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Le
note della tastiera, armoniose che finivano col confondersi con lo sprezzante
ed elettronicoritmo della canzone, entravano
nella sua testa e gli impedivano di ascoltare le dure parole della giovane
donna di fronte a lui.
Non
voleva ascoltarla. Quella conversazione era illogica, quella che stava parlando
non era la sua fidanzata, quella con cui aveva diviso gli ultimi tre anni della
sua misera vita, non poteva essere lei.
“Contiamo
le stelle?” improvvisamente domandò lui con voce flebile, leggermente
titubante.
Lei
chiuse gli occhi e sospirò rumorosamente. La voce riprese a parlare, con
incrinature che prima erano assenti.
Lui,
sentendo un grosso groppo in gola, si spostò verso la finestra voltandole le
spalle e sentì una lacrima scendere lungo sua guancia. Lei aveva già deciso, aveva
deciso per entrambi.
Si
concentrò sulle parole della canzone: “Leave me paralyzed, love”
“È
colpa mia, vero?” chiese senza voltarsi, piegando leggermente il viso perché
lei non vedesse il suo riflesso nella finestra e notasse le lacrime che ormai
non riusciva a trattenere.
Poteva
impedirle di guardare il volto, ma le sue spalle iniziarono a muoversi
affannosamente verso l’alto.
Era in
preda ai singhiozzi, dando la prova di essere capace di provare veri
sentimenti, come mai prima d’ora.
La
canzone continuava ad andare avanti, quella frase che aveva contraddistinto la
loro relazione s’insinuò nelle loro menti. “Leave me hynotized, love”
Lei vacillò
e commuovendosi, mosse un passo verso di lui.
Non
poteva essere la decisione giusta se doveva soffrire così- pensò per un
frangente, però, in quel preciso istante, le parole di sua madre le tornarono
in mente: “Bimba, non cambierà mai e tu starai sempre male” stoppando quei
passi indirizzati alla sua fragile figura.
“Io ci ho provato, tu, però non mi hai reso
mai le cose facili!”
La sua
voce non mostrava più incrinature, facendo sì che la gola di lui si chiudesse.
Si
ricompose.
Obbligò
i suoi muscoli a muoversi e le sue corde vocali a prendere fiato.“Quando andrai via?”
“Domani
mattina”
Trattenne
il respiro, non gli aveva dato nemmeno il tempo di rimediare, di
riconquistarla. Era finita.
“Questo
è un addio?”
Nessuna
risposta dall’altra parte, ma la ragazza annuì con il capo con fare deciso, di
chi vuole stroncare ogni speranza.
Lui la
vide annuire e tirò su con il naso,ma il
suo cuore era sotto le macerie.
“Addio
allora”
La
ragazza si avviò verso l’uscita con passo esitante, posò la mano sulla maniglia
della porta e si voltò di nuovo verso di lui, immobile di spalle, donando il
suo sguardo vuoto alla finestra.
“Non
cambierai mai” sono le sole parole che fu capace di dirgli. Abbassò la maniglia
ed uscì immergendosi nelle affollate strade della loro città, sbattendo la
porta e portandosi con sé il loro futuro.
Le
sue lacrime scesero copiose sulle guance ma i suoi occhi avevano qualcosa di diverso,
lui, in quel momento, era cambiato.
Hard life on
Monday mornings
Tre anni
prima
Il lunedì mattina è sempre un
giorno faticoso per qualsiasi essere umano: il tanto amato weekend è appena
andato via e ci vorranno ben cinque giorni prima di poterlo riabbracciare di
nuovo, intanto però siamo costretti a ritornare fra i banchi di scuola, o della
tua cara facoltà, ad assistere una noiosissima lezione alle otto e mezzo su
questioni, di cui francamente non ci importa un tubo, oppure dovremo fronteggiare
il traffico ed intraprendere la strada verso il tuo odioso lavoro, perché di lunedì
mattina anche il più bello dei lavori diventa odioso.
Se esisteva un giorno della
settimana che Micaela De Blasio avrebbe voluto che
fosse cancellato dai calendari era decisamente il lunedì. Tuttavia, come sua
madre stessa le aveva insegnato, ogni giorno, incluso il lunedì, può essere
migliorato se lo si affronta con un’abbondante colazione e il sorriso sulle
labbra.
Perciò Micaela si alzò dal letto, piena
di onesti propositi per quel lunedì mattina che stava appena cominciando, dopo
aver rimandato l’ora della sua sveglia per una buona mezz’ora.
“Buongiorno
coinquilino” trillò la ragazza rivolgendo un sorriso a trentadue denti, al
ragazzo facendola risultare, secondo il convivente, inappropriata e fuori
luogo.
Giacomo è uno studente della
facoltà di Lettere e Filosofia al ‘n’ anno fuori corso, non amava
particolarmente spiegare i motivi per cui è andato così il suo percorso di
studi quindi si limitava, ad ogni volta che gli domandavano spiegazioni, a fare
spallucce rimanendo sul vago.
Aggrottò la fronte e si stropicciò gli occhi incerto di aver visto bene. “Stai
davvero sorridendo di lunedì mattina appena sveglia?”
Micaela rise di gusto e si sedette
sul loro sgabello leggermente malandato dopo averlo avvicinato a Giacomo.
“Dicono che il segreto per affrontare il lunedì è farlo con il sorriso”
sussurrò al suo orecchio quasi stesse rivelando uno dei dogmi della fede.
Il ragazzo fece una smorfia
arricciando le labbra.
“Fammi indovinare un’altra perla
di saggezza di donna Graziella?” la interrogò alludendo alla madre di Micaela,
che era ormai diventata fonte di saggezza popolare nel corso della convivenza
dei due, che a settembre di quell’anno avrebbero festeggiato il quarto
anniversario di ‘coinquilinanza’, vocabolo inventato
da Giacomo.
La ragazza annuì intanto che
mordicchiava un biscotto al cioccolato.
“Bah, devo dissentire. Anche con
un sorriso, per me il lunedì resta uno schifo” affermò e si alzò per versare il
caffè nelle loro raffinate tazzine in vetro, rubate al bar sotto casa.
“Che palle! Non ci voglio andare
al lavoro” sbuffò Micaela incrociando le braccia al petto.
“Meno male che affrontavi il
lunedì con il sorriso” la prese in giro sghignazzando il suo coinquilino.
La ragazza lo guardò di sottecchi.
“Io non voglio andare al lavoro in nessun giorno della settimana”
L’aspirante filosofo si strinse le
spalle. “Non capisco perché non lo molli e ti cerchi qualcosa di meglio”
osservò intanto che mandava giù un sorso del suo personale nettare degli Dèi,
ovvero di caffè.
Micaela batté una mano sulla
fronte del ragazzo.“Perché ci pago le nostre bollette, carino”
In quegli ultimi mesi, i facoltosi
genitori di Giacomo avevano deciso di tagliare i fondi al ragazzo, essendo
stanchi delle solite scuse del loro figlio sulla sua presunta incapacità di
entrare nelle simpatie del suo professore di Storia Medievale, che, a sua
detta, lo avrebbe ormai bocciato ben otto volte causando il rinvio della tanto
agognata laurea.
“Ed io te ne sono eternamente
grato” ammiccò, dopodiché le cinse le spalle. “Vedrai quest’anno spacchiamo!”
esclamò alzando un cinque verso la ragazza che esitò qualche secondo prima di
batterlo.
“Tutti gli anni dovremmo spaccare
e invece siamo sempre qui” ribadì lei indicando il loro bilocale che, pur
essendo pieno di curiosi ed improbabili mobili, che lo rendevano un po’ vintage
e bohemien, rimaneva lo stesso un tugurio.
“Vado a prepararmi” lo informò
dopo aver posato la tazzina sporca nel lavello della cucina. “Nuove lamentele a
cui rispondere mi aspettano” ironizzò sul lavoro da centralinista e scappò in
camera.
Un’altra giornata al call center stava per iniziare.
In piedi davanti alla pensilina
della fermata del bus, Micaela ripensava all’affermazione di Giacomo.
“Dovrei cambiare lavoro” rifletté
ad alta voce attirando su di sé l’attenzione di un anziano che sorrise.
“Non è soddisfatta?” domandò
l’uomo rivolgendole un sorriso, la ragazza scosse la testa.
“Lei sarebbe soddisfatto di un
lavoro da centralinista quando ha una laurea triennale e specialistica in
Lettere Moderne, conseguite entrambe con il massimo dei voti?” chiese retorica susseguito
da un sospiro. A volte si pentiva di aver scelto la letteratura come fonte di
guadagno futura.
Anche l’anziano, imitandola,
sospirò. “Credo di no”.
“Ha risposto alla sua domanda”
concluse il discorso la ragazza facendo un sorriso spento.
Nel frattempo aveva scorto l’autobus
svoltare l’angolo e la centralinista si apprestò ad avvicinarsi al ciglio della
strada. “Vedrà che andrà meglio” la confortò l’uomo mentre saliva sul bus.
“Lo spero” rispose Micaela con
tono smorto, infine salutò l’anziano, prima che gli sportelli del mezzo di
trasporto si richiudessero.
Giunta in prossimità della sua
postazione di lavoro fu assalita dalla sua collega, Federica, che la bloccò per
un braccio trascinandola nella toilette del loro disordinato ufficio.
“Ci ha provato di nuovo” le
raccontò appoggiandosi di spalle al mobile del lavandino. “Te ne rendi conto?”
urlò fingendosi disperata.
Micaela inarcò un sopracciglio.
“Come se a te non facesse piacere”
La sua collega sorrise maliziosa
dando una scrollata alla sua folta chioma bionda. “Vorrei che mollasse
quell’idiota, insomma non possiamo scopare e poi tornare a comportarci come dei
semplici colleghi”
Federica intratteneva rapporti
‘illeciti’ con il loro diretto superiore, Luca, fidanzato da ben cinque anni
con una pallavolista professionista, sempre impegnata in qualche torneo in giro
per l’Europa.
“Non la mollerà mai e lo sai”
osservò Micaela intanto che si specchiava accorgendosi solo in quell’istante delle
occhiaie violacce sotto gli occhi.
Federica aprì la borsa frugando
nel suo beauty case per qualche istante e allungò il correttore verso l’amica.
“Ti aiuterà a sembrare un essere
vivente” esclamò dopo aver notato l’occhiata diffidente di Micaela che non
apprezzava molto i moderni artefici della cosmesi.
“Comunque tu non capisci. Lui è
sexy, Miche, scopa da Dio e.. io sono innamorata” affermò con un sospiro ritornando
sull’argomento principale della loro conversazione.
Micaela roteò gli occhi, ogni
volta si ripeteva la solita storia. “Beh, allora smettila di lamentarti”
Federica sbuffò stizzita. “È
inutile parlare con te”
“Ma d’altronde, cosa mi posso
aspettare da una che non si è mai innamorata in tutta la sua vita?”
La ragazza le lanciò un’occhiata
furibonda. “Il fatto che io non mi sia fatta scopare dal mio capo, che mi
promette che lascerà la sua fidanzata e invece non ha la benché minima
intenzione di farlo, non implica che non mi sia mai innamorata”
Federica boccheggiò contrariata
scoppiando poi a ridere di gusto vedendo la reazione di Micaela che si era portata
una mano alla bocca per essersi fatta sfuggire le sue considerazioni. “E dimmi
un po’, quando è stata l’ultima volta che il tuo cuoricino ha fatto ‘tùtù, tùtù’?”
Micaela rimase in silenzio
fingendo di concentrarsi sull’applicazione del correttore. “Tre anni e mezzo
fa” confessò a voce bassa.
“Quindi sono tre anni e mezzo che
tu non ..”dedusse inorridita incapace di concludere la frase, la sua amica
annuìrestituendole il correttore.
“Oddio mio! Miche, devi trovarti
un uomo” esclamò gesticolando platealmente e facendo cadere per terra il
correttore che Micaela teneva in mano, lo raccolse lanciandolo in seguito nella
borsa.
“Ci sto lavorando. Ora però dovrei
lavorare sulle telefonate e anche tu” la rimproverò uscendo di corsa dalla
toilette prima che Federica potesse aggiungere qualcos’altro che la potesse
imbarazzare.
*
Quello stesso lunedì mattina, Tommaso
Parisi si apprestava a riassettare la sua cattedra nell’attesa della lezione che
avrebbe tenuto di lì a breve ma entrò improvvisamente la sua collega Sara con
cui conduceva il suo progetto di ricerca.
“Il professor Lavagnini
ti vuole nel suo ufficio dopo la fine della lezione” gli comunicò laconica la
ragazza intanto che si sedeva sulla cattedra.
Tommaso le lanciò un’occhiata
interrogativa. “Anche a te?”
La ragazza scosse la testa e lo
indicò con un dito. “Just you, babe”
Il ricercatore si allarmò, aveva
forse combinato qualche guaio? Lui sottoponeva ogni fase del suo esperimento
all’approvazione del suo mentore, e ora perché mai questo lo avrebbe convocato
nel suo ufficio e per giunta da solo.
Aprì la bocca nel tentativo di
dire qualcosa ma venne interrotto dagli studenti del corso di Meccanica
quantistica che hanno fatto ingresso in massa nell’aula prendendo posto
pigramente sulle sedie.
“Beh, io vado allora” lo salutò in
fretta la sua collega e uscì dall’aula.
Per tutta la durata della sua
lezione, Tommaso non fece altro che pensare alla sua convocazione, distraendosi
inevitabilmente.
Sbagliò qualche calcolo matematico
che ben presto fu corretto dall’aspirante 30 e lode e si ricordò di quando
anche lui era soltanto uno studente della facoltà di Fisica e di quanto avesse
goduto nel correggere i suoi professori. Sibilò a denti stretti un ‘grazie’ e
proseguì nella spiegazione, dando ulteriori motivi di vanto al genietto di
turno che gongolò della sua reazione.
D’altronde, per Tommaso la scienza
era la più grande gioia della sua vita. Aveva scoperto fin da piccolissimo la
sua affezione verso di essa, diventando sempre più assettato di conoscenza. “Una
curiosità insaziabile” aveva detto la sua maestra di scienze in quarta elementare
a suo padre mostrando la fila piena di ‘ottimo’ del suo registro.
Aveva sempre scrutato la volta
celeste con avido interesse, voleva sapere ogni cosa di quegli astri lontani di
cui notava vagamente il movimento; rapito e affascinato da quelle masse gassose
aveva persino chiesto un telescopio per poter osservare meglio, non gli
bastavano più i suoi occhi.
Lui voleva, doveva sapere tutto di
quel misterioso cielo.
Ma fu in una notte tiepida
d’inizio estate che l’allora undicenne Tommaso conobbe la sua compagna di vita,
ovvero la fisica.
Suo padre lo aveva mandato a letto
presto, lui e la sua attuale compagna stavano tenendo una festa nel loro
giardino e il piccolo Tommy con il suo ingombrante telescopio era fin troppo
fastidioso.
Aveva protestato ma, stanco, aveva
ceduto e aveva finto di coricarsi nel suo letto, in realtà, aveva preso di
nuovo il telescopio e si era avvicinato alla finestra aperta per vedere le
stelle ancora una volta.
Era stato lì, immerso nella sua
contemplazione quando un lampo di luce rapì il suo sguardo. Era un fulmine che
preannunciava l’inizio di una tempesta estiva che non tardò ad affacciarsi
all’orizzonte.
Subito dopo il cielo tuonò e altri
accecanti lampi illuminarono la terra, sentì le risate degli amici di suo padre
che correvano mettendosi al riparo e la sua compagna lamentarsi della loro
sfortuna, ma non se ne curò affatto. I discorsi degli adulti erano sempre
noiosi, al contrario di quello che stava accadendo davanti ai suoi occhi.
Qualche meccanismo era scattato
nella sua brillante mente, i cui ingranaggi iniziarono a ruotare.
All’improvviso anche il mondo che lo circondava divenne interessante; lui
doveva carpire le sue leggi, forze, ragioni che lo guidavano. Doveva farlo suo.
Da quel momento, la vita di
Tommaso fu dedicata interamente alla scoperta di quella scienza magnifica, da
cui aveva tratto le soddisfazioni più grandi, e mai se ne pentì.
La campanella segnalante l’inizio
del quarto d’ora di pausa accademico lo trovò immerso nelle sue formule, si
voltò verso la folla di studenti chini sui loro quaderni a prendere appunti e
li informò che avrebbero ripreso l’argomento nella lezione successiva.
“Purtroppo non mi posso
trattenere. Il prof mi aspetta” riferì ai suoi studenti, giustificandosi
inutilmente giacché questi non erano affatto dispiaciuti che il noioso
assistente del Lavagnini non li avesse trattenuti
ancora.
Raccolse la sua roba che infilò
distrattamente nella tracolla di pelle sgualcita e si avviò verso l’ufficio del
suo ‘mentore’.
“Parisi, eccoti. Accomodati”
indicò la sedia davanti a lui, su cui il giovane assistente si era seduto tante
volte, e sorrise.
“Russo mi ha detto che voleva
parlarmi” esordì tentennante il ragazzo abbassando lo sguardo, le sue guance
avvamparono inspiegabilmente facendo sorridere ancora una volta il Lavagnini, un omone ormai vicino alla settantina dall’aria
amichevole.
Era stato il suo essere così
caloroso e affettuoso nei confronti dei suoi studenti, cosa rara per uno
studioso della Fisica, che aveva spinto Tommaso a chiedere al professore se
fosse possibile inserirlo nel suo progetto di ricerca.
L’uomo aveva chiesto il suo
libretto notando immediatamente la sfilza di 30 e 30 e lode che lo popolavano e
aveva inclinato vistosamente il mento compiaciuto. “Sarà un onore averti con
noi”
Tuttavia ora doveva esserci
qualche problema, altrimenti come spiegare diversamente quell’improvvisa
convocazione?
“Meccanica sarà tua” disse l’uomo
d’un fiato appoggiandosi allo schienale della sua sedia in pelle sintetica per
osservare meglio l’espressione di Tommaso di reazione alla notizia.
Il ragazzo sbarrò gli occhi e le
sue labbra si modularono in un sorriso estasiato. “Dice davvero?”
“Sì, l’anno prossimo terrai tu il
corso. Sarà tutto tuo” proseguì il Lavagnini dandogli
ulteriori dettagli su come avesse avanzato quella proposta nell’ultima seduta
del Consiglio di facoltà e di quanto la notizia fosse stata accolta dai suoi
colleghi con scarsa sorpresa. Era da tempo che il professor Lavagnini
voleva ritirarsi in pensione, ma la ricerca del suo giusto successore glielo impediva,
o meglio glielo aveva impedito finché non si era imbattuto in Parisi, un
giovane brillante, ma modesto e con i piedi per terra, che gli ricordò subito
sé stesso nei primi anni della sua carriera.
“Oh, grazie grazie”
fu tutto ciò che il ragazzo riuscì a dire in preda alla commozione. Quella
dimostrazione di fiducia nelle sue capacità e di apprezzamento del suo lavoro
era ciò a cui aveva ispirato da quando aveva messo piede all’università.
Strinse vigorosamente la mano del
professore nella sua e uscì dall’ufficio prendendo subito il cellulare in mano
per chiamare sua zia. Doveva informarla immediatamente di quella meravigliosa
notizia.
Mentre camminava quasi saltellando,
essendo al settimo cielo per la notizia ricevuta, compose il numero di sua zia
premendo goffamente i tasti enormi del suo vecchio cellulare, che la sua
collega aveva definito ‘giurassico’ in più di un’occasione.
Avviò la chiamata premendo il tasto
verde e avvicinò il telefono all’orecchio; aspettò diversi minuti, ma
l’aggeggio rimase muto.
Pensò che la linea fosse caduta e
ricompose il numero, ancora una volta il suo cellulare non avviò il
collegamento telefonico. “Che diavolo ha questo coso?” si spazientì dando una
botta sul display del suo Siemens, una marca di cellulare ormai sparita dal
mercato.
In quel momento notò che le stanghette
della linea erano diminuite drasticamente, solitamente erano cinque, ora a
malapena una. Uscì dal corridoio recandosi nel cortile esterno e aspettò che le
cinque stanghette ricomparissero. Ma nulla.
“Perché non prendi la linea?”
s’incavolò ancora una volta con il suo cellulare, convinto che fosse la causa
del suo malfunzionamento.
Continuava a battere lo schermo, dopo
aver spento e riacceso il cellulare un paio di volte, quando fu interrotto da
un altro docente della facoltà di Fisica, il Bianchi, con cui era solito
giocare a poker durante le pause pranzo.
“Parisi, che operatore hai?” domandò
l’uomo.
Il ragazzo alzò la testa e sorrise.
“Tim, perché ha importanza?”
Il professore annuì. “Hanno avuto
diversi problemi oggi con le ricetrasmettenti, anche io ho la Tim. Basta che
chiami al servizio clienti e loro ti restituiranno il segnale”
Il giovane ringraziò il docente,
nonché futuro collega, e lo salutò decidendo di avviarsi verso la segreteria
per utilizzare il loro apparecchio telefonico.
“Congratulazioni per il tuo nuovo
ruolo!” gli urlò dietro il Bianchi prima che il giovane assistente sparisse dal
suo raggio visivo, Tommaso si voltò per ringraziarlo ed infine sparì nei
corridoi della facoltà di Fisica.
*
“Salve, sono l’operatrice 157824. In
cosa posso esserle utile?” esordì Micaela con tono sempre più annoiato
all’ennesima chiamata di quel lunedì mattina.
Le ricetrasmittenti mal funzionanti
avevano convogliato un traffico di chiamate con correlative lamentele di
clienti insoddisfatti che non avevano dato un attimo di tregua alla povera
ragazza da quando si era seduta.
La voce cristallina e un po’ infantile
di una ragazzina squillò dall’altro capo del telefono. “Salve, ho un problema
con la mia offerta. Vede, io ho la TIM Young, ho ricaricato ma il cellulare non
si collega”
Micaela sospirò, se non altro, non era
un’altra chiamata per l’assenza di segnale e si attenne alla procedura che
aveva seguito infinite volte negli ultimi due anni domandando: “E’
l’intestataria della scheda da cui sta chiamando?”
La ragazza confermò e la centralinista
la invitò ad aspettare qualche secondo avviando nuovamente la musichetta
d’attesa, dopo meno di mezzo minuto, riprese il collegamento.
“Vede, Lei ha effettuato una S.O.S. ricarica nel mese precedente, conseguentemente Le è
stato scalato il costo relativo al servizio e il suo traffico residuo è di
nuovo negativo. Le basterà effettuare una nuova ricarica e l’offerta sarà
nuovamente attiva” snocciolò la ragazza velocemente.
L’altra, poco contenta della notizia
appena ricevuta, la ringraziò e le augurò una buona giornata.
“A lei, arrivederci” disse Micaela ed
interruppe il collegamento.
Era sul punto di togliersi le cuffie
per andare in meritata pausa quando il telefono squillò nuovamente, la ragazza
sbuffò disperata. Possibile che oggi non la lasciassero in pace per un attimo?
Fece un respiro profondo per calmarsi
e rispose utilizzando un tono che mal celava il suo disappunto per aver dovuto
rimandare ancora una volta la sua pausa.
“Buongiorno. Senta, il mio cellulare
non riesce a captare il vostro segnale. Mi è stato riferito che è dovuto ad un
problema con le ricetrasmittenti della zona e che dovevo rivolgermi a voi per
ripristinare il servizio” parlò di fretta il ragazzo. Era nervoso ed
imbarazzato, come accadeva ogni volta che doveva rivolgersi al servizio
clienti.
“E’ tutto corretto. Provvedo subito”
rispose leggermente seccata e iniziò a digitare lungo la tastiera.
Il ragazzo avvertì la sfumatura
tediata della voce della centralinista e la cosa lo infastidì non poco. “Ha
qualche problema, signorina?” si trovò a domandarle stizzito.
Micaela sollevò un sopracciglio e
roteò gli occhi, solo di un litigio con un cliente aveva bisogno per rendere
ancora peggiore quel lunedì. “Mi scusi, sono solo un po’ stanca” si giustificò.
Il ragazzo rise sarcastico. “E questo
la fa sentire autorizzata a trattare male i clienti? Non sono un esperto di
marketing, ma mi pare che questo non sia il modo giusto per interagire con un
consumatore fedele”
Micaela strinse i pugni e sospirò, si
stava impegnando a mantenere la calma, ma quello lì la stava mettendo
seriamente alla prova. “Ribadisco le mie scuse”
Sentì la gola del cliente schiarirsi,
stava per aggiungere dell’altro quando il terminale segnalò la risoluzione del
problema registrato. “Abbiamo risolto il suo problema, signor Parisi. Potrà
telefonare di nuovo” riferì Micaela nella speranza che il ragazzo riattaccasse.
“Ottimo, comunque questo non cancella
che Lei è stata molto scortese” si lamentò ancora Tommaso.
Questa volta la voce di Micaela non fu
affatto docile come la prima, si stava irritando parecchio. “Glielo ripeto: le
mie più sentite scuse”
“Ooh! Non
faccia la finta educata con me e si risparmi le scuse”
“Cosa vuole che faccia allora se non
scusarmi?”
“Ammetta che è stata scortese e mi
dica il perché, dato che io le ho chiesto solo di fare il suo lavoro, per il
quale ho le mie buone ragioni di credere che venga pagata”
Micaela inarcò un sopracciglio e alzò
lo sguardo verso Federica che nel frattempo si era avvicinata alla collega
supplicandola di finire presto perché stava morendo di fame. “Questo è pazzo”
le disse Micaela curandosi di non farsi sentire dall’altro.
“Allora operatrice 157824? Vuole
rendermi partecipe della sua triste storia?” la incalzò Tommaso.
Micaela avvicinò la cuffia all’amica
perché sentisse anche lei la conversazione e chiese: “Quale triste storia?”
“Quella che l’ha portata a fare un
lavoro che detesta e quindi erroneamente legittimata a rispondere male ai
clienti”
Federica aprì la bocca per lo shock,
ma questo come si permetteva di dire una cosa simile ad una perfetta
sconosciuta? Lei molto probabilmente avrebbe interrotto il collegamento
telefonico dopo aver rivolto un sonoro e liberatorio ‘vaffanculo’
al suo interlocutore ma Micaela rimase in silenzio.
“Allora?”
L’insistenza di Tommaso la costrinse a
reagire. “Sono laureata in Lettere Moderne, massimo dei voti. Ho persino
ricevuto una proposta di dottorato che ho rifiutato perché non volevo essere
l’ennesimo topo da biblioteca della mia facoltà. Volevo vivere dei miei libri o
lavorare nel mondo dell’editoria come editor;
sfortunatamente non sono così brava come credevo e ora eccomi qui” ammise d’un
fiato senza pensarci. Aveva appena confessato di essere una fallita ad un
estraneo e si sentì stupida. “Ma quanto sei brava, Miche!” pensò mordendosi le
labbra.
“Mi dispiace. Vedrà che le cose
andranno meglio, lei non si arrenda” la incoraggiò il giovane che si era
pentito di essersi spinto fino a quel punto. Non avrebbe dovuto evitare di
umiliarla così. “Io comprerò il suo libro” aggiunse in modo del tutto
spontaneo.
Quell’affermazione fece sorridere
Micaela. “La ringrazio, signor Parisi”
A quel punto Tommaso la salutò dopo
averle rivolto le sue più sincere scuse per averla messa in imbarazzo e si
accinse a riagganciare augurandole buona fortuna.
“Buona fortuna anche a lei” disse la
ragazza e riattaccò.
Si voltò verso Federica che
sghignazzava impassibile e le diede una leggera spinta. “Andiamo a pranzo,
va’.. Ho un disperato bisogno di carboidrati”
L’amica annuì e la prese a braccetto
guidandola verso la tavola calda dal lato opposto della strada.
*
Tommaso osservava una coppia di
fidanzatini baciarsi mentre aspettava la metropolitana, alzò lo sguardo verso
il tabellone dove veniva segnalato l’arrivo del treno previsto fra cinque
minuti e sbuffò.
Avrebbe dovuto sorbirsi i fidanzatini
ancora per buoni cinque minuti, fu addirittura tentato di riprenderli, ma
sapeva che tutto ciò che avrebbe ottenuto, sarebbe stato una risata divertita
dalla coppia che avrebbe continuato a pomiciare, probabilmente in maniera
ancora più spinta, facendolo sentire un idiota.
Sospirò rumorosamente, forse lui era
messo peggio della centralinista, a cui non riusciva a smettere di pensare.
Perché l’aveva colpito così tanto? Era
senz’altro colpa della sua incantevole voce: aveva un suono così piacevole e
dolce.
“Forse scrive fiabe per bambini”
pensò.
Scriveva sicuramente fiabe per bambini
e immaginò la sua deliziosa voce raccontarle, a quel pensiero scosse la testa.
Sentì la sua tasca vibrare, aveva
appena ricevuto un messaggio da parte del suo coinquilino Daniele.
“Parri,
potresti tornare il + tardi possibile? No, va bè,
facciamo fra un’oretta o max 2. Devo finire 1
cosetta, hai capito ke tipo di cosetta, no? Non ti
posso mandare altri messaggi cmq, non ho + soldi. Qnd
ti fai whatsapp? Va bè, ci
vediamo dp”
Tommaso lesse il messaggio e sospirò
di nuovo; cosa avrebbe fatto per due ore? Sarebbe rimasto in giro per Milano a
fare cosa?
“Maledetto Daniele!” pensò leggermente
arrabbiato, anche se gli faceva piacere sapere che almeno il suo migliore amico
aveva successo con le donne giacché lui non ne aveva il benché minimo.
Conosceva Daniele praticamente dal
primo anno di liceo, avevano legato fin dal primo giorno di scuola e da quel
momento non si erano mai più superati.
Erano un bel duo e tutte le prime
esperienze le avevano fatte insieme: la prima sbronza, la prima sigaretta, la
prima canna. Daniele gli aveva presentato entrambe le sue ex, essendo lui
incapace di stabilire un contatto con una ragazza, mentre il suo migliore amico
era fin troppo bravo.
All’università avevano scelto corsi di
studi differenti; Daniele, infatti, era laureato in Economia e Commercio, si
era fermato alla triennale e, grazie ad un aggancio del padre, ora lavorava
alla BNL da circa quattro anni.
Dividevano insieme, dal primo anno di
università, l’appartamento della nonna di Daniele, Sveva, che durante la sua
vecchiaia aveva deciso di trasferirsi sulla costa romagnola dove il clima era
più mite.
Ovviamente i genitori di Daniele, così
come anche la nonna Sveva, si rifiutarono di accettare la proposta del signor
Parisi, che intendeva corrispondere una mensilità di qualsiasi entità per il
soggiorno del figlio, sostenendo che sarebbe bastato soltanto che dividessero
le spese; proposta che fece piacere al padre di Tommaso che mal aveva digerito
la faccenda dell’università.
Osvaldo Parisi aveva sempre rinnegato
e detestato la scienza, essendo un uomo di fede piuttosto bigotto, avrebbe
voluto che suo figlio manifestasse una diversa inclinazione verso altre
materie, magari verso la Giurisprudenza, come lui stesso aveva suggerito a più
riprese.
Tuttavia il suo pargoletto non provava
nemmeno il minimo interesse verso la conoscenza della legge italiana perciò ben
presto dovette rassegnarsi all’idea che Tommaso avrebbe continuato sulla strada
della fisica e ingoiò la pillola, senza rinunciare a lamentarsi ogni volta che
poteva.
Il treno arrivò a destinazione
costringendo Tommaso a decidere in fretta dove avrebbe potuto passare la
serata. Doveva mangiare, essendo quasi le otto di sera, e decise di scendere a
Porta Garibaldi, ovvero la fermata della metro più vicina al suo ristorante
preferito, Modus vivendi.
Entrò nel ristorante e fu subito
accolto dalla cameriera che lo salutò affettuosamente, lo conosceva da diversi
anni, essendo Tommaso un cliente affezionato.
“Tommy, ancora una volta ti vedo
entrare da solo. Non va bene!” l’apostrofò la donna scuotendo un dito davanti
al suo viso.
Il ragazzo fece spallucce e rise.
“Carmen, te l’ho detto, non trovo quella giusta, cosa ci posso fare?”
Carmen inarcò le sopracciglia e scosse
la testa; lui nemmeno la cercava, come poteva pretendere di trovarla?
“Ti porto il solito?” gli chiese in seguito,
Tommaso annuì e la cameriera si dileguò nella cucina del ristorante.
Dopo una quindicina di minuti fu di
ritorno con un abbondante piatto di risotto alla milanese e un bicchiere di
vino bianco della casa, proprio come piaceva a Tommaso, che non sopportava
invece quello rosso.
Non essendoci nessun nuovo cliente da
servire, Carmen ne approfittò per fare due chiacchiere con il giovane
assistente; la crisi era molto sentita al Modus Vivendi, i clienti abituali,
come Tommaso, ogni tanto venivano ma le serate affollate erano ormai un
ricordo, cosa che dispiaceva enormemente al suo proprietario che non faceva che
pensare agli anni d’oro del fior fiore della ristorazione.
“Allora che mi racconti?” domandò
quando si sedette al tavolo.
“Bah, nulla di che, anzi sì. Mi hanno
offerto la cattedra di Meccanica!” esclamò elettrizzato.
La cameriera si portò una ciocca di
capelli dietro l’orecchio. “Significa che insegnerai tu?”
Era leggermente titubante mentre lo
diceva, sapeva già che Tommaso insegnava Meccanica quantistica, quindi non
capiva il perché di tutto quell’entusiasmo. “Ma non lo fai già?”
Il ragazzo mandò giù una forchettata
dello squisito risotto. “Vedi, praticamente il corso ora è del Lavagnini, l’anno prossimo invece sarà mio, non sarà più un
assistente, ma proprio un professore”
Carmen annuì felice, ora capiva
l’entusiasmo del ragazzo. “Ottimo! Sarai il professor Parisi allora!”
Anche Tommaso annuì e riprese a
mangiare dopo aver chiesto alla donna se lei avesse novità.
“Oh, che vuoi che ti dica? I gemelli
continuano a farmi impazzire e Stefano ogni tanto anche. Solita vita, insomma”
gli raccontò facendo spallucce. “Non hai conosciuto nessuno d’interessante?”
Tommaso si bloccò, ‘conosciuto’ non
era proprio il termine esatto, però la si poteva ritenere una sottospecie di
conoscenza. “Sì..”
Carmen sgranò gli occhi e mosse una
mano per invitarlo a parlare.
“E’ una centralinista, non so altro”
“Che significa che non sai altro? Come
si chiama?”
Le guance del ragazzo avvamparono.
“Non lo so”
“Come non lo sai?”
Tommaso si morse un labbro. “Vedi,
Carmen, io non l’ho conosciuta. Ci ho solo parlato al telefono”
La donna piegò la testa scioccata. “Mi
stai dicendo che ad averti colpito è una centralinista con cui hai parlato al
telefono?”
Parisi annuì timidamente,
effettivamente non poteva negare che era piuttosto assurda la vicenda.
“Oddio, Tommy, questa è peggio della
volta che ti sei innamorato della fioraia” esclamò Carmen ridendo.
Anche Tommaso rise, si ricordava della
fioraia, Paulina, aveva passato un mese a comprare fiori per la sua nonna
malata che in realtà stava molto meglio di lui di salute.
Fece un sospiro. “Che ci posso fare? È
la sua voce, è troppo bella”
Carmen sorrise maternamente e le venne
voglia di abbracciarlo stretto; sapeva quanto Tommaso avesse sentito la
mancanza di sua madre nella sua vita, ma soprattutto quanto bisogno avesse di
affetto.
Tommaso non aveva mai conosciuto sua
madre; purtroppo era morta dandolo alla luce e questo gesto di amore estremo di
sua madre, che era consapevole che con molta probabilità non sarebbe
sopravvissuta al parto, non fu mai digerito dal marito, che spesso aveva
riversato nel figlio la sua rabbia per quella perdita accusandolo di essere la
causa della sua infelicità, poiché nonostante si fosse rifatto una vita,
Osvaldo non smetteva di pensare alla sua defunta moglie, l’unico vero amore
della sua vita.
“Non c’è un modo per contattarla?” chiese
ingenuamente Carmen. Era così desiderosa che avesse qualcuno vicino che lo
coccolasse come meritava, al punto da essersi trovata ad incoraggiare
quell’assurdità.
Tommaso strinse le spalle, poi ebbe
un’illuminazione. “Ricordo il codice d’identificazione”
La donna sorrise, per una volta la
mania di memorizzare i numeri del ragazzo era servita a qualcosa d’utile.
“Perfetto, magari se chiami, riesci a scoprire come si chiama!” suggerì.
Tommaso rimase un attimo pensieroso,
la possibilità di rintracciare la padrona di quella deliziosa voce non era poi
così remota. “Già.. potrei provare”
Carmen boccheggiò quando la porta del
locale si aprì, erano appena entrati due clienti, costringendola ad
interrompere la conversazione. “Fallo” lo incoraggiò e si allontanò.
‘Sì, dovrei farlo’ pensò e avvertì una
strana sensazione piuttosto piacevole farsi strada.
L’avrebbe provata a rintracciare,
aveva ottimi presentimenti.
Angolo autrice:
Scusate
mi sono resa conto che non ho fatto gli onori di casa nel precedente
capitolo pubblicato u.u pardon!
Sono Antonella e questa storia
l'ho iniziata un po' di tempo fa ma non avevo pensato lì per
lì di pubblicarla :D Spero che finora vi stia piacendo! Come
avrete notato, mi sono ispirata ad una coppia acclamata da tutti,
ovvero Rachel Bilson e Adam Brody!
Secondo me insieme erano
davvero carini, quindi li vedo per bene per i miei Tommy e Mica!
Bene,
mi auguro di avervi ancora come miei lettori e al prossimo capitolo :D
Micaela rientrò a casa verso le dieci
e mezzo di sera dopo un doppio turno avvilente; era stata costretta a fermarsi,
oltre il suo normale orario di lavoro, a causa della mancanza di personale.
Aveva però un sincero bisogno di denaro e i doppi
turni cascavano a pennello, giacché non ne poteva chiedere a sua madre.
Graziella infatti aveva perso il suo
lavoro come postina da circa un anno e ora viveva delle torte che vendeva al
fornaio del suo quartiere; l’uomo conosceva Graziella da moltissimi anni e
aveva, per via di quell’amicizia di vecchia data, deciso di chiudere un occhio
sulla severità delle leggi sull’igiene e comprava le crostate di Graziella per
poco di più tre euro l’una.
Ovviamente questo non le bastava per
mantenersi e fu costretta a dare in locazione la sua casa al centro di
Sorrento, dove Micaela era cresciuta, e a trasferirsi a casa di sua madre,
Lucia, una ottantenne in splendida forma.
Purtroppo la centralinista non poteva
nemmeno rivolgersi a suo padre Giogio, che per quanto
si fosse sempre dimostrato disponibile ad aiutarla, viveva dall’altra parte del
mondo, ovvero a Buenos Aires, la capitale argentina, e dunque il suo sostegno
inevitabilmente si fermava ad un’affettuosa telefonata alla settimana e ad un
invito a raggiungerlo nella ridente città porteña in
qualsiasi momento.
Lei e suo padre, il cui nome completo era
Juan Carlos De Blasio, si erano frequentati molto
poco; la lontananza però non aveva corroso il loro rapporto, Juan adorava la
sua bambina e, in effetti, sentiva molto la sua mancanza.
Tuttavia, Sorrento e l’Italia, in
generale, non sarebbero mai state come la sua madre patria e lui, dopo essersi
visto privato dell’adorato ‘rito’ del mate[1]
per ben quattro anni, durante i quali, conobbe la madre di sua figlia, decise
di ritornarsene a Buenos Aires senza alcun rimpianto.
O almeno così fu finché non ricevette,
nella calda estate argentina del ’87, la notizia da parte della sua ex
spasimante che in Italia aveva lasciato un segno ben più profondo di quello che
credeva.
“Juan, sono incinta di due mesi
ormai..” gli aveva detto al telefono
Graziella.
“Che dici? Es
mio, segura?” aveva ribattuto confuso, a
quell’affermazione Graziella aveva riattaccato il telefono, decisa a non
rivolgergli mai più la parola.
Juan era montato immediatamente su un
aereo ed era rimasto vicino per tutta la gravidanza alla futura mamma che, dopo
diverse scuse teatrali da parte dell’uomo, aveva deciso di riammetterlo nel
ruolo di padre.
Micaela nacque ilsei agosto del 1988 ed ebbe vicino suo papà,
che non ebbe altro rapporto con sua madre che quello di una sincera amicizia,
fino ai suoi cinque anni, dopodiché Juan se ne tornò nel lontano Sudamerica,
promettendole che sarebbe tornato spesso a farle visita e così fu.
Per queste motivazioni, a cui si
aggiungeva la perdita della borsa di studio dato che il suo percorso accademico
si era concluso, la ragazza si era accontentata di svolgere un lavoro qualsiasi
poiché non aveva alcuna intenzione di rinunciare a Bologna, dove aveva
frequentato l’università, ritornandosene a Sorrento.
Si avviò verso la cucina passando
accanto alla camera da letto, dove dormivano lei e Giacomo, e lo sentì
piangere. Preoccupata, aprì la porta della stanza e vide il suo coinquilino,
steso sul letto e circondato da fazzoletti usati, singhiozzare disperato.
“Giachi, cos’è successo?”
Il ragazzo squittì e tirò su con il
naso. “Mi ha mollato!”
Micaela roteò gli occhi, tra lui e
Federica di disastri sentimentali ne aveva fin sopra i capelli. “È la quarta
volta in questo mese che vi mollate. Domani ti chiama e tornate insieme”
“Non hai capito. Ha un altro!” urlò
disperato, Micaela si mordicchiò le labbra; questo cambiava decisamente le
cose.
“Quindi ti ha tradito?”
Giacomo alzò lo sguardo e la fulminò,
aveva appena fatto una domanda piuttosto stupida.“Sì, mi ha ben bene cornificato. Quello
schifoso romagnolo da quattro soldi, sicuramente si sarà fatto qualche lurida
sciacquetta al Comin’ out”
Micaela trattenne una risata a stento.
“Dai, ne troveremo uno migliore”
L’aspirante filosofo fece un sorriso
malizioso. “A voglia! Se ne trovo uno migliore. Secondo te non mi rendo conto
di essere fin troppo bello per lui?”
La ragazza a quel punto rise. “Non sei
solo più bello, sei anche una persona migliore di lui. Lui non era affatto alla
tua altezza”
Giacomo l’abbracciò forte, lei
riusciva sempre a tirargli su il morale. “Venerdì sera usciamo a spaccare
cuori!” esclamò mentre la teneva stretta.
Micaela si accoccolò, avere Giachi in
un certo senso l’aiutava a non pensare alla mancanza di un fidanzato, da lui
riceveva tutti gli abbracci e coccole che desiderava, anche se ammetteva che
ogni tanto avrebbe voluto avere qualcosa di più. “Certo..” sussurrò.
