Per cosa vale la pena vivere

di metaldolphin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** è morto per me ***
Capitolo 2: *** flashback ***
Capitolo 3: *** il futuro che ci aspetta ***



Capitolo 1
*** è morto per me ***


Su quell’isola avevamo dovuto prestare più attenzione del solito, dato che la cittadina più grande ospitava una consistente guarnigione della Marina famosa per i suoi successi. Avevamo frequentato i paesi più piccoli per evitare guai e la Sunny era stata nascosta in una zona isolata della costa; ulteriore precauzione era data dai turni che avevamo stabilito: dieci giorni avrebbe impiegato il logpose a magnetizzarsi, quindi un giorno per ciascuno di guardia alla nave.

Al penultimo giorno di permanenza, portai con me Zoro come aiuto nello shopping, dopo averlo convinto a suon di minacce, rinfacciandogli il suo debito e con la promessa di una buona bottiglia di rum.
Naturalmente cantilenava una litania di lamentele ad ogni vetrina che mi fermavo a guardare, ma ci avevo fatto il callo da tempo e lasciai che blaterasse, dando aria ai pochi neuroni che possedeva, senza nemmeno rispondergli.

A fine giornata, nel tranquillo pomeriggio ormai inoltrato, era sommerso dalle sporte ed io ero contenta per gli acquisti.
Come pattuito, ci fermammo per l’ultimo acqusto, rappresentato dal suo rum; l’aveva meritato, dopotutto, e a me piaceva guardarlo nella sua espressione soddisfatta: Zoro era di una rara e rude bellezza mascolina che non passava inosservata al mondo femminile, con (scarsa) buona pace da parte del Cuoco.

...Se solo non avesse avuto quel carattere, capace di far evaporare dalla mente i poco casti pensieri che facevo su di lui!

Quindi, seguita dal muscoloso ominide, mi avviai verso il sentiero che conduceva verso l’entroterra, dato che si attraversava una discreta porzione di isola, per giungere alla nave.
Come sempre accadeva quando mi trovavo con Zoro, mi sentivo sicura... tante volte mi aveva salvato la vita e sapevo di poter contare su di lui. Ero tranquilla, mentre camminavo tra gli alberi su cui si stavano radunando una miriade di volatili per l’ormai imminente crepuscolo; facevano un baccano infernale, ma essendo fatto da allegri cinguettii, non mi dispiaceva.
Vedendo quegli alberi con gli occhi della fantasia, li associavo a condomini affollati in cui vecchie comari si confidavano segreti alle spalle dei vicini e la cosa mi rendeva di buon umore.

Ma il mio sorriso ebbe vita breve. Quasi giunti alla discesa che portava alla Sunny, ci investirono assordanti spari troppo vicini e gli alberi si svuotarono in un frullo d’ali, che si lasciò dietro un inquietante silenzio.

Non ebbi il tempo di capire che una massa veloce mi venne addosso, gettandomi a terra e facendo sì che non venissi colpita… lo Spadaccino, al pericolo improvvisamente manifestatosi, si era mosso in mio aiuto, fulmineo.

Notai una striscia di sangue sulla sua schiena, quando si alzò da me, ma non ci feci troppo caso: non era la prima volta che veniva ferito e non se ne curava nemmeno… passato il pericolo gli avrei dato un’occhiata.

In un attimo sguainò le katane per affrontare il nemico, che si rivelò essere un agguerrito plotone della Marina.

Ma al mio Spadaccino bastarono pochi minuti per sconfiggerli ed io mi alzai, orgogliosa, per andargli incontro.
Aveva le solite superficiali ferite a segnarlo, ma era in piedi e tanto mi bastava.
Voltandosi, rispose al mio sorriso, un Dio della Guerra uscito vincitore dall’ennesima battaglia, alto e fiero della sua vittoria.

Quando gli fui vicina, notai un rivolo di sangue colargli da un angolo della bocca, ma non feci in tempo a farglielo notare, perché si accasciò sulle ginocchia, lasciando cadere a terra le spade. Fu allora che mi preoccupai seriamente e coprii veloce la breve distanza che ci separava, afferrandolo appena in tempo perché non crollasse al suolo.

-Zoro!- esclamai -Cos’hai?

Ma si era fatto più pesante, così lo guidai ad appoggiarmisi in grembo, mentre mi inginocchiavo sull’erba.

E quando tossì spruzzando sangue, mi allarmai ancora di più, così gli aprii lo yukata ed inorridii: da un foro, una consistente perdita di sangue gli imbrattava tutto il petto.. lo sollevai piano e capii che il foro d’entrata era dove prima avevo notato il sangue sulla schiena, dove un proiettile aveva lacerato il tessuto dell’abito, la pelle ed i muscoli, per uscire dalla parte opposta.

