Invincibili

di cherubina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricominciare ***
Capitolo 2: *** Su una tela bianca ***
Capitolo 3: *** Una bambola di pezza ***
Capitolo 4: *** Quando il mondo ti cade addosso ***
Capitolo 5: *** Il peso di un segreto ***
Capitolo 6: *** Avere le farfalle nello stomaco ***
Capitolo 7: *** Polveriera ***
Capitolo 8: *** Le streghe cattive ***
Capitolo 9: *** Essere soli ***
Capitolo 10: *** Il primo passo ***
Capitolo 11: *** Brutte notizie ***
Capitolo 12: *** Simpatia ***
Capitolo 13: *** Uno per tutti, tutti per Vale ***
Capitolo 14: *** Restami pure vicino ***
Capitolo 15: *** Inaspettato ***
Capitolo 16: *** Vita ***
Capitolo 17: *** Il vice ***
Capitolo 18: *** Braccio di ferro ***
Capitolo 19: *** Un braccialetto speciale ***
Capitolo 20: *** La sorellina di Davide ***
Capitolo 21: *** Genitori ***
Capitolo 22: *** Il compleanno di Leo ***
Capitolo 23: *** Sorprese ***
Capitolo 24: *** Dimissioni ***
Capitolo 25: *** Un vero leader ***
Capitolo 26: *** Le parole che non ti ho detto ***
Capitolo 27: *** Cinque mani sulla sabbia ***



Capitolo 1
*** Ricominciare ***


30 aprile.

La data era cerchiata in rosso mentre tutti i giorni che l'avevano preceduta erano spuntati da una X. Tutto il calendario affisso alla parete era contrassegnato da queste cancellature, era l'unico oggetto decorativo in quella stanza d'ospedale da quando non c'erano più i disegni di Vale a renderla più accogliente.

Leo si stiracchiò nel letto con un gran sorriso: si era abituato al letto vicino alla finestra e, tenendo fede al suo proposito, se lo era accaparrato appena il suo compagno di stanza era stato dimesso anche perchè erano mesi che aveva visto entrare e uscire altri pazienti ma, contrariamente a quanto avrebbe voluto il suo carattere, non aveva legato con nessuno.

Nonostante si fosse imposto di non farsi rovinare quella fatidica data dalle recriminazioni, una punta di rabbia e di dispiacere gli increspò le labbra.

Gli mancava Vale.

Gli mancava Davide.

Gli mancava Cris. Dannatamente.


Scacciò il pensiero degli amici persi e, finalmente, si alzò. Ora che, finalmente, aveva la sua protesi poteva muoversi senza la sedia a rotelle. Claudicò fino al bagno e, con un sorriso compiacituo, rimirò i suoi folti capelli corvini ormai ricresciuti.

Era passato quasi un anno da quando il suo meraviglioso gruppo si era sciolto come neve al sole.

La cosa gli faceva male, certo, ma non voleva pensarci quel giorno, niente brutti pensieri per quel 30 aprile, la fine dell'incubo.

 Tra poco Asia sarebbe venuto a prenderlo e se ne sarebbe tornato anche lui a casa. Pensò a come sarebbe stato star fuori e si accorse di essere felice ma di avere anche un pò di paura.

Leo decise che c'era una cosa da fare prima di lasciare l'ospedale. Andare a salutare i Braccialetti Bianchi e vedere la vita che aveva portato la cicogna durante la notte.

Mentre  passava dal reparto di pediatria riconobbe un simpatico clown che intratteneva i bambini con un aiutante d'eccellenza. Leo sorrise ed entrò nel reparto dove Piera faceva sorridere i piccoli pazienti e Rocco l'aiutava con alcuni giochi di prestigio.

"Ciao scricciolo!"

Lo salutò Leo avvicinandosi. Lui e Rocco erano stati un pò i veterani dell'ospedale e anche in quegli otto mesi in cui non si erano detti una parola, la presenza del piccolo aveva fatto sentire Leo meno solo.

"Ciao Leone!"

Salutò Rocco sorridente, fingendo un ruggito e improvvisando con un palloncino una forma felina. L'altro si mise a ridere.

"Ma dai sembri un gattino spelacchiato. Non dovresti essere a scuola tu?"

"Sciopero degli insegnanti. Sono uscito prima così sono venuto qui con la mamma!"

Quando Rocco era stato dimesso, Piera aveva deciso di continuare a fare la "pagliaccia" in ospedale. Quei lunghissimi mesi spesi al capezzale del suo bambino le avevano fatto capire di poter fare molto, anche solo regalando un semplice sorriso, ad altri piccoli sfortunati.

"Va bè ci vediamo in giro. Oggi levo le tende anche io!"

Annunciò Leo scompigliando i capelli rossicci di Rocco. Si voltò per andarsene ma il bambino gli afferrò la mano.

"Aspetta, vengo con te! Mamma non avrà niente in contrario se sto un pò di tempo con te ora che siamo ancora 2/6 del gruppo!"

Và a spiegare ad un bambino di dodici anni che 2/6 non esiste!

Sorrise Leo e, per l'ennesi volta quella mattina, ripensò a quando lui e Vale avevano fondato il gruppo.

"Va bene andiamo dai pulcini!"

Acconsentì Leo lasciando che Rocco lo seguisse in neonatologia.

Qui, al nido, trovarono Tony a contemplare quei visini d'angioletto e, magari, ad interrogarsi se il nome che i genitori avevano scelto per i nuovi arrivani gli calzasse bene.

Accortosi degli amici iniziò a sventolare le mani tutto contento, quindi li raggiunse.

"Certo che con questa divisa sembri un vero infermiere. Un pò come il nostro Ulisse!"

Lo prese in giro Leo, dandogli una pacca sulla spalla.

"Eh me lo dice anche Carletto, ma io sono solo un volontario. Diciamo che mio nonno pensa che possa fare meno casini qui che nella sua officina!"

Spiegò il simpatico Tony orgoglioso delle sue ore di volontariato e dell'amicizia rimasta solida con Leo e con Tony.

"Perchè non andiamo a prendere una boccata d'aria? In fondo questi sono gli ultimi minuti della mia vita da paziente! Me ne torno a casa e credo che non vorrò mai più rimettere piede in ospedale!"

Disse euforico Leo mentre gli altri due lo seguivano al campetto improvvisato dove avevano vinto un infuocato duello a basket tanto tempo prima. Tony non riuscì a tradire un'espressione triste.

"Così perdiamo un altro pezzo. Ma, in fondo, me lo aspettavo: l'ospedale è come un nido dove i medici si prendono cura di te come gli uccellini con i loro piccoli ma poi sono proprio mamma e papà a buttarli dal nido per insegnargli a volare. E così fanno i dottori..."

"Si ti scaraventano fuori di qui mezzo storpio!"

Rispose Leo acido.

"Un pò mi dispiace. Dovremmo rifare il nostro gruppo, anche se non siamo più in ospedale!"

Propose Tony.

"Dovremmo riunire i Braccialetti Rossi?"

Fece eco Rocco a cui l'idea di Tony piaceva un sacco.

"Eh già!"

"Impossibile!"

Li gelò Leo. Lui non voleva vedere più nè il suo ex migliore amico, nè la sua ex ragazza.

"Tra poco sarà l'anniversario della morte di Davide...Pensavo che saremmo potuti andare da lui tutti e cinque, insieme!"

Azzardò timidamente Tony venendo fulminato con lo sguardo da Leo.

"Io con quei due ho chiuso. Volete rifondare il gruppo? Bene: trovatemi un'altra ragazza e un'altro viceleader...o forse dovreste trovarvi anche un altro leader. Io vado dalla Lisandri: devo firmare le carte delle dimissioni!"

Chiuse ogni spiraglio Leo, lasciando gli altri due rammaricati sul terrazzo.

*********

Ciao a tutti. Un po' di note per chi volesse dare una possibilità a questa storia:

la frase dell'introduzione è di Giovanni Soriano.

Alcune situazioni prenderanno spunto dalla seconda serie della serie spagnola "pulseras rojas", avvertimento per chi non volesse spoiler, ma spero la storia abbia un'identità propria.

Ovviamente sono ben accette recensioni, critiche e consigli...

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Capitolo 2
*** Su una tela bianca ***


La sua tavola da surf e le onde. L'acqua a spruzzargli il viso e quei cavalloni impazziti da domare.

Lui e il mare. Una cosa sola.

Lui alto, dritto e fiero sulla sua tavola. Felice.

Erano ormai diverse notti che quel sogno confuso e ricorrente rendeva sereno il suo sonno e ancora più amaro il risveglio che lo costringeva a fare i conti con la realtà.

Lo costringeva ad accettare il fatto che con una gamba sola non avrebbe più potuto fare tante cose.

"Vale sbrigati altrimenti farai tardi a scuola!"

La voce di sua madre frantumò del tutto il sogno nel quale si era crogiolato fino a poco prima e, finalmente, si decise a prepararsi.

Nora gli aveva già preparato la colazione e anche lei era già pronta per andare in tribunale. Era stato Vale a convincerla a riprendere il lavoro.

Non voleva essere soffocato d'attenzioni, non voleva che sua madre fosse concentrata su di lui ventiquattrore su ventiquattro. Voleva che tutto tornasse come un tempo, come prima che gli diagnosticassero il tumore, perché così era più facile illudersi che niente fosse cambiato.

Invece era cambiato tutto.

Suo padre se ne era andato di casa, le pratiche del divorzio tra i suoi erano ormai avviate, i suoi amici lo trattavano in maniera diversa ma il cambiamento più profondo era avvenuto in lui.

Finché era rimasto in ospedale tutto gli era sembrato facile. Lì dentro era uno come tanti.

Riabituarsi al mondo vero era stato più difficile di quanto potesse immaginare.

Lì fuori era il diverso.

"Che fine ha fatto la mia tavola da surf?"

Chiese a bruciapelo Vale continuando ad imburrare la sua fetta biscottata. Nora restò con la tazzina del caffè, che stava sorseggiando, a mezz'aria e studiò suo figlio.

"Perché mi fai questa domanda?"

"Così!"

Si strinse nelle spalle il ragazzo fingendo che la cosa non lo riguardasse più di tanto.

"L'abbiamo messa in soffitta assieme alle altre cose..."

Si fermò non volendo rendere le cose più dolorose né per lei né per Vale.

"Insieme alle altre cose che non mi servono più! Vabbè io vado...Oggi ho l'interrogazione di filosofia!"

In soffitta erano finiti anche un paio di pattini a rotelle, uno skateboard e delle racchette da tennis.

Vale si alzò e si avvicinò alla mensola per prendere le chiavi del suo motorino.

Il motorino era stato un regalo di suo padre. L'ennesimo motivo di scontro tra i genitori.

Era stato Vale a chiederlo per "festeggiare" la sua gamba artificiale. Il padre non glielo aveva negato: forse per farsi perdonare le sue innumerevoli assenze, forse perché gli piaceva vedere suo figlio come un ragazzo qualsiasi.

Convincere Nora era stato molto più difficile ma alla fine aveva ceduto anche lei.


Agli sguardi per i corridoi di scuola mentre si trascinava verso la sua classe Vale era ormai abituato da tempo. Anche i soprannomi cattivi come "gamba di legno" o "piede equino" gli scivolavano addosso senza ferirlo.

Non era più il ragazzo sorridente e gentile di un tempo.

La malattia, la riabilitazione, le delusioni ne avevano prosciugato tutti i buoni sentimenti e lo avevano trasformato in un ragazzino disincantato e solitario.

Forse era stata colpa di quell'anno in cui aveva fatto la spola per gli ospedali.

Forse era stato il colpo che non aveva incassato del tutto di dover perdere la sua gamba.

Forse era stata Cris, la sua insincerità e il suo doppio gioco. Si era innamorato una volta sola in vita sua e aveva sofferto molto.

Forse erano state tutte queste cose insieme a creare un miscuglio di disillusione.

"Allora chi sa dirmi il significato di monade?"

Chiese il professore di filosofia. Uno studente un po' sfacciato, dalle ultime file, alzò la mano e fu invitato a parlare.

"Io...Io no!"

Disse tra le risate della classe e la rassegnazione dell'insegnante.

"Valentino?"

Lo esortò a parlare l'uomo che ben sapeva come Vale fosse il primo della classe in molte materie. Studiare era l'unica cosa che gli era rimasta.

"Una monade è una sostanza semplice, indivisibile. Fu Pitagora il primo ad usare questo termine ma, certamente, le monadi sono legate alla filosofia di Leibiniz..."

Continuò a snocciolare quanto aveva studiato il pomeriggio prima ignorando i bigliettini che i compagni si scambiavano e i bisbigli alle sue spalle. Che parlassero pure di lui non gli importava.

Vale non aveva amici. Non voleva averne più.

Il gruppo dei Braccialetti Rossi era un ricordo ora nitido, ora sfocato come il suo sogno della tavola da surf.

Era stato lui ad allontanarsi da tutti, da Cris e da Leo.

Anche le telefonate con Tony si erano fatte sempre più sporadiche.

Voleva sentirsi vivo, essere sicuro di stare finalmente bene e questo significava rinnegare il periodo trascorso in ospedale.

All'uscita da scuola decise di non tornare subito a casa. Chiuse la chiamata con sua madre che si era detta entusiasta del suo 8 in filosofia e infilò il casco.

Voleva stare solo. Voleva disegnare.

Su quell'angolo di spiaggia, in un primo pomeriggio primaverile, non c'era quasi nessuno e questo fece bene a Vale.

Sistemò i suoi carboncini, le sue matite e i suoi acquerelli sulla sabbia e prima di tirare fuori i fogli dell'album chiuse per qualche secondo gli occhi respirando a pieni polmoni l'aria intrisa di salsedine.

Amava la leggera brezze che gli scompigliava i riccioli castani.

Come colto da un'ispirazione improvvisa afferrò il foglio vuoto, quella tela bianca che avrebbe potuto riempire di colori.

Non ora però. Prima voleva bagnarsi con l'acqua salata.

In preda ad una felicità imprevista iniziò a sbottonarsi la camicia e poi fece per togliersi la maglietta.

Fu allora che la toccò e la felicità si tramutò in una paura che conosceva fin troppo bene.

Sotto l'ascella destra si era formata una protuberanza grande quanto una pallina da golf.

*** ***

Allora so che questa metamorfosi di Vale può spiazzare ma avevo bisogno di questo "cambiamento" ( che si verifica anche nella serie spagnola).

Ringrazio quanti hanno letto e commentato il primo capitolo e quanti vorranno dare una possibilità a questa storia!

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Capitolo 3
*** Una bambola di pezza ***


Carola alla fine non aveva potuto dire di no: non aveva avuto la forza per rivendicare la sua libertà e quell'autonomia che le era parsa illimitata e l'aveva fatta sentire grande quando se ne era andata di casa.

Non aveva potuto dire di no ai grandi e languidi occhioni di Cris, alla figura incerta e smarrita che era sua sorella quando era stata dimessa dall'ospedale.

In un certo senso era stata Cris, il doverle fare da mamma, a farla crescere in fretta.

Cris era stata sollevata nel poter andare a vivere assieme a sua sorella, di poter fuggire dal falso perbenismo dei genitori. Per lei erano ormai due perfetti sconosciuti.

E loro avevano continuato a trattarla come era sempre stato: come una bambola di pezza da poter sballottolare di qua e di là pur di non dover affrontare il problema dell'anoressia, un mostro che facevano fatica anche solo a pronunciare.

I primi tempi della convivenza con Carola erano stati idilliaci e anche quello per Cris era stato un periodo felice.

Era innamoratissima e non era venuta meno alla promessa fatta a Leo: aveva passato tutta l'estate in ospedale e, quando l'autunno era sopraggiunto e la scuola era ricominciata, le visite si erano diradate ma non c'era stato un giorno in cui non si fossero incontrati o semplicemente parlati per telefono.

Cris sempre più bella e allegra, ormai ben avviata sulla strada della guarigione, era stato il pilastro che aveva sorretto Leo durante le difficili ore della chemio, durante i momenti di sconforto, quando la solitudine e l'assenza di suo padre rischiavano di schiacciarlo.

Nonostante tutto, Cris e Leo avevano avuto un'estate perfetta fatta di mani intrecciate, risate complici, risate vere e tanti, tantissimi baci.

Erano stati due ragazzi come tanti nonostante lei gli sostenesse la fronte mentre lui vomitava e lui guardava sempre con una certa apprensione quanto lei lasciasse nel piatto quando pranzavano insieme alla mensa dell'ospedale..

Cris era stata forte, aveva avuto pazienza, aveva sopportato perché convinta che la luce dopo il tunnel fosse vicina. Nessuno però dava certezze circa le condizioni di Leo: non ne parlava lui, non si pronunciavano i medici.

Quando erano passati ormai sei mesi, Cris aveva iniziato ad aver paura che Leo fosse destinato a rimanere in ospedale per sempre. E lei aveva ripreso a vivere.

Si era ripresa, pezzetto dopo pezzetto, la vita della Cris di un tempo: aveva ripreso a coltivare le sue passioni e aveva deciso di riscriversi ad un corso di danza.

Il tempo da trascorrere insieme a Leo si era automaticamente ridotto ma lui non glielo aveva mai fatto pesare. Fino a quella sera.

"Tra poco nevica! Non ricordo di aver mai sentito tanto freddo in vita mia. Sarà uno spettacolo coi fiocchi vedere la neve cadere sul mare!"

Era entrata nella stanza di Leo raggiante.

"Magari poi andremo all'aria aperta a prenderci a palle di neve o a fare un bel pupazzo!"

Rispose sarcastico Leo. Era stanco di stare lì mentre gli altri erano solo di passaggio, era stanco di veder morire la gente e di ricevere solo cattive notizie e poi era molto preoccupato per Nicola che non migliorava.

Cris, che aveva capito fosse una serata storta, aveva deciso di non aggiungere altro per non rischiare di litigare. Andò in bagno per sciacquarsi le mani, lasciando il suo zainetto su una sedia accanto al letto di Leo.

La zip non era chiusa bene e il ragazzo era stato attratto da un volantino.

Uno stage di danza di tre mesi a Milano.

"Perché mi nascondi le cose?"

Aveva chiesto con tono accusatorio, sventolandogli il dépliant davanti, quando lei era tornata e si era fermata colpevole.

"Non avevi il diritto di frugare nella mia borsa!"

"Hai ripreso a ballare e non mi hai detto niente. Per mesi hai giustificato le tue mancanze, i tuoi ritardi con la cavolata dei troppi compiti da finire...Perché sei stata insincera con me? Mi credi stupido o ti faccio pena?"

Aveva urlato Leo, rovesciandole addosso le parole come un fiume in piena.

"Ti prego Leo, non è come pensi. Non so perché non ti ho detto che avevo ripreso con la danza, forse l'ho trovato superfluo..."

"Già perché non potrai mai fare un giro di pista con me!"

Recriminò lui additando la sua gamba amputata.

"E poi cos'altro mi hai nascosto?"

"Aderisco allo stage. Parto per Milano...domani!"

Cris non avrebbe mai dimenticato gli occhi feriti, infuocati che aveva Leo in quell'istante.

"Quando pensavi di dirmelo?"

"Comunque passerò a salutarti prima di prendere l'autobus!"

"Non scomodarti. Vai pure per la tua strada...Io me la caverò da solo come ho sempre fatto!"

"Ti telefonerò e tra tre mesi sarò di nuovo qui!"

"No, non tornare mai più! Abbiamo finito!"

Aveva detto Leo voltandosi sull'altro lato del cuscino

Che non scherzasse affatto, che quello sfogo non fosse frutto di un' arrabbiatura momentanea, Cris aveva avuto modo di testarlo durante quei tre mesi di inferno.

Leo non aveva risposto a nessuna delle sue chiamate, a nessuno dei suoi sms e a nessuna delle sue email.

Ci era stata male ma, alla fine, aveva deciso di dimenticarlo.

A rendere ancora più difficile quel periodo erano state le critiche che le avevano mosso i severi insegnanti dello stage. A farla risprofondare nel baratro era stato il commento di un ex etoile della danza classica che doveva visionarla per un provino.

"Ha fianchi troppo grassi per poter essere una ballerina, signorina!"

E allora si era sentita grossa come un elefante. Come una bambola di pezza che diventa fragile come una di porcellana.

Aveva iniziato ad incolparsi per aver messo su peso.

Aveva iniziato a vivere di nuovo di menzogne, di vergogne e di segreti.

Quando era tornata aveva conosciuto Riccardo. Non lo amava e aveva iniziato a frequentarlo forse per ripicca nei confronti di Leo, forse nell'illusoria speranza di poter essere felice come quell'estate.

Aveva finito per fingere anche per lui. Lo stava ingannando come a suo tempo aveva fatto con Vale e questo la faceva stare malissimo.

Ricky progettava una vita a due, parlava già di comprare una casa insieme, di stare insieme per sempre...Quando faceva quei discorsi a Cris tornavano in mente le strane teorie di Tony sull'amore e si ritrovava a sorridere suo malgrado.

Quella sera aveva rifiutato Ricky, aveva rifiutato le sue avance palesi.

Aveva rifiutato di fare l'amore con lui ed era fuggita via.

Si era rifugiata nella tana sicura che era la casa di Carola, si era rifugiata nella cucina deserta e nel cibo.

Aveva mangiato convulsamente e disperatamente fino ad abbuffarsi, poi era corsa in bagno.

Carola l'aveva trovata riversa sulla tavoletta del water.

"No... No, dimmi che non lo stai facendo di nuovo Cris!"

Aveva implorato Carola ma l'evidenza era più lampante di mille giustificazioni.

*** *******

Ringrazio quanti hanno letto il secondo capitolo e lo hanno commentato. Ringrazio coloro che hanno inserito la storia tra le preferite e le seguite^^

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Capitolo 4
*** Quando il mondo ti cade addosso ***


Avrebbe avuto una vera festa per i suoi 18 anni. Una di quelle con festoni, tanti invitati, il dj e una torta gigantesca.

Era la prima volta che Leo ci pensava. Al suo compleanno mancavano ancora un paio di mesi ma, per la prima volta dopo anni, aveva voglia di festeggiarlo.

Forse avrebbe spento le candeline a casa sua, forse in una discoteca o in qualche locale affittato appositamente per lui. Certamente Asia sarebbe stata con lui e, forse, anche suo padre sarebbe tornato a sorridere fiero di lui.

Faceva tutti questi progetti mentre si avvicinava allo studio della Lisandri. Nel corridoio del reparto trovò Nicola e Ruggero ad attenderlo.

Quei due erano stati i suoi amici e confidenti, la sua forza e la sua famiglia negli ultimi tempi e voleva condividere con loro la bella notizia.

Fece cozzare il suo pugno contro quello di Ruggero nel loro gesto di complicità, mentre Nicola gli regalò un sorriso paterno.

"Allora, pronto per la libertà Leo?"

"Figurati. Il leone è stato in gabbia troppo tempo e ora è pronto a ruggire di nuovo!"

Anticipò la risposta Ruggero, strappando una risata a Leo.

"Beh non sono pronto, sono prontissimo anche se...Un po' mi dispiace di andarmene, di lasciarvi qui..."

L'altro ragazzo sulla sedia a rotelle lo guardò divertito.

"Ma vaffanculo Leo!"

Si misero a ridere mentre Nicola sorrideva nel vedere come quei due ragazzi sapevano ancora scherzare nonostante la malattia.

La dottoressa si affacciò alla porta e fece cenno a Leo di accomodarsi.

"Aspettatemi, oh! Tra poco arriva Asia: avrà svuotato le migliori pasticcerie della zona per festeggiare l'evento! Ci faremo una piccola abbuffata di pastette!"

Era il modo di Leo per chiedere agli amici di non lasciarlo solo, di condividere con lui ancora pochi ma importanti attimi.


*** **** ***

"Allora dottoressa? Sono sano come un pesce?"

Leo era euforico e non riusciva a stare fermo mentre la donna studiava l'ultima tac fatta il giorno prima.

"Leo ti avevo detto che la decisione di farti uscire o meno sarebbe dipesa dal risultato di questi esami..."

Stava usando giri di parole e questo a Leo non piaceva affatto. Gli adulti, quando devono darti brutte notizie, non ti sbattono mai in faccia la verità ma cercano un modo più soft, prendono giri larghi per poi affondare il colpo.

Non sanno che tanto la vita fa schifo lo stesso come lo dici, dici.

"Dottoressa non cerchi di fare la carina con me! Cosa c'è che non va?"

Chiese diretto Leo, spazientito. Mariapia Lisandri gli regalò un sorriso abbozzato e uno sguardo dispiaciuto.

"Mi dispiace Leo, ma la massa ai polmoni è ancora lì! Faremo un'altra sessione di chemio e..."

Il ragazzo però rifiutava quella prospettiva. Non voleva restare in ospedale un giorno in più, non voleva più combattere la sua battaglia, persa in partenza, contro il tumore.

"No, no, no! Che sono io? La vostra cavia umana? Vi divertite a vedermi calvo, con le braccia bucherellate e con lo stomaco sottosopra? Ho diciassette anni e metà della mia vita l'ho passata affrontando questo calvario!"

Si era messo ad urlare e singhiozzava senza lacrime. La dottoressa per nulla sorpresa da quello sfogo, lasciò la sua scrivania, girò dall'altra parte e posò una mano sulla spalla di Leo.

"Lo so Leo, lo so che fa male. Ma tu sei un ragazzo forte, sei una roccia e sono convinta che ce la farai!"

Leo la puntò dritta con i suoi occhi tristi.

"Già ma anche le rocce, con il tempo, vengono erose, si consumano e su sgretolano!"

Così dicendo lasciò la stanza, tirò dritto lungo il corridoio senza fermarsi a spiegare a Nicola e a Ruggero che, probabilmente, avevano udito la sua sfuriata e già sapevano.

Alla fine la sua voglia di vivere avrebbe vinto, lo sapeva.

Non si sarebbe arreso, avrebbe lottato anche questa volta.

Passò dal reparto della chemio, il posto che odiava di più al mondo. Il murales di un leone indomito realizzato tanto tempo prima da cinque ragazzini speranzosi e uniti nonostante tutto, lo fece crollare e tutta la sua frustrazione si sciolse in un pianto vero.

Vagò ancora per i vari reparti, come un vagabondo, come un disperato o, semplicemente, come un ragazzino smarrito.

Sostò innanzi al reparto di pediatria perché non ce la faceva più a trascinarsi sulla sua unica gamba e doveva riposarsi.

Tony, che intratteneva i bambini più grandicelli raccontando loro una storia speciale, la storia dei "Braccialetti Rossi", si accorse dell'amico e, soprattutto, si accorse del suo pessimo stato.

Lo raggiunse e gli si sedette accanto. Aspettò che fosse Leo a parlare.

"Questo fottuto tumore è tornato, Tony. O forse non se ne è mai andato. Forse non se ne andrà mai e morirò per causa sua in quest'ospedale! Il mondo mi cade addosso...ancora una volta!"

Tony restò in silenzio qualche minuto quasi che non sapesse cosa dire o che volesse far sbollire la rabbia di Leo.

"Io penso che quando il mondo ci cade addosso e, allora, dobbiamo rialzarlo e dobbiamo rialzarci per non farci schiacciare! Piangersi addosso è inutile!"

Leo guardò l'amico e poi si asciugò gli occhi con il palmo della mano.

"Dovevi essere il saggio del gruppo, altro che furbo!"

"Modestamente! Saggio e furbo si compensano!"

Tony si batté ringalluzzito una mano sul petto e quel suo finto darsi delle arie fece ritrovare il coraggio a Leo.

"Grazie Tony, ora so cosa fare!"

Leo lasciò l'amico e tornò nella sua stanza. Frugò nel borsone dove aveva già sistemato le sue cose. Le gettò alla rinfusa sul letto e, sul fondo lo trovò: il suo rasoio elettrico.

