Supernatural Stories di abhainnjees (/viewuser.php?uid=639672)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Storia di uno che se ne andò in cerca della paura ***
Capitolo 2: *** PB&J ***
Capitolo 3: *** Ofis ***
Capitolo 4: *** Poi la starda la trovi da te. ***
Capitolo 5: *** Explain Yourself ***
Capitolo 6: *** Come MecLoed si fece strada nel mondo ***
Capitolo 7: *** Impala Jr ***
Capitolo 8: *** Angelo Custode Cercasi ***
Capitolo 9: *** Tutto per un ragazzo ***
Capitolo 10: *** Doppia faccia della stessa medaglia ***
Capitolo 11: *** Your own place ***
Capitolo 12: *** Il compare ***
Capitolo 13: *** Samuel Addio! ***
Capitolo 14: *** Chuck viene impiccato! ***
Capitolo 15: *** Eve in purgatorio ***
Capitolo 16: *** Lettere dall'inferno (si vabbè) ***
Capitolo 17: *** PanPepato ***
Capitolo 18: *** Moffat poem ***
Capitolo 19: *** Risveglio. ***
Capitolo 20: *** La storia dei tre fratelli ***
Capitolo 1 *** Storia di uno che se ne andò in cerca della paura ***
Storia di uno che se ne andò in cerca della paura*
Sam ricorda molto bene come Dean lo trattava quando erano piccoli. Potremmo stare qui a citare le mille attenzione che il più grande dei Winchester rivolgeva all'altro, ma una sola sarà sufficiente. Dean leggeva per Sammy.
Quando John andava a caccia, Sam era sempre molto agigato perchè non sapeva mai dove il padre stesse andando e si sentiva come un bambinetto sciocco al quale non si poteva dare fiducia. Beh, in quelle occasioni Dean leggeva per Sam.
Cosa notevole considerato che il piccolo Dean odiava anche solo l'odore dei libri, o meglio, gli dava fastidio il contenuto dei libri, perchè non vedeva l'utilità di quelle storie. Lui sapeva che erano false, che gli eroi non sempre sopravvivono, che le principesse muoiono e che i veri draghi non volano, ma strisciano nelle viscere della terra. Eppure Dean leggeva per Sammy. Leggeva soprattutto fumetti; e Sam, sin da allora, immagginava, sapeva e sentiva, che non sarebbe mai stato come gli eroi di cui Dean gli leggeva, perchè nonostante fosse un ragazzino, sentiva di non essere del tutto puro**, che ci fosse qualcosa di malvagio in lui.
Una volta, una delle tante maestre di Sam, che aveva pressappoco sedici anni, aveva dato ai suoi alunni, per le vacanze di Natale, la lettura di un libro, precisamente "Le fiabe" dei fratelli Grimm; e nonostante i Winchester sapessero già che Sam non avrebbe continuato a frequentare la stessa scuola dopo Natale, Dean glielo comprò lo stesso. Mentre erano entrambi seduti sul retro dell'Impala, Sammy scartò il suo regalo e chiese al fratellone di leggergli una fiaba. Scelsero una con un titolo lungo lungo, che incominciava così : "Un padre aveva due figli. Il maggiore era giudizioso e prudente e sapeva cavarsela in ogni situazione, mentre il minore era stupido, non imparava nè capiva nulla e quando la gente lo incontrava diceva -Sarà un bel peso per il padre- . Se c'era qualcosa da fare toccava sempre al maggiore". Dean non continuò mai la lettura e, per quanto Sam avesse cercato in ogni angolo dell'Impala, o nella valigia del padre, non ritrovò mai quel libro.
Crescendo Sam si abituò a confrontare la sua vita con l'inizio di quella fiaba e, purtroppo le trovava più simili del dovuto. Un padre aveva due figli, e ne amava solo uno, quello che sapeva fare tutto, quello che seguiva i suoi ordini, e quello non era Sam. Quelle parole diventarono la sua ossessioni, a volte persino le sognava. Il bambino col sangue demoniaco, il re, Ruby, la gabbia, le allucinazioni, le prove; Dean che lo abbandonava, che diceva di non potersi fidare di lui, che lo accusava di essere un mostro. Sembrava che quella storiella parlasse di lui. Si rivedeva in quel ragazzino che non sapeva fare niente, che non riusciva in niente e che doveva confrontarsi con un fratello migliore di lui che lo accusava di essere un mostro. A volte Sam cercava di rammendare quel racconto per ricordarsi che prima di essere un mostro era un ragazzino inutile; e per lui tutto era meglio di essere un mostro. Ma ormai era troppo stanco anche per ricordare una storiella, e fini per dimenticarla.
Per questo rimase sconcertato quando Dean, una sera, entrò in camera sua e si mise a sedere ai piedi del letto, gli baciò la fronte e gli scostò i capelli, poi lo coprì per bene, rimboccandogli le coperte come quando erano piccoli e si apprestò a leggere proprio "Le fiabe" dei Grimm, ma il libro era di un edizione diversa rispetto a quando erano solo dei ragazzini. Sam era troppo stanco e beato per opporsi alle cure del fratello e Dean iniziò. "Un padre aveva due figli. Il maggiore era giudizioso e prudente e sapeva cavarsela in ogni situazione, mentre il minore era stupido, non..." e Sam già temeva la fine del racconto. Certo non si aspettava che "...il re stupito e tutto contento gli domandò com'era andata..." o che addirittura finisse sul ridicolo col ritornello "se sapessi cos'è la pelle d'oca".
