Demons

di Blue Poison
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The calm before the storm ***
Capitolo 2: *** Fighting Yanluo ***
Capitolo 3: *** Deep into the nightmare ***
Capitolo 4: *** Towards a new life ***
Capitolo 5: *** A long night (part 1) ***
Capitolo 6: *** A long night (part 2) ***
Capitolo 7: *** Homesick ***



Capitolo 1
*** The calm before the storm ***


Demons

 
The calm before the storm
 
L’istituto era pervaso da un soave odore di incenso ed era illuminato da piccole candele e lanterne colorate.
Dalla sua postazione, seduto a gambe incrociate su uno dei bovindi del salone, Jem delineava con gli occhi i tratti delicati dei caratteri che la mano esperta di sua madre aveva tracciato sugli arazzi appesi alle pareti; il pennello si era mosso rapido ma accurato, dipingendo linee sottili e ben definite, senza sbavature.
Adorava il fatto che un segno racchiudesse in sé un concetto e che combinato ad altri desse vita a nuovi significati: i caratteri erano i tasselli del puzzle che erano i pensieri e lui trovava quel paragone più che appropriato.
Una leggera brezza entrò dalla finestra aperta e gli scompigliò i capelli, avvolgendolo in un gelido abbraccio che lo fece rabbrividire: come per l’effetto di un richiamo naturale, Jem voltò il capo e rivolse il suo sguardo all’esterno.
Sotto di lui, Shanghai era placida e silenziosa.
Le sue luci ricordavano ninfee luminose che galleggiavano nel buio e le estremità ricurve delle falde di alcuni templi assumevano l’aspetto di dita aguzze, sollevate in una muta minaccia verso il cielo.
La città, priva della dinamicità giornaliera, non aveva nulla che dimostrasse che il tempo stava effettivamente scorrendo e pareva finta, statica come in un quadro.
Jem alzò la testa e sforzò gli occhi nel tentativo di scorgere il barlume delle stelle.
Ma quella era una notte cupa, destinata a diventarlo sempre di più.        
La luna era seminascosta da nuvoloni neri, quasi fosse spaventata all’idea di sbirciare oltre di essi per assistere a ciò che il destino aveva in serbo per loro e che da lì a poco si sarebbe dovuto compiere.
Le tenebre avanzavano.
-Jian- la voce di sua madre era venata di quella che Jem si stupì nel riconoscere come ansia –Chiudi la finestra, qin ai de-
Una strana sensazione di allarme si fece strada nella sua mente, a quelle parole.
Perplesso, Jem appoggiò una mano sull’anta e, lentamente, l’accompagnò sull’altra per farle combaciare.
Un secondo dopo, una musica affascinante e limpida riempì l’aria: era così familiare, pura e particolare, che avrebbe potuto riconoscerla ovunque.
Jem volse il suo sguardo al salone, completamente assorto dalla melodia.
Suo padre stava suonando il violino: era in piedi, con gli occhi chiusi impigliati in mille pensieri e il volto rifugio di arenati ricordi.
L’archetto saliva e scendeva con morbida maestria, seguendo i movimenti ampi e precisi del braccio; le dita si alternavano a contatto con le corde, rapide.
Le note prodotte erano belle e impeccabili, traccia di una storia che Jem lesse senza difficoltà.
Raccontava di una serata cinerea, ricca di odori e profumi, e dell’inquietudine di una donna meravigliosa, dall’animo forte e battagliero, ma anche materno e vulnerabile, la stessa che ora guardava con amore l’uomo al suo fianco e il cui viso nascondeva ad arte anche le emozioni più intime e profonde; narrava anche del desiderio del marito di voler trasmetterle un conforto che le parole non avrebbero mai potuto esprimere a pieno.
A Jem batté forte il cuore.
Quando il silenzio riprese il sopravvento, Ke Wen Yu posò lo sguardo sul figlio e i suoi occhi parlarono per lei: Jem interpretò la loro vacuità come l’ennesima stonatura nella solita tranquillità generale.
C’era qualcosa di semplicemente sbagliato, lo percepiva.
Eppure non sapeva spiegarsi che cosa fosse.
-Posso suonarvi qualcosa?- domandò d’impulso, impaziente di distrarre la sua mente.
Jonah Carstairs abbassò il violino che ancora teneva in mano e abbozzò un sorriso.
-Certamente, James-
Il suo tono era caldo e rassicurante, lo stesso di sempre.
Ricambiando il sorriso, Jem si alzò e fece qualche passo nell’immenso salone, con impaziente velocità.
Una volta messe le mani sul suo prezioso strumento, tutto le sue preoccupazioni sarebbero passate in secondo piano: si sarebbe inglobato nella sua musica con i suoi genitori e il resto non sarebbe contato.
Tuttavia, prima che potesse avvicinarsi al portone di ingresso, questo si spalancò violentemente; le candele sul tavolo si spensero repentinamente e i vetri delle finestre vibrarono come durante una tempesta.
Jem non ebbe il tempo di fare o dire alcunché, perché ciò che apparve sulla soglia paralizzò ogni fibra del suo corpo e zittì ogni suo singolo pensiero.
Lì, a pochi metri da lui, c’era l’incarnazione dei suoi incubi più terrificanti: il demone di nome Yanluo.
 
 
 
Angolo Autrice:
Salve! Ma anche a voi la scuola sta distruggendo? Perché penso che combattere contro un Demone Superiore sia nulla, in confronto c.c Comunque, parlando di cose serie: no, non riesco proprio a togliermi The Infernal Devices dalla testa. Questa sarà una raccolta di one-shot collegate fra loro che, partendo dall’irruzione di Yanluo nell’Istituto di Shanghai, arriveranno, più o meno, dopo che Jem arriverà a Londra e conoscerà Will e compagnia bella. I tempi di aggiornamento dipendono dalla scuola, ma vi prometto che non saranno troppo lunghi!
Vi sarei grata se lasciaste una recensione. Positiva o negativa che sia non importa: accetto molto volentieri le critiche, purché costruttive, perché ho davvero bisogno di sapere che cosa pensa la gente di quello che scrivo.
Detto questo, alla prossima! :33
 
Blue Poison

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Capitolo 2
*** Fighting Yanluo ***


