Just forget the world.

di Sprjng
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** I was not enough. ***
Capitolo 3: *** Take me away. ***
Capitolo 4: *** She loved you. ***
Capitolo 5: *** Disappointment. ***
Capitolo 6: *** Certificates. ***
Capitolo 7: *** The wrong goodbye. ***
Capitolo 8: *** It's just the beginning. ***
Capitolo 9: *** You're welcome. ***
Capitolo 10: *** She needs time. ***
Capitolo 11: *** Windproof lighter. ***
Capitolo 12: *** Meet in the street. ***
Capitolo 13: *** Panic. ***
Capitolo 14: *** I don't care. ***
Capitolo 15: *** It's my fault. ***
Capitolo 16: *** You broke his heart. ***
Capitolo 17: *** Overseas. ***
Capitolo 18: *** What's wrong with you? ***
Capitolo 19: *** Fall in love with Wolverhampton. ***
Capitolo 20: *** You have apologized. ***
Capitolo 21: *** We're not in California. ***
Capitolo 22: *** I was waiting for you. ***
Capitolo 23: *** I think I wanna marry you. ***
Capitolo 24: *** Perfect lips. ***
Capitolo 25: *** Good intentions. ***
Capitolo 26: *** The new room. ***
Capitolo 27: *** Let's be inappropriate together. ***
Capitolo 28: *** Brotherhood. ***
Capitolo 29: *** Then she met Christopher. ***
Capitolo 30: *** Rebecca. ***
Capitolo 31: *** There's something in her. ***
Capitolo 32: *** The demons from your past. ***
Capitolo 33: *** Just forget the world. ***
Capitolo 34: *** You're a nice person. ***
Capitolo 35: *** Drunk and liar. ***
Capitolo 36: *** I'll take you where you want. ***
Capitolo 37: *** Problems. ***
Capitolo 38: *** I don't deserve you. ***
Capitolo 39: *** It is necessary? ***
Capitolo 40: *** Mitchell. ***
Capitolo 41: *** He looked like a nice guy. ***
Capitolo 42: *** He was my prize. ***
Capitolo 43: *** Changes. ***
Capitolo 44: *** I need you too. ***
Capitolo 45: *** Stay with me. ***
Capitolo 46: *** Lies disappoint people. ***
Capitolo 47: *** You stole my heart. ***
Capitolo 48: *** She swept me off like a hurricane. ***
Capitolo 49: *** You don't need him. ***
Capitolo 50: *** Do you believe me? ***
Capitolo 51: *** Have no regrets. ***
Capitolo 52: *** Restart together. ***
Capitolo 53: *** Love is a big word. ***
Capitolo 54: *** Jealous. ***
Capitolo 55: *** AVVISO ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun mod
o.'

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Prologue.


 

"Amore non è amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l'altro si allontana."

"Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai."

"Amore non muta in poche ore o settimane ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio."

"Se questo è errore e mi sarà provato io non ho mai scritto e nessuno ha mai amato."

 

Il suono della campanella interruppe la voce della signorina Martin, la quale stava leggendo una delle mie citazioni preferite. Se la letteratura non mi era mai piaciuta, era solo perchè non avevo mai avuto una signorina Martin a raccontarmela.  

Amava il suo lavoro e riusciva a trasmettere la sua passione agli studenti. Persino a me, che di libri, non ne avevo mai voluto sapere niente.

La giovane professoressa posò delicatamente gli occhiali sulla cattedra, seguiti dal libro che ci stava leggendo. "Ci vediamo domani." disse sorridendo.

Recuperai il cellulare dal sottobanco e poi presi lo zaino nero, il quale era stato chiuso per tutte e sei le ore. Non era mia abitudine portare i libri a scuola. E se succedeva, erano quelli sbagliati.

L'unica lezione a cui prestavo attenzione, era quella della signorina Martin. Che ammetto, era coinvolgente.

Spostai la sedia indietro, facendola scontrare contro il muro. La mattina ero una della prime ad entrare in classe, solo per poter riuscire a sedermi nell'ultima fila. Mi alzai e attraversai velocemente la classe.

"Arrivederci Stewart." disse la professoressa, in tono ironico. Voleva che ogni studente la salutasse. Diceva che era educazione. Ed io, delle sue regole, me ne ero sempre fregata.

Molte volte le avevo risposto di andare al diavolo. Ma dopo me ne ero pentita, perchè lei credeva nel suo lavoro, ed era una persona da ammirare. E poi, mi faceva pena.

"Arrivederci signorina Martin." le risposi quindi.

 

Appena uscii dovetti assottigliare gli occhi a causa della luce accecante. La cosa stupefacente di Long Beach era che nonostante fosse inverno, il sole era alto in cielo.

Io non sapevo neanche cosa fosse l'inverno. Non avevo mai indossato un maglione e non avevo mai acceso il fuoco per riscaldarmi.

Si sa che la California non conosce il freddo e penserete che questo sia meraviglioso, ma non lo è. Perlomeno per me.

Desideravo da sempre di poter passare la sera di Natale avvolta in una calda coperta a bere la cioccolata calda, mentre fuori nevicava e il salotto era invaso dal calore del camino acceso.

Ma ovviamente questa restava una fantasia. Era Febbraio e l'unica cosa da cui ero avvolta, era una maglietta e un paio di shorts di jeans.

Legai i miei capelli neri in una coda disordinata e per tenere indietro dei ciuffi ribelli, li fermai con una bandana rossa.

Misi le cuffie nelle orecchie e dopo aver indossato anche gli occhiali da sole, mi incamminai verso casa.

Era una bellissima giornata, come sempre. Alla mia destra i bar erano tutti affollati e vista la fame che avevo, mi voltai a sinistra, dove l'oceano si estendeva infinito.

Gli studenti erano già sulla spiaggia. Alcuni non avevano fatto in tempo ad uscire da scuola, che si erano già tuffati in acqua.

Improvvisamente due mani mi circondarono il bacino. Trattenni un urlo solo perchè lo riconobbi in tempo, l'idiota. Mi superò ed iniziò a ridere, vista la mia reazione.

Per lo spavento il cuore mi era salito in gola e adesso batteva fortissimo. Chiusi gli occhi e presi un bel respiro.

C'era d'avere paura sul serio a volte. Non era raro che qualcuno ti aggredisse a Long Beach.

Magari non alle due del pomeriggio, davanti a tutti. Ma succedeva e si trattava quasi sempre di ragazzini abbandonati a se stessi.

"Ash, hai una brutta cera." disse Zayn, prendendomi in giro. Probabilmente ero sbiancata.

"Tu no, sembri un Pakistano." dissi, riferendomi al suo carnato olivastro e alla sua effettiva provenienza.

Guardandolo meglio, sembrava anche un rapper. Indossava un capellino con la visiera all'incontrario, una canottiera larga e un paio di pantaloncini da basket. Inoltre, aveva più tatuaggi sulle braccia di quanti ne avessi io in tutto il corpo.

"Dove sei andato conciato in questo modo?" chiesi, con fare investigativo.

Zayn aveva due anni più di me, quindi diciannove. Era bocciato e frequentava la quinta del mio stesso liceo, quello artistico. Sapevo che quella mattina aveva saltato scuola e adesso volevo saperne il motivo.

"In giro." disse, voltandosi e riprendendo a camminare. Lo seguii. "In giro, dove? Con chi?" chiesi.

"Mamma, smettila di farmi tutte queste domande." disse, sforzando una risata. Afferrai il suo avambraccio, stringendo tanto la presa da lasciargli il segno delle unghie sulla pelle.

"Guarda Zayn che se ti stai mettendo di nuovo nei guai, non ti aiuterò ad uscirne." dissi, cercando di essere convincente.

L'ironia si spense nel suo sguardo, il quale si fece più serio. Si divincolò dalla mia presa e poi fece un passo in avanti.

"Voglio che dimentichi quello che è successo." disse. "Non posso." risposi. "E' importante che tu ne stia fuori Ash, altrimenti non posso tenerti al sicuro." disse, ammorbidendo lo sguardo.

"Prima pensa a tenere al sicuro il tuo culo." dissi. Sorrise.

Per quanto potesse farmi innervosire, non c'era miglior rimedio di un suo sorriso per farmi dimenticare i problemi.

Avvolse le mie spalle con il braccio e mi strinse a se, ricominciando a camminare.

 

"Sono a casa." urlai, gettando a terra lo zaino e posando le chiavi sul mobile di fianco alla porta. "In cucina, tesoro." rispose mia madre.

Mi affacciai nella stanza e la trovai intenta a stendere della pasta. Entrai e dopo averle sporcato la guancia di farina, risi.

"Che combini?" le chiesi divertita. Lei si pulì il viso e poi sospirò. "Sto provando a fare le lasagne, sono un piatto italiano." disse.

Mia madre era una vera cuoca. Amava riprodurre ricette provenienti da ogni parte del mondo.

"Ti ho lasciato qualcosa nel microonde, devi solo accenderlo." disse. Eseguii i suoi ordini e poi mi sedetti ad osservarla.

I miei genitori non erano molto giovani, anzi, entrambi giravano attorno ai sessanta.

Erano molto dolci e comprensivi con me, forse anche troppo. Erano due persone meravigliose e molto religiose.

Mi chiedevo cosa avessero fatto di male per meritare una figlia come me. Ero rispettosa nei loro confronti e li amavo molto. Ma crescendo gli avevo dato innumerevoli dispiaceri.

Come quando feci il mio primo tatuaggio, di nascosto. Da quel momento mi diedero il permesso di farne quanti ne volevo, a condizione che li informassi. Ecco perchè adesso la mia pelle ne era ricoperta.

Oppure quando scoprirono che fumavo. Mi madre si mise a piangere, era convinta che sarei morta di cancro nel giro di pochi mesi. Ma col tempo avevano imparato ad accettarmi e la convivenza procedeva alla grande.

Finii di scaldare il mio pranzo e poi lo andai a mangiare in camera mia.

Qualche minuto dopo, mi arrivò un messaggio da Zayn.

 

Ash, ti prego. Dimentica quella storia. Ti ho fatto una promesso e ho intenzione di mantenerla. 
- Zayn

 

sei mesi prima.


"Sono tornata." dissi, lasciando cadere lo zaino in un angolo. Nessuno mi rispose, ma mia madre si affacciò dalla cucina, scura in volto.

"Che succede?" le chiesi preoccupata. "Zayn è in camera tua." disse.

Quell'idiota non si era presentato a scuola neanche quella mattina, mi avrebbe sentita. Guardai le scale, intenta a salirle. Ma lo sguardo di mia madre era angosciato.

"Va tutto bene?" le chiesi. Lei scosse la testa. "Non credo. Sono venti minuti che piange." disse, facendo un cenno con la testa al piano di sopra.

Dopo pochi secondi avevo già raggiunto la mia porta. L'avevo spalancata e con lo sguardo terrorizzato, lo avevo cercato.

Avevo visto piangere Zayn solo una volta. Al funerale di sua madre. Se stava piangendo, doveva esserci un motivo davvero grave.

Lo vidi rannicchiato a terra, di fianco al mio letto. Le ginocchia aperte e il viso in mezzo alle mani.

"Zayn." dissi impaurita. Lo raggiunsi e mi chinai alla sua altezza. Presi il suo viso tra le mani e gli asciugai le lacrime.

"Che succede?" chiesi, sperando che non fosse poi così grave. "Mi hanno visto, Ash." disse, singhiozzando. "Chi ti ha visto?" chiesi confusa. "Mi hanno visto mentre spacciavo."

Le mie mani caddero dal suo viso e il mio corpo si ritrasse istintivamente indietro. Non ero turbata dal fatto che lo avessero visto, ma dal fatto che spacciasse.

Ero arrabbiata. Non avevo idea di quello che stava succedendo nella vita del mio miglior amico, perchè lui non me ne aveva mai parlato. Mi sedetti a terra, ma lontano da lui. In quel momento la sua presenza mi turbava e basta.

"Raccontami." dissi, con un tono distaccato. "Ash.." iniziò lui. "Smettila di piagnucolare come una ragazzina e raccontami tutto, Zayn." gli ordinai.

Sospirò e dopo essersi asciugato le lacrime, si decise a parlare.

"Da quando è morta mia madre, la mia famiglia è caduta a pezzi. Le mie sorelle più grandi se ne sono andate. Hanno scelto una vita migliore, lasciando me e nostra sorella minore qui." disse.

Sapevo quanto tutta la famiglia aveva risentito della morte di Trisha. Era stato un duro colpo per tutti.

"Conosci mio padre. Sai che è stato un alcolizzato. Sai che ci ha maltrattati tutti. Sai che si drogava. Mamma lo aveva convinto ad andare in una clinica di disintossicazione. Lo sai, no?" chiese.

Annuii. "Però non sai che da quando è morta lei, lui ha ricominciato." disse. Lo guardai e lessi nel suo sguardo un grosso dolore. "Zayn, dovevi dirmelo." lo rimproverai.

"E cosa avrei ottenuto?" chiese, innervosendosi. "Io non ti avrei lasciato da solo. Saresti potuto venire a vivere qui. Tu e tua sorella. Vi avrei tenuti al sicuro da lui, lo sai." dissi.

Abbassò lo sguardo. "Continua." lo incitai. "Lui non lavora e.. qualcuno dovrà pure portare qualcosa da mangiare in tavola, no?" disse. "Zayn.." Avevo capito. Poteva anche smettere di parlare.

"Le persone a capo di questi giri tengono d'occhio la situazione. Sapevano che mi trovavo in difficoltà e mi hanno chiesto di lavorare per loro." mi spiegò.

"Spacciare droga non significa lavorare!" dissi, alzando la voce. Il suo sguardo divenne fulmineo, ma non mi importava.

"Potevi chiederli a me i soldi. Come hai potuto cacciarti in un guaio simile?" chiesi arrabbiata.

"Avevo paura, ok? Non sapevo cosa fare, mi hanno promesso dei soldi che ho sempre intascato e mia sorella mangia ogni giorno." disse. I miei occhi si inumidirono, fino a riempirsi di lacrime.

Io non avevo amici. L'unica persona che contava, oltre ai miei genitori, era lui. Senza Zayn ero persa. La sua vita era infernale e io mi sentivo maledettamente impotente. Soprattutto perchè non ne ero a conoscenza.

Quelle persone erano spietate. Potevano fargli del male o anche peggio. "E chi ti ha visto?" chiesi, con voce tremante. "Matt e Sara." disse.

Erano degli studenti che frequentavano il nostro liceo. Lui era il ragazzo più egocentrico dell'istituto e lei la più arpia. Trovavano gusto nel mettere in difficoltà le persone e ogni scusa era buona per mettere in evidenza la loro superiorità.

"Mi hanno fatto un video. Ho paura che vogliano farlo vedere alla polizia." disse.

"Zayn." piagnucolai, portandomi una mano alla bocca. "Tranquilla, sistemerò tutto." disse. Tranquilla? Come potevo stare tranquilla quando il mio miglior amico rischiava di finire in carcere?

Non potevano ricattare Zayn, non glielo avrei permesso. Fu così che nei guai ci finii anche io.


Lo spero. 

Ash x
 

Inviai il messaggio e mi distesi sul letto.

Speravo con tutto il cuore che Zayn fosse realmente uscito da quel circolo vizioso. Lui me lo aveva promesso e io lo vedevo davvero motivato, credevo in lui.

Ma non potevo occuparmi della faccenda da vicino, lui voleva che stessi alla larga da quelle persone. Perciò non avevo la certezza che ne fosse fuori.

In ogni caso, aveva trovato un lavoro onesto. Giù alla spiaggia cercavano un bagnino e nessun colore donava a Zayn come il rosso.

A quel pensiero ricordai che sarebbe venuto a prendermi dopo poco. Cercai la forza di alzarmi dal letto e quando la trovai, corsi in bagno a mettere il costume.

Il suono del clacson mi fece sussultare. Mi affacciai alla finestra e vidi Zayn che mi faceva segno di scendere.

Presi la borsa e corsi giù per le scale. "C'è un terremoto?" chiese mia madre, dalla cucina. Risi e la raggiunsi.

"Vado alla spiaggia." le annunciai, dopo averle baciato una guancia. "Studiare mai, eh?" chiese seccata. Io la guardai divertita e la liquidai con un semplice "pff".



Il lato positivo di essere la miglior amica del bagnino? Posto sotto l'ombrellone più grande, bar a due passi e bagnini a petto nudo davanti gli occhi.

"Come stai, bellissima?" Abbassai i grossi occhiali da sole per riuscire a vedere con chiarezza l'individuo da cui erano appena uscite quelle parole.

"Hai tre secondi per sparire dalla mia vista." sibilai seccata. Il ragazzo sorrise e si avvicinò, allungando una mano.

"Azzardati ad appoggiare quella mano sulla mia gamba e giuro che te la faccio mangiare." lo minacciai, iniziando ad arrabbiarmi.

"Siamo di cattivo umore, bellezza?" chiese, sghignazzando. "Aidan, il cattivo umore me lo fai venire tu." dissi, desiderando che si polverizzasse.

"Esci con me." disse, guardandomi in modo seducente. O almeno ci provò. "No, tu esci. Esci dal mio spazio." dissi. "Vedi questa aria?" chiesi, iniziando a gesticolare.

"E' il mio spazio, esci." dissi. Lui rise di gusto. "Aidan, lasciala stare." lo rimproverò Zayn, guardandolo con aria scocciata.

Ogni giorno era la stessa storia. Aidan lavorava con Zayn e tutto quello che faceva a lavoro, era cercare di convincermi ad uscire con lui. Sbuffò divertito.

"Tanto ci riprovo domani." disse, facendomi l'occhiolino. "Ricorda, questo è il mio spazio." dissi, indicando l'aria attorno a me. Rise e si allontanò.

Feci per riprendere a leggere una rivista, quando a pochi metri da noi, vidi Matt e Sara. Mi fermai a guardarli, non li vedevo da molto.

Quando Matt incrociò il mio sguardo, mi sentii minacciata. Sapevo che non ci avrebbe mai perdonati per quello che gli avevamo fatto e avevo l'impressione che stesse solo aspettando il momento giusto per vendicarsi.



"Zayn, non sono sicura che sia una buona idea." dissi incerta. "Non sei obbligata ad aiutarmi. Anzi, se ne resti fuori è meglio." disse, attraversando il vialetto della casa.

La musica era molto forte ed invadeva tutto il quartiere. C'erano persone ovunque. Ballavano, bevevano, si divertivano. Infondo era una festa. "Non ti lascio solo." dissi, quando varcammo la porta.

All'interno c'era molta confusione. La casa era invasa da adolescenti e fumo di sigarette. Zayn mi prese per mano e mi guidò in mezzo alla gente.

Il giorno prima gli avevo promesso che l'avrei aiutato con Matt e Sara e adesso lo stavo facendo. Dovevamo trovarli e, in qualche modo, recuperare il video che avevano fatto a Zayn.

"Credo di averli visti." disse Zayn, aumentando il passo. E li vidi anche io. Erano in un angolo e ballavano, scambiandosi qualche bacio.

"Cos'hai intenzione di fare?" chiesi. "Ho delle pasticche, e.." iniziò. "No, Zayn. Non li drogherai." dissi furiosa.

Mi tappò la bocca, impaurito dal fatto che qualcuno avesse potuto sentirmi. "Non staranno male. E' roba leggera." disse.

"Non mi interessa." mi opposi. "Senti, ho bisogno di quel cellulare e non finirò in carcere perchè tu vuoi fare la brava ragazza." disse.

Lo guardai attentamente e valutai la situazione. Ricordavo bene tutte le prese in giro che avevo subito da piccola per colpa di Sara. O della vergogna che avevo provato, quando Matt aveva detto a tutti che ero brutta, che ero grassa.

Così raggiunsi il tavolo del buffet e senza indugiare, presi due bicchieri e li riempii di alcol. Tornai da Zayn e gli ordinai di metterci quelle maledette pasticche.

"E adesso?" chiesi. Zayn si guardò intorno. "Steve, amico!" disse, dando una pacca sulla spalla ad un ragazzo che stava passando di li.

"Ehi, Zayn." disse questo, voltandosi e sorridendo. "Me lo faresti un favore?" gli chiese. "Certo." rispose Steve, sorridente. "Porteresti da bere a Matt e la sua ragazza?" gli chiese Zayn.

"Certo." disse, prendendo i bicchieri in mano. Zayn guardò attentamente tutta la scena. Aspettò che bevessero e dopo dieci minuti, la sostanza aveva già fatto effetto.

Credevo che si sarebbero sentiti male, invece presero a ridere e a barcollare in qua e in la. Zayn non perse tempo e li raggiunse. Mise una mano nella tasca dei jeans di Matt e recuperò il telefono.

Io ero lontana e non riuscii a sentire cosa Matt gli stesse dicendo, ma non sembrava turbato, continuava a ridere.

Vidi Zayn muovere velocemente le dita sul display e quando il suo viso assunse un'espressione sollevata, capii che aveva cancellato il video.



 

Salve a tutte,

Questa è la mia nuova storia e spero che vi piacerà almeno la metà di quanto piace a me.

I primi capitoli non saranno felicissimi, ma ci tengo a precisare che la storia non tratta solo di droga e di argomenti drammatici. O perlomeno sono più concentrati all'inizio.

Fatemi sapere se il primo capitolo vi ispira o meno 

*Probabilmente cambierò nome da FaithAllysonCooper a Sprjng, quindi se non riuscirete a trovarmi, digitate il nome della storia.*

 

Un bacio,

Michi x

 

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Capitolo 2
*** I was not enough. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.'

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I was not enough.



 

Harry

 

"I stared up at the sun, thought of all of the people, places and things I’ve loved."

"I stared up just to see, with all of the faces, you were the one next to me."

 

Allungai la mano e tastai il comodino alla ricerca del telefono. Non lo trovai e la sveglia cominciò a farmi venire il mal di testa.

Così aprii gli occhi e notai che la luce del display illuminava una cornice. Avevamo scattato quella foto durante un raro giorno di sole. Katy sorrideva e mi guardava, mentre io esibivo una delle mie migliori smorfie.

Avrei dovuto sbarazzarmi di quel ricordo, come di tutte le altre cose che mi facevano pensare a lei. Sospirai e decisi di alzarmi.

Andai ad aprire la finestra e quando passai di fianco al comodino, presi la cornice e la misi nella libreria, infilandola tra due libri.

 

Alzai il viso e i riccioli ricaddero sulla fronte umida. Allungai un braccio e dopo aver afferrato l'asciugamano, lo strofinai contro il volto e lo lasciai cadere in un angolo a caso.

Scesi le scale, consapevole del fatto che avrei dovuto sopportare le urla di mia madre e mia sorella.

Non perchè litigassero, ma perchè il loro tono di voce era incredibilmente alto, anche alle sette di mattina.

 

"Buongiorno amore." disse mia madre, sorridente. "Giorno." le risposi.

"Robin vi ha comprato i cornetti." disse, indicandoli. Mi sedetti a fianco di mia sorella e ne presi uno. Robin era il nuovo marito di mia madre. Era un tipo simpatico e ci comprava la colazione tutte le mattine.

"Sono in ritardo." disse nervosamente Gemma, afferrando con velocità un cornetto e mordendolo. "Per?" chiesi, fingendomi interessato alla sua vita. "Nuovo lavoro." disse biascicando.

Nonostante frequentasse l'università e fosse mantenuta dai miei, voleva lavorare. E così, optò per un lavoro bellissimo. La cameriera.

Diceva che oltre ad essere un posto di lavoro sicuro, interagiva con le persone e altre stronzate che si era inventata per auto convincersi di star facendo la cosa giusta.

Presi una tazza di latte e ci versai una quantità industriale di cacao per poi iniziare a mescolare il tutto, lentamente. Piegai la testa, sorreggendola con il palmo della mano.

"Harry, cos'hai?" chiese dolcemente mia madre. Alzai lo sguardo. "Niente." dissi poi, cercando di apparire disinvolto.

Sentii Gemma fingere una tosse e mi voltai a guardarla. "Che vuoi?" chiesi scocciato.

"Non vuoi dire alla mamma perchè sono giorni che sembri un morto vivente?" chiese. "Gemma." dissi duramente.

Era mia sorella maggiore, ma era incredibile come a volte sembrasse una bambina dispettosa.

"Che è successo?" chiese mia madre, preoccupata. Sbuffai, sapendo già che nonostante la domanda fosse rivolta a me, avrebbe risposto qualcun altro.

"Katy l'ha mollato." disse puntualmente Gemma. "Sai che sei una stronza?" le chiesi sottovoce.

"La verità brucia." disse lei, divertita. "Anche una gomitata in un occhio brucia, Gemma." dissi seccato.

"Perchè non me lo hai detto?" chiese mia madre, sorpresa. "Non ho voglia di parlarne." dissi, alzandomi.

"Harry." mi richiamò lei. Ma io salii le scale ed andai a vestirmi.

 

Aprii la finestra e uscii sul balcone, attraverso la portafinestra della casa di fronte, vidi Liam intento a chiudersi il cappotto.

A Wolverhampton l'inverno era rigido e la sera prima aveva nevicato. Perciò faceva freddo e questo diminuiva ulteriormente la mia voglia di andare a scuola.

Il mio miglior amico mi vide e uscì sul suo balcone, a pochi metri dal mio.

"Buongiorno." disse. "Mica tanto." farfugliai. Alzò gli occhi al cielo, probabilmente stufo di vedermi in quello stato.

"Muovi il culo e portami a scuola." disse divertito, cercando di strapparmi un sorriso. Ci riuscì.

 

Parcheggiai la mia auto a pochi metri dalla nostra scuola. Solo quando scesi mi accorsi della panchina rossa situata sul marciapiede vicino.

Li avevo chiesto a Katy di essere la mia ragazza. Li lei mi aveva detto di si, abbracciandomi e facendomi sentire il ragazzo più fortunato del mondo.

Liam mi diede una pacca sulla spalla appena si accorse di cosa stavo guardando.

"Ci sono milioni di ragazze, Harry. Ragazze più speciali di Katy." disse, per poi avviarsi all'entrata.

Aveva ragione. Ma io non volevo le altre. Volevo solo lei.



 

Ashley

 

Entrai in cucina e la prima cosa che feci, fu accendere la televisione e sintonizzarla su Mtv.

Apparecchiai la tavola sulle note di Jessie J e mi preparai una tazza di latte. Al cacao ovviamente.

"Piccola." Mi voltai quando sentii la voce assonnata di mia madre alle mie spalle.

"Buongiorno." dissi. "Giorno." rispose, sbadigliando. "Papà prima di andare a lavoro ti ha portato un paio di cornetti." disse, indicandoli sul ripiano della cucina. Non li avevo visti.

"Ricordarmi di dirgli che lo amo." dissi, facendola sorridere.

Ne mangiai uno e quando mi resi conto che ero, come al solito, in ritardo, salii in camera a vestirmi.

 

Sentii il suono della campanella, nonostante avessi le cuffie e la musica piuttosto alta. Spensi il mio iPod e lo riposi nella borsa.

Aspettai qualche minuto, seduta sulle scalinate della scuola e sperai fino all'ultimo di vederlo avvicinarsi a me. Ma non successe. Così come la mattina precedente e tutte le mattine di quella settimana.

Volevo credergli. Era il mio miglior amico, mi aspettavo che mi dicesse la verità. Ma forse non era stato del tutto sincero con me e non era vero che era uscito dal giro.

Mi alzai e a passi veloci raggiunsi il cancello. Riuscii solo a fare un paio di passi, prima che una voce chiamasse il mio nome.

Mi maledissi mentalmente per non essermene andata più velocemente e poi mi voltai. A qualche metro da me, la signorina Judy Martin mi guardava confusa. Vestita come una bambolina, i capelli corti e gli occhiali posati sulla punta del naso. Potevano scambiarla per una studentessa.

"Dove credi di andare Stewart?" chiese. "A casa." dissi seccata. "Perchè?" chiese, corrugando la fronte. Sospirai. "Mi sento poco bene." mentii.

La giovane professoressa accennò un sorriso. "Andiamo Stewart, chi vuoi prendere in giro? Entra." disse, utilizzando il suo solito tono di voce sdolcinato.

"No." dissi. Sospirò. "Va bene. Ma prima che tu vada via, posso parlarti?" chiese speranzosa.

Alzai gli occhi al cielo, mentre sentivo i suoi passi avvicinarsi. "Ci vorrà solo un attimo." disse. Si fermò di fronte a me e mi sorrise. Mi infastidiva vederla sempre così sorridente e di buon umore.

"Ormai ci conosciamo da qualche anno e tu non mi hai mai permesso di stabilire un contatto con te." disse.

Sapevo che avrei dovuto reclinare l'offerta ed evitare quel discorso. Mi avrebbe trattenuta fin troppo a lungo.

La signorina Martin era stata la mia professoressa sin dalla prima liceo. Ma che io ricordassi, la conoscevo da sempre. La ricordavo presente ad ogni ricorrenza e non avevo la minima idea del perchè.

"Hai questo carattere chiuso e indisposto.. vorrei solo capire cosa ti succede." disse. Corrugai la fronte. "Non arrabbiarti per favore, voglio solo che tu ti apra con me e che tu mi dica qual'è il problema." aggiunse.

"Io non ho nessun problema." dissi duramente. Sospirò.

"E' ovvio che c'è qualcosa che ti turba ed è anche abbastanza evidente che tu non voglia parlarmene. Allora voglio solo farti sapere che se mai cambierai idea, io ti ascolterò." disse, sorridente.

Cercai di capire cosa potesse spingerla ad interessarsi così a me. Forse si sentiva in dovere perchè era la mia professoressa. O forse semplicemente le piaceva farsi i fatti altrui.

In ogni caso non avevo la minima intenzione di raccontarle ciò che mi passava per la testa.

Perciò mi voltai ed uscii dai confini della scuola.

 

"Ehi! Non si usa più bussare?" chiese seccato Zayn, quando spalancai la porta della sua stanza. "Si può sapere perchè non sei venuto a scuola?" chiesi, ignorando la sua protesta.

"Buongiorno anche a te." disse ridendo, mentre si alzava dalla sedia della sua scrivania.

Allungò una mano in mia direzione, forse per accarezzarmi una guancia, come era solito fare. Ma io la evitai e lo guardai con rabbia.

"Avevi detto che questa mattina saresti venuto." dissi. Sospirò. "Lo so, ma non ne avevo voglia." disse.

Risi amaramente. "Non mentire a me." dissi poi. "Ash." disse ridendo, mentre si avvicinava a me.

"Smettila di trattarmi come una stupida, che stai combinando?" chiesi, respingendolo.

"Niente." disse divertito. Si voltò, con l'intenzione di raggiungere il suo letto. "Non eri così apprensiva prima che Dean ti lasciasse." disse, scherzandoci sopra.

Uscii dalla stanza appena finì di pronunciare quelle parole, prima che si voltasse e mi vedesse.

 

Mi sdraiai sulla sabbia, lasciando che i raggi del sole mi scaldassero la pelle. Chiusi gli occhi e respirai a pieni polmoni l'aria della California.

Ripensai alle parole di Zayn e mi chiesi come avesse potuto solo pensarle, pur sapendo quanto ero stata male per Dean.

Però aveva ragione, non ero così prima che mi lasciasse. Non ero affatto la ragazza che ero adesso.

Mi aveva completamente cambiata, spazzando via tutto quello che restava della Ashley Stewart dolce e timida.

Ero insicura e molto ingenua, così lui se ne era approfittato. Cominciò fin da subito a riempirmi la testa di ideologie che non mi appartenevano.

Spazzò via la mia timidezza, sostituendola con una dose esagerata di sfacciataggine. Mi fece credere che i sentimenti appartenessero solo ai deboli, così come l'insicurezza.

Quindi mi rese forte, anche se forte non lo ero mai stata. Mi rese sicura di me e mi fece credere di essere nettamente superiore alle altre.

Creò una ragazza cinica e insensibile, chissà a quale scopo. Riuscì a mettermi contro a tutti i miei amici, persino contro i miei genitori.

Poi mi disse che non ero comunque abbastanza. Nonostante tutti i cambiamenti che aveva apportato in me, non lo soddisfacevo ancora. Così se ne andò, lasciando una traccia indelebile.

Un giorno mi guardai allo specchio e non mi riconobbi più. La cosa peggiore, era che non c'era più lui a dirmi che andava tutto bene. Che l'immagine che vedevo riflessa nello specchio, era quella giusta.

Nessun rossore sulle guance, nessun sentimento nel cuore.

 

Aprii gli occhi non appena sentii la presenza di qualcuno al mio fianco. Zayn si era seduto vicino a me e guardava dritto verso l'orizzonte.

"Mi dispiace." sussurrò. "Non avrei dovuto dirlo." aggiunse.

Guardai la sua mascella contratta e capii che si sentiva in colpa. Così sospirai e mi alzai, ritrovandomi seduta al suo fianco.

"Fa niente." dissi, poggiando la testa sulla sua spalla. "Ho sempre pensato che Dean ti abbia cambiata. Ma voglio farti sapere che sei meravigliosa anche così come sei adesso." sussurrò.

Sorrisi e mi ricordai perchè era il mio miglior amico. "Che farei senza di te?" chiesi sospirando. "Assolutamente niente." rispose divertito. "E tu, che faresti senza di me?" chiesi.

"Sarei perso, lo sai."

 
 

Ciao belle, faccio una premessona, questo capitolo doveva essere online da parecchio, ma (non si è capito il perchè) il mio computer ha pensato bene di farmelo sparire. Perciò ho dovuto riscriverlo tutto.

Detto questo, spero che possa piacervi. Come avete letto, inizialmente c'è il punto di vista di Harry e, se avrete voglia di saperne di più, non vi resta altro che recensire (se volete) e continuare a seguire la storia.

So, stay tuned
 

Una domanda: li vedete i polyvore che metto nelle parole chiave? In questo, il link è nella parola "vestirmi".
 

P.s: Vi ricordo che ho inviato la richiesta per cambiare nome in Sprjng, sempre se me l'accettano.

Poi, che ho messo ask e che mi piacerebbe tanto interagire li con voi. (sotto trovate il link)

E un'altra cosa, prendetemi pure per pazza, ma ogni capitolo avrà un banner personalizzato.

 

Un bacio,
Michi x

 

 

 













 

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Capitolo 3
*** Take me away. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun mod
o.'

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Take me away.

 

"You're always there, you're everywhere.

But right now I wish you were here."



 

Liam

 

"L'avevo data a te." disse nuovamente Harry, ancora più seccato.

Sbuffai e incastrai il telefono fra l'orecchio e la spalla, utilizzando entrambe le mani per frugare tra i miei libri.

"Ho messo a soqquadro la mia stanza. Ti ho detto che non c'è." dissi, per la centesima volta. "Deve esserci." Alzai gli occhi al cielo.

Neanche un settimana prima, Harry aveva deciso di sbarazzarsi di ogni cosa gli riportasse alla mente Katy. Ed era convinto di aver dato a me una lettera che gli aveva scritto per il suo compleanno o forse per Natale.

Adesso la rivoleva e non lo convinsi a dirmi il perché. Estrassi una cartella dalla libreria e la aprii. Immediatamente, ritagli di fogli e foto, caddero a terra. Sbuffai seccato e guardai il contenuto rimanente.

"No Harry, non è casa mia." dissi. Sospirò. "Sei sicuro?" "Si, te l'ho già detto e comunque.. aspetta." mi interruppi, quando qualcosa a terra, attirò la mia attenzione.

"L'hai trovata?" chiese speranzoso. "No." risposi, cercando di capire cosa fosse. "Devo andare. Ci vediamo dopo." dissi poi, frettolosamente. "Va bene." rispose scocciato.

Poggiai il telefono sulla libreria e mi abbassai a raccogliere le cose che mi erano cadute.

In mezzo a fogli e cartacce, c'era una foto ed era quella che aveva attirato la mia attenzione. Ero sicuro di non averla mai vista prima.

Ritraeva un paesaggio all'aperto. Un ragazzo molto giovane sedeva su una panchina, mentre una ragazza sorridente, si trovava dietro di lui e gli avvolgeva il collo con le braccia.

Ci avrei messo una mano sul fuoco, quello era mio padre. Ma quella donna, non era Lauren. Mi sedetti a terra e la guardai attentamente.

Mio padre era sposato con Lauren da circa quindici anni. Ed era tanto, ma in quella foto era ancora più giovane.

Quella donna doveva essere per forza mia madre.

 

Harry
 


Scesi di macchina e mi strinsi nel cappotto. Nonostante il clima poco favorevole, c'era un po' di sole e questo ci aveva spinto ad uscire.

Non c'era niente di eccezionale a Wolverhampton, ma era casa mia e non avrei cambiato niente di quel posto. Amavo le case a mattoncini rossi e i vialetti curati nei minimi dettagli.

Mi voltai e mi accorsi che Liam era rimasto parecchio indietro e camminava lentamente, guardandosi i piedi.

"Vuoi sfidarmi?" chiesi divertito. "Mh?" chiese confuso, alzando la testa. "Facciamo a chi è più depresso?" chiesi.

Scosse la testa e mi raggiunse. "Non sono depresso." disse. "Allora cos'hai?" chiesi preoccupato. Non era facile vedere Liam di cattivo umore. Era un ragazzo solare e non c'era momento in cui non sorridesse.

"Sai quando oggi mi hai chiamato?" chiese. Annuii. "Mentre cercavo la lettera di Katy, ho trovato una foto." disse. "Che foto?" chiesi. "C'è mio padre da giovane e.. una donna." disse pensieroso.

Conoscevo il padre di Liam da molti anni. Ero piccolo quando entrarono a far parte della mia vita. Per quel che ricordo, Liam aveva sempre frequentato le mie stesse scuole, a partire dalle elementari.

Suo padre era un tipo molto alla mano, decisamente il migliore. Quando lo avevo conosciuto, si era già risposato con Lauren, la sua attuale moglie. Ma non era la madre di Liam, di lei sapevo ben poco.

Sapevo solo che i due si erano separati quando il figlio aveva poco più di un anno e poi era morta. Il padre di Liam era sempre stato vago sull'argomento e lui di sua madre non sapeva praticamente niente.

"Credi possa essere tua madre?" chiesi. Lui si fermò e dopo essersi aperto il cappotto, estrasse la foto da una tasca interna. Me la fece vedere e un sorriso si aprì involontariamente sulle mie labbra.

"Ti somiglia molto." dissi. "Davvero?" chiese lui, quasi speranzoso. "E' tua madre, Liam." dissi, sicuro delle mie parole.

Si portò la foto davanti al viso e la guardò sorridente. Probabilmente era la prima foto che vedeva di lei. Suo padre si era sbarazzato di ogni oggetto che le appartenesse o che la ritraesse.

"Andiamo, ti offro da bere." dissi, dandogli una pacca sulla spalla.

Lui annuì e ripose la foto.

 

Ashley

 

"Passami il rosso." dissi, tenendo lo sguardo sulla tela. Zayn ubbidì, nonostante fosse impegnato più di me.

Mi abbassai e nell'angolo destro, scrissi il mio nome in corsivo. Mi allontanai ed osservai il mio lavoro, poi sorrisi fiera. Mi voltai verso Zayn e lo trovai intento a spruzzare del giallo sulla parete.

Da quando sua madre era morta, suo padre gli aveva lasciato fare qualsiasi cosa. Incluso dedicare una stanza hai suoi disegni. Aveva scelto la più grande e la più luminosa.

Sotto la finestra si trovava la scrivania, colma di disegni, scarabocchi e bozze. Le quattro pareti erano quasi totalmente ricoperte da graffiti. Erano la specialità di Zayn.  In qua e in la poi,  aveva appeso alcune tele pitturate da me. Le sue preferite.

"Questa finisce sul mio muro." disse, osservando quello che avevo fatto. "Ti piace?" chiesi speranzosa. "Sai che Londra mi piace." disse sorridente.

Avevo rappresentato il mio angolo di paesaggio preferito. C'era il tramonto e un cielo arancione faceva da sfondo al London Eye, facendolo riflettere nelle acque del Tamigi.

Non c'ero mai stata, ma sicuramente, in un'altra vita, quella era stata casa mia. Guardai il muro di Zayn e come al solito, mi sembrò solamente imbrattato.

"Hai talento, perché lo sprechi per fare questi.. cosi?" chiesi. Lui si voltò a guardarmi male.

Amavo lo stile di Zayn, ma non quando si limitava a prendere del colore e sbatterlo casualmente sulla parete.

"Come hai osato offendere la mia arte?" chiese, assottigliando lo sguardo. Sorrisi.

"Scusa, non intendevo ferirti." dissi divertita. "Dovrai pagare per questo, sai?" chiese Zayn, allungando una mano verso lo scaffale in cui teneva i colori.

"Zayn." dissi, pregandolo con lo sguardo di non farlo. Ma in un secondo la sua mano aveva afferrato la bomboletta blu e poco dopo, avevo preso le sembianze di un puffo.

Rise di gusto, prendendosi gioco di me. E che dire, potete immaginare quello che successe dopo. Quando è guerra, è guerra.

 

"Hai del viola qui." dissi ridendo, indicandogli il petto. "E qui, qui, qua.. oh, pure lì." continuai divertita.

Eravamo sdraiati a terra, sfiniti a causa dello scontro appena terminato. Zayn sbuffò scocciato.

"E tu sei tutta blu, ma io non ti giudico." disse, cercando di restare serio. Risi e sollevai lo sguardo, osservando il soffitto.

"Dovresti dipingerlo." dissi improvvisamente. Non capì immediatamente a cosa mi stessi riferendo, ma poi seguì il mio sguardo e si accorse di cosa stessi osservando.

"E come?" chiese. "Potresti riempirlo di stelle." dissi. "Così poi potresti stenderti qui ed osservale quando vuoi." aggiunsi.

"Sei molto romantica, Ash. Ma intendevo in che modo." disse ridendo. "Con una scala, idiota." dissi sbuffando.

"Pensandoci bene, potresti fare un sacco di cose." dissi. "Per esempio, un mio ritratto." aggiunsi, mentre mi voltavo per guardarlo.

"Ricominci con questa storia?" chiese annoiato. "Dai." dissi sorridente, sperando di convincerlo.

Zayn aveva fatto un ritratto meraviglioso di sua madre e ne avrei tanto voluto avere uno anche io.

Lui era solito fare graffiti e disegni stilizzati, ma il suo vero talento erano i disegni su tela.

Quello belli, curati nei minimi dettagli. Quelli che ritraevano paesaggi o persone. Ma lui continuava a ripetere che non era il suo stile.

"Quante volte devo dirti che non è il mio stile?" chiese, per l'appunto. Sbuffai. "Stronzo." dissi seccata.

"Cos'hai detto?" chiese divertito, mentre avvicinava la mano ad un pennello. "No, basta dai." dissi ridendo.

"Zayn!"

"Ops, hai un po' di verde qui."

 

Harry

 

Avvicinai la birra alle labbra, mentre Liam soffiava sulla sua cioccolata calda.

Ci trovavamo in uno dei nostri posti preferiti. Si trattava di un piccolo caffè vicino casa.

Il camino era sempre acceso e il calore che emanava era paragonabile a quello che ti offrivano i proprietari. Osservai Liam in silenzio. Era pensieroso e lo vedevo assente.

Era naturale che lo fosse. In diciotto anni non aveva mai visto il viso di sua madre e adesso, improvvisamente, si era ritrovato una sua foto tra le mani. Alzò il viso e si accorse che lo guardavo.

Rimanemmo a fissarci, parlando solo con gli occhi, fino a quando il rumore del campanello della porta non interruppe quello scambio di sguardi.

Ci voltammo entrambi, giusto in tempo per vedere la figura di Louis entrare, seguito da Noah.

Liam distolse lo sguardo e io mi ritrovai a sbuffare.

Frequentava la mia stessa scuola, nonostante avesse vent'anni.

Non mi era mai stato troppo simpatico. Forse perché mi infastidiva trovarlo sempre ubriaco nei locali che frequentavo il sabato sera. Forse perché era irritante quando manifestava continuamente la sua superiorità. O forse perché era per lui, che Katy mi aveva lasciato.

"Vuoi andare via?" mi chiese Liam. Scossi la testa. Non mi sarei mai abbassato a quei livelli. "Sicuro?" chiese ancora.

"Dirai qualcosa a tuo padre?" chiesi io, ignorando la sua domanda. Sospirò, capendo che non volevo parlarne.

"No, mi ha sempre nascosto le sue foto. Non vorrei che facesse sparire anche questa." rispose. "Chissà perché." dissi, guardando fuori dalla finestra.

"Forse cerca solo di non pensarla." ipotizzò. "Tu la pensi?" chiesi. "A volte." rispose. "E tu ci pensi mai a tuo padre?" chiese. "No." risposi.

Non vedevo mio padre da anni ormai. E non lo avevo mai considerato tale. Perché non ci vuole niente a fare un figlio. La difficoltà sta nel crescerlo.

Perché avrei dovuto considerarlo mio padre? Solo perché nelle mie vene scorreva anche il suo sangue? Robin era mio padre. Perché era colui che mi aveva cresciuto, educato, ma soprattutto, mi aveva voluto bene.

Mi volta giusto in tempo per vedere Louis, con le mani attorno ad un bicchiere e un sorriso beffardo disegnato sul volto.

Mi guardava da lontano. Si stava prendendo gioco di me.

Forse portarmi via la ragazza che amavo non era stato sufficiente per lui. L'umiliazione doveva andare avanti.

 

Ashley


 

"Ti vuoi sbrigare?" urlò Zayn, dal piano di sotto. "Un attimo!" gridai scocciata, mentre  saltellavo su una gamba, cercando di mettere il tacco.

Quando ci riuscii, ebbi solo il tempo di aggiustare il rossetto e poi dovetti scendere al piano terra.

Quando Zayn sentì i miei passi sulle scale, non si voltò neanche a guardarmi e si avvicinò alla porta.

"Rachel, noi andiamo." disse a voce alta. Mia madre, che era in cucina, obiettò subito. "Venite qua." ci ordinò.

Scesi l'ultimo gradino della mia scala e guardai Zayn, il quale alzò gli occhi cielo.

"Non alzare gli occhi al cielo con mia madre." lo ripresi, per poi entrare in cucina. La trovai seduta attorno al tavolo. "Dove credi di andare vestita così?" chiese, sbarrando gli occhi. Sbuffai.

"Non sbuffare con tua madre." sussurrò Zayn divertito. "Tu cosa ridi? Sai che se le succede qualcosa è colpa tua, vero?" gli chiese mia madre. "Certo." rispose.

"Te l'affido." disse. "Sai che puoi contare si di me, Rachel." disse. "Lo spero." disse.

"Su, levatevi dai piedi." disse divertita. Sorrisi e le baciai una guancia. "Ciao mamma." dissi di sfuggita, mentre Zayn mi trascinava verso l'uscita.

"Ma che fretta hai?" chiesi seccata. "Nessuna fretta." rispose, salendo in macchina. "Come no." bisbigliai fra me e me.

 

"Ciao bellissima." sussurrò al mio orecchio. "Aidan, lasciala stare." disse Zayn, svogliatamente. Era praticamente costretto a ripetere quella frase ogni giorno, a lavoro.

Sorrisi, perché infondo quel ragazzo mi stava simpatico. Era stupefacente il fatto che non si fosse ancora stufato di provarci con me, dato che riceveva sempre dei no irremovibili.

Ricambiò il mio sorriso e fece un occhiolino che mi fece ridere. Fui interrotta da Zayn, il quale, guardando verso un punto fisso della sala, mi disse distrattamente che sarebbe tornato subito.

"Sta con Aidan." disse, poco prima di sparire tra la folla. La musica era alta e le luci si facevano sempre più buie. Così non lo vidi più. Rimasi li con Aidan e un brutto presentimento.

Infondo mi ero accorta già a casa mia che Zayn era strano e non era da lui lasciarmi da sola, soprattutto in un locale, soprattutto con un ragazzo che non desiderava altro che portarmi a letto.

"Posso offrirti da bere?" chiese Aidan. Lo guardai poco convinta e poi decisi che era arrivato il momento di smettere di pensare a cosa stesse combinando il mio miglior amico e di dedicarmi alla serata, cercando almeno di divertirmi un po'.

"Perché no." risposi sorridente.

Ci avvicinammo al bar e diedi il permesso ad Aidan di ordinare quello che voleva. Così, dopo poco mi ritrovai con un bicchiere di vodka tra le mani.

"Allora, parlami di te." disse, fingendosi davvero interessato. "Senti." iniziai. "C'è la musica alta, non mi va di perdere la voce raccontandoti gli affari miei." dissi.

Distolse lo sguardo e sospirò. "Però, se vuoi, sono disposta a ballare." dissi. Appena sentì quelle parole, si voltò con aria esterrefatta. Risi, prendendomi gioco di lui.

"A patto che tieni giù le mani." dissi, puntandogli un dito contro. "Va bene." disse sorridente. Lo seguii tra la gente, cercando di raggiungere la pista.

Per un po' riuscii a divertirmi. Aidan era un ragazzo simpatico e aveva mantenuto la promessa di non mettermi le mani addosso.

Ma poi, tra le persone, incrociai uno sguardo che mi fece paralizzare. Anche lui mi riconobbe. Lo vidi avvicinarsi e istintivamente feci dei passi indietro.

"Ash?" mi chiamò confuso Aidan. Cominciai a guardarmi intorno, dal momento che l'avevo perso di vista.

Sapevo che Dean mi aveva tenuta d'occhio negli ultimi mesi.

Avevo paura che mi volesse di nuovo. Non sarei stata abbastanza forte da riuscire a dirgli di no.

Avrebbe ripreso il controllo della mia vita e sarebbe riuscito a distruggere i pochi passi avanti che avevo fatto.

Mi voltai e raggiunsi velocemente il bordo della pista. Aidan mi seguì. Quando mi fermai, si avvicinò e mi guardò con aria preoccupata.

"C'è Dean." dissi, continuando a guardarmi intorno. Tutti lo conoscevano e tutti sapevano che un tempo eravamo stati insieme. Diciamo che lui amava precisare che ero di sua proprietà.

"E quindi?" chiese. "Non voglio parlarci." dissi. "Non devi se non vuoi." disse, cercando di tranquillizzarmi. "Va a cercare Zayn." gli chiesi.

Avevo paura che Dean spuntasse all'improvviso alle mie spalle e che mi chiedesse di seguirlo. Se non ci fosse stato Zayn a fermarmi, lo avrei fatto.

"Non ti lascio da sola." disse Aidan. Lo ignorai e cominciai a cercare con lo sguardo Zayn.

In mezzo alla folla, però, trovai solo Dean. Anche lui si guardava attorno, forse mi stava cercando. Ne ebbi la certezza quando incrociò il mio sguardo e iniziò a camminare velocemente verso di me.

"Portami via da qui." chiesi a Aidan, completamente nel panico. Annuì e mi prese per mano.




 

Buonasera,

Inizio già a fare i miei mega ritardi, perfetto.

Pur troppo in questo periodo a scuola ci uccidono e ho poco tempo.

La conoscenza dei personaggi si sta approfondendo.

Si ha qualche informazione in più su la vita di Harry e Liam ed è stato introdotto Louis :)

Comuuunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto

 

Un bacio,

Michi x

 

 

 
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Capitolo 4
*** She loved you. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,

non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.'

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She loved you.

 

"But there's a voice inside my head saying,

you'll never reach it."


 

Niall
 

Entrai nel locale e cercai con lo sguardo i miei amici. Quando mi accorsi che probabilmente dovevano ancora arrivare, mi andai a sedere.

Erano quattro fine settimana consecutivi che li obbligavo a passare la serata in quel locale, piuttosto che andare a ballare o da qualsiasi altra parte. Mi sentivo in colpa, erano costretti a farlo solo a causa mia.

Ma poi guardavo al di la del bancone del bar e capivo perché ne valesse la pena. La cameriera più carina di Wolverhampton lavorava lì.

Frequentava una scuola poco distante dalla nostra e quando aveva del tempo libero, aiutava i suoi genitori al bar di famiglia.

I capelli castani le ricadevano leggeri sulle spalle. Lentiggini dello stesso colore, le ricoprivano il naso, fino ad incorniciarle anche le guance.

Aveva gli occhi verdi, scuri. Venati di celeste, a volte di giallo. Erano magnetici.

A distrarmi da quell'immagine, quasi surreale, fu Liam con la sua delicatezza. Mi portai una mano sul collo, proprio dove il mio amico mi aveva appena colpito senza pietà.

Lo guardai male, mentre lui ed Harry si prendevano gioco di me. "Si, ridete." dissi seccato. "Che amici." sbuffai. I due presero posto di fronte a me.

"Non te la prendere, Nialler." disse Harry, divertito. "Sei tu che te le cerchi." aggiunse.

"La vuoi smettere di fissarla come se fosse commestibile e tu fossi digiuno da settimane?" chiese Liam. Alzai gli occhi al cielo.

"Io non.." iniziai. "Non negare." mi interruppe Harry, puntandomi un dito contro. Sbuffai scivolando sulla sedia.

"Buonasera, ragazzi. Posso portarvi qualcosa?" Il mio cuore iniziò a battere a ritmo irregolare e quasi feci fatica a riprendere fiato quando riconobbi la sua voce.

"Noi dobbiamo pensarci. Tu Niall avevi già deciso, vero?" chiese Liam, divertito. Infame.

Sentii addosso gli occhi della ragazza e non ebbi il coraggio di voltarmi. Di fronte a me, Harry gesticolava qualcosa, mentre Liam sporgeva la testa verso di lei, indicandomi di voltarmi.

"Allora, cosa posso portarti?" chiese con gentilezza, senza tradire il suo abituale tono solare e allegro.

Forse era per questo che mi aveva colpito. Nonostante fosse obbligata a passare il sabato sera a lavorare, piuttosto che a divertirsi, la vedevo sempre sorridente.

Niall, è la tua occasione. Contai fino a tre e mi voltai. Mossa errata. Era così vicina che, volendo, potevo contare le lentiggini che le coloravano la carnagione chiara.

Ingoiai a fatica il groppo che mi si era creato in gola. Le mani mi sudavano e le palpitazioni aumentavano.

"Magari.. ripasso tra qualche minuto?" chiese, incerta. Sentii Harry sbuffare. "Tre birre andranno benissimo." disse infine.

La ragazza distolse lo sguardo da me e io ripresi a respirare. "Arrivano." disse sorridente, per poi allontanarsi a passi veloci.

Guardai i ragazzi, fisicamente e mentalmente a pezzi. Mi era bastato averla vicino per pochi minuti, che era riuscita a sconvolgermi totalmente.

Liam scosse la testa. "Codardo." disse. "Idiota." aggiunse Harry. Sbuffai, portandomi le mani sul viso. Ero un disastro.

 

Ashley

 

Mi affidai ad Aidan. Forse ingenuamente, ma la paura che avevo di ricadere nella trappola di Dean, mi aveva destabilizzato.

Non mi importava se non mi fidavo di Aidan, in quel momento era l'unica persona che conoscevo in grado di portarmi via di lì.

Lo seguii fino al parcheggio e una volta fuori, al buio, da sola con lui, capii che non era una buona idea.

"Magari è meglio se cerchiamo Zayn." dissi, indicando l'entrata. "Ma non volevi che ti portassi via?" chiese confuso.

"Conosci Zayn.. è capace di impazzire se non mi trova." dissi cercando di convincerlo a rientrare, nonostante quello che avevo detto non fosse solo una scusa, ma fosse del tutto vero.

"Gli mandiamo un messaggio." disse. "Aidan.." iniziai.

"Ashley." Mi immobilizzai non appena sentii la sua voce alle mie spalle.

L'ultima volta che avevo sentito il mio nome pronunciato dalle sue labbra, mi aveva lasciata.

 

Entrai nella stanza e non potei fare a meno di notare la presenza di due bellissime ragazze sedute sul divano.

Dean e Alex, invece, erano in piedi con due bottiglie di birra tra le mani. Ma se facevo attenzione, potevo contarne di più nel suo salotto.

Strinsi la mano attorno al manico della mia borsa. Nonostante quella visione mi avesse infastidita, dovevo restare in silenzio. Così mi era sempre stato ordinato. "Ashley." disse Dean, guardandomi sorpreso.

Ad aprirmi la porta, era stata la governante. Lui, a malapena si ricordava della mia esistenza.

Così come si era scordato che era stato lui stesso a darmi appuntamento a casa sua.

"Che ci fai qui?" chiese, sforzando un sorriso. Non mi sorpresi affatto di quella dimenticanza. Era tipico di lui. Sorrisi, perché ero comunque felice di vederlo.

Mi avvicinai e decisi di rimanere indifferente a quel suo atteggiamento menefreghista.

Poggiai una mano sul suo braccio e mi sporsi per baciarlo, ma lui si voltò, offrendomi invece la sua guancia.

Una delle ragazze sedute alle mie spalle, rise. Alex si trattene dal farlo, portandosi una mano sulle labbra.

Ero abituata alle sue continue umiliazioni. Ma c'era qualcosa di strano e non avevo un buon presentimento.

Mi guardai attorno spaesata e confusa. Mi guardavano divertiti e io mi sentivo sempre più piccola e indifesa.

"Che succede?" chiesi, supplicando con gli occhi Dean. Si voltò e posò la birra sul tavolo alle sue spalle.

Quando tornò a guardarmi, mi accarezzò il braccio, invitandomi ad indietreggiare.

"Senti Ashley.." iniziò, per poi finire dicendomi che per quanto avesse provato a cambiarmi, non lo soddisfacevo ancora. Che lo annoiavo. Che in poche parole, non aveva più bisogno di me.

E mi fece indietreggiare fino a quando non mi ritrovai sul portico, con una porta chiusa in faccia.

Sola e con un Ashley che non riconoscevo più.


Lo guardai negli occhi e provai solo odio. Dopo aver speso mesi ad amarlo incondizionatamente, potevo finalmente riuscire ad odiarlo con tutta me stessa.

Ma la mia sicurezza vacillò quando lui mi sorrise. "Bambina." disse.

Allora capii che mi ero solo illusa. Che tutti i miei sforzi erano andati in frantumi nel momento stesso in cui mi aveva chiamata così.

Perché per lui ero solo una bambina. Una ragazzina viziata che doveva essere cambiata, educata. E lui c'era riuscito.

Ma poi si sa, non gli ero bastata comunque. Nonostante fossi diventata esattamente quello che voleva lui.

Come facevo ad amare il ragazzo che aveva distrutto tutto ciò che di buono era in me? Non lo so. So solo che ci riuscivo.

"Che c'è? Non sei felice di rivedermi?" chiese, fingendosi dispiaciuto.

L'ultima volta che lo avevo visto, mi aveva detto di non volermi più nella sua vita, perché ero inutile e deludente.

Adesso cosa si aspettava? Che lo vedessi con piacere? Eppure dentro di me, durante i mesi che avevo dedicato alla mia disintossicazione da lui, avevo desiderato tante volte di vederlo.

"Come stai?" chiese, facendo qualche passo in avanti. Non riuscii neanche ad indietreggiare. Mi ero immobilizzata, completamente.

"Andiamo, piccola. Parlami." disse, avvicinandosi nuovamente.

Con la cosa dell'occhio, potevo vedere Aidan. Sapevo che era solo un buon a nulla. Tutto quello che riusciva a fare, era stare fermo a guardare. Distolsi lo sguardo, puntandolo a terra.

"Ero ubriaco quando ho detto quelle cose. Sai che sei sempre la mia preferita." disse, sorridendo.

A quelle parole alzai di scatto il viso, riuscendo perlomeno a fulminarlo con lo sguardo.

"Ok, sei arrabbiata." disse ridendo. Non ero arrabbiata. Ero frustrata. Come poteva dirmi che ero la sua preferita, quando non aveva fatto altro che sminuirmi in continuazione?

"Fattela passare. Ci vediamo presto." disse avvicinandosi. Posò una mano sul mio mento, inclinandolo di lato, per poi baciarmi una guancia. A quel contatto sentii una pace interna che mancava da mesi.

Lui era l'unico capace di ristabilire il mio equilibro, perché era stato lui stesso a crearlo.

Sorrise e poi rientrò nel locale, confondendosi tra le persone. Asciugai una lacrima prima che potesse arrivare alle mie labbra.

"Portami a casa." ordinai ad Aidan, incamminandomi velocemente verso la sua auto. Lui non obiettò. Si limitò solamente ad accontentarmi.

 

Harry

 

Risi di Niall e della sua timidezza. Ormai erano mesi che appena aveva un minuto libero, si catapultava al bar, sperando di incontrare la sua bella.

Già, erano mesi. Eppure, ancora non conosceva il suo nome. Più volte Liam lo aveva spronato a farsi avanti. Io mi ero persino offerto di chiederle il nome al suo posto.

Ma Niall ripeteva che, un giorno, glielo avrebbe chiesto lui. Quando si sarebbe sentito pronto, diceva.

Ed era ovvio, che quel giorno non era ancora arrivato e stentavo a credere che sarebbe arrivato mai.

"Io sono solo un po' timido." disse, guardando le sue mani giocare tra di loro. "Un po'?" chiese Liam strabiliato.

"Amico, quando ti passa di fianco, inizi a tremare come una foglia." continuò divertito. Niall sbuffò seccato.

"Dai, lascialo stare." dissi. "È ancora piccolo, deve sempre imparare a socializzare con il sesso opposto." dissi, prendendomi gioco di lui.

Liam rise, contagiando anche me. Mentre Niall continuava a lanciarci occhiate poco divertite.

"Ecco a voi ragazzi." Mi voltai verso la ragazza che si era appena rivolta a noi. Sorrideva, come sempre, e su un vassoio portava le nostre birre. Le posò una ad una sul tavolo.

Guardai Niall, il quale divenne improvvisamente di pietra. Mi feci scappare una risata che non passò inosservato alla ragazza. La quale velocizzò i suoi movimenti per poi andarsene.

Appena fu lontana, liberai la mia risata, trascinando anche Liam. Niall, rosso in faccia, ci guardò con rabbia.

"Ecco, adesso penserà che la stiamo prendendo in giro." farfugliò irritato. "Non credo." disse Liam. "Invece si." continuò il biondo.

"Per colpa vostra non ci parlerò mai." disse. A quelle parole le nostre risate aumentarono a dismisura. Se non aveva speranza di parlarci, era solo per colpa sua.

La mia risata però, fece presto anche a svanire. Nel momento in cui la porta del locale si aprì e io mi voltai istintivamente.

Riconobbi subito la figura di Louis che entrava. Sorridente, quasi irritante. Anche i ragazzi si accorsero del suo arrivo.

Mi voltai verso di loro, intenzionato a riprendere il discorso, quando decifrai le loro espressioni.

Erano miei amici, quindi vedevano Louis come una sorta di nemico, nonostante a loro non avesse fatto niente.

E lo guardavano sempre male, mi sostenevano. Ma non in questo modo. C'era compassione nei loro occhi, non comprensione. E capii.

Quindi mi voltai, immaginando già di vederlo con una persona che una volta era appartenuta a me.

Mi voltai e lei, era tra le sue braccia.

 

Katy

 

"Dai Louis." dissi ridendo, cercando di scappare dalla sua presa. Lui continuò a solleticarmi i fianchi e a ridere.

"Smettila." dissi, spingendolo verso l'entrata del locale. Lui mi diede stranamente ascolto e mi prese per mano, trascinandomi all'interno.

I miei occhi saltarono da una parte all'altra del locale, alla ricerca di un tavolo libero, quando un ragazzo biondo attirò la mia attenzione.

Era Niall e al suo fianco riconobbi Liam. Entrambi ci guardavano senza distogliere mai gli occhi.

Erano i migliori amici di Harry, il mio ex ragazzo. Lui lo riconobbi subito, nonostante mi stesse dando le spalle.

Quei ricci li avrei riconosciuti tra mille. Si voltò anche lui. Nel suo sguardo lessi tristezza unita al disprezzo.

Disprezzo che provava nei miei confronti. Me lo meritavo, mi ero comportata male con lui. Era davvero innamorato di me, mentre io lo prendevo solamente in giro.

Aspettavo solamente il giorno in cui Louis mi notasse, questa è la verità. Io ero sempre stata attratta da lui. Harry era un bel ragazzo si, era dolce e sensibile. Ma no, non faceva per me.

Eppure ero stata la sua ragazza. Mi ero presa gioco di lui fin quando mi aveva fatto comodo. Ma questo lui, non lo sapeva.

Mi voltai, incapace di reggere il suo sguardo. Louis invece gli piantò gli occhi addosso come faceva sempre.

Quando confessai ad Harry di essermi innamorata di un altro, non se la prese con lui. Non se la prese proprio.

Era più il tipo che soffriva in silenzio. Ma ogni volta che si incrociavano in corridoio a scuola o in giro, iniziava una sorta di sfida di sguardi e per adesso non erano mai andati oltre.

Mi aggrappai al braccio di Louis, cercando di attirare la sua attenzione.

Lui abbassò lo sguardo e mi sorrise. Poi si liberò della mia presa e mi strinse la mano.

Alzò il viso, lanciando un'ultima occhiata ad Harry, prima di dirigersi verso un tavolo libero, non molto lontano dal suo.

Mi sedetti e decisi di non dire niente. Sapevo bene che le ramanzine al riguardo erano inutili.

Così ordinai e feci finta di nulla.

 

Ashley

 

Avendo dimenticato di chiudere la finestra, venni svegliata dai raggi del sole che filtravano da essa. Sbuffai e mi rigirai nel letto, nascondendomi sotto le coperte.

A giudicare dalla luce fuori, non era presto e i miei genitori avevano sicuramente avuto compassione di me e non mi avevano svegliato per il solito pranzo domenicale.

Decisi comunque di alzarmi, ormai ero sveglia. Allungai la mano e quando trovai il telefono, lo portai vicino al viso.

Appena notai la quantità illegale di notifiche, mi alzai di scatto, preoccupandomi inutilmente.

Erano di Zayn e quello preoccupato era decisamente lui. La sera prima mi aveva riportata a casa Aidan e a lui non avevo detto niente.

I primi messaggi erano di panico totale, nei seguenti aveva scoperto quello che era successo, forse perché aveva parlato con Aidan e quindi era arrabbiato, perché non lo avevo avvertito.

Lanciai il cellulare sul letto e andai a vestirmi.

 

Mi sedetti sulla sabbia e abbassai gli occhiali da sole, giusto per evitare di essere accecata dalla luce.

Avevo dato appuntamento a Zayn su quella spiaggia, li dove scappavamo sempre dai problemi. Oppure, come in questo caso, dove li risolvevamo.

Aspettai più di un quarto d'ora, poi, in lontananza, lo vidi arrivare. Aveva un espressione indurita, era davvero furioso con me. Lo guardai avvicinarsi senza dire una parole.

Rimasi in silenzio anche quando si sedette di fianco a me. Alzò il viso ed iniziò a guardare il mare, ignorando la mia presenza.

Passarono altri dieci minuti ed io non fiatai, in attesa che fosse lui a parlare per primo.

"Ho visto Dean ieri sera, ho pensato che ti avesse infastidita." disse, giustificando l'arrabbiatura che aveva.

"Poi tu non mi rispondevi e ho davvero creduto che ti avesse fatto qualcosa." continuò.

"L'ho visto anche io, per questo me ne sono voluta andare." dissi. "Potevi chiamare me." disse, voltandosi a guardarmi.

"Avrei voluto. Ma mentre ti cercavo tra la folla, ho visto lui e.." mi interruppi, quando mi si incrinò la voce.

"Ash, che ti ha detto?" chiese, sforzandosi di utilizzare uno tono misurato. "Niente." mentii. Sospirò.

"Perché mi dici le bugie?" chiese, come se la cosa lo avesse ferito.

Non era da me mentire a Zayn. Era l'unico a cui confidavo ogni singola sciocchezza che mi passava per la mente.

Ma sta volta era diverso, sapevo che stava per arrabbiarsi con me. Distolsi lo sguardo.

"Voleva parlarmi. Ha detto che era solo ubriaco quando mi ha tratta in quel modo." gli spiegai.

Mi accorsi di averlo involontariamente difeso, di averlo scusato per il modo in cui si era rivolto a me.

"Ha anche detto che sono la sua preferita." aggiunsi, con un filo di amarezza nella voce.

"Che bello, sono felice di sapere che sei la sua troietta preferita." disse con disprezzo.

Schiusi la bocca incredula. Come poteva vedermi così? Come una delle troiette di Dean? Io ero innamorata di lui.

Sentii gli occhi inumidirsi. "Sai cosa intendo, Ash." provò a giustificarsi. "Certo che sono cosa intendi." dissi offesa.

"Lui ti ha usata e basta, questo voglio dire." continuò. Quelle parole mi si conficcarono nell'anima come lame taglienti. Forse perchè la verità brucia davvero.

Le lacrime iniziarono a scendere, ma io le asciugai prima che raggiungessero i lati delle mie labbra.

Mi alzai, ripulendo i vestiti dalla sabbia. "Ash." mi chiamò Zayn, appena vide la mia reazione.

"Sai che c'è Zayn? Probabilmente anche Sophie ti ha usato, ma io non te l'ho mai detto così brutalmente." dissi con rabbia, per poi andarmene senza più voltarmi.

 

Zayn.

 

Rimasi li a sedere, totalmente spiazzato. Impiegai minuti per realizzare cosa la mia miglior amica mi avesse appena detto.

Solo perché io ero stato sincero con lei, per il suo bene, lei mi aveva ferito, rivangando una storia che mi aveva distrutto.

Sophie Wilson, la biondina più dolce e solare che avessi mai conosciuto.

Era stata la mia ragazza per un anno e mezzo. Il periodo più felice della mia vita.

Non ero mai stato un ragazzo troppo allegro, ero più il tipo solitario che sta per le sue. Ma lei era stata capace di tirarmi fuori dal mio angolo, portandomi alla luce.

Poi in quell'angolo mi ci riportò quando una mattina, senza troppi giri di parole, mi disse che si sarebbe trasferita.

Ci misi mesi per riprendermi, ma alla fine ci riuscii. Anche se sarei ipocrita se dicessi che non la pensavo mai.

Mi chiedevo dove fosse, cosa facesse, se anche lei mi pensasse o magari se si fosse innamorata di un altro ragazzo.

Sospirai e pensai che, conoscendola, Ashley mi aveva risposto in quel modo solo perché era arrabbiata.

Mi alzai e decisi di tornare a casa.

 

Quando rientrai, mi diressi velocemente al piano di sopra. "Zayn."

Mi voltai appena riconobbi la voce di mia sorella. "Ehi." dissi distrattamente, volendo solo rinchiudermi in camera mia.

"Dove sei stato?" chiese, seguendomi lungo il corridoio. Mia sorella minore sapeva essere davvero petulante a volte.

"Fatti gli affari tuoi." tagliai corto, aumentando il passo. "Hai litigato con Ashley?" chiese.

Non capii il senso di quella domanda. Come faceva a saperlo? E se non lo sapeva, da cosa lo aveva intuito? Io raramente le raccontavo i fatti miei, indipendentemente dal mio umore.

Mi voltai e la guardai confuso. Lei alzò le spalle con nonchalance e si diresse in camera sua.

"Lo dico perchè è in camera tua che piange." disse, mentre si chiudeva la porta alle spalle.

Raggiunsi velocemente la porta di camera mia. L'aprii e notai subito Ashley. Rannicchiata sul letto, con le ginocchia al petto e un'espressione colpevole disegnata sul volto.

"Mi dispiace." disse immediatamente, con la voce rotta. La guardai in silenzio, fermo sulla porta.

Sapevo che era davvero dispiaciuta. Lo ero anche io. Ma non per quello che le avevo detto, solo per il modo in cui lo avevo fatto.

Dean le aveva fatto il lavaggio del cervello. Ashley non poteva sopportare che io lo sminuissi o che lo offendessi.

Ma dovevo dirle la verità e lo avevo fatto senza troppo giri di parole. Avanzai e quando mi trovai vicino al letto, mi sedetti di fronte a lei.

Le presi le braccia, che teneva strette attorno alle ginocchia e le allargai, per poi riunirle dietro al mio collo.

Poggiò il viso sulla mia spalla e soffiò sul mio collo, ripetendomi che le dispiaceva.

"Shh." le sussurrai, cercando di calmarla. Ma i singhiozzi scossero il suo addome, facendolo scontrare contro il mio.

"Zayn, non lo penso." disse, con voce rotta dal pianto. "Lei ti amava, ne sono sicura." disse.

Chiusi gli occhi, sentendo una voragine aprirsi nello stomaco.

Impiegavo tutte le mie forze per richiuderla, ma ogni volta che le pensavo o che qualcuno me la riportava alle mente, questa si riapriva, inghiottendo tutta la mia essenza.

"Non importa adesso." dissi, carezzandole i capelli. Mi allontanai poco dopo e le sorrisi. Poggiai le mani ai lati del suo viso e con i pollici, asciugai le sue lacrime.

"Vieni con me." dissi poi.

Mi alzai dal letto e le tesi la mano.

 

Entrai nella stanza dedicata ai miei, ai nostri disegni, seguito dai suoi passi leggeri. Aspettai che entrasse anche lei e poi chiusi la porta alle nostre spalle.

Schiuse immediatamente le labbra, rivolgendo gli occhi al soffitto.

"Stai pitturando il cielo!" disse meravigliata, con l'entusiasmo di una bambina. Mi sentii sollevato nel vederla sorridere.

La verità era che la sua idea di raffigurare un cielo stellato sul soffitto era stata geniale, lo dovevo ammettere.

Si voltò verso di me e un attimo dopo mi aveva circondato il collo con le braccia.

"È bellissimo." disse. La strinsi a me, strofinando il viso contro i suoi capelli.

"Ash." iniziai. "Sappi che non permetterò a Dean di farti di nuovo del male." le sussurrai all'orecchio.

La sua presa si strinse ancora di più.

Poi suonò il campanello.

 
 

Salve 

Non mi dilungo troppo, voglio solo chiedervi un favore.

A me piace molto questa storia, ho molte idee che non vedo l’ora di mettere in pratica ma, essendo una ragazza molto insicura e dubbiosa, mi chiedevo se a voi piace.

Non voglio che recensiate ogni capitolo se non ne avete voglia però, per favore, almeno una volta ditemi cosa ne pensate :)

Un bacio,

Michi x

 

P.s: Grazie a chi a messo la storia tra le preferite/seguite/da ricordare :)

 

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Capitolo 5
*** Disappointment. ***


 

'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.'
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Disappointment.

 

 
 

 

"Nothing left that you can say,

cause you were never gonna take the blame anyway."

 

 

 
 

Ashley

 

Scivolai dalla presa di Zayn e lo guardai, notando un'espressione piuttosto confusa sul suo viso. Evidentemente non aveva idea di chi avesse appena suonato il campanello.

