentre parlava, i suoi occhi brillarono di una luce così
divertita che Dean passò la successiva mezz’ora a
sfogliare a caso quella pallosissima enciclopedia, immaginando tutti i
modi in cui gliel’avrebbe fatta pagare quella notte.
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Capitolo 2 *** Dog Days ***
L'università
è una brutta bestia. Maledetti esami.
Se
pubblico qualcos'altro in questa settimana picchiatemi,
perché vuol dire che non sto studiando come dovrei *si
sotterra nei libri*
Titolo: Dog
Days #1 e #2
Note: Nonsense
crescente
Personaggi: Dean,
Sam, Ariel(*), Kevin, Castiel
Parole: 371 + 236
*
* *
Era
una notte buia e tempestosa. (?)
Fuori, la pioggia gelata
sbatteva con violenza contro gli alberi e allagava il terreno, mentre i
tuoni ruggivano minacciosi. Dentro il bunker, invece,
l’atmosfera era calda, silenziosa e concentrata.
Dean, Kevin e Castiel
erano seduti intorno al grosso tavolo nella sala principale,
completamente ricoperto da libri, appunti e residui di cibo da
fast-food.
“No, Castiel,
questo cartiglio non appartiene a nessuna civiltà
pre-colombiana del Messico,” concluse Kevin dopo molte ore,
chiudendo il libricino che aveva davanti e lanciandolo in fondo al
tavolo.
“Ero sicuro di
aver visto qualcosa di simile su una piramide laggiù,
qualche secolo fa,” mormorò lui, sfogliando
probabilmente per la decima volta uno dei 24 volumi dello Zimmerman.
“O forse era ad Atlantide? Non ricordo…”
Dean roteò
gli occhi, accasciandosi su una pila di appunti scribacchiati. Forse,
se si fosse rotto la tavoletta di Metatron in testa, tutto questo
sarebbe finito.
Una goccia
d’acqua cadde sul libro del cacciatore. Lui
sollevò la testa e vide Sam, affacciato alla balaustra sopra
di loro. Era appena rientrato nel bunker, ed era completamente fradicio.
“Sammy!
Bentornato!” cinguettò, con il tono di voce con
cui si direbbe la frase: “Ti prego, dimmi che
c’è un caso, l’apocalisse,
un’invasione aliena, qualunque cosa...”
Sam parve intuire.
“Fuori c’è il diluvio,”
sogghignò. “Uscire è impossibile. Ho
sentito Ed e Ralph, pare che non ci siano casi su cui indagare. Stasera
serata in casa!”
Dean ricadde sulla
sedia, maledicendolo. Poi qualcosa catturò la sua
attenzione. “Sam,” disse preoccupato.
“Cos’è quella cosa alle tue
spalle?”
“Oh,
questa?” sorrise Sam, accarezzando la testa della creatura
spaventata che, fino a quel momento, si era nascosta dietro di lui.
(Non era molto difficile, visto che gli arrivava a metà del
petto.)
La spinse avanti, per
farla vedere agli altri. “L’ho trovata qui fuori in
mezzo alla strada. Tremava, così l’ho portata a
casa,” spiegò. “Si chiama
Ariel.”
La ragazza dai capelli
corvini fissò terrorizzata il gruppetto di cacciatori.
“Non è carina?” disse lui, continuando
ad accarezzarle la testa bagnata e spettinata.
Kevin, Castiel e Dean
fissarono Ariel.
Lei guardò
Sam, poi Dean, e poi Sam. E poi di nuovo Dean. Il suo sguardo si
illuminò.
Dean sbatté
gli occhi. “No,” disse scocciato.
“Buttala fuori.”
* * *
Un tuono particolarmente
potente fece tremare i vetri delle bocche di lupo blindate del bunker.
Sam raggiunse il
fratello a grandi passi,.
“Dean, come
puoi essere così crudele?” gli disse il giovane,
incredulo. “Non vedi come piove?”
Dean si alzò
in piedi per fronteggiarlo. “Sam, maledizione, non puoi
portare in casa il primo angelo che trovi abbandonato in mezzo alla
strada!”
“Io ti ho
lasciato tenere Castiel senza dire nulla, Dean!”
“CASTIEL
È TUTTA UN’ALTRA STORIA!”
gridò lui di rimando, protettivo. “E poi
guardala, ha lo sguardo inquietante!” disse, indicando Ariel,
alle spalle di Sam. “Guardala! GUARDALA!”
Ariel, fino a quel
momento, aveva squadrato Dean da capo a piedi sogghignando
perversamente.
Quando però
Sam si voltò verso di lei, lei era a terra in lacrime, con
il viso nascosto fra le mani.
Si sentì un
altro tuono.
“Dean, per
l’amor del cielo!”
Il maggiore
tornò a sedersi al tavolo.
“Dannazione…” sospirò,
visibilmente incazzato. “D’accordo, per stanotte
passi… ma da domani quella lì dorme
fuori!”
Sam sorrise sollevato.
Raccolse Ariel da terra e la portò via.
Kevin guardò
di sottecchi Castiel che, seduto accanto a lui, aveva continuato per
tutto il tempo a scribacchiare degli appunti riguardo la tavoletta.
“Sei
consapevole del fatto che stanno parlando di te come se fossi un
cucciolo abbandonato, vero?”
L’ex-angelo
smise di scrivere e lanciò a Dean uno sguardo di
disapprovazione. Poi scosse la testa e tornò a lavorare
sulla traduzione.