“Sai, Miche, nonostante tutto, so che
mi mancherà” ammise Giacomo leggermente rassegnato, n’era davvero innamorato,
anche se era evidente che il suo ormai ex uomo non lo fosse più.
“Abbiamo il gelato comunque” gli
ricordò Miche, solitamente i dolci lenivano ogni pena d’amore del ragazzo.
Giacomo si abbandonò ad un sospiro.
“Questa volta credo che ci vorrà ben più che del semplice gelato”
“Pane e nutella?” propose la ragazza
con finto tono innocente facendo ridere il coinquilino che, per un attimo,
pensò che con Micaela e tutta loro banda di strani amici forse non avrebbe
sentito tanto la mancanza di quello stronzo.
*
Il giorno dopo Tommaso si svegliò
molto presto, non tanto per la lezione di Meccanica, quanto piuttosto per
portare a termine il suo piano; si fece in fretta la doccia e andò in cucina a
prepararsi il caffè.
“Che ci fai sveglio a quest’ora?”
domandò il suo coinquilino che era già in piedi dal momento che doveva essere
in banca alle otto spaccate.
“Oh, non riuscivo a dormire” confessò
sfuggevolmente intanto che si versava il caffè. “Com’è andata ieri sera?”
chiese in seguito, quando era rientrato aveva trovato il suo coinquilino
addormentato e senza la ragazza al cospetto.
“Benissimo! Non solo me l’ha data al primo
appuntamento, ma se n’è anche andata a casa sua” disse ancora incredulo, le
ragazze facili lo sorprendevano sempre.
“Da brava puttana, insomma” osservò
Tommaso facendo una smorfia.
“Parisi, ogni tanto mi sembri tuo
padre, insomma sei ateo ma ti dà fastidio la gente che fa sesso prima del
matrimonio”
Tommaso gli lanciò un’occhiataccia.
“Non mi dà fastidio la gente che scopa prima del matrimonio perché anche io lo
faccio. Sottolineavo che non ti troverai mai una ragazza decente se fai così”
“Così come?”
“Se ne cerchi una più facile
dell’altra!” si trovò ad urlare Tommaso.
Daniele scoppiò in una sonora risata.
“Ora mi sembri mia madre! Intanto, per prima cosa, ribadisco che io non voglio
una fidanzata e, seconda cosa, preferisco me a te dato che anche se io non sto
cercando la ragazza giusta, di sicuro ho più possibilità di te di trovarla
visto che io almeno con il genere femminile mi ci confronto”
Tommaso boccheggiò, quell’affermazione
l’aveva spiazzato, Daniele aveva ragione: lui scappava dal genere femminile;
tuttavia sentiva che questa fuga avrebbe presto trovato una fine e sorrise.
“Che hai da sorridere Parri?”
Il ragazzo scosse la testa. “Nulla,
hai ragione. Devo iniziare a confrontarmi con il genere femminile”
Daniele lo applaudì. “Bravo!
Finalmente lo hai capito! Ora scusami, ma devo andare al lavoro. Stasera
mettiamo a punto un piano per il tuo confronto. A dopo!”
Prese la sua ventiquattrore e la
giacca appesa all’appendiabiti e uscì inconsapevole che Tommaso avesse già
messo a punto un piano.
*
“Quindi mi sta dicendo che, anche se
fornisco il codice identificativo, non ho alcuna speranza di rintracciare
l’operatore?” domandò rassegnato Tommaso.
L’uomo dall’altro capo della linea
confermò la deduzione dell’assistente che sbuffò.
“Non si può fare uno strappo alla
regola?” chiese fiducioso.
Data l’insistenza del ragazzo, l’uomo
s’incuriosì. “Mi scusi ma perché vuole rintracciare questo particolare
operatore?”
Tommaso rimase in silenzio, se
raccontava la verità, rischiava di farsi attaccare il telefono in faccia ma,
d’altra parte, altre scuse non gli venivano in mente quindi optò per la verità.
“Vede, io e l’operatrice abbiamo
intrattenuto una conversazione interessante e io volevo ricontattarla, ma non
so il suo nome..”
L’operatore alzò un sopracciglio e
chiamò la sua collega perché sentisse la storia allucinante del ragazzo, era la
prima volta che gli capitava qualcosa di simile in otto anni di lavoro. “Può
ripetere, per favore?”
Tommaso ripeté la storia e sentì una
risata dall’altro capo della linea. “Mi scusi, ma le sembra il caso di
prendermi in giro così sfacciatamente?”
“Oh, mi scusi, ma ammetta che è una
storia folle. Comunque io non posso fare niente, però posso metterla in
contatto con chi può rintracciarla”
Sul viso del ragazzo si aprì un enorme
sorriso, sarebbe riuscito a contattarla. Certo, questo non significava nulla,
magari la ragazza era fidanzata o peggio sposata, o forse semplicemente non
avrebbe voluto conoscerlo, anche se lui personalmente avrebbe voluto conoscere
una persona che aveva fatto tanto per contattarlo solo perché si era invaghito
della sua voce.
O forse l’avrebbe considerata una stalker o una pazza furiosa?
“La prego, mi metta in contatto” lo
supplicò deciso ad ignorare i suoi ingrippi mentali.
L’operatore gli
chiese di dargli un secondo e avviò la musichetta d’attesa, furono dieci
lunghissimi minuti in cui Tommaso si trovò a domandarsi se non si fossero
dimenticati di lui.
Era su punto di
riagganciare quando …
“Salve, sono la
direttrice responsabile delle risorse umane. Mi è stato riferito che desidera
mettersi in contatto con una delle nostri operatrici o, perlomeno, avere il suo
nome. Innanzitutto le porgo le mie scuse per l’intera vicenda e spero che
voglia ritirare la denuncia a nostro carico, anche perché, mi scusi, ma cosa di
così grave può averle detto una centralinista al telefono?”
Tommaso aggrottò la
fronte, cosa diavolo stava dicendo?
“Mi scusi, ma io
non credo che Lei sappia la verità. Vede, io non voglio denunciare nessuno,
voglio solo parlare con la vostra collaboratrice perché m’incuriosisce; abbiamo
parlato un po’ e io..”
“Mi scusi? Ma mi
sta prendendo in giroo cosa?”
“No, io non la sto
prendendo in giro. La prego, non riattacchi. Voglio essere messo in contatto
con la ragazza, tutto qui. Che male c’è? Lei non si è mai presa una cotta?”
La direttrice
responsabile delle risorse umane istintivamente allontanò la cornetta
dall’orecchio e rimase a fissarla stranita. “E’ ancora lì?” domandò Tommaso.
“Sì, sono qui. L’operatrice
in questione lavora al call center di Bologna”
Bologna? Non è
molto lontana da Milano, qualche freccia rossa e .. ok, iniziava a volare
troppo con la fantasia.
“La metterò in
contatto con il diretto responsabile dell’operatrice, farò a decidere a lui se
vuole immischiarsi in questa faccenda”
Tommaso sentì il suo cuore esultare.
“Oh, grazie grazie”
La donna si stupì di
quell’atteggiamento piuttosto infantile, doveva tenere molto alla faccenda. “Non
mi ringrazi, non ho fatto molto” gli disse e riattaccò promettendo che sarebbe
stato contattato al più presto.
Dopodiché chiamò il diretto
responsabile del call center di Bologna, Luca
Fiorini, augurandosi che l’uomo non riagganciasse dicendole di andare al
diavolo dopo aver sentito quella assurda storia.
*
Luca Fiorini era appena rientrato nell’ufficio
piuttosto soddisfatto dopo essersi rilassato per bene con il suo giocattolino sessuale nella toilette del secondo piano.
Sapeva che era sbagliato considerare Federica alla stregua di un giocattolino sessuale, ma la verità nuda e semplice era che
lui non l’avrebbe mai resa nulla di più della sua amante.
Fiorini non avrebbe mai lasciato
Giada, che non era soltanto la sua fidanzata storica, considerata ormai come un
membro di famiglia dai suoi che speravano in un loro prossimo matrimonio, ma
era molto più di bella di Federica.
Alta e snella, aveva un fisico degno
di nota considerando tutti gli allenamenti settimanali a cui si sottoponeva,
Federica aveva invece le curve nei punti giusti, cosa che rendeva piuttosto
piacevole dilettarsi con lei; in effetti, in Giada un seno abbondante, o peggio
un minimo accenno, non lo avrebbe mai trovato nemmeno a peso d’oro, ma aveva un
sedere niente male e questo compensava.
Stava ancora confrontando in mente i
fisici delle due donne quando il telefono dell’ufficio prese a squillare.
“Signor Fiorini, c’è la direttrice
delle risorse umane al telefono” gli riferì la sua segreteria.
Fiorini aggrottò la fronte, cosa
voleva da lui la Marasco?
“Me la passi subito” rispose prontamente,
dopo circa mezzo minuto si ritrovò la Marasco dall’altro capo della linea che
gli raccontava la motivazione della sua telefonata.
“Cosa vuole che faccia?” domandò
scioccato.
“Lo metta in contatto con questa De Blasio, sempre se vuole” rispose la donna.
“Dovrei non volere?”
“Non lo so, Fiorini, giudichi lei”
L’uomo fece spallucce, si ricordava
della De Blasio, infatti, sapeva che era la migliore
amica di Federica;
dopo la fine delle loro scopate spesso
la ragazza gli raccontava della sua vita, convinta che a lui interessasse
qualcosa quando invece Fiorini l’ascoltava soltanto perché gli sembrava
scortese e non da gentiluomini scappare subito dopo. Gli aveva parlato di
Micaela come della cervellona di turno che era finita a fare un lavoro di
schifo per colpa della crisi anche se scriveva molto bene..
“Come dovrei fare?” chiese alla
Marasco.
“Non lo so, intanto, contatti il
ragazzo e poi non lo so, potrebbe deviare il collegamento con l’operatrice” suggerì
la donna.
“Quindi non dovrei raccontarle che un
tizio si è innamorato della sua voce?”
“Io direi di no”
“Va bene, mi dia il numero” disse
l’uomo infine. Era soltanto una telefonata, in fin dei conti, cosa avrebbe
potuto fare di male?
Tommaso stava uscendo dall’aula dove
si era appena conclusa la lezione di Meccanica quando il cellulare iniziò a squillare.
Non conosceva quel numero e nemmeno il
prefisso, per un momento fu incerto se rispondere o meno, quando gli venne in
mente che poteva essere il tizio del call center.
“Pronto” rispose concitato, sperava
che l’uomo non avesse già riattaccato.
“Signor Parisi?” risuonò la voce di
Luca Fiorini dall’altro lato della linea.
“Sì, sono io”
“Salve, la chiamo dal call center TIM di Bologna” si presentò il capo di Micaela.
Il cuore di Tommaso accelerò il
battito improvvisamente. “Certo, mi dica”
“Lei vorrebbe essere messo in contatto
con una nostra operatrice, sinceramente la storia mi è sembrata davvero folle,
ma se Lei è convinto di volersi buttare a capofitto, io non sono nessuno per
impedirglielo”
L’assistente stava diventando
impaziente, lo avrebbe messo in contatto con la proprietaria di quella voce
deliziosa oppure no?
“Vede, purtroppo, oggi non sarà
possibile farlo”
Il ragazzo si rabbuiò. “Perché?”
“La ragazza non è qui, oggi è il suo
giorno libero. Domani ha il tuo turno di pomeriggio” lo informò l’altro, a
quelle parole Tommaso sorrise.
“Quindi domani come potrei fare per
contattarla?”
“Lei chiami questo numero -riferì un
numero che Tommaso memorizzò in un baleno- ed io mi premurerò di metterlo in
collegamento con la nostra operatrice” disse al giovane assistente che esultò
in modo pacato.
“Perfetto. Allora a risentirla” lo
salutò cortesemente dopodiché lo ringraziò per disponibilità mostrata e
riagganciò.
Camminò velocemente, non riuscendo a
contenersi per la contentezza di aver ottenuto quella minuscola vittoria, e
quasi inciampò nel tombino vicino all’ingresso della metro.
Arrivò a casa e si buttò sul divano,
doveva trovare una scusa plausibile per spiegarle come mai avesse voluto così
tanto contattarla. Poteva dirle che un suo parente gestiva una piccola casa
editrice..
Si pentì subito dell’idea, le avrebbe
mentito, lui nemmeno conosceva qualcuno che lavorasse in una casa editrice.
Poteva dirle però che si era infatuato della sua voce? Decisamente no, era
fuori discussione.
Ci aveva pensato a lungo e aveva
dedotto che l’avrebbe considerato pazzo, e allora cosa le avrebbe detto?
Fece spallucce ed espirò, nessun’idea.
Poco male, ci avrebbe pensato domani, aveva tutta la mattina, dopodiché si alzò
e andò a prepararsi qualcosa da mangiare.
Stava morendo di fame.
[1]Il mate è una bevanda tipicamente argentina,
acquistabile anche in Italia, può essere considerato un infuso di erbe,
infatti, è più corretto dire ‘erba mate’,
classificabile anche in botanica come tale.
E’ un rito per gli Argentini poiché si beve tutti
insieme da un unico bicchiere(appunto il cosiddetto mate)e dalla stessa
cannuccia in metallo(chiamata ‘bombilla’), è un
qualcosa di simbolico riservato agli amici stretti e famigliari, poiché
concepito come un gesto di fiducia e condivisione.
Angolo
autrice:
Salve, donne! Eccomi di nuovo con
l'aggiornamento di The Call Center! Questo capitolo è un po'
di transazione, dal prossimo avremo "concrete novità" :D
spero che incontri comunque il vostro gusto!
Ne approfitto per ringraziare chi ha messo la storiella fra le seguite
ed Elev che la recensisce ^ ^
Grazie mille a tutte voi!:D
La mattina di Tommaso trascorse così
lentamente che il giovane fisico si domandò se lo spazio inter-temporale non si
fosse aperto per fargli uno scherzo.
Come previsto, non fu in grado di pensare
a nessuna scusa plausibile, nonostante si fosse scervellato dalla sera
precedente. Stava camminando per i corridoi della facoltà di Fisica quando uno
dei studenti, più precisamente l’aspirante 30 e lode, lo fermò.
“Professor Parisi, scusi. Avrebbe un
minuto da dedicarmi?” gli chiese con un finto tono educato che non sfuggì a
Tommaso.
Parisi annuì e insieme si diressero
verso il suo ufficio-sgabuzzino; non aveva ancora un suo ufficio visto che non
faceva parte del corpo docente, cosa che sarebbe cambiata dall’anno seguente.
Si accomodarono nelle poltrone e il
ragazzo prese un grosso quaderno dal suo zaino piene di graffette e post-it.
“Vede, ho difficoltà nella risoluzione di questo quesito”
Mostrò all’assistente il quesito in
questione tratto da un precedente compito d’esame; non appena lo vide, Tommaso
sorrise soddisfatto, quello era il quesito del suo esame di Meccanica
quantistica, che aveva portato a casa con un 30 e lode.
In quell’occasione furono Tommaso e un
altro ragazzo che ora lavorava all’MIT negli States
ad ottenere una votazione così alta. Tuttavia, l’assistente ricordava bene
quell’esame perché fu proprio allora che nacque la sua passione per la
Meccanica quantistica che lo spinse ad intraprendere il percorso del dottorato,
unavolta conclusa la magistrale.
“Perfetto, è fortunato. Ci vorrà un
secondo, questo era il mio compito d’esame, ricordo perfettamente la soluzione”
si vantò Tommaso compiaciuto, soprattutto dopo che il ghigno del viso del
ragazzo sparì.
Dieci minuti più tardi, il genietto di
turno uscì dall’ufficio-sgabuzzino di Parisi farfugliando un ‘grazie e
arrivederci’ e Tommaso accese il laptop per controllare la sua posta e-mail,
solitamente si scambiava qualche e-mail con sua cugina, Beatrice, che viveva a
Londra da qualche anno.
Non trovò nessuna nuova e-mail e
decise di avviare una delle sue playlist su Youtube per rilassarsi un po’ intanto che aspettava
l’inizio del pomeriggio con ansia.
*
Nel frattempo che il nostro fisico
nella città di Milano si rilassava con YannTiersen, uno dei suoi compositori di piano contemporanei
preferiti, Micaela saliva sull’autobus per recarsi al lavoro.
Quella mattina aveva lavorato al suo
romanzo, da qualche mese aveva ripreso a scrivere, l’ispirazione era finalmente
tornata.
Al dire il vero, non l’aveva mai
persa, ma il mancato riconoscimento da parte del mondo della sua bravura
l’aveva delusa al punto da prendere la decisione di smettere di scrivere.
D’altro canto, Micaela sapeva di
scrivere bene, così come anche i suoi professori del liceo e dell’università
che avevano riconosciuto nella giovane un potenziale talento per la scrittura.
Tuttavia, la ragazza era altresì
consapevole che non si può reprimere una passione che si coltiva da piccoli in
un battito di ciglia e dopo aver passato un anno ad osservare i suoi quaderni
pieni di storie e fogli sparsi del suo romanzo, decise di finire di
auto-punirsi e ricominciò a scrivere, trovando subito l’appagamento che l’aveva
sempre confortata.
Stava pensando a cosa avrebbe potuto
fare il duca Douglas-Hamilton, il protagonista
maschile del suo romanzo, per riconquistare il cuore della sua bella quando
l’autobus giunse a destinazione.
Scese e s’incamminò verso il call center, timbrò il cartellino e raggiunse la sua
postazione ricevendo subito una chiamata. Solita routine.
Aveva appena riattaccato quando ne
ricevette un’altra. “Salve, sono l’operatrice 157824. In cosa posso esserle
utile?”
Tommaso non ebbe bisogno che
pronunciasse alcun’altra frase per capire che era lei, sorrise e come, gli
aveva suggerito Fiorini, domandò delle promozioni attuali per il collegamento
internet mobile.
“Non vorrà mica raccontarle che si è
innamorato della sua voce, vero?” lo aveva interrogato Fiorini prima di
metterlo in contatto con Micaela, il ragazzo aveva tentennato dicendo di no e
il responsabile gli disse d’inventarsi una scusa qualsiasi, per esempio avrebbe
potuto un’informazione sulle promozioni attualmente disponibili, e Tommaso così
fece.
“Oh, allora, lei quanti anni ha?
Aspetti, posso vedere io stessa. Ha più di 25 anni, sfortunatamente non gli
sarà possibile attivare la TIM Young, ma può usufruire di altre offerte,
come..” snocciolò la ragazza.
Parisi non ascoltava una parola, si
concentrava unicamente sul suono della sua voce. “Scusi, ma io e lei abbiamo
già parlato in precedenza?” si trovò a chiederle.
Micaela s’interruppe. “Non so, lei
ricorda la voce di tutte le centraliniste con cui ha parlato?”
“No, ma ricordo questa in particolare”
La ragazza rise, un altro pazzo le era
capitato. “La informo che le voci delle centraliniste sono più o meno tutte
uguali”
“Non è vero. La sua è bellissima, non
può essere uguale a tutte le altre. E poi deve sapere che il timbro dellavoce identifica ogni persona come
un'impronta digitale, quindi può essere solo sua”
Micaela rimase in silenzio. Che voleva
questo da lei?
“Io e lei abbiamo già parlato. Lei è
la centralinista che mi ha trattato male al telefono l’altra volta”
In quel momento la ragazza si ricordò
di Tommaso, il signor Parisi, a cui aveva confessato di essere una fallita.
“Vede, lei non ricorda la mia voce perché la trova bellissima, bensì perché
l’ha associata alla centralinista maleducata che lo ha trattato male”
Tommaso sorrise, era sicuro che lei si
ricordasse di lui. “No, credo che la ricorderei a prescindere”
“Va bene, la credo sulla parola.
Dunque quale promozione vogliamo attivare?” domandò Micaela, aveva chiamato per
attivare una promozione, non di certo per parlare con lei.
“Oh, nessuna. Non ho nemmeno uno
smartphone” confessò senza pensarci.
Micaela aggrottò la fronte, questo qui
era parecchio strano. “Allora cosa ha chiamato a fare?”
Tommaso si morse il labbro, doveva
pensare in fretta. “Per conto di un amico, non è capace di mettersi in contatto
con il servizio clienti” mentì.
Micaela rise, anche la sua
risata risultò incantevole al giovane fisico. “La prossima volta lo convinca a
chiamare per conto proprio” suggerì.
“Lo farò senz’altro. Come
procede il suo libro?”
“Procede. Presto lo
troverà nelle librerie e potrà comprarlo”scherzò lei, era piacevole parlare al telefono con lui e soprattutto
meno noioso delle solite lamentele.
“Credo che acquistare il
suo libro sarà un po’ difficile”
“Ma come? Si è già pentito
della sua promessa?”
“No, nient’affatto, ma
senza sapere il suo nome, come potrei comprare il suo libro?”
Micaela si mordicchiò le
labbra, stava davvero per dire il suo nome ad un perfetto estraneo? Sapeva che
si chiamava Tommaso Parisi, ventisette anni a breve, residente nella città di
Milano ma a parte questi dati puramente anagrafici, lei di lui non sapeva un
bel niente.
“Mi chiamo Teresa” riferì
usando il suo secondo nome.
Tommaso fu un po’ deluso,
si aspettava un nome più bello da associare a quella bellissima voce. “Cognome?
Solo Teresa è un po’ poco..”
‘Ma certo che questo è
proprio sfacciato..’ pensò la centralinista. “Mi firmerò solo Teresa e lei
capirà”
“Va bene, Teresa. Ma se io
volessi contattarla per dirle cosa ne penso del suo romanzo, come potrei fare?”
Micaela sgranò gli occhi sorpresa, le
aveva appena chiesto il numero, in un modo piuttosto contorto, però era proprio
quello che aveva fatto. “Mi sta forse chiedendo il numero di telefono, signor
Parisi?”
Tommaso confermò.
“Mi dispiace, ma non sono solita dare
il numero di telefono ad uno sconosciuto”
“Hai ragione, sono stato piuttosto
sfacciato. Ti chiedo scusa, Teresa” le disse dandole del tu, voleva farla
finita con la formalità del lei. “Non bisogna mai dare il numero a degli
sconosciuti, potrebbero essere degli squilibrati”
Micaela rise di nuovo. “Tu sei uno
squilibrato?”
A Tommaso fece piacere che anche lei
avesse optato per tu. “Bah, chi può dirlo!”
“Allora faccio bene a non dartelo. Potremmo
usare Facebook per le tue critiche” suggerì, una banale richiesta d’amicizia la
poteva anche accettare.
“Non ho un account Facebook e comunque
non credo che lo userei per criticarti” rispose.
Micaela, lusingata dell’implicito
complimento, si sorprese di conoscere un ragazzo senza account Facebook,
piuttosto singolare questo Parisi. “Un’e-mail?”
Stava davvero consentendo ad uno
sconosciuto di contattarla? Beh, in effetti, nemmeno i suoi ex conosceva prima,
che differenza farebbe, se invece di averlo conosciuto in un bar, l’avesse
conosciuto facendo il suo lavoro?Certo,
un lavoro da centralinista e quindi lo aveva conosciuto parlandoci al
telefono..
Comunque Tommaso per le comunicazioni
dell’università aveva aperto un account Yahoo mail, dunque finalmente avevano
trovato un modo per contattarsi. “Sì, quella ce l’ho”
La ragazza si girò leggermente di
spalle per non farsi sentire dal suo collega che si era incuriosito data la
lunghezza della conversazione. “La mia mail è micaela.deblasio@gmail.com,
iniziali in tutte in minuscolo”
Tommaso aggrottò la fronte. “Micaela,
ma non ti chiami Teresa? Ah, ok.. mi hai dato un nome falso”
“Non è un nome falso. È il mio secondo
nome, comunque ora devo andare. Scusami, ciao” e riagganciò senza dare al
fisico la possibilità di salutarla.
*
Tommaso ripose il cellulare nella sua
tracolla e si appoggiò allo schienale dalla sua sedia, aveva deciso di
aspettare un’altra mezz’ora nel caso qualcuno dei suoi studenti si facesse vivo
per qualche chiarimento.
Nel frattempo continuava a pensare a
Micaela, quel nome decisamente era adatto alla sua voce.
Molto particolare, se non ricordava
male, era di origine ebraica; decise di accertarsene cercando su Google e ne
ebbe la conferma scoprendo anche che era molto diffuso nei Paesi di origine
spagnola; forse la sua famiglia era spagnola o magari era ebraica..
Lesse il significato del nome, Micaela
significava ‘Chi è potente come Dio?’; i suoi le avevano dato un nome religioso
per caso oppure erano molto credenti come suo padre?
Speriamo la prima, pensò ridendo.
Bastava suo padre a rimproverarlo per il suo mancato credo religioso.
Era davvero curioso, voleva scoprire
il più possibile su Micaela, sapeva troppo poco e lui odiava sapere poco.
Andò sulla pagina di Yahoo e aprì la
casella e-mail, doveva scriverle, non resisteva più; con il tasto destro del
mouse, cliccò su ‘componi’.
Amicaela.deblasio@gmail.com
Cc/Ccn
Oggetto:
Heylà!
Ciao, sono Tommaso, ma
credo che tu lo abbia già intuito..
Sinceramente non so
bene cosa dirti.. da bravo fisico con le parole non sono gran che, spero che mi
perdonerai anche per la pessima punteggiatura!
Come avrai già capito,
io sono laureato in Fisica e a differenza tua ho deciso di fare il topo da
biblioteca, infatti ho finito il dottorato quest’anno e ora faccio l’assistente
nel corso di Meccanica quantistica.. -
pensò di scriverle che l’anno prossimo avrebbe insegnato come docente e non più
come assistente, ma trovò che sarebbe risultato un po’ presuntuoso e decise di
lasciar perdere-
Tu invece? Che genere
di libri scrivi? Fiabe per bambini per caso?
PS: Come mai hai due
nomi? I tuoi non riuscivano a mettersi d’accordo?
Premette il tasto ‘invio’, chiuse la
pagina ed anche il pc; aveva fatto il suo, ora
toccava a lei.
A quel punto, essendo ormai sicuro che
nessuno dei suoi studenti sarebbe più venuto, decise di tornarsene a casa.
*
Micaela rientrò a casa e si trovò
davanti Giacomo indaffarato ai fornelli, stava creando un altro dei suoi
particolari piatti indiani, affidandosi un po’ alla ricetta, un po’
all’intuito.
“Come è andata al lavoro?” le domandò
senza voltarsi, la minima distrazione poteva rovinare il suo capolavoro di
culinaria.
“Come al solito..” mentì la ragazza,
non voleva raccontargli di Tommaso, non ancora. Non sapeva come si sarebbe
svolta la faccenda e voleva evitare di farsi ridere in faccia, com’era sicura
che Giacomo avrebbe fatto se glielo avesse raccontato.
“Quanto ci vuole ancora?” voleva
sapere se avrebbe fatto in tempo a controllare se avesse ricevuto un’e-mail da
Tommaso ed eventualmente rispondere.
“Minimo altri quindici minuti”
“Perfetto!” rispose con eccessivo
entusiasmo che per sua fortuna non fu intuito da Giacomo e sparì in camera.
Accese il portatile e aspettò che il
sistema operativo si avviasse; come mai prima di quel momento, il suo vecchio
PC le sembrò lentissimo a carburare.
Quando riuscì a collegarsi, andò sulla
pagina di Gmail ed entrò nella sua casella di posta
elettronica, trovandovi l’e-mail di Parisi.
Le venne da sorridere quando la lesse,
trovò la sua punteggiatura leggermente disastrosa, ma non le importò. “Così è
un fisico!” esclamò compiaciuta, pensò anche che doveva essere un piccolo genio
se aveva persino conseguito il dottorato.
Cliccò su ‘rispondi’ e aspettò che la
pagina si caricasse.
E così sei un
assistente? Scommetto che sei uno di quegli assistenti cattivi, con cui gli
studenti pregano di non capitare! Scherzo, ovviamente!
Hai scritto che
insegni Meccanica quantistica! Che roba è? Sappi che il solo suono m’incute
terrore ma, d’altronde, da una letterata cosa ci si può aspettare? Io e i
numeri abbiamo da sempre un rapporto alquanto complicato!
Come mai pensi che io
scriva fiabe per bambini?
Non mi dispiace
leggerle alle mie cuginette ma non ho mai provato a scriverne una.
Io scrivo romanzi
storici, m’ispiro al genere di Jane Austen(spero che
tu la conosca, altrimenti sarà un problema per te!:p). Colpa di “Orgoglio e
pregiudizio”, mi è rimasto davvero troppo impresso!
Comunque non ti ho
detto nulla su di me: io abito a Bologna, qui ho frequentato l’università, ma
sono nata a Sorrento, in Campania.
PS: Il doppio nome è
un’usanza delle parti di mio papà! I miei erano d’accordissimo sul mio nome!
Finì di scrivere l’e-mail, la rilesse
per controllare che non ci fossero errori ed infine la inviò, dopodiché ritornò
in cucina per apparecchiare la tavola senza riuscire a smettere di pensare alla
nuova conoscenza.
*
Angolo
autrice:
Salve
mie care lettrici! Eccomi di nuovo con l'aggiornamento di The
Call center
:) Voi nemmeno avete
idea di quanto mi faccia piacere vedere che questa storia vi piace! Io
ci sono particolarmente affezionata a questa storia e vedere che anche
voi l'apprezziate mi rende particolarmente felice! Che dirvi? Vi
ringrazio davvero tanto e spero che questo capitolo vi sia piaciuto! In particolar modo
volevo ringraziare: Elev, AmaZa1n e Iladempsey per aver recensito :) Ovviamente anche
tutte voi che avete messo la storia fra le seguite e le preferite!
Siete dei tesori! Bene, vi lascio! Alla prossima!:)
Tommaso si torturava le dita, aveva
fatto il refresh della pagina già una decina di volte
e ancora nulla. Micaela non aveva risposto, che si fosse scocciata di lui già
dalla seconda e-mail?
Rilesse l’e-mail che aveva scritto per
l’ennesima volta per capire se avesse detto qualcosa di stupido o sbagliato.
Non sono affatto
un’assistente cattivo! Anzi! Io sono molto più buono del prof, ne faccio
passare almeno un 20% in più! Cerco di salvare il salvabile, insomma..
Comunque la
meccanica quantistica non ti deve affatto fare paura! È una disciplina davvero
interessante!
Praticamente è
una teoria della fisica moderna che descrive il comportamento della materia,
della radiazione e delle loro reciproche interazioni, con riferimento a
particolari fenomeni tipici delle scale di lunghezze o di energie subatomiche.
Mi spiego meglio,
praticamente noi descriviamo la materia sia come fenomeno ondulatorio che come
particella. È un dualismo che la meccanica razionale non ammette, ma che ha
spiegato molti fenomeni altrimenti inspiegabili.
Comunque non
voglio annoiarti! Non lo so, ti immaginavo come una scrittrice di fiabe! Hai
presente quando pensi ad una persona e t’immagini un po’ come potrebbe essere?
Magari poi scopri che non c’entra nulla con quello che pensavi, come in questo
caso..
Certo che conosco
la Austen e ho anche letto ‘Orgoglio e pregiudizio’
con la prof d’inglese al liceo! Quindi tu vai alla ricerca di un MrDarcy(si chiamava così,
vero?)oppure lo lasci alla tua protagonista?
Come mai esiste
l’usanza del doppio nome dalle parti di tuo padre? Di dov’è?
PS: Sorrento.. mi
ricorda Caruso, una bellissima canzone.
Non gli sembrò di aver detto nulla di
così terribile da non meritare più alcuna risposta. Fece un sospiro rassegnato,
forse non avrebbe dovuto scrivere della Meccanica quantistica.
“Certo! Le sarai sembrato un secchione
noioso!” si disse sbuffando. Il problema era che lui era un secchione noioso,
come poteva non sembrare tale?
Riprovò ad aggiornare di nuovo la
pagina e chiuse gli occhi mentre cliccava sul pulsante ‘refresh’.
“Ti prego, ti prego! Dimmi che hai
risposto!” mormorò intanto che riapriva gli occhi.
La sua casella e-mail era ancora vuota
e Tommaso si rabbuiò, convincendosi che non avrebbe ricevuto più una risposta
da Micaela.
Si alzò e uscì dal suo, per così dire,
ufficio e andò a prendere un caffè al bar di facoltà.
“Un caffè macchiato, per favore” ordinò
al bancone e rimase in piedi ad aspettare.
Si voltò verso sinistra e vide il Lavagnini dare un morso ad una brioche alla crema intanto
che leggeva il giornale. L’uomo voltò la pagina de “La Repubblica” e incontrò
lo sguardo del giovane assistente.
“Parisi, hai una brutta cera! È
successo qualcosa?” gli domandò e lo invitò a sedersi, l’assistente si sedette
posando la tazzina di caffè davanti a sé.
Tommaso finse di girare lo zucchero,
che non aveva usato, nella tazzina e fece spallucce. “Buongiorno professore.
Non è successo nulla, si figuri”
L’uomo inarcò un sopracciglio. “Ne sei
convinto? Fammi indovinare! Hai un problema con una fanciulla” ipotizzò facendo
pressione sulla parola ‘fanciulla’.
Tommaso rise e si rese conto di essere
ormai un libro aperto per il Lavagnini.
“Ho colto in pieno, eh?”
Il ragazzo bevve un sorso del suo
caffè e annuì. “Io e questa ragazza non ci conosciamo molto, ma credo che lei
non sia molto interessata a me”
Il Lavagnini
fece una smorfia. “Se ‘un sa riconoscé un bravo ragazzo,
ci perde solo lei”
Tommaso rise, quando il suo professore
tirava fuori l’accento toscano, gli veniva sempre da ridere.
“Beh, perlomeno ti ho tirato su il
morale” commentò l’anziano professore sorridendo a sua volta.
L’assistente annuì e si congedò dal
professore dicendogli che aveva fissato un ricevimento studenti per quella
mattina, l’anziano annuì e riprese a leggere il suo giornale.
“A dopo, Parisi, e non ci pensi più
alla ragazza” gli suggerì senza nemmeno alzare lo sguardo dalla sua lettura
intanto che Tommaso andava via.
Ritornò nel suo sgabuzzino che era
tremendamente in disordine e decise di dargli una ripulita, con la sola
intenzione di stare lontano dal PC.
Sistemò i libri, sparsi un po’
ovunque, negli scaffali della sua libreria, buttò via alcune cartacce e penne
non funzionanti e riordinò il cassetto della scrivaniacontenente gli altri oggetti di cancelleria.
Mancava ancora una quindicina di
minuti all’inizio del ricevimento e, non riuscendo a trattenersi dalla
curiosità, controllò di nuovo la posta elettronica.
Questa volta vi trovò una piacevole
sorpresa, infatti la casella dei messaggi ricevuti segnalava l’arrivo di un
nuovo messaggio da parte di Micaela, Tommaso esultò e cliccò sull’e-mail.
Scusami se ci ho
messo così tanto a rispondere ma ero al lavoro.
Mi dispiace
procurarti questa grande delusione, ma io non ci ho proprio capito nulla
sull’oggetto di studio della Meccanica quantistica! Sono proprio ignorante in
materia!
Davvero la tua
prof d’inglese vi ha fatto leggere ‘Orgoglio e pregiudizio’? Grande! Deve
essere un’ottima insegnante! Qual è il tuo genere preferito di libri? Il mio
ormai lo sai J
Comunque mio
padre è argentino, di Buenos Aires più precisamente, e lì è molto frequente che
ai propri figli si diano due nomi. Io ho la doppia cittadinanza, tra l’altro,
anche se lo spagnolo, purtroppo, non lo parlo bene!
Non sono alla
ricerca di un MrDarcy(sì,
si chiama così), ormai arrivata a 25 e passa anni, mi sono rassegnata all’idea
che purtroppo non esiste e, di conseguenza, con grande rammarico, lo lascio
alla mia protagonista.
Quindi mi
pensavi, eh? Lo hai ammesso prima, non ti tirare indietro ora!
PS: Anche io penso
che Caruso sia una bellissima canzone.
Finì di leggere l’e-mail e sentì il
sangue confluire nelle sue guance colorandole di rosso. Certo che la pensava,
la pensava sempre.
Lo rendeva curioso in un modo
indescrivibile, più leggeva di lei e più voleva sapere. Si trovò ad immaginare
come potesse essere fisicamente: essendo figlia di un argentino, la immaginò
riccia e scura.
Sarà davvero così? Su una cosa Tommaso
avrebbe messo la mano sul fuoco, era sicuramente bellissima.
Scosse una mano davanti al viso come
per scocciare quel pensiero e rispose all’e-mail.
Davvero tuo padre
è argentino? Fico! Andate mai in visita da quelle parti? Com’è Buenos Aires?
Comunque non
preoccuparti per la meccanica, insomma non è così importante che tu sappia
quello che faccio! Diciamo che insegno fisica e basta!
Il mio genere di
libri preferiti? Mmm.. non ne ho uno, per quanto riguarda la lettura, sono
abbastanza versatile e se devo essere totalmente sincero, credo di non avere
nemmeno un libro preferito!
Ultimamente ho
letto ‘Inferno’ di Dan Brown e ‘Preda’ di Crichton. Ecco, forse Crichton può
essere considerato uno dei miei autori preferiti.
Mi dispiace che
tu abbia smesso di cercare un MrDarcy.
Secondo me, non ti dovevi arrendere! Uno dei vantaggi dell’età contemporanea è
che una donna deve aver superato almeno i 40 anni prima di essere considerata
zitella, quindi puoi ancora dedicare molto tempo alla tua ricerca e chissà
magari lo trovi anche il tuo Darcy!
PS: Non mi tiro
indietro e ammetto che ti ho pensato, tu no?
Fu molto indeciso sull’ultima frase,
si domandava se non stesse esagerando, ma la tentazione era troppo forte e, in
ogni caso, era stata lei a metterlo per prima in imbarazzo, anche se non poteva
saperlo.
Gongolò per aver ricevuto una risposta
da Micaela per tutta la giornata, elargendo sorrisi a destra e a manca, al
punto che i suoi studenti si domandarono nel vederlo così felice e rilassato se
il Parisi non avesse fatto uso di stupefacenti quella mattina.
*
Micaela era sdraiata sul
suo letto e fissava il soffitto continuando apensare a quella frase: “Non mi tiro indietro e ammetto che ti ho
pensato, tu no?”
Non appena aveva finito di
leggere l’e-mail, era arrossita terribilmente. “Se volevi mettermi in
imbarazzo, ci sei più che riuscito” aveva detto immaginando di averlo di
fronte.
Non avrebbe dovuto avere
dubbi, lo aveva pensato continuamente; anche lei era curiosa di sapere di più,
di sapere come fosse esteticamente.
Aveva provato ad
immaginarlo nella sua testa ma non ci era riuscita. Cosa che la lasciò sorpresa
dal momento che solitamente la sua immaginazione non aveva confini: lei
fantasticava in continuazione su luoghi, persone, oggetti che non aveva mai
visto o che, con buona probabilità, nemmeno esistevano.
Tuttavia, Micaela non
riusciva ad immaginarlo perché Tommaso era reale, non uno dei personaggi dei
suoi libri o di quei romanzi che era solita divorare.
Lui esisteva e avrebbe
potuto incontrarlo in qualsiasi momento e questo inevitabilmente la rendeva
insicura; e se accettasse di incontrarla e lei non gli piacesse?
“Che importa se non gli
piaccio? Pazienza, ne troverei un altro. Magari è lui quello brutto!” rifletté
ad alta voce storcendo il naso.
Ma mentiva a sé stessa, in
realtà aveva molto importanza perché quel ragazzo, con sole tre e-mail, era
riuscito a convincerla che forse il suo MrDarcy esisteva e che non fosse così irraggiungibile, come
credeva.
Si alzò dal letto e
riprese il pc, non gli aveva ancora risposto.
Sì,
sono stata spesso a Buenos Aires ed è davvero bella come città! Sai, mio padre
abita lì, quindi, almeno una volta l’anno, vado a trovarlo, anche se, con la
crisi di questi ultimi anni, non sono riuscita a raggiungerlo e sono già due
anni che non ci vediamo.
Anche
lui se la sta passando maluccio(la crisi è ancora forte in Argentina)e ha
dovuto rimandare il viaggio due volte.
Devo
confessarti che io sono nata da un’avventura, so che non è bello dirlo, però è
la verità. I miei sono stati insieme per un po’ di tempo quando mio padre si
trasferì a Sorrento(voleva imparare a cucinare la vera pizza napoletana, o
almeno così dice lui).
E’
vissuto in Italia per quattro anni e, durante il suo ultimo anno di permanenza
nel Bel Paese, si è frequentato con mia madre per un paio di mesi; la loro
storia, infatti, finì senza rimpianti da parte di nessuno dei due.
Tuttavia
quel “fugace amore”(così l’ha definito mia madre, adesso hai capito da chi
abbia preso il romanticismo, vero?) che si è consumato inpoco, è riuscito comunque a legarli per tutta
la vita dato che sono nata io J
Non
hanno mai provato a stare insieme, hanno capito ben presto di essere
incompatibili, però hanno una bellissima amicizia e stare tutti e tre insieme
non è mai stato imbarazzante.
Ammetto
che quando ero piccola è stato piuttosto difficile capire ed accettare che i
miei non stessero insieme ma, considerando il numero di matrimoni falliti
perché non voluti, sono contenta che abbiano capito che non dovevano
costringersi ad una vita infelice solo perché c’ero di mezzo io.
L’unica
cosa che mi dispiace di tutta questa storia è che mia mamma non si è mai più
risposata, mentre mio papà convive con una donna, Melina, da ormai ben dieci
anni. Io voglio molto bene a Melina, sono una bella coppia ed è come se avessi
una seconda mamma.
Bene,
chiudo con la telenovela della mia famiglia e torno a te.
Crichton,
eh? Chissà come mai non mi sorprende questa tua scelta! Comunque mi fa piacere
che tu sia versatile, così ti posso consigliare dei libri. In questo periodo sono
fissata con Isabel Allende, quindi ti consiglio “Paula”, è davvero bellissimo.
Credo
che tu abbia ragione, sono ancora giovane e posso permettermi di cercare MrDarcy, tu ne conosci
qualcuno?
PS:
Nemmeno io mi tiro indietro e ammetto che anche io ti ho pensato.
Finì di scrivere,
abbandonò di nuovo il pc, e ritornò a sdraiarsi al
suo letto. Era stanchissima, chiuse gli occhi e in un baleno si addormentò.
*
Tommaso decise di fare una capatina al
Modus Vivendi quella sera. Non per mangiare, purtroppo con il suo stipendio da
ricercatore universitario si poteva concedere al massimo un pasto al ristorante
alla settimana. Aveva deciso di andare al ristorante per parlare con Carmen,
voleva aggiornarla sulle novità poiché era l’unica che sapesse della sua
infatuazione per centralinista bolognese.
E chissà magari la donna gli offriva
anche un bicchiere di vino o due mentre chiacchieravano.
Quando giunse in prossimità del
ristorante, vide Carmen fumare fuori una sigaretta.
“Sei minuti in meno” la rimproverò, lo
faceva sempre ogni volta che la vedeva fumare ed, ogni volta, la donna diceva
che era l’ultima.
