Postfazione

di Earth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In cui qualcuno di inaspettato arriva a casa Williams ***
Capitolo 2: *** In cui Anthony scopre di non essere figlio unico ***
Capitolo 3: *** In cui Amy ricorda le stelle ***
Capitolo 4: *** In cui il Dottore cerca la sua giacca ***



Capitolo 1
*** In cui qualcuno di inaspettato arriva a casa Williams ***


ATTENZIONE: Spoiler 7X05!!!

Anthony è il bambino che adotteranno/adottarono Amy e Rory nel 1946, Susan me la sono inventata!





Capitolo 1

In cui qualcuno di inaspettato arriva a casa Williams




Era un giovedì pomeriggio.
Nei giorni precedenti la neve era caduta silenziosa sulle strade e sui tetti di quella giovane e allegra Manhattan dipingendo tutto di quel pallido tepore che Anthony aveva imparato ad associare al Natale.
Sul marciapiede un signore se ne stava in piedi accanto alla fermata dell'autobus, stretto nel suo cappotto rosso e con un ridicolo berretto a strisce colorate che gli ricadeva sulla fronte.
Erano quasi le cinque ed Anthony lanciò uno sguardo oltre il vetro della finestra del salotto giusto in tempo per vedere il berretto colorato sparire dietro le porte dell'autobus che si richiudevano. Osservò il pullman correre lungo la strada, rallentare davanti al luminoso ingresso del negozio di giocattoli e svoltare a sinistra come ogni sera.
« Dove è finita la matita gialla? »
Anthony lasciò andare la scia ormai invisibile dell'autobus e si voltò verso Susan. La bambina dalle treccine troppo chiare per essere bionde stava rovistando frettolosamente nella scatola delle matite colorate e quasi tutti i pastelli erano stati sparpagliati di qua e di là sul tavolo del salotto come i petali di una margherita con la quale si è giocato a m'ama-non m'ama. Ma nemmeno tra i pochi colori che ancora rimanevano nella scatola sembrava esserci quello che Susan stava così disperatamente cercando.
« Uffa! » sbuffò la bambina lasciandosi cadere contro lo schienale della sedia « Anthony non è possibile! Perché ti ostini a comprare le scatole a cui mancano i colori? E poi sono sempre quelli che servono a me! »
Il bambino sorrise vedendo la sua amica imbronciarsi e lei se ne accorse:
« Beh! Non c'è niente di divertente! » disse incrociando le braccia al petto e tirando su il mento in un pessimo tentativo di sembrare offesa tanto che Anthony non poté impedirsi di ridere. « Signorina Susan mi dispiace! La prossima volta dirò al tipo dei giocattoli di controllare che i colori non siano scappati dalla scatola prima di comprarla! » le disse tra una risata e l'altra.
Lei lo guardò di traverso, ma un sorriso largo come una fetta di cocomero le si era già appiccicato sul viso.
« Dammi qui! » disse Susan e con un gesto fulmineo afferrò il foglio su cui Anthony stava disegnando e se lo portò davanti alla faccia.
« Hei! Non vale! Ridammelo Su! » protestò il bambino cercando di riprendere il suo disegno incompleto, ma Su saltò giù dalla sedia e iniziò a correre attorno al tavolo.
« Ma guarda che bello! » esclamò la bambina mentre Anthony le correva dietro sbracciandosi per afferrare il foglio.
« No, Anthony, dico sul serio » disse Su fermandosi di scatto tanto che Anthony rischiò di finirle addosso « Sei proprio bravo. Che cos'è un albero di Natale? »
« Si, e se lo avessi finito non sarebbe mezzo bianco! » brontolò il bambino tornando al tavolo su cui le matite colorate erano ancora sparpagliate.
« E i regali? Secondo me, dovresti disegnare anche i regali! Tutti colorati! »
Anthony stava per ribattere, ma qualcosa che spuntava da un angolo del tappeto attirò la sua attenzione.
« Trovata! » esclamò raccogliendo la matita gialla dal pavimento « ecco qui, il giallo è tornato! »
Susan lo raggiunse con un balzo, osservò il pastello per qualche secondo con aria indagatrice, poi lo afferrò, lo fece volteggiare in aria come una spada e lo puntò contro il naso di Anthony « Grazie » disse sorridendo mentre tornava a sedersi al suo posto.
Anthony la guardò frastornato per qualche secondo, poi le si avvicinò.
« E tu invece ? Cosa stai disegnando? » chiese sporgendosi oltre la spalla della ragazzina: sul foglio di carta era stato disegnato quello che sembrava un grosso squalo o un pesce rosso in un acquario troppo piccolo. Lo sfondo era bianco, solo un angolo del foglio aveva cominciato a dipingersi di azzurro, ma i tratti frettolosi del pastello si fermavano dopo qualche centimetro.
« E questo che cos'è?» chiese Anthony indicando una specie di sorriso che Susan aveva appena tracciato sul lato sinistro del foglio con la matita gialla.
« È la luna!» esclamò la bambina voltandosi a guardarlo.
Anthony alzò un sopracciglio « E cosa se ne fa un pesce rosso della luna? »
Susan sgranò gli occhi « Anthony!» disse indispettita « non è un pesce rosso! È una balena!» e il bambino lanciò un nuovo sguardo al disegno sul tavolo. Effettivamente ora che ci pensava quel pesce era troppo grigio per essere un pesce rosso. Ma comunque non capiva, cosa se ne faceva una balena della luna? Così continuò a guardare Susan con aria interrogativa. « È una Balena Astrale » spiegò la bambina « la storia che ci ha raccontato la tua mamma l'altro giorno ricordi? L'ultima delle Balene Astrali che salvò i bambini della terra! »