Andò in bagno e iniziò a rasare i capelli.

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Capitolo 5
*** Il peso di un segreto ***


Aveva liquidato la telefonata di Tony con la solita scusa. Con un banale : "Mi dispiace ma non posso. Sono pieno di compiti".

Era una mezza verità ma non la giustificazione migliore perché Vale, una volta, il tempo per i suoi amici lo avrebbe sempre trovato.

Aveva percepito il sospiro deluso del Furbo dall'altro capo della cornetta ma non si era pentito.

Tony gli aveva telefonato perché, insieme a Rocco, volevano riunire il gruppo; perché era certo che la vicinanza di tutti i Braccialetti avrebbe aiutato Leo a superare l'ennesimo, difficile, momento, che stava affrontando.

Tutte queste cose, però, Tony aveva preferito non dirle per telefono. Aveva semplicemente informato Vale che lui, Rocco e anche Leo, con un permesso speciale, sarebbero andati al cimitero per ricordare il primo anniversario della morte di Davide.

Vale aveva preferito non andare. Voleva recidere ogni filo conduttore con il passato.

Dopo aver fatto la doccia guardò la sua immagine riflessa nel grande specchio a muro del bagno poi, con mani tremanti, sfiorò il bitorzolo sotto il braccio.

Per qualche settimana si era detto che non fosse nulla, era riuscito perfino ad ignorarlo e a dimenticarlo. Più i giorni passavano, però, più quel rigonfiamento si ingrandiva.

"Per quanto credi che riuscirai a tenerlo nascosto, ancora?"

Una voce fanciullesca, canzonatoria. La voce della sua coscienza. La voce di Davide.

Erano giorni che pensava, assiduamente, all'amico morto tanto che, nei momenti peggiori, gli sembrava di avere Davide lì in carne ed ossa.

Ignorò la voce e aprì il barattolo del gel iniziando a sistemarlo tra i capelli.

"Sì, sì fai pure finta di niente. Non riuscirai a tenere questa cosa solo per te per sempre! Un segreto è pesante come un macigno...Io so già quello che nascondi e, presto, se ne accorgerà anche tua madre!"

"Tu non sei reale. Tu esisti solo nella mia testa!"

Vale si tappò le orecchie e cercò di placare le sue paure. Poi un'intuizione improvvisa lo sconvolse: aveva sentito di persone che avevano avuto allucinazioni, che avevano visto persone morte e creduto di parlaci. Persone con tumori al cervello.

La vocina dispettosa sembrò aver catturato quei pensieri.

"Tranquillo non hai niente...A parte l' essere diventato più stronzo di me! Sai che ti dico? Far parte del gruppo mi aveva cambiato in meglio. Non farne più parte ha cambiato anche te...ma in peggio!"

Vale ignorò quella provocazione e uscì dal bagno mezzo nudo per raggiungere la sua camera. Sua madre sarebbe tornata tardi, perciò non si preoccupò di indossare l'accappatoio.

Fu un errore.

Nora era nell'atrio, appena tornata.

"Ciao mamma!"

Salutò precipitosamente il ragazzo cercando di indossare una t-shirt alla svelta.

"Ciao Vale!"

Ricambiò la donna con un sorriso, osservandolo. Si accorse della smorfia di dolore del figlio appena alzò il braccio e, soprattutto, notò qualcosa di insolito sotto di esso.

"Cos'hai? Cos'hai lì?"

Vale si bloccò come congelato.

"Non è niente, mamma!"

Cercò di minimizzare, cercando una felpa a maniche lunghe.

Nora però non si lasciò convincere.

"Fammi vedere, Vale!"

"Non è niente ti ho detto!"

Ma Nora gli aveva già sollevato la maglietta e sfiorava quella sporgenza con gli occhi colmi di lacrime.

Vale era furibondo.

Con sua madre. Con il fantasma di Davide, sul quale, poteva anche immaginare di veder scolpito un sorriso compiaciuto.

Con il mondo intero e, soprattutto, con sé stesso.

Mentre sua madre non aveva perso tempo e si era precipitata a fare un giro di telefonate per prendere un appuntamento in ospedale già l'indomani, lui era scappato via.

Aveva infilato il casco ed era fuggito con il suo motorino.

La casa al mare di famiglia, dove trascorrevano l'estate quando era bambino, fu quasi una meta naturale e spontanea.

Li avrebbe avuto il tempo necessario per riflettere. Restò da solo un'ora, forse due a contemplare l'immensa distesa azzurra dal grande terrazzo.

"Uno spettacolo meraviglioso!"

Suo padre si era avvicinato con discrezione e Vale non sembrò tanto sorpreso del suo arrivo.

"Manda sempre te quando dovete darmi brutte notizie?"

Domandò, mettendosi sulla difensiva. L'uomo tirò una sedia e gli si sedette accanto.

"Tua madre è molto preoccupata per te e lo sono anche io..."

Il ragazzo continuava a guardare il mare, davanti a sé.

"Ti ricordi, papà? Erano due estati fa...mi facesti sedere su quel divanetto..."

Additò l'arredo della stanza che si intravedeva oltre i vetri semiaperti.

"Poi mi dicesti che dovevo essere coraggioso, che mi avrebbero amputato la gamba...Mi sentì mancare l'aria in quel momento ma mi sforzai di non piangere. Tu mi assicurasti che avrei fatto una vita normale e io ti ho creduto, ti ho creduto papà!"

Fece una pausa, si asciugò gli occhi lucidi e continuò.

"Ho creduto che avrei potuto fare ancora una vita normale anche se non posso più nuotare, andare in bicicletta o correre..."

"Perché non vuoi curarti, Vale? Facciamo i controlli...magari è una cosa da niente!"

"Ho già perso troppo, papà! Non voglio tornare in ospedale!"

"Ci resterai poco!"

"Non voglio perdere, di nuovo i capelli!"

Anche l'uomo ora aveva un nodo in gola.

"Ricresceranno!"

Vale lo guardò dritto negli occhi e non cercò di frenare più le lacrime.

"Ho rinunciato al surf, non voglio rinunciare anche a disegnare. Non voglio perdere anche il mio braccio, papà!"

Singhiozzò gettandosi nelle braccia del genitore.

**** ****

Ringrazio quanti leggono questa storia. Quanti l'hanno inserita tra le preferite e le seguite...

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Capitolo 6
*** Avere le farfalle nello stomaco ***


Tony aveva un'abilità particolare: sapeva usare bene le parole.

Sapeva raccontare ed emozionare, divertire e far riflettere.

Era un ottimo narratore. Perciò non stupiva che, a metà pomeriggio, riuscisse a radunare tutti i piccoli ricoverati nella sala-giochi del reparto di pediatria curiosi di ascoltare le sue meravigliose storie.

Non erano storie fatte di fate, orchi, principi, draghi e magie. Erano storie semplici e vere, toccanti e profonde.

Talvolta Tony raccontava di suo nonno e di tutte le volte che lui, con le sue marachelle, gli aveva fatto spuntare un capello bianco in più in testa.

Quello che però il ragazzo preferiva raccontare erano gli episodi che aveva vissuto lui in quello stesso ospedale, appena un anno prima. Gli piaceva parlare di quell'amicizia forte e, che lui ci credeva ancora, indissolubile.

I bambini non si stancavano mai e chiedevano che Tony raccontasse e raccontasse ancora, anche se erano sempre le stesse storie, ogni volta riuscivano a trovarvi qualcosa di insolito e di magico.

Raccontava del modo un po' bizzarro che aveva escogitato per entrare a far parte di quel fantomatico gruppo. E i piccoli ascoltatori ridevano a crepapelle.

Raccontava della partita di basket vinta con la sua piccola squadra e del concerto tenuto in ospedale con il suo piccolo complesso e i bambini riuscivano ad immaginare la meravigliosa sensazione di sentirsi parte di un gruppo.

Raccontava della morte di Davide con una sensibilità incredibile. Di come fossero fuggiti dall'ospedale sul camioncino della lavanderia pur di dare l'ultimo saluto all'amico scomparso, di come Vale non avesse avuto esitazioni nel barattare il suo orologio pur di arrivare in chiesa con le braccia colme di fiori per Davide e di come Leo avesse intonato, coraggiosamente ma con voce tremante, la canzone preferita di Davide.

Raccontava del suo rapporto speciale con Rocco, di una misteriosa piscina che fungeva come limbo tra questo mondo e l'altro e della gioia con cui i Braccialetti avevano sommerso Rocco appena si era svegliato.

Anche quel giorno aveva narrato quelle avventure semplici ma speciali per una buona parte del pomeriggio e ora, mentre raggiungeva il suo motorino ( suo nonno aveva sudato freddo le prime volte che il piccolo Tony era rimontato in sella ma, alla fine, aveva deciso di superare le sue paure e di ridargli fiducia) scorse una figura familiare su una panchina nel giardino dell'ospedale.

Si avvicinò, tenendo il casco in mano e quando fu innanzi all'altro alzò gli occhi al cielo.

"No, dico, hai visto che nuvoloni? Tra poco arriverà un temporale che nemmeno il diluvio universale...Non vorrai prenderti un raffreddore, eh?"

Rocco continuò a prendere a calci un sassolino del selciato e si strinse nelle spalle.

"Sei mai stato innamorato, Tony?"

Chiese a bruciapelo il ragazzino. Il furbo inarcò un sopracciglio e si sedette accanto all'amico.

"Beh sì, sono innamorato di tante cose: della velocità, delle risate dei bambini, dei rimbotti del nonno e...di quella lì!"

Indicò la sua moto con un'occhiata.

"No...Intendevo: ti è mai piaciuta una ragazza?"

Tony fece un'esclamazione un po' stupita e un po' canzonatoria.

"Beh quello ferrato in questioni di donne è Leo. Lui o Vale ti saprebbero dare sicuramente consigli migliori dei miei!"

"Non mi sembra che, ultimamente, siano aperti al dialogo. Nessuno dei due!"

Precisò Rocco.

"Come si chiama?"

Indagò Tony. In fondo lui riusciva sempre a dare buoni consigli e magari avrebbe saputo cosa dire anche su un argomento tanto spinoso come l'amore.

"Questa ragazza che, quando la vedi, è un po' come avere le farfalle nello stomaco..."

"Elisa. Ma che significa avere le farfalle nello stomaco?"

Chiese, ingenuo, Rocco mettendosi una ciocca dei capelli rossicci dietro l'orecchio.

"Mah significa...ecco significa..."

Tony cercava le parole giuste per spiegarsi.

"Ah ecco ho trovato: significa che senti i crampi alla pancia e...tum tum...il cuore che batte forte, forte, ogni volta che la vedi, che lei ti parla o che si avvicina a te. Ma non sono crampi brutti: è un dolore che tutti vorremo provare nella vita!"

"E che si fa quando ci sono queste farfalle nello stomaco?"

"Usa l'insetticida!"

A Tony era sembrata la voce di Davide. Una battuta da Davide.

Scosse la testa cercando di convincersi di aver solo immaginato quella sottile provocazione.

Lui aveva parlato con Davide poco prima che succedesse l'irreparabile ma dopo non era più successo.

"Beh allora devi dire a questa Elisa che ti piace!"

Concluse convinto.

"Scherzi? Ci perderei la faccia. Già tutti mi prendono in giro a scuola chiamandomi mozzarella. Se anche lei iniziasse a ridere di me non troverei più nemmeno il coraggio di andare in classe!"

"Anche lei ti prende in giro?"

"No, lei mi aiuta sempre, con i compiti e quando sono stanco per ripetere la lezione per il giorno dopo lei si offre di studiare insieme a me! Gli altri ragazzi forse credono che essere stato in coma è stato un po' come un gioco ma Elisa non ride mai delle mie difficoltà!"

"Allora è una ragazza speciale! Devi farti avanti, caro Rocco!"

Il ragazzino si avvinghiò al braccio di Tony come colto da un'idea improvvisa.

"Vieni con me, Tony. Sono più tranquillo se ci sei tu...Io e te ci siamo capiti anche mentre ero in coma. Abbiamo un rapporto...speciale!"

Il Furbo ci pensò un secondo e poi accettò con un largo sorriso. In quel momento videro sfilare davanti a loro una silhouette femminile, aggraziata e familiare, che procedeva a passo spedito.

"Ma quella non è la sorella di Cris?"

"Forse. Ma cosa ci fa qui!"

Tony seguì la ragazza con lo sguardo chiedendosi se fosse il caso di andare a chiedere notizie di Cris.

"Speriamo che non sia qui per Cris!"

A quel punto Rocco pensò fosse giusto che l'altro fosse a conoscenza di una cosa.

"Tony c'è una cosa che non ti ho detto prima: stamattina mia madre ha incrociato quella di Vale. Forse anche lui dovrà tornare in ospedale!"

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Capitolo 7
*** Polveriera ***


Il dottor Carlo non indossava il camice bianco da troppo tempo, almeno non tanto quanto serviva agli altri dottori a diventare cinici, indifferenti e freddi.

"Quando si indossa quel camice si diventa medici ma si smette di essere persone!"

Lo avevano ripreso un giorno due dei suoi ragazzi e il giovane tirocinante aveva fatto tesoro di quella critica ora che stava per entrare nell'albo dei medici a tutti gli effetti.

Uno dei ragazzi che quel giorno lo aveva criticato ora gli sedeva innanzi con uno sguardo infastidito e ostile.

"Allora Vale so che frequenti il liceo artistico. Quarto anno?"

Chiese il dottor Carlo con l'affabilità di sempre.

"Devo finire il terzo. Ho perso quasi un anno e mezzo di scuola se non se lo fosse dimenticato!"

Replicò il ragazzo in tono recriminatorio.

"Vale!"

Lo riprese imbarazzata sua madre ricevendo per risposta un'occhiata truce. Lei era la principale responsabile di quel controllo in ospedale. E Vale non riusciva a perdonarglielo.

"Qual è il motivo di questa visita inaspettata? Mi sembra che non c'erano controlli in programma in queste settimane!"

Chiese il medico, scorrendo il calendario degli appuntamenti che aveva segnato sulla sua agendina.

Nora fece per aprire bocca ma il figlio l'anticipò.

"Ho un rigonfiamento sotto il braccio destro!"

Rivelò con noncuranza. Il dottor Carlo inarcò un sopracciglio.

"Quando lo hai notato? Pochi giorni fa?"

"Diverse settimane fa!"

"Perché non sei corso in ospedale? Non ti aveva detto la dottoressa Lisandri di voler essere informata qualora avessi notato qualsiasi anomalia, anche la più minuscola?"

Vale ingoiò a vuoto e non rispose a quel rimprovero gratuito. Carlo si alzò dalla sedia.

"Togli la maglietta: voglio dare un'occhiata!"

Vale obbedì e trattenne il fiato mentre il medico, dopo aver indossato i guanti, tastava quel rigonfiamento sotto l'ascella.

"Che cos'è?"

Chiese ansiosamente Nora.

"Può essere qualsiasi cosa: un lipoma, cioè una pallina di grasso sottopelle, o qualcosa di più serio. Mi è difficile dirlo con certezza solo guardandolo ad occhio nudo. Hai altri rigonfiamenti simili, Vale?"

"No!"

"Ne sei sicuro?"

"Certo che ne sono sicuro!"

Si mise sulla difensiva alzando la voce.

"Cosa bisogna fare?"

Ancora una volta fu Nora a chiedere delucidazioni mentre il dottor Carlo aveva già preso un foglio per il ricovero.

"Faremo alcuni esami: un'ecografia, una radiografia, una tac...Dovrai restare con noi alcuni giorni, Vale!"

Comunicò il medico. Il ragazzo accolse la notizia con la stessa aria di sfida di prima.

"Saranno solo pochi giorni!"

Disse sicuro, prima di seguire l'infermiera che l'avrebbe accompagnato in radiologia.


Vale non era l'unico per il quale la giornata era iniziata nel peggiore dei modi. Leo era di pessimo umore mentre si dirigeva verso il reparto di oncologia per riprendere la chemio.

Quella mattina era arrivato un nuovo compagno di stanza: un ragazzino scorbutico e insofferente che, ne era certo, avrebbe presto finito con il litigarci.

Aveva deciso di usare la sedia a rotelle quella mattina perché sapeva bene che, alla fine della sessione, si sarebbe sentito talmente male da non riuscirsi a trascinare sulla sua gamba e mezza per tornare in stanza.

Fu proprio mentre spingeva la sua carrozzina fuori dall'ascensore che notò qualcuno di vagamente familiare nella sala d'aspetto di radiologia.

Dapprima decise di ignorarlo ma poi la rabbia ebbe il sopravvento e si avvicino.

"Che diavolo ci fai qui?"

Il tono duro della domanda fece sobbalzare Vale, che aspettava il suo turno da solo mentre sua madre era andata in accettazione per sbrigare alcune pratiche formali e aveva accampato la solita scusa di "telefonare a papà".

Ignorò la provocazione e non si voltò verso Leo. Questo atteggiamento fece infuriare ancora di più il leader.

"Ti ho fatto una domanda, caprone!"

Quell'insulto Vale non poteva proprio digerirlo. Si voltò a guardare l'ex amico e, in quell'istante, i suoi occhi lanciavano saette.

"Devo fare una radiografia!"

"Ah uno stupido controllo! Scommetto che questo pomeriggio te ne starai beato a sollazzarti con i tuoi stupidi disegni!"

Vale stava per rispondere pan per focaccia ma fu allora che guardò per davvero Leo e si accorse che era, di nuovo, senza capelli. Questo particolare lo addolcì un poco.

"Come stai? Come va la chemio?"

Leo non abboccò. Aveva aspettato per mesi quell'occasione: il momento propizio per riversare sull'amico che lo aveva abbandonato tutti i pensieri che lo avevano accompagnato durante quei giorni di solitudine.

"Ti interessa davvero o sei diventato anche un ruffiano adesso? Non ti interessava come stavo tutte le altre volte che sei venuto a controllo e sei sgattaiolato via come un ladro senza nemmeno venirmi a salutare!"

Leo aveva tirato fuori quello sfogo gridando e alcuni dei pazienti seduti vicini si alzarono e cambiarono posto.

Vale non poteva giustificarsi. Forse perché scuse non ne aveva o forse perché era difficile da spiegare.

Non poteva dire di aver avuto paura di rivedere Leo. Di vederlo soffrire e pensare che quelle stesse sofferenze un giorno sarebbero potute toccare anche a lui.

C'era tanta tensione tra i due amici di un tempo. Le frustrazioni, le paure e le delusioni in campo erano una miscela pericolosa, una polveriera pronta ad esplodere da un momento all'altro.

"Il vero ignorante tra noi due sei tu! Ti piace sentirti il padrone del mondo qui dentro dove tutti ti coccolano e ti idolatrano: sei il Re Leone in ospedale ma...quando uscirai là fuori, nel mondo vero, sarai solo un'insulsa iena!"

Vale per primo si era stupito della cattiveria con cui si era rivolto a Leo. E anche Leo era rimasto attonito dalla metamorfosi dell'amico.

"Certo che sei diventato proprio stronzo! Non ti riconosco più!"

Leo serrò forte i pugni e si alzò dalla sua sedia a rotelle.

"Devi fare una radiografia, dunque? Beh dì alla radiologa che oltre alla tua fottuta gamba ti controlli anche lo zigomo! Potrebbe esserci qualcosa di rotto!"

E prima che Vale potesse realizzare, il pugno, fulmineo, di Leo gli si era stampato in faccia.

*** **** ***

Ringrazio quanti hanno letto fin qui e quanti continuano a leggere, coloro che recensiscono, che hanno inserito la storia tra le preferite e le seguite^^

Spero di non deludere nessuno...

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Capitolo 8
*** Le streghe cattive ***


Grimilde e Malefica.

Cris aveva attinto ai libri di favole che sua madre le leggeva da bambina per dipingere le due cattive della sua vita: Carola e la psicologa.

Sua sorella l'aveva, praticamente, ritrascinata in ospedale mentre la specialista la scrutava dietro i suoi occhialetti tondi come se volesse metterla alla gogna.

"Allora Cris, tua sorella mi ha riferito che hai avuto dei problemi con il cibo, ultimamente!"

La dottoressa iniziò il loro colloquio sbattendole subito in faccia quel dato di fatto. Cris si mise comoda sulla sua sedia e rispose con un sorriso di scherno: il fatto che Carola fosse rimasta fuori e non partecipasse all'incontro la rendeva spavalda e forte.

"Ho dato di stomaco un paio di volte. Forse avevo mangiato pesante!"

Si aggrappò a quella giustificazione sperando che la psicologa le credesse. La donna appuntò qualcosa su un fogliettino di carta e poi alzò nuovamente gli occhi a studiare la sua paziente.

A Cris sembrava di essere la colpevole in un'aula di tribunale. E Malefica giocava il ruolo dell'avvocato dell'accusa.

"Cristina sei sicura di non esserti autoindotta a rimettere il cibo?"

La ragazza incrociò le braccia al petto e scosse il capo.

"Com'è il tuo umore? C'è qualcosa che ti turba, qualche novità che ti causa stress in questo periodo?"

"Faccio la vita di una normale ragazza di sedici anni! Vado a scuola, esco con gli amici, studio danza..."

La psicologa aveva annuito ad ogni voce di quell'elenco ma all'ultima attività inarcò un sopracciglio.

"Sei sicura di riuscire a gestire un'attività agonistica come la danza? Ricorda che fino a qualche mese fa eri una ragazza estremamente fragile e potresti essere ancora vulnerabile alle critiche..."

Cris si mosse a disagio come se un suo segreto fosse stato scoperto. Le venne in mente l'insegnante di ballo e quella critica ai suoi fianchi che l'aveva fatta risprofondare nel baratro.

"Le critiche possono solo fortificarmi!"

Asserì. La psicologa appuntò ancora qualcosa.

"Ho saputo che frequenti un ragazzo!"

Anche stavolta Cris rispose con uno sguardo infastidito. Sicuramente era stata quella strega di Carola a spifferare la sua vita privata.

"Ci siamo lasciati!"

Precisò la ragazza prima di dover affrontare domande ancor più spinose.

"Perché, se mi è lecito chiedere? Forse vedevi questo ragazzo come un sostituto di Leo?"

Alla menzione del suo grande amore, Cris si lasciò sfuggire un risolino isterico.

"Incompatibilità di caratteri. Leo non centra un bel niente!"

La dottoressa si alzò dalla scrivania e si avvicinò alla bilancia pesa-persona che troneggiava nel suo studio. Cris sapeva bene quale sarebbe stato il successivo passo e un po' lo temette.

"Bene Cristina, vorrei controllare il tuo peso se non ti dispiace!"

La ragazza tolse le scarpe e salì sulla bilancia. Trattenne il fiato in attesa della sentenza.

"Hai perso qualche chilo e questo deve suonarti come un campanello d'allarme. Tuttavia non ci sono gli estremi per un ricovero: ti terremo comunque sotto controllo, Cristina. Parlerò con tua sorella e farò in modo che la tua famiglia ti stia con il fiato sul collo e voglio vederti almeno una volta a settimana!"

Quindi fece un gesto inaspettato: sfiorò la guancia di Cris in una carezza.

"Sei una bellissima ragazza. Non lascerò che tu distrugga quanto di buono hai fatto nei mesi scorsi!"

Anche le streghe avevano i loro lati nascosti, lati buoni. Venne da pensare a Cris.


Congedata la sua giovane paziente, la psicologa aveva chiesto qualche minuto per parlare in privato con Carola.

Mentre aspettava sua sorella, Cris, quasi inconsapevolmente, si allontanò nel corridoio.

Lo stesso corridoio dove aveva conosciuto Vale e Leo.

Quel ricordo la sopraffece come una dolce carezza.

Fu quando si ridestò dai suoi pensieri che si accorse di Johnny, il simpatico infermiere appassionato di gioco d'azzardo, che spingeva una carrozzina verso la toilette. Furono le sembianze del ragazzo che occupava la sedia a far mancare di un battito il cuore a Cris.

Leo se ne stava afflosciato, con le braccia pesantemente appoggiate ai braccioli della sedia a rotelle e la testa ciondoloni. La seduta di chemio l'aveva sfinito e già faceva sentire i suoi effetti.

Nemmeno le battute di Johnny riuscivano a distrarlo.

"Un'altra barzelletta come quella di poco fa e ti sogni un altro appuntamento con mia sorella!"

Leo minaccio l'infermiere con voce pastosa. L'unica cosa bella di quegli ultimi mesi era stata quella: Asia era tornata a sorridere e aveva ritrovato l'amore proprio in ospedale, nel luogo più improbabile.

Chi avrebbe mai scommesso che galeotta sarebbe stata una scommessa di Ruggero?

"Va bene, va bene cognatino. Johnny è a tua completa disposizione!"

"Oh guarda che mia sorella te la scordi davvero se continui a parlarmi con quel tono. Piuttosto fermati ai bagni...Non ce la faccio a tornare in stanza!"

In realtà Johnny aveva arrestato la carrozzina perché sorpreso dalla figura femminile che si era avvicinata.

Anche Leo allora alzò gli occhi e rimase sconvolto.

"Ciao!"

Azzardò timidamente Cris.

"Ciao Cris, è bello rivederti. Beh io vi lascio soli...Ho un paziente che mi aspetta nella trentasette. Torno tra poco Leo!"

Johnny si defilò con quella scusa ancor prima che Leo potesse bloccarlo.

"Ciao!"

Ripeté Cris ormai rimasta sola con Leo. Lui non le risparmiò uno sguardo duro.

"Non ho bisogno del tuo saluto. Che ci fai qui?"

"Un controllo!"

Leo sorrise ironico.

"Che strano: sembra che oggi qui in ospedale ci sia il raduno degli stronzi. Ho avuto un incontro per nulla piacevole con il tuo amichetto di un tempo poco fa!"

Rivelò acido il ragazzo.

"Vale è qui?"

Chiese sorpresa Cris, sedendosi su una panca della sala d'aspetto.

"Già!"

Cris ingoiò quella frecciatina e allungò una mano a sfiorare la guancia di lui ma Leo si ritrasse.

"Come stai?"

Fu la successiva domanda di Cris.

"Ho appena finito l'ennesima sessione di chemio. Il tumore non vuole andarsene...Insomma le solite cose. Non ti sei persa niente e, comunque, non me ne faccio niente del tuo patetico interesse. Ricordi? Noi due abbiamo finito tempo addietro!"

Detto questo, con le poche forze che ancora aveva, Leo girò la sua sedia e si defilò oltre la porta della toilette.

Cris rimase ferita per meno di un secondo. Ci mise poco a realizzare di non volersi far sopraffare ancora una volta dalla cocciutaggine e dai rimpianti.

Senza titubare seguì il ragazzo con piglio deciso.

Come aveva previsto, lo trovò chino sul water a vomitare. Recuperò alcune salviettine, le bagnò e le strizzò per bene e poi le passò sulla fronte di lui.

Leo fu sorpreso da quel contatto freddo e ristoratore sulla fronte imperlata di sudore.

"Ti sbagli: io e te non abbiamo finito un bel niente!"

Disse Cris. Era scappata una volta: non lo avrebbe rifatto.

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Capitolo 9
*** Essere soli ***


Con una mano reggeva il sacchetto del ghiaccio istantaneo che, prontamente, gli avevano applicato sul livido sopra l'occhio mentre nell'altra teneva un contenitore con un liquido di un colore che non si era sforzato di definire.

"Avevi mai fatto caso che queste poltiglie disgustose somigliano alle pozioni magiche dei maghi imbranati dei cartoni animati?"

La vocina divertita di Davide lo infastidì ancora di più. Quel giorno non ce la faceva proprio a mandare giù il liquido di contrasto prima di sottoporsi all'ennesima TAC.

"Lasciami in pace!"