Adesso che Dean ha finito la fiaba sta per andarsene, ma un sospiro del fratello lo blocca. Sam ha davvero un fratello di gran lunga migliore di lui. Dean non era obbligato a ricordarsi dell'avvenimento, eppure l'aveva fatto; si fermò allora per non ferire il fratellino e adesso l'aveva riletta per ricordare a Sam che prima di essere un mostro o un ragazzino inutile, era un eroe dotato di straordinario coraggio. Dean allora abbraccia silenziosamente Sam e gli asciuga le lacrime e gli sussurra:"Se devi piangere per questa stronzata, te la do io una buona ragione" e già mimava un movimento di un ceffone.
I fratelli Winchester si addormentarono così quella notte. Mano nella mano. Sam comodamente straiato sul letto e Dean coricato sulla sedia affianco.
*E' il titolo di una fiaba dei fratelli Grimm.
**Riferimento alla 8x21
Note dell'autrice Quando lessi per la prima volta "Storie di uno che se ne andò in cerca della paura" dei fratelli Grimm, pensai che la storia calzasse a pennello ai WInchester nei primi dodici righi, poi mi resi conto di quanto le due storie fossero diverse. Quindi scrissi questa "cosa" per rievocare in un certo senso quelle che furono le mie prime impressioni.
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Capitolo 2 *** PB&J ***
Accade di notte, la membrava della fibra muscolare si contrasse improvvisamente in una forte, involontaria e dolorosa fitta ad altissima frequenza. Se Castiel non fosse
stato il diretto interessato sicuramente l'avrebbe descritta così; invece di imprecare, una dietro l'altra, tutte le parolacce che aveva imparato dai Winchester. Fortunatamente
la contrazione e il dolore si estinsero spontaneamente dopo alcuni secondi. Castiel si ricordò di aver sentito da qualche parte che bisogna muoversi subito dopo aver avuto
un crampo, per scongiurare la paralisi. Ma alzarsi era più difficile adesso; quando si muoveva sentiva l'insieme delle membra pesanti premenre per raggiungere il centro
gravitazionale più vicino rimmergendosi nel confortevole tepore delle coperte. Pian piano trovò la forza di alzarsi e sedersi sul ciglio del letto. Di malavoglia poi si
trascinò fino in bagno sentendo in bisogno di rinfrescarsi la bacca impastrocciata. Delicatamente posizionò lo spazzolino inclinandolo di quarantacinque gradi contro il
margine gensivale e spazzolò delicatamente all'esterno, all'interno e la superficie dei quesi ogni dente con movimenti veloci avanti e indietro. Ma era davvero così che si
faceva? A Castiel sembrava un'operazione troppo complessa da ripetere ogni mattina, considerando che non riusciva mai a contare quanti denti avesse già spazzolato e quanti
invece gli mancavano. E forse non avrebbe dovuto lavarseli ora, tenendo presente che una fame accecante lo stava divorando; sentiva lo stomaco vuoto, colpevole di starni brividi
che percorrevano e si espendevano in tutto il suo corpo. Castiel aveva fame, ma aveva in bocca il pizzichio della pasta dentrificia che sapeva gli avrebbe impedito di gustare
il sapore del cibo. Fortunatamente nella Batcaverna (Castiel non capiva perchè Dean la chiamasse così, me se andava bene a lui, allora piaceva anche a Cass) c'era tutto
quello che gli serviva per preparare una buona colazione. Doveva tostare il pane con un affare che faceva ding , poi doveva cuocere l'acqua e aggiungere una
polverina scura, e infine doveva prendere in pane tostato e croccante, aggiunquere un filo di burro di arachidi e tanta, tanta marmellata, -ma ebbe modo di scoprire col tempo
che gli piaceva di più con tanto burro e un filo fi marmellata- poi doveva mettere le due fette una sopra l'altra e aspettare che si raffreddasse. Dopo poteva mangiare il
suo capolavoro; gustando la dolcezza della marmellata, contrapposta alla squisitezza e al sapore forte del burro, addentando la crosta dorata che pian piano si stemperava nella
delicatezza del burro ormai fuso. Addentare un panino era uno di quei piaceri che Castiel non poteva gustare se non ora che aveva perso la sua grazia. Si chiedeva persino a
cosa gli servisse avere un paio di ali se poi non poteva comprendere neppure le senzazioni più elementari che gli uomini provavano quotidianamentnte. Una volta Castiel
sentì dire da qualcuno di saggio (provabilmente Sam) che le persone che possono impedire che il male trionfi e non lo fanno sono da considerarsi malvage a loro volta. Castiel
ormai doveva considerarsi un'umano e cercare di non sbagliare -pensino nelle dosi di marmellata e di burro di arachidi- era diventata la sua priorità. Ma doveva fare qualcosa di
concreto, qualcosa per impedire a tutto il male che c'è nel mondi di ferire queste strane, piccole scimmie che cercavano sempre di migliorarsi con un'umiltà che in tanti secoli
non aveva mai visto negli occhi di nessun angelo. Per questo sarebbe diventato un cacciatore. Avrebbe aiutato Sam e Dean, avrebbe salvato molte più anime di quanto non
facesse prima, avrebbe protetto Dean molto
meglio di come riusciva prima. Doveva solo dirglielo. Parlargli. Una vita da cacciatore non poteva essere così male se
poteva ancora farsi un panino al burro di arachidi e marmellata e Dean . Dean non gli avrebbe mai detto di no.