Anthony sorrise. Certo che si ricordava quella storia, una delle tante. Susan era letteralmente innamorata delle favole della sua mamma. Ogni volta che veniva a casa loro e la mamma non era occupata con il lavoro o con le faccende domestiche Susan era lì, pronta con gli occhi sognanti ad ascoltare le impossibili avventure che improbabili eroi avevano vissuto in questo o quell'altro mondo.
« Secondo te è vera? » esclamò la vocetta di Su.
« Cosa? » chiese Anthony guardandosi intorno, spesso aveva la sensazione di perdersi dei pezzi di conversazione quando stava con quella ragazzina.
« La storia della balena » rispose lei continuando a riempire lo sfondo bianco del suo disegno con segni gialli che probabilmente dovevano essere stelle.
« Ma ti pare Su! » Anthony scoppiò a ridere « È una favola! »
« Ma la tua mamma ha detto che era vera! » la voce di Susan era incredibilmente seria.
« Lei lo dice sempre per tutte le sue storie, ma lo dice solo perchè dirlo fa parte della storia. »
Susan corrucciò la fronte « E allora come ha fatto l'altro giorno a parlare in spagnolo con la signorina Hada? »
« Ma questo cosa c'entra! » era mai possibile che Su riuscisse a passare da un argomento ad un altro senza un minimo di logica?
« Niente » disse la bambina lasciando perdere il suo disegno e sedendosi a gambe incrociate sulla sedia « ma i tuoi genitori conoscono un sacco di lingue. Prima il signor Williams parla in russo con quel tipo alla stazione e poi ti ricordi quella volta al parco con quei due ragazzini che parlavano con la erre moscia? E perché tu parli solo l'inglese? »
«Susan saranno almeno ventitré volte che me lo chiedi! I miei prima di venire qui a Manhattan hanno viaggiato per l'Europa, è lì che hanno imparato le lingue, io ancora non c'ero!»
« Giusto, giusto...» poi Susan saltò giù dalla sedia e raccolse il suo zainetto rosa da sotto il tavolo.
« Comunque è ora che torni a casa » disse facendo scivolare il suo disegno dentro lo zaino per poi sistemarselo sulle spalle.
In quel momento il campanello suonò.
« Arrivederci signora Williams e buone feste » disse Susan affacciandosi alla porta della cucina dove una signora Williams con i capelli rossi legati alla bel e meglio e un grembiule a fiori stava controllando qualcosa nel forno acceso.
« Ciao Susan!» disse Amy voltandosi a salutare la bambina « Buon Natale! E ringrazia tua mamma per il soufflé della settimana scorsa! »
Il campanello risuonò.
« Anthony per favore vai tu ad aprire, papà deve essersi dimenticato di nuovo le chiavi » disse poi tirando fuori tre piatti dalla credenza.
Così Anthony e Susan trotterellarono verso l'ingresso.
Arrivati alla porta il bambino afferrò la maniglia e l'aprì, ma sul pianerottolo non c'era il papà che aveva dimenticato le chiavi, bensì una sconosciuta signora con un lungo, elegante cappotto nero ed una criniera di ricci biondi.
La donna scrutò i due bambini per qualche secondo, come se fosse sorpresa di vederli lì, poi sorrise.
« Sto cercando Amelia Pond » chiese.
Amelia Pond? Pensò Anthony: nessuno chiama la mamma Amelia Pond a parte il papà.
« Allora io vado » disse Susan e sgattaiolò verso le scale « Ciao Anthony! Ci vediamo domani! »
« Ciao Su » le rispose lui di rimando osservandola saltare i gradini a due a due come al solito.
Poi Antony tornò a guardare quella strana signora davanti a sé: cosa aveva di strano?
La donna continuò a sorridergli « in casa non c'è nessuno? » chiese lanciando uno sguardo all'angolo di salotto visibile dalla porta.
Ecco cosa aveva di strano. Anthony ricordava tutte le persone che conoscevano, ma questa non l'aveva mai vista. La fissò ancora per qualche istante seguendo il movimento di un ricciolo che le ricadeva sulla fronte, cercando di ricordare se l'avesse già incontrata, ma niente.
« Mamma! » gridò allora « ti vogliono alla porta!».
Un rumore di stoviglie che cadevano arrivò dalla cucina, seguito dalla voce della mamma: « Anthony quante volte devo ripeterti di non urlare? Così ti sentono fino alla...»
Luna si disse mentalmente lui aspettandosi che Amy finisse la frase, ma quella parola non arrivò.
Anthony vide la donna bionda spostare lo sguardo su di un punto imprecisato sopra la sua testa. Si voltò e vide la mamma immobile davanti alla porta con lo sguardo di chi ha appena visto un fantasma.
« River...» le sentì sussurrare a mezza voce.
« Ciao mamma » rispose la sconosciuta. Quelle parole seguite dal tonfo di una busta che cadeva per terra fecero voltare il bambino di scatto. Dalla rampa di scale aveva appena fatto capolino suo padre e anche lui osservava imbambolato quella signora. Anthony vide la mamma e il papà scambiarsi uno sguardo, poi Amy sembrò riacquistare improvvisamente vita.
« River!» esclamò abbracciandola. Nella sua voce c'era tanta gioia mista ad una quantità indecifrabile di sorpresa, come quella volta che il papà le aveva regalato un mazzo di rose senza motivo.
Anthony le osservò confuso, le vide entrare in casa e le sentì ridere. Chi era questa River?
« Rory, che fai? Vuoi restare lì impalato tutta la sera?» gridò Amy dal salotto.
Anthony lanciò uno sguardo interrogativo al padre il quale, dopo qualche altro momento di sgomento, raccolse la busta della spesa che aveva lasciato cadere e mosse qualche passo incerto verso la porta di casa fermandosi sulla soglia accanto ad Anthony.
« Papà, chi è quella signora? » chiese il bambino nella speranza di capirci qualcosa, ma, a giudicare dallo sguardo ancora stupito del padre, capì che non avrebbe avuto tanto presto una risposta decente.
« River Song » gli rispose, però, Rory « lei è... lei è tua sorella.»