Demons

Fighting Yanluo
 
Yanluo ricordava molto uno di quei draghi che popolavano le antiche leggende cinesi e per cui Jem aveva sempre provato una paura profonda, indelebile.
Le sue iridi erano pozzi di malignità e cieco odio, scarlatte come le fiamme infernali: era crudelmente ironico, pensò Jem, vedere quel colore incastonato in quello sguardo famelico a rappresentare morte e dolore, quando lui l’aveva sempre associato alla felicità, ora totalmente fuori luogo e senza legami con le circostanze in cui si trovava.
Il corpo squamoso era dello stesso colore delle tenebre dalle quali proveniva e si attorcigliava su se stesso, in larghe spire ornate da creste basse e affilate come coltelli; la coda terminava con un pungiglione affusolato, che si agitava irrequieto.
Jem sbatté le palpebre e si ritrasse, mosso da un improvviso tremore che non riusciva a controllare, proprio mentre i suoi genitori mettevano mani alle spade angeliche, unica loro risorsa per difendersi.
Impaziente di liberarsi dalla vulnerabilità a cui era esposto, Jem cercò di imitarli; gli bastava allungare una mano per raggiungere il pugnale che pendeva dalla sua cintura, ma, sfortunatamente, non fece in tempo.
Il salone sprofondò nel gelo più assoluto, eppure Jem percepì chiaramente il calore incandescente che Yanluo emanava, quando il corpo del demone gli si attorcigliò addosso come un rampicante, le creste che gli affondavano nella pelle come spine.
Gemette involontariamente mentre le spire si stringevano sempre di più e il panico, oltre il crescente dolore, gli tappava la gola in modo che il respiro risultasse affaticato e irregolare; il sudore cominciò a imperlargli la fronte e i vestiti a incollarglisi addosso.
Se solo avesse avuto le braccia libere, avrebbe potuto almeno tentare di ferire Yanluo.
Tuttavia, la sua pelle sembrava resistente quanto l’acciaio stesso e a nulla sarebbe servito pugnalarlo, se prima non si individuava il suo punto debole.
Ma nonostante cercasse di concentrarsi per pensare a quale potrebbe essere stata la breccia nelle difese del demone, Jem si arrese ben presto, perché la stretta attorno alle sue gambe e al busto era così ferrea da provocargli un dolore persistente e implacabile, che si insinuò così prepotentemente nella sua mente da costringerlo ad annullare qualsiasi pensiero che non fosse quello di incamerare aria.
Pura, preziosa aria.
La sensazione di oppressione all’altezza del petto era tale che Jem credette di poter svenire da un momento all’altro.
Poi udì sua madre gridare; o forse stava già gridando, non avrebbe saputo dirlo con certezza.
Fatto stava che Yanluo mollò la presa su di lui, che cadde di peso sul pavimento, sfinito, e si mosse con la stessa rapidità di un fulmine gettandosi contro la donna, una furia paragonabile ai letali fenomeni della natura.
Guizzi e scintillii azzurrognoli balenarono tutt’intorno a loro quando anche Jonah Carstairs si aggiunse allo scontro, un angelo custode dal volto malformato dalla paura come Jem non l’aveva mai visto.
E non poteva che essere un brutto segno.
Una morsa pungente gli serrò lo stomaco con insistenza, scombussolandolo ulteriormente.
Tuttavia, per quanto impreparato e spiazzato si sentisse, non poteva di certo voltare le spalle alla realtà e permettere ai suoi genitori di combattere per le loro vite da soli.
Il loro destino era legato al suo e Jem comprese che non doveva fare altro che andargli incontro per portarlo a compimento; senza titubanza, né aspettative.
Era tutto scritto, immutabile.
Era vivere o morire.
Così, racimolate un po’ di energie, il ragazzo si tirò a sedere con decisione e, nel farlo, tutti i muscoli indolenziti si tesero come la corda di un arco; Jem li ignorò volontariamente e questa volta sguainò il pugnale senza esitare.
Sebbene fosse vittima dei brividi, sebbene avesse l’impressione che il suo cuore si fosse trasformato in un macigno di pietra, sebbene credesse fermamente che il terrore per quel demone che rappresentava l’ago sulla bilancia del suo destino lo potesse dilaniare dall’interno da un momento all’altro, Jem si lasciò andare all’amore incorruttibile che provava per i suoi genitori e che, ad ogni passo verso Yanluo, alimentò la sua determinazione come la pioggia con un nascente corso d’acqua.
Sollevò il braccio e fece calare la lama; un ringhio fragoroso, occhi ritratti di inesprimibili emozioni.
Poi, il caos.
In balzi eleganti e precisi, Jonah Carstairs aggredì il demone con la spada angelica e Ken Wen Yu, in movimenti ampi e sincronizzati con quelli dell’uomo, gli inferì sfregi e squarci lungo tutte le zampe anteriori, che si tendevano avidamente verso di loro con gli artigli acuminati, e si avvicinò istintivamente a Jem.
I tre Cacciatori e Yanluo si fusero in un turbinio di luce e ombra; la loro danza di anime angeliche e demoniache reclamava un vincitore.
E, nonostante l’estenuante duello pareva non avere fine, Jem poté quasi vedere la Morte avvolgerli uno per uno.
 
 
 
Angolo Autrice:
Eccomi qui, finalmente! La scuola mi ha lasciato un attimo di tregua e ho potuto aggiornare. Questa one-shot mi ha fatto particolarmente penare, ma sono riuscita a finirla, yeah!
Mi è piaciuto immaginare Yanluo come un demone collegato alla Cina e da lì è nata la somiglianza con i draghi delle leggende. Beh, spero possiate apprezzare :3
Ringrazio chi ha recensito la scorsa one-shot e, naturalmente, i lettori silenziosi.
Mi dileguo.
 