Uscii dalla stanza, intenzionata ad andarlo a scoprire. Zayn mi seguì e mi sorpassò velocemente lungo le scale. Improvvisamente lo vidi nervoso. Forse, dopo tutto, sapeva bene chi fosse alla porta.

L'aprì e mentre mi avvicinavo all'entrata, lo vidi sforzare un sorriso. "Posso entrare?" chiese una voce maschile. "Si." rispose Zayn, aprendo ancora di più la porta, in modo da lasciarlo entrare.

Osservai il mio miglior amico, il quale era teso come una corda di violino. Chiunque fosse, la sua visita non sembrava essere gradita.

Entrò un ragazzo. Appena si accorse della mia presenza, mi squadrò da capo a piedi.

Ero quasi sicura di non conoscerlo, eppure aveva un'aria familiare. Continuava a fissarmi e davvero stava rischiando di farmi innervosire.

Indossava dei jeans larghi, delle scarpe da ginnastica nere, una maglietta verde militare stropicciata e un paio di catene gli ciondolavano sul petto.

Gli piantai gli occhi addosso, chiedendomi quando si sarebbe deciso a distogliere lo sguardo.

Si creò una tensione palpabile, tanto che Zayn, il quale non si imbarazzava mai, fece un colpo di tosse per smorzare l'atmosfera.

"Noi non ci conosciamo." disse, continuando a guardarmi. Per fortuna no, pensai. Gli occhi di Zayn, scattarono in sua direzione, fulminanti. Si, era decisamente una visita non gradita.

"Josh." disse, allungando una mano. Stavo quasi per stringergliela. Alla fine, non lo conoscevo. Non potevo giudicarlo dall'apparenza.

Ma Zayn mi guardò, chiedendomi espressamente con lo sguardo di non farlo. "Io vado." dissi allora.

Il ragazzo abbassò la mano e rise divertito. Perlomeno non se l'è presa, pensai. "Ti chiamo stasera." disse Zayn.

Mi avvicinai a lui e gli baciai una guancia, prima di notare che quel Josh mi fissava ancora e seguiva con lo sguardo ogni mio movimento.

Raggiunsi la porta ed uscii, chiudendomela alle spalle.

 

Una volta in giardino, percorsi lentamente il vialetto che mi divideva dal cancello. Cercai di non dar peso a quel sesto senso che mi diceva di non andarmene.

Ma alla fine continuai a camminare lungo il marciapiede, diretta a casa. Anche se ero confusa. Non avevo mai visto Zayn così agitato e teso.

Continuavo a chiedermi chi fosse quel ragazzo, quando improvvisamente, il mio cervello elaborò una risposta.

E allora il cuore mi balzò nel petto e mi fermai allarmata. Un secondo dopo, stavo correndo verso la casa da cui ero appena uscita.

 

Una volta nel vialetto di casa, decisi di provare a vedere se la porta sul retro fosse stata lasciata aperta.

Salii gli scalini della veranda e attraverso i vetri della porta, sentii ciò che temevo di più. Zayn era in piedi vicino alla sedia del tavolo da pranzo. Era fermo, a testa bassa.

Dalla sua espressione potevo capire che c'era qualcosa che non andava. Zayn non si sottometteva a nessuno. Josh, davanti a lui, gli intimava di dargli i soldi.

Fino a quel momento avevo sperato di essermi sbagliata, ma adesso ne avevo la certezza. Zayn non era affatto uscito dal giro e adesso, gli stavano chiedendo i soldi fruttati dallo spaccio.

Soldi che lui, evidentemente, non aveva. La delusione mi riempì gli occhi, tanto che per poco non strariparono.

Il mio miglior amico mi aveva mentito e a quel punto, mi restava che sperare che lo avesse fatto per un buon motivo.

Adesso dovevo decidere. Entrare ad interrompere la conversazione, a mio rischio e pericolo o lasciare Zayn da solo nei guai?

Non ebbi più scelta quando il pugno di Josh si scagliò sulla guancia di Zayn. Mi portai le mani sulle labbra, soffocando un urlo.

Zayn barcollò all'indietro e si resse alla sedia alle sue spalle. Non riuscii a trattenermi, quando Josh lo colpì ancora.

"Zayn!" urlai, portando le mani alla maniglia della porta, per poi scoprire con orrore che era chiusa dall'interno.

Josh mi sentì e si volse a guardarmi. Non sembrò preoccupato dalla mia presenza. Anzi, mi rivolse un sorriso sadico, prima di colpire il mio miglior amico sotto i miei occhi.

Afferrai più saldamente la maniglia e cominciai a strattonarla, come se questo potesse farla magicamente aprire.

Sentii il sangue ribollirmi nelle vene quando a causa di un pugno, uno schizzo di sangue uscì dalle labbra di Zayn, macchiando le mattonelle bianche della cucina.

Allora capii che dovevo fare qualcosa, qualsiasi cosa. Presa da una scarica di adrenalina, guardai i quattro quadranti in vetro che caratterizzavano la parte superiore della porta di fronte a me.

Chiusi la mano in un pugno, contai fino a tre e poi, con tutta la forza che avevo, colpii l'ultimo a destra, quello vicino alla serratura. Trattenni un grido di dolore quando sentii chiaramente i vetri infilarsi nella pelle.

Ma il vetro infranto, adesso era a terra ed io, infilai la mano sanguinante nel buco appena creato e feci scattare la serratura. Aprii la porta ed entrai.

Ciò che vidi in quel momento, fu Zayn a terra, dolorante. E Josh che adesso mi guardava e sorrideva.

Sapevo che se fossimo giunti ad uno scontro fisico, non avrei avuto speranza contro di lui. Ma non mi importava, ero solo felice del fatto che adesso guardasse me e non Zayn.

Si avvicinò pericolosamente a me. Indietreggiai automaticamente, fino a scontrarmi contro al cucina. Si fermò quando a dividere i nostri petti, c'era solo un centimetro.

"Se entro tre giorni non ha i soldi." iniziò, per poi ridere divertito. "Beh, lascio immaginare a te quello che gli succederà." disse.

Mi dedicò un ghigno, prima di guardare Zayn con disprezzo e uscire sbattendo la porta. I vetri rimasti attaccati ad essa, caddero e poi calò il silenzio.

Feci dei grossi respiri, sperando di riuscire a stabilizzare i battiti del mio cuore. Zayn, seduto a terra, con le spalle contro il tavolo, mi guardò con aria affranta.

"Ashley." cominciò, prima di essere interrotto da me. L'ultima cosa che volevo, era ascoltare le sue inutili scuse.

La tentazione di sedermi al suo fianco e di controllare ferita per ferita, accertandomi che non fosse ridotto troppo male, era forte.

Ma mi trattenni, non meritava il mio aiuto. Non dopo avermi spudoratamente mentito su una cosa tanto importante.

Mi asciugai una lacrima e distolsi lo sguardo. "Medica quelle ferite e pulisci questo casino, prima che tua sorella scenda e ti veda in questo stato." dissi.

Sperai che Safaa fosse sdraiata sul suo letto con le cuffie alle orecchie e la musica ad un volume insostenibile, come sempre del resto.

"Ashley, aspetta." disse Zayn con voce strascicata e dolorante, appena capii che stavo per andarmene.

"E fa aggiustare la porta" dissi, prima di sbattermela alle spalle.



 

Liam

 

Tirai un sospiro di sollievo appena mi trovai in un quartiere familiare. Affondai il viso nella sciarpa e aumentai il passo, desiderando di trovarmi al più presto davanti al camino.

Quando finalmente raggiunsi il portone di casa mia, inserii le chiavi nella serratura ed entrai. "Sono a casa." annunciai, mentre chiudevo la porta alle mie spalle.

Il tepore della casa mi avvolse appena tolsi di dosso il cappotto gelato. "Sono in cucina, Liam." urlò Lauren.

Tolsi le scarpe, inumidite dalla neve e le lasciai in un angolo, sapendo già che sarei stato sgridato per questo.

Raggiunsi velocemente il salotto e mi sedetti il più vicino possibile al camino. "Cucino le lasagne." disse Lauren, dalla cucina.

La sua assenza mi permise di fare una smorfia di disappunto, in quanto come cuoca, lasciava molto a desiderare. Il cuoco di casa era mio padre, l'unico in grado di cucinare.

E a pranzo, quando lui ritardava, Lauren si limitava a scongelare qualcosa o a scaldare piatti pronti.

Mi voltai verso l'ingresso quando sentii la serratura scattare. Un secondo dopo Ruth, la figlia di Lauren, entrò in casa. Completamente imbacuccata e con il naso tutto rosso.

"Sto gelando." disse, mentre batteva i denti. Risi, mentre la guardavo spogliarsi da cappello, sciarpa, guanti e protezioni varie.

Quando mio padre conobbe Lauren, lei aveva già due figlie, Ruth e Nicola. Eravamo molto piccoli e siamo cresciuti insieme. Ma non sono mai riuscito a considerarle sorelle.

Fin da bambino mio padre ha preferito dirmi la verità. Sono cresciuto con la consapevolezza che mia madre era morta.

Perciò non sono mai riuscito a chiamare mamma Lauren, nonostante sapessi che si comportava da tale, io sapevo che non lo era. Lo stesso valeva con Nicola e Ruth.

"Mamma?" chiese. "A preparare le lasagne." risposi. "E ancora non ha dato fuoco alla cucina?" chiese divertita. Risi.

"Liam, perchè hai lasciato qui le scarpe?" chiese poi. Sapevo che sarebbe arrivata quella ramanzina.

"Ti ho detto mille volte di non farlo, c'è un lago qua!" disse sbuffando. "Va a dare una mano a tua madre se vuoi mangiare." dissi.

"Molto bravo a cambiare discorso, complimenti." disse divertita, mentre si dirigeva in cucina. "Sono a casa." mi voltai in tempo per vedere mio padre sulla porta.

"Ciao figliolo." mi salutò. "Com'è andata a scuola?" chiese, mentre toglieva il cappotto. "Uno schifo. A lavoro?" chiesi. "Uno schifo." rispose.

Sorrisi quando notai che aveva lasciato le scarpe bagnate di fianco alle mie. Ruth avrebbe sicuramente dato di matto.

Lo guardai mentre sistemava i nostri cappotti e per un momento ebbi la tentazione di chiedergli della foto.

Sapevo che quello era lui ed avevo quasi la certezza che la ragazza fosse mia madre. Sentirselo dire, però, era tutta un'altra storia.

Ma le parole mi morirono in gola quando ricordai l'ultima volta che avevo provato ad affrontare l'argomento.

 

tre anni prima.

Scesi le scale e vidi mio padre a sedere sul divano, con i piedi poggiati sul tavolo da caffè.

Segno evidente dell'assenza di Lauren, se ci fosse stata lei, una cosa del genere sarebbe stata fuori discussione.

Ma per fortuna la casa era priva di donne. Questo voleva dire niente urla, niente musica a tutto volume e niente telefono sempre occupato.

Mio padre si accorse che mi stavo avvicinando e si voltò. "Liam, appena in tempo." disse sorridente. "Ti stavi perdendo una partita epica." disse.

Mio padre era un grande tifoso di football. E forse piaceva anche me proprio perchè mi aveva trasmesso questa passione fin da piccolo.

Mi sedetti al suo fianco e mi chiesi se era il momento giusto per parlargli di alcune cose. In quindici anni di vita, non avevo mai visto una foto di mia madre e mai, lo avevo sentito parlare di lei.

Anche se avevo accettato il fatto di non averla al mio fianco, le domande che mi tormentavano ogni giorno, erano tante.

Mi somigliava? Era timida come me? Oppure era estroversa? Era mora, bionda, castana? Aveva gli occhi chiari o scuri? Dove l'aveva conosciuta? Dove si erano sposati? Quando?

Avevo bisogno di sapere, non riuscivo più a convivere con i miei dubbi.

"Devo parlarti." dissi. Mio padre si voltò allarmato. Era sempre stato un padre presente. Anche dopo l'arrivo di Lauren e delle sue figlie, ero sempre stato la sua principale priorità.

Mi aveva sempre dato tutto, tranne delle risposte. Nonostante alla televisione stessero trasmettendo una partita epica, la spense.

"Dimmi." disse, concentrandosi su di me. "C'è una cosa che devo chiederti." iniziai. "Quello che vuoi." disse sorridente. Sperai che non cambiasse idea dopo aver sentito cosa avevo da chiedergli.

"Mi parli della mamma?" chiesi tutto d'un fiato. Serrai le labbra e trattenni il respiro in attesa di una sua risposta.

Lui mi guardò in silenzio, poi si alzò. "E' quasi ora di cena." disse, camminando verso la cucina. "Cosa vuoi mangiare?" chiese.

Rimasi sconvolto da quel tentativo di zittirmi semplicemente provando a cambiare discorso. Ma non avevo intenzione di dargliela vinta, non questa volta.

Così, deciso come non mai, mi alzai e raggiunsi a passi veloci la cucina. Mio padre stava cercando qualcosa nel frigo quando arrivai ed iniziai a parlare.

"Ti ho fatto una domanda." dissi. Lo sentii sospirare e poi sbattere con forza lo sportello del frigo.

"Cosa vuoi sapere? Sai già tutto il necessario, Liam." disse, cercando di contenere la rabbia. Non capivo perchè ogni volta che cercavo di affrontare quell'argomento lui reagisse in modo tanto aggressivo.

"Cosa? So solo che è morta!" dissi, alzando la voce. Le parole che io stesso avevo appena pronunciato, mi fecero venire una morsa allo stomaco.

"Perchè è morta, Liam. A cosa ti serve sapere se era castana, dolce e sensibile? Lei non c'è più, è morta." disse, per poi sorpassarmi e andarsene.

Mi lasciò lì, con gli occhi lucidi e un altro grosso dubbio a tormentarmi. Era davvero castana, dolce e sensibile?

 

Harry

 

Rilessi per la settima volta lo stesso paragrafo e cominciai a visualizzare il tre che avrei sicuramente preso il giorno dopo al compito di biologia.

E come se la concentrazione non fosse già abbastanza insufficiente, il telefono mi distrasse. Sbloccai il display e aprii il messaggio che mi era appena arrivato.

 

Tra dieci minuti al nostro posto? Sophie x

 

Sorrisi e posai il libro di biologia sulla scrivania, evitando di ritrovarmi a leggere la stessa cosa per l'ottava volta.

Quando diceva al nostro posto, intendeva il parco. Quasi un anno prima, ci eravamo conosciuti lì, sulla panchina sotto il salice.

Mi era sembrata una ragazza simpatica ed avevamo iniziato a parlare. Da quel giorno, non avevamo più smesso di farlo.

 

Sei impazzita? La panchina sarà ricoperta da minimo dieci centimetri di neve. Harry x

 

Mi alzai dalla sedia della scrivania e presi il cappotto.

Se non al parco, saremmo andati da qualche altra parte. In ogni caso, mi toccava uscire.

 

Cioccolata calda a casa mia? Sophie x

 

Sorrisi.

 

Arrivo. Harry x
 

Mi strinsi nel cappotto e percorsi velocemente il vialetto di casa Bennett. Ancora dovevo suonare il campanello quando la porta si aprì.

La mia miglior amica se ne stava sull'entrata con i capelli raccolti in una crocchia disordinata, il pigiama e due pantofole con la faccia di cucciolo dei sette nani.

Non riuscii a trattenere una risata e lei mi guardò offesa, per poi rientrare in casa. La seguii, ancora divertito e mi chiusi la porta alle spalle.

"Se vuoi la cioccolata, devi smetterla di prendermi in giro." disse, mentre si dirigeva in salotto.

La trovai con una tazza fumante in mano e una coperta sulle gambe, rigorosamente di fronte al camino.

Non potei fare a meno di pensare che sembrasse una vecchia, ma non lo dissi ad alta voce. Altrimenti mi avrebbe negato la cioccolata.

Presi la mia tazza e mi sedetti al suo fianco, iniziando a soffiarci sopra. Lei sembrava essersi incantata a guardare un punto indefinito del pavimento.

Le diedi una piccola gomitata per attirare la sua attenzione e lei mi sorrise lievemente.

Sophie era una ragazza solare, difficilmente la vedevi pensierosa o triste. Perciò doveva esserci qualcosa che la turbava.

"Che succede?" chiesi. Lei ruotò il viso e mi guardò.

"Oggi è un anno che ho lasciato Zayn."



 

Buonasera belle ♡

Inizio dicendovi che, finalmente, ho cambiato nome qui su Efp.

E continuo dicendovi che, finalmente, ci sono i primi collegamenti tra Inghilterra e America.

Il miglior amico di Ashley, cioè Zayn, è stato fidanzato con Sophie, la miglior amica di Harry.

Qui ci sono gli intrecci peggio che in Beautiful ahahaha

Non mi dilungo troppo, voglio solo ringraziavi per le scorse recensioni :)

Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

Un bacio,

Michi x

 

 

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Capitolo 6
*** Certificates. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo’
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Certificates.

 

"Hope when you take that jump, you don't fear the fall.

Hope when the water rises, you build a wall."

 

Harry

 

Parcheggiai l'auto e scesi, nonostante al suono della campanella mancassero ancora dieci minuti. Mi guardai intorno e riconobbi i capelli biondi di Sophie, seduta sulla gradinata della scuola.

Sebbene l'anniversario della rottura con Zayn fosse passato, la vedevo ancora giù di morale. Non sapevo chi era quel ragazzo, ma era come se lo conoscessi da sempre. Sophie mi aveva parlato di lui molte volte.

Ne era ancora innamorata, lo capivo dal modo in cui le brillavano gli occhi quando lo nominava. Era stata costretta a lasciarlo a causa del lavoro dei suoi genitori. Ma mai, lo aveva dimenticato.

Mi sedetti al suo fianco e le tolsi una cuffietta dall'orecchio. Quando si voltò le feci un sorriso che ricambiò immediatamente.

"Buongiorno." le dissi. "Buongiorno, Harry." disse, affondando il viso contro il mio petto. Le circondai le spalle con un braccio.

Quella mattina faceva particolarmente freddo, ed era l'unico motivo per cui non vedevo l'ora di entrare.

"Per colpa tua, oggi prenderò tre al compito di biologia." dissi, riferendomi al fatto che il giorno prima mi avesse impedito di studiare.

Ridacchiò contro il mio cappotto e io mi beai di quel suono, felice di avergli strappato una risata.

Ma un momento dopo, notai la sua mano giocare con il piccolo ciondolo del braccialetto che indossava. A quanto ne sapevo, era un regalo di Zayn e da quando l’avevo conosciuta, non l’aveva mai tolto.

Strofinai la mano contro la sua spalla, più che per scaldarla, per distrarla dai ricordi.

"Buongiorno." Alzai il viso non appena riconobbi la sua voce. "Buongiorno Nialler." disse Sophie, sorridendogli.

Il biondo sembrava essere di buon umore quella mattina. "A cosa dobbiamo questo sorriso?" chiesi curioso.

"Lei era sull'autobus." disse, riferendosi alla cameriera di cui si era innamorato.

"Allora è vero che il buongiorno si vede dal mattino." dissi ridendo, mentre mi alzavo. "Verissimo." commentò Niall.

Tesi una mano a Sophie, la quale l'afferrò per aiutarsi ad alzarsi. "Entriamo." dissi divertito, dando una pacca sulla spalla del mio amico.

 

Mentre Niall e Sophie si dirigevano verso l'aula di francese, io mi fermai all'armadietto per prendere alcuni libri.

Stavo per inserire la combinazione, quando qualcuno mi urtò con forza la spalla. Mi voltai giusto in tempo per vedere Louis che rideva.

"Guarda dove vai." dissi. "Idiota." sussurrai poi, tra me e me. "Scusa?" chiese divertito, alle mie spalle.

Pensavo che fosse lontano, che non avesse sentito la mia offesa. Ma in ogni caso, non mi importava. Era quello che pensavo e non avevo paura di ripeterglielo.

Mi voltai e lo trovai che mi guardava. "Io fossi in te non mi metterei nei guai, Styles." disse, facendola sembrare una minaccia.

"Non ti ho messo le mani addosso prima, evita di farti spaccare la faccia adesso." dissi seccato.

"Prima quando? Quando ti ho fottuto la ragazza?" chiese. Quando serrai i denti, nei suoi occhi intravidi un barlume di soddisfazione. Mi stava volutamente provocando.

Decisi di essere superiore e di ignorarlo. Così mi voltai, cercando di aprire il mio armadietto.

"Credi di essere intelligente, ma è facendo l'indifferente che l'hai persa, Styles." Mi sforzai di restare in silenzio. Non dovevo cedere a quello stupido tentativo di farmi saltare i nervi.

"Hai una forza di volontà ammirevole." continuò. "Riesci a non reagire anche a questo?" chiese, prima di fare pressione sulle mie spalle, spingendomi contro gli armadietti.

Non volevo reagire, davvero. Ma quando è troppo, è troppo. Mi voltai e concentrai tutta la rabbia repressa nel pugno che sferrai.

Spostai di Louis di un metro e lo guardai mentre si massaggiava la mascella dolorante.

Era un ragazzo minuto rispetto a me, più basso, più esile. Doveva avere delle doti nascoste, altrimenti sarebbe stato un'idiota a mettersi contro di me.

"Io non l'ho persa." dissi, a denti stretti. Una morsa mi attanagliò lo stomaco.

Mi ero rifiutato di pensare a lei nei mesi precedenti. Avevo cercato di radere al suolo tutti i ricordi. Adesso iniziavo a capire il padre di Liam. I ricordi fanno male.

"È stata lei a preferire un figlio di puttana come te." aggiunsi. Appena finii la frase, le doti nascoste di Louis vennero fuori.

Un secondo dopo mi ritrovai con le spalle sbattute contro gli armadietti e il suo viso a poche spanne dal mio.

"Evidentemente questo figlio di puttana è migliore di te." disse, stringendo la presa attorno al tessuto della mia maglietta.

"Evidentemente Katy non ha le idee molto chiare." biascicai, iniziando ad avvertire un dolore alle scapole.

"Le ha abbastanza chiare da decidere di scaricare un codardo come te." disse, prima di lasciarmi per poi spingermi nuovamanete contro gli armadietti.

Incassai il colpo, ma soprattutto le offese. Come dargli torto? Ero un codardo. E se l'avevo persa, era solo colpa mia.

 

Ashley

 

Le urla di mia madre mi svegliarono anche quella mattina. Il fatto che preferissi stare a letto, piuttosto che andare a scuola, non le andava bene evidentemente.

Era il secondo giorno che mi obbligava ad andarci. Io non volevo.

Andare a scuola significava stare in mezzo alla gente e tutto ciò che volevo, era stare sotto le coperte, al buio, in silenzio.

Zayn sembrava aver avuto più successo di me. Non veniva a scuola da un paio di giorni e cominciavo a domandarmi se fosse a causa della pigrizia o altro.

Non lo vedevo dal giorno in cui Josh lo aveva preso a pugni a causa del mancato pagamento. Ero preoccupata e dannatamente furiosa.

Controllavo il telefono ogni secondo, ma iniziavo a credere che fosse solo una perdita di tempo.

Lui non mi avrebbe mai cercata e io, orgogliosa com'ero, non sarei stata capace di fare di meglio. Mi alzai di malavoglia e mi vestii.

 

Percorsi lentamente la passeggiata, diretta verso quella dannata scuola.

Mi voltai verso l'oceano e quando riconobbi la maglietta rossa di Aidan, mi venne un'idea. Mi fermai, mentre la mia mente elaborava un piano infallibile.

Non potevo parlare con Zayn, perchè ero troppo delusa e arrabbiata. Ma non potevo neanche stare a guardare, mentre la scadenza del pagamento si avvicinava.

Quando arrivai sulla spiaggia, mi diressi verso la postazione del bagnino. "Ehi Aidan." dissi sorridendo, dopo aver poggiato una mano sulla sua spalla.

Distolse gli occhi dal mare e quando si voltò a guardarmi, aveva un sorriso non indifferente.

Forse non era il caso di giocare con i suoi sentimenti, ma era l'unico in grado di aiutarmi e l'unico che non avrebbe avuto il coraggio di negarmi il suo aiuto.

"Buongiorno Ashley." disse. "Cosa posso fare per te?" chiese, sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori. Mi sedetti sul braccio della sua sedia da bagnino, accavallando le gambe.

"Aidan, ho bisogno che tu mi dica dove posso trovare Josh." dissi. Lui mi guardò con aria confusa. "Non so di chi tu stia parlando." disse, scuotendo la testa e cambiando drasticamente espressione.

"Si che lo sai." dissi duramente. "Adesso dimmi dov'è." dissi, cercando di sembrare autoritaria.

"Senti Ashley.." iniziò, con l'aria di uno che non ha intenzione di cedere. "Senti un accidente, Aidan. Sappiamo tutti e due che Zayn è nei guai." dissi.

Abbassò lo sguardo. "E io non ho intenzione di stare a guardare. Farò qualcosa, con o senza il tuo aiuto." dissi alzandomi, per poi risalire lungo la spiaggia.

"Ashley, aspetta." disse alzando la voce, in modo da farsi sentire. Mi fermai e mi voltai a guardarlo. "Dimmi di cosa hai bisogno." disse poi.

Ci pensai su e forse avrei potuto rivalutare il mio piano. Così mi avvicinai di nuovo. "Voglio solo sapere di quanti soldi si tratta." dissi.

Lui sospirò. "Parli del debito che ha Zayn?" chiese. Annuii. Rivolse lo sguardo verso il mare.

"O me lo dici tu, o me lo faccio dire da Josh." dissi, nonostante non avessi idea di dove avrei potuto trovarlo.

"Circa settecento dollari." disse poi. "Oh." riuscii a dire, realizzando che il mio piano non prevedeva una cifra simile.

"Adesso che lo sai, cosa credi di fare?" chiese, innervosendosi.

Inizialmente avevo pensato di guadagnarmi quei soldi. Long Beach non si faceva problemi ad assumere minorenni e io pensavo che avrei potuto fare qualche lavoretto.

Ovviamente, questo prima di scoprire che la somma fosse tanto consistente. In più avevo un giorno e mezzo e le possibilità che riuscissi a guadagnare settecento dollari in così poco tempo, erano remote.

"Non lo so, ok?" risposi con rabbia, iniziando a non sopportare più lo sguardo persistente di Aidan.

Improvvisamente la mia mente elaborò un'insana idea: chiedere i soldi a Dean.

Era impensabile il fatto che io potessi bussare alla sua porta e chiedergli dei soldi, senza aspettarmi che lui mi chiedesse qualcosa in cambio.

Ma ero disposta a fare tutto ciò che potevo, affichè il corpo di Zayn rimasse intatto.

"No, forse lo so." dissi, prima di voltarmi e percorrere a passi veloci la sabbia. "Ashley? Ehi, aspetta!" Lo sentii sbuffare.

 

Strinsi le mani attorno alla tracolla della borsa, cercando di scaricare la mia preoccupazione su qualcosa.

Sapevo che andare da Dean non era buona idea, eppure mi sembrava l'unica via d'uscita.

Guardavo le mie scarpe scorrere veloci lungo il marciapiede, sperando segretamente che si sarebbero fermate.

E fu esattamente quello che successe. Alzai il viso non appena mi scontrai con un'altra persona.

"Guarda dove vai." disse irritato. Rimasi spiazzata quando riconobbi il suo volto.

"Josh." dissi, come se avessi appena incontrato un vecchio amico di infanzia.

La presa attorno alla mia borsa, aumentò. Era la mia occasione. Qualcuno, lassù, aveva appena fatto in modo che io non dovessi chiedere un favore a Dean.

"Io mi ricordo di te." disse divertito, dopo avermi scrutata con aria sospetta per qualche secondo.

"Sei l'amica di Zayn." aggiunse poi. "Ashley, giusto?" chiese. Annuii.

"Ashley, ti sei ricordata di dire al tuo amico che la scadenza è domani?" chiese, senza accennare a far sparire quel sorriso strafottente dal volto.

Presi un bel respiro e tentai, non avevo niente da perdere, perciò "A tal proposito, avrei una richiesta." dissi, assumendo il tono di una vera esperta in accordi.

La sua risata fu talmente forte, che fece voltare verso di noi la maggior parte delle persone nei paraggi.

"Ragazzina, con chi credi di parlare? Qui decido io e voglio i soldi, domani." disse, assumendo improvvisamente un'aria autoritaria.

Sentii il sangue ribollirmi nelle vene. Non avevo mai permesso a nessuno di parlarmi così. Per questo, spesso finivo nei guai.

Non riuscivo ad accettare il fatto che gli altri mi volessero imporre le cose e semplicemente, mi ribellavo.

"E tu con chi credi di parlare?" chiesi con rabbia. Lui mi guardò con aria stupita e visibilmente divertita. Si prendeva gioco di me.

"Immagino che per te sia davvero soddisfacente mostrare la tua superiorità, massacrando persone che non possono difendersi." iniziai.

"Ma per quanto questo ti diverta, sono sicura che ti farebbero più comodo settecento dollari." dissi. "Continua." disse, incrociando le braccia al petto, improvvisamente interessato alle mie parole.

Un barlume di soddisfazione si fece largo in me, appena capii di aver catturato la sua attenzione. "Dammi un mese." dissi, sperando di riuscire a guadagnare tutti quei soldi in così poco tempo.

"Sei impazzita? Non se ne parla!" disse, scuotendo energicamente la testa. Serrai le labbra in una smorfia di disapprovazione.

"Altri tre giorni." disse. "Una settimana." controbattei.

"O cinque giorni o vedrai il tuo amico con i denti in mano stasera." disse, estremamente serio.

"Andata." risposi immediatamente, non sopportando una visione simile.

"Al Chicago." disse, riferendosi sicuramente a quel covo di tossici sulla tredicesima.

"Ci sarò." sussurrai, non del tutto sicura. "E' stato un piacere fare affari con te." disse divertito, mentre mi superava.

"Ah, ricorda che gli interessi maturano." urlò alle mie spalle. Mi voltai seccata.

"Adesso sono settecentocinquanta." disse, per poi farmi un occhiolino e girare l'angolo. Sospirai.

Probabilmente, alla fine, sarei dovuta andare comunque a chiedere un prestito a Dean.

Guardai l'orologio e mi resi conto di essere in ritardo di circa venti minuti.

Decisi di andare a scuola comunque, altrimenti a mia madre sarebbe venuta una crisi nervosa.

  

Una volta finite le lezioni, mi diressi verso casa. Aumentai il passo non appena ricordai che era mercoledì.

Essendo il giorno libero di mio padre, era l'unica occasione, oltre alla domenica, nella quale pranzavamo insieme.

Nonostante non fossi molto affamata e quasi sicuramente, non avrei mangiato niente. Inserii le chiavi nel portone ed entrai.

"Sono a casa." annunciai. "In cucina, tesoro." urlò mia madre.

La raggiunsi velocemente. Un sorriso si disegnò sul mio viso non appena vidi mio padre seduto attorno al tavolo.

A causa dei suoi orari lavorativi e considerando che la maggior parte della giornata, la passavo in giro con Zayn, ci vedevamo poco.

Perciò mi avvicinai a lui e dopo avergli stampato un bacio sulla guancia, lo abbracciai.

"Cosa vuoi mangiare?" chiese mia madre. Mi voltai a guardarla. "Niente, non ho fame." le risposi.

"Devi mangiare qualcosa, altrimenti.." iniziò, prima che la interrompessi.

"Non svenirò, mamma. Ho fatto una bella colazione, ce l'ho ancora sullo stomaco." mentii.

Mi guardò, non del tutto convinta. Poi si arrese. Sapeva che non sarebbe riuscita a farmi cambiare idea.

"Che ne dici se oggi facciamo qualcosa insieme?" chiese improvvisamente mio padre.

Mi voltai meravigliata. Non ricordavo l'ultima volta che avevamo fatto qualcosa insieme.

"Sul serio?" chiesi, eccitata all'idea di una giornata padre e figlia. "Potremmo andare a pescare, è tanto che non lo facciamo." disse.

La pesca era sempre stata una passione di mio padre. Aveva cercato di trasmettermela fin da quando ero piccola. Ma ci riusciva con scarso successo.

Non faceva per me, ma lo assecondavo per renderlo felice. Dopo tutti i problemi e le delusioni che gli avevo procurato, credevo che quello fosse il minimo.

"Ci sto." dissi, prima di sorridergli e poi uscire dalla stanza. Salii le scale, diretta in camera mia, quando ricordai una cosa.

Quando io e mio padre andavamo a pescare, portavamo con noi un piccolo quaderno. Ci serviva per annotare il posto in cui eravamo andati, oppure la data, perfino l'ora.

Ci segnavano il numero dei pesci che riuscivamo a prendere in un determinato luogo, così da vedere dov'eravamo stati più fortunati, per sapere dove tornare la seconda volta.

Erano anni che non vedevo quel quaderno, dovevo ritrovarlo. Ero certa di non averlo io, perciò mi diressi subito in camera dei miei genitori.

Esclusi l'armadio e provai a cercarlo nel comodino di mio padre. Arruffai le sue cose, ma senza avere successo.

Pur sapendo che non lo avrei trovato, lo cercai nel comodino di mia madre. Ma come avevo pensato, non era nemmeno lì.

Decisi di passare in rassegna il cassettone, forse lo teneva insieme ai vestiti che indossava appositamente per pescare.

I primi tre cassetti contenevano soltanto vestiti. Ma l'ultimo, era dedicato a documenti e a vari fascicoli. Sotto una pila di fogli, riconobbi la fantasia floreale del quaderno.

Presa dall'euforia, lo presi senza preoccuparmi di ciò che c'era sopra, facendo cadere a terra alcuni fogli.

Mi sedetti a terra e presi in mano il quaderno, sorridendo ai ricordi che esso mi scatenava. Lo posai da una parte ed iniziai a mettere i fogli caduti al loro posto.

Mentre ne avvicinavo uno al cassetto, non potei fare a meno di leggere cosa ci fosse scritto.

Sorrisi quando mi accorsi che era il mio certificato di nascita, non lo avevo mai visto.

Era composto da una tabella contenente i miei dati anagrafici. Mi accertai che tutti i campi fossero corretti. E ovviamente, lo erano.

Stavo quasi per posarlo, quando una cosa bizzarra attirò la mia attenzione.

La casella dentro la quale sarebbe dovuto esserci stato scritto il nome di mio padre, era vuota.

Mentre quella della madre era compilata. C'era scritto Rebecca Jones.

Corrugai la fronte, pensando innocentemente di aver capito male. Forse non era quello che pensavo.

Mi alzai, intenzionata a portarlo a mia madre, per farmi spiegare di cosa si trattasse, quando uno dei documenti, adagiato ancora a terra, mi fece risedere con velocità.

Era un certificato di adozione.





 

Buona sera ragazze, come state?

Lo so, lo so.. questa volta non sono stata molto puntuale. Ma il fatto è che ho dovuto riscrivere il capitolo da capo.

Spero che il risultato, perlomeno, vi piaccia.

Non ho da dire molto in realtà.. credo che da adesso, inizi veramente la storia.

I primi cinque/sei capitoli, sono stati perlopiù introduttivi e spero che non vi abbiano annoiate.

D'ora in poi, la storia si farà sicuramente più viva e interessante.

Mi auguro con tutto il cuore che la amerete come sto facendo io.

Grazie mille a chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite, a chi recensisce sempre e a chi semplicemente segue la storia ♡

Fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo :)

Un bacio,

Michi x

 

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Capitolo 7
*** The wrong goodbye. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo’
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The wrong goodbye.

 

"So i can see how badly this will hurt me,
when you say goodbye." 


Ashley

 

Era un certificato di adozione.

Lo guardai per quelli che sembrarono minuti infiniti. Poi presi coraggio, ed iniziai a leggere.

Una morsa mi attanagliò lo stomaco, quando lessi i miei dati anagrafici. Di seguito, quelli dei miei genitori e infine, la firma di una donna.

Rebecca Jones, di nuovo.

Cercai di non andare nel panico. Doveva esserci qualcosa di sbagliato.

Ripresi in mano quello che sembrava essere il mio certificato di nascita, e il nome della madre corrispondeva al nome della donna che aveva firmato quel certificato di adozione.

Adozione.

Più pensavo a quella parola, più il mio cervello andava in tilt.

Mi alzai e senza pensare a niente, uscii da quella stanza e mi diressi al piano di sotto.

Non potevo trarre conclusioni affrettate ed entrare nel panico più totale, senza prima esserne certa.

Potevo sentire i miei genitori parlare in cucina, stavano ridendo spensierati. Erano rari questi momenti. Ma mi sentii obbligata ad interromperli.

Aprii la porta e appena entrambi si voltarono verso di me, cambiarono drasticamente espressione.

Non perché avessero notato i documenti fra le mie mani, ma potevo immaginare il mio volto. Probabilmente era il ritratto del terrore in quel momento.

Nonostante fossi una ragazza piuttosto intelligente, capace di capire le cose. Decisi che l'opzione in cui ero stata adottata, non era neanche da prendere in considerazione.

Doveva esserci una spiegazione per quei fogli, frutto sicuramente di un errore.

"Piccola, che succede?" chiese mia madre preoccupata, chiudendo l'acqua del lavandino, restando a mezz'aria con un piatto in mano.

Mio padre, invece, era a sedere attorno al tavolo. Così mi avvicinai ad esso e posai i documenti sul ripiano in legno.

"Cosa significa?" chiesi, accorgendomi subito dopo che la mia voce uscì incrinata.

Mio padre restò immobile. Mia madre allungò il collo per vedere cosa avessi poggiato sul tavolo.

Sembrò riconoscere quelle scartoffie. Ecco perché lasciò andare il piatto, il quale si infranse a terra in mille pezzi.

In quel momento, il piatto rappresentò esattamente il mio stato d'animo. Cadde a terra esattamente come il mondo mi crollò addosso.

Si portò una mano sulle labbra, mentre gli occhi gli si inumidivano.

Io la guardai come se fosse appena diventata una sconosciuta. Perchè adesso lo sapevo, ero stata adottata, non era mia madre.

Lui abbassò lo sguardo.

Nessuno provò a negare, nessuno mi diede una speranza in cui credere. Rimasero in silenzio, parlando solo con gli occhi. Occhi celesti, non marroni come i miei.

Ed io che mi ero sempre chiesta com'era possibile che fossi così fisicamente diversa e loro, che mi avevano sempre detto che somigliavo al nonno di mio padre.

Stronzate.

"Ci dispiace." piagnucolò lei.

Una lacrima rigò il mio viso, niente a confronto di quello che mi stava succedendo dentro.

"Di cosa?" chiesi, quasi in un sussurro.

"Di non avermelo detto o che io lo abbia scoperto?" continuai.

"Volevamo dirtelo." disse lui, strofinandosi una mano sul viso.

"Quando?" chiesi, mentre le lacrime raggiungevano i lati delle mie labbra.

"Ho diciassette anni, quando avevate intenzione di dirmi che li ho passati nella menzogna?" chiesi, alzando la voce.

"Ashley.." iniziò lui.

Guardai quella cucina, guardai quelli che avevo sempre creduto fossero i miei genitori.

Pensai alle candeline spente ogni anno, seduta su quella sedia. Circondata dalle persone che fin da piccola avevo chiamato famiglia.

Ai nonni, agli zii, ai cugini. Improvvisamente mi sentii un'estranea a quelle persone.

Pensai a ogni festa della mamma, a ogni festa del papà, a ogni volta che mi ero sentita fortuna ad avere due genitori così. A ogni volta che li avevo delusi, ad ogni volta che mi avevano rimproverata.

Non riuscii più a guardarli, così corsi fuori dalla stanza, ignorando i loro richiami, e salii al piano di sopra.

Sbattei la porta di camera mia e la chiusi a chiave. La guardai e i ricordi invasero di nuovo la mia mente.

Mi sedetti a terra, sprofondando il viso tra le mie ginocchia. Non era possibile. Non stava succedendo a me.

Cercai di reprimere le immagini di mio padre che mi rimboccava le coperte e mi raccontava una fiaba, di mia madre che mi accudiva quando ero malata, sempre di lei, quando la mattina mi svegliava per andare a scuola.

E adesso, nonostante quello che avevano sempre fatto per me, non riuscivo a guardarli negli occhi. Perché loro non erano i miei genitori. E allora altre domande affollarono la mia mente.

Se non loro, chi erano i miei genitori? Mia madre si chiamava Rebecca Jones? Perché il padre non c'era scritto?

Ad attirare la mia attenzione, furono i colpi sulla porta e i richiami di Rachel, la donna che fino a mezz'ora prima, era mia madre.

Non sapevo cosa fare, ero sconvolta. Il mio corpo era totalmente nel panico più assoluto. Tremavo, il cuore sembrava essere impazzito e il respiro era accelerato.

Sapevo solo che l'uniche due persone delle quali mi sarei potuta ciecamente fidare, mi avevano mentito per tutta la vita. E non mi interessava sapere quali fossero le loro scuse.

Come aveva potuto lasciare che la chiamassi mamma, senza informarmi che non lo era affatto? Qual era il loro piano? Lasciarmi credere che fossero i miei veri genitori per sempre? Lasciarmi vivere in un'enorme bugia per il resto della mia vita?

L'unica cosa di cui ero certa, era che sarei stata in quella casa per l'ultima volta.

Mi alzai, con le gambe tremanti e gli occhi offuscati dalle lacrime. Aprii il mio armadio, presi i miei vestiti e li buttai sul letto. Recuperai la valigia, l'aprii e senza nemmeno piegarli, ce li misi dentro.

Presi alcuni effetti personali e li misi sopra i vestiti, prima di chiudere la valigia. Aprii la tavola del parquet dove conservavo i miei risparmi. Contai duecentocinquanta dollari.

Quando lei smise di bussare alla mia porta, la sentii scendere le scale. Allora uscii.

Non mi guardai neanche intorno quando lasciai per l'ultima volta la camera che era stata mia per diciassette anni.

Quella casa aveva appena perso di significato. Era solo il posto in cui aveva avuto luogo quella messa in scena.

Adesso capivo il motivo per cui non mi sentivo a casa mia, era perchè quella, non era affatto casa mia.

 

Scesi le scale, trascinandomi dietro la valigia.

Dal portone, mi divideva solo un corridoio. La porta della cucina, era chiusa. Dovevo solo percorrerlo e andarmene, non sapevo dove, ma me ne sarei andata.

Stavo per raggiungere la porta, quando quella di cucina si aprì. Non mi voltai, non sarei stata a sentirli mentre mi pregavano di restare.

Ma quando la persona alle mie spalle, mi chiamò e riconobbi la voce, mi voltai immediatamente.

Sulla porta della cucina, la signorina Martin mi guardava con un'espressione strana disegnata sul volto.

Improvvisamente, la mia mente elaborò tutto quanto. Improvvisamente, capii il motivo per cui la signorina Martin fosse tanto interessata ai miei problemi personali.

Capii il motivo per cui fin da piccola, era sempre stata presente nella mia vita. Ma non ne capii il perchè.

"Lei lo sapeva." dissi, lasciando cadere a terra la valigia.

La signorina Martin annuì.

La mia mano raggiunse le mie labbra, appena in tempo per sopprimere il pianto imminente.

Mi chiesi quante persone ne fossero a conoscenza, mi chiesi quante mi avessero mentito per tutto questo tempo.

"Andrà tutto bene." sussurrò.

"Cosa andrà bene?" chiesi alzando la voce, sentendo le guance inumidite dalle prime lacrime.

"Cosa faccio adesso?" chiesi, con la voce rotta dal pianto.

"La mia vita è tutta una bugia!" urlai.

La signorina Martin assottigliò le labbra e abbassò lo sguardo. Poi tornò a guardarmi.

"So che sei sconvolta.. non era così che dovevi scoprirlo." disse, con gli occhi lucidi.

"Lei dice?" chiesi.

Il pianto era incontrollato, i singhiozzi mi rompevano la voce e mi ostacolavano il respiro, ormai irregolare.

"Ashley, dovresti venire in cucina. Abbiamo bisogno di parlare." disse, allungando una mano in mia direzione.

Scossi la testa.

Ma lei fece un passo in avanti e mi prese la mano.

"Hai bisogno di sapere la verità." disse, convincendomi a seguirla.

Aveva ragione, volevo saperla. Ma forse avevo bisogno di tempo.

E me ne resi conto quando entrai in quella stanza e li vidi a sedere attorno al tavolo.

Non riuscivo a guardarli, volevo andarmene.

Ma la signorina Martin strinse la presa attorno alla mia mano e mi diede la forza per sedermi attorno allo stesso tavolo, il tavolo attorno al quale avevamo consumato tutti i pranzi domenicali, tutti i Natali, tutte le feste del ringraziamento.

Come una vera famiglia americana. Una finta famiglia americana.

Calò il silenzio, eccetto per il mio respiro accelerato e i singhiozzi di Rachel, la donna che era stata mia madre per diciassette anni e che adesso mi sembrava una perfetta sconosciuta.

"Cerca di capire, stavamo aspettando il momento giusto per dirtelo." disse, l'uomo che si spacciava per mio padre.

"Credi che ci sia un momento giusto?" chiesi, mentre le lacrime continuavano a scendere lungo le mie guance.

"Ehi, Ashley, devo dirti una cosa: non sono tuo padre." dissi, prendendomi gioco delle sue parole.

"Ashley, non dire così." mi pregò Rachel.

"Ci siamo presi cura di te fin dalla nascita, per noi sei nostra figlia." disse.

"Ma per me, voi non siete più i miei genitori." dissi, sapendo che li avrei feriti.

E fu così, perchè Rachel non riuscì più a trattenere il pianto. Ma io non riuscii a dispiacermene.

Se l'avessi vista piangere in quel modo il giorno prima, quando ancora era mia madre, sarei impazzita.

Ma adesso, non mi faceva più nessun effetto.

Perchè il dolore che le avevo procurato pronunciando quelle parole, non era neanche la metà di quello che provavo io. Mi sentivo come se mi avvessero strappato il cuore dal petto.

"Dici così solo perchè sei arrabbiata, ma lo supereremo insieme." disse Brandon.

Mi voltai verso di lui, incapace di considerarlo ancora mio padre. E poi scossi la testa, certa che non l'avrei mai superato.

"Ashley, è comprensibile la tua reazione. Ma non sai come stanno le cose, lascia che.." iniziò la signorina Martin, prima che la interrompessi bruscamente.

"Non ci sono scuse. Qualsiasi cosa.. non basta. Non li perdonerò." dissi, guardandoli.

"Avevamo paura di ferire i tuoi sentimenti, non sapevamo come dirtelo." disse Rachel, lottando contro i singhiozzi.

"E così è stato meglio? Credevi che non lo avrei mai scoperto?" chiesi, alzando la voce.

Lei abbassò lo sguardo.

"C'è qualcosa che possiamo fare per sistemare le cose?" chiese poi.

Quella domanda scatenò in me una risata priva di gioia.

Non c'era assolutamente niente che potessero fare per sistemare le cose. In quel momento, niente avrebbe alleviato il mio dolore.

Ma poi pensai all'unica persona che mi era rimasta. E nonostante avessi appena visto la mia vita sgretolarsi davanti ai miei occhi, decisi che dovevo fare qualcosa per la sua, di vita.

La mia era ormai in rovina, ma quella di Zayn poteva ancora essere salvata. Volevo dargli l'opportunità di liberarsi di quel lavoro illegale e disonesto, di ricominciare.

"Si." dissi allora.

"Voglio cinquecento dollari." dissi.

Con quei soldi e con i miei risparmi, avrei pagato il debito di Zayn. Così, almeno uno dei due, avrebbe risolto i propri problemi.

"Noi non ti daremo i soldi per andartene di casa." disse Rachel, pensando che li avrei usati per pagare un motel o altro. "Daglieli." disse invece Brandon, guardandomi dritto negli occhi.

Rimasi impassibile. Perchè gli occhi che mi avevano sempre trasmesso amore e sicurezza, adesso erano vuoti.

"Cosa?" chiese Rachel, sconcertata dall'ordine del marito.

"Tanto se ne andrà via comuqnue, non voglio che dorma per strada."

Il silenzio calò nella stanza. Rachel lo guardò, in attesa che cambiasse idea. Poi si alzò, uscendo dalla cucina.

"Sai che stai commettendo un grosso errore, vero?" chiese Brandon.

Lo guardai in silenzio, mentre sentivo i passi di Rachel avvicinarsi. Entrò nella stanza e si avvicinò lentamente.

Mi guardò, pregandomi con gli occhi di cambiare idea e mi tese i soldi, i quali io non tardai a prendere.

Poi guardai lui.

"Non giudicarmi." dissi.

"Non sei mio padre." aggiunsi poi, rendendomi conto di aver scaricato tutta la rabbia in quelle parole.

"Ashley." mi richiamò con voce flebile la signorina Martin.

"Esci da questa casa." disse lui, con voce ferma.

"Brandon." disse Rachel, con le lacrime agli occhi.

"Se non considera suo padre e sua madre, le persone che l'hanno cresciuta e amata.. allora neanche io la considero mia figlia." disse.

Ero talmente accecata dalla rabbia, che quelle parole non mi toccarono affatto.

"Addio." dissi allora, alzandomi.

"No, Ashley." mi chiamò la signorina Martin.

"Ashley, aspetta." disse Rachel, con la voce rotta dal pianto.

Ma quando provò ad avvicinarsi, Brandon le cinse il braccio, trattenendola ed io, uscii dalla cucina.

Una volta in corridoio, presi la valigia ed uscii da quella casa per sempre.

Mi ritrovai in strada, senza una famiglia, senza una casa. Mi ritrovai senza un posto dove andare.

Anche se, alla fine, un posto dove andare, lo avrei sempre avuto.


Zayn

 

Ero sul divano a contemplare il soffitto, quando qualcuno iniziò a bussare incessantemente alla porta.

Ormai da due giorni temevo quel momento, ma mi ero reso conto che non potevo evitarlo. Era la conseguenza ai miei errori e dovevo affrontarla.

Così mi alzai e raggiunsi lentamente la porta. Feci un respiro e l'aprii.

Rimasi meravigliato nel vedere la signorina Martin, quando ero convinto che avrei trovato Josh, pronto a farmela pagare.

Ma forse avrei preferito lui, allo sguardo allarmato della professoressa.

"Ehm.. salve." dissi confuso, chiedendomi cosa diavolo ci facesse alla mia porta e come facesse a sapere dove abitavo.

"Zayn, ho bisogno del tuo aiuto." disse con voce tremante.

Aveva gli occhi lucidi e sembrava scossa.

"Cos'è successo?" chiesi preoccupato.

"Si tratta di Ashley." disse.

 

Salii in macchina e ignorando il limite, spinsi il piede sull'acceleratore.

Dovevo trovare Ashley, a costo di cercarla per tutta la notte. Doveva essere sconvolta, avevo paura che facesse qualcosa di stupido.

Non potevo credere al fatto che fosse stata adottata, era surreale.  

Ero il suo miglior amico da tutta la vita, avevo trascorso milioni di momenti in compagnia di Rachel e Brandon. E mai avevo dubitato di una cosa simile.

Conoscevo Ashley, la sua vita era già incasinata, non osavo pensare a come sarebbe stata da adesso in poi.

Vagai per le strade di Long Beach per circa venti minuti, poi realizzai che il posto in cui si era sicuramente nascosta, era scontato. Normalmente, sarebbe corsa da me. Ma visto che avevamo litigato, c'era soltanto un'altra persona da cui poteva essere andata.

Non avevo dubbi che fosse da Dean, perciò mi diressi esattamente lì.

Quando parcheggiai l'auto e scesi, riconobbi la grande casa in cui abitava. L'ultima volta che ero stato in quel posto, gliela avevo fatta pagare per aver fatto soffrire Ashley.

Non sarebbe stato felice di vedermi, ma poco mi importava, bussai alla sua porta.

Dovetti aspettare un paio di minuti, ma sentii dei passi raggiungere l'entrata.

Quando la porta si aprì, la faccia di Dean assunse un'espressione sorpresa e seccata.

"Dov'è lei?" chiesi, prima ancora di lasciarlo parlare.

"Zayn." disse, sforzando un sorriso divertito.

Continuava a fare lo sbruffone, pur ricordando che l'ultima volta aveva avuto difficoltà a camminare per tre giorni dopo la mia visita.

"Ti ho chiesto dov'è." dissi, iniziando già a perdere la pazienza.

"Cosa ti fa pensare che lei.." iniziò, prima che lo interrompessi.

Lo spinsi contro la porta e lo sollevai da terra, semplicemente afferrando il tessuto della sua maglietta.

"Dimmi dove cazzo è." ringhiai.

"Zayn." riconobbi la sua voce e mi voltai, lasciando andare Dean, il quale iniziò a tossire.

Quando la vidi, mi si spezzò il cuore. Era devastata. I suoi occhi erano gonfi e rossi. La sua voce era flebile e tremante.

"Zayn." disse nuovamente, correndo verso di me.

Ancorò le sue braccia attorno al mio collo e mi strinse con una forza che non le apparteneva.

Circondai il suo bacino e l'abbracciai.

"Ci sono io, andrà tutto bene." dissi.

"Non ti lascerò da sola, te lo prometto." continuai.

 

Salimmo in macchina. Lei era seduta sul sedile di fianco al mio, lo sguardo perso completamente nel vuoto.

Non avevo idea di cosa le avrei potuto dire. Non c'erano parole all'altezza di quella situazione.

Cosa dici a una persona che ha scoperto di aver vissuto una bugia per diciassette anni? Quali parole farebbero sentire meglio una ragazza che ha appena visto le sue uniche certezze, sgretolarsi?

Così, non riuscendo a darmi una risposta, le feci la domanda più stupida di tutte.

"Come stai?" le chiesi.

Pensai che avrebbe reagito male, forse che mi avrebbe urlato contro.

Ma lei si voltò lentamente e mi guardò. I suoi occhi mi fecero quasi paura. Erano vuoti, privi di emozioni.

"Non so più chi sono." sussurrò.

Non ero sicuro del fatto che avesse voglia di parlarne, ma decisi comunque che era arrivato il momento di affrontare la questione insieme. Quindi accostai la macchina.

Mi voltai verso di lei. Non piangeva neanche più, mi guardava in silenzio, non esprimeva niente.

"E ho paura." disse.

"Di cosa?" le chiesi, non immaginando cosa le stesse passando per la testa.

"Del futuro." disse.

"Andrà tutto bene." la rassicurai, posando la mia mano sopra al sua.

Ma lei scosse la testa.

"Dove andrò a vivere?" chiese con voce tremante.

Sentii il cuore distruggersi, non potevo vederla così, non potevo sopportare di vederla soffrire. Avrei dato qualsiasi cosa per provare quel dolore al posto suo.

"E' normale che adesso tu sia arrabbiata, ma Rachel e Brandon.." iniziai, prima che i suoi occhi mi fulminassero. Erano talmente pieni di rabbia, che mi fecero quasi paura.

"Sono morti per me." disse.

E non osai contraddirla, perchè la conoscevo e sapevo che non sarebbe riuscita a perdonarli.

"I tuoi genitori biologici?" chiesi.

"Non ho idea di chi siano." disse.

"E non vorresti saperlo?" chiesi, cercando di convincerla.

Alzò le spalle, mentre i suoi occhi tornavano ad inumidirsi.

"Non lo so." disse poi.

"Andiamo, ti porto da una persona." dissi, raccogliendole una lacrima sulla guancia.


Ashley

 

Zayn bussò alla sua porta.

Non ero più tanto convinta di volerlo fare, ma lui mi strinse la mano, forse intuendo la mia voglia di fuggire.

Non ebbi più scelta non appena il portone si aprì.

"Grazie a Dio stai bene." disse la signorina Martin, appena mi vide. Notai che i suoi occhi rossi potevano fare a gara con i miei.

"Credo che Ashley abbia bisogno di farle qualche domanda." disse Zayn.

Restò in silenzio ed aprì di più la porta, facendosi di lato per farci entrare.

Riconobbi quella stanza come la sala da pranzo e come potevo immaginare, era l'ordine e la precisione, esattamente come la signorina Martin.

Ci indicò il tavolo e noi ci sedemmo. Zayn non lasciò mai la mia mano.

"Capisco che tu voglia delle risposte, ma io credo che tu abbia bisogno di tempo." disse la signorina Martin.

"Sicura che non vuoi parlarne domani?" chiese.

"No, io voglio sapere adesso." protestai, incapace di attendere ancora.

"Ti dirò tutto quello che vuoi sapere." disse allora.

Annuii.

"Chiamami Judy." disse poi

"Non sono la tua professoressa adesso, sono la miglior amica di tua madre." spiegò.

Mi mancò il respiro quando realizzai le sue parole.

"Vuoi che vi lasci da sole?" chiese Zayn.

"No." dissi allarmata, temendo che se ne andasse.

Ma lui mi sorrise e mi strinse la mano.

"A meno che non lo voglia tu, non vado da nessuna parte." disse.

Feci un respiro profondo e guardai Judy.

Lei mi sorrise.

"Tua madre si chiamava Rebecca, era la mia miglior amica." disse.

Pensai a quanto fosse surreale quella conversazione. Potevo crederle solo perchè avevo visto con i miei occhi il nome di quella donna sul mio certificato di nascita.

"Lei era sposata ed aveva un figlio molto piccolo, quando rimase incinta di te." mi raccontò.

Mi portai una mano sulle labbra e lei si interruppe.

"Ho un fratello?" chiesi poi, con le lacrime agli occhi.

Lei annuì e un singhiozzò lasciò la mia bocca.

Avevo sempre creduto di essere figlia unica ed avevo appena scoperto che, da qualche parte, esisteva un ragazzo che aveva i miei stessi genitori. Che era mio fratello.

"Ma quando i tuoi genitori divorziarono, lei si trasferì qui. Lasciando suo marito e suo figlio." disse.

Ad ogni frase che pronunciava, scoprivo qualcosa di nuovo. Ma non sempre era una bella notizia.

I miei genitori erano separati e mia madre era apparentemente scappata di casa, abbandonando mio fratello.

"Ashley.." iniziò, lasciandomi intendere che stava per comunicarmi un'altra notizia poco piacevole.

"Tuo padre non sapeva che Rebecca fosse incinta." disse.

"Vuoi dirmi che.. lui non sa che esisto?" chiesi, sull'orlo di una crisi.

Lei annuì e l'idea che qualcosa sarebbe potuto andare per il verso giusto, crollò.

"Va avanti." dissi, cercando di trattenermi e di riuscire ad arrivare fino alla fine.

"Abitò con me durante la gravidanza." disse.

"Al nono mese partorì, ma ci furono delle complicazioni." ricordò con le lacrime agli occhi.

"Morì dopo averti dato alla luce." disse poi, portandosi una mano sulle labbra, trattenendo il pianto.

Pensai che quell'informazione non mi avrebbe turbata. Non conoscevo Rebecca.

Ma dentro di me, mentre Judy mi raccontava la sua storia, avevo iniziato a credere che un giorno l'avrei conosciuta.

Adesso la mia vita sembrava essere stata distrutta per la seconda volta.

Mia madre era morta e mio padre non sapeva della mia esistenza. Come potevano continuare a dirmi che sarebbe andato tutto bene?

Zayn strinse la presa attorno alla mia mano.

Alzai lo sguardo per trattenere la lacrime. Dovevo essere forte, se mi fossi lasciata andare, non mi sarei più rialzata.

Judy si riprese dal dolore che gli trasmettevano i ricordi della sua miglior amica.

Sospirò e continuò a parlare.

"Rebecca ti affidò a me, facendomi promettere che mi sarei presa cura di te e che mi sarei occupata dell'adozione." disse.

Adesso ebbi chiaro il motivo per cui Judy fosse sempre stata nella mia vita. Lo aveva promesso a mia madre.

"Attraverso gli assistenti sociali, trovai gli Stewart." disse, riferendosi a Rachel e Brandon.

"Ti hanno affidata a loro e io mi sono sempre accertata che tu stessi bene." disse.

"Sono venuta a vedere ogni tua recita. Con qualsiasi scusa, ho fatto in modo di essere presente ad ogni avvenimento importante che ti riguardasse." spiegò.

In quel momento sviluppai un affetto strano nei suoi confronti. Forse perchè era l'unica persona in grado di parlarmi di mia madre.

Forse perchè avevo appena scoperto che le importava di me e che si era sempre fatta in quattro per assicurarsi che stessi bene.

Avrebbe potuto lasciarmi agli assistenti sociali ed infrangere la promessa fatta alla sua miglior amica defunta. Ma non l'aveva fatto.

"Ti ho vista crescere e per troppo tempo, ti ho vista vivere una vita che non era la tua." disse, guardandomi con malinconia.

"Mi dispiace che tu l'abbia scoperto così. Ma sono felice che sia successo." ammise.

"Loro mi hanno impedito di dirti la verità, nonostante lo facessero per il tuo bene." disse, probabilmente riferendosi a Rachel e Brandon.

"Quindi adesso... sono sola al mondo? chiesi. I miei occhi si riempirono nuovamente di lacrime.

"Mia madre è morta e non so chi è mio padre?" chiesi ancora, sull'orlo di una crisi di pianto.

"Ashley, io so chi è tuo padre." disse lei.

"Si chiama Christopher." aggiunse.

"Christopher.. è mio padre?" chiesi con voce rotta dal pianto.

L'assurdità di quella frase, pronunciata ad alta voce, era inspiegabile. Per diciassette anni, ero cresciuta con la convinzione che Brandon fosse mio padre. Quando invece era un certo Christopher, un uomo che non non aveva neanche idea della mia esistenza.

"Si, Ashley." disse Judy.

Mi asciugai una lacrima.

"Adesso devo sapere cosa vuoi fare." disse.

La guardai sconcertata. Io non avevo la minima idea di cosa volessi fare. Non sapevo neanche quali fossero le opzioni.

"Cosa posso fare?" chiesi con un filo di voce.

"Puoi tornare a vivere con Rachel e Brandon." disse, e prima che obiettassi, mi zittì.

"So che sei furiosa con loro, è comprensibile. Ma poi la rabbia ti passerà e capirai che nonostante tutto, loro ti hanno cresciuta e ti hanno voluto bene." disse.

"La rabbia non passerà." dissi, non ammettendo che tornare da loro fosse una delle opzioni.

Annuì.

"Per stanotte puoi restare a dormire qui. Domani chiamerò gli assistenti sociali." disse.

A quelle parole, il mio cuore ebbe un sussulto.

"Devono sapere che non vuoi più stare con la tua famiglia adottiva." sussurrò, quasi fra se e se.

La mia vita era davvero in mano a degli assistenti sociali?

Annuii.

Quando sentii la sedia di Zayn muoversi, mi voltai. Si stava alzando, lasciò andare la mia mano.

Dall'espressione con cui mi guardò, capii che i miei occhi erano colpi di terrore.

"Torno domani, va bene?" chiese, come se stesse parlando con una bambina piccola.

Ed era esattamente come mi sentivo. Una bambina piccola, sola, indifesa e impaurita.

"Promesso?" chiesi, quasi con disperazione.

Si abbassò e mi prese il viso tra le mani, mi baciò una guancia, prolungando il contatto delle sue labbra sulla mia pelle.

"Promesso." disse poi, prima di salutare Judy e andarsene.




 

Ciao a tutte :)

Lo so, questo capitolo è una mattonata, ma è anche fondamentale per farvi capire come stanno le cose.

Dato che il seguente capitolo è già pronto, vi prometto che appena ci saranno un po' di recensioni, lo pubblicherò.

Spero che comunque sia chiaro, che la storia di Ashley lo sia.

Per eventuali dubbi, chiedetemi pure.

So che molte di voi sono curiose di sapere come si incontreranno tutti i personaggi, ma vi assicuro che manca poco.

Spero che, nonostante il capitolo sia un po' pesante, vi sia piaciuto.

Alla prossima :)

Un bacio,

Michi x




 

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Capitolo 8
*** It's just the beginning. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo’
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It's just the beginning.

"Before i fall too fast,
kiss me quick, but make it last."

 

Harry

 


Poggiai la testa allo schienale del divano, stufo di dover aspettare Liam, che al piano di sopra, cercava di farsi bello.

"Ehi, Harry." mi salutò Ruth, sorridente. "Ciao." dissi, ricambiando il sorriso.

"Aspetti Liam?" chiese. "Si." risposi. Rise, non appena intuì che ero li da venti minuti.

"Vado a vedere a che punto è." disse divertita. "Grazie." dissi, mentre lei già saliva le scale.

Era più simpatica rispetto a sua sorella Nicola. L'altra aveva attraversato il salotto senza degnarmi di uno sguardo, mi aveva fatto sentire invisibile.

Quando il telefono squillò, sentii dei passi arrivare dalla cucina.

"Ciao Harry." disse, sorridente come sempre, il padre di Liam. "Salve." dissi.

"Pronto?" rispose al telefono, per poi tornare in cucina. Sobbalzai, quando suonò anche il mio. Sbloccai il display, per poi notare un nuovo messaggio.

 

Pensate di metterci ancora molto? Sophie x

 

Quel sabato mattina pioveva e noi avevamo deciso di trascorrerlo al Rammer Jammer. O meglio, Niall aveva deciso.

Non vedeva la sua amata dalla mattina precedente, ed era in astinenza.

 

Stiamo arrivando.

Harry.

 

Inviai il messaggio, lasciando credere a Sophie che fossimo per strada, quando invece, io ero sul divano e Liam, era probabilmente in mutande.

"Harry, prendi le chiavi della macchina. Ho quasi fatto." urlò dal piano di sopra. "Dove sono?" chiesi, alzandomi. "In cucina." disse.

Mi diressi in cucina, cercando di non fare rumore. Ricordando che il padre di Liam, stesse avendo una conversazione al telefono.

Notai le chiavi sul tavolo e le presi velocemente. Ma poi, per un guizzo quasi involontario delle pupille, mi voltai verso l'uomo e non potei fare a meno di notare che fosse pallido.

"Andiamo, Harry." disse Liam, adesso nel corridoio. Guardai un'ultima volta l'uomo e raggiunsi il mio amico.

"Ti muovi?" mi chiese, come se non fosse stato lui a farmi aspettare per quasi mezz'ora. "Sta bene tuo padre?" chiesi preoccupato.

"Perchè?" chiese lui. "Era al telefono e l'ho visto piuttosto pallido." dissi. Liam alzò le spalle.

"Dev'essere una chiamata di lavoro, le cose non stanno andando molto bene in azienda." mi spiegò.

"Mi dispiace." dissi, ricordando che la sua famiglia possedesse una propria impresa.

"Non preoccuparti, sistemeranno." disse, mentre indossava il cappotto.

 

"Eccoli." disse Niall, appena ci vide entrare. Si alzò e ci fece segno di raggiungerli.

Non avevo mai visto il locale così pieno. Doveva essere dovuto al brutto tempo. "Ciao." ci sorrise Sophie.

"Ehi." dissi, baciandole una guancia, per poi sedermi al suo fianco. "Ditemi che avete già ordinato." disse Liam.

C'era talmente tanta gente, che se avessimo ordinato in quel momento, ci avrebbero portato da bere dopo qualche ora.

Sophie scosse la testa. Liam sbuffò. "La bella cameriera non verrà mai al nostro tavolo." disse poi, guardando Niall.

"Oggi non effettuano servizio al tavolo." rispose il biondo. "Visto che hanno tanti clienti, sono tutti dietro al bancone del bar. Dobbiamo alzarci noi per ordinare." spiegò poi.

"Che aspetti? Vai tu." dissi. "Io?" chiese indicandosi. "Certo, almeno potrai parlarle." dissi, come se fosse scontato.

Lui sembrò pensarci su, poi scosse la testa. "Mi vergogno." ammise. "Allora vado io." disse Liam, pronto ad alzarsi.

"No!" obiettò Niall, corrugando la fronte. "Perchè?" chiese Liam. "Non voglio che le parli tu." disse, facendomi scappare una risata. "Non sarai mica geloso?" gli chiesi divertito.

Niall si imbronciò. "Tranquillo, vado io." disse Sophie ridendo, per poi alzarsi. "E tu non guardarmi così." mi disse Niall, distogliendo lo sguardo. Risi.

Mi sedetti comodamente, immaginando che sarei dovuto stare lì per un bel po' e mi guardai intorno.

Quando riconobbi Katy, intenta a mettersi il cappotto, pensai che c'erano veramente tutti. Un secondo dopo, vidi anche Louis. Adesso eravamo al completo.

Ma con sollievo notai che anche lui si stava mettendo il cappotto, segno che se ne andavano per fortuna.

Tolsi il telefono dalla tasca e lo misi sul tavolo. Pochi secondi dopo, percepii una presenza alle mie spalle.

"Litigare in mezzo al corridoio di scuola, davvero maturo Harry." Mi voltai, non appena sentii il mio nome uscire dalle sue labbra. Katy era adesso al mio fianco.

"Non è prendendo a cazzotti il mio ragazzo, che mi riavrai indietro." disse.

Per un attimo il mio sguardo cadde su Louis, il quale sorrideva divertito. Non potei fare a meno di notare il livido violaceo che caratterizzava il suo mento.

Allora capii. Aveva raccontato a Katy una versione distorta dei fatti.

Non aveva sicuramente ammesso di essere stato lui a provocarmi, inventando probabilmente che avessi iniziato io.

"Ma non perdere tempo, non mi riavrai indietro neanche facendo altro." disse, per poi andarsene, seguita da Louis.

Il quale sembrava essere davvero soddisfatto.

 

Ashley

 

Passai la notte in bianco, soffocando i pianti contro il cuscino.

Non era da me piangere. Ma mi convinsi che anche una persona forte, avrebbe ceduto di fronte ad una notizia simile.

Però odiavo sentirmi così indifesa. Odiavo non poter essere padrona della mia vita.

Avevo paura del futuro, cosa di cui non mi ero mai preoccupata. E stentavo a riconoscermi, quando non riuscivo a trovare una soluzione.

Avevo sempre risolto i mie problemi da sola. In qualche modo, me l'ero sempre cavata. Ma non questa volta.

Riuscii a prendere sonno verso le sei di mattina, perciò non mi meravigliai quando guardai il telefono e mi accorsi che erano le quattro del pomeriggio.

Mi alzai e raggiunsi a passi lenti la cucina. Judy era a sedere attorno al tavolo, con lo sguardo perso nel vuoto. Ma quando io feci rumore, lei si accorse della mia presenza e si voltò.

"Ehi, ti sei svegliata finalmente." disse, sorridendomi. "Vuoi mangiare qualcosa?" chiese.

Scossi la testa. "Allora?" chiesi. "Cosa?" chiese lei, corrugando la fronte confusa.

"Che ne sarà di me?" chiesi, senza girarci troppo intorno. Per tutta la notte questa domanda mi aveva torturato, adesso volevo una risposta. Sospirò.

"Andrai a vivere da tuo padre, Ashley." disse.

Quella risposta mi disorientò e una nuova paura si impossessò di me. Come sarei riuscita ad andare a vivere con un uomo che non conoscevo? Con un uomo che aveva probabilmente appena scoperto la mia esistenza?

Ma quei problemi scomparvero non appena un'altra informazione lasciò le sue labbra. "Lui.. vive in Inghilterra." aggiunse.

Il cellulare, prima stretto nella mia mano destra, cadde a terra. Così come il mondo, mi crollò per la seconda volta addosso.

 
 

Quando la porta si spalancò, Zayn mi trovò sul letto. Le ginocchia strette al petto e i singhiozzi a scuotermi il corpo.

Corse verso di me, sedendosi poi al mio fianco. "Piccola, che succede?" chiese allarmato. Cercai di parlare, ma i singhiozzi non me lo permisero.

"La signorina Martin mi ha chiamato dicendomi che ti eri chiusa in camera e che ti sei rifiutata di parlarle." disse.

Cercai di stabilizzare la respirazione e di calmarmi, con lo scopo di riuscire a parlare.

"E ti ha anche detto cos'hanno deciso gli assistenti sociali?" chiesi, con voce rotta dal pianto.

Scosse la testa. Mi morsi il labbro quando percepii l'arrivo di un altro singhiozzo. "Vogliono mandarmi a vivere da mio padre." dissi.

Zayn mi guardò confuso, forse non capendo al cento per cento la gravità di quello che avevo appena detto.

"Vive in Inghilterra, Zayn." dissi, alzando la voce. Spalancò gli occhi non appena finii la frase. La sua mano, la quale mi stava massaggiando la schiena, si fermò.

"Non puoi andartene." sussurrò poi. "Allora aiutami." singhiozzai. "Ashley, tu non.. io non ce la faccio senza di te. Io non.. ho bisogno di te." disse, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.

Mi sporsi in avanti e lo abbracciai. "Andrà tutto bene." dissi, ritrovandomi a rassicurare lui, nonostante il problema fosse mio.

Sentii bussare e quando alzai il viso, Judy era poggiata allo stipite della porta. Zayn si voltò e quando la vide, si alzò.

"Non c'è niente che possiamo fare per impedirlo?" chiese poi. Sospirò.

"Ho parlato con gli assistenti sociali, per informarli del fatto che tu non vuoi più stare con la tua famiglia adottiva." disse.

"Considerando il fatto che tua madre non c'è più e che tuo padre, a loro, è sconosciuto, ti avrebbero cercato un'altra famiglia adottiva." disse. "O in alternativa, saresti finita in un orfanotrofio fino alla maggior età." aggiunse.

"E perchè non è stata scelta una delle due opzioni?" chiesi, nonostante non mi facessero impazzire. Ma perlomeno sarei rimasta in America, a Long Beach, con Zayn.

"Perchè a loro, tuo padre non è più sconosciuto." disse. Corrugai la fronte.

"Ho detto di essere quasi certa di sapere chi fosse tuo padre, hanno fatto delle ricerche e lo hanno trovato." disse. Rimasi stupita dalla velocità con cui questo era successo. Iniziai ad odiare le nuove tecnologie.

"Parti domani mattina, Ashley." disse, con un tono che non ammetteva repliche.

Improvvisamente era diventata fredda, rigida, come se volesse liberarsi di me. Non ne capivo il motivo. Aveva promesso a mia madre che si sarebbe presa cura di me e poi mi spediva oltreoceano? 

"Se hai tanta fretta che me ne vada." iniziai, cercando di trattenere le lacrime che quell'informazione mi aveva scatenato. "Posso partire anche stasera." dissi, nonostante non lo volessi affatto.

Zayn mi guardò allarmato, lei sospirò. "Ashley, l'ho fatto per il tuo bene." disse.

"Hai vissuto diciassette anni con persone meravigliose, ma comunque con persone che non facevano parte della tua vera famiglia." disse, avvicinandosi.

"Lo hai scoperto, ma hai saputo anche che tua madre è morta." continuò.

"Sai che l'uniche persone al mondo che fanno parte della tua famiglia, sono tuo padre e tuo fratello. Non vuoi avere la possibilità di conoscerli?" chiese.