Nonostante fosse stato ferito sin dall’inizio, aveva continuato a combattere per proteggermi.

Sentii gli occhi riempirsi di lacrime, mentre il mio cuore, stritolato da un’invisibile mano di dolore, iniziava a battere irregolarmente, rimbombando pesante e a fatica, nel torace che iniziava a sussultare, scosso dai singhiozzi che presto mi soffocarono.

-Zoro, rispondi!- lo pregai e lui, con estrema fatica, mi accontentò, riaprendo gli occhi opachi e schiudendo le labbra sporche di sangue.
-Na...mi- mormorò - Io… io…

Vedendo che stentava ad esprimersi, scossi il capo e con una carezza al viso gli dissi di non sforzarsi, ma lui, testardo come mai, cercò di andare avanti per dire qualcosa che forse credeva essere più importante: -Na...mi…. I..o….ti…

Fu interrotto da Rufy e Usopp che arrivarono di corsa: dalla nave avevano sentito gli spari ed erano corsi a controllare.
Si bloccarono, impietriti davanti a quella scena e li esortai ad aiutarci, ma Zoro attirò la mia attenzione tirando debolmente la maglia rosa che indossavo ed abbassai lo sguardo sul suo volto già pallido.
Mormorò, triste, qualcosa che subito non recepii, perché lui era il mio Zoro e stava per morire, ormai l’avevo capito, ed era l’unica cosa che il mio cervello riusciva ad elaborare.

-Non… la… sci… ar… mi…- disse, prima di espirare profondamente ed abbandonarsi, ormai privo di vita, su di me.

Stringendo quel corpo esanime, gridai con tutta la voce che avevo, svuotandomi delle forze che mi rimanevano.

Era stata tutta colpa mia: si era preso un proiettile proteggendomi e la cosa mi sconvolgeva al punto tale da farmi piombare nell’incoscienza di un buio misericordioso, dove la sofferenza era un’eco lontana che a malapena lambiva il mio essere.


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Capitolo 2
*** flashback ***


L’ondeggiare familiare della nave cullò il mio torpido risveglio.
Dovevo avere dormito molto, ma mi sentivo comunque stanca, spossata e leggermente dolorante.

Aprendo gli occhi notai Robin, elegantemente seduta vicino al mio letto, intenta alla lettura di un grosso tomo. Forse ero stata male?
Non ricordavo proprio.
Umettai le labbra secche e la chiamai a bassa voce perché la gola mi doleva.

Sporgendosi dal grosso libro aperto, mi elargì un ampio sorriso, quindi chiuse le pagine logorate ed ingiallite dal tempo, poggiò l’ingombrante volume sul ripiano e mi chiese come stessi, premurosa, anche se con un velo di tristezza nella voce che mi insospettì.
-Bene, credo.- le risposi, poi aggiunsi: -Cosa è successo?
Mi guardò con una certa sorpresa: -Non ricordi proprio nulla?

Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a richiamare alla memoria niente che fosse degno di nota.
-Aspetta, chiamo Chopper- disse infine.
Un po’ confusa annuii, rannicchiandomi sotto le coperte.

Mentre usciva dalla camera, mi accorsi di stringere tra le mani la bandana di Zoro. La portai al viso per esaminarla, chiedendomi perché l’avessi io, quando il ricordo mi colpì come un ceffone in pieno viso.

Improvvise e violente, le immagini mi colpirono e il dolore mi strinse di nuovo, forte e indifferente alle mie grida, insensibile al mio pianto.

Chopper e Robin si precipitarono a sedarmi. Quando fui più calma, crollai sul cuscino a guardare il soffitto, apatica, svuotata da ogni energia.
-Zoro è morto… di nuovo qualcuno ha dato la vita per me…- mormorai.

Robin mi poggiò una mano sul viso e mi costrinse a girarlo, per guardarla. Era seria ed i suoi grandi occhi chiari erano fermi, quasi ipnotici, mentre mi fissavano.
-È vero. Il clone di Bushido-san è morto salvandoti, ma è stata una sua scelta e l’ha fatta perché teneva a te. Non avrebbe sopportato che tu venissi ferita o morissi, come non lo avrebbe permesso lo stesso Bushido-san. Anche lui soffre, sapendo che ti dai la colpa di quanto accaduto.

Il clone...già, la copia di Zoro…



Flashback
Un mese prima erano stati attaccati in mare da una Ciurma strana, composta da svariati gruppi di gemelli, o così avevano creduto.

Alla fine della battaglia, Nami era crollata in ginocchio sul ponte, mormorando tre parole: -Non. Ci. Credo…- guardando lo spettacolo davanti ai suoi occhi.
Nonostante avessero vinto lo scontro, infatti, una disgrazia aveva colpito anche la Ciurma di Cappello di Paglia: sul malridotto pratino, giacevano privi di sensi, non uno, bensì due Spadaccini dai capelli verdi.
-Qual è Zoro?- aveva chiesto Rufy, grattandosi la testa, ma nemmeno un esame approfondito di Chopper era riuscito a chiarirlo. Erano uguali in tutto e per tutto, impossibile capire quale fosse l’originale.

