Il Leone e La Farfalla

di Lily Liddell
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Strawberry Blonde ***
Capitolo 2: *** Cease-fire ***
Capitolo 3: *** Visite Inaspettate ***
Capitolo 4: *** Una Giornata Particolare ***
Capitolo 5: *** Sweet Sixteen ***
Capitolo 6: *** Eyes ***
Capitolo 7: *** Rosso ***
Capitolo 8: *** Febbre ***
Capitolo 9: *** Speranza ***
Capitolo 10: *** Arrivi ***
Capitolo 11: *** Segreti ***
Capitolo 12: *** Birthday in Four ***



Capitolo 1
*** Strawberry Blonde ***


Prompt: Dopo una giornata particolarmente stressante durante il Tour della Vittoria, Haymitch trova un modo di alleggerire l'atmosfera. Effie non è contentissima della sua soluzione.

NdA: Volevo chiedere scusa nel caso sbagliassi qualche termine. Ho letto i libri in inglese e sto cercando di usare gli stessi nomi che hanno usato i traduttori, però qualcosa potrebbe sfuggirmi.
Anche se non dovrebbe succedere perché leggo e rileggo quello che scrivo almeno 3-4 volte prima di pubblicare, se ogni tanto Effie è una escort o un senza voce diventa un avox non fateci caso vi prego… 


Haymitch POV.
 
Katniss e Peeta sono talmente provati dal Tour della Vittoria che non provano nemmeno a toccare cibo.
Sette Distretti erano andati, ancora quattro da fare e la Capitale, poi saremmo tornati al 12.
Il tragitto dal 5 al 4 è ancora lungo, secondo il programma di Effie dobbiamo passare la notte in treno e domani faremo colazione con il sindaco, poi i ragazzi faranno il loro solito discorso e alla fine dobbiamo partecipare a non so che festa. È riuscita a ripeterlo talmente tante volte da quando siamo risaliti sul treno che anche io l'ho imparato a memoria.
Ora però è in silenzio, seduta di fronte a me, accanto ad una Katniss immobile, intenta a fissare la sua cena come se da un momento all'altro potesse saltare giù dal piatto e farsi una camminata per i vagoni; pensandoci, la carne è talmente fresca che non mi stupirei se lo facesse.
Il pensiero mi fa sghignazzare e subito gli occhi della ragazza si alzano per incontrare i miei.
“Che c'è?” Sbotta sgraziatamente, senza preoccuparsi di suonare gentile.
Evidentemente sta pensando che ho bevuto abbastanza per cominciare a parlare da solo, la verità è che oggi non avrò tracannato nemmeno la metà dell'alcool che assumo in una giornata. Al pranzo con il sindaco del distretto 5 Effie ha impedito ai senza voce di versarmi altro vino dopo il sesto bicchiere e quella brodaglia era talmente tanto diluita nell'acqua che quasi aveva perso il sapore.
Come se non bastasse, tornato sul treno ho avuto la bella sorpresa di scoprire che la sera precedente avevo svuotato la carrozza-bar, che avevo dato spettacolo e che ora stavamo aspettando rifornimenti.
Comunque, dal momento che l'atmosfera che si respira è quella di un funerale e che ormai l'idea generale era quella, perché non continuare sulla mia strada?
Mi raddrizzo come posso sulla sedia e faccio cadere il mio sguardo su Effie che, di tutta risposta, ricambia il mio sguardo con un’espressione confusa. Solo quella vista quasi mi fa scoppiare a ridere di nuovo.
“Stavo pensando…” Dico, senza abbassare lo sguardo, ma portando un’abbondante cucchiaiata di piselli alla bocca e continuando a parlare con la bocca piena. “Pensavo a che cosa potrebbe nascondere la nostra adorabile accompagnatrice sotto quelle orrende parrucche.”
Non so cosa l’abbia infastidita di più, se la frase in sé, il mio pessimo tentativo di imitare il suo stupido accento o il fatto che il mio boccone masticato era stato messo in bella mostra agli occhi di tutti.
La vedo irrigidirsi sulla sedia e serrare le labbra mentre probabilmente tenta di reprimere una qualche risposta poco consona ad una cena, ma il far innervosire Effie non è il mio unico obiettivo raggiunto, perché adesso anche sulle labbra di Katniss c’è l’ombra di un sorriso e non devo voltarmi per vedere che anche Peeta, seduto accanto a me, sta nascondendo un ghigno sotto i baffi.
“Sul serio, principessa. Perché diavolo ti ostini a portarle? Che cosa hai lì sotto? Un paio di corna?” Porto un altro boccone alla bocca e, per evitare di scoppiare a ridere, anche Katniss fa lo stesso.
Mi volto verso Peeta, che cerca in tutti i modi di non alzare lo sguardo su Effie.
Lei scuote la testa, leggermente arrossita. “Posso assicurarti che non ho nulla che non va sotto le mie parrucche, le indosso per pura estetica. Posso cambiare colore di capelli ogni giorno e abbinarli con ciò che indosso.” Il suo tono comincia a scaldarsi, quindi continuo sulla mia strada perché evidentemente è quella giusta.
Batto la mano sul tavolo con un’espressione soddisfatta sul volto, gli altri tre sobbalzano per la sorpresa. “Allora è per questo. Devi avere un colore di capelli orrendo…” Sposto lo sguardo su Katniss, ignorando lo sguardo assassino di Effie. “Tu che ne dici?”
Katniss si stringe nelle spalle, voltando la testa verso Effie e poi torna a guardare me. “Secondo me ha i capelli rossi.” Poi si riempie la bocca e lancia uno sguardo a Peeta che nel frattempo aveva quasi finito di mangiare e annuisce. “Sì, anche secondo me.”
Io ci penso mentre la guardo, riesco a vedere che sotto al quintale di trucco che porta è diventata cremisi. “Effie pel di carota… può darsi.”
“Haymitch!”
“Nah, hai ragione. Secondo me sei bionda…”
“Adesso basta!”
Credo che quello dovesse essere un tono minaccioso, ma con quell’accento e con la faccia pittata come un clown non riesco davvero a prenderla sul serio; il risultato e che le scoppio a ridere in faccia e a quel punto anche i due ragazzi non riescono a trattenersi.
Quando penso che Effie stia per esplodere, invece si calma. Fa un respiro profondo e si ricompone. “Finite di mangiare e andate a letto. Tutti. Domani sarà un’altra giornata impegnativa.”
Mi schiarisco la gola, ma non aggiungo altro. Ho ottenuto quello che volevo e ho preso due piccioni con una fava: ho preso in giro Effie, ho sollevato l’umore ai due ragazzi anche se per poco e loro per tenere le bocche occupate e non ridere avevano anche svuotato i piatti. Posso ritenermi soddisfatto, quindi mi alzo senza aspettare gli altri e mi ritiro nella mia camera.
Rimpiango il fatto di non essermi portato più bottiglie da casa, per concludere la serata come si deve, ma a quanto sembra per poter rimettere le mani su qualcosa di forte dovrò aspettare di arrivare al Distretto 4.
Sto per stendermi sul letto quando sento bussare alla porta, non c’erano molte opzioni sul chi potesse essere; mi aspettavo Katniss o Peeta e invece quando apro la porta mi trovo di fronte Effie.
Forse ora che la cena è finita vuole lamentarsi per il mio comportamento, non sono veramente in vena di ascoltarla parlare, quindi cerco di richiuderle la porta in faccia ma lei è più veloce di quanto pensassi e riesce ad infilarsi e ad entrare.
Ci siamo, adesso dovrò rimanere qui almeno altri venti minuti a sorbirmi un monologo sulle buone maniere e sul come comportarsi in presenza di una signora.
Con mia grande sorpresa, invece, si scusa per essersi alterata poco prima. La guardo come se mi avesse appena detto che il fuoco è freddo.
Lei incrocia le braccia al petto e porta gli occhi al soffitto; evidentemente neanche lei crede a quello che sta facendo. “Katniss e Peeta sono molto provati. Farli ridere è stata una buona idea, ti chiedo scusa se non ho capito subito il tuo intento.”
Penso che farle sapere che uno dei miei punti era anche farle perdere la testa non sia una cosa intelligente da fare, perché Effie Trinket che mi dà ragione è una cosa talmente rara che preferisco mordermi la lingua piuttosto che rovinarla.
Sono stato in silenzio per troppo tempo, però, quindi apro la bocca e dico la prima cosa che mi viene in mente. “Nessun problema. Ora però voglio sapere di che colore sono i tuoi capelli.”
“Haymitch… ti ho appena dato credito, non farmene pentire.”
Sopprimo una risata ma non distolgo lo sguardo, perché adesso sono veramente curioso. Prima scherzavo, ma comincio a credere che nasconda sul serio qualcosa lì sotto. Nessun essere umano può essere così caparbio su una cosa così stupida senza un motivo ragionevole, poi mi ricordo da dove viene e ci ripenso, ma non demordo. “Non ti ho chiesto di farmi vedere, andiamo… non può essere così brutto.”
Effie sembra pensarci sul serio, riesco a sentire gli ingranaggi nel suo cervello muoversi anche sotto quella montagna di plastica. Le labbra le si stringono quasi fino a sparire, che problema ha? Sono solo capelli… e non mi sembra di averglielo chiesto in maniera scortese stavolta. “Non è educato non rispondere ad una domanda.” Cerco di incitarla e sembra funzionare.
Sospira, poi sembra decidersi. “E va bene. Sono biondo fragola.”
Resto fermo, sta scherzando o è seria? “Mi prendi in giro?” Lei mi guarda confusa e la cosa mi diverte. “Perfino il tuo colore naturale di capelli ha un nome sdolcinato, speravo in qualcosa di meglio.”
Effie inspira rumorosamente, poi scuote la testa indispettita. “Pensavo che un pomeriggio da sobrio ti avrebbe fatto bene e invece sei riuscito a peggiorare.”
“Una ragione in più per assicurarti che io abbia sempre una scorta di whiskey in camera.” La prendo in giro, sapendo che le avrebbe dato fastidio essere raggirata con le sue stesse parole.
A quel punto, però, fa una cosa che non mi aspetto: porta gli occhi al cielo e mi si avvicina, dandomi un bacio sulla guancia.
“Buonanotte Haymitch. Domani mattina dobbiamo essere giù dal treno per le otto in punto. Non fare tardi.” Con quelle parole, si allontana e lascia la mia stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Sono ancora sorpreso da quel gesto e non mi accorgo di essere rimasto fermo a fissare la porta per più del dovuto. Sì, decisamente ero sobrio da troppo tempo.

 
 

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Capitolo 2
*** Cease-fire ***


Sintesi: Il 68° anno degli Hunger Games. Haymitch ed Effie affrontano la perdita dei loro tributi fino alla fine di quei Giochi.

Effie POV.
 
Sono quasi le dieci del mattino, io ed Haymitch siamo seduti sul divano nel salotto dell’ultimo piano del Centro di Addestramento.
La televisione sta trasmettendo le immagini delle interviste di ieri; hanno già fatto vedere la maggior parte dei tributi. Il più giovane è un tredicenne, del Distretto 8.
Quest’anno i Favoriti sembrano meno pericolosi del solito, o forse lo sembrano per via degli abiti favolosi che indossano. La ragazza dell’1 ha i capelli biondi raccolti in una treccia lunga fino alla vita e due occhi verdi che brillano sotto le luci dei riflettori. Sembra un angelo.
Il ragazzo del 4 ha qualcosa che ricorda il vincitore di tre anni fa, Finnick Odair, non so bene cosa, probabilmente gli occhi; conosco bene la sua stilista e devo ricordarmi di chiamarla al più presto per complimentarmi perché sia per la parata che per le interviste ha fatto un lavoro sublime.
Caesar Flickerman ora sta parlando con la ragazza del Distretto 11; il vestito che indossa è fatto proprio per mettere in mostra i suoi muscoli e far vedere quanto sia grande.
Ha diciotto anni e credo che se ci fosse un modo per unire insieme i miei tributi, non la supererebbero in larghezza.
Quest’anno ho pescato i nomi di una quindicenne gracilina e di un diciassettenne a cui riuscivo a vedere le costole anche attraverso i vestiti.
Gli stilisti hanno dovuto lavorare sodo per coprirli entrambi e non far vedere quanto malnutriti fossero.
Adesso loro, assieme al team di preparatori, probabilmente sono in qualche locale per assistere ai Giochi in compagnia.
Sono anni ormai che io invece non li raggiungo subito; dopo i primi anni ho cominciato a seguire l’inizio dei Giochi con Haymitch, unendomi al resto delle accompagnatrici e dei mentori solo se uno dei miei tributi avesse superato il bagno di sangue iniziale.
Quando le ultime immagini del ragazzo spariscono e lo schermo si annera, parte l’inno di Panem e le immagini che vengono trasmesse subito dopo sono tutti e ventiquattro i tributi in piedi sulle loro piattaforme e senza accorgermene mi ritrovo a trattenere il fiato.
Non sono i ragazzi ad avermi impressionata, ma l’arena.
L’arena è una landa ghiacciata, è veramente magnifica e anche mortale. Le immagini continuano ad alternarsi fra i volti dei tributi e inquadrature paesaggistiche.
Sento che anche Haymitch s’irrigidisce accanto a me, come avrebbero fatto a sopravvivere con quel clima? Non solo i nostri, ma tutti i tributi.
Certo, indossano vestiti atti a conservare il calore e portano pesanti cappotti di lana, ma nemmeno i Favoriti possono durare tanto in un ambiente così ostico. “Forse è un bene, forse i nostri tributi riusciranno a sopravvivere più a lungo…” Dico, riprendendo a respirare e senza nascondere una punta di speranza nella mia voce. Perché vorrei davvero che almeno uno dei due tornasse a casa, quella forse era l’occasione buona per vincere.
Haymitch non mi risponde, né a voce né a gesti. Sembra non avermi nemmeno sentita, evito di ripetere perché so che mi sta ignorando volontariamente.
I sessanta secondi scadono, i Giochi sono iniziati e appena i tributi cominciano a cadere, uccisi brutalmente da loro coetanei, sono costretta a chiudere gli occhi e a voltarmi dal lato di Haymitch, nascondendo il viso contro la sua spalla.
Lui non fa opposizione; c’è una sorta di accordo verbale di cui non abbiamo mai veramente discusso: dal momento in cui cominciano i Giochi finché il nostro ultimo tributo muore, seppelliamo l’ascia di guerra.
Io non mi lamento del suo modo di fare, lui non mi deride e insieme ci facciamo compagnia.
Quando anche l’ultimo dei nostri tributi sarà morto, ci sarà un momento di calma o meglio di nulla assoluto, poi lui si sfogherà in qualche modo, che sia bere fino a sentirsi male o inveire contro di me in un momento di rabbia e io glielo lascerò fare; poi raggiungerò le altre accompagnatrici per vedere la fine dei Giochi.
Dopo quelli che mi sono sembrati almeno cinque minuti di grida e di commenti da parte di Claudius Templesmith e Caesar Flickerman, Haymitch spegne la televisione.
Forse è già finita. È un bene quando finisce così in fretta, apro gli occhi e comincio a spostarmi ma vengo bloccata dal suo braccio messo attorno alle mie spalle. Mi tiene ferma con una mano dietro la nuca non permettendomi di voltare la testa; non ci metto molto a capire che non è finita, ha solo tolto l’audio per non sentire.
Respiro rumorosamente contro la sua spalla, tornando a chiudere gli occhi. Non so quanto tempo sia passato quando mi lascia andare, però non spegne la televisione.
“Lui è riuscito a scappare, lei no.” Dice, poi si alza dal divano e va al tavolo per prendersi da bere. “Si è nascosto dietro una parete ghiacciata, abbastanza lontano dalla Cornucopia. Se riesce a non farsi prendere dai Favoriti forse riuscirà a passare la notte.”
Passare la notte, rispetto agli ultimi due anni anche quello sarebbe un traguardo. Non dico niente, mi limito ad alzarmi anche io prima di rimettere l’audio. Ora che il bagno di sangue è finito, cominceranno le scommesse. Se non voglio farmi vedere, e non voglio, devo almeno fare delle telefonate.
Sono sicura che neanche Haymitch metterà il naso fuori quindi tocca a me ricordare agli altri che il Distretto 12 esiste.
Si fa presto ora di pranzo, ma né io né Haymitch riusciamo a mangiare.
Undici tributi sono morti durante le prime due ore, dieci durante il bagno di sangue.
Entrambi del del 3, il ragazzo del 5, entrambi del 7, il ragazzo del 9, entrambi del 10, il ragazzo dell’11 e il mio tributo femmina.
Un’ora dopo, la ragazza del 5 è semplicemente scivolata su un pezzo di ghiaccio mentre correva e ha battuto la testa violentemente.
Sono riuscita a fare qualche telefonata, tutte ad altre accompagnatrici che conosco, solo per sapere le statistiche. Come pensavo, se escludiamo i Favoriti, molti quest’anno puntano sulla ragazza dell’11. È gigantesca, probabilmente anche io punterei su di lei.
Arriva sera, riesco a mettere qualcosa sotto i denti, Haymitch invece è già seduto sul divano. Se quello può essere chiamato essere seduti.
È praticamente steso con i piedi poggiati sul tavolino di vetro che ha di fronte, dopo la prima bottiglia di chissà che schifezza, ha anche abbandonato il bicchiere, preferendo bere direttamente dalla bottiglia.
Mi avvicino senza dire una parola, dopo tutto il patto è quello, e mi siedo accanto a lui.
È notte ormai qui e nell’arena; secondo Caesar ora lì la temperatura è scesa sotto i -15°.
Il primo a morire di freddo è il ragazzino di tredici anni dell’8, che era scampato al bagno di sangue per miracolo.
Esattamente come il mio tributo. Penso, poi poggiò la schiena contro lo schienale e mi metto a guardare in silenzio.
Sono passate quasi tre ore, e i Favoriti si sono presi la ragazza del 3, mentre il freddo si è preso la ragazza dell’8 e la ragazza del 6.
È incredibile, è arrivato fra i primi nove. Sono almeno cinque anni che non ci avviciniamo così tanto alla vittoria, non posso fare a meno di sperare, ma in fondo so che è solo fortuna.
Poi la mia mente va allo scorso anno. L’unica cosa che aveva salvato Annie Cresta era stata la sua bravura a nuotare. Se lui fosse riuscito a resistere alla fame e a restare nascosto, forse il freddo si sarebbe portato via i Favoriti…
Sto quasi per addormentarmi quando il suono di due cannoni mi fa sobbalzare, punto gli occhi sullo schermo per vedere i corpi di due Favoriti essere sollevati da terra e portati via.
La ragazza del 2 e il ragazzo del 4. Una parete ghiacciata è crollata su di loro, ora il ragazzo dell’1 ha una gamba rotta e il ragazzo del 2 una spalla slogata. Forse c’è sul serio speranza.
Mi volto per guardare Haymitch e riesco a vedere dai suoi occhi che anche lui sta pensando la stessa cosa. “Non ci sperare.” Mi dice, però, senza nemmeno levare gli occhi dallo schermo. “Va a dormire, se succede qualcosa ti vengo a chiamare.”
Sono stanca, non posso negarlo. Faccio come mi ha detto, prima di infilarmi sotto le coperte mi faccio una doccia. Il sonno mi avvolge immediatamente.
Ad un certo punto durante la notte, non so bene quando, mi sveglio sentendo il letto infossarsi accanto a me.
La presenza di Haymitch non mi disturba, non è la prima volta che dormiamo uno accanto all’altro. È il sapere la ragione della sua presenza a farmi stringere lo stomaco.
Sento il suo braccio cingermi la vita e la sua testa poggiarsi contro la mia schiena. “Come?” Riesco a chiedere dopo un po’, con un filo di voce.
“Favoriti.” Risponde, poi dopo qualche secondo aggiunge: “Stava dormendo, non se ne è nemmeno accorto.” Più che dalla voce è dall’odore che capisco che ha bevuto, non posso biasimarlo e decido di prolungare il cessate il fuoco per ancora qualche ora.
Respiro rumorosamente prima di richiudere gli occhi, ma non riesco a riaddormentarmi.
Il mattino dopo scopro che il mio è stato l’ultimo tributo a morire quella notte. In diciassette se ne erano andati solo il primo giorno.
I giorni successivi passano esattamente come avevo predetto; Haymitch si è ritirato nella sua stanza, io mi sono riunita alle altre.
Il secondo giorno non è successo nulla di particolare, Haymitch ha lasciato la Capitale in serata, con un commento amaro sul rivedersi il prossimo anno.
Il terzo giorno due valanghe, una dopo l'altra hanno travolto prima il campo dei Favoriti, uccidendo il ragazzo dell’1 con la gamba rotta e la ragazza del 9 che avevano preso con loro perché era in grado di procurarsi del cibo. La seconda valanga, poi, probabilmente consequenziale alla prima ha ucciso il ragazzo del 6.
A quel punto i tre Favoriti rimasti sono andati a caccia della ragazza dell’11. Questi giochi sono durati pochissimo...
Non appena l'hanno trovata la ragazza dell’11 ne ha uccisi due a mani nude: la ragazza dell’1 e il ragazzo del 2 con la spalla slogata.
Rimaste solo lei e la ragazza del 4 hanno cominciato a combattere senza pietà, alla fine la ragazza dell’11 ha usato un grosso pezzo di ghiaccio appuntito per trafiggere l'altra, facendo vincere il suo Distretto per la prima volta dopo diciassette anni.