QUESTO E' QUELLO CHE PENSO' CASTIEL PRIMA DELLA
FINE DELLA 9x03 :)
Note dell'autrice: Bhè che dire, la scorsa storiella era ispirata da una fiaba dei Grimm; questa inceve no. Andiamo la storia della marmellata e del burro
di arachidi che Cass racconta a Sam mi stava mordendo il culo e contemporaneamente mi stava gridando "SCRIVIMIIIIIIIIIIIIIIIIIII" e io l'ho scritta ;)
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Capitolo 3 *** Ofis ***
Ofis* Un giorno accadde che un ragazzo raggiunse i suoi fratelli e ne uccise il padre. Ne uccise l'autorità, il rispetto, il ricordo e l'affetto. Uccise,
involontariamente o meno poco importa, la figura responsabile e dolce del padre di famiglia. Perché, nonostante tutto, loro erano una famiglia felice, anche se non
erano una famiglia completa . John poteva considerarla tale quando di notte stringeva al petto i corpicini esili dei suoi due figli; o quando li portava dallo zio
Bobby per distrarli - e distrarsi - e li vedeva ridere e si sentiva felice sapendo che il mondo era un posto un po' più sicuro nel quale i suoi figli potevano ancora sorridere
per merito suo; o quando la mattina si scervellava per preparare la colazione ai suoi due bimbi, - a Sam piaceva la polpa di mela, mentre Dean prediligeva i cereali al cioccolato
- e come si divertiva a guardare Dean che ingurgitava con tanto orgoglio il cibo preparatogli dal papà e il piccolo Sammy che, un po' titubante, non finiva mai quello che aveva
nel piatto; o quando, tornando da una caccia, e trascinandosi nella vasca - quando c'era - i suoi due campioni per fargli notare il meno possibile i vestiti imbrattati di
sangue, e ragazzini lo insaponavano il torace e lo sciacquavano con cura, sporcando persino il soffitto. Quindi no, quell'idiota non aveva il diritto di presentarsi e
uccidere lo spirito di John di fronte ai suoi figli. Ma dal tronde che colpa aveva lui? Fu John che durante quell'indagine in Minnessota non riuscì, per la prima
volta in vita sua, ad essere fedele al fantasma della donna che più aveva amato; o più semplicemente alla madre dei suoi figli. I suoi figli. Di certo pensò
a loro mentre si rifuciava fra le braccia di un'altra donna. E fu sempre John che l'anno dopo tornò da lei per stringere tra le braccia l'esserino più dolce e fragile
che avesse mai visto. Neanche Dean sembrava così puro quando nacque. Dean era una palla di lardo sorridente, con gli occhietti vispi e le manine che stringevano tutto,
e per la cronaca era anche un piscione che apriva i rubinetti ogni volta che toccava a papà John cambiargli i pannolini, ma di certo non era dolce. Era tenero, però,
mentre sorrideva tra le braccia della mamma.
Ma ora Dean non sorrideva più. Perché Dean riesce ad accusare e condannare Adam, che si godette un padre che non era
il suo. Adam era un ladro, un ladro e un assassino. Rubò ai Winchester il papà quando era ancora in fasce, quando Sam aveva ancora bisogno di un babbo che lo
cullasse e gli preparasse la colazione, e non di un fratello che a malapena riusciva a tenerlo imbraccio. E adesso lo aveva ucciso. Ora che Dean aveva bisogno di
sentirsi parte di una famiglia, e non solo una stupida pedina di un gioco più grande. Adesso che erano soli, l'ultima cosa di cui i Winchester avevano bisogna era un
nuovo fratello che li trascinasse ancora più giù. Verso l'inferno.**
Note dell'autrice: dopo una storia basata dagli scritti dei Grimm, una ispirata dagli scrittori (di SPN) stessi; questa è invece ispirata dal mondo classico. L'incipit lo ebbi
infatti quando lessi "Γεωργός καί ὄφις (τόν παῖδα αὐτοῦ ἀποκτείνας)", per la gente comune "Il contadino e il serpente che ne uccise il figlio" di Esopo. La favola è completamente diversa da questa, essa narra di una serpente
che uccide il figlio di un contadino, il quale poi cerca vendetta ma non riesce ad uccidere il serpente, perché quest’ultimo è troppo furbo. Il contadino allora cerca di fare
pace, ma la favola finisce dicendo che ".. le grandi inimicizie non danno luogo a facili riconciliazioni..". Ma ho creato questa piccola storia dopo averla letta e quindi l'ho
citata. Voglio solo essere chiara che questa non è una storiella per denigrare John, ma è un racconto sulla rabbia e i ricordi felici di Dean. :)
* ὄφις è la parola greca per indicare "serpente". ** Mi sembrava doveroso aggiungere una prolessi.