NdA:
Salve a tutti ^.^ prima di tutto ringrazio Lady Viviana per il betaggio, per i consigli e la pazienza! Thanks! E poi ringrazio te che sei arrivato/a a leggere fino qui ^.^ come forse ho già detto i capitoli della storia saranno solo 4 e sono quasi pronti, quindi tenderò a pubblicare circa una volta alla settimana! Spero vi sia piaciuto questo primo capitolo e vi ricordo che se volte lasciarmi una recensioncina piccina piccina, per farmi sapere il vostro pensiero, mi farete tanto felice ^.^

un bacione a tutti e a presto XD

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Capitolo 2
*** In cui Anthony scopre di non essere figlio unico ***


Capitolo 2

In cui Anthony scopre di non essere figlio unico





Su per le scale Rory aveva incrociato la piccola Susan che lo aveva salutato frettolosamente con la mano mentre scendeva i gradini a due a due. Poi il signor Williams aveva svoltato l'angolo per l'ultima rampa, ma, arrivato in cima, le buste della spesa gli erano scivolate prepotentemente da mano.
Rory avrebbe riconosciuto quel groviglio biondo ovunque, ovunque nel tempo e nello spazio.
Si era voltato verso la porta di casa, da cui sfuggiva un raggio di luce che, assieme ad un leggero odore di cena quasi bruciacchiata, andava colorando il pianerottolo, e aveva incontrato lo sguardo di Amy. In quegli occhi che conosceva così bene aveva letto lo stesso pensiero che in un attimo si era fatto strada anche nella sua testa.
Rory aveva scrutato il pianerottolo alla sua ricerca, aveva ascoltato quell'insolito silenzio in cui si trovavano, aveva frugato tra i gradini e cercato in ogni angolo che il suo sguardo era riuscito a toccare, ma non aveva trovato nessuno, e nessun suono era arrivato.
Non c'era nessun altro. River era da sola.
Allora aveva sentito Amelia ridere e l'aveva vista sparire, inghiottita dalla luce del salotto, insieme alla dottoressa Song.
Quella stessa River Song che aveva fatto finta di essere Cleopatra, che sapeva sempre cosa fare, che sorrideva con quell'espressione enigmatica che non era certo di essere mai riuscito a capire fino in fondo, che arrivava all'improvviso, sorprendendo tutti e che anche quella volta non si era smentita.

Quella stessa River Song che adesso se ne stava seduta nella loro cucina come se niente fosse.
« Quindi, aspetta, volete dire che la storia delle statue che si muovono non te la sei inventata? » la vocetta di Anthony continuava a porre domande e ogni volta era sempre più incredula « Non è possibile! »
Rory si voltò a guardare suo figlio che era rimasto con la forchetta a mezz'aria da una decina di minuti buoni.
« Lo sappiano che non è possibile, ma senza di loro non saremmo mai arrivati qui. » Gli rispose Amy, passandogli una mano a scompigliargli i capelli mentre si alzava per andare verso il frigo.
« E perché non mi avete mai detto niente? » continuò il bambino, accigliato.
« Ma noi te lo abbiamo detto » rispose Rory, rubando dal piatto ancora mezzo pieno di Anthony una forchettata di patatine fritte imbevute in quello che sembrava un degno sostituto della salsa rosa « Solo che tu non ci hai creduto. »
« E perché avrei dovuto credere ad un minotauro in un albergo nello spazio e non al coniglietto di Pasqua? »
« Perché il coniglietto di Pasqua è sicuramente molto più noioso! » rispose River, passandosi distrattamente una mano tra i capelli che ondeggiarono come molle.
Il bambino stava per ribattere, ma la voce di Amelia lo precedette:
« Chi lo vuole un caffè? » chiese, aprendo la credenza e facendo tintinnare i bicchieri.
« Io! » rispose prontamente Anthony, decidendosi finalmente a mettere giù la forchetta.
« Tu? E da quando bevi il caffè? » gli chiese Rory, stupito.
« Da adesso visto che sono diventato il più vecchio della famiglia!»
« Il mio fratellino ha pienamente ragione! Da oggi sarà lui il capo famiglia!» disse River al bambino che, in tutta risposta, alzò una mano verso la donna chiedendole di battere il cinque (cosa che lei fece subito).
« River, per favore, non dargli corda » cercò di replicare Rory senza troppo successo.
« A pensarci bene non hanno tutti i torti, potrebbe essere nostro nonno! » rispose Amy ridacchiando e sistemando la moca sul fuoco.
« Un caffè con tanto zucchero per il nonno, allora! E per me amaro con panna e cannella!» esordì allora River con tono serio.
Panna e cannella? Amaro con panna e cannella? Qualcosa da un angolo remoto del suo cervello stuzzicò la memoria di Rory. Era da un sacco di tempo che non sentiva qualcuno chiedere un caffè così, da quella colazione due giorni prima del loro matrimonio in quel bar dietro la vecchia scuola elementare...
« Mels! » esclamò « River tu eri Mels? Voglio dire: River tu sei Mels! »
River, Amy e Anthony si voltarono a guardarlo, mentre un intenso odore di caffè si intrufolava nell'aria.
La riccia corrucciò la fronte con aria pensierosa e dopo qualche secondo gli sorrise :
« Sì Rory, sono Mels».
« Tu sei la stessa Mels con cui giocavamo a nascondino! Quella con cui Amy andava a fare shopping, la stessa Mels che mi accusò di aver mangiato i biscotti di Babbo Natale! » disse Rory, sorpreso di trovarsi a realizzare in quel momento una cosa che conosceva da fin troppo tempo.
« Rory, non ci posso credere, ancora con questa storia! » disse Amy, posando davanti al figlio una tazzina rossa di caffè fumante.
« Quei biscotti mi sono costati due settimane di punizione che voi due avete passato a giocare a palle di neve! » ribatté il signor Williams.
« Ora che mi ci fai pensare...» cominciò River, portandosi una mano al mento e recitando un espressione pensierosa « devo dire che quei biscotti sono valsi tutte le due settimane! » « Ma ero io quello in punizione!»
« Bambini, basta litigare » li canzonò Anthony, versando svariati cucchiaini di zucchero nel suo caffè.
Per qualche istante nella stanza calò il silenzio, poi tutti scoppiarono a ridere.
« Oh, sì! Anthony sembri proprio mio nonno! » disse Amy tra una risata e l'altra.