*
* *
*
* *
(*)
Lei è Ariel. E'
un personaggio della mia quasi omonima fanfiction. La
sta disegnando una mia amica su costrizione
mia richiesta.
E’ un angelo nel
corpo di una 24 enne di Henderson.
Ha qualche
problemino con la sua personalità.
Le piacciono i
libri di
Supernatural e Sam e Dean. Insieme.
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Capitolo 3 *** Limbo ***
Scritta
perché dovevo esercitarmi con dei personaggi che non toccavo da
settimane >_<
Titolo: Limbo
Note: Wincest
(?). E' randomissima.
Personaggi: Dean,
Sam, Ariel
Parole: 453
*
* *
Quella
mattina, quando Dean
entrò nella Sala del bunker, trovò Sam seduto a
gambe aperte sul divano.
Aveva i gomiti poggiati sulle
ginocchia e si strofinava forte la testa con le mani.
“Sam, che hai?” gli chiese
preoccupato, sedendoglisi accanto. “Sembri sfinito.”
“Stanotte ho dormito malissimo,”
spiegò l’altro in tono stanco. “Ho fatto
un sogno strano… tu e Castiel eravate
in un posto chiamato Limbo ed io dovevo fare cose terribili per
salvarvi.”
Dean scosse le spalle. “Era
solo un sogno, Sammy. E poi, il Limbo? Ma che stronzata!”
Gli diede una pacca sulla
schiena e si alzò dal divano, ma Sam gli afferrò
l’avambraccio, trattenendolo e
costringendolo a voltarsi verso di lui.
“Avevo paura di non
riuscire ad arrivare in
tempo,” ammise, specchiandosi negli occhi verdi del fratello.
“Avevo
paura di perderti…”
“Oh, Sammy…” mormorò Dean con
voce commossa, mostrando uno dei rari sorrisi inteneriti che riservava
solo al suo amato fratellino, mentre un leggero rossore colorava le guance
di
entrambi.
Poi Dean, attratto da uno
strano gemito alla sua sinistra, si girò da quella parte e
fece una smorfia. “Ma
che dia—”.
Sam seguì lo sguardo del
fratello e scorse Ariel: era in piedi accanto a loro, aveva le dita
intrecciate
al petto e un’espressione estatica sul volto.
“E tu che ci fai qui?” le
chiese, ma quella era già volata via.
“TI AVEVO DETTO CHE DOVEVA STARE
FUORI!” ruggì intanto Dean.
Ritrovarono Ariel seduta dalla
parte opposta del divano. Aveva in mano Le Triple Vocaboulaire Infernal [*]
e si stava aggiustando un paio di occhiali sul naso. Puntò
gli occhi su Sam.
“Mi stavo chiedendo se
l’isterilimento che tuo fratello ha operato sulla sua immensa
interiorità umana,
causato dalla contemplazione angosciosa della sua impotenza di fronte
alla
drammaticità della vita, non possa essere anestetizzato
dall’accoglimento
passionale e proibito della carnalità di te che, sangue del
suo sangue, hai
preferito la responsabilità umana all’indolente
accettazione dell’estremo sacrificio,
e…”
“Impotenz… Mi sta offendendo,
Sam?” chiese Dean, picchiettando ripetutamente il braccio del
fratello. “Mi ha
offeso? Mi ha offeso, vero?”
“No, credo voglia dire che le
piace guardarti mentre ti preoccupi per me.”
“Cos- Ti piace spiarci?”
L’angelo guardò Dean con un’espressione
contrariata. “In verità analizzavo
l’evoluzione del vostro rapporto con l’aiuto
della componente visiva-concettual-”
Volò di colpo dall’altra parte
della stanza. “N-Non è che voglia
spiarvi… è che stavo passando da qui per caso,
ecco,” balbettò toccandosi gli indici, con aria
imbarazzata.
Sam sospirò. La raggiunse, la afferrò
per il colletto e la sollevò da terra così come
si solleva un gatto.
Si avviò verso l’ingresso del
bunker per buttarla fuori. “Metterò delle
protezioni anti-angelo più forti,”
promise al fratello.
“Sarà meglio,” annuì lui,
guardando
l’angelo in cagnesco.
[*]
Libro raro e mai tradotto in italiano sulla demonolatria.
Sono abbastanza sicura che sia nella biblioteca dei Letterati.
Se fossi un Letterato, nella mia ci sarebbe. XD
|
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Capitolo 4 *** I'm your bitch ***
Vi prego di
perdonare la mia lunga assenza. ;_; La mia vita in questo periodo
è molto simile a quella di Kevin. Dovrei darmi una
regolata…
Titolo:
I’m your bitch
Note: Dopo aver
letto una frase detta da Misha, ho avvertito il bisogno fisico di scrivere
questa cosa inutile. o_o
Personaggi: Kevin,
Castiel
Parole: 365
*
Sbadigliando, Kevin si trascinò nella sala del bunker, gli
occhi gonfi di sonno.
Aveva bisogno di un caffè. Adesso.
Quella notte, aveva dormito per ben quattro ore: non si concedeva un
lusso del genere da settimane.
Tradurre l’ultima tavoletta si era rivelato un compito molto
più complesso del previsto ma, visto lo stato di emergenza
in cui si trovavano, con gli angeli che scorrazzavano per il mondo e
tutto il resto, il giovane profeta aveva deciso di dedicare ad esso
anima e corpo.