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Capitolo 3
*** Visite Inaspettate ***


Sintesi: Dopo il servizio fotografico di Katniss per promuovere i suoi abiti da sposa, Effie ha fretta di far uscire tutti. Ha provato a chiamare Haymitch prima di partire ma non è riuscita a mettersi in contatto con lui, che quindi non si è presentato al servizio. Ora non può tornare alla Capitale senza prima avergli consegnato una cosa.
 
Effie POV.
 
Busso alla porta da almeno dieci minuti e nessuno mi apre. Possibile che non sia in casa? No, non può essere. In mano reggo una pesante cassetta che mi sono portata dietro; è in metallo e sopra il coperchio c’è lo stemma della Capitale.
Il mio treno riparte fra meno di un’ora, tutti gli altri saranno sicuramente già diretti lì. Ho detto che sarei stata via solo per qualche minuto perché di certo non mi aspettavo questo trattamento.
Probabilmente non sa nemmeno che sono qui, abbiamo anticipato il servizio fotografico per gli abiti da sposa di Katniss di tre settimane.
Ho provato a chiamarlo in tutti i modi per avvisarlo ma non risponde al telefono. Voglio solo sperare che non lo abbia di nuovo strappato dalla parete, non ho intenzione di pagargli un altro apparecchio.
Ovviamente non si è presentato… sarei potuta venire prima qui ma c’erano così tante cose da organizzare per il servizio che non ho avuto tempo.
Basta, provo ad aprire la porta e la trovo aperta. Non sono sicura di poter entrare… non è educato e sono convinta che se lo facessi si arrabbierebbe, ma devo partire e poi potrebbe essergli successo qualcosa. Magari ha avuto un mancamento ed è caduto per le scale, o è scivolato nella doccia. No… decisamente le scale.
Una volta dentro mi preparo ad essere assalita dalla solita puzza di alcol e vomito, ormai ci sono abituata… con mia enorme sorpresa, invece, la casa non puzza. Certo, non ha un buon odore, c’è aria di chiuso, ma quello non è niente, niente in confronto a quello a cui mi ero abituata.
Forse ha sul serio battuto la testa.
Non ci metto molto a trovarlo, è in salotto. Il salotto è un po’ più disordinato dell’ingresso, noto. Haymitch è steso sul divano, russa. Sta dormendo o forse è svenuto, probabilmente la seconda perché in mano ha una bottiglia vuota e ai piedi del divano ce ne sono altre due.
Mi avvicino mi rendo conto che non è liquore ma un qualche intruglio velenoso che contiene alcool. Raccolgo le bottiglie, anche quella che ha in mano. È talmente perso che l’unico modo per svegliarlo sarebbe fargli una doccia, lo so. E vorrei farlo, perché è ovvio che non si alza né si lava da giorni, ma l’esperienza mi insegna di non provare a svegliarlo mentre è in queste condizioni. L’ultima volta mi sono ritrovata un coltello alla gola e sono sincera quando dico che la cosa mi ha terrorizzata.
Invece vado in cucina per buttare le bottiglie vuote e mi accorgo che anche quella è pulita; forse si è deciso a diventare meno barbarico o forse Peeta ha pensato bene di occuparsi di lui; non ce la vedo Katniss a fare la donna di casa.
Poggio la cassetta sul suo tavolo, poi, dal momento che di svegliarlo non se ne parla, comincio ad aprire le ante della sua dispensa; in condizioni normali non l’avrei mai fatto, ma non posso permettergli di rallentarmi. Rischio di perdere il treno.
La dispensa è incredibilmente in ordine. I cibi sono riposti scrupolosamente in barattoli etichettati.
Stento a credere ai miei occhi, che cosa può avergli fatto cambiare idea sul suo stile di vita? Per anni ho provato a fargli capire che non poteva continuare a vivere in quel modo e tutto quello che sono riuscita ad ottenere è… niente. Non è cambiato di una virgola da quando l’ho conosciuto. Forse il sapere che io non sarei più stata sempre a organizzargli la vita gli ha fatto capire che doveva darsi una regolata.
Non è il momento di interrogarsi sul motivo per il quale la casa di Haymitch finalmente non ricorda più un porcile.
Ormai non mi sorprendo nemmeno più se so dove tiene le cose, perché l’unica che si è degnata di provare a mettere un po’ d’ordine nella sua vita sono io. Apro uno dei tiretti solo per rendermi conto che non c’è quello che cerco. Che motivo c’è di spostare le cose? Mi sollevo poggiando le mani sui fianchi e stringo le labbra in un’espressione infastidita.
Comincio a guardarmi intorno, le cose non possono svanire nel nulla…
Cerco in qualche cassetto, ma non riesco a trovare niente. Appoggio la schiena al lavello portandomi le mani alla testa. Tre quarti d’ora, ecco quanto tempo manca prima che il treno parta; sono veramente tentata di andare a svegliarlo quando sento dei rumori provenire dalla porta e mi volto.
Mi ritrovo di fronte Haymitch, appena svegliato e con un coltello in mano. Sul volto ha l’espressione di chi ha appena visto un fantasma.
 “Che- che diavolo ci fai a casa mia, Trinket?” Sono le prime parole che gli sento pronunciare dopo quattro mesi.
“Buon pomeriggio anche a te Haymitch. Sì, sono stata bene e il viaggio è stato tranquillo. No, grazie non prendo niente da bere.” Sono le mie prime, stringo gli occhi e gli riservo uno sguardo furioso. Lui mi da le spalle facendomi cenno con la mano di fare come mi pare.
Sta per voltarsi e andarsene quando lo fermo, chiedendogli dove fossero delle cassette per le bottiglie.
“Cassette per le bottiglie?” Mi chiede completamente spaesato. “A che ti servono delle cassette per le bottiglie?”
Sospiro e mi avvicino al tavolo, solo ora sembra notare l’oggetto estraneo. Lo fissa inorridito notando lo stemma della Capitale, ma quando sollevo il coperchio il suo sguardo cambia, da inorridito diventa stupito. Piacevolmente stupito.
Porto gli occhi al cielo e volto la cassa di metallo nella sua direzione, contiene almeno una quindicina di bottiglie del miglior liquore presente a Capitol City.
Haymitch si passa una mano sul viso, è evidente che è ancora ubriaco. Poi mi sorpassa e penso che stia per cadere, ma mi accorgo che si è solo chinato per prendere qualcosa da sotto al lavello.
Ma certo, sotto il lavello. L’unico posto dove ancora non avevo guardato.
Poggia il coltello nel lavello e tira fuori la un paio di cassette di legno vuote dove in genere tiene le sue scorte, e comincia a prendere le bottiglie che gli ho portato. Non potevo di certo lasciargli il mio contenitore, i Pacificatori avevano storto abbastanza il naso quando lo avevano notato ma non avevano potuto fare niente in quanto lo stemma sul coperchio indicava chiaramente la sua provenienza… se fossi tornata sul treno senza se ne sarebbero sicuramente accorti.
“Perché?” Mi chiede quando ha finito.
Io richiudo il coperchio e mi siedo al tavolo, lui fa lo stesso. Mi stringo nelle spalle. “Chiacchieravo con Plutarch qualche giorno fa e mi ha detto che sapeva di un nuovo divieto qui al 12… ho pensato che saresti uscito fuori di testa quindi ti ho portato un rifornimento. I ragazzi contano ancora su di te, immagino…”
Per un po’ rimane in silenzio, fissando le bottiglie con occhi stanchi o forse sono ancora velati da qualsiasi effetto quella sostanza gli stia provocando. Non mi piace vederlo così. Poi bofonchia qualcosa di incomprensibile.
Per interrompere il silenzio mi faccio coraggio e gli chiedo: “Come mai hai riordinato?”
Lui non batte ciglio, continua a fissare le bottiglie assente, comincio a credere che non sia del tutto conscio. Non solo la cosa non mi piace, ma mi preoccupa. “Non sono stato io.” Dice infine.
“Non mi sorprende.” Rispondo, forse un po’ troppo velocemente.
“La madre di Gale Hawthorne, Hazelle… ripulisce questo posto e in cambio le do qualcosa per mantenersi.”
Ora le cose cominciano a rimettersi al loro posto. Devo darle conto, però. Ho incontrato quella donna solo una volta, alla Festa del Raccolto che ha chiuso il Tour della Vittoria. Per riuscire a stare dietro al disordine e alla trascuratezza di Haymitch sicuramente deve essere una donna forte.
Chiunque avrebbe rinunciato al primo tentativo, chiunque tranne me, ovviamente.
L’idea che ci sia qualcuno a prendersi cura della sua casa mi rassicura, credo. È inutile negare a me stessa che la notizia mi ha stupito, sono una donna adulta e so riconoscere la gelosia.
È del tutto normale che io lo sia, dopo tutto l’unico mio compito nei confronti di Haymitch era assicurarmi che stesse il meglio possibile, è un po’ come se fossi stata rimpiazzata. Io detesto essere rimpiazzata, ma non poteva essere altrimenti.
Non avrebbe avuto senso continuare ad occuparmi di lui dopo il Tour; ora i mentori sono Katniss e Peeta. Non dovrei avere più niente a che fare con Haymitch, gli ho portato questi liquori solo perché sapevo che nessun altro avrebbe potuto farlo. Sicuramente non questa Hazelle…
Effie!
Mi sorprendo a riprendermi da sola. So che dovrei andarmene perché ormai il treno partirà fra mezz’ora ma lo stato in cui si trova Haymitch mi preoccupa a tal punto da non volermene andare prima di assicurarmi che stia bene.
So che non risponderebbe mai ad una domanda simile, si prenderebbe gioco di me chiedendomi se adesso me ne importa qualcosa di lui…
Quindi devo inventare qualcosa di più furbo.
Comincio a chiacchierare del più e del meno, con leggerezza. Gli racconto della festa di Octavia, di come si sia rattristata quando non è riuscita a trovare i gamberetti, di come in realtà tutto il pesce è diventato introvabile.
Gli parlo di Cinna, di come nonostante non arrivino più molti tessuti pregiati, sia riuscito a diventare una star della moda.
Lui ovviamente non mi ascolta, ogni tanto annuisce, stringe gli occhi quando alzo troppo la voce. Non si lamenta…
Il mio treno parte fra venti minuti, il Villaggio dei Vincitori è a dieci minuti dalla stazione. Con questi tacchi forse quindici.
Non posso trattenermi oltre. “Haymitch…” Lo chiamo e lui mi risponde con un grugnito. Decide di aprire una delle bottiglie che gli ho portato. “Promettimi che non le berrai tutte insieme.”
“Come dici tu, principessa.” Mi risponde dopo aver bevuto un lungo sorso dalla bottiglia.
Mi alzo, riprendo la cassetta che ora è molto più leggera e faccio il giro del tavolo. Non mi aspetto che lui si alzi per accompagnarmi la porta e invece ci prova, non ci riesce perché le gambe lo abbandonano e finisce contro la parete, sopprimendo un lamento di dolore quando il muro collide con la sua testa.
In un battito di ciglia sono al suo fianco, aiutandolo a sorreggersi e a controllare che non si sia fatto troppo male. Non c’è sangue quindi lo aiuto a stendersi sul divano, porta di nuovo la bottiglia alle labbra. Comincio a pentirmi di avergli portato il liquore, poi mi dico che se non fosse stato quello sarebbe stato qualcosa di sicuramente più nocivo.
Almeno così so con cosa si sta uccidendo, non che la cosa mi consoli più di tanto, devo ammetterlo.
“Sono seria, Haymitch.” Gli sistemo un cuscino sotto la testa. “Non potrò portarti nient’altro fino alla mietitura, quindi vedi di farti bastare quelle bottiglie.” Dico, perché non voglio fargli sapere che sono preoccupata per la sua salute.
Faccio per andarmene ma la sua mano mi ferma e mi costringe a voltarmi. “Ehi- ehi, ehi. Aspetta…” La voce è tremendamente impastata e gli occhi sono ancora più annebbiati.
“Che c’è?” Gli chiedo, ancora non mi ha lasciato andare il polso. Non so cosa aspettarmi, non nelle condizioni in cui è…
Resta in silenzio per qualche secondo, come se stesse cercando le parole giuste, poi sulle sue labbra si forma un ghigno quasi sadico. “Ringrazia Plutarch per le bottiglie.” Dice ridacchiando e mi lascia andare.
Respiro rumorosamente attraverso le narici e serro istintivamente le labbra. Mi rifiuto di alzare gli occhi al cielo, possibile che ancora mi stupisco del fatto che Haymitch riesca a prendermi alla sprovvista?
Non gli rispondo, lo lasco sghignazzare senza dargli la soddisfazione di avermi fatto perdere la pazienza. E io che ho anche rischiato di prendere una multa solo per lui.
Ringrazia Plutarch!
Faccio dietrofront prima che qualsiasi parola lasci le mie labbra ed esco da casa sua sbattendo la porta, forse non stava così male come credevo.


A/N: Grazie per i commenti, mi fa piacere sapere che queste Hayffie siano apprezzate. Un bacio e alla prossima! :)
x Lily

 

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Capitolo 4
*** Una Giornata Particolare ***


Sintesi: Gli attimi prima della mietitura dei 75° Hunger Games e il viaggio verso la Capitale.

Haymitch POV.
 
