Non innamorarti di me.

di Tomoko_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1, Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2, Una giornata come tante altre. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3, Il giorno dell'evoluzione. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4, Il giorno della calma. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5, Il giorno della verità. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6, Il giorno della notizia. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7, Il giorno del legame. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8, Il giorno della paura. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9, Il giorno della pioggia malinconica. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10, Il giorno della verità. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11, Il giorno del giudizio. ***
Capitolo 12: *** Il giorno dell'illusione. ***
Capitolo 13: *** Il giorno della fine. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1, Prologo. ***


Non innamorarti di me.
 
Capitolo 1, prologo.
 
“C’è una sola felicità nella vita:
amare ed essere amati.”
 -George Sands
 
Nel mondo c’è chi ama e chi è amato.
Molto spesso, queste due figure tardano a coincidere, oppure non combaciano mai.
Essere amati ci innalza, ci inorgoglisce e addolcisce.
 Se si ama, la speranza che l’altro possa contraccambiare è sempre viva.
Ma… cosa succede se questa speranza viene completamente distrutta?
 

L’odore forte e aspro del sangue. Corpi, martoriati, privi di vita, ovunque. Fuoco, sangue e distruzione.
Hinata era accerchiata da quell’odore e dalla visione orribile dei caduti. Eppure… c’erano persone che si abbracciavano, giovano, erano contente. La guerra era finalmente finita. Le sembrava tutto così irreale… Era in piedi, in mezzo al campo di battaglia, dove l’unica cosa che le ricordava di essere viva era il dolore lancinante di tutto il corpo. Si sentiva disorientata, incapace di formulare un pensiero sensato. In quel momento, in mezzo a tutti quei caduti, provava solo rancore. Rancore, sì, verso coloro che avevano desiderato quella guerra, che avevano ucciso milioni di ninjia, di innocenti, e fra tutti lui, suo cugino, Neji. Rabbia, rancore, dolore, l’intenso desiderio di tornare indietro. Eppure era andata così, e non si poteva fare nulla per cambiare le cose. All’improvviso, un fulmine rosa le passò lesto davanti. Non la riconobbe subito, troppo persa in quelle emozioni che la estraniavano da tutto. La seguì con lo sguardo. La vide correre, per poi accovacciarsi di fianco ad un biondo felice di vederla e di ricevere il suo aiuto. Li vide parlare, vide le lacrime di Sakura, i piccoli gesti di Naruto per consolarla. Li vide amarsi.
Qualcosa dentro di lei si ruppe. Le salì un groppo in gola che le serrò il fiato.  Sentiva il bisogno animale di gridare ma, ovviamente, non lo fece. Provò invidia, perché loro, coi loro sguardi, i loro gesti, si amavano. Stavano assaggiando un bel boccone di felicità.
 << Non pensare più a lui, Hyuga. >> le suggerì una voce roca e grave.
Si voltò in direzione del suono, proveniente da un giovane ragazzo moro, a terra, più morto che vivo.
Camminò, si inginocchiò di fianco a lui, impose le mani sul fianco lacerato e, con difficoltà, dato che non era un ninjia medico, cercò di prestargli un primo soccorso. Era un ninjia traditore, eppure era diventato un eroe nella guerra. Forse, lo aveva spinto a cambiare il desiderio di proteggere chi lo amava.
  << Che occhi cupi, Hyuga. >> mormorò, con una smorfia << Sembri me. Vedo lo stesso odio. >>
Hinata passò ad un’altra ferita, e lui mugugnò dolorante.
  << Com’è, Sasuke? >> chiese, senza guardarlo.
Poi, dato che lui sembrava non capire, alzò lo sguardo su di lui, uno sguardo cupo e intriso d’odio che fece raggelare anche Uchiha Sasuke.
  << Com’è essere amati? >>








 



Salve! Non innamorarti di me è la mia primissima storia SasuHina. Questa coppia mi piace davvero molto,
ma non sono sicura di saperla descrivere al meglio! *////* Qualcuno potrebbe dire che in Hinata c'è un OOC,
ma se ci si pensa sarebbe il cambiamento più normale del mondo avere una Hyuga più dura e forte,
come si vede già nel manga. Spero che tutto risulti semplice e comprensibile!
Questa storia doveva partecipare a un contest, che per problemi del giudice non è andato a buon fine.
Dato che lì c'era un limite per quanto riguarda la lunghezza, provvederò ad aggiungere alcune parti in modo 
che ogni cosa sia presentabile :)
Spero che qualcuno abbia voglia di darmi un parere su questa nuova storia. Grazie a chiunque legga!
Tomoko_chan!

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2, Una giornata come tante altre. ***


Non innamorarti di me.
 
Capitolo 2, Una giornata come tante altre.
 
“L’essere amata è per la donna
un bisogno superiore a quello di amare.”
  -Sigmund Freud
 
Come si fa ad odiare tanto la persona per lungo amata?
Non sembra possibile, eppure, quando ogni speranza si infrange,
l’amore che una volta era cieco torna a vedere.
A vedere il male, tutti i difetti, tutte quelle mancanze,
i suoi occhi ciechi incapaci di notare chi lo ama davvero.
E allora, cominci ad odiare…
 
Furono le prime luci dell’alba a destarla. Lasciava sempre le tapparelle alzate, di modo che fosse la luce stessa a svegliarla, ogni mattina.Si mise lentamente a sedere sul letto, scostando le coperte.
Con una nota di disappunto osservò le proprie gambe, piene di tagli e lividi violacei. Il ginocchio destro era leggermente gonfio su un lato, ricordino della giornata precedente di duro allenamento.
Si alzò, provando un brivido di dolore quando i suoi piedi entrarono in contatto con il pavimento freddo. Un fremito le sferzò il ginocchio malandato facendola mugugnare dal dolore.
Si avvicinò alla finestra, posta davanti il letto, per aprire le ampie vetrate. Subito l’aria fresca di prima mattina le sfiorò le guance, donandole un delicato senso di pace.
Passò una mano fra i capelli per rimetterli in ordine, con calma. Lo faceva ogni mattina, come se quel leggero venticello l’aiutasse a sistemarsi.
Era un valido sostegno che l’aiutava ad affrontare la giornata con calma. Si voltò e con pochi passi raggiunse il suo bagno personale.
Lavò il viso e i denti con cura, seguì una doccia calda che le fece bene alle membra stanche, asciugò i capelli e poi si rivestì.
Su tutti i suoi abiti, il marchio degli Hyuga si mostrava in tutta la sua fierezza, saltando subito all’occhio. Ecco perché la giornata diventava un’agonia da quel momento in poi.
Si guardava allo specchio, si ricordava che era una Hyuga, e tutte le ansie riaffioravano.
Che poi, lei, non era una semplice Hyuga. Era Hinata Hyuga, erede diretta della prima casata, debole di cuore e per niente abile come ninjia.
Se lo ricordava ogni mattina per incoraggiarsi a fare del suo meglio, a migliorare. Rammentava a se stessa che doveva riuscirci, altrimenti non avrebbe mai avuto il consenso di suo padre, e se non lo avesse ottenuto non avrebbe avuto nemmeno quello del suo clan, dei suoi amici e della comunità intera. Né tantomeno qualcuno l’avrebbe notata, scelta fra tutti, innamorandosi di lei.
Uscì dalla propria camera e si avvicinò alla porta della sorella, bussando per destarla, infine scese le scale, con calma. Andò nella cucina, dove in silenzio prese tutto il necessario per fare un buon the al padre, quello di ogni mattina. Mentre attendeva che la teiera fischiasse, mangiò velocemente la sua solita scodella di cereali.
Preparò la colazione per la sorella e, quando fu pronto, versò il thè in un’alta tazza di bambù che mise su un vassoio.
Salì nella camera del padre con il vassoio fra le mani, bussò alla porta e si inginocchiò al capezzale del padre, che era ancora a letto. Appoggiò il thè sul comodino augurandogli il buon giorno.
  << Va via.   >> ordinò perentorio l’uomo.
Hinata si alzò ed andò via senza dire una parola, come sempre. Non poteva concedersi nemmeno uno sbuffo o il padre si sarebbe infuriato.
Ebbe appena il tempo di scendere le scale che venne folgorata dal dolore lancinante al ginocchio.
Toccò la parte lesa e, improvvisamente, si ricordò di quando, puntualmente, suo cugino entrasse proprio in quei momenti mormorando un “Forza” atono e tipico che aveva l’incredibile potere di incoraggiarla.
Ma Neji non sarebbe più entrato da quella porta per incoraggiarla. Mai più.
 
Dopo essere passata da Kurenai-sensei, la ragazza, decisa a fare del suo meglio, incontrò i suoi compagni di squadra e con loro aiutò a ricostruire il villaggio, distrutto dai tempi di Pain e ancora più malandato dalla quarta grande guerra. Nel pomeriggio, i ragazzi annunciarono di voler andare in ospedale.
  << Per andare a trovare testa quadra.  >> disse Kiba, ridendo.
  << Ci sarà anche Sasuke. >> affermò l’altro, con un tono che doveva essere leggermente infastidito, ma invece era soltanto quello atono di Shino.
  << Io… non credo di poter venire.  >> rispose Hinata, leggermente incupita.
  << Perché, Hina-chan?  >> Kiba aveva assunto un’espressione preoccupata << Stai bene?>>
Hinata non sapeva cosa rispondere. Non sapeva nemmeno perché avesse declinato l’invito di getto, ma non aveva nessuna voglia di vedere Naruto, quello era certo.
  << Sto bene. >> cercò di rassicurare l’amico, un sorriso finto dipinto sul volto stanco << Ma devo andare ad allenarmi, scusate.>>
Non attese risposta, si voltò e si incamminò verso il bosco per, come aveva affermato, allenarsi. Sapeva bene di lasciare due volti allibiti o quasi, ma sicuramente straniti e preoccupati, alle spalle.
Inspirò forte mentre correva, cercando di ritrovare in sé la calma. Qualcosa le si muoveva dentro, l’agitava, la distruggeva.
L’odore fresco degli alberi si amalgamò pian piano col suo animo. Un profumo acre, forte e semplice, che in un battibaleno semplificò tutti i suoi pensieri.
Comprese, Hinata, comprese il suo no, il suo rancore, il suo dolore. Per la prima volta capì se stessa e si sentì viva.
Una guerra cambia irrimediabilmente le persone. Le indurisce, le fa diventare più forti, più sicure e più ciniche. Hinata era maturata.
Aveva perso l’unica persona che in fondo le voleva un po’ di bene per difendere lei e la persona che amava.
Hinata, adesso che era più dura, forte, sicura e cinica, era stanca di amare e sacrificarsi senza ricevere nulla in cambio.
Aveva visto le sue speranze sciogliersi come neve al sole e aveva capito quanto queste fossero sempre state vane.
Stanca di sperare, versò un’ultima, singola lacrima, per tutte le asprezze della sua vita, genitori inesistenti, una cotta dolorosa, nessuno che l’amasse davvero.
Adesso, Hinata era un’altra persona, e lo capì mentre sferrava i primi pugni, fermandosi per allenarsi e poi tornando a correre.
Ben diversa dalla bambina insicura e innamorata, dissimile dalla ragazzina timida e innamorata, differente dalla giovane donna che era entrata in guerra per difendere il suo amato e quindi irrimediabilmente innamorata.
Hinata voleva essere amata. Hinata non amava più.







 




Non pensavo che il semplice prologo potesse addirittura ricevere nove recensioni.
E' stato davvero un tuffo al cuore vedere di aver riscosso così tanto successo e
spero davvero di non deludervi! Ho deciso di postare in anticipo il secondo capitolo
appunto per ringraziarvi del vostro immenso affetto e sostegno. Tutti i numeri sono
silenziosamente saliti e ricere complimenti e critiche costruttive è stato davvero 
importante per me! Perciò continuate così :)
In questo secondo capitolo ho voluto mostrare la giornata tipo di Hinata, ma con
una conclusione alquanto diversa: un Hinata che cambia, che matura e che riflette.
E' molto importante capire questo passaggio: è qui che Hinata comincia a cambiare.
La piccola dolce Hyuga è stanca di vedere dolore davanti ai propri occhi, stanca di 
dover subire, stanca di amare senza essere amata. Ecco che avviene la trasformazione.
E cosa potrà mai succedere?....
Alla prossima, fatemi sapere se vi è piaciuto, un bacione :*



PS: A chiunque voglia interessare, ho indetto un contest SasuHina-NaruHina,
a questo indirizzo: 
http://freeforumzone.leonardo.it/d/10740371/SasuLoveHinaLoveNaru/discussione.aspx
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3, Il giorno dell'evoluzione. ***


Non innamorarti di me.
Capitolo 3, Il giorno dell’evoluzione.
 
 
“Chi non ha mai amato,
non ha mai vissuto.”
  -Oscar Wilde
 
Anche se fa male,
non bisogna giudicare insensate
le prime cotte d’amore.
Una vita in amore,
è una vita ben spesa.
  