Le lampadine intermittenti dell'albero di Natale si riflettevano nel vetro della finestra alle spalle di Amelia, circondandone i capelli rossi con una miriade di lucciole colorate e disordinate.
« E tu, adesso dove vivi? » chiese Anthony, mentre girava con il cucchiaino il suo caffè con troppo zucchero « dov'è casa tua? »
Rory alzò lo sguardo. Bella domanda! pensò. Dove viveva River quando non era a Stormcage? Non l'avevano scagionata? E quando non era con il Dottore in giro per lo spazio-tempo?
« Ecco qui, solo panna! mi spiace, ma la Rory si è dimenticato di comprare la cannella!» disse Amy, porgendo a River una tazzina verde mela con un ghirigoro di panna sopra.
«Grazie! A dire il vero non mi è mai piaciuta la cannella. Comunque, ho un appartamento nel cinquantunesimo secolo.»
« Cinquantunesimo secolo? » chiese Anthony, allontanando da sé la tazza di caffè con un espressione schifata « E che posto è? Ci si arriva con l'autobus?»
Amy rise « Oh, tesoro non è un posto, è un tempo.»
« Un tempo? » disse il bambino, spostando uno sguardo interrogativo su River « che significa? »
« Significa che il mio appartamento ancora non è stato costruito perché si trova nel futuro.»
« Questo in cui viviamo noi ora è il ventesimo secolo, il cinquantunesimo verrà tra tanto tempo» spiegò Rory, osservando lo sguardo stupito di Anthony. Chi sa come sarebbe stata la loro vita adesso. Nonostante tutto, quella di Anthony era appena stata ribaltata, era cambiata in meno di un pomeriggio: nel giro di una cena il mondo in cui si era abituato a vivere era stato riscritto. Gli avrebbe posto domande per giorni, per settimane. E, nonostante tutto, sarebbe stato giusto. Sapevano entrambi, lui ed Amy, che prima o poi sarebbe saltato tutto fuori, da dove poi? Nessuno aveva mai detto che la loro vecchia vita sarebbe stata un segreto, non lo era mai stato, solo che forse la maggior parte delle persone sane di mente non gli avrebbe creduto, ma Anthony non era una persona, era un bambino sano di mente e questo giocava tutto a loro favore.
« E ci possiamo andare? »
Rory stava per rispondere, ma si bloccò. Ci potevano andare? Si, no, forse.. River era arrivata lì e forse avrebbero potuto...
« No, Anthony, non ci possiamo andare » era la voce di Amy, era dolce e tranquilla come se stesse per iniziare a raccontare una favola.
« Perché no? » il tono di Anthony, invece, era lamentoso e cantilenate.
« Perché se ci andiamo chi giocherà con Susan? È un posto tanto lontano e, se dovessimo partire, sarebbe un viaggio molto lungo.»
« La mamma ha ragione, sai? » intervenne River « qui ci sono tutti i tuoi amici e loro cosa diranno se sparisci? »
Anthony sembrò riflettere su quelle parole per qualche secondo « E con chi vivi nel cinquantunesimo secolo? I tuoi amici ti stanno aspettando? »
Questo ragazzino è maledettamente acuto! Si ritrovò a pensare Rory.
« Si, i miei amici mi stanno aspettando » rispose River, ma Rory non riuscì a capire cosa c'era che non andava in quella risposta. Non certo il fatto che qualcuno aspettasse River nel cinquantunesimo secolo: che avesse amici, conoscenti, vicini di casa e molto probabilmente anche dei nemici da qualche pare in qualche secolo questo lui lo aveva sempre dato per scontato, ma la cosa che suonava come una corda di violino rotta era stata la velocità. Troppo veloce, pensò. La risposta di River era stata troppo veloce, come se stesse recitando una poesia, come le battute di un copione imparate a memoria e ripetute troppe volte.
« E quel Dottore? Anche lui è nel cinquantunesimo secolo? »
Qui però la risposta non arrivò alla stessa velocità della precedente. Rory spostò lo sguardo su Amelia seduta all'altro capo del tavolo: i capelli rossi le ricadevano sulle spalle incorniciandole il viso. Una ruga apparve sulla sua fronte. Aveva uno sguardo preoccupato e stava guardando River, che, a sua volta, osservava Anthony, fissandolo con un mezzo sorriso sulle labbra, dando quasi l’impressione di non vederlo davvero. La donna strizzò gli occhi, come se cercasse di mettere a fuoco il bambino seduto davanti a lei.
« L'ultima volta che l'ho visto un gruppetto di signori americani stava cercando di mettere piede sulla luna » disse poi, sorridendo.
Anthony rise « ma non si può andare sulla luna! Vero, papà? »
« No, no non si può! » rispose Rory un po' frastornato « Ma credo proprio che sia ora di andare a dormire» disse poi, alzandosi dalla sedia.
« Ma io non sono stanco » bofonchiò il bambino, sbadigliando.
« Oh, sì che sei stanco » disse il papà, tirandolo su di peso « Quindi andiamo a metterci il pigiama. Su, saluta tutti.»
Rory, mentre si incamminava verso il corridoio, sentì Anthony appoggiare il mento sulla sua spalla e fare ciao-ciao con la manina tra uno sbadiglio e l'altro.







NdA:
Salve a tutti ^.^ Eccomi qui con il secondo capitolo (quasi) in orario! Ringrazio tutti quelli che sono arrivati a leggere fino qui giù e tutti coloro che hanno recensito l'altra volta! Mi fa sempre molto piacere sentire il parere dei lettori, ricordatevelo XD Bene, ora non so che aggiungere, se avete domande chidete pure.

Un bacione e alla prossima settimana!