È il giorno della mietitura, devo uscire di casa entro venti minuti e ho veramente bisogno di bere. Non posso farlo, però. Non adesso, l’ho promesso a Peeta il giorno dopo l’annuncio dell’Edizione della Memoria.
Sarò sincero, gli allenamenti a cui ci ha sottoposto il ragazzo hanno dato i loro frutti, ma nell’arena non resisterei comunque. Non che debba provarci nel caso toccasse a me.
Stranamente non sono agitato, l’astinenza e il caldo mi distraggono abbastanza da poter non pensare all’imminente avvenimento che potrebbe segnare la fine della mia vita, forse la verità è che se anche finisse non me ne importerebbe più di tanto.
Sento bussare alla porta, forse è Peeta che viene a controllare come sto, quando apro mi rendo conto che non è Peeta ma Effie.
Non ha una bella cera, è impacchettata come al solito, quest’anno si è conciata come una farfalla. Veramente pittoresco.
È truccata meno rispetto agli altri anni, però, riesco quasi a vederle la faccia. Un attimo dopo capisco il motivo: è chiaro come il sole che ha passato le ultime ore a piangere, se si fosse truccata di più le si sarebbe sciolta la maschera…
Sono stupito di trovarmela di fronte, mi aspettavo di trovarla sul palco, nessuno dei due dice niente; dopo l’annunciazione dell’Edizione della Memoria mi ha chiamato ogni due giorni e ho sempre risposto per paura che se non l’avessi fatto sarebbe venuta di persona a controllare che non fossi morto. Quindi non abbiamo molto da dirci.
Mi faccio da parte per farla entrare ma lei non si muove, sto per chiederle che le prende quando sopprimendo un singhiozzo mi si lancia praticamente addosso allacciandomi le braccia al collo e dandomi un bacio.
Non ero preparato a questo e faccio un passo indietro per non rovinare a terra ma poi ricambio istintivamente il bacio, perché non vedo altre alternative.
Le nostre labbra restano incatenate più del dovuto e oltre al sapore del suo rossetto, qualcosa di fruttato che non riesco a definire, sento anche un sapore salato e mi rendo conto che ha ripreso a piangere.
Ci separiamo e cerco di trovare qualcosa da dire per farla sentire meglio perché credo di non averla mai vista in questo stato, nemmeno dopo la morte dei nostri tributi. “Addirittura le lacrime, dolcezza? Bacio veramente così male?” È la cosa migliore che mi viene in mente… un po’ me ne vergogno perché un tempo sarei riuscito a fare molto di meglio, ma in quel preciso istante troppe cose mi passano per la testa.
Lei abbozza un sorriso, visibilmente arrossita e si asciuga le lacrime con il dorso della mano. “Non posso farlo…” Dice e io scuoto la testa.
Ne avevamo già parlato un miliardo di volte, doveva farlo.
“Non puoi non farlo, Effie. L’unica cose che puoi e devi fare è sorridere, andare su quel palco, leggere il nome di Katniss, pescare il mio o quello di Peeta e fare come se niente fosse diverso dagli altri anni.”
Quelle parole spazzano via l’ombra del sorriso che si era formato sulle sue labbra e ricomincia a singhiozzare, scuotendo ripetutamente la testa. Mi trovo costretto ad abbracciarla ma non riesco a sentirmi in colpa. Non è colpa mia e non è nemmeno colpa sua.
Non abbiamo altra scelta.
Dopo un po’ Effie mi lascia andare, vado in cucina a prenderle un bicchiere d’acqua e quando torno lei si sta sistemando il trucco e la parrucca che si era spostata.
Le passo l’acqua e lei comincia a bere a piccoli sorsi, cercando di non riprendere a singhiozzare.
Quando finisce di bere guarda l’orologio sulla mia parete e si alza in piedi. “Devo andare o farò tardi.”
L’accompagno alla porta e prima di uscire mi sento in dovere di dirle un’ultima cosa. “Chiunque dei due pescherai, l’altro si offrirà volontario…” Non so se ho fatto bene a dirglielo, ma ormai lo avevo fatto.
Effie si allontana, io chiudo la porta e penso che se prima avevo bisogno di bere adesso ho bisogno di perdermi completamente nella bottiglia.
Cinque minuti esco anche io; Effie sembra fare del suo meglio per sembrare normale, ma non riesce molto bene nel suo intento. Forse ad un occhio estraneo può darla a bere ma Katniss e Peeta con uno sguardo si accorgono che non è la solita. Io posso solo pensare che rispetto a venti minuti fa, questo che sta facendo sul palco è un miracolo.
La cerimonia dura pochissimo.
Effie pronuncia il nome di Katniss, poi il mio e non ho nemmeno il tempo di voltarmi verso la ragazza che subito Peeta si offre volontario. Lo sapevamo tutti che sarebbe successo. Non posso farci niente e sinceramente non so nemmeno se sentirmi sollevato o meno.
I Pacificatori si portano immediatamente via i due ragazzi, separandoli da me e da Effie. Lei è visibilmente turbata, ma deve finire la cerimonia. Mentre torno a sedermi le sfioro appena il braccio in quello che spero prenda come un segno di incoraggiamento.
Non appena la cerimonia finisce, pochi minuti dopo, veniamo subito scortati nel Palazzo di Giustizia, a quanto pare le nuove procedure non permettono ai tributi di salutare. Protestare è inutile, i Pacificatori ci spronano con i loro fucili e noi non possiamo fare nient’altro che non sia filare dritti alla stazione.
Sul treno mi ritiro in camera mia, non ho voglia di sapere come stanno Katniss e Peeta, né tantomeno Effie. Non ce la farei a sopportare un’altra volta il pianto di nemmeno un’ora prima.
È ora di cena quando lei viene a chiamarmi, a tavola l’atmosfera è tremenda.
Non presto nemmeno attenzione a quello che succede accanto a me, mi limito a mangiare e a non bere, perché visto che sono di nuovo il mentore e che ho promesso a Katniss di fare del mio meglio per salvare Peeta, bere è l’ultima delle cose che mi è concesso fare.
Mi accorgo a malapena che Effie propone qualcosa a proposito di simboli, di squadra… ma non ho veramente ascoltato quello che ha detto, quindi mi limito ad acconsentire sperando di non aver firmato qualcosa di ridicolo.
Dopo un po’ mi accorgo Effie ha fatto portare via il suo vino, forse lo fa per incoraggiarmi ma la cosa non cambia il fatto che ucciderei per una bottiglia di liquore bianco.
Katniss fa un pessimo tentativo di sollevare l’atmosfera, ma l’unica cosa che voglio è essere lasciato in pace, quindi appena Effie propone di andare a vedere il riepilogo delle mietiture mi alzo e vado nello scompartimento col televisore.
Seguo le mietiture senza fare commenti, per alcuni di loro mi dispiace, altri mi sono del tutto indifferenti.
Appena finiscono mi alzo in silenzio e mi ritiro nella mia stanza, mi metto sul letto e comincio a fissare il soffitto. Dopo nemmeno cinque minuti la porta si apre ed entra Effie, non dico niente aspetto di sentire che cosa ha da dirmi.
Probabilmente commenti su come le dispiaccia che alcuni dei miei amici debbano tornare nell’arena. Per la seconda volta durante la giornata Effie mi sorprende, perché non dice niente ma si avvicina al mio letto e si stende accanto a me.
È un gesto decisamente inappropriato, come direbbe lei, ma non sembra fregarsene. Immagino che oggi sia una giornata particolare.
Sembra volersi avvicinare, io non le dico niente ma non mi sposto e lei si decide a poggiarmi la testa sulla spalla, sta facendo di tutto per non rimettersi a piangere.
Dopo un po’ comincia a parlare e la ascolto. È il discorso che mi aspettavo quando è entrata, dice che apprezza il fatto che abbia smesso di bere. Evito di dirle che è solo per questi giorni, poi probabilmente cambierà ogni cosa.
Ad un certo punto mi accorgo che ha smesso di parlare, forse si è addormentata, poco dopo però si alza ed esce, per poi tornare qualche tempo dopo completamente struccata e con indosso una camicia da notte di un verde brillante.
Nemmeno quando dorme riesce ad essere normale.
Non protesto quando si infila sotto le mie coperte, perché quando se ne è andata mi sono ritrovato a sentire la mancanza del calore corporeo.
Nessuno dei due però riesce a dormire, ce ne stiamo in silenzio, ogni tanto lei dice qualcosa a proposito di Cecelia, io annuisco.
Dopo un po’ sono io a parlare, le racconto qualcosa su Chaff e lei a rimanere in silenzio, poi parliamo di Mags, di come non abbia alcuna speranza.
Continuiamo così per ore finché dal nulla, esattamente come questa mattina, le sue labbra trovano le mie ma stavolta non ci sono lacrime.
Il bacio cresce, diventa qualcosa di molto più grande di noi, e me ne accorgo quando è già troppo tardi. Riesco quasi a percepire la sua disperazione.
È solo quando siamo abbracciati, avvolti dalle coperte, che arrivano le lacrime; non sono le stesse lacrime di questa mattina. Non singhiozza incontrollatamente, piange in silenzio, perché ha finalmente capito che non si può scappare da quello che da lì a poche ore sarebbe successo. Almeno uno dei due fra Katniss e Peeta avrebbe perso la vita. Non c’è modo di salvarli entrambi, non dal suo punto di vista.
Quando sono sicuro che si sia addormentata chino lo sguardo su di lei e sembra più serena. L’assurdità della situazione mi arriva tutta insieme, non abbiamo pensato alle conseguenze, se ce ne saranno…
Io odio Effie Trinket.
Odio i suoi vestiti assurdi, odio le sue parrucche oscene, i suoi tacchi vertiginosi, la sua voce stridula, il suo accento ridicolo.
Mi soffermo ad osservarla meglio ed è in quel momento che la cosa mi colpisce: come è ora, spogliata di tutto, silenziosa e addormentata con la testa poggiata alla mia spalla e il mio braccio avvolto alla sua vita, nessuna delle cose che ho citato prima le appartiene.
E mi rendo conto che così non riesco ad odiarla.

 
A/N: Questo capitolo è stato piuttosto difficile da scrivere, soprattutto per quanto riguarda la caratterizzazione. C’è più fluff del solito ma spero di essere riuscita a scrivere senza aver stravolto troppo i personaggi.
In caso contrario… sorry.
 
A/N 2: Per evitare di dover cambiare il rating di questa raccolta, il capitolo è stato censurato U.U ma non disperate, per leggere la versione non censurata, cliccate
qui. Non aspettatevi niente di che, è più un arancio ma comunque ho preferito tagliare quella parte per questa raccolta visto che il rating è giallo. :)
Alla prossima,
x Lily

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Capitolo 5
*** Sweet Sixteen ***


Sintesi: è il 50° anno degli Hunger Games, la Capitale è in fermento per la seconda Edizione della Memoria. I giochi sono emozionanti, il doppio dei tributi, il doppio dell’eccitazione. Un tributo in particolare cattura l’attenzione dell’adolescente Effie Trinket, che prenderà un’importante decisione di lì a breve.
 
Teen!Effie POV.
 
I miei piedi mi stanno uccidendo, non ne posso più. Sono due ore che cammino avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e indietro.
Mia madre mi guarda dal fondo della stanza, è seduta su una sedia che ha messo lì appositamente per osservarmi meglio.
“Punta, tacco!” Strilla. “Punta, tacco. È così difficile da capire, Euphemia?”
Sospiro, esausta.
“No, madre… ma i piedi mi fanno male. Posso fare una pausa e andare a vedere i Giochi?”
Non avrei dovuto chiederlo… non mi volto nemmeno per guardare in faccia mia madre, so già che il suo sguardo mi sta trapassando. “No.” Risponde secca, ma non mi aspettavo una risposta diversa. “Non prima che mi avrai fatto vedere una camminata decente. Fra due mesi è il tuo sedicesimo compleanno, diventerai una donna, non posso permettermi di presentarti ufficialmente ai miei colleghi in questo stato.”
Me lo ripete dal giorno successivo al mio quindicesimo compleanno. Non ne posso più, non è difficile camminare sui tacchi, il difficile è sopportare il dolore. Non mi piace…
Mi costringo a continuare, alzo la testa e punto gli occhi di fronte a me, oggi non mi ha fatto mettere i libri in testa fortunatamente…
Non so perché ci tenga tanto, ma sembra che la sua vita dipenda dal giorno del mio debutto in società… mia sorella ha fatto il suo due anni fa, e mia madre non poteva essere più orgogliosa.
Dopo altri quindici minuti, finalmente mia madre è soddisfatta e posso togliermi le scarpe.
Ci rechiamo in salotto, dove ci stanno già aspettando a tavola mio padre e mia sorella Allie.
Io vorrei vedere i Giochi, ma la regola è niente Hunger Games mentre si mangia. Quindi devo aspettare che tutti abbiano finito di mangiare prima di potermi alzare e andare ad accendere la televisione.
Finisco di mangiare prima di tutti, e resto immobile mentre gli altri continuano. Dopo qualche momento mia madre mi lancia un’occhiataccia e mi accorgo di avere i gomiti sul tavolo, subito porto le mani in grembo e chino la testa.
“Schiena dritta mentre si è a tavola.” La sento dire e so già che è rivolta a me, mi raddrizzo e sposto lo sguardo verso mio padre e mia sorella. Entrambi sembrano delle statue mentre mangiano, a mio padre viene naturale, ad Allie e a me ce lo ha insegnato nostra madre.
Quando eravamo piccole ci metteva dei libri sotto le braccia e se li facevamo cadere dovevamo restare a tavola per un’ora dopo aver finito di mangiare.
In genere mi ricordo di restare composta, ma nel periodo degli Hunger Games la mia mente è da tutt’altra parte, poi questa è un’Edizione della Memoria, sono troppo emozionata per pensare alle buone maniere! Mia madre però non la pensa come me…
Ora che tutti hanno finito possiamo andare, ci sediamo sul divano e mio padre accende la televisione.
Caesar Flickerman sta commentando l’arena, quest’anno è fantastica. Così colorata e sfavillante, una delle più belle che abbia mai visto.
Poi le immagini cominciano a dare il replay di quello che è successo durante la giornata. I miei genitori guardano commentando, io li ascolto e cerco di tenere il loro passo, do ragione prima ad uno e poi all'altro, sapendo che mia madre vuole che impariamo a sostenere ogni tipo di conversazione.
Mia sorella ed io ci scontriamo su chi sarà il vincitore di quest’anno. Lei è convinta che vincerà una delle due ragazze del Distretto 4, Blye Erwin. Io invece vorrei tanto che vincesse uno dei due ragazzi del Distretto 12, Haymitch Abernathy.
Mia madre dice che è impossibile, che il Distretto 12 ha vinto solo una volta e non vincerà più.
Io voglio crederci.
Il telefono ad un certo punto comincia a squillare e mio padre deve rispondere, è l’ora delle telefonate, so che resterà a telefono per molto tempo. I mentori dei Distretti 1, 2 e 4 hanno i numeri di tutti gli sponsor e dal momento che mia sorella fa il tifo per la ragazza del 4, mio padre si è reso disponibile a sponsorizzarla.
Sono giorni che sto cercando di convincerlo a mandare qualcosa anche ad Haymitch, ma lui mi ha detto che per quanto vorrebbe farmi felice, non può mandare dei soldi solo perché io voglio che vinca. La ragazza del 4 si sta dando da fare parecchio e sembra meritare molto di più i suoi soldi…
Non demordo, so che mio padre non resiste agli occhi dolci, quindi appena mette giù il telefono lo raggiungo e comincio di nuovo a supplicarlo. Non gli chiedo molto, dell’acqua, del cibo magari… ma niente da fare. Mio padre non vuole sentire ragioni, evidentemente il mio trucchetto non funziona più come quando ero bambina.
Mia madre ha ragione, sono quasi una donna… dovrei finirla di lamentarmi di come fanno male le scarpe o di come siano stretti i corsetti. Dopo tutto non sono l’unica che deve portare queste cose, no? Mia sorella, mia madre, mia zia… ci siamo passate tutte e nessuna di loro si lamenta.
Quando mio padre esce per raggiungere gli altri sponsor, io resto sola con mia sorella. Mia madre è andata a telefonare a mia zia per commentare gli ultimi avvenimenti.
Questa mattina il vulcano nell’arena ha eruttato, è stato uno spettacolo mozzafiato. Non avevo mai visto un vulcano in eruzione, trasmetteva energia.
Mi siedo sul divano e mia sorella mi guarda interrogativa. “Allora? Papà ha abboccato?”
Scuoto la testa, visibilmente delusa.
Lei sorride e mi punzecchia con il piede. “Rassegnati Effie, il tuo fidanzato non ha speranze…”
Arrossisco visibilmente ma raddrizzo la schiena e serro le labbra in un’espressione minacciosa. “Smettila immediatamente o chiederò a papà di portarmi uno di quegli scoiattoli e te lo infilo nel letto mentre dormi!”
Allie mi sorride e alza le mani in segno di resa, poi torna a guardare la televisione. “Però mi piacerebbe avere una pelliccia di quegli scoiattoli… il pelo sembra così morbido e caldo…”
Continuiamo a guardare in silenzio, ogni tanto facciamo commenti.
Quando le immagini si spostano su Haymitch cerco di restare indifferente, ma con Allie che mi guarda è difficile. Spero veramente che vinca. Il Distretto 12 ha avuto un unico altro vincitore, ma in genere perdono subito… invece lui sta resistendo e combatte bene.
E poi è carino…
“Hai pensato a cosa metterti per la festa del tuo compleanno?” Chiede all’improvviso Allie.
Io scuoto la testa, distogliendo lo sguardo dallo schermo. Non avevo ancora avuto il tempo di guardare i vestiti. “Però quest’anno il rosa va tantissimo.”
“Il rosa ti sta bene, s’intona con i tuoi occhi. Potresti tingerti i capelli di fucsia!”
Allie ha i capelli biondi come i miei, ma la parte inferiore dei suoi capelli è blu elettrico. Ogni mese cambia colore delle punte. Insiste perché anche io me li tinga, ma nostra madre è contraria, almeno finché non compirò sedici anni.
Io non sono convintissima. “Ma non voglio rovinarli…”
“Sono solo capelli, Effie!” Continua lei. “Lo fanno tutte… se proprio ci tieni e non vuoi tingerli puoi provare con le parrucche… ce ne sono alcune meravigliose, le ho viste proprio ieri al centro commerciale. Domani, dopo pranzo, ti ci porto.”
Annuisco contenta, perché anche se spesso bisticciamo, adoro Allie e anche lei mi vuole bene. Ci divertiamo insieme ad uscire e a comprare vestiti.
Prima che possa aggiungere altro sento la voce di mia madre provenire dal salotto. “Euphemia! Allegra! Venite a tavola.”
Ci guardiamo in faccia e poi Allie spegne la televisione, niente Hunger Games mentre si mangia… mi ripeto.
I giorni passano in fretta, i giocatori continuano a diminuire e io spero sempre di più che Haymitch possa vincere.
Quando alla fine viene incoronato vincitore, non riesco a contenere la gioia, ma devo sembrare tranquilla o altrimenti mia madre mi sgriderà e mia sorella mi prenderà in giro a vita… ora il Distretto 12 ha un nuovo mentore.
Le settimane che separano la fine dei giochi dal mio compleanno trascorrono subito, la sera del mio debutto sono splendida.
Il vestito che ho comprato assieme ad Allie è uno dei più belli che abbia mai visto, così come la parrucca che abbiamo comprato e le scarpe scelte da mia madre.
Lei mi presenta ai suoi colleghi e mio padre fa lo stesso con gli altri sponsor, è in quel momento che lui mi prende sottobraccio e annuncia orgoglioso ai suoi amici che dopo gli ultimi Hunger Games ho deciso di diventare un’accompagnatrice.

25 anni dopo.

Il Tour della Vittoria è stato un successo strepitoso. I miei vincitori erano acclamati e amati da tutti.
Certo, ci sono stati giorni no, ma non potevo pretendere che fosse tutto perfetto. Nel complesso non posso proprio lamentarmi… la festa alla Capitale credo sia stato uno dei momenti più belli della mia vita.
Dopo anni e anni da accompagnatrice ero finalmente riuscita a riportare a casa non uno, ma due tributi. Nessun altro può dire di aver fatto lo stesso.
Non posso ancora riposarmi, però… mia sorella e i miei nipoti sono venuti a prendermi alla stazione e ora sono nel mio appartamento.
Allie è seduta accanto a me e mi sta raccontando di com’è stato meraviglioso vedere il Tour e com’è eccitata per il matrimonio di Katniss. Dice di essersi commossa quando Peeta le ha fatto la proposta, non stento a crederci.
Lavinia, la mia nipotina di cinque anni, sta torturando Pumpkin, il mio gatto tigrato… in questi giorni Allie se ne è presa cura ma credo che il povero micio sia stato preso di mira dai bambini.
I gemelli di dodici anni, invece, sono seduti accanto a me.
Mi chiedono dettagli su ogni cosa; Anita, la femmina, porta i capelli come li aveva Katniss nell’arena, mentre Alexandre, il maschio, ha voluto cominciare a prendere lezioni di tiro con l’arco.
Dopo un po’ Allie manda a giocare anche loro con il gatto, sembra impaziente di parlarmi.
“Che c’è?” Mi chiede finalmente, dopo avermi osservata per un po', io la guardo confusa. “Effie, dovresti sprizzare gioia e invece ti limiti a sorridere e a raccontare tutto come se fosse stato un viaggio qualsiasi…”
“Sono solo molto stanca… è stato incredibilmente estenuante.”
“Beh, vedi il lato positivo. Per quindici anni ti sei lamentata di quel tuo mentore ubriacone, adesso finalmente te ne sei liberata. Dovrai lavorare con quelle due perle!” Mi dice con gli occhi che brillano di entusiasmo.
I suoi occhi sono gli unici a brillare, però.
Sospiro. “Sì, è vero… non c’è bisogno che me lo ricordiate tutti in continuazione.”
Mia sorella ridacchia, poi comincia ad accarezzare il gatto che, stancatosi probabilmente delle attenzioni dei bambini, le è saltato in grembo. “Tranquilla Effie, puoi sempre prendere il treno per raggiungere il tuo fidanzato.”
“Allie!” La rimprovero, lei si mette a ridere, ma non è affatto divertente. Mi sporgo in avanti e mi riprendo Pumpkin, che non sembra troppo contento di essere sballottolato in giro.
Mi sforzo di non voltarmi a guardare in faccia mia sorella. Fortunatamente non mi sono struccata e i diversi strati di fondotinta e cipria coprono il rossore che sento cominciare ad espandersi sulle mie guance…

A/N: Questa one-shot è tutta un po’ un mio headcanon. Dalla madre di Effie, severa e fissata con le buone maniere alla sorella maggiore di Effie, con i suoi figli… passando per Pumpkin, il tremendo gatto rossastro che Haymitch vorrebbe sicuramente scuoiare vivo se si incontrassero.
Nella mia mente Teen!Effie me la immagino come Dakota Fanning, mentre Allie la immagino da ragazza come AnnaSophia Robb e da adulta come Rebecca Gayheart.
Mi sono fatta diversi viaggi mentali sull’infanzia/adolescenza di Effie… xD
Comunque, grazie per aver letto e fatemi sapere cosa ne pensate! Alla prossima.
 