Era sera. Stesa sul prato, dopo un allenamento estenuante, Hinata si rilassava osservando il cielo stellato.
Quelle piccole perle luminose incastonate nel manto blu della notte avevano il potere straordinario di intrappolarla per ore e ore, quasi come una lenta e bellissima ipnosi.
Non poteva staccare gli occhi dal cielo, beata da quella visione. Però, quella notte, c’era qualcosa di diverso, lo avvertiva nell’aria. O forse, il suo animo era soltanto troppo agitato, nel pieno del cambiamento, così disordinato e caotico da trasferire i suoi strani sentimenti sull’ambiente esterno. E mentre osservava il firmamento, i pensieri scorrevano come un fiume impetuoso e incontenibile.
Rifletteva sulla sua vita. Come mai si era attaccata così tanto a quell’amore non ricambiato? Perché ne traeva la forza di vivere, invece di trovarla in se stessa? Per tutta la vita, Hinata Hyuga era stata rimproverata, sgridata, umiliata, disillusa. Era sempre stata accerchiata da persone che le ripetevano quanto fosse inadeguata al suo rango, quanto fosse la delusione di un clan intero, quanto fosse debole e inutile. Tutti, tranne Naruto. Lui fu il primo a farle un complimento, a incoraggiarla. Per questo si era attaccata così tanto a lui? Probabilmente sì.
Le sue speranze erano cresciute sempre di più, diventando di proporzioni abissali, per questo le aveva fatto così male vedere la realtà sbattuta crudelmente davanti agli occhi: lui non avrebbe mai avuto spazio per lei, perché nella sua vita c’era già Sakura. Era strano da dire, ma lo aveva sempre saputo. Lui vedeva solo i gesti di Sakura, il suo colore dei capelli, i suoi occhi luminosi. Non c’era mai stato spazio per lei, così diversa da Naruto e Sakura, così cupa rispetto a loro, sempre con quell’aria nostalgica, quasi mai con un sorriso…
Un rumore la fece balzare in piedi e afferrare un Kunai.
Era vero, la guerra era già finita e tutti erano stati rimpatriati, ma il pericolo era sempre in agguato. Attivò il byakuugan e vide, per un solo attimo, un fascio di chakra passarle davanti per poi scomparire veloce come era arrivato. E poi ecco, un Kunai puntato alla gola, il suo Kunai, la sua gola. Qualcuno da dietro la stringeva, ed una mano dalle dita lunghe e sottili le comandava il polso, costringendola ad avvicinare quell’arma presa per difendersi contro il proprio punto più debole e fragile.
  <<  Hai voglia di morire? >>
Tardò a riconoscere la voce, dato che erano state rare le volte in cui l’aveva sentita, ma quella di Sasuke aveva un timbro terribilmente strano e unico: sfacciato, eppure così triste e malinconico.
  <<  Lasciami >> ordinò, pronta a caricare i pugni col chakra << o te ne pentirai! >>
Lui la liberò e la spinse in avanti, per niente impaurito dalle sue parole.
  <<  Che ci fai qui sola e in piena notte? >> disse, guardandola con un tono irrisorio.
  <<  Io…  >> stava per giustificarsi, ma decise che non era lei a dovere delle spiegazioni, non a lui <<  Tu che ci fai qui?  >> rispose allora  <<  Non dovresti trovarti in carcere? >>
  <<  No.  >> spiegò lui, con uno sguardo tra lo stupito e l’infastidito <<  Sono in ospedale. Con Naruto. >>
  <<  No, sei qui. >> Sasuke le metteva una grandissima agitazione e lei, invece di rispondere dolcemente, sentiva di dover tirare fuori le unghie  <<  Non dovrebbero controllarti? >>
  <<  A tutti è concessa un’ora d’aria. >>
Hinata chiuse la bocca e, invece di rispondergli, tornò a sedersi sul prato, ben presto seguita dal Nunkenin, che appariva stranamente incuriosito da quella ragazza. Le sembrò strano che lui, il Nunkenin, il ninjia traditore, potesse provare interesse per una come lei e farlo vedere così apertamente, sedendosi con lei sul prato. Poi, però, si ricordo di essere solo la piccola Hinata Hyuga, e che probabilmente non era lì per lei, ma che fosse soltanto una stravagante casualità.
Inspirò forte l’odore penetrante del bosco, chiuse gli occhi abbracciandosi le gambe e si rilassò, tentando di riappropriarsi della sua tipica calma. Quando tornò ad aprire gli occhi, Sasuke era ancora lì, seduto non molto lontano da lei. Era strana quella vicinanza… mai Hinata si era trovata così vicina ad un ragazzo, mai aveva condiviso un momento così intimo, il guardare le stelle immersi nel buio, col profumo del bosco ad accompagnare i pensieri, e mai avrebbe potuto immaginare che a far parte di un momento così importante fosse stato Sasuke Uchiha, con cui solo durante la guerra aveva scambiato qualche parola per la prima volta. Era strano… eppure così esatto, così giusto e adatto al suo umore. Mai avrebbe potuto condividere quel momento con Naruto, perché si sarebbe sentita a disagio e in imbarazzo, sarebbe stato un silenzio pesante e odiato. Invece, con Sasuke, che non conosceva e il cui pensiero non le importava poi molto, poteva essere se stessa, senza indugi, senza troppe timidezze. Non le importava ciò che lui potesse pensare di lei, quindi l’imbarazzo era inutile.
  <<  Non eri quella buona e timida?  >> disse infatti Sasuke, come se le avesse letto nel pensiero.
  <<  Non mi importa molto di quello che pensi di me, per cui non c’è bisogno di essere né imbarazzata né timida. >> spiegò sincera.
  <<  Strano. >>
  <<  Perché strano?   >> chiese lei, improvvisamente curiosa.
  << Perché chi è timido per natura lo è con tutti. >>
  << Non è vero. >>
  << Sì, invece. >> insisté lui, pronto a provare la sua tesi  << Forse la delusione d’amore ha fatto fuoriuscire la vera te. >>
  << Forse la guerra strappa via le apparenze.  >> si ritrovò a concordare con lui, com’era possibile? << Delusione d’amore? >> mormorò poco dopo, incredula.
 << Ti piaceva Naruto, no? >> domandò lui, conoscendo bene la risposta << E lui sta con Sakura. >>
  << Dici poche parole, ma coincise, vero? >> il tono di Hinata sembrava quasi quello di una sfida.
  <<  Non mi piacciono i fronzoli. >>
  <<  Intendi dire che trovi inutile girare intorno troppo a lungo ad un discorso?  >> Hinata lo chiese con semplice curiosità. Era strano imparare a conoscere una persona così, di punto in bianco.
  <<  Hmm. >> rispose tranquillamente, evitando di parlare.
  <<  Quindi non apprezzi il tatto? >>
  <<  E’ una perdita di tempo. >>
  <<  Che cos’altro è una perdita di tempo, per te?
  <<  Fare domande inutili, le smancerie, andare dietro ad un ragazzo idiota che per anni non si accorge di nulla. >>  e questa era un evidente presa in giro nei suoi confronti.
Hinata guardò per la prima volta il suo interlocutore con interesse. Gli occhi neri, profondi e opachi sembravano quasi non vedere, mentre quel sorrisetto malizioso trasmetteva tutta la sua voglia di umiliarla a sfottò.
  << Amare non è mai una perdita di tempo. >> rispose lei, con una calma quasi inumana << Probabilmente, dici così solo perché non hai mai amato. >>
 << Come puoi dirlo, senza conoscermi? >> l’interrogò lui, non con rabbia ma con malizia. Provava un piacere quasi sadico nel vederla titubare.
 << Beh… >> ovviamente, Sasuke aveva colpito in pieno il suo bersaglio << Non posso saperne molto, ma da quello che ho potuto vedere… >>
  << Ho amato la mia famiglia. >> l’interruppe lui, brusco << E’ stata mandata al macello. >>
  << Non… non intendevo questo. >> rispose lei, che aveva fatto un brutto passo falso, e adesso cominciava a bloccarsi << Ma comunque, non si può smettere di provare affetto solo perché si ha paura che la gente muoia. Tutti muoiono. >>
  << Non ho paura. Amare è inutile.  >> rispose secco lui, tornando freddo << Appunto perché tutti muoiono. >>
Hinata negò brevemente col capo. << Amare una persona è una sensazione unica e irripetibile. Ti da un obbiettivo nella vita, ti riempie di emozioni diverse e ti ubriaca di felicità. Diventi ebbro dell’altro, non vedi l’ora di inebriarti del suo sorriso e del suo profumo. È un delicato eppure estremo bisogno dell’altro. Diventi felice. >>
  << Ma tu sei triste. >> affermò l’altro, con semplicità, ma senza nessun apparente interesse.
La ragazza non poteva negare. Guardò le sue mani, ripensando a con quanta passione avrebbe voluto toccare il suo amato, senza mai aver avuto il coraggio per farlo. Tornò a guardare Sasuke, sul viso un sorriso stentato che lasciava l’amaro in bocca, il sorriso triste di chi dolore ne aveva provato tanto.
  << Solo perché quando non è vero amore, quest’ultimo finisce presto. >> un moto d’ira le salì su per la gola << Ho fatto molto per Naruto. Mi sono sacrificata tante volte per lui, mio cugino è morto per lui, silenziosamente ho aspettato che lui si innamorasse di me come io di lui. Ma sono stata una stupida, perché tutto è stato vano. C’è sempre stata Sakura. >>
Il moro guardò con attenzione l’altra, con quello sguardo ormai privo di emozione. Chiuse gli occhi, per un attimo sospirò, poi inspirò il profumo del bosco, come lei precedentemente. Aprì nuovamente gli occhi alla vita, ma ancora una volta senza emozione.
  << Sei noiosa… perdo tempo con te solo perché non ho niente da fare. >>
  << Va bene così.   >> rispose lei, improvvisamente gentile << Mi fa piacere parlare con te. Nemmeno io ho niente da perdere. >>
  << Tsk. >> bofonchiò il ragazzo << Non dovresti dire queste cose a me. Non ci conosciamo. >>  asserì, tornando ad osservare il cielo, riferendosi al discorso di prima.
  << Forse è proprio per questo che mi sento libera di parlare. Tutti si aspettano qualcosa da me. Gli amici… la famiglia… >>
  << Il Clan. >> concluse lui per lei.
  << Già… >> concordò, con aria triste.
  << Ricordo ancora quella sensazione.  >> rispose lui << A me non interessa niente di te e, appunto per il Clan, non dovresti parlarne con me. >>
  << Ma… il Clan non deve per forza saperlo. >> propose, seria in viso.
Sasuke rise, mentre si alzava per andare via.
 << Questo è ovvio. >> affermò, con un tono irrisorio << Non c’è bisogno che qualcuno sappia di una prima e unica conversazione. >>
Con la stessa rapidità con cui era arrivato, il moro se ne andò. Non saluto nemmeno.
Quella conversazione le aveva lasciato l’amaro in bocca. Parlare così apertamente, senza fronzoli, senza paure, per poi essere trattata così male, la faceva sentire vuota. Non poteva aspettarsi consigli, attenzioni, dolcezza, comprensione, da un tipo come Sasuke: questo era chiaro. Eppure quel ragazzo, che non conosceva se non di vista e fama, era riuscito dove nessun altro era stato capace di operare.
Sasuke Uchiha l’aveva fatta parlare senza freni, senza inibizioni, facendola, con poche parole, riflettere.
Sasuke Uchiha l’aveva svuotata dalle paure, rendendola, finalmente, libera.




 
Il primo incontro dopo la guerra! 
Cosa ne dite? Sono molto curiosa di sapere i vostri pareri.
Non ho molto da dire, da spiegare, spero solo che tutto sia chiaro
e che arrivi a voi come ho immaginato io. Fatemi sapere!
Ringrazio tutti colori che hanno recensito e tutti i lettori silenziosi,
davvero, vi abbraccierei tutti!
Vi riporto nuovamente il link del mio forum, a presto!

http://freeforumzone.leonardo.it/d/10740371/SasuLoveHinaLoveNaru/discussione.aspx
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4, Il giorno della calma. ***


Non innamorarti di me.
Capitolo 4, Il giorno della calma.
 

“E io che intesi quel che non dicevi,
mi innamorai di te perché tacevi.”
-Guerrini
 
I silenzi di chi impara a conoscersi
sono racconti inenarrabili,
fantasmi che albergano nelle menti,
timori che annebbiano i cuori.
 