Blue Poison

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Capitolo 3
*** Deep into the nightmare ***


Deep into the nightmare
 
Jem sprofondò nell’incubo.
Il pungiglione di Yanluo gli forò la pelle lattea e gli iniettò il suo veleno nelle vene: il mondo si sgretolò davanti ai suoi occhi e la sua mente si perse nei suoi stessi labirinti.
Il dolore esplose, spietato, e divagò in ogni singola fibra del suo corpo, impossessandosi prepotentemente del suo autocontrollo e facendo così in modo che qualunque gesto o pensiero divenisse involontario.
Le grida e i sussurri che la sua voce produceva, le idee e i concetti che aleggiavano nella sua testa: Jem divenne vittima del suo stesso corpo, attore e spettatore di quella macabra tragedia.
Sfortunatamente per lui, lo spettacolo era solo all’inizio.
Vide una Londra uggiosa che nulla poteva contro l’inferno dentro il quale stava bruciando: il cielo piangeva lacrime amare e alimentava le fiamme ardenti, che con il loro tocco accarezzavano fameliche la città.
L’aria era impregnata delle voci delle anime senza età intrappolate nell’essenza del mondo; molte avevano già abbandonato le loro spoglie mortali, altre vi erano ancora legate, ma tutte insieme producevano un suono insopportabile, un urlo raccapricciante e senza fine.
Jem non capiva nemmeno più dove si trovava.
Nell’Ade? All’Istituto? In un limbo?
L’unica cosa certa era che quel suono gli stava perforando i timpani come un ago nella stoffa.
Poi, di colpo, tutto tacque.
Un’onda di sangue si riversò nelle strade in un vortice scarlatto, che lentamente tinteggiò tutto con il colore della morte.
A Jem sembrò quasi di esservi immerso, tant’è che gli si bloccò il respiro.
Istintivamente chiuse gli occhi e quando li riaprì si ritrovò circondato da raccapriccianti creature di metallo, che gli camminavano attorno con gambe e braccia a terra, come enormi ragni predatori; deglutì a vuoto, solo per ottenere un suono strozzato dalla sua gola arida.
Il panico emerse dentro di lui, mentre cadeva in ginocchio nella cruda consapevolezza che la vita gli stava venendo strappata via con violenza: una mano sentenziatrice che gli serrava il collo, come a volerlo spezzare.
Per la prima volta dopo molto tempo, Jem ebbe paura.
Una paura talmente reale e viva da inglobarlo completamente, paralizzarlo e consumarlo nel profondo, secondo dopo secondo.
Si sentì spingere verso la morte da un dolore crescente, dominante.
Talmente intenso da farlo impazzire.
Ma nel momento in cui Jem credette veramente di non avere più nulla da sperare, cominciò a svegliarsi.
Tornò alla realtà così velocemente, che per poco non cadde dal letto per la foga con cui si stava dimenando; i suoi occhi furono accolti da un’oscurità innocua, rovinata da una pallida stregaluce appoggiata su un comodino lì vicino.
Jem la osservò per lunghi istanti, ansimante, rabbrividendo ogni qualvolta una goccia di sudore gli colava lungo il collo o la schiena: la piccola luce risultava rassicurante come la voce di una madre dopo un incubo.
Che cosa avrebbe dato per sentire quella della sua, ora…
Si tirò a sedere con una lentezza esasperante e piano piano i ricordi gli tornarono alla mente come pezzi di un puzzle, permettendogli di fare mente locale: si trovava alla Città Silente, in ruolo di “ospite” e “paziente”.
La sua cella non era chiusa a chiave per non dargli l’idea di essere un prigioniero; le catene erano state momentaneamente rimosse e sul letto erano state aggiunte delle coperte, che Jem scostò sul fondo a causa di una vampata di calore.
Fratello Enoch gli aveva fatto visita quella sera, prima che si addormentasse, a ricordargli che l’indomani avrebbero interpellato uno stregone per cercare di trovare una cura alla sua malattia.
Già, malattia…
Jem raggiunse in pochi passi lo specchio appeso al muro e sollevò appena la stregaluce che aveva preso dal comodino.
Un ragazzo stanco, con marcate occhiaie sotto gli occhi e di una magrezza non indifferente gli ricambiò lo sguardo; ma ciò che lo fece sussultare fu un luccichio fra i suoi capelli.
Sulle prime, Jem pensò fosse un riflesso dovuto alla pietra che aveva in mano, ma avvicinandosi di qualche centimetro alla superficie riflettente capì che non era così.
Una lunga striatura argentea gli colorava diverse ciocche e brillava nell’oscurità, come una lama ben affilata.
Curiosità, angoscia e sconsolatezza si manifestarono sul suo viso, insieme a un’altra vasta serie di emozioni che Jem non aveva mai provato prima d’ora.
Ebbe un senso di repulsione verso se stesso; si sentì sporco.
Contaminato da una sentenza che gli scorreva nelle vene sotto forma di tossina e che non avrebbe tardato a concretizzarsi.
Sì, perché Jem sapeva perfettamente che il suo tempo era contato: giorni, mesi, anni non facevano differenza.
Sarebbe morto e si sarebbe ricongiunto con i suoi genitori sulla Ruota.
E sarebbe di nuovo tornato puro.
 
 
 
 

Angolo Autrice:
Mi scuso immensamente per il ritardo! :c
Ho avuto un sacco di cose da fare fra scuola e altro e, sfortunatamente, la mia ispirazione aveva scelto di abbandonarmi soprattutto durante i pochi momenti liberi che avevo, ‘sta traditrice cwc
Ma poco importa, perché –alla faccia sua- sono riuscita a finire anche questa one-shot!
Ho notato che le visualizzazioni sono tantissime e ne sono davvero felice :33 Lasciate anche una recensione, se vi va!
Intanto ringrazio chi ha recensito e chi legge in silenzio.
Alla prossima!
 