“Giuro che questa è l’ultima!” ripeté
infatti anche questa volta. Tommaso rise e scosse la testa sorvolando sulla
bugia.
“Ho novità!” esordì mostrandosi subito
entusiasta, anche Carmen volle immediatamente saperne di più e gli disse di
raccontarle ogni dettaglio.
“Sono riuscito a contattarla e ora ci
sentiamo per e-mail” iniziò a raccontarle, la donna sorrise e annuì
elettrizzata invitandolo a parlare.
“Si chiama Micaela, abita a Bologna,
ma è originaria di Sorrento, una città della Campania. È laureata in Lettere
Moderne e sta scrivendo un romanzo storico, ispirato ad “Orgoglio e
pregiudizio”, conosci?”
Carmen gli lanciò un’occhiataccia,
anche se faceva la cameriera e non aveva mai studiato all’università, un minimo
di cultura generale l’aveva. “Certo che lo conosco!”
Tommaso sorrise e si scusò. “E’ figlia di un argentino, infatti ha due
nomi, l’altro è Teresa. Sua madre invece è campana di origine. Per il momento
non so altro” concluse il racconto.“Le ho scritto un’e-mail ma non so se mi ha
risposto”
“Usa il mio cellulare, dai! Vediamo se ti ha risposto!” suggerì e allungò
verso di lui il suo smartphone.
Il giovane fisico rimase impalato davanti al telefono, lui e il touchscreen si odiavano nel
profondo.
“Non ne sei capace?” lo prese in giro Carmen che si riappropriò del
cellulare; chiese a Tommaso quale fosse il suo account mail e andò sulla pagina
di Yahoo.
“L’e-mail è tommasoparisi@yahoo.it, mentre la password è dondola” le
disse quando fu sulla pagina.
“Dondola?”
Tommaso strinse le spalle. “E’ la prima cosa che mi era venuta in mente”
Nel frattempo, la pagina aveva
caricato e Carmen sorrise maliziosa. “Ti ha risposto!”
Tommaso si precipitò subito sul cellulare
e quasi lo strappò di mano alla cameriera che scoppiò a ridere.
“Allora che ti dice?”
La donna si spostò dietro le spalle
del ragazzo e sbirciò il contenuto dell’e-mail. “Wow! Ti sei trovato una con
una storia famigliare piuttosto intrigante! Sembra un film” commentò quando
lesse la storia dei genitori della De Blasio.
Tommaso annuì divertito, anche se si
rabbuiò al pensiero che suo padre avrebbe sicuramente detto che Micaela fosse
una donna da non frequentare considerato che non solo era nata fuori dal
vincolo del matrimonio ma i suoi genitori non si erano nemmeno degnati di
sposarsi dopo, decidendo di restare solo amici per giunta.
“Comunque hai colto la sfida?” le
domandò la donna. L’assistente aggrottò la fronte confuso, quale sfida?
“Ti sta dicendo che vuole che tu sia
il suo MrDarcy!”trillò entusiasta e cominciò a fantasticare
su quanto sarebbero stati carini insieme. “E poi ti ha scritto che anche lei ti
pensa! Che carina!”
Tommaso scoppiò a ridere di fronte
alla reazione di Carmen, anche se lui non aveva affatto colto questa
fantomatica sfida nelle parole di Micaela. “Dai, aiutami a risponderle” le
propose e la donna accettò più che volentieri.
Wow! Mai pensato di scrivere un romanzo sulla storia dei tuoi?
Secondo me potrebbe diventare un vero successo! Credo che ne uscirebbe anche un
film J
Comunque hai
perfettamente ragione, i tuoi sono da ammirare per aver capito che può capitare
che nasca un figlio da un’avventura, ma questo non implica che si debba per
forza restare insieme.
Ciò che conta è
il rispetto verso l’altro e, soprattutto, l’amore per il proprio bambino, in
questo caso, bambina.
Leggerò più che
volentieri il libro che mi hai consigliato! Tu devi essere un’esperta di libri,
quindi mi fido se dici che è bellissimo :D
Mi dispiace, ma
non conosco nessun Darcy! Però se lo incontro, ti
faccio un fischio.
Parlando di
musica! Che ascolti? Hai qualche gruppo, genere preferito? Io sono per il rock,
infatti, suono la chitarra elettrica, a tempo perso ovvio! Non sono poi così
bravo!
Però ascolto di
tutto, anche la musica classica! Beh, quasi tutto, la house non la sopporto.
PS: E’ bello
sapere che anche tu mi pensi..
Rilesse l’e-mail insieme a Carmen che
la trovò perfetta ed inviò. A quel punto, uscì il proprietario del ristorante
che rimproverò la donna sostenendo di non averla assunta per fare quattro
chiacchiere in compagnia dei clienti e Carmen dovette rientrare, lasciando da
solo Tommaso che continuò a pensare se effettivamente Micaela gli avesse
lanciato la sfida, di cui parlava la sua amica.
*
Angolo
autrice:
Salve
mie care c: Vi
piace il nuovo banner? Ogni tanto ne avremo uno nuovo! Insomma, man
mano che si va avanti con la storia! Inutile
dirvi che spero che vi piaccia, vero? In questi capitoli potremo vedere
l'evoluzione della storia. Entrambi sono abbastanza "timidi", ecco,
dunque ci vanno piano, molto piano XD Bene,
vi ringrazio ancora per la vostra accoglienza :) siete tutte
carinissime! soprattutto le mie commentatrici *--* Alla
prossima!
Micaela e Tommaso continuarono a
scambiarsi e-mail, che diventarono sempre più lunghe e ricche di particolari e domande,
per circa tre settimane.
Scoprirono di avere molte cose in
comune, come la passione per l’Espressionismo e per il cinema d’essai, meglio
noto come il cinema d’autore, di amare anche gli stessi registri, ovvero Woody
Allen e FerzanOzpetek, e
di non avere “particolare” interesse per lo sport.
Entrambi nutrivano lo stesso desiderio
di visitare il Marocco e si promisero che sarebbero andati insieme un giorno.
Tommaso le raccontò della sua passione
per le stelle, che non aveva smesso di coltivare nonostante il suo interesse
per la Meccanica quantistica, mentre Micaela di quella per la pittura d’olio
che, a causa dell’università e del lavoro, aveva un po’ trascurato.
Si raccontarono anche dei rispettivi
coinquilini, scoprendo che avevano diverse cose in comune anche loro, come la
tendenza a non ripulire mai il bagno dopo averlo usato e a comprare quantità
smisurate di cibo che non consumavano; sia Tommaso che Micaela sorvolarono su
alcuni dettagli, come il fatto che Daniele gli organizzava appuntamenti al buio
almeno una volta alla settimana, mentre Micaela evitò di raccontargli che
dormiva in un letto matrimoniale assieme a Giacomo.
E a questo punto, essendo ormai
appurato che intrattenevano una fitta corrispondenza, ma soprattutto che era
nata una bella amicizia, Tommaso pensò che avrebbero potuto scambiarsi i numeri
di telefono ed era proprio quella la proposta che Micaela stava leggendo con la
bocca spalancata davanti al PC quando Giacomo entrò nella loro stanza.
“Ma ti sei trovata un pen friend?” domandò l’aspirante filosofo con il suo
perfetto accento inglese, infatti, Giacomo, nonostante all’università non
combinasse gran che, conosceva molto bene, oltre all’inglese, anche lo spagnolo
e il francese, grazie ai suoi frequenti viaggi, finanziati anche questi dai
suoi genitori.
Micaela si voltò verso di lui e si
mordicchiò le labbra, era molto indecisa se raccontargli la storia o meno, ma ormai
l’aveva scoperta, quindi tanto valeva riferirgli tutto.
“Oddio! Fa molto ‘Serendipity’
questa storia!” esclamò alludendo ad un film che avevano visto di recente in
cui i protagonisti s’incontravano per caso in una sera, decidendo di affidarsi
al destino per un loro secondo incontro, che avvenne, ancora una volta per
caso, diversi anni più tardi. “E lui com’è?”
Micaela fece spallucce e confessò non
si erano ancora scambiati delle fotografie.
Giacomo sgranò gli occhi. “Ma non vuoi
sapere com’è? Cerchiamolo su Facebook”
La ragazza scosse la testa. “Non ce
l’ha..”
“Mmm.. hai detto che è un assistente,
magari compare in qualche foto dell’università. Cerchiamolo su Google” suggerì
a quel punto il suo coinquilino, che era davvero curioso di scoprire che
aspetto avesse il pen friend della sua migliore
amica.
S’impossessò del PC e iniziò a
digitare sulla tastiera. “Allora Tommaso Parisi, facoltà di Fisica, Università
degli Studi di Milano” rilesse mentre inseriva quelle poche informazioni sul
motore di ricerca Google Immagini.
“Dovrebbe essere lui” commentò
guardando la fotografia di un ragazzo che non poteva dimostrare più di venticinque
anni in piedi accanto ad un uomo anziano con la barba piuttosto folta, che non
era altri che il suo mentore, il professor Lavagnini,
come Micaela scoprirà più tardi.
“E’ carino, anche se sbarbato sembra
più piccolo” osservò Giacomo e si voltò verso l’amica che continuava a fissare
la fotografia con un’espressione che il ragazzo non riuscì a decifrare. “Non ti
piace? È riccio e moro come piace a te..”
Micaela scosse la testa e arrossì.
“No, in realtà mi piace” ammise e si riappropriò del portatile sistemandolo
sulle sue gambe.
“Tra due giorni compirà gli anni, ne
fa ventisette” raccontò a Giacomo che iniziò a sghignazzare.
“E tu come regalo gli farai il dono
del tuo corpo?”
La centralinista lo fulminò con lo
sguardo e gli diede una botta in testa. “Sei un cretino!”
“Non ci siamo nemmeno scambiati i
numeri, anche se io il suo ce l’ho..”
Giacomo roteò gli occhi. “E cosa
aspetti a darglielo? Sono tre settimane che vi scambiate e-mail!”
“Lo so, anche lui me l’ha chiesto
nell’ultima e-mail, ma io..”
“Tu cosa? Non sei sicura?”
Micaela posò il PC sul letto e iniziò
a cambiare avanti ed indietro come faceva quando era nervosa. “Io sono sicura
ma, se ci scambiamo i numeri, presto o tardi vorrà che ci incontriamo”
Giacomo inarcò un sopracciglio. “E
qual è il problema? Tu non lo vuoi incontrare?”
La ragazza si bloccò, boccheggiò senza
riuscire a dire una parola, facendo subito capire al suo coinquilino, che ormai
la conosceva più di chiunque altro, quale fosse il problema.
“Ho capito.. Tu hai paura di non piacergli!”
dedusse leggermente seccato, la sua insicurezza lo faceva sempre incavolare.
Micaela si umettò le labbra e annuì.
“A me piace davvero, mi piaceva prima ancora di sapere come fosse. Sinceramente
ci rimarrei davvero male se si rovinasse tutto per una cosa così banale come
l’estetica”
Giacomo fece un sospiro rumoroso.
“Premesso che l’estetica non è affatto una cosa banale, anzi direi che è
piuttosto importante. Ma a parte questa considerazione su cui, credo non
troveremo mai un accordo, sono sicuro che gli piacerai”
La centralinista increspò le labbra e
si sedette accanto a lui. “Come fai a dirlo?”
“Perché tu sei molto bella e, a mio
avviso, quello è già cotto quindi ti troverebbe bellissima in ogni caso” la
incoraggiò posandole un braccio attorno alle spalle.
Micaela sorrise e si portò una ciocca
di capelli dietro l’orecchio. “Grazie” mormorò.
“Figurati, comunque io ora devo
scappare. Ho un esame” la informò prendendo la sua borsa a tracolla.
“Storia?” chiese Micaela facendo un
sorriso malizioso.
Giacomo annuì. “Questa volta me lo
porto a casa, vedrai” affermò con una sicurezza, che mai prima d’ora aveva
mostrato, e uscì di casa.
*
Due giorni più tardi, Tommaso era
sdraiato su una delle panchine della facoltà di Fisica a godersi un po’ di
sole, piuttosto raro a Milano, dopo aver finito il suo pranzo al sacco.
Non doveva tenere nessuna lezione quel
pomeriggio, quindi sarebbe rimasto in facoltà a correggere la pila di prove in
itinere dei suoi studenti del corso di Meccanica.
Compito che doveva essere del Lavagnini, ma che l’anziano professore aveva affidato al
giovane assistente affinché facesse pratica. “L’anno prossimo ti toccherà
farlo, quindi perché non cominciare già da quest’anno?” gli aveva detto con
molta nonchalance posando una pila altissima di fogli sulla scrivania di Parisi
per poi tornarsene nel suo ufficio a godersi il suo adorato Mozart in santa
pace.
Normalmente Tommaso non avrebbe avuto
nulla da replicare, tuttavia riconobbe di non essere particolarmente esaltato
dalla prospettiva di dover passare il proprio compleanno a correggere compiti
d’esame.
Stava organizzando mentalmente il
resto della sua giornata quando il suo retrodatato cellulare squillò.
Non riconobbe il numero che comparve
sul display e fu tentato di non rispondere, ma poteva essere qualcosa di
urgente e perciò decise di farlo.
“Pronto?”
“Buon compleanno, signor Parisi!”
risuonò cristallina la voce di Micaela nel suo orecchio.
Per un attimo, al giovane fisico
sembrò di avere un mancamento. Era davvero lei? Lo aveva davvero chiamato?
“Tommaso, ci sei?” domandò la
scrittrice chiedendosi se per caso non avesse sbagliato numero. “Sono io,
Micaela”
Parisi sbatté le ciglia nel tentativo
di costringersi a reagire e annuì. “Sì, lo so. Ho riconosciuto la tua voce, te
l’ho detto, la riconoscerei ovunque”
La ragazza dall’altro capo della linea
arrossì leggermente. “Buon compleanno”
Non riusciva a crederci di stare al
telefono con lei, era così piacevole sentire la sua voce. “Grazie”
“Cosa farai oggi di bello?” domandò in
seguito.
Tommaso fece spallucce. “Nulla, io non
festeggio mai il compleanno..”
“Ma come? Perché non lo festeggi? Ma
nemmeno da piccolo?”
L’assistente rimase un attimo in
silenzio, come avrebbe potuto mai festeggiare il suo compleanno quando questo
coincideva con l’anniversario di morte di sua mamma? Ovviamente Micaela non
poteva saperlo e, in questo momento Tommaso preferiva non raccontarglielo,
perciò s’inventò una scusa.
“No, nemmeno da piccolo. In famiglia
non festeggiamo i compleanni, è una nostra abitudine”
Micaela sbarrò gli occhi. “Abitudine
un po’ scema. Festeggiare il proprio compleanno è fantastico. Se fossi lì, lo
festeggeremmo” disse senza pensarci.
Le guance di Parisi avvamparono e ancora
una volta non riuscì a dire nemmeno una parola, per sua fortuna, ci pensò di
nuovo Micaela a parlare. “Quindi questa sera che farai? Ti concederai una delle
tue playlist –sapeva delle mille playlist
che Tommaso aveva creato su Youtube- e poi andrai a
nanna?”
“Magari! Passerò tutta la serata a
correggere i compiti di Meccanica. Abbiamo permesso agli studenti di sostenere
una parte dell’esame durante il corso e il Lavagnini
ha deciso che dovrò correggerli tutti da solo” si lamentò sbuffando. “Beh, mi
ci dovrò abituare visto che l’anno prossimo il corso sarà tutto mio” aggiunse.
Micaela rimase piacevolmente sorpresa,
non si sentiva molto spesso che un ragazzo a soli ventisette anni diventasse
professore universitario. “Davvero? L’anno prossimo sarai il prof Parisi?
Quando lo hai saputo?”
“Un po’ di tempo fa, più precisamente
il giorno della nostra prima telefonata, infatti, per questo avevo chiamato,
volevo dare a mia zia la notizia e il cellulare non prendeva” le raccontò
ricordando l’episodio.
Micaela rise. “Allora credo di averti un
po’ rovinato la giornata con le mie risposte maleducate!”
“Niente affatto” la rassicurò Tommaso,
in fin dei conti, quel giorno aveva conosciuto lei e poco importava se era
stata un po’ maleducata.
“Ma come mai non me l’hai raccontato
prima?”
“Non volevo risultarti uno spocchioso”
“Ma va! Non mi saresti risultato uno
spocchioso, anzi. Quindi starai a casa a correggere questi esami?”
“Sì, un bel regalo, quello del Lavagnini, no?” ironizzò storcendo il naso.
La scrittrice ridacchiò. “Bellissimo”
“Tu invece che farai?” le domandò
Tommaso rialzandosi dalla panchina, gli era venuto mal di schiena.
“Bah, nulla di che. Credo che passerò
la serata a tenere compagnia ad un mio amico- fece una breve pausa in cui
Tommaso si chiese come osasse questo suddetto ‘amico’ a farsi tenere compagnia
da lei- praticamente è il suo compleanno e deve correggere un sacco di compiti,
quindi, credo che un po’ di compagnia gli farà piacere, ovviamente per
messaggio, non vorrei che si distraesse troppo”
Tommaso sorrise e per la prima volta
provò un forte desiderio di essere insieme a lei. “Insomma uno sfigato questo
tuo amico”
Micaela scosse la testa divertita. “Nah, è solo uno molto intelligente”
Avrebbe voluto aggiungere che pensava
che fosse anche piuttosto carino ma ovviamente non glielo confessò.
*
Da quella prima telefonata dalla
durata di poco più di cinque minuti, ne seguirono molte altre, anche più
lunghe, alcune addirittura sfiorarono le due ore di conversazione, così come i
messaggi diventarono pane quotidiano per i due.
Ogni mattina Tommaso inviava il “buongiorno”
a Micaela che, invece, era solita inviargli la “buonanotte”, anche quando
usciva con Giacomo e rientrava alle tre di notte.
Sentirsi divenne ben presto una
consolidata abitudine, come se si frequentassero da sempre, nonostante in
realtà si conoscessero a malapena da poco più di un mese.
Non passava un giorno senza una
telefonata e ben presto divenne palese agli occhi dei loro amici e conoscenti
che avessero conosciuto qualcuno di speciale.
Fu soprattutto lampante agli occhi di
Daniele che il suo caro amico Parri si fosse trovato
la “ragazzetta” e, poiché lui non amava essere escluso dalla vita dai suoi
amici, quella domenica mattina si alzò con l’unico obiettivo d’indagare su
quella segreta vicenda.
“Sputa il rospo. Chi è? È qualcuna di
quelle che ti ho presentato? Magari Cristina..” lo incalzò dopo averlo visto
mandare l’ennesimo “buongiorno” alla scrittrice, aggiungendo che Cristina fosse
una bomba sexy.
Tommaso arrossì, se n’era accorto.
“Non è Cristina”
“Non ti piace quindi? Perché a me non
dispiace affatto” gli domandò pensando a quanto si sarebbe divertito con lei.
“E’ tutta tua” rispose Tommaso
muovendo una mano come per dirgli di procedere pure.
Daniele continuò a pensare a chi
potesse essere. “È l’insegnante di yoga? Non ricordo il nome.. se è lei, hai
fatto un’ottima scelta”
“Si chiama Roberta. E perché avrei
scelto un’ottima scelta?” chiese il fisico inarcando un sopracciglio.
Sul viso di Daniele si disegnò un
sorriso malizioso. “È molto elastica, sai, ci si potrebbero fare tante cosette
con lei”
Tommaso fece smorfia di disgusto. “Ambrosi,
fai davvero schifo”
“Oh scusa, se ho urtato la tua sensibilità da
ragazzo casto e puro” replicò Daniele
roteando gli occhi platealmente.
“Allora mi vuoi dire chi è, sì o no?”
Tommaso boccheggiò, non aveva via di
scampo, doveva raccontare tutto al suo coinquilino. “Promettimi che non riderai..”
Il giovane banchiere annuì e si portò
una mano sul cuore a mo’ di giuramento promettendo che non avrebbe riso.
“Deduco che non sia una di quelle che ti ho presentato”
Tommaso scosse la testa. “L’ha
conosciuta per vie traverse..”
“Non ti sarai mica iscritto ad uno quei siti
per cuori solitari, vero?” domandò il suo coinquilino aggrottando la fronte.
Ancora una volta Tommaso scosse la
testa. “Lei è una centralinista ed io..” non fece in tempo a finire la frase
che Daniele lo interruppe con un ghigno divertito stampato sul viso, era sul
punto di scoppiare a ridere.
“Non dirmelo, ti prego! Non dirmi che
hai chiesto il numero ad una centralinista!” affermò scoppiando in una sonora
risata, non era proprio riuscito a trattenersi.
Tommaso si adombrò, sapeva che Ambrosi
non sarebbe riuscito a prendere sul serio la faccenda.
“E lei te l’ha dato?” domandò quando
riuscì a riprendersi.
“No, per tre settimane ci siamo sentite
per e-mail” raccontò ripensando alle e-mail che erano soliti scambiarsi, un po’
gli mancavano.
“Ah, ecco! A chi scrivevi tanto
spesso..” dedusse il coinquilino che cominciava a collocare i tasselli mancanti
nel puzzle.
“Il 23 aprile, il giorno del mio
compleanno, mi ha chiamato per la prima volta e da allora ci siamo sentiti
sempre per telefono” raccontò al coinquilino che lo ascoltava attentamente. “Si
chiama Micaela, originaria di Sorrento, ora abita a Bologna, dove ha
frequentato l’università. È laureata in Lettere Moderne e ha circa ventisei
anni, li farà ad agosto”
“Micaela? Un nome singolare” osservò
l’amico.
“In realtà, è una variante del comune
Michela, ed è molto diffuso nei Paesi di lingua Spagnola, infatti, è stato suo
padre a sceglierlo, è Argentino”
Daniele si mordicchiò le labbra.
“Mmm.. immagino la gioia del signor Parisi quando scoprirà che suo figlio sta
con una di giù e che è anche figlia di un extracomunitario”
Tommaso si rabbuiò e sospirò, anche
lui aveva già immaginato la “gioia” di suo padre. “Sai che a me non interessa
affatto di dov’è, è una persona fantastica” ribadì in difesa di Micaela quasi
la stesse proteggendo dal giovane banchiere.
“Nemmeno a me, figurati. Io non li ho
mai capiti i discorsi razzisti di tuo padre” commentò leggermente schifato.
“I suoi non stanno nemmeno insieme,
anzi non sono mai stati insieme. Hanno avuto una specie di avventura e sua
madre è rimasta incinta” raccontò a Daniele che spalancò la bocca.
I due si scambiarono un’occhiata
divertita. “Questo tuo padre non potrebbe mai tollerarlo”
Tommaso si strinse le spalle,
francamente dell’opinione del padre non gli importava affatto, o almeno non per
quantoriguardava Micaela.
“E lei com’è?” domandò a quel punto
Daniele intanto che mangiucchiava una fetta biscottata con la marmellata.
“Non lo so, non l’ho mai vista”
confessò abbassando la testa.
Il suo coinquilino sgranò gli occhi e
abbandonò la sua fetta biscottata. “Ma come? Non sei curioso di sapere com’è?”
“Sì, ovvio, ma mi sembra brutto
chiederle di scambiarci una foto, potrebbe pensare che sono uno che pensa solo all’estetica”
spiegò alzandosi in piedi.
“Dopo più di un mese, sei solo uno che
vuole dare un volto alla donna con cui si sta praticamente frequentando”
obiettò Daniele. “Ce l’ha Facebook?”
Tommaso annuì ed il coinquilino, senza
nemmeno aspettare il suo consenso, afferrò il suo tecnologico i-Phone e entrò nell’applicazione. “Come si chiama?
Micaela?”
“De Blasio”
rispose sistemandosi dietro di lui per vedere meglio.
“Mmm.. dovrebbe essere lei. Città
natale Sorrento, città attuale Bologna” lesse le due scarse informazioni che
non erano bloccate; così come bloccate erano anche le fotografie del profilo,
cosa che fece irritare Daniele.
“Uff..
vediamo, se ha qualche immagine di copertina diversa da un cielo stellato”
affermò lievemente seccato, lui non capiva proprio la privacy nei social
network.
“Il meglio che abbiamo è questo”
commentò indicando una fotografia dove erano ritratte tre ragazze, una era
bionda e le altre due more invece.
“Sai di che colore sono i capelli
almeno?” domandò a Tommaso alzando lo sguardo verso di lui che scosse la testa.
“Non ne ho idea. Secondo me è scura,
insomma il padre è Argentino” suppose il giovane assistente.
“Ma che c’entra? Pare che in Sudamerica
non ci siano le bionde! Comunque se è mora, ti è andata bene in entrambi i
casi” commentò guardando le due ragazze che giudicò molto carine.
“Anche se io preferisco questa qui
–indicò la ragazza al centro- è alta, a me non piacciono le basse”
Tommaso sorrise, a lui non importava
se fosse alta o meno, anche se preferiva le ragazze bassine.
“Per me sarebbe perfetta in ogni caso” ammise senza riuscire a scattare gli
occhi dalla fotografia.
“Secondo me vi dovete dare una mossa. Se proprio non vi
volete ancora incontrare, magari sentitevi su Skype”
suggerì.
“Tu dici? Dovrei proporglielo?”
domandò con tono serio, i consigli di Daniele erano sempre validi.
L’amico annuì. “Stammi a sentire, Parri. Usate Skype - fece un
sorriso vedendo l’espressione disgustata di Tommaso che odiava quelle
‘diavolerie tecnologiche’- e iniziate a parlarvi così, verrà più facile
eventualmente incontrarsi se saprete chi avrete di fronte”
“Ma io nemmeno ce l’ho Skype!” protestò il fisico incrociando le braccia.
Daniele sbuffò. “Ti apri un account,
Parisi”
“Ora scusami, ma mi devo fare una
doccia. A dopo!” lo informò e si rinchiuse in bagno lasciando Tommaso a
riflettere su quella possibilità.
*
Angolo autrice:
Salve,
mie carissime lettrici! Como estan? Todo bien?
Sì, vi sto parlando in spanish, perché forse me
ne vado lì in Erasmus!:)
Comunque un piccolo progresso nella storia fra i nostri due beniamini!
Ora si telefonano e forse si parleranno anche con Skype! Chi lo sa c:
Spero di incuriosirvi sempre di più e al prossimo
aggiornamento che non sarà prima di lunedì
purtroppo! Giovedì parto, vado a trovare dei miei amici a
Pisa e il PC rimarrà qui, a Roma!
Bene, non vi scoccio più! Grazie mille a tutti voi per il
vostro affetto <3
Qualche giorno più tardi, spinto da
una morbosa curiosità di conoscere il suo aspetto e ormai convinto che
l’economista avesse più che ragione, Tommaso propose alla nostra scrittrice di
sentirsi qualche volta su Skype.
“Sai, io stavo pensando che.. magari, se
tu vuoi.. potremmo sentirci su..” balbettò piuttosto nervoso. “Dicevo che ci
potremmo sentire con quel programma.. come si chiama..”
Micaela incurvò un sopracciglio, aveva
afferrato subito, voleva che si sentissero su Skype.
Se lo aspettava, prima o poi avrebbe voluto scoprire come fosse fisicamente, credeva
che le avrebbe chiesto una fotografia, e lei aveva anche scelto la sua più
bella, ma Skype cambiava decisamente tutto. “Intendi
su Skype?”
“Sì.. Skype!
Non mi veniva.. a te va?”
Micaela si mordicchiò le labbra ed
esitò per qualche secondo. “Sì, va bene”
“Dimmi il tuo nome che ti aggiungo”
gli chiese di seguito visto che era davanti al pc.
Tommaso sbarrò gli occhi, lui ancora
nemmeno aveva aperto un account. “Non mi ricordo il nome.. ti aggiungo io”
“Ok.. è mica88” gli riferì con tono dubbioso, non le piaceva
per nulla questa proposta.
“Va bene, allora ci sentiamo più
tardi, su Skype anche..” buttò lì la proposta con
leggero timore e imbarazzo, come avrebbe fatto un bambino che temeva di
ricevere un rifiuto dalla mamma.
“Certo..” farfugliò la scrittrice, se
proprio dovevano iniziare a sentirsi su Skype, tanto
valeva che lo facessero quel giorno stesso.
“Allora a dopo!” trillò Tommaso
ritornato di buon umore.
“A dopo, Tommy..” lo salutò con una
leggera punta di tristezza che al giovane fisico, entusiasta dell’idea quale
era, sfuggì.
*
Parisi era appena uscito dal suo
sgabuzzino, improvvisamente in quel ristretto spazio gli sembrò che mancasse
l’aria. Aveva finito di scrivere la relazione che avrebbe accompagnato il suo
progetto di ricerca e aveva deciso di concedersi una meritata pausa.
Si ricordò che doveva anche occuparsi
della faccenda dell’apertura dell’account, ritornò nel suo ‘ufficio’ e recuperò
il suo portatile.
Uscì nel cortile della facoltà e si
sedette su una delle panchine con il pc sulle gambe,
aspettò che venisse rilevato il segnale della rete wi-fi
dell’ateneo e vi si collegò.
Aspettò che la pagina di Google si
caricasse e cercò il download di Skype, che impiegò
buoni venti minuti per scaricarsi ed infine iniziò la procedura per aprirsi
l’account, che si rivelò più ardua del previsto.
“Cosa diavolo sbaglio?” urlò al
programma che segnalava l’ennesimo errore; aveva cambiato la password, il
nickname, controllato di aver inserito correttamente il suo indirizzo e-mail,
inserito il codice di sicurezza, ma ancora niente.
Sbuffò e fu tentato di abbandonare
l’impresa, non ne era capace e la tecnologia gli si rivoltava contro. Forse
intuiva l’astio che provava nei suoi confronti.
“Professor Parisi, tutto bene?” domandò
una delle sue studentesse che lo scrutava corrugando la fronte e con la testa
leggermente inclinata verso destra.
“Non riesco a crearmi un account Skype!” confessò sospirando rumorosamente e suscitando una leggera
risata alla studentessa, che fu discreta e rise sotto i baffi.
“Se permette, glielo faccio io” si
propose la ragazza.
“Davvero? Oh, sì! Ti prego! Io non
sono in grado..”
La ragazza si sedette accanto a lui e
prese in mano il portatile, dopo aver chiesto il permesso. “La sua fidanzata è
all’estero?” si trovò a chiedere senza imbarazzarsi, dopotutto Tommaso era più
grande di loro di appena cinque anni ed istaurare un rapporto formale con
l’assistente, che spesso si rivelava più sprovveduto di loro, fu impossibile.
Infatti, dopo il disastroso inizio del
rapporto con Parisi -classificato dai suoi studenti come il più barboso
dell’ateneo- nacque una bella amicizia, alimentata dai ricevimenti allargati
che Tommaso era solito tenere, in cui abbandonava le vesti del sostituto del serioso
professor Lavagnini e rimaneva semplicemente Tommaso,
il giovane assistente che divertiva la platea con qualche battuta che solo un
altro fisico avrebbe potuto capire.
Tommaso aprì la bocca e la richiuse
subito. “Non è la mia fidanzata, ma tu che ne sai?”
La studentessa scoppiò a ridere. “Beh,
all’inizio del corso, il cellulare lo teneva sempre spento e in borsa, dopo un
po’, ha iniziato a darci un’occhiata durante le pause tra una lezione di
meccanica e l’altra e poi spesso lo abbiamo visto parlare in giro per i
corridoi” spiegò la ragazza. “Da questi dati, si può facilmente evincere che lei
abbia una fidanzata” concluse come se stesse analizzando un problema.
Tommaso fece una smorfia. “Caspita, la
logica analitica è piuttosto radicata in voi.. comunque non è la mia fidanzata”
La studentessa annuì poco convinta.
“Inserisco l’e-mail che ci ha dato?”
Il fisico annuì. “Non darmi del lei,
insomma, mi stai creando l’account Skype e abbiamo
appena discusso delle mie relazioni sentimentali” le disse sorridendo.
Anche la ragazza sorrise. “Va
benissimo, prof. Comunque che nickname ha.. scusa.. che nickname hai scelto?”
domandò in seguito.
“Tommaso Parisi, non va bene?” chiese
facendo spallucce.
La studentessa scosse la testa. “E’
troppo serio! Uno un po’ più informale?”
“Mmm.. Parri!”
esclamò usando il soprannome che gli aveva affibbiato Daniele durante il primo anno
di liceo.
“Perfetto! Il tuo account Skype è stato creato” lo informò dopo aver verificato che
il profilo skype si fosse attivato.
Il fisico la ringraziò e la studentessa
gli restituì il PC, dopodiché fece per andarsene quando Tommaso la chiamò di
nuovo. “Scusa, non è che mi aggiungeresti..ehm..” le chiese imbarazzato.
La ragazza annuì divertita. “Come si
chiama?”
“Mica88”
La studentessa digitò il nickname di
Micaela e l’aggiunse. “Ecco, è fra i contatti. Questo mi frutterà qualche punto
all’esame?” domandò facendo un sorrisetto malizioso.
Tommaso rise. “Non credo che sia
corretto nei confronti degli altri”
“Peccato.. ” rispose sorridente la studentessa
facendo spallucce e si alzò dalla panchina dopo averlo salutato.
“Prof?” lo richiamò prima di
andarsene.
Tommaso alzò lo sguardo dallo schermo.
“Dimmi”
“È carina la tua amica” affermò
calcando particolarmente sulla parola ‘amica’ e rendendo consapevole Tommaso
della foto profilo di Micaela.
Il fisico sorrise a trentadue denti
nel vedere la fotografia; aveva ragione, era mora e anche un po’ bassina, esattamente come piaceva a lui.
*
Micaela era a casa di Federica, la sua
collega di lavoro, che l’aveva invitata per un caffè, sostenendo di dover parlarle
di Fiorini.
“È una cosa seria, potresti venire?”
le aveva detto al telefono, dal tono di voce preoccupato, la scrittrice intuì
che doveva trattarsi davvero di qualcosa d’importante e si recò immediatamente
a casa sua.
“Allora Fede, che è successo?” le
domandò intanto che la padrona di casa versava il caffè nelle tazzine.
Federica deglutì e si umettò le
labbra. “Sono incinta”
A Micaela per poco non cadde la
tazzina dalla mano, l’appoggiò sul tavolo e allungò una mano verso Federica che
aveva gli occhi lucidi. “Quando lo hai saputo?”
“Ieri mattina. Avevo un ritardo di più
di mese, mi sono insospettita e ho fatto il test” raccontò e si abbandonò ad un
lungo sospiro.
“Lo hai detto a Fiorini?” chiese seria
Micaela.
La giovane scosse la testa. “Ancora
no. Glielo dirò domani, anche se dubito che servirà a qualcosa”
“Vuoi dire che credi che non lo
riconoscerà?” esitò la ragazza a chiedere.
“Potrebbe non farlo. Se lo facesse il
suo fidanzamento con Giada rischierebbe di rompersi in maniera definitiva”
Micaela spalancò gli occhi.
“Fidanzamento? Si sposa?”
L’amica annuì. “Io non sono così
stupida da credere che lui avrebbe davvero lasciato la sua fidanzata -fece una
pausa e si corresse- promessa sposa, lo sapevo bene fin dall’inizio.
Io non sono altro che una precaria con
un misero diploma di ragioniera e una famiglia non esattamente benestante, il
contrario di Giada” spiegò la giovane senza riuscire a guardare negli occhi
Micaela.
“Ho sempre saputo che non avrei mai
ottenuto molto di più di questo e personalmente non avevo problemi. Ora tutto è
cambiato, non sono più da sola e devo pensare al futuro del bambino”
Micaela annuì, si stava comportando da
persona matura, proprio come si aspettava che facesse. “Devi costringerlo a
riconoscerlo” ribadì con foga, doveva assumersi i suoi doveri di genitore
quello stronzo di Fiorini.
Federica alzò lo sguardo verso la
scrittrice e si schiarì la gola. “Miche, a che servirebbe? Accetterebbe magari
di mantenerlo e poi? Pensi che verrà mai a giocarci? Pensi che sarà mai un
padre?”
Si alzò dalla sedia e si appoggiò al
lavello della cucina. “Io non voglio i suoi soldi, io voglio un compagno e un
padre per mio figlio. Cose che lui non vorrà essere e a me quello che può
offrirmi non m’interessa affatto”
Micaela si alzò a sua volta e
l’abbracciò. “Ti daremo una mano noi, te lo prometto. Vedrai che andrà tutto
bene” tentò di rassicurarla, anche se sapeva perfettamente che non sarebbe
stato affatto facile.
Due lacrime rigarono il volto di
Federica che improvvisamente sentì cadere sulle sue fragili spalle il peso
enorme dello sbaglio che aveva commesso.
“Lo spero tanto anche io” sussurrò stringendo
più forte la sua migliore amica.
*
Tommaso era sdraiato sul letto intento
a leggere il libro che Micaela gli aveva consigliato, aveva lasciato il
computer acceso e collegato alla rete, inconsapevole che Skype
si avviasse da solo.
Era completamente immerso nella lettura
di “Paula” quando uno strano rumore attirò la sua attenzione.
“Cos’è questa musica?” si domandò
alzando lo sguardo dal libro e notando una schermata del suo PC segnalante
qualcosa che non riuscì a capire.
Si tolse gli occhiali da lettura e si
avvicinò alla scrivania dove era posato il portatile e, non appena fu
abbastanza vicino, si accorse che si trattava di una chiamata di Micaela su Skype.
Deglutì rumorosamente e rispose alla
chiamata con una certa esitazione dopo essersi seduto sulla sedia girevole.
Il collegamento si aprì e il fisico
rimase impalato davanti allo schermo, incapace di parlare o di emettere un
suono di qualsiasi tipo. Era bellissima, semplicemente bellissima.
“Tommy, ti ho disturbato?” riecheggiò la voce
di Micaela dall’altra parte dello schermo. “Tommy ci sei?”
La domanda di Micaela lo riportò alla
realtà. “No no, non mi hai disturbato, ero semplicemente di là” mentì, non
poteva mica confessarle che non aveva riconosciuto la suoneria di Skype.
“Ah, ok! Comunque io non ti vedo..” lo
informò.
Il fisico maledisse con tutto sé
stesso la tecnologia che non funzionava mai quando doveva. “Come mai? La webcam
è accesa..”
Micaela si strinse le spalle. “Non
so.. prova a vedere la configurazione video”
C’era qualcosa di strano nella bella
voce della scrittrice, non era vivace, come al suo solito; Tommaso si fermò un
secondo, mettendo da parte la configurazione video, e scrutò il suo volto. Era
triste.
“Mica, qualcosa non va?” le domandò
preoccupato.
Micaela si sorprese che fosse in grado
di cogliere i suoi cambiamenti di umore. “Al dire il vero, no..” gli confessò
portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Ne vuoi parlare?”
La scrittrice annuì. “Si tratta di
Federica, la mia amica..” iniziò il racconto, il fisico riprese ad armeggiare
con il programma alla ricerca delle impostazioni video intanto che ascoltava. “E’
incinta”
“Ed è una cosa brutta?” chiese un po’
confuso. Nel frattempo aveva trovato le impostazioni video e il fisico gioì in
modo pacato.
“No, ma vedi, la storia di Fede è un
po’ come quella di mia mamma, solo che lei crede che lui non si prenderà le sue
responsabilità” sintetizzò la questione Micaela. “A me dispiace moltissimo, è
un anno più grande di me, affrontare una gravidanza da sola non sarà facile”
Tommaso annuì. “Sì, non sarà affatto
facile, comunque lui è un vero stronzo”
Finì di pronunciare la frase e notò
Micaela sorridere e salutarlo con un gesto della mano. “Ciao! Ora ti vedo”
“Ciao..” la salutò un po’ imbarazzato.
“Quindi questo sei tu! Pensavo peggio!
Mi è andata bene..” scherzò la ragazza che, in realtà, lo trovava davvero
bellissimo, le fotografie non gli rendevano giustizia.
“Sei cattiva! Comunque sì, questo sono
io.. e questa è la mia camera” le disse indicando con un dito alle sue spalle.
“Fammela vedere”
“Ok, ti faccio fare un giretto
turistico allora”
Si alzò con il portatile in mano e le
mostrò la stanza intanto che la descriveva. “Questa è la libreria, come puoi
notare, è piena di noiosi libri di fisica”
Micaela rise. “C’è anche qualche cd!” osservò
indicando con un dito.
“Sì, prima di scoprire Youtube, li compravo!” confessò il fisico ridendo. “Uno è
un CD di Marlene Kuntz,
l’altro un GreatestHits
dei Queen”
La ragazza increspò le labbra. “Bleah per i Marlene, ottimo per i Queen”
“Dai, i Marlene sono bravi, comunque
fa nulla.. Allora, questo è il letto con la trapunta che si tramanda da
generazioni in famiglia! L’ha cucita mia nonna materna, l’ha usata sia mia
mamma che sua sorella gemella” raccontò mostrando una trapunta a quadretti
rossi e verdi. “Ovviamente, l’hanno usata in tempi diversi”
“Tua mamma ha una sorella gemella? Ah,
comunque bella trapunta!” s’incuriosì Micaela, non le parlava mai molto della
signora Parisi.
Tommaso si rabbuiò, non gli aveva
ancora raccontato della morte di sua madre; si sedette sul letto e posò il
portatile sulle sue gambe. “Mica, c’è una cosa su mia mamma che non ti ho
detto” esordì titubante.
L’espressione di Micaela si fece
seria. “Cosa?”
Il giovane assistente fece un sospiro.
“Mia mamma è morta dandomi alla luce” disse d’un fiato, gli era molto difficile
parlarne.
La ragazza si mordicchiò le labbra,
ora capiva perché le parlava sempre poco di sua madre, non l’aveva mai
conosciuta, e perché non festeggiasse il suo compleanno. “Oh.. mi dispiace
molto, Tommy”
Tommaso abbozzò un sorriso e cambiò
argomento. “Sto leggendo Paula, hai ragione, è davvero bellissimo”.
“Visto? Io do ottimi consigli.. Non mi
hai fatto finire di vedere la camera comunque”
“Sì, giusto. Poi tocca a te però”
affermò e si alzò di nuovo dal letto.
“Va benissimo. Porti gli occhiali! Lo
sapevo!” esclamò dopo averli notati sul letto.
Tommaso aggrottò la fronte. “Perché lo
sapevi?”
“Perché sei un secchione e tutti i
secchioni portano gli occhiali” gli disse ridendo.
“Non sono un secchione!” si difese il
fisico. “Comunque questa è la mia scrivania e, come puoi notare, ecco il nostro
quadro preferito “Scena di strada berlinese” di Kirchner”
.
Indicò la riproduzione appesa alla parete
bianca, come quelle del resto della stanza che la scrittrice trovò un po’
impersonale, e Micaela fece un gesto di approvazione con il capo.
“Ichliebees”
Lui si mosse verso la finestra e
l’aprì facendo entrare un leggero vento di metà maggio che gonfiò debolmente le
tende. “Parli il tedesco? Questa è la vista dalla camera”
“No, solo qualche frase. Hai la vista
su un parco? Bellissimo! Comunque sei un secchione”
“Basta con questa storia che sono un
secchione!” si lamentò divertito. “Comunque.. sì, è una vista davvero carina
considerando che abito a Milano. Comunque adesso tocca a te!” le ricordò e
riportò il PC sulla scrivania risedendosi sulla sedia.