x Lily

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Capitolo 6
*** Eyes ***


Sintesi: Durante i 67th Hunger Games il Distretto 12 non è stato fortunato. La buona sorte, però, ha deciso di andare in contro a qualcun altro…
 
Effie POV

I nostri tributi erano stati uccisi durante il bagno di sangue. La ragazza, una dodicenne, è stata la prima a morire, per mano del ragazzo dal Distretto 2.
Il ragazzo invece, di sedici anni, era riuscito a prendere uno zaino, ma il tributo maschio del Distretto 7 lo ha trafitto in pieno petto con una spada, sottraendoglielo. Pochi attimi dopo i due del Distretto 1 lo hanno braccato e poi ucciso, prendendosi lo zaino.
In quindici minuti il bagno di sangue era già finito. Otto tributi avevano perso la vita: il ragazzo dal Distretto 3, la ragazza del 5, entrambi del 6, la ragazza del 7, la ragazza dell'11 ed entrambi i miei ragazzi.
Non mi aspettavo nulla di diverso.
La Cornucopia dorata è imbrattata di sangue, quest'anno si trova al centro di una splendida piazza. Scintilla sotto la luce del tramonto, l'arena è un paesino fantasma.
Casette si susseguono l'una all'altra. Sono tutte vuote, silenziose e tetre. Sono ottime per nascondersi, ma la mia esperienza da spettatrice mi dice che nascondono terribili trappole.
Ho ragione, perché non appena il ragazzo del Distretto 8 mette piede all'interno di una delle casette, la porta si sbarra e la casa si riempie di fumo. Il suono di un cannone cattura l'attenzione dei restanti tributi.
Non tutte le case sono trappole mortali, la ragazza del Distretto 10, ignara della sorte del suo avversario, si addentra ad ispezionare una delle altre casette. Dopo essere entrata si chiude la porta alle spalle e apre lo zaino che era riuscita a conquistare. Dentro non c'è molto. Carne essiccata e acqua. Trovare cibo sarà impossibile in un'arena come questa.
La maggior parte dei tributi si allontana il più possibile dalla Cornucopia, cercano riparo all'interno delle abitazioni.
Alcuni sono fortunati, altri meno. Nel giro di mezz'ora se ne vanno entrambi i tributi del 10 e la ragazza del 9. Rispettivamente: ratti carnivori, gas velenoso e uno scontro con il ragazzo dal Distretto 11.
Sono quasi le sei del pomeriggio, decido di lasciare la mia stanza per vedere come sta Haymitch. Lo trovo sul divano, completamente ubriaco.
Appena mi vede cerca di alzarsi e comincia a blaterare. Dalle sue labbra escono solo insulti, rivolti a me, alla Capitale, a Snow.
Lo lascio sfogarsi, non batto ciglio. Ho imparato a gestire i suoi attacchi di rabbia; dopo un po' tace. Mi avvicino e cerco di aiutarlo a mettersi in piedi per andare a letto, ma scaccia via la mia mano in malo modo. Sospiro e decido di lasciarlo in pace. 
Lui si stravacca al lato del divano opposto al mio, sa di non potersene andare prima di domani. 
Cala la notte e scopro per quale motivo è possibile chiudere le porte e le finestre delle case: durante le ore notturne la temperatura scende vertiginosamente e le strade sono battute da enormi sciacalli affamati. 
I Favoriti, che si erano accampati attorno alla Cornucopia, vengono attaccati.
Gli sciacalli sbranano entrambi i ragazzi del 2 e la ragazza del 4. Gli altri riescono a uccidere il branco e accendono un fuoco poco dopo per nutrirsi della loro carne.
Haymitch si alza, comincia a camminare senza sosta per tutto l'appartamento, poi va a prendersi altro da bere.
Mi addormento, ma vengo svegliata da grida. Ci metto un attimo a capire che non vengono dalla televisione ancora accesa, ma da Haymitch, che evidentemente era tornato a mettersi sul divano.
Non è la prima volta che lo sento urlare così durante la notte, ma in genere sono chiusa nella mia stanza, incapace di fare nulla.
Ora che è a nemmeno un metro da me non posso ignorarlo. Mi avvicino e provo a svegliarlo, ma non succede niente. Ci riprovo ancora, lo chiamo, gli scuoto la spalla più vigorosamente.
Finalmente i suoi occhi si aprono, ma sono diversi. In un lampo me lo ritrovo addosso, si è rivoltato dal divano e mi sta inchiodando a terra, sento qualcosa di freddo contro la gola e mi rendo conto di avere una lama puntata al collo.
I suoi occhi sono offuscati, non mi riconosce, sono terrorizzata.
Grido, cerco di togliermelo di dosso, ma lui è più grande di me, è molto più forte.
"H-Haymitch!" La mia vista comincia ad annerirsi perché la presa attorno al mio collo è strettissima. "Sono io…" Non ho più voce quasi. "Ti prego, lasciami…" 
Improvvisamente, così come aveva cominciato, finisce. Haymitch mi lascia andare e la lama cade per terra con un tonfo sordo, in un attimo è in piedi, ma non abbastanza velocemente da non farmi notare il cambiamento nei suoi occhi. Si ritira subito nella sua stanza. Io sono ancora a terra, tossisco mentre faccio entrare più aria possibile nei miei polmoni.
Quando cerco di alzarmi mi accorgo che le mie mani e le mie gambe tremano. Devo sedermi. Passo la notte sul divano, non mi riaddormento.
La mattina successiva Haymitch non se ne va, ma resta in disparte. Non ho il coraggio di guardarlo in faccia, non voglio ammettere di essere spaventata da lui, perché la persona che mi ha attaccata non era lui…
Due giorni passano senza che succeda nulla, nessun altro tributo ha perso la vita e Haymitch, dopo quarantotto ore di silenzio, mi si avvicina e si scusa senza guardarmi in faccia. Gli dico di non preoccuparsi, che sapevo che non era stato volontario.
Questo però non faceva sparire gli orribili ematomi viola, che da due giorni mi adornavano il collo come una collana, e che coprivo con il fondotinta.
Poche ore dopo Haymitch è sul treno diretto al Distretto 12. 
Non credo parleremo più dell'incidente. Io non ho intenzione i farlo e conoscendolo, nemmeno lui.
Dal momento che nemmeno il quarto giorno succede nulla di interessante, i programmatori attivano delle trappole nascoste in alcune delle case.
La ragazza del Distretto 3 viene attaccata dai ratti carnivori, la mordono ripetutamente ma riesce a scappare e a rifugiarsi abilmente in un vicolo stretto e apparentemente innocuo. 
Il ragazzo del Distretto 9, invece, non è stato così fortunato e quando sono arrivati i ratti, è stato divorato vivo.
Il gruppo dei Favoriti, accampatosi in una delle case attorno alla Cornucopia, si è ritrovato a dover fronteggiare un'invasione di formiche rosse. Hanno riportato gravi ferite ma nessuno è stato ucciso, grazie al fuoco acceso dalla ragazza dell'1, che ha allontanato gli insetti.
Il ragazzo dell'11, poi, cercando di sfuggire ad uno sciacallo solitario, è finito su una mina nascosta, saltando in aria assieme all'animale.
Sono rimasti in sei nell'arena: tre Favoriti, entrambi dell'1 e il ragazzo del 4, la ragazza del 3, il ragazzo del 5 e la ragazza dell'8.
Cala la notte del settimo giorno, i Favoriti sono radunati attorno ad un fuoco acceso all'interno del salotto vuoto del loro rifugio.
Progettano di andare a cacciare il resto degli altri appena sorgerà il sole.
Quando cominciano a battere le strade e a ispezionare le case, però, devono fare i conti con le trappole… 
Dopo essere sfuggiti per la seconda volta alle formiche rosse, vengono attaccati dai ratti. Il ragazzo dell'1 perde una mano, ma quando si ritrovano bloccati in una casa, con il gas velenoso che invade la stanza entrando dalle bocchette per l'aria, è l'unico in grado di salvarsi buttandosi dalla finestra.
Nonostante l'aria entri attraverso la finestra rotta, la ragazza dell'1 e il ragazzo del 4 si stanno già contorcendo a terra. Il suono di due cannoni risuona nell'aria.
I quattro partecipanti restanti superano l'ottava notte. All'alba del nono giorno è la voce di Claudius Templesmith a svegliarli. Ci sarà un banchetto alla Cornucopia. 
Si presentano tutti e quattro, il ragazzo dell'1 è gravemente ferito. La mano mozzata dai ratti si è infettata, i tagli procurati dai vetri infranti gli sfregiano il viso e nella caduta si è slogato una caviglia.
È il primo a prendere ciò che gli serve: medicine, cibo e acqua.
Si ritira nei vicoli e la ragazza del 3 si fa avanti, prende uno zaino ma il ragazzo del 5 la attacca. Lei non si è ancora del tutto ripresa dai morsi dei ratti, cade a terra ma con un calcio si libera del suo aggressore e scappa via a mani vuote.
La ragazza dell'8, approfittando della confusione e del fatto che il ragazzo del 5 sia ancora a terra, si lancia su uno degli zaini, ma lui è più veloce, la trascina a terra e la soffoca usando lo stesso zaino che la ragazza stringe fra le mani, spingendoglielo contro il viso come se fosse un cuscino.
A quel punto fa scorta di tutto ciò che gli serve e poi scappa via.
Sono rimasti in tre, trascorrono due giorni sereni.
L'unica ragazza rimasta è quella che se la sta passando peggio. 
È l'undicesimo giorno, la ragazza del 3 non mangia da due giorni ed è ferita, mentre i suoi avversari hanno medicine, cibo e acqua. Non credo che arriverà alla sera…
Ho passato questi giorni in compagnia delle altri accompagnatrici e dei mentori. Molti puntano sul ragazzo del Distretto 1, tanti altri su quello del 5. Pochissimi sulla ragazza.
Mentre discuto con una mia amica, l'accompagnatrice del Distretto 1, vedo che la mentore del Distretto 3 si sta dando da fare. Gira fra gruppi di persone mostrando qualcosa, sembra entusiasta… è un po' strana, ma non sembra cattiva. 
Forse pensa di poter aiutare la sua ragazza.
"Lasciala perdere." Mi dice Velvet, prendendomi sottobraccio e accompagnandomi verso il rinfresco. "È completamente suonata. Sta cercando di procurare non so che fili per il suo tributo." Ride, poi mi passa da bere. "Cibo, acqua, armi… ecco cosa dovrebbe provare a comprare. Non fili…" 
Io la guardo e annuisco assente, in verità sono ancora scossa da quello che è successo la settimana scorsa e non riesco più a godermi i Giochi. Ogni volta che chiudo gli occhi rivedo gli occhi folli di Haymitch e penso che se non si fosse fermato- "Effie? Mi stai ascoltando?"
Annuisco portando il bicchiere alle labbra, cerco di sorridere.
"Stavo dicendo che Christal è appena riuscita a comprare un set di coltelli per il nostro tributo. Non mi sorprende che tutti puntino su di lui… la ragazza era forte ma scarseggiava in cervello. Lui… lui è già un vincitore."
Sei ore dopo il suo vincitore è saltato in aria grazie alla bomba costruita a mano dalla ragazza del distretto 3, bomba creata dal nulla grazie a quello che è riuscita a trovare per strada e ai cavi che le erano arrivati poche ore prima tramite un paracadute d'argento.
Ora sono rimasti in due, la ragazza del 3 e il ragazzo del 5. Lei è finalmente uscita dal suo vicolo, armata di bombe e coltelli rubati dal ragazzo dell'1.
Posiziona le bombe in punti strategici e non appena il ragazzo del 5 si avvicina alla Cornucopia per sgraffignare del cibo, mette il piede su una mina e salta in aria, chiudendo i Giochi prima di arrivare alla notte dell'undicesimo giorno.
Anche quest'anno è andato, sono stanca e senza forze, perché da giorni dormo malissimo. La festa in onore della fine dei Giochi, che si tiene regolarmente fra mentori, accompagnatrici e programmatori, la passo tutta seduta su un divanetto, a bere champagne. Appena posso me ne torno nel mio appartamento, è l'alba e sto per mettermi a letto. Quando mi strucco e mi guardo allo specchio, noto che finalmente gli ultimi segni delle mani di Haymitch attorno al mio collo sono svaniti. Chiudo gli occhi e mi rendo conto che però i suoi occhi sono ancora lì, in un attimo il suo sguardo cambia. Non è più aggressivo, primitivo, omicida… è lo sguardo con cui mi ha guardata quando è tornato in sé. 
Riapro gli occhi e sospiro, mi sento incredibilmente sollevata. Forse finalmente riuscirò a dormire bene stanotte.

A/N: Non era previsto scrivere questa one-shot, l’ho fatto per un’amica a cui serviva il background per un personaggio di un GdR su Hunger Games.
P.S.: se siete interessati contattatemi perché è appena nato. (:
Ho dovuto cambiare il rating per questa storia perché mi sa che ci sono andata giù un po' troppo pesante con le descrizioni, ma non mi lamento...
Visto che le ultime one-shot erano dal POV di Effie, la prossima cercherò di farlo da Haymitch.
Per un paio di giorni non potrò postare nulla, quindi ci si rivede dopo il 3 marzo. Grazie a tutti per aver letto e per i commenti.
 
x Lily

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Capitolo 7
*** Rosso ***


Sintesi: Haymitch si fa male ed Effie se ne prende cura.

Haymitch POV
 
Non so come abbia fatto Effie a trascinarmi a questa dannatissima festa. Ogni anno, prima degli Hunger Games, la Capitale organizza un evento a cui gli Strateghi, gli ex vincitori, i mentori e le accompagnatrici sono invitati a partecipare.
Puntualmente cerco di evitare di andare; quest’anno, non so come, Effie mi ha convinto.
Più che convinto mi ha costretto, e mi ha preso alla sprovvista. Forse potrebbe addirittura essere considerato rapimento.
È venuta a casa mia, mi ha fatto le valigie e mi ha fatto caricare sul treno da due tizi. Ero ubriaco e non ho potuto fare molto per impedirglielo…
Mi sono svegliato su un treno in corsa e quando mi ha spiegato che cosa ci facevo lì, avrei voluto strozzarla.
La donna, però, conosce i suoi polli. Mi ha comprato con due casse del miglior liquore della Capitale… a quel punto non potevo dirle di no.
Nel pomeriggio arriviamo a destinazione e ci rechiamo direttamente al Centro di Addestramento, saliamo fino all’ultimo piano e io cerco di svignarmela nella mia stanza a godermi il mio compenso, ma Effie me lo impedisce.
Cerco di pensare a tutto il cibo e all’alcool che ci sarà alla festa, non può mancare molto.
Passo il tempo vagando nell’appartamento e spiluccando qualcosa da uno dei vassoi messi a disposizione, quando manca poco meno di mezz’ora alla festa, vado a cambiarmi. Perché so che Effie non mi farà mai andare ad un evento come questo con gli stessi vestiti con cui sono partito.
Quando esco dalla mia stanza, lei è già vestita. Beh, non è proprio vestita.
In genere durante la mietitura e i durante giorni che precedono i Giochi, indossa vestiti assurdi, pomposi e ridicoli. Quando ci sono in giro i tributi non mette in mostra la merce, ma immagino che non ci saranno ragazzini alla festa…
Il vestito che indossa ora è qualcosa di estremamente corto e vaporoso. Sembra schiuma da bagno. Deve essere un nuovo tipo di tessuto, perché non ho mai visto niente del genere.
È rosso fuoco e devo ammettere che il colore le dona. Non ha rinunciato alle sue stupide parrucche, stavolta è di un arancione intenso, con una specie di fiocco di capelli sulla testa.
Ai piedi ha un paio di scarpe altissime dello stesso colore del vestito, non ho idea di come faccia a camminare con ai piedi quelle cose, ma l’effetto che fanno alle sue gambe non è niente male.
Quando nota la mia presenza nella stanza e mi si avvicina, il vestito si muove e le tonalità di rosso cambiano. La cosa è alquanto ipnotizzante.
Si schiarisce la gola e io distolgo lo sguardo, con una mano guantata mi fa cenno di porgerle il braccio e obbedisco; ci avviamo all’ascensore.
La discesa dei dodici piani non è mai durata così tanto.
Una volta di sotto, ci accoglie la solita aria festiva della Capitale. Appena posso mi libero della sua presa sul braccio e faccio vagare lo sguardo nella sala. I tavoli sono stracolmi di piatti di ogni colore, l’alcool scorre a fiumi. Mi sento già meglio.
La lascio all’ascensore e mi avvio ad uno dei tavoli, prendo un bicchiere di champagne e comincio a bere. Avrei preferito qualcosa di più forte, ma per cominciare va più che bene.
Per un po’ me ne sto per conto mio, osservo quello che succede attorno a me. Riconosco qualcuno, non tutti.
A pochi metri da me c’è un gruppetto di donne tutte ammassate che starnazzano e ridono, posso solo immaginare che al centro della mischia ci sia Finnick… ha vinto otto anni fa e ancora non è passato di moda. Il povero ragazzo mi fa quasi pena.
Distolgo lo sguardo quando sento una voce stridula alle mie spalle. Non è Effie, ma la conosco comunque. È l’accompagnatrice del Distretto 11. Forse se c’è lei da qualche parte ci sarà anche Chaff.
Senza farmi notare, la seguo per un po’ finché non mi porta inevitabilmente dal suo mentore.
Mi siedo accanto a Chaff e Seeder, non abbiamo un granché da dirci, in verità… ma a nessuno di noi dispiace bere in compagnia. Con il passare degli anni sono arrivato a considerarli miei amici.
Dopo quelle che credo siano un paio d’ore, mi alzo per andare a fare rifornimento e Chaff mi accompagna.
Facciamo il giro di uno dei tavoli e cominciamo a studiare le varie bottiglie. Mentre cerco di leggere il tasso alcolico di una di queste, Chaff mi tira una gomitata che quasi mi spezza il fiato. “Che c’è?” Gli chiedo scocciato.
Con un cenno di capo lui indica qualcosa al centro della stanza e mi rendo conto che sta indicando Effie. Sta parlando con tre Strateghi che la guardano nello stesso modo in cui tre sciacalli guarderebbero un pezzo di carne fresca.
La cosa mi infastidisce abbastanza, ma mai quanto il commento di Chaff. “Non pensavo che avrei mai detto una cosa del genere sulla nostra Trinket, ma se fosse imbavagliata, un giretto me lo farei. Non ha il pulsante ‘muto’ da qualche parte, vero?” Si mette a ridere e io tento un sorriso, senza toglierle gli occhi di dosso e senza rispondergli.
Altri due Strateghi si avvicinano ad Effie, che ora è praticamente circondata.
“Se uno sguardo potesse uccidere Mitchy, ora ci sarebbero cinque cadaveri in questa stanza…” La voce di Chaff mi arriva dopo qualche secondo e rabbrividisco all’uso di quel dannato soprannome. Avevo vent’anni quando me lo ha affibbiato e non sono ancora riuscito a scrollarmelo di dosso.
Proprio mentre sto per ribattere, una terza figura si avvicina a noi, con il passo di un pitbull. Non ci metto nemmeno un secondo a riconoscere Brutus. Chiudo gli occhi e respiro profondamente, non ho veramente voglia di mettermi a litigare.
So già che se si avvicina a noi è per cercare rogne.
“Haymitch, Chaff.” Ci saluta, io sposto lo sguardo da Effie a lui e sollevo due dita in segno di saluto, poi riprendo a studiare la bottiglia per evitare di guardarlo.
“Sai, sei un uomo fortunato.” Comincia, e so già che non finirà bene. “A me tocca un idiota che mette il rossetto e a te, invece…” Invade il mio spazio personale e la presa attorno alla bottiglia si stringe.
Sento la mano di Chaff attorno al mio braccio, sto cercando di mantenere la calma. Sapevo che venire a questa festa era una pessima idea, non mi sarei dovuto far trascinare.
Quando parla di nuovo, sento il fiato di Brutus praticamente sul collo. “Quanto vuole per una notte?”
È un attimo, un battito di ciglia e ci vedo rosso. Il secondo prima la bottiglia era salda nella mia mano e quello dopo si sta fracassando contro la testa del mentore del Distretto 2.
Il vetro e il contenuto della bottiglia schizzano ovunque, un dolore tagliente mi punge la mano. Immediatamente Brutus mi viene contro come un toro, i tentativi di Chaff sono inutili, sto quasi per prendere un’altra bottiglia per colpirlo quando qualcosa sbatte violentemente contro la mia testa.