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Capitolo 4 *** Poi la starda la trovi da te. ***
Poi la strada la trovi da te
Riguardandolo adesso, dopo quindici anni, Bela si accorse che nell'adattamento cinematografico della Walt Disney, Peter era stato dotato di due buffissime e stupidissime sopracciglia folte e disordinate. Bela sorrise e si chiese come mai non se ne fosse mai accorta. Ma non è ovvio? I bambini vedono solo ciò che vogliono vedere; possiedono uno scrigno inesauribile di immaginazione che non esitano ad aprire se la realtà che li si presenta davanti non è dolce quanto un bacio della buonanotte. Bela perse troppo presto il suo scrigno, le fu potato via con la forza da una realtà molto crudele. Fortuna volle però, che nei suoi ricordi di bambina ancora innocente, la figura di Peter Pan, con annessi film e libro, si conservasse intatta sotto il filtro della fanciullezza. Sullo schermo, intanto, Capitan Uncino era riuscito ad attirare Peter nella sua trappola. Non l'avesse mai fatto! Peter era veloce e con la sua improbabile spada di legno iniziò un'avvincente combattimento contro il Capitano, mentre i lamenti pieni di terrore degli scagnozzi di lui facevano da sottofondo. Bela sorrise nostalgica, ma quel dolce momento le fu strappato via dall'improvvisa vibrazione del cellulare. Era Dean Winchester. Bhè forse quello che venne dopo fu anche meglio del film*. Bela stoppò la pellicola nell'esatto momento in cui Peter si trovava con le braccia a mezz'aria, pronto a sferrare il colpo finale. Lo facevano spesso, lei e Dean*. Quando non erano troppo impegnati a litigare o a portarsi rancore, Dean chiamava Bela e iniziava a parlare, a chiedere domande, a ridere e far ridere una persona alla quale voleva bene; come ultima buona azione. Per lo più prendevano in giro Sam; andiamooo.. tutto il cosmo sa che Sam Winchester ha una cotta per Bela Talbot, e suo fratello fu il primo ad accorgersene. - Dovresti dargli un po' di soddisfazione. Pensa che oggi pomeriggio è crollato su una sedia e si è messo a fare un sacco di rumorini felici; secondo me ti sognava! - Non essere disgustoso, poi ci ritroveremmo ad essere imparentati! - Cancella quello che ho detto, con ci tengo ad avere Crudelia Demon nella famiglia! - Ha-ha-ha- Doveva sembrare una risata sarcastica, ma persino alle orecchie di Bela risuonò troppo sincera. - Al massimo posso sposare lui e venire a letto con te. - Allora che stavi facendo prima che il tuo futuro amante di disturbasse? - Niente di che.- Mentì Bela mentre fissava lo schermo. - E tu? Raccontami della tua ultima caccia! E Dean, come al solito, iniziò. Non erano vere e proprie conversazioni; era quasi sempre Dean che parlava, ma lo faceva perché ne aveva bisogno, aveva bisogno di una compagnia disinteressata, cinica e spietata (come Bela) che lo ascoltasse e lo giudicasse; e Bela aveva esattamente bisogno di ascoltare qualcuno di intelligente e spiritoso che la distraesse. Bela si immaginava Dean seduto su qualche poltrona, con le gambe vicino al petto e leggermente inclinate su un lato -essattamente come lei- e con una luce, forse la luce di uan lampada che immaginava potesse essere molto vicina alla poltrona, che metteva in risalto le lentigini e la tonalità chiara -ma allo stesso tempo scura- degli occhi di Dean. Chissà perché, ma in quel preciso momento ciò che era attorno a Dean iniziò a mutare, e Bela non immaginò più i soliti letti, e non c'era più il piccolo Sam in uno di quelli; ora i letti avevano lasciato il posto a un raffinato mobilio inglese e al posto di Sam c'era una figura scura, indefinita... un'ombra!! Bela arrossì. Effettivamente poteva affermare senza ombra di dubbio che Dean Winchester era, per lei, un po' come Peter Pan; eternamente bambino, e capace di farle vivere ore di spensieratezza trasportandola in qualche meravigliosa avventura in cui il mostro di turno era Capitan Uncino.
Qualche ora piacevole, prima di diventare adulta.**
Nda: * tanto lo so che avete pensato male. **per Bela diventare adulta significa senza dubbio perire.
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Capitolo 5 *** Explain Yourself ***
Charlie si ritrovò ad avare paura, lì difronte allo specchio della sua stanzetta. Guardò in silenzio quell'immagine allo specchio, e il suo riflesso fece lo stesso e quel gioco andò avanti per qualche minuto. Poi il riflesso cambiò improvvisamente espressione e Charlie si ritrovò a fissare una figura più languida, assonata.