Quando li vide, quel pomeriggio, sentì le ossa raggelarsi in corpo.
Era strano: fino ad un minuto prima, era certa che un lieve tepore sfiorasse le sue membra.
Non c’era un alito di vento eppure, quando li vide arrivare insieme, mentre a malapena si sfioravano le dita a vicenda, un brivido la percosse, duro e veloce quanto uno schiaffo.
Eccola, la verità, sbattuta violentemente davanti agli occhi.
Sakura e Naruto camminavano tranquillamente, nel piccolo bosco che fiancheggiava l’ospedale, dove chiunque sarebbe potuto passare di là e vederli. Certo, forse solo uno sguardo minuziosamente attento come il suo si sarebbe accorto del loro rossore, del loro impaccio, delle mani che si sfioravano, intrecciandosi di tanto in tanto.
Hinata, quando li vide venirle incontro, distinse facilmente il secondo in cui il cuore cominciò a batterle forte nel petto, all’impazzata, come se stesse cercando di romperle le ossa con fare disperato, pur di uscire e scappare da quell’orrenda visione.
Ah, i due si amavano, eccome. Tentavano di nasconderlo, inutilmente, anche quando Sakura la salutò allegra, con un tono di isteria nella risata che appariva sgradevole e inadeguato. Oppure, quando lei colpì lui in testa con un pugno dei suoi, giusto perché non stava mai zitto. Era un voler palesare quell’amicizia ormai non più tale, come se stessero sotterrando nel deserto il loro più grande tesoro.
Dopo poco, avevano finito tutti gli argomenti più banali e superflui, come la salute e le previsioni meteorologiche, e dato che erano stati loro a iniziare e terminare ogni argomentazione, Hinata si sentiva in obbligo di scambiare qualche frase, qualche domanda di cortesia.
Si fece coraggio, stringendo con le mani i lembi della felpa porpora, per poi spingersi a scoprire il livello di cambiamento che l’aveva impegnata in quei giorni.
<< Naruto >> chiamò, flebile, per poi ricomporsi tentando di darsi un tono << fra quanto pensi di rimetterti? >>
La domanda rivolta direttamente a lui, senza il minimo consueto inciampo verbale sul suo nome, stupì Naruto quanto lei. Si rese conto che il suo amore per Naruto era davvero scomparso. Ciò che la faceva emozionare, adesso, a vederlo con Sakura, era rabbia e invidia. Fu così forte da non dimostrarli davanti ai loro occhi.
Lo vide boccheggiare, per poi portarsi una mano fra i capelli e sorridere felice.
<< Io mi riprendo in fretta, ‘tebayò! >> esclamò, entusiasta << Tranquilla, uscirò fra uno o due giorni! Così potrò finalmente tornare a mangiare il mio ramen! >>
<< Non credo proprio! >> intervenne immediatamente Sakura, celando il suo essere premurosa dietro ad una rabbia inesistente << Non uscirai dall’ospedale prima di due settimane! >>
<< COOOOSA?? >> urlò Naruto, che già cominciava a disperarsi << Ma, Sakura-chan! Non posso tornare a casa mia? Tanto ci sarai tu a…>>
<< Non ci penso proprio a farti da infermiera! >> protestò lei, rossa in viso, interrompendolo furente.
<< Giuro, Sakura-chan, che mangerò anche le tue orribili pillole alimentari se…>>
<< BAKA! >> la rosa urlò, arrabbiata, e lo colpì in testa.
Ci fu un piccolo battibecco, ricco di mugolii doloranti da parte del biondo, e poi Sakura tornò a rivolgersi verso Hinata.
<< Scusa, Hinata, mi faresti un immenso favore? >> chiese, il tono gentile << Sasuke è rimasto indietro e… >>
<< Sì. >> rispose prontamente la ragazza, interrompendola.
A capo chino, Hinata salutò, stanca e finalmente libera da quella conversazione inutile e dolorosa, per poi correre nella direzione dalla quale i due erano venuti, lasciandoseli alle spalle.
Non si era accorta dei loro sguardi straniti e stupiti sulle sue spalle e non si chiese perché Sakura voleva che lei raggiungesse il moro. Voleva solo andare via.
Dopo poco lo vide. Era seduto per terra, con la testa appoggiata ad un tronco, gli occhi chiusi.
Vedere la sua calma, quasi innaturale, il candore della sua pelle, il lento andare su e giù del petto possente, l’aiutò a calmarsi quasi all’istante.
<< Posso sedermi, Sasuke? >> chiese, rimanendo in piedi vicino a lui.
Lui aprì gli occhi, ma non sollevò lo sguardo su di lei, non la guardò.
<< Non so se voglio avere un’altra conversazione con te, Hyuga. >> affermò, chiaro e rude.
<< Non… non dobbiamo per forza parlare. >> mormorò lei, che non capiva cosa la spingesse a cercare ancora la sua compagnia. Curiosità, forse?
Sasuke non rispose, rimanendo in silenzio. Hinata sospirò, delusa, e mosse qualche passo per andare via.
<< Aspetta, Hyuga. >> la voce del moro tornò a farsi sentire, forte come sempre << Siediti. >> ordinò allora << Ma non vicino a me. >>
La ragazza obbedì, silenziosa, sedendosi poi non troppo lontano da lui, ma appoggiandosi ad un albero proprio davanti al ragazzo.
Sasuke, che fino a quel momento aveva tenuto lo sguardo fisso davanti a sé senza mai guardala, chiuse gli occhi e reclinò il capo, come se lei non ci fosse.
<< Grazie. >> mormorò Hinata, che si mise comoda a sua volta, guardando quel ragazzo che non la intimoriva per niente, anzi, la rassicurava.
<< Sei scappata dai due piccioncini, Hyuga? >> chiese lui, colpendo, ancora una volta, nel segno.
Un sorriso amaro si dipinse sul volto della ragazza.
<< Non riesco a togliermeli dalla mente. >> affermò, liberandosi anche di quel pensiero che le ammorbava la mente.
Lui rimase, ancora una volta, in silenzio. Uno di quei silenzi tranquilli, profondi, dove chiudi gli occhi e senti solo il rumore dei tuoi pensieri, accompagnato dal dolce canto di un fringuello.
<< Devo sembrarti proprio allocca. >> mormorò Hinata, desolata << Una stupida che perde ancora tempo a star male dietro qualcuno che non si è mai accorto di me. >>
Ah… il rumore dei suoi pensieri era quasi doloroso, insopportabile. Doveva per forza liberarsi di quel grosso fagotto di timori e malumori, buttare a terra quel peso. Per stare meglio.
<< Persino tu, che sei stato lontano per anni, ti sei accorto del mio amore per Naruto. >> un sussurro flebile accompagnato da un pianto silenzioso e dalla calma di lui << Sono proprio una sciocca. >>
Sentì il respiro di Sasuke cambiare, sospirare. Vide i suoi occhi ancora chiusi, la mascella, questa volta, serrata. Adesso, probabilmente, si alza e va via, pensò amaramente la mora, beh... chi se ne importa. Un moto di rabbia e di delusione la pervase, ma scomparve non appena l'Uchiha aprì bocca, stupendola.
 << No, Hyuga. È lui lo sciocco. >>




 


Ciao n.n
Sono tornata! Vi ricordate di me? Sono quella un pò pazza, follemente innamorata
di Sasuke e Hinata ! Che dire su questo capitolo? Hinata incontra la nuova coppia 
di Konoha e si rende conto di non provare più amore, ma che l'emozione che la 
pervade è rabbia con un pò di invidia, perchè loro hanno trovato quello che lei ha
cercato tanto a lungo. Spero che si capisca!
Se qualcuno di voi è uno scrittore e ha voglia di partecipare ad un contest
SasuHinaNaru, questo è il mio contest:     :D
 
http://freeforumzone.leonardo.it/d/10740371/SasuLoveHinaLoveNaru/discussione.aspx

A presto!! :D
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5, Il giorno della verità. ***


Non innamorarti di me.

Capitolo 5, Il giorno della verità.
 
“Il tuo amore è consolazione
nella tristezza,
tranquillità nel tumulto,
riposo nella stanchezza,
speranza nella disperazione.”
  - Marion C. Garretty
 
Non vedere altro che dolore,
sangue, morte e disperazione
logora anche l’animo più forte.
Quello che un tempo ha sorriso,
 adesso cerca consolazione.
 
 
 
Hinata camminava, indecisa, vorrebbe tornare indietro, eppure il bisogno è così grande che vorrebbe correre.
Camminava, un piccolo mazzo di girasoli in mano, una piccola rosa blu nell’altra.
Arrivò davanti alle grandi porte dell’ospedale. Si aprivano in continuazione, gente che entrava, che usciva, solo lei sostava lì, dubbiosa. Era sul punto di lasciar perdere, ma ecco che la sua grandissima fortuna le venne in soccorso ancora una volta. Sakura le si avvicinò, indossando un camice e portando i capelli legati, sembrando fiera di sé, forte e sicura, mentre lei era consapevole di apparire come una bambina piccola e impaurita in cerca della mano sicura della mamma.
  << Hinata, quanto tempo, ciao! >> la salutò con un sorriso smagliante, seppur stanco. << Avanti, entra! Vieni a trovare Naruto e Sasuke? >>
  << Emh.. sì.  >> rispose lei, non accennando minimamente che il venire a trovare Naruto era solo una conseguenza, perché lei in realtà voleva vedere Sasuke, ché dal loro ultimo incontro, tre giorni prima, le aveva lasciato un gran senso di incompletezza e curiosità.
  << Allora andiamo dalla stessa parte. >> rispose sicura lei, guidandola per le scale << E’ l’ora della medicazione. >>
Percorsero due rampe di scale, un lungo corridoio, e alla fine entrarono in una grande stanza.
Subito l’urlo di Naruto le accolse << Wooh, Sakura-chan, Hinata-chan! >>
  << Cuccia Naruto, fila subito a letto. >> fu la risposta perentoria della rosa.
Che strano, pensò Hinata, notando i loro sguardi, il tono di voce di lei e l’obbedienza di Naruto, si trattano male, eppure si vede che si amano. Osservò lui, poi lei, e di nuovo quella sensazione di amarezza e rancore riaffiorò infondo al suo animo. Sentì però, nonostante la confusione che quell’incontro indesiderato le causava, che quelle emozioni stavano lentamente affievolendosi, come se il suo cuore spezzato stesse guarendo un poco alla volta. Era merito suo, se era così, sentiva di essere rinata, cambiata, perchè era stata lei a volerlo. Certo, la presenza, anche se sfuggente, del vendicatore Sasuke Uchiha era stata un ovvio motivo di svago.
Si voltò verso l’angolo più buio della stanza e ciò che vide l’afflisse: Sasuke, seduto compostamente nel suo letto, con della garza che gli fasciava la testa e gli copriva gli occhi.     Perché?
  << Sasuke ha affaticato molto gli occhi durante la guerra. >> affermò Sakura, rispondendo ai suoi pensieri << Stiamo cercando di curarlo. >>
E quel cercando impaurì Hinata più di quanto lei volesse far credere. Quando lo aveva visto, giorni prima, non portava fasce, anzi, l’aveva addirittura attaccata durante il loro primo incontro. Aveva notato quegli occhi spenti e opachi, ma conoscendo di fama il suo carattere pensava fosse normale, e invece… Non sapeva perché provava certe emozioni, ma cercando di rimanere calma, la mora si avvicinò al biondo e gli porse i girasoli.
  << Oh, grazie Hinata-chan! >> rispose lui, ma lei non ci badò molto, sentendosi totalmente indifferente e pervasa da altri pensieri.
Andò dall’altro capo della stanza, mise la rosa in un vaso di vetro colmo d’acqua, avvicinò una sedia e si sedette al capezzale di Sasuke. Sapeva bene che Naruto e Sakura la stavano guardando incuriositi, soprattutto lei, che immaginava che Hinata si sarebbe seduta accanto a Naruto, colui che aveva amato per tanto, non vicino a Sasuke, con cui, per quanto ne sapeva, non aveva mai scambiato molte parole. Però si vedeva bene che la cosa non le dispiaceva affatto. Non amava più Sasuke.
  << Sakura-chan, voglio andare a passeggiare. >> affermò Naruto, che la guardava con aria supplichevole.
Lei si spazientì, medicò il biondo e lo fece alzare in piedi.
  << Hinata, se ti spiego cosa fare, potresti occuparti tu di medicare Sasuke? >> chiese lei, abbastanza infastidita dai continui capricci del suo ragazzo.
  << Certo. >> rispose gentilmente lei, che in realtà non vedeva l’ora di rimanere sola con il moro.
Sakura le spiegò brevemente cosa fare e poi, ringraziando, si dileguò chiudendosi la porta alle spalle.
La ragazza rimase immobile. Non sapeva bene cosa fare, se cercare di parlargli o procedere con la medicazione, era semplicemente sbigottita dallo stato in cui si trovava lui. Non capiva come avesse fatto a non notarlo, a non chiedergli come stava. A parte una notevole stanchezza negli occhi, non le era sembrato che lui stesse così male…
  << Ha un buon profumo. >> disse lui improvvisamente, interrompendo il flusso dei suoi pensieri << Cos’è? >>
Per un attimo pensò che la stesse prendendo in giro.
Insomma, lui era in quelle condizioni e… voleva parlare del profumo? Con lei? Prima era rimasto totalmente in silenzio, non l’aveva nemmeno salutata.
  << Una rosa. >> rispose, riprendendosi, ma con in volto un’aria confusa.
  << Com’è? >> chiese ancora lui.
  << E’ una rosa rara… è blu notte. >>
  << Blu? >> parve incredulo << Perché blu? >>
Come rispondergli? Optò per la verità, indecisa. << Ho… ho pensato a te, quando l’ho comprata. >>
  << Perché? >> chiese nuovamente lui.
  << Perché… prima questa rosa era bianco candido, ma poi è stata dipinta a mano di questo bellissimo colore tetro… e tu sei così, Sasuke. >>
  << Spiegati meglio, poetessa. >> disse lui, con quella solita aria strafottente.
  << Credo che tu, fondamentalmente, sia una persona buona e pura. Ma… quello che ti è successo e il dolore che hai provato ti ha reso una persona molto cupa. >>
  << Allora anche tu sei una rosa blu. >>
Il modo in cui aveva affermato, in poche parole, che erano simili, le fece perdere un battito. La sua semplicità intrisa in quella che, in fondo, era la verità, la stupì. Per non pensare, cominciò a sbendarlo, seduta sul bordo del suo letto. Raccolse la fasciatura, un giro dopo l’altro, fino a scoprirlo e a rivedere quegli occhi neri, opachi, freddi, privi di qualsiasi emozione, come se… come se non ci vedessero.
  << Sasuke? >> chiamò, titubante.
  << Hm? >>
  << Ci vedi? >> chiese lei, pentendosi un attimo dopo di quell’impudenza.
  << Vedo solo sagome. Ombre. >> la voce fredda, disinteressata.
Provò una profonda tristezza per lui. Come faceva a non impazzire? Non vedeva più la natura, i colori, la bellezza. Solo sagome. Ombre. Una lacrima solitaria scivolò lungo la sua gota, silenziosa. Prese il collirio, con una mano gli sfiorò appena il mento per metterlo nella posizione giusta e quel contatto le parve irreale, inebriate e indefinibile. La pelle era calda, bollente, viva, mentre gli occhi sembravano morti.
Cominciò e lentamente sei gocce scesero in una pupilla e poi nell’altra. Prese la fascia pulita, pronta a mettergliela, ma lui le bloccò il polso.
  << Aspetta, ancora un po’. >> disse, prendendole la fascia dalle mani ma non mollando la presa.
Quel contatto era così bello ed elettrizzante che non si accorse neanche di quello che faceva quando lentamente posò la mano sulla guancia candida di lui.
La sua pelle calda, la sua mano ancora sul suo polso, i suoi occhi chiusi, la sua calma… tutto la lasciava senza parole. Quella vicinanza era meravigliosa. Sentì che per anni, era quello che aveva desiderato, un uomo da toccare gentilmente, a cui trasmettere la propria forza e il proprio amore. Per anni non aveva fatto nemmeno un passo falso con Naruto, non aveva mai agito d'istinto, non era mai arrivata a toccarlo così impudicamente. Aveva paura di essere rifiutata, eppure non ci aveva pensato un attimo ad accarezzare il viso dell'unico Uchiha rimasto, nonostante sapesse che fosse un noto mietitore di vittime. Non aveva titubato neppure per un attimo, si era buttata nel rischio senza nemmeno riflettere: era cambiata, diversa, una donna forte. Una di quelle che si prendono quello che vogliono, senza indugi. 
Si chiese se, con le dita attorno al suo polso, lui potesse sentire il battito accelerato del suo cuore.
  << Io… non lo sapevo. Non si notava. Perché non hai detto niente dei tuoi occhi, Sasuke? >> gli chiese, improvvisamente colta da quel dubbio.
  << Perché non mi piace la pietà, Hyuga. >>
Non sapeva cosa dire. Continuò a tenere la mano sulla guancia candida di lui per molto tempo, in quella lunga carezza che sembrava facesse piacere ad entrambi.
Lui aveva chiuso gli occhi, la bocca era appena socchiusa: per la prima volta lo vide rilassato, tranquillo, completamente a suo agio.
Lo vide inspirare forte, come se quella carezza lo avesse fatto tornare in vita, riprendere fiato dopo lungo tempo. 
Una goccia di collirio scappò via da quella mezzaluna, cominciò a correre sulla gota. Hinata la raccolse scostando il pollice ed esplorando così ancora una volta la pelle candida e ardente del moro, senza che lui rifiutasse quei gesti o quell'affetto.
Non riusciva a capire cosa li legasse, cosa la rendesse così libera nei suoi confronti, se lui, così freddo, glaciale, indifferente, avesse costruito mattone dopo mattone quella corazza o se semplicemente era nato così e così sarebbe sempre rimasto. Non lo conosceva, non conosceva l’affetto, era tutto così nuovo e irreale, come se non stesse capitando a lei. Eppure vedeva quel nuovo lato di lui, bisognoso, e si sentì unica e speciale, come se fosse uno spettacolo riservato a lei sola.
  << Anche la tua mano profuma… Lavanda. >> disse lui, reclinando il capo sul cuscino.
E in quell’istante, le sembrò di essere la sua tranquillità, il suo riposo, la sua speranza.
Lo lesse nel suo volto calmo e dormiente.