La prima cosa che vedo quando riprendo conoscenza sono tante luci nere che mi ballano davanti agli occhi, ci metto un po’ a capire dove mi trovo.
Sono di nuovo all’ultimo piano del Centro di Addestramento, sul divano. Mi volto e vedo che Effie è seduta accanto a me, sta sorseggiando champagne da un calice di cristallo e mi guarda con fare divertito.
“Che c’è di così divertente?” Chiedo, e mi metto a sedere. La testa mi gira.
“Mi hai difesa…” La cosa deve divertirla parecchio, perché mette giù il bicchiere e si avvicina prendendomi la mano. “Grazie.” Ora sta sorridendo e stringe appena la presa.
Tiro via la mano e la porto dietro la mia testa. “Ero solo ubriaco e quel bastardo era venuto a cercare guai.” Non ammetterò di averla difesa, può pensarla come le pare. “Che è successo?” Chiedo, quando ritirando la mano mi rendo conto che è macchiata di sangue.
Effie sospira e riprende in mano il calice di champagne, si alza e mi fa cenno di seguirla. Mettermi in piedi è un’operazione delicata, ma ci riesco senza troppi danni collaterali.
“Hai colpito in testa Brutus con una bottiglia e Gloss ha ricambiato il favore.” Dice, una volta arrivati in cucina.
Poggia il bicchiere sul tavolo e mi fa sedere su una delle sedie. Accanto al bicchiere c’è un bauletto bianco che posso immaginare sia un kit di pronto soccorso.
“Bell’affare avere Chaff che mi guarda le spalle.”
Effie mi lancia un’occhiata di traverso, ma non dice nulla. Mi prende di nuovo la mano e la esamina. C’è un taglio, ma non è rimasto del vetro incastrato. Il sangue attorno alla ferita si è seccato.
Ci mette un po’ di disinfettante, che non brucia esageratamente e la fascia. Non so dove abbia imparato a fare queste cose, ma non è la prima volta che si occupa delle mie ferite.
Quando sono ubriaco non bado molto a dove metto i piedi…
“Guarda giù.” Ordina, dopo aver finito con la mano.
Io faccio come mi dice e subito dopo sento un bruciore tremendo dietro la testa. Stringo occhi e denti e cerco di non lamentarmi.
Dopo un po’ lei comincia a parlare, probabilmente per distrarmi. “Non è niente di grave, non c’è vetro. Solo piccoli tagli, poteva andarti molto peggio.”
Apro la bocca per parlare, ma arriva un’altra ondata di bruciore e le mie parole vengono assorbite da un respiro strozzato.
“Ho preferito non fare niente mentre eri incosciente, avresti potuto prenderla male… mi dispiace.”
Non rispondo, un po’ perché non riesco nemmeno a proferire parola con lei che continua a tamponarmi le ferite, un po’ perché non saprei cosa dire. Ha ragione, se mi avesse disinfettato mentre ero in preda ad un incubo mi sarei potuto svegliare e avrei potuto aggredirla.
“Dovrebbe essere a posto, alza un po’ la testa. Voglio controllare che non ci siano altri tagli.” Mentre lo dice mi porta una mano sotto il mento e lo solleva appena.
Devo ammettere che da questa nuova posizione la mia visuale cambia drasticamente, riesco ad avere una panoramica perfetta sulla sua scollatura vertiginosa e la cosa non mi dispiace.
La sua pelle è lattea e il colore risalta moltissimo in contrasto con il rosso del vestito.
L’altra mano di Effie finisce fra i miei capelli, in cerca di ferite non trattate. La sento sbuffare infastidita. “Dovresti tagliarli. Non riesco a vedere niente.”
Non posso non sorridere, proprio mentre si sporge in avanti per riuscire a guardare meglio sopra la mia testa e in questo modo offrendomi una visuale ancora migliore. “Fai con comodo, dolcezza. A me non dispiace affatto quello che vedo… sono lentiggini quelle?”
Forse avrei fatto meglio a mordermi la lingua, perché in un attimo la sento prima squittire come un topo in trappola e poi si ritira come se avesse ricevuto una scarica elettrica.
Incrocia le braccia al petto, visibilmente arrossita anche sotto la maschera di trucco. “Haymitch Abernathy! Io cerco di darti una mano e tu mi ringrazi così?”
Mi stringo nelle spalle, indifferente e trattengo difficilmente una mezza risata. “Era un complimento, di che ti lamenti?”
Effie porta le mani sui fianchi e assottiglia occhi e labbra. È un gesto che ripete continuamente ogni volta che la infastidisco e in circostanze normali non ci farei neanche caso, ora però, avvolta in quel vestito… avendo avuto un’anteprima di quello che nasconde, trovo la cosa stranamente eccitante. Forse è la botta in testa che ho preso.
Farò meglio ad andarmene prima che la cosa peggiori; mi alzo dalla sedia e prendo il suo bicchiere di champagne abbandonato, tanto non credo che ora si offenderà più di quanto non lo è già.
“È un peccato che lo spettacolo sia già finito, principessa. Stava cominciando a piacermi sul serio.” Dico mentre mi allontano e svuoto il contenuto del bicchiere, poi prima di voltare l’angolo aggiungo: “Dovresti vestirti di rosso più spesso.”

A/N: Tadaaa ho aggiornato finalmente anche la raccolta! Quest’idea mi è venuta un po’ leggendo una serie di prompt su tumblr e un po’ perché Effie in rosso è qualcosa di indescrivibile…
Ultimamente la mia fantasia è un po’ a corto. La sto usando soprattutto per la fanfiction 13 Days, e ho già in mente qualcosa per dopo, ma non voglio fare spoiler. :3
Grazie per aver letto, se vi è piaciuta lasciate pure un commento. :)
Alla prossima,
 
x Lily

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Capitolo 8
*** Febbre ***


Sintesi: è il nono giorno del Tour della Vittoria. Stanno per arrivare al Distretto 2, il giorno precedente, una pioggia battente ha sorpreso tutti, facendo ammalare Effie.

A/N: Questa one-shot è vista dal punto di vista di Effie. Nella mia fanfiction su tutto il Tour della Vittoria potete trovare questi stessi avvenimenti visti dal POV di Haymitch.


Effie POV
 
Ieri pomeriggio avevo capito di aver preso freddo, tutta colpa di Haymitch. Se non avesse fatto cadere l’ombrello io ora non sarei qui a- a…
Continuo ad alternare momenti di coscienza a momenti di buio. Non so se è giorno, credo sia ancora notte. La stanza è buia… c’è solo la luce della mia abatjour che devo aver dimenticato accesa.
Quella abatjour, ancora Haymitch. Oh, come vorrei colpirlo adesso. Se soltanto riuscissi a muovere anche solo un muscolo.
Chiudo gli occhi per un attimo e quando li riapro sento di stare per morire. La testa è ovattata, le orecchie sono otturate e ho un dolore incredibile nel petto che si espande a tutte le ossa.
Non mangio nulla da ieri sera ma non ho fame, anche se forse dovrei mettere qualcosa sotto i denti.
Senza alcun dubbio non riuscirò ad alzarmi, prima o poi qualcuno si accorgerà che sono sparita, verranno a controllarmi. Non morirò di fame… e se mi dimenticassero sul treno?
Come possono non notare la mia assenza? Su questo treno faccio sempre tutto io… come faranno senza di me?
Forse se chiudo gli occhi e riposo ancora un po’ mi sentirò meglio… sì, ho solo bisogno di dormire. Tiro sulla testa le coperte e mi copro bene, perché comincio a congelare e respiro profondamente, aspettando che il sonno arrivi.
Non è come avrei voluto, non è affatto rigenerante, anzi. È pieno di incubi e angoscia. Mi sveglio in un bagno di sudore e faccio fatica a respirare.
Non so quanto tempo sia passato, ma mi rendo conto che qualcuno è entrato nella stanza, la voce di Haymitch raggiunge le mie orecchie e un lamento scappa dalle mie labbra. “Vai via…” Non ho voglia di vedere nessuno, ma non sono in condizioni di prendermi cura di me stessa.
Quando gli faccio notare che non ha bussato alla porta, lui mi assicura di averlo fatto. Devo stare veramente male per non averlo sentito, non che sia impossibile. La testa è talmente pesante e le orecchie sono talmente ovattate che potrebbe partire un allarme e io non lo sentirei. Mi scuso e poi resto in silenzio.
Per un po’ non sento niente, poi mi scosta le coperte dal viso.
Lo guardo in faccia e noto un lieve accenno di un sorriso. Si diverte? Si diverte a vedermi in questo stato? “È-è colpa tua.” Senza battere ciglio mi ritira le coperte sul volto e sbuffo infastidita. Perché deve essere sempre così, così… Haymitch?
Mi scopro di nuovo il volto, perché esigo delle scuse voglio che mi siano dette in faccia.  “Tu hai- hai fatto cadere l’ombrello.” Non riesco a respirare, il dolore che mi attanaglia il petto si espande e avvolge i polmoni.
“No. Io ho fatto cadere l’ombrello che tu mi hai strappato dalle mani. Mi dispiace dolcezza, ma hai quello che ti meriti…”
Ovviamente adesso la colpa ricade su di me! Così tipico di lui, scaricare sugli altri la colpa di tutto, scrollarsi di dosso ogni genere di responsabilità.
La vista mi si appanna e sono costretta a lasciar cadere la tesa all’indietro. Non va bene, non va per niente bene. Non sono sicura di poter riuscirmi a preparare… io, io mi devo ancora preparare!
Quando gli chiedo l’ora, rabbrividisco e questa volta non è la febbre. Non posso prepararmi in un quarto d’ora! È impossibile… mi alzo, devo provarci almeno, forse se mi sciacquo il viso con dell’acqua fredda starò meglio.
Faccio un paio di passi e improvvisamente la nausea mi stringe lo stomaco, la vista si sdoppia e l’attimo dopo vedo tutto nero.
Sento le gambe cedere sotto il mio peso ma non finisco a terra. “Non- non credo di poter venire con voi…” Non riesco nemmeno a parlare, sento che mi riporta di peso a letto. Sì, forse dovrei restarci.
Sarei d’intralcio, una falla nel programma. Il programma… l’ho scritto ieri sera, prima di stare troppo male. Forse… forse se lo consegno ad Haymitch avranno qualche possibilità in più di non mandare tutto all’aria.
Che figura ci farei se le altre accompagnatrici e gli altri accompagnatori dovessero venire a sapere che ho fallito miseramente con il Tour della Vittoria? Quanti altri Tour farò nella mia vita? Non molti… probabilmente nessuno. È un’occasione che non mi si ripresenterà, non posso rischiare che qualcosa vada storto. “La… cartellina.”
Devo dirgli di consegnarla a Portia o a Cinna, qualcuno di cui mi possa fidare, qualcuno che sicuramente seguirà il programma. Non ce la faccio… sono troppo stanca, mi si chiudono gli occhi.
Quando li riapro al mio fianco c’è mia madre. Mi guarda con fare severo, probabilmente questo non è il modo in cui una vera signora si ammala. Dovrei sedermi? Forse devo pettinarmi o truccarmi…
“Mi dispiace, mamma. Non volevo ammalarmi, puoi… puoi passarmi la- la spazzola? Devo pettinarmi.”
Mia madre mi porta una mano sulla guancia e mi carezza dolcemente, perché lo sta facendo? Non lo ha mai fatto prima… “Va tutto bene Effie. Non devi fare nulla, devi solo riposare.”
Quando parla le sue labbra si muovono, ma il suono della sua voce è diverso. Non sembra quello di mia madre, sembra quasi… “Portia?” Chiudo gli occhi, respiro profondamente e li riapro.
Seduta sul bordo del letto, Portia mi sorride e mi porge un bicchiere d’acqua. “Bevi questo, entro domani starai bene. La febbre è già scesa.”
Accetto volentieri l’acqua e la ringrazio. La mia gola cominciava ad essere dolorosamente secca, bevo un sorso e mi rendo conto che l’acqua ha un sapore incredibilmente amaro. Probabilmente ci ha sciolto dentro qualcosa per farmi scendere la temperatura.
“Che ore sono?” Chiedo, perché devo sapere che cosa sta succedendo.
Portia guarda l’orologio. “Sono quasi le tre del pomeriggio.” Mi sistema il cuscino e le coperte, poi si alza e fa il giro del letto. Prende qualcosa dalla scrivania e torna da me con un piatto fumante in mano. “Cinna mi ha telefonata poco fa, sono al ricevimento. Era tranquillo, non devi preoccuparti.”
La notizia mi rilassa decisamente, riesco con l’aiuto di Portia a mangiare del brodo, dubito che il mio stomaco riuscirebbe a reggere qualcosa di diverso.
“A quanto pare Katniss questa mattina era preoccupata per i tributi.” Dice mentre porta via il piatto vuoto.
Io annuisco, ieri sera la cosa che mi ha preso più tempo sono stati gli elogi. Sapevo di dover stare molto attenta a quello che scrivevo. Mi chiedo se dovrei scrivere qualcosa anche per domani, Katniss ha ucciso entrambi i tributi del Distretto 1.
“Lo so, ma fortunatamente avevo già scritto i due discorsi.” Mi tiro su lentamente e lei mi aiuta a poggiarmi contro la spalliera del letto. “Potresti passarmi quei fogli sulla scrivania?” Le chiedo e mi metto subito a lavorare. Ora che la mia testa non fa male, devo approfittare della situazione.
Portia mi aiuta e controlliamo insieme i dati che abbiamo sugli Hunger Games precedenti.
Dopo un’ora e mezza lei se ne va, perché a quanto pare gli altri sono tornati.
Non riesco a finire perché la testa comincia di nuovo a farmi male, quindi metto da parte i fogli e mi stendo di nuovo.
Come sono finita sul divano dell’attico del Centro di Addestramento è un mistero, però ci sono, e la televisione è accesa.
Ci sono gli Hunger Games, mi guardo intorno cercando Haymitch. Non può essere lontano.
La telecamera smette di riprendere una parte di foresta in fiamme e il volto di Haymitch compare sullo schermo. Com’è possibile? Non può essere nell’arena.
È inseguito dagli ibridi degli ultimi giochi, corre disperatamente ma alla fine lo raggiungono e cominciano a sbranarlo. Lo chiamo, grido il suo nome invano, finché non sento chiaramente il suono di un cannone.
“Effie!” Qualcuno mi chiama. “Effie, per l’amor del cielo, svegliati!”
Apro gli occhi, il sudore gelido mi scende dietro la nuca, sono confusa. Perché non sono al Centro di Addestramento?
“Effie?” La voce mi chiama di nuovo e stavolta riconosco Portia, si è arrampicata sul letto e mi sta fissando con lo sguardo sbarrato. “Sono venuta a portarti la cena e ho visto che continuavi ad agitarti… non riuscivo a farti svegliare.”
“Sto bene…” Le dico gentilmente, accettando poi il piatto che mi porge e cominciando a mangiare – o meglio a bere – il brodo a cucchiaiate.
Portia si sistema meglio accanto a me e prende a studiarmi, sembra volermi dire qualcosa, ma non credo sia molto convinta. “Continuavi ad singhiozzare: vi prego, lasciatelo andare.” Si decide, finalmente. “Che stavi sognando?”
Metto via il piatto e respiro rumorosamente, il ricordo del sogno ancora vivo mi fa venire i brividi. “Ibridi.” Rispondo, senza sollevare lo sguardo su di lei. “Quelli degli ultimi Hunger Games, rincorrevano e sbranavano Haymitch.” Poi mi stringo nelle spalle mentre porto i capelli dietro le orecchie. “Immagino che il mio subconscio si sia vendicato per tutto quello che mi fa passare quotidianamente.” Tento un sorriso, ma credo sia palese che sono ancora scossa.
Portia scuote la testa e prende il piatto vuoto. “Mi dispiace, non avremmo dovuto parlare degli ultimi giochi, sei ancora debole, dovresti riposare.”
Annuisco, e poi lei lascia la stanza. Evito di riprendere in mano i miei appunti. Leggere del ragazzo del Distretto 1 non mi ha fatto benissimo, mi ha riportato alla mente il lavoro di ieri
ora voglio evitare di lavorare sulla ragazza per poi sognare di essere perseguitata dagli Aghi Inseguitori.
Portia ha lasciato sul mio comodino un altro bicchiere d’acqua, lo bevo con cautela e anche questo è amaro.
Dopo un po’ provo ad alzarmi, vedo che non ci sono effetti collaterali e vado in bagno. Riesco anche a sciacquarmi il viso velocemente, poi torno a letto perché il freddo comincia a darmi parecchio fastidio.
Decido di rimettermi a dormire, ma prima che possa farlo la porta della mia stanza si apre e Haymitch entra. Sospiro, imparerà mai le buone maniere? Non mi sembra di chiedere chissà quanto. “Onestamente Haymitch, è così difficile bussare?”
Chiude la porta alle spalle e si volta di nuovo verso di me con un ghigno disegnato sulle labbra. “Vedo che stai meglio…”
Non ho intenzione di replicare, però voglio sapere cosa è successo. Provo a chiederglielo, ma lui non scende nei dettagli.
A quanto pare Cinna si è dovuto occupare di tutto, devo assolutamente ricordarmi di ringraziarlo domani mattina, senza di lui sarebbe andato tutto a rotoli, ne sono certa.
Dopo qualche momento di silenzio Haymitch si siede accanto a me, portando i piedi sul letto senza troppi complimenti. In condizioni normali lo avrei fatto scendere immediatamente, ma dopo il sogno di oggi devo ammettere di essere piuttosto sollevata di vederlo ancora vivo e soprattutto intero.
Decido di non dire niente, quando mi accorgo che non si è tolto le scarpe. Posso sopportare la sua presenza accanto a me, ma le sue scarpe sul letto decisamente no. “Haymitch! Non puoi tenere le scarpe sul letto, hai camminato tutto il giorno, ho già abbastanza batteri in questa stanza per conto mio, grazie.” Gli dico, colpendolo sul braccio; fortunatamente non cerca di ribattere, anzi, si toglie le scarpe senza farmelo ripetere.
Dal momento che prima non mi ha risposto, cerco di capire se sta solo cercando di non farmi preoccupare o se sia veramente andato tutto relativamente bene. Mi conferma la seconda ipotesi, aggiungendo che dovrei ammalarmi più spesso.
Non posso fare a meno di cercare di trattenere una risatina, ma non lo risparmio da un colpo d’avvertimento sul braccio.
Quando resta in silenzio, mi volto per cercare di studiare il suo atteggiamento e capire se sta mentendo o meno. Sul suo viso, però, c’è un’espressione rilassata, mi convinco che non sia successo nulla.
Proprio quando distolgo lo sguardo, lui si volta verso di me. “I capelli sono rossi.”
M’irrigidisco, se pensa ai miei capelli adesso, sicuramente non ha avuto di che preoccuparsi prima. O forse Haymitch è un ottimo attore… decido di non volermene preoccupare ora.
Gioco distrattamente con una ciocca di capelli, adocchio la lampada sul comodino e torno a guardarlo. “Sono biondo fragola.”
Lui cerca di convincermi del contrario, ma è solamente la luce che li fa sembrare di quel colore. Glielo faccio presente, ma lui non sembra troppo convinto.
Ci sono tantissime sfumature di biondo, se per lui ne esiste solo una non è colpa mia e non è un mio problema.
Torno a guardarlo dopo qualche minuto e mi rendo conto che si è addormentato, scuoto la testa contrariata. Mi allungo per dividere con lui la seconda coperta che Portia mi ha aggiunto questa mattina per tenermi al caldo e decido di finire il mio programma.
Prima di rimettermi a scrivere torno a guardare per un attimo Haymitch, ora che è qui e dorme tranquillo non credo che avrò più incubi su di lui riguardanti quello su cui sto lavorando. La cosa mi rende incredibilmente più serena.
Non tento di reprimere un sorriso, quando non mi insulta o non fa nulla per darmi sui nervi la sua presenza è addirittura piacevole.