Per quanto una piccola parte di me lo volesse, il fatto che vivessero dall'altra parte del mondo, mi faceva passare la voglia. "No!" urlai, allora.

Non avevo più niente a Long Beach, potevo benissimo andarmene. Ma c'era un solo motivo a tenermi ancorata lì, che bastava e avanzava per non farmi partire.

"Io non me ne vado." dissi, stringendo la mano di Zayn. Ma lui si liberò dalla mia presa e mi guardò, con gli occhi colmi di malinconia.

"Ashley, devi andare invece." disse, lasciandomi totalmente a bocca aperta. "Zayn, cosa dici?" chiesi confusa. Fino a un attimo prima, neanche lui voleva che partissi.

"So di essere il motivo per cui non vuoi andartene." disse. "Ma non posso impedirti di stare con tuo padre." aggiunse.

Gli occhi si colmarono nuovamente di lacrime non appena capii che non sarei riuscita a restare in America. Adesso che Zayn iniziava a sentirsi in colpa, nessuno mi avrebbe aiutata a lottare per restare.

Scossi la testa. Le sue mani raggiunsero le mie guance. "Anche mia madre non c'è più, Ashley." disse, nonostante io lo sapessi bene.

"Anche io ho solo mio padre e non sai quanto pagherei per avere un buon rapporto con lui." disse, riferendosi ai problemi che aveva Yaser.

"Hai la possibilità di costruirti una nuova vita e sono sicuro che tuo padre è meraviglioso." continuò.

"E' tutta la tua famiglia, Ashley. Un giorno potresti pentirtene e io non posso permettermi di farti avere questo rimpianto."

"Ma.." iniziai, prima di essere interrotta. "E' la cosa giusta da fare." disse, asciugando le mie lacrime con i pollici delle sue mani, ancora poggiate sulle mie guance.

"Fra noi non cambierà niente. Io ti chiamerò ogni giorno e sono sicuro che ci rivedremo."  disse.

"Quando?" chiesi con voce rotta dal pianto. "Non lo so. Ma qualsiasi cosa succederà, ovunque saremo, ricordati che ti appartengo." disse.

Mi morsi il labbro, soffocando il pianto. Se lo ricordava.

Avevo pronunciato quelle parole dopo la morte di sua madre. Aveva paura che suo padre volesse trasferirsi in Pakistan. Dopo tutti quegli anni, lui ricordava ancora le parole esatte.

"Tutto quello che hai detto, è vero. Apprezzo che tu metta da parte i tuoi interessi, per il mio bene." dissi.

Sospirò. "Ma non cambierai idea, vero?" chiese, conoscendo già la risposta. "No." dissi.

"Mi dispiace, Ashley. Ma questa decisione non spetta a te." si intromise Judy.

"Tuo padre ha accettato di prenderti a vivere con lui, i tuoi bagagli sono pronti e il biglietto aereo è sul tavolo." disse, prima di andarsene.

"Andrà tutto bene." disse Zayn, abbracciandomi.

 

Guardai fuori dal finestrino, chiedendomi quando avrei rivisto quell'oceano. Mi chiesi se mi sarei seduta di nuovo su quelle spiagge, a contemplare l'orizzonte. Ma sinceramente, avevo paura della risposta.

La mano di Zayn raggiunse la mia, mi voltai appena in tempo per vedere il suo sorriso di incoraggiamento. Abbassai il volto, per niente motivata.

Quella mattina mi ero svegliata alle cinque, mi ero svegliata con la consapevolezza che me ne sarei andata.

Judy mi aveva chiesto più volte se volessi che mi portasse da Rachel e Brandon per un ultimo saluto, ma la mia risposta era scontata.

Quindi non avevo salutato nessuno, anche se, pensandoci bene, non avevo nessuno da salutare.

Ero salita in macchina, sapendo che quando sarei scesa, mi sarei trovata in un aeroporto.

Non avevo mai preso un aereo, non ero mai uscita da Long Beach. Ma questo era l'ultimo dei miei problemi.

Una volta dentro quell'enorme aeroporto, lasciai che fosse Judy a guidarci verso la strada giusta. Speravo che si perdesse e che l'aereo partisse senza di me. Ma non successe.

"Siamo arrivati, fra poco chiameranno il tuo volo." disse Judy.

Annuii. Lei sospirò e si mise di fronte a me. "Ascolta Ashley, probabilmente mi starai odiando in questo momento. Ma sono certa che un giorno mi ringrazierai." disse.

"Credo di aver mantenuto la promessa che ho fatto a tua madre e sono sicura che lei sarebbe fiera di te." continuò.

Probabilmente non credeva neanche lei alle parole che aveva appena pronunciato.

Nessuna madre sarebbe stata fiera di una figlia come me. In diciassette anni non avevo combinato niente. Avevo solo procurato problemi.

"Voglio darti una cosa." disse, cercando qualcosa nella sua borsa. Ne tirò fuori una piccola foto, leggermente rovinata.

Quella foto ritraeva una donna stesa sul letto d'ospedale, un gran sorriso sul volto e gli occhi innamorati della neonata che stringeva tra le braccia.

"Era bellissima." sussurrai. Era la prima volta che vedevo mia madre. Era la prima volta che vedevo qualcuno che mi somigliasse.

"Grazie Judy." dissi, con le lacrime agli occhi. Lei mi carezzo una guancia e poi mi abbracciò.

"Comportati bene, Ashley." disse, prima di lasciarmi sola con Zayn. Aprì la bocca per parlare, quando una voce annunciò il mio volo. Feci di tutto per trattenere le lacrime, ma non ci riuscii.

"Ehi, ascoltami." disse Zayn. "No, Zayn, scappiamo." dissi, presa dalla disperazione.

Lui corrugò la fronte. "E' andata via, non può fermarci." continuai, riferendomi a Judy.

Chiuse gli occhi e sospirò. Poi, sapendo che era l'unico modo per calmarmi, posò le mani sulle mie guance e mi obbligò a guardarlo.

"Adesso tu salirai su quell'aereo, conoscerai tuo padre, ti farai dei nuovi amici e sarai felice." disse.

Cercai di scuotere la testa, ma lui non me lo permise. "Se non sarà così ti verrò a prendere io stesso, promesso." disse.

"Se sarai infelice, ti riporterò qui. Ma sono sicuro che non ce ne sarà bisogno." continuò. "Non aver paura, Ashley. Sei la ragazza più forte che conosco, te la caverai." disse.

"No, Zayn." piagnucolai. "Io ci sarò sempre per te, chiamami ogni volta che ne avrai bisogno. Va bene?" chiese.

Annuii, nonostante sapessi che delle telefonate non mi sarebbero mai bastate. "Voglio che tu abbia questa." disse, sfilandosi la collana.

Un secondo dopo, indossavo la collana che mai, avevo visto togliere a Zayn. La indossava da sempre. Si trattava di una medaglietta in argento con su inciso il suo nome. Gliela aveva fatta suo nonno.

"Sei sicuro?" chiesi, sapendo quanto tenesse a quell'oggetto. Lui annuì.

"Quando ti sentirai sola, guardala e ricordati che Zayn Malik ti appartiene." disse. "Grazie." dissi abbracciandolo.

Quando una voce annunciò che mancava veramente poco al mio volo, lo strinsi con tutta la forza che avevo.

"Chiamami, ok?" dalla sua voce, capii che stava per mettersi a piangere, cosa che io stavo già facendo.

Odiavo doverlo fare, ma dovevo allontanarmi da lui prima che iniziasse a piangere. Non lo avrei sopportato.

Mi concessi un'ultimo minuto tra le sue braccia. Cercai di imprimere nella mente il suo profumo. La sensazione di sicurezza che mi trasmetteva. Cercai di memorizzare ogni particolare di quel momento.

Poi lasciai la presa attorno al suo corpo, gli presi il viso tra la mani e gli lasciai qualche bacio sulla guancia.

"Ti vorrò bene per sempre." dissi, mentre facevo alcuni passi indietro. "Anche io." disse, sforzando un sorriso.

Mi voltai, ma dopo aver fatto due passi, mi ricordai di una cosa importantissima.

"Zayn!" urlai subito, temendo che se ne fosse andato. Ma quando mi voltai, lo trovai esattamente dove lo avevo lasciato.

"Ashley, devi andare." disse, sforzando un sorriso di incoraggiamento. "No, aspetta. Ho una cosa per te." dissi, avvicinandomi a passi veloci.

"Tra un paio di giorni hai un appuntamento al Chicago." dissi, mentre cercavo la busta nella borsa.

Lui corrugò la fronte. La tirai fuori e gliela tesi. "Con Josh." dissi.

Mi guardò confuso, poi sembrò capire. "Ashley.." iniziò. "Promettimi che non ti metterai mai più nei guai." dissi, con gli occhi lucidi.

Lui aprì la busta e vide i soldi. "Dove li hai trovati?" chiese.

"Rachel e Brandon mi devono più di un favore." dissi. "Io non posso.." iniziò.

"Devi dare questi soldi a Josh e devi promettermi che non avrai mai più niente a che fare con lui." dissi, non ammettendo contraddizioni.

Zayn, ormai con gli occhi lucidi, mi abbracciò. Se possibile, stringendomi più di prima.

"Te ne sarò eternamente grato." sussurrò al mio orecchio. "Ci vediamo presto, ok?" dissi, con voce rotta dal pianto.

Si allontanò da me e i suoi occhi erano arrossati dal pianto imminente. Annuì mentre lottava per non lasciarsi andare.

Sforzai un sorriso e portai una mano sulla sua guancia, carezzandola e asciugandola da una lacrima.

Poi feci un passo indietro. Mi voltai e iniziai a camminare velocemente, prima che qualcosa mi facesse cambiare idea.

 

Con gli occhi offuscati dalle lacrime, lottando con tutta me stessa per trattenerle, cercai l'imbarco del mio volo. Lo raggiunsi e quando mi voltai, Zayn non c'era più.

Alzai il viso, intenta a non mettermi a piangere. Ma non appena realizzai di essere totalmente sola, non ce la feci.

Asciugai le lacrime e mi sistemai in fila per i controlli dei documenti. Per distrarmi, cercai i miei nella borsa.

Judy aveva detto di avermi messo il passaporto in una busta. Quando la trovai, lo estrassi e lo aprii. Lo sguardo mi cadde sul nome.


Ashley Payne.


E quella che mi sembrava la fine, era solo l'inizio.

 

Salve a tutte :)

Ed ecco scoperto l'arcano misterioso ahahaha.

Ricordo che una di voi mi disse che non capiva il perchè di quel paragrafo riguardante Liam e sua madre.

Ecco perchè: la madre di Liam, è la madre di Ashley.

Adesso dovreste avere più chiara tutta la situazione e dovrei aver risolto i vostri dubbi. Vero? Ditemi di si ahaha.

Se non fosse così, chiedetemi quello che volete. Sono di fretta, quindi solo grazie mille e alla prossima ♡

Un bacio,
Michi x




 

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Capitolo 9
*** You're welcome. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.'
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Ragazze, qua potete trovare il Trailer della storia, fatemi sapere che ne pensate :)
Just forget the world - Trailer 


You're welcome.

 

 

"It's time to be a big girl now,
and big girls don't cry."

 

 

 

Liam

 

"Possibile che devi sempre lasciare le tue cose in giro?" chiesi seccato, dopo essere inciampato nel filo della piastra per capelli di Nicola.

Lei sbuffò, come se avesse avuto ragione. Alzai gli occhi al cielo, mordendomi la lingua per trattenere un insulto.

"Nicola, ha ragione tuo fratello." disse Lauren, mentre attraversava il corridoio.

Storsi la bocca. Quale fratello? Non c'era nessuna possibilità che e io e quella fossimo in qualche modo imparentati.

Le ignorai e scesi al piano di sotto. Sul portone trovai mio padre, intento a mettersi il cappotto.

"Dove vai?" gli chiesi confuso, notando che l'orologio segnava le otto di sera.

Quando si voltò a guardarmi, la sua espressione mi preoccupò. Sembrava essere molto teso. Pensai che ci fossero ancora problemi con il lavoro.

"Liam, ti ricordi che in garage c'è un letto?" chiese, mentre si allacciava gli scarponi. Annuii, ricordando più una branda che un letto.

"Ho bisogno che tu mi faccia un favore." disse, rialzandosi. "Sistemalo, puliscilo e mettilo in camera tua." disse.

Corrugai la fronte. "In camera mia?" chiesi. "E' l'unica stanza in cui può stare. Le ragazze sono già in due." disse, riferendosi al fatto che Nicola e Ruth dormissero nella stessa stanza.

"Posso chiederti per quale motivo qualcuno dormirà nella mia stanza?" chiesi, piuttosto perplesso.

Lui sospirò, lo vidi interdetto. Non sembrava convinto di volermelo dire. "Penso che dovresti venire anche tu." disse, quasi in un sussurro.

Corrugai la fonte, completamente confuso. "Dove? Adesso? Ho promesso a Niall ed Harry che.." iniziai, ricordando di avere un appuntamento con i miei amici.

"Ti parlerò di tua madre." disse lui interrompendomi, sapendo che non avrei mai rifiutato.

I miei occhi brillarono a quelle parole. Dopo diciotto anni, mi avrebbe raccontato tutto. Avrebbe risposto alle mie domande, mi avrebbe tolto tutti i dubbi.

"Prendo il cappotto." dissi, senza pensarci neanche due volte.

 

Ashley

 

Smisi di piangere in silenzio dopo le prime tre ore di viaggio.

Un po' perchè le domande della signora al mio fianco mi avevano stufata, un po' perchè realizzai che non sarebbe comunque cambiato niente e un po' perchè avevo decisamente esaurito le lacrime.

Cercai di passare il tempo guardando fuori dal finestrino, ma si stava facendo notte e riuscivo a vedere ben poco. Allora provai a dormire. Ma non appena chiudevo gli occhi, la mia mente si sovraffollava di pensieri.

Avevo una paura folle di scendere da quell'aereo, non avevo idea di cosa mi aspettasse. Christopher poteva essere un brav'uomo, come lo aveva descritto Judy. Come poteva benissimo non esserlo.

Magari già mi odiava perchè era arrabbiato con Rebecca, la quale non gli aveva detto di essere incinta di me. O magari per lui sarei stata solo un peso, dato che ero apparsa nella sua vita improvvisamente.

Cosa avrei fatto appena lo avrei visto? Cosa avrei detto? Come mi sarei comportata? L'ansia accresceva e non avevo idea di come riuscire a sopprimerla.

Quando iniziai a provare freddo, mi resi conto che il mio abbigliamento non era idoneo al luogo in cui mi stavo trasferendo. Non ero mai uscita da Long Beach, ma sapevo che il clima inglese era molto più rigido.

Per fortuna Zayn se lo era ricordato prima di me e mi aveva consigliato di mettere vestiti più pesanti nel bagaglio a mano. Così slacciai la cintura e scusandomi con la signora al mio fianco, sgusciai via dal mio posto.

Recuperai la mia borsa dagli appositi scomparti e mi diressi nel bagno. Quando alzai il viso, il mio riflesso nello specchio mi fece paura.

Erano due giorni che non mi guardavo allo specchio, ero in uno stato pietoso. Se Christopher mi avesse vista così, mi avrebbe abbandonata per la strada.

Mi spogliai e ripiegai i vestiti, riponendoli nella borsa, per poi indossare quelli più pesanti. Era una novità per me indossare pantaloni lunghi e maglioncini, e dovevo ammetterlo, mi piaceva.

Mi lavai il viso, sperando che l'acqua fresca aiutasse a diminuire il rossore e il gonfiore dei miei occhi. Mi sciolsi i capelli e li sistemai come meglio potevo.

Riposi i vestiti nella borsa e notai una cosa che ero sicura non aver messo. Tirai fuori quello che sembrava un quaderno e mi chiesi come ci fosse finito. Lo aprii e nella prima pagina riconobbi la calligrafia di Zayn.

 

Alla mia miglior amica,

non smettere mai di disegnare, ricorda che ci faceva sentire infiniti.

Zayn x

 

Sorrisi pesando al fatto che era riuscito a sollevarmi l'umore anche in quella situazione.

Quando all'inizio del primo anno scolastico ero priva di immaginazione, non sapevo mai cosa disegnare.

Zayn mi ripeteva che potevo fare qualsiasi cosa mi passasse per la mente, ero io che decidevo, le mie idee potevano essere infinite se volevo, io ero infinita.

Tornai al mio posto. Rimisi il bagaglio a mano nel suo scomparto, ma tenni con me il quaderno. Mi sedetti e nonostante la posizione scomoda, mi misi a disegnare.

Disegnai la cosa che in quel momento mi mancava di più, disegnai l'ultima cosa che avevo visto prima di partire. Lo sguardo di Zayn.

 

Liam

 

Mio padre mi richiamò preoccupato quando non mi sentì parlare, nonostante mi avesse chiesto se stessi bene. La verità era che non stavo affatto bene. Ma neanche male.

Quando eravamo saliti in macchina, mi disse che andavamo all'aeroporto. Ma solo dopo quasi metà viaggio mi disse che andavamo a prendere mia sorella.

Mi sorpresi di me stesso quando dubitai di voler sapere la verità, nonostante l'avessi rincorsa per quasi diciotto anni. Ma dopo che mio padre iniziò a raccontare, non riuscii più a fermarlo.

Avevo un anno e subito dopo aver divorziato da mio padre, mia madre se ne andò di casa. Al contrario, mio padre, mi aveva sempre detto che era morta, saltando la parte in cui lei si trasferiva in California.

Ma dopo tutto, neanche lui sapeva tutta la verità. Dato che, quella mattina, gli assistenti sociali lo avevano chiamato, comunicandogli che aveva una figlia. Adesso capivo perchè Harry avesse detto di averlo visto pallido.

Il test del DNA non era stato fatto, ma fonti sicure sostenevano che fosse proprio lui il padre. Anche se una volta in Inghilterra, la ragazza avrebbe sicuramente dovuto fare delle analisi. Io ero sconvolto.

Più che per il fatto che mia madre mi avesse abbandonato, per il fatto che avevo appena scoperto di avere una sorella di appena un anno più piccola di me.

E mi sentii un pazzo quando sorrisi a mio padre. Perchè lui non sapeva quanto avessi desiderato avere un fratello o una sorella. Non aveva idea di quanto poco considerassi Ruth e Nicola. Volevo bene a quelle ragazze, ma mai lei avevo viste come delle sorelle.

Mio padre fermò la macchina e quando alzai il viso, mi resi conto che eravamo giunti a destinazione.

"Avresti dovuto avere più tempo per elaborare la notizia." disse. "Avrei voluto averlo anche io." sussurrò poi, poggiando la schiena al sedile.

Mio padre non si era mai fatto vedere vulnerabile da me. Ma potevo capire che quella notizia lo avesse sconvolto.

"A cosa pensi?" chiesi, non riuscendo minimante ad immaginare cosa gli passasse per la mente.

"Penso che se Rebecca me lo avesse detto, mia figlia non avrebbe sofferto." disse, con lo guardo puntato fuori dal finestrino.

Mi fece uno strano effetto sentirlo parlare di lei, come sua figlia. Un effetto piacevolmente strano. Improvvisamente si voltò verso di me.

"Lei ha condotto una vita normale per diciassette anni, in una famiglia normale, con degli amici." disse. "Poi, un giorno, ha scoperto di essere stata adottata, di non avere una madre e di avere un padre che non sa della sua esistenza." continuò.

Vidi gli occhi di mio padre inumidirsi. "Non so se sono in grado di gestirla." sussurrò, quasi fra se e se.

"Papà ce la farai, andrà tutto bene." dissi, credendo in ogni singola parola. "Lei sarà sconvolta più di noi, ma col tempo si sistemerà tutto." continuai.

Lui annuì e dopo essersi passato una mano sul volto, scese di macchina. Cosa che feci anche io.

Ci incamminammo verso l'entrata e ad ogni passo che facevo, l'ansia cresceva dismisura. Mio padre aveva ragione, avrei dovuto avere più tempo per elaborare una cosa simile.

Entrammo all'interno dell'aeroporto e seguendo le indicazioni, ci dirigemmo verso il suo sbarco. Il suo volo doveva essere atterrato da poco, dato che c'era ancora un sacco di gente.

Mi guardai intorno e vidi persone che si abbracciavano, altre si sorridevano, alcune avevano già iniziando ad andarsene. Mi chiesi cosa avremmo fatto noi quando ci saremmo incontrati.

Cosa dici ad una sorella che hai scoperto di avere da un'ora e che non hai conosciuto per diciotto anni? Mi voltai verso mio padre e lo trovai pensieroso quanto me.

"Non mi hai detto come si chiama." dissi, cercando di smorzare la tensione. Lui si voltò e per la prima volta in tutta la serata, lo vidi sorridere.

"Ashley." disse poi. "Io e tua madre lo dicevamo sempre." ricordò con nostalgia. "Se nasce un maschio, Liam. Altrimenti, Ashley." disse.

Sorrisi, perchè anche se non lo ammetteva, era felice che mia madre, dopo tutto, avesse mantenuto l'accordo.

Mi voltai nuovamente verso tutte quelle persone, cercando di riconoscere una diciassettenne. Poi vidi una ragazza.

Aveva appena recuperato la sua valigia e sembrava che facesse fatica a trascinarla.

Non era troppo alta, era minuta ed aveva i capelli troppo scuri per assomigliare ai miei. Ma quando alzò il viso, liberandosi dai capelli e vidi i suoi lineamenti, vidi quelli di mio padre.

"E' lei." dissi con certezza.

 

Ashley

 

Dannata valigia, pensai seccata.

Ignoravo il motivo, ma al mio bagaglio sembrava essersi inceppata una ruota, così da renderne il trascinamento impossibile.

Sbuffai ed alzai il viso per scostare i capelli. Per un movimento quasi involontario delle pupille, il mio sguardo si soffermò su due persone. Feci per riabbassarlo, ma qualcosa scattò in me.

Così ignorai la valigia e mi alzai, senza distogliere i miei occhi da quelle due figure. Erano loro. Tutto ciò che restava della mia famiglia.

Quello che doveva essere Christopher, mio padre, era molto più giovane di come lo avevo immaginato. Era alto, aveva le spalle larghe e dava l'idea di un'uomo allenato, in forma.

Aveva gli occhi castani, così come i capelli. Riconobbi i lineamenti del suo viso, erano come i miei. Per me era surreale vedere qualcuno che mi somigliasse.

Al suo fianco, doveva esserci mio fratello. Capelli castani, pettinati in un ciuffo. Occhi dello stesso colore. Il suo viso aveva qualcosa di dolce.

Dolce come il sorriso che mi rivolse. Sorriso che non ricambiai, perchè nonostante fossero tutto ciò che mi rimaneva, non era con loro che sarei voluta essere.

Rimasi immobile, li guardai senza distogliere lo sguardo, mi chiesi cosa sarebbe successo. Fu il più piccolo a rivolgere un'occhiata veloce al padre, per poi avvicinarsi velocemente a me. Christopher lo seguì poco dopo.

"Ciao." disse, riprovando a sorridermi. "Io sono Liam." disse, tendendomi la mano. Abbassai lo sguardo e la guardai.

Forse stupidamente, ma mi ritrovai a pensare al fatto che io non avevo mai toccato mio fratello.

Allora alzai la mano, ma ero insicura, tremava. Nel momento in cui le mie dita sfiorarono le sua, sentii un calore strano.

"Ashley." sussurrai, specchiandomi nei suoi occhi marroni, dannatamente simili ai miei.

Abbassò lo sguardo sulle nostre mani e per un attimo si soffermò sul tatuaggio che avevo attorno al polso.

Mi chiesi se Christopher avrebbe approvato tutti quei tatuaggi, ma in ogni caso, il suo giudizio non mi interessava.

Poi lasciò andare la presa e si voltò verso il padre. Christopher mi sorrise e pensai che, dopo tutto, forse Judy aveva ragione. Sembrava davvero una brava persona.

Sorrise impacciato, prima di indicare la mia valigia. "Questa la prendo io." disse, sollevandola da terra.

"Grazie." dissi, sforzando un sorriso. "Io propongo di prenderci un caffè. Abbiamo tante cose di cui parlare, no?" chiese imbarazzato Liam.

"Va bene?" chiese Christopher, guardandomi. Io annuii, pensando che non avevo proprio niente di cui parlare con loro.

 

Una volta raggiunto il bar e dopo aver risposto a domande riguardanti il mio viaggio in aereo, ordinammo tre caffè.

"Io dovrei andare in bagno." dissi, prima che uno dei due iniziasse a parlarmi imbarazzato.

"Certo. Vuoi che ti accompagni?" chiese Christopher, mentre io già mi alzavo. "Non importa." dissi, allontanandomi velocemente.

Non appena lo trovai, entrai e presi immediatamente il cellulare, componendo il numero di Zayn.

"Ashley, com'è andato il viaggio?" chiese impaziente, non appena rispose. Quando sentii la sua voce, sentii una sensazione di calma invadermi totalmente.

"Bene, sono solo un po' stordita." dissi. "Dimmi che non ti ho chiamato ad un orario improponibile." sperai, ricordandomi solo adesso del fuso orario.

Lo sentii ridere. "Tranquilla, sono le cinque del pomeriggio." disse. Guardai l'orologio, erano le nove di sera.

Il fatto che ci fossero otto ore di fuso orario mi fece rendere conto di quanto fossimo lontani.

"Li hai incontrati?" chiese. "Si, loro.. sono al bar che mi aspettano." dissi.

"Come sono?" chiese curioso. "Sono.. normali. E' dannatamente imbarazzante, Zayn." dissi, facendolo ridere.

"E' comprensibile, non preoccuparti." disse. "Grazie per avermi chiamato, ma adesso torna da loro." disse.

Sarei voluta stare al telefono con lui per ore, ma non potevo. "Ci sentiamo presto?" chiesi.

"Certo." rispose. "Ah, Zayn?" lo richiamai. "Che c'è?" chiese. "Grazie per il quaderno. Non smetterò di essere infinita, te lo prometto." dissi sorridendo, nonostante non potesse vedermi.

"Ti voglio bene, Ashley. Fa la brava." disse. "Anche io, Zayn." dissi, mentre uscivo dal bagno.

 

Quando tornai a sedermi, trovai i caffè sul tavolo. Christopher interruppe il silenzio imbarazzante, quando si schiarì la gola tossendo.

"Immagino che tu sia stanca." disse. Alzai il viso per guardarlo negli occhi.

"Visto che casa nostra non è vicina, penso che dovremmo passare la notte in albergo." disse, per poi guardare il figlio. Forse in cerca di supporto.

"Anche perchè non c'è ancora un letto per te." disse Liam, sorridendo divertito. "Oh, scusate." disse alzandosi, quando gli squillò il telefono.

"Adesso?" chiese Christopher, rimproverandolo con lo sguardo. "E' Niall, si starà chiedendo dove sono finito." disse, allontanandosi.

Posai la tazzina, ormai vuota, sul tavolo. Incrociai le mani e le poggiai sulle gambe. Non avevo idea di cosa dire. Anche se la verità era che preferivo restare in silenzio.

"Ashley.." iniziò Christopher. "Voglio farti sapere che qui sei la benvenuta." disse. "Ho intenzione di fare qualsiasi cosa per farti sentire a tuo agio." continuò.

"Grazie." dissi, sforzando un sorriso. Anche se a parer mio non sarei mai riuscita a sentirmi a mio agio.

"So che hai frequentato un liceo artistico." disse sorridendo. "Ma purtroppo qua non c'è, ti ho iscritta alla scuola di Liam." aggiunse.

"Pensi che possa andare bene?" chiese speranzoso. "La scuola è l'ultimo dei miei problemi." ammisi, pentendomene subito dopo.

Christopher sembrò dispiaciuto da quella mia confessione. "Capisco che la tua vita è stata completamente sconvolta e sono sicuro che sarà difficile, ma col tempo le cose si sistemeranno." disse.

Lo guardai in silenzio. Poi mi accomodai meglio sulla sedia, avvicinandomi leggermente. "Non è stata una mia scelta quella di venire qui." dissi.

"Perciò, se per te sono un problema. Dillo ed io troverò un'altra sistemazione." continuai. Perchè nonostante quella fosse la mia famiglia, una parte di me desiderava segretamente che non mi volessero e che mi rimandassero in America.

Lui corrugò la fronte. "Non sei un problema." disse. "Sei mia figlia." aggiunse.

Sospirai e mi chiesi se sarei mai riuscita ad abituarmici.




 

Salve ragazze :)

Finalmente sono tutti in Inghilterra, tranne Zayn. E finalmente, c'è il primo incontro di Ashley con uno dei ragazzi.

Adesso iniziano i veri problemi, da adesso la storia prenderà veramente vita.

Purtroppo alcuni, spero pochi, capitoli saranno un po' di passaggio. Riguarderanno il suo arrivo e non so quanto belli potranno essere. Ma fidatevi, che il meglio deve sempre venire :)

Un bacio,

Michi x


Trailer della storia:  Just forget the world - Trailer

 

Se cliccate sulla porola chiave "maglioncini" vi si apre il link di Polyvore.

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Capitolo 10
*** She needs time. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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Voglio dedicare questo capitolo al mio amore grande.
Auguri Delia.

She needs time.

 

 

"When the night is coming down on you,
we will find a way through the dark."

 

Ashley

 

Mi affacciai al finestrino e trovai strano quel paesaggio privo di palme e spiagge. Per me era surreale dover indossare una sciarpa e degli indumenti che non fossero pantaloncini o magliette.

"Se fossi arrivata una settimana fa, avresti visto la neve." disse Liam, seduto di fronte a me.

Mi voltai verso i due sedili anteriori e "Davvero?" chiesi stupefatta.

Non avevo mai visto la neve in vita mia e avevo sempre sognato di poterci sprofondare dentro come una bambina piccola.

Christopher sorrise non appena vide il mio entusiasmo. In effetti, fino a quel momento, mi aveva vista solamente silenziosa e imbronciata.

"Non preoccuparti, nevicherà di nuovo." disse Liam, sorridendo.

Quella mattina eravamo partiti abbastanza presto dall'albergo in cui avevamo trascorso la notte. A colazione Christopher mi aveva raccontato di essersi risposato. Mi pare si chiamasse Lauren sua moglie. Aveva anche due figlie, Ruth e Nicola.

Non mi piaceva l'idea di dover vivere in una famiglia numerosa. Non ero abituata e non avevo intenzione di abituarmici.

In più, a quanto mi era stato detto, Christopher aveva detto di me a Lauren attraverso una telefonata. Quindi pensai che non sarei stata affatto la benvenuta come si era assicurato di farmi credere lui la sera prima.

Notai che le case di quella città erano caratterizzate, quasi tutte, da mattoncini rossi.

Lo era anche la casa davanti alla quale ci fermammo. Christopher parcheggiò la macchina e scese, dirigendosi verso il bagagliaio, per recuperare la mia valigia.

Liam si voltò verso i sedili posteriori, dov'ero seduta io.

"Nicola a volte è insopportabile, ma Ruth è simpatica." disse.

Non potei fare a meno di pensare che non mi interessasse. Non avevo intenzione di parlare con nessuna delle due. Così annuii disinteressata.

"Andiamo." disse poi, scendendo.

Sospirai e scesi anche io.

Seguii Liam e Christopher lungo il vialetto e restai indietro, aspettando che Christopher facesse scattare la serratura.

Quando la porta venne aperta, la visuale mi fu ostacolata da loro, ma dopo che furono entrati, riuscii a vedere la casa.

Rimasi sulla soglia, guardandomi intorno.

Una parte di me non voleva entrare. Era così diversa dalle case californiane. Era poco familiare. Era fredda. E non mi riferisco alla temperatura. Non mi sentivo al sicuro e non mi sentivo affatto a mio agio.

"Entra." disse Christopher, mentre si toglieva il cappotto.

Feci un passo in avanti, così da permettere a Liam di chiudere il portone.

"Benvenuta nella tua nuova casa." disse Christopher.

Forse notò il mio sguardo perso nel vuoto, forse si aspettava più entusiasmo. "Ti piacerà vivere qui." disse allora, cercando di convincere più se stesso che me.

Mi sfilai il cappotto e lo appesi, restando in religioso silenzio. Qualsiasi cosa mi venisse in mente da dire, era completamente sbagliata e inopportuna.

Sentii dei passi provenire dal corridoio ed altri dalle scale che conducevano al piano di sopra. In pochi secondi, le persone in quella stanza raddoppiarono.

Quella che doveva essere Lauren, prima di avvicinarsi a me, lanciò un'occhiata minacciosa a Christopher.

Era una bella donna, notai che era vestita molto bene. Intendo dire che era elegante, curata. I capelli biondi le ricadevano appena sulle spalle, aveva gli occhi chiari e le labbra sottili.

"Lauren." disse semplicemente, tendendomi la mano. Per quanto in quel momento desiderassi ignorarla, gliela strinsi.

"Benvenuta nella nostra famiglia." disse, sforzando poi un sorriso.

Quando calò il silenzio, una delle due ragazze alla mia destra, si avvicinò.

"Piacere, io sono Ruth." disse, sfoggiando un sorriso contagioso.

"Ashley." risposi.

"Nicola." disse l'altra, restando ferma al suo posto.

Entrambe erano bionde come la madre e notai anche un'evidente somiglianza tra le tre.

Nicola però era più alta della sorella, aveva i lineamenti del viso più marcati e capelli più corti. Ruth aveva un viso più tondeggiato, più dolce. I capelli lunghi, acconciati in una treccia e un'aria decisamente solare.

"Christopher, posso parlarti?" chiese Lauren, guardandolo.

Lui annuì e poi mi guardò.

"Sistemati pure, Ashley. Loro ti mostreranno la tua stanza." disse sorridente.

Annuii per poi vederlo dirigersi verso quella che doveva essere la cucina.

"Seguimi." disse Ruth, iniziando a salire le scale.

 

Dicendomi che potevo fare con calma, mi lasciarono da sola in camera di Liam.

Chiusi la porta alle mie spalle e mi guardai intorno. Era più grande della camera che avevo in California.

Di fronte a me c'era una grande finestra e notai con piacere che c'era anche un balcone. Ai lati di questa, c'erano due letti.

Alla mia destra, c'era un armadio. Alla mia sinistra una scrivania. Le pareti erano decorate da poster e fotografie, in più erano presenti alcune mensole colme di libri e soprammobili.

Cercai di trascinare la valigia fino a quello che sembrava essere il mio letto e la posai sopra. Quando l'aprii mi chiesi dove avrei messo i miei vestiti.

Poi qualcuno bussò e mi sembrò assurdo che io dovessi dare il permesso a Liam per entrare nella sua stanza.

"Vieni." dissi perplessa.

"Ciao." disse, nonostante non mi vedesse da cinque minuti. Lo guardai, in attesa di sentire cosa avesse da dirmi.

"Volevo chiederti, sempre se ti va.." iniziò.

"Sto per andare in un posto con alcuni amici.. vuoi venire?" chiese titubante.

"No, penso che resterò qui." risposi immediatamente, credendo che non fosse affatto una buona idea.

"Certo." disse ridendo imbarazzato, per poi abbassare il viso.

"Hai bisogno di tempo per ambientarti, lo dovevo immaginare." disse. Assottigliai le labbra ed annuii.

"Va bene, allora ci vediamo più tardi." disse.

Lo guardai mentre si dirigeva fuori, ma poi si voltò di nuovo.

"Ruth ti ha fatto spazio nel mio armadio, puoi mettere lì i tuoi vestiti." disse.

"Grazie." dissi, prima che lui mi sorridesse ed uscisse.

Sospirai ed iniziai a credere che non sarei sopravvissuta a quei momenti decisamente troppo imbarazzanti. Cercai di non pensarci e cominciai a sistemare le miei cose.

Misi l'unica foto che avevo con mia madre, sotto il cuscino. Era quella che Judy mi aveva dato prima che partissi.

Dopo aver svuotato la valigia, la riposi sotto il letto. Mi sedetti su di esso e restai li, più o meno, tutto il pomeriggio.

 

Harry

 

Ero a casa di Sophie a fare ripetizioni di matematica, quando mi arrivò un messaggio da Liam.

 

Ragazzi, ho bisogno di vedervi al Rammer Jammer. Adesso.

- Liam.

 

Così mi ero precipitato lì, credendo che volesse dirci qualcosa di importante, ma non qualcosa di tanto sconvolgente.

"Quindi.. hai una sorella." dissi, traendo le conclusioni del suo racconto.

"Esattamente." disse Liam.

"Ma ieri non ce l'avevi, giusto?" chiese Niall, confuso.

"No." disse.

"Ce l'ho da ieri sera." aggiunse.

Quella conversazione mi divertì, ma sapevo che c'era poco da ridere.

Sebbene lui l'avesse presa così bene, sapevo che non era affatto una situazione facile.

Liam mi spiegò che il motivo per cui avevo visto suo padre impallidire al telefono, non era a causa del lavoro, ma quella mattina, attraverso una chiamata, gli avevano comunicato di avere una figlia.

"Perlomeno ti ha finalmente parlato di tua madre." dissi.

Liam annuì poco convinto.

In effetti aver scoperto di essere stato praticamente abbandonato dalla madre, non doveva essere stato facile per lui.

"Se la verità fosse stata una passeggiata, probabilmente te l'avrebbe detta da tempo." dissi.

"Hai ragione." disse Liam.

"Adesso?" chiese Niall.

"Adesso devo cercare di farla ambientare il più possibile." disse, per poi sospirare.

"È di poche parole, ma si vede che non è per niente felice di essere qui." aggiunse.

"È comprensibile. Come ti sentiresti se all'improvviso fossi obbligato a trasferirti dall'altra parte del mondo?" chiese Niall.

"Lo so.." disse Liam malinconico.

"Vorrei aiutarla in qualche modo, ma non ho idea di come fare." spiegò.

"Per adesso cerca solo di metterla a suo agio." gli consigliò Niall.

"Probabilmente ha solo bisogno di tempo." suggerii io e lui annuì.

Conoscevo Liam da quando eravamo piccoli.

Sapevo perché aveva preso così bene la notizia. Un altro, al posto suo, sarebbe sconvolto. Lui era felice e non vedeva l'ora che la nuova sorella si ambientasse.

Questo perché aveva sempre sofferto il fatto di non avere una vera famiglia. Aveva il sogno di avere due genitori, magari un paio di fratelli. Ma il destino aveva progettato una vita diversa per lui.

Continuava a ripetermi che era affezionato a Lauren, Ruth e Nicola, ma che non riusciva a vederle come una madre e delle sorelle.

Tutta la sua famiglia era composta solo da suo padre. Adesso era entusiasta di aver scoperto di avere una sorella.

Anche se la ragazza non sembrava condividere le sue stesse idee.

"La faremo innamorare di Wolverhampton." dissi sorridente, dandogli una pacca sulla spalla.

Lui ricambiò il mio sorriso.

 

Liam

 

Tornai a casa per l'ora di cena. Ero impaziente di rivederla. Mi chiesi se si era un po' tranquillizzata.

Speravo che avesse fatto amicizia con Ruth, che magari avesse scambiato due chiacchiere con Lauren.

Entrai velocemente in casa, immaginando che li avrei trovati tutti attorno al tavolo. Ma quando entrai in cucina, il suo posto era vuoto.

"Dov'è Ashley?" chiesi, corrugando la fronte.

"In camera tua." rispose Lauren acidamente.

Mio padre mi guardò con aria malinconica. "È stata lì per tutto il pomeriggio ed ha declinato l'invito a cena." mi spiegò poi.

Ci rimasi male, speravo che avrebbe reso le cose più facili. Anche se aveva tutte le ragioni del mondo per non farlo.

"Le ho detto di dormire nel tuo letto, quello che era in garage è troppo scomodo." disse mio padre.

"Domani ne prendiamo un altro, per stasera dormici tu." aggiunse.

"Certo, non è un problema." dissi.

"Vuoi che vada a chiamarla?" chiesi poi.

"No, credo che peggioreresti solo la situazione." risposte mio padre.

Così annuii e mi sedetti.

 

Bussai alla porta di camera, ma quando non ottenni nessuna risposta, decisi di entrare.

La flebile luce proveniente dal corridoio le illuminò il viso. Stava dormendo.

Entrai, cercando di fare il meno rumore possibile e raggiunsi la branda in cui avrei dormito quella notte e mi stesi.

Quando portai il braccio sotto il cuscino, per posizionarmi meglio, sentii qualcosa. Mi misi a sedere e lo alzai.

Recuperai il cellulare ed illuminai il materasso. Rimasi sorpreso quando vidi una piccola foto e la presi tra le mani.

Erano mia madre e mia sorella.

Era la seconda foto che vedevo di mia madre. In questa era molto più grande rispetto a quella che aveva con mio padre.

Era a sedere su un letto di ospedale, probabilmente aveva da poco dato alla luce Ashley. La teneva in braccio, avvolta in un lenzuolo rosa. Sorrideva. Era bellissima.

La riposi sul comodino e mi misi a dormire.

 

Quando quella mattina mi svegliai, non realizzai immediatamente la mia nuova situazione familiare.

Perciò mi rigirai tranquillamente tra le coperte, intento a riposarmi altri cinque minuti, quando vidi un letto di fronte al mio.

Alzai immediatamente il busto e dopo aver guardato meglio, lo trovai vuoto.

Pensai che probabilmente fosse scesa a fare colazione e mi stirai, intenzionato a svegliarmi del tutto.

Mi voltai verso il mio comodino e presi il telefono, sotto ad esso c'era la foto che avevo trovato sotto il cuscino la sera prima.

Adesso, con la luce del primo sole, riuscii a vederla un po' meglio.

La presi tra le mani e la guardai.

Stavo per perdermi nei miei pensieri, quando la porta finestra di camera mia si aprì dall'esterno, spaventandomi.

Non mi aspettavo che Ashley fosse fuori. Quando entrò, stretta nel suo pigiama, mi guardò.

Non appena si accorse di cosa avevo fra le mani, corrugò la fronte.

"Dove l'hai trovata?" chiese seccata, indicandola.

Forse era la seconda volta che parlava con me, se non consideriamo le risposte di cortesia. E devo dire che non si presentava come una conversazione gradevole.

"Sotto il tuo cuscino." le risposi.

Non pensavo che si sarebbe arrabbiata. Dopo tutto, non ero stato io a frugare tra le sue cose, era stata lei a dimenticarla.

"Devi avercela messa prima che ci scambiassimo i letti." le spiegai.

Mi guardò poco convinta, poi si avvicinò e me la tolse di mano. Dopo averla riposta sotto il nuovo cuscino, si avvicinò alla porta.

"Non toccare le mie cose." disse severamente, prima di uscire.

Rimasi immobile, cercando di capire dove avessi sbagliato. Chiedendomi perchè l'avesse presa tanto male.

Se il buongiorno si vede dal mattino, supposi che non sarebbe stata una bella giornata.



 

Salve a tutte,

scusate il ritardo. Io cerco di aggiornare il prima possibile, ma dipende anche da voi. Perchè io aggiorno soprattutto in base al numero di recensioni.

Penserete che sia una cosa superficiale, ma se vedo che la storia è poco seguita, che senso ha continuarla? E mi dispiace che questa storia, almeno per ora, non abbia avuto il successo di Starlight.

Ma grazie a chi recensisce sempre, siete degli amori.

Ashley fa fatica ad accettare la situazione, anche se il fratello freme dalla voglia che lei si ambienti.

Vedremo se riuscirà a farle cambiare idea.

Un bacio,

Michi x

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Windproof lighter. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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Windproof lighter.

 

 

"I wish you were here with me.
'Cause right now, everything is new to me."

 

Zayn

 

Erano circa le quattro del pomeriggio e un conto approssimato mi permise di stabilire che in Inghilterra fossero le prime ore della mattina.

Non sentivo Ashley dal giorno prima e per quanto desiderassi chiamarla o scriverle, non lo feci.

Sperai che fosse troppo impegnata con la sua nuova famiglia per pensare a me. Se l'avessi chiamata, le avrei fatto sentire la nostalgia a cui magari non stava pensando.

Quando arrivai alla tredicesima strada, scesi di macchina. Ero esattamente dove Ashley aveva detto che sarei dovuto andare. Entrai nel locale, il Chicago.

Mi guardai intorno. Avevo idea di trovarlo e andarmene. Non avevo la minima intenzione di fermarmi per due chiacchiere o per una birra.

"Zayn Malik." sentii dire alle mie spalle. Quando mi voltai, Josh mi guardava quasi divertito.

"È un piacere vederti." continuò.

"Sono qui per darti i soldi." dissi, desiderando di poter concludere la faccenda velocemente.

"E io sono qui per prenderli." disse, sorridendomi divertito.

Così sfilai la busta dalla tasca e gliela tesi. Lui la prese e controllò che i soldi ci fossero tutti. Poi mi guardò.

"Ringrazia la tua amica." disse.

"Lo farò." dissi, prima di voltarmi e dirigermi verso l'uscita.

"Zayn?" mi richiamò. Ma quando mi voltai, non aspettai che fosse lui a parlare.

"Io me ne tiro fuori." dissi, per poi uscire velocemente, sapendo di aver mantenuto la promessa fatta ad Ashley.

Il telefono vibrò nella tasca posteriore dei miei jeans.

 

Ricordati che oggi devi riprenderti la tua vita.
Ash x

 

Sorrisi.

Per tutto il giorno avevo segretamente desiderato che mi scrivesse.

 

Me la sono appena ripresa.
Solo grazie a te.
- Zayn

 

Lo inviai, chiedendomi come sarei riuscito a ripagarla per quello che aveva fatto per me.

 

Sono fiera di te.
Ash x

 

Lessi il suo messaggio. Era incredibile. Elogiava me, pur sapendo che senza il suo aiuto non ci sarei riuscito, sapendo perfettamente di avere tutto il merito.

 

E io di te.
- Zayn

 

Le scrissi, riferendomi al fatto che fosse dove doveva essere, nonostante fosse difficile.

 

Ashley

 

Scesi al piano di sotto pur sapendo che me ne sarei pentita.

Non avevo la minima voglia di vedere Christopher e la sua nuova moglie fingere di essere interessati a me. Ma dopo tutto, meglio con loro, che al piano di sopra con Liam.

Se c'era una cosa che non doveva fare, era mettere le mani nelle mie cose. Era vero, ero stata io a lasciare la foto sotto il cuscino. Ma lui avrebbe dovuto restituirmela subito.

Una volta in cucina, trovai Lauren.

"Buongiorno." dissi, soltanto per educazione.

"Buongiorno, Ashley." disse, mantenendo un tono di voce formale. Era questa l'impressione che mi dava. La vedevo rigida, un po' costruita. Poco amichevole.

Da una parte era meglio così. Non l'avrei sopportata se fosse stata troppo espansiva ed esuberante.

"Fai colazione con noi? Tra poco scenderanno anche gli altri." disse. Mi voltai verso la tavola, apparecchiata con estrema cura e precisione.

Non ero solita fare la colazione. Solitamente bevevo velocemente una tazza di latte, con molto cacao e non mangiavo niente.

Ma a volte capitava che ci svegliavamo presto. Allora Brandon andava a comprare i cornetti, Rachel apparecchiava e facevamo colazione in famiglia.

"Ashley?" mi richiamò Lauren.

Mi resi conto che mi ero persa nei ricordi. Ricordi che avrei dovuto rinchiudere in angolo della mia mente.

"No, non ho molta fame." dissi. "Penso che prenderò solo un caffè." aggiunsi, giusto per evitare svenimenti, dato che non mangiavo quasi da un giorno e mezzo.

Forse a causa dell'ansia, forse perché avevo cose più importanti a cui pensare, ma la fame era l'ultima cosa che avvertivo.

Lo bevvi velocemente, prima che il resto della famiglia arrivvasse e tornai in camera.

 

Liam era già sceso, qundi trovai la stanza vuota. Lui e Ruth sarebbero andati a scuola quella mattina, mentre Nicola, a quanto avevo capito, sarebbe andata a lavoro.

Io probabilmente avrei trascorso la giornata seduta sul letto a fissare il muro di fronte, esattamente come lo scorso pomeriggio.

Qualcuno bussò alla porta. "Avanti." dissi, prima che la faccia di Christopher si affacciasse nella stanza.

"Buongiorno, Ashley." disse entrando.

"Buongiorno." risposi.

"Ha detto Lauren che hai bevuto solo un caffè, sicura di non voler mangiare qualcosa?" chiese.

Annuii. Lui sospirò, evitando perlomeno di insistere.

"Io vado a lavoro." disse poi.

"Se hai bisogno di qualcosa, c'è Lauren in casa." aggiunse.

"Va bene." dissi.

Mi guardò in silenzio, poi uscì.

 

Harry

 

"Mi sembra una stronza." commentò Sophie, facendomi ridere.

Liam la fulminò con lo sguardo.

"Non puoi negarlo." dissi divertito.

Era ora di pranzo, ci eravamo riuniti in mensa per pranzare e per scambiare due chiacchiere. Liam ci aveva raccontato il suo risveglio e la bella conversazione avuta con la sorella.

"Siete insensibili. Lei.." iniziò, prima di essere interrotto.

"Potrebbe almeno fingere di essere gentile." disse Sophie.

"Si, ma lei.." cercò di continuare.

"Dovrebbe portarti rispetto." disse Niall.

"Ma voi non capite, Ashley.." iniziò di nuovo.

"Parla poco, ma quando apre bocca.." iniziai, lasciando la frase a mezz'aria, ridendo divertito. Liam sbuffò.

"Le passerà." disse Sophie sorridente, cercando di consolarlo.

"Quando?" chiese Liam, seccato.

"Amico, è qui da.. quanto? Neanche due giorni." disse Niall.

Se Liam aveva un difetto, non era certo quello della pazienza. Era il ragazzo più paziente che conoscessi.

Ma adesso non poteva aspettare, aveva finalmente la sorella che aveva sempre desiderato e non poteva accettare il fatto che lei lo rifiutasse.

D'altra parte potevo capire anche lei. Dopo tutto, aveva subito dei cambiamenti notevoli, la sua vita era stata stravolta.

"Lascia che si ambienti." continuò il biondo. Liam distolse lo sguardo, stufo di sentirsi dire sempre le stesse cose.

"Domani verrà a scuola?" chiesi, cambiando discorso. Lui annuì.

"Ce la presenterai?" chiesi con un sorriso malizioso stampato sul volto.

Non avevo intenzione di provarci con lei, ma Liam sapeva che ne sarei stato capace. Per questo mi fulminò con lo sguardo.

"Non pensarci nemmeno, è mia sorella!" disse.

Sorrisi nel vederlo così protettivo nei suoi confronti, nonostante avesse scoperto che fosse sua sorella da soli due giorni e nonostante lei non sembrasse ricambiare il sentimento.

"Volevo solo conoscerla." dissi divertito, alzando le mani in segno di resa.

"Sono sicura che Harry saprebbe come metterla a suo agio." commentò Sophie.

La guardai divertito, mentre Liam assottigliava lo sguardo, sempre più minaccioso.

"Rilassati Payne, sta scherzando." dissi ridendo.

"Attento a te, Styles." disse, puntandomi un dito contro.

Poi sorrise, lasciandosi contagiare da noi.

In realtà volevo conoscerla davvero. Ero curioso di vederla. Liam diceva che somigliava molto a suo padre.

Nonostante abitassi nella casa a fianco, non l'avevo ancora vista. Probabilmente Liam non scherzava quando diceva che aveva trascorso tutto il giorno chiusa in camera.

"Volevo solo farla ambientare." lo stuzzicai divertito.

Dovetti abbassarmi quando afferrò le cuffiette del cellulare di Niall e me le tirò contro.

Risi, mentre il biondo protestava seccato.

 

Ashley

 

Guardai l'orologio e constatai che erano le due del pomeriggio.

Avevo passato tutta la mattinata chiusa tra quelle quattro mura, adesso ero stufa. Ero ancora in pigiama, così decisi di vestirmi.

Quando aprii l'armadio e vidi maglioni su maglioni, mi sentii avvampare. Ma poi pensai che una volta fuori, non sarei più stata avvolta dal tempore della casa, così ne scelsi uno grigio.

Uscii dalla stanza, cercando di fare poco rumore e scesi le scale.

Lauren doveva essere in cucina, sentivo il volume del televisore acceso.

Presi il mio cappotto e lo indossai, dopo di che, sempre cercando di non farmi sentire, uscii dal portone.

Non avevo voglia di chiederle il permesso per uscire. Non volevo sentirmi dire che non conoscevo il posto e che potevo perdermi. Volevo evitare che mi chiedesse di poter venire con me. L'unica cosa che desideravo, era stare da sola.

Il freddo congelò quasi subito le mie guance. Non ero abituata a quel clima.

Era la prima volta che mi addentravo tra le strade di Wolverhampton. Quando la mattina prima ero arrivata, ero entrata in casa e da lì non ero più uscita.

Mi era sembrato un posto deserto, niente a che fare con le spiagge affollate della California. Ed era freddo. Non intendo solo come temperatura, ma le abitazioni, gli edifici, le strade, erano.. distaccati, tristi.

Quando iniziai a vedere qualche bar e qualche negozio, capii di essere arrivata nel centro della città. Più mi addentravo, più le persone aumentavano. Forse non era poi così deserto.

Cercai un bar dover poter pranzare, la fame iniziava a farsi sentire. Ne scelsi uno a caso ed entrai.

Tolsi il cappotto non appena fui piacevolmente avvolta dal calore del locale.

 

C'erano molte persone, quasi troppe. L'idea di andarmene mi passò per la mente, ma poi pensai che se in tanti si trovavano proprio lì, si doveva mangiare bene.

Così adocchiai quello che sembrava essere l'unico tavolo ancora libero e mi sedetti. Nonostante la confusione, dopo poco una ragazza venne a prendere la mia ordinazione.

Presi il telefono ed inviai un messaggio a Zayn.

Cercavo di non pensarci, ma provavo una terribile mancanza. Mi sentivo come se una parte di me fosse dall'altra parte del mondo. Ma scrivergli mi faceva stare meglio.

Sorrisi allo schermo del telefono quando lessi la sua risposta.

Qualcuno di molto vicino a me, sospirò rumorosamente, tanto da attirare la mia attenzione.

Un ragazzo era in piedi vicino al mio tavolo e si guardava intorno. Ma non gli diedi troppo peso e risposi a Zayn.

Adesso stava sbuffando, non sapendo che la mia soglia di sopportazione era al limite da giorni ormai. Qualsiasi cosa mi infastidiva. Stavo diventato nevrotica, ne ero cosciente.

Finsi una tosse quando tutto quello sbuffare mi seccò del tutto. Lui si voltò e mi guardò per qualche secondo, prima di avvicinarsi.

Non era molto alto, però aveva le spalle larghe e tutto sommato, un bel fisico. I capelli corti e disordinati di un castano dorato. Aveva un profilo delicato, quasi femminile. Ma caratterizzato da zigomi marcati. Sul mento un accenno di barba.

Lo guardai negli occhi, erano azzurri e sottili.

"Ciao, scusa il disturbo. Avrei una cortesia da chiederti." disse gentilmente.

Lo guardai infastidita, aspettando che continuasse a parlare.

"I tavoli sono tutti occupati e visto che tu sei da sola, mi chiedevo se potessi sedermi con te." disse, sfoggiando un sorriso smagliante.

Lo guardai perplessa. Credeva di aver a che fare con una stupida?

"Tu e le tue pessime tecniche di abbordaggio potete andare in un altro bar." dissi acidamente, sperando che si levasse di torno.

Lui rise di gusto.

"Non stavo affatto cercando di abbordarti." disse poi, sulla difensiva.

Sollevai le sopracciglia divertita.

"Allora per te non sarà un problema andare da un'altra parte." dissi.

Poggiò una mano sulla sedia di fronte alla mia e l'altra sul fianco.

"E qui ti sbagli. Il Rammer Jammer è il mio bar preferito e se proprio vuoi saperlo, sei seduta al mio tavolo." disse, lo sbruffone.

"Oh perdonami, avrei dovuto immaginarlo." dissi, prendendomi gioco di lui.

Rimase fermo immobile a guardarmi, senza accennare ad andarsene.

Sospirai. Non avevo le forze per mettermi a battibeccare con un tale testardo.

"Se apri bocca ti sbatto fuori." dissi.

Lui sorrise e si sedette.

La mia ordinazione arrivò e la cameriera prese anche quella del ragazzo adesso seduto di fronte a me.

Mangiammo in silenzio, senza mai rivolgerci parola. Pagammo il conto, ovviamente separato, e poi restammo a sedere.

Lui si guardò intorno per tutto il tempo, io messaggiai con Zayn.

All'improvviso avvertii la voglia di fumare. Cosa che non succedeva dal giorno in cui era accaduto tutto. Da quel momento, ogni bene primario, era diventato secondario.

Ma piano, piano, come la fame, era tornata anche la voglia di fumare. Così presi il pacchetto di sigarette dalla borsa e ne estrassi una.

"Cosa diavolo fai?" chiese il ragazzo di fronte a me, sconcertato.

Lo guardai perplessa.

"Credo di aver detto che non dovevi aprire bocca." dissi.

"Beh ma tu hai aperto un pacchetto di sigarette." controbatté.

Corrugai la fronte.

"E quindi?" chiesi confusa.

"Siamo in locale, sai leggere?" chiese, indicando qualcosa alle mie spalle.

Mi voltai e bianco su rosso, c'era scritto vietato fumare.

Sospirai seccata.

Conoscevo le regole civili, semplicemente a Long Beach non ero solita seguirle. Lì ognuno faceva quello che voleva. Nessuno ti vietava di fare niente.

"Vieni, ti porto io in un posto dove puoi fumare." disse, alzandosi.

Mi alzai anche io, per niente intenzionata ad andare con lui. Misi il cappotto e lo seguii per il semplice fatto che l'uscita era solo una. Una volta fuori, accese una sigaretta.

"Ma non mi dire, posso fumare all'aperto?" chiesi sarcastica.

"Non è fantastico?" chiese, prima di aspirare.

Recuperai l'accendino e cercai di accendere la mia sigaretta. Ma si era alzato il vento e continuava a spegnarmi la fiamma.

Quasi mi spaventai quando mi ritrovai davanti un accendino verde fluorescente.

"Se vuoi accendere una sigaretta a Wolverhampton, devi avere l'accendino antivento." disse, accendendomela. Aspirai e schiusi la bocca per lasciare andare il fumo.

"Non sei di qua, vero?" chiese.

Lo guardai. Dalla sua espressione capii che era divertito dal mio comportamento.

"Va bene, non rispondermi." disse.

"Tanto lo so che sei Americana." aggiunse poi, prima di aspirare con nonchalance.

Lo guardai sopresa e lui rise.

"L'ho capito dal tuo accento." mi spiegò poi.

Giusto, l'accento. E io che avevo già iniziato a pensare che mi avesse spiata o seguita.

"E sai cos'altro capisco?" chiese.

Lo guardai.

Lui non rispose subito, mi guardò negli occhi per un po'. Mi sentii denudata. Non guardavo veramente una persona negli occhi da quando avevo salutato Zayn all'aeroporto.

"Che non hai nessuna voglia di stare qua." concluse poi.

Lo guardai in silenzio, lui mi sorrise.

Poi fece qualche passo e una volta vicino al lampione, ci spense la sigaretta.

"Ci vediamo, Ashley." disse, lasciandomi totalmente disorientata.

 

 

Salve ragazze :)

Finalmente Ashley ha messo il naso fuori di casa ed ha incontrato un ragazzo, non so se dalla descrizione avete intuito chi sia, ma credo che sia piuttosto palese.

In ogni caso, lei rimane sbigottita, perchè ancora non lo aveva mai incontrato, perciò non si spiega come lui faccia a sapere il suo nome.

Ma capirete tutto con il tempo, ormai questa frase è d'obbligo in questa Fan Fiction ahahaha.

Grazie mille a tutte voi, sono felice che la storia vi piaccia, grazie anche per le recensioni che avete lasciato nello scorso capitolo, spero che questo ne riceverà altrettante :)

Un bacio,

Michi x




 


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Capitolo 12
*** Meet in the street. ***


 

'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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Meet in the street.

 

 

"And my armor, is made of steel,
you can't get in."

 

Liam

 

Quando finimmo di mangiare, io, Niall ed Harry ci sedemmo sul divano, pronti ad accendere la tv.

Mi ero fermato a pranzo dal biondo, dato che mi sembrava inutile tornare a casa per mangiare con Ashley e il resto della famiglia, sapendo che tanto lei sarebbe rimasta chiusa in camera.

Non appena sintonizzai il televisore su un canale interessante, mi squillò il cellulare e quando ascoltai le parole di mio padre, rimasi basito. Diceva che Ashley era sparita, che in casa non c'era e Lauren non l'aveva sentita uscire.

"Vuoi che ti accompagniamo?" chiese Niall, mentre indossavo velocemente il cappotto.

"Ehm?" chiesi distratto. Neanche lo ascoltavo, ero troppo agitato. Avevo paura che se ne fosse andata. Mi passarono le peggior ipotesi per la mente. Pensai che fosse scappata, magari era già diretta all'aeroporto.

"Ti ho chiesto se vuoi che veniamo con te." disse di nuovo. "No." risposi, prima di aprire il portone di casa sua ed uscire.

Sapevo che non avrebbero giudicato il mio comportamento, loro mi avrebbero capito. Sapevano quanto la questione mi stesse a cuore, quanto desiderassi che lei non se ne fosse andata.

 

"Papà?" lo chiamai, una volta in casa. Nessuno mi rispose, così raggiunsi la cugina e lo trovai lì, con Ruth e Lauren.

"Ancora niente?" chiesi speranzoso. Lui scosse la testa. "Ho provato a chiamarla, non risponde." disse.

"Come hai fatto a non accorgerti che usciva?" chiesi a Lauren, con rabbia. "E' brava, sa come non farsi sentire." rispose, dando la colpa a lei.

"Ma tu dovevi tenerla d'occhio." l'accusai. "Liam, cambia tono." mi riprese mio padre, difendendola.

"E se se ne fosse andata?" chiesi, quasi con disperazione. Abbassò lo sguardo. "Io vado a cercarla." annunciai, uscendo velocemente dalla stanza.

"Liam, aspetta." mi richiamò mio padre.

Lo ignorai e mi avvicinai alla porta. Questa si aprì improvvisamente, permettendomi di vedere il viso arrossato dal freddo di Ashley. Chiusi gli occhi e sospirai sollevato.

"Liam?" chiese mio padre, mentre mi raggiungeva. "Ashley." disse poi sorpreso, appena la vide.

"Ciao." rispose lei tranquillamente, togliendosi il cappotto. "Salgo al piano di sopra." aggiunse con tono pacato, per poi avviarsi verso le scale.

"Aspetta." dissi. Lei si voltò seccata. "Eravamo preoccupati, avresti dovuto dire che uscivi." dissi con cautela, sperando che non si arrabbiasse. Lo so, ero ridicolo. Ma non potevo permettermi di fare falsi passi e rischiare di farmi odiare da lei.

"Non volevo disturbare Lauren." disse. Non era per niente credibile, ma feci finta che lo fosse.

"Non l'avresti disturbata, la prossima volta ti prego di dirglielo." disse mio padre, il quale si era preso un bello spavento. Lei annuì poco interessata alle nostre parole e salì le scale.

Guardai mio padre, il quale sospirò. "Cosa devo fare?" chiese, dispiaciuto dal suo comportamento. Poggiai una mano sulla sua spalla e gli feci un sorriso di incoraggiamento.

"Stai andando bene, tranquillo." dissi, sperando di sollevargli l'umore. Ma lui abbassò la testa e tornò in cucina.

 

Ashley

 

La sveglia di Liam trillò fastidiosamente nella stanza. La spense dopo qualche secondo. Io mi rigirai nel letto, nascondendo il viso sotto il cuscino.

Sentii le sue coperte muoversi e i suoi passi dirigersi verso la finestra. Un minuto dopo, la luce invase tutta la stanza, costringendomi a rintanarmi ancora di più sotto le coperte. Liam sbadigliò ed uscì dalla camera.

Perlomeno non mi aveva tirata giù dal letto. Non avevo nessuna voglia di andare a scuola.

Quando il giorno prima, Christopher, mi aveva dato i libri di scuola, mi ero sentita male. Erano molto di più rispetto a quelli che avevo a Long Beach e non trattavano affatto argomenti come le tecniche di disegno o l'arte contemporanea.

Ma una cosa non era cambiata, la mia voglia di studiare. Perciò pensai che i numerosi libri, non fossero un problema. Tanto non li avrei mai aperti.

Dei passi, probabilmente quelli di Liam, raggiunsero nuovamente la stanza. "Ashley?" mi chiamò a bassa voce. Io lo ignorai, fingendo di dormire. Non avevo voglia di parlargli di pomeriggio, figuriamoci di mattina appena sveglia.

Si avvicinò al mio letto e io sperai per lui che non si azzardasse a toccarmi o a togliermi le coperte di dosso.

"Ashley, dobbiamo andare a scuola." sussurrò con tono pacato. "Vestiti, ti aspetto al piano di sotto." continuò.

Quando la porta si chiuse, decisi di alzarmi.

Una volta lontana dal calore delle coperte, il mio corpo venne scosso dai brividi, così corsi a vestirmi.

Raggiunsi il bagno, sperando che non ci fosse nessun altro ed entrai. Lavai il viso e i denti, per poi sistemare i capelli.

Mi guardai meglio e notai delle profonde occhiaie. Ero abituata a dormire molto e nelle ultime tre notti, non ero riuscita a chiudere occhio fino alle quattro inoltrate. Non riuscivo a dormire, troppi, davvero troppi pensieri mi frullavano nella mente.

Decisi di truccarmi, perlomeno avrei evitato di spaventare qualcuno.

Quando scesi al piano di sotto, c'erano soltanto Liam e Christopher. "Buongiorno." disse quest'ultimo, sorridendomi. "Giorno." risposi, con meno entusiasmo.

"Dov'è la scuola?" chiesi. "Qua vicino, andiamo con la mia macchina." rispose Liam, prima di bere un sorso dalla sua tazza colma di latte.

"Veramente avevo intenzione di andare a piedi." dissi, desiderando con tutta me stessa di non dover stare rinchiusa in una macchina con Liam e i suoi tentativi di persuasione.

"Fa freddo e poi non sai dov'è." disse Liam. "Non preoccuparti, ti accompagno io." insistette. Non rendermi le cose difficili, Liam.

"Ho bisogno di svegliarmi e di fare una camminata." dissi, usando il tono meno acido che riuscivo a fare. "Se mi spieghi dov'è la raggiungo a piedi." continuai.

I due mi guardarono perplessi. "Non c'è nessun problema, andiamo a piedi." disse Liam.

Lo guardai incredula. Possibile che non capisse? Io andavo a piedi, non noi.

Christopher notò la mia espressione e sospirò, avvicinandosi a me.

"Prosegui a destra fino all'incrocio, poi svolti di nuovo a destra e.." iniziò, spiegandomi la strada. Il figlio lo guardò confuso, io grata.

Dato che non era poi tanto vicina, mi avviai all'uscita, indossai il cappotto, le cuffie alle orecchie, ed uscii.

 

Riuscii a non perdermi e dieci minuti dopo, riconobbi quella che adesso era la mia nuova scuola.

Il cortile era colmo di studenti, forse sarei riuscita ad evitare Liam. Sicuramente avrebbe fatto di tutto per tenermi d'occhio il primo giorno di scuola.

Non mi piaceva essere al centro dell'attenzione, non avevo bisogno che qualcuno si preoccupasse per me. Me la cavavo benissimo da sola.

Osservai ciò che mi circondava da sotto la sciarpa, con la mente sepolta tra le parole di Be The One.

Ovunque guardassi, vedevo persone sorridenti, amici che si davano il buongiorno, ragazzi che scherzavano insieme.

Pensai a tutte le mattine passate ad aspettare Zayn davanti scuola. Entravamo in ritardo e rifilavamo a Judy le solite scuse.

Mi chiesi come sarei riuscita ad affrontare le ore di scuola senza le lezioni della signorina Martin. Le uniche a cui prestavo realmente attenzione.

E come avrei superato le altre, senza Zayn che mi impediva di dormire o che si addormentava insieme a me?

Quando la campanella suonò, mi chiesi se davvero avesse avuto senso entrare in quella scuola.

Non avrei fatto altro che ritirare i miei orari e cambiare sedia ogni ora, restando impassibile ad ogni lezione.

Ma non avevo scelta, così entrai.

 

Ci misi poco a trovare la segreteria. Quella piccola scuola inglese, era la metà del mio liceo.

Prima di tutto, dovevo cercare il mio armadietto e lasciarci tutti quei libri.

Avevo il viso affondato in esso, alla ricerca del libro di storia, perchè non ero stata abbastanza furba da tenerlo in mano, dato che era la prima lezione della mattina. Quando, all'improvviso, una risata mi fece voltare.

Davanti a me, con le labbra fine aperte in un sorriso, c’era il ragazzo che il giorno prima aveva pranzato al mio tavolo.

Lo guardai perplessa, chiedendomi per quale motivo mi stesse fissando sorridente. Quando la cosa si fece iquentante, decisi di parlare.

“Puoi smetterla di guardarmi?” chiesi acidamente.

Lui si lasciò andare in una risata genuina, la quale non mi contagiò affatto.

“Ti infastidisce?” mi chiese.

Mi voltai, tornando alla ricerca del mio libro. “Molto.” ammisi poi.

“Ti ho riconosciuta e ho pensato che, anche se sembri molto indisponente, avremmo potuto scambiare due chiacchiere.” disse alle mie spalle.

Entrassi il libro di storia e chiusi violentemente l’armadietto, per poi voltarmi. “Come ti permetti?” chiesi alterata, rifiutandomi di essere giudicata da uno sconosciuto.

Anche se a dir la verità, non mi piaceva essere giudicata in generale, da nessuno.

Lui sorrise. “Evidentemente ho pensato male.” disse poi, divertito.

Incrociai le braccia al petto, in attesa di vederlo sparire dalla mia visuale. Lui si portò due dita alla fronte, in segno di saluto ed iniziò a camminare.

“Ehi, aspetta.” lo chiamai, raggiungendolo. Lui si voltò confuso.

“Come fai a sapere il mio nome?” chiesi.

Ricordai improvvisamente che, il giorno prima, mi aveva salutata chiamandomi per nome ed io ero sicura di non averglielo detto.

“Non preoccuparti, non sono uno stalker.” disse ridendo. “Come fai a saperlo?” insistetti, per niente divertita.

Lui indicò la mia borsa. “E’ scritto lì.” disse.

Abbassai lo sguardo e solo in quel momento ricordai che sulla mia borsa, era cucito il mio nome.

Era stata un regalo di Rachel. E a pensarci bene, avrei dovuto scegliere un’altra borsa.

Ma non sapevo quanto questo potesse aiutarmi. Ogni cosa che mi apparteneva mi ricordava Rachel o Brandon.

Quando alzai lo sguardo, mi sorrise.

“Il mio nome invece è Louis.” disse, prima di voltarsi ed andarsene.

 

Raggiunsi la classe, ovviamente in ritardo. Ma riuscii a cavarmela dicendo che ero stata trattenuta in segreteria.

Mi sedetti in ultima fila, da sola. Trascorsi l’ora a fissare il soffitto o a guardare fuori dalla finestra.

Ma il professore mi richiamò un paio di volte, così alla fine decisi di guardarlo. Ma non seguii affatto la sua lezione.

Feci lo stesso per le due ore seguenti, fino all'ora di pranzo.

Ignorai i messaggi di Liam, nei quali mi spiegava come raggiungere la mensa e cercai un posto appartato per riuscire a chiamare Zayn.

 

Harry

 

"Liam, finiscila con quel telefono." lo brontolò Niall, mentre ingeriva una forchettata del suo pranzo.

Alzai il viso e guardai il mio amico, con lo sguardo perso sul display, in attesa di un messaggio che probabilmente non avrebbe mai ricevuto.

"Magari ha il telefono in modalità silenziosa." suggerì Sophie, troppo ingenua e troppo buona come sempre.

Ma la verità la sapevamo tutti. Ashley non aveva nessuna intenzione di rispondere ai messaggi persistenti e petulanti del fratello.

"Io non la capisco.." sussurrò Liam, scivolando lungo la sedia.

"Vi ho già detto che questa mattina non ha voluto né che l'accompagnassi in macchina e né che l'accompagnassi a piedi?" chiese alterato. "Si." dissi. "Almeno cinque volte." aggiunsi, quasi divertito.

Lui sbuffò. "Proprio non la capisco." brontolò nuovamente.

"Oggi le mie lezioni terminano prima e lei fa il giorno lungo, non posso nemmeno assicurarmi che torni a casa." biascicò, quasi fra sé e sé.

Non capivo perchè questo lo turbasse così tanto. Wolverhampton era una città tranquilla e la scuola non distava molto dal quartiere in cui vivevamo. La probabilità che le succedesse qualcosa, era alquanto remota.

"Anche io oggi faccio il giorno lungo e torno a piedi, perchè la macchina l'ha presa mia sorella questa mattina." dissi. "Se può farti stare più tranquillo, posso tenerla d'occhio." aggiunsi.

Odiavo vedere il mio miglior amico così abbattuto, non era da lui. Perciò, nonostante fossi convinto che la sorella non avesse bisogno di una guardia del corpo, pensai di poterlo aiutare in questo modo.

"Lo faresti?" chiese, quasi speranzoso.

"Dobbiamo percorrere la stessa strada in ogni caso." dissi, alzando le spalle.

"Grazie." disse sorridente. "Ma sappi che questo non ti autorizza a provarci con lei o guardarle parti del corpo di cui potresti pentirti di aver guardato." disse, puntandomi un dito contro.

Risi di gusto.

"Dimmi solo come fare a riconoscerla."

 

L'ultima campanella suonò e le aule vennero presto sgomberate dagli studenti.

Cercai di essere uno dei primi ad uscire e una volta fuori, stretto nel mio cappotto a causa del freddo pungente, poggiai la schiena al tronco di un albero del cortile, in attesa di riconoscerla.

Nella descrizione che Liam aveva fatto di sua sorella, aveva enfatizzato più volte il fatto che avesse molti tatuaggi.

Cosa che non mi era utile, considerando che indossava il cappotto. E di ragazze con i capelli castano scuri, ce n'erano a flotte in quella scuola.

Ma quando uscì una ragazza, stretta nel suo cappotto verde militare, non ebbi dubbi che fosse proprio lei.

Il viso già arrossato dal vento, affondato nella sciarpa. Le mani in tasca, da una delle quali fuoriusciva il cavo del cuffie che teneva nelle orecchie.

Lo sguardo perso un po' nel vuoto, ma non disorientato. Dava l'idea di una ragazza sicura di sé.

I capelli che svolazzavano leggeri nel vento, non erano dei banalissimi capelli castano scuri. Erano di un marrone intenso, un cioccolato fondente, caratterizzato da riflessi più chiari.