 

Questo capitolo è davvero importante, si nota?
Sasuke è cieco e, orgoglioso com'è, ha sempre
cercato di non dimostrarlo a nessuno, tanto meno
a Hinata. Ma ora che lei ha scoperto il suo segreto
si mostra quasi dolce, libero di essere ciò che vuole
con una ragazza che non lo conosce nemmeno ma che
gli ispira comunque tanta fiducia! Spero che vi piaccia e che
mi lascerete una recensione :D

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Capitolo 6
*** Capitolo 6, Il giorno della notizia. ***


Non innamorarti di me.
Capitolo 6, Il giorno della notizia
 
“Mi perdo nei tuoi occhi,
non mi cacciare….”
-Goliarda Sapienza
 
 
Rifugio da ogni male,
da ogni sogno infranto,
da ogni scorrettezza,
da ogni tuo difetto,
sono, per me, i tuoi occhi.
Come calma dopo la tempesta…
 
 
Hinata si era allenata a lungo, quella mattina, mentre nel pomeriggio aveva aiutato il suo Clan a riparare i danni della guerra inflitti al loro quartiere. Fu proprio da suo padre, che l’aveva convocata, che apprese la notizia.
<< L’Hokage mi ha fatto sapere che presto ci sarà un incontro fra le massime potenze delle cinque terre per convenire sul destino di Sasuke Uchiha. >> quel nome sembrava quasi violentato pronunziato dalle labbra del capo Clan Hiashi << Mi ha anche detto che vorrebbe che tu andassi con loro. Ebbene, non voglio in alcun modo che tu abbia contatti con il suddetto Uchiha. Non posso impedire di partecipare ad una missione dove è l’Hokage stesso a volerti, poiché è un vero onore che abbia deciso di convocare te, ma posso impedirti di conoscere quel giovane. Se andrai contro al mio ordine, ci saranno delle conseguenze. >>
La ragazza aveva evitato di rispondere per non dare dubbi al padre, ma dentro sé sapeva che non avrebbe mai eseguito quell’ordine.
Sentiva che si era stabilito un legame, fra loro due, in quelle ultime settimane. In ospedale, la sera precedente, lui le aveva mostrato una parte di sé che sospettava nascosta a tutti gli altri: un animo fragile, seppur forte e orgoglioso, che ogni tanto aveva bisogno del calore di una carezza. Con semplici parole si era dimostrato per come tutti lo conoscevano: freddo, imperturbabile, insensibile, egoista e piuttosto cinico. Ma con piccole, genuine ed improvvise frasi, gli aveva fatto vedere quella piccola parte di sé che era rimasta dolce e gentile. Aveva apertamente riconosciuto una somiglianza fra di loro, aveva notato il suo profumo, aveva avuto bisogno del suo tocco: questo era, molto probabilmente, più umanità di quanto Sasuke Uchiha avesse dimostrato in tutta la sua vita a partire dagli otto anni. Ah, quel nome, poi, la attraeva come non mai, con una forza magnetica che non pensava potesse subire; il fascino di cui quel nome era sinonimo, rappresentava un enigma tutto da scoprire, difficile da rivolvere nel suo essere contorto.
Così, quella sera stessa, nonostante lo scrosciare fragoroso del temporale che aveva sconvolto all’improvviso la capitale del paese del Fuoco, Hinata si diresse in ospedale, con dei bento fumanti per i due ammalati.
Sakura fu molto felice di vederla, poiché, proprio in quel momento, lei e Naruto erano stati convocati da Tsunade, e la ragazza non voleva che Sasuke rimanesse solo.
Così, ringraziandola per la sua prontezza e gentilezza, la giovane uscì, accompagnata dal biondo.
I due rimasero soli, nella stanza, mentre fuori il temporale portava via i detriti della guerra facendone di nuovi.
La ragazza si avvicinò a Sasuke, sedendosi silenziosa su una sedia al suo fianco, con il bento fumante sulle ginocchia. Osservò il moro, che portava le bende, ed era rimasto in silenzio per tutto il tempo.
<< Io… >> cominciò, incapace di continuare << ti ho portato la cena. >> concluse dopo una breve riflessione, non sapendo che altro dire.
Lui tacque, come se non l’avesse nemmeno sentita.
<< Sasuke… >> chiamò, flebile, quasi stordita dal suo silenzio << Sai, l’ho cucinato io, con le mie mani. >>.
Il bagliore di un fulmine molto vicino fece sembrare il moro, seduto sul letto, ancor più rigido e impietrito di quanto potesse sembrare.
<< Non ho fame. >> mormorò, e sembrò quasi che non avesse aperto bocca.
Hinata osservò con minuzia l’uomo che aveva di fronte, per cercare di capire se stesse dicendo la verità. Il suo corpo ben eretto a voler simulare una calma inesistente, era rigido e assente. Il respiro, tranquillo, non sembrava far trasparire alcun segno d’emozione. L’unico, piccolo accenno alla rabbia, alla frustrazione, erano le sue mani contratte, strette intorno alla coperta, come se fossero pronte a sferrare pugni. Fu allora che Hinata capì il suo rifiuto.
<< Sasuke, se è questo il motivo, posso aiutarti io… >> sussurrò, prima di sgranare gli occhi impaurita, mentre assisteva al totale cambiamento dello scenario.
Il moro, non più fintamente calmo, ma furente, bestemmiò, strappandosi dal viso la fasciatura e mostrando i suoi occhi neri, rabbiosi e glaciali, totalmente privi di luce. Occhi assenti, occhi morti, occhi da demonio.
<< Dammi quel cavolo di bento. >> ordinò, alzando la voce.
Hinata, silenziosamente, posò quella cena calda sulle sue gambe, notando il lievissimo sussulto al contatto.
Lo vide tastare alla ricerca delle bacchette e dell’apertura del coperchio, che in poco tempo sbloccò.
Prese a mangiare, tranquillamente, rilassando pian piano la mascella precedentemente contratta. Ritrovò la sua calma, forse non più solo apparente, e mangiò da solo, sforzando gli occhi per trovare tutti i gamberetti. Era silenzioso, bello ed elegante, mentre cenava. Sembrava un nobile, nonostante il pigiama e l’odore di ospedale che trapelava dalle sue membra. Un uomo forte, che cancellava completamente il pensiero che fosse un po’ lunatico che l’aveva precedentemente colta.
Ci fu un altro fulmine e poco dopo il rumore assordante del tuono. Alcuni millesimi di secondo e la luce andò via. Hinata sussultò, mentre contemporaneamente Sasuke imprecava contro il destino, che voleva che non mangiasse. Infatti, quel buio, profondo quanto i suoi occhi, non gli permetteva di vedere quel poco che riusciva con la luce. Strinse le bacchette e quasi le spezzò.
<< Sasuke… >> mormorò, ancora una volta, la ragazza, raccogliendo tutto il suo coraggio << so che ti senti in imbarazzo per la tua condizione, ma posso aiutarti io a mangiare… >>
<< No. >>
<< Ma, Sasuke, non c’è motivo per essere imbarazzati, è buio e non posso nemmeno vederti! >>
<< Disse la ragazza col byakuugan. >> mormorò saccente il ragazzo.
<< Prometto che non lo userò. >> affermò la ragazza, cercando di convincerlo.
<< Tsk. >>
Era triste, Hinata, e si sentiva tanto inutile, guardando, al buio, quel ragazzo tanto testardo e orgoglioso da non accettare il minimo aiuto. Cercava di scorgere ogni minimo movimento, un passo falso, un cedimento, ma nulla di tutto questo accadde nei minuti successivi.
Presa da un istinto molto coraggioso, si spostò, andando a sedersi sul letto di Sasuke per fare un ultimo tentativo.
<< Ti supplico, Sasuke. >> disse, sfiorandogli lievemente una mano << Lasciati aiutare, non lo saprà nessuno. >>
Lui grugnì, osservando i lampi fuori dalla finestra. Quei bagliori improvvisi gli illuminavano la pelle di marmo, il viso bianco ed etereo, gli occhi bui, ed Hinata vide così tanta tristezza, tanta frustrazione, tanto dolore, che il suo cuore perse un battito. Fu istintivo, per lei, avvicinarsi maggiormente e stringergli forte la mano, aggrappandovisi come se fosse lei ad avere bisogno di aiuto, che a confronto era così vergognosamente sana.
E quando, dopo un minuto, la sua stretta fu contraccambiata, Hinata fu così felice che dopo poco prese il bento e cominciò ad imboccarlo, lentamente, prendendolo come il segno di cedimento tanto agognato.
Non badò al proprio cuore martellante, nemmeno quando Sasuke la sorprese a guardarlo e non disse niente, lasciando che lei si perdesse in quegli occhi liquidi come petrolio, tanto scuri da rendere più chiara la notte.
<< Sono quasi dieci anni che nessuno cucina per me, Hinata. >>
 






 


Capitolo breve ma di grande importanza,
spero che vi piaccia!
Auguro a tutti un buon anno :*

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Capitolo 7
*** Capitolo 7, Il giorno del legame. ***


Non innamorarti di me.
Capitolo 7, Il giorno del legame.
 