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Capitolo 3
*** In cui Amy ricorda le stelle ***


Capitolo 3

In cui Amy ricorda le stelle




I passi di Rory si allontanarono, la porta della cameretta di Anthony sbatté e poi non si sentì più nulla. Amelia si alzò e cominciò a sparecchiare bicchieri, bottiglie e piatti, sistemò il sale sulla mensola delle spezie, in quello che ormai era il suo posto di diritto, tra il rosmarino e il peperoncino, ma poi si fermò.
Si voltò e si appoggiò al piano della cucina, mentre River raccoglieva dal tavolo una manciata di posate e le faceva scivolare sbatacchiando nel lavandino.
Non le piaceva quel silenzio, incrinato solo dal rumore delle stoviglie, le metteva una strana sensazione addosso, come un brutto presentimento, a cui non voleva dare retta. Ad un tratto si sentì la voce di Anthony che gridava qualcosa a proposito di un mostro che non pagava l'affitto dell'armadio e poi il rumore di un giocattolo di plastica che cadeva per terra.
« C'è qualcosa che non va? » le chiese River, avvicinandosi.
Sì, molto probabilmente c'era qualcosa che non andava, come un allarme che stava suonando nella testa di Amy già da un po', ma di cui lei non si era accorta, oppure aveva deliberatamente deciso di ignorare.
Alzò lo sguardo e incontrò il sorriso della figlia.
« Non lo so » le rispose un po' confusa « Dimmelo tu.»
« Io? » chiese River, ma il tono della sua voce non era esattamente quello di una domanda « Amy, non c'è niente che non vada. »
E allora, perché glielo aveva chiesto? Amelia cercò di capire da dove stesse suonando quel campanello d'allerta: forse era il forno che si era dimenticata acceso o la porta d'ingresso aperta, oppure qualcosa da ritirare in pasticceria, i biglietti d'auguri da mandare, o il gatto della signorina Hada che era scapato. Ma il micetto bianco e nero si era rifatto vivo quella mattina miagolando così forte da svegliare tutto il pianerottolo e gli auguri natalizi erano stati spediti con due settimane di anticipo, la pasticceria aveva finito tutti i panettoni con l'uvetta, la porta di casa era stata sbattuta fragorosamente quel pomeriggio e il formo era ormai freddo da almeno mezz'ora.
No, quel campanello non veniva dalla sua quotidianità, nè dalla sua realtà: quello che lo aveva fatto scattare era proprio lì davanti a lei e la stava osservando. Amelia sentì lo sguardo di River scansionarla dalla punta dei piedi fino alla sommità della testa, poi la vide sorriderle.
Sgranò gli occhi quando comprese che la dottoressa Song si era accorta che lei aveva capito e come quando giocava a mosca e sentiva le voci degli altri bambini gridare “fuochino – fuoco – fuochissimo” e poi ridere perché lei li aveva trovati, il campanello smise di suonare.
« River, che cosa è successo? » si sentì esclamare.
« Niente! stai tranquilla » ribatté sua figlia, evidentemente sorpresa dalla risposta improvvisa.
« Non è vero! » le intimò « Vanno bene le chiacchiere, giocare a riapparire e raccontare la storia della nostra vita ad Anthony, potrai ingannare Rory, ma non me! » e forse quella reazione fu esagerata, tanto che vide River indietreggiare di un paio di passi, ma solo adesso era riuscita a mettere a fuoco il nocciolo della questione e non aveva alcuna intenzione di rimandare la faccenda ad un moneto indefinito che non era certa sarebbe arrivato « Cosa sei venuta veramente a fare? »
« Adesso uno non può nemmeno fare una visita di cortesia ai propri genitori? Che ingratitudine! » le rispose la donna, voltandosi e dirigendosi verso la porta della cucina.
« River » sospirò Amy « va bene, scusami, non volevo essere così brusca, è solo che sei apparsa così dal nulla e ho passato una bella serata, ma non avrei mai creduto che ci saremmo riviste. »
« Quello è colpa mia. Volevo arrivare per il dodicesimo compleanno di Anthony, ma credo che qualche circuito del manipolatore del vortice si sia guastato; dovrò dargli un occhiata al più presto se non voglio finire con l'andare a zonzo a casaccio » disse, avvicinandosi al divano del salotto e cominciando a rovistare nella sua borsa.
Amy si appoggiò alla porta della cucina; quindi quella non sarebbe stata l'unica volta che sarebbe venuta, sarebbe tornata, di tanto in tanto, e a quel pensiero si trovò a sorridere. River frugò ancora per qualche istante nella sua borsa poi ne estrasse una cartellina marrone piena di fogli che scappavano di qua e di là.
« Senti...» disse, tornando verso di lei « A dire il vero c'è una cosa... »
Amelia sentì una morsa stringerle lo stomaco: perché non poteva essere passata solo per fare una visita di cortesia ai suoi genitori?
E quel Dottore? Amy sentì le parole pronunciate da Anthony solo pochi minuti prima riempirle la testa e solo allora si accorse del perché Rory aveva deciso che si era fatto tardi e aveva portato il bambino a dormire: non era veramente tardi e, nonostante il fatto che forse Anthony avesse veramente avuto sonno, non era per questo che lei e River si erano ritrovate a sparecchiare la tavola da sole.
« Tu fai la scrittrice, vero? » le chiese River, lanciando uno sguardo alla libreria di mogano scuro, carica di vecchi libri, che riempiva l'ingresso.
« Come, scusa? » le chiese Amy.
« Fai già la scrittrice? »
« Si, più o meno. Ho pubblicato un paio di racconti, ma adesso questo cosa c'entra? » chiese, non essendo certa di aver capito dove stesse cercando di arrivare.
« Va bene » le rispose River, passandosi una mano tra i ricci « Diciamo che a tempo perso ho voluto seguire il tuo esempio » e così dicendo le allungò la cartellina marrone.
Amy, anche se un po' titubante, la afferrò e se la rigirò tra le mani per qualche secondo, tastandone, sotto i polpastrelli, il cuoio liscio e, in alcuni punti, graffiato. Guardò River e poi di nuovo quel singolare mucchietto di fogli.
« Credo tu sappia già di cosa si tratta »
Amy la osservò interrogativa, poi si avvicino al tavolo del salotto, ricoperto di matite colorate, su cui erano appoggiati i suoi occhiali da lettura. Se li infilò con un gesto, che ormai era diventato automatico, e la aprì.
La prima pagina non era altro che un foglio bianco con al centro stampate solo due righe in una calligrafia leggermente sfumata:

“Melody Malone
Il bacio dell'angelo”