“Allora.. alle mie spalle, come puoi
notare, c’è la libreria piena di noiosi libri di letteratura” esordì ripetendo
le parole di Tommaso e alzò meglio il computer perché Tommaso vedesse il
contenuto della libreria.
Il fisico notò un mobile piuttosto
strano in legno a forma di totem indiano e s’incuriosì. “Cos’è quel coso
accanto?”
“Oh! È un porta-cd di Giacomo, l’ha
recuperato in uno dei suoi viaggi” spiegò con noncuranza.
“Perché sta in camera tua?”
Micaela si passò una mano fra i
capelli, indecisa se raccontargli la verità o meno, optando in conclusione per
una bugia. “Nella sua non c’è spazio”
“Comunque, accanto alla libreria, c’è
il mio personale “angolo dei ricordi”, mi riferisco alla bacheca dove ho appeso
cartoline, fotografie, lettere, biglietti del cinema o teatro, anche scontrini,
sai cose così..” raccontò al fisico che l’ascoltava. “Io conservo tutto”
Tommaso rise e le chiese di fargli
vedere una delle fotografie più da vicino visto che, a causa delle pessima
qualità video, non riusciva a distinguere nulla, figuriamoci le figure.
Micaela si alzò e andò verso la
bacheca, dando le spalle al giovane, che poté ammirare meglio la sua figura che
Tommaso reputò piuttosto minuta e aggraziata. Notò anche che portava i capelli
molto lunghi, infatti, arrivano a metà
schiena formando boccoli larghi alle punte.
Intanto Micaela, dopo qualche secondo
di riflessione, pescò una delle fotografie, che la ritraeva durante la sua
vacanza a Londra di due anni fa, e ritornò al PC.
Mostrò la fotografia, avendo cura che
non risultasse sfocata, e domandò all’amico se riconosceva il posto dov’era
stata scattata la fotografia. “Allora questa sono io.. vediamo se indovini..”
“Al St James Park?” rispose
prontamente il fisico che era stato nella capitale inglese diverse volte e
riconobbe uno dei tanti ponticelli del rinomato parco inglese.
“Esatto! Hai visto quanto sono bella
con il mio cappello con il ponpon?”
scherzò scoppiando a ridere.
Tommaso pensò che era bellissima
qualsiasi cosa indossasse e ci tenne a sottolinearlo. “Sei bellissima ed è un
bellissimo cappello anche”
Micaela arrossì leggermente. “Grazie..
anche da parte del cappello”
Il ragazzo sorrise e la invitò a
proseguire con la descrizione della camera.
“Continuiamo la nostra
perlustrazione.. il letto con i mille cuscini e qualche peluche”
Mostrò a Tommaso due diversi
orsacchiotti di pezza leggermente sgualciti e scuciti che aveva con sé fin
dall’infanzia. “Ecco, i quaderni che racchiudono le mie storie” aggiunse indicando
alcuni quaderni sparpagliati sul letto.
“Certo che ti tratti bene! Un letto
matrimoniale addirittura” commentò Tommaso alla vista del lettone, anche questo
piuttosto messo male, dove dormivano i due coinquilini.
“Voglio stare comoda e poi non si sa
mai, dovesse venire qualche ospite..” lasciò cadere la frase pronunciata con un
tono leggermente malizioso e facendo imbarazzare Tommaso le cui guance
avvamparono. Per sua fortuna, con la webcam non si poteva notare.
“Laggiù c’è l’armadio..” disse infine
senza disturbarsi di aprirlo, visto che la descrizione della camera era finita,
ritornò anche lei alla sedia della scrivania e cambiarono argomento.
Continuarono a parlare per altre due
ore, ovvero fin quando Giacomo, rientrato dal locale dove aveva passato la
serata, non entrò in camera spalancando la porta.
“Mi sono ripreso la mia rivincita!”
annunciò vittorioso muovendo i primi passi nella stanza, in quel momento si
accorse che Micaela stava facendo una videochiamata e scoppiò a ridere.
“Oh! Scusate! Non avrò mica interrotto
qualche giochino erotico, vero?” stuzzicò i due facendo il suo sorriso più
malizioso.
Micaela sgranò gli occhi diventando
rossa come peperone e facendo sghignazzare ancora di più l’aspirante filosofo
che allungava il collo per vedere meglio Tommaso.
“Esci subito!” lo rimproverò Micaela
alzando un braccio per indicargli la porta.
“Quanto sei scortese.. ora mi devo
presentare” le disse divertito. “Piacere, io sono Giacomo, il coinquilino della
centralinista maleducata”
Tommaso rise e si presentò a sua
volta. “Piacere, Giacomo. Io sono Tommaso, il cliente maltrattato”
Micaela lanciò un’occhiataccia ad
entrambi ed incrociò le braccia fingendosi arrabbiata. “Oh, vedo che vi
divertite a prendermi in giro! Prego, continuate pure”
Giacomo rise facendo un occhiolino al
fisico che rise a sua volta.
“Va bene.. dai, vi lascio alla vostra privacy”
affermò rivolgendo un sorriso a Micaela e salutò Tommaso che lo ricambiò con un
gesto della mano ed uscì dalla stanza dopo essersi raccomandato con l’amica di
sbrigarsi.
“Vai, se vuoi.. credo che sia una cosa
importante” la rassicurò Tommaso non appena l’aspirante filosofo ebbe chiuso la
porta della stanza.
Micaela rise ripensando ai criteri di
valutazione del grado d’importanza del suo amato coinquilino.
“Macché! Figurati.. comunque dai,
magari ci sentiamo domani” gli disse dopo una breve riflessione, magari Tommaso
aveva approfittato dell’interruzione di Giacomo per chiudere la conversazione.
“Perfetto! Buonanotte, Mica” la salutò
agitando in aria la mano destra.
“Buonanotte anche a te” affermò a sua
volta e chiuse il collegamento Skype.
Rimase immobile per diversi minuti ad
osservare la schermata del suo portatile finché questo non entrò in modalità
standby, rendendola consapevole del sorriso da ebete che si era allargato sul
suo volto.
Spontaneamente si portò una mano sul
viso e si toccò le piccole fossette che si erano formate sulle sue guance; era
contenta e scoppiò a ridere di gusto, come avrebbe fatto una quattordicenne
alla sua prima cotta. Possibile che una semplice videochiamata potesse avere un
simile effetto su di lei?
Non era la videochiamata in sé e per
sé: era lui.
Il modo in cui parlava, i suoi gesti,
come quel vizio di toccarsi i capelli ogni cinque secondi oppure di
mordicchiarsi il labbro inferiore, anche il suo continuo gesticolare per dare
più enfasi a ciò che raccontava.
Si rese conto di volerlo incontrare,
di desiderare di viverlo nella sua quotidianità anche solo per un giorno, e si
sorprese. Era da diverso tempo che non provava alcun interesse verso quel tipo
d’interazione.
Si sdraiò sul letto abbracciandosi ad
uno dei tanti cuscini e chiamò Giacomo a gran voce.
“Giachi! Io lo voglio incontrare..”
gli disse quando il ragazzo le fu sdraiato accanto.
“Finalmente! Ti sei convinta!” esclamò
l’altro dandole una leggera spinta.
Micaela sorrise e anche lei lo spinse
bonariamente. “Sì, ne sono più che convinta! Comunque Giachi, dimmi tutto! Che
rivincita?”
Giacomo si strinse le spalle. “Bah,
nulla di che. Ho solo baciato il suo ex, sai quello storico, davanti a lui”
Micaela aprì la bocca incredula.
“Davvero? Lui che ha fatto?”
“Niente, mi ha guardato malissimo e mi
ha detto che sono una puttanella rancorosa” rispose facendo una smorfia di
disgusto.
“Io gli ho risposto che l’unica
puttanella fra i due era lui e se n’è andato” concluse il racconto e si girò su
un fianco.
“Quindi ti piace davvero?” le domandò
piuttosto serio. Voleva che ne parlasse, lui teneva in continuazione monologhi
sul suo ex o sulle sue frequentazioni varie ed eventuali, mentre Micaela era
sempre stata molto più riservata e poco espansiva sulle sue relazioni
sentimentali, non si abbandonava mai ad esclamazioni teatrali, come soleva fare
lui, e se lo faceva, sicuramente quella persona aveva un importante significato
per lei.
Micaela annuì sorridendo e si girò
anche lei nella sua direzione. “Sì, tanto.. lo so che può sembrare stupido, io e
lui nemmeno ci conosciamo bene, ci siamo visti solo una volta e per giunta in
webcam, ma io mi sento come se mi potessi fidare di lui”
Anche Giacomo sorrise. “Diglielo, no?
Sono convinto che lui non vede l’ora, ma credo che per una questione di
rispetto aspetterà che sia tu a dirglielo” osservò il ragazzo.
La scrittrice inarcò un sopracciglio.
“Questione di rispetto?”
“Sì, Miche, insomma a me è sembrato un
bravo ragazzo e di sicuro non vuole metterti fretta, quindi gli sembrerà
irrispettoso dirti spudoratamente che ti vuole incontrare” espose la propria
teoria Giacomo piuttosto serio.
“Come sei diventato saggio! Certo che
dare Storia ti ha proprio cambiato!” lo prese in giro scoppiando a ridere e
facendo divertire anche il suo coinquilino.
Tuttavia si rese conto che aveva
ragione, sicuramente avrebbe dovuto spingere lei per un eventuale incontro e
non avrebbe avuto problemi a farlo.
D’altronde, non era più insicura,
voleva incontrarlo e glielo avrebbe proposto appena ne avrebbe avuta occasione.
*
Tommaso si spostò in salotto dove il
suo coinquilino Daniele, spaparanzato sul divano, guardava una partita di
calcio di serie B intanto che tracannava un sorso di birra.
“Com’è andato il primo appuntamento?”
lo prese in giro guardandolo con la coda dell’occhio.
Tommaso si sedette sul divano e
sospirò, ormai era abituato alle battute stupide dell’amico.
“Non me l’ha data” rispose divertito
facendo anche lui una battuta idiota e rubandogli la bottiglia di birra dalle
mani.
Daniele rise e si riprese la birra.
“Sarà una brava ragazza allora, Parri! Finalmente hai
smesso di cercare quelle facili!”
“Già! Hai visto? Tutti cresciamo prima
o poi..” continuò a prenderlo in giro ridendo a sua volta.
Daniele spense la tv, tanto della
partita non gli importava granché, al contrario della ragazzetta dell’amico.
“Seriamente com’è? Qual è delle tre?”
“Avevo ragione a pensare che fosse
mora -lanciò un’occhiata all’amico che roteò gli occhi-E’ quella bassina
comunque”
Daniele annuì arricciando le labbra. “Allora
rispetta tutti i canoni estetici! Mora, bassa, carina ma non troppo” disse.
“Bravo! Hai trovato la tua donna..”
aggiunse dandogli una pacca sulla spalla.
Tommaso lo guardò di sottecchi.
“Carina ma non troppo?” chiese quasi scandalizzato.
Come poteva anche solo pensare che la sua
Micaela fosse carina ma non troppo? In quel momento si rese conto di aver
pensato a Micaela come sua, cosa che non era affatto. Non l’aveva mai nemmeno
baciata..
“Sì, Parri!
Non è che sia tutto gran che..” sottolineò gesticolando con le mani.
Il fisico boccheggiò contrariato e
fece ridere il banchiere che lo aveva stuzzicato appositamente per vedere la
sua reazione.
“Sei cotto! Fai schifo!” l’apostrofò
scuotendo la testa.
“Come può piacerti così tanto? Nemmeno
sai come bacia, se vi trovate bene a letto – alzò una mano per bloccare la
replica di Tommaso sul nascere – Parri, il sesso è
importante! Se non ti trovi, non vai lontano..” sottolineò con serietà quasi
avesse appena rivelato una verità universale.
“Sinceramente non sono d’accordo! Le
mie precedenti ragazze mi piacevano prima ancora di averle viste nude – si
limitò alla parola ‘nuda’ senza aggiungere altro – e non è cambiato nulla dopo”
ribadì incrociando le braccia.
Daniele roteò gli occhi di nuovo.
“Ok.. ma almeno le avevi baciate!” controbatté deciso, non era ancora disposto
a demordere, doveva farlo ragionare.
“Ora mi dirai che non è importante
nemmeno il bacio?” domandò con tono presuntuoso, dall’espressione di sconfitta
di Tommaso si rese conto di aver apposto la giusta obiezione.
“No, penso che lo sia.. Ma cosa vuoi
che ti dica? Vuoi che ammetta che mi va di baciarla? Cazzo! Se mi va..” si
stava infastidendo e nemmeno lui riusciva a capire perché, forse era l’intero
quadretto ad irritarlo: Daniele che insisteva, Micaela che abitava con quel
Giacomo, che era indubbiamente un bel ragazzo e di cui non sapeva nulla, il
fatto che era lontana e vedersi non era tanto semplice come credeva all’inizio.
Iniziava a chiedersi se sarebbe mai
successo, se l’avrebbe mai incontrata, mai baciata..
Si accorse che bramava quella ragazza
e vederla tramite webcam non aveva fatto altro che incrementare quel desiderio
e se lei non avesse voluto incontrarlo, sarebbe stato alquanto dura da
sopportare per il giovane assistente.
Daniele notò lo sguardo vacuo
dell’amico leggermente rosso in viso e lo richiamò. “Tommaso, che ti prende?”
“E se lei non volesse mai incontrarmi?
Io mi sento coinvolto quasi, anzi allo stesso modo di come lo ero quando ho
frequentato Alessandra e Paola” raccontò le sue preoccupazioni all’amico che si
morse il labbro.
“Secondo me ora ti stai facendo troppe
seghe mentali, non ci pensare. Tuttavia, una cosa devo dirtela..” gli disse e dopo
essersi assicurato che Tommaso gli rivolgesse piena attenzione proseguì. “Ti
sconsiglio di dirglielo tu, potresti avere una grande delusione”
“Se vedi che passa il tempo e non
accenna a quella possibilità, a quel punto, ti sconsiglio anche di continuare a
sentirla” diede il suo parere e mando giù un sorso di birra che nel frattempo era
diventata piuttosto calda e lo disgustò.
Il fisico annuì, sapeva che aveva
ragione; anche lui la pensava esattamente come lui, doveva essere lei a parlare
di un eventuale incontro, lui non poteva fare altro che aspettare.
“Già..” farfugliò.
Dopodiché lo salutò e andò a dormire,
augurandosi che il suo cervello smettesse di elaborare possibili scenari
determinando persino la loro probabilità.
Angolo autrice:
Salve mie care! Rieccomi! Vi avevo
promesso un capitolo lunedì, spero mi perdonerete per questo breve ritardo c:
Come potete vedere, abbiamo fatto un passo avanti! La nostra
Mica lo vuole incontrare, quindi restate sintonizzate, mie carissime lettrici!
Ringrazio tutte le persone che mi hanno commentato e fatto
complimenti per la trama *--* è senz’altro una delle vittorie più grandi!
Grazie mille a tutte voi e al prossimo aggiornamento!
Daniele osservava il suo coinquilino
versarsi una tazza di caffè con la mano tremante facendo cadere più caffè sul
tavolo che nella tazzina e trattenne a stento una risata.
Per un attimo si ricordò della mattina
della laurea triennale di Parisi e convenne che nemmeno in quell’occasione lo
aveva visto in preda ad un simile nervosismo.
“Parri,
se non ti rilassi un po’, mi sa che a Bologna ci arrivi stecchito!” esclamò il
banchiere abbandonandosi ad una risata.
Sentire pronunciare il
nome della città al suo coinquilino rese Tommaso ancora più agitato che deglutì
rumorosamente causando un’altra risata a Daniele.
“Senti un po’.. ti
accompagno io alla stazione! Non vorrei che in questo stato mi svenissi in
metro” ammiccò mettendogli un braccio
attorno alle spalle.
Il fisico annuì e rimase
immobile con lo sguardo perso nel vuoto mentre Daniele si dava da fare riassettando
la cucina.
Aveva ripensato alle
parole di Micaela in continuazione nell’ultima settimana, non era parso vero al
giovane fisico che gli avesse chiesto di incontrarla.
Ricordava il leggero
imbarazzo percepibile nella voce della scrittrice quando glielo propose; si era
portata una ciocca di capelli dietro l’orecchio ed aveva esitato nel parlare,
quasi temesse in una sua risposta negativa.
Timore che ben presto capì
essere del tutto insensato quando vide il fisico sorriderle annuendo.
D’altronde, come avrebbe
mai potuto negarle un incontro quando lui stesso non desiderava altro?
Da quel momento era vissuto in uno
stato d’agitazione che lo aveva reso distratto e soprattutto ansioso. Non era
stato capace di concentrarsi su altro che non fosse quell’incontro, lo aveva
persino sognato.
Quel venerdì notte non riuscì nemmeno a
chiudere occhio, era rimasto sveglio a contemplare il soffitto verificando lo scorrere
del tempo grazie ai cambiamenti d’ombra nella sua stanza.
Alle prime luci dell’alba si avvicinò
alla finestra e affacciatosi, vide il sole sorgere su Milano.
Infine, in un orario decente in cui
non avrebbe disturbato il suo coinquilino, si era concesso una doccia per poi
prepararsi al suo incontro.
“A che ora hai il treno, Parri?” domandò Daniele dopo aver schioccato le dita
davanti al suo viso per richiamare la sua attenzione.
Il fisico sbatté le palpebre e parlò. “Alle
nove e trentasette minuti”
“Allora andiamo, non vorrei perdessi
il treno” rispose il banchiere che si mosse nell’altra stanza per recuperare le
chiavi della sua Cabriolet.
In quel momento si voltò verso Tommaso
e fece caso al suo abbigliamento. Indossava una maglietta bianca di cotone a
righe sottili color antracite e un pantalone di cotone della stessa tonalità di
grigio delle righe, entrambi acquistati nella catena di abbigliamento H&M, ai piedi portava le solite converse nere ridotte ormai
quasi un rottame.
“Certo che ti potevi vestire un po’
meglio! So che non avrai mai il mio gusto nel vestire, però..” lo rimproverò
lanciandogli un’occhiata di disappunto.
Tommaso fece spallucce, non capiva
cosa avessero di sbagliato i suoi vestiti ed infatti lo ribadì. “Mi vesto
sempre così!”
Daniele roteò gli occhi. Possibile che
non capisse mai?
“Appunto,Parri!
È un appuntamento, potevi fare uno sforzo, ma soprattutto ti potevi pettinare!”
sottolineò notando i riccioli scomposti del giovane che ormai sembravano essere
dotati di vita propria.
Tommaso si portò una mano fra i
capelli e tentò di ravvivarli ottenendo, se possibile, un risultato ancora
peggiore e l’amico ruotò gli occhi ancora una volta.
“Lascia perdere, Tommaso! Se ti vuole
incontrare, sicuramente gli piaci anche così..” lo incoraggiò ammiccando, ormai
con lui aveva perso ogni speranza, d’altra parte.
Dopodiché uscirono di casa e
raggiunsero la stazione di Milano Centrale dove il treno frecciarossa
era in partenza al dodicesimo binario.
“Parri, mi
raccomando! Non tornare a casa senza averle strappato almeno un bacio, sennò ti
giuro che ti sfratto!” lo minacciò bonariamente facendo sorridere Tommaso che
annuì.
Infine, Daniele lo guardò salire sul
treno seguendolo con lo sguardo fino al suo sedile e prima di andarsene lo
salutò mimando un bacio che causò un po’ di stupore all’anziano seduto accanto
a Parisi considerato anche il rossore che aveva provocato sulle guance del
fisico.
Per tutta la durata del viaggio,
Parisi non riuscì a stare fermo. Batteva nervosamente i piedi contro il sedile
davanti e si fece rimproverare più volte dalla donna che vi era seduta.
Trascorse un’ora d’inferno, o almeno
così la classificò, ed ad ogni fermata del treno il suo cuore saltava un
battito.
Tuttavia fu l’arrivo nella stazione di
Modena che mandò il giovane in panico totalmente. Mancava pochissimo e lui
ancora non sapeva come avrebbe reagito alla vista della scrittrice, temette
addirittura di svenire.
La permanenza del treno nella suddetta
stazione non poté risultare più lunga al fisico che contava i minuti che lo
separavano dall’arrivo nel capoluogo emiliano.
Il momento dell’incontro si
avvicinava, fra meno di un quarto d’ora l’avrebbe finalmente incontrata.
Mai come prima d’ora, quindici miseri
minuti sembrarono un’eternità al giovane Parisi che con il tempo aveva sempre
intrattenuto un amorevole rapporto.
Si domandava cosa avrebbe fatto davanti
a lei, come avrebbe dovuto salutarla.
Un abbraccio sarebbe stato
eccessivo? Un semplice bacio sulla guancia?
Era immerso nei suoi pensieri quando
una voce metallica annunciò il loro imminente arrivo nella città bolognese. Il
suo stomaco si chiuse in una morsa, sulla sua fronte scese una gocciolina di
sudore, mille palpitazioni animarono il suo cuore.
Raccolse il suo borsone e si alzò,
l’agitazione gli impediva di rimanere seduto. Si avviò verso l’uscita del treno
e iniziò a torturarsi le mani, nel frattempo il treno rallentò la sua andatura
e altre persone si accalcarono nel vagone apprestandosi ad uscire.
“Ma quanto ci mette a frenare questo
coso?” si spazientì guardando il suo vecchio orologio di polso, appartenuto a
suo nonno.
Il treno frenò bruscamente facendolo
sbilanciare in avanti e gli sportelli automatici si aprirono. Scese dal mezzo
di trasporto ed iniziò a guardarsi intorno cercando di scorgerla tra la folla
che si disperdeva sul binario sparpagliandosi in direzioni diverse e spintonandolo
di tanto in tanto.
Seguì con lo sguardo le ultime due
signore rimaste dalla corporatura piuttosto robusta salire sul treno dandosi
una spinta a vicenda e il suo occhio cadde su una giovane donna seduta su una
panchina.
Il suo cuore accelerò il battito, lo
sentì premere contro la sua cassa toracica e per qualche istante credé che
sarebbe esploso dalla felicità; la sua Micaela era a pochi centimetri di
distanza e gli sembrò quasi di sognare.
Si avvicinò a passo lento verso la
ragazza, che non si era ancora accorta della sua presenza, con l’unico scopo di
godersi quel momento il più a lungo possibile e si fermò a qualche passo da
lei.
Rapito e ammaliato rimase immobile ad
osservare il suo profilo che trovò delizioso: il naso piccolino e aggraziato,
le labbra rosse e carnose, le ciglia lunghe e folte che donavano sensualità al
suo sguardo, i boccoli dei suoi lunghi capelli castani che ricadevano morbidi
sulle esili spalle.
Micaela, avvertendo lo sguardo di
qualcuno su di sé, si voltò e sfoggiò uno splendido sorriso. Sul viso si
formarono le solite fossette che il fisico considerò adorabili e si alzò
muovendo qualche passo verso di lui con il cuore che batteva forte.
Tommaso notò subito una certa cura nel
vestire e negli abbinamenti e si sorprese, non la credeva affatto una “fashion victim”, come l’avrebbe definita Daniele.
Indossava un vestito di pizzo bianco molto
modaiolo che seguiva morbido il contorno della sua graziosa e minuta figura. Aveva
abbinato gli stivaletti in cuoio leggero ad un bauletto che portava a braccetto
dello stesso colore, mentre attorno al collo portava una collana piuttosto lunga
con un piccolo ciondolo rotondo che Tommaso scoprirà essere il famoso “richiamo
degli angeli”, regalatole da suo padre all’età di sei anni e di cui qualche
volta gli aveva parlato.
Non era molto truccata, cosa che fece
piacere al fisico che non amava particolarmente le ragazze che eccedevano nei
loro trucchi.
Una leggera folata di vento estivo
mosse i suoi capelli e l’ampia gonna svasata del suo vestito facendola
arrossire e intenerendo il ragazzo che provò un forte desiderio di stringerla a
sé.
Anche Micaela avvertì lo stesso
desiderio dallo stesso istante in cui lo aveva notato.
Si era subito sentita attratta dal
fisico, quasi stesse rispondendo ad una sorta di magnetismo inconscio.
Fu proprio il suo sguardo sincero ad
affascinarla, aveva percepito nelle belle iridi castane di Tommaso una punta di
imbarazzo e timidezza che mosse dentro di sé qualcosa che non riuscì nemmeno a
capire.
Accelerò la sua andatura e abbracciò
il ragazzo posando la testa sul suo petto.
Non seppe nemmeno spiegare cosa la
spinse a compiere quel gesto che lasciò esterrefatto Parisi, a cui occorsero
diversi secondi prima che riuscisse ad abbracciarla a sua volta.
“Sei proprio tu..”sussurrò senza allontanarsi da lui che la
stringeva con delicatezza quasi temesse di spaventarla.
Tommaso risolto a far durare quel
contatto il più possibile rimase immobile, sentiva il cuore rimbombare in ogni
angolo del suo essere e uno strano calore esplodergli dentro.
In modo del tutto spontaneo posò un
tenero bacio sui setosi capelli della bella scrittrice, quasi quel gesto di
confidenza gli appartenesse da sempre.
Micaela alzò lo sguardo verso di lui
che le sorrideva e lo salutò guastando l’atmosfera romantica che si era creata.
“Ciao secchione”
Tommaso alzò gli occhi al cielo e
sospirò. “Ciao nanetta”
“Non sono una nanetta! Sei tu che sei
troppo alto!” lo accusò con il solito tono sbarazzino e un po’ irriverente distogliendo
lo sguardo e incrociando le braccia.
Con la coda dell’occhio vide Tommaso
ridacchiare e rise a sua volta. “Dai, andiamo! Ho un sacco di cose da farti
vedere” annunciò entusiasta e lo prese per mano guidandolo fuori dalla
stazione.
*
Camminavano per il bel capoluogo
emiliano mano nella mano come due fidanzatini senza provare il minimo
imbarazzo, come se nemmeno si accorgessero di avere le proprie dita intrecciate
a quelle dell’altro.
Ogni tanto Tommaso le gettava
un’occhiata rimanendo estasiato dalla spontaneità dei suoi gesti, dal suono
dolcissimo della sua risata, dall’ondeggiare dei suoi capelli che le
incorniciavano il viso perfetto.
Più di una volta provò un forte
desiderio di sfiorarle la guancia, allungava una mano verso di lei ma la sua
razionalità lo frenava e la mano si ritraeva imbarazzata.
Anche Micaela riusciva a malapena a
gestire quel groviglio di emozioni che il giovane fisico le provocava e ad ogni
suo sguardo sentiva la terra mancarle sotto i piedi.
Non credeva possibile un simile
coinvolgimento nella vita di tutti i giorni in un rapporto appena agli inizi,
credeva che questi nobili ed emozionanti all’inverosimile sentimenti
appartenessero soltanto ai romanzi a cui era tanto affezionata.
Si trovò a desiderare di assaporare le
labbra di Tommaso, così invitanti e vicine a lei, e a quel pensiero si
mordicchiò l’interno delle sue guance leggermente imbarazzata.
Per iniziare la loro gita, aveva
deciso di portarlo a Piazza Santo Stefano dove avrebbe potuto ammirare uno dei
caratteristici scorci della città, racchiuso dal complesso delle Sette Chiese,
tra le quali troneggiava la Basilicata di Santo Stefano che visitarono su
insistenza di Micaela.
S’inoltrarono per le strade bolognesi
soffermandosi a visitare od osservare i diversi monumenti che la popolavano. La
scrittrice, da brava conoscitrice di arte quale era, si abbandonò spesso a
qualcuno dei suoi tipici monologhi illustrando i prodigi delle opere
architettoniche e raccontando qualche volta curiosità storiche che li vedevano
protagonisti, stupendo il giovane Parisi che, taciuta la sua conoscenza
dell’Espressionismo, d’arte non s’intendeva molto.
Fecero una lunga passeggiata fino al
Giardino della Lunetta Gamberini, riconosciuto come
un posto romantico dagli abitanti del capoluogo emiliano, fermandosi solo per
pranzare un panino al volo.
Il bel giardino che deve il suo nome
ad una tipologia di costruzione militare, la lunetta, era caratterizzato dalla
presenza di una folta siepe mista che lo circondava interamente proteggendolo
dal traffico e dai rumori delle vie circostanti.
Approfittando della sua pace si sdraiarono
in uno dei tanti ampi prati interni ombreggiato da un maestoso ippocastano
dalla morfologia piuttosto incerta e confusionale.
Esattamente come i sentimenti dei due
giovani che si guardavano con infantile curiosità. Era percepibile nelle
esitazioni dei loro gesti il desiderio di sfiorare, di voler esplorare l’altro
frenato dalla loro timidezza che li imprigionava in uno stato di insensata
agitazione.
Micaela si sistemò a pancia in giù
senza smettere di guardare Tommaso che si concesse la libertà di adornare i
suoi capelli con uno dei piccoli e asimmetrici fiori rosa dai contorni
spiegazzati ed arricciati caduto dall’ippocastano.
Di fronte alla dolcezza di quel gesto
inaspettato, le labbra della giovane si modularono in un luminoso sorriso che
lasciò Tommaso senza fiato.
“Sei bellissima..” mormorò puntando le
sue iridi castano scuro in quelle nocciola di Micaela che accarezzò i riccioli
ribelli del fisico che gli conferivano quell’aria da genio incompreso a cui era
ormai affezionato.
Fu allora che il giovane con un
coraggio che non credeva possedere, allungò una mano verso la sua guancia
vellutata sfiorandola e sentì uno sfarfallio nello stomaco.
Con i polpastrelli toccò anche le
labbra rosee e morbide e Micaela baciò le punte delle sue dita lunghe e
affusolate.
“Hai le mani da pianista” gli disse
avvicinandosi pericolosamente al viso di Tommaso che trattenne il respiro senza
scostarsi da lei.
Sentì il suo fiato caldo sulle sue
labbra e gli parve di avere una vertigine, anche le sue mani si avventurarono
fra i capelli mossi della scrittrice, che si accostò ancor di più al suo volto.
I loro nasi si sfiorarono, erano così
vicini che le labbra si sarebbero toccate alla minima parola.
Micaela chiuse gli occhi e inclinò
leggermente la testa a sinistra schiudendo la labbra e accarezzando quelle di
Tommaso.
Quel bacio che aveva bramato per
giorni era finalmente arrivato, l’avrebbe baciata e per qualche istante quelle
belle labbra sarebbero state sue.
Chiuse anche lui gli occhi e schiuse
le labbra, pronto a ricevere quel tanto agognato bacio quando qualcosa ferì il suo
fianco causandogli un dolore lancinante.
Un pallone da calcio scagliato con
forza lo aveva colpito, subito dopo due ragazzini vennero in fretta a
recuperarlo scusandosi con Tommaso e battendo di corsa in ritirata.
Micaela si mise a sedere e scoppiò a
ridere guardando l’espressione addolorata del fisico che si accarezzava il
fianco dolorante.
“Andiamo via, va’.. mi sa che è
diventato un posto pericoloso” scherzò mettendosi in piedi e aiutando Parisi ad
alzarsi.
A quel punto, Micaela gli domandò se
volesse continuare a passeggiare, il giovane annuì e si avviarono verso la
Torre degli Asinelli, dalla cui cima si poteva avere la città ai propri piedi.
Nel tardo pomeriggio passeggiarono al riparo dal
tiepido sole di Giugnolungo gli eleganti portici bolognesi
che lasciarono il giovaneaffascinato dai
giochi di luci, ombre e penombre che si creavano nel corso delle ore.
Si fermarono a
Piazza Malpinghi e mangiarono un cono gelato seduti su
una panchina.
Tommaso fu
costretto anche a distogliere lo sguardo dalla giovane che leccava il proprio
gelato in modo leggermente troppo seducente risvegliando in lui istinti che
pensava repressi.
Infine,
giunta l’ora di cena, si apprestarono ad unirsi ai vivaci turisti della città
emiliana che si riversavano nelle sue strade alla ricerca di buon ristorante.
In attesa della cena, Tommaso si
divertì a realizzare origami piuttosto brutti secondo il gusto estetico di
Micaela e Parisi li regalò alla cameriera dalle origini nigeriane che accettò
quel dono con immensa riconoscenza.
Terminata la cena, visitarono la
luminosa Piazza Maggiore, cuore pulsante della città, dove era situata la
Fontana del Nettuno.
Di fronte alla statua furono
avvicinati da due anziani Bolognesi che narrarono loro la famosa leggenda che
aleggiava attorno alla statua secondo cui lo scultore Giambologna volesse realizzare il Nettuno con i genitali
più grandi incontrando però la proibizione della Chiesa.
La storia inorridì il fisico che domandò ai due se era il
caso di raccontare una simile curiosità ad una ragazza e i due scoppiarono a
ridere di gusto, seguiti da Micaela che rise sotto i baffi per non dispiacere
Tommaso.
Infine, verso l’una di notte il
giovane si offrì di accompagnarla a casa e la bella scrittrice accettò con
l’unico obiettivo di strappargli il bacio della buonanotte.
*
Giunsero di fronte alla porta del
bilocale e Micaela frugò nella sua borsa alla ricerca delle chiavi.
“Trovate!” trillò allegra scuotendole
davanti al viso di Tommaso che per qualche secondo si rattristì in quanto erano
ormai arrivati alla fine del loro appuntamento.
“Ci vediamo domani mattina?” le
domandò con tono incerto, non voleva ancora lasciarla andare.
La ragazza annuì e si avvicinò a lui
per dargli la buonanotte, si alzò in punta di piedi scoccandogli un bacio sulla
guancia ricoperta da una lieve barba che pizzicò la sua.
Indugiò per diversi secondi sfiorando
l’angolo della sua bocca come a volerlo incoraggiare e rimase immobile.
Lui si mosse leggermente e posò le
proprie labbra su quelle della scrittrice che sentì un brivido percorrerle la
schiena.
Applicò una leggera pressione lasciandosi
inebriare dal profumo misto di vaniglia e miele della pelle della giovane
mentre le sue mani giacevano lungo i fianchi frementi dal desiderio di posarsi
su quelli della bella scrittrice.
Micaela gli diede un affettuoso
buffetto sulla guancia, chiuse gli occhi e schiuse le labbra in attesa di quel
bacio che sapeva sarebbe arrivato nel giro di qualche istante.
Tuttavia, i gesti di Tommaso
apparivano ancora controllati, la sua razionalità gli impediva di lasciarsi
andare completamente.
Il bacio che si scambiarono si rivelò
timido ed impacciato, dal sapore incerto che lasciò i due piuttosto
insoddisfatti.
Micaela lo guardò intensamente nelle
pupille degli occhi pregandolo di baciarla davvero e Tommaso, liberatosi dalla
sua timidezza ed insicurezza, prese a baciarla con fare deciso.
Le sue mani si mossero svelte lungo i
suoi fianchi e la sollevò trovandola incredibilmente leggera.
Sentì il cuore di Micaela battere
forte contro il suo petto e le sue mani accarezzargli la nuca e affondare le
dita nei suoi capelli causandogli mille brividi.
Accarezzò delicatamente la lingua di
lei con la sua godendo di quel piacevole scambio di effusioni che lo travolse
annebbiando la sua mente diventata incapace di concepire il benché minimo
pensiero.
Le loro lingue presero a giocare sempre
più audaci catapultandoli in una dimensione unicamente loro che li lasciò
sopraffati.
Si baciarono appassionatamente finché
ebbero fiato sotto lo sguardo stupito di Giacomo che sbirciava la scena da
dietro le tende dalla finestra del salotto-cucina senza minimamente
accorgersene.
“Hai capito al fisico!” commentò il
ragazzo che si lasciò sfuggire una risatina birichina.
In quel momento il bacio s’interruppe e
Tommaso posò per terra Micaela dopo averle scoccato un bacio a fior di labbra.
“Buonanotte, Mica” le sussurrò
accarezzandole la guancia.
Micaela ancora intontita da quel lungo
bacio farfugliò un ‘buonanotte’e si
voltò verso la porta trovando difficoltà ad inserire la chiave nella serratura
e costringendo Giacomo ad aprirle in modo discreto.
Prima di entrare, si girò nuovamente
verso Tommaso che continuava a guardarla e gli sorrise.
“A domani, Tommy” lo salutò di nuovo
ed entrò in casa.
Rimase appoggiata di spalle alla porta
con le gambe ancora tremanti e incapace di dire una sola parola.
“Direi che l’appuntamento è andato più
che bene” commentò Giacomo ridendo sotto i baffi.
La scrittrice annuì e si lanciò sul
divano sfilandosi le scarpe. “È stato un bacio incredibile”
“Oh! Lo credo bene..” osservò l’altro
sedendosi sul tavolino e guardando la coinquilina con aria leggermente
maliziosa.
Micaela spalancò la bocca. “Giachi! Ci
hai spiato dalla finestra!” esclamò leggermente contrariata.
“Oh! Che vuoi? Quel dannato digitale
terrestre non funzionava e io volevo la mia dose quotidiana di commedia
romantica” si giustificò facendo ridere la ragazza.
Infine, chiese a Micaela di
raccontargli ogni dettaglio di quel primo appuntamento che se era stato
interessante almeno quanto quel bacio che aveva sbirciato, di sicuro avrebbe
soddisfatto il suo fabbisogno giornaliero di romanticismo.
*
Quella notte nessuno dei due riuscì a
dormire.
La dolcezza e l’eccitazione di
quell’incontro coronato da quel bacio così bello e significativo da sembrare
quasi irreale li lasciò stupefatti e desiderosi di avere di più.
Quando si rividero la mattina
seguente, non ci fu alcuna esitazione nei loro gesti, nessun tipo di freno.
Si baciarono più volte nascondendosi
dietro le colonne dei portici bolognesi dopo essersi rincorsi. Sembravano due
bambini alla scoperta di un nuovo e appassionante gioco che li vedeva
protagonisti.
Alcuni baci furono frenetici ed
emotivamente instabili dettati solo dal desiderio di avere l’altro tutto per
sé, altri furono lenti e appassionati al punto da lasciarli senza fiato.
Tommaso godette di quel calore a cui
non era più abituato e si lasciò trasportare, guidare dalla bella scrittrice
che rese quei momenti trascorsi insieme indimenticabili.
Anche lei si sorprese del
coinvolgimento emotivo che si era creato in meno di ventiquattro ore, si
domandò se non si trattasse di un piacevole sogno da cui si sarebbe a
malincuore svegliata.
Il momento della partenza di Tommaso
li colse impreparati. Come avrebbero dovuto salutarsi? Da semplici amici oppure
da neo fidanzatini? Potevano considerarsi tali?
La mente del fisico si riempì di
quesiti a cui non seppe dare una risposta, d’altronde la sua capacità analitica
era messa a dura dalla vicinanza di Micaela.
No, non potevano considerarsi più
amici.
Lui non poteva più considerarla tale.
L’aveva sfiorata e accarezzata, aveva
assaggiato le sue labbra e non era disposto a più rinunciarci.
Fu in preda a quest’impeto decisionale
che l’afferrò per la vita attirandola a sé, prese il viso di Micaela fra le
mani e lo avvicinò al suo.
La baciò con un’intensità e
determinazione che lasciò stupita la scrittrice incapace d’interrompere quel
contatto, non che ne avesse voglia.
Le loro fronti si toccarono e i nasi
si sfiorarono più volte delicatamente e anche le guance, annusando la pelle
dell’altro, respirandone l’odore quasi a volerlo imprigionare.
Infine, Tommaso fu costretto a
staccarsi da lei avendo sentito il fischio che annunciava l’imminente partenza
del treno.
“Ci vediamo presto, va bene?” le disse
con un piede sul gradino e l’altro sul binario.
Micaela annuì.
“Il prima possibile” rispose con il
tono risoluto di chi sa che non potrebbe mai mancare alla promessa.
Angolo autrice:
Scusate per l’immenso ritardo con cui posto questo
capitolo! Spero che mi perdoniate, e che questo capitolo vi renda
sufficientemente soddisfatte, o se non l’altro, remunerativo della vostra
attesa.
Il prossimo, prometto che lo pubblicherò più velocemente!
Grazie a tutte per la pazienza, per seguirmi e commentare
questa piccola storiella!
Micaela osservava lo scorrere veloce
dei paesaggi della compagnia milanese dal finestrino del treno, tra meno di
venti minuti lo avrebbe finalmente rivisto.
A quel pensiero le sue labbra
s’incurvarono all’insù e le guance si colorarono di un lieve rossore.
Erano passate tre lunghe settimane dal
loro primo incontro.
Organizzarsi non era stato affatto semplice
fra gli impegni con l’università di Tommaso, essendo ormai in sessione d’esame,
e il suo lavoro che rubava abbastanza tempo.
D’altra parte, le finanze di Micaela
richiesero di fare un calcolo molto accurato riguardo la possibilità di quel
finesettimana a Milano.
La ricerca di un Bed
and Breakfast che rientrasse nel suo budget ridotto all’osso si era rivelata
piuttosto complicata ma, grazie all’aiuto di Giacomo che aveva ormai acquistato
dimestichezza con i siti come TripAdvisor, era
riuscita ad individuarne uno sufficientemente soddisfacente sia per la tariffa
del soggiorno che per le recensioni positive raccolte.
Ovviamente Tommaso era stato
abbastanza esplicito nel dirle che se avesse avuto il lontano sentore che non
si trattasse di un posto consono per una ragazza sola, avrebbe dormito a casa
sua.
La preoccupazione del ragazzo nei suoi
confronti le era parsa abbastanza sincera e si era riservata quella possibilità
che giudicò remota, in ogni caso.
Infine, il tanto desiderato
finesettimana, che sembrava non arrivare mai, finalmente giunse e quella
mattina al suo risveglio Micaela si sentì come una liceale in trepida attesa
della gita scolastica.
Tuttavia il paragone poteva essere
considerato azzeccato: Tommaso era emozionante come le gite scolastiche.
A quel pensiero, ridacchiò sentendo le
farfalle del suo stomaco agitarsi di nuovo e il suo rossore da lieve divenne
piuttosto evidente.
Il suo cellulare suonò, aveva appena
ricevuto un messaggio da parte di Tommaso.
“Manca pochissimo, non vedo l’ora :*”
Dopo la piacevole constatazione che
aveva finalmente imparato ad usare le faccine ma soprattutto che non vedeva
l’ora di vederla, Micaela fece un sorriso a trentadue denti.
“Sta andando dal suo moroso?”
La voce di una quarantenne ben vestita
dall’aria piuttosto raffinata distolse Micaela dai suoi pensieri.
La ragazza annuì senza smettere di
sorridere. “Lui abita a Milano, io a Bologna, quindi..”
Non fece in tempo a finire la frase
che la donna la interruppe.
“Capisco. Ogni incontro è come il
primo” concluse storcendo il naso.
Nella sua voce si percepì una leggera
punta di acidità e d’istinto Micaela guardò le sue mani.