Quasi dovetti correrle dietro, perché nonostante la modesta altezza, percorse il cortile che la divideva dalla strada, con passi lunghi e svelti.

La mia intenzione, inizialmente, era quella di presentarmi. Non di raccontarle che suo fratello mi aveva chiesto di farle da cane da guardia, ma di scambiarci due chiacchiere, cercando di capire se fosse stata veramente messa male come diceva Liam.

Ma non riuscii a fare altro se non seguirla in silenzio.

Seppur non del tutto, sembrava essere tranquilla e da quello che sapevo, era uno stato che non le era appartenuto negli ultimi giorni.

Era come se fosse circondata da un'aura impenetrabile, come se fosse avvolta dalla musica che le ronzava nelle orecchie ed era quasi un peccato riportarla alla realtà.

Perciò la seguii come un'ombra, pronto ad irrompere solo in caso di necessità.

 

Ashley

 

Con un messaggio Liam mi aveva comunicato che quel giorno, sarebbe uscito prima di me, dato che in quella scuola, alcune volte alla settimana, dovevamo fare il giorno lungo.

Mi chiese se dovesse aspettarmi all'uscita, fu l'unico messaggio a cui risposi.

La strada la ricordavo, così iniziai a percorrerla.

Inizialmente partii in quarta, ansiosa di allontanarmi da quella scuola. Ma poi realizzai che più in fretta camminavo, prima arrivavo.

E non avevo per niente voglia di rientrare in quella casa, di rispondere alle solite domande inerenti al primo giorno di scuola, di far finta che dopo tutto lì non stessi così male.

Perché stavo male, male da desiderare di poter finirla lì. Mi sembrava di vivere in un bolla d'acqua, in attesa che qualcuno venisse a scoppiarla, in attesa che qualcuno mi riportasse a Long Beach.

La musica era alta nelle mie orecchie, perciò non sentii i suoi passi, ma con la coda dell'occhio lo vidi bene. Un ragazzo camminava dietro di me, senza togliermi gli occhi di dosso.

Aumentai il passo, iniziando a sentirmi osservata e notai che lui fece la stessa cosa. Così mi fermai di colpo.

"Ti spiacerebbe smetterla di seguirmi?" chiesi acidamente, mentre mi voltavo.

Ma appena lo vidi mi bloccai, schiudendo leggermente le labbra, per niente preparata ad una visione simile.

Il ragazzo era davanti a me, racchiuso tra due spalle larghe, ma spioventi. I capelli scuri, una massa di ricci castani, scompigliati dal vento. Sbatté le ciglia e i suoi occhi verdi, tremendamente intesi, mi ammaliarono.

Le sue labbra, talmente perfette da sembrare disegnate, si aprirono in un sorriso. Quando raggiunsero la massima estensione, scoprendo una fila di denti perfetti, le fossette gli incorniciarono il viso.

"Non hai pensato che magari dovessi andare nella tua stessa direzione?" chiese divertito. La sua voce era profonda, graffiante.

E io mi resi conto che aveva ragione e che avevo appena fatto una delle figure peggiori della mia vita.

 

Harry

 

Si era voltata improvvisamente, senza nessun preavviso.  Mi ero dovuto fermare per non rischiare di andarle addosso.

Era una ragazza piuttosto esile, non troppo alta, ma di un'imponenza particolare.

Adesso era a poca distanza da me ed avevo piena visione del suo viso. I lineamenti del volto erano senz'altro quelli di Christopher, leggermente tondeggianti, ma ben definiti.

Dava l'impressione di essere una ragazza acqua e sapone, dalle labbra rosee e dallo sguardo talmente intenso da non necessitare di trucco.

Quando aprì bocca, rispecchiò esattamente la descrizione che le aveva fatto Liam.

Mi chiese se la stavo seguendo e io mentii, pensando che dopo tutto non mi avrebbe potuto scoprire, dato che veramente percorrevo quella strada perché portava a casa mia.

Lei mi guardò inebetita, forse rendendosi conto che, probabilmente, avevo ragione io.

"Beh allora evita di starmi al culo." esclamò acidamente, serrando poi le labbra in una linea sottile.

Fosse stata un'altra, le avrei sicuramente fatto passare la voglia di trattare così le persone. Ma in quel momento, forse perché era la sorella di Liam o forse perché ebbi l'impressione che sotto quella tigre, ci fosse un gattino, mi scappò da ridere.

Assottigliò lo sguardo e per un istante credetti che mi avrebbe ucciso. "Lo trovi divertente?" chiese seccata, corrugando le sopracciglia.

"Non ti alterare, tigre." dissi, dedicandole un sorriso beffardo. "Adesso andrò avanti, va bene?" chiesi, sorpassandola.

Dopo un paio di passi, mi voltai e la trovai che mi guardava a braccia conserte.

"Non starmi al culo però." dissi divertito, meritandomi una smorfia da parte sua.

 

Mi voltai solo una volta arrivato a casa mia. La vidi che attraversava il giardino e raggiungeva la porta.

Inserii le chiavi nella serratura e poi mi concessi un altro sguardo. Lo stesso fece lei, cercando di nascondersi dietro la sciarpa.

Non appena i nostri sguardi si incontrarono, lei lo distolse velocemente, prima di ruotare la maniglia ed entrare.

Abbassai il volto e sorrisi, per poi aprire il portone. Avevo già capito che quella ragazza ci avrebbe dato un bel daffare.

"Sono a casa." annunciai, lasciando le chiavi sul mobile di fianco all'entrata.

"Ehi." Mi voltai e vidi il volto solare di mia sorella affacciato sopra lo schienale del divano.

"Sei una piccola stronza, Gemms." dissi, avvicinandomi, senza neanche salutarla. Lei mi guardò con aria innocente, sbattendo i suoi grandi occhi da cerbiatta.

"Hai preso la mia macchina senza chiedermi il permesso." l'accusai.

Lei congiunse le mani e ci appoggiò il mento, sorridendomi come una bambina.

"Oh Harry, sai che la mia è fuori uso." disse giustificandosi.

"Perciò questo ti autorizza a prendere la mia, lasciandomi a piedi?" le chiesi divertito, inclinando la testa.

"Su Harry, dovresti ringraziarmi." ridacchiò.

"Perché mai?" le chiesi divertito.

"Ti ho visto dalla finestra, sai." disse, per poi mettersi a sedere composta, dandomi le spalle.

"È carina la sorella di Liam. Non trovi?" chiese. Conoscevo fin troppo bene quel tono.

"Andiamo, Gemms. Cosa cerchi di insinuare?" le chiesi, per poi percorrere il salotto fino a sedermi al suo fianco. La sua tempia si posò sulla mia spalla.

"Potresti conoscerla e.." iniziò.

"Gemma." la interruppi, sapendo già dove voleva andare a parare.

"Harry.. Katy non c'è più." disse.

Chiusi gli occhi per evitare di prenderla a parole. A volte sapeva essere la ragazza più insensibile del pianeta.

Parlava dei fatti miei senza un minimo di tatto, pur sapendo che non avevo ancora superato la rottura con Katy.

"Dovresti conoscere altre ragazze." disse.

Mi alzai senza preavviso, tanto che lei si prese paura e quasi cadde, dato che era poggiata alla mia spalla.

"E tu dovresti farti gli affari tuoi." dissi duramente, per poi raggiungere velocemente il piano di sopra.



 

Salve a tutte :)

Questo è un capitolo tanto atteso, finalmente, l'incontro di Ashley ed Harry.

Ed è un incontro in pieno stile Ashley. Lei non grazia nessuno a Wolverhampton, ce l'ha per tutti.

Ma Harry è divertito dal suo comportamento. Mentre lei non si diverte affatto.

Nei prossimi capitoli vedremo cosa combineranno.

Ringrazio tutte le ragazze che hanno recensito gli scorsi capitoli, siete dei veri amori.

Un bacio,

Michi x

 


 

 

 

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Capitolo 13
*** Panic. ***


 

'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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AVVISO: Ho postato due capitoli, quindi non sbagliatevi a leggere solo l’ultimo che ho messo, altrimenti non ci capite niente.
Buona lettura belle :)

Panic.

 

 

"Can't ever get it right
,
no matter how hard I try."

Ashley

 

Quando rientrai in casa tolsi il cappotto e lo appesi, in meno di due secondi Liam scese al piano di sotto. Si fermò a metà scala e mi guardò.

Indossava una tuta grigia ed una maglietta bianca. In effetti, nonostante il clima rigido, in casa si avvertiva un certo tepore.

Solo quando ci feci caso, sentii lo scricchiolio della legna nel camino.

"Ehi." disse imbarazzato.

"Ciao." risposi, ancora ferma all'entrata.

"Com'è andato il primo giorno di scuola?" chiese, poggiando il fianco al corrimano della scala.

"E' andato." dissi semplicemente. Lui annuì, sempre più in imbarazzo, indeciso su cos'altro dire.

"Ti ho mandato un messaggio all'ora di pranzo.. non sei venuta in mensa." disse.

"Ho telefonato ad un mio amico." dissi, chiedendomi per quale motivo mi fossi appena giustificata raccontandogli i fatti miei.

"Non hai mangiato? Hai fame? Se vuoi ti cucino qualcosa." disse.

Mi sembrava di parlare con Rachel, era talmente apprensivo. Non avevo cinque anni, se avevo fame, mangiavo.

"Non ho fame." dissi.

Annuì e poi abbassò lo sguardo, inserendo le mani nelle tasche della tuta. "Ti manca?" chiese improvvisamente, tornando a guardarmi.

"Chi?" chiesi, seccata da quella conversazione che stava durando fin troppo.

"Il tuo amico.. quello che hai chiamato." disse. Corrugai la fronte. "Non voglio parlarne." dissi, anche troppo gentilmente.

"Scusa, io.." iniziò, prima che lo interrompessi.

"Salgo di sopra." dissi, salendo le scale, sorpassandolo velocemente. Lo sentii sospirare.

 

Quando salii in camera, mi sedetti sul letto ed iniziai a pensare che non potevo farcela.

Non potevo vivere in una casa con persone delle quali non sapevo niente. Con persone con cui non parlavo.

Per colpa mia, lo sapevo. Ma non riuscivo ad instaurare un rapporto con quelle persone, non volevo integrarmi nella loro famiglia. Non volevo che quella diventasse la mia normalità. Io vivevo come se fosse solo un periodo di passaggio.

Ma iniziai a chiedermi se sarebbe mai passato. E se quella fosse stata la casa nella quale avrei dovuto passare tutta la mia vita? Se non avessi mai più avuto l'opportunità di tornare in America? Avrei rivisto Zayn? Avrei rivisto il mio amato oceano? O avrei vissuto per sempre in quella piccola e fredda città dell'Inghilterra?

Notai il respiro farsi pesante, iniziai a sudare freddo, a tremare. Afferrai il telefono e barcollante, raggiunsi il bagno.

Chiusi a chiave la porta e nonostante il tremolio della mano, cercai di chiamare Zayn.

Avvertii un forte calo di pressione, dovetti mettermi a sedere per non cadere a terra. Il telefono squillò. Suonò a lungo e lui non rispose.

Il petto mi faceva male, era come un fastidio pungente che non mi dava pace. Non ne avevo mai sofferto prima, ma quello mi sembrò un attacco di panico in piena regola.

Cercai di richiamare Zayn, non mi rispose.

Il mio corpo sembrava impazzito, alternava brividi a vampate di calore. Cercai di stabilizzare il battito cardiaco, facendo respiri profondi. Ma ogni voltai venivano spezzati dal fiato corto.

Poggiai la fronte al muro per godere della liscia freschezza delle mattonelle.

Inviai una terza chiamata, la quale non ottenne risposta. Avevo bisogno della sua voce, del suo tono premuroso che mi diceva che sarebbe andato tutto bene. Avevo bisogno di sentirmi dire 'arrivo, tra cinque minuti sono da te'.

Così lo chiamai ancora, ancora e ancora.

 

Avevo lo sguardo perso nel vuoto, nel bagno regnava il silenzio, se non per il mio respiro e per le gocce che cadevano ritmicamente dal rubinetto.

Quello che sembrava essere stato un attacco di panico, era finito da circa cinque minuti. E me l'ero cavata da sola.

Perchè anche se Zayn mi aveva detto di poterlo chiamare quando volevo, poi non era detto che mi avrebbe sempre risposto. Quindi, dopo tutto, a causa della distanza, non potevo contare su di lui.

E non avevo intenzione di raccontare i miei problemi a Liam o a Christopher, quindi ero sola. Se c'era qualcuno su cui potevo contare, quel qualcuno ero soltanto io.

Mi alzai, sostenendomi al lavandino. Avevo un cerchio alla testa e per la velocità con cui mi alzai, per poco non caddi a terra. Raggiunsi la porta ed uscii.

Liam, il quale stava attraversando il corridoio, si voltò a guardarmi.  "Stai bene? Sei pallida." disse preoccupato, avvicinandosi.

Quando vidi la sua mano alzarsi, pronta a sfiorarmi il braccio, mi scansai velocemente, raggiungendo la camera da letto.

"Sto bene." dissi, chiudendomi la porta alle spalle.

 

Quella sera andai a letto molto presto. Dopo l'episodio in corridoio, mi rifugiai nella mia stanza e restai lì tutto il pomeriggio.

Verso le sette e mezza decisi di mettermi sotto le coperte, nonostante sapessi bene che non sarei riuscita a chiudere occhio.

Nessuno entrò nella stanza, neanche Christopher quando rientrò da lavoro.

Verso l'ora di cena, sentii dei passi fuori dalla porta chiusa.

"Liam, non farlo." disse Christopher, con voce severa. "Non ha neanche pranzato." disse lui.

Sospirai chiedendomi cosa diavolo volesse Liam da me. Chiedendomi per quale motivo non mi lasciasse semplicemente in pace.

"So che ti preoccupi per lei, sono preoccupato anche io." disse Christopher.

"Ma non dobbiamo forzarla, altrimenti ci odierà più di quanto già non faccia.." disse, terminando la frase quasi in un sussurro.

Quel discorso mi fece riflettere. In realtà io non li odiavo affatto. Odiavo quel posto, odiavo il fatto di dover essere obbligata a stare lì. Odiavo il modo in cui volevano prendersi cura di me, quando non avevo bisogno del loro aiuto.

Odiavo tutto il contesto, ma loro no. Loro mi erano indifferenti. E forze era anche peggio.

"E cosa proponi? Di lasciarla morire di fame?" chiese il figlio, alterato.

"Non lo so, Liam.. io non so che fare." disse, quasi arreso, Christopher. Io sapevo cosa dovevano fare. Assolutamente niente.

Nascosi il viso sotto le coperte e attesi che finissero quella conversazione.

 

Soffocai un urlo contro il cuscino quando mi svegliai improvvisamente durante la notte, a causa di un incubo. Sentii Liam lamentarsi e rigirarsi nel letto, ma per fortuna non si svegliò.

Alzai il busto, avevo il fiatone ed ero sudata. Respirai profondamente e ripresi il controllo del mio corpo dopo qualche minuto.

Tornai a stendermi. Allungai il braccio e recuperai il cellulare dal comodino. Erano le quattro meno venti.

Avevo due chiamate perse da Zayn, risalenti a pochi minuti prima. Proprio mentre tenevo il cellulare in mano, ne arrivò un'altra.

Sfilai la coperta dal letto e dopo essermela avvolta attorno al corpo, uscii fuori sul terrazzo, cercando di non svegliare Liam. Poi risposi.

"Ashley! Ashley, stai bene? E' successo qualcosa? Scusa, mi ero addormentato, non ho visto le chiamate. Scusami." disse, tutto d'un fiato.

Percorsi il terrazzo, ignorando le gelide mattonelle sotto i miei piedi ed appoggiai i gomiti al davanzale.

"Sto bene, Zayn." sussurrai.

"Perchè mi hai chiamato così tante volte?" chiese preoccupato.

"Io.. avevo solo voglia di parlarti, tutto qui." mentii.

"Non dirmi stronzate. Credi di poter dire le bugie a me?" chiese, arrabbiandosi.

"Ehi, perchè ti scaldi tanto? Sto bene." dissi.

"Perchè sei lontana oltreoceano e se ti succede qualcosa non posso aiutarti. Soprattutto se non me lo dici." disse, alzando di poco la voce.

Sospirai. "Ho solo avuto un brutto momento.. una piccola crisi esistenziale." dissi ridendo, sperando che non facesse altre domande.

"Ashley, stai bene?" chiese, addolcendo il tono.

"No." dissi, con la voce incrinata. Lo sentii sospirare.

"Mi manchi Zayn, mi manchi terribilmente tanto." dissi. Questa volta senza versare una lacrima. Credetti davvero di averle esaurite tutte quante.

"Anche tu manchi a me, ma.." iniziò.

"Niente ma." lo interruppi.

"Io non credo di farcela." aggiunsi.

"Ash." disse semplicemente.

"Queste persone mi stanno addosso. Sono soffocanti, petulanti, insistenti." dissi, riferendomi soprattutto a Liam.

"Si preoccupano per te. Lasciati andare, Ashley. Sono la tua famiglia." disse.

"Non ci riesco." ammisi.

"Ti conosco, so che hai tirato su un muro fra te e quelle persone. Lo fai per proteggerti, perchè non vuoi farti vedere vulnerabile da loro. Sei stata ferita, hai perso la fiducia che avevi nelle persone che amavi di più. Hai paura che questo accada di nuovo. Ma loro sono la tua vera famiglia e cercano un contatto con te, Ashley. Perchè glielo neghi?" chiese.

Zayn mi conosceva troppo bene. Mi leggeva nell'anima come fossi un libro aperto.

"Perchè non voglio fare parte della loro famiglia, non voglio affezionarmi a loro. Voglio solo che il tempo passi velocemente, così da poter diventare maggiorenne e tornare da te." ammisi.

"E' questo che vuoi fare? E' il tuo brillante piano? Vivere sulle spalle di tuo padre, trattandolo come uno sconosciuto, aspettando solo l'occasione di poter scappare e continuare la tua vita come se loro non esistessero?" chiese alterato.

"Si." ammisi in un sussurro.

"E' meraviglioso Ashley, sei veramente una bella persona." disse.

"Perchè adesso ti arrabbi con me?" chiesi seccata.

"Perchè quelle persone ti hanno accettato in casa loro, magari con la speranza di instaurare un buon rapporto, nonostante gli anni perduti. E tu li tratti come degli stracci, quando cercano solamente di aiutarti." disse.

"Io ne faccio a meno del loro aiuto." dissi.

"Beh allora farai a meno anche del mio fino a quando non cambierai atteggiamento, Ashley." disse duramente.

Rimasi spiazzata da quella frase, chiedendomi cosa intendesse dire.

"Zayn?" lo chiamai, ma lui aveva già attaccato.

 

Harry

 

Mi rigirai più volte nel letto, ma dopo l'ennesimo incubo, ormai persi la speranza di riaddormentarmi.

Non mi ero mai sentito tanto vulnerabile, tanto condizionato da una ragazza. Katy rovinava le miei giornate, adesso anche tutte le mie notti.

Decisi di alzarmi e di prendermi una boccata d'aria fresca. Infilai un felpa pesante ed uscii sul mio terrazzo.

Una volta fuori, non appena alzai lo sguardo, sulla terrazza di Liam, vidi sua sorella parlare al cellulare.

Non sentii chiaramente le sue parole, ma sembrava essere una discussione. Poi guardò lo schermo sorpresa e intuii che la persona con la quale stava parlando gli aveva appena attaccato in faccia.

Sorrisi e mi avvicinai al cornicione, per poi poggiarci i gomiti.

"Non dovresti essere a letto a quest'ora?" le chiesi.

Lei alzò il viso spaventata e non appena si accorse della mia presenza, sul terrazzo opposto al suo, mi dedicò uno sguardo truce. Il quale mi fece sorridere.

"E tu non dovresti farti gli affari tuoi?" chiese seccata.

"Già, forse dovrei." dissi sospirando, decisamente divertito dal suo comportamento.

"Si, dovresti." disse lei, duramente.

"Come tu dovresti andare dentro. Fa piuttosto freddo stasera." dissi notando che la temperatura si era abbassata.

Lei rimase in silenzio ed alzò lo sguardo, iniziando ad osservare il cielo. Io osservai lei.

Mi chiesi cosa l'avesse ferita tanto da ridurla così. Conoscevo la sua storia, era comprensibile il suo comportamento.

Ma esagerava. Faceva star male suo padre, suo fratello. E probabilmente, lei stava male più di tutti.

Così quella notte decisi che l'avrei fatta veramente innamorare di Wolverhampton. Lo dovevo a Liam, che nel momento del bisogno, non mi aveva mai lasciato da solo.

"Nevica." sussurrò.

Alzai il viso e la trovai con la bocca schiusa, a guardare meravigliata i primi fiocchi di neve che cadevano leggeri dal cielo.

"Nevica!" ripeté sorridente, con l'entusiasmo di una bambina che vede la neve per la prima volta.

E capii solo in quel momento, che era veramente la prima volta per lei. A quanto Liam mi aveva detto, non era mai uscita dalla California e lì, ne sono certo, non nevica.

"Ti piace?" chiesi sorridente.

"È bellissima." sussurrò come ammaliata.

Sorrisi e mi chiesi se quello non fosse proprio l'inizio.  L'inizio del processo che avrebbe portato Ashley ad innamorarsi della mia città.

Quando riportò lo sguardo sul mio volto, il sorriso scomparve, lasciando spazio ad una smorfia di fastidio.

Processo che prevedevo decisamente arduo e difficoltoso.

"Non dire a Liam che mi hai sentita dire quelle cose." insorse improvvisamente.

"Io non ho.." iniziai, prima di essere interrotto bruscamente.

"Non dirglielo." disse, prima di voltarsi e di rientrare nella sua stanza.

Sospirai e rientrai anche io.

 

 

Buonasera ragazze,

non mi dilungo, quello che volevo dirvi, è scritto nell’angolo autrice del prossimo capitolo.

Quindi un bacio veloce e grazie, grazie di tutto.

Michi x

 

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Capitolo 14
*** I don't care. ***


 

'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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AVVISO: Ho postato due capitoli, quindi non sbagliatevi a leggere solo l’ultimo che ho messo, altrimenti non ci capite niente.
Buona lettura belle :)

I don’t care.



 

“She's gonna tear me up,
a million voices never mean to never give you up.”


Ashley

 

"Buongiorno." disse Christopher, uscendo dal bagno. Un sorriso stampato sul volto e il corpo fasciato da un vestito elegante.

A quanto ne sapevo gestiva un'impresa, ma non mi ero presa la briga di indagare, perciò non ne conoscevo i dettagli.

"Giorno." dissi, sorpassandolo e chiudendomi in bagno.

Legai i capelli in una coda alta e lavai viso e denti prima di tornare in camera per vestirmi. Il letto di Liam era già perfettamente rifatto e di lui, nessuna traccia.

Scesi le scale velocemente, forse troppo velocemente. "Scusa." dissi, quando voltando l'angolo mi scontrai con Ruth.

"No scusami tu, non ti avevo vista." disse mortificata. "Scusami davvero, mi dispiace." continuò.

La guardai perplessa e mi chiesi se avesse intenzione di scusarsi ancora.

Finse una tosse e dopo avermi sussurrato un flebile "comunque buongiorno", continuò a salire le scale.

Perché dovevano tutti quanti trattarmi così? Con i guanti bianchi. Come se io fossi una bambina disagiata. Non avevo bisogno della loro pietà. Ma nessuno sembrava capirlo.

Approfittai del fatto che il resto della famiglia fosse in cucina per indossare silenziosamente il cappotto e sgusciare fuori di casa.

Dopo aver chiuso il portone, mi voltai e la vista che mi si presentò davanti, mi lasciò completamente a bocca spalancata.

Bianco. Bianco ovunque.

La neve ricopriva ogni centimetro di erba, ogni centimetro di tetto di ogni casa, di ogni albero.

Rimasi lì inebetita per quelli che sembrarono minuti infiniti. Per me era surreale, roba da film di natale e cartoline.

Quando sentii uno sportello chiudersi rumorosamente, mi voltai e vidi Liam, il quale era appena entrato in una macchina.

Dalla parte del guidatore, lo sportello era aperto e il ragazzo che abitava di fianco a noi, se ne stava in piedi a guardarmi.

"Buongiorno, vuoi un.." iniziò, prima di essere interrotto da me.

"No." dissi, scendendo gli scalini e dirigendomi verso il marciapiede, l'unico ad essere stato ripulito dalla neve.

Alle mie spalle lo sentii ridere e mi chiesi se fosse un'abitudine o se fossi io ad essere tanto divertente.

Quando la macchina mi passò di fianco, Liam mi guardò per una frazione di secondo.

Quella mattina non mi aveva rivolto parola e lo sguardo che mi aveva appena dedicato, non era per niente sereno.

Lo ignorai, dato che delle sue lune storte mi importava ben poco, ed inserii gli auricolari nelle orecchie.

 

I professori inglesi pretendevano troppo. In classe non volava una mosca e la signora Thomson continuava a lamentarsi della confusione, apparentemente inesistente.

In quel momento iniziai a rimpiangere le lezioni di Judy, la signorina Martin.

Le sue lezioni finivano sempre per diventare dibattiti e allora nessuno rispettava più la regola del 'alza la mano prima di parlare'.

E c'era una gran confusione, ma lei ci guardava sorridente, compiaciuta del fatto di essere riuscita ad attirare la nostra attenzione.

Perché quello era il suo scopo, evitare che i suoi studenti trascorressero le ore a fissare le lancette dell'orologio o il display del cellulare. E ci riusciva, quasi sempre.

Invece, la signora Thomson, ci dava le spalle continuamente. Se ne stava voltata contro la lavagna a scrivere equazioni infinite e formule impossibili.

Quando suonò la campanella, uscii velocemente di classe.

Dovevo chiamare Zayn ed insultarlo per avermi attaccato il telefono in faccia.

Uscii di fretta e percorsi il corridoio in pochi secondi. Forse feci tutto troppo velocemente, tanto da provocarmi un capogiro.

Dovetti poggiare la schiena agli armadietti per non rischiare di perdere l'equilibrio.

Mi sentii improvvisamente debole e desiderai di potermi sedere. Ma il corridoio era colmo di studenti e detestavo attirare l'attenzione delle persone.

Un volto familiare mi passò velocemente di fronte, per poi tornare indietro lentamente.

"Ashley." esclamò sorridente Louis.

Non lo conoscevo bene e non lo avevo visto poi così spesso, ma ogni volta, sprizzava energia e felicità da tutti i pori.  Sembrava sempre di buon umore, sempre allegro e spensierato.

Lo guardai in silenzio e lui si incupì. Aggrottò la fronte dando origine ad un profondo cipiglio.

"Stai bene? Ti vedo pallida." disse, avvicinandosi. Ormai quella domanda mi veniva posta ogni santo giorno.

"No, sto bene." dissi staccando la schiena dagli armadietti, pronta a scansarlo e ad andarmene.

Ma un altro giramento di testa mi fece sbandare e la sua mano circondò il mio braccio. Non mi piaceva essere toccata, soprattutto dagli sconosciuti.

Cercai di ribellarmi. Lui sorrise e mi lasciò andare, per poi poggiare con più delicatezza entrambe le mani sulle mi spalle.

"Fammi indovinare. La colazione è un optional per te, mh?" chiese sorridente.

Lo guardai perplessa prima di realizzare che forse non aveva tutti i torti. Non solo non avevo fatto colazione, ma avevo avuto la fantastica idea di saltare anche la cena.

"Non ho fame la mattina." mi giustificai, senza comprenderne il motivo. Poi indietreggiai e le sue mani scivolarono via dal mio corpo, finendo lungo il suo.

"Possiamo rimediare." disse.

"No, sto a posto così." dissi, per poi voltarmi ed iniziare a camminare.

Non era una scelta intelligente quella di rifiutarsi di mangiare. Ma non era un capriccio, io non avevo fame. Mi si era chiuso lo stomaco.

"Adesso gira a destra." una voce al mio fianco insorse.

Mi voltai e in una frazione di secondo, le mani di Louis si posarono sulla mia schiena, obbligandomi a svoltare.

Mi ritrovai davanti ad una porta, la quale Louis aprì prontamente. Mi guardai intorno e capii di essere stata appena trascinata in mensa.

Lo guardai furiosa, ritrovandomi davanti il suo solito sorriso beffardo.

"Non mettermi mai più le mani addosso." dissi con rabbia.

"A una condizione." disse.

Incrociai le braccia al petto. "Perché dovrei.." iniziai, prima di essere interrotta.

"Mangia qualcosa e io ti lascio in pace." disse.

Sbuffai seccata. "Sei un vero rompi palle." dissi voltandomi.

"Lo so." disse divertito alle mie spalle.

 

Dopo aver poggiato il vassoio con il mio pranzo sul tavolo, mi sedetti di fianco a Louis.

"Allora.." iniziò.

"Hai detto che mi avresti lasciata in pace." dissi, prevedendo una raffica di domande.

"Ma non ho detto che puoi contare su quello che dico." disse divertito.

Scivolai con il sedere lungo la sedia, maledicendomi per avergli dato retta.

Quando alzai lo sguardo, a un paio di tavoli più in là, riconobbi Liam e il nostro vicino di casa, in compagnia di un ragazzo biondo.

Louis seguì il mio sguardo e si lasciò sfuggire un ghigno divertito. "Quello è il tavolo degli sfigati." disse.

Mi voltai a guardarlo.

D'altronde potevo aspettarmelo che uno come Liam facesse parte del tavolo degli sfigati.

Schiuse le labbra per aggiungere qualcos'altro, quando una chioma di lunghi capelli castani apparse fra di noi.

Mi scostai e vidi una ragazza prendere il viso di Louis tra le mani e stampargli un bacio, prima di allontanarsi, fare il giro del tavolo e sedersi di fronte a noi.

Louis rise e scosse la testa guardandola. "Ashley, lei è Katy." disse indicandola.

La guardai. I capelli castani le incorniciavano il viso caratterizzato da lineamenti sottili, ma decisi.

Gli occhi erano vispi come quelli di Louis, ma verdi, circondati da lunghe ciglia. Le labbra rosee si aprirono in un grande sorriso quando mi porse la mano.

"Piacere." disse.

Gliela strinsi e mi sforzai di sorriderle.

"Ashley." dissi semplicemente.

"Sei nuova?" chiese, mentre stappava la sua bottiglietta d'acqua.

"Si." risposi, continuando a mangiare.

"Beh, benvenuta allora." disse sorridente, prima di prendere un lungo sorso d'acqua.

"Grazie." dissi, dopo aver ingoiato l'ultimo boccone del mio pranzo.

 

Solo dopo qualche metro, mentre percorrevo la strada di casa, mi accorsi di Liam. Il quale mi seguiva in silenzio.

Me ne ero accorta per caso, quando per riporre il mio Iphod nella tasca del mio zaino, mi voltai.

Lui, per una frazione di secondo, alzò lo sguardo dal marciapiede. Io lo riportaidi fronte a me, ignorandolo come sempre.

"Sei diventata amica di Louis?" chiese poi, dal niente.

Mi fermai e mi voltai perplessa. Non mi aveva rivolto parola per tutto il giorno e adesso se ne usciva con una domanda simile?

Sentii l'impulso di dirgli che doveva farsi i fatti suoi, ma poi non lo feci. "No." dissi solamente.

"Ah.. vi ho visti insieme e pensavo che.." iniziò.

"Lo conosco a malapena." dissi, interrompendolo.

"Capisco." sussurrò.

Ripresi a camminare in silenzio, ma Liam non sembrava voler stare zitto.

"Ashley, io cerco di essere comprensivo, ma.." iniziò.

Mi fermai e mi voltai a guardarlo, di nuovo. Lui, che prima guardava a terra, alzò lo sguardo e mi guardò sorpreso.

"La smetti? Sul serio, smettila di essere così.." iniziai, prima di essere interrotta.

"Così soffocante? Petulante? Insistente?" chiese, quasi arrabbiato.

Dico 'quasi' perché Liam sembrava una di quelle persone che non si arrabbiano mai, che non perdono mai la pazienza.

Corrugai la fronte non appena realizzai che aveva detto le stesse parole che avevo pronunciato io stessa la sera prima, parlando al telefono con Zayn.

"Non posso crederci." dissi, ridendo amaramente.

Forse non ero stata chiara quando avevo espressamente chiesto al ragazzo che abita a fianco di tenere la bocca chiusa.

"Che c'è?" chiese confuso. Sospirai seccata, lui sbuffò.

"Mi dispiace che tu stia tanto male qui, mi dispiace davvero. Mi dispiace che tu non voglia fare parte della nostra famiglia e che non vedi l'ora di andartene." disse.

Incrociai le braccia al petto, iniziando ad avvertire il freddo.

"Ma adesso sei qui e non hai scelta, devi starci. Puoi cercare di non comportarti come se ti trovassi in un campo di sterminio?" mi chiese speranzoso.

"No, davvero non posso." dissi, prima di voltarmi e riprendere a camminare.

 

Una volta a casa, salii in camera e senza togliere il cappotto, uscii fuori sul terrazzo. Non mi importava se si gelava, dovevo immortalare quella vista.

Mi ero ritrovata un sacco di volte a disegnare le onde azzurre dell'oceano, ma mai avevo avuto la possibilità di disegnare i tetti innevati.

Così recuperai il quaderno che Zayn mi aveva regalato e mi misi all'opera.

La cosa stupefacente era che, dietro le nuvole grigiastre, c'era il sole e i suoi raggi deboli accarezzavano la neve.

Avrei voluto godermi quella vista con Zayn, ero sicura che a lui sarebbe piaciuta.

Mi chiesi cosa stesse facendo, dove fosse.. con chi.

Volevo chiamarlo, ma da una parte l'orgoglio me lo impediva. Anche se, nel profondo, avevo la consapevolezza che fossi nel torto.

Aveva ragione lui, non mi stavo comportando affatto bene con quella che era la mia famiglia, ma non riuscivo a fare di meglio. Non ci provavo neanche a dir la verità.

Il rumore di una finestra che si apriva attirò la mia attenzione. Il ragazzo che abitava di fronte, uscì sul suo terrazzo, apparentemente per posarci delle cose.

"Ehi." lo chiamai con astio.

Lui alzò il viso e mi guardò sorpreso. Fece un paio di passi in avanti e poggiò i gomiti sul davanzale.

"Se ti metti ad origliare le conversazioni altrui, perlomeno, abbi la decenza di non spifferare quello che senti. Soprattutto se qualcuno ti ha espressamente detto di non farlo." dissi alterata.

Lui corrugò la fronte, come se non avesse la minima idea di cosa io stessi dicendo.

"Ah, ho capito a cosa ti riferisci." disse poi.

"Credi che io abbia detto a Liam quello hai detto ieri sera al telefono, non è vero?" chiese.

"Già."

"Beh, ti sbagli." disse voltandosi, incamminandosi verso la sua entrata.

Decisi che non valeva la pena perderci tempo. Era evidentemente una di quelle persone che credono di avere sempre ragione.

Ma lui si voltò all'improvviso, con un espressione decisa sul volto, si riavvicinò al davanzale.

"Sai che io, ieri sera, non ho sentito un bel niente? Quando mi sono accorto della tua presenza, la persona con cui stavi parlando, ti aveva attaccato il telefono in faccia." disse.

Poi distolse lo sguardo, era arrabbiato, non capivo il perchè.

"Poi, questa mattina, Liam si avvicina come un'anima senza vita. Sembrava un straccio. E sai cosa mi racconta?" chiese, furioso.

Io lo guardai in silenzio, aspettando che desse una risposta a quella domanda.

"Che la sera prima si era svegliato e si era preoccupato perchè non aveva visto la sorella nel letto. Poi si era accorto che lei era uscita ed era rimasto sveglio, per controllare che rientrasse, che stesse bene. E sai, ti ha sentito. Ha sentito tutto quello che hai detto." disse con rabbia.

"Sai che questi non sono affari tuoi?" chiesi seccata.

Mi stava per caso sgridando? Cos'era, mia madre? Non doveva permettersi di ficcare il naso in cose che non lo riguardavano affatto.

"Lui è il mio miglior amico e considerando che è troppo buono per farsi rispettare, devo farlo io al suo posto." disse.

Mi lasciai sfuggire dalle labbra un ghigno divertito.

"Sai ha diciotto anni, non credo abbia bisogno di qualcuno che lo protegga dalla sorella cattiva." dissi.

"Non sai quanto lo stai facendo soffrire." quasi sussurrò.

"Perchè non mi importa, non voglio saperlo." dissi, per poi recuperare il mio quaderno e rientrare.

Avrei dipinto quello spettacolo un'altra volta. Quando ad interrompere la quiete di quel quartiere innevato, non ci sarebbe stato nessuno.


Buonasera ♡

Dovete amarmi, due capitoli in un giorno.

Ho deciso di farlo perchè non so quando riuscirò ad aggiornare di nuovo, ma tranquille, non lascerò che passino secoli.

L’ho fatto per voi e io adesso vorrei chiedervi un favore in cambio.

Non recensite solo queso, perchè è l’ultimo che ho postato, considerate anche il tredicesimo capitolo, poverino.

Vi voglio bene e vi ringrazio per ogni secondo che dedicate alle mie storie.

Un bacio,

Michi x






 

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Capitolo 15
*** It's my fault. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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It's my fault.

 

 

“She's gonna tear me up,
a million voices never mean to never give you up.”

 

Ashley
 

 

Lo sapevo. Sapevo che stavo sbagliando tutto. Che ero un casino, che stavo rovinando la vita di quelle persone.

Ero arrivata all'improvviso come un uragano silenzioso che spazza via tutto e lascia solo cuori infranti. Come quello di Liam.

Io fingevo di non sapere, ma sapevo. Che ci credeva veramente che un giorno saremmo potuti diventare una vera famiglia. E incassava i colpi senza fiatare perché ci sperava, che fosse solo la tempesta prima della quiete.

Ma quando mi guardava, aveva lo sguardo di chi in cuor suo, sapeva che non sarebbe successo. Ma ci credeva, con tutto se stesso.

E il cuore infranto di Christopher, l'uomo che vedevo due volte al giorno e che si ritrovava in corridoio a raccontare alle pareti che non sapeva come comportarsi con me, forse sperando che aprissi la porta e gli dessi una risposta.

Come quella sera, quando per un motivo a me sconosciuto, decisi di unirmi a loro per la cena. Forse per amor proprio, non avevo intenzione di farmi soccorrere da Louis, la mattina dopo.

Scesi le scale silenziosamente, percorsi il corridoio titubante e quando mi trovai dietro lo stipite della porta, le loro parole mi fecero fermare.

"Quella ragazza non ha bisogno di comprensione, ma di disciplina."  Era Lauren a parlare. E chi altri poteva essere? Era una donna tutta di un pezzo, rigida come pochi.

"Non sai neanche se è tua figlia. Mi chiedo perché non hai voluto fare il test." continuò.

"È mia figlia Lauren, ha i miei occhi.. il mio viso." le rispose Christopher, quasi in un sussurro. Lei sospirò.

Io su questo non avevo dubbi. Me ne ero accorta subito, quando alzando lo sguardo, in aeroporto, avevo visto due tizi che si guardavano intorno disorientati. Lo sapevo che erano loro.

"Non può continuare a vivere in questa casa come un fantasma. La vediamo uscire dalla sua stanza solo per andare a scuola. Non si unisce a noi neanche per i pasti." disse lei.

"Lo so, hai ragione. Io.. troverò una soluzione. Posso provare a chiamare la sua famiglia adottiva, forse sanno come comportarsi.." disse Christopher.

A quelle parole una morsa mi strinse lo stomaco. Ci eravamo lasciati con un addio bestemmiato, nel peggiore dei modi. Con un voi non siete i miei genitori e un esci da questa casa.

Mi chiesi se gli avrei mai rivisti, se gli avrei mai perdonati.

"Potremmo mandarla da uno psicologo." propose Lauren e io corrugai la fronte inorridita.

"Non credo che aiuterebbe." disse Christopher, per fortuna.

"Allora cosa proponi? Guarda che lei non ha bisogno di tempo. Di tempo per abituarsi ne ha avuto." disse Lauren.

E mi ritrovai ad essere d'accordo con lei. Se io avessi voluto, mi sarei ambientata velocemente. Ma era questo il punto, io non volevo.

Mi passò la fame e decisi di ritornare in camera. Tanto lo sapevo che era una pessima idea.

Non appena mi voltai, mi scontrai con qualcuno e quando alzai lo sguardo, riconobbi Liam. Mi guardò a labbra strette, indeciso sul da farsi. Dopo poco finse una tosse per schiarirsi la gola.

"Ceni con noi?" chiese, con un filo di voce.

Lo guardai e schiusi le labbra per dar voce alla mia risposta negativa. Ma poi le parole mi morirono in gola e non so perchè, ma annuii.

 

"Allora Ashley, ti trovi bene nella nuova scuola?" chiese Lauren, interrompendo il silenzio imbarazzante che si era venuto a creare.

Era la prima volta in cinque giorni che mi sedevo a tavola con loro ed iniziavo a pentirmene.

L'espressione sul volto di Christopher quando, una volta tornato a casa, mi aveva trovata in sala da pranzo, era stata piacevolmente sorpresa. Ma poi, una volta iniziata la cena, era rimasto in silenzio.

Alzai il viso dal mio piatto e la guardai. Mi stava sorridendo, stranamente. "Si." risposi. Come sempre, di poche parole.

"Immagino che sia diversa dalla tua vecchia scuola, ma vedrai che presto riuscirai ad abituarti." disse.

Iniziavo ad odiare il verbo abituarsi, così come ambientarsi. Ancora non lo avevano capito. Non avevano capito che non avevo intenzione di farlo, di adattarmi a loro, alle loro abitudini, alla loro scuola.

Era soltanto questione di un anno e poi me ne sarei andata. E per un anno, non valeva la pena abituarsi.

Risposi con un cenno della testa e ripresi a mangiare. Non cucinava neanche bene. Era sicuramente qualcosa di già pronto e riscaldato.

Il resto della cena proseguì tranquillamente. Il silenzio imbarazzante, grazie alla parlantina di Ruth, non si ripresentò più. Ed io, libera dalle loro domande, riuscii a rilassarmi un po'.

Una volta terminato di mangiare, le ragazze salirono in camera e Liam si sedette sul divano a guardare la televisione. Io aiutai Lauren a sistemare la cucina.

Perchè nonostante tutto, Rachel e Brandon mi avevano dato un'educazione e mi sembrava giusto dare una mano. Soprattutto perchè stavo vivendo in quella che era la sua casa e mi sembrava il minimo aiutarla a sistemare.

Christopher rimase a sedere e ci guardò fino a quando non finimmo di riordinare tutto.

"Sono felice che hai deciso di cenare con noi." disse all'improvviso.

Misi a posto l'ultimo piatto e mi voltai a guardarlo. Non sapendo cosa dire, rimasi in silenzio.

"Ah." disse, ricordandosi probabilmente di qualcosa.

Si alzò e dopo aver preso un foglietto dal mobile della cucina, me lo tese. Lo presi e quando vidi un numero di telefono, lo guardai confusa.

"E' di una persona che ha chiamato per te, dovresti telefonargli." disse.

"Chi è?" chiesi accigliata.

"Judy Martin, la conosci?" chiese. Le mie labbra si schiusero in sorriso ed annuii.

"Lì c'è il telefono di casa." disse indicandolo.

"Grazie." dissi, prendendolo e componendo il numero.

Uscii dalla cucina e mi diressi verso le scale, ma appena Judy mi rispose, mi fermai nell'ingresso.

"Ashley, aspettavo la tua chiamata!" disse con entusiasmo.

"Come stai?" mi chiese.

"Abbastanza bene. E tu?" le chiesi.

"Bene, grazie. Ti trovi bene con Christopher? Si comporta bene con te?" chiese preoccupata.

"Si, lui.. è una brava persona, avevi ragione." ammisi, perchè questo non potevo negarlo.

"Ne sono felice. Voglio che tu sappia che Rachel e Brandon.." iniziò, prima che io la interrompessi bruscamente.

 

Liam

 

Ero seduto sul divano quando sentii Ashley alzare la voce. Mi voltai e la intravidi dietro la colonna che divideva il salotto dall'ingresso.

"Non mi interessa più di loro." disse. "Sono morti per me." aggiunse.

Corrugai la fronte confuso, non sapendo ne con chi parlasse e ne a chi si stesse riferendo.

Non appena sentii i cuscini del divano muoversi, mi voltai e alla mia destra vidi mio padre, il quale si era seduto al mio fianco.

"Con chi parla?" gli chiesi perplesso.

"Con la miglior amica di tua madre." mi rispose.

A quelle parole i miei occhi si dilatarono e tornai a guardarla incuriosito. Non sapevo che mia madre avesse una miglior amica in California. In realtà non sapevo un sacco di cose sul suo conto.

"Credo che le stia parlando dei suoi genitori adottivi. Ashley ci ha litigato." mi spiegò. Potevo capirla. Le avevano nascosto la verità per diciassette anni.

"Non voglio averci niente a che fare, dì loro di cancellare il mio numero dalla rubrica. Non risponderò alle loro telefonate." disse Ashley.

"Come puoi difenderli? Sono imperdonabili e non insistere, perchè anche tu non sei stata da meno." continuò. Mio padre, alle mie spalle, sospirò rumorosamente.

Io mi chiesi perchè lei avesse tanta rabbia repressa. La risposta la sapevo, era piuttosto ovvia. Ma perchè non voleva farsi aiutare, perchè non voleva lasciarsi andare?

"In tutti questi anni non mi hai mai detto la verità." la sua voce tremò e pensai che si sarebbe messa a piangere da un momento all'altro. Ma ero certo che non sarebbe successo, perlomeno non davanti a noi.

"Smettila di ripeterlo. Se fosse stato per il mio bene, adesso sarei felice." disse, prima di riattaccare.

Posò il cellulare sul mobiletto situato di fianco al portone e poi salì velocemente le scale.

Abbassai lo sguardo distrutto, come se tutte quelle parole colme di rabbia le avesse rivolte a me.

Non era felice ed era colpa mia.

 

Harry

 

Mi trattenni dal suonare il clacson solo perché lo trovavo tremendamente scorretto alle sette del mattino, ma se Liam non si fosse dato una mossa, sarei andato a prenderlo con la forza.

Per fortuna il portone si aprì poco dopo, ma rimasi deluso nel veder uscire una figura minuta, ma soprattutto femminile. No, non era Liam.

Abbassai il finestrino e sul mio volto comparve subito un sorriso divertito. Sporsi la testa e fischiai rumorosamente.

Ashley si voltò subito dopo, dedicandomi uno sguardo infuocato, a dir poco pauroso.

"Vuoi un passaggio?" le chiesi divertito, sorprendendomi del fatto che mi avesse lasciato finire la frase, invece di ringhiarmi dietro una risposta negativa prima ancora di aver ascoltato la domanda.

Rimase in silenzio e dopo una manciata di secondi riprese a camminare, come se le mie parole fossero volate al vento. Scossi la testa divertito e poi notai che, finalmente, Liam era uscito di casa.

"Nervosetta la sorellina." dissi, quando Liam si sedette al mio fianco. Poi misi in moto l'auto.

Lui non disse niente, si voltò verso il finestrino e guardò fuori da esso per tutto il viaggio.

Una volta a scuola, notai che il suo umore non era migliorato e capii che non era dovuto al fatto che doveva ancora svegliarsi del tutto.

"Che ti ha fatto?" gli chiesi, mentre percorrevano il corridoio.

"Chi?" chiese lui confuso, voltandosi verso di me.

"Tua sorella, che ti ha fatto?" gli chiesi ancora.

Lui abbassò lo sguardo e scosse la testa. "Niente." sussurrò poi.

Sospirai seccato e un secondo dopo con la mano avvolsi il suo braccio, costringendolo a fermarsi.

"Puoi dirmi la verità per favore?" gli chiesi.

Lui sbuffò e si liberò dalla mia presa.

"È la verità, Harry. Lei non mi ha fatto niente, sono io ad aver fatto qualcosa a lei." disse arrabbiato.

Corrugai la fronte. "Di che parli?" gli chiesi confuso.

"Lei.. lei parlava al telefono e ha detto che se venire qui fosse stato per il suo bene, adesso sarebbe felice." disse. "E invece non è felice ed è colpa mia." disse, tutto d'un fiato.

Corrugai la fronte e lo guardai incredulo. Non potevo credere al fatto che si ritenesse responsabile dell'infelicità della sorella.

"Tu devi essere matto." dissi scuotendo la testa, lasciandomi scappare una risata divertita.

Sperai che stesse scherzando, ma sapevo che non lo stava affatto facendo.

Perché lo conoscevo e sapevo quanto buono fosse, quanto facile fosse per lui colpevolizzarsi, sempre, per tutto.

"Andiamo Liam, non puoi pensarlo sul serio." dissi, poggiando una spalla agli armadietti.

"Invece lo penso. È tutta colpa mia, Harry. Le sono stato con il fiato sul collo, sono stato insistente, petulante e oppressivo. Ho pensato solo hai miei interessi, al fatto che volessi che si ambientasse il prima possibile. Sapevo che aveva bisogno di tempo e non gliel'ho dato. Così adesso lei ci detesta, detesta me, la sua famiglia e questo posto." disse affranto.

"Liam." sussurrai quasi, distogliendo lo sguardo per resistere alla tentazione di dargli uno ceffone per farlo riprendere e ragionare.

"Liam." dissi di nuovo, quando ripresi a guardarlo.

"Lei non è infelice perché tu l'hai oppressa." iniziai. "Lei è infelice perché è una stronza." dissi poi, con rabbia.

Odiavo il modo in cui si stava comportando, il modo in cui trattava Liam e il resto della sua famiglia.

"Harry." disse lui, accigliato.

Il suono della campanella ci impedì di continuare la conversazione.

 

Ashley

 

Mi sedetti a l'unico tavolo libero della mensa con in mano quello che sarebbe stato il mio pranzo. Vale a dire una mela.

Poggiai lo zaino a terra e recuperai il cellulare dalla tasca inferiore. Quando entrai su whatsapp, aprii la chat mia e di Zayn. Era entrato pochi minuti prima. Sospirai e poggiai il telefono sul tavolo.

Mi mancava dannatamente tanto. Era già difficile all'inizio, quando appena arrivata qua, riuscivo solo a messaggiarci o a chiamarlo ogni tanto.

Ma adesso, che non lo sentivo da un paio di giorni, la situazione era diventata insostenibile.

Senza di lui non potevo farcela. Era l'unico spiraglio di luce nel buio più totale e da quando avevamo discusso, naufragavo nelle ombre. E me ne stavo nel baratro, da sola. A chiedermi se sarei mai riuscita ad uscirne.

Me ne stavo chiusa in me stessa, al sicuro tra due cuffie e una musica troppo alta, ma indispensabile per sopprimere certi pensieri.

Diedi un morso alla mela, la quale rischiò di cadermi di mano, quando qualcuno picchiettò contro il mio braccio. Mi voltai seccata, dedicando uno sguardo truce a Louis, che mi guardava con un'espressione angelica.

Guardò le cuffie che tenevo nelle orecchie, ma non si azzardò ad estrarle. Lo feci io, desiderosa di sapere per quale motivo non riuscisse a starmi alla larga.

"Oggi che vuoi?" gli chiesi.

Lui sorrise e sollevò le braccia con le quali sosteneva il vassoio con il suo pranzo. Poi si sedette di fronte a me.

"Mangiare." rispose poi.

"Ashley."

Mi voltai non appena, alle mie spalle, una voce femminile pronunciò il mio nome.

Era Katy, la quale si venne a sedere al mio tavolo. Quello che fino a pochi minuti fa, era solo mio. Circondò le spalle di Louis con un braccio e dopo esserselo avvicinato, gli diede un bacio sulla guancia.

Io diedi un altro morso alla mia mela e annoiata, mi voltai alla mia destra. Di certo non mi sarei aspettata di ritrovarmi tre paia di occhi fulminei addosso.

"Quello è Harry." disse Katy, quasi divertita. Mi voltai a guardarla.

"Quale?" le chiesi, visto che conoscevo solo Liam, mentre degli altri due, ignoravo l'identità.

"Il ragazzo con quella ridicola massa di ricci scompigliati." mi spiegò, riferendosi a quello che era il mio vicino di casa.

Mi voltai nuovamente a guardarlo e lo trovai fermo nella stessa posizione, con gli occhi puntati sulla mia figura.

"Ci guarda male perchè l'ho lasciato, per Louis." disse, baciando nuovamente il suo ragazzo.

Io la ignorai e continuai a specchiarmi nei suoi occhi verdi. Dubitavo che stesse guardando male la sua ex ragazza, lui ce l'aveva con me.

 

Harry

 

"Cos'hai adesso?" mi chiese Liam.

Io lo ignorai. Mi chiesi cosa Katy stesse raccontando ad Ashley. Immaginavo qualcosa di molto divertente, dato che non la finiva di sorridere.

"Harry smettila di guardarli male." mi riprese Liam. Allora mi voltai e risposi alla sua domanda. "Calcolo." dissi.

"Io fisica." disse, non appena la campanella suonò. "Ci vediamo dopo, allora." disse alzandosi, seguito da Niall.

Annuii distratto e poi tornai a guardare il tavolo a cui erano seduti Ashley e i suoi nuovi amici.

Dovevo parlarle.

 

"Ehi, Ashley?" la chiamai, facendomi spazio tra gli studenti. Lei si voltò e quando mi riconobbe, alzò gli occhi al cielo, per poi ricominciare a camminare.

Era incredibile, non avevo mai conosciuto una persona tanto cocciuta e indispettita. Si fermò solo una volta arrivata di fronte al suo armadietto.

"Ascoltami, Harry. È questo il tuo nome? Devo andare a lezione, non ho tempo per la predica." disse, rovistando alla ricerca di un libro.

Per lei, adesso, ero quello. Colui che prendeva le difese del miglior amico e le faceva ogni giorno la paternale. E sinceramente, non aveva tutti i torti.

"Capisco che tu non voglia starmi a sentire, so che non sono affari miei, ma.." iniziai, prima che lei chiudesse violentemente l'armadietto.

"Hai fatto centro. Non sono affari tuoi." disse.

Strinsi le labbra in una linea sottile. Quella ragazza era impossibile.

"Senti, io posso capire e.." iniziai di nuovo, ma lei non mi permise di finire.

Il suo sguardo fu fulmineo, più che delle altre volte. Si avvicinò pericolosamente con aria minacciosa.

"Tu non puoi capire. Nessuno può." sussurrò con una calma agghiacciante. Ed io mi irritai.

"È vero, hai scoperto di essere stata adottata ed hai dovuto trasferirti dall'altra parte dell'Oceano." dissi, rendendomi conto di non aver avuto per niente tatto.

Ma non mi importava, da quando era arrivata, lei non si era preoccupata dei sentimenti altrui ed io feci altrettanto con lei.

"È comprensibile il fatto che tu abbia bisogno di molto tempo per accettare la situazione. Ma cosa credi? Di essere l'unica ad aver sofferto? E Christopher allora? Ha scoperto che la donna che amava gli ha tenuto nascosto una figlia. Credi sia facile per un uomo, dopo essere riuscito a rifarsi una famiglia, scoprire di essersi perso diciassette anni di una figlia di cui non sapeva l'esistenza? Eppure ti ha accettato in casa sua e ti ha trattata fin da subito come una figlia che ha cresciuto lui stesso. E Liam, che ti ha amata ancor prima di conoscerti, che ti ha accettata subito, come se fosse tuo fratello da sempre. Che si tortura perché non riesce a renderti felice, che nonostante tu lo tratti come un estraneo, continua a preoccuparsi per te. Pensa a Lauren, che ha scoperto che suo marito ha un'altra figlia. So che non è una donna socievole, ma poteva prenderla molto peggio, invece a quanto ne so io, si è comportata bene nei tuoi confronti. L'unica che non riesce ad accettare tutto questo sei tu." dissi, tutto d'un fiato.

Lei incassò la sfuriata senza scomporsi di un centimetro. "Hai finito? Faccio tardi a lezione." disse impassibile, superandomi velocemente.

Sospirai seccato, quasi senza fiato a causa del discorso appena terminato. Era quello il suo lato peggiore, l'indifferenza.

Sperai perlomeno che le mie parole le fossero restate in mente, che ci avrebbe riflettuto almeno un po'.

 

Ashley

 

Invece di dirigermi a lezione, uscii.

Le regole lì erano ben diverse che in America e non potevo fare esattamente quello che volevo, ma semplicemente lo feci.

Mi strinsi nel cappotto e mi sedetti sulla scalinata della scuola. Presi il telefono tra le mani e scrissi un messaggio.

 

Ho bisogno del mio miglior amico, ti prego.

Non riesco più a farcela senza di te, chiamami, devo parlarti, ne ho davvero bisogno.

Ash.



 

Salve ragazze :)

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, il succo è sempre quello.

Lei fa soffrire Liam e Harry corre in suo soccorso, con poco successo, direi. Cambieranno le cose?

Non smetterò mai di ringraziarvi, un bacio enorme a tutte.

Michi x





 

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Capitolo 16
*** You broke his heart. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo’
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You broke his heart.

 

"The struggles I'm facing,
the chances I'm taking."

 

un anno e mezzo prima.
 

Scesi in strada e mi beai del sole che scaldò immediatamente la mia pelle. Avevo appuntamento con Dean, perciò mi sbrigai, odiava vedermi arrivare in ritardo. 

Ed io avevo imparato a non fare le cose che lo infastidivano. Fin troppe volte mi aveva urlato in faccia, ma poi si era calmato quasi subito.

Zayn diceva che era un rapporto malato, ma io credevo solamente che lui cercasse di cambiare le cose negative in me. Mi aveva resa migliore. O perlomeno, adesso non arrivavo più in ritardo.

"Ehi." insorse una voce alla mie spalle.

Sussultai quando qualcuno si aggrappò con violenza ai miei fianchi. Mi voltai spaventata, ma mi rilassai non appena riconobbi Dean.

Premette con forza le sue labbra sulle mie, lasciandoci un retrogusto di birra e tabacco.

"Stavo andando a casa tua. Come mai non sei la?" gli chiesi confusa.

"Perchè sono uscito con degli amici. E' un problema?" chiese accigliato. Scossi la testa. "No." dissi poi.

"Vieni." disse strattonandomi. "Stai con noi." disse poi, trascinandomi all'interno del bar nel quale era con i suoi amici.

Non mi sentivo affatto a mio agio lì. I ragazzi erano quasi tutti sbronzi e le ragazze gli si aggiravano attorno, prosperose e praticamente svestite.

"Chi è, la tua ragazza?" chiese uno, prima di sbattere la mano contro il mio sedere.

Mi voltai del tutto sconcertata e Dean rise, senza dirgli niente. Non era geloso, non gli importava se un suo amico mi avesse appena toccata. Io non capivo.

Lo seguii sconsolata, desiderando di poter uscire il prima possibile da quel posto. Si mise su una sedia e mi fece sedere sulle sue gambe.

Stetti lì un'ora, in silenzio, ad ascoltare i loro discorsi malati, a sopportare i commenti indecenti e ad ignorare il comportamento del mio ragazzo.

Dopo un'altra mezz'ora gli chiesi se mi lasciava uscire un attimo, per prendere una boccata d'aria. Il fumo delle loro sigarette aveva praticamente sostituito l'ossigeno. Gli occhi e la gola mi bruciavano.

Lui mi diede incredibilmente il permesso e una volta fuori, ripresi a respirare. Mi sedetti su una di quelle sedie di plastica, grigie e scomode.

Restai lì qualche minuto e poi, sul marciapiede di fronte a me, vidi Sophie, la ragazza di Zayn. Non mi era mai andata troppo a genio, ma lui era pazzamente innamorato di lei e perciò ero stata costretta ad accettarla.

"Ehi, Sophie." dissi avvicinandomi a lei. Quando lo feci, notai che dietro di se trascinava una valigia.

Non sembrò felice di vedermi, finse una tosse e poi distolse lo sguardo. "Vai da qualche parte?" le chiesi curiosa.

"Si." rispose lei, con poco entusiasmo.

"Un viaggio?" chiesi, incrociando le braccia al petto. Lei annuì velocemente.

"Capisco, mh.. si tratta di una vacanza con i tuoi? Dove andate?" chiesi.

Lei sembrò spazientirsi. In effetti l'antipatia che provavo nei suoi confronti, era ricambiata.

"Inghilterra." rispose. Lo trovai un posto strano per un viaggio. Voglio dire.. davvero vivevano in un posto come la California ed andavano in vacanza nella fredda e nebbiosa Inghilterra?

Era una scelta discutibile, a me personalmente, quel posto non piaceva affatto. A meno che non si trattasse della capitale, Londra, se pur nebbiosa, era splendida.

"Ah, Zayn non me lo ha detto." dissi.

Lei serrò le labbra. "Perchè Zayn non lo sa." disse poi, duramente. Corrugai la fronte. "Perchè non glielo hai detto?" chiesi confusa.

Quei due si chiamavano anche per dirsi quante volte al giorno respiravano, mi sembrava impossibile che non lo avesse avvertito che partiva. E comunque, non aveva senso.

"Perchè non è una vacanza, Ashely. Mi trasferisco, ok?" disse, alterandosi.

Schiusi la bocca per la sorpresa ed impiegai qualche secondo per elaborare le sue parole.

"Mio padre ha trovato lavoro lì e noi dobbiamo andarci a vivere, non ho scelta." mi spiegò.

La guardai in silenzio. Mi importava ben poco della sua vita o del lavoro di suo padre. La cosa che mi aveva lasciata spiazzata, era il fatto che non lo avesse detto al suo ragazzo.

"E Zayn non sa niente di tutto ciò?" le chiesi. Lei scosse la testa tristemente.

"Quando parti?" le chiesi, sempre più accigliata.

"Oggi." disse. "Sono passata a prendere l'ultima valigia e poi.." iniziò, prima che la interrompessi.

"Hai intenzione di andartene senza dirglielo?" gli chiesi sbigottita.

"Odio gli adii." mi rispose. Ed io non potei fare a meno di pensare che fosse soltanto una stupida, come avevo sempre sostenuto.

"Sophie, non puoi fargli questo. Lui è innamorato di te, gli spezzerai il cuore." dissi disperata, pensando all'espressione di Zayn, quando avrebbe scoperto attraverso un messaggio o una telefonata che la sua ragazza stava volando oltreoceano.

"Lo so, ma non riesco a guardarlo negli occhi e digli che è finita." si giustificò.

La incenerii con lo sguardo. "Se adesso tu non vai a casa sua a dirgli cosa sta succedendo, io ti giuro che ti ci trascino con la forza." dissi con rabbia. "Te lo giuro, Sophie. Fosse l'ultima cosa che faccio." aggiunsi poi.

Le assottigliò lo sguardo indignata. "Ho sempre pensato che tu fossi una squilibrata." disse.

Mi avvicinai minacciosa. "Ed io ho sempre pensato che tu fossi una povera scema, ma non per questo ti permetterò di far soffrire il mio miglior amico." le dissi, prima di vederla dirigersi verso casa di Zayn.

 

Lo sguardo che le dedicai fu truce. L'avevo sempre detestata, ma dopo che ebbe piantato Zayn, l'avevo odiata ancora di più.

Non avevo mai visto il mio miglior amico ridotto in quello stato. Stette male per mesi e dubitavo che sotto, sotto soffrisse ancora per quella rottura.

Lei si avvicinò al tavolo attorno al quale eravamo seduti, sorridendo e conversando con Harry.

Ma quando alzò lo sguardo e mi vide, si immobilizzò. "A-Ashley?" chiese, del tutto sconvolta.

Tutti ci guardarono confusi, non potendo immaginare i nostri trascorsi.

Mi alzai ed afferrai il cappotto. "Io me ne vado a casa." dissi a Liam, il quale mi guardò stupito.

Mi chiesi come diamine fosse possibile che con tutte le città inglesi che esistevano, Rebecca e Christopher vivessero proprio in quella in cui si era trasferita Sophie.

"Aspetta, Ashley." disse lei, afferrandomi per il braccio.

Avevo deciso di andarmene per evitare scenate, per dar retta ai consigli di Zayn. Ma lei stava sfidando la mia pazienza.

"Vi conoscete?" chiese Liam confuso.

Lo ignorai e mi liberai dalla sua presa. "Non ti azzardare a toccarmi." le dissi, quasi in sussurro.

Lei si stampò in faccia la stessa espressione che aveva fatto la volta in cui l'avevo minacciata di trascinarla con forza da Zayn.

"Guardati." dissi. "Non vali niente." aggiunsi con disprezzo.

Harry, alle sue spalle, avanzò e mi guardò indignato. "Non permetterti di parlarle così." disse poi.

Era incredibile. L'unica cosa che quel ragazzo era in grado di fare, era difendere continuamente i suoi amici. Forse era il caso che si circondasse di persone più autonome e audaci.

"Tu non hai idea di che persona codarda hai di fianco." dissi, riferendomi a lei.

I suoi occhi si inumidirono. "Ero innamorata di lui, Ashley. Per questo non riuscivo a dirgli addio." si giustificò.

"No, tu non sei stata in grado di lasciarlo perchè sei una vigliacca." le dissi, alterandomi.

"Non è vero, avevo solo paura di ferirlo." insistette.

A quelle parole mi infuriai. "E pensavi che nascondendogli il tuo trasferimento non lo avresti ferito? Cosa credevi, che per caso non se ne accorgesse?" chiesi ironicamente.

"Sei una stupida, Sophie. Lui si meritava di meglio. Gli hai spezzato il cuore." dissi con rabbia.

"Adesso basta, Ashley. Stai esagerando." disse Harry.

"Voi non sapete delle notti insonni che ho passato al suo fianco, immersa nelle sue lacrime." dissi, alzando la voce.

Le persone sedute nei tavoli vicini iniziarono a guardarci curiosi, ma a me poco importava.

"Anche Sophie ha sofferto." la difese Harry.

"Non raccontarmi cazzate. Questa stronza se ne andava senza dargli neanche una spiegazione." dissi infuriata.

Lei si mise a piangere silenziosamente e lui, vedendola, si irritò.

"Adesso è veramente il caso di smetterla." disse, posando le mani sulle mie spalle per allontanarmi.

Peggior errore non poteva farlo. "Non toccarmi." dissi, scacciando con forza le sue mani dal mio corpo.

Lui le ritirò immediatamente e quando distolsi lo sguardo, Sophie aveva le mani sopra gli occhi e al polso portava ancora il bracciale che le aveva regalato Zayn. Quasi mi venne da ridere.

"Non sei neanche degna di indossarlo." dissi, guardandolo.

Lei portò istintivamente una mano a coprirlo. "Dammelo." dissi poi, aprendo il palmo della mano davanti al suo viso.

Lei scosse la testa. "Me lo ha regalato." disse poi.

"Ma tu non lo meriti." dissi, avvicinandomi, con l'intenzione di strapparglielo dal polso, annebbiata dalla rabbia..

Ma Niall mi afferrò per un braccio ed io mi voltai, dedicandogli uno sguardo truce.

Prima che la mia mano potesse raggiungere la sua guancia, però, qualcuno mi afferrò il polso e mi trascinò.

"Andiamo, Ashley." disse Louis, facendo scivolare le sue dita dal mio polso alla mia mano. Mi prese delicatamente e mi condusse fuori, tenendomi stretta a se.

 

Seduta sul suo divano, con lo sguardo perso nel vuoto, avevo da poco finito di raccontare tutto a Louis e lui mi aveva ascoltata in silenzio.

Non seppi con precisione cosa mi spinse ad aprimi con lui. Ma lo feci e dopo mi sentii dannatamente meglio.

"Se avessi saputo che Liam è tuo fratello, non lo avrei chiamato sfigato." disse, sedendosi al mio fianco.

"Non importa." sussurrai, poggiando la testa allo schienale del divano.

"Quindi, se ho capito bene, tu e Sophie vivevate in America ed eravate la miglior amica e la ragazza di Zayn?" chiese, cercando di chiarirsi le idee.

"Si, ma poi lei si è dovuta trasferire a causa del lavoro di suo padre ed io.." iniziai, lasciando però a mezz'aria il discorso.

"E tu?" chiese confuso.

Sospirai. "Io sono venuta qua non appena ho scoperto di essere stata adottata." confessai.

Lui schiuse la labbra per la sorpresa ed assunse un'espressione mortificata.

"Non preoccuparti. Non l'ho superata, ma sto fingendo che sia così." sussurrai.

"Non avrei voluto alterarmi tanto. Avevo promesso a me stessa che avrei mantenuto il controllo, infatti appena l'ho vista ho deciso di andarmene." iniziai.

"E' stata lei a provocarmi. Poi Harry e Niall mi hanno messo le mani addosso e.. io odio essere toccata, dannazione." dissi.

E lui, come se non avesse appena sentito le mie parole, mi circondò le spalle con il braccio e mi attirò a se. "Lo so." sussurrò poi.

"Il mio piano è andato a farsi fottere." dissi sbuffando.

"Quale piano?" chiese.

"Volevo cercare di.. migliore il rapporto che ho con loro. Anche se da poco, sono la mia famiglia e dovrò vivere con loro ancora per molto. Ma credo che Liam non mi perdonerà questa scenata." dissi.

Louis mi accarezzò la spalla e assottigliò le labbra, poi scosse la testa.

"Non lo conosco bene, ma non mi sembra il tipo." disse poi.

Sospirai. Infondo io avevo le prove del fatto che Liam si arrabbiasse difficilmente, ma ad ogni modo, nessuno di loro avrebbe avuto le mie scuse, tanto meno Sophie.

Quando guardai l'orologio mi accorsi che era tardi, così decisi di tornare a casa. Non conoscevo la strada e a quanto pare, era distante. Perciò Louis insistette per accompagnarmi con l'auto.

"Cerca di non fare a pugni con nessuno, Ash." disse divertito, prima che scendessi dalla macchina.

Mi affacciai al finestrino e gli sorrisi.

"Grazie." dissi poi.

"Non c'è di che. Ci vediamo a scuola." disse, prima di alzare la mano in segno di saluto e di sparire lungo la strada poco illuminata. Sospirai e mi avvicinai alla porta.

Come immaginavano, dato che era ora di cena, erano tutti a tavola. Perciò in silenzio, tolsi le scarpe e salii piano le scale. Mi svestii velocemente e dopo aver indossato il pigiama, mi stesi sul letto.

Circa dieci minuti dopo, qualcuno stava già salendo le scale. Senza preavviso la porta si aprì e la luce si accese, permettendomi di vedere il volto, quasi sollevato, di Liam.

"È tutto il giorno che cerco di chiamarti, dov'eri finita?" mi chiese preoccupato.

Sorpresa dal fatto che non avesse fatto riferimenti alla discussione, decisi di non parlarne neanche io.

"Scusami sono stanca, spegni la luce." dissi allora.

La sua espressione mutò, era deluso. Sperava che dopo il mio cambiamento, il nostro rapporto migliorasse. Ma dopo quel movimentato incontro, mi ero di nuovo chiusa nel guscio.

"Pensavo che.. potessimo parlare." disse speranzoso.

"Ho sonno, Liam." dissi, voltandomi e coprendomi maggiormente con la coperta.

Calò il silenzio e qualche secondo dopo, spense la luce ed uscì.



 

Calme, tranquille, respirate, non odiatemi.

Rilassatevi che è tutta apparenza. Vi assicuro che non ricomincerà tutto da capo.

Ashley adesso sta cambiando, piano, piano. Vedrete che migliorerà presto il rapporto fra lei e gli altri.

So che finisce male questo capitolo, ma non disperate.
 

Un bacio enorme a tutte,

Michi x




 

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Capitolo 17
*** Overseas. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
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Overseas.

“Look at me now. I'm falling,
can't even talk, still stuttering.”
 


Zayn


Quando il telefono vibrò, pensai che Trevor avesse impiegato davvero poco a rispondermi.

Ma quando sbloccai il cellulare ed aprii whatsapp, mi resi conto di avere un messaggio non letto e quando lessi il suo nome e la data, ebbi un sussulto al cuore.

Il messaggio risaliva al giorno prima ed io non mi spiegavo come fossi riuscito a non notarlo prima.

In quei giorni avevo pensato quasi costantemente a lei. Sapevo di aver fatto la cosa giusta. Con Ashley dovevo avere polso, dovevo essere autoritario e severo. Altrimenti lei non mi ascoltava.

Avevo il faticoso privilegio di essere praticamente l'unica persona di cui si fidasse, perciò sapevo che le mie parole le avrebbe ascoltate veramente.

Quando le avevo detto ciò che pensavo riguardo al suo comportamento, lei era voluta restare della sua idea.

Ma sapevo che in quei giorni ci aveva riflettuto e speravo che si fosse resa conto che avevo ragione.

Aprii il messaggio.

 

Ho bisogno del mio miglior amico, ti prego.

Non riesco più a farcela senza di te, chiamami, devo parlarti, ne ho davvero bisogno.

Ash.

 

A quelle parole, il mio cuore si rimpicciolì e mi sentii terribilmente in colpa.

Le avevo promesso, che nonostante la lontananza, ci sarei sempre stato per lei. E invece, nel momento del bisogno l’avevo lasciata da sola.

Però era stato giusto non cercarla in quei giorni, vista la nostra ultima discussione. Anche se era stato dannatamente difficile ignorare la tentazione di prendere quel telefono e chiamarla.

Avevo aspettato che fosse lei a cercarmi, perchè speravo che lo avrebbe fatto nel momento in cui si fosse resa conto dei suoi errori.

Cercai nella rubrica il suo numero e, finalmente, inviai la chiamata. Lei rispose immediatamente.

"Zayn." disse con una voce che non le apparteneva. Non era spavalda e sicura come sempre. Era tremolante, insicura.

"Ashley, perdonami. Io.. non l’ho letto, scusa." le dissi, quasi in un sussurro, spiazzato dal suo flebile tono di voce.

"Sono io che devo chiederti scusa. Mi dispiace tanto, Zay." disse subito dopo.

"Lo so, piccola. Sistemeremo tutto, insieme. Sono qui, ok?" mi alzai dal mio letto ed uscii sulla terrazza.

Guardai di fronte a me e vidi l’oceano, il sole splendeva in cielo ed era molto caldo. Il fatto che da lei nevicasse, mi fece rendere conto, ancora per una volta, di quanto fossimo lontani.

"Io non lo faccio di proposito. Cioè si, ma.." iniziò, con voce rotta. Ma non piangeva.

"Cos’è successo?” le chiesi preoccupato. Dall’altro lato del telefono, la sentii sospirare.

"Ti ho scritto quel messaggio ieri, perchè un ragazzo, un amico di Liam.. mi ha detto delle cose che mi hanno fatta riflettere.” mi raccontò.