Blue Poison
 
 

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Capitolo 4
*** Towards a new life ***


Demons
 
Towards a new life
 
Il cielo, cinereo come la polvere, venne squarciato da un lampo improvviso, a ricordare un immenso muro rovinato da una crepa; sembrava che esso potesse, in qualche modo, spaccarsi in due e aprirsi sul paradiso da un momento all’altro.
Un tuono esplose con così tanta intensità da far sobbalzare alcuni passanti che, infreddoliti e bagnati dalla pioggia, si stavano affrettando a fare rientro nelle loro abitazioni, dove sarebbero stati al riparo dal temporale incombente; il suono rimbombò dappertutto, come il pigro lamento di un predatore in agguato.
L’aria era impregnata di umidità e di un denso odore di fumo, a causa dei numerosi comignoli da cui si innalzavano ghirigori vaporosi, al di sopra degli acuminati tetti londinesi.
Jem teneva aperta la tendina del finestrino accanto al suo posto, in modo da poter vedere il mondo scorrergli sotto gli occhi, fuori dalla carrozza.
Londra era caotica, nonostante l’ora tarda e il maltempo, fatto degno di un centro culturale attivo e fiorente.
Vi erano lumi accesi all’interno di numerosi locali più o meno alla moda, gente provvista di grossi ombrelli affollava i marciapiedi e numerosi altri cocchi che viaggiavano sulle strade, in tutte le direzioni, con i cavalli che nitrivano e sbuffavano: era un po’ come guardare Shanghai, pensò Jem, e d’un tratto divenne malinconico.
Chissà se avrebbe mai potuto rimettere piede nella sua terra natia…
Iniziò a piovere.
Fitte gocce di pioggia presero a cadere dal cielo come aghi, infrangendosi con lievi suoni simili a ticchettii sul vetro del finestrino della carrozza, che aveva ora svoltato in un largo cortile acciottolato e si era fermata davanti a una scalinata, dove vi erano due figure in piedi.
Jem capì che doveva essere giunto a destinazione, quindi aprì delicatamente lo sportello, prese in mano il suo bastone di giada e la custodia del suo violino e con un saltello uscì dalla carrozza della Città Silente.
Subito fu scosso da una folata di vento gelido, che lo fece rabbrividire da capo a piedi: avrebbe davvero dovuto abituarsi a quel tipo di tempo.
Una delle figure si avvicinò e Jem la riconobbe come una donna.
Era bassa e minuta, con folti capelli castani e intensi occhi marroni; il suo viso era sorridente e sereno, ma comunicava un senso di autorevolezza.
-Ben arrivato- gli disse, mentre apriva un ombrello sopra le loro teste –Tu devi essere James Carstairs, dico bene?-
-Jem Carstairs- disse d’impulso Jem, poi, temendo di essere suonato un po’ brusco, aggiunse, a mo’ di scusa –Mi chiamano tutti così-
Ma la donna pareva non averci fatto caso, anzi, il suo sorriso si allargò ancor di più.
-Bene, Jem. Io sono Charlotte Branwell, direttrice dell’Istituto- continuò, con tono cordiale –Ma rimandiamo i convenevoli a quando saremo al sicuro da questo temporale, che ne dici?-
Gli posò una mano sulla spalla e insieme si indirizzarono verso l’ingresso dell’edificio; al riparo sulla soglia dell’enorme portone di quercia spalancato sulle tenebre, Charlotte passò l’ombrello alla seconda figura, un uomo che era rimasto a guardarli fino a quel momento.
-Jem, lui è mio marito Henry- l’uomo sventolò una mano energicamente, con un sorriso e Jem lo imitò, anche se più timidamente e con meno vigore –Per favore, puoi occuparti dei bagagli di Jem?-
-Non c’è problema!- esclamò Henry, prima di avviarsi verso la carrozza a passo spedito.
Charlotte ridacchiò; una risata così bassa che Jem udì solo perché le stava vicino-
-Beh, noi possiamo avviarci, intanto- commentò, fra sé e sé –Vuoi darlo a me, quello?-
Finché non alzò gli occhi su di lei e non vide che stava guardando il suo violino, Jem non capì a che cosa Charlotte si stesse riferendo, dimentico com’era di averlo in mano; glielo passò mormorando un ringraziamento e, istintivamente, rafforzò la stretta attorno al suo bastone.
Entrarono nell’Istituto in silenzio.
Improvvisamente, sulle pareti si accesero moltissime stregaluci, che rischiararono il corridoio e permisero a Jem di osservare gli arazzi con rune, armi o angeli, simili a quelli che erano presenti all’Istituto di Shanghai.
-Immagino che tu voglia riposarti- commentò Charlotte, quando presero a salire le scale per il piano superiore –A proposito, come ti senti?-
Dopo quelli che gli sembravano giorni, Jem ci pensò realmente.
Da quando i Fratelli Silenti gli avevano comunicato che l’unica opzione che aveva per restare in vita era la droga stessa che si era mischiata al suo sangue e che lo avrebbe logorato, a poco a poco, Jem non aveva provato nulla.
O meglio, si era sentito svuotato e d’un tratto si era sentito tremendamente consapevole della sua situazione e di ciò che il tempo gli avrebbe riservato: la morte rincorreva la sua vita e non ci sarebbe voluto molto prima che riuscisse ad acciuffarla nella sua morsa.
In ogni caso, Jem aveva preso lo Yin Fen prima di partire e, dal momento che non aveva fatto sforzi, non aveva bisogno di prenderne altro; in più, stanchezza a parte, aveva soltanto freddo.
-Sto bene, sono solo stanco per il viaggio- rispose semplicemente.
I loro passi producevano ora un suono ovattato a causa del tappeto che percorreva tutto il corridoio davanti a loro, i cui muri erano pieni di porte; Charlotte si fermò davanti a una di quelle centrali e la aprì, lasciando andare avanti Jem per primo.
La stanza era grande più o meno come la sua vecchia camera.
Vi era un grande letto a baldacchino con cuscini di tutte le dimensioni e coperte soffici e ricamate; dalla parte opposta c’era invece un armadio in legno scuro, con accanto uno scrittoio e un caminetto; le tende di velluto erano tirate del tutto e la luce inondava tutto l’ambiente attraverso le finestre macchiate di pioggia.
Charlotte appoggiò il violino sul tavolino che si trovava lì vicino e in quel momento entrò Henry, che posò le uniche due valigie di Jem contro al muro, perché non fossero d’intralcio.
-Grazie- gli disse Jem e l’uomo mosse una mano come per scacciare una mosca, tutto sorridente.
-Allora noi ti lasciamo riposare- intervenne Charlotte –Verrò a chiamarti prima di cena, così ti presento tutti gli altri. Se ti servisse qualsiasi cosa, puoi trovarci nella stanza infondo al corridoio-
-Grazie- ripeté ancora Jem e attese che i due uscissero per correre verso il tavolo, appoggiare da parte il bastone, aprire la custodia ed estrarre il suo violino.
Le sue mani tremarono quasi nel toccare lo strumento e lo stesso fece il suo cuore non appena l’archetto produsse la prima nota di quella nuova vita a Londra; Jem si lasciò andare alle emozioni e alle sensazioni che stava provando e la melodia che ne uscì risultò lenta, maestosa, a tratti nostalgica.
Jem chiuse gli occhi e con la musica ripercorse gli ultimi avvenimenti incisivi della sua vita, perdendosi nell’eco dei ricordi.
 