Non portava la fede. Il mistero era
stato svelato: si trattava di un’altra acida zitella che aveva puntato tutto
sulla carriera e ora il romanticismo le dava profondo fastidio.
“Goditelo finché dura” sentenziò dando
una scrollata al suo caschetto nero.
Micaela inarcò un sopracciglio, certo
che la maleducazione delle persone non smetteva mai di sorprenderla.
“Lo farò senz’altro” ribadì
utilizzando lo stesso tono acido della donna.
A quel punto, il treno stava entrando
nella stazione di Milano Centrale e Micaela si apprestò a raggiungere l’uscita
dando un’occhiata al binario alla ricerca di Tommaso che individuò quasi
subito.
Il mezzo di trasporto si fermò e la
scrittrice scese di corsa appena gli sportelli si aprirono.
Meno di mezzo minuto più tardi, era
aggrappata ad un perplesso Tommaso, che per poco non perse l’equilibrio cadendo
all’indietro, mentre il suo borsone buttato per terra alla mercé dei passanti.
“Ciao nanetta” la salutò quando riuscì
a riprendersi da quell’accoglienza così inaspettatamente calorosa.
“Ciao secchione” pronunciò quelle
parole che ormai non suscitavano alcun fastidio al fisico e le loro labbra si
unirono di nuovo.
Fu un lungo e dolcissimo bacio, a
tratti un po’ ansioso.
Per chiunque li avesse visti, sarebbe
stato facile percepire il desiderio dell’altro guardando soltanto le mani muoversi
irrequiete nei capelli di lui e lungo i fianchi di lei.
Infine, quando furono sufficienti
intontiti e soddisfatti di quel contatto si staccarono e Tommaso fece per
posarla per terra.
“No, non farlo. Mi piace la
prospettiva da quassù” scherzò ridacchiando.
Anche il fisico rise. “Vuoi che ti
porti sulle spalle?”
Micaela fece un sorriso leggermente
birichino, aveva capito che in quel momento avrebbe potuto ottenere qualsiasi
cosa dal ragazzo. “Lo faresti?”
“Se me lo chiedi, sì”
“Sì, voglio essere portata sulle
spalle!”
“Perfetto”
Dopodiché la posò per terra, si
abbassò per consentirle di salire sulle sue spalle e si avviò verso le scale
dopo aver recuperato il suo borsone che trovò più pesante di lei.
Inutile riferire lo stupore dei
Milanesi alla vista di quei due, che giudicarono pazzi, mentre scendevano le
scale.
Tommaso fu anche costretto ad
abbassarsi per non farla sbattere contro il tettuccio delle scale, ma sembrava
che quella specie di gioco del limbo non lo disturbasse affatto.
Arrivati all’ingresso della metro,
mise giù la ragazza che sbuffò.
“Uff, mi
stavo divertendo”
“Dopo ti prendo un’altra volta sulle
spalle, promesso”
La prese per mano e scesero di corsa
le scale, Tommaso acquistò un biglietto giornaliero al volo che Micaela accettò
solo dopo diverse proteste e s’immersero nella frenesia del sabato mattina
milanese.
Il weekend era una sorta di rito per i
Milanesi, vissuto come due giorni dedicati alla cura di sé e al divertimento.
Non era strano vedere intere famiglie
o gruppi di amici popolare le sue strade e negozi, soprattutto quelli dei
centri commerciali. Tuttavia, Tommaso non aveva previsto un giro di shopping
per quella mattina, bensì una visita a Brera, un quartiere a metà fra lo chic e
il bohemien, che Micaela avrebbe di sicuro apprezzato, e dove era situata la
celebre Pinacoteca che ospitava alcuni dei più celebri dipinti della Scuola
Italiana.
Giunti a Brera, Micaela trovò più che
azzeccata la scelta del fisico di iniziare lì la loro gita.
Rimase affascinata dalla particolarità
di quella specie di “Covent Garden” milanese, ricco
di artisti di strada e cartomanti pronti a predire il futuro.
Si lasciò incantare dal luccichio
delle nuove e vecchie vetrine zeppe di oggetti particolari e improbabili e immaginò quanto sarebbe stato entusiasta
Giacomo di visitare quel posto.
Percorrendo le piccole vie dei
dintorni, si persero in quel labirinto di vicoli incantanti ricchi di tesori da
scoprire, come le sue eleganti e lussuose botteghe.
Visitarono la Pinacoteca che lasciò
ancor più entusiasta la scrittrice e dove non mancò di fare sfoggio delle sue
conoscenze in materia d’arte.
“Ma sei sicura di essere laureata in
Lettere Moderne?” le domandò Tommaso al termine dell’ennesima perfetta lettura
dell’opera.
Micaela si abbandonò ad una risatina.
“Sì, sicurissima. Te l’ho detto, ho una passione per la pittura d’olio e spesso
ho riprodotto famosi dipinti”
“Questo ha richiesto la mia conoscenza
riguardo lo stile pittorico che stavo trattando ma ammetto che l’arte mi piace
particolarmente e studiare i movimenti artistici non mi è dispiaciuto affatto”
confessò banalmente facendo spallucce.
Tommaso sorrise, si avvicinò a lei e
accarezzò la sua guancia.
“Sei tanto intelligente, oltre che
bellissima” sussurrò prendendo il suo viso fra le mani.
Micaela sentì il suo fiato caldo sulle
labbra e trattenne il respiro, piantò il suo sguardo nelle iridi scure dell’altro
lasciandosi baciare sotto uno dei suoidipinti preferiti, ovvero “Il bacio” di Francesco Hayez,
tra gli sguardi curiosi dei visitatori del museo che trovarono non poche
somiglianze fra i neo fidanzatini e i protagonisti del celebre quadro.
Nel pomeriggio dopo un pranzo al volo
Tommaso trovò necessario, oltre che doveroso, farle visitare il suo posto preferito
nella capitale economica della penisola, ovvero il Planetario “Ulrico Hoepli”.
Raggiunsero i giardini di Porta
Venezia dove era situato l’edificio e dopo aver passeggiato per il parco,
famoso per essere stato il primo parco milanese dedicato allo svago collettivo,
entrarono nel Planetario.
Nell’edificio che ormai il giovane
Parisi conosceva come le tasche dei suoi pantaloni, fu il turno per il fisico
di stupire Micaela.
D’altronde, il Planetario era
principalmente dedicato ai neofiti del cielo, cosa che Tommaso aveva smesso di
essere all’età di dodici anni, considerata la sua perfetta conoscenza
dell’astronomia.
Tuttavia la sua passione per il cielo
stellato poteva trovare anche appagamento in una visita al “Ulrico Hoepli” e
lui non si tirava indietro.
Sotto la volta stellata, il fisico
aiutò Micaela ad individuare le principali costellazioni, soprattutto le sue
preferite, ovvero la costellazione di Orione, del Cigno e della Chioma di
Berenice.
Le spiegò le loro caratteristiche e stelle principali, citando il nome della stella
Bellatrix, la Gigante Blu, di cui, in astrologia, si
crede possa dare una natura forte e nobile,
fiducia in sé, ma anche pericolo di essere traditi e avvelenati.
Le parlò anche della stella Deneb, la più brillante del Cigno, il cui nome le viene da “dhanab” che in arabo significa “coda”.
Non mancò di raccontarle le storie mitologiche che si
celavano dietro i nomi delle sue adorate costellazioni, come quella secondo
Zeus, trasformato in cigno, sedusse Leda, la moglie del Re Tindarodi Sparta, sulle sponde del fiumeEuroto
La mattina del sabato della festa di
laurea di Giacomo, Micaela era tesa come un corda di violino.
Talmente ansiosa che il suo
coinquilino dopo averla vista sbattere contro mezzo appartamento, le chiese
cosa la rendesse così nervosa:
“Non credo che sia la mia festa di
laurea a renderti così ansiosa, mi diresti gentilmente quale sia il problema
ora?”
La ragazza si bloccò e sussurrò il
nome del giovane Parisi.
Giacomo la guardò stranita. “E qual è
il problema? È già finito l’idillio d’amore? Tu te ne vuoi sbarazzare?”
“No!” urlò con eccessiva foga
sgranando gli occhi.
Il neo filosofo inarcò un sopracciglio
di fronte alla reazione di Micaela, ora non capiva davvero quale fosse il
problema.
“Non ha prenotato da nessuna parte,
cioè non me l’ha detto, ma io l’ho intuito” confessò abbassando gli occhi.
Il suo coinquilino la guardò ancora
più confuso di prima. “Qual è il problema?”
“Giachi! Dormirà qui!” esclamò
roteando gli occhi.
“Oooh! Ora
ho capito.. Ottimo, è il sabato giusto! Io non penso di farmi vedere almeno
fino alle quattro e mezzo/cinque quindi a voglia di copulare!” rispose con
eccessiva disinvoltura.
Micaela sospirò. Possibile che non
capisse? Non era la sua presenza, in questo caso assenza, a causargli il
problema ma..
“Giachi, sono tre anni e mezzo, anzi quasi
quattro, che non tocco un uomo..” a quelle parole, il suo coinquilino drizzò le
orecchie, stava per chiederle un consiglio in love affairs
da eterosessuale?
“Io non so nemmeno se mi ricordo come
si fa!” ammise leggermente disperata.
Giacomo provò a mantenere
un’espressione seria, ad immedesimarsi nella sua ‘ansia da prestazione’, ma per
quanto ci avesse provato, non ci riuscì e scoppiò a ridere fragorosamente.
“Miche, ma dai! Ti ricorderai,
figurati! Tu metti la lingerie giusta e il resto viene da sé” la tranquillizzò
sorridente.
“A proposito di lingerie..”
Ancora una volta Giacomo la guardò
perplesso, voleva che le prestasse della lingerie?
“In questi.. ehm.. anni.. io sono
dimagrita e ora non mi ritrovo nulla da indossare!” gli spiegò sbuffando.
L’altro fece un’alzata di spalle. “Non
indossare nulla! Forse è pure meglio, tanto te la strapperà di dosso”
Entrambi si scambiarono un’occhiata
maliziosa e ridacchiarono.
“Bisogna fare un minimo di sforzo la
prima volta..” ribadì lei tornando seria.
“Quindi cosa vuoi fare?” le domandò
lui a quel punto, tanto aveva capito che lui sarebbe stato coinvolto.
“Vieni con me a fare shopping? Tommaso
arriva nel pomeriggio..” propose facendo un sorrisetto birichino.
Giacomo fece un’altra risatina
maliziosa. “Oh, certo! Andiamo subito”
Dopodiché, finirono la colazione e
scapparono in centro. Avevano della lingerie sexy da comprare.
*
Nel frattempo che i due coinquilini
facevano sexy acquisti in quel di Bologna, Tommaso subiva l’ennesima filippica
da parte di Daniele.
“Parisi, tu devi iniziare a fare
l’uomo. Devi cacciare le palle! Non puoi stare sempre a fare il gentile, il
premuroso, e tutte le tue cazzate”
Tommaso lo guardò storto. Da quando
dimostrarsi gentili e premurosiera un
male?
“Alle donne piace essere prese con la
forza anche se non lo ammettono, perciò mi aspetto che tu torni con il tuo
premio” concluse il suo discorso alzando un pugno in aria e sentendosi come
Martin Luther King nel suo celebre discorso ‘I have a dream’.
“Quindi secondo il tuo parere io
dovrei fare il cavernicolo e costringerla a fare sesso con me perché io dovrei
tornare qui con il mio premio?” ricapitolò con aria piuttosto sarcastica.
Daniele annuì. “È proprio ciò che
intendevo”
“Ambrosi, a volte mi domando come tu
possa piacere alle donne visto che sei un tale stronzo!” urlò sbuffando.
Il banchiere non lo degnò nemmeno di
una risposta e roteò gli occhi.
“Io non la costringerò a venire con me
se non vuole” chiarì il fisico incrociando le braccia.
“Parri, non
si tratta di costringerla a venire con te ma a venire grazie a te” specificò
con tono malizioso.
Per quanto volesse fare il bravo
ragazzo, quella battuta lo fece parecchio ridere. Cosa che incoraggiò il suo
coinquilino che riprese con il suo discorso lungimirante.
“Parri, lo
sai anche tu che lo vuoi quindi non fare il gentleman con me, risparmiatelo. Ti
conosco e hai la faccia da ‘stasera me la scopo’ ”
affermò facendo una risata maliziosa.
Tommaso piuttosto disgustato inarcò un
sopracciglio. “Io avrei la faccia da ‘stasera me la scopo’?”
Daniele annuì. “E aggiungerei anche
ripetutamente”
Altra risatina maliziosa, stavolta da
parte entrambi.
“Sì, ok. Ammetto che sono piuttosto
allettato dall’idea ma …” provò a dire Tommaso.
Il banchiere alzò una mano per
interromperlo. “Parisi, lei lo vuole. Sta’ tranquillo”
Non essendoci altro da aggiungere,
Daniele lo salutò con una pacca sulla spalla e Tommaso si avviò verso la stazione.
Il suo treno partiva fra meno di
quaranta minuti.
*
Tommaso scese dal treno e aprì le
braccia per accogliere Micaela che si tuffò senza indugi.
“Sei finalmente arrivato” mormorò al
suo orecchio intanto che il fisico la sollevava.
La ragazza buttò le braccia attorno al
collo e incollò le sue labbra su quelle dell’altro pretendendo un bacio che il
fisico non esitò a ricambiare.
Mentre si baciavano, Micaela sentì le
mani di lui palparle il sedere in maniera molto spudorata.
Gesto che non suscitò alcun disappunto
nella scrittrice quanto piuttosto soddisfazione; il suo corpo gli faceva gola e
inevitabilmente sorrise maliziosa.
Anche Tommaso poté leggere il
desiderio negli occhi color nocciola della sua nuova conquista e non ebbe più
dubbi quella sera sarebbe stata sua. Completamente sua.
“Ti spiace se andiamo a prendere il
regalo di Giachi? Stamattina ho avuto da fare e non sono potuta passare dal
negozio..” gli spiegò mentre uscivano fuori dalla stazione.
Tommaso annuì e insieme si recarono
dal gioielliere per recuperare l’orologio che lo stesso Giacomo aveva scelto.
“Una scelta piuttosto singolare”
osservò il fisico di fronte al vistoso ed esuberante modello della D&G che
gli risultò piuttosto volgare, paragonandolo al suo semplice orologio con il
sottile cinturino di cuoio.
“Giachi ama le cose un po’ estrose”
disse la ragazza facendo spallucce.
Infine, una volta che il regalo fu
sigillato ed incartato, ringraziò il gioielliere scusandosi per il ritardo e
uscirono dal negozio.
Passeggiarono per la città emiliana
per un paio d’ore godendosi quella bella giornata estiva ed intorno alle sette
si avviarono verso l’appartamento di Micaela giacché dovevano prepararsi per la
festa.
Appena entrarono nell’appartamento, si
trovarono Giacomo davanti in accappatoio e con i capelli avvolti dentro un
asciugamano intento a discutere con qualcuno al telefono.
Tommaso non poté fare a meno di
osservarlo attentamente con l’unico scopo di trovargli qualche difetto e
giungendo alla conclusione che quel ragazzo era perfetto.
Un fisico asciutto e muscoloso, spalle
larghe e occhi color azzurro cielo.
Come poteva pensare che fra quei due
non ci fosse nulla? A quel pensiero scosse la testa, si stava facendo prendere
dalla gelosia e non era da lui un simile atteggiamento.
Nel frattempo Micaela si era spostata
in cucina e offrì a Tommaso un bicchiere di the freddo alla pesca che il fisico
accettò distrattamente continuando a guardare con la coda dell’occhio il
festeggiato.
“Tommy, non lo vuoi il the?” gli
domandò la ragazza allungando verso di lui il bicchiere.
Il ragazzo annuì e si sedette a tavolo
della cucina imitando Micaela che continuava a guardarlo stranita.
In quel momento Giacomo concluse la sua
telefonata e li raggiunse per le presentazioni ufficiali.
“Scusatemi, ma era una chiamata
urgente” spiegò ai due appoggiandosi di spalle al lavello della cucina.
“Io sono Giacomo” si presentò al
fisico offrendogli la mano.
“Tommaso” disse a denti stretti rispondendo
alla stretta di mano che trovò piuttosto vigorosa. D’istinto guardò le sue mani
e constatò anche quelle erano perfette.
La gelosia di Tommaso iniziava davvero
a prendere il sopravvento, ma come poteva non essere geloso di quel Giacomo?
Ovviamente i turbamenti interiori del
fisico non destarono sospetti nei due coinquilini che presero a parlare della
festa.
“L’idiota di Valerio ha deciso di non
venire” raccontò a Micaela.
“E perché?”
“Ma che ne so! Dice che ci sarà Salva
e lui non lo vuole vedere” spiegò facendo una smorfia. I suoi amici a volte
sapevano essere davvero fastidiosi.
“E che c’entra? È la tua festa mica
quella di Salva” osservò la scrittrice.
“Diglielo a lui!”
Tommaso li guardava interagire in
disparte. Era evidente che fossero amici ma erano stati solo quello? E come mai
citavano solo nomi maschili?
Micaela scosse la testa contrariata.
“Bah, secondo me sta esagerando.. Ok,c’è Salva, ma se vogliamo dirla tutta, anche Gabriele è stato invitato”
Il fisico sgranò gli occhi. Un altro
nome maschile? Ma Micaela usciva solo con maschi?
“Miche, lascia stare, guarda. Io
glielo ho detto: se vuoi, vieni sennò ciao” concluse il discorso Giacomo
facendo un’altra smorfia.
La scrittrice annuì, dopodiché riferì
ai due che andava a farsi una doccia. “Giachi, te lo affido, mi raccomando!”
gli disse divertita e sparì in bagno.
Una volta rimasti da soli, Giacomo gli
domandò facendo un sorriso se aveva già visto la casa.
Tommaso trovò il suo sorriso piuttosto
impertinente. Voleva fingersi gentile! Certo! Magari poi ci provava con la sua
fidanzata..
“Ehm.. Tommaso ci sei?” lo richiamò
l’altro.
“No, non mi ha fatto vedere la casa”
rispose piuttosto scorbutico.
Giacomo finse di non accorgersi della
freddezza della risposta del fisico e lo invitò a seguirlo nell’unica stanza
che non aveva ancora visto, ovvero la loro camera da letto.
“Come puoi vedere, è piuttosto piccolo
ma in due ci si sta bene” disse all’altro mentre entravano.
Bastò un’occhiata al fisico per capire
che quella non era solo camera di Micaela; c’erano vestiti del neo filosofo
sparsi ovunque, due interi scaffali piene di profumi maschili e libri di
Filosofia, oltre al suo pigiama in bella vista sulla sedia accanto a quello
rosa confetto di Micaela.
Tommaso deglutì, quindi dormivano
insieme in quel letto matrimoniale? Questo era decisamente troppo da
sopportare.
“Scusami, non vorrei sembrare
all’antica ma non posso fare a meno di notare che..” esordì con un tono
piuttosto alterato che con scarsi risultati riuscì a modulare.
“Voi due dormite insieme?”
Giacomo fece spallucce e annuì. “Sì,
non lo sapevi?”
“Ovviamente no, se te l’ho chiesto!”
rispose acido. Come si permetteva a dormire con lei? Lui doveva dormire con
lei.
A quel punto, fu chiaro a Giacomo che
il nuovo fidanzatino della sua coinquilina fosse in preda ad un attacco di
gelosia; pensò di dirgli che non c’era nulla di cui preoccuparsi ma il viso
arrabbiato di Tommaso lo divertiva alquanto e decise di tenerlo un altro po’
sulle spine.
“E cosa c’è di male?” domandò
disinvolto.
“Cosa c’è male? Di male c’è che a me non
sta per niente bene!” urlò stizzito.
Giacomo trattenne a stento una risata,
trovava piuttosto buffo che fosse così geloso di Micaela nonostante stessero
insieme da poco più di un mese e senza aver ancora ‘consumato’.
“Tommaso, stai tranquillo. Io non
toccherei mai la tua ragazza - fece una pausa per guardarlo in viso e notò che
era furente – sono gay” confessò e aprì l’armadio per prendere i vestiti che
avrebbe indossato quella sera.
Tommaso rimase a bocca aperta, aveva
fatto la figura dell’idiota e si sentì piuttosto imbarazzato. “Scusami, io non
sapevo..”
“Potresti evitarlo di raccontarlo a
Micaela?” gli chiese passandosi una mano fra i capelli.
Giacomo ridacchiò. “Certo, nessun
problema!”
Dopodiché gli chiese se poteva uscire
dalla stanza visto che doveva cambiarsi e Tommaso si spostò nel soggiorno.
Si guardò un po’ intorno notando vari
oggetti curiosi, come un tavolino a tre piedi, una lampada in ferro battuto a
forma di candelabro, un paio di agende in cuoio, le famose moleskine,
diversi cuscini cuciti a mano dalle tinte accese ed uno specchio piuttosto
grande con la cornice lavorata in legno.
Si stava specchiando quando notò
Micaela con un asciugamano avvolto attorno al suo corpo.
Il fisico deglutì e strinse le
mascelle, saperla nuda e a pochi passi da lui lo eccitava parecchio.
“Giachi si sta cambiando?” gli domandò
incurante del subbuglio ormonale che la sua vista gli stava provocando.
Il fisico annuì, momentaneamente aveva
perso il dono della parola.
“Ah, ok!” rispose e si avvicinò a lui
per dargli un bacio.
Doveva assolutamente evitare di essere
baciato, avrebbe rischiato seriamente di perdere il controllo perciò prima
ancora che lei si avvicinasse troppo, le chiese se poteva andare in bagno.
“Certo, è quello lì” gli disse
indicandogli la porta e il fisico partì di corsa lasciando Micaela a passarsi stranita
una mano fra i capelli bagnati.
Un’oretta più tardi, Tommaso, ormai
pronto per la festa, era sdraiato sul divano della cucina-salotto di Micaela
intento a leggere molto distrattamente un libro di Pasolini trovato sul
tavolino, intanto che aspettava che la scrittrice finisse di prepararsi.
“Giachi è già andato via?” domandò la
ragazza facendo il suo ingresso nella stanza mentre s’infilava una decolleté
nera al piede sinistro.
Tommaso fece per alzarsi dal divano ma
rimase pietrificato di fronte a Micaela.
Indossava un abito corto bordeaux,
stile anni ’50, a fascia accessoriato con una minuscola cintura nera che
evidenziava il suo stretto punto vita mentre la gonna a ruota rendeva la sua
figura slanciata e molto femminile.
I capelli erano raccolti in uno
chignon basso lasciando qualche ciocca libera ricadere sul viso leggermente
truccato.
Sulle labbra aveva applicato un lucido
color nude mentre aveva truccato gli occhi con un filo di matita nera lungo la
palpebra inferiore e una lieve punta di mascara per valorizzare le ciglia folte
e lunghe.
Mentre l’ammirava imbambolato, pensò
che fosse l’essere più incantevole che avesse mai messo piede sulla terra,
talmente bella da togliere il fiato.
“Come fai ad essere così bella?”
sussurrò avvicinandosi a lei quando riuscì a riprendersi.
La ragazza rise. “Non lo so, ci si
nasce!” rispose divertita.
Tommaso l’afferrò per la vita e
l’accostò a sé, sentì il suo profumo invadergli le narici e rimase ipnotizzato.
La baciò più volte sulla bocca, scendendo
poi sul collo e sulle spalle nude depositando una scia di baci umidi.
Il cuore di Micaela accelerò il
battito istantaneamente e le sue mani vagarono freneticamente sul corpo di
Tommaso.
Stava per perdere il controllo.
“Tommy, la festa..” sussurrò senza
scostarsi.
“Ci andiamo dopo” rispose l’altro
mentre continuava imperterrito nella sua missione facendo scivolare le sue mani
lungo la cerniera del vestito.
Micaela chiuse gli occhi e facendo un
respiro profondo, lo respinse. “Dai, dobbiamo andare!”
Sul viso di Tommaso si dipinse
un’espressione di delusione che fece sorridere la scrittrice.
“Continuiamo dopo” mormorò maliziosa
al suo orecchio.
A quel punto Parisi ormai rassegnato
annuì e insieme si recarono alla festa.
*
Arrivati alla festa, Tommaso fu
presentato al gruppo piuttosto numeroso ed eterogeneo di amici della
scrittrice, che si lasciarono sfuggire diverse frecciatine rivolte alla
ragazza.
“Oh, Miche! Wow! Allora hai chiuso con
la castità?” la schernì uno dei ragazzi, dall’accento si poteva facilmente
individuare la sua terra natale, ovvero la Sicilia.
“Già! Credevamo avessi fatto un voto
alla Madonna!” s’intromise una ragazza, anche lei Siciliana e, con buona
probabilità, sorella del primo vista la somiglianza fra i due.
Micaela lanciò un’occhiataccia ad
entrambi.
“Come siete simpatici!” disse
sarcastica tra le risatine di tutti.
A quel punto, onde evitare ulteriori
commenti imbarazzati, prese Tommaso per un braccio e lo trascinò via.
Raggiunsero i divanetti e si sedettero
sorseggiando un bicchiere di vino, rosso per Micaela e bianco per Tommaso.
“Mica..ehm.. non vorrei risultare
indiscreto ma..” tentennò il ragazzo quando furono da soli.
“Quasi quattro anni” rispose d’un
fiato. Aveva capito qual era la domanda che stava per farle, dunque gli
risparmiò l’imbarazzo di farla.
Tommaso sgranò gli occhi e per poco
non sputò il vino che stava bevendo. “Ma non sei uscita in questi quattro anni?
Forse eri prigioniera in una torre?”
La scrittrice scoppiò a ridere. “No,
sono sempre uscita. Perché me lo chiedi?”
“Bah, allora i Bolognesi sono davvero
stupidi se non ti hanno notato” rispose in modo spontaneo.
“Meglio per me!” aggiunse facendo
un’alzata di spalle.
Micaela sorrise e appoggiò la testa
sulla spalla di lui. “Al dire il vero, ero io che non volevo nessuno. Non lo so
perché..”
Il fisico le posò un bacio sulla testa
e le cinse la vita con il braccio. “Aspettavi me..”
“Come siamo modesti!” lo stuzzicò
divertita e levò la testa per scoccargli un bacio sulle labbra.
“Non è forse vero che aspettavi MrDarcy?” chiese con tono da
seduttore mal riuscito.
Lei rise. “Quindi tu saresti MrDarcy?”
Tommaso annuì e si alzò dal divano.
“In carne ed ossa”
“Permettetemi di farvi una
dimostrazione di quanto appena affermato” continuò facendo un inchino in modo
cavalleresco. “Mi concedereste l’onore di un ballo, milady?”
Le offrì il braccetto e aspettò che
Micaela si alzasse.
“Tu sei pazzo” disse divertita
scuotendo la testa.
“Sono pazzo di te” sussurrò, dopodiché
l’avvicinò a sé posando il braccio sinistro all’altezza delle spalle e
prendendo la sua mano destra nella propria.
Iniziarono a danzare come se fossero
in una sala da ballo ottocentesca seguendo un ritmo tutto loro.
Tommaso le fece fare una piroetta per
poi riavvicinarla a sé in un unico movimento.
“Chi ti ha insegnato a ballare?” le
domandò stupita.
Altra piroetta e doppio chassé.
“Mia zia. Diceva che poteva tornarmi
utile” rispose quando fu di nuovo vicino al suo viso.
Micaela annuì compiaciuta con il capo.
“Fai i complimenti a tua zia”
“Senz’altro”
Un’ultima giravolta su sé stessa ed
infine un caschè con tanto di bacio che lasciò
stupefatta la scrittrice.
“Wow” esclamò quando tornò in
posizione eretta.
“Sono o non sono il tuo MrDarcy?” le domandò facendo un
sorriso leggermente malizioso.
La ragazza finse di pensare per
qualche secondo. “Mmm.. forse!”
“Non forse, sono io..”
La baciò di nuovo lentamente
assaporando ogni secondo, sentendo il cuore di lei battere forte vicino al suo mentre
le sue mani accarezzavano delicatamente la sua nuca.
“Andiamo a casa” mormorò ad un certo
punto facendo irrigidire Tommaso. Il momento che aveva aspettato da quando
aveva messo piede a Bologna era finalmente arrivato.
Il fisico annuì e insieme andarono
alla ricerca di Giacomo, ormai ubriaco perso, per salutarlo.
“Oh, già andate via? Mmm.. mi
raccomando! Non voglio nipotini!” disse un po’ singhiozzante e facendo ridere
la coppia che si guardò intorno sperando che nessuno avesse sentito.
Uscirono dal locale e si avviarono con
gran fretta a casa.
*
Micaela non fece in tempo nemmeno a
chiudere la porta dell’appartamento, Parisi l’afferrò per la vita e iniziò a
baciarla sul collo abbassando la cerniera dell’abito che cadde a terra in un
secondo.
Si allontanò un secondo per poterla
ammirare meglio e si sentì subito eccitato alla vista del corpo della
scrittrice in lingerie di pizzo nero che non lasciava quasi nulla
all’immaginazione.
La sollevò caricandosela sulle spalle
e partì di fretta in direzione della camera da letto.
“Dai! Mettimi giù!” gli disse
divertita dimenando in aria le gambe.
Tommaso rise. “Tra pochissimo, milady”
Entrando in camera da letto, la buttò
sul materasso cadendogli addosso.
Iniziò a baciarla dolcemente mentre
lei sbottonava la sua camicia, scivolò verso il collo mordicchiandola e leccando
via la sua saliva con piccoli movimenti circolari della lingua.
Micaela si contrasse sfregando la sua
chioma folta contro uno dei tanti cuscini presenti sul letto, tolse la camicia e
le sue mani si avventarono sulla cerniera dei suoi pantaloni.
Il fisico interruppe il suo operato
per guardarla. “Quanta impazienza! Aspetta un po’”
Le sue mani scivolarono verso la sua
schiena slacciando il reggiseno che buttò alle sue spalle.
Con le labbra accarezzò i seni
succhiando i capezzoli fino a farla gemere dal piacere, scivolò sempre più in
basso baciando il ventre piatto e sollevò la gamba sinistra per posizionarla
sulla sua spalla.
Iniziò a depositare baci sulle cosce e
attorno all’inguine eccitandosi nel sentirla fremere.
Le tolse lo slip baciando anche le sue
gambe e risalì verso di lei per baciarla sulla bocca.
Micaela accarezzò le sue braccia e la
schiena avventandosi poi sul collo di lui e succhiandolo avida intanto che
abbassava la cerniera dei pantaloni e giocava con l’elastico dei suoi boxer.
Parisi inarcò la schiena stravolto dal
piacere, la sua mente era completamente annebbiata, il suo ventre s’incendiò
sentendo un dolore lancinante all’altezza del bacino.
Si alzò in piedi velocemente e si
svestì completamente liberando la sua costrizione.
Si sdraiò su di lei e la guardò
intensamente negli occhi, leggendovi il desiderio, voleva sentirlo dentro di
lei.
Con un ringhio soffocato, entrò in lei
godendo del suo calore e muovendosi lentamente.
Sentiva le mani di lei palparlo
ovunque, le sue dita infilarsi fra i suoi ricci fino a sfiorargli la cute.
I loro corpi sudati ondeggiavano
all’unisono rapiti da quel movimento ipnotico.
Le labbra si cercavano avide
soffocando i gemiti mentre gli affondi diventavano sempre più veloci e
profondi.
Micaela cacciò un urletto
e si morse il labbro inferiore stringendo il bacino di lui con le sue gambe.
Stava raggiungendo l’apice.
Un ultimo affondo più forte degli
altri e l’orgasmo li stravolse lasciandoli senza fiato.
Tommaso ricadde su di lei posando la
testa sui suoi seni sentendo il battito accelerato di lei al pari del suo.
Mai aveva provato un’emozione così intensa
e totalizzante.
Anche Micaela si sentì incredibilmente
appagata, nemmeno il suo corpo aveva mai volato così in alto.
Accarezzò ancora una volta i ricci di
Tommaso posando un bacio sulla sua testa, il fisico si sollevò sui gomiti e
strofinò prima la sua guancia e poi il naso con quelli di lei facendola
sorridere.
La baciò sul naso e anche Micaela fece
lo stesso.
“Credo di essermi innamorata” sussurrò
all’improvviso e arrossì per quella confessione ridacchiando come avrebbe fatto
una bambina.
Il fisico sorrise felice, anche lui
non aveva più dubbi di essersi innamorato.
“Anche io” confidò a bassa voce.
In seguito a quella dichiarazione, si
sporse di più verso di lei e la baciò con infinita dolcezza e a lungo.
La baciò come fanno le persone
innamorate, quelle che si sentono legate fin dal primo sguardo, quelle che
riconoscono nell’altro sé stessi e che s’inquietano per la sua lontananza.
Micaela, riscaldata da quel bacio, si
accoccolò e le braccia del fisico la circondarono, facendola sentire al sicuro
come se fosse in una fortezza, e in men che non si
dica si addormentò.
Quando Tommaso si accorse che si era
addormentata, le diede un bacio sulla testa sussurrandole la “buonanotte” e la
coprì con il lenzuolo.
Infine, anche lui cadde addormentato.
*
Qualche ora più tardi, un barcollante
e singhiozzante Giacomo faceva ritorno a casa cantando e fischiettando YMCA,
canzone ballata più volte durante la serata.
Ballò per qualche minuto davanti al
portone del bilocale continuando a fischiettare ed infine, dopo aver trovato
con difficoltà il buco della serratura, aprì la porta.
Calpestò senza minimamente
accorgersene il vestito di Micaela che giaceva ancora per terra e si diresse
verso la camera da letto dimenticandosi della presenza del fisico, nonostante la
scrittrice lo avesse avvertito.
Aprìla porta e la scena che si aprì davanti ai suoi occhi lo riempì di
tenerezza facendolo sorridere: Micaela era abbracciata ad un sorridente Tommaso
con la testa completamente nascosta dai suoi capelli castani e dalle braccia
del fisico mentre i suoi piedi erano intrecciati a quelli dell’altro.
Giacomo riconobbe nell’espressione
serena del giovane quella sensazione di sicurezza e calore che si prova quando
si è accanto alla persona di cui si è innamorati, e si domandò quanto tempo era
passato dall’ultima volta che si era sentito così.
Richiuse la porta e ritornò nel
salotto buttandosi sul divano-letto senza nemmeno avere la forza di aprirlo e
crollò addormentato in batter d’occhio.
*
Tommaso si svegliò, infastidito dalla
troppa luce che filtrava dalla finestra rimasta aperta tutta la notte.
Si stiracchiò con gli occhi ancora
chiusi e sentì la scrittrice lamentarsi mentre si scostava, affondando il viso
nel cuscino e mettendosi a pancia in giù.
Il fisico la guardò divertito e spostò
la sua folta chioma per darle un bacio sulla guancia facendole il solletico
alla pancia.
“Dai! Tommy, ti prego.. Ho sonno” si
lamentò ridacchiando.
“Niente da fare! Sono sveglio e ti
svegli pure tu!” la prese in giro continuando a farle il solletico.
Micaela si voltò e inarcò un
sopracciglio. “Vuoi la guerra?”
Il fisico annuì malizioso e subito
dopo si ritrovò la scrittrice a cavalcioni su di lui che gli faceva il
solletico ovunque.
“Si sta eccitando, signor Parisi?” gli
domandò vedendo il suo cambiamento di espressione.
“Te l’ho detto che sono suscettibile”
rispose mentre allungava le mani verso i suoi seni.
La ragazza si mordicchiò un labbro
abbassandosi verso di lui. “Ho belle tette, eh?”
“Meravigliose, direi”
Micaela iniziò a baciarlo sul collo,
completando l’opera iniziata durante la precedente notte, riscese lungo
l’addome disegnando una linea immaginaria e baciandolo di tanto in tanto.
Giocò con il suo ombelico usando la
punta della lingua intanto che lui la palpava.
Scese ancora più basso e fece qualcosa
con la lingua che Tommaso giudicò “oltremodo oltraggioso” costringendolo a
riprendere il controllo dei giochi.
La ribaltò finendo ancora una volta
sopra di lei riprendendo il solito scambio di effusioni, brividi, spasmi, e
ancora altri gemiti, raggiungendo l’orgasmo.
“Un ottimo inizio di giornata, direi”
mormorò lei quando riprese fiato.
Il fisico alzò lo sguardo verso di
lei. “Te l’ho detto che potevo fare di meglio”
Micaela ridacchiò. “Non hai deluso le
mie aspettative”
Sollevò il mento di lui verso il suo
viso e si baciarono di nuovo.
“Ho fame” affermò ad un certo punto
alzandosi dal letto e invitò Tommaso a seguirla.
Cercò i suoi slip e indossò una maglietta a
caso che le copriva a mala pena il sedere, aspettò che anche lui si rivestisse
e si spostarono in cucina.
Passarono davanti a Giacomo che pareva
in coma spaparanzato sul divano con la bocca aperta e risero di quello
spettacolo, Micaela prese il cellulare e gli scattò una fotografia che fu
subito pubblicata sulla bacheca Facebook del neolaureato.
Dopodiché presero il pacco di biscotti
e la bottiglia di succo di arancia e ritornarono in camera.
S’imboccarono a vicenda facendo finire
tutte le briciole sulle lenzuola, ormai da cambiare, e bevendo il succo
direttamente dalla bottiglia.
“Sei piena di briciole” la prese in
giro sporgendosi verso di lei per strofinare il naso con il suo.
“Anche tu”
Micaela sfoggiò uno dei suoi sorrisi
disarmanti, buttò le braccia attorno al suo collo e si sdraiò trascinandolo con
sé. “Mi piaci un sacco”
“Anche tu, nanetta”
Si diedero un bacio a stampo e
rimasero abbracciati per diversi minuti godendosi di quel piacevole pizzico di
quotidianità senza pensare che tra qualche ora si sarebbero dovuti lasciare di
nuovo.
*
Sul finire del pomeriggio, Micaela a
malincuore accompagnò Tommaso alla stazione.
“Nanetta, non fare quel faccino. Ci
vediamo prestissimo!” la confortò abbracciandola e posando un bacio sulla
fronte.
La scrittrice annuì e gli scoccòun bacio sulle labbra.
“Ora sali sul treno prima che me ne
penta” gli disse con una leggera tristezza nella voce. Non voleva davvero
lasciarlo andare.
Tommaso l’abbracciò un’ultima volta e
salì sul treno di ritorno a Milano; corse al suo sedile, abbassando il finestrino
per richiamarla, le lanciò un bacio che la ragazza finse di acchiappare e
ritornò a sedersi mentre il treno ripartiva.
Micaela guardò il treno allontanarsi e
fu subito colpita dalla nostalgia.
Sospirò a lungo e si avviò verso casa
ripensando al fisico e quella storia iniziata in un modo assurdo; nemmeno nelle
sue fantasie più folli, avrebbe pensato di conoscere qualcuno facendo il suo
lavoro, tanto meno di conoscere qualcuno come Tommaso.
Il fisico aveva ragione quando le aveva
detto di essere il suo MrDarcy.
Anche se non lo aveva ammesso, lei lo aveva
capito dal primo istante in cui aveva posato il suo sguardo su di lui, quando
si era sentita così attratta da fidarsi ciecamente senza una parola di più, o
un gesto.
Sentendosi felice quando la baciava o
semplicemente abbracciava, sentendosi completa quando lo ebbe tutto per sé.
Si domandava se anche Tommaso sentisse
le stesse emozioni quando gli era accanto, quando lo sfiorava e baciava.
Probabilmente anche lui si sentiva
così; era innamorato di lei, esattamente come le aveva confessato la notte
precedente.
Non aveva alcun dubbio sulle sue
parole e, in quel momento, lei, si convinse che quella storia, iniziata per
volere del destino, sarebbe diventata la più importante della sua vita.
Angolo autrice:
Non so come chiedervi perdono per la lunga assenza,
sapendo anche di dovervi dire qualcos’altro u.u
purtroppo per il momento Taking è sospesa fino a
nuova “ispirazione”.
Questi ultimi giorni sono stati piuttosto distruttivi,
diciamo che il mio progetto non è andato a buon fine T_T
e io dovrò ancora lavorarci su! Sì, è un’angoscia L
Soprattutto perché ora mi sono giocata un po’ l’esame,
e va be’.
Comunque spero che questo capitolo vi ripaghi dell’attesa!
Sofia Martini, comodamente seduta
nella sua sedia sdraio preferita, godeva della bella serata rinfrescata da un leggero
vento estivo di fine luglio nel giardino sul retro di casa sua nella periferia
di Rodano, una cittadina a venticinque km da Milano.
Ogni tanto gettava un’occhiata
incuriosita a suo nipote Tommaso intento a tenere una delle lezioni sulle
“meraviglie del cielo stellato” a suo figlio minore Francesco.
Aveva capito al primo sguardo che
c’era qualcosa di diverso nel giovane, cosa che la insospettì; era molto più
sereno e sorridente, nonché accondiscendente nei confronti del cuginetto, che
lo aveva convinto prima a fargli i compiti di matematica assegnategli per le
vacanze estive e ora ad illustrargli i prodigi delle stelle.
Non vi era più alcun dubbio. Suo
nipote le nascondeva qualcosa e lei si promise di indagare non appena suo
figlio fosse andato a dormire.
“Quella che vedi laggiù è la costellazione di Orione. È una delle più
semplici da riconoscere e da osservare e contiene un gran numero di stelle
luminose, al punto che è perfettamente visibile senza difficoltà anche dal
centro di una grande città. La sua forma ricorda molto quella di unaclessidrae la sua caratteristica più rilevante, come puoi vedere, è
l'allineamento di tre stelle che compaiono al centro della figura, insomma laCintura di Orione” raccontava al ragazzino che lo
ascoltava attentamente.
“Ragazzi, mi dispiace
interrompervi ma credo che per Francesco sia arrivata l’ora della nanna”
affermò ad un certo punto alzandosi dalla sedia sdraio e andando verso di loro.
Suo figlio minore incrociò le
braccia contrariato. “Ma io non ho sonno!”
“Francesco, domani hai il
campeggio e sarà una lunga giornata quindi è meglio che vai a letto! Su, Tommaso
ritornerà un’altra volta e continuerà con la spiegazione” tentò di convincerlo
facendogli un sorriso materno.
Il ragazzino sbuffò. “Ok..”
“Ciao Tommy! Ci vediamo domani
mattina!” disse rivolto al cugino che annuì e dopo aver dato un bacio sulla
guancia sia a sua madre che al cugino, rientrò in casa.
Zia Sofia guardò suo nipote che era ritornato al telescopio e si
avvicinò. Doveva calibrare bene le parole affinché le raccontasse cosa era
successo perciò dopo una breve riflessione optò per un banale: “Tommy, allora
hai novità?”
Il giovane alzò lo sguardo dal telescopio e le sorrise.
“Ho conosciuto una ragazza..” esordì piuttosto titubante.
“Davvero? Come si chiama? Raccontami tutto!” chiese entusiasta invitando
a sedersi sulla sedia sdraio accanto alla sua.