"Avevo bisogno di un consiglio e quando tu non mi hai risposto, mi sono chiesta cosa mi avresti detto. E ho pensato che mi avresti probabilmente suggerito di cercare di lasciarmi andare." disse, ed aveva perfettamente ragione.

"Si, è quello che ti avrei suggerito di fare." dissi in conferma.

"Così ho cercato di farlo, Zayn. Ma.. non è andata bene." disse con la voce velata di tristezza. "E’ successo qualcosa?" le chiesi.

Dall’altro lato del telefono sentii silenzio e poi mi liquidò con un niente sussurrato. Era chiaro che non voleva raccontarmelo, e la cosa mi ferì, ma non glielo dissi.

"Ti capisco, Ashley. Stai solo cercando di tenerti al sicuro. Ma puoi esporti, loro non ti faranno del male, sono la tua famiglia." le dissi, sperando di rassicurarla.

"E chi me lo dice che non mi feriranno? Chi ti dice, Zayn, che non si comporteranno come tutti gli altri?" chiese, quasi disperatamente.

Avrei tanto desiderato essere al suo fianco. Avrei voluto poterla aiutare a fare il salto e se fosse stato necessario, a riprenderla, se fosse caduta. Ma non potevo e lei sembrava forte, ma era così fragile.

Il suo cuore aveva subito troppi colpi. Era stata ferita così tante volte da non riuscire più a fidarsi di nessuno. Non si trattava solo di Brandon e Rachel, c'era anche Judy, e Dean.

Era stato lui a darle il colpo di grazia. Dubitavo persino che sarebbe riuscita ad innamorarsi di nuovo.

Ma era una cosa che era iniziata molto prima. Fin da piccola era stata presa in giro da tutti, amiche comprese. Solo io non l'avevo mai tradita. Perciò la capivo, capivo che lei non volesse esporsi per paura di essere ferita per l'ennesima volta.

Ma questa non era una scusa per trattare la sua famiglia in quel modo. Considerando anche il fatto che l'avevano accettata fin da subito. Ed erano stati premurosi, non petulanti e ossessivi, come diceva lei.

"Non te lo può dire nessuno, Ash. Ma tu mi hai parlato di loro e anche se non li conosco, mi sembrano brave persone." dissi.

"Credi che tuo fratello voglia che tu ricambi il bene che lui ti vuole, solo per ferirti? Credi che tuo padre, voglia averti nella sua famiglia, solo per poterti far del male?" le chiesi.

"E' un rischio, è vero. Ma credo che tu ti possa permettere di correrlo, perchè quelle persone ti vogliono bene nonostante il tuo caratteraccio, figuriamoci se conoscessero la Ashley che conosco io. Ti amerebbero." dissi sorridente.

La sentii sospirare e mi sembrò infinitamente più tranquilla.

"Cosa farei senza di te?" mi chiese poi. Sorrisi. “Non preoccuparti, non vado da nessuna parte.“ le dissi.

"Sei incredibile, Zayn. Riesci ad aiutarmi anche oltreoceano." disse. "Sai che non c'è distanza che tenga.“ le risposi.

"Zayn, lì come va? Stai bene tu? Tua sorella? Tuo padre? Hai sistemato quella faccenda?" chiese. Mi irrigidii per le troppe domande. "Si, tutto bene." le risposi poi.

"Sicuro? Anche io posso essere di aiuto a te, so ancora essere una buona amica." disse ridendo.

Sorrisi. "Non preoccuparti, Ash. Va tutto benone." le dissi. "Ma adesso devo andare, Trevor mi aspetta."

"Mh, salutamelo." disse. "Come desideri."

“Grazie, Zay." sussurrò. "Di niente, piccola. Fammi sapere se sei riuscita ad uscire dal guscio." le dissi, facendola ridere.

"Va bene, ciao." disse divertita.

"Ciao Ash." dissi, prima di chiudere la chiamata.

 

Ashley

 

Nonostante io mi aspettassi esattamente quelle parole da Zayn, avevo bisogno di sentirmele dire. Il giorno prima, avevo provato a seguire quelli che poi erano stati i suoi consigli, ma non era stato affatto facile.

Mi ero sforzata di sorridere a Liam e di chiedergli come trascorresse la sua giornata, avevo pranzato con tutta la famiglia, ed avevo scambiato due chiacchiere con Ruth, mentre ripulivamo la cucina.

Tutto ciò era innaturale e lo sforzo era disumano, ma in un certo senso, i loro sorrisi sinceri mi ripagarono.

Cominciai a sentirmi un po’ più a mio agio e quando Liam mi chiese di uscire con lui e i suoi amici, il pomeriggio precedente, avevo accettato volentieri.

Ma ovviamente non avevo la minima idea che Sophie avrebbe sabotato il mio piano. A dir la verità, non avevo neanche la minima idea che nelle settimane precedenti, avessimo frequentato la stessa scuola senza mai scontrarci.

Quando Zayn mi aveva chiesto cosa fosse successo, non avevo avuto il coraggio di dirglielo. Non sapevo come avrebbe potuto prenderla.

Ero sicura che la ferita causata dalla separazione con Sophie, facesse ancora male e alimentare il suo dolore, mi sembrava inutile.

Lui, invece, con me era stato sincero e le sue parole di conforto mi diedero la giusta carica per alzarmi sorridente quella mattina, anche se non avevo nessun motivo per esserlo.

Ero riuscita a fare un passo avanti, ma dopo la sfuriata al Rammer Jammer, ne avevo fatti due indietro.

Adesso Liam era probabilmente arrabbiato con me, o perlomeno, deluso dal mio comportamento. Harry era sicuramente furioso, ma il suo giudizio era rilevante solo a causa della stretta amicizia con Liam.

Non avevo idea di come sarei riuscita a fare di nuovo quel passo in avanti, per il momento, mi limitai a percorrere la strada che mi avrebbe condotta a scuola.

 

 

"Hai un aspetto orribile."

Mi voltai appena sentii la voce divertita di Louis alle mie spalle.

Quella mattina ero arrivata in anticipo e mi ero seduta sulle gradinate della scuola, l'unico posto privo di neve. Louis si sedette di fianco a me. "E' bello sentirsi dire certe cose di prima mattina." dissi divertita.

Erano ancora le prime volte che non gli ringhiavo contro di lasciarmi in pace. Avevo deciso di prendere i consigli di Zayn seriamente.

Ed iniziai ad applicarli con Louis, visto che non mi aveva fatto niente di male. Anzi, per il momento mi era stato solo d’aiuto.

"I veri amici dicono sempre la verità." disse sorridendo.

A quelle parole mi irrigidii. Non avevo mai avuto amici, se non Zayn. Tutti gli altri erano conoscenti e per me la differenza era abissale.

Louis, a differenza di tutti gli altri, mi ispirava fiducia e sentivo che potevo fidarmi, ma non mi sarei comunque sbilanciata più di tanto. Rischiavo di sbatterci la testa, com’era sempre successo quando mi ero fidata delle persone sbagliate.

Quando un soffio di aria fredda ci raggiunse, mi strinsi nel cappotto. Il mio corpo non era abituato a quelle temperature. Le mie labbra erano completamente screpolate e mi facevano un male cane.

Louis alzò il braccio e mi circondò le spalle stringendomi a sé e iniziando a strofinare la mano contro il tessuto del mio cappotto per riscaldarmi.

Istintivamente lo guardai, quasi allarmata. Odiavo essere toccata e lui lo sapeva, anche se il giorno prima glielo avevo lasciato fare.

"Tranquilla, non mordo." disse divertito. "Cerco solo di non farti congelare." aggiunse poi. Sforzai un sorriso cercando di rilassarmi.

Quando suonò la campanella, mi sentii improvvisamente sollevata ed iniziai a bramare il riscaldamento all'interno della struttura. Ci alzammo e raggiungemmo l'entrata.

"Ci vediamo a mensa." disse Louis, prima di baciarmi una guancia e lasciarmi in corridoio, totalmente spiazzata.

 

 

Arrivata alla terza ora, dovetti fare le corse per raggiungere l’aula di trigonometria. Mi sedetti ad uno degli ultimi banchi ed aprii un paio di libri per dare l'impressione che stessi seguendo la lezione.

Nonostante io mi comportassi così quasi ogni mattina, non stavo ottenendo dei cattivi risultati.

La scuola che frequentavo a Long Beach era molto più difficile e la maggior parte degli argomenti li avevamo già affrontati. Perciò me la cavavo piuttosto bene.

Quando qualcuno si sedette al mio fianco, non alzai neanche il viso. Ma dopo qualche minuto sentii il suo sguardo bruciare sulla mia pelle e dovetti voltarmi a guardarlo.

Corrugai la fronte non appena lo riconobbi. "Tu frequenti la classe superiore, cosa fai a questo corso?" chiesi seccata.

"È un corso misto. Dovresti essere più informata." mi rispose Harry. Alzai gli occhi al cielo e poi distolsi lo sguardo, decisa ad ignorarlo.

Ero sicura che mi stesse semplicemente perseguitando, dato che durante le ore successive lo avevo visto dietro ogni angolo.

Stava probabilmente cercando il momento giusto per rimproverarmi del mio atteggiamento nei confronti dell'amica, visto che era la cosa che gli riusciva meglio.

Adesso temevo che avesse trovato il momento perfetto, ed io non potevo più evitarlo.

Cercai di resistere, ma era quasi impossibile per me ignorare il suo sguardo, il quale non sembrava volersi distogliere dalla mia figura.

Forse ero psicopatica, ma si, odiavo essere fissata e toccata. Cosa potevo farci?

"Puoi, per favore, smetterla di fissarmi?" gli chiesi seccata.

Lui sorrise. "Scusa, stavo solo guardando il tuo tatuaggio." disse, indicandolo.

Quando capii che si riferiva alla rosa tatuata dietro il mio orecchio, sciolsi i capelli e la coprii. Lo vidi scuotere divertito la testa e poi sospirò, voltandosi finalmente da un'altra parte.

Era il suo modo di fare ad irritarmi. Così saccente e impiccione. Voglio dire, se avevo dei problemi con Sophie, erano tra me e lei, che bisogno c'era di intromettersi?

E perché doveva sempre prendere le difese di Liam? Credo che fosse abbastanza grande da riuscirci da solo, se voleva.

Non lo sopportavo proprio, avrei voluto solo che si facesse gli affari suoi e che smettesse di ficcare il naso nella mia vita.

Speravo che, perlomeno, dopo la discussione con Sophie, mi avrebbe detestata a tal punto di non volermi più vedere neanche in faccia. Invece no, eccolo qua, a sorridermi come se non fosse successo assolutamente niente.

"Dovresti sul serio smetterla." sussurrò all'improvviso, abbandonando il sorriso di cui parlavo poco prima. "Di fare cosa?" gli chiesi seccata.

"Payne, il fatto che tu sia seduta negli ultimi banchi non ti autorizza a conversare con il signor Styles." mi ammonì il professore. Il quale mi innervosì ulteriormente, poiché non volevo essere chiamata per cognome.

"Di rifiutare le persone. Guardati, cazzo, sei sola." rispose Harry, ignorando il professore.

Sentii la rabbia scoppiarmi in corpo e l'irritazione sfiorò i massimi livelli.

"Adesso mi hai stancata, smettila di giudicarmi." dissi a denti stretti, ma non riuscii a limitare più di tanto il volume della voce.

"Payne e Styles, se avete dei problemi risolveteli fuori di qui." disse il professore, quando iniziò a stufarsi.

"Io non ti sto giudicando, cerco solo di aiutarti." insistette Harry, nonostante tutti gli occhi della classe fossero puntati su di noi.

"Ho detto fuori!" disse il professore, alzando il tono della voce. Mi alzai e dopo aver preso lo zaino e i libri, uscii velocemente, seguita da Harry.

"Lasciami in pace, non ho mai chiesto il tuo aiuto." dissi, percorrendo il corridoio, sperando di seminarlo.

"Sei la sorella del mio miglior amico. Lo faccio per lui, non per te." disse. "Liam ha accettato la situazione, perciò puoi smetterla." dissi, fermandomi.

"Solo perché ha smesso di insistere, non significa che non lo voglia o che abbia smesso di crederci." disse, ricominciando a prendere le sue difese.

"In ogni caso, io non lo voglio e non ci ho mai creduto." dissi, per poi riprendere a camminare.

"Non è vero, Ashley." disse alle mie spalle e mi irritò, perchè aveva ragione.

"Sei incredibile, rifiuti tuo fratello e te ne vai in giro con quell'idiota di Louis." aggiunse poi, con disprezzo. Mi voltai, per niente d'accordo con le sue parole.

In Louis ero riuscita a trovare un amico, in lui rivedevo Zayn, anche se in piccola, piccolissima parte.

"Lo dici solo perché ti ha soffiato la ragazza." dissi. E dall'espressione che fece, capii di averlo ferito.

"E poi non prendo consigli da uno che se ne va in giro con quella scema di Sophie." aggiunsi, prima di andarmene.

Era definitivo, con Harry non sarei mai riuscita a fare quel passo avanti.

Ogni volta che vedevo la sua fastidiosa faccia, le parole uscivano dalle mie labbra più velenose che mai e finivo con il farlo arrabbiare sempre di più.

Mi diressi in mensa e dopo aver preso qualcosa da mettere sotto i denti, cercai Louis con lo sguardo.

Quando lo trovai, lo raggiunsi e mi sedetti di fronte a lui. Osservai il suo vassoio e risi divertita, poiché sembrava aver svaligiato la mensa.

"Direi che hai fame." dissi poi. Lui mi sorrise e poi guardò alle mie spalle. "Ed io direi che te ne stanno dicendo di tutti i colori." disse cupo.

Mi voltai e al solito tavolo, Harry, Niall e Sophie mi guardavano quasi con disprezzo, mentre Liam se ne stava a testa bassa a giocherellare con il cibo.

Alzai le spalle noncurante. "Fa niente. L'arcobaleno mi è sempre piaciuto." dissi poi, facendolo ridere di gusto.

"Non sei riuscita ad avvicinarti un po’?” mi chiese poi. "No. Ma indovina?" chiesi, fingendomi divertita. "Sono riuscita ad allontanarmi. E di parecchio anche." dissi.

Lui mi sorrise dolcemente. "Se hai bisogno di una spinta, ti ci faccio avvicinare io." disse, facendomi ridere di gusto.

Scossi la testa. "No, ma grazie per il pensiero." gli risposi divertita.






 

Buon pomeriggio ragazze,

non so se per voi è un bene o un male, ma questo capitolo, al contrario degli altri, finisce in modo piuttosto tranquillo, nonostante il caos sia all’interno.

Alcune di voi, nelle recensioni dello scorso capitolo, mi hanno detto che erano confuse, poiché il precedente finiva con lei che mandava un messaggio a Zayn e poi, il sedicesimo capitolo, iniziava con lei che incontrava Sophie.

Spero che il perchè si sia capito.

Zayn non ha risposto a quel messaggio e lei, di testa sua, si è sforzata di essere più gentile e socievole, anche se poi, a causa di Sophie, lei torna ad essere quella di sempre.

Il giorno dopo, Zayn le risponde al messaggio e lei è di nuovo convinta ad uscire dal guscio, ma si, Harry rovina tutto.

Non disperate che il fatidico momento sta per arrivare, ahahaha.

Se questo capitolo riceve un po’ di recensioni in poco tempo, aggiorno prima. Non è una minaccia, giuro.

Grazie mille, ad ognuna di voi.

Michi x

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Capitolo 18
*** What's wrong with you? ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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What’s wrong with you?

 

“I don't understand what's happened,

I keep saying things I never say.”

 

 

Quando bussarono alla mia porta chiusi il libro che stavo leggendo e diedi il permesso di entrare. Sulla soglia apparse Christopher con un vago sorriso in volto.

Ero sdraiata a pancia sotto e sebbene non stessi neanche comoda, non mi mossi.

"Ciao." disse. "Hai cinque minuti?" mi chiese poi. Annuii e lui si sedette sul letto di Liam.

"Come stai, Ashley?" chiese preoccupato.

Non avevo una risposta concreta, perciò mi limitai a sollevare le spalle e a scuotere la testa. Lui sospirò e poi distolse lo sguardo.

"So di non essere bravo.. in questo. A lavoro è un momento difficile e come vedi a casa non ci sono quasi mai." disse.

In effetti era la figura meno presente di tutta la famiglia. Mi ero trasferita per vivere con mio padre e in realtà, non lo vedevo mai.

"Ma voglio che tu sappia che ci sono per te. Puoi chiamarmi quando vuoi e possiamo parlare, di qualsiasi cosa." aggiunse. Annuii e lui mi sorrise dolcemente.

"Sei molto bella Ashley." sussurrò poi, prendendomi alla sprovvista.

Inclinai la testa di lato e cercai di leggere le sue emozioni. Era pensieroso e mi chiesi cosa gli stesse passando per la mente.

"Grazie." risposi poi.

"Anche tua madre era bella. La donna più bella che io avessi mai visto." disse, distogliendo lo sguardo.

"E' vero."

Io con Rebecca, al contrario che con Christopher, sentivo uno strano legame. Nonostante non l'avessi mai conosciuta, nonostante non ci fosse più. Io la sentivo vicina. 

Ogni mattina, guardavo quella foto, l’unica che possedevo, e sentivo la sua voce che mi augurava una buona giornata.  Nonostante io, la sua voce, non l'avessi mai sentita. Ma la immaginavo solare, materna.

Invece fra me e Christopher percepivo un muro. Lo sentivo freddo e distaccato. Era ancora un estraneo per me.

Ma sentivo anche che lui mi aveva già accetta. Mi vedeva già come se fossi stata sua figlia da sempre e non da circa un mese.

Scosse la testa e tornò in se. "Sono venuto principalmente per dirti che è arrivato un avviso dalla posta. C'è un pacco per te, ma bisogna andarlo a ritirare." mi disse.

Sollevai le sopracciglia sorpresa. Non aspettavo niente, non avevo idea di cosa potesse essere.

"Sto per andare a lavoro, vuoi che ci passi?" mi chiese.

"No, grazie. Ci vado io, non preoccuparti." dissi, alzandomi e mettendomi seduta.

"Non è un problema." insistette. "Neanche per me, ci vado volentieri." dissi.

Allora mi sorrise e si alzò. "Chiedi a Liam di spiegarti la strada o meglio ancora, fatti accompagnare con l'auto." disse.

Annuii, nonostante non avessi intenzione di fare nessuna delle due cose e mi alzai.

"Io vado a lavoro, ci vediamo stasera." disse poi.

Io sforzai un sorriso e rimasi immobile quando, senza preavviso, si chinò per baciarmi la fronte. Quando si allontanò mi carezzò una guancia e mi sorrise, prima di uscire.

Rimasi con la bocca schiusa e i piedi piantati in terra per qualche minuto. Era la prima volta che aveva un gesto affettuoso nei miei confronti e se pur strano, era stato piacevole. Per un istante il muro si era sgretolato.

Mi ritrovai con un sorriso, ma poi scossi la testa per liberarmene. Raggiunsi l'armadio e decisi di vestirmi per poi andare alle poste. 

 

Una volta in strada feci una ricerca veloce con il cellulare mentre mi avviavo verso il centro. Pensai che probabilmente dovevano essere lì.

Una volta trovata la via, la inserii in Google Maps e a passi lenti mi diressi verso la destinazione.

Mi concessi un po' di tempo per guardarmi intorno. Quel paesaggio non era bello neanche la metà del mio amato oceano, ma iniziavo ad abituarmici.

Infondo avevo sempre desiderato di poter bere una cioccolata calda davanti al camino e finalmente, ero riuscita a farlo.

Il cuore mi salì in gola non appena una macchina si fermò al mio fianco. Non l'avevo neanche sentita arrivare.

Mi rilassai quando considerai il fatto che magari era qualcuno che aveva bisogno di indicazioni, anche se io non ero la persona più consigliabile. 

Il finestrino oscurato della Range Rover si abbassò, lasciandomi la visuale di un sorriso ampio, affiancato da due fossette.

Il mio volto assunse l'espressione dedicata ad Harry Styles, cioè la faccia più seccata che riuscissi a fare.

"Serve un passaggio?" mi chiese.

Ero sbalordita. Continuavo a comportarmi male con lui, ad offenderlo e lui continuava a spuntare da tutte le parti, con quel dannato sorriso stampato in faccia.

"No, non mi serve niente." dissi, iniziando a camminare. Ma lui non si fece abbattere e mi seguii lentamente con l'auto. "Sono sicuro che non sai dove stai andando." insistette.

"Alle poste, ecco dove sto andando." risposi, distogliendo lo sguardo e puntandolo sulla strada di fronte a me. "Come pensavo. Stai sbagliando strada." disse.

Sospirai e mi fermai, mostrandogli il cellulare. "Google Maps non la pensa come te." dissi seccata. "Google Maps non vive qui da quasi diciannove anni." ribatté.

Sbuffai. "E dove devo andare? Questo posto è pieno di edifici identici." dissi, guardandomi intorno.

Lui rise di gusto. "Salta su, ti ci porto io." disse, prima di premere il pulsante della sicura delle portiere.

Ci pensai un momento ma poi il freddo si insinuò fin sotto il cappotto ed io decisi di salire. Infondo si trattava solo di un passaggio.

Non appena l’auto ripartì, Harry schiuse le labbra per parlare. "Sai, ho visto Sophie, ha detto che.." iniziò.

Alzai gli occhi al cielo e mi feci sfuggire una risata amara. "Sapevo che non sarei dovuta salire." dissi, pentendomi di avergli dato retta.

"No, ascoltami." disse, cercando di mantenere un tono rilassato. "Ascoltami tu, Harry. Io non voglio avere niente a che fare con Sophie. Lei è la causa di buona parte dell'infelicità di Zayn." dissi. 

Non avrei mai voluto raccontargli i fatti miei o del mio miglior amico, ma se era l'unico modo per fargli capire, l'avrei fatto.

"Lei è stata obbligata a trasferirsi, anche lei soffre. Anche Sophie è infelice, lei lo ama ancora." disse.

"Non le permetterò di fargli ancora del male." dissi, non appena l'eventuale rappacificazione dei due sfiorò la mia mente.

"Cos'hai che non va?" chiese alterandosi. "Perchè non permetti agli altri e a te stessa di essere felice?" chiese ancora.

"Fammi scendere." dissi semplicemente, quando avvertii la piega che stava prendendo la conversazione. "No, Ashley. Non puoi sempre evitare il discorso o scappare dai problemi." disse.

Guardai il mio cellulare e vidi che ci trovavamo da tutt'altra parte nella mappa. Si era infilato in una piccola strada sperduta e stava girando senza meta.

Mi aveva fatta salire sapendo che non sarei potuta scendere, solo per obbligarmi a parlare o ancora peggio, ad ascoltare.

Ed io quel giorno mi sentivo più vulnerabile, sentivo che non avrei resistito a lungo. Abbassai il viso e lui si voltò un secondo per guardami.

"Posso sapere perchè sei così dannatamente chiusa? Io non ci credo che si tratta solo del tuo carattere." disse, ritornando ad un volume di voce normale.

Aveva ragione, io non ero così caratterialmente. Io così c'ero diventata. Così, mi ci aveva fatto diventare Dean.

Era lui che aveva manipolato il mio essere come se fossi stata di gomma. Mi aveva dato le sembianze della persona che lui voleva che fossi.

Ero così perchè nella vita mi ero fidata troppe volte delle persone sbagliate ed ero stata presa in giro, tradita dalle mie amiche, dal mio ragazzo e anche dai miei genitori. Ecco perchè ero così dannatamente chiusa.

"Vorrei solo che.." iniziò di nuovo, prima di essere interrotto da me.

"L'uomo che mi ha insegnato a camminare, non era mio padre." dissi improvvisamente.

Lui si voltò a guardarmi confuso. "Ed io l'ho scoperto a diciassette anni." aggiunsi.

La sua espressione mutò. Aveva capito che stavo per parlare ed aveva l'intenzione di ascoltarmi, davvero.

Alcune esperienze ti portano a chiuderti in te stessa. E innalzi muri insormontabili, obbligando le persone a restarne fuori.

Ma lui voleva entrare. Avrei dovuto permettergli di distruggere la barriera che ci divideva?

Non ebbi il tempo di elaborare una risposta, perchè le mie labbra si schiusero e decisero per me.

"Sai cosa vuol dire avere diciassette anni e scoprire di averli vissuti nella menzogna? Hai la minima idea di cosa voglia dire scoprire per caso, grazie ad un fottutissimo certificato, che sei stata adottata? Trovarsi improvvisamente in mezzo alla strada, con la tua vita in mano a degli sconosciuti che decido di mandarti a vivere con un uomo che non conosci, dall'altra parte del mondo?" chiesi con voce tremante.

Ma non piansi mai. Avevo pianto talmente tanto quando lo avevo scoperto, che le lacrime le avevo finite tutte e credetti che non sarei riuscita a piangere mai più.

"Sai cosa cazzo vuol dire svegliarsi la mattina e non sapere più chi sei? Ti senti persa. E capisci che sarà così, ti perderai per il resto della vita, cercando inutilmente di ritrovarti." dissi.

Lui rallentò e mi osservò, nonostante io guardassi dritta di fronte a me.

"Non so più chi sono. Sto indossando una fottuta maschera e sono talmente brava a recitare, che ci credo anche io." ammisi.

Mi guardò con comprensione, non con compassione, come temevo. Fermò l'auto e si voltò completamente verso di me.

Potevo immaginare cosa stava per dirmi. Che potevo contare sulla mia famiglia e su Liam. Le solite cose. Invece mi sorprese totalmente. "Io ci sono per te, Ashley." disse.

Mi voltai e lo guardai quasi spaesata. Lo faceva perchè ero la sorella minore del suo miglior amico e lo capivo, lo avrei fatto anche io per la sorellina di Zayn.

Ma io non ero abituata a tutto quello. Nella vita tutti mi avevano calpestata e nessuno, a parte Zayn, si era mai fermato a chiedermi se volessi una mano.

Anche se non ero certa di potermi veramente fidare, apprezzavo quell'interessamento. Ma la verità era che io non avevo bisogno di una mano.

"Grazie, ma.. nella vita ho imparato a bastarmi." dissi. Lui corrugò la fronte e poi mi sorrise. "Non c'è niente di male nel chiedere aiuto." disse.

"Se c’è qualcuno che può aiutarmi, Harry, quel qualcuno sono io." insistetti, piuttosto sicura.

Mi guardò in silenzio e dopo qualche secondo, riportò lo sguardo sulla strada, per poi girare la chiave e rimettere in moto l'auto. "Ti ammiro." disse poi.

Io scossi la testa divertita. "Non devi, sono un caso umano." dissi.

"Non è vero. Io.. avevo sottovalutato tutto quello che hai dovuto affrontare." ammise. "Sei una ragazza forte, Ashley. Dopo tutto, sei ancora in piedi e sei anche una tipa piuttosto inaffondabile." disse divertito.

Quando fermò l'auto, mi guardai intorno e vidi che mi aveva finalmente portata alle poste. "Grazie per avermene parlato." disse, dopo essersi voltato verso di me.

Forse avevo sbagliato, mi ero esposta troppo. Ma non riuscivo a pentirmene. Una piccola parte di me, era felice di essersi liberata e mi sentivo quasi più leggera.

"Si, ma non montarti la testa." dissi, uscendo dall'auto. "Non siamo amici." aggiunsi, affacciandomi al finestrino. Lui rise e poi scosse la testa divertito. 

"Grazie per il passaggio." dissi poi.

Lui sorrise e mi fece un cenno, prima di lasciare il parcheggio e sparire per le strade di quella piccola e fredda città inglese.

 

Mi sedetti sul letto e finalmente, aprii la busta che mi ero rigirata tra le mani durante tutto il tragitto di ritorno.

In realtà, non era una semplice busta, era un enorme pacco e non appena lessi il mittente, capii di cosa si trattasse. Era da parte di Zayn, perciò, vista la forma, non poteva essere altro se non un disegno.

Lo scartai come una bambina scarta i regali sotto l'albero di Natale e quando mi ritrovai in mano la tela, rimasi a bocca aperta.

Mi aveva fatto un ritratto. Erano tre anni che gliene chiedevo uno e lui si era sempre rifiutato e adesso, me lo aveva fatto.

In tutta la sua vita ne aveva fatto solo uno, a sua madre, dopo la sua morte. E il significato che aveva per me quel gesto, era immenso.

Lui diceva che nella sua vita c'erano cinque donne indispensabili. Sua madre, le sue tre sorelle, ed io.

E per quanto a me sembrasse assurdo, lui non si era mia dimenticato di dimostrarmelo. La tela che adesso tenevo in mano, ne era un esempio.

Notai che a terra c'era una busta bianca e pensai che mi fosse caduta, perciò posai il ritratto sul letto e la raccolsi. Anche questa era da parte di Zayn, perciò, più emozionata che di prima, la aprii.

 

Ashley,

se dovessi scrivere in questa lettera tutto quello che mi passa per la mente, sarebbe infinita.

Sono talmente abituato a raccontarti ogni cosa che mi succede, ogni cosa che penso, che sogno, che immagino.. che è terribile non poterlo più fare.

A volte mi accade qualcosa e penso che devo immediatamente correre a casa tua a parlartene, ma poi mi rendo conto che non posso più.

E' dura, Ashley. Senza di te la mia vita non è più la stessa. Ti sei portata via la mia miglior amica, la mia confidente, la mia complice, la persona più importante.

Ma non importa, perchè tu sei dove saresti dovuta essere fin dall'inizio. E' quello il tuo posto, è casa tua.

Io voglio solo ringraziare Dio per aver deviato la tua strada e di averti fatto arrivare qua, perchè almeno ho potuto conoscerti.

Ora capisci perchè non ti sei mai sentita al tuo posto? Capisci perchè non riuscivi ad instaurare rapporti con queste persone? Questa non era la tua gente, non era casa tua.

Adesso sei nel posto giusto, puoi essere te stessa e ti ameranno per quella che sei.

Ti è stata data questa vita perchè sapevano che tu l'avresti affrontata a testa alta. Ed io sono fiero di te. 

Sei una grande donna, ma per me resterai sempre una bambina e sai che veglierò su di te, anche oltreoceano.

Qualsiasi cosa succederà, ovunque saremo, ricordati che ti appartengo.

 

Zayn.

 

 

 

Salve a tutte,

che ne dite? Secondo voi abbiamo fatto dei passi avanti? Per Ashley è stato difficile aprirsi con lui, ma lo ha fatto.

E il sorriso spontaneo che le viene quando suo padre le bacia la fronte?

Mh, qui gatta ci cova. Forse dopo quasi venti capitoli, Ashley ce la farà ahahaha.

E vogliamo parlare di Zayn e della sua infinita dolcezza?

Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto :)

Grazie mille per le recensioni che avete lasciato nello scorso capitolo, se sto aggiornando così velocemente, è solo grazie a questo e a voi che mi invogliate a scrivere.

Un bacio,

Michi x

 

 





 

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Capitolo 19
*** Fall in love with Wolverhampton. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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Fall in love with Wolverhampton.

 


“Smile for me,
I'll give it all back.”


Ashley

 

Con gli occhi colmi di lacrime la rilessi almeno cinque volte e mi chiesi il motivo per cui dovessi essere a chilometri di distanza dalla persona che mi amava di più al mondo.

Perchè mi avevano divisa da l'unica persona che per me era indispensabile?  Forse aveva ragione, era una prova che ci era stata imposta dalla vita. E sapevo che, insieme, l'avremmo superata.

Cercai il cellulare e composi velocemente il numero. Non mi importava un accidente del fuso orario, sperai solo di non averlo chiamato nel cuore della notte.

"Pronto?" rispose con voce assonnata. "Che ore sono?" chiesi titubante. Sentii dei rumori strani, si mosse la coperta, cadde qualcosa, si accese la luce. 

"Le due, Ashley." rispose divertito. "Di notte." precisò poi. "Scusami, io.. dovevo chiamarti subito." dissi. "L'hai ricevuto?" chiese speranzoso.

"Zayn, è.. meraviglioso, sono senza parole." balbettai, ancora emozionata.

"Grazie a Dio, credevo che non sarebbe sopravvissuto al viaggio." disse ridendo. "E' in ottime condizioni." dissi, ammirandolo. "Zayn, grazie." sussurrai poi.

"Di niente, Ash." rispose, con tono allegro. "Per la tela e per la lettera.. sono una più bella dell'altra." continuai.

"Smettila." disse ridendo, quasi in imbarazzo. "Non capisci, io.. avevo bisogno di quelle parole." dissi.

"Stai bene? E' successo qualcosa?" chiese preoccupato. "Io penso che.. forse, sto uscendo dal guscio, ecco." dissi ridendo.

"E' meraviglioso, Ashley. Hai fatto amicizie? Con tuo fratello?" chiese.

"Con Liam.. non so. Però ho conosciuto un ragazzo. E' un buon amico ma, lo sai, nessuno è come te." dissi divertita, riferendomi a Louis.

"Ne sono lusingato, vedi di non tradirmi con il primo che passa." disse ironicamente. "Sai che non potrei mai." dissi.

Poi sospirai, colta per un attimo da un po' di nostalgia. "Nessuno capisce quanto mi manchi." dissi. "Ash." disse solamente.

"Mi manca come eravamo abituati a parlare, e mi mancano tutte le cose che eravamo abituati a fare." continuai.

"Sarei pronta a rinunciare a tutto quello che ho qui in Inghilterra e venire in America, per essere di nuovo tutto ciò che eravamo." sussurrai. "Un giorno lo saremo di nuovo, te lo prometto." disse.

"No, sono io che lo prometto a te."

 

Harry

 

"Scusa." dissi abbassando la mano, quando il fumo proveniente dalla mia sigaretta, fece tossire Liam. "Fa niente." disse seccato, continuando a tossicchiare.

Io risi perchè sapevo che lo faceva di proposito, sperando di urtare il mio buon senso. Ma era inutile, non avevo intenzione di smettere.

Era un giorno festivo, perciò il Rammer Jammer era chiuso e di stare a casa non se ne parlava, così eravamo usciti lo stesso.

In realtà, la maggior parte dei negozi e dei bar erano chiusi. Perciò ci eravamo ritrovati a sedere sulla scalinata di un vecchio edificio abbandonato.

Niall si era opposto all'inizio, dicendo che si rifiutava di apparire come un tossico, ma io avevo riso e lo avevo spinto a sedere.

"Tua sorella sta diventando amica di Louis." disse il biondo, storcendo la bocca. "E' già diventata sua amica." disse Liam, abbassando il volto.

Louis era visto male per quello che aveva fatto a me, ma non avevamo prove che fosse un cattivo ragazzo. In ogni caso non avrei incoraggiato la loro amicizia e non lo avrei difeso.

"A proposito di tua sorella, hai notato qualche miglioramento?" gli chiesi.

Mi aveva raccontato che prima dell'episodio con Sophie, aveva subito un cambiamento drastico. 

A quanto pare, era riuscita a comportarsi per un giorno intero come una persona normale, ma dopo la discussione, era tornata quella di prima, se non peggio.

Io l'avevo incontrata un paio di ore prima e mi aveva detto cose che mi avevano fatto cambiare opinione su di lei.

Credevo che fosse semplicemente una stronza e che ce l'avesse con il mondo intero. Ma adesso capivo il motivo per cui era così. Era stato bello poter parlare con la vera Ashley per cinque minuti. 

Aveva ragione lei, stava indossando una maschera e quella che avevamo conosciuto, non era realmente lei.

Avrei voluto parlarne a Liam, dirgli quello che mi aveva raccontato. Ma sapevo che per lei era stato difficile aprirsi, perciò decisi di non tradire la sua fiducia.

"Non direi.. è sempre la stessa, solo che parla un po' di più." disse tristemente.

"Be’, è un inizio." dissi divertito, cercando di sollevargli l'umore.

Tutto ciò che desideravo era riavere il vecchio Liam. Da quando nella sua vita era piombata Ashley, lui non era stato più lo stesso.

"Credo che sia pronta per andare alla scoperta della città." dissi. Lui si voltò a guardarmi confuso.

"Mi dai il permesso di farla innamorare di Wolverhampton?" gli chiesi.

Liam assottigliò lo sguardo. "Cos'hai in mente?" mi chiese, dando libero sfogo al suo lato di fratello geloso.

"La porto in giro." dissi. "Le dimostro che si, la California è bella, ma che anche l'Inghilterra ha il suo fascino." aggiunsi.

"Sembri una pubblicità di un'agenzia di viaggi." commentò Niall divertito. Lo guardai e scoppiai a ridere, mentre Liam continuava a puntarmi pensieroso.

"Non la tocco, promesso." dissi alzando le mani, sapendo che quella era la sua maggior preoccupazione.

Sospirò. "Hai il permesso." disse poi.

"Ti stupirò." dissi ridendo.

 

Ashley

 

Mi svegliai si soprassalto quando il suono della sveglia iniziò a trillare nella stanza. Istintivamente allungai la mano, ma non riuscii a raggiungere il suo comodino.

"Liam!" lo chiamai allora, chiedendomi come riuscisse a restare addormentato con quella cosa assordante di fianco all'orecchio.

"Mh?" chiese assonnato, appena si svegliò. "Oh, scusa!" disse poi, spegnendola.

Sospirai e finalmente il silenziò calò nella stanza. "Buongiorno." dissi poi, ridendo. Lui sollevò il corpo sugli avambracci e mi guardò. "Buongiorno." mi rispose sorridente.

Quando la coperta scivolò dal suo corpo, vidi che non indossava la maglietta. E fu più forte di me, dovetti proprio pensarlo. Liam era un bel ragazzo. Sospirai e mi alzai dal letto. 

Un secondo dopo iniziai a tremare dal freddo, perciò, quando aprii l'armadio, non potei fare a meno di prendere un maglione e un paio di pantaloni della tuta. Avevo un aspetto decisamente orribile, ma almeno ero comoda.

Scesi in cucina e stranamente, trovai tutti i componenti della famiglia attorno alla tavola. E le motivazioni potevano essere solo due: o erano in anticipo loro o ero in ritardo io.

Così guardai preoccupata l'orologio, ma ero in perfetto orario. "Non preoccuparti, è presto." disse Christopher. "Fai colazione con noi?" chiese poi.

Scrutai la tavola e pensai che era davvero una bella visione. Erano una famiglia, erano uniti e sorridevano anche se era prima mattina ed avevano davanti un sacco di ore lavorative o scolastiche.

Mi mancava tutto quello e non potevo semplicemente sedermi e prenderne parte, perchè non mi sentivo ancora membro di quella famiglia.

Ma poteva essere un inizio, così annuii e mi sedetti di fianco a Nicola. Continuavo ad avere freddo, così optai per una cioccolata calda.

Christopher insistette per portarci a scuola, così accettammo il passaggio.

"Che lezione hai adesso?" chiese Liam, mentre prendeva dei libri dal suo armadietto, a qualche metro dal mio.

"Del signor Wilkinson." risposi, raggiungendolo e posizionandomi al suo fianco, intenzionata ad aspettarlo.

Non so perchè, avevo solo voglia di fare due chiacchiere prima della lezione.

Lui rise. "Ho avuto anche io quel professore." disse poi. 

"Sembra cattivo, ma in realtà sono piuttosto sicuro che sia cieco. Se vuoi copiare, puoi tranquillamente farlo." mi spiegò, facendomi sorridere. Più per il modo in cui lo disse, che per il fatto stesso.

"Che tu sappia.. è un corso misto?" chiesi titubante. Lui chiuse l'armadietto e mi guardò confuso. "Non ne ho idea, perchè?" mi chiese poi.

"No, no.. niente. Ci vediamo dopo." dissi velocemente, prima di voltarmi e di dirigermi a lezione.

 

Quando suonò l'ultima campanella, mi sentii rinascere. Quella mattina sembrava interminabile. Le ore più lunghe della mia vita.

Ringraziai me stessa per aver indossato una tuta, nonostante Louis mi avesse detto che sembravo una fricchettona.

Uscii velocemente dalla struttura e una volta in cortile, mi guardai intorno, alla ricerca di Liam.

Quando non lo vidi, decisi di incamminarmi verso casa. Faceva troppo freddo per stare lì ad aspettarlo.

"Ashley." una voce al mio fianco insorse.

Quando mi voltai, il mio cure sussultò e dovetti sospirare per riprendermi dallo spavento.

"Sul serio, Harry, dovresti smetterla di accostarti a me con questo macchinone nero." sbottai. "Scusa, non volevo spaventarti." disse sorridendomi.

Lo guardai in silenzio. L'ultima volta che lo avevo visto, gli avevo raccontato una parte di me. Adesso speravo solo di non pentirmene.

"Salta su." disse poi, ma io scossi la testa. "Grazie ma, no grazie." dissi, facendolo ridere.

"Devo portarti in un posto." disse. "L'unico posto in cui andrò è a casa, di fronte al camino." dissi, iniziando a camminare. Lui mi seguì con l'auto, esattamente come il giorno prima.

"Non era una domanda, Ashley. Ho detto sali." disse, mantenendo un tono di voce scherzoso. "E io ho detto di no." dissi seccata.

Fermò l'auto, ed io ne approfittai per aumentare il passo. Lo sentii scendere e chiudersi lo sportello alle spalle, poi mi raggiunse.

"Ho deciso che ti mostrerò la città." disse. Io mi voltai a guardarlo e gli sorrisi divertita. "E quando lo avresti deciso?" chiesi. "Ieri." rispose sorridente.

Vedendo che continuavo ad ignorarlo, si fermò. "Voglio solo dimostrarti che non è poi così male questo posto." disse, alle mie spalle.

"Sono sicuro che dopo lo apprezzerai di più." aggiunse.

Ci riflettei su e arrivai alla conclusione che, forse, era ciò che mi serviva. Sarei dovuta stare lì ancora per molto e avevo bisogno di motivazione. Così mi voltai.

"Posso almeno cambiarmi?" chiesi, indicando i pantaloni sgualciti della tuta.

Lui sorrise vittorioso e scosse la testa. "Sei carina, non preoccuparti." disse poi, prima di far ritorno alla macchina. Sbuffai e lo seguii.

 

"Quanto manca?" chiesi, guardando fuori dal finestrino. "Siamo in viaggio da soli cinque minuti." disse lui, ridendo. Alzai gli occhi al cielo e lui scosse la testa divertito.

"Non ho neanche avvertito che non tornavo a casa." dissi poi, ripensandoci.

"Liam lo sa." disse lui. Mi voltai a guardarlo accigliata. "Siete carini a complottare alle mie spalle." brontolai.

"Lo faccio per lui, è per questo che lo sa." mi spiegò. "Giusto." dissi io. "Arrivati." annunciò poco dopo.

Guardai fuori dal finestrino e riconobbi la struttura di fronte a noi, come una chiesa. Scese, ed io feci lo stesso. "Questa è la chiesa di St. Peter." disse, indicandola.

Era davvero molto bella. Come il resto degli edifici, era costituita da mattoncini rossi, ma erano invecchiati e la rendevano antica e quasi tetra, erano molto scuri.

A renderla quasi spettrale poi, si aggiungeva la vetrata situata sopra il portone. Forse l'effetto era dovuto alla cornice arricciata.

Tutto intorno era circondata da prati e aiuole ben curate. C'erano delle recinzioni in ferro battuto e una fontana bianca, in contrasto con il resto del paesaggio.

"Bella, vero?" chiese, prima di iniziare a camminare.

"Dove vai?" gli chiesi, seguendolo. "Dentro." mi rispose, senza fermarsi.

"E questa chi è?" chiesi, riferendomi alla statua raffigurante una donna, situata in mezzo alla scalinata.

Lui si voltò a guardarla. “Questa è ovviamente..” iniziò, per poi lasciare a metà la frase.

Riprese a camminare. "Non ne ho idea." disse poi a bassa voce, facendomi ridere.

Una volta entrata all'interno della chiesa, non potei fare altro se non restare completamente a bocca aperta.

Non puoi portare un'appassionata d'arte come me, in un posto simile. Sembravo una bambina in un negozio di Barbie.

I soffitti erano altissimi ed erano decorati nei minimi dettagli, si distaccava tantissimo l'oro, tutta la chiesa ne era ricoperta.

Appena Harry si accorse che stavo vagando senza meta, con gli occhi puntati al soffitto, rise e mi afferrò per un braccio, per evitare che andassi a sbattere da qualche parte.

Percorremmo tutta la navata centrale ed io spostai lo sguardo in basso, così da riuscire a vedere gli archi che ci affiancavano.

Quando guardai avanti a me, mi accorsi di essere di fronte all'altare.

"Adesso dovresti proprio alzare lo sguardo." mi suggerì Harry, sottovoce.

La mia bocca si spalancò più del dovuto, ma poco mi importava dell'espressione che avevo stampata in faccia. "E' una delle cupole più grosse del mondo." disse Harry. "Lo vedo." sussurrai meravigliata.

Con la coda dell'occhio lo vidi allontanarsi, ma io rimasi con gli occhi puntati sul soffitto. Quella chiesa era enorme rispetto alle altre che avevo visto.

Mi guardai ancora un po' intorno e mi resi conto di aver perso Harry. Solo dopo qualche minuto mi accorsi che si era seduto, così lo raggiunsi. Da lì si vedeva molto bene l'altare, anche perché vista l'ora, non c'era quasi nessuno.

Harry guardava qualcosa di preciso, ma non riuscivo a capire di cosa si trattasse. "Quando ero piccolo, mio padre mi ci portava sempre." ricordò, con un sorriso nostalgico.

Mi voltai a guardarlo e per un momento mi persi nei dettagli del suo volto. Per quanto fosse un viso irritante, dovevo ammetterlo, sfiorava la perfezione.

"E adesso non ti ci porta più?" chiesi sottovoce, come a non voler interrompere il silenzio di cui godeva la chiesa. Lui contrasse la mascella, scosse la testa e poi l'abbassò.

Non volevo chiedergli il motivo. Innanzitutto perché non mi interessava, e poi perché non mi sembrava un tasto piacevole.

Così decisi di cambiare discorso e mi voltai nuovamente verso l'altare. "Tu credi in Dio?" gli chiesi. Lui mi guardò e poi sorrise. "Si." disse poi. "E tu?" mi chiese. Io scossi la testa.

Avevo smesso di credere in Dio nell'esatto momento in cui la vita di Zayn aveva preso una brutta piega.

Sua madre era morta, suo padre era un violento, un tossico, un alcolizzato, le sue sorelle se ne erano andate e lo avevano abbandonato con la sorella minore.

Perché Dio dovrebbe lasciare che la vita di un ragazzo giovane ed innocente caschi a pezzi in questo modo?

"E se esiste.. non è una bella persona." dissi, cercando di trattenermi dal dire altro. "Sei in chiesa, Ashley. Non puoi dirlo." disse ridendo. Io alzai le spalle e poi mi guardai di nuovo intorno.

"Sapevo che ti sarebbe piaciuta, ma non immaginavo così tanto." disse sorpreso. "Tu non puoi capire quanto tutto questo stia facendo impazzire i miei occhi." dissi sorridente.

"No, lo capisco." disse. "Vengo ogni volta che sono triste, è.. rigenerante." aggiunse.

"Si, è tutto molto bello ma guarda che ora si è fatta." dissi alzandomi. "Ho fame." dissi poi, facendolo ridere. "Non preoccuparti, la prossima tappa è il Rammer Jammer." disse, mentre uscivamo.

 

Restammo in giro tutto il giorno. Mi portò a vedere la statua del principe Albert, un ponte stranissimo, un orribile museo ed una mostra d'arte, che invece mi era piaciuta davvero tanto.

Durante quel pomeriggio riuscii a mettere da parte tutti i problemi. Mi dimenticai dell'adozione, del trasferimento, dei pianti, dei litigi, di tutto.

Mi lasciai andare e scherzai con lui come se non fosse il vicino di casa ficcanaso e petulante che era in realtà.

Quando parcheggiò l'auto di fronte casa sua, non scesi immediatamente. Tolsi la cintura e poi lo guardai. "Grazie." dissi.

Lui spense il motore e si voltò a guardarmi, per poi sorridermi. "Voglio sentirtelo dire, Ashley." disse divertito.

Alzai gli occhi al cielo e sospirai. "Wolverhampton non è poi così male." sussurrai. 

"E..?" chiese lui, con aria davvero divertita. "E adesso l'apprezzo un po' di più." dissi. Mi sorrise soddisfatto ed uscì di macchina.

"In realtà non è finita qui." disse, mentre si dirigeva verso casa sua. "Ho ancora altre cose da farti vedere." aggiunse.

Inserii le chiavi nel portone. "Basta, Harry, ho capito. Apprezzo questa città, ok?" chiesi accigliata.

"Fino a che non l'amerai non sarà ok." disse, facendomi un cenno con la mano ed entrando in casa.

Sospirai e feci lo stesso. Non appena mi liberai del cappotto, dal piano di sopra sentii dei passi veloci raggiungere e scendere le scale.

Liam si fermò a qualche gradino da me e mi guardò ansioso. "Com'è andata?" chiese.

Risi della sua faccia e lo raggiunsi sulle scale. "Bene." dissi e dalla sua espressione capii che non si sarebbe fatto bastare quella risposta.

"Ho scoperto che mi sono trasferita in un città molto storica e colma di arte." dissi, ma lui mi guardò come se si aspettasse che continuassi.

Finsi una tosse e distolsi lo sguardo. "E' un bel posto.. questo." dissi e sul suo volto, si aprì un sorriso ampio e sincero. "Mi fa piacere." disse. 

"Si, anche a me." dissi corrugando la fronte, quasi ad essere stranita dalle mie stesse parole.



 

Salve a tutte,

grandi progressi per Ashley ed Harry.  E’ finalmente riuscita a lasciarsi un po’ andare, anche se i dubbi sono ancora tanti e teme di aver sbagliato ad essersi esposta.

Anche con Liam le cose sembrano essere leggermente migliorate. Siete felici? Ahahahaha, io sinceramente, si. 

Oggi particolarmente. Per più di un motivo.

Innanzitutto, perchè ho letto le recensioni che avete lasciato nello scorso capitolo, e Dio solo sa quanto vi amo.

Poi perchè, proprio a causa di quelle recensioni, mi sono messa sotto ed ho scritto un sacco di capitoli.

Sul serio, mi sono fatta impressione da sola. E sono anche contenta di come sono venuti, spero con tutto il cuore che piacciano anche a voi.

Non vedo l’ora di pubblicarli, perchè finalmente la storia entra nel vivo. (Si dice? Ahahaha)

Inoltre pensavo di farli un po’ più lunghi, voi che dite? Non tutti, solo quelli che mi vengono ahahaha.

Ma cosa più importante, sono felice perchè mi hanno aggiustato la rete internet.

Quando stamani è venuto il tecnico, lo avrei voluto tempestare di baci.

Fatemi sapere cosa ne pensate,

Michi x

 

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Capitolo 20
*** You have apologized. ***


 'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo’

You have apologized.

 

"No my head don't feel so bright,
What the hell happened last night?"

 

Ashley

 

Mi stiracchiai e mi chiesi come mai Liam stesse ancora dormendo. Forse la sveglia non aveva suonato. Sperai che si fosse miracolosamente rotta.

Ma all'improvviso prese a trillare come impazzita ed io, che non me lo aspettavo proprio, presi il cuscino e glielo scaraventai contro, colpendo anche Liam.

Mi portai le mani alla bocca e lo guardai mortificata quando si svegliò di soprassalto, con la faccia impaurita. "Scusami, volevo colpire a sveglia!" mi giustificai, indicandola che giaceva a terra, senza vita.

Lui la guardò e capì quello che era appena successo, un minuto dopo, scoppiò a ridere. Lo guardai accigliata, chiedendomi cosa ci fosse di tanto divertente, quando contagiata, iniziai a ridere anche io.

Qualche secondo dopo, la porta si aprì senza preavviso e il volto preoccupato di Christopher si affacciò nella stanza.

Non so a che cosa avesse pensato, ma non appena vide che stavamo solamente ridendo, ci guardò piacevolmente sorpreso.

In effetti se avessi saputo che un mattina mi sarei svegliata dall'altra parte del mondo, con quello che era mio fratello da un mese e che ci avrei fatto due risate, non ci avrei mai creduto neanche io.

"Vi aspetto giù per la colazione." disse divertito, vedendo che non avevamo intenzione di riprenderci. Che poi, cosa ci fosse di tanto divertente, non lo avevo ancora capito.

"Buongiorno." disse Liam, asciugandosi le lacrime causate dalla risata. Ripresi fiato e poggiai le spalle al muro. "Buongiorno." dissi poi.

 

Non feci colazione e quando rifiutai la proposta di farmi accompagnare a scuola da Harry, Liam mi guardò con una strana delusione negli occhi.

Allora sforzai di sorridergli, per fargli capire che non era niente di personale, semplicemente non avevo fame e oramai trovavo quasi piacevole la passeggiata mattutina, la quale mi permetteva di svegliarmi decentemente.

Liam ricambiò con un timido sorriso, seguendomi con lo sguardo mentre raggiungevo il portone.

Uscii fuori e notai subito una macchina nera, ormai a me familiare, parcheggiata di fianco al cancello. Solo quando uscii dal giardino vidi la figura mezza addormentata di Harry, seduta all'interno dell'auto.

Non si era accorto di me, perciò decisi di imboccare la solita strada, come ogni mattina. 

"Ashley?" mi chiamò, pochi secondi dopo. Mi voltai e lo trovai leggermente sporto dal finestrino aperto, con un lieve sorriso disegnato sulle labbra.

Sorriso che se non fosse stato così addormentato, sarebbe stato molto più ampio.

"Non chiedermelo." dissi, sapendo già a cosa stava pensando. Le sue labbra tornarono a toccarsi, non appena il sorriso svanì.

"Pensavo che almeno i passaggi fossero ammessi, d'ora in avanti." disse con aria divertita, cercando di nascondere la delusione che gli avevano procurato le mie parole.

Era ovvio che qualcosa fosse cambiato. Anche se cosa, restava ancora un mistero. Il pomeriggio precedente era stato piacevole e la sua compagnia non mi aveva

affatto dispiaciuta. Ma come già gli avevo detto, nonostante gli avessi raccontato una parte di me, non eravamo amici.

"Faccio volentieri una passeggiata." dissi, mentre facevo scivolare le mani, congelate, nelle tasche del cappotto.

"Stanotte la temperatura si è abbassata, non credo sia una buona idea." disse, probabilmente notando il mio naso già arrossato dal freddo. "Non fa poi così freddo." mentii.

Schiuse le labbra per controbattere, quando l'attenzione di entrambi fu attirata dalla porta di casa, la quale venne sbattuta poco dopo alle spalle di Liam.

"Andiamo, non farti pregare." disse sorridendomi. "Fa iniziare bene la giornata di Liam." aggiunse poi.

Storsi la testa di fronte al suo tentativo di corrompermi.

In realtà avrei voluto accettare. Non tanto per Liam, ma per le mie mani, le quali somigliavano già a due ghiaccioli.

Spostai il peso da un piede all'altro, guardandolo indecisa, mentre Liam raggiungeva l'auto e si sedeva al suo fianco.

"Salta su." disse Harry. Che male può fare un passaggio? Mi chiesi. Solo del bene, vista la temperatura. Mi risposi.

Mi diedi mentalmente della stupida per darmi da sola le risposte alle mie domande e raggiunsi la portiera.

 

Il tempo che impiegammo per raggiungere la scuola fu breve, rispetto a quanto ci avrei messo io se fossi andata a piedi.

Discussero del più e del meno, mentre io parlai solo se interpellata, cercando di mantenere un tono di voce cordiale.

Una volta arrivati, ringraziai Harry e informai Liam che raggiungevo Louis, il quale sedeva sulle gradinate della scuola.

Vidi Harry storcere la bocca, ma lo ignorai. Infondo potevo capire la sua antipatia nei confronti di Louis.

"Ehi." dissi, sedendomi al suo fianco. Quando si voltò a guardarmi, mi dedicò quello che sembrava essere il sorriso più ampio che avessi mai visto sul suo volto.

"Buongiorno." disse poi allegramente.

"È successo qualcosa?" chiesi ridendo, non appena vidi che il suo sorriso non accennava ad andarsene.

"A me no, ma qualcuno qui è di buon umore." disse. Corrugai la fronte. "Stai forse parlando di me?" chiesi accigliata. "Non ti ho mai vista così di prima mattina." disse.

Era raro vedermi anche solo tranquilla, di prima mattina. Ma non credevo affatto di sembrare così di buon umore, anche perché non lo ero. Voglio dire, ero solo.. normale.

Alzai le spalle come per comunicargli quello che avevo pensato.

"Ti ho vista scendere dall'auto di Harry. Forse è per questo." disse, quasi con aria accusatoria.

"Ho solo accettato un passaggio. Abita di fianco a noi." dissi e mi sorpresi di me stessa, quando quelle parole suonarono come una giustificazione. "Giusto, abiti con Liam." ricordò.

Sorrisi divertita, dato che era ovvio che abitassi con lui e di conseguenza, di fianco all'ex ragazzo di Katy. A proposito di lei. "Dov'è Katy?" chiesi, non vedendola in giro.

"È restata a casa, dice non sentirsi bene." mi rispose.

"Oh." dissi solamente. Non che fossi dispiaciuta. Mi era sembrata simpatica inizialmente, ma con il passare dei giorni avevo capito che non saremmo potute essere amiche. Questione di affinità, credo. E di altro, suppongo.

"Si ostina ad andare in giro svestita con questo freddo." disse accigliato. Notai una punta di gelosia nel suo tono di voce e sorrisi divertita.

Non appena la campanella suonò, ci alzammo e ci dirigemmo all'interno dell'Istituto.

Solitamente ero l'ultima ad entrare, ed ero sempre in ritardo. Ma in California non faceva questo freddo, perciò le cose erano decisamente cambiate.

"Oggi non vengo in mensa, ma aspettati una sorpresa." disse Louis, prima di aumentare il passo.

"Aspetta, cosa?" gli chiesi confusa. Si voltò a farmi l'occhiolino, dopo di che sparì tra gli studenti, lasciandomi totalmente perplessa.

Le ore seguenti scorsero lente e quando arrivò l'ora di pranzo, raggiunsi la mensa.

Come previsto, non c'era ombra di Louis e ne tanto meno di Katy, visto che era restata a casa. Perciò mi sedetti da sola al nostro solito tavolo e la cosa non mi dispiacque affatto.

Ma ovviamente il mio attimo di pace venne interrotto da Liam, il quale si fermò a pochi passi da me, con il vassoio in mano e un sorriso sul volto.

"Ashley." disse, attirando la mia attenzione. Lo guardai. "Ehi." dissi in risposta.

"Sei sola? Vuoi sederti con noi?" chiese. Mi voltai verso il loro tavolo, attorno al quale Sophie, Harry e Niall erano già seduti. "No, grazie." risposi, quasi divertita.

Lui sospirò. "Sophie non è arrabbiata con te, ti ha perdonata. È disposta a diventare tua amica." disse, ed io per poco con mi strozzai con il cibo che stavo masticando. 

Non sapevo se ridere o se infuriarmi, ma alla fine non feci nessuna delle due cose. "Sono io che non perdono lei." precisai.

"Posso sedermi io, allora?" tentò, cambiando discorso. Annuii, poiché per quanto mi riguardava, poteva fare ciò che voleva.

"Oggi.. Louis non c'è?" si sforzò di chiedermi. A lui non stava simpatico, sicuramente a causa di Harry. Però sapeva che era mio amico, perciò si finse interessato.

"No." risposi solamente. Anche perché non avrei potuto aggiungere altro, dato che non sapevo il motivo della sua assenza.

Ma le sue parole mi tornarono in mente e mi chiesi cosa avesse voluto intendere quando aveva detto che dovevo aspettarmi una sorpresa.

"Ehi." Alzai il viso dal mio vassoio quando la voce allegra di Harry irruppe. Si sedette di fianco a Liam, proprio davanti a me. 

I miei occhi guizzarono subito al tavolo da cui era venuto. Niall e Sophie conversavano tranquillamente, non curanti del fatto che i loro amici fossero seduti con l'odiosa Ashley.

"Oggi pomeriggio tieniti libera per andare alla scoperta di qualche noiosa mostra che sono sicuro ti piacerà." disse con entusiasmo.

Doveva voler davvero molto bene a Liam per sopportare qualcosa come una mostra d'arte solo perché piaceva a me.

"Oggi devo studiare." mentii e con esattezza, non seppi perché lo feci.

Le cose andavano bene, erano migliorate, ma troppo velocemente. Non potevo passare dal non parlarci, al trascorrerci tutti i pomeriggi insieme.

Soprattutto perché sapevo che alla fine avremmo trovato il modo di litigare, come sempre.

In principio mi sembrò deluso, ma poi si rilassò, dando vita ad un lieve sorriso.

"Allora non insisto, altrimenti Christopher mi farà pentire di averti distratto dalla scuola." disse divertito.

Io non ce lo vedevo proprio Christopher in quelle vesti, ma non mi misi a controbattere, l'importante era che avesse rinunciato.

"Però uno di questi giorni dovrai trovare del tempo per me." disse con un tono di voce grave, senza mai distogliere i suoi occhi dai miei.

Annuii e poi suonò finalmente la campanella.

 

Col fatto che Liam gironzolava per casa, dovetti mettermi a studiare davvero.

Altrimenti avrebbe riferito ad Harry che gli avevo rifilato una scusa e non avevo voglia di discutere. Da quando mi importava il giudizio degli altri?

Rotolai sul letto ritrovandomi a pancia sotto, dopo di che affondai il viso nel libro ed iniziai a leggerlo.

Che poi a me era sembrata una città piccola ed insignificante, possibile che ci fossero così tante cose da vedere?

La verità era che non passavo volentieri il mio tempo con Harry. Perché mi ero pentita di avergli raccontato quelle cose, non per altro.

Non aveva fatto niente per mettermi in imbarazzo e non aveva usato quelle informazioni contro di me. Ma il semplice fatto che le sapesse, mi metteva in soggezione. Mi sentivo come denudata.

Dovetti iniziare a leggere di nuovo il paragrafo, poiché quei pensieri mi avevano totalmente distratta.

E pensare che non gli avevo raccontato neanche tutto. Non aveva idea di Dean e di tutte le cose che lo riguardavano. Cose che, giurai a me stessa, non avrebbe mai saputo.

Mi chiesi se avesse raccontato tutto a Liam. In quel caso avrebbe avuto vita breve. Sbuffai e rilessi per la terza volta lo stesso paragrafo.

Il cellulare vibrò e decisi di chiudere definitivamente il libro.  Lo presi e notai un nuovo messaggio, era Louis.

 

Per caso hai un balcone in camera? L x

 

Lo rilessi cercando di trovare un senso a quelle parole. Poi ricordai la conversazione avuta quella mattina e collegai il fatto che avesse realizzato che abitavo con Liam alla sorpresa che mi sarei dovuta aspettare.

Così non risposi al messaggio e raggiunsi il balcone, quando mi affacciai, Louis era in strada.

"Pss." lo chiamai, dato che non stava guardando in mia direzione. "Ehi, non avevo detto che dovevi affacciarti." disse, corrugando la fronte, facendomi ridere.

"Che ci fai qui?" gli chiesi poi. "Scendi." disse lui. "Louis, dimmi cosa vuoi." dissi seccata, poiché non sembrava volermi dare nessuna risposta.

"Andiamo Ashley, dì al tuo fratellino che torni dopo cena e scendi." disse.

Storsi la bocca per il modo in cui era riferito a Liam e sospirai prima di rientrare in camera.

Avrei voluto fare come l'ultima volta, quando me ne ero andata e basta. Ma non si era rivelata una buona idea, quindi scesi a cercare Lauren.

Non avevo intenzione di dirlo a Liam, poiché sapevo bene che l'avrebbe detto ad Harry e nessuno dei due avrebbe approvato la mia uscita con Louis.

Ancora, Ashley, ma cosa ti importa? Chiesi irritata a me stessa.

Non trovai nessuno, tranne Ruth. "Mia madre è uscita, puoi dire a me se vuoi." disse, senza tradire il solito modo di fare. Era gentile ed ispirava dolcezza.

Se non avessi saputo come stavano realmente le cose, avrei detto che era sorella di Liam. Ma infondo erano cresciuti insieme, quindi potevano anche essere considerati come tali.

"Esco anche io, vado.. a studiare con un amico." mentii e lei sorrise, quasi piacevolmente sorpresa dalle mie parole.

"E probabilmente torno dopo cena." aggiunsi. "Puoi dirlo tu a Christopher?" le chiesi. "Certo, non preoccuparti." disse, ed io le sorrisi grata.

Indossai il cappotto e raggiunsi Louis in strada.

 

Non appena mi vide uscire, mi dedicò un ampio sorriso.

"Cosa pensi di fare esattamente?" gli chiesi, fermandomi a qualche metro da lui. "Un giro." disse semplicemente, salendo in macchina.

Osservai la sua vecchia auto blu e pensai che gli si addicesse proprio. Salii in auto senza fare troppe storie.

"Ti avevo detto di aspettarti una sorpresa." disse, mettendo in moto. "Già, ma non pensavo che ti avrei trovato sotto casa." dissi divertita.

"Mi annoiavo e Katy ancora non si sente bene." mi spiegò. "Dove mi porti?" chiesi curiosa. "A prendere una cioccolata calda, muoio di freddo."

Quando parcheggiò l'auto, capii subito che saremmo andati al Rammer Jammer, ormai mi portavano tutti lì.

"Ci sediamo al tuo tavolo?" chiesi divertita, ricordando la prima volta in che ci eravamo visti. "Ovvio." disse, dirigendosi esattamente lì.

Louis ordinò una cioccolata calda, mentre io optai per un succo di frutta. A causa di questo dovetti sopportarlo mentre mi prendeva in giro, dandomi della bambina. Non capendo che il bambino era lui.

Iniziammo a parlare del più e del meno e quando guardai l'orologio, realizzai che erano passate due ore, e adesso erano le otto di sera.

Avevo sentito più volte il cellulare vibrare nella tasca dei jeans, ma non gli avevo dato molto peso e avevo deciso di ignorare i messaggi.

Più tardi la serata prese una piega diversa e dal succo di frutta, passammo agli alcolici.

Tutto era iniziato da Louis, il quale aveva detto: "Devi assolutamente sentire il rum che hanno qui."  Per poi finire con il barman che ci faceva assaggiare tutti i drink contenenti quel rum, che dovevo ammettere, era davvero buono.

Quando uscimmo dal bar, era ormai buio e la risata facile si era impossessata di entrambi.

Louis ci trascinò fino alla macchina, ma nonostante l'alcol che scorreva nelle vene, realizzai che non era una buona idea farlo guidare.

"Ci penso io." dissi, togliendogli le chiavi di mano. Non ero del tutto in me, ma avevo comunque bevuto in quantità minore.

"Non puoi guidare, non ne hai l'età." disse contrariato. "E neanche la patente." aggiunse ridendo. "Basta averne la capacità." risposi, salendo in auto.

A Long Beach le regole non erano così rigide. O perlomeno, non lo era chi era tenuto a farle rispettare. Perciò Zayn mi aveva insegnato a guidare e di tanto in tanto, mi permetteva di guidare la sua auto. In ogni caso i limiti di età erano differenti in America.

"Ti porto in un posto." disse Louis, affiancandomi nell'auto. Nonostante fosse ormai tarda notte, acconsentii.

Louis, oltre ad indicarmi la strada da percorrere, mi prese in giro tutto il tempo, poiché gli inglesi hanno la guida dalla parte opposta ed io sembravo una disagiata. Mentre io ero solo grata che le strade fossero vuote.

Quando ci fermammo, riconobbi quel posto come un magazzino abbandonato. Avrebbe dovuto mettermi i brividi, ma Dean era solito frequentare luoghi anche peggiori. Con la differenza che qui non c'era nessuno in attesa di derubarti o di metterti le mani addosso.

Quando Louis scese, recuperò dal bagagliaio un pacchetto di sigarette ed una birra, come se non fosse stato già abbastanza ubriaco. Poi mi fece segno di seguirlo.

 

"Sei in un bel casino." disse Louis, commentando la mia situazione. Forse a causa dell'alcol che scorreva nel mio corpo, mi ero ritrovata a raccontargli di Sophie, nonostante fosse già a conoscenza di parte della mia vita.

Ma per la prima volta mi ero confidata ed avevo chiesto un consiglio. Anche se il Louis ubriaco che mi affiancava, seduto su una lamiera umida, non era il più indicato.

Portai la bottiglia verde alle labbra e dopo aver fatto scorrere il liquido ambrato fra di esse, la passai a Louis.

"Dovresti dirglielo." disse. E nonostante fosse ubriaco, realizzai che avesse detto la cosa più giusta. Aveva ragione, avrei dovuto dire a Zayn che Sophie si trovava nella mia stessa città.

Sarei dovuta essere sincera con lui ed accettare le conseguenze.  Perché sapevo che era la cosa giusta da fare. Ma allora perché non ci riuscivo?

Quando sentii un rumore familiare, mi voltai e trovai Louis intento ad accendere quella che era la cosa più simile ad una canna che conoscessi.

Quando ne sentii l'odore, non ebbi più dubbi. Zayn era solito fumarle, nonostante io lo pregassi di non farlo. 

Ma lui mi diceva che tanto la sua vita era ormai uno schifo e che quello non l'avrebbe peggiorata più di tanto.

Per questo, adesso che anche la mia vita era uno schifo, quando Louis me la passò, non esitai a portarla alle labbra.

La cosa che più mi piacque fu il sapore che avevano lasciato le labbra di Louis. Un misto di alcol e menta. 

Giurerei di aver percepito anche la cioccolata calda che aveva bevuto qualche ora prima, ma pensai che fosse dovuto al mio stato di momentanea incoscienza.

"Come fai ad essere la sorella di Liam?" chiese divertito. "Se ti vedesse adesso, gli verrebbe un attacco di cuore." aggiunse, prima di scoppiare a ridere.

Per un attimo nella mia mente balenò un pizzico di buon senso. Era veramente tardi e a casa nessuno sapeva che fine avessi fatto, dato che non mi ero degnata neanche di leggere i loro messaggi.

Una parte di me aprì bocca per dire a Louis che era il caso di tornare. Ma l'altra gli diede ragione, concordando sul fatto che io e Liam, eravamo due persone decisamente diverse.

 

Quando scesi dall'auto di Louis, nonostante avesse smaltito buona parte della sbornia, gli chiesi fare attenzione in strada.

Lui mi assicurò che avrebbe fatto del suo meglio ed io raggiunsi il portone di casa. La testa mi girava ed impiegai qualche minuto ad inserire la chiave nella serratura.

Una volta dentro, lasciai le scarpe all'entrata ed appesi il cappotto. Mancai l'attaccapanni, ma non mi curai dell'indumento appena caduto a terra. Mi avvicinai alle scale, ma mi fermai quando sentii dei rumori provenire dal salotto.

"Ashley, sei tu?" Non risposi. Attesi solamente che i passi che sentivo in lontananza, si avvicinassero. Liam mi guardò con aria preoccupata, poi arrabbiata e subito dopo, sollevata.

"Ti rendi conto di che ore sono? Ho dovuto pregare papà perché andasse a letto, voleva aspettarti in piedi." mi rimproverò.

"Ehi, sono solo le due, non scaldarti tanto." dissi divertita. La sua mano raggiunse la mia bocca e inaspettatamente, me la tappo.

"Sono le cinque, Ashley." sussurrò, nel tentativo di non svegliare il resto della famiglia. Non mi ero resa conto di aver fatto così tardi, il tempo era volato.

"Ruth ha detto che eri a studiare da un tuo amico." disse con delusione. "Eri con Louis, vero?" mi chiese.

Io scossi la testa, ma poi non riuscii a trattenere la risata che mi scappo subito dopo. Lui tentò di nuovo di coprirmi la bocca, ma lo feci da sola.

"Scusa, hai ragione." dissi divertita. Louis aveva smaltito la sua sbornia, ma io sicuramente no. "Puzzi di alcol e.. erba." realizzò poco dopo.

Alzai le braccia in segno di innocenza. "Non ho fumato neanche un filo di erba, giuro." dissi divertita, scherzando sul doppio senso della parole. Ma Liam non era divertito quanto me.

"Dovresti farti una doccia, vieni." disse, portandosi il mio braccio attorno alle spalle.

Cercò di farmi mantenere un tono di voce basso e dopo la doccia, a dir poco rigenerante, mi fece stendere sul letto. Pochi minuti dopo, ero crollata in un sonno profondo.

 

Non riuscii a credere ai miei occhi quando lessi l'orario sul display del mio cellulare. Non potevano essere davvero le due del pomeriggio.

Mi alzai e un cerchio alla testa mi obbligò a stendermi di nuovo. Non ricordavo un gran che riguardo alla notte precedente. Solo che ero con Louis e che

avevamo bevuto più del dovuto. Non ero sicura su come avessi fatto a raggiungere il letto.

La porta si aprì e un Liam sorridente si fermò a pochi passi dal mio letto. "Buongiorno, dormigliona." disse.

La mia fronte si corrugò. Qualcosa non tornava. Forse non era a conoscenza della bravata che avevo fatto.

"Perché non mi hai svegliato per andare a scuola?" chiesi confusa. "Perché è domenica, ecco perché." disse divertito. Mi guardai intorno quasi disorientata e poi mi portai a sedere.

"I postumi della sbornia si fanno sentire, eh?" chiese divertito. Lo guardai accigliata. Sapeva quello che avevo fatto ed era così tranquillo?

"Cos'è successo?" chiesi confusa. Sospirò e si sedette di fianco a me.

"Ieri sera sei tornata a casa alle cinque ed hai attentato al sonno di tutta la famiglia." mi spiegò, riferendosi probabilmente al tono di voce con cui avevo parlato.

"Sei riuscita a fare una doccia e poi ti ho.. messa a letto." disse, sorridendo imbarazzato.

"Perché non sei arrabbiato con me?" gli chiesi confusa.

"Perché mi hai chiesto scusa." 

 

 

Buonasera belle ragazze, come state?

Io sto ogni giorno sempre meglio, ed è merito vostro. Non mi capacito dell’affetto che mi trasmettete.

Ho visto che le recensioni sono un po’ aumentate negli scorsi capitoli e vi assicuro che è aumentato anche l’amore che provo nei vostri confronti ahahaha.

Cosa devo dirvi? Grazie, siete in assoluto le migliori e mi rendete fiera di quello che faccio. In più mi piace scambiare idee con voi e sentire quello che avete da dirmi o consigliarmi.

Ho sicuramente scritto capitoli migliori rispetto a questo. Ma spero vi piaccia. Pensavate che le cose fossero migliorate, eh? Invece no, Ashley ne combina una bella grossa.