 
 
 
Angolo Autrice:
Ehm…salve! Quanto mi dispiace da uno a dieci per il ritardo? Almeno mille ç_ç
Non credevo di poter lasciare questa raccolta per tutto questo tempo, ma finalmente sono riuscita ad aggiornare! Che dire? Spero possiate apprezzare e che possiate perdonarmi c.c
Ho già un’idea per la prossima one-shot, dove ci sarà anche un Cacciatore di nostra conoscenza (ma chissà chi è!), tuttavia non scrivo una data di aggiornamento visto che a farlo non si riesce mai a stare nei limiti di tempo.
Grazie a tutti quelli che mi seguono e che leggono!
Alla prossima!
 
Blue Poison

 

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Capitolo 5
*** A long night (part 1) ***


Demons

A long night (part 1)

 
Jem correva, rapido come un fulmine, per le strade di Londra, un’ombra scura alla luce dei lampioni.
Si spostava da una chiazza d’oscurità all’altra, incurante di qualsiasi cosa che non fosse il demone Zorvia.
Ma come era finito a correre dietro a uno di quei ripugnanti esseri, dal momento che non aveva ancora l’età per cacciare?
La risposta era semplice: William Herondale.
Approfittando del fatto che il ragazzo era sembrato, per la prima volta da quando era arrivato all’Istituto, interessato a qualcuno, Charlotte lo aveva incoraggiato a uscire con Jem, per mostrargli un po’ la città.
Will si era mostrato seccato e annoiato, ma la donna sperava che la sua fosse una recita e che il nuovo arrivato avrebbe potuto smussare il suo carattere dai comportamenti taglienti.
Così, i due Cacciatori erano usciti per una semplice passeggiata al chiaro di luna e lo sarebbe anche stata, se non si fossero imbattuti in Zorvia, vicino al Blackfriars Bridge, intento a studiare Londra dall’alto di un lampione, come un grosso rapace alla ricerca di una preda.
-Questa è la nostra occasione!- aveva detto Will, tutto eccitato, già con una lama angelica in mano –Per dimostrare che siamo pronti per cacciare!-
Fu spontaneo, per Jem, chiedersi che cosa gli facesse credere di avere una possibilità di vincere, poiché avevano ancora molto da imparare e perfezionare in quanto ai combattimenti.
-Non sono sicuro che dovremmo- aveva mormorato e, siccome la sua mente gli aveva ricordato improvvisamente che non aveva preso abbastanza Yin Fen per sostenere una battaglia, aveva cercato di persuaderlo –E poi è tardi, Charlotte e Henry saranno in pensiero-
-Hai paura, James?- lo aveva stuzzicato Will che, senza aspettare una risposta, si era concentrato per lanciare un coltello contro Zorvia.
Il demone aveva strillato come un pipistrello, quindi si era voltato nella direzione di Will e Jem, facendo cadere l’arma che si era soltanto superficialmente infilata nella sua pelle; i due avevano trattenuto il respiro, rilasciato solo alla vista di Zorvia che balzava giù rapido dal lampione e fuggiva.
Will gli era corso dietro e Jem, forse per la fretta del momento o per l’incapacità di pensare chiaramente, l’aveva seguito.
Così era iniziata la loro corsa, che durava ormai da ben due ore.
-Sta salendo lassù!- gridò la voce di Will, da qualche parte alla destra di Jem, che istintivamente alzò gli occhi.
Zorvia si stava arrampicando fra i tetti aguzzi delle palazzine londinesi con i suoi tentacoli spinosi che s’attorcigliavano saldamente a grondaie, davanzali, finestre e colonnine, e sollevavano goffamente il corpo squamoso e flaccido; i due riuscirono a tenere il passo e a rincorrerlo, anche grazie alla runa di velocità che si erano tatuati in fretta e furia.
Tuttavia, essa non era per niente d’aiuto a Jem per le sue energie, così come la runa di resistenza che invece gli aveva disegnato Charlotte prima di uscire dall’Istituto: la sola azione di correre l’aveva totalmente consumata e il suo corpo iniziava a reclamare riposo.
Ma non voleva mostrarsi debole di fronte a Will.
-Lo stiamo perdendo!- gridò quest’ultimo, mentre saltavano uno spazio piuttosto largo fra un palazzo e l’altro.
Il ragazzo accanto a lui spiccava salti agili ed eleganti come una molla e non pareva per nulla stanco; Jem, d’altro canto, sentiva il peso del suo corpo aumentare ogni volta che toccava nuovamente terra.
-Non lo prenderemo mai, William- soffiò d’un tratto, ma ancora rifiutandosi di fermarsi.