“L’amore consiste in questo,
che due solitudini si proteggono a vicenda,
si toccano,
si salutano.”
-Rainer Maria Rilke
 
E così cercavo nella folla
due occhi come i miei;
nient’altro trovai
che occhi cupi e profondi,
comprensivi e dannati.
 
 
 
Quel giorno, Hinata era stata invitata da Sakura per un picnic. Si era presentata all’improvviso nei resti del cortile di villa Hyuga, dove la ragazza stava scorrendo il proprio tempo allenandosi con la sorella minore sotto l’occhio attento e severo del Capo Clan, che sorseggiava del thè.
<< Hinata, Hinata! Devo parlarti! >> aveva detto la ragazza nell’affanno della corsa.
<< Ah, Sakura… >> aveva mormorato lei, prima di venire folgorata dallo sguardo del padre, che la turbò << Da questa parte. >>
Seguita dalla ragazza, uscì a passo svelto dal cortile, andando dove una volta c’era la sua parte preferita: il piccolo giardino zen che dava sulla sua camera, così fresco e risalassante nella sua armoniosità.
Subito Sakura riprese a parlare << Hai saputo che presto Sasuke dovrà partire, vero? >>
La mora guardò l’amica. In effetti, per tanti giorni ci aveva riflettuto, da quando lo aveva saputo, anzi, era stato il pensiero fisso che l’ammorbava,  una vera e propria persecuzione. Non capiva perché ci pensasse tanto, talmente da farla entrare in confusione. Si chiese se, mentre annuiva, il suo stato d’animo trapelasse dal suo viso abbastanza da essere chiaro agli occhi della rosa.
<< Bene, ascoltami attentamente. >> continuò la ragazza << Oggi volevo portare il team 7 nel bosco, dove ci allenavamo una volta, per fare un picnic veloce. Però ho pensato che dato che hai legato con Sasuke e che i tuoi manicaretti sono piaciuti così tanto, potresti venire anche tu! Naruto mangia così tanto, perciò più cibo c’è, meglio è! E se mi aiuti sarà più facile, non credi? Allora Hinata? >>
La mente della giovane Hyuga si era già persa quando l’amica aveva detto di aver legato con Sasuke, e il complimento al cibo era stata la botta finale. Non aveva per nulla ascoltato il resto del discorso di Sakura, perché la sua mente aveva già preso una via diversa, cominciando a girovagare con la fantasia. Avevano legato? Era così evidente? Hinata sentiva delle visibili affinità fra loro, per non parlare del modo in cui lui le leggeva così facilmente dentro. Era stato così semplice e naturale abituarsi alla sua presenza, alla sua personalità scontrosa e cupa, al suo orgoglio, alla sua testardaggine… al suo profumo.  Così bello era stato riscoprirsi diversa, cambiata, maturata, mentre contemporaneamente si faceva conoscere da Sasuke, una persona così simile a lei da stupirla in diversi effetti. C’era un legame, quindi?
<< Hinata? >> la ragazza la richiamò e la Hyuga si riscosse, con un sobbalzo.
<< Emh… sì. >> affermò, appena si riprese, arrossendo un poco << Preparerò qualcosa e vi raggiungerò. >>
<< Perfetto! >> Sakura esultò, felice << Allora ci vediamo a pranzo. A dopo!>>
Andò via correndo, esattamente come era arrivata. Chissà perché era così in agitazione, poi.
Appena la vide scomparire dietro l’angolo, l’impulso di correrle dietro e disdire ogni cosa si era presentato prepotente in lei.
Si era già pentita di aver detto di sì.
 
 
Quando aveva sentito team 7, Hinata aveva immaginato che ci fossero stato anche il maestro Kakashi, il maestro Yamato e Sai. Invece, dopo aver percorso più di un miglio fra i detriti attraversando Konoha con un grande cestino da picnic al braccio, si era ritrovata davanti una scena meravigliosa, della quale ovviamente era l’intrusa.
Naruto era in piedi, imprecando e urlando contro Sasuke, comodamente coricato sul telo rosso steso a terra, che rispondeva secco e coinciso facendolo infuriare maggiormente, mentre Sakura si godeva la scena da seduta ridendo a crepapelle, intervenendo di tanto in tanto.
Rimase impalata a qualche metro di distanza, seminascosta da un fitto cespuglio. Si era subito pietrificata quando si era accorta di essersi insinuata nell’intimità di un gruppo già formato e tanto legato, nel senso stretto della parola. Una volta ancora, si pentì di aver accettato quell’improvviso invito.
Mentre osservava la scena, incontrò un paio di occhi neri e profondi. Quegli occhi scuri, quasi ciechi, sembravano scrutarla a fondo, tentando, probabilmente, di riconoscerla. Hinata non capiva perché sforzarsi inutilmente. Avrebbe potuto benissimo lasciarla lì, da sola.
<< Naruto, smettila. >> disse invece lui, ad alta voce << Stai scioccando la povera Hyuga. >>
Hinata si riscosse ed arrossì, sentendosi all’improvviso fissata da tre paia di occhi.
<< Hinata-chan! >> esultò felice il biondo, correndole incontro per stringerla forte, senza darle tempo di rispondere << Sono così felice che tu sia riuscita a venire! >>
<< Ehm… grazie per l’invito. >> disse la ragazza, un poco in imbarazzo << Ho portato qualcosa da mangiare. >>
<< Davvero? ‘tebayò! >> esultò Naruto, prendendo il cestino da picnic per vederne il contenuto << Woooooh! Quanta roba invitante! Tu si che sai cucinare, non come Saku…>> e subito la ragazza nominata intervenne per dagli un pugno, furiosa.
Hinata osservava silenziosa, curiosa di capire a pieno la dinamica di quel gruppo. Si sentiva profondamente a disagio, come se non dovesse far parte di quel momento, di quel gruppo così stretto e saldo, di quell’intimità particolare che prendeva luogo nel bosco di fine novembre, ricco dei colori delle foglie cadenti. Ad un tratto, si sentì trascinare via.
<< Vieni Hinata. >> disse Sakura, tenendola per mano << Siediti vicino a me. >>
In breve, tutti erano seduti sul telo rosso. La mora si trovava fra Sakura e Sasuke ed aveva lo strano presentimento che non fosse capitato per caso, ma che la sua amica stesse cercando di metterla più vicino possibile a Sasuke.
Allora ecco che risaliva su l’imbarazzo. Improvvisamente le sembrava che quel telo fosse troppo piccolo per quattro persone. Troppo vicina al ragazzo, troppo per sentirsi tranquilla e coraggiosa. Ecco riaffiorare il suo rossore, la sua goffaggine, la sua timidezza. Sentiva gli occhi di Sakura su di sé, come se stesse studiando le sue reazioni. Cercava di fare tante altre cose pur di non incontrare il suo sguardo. Silenziosamente, posizionava i vari bento al centro del telo, aprendoli per mostrare tutto ciò che aveva preparato.
Alla fine, quattro ciotole del ramen di Teuchi erano poste in mezzo alle altre vivande, per la gioia degli occhi di Naruto.
<< Hinata, ti sei ricordata che amo il ramen! Grazie! >> gioì lui, staccando le bacchette per cominciare a mangiare la sua porzione << Itadakimasu! >>
Presero tutti a mangiare e solamente Naruto e Sakura si scambiavano qualche frase, mentre Sasuke borbottava loro qualche cenno di assenso di tanto in tanto.
La mora osservava spesso Sasuke con la coda dell’occhio, cercando di carpirne i pensieri.
Indossava nei pantaloni di tuta neri, senza fronzoli, con sopra una maglietta scura con lo stemma degli Uchiha, accompagnata da una felpa aperta di un bel colore azzurro, piuttosto accesa per uno come lui.
Era così… bello. Quasi a suo agio in compagnia delle poche persone che non avevano paura della sua rabbia, della sua frustrazione, del suo muso lungo e del suo essere sempre ermetico. I suoi occhi neri vagavano, cercavano e sceglievano. Poco importava se non ci vedeva, se era in difficoltà: doveva sempre dimostrare di essere in grado di farcela da solo, anche di fronte ai suoi amici. Eppure, qualche sera prima aveva vinto il suo orgoglio e si era fatto aiutare. Si era mostrato umano e bisognoso, ma solo ai suoi occhi.
<< Smettila di guardarmi, Hyuga. >> mormorò il giovane, facendola sussultare per la sorpresa << Non sono un fenomeno da baraccone. >>
 << Scusami. >> rispose subito lei, tornando a fissare il cibo che aveva nella ciotola << Come hai fatto a vedermi? >>
<< Solo tu potresti trovare interessante fissarmi. >> asserì lui, prendendo un altro boccone di Sashimi.
Hinata ammutolì, riscoprendosi colpita e affondata. Era così facile per lui leggerle dentro, capirla al volo,
talmente tanto da spaventarla. Non capiva bene cosa fare, perché lui sembrava così forte e capace di qualsiasi cosa, mentre lei si sentiva piccola e impotente, nei suoi confronti. Non era capace come lui di comprenderlo, di leggerlo come se fosse un libro aperto. In quel legame c’era una forte diseguaglianza, nessun vero equilibrio. C’era chi dominava e chi subiva e questo non le piaceva affatto. Era troppo simile al rimanere in un angolo come aveva fatto con Naruto, donando tutto e facendo qualsiasi cosa nella speranza che lui prima o poi contraccambiasse. Era ancora più chiaro quanti errori aveva commesso avendolo davanti agli occhi: era stato tutto inutile, perché lui aveva solo occhi per Sakura. Inconsapevolmente, lui aveva dominato il gioco, poiché da lui dipendeva il loro destino, mentre lei non poteva fare altro che continuare a tentare. 
Hinata si irrigidì. Tutti quei pensieri le avevano fatto capire che desiderava avere anche lei un po’ di quello strano potere che c’era in ogni legame. Desiderava poter trascinare, non essere trascinata. Desiderava essere importante, unica e speciale, in ogni rapporto.
<< I pomodori. >> mormorò Sasuke, ridestandola dai suoi pensieri. << A me piacciono molto i pomodori. >>
Hinata lo guardò interrogativa. Perché adesso se ne usciva con quell’affermazione?
Sasuke sbuffò, annoiato. Gli toccava sempre dare spiegazioni.
<< Così ti ricorderai di cosa piace a me. >> affermò, tentando di fissare gli occhi nei suoi << Voglio che lo ricordi. >>
La ragazza sorrise immediatamente. Ecco che qualcuno la ritiene importante. Ecco quello strano potere.
Ecco, i suoi sogni realizzati.




 

Sono tornata con un nuovo capitolo!
Spero che vi piaccia, perchè è molto importante;
Hinata comincia a capire di non amare più Naruto
e comprende a pieno ciò che desidera,
che prontamente ritrova in Sasuke, cosa che la stupisce
ma al contempo la rende felice.
Lasciatemi qualche commento o lanciatemi qualche pomodoro n.n
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8, Il giorno della paura. ***


Non innamorarti di me.
Capitolo 8, Il giorno della paura.
 
 
“Preferirei morire domani
che vivere mille anni senza di te.”
  -Walt Disney
 
 
E infondo sei sempre la stessa:
ami un altro,
ami in modo diverso,
ma sei sempre tu quella
che preferisce sacrificarsi,
piuttosto che veder sacrificarsi
il tuo amore per te.
 
 
  << Perciò, ho deciso che sarete voi ad accompagnare me e Uchiha Sasuke nel villaggio dell’Erba, dove avverrà l’incontro dei Kage per decidere le sorti del nunkenin. Avete le abilità giuste per bloccare lui in caso tenti di scappare. Accettate? >>
Alle parole severe di Tsunade-sama, Hinata, Ten Ten e Shikamaru risposero con un unico sì.
Hinata era stata scelta perché era capace di bloccare il chakra, Shikamaru perché era capace di bloccare il corpo e Ten Ten perché riusciva abilmente a bloccare le armi.
  << Partiremo questa notte, davanti alle porte nord di Konoha. >>
Un altro sì e poi tutti si congedarono. Hinata era felice di far parte di quella missione. Il solo pensiero di poter abbandonare per qualche giorno la sua vita di tutti i giorni le faceva battere il cuore più forte. Avrebbe passato più tempo con Sasuke, avrebbero potuto conoscersi meglio. Non vedeva l’ora.
 