'Ma chi è quella?'
si chiese, e si rispose di non saperlo, che probabilmente quella era lei, o forse era stata lei. Tornando indietro a quella mattina, Charlie poteva giurare di aver visto la stessa figura nello stesso specchio e di averla scambiata per se stessa, ma ora.. chi lo sa, probabilmente era cambiata da allora. Ma Charlie non era di quelle ragazzine stupide che si perdono in sciocchi pensieri, lei stessa si accorse che ciò che diceva non aveva alcun senso, ma come poteva spiegare al meglio a se stessa la sensazione di non essere più la stessa che se stessa aveva sempre giurato di essere? Si scrutò attentamente: stessi occhi, stesse ciglia, sesse sopracciglia, stessa attaccatura di capelli, stessa treccia, stesse orecchie, stessi zigomi, stesse lentiggini e stesso naso. Cosa poteva essere cambiato? Persino il mento era lo stesso!! Ma poi gli occhi si posarono sulle labbra della ragazzina difronte a lei, che pareva continuasse ad imitarla nei movimenti con una costanza che quasi infastidì Charlie; e si accorse che il segreto stava tutto lì. Sul lato sinistro del labbro inferiore i suoi occhietti miopi intravidero un piccolo segno.. tracce di denti.. un morso!! Poi distolse lo sguardo, infine le guardò di nuovo e le tracce erano sparite, eppure finalmente poteva vedere cosa la rendeva diversa da quella mattina. Le sue labbra erano leggermente arrossate e gonfie con quelle piccole tracce di morsi che apparivano e scomparivano un po' dappertutto. E con quelle labbra sembrava proprio una donna. Persino la ragazzina che Charlie aveva intravisto nello specchio quella mattina si sarebbe accorta che quelle erano le labbra di chi ha appena ricevuto un bacio. E non un bacio qualsiasi.
Quelle che si posarono su Charlie non erano labbra qualsiasi, ma erano le sue labbra; che, per nulla tremanti, si erano avvicinate a quelle di Charlie e avevano intrapreso con loro un gioco nel quale erano destinate e vincere. Ma erano labbra gentili, e come tali gentilmente si presero la loro vittoria; nonostante Charlie non fosse più tanto sicura che quelle labbra e quel sapore potessero davvero appartenere a lei , che di gentile non aveva nulla. E si, non era un bacio qualunque. Era un bacio segreto, proibito, desiderato. Un bacio che avrebbe portato con se dolci ricordi e sul quale gravava il peso di colpe terribili. Decisamente non era la stessa di stamattina. Non dopo aver risposto a quel bacio, baciando a sua volta labbra così simili alle sue e prendendosi la sua personalissima rivincita su di loro. E, col passare dei giorni - e dei baci - scoprì di non essere mai la stessa ragazza che si era addormentata la sera prima.
NdA: una storia su Charlie.. bhè scomodare Baum era scontato, stesso discorso vale anche per Tolkien.. quindi beccatevi il Brucaliffo :) |
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Capitolo 6 *** Come MecLoed si fece strada nel mondo ***
Come MecLoed si fece strada nel mondo.
Alla fine del viale, verso la destra, le appariscenti luci al neon
segnalavano a Crowley che era quasi arrivato a destinazione.
Affrettò il passo, trascinandosi addosso quell'eccitazione
tipica dei bambini quando sanno che stanno per compiere qualche
cattiveria.
Quando aprì la porta sotto i neon, Crowley so sistemò
automaticamente il nodo alla cravatta, stringendolo, se possibile,
ancora di più.
Se c'è una piccola perversione che il re dell'inferno si concesse
deliberatamente di far accrescere, questa era il suo buon gusto e
la sua passione per il vestire.
Dall'esterno non sembrava che un uomo di mezza età con una moglie
premurosa alle spalle, e non un demone con un piccolo fetish per
cravattini e giacche col risvolto di seta.
Devo ammettere che questo posto non è il letamaio pullulante di
esseri umani che mi aspettavo. La percentuale di fattucchieri e
fattucchiere è alta in questo quartiere. Chissà come reagirebbero
se sapessero che il re che tanto invocano è in mezzo a loro.
Jody mi ha sorpreso. Lo fa sempre, con la sua risolutezza di donna
americana e i suoi modi così amorevoli; ma questa volta ha proprio
superato se stessa. Questo locale.. che stile! E quella carta
da parati..!! Così cupa, così raffinata, così elegante e ambigua,
starebbe proprio bene all'inferno.
Okey, Jody.. respira, con calma Jody, va bene se lo guardi, va
più che bene, va benissimo, ma ricordati di respirare. E' solo
un uomo di mezza età, un po' panciuto, vestito come un dio, con un
sorriso gentile, due occhioni da cerbiatto, una barbetta dolcissima
e un paio di mani che se si azzarda a negare di nuovo di essere
stato un sassofonista al college, lo uccido; non c'è da
preoccuparsi. E' solo Crowley, il mio Crowley.
Per non scandalizzare il lettore e per preservare la dignità di
Crowley -l'inferno non è Wall Streat-, non riporterò tutte le dolci
paroline e i sussurri che ebbero luogo quelle sera; ma solo parti
del discorso in cui Crowley si dimostrò più virile e ebbero inizio
riflessioni che mi piacerebbe, in seguito, riportarvi.