E’ il minimo
che posso fare, pensò, varcando la porta della
cucina. Sam e Dean
rischiano la vita ogni giorno, e Castiel ha sofferto così
tanto che-
Kevin sbarrò gli occhi e si precipitò fuori dalla
stanza come se stesse fuggendo dall’esplosione di una bomba.
“CASTIEL!” strillò isterico.
“Che diavolo stai facendo?!”
Il diretto interessato, sentendosi chiamare, uscì dalla
cucina, pulendosi le mani con un panno. “Il
caffè,” rispose innocente, stupito dalla reazione
del ragazzo.
Kevin, sconvolto e imbarazzato, lo squadrò da capo a piedi
più e più volte, incapace di replicare; alla
fine, sospirò frustrato. “E’ stata
un’idea di Dean, vero?” chiese infine,
strofinandosi gli occhi. “Sì, è stato
Dean. E’ il tipo di cose che farebbe Dean,” si
autorispose poi.
“E’ un regalo,” rispose Castiel, senza
capire cosa ci fosse di così strano in lui. “Mi ha
detto…”
“Scusami se ti interrompo ma tu… non devi fare
tutto ciò che ti dice Dean!”
L’ex-angelo si accigliò, inclinando leggermente la
testa di lato. “Io mi fido di lui.”
“Anche io mi sono sempre fidato di lui,”
annuì Kevin.
La labbra di Castiel si curvarono in un lieve sorriso.
“…e sono sempre rimasto fregato. [1]”
Il sorriso del moro si dissolse. “Sì,”
ammise dopo molti secondi, distogliendo lo sguardo dal Profeta.
“Anche io.”
Fra i due scese un silenzio carico di muta comprensione reciproca.
Alla fine, Kevin sospirò di nuovo, prendendo coraggio.
“D’accordo, allora ascoltami bene,
Castiel: se proprio vuoi tenerti addosso questa roba perché
te l’ha data Dean,” spiegò arrossendo
brutalmente, indicando il grembiule merlettato che indossava
l’ex-angelo, su cui campeggiava la scritta
‘I’m your bitch’ [2], “sappi
che… che devi metterla sopra
i vestiti. Non... senza i
vestiti.”
*
[1] Citazione
dall’episodio 9x09.
[2]
“If Cas moved into the bunker with Sam and Dean,
he’d probably have to do the housework. He would be dressed
up in a little apron and makeup with a name tag that says
‘I’m your bitch’.” —
Misha Collins, Burcon 2013
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Capitolo 5 *** Bunker Trip #1 ***
Scusate
per questo sclero. E' solo uno sclero, ma avvertivo il bisogno fisico
di scrivere qualcosa di cretino. o_o
Titolo:
Bunker
Trip #1
Note:
Esiste
la categoria Mistery/Nonsense??
Personaggi:
Crowley, etc.
Parole:
440
*
Un bel giorno, Crowley riuscì
a liberarsi del suo guinzaglio.
Elegante, altero e
tremendamente incazzato, riemerse dalla segreta in cui aveva marcito
per mesi.
Percorse il corridoio con lentezza,
passo dopo passo, schioccando la lingua e curvando le labbra in una
smorfia perversa. Le sue mani tremavano d’eccitazione mentre
fantasticava su come avrebbe sorpreso i Winchester; sul modo in cui gli
avrebbe cavato le interiora, per poi trascinarli giù
all’Inferno, dove avrebbe usato la loro pelle per rifoderarsi
il trono.
Raggiunto l’ingresso della
sala principale del bunker, Crowley diede una spolverata al suo
vestito, si riaggiustò la cravatta e si schiarì
la gola; poi spalancò la porta con uno schiocco di dita.
“Hello boys,”
esordì con voce sensualmente sadica, ma lo spettacolo che
gli si parò davanti lo lasciò di stucco.
Castiel era seduto sul divano, la
schiena curva e le mani strette ai lati del viso. “La mia
Grazia…” singhiozzava piano, gli occhi lucidi e
arrossati, scuotendo appena la testa. “La mia Grazia, non
posso restare senza la mia Grazia, io… ho perso
tutto… tutto, e il trench… il mio
trench…”
“Questa storia fa
schifo!” gridò un uomo di
mezz’età dall’altra parte della stanza,
attirando l’attenzione di Crowley. Lui non lo aveva mai
visto, ma il suo nome era Metatron, ed era impegnato a scaraventare a
terra ogni libro che gli capitava sottomano. “Anche questa!
Anche questa!”
“Perché non la
smettete di litigare?!” urlava intanto l’arcangelo
Gabriele. “Perché dovete tutti sempre
litigare?!”
“Sono IO la regina
dell’Inferno!” Oh, c’era anche Abbaddon.
“Perché non mi date retta?! Vi ucciderò
tutti! TUTTI!”
“Io ero in un advanced
placement…! Io… io non volevo essere un
Profeta!” frignava intanto Kevin; si rotolava sul tappeto,
stringendo al petto la Tavoletta degli Angeli. “Mamma!
Mamma!”
“Cas!” gemeva Dean,
a poca distanza da lui: tendeva la mano verso Castiel, ma non riusciva
a raggiungerlo. “Cas, ti prego, non andare via! Fai parte
della famiglia! Ho bisogno di te!”
Crowley deglutì. Fece
scorrere lo sguardo da una parte all’altra della stanza: per
farla breve, il bunker era pieno di strani individui, ed ognuno di loro
era impegnato a lagnarsi disperato per un qualche assurdo motivo.
“Clarence, sei il mio
unicorno! Perché non vuoi essere il mio unicorno?!”