Eppure Liam non sembra essere arrabbiato, e la spiegazione sta nell’ultima frase del capitolo. Anche se capire meglio nel prossimo, il quale conto di pubblicare il prima possibile.

Comunque ehi, dite la verità, sono migliorata aggiorno più velocemente ahahaha. Ed è merito vostro.

Un bacione a tutte quante,

Michi x

 

 

 

 

 

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Capitolo 21
*** We're not in California. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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We're not in California.

 

 

“Even if we try to forget,
love will remember.”

 

Ashley

 

Tentai di alzarmi ma una breve fitta alla testa me lo impedì. In più dal piano di sopra provenivano rumori martellanti che non aiutavano affatto.

Quando Liam mi raccontò come la sera prima ero tornata alle cinque, ubriaca e probabilmente anche sotto effetto di erba, non riuscii a sentirmi in colpa. Quella ero io.

Non ero mai andata fiera di come mi comportavo e delle delusioni che continuavo a dare a Rachel e Brandon. Ma quella ero semplicemente io.

Prima capitava che lo facessi con Zayn, per divertimento. Anche se non mi ero quasi mai spinta oltre l'alcol. 

La notte scorsa lo avevo fatto con Louis, perché ormai la mia vita faceva schifo e questo non l'avrebbe peggiorata più di tanto.

E anche se non riuscivo a sentirmi in colpa, stando alle parole di Liam, mi ero scusata con lui. Schiusi le labbra, con l'intenzione di chiarirmi ancora un po' le idee, quando Christopher irruppe nella stanza.

Quando la porta si aprì, i rumori che avevo sentito poco prima, si fecero più chiari e decisamente più fastidiosi. Pareva di avere un cantiere in casa.

"Liam, lasciaci da soli." disse Christopher, con un tono autoritario che non gli avevo mai sentito usare. Mi preparai mentalmente alla paternale in arrivo.

Liam mi guardò e poi uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Christopher si sedette sul suo letto, di fronte a me.

"Alla luce di quello che è successo ieri sera, ho deciso di chiamare Judy." disse, senza tanti giri di parole.

Mi chiesi cosa esattamente sapesse riguardo alla notte scorsa, dato che al mio ritorno dormiva. E dubitavo che Liam gli avesse confessato tutto, non era da lui.

Ma questi dubbi passarono in secondo piano. Aveva chiamato Judy. Corrugai la fronte confusa. Perché?

"Abbiamo discusso riguardo a tutta questa situazione ed ha pensato che mi sarebbe stato d'aiuto parlare con i tuoi genitori adottivi." continuò. A quelle parole sentii la rabbia dentro le ossa, sotto la pelle, ribollirmi nelle vene.

Rachel e Brandon dovevano uscire per sempre dalla mia vita, non dovevano sapere quello che facevo o come mi comportavo. Non era più affar loro. E Judy sapeva che la pensavo così.

"Mi ha dato il loro numero e li ho chiamati." disse. "Tu cosa?" chiesi con rabbia, prima che me ne rendessi conto.

"Non alzare la voce con me, Ashley." mi riprese immediatamente, alzandosi in piedi. Rimasi in silenzio, per niente preparata ad una reazione simile.

"Pensavo che le cose fossero migliorate. Credevo davvero che ti stessi abituando a questa vita." disse, senza accennare a calmarsi.

"Rachel mi ha raccontato del tuo passato. Ha detto che eri una figlia affettuosa, ma che fuori casa eri una ribelle." disse.

Distolsi lo sguardo e mi morsi la lingua nella speranza di mettermi a tacere da sola, altrimenti Dio solo sa quello che sarei stata capace di dire.

"Hai avuto il permesso da Rachel e Brandon di fare, almeno uno, di quei tatuaggi?" chiese, indicandomi quasi con disprezzo. Io scossi la testa. Li avevo fatti tutti di nascosto, uno dopo l'altro.

"Qui non siamo in California, qui ci sono delle regole." disse. Non importava che me lo dicesse, me ne ero accorta anche da sola.

Loro erano ovviamente una famiglia modello. Tutti gentili e disponibili, con il sorriso sul volto e nessun tipo di inchiostro a macchiare la loro pelle. In non c'entrano niente con loro.

"Che non succeda più che in questa casa si rientri a notte fonda, ubriachi per di più." continuò.

Annuii. Perché anche se non volevo rispettare le sue regole, vivevo sotto il suo tetto e a spese sue. Quindi non potevo fare altrimenti. Si risedette, quasi sfinito. "Mi hai fatto preoccupare ieri notte." disse, decisamente più calmo. 

Quando lessi quella preoccupazione nei suoi occhi, le mie parole uscirono senza preavviso. "Mi dispiace." dissi, e lo pensavo veramente.

"Forse per te è dura da metabolizzare. Ma io ti considero mia figlia a tutti gli effetti e se ti succedesse qualcosa, ne morirei." ammise. 

A quelle parole i miei occhi si inumidirono, anche se le lacrime non fuoriuscirò mai dai bordi. Io non piangevo più.

Mi erano mancate le parole affettuose e piene d'amore di un genitore, più di qualsiasi altra cosa. Si alzò e dopo avermi preso per mano, fece alzare anche me. Un secondo dopo mi ritrovai inglobata in un abbraccio.

"Non farlo mai più." sussurrò contro la mia spalla, ed io annuii.

 

L'acqua calda scivolò lungo il mio corpo, sciogliendo i miei muscoli tesi. Quando la chiusi rabbrividii, ma impiegai poco ad uscire dalla doccia e ad avvolgeremo con l'asciugamano. 

Mi vestii ed asciugai i capelli, mentre i rumori provenienti dal piano di sopra continuarono a fare sottofondo. Uscii dal bagno e quando passai davanti allo studio di Christopher, lo sentii discutere con un altro uomo.

"La situazione è migliore del previsto." disse quest'ultimo. "Certo, i muri hanno preso un po' di umidità ed hanno bisogno di una mano di vernice, ma niente di troppo complicato." spiegò.

Collegai le sue parole ai rumori che sentivo. Intuii che stessero facendo dei lavori in casa, ma ancora non avevo ben chiaro di cosa si trattasse.

"Per quanto riguarda i muri, be'.. conto di tirarli su nel minor tempo possibile." aggiunse. "È fantastico. Ti ringrazio molto, Robin." disse Christopher, con un tono piuttosto allegro.

Mi allontanai dalla porta del suo studio e decisi di seguire i rumori, i quali mi portarono al piano di sopra. 

Ero cosciente del fatto che la casa fosse costruita su tre piani, ma onestamente non ero mai salita al terzo.

Le scale che lo collegavano al secondo, erano nascoste e a chiocciola. Avevo sempre pensato che non ci fosse niente, oltre ad una soffitta.

Le salii curiosa e quando arrivai in cima, mi trovai in mezzo ad un enorme stanza, grande quanto i piani inferiori, ma senza muri a delineare le stanza.

C'erano alcuni operai e diedi a loro la colpa di tutti quei rumori. Scesi prima che mi notassero e mi scontrai con Ruth.

"Ehi." mi salutò. "Ehi, ciao." risposi frettolosamente. "Cosa succede di sopra?" le chiesi. "Hanno deciso di sistemare la mansarda e di farci altre camere." mi spiegò.

Il suo sorriso si allargò. "Per me, così non dovrò più condividere la stanza con Nicola e per te, ovviamente." disse, prendendomi alla sprovvista.

"Quella camera è troppo piccola per ospitare sia te che Liam." aggiunse. "Lo penso anche io." sussurrai, quasi fra me e me.

Non potevo pretendere una stanza tutta mia, visto ero piombata in casa loro improvvisamente. Ma la sistemazione che mi avevano trovato, era davvero tremenda. 

Tra il mio letto e quello di Liam, c'erano appena tre metri, e ce n'erano meno tra questi e la porta. L'armadio era troppo piccolo ed era piuttosto imbarazzante dormire con lui, soprattutto perché lo faceva senza maglietta.

Ruth mi aveva appena dato una grande notizia.  Ma tutto quello mi innervosiva, mi faceva sentire come se quella fosse una sistemazione stabile. Come se fosse casa mia a tutti gli effetti. 

Scacciai quei pensieri e scesi al piano di sotto. Mi sorpresi di trovare Harry seduto in salotto. "Harry?" chiesi infatti, confusa. Lui si voltò a guardarmi e dopo un impercettibile cenno del mento, tornò a guardare il televisore.

"Vedo che sei di molte parole." dissi seccata, raggiungendo la poltrona. "Tu sei di molte stronzate, invece." disse acidamente.

"Come scusa?" chiesi accigliata. "Oggi devo studiare." disse, ripetendo le parole che avevo pronunciato io stessa, la mattina precedente.  Alzai gli occhi al cielo. "Liam dovrebbe tapparsi la bocca." borbottai.

"Liam non mi ha detto un bel niente, ti ho vista dalla finestra." disse. Ed io detestai Christopher per aver preso casa di fianco alla sua.

"Mi spii adesso?" chiesi irritata. "Non mi sarei affacciato se non ti avessi sentita ridere come una pazza in mezzo alla strada." disse, per poi serrare la mascella. Rimasi in silenzio. Lo avevo fatto davvero?

"È stata davvero una bella scena. Tu che non ti reggi in piedi e Louis che ti strascina alla porta di casa." continuò a fornirmi dettagli dell'esilarante figura che avevo fatto. Non che mi importasse più del dovuto, comunque.

"È un'ottima compagnia. Siete fatti l'uno per l'altra." aggiunse con disprezzo, riferendosi a Louis. Ero stanca di farmi insultare ed ero decisa a difendermi, ma lui parlò prima di me.

"A proposito, piaciuta la canna?" chiese sarcasticamente. Lo fulminai con lo sguardo per non aver neanche tentato di dirlo a bassa voce.

Ma per fortuna, i rumori al piano di sopra, impedirono le sue parole di raggiungere gli altri in cucina.

"Tu come..?" iniziai confusa. "Conosco Louis. E visto il modo in cui parlavi ieri sera, non è difficile immaginare quello che avete fatto." disse. 

Mi stava accusando? Era davvero arrabbiato con me per quello che avevo fatto? Era il ragazzo più ficcanaso che avessi mai conosciuto.

"Non fare l'ipocrita con me. Se avessi alzato la voce tanto quanto dici, avrei svegliato anche Christopher e il resto della famiglia." 

"Con questo cosa cerchi di insinuare?" mi chiese, per poi sporgerai in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia.

"Che sapevi che ero in giro con Louis e mi hai aspettata sveglio." dissi. Schiuse le labbra per parlare, ma poi rimase in silenzio, confermando i miei dubbi. "Non ci credo, sei incredibile." dissi, quasi incredula.

Serrò la mascella. "Liam mi ha chiesto se ti avevo vista da qualche parte ed era preoccupato.." iniziò, per poi essere interrotto da me.

Dava sempre la colpa a Liam e al fatto che dovesse farmi tipo da guardia del corpo solo per fare un favore all'amico.

"Così tu hai pensato bene di aspettarmi sveglio fino alle cinque del mattino?" chiesi accigliata e lui sospirò seccato. Lo aveva fatto davvero. 

"Non cercare di cambiare discorso. Qui l'accusata sei tu." disse soddisfatto, forse convinto di aver rigirato la frittata.

"Ma di cosa stiamo parlando? Io sono libera di fare ciò che voglio." dissi, irritata dal suo continuo riprendermi come se ad essere mio padre fosse stato lui.

"E poi cosa diavolo ci fai qui?" chiesi frustrata. Mi aveva già messa di mal umore di prima mattina. "Robin, il marito di mia madre, dirige i lavori ed io devo dargli una mano." rispose, apparentemente più calmo.

"Sembri davvero d'aiuto." dissi acidamente, dato che era seduto su un divano a guardare la televisione. Mi alzai dalla poltrona e mi diressi in cucina. "Bel pigiama, comunque." rispose lui, con lo stesso tono.

Alzai gli occhi al cielo. Non era neanche un pigiama quello che stavo indossando, razza di idiota.

 

Me ne stavo seduta a gambe incrociate a scarabocchiare qualcosa sul quaderno che mi era stato regalo da Zayn, quando qualcuno bussò alla porta di camera mia.

"Si?" chiesi distrattamente. "Sono Harry." sentii dire. Sbuffai. Era ancora in giro per casa? "Posso entrare?" chiese. "No." risposi. Ma ovviamente la porta si aprì comunque.

"Quale parte della parola no, non ha capito?" chiesi acidamente. Lui mi ignorò e venne a sedersi sul mio letto. Avrei potuto discutere anche su quello, ma lo risparmiai.

"Cos'è?" chiese, indicando il mio quaderno. Automaticamente lo chiusi e lo posai dietro la mia schiena. "Niente. Cosa diavolo vuoi?" chiesi irritata.

"Intanto che tieni a freno quella lingua." disse, apparentemente calmo. Alzai gli occhi al cielo. "E poi che vieni al piano di sopra con me." continuò.

"Perché dovrei?" chiesi. "Perché te lo sto chiedendo io, andiamo." disse alzandosi.

"Non sembra una buona motivazioni." borbottai mentre lo seguivo.

 

Salimmo le scale a chiocciola e una volta su, Harry si sedette nel bel mezzo dell'enorme stanza. "Vogliono farci solo due camere?" chiesi accigliata. Se fosse stato così, sarebbero state davvero grandi.

"No, so che Christopher pensava di tirarci fuori anche un bagno e una camera per gli ospiti." mi rispose. Vagai per la stanza. A terra c'era il parquet e sperai che non lo togliessero, mi piaceva.

"Adorerei averla qui." dissi, fermandomi in un punto della stanza, riferendomi alla mia futura camera. "Perché?" mi chiese Harry, il quale aveva allungato le gambe e si sosteneva sulle mani, poggiate dietro di se.

Alzai la mano e toccai il punto in cui il soffitto, ricoperto da travi di legno, si abbassava sempre di più, fino a raggiungere il pavimento. "Mi piace il fatto che sia così." dissi.

"E poi avrei la finestra più grande." aggiunsi, indicandola. Era formata da tre vetrate, le quali alla base avevano una sottospecie di panchina.

Non potei fare a meno di pensare a come sarebbe stato poter sedere lì a disegnare il paesaggio o semplicemente ascoltare della musica godendomi la vista.

"Cos'altro ti piacerebbe?" chiese. Mi guardai attorno e non dovetti pensarci molto. "Che fosse verde acqua. Rachel non mi ha mai permesso di dipingerla di quel colore." risposi.

"È un bel colore." disse Harry. Abbassai gli occhi e lo guardai.

"Che il letto fosse grande." dissi poi. "Perché?" chiese divertito.

"La notte, soprattutto quando faccio gli incubi, mi muovo e sono caduta dal letto qualche sera fa." ammisi e prima che iniziasse a farlo, gli chiesi poco educatamente di non ridere di me.

"E poi solo.. tanti disegni alle pareti." conclusi, terminando la lista dei desideri. "Tu ne sei capace, vero?" chiese. "Mh?" chiesi confusa. "Prima stavi disegnando." disse. Non risposi, limitandomi a guardarlo.

"Mi piacerebbe vederli." disse. "Sono personali." mi affrettai a dire, come se lui potesse correre a prenderli da un momento all'altro. "Lo immaginavo." sussurrò.

Lasciai correre il discorso, poiché non avevo la minima intenzione di contrattare su quell'argomento. I miei disegni erano davvero qualcosa di personale.

Mi parlò del progetto e dei lavori che intendevano fare, fino a quando non dovemmo scendere per la cena.

 

 

"Ehi." Mi voltai non appena Louis si fermò al mio fianco. Chiusi l'armadietto e mi voltai completamente verso di lui. "Ehi." risposi.

Si massaggiò il retro del collo e mi sorrise, quasi imbarazzato. "Forse dovrei scusarmi con te." disse poi.

Corrugai la fronte. Non era certo stato lui ad obbligarmi a bere o a fumare. Avevo preso io quelle decisioni. Ma apprezzai il fatto che gli importasse di me tanto da sentirsi responsabile.

"No, non devi." gli assicurai, con un sorriso. "Sono felice di vedere che sei tutto intero, comunque." dissi divertita, stringendo i libri appena presi al petto.

Era riuscito a riportarmi a casa mia sana e salva, ma dubitavo che riuscisse a tornare alla sua senza schiantarsi contro qualcosa.

"Sono rimasto a dormire da Katy, era la casa più vicina." disse divertito. Quando notò la mia espressione accigliata, si affrettò a chiarire. "Non le ho detto che ero con te." disse.

Non temevo la reazione di Katy, ma non avevo certo voglia di essere aggredita a mensa per essermi ubriacata in compagnia del suo ragazzo.

"Adesso devo andare." disse. "Ci vediamo in giro." aggiunse, prima di baciarmi una guancia e allontanarsi.

Durante la settimana la neve si era lentamente sciolta, anche se la temperatura continuava ad essere rigida. Mentre guardavo fuori dalla finestra, notai che il sole brillava più del solito.

"Ashley?" Quando riconobbi la sua voce, trattenni a stento una smorfia. "Cosa vuoi?" chiesi, voltandomi.

I suoi capelli biondi erano raccolti in uno chignon perfetto. Indossava una maglietta bianca, dai merletti in pizzo. E un paio di jeans chiari. 

Le mani strette attorno alla tracolla della borsa color crema e al polso, il bracciale che le aveva regalato Zayn. Mi chiesi cosa diavolo ci facesse uno come lui, con una come lei.

"Parlare." rispose titubante. "Non ho niente da dirti." tagliai corto, facendola sospirare.

"Mi hai giudicata male, Ashley. Credo che tu abbia frainteso il mio comportamento." disse, ignorando le mie parole.

Mi avvicinai a lei, tanto da obbligarla a fare un passo indietro. Ero molto più alta e questo l’aveva sempre intimidita.

"Lascia in pace me, e soprattutto lascia in pace Zayn." dissi duramente, prima di allontanarmi.

 

Harry

 

Quando il mio telefono vibrò, impiegai qualche minuto ad alzarmi dal divano. Ma quando lessi il messaggio, fui felice di averlo fatto.

 

Puoi venire al nostro posto?

- Sophie x

 

Sapevo che era già lì, così informai mia madre che uscivo e la raggiunsi.

La vidi in lontananza, seduta su quella panchina, stretta nel suo cappotto blu. Ma più mi avvicinavo e più notavo i suoi occhi lucidi.

Corrugai la fronte ed aumentai il mio passo. "Che succede?" le chiese preoccupato, posando la mia mano sulla sua.

"Niente." rispose, schiudendo le labbra in ampio sorriso. Sarebbe stata quasi convincente, se non fosse che il sorriso divenne quasi subito una smorfia. "Ehi." dissi, carezzandole una guancia.

"So che Ashley ha ragione. Sono stata una codarda e non posso giustificarmi dicendo che avevo solo paura." disse, mentre una lacrima le rigava lentamente una guancia.

La catturai prima che raggiungesse le sue labbra e la guardai dispiaciuto.

Purtroppo anche io sapevo che Ashley aveva ragione, ma potevo capire Sophie e il motivo per cui lo aveva fatto. Si era trovata costretta a dover lasciare il ragazzo che amava e la paura aveva avuto la meglio.

"Per rendere le cose più facili.. l'ho lasciato dicendogli che non lo amavo più." sussurrò con voce rotta.

"E adesso non posso più cambiare le cose. Ashley vuole anche che esca per sempre dalla sua vita." aggiunse.

Sospirai. "Sophie, sei già uscita dalla sua vita.. lui abita in America." le ricordai titubante, cercando di non ferire ulteriormente i suoi sentimenti.

Trattenne un singhiozzo e si portò una mano sulle labbra. "È solo che.. non è vero, io lo amo ancora. Non ho mai smesso, in realtà." disse con voce rotta.

Le carezzai i capelli. "Lo so." dissi. "Lo sa anche Ashley, ma sono sicura che si rifiuterebbe di aiutarmi." mormorò.

"Ha solo paura che Zayn soffra di nuovo." dissi, ricordando la conversazione avuta qualche giorno prima. "La stai difendendo." mi fece notare.

Mi voltai a guardarla, ma rimasi in silenzio. "Tu non.. non mi metteresti mai da parte per lei, vero?" chiese con gli occhi colmi di lacrime.

"Come puoi solo pensarlo?" le chiesi, circondando il suo corpo con le braccia. Poggiò la guancia contro il mio petto. "A volte Zayn lo faceva." ricordò. "Non lo farò, te lo prometto."

Quando il mio telefono vibrò, lo presi senza sciogliere il nostro abbraccio. Era Robin e diceva di aver bisogno di me a casa di Liam.

Spiegai a Sophie i lavori che stavamo facendo e la salutai, prima di allontanarmi velocemente.

In cuor mio sapevo di aver già tradito la promessa che le avevo fatto.

 

 

 

Buonasera ragazze,

ho deciso di aggiornare subito perchè domani starò fuori tutto il giorno e non ne avrei avuto la possibilità.

In ogni caso, ve lo meritate, perchè avete cominciato a recensire quasi tutti i capitoli e siete aumentate.

Io scrivo principalmente per me. perchè mi fa sentire bene. 

Come Ashley, quando dice:  Zayn mi ripeteva che potevo disegnare qualsiasi cosa mi passasse per la mente, ero io che decidevo, le mie idee potevano essere infinite se volevo, io ero infinita.

Io mi sento così quando scrivo, infinita. Ho una pagina bianca di fronte e posso riempirla con le parole che preferisco.

Il secondo motivo, siete sicuramente voi. Perchè si, è bello scrivere. Ma è ancora più bello quando quello che scrivi, viene letto ed apprezzato.

E’ una sorta di scambio, io scrivo per voi e voi mi fate sapere cosa ne pensate e lo sapete, io accetto sempre anche i vostri consigli.

Perchè non sono di certo una scrittrice professionista, faccio errori e se voi me lo fate notare, sappiate che non me la prendo.

Detto questo, il capitolo non lo commento, lo lascio fare a voi.

Un bacio,

Michi x

 

P.s: Nei link sotto la piccola foto che metto sempre alla fine dei capitoli, vi metto anche il link del trailer della storia, nel caso vi venisse voglia di vederlo o qualcosa del genere ahahaha.









 

Capitolo 21..png

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Trailer della storia

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Capitolo 22
*** I was waiting for you. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun mod
o’
Capitolo 22..png
I was waiting for you.

 


"I talk a lot of shit when I'm drinking, baby."

 

 

Harry

 

Quando suonai il campanello, non mi aspettavo che Christopher venisse ad aprirmi così in fretta. Mi dedicò un ampio sorriso e si fece da parte per farmi entrare. “Robin ti sta al piano di sopra.” disse, dandomi una pacca amichevole sulla spalla.

“Va bene, grazie.” gli risposi, ricambiando il sorriso. Salii le scale, ormai conoscevo quella casa tanto quanto la mia.

“Harry?” mi voltai, non appena sentii il mio nome. Proveniva dalla camera di Liam, ed era stato proprio lui a chiamarmi. Aprii del tutto la porta, dato che era accostata, e mi affacciai nella stanza.

Liam era seduto sul suo letto con una pallina da ping pong in mano e la tirava in aria. Mentre seduta sul letto a fianco, c’era Ashley, con il volto immerso nelle pagine di un libro.

“Sei ancora qui?” chiese seccata, alzando gli occhi al cielo. Incrociai le braccia ed appoggiai la spalla allo stipite della porta, prima di dedicarle un sorriso divertito.

“Mi vedrai spesso in giro.” dissi, riferendomi al fatto che fino alla fine dei lavori, avrei frequentato spesso casa sua. “Che bella notizia.” disse, con il sorriso più falso del mondo stampato in viso.

Scossi la testa divertito. I suoi sbalzi d’umore mi avrebbero fatto venire il mal di testa prima o poi. “Sono annoiato.” disse Liam, tirando nuovamente la pallina in aria, prima di riprenderla tra le mani. A giudicare dalla sua attività, lo era davvero.

“Sento di cosa ha bisogno Robin e poi andiamo al Rammer Jammer. Può andare?” proposi. “Qualsiasi cosa pur di uscire di casa.” sbuffò Liam.

“Ti unisci a noi?” chiesi ad Ashley, nonostante conoscessi già la risposta. “Neanche per sogno.” disse, come se solo il pensiero fosse ripugnante.

“Non avevo dubbi.” dissi ridendo, prima di uscire dalla stanza e salire altre scale.

 

“Oh, Harry. Eccoti.” disse Robin, appena mi vide.

Quando mi aveva chiesto di dargli una mano per quel progetto, ne ero stato più che felice. Fin da piccolo avevo ammirato il suo lavoro. Era quello che mi aveva permesso di accettarlo completamente in famiglia.

Dopo il dolore che mio padre ci aveva procurato, avevo visto quell’uomo come una minaccia e non potevo permettergli di far soffrire ancora mia madre.

Ero molto piccolo quando entrò a far parte della nostra vita e ricordo bene, che la prima cosa che notai, fu quanto si impegnasse a lavoro.

Era un architetto e grazie al suo stipendio, non ci aveva mai fatto mancare niente. Anche se mia madre non aveva mai smesso di lavorare, rifiutando l’idea di essere mantenuta da un uomo.

La passione che metteva in quello che faceva, aveva reso quel mestiere affascinante, ed ero onorato di potergli in qualche modo essere d’aiuto.

“Dovrai farmi da imbianchino, ragazzo.” disse divertito, colpendomi scherzosamente la schiena. “Io cosa?” chiesi perplesso. La prospettiva non era delle migliori.

“Una volta che saranno innalzati i muri divisori, ho bisogno di qualcuno che li imbianchi” mi spiegò. “E perchè spendere altri soldi, quando puoi farlo tu gratuitamente?” chiese sorridente.

“Già, perchè?” chiesi, con meno entusiasmo. “Potrebbe rivelarsi un’esperienza utile.” disse. “Non si può mai sapere nella vita.” aggiunse sarcasticamente. Sospirai. In ogni caso non potevo rifiutarmi.

 

Ashley

 

Il pomeriggio trascorse lentamente ed io non mi alzai mai dal letto. Mi limitai a leggere le pagine di un libro trovato nella libreria di Liam, nonostante lo trovassi poco interessante.

Quando lui ed Harry uscirono per andare al Rammer Jammer con Niall, mi chiesero nuovamente se volessi unirmi a loro, ma rifiutai. Dopo l’ultima volta avevo deciso di non metterci più piede. Se non altro, non con loro. 

Sapevo che poi ci avrebbe raggiunti anche Sophie e non avevo la minima voglia di starla a sentire mentre mi supplicava di cambiare opinione sul suo conto.

Quando il mio cellulare iniziò a squillare, chiusi il libro, non curandomi affatto di tenere il segno. Tanto non avevo intenzione di finirlo. Era Zayn e un sorriso spontaneo prese vita sul mio volto.

“Ehi.” risposi allegramente. “Ashley.” disse lui, altrettanto contento di sentirmi.

Corrugai la fronte accigliata, non appena feci due conti. “Ma non è notte fonda, lì da te?” chiesi. “Si, in effetti non è molto presto.” disse ridendo.

“E’ successo qualcosa?” chiesi. Ma non ero preoccupata, poiché dal tono di voce mi sembrava tranquillo.

“Niente, avevo solo voglia di chiamarti.” rispose. “E sono tornato da poco a casa.” aggiunse. “Dov’eri?” curiosai, mentre mi stendevo a pancia in su sul letto.

“Sono uscito con i ragazzi. Sai, Trevor, Aidan.. loro.” mi raccontò. “Oh.” risposi solamente. Prima non usciva quasi mai con loro. Stava principalmente con me, quasi ogni sera. Ma adesso le cose erano evidentemente cambiate.

“E tu? Sei in giro?” mi chiese, ed io sospirai annoiata. “Niente affatto. Sto.. leggendo un libro, anche se mi fa schifo.” ammisi con una smorfia.

Lo sentii ridere. “Wow, sei caduta davvero in basso. Tuo fratello non può farti compagnia?” chiese divertito. Sorrisi. Era ancora strano quando si riferivano a Liam chiamandolo in quel modo.

Io non li correggevo mai, perchè era effettivamente mio fratello. Ma non riuscivo a chiamarlo anche io in quel modo. Come non riuscivo a chiamare Christopher papà.

“E’ uscito con dei suoi amici.” gli risposi. “Dovresti uscire anche tu.” mi suggerì. Ci pensai su. Forse non era una cattiva idea. Avrei potuto chiedere a Louis di farmi compagnia.

“Hai ragione, dovrei.” dissi alzandomi. “Brava, esci.” disse. “Però sta attenta.” aggiunse, con tono apprensivo.

“Lo farò.” risposi divertita. “Ci sentiamo, Ash.” disse. “Ciao, Zay.” risposi, prima di chiudere la chiamata.

Non appena attaccai, il senso di colpa mi ricordò di non averlo informato che Sophie era qui. Lo scacciai e mandai un messaggio a Louis.

 

Sei impegnato? Ash x

 

Raggiunsi l’armadio e dopo aver tolto la tutta, indossai un paio di jeans stretti ed un maglioncino nero.

Mi avvicinai allo specchio e sciolsi i capelli. Non mi sarei truccata, non ne avevo voglia e comunque non avevo intenzione di far bella figura con qualcuno.

Mentre scendevo le scale, il cellulare vibrò nella tasca posteriore dei miei jeans.

 

Sono da Katy.

Hai bisogno di qualcosa? L x

 

Mi fermai e rilessi il messaggio. Digitai velocemente la risposta, dicendogli che no, non avevo bisogno di niente.

Quasi fui tentata di tornare in camera, quando una domanda si fece spazio nella mia mente. Da quando avevo bisogno di qualcuno per uscire? Così scesi gli ultimi gradini e una volta all’ingresso, indossai il cappotto.

“Ehi, vai da qualche parte?” Mi voltai per vedere Christopher camminare in mia direzione. 

“Si. Io.. ehm, posso?” chiesi, non sicura di come funzionasse. Non avvertivo mai Rachel quando uscivo di casa, uscivo e basta.

Dal suo sorriso intuii che si era accorto della mia poca esperienza nel campo, ma comunque sembrò apprezzare il fatto che gli avessi chiesto il permesso. Anche se pochi secondi prima stavo per sgattaiolare via senza dir niente a nessuno.

“Raggiungi Liam?” chiese, quasi speranzoso. “Si.” mentii, per farlo stare tranquillo. “Forse.” aggiunsi poi, pentendomi di avergli detto una bugia.

Mi morsi l’interno della guancia, frustrata. Da quando mi facevo problemi a dire una bugia? “Va bene, non tornare troppo tardi.” si raccomandò.

Annuii e finalmente uscii di casa.

 

La prima idea fu quella di andare al Rammer Jammer. Non mi faceva impazzire più di tanto, ma lo trovavo carino, ed era l’unico posto che conoscevo.

Ma ovviamente lo scartai a prescindere, dato che sapevo con certezza che Liam e gli altri si trovavano la.

Così mi fermai al primo bar dall’aspetto decente, ed entrai. Non dimentichiamoci che io ero pur sempre a piedi e non avevo la minima intenzione di camminare ancora.

Il locale era semi vuoto e le poche presenze, erano maschili. Non prestarono comunque molta attenzione, considerando che avevano gli occhi incollati al televisore, il quale trasmetteva un partita di calcio.

Tutto il bar era rivestito di legno e un fuoco tenue riscaldava la piccola stanza. Alle pareti erano appese vecchie foto e locandine colorate.

Situati in fila di fronte al bancone, c’erano degli sgabelli imbottiti da un rivestimento bordeaux. Ebbi una vasta scelta, poiché erano tutti vuoti.

Mi sedetti ed aspettai che la ragazza dietro al bancone, finisse di sistemare in fila alcuni bicchieri di vetro. “Ciao, cosa posso servirti?” mi chiese gentilmente.

Alzai il viso e la trovai che mi guardava sorridente. Aveva i capelli colorati di un biondo molto finto, con un evidente ricrescita più scura e le punte rosa, anche se ormai scolorite.

Aveva un viso familiare, ma anche se di poco, era più grande di me, perciò non potevo averla vista a scuola.

Scavai nei ricordi della prima sera in cui ero uscita a bere con Louis e ricordai di aver bevuto un sacco di drink contenenti il rum. Tra i quali uno mi era piaciuto davvero tanto.

Farfugliai qualcosa al riguardo e la giovane donna capì al volo di quale stessi parlando, spiegandomi che era un bevanda tipica, o qualcosa del genere.

Me lo servì poco dopo e con sorpresa notai che era esattamente quello a cui mi stavo riferendo.

Quando sentii la porta aprirsi non mi voltai, ma provai automaticamente fastidio nei confronti di quella persona, poiché si venne a sedere proprio al mio fianco, nonostante i posti fossero tutti liberi.

Solo quando mi voltai la riconobbi. Ero quasi certamente sicura del fatto che fosse la ragazza che lavorava al Rammer Jammer. Mi chiesi cosa ci facesse lì, considerando che possedeva un bar.

Tempo fa Louis mi aveva raccontato che il locale era di proprietà dei suoi genitori e che lei dava una mano tutte le volte che poteva.

Quando una delle due squadre fece goal, gli uomini che fino a poco prima erano restati in religioso silenzio, si levarono in un boato assordante.

Alzai gli occhi al cielo infastidita. Ed io che credevo di aver trovato un posto tranquillo dove poter trascorrere un po’ di tempo.

La ragazza dietro al bancone scosse la testa, mentre quella al mio fianco sospirò. “Uomini, valli a capire.” disse poi, facendo ridere la barista.

“Basta accendergli il televisore su un canale dove trasmetto undici idioti che corrono dietro un pallone e stanno buoni per novanta minuti.” pensai ad alta voce.

“Esattamente come quando metto mio cugino di tre anni davanti ai cartoni.” commentò divertita la ragazza dietro al bancone.

“Certo, però fino a quando una delle due squadre non fa goal.” disse la ragazza al mio fianco. “Allora diventano degli animali.” aggiunse con disprezzo.

“Non ho ancora capito se è peggio quando lo fa la squadra per cui tifano o la squadra avversaria.” dissi. “Sembrano dei disagiati mentali in entrambi i casi.” disse divertita, facendomi ridere.

“Cosa bevi?” chiese la barista, anche lei divertita dai nostri discorsi. “Una birra, grazie.” rispose la ragazza seduta al mio fianco, sorprendendomi.

Non mi sembrava una tipa da birra. Non ha senso, lo so. Ma era vestita come se dovesse andare in chiesa, non un aveva un capello fuori posto e al bar l’avevo sempre vista poco loquace.

Due birre e tre goal dopo, eravamo finite a parlare di quanto i ragazzi fossero infantili, non solo quando si trattava di calcio, ma nella vita in generale.

“Vogliamo parlare di quando fanno le cose per ripicca?” chiese. “Persino i bambini hanno smesso di nascondere le cose a chi trovano antipatico.” commentai io, facendola ridere di gusto.

“Comunque io sono Grace.” disse, tenendomi una mano. La quale strinsi poco dopo. “Ashley, piacere.” le dissi sorridente. Ed era stato davvero un piacere.

Era raro che mi trovassi a mio agio con una ragazza. Era tutto dovuto al loro modo di pensare o di atteggiarsi. Come per esempio Katy. La quale probabilmente si svegliava un’ora prima solo per truccarsi e si dava continuamente delle arie.

Ma Grace era una ragazza semplice e in oltre, era stata di buona compagnia. Perciò sul suo conto non avevo niente di ridire.

“Ti ho già vista al bar, non è vero?” chiese poi, con aria pensierosa. “Si, i miei amici lo frequentano.” dissi, sorprendendomi di averli definiti in quel modo.

Lei sorrise. “Posso chiederti cosa ci fai qua?” curiosai, sperando di non essere troppo invadente.

Capì al volo la mia domanda. “Perchè passo in quel bar tutte le mie giornate e quando ho un po’ di tempo libero, mi rifiuto di prendere una birra proprio lì.” mi spiegò e dal suo tono di voce, capii che doveva essere estenuante.

Un momento dopo, prese a guardarmi in modo strano.  “Aspetta, ma tu sei la ragazza che si è messa a litigare al bar l’altro giorno, vero?” chiese.

Non ebbi mai desiderato così tanto di non aver fatto qualcosa. Per una volta che avevo trovato una ragazza simpatica, che non mi giudicava, aveva assistito al modo in cui avevo urlato contro Sophie.

Sospirai. “So che sono sembrata folle, ma ti assicuro che avevo dei buoni motivi per farlo.” dissi, sperando che non mi considerasse già una squilibrata.

Il suo sorriso mi rincuorò. “Non voglio saperli, ti credo sulla parola.” disse, mentre si alzava. Posò dei contanti sul bancone del bar ed indossò il cappotto.

“Mi ha fatto piacere parlare con te. Passa al bar quando non hai niente di meglio da fare.” disse sorridente. “Penso che lo farò.” le dissi, un attimo prima che uscisse dal locale.

 

Una volta in strada, presi il telefono e notai i messaggi e le chiamate perse.

Ancora una volta non mi ero accorta del tempo che era volato. Ero uscita intorno alle sei e adesso il mio orologio indicava le nove passate.

Cercai in rubrica il numero di Christopher, mentre il mio cervello elaborava una buona scusa, quando una macchina si affiancò al marciapiede.

Alzai il viso e non riuscii a spiegarmi la punta di delusione che avvertii quando non riconobbi l’auto di Harry.

“Non dovresti vagare di notte da sola.” Sospirai sollevata quando la voce acuta di Louis irruppe nel silenzio notturno.

Mi affacciai al finestrino e lo trovai che mi guardava sorridente. “Torni da casa di Katy?” chiesi. “Si, vuoi un passaggio?” mi chiese. 

Mi guardai intorno e si, volevo decisamente un passaggio. Il fatto che fosse un posto tranquillo, lo rendeva inquietante di notte. Così annuii ed entrai nell’auto, dimenticandomi di chiamare Christopher.

Mi raccontò della sua ragazza e di come si fosse finalmente ripresa dall’influenza che l’aveva tenuta a letto per giorni. Mi chiese il motivo del messaggio che gli avevo inviato quel pomeriggio ed io ammisi che volevo solo un po’ di compagnia.
Ma gli raccontai di averla trovata e gli parlai di Grace e della serata appena trascorsa.

Quando rallentò l’auto, mi guardai intorno, ma non riconobbi il posto. “Che ne dici di una piccola sosta?” chiese.

“Dove siamo?” chiesi, guardando fuori dal finestrino. “E’ un nuovo locale, non ci sono mai stato. Ha aperto da poco.” mi spiegò.

“Credo sia meglio che torni a casa, mi sono trattenuta anche più del dovuto.” dissi controvoglia. “Pensavo solo di vedere com’è. Almeno se è carino possiamo tornarci.” disse.

Sospirai e riflettei sulla cosa. Ma poi venni distratta dal mio cellulare.

 

Dove sei? 

Liam.

 

Guardai il display del cellulare e poi guardai il volto supplicante di Louis. Il mio sguardo tornò poi al telefono che tenevo tra le mani.

 

Liam

 

Risi alla battuta di Robin prima di portarmi la forchetta alle labbra. Lui ed Harry erano rimasti a cena.

Il telefono vibrò nella tasca dei miei eans, così indietreggiai con la sedia e lo presi.

 

In giro, coprimi.

Ash.

 

Rilessi il messaggio nella speranza che le parole sul display cambiassero. Ma ovviamente non successe.

“E’ Ashley?” chiese speranzoso mio padre.

Era uscita alle sei, dicendogli che forse ci avrebbe raggiunto al Rammer Jammer, dopo di che era sparita e non aveva risposto a nessuna chiamata. Di nuovo.

Riflettei velocemente sul da farsi. Erano cose normali, no? Coprirsi tra fratelli. Ma io non avevo mai mentito a mio padre e ultimamente, a causa sua, lo facevo spesso. In ogni caso non avevo scelta.

“Si.” risposi e i suoi occhi si illuminarono. “Cosa dice? Sta bene?” chiese ansioso. 

Mi sentii uno schifo ancor prima di avergli mentito. “Dice che ha incontrato una sua compagna di classe e che si è fermata a cena da lei.” risposi e sperai che la mia voce, stranamente acuta, non mi tradisse.

Harry mi lanciò un’occhiata. Lui non se l’era bevuta, ovviamente. Anche mio padre mi guardò con aria poco convinta.

“Dev’essere da Janet. Le ho viste insieme a mensa.” disse Harry, meritandosi uno sguardo grato da parte mia. “Uhm, mi fa piacere che abbia stretto amicizia.” disse mio padre, sollevato.

 

“E’ stata una cena squisita, grazie davvero.” disse Robin, poggiando una mano sulla spalla di mio padre. “Figurati, grazie a te.” rispose quest’ultimo.

“Harry, andiamo?” chiese Robin, quando lo vide tranquillamente poggiato al divano di casa mia. “Io resto un altro po’. Se non è un problema.” disse, guardando mio padre.

“Certo che puoi restare.” si affrettò a dire lui. “Hai le chiavi?” chiese Robin. Harry annuì e poi si salutarono. Lui uscì dal portone e mio padre tornò in cucina per aiutare Lauren a sistemare.

Mi sedetti sul divano, mentre Harry continuò a stare poggiato allo schienale. “Come mai hai messo il broncio?” lo presi in giro, dato che lo avevo visto di poche parole.

“Cosa diceva il messaggio di Ashley?” chiese, ignorando la mia domanda. “Veramente, intendo.” aggiunse. Come già sapevo, ad Harry non era sfuggito il fatto che la mia fosse stata solo una bugia.

Sospirai. “Che era in giro e che.. dovevo coprirla.” dissi, mantenendo un volume basso, sperando che mio padre non avesse un ottimo udito.

“Perchè l’hai fatto?” chiese irritato, prima di aggirare il divano e fermarsi di fronte a me. “Voglio dire.. dovevi dire la verità.” aggiunse.

Corrugai la fronte. “Perchè mai avrei dovuto? Mio padre sarebbe andato su tutte le furie.” dissi. Negli ultimi giorni li avevo visti più vicini del solito e non avrei sabotato i suoi miglioramenti.

“Appunto. Così magari la prossima volta ci avrebbe pensato due volte prima di andarsene in giro di notte. Con Louis per di più.” disse irritato.

“Perchè ti pesa tanto?” gli chiesi confuso. “A te non pesa il fatto che torni ubriaca e fumi erba con Louis?” chiese sottovoce, ma comunque con rabbia.

“Si, certo. Perchè è mia sorella. Tu che scusa hai?” gli chiesi. E solo dopo aver pronunciato quelle parole, mi resi conto di quanto suonassero accusatorie.

Il suo sguardo sembrò ferito. “Sai che lo faccio per te.” farfugliò offeso. “Si, scusa. Hai ragione.” gli risposi sospirando.

Dopo qualche secondo venne a sedersi di fianco e me. Parlammo del più e del meno fino a quando non mi addormentai.

 

Harry

 

Avevo da poco coperto il corpo di Liam con una coperta, quando sentii un rumore strano fuori dalla porta. Guardai l’orologio appeso sopra il camino, segnava le tre meno venti.

Mi alzai e raggiunsi l’ingresso. Quando fui di fronte alla porta, l’aprii, anche se non ero sicuro al cento per cento di chi mi sarei ritrovato davanti.

Ma era esattamente chi mi aspettavo che fosse. Ashley era chinata in avanti con le chiavi in mano ed ero pronto a scommettere che il rumore che avevo sentito, era dovuto a lei che non riusciva a trovare la serratura.

“Ashley.” la chiamai e lei si sollevò velocemente, quasi impaurita.

Guardai alle sue spalle e non vidi traccia della macchina di Louis. Non aveva neanche aspettato che entrasse in casa, sarebbe potuto succederle qualsiasi cosa.

“Harry?” chiese e subito un’ondata di alcol invase le mie narici. “Entra.” dissi, prendendole delicatamente il polso e tirandola all’interno, per poi chiudere la porta alle sue spalle.

“Non mi toccare.” disse, strattonando il braccio per liberarsi della mia presa. Giusto. Dimenticavo che era talmente nevrotica che non poteva sopportare che qualcuno la toccasse.

“Dormono tutti.” dissi sottovoce, facendole segno di abbassare la voce. “Che ore sono?” chiese, massaggiandosi la testa. Mi chiesi quanto avesse bevuto, ma il suo alito ne era un indizio.

“Quasi le tre. Stai facendo progressi.” dissi acidamente, considerando che la sera prima era rientrata alle cinque. “Non cominciare.” sbuffò irritata, mentre si sfilava il cappotto e lo appendeva. Perlomeno non sembrava troppo ubriaca e non puzzava d’erba.

“Avevi detto che non l'avresti più fatto.” dissi, ignorando le sue parole. “Non ricordo di averlo detto.” disse. “Forse l’alcol ti ha annebbiato la mente.” dissi acidamente. Lei alzò gli occhi al cielo.

“Ti sembra questa l’ora di tornare?” gli chiesi, cercando di parlare sottovoce. “Ti sembra che io sia tua faglia?” chiese lei, irritata.

“Ti sembra il modo di rispondere?” chiesi, anche se ormai sarei dovuto essere abituato al suo modo di fare. “Non ti sembra di aver già rotto abbastanza?” chiese, incrociando le braccia all’altezza del petto.

Sospirai e cercai di calmarmi. Non sapevo neanche perchè mi scaldassi tanto. “Sai che c’è, Ashley? Fa come ti pare.” dissi infine. Tanto non avrei ottenuto nulla dal discutere con lei.

“Certo che faccio come mi pare. E poi cosa ci fai qui a quest’ora? Ti sei trasferito per caso?” chiese irritata. Presi la giacca dall’attaccappani e la tenni in mano. Tanto il percorso fino a casa mia era breve, potevo anche non indossarla.

“Aspettavo te.” ammisi. Assunse un espressione strana, che non riuscii a decifrare. Cosa che mi innervosì ulteriormente.

“Comunque se tuo padre farnetica qualcosa riguardo ad una certa Janet, stasera eri a cena da lei.” dissi infine, prima di uscire.

 

 

Salve ragazze,

finalmente è stata svelata l’identità della ragazza per cui Niall ha una cotta. Si chiama Grace e sta particolarmente simpatica ad Ashley.

La quale, anche questa sera, decide di fermarsi in un locale con Louis.

Alcune di voi non gradiranno questi continui litigi, ma so che ad altre questi battibecchi tra Ashley ed Harry piacciono, io sono una di quelle.

Spero che il capitolo sia di vostro gradimento e grazie per essere così affettuose con me, le vostre recensioni mi faranno sciogliere prima o poi, davvero le amo e amo voi.

Michi x

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** I think I wanna marry you. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo’

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I think I wanna marry you.

 

 

"It's just any reason I get to be closer to you,
I wanna shout about it."


 

 

Ashley

Mi stiracchiai, felice del fatto che la sveglia di Liam non mi avesse buttata giù dal letto, quando notai il suo letto vuoto e perfettamente rifatto.

Pensai che si fosse già svegliato, ma quando lessi l’orario sul display del mio cellulare, decisi che non era possibile, era troppo presto.

Raggiunsi il bagno e lavai velocemente viso e denti, prima di tornare in camera per indossare dei vestiti puliti.

Decisi di scendere al piano di sotto, nonostante fosse ancora molto presto. Potevo intuirlo anche dal fatto che la casa fosse immersa nel silenzio.

Con l’idea di raggiungere la cucina, percorsi il corridoio, ma un corpo steso sul divano, attirò la mia attenzione. Mi avvicinai e riconobbi Liam, avvolto in una coperta.

Pensai che probabilmente si fosse addormentato prima di salire in camera, ma un’altra ipotesi affiorò nella mia mente.

Le mie dita picchiettarono delicatamente sul suo braccio. Impiegò qualche momento per svegliarsi del tutto. Schiuse gli occhi e sbatté le palpebre più volte, prima di mettermi completamente a fuoco.

“Ashley.” disse, evidentemente sorpreso di vedermi. “Sei tornata adesso?” chiese, quasi scioccato. Impiegai qualche istante a comprendere la sua domanda, ma poi capii che la seconda ipotesi, era quella giusta.

“No, io.. credo fossero state le tre.” dissi, ricordando vagamente i fatti della notte scorsa. Ma piano, piano riaffiorarono tutti. “C’era Harry.” ricordai ad alta voce. “Oh.” disse lui, solamente.

“Tu.. sei qui perchè..” iniziai. “Volevo aspettarti, ma mi sono evidentemente addormentato.” disse confermando i miei dubbi, con un timido sorriso sulle labbra. Perchè non era arrabbiato con me?

“Grazie, per.. avermi coperto.” dissi, mentre il senso di colpa si faceva spazio nel mio stomaco. “Figurati.” mi rispose sorridente, alzandosi. Ripiegò la coperta e la posò sul divano, prima di aggirarlo, forse con l’intenzione di salire al piano di sopra.

“Liam?” lo chiamai ancora, incapace di tenere a freno quel nuovo sentimento. “Si?” chiese, fermandosi. “Mi dispiace.” sussurrai. Il suo sorriso mi fece capire che non era minimante arrabbiato con me. “Va bene.” disse, prima di salire le scale.

Perchè non poteva semplicemente urlarmi contro? Sarebbe stato decisamente più facile.

Mi stesi sul divano e sospirai. Non sapevo come comportarmi davanti a questa nuova sensazione, così lasciai semplicemente che il senso di colpa mi inghiottisse. Da quando mi dispiacevo per cose simili?

Alla fine decisi di alzarmi e di recarmi in cucina. Guidata dal rimorso, apparecchiai la tavola.

Sperai perlomeno che Christopher si fosse bevuto la scusa di Liam. Appena qualche giorno prima mi aveva avvertita riguardo alle regole che avrei dovuto rispettare.

“Che non succeda mai più che in questa casa si rientri a notte fonda, ubriachi per di più.” ricordai le sue parole con una smorfia.

Quando il resto della famiglia scese, avevo ormai sistemato la tavola, tostato alcuni panini e fatto il caffè. 

Christopher sembrò meravigliato e mi chiese più volte se mi sentissi bene. Lo stesso fece Lauren, mentre le ragazze e Liam si limitarono a sorridermi.

Quando Christopher mi chiese come fosse andata la mia serata a casa di Janet, lo guardai perplessa. Avevo solo una domanda. Chi diavolo era Janet?

Per fortuna la mia memoria non mi tradì e mi salvò appena in tempo. “Comunque se tuo padre farnetica qualcosa riguardo ad una certa Janet, stasera eri a cena da lei.”  ricordai le parole di Harry.

Così risposi che era una ragazza simpatica e continuai a mentire dicendo che non avevo risposto alle chiamate a causa del cellulare scarico.

Lui sembrava così contento che fossi riuscita a farmi un’amica, non aveva la minima idea che fosse solo un’enorme stronzata. Non riuscii più a guardarlo negli occhi, così recuperai il mio zaino e li salutai, prima di dirigermi a scuola

 

Era presto e Louis ancora non c’era. Così decisi di sedermi al nostro solito posto, aspettando il suo arrivo o quello della campanella. Ma non arrivarono nessuno dei due. In cambio però, arrivò Harry.

Sperai che non venisse da me a farneticare qualcosa con un sorriso stampato in faccia come se la sera prima non avessimo discusso e stranamente, non lo fece.

Si sedette a debita distanza da me e non si voltò mai a guardarmi. Pensai che quella volta dovevo averlo fatto arrabbiare sul serio.

Dopo circa dieci minuti, in lontananza riconobbi Sophie e Niall discutere animatamente di qualcosa. Lei sbuffò e sorrise ad Harry prima di sedersi al suo fianco.

Niall sembrò mettere il broncio, ma si sciolse in un sorriso non appena Sophie gli prese la mano e lo attirò a se per inglobarlo poi in un abbraccio. Distolsi lo sguardo e sospirai, prima di cacciare fuori dalla tasca del cappotto l’Iphod.

Riuscii ad ascoltare la musica anche durante le ore successive, nessun professore mi chiese di abbassare il cappuccio della felpa, perciò non notarono gli auricolari.

I pensieri che mi vagavano nella mente erano troppi e in qualche modo dovevo pur metterli a tacere.

Arrivò l’ora di pranzo e decisi di passare a lasciare dei libri nel mio armadietto, prima di dirigermi in mensa. Quando con la coda dell’occhio vidi Harry che mi seguiva a passo svelto, alzai gli occhi al cielo. Pochi secondi dopo, mi raggiunse.

“Non adesso.” dissi acidamente. Non ero psicologicamente pronta a ricevere una ramanzina da Harry riguardo alle notte scorsa. Mi fermai davanti al mio armadietto e lui si fermò a pochi passi da me.

“Ti è caduta questa.” disse, con un tono più freddo del previsto. Mi voltai e tra il suo pollice e il suo indice, penzolava la mia collana. Quella che mi aveva regalato Zayn.

“Oh.” dissi solamente, prima di allungare una mano e prenderla. Non mi guardò neanche negli occhi quando si allontanò da me.

 

Mi sedetti al solito tavolo, sorpresa di non trovarci Louis, ma soltanto Katy. “Ehi.” mi salutò sorridente. “Ciao.” le risposi con poco entusiasmo. 

“Louis?” chiesi soprappensiero, mentre scartavo le mie posate. “Non è venuto.” rispose.

Per un attimo pensai che potesse essersi fatto male. Io non ero ubriaca, ma lui aveva decisamente alzato il gomito più di me. Ma aveva comunque insistito per voler guidare.

“Uhm, sta bene?” chiesi vaga, senza far trasparire la mia preoccupazione. Ero quasi certa del fatto che lei non avesse idea delle nostre ultime due uscite.

Capivo il motivo per cui lui non gliene volesse parlare, Katy sembrava una ragazza gelosa. In ogni caso non c’era da preoccuparsi, eravamo solamente amici.

“Si, ha solo un po’ di mal di testa.” rispose. “Forse l’ho contagiato con l’influenza.” aggiunse divertita. Ho forse i postumi della sbornia si sono fatti sentire, pensai tra me e me.

La vidi alzare gli occhi al cielo e la guardai confusa. “Harry non mi leva gli occhi di dosso.” disse spazientita.

Mi voltai e in effetti guardava in nostra direzione. Ma non seppi dire con quale delle due ce l’avesse esattamente.

“Non ha ancora mandato giù quello che gli ho fatto.” disse divertita, ed io tornai a guardarla. “Lo hai lasciato per Louis, giusto?” chiesi. Solo dopo realizzai che era una domanda personale e mi aspettavo che si sarebbe irritata, invece mi sorrise.

“Si, ma non è tutto.” disse, con un’espressione che lasciava intendere molto. Non ero sicura che la cosa mi interessasse più di tanto, perciò non chiesi. In ogni caso, lei decise di parlarmene lo stesso.

“Non ho mai amato Harry.” disse tranquillamente, come se stesse conversando del tempo.

“Ma lui crede il contrario.” disse divertita. “Forse perchè tu glielo hai fatto credere.” dissi, rendendomi conto che il mio tono suonava davvero accusatorio.

Lei mi guardò perplessa per qualche secondo, poi annuì. “Si, l’ho preso in giro.” ammise. Non dissi niente, ma il disprezzo che provavo nei suoi confronti aumentava parola, dopo parola.

“Ho sempre avuto un debole per Louis.” disse, con uno strano sorriso sul volto. Perlomeno da lui sembrava veramente presa.

“Ma lui non mi calcolava proprio.” disse, ridendo a quel ricordo. “Così io decisi di stare con Harry. Forse per ripicca o forse per passatempo.” disse, ed io non potei evitare di corrugare la fonte, disgustata dalla persona che mi sedeva davanti.

“Alla fine siamo stati insieme per molto. Be’, fino a quando Louis non si è accorto di me.” disse divertita.

Il desiderio di alzarmi era disumano. In lei, anche se in piccolissima parte, rividi Dean. Una persona che sta con un’altra, solo in attesa che ne arrivi una ancora meglio.

“La nostra relazione è andata avanti per un mese, poi ho deciso di lasciare Harry.” disse. Lo aveva tradito.

Finsi una tosse e mi alzai subito dopo. “Devo prendere dei libri nell’armadietto.” mi giustificai, prima di allontanarmi. “Va bene, ci vediamo.” mi salutò sorridente.

Se prima mi era antipatica, adesso la ripudiavo.

 

Harry

 

“Sono a casa.” annunciai, dopo aver abbandonato la giacca sul divano. Raggiunsi la cucina guidato da un profumo che mi fece venire l'acquolina in bocca.

Con mia estrema sorpresa, ai fornelli c’era Robin, mentre mia madre sedeva attorno al tavolo con un calice di vino tra le dita.

“Cosa sta succedendo qui?” chiesi perplesso. “Non ne sono certa, Robin ha insistito per cucinare la cena.” disse mia madre, stupita quanto me.

Notai che il tavolo era apparecchiato con il servizio nuovo, quello che usavamo solo nelle occasione speciali, come il Natale.

La cosa mi insospettì ancora di più, ma non ci pensai più di tanto e salii al piano di sopra. Riuscii a stendermi per un quarto d’ora prima che Gemma venisse a chiamarmi per la cena.

Scendemmo insieme e quando lei vide la tavola, la quale adesso era anche illuminata da candele, mi guardò confusa. Alzai le spalle, poiché ne sapevo quanto lei.

La cena iniziò e con grande sorpresa di tutti i presenti, era squisita. Robin si era decisamente superato.

“Allora Gemma, come procede a lavoro?” le chiese.

Le sue labbra si schiusero in un ampio sorriso. I miei continuavano a pagarle l’università, cosa che a lei pesava, quindi il fatto di poter usare dei soldi suoi per pagare le altre cose, la soddisfaceva.

“Benissimo. Adesso posso anche lavorare dietro al bancone. Posso preparare i drink.” disse entusiasta, dato che fino ad ora si era limitata a pulire i tavoli.

“Non verrò mai a bere in quel bar, questo è certo.” dissi divertito, prendendola in giro. “Smettila di deriderla. Almeno tua sorella fa qualcosa.” disse mia madre, in sua difesa.

“Ehi, anche Harry si sta dando da fare. Domani imbiancherà una stanza.” disse Robin ridendo, contagiando anche mia madre e Gemma.

“Davvero divertente.” dissi seccato, dato che la prospettiva non mi sembrava delle migliori. “Ricorda ragazzo, non si può mai sapere nella vita.” disse Robin, divertito.

“Non ho intenzione di fare l’imbianchino da grande.” dissi con una smorfia. “Allora studia.” disse mia madre, mentre si alzava per togliere i piatti. “Lascia amore, faccio io.” disse Robin, seguendola.

Lo seguii con lo sguardo mentre insisteva per caricare la lavastoviglie e pensai che doveva essere sotto qualche sostanza stupefacente o qualcosa del genere.

Dopo cena successe una cosa che raramente facevamo. Restammo seduti attorno alla tavola, chiacchierando del più e del meno e scherzando fra di noi.

“C’è una cosa che voglio fare.” disse improvvisamente Robin. E senza un preciso motivo, iniziai a sentirmi ansioso.

La cena, le candele, la sua premura, le smancerie e il dolce persino. Iniziai ad avvertire un presentimento. Solo non riuscivo a decidere se fosse buono o cattivo.

“E’ ho pensato che il modo migliore, fosse farlo con tutta la famiglia presente.” continuò.  Il mio cuore iniziò a martellare nel petto non appena lo vidi alzarsi e poi inginocchiarsi davanti a mia madre.

Cosa diavolo stava facendo? Come gli saltava in mente di fare un passo simile senza prima parlarne con noi, con me? Era mia madre quella donna, dannazione.

Sembravo l’unico frustrato, poiché Gemma aveva le mani sulle labbra dalla sorpresa, e mia madre aveva un ampio sorriso stampato in viso.

“Anne, vuoi rendermi l’uomo più felice del mondo e diventare mia moglie?” le chiese, dopo aver estratto una scatolina vellutata dalla giacca.

Quando l’aprì, il diamante al suo interno brillò negli occhi lucidi di mia madre. La quale, prima di rispondere, si voltò verso di noi.

Eravamo sempre stati la sua priorità. Ricordo quanto ci mise prima di chiedere a Robin di venire a vivere con noi. Non lo fece fino a quando non seppe con certezza che a noi stava bene.

E adesso, anche se fremeva dalla voglia di rispondere, si voltò per chiedere l’approvazione dei suoi figli. Per questo non riuscii a negargli un sorriso.

“Si, certo che lo voglio, si!” disse entusiasta con la voce rotta dalle lacrime, mentre si abbassava per baciarlo.

Gemma posò una mano sulla mia e mi guardò con gli occhi luci e un sorriso che non le avevo mai visto.

Perchè non c’è niente di più bello che vedere la propria madre felice e finché Robin continuava a darle tutto quello di cui lei aveva bisogno, io non dovevo preoccuparmi di niente. 

 

Quando entrai in casa di Liam, erano le sei passate, quando invece Robin si era raccomandato di non fare più tardi delle quattro. Forse a rallentarmi era stata l’idea poco entusiasmante di imbiancare una stanza.

Liam studiava, perciò non cedette al mio disperato bisogno di aiuto e neanche Ruth si mostrò molto cooperativa, nonostante si trattasse della sua camera.

Rimaneva Nicola, ma non la sopportavo proprio e non avrei passato la mia serata chiuso fra quattro mura con lei.

Perciò l’ultima spiaggia fu la stanza di Ashley. Bussai e mentre aspettavo che mi desse il permesso per entrare, mi preparai psicologicamente al suo possibile attacco verbale.

Quando aprì la porta, non si sforzò nemmeno di assumere un'espressione vagamente cordiale.

Non capivo neanche per quale motivo ce l’avesse tanto con me, dopo tutto era stata lei a trattarmi scortesemente quando non avevo fatto altro che preoccuparmi per la sua incolumità.

“Cosa vuoi?” chiese acidamente ed io dovetti seriamente sforzarmi per non alzare gli occhi al cielo. “Puoi aiutarmi ad imbiancare la stanza di Ruth?” chiesi, cercando di non farla sembrare una supplica.

“Perchè dovrei?” chiese, corrugando la fronte. “Per favore.” dissi a denti stretti. Perchè non poteva dir di si e basta?

“Neanche per sogno. Chiedilo a Liam.” disse, incrociando le braccia al petto. “Pensi davvero che se non fossi stato così disperato sarei venuto a chiederlo a te?” chiesi accigliato.

“Ho già chiesto a tutti, ma sono troppo indaffarati.” borbottai poi. “Cosa ti fa pensare che io non stia facendo niente?” chiese perplessa.

Poggiai una mano sulla porta e la spalancai. Sul suo letto c’era un foglio. Ma non uno di quelli su cui disegnava, sembrava più una lettera o qualcosa del genere.

Lei prese la maniglia della porta e la richiuse, lasciandola aperta tanto abbastanza da concedermi di vedere almeno il suo viso.

“Non mi sembri troppo occupata.” dissi. “Lasciami in pace.” squittì, prima di chiudere totalmente la porta. Riuscii ad infilare il piede in mezzo e lei fallì miseramente nel suo tentativo di chiudermi fuori.

“Davvero, Ashley. Non riuscirò a finirla in tempo da solo e Robin mi ucciderà.” dissi, supplicandola più del dovuto. Ma Robin era ovviamente di buon umore e non avevo intenzione di essere il motivo per cui si sarebbe innervosito.

“Ed è un mio problema?” chiese divertita. “Te lo sto solo..” sbuffai irritato. “Chiedendo per favore, ok?” chiesi stremato. Non pensavo che ci sarebbe voluto così tanto per convincerla.

Mi guardò in silenzio e poi aprì la porta. “Devo solo.. trovare qualcosa da mettere.” sussurrò. Sospirai soddisfatto. Era stata una lotta dura, ma ce l’avevo fatta.

“Qualcosa che non ti dispiace se si macchia.” l’avvertii. “Una maglia di Liam.” borbottò, facendomi ridere. “Ti aspetto al piano di sopra.” dissi poi, mentre salivo.

 

Non avevo seguito molto i lavori negli ultimi giorni e dovevo ammettere che avevano fatto molti progressi. La stanza più impegnativa, quindi il bagno, a causa degli impianti idraulici, era quasi terminata. 

I muri erano stati innalzati, ma dovevano ancora essere imbiancati. Mancavano le porte, i lampadari e tutti i mobili.

Quando avevo trovato in giro per casa il progetto, avevo chiesto a Robin di illustrarmelo, dato che era privo di indicazioni.

Si salivano le scale e ci si trovava di fronte ad un lungo corridoio. La prima porta sulla destra, era il bagno, mentre quella sulla sinistra, una camera. Infondo al corridoio c’era una finestra affiancata da due porte, entrambe le quali portavano ad altre due camere.

Chiesi a Robin se avevano già deciso le funzioni di ciascuna camera e e lui aveva detto che ancora non ne avevano parlato, ma che sicuramente quella di fronte al bagno, sarebbe stata quella degli ospiti.

Allora io ne approfittai per dirgli che ad Ashley sarebbe piaciuta la camera sulla destra, quella con il soffitto inclinato e la finestra grande. Non so neanche perchè lo feci, non meritava certi favori.

Quando sentii i suoi passi raggiungermi, mi voltai per guardarla e appena la vidi, dovetti trattenere una risata.

Indossava dei leggins neri e una maglietta bianca a stampe di Liam, che a lei faceva più che altro da vestito. Aveva raccolto i capelli in una crocchia disordinata e alcuni ciuffi le ricadevano sul viso.

“Be’? Cos’ha guardare?” chiese irritata, mentre mi superava e si dirigeva nella camera degli ospiti. “Non è quella.” dissi divertito, mentre entravo in quella giusta. Lei mi seguì borbottando qualcosa.

Come mi aveva assicurato Robin, il pavimento era già stato ricoperto da fogli di giornali e in mezzo alla stanza, mi aveva lasciato una scala, alcuni pennelli e un paio di grossi secchi di vernice.

Mi abbassai per aprirne uno e non potei fare a meno di notare la faccia disgustata di Ashley. “Ruth ha un pessimo gusto in fatto di colori.” commentò poi.

Guardai la vernice nel secchio e pensai che l’arancio non era poi così male. Solo magari non così acceso, ecco.

“Non ti piace? Robin pensava di usarlo anche per la tua stanza.” mentii, solo per vederla strabuzzare gli occhi poco dopo.

Risi e lei li alzò al cielo. “Molto divertente.” disse, inzuppando il pennello della vernice e agitandolo in mia direzione.

Avrei amato in quel momento ricambiare lo schizzo e giocare con lei. Ma ero davvero in ritardo e non potevo permettermi di perdere altro tempo.

“Non cominciare.” dissi allora, divertito. Lei mi fece il verso e poi iniziò a dare colore ad una parete. Feci la stessa cosa, ma sul muro opposto.

“Non so neanche cosa devo fare.” borbottò. Mi voltai a guardarla. “Stai andando bene.” dissi, ma in realtà neanche io sapevo cosa dovevo fare.

Imbiancammo fino a dove arrivavamo e mentre lei iniziava la terza parete, io colorai gli spazi bianchi in alto salendo in cima alla scala.

“Si può?”  Mi voltai e sulla soglia della porta vidi Liam con due pizze in mano. Guardai l’orologio e si, era decisamente ora di cena.

“Ehi, quella è la mia maglietta.” disse ad Ashley, senza neanche un pizzico di fastidio nella voce.

Lei si abbassò a guardarla e notò alcuni schizzi arancioni. “Te la lavo.” disse. Ma non ci credeva neanche lei.

“Non preoccuparti.” disse sorridente, mentre ci passavi i piatti. “Grazie.” dissi. “Non c’è di che, state facendo un ottimo lavoro.” disse divertito, prima di lasciare la stanza per tornare al piano di sotto.

Mi guardai intorno, ci mancava una parete intera, il soffitto e la parte alta di un altro muro. Ashley si mise a sedere a gambe incrociate e posò il piatto su di esse. Io la imitai, sistemandomi di fronte a lei.

“Credevo che Robin fosse tuo padre.” disse all’improvviso, dopo aver ingoiato un morso di pizza. “Ma poi lo hai chiamato per nome ed ho intuito che non lo fosse.” aggiunse.

“Be’, anche tu chiami tuo padre per nome.” dissi senza pensare. Lei si immobilizzò e pensai che nel giro di pochi secondi si sarebbe messa ad urlarmi contro, ma non lo fece.

Era comprensibile che lo chiamasse per nome, infondo sapeva che era suo padre da due mesi scarsi. Ma a Liam questa cosa dispiaceva e probabilmente anche a Christopher.

“Comunque no, non è mio padre.” mi affrettai a dire, prima che si arrabbiasse. “Ma è come se lo fosse e vive con noi da quando ero molto piccolo.” le spiegai.

“E tu sei.. molto legato a lui?” mi chiese. Non capii questo improvviso interesse nei miei confronti e pensai che probabilmente stava cercando di paragonarlo a Lauren o qualcosa del genere.

“Si, lui.. ieri sera ha chiesto a mia madre di sposarla.” dissi, non so bene per quale motivo. Era la prima persona a cui lo dicevo. Liam non lo sapeva ancora e neanche Sophie.

Invece di congratularsi o di sforzare un sorriso, dilatò leggermente gli occhi.  “E a te sta bene?” chiese, cogliendomi di sorpresa. “Si, voglio dire.. si.” dissi confuso. Perchè me lo chiedeva?

Diede un altro morso alla pizza. “Lui si è sempre preso cura di noi e rende mia madre felice.” dissi, più per convincere me, che lei. Me lo ero ripetuto tutta la notte e lo pensavo davvero. Allora cosa c’era che non mi convinceva?

“E’ solo che..” iniziai. “Vogliono sposarsi tra meno di due settimane.” dissi. “O almeno così hanno detto.” aggiunsi. 

Perchè diavolo ne stavo parlando con lei? Probabilmente non mi stava neanche ascoltando. “Di solito non passano molti mesi?” chiese. Alzai il viso e lei mi stava guardando.

“Infatti.” mormorai, sorpreso dal fatto che mi stesse concedendo attenzione. “Ma vogliono fare una cerimonia intima. Mia madre è già stata sposata, perciò non avverrà neanche in chiesa.” le spiegai, ma perchè lo stavo facendo?

“Pare che non ci voglia molto ad organizzarlo, perciò vogliono farlo il prima possibile.” aggiunsi.

Arrivai alla conclusione che ero solamente scosso a causa del fatto che mi aveva colto alla sprovvista e che stava succedendo tutto così in fretta.

Ma infondo non sarebbe cambiato nulla. Lui viveva già con noi e si comportava già come se fosse stato suo marito. Due fedi non avrebbero stravolto la nostra vita, ero solo paranoico.

“Solo perchè tu sei stato raggirato, non vuol dire che succederà anche a tua madre.” disse, mentre prendeva in mano l’ultimo spicchio di pizza.

“Che intendi?” chiesi confuso, non capendo il significato delle sue parole. “Sto parlando di Katy.” disse e appena pronunciò il suo nome, il mio cuore fece una capriola.

“Solo perchè sei amica di Louis non puoi pretendere di sapere come sono andate le cose.” dissi, iniziando ad innervosirmi. Era un argomento che non riuscivo ad affrontare con tranquillità, Liam ne era un testimone.

“Non pretendo di saperlo perchè sono sua amica, è stata lei a parlarmene.” disse accigliata. Posai il piatto sul pavimento, forse con troppa forza. Ashley sussultò, colta di sorpresa.

“Katy? Che ti ha detto?” chiesi, ansioso di sentire la sua risposa. “Niente che tu non sappia già, immagino.” disse, alzando le spalle.

“Dimmelo.” le ordinai. Quando incontrò i miei occhi, capì che non stavo scherzando e anche lei si fece più seria.

“Ha detto che ti ha preso in giro.” disse, senza distogliere lo sguardo. Ebbi un tuffo al cuore.

“Cosa vai farneticando? Lei era innamorata di me.” dissi, rendendomi conto che stavo cercando di convincere me stesso e non Ashley.

“E’ una cosa di cui dovresti parlare con lei, comunque.” disse, cercando di evitare la discussione. Ma ormai aveva parlato e adesso avrebbe portato a termine il discorso.

“Cos’altro ti ha detto?” chiesi impaziente. “Voglio starne fuori, Harry. Non sono una fottuta pettegola.” disse irritata, mentre si alzava in piedi. Mi alzai anche io e la raggiunsi, fermandomi a pochi centimetri dal suo corpo.

“Se non mi dici quello che ti ha detto, vado di sotto e dico a Christopher che Janet in realtà è un ragazzo e che ti ha riportata a casa alle cinque di notte, ubriaca e fatta d’erba.” la minacciai, totalmente fuori di me.

Quando si trattava di quello che c’era stato fra me e Katy, perdevo il controllo. Sapevo che mi nascondeva qualcosa e se finalmente potevo scoprirlo, avrei fatto di tutto.

“Non lo faresti.” disse, socchiudendo gli occhi. “Vogliamo scommettere?” chiesi allontanandomi di un passo, per dimostrarle che ne avrei fatti altri e sarei sceso. In realtà non lo avrei mai fatto, ma non per lei, per Liam.

Sospirò e serrò la mascella. “Ha detto che è sempre stata attratta da Louis e che si è messa con te per..” iniziò, per poi interrompersi. “Per?” chiesi spazientito. 

“Per passare il tempo.” mormorò.



 

Salve ragazze,

siete ancora vive? Lo so, questo capitolo è una mattonata.

Ma non voglio commentarlo, lo lascio fare a voi, se volete.

Oggi voglio dedicare uno spazio ai miei idoli, perchè se non fosse per loro, adesso non sarei qui.

Perchè con la scusa di scrivere una Fan Fiction, ho scoperto una cosa che mi appassiona e che mi permette di esprimere ciò che sono.

Per il loro quarto l'anniversario, ho deciso di fare un breve video e se volete potete trovarlo qui: #4yearsofOneDirection

Mi farebbe piacere se lo guardaste e se mi diceste cosa ne pensate.

Solitamente sono brava con i discorsi, ma quando si tratta di loro, avrei talmente tante cose da dire, che semplicemente resto senza parole. 

Quando, ad X Factor, Zayn disse che avremmo ancora sentito parlare dei One Direction, aveva ragione. Ma sono convinta che neanche lui si aspettava tutto questo. 

E' come dice Louis, siamo una squadra. E solo Dio sa quanto sono felice di farne parte, perchè davvero, nessuno mi fa stare bene come loro. 

Quattro anni sono un traguardo, soprattutto se parliamo di quattro anni colmi di successo e di obiettivi raggiunti come quelli appena trascorsi. 

Sono cambiati, sono cresciuti e noi lo abbiamo fatto insieme a loro.  Mi auguro che questi siano solo i primi anni di una lunga serie. 

Non sono con voi dal principio, ma lo giuro, sarò con voi fino alla fine.

Michi x

 




 

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Capitolo 24
*** Perfect lips. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo’
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Perfect lips.