Vale apostrofò il fantasma che, però, a farsi ignorare non ci pensava proprio.

"Turati il naso e manda giù tutto d'un colpo. Se pensi di bere quella schifezza a piccoli sorsi come se si trattasse di un cocktail tropicale, sei fregato!"

Continuò, imperterrita, la vocina dispettosa.

"Non ho bisogno dei tuoi consigli!"

Vale lo ammonì ancora infastidito e poi, quasi come se volesse sfidare il nulla, trangugiò il contenuto del bicchiere tutto d'un sorso.

"Invece hai bisogno di me e degli altri. Lo sai bene quanto fa male essere soli. Non è stata una mossa tanto intelligente inimicarti Leo...Soprattutto se dovrai tornare in ospedale in pianta stabile!"

Vale fece un profondo respiro e contò fino a dieci per non perdere la pazienza. Alla fine esplose ugualmente.

"Io non ho bisogno di nessuno! E non resterò in questo maledetto posto un giorno di più! Domani a quest'ora sarò a casa mia e avrò dimenticato tutto!"

Quello sfogo che dall'esterno poteva sembrare un monologo non colse affatto di sorpresa la radiologa sopraggiunta in quel momento. Pensava, infatti, che il ragazzo parlasse a voce alta con sé stesso per infondersi coraggio.

"Lo speriamo tutti che tu metta i piedi fuori di qui presto, Vale! Su, vediamo quest'esame cosa ci dice!"

La donna gli diede una pacca di incoraggiamento sulla spalla e poi lo fece stendere sul lettino mobile e il tubo radiogeno iniziò a lavorare.

"Puoi anche ingannare lei, tua madre, te stesso. Ma a questa macchina non puoi mentire. Sei in trappola, Vale!"

L'ultima provocazione di Davide. La voce della paura. Il sapore amaro dell'incertezza.


Dopo una mezza giornata passata da un laboratorio all'altro a fare esami, Ulisse era stato designato per accompagnarlo in stanza.

A Vale non andava proprio giù farsi scarrozzare da un reparto all'altro in sedia a rotelle e non digeriva l'apprensione con cui sua madre lo seguiva passo per passo.

"Allora? A me non mi incanti ragazzino: come te lo sei fatto quel bernoccolo là!"

L'infermiere additò lo zigomo destro gonfio. Non aveva creduto alla spiegazione che Vale aveva propinato.

"Sono inciampato e ho sbattuto contro lo spigolo di una delle porte del vostro maledetto ospedale! Quante volte lo devo ripetere?"

Nora sospirò e fece un cenno di scuse all'uomo ma si guardò bene dal riprendere il figlio per il tono che aveva usato nella risposta.

"Sarà! Eccoci arrivati: una stanza a cinque stelle tutta per te, con due letti a tua completa disposizione finché non ti troveremo un compagno di stanza. Sei fortunato!"

Ulisse, con il tono paterno di sempre, cercò di rendere meno difficile quel momento.

Aveva imparato con il tempo e con l'esperienza a stemperare i momenti tremendi che ragazzini dell'età di Vale avevano dovuto affrontare lì dentro.

Era stato lui, un anno prima, a riaccompagnare Vale nella sua stanza dopo l'operazione, quando gli avevano appena amputato una gamba. E non aveva mai dimenticato quegli occhi impauriti e smarriti ma, allo stesso tempo, speranzosi e con tanta voglia di vivere.

"Che fortuna!"

Replicò ironico Vale, lasciando la sedia per sistemarsi su uno dei letti. Ulisse abbozzò un sorriso e lo lasciò da solo con sua madre. Nora si impegnò a sistemare i pochi effetti personali del figlio e poi non poté più sottrarsi al confronto con lui.

"Bene, è tutto sistemato. Se avrai bisogno di altro dirò a papà di portartelo domani. Io ora vado in albergo, hai bisogno di qualcosa?"

"Hai già fatto abbastanza per me oggi, mamma!"

Il suo tono accusatorio ferì Nora. Vale la riteneva responsabile, accusava lei se era finito, di nuovo, in ospedale. Non replicò e si protese verso il figlio per dargli un bacio ma Vale si ritrasse.

"Va bene, ci vediamo domani. Chiamami se hai bisogno di qualcosa!"

Nora ingoiò il rospo, afferrò il suo soprabito e si defilò.

"Non dovresti trattare così tua madre. Sei un ingrato!"

Vale si insospettì che Davide ci prendesse gusto a farsi sentire nei momenti peggiori.

"E tu dovresti farti gli affari tuoi!"

"Non si rifiuta il bacio di una mamma. Mai!"

Vale prese una rivista e iniziò a spaginarla.

"Allora, sei ancora convinto che domani ti daranno la libera uscita?"

"Certo! Non ho niente...Questa fottuta pallina si rivelerà una pallina di grasso, i medici sono fiduciosi!"

Questa volta nella mente di Vale risuonò la risata di Davide. Quella risata un po' sbruffona e un po' fatta per dileggio.

"E tu credi ancora ai medici? Prendi me: mi hanno portato in ospedale perché ero svenuto e guarda come ne sono uscito!"

Alla constatazione di Davide, Vale trasalì: e se anche per lui le cose non si fossero messe troppo bene?

Non voleva farsi soggiogare da quella paura.

"Non ho più voglia di stare a sentirti!"

Afferrò il cuscino e lo scagliò contro la porta. Qualcuno si chinò a raccoglierlo.

"Veramente io non ho ancora iniziato a parlare. Ma se è un brutto momento possiamo tornare più tardi!"

Tony entrò nella stanza e riconsegnò il cuscino a Vale mentre Rocco lo seguì incerto.

"Che diavolo ci fate voi qui?"

Vale chiuse la rivista con un tonfo deciso e la buttò di lato. Non voleva vedere nessuno e non fece molto per celare la sua disapprovazione per quella visita.

"Abbiamo visto tua madre all'ingresso e abbiamo pensato che se c'era lei, c'eri anche tu!"

Spiegò Tony con uno dei suoi sorrisi semplici e amichevoli.

"Perché ti hanno ricoverato? Stai bene?"

Chiese Rocco con la sua vocina timida e premurosa.

"Si sto benissimo. Non dovete preoccuparvi!"

Rispose Vale che si era addolcito un attimo. Era stato Rocco, il suo visino innocente, il ricordo di quando lui l'aveva eletto ad Imprescindibile del gruppo, a far allentare quella corazza che si era costruito.

"Beh se hai bisogno di qualcosa..."

Tentò di dire Tony ma Vale scambiò la gentilezza per pietà.

"Non ho bisogno di niente e di nessuno! Lasciatemi tutti in pace! Andatevene!"

Inveì contro gli amici di un tempo cogliendoli di sorpresa. Quando Rocco e Tony lasciarono la stanza, Vale schiacciò la testa contro il cuscino e si lasciò andare ad un pianto liberatorio.


Intanto Tony e Rocco nel corridoio erano rimasti senza parole.

"Certo che Vale sembra uno di quei simpatici girini che poi, quando fanno la metamorfosi, diventano dei brutti rospi!"

Osservò Tony iniziando a gonfiare il viso per imitare l'anfibio e, soprattutto, per strappare un sorriso a Rocco che sembrava deluso dalla scena di poco prima.

"Io credo che la metamorfosi di Vale sia incompleta. Ecco sì: credo che abbia bisogno di noi, dei suoi amici per tornare quello di prima. Hai visto? Non porta più nemmeno il braccialetto..."

L'osservazione di Rocco colpì Tony: sarebbe toccato a loro riunire il gruppo. L'impresa non era per nulla facile.

***** ***

Un grazie immenso a Taylor_HG_Swift, LittleWatanka98, My-dreamofthestory, dany84, Emotrilly-Watanka e gemelle 1987 per aver recensito il capitolo precedente! Ringrazio tutti per le bellissime parole delle vostre recensioni ^^

Ovviamente grazie a chi legge, a chi apprezza questa storia e a chi vorrà dargli una possibilità!

A presto

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Capitolo 10
*** Il primo passo ***


Leo aveva aperto, letto e riletto quell'sms inaspettato forse per più di cento volte quel pomeriggio.

Era di Cris.

"Ti va di fare colazione insieme domani mattina?"

Una domanda semplice, un testo scarno eppure lui in quelle poche parole riusciva a leggerci un mondo. Il mondo di Cris.

Era un tentativo di riavvicinarsi o forse una richiesta d'aiuto. Non si erano detti molto dopo che si erano rincontrati fortuitamente e avevano lasciato che fossero i gesti ad esprimere i loro pensieri.

Leo sapeva che c'era molto da dire e molto da chiarire tra loro.

Cris era pronta a tornare, a restargli vicino, a far colazione con lui proprio come un tempo.

Eppure Leo esitava a digitare una risposta positiva sui tasti del cellulare. Voleva essere cauto: non avrebbe retto ad un altra delusione, ad un altro abbandono da parte di Cris.

Mise in tasca il telefono e uscì dalla sua stanza. Aveva bisogno del consiglio di un buon saggio.


Nicola stava consumando il suo pasto serale scambiando qualche occasionale battuta con il suo compagno di stanza.

"Ehi vecchia quercia! Ti tengono a brodini leggeri, eh?"

Leo con il suo sorriso illuminò quel piccolo spazio grigio dove i pazienti più anziani si sentivano troppo vecchi per sperare ancora.

"Leo, amico mio. Vieni, vieni: sono curioso di sentire le ultime novità! Allora come stai?"

Il ragazzo si strinse nelle spalle mentre l'altro ricoverato abbozzò un sorriso al nuovo giunto e si allontanò verso la toilette.

"Così. Sai ho un nuovo compagno di stanza: uno che rompe parecchio!"

Nicola prese una cucchiaiata del suo brodo vegetale mentre Leo si sistemava dall'altro lato del tavolo.

"Ah sì! E come mai questo ragazzino non ti sta simpatico?"

Leo ci pensò un attimo. Non voleva ammettere che, forse, era prevenuto nei confronti di quello sconosciuto.

"Mah crede di essere in un albergo a cinque stelle piuttosto che in un ospedale! Pensa che oggi s'è fatto portare da sua madre le posate da casa perché è troppo schizzinoso per usare quelle che ci portano qui con il pranzo! Ho già trovato un soprannome per lui: il piccolo Lord!"

Nicola sorrise. Un sorriso paziente e comprensivo.

"Magari ha solo difficoltà ad adattarsi! Forse lo giudichi così perché lui non è Vale?"

Leo si accigliò. Detestava ammettere a sé stesso che Nicola aveva ragione.

"Non parlarmi di quell'imbecille! Per lo meno oggi ho avuto la soddisfazione di tirargli un cazzotto...E prima che tu mi faccia la paternale, sappi che se lo è meritato!"

Il signor Nicola allontanò il piatto e si appoggiò allo schienale della sedia. La conversazione si preannunciava lunga. Non chiese ma rivolse a Leo uno sguardo eloquente.

"Oggi ho rivisto anche Cris!"

Confessò a bassa voce.

"Beh, e non sei contento? Aspettavi questo momento da quasi un anno: tu, Cris, Vale, Rocco e Tony di nuovo insieme!"

Leo allungò la mano verso il polso sinistro a carezzare il suo braccialetto.

"Sai, è strano! Noi Braccialetti rossi siamo così vicini fisicamente eppure non siamo mai stati così lontani!"

Concluse tristemente Leo.

"Tony è un buon amico ma presto si stuferà di questo posto e di me, Rocco è così piccolo e pieno di progetti che ha tutto il diritto di vivere la sua vita fuori di qua, con Cris non so proprio come comportarmi e Vale...beh quello sembra essersi trasformato da Dottor Jackyll a mister Hyde!"

Si sfogò Leo contando sulle dita.

"Vedi Nicola? In una cosa sono davvero bravo: non riesco a tenermi nemmeno un mezzo amico. Forse sono stato un pessimo leader. Quando gli altri sono stati dimessi avevo tanti progetti da vivere insieme a loro, alcuni che ci riguardavano anche Davide, che ci avrebbero aiutati a immaginarlo ancora con noi. Ho tradito Davide, ho tradito te e ho tradito me stesso!"

Leo aveva raccontato queste cose con le lacrime agli occhi.

"Tu sei un ragazzo dal cuore d'oro Leo ma sei dannatamente cocciuto. Sai avrò anche questi problemi con la memoria ma una cosa la so: tu sei un bravo leader! C'è una cosa che non ti ho mai detto: era una sera di inizio primavera dello scorso anno e io mi ritrovai a passare, per caso, fuori dalla stanza di Rocco. C'era una strana confusione , una confusione bella, in quel momento attorno a quel bambino in coma. Attorno a Rocco c'erano cinque ragazzi che avevano portato una ventata di vita. Stavano scattando una foto e...Le loro risate mi hanno dato la speranza!"

"Ma è la sera..."

"Si, è la sera nella quale avete completato il vostro gruppo. La sera in cui hai messo la prima pietra a qualcosa di unico e senza prezzo come l'amicizia, Leo. Ti sei mai chiesto perché Rocco abbia letto per te in tutti questi mesi, perché Tony ti sia rimasto vicino anche nei momenti peggiori, perché Cris non abbia esitato a riavvicinarsi a te appena vi siete rivisti? Perché tu hai bisogno di lor, Leo e loro hanno bisogno di te!"

Leo meditò e ingoiò a vuoto ma prima che potesse chiedere un consiglio, Nicola aveva ripreso a parlare.

"Vale, probabilmente ha solo paura ed è per questo che si è costruito una corazza. Non è bello per nessuno dover tornare in ospedale, lo sai vero? Pensa a come eri intrattabile e scorbutico tu dopo ogni brutta notizia che ti davano i medici!"

La verità detta dagli altri appare più nitida e permette di valutare le situazioni senza lasciarsi offuscare dal risentimento.

Vale era diventato esattamente come era lui prima di trovare quegli amici speciali in ospedale. E Leo non lo aveva capito.

"Che devo fare secondo te, vecchio saggio?"

"Metti da parte l'orgoglio Leo. Il primo passo è sempre il più difficile da fare ma anche il più coraggioso e importante!"

Leo pensò un momento, poi lasciò scivolare la mano ad accarezzare il cellulare. Lisciò la stoffa dei pantaloni della sua tuta e poi si sporse per abbracciare Nicola e depositargli un bacio di ringraziamento sulla guancia.

Appena raggiunto il corridoio scrisse il suo sms.

Ti aspetto domani per la colazione. Porta tu i cornetti: sai che quelli dell'ospedale fanno schifo!!!

Sorrise perché poco prima aveva criticato il nuovo compagno di stanza e ora anche lui si lamentava della cucina di quel posto! Cercò il nome di Cris dalla rubrica e inviò il messaggio senza esitazioni.

Tornato in stanza, recuperò il suo borsone dall'armadio e iniziò a buttarci dentro i suoi effetti personali alla rinfusa.

"Puoi prendere il mio letto se ti piace la vista dalla finestra! Io cambio aria: sono in questa stanza da troppo tempo!"

Comunicò al ragazzino che lo guardava confuso continuando a gettare nel borsone le cose più disparate.

Ora veniva la parte più difficile: avere il permesso di quella strega della Lisandri!

La dottoressa dapprima fece un po' di storie ma solo perché ci teneva a mostrarsi donna di polso e per non far credere a Leo che fosse così facile corromperla. In realtà non aveva nessun motivo per rifiutare quella richiesta e sorrise quando il ragazzo la ringraziò stampandogli un bacio sulla guancia.

La strega si era trasformata in una bella principessa.. Il dottor Alfieri ci aveva visto giusto.


Alla fine Vale si era addormentato. Lo avevano sottoposto a diversi esami per l'intera giornata e avevano posticipato all'indomani la comunicazione dei risultati.

Fu un rumore improvviso a ridestarlo. Aprì gli occhi e vide Leo armeggiare sul cabinet del letto accanto al suo.

"Che ci fai qui?"

Chiese con la voce impastata dal sonno. Forse stava sognando e quello era solo un fantasma.

Come se non gli bastasse già il fantasma di Davide da tenere a bada!

"Il mio nuovo compagno di stanza russa e sapevo che tu avevi un letto a disposizione, così eccomi qui!"

Vale si passò una mano sugli occhi stanchi e poi si girò sulla schiena. Restò ad osservare ogni movimento di Leo finché questi non si infilò nel letto e spense l'abat jour, regalo di Asia, che si portava sempre appresso.

"Buona notte!"

Disse tirandosi le coperte fin sopra il mento.

"Vedi di non russare!"

Lo apostrofò Vale.

"Io non russo!"

Si difese risentito, Leo.

"Come no! Nessuno lo sa meglio di me quanto russi! Buona notte!"

Rispose Vale e si rigirò di fianco sorridendo. Era il primo sorriso da quando era tornato lì dentro.

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Capitolo 11
*** Brutte notizie ***


Leo si era svegliato con un bel sorriso stampato sulle labbra. Uno di quei sorrisi distesi e ottimisti che non illuminavano il suo viso di ragazzo da troppo tempo.

Era di buon umore.

Si tirò a sedere nel letto e si stiracchiò come un gatto.

"Buon giorno!"

Salutò tra uno sbadiglio e l'altro. Vale s'era già alzato e ora, dalla sua sedia a rotelle, scrutava fuori dalla finestra.

"Perché sei vestito così?"

Indagò Leo un po' curioso e un po' timoroso che il suo piano di riunire i Braccialetti Rossi fallisse ancor prima che potesse metterlo in atto. Vale, infatti, indossava una t-shirt, una felpa e un paio di jeans.

"Oggi mi danno i risultati. E siccome non ho niente, ho preferito essere pronto: prima di mezzogiorno sarò fuori di qui!"

Comunicò il ragazzo con voce piatta.

"Ricorda che infido è un tumore: rischi di restare qui a malincuore!"

Il leader tirò fuori quella rima con un sorriso: non voleva essere un uccello del malaugurio ma non voleva nemmeno che Vale si illudesse come aveva fatto lui poche settimane prima. Sapeva quanto facesse male ricevere una brutta notizia quando si era convinti che tutto sarebbe andato bene.

Vale, però, andò su tutta le furie.

"Ah abbiamo un poeta qui! Sembra quasi che tu saresti contento se io mi ammalassi di nuovo...Ma cosa credi, Leo, che basti essere compagni di stanza per una notta per tornare come un tempo? Non funziona così...Tutto è cambiato, noi siamo diversi e il tuo stupido gruppo non esiste più!"

Leo cercò di restare calmo e di non reagire alla sfuriata dell'amico di un tempo anche perché tirargli un altro pugno sarebbe servito a poco: Vale era proprio di coccio.

Scoprì il lenzuolo e si sistemò sulla carrozzella.

"Io vado a fare colazione. Viene Cris...Magari le avrei potuto dire di passare da qui ma, a quanto pare, a te non fa piacere averci intorno. Ah buona fortuna per le tue analisi!"

Rispose Leo con voce sommessa. Vale non rispose e solo quando l'altro fu ormai lontano si pentì e si arrabbiò con se stesso: aveva sprecato una grande opportunità per tornare ad essere il Vale di un tempo, lo sapeva bene.


Cris aspettava all'uscita dell'ascensore che conduceva fino al terrazzo dell'ultimo piano da quasi un quarto d'ora. Aveva preferito arrivare in anticipo e ora studiava ogni volto che le sfilava davanti cercando di celare una smorfia di delusione ogni volta che in quei visi non vi riconosceva tratti familiari.

Leo, invece, la identificò subito: portava un vestitino smanicato con sopra un pullover color lilla e scarpe di vernice con un po' di tacco. Tra le mani teneva un sacchetto.

Era semplicemente bellissima.

"Ciao!"

"Pensavo non saresti venuto!"

Cris si sistemò, nervosa, una ciocca di capelli dietro l'orecchio e abbassò lo sguardo.

"Beh mi avresti trovato in ogni caso. Non ci sono molti buoni nascondigli qui in ospedale!"

Sorrise Leo ma sapeva bene cosa Cris intendesse. Aveva avuto paura che lui non volesse più vederla.

"Al cioccolato e alla crema pasticcera! Come piacciono a te!"

La ragazza allungò il vassoio contenente i cornetti.

"E quelli con la marmellata d'albicocche non li hai portati?"

Azzardò. Sapeva bene che erano gli unici che piacessero a Cris. Lei si strinse nelle spalle.

"Perché non andiamo sul terrazzo? È una bellissima giornata!"

Cercò di sviare i sospetti di Leo. Quando furono all'aria aperta, il ragazzo iniziò a sbocconcellare uno dei croissant offrendone un pezzetto a Cris. Lei scosse la testa.

"Non ho molta fame!"

"Ma hai fatto colazione questa mattina?"

Cris cercò di ritrarre lo sguardo. Non poteva mentire a Leo, non ne era capace.

Si coprì gli occhi e scoppiò in lacrime. Lui l'attirò a sé.

"Ehi piccola, non ti fidi più di me? Sì, è vero, sono stato un leone un po' incazzato negli ultimi tempi ma non ho mai smesso di preoccuparmi per te e di volerti bene. E soprattutto..."

Fece una breve pausa non sapendo se fosse logico esporsi così tanto.

"Soprattutto non ho mai smesso di amarti!"

A questa rivelazione, Cris staccò la testolina dall'incavo della spalla di lui dove si era rifugiata.

"Questo rende tutto più complicato e rende me ancora più meschina. Ho frequentato un ragazzo in questi mesi in cui non ci siamo visti, Leo!"

Lui incassò il colpo ma non fece scenate.

"Non importa. L'importante è che tu adesso sia con me!"

"Sì ma è per causa sua, per causa di mille cose che tu devi perdonarmi! Perdonami Leo, io non sono forte come te..."

Questa premessa suonò come un campanello d'allarme.

"L'altro giorno non sei venuta qui per un semplice controllo, vero?"

Cris scosse la testa mentre recuperava un fazzoletto con cui ripulirsi il viso umido.

"Ho perso peso. Ho vomitato un paio di volte...Ci sto ricascando, Leo, e non so cosa fare!"

Confessò esplodendo in singhiozzi. Leo l'attirò a se e la cullo dolcemente.

"L'affronteremo insieme quella brutta bestia. Un leone indomito fa paura anche ad una belva come l'anoressia. Resto con te, piccola. Ci sono io, adesso!"

E dopo tanto tempo Cris capì di potersi fidare di nuovo.


Dopo il diverbio avuto con Leo, Vale aveva deciso di prendere una boccata d'aria. Ora, nello spazio esterno dell'ospedale, abbellito da alberi secolari immaginava un paesaggio degno di essere dipinto.

Erano pensieri belli, che lo calmavano, finché, istintivamente, allungò la mano sinistra verso il braccio destro.

Te la fai sotto eh? Per tutta la notte il pensiero che possano farti fuori anche il braccio ti ha macerato, credi che non lo sappia?

Vale ormai aveva imparato che tentare di ignorare quella voce sarebbe servito a poco.

"Ma i fantasmi non possono avere degli orari stabiliti per fare i grilli parlanti? Devi iniziare a rompere di prima mattina?"

E tu devi essere così acido vita natural durante? Non ti smentisci mai! Guarda che ben servito hai dato a Leo stamattina dopo che quel poveraccio ha fatto di tutto per essere carino con te! Non ti meriti niente, Vale!

"Vale! Ciao Vale!"

Il ragazzo stava per replicare con un commento poco gentile ma fu colto alla sprovvista da quell'arrivo inaspettato.

"Papà, che ci fai qui? Non avevi una riunione importante stamattina?"

L'uomo si sedette su una panchina affianco del figlio.

"Ti avevo promesso che sarei diventato un padre migliore! Il lavoro può aspettare! Niente è più importante di mio figlio!"

Quelle parole commossero Vale.

"E poi ho una sorpresa, anzi due per te: i biglietti per il MotoGP e...quest'estate ti porto con me, una settimana, in Qatar. La mamma è d'accordo!"

Vale gli si gettò tra le braccia. Avrebbe realizzato un sogno, avrebbe passato più tempo con suo padre. La giornata si era raddrizzata.

Fu allora che videro avvicinarsi Nora.

"Prima però dobbiamo superare insieme quest'ostacolo! Coraggio Vale, sono certo che stai bene!"

Cercò di essere fiducioso suo padre ma l'ansia iniziò a serpeggiare.


"Prego, accomodatevi signori Colombo!"

Il dottor Carlo fece strada nel suo studio. I genitori presero posto sulle sedie ai lati mentre Vale si sistemò tra loro.

C'era una strana tensione nell'aria e l'espressione greve del medico non faceva presagire nulla di buono.

Vale lo aveva già intuito. La conosceva bene quell'espressione: la stessa che gli avevano rivolto i medici quando gli avevano comunicato il tumore alla tibia.

"Vale abbiamo i risultati..."

Il dottor Carlo faticava a continuare, faticava a pronunciare una verità che Vale già sapeva.

"No, no, no! Mi avevate detto che il tumore se ne era andato, che ero guarito!"

Iniziò ad inveire mentre sua madre non riusciva a trattenere le lacrime e suo padre si era messo la testa tra le mani.

"Le cellule cancerogene che abbiamo trovato sono molto simili a quelle del tumore che avevi alla tibia. Potremmo iniziare subito con la chemio ma, come tu sai, per questo tipo di tumore c'è solo una possibilità per estirparlo completamente!"

Benché fosse sconvolto, Vale aveva intuito quale fosse l'unica possibilità di salvezza.

"No! Non permetterò che mi mutiliate come dei macellai! Vi siete presi la mia gamba, non permetterò che mi portiate via anche il braccio!"

Fu suo padre, nella disperazione del momento, a trovare la forza per cercare uno spiraglio di speranza.

"Non ci sono altre cure?"

"Potremmo operare Vale, fare una biopsia e sperare che il tumore sia benigno!"

"C'è questa possibilità?"

Sussurrò Nora che aveva bisogno di aggrapparsi a qualcosa.

"Si ma è una possibilità molto remota! Una su cento!"

Vale tremò per la rabbia.

"Si tenga pure le sue percentuali. Io mi tengo il mio braccio!"

Decise. Girò la sua sedia e se ne andò sbattendo la porta.

*** **

Va bene, sono stata un po' crudele in questo capitolo ma prometto che sarò più buona nei prossimi! Ringrazio tutti per le belle recensioni lasciate al capitolo precedente! A presto :)

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Capitolo 12
*** Simpatia ***


Tony gli aveva dato buca e Rocco si apprestava ad entrare in classe con l'umore sotto i tacchi.

Quello era il giorno stabilito, l'ora x, il D-day...Il giorno in cui lui, con il supporto di Tony, avrebbe agito.

L'amico però gli aveva mandato un sms nel quale spiegava di aver dimenticato che quel fatidico giorno aveva un importante compito in classe.

Eh già perché i libri potevano essere una rogna anche per il Furbo! Sorrise Rocco.

Tentò di racimolare tutto il coraggio e la sopportazione necessaria a sorbirsi le prossime cinque ore di scuola ma i suoi buoni propositi andarono a farsi friggere quando la incrociò nel corridoio.

Elisa con i gingilli tipici con i quali si abbelliscono le teenager per darsi un'aria da grande e con i lunghi capelli castani divisi in due trecce che le davano l'innocenza di una bambina avanzava in classe ridendo con le sue amiche.

Magari parlavano del concerto del loro idolo o delle puntate dei loro telefilm preferiti. A Rocco non importava molto l'argomento di conversazione di quella comitiva di ragazzine, l'unico suo interesse era di mangiarsi con gli occhi Elisa.

Era bella. Cavoli se non era bella! Quel pensiero si formò nitido e a tradimento nella mente del ragazzino.

Quando però Elisa gli passò davanti, gli sorrise e agitò delicatamente una mano in segno di saluto lui se ne restò immobile come una statua di sale. Peggio che stare a letto per tutti quei mesi!