“La versione 3D! Hanno fatto persino la versione in 3D del
Titanic! Non ne posso piu’ del Titanic!”
“Perché tutte le ragazze con cui sto muoiono?
Perché c’è SEMPRE qualcosa di sbagliato
in me?!”
Lentamente, il Re dei Demoni fece un
passo indietro. Richiuse la porta, tornò nella segreta e si
rimise il guinzaglio. “Io non ho visto niente,” si
disse, armeggiando con il lucchetto. “Io non ho visto
niente.”
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Capitolo 6 *** Il peggior compleanno di sempre ***
Ieri
pomeriggio mi sono liberata del mio esame.
(YEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE \*O*/ )
Il prossimo è a fine febbraio, per cui spero di poter
approfittare di questi giorni per terminare il capitolo della mia altra
fanfic su Supernatural >_
Visto che non ho scritto nulla per settimane, per
cercare di rimettermi in carreggiata stasera
ho riletto e corretto questa cosa che avevo buttato giu' qualche tempo
fa.
Titolo: Il peggior compleanno di sempre
Note: Prima o poi, nel nonsense
generale, spiegherò come mai Lui è ancora vivo,
perché c'è un perché.
Personaggi: Dean, Catstiel, etc.
Parole: TROPPE
*
24 gennaio 2014, ore 05:13 del mattino.
Dopo essersi rigirato un paio di volte sul suo delizioso materasso in
memory foam, Dean schiuse pigramente gli occhi e si rese conto che
Castiel non era lì con lui.
Non era la prima volta che succedeva: quel figlio di puttana, anche se
era umano, dormiva pochissime ore, e non era raro che sgusciasse via
nel cuore della notte per andare a risistemare il bunker, ad allenarsi
o fare chissà cosa.
Irritato, Dean si rigirò un’ultima volta sotto le
coperte, per poi rialzarsi sbuffando.
“Cas?” chiamò, sbirciando
fuori dalla porta della sua stanza. “Sammy? Kevin?”
Ma il corridoio, così come il resto del bunker, era immerso
nel buio e nel silenzio più totale, per cui Dean suppose che
Sam e Kevin stessero ancora dormendo e che Castiel fosse sceso nella
Biblioteca a studiare uno dei grossi e pallosi tomi dei Letterati.
Incapace di riaddormentarsi, si gettò sotto la doccia e,
quando ne uscì, tornò in camera per vestirsi.
Dopo essersi infilato un jeans e una camicia rossa a quadri, Dean si
sedette sul letto per allacciarsi le scarpe. Fu in quel momento che
notò la cosa nera che giaceva sul lato in cui dormiva in
genere Castiel: era una specie di pelliccia arrotolata, grossa quanto
un pallone da rugby.
Dean allungò la mano per afferrarla ma, non appena la
strinse, questa prese vita e balzò giù dal letto.
Il cacciatore lanciò un’imprecazione sorpresa e
capitombolò all’indietro.
La pelliccia
si precipitò in direzione della porta, che però
Dean aveva chiuso subito dopo essere uscito dal bagno;
sbatté la testa contro di essa e poi, in evidente panico, si
rifugiò in un angolo. Fu in quel momento che Dean si
accorse che si trattava di un maledettissimo gatto.
Ignorando il terrore dell’essere, il cacciatore fece qualche
passo verso di lui e si chinò sulle ginocchia per osservarlo
meglio: sì, si trattava proprio di un gatto nero, un gatto
nero con gli occhi blu. Aveva un pelo foltissimo, ma la cosa
strana erano le due protuberanze ossee che sporgevano dalla sua
schiena, molto simili ad ali.
Dean sbatté le palpebre. “E tu che cosa diamine
sei?” pensò ad alta voce.
La creatura, nel vederlo lì vicino, parve rilassarsi un
poco. Richiuse le ali
e miagolò tristemente, ricambiando lo sguardo incerto del
cacciatore con un’occhiata intensa e sovrannaturale.
Una terribile consapevolezza si fece largo nella mente di Dean; schiuse
le labbra, incredulo: “C…Cas?”
mormorò.
Al suono di quella parola, il gatto sollevò la testolina e
si mosse verso di lui, cercando le sue mani per farsi accarezzare.
“Ma che… come diavolo…” Dean
si passò una mano sulla bocca. Afferrò il gatto e
lo sollevò da terra, portandoselo davanti alla faccia per
guardarlo da vicino: era morbido come una nuvola, pulito, tranquillo e
somigliava terribilmente a Castiel.
Con molta calma, Dean lo rimise sul letto, finì di
allacciarsi le scarpe e poi giunse le mani in preghiera.
“Cara Ariel, che dovresti essere fuori dal bunker... se mi
stai sentendo…” disse,
“…RAZZA DI PUTTANA!” gridò
"Sei stata tu, vero?! Certo che sei stata tu! Ora vieni qui
immediatamente e rimetti le cose a posto o te lo giuro, ovunque tu sia
finita, vengo a cercarti e ti spenno!”
….
….
Nessuna risposta.
Dean afferrò il suo cuscino e lo scaraventò
dall’altra parte della stanza.
Era stata Ariel, ne era sicuro. Non era la prima volta che quella
puttanella faceva una cosa del genere.
Ariel detestava Castiel, anche se nessuno a parte lui sembrava
essersene accorto. Piu’ di una volta, Dean era sicuro di
averla vista fissarlo così male e così
profondamente che sembrava stesse cercando di fargli esplodere il
cervello con la forza del pensiero. (Ma si era presto reso conto che,
per distogliere la sua attenzione da Castiel, gli bastava abbracciare
teneramente Sam in sua presenza o roba del genere.)