Amelia si voltò tanto velocemente che vide i suoi capelli rossi correre nell'aria. Conosceva quel nome e conosceva quel titolo: era quello del libro che stava leggendo il Dottore l'ultima volta che lo aveva visto: era la storia del loro addio.
« Che cosa significa? » chiese Amy.
River la osservò perplessa « Credevo lo sapessi » disse dopo qualche istante « prima o poi sarei stata io a scrivere il libro che...» ma Amy la interruppe: « Sì, lo so che cos'è, solo che non capisco. Perché me lo stai dando?»
River le sorrise e fu un sorriso piccolo e gentile.
« Quando sei scomparsa » disse « E il tuo nome si è inciso su quella pietra scura, accanto a quello di Rory, l'universo gli è crollato addosso. Tu eri qualcuno da cui tornare, una piccola certezza, l'idea di ordine in un universo che è in continua crescita e riduzione, che si crea e si distrugge e non rimane uguale neanche per un millisecondo. Eri un punto fermo, qualcosa a cui aggrapparsi e quando sei scomparsa...»
« Io non sono scomparsa, io... » ma le parole le si incastrarono in gola. Il ricordo del Dottore che la chiamava, che la pregava di tornare nel TARDIS, di non sparire, di restare, le affollò il cervello.
« Hai fatto una scelta » riprese River « Ed è stata la scelta giusta. Ma per far sì che rimanga per sempre la decisione migliore ti chiedo un favore.»
Amy la guardò interrogativa: Un favore? Che favore?
« Dissi al Dottore che ti avrei chiesto di scrivere la postfazione, e lui corse via.» spiegò River « Si precipitò fuori dal TARDIS e, quando tornò, aveva in mano un foglio stropicciato. Non lessi cosa c'era scritto su quel pezzo di carta, ma credo che ora sia arrivato il momento per me di scoprirlo. »
Per qualche secondo nella stanza cadde il silenzio, mentre Amy cercava di convincere le sue corde vocali a darle ascolto.
« Che cosa devo fare? » riuscì a chiedere.
« Lasciagli qualcosa per non affogare. »
Amelia osservò il manoscritto che aveva in mano: in quelle pagine era scritta anche la sua storia, la fine di un capitolo della sua vita. Solo che lei non era finta con quel capitolo, volente o nolente si era ritrovata ad andare avanti. Ma forse questo il Dottore non lo sapeva.
« Amy? » River le poggiò una mano sul braccio, lei la guardò e le sorrise.
« Va bene » le disse « Fammici pensare solo qualche minuto. » e così dicendo sgattaiolò via verso il corridoio, stringendo quel mucchietto di fogli incastrati in quella cartellina di cuoio marrone.
Incrociò Rory che, molto probabilmente, aveva ascoltato buona parte del loro discorso, e gli lanciò uno sguardo e un sorriso, cercando di essere il meno malinconica possibile, mentre entrava nello studio.
Richiuse la porta dietro le sue spalle e si guardò intorno: la stanza era semibuia e l'unica luce proveniva dalla finestra dietro la scrivania. Vi si avvicinò e accese la piccola lampadina che vi era poggiata sopra.
Posò il manoscritto di Melody, tra la lampada e la macchina da scrivere, nella quale un foglio bianco se ne stava paziente ad aspettare che qualcuno si decidesse a colorarlo. E, dopo aver preso un bel respiro, si sedette. Non era sicura di aver capito cosa dovesse scrivere, ma in fondo aveva visto il Dottore strappare l'ultima pagina di quel libro, quel libro che stava leggendo solo perché gli piaceva la copertina.
Chissà se allora c’erano già le sue parole, quelle che doveva ancora scrivere, o se sarebbero apparse solo dopo che le avrebbe messe nero su bianco.
Amy si tolse gli occhiali e guardò dritto davanti a sé; oltre il vetro della finestra il suo sguardo attraversò la strada, si arrampicò sui palazzi e superò le case. Arrivò sui tetti bianchi e corse lungo il bordo della città che cresceva in lontananza fino a che non incontrò il cielo.
Era blu. Era ovviamente blu. Quello stesso cielo macchiato di stelle con il quale aveva aspettato per tutta una vita, per un frammento della sua vita. Eppure quello stesso universo, con i suoi pianeti, le sue stelle e i suoi abitanti non le era mai sembrato così vicino come adesso.
Lei lo aveva toccato e ascoltato e ricordava ogni istante di quello che era stato. Lei e Rory erano scappati. Forse solo lei era scappata, lui non aveva fatto altro che rincorrerla. Amy era stata pronta ad abbandonare tutto, anche quando credeva che sarebbe potuta restare ed era scappata di nuovo, ma quando Rory era svanito nel nulla, portato via da quell'angelo di pietra, non aveva potuto fare altro che raggiungerlo, perché sapeva che, nonostante tutto, non avrebbe mai potuto fuggire da sola.
Lui, il suo Dottore stropicciato, adesso era lì, ne era certa, da qualche parte in quell'universo disordinato, a salvare pianeti e a correre tra le stelle a bordo della sua magica cabina ovviamente blu.
Cosa avrebbe mai potuto dirgli? Doveva scrivere l'ultima pagina di un libro.
L'unico libro che non avrebbe dovuto neanche aprire, ma che invece avrebbe letto fin troppo bene.
In fondo, però, sapeva esattamente cosa doveva dirgli.
Così Amy lasciò andare, ancora una volta, il cielo e le sue stelle e osservò il foglio bianco appoggiato davanti a lei, si rimise gli occhiali sul naso e picchiettò sui tasti metallici di quella nuova vecchia macchina da scrivere le prime tre parole di quella che, di lì a poco, sarebbe diventata la postfazione di Amelia Williams:
Ciao, vecchio amico...







NdA:
Eccomi qui, in questo assolato sabato mattina a pubblicare il terzo apitolo ^.^
Spero tanto che la storia vi stia piacendo, o che almeno non vi faccia troppo schifo, e in qualunque caso sappiate che le recensioni sono sempre ben accette che esse siano negative, neutre o positive ^.^ Conoscere il vostro parere, cari lettrici/ori effepiani, è sempre utile, a migliorarsi e a capire dove si sta andando!