E allora lo sentì e capì di cosa Tony parlasse quel giorno. Il cuore aveva preso a martellargli nel petto ma non faceva male e quella strana sensazione allo stomaco, come di crampi aveva detto Tony, ma che era più simili a uno sfarfallio.

Gli era successo: aveva le farfalle nello stomaco.

Dunque era innamorato? No, lui era troppo piccolo per queste cose e considerando che un anno della sua vita lo aveva perso tutti lo consideravano più immaturo dei suoi coetanei.

Lui non aveva vissuto ancora tutte quelle esperienze normali che si vivono a dodici anni ma, forse, era stato proprio quello sconvolgimento di ogni equilibrio e di ogni normalità a farlo maturare in fretta. Insomma, lui aveva affrontato la morte e l'aveva vinta.

Da grande eroe!

Il suono della campanella fugò ogni tentennamento e ogni incertezza. Era ora di andare in classe e di passare le restanti cinque ore a fantasticare su Elisa.

I progetti del piccolo studente, però, furono mandati in fumo dall'interrogazione a sorpresa a cui lo chiamò la professoressa di lettere.

Quella era un'altra paura da affrontare e da sconfiggere. Tutti i docenti provavano simpatia per Rocco, per la sua storia sfortunata e a lieto fine, e lo avevano coccolato, incoraggiato e fatto di tutto per aiutarlo a rintegrarsi e a stare al passo con la classe.

Tuttavia quella situazione di privilegiato non poteva durare per tutta la sua carriera scolastica, lo sapeva bene. Ed era il momento di dimostrare che i suoi voti erano meritati e non frutto di compassione.

Il Distinto con il quale la professoressa premiò il suo studio fece storcere il naso agli invidiosi e ai compagni meno dediti allo studio.

Rocco decise di tapparsi le orecchie e di ignorare le loro proteste sibilate. Che fosse cosa saggia non dar retta alle voci e alle provocazioni astruse degli altri lo aveva capito a proprie spese.

Per provare qualcosa a degli idioti si era tuffato da quel maledetto trampolino e s'era quasi ammazzato.

Era soddisfatto di sé stesso e non avrebbe mai più permesso a nessuno di sminuirlo.

Fu a ricreazione che Elisa gli si avvicinò.

"Complimenti per il bel voto. Sei stato davvero bravo...Quando vuole la Santi sa essere davvero diabolica, a dispetto del suo nome!"

Elisa sorrideva, con il suo solito sorriso amichevole e incoraggiante.

C'era sempre stata una simpatia tra lei e Rocco e piaceva ad entrambi, adesso, conversare così amichevolmente.

"Beh le domande erano abbastanza facili. In lettere sono bravino ma in matematica sono una schiappa...Per prendere un distinto anche lì mi servirebbe l'aiuto di un amico che avevo in ospedale!"

Raccontò Rocco facendosi audace. Eh si per sperare almeno in una sufficienza con quel genio incompreso del professor Neri gli sarebbe servito un mese di ripassi con Vale!

"Avevi degli amici davvero speciali in ospedale, vero? Si vede da come ne parli che eravate molto uniti e pronti ad aiutarvi...Scommetto che non c'erano gli invidiosi come in classe nostra!"

Disse Elisa prelevando un biscotto prima di allungare il pacchetto con gli snack verso Rocco ad offrirgliene.

"Eravamo molto uniti!"

Ricordò Rocco con una punta di nostalgia. Certo non era stato un periodo bello per lui quello che era seguito al coma eppure sapeva bene che senza i Braccialetti Rossi non ce l'avrebbe mai fatta.

"Domani abbiamo compito sull'Eneide. Achille, Ettore, Greci, Troiani...ho una confusione in testa che nemmeno se avessero scoperchiato il vaso di Pandora!"

Rocco rise sotto i baffi e non solo per l'espressione tragicomica con la quale la ragazza aveva mimato la sua frustrazione ma, soprattutto, perché aveva scoperto che la mitologia appassionava Elisa quanto lui.

Era un interesse strano che sicuramente avrebbe fatto strabuzzare gli occhi ai compagni che passavano interi pomeriggi attaccati alla play station o a navigare in Internet sui social network. Era un interesse d'altri tempi che rendeva Elisa... speciale

Rocco non fece in tempo ad aggiungere niente perché l'intervallo era finito.

Dovette aspettare, pazientare per due noiose ore di lezione di tecnica prima di avere l'opportunità di finire la conversazione con Elisa.

La ragazzina era nel cortile della scuola, forse in attesa di uno dei suoi genitori. Era sola e Rocco decise di avvicinarla.

Se c'era una cosa che aveva imparato dalla solitudine sperimentata per otto mesi in quella fantascientifica piscina era di non avere mai più esitazioni e di cogliere l'attimo.

Carpe diam

Avrebbe detto Tony prima di lanciarsi in qualche improbabile spiegazione di quel motto.

"Pensavo che potremmo studiare insieme per il compito di domani. Mia madre ha una copia dell'Eneide e anche dell'Odissea, magari potrebbe darci una mano...E se non può darcela con lo studio ce la darà con il cibo: prepara degli snack che sono la fine del mondo!"

Elisa era rimasta con il suo telefonino in mano, colpita da quel turbine di parole. Non aveva mai sentito Rocco tanto prolisso e quindi ne fu meravigliata. Piacevolmente meravigliata.

"Io ho degli appunti..."

Stava cercando scuse per non studiare con lui? Lo stava liquidando in quattro e quattr'otto?

"Potrei portarli e vedere se riusciamo a cavare un ragno dal buco! Alle tre a casa tua?"

Era una specie di appuntamento? Aveva il suo primo appuntamento con una ragazza sia pur a casa sua e sotto l'occhio vigile di sua madre?

Rocco si sarebbe messo a saltare di gioia ma si limitò a sorridere felice.

"Va bene, va benissimo. Io ti aspetto!"

Elisa annuì e fece per andarsene. Dopo pochi passi però tornò nel punto dove Rocco era rimasto fermo e gli stampò un bacio frugale sulla guancia.

"Avevo scordato di salutarti. Ci vediamo pomeriggio!"

E corse via mentre Rocco si portava la mano sulla guancia come a voler intrappolare quel bacio per sempre.

Si voltò e dall'altro lato della strada vide un ragazzo su una moto che faceva gesti complici vero di lui, facendogli ok con le mani.

Alla fine Tony era stato di parola e, seppur in ritardo, era lì per essere un sostegno nel bene come nel male. E stavolta, finalmente, si trattava del bene.

********** *******

Che romantico il nostro Rocco, vero? Ringrazio infinitamente AngeloBiondo99 e Letty2000 per le loro bellissime recensioni ^^

A prestissimo!

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Capitolo 13
*** Uno per tutti, tutti per Vale ***


Iniziare la giornata, il sabato mattina, con un libro in mano non è la massima aspirazione di ogni studente men che meno quando, a rigirare il coltello nella piaga, ci si mette l'argomento assegnato dalla professoressa.

Leo spaginò svogliatamente il suo libro di filosofia e, tra uno sbadiglio e l'altro, cercò di sottolineare i paragrafi più salienti. Doveva impegnarsi almeno un po' per superare la verifica il lunedì successivo e tenersi al passo con i compagni. Non ne aveva mai parlato con nessuno ma il suo sogno era di diplomarsi a scuola, come un ragazzo normale , l'anno successivo.

Concentrarsi sui libri, inoltre, lo distraeva dal pensiero di Vale. Si era accorto che dal giorno prima l'altro era strano, quasi sconvolto, ma aveva preferito non chiedere e lasciare che l'altro sbollisse la rabbia, a qualsiasi cosa fosse dovuta, prima di tentare un nuovo approccio con lui.

Perché se aveva imparato una cosa dalle precedenti discussioni era che fosse meglio essere cauti con Vale.

Inoltre la sera prima Ester aveva preparato una tazza di valeriana per il suo compagno di stanza ma questo non era servito a conciliarne il sonno e Leo lo aveva sentito agitarsi per tutta la notte.

Fremeva dalla voglia di sapere ma quando si era svegliato aveva trovato il letto di Vale vuoto.

"La vita è sofferenza. Bella forza che ci danno questi filosofi...se quella sadica sapesse che questi depressi spingerebbero al suicidio ci darebbe da leggere i fumetti di Topolino!"

Commentò Leo dopo aver letto qualcosa su Schopenhauer.

"E alla commissione d'esame come gliele racconti le mirabolanti avventure in quel di Topolinia o di Paperopoli? Leo, se si chiamano esami di maturità ci sarà un motivo..."

Asia che aveva sentito la recriminazione del fratello, gli si avvicinò sorridendo e gli stampò un bacio sulla guancia.

"Beh qualcuno disse che il bambino che è in noi non muore mai. E mi sembra non sia stato quell'allegrone di Leopardi a dirlo!"

"Infatti la poetica del fanciullino è del Pascoli. Allora cosa studi di bello?"

Leo guardò sornione sua sorella e poi la stuzzicò cercando di colpirla con la matita.

"Ma sentila parla come una maestrina. Comunque non c'è niente di bello nello studiare le differenze e le analogie tra Leopardi e Schopenhauer! Se questi due avrebbero fatto una sfida a chi fosse più pessimista e sfigato sta certa che sarebbe stato un bel pareggio!"

Asia si mise a ridere e iniziò a sistemare i cambi e le riviste nuove che aveva portato al fratello mentre lui si riconcentrò sul suo libro.

"Ciao Leo!"

Fu quella voce incerta di donna a distrarlo dopo qualche minuto.

"Ciao mamma di Vale...Lui non c'è, è sparito forse mezz'ora addietro!"

Nora si sforzò di sorridere nel vedere sempre l'allegria dipinta sul viso di quel ragazzo nonostante tutte le prove che la vita gli aveva riservato fino a quel momento.

"Lo so, Vale è con suo padre. Ecco, veramente, io vorrei parlare con te!"

Asia e Leo si scambiarono un'occhiata poi la ragazza capì che era meglio lasciarli soli.

"Vabbè io vado a prendermi un caffè...ne porto uno anche a te, Nora. Tu Leo vuoi una coca cola?"

Leo annuì ma non poté farsi sfuggire l'occasione di stuzzicare la sorella.

"Vedi di non stare troppo appiccicata a Johnny mentre sorseggiate il vostro caffettino e non distrarlo troppo...è di turno!"

Asia arrossì e si congedò dopo aver fatto una linguaccia a Leo.

Nora cercava di sorridere delle schermaglie tra i due fratelli ma il sorriso non arrivava ai suoi occhi velati.

"Come sta Vale? C'è qualcosa che non va, vero?"

Nora annuì e sedette sulla sponda del letto.

"Brutte notizie, c'ho preso?"

Nora deglutì, si asciugò una lacrima e si fece forza per raccontare.

"Il tumore è tornato. Vale rischia di...di perdere il braccio. Lui non vuole più combattere però!"

Leo conosceva benissimo tutte le sensazioni di rabbia, di impotenza, di sconfitta che si accavallavano in quel momento nell'animo dell'amico.

"Che significa che non vuole combattere?"

"Ha rifiutato di fare l'operazione che potrebbe farlo guarire, ha rifiutato ogni cura. Vuole tornare a casa e...Io e suo padre non possiamo costringerlo a restare qui, a farsi curare. La dottoressa è riuscita a malapena a trattenerlo per il weekend nella speranza che cambi idea. Vale non lo farà, conosco mio figlio!"

Leo gettò un'occhiata distratta alla copertina del suo libro e poi realizzò una cosa che ebbe paura a chiedere ad alta voce.

"Se Vale non si opera, può...potrebbe..."

"Potrebbe morire!"

Concluse per lui Nora tirando su con il naso. Poi prese una mano di Leo.

"Ho bisogno di te, Leo. Vale ha bisogno di te, di tutti voi. Dovete aiutarmi a farlo ragionare!"

Una luce determinata brillò negli occhi del ragazzo e strinse forte la mano della donna.

"Faremo ragionare quel testone, mamma di Vale!"

Disse riuscendo, con la sua battuta, a strapparle un sorriso nonostante la sua disperazione.

**** *** ****

Riunire gli altri Braccialetti Rossi era stato semplice. Tony e Rocco bazzicavano in ospedale quasi ogni sabato pomeriggio e per contattare Cris era bastata una semplice telefonata.

I quattro ragazzi erano riuniti nella sala-studio. Era un posto tranquillo e a nessuno sarebbe venuto in mente di andare lì di sabato pomeriggio.

"Hai l'occhio vispo. Tu non me la racconto giusta, furbetto!"

Leo aveva esaminato attentamente l'espressione beata di Rocco e aveva intuito qualcosa.

"Ehi il furbo sono io! E poi il nostro Rocco si sta facendo grande!"

Puntualizzò Tony ammiccando verso l'amico. Leo e Cris scoppiarono a ridere mentre il povero Rocco sprofondava nell'imbarazzo.

"Ragazzi se vi ho chiesto di vederci tutti insieme è perché uno dei Braccialetti ha bisogno del nostro aiuto!"

Venne al sodo Leo, assumendo un'espressione seria.

"Vale?"

Chiese Cris conoscendo già la risposta.

"Lo so che è stato un cretino negli ultimi tempi ma non per questo dobbiamo abbandonarlo. Vale sta passando un momento difficile e ha perso la voglia di lottare. Dobbiamo aiutarlo a ritrovarla prima che sia troppo tardi!"

I ragazzi abbassarono lo sguardo alla ricerca di un'idea. Tony fu il primo a parlare.

"Potremmo fargli un mega disegno come abbiamo fatto con te quando non ne volevi sapere di ricominciare la chemio!"

Leo scosse la testa.

"Se la Lisandri ci sorprende ancora ad imbrattare i muri dell'ospedale, stavolta, ci denuncia davvero per danneggiamento dei beni comuni! E poi l'artista è Vale...qualcuno sa disegnare come lui?"

Tony, Rocco e Cris scossero la testa.

"Parliamo con lui. Tentiamo di persuaderlo con le parole!"

Propose la ragazza.

"Possiamo fare un tentativo, ma serve altro. Dobbiamo pensare a qualcosa di più incisivo ed eclatante, qualcosa che lasci il segno. Le parole non bastano in momenti come questi!"

Precisò Leo con voce triste.

"Usiamo i disegni di Vale. Cioè...ci facciamo portare i suoi disegni dalla madre e potremmo farne un'esposizione!"

Questa volta l'idea era di Rocco. E sebbene dapprincipio era sembrata una cosa assurda e irrealizzabile, pensandoci bene agli altri sembrava davvero l'idea giusta.

"C'è solo un problema: dove la troviamo una galleria d'arte?"

Leo espose le difficoltà nel realizzare quel progetto.

"Ci penso io. Mio padre ha un amico, un critico d'arte, che organizza esposizioni e mostre due volte al mese. La prossima esposizione è sabato prossimo. Corro a chiedere il suo aiuto...Rocco ti va di accompagnarmi? "

Il ragazzino annuì contento e gonfiò il petto orgoglioso della sua idea.

"Io e Tony andiamo dalla mamma di Vale a recuperare la materia prima!"

"Che?"

Chiesero tutti confusi dal modo di parlare di Leo.

"I disegni di Vale, no!"

"Ah!"

Risero. Era tornata la complicità di un tempo e Leo non poteva non esserne felice. Solo una cosa gli impediva di abbandonarsi completamente a quella bella sensazione...la preoccupazione per Vale.

"Venite qua ragazzi. Allora siamo tutti d'accordo?"

Leo chiamò a raccolta il gruppo intorno a sé e allungò la mano. Le mani di Cris, Tony e Rocco si frapposero sulla sua.

"Uno per tutti..."

"Tutti per Vale!"

******* *********

Ringrazio infinitamente quanti hanno letto fin qui. Un grazie speciale a chi ha recensito, a coloro che hanno inserito la storia tra le preferite e le seguite^^

Buona domenica a tutti!

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Capitolo 14
*** Restami pure vicino ***


Il dottor Carlo non voleva vederlo arrendersi tanto facilmente così aveva braccato Vale proponendogli altre soluzioni.

Avrebbero potuto tentare con la chemio e sperare di avere fortuna.

Avrebbero potuto fare una biopsia e procedere all'asportazione del tumore se fosse risultato benigno.

Avrebbero tentato. Condizionale.

Il dottor Carlo non era stato in grado di dargli nessuna certezza e Vale non si sentiva né tanto fortunato, né tanto coraggioso da sfidare la sorte.

"Devi stare tranquillo. Vedrai che con la chemio o con qualsiasi altra diavoleria i medici abbiano in mente ti rimetteranno in sesto. Suvvia amico non è da te arrenderti così!"

Vale ignorò la vocina di Davide, insolitamente incoraggiante dacché fino ad allora quella vocina aveva ghignato solo provocazioni. Si girò su un fianco e restò a fissare la parete: non aveva voglia di fare colazione.

"Pensavo che solo io fossi tanto pazza da resistere a tutto questo ben di Dio. Che fai copi i miei digiuni scellerati e lasci la colazione intatta?"

Quella voce strappò Vale dal suo stato di trance anche se faticò un poco a capire che a parlare fosse stata una persona vera e non la sua coscienza.

"Cris!"

Sussurrò tirandosi a sedere. Non l'aveva più vista da quando avevano lasciato l'ospedale mesi prima e ora gli sembrava ancora più bella di quanto ricordasse. Più bella di quella ragazza, in bilico tra acqua e ghiaccio, che lui aveva dipinto.

"In carne ed ossa. Più ossa che carne ma..."

Cris era spiritosa e non sembrava per nulla imbarazzata dal lungo periodo durante il quale non avevano avuto contatti.

"Che ci fai qui?"

Stupido Vale! Ti sembra questa la domanda da fare ad una sventola come Cris? E poi ti chiedi perché lei ti abbia mollato. Lei è qui, approfittane, no?

"Sta un po' zitto!"

Cris inarcò un sopracciglio incuriosita da quello che Vale aveva sussurrato all'indirizzo del fantasmino dispettoso.

"Cosa?"

"Niente. Allora perché sei qui?"

La ragazza tolse la borsa a tracolla e avvicinò il vassoio con la colazione spezzando in due una soffice brioche, ne diede una metà a Vale e se ne portò un pezzo alla bocca.

"Avevo bisogno di un amico con cui dividere la colazione. Sai, nemmeno io avevo tanta fame stamattina. Avevamo promesso che la nostra amicizia sarebbe stata forte, ricordi?"

"Non sempre si possono mantenere le promesse!"

Vale si accorse che Cris mangiava di controvoglia e si sforzava per finire la sua porzione di dolce.

"Stai male di nuovo, è cosi?"

"Anche tu, no? Sembravamo così diversi e invece siamo così simili io e te. Io ho bisogno dei miei amici per stare di nuovo bene e anche di te. Me la fai una promessa, Vale?"

Cris gli aveva preso una mano tra le sue e lo guardava intensamente negli occhi.

"Ti ho appena detto che non sono bravo a mantenerle!"

"Sforzati, fallo per me! Prenditi ancora una settimana di tempo per pensare e se tra sette giorni non avrai cambiato idea ti prometto che ti lascerò in pace. Non insisterò."

"Lo sanno anche gli altri?"

Cris annuì.

"Ti va di parlarne?"

Vale scosse il capo.

"Voglio solo fare colazione con te. Quei biscottini sembrano invitanti!"

Cris sorrise e prese la scatola dei dolciumi riuscendo perfino a mandarne giù un paio e a trovarli squisiti. Il primo passo era fatto, ora toccava agli altri.


Rocco pensò ad un bel colpo di fortuna quando sua madre Piera decise di andare ad intrattenere i bambini in ospedale quella domenica pomeriggio. La donna lo guardò un po' sorpresa quando lo vide prepararsi lo zaino frugandovi dentro i libri di matematica.

"Tesoro se devi studiare restiamo a casa. La clown terapia può aspettare, i tuoi bei voti no!"

Aveva commentato Piera che non aveva mai visto il figlio tanto ligio allo studio.

"Tranquilla mamma, in ospedale c'è qualcuno che potrà darmi una mano con l'aritmetica!"

Aveva risposto sicuro di sé il piccolo impedendo che i suoi progetti venissero sventati.

Detto fatto. Nel primo pomeriggio si ritrovò nella stanza di Leo e di Vale con tutto il necessario per finire i compiti per il giorno dopo. Vale che stava tentando di disegnare ma non avendo nessuna ispirazione se ne restava da quasi mezz'ora dinnanzi al foglio bianco, lo accolse con circospezione.

"Leo non c'è. Da stamattina se ne sta a giocare fuori con Ruggero e con gli altri...Ha avuto il suo permesso del sole o come cavolo si chiama!"

Anticipò Vale facendo uno schizzo con la matita sul suo album.

"Ah poco importa. Io cercavo te, Vale!"

"Me. E perché?"

Lo sapeva bene il perché ma cercò di non irritarsi.

"Mi serve il tuo aiuto!"

"Per cosa?"

Rocco rovesciò i libri e i quaderni sul tavolo.

"Aritmetica. Devo trovare il minimo comun denominatore. Allora, mi aiuti?"

Vale indicò la sedia libera invitando Rocco a sedersi quindi iniziò a dare un'occhiata agli esercizi.

"Dai sono facili. Dammi una penna così ti spiego come fare!"

Con le sue spiegazioni Vale riusciva a rendere semplice anche quello che, a scuola, era sembrato incomprensibile.

"Dovresti fare il professore da grande!"

Commentò Rocco, entusiasta quando anche al problema di geometria ottenne il risultato corretto.

"Vorrei tanto diventare grande..."

Vale sussurrò quella frase criptica intristendosi, poi sorrise e scompigliò i capelli di Rocco.


La giornata non era ancora finita e un altro Braccialetto si presentò da Vale.

"Allora ditelo che è una congiura contro di me!"

Sbottò il diretto interessato ma, dopo l'indignazione iniziale, dovette fare uno sforzo per non ridere. Tony era davvero buffo con il naso rosso da clown e un cappellino da festa in testa.

"Veramente io sono venuto ad invitarti ad una festa. Una festa di compleanno!"

"Non ho niente da festeggiare, Tony!"

"No, non ci siamo capiti. C'è un ragazzino nel mio reparto che oggi compie dieci anni e ha insistito perché venga anche tu quando spegnerà le candeline. Sai lui è in ospedale da tanto tempo...Ed è come te!"

"Che significa come me? E come fa a conoscermi?"

Anziché rispondere, Tony si affacciò nel corridoio facendo cenno a qualcuno di avvicinarsi. Un bambino con la testa calva, gli occhi infossati ma, nonostante tutto, con un grande sorriso sul volto fece la sua comparsa.

"Ciao, io sono Andrea!"

"Valentino!"

"Vale, il vice leader. Tony ci racconta sempre le avventure dei Braccialetti Rossi e ognuno ha il suo preferito: Anna stravede per Leo, Sara per Tony e io ho una simpatia per te!"

Vale guardò stralunato prima Andrea, poi Tony.

"Allora ci vieni alla mia festa?"

Tony prese di parte Vale e gli sussurrò nell'orecchio:

"Gli ho promesso che saresti stato il mio regalo di compleanno per lui, dai non deluderlo!"

Vale si trovò con le spalle al muro, si volse verso Andrea che lo guardava con occhi imploranti.

"Va bene. Ma voglio una mega porzione di torta!"

Dovette ammetterlo a sé stesso: essere circondato da ragazzini che intonavano "Tanti auguri a te", che battevano le mani felici e trovavano la forza per farsi scherzi innocenti lo divertì e lo fece ridere come non faceva da tempo.

Per qualche minuto Vale riuscì a dimenticarsi di sé stesso.

"Allora hai espresso un bel desiderio prima di spegnere le candeline?"

Chiese Tony al festeggiato quando tutti ebbero la torta.

"Si. Voglio essere coraggioso come Vale!"

Disse il bambino e gli altri fecero eco. Lui restò spiazzato.

"Io non sono coraggioso!"

"Oh si che lo sei!"

Lo contraddisse una bambina.

"Tu hai portato una rosa speciale a Cris il giorno della tua...beh della tua operazione!"

Continuò un'altra, Anna.

"Io me la sarei data a gambe...Altro che smancerie con le femmine!"

Aggiunse un ragazzino che a Vale ricordava Davide. Gli occhi di quello caddero sulla sua gamba amputata e arrossì per la gaffe di poco prima.

"Ops scusa!"

Ma Vale con quei bambini segnati dalla vita e ancora capaci di sorridere aveva trovato la forza di ridere anche del suo handicap.

"E perché ti scusi, battuta geniale! E poi che altro vi ha raccontato Tony? Ve lo ha raccontato di tutte le volte che si è schiantato contro qualche muro con la sua sedia a rotelle? Tony sei un pericolo con qualsiasi mezzo di trasporto!"

Risero e Tony rise con loro. Era riuscito nell'intento più difficile: far tornare Vale quello di un tempo e a sorprenderlo fu il "grazie" che l'amico gli destinò prima di congedarsi da quella festicciola improvvisata.


Leo aveva passato la serata a guardare il posticipo di serie A assieme a Nicola, a Ruggero e ad un nutrito gruppo di tifosi.

"Oh certo che l'Inter fa davvero schifo in questo campionato. Scudetto addio! Te di che squadra sei?"

Travolse Vale con quel fiume di parole mentre spingeva la carrozzina verso il suo letto. Il compagno di stanza gli voltava le spalle.

"Io non seguo il calcio!"

Disse con una strana voce.

"E che significa? Anche Asia non ne capisce un'acca eppure tiene alla Roma perché è cotta di Totti fin da ragazzina! Allora?"

"Te l'ho detto Leo non me ne frega niente!"

Esplose e Leo si accorse che aveva le gote umide.

"Stai piangendo?"

Sì stava piangendo. Per qualche ora aveva dimenticato tutto ma quando si era spogliato davanti allo specchio e lo aveva sfiorato era stato uno schiaffo in faccia: il tumore era ancora lì, anzi gli sembrava addirittura cresciuto.

"Non è niente!"

Vale si affrettò a passarsi una mano sul viso. Leo gli si avvicinò e gli mise una mano sulla gamba sana.

"Ehi non dire cazzate! Se vuoi lasciato in pace, bene. Se vuoi restare solo mi vado a cercare un'altra stanza ma non dire che stai bene. Non ci credi nemmeno tu!"

Leo spinse la sua sedia verso la zona con le sue cose e iniziò a recuperare il pigiama e le cose che gli sarebbero servite per la notte. Forse avrebbe potuto chiedere asilo a Ruggero.

"Aspetta!"

Lo fermò Vale quando ormai era vicino alla porta.

"Resta. Restami pure vicino Leo!"

Si passò una mano sugli occhi stanchi e non si vergognò più di far vedere la sua bocca tremante e le lacrime fino ad allora represse.

Leo gli si avvicinò e lo abbracciò.

"Piangi, ti fa bene. Piangi, io sono qui con te!"

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Capitolo 15
*** Inaspettato ***


Era stata una bella mattina a scuola, spensierata come non succedeva da tantissimo tempo.

Cris si era ritrovata a passarsi lo smalto sulle unghie con la sua compagna di banco, di nascosto dalla prof di francese, aveva riso e si era appassionata alla lezione di filosofia e aveva ciarlato con le amiche e decantato tutti i pregi di Leo, il suo fidanzato.

Lo aveva orgogliosamente definito con quel termine e aveva fatto sospirare le altre ragazze che le avevano fatto promettere che presto lo avrebbe presentato anche a loro.

Le ultime interrogazioni da preparare, le calde e splendide giornate di primavera, quell'atmosfera da ultimi giorni di scuola le ridavano entusiasmo e lei si sentiva rinascere.

All'uscita da scuola aveva mille progetti a cui cercava di dare ordine nella sua testa: avrebbe studiato per l'interrogazione di latino dell'indomani, avrebbe telefonato a suo padre per convincerlo ad aiutarla nella sorpresa che i Braccialetti volevano fare a Vale, avrebbe aiutato Carola a rimettere in ordine la casa e poi sarebbe andata da Leo.