Inoltre, solo qualche giorno prima, Dean aveva avuto il sospetto che
quella sottospecie di angelo mal riuscito avesse cercato di avvelenare
Castiel: infatti, nell’offrirgli una tazza del suo
tè alla menta, aveva sorriso maleficamente.
Terrorizzato, Dean aveva rovesciato apposta a terra le pallottole vuote
che stava riempiendo di sale, e l'ex-angelo aveva abbandonato il
tè sul tavolino per andare ad aiutarlo a rimettere a posto.
Ma nonostante questo, secondo Sam, era Dean che si immaginava le cose,
perché era
geloso delle sue amicizie.
“Io la ammazzo, giuro che stavolta la ammazzo,”
ripeté il cacciatore biondo, irrompendo nel corridoio.
“SAM! Sam, maledizione! Abbiamo un problema!”
La camera di Sam era vuota.
Mentre Dean malediva suo fratello e la sua mania di fare jogging a
orari improponibili, Castiel
trotterellò accanto a lui e si strusciò sulle sue
gambe.
Lui lo ignorò e scese nella biblioteca. Dopo qualche minuto,
trovati dei tomi che sembravano fare al caso suo, li tolse dagli
scaffali, li gettò su una scrivania e iniziò a
sfogliarli.
Mentre era chino sulle Esperienze
di Metamorfosi Animale di Gregor Samsa, Castiel
gli si arrampicò addosso: quando Dean se ne rese conto, lui
aveva già raggiunto la sua spalla destra.
Il gatto alato sbirciò il libro sulla scrivania, allungando
una zampa per cercare di afferrare un angolo della pagina ingiallita.
“Stà buono, Cas,” esclamò
Dean, togliendoselo di dosso.
Lo rimise a terra, ma pochi secondi dopo se lo ritrovò sul
libro, mentre infilava la testa sotto la sua mano, cercando di
rubargli una carezza.
“Cas, maledizione,” disse lui esasperato,
“sto cercando un fottutissimo modo per farti ritornare
normale!”
Castiel rimase immobile a fissarlo con i suoi occhi blu e
tristi, per cui alla fine Dean lo mise sulle sue gambe e, mentre con
una mano continuava a sfogliare le pagine, con l’altra gli
grattava goffamente la testa.
Un’ora dopo, Dean si accorse di essere crollato sul Resoconto
dell’Uccisione della Strega della Metamorfosi
Pànfile, scritta da un cacciatore
dell’antica Grecia di nome Lucio Apuleio.
Era comunque un libro inutile, per cui lo richiuse con una manata.
Castiel gli si era addormentato in grembo. Dean immerse le mani nella
sua pelliccia folta e lo sollevò di nuovo
all’altezza del suo viso. Svegliatosi, dopo un momento di
confusione, il gatto iniziò a fargli le fusa.
“Cas, per la miseria, dovresti essere incazzato!”
Ma Castiel non lo era. In effetti, da quando era un gatto, sin dal
primo momento in cui aveva visto Dean, non aveva fatto altro che
cercare lui, la sua vicinanza, le sue carezze e il suono della sua voce.
Era come se a Castiel non importasse essere un angelo, un umano o un
gatto: Dean si rese conto che gli bastava stare con lui.
Lo posò delicatamente sulla scrivania e circondò
il suo musetto con le mani.
“Ascolta,” gli disse, “ascoltami bene,
perché te lo dirò una volta sola. Anche a me non
mi importa se sei un gatto, se non puoi parlare o se...sei un gatto.
Non so neanche se puoi capirmi ora, ma io… io non sono bravo
con queste cose sentimentali,
ma voglio che tu sappia che io... non ho mai provato quello che provo
per te per nessun altro… essere umano, angelo o quello che
è.” Deglutì. “Non mi importa
che cosa sei. Tu sei… tu sei speciale, e io…
io… io ti…io…”
sollevò il gatto dalla scrivania e prese un grosso
respiro, “ti..ti amo,” ammise.
“Quindi è così che stanno le
cose,” disse una voce profonda alle sue spalle. “Tu
ami lui.”
Dean si voltò di scatto e scorse, all’ingresso
della biblioteca, uno sconvolto Sam e, accanto a lui, Castiel.
“C-Cas?!”
Dean si voltò a guardare il gatto, e poi si girò
nuovamente a guardare Castiel.
“Cas, tu non sei un gatto,” constatò.
“No,” replicò lui calmo, “ma
non pensavo che questo fosse un fattore limitante per la nostra
relazione.”
Dean lasciò andare il gatto, che cadde a terra con un tonfo.
“No, no, aspetta Cas, io…”
Castiel estrasse dalla tasca un pacchetto dorato e lo
appoggiò su uno scaffale lì vicino. “Ti
auguro un buon compleanno, Dean. Ma credo che ora sia meglio che io
vada via da questo posto.”
“No, Cas, lascia che ti spieghi… è che
questo gatto di merda è uguale a te, per cui io-”
Castiel inclinò la testa di lato e aggrottò la fronte, poi sospirò e
lasciò la stanza.
“Cas aspetta, non è come pensi! E’ un malinteso! Sammy!
Diglielo che è un malinteso!”
Ma Sam, che probabilmente aveva capito tutto, si era accasciato contro
uno scaffale e si teneva la pancia dal ridere.