A/N2: Se volete, per trovare solo il capitolo scritto dal POV di Haymitch, basta che cliccate qui.
Per il primo capitolo della fanfiction, invece, cliccate
qui.
Non volevo dirlo prima di esserne certa, ma ora che ne sono quasi praticamente convinta comincio ad accennare la cosa, probabilmente una volta finita la FF sul Tour ne comincerò una post-Mockingjay e torneranno i nipoti di Effie. :)
 
Grazie per aver letto, lasciate un commento se vi va! :)
 
x
Lily

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Capitolo 9
*** Speranza ***


Sintesi: i 75° Hunger Games sono cominciati da poco. Effie ed Haymitch li stanno seguendo dal Centro di Addestramento; al momento, però, Katniss e Peeta non sono l’unica preoccupazione dell’accompagnatrice del Distretto 12.
 
Haymitch POV.
 
Katniss e Peeta sono nell’arena da poco, sono scappati dal bagno di sangue soprattutto grazie a Finnick. Fortunatamente lo stratagemma del bracciale ha funzionato.
Effie non è sembrata entusiasta, ma al momento la mia priorità è cercare di tirare fuori da quell’inferno entrambi i ragazzi, e se ci riescono anche un altro paio di loro, non posso perdere tempo a starle dietro.
Le ho spiegato che l’ho fatto per cercare di far capire a Katniss che Finnick è un alleato, e ha funzionato, quindi ora può solo accettare la cosa.
Non che sia molto interessata alla televisione in questo momento; Caesar continua a commentare il bagno di sangue ancora in corso, ogni tanto mandano le immagini di Katniss, Finnick, Peeta e Mags che avanzano nella giungla ma niente di eclatante.
Effie è al telefono in questo momento, da mezz’ora sta cercando di chiamare qualcuno, ma questo qualcuno deve avere qualcosa di meglio da fare visto che lei se ne sta in piedi, con la cornetta all’orecchio e cammina avanti e indietro per tutto il salotto.
Dopo qualche attimo vedo Effie lasciar perdere il telefono e sbuffare con frustrazione. “Niente, non riesco a trovarla.”
Forse vuole che le chieda chi sta provando a chiamare, pensa sul serio che la cosa possa interessarmi? Sinceramente credevo sarebbe stata più in pensiero per i suoi ‘preziosi vincitori’ nell’arena, piuttosto che per qualche amica distratta.
“Haymitch, mi stai ascoltando?” Ripete.
Non ho intenzione di mettermi a litigare adesso, non senza prima aver bevuto un drink, e dal momento che non posso bere, continuo a guardare la televisione.
“L’ultima volta che l’ho vista è stato ieri sera, dopo il putiferio che ha seguito le interviste… dovevamo vederci qui subito dopo l’inizio dei giochi!”
Quando continuo ad ignorarla, fa una cosa che da lei non mi sarei aspettato: viene vicino a me e mi afferra una spalla, costringendomi a guardarla.
Sto per ribattere aspramente quando il suo sguardo mi blocca. Le parole muoiono sul nascere, perché credevo che me la sarei ritrovata davanti infuriata e infastidita e invece nei suoi occhi vedo terrore e apprensione.
Non faccio in tempo a chiedere di chi diavolo sta parlando, che si ritira, scusandosi e dicendomi che non sa cosa l’è preso.
“Provo a telefonare a Cinna.” Borbotta, e improvvisamente capisco che si stava riferendo a Portia.
Riprende a digitare, poi avvicina nuovamente il telefono all’orecchio.
Questa volta, senza farmi notare, la seguo mentre attraversa la stanza e si ferma accanto al tavolo.
Ho visto Cinna questa mattina, prima che accompagnasse Katniss all’hovercraft. Per quanto ne so, Portia era con lui fino a quel momento. Poi non l’ho più vista.
Ora che ci penso, non vedo nemmeno Cinna da questa mattina. L’anno scorso è tornato all’attico appena possibile, però adesso potrebbe aver dovuto incontrare qualcuno.
Non sono preoccupato, non finché il ritardo consiste in solo un paio d’ore.
Quando si farà vedere, però, sicuramente mi sentirà. Ieri sera, si lamentava con me se sparivo per dieci minuti senza avvisare…
Anche se cerco di evitarlo, quando Effie aggancia il telefono e poi prende a ricomporre un altro numero, comincio ad avvertire un po’ di preoccupazione. Ripenso a tutto quello che è successo ieri sera, gli avvenimenti si sono susseguiti uno dopo l’altro, creando il caos più assoluto.
Ho abbandonato la mia discrezione, anche se sono ancora seduto sul divano, do le spalle alla televisione e i miei occhi sono puntati su Effie. Si sporge verso il tavolo con  la testa china e gli occhi chiusi, la mano che non regge il telefono e poggiata sulla superficie di vetro, chiusa a pugno.
Apre gli occhi e si volta nella mia direzione, nel momento in cui i nostri sguardi s’incrociano, scuote debolmente la testa e si arrende.
Interrompe la chiamata e poggia – per non dire sbatte – il telefono sul tavolo, poi si porta la mani a coprire il viso, credo che stia piangendo e invece sta solo cercando di respirare, forse per controllare la rabbia.
Perché reagisce in questo modo? Dal suo punto di vista sono solo due persone che non rispondono al telefono; potrebbero averlo dimenticato, o potrebbero essere impegnati.
Ieri sera non sapeva niente su quello che sta succedendo, che Portia le abbia detto qualcosa? Impossibile, ne avrebbe prima parlato con me e con Cinna.
“Provo di nuovo a chiamare Portia” Dice, una volta che si è scoperta il volto.
Sospiro e torno a dare un’occhiata alla televisione. Hanno perso interesse in Katniss, Finnick e gli altri. Ora stanno trasmettendo le immagini di Johanna, Beetee, Wiress e Blight che avanzano nella giungla, cercando acqua.
Beetee si è preso un coltello nella schiena per recuperare il suo filo, in questo momento Johanna sta inveendo contro Wiress e Blight cerca di farsi strada fra le fronde.
“Haymitch…”  Mi sento chiamare e mi volto a guardarla, ha definitivamente lasciato stare il telefono e adesso mi sta osservando a braccia conserte, è ovvio che Portia non ha risposto nemmeno questa volta. “Potresti andare a cercarli? Rimarrò io a seguire i giochi, se dovesse succedere qualcosa ti informerò immediatamente.”
La sua voce è calma, se fossi stato ubriaco me la sarei bevuta, invece sono sobrio e riesco chiaramente a vedere il tremore nelle sue mani.
È spaventata, sta tremando dalla paura. “Dolcezza, perché ti preoccupi tanto?” Le chiedo alla fine, perché vederla in questo stato mi fa stringere lo stomaco. “Non rispondono a telefono, e allora? Magari stanno guardando la televisione assieme agli altri e non sentono squillare.”
Effie mi da le spalle, ancora con le braccia incrociate al petto. Penso di averla rassicurata, quindi faccio per voltarmi quando la sua voce mi ferma, e mi rendo conto che le mie parole non sono servite a nulla. “Credi davvero che sia così stupida?” Riesco a percepire l’ironia, ma non la capisco. “Pensi sul serio che non mi sia accorta di nulla? Che non abbia capito quello che ha fatto Cinna con quel vestito? E Peeta… e tutti i vincitori?”
Vincitori, non tributi. Sospiro, Effie non si muove. Non posso sapere che cosa sta succedendo nella sua testa, non posso sapere che cosa pensa. Immagino che dopo gli eventi di ieri sera, rimanere ignaro di tutto sia un po’ difficile.
Era chiaro come il sole che le cose non erano andate come dovevano andare, ma da qui a capire che c’è una rivolta in atto, ce ne vuole. Per questo motivo, preferisco mordermi la lingua e non dire niente, cercare di capire prima di tutto che cosa pensa di sapere.
Non si è ancora voltata, sto per chiederle di calmarsi quando la voce di Caesar cattura la mia attenzione. “Io non andrei in quella direzione se fossi in te, Peeta.”
Io ed Effie ci voltiamo praticamente nello stesso istante, non appena sentiamo pronunciare il nome del ragazzo. I due commentatori riempiono lo schermo, tranne che per un quadratino in basso a destra, dove le immagini del gruppo di Katniss mostrano loro quattro ancora nella giungla. Peeta è davanti a tutti, con una spada si fa largo fra le fronde. Non capisco dove sia il problema.
“Che succede? Che sta facendo?” Mi sento chiedere da Effie, ha raggiunto il divano ma è rimasta alle mie spalle.
Scuoto la testa, senza staccare gli occhi dallo schermo. “Non ne ho idea.” Ammetto, e continuo a seguire, inerme.
Claudius Templesmith si sporge in avanti e indica un punto del monitor davanti a lui. “Non manca molto, il tuo tributo preferito sta per prendere una bella scossa.”
Caesar annuisce. “Diamo un’occhiata da vicino.”
L’immagine dei due uomini finisce nel rettangolino e ora l’arena prende tutto lo schermo.
È un attimo prima che le cose si colleghino nella mia mente, ed è un attimo prima che accada tutto.
Peeta affonda la lama nella vegetazione e colpisce il campo di forza che segna il limite dell’arena. Fa un balzo all’indietro finendo fra Mags e Finnick.
Il grido strozzato di Effie arriva alle mie orecchie più vicino di quanto pensassi, fa il giro del divano e si sporge verso la televisione mentre Katniss si accascia accanto al corpo immobile di Peeta.
In un attimo sono in piedi e l’ho afferrata per la vita, allontanandola dallo schermo, come se rischiasse di finire nell’arena attraversandolo.
Gli eventi si susseguono velocemente e confusi, i commentatori continuano a parlare ma non li ascolto. Ho Effie fra le braccia che si divincola per liberarsi, ordinandomi di lasciarla andare, ma l’ho costretta a voltarsi e adesso le tengo premuta con forza la testa contro la mia spalla. Non voglio che guardi. Poi Finnick si fionda su Peeta e comincia a rianimarlo, non mi rendo conto di star trattenendo il fiato finché i miei polmoni non fanno male e allora inspiro profondamente.
La presa attorno al corpo di Effie si è allentata e lei è riuscita a voltarsi ma non si è mossa. Non riesco a fare niente, nemmeno a pensare, riesco solo a guardare e a sperare.
Non so quanto tempo sia passato da quando Finnick ha cominciato. Un minuto? Due? Forse cinque? Quanto tempo deve passare prima che facciano sentire il colpo di cannone?
La mia mano è ancora stretta attorno al polso di Effie quando lei me la stringe. “È…?” Non fa in tempo a finire la frase che Peeta tossisce e Finnick si allontana.
Il corpo di Effie, che fino a quel momento è stato incredibilmente rigido, si accascia contro di me e devo afferrarla per evitare che cada. L’aiuto a sedersi sul divano e mi metto al suo fianco. “Sta bene.” Le dico, anche se non ne sono del tutto convinto. Ha bisogno di acqua, hanno tutti bisogno di acqua. Appena Effie si sarà calmata andrò a parlare con i mentori del 4 per provvedere a procurargli qualcosa per bere.
Plutarch mi ha detto che l’acqua scorre all’interno dei tronchi, e che avrei fatto bene a procurargli una spillatrice.
“Non sta bene…” La voce di Effie è talmente bassa che a stento la sento, adesso lo schermo è di nuovo occupato da Caesar e Claudius, che stanno commentando l’accaduto. “Non sta bene, morirà. Non lascerà mai morire Katniss.” Continua a parlare, guardandosi le mani. “Se uno dei due ne uscirà vivo, sarà sicuramente Katniss.”
Quando solleva la testa, mi accorgo delle lacrime che le hanno rigato le guance, trascinando con sé gran parte del trucco sotto gli occhi.
La vedo piangere ogni anno da quindici anni. Ogni singolo anno non ha mai risparmiato le lacrime, per nessuno dei tributi. La tristezza degli scorsi anni non è minimamente paragonabile alla disperazione di questo.
“Ho promesso a Katniss che avrei fatto di tutto per far succedere il contrario.” Mi pento di quello che ho detto il secondo dopo che le parole hanno lasciato le mie labbra, perché ora gli occhi di Effie si riempiono di lacrime nuove. Si sporge in avanti e si lascia abbracciare, singhiozzando.
Almeno ora non pensa più a Cinna e a Portia… Cinna e Portia. Quando andrò a contattare i mentori devo ricordarmi di fare anche un giro per cercare quei due.
“Fa qualcosa.” Riesce a dire fra un singhiozzo e l’altro, stringo un po’ la presa attorno alle sue spalle, non potendola consolare in altro modo. “Ti prego, fa qualcosa. L’anno scorso sei riuscito a tirarli fuori entrambi, provaci. Provaci di nuovo, ti prego.”
“Va bene.” Replico, perché non posso dirle altro. È già più di quanto si sarebbe dovuta aspettare, che abbia accettato questa sua richiesta folle. Per quanto ne sa lei, non dovrei nemmeno pensare di poterci riuscire di nuovo.
Solleva la testa e sorride debolmente, poi si sporge in avanti e mi abbraccia ancora, questa volta non è la disperazione a caratterizzare l’abbraccio, ma la speranza.
Poggio la fronte sulla la sua spalla e chiudo gli occhi, adesso una bottiglia di whiskey ci starebbe veramente bene. Cerco di non pensarci, cerco di concentrarmi su qualcos’altro. Di concentrarmi sulle cose positive.
Peeta è vivo, Effie si sta calmando, presto in un modo o in un altro sarà finita.
Effie si rilassa nel mio abbraccio e volta solo la testa per guardare la televisione, senza lasciarmi andare. Immagino che i mentori del 4 dovranno aspettare.
Anche se piano, Katniss e gli altri hanno ripreso ad avanzare, questa volta stando attenti al campo di forza. Per il momento le cose si sono calmate notevolmente.
Dopo un po’ chino lo sguardo su Effie, i suoi occhi sono concentrati a seguire tutto quello che succede: dibattiti, commenti, immagini.
La sento di nuovo irrigidirsi quando Enobaria affonda una spada nell’addome di Cecelia, ma non dice nulla e io mi limito a stringere la presa attorno alla vita, avvicinandola ulteriormente.
Comincio a chiedermi come farò a lasciarla qui, preferirei restasse qualcuno a sorvegliarla, nel caso dovesse succedere qualcosa, ma so che questo non è possibile. Plutarch mi ha assicurato che qui sarà al sicuro, che non le accadrà nulla. Mi sono fidato fino ad ora, dovrò continuare a farlo…

A/N: Salve! Era da un po' che non aggiornavo questa raccolta. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Ho cominciato anche un'altra raccolta, questa volta riguardante solo Effie. Il primo capitolo si chiama modeling e lo potete trovare
qui. Sto cercando di approfondire il suo personaggio, visto che è quello che mi intriga di più, mi farebbe veramente molto piacere sapere che cosa ne pensate.
Se questo capitolo vie è piaciuto, il secondo dell'altra raccolta potrebbe essere considerato il sequel di questo. Lo potete leggere qui.
Ultimamente mi sono fissata con l'argomento Portia e Cinna, quindi aspettatevi anche altro... 
Grazie per aver letto e fatemi sapere com'è! :)
Alla prossima,

x
Lily


 

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Capitolo 10
*** Arrivi ***


ATTENZIONE SPOILER: questa fanfiction è ambientata dopo la fine di del terzo libro. Se non lo avete letto e non volete spoiler, non la leggete.
Sintesi: Effie diversi anni dopo la guerra, si trasferisce al Distretto 12. La vita prosegue, molti avvenimenti si susseguono. Avvengono cambiamenti in meglio e in peggio. Anche i suoi vincitori crescono, chi più… chi meno.


Effie POV.
 