-Senti un po’, sottospecie di polpo!- Will lo ignorò completamente e prese a urlare contro il demone che, a quella provocazione, comunque, non diede peso –Perché non smetti di scappare come un vile codardo? Fermati un attimo, in modo che io possa prendere le tue misure per l’acquario che acquisterò una volta che ti avremo ridotto in un pezzo da collezione-
Parole al vento: o Zorvia non capiva il linguaggio dei Nephilim, oppure non dava corda alle frecciatine, al che Will storse il naso.
Ad un certo punto, però, senza che ci fosse bisogno di dire o fare altro, il demone si bloccò sul tetto di una grossa fabbrica e si voltò verso di loro, ringhiando.
Jem si mise in guardia e lo stesso fece Will, aggiungendo un sorrisetto soddisfatto sulla sua faccia.
Essere riusciti a condurre il demone in un luogo così spazioso per combattere era vantaggioso, ma non se l’oggetto del combattimento abbandonava il campo prima ancora di sferrare il primo colpo: Zorvia sembrava sul punto di balzare via un’ennesima volta, ma Will tentò di trattenerlo a modo suo.
Sebbene fossero trascorse un breve periodo di tempo da quando Jem era giunto lì, aveva imparato qualcosa su di lui: per esempio, che era uno sciocco imprudente.
-Stavo scherzando, prima…lo so che non posso tenerti chiuso in un acquario, ma nessuno mi vieta di riempire d’acqua una Pyxis, sai?-
Nonostante tutto, Jem non riuscì a trattenere un sorriso: forse cominciava a capire il suo modo di pensare.
Provocare così un demone era pericoloso, ma d’altronde, lo era anche dargli la caccia, quindi invogliare Zorvia a saltar loro addosso, o essere loro stessi a fare la prima mossa non faceva molta differenza.
Zorvia emise un rumore come di acqua rovesciata; gli occhi vermigli lampeggiarono e una cresta che prima Jem non aveva notato si aprì a ventaglio come una coda di pavone intorno alla testa informe.
I tentacoli ondeggiarono, pronti a scattare, e il muso da topo si contrasse.
-Sporco Nephilim- la sua voce era come il fischio di una locomotiva, acuto e penetrante, con un tono roco e cupo –Potrei tranciarti la lingua e inchiodarti sul fondo di un oceano, causandoti un’eterna sensazione di soffocamento-
-Ho ricevuto minacce peggiori- continuò inflessibile Will, con un sorrisetto che non lasciava presagire nulla di buono –E come vedi sono ancora qui-
Zorvia emise un suono soffocato, ma distintamente maligno: Jem attivò il suo bastone-spada e Will, se possibile, rafforzò ulteriormente la presa sulla sua spada angelica.
Improvvisamente, una sfera di polvere circondò completamente il demone in una cortina nero pece; una violenta folata di vento strappò dal vortice alcuni granelli, che s’infransero su di loro come minuscola grandine e costringendoli a ripararsi il viso.
Una volta che la polvere si fu dissipata, Jem abbassò il braccio e vide che, nel punto in cui un attimo prima c’era Zorvia, ora vi erano almeno venti copie identiche del demone, tutte con le creste spiegate e i denti in vista.
Se ci si doveva sforzare di trovare il lato positivo in quella situazione, ci si poteva confortare al pensiero che Zorvia era lì: mischiato alle sue personali figure illusorie, ma era lì.
Jem cercò con gli occhi lo sguardo di Will, che gli sorrise in modo determinato e vagamente competitivo, prima di gettarsi nella mischia.
Lui si mosse per fare lo stesso, ma una delle copie di Zorvia –o Zorvia stesso?- gli venne incontro e gli parò la strada, isolandolo dal resto del combattimento; ringhiò come un leone pronto a balzare e i suoi occhi catturarono quelli di Jem, che non poté sottrarsi a quel contatto visivo.
Il ragazzo batté più volte le palpebre per tornare in sé, ma intorno a lui tutto era cambiato: si trovava nuovamente all’Istituto di Shanghai, circondato da fiamme incandescenti e fumo vaporoso.
L’aria era opprimente e Jem si sentì soffocare; tossì violentemente mentre le sue forze iniziarono a venirgli meno.
I caratteri, i draghi e le rune degli arazzi appesi alle pareti gli caddero addosso in un turbinio di colori, che si mischiarono per tingere la sua vista e i suoi pensieri di un nero pece.
L’unica connessione con la realtà che Jem riconobbe, prima di svenire, fu la voce di Will chiamare ansiosamente il suo nome.
 