 

"Cause you've been taking up my mind,
with your little white lies."


 

Harry

 

Le sue parole si infilarono sotto la pelle come lame affilate. Ma presto il dolore svanì, perchè doveva essere sicuramente una stronzata, una bugia che si era inventata sul momento.

“Non è possibile.” mormorai. Ashley assottigliò le labbra. “E’ quello che ha detto.” disse poi.

Ingoiai il groppo che mi si era formato in gola. “C’è altro?” chiesi, ma lei rimase in silenzio. “C’è altro?” chiesi di nuovo, questa volta alzando la voce.

Lei sospirò frustrata. “Prima di lasciarti, lei.. ti ha tradito con Louis.” disse, facendomi ridere.

Si, ridere, perchè quella doveva essere una battuta o qualcosa del genere. Me ne sarei accorto se mi avesse tradito, no? “Non è vero.” dissi poi, con assoluta certezza.

Ashley mi guardò indignata. “Sei stato tu a chiedermi di dirti quello che sapevo.” disse poi. “Intendevo la verità, Ashley. Non le tue bugie inventate.” dissi con rabbia.

Le sue labbra si schiusero ed assunse un’espressione offesa. “Come, scusa? Ti ho appena riferito con esattezza le parole che mi sono state dette da lei.” disse irritata.

“Hai una fervida immaginazione, Ashley.” dissi divertito, cercando di respingere l’idea che potesse dire in qualche modo la verità.

Rimase a guardarmi allibita per una manciata di secondi. “Perchè dovrei mentirti?” chiese poi.

“Perchè tu non puoi sopportare l’idea che qualcuno vicino a te sia felice. Te lo dimostra il fatto che non vuoi che Sophie e Zayn stiano insieme anche se si amano o il modo in cui ti ostini a trattare chi ti vuole bene.” fu la rabbia a parlare al posto mio e le parole uscirono più velenose del dovuto.

Si immobilizzò e mi guardò con odio, più di quanto avesse mai fatto.

“Va all’inferno.” sputò poi con rabbia, prima di uscire velocemente dalla stanza.

 

Ashley

 

Non ci pensai due volte, entrai in camera e dopo aver gettato a terra i vestiti sporchi, ne indossai altri.

Slegai i capelli e noncurante del mio aspetto, scesi velocemente le scale. Una volta che ebbi raggiunto l’ingresso, presi il cappotto, ed uscii.

Ormai il cielo era scuro e si era abbassata la temperatura, ma non mi importava. In ogni caso la distanza da casa al centro della città, era davvero breve.

Ero stata una stupida se avevo pensato di poter avere una conversazione normale con Harry.  Era ovvio che non riuscissimo a parlare senza finire sempre a discutere. Perlomeno questa volta non era stata colpa mia. 

Avrei potuto evitare di spifferare tutto quello che mi aveva raccontato Katy, ma alla fine era stato lui ad insistere.

E come se non bastasse, dopo avermi obbligata a parlare, mi aveva anche incolpata di essermi inventata tutto. Certo, perchè il mio scopo nella vita è trovare un modo per farlo soffrire, come no.

Vogliamo parlare della stronzata riguardante il fatto che io non posso sopportare l’idea che qualcuno vicino a me sia felice? Il suo fottuto stato d’animo è l’ultimo dei miei problemi.

Quando alzai il viso, mi trovai davanti alla porta, ormai familiare, del Rammer Jammer. Entrai e fui grata del fatto che fosse semi vuoto. Non avrei sopportato la confusione in quel momento.

“Ehi.” mi salutò Grace, non appena mi vide. Sforzai un sorriso e raggiunsi il bancone del bar, prima di sedermi su uno degli sgabelli che lo affiancavano.

“Serataccia?” mi chiese, notando il mio malumore. “Decisamente una serataccia.” confermai i suoi sospetti. “Dammi qualcosa di alcolico, per favore.” dissi, facendola sorridere.

Un minuto dopo aveva versato del liquido ambrato in un bicchiere stretto e lungo. Lo presi e noncurante dell’identità del contenuto, lo portai alle labbra.

 

 

Katy

 

“Ci vediamo domani.” disse Amber, mentre usciva dallo spogliatoio. La salutai con un sorriso e legai i lacci della mia scarpa destra. Quando ebbi finito, presi la giacca ed il borsone prima di avviarmi verso l’uscita.

Non appena fui fuori dalla palestra, fui avvolta dal clima rigido e mi dovetti stringere nel cappotto. In quel momento mi pentii di non aver accettato il passaggio che mi era stato offerto da Louis.

Era ormai sera e morivo di fame, perciò mi incamminai verso casa.  Stavo camminando, quando sul ciglio opposto della strada, notai un’auto familiare. Era di Harry.

Ero sicura che stesse aspettando me. Sapeva quali erano i giorni e gli orari in cui frequentavo la palestra. Prima era lui che veniva a riprendermi.

Infatti pochi secondi dopo, lo vidi scendere dalla macchina e camminare verso di me. Mi fermai in attesa che mi raggiungesse, e quando lo fece, si fermò a qualche metro da me.

“Devo parlarti.” disse, con un tono stranamente duro. “Non abbiamo niente da dirci, Harry.” dissi io, in quanto quello che avevo da dirgli, lo avevo fatto il giorno in cui lo avevo lasciato.

“Ho bisogno di sapere alcune cose.” insistette lui. “Ad esempio?” chiesi divertita. Sapevo che non aveva ancora mandato giù l’accaduto, ma non pensavo che ci rimuginasse ancora sopra. Erano passati mesi ormai.

“Ad esempio se mi hai mai amato.” disse, con un’audacia che non gli era mai appartenuta. “Cosa?” chiesi incredula. Come gli era venuto in mente di farmi una domanda simile?

“Mi amavi o stavi con me solo per passare il tempo?” chiese, innervosendosi. Collegai immediatamente quella scelta di parole ad Ashley e quasi mi venne da sorridere.

Sapevo di non potermi fidare di quella piccola stronza. Sembrava tanto disinteressata alla vita degli altri e poi spettegolava i fatti altrui come la più brava delle ficcanaso.

Ma non sapeva contro chi si stava mettendo. Forse Harry era stato uno stupido, ma  io non lo ero affatto. E se credeva che non mi fossi resa conto del fatto che trascorresse del tempo con Louis, era una povera ingenua.

Ma decisi comunque di non metterla in mezzo e di cogliere l’occasione per dire ad Harry come stavano realmente le cose.

“Avevo intenzione di stare con te fino a quando non fossi riuscita ad attirare l’attenzione di Louis.” ammisi tranquillamente. Il corpo di Harry rimase immobile, ma attraverso i suoi occhi vidi chiaramente la sua anima infrangersi in mille pezzi.

“E.. sei stata con lui dopo o..” iniziò, e quando capii la domanda, non lasciai neanche che la terminasse. “Sono stata con lui, alle tue spalle, per circa un mese. Poi ti ho lasciato.” risposi.

Serrò la mascella, la quale tremava leggermente. I suoi sentimenti non mi stavano a cuore, ma sperai che non si mettesse a piangere, non lo avrei saputo gestire.

“Perchè?” chiese, sorprendendomi per il tono deciso che usò. “Non lo so.” risposi sinceramente. 

“E che senso ha avuto tutto quanto?” chiese con rabbia. “Le parole, le emozioni, i baci, i regali e tutto il resto? Che senso ha avuto?” chiese ancora, non curante delle persone che ci guardavano da sopra le sciarpe.

“Per me nessuno, Harry.” dissi, con una tranquillità pungente. Per un attimo pensai che mi avrebbe presa a parole, ma dopo tutto sapevo che non era da lui.

“Ho ascoltato tutte le tue bugie e mi sono bevuto tutte le tue smancerie.” disse, più a se stesso che a me. “Mi sono fidato di te. Io ti ho dato tutto e tu mi hai soltanto ferito.” disse con rabbia.

Le sue parole non mi toccarono e non finsi neanche di esserci rimasta male. “Spero tu sia felice.” disse poi, prima di voltarsi e raggiungere l’auto.

Salì e dopo aver sbattuto la portiera, mi sfrecciò di fianco facendomi venire i brividi. Mi strinsi di nuovo nel cappotto e ritornai a camminare.

 

Ashley

 

L’umorismo di Grace mi distrasse e riuscii a calmarmi. Ero contenta di aver trovato una ragazza con cui poter parlare.

Liam iniziò a tormentarmi con una serie di messaggi preoccupati e io gli risposi che non avrei fatto tardi, che ero solamente andata a trovare Janet. Ovviamente quella era la motivazione che doveva giungere alle orecchie di Christopher. 

Avrei pensato dopo ad una scusa che giustificasse il fatto che non avevo chiesto il permesso per uscire. Non avevo la minima intenzione di tornare a casa ubriaca o alle due di notte, perciò mi fermai al primo bicchiere. 

La serata procedeva bene e quando pensai di essermi finalmente lasciata alle spalle la discussione con Harry, lo vidi entrare dalla porta.

A causa del locale praticamente vuoto, mi notò subito e quando mi guardò, ricambiai con un’occhiata fulminea. Ma tutta la rabbia che aveva ripreso a ribollirmi nelle vene, svanì quando notai i suoi occhi lucidi.

Allora schiusi le labbra e non riuscii a dirgli che doveva lasciarmi in pace o qualcosa del genere. Rimasi semplicemente in silenzio mentre lui si avvicinava lentamente.

Grace notò quello scambio di sguardi e si allontanò, andando a riempire il bicchiere di qualche uomo infondo al bancone.

Aspettai che fosse a poca distanza da me, per ruotare il corpo sullo sgabello e voltarmi totalmente verso di lui. Si avvicinò ancora e si fermò di fronte a me.

Gli occhi non erano solo lucidi, ma anche arrossati. Le labbra sembravano leggermente gonfie, come se le avesse torturate con i denti.

“Cosa ti è successo?” chiesi. La voce uscì arrabbiata contro la mia volontà. Forse la visione di lui in quello stato mi aveva destabilizzata, ma la mia mente ricordava perfettamente il comportamento che aveva avuto poco prima nei mie confronti.

“Dovrei probabilmente chiederti scusa.” mormorò. Non era possibile che avesse pianto a causa della nostra discussione. No, non era davvero possibile. Corrugai la fronte confusa, non aveva risposto alla mia domanda.

“Ho parlato con Katy.” disse. Ed io ebbi un tuffo al cuore. Era andato da lei per chiederle probabilmente se quello che gli avessi detto fosse stato vero, ed aveva scoperto la verità.

E cioè che io non gli avevo affatto mentito. E adesso avrei voluto dirgli: si bello, devi proprio chiedermi scusa. Ma tutto quello che riuscii a fare, fu schiudere le labbra e rimanere in silenzio.

Io non avevo idea di quanto fossero stati insieme, né di quanto Katy fosse brava come attrice. Quindi probabilmente avevano vissuto molti momenti insieme, ed avevano provato delle emozioni, o perlomeno, lui le aveva provate.

Ne era innamorato e dopo essere stato lasciato per un altro, aveva anche dovuto scoprire di essere stato preso in giro e tradito. “Mi dispiace.” mormorai. E lo pensavo davvero, nonostante il nostro rapporto burrascoso.

Scosse la testa e si sforzò di trattenere le lacrime. Faceva quasi impressione vederlo in quello stato. 

Harry era un ragazzo alto e piuttosto muscoloso. E per quanto Liam disprezzasse i miei tatuaggi, si era scelto un miglior amico piuttosto tatuato. Quelle macchie di inchiostro lo facevano sembrare un duro.

Ma adesso sembrava così fragile, con la voce tremolante e gli occhi annebbiati delle lacrime.

“No, dispiace a me per averti parlato in quel modo.” disse. “Mi hai detto come stanno realmente le cose ed io ti ho attaccata solo perchè sapevo che avevi ragione.” continuò.

“E’ solo che.. la verità è dolorosa da affrontare.” aggiunse, con voce rotta. Trattenne a stento un singhiozzo ed abbassò il viso per non farsi vedere in lacrime da me.

Rimasi immobile, poiché non avevo la minima idea di come reagire. Il primo istinto fu quello di abbracciarlo, ma non avevamo così tanta confidenza e io non davo abbracci a caso.

Per me gli abbracci erano un qualcosa di molto significativo e intimo, più di un bacio. Non andavo in giro ad abbracciare tutti. Poteva sembrare folle, ma io ero così.

Si portò le dita agli angoli degli occhi ed asciugò le lacrime, dopo di che alzò di nuovo il viso.

Avrei dovuto notare subito i suoi occhi, ancora più arrossati. Ma la mia attenzione venne catturata dalle sue labbra.

Non mi ero mai resa conto di quanto fossero perfette. Sembravano disegnate. Spostai lo sguardo dalle sue labbra ai suoi occhi e mi sentii arrossire. Sono una stupida, pensai.

“Stai bene?” chiesi, conoscendo già la risposta. “No.” disse, ovviamente. Il suono del suo cellulare mi salvò. Non avevo davvero idea di cosa fare o dire.

“E’ Liam.” disse, leggendo il messaggio. “E’ preoccupato per te, è meglio se ti riporto a casa.” mormorò, rialzando lo sguardo. “Non importa, torno a piedi. Tu..” iniziai, ma non ero davvero brava a dare consigli.

“Dovresti fare un giro e cercare di.. distrarti.” dissi, solo dopo mi resi conto di quanto suonassero stupide le mie parole.

Probabilmente lo pensò pure lui, perchè accennò ad un sorriso divertito. Ricambiai il sorriso, abbastanza soddisfatta. Il consiglio era pessimo, ma almeno lo avevo fatto sorridere. “Anche io voglio tornare a casa.” disse. Allora annuii e mi alzai.

Guardai dietro il bancone alle ricerca di Grace, ma quando la vidi indaffarata, me ne andai senza salutarla.

 

Il ritorno a casa fu silenzioso, ma dopo l’ennesimo messaggio di Liam, Harry mi informò che Christopher era piuttosto arrabbiato e che probabilmente mi stava aspettando sveglio.

Guardai l’orologio ed erano a malapena le dieci, ma potevo comunque capire il motivo per cui lo avessi fatto arrabbiare.

Harry sembrava essersi calmato, ma pensai che cercasse solo di distrarsi.  Una volta da solo, avrebbe dato libero sfogo alle lacrime che adesso stava cercando di trattenere.

“Stai un po’ meglio?” chiesi, nel tentativo di interrompere quel silenzio imbarazzante. Impiegò una manciata di secondi a rispondermi, sembrò quasi pensarci su.

“No.” disse infine. “Voglio solo ubriacarmi.” aggiunse poi, con tono estremamente serio.

“Perchè non l’hai fatto, allora?” chiesi. Era probabilmente andato al Rammer Jammer con quell’intenzione, ma forse il mio incontro aveva cambiato i suoi piani.

“Perchè dovevo riportare a casa te.” rispose, senza lasciar trasparire nessuna emozione. La sua risposta mi spiazzò, ma non dissi niente.

 

“Non preoccuparti, ci parlo io.” disse, probabilmente riferendosi a Christopher, mentre scendeva dall’auto. Non appena aprii la porta con la copia delle chiavi che mi era stata data, Christopher apparve sulla soglia.

Inizialmente sembrò furioso, ma alla vista di Harry, si calmò. Schiusi le labbra per parlare, ma venni anticipata.

“E’ colpa mia, era con me.” si affrettò a dire Harry. “Non ha avvisato che usciva solo perchè le ho messo fretta, scusa Chris.” disse.  Il modo in cui lo chiamò mi fece intendere che fossero molto in confidenza.

Sospirò e gli sorrise. “Va bene. Ma non approfittartene, Harry.” disse, in tono amichevole. Adesso sapevo perchè Liam non si arrabbiava mai, aveva preso sicuramente dal padre.

Harry ricambiò il sorriso ed augurò la buonanotte. Prima che potesse uscire dal mio campo visivo, gli lanciai uno sguardo grato. Entrai e chiusi la porta alle mie spalle.

“Se non trovi il tempo per avvertirmi, puoi mandarmi un messaggio.” disse Christopher, mentre salivamo le scale. “Sono un padre moderno, li leggo gli sms.” disse divertito, facendo ridere anche me.

Non aveva tutti i torti, aveva un aspetto giovanile e moderno, su questo non avevo dubbi. “Me ne ricorderò.” dissi, prima di dargli la buonanotte ed entrare in camera. Era stata decisamente una lunga giornata.

 

Un’altra settimana trascorse in fretta ed io non mi capacitavo di come il tempo volasse.

Al mio arrivo, ricordo che le giornate sembrano infinite. Contavo ogni minuto di ogni  ora, e la fine sembrava non arrivare mai.

Adesso invece il tempo mi sfuggiva dalle mani e non ero riuscita ancora a trovare il momento giusto per dire a Zayn di Sophie.

Forse non c’era neanche un momento giusto, dovevo dirglielo e basta. In fretta, come quando si toglie un cerotto. Ma negli ultimi giorni avevo avuto altro a cui pensare. Katy aveva fatto finta di niente. 

Non aveva mai accennato a qualcosa che alludesse al fatto che avevo spifferato ad Harry tutto ciò che mi aveva raccontato. Il che era una bene. Ma non riuscivo a capire se stesse tramando qualcosa o se avesse semplicemente deciso di lasciar perdere.

Louis non sembrava essere a conoscenza dell’accaduto ed io non pensai certo di informarlo. Perciò le cose, tra noi, procedettero come sempre.

Harry lo avevo visto di rado. Dopo le dure scoperte che aveva fatto, era diventato un fantasma. A scuola si limitava a seguire le lezioni, nei corridoi non lo incrociavo mai e a mensa non veniva più. Cercava di evitarla.

A volte lo vedevo a casa mia, oppure sentivo la sua voce in corridoio. Ma saliva velocemente al piano di sopra, dove ancora si svolgevano i lavori, e quando scendeva, si dirigeva direttamente all’uscita.

Anche Liam era stato poco presente negli ultimi giorni, trascorreva la maggior parte del tempo a casa di Harry, forse a consolarlo. La solitudine non era brutta come sembrava ed io ero piuttosto abituata a starmene per i fatti miei.

Anche quel giorno, quando tornai da scuola, non trovai nessuno in camera. Gettai lo zaino in un angolo e cambiai i vestiti, decidendo di indossare una tuta.

Mi sentii ispirata, perciò recuperai da sotto il cuscino, il quaderno che mi era stato regalato da Zayn.

Quando mi sedetti sul letto, notai una busta bianca, un’altra. La presi e senza neanche leggere il mittente, la riposi nel secondo cassetto del comodino, insieme altre sei.

Incrociai le gambe e ci poggiai sopra il quaderno. Non appena lo aprii, lungo la pagina scivolò la foto mia e di mia madre. La presi e la posai al mio fianco.

Impugnai il lapis ed iniziai a tracciare linee astratte ed imprecise. Nascevano così i miei disegni. Scarabocchiavo qualcosa e quando iniziavano a prendere forma, scoprivo cos’erano.

Non succedeva sempre così ovviamente, ma a volte mi divertivo a farlo, per vedere cosa mi passasse per la mente.

Le linee assunsero una forma lunga e tondeggiante e prima che me ne rendessi conto, finii con il disegnare delle lebbra. Erano venute bene, così sorrisi soddisfatta. Ma ben presto il mio sorriso svanì, poiché più le guardavo e più le riconoscevo.

Avevo inconsciamente disegnato le labbra di Harry.

 

 

Salve a tutte :)

Prima di parlare del capitolo, volevo dire una cosa importante.

Io lo so che voi non vedete l’ora di leggere qualcosa di più su Harry ed Ashley o Ashley e Louis, o su qualsiasi altra coppia. Ed è verissimo che io la tiro veramente per le lunghe. 

Il fatto è che non la scrivo come una fan fiction di trenta capitoli, vedo questa storia come una specie di libro e spesso i libri hanno più di duecento pagine.

Il problema è che io devo dividerla in capitoli e quindi rende il tutto ancora più lento. Per adesso sono arrivata a scrivere il ventottesimo capitolo e ancora nessuno si è baciato o cose simili. Spero che questo non vi dispiaccia troppo.

Dovete capire che io voglio fare una storia realistica e detesto quelle in cui due persone si conoscono a malapena e due settimane dopo si amano alla follia.

Poi dovete ricordare che Ashley ha il carattere che ha e in più è stata tradita e usata dal suo primo amore. Harry idem e continua a pensare a Katy. Louis è fidanzato. Zayn è bloccato in America e Sophie non può parlargli.

Ci sono cose che non si risolvono in due capitoli, non so se capite quello che voglio dire, ma io non posso affrettare i tempi per fare un favore agli altri.

Ho strutturato la mia storia in un certo modo e per rendervi la lettura piacevole e anche più veloce sto aggiornando quasi ogni giorno. Spero che continuerà a piacervi e vi prometto che presto leggerete quello che aspettate dal primo capitolo.

Detto questo, e spero di essermi spiegata, in questo capitolo credo che le cose siano migliorate.

Harry inizialmente si infuria con lei, ma poi è costretto a chiederle scusa. E Ashley, be’.. che ci combini Ashley? Ahahaha.

Fatemi sapere cosa ne pensate, anche di quello che vi ho detto prima, se vi va.

Un bacione a tutte,

Michi x

 

 





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Capitolo 25
*** Good intentions. ***


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Good intentions.

 

“It's everything about you, 

everything that you do.”

Zayn

“Non darmi dell’egoista, Zayn.” disse ferita, mia sorella. Alzai gli occhi al cielo, nonostante lei non potesse vedermi, poiché stavamo parlando al telefono.

Perchè non avrei dovuto? Lei era un’egoista. E faceva sempre la vittima quando glielo ricordavo. Io ero disposto a sopportare mio padre e tutti i suoi problemi, ma Safaa non meritava di crescere nella merda in cui ero cresciuto io.

Per Doniya era stato facile, se n’era semplicemente andata a vivere con il suo fidanzato, lontano da tutto questo schifo.

Non aveva idea di quello che dovevo fare per mantenere la famiglia. Ma ero sicuro che se anche glielo avessi detto, non avrebbe fatto comunque differenza.

“Se sostieni di non essere egoista, fa venire Safaa a vivere con te.” dissi. La sentii sospirare. “Sai che è più complicato di così. E’ minorenne, non posso semplicemente venire lì e portarla via da papà.” disse.

“Perchè no?” sbuffai. Sapevamo benissimo che lui non si sarebbe opposto. “Perchè per fare una cosa simile dovrei chiedere l’affidamento. Dovrei discutere la cosa legalmente, Zayn.” disse spazientita.

“Hai ottimi motivi per farlo.” mormorai, continuando a fare su e in giù per la stanza. “E’ nostro padre, non posso portarlo in tribunale.” disse. Le sue parole mi mandarono su tutte le furie e ringraziai che lui non fosse in casa e Safaa fosse a scuola.

“Dannazione Doniya, ma hai dimenticato tutte le volte che ti ha messo le mani addosso? Hai dimenticato di quando dovevi tapparmi le orecchie per non farmi sentire tutte le stronzate che urlava a nostra madre?” chiesi, alzando decisamente la voce.

La sentii singhiozzare. “Come puoi solo pensare che io sia in grado di rimuovere certe cose?” chiese con voce rotta.

“Vuoi veramente che Safaa cresca così?” le chiesi, calmandomi. “Certo che no, ma Zayn.. non è così facile come la vedi tu.” insistette. “Devo andare a prenderla a scuola. Ci sentiamo.” dissi, buttando giù il telefono.

Ero stufo di quelle telefonate, stavano avvenendo troppo spesso. E lei ripeteva sempre le stesse cose e finiva per starsene con le mani in mano.

Ed era già successo due volte che Safaa dovesse assistere al padre ubriaco che torna a casa e cerca di aggredire il fratello maggiore.

Se fosse successo un’altra volta, l’avrei presa e l’avrei portata via con me, non importa dove. Fanculo l’affidamento e tutte le altre stronzate.

Non appena scesi in strada, il mio telefono squillo. Sperai che fosse Doniya, che magari avesse cambiato idea. Ma comunque non rimasi deluso quando non lessi il suo nome.

“Ehi, Ash.” dissi, sforzandomi di essere solare per lei. Non mi andava di farla preoccupare o di raccontarle quello che stava succedendo.

“Ehi, come va?” chiese, con altrettanto entusiasmo. “Bene.” mentii. “Dall’altra parte dell’oceano come vanno le cose?” chiesi divertito. La sentii ridere, il che mi scaldò il cuore. 

“Faccio progressi.” disse. “Ah si?” chiesi contento. “Si, niente di che.. ma le cose vanno bene, credo.” mormorò.

Per lei era qualcosa di nuovo, perciò si sentiva sicuramente estranea a certe emozioni.  Ero comunque felice del fatto che pensasse che le cose andassero bene, perchè probabilmente era davvero così.

Svoltai l’angolo ed intravidi la scuola di Safaa, una manciata di secondi dopo, l’avevo raggiunta.

“Zayn, devo.. dirti una cosa.” disse Ashley. Entrai nel cancello e mi guardai intorno, la campanella era appena suonata, perciò il cortile era colmo di bambini.

“Non so esattamente come dirtela.” continuò. Assottigliai gli occhi e scrutai i loro volti, ma non riconobbi quello di Safaa.

“Non ci crederai mai, ma..” iniziò. “Scusa, Ash. Devo richiamarti.” dissi frettolosamente. “Ma.. Zayn, aspetta.” disse.

“Non preoccuparti, ci risentiamo presto. Ti voglio bene.” dissi, prima di riagganciare. “Zayn!”

Sospirai di sollievo appena riconobbi la sua voce e quando mi corse in contro, l’accolsi tra le mie braccia.

 

Harry

Salii le scale fino al terzo piano e una volta nel corridoio, salutai gli operai che finivano di sistemare il bagno.

In poche settimane quel posto aveva completamente cambiato aspetto. Erano state aggiunte le porte, i lampadari e la carte da parati nel corridoio.

Le altre stanze erano state imbiancate ed io raggiunsi quella di Ashley per vedere che lavoro avevano fatto.

La porta bianca era accostata e quando l’aprii, all’interno trovai Christopher che si guardava intorno. La stanza era perfettamente imbiancata di verde acqua.

“Disturbo?” chiesi, mentre lo affiancavo. Si voltò a guardarmi. “Niente affatto, Harry. Vieni.” disse sorridente.

“Mi stavo chiedendo se il colore che Robin ha insistito di fare piacerà ad Ashley.” disse pensieroso. “Le piacerà.” dissi. “E’ stata lei a dirmi che la voleva di questo colore.” aggiunsi poi.

Mi guardò con una luce negli occhi. “Davvero?” chiese, decisamente sollevato. “Dato che ne avete parlato. Sai dirmi se desidera altro?” chiese.

Cercai di ricordare la conversazione che avevamo avuto e i suoi desideri erano stati praticamente tutti esauditi.

Aveva la camera con il soffitto inclinato, la finestra più grande e del colore che voleva lei. “Un letto grande.” ricordai poi, divertito. “E poi, ehm.. disegni.” dissi. “Alle pareti intendo.” precisai.

“Vorrei chiederti un ultimo favore.” disse. “Uno di questi giorni, quando magari lei non è in casa, mi aiuteresti ad.. arredarla?” mi chiese, quasi imbarazzato.

“Tengo particolarmente a questo cosa. Progetto di farle avere una stanza tutta sua da quando so che è mia figlia e voglio che si senta.. a casa.” disse.

Poggiai una mano sulla sua spalla, comprendendo a fondo le sue parole. “Certo che ti aiuto.” gli risposi.

“Grazie Harry.” disse, sorridendomi.

 

Mi riempii un bicchier d’acqua e mi sedetti attorno al tavolo. Avevo preso sul serio la frase: “Fa come se fosse a casa tua.”

Sentii dei passi dirigersi in cucina e quando alzai lo sguardo, incrociai gli occhi sorpresi di Ashley.

Nell’ultima settimana l’avevo vista appena di sfuggita. Non avevo la minima voglia di incontrare Katy, perciò avevo frequentato poco la mensa e i corridoi.

Se consideriamo poi il fatto che non andavamo in classe insieme, le possibilità di incontrarci erano davvero scarse.

Indossava una tuta grigia ed un maglioncino verde. I capelli erano raccolti nella sua solita crocchia scompigliata ed indossava gli occhiali. Non sapevo neanche che li portasse.

La montatura era nera e non le stavano male. Le labbra le si schiusero in un lieve sorriso. “Allora non sei morto.” dissi divertita.

No, ma avrei preferito. Il dolore che avevo provato dopo le confessioni di Katy, era stato il triplo in confronto a quello che avevo provato quando mi aveva lasciato.

Ma avevo deciso di smetterla di deprimermi, non valeva la pena di stare male per una persona simile. Non meritava che le dessi tanta importanza.

Faceva male, ma decisi di lasciarmi tutto alle spalle. O almeno di provarci.

“Per tua sfortuna si.” le risposi ironicamente. Anche lei riempì un bicchier d’acqua e poi venne a sedersi di fronte a me.

“Carini gli occhiali. Ti fanno sembrare più intelligente.” dissi, per poi prendere un sorso d’acqua. “Peccato per la faccia che ci sta dietro.” aggiunsi, mentre riportavo il bicchiere sul tavolo.

Lei fece una smorfia. “Davvero simpatico.” disse, con tono cantilenante. “Offendi come un bambino di cinque anni.” mi prese in giro, facendomi sorridere.

Il suo cambiamento era palpabile nell’aria. Un mese prima mi avrebbe ringhiato contro di stare zitto.

Quando abbassò la mano per afferrare il bicchiere, non potei fare a meno di notare le cinque rondini tatuate lungo il dorso della mano. Non avevo mai visto una ragazza quasi più tatuata di me.

“Stai meglio?” mi chiese, cogliendomi di sorpresa.

Negli ultimi giorni chiunque fosse a conoscenza dell’accaduto, vale a dire i ragazzi, Sophie e mia madre, alla quale non ero riuscito a mentire, avevano cercato di evitare il discorso.

Liam veniva spesso a casa mia con una scusa e sapevo che lo faceva per starmi vicino, ma non mi aveva mai detto cose come “vedrai passerà” o le solite stronzate.

Si era limitato a distrarmi, come tutti gli altri. Ma dovevo aspettarmi che Ashley me lo chiedesse senza pochi giri di parole, lei era diretta e il tatto non faceva parte del suo essere.

Ma che dovevo farci? A me andava bene così. Ormai l’avevo conosciuta per quello che era. 

E le cose da fare, erano due: accettarla o lasciarla perdere. Perchè a cambiarla non ci provavo neanche.

Non perchè la trovassi una sfida impossibile, ma perchè non ero assolutamente nessuno per farle cambiare le sue abitudini. A parte quelle del bere e tornare a tarda notte, ovviamente.

“Ci provo.” risposi sinceramente. “Ti ha detto qualcosa? Riguardo al fatto che mi hai raccontato tutto.” le chiesi preoccupato.

Fino a quel momento non ci avevo minimamente pensato e non ci avevo pensato neanche quando ero andato da lei e le avevo spiattellato tutto, non curante delle conseguenze che ci sarebbero state per Ashley.

Infondo Katy si era confidata e magari non si aspettava che lei mi riferisse tutto quanto. “No, anzi.. mi è parsa tranquilla.” disse, stranita quanto me. Alzai le spalle. Be’, meglio così, pensai.

“Quando si sposerà tua madre?” chiese, cambiando discorso. Non riuscii a fare a meno di notare che stavamo riuscendo a fare una conversazione normale.

“Questo fine settimana.” risposi sorridente. Avevo decisamente superato i dubbi che mi avevano inizialmente tormentato. “Sei invitata anche tu.” dissi, nel caso non lo sapesse già. Non avevo idea se Liam glielo avesse detto o meno.

Dalla sua reazione, supposi di no. Risputò il sorso d’acqua che aveva appena preso. “Cosa?” chiese poi con voce acuta, facendomi ridere. “Perchè? Io non c’entro assolutamente niente.” disse, totalmente accigliata.

La sua risposta fece sparire il sorriso sulle mie labbra. Dopo tutto questo tempo, ancora non si sentiva parte della famiglia, non si sentiva a casa sua.

Allora decisi di prendere la richiesta di Christopher sul serio. Avevo già iniziato a farla innamorare di Wolverhampton, la prossima sfida sarebbe stata quella di farla sentire a casa.

“Non dire stronzate.” la ripresi ridendo.  “Hai conosciuto Robin e sinceramente mia madre continua a non capire come facciate a vivere vicine e non esservi mai incontrate.” dissi, ed era vero, non me l’ero inventato sul momento.

Le mie parole la fecero ridere, il che fece nascere un sorriso spontaneo sul mio viso.

“In ogni caso, non penso che verrò.” disse, spegnendo il mio entusiasmo. “I matrimoni non sono il mio genere.” spiegò poi. “Neanche il mio.” confessai, facendola ridere. “Vedremo.” rispose vaga, prima di alzarsi.

 

Il giorno seguente Christopher mi chiamò dicendomi che Ashley era uscita e che se volevo, potevo aiutarlo a sistemare la sua stanza.

Quando entrai in camera di Liam, il letto di Ashley era privo di lenzuola e su di esso, c’era un quaderno. Mi era familiare, glielo avevo visto qualche volta.

Aprii l’armadio, ma notai che la sua parte era già stata svuotata, così mi limitai a prendere i suoi libri e il suo quaderno. Ma quando lo sollevai dal letto, i fogli che conteneva caddero a terra, sparpagliandosi sul pavimento.

Al quaderno erano ancora attaccati i fogli bianchi e sulla prima pagina, c’era una dedica.

 

Alla mia miglior amica,

non smettere mai di disegnare, ricorda che ci faceva sentire infiniti.

Zayn x

 

Lo posai e mi concentrai sui fogli che avevo fatto cadere. Intuii che staccasse i disegni una volta che li aveva finiti. Tentai di raccoglierli senza guardarli, ricordando che aveva detto che erano personali, ma la tentazione fu troppo forte.

Il primo che alzai raffigurava una ragazza e somigliava a lei. Quando infondo lessi il nome di Zayn, capii che era un suo ritratto.

Osservai gli altri, alcuni raffiguravano parti del corpo, come occhi e labbra, altri invece ritraevano paesaggi.

In mezzo ai disegni trovai una piccola foto ed impiegai poco a capire che fosse Ashley appena nata tra le braccia della madre, Rebecca.

Sorrisi e mi venne un’idea.

 

Ashley

“Secondo me dovresti andare.” disse Grace, mentre poggiava il mento sul palmo della mano.

Presi un sorso del mio succo di frutta e sospirai. Era la prima volta che mi confidavo con una ragazza e che chiedevo consigli al riguardo. Le avevo detto del matrimonio e del fatto che non fossi convinta di andarci.

“Infondo è solo una piccola cerimonia. Hai anche detto che sarà informale.” insistette. “Così ho capito.” mormorai, ricordando che Harry mi aveva detto che non si sarebbe svolta in chiesa.

“Cos’è che non ti convince?” mi chiese. “Non so.” dissi, storcendo la bocca. “Non so neanche cosa dovrei indossare.” borbottai e i suoi occhi si illuminarono.

“Mi offro volontaria per aiutarti ad andare a curiosare in qualche negozio.” disse, piena di entusiasmo. “Lo faresti davvero?” chiesi sorpresa. Quella città pullulava di persone gentili e disponibili.

Qualcosa mi diceva che era troppo bello per essere vero e che sarebbe presto successo qualcosa di terribile. 

Non avevo esperienza in quel campo. Voglio dire, non ero mai stata ad un matrimonio, non avevo idea di cosa avrei potuto indossare. Un parere femminile poteva essermi d’aiuto.

“Certo. Uno di questi giorni, dopo il lavoro, andiamo a dare un’occhiata in giro.” disse sorridente. “Grazie.” dissi, ricambiando il sorriso.

 

Quando tornai a casa, mi sorpresi di trovare Christopher, Liam ed Harry seduti sul divano. Appena si accorsero della mia presenza, si voltarono a guardarmi, più che sorridenti.

“Ciao.” dissi a disagio. “Ciao. Tutto bene?” mi chiese Christopher. “Si.” dissi, avvicinandomi allo schienale del divano. “Voi?” chiesi.

“Benissimo, ho delle buone notizie.” rispose. Io rimasi in silenzio, aspettando che me le comunicasse. “Il terzo piano è ufficialmente terminato. Stanotte dormirai nella tua nuova camera.” disse con entusiasmo ed io non riuscii a trattenere un sorriso.

“Su, Harry. Mostrale la stanza.” disse Christopher, toccandogli la spalla. Lui si voltò a guardarlo, chiaramente confuso. “Io?” chiese poi. Christopher annuì.

“Non dovresti..” iniziò, prima di essere interrotto. “Muoviti.” disse, facendolo alzare. “Va bene, andiamo.” disse Harry, ancora perplesso.

Ignorai quella conversazione ambigua, ero troppo ansiosa di vedere la stanza.

 

Harry mi guidò fino in fondo al corridoio, per poi indicarmi la porta bianca sulla destra.

“E’ quella.. con il soffitto inclinato?” chiesi, cercando di ricordare dove fosse stato il punto esatto, quando quel piano non era altro che una mansarda vuota.

Avevo dei dubbi, ma ero quasi certa che fosse esattamente quella. “Entra.” disse lui, sorridendomi. Sospirai ed abbassai la maniglia.

Mi guardai intorno e tutto quello che riuscii a fare, fu schiudere le labbra.

Quello proprio non me lo spettavo.

 



Salve a tutte,

vado di fretta perciò non voglio dire niente, lascio a voi i commenti di questo capitolo.

So che è corto ma il prossimo sarà circa il doppio, promesso.

Grazie mille per le recensioni, a volte non mi capacito di quanto siete dolci.

Apprezzo davvero che mi dedichiate un po’ del vostro tempo.

Un bacione a tutte,

Michi x

 

 

 

 

 

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Trailer della storia

 

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Capitolo 26
*** The new room. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo’
Capitolo 26..png
The new room.

 

”One of these days I’ll find you,
cos I won’t give up.”


 

Ashley

Non era molto grande, ma a parer mio questo non faceva altro che renderla più intima e accogliente.

Ad attirare subito la mia attenzione furono le pareti, verde acqua, come avevo sempre desiderato e come avevo confessato ad Harry qualche giorno prima. Non potevo credere che mi avesse veramente ascoltata.

La stanza era decisamente quella per cui avevo espresso la mia preferenza.

Il soffitto era inclinato e la cosa più stupefacente era che la libreria si incastrava perfettamente in quel punto, come se fosse stata fatta su misura. Ed era probabilmente così.

Di fianco ad essa, c’era il motivo principale per cui avevo amato fin da subito quell’angolo. La finestra era grande, caratterizzata da una grossa vetrata, alla base della quale c’era una sorta di panca. Sopra di essa erano stati aggiunti dei cuscini decorativi.

Il letto era enorme, incastrato in una testata bianca in ferro battuto e affiancato da due comò, anch’essi bianchi. Di fronte a questo, un armadio ed una scrivania, rigorosamente bianchi.

Stavo quasi per saltare al collo di Harry, nonostante fosse un gesto che non mi sarei mai sognata di rivolgergli, quando il panico si impossessò di me.

Nella libreria c’erano i miei libri e sul comodino, il mio quaderno. Aveva toccato le mie cose. Ero convinta che sarei stata io a trasferirle di sopra, invece erano già tutte lì.

Ero disposta a passarci sopra, lo aveva fatto solo per cortesia, no? Ma non appena notai i quadretti attaccati sui muri, sentii le gambe molli e il volto sbiancarmi.

Aveva appeso i miei disegni e il ritratto che mi aveva fatto Zayn, il quale mi ero assicurata di tenere al sicuro, lontano da occhi indiscreti. E adesso era lì, appeso al muro. Di fianco ai miei disegni. I miei.

Attraversai velocemente la stanza e raggiunsi il quaderno, lo aprii e notai che era praticamente vuoto. Li aveva appesi tutti.

Ebbi un tuffo al cuore quando sul comodino, di fianco al quaderno, riconobbi la foto nella piccola cornice. Era quella che mi era stata data da Judy, quella in cui io sono appena nata e mia madre mi stringe tra le braccia.

Mi voltai ed Harry era sull’entrata che mi osserva, leggermente confuso. “Come hai potuto?” chiesi, stranamente calma. Corrugò la fronte e fece un passo avanti. “Di che parli?” mi chiese.

“Mi prendi in giro?” chiesi alzando la voce, per poi indicare il muro, decorato dai miei disegni incorniciati. “Ho pensato che ti avrebbero fatto sentire a casa.” disse confuso. “Sei stata tu a dire che volevi dei disegni sulle pareti.” continuò.

“Non i miei!” mi sentii pazza quando la mia voce uscì così alta, ma lui davvero non poteva capire la gravità della cosa. Chiuse le labbra e serrò la mascella.

“Mi sembrava di essere stata chiara quando ho detto che erano personali.” continuai. Mi sentivo come denudata. “Non intendevo..” iniziò prima che io lo interrompessi bruscamente. Assunse un’espressione intimorita.

“E chi ti ha dato il permesso di frugare fra le mie cose?” chiesi, sempre più infuriata. “Non è andata così. Volevo portarlo solamente qui, ma è caduto e si è aperto.” mi spiegò, gesticolando.

“Così ti sei sentito libero di appenderli al muro?” chiesi irritata. “Pensavo fosse un’idea carina, io..” si interruppe da solo ed assunse un’espressione più decisa. “Non essere ingrata, hai avuto tutto quello che volevi.” disse poi.

Mi scappò una risata, davvero non capiva. Distolsi lo sguardo e quando fra i disegni appesi notai le labbra, quelle che assomigliavano tremendamente alle sue, mi sentii sprofondare.

“Vattene.” dissi allora, senza neanche riuscire a guardarlo negli occhi. “Ashley.” disse, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. “Ho detto che devi andartene.” dissi, alzando la voce.

Si voltò e dopo essere uscito, sbatté la porta alle sue spalle. Bel modo di inaugurare la stanza, pensai.

 

Liam

Aiutai Lauren a sparecchiare e poi uscii dalla cucina, intenzionato ad andare a fare una doccia, ma mio padre mi chiamò indietro. “Va da Ashley, per favore.” disse, con tono preoccupato.

Da quando Harry se ne era andato via sbattendo la porta dell’ingresso, nessuno aveva osato salire al piano di sopra. Annuii. Ci sarei andato anche se non me lo avesse chiesto lui.

Bussai delicatamente alla porta di camera sua. “Si?” le sentii chiedere. Così aprii, ma solo quanto bastava per affacciarmi. “Posso?” le chiesi.

Lei annuì. Ormai le cose tra noi erano leggermente migliorate, ma quando non mi chiedeva di lasciarla in pace, mi sorprendevo ancora.

La luce nella stanza era spenta, tranne che per una abat-jour da muro, la quale bastava per illuminare l’angolo dove si trovava. Era seduta sulla panca e osservava il paesaggio notturno fuori dalla finestra.

Rimasi fermo in mezzo alla stanza fino a quando le non mi fece segno di raggiungerla, allora mi sedetti al suo fianco.

“Non volevo.. urlare in quel modo.” disse, visibilmente pentita. “Non preoccuparti, non ti abbiamo sentita dal piano terra.” dissi sorridendole, lei ricambiò con un lieve sorriso, il quale abbandonò subito il suo volto.

“Vuoi dirmi cos’è successo?” le chiesi cautamente. “La stanza mi piace davvero, molto. Sono grata a Christopher per aver fatto tutto questo per me.” disse ed io suoi occhi erano più sinceri che mai.

“Ma Harry non avrebbe dovuto appendere i miei disegni.” disse, ancora evidentemente arrabbiata con lui. Alzai il viso ma lei mi fulminò. “Non guardarli!” strillò all’improvviso, facendomi ridere. Ma il suo sguardo mi mise a tacere immediatamente.

“Questa stanza è tua, Ashley. Decidi tu chi farci entrare e puoi anche chiuderla a chiave se credi.” dissi seriamente. “Sarai l’unica a vederli e non ti arrabbiare, ma io credo che siano davvero belli.” dissi, sperando di non peggiorare il suo umore.

Per fortuna si limitò a distogliere lo sguardo. “Harry non voleva ficcanasare, te lo assicuro.” lo difesi. Lei alzò gli occhi al cielo. “Chi vuoi prendere in giro? Harry adora ficcanasare.” disse e quando notai la punta di ironia nella sua voce, risi.

“In ogni caso voleva solo farti una sorpresa. E’ stato praticamente lui a progettare questa stanza.” dissi, sperando di farle cambiare opinione sul mio miglior amico. Ashley sospirò ed abbassò il viso.

Mi guardai intorno, ovviamente stando attento a non soffermarmi sui sogni disegni. Durante i lavori ero salito molte volte e l’avevo vista prendere piano, piano forma. Ma non l’avevo ancora vista finita ed era carina, ero felice che Ashley avesse un posto tutto suo.

“Cos’è quello?” chiesi, notando una specie di rientranza nella parete, tipo un pannello o qualcosa del genere. “Non lo so. Dev’essere qualcosa che adesso non serve più comunque, perchè è murato.” rispose.

Distolsi lo sguardo e mi alzai. Cominciava ad essere tardi e la mattina dopo c’era scuola. Potevo finalmente rimettere la sveglia senza dovermi preoccupare che Ashley la scaraventasse a terra.

“Vado a dormire.” le dissi e lei annuì. “Buonanotte.” le sorrisi, prima di uscire dalla stanza. “Notte.” rispose. Quando chiusi la porta alle mie spalle, sospirai soddisfatto. Stavamo davvero facendo dei passi avanti.

 

Ashley

Aprii gli occhi ed impiegai qualche minuto a capire dov’ero. Mi allungai, cercando di sciogliere tutti i muscoli e per la prima volta, le mie gambe non uscirono dal letto. Quel materasso era enorme, forse fin troppo grande per me. Lo amavo.

La sera prima avevo dimenticato di chiudere la finestra, la quale, essendo molto grande, faceva filtrare una quantità maggiore di raggi. Scivolai con il sedere indietro ed appoggiai la schiena alla testiera del mio nuovo letto.

Alla luce del sole sembrava ancora più bella. A causa di questo, un senso di colpa si fece spazio in me. Ma lo respinsi, qui l’unico che doveva sentirsi in colpa, era Harry.

Decisi di alzarmi e dopo essere tornata dal bagno, potei svestirmi senza dover fare attenzione alla presenza di Liam. Indossai dei vestiti puliti e poi scesi al piano di sotto. Ma non prima di aver recuperato una felpa. La temperatura non sembrava essersi alzata.

Non avevo molta fame, perciò mi limitai a bere una tazza di caffè e dopo aver ringraziato Christopher per la nuova stanza, uscii di casa. Non appena chiusi la porta alle mie spalle, mi imbattei contro l’ultima persona che avrei voluto vedere di prima mattina.

Harry era proprio sul pianerottolo di casa. Sembrò sorpreso di vedermi e appena schiuse le labbra per dire qualcosa, lo sorpassai.

“Ashley?” mi chiamò, mentre si voltava. Allungò il braccio, ma sfiorò a malapena il mio polso prima di ritirarlo. Per una volta si era ricordato che non doveva toccarmi, perlomeno.

“Ascoltami.” disse, ma io lo ignorai e ripresi a camminare. Lo sentii sospirare rumorosamente. “Solo.. mi dispiace, ok?” chiese, ed io mi fermai.

Contai fino a dieci, due volte, tanto per essere sicura e poi mi voltai. Lui mi guardò in silenzio e poi mi raggiunse velocemente.

“Io..” iniziammo nello stesso momento. Lui rise, mentre io abbassai lo sguardo seccata.  Già era difficile, se poi lui si metteva ad interrompermi non ci sarei mai riuscita. “Prima tu.” disse. 

Presi un bel respiro e schiusi le labbra per parlare. “Forse ho esagerato. Ma ti avevo già detto che erano personali e invece tu..” iniziai, prima che mi interrompesse.

“E io ti ho già detto che mi dispiace, non so cos’altro fare.” disse, quasi frustrato. “Vuoi che li tolga?” mi chiese, ed io scossi la testa, facendogli corrugare la fronte per la confusione.

“Mi piacciono.” borbottai. Per un momento pensai che mi avrebbe urlato in faccia, ma poi scoppiò a ridere. “Sei veramente impossibile.” disse divertito.

“E’ ovvio che mi piacciono, li ho fatti io!” dissi irritata. “Eri tu che non dovevi vederli.” aggiunsi.

“Senti è inutile che piangi sul latte versato. Ormai li ho visti e sai cosa? Sono belli, Ashley.” disse, facendomi arrossire. Abbassai il viso per non darlo a vedere.

Non ero una ragazza timida, io non arrossivo. Fino a quando non si parlava dei miei disegni, allora diventavo un’altra persona.

“A forza di discutere mi farai fare tardi.” borbottai. Lanciò un’occhiata al suo orologio e poi riportò il suo sguardo su di me.

“Se vai a piedi non arrivi in tempo.” disse. Alzò il braccio e solo in quel momento notai le chiavi che teneva tra le dita. Con il telecomando aprì le portiere della sua auto.

“Sali, vado a chiamare Liam e andiamo.” disse, per poi dirigersi di nuovo verso il portone di casa. Non mi misi a discutere, avevo freddo ed ero in ritardo, perciò salii.

Durante il tragitto discussero del professore di biologia, il quale avrebbe probabilmente interrogato Harry e del matrimonio di sua mamma, che si sarebbe tenuto quel fine settimana.

Mi chiesero se avessi intenzione di andare o meno, ed io rimasi sul vago. In realtà avevo già dei piani con Grace per cercare un vestito adatto, solo che volevo lasciarmi una via di di fuga, nel caso avessi cambiato idea all’ultimo minuto.

 

La mattinata volò, così come le prime ore del pomeriggio e prima che me ne rendessi conto, mi ritrovai ad aspettare Grace fuori dal suo bar.

“Eccomi.” disse uscendo. Non potei fare a meno di notare quanto quel giorno sembrasse diversa.

I capelli castani che solitamente teneva racchiusi in un’ordinata crocchia, erano sciolti e svolazzarono al vento, non appena mi raggiunse.

“Ciao.” la salutai, lei mi sorrise e i suoi occhi verdi, stranamente truccati, sbatterono dolcemente. Mi piacevano perchè non erano esattamente verdi, erano venati di celeste, erano particolari.

Solitamente si vestiva male. O per meglio dire, comoda. Ma decisamente male. Non l’avevo mai vista a scuola, l’unico luogo in cui la vedevo, era il bar. 

Ed era normale che indossasse vestiti semplici per lavorare. Ma quei colori scialbi e quelle gonne, che neanche mia nonna indosserebbe, non rendevano affatto giustizia al suo corpo ben proporzionato.

Ma quel giorno indossava dei jeans stretti e non potei vedere altro a causa del cappotto, ma stava bene, molto meglio del solito.

“Ho il posto che fa per te.” disse entusiasta, prima di prendermi la mano e dirigersi verso il centro, io non la ritrassi.

 

“Che ne dici di questo?” mi chiese, strofinando tra le dita il tessuto del vestito a cui si stava riferendo. Feci una smorfia. “Troppo rosa.” dissi poi disgustata.

Alzò gli occhi al cielo. “Ho capito, non sei un tipo da vestiti principeschi.” disse divertita. Principeschi? Più che una principessa, ricordava una bomboniera.

Mi aveva portata nel centro commerciale di Wolverhampton, ed io rimasi sorpresa di scoprire che esisteva anche una parte moderna della città, la quale avevamo raggiunto con l’autobus.

Era molto grande e c’erano un sacco di negozi. Avevo la brutta sensazione che saremmo uscite da lì molto tardi. “Che ne dici di questo?” chiesi, indicando un vestito nero indosso ad un manichino.

“Non puoi vestirti di nero ad un matrimonio!” mi riprese, come se avessi appena bestemmiato. “E poi è troppo corto.” disse, scartandolo.

Facemmo un altro giro e quando la persi d’occhio, curiosai tra i vestiti scuri. A me piaceva il nero e non trovavo niente di male ad indossarlo ad un matrimonio, che comunque non si svolgeva neanche in chiesa.

“Dovresti provare questo.” disse spuntando dal nulla, sventolandomi un vestito davanti agli occhi. “Non se ne parla. Il verde non è decisamente il mio colore.” dissi, scuotendo la testa.

Evidentemente delusa, lo rimise al suo posto. “E del blu che mi dici?” chiese, riaccendendosi di entusiasmo.

Mi voltai e la vidi indicare un abito blu scuro, smanicato, attillato in vita e più morbido sui fianchi. “Dico che posso provarlo.” dissi, mentre lei me lo tendeva soddisfatta.

Quando uscii dal camerino, mi guardò in silenzio per una manciata di secondi. Poi le sue labbra si schiusero in un enorme sorriso. “Fa un giro.” mi istruì. Ed io la accontentai.

Cercò di mascherare la sua sorpresa quando vide i tatuaggi che solitamente erano nascosti dai jeans e dai maglioncini, ma onestamente non ci riuscì.

“Oh no.” sussurrò poi. Quando mi voltai, non mi sembrava più tanto convinta. “E’ troppo corto, Ashley.” disse, scuotendo la testa. “Se poi pensi che devi metterci anche i tacchi..” mormorò. Tacchi? Non avevamo parlato di tacchi.

“Non possiamo correre il rischio che lo sposo la lasci sull’altare per inseguire il tuo fondoschiena.” disse tranquillamente. “Grace!” la ripresi, facendola ridere.

Rideva perchè non aveva idea di quanti anni avesse Robin. Era simpatico certo, ma no, ero assolutamente disgustata solo all’idea.

“Che c’è?” chiese divertita. “No, devi togliertelo.” disse poi, mentre mi spingeva nel camerino. Ero intenta a sfilarmelo, quando le sue mani entrarono da sotto la tenda, facendomi prendere seriamente un infarto.

“Prova questo, questo è perfetto!” disse. Sospirai e lo presi, giusto per farla contenta. Quando uscii, le brillarono gli occhi. “L’abbiamo trovato.” disse.

Mi voltai per vedere il riflesso nello specchio e non potei far altro che darle ragione.

Me lo fece togliere e mi disse che mentre lo portava alla commessa per farlo mettere da parte, mentre io dovevo dare un’occhiata alle scarpe.

Mi piaceva davvero Grace ed era sorprendente, perchè solitamente facevo fatica a trascorrere del tempo con delle ragazze senza provare l’irrefrenabile voglia di prenderle a pugni.

Non che avessi qualcosa di particolare nei loro confronti, ma per esperienza personale sapevo che erano false. Tutte. Per questo col tempo avevo imparato a dire sempre quello che pensavo. Volevo essere una persona vera, diversa da loro.

Non avevo la certezza che Grace mi aiutasse solo per il semplice fatto che le andava e non per secondi fini. 

Ma il suo entusiasmo era contagioso e il suo sorriso sembrava sincero. Speravo solo di non sbagliarmi, di nuovo. “Non pensarci neanche.” Quando mi voltai, la trovai a braccia conserte che mi guardava contrariata.

Immaginavo che non avrebbe approvato il paio di scarpe che stavo puntando. Erano molto alte e ricoperte da un materiale sbrilluccicoso.

“Tanto per cominciare, sono troppo alte per avere un tacco così fine. Ti uccideranno i piedi.” disse avvicinandosi. Per essere una che indossa per la maggior parte del tempo scarpe della nonna, se ne intendeva.

“E quel colore non si abbina per niente a quello del vestito.” aggiunse, guardandole con disprezzo. “Sono nere, Grace. Il nero si abbina a tutto.” dissi accigliata, mi piacevano davvero.

“Hanno la suola rossa.” disse, indicando il retro di una scarpa. “Mi prendi in giro?” le chiesi, alzando un sopracciglio.

Sbuffò. “Non volevo essere così diretta, ma queste scarpe ti faranno sembrare una poco di buono e non credo che tu lo voglia, dal momento che ci saranno anche i tuoi genitori.” disse.

Quando pronunciò quelle parole, ebbi un sussulto al cuore. Lei non aveva la minima idea che la mia vita fosse un casino e il pensiero di metterla al corrente non sfiorò neanche la mia mente.

In ogni caso aveva ragione, Christopher ci sarebbe stato e anche Lauren. Non valeva la pena di dare una cattiva impressione a causa di un paio di scarpe. Quindi sospirai e distolsi lo sguardo.

“Sono nelle tue mani.” dissi. E quando mi sorrise, supposi che me ne sarei pentita. Dopo aver provato quasi tutto il negozio, trovammo un paio di scarpe che accontentarono entrambe.

Non ero certa del perchè dessi retta a ciò che diceva, ma pensai che un consiglio esterno poteva essermi utile e comunque lei non mi lasciava molta scelta. Sapeva essere davvero persuasiva.

Finalmente, dopo quasi due ore di “prova quello, metti queste”, riuscimmo ad uscire dal negozio. “Smetti di insultare le mie gonne, non hanno niente che non va.” disse divertita, quando la misi al corrente di quanto stesse meglio vestita in quel modo.

“Hai ragione. Chiedile se ne vuole una.” dissi ridendo, mentre indicavo un'anziana signora a pochi passi da noi. “Smettila, non sei simpatica!” disse, abbassandomi la mano.

Scoppiai a ridere e in quel momento avvertii il mio cuore riempirsi di gioia. Da quanto non mi divertivo tanto? Avevo quasi dimenticato il suono della mia risata.

Non che avessi passato gli ultimi due mesi a piangere, ma io parlo di ridere, ridere davvero. Non mi succedeva da tanto.

Appena notai una panchina, mi ci sedetti sfinita, facendo ridere Grace, la quale mi affiancò subito dopo.

“Che sfaticata.” mi prese in giro. “Ehi, mi hai fatto provare tutti i tacchi del negozio. Ho il diritto di essere stanca.” scherzai.

“Però adesso, grazie a me, al matrimonio sarai bellissima.” disse sorridente. “E per questo ti ringrazio.” dissi, ricambiando il sorriso. “Davvero.” aggiunsi poi, seriamente.

“E di che? Io adoro farlo.” disse. “Cosa? Trascorrere il pomeriggio a comprare vestiti?” chiesi ironicamente. Quella non era davvero la descrizione di divertimento, almeno non per me.

“No, parlo di trascorrere il pomeriggio con una ragazza simpatica per la quale sono felice di essere stata d’aiuto.” mi spiegò.

“Anche tu mi stai simpatica.” dissi, prima che me ne potessi rendere conto. Perchè le parole mi erano uscite di bocca spontaneamente per il semplice fatto che erano totalmente sincere.

“Meno male.” disse alzandosi. “Perchè avevo intenzione di entrare in qualche altro negozio con te.” disse divertita. Alzai gli occhi al cielo e mi alzai. 

Promemoria per me: non portare mai più Grace al centro commerciale. 

 

Allacciai la scarpa destra e mi alzai dal letto, incamminandomi verso lo specchio appeso dietro la porta. Fui felice di vedere che era abbastanza lungo da contenere tutta la mia immagine.

Il vestito che avevo scelto insieme a Grace mi stava piuttosto bene e considerando che facevo fatica a considerarmi anche solo carina, sorrisi soddisfatta.

Era bordeaux, stretto in vita e morbido sui fianchi. Lungo il petto il tessuto formava delle pieghe verticali e questo lo rendeva meno noioso di quanto mi era sembrato inizialmente.

Le scarpe non erano minimamente vicine al mio stile, ma concordavo con Grace quando diceva che erano più adatte ad un matrimonio.

Erano delle zeppe, non troppo alte, nere e decorate con un laccetto che circondava la caviglia. Erano fini e stranamente, mi piacevano.

Nonostante io non fossi una grande amante di questo genere di cose, Grace mi aveva convinta ad arricciare i capelli e adesso scendevano lungo le miei spalle come onde morbide.

Mi aveva inoltre consigliato di non esagerare con il trucco, perciò mi ero limitata ad una sottile linea di eyeliner, un po’ di ombretto e poi mi ero lasciata prendere dal mascara, mettendone in abbondanza.

Non mi ero mai resa conto di quanto avessi bisogno di un’amica. Zayn era meraviglioso, ma su certe cose non poteva essermi d’aiuto.

Qualcuno bussò leggermente alla mia porta ed intuii che era Liam. Solo lui poteva essere così delicato. “Entra.” dissi, sperando che non si scandalizzasse troppo alla vista della mia pelle scoperta.

“Volevo solo sapere se..” iniziò, mentre apriva la porta. Quando la ebbe totalmente spalancata, passò i suoi occhi su tutto il mio corpo. “..hai deciso di venire al matrimonio.” terminò, con un filo di voce.

Quando avevo detto che avevo deciso di lasciarli nel dubbio fino alla fine, nel caso avessi eventualmente cambiato idea, ero seria. 

E ancora non sapevano se sarei andata o meno. Anche se adesso, Liam, aveva la risposta davanti agli occhi.

“Si, vengo.” gli risposi. Ma lui rimase in silenzio, senza distogliere mai lo sguardo dal mio corpo. “Ashley, sei.. davvero bellissima. Ma..” iniziò, facendo un passo avanti e chiudendo la porta alle sue spalle.

“Non puoi... farti vedere così.” disse, ancora scioccato da quella visione. “Devi mettere delle calze.. delle calze pesanti e una giacca.” disse, con aria preoccupata.

“Cosa?” chiesi, decisamente offesa. “Sappi che non nasconderò i miei tatuaggi se è quello che hai intenzione di farmi fare.” dissi, incrociando le braccia al petto.

Lui sospirò e si avvicinò ancora. “A papà verrà un infarto.” disse, sperando di convincermi.

Ma non avrei nascosto quello che ero. I tatuaggi facevano parte di me e se non li accettavano, allora evidentemente non ero ben accetta neanche io.

Era ovvio che avrei dovuto mettere un cappotto, ma poi lo avrei tolto e non mi sarebbe importato degli sguardi indiscreti.

“Christopher sa che li ho.” dissi. “Be’ si, ma.. non sa che hai questi.. credo che neanche se lo immagini.” borbottò Liam.

“Sai da queste parti non si vedono molte persone tatuate, a parte Harry.” mi spiegò. “E le persone che ti vedranno resteranno un po’.. sorprese, ecco.” continuò, cercando di moderare le parole.

Non avevo idea che Harry avesse molti tatuaggi, gli unici che ero riuscita a scorgere, erano quelli sulla mano ed altri sul petto, quando aveva indossato magliette bianche. Probabilmente gli altri erano nascosti, come lo erano stati i miei fino ad ora.

“Non ti aspettare che mi copra solo per paura di sorprendere le persone. Piuttosto non vengo.” dissi seccata. Appena quelle parole uscirono dalle mie labbra, gli occhi di Liam si allarmarono.

“No, vieni. Non fa.. non fa niente per quelli.” disse, indicandoli quasi disgustato. Alzai gli occhi al cielo e mi voltai. “Potresti alzarmi la cerniera del vestito?” gli chiesi.

Sentii i suoi passi avvicinarsi e una manciata di secondi dopo, avvertii le sue mani sul tessuto del vestito. Raccolsi i capelli con la mano e li portai su una spalla, per permettergli di chiuderla.

“Ne hai anche dietro.” borbottò, riferendosi a quelli che avevo dietro le spalle e lungo la schiena. Risi. “Arrenditi, Liam. Ne sono ricoperta.” dissi divertita e quando mi voltai, lo trovai sorridente.

“Grazie.” dissi. E solo in quel momento mi resi conto di quanto stava bene vestito in quel modo.

Aveva dei pantaloni neri eleganti ed una camicia bianca, inoltre supposi che avrebbe indossato anche una giacca, per completare il tutto.

“Stai molto bene.” dissi, facendolo quasi arrossire. Mi sorrise timidamente. “Grazie, tu sei..” iniziò, prima che la porta di aprisse.

“Siete pronti?” chiese Christopher, prima di sgranare totalmente gli occhi.

“Ashley..” iniziò. Alzai gli occhi al cielo frustrata e sperai che non sarebbe stato per tutto il giorno così. “Non ho intenzione di coprirli con delle calze, perciò se ti vergogni di me, resto a casa.” sbuffai.

Lui entrò nella stanza, stranamente sorridente. “Stavo per dirti che sei davvero un incanto. E anche tu Liam.” disse poi, posando una mano sulla spalla del figlio.

Lo guardai allibita. “Tu non..” inizia confusa.

“Ti ho già detto che ho parlato con Rachel, no? E dal momento che non mi piacciono le sorprese, mi sono fatto fare un reso conto dei tatuaggi che hai.” disse. 

“Per un momento ho avuto l’impulso di strapparteli di dosso, ma dal momento che non posso farlo, ho superato la cosa.” disse divertito, mentre io lo guardavo, totalmente sorpresa.

“Questo mi piace.” disse, indicando la mia spalla. “Adesso andiamo, siamo già in ritardo.” disse uscendo dalla stanza.

Va bene che era giovane e comprensivo, ma una reazione simile non me la sarei mai aspettata. Guardai Liam, il quale si limitò ad alzare le spalle, confuso quanto me.

“Comunque stavo per dirti che stai davvero bene.” disse, riprendendo la conversazione che Christopher aveva interrotto.

“Grazie.” gli dissi sorridente, prima di seguirlo fuori dalla stanza.

 

Impiegammo davvero poco a raggiungere il luogo dove si sarebbe svolto il matrimonio. 

Dal momento che la madre di Harry era già stata sposata, non avrebbero potuto celebrarlo in chiesa, perciò avevano optato per una cerimonia intima, in quello che sembrava essere il comune di Wolverhampton.

Liam mi spiegò che si sarebbero sposati in una delle sale e che poi ci saremmo spostati da un’altra parte per il rinfresco. 

L’edificio era immenso e ovviamente, a mattoncini rossi. Saliti gli scalini principali, mi trovai davanti a tre archi, i quali conducevano a tre porte.

Seguii Christopher e il resto della famiglia attraverso la porta centrale, quella più grande. L’interno dell’edificio era molto bello e anche molto caldo, perciò tolsi il cappotto. 

Lauren continuava a guardarmi male, ma questo non mi impedì di spostare i capelli dalla spalla, solo per mostrarle i tatuaggi e farla innervosire.

L’ingresso era ampio e il soffitto era altissimo e decorato da mosaici. Di fronte a noi c’era una scalinata immensa e in cima ad essa, c’era lui.

I ricci che solitamente erano un casino, erano stati pettinati all’indietro. Indossava un vestito nero, davvero elegante. Una camicia bianca e una cravatta nera. Nel taschino della giacca aveva una rosa bianca e sul volto un sorriso ampio, più luminoso che mai.

La sala era gremita di persone ed io a malapena mi accorsi che Christopher aveva iniziato a salire le scale. Me ne accorsi solo quando lui e il resto della famiglia erano ormai a metà scala. Fantastico, si erano dimenticati di me.

Mi feci spazio tra le persone, ma quando arrivai al primo gradino e guardai in alto, non c’erano più.

 

 

 

Salve ragazze,

forse a qualcuna di voi è preso un infarto quando hanno ricominciato a litigare, ma grazie a Dio hanno già fatto pace.

Ashley è davvero sensibile quando si tratta dei suoi disegni, perchè sono personali e l’idea che qualcuno li veda, la imbarazza

Per fortuna decide di non tenere troppo a lungo il muso e lo perdona. 

Inoltre decide di andare anche al matrimonio, del quale leggerete nel prossimo capitolo.

Spero che questo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate :)

Grazie mille, per le recensioni che mi lasciate sempre, vi amo.

Un bacione a tutte,

Michi x









 

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Capitolo 27
*** Let's be inappropriate together. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo’
Capitolo 27..png
Let's be inappropriate together.

 

 

You took my breath away,
and I kinda like the way that you're so damn unpredictable.”


 

Harry

Quando vidi Liam avvicinarsi, gli sorrisi e un secondo dopo, lo abbracciai. “Grazie per essere venuto.” gli dissi sinceramente. “Potevo perdermelo?” chiese divertito.

“Ti hanno messo qui ad accogliere le persone?” chiese, forse più divertito del dovuto.

“Già.” ammisi. Il mio compito era quello di indicare alle persone la strada per raggiungere la sala in cui si sarebbe svolto il ricevimento. Davvero eccitante. “Illuminami allora.” mi prese in giro.

Feci per parlare, ma vidi che il resto della famiglia ci aveva raggiunto e strinsi la mano a Christopher.

Salutai anche Lauren e le ragazze, per poi rendermi conto che lei non c’era. Respinsi la delusione, infondo me lo sarei dovuto aspettare.

“Dovete percorrere questo corridoio e dopo aver svoltato a destra, è la seconda porta sulla sinistra.” gli spiegai.

“Ottimo lavoro, Styles.” mi derise Liam. “Ho chiesto a Niall di tenerti il posto. Invece di prendermi in giro, dovresti ringraziarmi.” dissi divertito.

In realtà avevo chiesto a Niall di tenerne due di posti, ma dato che Ashley non c’era, non ce ne era più il bisogno.

“Ci vediamo dopo.” disse Liam, prima di andarsene. Lo salutai con un cenno della mano e riportai lo sguardo di fronte a me.

Sorrisi alla cugina di mia madre e dopo aver risposto a tutte le sue inutili domande, le indicai al strada. A fine serata la mia testa sarebbe scoppiata a forza di tutte quelle chiacchiere.

Guardai in avanti e notai che la scala era vuota, poiché le persone che erano arrivate, si erano fermate all’ingresso a parlare tra loro. In effetti mancava ancora un po’ all’inizio delle cerimonia.

Quando però abbassai di nuovo lo sguardo, la vidi che saliva lentamente i gradini e il mio cuore fece una capriola.

Indossava un vestito bordeaux, le quali spalline erano abbastanza strette da lasciarle scoperte le spalle. Non l’avevo mai vista così.

Dai maglioncini potevo vedere che aveva un tatuaggio sulla clavicola, ma non pensavo che si estendesse lungo tutta la spalla, sino al gomito.

Non era un disegno unico. C'erano delle rose, ma solo il contorno, poiché non erano colorate all'interno. Questo, nonostante la grandezza, lo rendeva fine. 

C'erano i rami spinosi delle rose e le loro foglie. Una rondine, la quale era attraversata da una stretta pergamena dai i bordi arricciati, la quale citava una frase.

 

Until the very end.

 

Mi sorprese, ma il tatuaggio che mi lasciò veramente senza fiato, fu quello sulla coscia.

Il vestito era corto, ma non lasciava comunque intravedere tutto il disegno. Il motivo era stato ripreso dal braccio, a parte per il fatto che c'erano solo le rose.

Quelle completamente visibili erano due ed erano più grandi, contornate da foglie più piccole e colorate.

Nonostante fossi evidentemente un'amante dei tatuaggi, non ero un fan delle ragazza tatuate. Soprattutto se si trattava di cose molto grandi o particolarmente vistose.

Ma non riuscii a non pensare che su di lei, sembravano tremendamente fini e femminili.

Erano grossi, si. Ma non erano colorati o riempiti, perlomeno non tutti, e per qualche motivo lei sapeva indossarli in modo elegante. Non avrei saputo spiegarmi meglio di così, avevo la mente annebbiata.

Non sapevo se ero più sorpreso di vederla lì o dell’effetto che aveva appena avuto su di me.

Rimasi immobile e non le tolsi gli occhi di dosso fino a quando non ebbe salito tutte le scale. Prima di avvicinarsi a me, alzò il viso e mi sorrise.

“Non pensavo che ti avrei vista oggi.” mormorai stordito. Il suo sorriso divenne più ampio.

“Be’, allora.. sorpresa.” disse divertita. Chiusi le labbra ed inghiottii il groppo che mi si era formato in gola. “Si, è decisamente una sorpresa.” mormorai, soprappensiero.

“Hai intenzione di dirmi dove devo andare o pensi di farmi stare in piedi su questi tacchi ancora per molto?” chiese, senza smentire il suo temperamento.

Sospirai, ma ero comunque felice di vederla, perciò le sorrisi. “Percorri il corridoio fino in fondo e poi svolta a destra. E’ la seconda porta sulla sinistra.” le spiegai.

“Grazie.” disse, prima di dedicarmi una smorfia. “Cerca di non ammazzarti su quei cosi.” le dissi, stando al suo gioco.

Lei, che si era già incamminata, si voltò. “Ti piacerebbe.” disse divertita, arricciando le labbra.

“Ci vediamo dopo.” dissi, scuotendo la testa divertito. Sospirò e riprese a camminare. 

“Speravo di non doverti vedere più.” scherzò, mentre percorreva il corridoio.

 

Ashley

Dopo aver fatto sentire in colpa Liam per avermi lasciata da sola, mi sedetti al suo fianco.

La cerimonia iniziò poco dopo e anche se ne ero a conoscenza, si vedeva lontano un miglio che quella era la madre di Harry. Erano due gocce d’acqua.

La somiglianza divenne più evidente quando questa sorrise al figlio, il quale le baciò una guancia, prima di fermarsi al suo fianco.

Anne, così si chiamava, indossava un vestito senza spalline, il quale le scendeva lungo il corpo liscio, privo di decorazioni particolari. Inoltre indossava un copri spalle in pizzo bianco.

I capelli bruni erano raccolti in uno chignon morbido, decorato da alcune roselline bianche.

Le stesse rose erano presenti nel suo bouquet ed erano le stesse che erano state inserite nei taschini delle giacche di Harry e Robin.

La cerimonia fu breve e in nessun modo noiosa. Anzi, il sindaco si permise di fare qualche battuta, così da rendere l’atmosfera gioiosa e leggera.

Nonostante questo, il momento delle promesse e dello scambio degli anelli fu commovente ed ero certa di aver visto Harry con gli occhi più che lucidi.

Dopo il bacio e i vari applausi, ci spostammo in un’altra sala, nella quale si sarebbe svolto il ricevimento e in seguito la cera.

I tavoli tondi erano sparsi per la stanza ed erano tutti decorati da mazzi di rose, le stesse che avevo caratterizzato tutto il matrimonio.

C’era un angolo dedicato ai musicisti, i quali iniziarono con canzoni tranquille, giusto per essere da sottofondo. Christopher ci fece strada verso il nostro tavolo e prendemmo posto.

Gli invitati cominciarono a riempire la stanza e quando Liam si accorse che la maggior parte di loro stava in piedi, mi chiese se avessi voglia di fare un giro.

In realtà sapevo bene che sarei finita con Niall e Sophie e l’idea non mi faceva di certo impazzire. Ma neanche restare a tavola con Lauren che mi guardava male era una bella prospettiva, perciò accettai.

“Il tavolo di Niall dovrebbe essere da queste parti.” disse Liam, facendosi spazio tra la gente.

Pensai che quella sala fosse enorme, ma comunque troppo piccola per contenere tutti gli invitati. Meno male che doveva essere una cerimonia intima, pensai.

Così, mentre cercavo di seguire Liam, qualcuno mi afferrò il polso trattenendomi ed io lo persi subito di vista.