L’hovercraft su cui avevo viaggiato era atterrato da poco; sarei dovuta tornare al Distretto 12 fra quattro giorni, ma una chiamata improvvisa di Peeta mi ha fatto precipitare qui in tutta fretta.
Inutile da dire, Haymitch non si è preso la briga di venirmi a prendere. Attraversare tutto il distretto a piedi, trascinandomi i bagagli, non era esattamente la mia idea di ritorno a casa.
Sono stata alla Capitale dieci giorni, per andare a trovare mia sorella, e sarei rimasta volentieri. Gli imprevisti, però, sono sempre dietro l’angolo.
Non so con quale fortuna sfacciata riesco a raggiungere il Villaggio dei Vincitori senza inciampare, la porta di casa di Katniss e Peeta è aperta ma non me ne sorprendo.
La fortuna, invece, non c’entra assolutamente col fatto che questa mattina ho deciso di evitare i tacchi. In fondo al cuore sapevo perfettamente che avrei dovuto fare tutto da sola.
Arrivo finalmente alla porta di casa, lo starnazzare di quelle maledette bestiacce mi accoglie e io desidero intensamente che arrivi la prima occasione per farle al forno.
La cosa che odio di più di questa casa sono le oche. Sporche, puzzolenti, rumorose e cattive oche. Il sentimento è reciproco, tentano di beccarmi non appena ne hanno l’occasione.
La porta d’ingresso è aperta, entro e poggio immediatamente le valigie per terra, mentre continuo a sentirle starnazzare.
“Odio quelle stupide oche.” Dico fra me e me, mentre mi guardo intorno.
In dieci giorni Haymitch è riuscito a far tornare questa casa un porcile. Mi chiedo che cosa sarebbe successo se fossi rimasta quei quattro giorni in più.
“Haymitch!” Lo chiamo a gran voce, ma non risponde nessuno. Provo di nuovo e sento un lamento dal divano.
Si stiracchia e si alza in piedi, mi ci vuole solo un attimo per capire che non si cambia da giorni. Prende a guardarsi intorno, disorientato. Quando finalmente i suoi occhi si fermano su di me, sembra che abbia appena visto un fantasma. “Che giorno è?”
Scuoto la testa, cercando di restare calma, non è il momento di litigare ora. “Sei ubriaco?” Al momento è la prima cosa che voglio sapere.
Lui scuote la testa. “No, dormivo.”
Mi avvicino e gli prendo il viso fra le mani, studiandolo. Ha una barba di almeno due giorni, di certo non odora di fiori, ma nemmeno di alcool. Lo lascio andare e allargo le braccia, indicando la stanza. “Mi spieghi che cosa ti costava sistemare un po’? Potevi farti aiutare!”
Brontola qualcosa, prima di sedersi di nuovo sul divano. “Pensavo arrivassi fra quattro giorni, perché sei arrivata prima?”
È incredibile che non lo sappia, sto per rispondergli quando un gridolino arriva dalle mie spalle; mi volto appena in tempo per vedere qualcosa in cima alle scale che comincia a farle di corsa, saltellando. “Mamma!”
Prima che possa accorgermene, Sofia mi salta in braccio, completamente ricoperta di fango al punto tale da non riuscire nemmeno a vedere che sotto al lerciume ci sono i suoi capelli biondi.
Nonostante il moto di disgusto, l’abbraccio e cerco di pulirle la faccia con un fazzoletto cacciato dalla tasca del cappotto. Cerco di non pensare che adesso sono anch’io ricoperta di fango.
Le libero il viso dallo sporco, e due occhi identici ai miei mi sorridono. “Come hai fatto a ridurti in questo stato?” Lo chiedo a lei, ma la mia testa è rivolta verso Haymitch, lui solleva appena lo sguardo sulla bambina di cinque anni fra le mie braccia e poi torna a studiare un foglio di giornale che sembra essere molto interessante.
“Papà mi ha fatto giocare con le oche.” Risponde la bambina, con fare innocente. Sembro essere l’unica in questa casa a detestarle.
Torno a guardare Haymitch, il foglio di giornale adesso praticamente è attaccato al suo naso; ora può fare finta di ignorarmi, ma me la lego al dito. Non c’è tempo per queste cose. “Dov’è Pan?” Gli chiedo.
Lui si stringe nelle spalle. “A fare una passeggiata.”
“Non è vero!” Dice subito Sofia, io prendo a guardarla con fare interrogativo, mentre Haymitch decide che il giornale non è più interessante e si alza velocemente.
“Sì che è vero.” Prende in braccio la bambina, ma non me la racconta giusta.
“Dov’è Pan?” Ripeto, questa volta la mia domanda è rivolta direttamente a lei.
Sofia guarda un attimo il padre, poi torna a guardare me. “È andato a caccia.” Sgrano gli occhi, orripilata. Dieci giorni. Sono stata via solo dieci giorni.
“Era un segreto, ragazzina.” La rimprovera Haymitch, ma il mio sguardo lo zittisce.
Sofia scuote la testa e gli punta l’indice, piccolo e coperto di fango di fronte agli occhi. “No. Era una bugia e mamma dice che non si dicono le bugie. Non è educato.”
Farsi fare una ramanzina sulle buone maniere da una bambina di cinque anni, ricoperta di fango, non è esattamente il massimo della coerenza. Haymitch fa una smorfia, cercando di sembrare infastidito, ma so che sta solo nascondendo un sorriso.
“Andate a darvi una ripulita, tutti e due.”
“Ma perché?” Chiede di nuovo, adesso ad interrompermi è la porta di ingresso che si apre e si richiude.
Pan si ferma all’entrata del salotto, un arco in spalla e due conigli morti sull’altra. Appena mi vede si immobilizza e lascia cadere a terra i conigli, tentando di nascondere miseramente l’arco dietro la schiena. “Mamma… che ci fai qui? Non dovevi tornare fra quattro giorni?”
“E tu non avevi promesso ‘niente caccia fino ai diciotto anni’? Quando sono partita ne avevi ancora quindici, o mi sbaglio?” Porto le mani sui fianchi e respiro piano attraverso le narici. Devo contare fino a dieci…
Haymitch e Sofia si fanno da parte, ma mi volto verso di loro per fargli capire che non mi sono dimenticata della loro presenza.
“Non è roba mia.” Tenta di difendersi, io torno a guardarlo. “È zia Katniss che ha tirato le frecce, io sto solo portando a casa la cena.”
Chiudo gli occhi, infastidita dalla bugia. Sposto gli occhi su ognuno di loro, soffermandomi su Pan. “Zia Katniss,” lo informo “sta partorendo…” Anche l’arco gli cade a terra.
“Adesso?” Sento dire alle mie spalle da Haymitch, mi volto verso di lui e lo vedo mettere a terra Sofia.
Io annuisco. “Sì, adesso. Veramente è entrata in travaglio quattro ore fa, quando Peeta mi ha chiamata chiedendomi di prendere il primo hovercraft e di tornare…”
Haymitch si passa una mano sul viso, poi riafferra Sofia e se la issa su una spalla, come se fosse un sacco di farina. “Andiamo a farci un bagno.” Dice, mentre la bambina se la ride di gusto.
Quando spariscono in cima alle scale, torno a guardare Pan, che nel frattempo stava tentando di svignarsela. “Non finisce qui, ne riparleremo stasera. Ora va a darti anche tu una sistemata.” Lui annuisce senza ribattere.
Ne approfitto per togliermi il cappotto pieno di fango, poi raccolgo l’arco e la selvaggina e sistemo il primo su un mobile del salotto e i conigli sul tavolo della cucina.
Subito sento qualcosa che struscia contro le mie gambe, chino lo sguardo e Pumpkin, il mio gatto, ormai vecchiotto, comincia a farmi le fusa. “Mi dispiace, ma non sono per te.” Gli dico, poi metto al sicuro i due conigli e per farlo contento, riempio la sua ciotola di mangiare.
Probabilmente per sopravvivere in questi giorni avrà fatto qualche visita ai Mellark…
Provo a dare una sistemata veloce alla cucina, ma i piatti sporchi e le pentole da lavare sono troppi quindi decido che rimanderò tutto a più tardi. Quando torno in salotto, Pan è già pronto e Haymitch e Sofia stanno scendendo le scale.
Finalmente la piccola è riconoscibile, anche se vestita da Haymitch non è proprio in perfetto ordine. Ha le scarpe diverse, un fiocco arrangiato in testa e un paio di bottoni sono stati abbottonati male.
Ora non c’è tempo di sistemare le cose, afferro un giaccone pulito e lo infilo, poi usciamo tutti e ci dirigiamo verso casa di Katniss.
“Non fate rumore.” Avverto tutti e tre.
Entriamo dalla porta aperta e dopo qualche passo, Peeta spunta da un corridoio e ci fa cenno con la mano di seguirlo. Lo saluto con un sorriso e lo abbraccio, lui ricambia la stretta. “Come sta?” Gli chiedo, sottovoce.
“Stanno bene, tutte e due. È una femmina.” Risponde e il mio sorriso si allarga.
Anche Haymitch lo abbraccia, dandogli dei colpi affettuosi sulla spalla, poi ci fa strada verso la camera da letto.
Quando entriamo, vedo Katniss stesa sul materasso, provata ma sveglia. Regge fra le braccia un piccolo fagotto e quando ci vede entrare sembra piuttosto contenta di vederci.
Non mi faccio troppi problemi a chiedere di poterla prendere in braccio e Katniss non esita ad acconsentire.
La bambina è stupenda, ha una testa piena di capelli scuri e ora sta dormendo beatamente. “Un po’ in anticipo, ma sei diventata nonna.” Mi prende in giro, non le rispondo ma un brivido mi percorre la schiena.
Non sono sicura se per l’orrore o l’emozione di avere quest’angioletto fra le braccia. “Zia…” La correggo e la sento ridere, assieme a Peeta, io non riesco a staccarle gli occhi di dosso.
Prima di decidere di portarmela a casa, riconsegno la bambina a Peeta che la culla, un po’ incerto. Ha già fatto abbastanza pratica con Sofia, quindi non è del tutto inesperto.
“Come si chiama?” Chiede Pan, quando la prende fra le braccia.
Io mi volto verso Katniss, aspettando una risposta. Lei scambia uno sguardo con Peeta. “Willow.” Risponde, e poi si sistema seduta.
È un nome meraviglioso, penso.
Dopo un po’ riesco a convincere anche Haymitch a prenderla in braccio, a quel punto Peeta scuote la testa. “No, niente zii. Decisamente nonni.”
Haymitch non risponde, io scuoto la testa. Non è ancora detta l’ultima parola, non sono loro a decidere, non diventerò nonna almeno prima di altri dieci anni.
Sofia afferra la giacca di Haymitch e comincia a tirarla finché lui non le dà retta. “Anche io!” Dice e poi allunga le mani verso la bambina.
La facciamo sedere accanto a Katniss e poi consegniamo Willow alla madre, cercando di dare l’impressione a Sofia di starla reggendo. Questo le basta e sorride contenta, chiedendo quanto tempo deve passare prima che possano giocare insieme.
Peeta la prende in braccio e cerca di spiegarle che ci vorrà un po’ prima che cresca. Adesso che ha la sua bambina, spero che Sofia non si ingelosisca. È innamorata di Peeta da quando è nata, praticamente.
All’inizio, anche se non vuole ammetterlo, sono sicura che Haymitch fosse addirittura geloso.
Restiamo con loro ancora un po’, poi ce ne andiamo così che Katniss possa riposare. È stata una giornata lunga, quindi non mi lamento quando Pan si offre di preparare la cena. Anche se questa cena consiste in un po’ di pane e formaggio fuso, visto che non hanno comprato altro durante la mia assenza e io mi rifiuto di toccare di nuovo quei conigli morti.
Mentre siamo tutti a tavola, Sofia dopo aver ingoiato un boccone, poggia entrambe le mani sul tavolo e passa lo sguardo da me ad Haymitch. “Allora, dov’era?”
Haymitch è confuso, e lo sono anche io. Rivolgo uno sguardo a Pan, ma lui si stringe nelle spalle, continuando a mangiare.
“Dov’era chi?” Le chiedo.
“La cicogna…” Risponde lei, come se fosse una cosa ovvia. “Noi eravamo là, ma lei dov’era?”
Cerco di non ridere perché per lei la questione sembra molto seria e non vorrei offenderla, Haymitch è meno scrupoloso e riprende a mangiare sghignazzando.
“Le ho tirato una freccia nell’occhio oggi pomeriggio.” Risponde Pan, suscitando un verso di sorpresa e terrore da parte di Sofia.
“Mamma!” Strilla lei, sul punto di piangere.
Haymitch dà un leggero scappellotto dietro la testa di Pan, non forte da fargli male, ma abbastanza forte da fargli rintanare la testa fra le spalle. “Cosa? Sto scherzando…”
“Non c’era la cicogna perché abbiamo fatto tardi, tesoro.” Le rispondo, cercando di tranquillizzarla. Poi scambio uno sguardo con Haymitch e torno a guardare Sofia. “Se tu non avessi giocato con le oche, non ti saresti dovuta lavare dalla testa ai piedi e allora saremmo arrivati in tempo per vedere la cicogna.”
Sofia lascia perdere la cena e incrocia le braccia al petto, mettendo su il broncio. “Odio quelle stupide oche.”

A/N: Salve a tutti e grazie per aver letto questa one shot! Ero in vena di robe zuccherose oggi… XD
Non ho molto da aggiungere, se non che Mamma!Effie e Papà!Haymitch per me sono la cosa più dolce del mondo!! :)
Se siete in vena di qualcosa di più drammatico, e vi va di sapere che cosa è successo ad Effie durante la prigionia, allora cliccate qui.
E ora vi presento due persone:
Sofia Portia Abernathy -> clicca!
Pan Abernathy -> clicca!
Mentirei se dicessi che non ho già pronto il background per questi due...

 
Spero vi sia piaciuta tanto quanto a me è piaciuto scriverla,
 
x
Lily
 
 

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Capitolo 11
*** Segreti ***


A/N: Salve, solo una parola prima del capitolo. Per chi avesse letto la mia fanfiction 13 Days, dovrebbe sapere che ho in progetto di lavorare ad una post-Mockingjay (che ancora non ha un titolo, anzi, si accettano suggerimenti). Se vi interessa, per vedere una piccola “foto promozionale” della fanfiction, cliccate qui!

Sintesi: 68th Hunger Games, Haymitch sta per scoprire un paio di segreti su Effie Trinket che lo porteranno a conoscerla meglio.


Haymitch POV.
 
Il ragazzo aveva quattordici anni ed è morto durante il bagno di sangue. La ragazza ne ha diciotto e contrariamente alle mie aspettative, è riuscita a sopravvivere per due giorni.
Ormai ha le ore contate, l’arena è un deserto e sono due giorni che non beve né mangia. Rocce e dune forniscono un nascondiglio perfetto, ma se rimarrà ferma morirà disidratata.
È inutile che cerchi sponsor, non è carina e non è particolarmente intelligente o dotata; è stata solo fortunata e gli Hunger Games non si vincono con la fortuna.
Per la terza volta nelle ultime due ore, vengo distratto dal telefono che squilla. La cosa comincia ad essere frustrante, quindi mi alzo e vado a rispondere.
Appena alzo la cornetta una voce femminile, stridula e con il più pesante accento capitolino che abbia mai sentito, arriva dall’altra parte. “Salve, sarebbe così gentile da farmi parlare con Euphemia?”
Non capisco se si tratti di uno scherzo o meno, ma non mi va di essere preso in giro. “Non c’è nessuna Euphemia.” E le sbatto il telefono in faccia.
Quando mi volto per tornare al divano vedo Effie davanti le porte dell’ascensore. Finalmente si è decisa a tornare, è stata via tutto il giorno, chissà dove.
Torno a sedermi e lei si precipita preoccupata al telefono. “Chi era?” Mi chiede, sembra quasi spaventata.
Non capisco che cosa ho fatto questa volta. “Non ne ho idea. Qualcuno che aveva voglia di scherzare, cercavano una certa Euphemia, come se esistesse qualcuno con questo nome.”
“E che cosa hai fatto?” Lo sguardo sbarrato non preannuncia nulla di buono.
“L’ho mandata al diavolo…”
Effie comincia a dare di matto, dandomi dell’incosciente e dicendomi che sono uno sconsiderato. Prende in mano il telefono e comincia a digitare freneticamente un numero, passandosi una mano fra i capelli e facendo inclinare pericolosamente da un lato la parrucca.
Non capisco che cosa sia successo finché la sua telefonata non riceve risposta e lei si mette ad elencare un’infinità di scuse talmente melliflue da farmi rabbrividire.
“Mi dispiace, madre. Ti prego, devi capire che è solo uno zotico del Distretto 12. È ubriaco tutto il giorno e la maggior parte del tempo non sa nemmeno cosa sta facendo.” Questo dovrebbe offendermi, ma non mi sento particolarmente scalfito dalle sue parole, probabilmente perché è la verità.
Effie prende ad andare in giro per tutta la stanza, continuando ad insultarmi nonostante sia perfettamente consapevole della mia presenza, questa non dovrebbe essere una delle cose che la sua etichetta le impedisce di fare?
“Lo so.” Continua a dire. “Lo so, mi dispiace. Non si ripeterà.” Non l’ho mai vista implorare così tanto per il perdono di qualcuno, mi fa quasi pena. “Grazie, madre.”
Quando ha finito, rimette il telefono al suo posto e si avvicina al carrello dei liquori. Versa una generosa dose di whiskey in un bicchiere e mi raggiunge sul divano. “Non avrei voluto dire quelle cose su di te al telefono.” Dice porgendomi il bicchiere. “Perdonami…”
Se queste è la sua idea di porgermi le sue scuse, sono ben felice di accettarle. Prendo il bicchiere che mi galleggia davanti la faccia e con un sorso butto giù metà del suo contenuto. L’unica cosa che apprezzo della Capitale è il whiskey.
Per un po’ resto in silenzio, almeno finché il bicchiere non è vuoto, poi mi alzo per andare a prendere il resto della bottiglia e un altro bicchiere. Verso solo un paio di dita in quest’ultimo e lo passo ad Effie.
Non rifiuta mai quando le offro da bare e so che tanto quanto io adoro il whiskey, lei lo detesta. Vedere le sue labbra che si contorcono in un’espressione disgustata dopo aver preso un sorso, è una delle poche cose che mi tirano su il morale durante questi giorni di giochi. “Quindi…” Comincio, quando decide che bere un piccolo sorso dopo aver accettato il bicchiere è sufficientemente educato e lascia il resto sul tavolo. “Euphemia?”
Lei si stringe nelle spalle e lancia un’occhiata alla televisione. “Era mia madre.” Risponde, la voce è un po’ troppo seria per i miei gusti.
“Sì, lo avevo capito. Non potevo averne idea. Le ho attaccato il telefono in faccia, tu ti sei scusata… non vedo dov’è il problema.” Abbandono il bicchiere per bere un lungo sorso direttamente dalla bottiglia, il liquido amaro mi scende giù per la gola, infiammandomela e devo chiudere gli occhi per evitare che lacrimino. Devo ricordare di portarmi dietro un paio di casse di questa roba quando tornerò a casa.
“Il problema, Haymitch,” Dice e si volta a guardarmi, dal suo sguardo capisco che è qualcosa di molto serio – almeno per lei – e metto giù la bottiglia, senza sapere cosa devo aspettarmi. “È che mia madre è una persona estremamente sensibile alle offese!”
Sbuffo infastidito e bevo un altro sorso. Sai che novità, mi sembra abbastanza cresciuta per non essere più soggetta alle ramanzine di un genitore. Evidentemente alla Capitale le cose funzionano in modo diverso.
“E chi credi che faccia donazioni al Distretto quando uno dei tributi sopravvive al bagno di sangue?”
Adesso il liquore mi si ferma a metà strada e quasi non mi affogo, cogliendo il peso delle sue parole. Non sono nemmeno sicuro che sia legale…
Mi pulisco la bocca con il dorso della mano e la scruto attentamente per cercare di capire se sta mentendo. Ho imparato con gli anni a capire che Effie è un’ottima attrice, ma ho anche imparato a capire quand’è che cala la maschera. “Tua madre sponsorizza il distretto?”
Lei annuisce, sistemandosi meglio a sedere e prendendo a guardarsi la punta dei piedi. “Prima lo faceva mio padre.” Dice, cominciando a contorcere le dita delle mani. “Poi, quattro anni fa, è venuto a mancare. Sono riuscita a convincere mia madre a continuare a sponsorizzare il distretto a patto che una volta finiti i giochi io le ridia tutti i soldi che ha investito.” Dal suo comportamento capisco che no, non è legale. “Ovviamente sempre che il Distretto 12 non sia il distretto vincitore.”
Ma il Distretto 12 non è mai il distretto vincitore. Questo, però, se lo tiene per sé.
“Non dona mai grosse quantità di denaro, anche perché altrimenti non riuscirei a ripagarla. Però in genere è sufficiente a comprare acqua o cibo…” Spiega abbassando la voce, come se avesse paura che qualcuno potesse sentirla. Ci metto la mano sul fuoco che se qualcuno la dovesse scoprire, perderebbe il posto. Forse non solo quello…
Continuo a non parlare, quindi lei si sente autorizzata a non smettere di farlo.
“L’ho chiamata questa mattina ma era impegnata e le ho chiesto di richiamare qui.” Finalmente perde interesse nelle sue scarpe e torna a guardarmi in faccia. “Volevo chiederle dei soldi per comprare dell’acqua.”
Mi ritrovo a sospirare, sentendo il bisogno di bere un altro sorso di whiskey. “Non ne vale la pena, principessa.” Le dico e ne sono convinto, perché non sarà una bottiglia d’acqua a cambiare come stanno le cose.
“Invece sì, se aiuta i bambini.” Sembra piuttosto convinta di quello che dice; dopo nove anni che fa questo lavoro ancora non ha perso la speranza? È più cocciuta di quanto pensassi.
Il whiskey è finito, mi alzo in piedi e ho un moto di nausea che mi costringe a tornare seduto. Mi passo una mano sul volto e respiro profondamente, poi scuoto vigorosamente la testa e riprovo ad alzarmi, più lentamente.
Una volta in piedi mi avvio alla porta ma Effie mi ferma. “Dove stai andando? Non puoi andare in giro in questo stato.”
Sollevo una mano per zittirla e quella stessa mano la porto alla bocca dello stomaco quando un rutto mi esce dalle labbra. Ignoro il suo sguardo disgustato e cerco di concentrarmi, mi sento decisamente meglio ora, anche se devo sbrigarmi prima che l’alcool arrivi al cervello. “Anche se non ne vale la pena, tua madre ha sganciato… vado a spedirle quell’acqua.”
Mi infilo nell’ascensore e pigio il pulsante più in basso, i numeri cominciano a confondersi. Dovrei farcela prima di sentirmi male.
Avrei preferito starmene sul divano e aspettare che l’alcool entrasse tutto in circolo per potermi addormentare, ma sono ancora un mentore e uno dei tributi è ancora vivo.
Se Effie ci tiene così tanto a rischiare la sua carriera, almeno che non la rischi invano…