La provenienza del clone fu spiegata da Brook: -È stato uno sbaglio del loro Capitano- disse, riferendosi ai nemici appena affrontati -ho visto come ha fatto… quando ha capito di avere la peggio, per aumentare il suo equipaggio, ha usato il potere di un qualche Frutto del Diavolo, dirigendolo verso il suo uomo più forte; ma proprio in quel momento Rufy l’ha colpito e quella specie di flusso di energia ha colpito proprio Zoro. C’è stato un lampo abbagliante e quando ho ripreso a vedere erano due, gli Zoro svenuti sul ponte.

Gli altri avevano scambiato il lampo per un fulmine della Navigatrice che combatteva col suo Clima-Tact, ma si era rivelato qualcosa di peggio.
-Che sfortuna!- aveva esclamato Sanji - Due Marimo a bordo!

All’ora di cena, il piccolo medico aveva spiegato che, forse a causa dello shock, gli Spadaccini non si erano ancora ripresi, ma pochi minuti più tardi, due identiche e minacciose sagome avevano fatto il loro ingresso nella stanza, lasciando i presenti ammutoliti. Solo Nami, la prima a riprendersi, pose
la domanda: -Chi dei due è Zoro? L’originale, intendo.
Mentre un inquietante ghigno si dipingeva sul volto di entrambi, la Navigatrice sentì un brivido scorrerle lungo la spina dorsale.
-Solo noi lo sappiamo.- disse uno, e l’altro continuò: -Ma non lo diremo, per evitare disagi e favoritismi tra noi.

Dopo le perplessità iniziali, la vita con due Marimo a bordo era tornata ad una relativa normalità; come tutti gli aspetti della vita, c’erano pro e contro in quella situazione… nella prima serie rientrava il fatto di essere più forti, più sicuri… nella seconda, rientravano gli aspetti negativi di avere a bordo ben due Zoro!

Era difficile sia per Nami che per Sanji tenere testa a due Marimo, perché si trovavano a dividere le energie su due soggetti.

Però erano riusciti a convincerli a sorteggiare nel cappello di Rufy due bandane, una delle quali bianca: sarebbe stato utile distinguerli, per sapere a chi ci si rivolgeva.
Nonostante intensive ricerche, infatti, non erano venuti a conoscenza di eventuali rimedi e si erano rassegnati a quella doppia presenza, quasi che ci fossero due gemelli tra l’equipaggio della Sunny.

Naturalmente, per evitare i favoritismi e le discriminazioni a cui avevano accennato i due Zoro, Nami aveva esteso il suo debito ad entrambi…
Fine flashback




Tornai a guardare Robin, sentendo le lacrime sul viso asciugarsi e tirare la pelle.

Zoro stava male per me?

In quel momento capii cosa avesse mormorato lo Spadaccino morente tra le mie braccia: mi amava, come mi amava l’originale. Non chiedeva di non essere lasciato solo, sapeva di stare per morire e voleva che non lasciassi solo l’altro!

Se erano uguali in tutto, lo erano anche nei sentimenti.

Mentre la testa mi doleva sempre più, travolta dalla confusione dei pensieri che mi vorticavano nel cranio, la Sorellona mi porse una domanda che spianò il tutto, svuotandomi da ogni cruccio: -Zoro vorrebbe vederti. Te la senti?

Volevo?
Sì e no.

Sentivo il bisogno di accertarmi che stesse bene, ma allo stesso tempo ne avevo paura.

L’avevo visto morire, percepito il suo ultimo respiro e il suo cuore si era fermato sul mio petto… i suoi muscoli si erano abbandonati ed i suoi occhi erano diventati vitrei nei miei.

Come avrei potuto affrontare il fatto che fosse vivo, quando nella mia mente non lo era?

Ma facevamo parte dello stesso equipaggio e la nave era uno spazio limitato, non potevo evitare di incontrarlo.
Esitai, poi acconsentii e lei mi sorrise con calore, approvando e lasciandomi il viso con una carezza lieve, prima di uscire a chiamarlo.

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Capitolo 3
*** il futuro che ci aspetta ***


Chiusi gli occhi e non lo guardai entrare, ma ne avvertii l’odore familiare e il passo pesante sulle tavole di legno del pavimento che si avvicinavano, poi la sua voce bassa e calda riempì quel silenzio opprimente: -Nami, come stai?- chiese, con l’apprensione che la timbrava chiaramente

Rabbrividii.

Poi mi resi conto che lui non era morto, che stava bene e mi era vicino.