- Dirti che sei la donna più bella qui, questa sera, sarebbe
un'assurdità e una stupida romanticheria che non ti attribuirebbe
il tuo vero valore. Jody, tu sei la cosa più bella che questi occhi
abbiano mai visto, più bella delle Ninfee di Monet o del Taj Mahal,
ma promettimi che ti lascerai rapire da me, che ti lascerai portare
in capo al mondo! C'è un intero mondo la fuori che non aspetta
altro che essere conquistato da noi, insieme. Vieni con me
Jody.
- Parli come un ragazzino alla sua prima dichiarazione...
- Davvero? I ragazzini di oggi sono così bravi? Ai miei tempi non
era così facile..
- Intendevo.. hehhe, quelle sembrano idee per dei giovani e non per
dei... per noi.
- Mia giunchiglia, l' amore può tutto e osa tutto!
Oh cara, ti si legge negli occhi che desideravi più di ogni
altra cosa al mondo che io ussassi quella parola.
Amore.
Ma non ti biasimo, persino io restai affascinato da quella parola,
molti, molti anni fa. In un periodo in cui le Ferrariri non avevano
motori ma zoccoli, e in cui le donne si corteggiavano con lettere
d'amore e fiori. In un'epoca in cui io ero Fergus MacLeod, in
cui ero solo un povero vedovo con un figlio stupido e una sartoria
alle spalle. Chi crediate che fosse il sarto che ne uccise sette in
un colpo solo? Ebbene si, fui io quel "prode piccolo sarto", e
i Grimm pagarono abbondantemente per non avermi pagato i diritti
d'autore quando vennero a trovarmi all'inferno. Ebbene on
quegl'anni anch'io trovai l'amore, e così come lo trovai, lo persi.
Sette centrimenti, evidentemente non le bastavano.
Note dell'autrice: sono tornata ad inchinarmi al sacro altare dei
Grimm! Non potevo non scrivere un racconto basato su Crowley, che
era un sarto, in Scozia, nel 1600. Andiamo, i presupposti c'erano
tutti! Scusate se ho tardato, e se avete qualche richiesta
particolare per una nuova storiella con un qualche incipit strano,
chiede pure :)
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Capitolo 7 *** Impala Jr ***
Era una notte cupa quando vidi il coronamento delle mie fatiche... Era il 20 Aprile del `67 e alla General Motors stava per accadere il fatto più eccezionale fa ricordarsi in quegli anni. Ma andiamo con ordine. L`ormai vecchio Arthur, fratello di Samul e zio della graziosa Mary ~ che a quei tempo se ne stava a casa tutta preoccupata per il suo John e usciva dalla sua camera solo se al telegiornale trasmettevano qualche reportage dal Vietnam~ era stanco morto. Gareggiava, contro la sua volontà, in una scommesse tra due due colleghi. Con quella stronzata della cento-milionesima che si avvicinava, decisero di mettere il scena una gara di assemblaggio manuale per la cento-milionesima auto vettura che sarebbe uscita dalla concessionaria di Gainesville della General Motors. Arthur era stato scelto per gareggiare con i Filo-Chevrolet contro i Filo-Capri. L'accordo prevedeva che le due squadre avessero due ore di tempo per l'assemblaggio. I ragazzi si presentarono tutti puntuali, Arthur ovviamente era in anticipo, e la gara ebbe inizio. Ad Artur fu assegnato il compito di assemblare il processo di combustione interna del motore e assicurasi che la combustione a quattro tempi funzionasse correttamente. Una volta finito il motore, in solo dodici minuti e con ventitrè persone che ci lavoravano, passarono alla carrozzeria. Man mano che quello che aveva davanti smetteva di essere solo un insieme di pezzi da imballare e iniziava a prendere forma, Arthur sentì come un fremito provenire da quella nuova creatura ; come se non aspettasse altro che essere creata.
Arthur,però, era il fratello di Samul, era un fottuto Campbell, e aveva il suo occhio speciale per le cose speciali. Se a tua moglie diventano meri gli occhi, legala ed esorcizzala; se senti che un'auto vuole essere creata e ti sembra quasi che si avviti i bulloni da sola, non finirla. Ma come spiegarlo a ventidue operai di ceto medio? Allora Arthur, senza farsi vedere fece sparire la vernice. Dieci minuti dopo, a tre minuti prima della fine della gara, eccola di nuovo lì, al suo posto. E che cazz? Qualcuno la prese, Arthur passo la pompa a pressione, cercando il più possibile di danneggiarla con l'unghia, ma niente... La vernice batte sulla carrozzeria, è bella, è nuova, è viva. Due. Manca relativamente poco, qualcuno dall'altra parte dell'auto prende un'alta pompa di vernice per le rifiniture. Uno. E quasi fatto, un minuto basta e avanza..ma, PIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIP. L'altra squadra ha finito. Arthur sospirò. Avrebbe bruciato quell'auto il giorno seguente. L'importante era che non la pubblicizzassero e non la trattassero come il bene più prezioso di tutta la terra, perchè davvero, quell'auto sghignazzava. Il giorno dopo, Arthur si presentò a lavoro con largo anticipo e con un bidone di benzina. Ma l'auto era già uscita dal concessionario e venduta a un certo Sul Moriarty, da quanto aveva potuto leggere nei fascicoli dello stabilimento. Maledizione.