Bene, spero di non avervi annoiati troppo! un bacione e alla settimana prossima XD

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Capitolo 4
*** In cui il Dottore cerca la sua giacca ***


Capitolo 4

In cui il Dottore cerca la sua giacca




« Sei sicura di dover andare? Anche se sei vecchia sei divertente! » disse il bambino, sfoderando un sorriso a trentadue denti, mentre si avvicinavano al vagone numero otto del treno per Philadelphia.
« Anthony! » lo rimproverò Amelia, dandogli un leggero schiaffo sulla testa.
« Ahi! Mamma mi hai fatto male!» si lamentò lui, sistemandosi i capelli, scombussolati dal vento presente nella stazione e dalla mano della madre.
« Non si dicono queste cose!»
River rise. Per qualche strano motivo, a lei ancora non del tutto chiaro, stare con quella sua scollacciata famiglia la faceva sentire bene. Nessuna spiegazione da dare, nessun emozionante pericolo da scampare, solo strani momenti di vita “normale” a cui non era certa si sarebbe mai abituata del tutto, anche se, probabilmente, era proprio questa forse reale, tranquilla semplicità che la faceva sorridere.
« Buon viaggio per... per ovunque tu vada » disse Rory stringendole la mano.
« Stai attenta » aggiunse Amy abbracciandola.
River stava salendo sul gradino che separava il marciapiede dalla carrozza « Perché? » chiese.
« C'è sempre da stare attenti » spiegò Amelia, sorridendo « E sappi che puoi venire qui da noi quando vuoi. Ok? » aggiunse con tono da “discorso serio”.
« Ok! » rispose lei divertita « Vedrò di ricordarmelo. »
« Torni dai tuoi amici nel cinquentanesimo secolo? » il piccolo Anthony la scrutò dall’altro in basso, come aveva fatto la sera precedente, quando le aveva aperto la porta del salotto. « Prima devo sbrigare una faccenda, ma poi sì, torno nel “cinquentanesino” secolo » e lui sembrò soddisfatto da quella risposta: infilò le mani nelle tasche del cappotto e non replicò più nulla.
« Allora, a presto » le disse Amy.
« A presto » rispose lei. Li osservò per un attimo: sembravano proprio una comune famigliola, perfettamente mescolati in quel luogo e quel tempo che era diventato un po' anche loro.
« Ciao! » gli disse sorridendo, poi si voltò e con passo deciso si fece strada lungo il corridoio del treno.

La città era già lontana, i binari curvarono a destra, ed eccola lì che apparve, come per un ultimo saluto, avvolta dai suoi palazzi che sfioravano il cielo, la bella e frizzante Grande Mela, mentre diventava sempre più piccola. E, come un bruco, che a pancia piena esce da un buco nella rossa buccia di quel malcapitato frutto, il treno si allontanò da New York. Il fatto che il manipolatore del vortice non funzionasse in quella New York era snervante, ma almeno aveva l'occasione di capire per quale motivo certa gente non amava viaggiare e, nonostante tutte la meraviglie del mondo, preferisse starsene comodamente seduta nel proprio salotto ad ascoltare la radio.
Il signore dai capelli brizzolati seduto di fronte a lei non aveva fatto altro che leggere un giornale sgualcito, mentre fumava la pipa, così da spargere nell'aria un infinità di piccole nuvolette grigie dalla forma confusamente ovale. Intanto una coppia di bambini, vestiti perfettamente uguali, stava litigando da circa mezz'ora per un vecchio orsacchiotto di peluche, mentre la loro mamma chiacchierava amabilmente con una signora dal cappello viola, su quale fosse il modo migliore per preparare una torta di fragole all'arancia. E, poi, c'era il tipo che controllava i biglietti; continuava a passare ogni trentasette minuti esatti, neanche avesse una sveglia, e, con una scusa o con un'altra, si fermava ripetutamente accanto alla ragazza bionda, seduta all'altro capo del vagone, facendo ingelosire, in modo evidente, quello che doveva essere il fidanzato della bella.
River tornò a guardare fuori del finestrino il paesaggio che correva veloce e si trovò a pensare che, se il Dottore fosse stato lì in quel momento, avrebbe trovato incredibilmente adorabile tutto quel trambusto che a lei stava solo facendo venire mal di testa.

Quando la voce gracchiate dell'altoparlante annunciò che erano arrivati alla stazione nella periferia di Philadelphia, il sole stava già tramontando.
River raccolse la sua borsa e scese con un salto dalla carrozza. Nella stazione l'aria era grigia e un miscuglio di odori, dolci e salati, dei bar che preparavano un imitazione della cena, insieme a quello della gente che andava di fretta, la riempiva. Zigzagò tra i passanti, tra le loro ingombranti valigie e, passando accanto ad un presunto capotreno, che si lamentava del suo prossimo turno di lavoro, previsto tutta la notte, uscì dalla stazione. Sul marciapiede fece segno ad un taxi giallo di fermarsi.
« Dove la porto, signorina? » chiese l'autista, guardandola dallo specchietto retrovisore.
« Al duecentoventuno di Bleecker Street. »
Il taxi ripartì e sfrecciò per le strade vuote della periferia. Attraversarono un gruppetto di villette illuminate dagli addobbi natalizi che, con i loro colori, davano l'illusione che fosse un po' più giorno e un po' meno freddo di quanto non era.