 
 
Angolo Autrice:
Buongiorno a tutti! Come ve la passate? Io non sono molto felice che sia arrivato luglio, no…però, il lato positivo è che oggi esce “Città del Fuoco celeste”! Ultimi pronostici prima di tuffarsi nella lettura dolorosa? Io temo per Magnus: ho un brutto presentimento che lo riguarda ç_ç
Ad ogni modo, per quanto riguarda questa one-shot: ecco qua Will, finalmente. La seconda parte sarà più incentrata sull’effettivo inizio del legame fra lui e Jem, perciò ci sarà più interazione fra i due :33
Ringrazio tutti coloro che leggono, che hanno inserito la raccolta fra le seguite/ricordate e coloro che recensiscono!
In bocca al lupo per chi già può cominciare a leggere CoHF: non morite, mi raccomando (da che pulpito, sarò la prima a morire di crepacuore)!
 
Blue Poison

 

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Capitolo 6
*** A long night (part 2) ***


Demons
A long night (part 2)
 
Le coperte erano soffici sulla pelle di Jem, bollente anche sotto il pigiama.
Il tepore della sua stanza pareva, da un lato, rilassare i suoi muscoli tesi e le sue membra tremanti, ma dall’altro, alimentare ancor di più la sua febbre.
Con le pareti della gola aride e impestate da una fastidiosa sensazione che vi ci fosse incollato del cotone, Jem tossì e tutto il suo corpo venne scosso; poi, quasi a voler verificare che non ci fosse nessuno ad assistere a quel pietoso episodio, aprì piano gli occhi.
La speranza di essere solo si frantumò come una spada angelica a contatto con veleno demoniaco non appena vide Will seduto su una sedia lì, vicino al suo letto: stava facendo roteare un pugnale sul proprio asse, tenendolo fermo per le estremità con la punta delle dita; incrociò lo sguardo di Jem attraverso i volteggi e abbassò l’oggetto.
-Stai bene?- domandò subito, azione che lasciò l’altro ragazzo non poco sorpreso; anche Will parve rendersi conto che quella non era esattamente qualcosa che lui direbbe, quindi aggiustò il tiro verso un registro più sarcastico, difensivo quasi –Non vorrei che Charlotte desse la colpa a me se ti succedesse qualcosa, mentre sono qui presente-
La stregaluce sul comodino era smorzata e le tende appese alle finestre tirate fin quasi a toccarsi, ma l’illuminazione era sufficiente per creare ombre sinistre sul viso di Will; Jem non si sentì intimidito, tuttavia.
Era come se riuscisse a vedere oltre, come se Will stesso emettesse una luce in mezzo a tutte le tenebre che lo circondavano e che ben si distingueva da esse.
-Sì, ora sto meglio, grazie- gli rispose Jem, donandogli un debole sorriso in risposta al suo sorrisetto.
Si tirò a sedere, quanto bastava per tenere a bada la nausea, e appoggiò la schiena e la testa all’indietro, contro i cuscini; riusciva a sentire il residuo zuccheroso dello Yin Fen in bocca, ma forse doveva prenderne ancora un po’, visto che Charlotte poteva avergliene somministrata troppo poca.
-Non si direbbe- commentò dopo qualche secondo Will, inclinando appena il capo da un lato per squadrarlo –Sembri sul punto di svenire: sei più pallido di un Fratello Silente-
Jem non poté fare a meno di ripristinare il suo sorriso a quella battuta, mentre lasciava vagare il suo sguardo sulle sue mani in cerca di tracce di sangue.
-No, non direi- prese un profondo respiro e si voltò verso il comodino, sul quale riposava una scatola con dettagli curati e lucidi e la figura di una donna in una leggera tunica svolazzante; si schiarì la voce e deglutì per alleviare il bruciore –Potresti passarmi quella?-
Indicò il contenitore e guardò Will.
-Guarda, James, che Charlotte ha detto di tenerti d’occhio, non di farti da schiavo!- nonostante il suo tono prettamente ironico, Will obbedì e gli offrì anche un bicchiere d’acqua –Chi è quella raffigurata, comunque?-
-Lei è Kwan Yin, la dea della Pietà e della Compassione- spiegò Jem, appoggiandosi la scatola sulle ginocchia; la aprì e versò un piccolo cucchiaio nell’acqua trasparente, che subito si tinse d’argento quando il ragazzo prese a mischiarli insieme.
Era la prima volta che assumeva lo Yin Fen di fronte a Will, che ora lo osservava in silenzio, forse meditando sulla sua spiegazione riguardo alla dea cinese o, forse, ponendosi mentalmente infinite domande, trattenute solo per non mettere a disagio Jem.
Quello era un rituale a cui avrebbe preferito non fare assistere nessuno: era stato difficile affrontarlo di fronte a Charlotte, i primi giorni in cui era stato trasferito all’Istituto, poiché i Fratelli Silenti non lo controllavano così…intensamente; con Will si stava rivelando non facile, ma neppure tanto male.
Si sentiva un po’ in imbarazzo, troppo vulnerabile per uno Shadowhunter.
Bevve in fretta e passò la scatola e il bicchiere a Will, perché li rimettesse al loro posto.
-Quanto spesso devi prenderla? Voglio dire…- Will si raddrizzò sulla sedia e lo guardò in viso, senza una traccia di pietà o compassione –Regolarmente?-
Fu proprio quello sguardo a spingere Jem a rispondere, solleticato da un senso di sicurezza nato da chissà dove.
-Ogni giorno una certa quantità, ma se mi alleno devo cambiare le dosi- fece una breve pausa, pensando a qualche ora prima –Quando siamo usciti, oggi, non ne avevo presa abbastanza per rincorrere un demone…-
-…e sei svenuto- concluse per lui Will: aveva un’aria vagamente preoccupata.
Jem annuì e chiuse gli occhi, la fronte increspata in reazione a un’intensa fitta alla testa; sentiva distintamente lo Yin Fen circolare dappertutto nel suo corpo, un leggero formicolio sotto la sua pelle.
Rabbrividì nuovamente, ma non avrebbe potuto essere più accaldato di così.
-Dovresti riposarti- ancora una volta Will parve avere un ripensamento e aggiungere una frase per sviare pensieri e intuizioni -Così possiamo tornare ad allenarci già domani-
-Sì- convenne Jem, a cui l’atteggiamento passivo-difensivo non dava fastidio –Mi piacerebbe-
Si rilassò a quell’idea e il suo respiro si indebolì, permettendo al sonno di fare breccia nella sua mente e nel suo corpo; ascoltò il leggero rumore della sedia spinta sul pavimento, segno che Will si era avvicinato al letto, e il quasi inudibile “A domani” sussurrato a mezza voce, prima di addormentarsi.



Buonasera a tutti!
Mi scuso infinite volte per il ritardo: più di un anno, una vergogna...la scuola mi ha occupato la maggior parte del tempo e, come se non bastasse, la mia testa è riuscita a trovare nuove fissazioni e la voglia e l'ispirazione necessarie per scrivere in tema Shadowhunters erano completamente svanite. Tuttavia eccomi qui! Spero apprezzerete il capitolo e lascerete una piccola recensione. Cercherò di aggiornare con più frequenza.