Sorrise pensando che l'ultima voce della lista fosse la più importante e si affrettò per non perdere tempo.

Non era più la Cris apatica di un anno addietro o di un mese prima. Era incredibile come, ancora una volta, la vicinanza degli amici fosse stato un toccasana per lei.

"Ciao Carola, sono a casa. Mi preparo un panino al volo e corro in camera a studiare. Chissà perché gli ultimi giorni di scuola i prof diventano aguzzini!"

L'entusiasmo della ragazza però si smorzò quando si accorse che la sorella aveva degli ospiti. Ospiti inattesi e indesiderati.

"E voi cosa ci fate qui?"

Domandò tagliente, mettendosi sulla difensiva.

Una donna elegante e snella le si avvicinò, la squadrò ma non osò toccarla.

"Cristina ancora con queste cattive abitudini alimentari! Che intenzioni hai?"

Cris ignorò quell'osservazione e la successiva domanda e rivolse uno sguardo furibondo a sua sorella.

"Glielo hai detto! Pensavo di potermi fidare almeno di te e invece sei una traditrice! Giuda! Sei proprio come loro!"

" Cerca di ragionare Cris: non potevo tenerli fuori!"

"Ma loro si sono guardati bene dal tenersi fuori dalla mia vita mentre ero in ospedale!"

Urlò la ragazza non riuscendo più a controllare la sua rabbia.

"Adesso basta, signorina. Siamo i tuoi genitori ed è nostro diritto sapere cosa sta accadendo!"

Tuonò un uomo distinto seduto vicino a Carola.

"Come puoi parlare di diritti, papà? Io sono la sola in famiglia a non averne, vero? La sola che deve sempre stare zitta ed ascoltare. Non c'è mai una volta che qualcuno ascolti me!"

Le erano salite le lacrime agli occhi eppure dopo quello sfogo, dopo essersi alleggerita di quel peso che si portava dentro fin da quando erano iniziati i suoi problemi con il cibo, si sentiva più libera.

"Non essere ingiusta, Cris. Noi ti vogliamo tutti bene e mamma e papà sono qui per te e non per litigare con te!"

Cercò di mediare Carola.

"Ah si e che tipo di aiuto vogliono offrirmi stavolta? Mandarmi da un nuovo strizzacervelli?"

" Cristina siamo qui perché tuo padre ha ricevuto una buona proposta di lavoro a Milano. Ci trasferiamo per il prossimo anno e vorremo che tu venissi con noi!"

Svelò sua madre d'un fiato. Cris barcollò a quella notizia inaspettata e dovette sedersi.

"State scherzando? O sei stata tu a proporglielo Carola perché non mi vuoi più tra i piedi?"

"Non dire sciocchezze, tua sorella non si è mai lamentata. Pensiamo sia una buona cosa per te cambiare aria, fare nuove esperienze, frequentare altra gente. Ci sembra che il periodo del tuo stage nella città meneghina sia stato un periodo felice. Quando sei tornata ti sei ammalata di nuovo..."

Constatò tristemente suo padre.

"Già felice!"

Sbottò Cris. Che ne sapevano loro della nostalgia, delle lacrime che aveva versato ogni sera, dell'impazienza di tornare?

"Cristina una ragazza della tua età ha bisogno di respirare vita, di divertirsi, di distrarsi. Non mi sembra tanto salubre che tu passi le tue giornate in ospedale con persone malate!"

In quel momento Cris odiò sua madre con tutta se stessa. Non le avrebbe mai perdonato quell'affermazione infelice intrisa di pregiudizi.

"Che c'è? Hai paura che mi contamino, hai paura del giudizio delle tue amiche snob quando sapranno che tua figlia è innamorata di un ragazzo senza una gamba? Sai una cosa mamma: l'unico morbo di cui Leo e gli altri possano infettarmi è la loro voglia di vivere. Ti sembrerà strano ma c'è molta più vita in quell'ospedale che in quella stupida palestra dove mi sono allenata per ore!"

La signora era diventata paonazza e per impedire che la situazione degenerasse, suo marito, un uomo pacifico, cercò di mantenere calmi gli animi.

"Ascolta Cris: nessuno vuole sradicarti dal tuo piccolo mondo, solo che vorremmo che tu riflettessi con calma sulla nostra proposta. Ti propongo un compromesso: lunedì io devo partire per Milano e starò lì tre giorni, tu vieni con me e inizi a considerare tutte le possibili opportunità per l'anno prossimo. E non voglio un no come risposta!"

Cris si sentì in trappola ma non potte obbiettare.

"Va bene, verrò! Vado a studiare da una mia compagna di classe o avete obiezioni?"

Raccattò i suoi libri e finalmente la lasciarono in pace.

Ovviamente aveva detto una bugia perché c'era una sola persona che in quel momento avrebbe potuto confortarla e consigliarla.


Vale e Leo stavano giocando a carte e le loro voci si udivano fin nel corridoio. Il primo stava accusando l'altro di aver barato ma il leader si difendeva bene da quell'accusa.

Dopo la sera nella quale Vale aveva fatto cadere la sua corazza, i rapporti tra i due amici erano migliorati anche se entrambi avevano la sensazione che qualcosa si fosse spezzato rispetto al passato.

Sentendoli prendersi in giro, Cris si arrestò un momento ad ascoltare dietro la porta colta da una sensazione di felicità e di nostalgia allo stesso tempo.

"Ciao Cris. Perché te ne stai nascosta dietro la porta?"

Vale era stato il primo a notarla e la ragazza fece un passo in avanti.

"Probabilmente si sta divertendo un mondo a sentire tutte le cazzate che stai dicendo! Vero bellezza?"

Scherzò Leo facendo l'occhiolino a Cris, attirandosi un'occhiata contrariata da Vale.

Cris però non rideva affatto. Era agitata e aveva un'espressione triste dipinta sul volto.

"Devo parlarti!"

Fece rivolta a Leo.

"Vi lascio soli, vado a farmi un giro. Quando torno voglio la rivincita signor Baro!"

Vale claudicò verso il corridoio ricevendo un sorriso di ringraziamento da Cris e una smorfia poco carina da Leo.


Sapeva che lasciare quei due soli era la cosa giusta ma non aveva la minima idea su dove andare. Forse sarebbe potuto passare a fare un saluto a Nicola, ammesso che l'anziano uomo si ricordasse di lui...

Devi andare al reparto maternità!

La vocina di Davide era stranamente agitata.

"Non ci tengo proprio ad andare a contemplare bambini frignanti!"

Non capisci Vale. Lilia è stata ricoverata questa mattina e mio padre ha perso il volo e arriverà tardi: voglio che qualcuno sia con lei quando nascerà la mia sorellina!"

"Davide siamo in un ospedale: ci saranno i medici e le ostetriche ad aiutare tua madre. Che centro io?"

A Vale non piaceva il termine matrigna e sapeva quanto Lilia avesse amato Davide, proprio come una madre vera.

"Ma è possibile che con te devo sudare sempre le proverbiali sette camice? Lilia ha bisogno di qualcuno che la rassicuri e siccome io posso fare ben poco, ci penserai tu a sostituirmi. Ricordati che niente accade per caso, Vale!

Pur di non farsi sopraffare dai sensi di colpa e di sentire quella vocina continuare a rinfacciargli qualsiasi cosa facesse, Vale, alla fine, cedette.

"Va bene: ma andiamo in ascensore! Non posso farmi le scale fino al terzo piano con una gamba sola!"

Premette il pulsante di chiamata e quando la porta si aprì una donna lo fissò sorpresa dall'interno.

"Vale!"

Era struccata, sofferente e teneva una mano dietro la schiena e una sull'ingombrane pancione ma era sempre bellissima.

"Ciao Lilia. Come mai qui?"

Certo quella era una domanda idiota ma a Vale era venuto spontaneo chiedersi cosa ci facesse una donna in procinto di partorire in un ascensore.

"Mi hanno consigliato di camminare e non riuscivo più a stare in camera. Avevo voglia di una boccata d'aria fresca ma non ce la faccio a ritornare nel mio reparto!"

"Ti accompagno io."

Si propose il ragazzo entrando con la donna in ascensore e spingendo il pulsante per arrivare al terzo piano.

"Allora finalmente la bambina si è decisa!"

Fece Vale sorridendo imbarazzato. Non sapeva proprio cosa dire a Lilia e ringraziò il cielo che il tragitto fosse breve.

La donna si accarezzò il ventre e lo guardò stupita.

"Veramente non sappiamo ancora se sia maschio o femmina. Abbiamo preferito che sia una sorpresa!"

Disse con un dolce languore nella voce. Fosse stato maschio lei e il compagno erano d'accordo sul nome da dargli: Davide.

"Sono certo che sarà bello come la sua mamma!"

Non ci provare con Lilia!

Vale fece un immane sforzo per non sogghignare alla battuta minacciosa di Davide.

Le luci dell'ascensore, all'improvviso, lampeggiarono e un lieve scossone, come un leggero terremoto, fece sussultare i due.

"Che succede?"

Chiese Lilia in preda al panico. Vale cercò di maneggiare con i pulsanti finché non ebbe la certezza della sua paura.

"Siamo bloccati!"

Disse in un soffio. Cercò di recuperare il suo cellulare per chiamare soccorso.

"Ahi!"

L'espressione di dolore di Lilia lo fece voltare. La donna era stata colpita da una fitta al basso ventre e si era accasciata.

"Resisti Lilia, tra poco verranno a liberarci!"

La donna scosse la testa e iniziò a respirare affannosamente.

"Beh speriamo che si sbrighino. Non resisterò a lungo: quest'esserino ha fretta di venire al mondo!"

Lilia era in travaglio. E poteva contare solo su un ragazzo inesperto e sull'aiuto del cielo.

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Capitolo 16
*** Vita ***


"Come nascono i bambini?"

Leo restò esterrefatto nel sentirsi porre quella domanda e allontanò il telefono perché la voce agitata di Vale non gli perforasse il timpano.

O l'amico si era ammattito o era in vena di scherzi poco divertenti.

""Ti potrei dire che li porta la cicogna o che crescono sotto i cavoli ma sei un po' troppo cresciutello per crederci!"

"Accidenti Leo chiama subito qualcuno che sappia come ci si comporta con una donna incinta isterica e terrorizzata!"

No, Vale non stava assolutamente scherzando. Leo aveva capito che la situazione era delicatissima percependo tutta l'inquietudine dalla voce dell'altro.

Appena l'ascensore era andato in tilt, Vale aveva mantenuto il sangue freddo: aveva recuperato il suo telefono e si era immediatamente messo in contatto con Leo. Voleva chiedere che mandassero qualcuno a tirarli fuori di lì ma i tormenti e i gemiti di Lilia lo avevano convinto a modificare la sua richiesta d'aiuto. Tranquillizzare la donna era la cosa più importante.

Venuto a conoscenza dell'intera situazione, Leo si attivò immediatamente per fare il suo.

"Vado subito a cercare qualcuno che ne sappia più di noi. Ti richiamo io!"

Appena Leo riattaccò, Vale fu colto da un momento di panico ma la mano di Lilia che si arpionò al suo braccio lo convinse a mantenere la lucidità necessaria.

"Andrà tutto bene Lilia. Tranquilla, vedrai che presto saremo fuori di qua e il tuo bambino nascerà sano e bello!"

L'espressione di terrore negli occhi della donna però non era mutata.

Dille che le starai vicino. Dille che farai tutto quello che avrei fatto io al posto tuo.

Vale alzò gli occhi al cielo e poi obbedì.

"Lo so che non sarà la stessa cosa e che, forse, ti sembrerà assurdo ma, se tu mi vuoi, io resterò con te anche quando usciremo di qui finché non arriverà il papà di Davide. Beh potrei provare a tranquillizzarti come avrebbe fatto Davide anche se non sono divertente come lui!"

Finalmente vide Lilia abbozzare un sorriso.

"Va bene. Mi fido di te Vale!"

Acconsentì la donna per poi continuare a contorcersi in preda ai dolori.

"Che devo fare?"

Inveì il ragazzo sentendosi impotente in quella situazione.

Potresti raccontarle una barzelletta. La sai quella dell'italiano, del francese e dell'inglese?

"Ti sembra questo il momento?"

Biascicò Vale a denti stretti sperando che Lilia non lo prendesse per pazzo. Ma lei stava troppo male per badare a lui che, all'apparenza, parlava da solo.

Va bene, va bene, come sei permaloso! Un po' di umorismo non guasta mai. Dì a Lilia di fare tutte quelle cose noiose che ha imparato durante il corso preparto e trova qualcosa per tergergli la fronte...Sta sudando come te prima dei compiti in classe di matematica!

Vale si accucciò accanto alla sua compagna di sventura.

"Ascolta Lilia. Devi mantenere la calma: ricordi cosa ti hanno insegnato ai corsi preparto? Tutta quella roba sul respirare e l'inspirare...Dai è il momento di mettere tutto in pratica!"

Da quando in qua sei un esperto degli esercizi di respirazione?

"Mi sono fatto una cultura dopo la mia e la tua operazione. Ti devo ricordare che anche io per poco non ci rimanevo secco se non era per il dottor Alfieri?"

Quel sant'uomo!

"Devo togliere la vestaglia. Mi manca l'aria!"

"Ti aiuto!"

Prontamente Vale si prodigò per aiutare Lilia a svestirsi. La camicia da notte leggera era molto più fresca.

"Lilia hai delle salviettine nella tua borsa?"

Lei annuì. Era una fortuna che l'avesse portata con se nell'eventualità di prendere uno snack al distributore automatico.. Il ragazzo le recuperò e iniziò a tergerle la fronte bagnata.

In quei concitati attimi i due "ostaggi dell'ascensore" avevano dimenticato il tempo che passa. Dieci minuti erano diventati venti. Mezz'ora era diventata cinquanta minuti.

Erano lì dentro da quasi un'ora.

"Vale non ce la faccio più. Devo spingere. Questo bambino deve venire al mondo...adesso!"

Lui si sentì sprofondare e fu tentato di darsi un pizzicotto per accertarsi che fosse tutto vero. Quella situazione surreale non era affatto frutto di un sogno.

"No, no, no! Non puoi, non puoi! Resisti Lilia...Dì al bambino di aspettare un altro po'! Non può nascere in un ascensore e non adesso!"

Ti ho detto che è una bambina. E non ascolterà le tue preghiere: sai è già testarda e dispettosa...Secondo te da chi ha ereditato queste nobili qualità? Lascia che la natura faccia il suo corso...

Vale era esasperato e non si sforzava nemmeno più di rispondere alla voce cantilenante di Davide che se la stava spassando un mondo.

La stretta di Lilia si fece più forte tanto da lasciare un'impronta sul braccio del ragazzo.

"Vale devi aiutarmi!"

Lui restò pietrificato finché, provvidenziale, il telefono vibrò.

"I tecnici sono al lavoro per riparare l'ascensore: ne avranno forse per mezz'ora. Ho trovato il dottor Alfieri: ti potrà dare qualche dritta!"

Annunciò telegrafico e concitato Leo.

"Ma è un cardiochirurgo!"

Obiettò Vale.

"Be ne saprà sempre più di me e di te!"

Tagliò corto Leo passando il telefono al dottore che chiese di parlare con Lilia per capire a quanta distanza si susseguissero le contrazioni.

Dopo quei numeri, per lui incomprensibili, il legittimo proprietario riprese il cellulare con mani tremanti e se lo avvicinò all'orecchio.

"Valentino stammi a sentire bene: Lilia sta per avere il suo bambino e anche molto presto. Sei la sua unica speranza e, anche, la nostra!"

Dapprima non capì l'incipit del dottor Alfieri ma poi un'assurda ipotesi trovò conferma.

"Dovrai seguire tutte le mie indicazioni e vedrai che andrà tutto bene!"

"Devo...Devo..."

Balbettò Vale, diventando paonazzo per l'imbarazzo dopo la prima direttiva del medico.

Già devi sbirciare sotto la gonna di mia madre! Bada che non fa piacere nemmeno a me ma, per stavolta, sorvoliamo...

Anche Davide adesso non si divertiva più e pareva piuttosto seccato.

Vale prese coraggio e sollevò gli orli della camicia da notte della partoriente.

"Oddio!"

Si lasciò sfuggire quell'esclamazione.

"Vedo la testa!"

Distingueva nitidamente una massa di capelli corvini.

"Lilia conta fino a tre e poi spingi!"

Ripeté le indicazioni che giungevano per telefono e le spalle del neonato vennero fuori.

Vale l'afferrò come gli veniva suggerito dal dottor Alfieri.

"Dai Lilia, un'altra spinta ed è finita!"

Con un urlo la mamma di Davide mise al mondo la sua sorellina.

"È una bambina!"

Mormorò commosso Vale prima di accorgersi che la neonata non piangeva.

"Sta bene?"

Chiese apprensiva Lilia.

Strofinala un po'. Guarda...con la vestaglia di Lilia!

Suggerì Davide con la stessa ansia nella voce.

Vale lasciò cadere il telefono e strofinò dolcemente il visino della neonata ripulendola e poi avvolgendola in quella tela di fortuna perché stesse calda.

Il primo vagito, un vagito di vita risuonò nell'ascensore.

"Sta bene!"

Rispose Vale incurante delle lacrime che aveva iniziato a versare assieme a Lilia. Era un'esperienza indicibile e una commozione unica.

Vale era certo che non avrebbe mai più provato una cosa così intensa.

"Vai dalla tua mamma, piccolina!"

Proprio quando mise la bambina sul grembo di Lilia le porte, finalmente, si aprirono.

Restarono tutti increduli e senza parole. Gli infermieri e la ginecologa che erano stati chiamati dal reparto maternità si attivarono subito per riportare Lilia nel suo reparto e sottoporre lei e la piccola a tutti gli accertamenti del caso.

C'era anche il papà di Davide che guardava stranito la sua nuova famiglia.

Prima di essere caricata sulla barella con la bimba in braccio, Lilia prese, ancora una volta, la mano di Vale che era rimasto seduto a terra in ascensore.

"Non dimenticheremo mai quello che hai fatto per noi! E sono certa che anche Davide te ne sarebbe stato grato!"

Disse con le lacrime agli occhi.

Lui rimase lì, intorpidito, finché anche sua madre corse ad abbracciarlo per accertarsi che stesse bene.

"Mamma voglio parlare con il dottor Carlo!"

"Domani, Vale. Ora devi riposare: sarai distrutto!"

"No, subito. Devo dirgli che ho deciso: mi farò operare!"

Nell'istante in cui la vita era passato attraverso le sue mani aveva capito. Amava la vita e non voleva perderla.

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Capitolo 17
*** Il vice ***


Il fatto che lì ci fosse il mare non smetteva mai di stupire i ragazzi. Ad un ospedale, di solito, si associano colori cupi come il grigiore dei giorni più squallidi.

Invece, quello spettacolo mozzafiato era un tripudio di colori e di calore e, se si chiudevano gli occhi, ci si poteva sentire accarezzati dalla brezza marina e sentire il salmastro odore della salsedine impregnare le narici. Con un grande sforzo di immaginazione si poteva addirittura illudersi di essere sulla spiaggia piuttosto che confinati in ospedale.

Era un inno alla vita.

Le mani di Vale formicolarono mentre si destava dal suo sogno ad occhi aperti: improvvisamente gli era venuta voglia di dipingere, di immortalare quello scorcio di Mar Ionio e lasciar fluire, attraverso le tempere, tutte quelle emozioni che scorrevano in lui.

Un foglio bianco, una matita, dei colori l'avrebbero aiutato a non pensare e a renderlo meno nervoso. L'indomani l'avrebbero operato.

"Oggi si sente proprio il profumo della primavera, vero?"

Fu Leo a raggiungerlo sul terrazzo e a distrarlo respirando a pieni polmoni l'aria frizzante. Non c'era niente di più salubre di quell'aria fresca per aiutare i suoi polmoni malati, si diceva.

"Non dovresti essere davanti al televisore a fare il tifoso sfegatato a quest'ora?"

Indagò l'amico riconcentrandosi sul panorama. Leo fece spallucce.

"L'Inter gioca il posticipo e comunque questa domenica non mi interessa molto il calcio. Ho altri programmi!"

Caro, vecchio Leo! Sempre pronto a farsi in quattro per aiutare e sostenere gli amici anche quando ti hanno profondamente ferito e deluso.

Vale sorrise e lasciò che il caldo venticello lo spettinasse. Era una sensazione che amava da quando i suoi capelli erano ricresciuti.

"Guarda com'è calmo oggi il mare. Un tempo mi sarei incavolato di brutto perché, in una giornata come queste, non avrei trovato le onde adatte per surfare. Ora invece chissà che darei per starmene seduto sulla sabbia, con la tavola da surf accanto a me, a guardare quell'immensa distesa d'acqua!"

"Allora vai: se è questo quello che vuoi perché te ne stai qui a piangerti addosso?"

"Leo..."

"Sì, si ci sono le regole e tu non sei un trasgressore. Andiamo Vale non sarebbe la prima volta che ce la svigniamo da questo postaccio...Ti prometto che ti riporto qui per l'ora di cena o, per lo meno, prima che tua madre allerti la polizia!"

Le remore dell'altro caddero definitivamente: era attratto dall'infrangere i divieti, dal fare qualcosa di proibito anche se in buona fede.

"Facciamolo!"


*** *** **

Cris, Tony e Rocco erano seduti sulla battigia mentre le onde si infrangevano ai loro piedi. Stavano sfogliando curiosi un libro quando sul cellulare della ragazza ricevettero la conferma da Leo.

Il leader e il vice leader erano stati molto attenti a non farsi beccare durante la loro fuga e, per loro fortuna, pensarono entrambi non dovettero camminare troppo per raggiungere la spiaggia.

Gli altri tre li videro arrivare sostenendosi uno sulla spalla dell'altro in un movimento coordinato e quasi armonioso.

Leo sorrise amaro perché quella scena, sebbene con notevoli modifiche, gli ricordava il suo sogno. Quel posto meraviglioso dove aveva desiderato essere piuttosto che sdraiato sul lettino a fare la chemio.

Innanzitutto non c'era più Davide in quel quadro perfetto.

E poi lui e Vale, per ovvie ragioni, non avrebbero potuto scavalcare i compagni e correre a tuffarsi in acqua.

"Non ci posso credere. Eravate tutti d'accordo?"

Vale fu piacevolmente sorpreso di trovare lì anche gli altri.

"Diciamo che anche noi volevamo regalarti una giornata perfetta. Siamo stati furbi, no?"

Disse orgoglioso Tony alzandosi per battere una pacca amichevole a Vale. Rocco annuì mentre Cris sorrise lisciando la copertina del libro che aveva sulle gambe.

"Una giornata perfetta significa anche una giornata senza libri. Fallo sparire!"

Fece Leo accarezzando i lunghi capelli della ragazza.

"Tranquillo è un libro sui nomi e sui lori significati. È per Lilia: non hanno ancora scelto il nome della bambina...Comunque lo rimetto in borsa, poi glielo darò!"

Spiegò Cris.

"No aspetta: potremmo farci due risate sapendo cosa significano i nostri nomi anche se io del mio nome vado molto fiero!"

La fermò Tony trovando gli altri concordi. Era un modo come un altro per passare qualche minuto spensierato.

"I miei genitori con me non hanno azzeccato nulla, a cominciare dal nome. Cristina...un nome da Medioevo. E pensare che io in chiesa ci manco da quando ho fatto la cresima!"

Si lamentò Cris per ribadire quanto detestasse il suo nome.

"Beh il mio è stato il nome di diversi papi però mi si addice proprio. Non trovate che io sia un vero Leone?"

Si accordò Leo fingendo di mostrare i muscoli ricevendo i "come no!" divertiti degli amici.

"Eh io c'ho il nome di un santo, sant'Antonio. Ma il mio nome è così bello perché è anche quello di mio nonno!"

Disse filosofico Tony.

"E il mio nome che significa? Vedi un po' Cris!"

Fece impaziente Rocco che non si era mai posto la questione prima di allora.

Gli altri seguirono curiosi Cris mentre spaginava e poi guardarono il bambino con uno sguardo a metà tra il serio e il faceto.

"Corvo o cornacchia!"

Disse alla fine Cris quasi pentendosene quando vide la delusione sul viso del piccolo.

"Beh ma san Rocco era anche il protettore degli ammalati. E poi i nomi possono essere anche bugiardi o non rispecchiarci per niente. Prendi me: che ne potevano sapere i miei che sarei stato tutto il contrario di forte, sano e valente come dice il mio nome?"

Vale si era rivolto a Rocco ma anche gli altri si intristirono a quella verità.

"Ma porti il nome del protettore degli innamorati. Secondo me è molto bello!"

Rispose Rocco di rimando.

"E poi non è vero che non vali, sei bravissimo con il disegno, sei generoso e anche coraggioso. Hai mille pregi e ti sottovaluti sempre!"

Aggiunse Cris.

"E domani saremo tutti fuori da quella sala operatoria per ricordartelo. Vedi di non fare brutti scherzi, scemo!"

Rincarò Leo notando che gli altri tre si muovevano a disagio.

"Io domani devo andare con mio padre a Milano, praticamente mi costringe ad andare con lui per due giorni. Mi dispiace, non sapevo come dirvelo ma ti telefonerò appena sarà finita l'operazione!"

Rivelò Cris evitando di incrociare gli occhi di Leo per rivolgere un sorriso tirato a Vale.

"Io ho compito in classe domani ma appena finisco mi faccio portare da mamma in ospedale!"

"Beh io non ho degli impegni proprio impegnativi ma devo dare una mano a nonno. Prometto che me la filerò appena possibile!"

Anche Rocco e Tony parlarono chiaro.

"Non preoccupatevi ragazzi, non dovete rimandare i vostri impegni per me. Domani non sarà niente di che solo un banale intervento...Niente in confronto a questo!"

Vale batté la mano sulla protesi della sua gamba destra.

Gli altri non trovarono il coraggio di aggiungere altro così toccò ancora a lui rincuorarli e rassicurarli.

"Allora non doveva essere una giornata perfetta? Cosa sono quei musi lunghi?"

Dopo qualche altro gioco e indovinello, Cris, Tony e Rocco si divertivano a rincorrersi e a spruzzarsi d'acqua.

Leo e Vale erano rimasti seduti sulla sabbia a guardarli.

"Io comunque ci sono domani. Non penserai mica che ti faccia andare lì dentro bello e tranquillo!"

Disse Leo dopo un po'.

"Non avevo dubbi!"

Rispose a tono l'altro.

"Leo?"

Vale prese un pugno di sabbia e lasciò che i granelli volassero tra le sue dita.

"Mi dispiace per le cose brutte che ti ho detto quel giorno...beh sì quando sono tornato in ospedale. E mi dispiace per non essere venuto a trovarti in tutti questi mesi!"

"Acqua passata. A me dispiace per averti fatto un occhio nero quindi siamo pari!"

I due si sorrisero e si riconcentrarono sul Furbo e sull'Imprescindibile che stavano rincorrendo la Ragazza mentre giocavano ad acchiapparello.

"Lo sai perché tu sei il vice?"

Chiese di punto in bianco Leo.

"Perché ero con te quando hai deciso di fondare il gruppo?"

"No."

"Perché siamo molto simili anche se io allora ero di avviso opposto?"

"No."

"Perché sapevi che avremmo fatto entrambi il filo a Cris?"

"No, scemo!"

Leo gli diede uno spintone scherzoso e si ritrovarono a ridere.

"Perché ero sicuro che se mi fosse successo qualcosa tu avresti tenuto vivo il gruppo. Non avresti permesso che i Braccialetti Rossi si separassero!"

A Vale sembrava tutto ironico perché era stato proprio lui il primo a non cercare più gli amici.