“Si chiama Micaela e abita a Bologna. Sono quasi due mesi che ci
frequentiamo” raccontò sorridendo. Ogni volta che parlava di lei, il sorriso
nasceva spontaneo sulle sue labbra.
“E tu come l’hai conosciuta? È una tua
collega dell’università?”
“No no, lei è laureata in Lettere
Moderne. Ci siamo conosciuti in un modo un po’ strano..”
Sofia aggrottò la fronte. “Cosa
intendevi per ‘un po’ strano’?”
“Lei praticamente è una centralinista,
sta facendo questo lavoro per vivere, e io..”
Sua zia alzò una mano per
interromperlo con un’espressione leggermente divertita. “Vi siete conosciuti
parlando al telefono?”
Tommaso annuì arrossendo leggermente.
“Aveva una voce così bella ed io mi ero incuriosito..” provò a giustificarsi.
Sofia scoppiò a ridere di gusto
scompigliandogli i capelli affettuosamente. “Il solito Tommaso! Hai sempre
avuto idee strane, anche tua mamma era così!”
Quel paragone fece sorridere Tommaso.
Sua zia Sofia era l’unica che le
avesse mai parlato di sua madre, essendo sua sorella gemella, e fra di loro si
era creato un legame molto stretto.
Lei lo aveva sempre trattato come un
figlio; per un po’ di tempo, infatti, dopo la scomparsa della sorella, Tommaso
era vissuto a casa sua.
Era stata ad accudirlo quando era ancora
in fasce poiché suo padre Osvaldo, colto dalla depressione, non fu in grado di
prendersi cura del piccolo.
“Raccontami di più! Le hai chiesto il
numero?”
Tommaso scosse la testa. “No, no! Non
me l’ha voluto dare subito! All’inizio ci sentivamo solo per e-mail, poi
abbiamo iniziato a parlarci al telefono”
“Ho aperto anche un account Skype per parlare con lei” confessò divertito.
“Tua cugina Beatrice non ne sarà molto
felice visto che sono tre anni che ti dice di fartelo e tu ti sei sempre
rifiutato!” esclamò scuotendo la testa.
I due si scambiarono un’occhiata
divertita.
“Vi siete già visti quindi? Come è
lei?” s’incuriosì la donna. Voleva sapere tutto della nuova fidanzata del suo
nipotino preferito. L’unico che avesse, al dire il vero.
“Sì, ci siamo visti la prima volta il
sette Giugno” raccontò a Sofia entusiasta. “È la ragazza più bella che abbia
mai visto, zia”
“È piccolina, credo che non arrivi
nemmeno al metro e sessanta. E’ castana e ha i capelli lunghi e un po’ mossi.
Anche gli occhi sono bellissimi, un colore particolarissimo! Lei dice che sono
nocciola..”
La donna lo guardava intenerita mentre
parlava della scrittrice, notò subito che gli brillavano gli occhi e capì che
doveva esserne innamorato sul serio.
“Quando sorride, ha le fossette, sono
così carine..” continuò elencando i pregi della scrittrice per altri cinque
minuti ed interrompendosi solo per rispondere alle domande di sua zia.
“Hai detto che ha una laurea in
Lettere Moderne, come mai si ritrova a fare la centralinista?”
“Oh! Beh, lei scrive e vorrebbe
lavorare per una casa editrice ma per il momento non trova nulla e si è
accontentata. I suoi non la possono aiutare molto e lei non è di Bologna ma di
Sorrento, quindi deve pagarsi tutto”
Sua zia annuì. “Povera! Mi dispiace..
Comunque Sorrento è davvero una bellissima città, potreste andarci qualche
volta”
Tommaso boccheggiò incapace di
proferire parola. Andare a Sorrento implicava conoscere sua madre Graziella e
lui ancora non era affatto pronto.
“Tranquillo, Tommy! Ci andrai quando
sarai pronto!” lo tranquillizzò deducendo la sua preoccupazione.
“Che genere di libri scrive?” chiese
in seguito.
“Romanzi storici. S’ispira a Jane Austen e il suo libro preferito è ‘Orgoglio e Pregiudizio’
”
La zia incredula inclinò leggermente
la testa verso sinistra. “Davvero?”
Tommaso annuì e le chiese come mai lo
trovasse così strano.
“Oh! Sai, anche se tua mamma
raccontava a tutti che il suo libro preferito era ‘Guerra e Pace’, in realtà
andava pazza per la Austen” gli confidò divertita.
“Credo che tutte le brave ragazze
adorino ‘Orgoglio e Pregiudizio’ ” continuò sorridente.
Tommaso annuì con il capo con fare
sicuro. “La mia nanetta è senz’altro una brava ragazza”
Sua zia sorrise e abbracciò il suo
nipotino scompigliandogli i ricci una seconda volta. “Sono molto contenta per
te, Tommy”
“Si vede che ti rende felice, quindi
spero che me la presenterai presto!”gli
disse mentre lo teneva stretto.
“Certo! Appena possibile!” rispose.
D’altronde, anche lui desiderava presentarle la sua nanetta.
Infine, dopo avergli dato un bacio
sulla testa, Sofia lo salutò dicendogli che andava a dormire. “Buonanotte
Tommy!”
“Buonanotte zia” la ricambiò il
ragazzo e ritornò al telescopio ad osservare le stelle.
*
Qualche giorno più tardi, più
precisamente il giorno del suo compleanno, Micaela si recava al lavoro
trovandosicoinvolta in una spiacevole
situazione.
Aveva appena messo piede nell’edificio
quando sentì le urla della sua amica Federica provenire dall’ufficio di Luca
Fiorini.
La maggior parte dei suoi colleghi
aveva smesso di rispondere alle telefonate dei clienti rivolgendo la loro piena
attenzione alla discussione fra i due.
D’altronde, in ufficio, a nessuno era
sfuggito l’intrattenimento di rapporti “illeciti” fra Federica e il loro
diretto responsabile. Tuttavia, non sapevano quanto stesse accadendo, o almeno non
ne erano consapevoli fino a quel momento.
Micaela entrò immediatamente in uno
stato di agitazione per l’amica, sapeva che Fiorini aveva reagito male alla
notizia confermando i sospetti più temuti di Federica, ovvero che non si
sarebbe fatto carico del bambino; lei però aveva sperato in un suo
ripensamento, cosa che era evidente non fosse avvenuta.
La porta dell’ufficio di Fiorini si
aprì ed uscì una Federica in lacrime e rossa in viso.
“Sei la più grande merda
dell’universo, Fiorini! Sappi che non finisce qui!” urlò singhiozzante tenendo
la testa alta, quasi a voler salvare una punta di orgoglio.
“Che mi fai? Non ti puoi permettere
nemmeno l’avvocato” rispose sprezzante l’altro abbandonandosi ad una risata.
La ragazza tirò su con il naso.
“Questo lo dici tu, brutto verme schifoso!” gridò ancora incurante di essere al
centro dell’attenzione di tutto l’ufficio.
Fiorini si abbandonò ad una risata
sarcastica. “Starò a vedere, soprattutto ora che sei anche senza lavoro”
Di fronte all’espressione beffarda
dell’uomo, Federica perse la propria lucidità e sollevò una mano con
l’intenzione di colpire il viso a suon di sberle.
“Tu provaci, Sturiano,
e io ti giuro che ti rovino” affermò con tono altezzoso bloccando il braccio in
aria della ragazza con la sua mano.
Strinse forte il braccio di lei
provocandole una smorfia di dolore e Micaela si avventò su di lui, dandogli la
sberla che Federica avrebbe voluto dare.
“Non ti permettere mai più a toccarla,
hai capito?” sibilò a denti stretti rivolgendogli un’occhiata di disprezzo.
L’uomo, colto alla sprovvista, si
portò una mano sul viso e lo massaggiò intanto che Micaela si avvicinava
all’amica che aveva ripreso a singhiozzare.
“Andiamo via, Fede” le disse
dolcemente abbracciandola.
In quel momento, Fiorini si riprese
dallo shock provocato dall’inaspettata reazione della scrittrice e ritornò sui
propri passi assumendo un’espressione glaciale in viso.
“Sì, è meglio che te ne vai. Anche tu,
De Blasio, sei licenziata” affermò con freddezza e
richiuse la porta del suo ufficio sbattendola con forza.
“Sarà solo un piacere non avere più a
che fare con te!” rispose Micaela urlando alla porta chiusa dell’ufficio di
Fiorini.
A quel punto, avendo già dato
sufficientemente spettacolo, Micaela accompagnò fuori dall’ufficio Federica, ormai
del tutto incapace di smettere di piangere.
Ritornò per recuperare la sua borsa e
altri oggetti di sua proprietà e si premurò di fare altrettanto con quelli di
Federica ed uscì senza rivolgere una parola a nessuno dei suoi colleghi che
continuavano a fissarla sbalorditi.
*
La mattinata di Micaela trascorse
lentamente nell’inutile tentativo di consolare la sua migliore amica, la quale,
fra i singhiozzi, si scusava anche per averle rovinato il compleanno e per aver
causato il suo licenziamento.
“Ora come farai? - tirò su con il naso
e asciugò le lacrime con un fazzoletto di carta passatole da Micaela - è tutta
colpa mia. Ho rovinato tutto” s’incolpava fra i singhiozzi.
“Ma che dici? E poi, forse è meglio
così, magari ora mi trovo un lavoro più decente” tentò di rassicurarla
fingendosi sicura.
Sapeva perfettamente si prospettavano
tempi duri per lei se non fosse riuscita a trovarsi un lavoro nell’immediato.
Tuttavia, per il canone di locazione e eventuali spese correlate poteva contare
sull’aiuto di Giacomo che glielo doveva, avendolo mantenuto per circa un anno,
quando i suoi genitori avevano deciso di tagliarli tutti i fondi.
L’amica annuì e l’abbracciò stretta.
“Ti voglio bene”
“Anche io”
Dopodiché le domandò se desiderava che
le preparasse il pranzo e Federica scosse la testa sostenendo che preferiva
andare a riposarsi un po’.
Micaela annuì ed infine si raccomandò
con lei dicendole di chiamarla per qualsiasi evenienza e si congedò
raggiungendo il suo appartamento.
*
Di ritorno a casa, si buttò sul divano
dopo essersi sfilata le sue Superga, ridotte uno straccio come le Converse del
fisico, e chiuse gli occhi nel tentativo di fare mente locale per rilassarsi un
attimo.
“Un compleanno di schifo!” esclamò
sbuffando rumorosamente.
Non soltanto era stata licenziata dal
suo lavoro, che a malapena le garantiva un minimo di indipendenza economica, il
giorno del suo ventiseiesimo compleanno, ma il suo presunto fidanzato non si
era degnato nemmeno di farle gli auguri.
Prese uno dei tanti cuscini sparsi per
l’appartamento e vi affondò il viso abbandonandosi ad un urlo muto dimenando in
aria i piedi a causa del nervosismo.
“Tommy, questa me la paghi! Altro che MrDarcy! Mr
Memoria corta sei!” pensò furente sospirando ancora una volta.
Stava premeditando vendetta nei
confronti di Parisi quando il citofonò del suo appartamento suonò
distogliendola dai suoi pensieri.
Domandò all’apparecchio chi fosse e
non ricevendo alcuna risposta, aprì la porta rimanendo a bocca aperta per la
sorpresa.
Tommaso era inginocchiato sullo
zerbino con la testa china tendendo un grazioso mazzo di girasoli, i suoi fiori
preferiti, verso la sua figura con entrambe le mani.
“Auguri, milady!” esclamò alzando la
testa verso di lei che era leggermente arrossita.
“Grazie..” mormorò ancora imbarazzata
sia per l’inaspettato gesto che per l’aver pensato male del suo secchione.
Afferrò con premura il mazzo di fiori
e lo annusò rimanendo estasiata sia per l’odore che per bellezza della
composizione realizzata. “E’ davvero bellissimo”
“Mai quanto te” rispose il fisico
dandole un bacio sulla guancia.
Micaela posò i girasoli sul tavolino d’ingresso
e baciò Tommaso a lungo mentre lui la teneva stretta fra le braccia.
“Metto i fiori in acqua” disse in
seguito e fece per allontanarsi un secondo.
“Aspetta, leggi il biglietto prima..”
La scrittrice gli sorrise e aprì il
biglietto spillato al cellophan che avvolgeva i fiori e lo lesse a voce alta:
“Alla mia nanetta,
Buon compleanno!
Il tuo MrDarcy”
Nonostante non avesse scritto nulla di
particolare, quel semplice e, per alcuni versi, banale bigliettino riuscì a
strapparle un enorme sorriso.
Tommaso si spostò dietro di lei e
l’abbracciò posando la sua testa nel suo incavo del collo. “Profumi di buono”
le disse dandole un bacio sul collo candido che profumava di vaniglia e miele.
Micaela pensò che anche lui aveva un
buon odore e posò le sue mani su quelle del fisico dondolandosi
impercettibilmente per alcuni secondi.
“Mi sei mancata tanto” mormorò senza
sciogliersi dalla posizione assunta.
La ragazza si voltò verso di lui e gli
scoccò un bacio sulle labbra. “Anche tu”
“Metto i fiori in acqua, tu accomodati
sul divano” lo informò sciogliendosi dalla posa assunta e andò a recuperare un
vaso dove poter posare il mazzo di fiori.
“E’ bello che tu sia qui, Tommy.. è
una stata giornata bruttissima” gli raccontò mentre riempiva il vaso d’acqua.
“Che è successo?” domandò l’altro
leggermente preoccupato.
Micaela sospirò.
“Mi hanno licenziata” disse d’un fiato
intanto che sistemava con cura i fiori.
Tommaso sbarrò gli occhi e spalancò la
bocca. “Oddio! E come mai?”
“Ho dato uno schiaffo a Fiorini”
confessò a bassa voce mordicchiandosi un labbro.
Il fisico trattenne una risata.
“Perché gli hai dato una sberla?”
Micaela si avvicinò al divano e si
sedette a cavalcioni su di lui.
“Ha discusso violentemente con Fede e,
ad un certo punto, la situazione era sfuggita di mano di entrambi. Lei ha finto
di volergli tirare uno schiaffo e lui l’ha bloccata per il braccio in modo
piuttosto brusco e io..”
“Ho capito. Tu l’hai difesa” concluse
lui la spiegazione.
La scrittrice annuì e si umettò le
labbra. “Sono nei guai ora, vero? Sono senza un lavoro..”
Tommaso posò un dito sulle sue labbra
e scosse la testa. “Troveremo una soluzione. Stai tranquilla..” la rassicurò dandole
un buffetto sulla guancia. to, onde
evitare ulteriori commenti imbarazzati, prese Tommaso per un braccio e lo
trascinò via.
“Comunque Fiorini è un pezzo di merda!
Fede dovrebbe denunciarlo!” affermò con una leggera punta di astio. Anche lui
si era affezionato a Federica che aveva avuto modo di conoscere in quel mese.
La ragazza scrollò le spalle. “E come
fa? Nelle sue condizioni un avvocato non se lo può permettere”
“Già.. hai ragione” disse l’altro sospirando.
La scrittrice gli passò una mano sui
ricci e lo baciò sulla fronte. Trovava che fosse davvero tenero da parte sua
preoccuparsi per le sue amiche.
“Hai mangiato?” chiese cambiando argomento.
Tommaso scosse la testa. “Ancora no..
preparo io però! È il tuo compleanno!”
“Non pongo obiezioni! Vai, la tua
cucina è tutta tua” gli disse divertita e si spostò per farlo alzare
lasciandolo familiarizzare con i fornelli della sua cucina.
Mentre lo guardava armeggiare indaffarato
con i suoi utensili da cucina fischiettando e canticchiando a tratti “Sympathyfor the devil” dei RollingStones, Micaela trovò che fosse il ragazzo perfetto.
Attento, premuroso, dolce, capace di farla
impazzire con un bacio e un bravo cuoco anche, come dedusse dal modo sicuro in
cui si muoveva fra i fornelli e dall’ottimo odore che si sta diffondendo per
tutta casa.
Aveva preparato una delle sue
prelibatezze culinarie preferite: il risotto alle fragole.
Ormai era chiaro alla scrittrice che
il suo fidanzato andasse pazzo per il risotto in tutte le sue varianti, perciò
quando glielo propose non si sorprese, anche se ammetteva che era curiosa di
assaggiarlo quel risotto che appariva piuttosto singolare.
Con un colpo di polso mosse
leggermente il contenuto della padella e spense i fornelli.
Si avvicinò al tavolo già
apparecchiato da Micaela e mostrò la sua creazione, che oltre ad avere un buon
odore, aveva anche un bell’aspetto, esclamando: “Voilà! Pronto da servir!”
La scrittrice rise e allungò il piatto
verso di lui perché la servisse, dopo averla servita, Tommaso fece altrettanto
con il suo piatto e si sedette di fronte a lei.
“Ha un buon profumino” affermò la
ragazza prendendo con la forchetta un po’ di risotto.
“Aspetta ad assaggiarlo per i
complimenti” ammiccò lui e con la mano la invitò ad assaporarlo.
Micaela soffiò sulla forchetta,
essendo il risotto leggermente bollente, ed infine se lo portò alla bocca
rimanendo subito entusiasta. “Oddio! Questo è il più buon risotto di sempre!”
Tommaso fece un sorrisetto malizioso.
“Ora puoi dirlo!”
La ragazza con la bocca piena aggrottò
la fronte e scosse la testa come per chiedere di cosa parlasse e lui inarcando
un sopracciglio rispose: “Che sono il ragazzo perfetto!”
La ragazza scoppiò a ridere e lasciò
un attimo il suo piatto per andare da lui, si sedette sulle gambe e mosse il
mento di lui verso di lei scoccandogli un bacio a fior di labbra.
Tommaso non si accontentò di quel
semplice bacio e ne pretese uno più lungo e appassionato che la scrittrice non
gli negò.
“Sì, sei il ragazzo perfetto” sussurrò
mentre lo baciava.
“Anche tu sei la ragazza perfetta” mormorò
a sua volta e si scambiarono un altro bacio al sapore dolciastro di fragola.
In seguito il fisico riprese la
forchetta e provò ad imboccare Micaela. “Su, mangia! L’ho fatto con tanto
amore!”
La ragazza scoppiò a ridere e si fece
imboccare, prese anche lei la sua forchetta e fece altrettanto con lui.
Continuarono così fino alla fine del
pranzo, dopodiché insieme lavarono i piatti sporcandosi anche a vicenda con l’acqua
insaponata ed infine si buttarono sul letto per schiacciare un pisolino.
*
“Tommy, spostati più in là, dai” si
lamentò spingendolo senza successo verso il lato di Giacomo.
“Ma come non mi vuoi più?”
Micaela lo guardò mettere un finto
broncio e roteò gli occhi divertita. “Dai! Fa caldo!”
Il fisico sorrise malizioso.
“Spogliati, no? Se vuoi, ti do una mano!”
Infilò una mano sotto la sua fine
maglietta di cotone mentre con l’altra sbottava il paio di jeans della ragazza.
Micaela gli mordicchiò la spalla
sinistra e si ribaltò mettendosi a cavalcioni su di lui.
“Oggi è il mio compleanno. Li conduco
io i giochi..” mormorò con voce sensuale al suo orecchio.
Il fisico annuì compiaciuto della
presa d’iniziativa di Micaela e rimase fermo a godersi lo spettacolo che la sua
“ragazzetta” gli stava propinando.
Si tolse la maglietta sfilando anche
quella di Tommaso, baciò il glabro petto del fisico che iniziava a riscaldarsi
per quel contatto.
La guardò mettersi in piedi e sfilarsi
i jeans in modo sensuale stuzzicando la sua fantasia, nonché appetito sessuale.
A Micaela bastò guardarlo un secondo
negli occhi per leggervi il desiderio e l’eccitazione e decise di portare il
loro gioco al livello successivo. Si chinò nuovamente su di lui e puntellò le
mani sul suo petto muovendosi lentamente, strofinandosi contro il suo
rigonfiamento.
L’eccitazione di Parisi iniziava a
farsi dolorosa. “Mica.. ti prego”
La ragazza rise e continuò
imperterrita nel tentativo di farlo impazzire; si slanciò il reggiseno e lo
buttò nella direzione di Tommaso che, ormai incapace di controllare i segnali
che il suo corpo in iperventilazione gli stava mandando, la spinse e in
un’unica mossa fu sopra di lei.
La svestì del suo ultimo indumento e
fece lo stesso con i jeans che caddero abbandonati sul pavimento e la fece sua.
Accarezzò il suo corpo che aveva
desiderato per un’intera settimana e di cui non sapeva più a fare meno; aveva
scoperto una nuova dimensione coinvolgente e appagante.
Mai nessuna donna era riuscito a
risvegliare in lui quel groviglio di emozioni che lo faceva vibrare anche
nell’angolo più sperduto del suo essere.
Era assuefatto alla sua presenza e a quel
corpo che sapeva essere suo,che lo
rendeva cieco per il desiderio imprigionandolo e rendendo libero al tempo
stesso.
Mentre era dentro di lei, la sua mente
si spegneva, i suoi pensieri svanivano; esisteva solo lei e quella voglia matta
di sentirla, di esplorarla e farsi esplorare.
Un’esplosione di sensazioni a cui si
abituava lentamente e a cui sapeva che non sarebbe stato più in grado di
rinunciare.
Con i loro corpi ancora intrecciati e
avvinghiati, Tommaso si sdraiò di fianco lei e ricevette le sue adorate coccole
che solo lei sapeva fargli, o almeno così pensava il fisico.
A Micaela sembrò per qualche istante
che facesse le fusa e sorrise teneramente.
“Ti piacciono le coccole?” gli domandò
sottovoce mentre accarezzava i suoi capelli.
Tommaso alzò lo sguardo verso di lei e
annuì sorridente. “Le tue tantissimo”
Si sporse di più e le diede un bacio a
fior di labbra, si strofinarono le guance ed anche il naso, com’era ormai di
consuetudine nei loro momenti più teneri, e ritornò ad accoccolarsi.
Rimasero in silenzio ascoltando l’uno
il battito cardiaco dell’altra finché Tommaso non parlò. “Stasera ti porto a
cena”
La ragazza fece un grande sorriso e
gli stampò un bacio rumoroso sulla guancia. “Sì, non vedo l’ora!”
“Pesce o carne?”
Micaela rimase un attimo pensierosa
strofinandosi il mento. “Pesce!”
“Perfetto. E pesce sia!” esclamò lui
dandole un bacio sulla guancia a sua volta.
Rimasero nel letto per qualche altro
minuto ed infine andarono a farsi una doccia insieme per rinfrescarsi.
D’altronde, il WWF consiglia agli
amanti di evitare gli sprechi d’acqua completando l’amplesso facendo la doccia ensemble.
*
Dopo la splendida cena a base di
crostacei e frutti di mare, in uno dei tanti ristorantini sulla collina di San
Luca dove era possibile mettersi al riparo della calura estiva, i due
fidanzatini si concedettero una passeggiata abbracciati per il capoluogo emiliano,
ormai quasi deserto.
Il caldo afoso aveva, infatti, indotto
la maggior parte dei cittadini bolognesi a passare il finesettimana sulla
riviera romagnola, dove avrebbero potuto godere del mare Adriatico, oltre che
dei divertimenti offerti dai suoi lidi.
Ritornarono a casa verso l’una di
notte, stanchi per la lunga passeggiata s’infilarono subito a letto senza
rinunciare alle loro coccole.
“Oggi sono due mesi che stiamo
insieme” sussurrò Tommaso d’un tratto mentre giocava con le punte dei ricci
della scrittrice.
“È vero! Anche se a me sembrano molti
di più..”
Notò lo sguardo confuso del fisico che
corrugò leggermente la fronte e provò a spiegarsi meglio. “Mi sento come se ti
conoscessi da sempre”
“Forse è vera la storia della
reincarnazione e noi ci siamo già incontrati in una vita precedente!” affermò
con tono scherzoso posando il capo sul petto del fisico che fece spallucce.
“Chissà! Magari è vero! Secondo me tu
eri una nobile, magari una duchessa..”
Micaela rise immaginando sé stessa
impersonare il ruolo di una duchessa. “Tu invece eri uno degli allievi di
Galilei”
Il fisico mosse il capo compiaciuto. “Mi
sarebbe piaciuto sicuramente Galileo! Avremmo scoperto insieme i satelliti di
Giove e oggi uno si chiamerebbe Parri” affermò e
scoppiarono entrambi a ridere.
A quel punto, Micaela sbadigliò e si
sistemò meglio abbracciando il fisico che le diede un bacio sui capelli, come
era ormai sua abitudine, e augurò la buonanotte alla sua nanetta.
“Buonanotte Tommy” sussurrò l’altra e
in un batter d’occhio s’addormentò.
Angolo autrice!
Rieccomi ragazze! Come state? Io stanca e la sessione d'esame nemmeno è iniziata o.O comunque spero che questo capitolo vi sia piaciuto :D e di risentirci presto su questi canali!(Anche per Taking ;) Ci sto lavorando di nuovo *--*)
Con affetto,
Anto!
Tommaso, approfittando dell’assenza di
Giacomo, in viaggio con lo zaino in spalla per tutta Europa, si fermò a casa
della sua nanetta per il resto del mese di Agosto.
Esperienza che rese entrambi i
fidanzatini, che mai avevano trascorso così tanto tempo insieme, molto felici;
il mese trascorse velocemente fra risvegli intorno a mezzogiorno, colazioni che
diventavano veri pranzi a letto, sieste pomeridiane, passeggiate in tarda
serata e più di una cena a lume di candela, più per rispondere all’esigenza di
tenere la bolletta della luce sotto controllo che per reale bisogno di
fantasticherie romantiche.
Non mancarono i primi battibecchi su
questioni futili, come la mancata sostituzione del rotolo di carta igienica e i
vestiti in disordine in camera da letto, che si concludevano sempre in una
fragorosa risata da parte di entrambi.
Micaela fu aiutata da Tommaso nella
ricerca di un nuovo lavoro che si rivelava sempre più ardua; gli annunci erano
sempre più sporadici e la giovane iniziava a perdere le speranze.
Non si limitò a cercare lavoro
nell’area dell’Emilia-Romagna ma su richiesta del suo fidanzato controllò anche
gli annunci nel milanese.
Tuttavia, nonostante tutte le
accortezze poste, sembrava che un lavoro non volesse spuntare per la giovane di
Sorrento che cominciava ad sentirsi sotto pressione.
A risollevare il morale della
scrittrice, ci pensò Daniele, il coinquilino di Tommaso, che propose alla
giovane coppia un weekend nella villa a mare di sua nonna Sveva.
“Dov’è casa della nonna di Daniele?”
domandò Micaela dopo aver sentito la proposta del fisico.
“Rivazzura ,
una frazione di Rimini”
La scrittrice mosse il mento
compiaciuta, Rivazzura era rinomata come una delle
zone più belle della costa romagnola.“Tu ci vuoi andare?”
Tommaso scrollò le spalle. “A me fa
piacere vedere nonna Sveva – considerava la nonna di Daniele come la sua
considerata l’amicizia di lunga data che legava i due giovani – però faccio
decidere te”
La ragazza annuì sfoggiando un
sorriso. “Andiamo da nonna Sveva allora!”
*
La giovane coppia arrivò alla stazione
di Rivazzura, dove li attendeva Daniele, intorno alle
quattro di pomeriggio; furono subito accolti dal giovane banchiere, che non
appena li vide, non mancò di lanciare qualche frecciatina al suo coinquilino
riguardo alla sua presunta faccia ‘rilassata’.
“Ambrosi sei sempre il solito!” si
spazientì Tommaso sospirando rumorosamente.
“Miche, mi sa che non hai fatto bene
il tuo lavoro. È ancora irritato!” lo canzonò il giovane dando una pacca sulla
spalla all’amico che gli lanciò un’occhiata furente tra le risate della
scrittrice che promise di migliorare nel suo operato.
Con Ambrosi alla guida della sua amata
Cabriolet, partirono alla volta di villa Ambrosi dove Sveva li attendeva
impaziente comodamente seduta all’ombra della sua veranda e con il the freddo
già pronto.
Imboccarono il viale di cipressi che
li avrebbe condotti alla “umile” dimora di Sveva e la scrittrice ne rimase
incantata, meravigliandosi ancor di più, quando, scesa dalla vettura, poté
ammirare la particolarità dei fiori dalle tinte sgargianti che si stendevano
come macchie colorate sul verde prato e dell’edera rampicante che copriva
elegantemente parte della facciata del casale, oltre all’accogliente portico in
legno di mogano dove intravide un’anziana signora dall’aspetto gentile e modi
raffinati alzarsi dalla sedia a dondolo per venire loro incontro.
Riconobbe subito nel volto della donna
una somiglianza con il giovane banchiere.
Donna Sveva appariva certamente molto
più giovane di quanto fosse in realtà, così parve a Micaela a primo impatto.
I suoi occhi erano di una tonalità
tendente al grigio chiaro molto singolare, come quelli del suo unico nipote, ed
erano contornati da piccole rughe di espressione che risultavano più nitide
quando sorrideva.
Il viso e le mani curati suggerivano
una spiccata ricercatezza nel proprio aspetto esteriore, rispecchiata anche
nell’eleganza degli abiti indossati, che doveva accompagnarla da quando era
giovane.
Fu altresì evidente per la scrittrice
che Sveva fosse stata piuttosto bella e corteggiata nella sua giovinezza, come
trasse conferma dallo sguardo civettuolo e ammiccante che rivolse ai tre nuovi
arrivati e che aveva spesso notato anche in suo nipote.
L’anziana salutò affettuosamente il
nipote abbracciandolo e sbaciucchiandolo finché il ragazzo non si lamentò.
“Dai, nonna! Ti prego..” si spazientì
rivolgendole un’occhiata divertita al tempo stesso.
“Non ti fai mai coccolare dalla
nonna!” ribadì scuotendo la testa e facendo ondeggiare i lunghi capelli bianchi
raccolti in una morbida treccia.
“Vieni qui, Tommaso, tu sei sempre
stato un giovanotto da coccole” disse rivolgendosi al fisico che si avvicinò
per salutarla.
La sua voce dal timbro caldo e chiaro
trasudava sicurezza; la sua dizione era corretta, non traspariva alcuna cadenza
dialettale od errori di pronuncia.
Molto probabilmente era avvezza al
parlare in pubblico, così suggerivano anche i suoi gesti aggraziati e posati.
“Forse è un’ex donna di spettacolo”
pensò la scrittrice osservandola muoversi.
La voce di Tommaso citare il suo nome
richiamò la giovane alla realtà distogliendola dai suoi pensieri. “Sveva, ti
presento Micaela” disse cingendole la vita per invitarla a fare un passo avanti
in direzione dell’anziana.
“È un piacere, signora” affermò la giovane
offrendo la mano che fu stretta molto caldamente dalla padrona di casa.
“Oh! Il piacere è tutto mio, cara!”
rispose sorridente e la prese a braccetto dirigendosi verso la veranda.
“Dimmi, cara, come hai conosciuto
questo birbantello?” le domandò lanciando un’occhiata a Tommaso che abbozzò un
sorriso passandosi una mano fra i miei capelli.
“Nonna, senti che storia! Secondo me
nemmeno una commedia teatrale può eguagliarla!” s’intromise Daniele lasciandosi
sfuggire una risatina.
“Davvero? È davvero così romantico il
vostro incontro?” s’incuriosì stringendosi ancora di più a Micaela.
“Più che romantico, io direi
particolare” spiegò la ragazza sistemando una ciocca di capelli dietro
l’orecchio.
Nel frattempo raggiunsero la veranda e
si accomodarono attorno al tavolino in vimini dove era posata la caraffa di the
freddo alla pesca e i bicchieri vuoti.
L’anziana con un gesto invitò il
nipote a versare il contenuto della caraffa nei bicchieri e pregò la ragazza di
raccontarle tutto.
“Prima io lavoravo come centralinista
per il servizio clienti della TIM e Tommaso è capitato con me in una delle
telefonate” iniziò a raccontare.
Tommaso improvvisamente si sentì teso
come una corda di violino e artigliò il bracciolo della sedia su cui era
accomodato; la sua fidanzata non sapeva tutta la verità riguardo il loro
secondo “casuale incontro” che non fu affatto una coincidenza bensì
architettato.
Ambrosi notò la tensione sul volto
dell’amico intanto che allungava verso di lui il bicchiere di the freddo e gli
lanciò uno sguardo interrogativo, il fisico fece un sorriso di circostanza
obbligandosi a mantenere la calma.
Nel frattempo Micaela aveva concluso
il racconto e l’anziana aveva inarcato un sopracciglio sottilmente, guardando
con la coda dell’occhio Tommaso.
“Di sicuro un incontro molto curioso. Era
destino!” affermò Sveva rivolgendo un sorriso materno alla ragazza che annuì
sorridente.
“Una ragazza davvero deliziosa,
Tommaso!” si complimentò con il fisico che incominciava a rilassarsi di nuovo.
“Mi domando quando mio nipote mi
presenterà una fidanzata” aggiunse arricciando il naso e sventolandosi con un
ventaglio dal manico in madre perla.
Daniele roteò platealmente gli occhi e
sbuffò. “Per il momento non mi va di fidanzarmi..”
Tommaso rise e si sporse verso l’anziana
dicendole con tono confidenziale: “Sveva, mi sa che ci dovrai rinunciare. Tuo
nipote non si innamorerà mai”
La donna scosse la testa muovendo
anche un dito in aria. “Ti sbagli, Tommaso. Lui si è già innamorato..”
L’espressione di Daniele si trasformò
al suono di quelle parole e s’irrigidì bloccando il bicchiere a mezz’aria.
“E di chi? Questa me la sono persa!”
esclamò Tommaso fra il divertito e il sorpreso.
“Carolina” rispose fissando suo nipote
che aveva abbassato lo sguardo puntandolo sul bicchiere di the freddo.
Il fisico annuì con il capo
vistosamente. “Giusto! Carolina!”
“Chi è Carolina?” s’intromise Micaela
rivolgendosi a Daniele che rimase in silenzio.
“L’unica ragazza che sia sopravvissuta
a Daniele per più di due mesi” rispose Tommaso lasciandosi sfuggire una risata
e ignorando l’espressione rabbuiata dell’amico, gli domandò: “A proposito, che
fine ha fatto?”
“Non lo so” tagliò corto il giovane
banchiere. “Ora per favore potremmo spostare la conversazione su altro?” chiese
piuttosto stizzito.
I tre gli rivolsero un’occhiata di
scusa e proseguirono la conversazione su altro, come richiesto dal giovane.
Sveva confermò i sospetti di Micaela
riguardo il suo passato nel mondo della spettacolo, svelandole di essere stata
un’attrice di teatro e di aver studiato danza classica nella sua adolescenza.
Raccontò anche alcuni aneddoti sui due
compagni di avventura, come la volta che avevano preso di nascosto l’automobile
del signor Parisi senza aver ancora ottenuto la patente oppure quando avevano
saltato la scuola per andare ad un concerto rock a Gorizia ed erano stati
beccati sul treno dalla loro professoressa di Arte.
Dopo la loro chiacchierata, invitò i
nuovi ospiti a seguirla per mostrare le loro camere che erano già state
preparate dalla cameriera, una giovane ucraina che aiutava Sveva nelle faccende
domestiche tre volte per settimana.
L’anziana aprì la camera da letto
assegnata alla giovane coppia e Daniele non resistette a fare una battuta.
“Nonna, hai deciso di consentire loro
copulare sotto il tuo tetto?”
A quella battuta, la giovane coppia
divenne rosso peperone in viso per l’imbarazzo e la padrona di casa fulminò il
giovane sospirando rumorosamente. “Daniele! Non ti smentisci mai!”
“Tranquilla, Sveva, ci sono abituato
ormai..” disse Tommaso alzando una mano per dare una botta sulla nuca ad
Ambrosi che scansò abilmente il colpo.
L’anziana sorrise alzando gli occhi al
cielo e si congedò trascinandosi il nipote per un orecchio e lasciando la
giovane coppia a sistemare il proprio mini bagaglio.
Più tardi quella stessa sera dopo una
tranquilla cenetta in giardino, i tre giovani decisero di fare un salto ad una
festa sulla spiaggia organizzata da uno dei tanti lidi di Rivazzura.
Giunti al beach party, in meno di un
quarto d’ora la coppia perse di vista il loro amico intenzionato a corteggiare
quante più giovincelle possibili.
Tommaso, non essendo un amante delle
feste e preferendo passare del tempo da solo con la sua nanetta, le propose una
camminata sul lungomare; la proposta incontrò il parere concordante di Micaela
e i due si avviarono verso la passeggiata.
Passeggiarono mano nella mano
soffermandosi nella gelateria preferita di Tommaso, che era stato diverse volte
a Rivazzura, e si godettero il loro gelato seduti in
una delle panchine del lungomare. Infine, scesero nuovamente in spiaggia,
cercarono un angolino poco affollato e si sdraiarono sulla sabbia.
Tommaso non resistette a cogliere
l’occasione di tenere anche per la sua nanetta una lezione sui prodigi delle
stelle.
“Certo che il cielo ti ha proprio
stregato” commentò divertita Micaela dopo aver ascoltato la sua spiegazione.
Il fisico si voltò verso di lei e le
sorrise. “Quando ero piccolo, ricordo che stavo sveglio per ore a contare le
stelle”
“Mi addormentavo sempre sulla finestra
come uno scemo e Sandra mi doveva mettere a letto” raccontò con una punta di
nostalgia.
“Sandra è la nuova compagna di tuo
padre?” s’incuriosì la scrittrice. Non parlava mai molto della sua famiglia,
specialmente per quanto riguardava suo padre, di cui Micaela sapeva ben poco.
Il giovane annuì. “Lei è sempre stata
molto gentile con me e mi ha trattato sempre come un figlio…
Io la considero un po’ come mia mamma..” disse un po’ titubante facendo una
scrollata di spalle.
Micaela si voltò verso di lui e notò
nel suo sguardo un velo di tristezza che le fece tenerezza; allungò una mano
verso il suo viso e gli diede un buffetto sulla guancia vellutata.
Accarezzò anche i suoi ricci
scompigliandoli affettuosamente e prese ad attorcigliare una ciocca di capelli
attorno al dito indice.
“Hai un cespuglio in testa!” lo prese
in giro dandogli un bacio sul naso.
La tristezza del giovane, riscaldato
dalle carezze della scrittrice, si dissolse immediatamente e l’abbracciò;
accarezzò anche lui il viso e si scambiarono un lento bacio che provocò ad
entrambi il solito batticuore.
“Se avete finito di pomiciare,
potremmo anche tornare a casa” affermò Daniele che li guardava con un ghigno
divertito stampato sul viso.
I due arrossirono leggermente e si
alzarono lisciandosi i vestiti per pulirli dalla sabbia.
“Hai rinunciato alla tua caccia?”
domandò Tommaso intanto che si avviavano verso l’automobile.
L’altro fece spallucce. “Non l’ho mai
iniziata.. Non ce n’era nemmeno una di interessante”
“Mmm.. ricordare Carolina questo
pomeriggio ti ha messo in difficoltà!” lo stuzzicò il fisico ridendo sotto i
baffi.
Daniele lo fulminò con lo sguardo e
fece una smorfia. “Ma per favore! La smettete con questa Carolina? È una storia
vecchia di anni che non importa più a nessuno..”
La coppia si scambiò un’occhiata
divertita nel vedere la reazione del banchiere che non sembrava affatto essere
così indifferente alla liaison in questione e annuirono.
Infine, salirono in auto e fecero
ritorno a Villa Ambrosi.
Il resto del fine settimana trascorse
fra pranzi preparati dai due coinquilini, che lasciarono stupefatta donna Sveva
che non nutriva grande fiducia nelle loro capacità, partite pomeridiane a scala
quaranta sotto il portico e divertenti cene nel giardino sul retro, durante le
quali la padrona di casa dava prova della sua bravura nell’arte della
recitazione.
Micaela si divertì moltissimo in
compagnia della donna al punto che provò un certo dispiacere al momento di
salutarla.
“È stato un vero piacere conoscerla”
ripeté prima di salire in auto all’anziana che teneva le mani della scrittrice
fra le sue. “Grazie ancora dell’ospitalità”
“Il piacere di avervi qui è stato
tutto mio. Quando vorrete tornare, non esitate nemmeno un secondo” affermò
sorridente liberando le mani di Micaela e richiamando il nipote muovendo un
dito.
“Mi raccomando, Dani. Fai il bravo”
gli disse lanciandogli un’occhiata di apprensione.
Ambrosi alzò gli occhi al cielo e
annuì. “Sì, nonna. Stai tranquilla..”
Terminati i saluti, i tre giovani salirono
in auto e partirono alla volta di Bologna, con l’aria più rilassata e la pelle
arrossata dal sole.
Durante il tragitto, Tommaso pensò che
quella sarebbe stata l’ultima settimana che avrebbe trascorso con la sua
nanetta. Doveva fare ritorno a Milano, difatti.
Di lì a breve si sarebbe tenuti primi
consigli di facoltà, oltre ai due appelli d’esame della sessione autunnale.
“Devo ancora preparare i compiti” si
ricordò e fece una smorfia.
Micaela gli lanciò un’occhiata
incuriosita e il fisico fece una scrollata di spalle. “Nulla, pensavo ai
compiti di Meccanica” disse rimanendo sul vago e la ragazza annuì.
Un quarto d’ora più tardi, Ambrosi
spegneva il motore della sua Cabriolet davanti al bilocale di Micaela, avendo
deciso di fermarsi per cena.
Cenarono tutti e tre insieme a base di
pasta e tonno, gli unici due alimenti che la scrittrice aveva in casa, ed
infine, Daniele li salutò visto che doveva essere in banca alle otto in punto
del giorno seguente.
“Ci vediamo a Milano domenica
prossima” disse al suo coinquilino e salì in auto partendo spedito.
Decidendo di lasciare i piatti
sporchi, indossarono il pigiamae si
buttarono sul letto accendendo la televisione. Bisticciarono sul programma da
vedere, come al loro solito, optando poi per la classica commedia americana.
Tommaso si addormentò poco prima
dell’inizio secondo tempo, a differenza della scrittrice, che rimase in piedi
finché il film non fu finito.
Infine, spense la tv e si accoccolò
alzando il braccio del fisico, ormai nel mondo dei sogni, che posò attorno alla
vita e ormai soddisfatta s’addormentò.
*
Durante la settimana, Micaela
ricevette una buona notizia che la lasciò entusiasta.
“Salve, lei è la signorina De Blasio?” esordì una voce femminile ben modulata dall’altro
capo della linea.
“Sì, sono io” confermò la ragazza
intanto che il suo fidanzato preparava la colazione.
“Sono la preside Amaldi
del liceo classico “Umberto Eco” di Bentivoglio in provincia di Bologna.
Volevamo offrirle una supplenza annuale, sempre se è disponibile” spiegò la donna
sinteticamente.
Micaela spalancò la bocca per la
sorpresa e annuì vigorosamente con il capo. “Sì, certo! Sono disponibile!”
La donna ne fu lieta e riferì
ulteriori dettagli riguardo la sua supplenza; avrebbe dovuto sostituire la
professoressa Gherardi, docente di Lettere del
triennio nella sezione C.