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Capitolo 7
*** Homesick ***


Demons

Homesick
 
Jem sedeva sulle scalinate d’ingresso dell’Istituto.
Aveva gli occhi posati sul cancello, ma di fatto impigliati nei ricordi di quando ne aveva varcato la soglia con la carrozza dei Fratelli Silenti, tempo prima; pioveva, allora, e persino ora il cielo era cupo e spumoso.
Si era abituato, ormai, eppure era inevitabile sentire la mancanza del sole, del piacevole calore sulla pelle e delle ombre che giocavano sul terreno, proiettando le sagome di persone, oggetti, palazzi: Shanghai sembrava così antagonistica a Londra.
Automaticamente, una canzone cinese si ricostruì nota per nota nella sua testa, facendogli vibrare il cuore, e la sua voce, che tanto stuzzicata era dal riprodurne il suono, gli restò però bloccata sul fondo della gola.
Avrebbe voluto richiamare qualche ricordo della sua Madrepatria, ma sapeva che le memorie non lo avrebbero più lasciato o, forse, era lui che non avrebbe più voluto metterle a tacere.
Se avesse preso il largo in quell’oceano sconfinato, concedendosi una pausa rivolta a questo squarcio di passato, tornare a riva, a contatto con la realtà, sarebbe stato difficile e traumatico.
“E il naufragar m’è dolce in questo mare” avrebbe detto Will, se si fosse trovato nei suoi panni.
L’ultima volta che si era letteralmente immerso nella sua musica in modo totale, unico ponte di raccordo con il mondo che si era lasciato alle spalle una volta giunto in Inghilterra, era stata la prima notte all’Istituto, durante la quale aveva suonato fino allo stremo delle forze, bramante per il cambiamento di un destino già scritto, per un sollievo mai duraturo e per l’incontro con anime già strappate alla vita; il pensiero della sua terra natia era stato così concreto che Jem avrebbe voluto allungare una mano e afferrarlo per portarlo a sé, ma aveva sfiorato solo il pavimento gelido.
Non sapeva perché si ostinava a cercare luci di lanterne e colori arcobaleno in quella grigia e buia Londra: forse era alla ricerca di qualcosa che la collegasse a Shanghai, che lo facesse sentire a casa.
Sospirò, mentre con il suo bastone diede dei leggeri colpetti agli scalini sotto di lui, quasi a volerne tastare la resistenza; lasciò la sua mano libera di ripetere il movimento, ancora e ancora, finché una voce non lo distrasse.
-Vedo che Jessamine mi ha mentito un’altra volta-
Will comparve alla sua sinistra, una snella figura scura con due brillanti occhi blu, così profondi da bucare l’anima; Jem congiunse le mani alla sommità del bastone e sorrise appena.
-Buongiorno, William- lo salutò e la melodia cinese nella sua testa si estinse in un istante –A qual proposito la accusi?-
-Mi ha detto che ti stavi crogiolando nella noia qui fuori, ma a me sembri piuttosto occupato- disse, sedendosi accanto a lui e stiracchiandosi un po’, le nuove rune ben visibili sotto la camicia bianca –Tant’è che ti ho chiamato tre volte e tu non mi hai risposto-
Will odorava di umido, di carta bruciata e di libri vecchi: era un miscuglio piacevole, con un che di solleticante, che riportava a galla sì immagini di luoghi e persone lontane, ma anche fresche, neonate realtà, come l’atmosfera sulle rive del Tamigi, le pergamene risucchiate dalla fiamma di candela e l’enorme biblioteca dell’Istituto.
Era un contrasto vivente, insieme doloroso e intrigante, che fece venir voglia a Jem di suonare un pezzo come espressione mista di malinconia e curiosità.
-Scusami- mormorò, sforzandosi perché la sua voce non risultasse troppo piatta –Ero assorto nei miei pensieri-
-Di quale genere?- volle sapere l’altro, con un mezzo sorrisetto –L’essere irritante di Jessamine?-
Jem scosse la testa.
-Casa-
Ci fu un attimo di silenzio, come se qualcuno avesse girato la manopola del volume sullo zero.
Quella sensazione di avere la voce incastrata in gola tornò a farsi sentire, ma, questa volta, Jem fu oppresso dalla necessità di sprofondare in quel mare di memorie, di bagnarsi di quelle emozioni a esse incatenate e di sentirle sulla sua pelle scivolare come lacrime, di mostrare a qualcuno una piccola parte del suo mondo.
Così cominciò a cantare: chiuse gli occhi e si appoggiò con la mente al ricordo musicale della base prodotta dal violino, quasi imitandone i movimenti con le mani; le parole erano dolci e il ritmo rilassante e lento.
Si lasciò trasportare dalla musica, ancora una volta, e Will, accanto a lui, fece lo stesso, seppur mantenendo gli occhi ben aperti.
Quando Jem riaprì i suoi, vide che stava giocherellando con quello che sembrava un ciondolo, a giudicare dalla sottile catenina; fissò le sue mani, non realmente aspettandosi una sua reazione o un commento.
D’altronde, si stava parlando di Will, per quanto Jem pensasse fosse diverso da come il ragazzo volesse apparire.
-Vieni da Shanghai, giusto?- invece eccola, un’interazione con lui riguardo l’argomento in questione.
Jem annuì un poco, mentre di nuovo tutto nella sua mente taceva e ogni immagine, emozione o suono evocati si ritraevano nel cassetto della memoria; fu così brusco realizzare dove si trovava e in che condizioni che, in un attimo di mancanza di controllo, gli salirono le lacrime agli occhi.
-Allora credo che questo potrebbe piacerti- continuò Will e alzò il braccio per mostrargli il pendente di giada che aveva fra le mani; quello roteò pigramente a destra e sinistra, quasi a voler mostrare a Jem i caratteri che vi erano incisi, ossia quelli di Forza e Resistenza –Se può aiutarti a non scoppiare a piangere come una ragazzina, puoi tenerlo-
Nonostante la velocità con cui vennero pronunciate quelle parole, Jem le assorbì una a una e sorrise, prendendo l’oggetto fra le dita e osservandolo meglio; seppe dire con immediata certezza che proveniva direttamente dalla Cina.
-Grazie, William- gli rispose, affatto offeso per ciò che gli era stato detto dal ragazzo; indossò il pendente, che rimase a riposare esattamente sul suo cuore, e restò a guardarlo per lunghi attimi.
Anche Will rimase in silenzio, gli occhi su di lui, meditabondo.
-Il passato fa parte di noi: per tenerlo a bada, impara a conviverci- dichiarò, a bassa voce, l’aria assorta -Non seppellirlo dentro di te-
Jem si chiese se anche lui stesse pensando a casa.
Accarezzò con dita leggere il contorno della catenina e convenne che Will aveva ragione.
Un altro tassello del puzzle della sua vecchia vita era diventato parte della nuova immagine del suo futuro che si andava a comporre, un simbolo che gli avrebbe insegnato a gestire il tutto e ad abituarsi alla cascata di ricordi a cui era quotidianamente sottoposto, a partire dall’utilizzo del suo amato violino e dello Yin Fen.
Avrebbe letteralmente domato il passato, portandolo sempre con sé.


Angolo Autrice:
Buonasera a tutti! Eccomi tornata, dopo una lunghissima pausa, con l'ultima one-shot...Questo capitolo era pronto da un pezzo, ma qualcosa mi frenava e non sono riuscita a pubblicarlo prima: lasciate una recensione, se vi va, mi farebbe piacere come sempre sapere le vostre opinioni!
Ho notato che hanno già trasmesso la serie TV di Shadowhunters: vedrò di mettermi presto in pari e tornare con un'altra raccolta, magari sui Malec u_u

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