Sasuke arrivò insieme a Tsunade direttamente dall’ospedale. Portava una benda nera intorno agli occhi ed era ammanettato dietro la schiena. Quella visione orrenda fece impaurire Hinata. Solo in quel momento si rese conto che c’era il rischio che a Sasuke venisse data la pena capitale, oppure che venisse carcerato per tutta la vita.
  << Sasuke non vede molto bene. >> disse Tsunade ad alta voce, interrompendo i suoi pensieri << Quindi ho bisogno di qualcuno che lo guidi. Chi si offre volontario? >>
  << Non mi serve. >> annunciò duro Sasuke << Sono stato allenato anche per cose come questa. >>
  << Orochimaru con te ha fatto un buon lavoro e siamo tutti sicuri di questo. >> rispose Tsunade, infastidita << Ma non mi importa, se decido che hai bisogno di aiuto, ne hai. >>
  << No. >>
  << Non obbiettare, o ti mando dritto alla forca! >> urlò la donna, esasperata << Hinata, stagli vicino. >>
Lei gli si affiancò, obbediente e felice di poterlo fare. Lui grugnì, e appena tutti cominciarono a muoversi lei gli andò più vicina.
  << Ti da fastidio se sono io ad aiutarti, Sasuke? >> chiese, in un sussurro.
  << Mi da fastidio dover dipendere da qualcuno. >>
  << Mi dispiace, Sasuke. Ammiro il tuo senso d’indipendenza. Vorrei tanto toglierti le manette. >>
Lui alzò le spalle e non rispose. Continuarono a camminare per tutta la notte, incessantemente. Si fece giorno, e continuarono a camminare, fermandosi solo all’ora di pranzo, per mangiare qualcosa. Non c’era spazio per conversazioni di nessun tipo. In quella missione così seria, c’era odore di morte.
Nel pomeriggio cominciarono a stancarsi, ma erano così a buon punto che l’Hokage non volle fermarsi. La sera si sarebbero accampati da qualche parte, ma fino ad allora non ci sarebbero state interruzioni.
Hinata prese dell’acqua dal suo zaino senza fermarsi e ne bevve a grandi sorsi. Poi guardò Sasuke, accanto a lei.
  << Vuoi bere, Sasuke? >> disse offrendogli la sua borraccia.
  << Non posso, con le mani legate. >>
  << Aspetta, ti aiuto io. >> allentarono un poco il passo e lei gli si avvicinò, portandogli la borraccia alle labbra.
Mentre lo guardava bere, sentì nell’aria odore di pericolo. Vide un kunai con attaccata della carta bomba colpire un albero vicino a loro ed ebbe appena il tempo di urlare << Bomba! >> e allontanarsi con Sasuke, che questa esplose.
Quando la nebbia causata dal fumo si diradò, gli altri si erano dispersi, mentre Hinata era rimasta davanti a Sasuke per difenderlo. Kunai alla mano, Hinata attivò il byakugan. Era pronta per combattere.
  << Va via Hinata, è me che vogliono uccidere. >> le disse Sasuke << Pensa a te. >>
  << Mai. >> rispose, forte e decisa.
  << Non essere sciocca. >>
  << Non ti lascio qui, Sasuke! >> urlò lei << Presto torneranno gli altri. >>
Lui sbuffò, arrabbiato. Era inutile tentare di convincerla, lei e il suo stupido spirito di sacrificio.
  << Quanti sono? >> mormorò, vicino al suo orecchio, in modo che solo lei lo sentisse
  << Sei. Tre a sud, a sessanta metri, due a ovest, circa quaranta metri e… sopra di noi! >>
Un uomo coperto da un cappuccio e da una sciarpa scura davanti alla bocca si scaraventò contro di loro dall’alto. La ragazza fermò la sua spada con un kunai, poi tirò un calcio per allontanarlo. Altri due, vestiti di scuro come il precedente, arrivarono in soccorso: allora cominciò la danza, Hinata caricò i pugni di chakra e cominciò a eseguire le tipiche tecniche della famiglia Hyuga, stando ben attenta a non allontanarsi mai da Sasuke.
Un pugno, un calcio in faccia, un palmo vicino alla spalla sinistra, ed il primo uomo era già a terra, fuori uno.
Evitò un Kunai, ne respinse un altro, sferrò un pugno a vuoto e poi tirò un calcio alla bocca dello stomaco del suo avversario: Hinata era migliorata, in pochi minuti ne fece fuori due.
Qualcuno cercò di colpirla alle spalle e lei non riuscì a girarsi in tempo, ma a quanto pare Sasuke era stato davvero ben allenato, perché anche senza vederlo tirò una testata e di seguito un calcio che mandò lontano il nemico, atterrandolo.  Hinata gli sorrise, anche se lui non poteva vederla. L’aveva salvata come prima lei aveva salvato lui. Gli altri nemici erano stati bloccati e sconfitti dagli altri componenti della squadra, arrivati poco dopo. Erano salvi.
 
Si era fatta sera. Nel pomeriggio avevano corso senza sosta. Adesso avevano acceso il fuoco e cucinato.
Per la notte, avrebbero fatto i turni per tenere d’occhio il fuoco e Sasuke. Il primo sarebbe toccato a lei. Due ore da sola con Sasuke, davanti al fuoco, erano per lei un immenso regalo. Quei loro piccoli e rari incontri avevano il potere di farla stare bene, di interrogarla su dubbi interiori e di trovare la serenità, per giunta imparando a conoscere una persona così tanto diversa da lei, che mai si sarebbe sognata di interpellare. Eppure, era successo.
La prima cosa che fece, seduta accanto a Sasuke, fu liberarlo dalle manette.
  << So che non scapperai. >> disse, mentre lui faceva scrocchiare tutte le ossa delle mani e dei polsi.
  << Non è nel mio stile scappare davanti alla morte. >>
Lei lo guardò accigliata, con occhi tristi. << Perché dici così? >>
  << Tutti muoiono, Hinata.  >> rispose lui, ricordando una loro precedente conversazione.
  << Lo so, ma… perché dici così? Pensi che verrai condannato a morte? >>
  << Sì. >> lo disse con profonda indifferenza, tanta da spezzarle il cuore.
  << No… >> obbiettò dopo qualche minuto lei << Io non lo permetterò. >>
  << E cosa faresti? >> chiese lui, ironicamente interessato.
  << Tenterei di far cambiare idea al consiglio dei Kage… oppure scapperei con te. >>
  << Non essere sciocca. >> un sorriso amaro si dipinse sul suo volto << Per quello che ho fatto, non ho una bella aspettativa di vita. O muoio subito, o muoio in carcere, o muoio lentamente. Fuori dal carcere, non sarei apprezzato in mezzo alle persone. Non sono ben voluto da tutti, ovviamente. Come hai visto, anche oggi hanno cercato di uccidermi. Morirò comunque vada, quindi è inutile sperare. >>
Hinata non sapeva cosa dire, di fronte a quella grande verità. Era incapace di aiutarlo o di trovare una soluzione. Sapeva benissimo, però, che non solo lei era alla ricerca di un modo per risolvere quella situazione. Anche Naruto e Sakura avrebbero lottato con tutte le loro forze per far accettare Sasuke nella società, e lei con loro. Adesso ne era certa.
  << Sasuke? >>
  << Mh? >>
  << Non hai mai parlato così tanto. >> disse, cercando di farlo sorridere, un atteggiamento che appariva innaturale su di lei << Fai paura, quando parli a lungo! >>
Lui riuscì a regalarle solo un mezzo sorriso che somigliava più ad una smorfia, ma comunque fu abbastanza.
  << Hyuga, toglimi le bende. >>
Lei obbedì, lentamente, e ancora una volta, quel sfiorarlo senza mai toccarlo la inebriò.
  << Non ti devi preoccupare per l’odio dei cittadini. >> sussurrò, smettendo di sbendarlo per accarezzarlo. A quel tocco, Sasuke si irrigidì, ma lei decise di non farci caso.
 << Prima o poi si affievolirà. Le persone dimenticano. Devi concentrarti sulle persone a cui tieni tu, al bene che ti vogliono. Hai tante persone che ti amano, questa è una bella prospettiva di vita. Hai ancora qualcosa in cui sperare. >>  gli disse quelle parole con tutta la dolcezza che aveva in corpo, cercando di essere convincente. Lei ci credeva davvero, e voleva trasmettergli la sua sicurezza.
Lui si voltò verso di lei. << Sorridi, Hinata. >> le disse.
Le sembrò strano, ma non poté fare a meno di assecondare la sua richiesta.
  << Cerco di vedere il tuo sorriso, ma non ci riesco. >> affermò, freddo e duro << Potrei rimanere cieco per sempre. >>
  << No, sai bene che la tua malattia è curabile, con un po’ di impegno. >>
  << Vero, ma questo, purtroppo, non posso farlo da solo e prima o poi mi dimetteranno dall’ospedale. Non ci sarà più nessuno ad occuparsi di me, se sarò ancora in vita. >>
  << Ma non è vero, c’è Sakura… ci sono io. Io ti aiuterò sempre, te lo prometto. >>
Sasuke accennò ad un sorriso. Cercò di guardarla, gli occhi neri e opachi fissi su di lei, malinconici e tristi, non più terribilmente freddi.
  << Comunque, non vedere è come morire un po’ ogni giorno… >>
E quelle parole, Hinata lo sentì in fondo al cuore, probabilmente erano indirizzate a lei in tante sfumature…



 


Salve salvino!
Il capitolo è tutto qui! Sasuke è finalmente partito per andare
incontro al suo destino, che ne sarà di lui?
Tanti interrogativi, soprattutto sulla morte, che fa "paura"
anche se non è prettamente dimostrato; da qui il titolo
del capitolo, che spero vi piaccia!
BESOS!
Tomoko.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9, Il giorno della pioggia malinconica. ***


Non innamorarti di me.

Capitolo 9, Il giorno della pioggia malinconica.
 
“Un amore,
qualunque amore,
ci rivela nella nostra nudità,
miseria, inermità, nulla.”
  -Cesare Pavese
 
Eccolo lì, il perché di tutto:
poter essere finalmente se stessi,
senza paura di venire giudicati,
senza paura di essere abbandonati.
 
 
 
L’acqua cadeva pesante, s’infrangeva contro il terreno facendo un gran baccano; un rumore perpetuo, estenuante, che pareva poter scalfire la roccia e penetrare il cuore. Correvano, affaticati, tutti sudici per quell’incessante pioggia che non dava spazio a rapidità e parole. Pensieri e stanchezza accomunavano i viaggiatori, notevolmente rallentati.
Era già pomeriggio, presto avrebbero potuto fermarsi e riposare.
Lui non le aveva rivolto parola, né cenno. Era stato strano, improvviso: avvertiva tensione nell’aria e non se lo sapeva spiegare. Era freddo, più del solito, dato che era chiaro che non era un tipo molto espansivo. Eppure, sentiva il cambiamento, lo sentiva nell’aria, misto all'odore della pioggia battente. E quel comportamento faceva riaffiorare in lei insicurezze e paure, sepolti da tempo insieme all’ascia di guerra. Quei sentimenti che provava le fecero capire che si stava affezionando, che aveva bisogno di lui più di quanto immaginasse, che in fondo ci teneva a lui… ed anche questo non se lo sapeva spiegare.
Nel pomeriggio, comunque, solo allora, riuscì a trovare il coraggio di avvicinarsi per parlargli. Si affiancò a lui, osservò la parte visibile del viso, notando la mascella contratta, la bocca serrata. Più lo vedeva bendato e più cercava di capire come facesse a correre senza paure verso l’ignoto, semplicemente seguendo il rumore dei passi degli altri.
  << Non farlo. >> disse lui cinico e freddo, interrompendo i suoi pensieri.
Non riusciva a capire nemmeno come avesse fatto ad avvertire la sua presenza. E’ un ninjia formidabile, pensò.
  << Co-cosa? >> ed ecco che ricominciava ad arrossire e balbettare. Fortuna che non poteva vederla.
  << Non farlo Hyuga. >> asserì << Non innamorarti di me. >> e fu glaciale.
Hinata avvampò, per poco non inciampò. Inspirò forte e cercò di ricomporsi. Era capace di leggerle nel pensiero, uno dei tanti motivi per cui si stava così tanto avvicinando a lui. Non capiva ancora se fosse amore, ma era certa che da lì all’innamorarsi il passo non sarebbe stato poi così lungo. Non tentò nemmeno di negare.
  << Perché dici così, Sasuke? >>
  << Tanti motivi. Primo fra tutti, sto andando a morire. >> affermò, con quel tono freddo e imperturbabile che oramai Hinata si era abituata a riconoscere. << Hai fatto un grande errore. >>
La giovane donna chiuse gli occhi, intristita e consapevole, sollevando il viso per sentire la pioggia infrangersi contro la sua pelle, a lavarle via le lacrime << Al cuor non si comanda. >>
  << …Perché? >> chiese lui, la voce adesso leggermente più calda, più roca, viva << Perché ti sei avvicinata così tanto a me? Perché mi hai fatto quell’assurda domanda durante la guerra? >>
Hinata lo guardo intensamente, mentre correvano. Allora, lui si ricordava anche di quella domanda insensata, causato dal caos di una guerra strappa cuore che le aveva portato via amore e famiglia?
  << Io… in quel momento ero molto triste e arrabbiata… la guerra mi ha portato via tutto, speranze inutili e il mio unico volto amico comprese. Non mi sono mai sentita amata e… beh, tu, nonostante tutte le tue azioni atroci, hai sempre avuto Naruto e Sakura a volerti bene. Io no. >> respirò forte, cercando di non perdere la calma << Credo di essermi avvicinata tanto a te perché mi sono sempre sentita capita. E’ come se tu leggessi nella mia mente. Sai.. mia madre morì quando ero molto piccola, mettendo al mondo la mia sorellina. Mio padre è sempre stato un tiranno e non mi ha mai apprezzato. Anche se in teoria ho una famiglia, non mi sono mai sentita amata. Tu hai avuto una famiglia, sei stato amato, ma poi tutto è scomparso… siamo sempre stati soli, noi due, in mezzo alla folla. Credo che è per questo, per tutto il dolore che ci rende simili, che ci somigliamo e capiamo. Io non ti giudico, tu non giudichi me, questo basta. >>
Lui non proferì parola. Continuò a guardare nel nulla, a correre, la mascella contratta e la bocca serrata. Niente, in tutto il suo viso, in tutto il suo corpo, lasciava capire cosa provasse. Freddo come una statua.
  << Non neghi l’alchimia che c’è tra noi, vero? >> sussurrò insicura, cominciando a pensare di essersi sognata tutto, di essere diventata pazza << Io l’ho sentito, ho percepito che… che anche tu senti lo stesso e… >>
  << Due rose blu in mezzo a tante rose colorate. >> borbottò lui, quasi non volesse essere sentito.
Quando realizzò, le si illuminarono gli occhi, contenta. Quella era la risposta di Sasuke, il suo modo di farle capire che per lui era lo stesso, che non era pazza, che sentiva le stesse cose, ma la sua indole lo spingeva a non dire o dimostrare mai nulla. E mentre lo scrosciare della pioggia faceva da colonna sonora, riscaldando, chissà come, i loro cuori, qualcosa nasceva, qualcosa di incomparabile.
  << Grazie, Sas’kè-kun. >>
  << No. Non farti del male, non innamorarti di me, Hinata… >>
 



 

E da qui il motivo del titolo di questa storia.
Un capitolo breve, eppure molto importante:
il confronto qui è basilare, e Hinata riesce
a comprendere meglio molte delle cose 
che stanno accadendo intorno a lei.
Spero che vi piaccia, e vi lascio il link
di una mia NaruHina vincitrice di un contest.
A presto !

www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2426253 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10, Il giorno della verità. ***


Non innamorarti di me.
 