“Sam sei un idiota. Cas! CAS!”
Dean corse fuori dalla biblioteca.
Il gattino zampettò dietro di lui, seguendolo, ma non appena
varcò l’uscita, due mani lo afferrarono al volo.
“Oh, la mia piccola Cassy, ecco dov’eri
finita,” cinguettò Balthazar. Strofinò
il naso contro quello della creaturina: “Che ti
hanno fatto questi scimmioni sgraziati? Che ti hanno fatto? Ora
papà bello ti riporta a casa, su,” disse, e
scomparvero entrambi con un frullio d’ali.
*
PS:
Aw, i
gatti alati sono bellissimi... *piange*
Quello che faceva Cassy con Dean è ciò che sono costretta a subire io ogni volta che cerco di studiare. *fissa male la sua gattina*
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Capitolo 7 *** La seconda volta che Dean disse “Ti amo” ***
Cose sempre piu' a caso.
>>
SPOILER episodio 2x13 di Torchwood
<<
Personaggi: Dean,
Castiel, Sam, Kevin, Charlie.
Parole: 943
Genere:
Drammatico
(per Dean) (come al solito) (seriamente, povero cristo)
Dean
avvertì una goccia d’acqua colpirgli il
naso.
Il capannone in cui si trovava era buio e umido.
Le tubazioni dell’acqua erano rovinate e vi erano dappertutto
marciume, topi e
cavi scoperti.
Lui,
Sam e Castiel erano sulle tracce di alcuni demoni al servizio di
Abbaddon; le
loro ricerche li avevano condotti sul molo di un vecchio porto
abbandonato e,
mentre Sam e Castiel esploravano la banchina, Dean aveva deciso di fare
qualche
ricerca all’interno.
Il suo cellulare vibrò, lui lo estrasse e
lesse l’sms che Sam gli aveva appena inviato. Recitava:
“Trappola dei
demoni –
ci stanno massacrando.”
Gettò a terra la torcia, estrasse il coltello
e si precipitò fuori dal capannone. Raggiunse la banchina,
correndo fra i
cassoni arrugginiti di merce. Vide segni di lotta dappertutto.
Sam era accasciato a terra. Dean verificò il
suo battito e il suo respiro e realizzò che era solo
svenuto.
Si guardò intorno, ma la zona era deserta e
silenziosa. “Cas!” gridò,
“Cas, dove sei?”
Pregando che non gli fosse successo nulla, continuò
a chiamare il compagno finché qualcuno alle sue spalle non
gli afferrò il
polso.
“Dean,” disse lo sconosciuto. Era un omino
ben oltre la mezz’età, probabilmente un pescatore.
Era basso e pienotto, con i
capelli grigi e unti semicoperti da un brutto cappello, i vestiti
sporchi e la
pelle raggrinzita.
Il cacciatore si liberò dalla sua presa con
uno strattone. “Chi diavolo sei tu? Come conosci il mio
nome?” domandò.
Il pescatore gli puntò addosso i suoi occhi
piccoli e neri e inclinò la testa di lato. “Dean,
sono io. Il mio tramite è
stato danneggiato in modo irreparabile, per cui sono stato costretto a
cercarne
uno nuovo. Da oggi, questo sarà il mio nuovo
tramite.”
Dean si sentì mancare la terra sotto i piedi.
“C-Cosa?” indietreggiò di un passo e
squadrò meglio colui che si era appena
presentato come il nuovo Castiel. La bocca gli si asciugò e
rimase spalancata
in un’espressione a metà fra il
nodaimistaiprendendoperilculo
e il
porcaputtanaedorachecazzofaccio.
“Questa situazione ti turba in qualche modo?”
chiese Castiel, preoccupato.
“Io… io…no, no,”
mentì lui, agitando il
coltello.
“Forse… forse il mio tramite non è di
tuo
gradimento?” gli occhi di Castiel divennero lucidi e Dean si
sentì malissimo, perché
poteva anche essere nel corpo di un vecchio basso e sciatto e
puzzolente, ma
era sempre il suo Cas,
e lui detestava veder soffrire il suo Cas.
“Mi dispiace.
Non è una cosa che ho voluto, ma… se non
riesci a sopportare la mia vista,
io…”
Dean gli poggiò le mani sulle spalle,
interrompendolo. “Cas, ti ricordi di quel gatto pulcioso? A
me non mi importa l’aspetto
che hai. Io...” si morse le labbra, cercando la forza di
pronunciare di nuovo
quelle parole, “…io ti amo.”
Il suono di quelle poche sillabe bastò a rassicurare l’angelo, che gli rivolse un sorriso
sdentato. Dean
sorrise a sua volta, anche se un po’ nervosamente. Ma
ciò che lo distrusse
psicologicamente fu il fatto che, subito dopo, Castiel cercò
di baciarlo.
E’ Cas,
si ripeté il cacciatore.
E’ Cas E’
Cas E’ Cas ma
no, per quanto fosse una cosa orribile da parte sua, in quel momento
voleva solo correre via da
quell’uomo
e dal suo alito nauseante. Amava Castiel, lo amava davvero e per questo motivo
gli
veniva da piangere per la sua debolezza, ma di colpo sentì
uno sparo: si
svegliò e scattò a sedere sul divano del bunker.
“Buongiorno, principessina,” disse Sam, divertito.
Dean si rese conto di essersi addormentato sulla sua spalla.