Solo allora sollevai le palpebre che avevo tenuto serrate e lo guardai.
Aveva il viso tirato e stanco, ma era accosciato accanto al letto e mi fissava intensamente.

Le lacrime riempirono di nuovo i miei occhi, restituendomi un’immagine alquanto distorta di lui, ma non sbagliai obbiettivo quando mi lanciai ad abbracciarlo forte, per sentirlo solido e vitale sotto le dita e sulla mia pelle. Lo travolsi e ci ritrovammo a terra, tanto era il bisogno di percepirlo, per riuscire a sovrapporre la sua immagine a quella archiviata dalla mia mente, che lo vedeva immobile e freddo.

Impacciato, forse sorpreso da quella reazione, ricambiò la mia stretta e mi rassicurò: -Sono qui, sono qui, Nami.

Rimase a cullarmi finchè non mi quietai e, a mente più serena, parlammo.
Di come avesse percepito il distacco con dolore, quando il suo omologo era morto. Di come avessero faticato, Rufy ed Usopp, a separarmi da quel corpo. Di come fosse rimasto impressionato a vederlo e a sapere che l’avevano avvolto in una coperta con tutto ciò che aveva, prima di gettarlo in mare… a quello Rufy non aveva voluto che assistesse.

Allungai le mani a sciogliere il nodo della bandana bianca che portava al braccio.
-Cosa fai?- mi chiese.
-Torniamo ad un mondo normale.- spiegai, tirando fuori la sua bandana nera per legarla al posto che le spettava.
La fermai con un nodo piano e mi sedetti sul letto a testa bassa.
-Grazie.- sussurrò, ma io mi limitai ad alzare le spalle, allora mi chiamò, per attirare l’attenzione e dovetti guardarlo.

-L’ha fatto volontariamente. - disse, riferendosi al clone.
-Lo so, è questo che mi spaventa!- confessai.

Mi sedette vicino e mi strinse forte.
-Eravamo uguali: stessi pensieri, stessi ricordi, stessi… sentimenti. Ma questo lo sai già, vero?
Anuii.
-Non deve spaventarti l’idea che ti si possa amare al punto da rischiare tutto per proteggerti… lo avrei fatto anche io.- Affermò.

Sentii avvampare il viso per l’ira e lo spinsi via con violenza.
Proprio non capiva?
-Ed io ti ho detto che è proprio questo a farmi paura!- urlai -Non capisci che vederti morire una volta mi è già bastato? Non potrei sopportarlo ancora: ne morirei…- terminai, con un filo di voce.

Perché era difficile ammetterlo, un duro colpo al mio orgoglio, fargli sapere che tenevo a lui così tanto che mi si sarebbe strappato il cuore a metà, se avessi dovuto assistere alla sua morte… di nuovo.

Alle mie grida arrabbiate erano accorsi gli altri e, a farsi avanti fu Robin, che aveva capito la situazione al volo, come sempre prima degli altri.
In piedi, vicino a Zoro, parlò con voce pacata e serena: -Navigatore, chiunque ha paura di perdere chi gli sta vicino… possono dirtelo tutti, ognuno di noi è passato attraverso questa sgradevole ed indesiderata esperienza. Non nego che la tua recente vicenda sia stata una prova difficile da affrontare, ma rifletti: è stata la tua stessa paura, quella che ha spinto il clone di Bushido-san a proteggerti. Mi sbaglio?- concluse, rivolgendo quell’ultima domanda a Zoro, che confermò con un mesto sorriso.

Avevano regione.
Anche io avrei fatto lo stesso per chi amavo, ma lo shock che avevo subito nel vedermi morire proprio lui tra le braccia, mi aveva fatto perdere la prospettiva di quel punto di vista.

Non potevo sapere cosa ci riservasse il futuro, quindi era inutile cercare di negare certi legami affettivi solo per paura: rischiavo di perdere l’unica cosa per la quale valesse la pena vivere!

Eravamo pirati e il pericolo ci era compagno, ma lo eravamo per libera scelta, con tutto quello che comportava.

Allora mi sollevai ad abbracciare Zoro, ma stavolta sotto lo sguardo di tutti e non mi importava. In quel momento volevo solo il suo calore, il suo respiro e la sua forza.
Qualcuno rise, altri si imbarazzarono, Sanji pianse.
E non credo per la commozione.

Appoggiai l’orecchio al suo petto solido, bisognosa di ascoltare quel cuore battere forte e senza sosta. Con esso udii le parole che disse rimbombargli nel torace ampio: -Sono vivo, resto qui, se mi vuoi vicino.
Pensai che era il minimo che potesse fare, glielo dissi e sorrise, prima di baciarmi.

Non sapevamo come sarebbe andata, non era in nostro potere.
Ma lo era andare avanti e credere in quel futuro che aspettava solo noi.

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