"E ne sono ancora convinto Vale. Tu saresti un buon leader...se non ci fosse già un leader, ovvio!"

Leo doveva sempre distinguersi con quelle battute che smorzavano la commozione.

"Grazie. Non ti deluderò, non vi deluderò!"

Vale sapeva che qualcosa era cambiato da quando era tornato in ospedale: essersi riavvicinato agli amici, aver aiutato Lilia a far nascere la sua bambina avevano fatto cadere la corazza e vinto le sue paure. Gli avevano ridato la forza di lottare e lo avevano fatto tornare il Vale di un tempo.

Leo gli strinse la mano come a voler suggellare una promessa simbolica che non sarebbe mai più stata infranta.

"Ragazzi venite qua! Dobbiamo fare un augurio particolare al nostro vice!"

Leo richiamo tutti intorno a se mentre le loro mani si sovrapponevano una sull'altra.

"Braccialetti Rossi..."

"Watanka!"

*** **

Un grazie immenso a chi è arrivato a leggere fin qui, a tutti coloro che hanno lasciato una recensione (grazie per le vostre belle parole^^). Grazie a chi ha inserito la storia tra le preferite, le seguite e le ricordare...

A presto

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Capitolo 18
*** Braccio di ferro ***


"Davide. Davide!"

Non ci fu risposta. Nessuna vocina irriverente e impertinente pronta a tirargli le orecchie e a rassicurarlo.

Il suo angelo custode era sparito proprio quando aveva più bisogno di lui. Forse aveva solo immaginato tutto e quei dialoghi al vetriolo con l'amico di un tempo erano stati frutto della sua fantasia.

"Davide!"

Bisbigliò più forte e alla luce mattutina, che filtrava dalla fessura della finestra, vide allungarsi un'ombra verso di lui.

"Ciao Leo!"

Sorrise, girandosi sulla schiena.

"Buon giorno Vale. Stavi facendo un bel sogno?"

Dal tono malinconico della domanda si rese conto che il leader aveva udito il suo particolare richiamo.

"Beh..."

"Stavi sognando Davide, no? Non c'è nulla di strano in questo: capita anche a me. Sognare una persona che non c'è più è un modo per tenerla ancora con noi. Davide manca a tutti noi..."

Come poteva dire a Leo quanto assurdo fosse il suo legame con Davide senza rischiare di essere preso per pazzo?

"Ecco io a volte parlo con lui e ho come l'impressione che lui possa rispondere, che possa ancora irritarmi con le sue battute ma anche aiutarmi!"

"Già: era uno stronzetto dal cuore d'oro!"

Leo giocherellò con l'unico braccialetto che gli era rimasto al polso e cercò di cambiare argomento per non rischiare di mettersi a piangere. Doveva mostrarsi allegro e non rischiare di intristire ancor di più Vale.

"Allora oggi è il gran giorno!"

L'altro sorrise triste distenendo e piegando il braccio, massaggiandoselo e contemplandolo quasi avesse paura non avrebbe più potuto fare quei semplici movimenti.

"Leo c'è una cosa che non ho voluto dire ieri davanti agli altri: anche se l'operazione andrà bene c'è il rischio che possa perdere la mobilità del braccio!"

L'amico rimase spiazzato a quella rivelazione e si accorse che Vale stava tremando.

"Sciocchezze! I medici lo tratteranno bene il tuo braccio..."

Allungò le mani come a voler tastarne i muscoli.

"Il tuo braccio di ferro!"

Vale che era sul punto di piangere si lasciò invece sfuggire una risata appena accennata.

"E io che credevo dicessi il mio braccio d'oro. Invece me lo declassifichi con un metallo senza valore!"

Fu Ulisse ad interrompere i due amici: era andato ad avvisare che tra dieci minuti sarebbero scesi in sala-operatoria.

"Ti ricordi quando prima della mia operazione alla gamba mi hai proposto di dare una festa d'addio?"

Chiese all'improvviso Vale quando furono nuovamente da soli.

"Beh quella era tutta un'altra storia e poi è stata la festa peggiore che abbiamo mai dato. Non è venuto nessuno...a parte Cris!"

"Posso chiederti una specie di festa d'addio anche per il mio braccio...sai nel caso..."

"Nel caso un corno! Oh ma sei proprio uno iettatore a tirartela così!"

Leo si incavolò e girò sulla sedia per allontanarsi.

"Va bene allora l'accetti una sfida perché possa dimostrarti quando è forte il mio braccio?"

"Lo hai già fatto quando ci siamo presi a pugni!"

"Leo!"

"Ok. A cosa vuoi sfidarmi?"

"A Braccio di ferro!"

I due ragazzi tenevano ben fermi i gomito sul piano d'appoggio del tavolo senza che nessuno dei due cedesse di un centimetro. Era una sfida ad armi pari e nessuno dei due voleva uscirne sconfitto: sulle loro fronti si formarono dei rivoli di sudore.

"Ehi ragazzi vi pare il momento di mettere in scena il remake di over the top? E tu risparmia un po' di energie per dopo!"

Ulisse corse per stagliarli ma né Leo né Vale volevano cedere.

"No. Devo batterti Leo e dimostrarti quanto vale il mio braccio!"

Leo ghignò ma alla fine, esausto, lasciò cadere la sua mano.

"Bene! Ora possiamo andare o dovrò dire all'equipe medica che avete una partita da finire?"

Fece ironico l'infermiere. Vale fece un cenno d'assenso con la testa ma nei suoi occhi era leggibile tutta la paura che provava in quel momento. Ulisse si allontanò per andare a prendere la barella.

Leo, continuando a massaggiarsi il braccio, si avvicinò al suo comodino e recuperò un quaderno, lo aprì alla prima pagina e si mise davanti a Vale per leggergli qualcosa.

"Nessuno può colpire duro come fa la vita. Perciò andando avanti non è importante come colpisci, l'importante è come sai resistere ai colpi, come incassi e se finisci al tappeto hai la forza di rialzarti! Così sei un vincente!"

I due ragazzi si guardarono dritti negli occhi.

"Non posso credere che ti appunti le frasi del film sui quaderni di scuola. Avrò visto Rocky almeno sei volte!"

Fece Vale.

"Questa è la frase che mi sono ripetuto prima delle mie sei operazioni, prima di ogni seduta di chemio. Mi ha spronato a non darmi mai per vinto. E vedrai che quando tornerai, tra poco, mi chiederai di fartela copiare da qualche parte!"

"Ti prometto che la scriverò io stesso. Impugnando la penna proprio con questa mano!"

Rispose Vale con la voce tremante, stringendo la mano destra a pugno.

Leo gli buttò le braccia al collo.

"Lo so che sei spaventato ma andrà tutto bene. Parola di leader!"

Ulisse tornò e si sentì quasi in colpa nel dover interrompere quel momento di profonda amicizia.

"Su ragazzi: è ora di andare. In carrozza signorino: i tuoi ti aspettano di sotto!"

"Eh che palle che siete Ulisse: con tutte queste trafile...Guarda che Vale può benissimo venire da solo senza che lo porti sulla barella come un moribondo!"

Leo aveva ritrovato la sua spigliatezza e ora cercava di intralciare l'infermiere facendogli perdere tempo.

"Certo che con te non ci si annoia mai, Leo!"

"Per fortuna: sei che mortorio questo posto senza il nostro Leo!"

Si intromise Vale, facendosi preparare.

Quando arrivarono all'entrata della sala-operatoria, Ulisse si fermò.

"A quanto pare ci sono un po' di persone che vogliono farti un grande in bocca al lupo, Vale! Abbiamo ancora cinque minuti!"

Avvertì facendosi da parte.

Cris, Tony e Rocco si avvicinarono.

"Ragazzi ma cosa ci fate qui?"

Chiese il vice appoggiandosi ai cuscini.

"Non potevamo farti entrare lì dentro senza un in bocca al lupo. Io recupererò il mio compito domani!"

Disse Rocco soffiando sui suoi capelli castani.

"Anche io recupererò il lavoro arretrato in officina nei prossimi giorni. Se ci sarà qualche problema quando sarai lì dentro comunica con me! Lo sai che sono telepatico, no?"

Gli fece l'occhiolino Tony, attirando a sé Rocco.

"Io ho litigato con mio padre, un po' con mezzo mondo ma non importa. Voi quattro siete la mia famiglia: Milano può aspettare!"

Disse Cris, prendendo tra le sue una mano di Vale.

"Grazie ragazzi. Siete fantastici!"

Anche gli altri misero le loro mani su quella di Cris, finché Leo notò i genitori di Vale che erano rimasti in disparte.

"Credo che ci sia qualcun altro che voglia dirti qualcosa. Noi ti aspetteremo qui. Non ci deludere Braccio di Ferro!"

Leo gli strizzò l'occhio mentre Nora si avvicinava ad accarezzare il figlio e suo marito rivolgeva a Vale parole rassicuranti.


*** *** ***

-Pensa a qualcosa di bello. Dividi in due parti. Pensa solo alla prima.

Vale ricordava il consiglio che gli aveva dato l'anestesista durante la precedente operazione e cercò di farne tesoro.

Niente però riusciva a calmarlo in quella situazione di déjà-vu. Gli apparecchi per controllare i suoi parametri vitali, la frenesia attorno, i teli chirurgici e il tavolo operatorio, l'iniezione e la mascherina dell'anestesia...sapeva benissimo come tutto sarebbe proceduto.

"Stiamo per iniziare, Vale!"

Fu l'anestesista a strapparlo ai suoi pensieri.

"Davide!"

Sussurrò quasi impercettibile.

Una cascata di riccioli neri, due occhi scintillanti e un sorriso furbo gli si materializzarono davanti agli occhi. E una mano calda gli accarezzò la gota.

Tranquillo sono qui. Dormi Vale, io non me ne vado. Sarò qui quando ti sveglierai. Andrà bene, lo so!

Poi sentì come un soffio caldo alitargli sulla faccia e si addormentò

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Capitolo 19
*** Un braccialetto speciale ***


Si trovava in un luogo indefinito, rannicchiato con le ginocchia al petto. Sotto di lui fluttuava una distesa azzurra.

Immerse i piedi in acqua e schizzò tutto intorno. Si alzò di scatto e, sul bordo orlato di cemento, iniziò a camminare, un piede avanti all'altro, mantenendosi in equilibrio con le braccia spalancate quasi fosse stato un uccello pronto a spiccare il volo.

Poi iniziò a correre. Era una sensazione stranissima avere di nuovo due gambe.

Si fermò confuso e alzò gli occhi verso l'alto: da un trampolino un ragazzo dai riccioli neri era pronto a tuffarsi.

"Io sono già stato qui. Questa è la piscina dove ho incontrato Rocco. Significa che..."

Vale si guardò con circospezione intorno: qualcosa stava andando male se era finito di nuovo in quel limbo?

"Non significa nulla. Tutti siamo passati o dovremmo passare da questo posto speciale prima o poi!"

Davide era comparso alle sue spalle, con i capelli gocciolanti dopo il tuffo in piscina.

"Anche tu sei stato qui prima di..."

"Si anche io sono stato qui prima di morire!"

Rispose tranquillo Davide. I due amici sedettero sul bordo della piscina rimmergendo i piedi in acqua.

"Io non voglio stare qui. C'è troppo silenzio, troppa solitudine in questo spazio finito. Mi sento soffocare!"

Davide giochicchiò con il braccialetto che portava al polso.

"Allora andiamocene. Il sogno è tuo, sei tu che devi decidere cosa vuoi!"


Leo fissò l'orologio a parete che, stranamente, quel giorno sembrava scandire il tempo a un ritmo più blando del solito.

Le ultime tre ore erano sembrate lunghe quanto una giornata intera.

A fianco a lui sedeva Cris, intrecciando una mano nella sua e vicino a loro Tony e Rocco sospiravano per la lunga attesa senza proferire parola.

Poco distante dai ragazzi, i genitori di Vale non facevano altro che destinare occhiate ansiose alla porta chiusa della sala-operatoria, trasalendo ogni volta notassero un minimo movimento.

Ecco una di quelle rare situazioni nelle quali Leo avrebbe preferito di gran lunga andare a lezione!

"Sapete che gioco mi ha insegnato Vale mentre facevo la chemio?"

Disse all'improvviso non sopportando più tutta quella tensione. Cris, Tony e Rocco lo guardarono curiosi.

"Giocavamo a immaginare un posto dove ci sarebbe piaciuto essere piuttosto che in ospedale! All'inizio pensavo fosse una gran cazzata e invece è stato incredibile scoprire quanto questo giochetto mi potesse aiutare in quei momenti!"

Nora, che non aveva capito tutto quello che i ragazzi si stavano dicendo, rivolse loro un mezzo sorriso.

"Beh potremmo provare a giocare..."

Propose Tony.

"Chiudete gli occhi!"

Ordinò Leo.

"Cosa vedete?"

"Io vedo un mare cristallino in una splendida giornata di sole. Forse è un giorno d'estate!"

Iniziò Cris.

"Io vedo dei ragazzi. Tre, no anzi quattro: tre ragazzi e una ragazza. Siamo noi: la sabbia scotta sotto i nostri piedi ma non osiamo tuffarci in acqua. Stiamo aspettando qualcuno!"

Si concentrò Rocco.

"Io sento dei rumori, moto, navi, ah che dolce il suono rombante dei motori! E poi vedo qualcuno avvicinarsi a noi. No, aspettate un momento, sono due ombre..."

" Io li vedo: si sfilano la maglietta e ci corrono incontro. Sono Davide e Vale!"

Concluse euforico Leo.

"Ehi volevate fare questo mega tuffo senza di noi? Begli amici!"

Rise Davide schizzando Leo.

"Ma smettila. Lo sappiamo bene che l'unico motivo per cui sei venuto al mare con noi è per vedere Cris in costume!"

Lo canzonò Vale.

"Ma senti chi parla!"

Risero prendendosi per mano. Anche gli altri si unirono in quella specie di girotondo, correndo, saltellando, cadendo e rialzandosi con il sorriso sulle labbra.

" Braccialetti rossi siamo di nuovo insieme. Non ci separeremo mai più!"

Giurò Leo.

"Mai più!"

Fecero eco Davide e Vale.

"Mai più!"

Dissero a voce alta Cris, Rocco e Tony come strascico della loro fantasia.

Fu la figura che comparve dalla sala-operatoria a ridestarli dal loro sogno. Si avvicinarono ai genitori di Vale prima che l'oncologo parlasse.

"Abbiamo fatto un esame al microscopio del tessuto asportato dal braccio di vostro figlio. Si tratta di un tipo di tumore che non avevamo mai visto!"

"Che significa?"

Chiese il padre di Vale, mentre sua moglie, temendo il peggio, si era lasciata prendere per mano da lui.

Il dottore si lasciò andare ad un largo sorriso.

"Significa che il tumore era benigno. Lo abbiamo asportato completamente!"

I due si lasciarono andare ad un pianto liberatorio mentre i ragazzi si unirono in un abbraccio collettivo dal quale si staccarono quando notarono che stavano riportando Vale in stanza.

I genitori si avvicinarono alla barella con sopra il figlio sussurrandogli parole dolce e incoraggianti.

"Vale è ancora intontito dall'anestesia. Avrete tutta la vita per parlare con lui. Ora però il dottore vorrebbe dirvi alcune cose: vi aspetta nel suo studio!"

Disse la Lisandri, che aveva assistito all'operazione, ai due genitori ansiosi.

"E voi..."

La dottoressa si rivolse quindi ai ragazzi.

"Sì, sì non dovremmo stare qui. Dobbiamo rispettare gli orari delle visite, abbiamo preso questo ospedale per un parco giochi e bla, bla, bla!"

La fulminò sul tempo Leo. Mariapia Lisandri sorrise sotto i baffi.

"Non capisco perché mi dipingi sempre come la strega della situazione Leo. Io vi chiedo, anzi vi ordino di andare da Vale. Credo gli farà piacere vedere i suoi amici appena si sveglia, no?"

Lasciò di stucco il ragazzo sempre più intenzionato a rivalutare quella megera. Sotto la maschera si nascondeva una bella principessa. Forse il dottor Alfieri non aveva tutti i torti!

"Per favore...per favore..."

Biascicò Vale così intontito che, forse, stava ancora sognando. Leo però non si fidava così quando Cris avvicinò la sua testa a quella dell'amico per capire meglio cosa volesse, scattò.

"E no caro mio. Questi trucchetti non funzionano più: te lo sogni un bacio da Cris!"

Sentenziò incrociando le braccia al petto.

"Veramente volevo un bacio da te, Leo!"

Rispose Vale, girando la testa sul cuscino e accennando un sorriso. Tony e Rocco dovettero soffocare una risata nel vedere la faccia basita del leader a quella richiesta.

"Come ti senti?"

Chiese Cris, sfiorando la mano sinistra di Vale. Lui scosse la testa.

"Già domanda stupida e banale. Comunque è andato tutto bene. Sei stato in gamba!"

Vale già lo sapeva. Sapeva di potersi fidare di quello che diceva Davide.

"Eh avevate dubbi? Il vice non poteva piantarci in asso!"

Aggiunse Tony con un sorriso espansivo.

"Rocco!"

Sussurrò Vale chiamando il bambino che se ne era rimasto in disparte.

"Per favore puoi prendere una cosa per me nella giacca lì sull'appendiabiti?"

Quindi era a lui che Vale stava parlando mentre si svegliava. L'imprescindibile fece come gli aveva chiesto e si sorprese nel ritrovarsi tra le mani il braccialetto rosso che era stato di Vale fin da quando Leo aveva deciso di sfilarselo dal suo polso per darlo a lui.

"Quando mi hai chiesto perché non lo portassi più ti ho detto una bugia. Non lo avevo buttato: l'ho sempre portato con me. Solo che oggi me ne hanno dato un altro!"

Mostrò il braccio sano con un sorriso stanco.

"Stai cercando di dirci che vuoi liberarti di uno dei tuoi braccialetti?"

Chiese pensieroso Leo a cui un po' dispiaceva l'idea che l'amico magari pensasse di allargare il loro gruppo.

"Vorrei regalarlo ad una persona speciale. So che ne abbiano già dato uno a suo padre ma sarà un modo per sentire Davide ancora parte di noi!

Gli altri quattro capirono a chi Vale volesse regalare il suo braccialetto.

"Beh tu hai trovato l'imprescindibile e hai fatto una buona scelta. Mi fido di te. E poi non si può negare nulla a uno che è stato appena operato!"

Disse complice Leo. Rocco si avvicinò e porse il braccialetto a Vale. Stava per afferrarlo con il braccio sinistro poi ci ripensò e decise che quello era il momento della verità.

Leo trattenne il fiato finché non lo vide allungare il braccio e stringere quel prezioso pezzetto di plastica tra le mani.

Sarebbe andato tutto bene.

*** **

Ringrazio infinitamente tutti coloro che seguono questa storia. A tutti voi e agli amici di EFP i migliori auguri per una Buona Pasqua ^^

A presto

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Capitolo 20
*** La sorellina di Davide ***


"Così l'hai sfangata, eh?"

Sorrise Leo gettando, giocosamente, addosso al compagno di stanza una manciata di pezzettini di cartoncino ruvido, appartenente ai materiali artistici di Vale, che i ragazzi avevano deciso di usare a 'mo di coriandolo.

"Credevi che ti saresti liberato tanto facilmente di me, leader?"

Rispose a tono Vale cercando di vendicarsi lanciando altri brandelli di carta verso l'amico. La sua espressione divertita però, al minimo sforzo, si trasformò in una smorfia di fastidio.

"Vacci piano! Non vorrai strapparti tutti i punti!"

Lo riprese Leo ammonendo la sua irrequietezza. Vale sbuffò e si riappoggiò ai cuscini deciso a seguire i consigli dell'amico.

Dopo un po' Leo si concentrò sui suoi fumetti vedendo l'altro assorto nei suoi pensieri.

"Tra qualche giorno sarà il tuo compleanno!"

Disse all'improvviso Vale e Leo si irrigidì: non voleva assolutamente toccare quel tasto e aveva tanto sperato che gli altri se ne dimenticassero.

Vale intuì quei pensieri.

"Leo..."

"Dovevi proprio ricordarmelo, Vale? Vuoi sapere se mi aspetto qualche bel regalo? Beh il destino me ne ha fatti già abbastanza negli anni precedenti: prima mi ha tolto mia madre, l'anno scorso si è preso Davide...e se vuoi saperla tutta ho avuto una fottuta paura che la tua operazione coincidesse con un giorno così maledetto per me!"

Esplose Leo.

"Io non so perché le cose succedono in determinati momenti o perché sembra che il destino si voglia accanire contro di te ma non puoi continuare a ricordare solo le cose brutte il giorno del tuo compleanno!"

"Eppure non c'è niente da festeggiare. Per favore Vale chiudiamo questo discorso! Se vuoi farmi gli auguri quel giorno li accetterò ma poi non voglio più sentirne parlare!"

Chiuse la questione Leo, spostandosi dal letto sulla sedia a rotelle.

"Lilia ha chiesto a noi Braccialetti di raggiungerla, gli altri sono già lì: sembra che abbiano, finalmente, deciso un nome per la sorellina di Davide!"

Vale temporeggiò.

"Non vieni?"

"Sì, sì vi raggiungo tra un attimo!"

Leo lo guardò curioso e preoccupato.

"Tranquillo riuscirò a spingere quest'affare anche con una mano sola e non mi farò saltare nessun punto!"

Lo rassicurò con un sorriso, additando la sua carrozzina. L'altro lo credette e si avviò lungo il corridoio.


Devi organizzare qualcosa per il compleanno di Leo: diciotto anni si fanno una volta sola. Deve avere una festa da sballo!

"L'hai sentito no? Vuole lasciato in pace e lo capisco benissimo. E poi quel giorno..."

Davide aveva capito benissimo perché ogni volta che si accennava a "quel giorno" gli amici si intristivano.

Senti Vale, non voglio che quel giorno sia un mortorio. Ti sembro tipo da piangermi addosso io? Non voglio commemorazioni strappalacrime e melense per quel giorno. Io sono sempre tra le scatole, lo sai bene: io sono sempre stato con voi in questo anno così...particolare. E se vuoi suggerito un modo per onorare la mia memoria: alza il culo e organizza qualcosa di speciale per il compleanno di Leo. Anche perché quel giorno potrebbe ricevere l'ennesima batosta...

Vale trasalì.

"Cosa vuoi dire?"

Io non dovrei interferire con il caso ma non ci riesco a starmene fermo a guardare. Leo non ti ha detto che ha fatto un'altra tac e che molto presto avrà i risultati? Magari proprio il giorno del suo compleanno...

"E non sai se i risultati sono buoni?"

Ehi io sono solo un mezzo angelo per giunta senza ali, mica il Padre Eterno! Leo ti è stato davvero vicino in questo periodo di merda per te...Ora è il tuo turno Vale!

Ormai conosceva Davide fin troppo bene per non sapere che non gli avrebbe detto altro. Si decise quindi a raggiungere gli altri da Lilia.

Ah la mia sorellina ti riserverà ancora molte sorprese!"

Aggiunse il fantasmino con l'aria di chi sa ma non vuole rovinare la sorpresa.


Gli altri Braccialetti Rossi erano chini sulla culla della piccola figlia di Lilia a contemplarla estasiati mentre Lilia e il compagno assistevano alla scena in un misto di tenerezza, di mite rimpianto e di nostalgia.

"Quando sarai una signorina ti insegnerò a truccarti e ti darò un paio di dritte con i ragazzi. Sono sicura che farai stragi di cuori: sei già bellissima!"

Cris teneva tra le sue una manina della neonata, chiusa a pugno, e fantasticava dolcemente.

"Ah bè per come rimorchiare in discoteca non potrai avere maestro migliore di me!"

Disse Leo alla piccola lanciando, intanto, uno sguardo dubbioso verso i genitori e parlando piano sperando che non lo sentissero. Lilia però sorrideva e il papà di Davide sembrava immaginare un universo alternativo: magari immaginava il suo bambino comportarsi così, da fratello maggiore, con quella sorellina che, ne era certo, lo avrebbe conquistato.

"Quando avrai diciotto anni! Si intende!"

Ci tenne quindi a tutelarsi Leo.

Vale, vedendo gli amici così presi a fare quei "doni" alla neonata quasi fossero stati le fate della "Bella Addormentata", si mise in disparte mentre Rocco continuò:

"Beh sorellina di Davide io ti leggerò tutte le favole che vorrai. Sono un bravo narratore sai?"

Guardò complice verso Leo e si sorrisero: il leader non avrebbe mai dimenticato i giorni difficili nei quali Rocco aveva letto per lui, per distrarlo.

"Io ti farò tanti ma tanti giri con..."

"No!"

Partì un coro prima che Tony potesse completare il suo proposito.

"Sull'ottovolante, all'autoscontro, alle giostre! Che avevate capito?"

Si difese il furbo strappando risate generali.

"Siete tutti molto cari, ragazzi. Pensavo che questa bambina sarebbe cresciuta nel dolore e nella solitudine e invece si ritrova già con cinque fratelli acquisiti!"

Ringraziò Lilia prendendo la bimba, che intanto si era svegliata, e cullandola dolcemente.

"Lei è la sorellina di Davide e, in un certo senso, è anche nostra!"

Cercò di spiegare Leo.

"Già. Ma chiamarla sorellina di Davide è troppo...non so, troppo lungo, troppo...troppo! Io capisco perché avete aspettato tanto a trovarle un nome.."

Proseguì Tony sicuro del fatto suo.

"Lo sai?"

Chiese il papà di Davide.

"Io penso che non si dovrebbe mai scegliere il nome ad un bambino prima di averlo visto in faccia. Si rischia di chiamare Cristina una che non ha la faccia da Cristina!"

Continuò filosofico il Furbo che non aveva preso a caso quell'esempio ben sapendo quanto la ragazza detestasse il suo nome.

"Grazie Tony!"

Disse infatti Cris.

"E secondo te la nostra bambina che faccia ha?"

Il papà di Davide e Lilia erano ben lieti di coinvolgere i ragazzi in quel momento magico.

Lilia avvicinò la piccola e Tony la scrutò attentamente: lei aprì gli occhi un attimo, sbadigliò e sembrò fargli una linguaccia e poi si riaddormentò portandosi un pugnetto serrato sugli occhi.

"Direi che somiglia tantissimo a Davide ma...non potete chiamarla Davidessa perché è un nome che non esiste, è brutto, è rischiate che ve lo rinfaccia vita come fa Cris con i suoi. Ha tanto di Davide ma è anche una bambina dolce e determinata..."

Alla menzione di Davide, gli occhi di Lilia si erano riempiti di lacrime.

"Come chi l'ha aiutata a venire al mondo, giusto?"

Tony annuì e tutti si voltarono verso Vale che era imbarazzatissimo. Lilia gli si avvicinò e gli mise quel fagottino rosa in braccio.

"Valentina è una bambina fortunata: avrà Cris a farle da sorella maggiore, Leo per preoccuparsi come un fratello maggiore, Tony per giocare, Rocco per imparare a sognare e te per guida. Avrà il tuo nome Vale perché è grazie a te se è con noi!"

Il ragazzo non seppe cosa dire, pensando di non meritarsi un simile tributo. Poi sentì le mani del papà di Valentina e di Davide poggiarsi sulle sue spalle.

"Davide approverebbe!"

E sapeva che non mentiva.

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Capitolo 21
*** Genitori ***


"Promosso!"

Disse trionfante Vale mostrando la copia della sua pagella all'amico. Leo sbirciò i voti e mise a confronto i suoi sei e sette con gli otto e i nove dell'altro.

"C'è poco da fare: quando ci sono quadri di mezzo, anche quelli di fine quadrimestre, tu sei sempre una spanna sopra di me!"