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Capitolo 8 *** Angelo Custode Cercasi ***
Il bambino lanciò un urlo, ma dalla sua bocca uscì qualcosa che ricordò ad Anna il suono che fanno le foche quando le dai da mangiare del pesce rancido. E non fate domande per piacere, lunga storia, centra Gabriel. Quando il bambino riaprì gli occhi, la televisione era spenta il telecomando galleggiava a mezz’aria e se si sforzava, quel piccolo Dalek poteva anche vedere il tasto rosso ancora premuto da qualcosa.. o qualcuno che non riusciva a vedere.
-Ehi, perché guardi quella roba se ti fa paura?- Anna non sapeva che il bambino potesse sentirla, e infatti fu piacevolmente sorpresa quando lo sentì scusarsi pacatamente.
-Sei il mio angelo custode? -Il bimbetto stava erroneamente guardando la lampada alla destra di Anna, probabilmente pensando che lì potesse esserci lei.
- Sono Anna Milton.
-Anna Milton sei uno di quegli angioletti grassottelli con le ali sul collo e con sotto niente? Oppure sei uno di quelli alti e pallidi con in mano un giglio?- domandò curioso il bambino.
Anna sgranò gli occhi. Ma era questo che insegnavano al catechismo?
Non essendoci risposta il bambino continuò, sapendo che il suo angelo non se ne era andato. –Perché ti chiami Anna Milton? La mia mamma mi ha detto che gli angeli hanno solo un nome e di solito non è un nome molto comune. Ad esempio Gabriele o Ezechiele e poi non hanno sesso!-
Per carità! Se solo Gabe avesse potuto sentirlo! L’avrebbe spedito immediatamente nel paradiso di Vatsyayana con un calcio in culo e gli avrebbe gridato “poi vediamo se gli angeli non hanno sesso!” Ma per ritornare alle cose serie.
-Io non sono un angelo, non più. Adesso sono solo Anna Milton. Credo di essere il.. non so se potrei dirlo, so che sei un tal fifone.. non arrabbiarti, me credo di essere un fantasma dell’angelo che fui!
Il bimbetto rabbrividì.
-Ma non preoccuparti ragazzino, fantasma dell’angelo che fu-custode o angelo custode, l’importante è che ti proteggo no?
-Anna Milton, che aspetto hai?
-Dean, un tempo mi trovava graziosa. Mia sorella Esther diceva che avevo la faccia di rimbambita e mio fratello Balt diceva che avevo un’aria qualunque.
-Di che colore sono i tuoi occhi? E come sono il tuo naso e le tue orecchie?- indagò ancora il bambino.
-Se proprio vuoi vedermi per un attimo, posso accontentarti. Ma stai zitto, eh che mi devo concentrare.
Dapprima davanti al bambino apparve qualcosa di simile ad un’ombra, poi l’immagine si fece più chiara e colorata, e infine le apparve una donna alta e magra,e senza ali –perché era il fantasma dell’angelo che fu, pensò il bimbo- e con dei capelli rosso sgargiante. Aveva il naso piccolo e le orecchie dietro i capelli, e gli occhi verdi. Ecco com’era il suo angelo custode. NdA: Questo dialogo è ispirato deliberatamente da "Angelo Custode Cercasi" di Crhistine Nostlinger. Però sarebbe bello se Anna, dopo essere morta, si sia trasformata in un fantasma, e chissà magari adesso veglia sul piccolo anticristo, Jesse!
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Capitolo 9 *** Tutto per un ragazzo ***
Jo ha solo un desiderio. Lei non vuole finire come la madre. Lei non vuole dover soffrire le pene dell’inferno ogni qual volta un amico di famiglia si avvicina alla tua baracca per portarti via l’uomo della tua vita, forse definitivamente. Lei non vuole aspettare che ritorni il padre dei suoi figli e intanto consolarli e sfamarli quando tutto quello a cui riesci davvero a pensare è la densa e ormai secca macchia di sangue che lavasti via dalla camicia di tuo marito la scorsa volta che tornò da una caccia. Voleva essere un cacciatore. No la moglie di un cacciatore. Ma poi arrivò Dean Wincherster. Jo si aspettava di essere diversa da tutte quelle ragazze che arrivavano alla Red House alle spalle dei cacciatori col solo scopo di divertirsi per una notte con uno di degli adoni. Ma Jo lo voleva. Voleva essere stretta e voleva stringere quelle spalle possenti. Ma non si spaventò più di tanto, dopotutto sapeva da un bel pezzo come fanno a nascere i bambini e le vampate di certo non erano il peggio che le potesse capitare. No, Jo si spaventò quando, dopo che Dean e Sam passarono svariate settimane tra un mese e l’altro alla Red House, sentì che quel fuoco che si accendeva ogni volta che lo vedeva poco a poco si stava scemando per lasciare posto a una tenerezza spropositata ogni volta che gli serviva la colazione e se lo ritrovava davanti spettinato e con le palpebre pesanti dal sonno. Pian piano incominciò a desiderare di stargli vicino il più possibile, di sentirlo parlare a più non posso e di guardarlo più che poteva. Sentiva un’angoscia spropositata ogni volta che se ne andava ed era grata a chiunque abitasse in mansarda per potergli sgrassare le camice ogni volta che tornava. E poi iniziò a desiderarlo tutto, senza scuse e senza eccezioni, desiderava risvegliarsi con lui al mattino e parlarci fino ad addormentarsi la sera; non voleva perdersi neanche una squallida battuta che faceva, così poteva registrare ogni faccia strana che quasi sempre accompagnava le sue buffonate per poterle tutte scolpire nella memoria. Lo voleva tutto. Ma se avesse potuto scegliere, tra l’averlo ed essere al centro delle sue attenzioni per una notte e essere al centro delle sue attenzioni sempre e non averlo mai, Jo si rese conto che avrebbe di gran lungo scelto la seconda. NdA: la trama ricorda vagamente quella di Slam (Tutto per una ragazza, in italiano) di Nick Hornby, in quanto qui Jo, come Sam nel romanzo, finisce per diventare come la madre, nonostante sin dall'inizio fosse l'unica cosa che non voleva.