“Ma hanno sparato a Tosh! Perché hanno
sparato a Tosh?!” esclamò Kevin,
dall’altra parte del divano.
Ah. Giusto. Charlie e il suo tentativo di
convertirli a Torchwood, quel telefilm assurdo che iniziava un
po’ come una
loro giornata tipo ma si concludeva con la scoperta che lo stronzo del
giorno
era un alieno.
Dean si massaggiò la spalla. Ora che ci pensava,
perché aveva sognato che Cas era un angelo? Lui non era
piu’ un angelo….giusto?
Si guardò attorno preoccupato,
cercandolo con lo sguardo.
“Bah, perché noi asiatici dobbiamo sempre
morire a caso in questi telefilm?” protestava
intanto Kevin.
Charlie gli diede una pacca sulla spalla.
Castiel comparve nella stanza un istante dopo
con una ciotola di pop-corn in mano. “E’ solo
finzione, Kevin. Sono abbastanza
sicuro che quella donna non sia morta davvero,”
spiegò, prendendo posto fra lui
e Dean. Quest’ultimo fece un sospiro che definire di sollievo
era limitativo.
Sam si sporse sulle gambe del fratello maggiore e rubò la
ciotola a Castiel. Lui ci rimase male, ma alla fine decise che non gli
importava; allungò il braccio sul tavolino di fronte per
prendere una birra, dando
l’opportunità a Dean di scorgere il complesso
sigillo enochiano impresso sulla
pelle che si intravedeva dal collo sbottonato della sua camicia (e,
sì, quel
suo nuovo tatuaggio era parecchio eccitante).
“Cas…” mormorò il cacciatore,
catturando l’attenzione
del compagno. Ottenne in risposta un sorriso sereno e uno sguardo fatto
di
occhioni blu magnetici. Castiel si era rasato da poco ed aveva i
capelli
scompigliati come se fosse appena rotolato giù dal
letto.
Dean gli saltò
praticamente addosso, gli circondò le spalle con le braccia e lo
strinse a sé; immerse
il viso nell’incavo del suo collo e respirò il suo
odore, misto al suo profumo caldo
di mirra e cannella.
“D-Dean...?”
“Cas,
sei ancora sexy,” sospirò lui, facendo sputare il
pop-corn a Sam. “Sei ancora
sexy, grazie al cielo.”
Epilogo:
Castiel
non aveva mai capito come
funzionavano gli abbracci e nessuno si era mai premurato di
spiegarglielo per
cui, nei secondi successivi, rimase lì fermo, confuso e
irrigidito. Quando alla fine
Dean sciolse
l’abbraccio e, tutto felice, si accoccolò sulle
gambe del suo ex-angelo, Kevin si roteò un
dito intorno alla tempia; Sam rispose scrollando le spalle, mentre
Charlie
scoppiò a ridere sonoramente.
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Capitolo 8 *** Bunker Trip #2 ***
In
questi giorni sto scrivendo le ultime pagine dell'altra mia fanfic. La
parte di Bartolomeo mi perplime assai e mi ha fatto sentire la mancanza
di Shahat, povero cucciolo.
Se non sapete chi è Shahat non preoccupatevi: non lo sa
neanche Crowley.
Questo capitolo rientra nella categoria 'ignoratemi, sono deficiente'.
Titolo: Bunker
Trip #2
Ispirata a: Questa
fanfic
Personaggi: Crowley,
Sam, Dean, Shahat, Ariel
Parole: 962
*
* *
Crowley, pur di non essere coinvolto nella follia del giorno di Cip e
Ciop
Winchester, si era risigillato nella segreta del bunker e si era
persino rimesso
il guinzaglio.
Ciò nonostante, non riusciva a stare tranquillo.
Trascorsero le ore, e gli strilli e i piagnistei provenienti dal piano
superiore diventarono sempre più numerosi ed
insistenti. Alla fine, la cosa iniziò a dargli sui nervi.
Seduto alla scrivania gentilmente offerta dai Men of Letters, il Re dei
Demoni stava picchiettando nervosamente sul piano di legno scuro quando
la porta della segreta si spalancò di colpo.
“Oh, per favore, no,”
sussurrò frustrato quando scorse all'ingresso il profilo di
Sam, preludio della realizzazione dei suoi peggiori incubi.
“IO SONO VELENO!” sentì gridare da Dean.
“La gente che mi sta vicino muore! O peggio!”
Il cacciatore era a terra, attaccato alla gamba di Sam che se lo
trascinava appresso faticosamente.
“Crowley,” esalò il giovane, guardandolo
con gli stessi occhi supplichevoli con cui Bambi guarderebbe il
cacciatore che sta per sparargli in fronte, “abbiamo un
problema.”
“A me sembra che sia tutto perfettamente normale, darling,”
rispose lui, mentre Dean continuava a piagnucolare e a tenerlo stretto
e Sam agitava il piede nel tentativo inutile di staccarselo di dosso.
“Sam!” gemette Dean, aggrappandosi alla sua
camicia. “Sammy…”
“Sì, Dean, sì, ho capito, lo so,
tu–”
“… Sammy, mi annoi.”
Il giovane sgranò gli occhi e abbassò la testa
appena in tempo per vedere suo fratello rivolgergli un ghigno sadico.
Poi Dean schioccò le dita e il corpo di Sam si ridusse in
mille pezzi.
Crowley sollevò le sopracciglia. “Hai fatto
esplodere l’alce,” constatò dopo qualche
secondo, sinceramente sorpreso.