Poi finse di ammirare i suoi giudizi e aggiunse:

"Però prendere voti bassi ha i suoi vantaggi. Sai come lo spennano uno con i tuoi voti agli esami di stato?"

Alla faccia basita di Vale, Leo non poté non rispondere con una risata.

"E dai Vale, di che ti preoccupi? Sono certo che a te daranno anche la lode assieme al diploma!"

Leo, nonostante l'allegria di facciata, aveva uno sguardo nostalgico e all'amico non fu difficile intuire su cosa stesse fantasticando.

"Di un po' Leo ma a te non piacerebbe fare l'ultimo anno in una scuola vera? Voglio dire facendo casino, organizzando le gite e gli scioperi, i pranzi e le pizze con i compagni?"

Il leader fu stupito da quella domanda. Aveva passato così tanto tempo in ospedale da essersi assuefatto a quella realtà.

"Beh quando andavo a scuola ero un tipetto tutt'altro che tranquillo. Ora però...Non so come sarebbe tornare sui banchi ma forse...Sì potrebbe piacermi!"

Disse con un sorriso.

"Beh ne abbiamo passate così tante che un due in matematica potrebbe solo farci il solletico!"

Cercò di sdrammatizzare Vale. C'era una domanda, però, che gli stava a cuore e Leo era l'unico che gli avrebbe potuto rispondere sinceramente.

"Leo? Tu credi che la sofferenza renda davvero più forti?"

Il leader restò spiazzato per qualche momento, incerto su cosa rispondere.

"Oh ma sempre con queste domande difficili te ne devi venir fuori tu? Non sono mica il tuo proff. di filosofia!"

Lo rimproverò scherzosamente. Poi si sporse per prendere il suo quaderno, quello dove aveva annotato tutte le citazioni che gli avevano dato forza in quei mesi.

"Se la sofferenza rendesse davvero più forti non pochi su questa terra avrebbero raggiunto l'invincibilità degli dei!"

Lesse.

"E che significa? Anche dell'Invincibile Armata si diceva fosse imbattibile eppure fallì!"

"Significa semplicemente che non siamo delle corazzate, Vale! Siamo solo dei ragazzi che hanno imparato a conoscere le difficoltà molto presto e non sempre le abbiamo affrontate nel modo giusto. Soffrire ci cambia e, forse, ci rende davvero un po' più forti!"

"Mi hai fatto venir mal di testa. Comunque mi devi il tuo quaderno con le massime filosofiche: ti avevo promesso che ne avrei copiata qualcuna con questa mano!"

Ricordò Vale, deciso a tener fede alla sua promessa, impugnando la penna con la mano destra.

"Ogni promessa è debito. Tieni pure...Io vado a fare un giro, sicuro di non voler farmi compagnia?"

Propose Leo, ammucchiando i suoi libri sul letto dell'altro.

"Lo so che l'attesa fuori dallo studio della psicologa sarà lunga ma sono certo che Cris sarà molto più felice di vederti! Non mi va di fare il terzo incomodo tra i due piccioncini!"

Lo prese in giro Vale, intuendo la meta di Leo, attirandosi una cuscinata.

"Vedo che oggi siamo di buonumore qui!"

Constatò Nora interrompendo la lotta a cuscinate tra i ragazzi.

"Beh si deve sorridere qui dentro, altrimenti si rischia di morire di noia! Ti lascio da sola con questo secchione...Ciao mamma di Vale!"

Salutò Leo strappando, come sempre, un sorriso a Nora.

"Potresti evitare di mostrare così spudoratamente quanto ti stia simpatico Leo?"

La canzonò il figlio.

"Sai mi stavo chiedendo come sarebbe stato per te, per noi, per me e per tuo padre, se tu avessi avuto dei fratelli o delle sorelle!"

Meditò a voce alta Nora.

"Beh vi ho già dato tanti problemi io solo...figuriamoci se saremmo stati una famiglia numerosa!"

Nora gli fece una carezza piena di amore. Un gesto che Vale sapeva di non aver meritato per tanto tempo.

"Mamma, io non ti ho ancora chiesto scusa, vero?"

"E di cosa? Una mamma perdona sempre..."

"Anche quando un figlio si comporta da stronzetto e da bambino viziato?"

"Anche. Soprattutto se il figlio si comporta in quel modo perché ha paura!"

"Se non vuoi le mie scuse, almeno lo accetti il mio grazie? Grazie mamma per non esserti mai arresa con me, per avermi ritrascinato in ospedale, per avermi fatto riavvicinare ai miei amici, per avermi salvato...Ancora una volta!"

Nora se lo attirò in un abbraccio.

"Ti voglio bene!"

"Anche io, mamma! Comunque, un giorno di questi, potremmo anche invitarlo Leo a pranzo a casa nostra!"

**** ***


Leo si avvicinò con noncuranza al distributore automatico e pigiò il pulsante per prendere uno snack a caso: aveva l'impressione di essere osservato.

Poco distante, infatti, un uomo distinto lo squadrava, un po' curioso e un po' dubbioso, e poi fingeva indifferenza.

Leo stava quasi per convincersi di star diventare paranoico quando quell'uomo lo avvicinò proprio mentre stava addentando una delle sue barrette al cioccolato.

"Tu sei Leo?"

Chiese quello quasi avesse paura della risposta.

"Sì!"

Mormorò incerto il ragazzo.

"Beh sei proprio come ti descrive Cris. Mi ha detto tante cose interessanti su di te che, in un certo senso, è come se già un po' ti conoscessi e, ad essere sincero, ho sempre voluto conoscerti di persona!"

Leo restò confuso dalla spiegazione dell'uomo che, intanto, gli si era seduto affianco.

"Lei è il papà di Cris?"

"Esatto. Oggi l'ho accompagnata io: confesso che sono stato un po' meschino e ho colto, come si suole dire la palla al balzo, per incontrare anche te!"

Leo si accorse di aver paura del giudizio dei genitori di Cris, magari non approvavano per niente la relazione di sua figlia con uno come lui.

"Cosa le ha raccontato Cris?"

"Beh che sei un tipo impulsivo ed estroverso, che hai una grande forza di volontà e un bel caratterino. Che sai ancora aspettarti cose belle dalla vita...E questo tuo ottimismo l'ha fatta innamorare di te!"

A quella confidenza, Leo arrossì. Erano parole troppo lodevoli perché non fossero il preludio ad una richiesta tutt'altro che amichevole.

"Quindi questa è una specie di prova del nove? O è venuto a cercarmi per farmi notare che io non sono la persona giusta per Cris?"

Involontariamente gli occhi dell'uomo caddero sulla gamba del pigiama arrotolata fino a metà ginocchio. Poi gli sguardi di entrambi si spostarono verso la sala-giochi dove un gruppetto di bambini produceva un piacevole brusio.

"Non ho mai visto Cris felice come in quest'ultimo periodo. Forse mia figlia ha ragione: c'è più vita qui dentro che lì fuori. Chi sono io per giudicare?"

"Se non è venuto ad intimarmi di stare lontano da Cris, allora perché è qui?"

"Per fare quello che fanno tutti i genitori! Ero curioso di conoscer il fidanzato di mia figlia e poi...voglio affidarti Cris. Io e mia moglie presto ci trasferiremo per qualche tempo a Milano. Cris resterà a vivere con sua sorella...Posso fidarmi di te?"

Leo era così felice che se non avesse conosciuto quell'uomo da appena dieci minuti lo avrebbe abbracciato pieno di gratitudine.

"Sicuro. Ha la mia parola d'onore!"

Si stava impegnando in qualcosa di molto serio e voleva dimostrare di esser un ragazzo affidabile.

Per Cris fu una grande sorpresa uscire dallo studio della psicologa e ritrovarsi innanzi a quella scena: suo padre e il suo fidanzato che chiacchieravano come amici di vecchia data.

"Ah tesoro, eccoti finalmente! Ti va se viene anche il tuo amico Leo a pranzo con noi? Mi ha appena detto che oggi in mensa c'è un menù delizioso e poi dobbiamo metterci d'accordo su come fare in casa quando ci sarà il derby! Leo ha appena scoperto che sono del Milan!"

Cris li guardava ancora più confusa e poi si decise a lasciarsi andare, cercando di avvicinarsi per un saluto più intimo con Leo.

"Fate pure come se io non ci fossi, ragazzi!"

Scherzò il papà di Cris, voltandosi dall'altro lato mentre i ragazzi si scambiavano un bacio, imbarazzati ma felici.

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Capitolo 22
*** Il compleanno di Leo ***


"Io potrei portare i palloncini e i dolci. Mia madre fa delle torte super!"

Rocco si passò una mano tra i capelli rossicci in quel gesto di insicurezza che gli attirava sempre la tenerezza dei ragazzi più grandi.

Il piccolo, Cris e Vale si erano ritrovati sul terrazzo dell'ospedale per organizzare la festa a sorpresa per il compleanno di Leo.

"Certo che sarà strano: Leo festeggerà i diciotto anni in ospedale, sarà qui per il secondo compleanno consecutivo e...proprio quel giorno!"

La riflessione di Cris si perse nel vento anche perché la ragazza aveva quasi sibilato la parte conclusiva del suo pensiero.

"Già sarà strano. Sarà una giornata dolceamara per tutti noi!"

Fece coro Vale guardando l'orologio, uno Swatch che suo padre gli aveva ricomprato dopo aver saputo che quello che gli aveva regalato in precedenza era stato barattato in un chiosco di fiori in un bellissimo gesto di amicizia.

Il Vice era un po' preoccupato per il ritardo di Tony.

Tranquillo, quello scavezzacollo arriverà presto! Piuttosto vedi di animare questi due: che mortorio! Non voglio vedere queste facce da funerale al compleanno di Leo e, siccome, quando lui non c'è tu sei il capo facci un po' vedere quanto vali. Su Vice proponi qualche idea da sballo...Il compleanno di Leo deve essere una bomba!

Immancabile grillo parlante! Vale sorrise perché ormai era abituato alla voce di Davide, alle sue provocazioni e, ormai, le aspettava e le accettava quasi con affetto.

"A cosa stai pensando?"

Indagò Rocco a cui non era sfuggita l'estatica espressione dell'amico.

"Oh niente! Pensavo che Davide ci prenderebbe a brutte parole se vedesse i nostri musi lunghi in questo momento e che, magari, se ne uscirebbe con qualche idea insolita ma azzeccata per rendere indimenticabile il compleanno di Leo!"

"Già. Davide avrebbe fatto il diavolo a quattro per divertirsi assieme a noi. Sarebbe stato l'anima della festa!"

Concordò Cris, stringendo l'elastico per fermare i capelli in una coda.

"Io non l'ho mai visto Davide se non per pochi minuti, nella mia piscina, eppure mi sembra di conoscerlo da sempre. Vale hai ragione: dobbiamo andare avanti, ridere e divertirci anche per lui!"

Concluse Rocco ignaro di aver abbracciato lo stesso pensiero che il signor Nicola aveva rivolto a Leo dopo il funerale di Davide.

Avevano promesso di spartirsi un pezzetto della vita dell'amico venuto a mancare troppo presto e non sarebbero venuti meno al patto.

"Potremmo organizzare la festa all'aperto. Non so qui o nel giardino dell'ospedale o cercare un locale qua vicino!"

Espose la sua idea Vale. Gli altri due annuirono.

"Io posso dare un'occhiata in giro per vedere se c'è qualcosa che faccia al caso nostro. Vorrei fare un'altra sorpresa a Leo: lo so che sua madre non c'è più e non ci sono più regali postumi per lui da andare a cercare ma...vorrei riportargli suo padre!"

Disse Cris, incerta se fosse la cosa giusta intromettersi di nuovo in quel rapporto padre-figlio così incrinato.

"Ne sei sicura? Sai quanto Leo sia suscettibile!"

"Si Vale ne sono sicura. Lui è riuscito a riavvicinarmi al mio di padre e ora voglio che anche il suo faccia parte della sua vita!"

"In questo caso noi non possiamo aiutarti! Può farlo solo Asia!"

I tre ragazzi stavano ancora progettando a come rendere quella serata speciale per Leo quando Tony li raggiunse di corsa.

"Alla buonora Tony!"

Lo canzonò Rocco mentre il "furbo" ansimava a corto di fiato.

"Ma che fine hai fatto?"

Lo rimproverò Vale.

"Oh fatemi riprendere almeno il fiato per parlare! Ho saputo una cosa importantissima!"

Annunciò Tony con tono solenne. Gli amici lo incalzarono a parlare con occhiate impazienti.

"Stavo facendo le mie ore di volontariato quando mi hanno chiesto di accompagnare un ragazzino a fare una radiografia..."

"Tony taglia corto!"

Stroncò il racconto Cris che aveva il presentimento che la notizia di Tony coinvolgesse Leo.

"Per farla breve: ho scoperto per caso che le analisi di Leo sono pronte e che l'oncologo vuole parlare con lui al più presto. Non so se in questo momento, tra qualche ora, domani...ma presto. Prestissimo!"

Cris scattò in piedi pronta a raggiungere il ragazzo.

"Aspetta Cris: non sappiamo niente di certo e sai com'è Leo. Che ne dici se andiamo io e Tony a parlare con lui? Tu e Rocco potreste andare a parlare con Asia: Leo vorrà accanto suo padre, qualsiasi sia il responso dei medici. Io lo so bene!"

Alla richiesta di Vale, Cris parve titubante. Avrebbe voluto correre da Leo, capire perché le avesse taciuto una cosa così importante ma, impulsivi e cocciuti com'erano, avrebbero finito per litigare.

Meglio prendere un po' di tempo? Aspettare che fosse Leo a parlargliene?

"Se cambia qualcosa o se Leo dovrà vedere oggi i dottori ti chiamerò subito. Promesso!"

Nonostante tutto il sorriso fiducioso di Vale riusciva a rassicurarla come un tempo. Fece un cenno di assenso, recuperò la sua borsa e allungò la sua mano verso Rocco che la strinse.

"Andiamo Rocco. Ci aspetta un bel lavoro!"


Fuori dallo studio della Lisandri, Leo stringeva forti i pugni fino a farsi diventare le nocche bianche. Quell'attesa gli sembrava infinita.

Non aveva voluto dir niente ai Braccialetti. Non aveva voluto allarmarli o farli preoccupare inutilmente.

Un po' come aveva fatto Davide quando aveva taciuto del suo rischioso intervento! Pensò con un brivido.

"Vieni Leo. Il dottor Giacomelli ti aspetta!"

Finalmente la dottoressa venne ad interrompere l'attesa, invitandolo ad entrare nel suo studio.

Quando si rimise in piedi, cercando di trovare l'equilibrio, due mani afferrarono le sue lasciandolo sbalordito.

"Noi veniamo con te!"

"Ma cosa? Cosa ci fate voi qui?"

"Ti facciamo da spalla, non si vede?"

Scherzò Tony, nonostante fosse logorato dall'ansia.

"Ma...Come lo avete saputo?"

"Grazie ad un impiccione che ficca sempre il naso negli affari giusti!"

Rispose Vale indicando Tony.

"Cris lo sa?"

"Una mezza verità. Vuoi che la chiami?"

Leo scosse la testa.

"No. Non voglio che sia qui se mi daranno brutte notizie. Parlerò dopo con lei!"

"Leo, allora?"

La Lisandri si riaffacciò alla porta spronandolo a sbrigarsi.

"Io vengo con te!"

Disse Vale, trascinandosi accanto all'amico.

"Anche io!"

Rincarò Tony in un tono che non ammetteva repliche.

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Capitolo 23
*** Sorprese ***


Cris aveva percorso i corridoi dell'ospedale a lunghe falcate dopo aver ricevuto la telefonata di Vale: era furiosa sia con l'amico, sia con Toni per non essere stata avvisata in tempo e a poco erano servite le giustificazioni e le rassicurazioni dei due nel ripeterle che Leo non era stato solo.

Alla ragazza poco importava: sarebbe dovuta esserci anche e soprattutto lei con Leo quando aveva ascoltato il responso dei medici.

Il fatto che Leo avesse tassativamente vietato agli amici di darle qualsiasi notizia via telefono non faceva altro che acuire la sua agitazione e far passare in secondo piano la sorpresa che lei, complice Asia, aveva in serbo per il ragazzo.

Cris affrettò il passo fino a fare una vera e propria corsa per poi fermarsi davanti alla porta della stanza di Leo un po' per riprendere fiato ma, soprattutto, per riorganizzare le idee.

Diede un lieve colpetto all'uscio e, non ricevendo nessuna risposta, entrò esitante: quello che vide la spiazzò.

Leo le voltava le spalle e aveva gli occhi pieni del paesaggio che stava osservando dalla finestra.

Sapeva che si trattava di Cris. Sapeva riconoscere il suo passo aggraziato.

La ragazza si avvicinò fino a sfiorargli le spalle, poi si piegò alla sua altezza scrutando anche lei gli alberi in fiore e i rami di alcuni che si intrecciavano in curiosi ghirigori. Alla fine trovò il coraggio di spostare lo sguardo su Leo.

Sospirò.

Lui aveva pianto e qualche lacrima ancora gli rigava le gote umide. Le dita di Cris si mossero in una carezza come se volessero spazzare via ogni tristezza. Poi la sua mano si spostò a cercare quella di Leo per tenerla ben salda.

"Affronteremo anche questa, Leo. Lo so che sei stanco, arrabbiato, deluso ma so anche che non ti arrenderai. Se c'è ancora da combattere lo farai, anzi lo faremo. Perché io non ho intenzione di scappare più, sai? Affronteremo tutto insieme!"

Cercò di incoraggiarlo, coraggiosamente, Cris scacciando il nodo in gola e le lacrime che, prepotenti, stavano salendo anche ai suoi occhi.

Voleva convincerlo di essere pronta al peggio ma sapeva di non essere per niente preparata ad altro dolore.

Leo sciolse la stretta e la guardò stranito.

"Io non provo nessuna di quelle emozioni, Cris. Al contrario...sono solo incredulo..."

"Non capisco..."

"Sono guarito, Cris. Sono guarito!"

Disse con voce tremante Leo per poi ritrovarsi a ridere e piangere allo stesso tempo alla reazione sconcertata di Cris.

"Dillo di nuovo, per favore!"

Mormorò lei commossa.

"Sto bene. Tornerò a casa. A scuola. Potrò portarti a cena fuori..."

Cris gli si buttò tra le braccia rischiando di far cappottare a terra entrambi e si ritrovarono a ridere con gli occhi colmi di felicità.

"È tutto così bello che ho paura si tratti solo di un sogno. In fondo ho sognato questo momento per così tanto tempo..."

Sussurrò Leo sprofondando tra i lunghi capelli della ragazza.

"È tutto vero: non aver paura che possa finire perché questo momento te lo sei meritato. D'ora in poi non dovremmo più avere paura di niente!"

Lo tranquillizzò Cris staccandosi dall'abbraccio per iniziare un gioco di sguardi che si concluse con un appassionato bacio a fior di labbra.

Fu allora che lei intravide qualcuno in attesa e rammentò che avevano il suo stesso diritto di condividere quel momento con Leo.

"Dovrei pigliare a schiaffi te, Vale e Toni per tutto quello che mi avete fatto provare oggi ma questa notizia è così bella che ho dimenticato tutto il resto! Anche io, però, ho una sorpresa per te..."

Cris si rimise in piedi e si avvicinò verso la porta facendo un cenno d'intesa a qualcuno.

"Tu mi hai aiutata a ritrovare un rapporto con mio padre, Leo. Ora anche io voglio fare qualcosa per te..."

Un uomo alto e tozzo, con gli occhi pieni di dolore e di vergogna per essersi lasciato sopraffare, ancora una volta, dalla paura e dai rimpianti di ciò che non sarebbe mai più stato, fissava Leo con l'atteggiamento di chi non vedeva l'ora di stringerlo a se e chiedergli "perdono".

"Ti prego, Leo, non arrabbiarti né con lui, né con Asia. Lui sarebbe venuto anche senza nessuna mia interferenza: era già qui, con tua sorella, questo pomeriggio quando sono andata a cercare Asia. È tornato per te!"

Non riuscendo a decifrare la reazione di Leo, Cris, che lo conosceva bene, aveva cercato di gettare benzina sul fuoco.

"Papà!"

Fu il singulto del ragazzo.

L'uomo si precipitò per accogliere il suo ragazzo tra le braccia.

"Sono qui piccolo mio. Non ti lascio più, non sarò mai più tanto codardo. Sarò un padre per te e per Asia, d'ora in poi, te lo prometto!"

"Io..."

"Lo so hai tante cose da rinfacciarmi e tanti errori da farmi pagare. Li sconterò Leo, ma ora permettimi di starti accanto come non ho saputo fare in questi due anni. Dimmi che non è troppo tardi, figliolo!"

"Papà io sono guarito. Starò bene, tornerò a casa con te e con Asia!"

Disse tutto d'un fiato Leo riprendendo a singhiozzare tra le braccia del padre.

Cris guardava, commossa, in disparte a quella seconda occasione tra padre e figlio. Anche lei aveva contribuito a creare quel momento un po' come aveva fatto, un anno prima, per il compleanno di Leo.

"Mi sa che riceveremo tante visite da quella ragazzina quando tornerai a casa!"

Sussurrò il padre nell'orecchio di Leo che ridacchio per poi far cenno a Cris di avvicinarti.

"Hai scelto bene, ragazzo!"

Bisbigliò ancora l'uomo prima che Leo coinvolgesse sia lui che Cris in un abbraccio collettivo.

"Sono felice!"

Disse soltanto.

*** ******

Ringrazio tutti/e per le bellissime recensioni (vi adoro^^) e per il tempo che spendono nel continuare a leggere questa storiella...

A presto!

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Capitolo 24
*** Dimissioni ***


Leo guardava il borsone aperto sul letto dove presto sarebbero stati allineati altri lenzuoli freschi di biancheria e non poté trattenere la malinconia.

Aveva già vissuto troppi di quei momenti. Compagni di stanza che venivano e poi se ne andavano senza tornare mai più, nomi rimasti immortalati nell'anta interna dell'armadietto come firma della sua condanna ad avere soltanto amici di passaggio, al suo destino di restare da solo.

"E dai Leo non fare quella faccia! Domani, finalmente, sarai fuori di qui anche tu!"

Vale lo riscosse da quei tristi ricordi, rassettando le ultime cose in borsa. Il leader si limitò a scrollare le spalle e l'amico intuì le rassicurazioni di cui aveva bisogno e si fermò un momento.

"Questo non è un addio, lo sai vero? Non è come l'altra volta...Ci terremo in contatto, ci vedremo assiduamente..."

"Non facciamo promesse che non potremmo mantenere, Vale! Anche con tutte le buone intenzioni di questo mondo sarà la logistica a separarci di nuovo: ti ricordo che tu abiti in un'altra città, che hai i tuoi interessi, i tuoi amici là...Ed è anche giusto che non sacrifichi niente a cui tieni per stare di più con noi Braccialetti!"

Vale si appoggiò al coprimaterasso e accolse con una risata tutte le preoccupazioni di Leo.

"Sei così tenero quando ti fai le paranoie! Mi hanno proposto di tornare qui, in ospedale, per l'estate: pare vogliano fare un murales nella sala ricreativa per i bambini e Toni ha fatto il mio nome! Ho accettato! E poi ti scordi che io ho una moto veloce come quella di Valentino Rossi!"

A questa battuta entrambi gli amici scoppiarono a ridere.

"Ma smettila! Che te del mitico Vale c'hai solo il nome!"

L'apostrofò Leo per poi rifarsi serio.

"Comunque senza di te non ce l'avrei mai fatta! Sei il migliore capo che un gruppo possa avere e...Sei il mio migliore amico!"

Vale aveva detto tutto con semplicità e con sincerità, avvicinandosi fino ad incrociare gli occhi di Leo, nei quali ballava qualche lacrima.

"Oh smettila! Guarda che ti meno se mi fai piangere!"

Cercò di sdrammatizzare Leo al quale, tuttavia, le parole dell'amico avevano gonfiato il petto d'orgoglio.

"Comunque ce l'avreste fatta anche senza di me. Tutti. In fondo non sono un buon leader..."

"Ma finiscila di compatirti! Lo sai bene quanto sei importante per noi...Tieni, questo te lo regalo!"

Vale gettò verso l'altro il suo tubetto di gel e Leo, afferratolo al volo, lo rigirò tra le mani incerto.

"Guarda che i capelli presto ricresceranno e questo sarà un ottimo alleato! Torneremo a fare una vita normale, ce lo meritiamo, no?"

Leo annuì con fiducia. Aveva meno paura del futuro, era ottimista e voleva credere che questa volta sarebbe stata quella giusta. Quella in cui anche lui avrebbe potuto essere felice.

Leo continuò ad osservare l'amico che ora teneva tra le mani uno dei suoi due braccialetti.

"Prima che arrivino i miei devo andare a salutare una persona speciale!"

Leo comprese ed annuì.


"Così questa è la nostra ultima gita fuori porta qui in ospedale!"

"Non ne sei contento?"

La vocina di Davide non rispose mentre le porte dell'ascensore si spalancavano rivelando l'interno del reparto di maternità.

La stanza di Lilia era una delle prime. La donna era stesa di fianco sul letto e giocava con la sua piccola.

Vale bussò delicatamente per poi ricevere un invito a venire avanti.

"Volevo salutare te e Valentina! Oggi mi dimettono!"

"Anche noi torniamo a casa, tra poche ore!"

Disse Lilia mettendosi a sedere stringendo a sé il fagottino rosa.

"Ho una cosa per lei!"

Si affrettò ad aggiungere Vale prima che la situazione sprofondasse in un silenzio imbarazzante e si affrettò ad estrarre quel pezzetto di plastica dalla tasca per poi metterlo al braccino della bimba.

"Ti sta un po' largo ma quando sarai un po' più grandicella capirai che è un grande onore avere questo braccialetto! Sai è più prezioso di qualsiasi gingillo in oro!"

Gli occhi di Vale incrociarono quelli commossi di Lilia.

"Devi essere onorata Valentina: solo dei ragazzi speciali hanno questo braccialetto! Lo portava anche tuo fratello..."

A questo punto la voce di Lilia si spezzò.

"Ci saremo noi a parlarti sempre di lui! Delle sue bravate, delle sue spacconate, delle sue fragilità e del suo gran cuore...Vedrai, Valentina, ti sembrerà di aver conosciuto anche tu che grande persona era Davide!"

Fu Vale a concludere quello che Lilia non era riuscita a finire.

"Ora devo andare. Potrò...beh si potrò venire a trovare Valentina ogni tanto?"

Azzardò Vale con la timidezza che lo contraddistingueva.

"Certo. La nostra porta è sempre aperta per voi Braccialetti, sempre!"

Disse Lilia, baciandolo il fronte.


Rimasto solo, nel corridoio, il ragazzo dovette appoggiarsi un momento per riprendersi dal turbinio di emozioni di quell'incontro.

"Sei stato un grande con Lilia!"

"Perché non sei intervenuto? Di solito mi suggerisci sempre la cosa giusta da dire o da fare, grillo parlante!"

"Non ne avevi bisogno. Hai imparato a camminare con le tue gambe...ops!"

"Certo, certo: risparmiati le tue battute infelici!"

"Non hai più bisogno di me, Vale!"

Il vice non si curò di quelle parole finché non comprese la loro reale portata.

"Davide significa che...Che te ne andrai? Che non potrò parlare più con te? Che dobbiamo dirci addio?"

"No, questo non è un addio! Tu e gli altri lo sapete bene che io farò sempre parte di voi: sarò sempre un pezzetto del vostro cuore. Basta che guarderai in te stesso e lì mi troverai. Sempre!"

"Io detesto gli addii!"

"Non è un addio. Solo un arrivederci!"

"Arrivederci Davide. Arrivederci...e grazie!"

Sussurrò Vale sentendosi leggero come non gli accadeva da tempo.