Capitolo 10, Il giorno della verità.
 
“Ti amo,
perché hai posto la tua mano
sul mio cuore martellante,
senza badare alle stupide e inutili
cose che non puoi non notarvi,
e perché nei hai tratto fuori gli
elementi belli e luminosi
che nessun altro vi ha mai cercato e trovato”
  -Roy Croft
 
 
Stammi vicino anche se ti respingo,
cerca di capire ciò che non dico,
dammi quel gesto di cui ho bisogno.
 
 
Erano finalmente arrivati nel villaggio dell’Erba. Tsunade, accompagnata da Shikamaru, era già entrata nella sala riunioni che sarebbe stato il luogo della decisione. Si poteva già ipotizzare chi volesse la libertà o la morte di Sasuke: il Kazekage e l’Hokage da una parte, il Raikage e lo Tsuchikage dall’altra. Il Mizukage probabilmente avrebbe richiesto una via di mezzo. Dopo un più o meno breve consulto fra Kage, Sasuke sarebbe stato invitato ad entrare per farlo parlare e prendere l’ultima decisione. Poi, ancora un’altra riunione e alla fine la comunicazione della pena.
Hinata si sentiva molto agitata. Sicuramente molto più di Sasuke, che si dimostrava indifferente come al solito, seduto su una panchina proprio davanti alla porta sorvegliata della sala riunioni, gli occhi bendati e i polsi legati. Lei si torturava i pollici, nel suo modo usuale.
Lei lo guardava ed il vederlo così calmo e composto non faceva altro che renderla ancora più ansiosa. Si chiedeva come facesse a rimanere così freddo, così deciso ad essere impenetrabile, se davvero non gli importasse come sembrava. E allora cominciavano le domande serie, quelle a cui non vorresti mai rispondere perché non ti piacerebbe quello che sentiresti. Desidera morire?
Allora Hinata si agitava, desiderava solo smettere di pensare, smettere di preoccuparsi. L’amore anche se è bello è una gran rogna, si ritrovò a pensare, ormai sconfortata, ti fa decisamente soffrire il doppio.
  << Smettila di torturarti. >> le disse la sua ormai migliore amica da tempo immemore, TenTen << Di cosa ti preoccupi? >>
La ragazza non rispose. Lei non capiva, ma d’altronde come poteva? Nessuno era a conoscenza di quello che stava accadendo tra lei, erede del Clan Hyuga, e quello che in teoria avrebbe dovuto essere il suo più acerrimo nemico, Sasuke Uchiha, unico superstite del Clan Uchiha, prima Nunkenin, poi assassino, poi eroe. Non era nemmeno concepibile.
  << Hyuga. >> chiamò allora lui, che nonostante le sue labbra si muovessero per parlare, rimase immobile << Vieni. >>
Hinata obbedì lesta e si avvicinò a lui, piano gli si inginocchio davanti, per poter arrivare alla sua altezza.
  << Dimmi. >> sussurrò appena, riscoprendosi agitata e imbarazza per la persona che pian piano cominciava ad amare.
  << Davvero, smettila di agitarti, non c’è motivo. >>
La ragazza non perse nemmeno tempo a contraddirlo, ben capendo quanto fosse inutile ribadire sempre gli stessi concetti. Lo guardò, cercò di capire cosa pensasse, di captare il minimo accenno di ansia, che però non arrivò.
  << Sasuke >> chiamò allora lei, la voce timida << Posso cambiarti la benda? Tengo le mani occupate. >>
  << Come vuoi. >> rispose lui, totalmente indifferente.
Allora Hinata prese il kit medico, con le mani improvvisamente tremanti sfiorò appena le guance di Sasuke per arrivare a sciogliere la benda, e non poté non notare quanto la sua pelle fosse calda, in continua ebollizione. Lentamente, lo liberò dalla benda. Rivedere i suoi occhi, così scuri, opachi, privi di luce e di emozione, era sempre un tuffo al cuore. Erano così insensibili, nel senso stretto di non poter sentire o provare nulla, che ci si specchiava dentro, vedendo il proprio volto, gli occhi chiarissimi, tutto ciò che avrebbe dovuto vedere lui. Scosse il capo con vigore, per togliersi dalla mente quei pensieri, per poi sollevargli appena il viso e mettergli le gocce.
  << Ti manca, Sasuke? >> chiese all’improvviso, per poi aggiungere un secondo dopo, rendendosi conto di essere stata poco chiara << Ti manca non vedere? >>
  << Molto. >> ed era strano sentire quella parte di Sasuke, quella che ammetteva le proprie debolezze.
  << E cosa desideri vedere?>>
  << Ogni cosa. >> borbottò Sasuke, abbassando la voce di due o tre toni << Il tuo viso. >>
  << Vorresti vedere me? >> si stupì Hinata, arrossendo di colpo.
  << Sì, per vedere se sei cambiata dalla guerra. >> rispose lui << O per vedere se adesso sei rossa come un pomodoro. >> e stavolta fu canzonatorio.
Fu ovvio, la ragazza arrossì ancora di più, e quando per sbaglio gli sfiorò una mano, la sua schiena fu pervasa da scariche elettriche.
  << Se… se vuoi puoi… toccarmi. >> affermò Hinata, balbettando imbarazzata.
  << Come, scusa? >> chiese lui, che ovviamente non aveva capito nulla.
  << Puoi.. toccarmi. Per vedere com’è fatto il mio viso. Non è così che si fa, di solito?... si utilizzano gli altri sensi, giusto? >> la sua voce titubante, timida, imbarazzata.
Sasuke alzò per un attimo il sopracciglio, notevolmente stupito. Poi, senza mostrare esitazioni, avvicinò le sue mani a lei, toccandole i lunghi capelli. Con le dita le sfiorò le guance, seguì il contorno degli occhi, il naso definito, per poi sfiorarle appena le labbra piene. E lei non riuscì a fare a meno di chiudere gli occhi e di godere di quelle carezze calde, di quelle mani come fuoco, di quella dolcezza che mai si sarebbe aspettata dai tocchi semplici e crudi di lui. All’improvviso ritrasse le mani, come bruciato, e lei, aprendo gli occhi per vedere cosa stesse accadendo, vide il suo viso turbato e contratto, quasi arrabbiato.
  << Sasuke… che c’è? >> chiese titubante, il cuore in gola che pompava forte.
Vide il suo pomo d’Adamo scendere vorticosamente, e quando sentì la sua voce le parve dura e triste.
  << Hinata… tu sai cosa ho fatto, vero? Sai cosa sono? >>
Lei si stupì, spalancando gli occhi. << Che intendi? >> mormorò.
  << Con le mani che ti hanno appena toccato io ho ucciso tante persone per compiacere Orochimaru. Ho ucciso mio fratello per vendetta. Ho colpito e ferito più volte i miei stessi amici. Come fai a volere le mie mani su di te dopo aver saputo tutto questo? >>
Hinata per un attimo rimase bloccata, completamente scioccata. Sapeva già tutte quelle cose, ma non ci aveva mai riflettuto a fondo. Ma in fin dei conti, non aveva senso pensarci: la risposta sarebbe sempre stata la stessa.
  << Non importa Sasuke, tutti fanno degli errori e… >>
  << Non essere sciocca. >> la interruppe duramente lui << Dovresti scappare da me, più lontano possibile. >>
  << Io so cosa sei, Sasuke. >> un bellissimo sorriso, il primo dopo tanto tempo, si dipinse sul suo viso << Non sei né un assassino, né un traditore. Sei semplicemente una bellissima persona macchiata dal dolore e che ha commesso degli errori. >>
Lentamente, quasi avesse paura che quel contatto potesse infastidirlo, posò la mano sul suo petto, dove stava il cuore.
  << Io so che in fondo sei gentile e premuroso, a modo tuo. Sei una persona buona, anche se complessa, ma comunque capace d’amare. >>
Sasuke allora, anche se era stupito da quelle parole pronunciate con tanta dolcezza, cercò di fissare i propri occhi in quelli di lei. Fece uno sforzo immane per distinguere i suoi tratti, ma cercò comunque di vederla, per poter farle capire ciò che veramente voleva dire.
  << Non voglio che tu veda il disastro umano che sono. >> disse, la voce dura e roca, mentre ancora una volta ammetteva le sue debolezze << Non innamorarti di me, è inutile. Tempo perso. >>






 

Eccomi qui, con il decimo capitolo n.n
fatemi notare se ci sono errori, fatemi 
sapere se vi piace o se fa schifo u.u
Spero tanto che vi piaccia!
A presto,
Tomoko.

PS: Ho una nuova long: 
 
Elleboro - Forza e Rinascita.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2426253&i=1

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Capitolo 11
*** Capitolo 11, Il giorno del giudizio. ***


Non innamorarti di me.
Capitolo 11, Il giorno del giudizio.
 
“Ti amo,
non per ciò che sei,
ma per ciò che sono io
quando sono con te.”
  - Roy Croft
 
La sua dolcezza irradia,
la sua gentilezza contamina l’aria,
niente può rimanere brutto e immutato
al suo passaggio.
 
  << Perché? >> chiese, gli occhi infinitamente tristi << Perché sarebbe inutile amarti? >>
  << Perché io non potrò amarti. >> rispose lui, secco << Vuoi rimanere sola ancora una volta, innamorata stupidamente? >>
Il viso di lei si contrasse in una smorfia mentre cercava nel suo sguardo un emozione fugace. Ma il suo volto non conosceva nemmeno la parola emozione.
  << Amare non è mai inutile, è importante, essenziale nella vita! >> disse lei, con veemenza << Ti ci farò credere prima o poi! >>
  << Tsk. >> sbuffò lui, contrariato, voltando il viso << Sciocca. >>
Gli occhi le si riempirono di lacrime, piccoli pezzi di cuore distrutto che riemergevano attraverso lo specchio dell’anima, ma cercò di non darlo a vedere. Gli si sedette accanto cercando di ricomporsi.
  << Lotta. >> sussurrò, la voce quasi inudibile << Non lasciarmi sola. >>
Lui non rispose, continuò a guardare il vuoto mentre lei lo ricopriva con una benda pulita. Come se fosse l’ultima volta che lo avrebbe visto, prese a toccarlo, impunemente, come prima aveva fatto lui. Spinta da un coraggio e da un senso di bisogno che non sapeva nemmeno di avere, gli sfiorò i capelli, il segno della benda, la linea delle guance, la bocca rosea e perfetta. E poi ancora, le spalle large e possenti, le braccia rassicuranti, i polsi sottili ed eleganti, fino a stringere la mano nella sua. Non sapeva perché sentiva il bisogno di farlo, di sentire quella pelle così mortalmente candida eppure così infuocata di vita sotto i suoi polpastrelli, ancora non l’aveva capito appieno, ma ciò non importava. Per la prima volta si lasciava andare senza rimuginarci troppo, agiva come il cuore le comandava, senza se.
Lui abbassò il viso, come a cercare di vedere quel contatto, nonostante avesse la benda sugli occhi. Stupito da quell’adorabile dolcezza, da quel bisogno di affetto, così estremo e simile al suo, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Perché sì, si sentiva come quella ragazzina timida e incapace che si era riscoperta forte e determinata, perché si era ritrovato a parlarle di punto in bianco, perché non avevano più niente da perdere, ormai. Eppure lei lo stava riavvicinando alla vita, lo stava costringendo a lottare, anzi, meglio, gli stava dando un motivo .
  << …non andare via. >> e la voce le si mozzò in un singulto, quando vide la porta davanti a loro aprirsi e Shikamaru invitarlo ad entrare.
  << Ti prego. >> sussurrò ancora, lasciandogli la mano mentre lui si alzava.
Non udì risposta, non l’aspettò neanche, lui semplicemente entrò nella sala chiudendosi la porta alle spalle, lasciando lei e il mondo fuori, a piangere per un destino ormai scritto.
 