“Ho pensato che fosse un modo carino per spezzare la
monotonia,” ammise candidamente lui, rialzandosi da terra e
riaggiustandosi la cravatta nera che indossava.
“Perché non l’hai fatto nove stagioni
fa?” gli domandò il demone mentre osservava
l'elegantissimo completo scuro che stava sfoggiando.
“…perché ho detto ‘stagioni’?”
“Non sono Dean,” ammise lui a quel punto.
“Lo so. E’ diventato evidente quando hai coniugato
in maniera corretta il congiuntivo.”
L’essere con le fattezze di Dean sorrise malizioso e
sbatté le ciglia, mostrando due iridi rosso sangue.
“Puoi chiamarmi Shahat, o, se preferisci, Re del Limbo,”
disse. Raccolse una sedia e si accomodò di fronte a Crowley.
Appoggiò i gomiti sulla scrivania e intrecciò le
dita sotto il mento, scrutando in silenzio per dei lunghi secondi il Re
dei Demoni come se fosse un’opera d’arte.
“Oh. Un collega,” replicò lui,
intercettando quello sguardo con una certa ansia.“Posso fare
qualcosa per te?”
Shahat sorrise languido. “Tu mi attrai, Crowley.”
“Ti ringrazio. Mi porterai a guardare il tramonto sulla
spiaggia adesso?”
“Sono serio,” dichiarò l'altro,
avvicinandosi a lui. Prese una mano di Crowley fra le sue e
iniziò ad accarezzargli con delicatezza le dita e il palmo,
guadagnandosi un’occhiata incredula del demone.
“Credo ci sia un equivoco,” iniziò lui
con educazione.
“No, Re dell’Inferno. Conosco la tua storia. Tu eri
una larva inutile, ma, con pazienza e crudele raziocinio, sei riuscito
a strisciare fino alla cima del regno infernale. Tutti pensano che tu
sia un bastardo insensibile e perverso," disse Shahat.
Crowley si rabbuiò.
"Ti sei reso infame agli occhi di qualunque essere vivente e non, e sei
detestato e temuto da tutto l’Oltretomba. E io credo che
tutto questo sia…”
“Io non volevo questo.”
“Che cosa?”
La mano di Crowley tremò leggermente fra quelle di Shahat.
“ Io… io non volevo essere odiato da
tutti,” sussurrò il demone, mentre le vecchie
ferite si riaprivano. “Io volevo…no, io
voglio… io voglio solo essere... amato,”
spiegò, in un bisbiglio appena percepibile.
“Non credo di aver sentito l’ultima
parola.”
Crowley serrò la mascella. “Io voglio essere
amato!” scandì, paonazzo, picchiando i pugni sulla
scrivania. “Io MERITO di essere amato, maledizione! MALEDIZIONE!”
Il demone si portò le mani fra i capelli e lanciò
un grido esasperato. Si lasciò cadere dalla sedia e corse a
rannicchiarsi sotto la scrivania, da cui iniziarono a provenire dei
singhiozzi sommessi.
Shahat, interdetto, ritrasse le mani e rimase perfettamente immobile.
“Il suo p-potere è d-davvero i-immens-so,
m-m-m-mio Signore,” balbettò una figura femminile
alle sue spalle.
Lui incrociò le braccia al petto e si voltò
appena per lanciarle un’occhiataccia. “Cosa stai
cercando di blaterare, Ariel? Mi stai dicendo che vuoi che ti strappi
di nuovo quelle piume puzzolenti una per una?” disse,
scocciato.
Lei lanciò un gridolino di terrore e scosse la testa.
“I-Il suo potere, n-no?” mormorò.
“R-Riesce a gettare t-tutti nella d-disperazione.”
Lui rimase in silenzio per molti secondi. “Non sono
io,” ammise alla fine con amarezza.
“E-eh?”
“Io non sto facendo niente. Questa gente
è così di suo,”
spiegò il Re. “E il mio tramite… Dean,
lui è il più complessato di tutti. Sam qui, Cas
lì. 'Sono
tossico, sono inutile, Dio mio ora sono anche gay'. Mi sta
facendo impazzire. E' troppo anche per me.” Si
grattò la testa e poi passò un fazzolettino a
Crowley, ancora sotto la scrivania. Lui si soffiò il naso in
modo particolarmente rumoroso e riprese a piangere più
forte di prima.
“Ho provato ad essere cortese
con queste persone,” proseguì Shahat,
“ma dopo un po’ hanno iniziato tutte a fare
così. Allora ho riportato in vita altra gente interessante,
ma anche con loro è andata male. Io,”
sospirò, “…io cercavo solo un amico.
Sai, quel tipo di amico che sa esattamente quale tipo di coltello
passarti quando vuoi torturare qualcuno. Quel tipo di amico che ti
sprona ad andare avanti quando non riesci subito a sbriciolare le
difese di un’anima pura. Che senso ha distruggere questo
mondo se poi tornerò ad essere di nuovo solo?”
domandò.
Fissò a lungo Ariel, ma lei sembrava essere troppo
terrorizzata per rispondere.
Sospirò di nuovo. “Basta
così,” dichiarò, depresso,“io
me ne torno a casa.”
*
PS random: vagando a
caso per Tumblr, qualche giorno fa ho beccato su questo
blog
un fan edit che secondo me è la rappresentazione perfetta di
Dean!Re del Limbo (dopo il panico iniziale ho lanciato un gridolino di
gioia e ho inviato cuoricini all'autore, che suppongo mi abbia preso
per scema):
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