All'uscita, per salutarlo, c'erano tutti i suoi amici. C'erano soltanto sorrisi in quel congedo perché sapevano che non si sarebbero mai più divisi.

"Lo hai detto ai tuoi amici, Vale?"

La domanda di suo padre lo spiazzò.

"Veramente..."

"Avanti, che aspetti! Sei stato tutti ieri ad implorare me e tua madre..."

Nora sorrideva. E lui era felice di vedere tra i genitori la complicità di un tempo.

"Cosa devi dirci?"

Chiese curiosa Cris.

"Ecco per le vacanze vado una settimana in Qatar con mio padre ma poi...poi ho tutta l'estate libera e mi chiedevo se vi piacerebbe venire nella nostra casa al mare!"

Gli amici si guardarono tra loro.

"E c'è bisogno di chiedercelo! Certo che veniamo!"

Sorrise Leo abbracciando l'amico. Un abbraccio che, presto, coinvolse anche Cris, Toni e Rocco.

Davide aveva ragione: il loro non era un addio. Era solo un breve, brevissimo, arrivederci.

*** ***

Grazie di cuore a quanti sono arrivati fin qui e a chi ha la "forza" di continuare a recensire^^

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Capitolo 25
*** Un vero leader ***


Era stranissimo restare di nuovo da solo in quella stanza: era l'ultima notte che Leo avrebbe passato in ospedale e l'attesa per l'indomani lo galvanizzava e lo impensieriva allo stesso tempo.

Tastò il letto, il comò sul quale ancora faceva bella mostra la pila dei suoi fumetti di "Topolino", la finestra dalla quale si era sporto tante volte immaginando di evadere da lì, l'armadietto sulla quale erano incisi, indelebili, i nomi di tutti i ragazzi che erano passati da lì e sul quale, finalmente, si decise ad aggiungere anche il suo nome.

Aveva promesso a sé stesso di consegnare ai posteri quel "Leo" solo quando avrebbe vinto la sua battaglia.

Il pennarello tremò leggermente disegnando una Elle un po' sbilenca e una sensazione quasi di nostalgia si impossessò del leader mentre "salutava" per l'ultima volta quelle che ormai erano diventate delle reliquie perché, volente o nolente, lui lì dentro ,in quella stanza, in quell'ospedale lasciava un pezzetto di sé.

L'indomani avrebbe dato un commosso arrivederci a Nicola e a Ruggiero e poi via verso la libertà.

Si sforzò per farsi avvolgere completamente dalla gioia ma non ci riuscì appieno, qualcosa lo frenava: l'insicurezza dietro quel suo faccino da ragazzo spavaldo, l'incertezza su quello che avrebbe trovato fuori, i dubbi dietro a quel ragazzo così carismatico.

"Non sono stato un buon leader!"

Quelle parole confessate quel pomeriggio a Vale gli tornarono prepotenti alla mente e vi rimuginò sopra finché non si addormentò.

Fece un sogno stranissimo. Uno di quelli che, nella loro assurdità, sembrano reali.

Si trovava nel giardino dell'ospedale e attorno a lui c'era il nulla. Meravigliato guardò verso il basso per contare, con sorpresa due scarpe, due gambe...Titubante, si passò una mano ad accarezzare i folti capelli corvini.

"Davvero credi di non valere niente come leader?"

Quella voce, quel tono un po' provocatorio, un po' compassionevole, gli fece venire i brividi lungo la schiena.

"Davide?"

"Sì sono io!"

Il ragazzino riccio gli balzò davanti scrutandolo con i suoi occhi scintillanti.

"Che sei uno spiritello come quello del racconto di Dickens? Sei venuto per mostrarmi passato, presente e futuro?"

Rise beffardo Leo che non si fidava.

"Chi è Dickens quello di Topolino?"

"Ma no scemo, era uno scrittore!"

"Ah poco importa! Io sono qui per farti rimangiare quella cosa idiota che pensi e per dimostrarti come sarebbe stata la vita dei tuoi, dei nostri, amici senza di te!"

Leo si strinse nelle spalle.

"Se la sarebbero cavata comunque! Non ho fatto niente di eclatante per loro!"

"Lo credi davvero? Allora vedrai con i tuoi occhi come sarebbero state le vite degli altri se tu non le avessi legate a doppio filo alla tua! Iniziamo da Rocco: l'Imprescindibile!"

Prima che Leo potesse obiettare si ritrovarono nella stanza dove si erano svolte tante riunioni dei Braccialetti. Piera stava al capezzale del bambino in coma, baciandolo e piangendo.

"Rocco è in coma irreversibile. La Lisandri si è tirata indietro al momento di affrontare l'operazione...Eravamo stati noi, tu, Vale, io a dargli la spinta necessaria per rimettersi in gioco e per salvare la vita di Rocco. Vedi? Se tu non avessi fatto parte della vita di Rocco, sua madre, ormai senza più speranze, avrebbe deciso di staccare la spina delle macchine che lo tenevano in vita..."

"Tu menti! Questo è un incubo e vuoi solo mettermi paura! Sono sicuro che per gli altri sarebbe stato meglio non avermi incontrato!"

Davide, per nulla impressionato dallo scatto di collera di Leo, si guardò una mano prima di replicare:

"Se lo credi davvero: ecco quale sarebbe ora la situazione di Toni!"

Lo scenario cambiò radicalmente e i piedi di Leo si ritrovarono sul selciato polveroso di un campetto dove ragazzini alloggiati nella casa-famiglia si divertivano con poco. Un gruppetto sbeffeggiava un ragazzino con l'identico aspetto fisico di Toni ma con l'aria affranta che non aveva mai visto adombrare il "Furbo".

"Senza di te Toni e Vale non si sarebbero mai incontrati e la mamma di Vale non avrebbe mai potuto aiutare il nonno di Toni a mantenere la sua custodia...Con questi risultati!"

Leo continuava a scuotere la testa incredulo.

"Tu sei il diavolo altro che un fantasma!"

Davide non replicò e si ritrovarono nuovamente in ospedale, fuori dalla mensa dove, tante volte, aveva dato sostegno e supporto morale a Cris.

"Non vuoi vedere come se la passa la tua bella? Va a fare due chiacchiere con lei..."

Lo provocò ancora Davide. Leo entrò titubante per poi sedersi difronte a quella ragazza smunta e scheletrica che sedeva innanzi ad un vassoio di cibo intatto e vagava lontano con la mente.

"Cris. Cris non mi riconosci?"

Fece speranzoso Leo ma lei alzò i suoi occhioni languidi e tristi per poi riabbassarli, nuovamente, indifferente a tutto ciò che la circondava.

"Cris non sarebbe mai guarita dalla sua subdola malattia!"

Leo afferrò Davide per il bavero della sua casacca da calcio e lo inchiodò al muro: sapeva bene quale sarebbe stata la via inversa della malattia di Cris.

"Mi hai stancato! Cris ne sarebbe uscita anche senza di me...Vale le avrebbe dato tutto l'incoraggiamento che le sarebbe servito a guarire!"

Davide ghignò.

"Vale avrebbe avuto problemi molto più grossi che occuparsi di femmine piagnucolose! Scommetti?"

Detto, fatto. Si ritrovarono fuori dalla stanza nella quale Leo aveva speso gli ultimi due anni.

"Non vuoi vedere come se la passa il tuo amichetto?"

Lo incalzò il Bello. Leo aprì adagio la porta e quello che vide gli provocò un tuffo al cuore: Vale era steso a letto, con la coperta fino al mento e senza capelli. Si voltò appena a guardarlo senza interesse senza far nulla per nascondere il suo fastidio.

"Ruggero non c'è; è andato a fare un giro e non so quando torna. Dannato lui, non tornasse mai più!"

Dunque era finito in stanza con Ruggero.

"Non sono qui per Ruggero. Sono qui per te: non mi riconosci? Sono Leo!"

"Non conosco nessun Leo!"

Fece con voce piatta Vale.

"E dei Braccialetti non ricordi niente? Io il leader, tu il mio vice, Rocco, Davide, Toni...E Cris. Cris la ragazza per la quale siamo venuti alle mani..."

Vale sembrava una bomba pronta ad esplodere a quell'insistenza.

"Non conosco nessuno di questi. E poi venire alle mani...Come puoi dire una cosa di queste? Ecco...Ecco, come diavolo faccio a venire alle mani con te?"

Urlò scoprendosi e mostrando la manica del pigiama penzolante sul lenzuolo. Leo dovette trattenere un gemito mentre correva via.

"Eri stato tu, con il tuo esempio, con il tuo coraggio, a dare a Vale la forza per accettare di vivere senza una gamba. Se fosse stato solo non si sarebbe mai ripreso da quel trauma e quando il tumore avrebbe aggredito il suo braccio avrebbe scelto la via più semplice e più sbagliata...Avrebbe dovuto rifare la chemio e...Come hai potuto vedere non sarebbe servito a nulla!"

Leo ora singhiozzava come un bambino.

"Se dici che sono stato tanto importante per le vite degli altri Braccialetti, perché non sono riuscito a far niente per te?"

Davide gli si sedette affianco.

"Tu hai fatto per me più di qualsiasi altro. Da quando siamo rimasti chiusi in quell'ascensore e mi hai proposto di entrare nel gruppo, mi hai fatto sentire importante, mi hai fatto scoprire l'amicizia...Far parte dei Braccialetti Rossi mi ha fatto sentire bene come non mi succedeva da quando mia madre era morta e tu sai bene cosa si prova quando si perde la mamma. Con voi ho riso, ho trepidato, ho fatto delle scemenze, ho imparato ad essere più gentile e a riparare a degli errori dovuti al caratteraccio che avevo prima...Con voi mi sono sentito vivo come non mai. Perciò non dire mai più che non vali niente perché tu sei un vero leader, capito Leone?"

"Concetto afferrato!"

Disse Leo scompigliando i capelli dell'amico.

"Ora va. Torna dagli altri e vivete anche per me: lo avete promesso no?"

Le immagini si fecero sempre più confuse e sbiadite e tutto si fece buio.

"Leo! Leo!"

"Leo. Ehi sveglia amico!"

Leo aprì un occhio per essere accecato dal sole splendente delle mattine di giugno. D'innanzi a lui c'era un sorridente Vale.

"Nemmeno le cannonate ti svegliano in questo giorno così importante?"

Leo si mise a sedere fissando l'amico come se si trattasse di uno spettro.

"Hai i capelli!"

Constatò e a Vale sembrò bizzarra quella constatazione.

"Beh si, ringraziando il cielo!"

Leo si portò una mano sulla testa rasata.

"Io no. Io no!"

Disse felice impensierendo l'altro.

"Stai bene?"

"Sì, sì mai stato così bene! Solo che ho fatto un sogno stranissimo...forse un incubo. Però, ecco però c'era Davide..."

Vale sapeva fin troppo bene quando quello spiritello dispettoso potesse mettere in crisi.

"Anche io ho fatto tanti sogni con Davide ultimamente. Ho anche parlato con lui, te l'ho detto!"

Vale lo credeva e per Leo non c'era bisogno di spiegare.

"Mi ha fatto capire tante cose!"

"Anche a me!"

"Ma cosa ci fai qui? Ti hanno mandato via ieri e già ti manca questo postaccio?"

Cercò di sdrammatizzare Leo.

"Non pensavi che ti avremmo fatto andar via senza di noi, eh? Gli altri ci aspettano all'ingresso e poi...poi devo dare gli auguri al nuovo maggiorenne e tirarti le orecchie per diciotto volte!"

Leo guardò la mano che l'altro agitava per aria e, per una volta, sarebbe stato felice di farsi tirare le orecchie come per tradizione.

"E poi...Poi vorremo andare alla tomba di Davide!"

Espose a voce bassa Vale.

"Sì, è una buona idea. Ci andremo tutti insieme!"


Fu difficile, soprattutto, dire addio a Nicola anche se le promesse di una visita ogni tanto mitigavano il distacco e fu commovente abbracciare e salutare tutti i medici che si erano presi cura di lui, fu felicissimo nel vedere anche suo padre ad aspettarlo e nel sapere che Johnny ed Asia ora parlavano addirittura di matrimonio.

Ma il cuore di Leo fece le capriole di gioia quando vide tutti i suoi Braccialetti ad aspettarlo e Cris che finiva svelta la sua barretta di cioccolato per salutarlo a dovere: con un lungo e appassionato bacio.

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Capitolo 26
*** Le parole che non ti ho detto ***


Il sole che batteva sulla pietra dava, al tatto, una sensazione di calore. Era un qualcosa di bello e rassicurante, che arrivava dritto al cuore, che rendeva accogliente un luogo freddo e spento come un cimitero.

I ragazzi si erano aspettati di essere invasi da una sorta di dolore atavico e mai sopito, avevano cercato di prepararsi a rivivere quella disperazione di appena un anno addietro e, inevitabilmente, una sorta di magone impedì loro di compiere qualsiasi gesto innanzi alla foto di Davide.

Una foto dove il ragazzo sorrideva, con la sua aria da finto duro e con gli occhi scintillanti. Una foto da cui, nonostante tutto, pulsava ancora vita.

Cris fu la prima a staccarsi dal resto del gruppo e a fare quei due passi necessari a compiere il primo atto utile ad onorare la memoria dell'amico scomparso: si chinò a deporre il bellissimo e colorato mazzetto di fiori di campo in un vaso e poi fece un passo indietro, incapace di parlare.

Fu Leo, il carismatico Leo, il primo a prendere la parola.

"Ehi sbruffoncello lo so che, a quest'ora, ti starai facendo delle grasse risate nel vederci così impacciati e incapaci di dirti alcunché eppure sono tante le cose che ti vorremo raccontare. Ne sono successe di cose in quest'ultimo anno: ci siamo allontanati, rincontrati, non ci siamo capiti e, alla fine, ci siamo ritrovati. Quando, la primavera scorsa, gli altri sono dimessi ho avvertito un vuoto, lo stesso vuoto che ho avvertito durante la mia festa di compleanno, quando ci hanno detto che non ce l'avevi fatta. Percepivo che quella era la fine del nostro gruppo, che i braccialetti si sarebbero sfaldati e i fatti sembravano darmi ragione. Ho vissuto dei mesi bruttissimi ma, quando tutto sembrava perduto, misteriosamente le nostre vite si sono ritrovate legate lì dove tutto era cominciato. Ho riavuto nella mia vita Cris, Vale, Toni, Rocco eppure sento ancora che manca qualcosa, avverto ancora quel posticino nel mio cuore che resterà vacante per sempre. Quel posto spetterà per sempre a te, amico mio, e la sola parola che mi viene da dirti è grazie!"

Leo si asciugò una lacrima, delineò con un dito i contorni del viso di Davide lì sulla lapide e poi sentì la mano di Vale che si posava sulla sua spalla.

"Leo ha ragione: l'unica parola che possiamo destinarti è un banale grazie. E sappiamo entrambi di quante cose dobbiamo esserti grati. Uscito dall'ospedale, l'anno scorso, ho dovuto reinventarmi una vita, impormi di cambiare fino a diventare una persona nuova. Mi sono allontanato dai miei amici fino a non riconoscermi più. C'è voluto un altro tumore per scuotermi ma soprattutto un fantasmino irritante ma sincero. Non è stata la medicina, non sono stati i dottori a farmi guarire, ma è stata la consapevolezza di poter contare ancora su di te, il sapere di avere ancora i miei amici accanto a me a ridarmi la voglia di lottare e di farcela!"

Vale sorrise malinconico mentre Cris stringeva una mano nella sua e l'altra in quella di Leo.

"Io ho un solo rimpianto: di non averti dato quello che mi ha chiesto quella mattina. Resterà per sempre il nostro segreto eppure vivrò per sempre con il rammarico di non averti regalato una delle sensazioni più belle che un ragazzino possa provare. Forse doveva andare così anche se è ingiusto: è ingiusto non vederti mentre ti fai la prima barba con i rasoi imprestati da Leo, è ingiusto non sentire la tua voce scherzosa cambiare nella voce di un uomo, è ingiusto non vederti prendere la patente o il diploma...Eppure in quelle poche settimane che sei stato con noi ci hai dimostrato di essere un vero piccolo uomo!"

Anche Toni e Rocco fecero un passo avanti.

"Beh io non sarò poetico come questi tre ma, per tua fortuna, sarò molto sintetico: l'anno scorso abbiamo promesso di vivere, ognuno un pezzetto della tua vita. Di fare cose folli, belle, divertenti pensando a te. Appena avrò la moto nuova ti farò provare l'ebbrezza di un vero motociclista!"

Disse euforico, strizzando l'occhio complice alla foto.

"Siamo alle solite, Toni!"

Fecero eco gli altri.

Rocco si limitò a posare un bacio sull'icona dell'amico e a sorridere. Loro non avevano mai avuto bisogno di parole sebbene non avessero mai parlato direttamente.

"Ragazzi! Non è una sorpresa trovarvi qui!"

Lilia aveva un braccio attorno a quello del marito mentre le mani del papà di Davide erano ferme sulla carrozzina nella quale Valentina era addormentata placidamente.

"Ci sembrava doveroso venire a fare un saluto a Davide, in questo giorno!"

Rispose Toni.

"Già è un giorno particolare per tutti noi!"

Replicò l'uomo.

Dopo pregarono tutti insieme e restarono così, in un piacevole silenzio, ciascuno assorto nei ricordi che aveva di Davide. Finché la bambina non iniziò a fare i capricci e Lilia, prima di allontanarsi, rinnovò l'invito di andare a trovarla ogni volta che avessero voluto, ai ragazzi.

"Beh cosa sono quei musi lunghi? Ora dovete andare! Sbaglio o c'è una festa a sorpresa da organizzare?"

La voce che tante volte gli aveva infuso coraggio non sorprese Vale che assentì.

Mentre i cinque si allontanavano, Leo sussurrò a Cris:

"Qual è il segreto che hai con Davide? Non ci avrà mica provato con te?"

Lei rise.

"Si chiama segreto per un motivo e non te lo dirò mai, nemmeno sotto tortura!"

Il loro geloso siparietto venne interrotto da Rocco che aveva notato qualcosa, in controluce.

"Vedete anche voi quello che vedo io?"

Disse additando qualcosa, forse una figura, che si muoveva sotto i raggi obliqui del sole.

Gli altri ridussero gli occhi a piccole fessure per penetrare l'intensità della luce che li accecava ma poi distinsero distintamente.

Davide, avvolto da un alone splendente, agitava la mano per poi correre via sull'erba ben curata.

"Sì, abbiamo visto anche noi!"

Risposero. E quella sensazione di calma, di quiete e di dolce rassegnazione si era fatta più intensa.

**** Ringrazio quanti hanno letto e recensito il capitolo precedente.

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Capitolo 27
*** Cinque mani sulla sabbia ***


L'estate era esplosa in tutti i suoi sfavillanti colori e gli ombrelloni, allineati lungo la costa, spruzzavano tinte vivaci sulla spiaggia.

Era una vacanza indimenticabile, all'insegna del divertimento e dell'unione, per i ragazzi. L'azzurro smeraldo del mare e il sole che, scintillante, irradiava le montagne che frastagliavano all'orizzonte avevano sepolto i colori grigi dell'inverno e, con essi, i dispiaceri e le difficili prove che ciascuno di loro aveva dovuto affrontare nell'ultimo anno.

Tutti erano arrivati al resort con una marci in più, con tante belle novità e speranze per l'avvenire ed era incredibile che questo cambiamento li avesse sfiorati nel giro di una settimana.

Leo, sebbene avesse fatto tante storie, era stato ben felice di poter festeggiare i suoi diciotto anni con gli amici di mille battaglie. Si era perfino commosso quado, con un'abile tranello, Toni e Vale lo avevano trascinato alla festa della quale lui sarebbe stato l'ospiti d'onore. Era stato bello festeggiare con il papà, con Asia e con quei quattro pazzerelli
che non gli avevano lesinato sorprese quella sera e nemmeno qualche scherzetto facendogli sudare il suo regalo.

Un cellulare di ultima generazione superaccessoriato dal quale non si staccava mai se non per dare un'occhiata ai cataloghi di auto con comandi al volante. A settembre si sarebbe iscritto alla scuola guida perché, anche con la sua disabilità, voleva prendersi tutte le esperienze che fino ad allora era stato costretto a rimandare.

"Noi non siamo diversi, siamo dei privilegiati!"

Soleva ripetere a Vale.

Il saggio Vale, che tanto aveva faticato ad accettare quella condizione, sorrideva e annuiva. La fortuna aveva cominciato a girare anche per lui: l'indomani della festa per Leo, gli amici lo avevano trascinato in una galleria d'arte, quella che gestiva l'amico del papà di Cris.

Che sorpresa vedere alcuni dei suoi dipinti più belli in esposizione! In verità, ripresosi dallo shock del momento, era stato indeciso sullo strozzare gli autori di quel "furto della sua privacy" o riunire tutti per un abbraccio collettivo perché avevano osato lì dove lui aveva sempre esitato.

Il commento positivo di un critico d'arte l'aveva fatto propendere verso la seconda opzione, soprattutto quando Rocco aveva ammesso, fieramente, che quella era stata una sua idea. Era una sorpresa che avrebbero dovuto mettere in atto molto prima ma tempo e logistica glielo avevano impedito.

Vedere i suoi lavori esposti, alla mercé di gente di tutti i tipi, gli aveva fatto vincere un po' della sua insicurezza e convinto che, in futuro, avrebbe potuto tentare nuovamente, magari con opere più impegnative.

Inutile dire che gli apprezzamenti più attesi e graditi erano stati quelli dei suoi genitori, Nora e Marco, che tante volte, inconsapevolmente, lo avevano ferito ma che ora erano pronti a ritentare, a cercare di dare un'altra chance al loro matrimonio.

E poi c'era stato il fine settimana al Mugello, dove quello che si era divertito di più era stato Toni. Vale, in verità, non aveva faticato troppo a convincere suo padre ad aggiungere un passeggero in più per quella gita che doveva essere la loro. Gli occhi di Toni avevano brillato ogniqualvolta una moto sfrecciasse davanti a loro.

"Appena diventerò abbastanza bravo farò il meccanico ai box!"

"O in Formula uno!"

Gli aveva sorriso Vale senza nessuna ironia. Credeva che Toni potesse farcela, credeva che ognuno di loro possedesse la forza di volontà necessaria per realizzare i propri sogni. Sapeva che per loro niente era impossibile.

Toni non era l'unico ad esser arrivato con gli occhi sognanti in vacanza. Rocco, il timido e sensibile bimbetto dall'aria gentile, era diventato un ragazzino dalle idee più chiare nel giro di un minuto: il tempo che ci aveva messo a vincere ogni remora e a dichiarare ad Elisa tutto il suo affetto. Il tempo che ci avevano messo a scambiarsi un bacio, ma non sulla guancia. Un bacio vero. Uno di quelli che, ne era certo avrebbero fatto schiattare d'invidia Davide.

Cris, la fragile, bellissima e disponibile Cris, era stata la prima a cui aveva confidato di quel bacio. E, per il momento, era il loro piccolo segreto con la ragazza, un po' materna, un po' divertita, che non disdegnava di dare teneri suggerimenti al piccolo innamorato in erba.

Lei, in fondo, il suo grande amore lo stava vivendo appieno e già fantasticava sui pranzi della domenica, le sere in pizzeria o davanti al televisore durante le quali suo padre e il suo Leo avrebbero commentato e magari avrebbero bonariamente bisticciato davanti a una partita.

E lei li avrebbe deliziati con i suoi deliziosi manicaretti. Aveva scoperto che le piaceva cucinare e che era anche una discreta cuoca: con i segreti carpiti a Carola e alla sua riluttante mamma, con le ricette che scopiazzava in internet aveva già un bel carniere di "esperimenti culinari" da mettere in pratica.

"Ma non è che anche oggi dovremmo fare le tue cavie?"

Chiese pensieroso Toni guardando l'amica, stesa sul telo da spiaggia, beandosi del massaggio di Leo che le stava spalmando la crema di protezione.

Cris lo guardò di sottecchi.

"Guarda che ieri non me la sono mica sbafata da sola quella bella lasagna di verdure!"

Rocco e Vale interruppero la costruzione del loro castello di sabbia per lanciare a Leo uno sguardo divertito: era bello sentire parlare Cris di cibo a quel modo.

"Beh se oggi ci prepari un secondo o un dolce con i fiocchi ti iscrivo ad un programma di cucina in televisione. Che ne so giovani cuochi o chef in erba..."

Improvvisò Toni mentre gli altri ragazzi se la ridevano sotto i baffi e Cris ci cascava, come sempre. I battibecchi tra il furbo e la ragazza erano, ormai, il palliativo delle loro giornate.

"No, oggi nessuno mi metterà a soqquadro la cucina! Con questo caldo credo che nemmeno la povera Cris abbia tanta voglia di mettersi ai fornelli. Pizza per tutti stasera!"

Annunciò Vale. E la sua iniziativa venne accolta da un coro unanime di "urrà!"

"Prima di andare, però, potremmo fare un altro tuffo in mare!"

Propose Toni che in acqua guizzava come un pesciolino. Leo ammirò distrattamente il castello di sabbia di Vale e Rocco e gli venne un'idea.

"Prima però imprimiamo l'orma delle nostre mani sulla sabbia!"

E iniziò lui stampando cinque dita sulla rena umida. Gli altri lo imitarono e l'impronta di cinque mani, unite, quasi accavallate l'una sull'altra, facevano ora la loro bella mostra.

"La prossima onda le spazzerà via, con il nostro castello!"

Osservò tristemente Rocco. Leo gli sorrise.

"Non importa: domani le rifaremo. E dopodomani ancora!"

Poi guardò gli amici uno ad uno, con la tipica espressione di chi sta per proporre qualcosa.

"L'ultimo che arriva in acqua paga la pizza!"

Cris, Toni e Rocco schizzarono in acqua. Il leader e il vice si sostennero l'uno all'altro.

"Che idea geniale che hai avuto!"

Fece ironico Vale.

"Ma io l'h detto per liberarmi di quei tre. Hai visto quella tipa che occhiate che ti lancia?"

L'attenzione di Vale fu attirata da una ragazzina, minuta e carina, seduta su una sdraio poco distante che fingeva di leggere un libro ma, in realtà, era più interessata alla baraonda di quel gruppo di amici così camaleontico e ben amalgamato.

"Ma che dici?"

Vale diede uno spintone all'amico diventando paonazzo. Leo rise di cuore nel vederlo così imbarazzato.

"Beh perché non vai a presentarti? Anche Rocco ha la ragazza ormai?"

"Ma sta un po' zitto!"

Lo riprese Vale che a farsi prendere in giro su questioni di cuore non ci teneva proprio.

"Va bene, va bene. Alle ragazze ci pensiamo dopo, in fondo abbiamo tutta l'estate!"

E così dicendo, inciamparono entrambi e caddero nell'acqua per poi farsi trascinare al largo dalla corrente assieme a Toni mentre Cris restava con Rocco dove ancora si poteva toccare il fondo con i piedi.

"Stasera pagate, voi, prodi cavalieri!"

Rammentò loro Cris. Ma ormai i ragazzi erano troppo presi dalle onde e dal ridere tra di loro per pensare a quella sottigliezza.

Un'onda, più forte delle altre, arrivò fin sulla spiaggia, fino al punto dove erano impresse le loro cinque mani e le trascinò via con se.

***** *******

Ed eccoci alla fine! Ringrazio infinitamente quanti hanno seguito questa storia, chi l'ha recensita, chi l'ha inserita tra le preferite e tra le seguite e le ricordate.

Siete davvero in tante/i. Perdonatemi se non vi ringrazio uno per uno ma meritate un gigantesco GRAZIE per il vostro sostegno e i vostri bellissimo commenti.

A presto, spero con una nuova storia.

Buona estate a voi tutti ^^

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