A/N 2: Salve a tutti, grazie per aver letto questa fanfiction. Spero vi sia piaciuta, fatemelo sapere con un commento! :)
A breve partirò, quindi probabilmente non posterò più nulla prima del 15 aprile. Se ci riesco la prima cosa che pubblicherò sarà il primo capitolo della Post-Mockingjay. Altrimenti sarà un altro capitolo di questa raccolta oppure su quella di Effie (che potete trovare qui).
A presto,
 
x
Lily

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Capitolo 12
*** Birthday in Four ***


A/N: Questa one-shot si svolge 23 anni dopo la ribellione. Sono presenti due personaggi che avevo già creato e di cui avevo già trattato: Pan e Sophia.
Inoltre ho deciso di non scriverla in prima persona, ma in terza, tratta sempre Hayffie, anche se non è incentrata subito su quello, ma per questo motivo l’ho inserita qui. Dal momento che è così diversa se preferite posso creare un’altra raccolta con la loro famiglia…
 
Trama: è il tredicesimo compleanno di Sophia e per festeggiarlo la famiglia raggiunge Annie e Finn al Distretto 4.



Birthday in Four

 
Il sole baciava la sabbia bianchissima del Distretto 4, gli unici suoni udibili erano i versi dei gabbiani e l’infrangersi delle onde dell’Oceano contro gli scogli.
La casa di Annie era abbastanza isolata dal resto delle abitazioni del Villaggio dei Vincitori e solo due di queste si affacciavano direttamente sul mare.
La donna in quel momento stava sistemando delle tovaglie bianche su dei tavolini improvvisati che erano stati sistemati sulla spiaggia sotto un gazebo; era la terza volta che ci provava, ogni volta il vento li portava via.
Quando finì di sistemare l’ultima, sollevò la testa e con lo sguardò cominciò a cercare suo figlio finché non lo trovò, come al solito in costume da bagno e in compagnia dell’inseparabile compagno di malefatte, circondati da uno stormo di ragazze civettanti.
« Finn! Pan! Venite a darmi una mano! » Cominciò a sbracciare finché non venne notata.
I due ragazzi si separarono dal gruppo e raggiunsero Annie, il primo a rivolgersi a lei fu il figlio. « Che succede? »
La donna allargò le braccia ad indicare il lavoro appena finito, poi portò le mani sui fianchi. « È da questa mattina che rincorro tovaglie, raccogliete delle grosse conchiglie e mettetele come centrotavola, per favore. »
Prima che i due potessero controbattere, Annie era già rientrata in casa, lasciandoli all’indegno compito di andare a caccia di conchiglie.
Portandosi una mano nei capelli dorati, Finn cominciò a guardarsi intorno. « Qui c’è solo sabbia, fra gli scogli magari troviamo qualcosa… » Suggerì, sapendo che non poteva fare altro se non assecondare sua madre.
Pan annuì e sollevò la testa per fissare il cielo, coprendosi gli occhi con la mano. « Sì, prima che si alzi di nuovo il vento. »
Il cielo era limpido e sereno, di un celeste intenso, macchiato sporadicamente dal bianco di qualche nuvola passeggera. La sabbia sotto i piedi nudi dei due ragazzi era calda ma non fastidiosa.
Pan e Finn si conoscevano fin da bambini e da subito avevano stretto una salda amicizia, nonostante la lontananza si poteva dire che fossero cresciuti insieme e anche quando passavano lunghi periodi di tempo senza vedersi, quando poi si rincontravano, era come se non fosse passato nemmeno un giorno dall’ultimo incontro.
Dopo aver camminato per un po’ in direzione di una parete rocciosa, si sentirono entrambi chiamare da una voce femminile proveniente dalle loro spalle; si voltarono insieme per vedere che una figura si stava avvicinando piuttosto velocemente.
Con il sole negli occhi e da quella distanza, poteva sembrare Annie, ma quando fu abbastanza vicina, i due amici si resero conto che non si trattava di lei, ma di Johanna.
La donna sorrise ad entrambi i ragazzi con una smorfia compiaciuta. « Se fossi in voi non andrei da quella parte, ragazzoni… » Disse, mettendosi fra loro due e passando un braccio attorno alle spalle di entrambi, costringendoli a cambiare direzione.
« Stiamo cercando conchiglie per mia madre. » Spiegò Finn, senza però sottrarsi alla presa di Johanna, che continuò ad avanzare, senza togliersi quel sorrisetto dalle labbra.
« Mi ringrazierete, è pericoloso laggiù… »
Pan trattenne a stento una risata, scuotendo la testa. « Oh, andiamo Zia Jo… siamo uomini ormai. » Fece con tono spavaldo.
Questa volta fu il turno della donna di ridere. « Non lo metto in dubbio, ma non troppo tempo fa ho visto i tuoi genitori appartarsi da quelle parti. »
« Oh. » Fu l’unica cosa che riuscì ad uscire dalla bocca del ragazzo.
« Ehw… » Il commento di Finn non fu poi troppo diverso, dal momento che considerava i genitori di Pan un po’ i suoi secondi genitori.
Johanna li lasciò andare, con una pacca sulla spalla per ciascuno, quando in lontananza si vedeva di nuovo la casa di Annie e i due ragazzi decisero di setacciare la riva del mare, evitando esplicitamente di parlare di quello che era appena successo.
Non ci volle molto per capire che nemmeno lì avrebbero trovato nulla, fortunatamente il vento era ancora tranquillo.
Pan era con la testa china a studiare la sabbia compatta e bagnata sotto i suoi piedi, nella speranza che una conchiglia qualsiasi si materializzasse sotto i suoi occhi, quando una voce lo fece sussultare. « Ehi… che fate? » Sollevò la testa per vedere che sua sorella era a pochi passi da lui e da Finn. Non si sorprese più di tanto, fin da piccola non perdeva occasione di stare dietro ad entrambi, il più delle volte finendo per essere cacciata.
Sophia indossava un vestitino leggerissimo, di una stoffa estremamente strana. Era di un color acquamarina, che le faceva risaltare gli occhi. I lunghi capelli biondi erano raccolti in una complicata treccia fissata poi alla testa della ragazzina con un grosso fermaglio argentato.
Sulle labbra di Pan si disegnò un sorrisetto divertito alla vista di com’era conciata sua sorella. « Cerchiamo conchiglie per Zia Annie… che ti è successo? »
La ragazzina si grattò la testa, probabilmente infastidita da un prurito. « Mamma… »
Finn si avvicinò a lei e afferrandola per le spalle le fece fare un giro su se stessa, Sophia portò gli occhi al cielo, ma stette al gioco. « Sembri una delle decorazioni dello Zio Peeta. »
A quel commento, la ragazzina si liberò dalla presa di Finn e incrociò le braccia al petto, indispettita. « Se vi servono conchiglie, ne ho viste un sacco sul retro della casa. » Fece con tono scontroso, poi si voltò per andarsene.
Prima che potesse farlo, però, i due ragazzi si scambiarono un rapidissimo sguardo d’intesa e Finn si allungò per riafferrarle le spalle.
« Ehi! » Provò a ribellarsi lei, ma il fratello le fermò i piedi. « No! » Cominciò ad urlare, quando intuì cosa sarebbe successo di lì a poco.
« Al tre? » Chiese Pan e Finn annuì consenziente.
Contarono insieme, facendo dondolare la ragazzina che continuava a dimenarsi, ma ormai le sue proteste erano completamente sopraffatte dalle risate dei due ragazzi, che sul tre fecero fare un volo di tre metri a Sophia, facendola finire con un sonoro splash in acqua, per poi correre immediatamente via vero casa.
Riemergendo dopo pochi istanti e respirando a pieni polmoni, Sophia sbraitò nervosamente dando diverse bracciate per raggiungere la riva.
Provò a sollevare lo sguardo per vedere se suo fratello e Finn fossero ancora nei paraggi, ma li vide già lontani, ormai rincorrerli era inutile.
Si toccò i capelli per constatare l’entità del danno e si rese conto di aver perso il fermaglio. Fortunatamente le scarpe erano ancora ai piedi.
Quando cominciò a strizzarsi i capelli con le mani, per eliminare tutta l’acqua in eccesso, la voce squillante di sua madre la fece trasalire.
« Sophia! » Effie stava marciando dritta verso di lei, seguita da Haymitch. Per un attimo Sophia si chiese da dove potessero venire, visto che in quella direzione non c’era niente, ma i suoi pensieri furono completamente spazzati via quando sua madre la raggiunse e le prese il viso fra le mani, rivoltandolo e studiandolo come faceva quando era piccola. « Posso sapere per quale ragione sei completamente fradicia? »
« Forse aveva caldo. » Suggerì sarcasticamente Haymitch e Sophia non riuscì a trattenere un sorriso divertito, ma lo sguardo di Effie fece chinare la testa ad entrambi.
Quando la rialzò, Sophia aveva negli occhi il suo sguardo migliore, quello da cucciolo bastonato. « Pan e Finn mi hanno buttata in acqua. Hanno detto che somigliavo ad una delle decorazioni di Zio Peeta. » Non le interessava veramente né del vestito, né dei capelli, voleva solo farla pagare a quei due.
Effie la lasciò subito andare, per portare le mani sui fianchi e guardare in direzione della casa assottigliando le labbra.
« Non avevano tutti i torti… »
« Haymitch! » Effie si voltò verso di lui, portando poi un braccio attorno alle spalle di Sophia. « Mia figlia aveva scelto questo vestito con cura e l’avevamo fatto arrivare direttamente dalla Capitale e tuo figlio l’ha rovinato! »
Ad essere del tutto onesti, Sophia aveva scelto quel vestito perché non ne poteva più di sfogliare cataloghi e di imparare i nomi di colori di cui non sapeva nemmeno l’esistenza, ma annuì comunque alle parole della madre.
Haymitch sospirò, squadrando di traverso l’adolescente e evitando deliberatamente lo sguardo della moglie. Tutti e tre sapevano che erano in due contro uno. Sbuffò e afferrò Sophia per un braccio, non era mai stato delicato ma le sue prese erano accuratamente studiate per essere salde e sicure, poi cominciò ad avanzare verso la casa e Sophia non perse l’occasione di farsi trascinare.
Effie rimase indietro di qualche passo, osservandoli mentre si allontanavano. Non poté fare a meno di notare che un tempo Haymitch se la sarebbe issata sulla spalla invece che trascinata di peso.
La loro bambina stava crescendo, quel giorno compiva tredici anni e a lei sembrava ieri che la teneva in braccio per la prima volta. Questo pensiero fu immediatamente accompagnato dall’idea che lei ed Haymitch stavano inevitabilmente invecchiando e nonostante per lui questo non sembrasse essere minimamente un problema – anzi, ne sembrava quasi contento – per lei la cosa era un problema eccome.
Ormai si era abituata all’idea di essere chiamata nonna da Rye e Willow, ma guardava Pan, che era quasi un uomo ormai e Finn, ogni giorno più identico a suo padre e la cosa per lei era inaccettabile. Invecchiare era inaccettabile…
Prima che il suo umore peggiorasse ulteriormente, si decise a muoversi e a raggiungere la sua famiglia.
Incontrò Annie e Johanna sulla spiaggia di fronte casa, Annie stava portando dei bicchieri di vetro per poggiarli sui tavolini, Johanna invece era seduta comodamente su una sdraio e osservava l’amica lavorare come un mulo.
Gli occhi di Effie si fermarono sui centrotavola e fece una smorfia. « Conchiglie? Non è un po’ antigienico? »
Annie sembrava decisamente stanca, si portò una mano dietro la schiena, incurvandola all
’indietro e poi scambiò uno sguardo veloce con Johanna, che fece finta di niente e chiuse gli occhi, poggiando la testa allo schienale. « Credo che ti abbiano chiamato, Effie. » Se ne uscì Annie alla fine, senza suonare scortese.
In un’altra occasione sarebbe rimasta, ma con un’emergenza guardaroba in atto, non poteva indugiare oltre. Sollevò le mani in segno di resa ed entrò in casa; nell’atrio non c’era nessuno, così salì al primo piano e in corridoio vi trovò Haymitch e Sophia, che adesso era avvolta dalla testa ai piedi in un asciugamano.
« Tutta tua. » Esordì Haymitch, lasciando sole le sue due donne, per poi scendere al piano di sotto.
Dopo neanche un passo si ritrovò di fronte Pan e Finn, intenti a svignarsela dal retro con delle tavole da surf sotto le braccia. « Dove pensate di andare? » I due si immobilizzarono e si voltarono lentamente.
Haymitch riusciva a leggere la colpevolezza dipinta sui loro volti, avanzò pericolosamente verso loro due, che istintivamente infossarono la testa nelle spalle, pronti a ricevere una tirata d’orecchio, ma lui si limitò a sottrargli le tavole e a indicare con un cenno di capo la porta che dava sulla spiaggia. « Andate ad aiutare Annie a sistemare tutto. Adesso. »
Pan annuì e si mosse per primo, senza aspettarsi la tavolata che lo colpì sul sedere, non abbastanza forte da fargli male, ma abbastanza da far rumore e da fargli accelerare il passo; Finn lo seguì immediatamente, con uno scatto di velocità per evitare di ricevere lo stesso trattamento.
Quando i due uscirono, Haymitch sistemò le tavole accanto al muro e fu distratto da dei rumori provenienti dalla porta d’ingresso. Si voltò per vedere che finalmente erano arrivati anche Katniss e Peeta.
Lei portava due grosse borse, una poggiata alla spalla e l’altra che penzolava dall’avambraccio, mentre l’altro braccio era occupato dal piccolo Rye, un ometto di quattro anni che non appena intravide Haymitch si divincolò dalle braccia della madre per essere messo a terra e correre verso di lui.
« Nonno! » Saltellò contento, abbracciandogli una coscia con le braccia paffute. Haymitch si sforzò di chinarsi, sentendo le ginocchia lamentarsi rumorosamente, per prenderlo in braccio.
Katniss lo salutò con un sorriso. « Ti prego, dimmi che ci siamo persi la solita crisi di nervi di Effie… »
« Prova a chiederlo a Pan e Finn. » Fu la sua risposta, mentre la donna portava gli occhi al cielo e s’incamminava verso il piano superiore, per poter poggiare tutto quello che stava portando.
In quel momento Peeta entrò seguito come al solito da Willow. « Haymitch. » Lo salutò Peeta, cordialmente. In situazioni normali lo avrebbe salutato con un abbraccio, ma in quel momento stava reggendo un’enorme scatola che certamente conteneva la torta di compleanno per sua figlia.
Annie li raggiunse e dopo un rapido giro di saluti, durante il quale per poco Peeta non veniva schiacciato sotto il peso della torta, finalmente poté andare a poggiarla in cucina.
Adesso anche Willow e Rye stavano aiutando ad apparecchiare e quando fu tutto pronto, cominciarono i festeggiamenti.
Dopo pochi minuti, Effie e Sophia finalmente li raggiunsero, la ragazzina era stata messa a nuovo e Haymitch non poté fare a meno di notare che ora il suo abbigliamento era molto più semplice e i suoi capelli erano sciolti.
Dubitava che quella fosse stata tutta una messa in scena architettata, ma era sicuro che Pan e Finn le avessero solo fatto un favore…
Sophia andò a salutare i nuovi arrivati, mentre Effie rimase accanto a lui sulla soglia. Istintivamente Haymitch le passò un braccio attorno alla vita e lei poggiò la testa alla sua spalla.
« Ha tredici anni… » Constatò Effie, senza spostarsi. « Sta crescendo. »
Haymitch si limitò ad annuire.
« Sto invecchiando… »
Era sicuro che sarebbe andata a parare lì. Ormai era il centro di ogni conversazione, ma a lui non importava più di tanto. Era innegabile, stavano invecchiando entrambi, ma se doveva essere sincero, anni prima non avrebbe mai immaginato che la sua vita avrebbe preso questa piega, probabilmente non avrebbe mai immaginato di poter arrivare all’età che aveva, quindi, tutto sommato, era contento. « Non puoi fermare il tempo, dolcezza. »
Effie sospirò a quell’affermazione e Haymitch temette per un attimo che potesse di nuovo cominciare a proporre assurdi interventi di ringiovanimento, che avevano causato diversi scontri fra i due, ma fortunatamente Effie non disse nulla.
Lui restò in silenzio ancora per un po’, osservando la sua famiglia in una delle poche occasioni dove tutti andavano d’accordo con tutti. Decise di imprimere bene quell’immagine nella sua memoria e di godersi pienamente quel momento, perché era sicuro che non sarebbe durato a lungo… la pace non durava mai a lungo quando erano tutti insieme.
Prima o poi Johanna avrebbe cominciato a prendere in giro Effie, lei avrebbe cercato supporto da parte sua, che sicuramente invece avrebbe dato corda all’amica…
Da lì si sarebbe scatenata una reazione a catena di discussioni cercando di tirare in ballo anche Katniss, che se ne sarebbe lavata le mani, finché Peeta o Annie sarebbero riusciti a calmare le acque, il tutto mentre i ragazzi si sarebbero goduti la scena… come sempre.


A/N 2: Salve, era una VITA che non aggiornavo e spero che questa one-shot familiare sia stata soddisfacente! Come ho già detto prima, se pensate che dovrei creare una sezione diversa per questo tipo di storie, fatemelo sapere!
Nell’immagine ho dovuto necessariamente cambiare gli attori per Effie, Haymitch ed Annie, perché tutti crescono e 23 anni si devono far sentire… spero non vi sia dispiaciuto.
Alla prossima!
 

x Lily

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