Diede appuntamento alla giovane per
l’indomani, scusandosi per lo scarso anticipo con cui l’aveva avvertita, e
riattaccò dopo aver rivolto i suoi auguri alla ragazza per l’incarico appena
accettato.
“Ho un lavoro” trillò entusiasta
saltellando per tutta la cucina mentre Tommaso la guardava divertito.
Era davvero sollevata da quella
chiamata improvvisa che la salvava da tutti i guai, a cui si era vista andare
incontro.
Entrò subito in agitazione in vista del
suo nuovo ruolo in qualità di professoressa e fu tranquillizzata dal fisico che
convenne che se n’era in grado lui, sicuramente lei avrebbe un’ottima fatto
figura.
Erano entrambi più rilassati dopo aver
ricevuto la notizia e contenti all’idea che vedersi sarebbe stato più facile
considerando che Micaela avrebbe faticato meno ad organizzarsi per raggiungerlo
a Milano e viceversa.
Stava finalmente andando tutto per il
verso giusto per la giovane coppia che si godette in santa pace gli ultimi
giorni di quella bellissima estate iniziata insieme e ormai giunta quasi al
termine.
*
Angolo autrice:
Eccomi anche con The Call Center :D come avrete letto, in questo capitolo viene nominata Carolina ahaha beh, ormai la conoscete tutte?, no? Era sempre nei pensieri di Daniele e della cara Sveva XD
Bene, so che molte di voi non si aspettavano che Mica continuasse a lavorare a Bologna, però ha trovato sicuramente un lavoro migliore! Spero che siate d'accordo :D
Ne approfitto per ringraziare tutti voi per seguirmi, avermi messa fra i vostri preferiti, per recensire questa storia! E spero di risentirvi presto <3
I mesi successivi alla prima estate
trascorsa insieme passarono in un battito di ciglia, giungendo agli inizi del
mese di Dicembre, il periodo dell’anno che Micaela più adorava.
La nostra scrittrice si rivelò essere una
professoressa ad hoc, grazie alla sua spontaneità e al metodo d’insegnamento
più fresco adottato, guadagnandosi la stima dei suoi studenti; soprattutto dei
maschietti che elogiavano la loro nuova prof anche per altri motivi.
Affrontare il ruolo di insegnante di
Italiano costrinse la giovane a rispolverare tutti gli autori della letteratura
italiana ed europea che i decreti ministeriali inserivano nei programmi
scolastici; alcuni dei quali non erano particolarmente amati dalla ragazza che
non nascose alle sue classi la scarsa simpatia provata nei loro confronti.
Micaela dava enorme spazio alla
creatività dei suoi studenti proponendo settimanalmente, soprattutto quando
l’ora di Italiano combaciava con la 5° o 6° ora, di leggere brani da loro
scelti e commentarli al resto dei loro compagni.
Scoprì ben presto che nelle classi si
nascondevano spesso veri talenti, sia per la critica che per la scrittura, e
volle potenziare questi aspetti.
Trovava che fosse fondamentale, così
come dettava la medesima costituzione, di dare spazio ed incoraggiare le
inclinazioni dei giovani, consentendo loro di guadagnarsi il loro “angolo”
dando sfogo alla loro attività inventiva e senso artistico.
Dedicò loro per tali motivazioni anche
parte del suo tempo libero organizzando corsi pomeridiani, a cui erano invitati
anche gli studenti delle altre sezioni, e assumendosi la responsabilità di dare
un’occhiata ai loro lavori.
Prese accordi con la Paolini, l’insegnante
di arte, con cui strinse un legame che andò ben oltre lo sterile rapporto fra
colleghi, organizzando il primo concorso scolastico di arte creativa.
Il primo premio consisteva nella
possibilità di scegliere il tema del murales che avrebbe dato vita alla nuova
facciata del liceo classico “Umberto Eco”, realizzato dagli stessi studenti in
collaborazione con Micaela e la Paolini.
Ovviamente non si scordò dei talenti in
fiore della scrittura; per i quali organizzò, con l’appoggio degli altri
docenti di italiano, il primo contest indetto dalla preside, durante la festa
di Natale organizzata dagli studenti, e che si sarebbe tenuto alla fine del
mese di gennaio.
Per l’occasione Micaela si raccomandò
con i suoi studenti di inviarle ogni nuova riga scritta alla sua casella e-mail
in qualsiasi momento, ricevendo anche e-mail da mezzo Istituto quando si
diffuse la voce della sua disponibilità.
La storia con Tommaso proseguì a
gonfie vele, agevolata dalla fortuna di aver avuto come giorno libero il tanto
invidiato lunedì che destò qualche lieve dissapore con i suoi nuovi colleghi
che lo avrebbero voluto per loro.
Anche il fisico riprese le sue
attività nel suo nuovo ruolo di detentore della cattedra di Meccanica,
affiancando anche il professor Bianchi nel laboratorio di fisica moderna.
Continuò con i ricevimenti allargati
anche durante il primo semestre nonostante il corso fosse previsto per il
secondo tempo.
Gentilezza piuttosto apprezzata dai
suoi studenti che nelle valutazioni sulla qualità dell’insegnamento diedero a
Tommaso punteggio pieno.
Non dimenticò della promessa fatta a
sua zia Sofia il luglio precedente e le presentò la sua nanetta durante il
ponte dell’Immacolata, che coincideva anche con il loro 6° mesiversario.
Sofia rimase entusiasta di Micaela,
invitandola addirittura a trascorrere il Natale con la sua famiglia; invito che
la scrittrice cordialmente reclinò desiderando raggiungere sua madre e sua
nonna per le feste.
Tuttavia, nonostante fosse felice
all’idea di trascorrere il Natale con la sua famiglia, provava un’insolita
punta di malinconia.
Non furono necessari molti sforzi da
parte di Micaela per capire le motivazioni, desiderava trascorrere la sua festa
preferita con il suo secchione.
Non aveva proposto però a Tommaso di
passare con lei le feste, giacché non voleva sembrare eccessivamente
appiccicosa ma quando vide la sua espressione entusiasta alla proposta di sua
zia, pensò che forse dopotutto non stava correndo troppo se gli chiedeva di
scendere da lei.
Dopo questa riflessione, decise di
proporglielo mentre rincasavano dopo una cenetta, in un ristorantino vicino il
Duomo, per festeggiare i loro primi sei mesi insieme.
“Tommy, ti va di scendere da me per
Natale?” chiese quasi mormorando.
Il fisico si voltò verso di lei e
sbatté le ciglia. “Vuoi presentarmi ai tuoi..?”
La scrittrice annuì leggermente
titubante. “Sempre se ti va, non sei costretto. Poi potremmo salire da te per
Capodanno” propose di modo che così avrebbero accontentato tutte e due le
famiglie.
Tommaso fece un’alzata di spalle e
sorrise. “Ho sempre voluto vedere le luci di Salerno!” trillò entusiasta.
La sua fidanzata rise. “Tommy, io sto
a Sorrento mica a Salerno!”
“Non possiamo andarci?”
“Oh, sì! Certo, se ci tieni..”rispose sorridente.
“Allora vuoi venire da me?” domandò
dinuovo sfoggiando il suo sorriso
migliore.
Lui si voltò verso di lei e le posò un
braccio attorno alle spalle, alzando poi il mento di lei verso il suo viso e
annuì. “Certo che ci vengo”
Micaela sorrise e gli scoccò un bacio
sulla guancia. “Fantastico!”
Il suo fidanzato sorrise a sua volta e
le diede anche lui un bacio sulle labbra.
Sarebbe stato un bellissimo Natale,
n’era sicuro.
*
Qualche giorno più tardi, Tommaso si
recò a casa sua per informare suo padre della sua decisione di trascorrere il
Natale con la sua fidanzata, di cui Osvaldo Parisi ignorava l’esistenza.
Trovò suo padre intento a sistemare una
sedia di legno in giardino e lo salutò in modo piuttosto laconico. “Ciao pa’ ”
L’uomo alzò lo sguardo verso di lui e
alzò un sopracciglio. “Dovrei conoscerti?” domandò freddo ritornando ai suoi
attrezzi.
Tommaso alzò gli occhi al cielo e
sbuffò. “Dai, pa’.. So che non vengo spesso, ma
l’università mi tiene impegnato, e..”
Osvaldo posò il martello e alzò una
mano per troncare sul nascere la sua giustificazione. “Sì, sì. Ormai sei
professore.. ”
“Il professor Parisi, è così che ti
chiamano?” domandò leggermente sarcastico.
“Non è cosa da poco essere professori
universitari alla mia età” tentò di dire il fisico.
Da tempo aveva rinunciato a provare di
impressionare suo padre che sembrava non interessarsi affatto dei suoi
traguardi.
Tuttavia, non poteva sopportare che
sminuisse anche il suo lavoro.
“Certo, Tommaso. Non mi permetterei
mai di dire il contrario” rispose ed entrò in casa, seguito dal figlio che
guardava per terra.
L’uomo andò in cucina e rovistò nel
frigorifero cercando una birra.
“Sai cosa non capisco di te? Mi riempi
di parole su cose che non sai che m’importano ma poi non mi racconti le cose
importanti..” esordì mentre stappava la
bottiglia.
Tommaso corrugò la fronte e gli lanciò
un’occhiata interrogativa.
“Parlo della tua fidanzatina, Tommaso”
affermò secco puntandogli addosso il suo sguardo severo.
Il fisico sgranò gli occhi. Come
faceva a saperlo?
“Me l’ha detto tua zia. A quanto pare,
lei ha avuto l’onore di conoscerla” riferì facendo una smorfia.
“Te l’avrei presentata questo
Capodanno” riferì prontamente il ragazzo.
“Ehm.. sempre se vuoi che ci uniamo a
voi” continuò con tono piuttosto incerto.
Il padre sollevò un sopracciglio e
guardandolo di sottecchi. “Perché non a Natale?”
“A Natale siamo da lei” spiegò
rimanendo sul vago.
“Potreste sempre raggiungerci dopo
mezzanotte” propose l’uomo mandando giù un sorso di birra.
“Non credo sia possibile. Micaela..”
“Micaela?” domandò Osvaldo perplesso;
non aveva mai sentito quel nome.
Il figlio annuì. “Suo padre l’ha
scelto. È argentino”
“Ah” affermò secco. “Lei ha la
cittadinanza?”
Il fisico rise. “Ovvio, pa’.. è nata in Italia e da madre italiana” raccontò divertito.
“Andiamo da sua madre infatti”
Osvaldo annuì e domandò di dove fosse
originaria la sua fidanzata, visto che ormai aveva capito che non fosse
milanese.
“È campana, di Sorrento..”
Suo padre serrò le labbra e inarcò un
sopracciglio. “Quindi la tua fidanzatina è mezza extracomunitaria e mezza
terrona?”
“Papà, ti prego. Non darle della
terrona” si spazientì il figlio che aveva sempre visto di mal occhio le
tendenze razziste che suo padre aveva sviluppato negli anni da quando si era
unito al partito leghista.
“È una cosa che non posso tollerare. Micaela è
una persona fantastica, oltre che intelligente..” si lanciò in un’arringa
difendendo la sua fidanzata, interrotta da suo padre.
“È così fantastica che in tutti questi
mesi non me l’hai nemmeno accennata?” domandò con un ghigno stampato sul viso.
“Sinceramente non te l’ho presentata
prima perché sapevo che avresti avuto da ridire. Ho aspettato che la cosa
diventasse più seria..” difese la sua relazione con ardore.
Osvaldo abbandonò la birra e si alzò per
appoggiarsi al tavolo di fronte al figlio che interruppe il contatto visivo
sentendosi in soggezione. “Ah, quindi è seria?”
Tommaso annuì e tenendo sempre lo
sguardo fisso sulle sue converse riprese a parlare: “Sì, a me piace davvero. Mi
fa sentire bene..”
Suo padre rise sarcastico. “Quindi ti
saresti innamorato?”
Nonostante l’acidità percepita nella
sua voce, Tommaso non poté fare a meno di sorridere, gli era inevitabile se si
parlava della sua fidanzata. “Sì e vorrei che per una volta fossi dalla mia parte”
“Vuoi la mia benedizione, Tommaso?”
chiese inclinando sottilmente il mento.
“No, vorrei che fossi felice per me.
Vorrei che per una volta non mi giudicassi..” rispose quasi urlando. Non
riusciva a credere che suo padre volesse rovinargli anche la sua storia con
Micaela.
La reazione del fisico colpì suo padre
che non si aspettava una simile presa di posizione.
Tommaso non aveva mai mostrato un
carattere fermo e deciso, aveva sempre subito i rimproveri senza mai alzare la
testa.
“Va bene, Tommaso, hai ragione”
affermò discostandosi dal tavolo e riprendendo la birra. “Chi sono io per dirti
con chi devi stare? Vuoi stare con questa Micaela? Stacci pure..”
“Io avrei piacere a presentartela.
Secondo me conoscendola anche tu..” provò a proporre suo figlio ma Osvaldo lo
bloccò.
“Per il momento lasciamo perdere..”
“Micaela viene da zia a Capodanno quindi
la conoscerai a prescindere” riferì il fisico e si alzò dalla sedia su cui era
seduto.
“Spero proverai a fare uno sforzo”
aggiunse e si avviò verso la porta di casa.
Non ne poteva di più di suo padre.
“Ciao papà” lo salutò senza ricevere
alcuna risposta da parte del signor Parisi che ritornò alla birra ed infine
uscì da casa sua.
*
Il ventidue dicembre come da
programma, i due fidanzatini si apprestavano a salire sul treno diretti verso
la terra natia della scrittrice, la bella Sorrento.
Durante tutta la notte in viaggio,
Tommaso non riuscì a schiacciare nemmeno un pisolino talmente si sentiva in
agitazione all’idea di conoscere la famiglia della sua fidanzata.
Sua zia, al pari di Daniele, lo aveva
tranquillizzato incoraggiandolo ad essere semplicemente sé stesso ma
soprattutto senza provare a strafare come al suo solito risultando poi
eccessivamente pesante.
Verso le quattro del mattino, Micaela
si destò dalla sua dormita e fece piccole circonvoluzioni massaggiando il collo
dolente per la pessima posizione assunta, si affacciò dal finestrino e notò che
erano alla stazione precedente quella di Napoli.
“Alla prossima dobbiamo scendere” gli
disse rivolgendo un sorriso al fisico che aveva gli occhi leggermente rossi per
la notte insonne.
“Non riesci a dormire in viaggio?”
domandò, difatti, la sua fidanzata notando la sua espressione.
Tommaso fece un cenno affermativo con
il capo e si stropicciò gli occhi. “Dormirò questa notte”
La giovane sorrise e gli scoccò un
bacio sulla guancia.
“Non vedo l’ora di presentarti mamma”
trillò entusiasta facendo un applauso e provocando un sorriso al suo fidanzato.
A quel punto, essendo quasi arrivati,
Tommaso tirò giù le valigie faticando con quella della sua fidanzata che si era
portata dietro mezza casa e si avviarono verso l’uscita del treno seguiti da
altri “emigrati” come Micaela che rientravano nei loro paesini per le feste.
Ad aspettarli a Napoli avrebbero
trovato Graziella che aveva insistito particolarmente sostenendo che, essendo
la prima volta di Tommaso in terra campana, bisognasse essere il più ospitali
possibile e dunque non avrebbero permesso che il suo ospite prendesse la
corriera per arrivare a Sorrento.
Quando il treno iniziò a rallentare,
l’agitazione di Tommaso prese il sopravvento e le gambe a tremare.
Mancava pochissimo ormai al fatidico
incontro con Graziella e deglutì.
Micaela accortasi del suo stato rise sotto
i baffi e posò una mano sul suo braccio. “Andrai benissimo, amore” lo
rassicurò.
In quel preciso istante, il treno
frenò e gli sportelli si aprirono, Tommaso saltò giù e afferrò le due valigie
che Micaela gli passava.
Si stavano avviando verso l’uscita
della stazione quando Micaela sentì qualcuno chiamarla a gran voce.
“Finalmente sei qua! Vieni dalla tua
mamma!” urlò Graziella correndo in suo incontro.
Micaela piegò la testa indicando il
fisico che sorrideva guardando la donna tendere le braccia verso sua figlia con
un sorriso a trentadue denti stampato sul volto.
Non appena la vide, Tommaso si accorse
subito dell’incredibile somiglianza fra le due, trovando che la sua nanetta
sarebbe diventata una bellissima donna a giudicare da sua madre.
Le due si abbracciarono dimenticandosi
del fisico che si guardava le scarpe leggermente imbarazzato passandosi una
mano sulla nuca per temporeggiare.
“Mamma, ti presento Tommaso” disse
prendendo il ragazzo per mano.
Le guance di Tommaso s’imporporano
all’istante facendo ridere Graziella che non ebbe dubbi sul fatto che fosse un
bravo ragazzo.
“Non essere timido, non mordo mica,
eh!” disse offrendogli la mano che Tommaso strinse.
“È un piacere conoscerla, signora Candiano”
“Il piacere è tutto mio, Tommaso”
“Dammi del tu e chiamami Graziella,
per favore. Signora Candiano mi fa sentire vecchia”
continuò
“Certo, Graziella”
A quel punto, terminati i convenevoli
di rito, i tre si avviarono verso il parcheggio dove Graziella aveva lasciato
la sua vecchia Peugeot.
Durante tutto il tragitto, la donna
non smise di parlare un secondo raccontando alla figlia gli ultimi pettegolezzi
del paese mentre Tommaso guardava il paesaggio scorrere.
S’innamorò subito del mare blu della
costa campana e immaginò come doveva essere bello trascorrere lì l’estate.
Molto probabilmente Graziella intuì i
suoi pensieri, non a caso, affermò: “D’estate è una meraviglia. Dovresti
venire”
Il ragazzo, accomodato al posto
accanto quello del guidatore, si voltò e annuì. “Senz’altro”
Poco prima di arrivare a casa di
Micaela, si fermarono al forno, a cui donna era solita vendere le sue crostate,
e acquistarono dei cornetti appena sfornati offerti da Graziella che non
permise a Tommaso di pagare.
“Offrirai un’altra volta” gli disse,
difatti, quando uscivano dal forno.
Una volta a casa Candiano,
una vecchietta dall’aria simpatica seduta all’ombra dell’olmo piantato in
giardino, venne in loro incontro.
“Ciao nonna!” la salutò tutta contenta
Micaela abbracciandola.
“Quanto sei bella, piccolè”
disse Lucia strizzandole una guancia con delicatezza.
Nel distaccarsi da Micaela, notò la
figura del fisico che trascinava le due valigie appena prese dal bagagliaio.
“È lui il ragazzo che ha rapito il tuo
cuore?” domandò con tono scherzoso indicando Tommaso che avvampò per la seconda
volta.
Micaela annuì e rise per la
definizione esagerata di sua nonna. “Sì, nonnì, lui è
Tommy”
Parisi abbandonò momentaneamente le
valigie e si avvicinò all’anziana offrendole la mano.
“Ma quale mano! Vieni qua” replicò
nonna Lucia abbracciando e sbaciucchiando il ragazzo che rimase un attimo
interdetto. Non si aspettava una simile accoglienza.
La scrittrice scoppiò a ridere alla
vista di Tommaso che era sempre più in rosso in viso e lo liberò dall’imbarazzo
invitando i due ad entrare in casa.
“Continui a sbaciucchiarlo dopo, nonnì” disse divertita.
Nel frattempo, Graziella aveva messo
la caffettiera sul fuoco e l’odore del caffè, tipico delle mattine in casa Candiano, si diffondeva per tutta la cucina.
Dopo aver abbandonato le valigie in
soggiorno, presero posto nella piccola e accogliente cucina dai mobili in legno
e con tanto di vecchio frigorifero giallo, che Tommaso aveva già notato nelle
fotografie appese nel “angolo dei ricordi” della sua nanetta.
Le due donne si rivelarono
estremamente gentili con il fisico a cui chiedevano in continuazione se gradisse
dell’altro e facendogli capire che quelle vacanze lo avrebbero rimpinzato di
cibo.
La nonna lo riempì di domande con
l’intenzione di conoscerlo meglio e facendo ridere la scrittrice
all’espressione leggermente disperata di Parisi che, avendo trascorso la notte
insonne, non era al top della forma.
Difatti, salvando il suo fidanzato per
la seconda volta, ricordò a sua nonna che avevano dormito malissimo quella notte
e che desiderassero andare a riposare.
“Oh, sì, certamente. Parliamo dopo,
caro” disse Lucia sorridendo.
Micaela prese per mano il suo
fidanzato e lo portò al piano superiore dove sua madre aveva già preparato la
stanza.
“Quindi dormiamo insieme?” domandò il
giovane entrando nella camera e notando il letto a due piazze.
La scrittrice scoppiò a ridere
tirandogli una scherzosa pacca sulla schiena. “Certo, scemo! Secondo te mia
mamma a ventisei anni m’impedisce di dormire con il mio ragazzo? Credo che se lo
aspetti che io e te facciamo sesso” affermò buttandosi sul letto.
Anche Tommaso la imitò sdraiandosi
accanto a lei.
“Noi non facciamo sesso, facciamo
l’amore” chiarì voltandosi verso di lei.
“Ma quanto siamo romantici!” lo prese
in giro lei girandosi sul fianco sinistro.
“Comunque a volte facciamo sesso..”
insistette lanciandogli uno sguardo malizioso che fece sorridere il fisico.
“Sì, a volte sì..” riconobbe pensando
alla volta che le aveva fatto saltare alcuni bottoni della sua camicetta dalla
fretta di spogliarla.
Improvvisamente la stanchezza del
viaggio gli crollò addosso e sbadigliò, posò la testa sul seno di Micaela, che
gli accarezzò i capelli, e fece un altro sbadiglio.
“Dai, dormi un po’ adesso..” sussurrò e
gli diede un bacio sulla testa.
Tommaso non se lo fece ripetere due
volte e si addormentò quasi immediatamente accoccolato alla sua fidanzata sul
comodo letto di casa Candiano.
*
Tommaso si svegliò sentendo le urla di
un venditore ambulante che invitava le gentildonne del quartiere ad affilare le
lame delle loro case. Con gli occhi ancora chiusi allungò il braccio verso il
lato di Micaela e toccò il vuoto.
Aprì gli occhi e realizzò di essere da
solo coperto da un plaid con una fantasia a rombi, controllò l’orologio e notò
che mancavano pochi minuti all’una. Aveva dormito la bellezza di quasi di
cinque ore.
Si stiracchiò grattandosi la schiena e
si alzò dal letto, ciondolò qualche secondo per la stanza notando diverse
fotografie che ritraevano la sua nanetta da piccola e pensò che fosse adorabile.
Una fotografia lo colpì in
particolare: era stata scattata sicuramente dopo un saggio di danza, come
dedusse guardando il tutù rosa indossato dalla sua fidanzata che non poteva
avere più di cinque anni.
Era in braccio a suo padre, Juan
Carlos, un uomo dalla carnagione olivastra piuttosto alto con una barba folta
scura, come i suoi capelli ricci, e dagli occhi color nocciola, come quelli
della sua bambina.
Accanto ai due, con il braccio posato
attorno ai fianchi dell’uomo, Graziella con il suo classico sorriso a trentadue
denti che ricordava moltissimo quello di sua figlia.
Era davvero una bellissima famiglia a
detta di Tommaso che nel vedere quel ritratto di famiglia percepì una punta di
malinconia.
Anche lui avrebbe voluto scattarsi una
fotografia simile con sua mamma.
Si allontanò dalle fotografie
collocate sopra la vecchia ed enorme cassettiera in legno e sbirciò un po’ la
libreria, anch’essa in legno, trovando qualche oggetto curioso che sicuramente
Micaela aveva comprato durante i suoi viaggi assieme a Giacomo.
Il suo sguardo venne catturato
dall’ampio finestrone affacciato sul mare e scostò le tende di colore beige
aprendolo per far cambiare l’aria dentro la stanza.
La brezza marina colpì subito il suo
viso e fece un profondo respiro riempiendo i suoi polmoni con quell’aria fresca
e pulita, diversa dallo smog tipico di Milano.
Era ancora affacciato alla finestra e
di spalle quando sentì qualcuno abbracciarlo da dietro cingendogli la vita.
“Buongiorno!” trillò Micaela mentre si
voltava verso di lei per scoccarle un bacio sulla guancia.
“A che ora ti sei svegliata?” le
domandò.
“Mmm.. forse le dieci! Sono andata con
nonna a fare la spesa e ho anche sistemato i vestiti nell’armadio mentre tu
russavi come un trattore” gli disse ridendo.
“Ho russato? Davvero?” chiese lui
sorpreso, non sapeva di russare.
La scrittrice annuì e aggiunse che non
era la prima volta che lo sentiva russare.
A quel punto, lo informò che il pranzo
era quasi pronto e lo invitò ad andare in bagno per sciacquarsi un attimo. Tommaso
obbedì ed andò subito a lavarsi per rendersi più presentabile.
Dopo il ricco pranzo preparato delle
due donne, il fisico accompagnò la sua fidanzata ad ordinare i pasticcini per
la vigilia e scoprì che casa Candiano si sarebbe
riempita con oltre venti persone, fra zii e cugini con rispettivi consorti e
figli, l’indomani sera.
La cosa lo lasciò esterrefatto,
essendo lui abituato a riunioni famigliari di non più didieci persone, e Micaela scoppiò a ridere
notando la sua espressione.
“Noi siamo sempre in tanti. Ti ci
abituerai” gli disse scoccandogli un bacio sulla guancia.
Beh, se non altro, non si sarebbe
annoiato, come ebbe modo di verificare lui stesso il giorno dopo.
*
Tommaso non rise mai così tanto nella
sua vita come accadde quella vigilia di Natale trascorsa a casa Candiano.
I parenti della sua nanetta, così come
anche gli amici invitati da Graziella, lo accolsero a braccia aperte facendolo
sentire in famiglia fin dal primo istante.
Durante il cenone, lo zio di Micaela,
Enrico, si abbandonò ad un monologo interamente in dialetto napoletano sulle
differenze fra l’uomo e la donna che fece scompisciare il fisico che non ebbe
bisogno, a dispetto di quanto credeva, di un traduttore per capirlo. La
gestualità di Enrico era abbastanza chiara.
Ovviamente tanto Graziella quanto
nonna Lucia si premurarono di riempire il piatto del giovane ogni volta che lo
vedeva vuoto finché Tommaso non fu costretto a chiedere pietà fra le risate
degli invitati.
Non ne poteva più di mangiare.
Durante il brindisi di mezzanotte,
domandarono al giovane di tenere un discorso, essendo una tradizione della
famiglia Candiano, e per poco non ebbe un infarto.
“Mmm.. io.. ecco, non credo di esserne
capace..” balbettò cercando con lo sguardo Micaela perché lo salvasse
dall’imminente disastro senza però trovare il suo appoggio.
“Dai, Tommy, sei un prof! Non dirmi
che non sai tenere un discorso in pubblico” lo rimbeccò ridendo.
Tommaso squittì e si schiarì la gola
guardando sempre con la coda dell’occhio la sua nanetta e provò a parlare:
“Mmm.. sinceramente credo che vi deluderò alquanto, però ci provo.. Vi
ringrazio moltissimo della vostra accoglienza e non vi nascondo che la cosa mi
ha stupito”
“Credo di capire ora i discorsi dei
miei colleghi del Sud riguardo la freddezza del Nord. Avevo sempre pensato che
esagerassero ma, di fronte alla vostra gentilezza mostratami, nonostante io per
voi non sia che un perfetto sconosciuto, non posso che confermare. Vi ringrazio
di cuore..”
Al termine del discorso, i Candiano, inteneriti dal Milanese, soprannome affibbiato al
fisico dall’inizio della serata,fecero
un piccolo applauso mentre Micaela lo raggiunse e lo abbracciò stretto facendo
squittire Graziella che era un’inguaribile romantica, proprio come la figlia.
Dopodiché, allestirono i tavoli per
passare alla parte preferita della serata, ovvero i giochi da tavolo,
propendendo per il “Mercante in Fiera” e la famigerata Tombola.
Tommaso ne approfittò per chiamare la sua
famiglia e si allontanò qualche minuto.
Il telefono squillò più volte finché
Sandra non rispose. Dall’altro capo della linea, si sentiva un gran baccano che
incuriosì il fisico.
“Sandra? Ma dove siete?” chiese
infatti.
“Siamo in piazza.. Abbiamo deciso di
unirci a dei nostri amici per vedere insieme i fuochi” spiegò laconica.
“Ah, ok.. Volevo salutare papà”
“Sì, un attimo che te lo passo”
Qualche secondo più tardi, Sandra
riprese il telefono informando il giovane che suo padre si era allontanato un
attimo per accompagnare un suo amico al bar.
“Capito.. Va bene, digli che ho
chiamato” rispose il fisico e riagganciò.
Sentì subito una profonda tristezza,
aveva capito che suo padre non avesse apprezzato più di tanto che trascorresse il
Natale a casa di Micaela, però non pensava che potesse addirittura giungere a
tanto, decidendo di negargli gli auguri.
Si appoggiò al muro del corridoio e
sospirò a lungo; in quei momenti sentiva più che mai la mancanza di sua madre,
di quella madre che non aveva mai visto, se non in fotografia, e sentì gli
occhi inumidirsi.
Avrebbe voluto essere con lei in quel
momento e presentarle Micaela, certo che sua madre l’avrebbe adorata, per
festeggiare insieme il Natale e tutte le altre feste del nostro calendario.
Avrebbe voluto festeggiare con lei il
suo compleanno.
Avrebbe voluto essere con lei ogni
singolo giorno della sua vita e raccontarle della sua prima cotta, del suo
primo amore non corrisposto, della sua prima ragazza, dei suoi esami, dei suoi
progetti per il futuro. Avrebbe tanto voluto che le cose fossero andate
diversamente, che sua madre fosse sopravissuta al parto per potersi prendere
cura di lui e di Osvaldo.
Tutto sarebbe stato diverso nella sua
vita se lei fosse stata viva, suo padre non lo avrebbe mai odiato o disprezzato.
Non gli avrebbe mai reso la vita impossibile, come aveva fatto finora.
A quei pensieri, gli fu impossibile
trattenere una lacrima che scivolò lungo la guancia e si chiuse in bagno.
Appoggiato con entrambe le mani al
lavandino, scoppiò in lacrime come poche altre volte nella sua vita.
Il suo corpo fu scosso dai singhiozzi
mentre diceva quella frase che raramente riusciva a pronunciare ad alta voce: “Mamma,
mi manchi tanto..”
In quel preciso istante, sentì bussare
alla porta del bagno e cercò di riprendersi sciacquandosi il viso.
“Un attimo”
Quando fu sicuro di essersi ripreso,
aprì la porta trovandovi Micaela che si preoccupò, non appena lo vide.
“Amore, cos’è successo?” domandò,
difatti, posando una mano sul suo viso.
Il labbro di Tommaso tremò e sentì
nuovamente le lacrime vicine ma prontamente le ricacciò indietro. Non aveva mai
pianto di fronte a nessuno, non amava farsi vedere così vulnerabile.
“Ho litigato con mio padre..” accennò
laconico facendo spallucce.
Micaela annuì e lo abbracciò stretto
posando un bacio sulla fronte. “Vuoi andare a letto?” gli chiese rimanendo
sempre abbracciata a lui.
“E tu non vuoi andare con loro?” le
domandò, non voleva assolutamente rovinarle la serata.
“Tommy, è da quando sono piccola che
facciamo le stesse cose. Credimi, per un anno posso farne a meno” lo rassicurò
posando un bacio sulla guancia.
Tommasole fu grato, non aveva affatto voglia di
uscire dopo quella telefonata, però non voleva fare la persona maleducata
perciò ritornò in soggiorno mano nella mano con Micaela e giocò ad un paio di
partite di Mercante in Fiera assieme agli altri finché questi non proposero il
solito giro nella città e Micaela, adducendo ad un mal di stomaco, reclinò
l’invito a nome di entrambi.
“Allora a domani!” li salutarono tutti
lasciando la giovane coppia e nonna Lucia a casa.
I due aiutarono un po’ Lucia a
sistemare la cucina e il soggiorno ed infine salirono in stanza augurando la
buonanotte alla nonna che dormiva al piano di sotto, avendo difficoltà a salire
le scale.
*
“Tommy, sei sicuro che sia tutto ok?” chiese
una seconda volta mentre gli accarezzava i capelli dolcemente. Il cambiamento
d’umore nel suo fidanzato non poteva essere dovuto solo ad una semplice
litigata al cellulare.
Tommaso, sdraiato su di lei con la
testa poggiata sul suo seno mentre giocava anche luicon le punte dei suoi capelli, alzò lo
sguardo verso di lei e boccheggiò, non sapeva da dove cominciare.
Alla fine, optò per una semplice frase
che avrebbe spiegato ogni cosa.
“Mi manca mia mamma..” confessò a
bassa voce.
Micaela alzò il suo mento verso di lei
e gli accarezzò la guancia. “Vuoi parlarne?”
Lui annuì e si accoccolò nascondendo
un po’ il viso, molto probabilmente non sarebbe riuscito a trattenere una
lacrima e preferiva che Micaela non se ne accorgesse.
“A volte mi domando come sarebbe stato
vivere con lei, avere una mamma, insomma.. Sandra si è presa cura di me ma
credo che sarebbe stato diverso, no?”
“Non lo so, io ho sempre sentito la
sua mancanza anche se non l’ho mai conosciuta.. Nemmeno mia mamma mi ha mai
visto, sai?” nel pronunciare quella frase la voce divenne malferma, tremante
per l’emozione.
“È andata subito in arresto cardiaco
ed è morta prima ancora di potermi tenere in braccio..”
Anche Micaela sentì gli occhi
inumidirsi e un grappolo formarsi in gola, avvertì una profonda tristezza per
Tommaso e lo strinse di più a sé.
“Mia zia mi ha raccontato che mia
mamma sapeva che non sarebbe sopravvissuta al parto, però non volle rinunciare
a me. Mi aveva comprato un peluche, è un orsacchiotto.. e ci dormì insieme per
quasi tutta la gravidanza perché voleva che prendesse il suo odore così che io
avessi qualcosa di suo, e mi sentissi in qualche modo vicino a lei..”
“Ancora lo conservo, ormai non profuma
più, ma ricordo che quando ero piccolo, ci dormivo abbracciato. Aveva ragione
mia mamma, è stato un po’ come averla vicina. Lo abbracciavo anche quando ero
triste, quando sentivo troppo la sua mancanza, e trovavo un po’ di sollievo..”
le raccontò e una lacrima scivolò lungo la guancia.
“Si chiama Bubu..
Anche tu sei un po’ come Bubu… Quando sono con te,
passa tutto..” le confessò.
Micaela si commosse e posò un bacio
sulla sua testa. “Io ti guarderò sempre le spalle e non solo perché sono più
bassa di te” sussurrò facendo una battuta per sdrammatizzare.
Tommaso rise a quella battuta e la
baciò sussurrando un flebile “grazie”.
Rimasero in silenzio abbracciati,
ascoltando l’uno il respiro dell’altra, finché non si addormentarono per la
stanchezza.
Quella notte, il giovane sognò sua
mamma dopo diverso tempo che non accadeva. Passeggiarono insieme per il parco
di fronte al suo appartamento, a Milano, e mangiarono insieme un gelato.
Poco prima della fine del sogno,
Tommaso chiese a sua madre di restare ancora, non voleva che andasse già via.
La donna gli accarezzò la guancia e lo
abbracciò stretto. “Sono sempre con te, Tommaso. Non dimenticarlo mai..”
sussurrò al suo orecchio e, in quel momento, il giovane si svegliò.
*
Gli ultimi due giorni a casa Candiano trascorsero velocemente, fin troppo per la
scrittrice che avvertì una forte nostalgia al momento della partenza.
Al punto che poco prima Tommaso le
propose di rimanere qualche altro giorno se voleva e lei accettò
immediatamente.
Alla fine partirono il ventinove sera,
arrivando a Milano la mattina del trenta, si fermarono a casa di Tommaso e
Daniele, che era partito in vacanza il giorno precedente per festeggiare il
Capodanno a SharmElSheik, e l’indomani pomeriggio raggiunsero la zia Sofia per
aiutarla con i preparativi per la serata.
Micaela portò con sé la famigerata
mozzarella di bufala e altre leccornie campane, su insistenza della madre, che
desiderava caldamente che i Milanesi avessero un assaggio della terra campana.
Verso le otto di sera, arrivarono i
restanti invitati, ovvero Osvaldo e sua moglie Sandra e la sorella di Damiano,
lo zio di Tommaso, con la propria consorte e sua figlia di otto anni.
Il freddo saluto che Osvaldo Parisi con
aria di sufficienza rivolse a Micaela, quando questa allegramente si presentò,
non sfuggì a Sofia che lo fulminò con lo sguardo, promettendosi di riprenderlo
più tardi.
Anche Tommaso ebbe un sussulto nel
vedere la scena, soprattutto quando scorse il dispiacere negli occhi della sua
fidanzata, che desiderava caldamente di piacere al signor Parisi.
Sandra assunse il ruolo di mediatrice
fra padre e figlio, come aveva già fatto tante altre volte nel passato, e fermò
suo marito per parlargli in privato poco prima dell’inizio della serata e
precedendo la cognata.
“Che intenzioni hai?” l’apostrofò
guardandolo dritto negli occhi.
L’uomo fece spallucce e provò ad
allontanarsi ma fu presto bloccato della donna.
“A me sembra una brava ragazza, sta
facendo di tutto per piacerti e una cosa sicura è che tuo figlio n’è davvero
innamorato. Qual è il tuo problema?” chiese fredda assumendo un’espressione
adirata, come mai prima d’ora.
Era molto affezionata a Tommaso che
conosceva da quando ero piccolissimo; aveva sempre giustificato la severità
dell’educazione di Osvaldo vedendola come un modo per renderlo più forte,
spesso s’era scontrata con il marito per i suoi rimproveri insensati e litigato
con lui per quella totale mancanza di tatto che aveva mostrato nel bistrattare
il figlio che aveva sempre cercato la sua approvazione.
Osvaldo sostenne lo sguardo di sua
moglie e rimase in silenzio, non aveva nulla da dire.
“Comportati da padre almeno oggi” lo
rimproverò e ritornò nel soggiorno.
In quel momento, comparve sua cognata
che aveva assistito alla conversazione in disparte; la donna gli rivolse
un’occhiata gelida affermando un “ha pienamente ragione” e ritornò anche lei
dai suoi invitati.
“Andassero tutti al diavolo..” sbottò
Osvaldo.
Prese la giacca intenzionato ad uscire
da casa di Sofia, non aveva alcun desiderio di dividere la cena con loro.
Mentre stava per uscire, Tommaso lo
raggiunse, afferrandolo per un braccio, seguito da Sandra che si morse un
labbro pensando che la situazione stava per precipitare del tutto.
“Dove stai andando?” gli domandò il
figlio tentando di mantenere il tono più calmo che gli riuscì.
Dentro si sentì morire, aveva sperato
fino all’ultimo che suo padre provasse a conoscere Micaela, che le desse una
piccolissima possibilità di farsi scoprire.
Invece suo padre aveva già deciso che
quella ragazza non sarebbe mai diventata nulla per lui e che non ne valesse la
pena di conoscerla meglio. Tutto ciò che secondo il suo parere si poteva
apprezzare inlei era il suo aspetto
grazioso, senza alcun dubbio ma pur sempre ordinario.
“Lasciami, Tommaso. Io non ho
intenzione di rimanere qui a scambiarmi cortesie con una terrona!” lo aggredì
strattonandolo.
Quell’affermazione ferì il fisico che per
un secondo vacillò. Si voltò e notò Micaela, che abbassava lo sguardo per terra
fingendo indifferenza, e deglutì rumorosamente.
Pochi secondi più tardi, si udì la
porta d’ingresso chiudersi in un tonfo e calò il silenzio, anche Sandra rimase
pietrificata dalla reazione di suo marito.
Non avrebbe mai creduto che sarebbe
arrivato a tanto e la cosa gli provocò un forte senso di colpa, soprattutto nei
confronti di Micaela che continuava a tenere la testa bassa senza proferire
parola.
Tommaso la raggiunse e l’abbracciò.
“Non sei tu il problema, amore. Mio padre odia me non te” confessò a voce
bassa.
Fu allora che Beatrice, la cugina di
Tommaso, intervenne suggerendo di accomodarsi al tavolo giacché la cena era
ormai pronta.
Tutti finsero un sorriso e
proseguirono la serata sforzandosi di comportarsi nel modo più normale
possibile senza averne la minima voglia.
Quel primo e disastroso incontro
lasciò un sapore amaro in bocca spingendo Tommaso alla decisione di mantenere
un rapporto il più distaccato possibile, portandolo ai limiti del formale, con
il padre riservandogli la stessa freddezza che aveva mostrato a lui nel corso
degli anni.
Anche Sandra quella sera prese una
decisione che cambiò completamente la sua vita; difatti, due mesi più tardi,
fece le valigie, lasciando la casa dove aveva convissuto per oltre un ventennio
con Osvaldo, dopo aver chiesto il divorzio.
Micaela invece non vide più il signor
Parisi per diverso tempo, scordandosi della sensazione d’inadeguatezza che
quelle fredde e maligne parole le avevano suscitato.
Tuttavia, le loro strade si sarebbero
rincontrate e Micaela avrebbe giocato un ruolo fondamentale nella conclusione
della guerra fredda, che ebbe inizio quel Capodanno, fra i due Parisi.
Salve care lettrici!
Vi ringrazio per seguirmi, per avermi messa fra le preferite, ricordate, seguite :D Per commentare questa storia e aspettarmi tutte le volte u.u questo capitolo è molto importante, ha qualche passaggio che è bene ricordare e tenere a mente perchè senz'altro nel futuro ritorneranno.
Spero che vi sia piaciuto e commentiate con le vostre riflessioni al riguardo!
Ovviamente, sono consapevole che non tutte le persone ragionino come Osvaldo nella bellissima città di Milano; anzi, forse ce ne sono sempre meno, ma ai fini narrativi mi serviva trovare un espediente!
Grazie ancora per seguirmi e alla prossima!
PS: sto lavorando a Taking e ci vuole poco, pochissimo! Quindi presto avrete mie notizie :p
Il mese di Gennaio trascorse in un
batter d’occhio fra gli impegni di Micaela e quelli di Tommaso che ritornarono
nelle rispettive postazioni da insegnanti.
Difatti, la nostra scrittrice ebbe un
mese movimentato fra compiti in classe, interrogazioni e lezioni, a cui si
aggiunsero anche le diverse bozze da correggere che gli studenti inviavano per
l’imminente contest che si rivelò un successo, al pari del concorso di arte
precedentemente tenuto.
Il tema scelto per il murales, che
avrebbe avuto inizio nel mese di Aprile con l’arrivo della primavera, fu la “libertà
in tutte le espressioni”, tematica anche al centro del racconto che vinse il
primo contest organizzato dal liceo classico “Umberto Eco”.