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Capitolo 10 *** Doppia faccia della stessa medaglia ***
Jo stava lucidando il bancone, poi passo agli scaffali ricolmi di liquore alle sue spalle, quando d'un tratto sentì il cigolio della porta che si apriva e annunciò con falso entusiasmo che il bar era chiuso. Meg alle sue spalle cercò di essere il più silenziosa possibile, ma la mole di Sam non garantiva molto successo, e tanto valeva annunciare la propria presenza schiarendosi la gola. Quel suono familiare convinse Jo a voltarsi e quando si ritrovò Sam a un passo dal naso non poté trattenersi dall'ammettere il suo stupore nel vederlo. Meg ridacchiò, quella ragazza era meno attraente dell'immagine della bionda formosa e promiscua che era etichettata sotto il nome di Jo Harvelle nella testa di Sam. Povero cucciolo, così grande e così represso. Jo sentì Sam chiederle una birra, lei la prese e la posò scontrosa mentre rimproverava Sam per averla -innanzitutto cercata- trovata. Nel loro ultimo incontro era stata abbastanza chiara e si sarebbe aspettata che per lo meno Sam avrebbe rispettato la sua decisione di non vederli più. Meg iniziò a temporeggiare e istintivamente si tolse la giacca; ciò che Meg non sapeva era che l'occhio attento di Jo era più preciso del previsto, infatti notò subito la lieve ustione circolare marcata al centro dell'avambraccio di Sam che non faceva presagire nulla di buono. Così Meg fece un piccolo monologo di scuse per il quale rispolverò ogni piccolo ricordo di Sam riguardo il padre. Si chiese se avrebbe trovato gli stessi epiteti anche nella testa del maggiore dei Winchester Evidentemente lei non era l'unica ad avere un debole per "iridi glauche e lentiggini"; Jo pareva molto più interessata a Dean, e sicuramente non tentava di nasconderlo considerando le domande esplicite che stava rivolgendo a Sam.
-Bhe, Dean è molto più simile a mio padre di quanto non lo sia io..
Ma Meg non era stupida, riusciva a cogliere i più impercettibili movimenti che trasudavano emozioni in maniera magistrale. Era arrivato il momento di giocare pesante : - Vedi Jo, lui ti vuole bene, ma come.. una sorellina. Una storia d'amore è proprio fuori questione. Lui ti vede come una bambina Meg si prese tutto il tempo, fece pause illogiche nel bel mezzo del discorso, accentuò alcune parole al mosto di altre e rise in modo inquietante ogni volta che finiva una frase. Le piaceva vedere lo sguardo ferito e rabbioso di Jo vagare per tutta la stanza cercando di evitare lo sguardo di Sam. Meg le prese la mano, bloccandola possessivamente sul balcone e proclamando di essere interessato a lei. Effettivamente non le era indifferente e mentre si allontanava perchè Jo stessa lo aveva invitato ad andarsene, torna indietro e la intrappola sotto la stretta delle braccia di Sam. Jo cercò di divincolarsi, ma non poté fare a meno di respirare più sonoramente quando Meg face strofinare il bacino di Sam contro il suo. Fu per questo momento di mancata lucidità che Meg ebbe l'occasione di sventare la bottiglia con la quale Jo stava cercando di colpirla. Il corpo di Sam era un involucro perfetto, così saldo e inespugnabile, così pieno di capacità e doti mai utilizzate..
Jo si dimenava tra le sue braccia cercando una via di fuga, e Meg sfruttava ogni minimo spostamento per fare in modo che i loro corpi combaciassero sempre di più. Una volta immobilizzata prese a percorrere la lunghezza del collo di Jo con le labbra di Sam, mentre una mano l'adagiava sul bancone divaricandole le gambe quanto bastava per accoglierlo sopra il bancone, che iniziò a scricchiolare. Sam stava decisamente prendendo il controllo della situazione ; non che a Meg non piacesse l'idea, ma aveva un compito da svolgere. Sam si sarebbe sfiziato dopo. E mentre Jo iniziava a non opporsi più alle carezze e al movimento lento del bacino di Sam contro il suo, Meg con un'ultima poderosa spinta, le sollevò il capo e lo gettò violentemente all'indietro. Jo perse i sensi. Adeesso doveva solo avere pazienza. Quando Dean sarebbe arrivato, si sarebbe divertita ancora di più.
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