  << Dato che sono il tuo Hokage, parlerò io a nomi di tutti.  >> disse Tsunade, dura come una roccia << In questa sala, due persone sono a favore alla pena di morte, due alla libertà e una alla prigionia. Non c’è motivo di spiegare chi o perché. Siamo dunque in disaccordo e abbiamo bisogno di sentirti parlare per decidere. Ebbene, tu cosa desideri? >>
  << La libertà. >> rispose brevemente lui.
  << Cosa ti spinge a desiderare di non morire, lurido bastardo?! >> urlò il Raikage, arrabbiato.
Tsunade gli lanciò uno sguardo di disapprovazione << Eravamo d’accordo che sarei stata io a parlare. >>
  << Oh per favore, niente buone maniere con un traditore! >>
 << Desidero la libertà perché non ho intenzione di scomparire, né di uccidere qualcuno o tradire nuovamente. >> la sua indifferenza lasciava senza parole.
  << Non basta, cazzo! >> urlò immediatamente il Raikage, deciso a farla finita. << Lo uccido io, ora! >>
  << Adesso basta, Raikage. >> disse la voce seria e profonda di Gaara, il più giovane tra loro. Guardò il viso di Sasuke, comprendendone i pensieri, per poi parlare << Sasuke, vogliamo i veri motivi, non quelli ovvi. Cos’è importante per te, chi ti spinge a desiderare la libertà? >>
Allora, Sasuke ingoiò il boccone amaro, capendo esattamente cosa Gaara voleva sentirsi dire. Per salvarsi la pelle, avrebbe dovuto ammettere le proprie debolezze, la sua debolezza, una cosa che mai avrebbe immaginato di fare fino a pochi mesi prima.
Eppure gli bastava pensare a quel profumo, a quegli occhi, quella dolcezza innata, per riuscire a ingoiare l’odio e la rabbia che avrebbe voluto urlare e il desiderio di rispondere a dovere, un gesto che il Sasuke di prima non avrebbe mai compiuto per il bene di qualcuno.




 


Ecco qui un nuovo capitolo, che non ci crederete,
ma è stato allungato di molto n.n Importante,
importantissimo, e adesso si decide il destino.
La storia si concluderà fra due capitoli,
anche questi molto corti e umili, mi spiace.
Spero che vi piaccia n.n
A presto,
Tomoko.

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Capitolo 12
*** Il giorno dell'illusione. ***


Non innamorarti di me.

Capitolo 12, Il giorno dell’illusione
 
“Cercherò sempre di cacciare
tutte le malignità dal mio cuore
per farvi fiorire l’amore”
  - Rabindranath Tagore
 
 
E null’altro gli resta
che il desiderio di renderti felice,
di vedere finalmente il tuo sorriso,
di farti credere all’illusione dell’amore.
 
 
  << Non ci posso credere! >> disse Hinata felice come non mai.
Lo disse per tutto il viaggio di ritorno, lo pensò tutta la notte, fino al giorno dopo, quello in cui finalmente rivide Sasuke, e allora glielo ridisse due, tre volte. << Sei libero, non ci posso credere! >>
E sorrideva, sorrideva sempre, anche mentre evitava le strade affollate in modo che lo vedessero e giudicassero meno persone possibili, anche quando correva da Ichiraku e ne usciva con due ciotole fumanti piene di ramen che probabilmente le stavano ustionando le dita, anche mentre si graffiava le ginocchia arrampicandosi sulla montagna dei Kage per sfuggire a occhi indiscreti. Sempre sorrideva, rideva gioiosa, nulla poteva togliergli quella felicità.
  << Non ci posso davvero credere! >> rideva ancora, mentre lui borbottava il suo solito  <> anche se stavolta con un sorriso appena accennato, che però c’era e tanto bastava.
E allora Hinata correva nei campi, mentre lui dall’ombra di un albero tentava di seguirla con lo sguardo, ballava nuda sull’acqua alla luce della Luna, mentre lui ascoltava piano il fruscio tremulo del vento fra gli alberi, lo sgorgare allegro dell’acqua, la sua risata felice e il canto melodioso.
Ed era tutto così bello, così bello; non servivano parole, loro si conoscevano per come erano davvero, non più due esponenti dei Clan più influenti di Konoha, non più una timida ragazzina incapace di fare qualsiasi cosa, sola e inerme alla vita, non più un ragazzo psicotico con manie vendicative, assassino e traditore, ma semplicemente un uomo e una donna, che mai avrebbero immaginato di trovarsi in mezzo alla gente, mentre si sentivano soli e diversi, come due rose blu in un campo di rose variopinte.
E così lei viveva, e lui godeva del suo profumo, del timbro sereno della sua voce, della sua gentilezza e tenerezza, di quell’amore a lungo desiderato e mai ricevuto.
Si fece pomeriggio, poi sera e poi ancora notte, e quindi lui la riportò a casa, o almeno fino a dove poteva arrivare.
Il vicolo era buio, la Luna loro unico spettatore.
  << Tornerai vero? >> sussurrò Hinata, guardandolo in quegli occhi ancora ciechi << Passeremo ancora giornate come queste? >>
  << Non ti ci abituare. >> disse lui, ancora con quell’essere atono che lo rendeva inconfondibile.
  << Grazie, Sasuke. >> disse, baciandogli lievemente una guancia << Grazie per aver lottato, per essermi restato a fianco nonostante tutto, per avermi regalato il sorriso. >>
Lui rimase muto per un po’ come suo solito, senza mai dimostrare i propri pensieri o sentimenti. Lasciò cullarsi da quelle mani, fresche come l’acqua di una cascata, a contatto con le sue, che erano fuoco puro.
Poi si abbassò un poco, per la prima volta titubante le baciò dolcemente la fronte, stupendola e facendola arrossire come non mai. Rimase lì, inspirando il suo profumo fresco di lavanda, appoggiandosi completamente a lei, lui che non aveva mai sentito il bisogno di farlo con nessuno. Inspirò, ancora, si calmò.
  << Non innamorarti di me. >> sussurrò brevemente, per poi interrompere quel contatto, darle le spalle e andare via.
Percorse qualche metro in solitudine, sicuro di avere i suoi occhi terrorizzati addosso.
  << Sei tu che non vuoi innamorarti. >> disse lei, abbastanza forte perché lui potesse sentirla e bloccarsi << Lo dici sempre a me, ma in realtà lo ripeti a te stesso, perché non vuoi innamorarti, non puoi. >>
E cominciò a singhiozzare, e quel pianto disperato spezzò il suo cuore di pietra, quello plasmato da anni di terrore, odio e dolore. Ripercorse la distanza e in due falcate fu da lei, ad asciugarle le lacrime, cosa che mai, mai, mai nella sua vita si era sognato di fare. Si odiava, odiava lei e odiava se stesso, perché aveva completamente perso il controllo del suo corpo, del suo essere.
  << Non vuoi perché sei uno stupido… uno stupido… un maledetto stupido… >> disse lei disperata continuando a singhiozzare.
  << Shh. >> la zittì lui, e dato che non la smetteva, o forse perché non sopportava più di bloccare i suoi impulsi, oppure un po’ entrambi, la baciò, con quell’ardore e violenza solo suoi, con quella passione e dolcezza che nessuno immaginava potessero appartenergli, a giudicare dalla copertina.
E la baciò, con passione, a lungo, con le mani nei suoi capelli, sulla sua nuca, sul suo collo, sulla schiena sinuosa, interrompendo i singhiozzi, anche se le lacrime continuavano a scorrere ugualmente.
  << Io sono un maledetto stupido e tu sei dannatamente perfetta. >>
 
 
 
E tu mi hai fornito emozioni
a sufficienza per una vita intera.”
  -Edward Bunker


 


Il prossimo sarà il capitolo finale, sì!
Questo è pieno di dolcezza, di tutto!
SPERO CHE VI PIACCIA!
 

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Capitolo 13
*** Il giorno della fine. ***


Non innamorarti di me.
Capitolo 13, Il giorno della fine.


“L’amore è solo un tiro mancino
giocato a noi per ottenere
la continuazione della specie.”
  - W. Somerset Maugham
 
E c’è tanto dolore, 
tanta illusione,
eppure così tanta speranza.


C’era odore di pioggia nell’aria, il terreno era umido, probabilmente quella notte aveva piovuto ancora.
Il cielo era sereno adesso, qualche nuvola, ma il sole stava lì, immobile, spettatore di ogni cosa.
Qualche stormo di uccelli ad annunciare la primavera, odore di fiori appena sbocciati: profumo di primule, papaveri, rose e mirtilli.
Hinata ascoltava, annusava, toccava, in tutt’uno con la Natura. Stava lì da mezza giornata, davanti alle porte del villaggio, e le guardie di stanza lì la guardavano straniti. Completamente vestita di nero, come fosse ad un funerale, sulla schiena il marchio degli Hyuga e davanti, sul cuore, nascosto tra il tessuto morbido, un piccolissimo stemma cucito a mano da lei stessa, quello degli Uchiha.
  << Hinata. >> una voce triste e femminile la richiamò.
Dietro di lei, Naruto e Sakura la guardavano, preoccupati, mentre si tenevano per mano. Lei si divincolò dalla presa, fece qualche passo in sua direzione. Poggiò la mano sulla sua spalla e solo allora Hyuga Hinata si voltò. Gli occhi bianchi tristi e cupi, un sorriso amaro dipinto sul suo volto.
  << Quindi… è andato via? >> sussurrò, la voce appena udibile. Vide la sua amica annuire.
  << In realtà, non è mai tornato. >> rispose << E’ stato condannato a due anni di carcere. >>
Fu la volta di Hinata di annuire. Poi si voltò, riprendendo ad osservare la Natura, le porte del villaggio.
  << Vedi… ha utilizzato lo Sharingan su di te, rischiando di rimanere cieco a vita. >> disse ancora Sakura, infierendo un altro colpo al suo fragile cuore << Ti ha intrappolato in un’illusione che è durata giorni. >>
  << L’ho capito, non sono stupida. >> e la sua risposta fu dura, come non mai. Come quelle che avrebbe dato Sasuke.
Lei si stupì, la guardò di traverso, e allora tentò di chiarire come meglio poteva la cruda verità, ostile da capire anche a lei stessa.
 << Potrebbe morire di sete e di fame, in carcere, oppure per la malattia che ha agli occhi. Oppure potrebbe farcela e comunque non tornare, non mi aspetterei niente di diverso. >>
La mora non fece una piega, rimase impassibile. Sakura capì che non era aria e ripercorse i suoi passi, tornando indietro, ma cambiò idea e la richiamò ancora una volta.
  << Hinata? >> disse, richiamando la sua attenzione << Scusa se te lo chiedo ma… cosa c’era fra voi? >>
  << Non saprei. >> rispose lei, bloccando la frase lì. In realtà voleva dire: “non saprei come spiegarti una cosa tanto importante e grande che tu puoi solo immaginare”, ma non si permise di andare oltre.
Solo io e te sappiamo, Sasuke, pensò lei, osservando uno strano fiore dai petali a cuore di un mistico color blu notte, non dubito di te, Sasuke, perché tornerai, per me. Sei caldo, un fuoco arde dentro di te, il desiderio nei tuoi occhi, l’amore nell’anima, il dolore nel cuore. Mi hai intrappolato in un’illusione, dandomi ciò che desidero davvero: è la dimostrazione di quanto mi conosci, del modo in cui sai capirmi senza parlare… in poco tempo ci siamo trovati e ci siamo fatti scudo l’un l’altro, ci siamo capiti, compresi, mai giudicati, siamo diventati un noi, quello a cui tornare, sempre. C’è una lotta continua dentro te stesso, una guerra, fiamme e fiamme che non si spengono mai. Vorresti dimostrarmi chi sei davvero, essere buono per me, non mostrarmi ciò che credi di essere, il tuo dolore, il rancore, l’odio verso te stesso. Pensi che io non sappia sopportarlo? Ho visto di peggio, ed anche il mio cuore è nelle tenebre. Nonostante questo, tu lotti contro di te, perché il tuo cuore brucia per me, ma la tua mente ti costringe a rifiutarmi, a scappare da ciò che ti rende felice. Hai paura, paura della felicità.       Ma alla fine tornerai, Sasuke, perché mi ami.
Tornerai, vero?
 
“E’ l’amore, non la ragione,
che è più forte della morte.”
  - Thomas Mann




 
 Così si chiude questa mia prima storia
SasuHina. Un pò strano come 
finale, decisamente triste,
ma chissà che non ci sia un sequel!
Ringrazio tutti i lettori e tutti
coloro hanno recensito così calorosamente.
Siete sempre fantastici, davvero!
Un grazie infinito,
Tomoko.

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