Tommaso fu invece impegnato con la
sessione d’esame e con le ultime ore del laboratorio di Fisica moderna, che erano
slittate nel mese di Gennaio.
Infine, giunse il mese di Febbraio
che per i due significava soprattutto il festeggiamento del loro primo San
Valentino insieme.
Tommaso non amava molto questa festa,
che considerava l’ennesima trovata commerciale e consumistica della nostra
epoca. Tuttavia, non voleva deludere la sua nanetta che adorava
all’inverosimile questa ricorrenza, essendo il suo un animo romantico.
A quel punto, i pensieri del fisico
furono rivolti principalmente all’organizzazione di una bella e perfetta
serata.
“Parri, tu hai lo stesso spirito
romantico di un calabrone. Secondo me è meglio che organizzi lei la vostra
uscita” commentò Ambrosi con tono scherzoso facendo spallucce mentre il fisico
gli esponeva la sua idea.
“Ma lei invece vuole che io le faccia
una sorpresa..” si lamentò l’altro mentre si alzava dal divano dov’era seduto
per procurarsi una birra.
“Tu ne vuoi una?” domandò all’altro
con la testa infilata nel frigorifero.
“No, grazie.. Comunque sarà un
disastro se te ne occupi tu” affermò e scoppiò a ridere.
“Grazie per la fiducia, Ambrosi! Sul
serio.. Tu invece che sei un perfetto gentleman, cosa faresti?” domandò
sarcastico sorseggiando la sua birra.
Ambrosi rimase un attimo
sovrappensiero ed infine scosse un dito in aria. “Pic-nic in qualche collina e
cavalcata al tramonto” disse facendo spallucce.
Il fisico corrugò la fronte e fece
una smorfia. “Mmm.. però! Per essere uno che non ha il minimo rispetto delle
donne, bisogna ammettere che hai fantasia”
Ambrosi sbuffò e lo incenerì con lo
sguardo. “Io ho rispetto delle donne!”
“La mia idea è degna delle commedie
romantiche che la tua ragazzetta adora, anche se la vedo dura, insomma tu non
sai cavalcare, o meglio non i cavalli” proseguì lanciando un’occhiata maliziosa
al coinquilino che scosse la testa divertito.
“Proponi qualcos’altro.. Confido
nella tua magnificenza!” lo adulò fintamente.
“Mmm.. di sicuro, non devi fare le
solite cose scontate come il mazzo di fiori e le scatole di cioccolatini, o
perlomeno non limitarti solo a quelle. Preparale una cenetta, crea
l’atmosfera..”
“Ma poi, Parri, io che ne so.. Non è
che festeggio San Valentino” tagliò corto ritornando sulla sua serie tv.
“Prima suggerisci cavalcate al
tramonto e romantici pic-nic in collina e ora mi abbandoni così? Bah! Sei
pessimo, Dani..” lo rimbeccò allegramente.
Dopodiché il fisico ritornò nella sua
camera per parlare con Micaela, magari lei stessa gli dava qualche suggerimento
sull’appuntamento da sogno che avrebbe dovuto organizzare.
*
Giunse il giorno di San Valentino e
Tommaso aveva ormai pronto tutto. Sapeva che la sua sorpresa avrebbe lasciato
senza parole la sua nanetta.
Immaginava già l’espressione
meravigliata e stupita, gli occhi e la bocca ridenti quando avrebbe potuto
ammirare il suo lavoro.
Aveva pensato a lungo a come rendere
quel San Valentino unico e speciale, convinto che non si sarebbe mai impegnato
così a fondo se non fosse stato per accontentare Micaela.
In quel momento, avrebbe dovuto aver
già ricevuto la lettera contenente le indicazioni di quanto sarebbe dovuto
avvenire quel pomeriggio, Tommaso si trovava in un alberghetto molto rustico e
accogliente sui Colli Bolognesi, dove avrebbero passato la notte.
Prima avrebbero fatto un pic-nic,
così come aveva suggerito Daniele, ricco di leccornie e dolciumi, preparati in
parte da Tommaso, in parte dal forno, dove il fisico era solito servirsi.
Alle dodici in punto, scese ad
attendere l’arrivo della scrittrice con la sua cesta di vimini e un plaid
posato sul braccio.
Aveva chiesto a Giacomo di darle uno
strappo fino all’alberghetto con la sua automobile, considerando il costume
ingombrante che avrebbe dovuto indossare Micaela.
Sì, la nostra scrittrice sarebbe
stata mascherata. Il fisico aveva previsto un pic-nic fuori dall’ordinario, in
stile ottocentesco, per rendere onore alla passione della ragazza.
Anche lui indossava un costume: come
un vero gentleman degno della Austen, l’abito gli conferiva un’aria signorile, enfatizzata
dal cappello a cilindro che copriva gran parte dei suoi ricci pettinati per
l’occasione.
Quando Micaela lo vide, rimase
incantata e trovò che fosse delizioso, avvolto nella sua marsina in taffetas di seta blu, la cui allacciatura
in doppiopetto era ornata da una fila di piccoli ed eleganti bottoni in ottone,
portata aperta, di modo da mostrare il panciotto sottostante, più chiaro della
marsina, a rispetto dei dittami della moda ottocentesca, anch’esso in seta e a
strisce finissime di colore azzurro.
Anche lui rimase affascinato dalla
bellezza della sua fidanzata e ne fu più certo, se la credenza della
reincarnazione fosse veritiera, Micaela sarà stata una duchessa in una sua vita
precedente.
Indossava un abito azzurrino con
ricami in pizzo bianco che ornavano gli orli dell’ampia gonna, che ondeggiava
ad ogni passo; il corpetto aderente, sempre in colore azzurro, era abilmente
lavorato e seguiva la linea corporea della scrittrice, mettendo in evidenza il
seno.
Portava un cappellino molto grazioso
con piccoli fiocchetti azzurri, che da cui sfuggiva qualche ricciolo ribelle che
ricadeva sulla sua fronte, mentre le mani erano coperte da graziosi guanti in
pizzo bianco.
Tommaso le andò incontro offrendole
il braccio dopo averle rivolto un piccolo inchino.
“Manca solo il baciamano” commentò
scherzando la scrittrice che ancora non riusciva a credere a quanto impegno il
suo fidanzato avesse apposto per escogitare quell’uscita.
“Scusate, milady, credo di aver
dimenticato” rispose con lo stesso tono e continuarono a camminare finché non
giunsero al verde prato, coperto da piccole margherite leggermente avvizzite
dall’inverno.
“Ma come ti è venuto in mente?” gli
domandò ancora incredula mentre Tommaso estraeva dalla cesta le due torte
salate con diverso ripieno e le posate di plastica.
Il fisico scrollò le spalle. “Volevo
renderlo un po’ diverso. Dopotutto, siamo Elizabeth e Darcy” rispose
sorridendo, anche Micaela sorrise trovando che quel paragone fosse azzeccato.
Lui stappò la bottiglia di spumante
che versò nelle coppette e ne allungò una alla giovane.
“Un brindisi a noi?” propose intanto
che lei afferrava la sua.
Le coppette di colore blu si
toccarono mentre i due si guardavano dritti negli occhi, ridenti ed esprimenti
l’amore che l’uno provava verso l’altra.
“Ti adoro, piccola” mormorò avvicinandosi
di più al viso. I loro fiati si confusero e presto le loro labbra si cercarono,
lei buttò le braccia attorno al collo e si abbandonò a quel bacio.
Con le labbra appoggiate al suo
orecchio e una mano posata sul panciotto a giocare con i bottoni, sussurrò:“Anche
io ti adoro”
*
Stavano mangiando la frolla con il
ripieno di ricotta e mirtilli, quando il cellulare di Micaela prese a
squillare.
La scrittrice decise di ignorarlo
desiderando, infatti, dedicarsi solo al suo secchione, tuttavia, qualche minuto
più tardi, fu richiamata e fu costretta a rispondere.
“Giachi, ma si può sempre che c’è?”
rispose leggermente scocciata mentre Tommaso la osservava divertito.
“Muoviti, Miche, Fede sta partorendo!” suonò concitata la voce dell’altro nell’orecchio di
Micaela.
La ragazza spalancò la bocca per la
sorpresa e sgranò gli occhi. “Oddio! Davvero? E tu che ne sai?”
“Mi ha chiamato Elena poco fa! Era con lei quando si sono rotte le acque.
Dai, muoviti! Non c’è tempo da perdere.. io sono già per strada, fra meno di
cinque minuti sarò da voi” con quella frase, il filosofo concluse la telefonata e Micaela rimase
sbigottita, sbattendo le ciglia, con il telefono ancora in mano.
“Fede sta partorendo” affermò quando
riuscì a riprendere il controllo delle sue azioni.
Anche Tommaso sgranò gli occhi
attonito. “Dobbiamo andare a cambiarci allora”
Lei scosse la testa. “Non c’è tempo!
Giacomo sta già venendo qua..” iniziarono a raccogliere i vari piatti che
posarono nuovamente nella cesta e corsero verso la reception dell’albergo dove
lasciarono il loro pic-nic consumato a metà.
Uscirono dall’albergo con i loro
abiti ottocenteschi indosso e Giacomo era già lì.
“Su, muovetevi” li incitò a salire in
auto appena li vide.
I due si affrettarono a sistemarsi e
il ragazzo partì a tutto a gas, diretto all’ospedale, dove già Federica era in pieno
travaglio.
Scesero davanti all’ingresso,
precedendo Giacomo che andò a trovare parcheggio, e si sentirono subito gli
sguardi incuriositi delle persone puntati addosso mentre si muovevano a passo
svelto verso la reception per domandare del reparto di Ostetricia e
Ginecologia. D’altronde, due vestiti in quel modo assurdo non capitavano tutti
i giorni.
La receptionist alzò lo sguardo dal
foglio che stava compilando e inarcò sottilmente un sopracciglio quando i suoi
occhi si posarono sulla giovane coppia. “Vorremmo sapere dov’è il reparto di
Ostetricia” domandò amabilmente Micaela facendo un sorriso.
“Secondo piano dell’edificio A”
indicò la porta sul cortile da cui si accedeva all’edificio e ritornò alla sua
cartella.
“La ringrazio” biascicò Tommaso senza
ricevere la benché minima attenzione e si avviarono velocemente verso l’edificio
A, dopo aver avvertito Giacomo con un messaggio dell’ubicazione del reparto.
Giunti al suddetto piano, domandarono
dove fosse la sala d’attesa, citando anche il nome della partoriente, ad
un’infermiera di turno, che non nascose il suo stupore nel vederli.
“Oh! La signorina Sturiano è già in
sala parto. Sua madre è dentro, voi potete accomodarvi qui” spiegò loro
indicando la porta a vetri alle sue spalle che divideva la hall dalla sala
d’attesa.
“Grazie mille. Arrivederci” la salutò
Micaela e insieme a Tommaso presero posto nella saletta dove pochi minuti più
tardi entrò Giacomo a braccetto con Elena, amica di entrambi, incontrata nelle
scale.
“Ci siamo!” squittì Elena e subito
dopo informò la scrittrice degli ultimi avvenimenti di quella giornata.
Mentre aspettavano, le ore sembravano
non passare mai. Ad ogni rumore, le quattro teste si levavano fissando la
porta, da cui sarebbe uscita la signora Sturiano per presentare il nuovo
arrivato. Sapevano che sarebbe stato un maschietto.
Micaela, entrata ormai in uno stato
di completa agitazione, camminava avanti e indietro, strisciando l’ampia gonna
del suo costume sul limpido pavimento.
Era di spalle alla porta, quando
questa si aprì lasciando passare la madre di Federica che richiamò la loro
attenzione.
La donna aveva un grosso sorriso stampato
sulle labbra e le guance colorate da un lieve rossore, con gli occhi
leggermente commossi annunciò l’arrivo di Matteo, il suo primo nipote che
portava il nome del suo bisnonno. “Venite nella stanza!” li invitò sparendo nel
corridoio del tranquillo ed immacolato reparto.
Quando entrarono nella camera, un
sorriso non poté non fare capolino sulle loro labbra nel vedere Federica
cullare il neonato, avvolto nella sua copertina azzurra, con premura.
La sua espressione mostrava una
marcata stanchezza ma gli occhi chiari, come il cielo d’estate, erano vivaci e
lucenti.
Sollevò il capo sorridendo ai nuovi
arrivati e chiamò Micaela. “Guarda, Matte, è venuta la zia Micaela a vederti”
sussurrò al bambino posando un bacio sulla testolina del bebè.
Micaela si premurò a prendere fra le
braccia il batuffolo di lana azzurra e lo cullò mentre una lacrima scivolava
lungo la guancia; il profumo della pelle del piccolo, misto a quello del borotalco,
giunse alle sue narici facendola sorridere.
“Ciao, piccoletto!” sussurrò al suo
minuscolo orecchio mentre con un dito accarezzava la sua soffice guancia.
Il viso era ancora rosso e
l’espressione un po’ sofferente per lo sforzo del parto, tuttavia quel piccolo
esserino fece presa immediatamente nel cuore dei presenti quando lo presero in
braccio.
Tommaso avvertì un leggero imbarazzo
quando la neomamma suggerì di prenderlo, non gli sembrava appropriato ma la
giovane insistette e il neonato venne adagiato fra le sue braccia.
La sua fidanzata, guardandolo con il
bimbo fra le braccia, s’intenerì ed immaginò come sarebbe stato se anche loro
avessero un figlio.
Non ci aveva mai pensato prima, la
maternità era qualcosa su cui non aveva ancora riflettuto seriamente, non
sentendosi affatto pronta per affrontarla; eppure, quella scena fece scattare
qualcosa dentro di lei, una piccola scintilla s’accese ed improvvisamente quel
pensiero si fece più vivido, cessando di essere una remota possibilità.
Il neonato era tornato fra le braccia
della sua mamma quando Giacomo con un palloncino e un mazzo di rose rosse che
vennero prontamente afferrate dalla signora Sturiano. “Oddio! Ma è bellissimo!”
esclamò ridendo come un matto. “Fatti vedere! Ma ciao, piccoletto”
Parlava al bebè facendo le vocine che
fecero ridere i presenti che si lasciarono sfuggire un prolungato “ooh” quando
il neonato emise un suono fievole aprendo leggermente gli occhietti.
“Sei bellissimo! Sei già più bello di
tua mamma!” disse lanciando un bacio a Federica che sorrise scuotendo la testa.
Micaela si avvicinò a lei e posò una
mano sulla sua. “Come stai?” le domandò accarezzando con l’altra mano i suoi
capelli biondi raccolti in una coda bassa.
“Benissimo” nella voce non si percepì
alcun rimpianto o tristezza, anzi si celava una vena di sicurezza che fu
confermata dallo sguardo fiero, puntato sulla creaturina appena venuta al
mondo.
Sapeva fin dall’inizio che Fiorini
non sarebbe mai venuto ad assistere alla nascita di suo figlio o anche solo a riconoscerlo;
era stato fin troppo chiaro quel pomeriggio di ormai cinque mesi fa quando la
licenziò, lasciandola in mezzo alla strada, nonostante portasse nelgrembo il suo bambino.
Federica aveva pianto disperatamente
per mesi, dandosi la colpa di quanto accaduto, maledicendo sé stessa per aver
ceduto a quell’attrazione, che si era rivelata il peggior sbaglio della sua
vita.
Tuttavia, quella relazione, che non
aveva alcun motivo di nascere, le aveva regalato il dono più grande della sua
vita: suo figlio.
Lo aveva capito dalla prima volta che
aveva avvertito lo sfarfallio dentro il pancione, che divennero calci nei corsi
dei mesi, quando lo vide per la prima volta tramite il monitor dell’apparecchio
dell’ecografia e poté sentire il suo cuoricino battere velocemente.
Anche il suo aveva preso a battere di
nuovo e quella gravidanza fu la sua salvezza; Matteo rappresentava per lei un
nuovo inizio, grazie al quale, scoprì di avere una forza di volontà, di cui non
si credeva nemmeno capace.
Sarebbero andati avanti sostenendosi
a vicenda, senza guardarsi mai indietro ad implorare aiuto, trovando la loro
strada lontano da Luca Fiorini.
La giovane era immersa nei suoi
pensieri quando Micaela la richiamò. “Fede, noi andiamo così ti riposi un
pochino..”
La giovane sorrise e posò una mano
sul braccio dell’amica. “C’è una cosa che ancora non ti ho detto..” sussurrò,
si schiarì la gola un secondo e la scrittrice si avvicinò di più al suo viso.
“Voglio che tu sia la madrina di
Matteo” le disse lasciando esterrefatta Micaela che spalancò la bocca portando
una mano a coprirla.
“Dici davvero?” chiese conferma
sorridendo a trentadue denti.
Federica annuì con il capo con fare
deciso e confermò le sue parole. “Voglio che sia tu”
Micaela abbracciò stretta l’amica
sbaciucchiandola leggermente commossa per la dimostrazione di fiducia mostrata
nei suoi confronti.
“Grazie, Fede. Ne sono onorata e ti prometto
che farò del mio meglio..” le disse prendendo il viso dell’altra fra le mani.
Le diede un ultimo bacio sulla
guancia e si alzò dirigendosi verso la porta, dopo che anche Tommaso ebbe
salutato la neomamma a sua volta; solo in quel momento, Federica parve
accorgersi del vestiario dei due e li guardò incuriosita.
“Ma voi due che ci fate conciati
così?” difatti chiese inclinando la testa leggermente verso sinistra e
assottigliando gli occhi.
“Festeggiavamo San Valentino” rispose
con tono allegro Tommaso facendo spallucce, Federica rimase a scrutarli per un
po’ e annuì con il capo; a quel punto, i due uscirono dalla stanza e furono
accompagnati nuovamente in albergo da Giacomo che si lamentò sostenendo di non
essere il loro taxi.
In fin dei conti, la giornata non era
ancora finita e la giovane coppia aveva un San Valentino da finire di
festeggiare.
Angolo autrice:
Salve, rieccoci anche con The Call Center! Non so bene
cosa dirvi a parte che spero che questo capitolo vi abbia soddisfatto c:
Qualcuno di voi potrebbe pensare che con Fede sono
stata un po’ cattivella, e anche con Matte, ma non vi preoccupate! Esisterà un
lieto fine, basta solo avere pazienza.
Vi dico anche che siamo ad oltre metà storia quindi
credo che entro un paio di mesi con questa storia ci saluteremo! (Sempre se va
tutto secondo i miei piani!)
Un bacino a tutte e grazie a Serpentina che ha
commentato e a chi ha messo la storia fra le preferite e seguite c:
L’arrivo del piccolo Matteo
stravolse, come un uragano, la vita di tutti portando una ventata di nuove
emozioni e arricchendo il loro bagaglio di esperienze.
Tutti ebbero un compito, da bravi
zii, nell’aiutare il piccoletto a muovere i suoi primi passi nel mondo, incluso
Tommaso.
Nei mesi successivi, difatti, alla
nascita del figlio di Federica, Micaela raramente si allontanò da Bologna,
desiderando di restare vicino l’amica per sostenerla nei primi mesi, rivelatesi
per tutti piuttosto impegnativi.
Giacomo si ritrovò più volte a
doversi cambiare le sue preziose t-shirt dai marchi prestigiosi dopo che il
piccolo Matteo rigurgitava la sua pappa centrando sempre il filosofo, che
urlava bonariamente apostrofando il bimbo di essere una piccola peste priva di
senso estetico.
Anche Tommaso ebbe il suo da fare con
il piccoletto, avendo uno strano potere calmante su di lui. Bastava, difatti,
che il fisico lo prendesse in braccio e iniziasse a cantare una ninna nanna
perché il bimbo smettesse immediatamente di piangere.
Micaela invece passeggiava sempre il
piccoletto la domenica pomeriggio, soprattutto quando iniziarono le belle
giornate di primavera, per il parco vicino casa di Federica, accompagnata da
quest’ultima che aveva tratto un’incredibile carica.
Solo in un’occasione Micaela si
allontanò da Bologna, ovvero per il compleanno del suo secchione.
Con la complicità di Daniele e
Carmen, le uniche due persone che conosceva in quel di Milano, organizzò una
cenetta per loro due nell’appartamento di Tommaso e Daniele, impedendogli di passare
la serata al Modus Vivendi, come aveva previsto.
A dissuadere il fisico fu proprio
Carmen che s’inventò la scusa della chiusura del ristorante per motivi di
igiene, che lasciò perplesso Tommaso, mentre Daniele si preoccupò di tenerlo
lontano da casa convincendolo a fare un giro per Milano e aperitivo ai Navigli,
sfruttando la fissazione di entrambi per la nota località milanese e i suoi
infiniti bar.
Durante tutta l’uscita, Daniele
dovette sorbirsi il pessimo umore del giovane professore che aveva ricevuto la
notizia da parte della sua fidanzata che non sarebbe riuscita a raggiungerlo
per festeggiare insieme.
“Capisci ora perché non ho la
fidanzatina? Tanto quando serve per festeggiare, non c’è comunque” affermò
facendo un sorriso sornione mentre si scolava la sua birra trangugiando delle
arachidi.
Tommaso assottigliò gli occhi dopo
quell’affermazione, giudicata dal fisico del tutto fuori luogo, e si morse la
lingua per evitare di rispondergli male.
Mentre stavano concludendo il loro
aperitivo improvvisato, Daniele ricevette un messaggio da parte della
“fidanzatina” che lo informava di far ritornare Tommaso a casa.
Il banchiere finse di aver ricevuto
un messaggio da una delle sue amichette di letto, facendo arrabbiare ancor di
più Tommaso, che additò l’amico di scaricarlo il giorno del suo compleanno per
una poco di buono che avrebbe potuto vedere qualsiasi altro giorno della
settimana.
“Credimi, Parri,
questa non me la posso perdere” si giustificò Daniele mentre spingeva il fisico
dentro l’auto.
“Ok ok.. basta che non mi spingi”
rispose l’altro sfoggiando tutta la sua acidità e rimanendo in silenzio per il
resto del tragitto.
Arrivato a destinazione, Daniele –che
aveva effettivamente un appuntamento con una delle sue amichette di letto
–ripartì a tutta velocità lasciando il fisico ad imprecare contro di lui per la
sua mancanza di sensibilità.
Dopo buoni cinque minuti, aprì la
porta di casa trovandosi di fronte una scena che non si aspettava di vedere ma
che rese la sua giornata infinitamente migliore in pochi secondi: Micaela era
seduta a gambe accavallate sulla poltronadel loro salottino con indosso un vestito nero piuttosto corto che
stuzzicò la fantasia del fisico.
“Buon compleanno, secchione!” trillò
la giovane alzandosi in piedi e andandogli incontro. Tommaso la sollevò da
terra tenendola stretta mentre lei lo sbaciucchiava.
“Davvero pensavi che non sarei
venuta?”
Tommaso annuì mordicchiandosi il
labbro inferiore; si rendeva conto di aver avuto poco fiducia nella sua
fidanzata. Avrebbe dovuto saperlo che lei non sarebbe mai mancata al suo
compleanno.
“Dai, vieni! Ti ho fatto la torta..” aggiunse
trascinando per un braccio in cucina dove l’aspettava una torta sacher, quella
preferita dal festeggiato.
“Comunque sul serio pensavi che avrei mancato
il tuo compleanno?”domandò di nuovo
mentre accendeva le candeline a forma di ventotto.
“E’ che mi avevi scritto quel
messaggio ed io ho pensato..” provò a giustificarsi venendo interrotto da
Micaela che gli stampò un bacio sulle labbra.
“Sei un credulone” lo rimbeccò mentre
si scambiavano un altro bacio più lungo del primo.
Dopodiché assaggiarono la torta che
precedette la cena cucinata sempre da Micaela che aveva trovato la cucina di
Daniele estremamente fornita.
“Ma tutti quegli utensili li usa
davvero?” chiese infatti a Tommaso mentre mettevano a posto tutto quello che
aveva usato per cucinare. Daniele, d’altro canto, si era fortemente
raccomandato di lasciare tutto in ordine, oltre che di non rompere nessun
piatto o bicchiere.
“Sì! Pensa che tutta questa roba l’ha
accumulata nei corsi degli anni! Quando siamo venuti a vivere qui, Sveva aveva
lasciato il minimo indispensabile per cucinare. Daniele ha comprato tutto il
resto, pure i libri che vedi! –indicò la mensola con diversi volumi di
Benedetta Parodi e altri cuochi famosi– è proprio fissato! Guarda persino le
trasmissioni su RealTime” commentò
e Micaela fece spallucce.
Non l’avrebbe mai detto che Ambrosi
fosse il tipo da programmi di cucina.
Trascorsero il resto della serata a
casa a guardare film rispettando il desiderio di Tommaso che non aveva molta
voglia di uscire, preferendo stare solo con la sua nanetta.
Fu il primo compleanno della sua vita
in cui non avvertì alcuna forma di malinconia, come solitamente accadeva; il
suo compleanno fu sempre un giorno particolarmente difficile per suo padre che
solitamente si limitava a dargli velocemente gli auguri. Gli unici compleanni
che ricordava con piacere e che aveva mai festeggiato erano stati quelli
organizzati da sua zia Sofia e Daniele, le uniche persone che non volevano
farlo passare inosservato.
“Ci pensi che esattamente un anno fa abbiamo
parlato al telefono per la prima volta?” disse d’un tratto Micaela mentre
guardavano il film “Star trek” per la precisione, che
stava annoiando non poco la scrittrice.
Tommaso abbozzò un sorriso dandole un
bacio sui capelli. “Già..”
La scrittrice alzò lo sguardo verso
di lui e lo baciò venendo subito ricambiata da Tommaso che abbandonò presto la
visione del film concentrandosi su Micaela che non vedeva da un po’.
In men che
non si dica, si ritrovarono sdraiati sul divano a stuzzicarsi a vicenda.
“Aspetta, andiamo in camera” suggerì Tommaso mentre l’altra gli toglieva la
maglietta.
Una volta in camera, non persero
tempo iniziando il loro gioco preferito, sincronizzandosi alla perfezione sui
desideri dell’altro, e concedendosi le coccole finali.
Per poi rimanere sdraiati l’uno
accanto all’altra a parlare fino a notte fonda finché non si addormentarono
abbracciati.
*
La mattina al risveglio Micaela andò
in cucina trovandovi il coinquilino del suo fidanzato con indosso unicamente un
pantalone in cotone di una vecchia tuta a preparare il caffè.
“Hai intenzione di vestirti?” gli
domandò incrociando le braccia infastidita. Sapeva che sarebbe rimasta a
dormire, avrebbe potuto evitare di presentarsi così in cucina.
“Perché? Sono a casa mia” rispose
l’altro indifferente. “Vuoi un po’ di caffè?” le offrì dopo allungandole la
tazzina che Micaela afferrò.
“Trovo che sia fuori luogo” ribadì la
ragazza facendo spallucce e Daniele scoppiò a ridere.
“Ti ho mandata in confusione?”
domandò sarcastico. “Beh, sei abituata al fisico inesistente di Parri quindi immagino di sì” aggiunse divertito.
“Stai zitto! Sei un cretino!”
controbatté l’altra scuotendo la testa. Non riusciva a capire come Daniele e
Tommaso potessero essere amici, considerando che erano decisamente agli
opposti.
Daniele fece una smorfia, prese la
maglietta di cotone del pigiama e se la infilò. “Va meglio?” fece un sorriso
beffardo che Micaela ricambiò con una linguaccia.
“Comunque ho assaggiato la tua
sacher. Era buona” commentò cambiando argomento.
“Scommetto che ora dirai che hai
mangiato di meglio” lo anticipò la scrittrice inarcando un sopracciglio.
“Ovviamente! Per esempio, la mia” la
prese in giro e si sedette accanto a lei.
“Parri sta
ancora dormendo?” s’informò trovando strano che il suo coinquilino non fosse
già in piedi considerando che era un tipo mattiniero.
Micaela fece di sì con la testa e si
alzò per posare la tazzina sporca nel lavabo. “Lo hai sfinito allora ieri
sera!” esclamò malizioso facendo imbarazzare la ragazza a cui scivolò la
tazzina dalle mani.
“Sei la persona più inopportuna che
conosca, Daniele!” lo apostrofò guardandolo storto.
L’altro fece spallucce e continuò a
sorseggiare il suo caffè.
In quel momento, entrò Tommaso in
cucina e si diresse verso la sua nanetta ignorando il suo coinquilino che si
voltò per guardarli mentre si baciavano. “Quanto siete teneri” commentò
ridacchiando e Tommaso gli lanciò uno strofinaccio in faccia.
“Hai dormito qui?” gli chiese e
l’altro scosse la testa.
“Sei rimasto da Penelope?” domandò
ottenendo una risposta affermativa che suscitò la sorpresa di Micaela. Non
sapeva che avesse una fidanzata e difatti domandò delucidazioni.
I due coinquilini si scambiarono
un’occhiata divertita e scoppiarono a ridere. Daniele fidanzato? Con Penelope?
Trovavano l’idea alquanto esilarante.
“See,
figurati! Penelope è un’amica –spiegò Daniele– è l’unica che non si fa strane
idee se rimango a dormire” continuò.
“Magari prima o poi nascerà qualcosa..”
osservò la ragazza e i due scossero la testa pensando che lei vedesse storie
d’amore in ogni cosa.
“Un giorno tanto t’innamorerai,
Daniele! Capita a tutti..” insistette dopo aver visto l’espressione divertita
dei due. Era un po’ permalosetta.
“Sì, prima o poi! Per il momento va
bene così” rispose chiudendo l’argomento sulla sua vita sentimentale.
“Mica, io mi cambio e poi usciamo un
po’, ti va?” chiese Tommaso cambiando discorso e Mica annuì volentieri.
“Sì, facciamo shopping!” propose
ottenendo anche il consenso di Daniele che da un po’ voleva andare a fare
qualche acquisto.
Tommaso si mordicchiò il labbro, lui
detestava fare shopping; tuttavia, non voleva deludere la sua ragazza e perciò
acconsentì alla proposta senza molto entusiasmo.
Terminarono la colazione e dopo
essersi vestiti, uscirono con la Cabriolet perdendo ben oltre trenta minuti
alla ricerca di parcheggio in centro.
“Te l’ho detto che era meglio
prendere la metro!” ribadì Tommaso mentre si avviano verso il corso principale
dove si trovano tutti i negozi delle grandi marche.
“Io i mezzi pubblicinon li prendo!” rispose l’altro disgustato.
Odiava la metropolitana che trovava sporca e affollata.
Tommaso roteò gli occhi e s’incamminò
mano nella mano con Micaela verso Zara, dove avrebbero iniziato la loro
giornata di shopping.
Poco più tardi erano tutti e tre in
fila per provare qualcosa, al dire il vero, Tommaso solo perché costretto dagli
altri due.
Micaela voleva misurare due vestiti,
mentre Daniele aveva un bel po’ di roba fra pantaloni e camicie.
“Tommy, che ne pensi?” domandò la
ragazza aprendo la tendina del camerino, il fisico sorrise e annuì.
“Ti sta benissimo” esclamò e la
ragazza si voltò verso lo specchio trovando che in realtà non le rendesse molta
giustizia.
“Bah, io non sono dello stesso
parere! Sembra che stai indossando un sacco di patate” confermò i suoi sospetti
il banchiere che era appena uscito con indosso la prima camicia.
“Infatti!” esclamò Micaela dando
ragione a Daniele. “Misuro l’altro” e richiuse la tendina.
“Non dire alla mia ragazza che il
vestito le sta come un sacco di patate!” s’infastidì Tommaso e l’altro ruotò
gli occhi entrando di nuovo nel camerino. Tommaso sapeva essere davvero
insopportabile a volte.
Micaela riaprì la tendina sorridente
indossando un tubino rosso a bustino. “Questo non è meglio?” chiese a Tommaso
che confermò, aggiungendo che trovava che fosse davvero sexy.
“Sono d’accordo con Tommaso –ribadì Daniele
– se non fossi la sua ragazza, con indosso quel vestito ci proverei con te
senza dubbi” ammiccò e Tommaso gli diede una gomitata.
“Ahia! Che ho detto?” domandò
scrollando le spalle e Micaela scoppiò a ridere ritornando nel camerino.
Verso l’ora di pranzo, si concessero
una pizza per chiudere la loro giornata di shopping che si concluse con due
vestiti e una gonna per Micaela, diverse camicie, pantaloni, un paio di scarpe
e persino un cappotto per Daniele, e zero vestiti per Tommaso che non volle
comprare nulla.
A quel punto, il “terzo incomodo”
decise di tornarsene a casa.
“Se volete, ceniamo insieme dopo le
nove” propose l’altro e i due annuirono.
“Credo di poterti sopportare un altro
po’” lo prese in giro Micaela e Daniele sorrise.
“Tanto lo so che mi vuoi bene”
rispose provocando alla ragazza una smorfia di finto disgusto, dopodiché li salutò
e ripartì immettendosi in strada, lasciando la coppia girare per Milano da
sola, che aveva già optato per un giretto nel parco.
*
Quando erano insieme, il tempo
volava, così pensava Micaela ogni volta che vedeva se stessa o il fisico salire
sul treno di ritorno a casa.
E fu soprattutto la prima cosa che
pensò quando realizzò che fra meno di tre giorni avrebbero festeggiato il loro
primo anniversario.
“Cosa farete per il vostro primo
anniversario?” le chiese Federica mentre cambiava il pannolino al suo piccolo
che dimenava le gambine in aria, creando attorno a sé
una nuvola di borotalco che fece starnutire Micaela.
“Non lo so, non ci ho ancora pensato”
ammise lei tirando su il naso.
“Come no?” si sorprese l’altra. Non
era da Micaela non pensare a queste date importanti, con il suo precedente
fidanzato aveva progettato il loro appuntamento per mesi, definendolo nei
minimi dettagli.
“Ho deciso di lasciarlo un po’ al
caso. In fin dei conti, così ci siamo conosciuti, no? Per caso! Forse questo
caso ha più successo del programmato” osservò la ragazza ripensando alle
differenze fra la sua precedente storia e l’attuale e trovando che non
potessero minimamente paragonarsi.
“Oh, beh, sì! Se la metti così, penso
che tu abbia ragione” commentò l’altra; d’altronde, era unanimemente
riconosciuto che Micaela fosse andata, completamente ed interamente, in un
brodo di giuggiole, che al filosofo –forse un po’ geloso–pareva fastidiosamente
e inspiegabilmente troppo lungo.
Le attenzioni delle due amiche si
spostarono verso il piccolo che le pretese emettendo un guaito degno di
cantante di opera lirica, Micaela subito soddisfò le richieste di Matteo, che
si divertiva un mondo a farsi coccolare dalla sua zietta preferita, prendendolo
in braccio.
“Lo sai che sei proprio bello?” si
complimentava mentre gli faceva il solletico al pancino, il piccolo iniziò a
ridacchiare facendo sorridere anche sua mamma che provava ad afferrare i
piedini.
“Magari presto la tua zietta ti fa un
amichetto” fece una battuta Federica assumendo un’aria da finta innocente.
L’altra sbarrò gli occhi per poi
sbattere le palpebre imbarazzata. “Non credo che sarà presto..” ammise
scuotendo la testa. Per quanto la sua storia con Tommaso potesse andare bene,
non era ancora da prendere minimamente in considerazione l’ipotesi.
“Ma nemmeno un matrimonio?” chiese
con nonchalance prendendo in braccio suo figlio, Micaela deglutì rumorosamente
e tossicchiò. “No, nemmeno quello”
“Poteva essere la mia occasione di
conoscere qualcuno d’interessante. Tommaso ha amici carini?” domandò ridendo
per l’assurdità dell’affermazione appena pronunciata e anche Mica la imitò.
“Ehm.. è un fisico, non sono un
granché i suoi colleghi. L’unico che si salva è il coinquilino, ma non te lo
consiglio” rispose divertita ripensando agli amici che le aveva presentato nel
corso dell’ultimo anno.
“Fiorini due?” domandò Fede facendo
una leggera smorfia.
“Una specie”
“Bah..” a quel punto la conversazione
si spostò su altro, ovvero sull’abbigliamento della scrittrice per il suo primo
anniversario, nonostante non avesse idea di cosa sarebbe successo.
*
Micaela non fu l’unica a pensare ai
festeggiamenti per quel primo anniversario, anche il fisico si diede da fare
stressando il suo coinquilino che non era arrivato quasi al punto di rottura.
“Tommaso, ti giuro su mia nonna che
se ti sento pronunciare la parola ‘primo’ seguita da ‘anniversario’, ti butto
fuori di casa!” urlò disperato non appena l’amico aprì la bocca entrando in
cucina dove Daniele stava cenando, a base di hamburger di soia e insalata mista.
“Volevo semplicemente chiederti se mi
prestavi la tua giacca blu” disse l’altro guardandolo storto.
Daniele si passò una mano fra i
capelli e abbozzò un sorriso. “Ah..” farfugliò, forse aveva esagerato un
tantino. “Sì, certo.. Quale dici?”
“Quella del completo che hai usato
per il battesimo della figlia di tua cugina”
“Vuoi la giacca Armani?” domandò
scandalizzato. Era geloso dei suoi completi, figuriamoci di quelli pagati un
occhio della testa.
“E’ un problema?” chiese
innocentemente Tommaso. D’altronde, per lui i vestiti erano tutti uguali.
“Mmm.. no, cioè.. trattala bene”
asserì dopo aver fatto un respiro per auto convincersi.
“Grazie..”
“Quindi vai via ora?” s’informò per
non sembrare un pessimo amico del tutto disinteressato.
“Sì, mia zia mi ha prestato la sua
auto. Farò una sorpresa a Mica a mezzanotte” spiegò per la quindicesima volta i
suoi programmi al suo coinquilino, che non solo si era lamentato di essere
stato stressato, ma che evidentemente nemmeno aveva ascoltato.
“Capito.. beh, in bocca al lupo
allora” gli disse con sorriso e Tommaso lo ringraziò. A quel punto, il fisico
raccolse il borsone e uscì dall’appartamento diretto verso Bologna.
A differenza di Micaela, Tommaso
aveva progettato tutto nei minimi dettagli, decidendo di regalare alla sua
nanetta un felice primo anniversario che potesse ricordare e magari raccontare
senza vergognarsene.
La sorpresa consisteva in una vera
serenata, ovviamente moderna –la canzone scelta era “Consequence”
dei Notwist –che il fisico avrebbe suonato con la sua
chitarra elettrica. Giacomo, seguendo le indicazioni del fisico, aveva già
preparato i fili per collegare l’attrezzatura senza aver destato il minimo
sospetto in Micaela.
Sempre su richiesta di Tommaso, il
filosofo si era allontanato alludendo ad un appuntamento galante ed era sparito
promettendo a Tommaso che si sarebbe ripresentato all’indomani.
Mancava pochi minuti alla mezzanotte,
quando il giovane, ormai pronto per la sua serenata, bussò alla porta della
scrittrice, del tutto inconsapevole di ciò che stava per accadere.
Micaela, sdraiata sul divano a
guardare una trasmissione poco interessante su Canale 5, si alzò di scatto e si
diresse verso la porta un po’ dubbiosa.
“Chi è?” domandò guardando fuori
dallo spioncino. Non appena riconobbe la capigliatura da genio incompreso, aprì
subito la porta trovandosi di fronte un Tommaso ben vestito con la chitarra in
mano.
“Questa è per te. Buon anniversario,
piccola” disse mentre all’altra si erano “leggermente” bloccate le corde vocali
per l’emozione.
Quando Tommaso iniziò a cantare
quella canzone, fra le preferite della scrittrice –non scopriremo mai se la
scelta era stata voluta oppure di semplice fortuna–, gli occhi di Micaela si
velarono di lacrime.
Pensò che fosse perfetta per
descrivere loro; parlava della loro storia, di come si sentivano quando erano
insieme, di come effettivamente l’amore li avesse lasciati ipnotizzati.
I minuti, che seguirono la fine della
canzone, ebbero come protagonista un lunghissimo bacio che ricordò moltissimo
il loro primo bacio, ancora così nitido nelle loro menti da sembrare che fosse
accaduto ieri.
“Grazie” sussurrò lei mentre stava
stretta al fisico. “Buon anniversario anche a te”
Improvvisamente sentì un incredibile
calore esploderle dentro, come un’onda travolgente che non riuscì affatto a
fermare; una frase si fece prepotentemente strada, mandandola in agitazione e
mozzandole quasi il fiato. Quelle famose due parole, che da tempo non
pronunciava e di cui non era mai stata così tanto convinta, spingevano per
venir fuori dalle sue labbra e non poté affatto impedirlo. “Ti amo” pronunciò
quella frase in un soffio, con le labbra incurvate all’insù e tenendo stretta
nella sua mano quella di Tommaso, che rimase paralizzato di fronte
all’affermazione della sua fidanzata.
Il fisico balbettò e deglutì più
volte, tentando di dare una risposta che tuttavia non venne fuori, lasciando
leggermente dispiaciuta la ragazza, che sperava nel sentirglielo dire.
“Tommy, non preoccuparti.. non c’è
bisogno che tu lo dica se ancora non te la senti” lo rassicurò facendo
spallucce.
Il giovane annuì e tossicchiò
incapace di dire altro o anche solo di giustificarsi. Non capiva perché non
fosse riuscito a dirglielo, si chiedeva se davvero non fosse ancora pronto.
Non poteva negare che l’arrivo di
Micaela nella sua vita lo avesse reso molto felice e che quella storia,
capitatagli un po’ per caso, un po’ per sua volontà,si fosse rivelata più importante di quello
che sarebbe mai riuscito ad immaginarsi.
Poteva essere possibile che lui non
l’amasse? Che ancora nutrisse dubbi nei confronti di quel “noi” che, giorno per
giorno, stava costruendo?
Ovviamente, per tutti questi dubbi,
in quel momento, non vi erano spazio, perciò decise di rimandargli
all’indomani, tornando a godersi la serata che, per via di quelle parole non
pronunciate, tardò a decollare come sperato.
Nessuno dei due riprese più
l’argomento e per un po’ anche Micaela si guardò bene dal dirglielo ancora, ma
i sentimenti non si possono congelare, e lei questo lo sapeva.
Così come anche sapeva che, presto o
tardi, tutti quei dubbi, che s’insinuarono anche nella testa della scrittrice,
sarebbero saltati fuori ancora una volta.
Salve gente! Finalmente dopo secoli, eccomi qui con questa storiella! Pensavate che fosse sparita? Che avessi deciso di lasciar cadere Tommaso e Micaela nell'oblio e nel labirinto delle mie storie incompiute?
Ne ho un cimitero a casa, di quelle purtroppo!
In ogni caso, mi farebbe piacere che vi faceste vivi, scrivendo qualche riga per farmi capire che questa storia un minimo vi piace e che vi fa piacere che la pubblichi ancora, altrimenti prenderò il vostro silenzio come assenso e comunque continuerò a pubblicare, dunque se volete che smetta, sarà meglio comunicarlo ahahahah
Ringrazio Serpentina che ha sempre commentato(you're the best :D)e tutti quelli che hanno scelto "The Call Center", aggiungendola alle loro storie preferite o seguite o ricordate! Grazie e alla prossima <3