La piccola casa editrice si trovava incastrata al piano terra di un grosso edificio dalla parete di vetro, in una di quelle grandi vie piene di negozi e di gente che va avanti e indietro con grosse buste colorate in mano. E questo sarebbe stato un bene, se solo qualcuno dei proprietari di quelle buste si fosse soffermato a guardare la vetrina della piccola “Scrawling Books”.
River ne osservò l'insegna lampeggiante, a cui si era fulminata qualche lampadina, e poi, accompagnata dal tintinnio delle campanelle appese sulla porta, entrò.
« Signor Scrawl, è qui? » chiese, avanzando tra i cumuli di volumi impilati nell’ingresso « Sa, credo che sia arrivato il momento di dare una sistemata a questo posto » aggiunse, scavalcando un grosso libro dalla copertina verde smeraldo abbandonato ai piedi del bancone.
« Oh, salve Melody, come sta? » un omino grassoccio, infilato in un completo grigio, che faceva a pugni con la camicia gialla sottostante, apparve alle spalle di River.
« A dire il vero non l'aspettavo prima delle sei » continuò il signor Scrawl girando attorno al bancone e controllando il suo orologio da taschino « È andato tutto bene il viaggio? »
« Sì, un po' insolito, ma direi che è andato bene. Le ho portato il manoscritto.» disse, appoggiando la borsa sul bancone e tirandone fuori la cartellina marrone.
« L'ha finito? » chiese il signor Scrawl, sistemandosi gli occhiali sul naso e cominciando a sfogliare quel futuro libro « Non vedo l'ora di lavorarci!» esclamò «Aveva accennato a qualcosa di autobiografico, ma, dalle ultime pagine che mi ha inviato, ho potuto vedere che ha cambiato idea, la storia mi pare tutt'altro che realistica. »
River sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi enigmatici e, come ogni volta, il libraio la guardò perplesso per qualche istante.
« Sa, caro Scrawl » gli disse « Ogni volta che ci incontriamo rimango sempre più colpita dalla sua perspicacia. »
L'uomo sembrò lusingato da quelle parole e, raddrizzatosi in tutta la sua altezza, le porse la mano « Lei è troppo gentile, signorina Malone, prima o poi mi farà arrossire! »
River rise e gli strinse la mano « Arrivederci, allora. Quando pensa che potrò tornare per vedere il mio lavoro pubblicato e sistemato? »
« Oh, beh! Ci vorrà del tempo, sa, c'è tutta la revisione e la stampa, la copertina...» cominciò a farfugliare.
« Per l'inizio della primavera ce la possiamo fare? » chiese lei.
« Primavera? Sì, sì, certo! La primavera andrà benissimo! » continuò a balbettare lui.
Così, dopo qualche altro minuto passato tra saluti e convenevoli di vario genere, River sgattaiolò fuori dalla libreria.

Quindi avrebbe dovuto aspettare diversi mesi. Per quale motivo c'era così tanto tempo da perdere?
Passeggiò per qualche minuto lungo il marciapiede semi ghiacciato di Bleeker Street, pensando a tutto il tempo che mancava alla primavera e al fatto che a lei, aspettare, non era mai piaciuto. No, lei non aveva mai sopportato perdere tempo.
Tornò indietro velocemente, accompagnata dal suono dei tacchi contro l'asfalto bagnato, e, mentre camminava, estrasse dalla borsa il manipolatore del vortice: se lo sistemò intorno al polso, impostò le coordinate, premette il pulsante di “partenza” e, in un attimo, la piccola casa editrice del signor Scrawl apparve circondata dalla primavera.

Poi, nel giro di venti minuti, la “Scrawling Books” sparì di nuovo, dissolta insieme al marciapiede, pieno di vecchie gomme da masticare, e all'aria grigiastra di Philadelphia. Ora il cielo era azzurro e i raggi del sole sbattevano sulle casette di mattoni rossi che si rincorrevano su per la strada. River si guardò intorno, chiedendosi se fosse finita nel posto sbagliato, ma, poi, una cinquantina di metri più in là, accanto all'insegna ingiallita di un negozietto di orologi, notò quell'inconfondibile cabina blu.
La donna sorrise, e si incammino verso il TARDIS, arrivò alla porta ed entrò senza bussare.
Era il solito TARDIS, o almeno quello che era solito essere ultimamente, con quella luce leggermente arancione e i fili che si diramavano di qua e di là, come se avessero voluto imitare le liane di un grosso albero secolare. Comprese le scale e tutto il resto.
Si avvicinò alla consolle, le girò intorno, e quella cosa che faceva su e giù nel pilastro centrale del piano dei comandi fece su e giù.
Lanciò uno sguardo al freno a mano inserito, su cui qualche ragnetto intergalattico aveva tentato di tessere una tela, premette gli stabilizzatori blu e tirò la leva arancione accanto allo scanner.
« Che fine ha fatto la mia giacca? » gridò ad un tratto la voce del Dottore.
River si guardò intorno, ma del Signore del Tempo non vide nemmeno l'ombra.
« Amy! Hai visto la mia giacca? » continuò lui da uno dei corridoi del piano superiore.
« Quale giacca? » chiese in risposta la voce di Amelia.
« Come quale giacca! La mia, quella che avevo ieri! » ora la voce del Dottore si era spostata, e proveniva dal piano inferiore.
« Quella che avevi mentre scappavamo dai tipi con le antenne? »
« Esatto! » si sentirono dei passi e poi il tonfo di qualcosa che rotolava.
« No, non l'ho vista. Non ne hai un'altra? »
« Certo che ne ho un'altra! » le rispose il Dottore con tono indignato « Rory! Hai preso tu la mia giacca? »
River sorrise, notando, lì accanto a lei, abbandonata sul corrimano delle scale, la giacca in tweed marrone chiaro che il Dottore stava cercando. La prese per le spalle e la stese davanti a sé: effettivamente era un po' bruciacchiata e avrebbe dovuto ricevere una bella stirata.
Estrasse dalla sua borsa il libretto in edizione tascabile, per il quale aveva fatto tutti quei giri, lo osservò per un momento, chiedendosi ancora cosa le sarebbe mai saltato per la testa per approvare un'immagine di copertina tanto ridicola, e lo infilò nella tasca interna della giacca, accanto al cacciavite sonico, che ronzò, evidentemente infastidito dal nuovo arrivato. Poi la appoggiò sulla poltroncina accanto alla consolle.
Rimase ancora un attimo lì, ad ascoltare i rumori del TARDIS, dei suoi abitanti e di quell'ordinato groviglio che era la sua vita.
Poi impostò, ancora una volta, le coordinate sul manipolatore del vortice che aveva al polso e, un istante prima che il Dottore facesse capolino nella sala di controllo, sparì.







NdA:
Ed eccoci qui ^.^ qui si conclude questa storia, spero vi sia piaciuta, almeno un pochino, ma anche se vi avesse fatto accapponare la pelle dalla prima all'ultima riga vi ringrazio tanto lo stesso per averla letta! Io ci ho provato, ho cercato di raccontarvi quella che potrei (forse) definire la "mia versione dei fatti" e sappiate che come sempre mi farà molto molto piacere sentire cosa ne pensate, tutti i vostri commenti, belli, brutti, ne belli ne brutti! Saranno sempre ben accetti ^.^ ringrazio tutti coloro che hanno seguito, preferito e ricordato, tutti quelli che hanno letto e recensito :-)

un bacione a tutti e a presto XD

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