Mi voltai seccata, ma quando mi trovai davanti il sorriso di Harry, non riuscii a fulminarlo con lo sguardo come avrei voluto.

“Ehi.” disse avvicinandosi. “Non avrei voluto toccarti, ma quando ti ho chiamata non ti sei voltata.” si giustificò.

Ero felice che avesse capito che non doveva toccarmi, ma il fatto che lo ripetesse continuamente mi irritava.

“Cosa vuoi?” chiesi, cercando di non sembrare troppo infastidita. Ma lo ero, più che a causa sua, a causa delle gli sguardi degli altri. Sarei dovuta rimanere a casa.

“Mia madre vuole assolutamente conoscerti.” disse. “Non credo che sia il caso.” dissi, incrociando le braccia al petto.

“Perchè?” chiese, corrugando la fronte. “Perchè non voglio che mi guardi come stanno facendo tutti, qui dentro.” dissi seccata, notando che anche in quello stesso momento molti mi stavano osservando come uno strano animale allo zoo.

“Mia madre è abituata. E i tuoi sono molto belli.” disse sorridente. “E molto fuori luogo a quanto pare.” dissi guardandomi intorno.

Schiuse le labbra per dire qualcosa, ma poi rimase in silenzio. Si tolse la giacca e la posò sulla sedia alle sue spalle.

“Cosa stai facendo?” gli chiesi confusa. “Ti faccio compagnia.” disse, mentre arrotolava le maniche della camicia bianca.

Non appena scoprì i tatuaggi sull’avambraccio destro, capii il suo piano. Sbottonò anche i primi bottoni della camicia, facendo intravedere quelli sul petto.

“Adesso andiamo a fare i fuori luogo insieme.” disse, facendomi segno con la mano di seguirlo.

Ero ancora sorpresa dal suo gesto, quando mi ritrovai improvvisamente di fronte a sua madre. La quale si, mi squadrò incuriosita, ma poi mi rivolse un ampio sorriso.

“Tu devi essere Ashley.” disse, ponendomi la mano. “Si, sono io.” dissi, ricambiando la stretta e il sorriso. “Piacere, io sono Anne.” disse.

“Il piacere è mio. Congratulazioni, è stata una bella cerimonia.” dissi sinceramente. “Ti ringrazio cara. E’ sorprendente il fatto che siamo vicine da due mesi e che non ci siamo mai viste.” disse divertita. “Sei identica a tuo padre.” aggiunse.

Le sorrisi timidamente e fui felice che poco dopo cambiò discorso. “Voglio presentarti mia figlia.” disse, voltandosi per picchiettare le dita sulla spalla di una ragazza.

Non appena riuscii a vederla, non ebbi dubbi che fosse lei. Non era facile dimenticare una ragazza con i capelli biondi e rosa. Di persone stravaganti se ne vedevano poche da quelle parti.

“Ehi, ma io ti conosco già.” disse avvicinandosi. E quando sorrise, capii perchè mi era sembrata tanto familiare, la prima volta che l’avevo vista. Era il sorriso di Harry quello. Anche quello di Harry era più bello.

“Vi conoscete?” chiese lui, piuttosto perplesso. “Non proprio, però sono stata nel bar in cui lavora.” spiegai.

“Scusatemi, devo andare dagli invitati.” disse Anne. “E’ stato un piacere conoscerti.” disse, mentre se ne andava. “Anche per me.” le sorrisi.

“Il mio nome è Gemma, comunque.” disse la sorella di Harry. “Ashley.” dissi, stringendole la mano.

“Quindi tu vivi di fianco a noi?” chiese sorpresa e divertita allo stesso tempo. “Già.” risposi io, sorridente. “E’ incredibile. Non ti ho riconosciuta quando sei venuta al bar.” disse.

Evidentemente lei mi aveva già vista intorno casa, ma io ero quasi certa che se l’avessi vista prima, al bar l’avrei riconosciuta.

“Hanno bisogno di me. A dopo.” disse sorridente, mentre raggiungeva la persona che l’aveva appena chiamata. “Ciao.” la salutai, per poi voltarmi verso Harry.

Aveva le mani nelle tasche dei pantaloni e con la camicia bianca, sbottonata e con le maniche sollevate, non potei fare a meno di imbambolarmi a guardarlo.

“Mh?” chiesi, quando disse qualcosa che io non capii, perchè troppo impegnata ad osservalo.

Rise ed iniziò a ripeterlo, ma si dovette interrompere quando Sophie si gettò tra le sue braccia. Io feci automaticamente un passo indietro e quando qualcuno sfiorò la mia spalla mi voltai. Era Liam.

“Ashley.” disse Niall, il quale lo affiancava. Gli sorrisi, più per cortesia che per altro. Non mi stava antipatico, direi più indifferente.

“E’ stato bellissimo, sono così felice.” cinguettò Sophie, ancora stretta tra le braccia di Harry. Li guardai irritata. Era solo un matrimonio, non importava agitarsi tanto.

“Dove andranno in viaggio di nozze?” chiese, indietreggiando. “Andranno via per una settimana e pare che dovrò vivere da mio zio.” gli rispose, senza troppo entusiasmo.

“Non voglio sapere di te. Rispondi alla domanda.” disse divertita. “Italia.” rispose. “E quando partono?” chiese ancora. “Tra un paio di giorni, Sophie. Smettila di fare domande.” rispose divertito, prima di scompigliarle i capelli.

Quando si voltò per scappare dalla sua mano, mi vide e si fermò immediatamente. “Ciao.” disse titubante.

“Tra poco serviranno la cena, credo che dovremmo metterci a sedere.” dissi ignorandola, per poi voltarmi e dirigermi verso il nostro tavolo.

 

Il resto della serata procedette tranquillamente, il cibo era squisito e così come l’intrattenimento. Alcuni degli invitati fecero dei discorsi e furono anche piuttosto divertiti.

Dopo cena ballarono quasi tutti, eccetto me, e qualcuno ebbe anche il coraggio di cantare, chi con più successo e chi con meno.

I tavoli erano praticamente vuoti, poiché erano tutti in pista. Potevo vedere Liam ballare con Sophie e Lauren sorridente, cosa davvero rara, ballare con Christopher.

Quando tra la gente notai Harry, lo trovai che ballava con una signora di mezza età e lo vidi con un ampio sorriso in volto.

Ero felice che i suoi dubbi fossero svaniti. Quando per la prima volta mi aveva parlato del matrimonio, non lo avevo visto particolarmente felice.

Ero così persa tra i miei pensieri, che a malapena mi accorsi che adesso aveva lasciato la pista ed seduto al mio fianco.

“Non balli?” mi chiese. “Cosa? No.” dissi divertita. Non ne ero capace e non avevo la minima intenzione di mettermi in ridicolo di fronte a tutti.

Adesso, ad aggiungersi al fatto che indossava solamente la camicia, sbottonata e con le maniche alzate, ci si metteva il fatto che a forza di mettersi le mani tra i capelli, questi erano diventati un casino, il che lo rendeva ancora più attraente.

“La serata è quasi finita, penso che potremmo andarcene di qui.” disse alzandosi. “Vuoi andartene dal matrimonio di tua madre?” chiesi accigliata. “Ti stai annoiando. Hai trascorso tutto il tempo seduta su quella sedia.” disse divertita.

“E per questo tu vuoi andartene?” chiesi, sempre più accigliata. “Te l’ho detto, la serata è quasi terminata. A mia madre non dispiace se vado via.” disse. “Prendi la giacca e aspettami all’uscita. Lo avverto io Christopher.” disse, allontanandosi.

Guardai confusa la sua figura che si faceva spazio tra le persone in pista e mi chiesi cosa diavolo stesse succedendo. Ero la sorella del suo miglior amico ed era comprensibile che facesse il carino con me.

Ma regalarmi la camera dei miei sogni, sbottonarsi la camicia solo per non farmi sentire fuori luogo e lasciare il matrimonio di sua madre perchè io mi annoio, è più che fare il carino.

Mi alzai e dopo aver indossato la giacca, uscii dalla sala. Percorsi il corridoio e dopo essere scesa al piano di sotto, mi fermai di fianco alla porta che conduceva all’uscita.

Dopo qualche minuto, lo vidi in cima alle scale. Alzai gli occhi al cielo irritata. Lui era così, faceva qualcosa di carino e poi di terribilmente sbagliato.

Non era solo, c’era Sophie con lui. In realtà c’erano anche Liam e Niall, ma il problema principale era lei.

Scesero le scale e lui si avvicinò a me sorridente. “Mi hanno beccato a sgattaiolare via e si sono aggregati.” disse divertito. Cosa diavolo c’era da ridere?

“Hanno proposto di andare al Rammer Jammer, va bene?” mi chiese, mentre indossava il cappotto.

“In realtà sono stanca, vorrei andare a casa.” dissi immediatamente. Liam mi guardò, quasi deluso dalla mia risposta. 

“Non c’è nessuno che possa darti un passaggio, perciò sei costretta a venire con noi.” disse, aprendo la porta. “Dopo di te.” aggiunse poi, divertito.

Alzai gli occhi al cielo ed uscii velocemente. Odiavo cacciarmi in situazioni simili.

 

Il viaggio in macchina fu silenzioso o perlomeno, io lo fui. L’unica cosa positiva era che Liam mi aveva fatta sedere davanti e quindi non di fianco a Sophie.

Quando arrivammo al Rammer Jammer, ero ancora furiosa con Harry, ma non appena realizzai che avrei visto Grace, aumentai il passo ed entrai per prima.

Alzò lo sguardo, attirata dal rumore della porta che si apriva e si portò una mano sulle labbra.

“Oh mio Dio, ma guardati!” urlò, meritandosi un’occhiataccia dalla madre, la quale le ricordò che stava lavorando.

Lei annuì e poi mi fece segno di raggiungerla. Quando mi voltai, notai che anche gli  altri erano entrati e che si erano seduti.

Li ignorai e mi avvicinai al bancone. “Ordina qualcosa, altrimenti non possiamo parlare.” disse sottovoce, facendomi ridere. “Fai tu.” dissi divertita.

Annuì e si voltò per prendere un bicchiere. “Dio Ashley, sei uno splendore.” disse entusiasta. “Davvero?” chiesi lusingata dalle sue parole.

“Vuoi scherzare? Appena hai varcato quella porta ho pensato che ti mancasse solo un tappeto rosso per sembrare una star di Hollywood.” disse ridendo.

“Esagerata.” dissi scuotendo la testa. “Niente affatto, sono così fiera dei consigli che ti ho dato. Oh scusami, posso aiutarti?” chiese.

La guardai confusa, ma poi notai che la seconda parte del discorso non era per me, ma per Harry. Adesso in piedi al mio fianco. “Scusate, non volevo interrompervi.” disse. 

“Non preoccuparti, dimmi pure.” rispose gentilmente Grace, posando un bicchiere di fronte a me. Ne presi un sorso, non avevo idea di cosa fosse, ma era ottimo.

Harry ordinò per tutti e poi tornò a sedersi. Io decisi di restare a parlare con lei, ma dopo dovette tornare a lavorare ed io fui costretta a mettermi a sedere al loro tavolo.

“Ma sta bene?” chiesi stranita, quando vidi Niall, leggermente pallido e con lo sguardo assente.

“Dille cos’hai, Niall.” disse Liam, divertito. Lui alzò gli occhi e mi guardò. “Non ho niente.” disse irritato. Poi il suo sguardo si addolcì. “Ashley, tu.. la conosci?” chiese titubante.

“Chi? Lei?” chiesi, indicando Grace. “Non indicarla!” si affrettò a dire. Riportai la mano attorno al bicchiere.

“Scusa. Vuoi dirmi che ti prende?” chiesi poi, stranamente interessata. Abbassò lo sguardo. “Niall?” chiesi, sperando che si decidesse a rispondermi.

“Posso dirglielo?” chiese Harry. Niall lo guardò, ma rimase in silenzio. Allora lui alzò gli occhi al cielo.

“E’ cotto di lei, ma non ha mai avuto il coraggio di dirglielo.” mi spiegò. “O di parlarle.” disse Sophie. “Non sa neanche il suo nome.” aggiunse, prima di prendere un sorso dal suo bicchiere.

Mi chiesi perchè avesse parlato. Nessuno le aveva chiesto niente. Ma poi la mia attenzione tornò su Niall.

Ero così abituata ad avere intorno ragazzi sfacciati, che non mi ero mai accorta dei  ragazzi timidi come Niall.

“Lei si chiama..” iniziai. “No! Non dirmelo!” urlò all’improvviso, alzando di scatto il viso. “Che ti prende?” chiesi irritata. “E’ solo che.. voglio essere io a chiederglielo.” mi spiegò, quasi sottovoce.

Rimasi colpita dalle sue parole. Era un pensiero carino. Gli piaceva molto Grace, si vedeva. Ma io non ero sicura che lui fosse il suo tipo.

“Posso aiutarti se vuoi.” dissi, prima che me ne potessi rendere conto. “Cosa?” chiese, del tutto sbigottito. Sentii improvvisamente gli occhi di tutti puntati addosso.

“Si, io la conosco. Magari posso aiutarti. Se vuoi.” dissi imbarazzata.  “Lo faresti?” chiese. “Per me?” aggiunse accigliato.

In effetti non aveva molto senso e non capivo neanche da dove mi fosse venuta un’idea simile.

Harry mi aiutava perchè ero la sorella del suo miglior amico, ed io avrei aiutato Niall perchè era il miglior amico di Liam. Decisi di metterla in questo modo. 

“Immagino di si.” risposi titubante. Mi guardò piacevolmente sorpreso, così come il resto dei presenti.

Cosa mi stava facendo quella città?

 

 

Ashley

Non appena il mio cellulare iniziò a squillare, mi svegliai e mi rotolai nel letto. Chiusi gli occhi aspettandomi di cadere, ma quando questo non successe, ricordai che adesso avevo un letto molto più grande.

Presi il cellulare dal comodino e risposi appena lessi il nome di Zayn. “Ehi.” disse allegramente. “Zayn.” dissi io, con la voce impastata dal sonno.

“Qualcosa mi dice che ti ho svegliata.” disse divertito. Guardai l’orologio ed erano le undici passate. “Hai fatto bene, altrimenti non mi sarei mai alzata.” dissi sbadigliando.

“Com’è andato il matrimonio?” chiese. “Ehm.. bene, credo.” risposi indecisa. Dopo tutto, a parte la presenza di Sophie, il resto era stato piacevole.

Già, Sophie. Avrei dovuto parlargliene? Se persino un Louis ubriaco lo pensava allora si, avrei dovuto. “Zayn.. devo dirti una cosa.” dissi alzandomi, per poi andarmi a sedere sulla panca di fronte alla finestra.

“Scusami non ti ho sentita.” disse ridendo. “Ehi, mi ascolti?” chiesi irritata. “Si scusa, è colpa di Trevor.” disse. “Ho detto che devo dirti una cosa.” ripetei. Ma all’improvviso mi sembrò una cattiva idea. Non era da solo, non potevo dirglielo.

“Dimmi, Ash.” disse. Mi presi qualche secondo per pensare. “No, niente di importante.” mormorai. Non avevo idea di come avrebbe reagito e non potevo permettere che Trevor lo vedesse vulnerabile o che si trattenesse a causa della sua presenza.

“Come vuoi.” disse. “Adesso devo andare, volevo solo farti un saluto veloce.” continuò. “Ok.” dissi. “Allora, ciao.” aggiunsi divertita. “Ciao, Ash.” mi salutò, prima di chiudere la chiamata.

Dentro di me lo sapevo che avevo solamente trovato l’ennesima scusa per rimandare il discorso.

 

“Buongiorno dormigliona.” disse Christopher divertito, abbassando il giornale che stava leggendo. “Buongiorno.” risposi sorridente, per poi prendere una tazza e una bottiglia di latte in frigo.

“Se vuoi il cacao, sono andato a comprarlo stamattina.” mi informò. “Davvero?” chiesi sorpresa. Io ne andavo matta, ma in quella casa non lo avevo mai visto.

“Si, Lauren non lo compra perchè si dimentica che a noi piace. Ma oggi la spesa l’ho fatta io.” disse, facendomi l’occhiolino.

Gli sorrisi e dopo aver scoperto dove lo aveva messo, lo presi e ne vuotai mezzo barattolo nella mia tazza.

Il display del mio cellulare di illuminò attirando la mia attenzione, era un messaggio.

 

Buongiorno,

pensi di unirti a me per il pranzo? Grace x

 

Quel messaggio mi sorprese, in senso positivo. Presi un altro sorso dalla mia tazza e dopo digitai una risposta.

 

Penso che ti risponderò tra qualche minuto. Ash x

 

Era una bella idea quella di pranzare insieme, la sua compagnia mi piaceva. E magari sarebbe stata una buona occasione per fare quella cosa che avevo promesso a Niall.

Ancora non avevo idea di cosa esattamente avrei fatto. Ma probabilmente sarei andata dritta al punto, senza nessuna particolare strategia.

“Posso pranzare con una mia amica?” chiesi, adesso avevo delle regole, non ero più in California. 

Christopher alzò lo sguardo dal giornale. “Janet?” mi chiese ed io riuscii a trattenere a stento una risata. Non immaginava che Janet fosse sinonimo di Louis.

“No, si chiama Grace. Lavora al Rammer Jammer.” gli spiegai e lui mi sorrise. “Ho capito di chi parli. Conosco i suoi genitori.” dal tono di voce che usò, capii che gli stavano simpatici. O che comunque approvava la nostra amicizia.

Così, certa che avrei ottenuto una risposta positiva. Iniziai a digitare la risposta.

 

Dimmi solo dove e quando. Ash x

 

“Mangiate lì?” mi chiese. “Non credo. Col fatto che ci lavora, penso che abbia voglia di cambiare aria.” gli spiegai.

Era strano parlare de i miei piani con lui. Solitamente informavo Rachel che uscivo di casa e raramente aggiungevo altro.

“La capisco.” disse, chiudendo il giornale e posandolo sul tavolo. “Allora divertitevi e cerca di non fare tardi.” disse sorridente, mentre si alzava.

“Oh, è arrivata un’altra lettera per te. E’ lì.” disse, indicando il ripiano della cucina. “Ok, grazie.” risposi.

 

Decidemmo di andare nel bar in cui ci eravamo conosciute, dove lavorava Gemma. E appena entrammo, la vidi.

“Ehi.” mi salutò, mentre si sfilava il grembiule ed usciva da dietro il bancone.

“Ciao.” la salutai. “Pausa pranzo?” le chiesi. “Si, finalmente.” rispose sollevata. “Ti unisci a noi?” chiese Grace, sorprendendomi.

Lei non conosceva Gemma. La prima volta in cui eravamo venute qui, aveva parlato male dei ragazzi con noi, ma non si era presentata o qualcosa del genere.

Per questo Grace mi piaceva, era solare e aperta con tutti. Forse a causa del lavoro che faceva. Al bar doveva esserlo con tutti i clienti, per forza.

“Se non è un problema.” rispose Gemma, per poi guardare me. “Nessun problema. Ci fa piacere.” dissi sinceramente.

Così andammo a sedere ed iniziammo a parlare del più e del meno come delle vecchie amiche. Ad un certo punto, mi venne in mente Niall e così decisi di buttarmi, in ogni caso io non ci avrei rimesso niente.

“Grace, ricordi quei ragazzi che.. qualche volta sono venuti con me al bar?” chiesi. “Parli di mio fratello?” chiese Gemma, ed io annuii.

“Ho capito. Quello con i capelli ricci, vero?” chiese. “Si, lui.” rispose Gemma. “Vi somigliate.” disse sorridente. “Si, me li ricordo. Vengono spesso e da tanto.” disse, rispondendo alla mia domanda iniziale.

“E hai presente quello biondo?” chiesi. “Niall?” chiese Gemma. “Niall.” confermai. “Il ragazzo con gli occhi celesti?” chiese Grace. Annuii. Era un buon segno che avesse notato il colore dei suoi occhi, no? Comuqnue non passavano inosservato.

“Si, ho capito di chi parli. Quindi?” chiese, mentre pendeva un sorso d’acqua. “Ecco, è cotto di te.” dissi improvvisamente, tanto da farle risputare il liquido nel bicchiere, facendoci ridere di gusto.

“Dici davvero?” chiese Gemma, sorpresa. “Si e parecchio anche. Tanto non aver neanche il coraggio di chiederti come ti chiami.” spiegai loro.

“Ecco perchè da quando frequenta il bar non mi ha mai rivolto parola.” disse, come se le mie parole le avessero risolto parecchi dubbi.

“Pensate che non ha mai preso un’ordinazione. Lo hanno sempre fatto gli altri per lui.” disse, lasciandoci a bocca aperta. Era messo così male?

“Mi ha chiesto di aiutarlo. Quando ha visto che ci conoscevamo, è sbiancato.” le raccontai, facendola sorridere. “E’ carino, ma.. non so.” disse, storcendo la bocca. 

“Io lo conosco.” disse Gemma. “E’ un ragazzo timido, soprattutto con te che gli piaci molto. Ma con le persone con cui ha confidenza è uno spasso.” ci raccontò.

Fui felice di avere rinforzi, perchè io non lo conoscevo proprio e non avrei saputo descriverglielo.

“E’ molto dolce e premuroso. Ma ha un grosso difetto.” disse guardandoci. “Gli piace il calcio.” disse poi, facendoci ridere di gusto al ricordo della nostra prima conversazione.

“Scusatemi, è mia madre.” disse Gemma, non appena le squillò il cellulare. Si alzò per andarle a rispondere.

“Non lo so, Ashley.” disse Grace, pensierosa. “Non mi piacciono le persone chiuse.” aggiunse. “E’ solo timido, non chiuso.” lo difesi.

“E’ un bel ragazzo, questo si.” mormorò, soprappensiero. “Ma ho paura che non sia molto il mio tipo.” aggiunse.

“Magari pensaci.” le suggerii e lei annuì. Una manciata di minuti dopo, Gemma tornò al tavolo. “Sono atterrati?” le chiesi, ricordando che Anne e Robin erano partiti per la luna di miele.

“Si, da poco. Mia madre è davvero felice. Continuava a ripetermi che l’Italia è bellissima.” ci spiegò. “Ed è solo in aeroporto.” la prese in giro, facendoci ridere. “Avrò casa libera per una settimana intera.” disse, visibilmente entusiasta.

“Non andrai a stare da tuo zio?” le chiesi, ricordando la conversazione di Harry e Sophie al matrimonio.

“Cosa? Neanche per sogno. Io sono abbastanza grande per stare a casa da sola.” disse compiaciuta. “Harry doveva andarci.” disse. “Ma pare che tuo padre abbia convinto mia madre a farlo stare da voi.” continuò. 

“Sai, almeno sta con Liam. E poi mio zio sta troppo lontano. Sarebbe stato un problema per la scuola.” continuò a parlare ma io non ascoltai più niente, avevo smesso di farlo alla seconda frase.

“Non è vero.” mormorai, scuotendo la testa. Lei mi guardò confusa. “Si, Ashley.” “Ma non ha senso, anche lui è grande. Perchè non sta con te a casa vostra?” chiesi nervosamente.

Grace e Gemma si scambiarono un’occhiata perplessa e poi quest’ultima tornò a guardarmi.

“Perchè io passo la maggior parte del mio tempo qui e all’università. Ed Harry è a malapena capace di scaldarsi il latte.” lo prese in giro, facendo ridere Grace. 

“Oh, ho capito.” dissi, prendendo un sorso d’acqua. Anche se ultimamente eravamo andati d’accordo, non eravamo capaci di stare nella stessa stanza senza finire per urlarci contro. Figuriamoci nella stessa casa.

 

“Allora è vero.” mormorai, quando una volta oltrepassato il portone, mi trovai davanti ad una valigia e ad un borsone.

“Ehi, Ashley.” Alzai il viso giusto in tempo per vedere la figura di Harry venirmi in contro, con un ampio sorriso stampato in faccia.

Si abbassò e prese le sue cose. “Mi fai strada?” chiese divertito. Conosceva quella casa meglio di me. “Verso camera di Liam.” dissi. “Non è vero?” chiesi titubante.

“Secondo te per quale motivo Christopher ha fatto una camera per gli ospiti?” chiese divertito, mentre si dirigeva verso le scale. Lo seguii.

“Harry, quello è il mio piano.” puntualizzai. In realtà era anche il piano di Ruth, ma lei raramente era a casa.

Harry si voltò divertito e dopo avermi riso in faccia, continuò a salire. Ed io continuai a seguirlo.

“Ci sono delle regole. Lo sai vero?” chiesi, quando arrivammo al primo piano. “Tipo?” chiese, sempre più divertito. “Tipo che Sophie non entra in questa casa.” dissi e lui fermò immediatamente. Quando si voltò, non rideva più.

“Scherzi, vero?” chiese irritato. “Ti sembra la faccia di una che scherza?” chiesi. “Potevi evitare di dirlo, sai che è mia amica.” disse irritato, per poi voltarsi e riprendere a camminare.

“E comunque, non avevo intenzione di invitarla qui.” borbottò, mentre saliva al secondo piano. 

“Un’altra cosa.” dissi superandolo. “La mattina, la doccia la faccio prima io.” dissi, per poi riprendere a camminare e chiudermi nella mia stanza.


 

 

So che ultimamente sono sempre di fretta, ma anche oggi devo scappare e non posso dilungarmi.

Spero con tutto il cuore che il capitolo vi sia piaciuto, se volete farmelo sapere lasciatemi una recensione :)

Grazie a chi lo fa sempre lo apprezzo davvero molto.

Un bacio,

Michi x





 

Per farvi un’idea, questo è il tatuaggio che Ashley ha sulla coscia. Solo che lei lo ha più in basso.

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Capitolo 28
*** Brotherhood. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.

Capitolo 28..png
Brotherhood.

 

“Take me into your darkest hour,
and I'll never desert you.”

 

Ashley

La luce che filtrò attraverso la tapparella della mia finestra, mi costrinse ad aprire gli occhi. Guardai l’orario e stranamente non ero in ritardo. Perciò, con molta calma, mi alzai e mi presi del tempo per svegliarmi. Dopo di che, uscii in corridoio.

Quando vidi la porta della camera degli ospiti, ricordai che Harry aveva trascorso la notte qui e che la cosa si sarebbe ripetuta per una settimana intera.

Per fortuna il bagno era libero, così ne approfittai per fare una doccia veloce. Quando uscii, mi avvolsi nell’accappatoio e mi maledetti mentalmente per non essermi presa dei vestiti puliti.

Aprii la porta e mi affacciai, quando vidi che non c’era nessuno, corsi in camera mia a vestirmi. “Ho comprato i cornetti.” Sentii la voce di Christopher, mentre scendevo le scale.

“Ehi.” mi sorrise Ruth, la quale fu la prima a vedermi entrare nella stanza. “Buongiorno.” le risposi. “Buongiorno.” disse Liam. “Giorno.” dissi avvicinandomi al tavolo. 

“Ho comprato i cornetti, Ashley.” disse di nuovo Christopher, prima di finire il caffè. “Devo scappare a lavoro. Buona giornata ragazzi.” ci sorrise, prima di abbandonare velocemente la cucina.

Mi sedetti al solito posto, cioè fra Ruth e Lauren, la quale non era ancora scesa. “Buongiorno.” Mi voltai non appena riconobbi la voce assonnata di Harry.

Si trascinò nella stanza sbadigliando e si venne a sedere al mio fianco. Indossava un paio di pantaloni della tuta e una maglietta sgualcita. I ricci erano più incasinati del solito.

“Robin li compra sempre.” disse allegramente, riferendosi ai cornetti. “Anche mio padre li comprava sempre.” mormorai, allungando la mano per prendere uno.

Quando improvvisamente gli occhi di tutti mi puntarono, mi resi conto di quello che avevo appena detto.

“Brandon, io volevo dire Brandon.” mi corressi, quasi mortificata. Il mio sguardo cercò subito quello di Liam. Era sensibile, temevo che ci fosse rimasto male. Invece mi sorrise. “Non preoccuparti.” disse tranquillamente. Annuii titubante e distolsi lo sguardo.

Riempii la mia tazza di latte e poi allungai la mano per prendere il cacao, Harry fece la stessa cosa, nello stesso momento. “Non ci provare.” dissi guardandolo. Lui mi sorrise divertito. “Prima gli ospiti.” disse.

“Solo quelli desiderati.” controbattei con una smorfia. “Questo mi ferisce.” disse ridendo. “Lascia andare.” dissi, tirando il barattolo verso di me. “Non succederà.” disse, tirandolo verso di sé.

“Andiamo, smettetela.” disse Liam, alzandosi. Aprì lo sportello e ne mise un altro in tavola. Harry lasciò la presa ed io portai il cacao il più possibile lontano da lui.

“Sembrate dei bambini.” ci prese in giro Liam. “E’ lui.” protestai, esattamente come una bambina.

“Mocciosa.” disse Harry, mentre versava il cacao nella sua tazza. “Oh, ma senti chi parla.” dissi irritata. “La volete smettere?” chiese Nicola, piuttosto scocciata.

“Antipatico.” borbottai. “Ha parlato miss simpatia 2014.” disse divertito. Sbuffai irritata e mi portai alle labbra la tazza, ma quando il latte venne a contatto con la mia pelle, mi scottò. Era bollente.

Posai immediatamente la tazza. “Cazzo!” esclamai, portandomi le mani alla bocca, in attesa che il bruciore svanisse.

“Oh, bonjour finesse.” mi prese in giro Harry. Mi alzai, definitivamente stufa. “Non ti sopporto già più, quand’è che te ne torni a casa tua?” chiesi, mentre afferravo il mio zaino e mi dirigevo verso l’uscita. 

Lo sentii ridere mentre chiudevo la porta alle mia spalle.

 

Harry

Accompagnai Liam al suo armadietto e mentre aspettavo che prendesse il libro di calcolo, vidi Louis ed Ashley alla fine del corridoio.

Quando lui cercò di circondarle le spalle con un braccio, lei finse di non accorgersi del gesto e si scansò, per poi voltarsi e dedicargli un sorriso.

Da una parte ero felice di vedere che non ero l’unico da cui non volesse essere toccata. Ma preferivo il modo in cui congedava lui.

“Liam, c’è una cosa che mi stavo chiedendo.” dissi soprappensiero, mentre li vedevo sparire tra gli altri studenti. “Dimmi.” disse, chiudendo l’armadietto e affiancandomi.

“Pensi che.. il fatto che Ashley non sopporti che qualcuno la tocchi, abbia a che fare con..” iniziai titubante. Forse non era una buona idea parlarne con Liam. Era troppo impressionabile.

“Con?” chiese curioso, mentre raggiungevamo l’aula. “Pensi che.. abbia subito qualche violenza?” chiesi fermandomi. Era un’idea che frullava nella mia mente da un po’. Poteva essere una spiegazione logica.

“Cosa?” chiese Liam, fermandosi improvvisamente. “No, voglio dire.. no. Lo sapremmo. Lo avrebbero detto a mio padre.” disse, con tono più calmo di quanto avessi immaginato.

“E se non lo avesse detto a nessuno?” gli chiedo, riprendendo a camminare. “Harry, io credo solo che sia fatta così.” disse. “E a te sta bene?” chiesi, corrugando la fronte.

“Che intendi?” chiese, raggiungendo il suo posto. “L’hai mai abbracciata?” gli chiesi e lui scosse la testa.

“E’ già tanto che abbia smesso di rivolgermi solamente monosillabi. Mi basta questo.” disse, alzando le spalle. Forse arrendendosi all’idea che in ogni caso non avrebbe potuto ottenere di più da lei. Gli sorrisi e poi la lezione iniziò.

 

La chiamata terminò ed io lasciai cadere il cellulare sul letto, per poi sospirare frustrato. Alla fine delle lezioni avevo notato che Sophie non era di buon umore e non avevo avuto l’occasione di parlarle, poiché era andata via a passo svelto.

Così, una volta a casa, avevo deciso di chiamarla e di chiederle se andasse tutto bene. Potevo capire dalla voce che fosse successo qualcosa, ma non appena prese a raccontarmi i fatti, iniziò anche a piangere.

Ero stufo di Ashley e del suo comportamento nei confronti di Sophie.  A mensa le aveva provato a rivolgere la parola e tutto ciò che lei le aveva saputo dire, era che tanto non l’avrebbe aiutata a tornare con Zayn.

Che non lo meritava e che non sarebbero stati insieme mai più. Qual era il suo dannatissimo problema? Bussai più volte alla porta di camera sua, cercando di mantenere la calma, ma la verità era che ero furioso.

“Puoi smetterla di bussare?” chiese irritata. “Adesso si.” dissi, superandola ed entrando nella stanza. “Accomodati.” borbottò, richiudendo la porta.

“Sophie mi ha appena chiamato.” dissi. Ma avrei dovuto immaginare che mi scoppiasse a ridere in faccia. E infatti lo fece, prima di alzare gli occhi e di andarsi a sedere sulla panca sotto la finestra. 

“Vincerai il premio per miglior paladino della giustizia dell’anno.” mi derise divertita. “Perchè?” chiesi irritato. “Perchè devi torturarla così?” 

Alzò il viso, ma quando mi guardò il divertimento aveva abbandonato il suo sguardo. “Perchè lei ha torturato Zayn.” rispose con freddezza.

“No.” dissi, iniziando a camminare per la stanza. “Questo non è vero. E’ stato doloroso per lei, quanto per lui.” dissi con certezza. Sapevo che quella discussione non ci avrebbe portati da nessuna parte, entrambi stavamo difendendo i nostri miglior amici. 

“Non raccontarmi stronzate, Harry.” disse infuriata, mentre si alzava. “La deve smettere di fare la vittima, quando l’unica ad essere colpevole è lei!” disse, alzando la voce. 

Quando terminò la frase, colpì accidentalmente il muro con la mano. Risucchiò un respiro, ritirandola subito.

Mi avvicinai per vedere se si era fatta male, quando mi accorsi che aveva colpito il pannello che sembrava essere murato nella parete. Ma non lo era, dal momento che si era appena aperto.

“Ti sei fatta male?” le chiesi. “No, che diamine.. cos’è?” chiese, abbassandosi. Toccò il pannello e si aprì, esattamente come una piccola porta. All’interno era buio, così presi il cellulare e feci luce.

“Dev’essere la soffitta.” sentenziai. “Credevo che questa fosse la soffitta.” disse, riferendosi al piano in cui si trovava la sua stanza.

“No, questa è la mansarda e quella è la soffitta.” dissi, indicando la stanzetta buia. “Ed è vuota.” dissi, abbassando il cellulare. “No.” disse, togliendomelo di mano e riportando la luce all’interno della piccola soffitta.

“C’è uno scatolone.” disse. “Vallo a prendere.” aggiunse poi, guardandomi. “Cosa? Non entro lì dentro.” dissi, piuttosto schifato. 

Lei alzò gli occhi al cielo. “Femminuccia.” disse, prima di restituirmi il cellulare e chinarsi per entrare. Quando le toccai la schiena, con l’intenzione di attirare la sua attenzione, si voltò a fulminarmi con lo sguardo. Così la ritirai subito.

“Vado io.” dissi poi, sospirando e sorpassandola. Tossii un paio di volte per la polvere e appena lo raggiunsi, lo trascinai fino all’uscita. Era pesante.

“Prego.” borbottai, quando una volta fuori mi passai le mani sui jeans per ripulirli dalla polvere. Ashley rise e rimosse il nastro adesivo dal vecchio scatolone impolverato. 

Quando vide il contenuto, portò immediatamente gli occhi su di me. “Penso che dovresti andare a chiamare Liam.” mormorò.

 

Ashley

Liam mi aveva raccontato che Christopher lo aveva sempre tenuto lontano da tutto quello che riguardava nostra madre. Aveva sempre sviato le domande del figlio.

Fino al giorno in cui sono arrivata io. A quel punto ha dovuto raccontargli com’erano andate veramente le cose, ma comunque si era sempre rifiutato di percorrere il viale dei ricordi con lui.

Se Liam non avesse trovato per sbaglio una sua foto, non avrebbe neanche conosciuto il suo volto, poiché l’ultima volta che l’aveva vista era davvero piccolo.

Christopher si era assicurato di nascondere ogni foto ed ogni oggetto personale della donna che lo aveva lasciato. E a quanto pare, li aveva messi in quello scatolone.

“Ehi, ha detto Harry che volevi vedermi.” disse sorridente, non appena entrò in camera mia. “Chiudi la porta.” sussurrai. Lui mi guardò con aria perplessa e poi fece un paio di passi indietro per fare ciò che gli avevo chiesto.

Mi sentivo male per lui. Ormai sapevo quanto fosse sensibile, soprattutto se si trattava di nostra madre.  Ma non potevo far finta di non aver trovato ciò che lui stava cercando da tutta la vita. Sarebbe stato egoista da parte mia.

“Che cos’è?” chiese avvicinandosi. Io non risposi, mi limitai a fargli segno di sedersi. Quando si accorse che non avevo intenzione di parlare, allungò una mano ed aprì lo scatolone.

Rimase in silenzio per qualche secondo, con gli occhi sbarrati e le labbra schiuse. Dopo di che si portò una mano alla bocca e i suoi occhi iniziarono a luccicare.

In quel momento, davanti ai ricordi di nostra madre, vidi mio fratello e l’unica cosa che mi sentii di fare, fu poggiare una mano sulla gamba.

Lui si voltò verso di me, incapace di parlare. “Vuoi restare da solo?” gli chiesi titubante. “E’ nostra madre, Ashley.” sussurrò, con voce rotta. Annuii. “Lo so.” dissi.

Poggiò la schiena contro muro ed io feci lo stesso, lo scatolone rimase in mezzo a noi per quelli che sembrarono minuti infiniti.

Quando il respiro di Liam tornò regolare, decise di aprirlo di nuovo. Ne tirò fuori una foto incorniciata. Mi sporsi per vederla, era la foto del giorno del loro matrimonio.

Lei era bellissima e quel vestito bianco le fasciava perfettamente la vita, per poi ricaderle delicatamente lungo i fianchi. Christopher la guardava con l’amore negli occhi e un sorriso che definirei grato. 

Avrei voluto conoscerla. Aveva la dolcezza di Liam dipinta sul volto. Il quale carezzò il vetro impolverato della cornice e sorrise, mentre le lacrime gli rigavano le guance arrossate.

La posò sul pavimento e riprese a guardare all’internò dello scatolone. Trovammo album fotografici di quando erano giovani e fidanzati. Sembravano complici, sembravano completarsi.

Nello scatolone, oltre alle foto, trovammo ricordi vari, lettere d’amore e biglietti regalo che ci fecero sorridere. Nostra madre aveva sicuramente un ottimo senso dell’umorismo.

Liam mi tenne la mano per tutto il tempo e quando estrasse dalla scatola vecchie foto di lui da bambino con nostra madre, strinse la presa, prima di lasciarla andare. Si portò entrambe le mani sul volto e pianse.

Capivo che in quel momento stesse provando tante emozioni e tutte nello stesso momento, così decisi di lasciarlo sfogare.

Gli sfilai l’album dalle mani e lo sfogliai. Sorrisi ad ogni foto, perchè lei era sempre solare e divertita. Provai un po’ di invidia nei confronti di Liam, poiché anche se non se lo ricordava, l’aveva vissuta più di me.

Quando capii che non avrebbe smesso di piangere, lo abbracciai. Lasciai che poggiasse il viso sul mio petto e lo circondai con le braccia.

Sapevo che per lui era dura e non mi importava di mantenere la mia immagine di ragazza fredda e distaccata. Volevo esserci per lui, come lui c’era stato per me.

Dopo quelli che sembrarono minuti infiniti, si calmò. Rimase al mio fianco a fissare la parete per qualche altro istante, fino a che io non decisi finalmente di alzarmi.

“Sistemo io. Tu.. stenditi sul mio letto se vuoi.” gli dissi. Alzò lo sguardo e mi guardò in silenzio. Gli tesi una mano e gli rivolsi un sorriso timido, sperando di essergli di conforto.

Si lasciò aiutare e poi si diresse verso il mio letto, mentre io mi abbassavo di nuovo, per rimettere tutto in ordine. Riposi lo scatolone nella soffitta, prima di chiudere la piccola porta, la quale sembrava un inutile pannello incastrato nella parete.

Quando mi alzai rivolsi lo sguardo verso il mio letto e a giudicare dal respiro pesante, Liam si era addormentato.

Cercai con lo sguardo una coperta per coprirlo, ma quando i miei occhi caddero sul suo corpo, notai una cosa che attirò la mia attenzione.

Il tessuto della maglietta era leggermente rialzato e sulla pelle, quasi totalmente coperta dai pantaloni, c’erano dei segni neri.

Senza neanche pensarci due volte afferrai il tessuto dei suoi pantaloni e quello dei suoi boxer, per poi tirarli entrambi verso il basso.Liam si svegliò di soprassalto e le sue guance si tinsero immediatamente di rosso.

“Liam.” dissi sorpresa, mentre lui si abbassava la maglietta. “Tu hai un tatuaggio.” dissi sorpresa. Annuì, sorridendomi timidamente. Era una semplice scritta in corsivo. Era il nome di nostra madre, Rebecca.

“Christopher lo sa?” gli chiesi accigliata. “Certo che no.” si affrettò a rispondere. “E’ bello.” dissi sinceramente, sedendomi di fianco a lui.

“Volevo.. avere qualcosa che me la ricordasse.” mormorò. Gli rivolsi un sorriso comprensivo. Capivo quello che voleva dire.

Abbassò lo sguardo ed io mi chiesi se avessi fatto la cosa giusta. Avrei potuto non dirgli dello scatolone e richiuderlo in soffitta. Ma il fatto che Harry non si era opposto, quando gli avevo chiesto di andarlo a chiamare, mi tranquillizzava. 

“Sono sicura che Christopher avesse dei buoni motivi per nasconderti le sue cose.” dissi, cercando di sollevargli l’umore.

“Certo.” disse ridendo, ma per niente divertito. “Voleva evitare che io facessi domande e quindi evitare di dovermi rispondere.” disse seccato. “Liam, i ricordi fanno male.” dissi, posando una mano sulla sua. Lui intrecciò le sue dita con le mie.

Poi alzò il viso e mi sorrise. “Grazie, Ashley.” mormorò. “Avevo bisogno di una sorella.” aggiunse poi, facendomi sorridere. “Forse anche io avevo bisogno di un fratello.” sussurrai.

A quelle parole la sua stretta aumentò, ed io sentii di avere di nuovo una famiglia. Se non una madre e un padre, un fratello.

 

 

Salve ragazze,

oggi voglio essere poco modesta: amo questo capitolo.

Lo aspettavo dall’inizio della storia e non ne conosco realmente il motivo. Forse perchè mi emoziona il pensiero di una madre che, pur non essendoci più, ricongiunge i suoi figli.

E adoro il Liam trasgressivo che ha un tatuaggio all’oscuro del padre. Così come adoro Ashley, che manda a quel paese la sua maschera da pezzo di ghiaccio e abbraccia Liam, perchè vuole esserci per lui.

Spero che vi piaccia almeno la metà di quanto piace a me e vi mando un bacio.

Michi x

 

 

 

 

 



 

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Capitolo 29
*** Then she met Christopher. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
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Leggete lo spazio autore per favore.


Then she met Christopher.


"That will be the same,
but we’re making all the same mistakes."

 
Ashley

Poggiai il mento sulla mano e guardai fuori. La neve si era completamente sciolta e probabilmente non avrebbe più nevicato fino all’inverno successivo.

In ogni caso la temperatura era ancora rigida ed io mi ringraziai mentalmente per aver indossato uno dei maglioncini più caldi che avevo.

Speravo che la lezione finisse in fretta poiché era dalla sera prima che desideravo chiamare Zayn e raccontargli quello che era successo.

Dentro di me era cambiato qualcosa. La prima volta che avevo visto Liam, avevo pensato che non saremmo mai potuti andare d’accordo.

Eravamo così diversi l’uno dall’altra e avvertivo come una barriera fra noi. Barriera che era svanita nell’istante in cui l’avevo visto piangere sopra la foto di nostra madre. Non potei fare a meno di pensare che lei ci aveva uniti nonostante non ci fosse più.

Comprendevo il motivo per cui Christopher avesse deciso di chiudere la sua ex moglie in uno scatolone. Lei lo aveva lasciato da solo a crescere loro figlio ed era andata via.

Ma non era giusto che Liam ne subisse le conseguenze. Lui voleva sapere e ne aveva il diritto.

Quando la campanella suonò, mi affrettai a raccogliere i miei libri ed uscire dall’aula.

 

“Sei silenziosa.” disse Louis, urtandomi con la spalla. “E non hai toccato cibo.” mi fece notare, guardando il mio vassoio. “Lo so.” dissi sospirando. “E’ successo qualcosa?” mi chiese preoccupato.

“Stavo solo pensando.” mormorai. “Posso farti una domanda?” gli chiesi, voltandomi verso di lui. “Certo che puoi.” disse.

“Io sono abituata a Long Beach, ma sono quasi certamente sicura che qui, per fare un tatuaggio, serve la firma dei genitori. Giusto?” chiesi. Corrugò la fronte, forse sorpreso dalla mia domanda. “Si, è vero. Pensavi di farti una tatuaggio?” chiese divertito.

“Tu come li hai fatti i tuoi?” chiesi, ignorando la sua domanda. Posò la forchetta sul vassoio e si voltò completamente verso di me.

“Be’ io non ho fatto le cose nel modo giusto.” disse, sorridendo divertito. “Louis, se conosci qualcuno che fa tatuaggi senza creare problemi, devi portarmici.” dissi, con un tono che non ammetteva rifiuti.

“Lui non ti porta da nessuna parte.” Quando riconobbi la sua voce, mi voltai e lo trovai che mi guardava con un grosso cipiglio sulla fronte. “Non sono affari tuoi.” dissi seccata.

“C’è un mio amico che li fa a casa sua.” disse Louis, mentre si alzava. “Se Harry ti da il permesso, ti ci porto.” aggiunse divertito, prima di prendere il vassoio e andarsene. 

“Non puoi farlo.” disse Harry, mentre si sedeva al posto di Louis. Alzai gli occhi al cielo. “Non ho davvero intenzione di prendere ordini da te.” dissi irritata.

“Sono serio, Ashley. Non puoi farti tatuare da quell’imbecille. Può venirti un infezione e probabilmente il tatuaggio sarà uno schifo.” disse, piuttosto sicuro.

“Smettila di fare la guardia del corpo con me. Anche Liam ne ha uno, perciò non cercare di non farmelo fare solo perchè sono sua sorella.” dissi, sperando che semplicemente mi lasciasse in pace.

“Ho smesso da tempo di starti dietro solo perchè sei la sorella di Liam.” disse, con tono decisamente più calmo.

Rimasi in silenzio, totalmente senza parole. Non avevo idea di che significasse quello che aveva appena detto.

“Solo.. per favore, fatti accompagnare da me. Conosco una persona decisamente più affidabile.” disse. Ed io annuii. Perchè non avevo né voglia di discutere e né voglia di ritrovarmi con un’infezione.

“Grazie.” disse, prima di alzarsi. “Harry?” lo chiamai. “Cosa?” chiese fermandosi. “Perchè stavi venendo qui?” chiesi, semplicemente per curiosità. “Oh.” disse, riavvicinandosi. 

“Volevo chiederti come stai.” disse, risedendosi al mio fianco. “Sai.. per ieri sera.” aggiunse. Rimasi in silenzio, perchè semplicemente non avevo una risposta. “Suppongo di stare bene.” dissi in fine.

“Liam?” chiesi. Sapevo che dopo essere uscito da camera mia era sceso nella sua stanza e probabilmente Harry gli aveva fatto compagnia per il resto della serata.

“L’ha presa male all'inizio. Ma adesso è solo felice di aver trovato le sue cose.” mi spiegò. “Era da tanto che sperava di vederle.“ Annuii e lui mi rivolse un piccolo sorriso, prima di alzarsi e andarsene.

 

“Un altro?” chiese e lo sentii ridere. Mi stesi sul letto a pancia sotto ed iniziai a ruotare i piedi in aria. “Si.” risposi semplicemente. Non avrei accettato prediche da un ragazzo che aveva il braccio seppellito da tatuaggi, e non solo quello.

“E cosa pensavi di fare?” chiese. Meditai sulla risposta e infine decisi di mentirgli. “Ancora non lo so.” dissi.

Volevo tatuare le parole che ci avevano accompagnato durante i periodi più brutti delle nostre vite e che dimostravano che nonostante tutto, eravamo ancora qui, ancora insieme. Perchè noi ci appartevevamo.

Decisi di non dirglielo perchè volevo fargli una sorpresa, anche se non sapevo quando lo avrei rivisto. Speravo presto.

“Lo fai solo per fare un dispetto a Christopher.” disse divertito. “Povero uomo.” aggiunse poi. Schiusi le labbra per dirgli che non era assolutamente così e che iniziavo a sentirmi molto più a mi agio in quella casa, con quelle persone.

Ma la lingua non diede retta ai miei pensieri, e dissi tutt’altro. “Devo dirti una cosa.” iniziai, finalmente decisa a portare fino in fondo quella conversazione.

“Dimmi.” disse. Restai in silenzio, in attesa che qualcuno ci interrompesse, che la linea cadesse o che aprissero la mia porta.  Ma non successe niente di tutto questo e quando Zayn mi chiese di parlare, entrai nel panico.

“No, niente. Devo andare.“ tagliai corto. “Ehm.. ok. Ti chiamo domani.“ disse confuso. “Ti voglio bene.“ dissi, solo per mettere a tacere i miei sensi di colpa. “Anche io, Ash.” rispose, prima di chiudere la chiamata.

“Razza di codarda.” mi rimproverai, lasciando cadere il cellulare sul materasso. 

 

Per la prima volta entrai in quel ber per parlare con un’amica e non per bere. Grace mi sorrise distrattamente mentre portava un caffè ad uno dei tavoli e poi mi fece segno di raggiungerla, non appena tornò dietro il bancone.

“Con chi sei arrabbiata?” chiese, prendendo in mano una bottiglia di Jack Daniel’s.  Nonostante la nostra breve amicizia, sembrava già conoscermi bene. 

Risi e scossi la testa. “Stranamente con nessuno.” scherzai, facendola accigliare. Posò la bottiglia e si unì alla mia risata.

Non avevo intenzione di raccontarle di Zayn e Sophie, non ero ancora pronta ad espormi in quel modo con lei. Non importava se riservasse per me consigli molto utili, non ero pronta e basta.

“Hai un viso familiare.” insorse una voce al mio fianco e solo quando gli occhi della donna puntarono direttamente i miei, capii che stava parlando con me.

“Non credo, io..” iniziai, con l’intenzione di dirle che mi ero trasferita lì da meno di tre mesi, ma Grace mi interruppe. “E’ la figlia di Christopher.” disse.

La guardai perplessa. Come sapeva il suo nome? Pensai che fosse dovuto al piccolo paese, le voci corrono velocemente in posti come quello.

“Oh, Brooke mi aveva detto che ti eri trasferita qui. E’ un piacere conoscerti.“ disse, porgendomi la mano. Chi era questa donna? E chi diavolo era Brooke? Perchè parlavano di me? 

Mi costrinsi a stringerle la mano, ma non riuscii a sforzare un sorriso. Ero infastidita da quella situazione. “Io sono Ellen. Una vecchia amica di tua madre.” disse, sorridendomi dolcemente.

“Adesso capisco perchè mi sembravi così familiare.“ continuò, osservando ogni dettaglio del mio volto.

Odiavo essere fissata, avrei voluto che la smettesse. Ma l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era che quella donna aveva conosciuto mia madre.

“Rebecca era una furia.” ricordò divertita. “Sapeva come divertirsi, questo è certo.” aggiunse. “Era uno spirito libero, nessuno riusciva a metterla in gabbia.” distolse lo sguardo e prese un sorso dal suo bicchiere.

“Ma non era sempre stata così. Le vicende della vita l’avevano resa la donna indifferente che era diventata.” mormorò.

Il cuore iniziò a battere irregolarmente contro il mio petto. Judy non mi aveva raccontato molto di lei e Christopher l’aveva appena nominata da quando mi ero trasferita lì.

“Era molto diffidente e temevo che restasse da sola.” mi raccontò, voltandosi nuovamente verso di me.

“Le sue amiche si sposavano, avevano figli.. e lei a malapena riusciva ad interagire con gli uomini senza la paura costante che l’avrebbero ferita.” mi spiegò.

Per un attimo mi chiesi se stesse ancora parlando di mia madre o se avesse iniziato a parlare di me. Forse avevo più cose in comune con Rebecca di quanto avessi pensato.

“E poi?” le mie parole scivolarono dalle mie labbra quasi come un sussurro, ma quando mi rispose, seppi che mi aveva sentita. “Poi conobbe Christopher.” 

Rimasi in silenzio, cercando di elaborare le nuove informazioni e quando alzai il viso, sulla porta c’era Harry.

 

 

Buon pomeriggio ragazze,

devo dirvi delle cose importanti, quindi vi prego di leggere.

Intanto voglio scusarmi per il capitolo, è corto e fa pena. Ma lo ammetto, oggi non avevo voglia di scrivere.

In altre circostanze non lo avrei fatto e lo avrei riscritto da capo, ma dato che stasera parto, non ne avrei avuto la possibilità.

Starò via due settimane e mi dispiace da morire, ma non potrò aggiornare.

Ecco perchè ultimamente ho aggiornato così spesso, perchè adesso non potrò farlo per un po’.

Io continuerò comunque a scrivere la storia e quando tornerò, la aggiornerò.

Spero che continuerete a leggerla,

Michi x

 

P.s: Grazie di cuore, per tutto quanto.

 

 

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Capitolo 30
*** Rebecca. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun mod
o’
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Rebecca.

 

"You're still a part of everything I do,
you're on my heart just like a tattoo."


 

Ashley


Fece scorrere lo sguardo su ogni tavolo della sala e quando lo posò su di me, capii che era lì perché mi stava cercando. Camminò lentamente in nostra direzione e quando tre paia di occhi si posarono su di lui, mi rivolse un sorriso imbarazzato.

Grace si voltò e la vidi trattenere una risata. Ellen iniziò a passare i suoi occhi lungo il suo corpo. Dev’essere stata una sua brutta abitudine quella di fissare le persone.

“Ciao.” decisi di dire, per rompere il silenzio. “Ti cercavo, Liam ha bisogno di te.” disse. Dal modo in cui si guardò intorno, capii che si sentiva osservato. “Niente di troppo importante.” si affrettò ad aggiungere.

“Oh, ok.” dissi, scendendo dallo sgabello. Rivolsi un cenno a Grace e un sorriso ad Ellen. “Spero di rivederti presto.” disse quest’ultima. Io non ero sicura di volerlo invece. 

Era stata una conversazione inaspettata e dopo tutto, abbastanza interessante. Ma continuavo ad essere una ragazza riservata, alla quale non piaceva l'idea di essere sulla bocca delle pettegole del paese.

“Chi era quella?” mi chiese Harry, una volta fuori dal bar. “Una vecchia amica di mia madre." risposi. Quelle semplici parole avevano un suono strano pronunciate da me.

"Che succede a Liam?” chiesi. "Niente, avevo bisogno di una scusa per portarti fuori da quel bar." rispose, alzando le spalle.

"E per quale motivo?" chiesi, corrugando la fronte. "Non ero sicuro se volessi che parlassi del tatuaggio davanti a loro." disse, ed io mi fermai a pochi passi dalla sua auto.

"Non lo volevo." dissi. Era incredibile, per una volta era riuscito a fare la cosa giusta. "Grazie." mormorai, causandogli un sorriso.

"Perché volevi parlarmi del tatuaggio?" gli chiesi, tornando in me. "Sali in macchina." disse, ignorando la mia domanda. 

Detestavo quando mi dava ordini, ma ormai mi ero quasi abituata al frequente sali in macchina. Aprii lo sportello e mi sedetti al suo fianco. Quando mise in moto, schiusi le labbra per parlare, ma lui mi anticipò.

"Si chiama Cameron, è un mio amico." disse, riferendosi probabilmente al tatuatore. "Li fa a casa sua, ma sterilizza tutto." mi assicurò ed io non trattenni un sorriso divertito. Quanto era apprensivo?

"Puoi ammirare le sue opere sul mio corpo." scherzò, forse non rendendosi conto che gli unici tatuaggi che non erano nascosti dai suoi vestiti, erano quelli sul polso. Ed erano piccoli e fuori dalla mia visuale.

"Te lo presento, così puoi metterti d'accordo sul giorno e sul disegno." disse, rallentando. Ero sorpresa che non mi avesse chiesto cosa avevo in mente di tatuare, ficcanaso com'era.

Parcheggiò e mi annunciò che eravamo arrivati, prima di spegnere il motore e scendere. Bussò una volta sola e un ragazzo sorridente ci aprì immediatamente la porta.

I capelli castani erano lunghi e arruffati, eppure sembravano essere ordinati, a modo loro. Un cerchietto di metallo gli circondava il labbro inferiore e quando salutò Harry, scoprii che aveva anche un piercing sulla lingua.

E ovviamente, la sua pelle chiara sfoggiava una moltitudine di tatuaggi fin troppo colorati. "Tu devi essere Ashley." disse, tendendomi una mano.

Non avevo a che fare con tipi così da circa tre mesi e in qualche modo mi riportò con la mente a Long Beach.  Dove i ragazzi non avevano il viso pulito e la pelle candida.

Strinsi la sua mano e gli rivolsi un sorriso sincero. Mi stava già simpatico. "Io sono Cameron, è un piacere. Entrate." disse, facendosi da parte.

Ci fece accomodare sul suo divano e ci offrì da bere. "Questa settimana sono molto impegnato, ma cercherò di ritagliarti uno spazio." disse sorridente. "Dipende tutto da ciò che vuoi fare." aggiunse.

"Hai già in mente qualcosa o vuoi che prenda i cataloghi?" chiese. Non ero per niente il tipo che si sedeva in sala d'attesa e scorreva le pagine di un catalogo.

Avevo disegnato io i miei tatuaggi. Persino alcuni di quelli di Zayn erano disegni miei.

"So già cosa voglio." dissi. "Va bene, allora possiamo andare nel mio studio, così me ne parli e quando il disegno è pronto, ti chiamo." disse alzandosi.

"Veramente." iniziai, attirando la sua attenzione. "Vorrei essere io a fare il disegno." aggiunsi. Due paia di occhi si posarono perplessi su di me.

"Non è un problema." si affrettò a dire Cameron, non appena si accorse che lo stavo presumendo. "Vieni." disse, indicandomi quello che doveva essere il suo studio.

"Harry fa come se fossi a casa tua. Te la restituisco fra qualche minuto." scherzò Cameron. Mi accigliai, non avevo intenzione di essere restituita a nessuno. Ma lo seguii senza controbattere.

"Accomodati." disse, passandomi un lapis e un foglio bianco. Per essere stato uno studio fatto in casa era discreto. Le pareti erano ricoperte di foto fatte probabilmente ai suoi clienti.

C'era una poltrona reclinabile e un cassettone su cui erano situati aghi ancora impacchettati. "Sto progettando di aprire un negozio vero e proprio." spiegò, quando vide che mi stavo guardando intorno.

Gli sorrisi per fargli sapere che lo stavo ascoltando e mi concentrai sul foglio di fronte a me.

Quando la punta del lapis toccò la carta, tutto quello a cui stavo pensando era una Q. Tutto quello che scrissi però, fu una R.

 

Harry

 

Iniziai a camminare freneticamente avanti e indietro nel salotto di Cameron. Aveva detto che me l'avrebbe restituita dopo qualche minuto, ma sembrava che fossero chiusi in quella stanza da un'eternità.

Quando iniziai a sentire il rumore familiare dell'ago, mi precipitai alla porta e non mi curai di bussare, prima di spalancarla.

Ashley era sdraiata sulla poltrona reclinabile che era stata testimone di ogni mio atto di ribellione. Cameron, il quale era seduto al suo fianco, ritirò immediatamente la mano e mi lanciò un'occhiataccia.

Il polso di Ashley era macchiato dall'inchiostro in eccesso e non riuscii a scorgere il disegno. Questo non era previsto, doveva solo farlo su un foglio, non subito sulla pelle.

"Harry." mi richiamò Cameron. "Scusate è che.. ho sentito il rumore e.." mormorai.  Ashley sarebbe scattata contro di me, era solo questione di minuti.

"Esci e rilassati amico, non le faccio del male." mi derise. Abbassai lo sguardo a terra e decisi di fare quello che mi era stato detto di fare da Cameron.

"No." La voce di Ashley riportò i miei occhi sul suo corpo. "Puoi restare." disse, sorprendendomi. "Se vuoi." aggiunse.

Annuii confuso e mi avvicinai, nel frattempo Cameron aveva ripulito l'inchiostro in eccesso ed aveva ricominciato a ricalcare il disegno.

Quando fui a pochi passi da lei, lo stupore nel vedere il tatuaggio che aveva scelto di farsi, mi fece rimbalzare indietro come se qualcuno mi avesse appena colpito.

Il nome di sua madre era scritto in un corsivo molto elaborato e ricco di linee arricciate.  Era incastrato in un fiore che non avevo mai visto, dai petali viola, sfumati dall'esterno verso l'interno e il centro giallo.

A meno che non ne nascondesse altri, quello era l'unico colorato che aveva. Dopo averlo studiato, spostai lo sguardo sul suo viso.

Ashley mi stava già guardando con un'espressione che non seppi decifrare. "È bellissimo." dissi semplicemente e lei mi rivolse un timido sorriso, prima di abbassare lo sguardo sul suo polso.

Christopher l'avrebbe probabilmente sbattuta fuori di casa o qualcosa del genere. Ma Liam sarebbe impazzito di gioia, ne ero certo.

 



Salve a tutte, per vostra sfortuna sono ritornata a casa e dovrete continuare a sopportarmi ahahaha.

Vorrei dirvi che in queste due settimane ho scritto un sacco di capitoli, ma sarebbe una bugia.

In realtà sono rimasta indietro, poiché in vacanza ho deciso di svagarmi totalmente e non ho fatto assolutamente niente.

Cercherò comunque di riprendere ad aggiornare con frequenza, cominciando da oggi.

Lascio a voi il commento di questo nuovo capitolo e non vedo l’ora di leggere le vostre recensioni, mi siete mancate ♡ 

Un bacio,

Michi x



 

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Capitolo 31
*** There's something in her. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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There's something in her.

 

“In case
 you change your mind,
I'll be waiting.”

Ashley

Cameron bendò la pelle del mio polso, lucida a causa della crema appena applicata.

Era successo tutto così velocemente. Avevo posato il lapis sul tavolo e una manciata di minuti dopo, il mio disegno era diventato un tatuaggio.

Non era nei miei piani fare una cosa del genere, fino all'ultimo secondo avevo avuto in mente di trascrivere le parole di Zayn e poi non seppi cosa mi prese.

Forse ero stata condizionata dallo scatolone pieno di foto, dal tatuaggio di Liam o dalle parole di Ellen. Non ne avevo idea.

"Quanto ti devo?" chiesi, scendendo dalla poltrona reclinabile. "Ci ha già pensato Harry." mi rispose Cameron, uscendo dalla stanza. Lo guardai confusa e quando realizzai le sue parole, spostai lo sguardo su Harry. 

"Tu cosa?" chiesi accigliata. "Ne parliamo dopo." tagliò il discorso, seguendo l'amico. "Grazie." Harry strinse la mano a Cameron. "A te." disse quest'ultimo.

"Torna presto a trovarmi. È passato un po' dall'ultimo capolavoro." scherzò poi. "Modesto come pochi." lo prese in giro Harry, dirigendosi verso la porta.

"È stato un piacere, Ashley." mi sorrise Cameron, distraendomi dal prendere a parole Harry. "Anche per me. Grazie, è davvero bellissimo." dissi sinceramente. "Sei stata tu a fare il disegno." mi elogiò. Ricambiai il sorriso e ci salutammo.

Una volta in macchina, Harry non ebbe modo di evitare la conversazione. "Perché l'hai fatto?" gli chiesi infastidita. Non volevo che pagasse per me, non ce n'era bisogno.

"Regalo di benvenuto." disse ironicamente. "Sono qui da tre fottutissimi mesi." controbattei seccata. Harry distolse lo sguardo dalla strada e corrugò la fronte. 

"Ti dispiace calmarti? Non ho ucciso nessuno." disse. Sbuffai irritata. "Sul serio, Ashley. Non è la prima volta che lo fai." mi rimproverò. "Che faccio cosa?" chiesi accigliata. 

"Che ti arrabbi per una cosa per la quale dovresti solo ringraziare." disse e capii che si riferiva a quando avevo visto per la prima volta la mia nuova stanza.

"Io non ti ho chiesto niente. Non avevo bisogno che lo facessi." puntualizzai. "Tutti hanno bisogno di qualcuno che si prenda cura di loro." mormorò, imboccando la strada di casa.

Corrugai la fronte. Che stronzata. "Io no." Alzò le spalle. "Non importa. Io lo faccio lo stesso." disse, spegnendo il motore dell'auto. Lo guardai perplessa. Perché continuava a combattermi nonostante il modo in cui reagivo?

"Perché?" diedi voce ai miei pensieri. "Non ha importanza." rispose, prima di aprire la portiera ed uscire. "Adesso hai questioni più importanti a cui pensare." disse, mentre raggiungeva il portone di casa. 

"Devi spiegarlo a Christopher." aggiunse, indicando il mio polso. Sospirai e lo seguii all'interno della casa. 

Il mio piano iniziale era quello di farlo sulla schiena, così che non dovessi spiegare assolutamente niente a nessuno. Ma quel disegno sembrava fatto per stare sul mio polso e adesso dovevo rispondere delle mie azioni.

"Dove siete spariti per tutto il pomeriggio?" chiese Liam, spegnendo la televisione e alzandosi dal divano. "In giro." rispose Harry, mentre ci dirigevano in cucina.

"Giusto in tempo." sorrise Lauren, posando il cibo in tavola. Le ragazze erano già sedute, mentre Christopher non era ancora tornato. Mi sedetti fra Harry e Ruth e portai automaticamente entrambe le mani sotto il tavolo. 

Avrei potuto abbassare la manica e nasconderlo. Ma sinceramente a cosa mi avrebbe portato? Tanto prima ho poi l'avrebbe visto, perché ritardare l'inevitabile?

L'uomo vestito da un completo elegante entrò poco dopo dalla porta sul retro e ci rivolse un sorriso caldo, prima di baciare sua moglie e sedersi di fronte a me.

"Sono distrutto." sospirò. Potevo leggere la stanchezza nei suoi occhi, ma comunque continuava a sorriderci. 

"Com'è andata la vostra giornata?" chiese poi, iniziando a mangiare. “Piuttosto bene, sono riuscito ad evitare l’interrogazione di storia.” sorrise fiero Liam.

La domanda venne rivolta anche a Ruth e Nicola e mentre le ragazze raccontavano gli eventi che avevano caratterizzato la loro giornata, la mia ansia accresceva.

Cominciavo a dubitare della mia decisione di esporre il tatuaggio e quasi abbassai la manica.  Ma prima di poterlo fare, con una mossa azzardata, mi obbligai sollevare la mano da sotto il tavolo.

Nel momento esatto in cui alzai il braccio, gli occhi di Christopher si posarono su di me. "Ti sei fatta male?" chiese corrugando la fronte, interrompendo Ruth.

All'improvviso ebbi gli occhi di tutti puntati addosso e la sicurezza con cui avevo deciso di affrontare la situazione, si dissolse in un istante. "No, io.." iniziai, incerta su come terminare la frase.

"Ashley, non è quello che penso. Vero?" chiese, interrompendomi. Non poteva averlo già capito. Ma d'altronde, cos’altro doveva aspettarsi da una come me?

Dovevo aspettarmelo che avrebbe immediatamente intuito quello che avevo fatto. Quando non risposi la tensione si alzò ai massimi livelli e nessuno si mosse o disse niente.

"Togli la benda." ordinò. Era normale che volesse che la togliessi, ma allora perchè avevo sperato che non me lo chiedesse?

"Io.." iniziai, per essere nuovamente interrotta. "Ho detto che devi toglierla, adesso." istruì con tono tagliente.

Sospirai e feci come mi era stato detto. Non ero mai stata brava ad obbedire, ma Christopher si era in qualche modo guadagnato il mio rispetto e inoltre ero pienamente cosciente di essere colpevole.

Liam risucchiò un sospiro non appena vide il mio polso, il resto dei presenti rimase in religioso silenzio.

Christopher osservò rapito il disegno per una manciata di secondi. Sicuramente l'ultima cosa che si aspettava di vedere, era il nome della sua ex moglie.

Ma improvvisamente la sua mano entrò in collisione con il tavolo, facendomi sobbalzare. "Ti avevo avvertita sulle regole di questa casa!" urlò. 

Distolsi lo sguardo dai suoi occhi infuriati. Aveva ragione, non avevo modo di difendermi. "Ho cercato di essere comprensivo e di venirti incontro. Cos'altro devo fare con te?" chiese sfinito.

In quel momento mi resi conto di quanto mi fossi approfittata di lui, di quanto avessi tirato la corda. Mi aveva dato un dito, ed io mi ero presa un braccio.

"Chi diavolo te l'ha fatto senza il mio permesso?" chiese ancora, sempre più infuriato. Vidi Harry schiudere le labbra, così portai automaticamente la mano sulla sua gamba e gliela strinsi.

Era evidentemente più forte di lui, doveva sempre correre in soccorso alle persone che lo circondavano. Stranamente lo apprezzavo, ma questo era un mio problema, non volevo che venisse coinvolto. 

Mi guardò accigliato e poi sospirò, richiudendo la bocca. "Qui non siamo in California, mettitelo in testa, Ashley." aggiunse Christopher, iniziando a gesticolare. "Lo so." mormorai.

"No, a quanto pare non lo sai." disse, indicando il mio nuovo tatuaggio. "Possibile che.." iniziò. "Papà." insorse Liam, alzandosi improvvisamente. 

"No, non difenderla." lo avvertì Christopher. "Ascoltami, non.." iniziò, per poi essere interrotto. "Le regole sono uguali per tutti sotto questo tetto e lei non le ha rispettate, quindi.." iniziò, ma Liam si alzò la maglietta.

"Neanche io." disse con decisione e scostò leggermente il tessuto dei jeans, per mostrare il suo tatuaggio. Alla vista di quel gesto sentii scomparire il pavimento sotto i miei piedi, se non fossi stata seduta, sarei caduta a terra.

Non potevo credere a quello che aveva appena fatto per alleviare la gravità della mia bravata. Gli occhi di Christopher rischiarono di uscirgli dalle orbita e li puntò immediatamente su di me. 

"Sei riuscita a trascinare anche Liam." disse incredulo. Inizialmente mi sentii offesa da quell'accusa, ma dovetti presto ammettere che era più che fondata.

"No." si affrettò a dire Liam "Sono stato io il primo a farlo." spiegò. Gli occhi di Christopher rimbalzarono freneticamente da me a Liam. 

Dopo di che si alzò, lasciando cadere le posate sul piatto, le quali causarono un rumore assordante. Un minuto dopo aveva abbandonato la stanza.

 

Lasciai che l'acqua calda sciogliesse i miei muscoli tesi ed impiegai più del dovuto per fare una semplice doccia.

Odiavo la nuova sensazione che avevo iniziato a provare da quando mi ero trasferita. Senso di colpa. Avevo deciso di etichettarla così.

Avevo meditato tutta la sera su come mi sarei dovuta comportare nei confronti di Christopher. Liam, che lo conosceva decisamente meglio di me, aveva consigliato di lasciare che sbollisse la rabbia.

Io, al contrario, avevo proposto di inginocchiarmi e pregarlo per ottenere il suo perdono. Quanto ero diventata patetica? L'Inghilterra aveva avuto un effetto negativo su di me.

Ma non avevo più voglia di nascondermi dietro ad una maschera e i muri che mi ero costruita attorno, stavano lentamente cedendo.

Ed io stavo semplicemente lasciando che accadesse, poiché mi ero resa conto di una cosa. Non dovevo temere che loro mi ferissero. Ero io a ferire loro.

Nel momento in cui chiusi l'acqua, la porta si aprì. "Ruth?" la chiamai, chiedendomi per quale dannato motivo fosse entrata senza bussare. "No, sono io." 

"Stai scherzando?" chiesi accigliata, assicurandomi che la tenda che divideva il mio corpo nudo dal suo, non fosse trasparente. Harry aveva iniziato a prendersi troppe confidenze.

"Scusa, devo solo lavarmi i denti." rispose noncurante, aprendo l'acqua del rubinetto. "Esci immediatamente da questo bagno." gli ordinai, ottenendo in cambio una risatina.

Quando la tenda venne spostata dalla sua mano, per poco non sbiancai. Ripresi a respirare solo quando notai che aveva inserito solamente il suo braccio e in mano teneva un asciugamano.

”Rilassati, non sbircio." scherzò, prima che glielo togliessi di mano. Perché era di buon umore di prima mattina? Non c'era niente da ridere, soprattutto dopo la discussione della sera precedente.

Avvolsi l'asciugamano attorno al corpo ed aprii la tenda. Ero cosciente del fatto che mi coprisse a malapena fino a metà coscia.

Così com'ero cosciente del fatto che Harry non si aspettava minimante che sarei uscita dalla doccia con lui in bagno. Per questo lo feci.

Le sue guance si tinsero di rosso e il movimento circolare che stava facendo fare al suo spazzolino si interruppe.

"Be'?" chiesi, affiancandolo di fronte al lavandino. Presi il mio spazzolino e lo imitai, mentre lui riprese a lavare i denti senza fiatare. Quando ebbe finito, poggiò la schiena contro porta e prese a guardarmi.

"Ho parlato con Christopher." disse, rompendo il silenzio. Riposi il mio spazzolino e lo guardai accigliata. "Perché l'hai fatto?" chiesi seccata.

Questo era un lato di lui che non riuscivo proprio a sopportare. Era un tale ficcanaso.

"Perché sono stato io a portarti da Cameron e.." iniziò, ma io alzai una mano e lo interruppi. "Non dire stronzate. Sai bene che lo avrei fatto anche senza di te." dissi.

Sospirò, in un chiaro tentativo di mantenere la calma e sopportare il mio tono acido. "Lo so benissimo, Ashley. Cercavo solo di essere d'aiuto." controbatté.

"Come? Prendendoti la colpa?" chiesi accigliata. "Ho quasi diciotto anni, so prendermi le mie responsabilità." dissi, stufa di essere trattata da lui come una ragazzina bisognosa di aiuto.

Vidi la sua calma vacillare e i suoi occhi chiudersi in fessure sottili. Lo stavo facendo arrabbiare. "Almeno ci sei riuscito?" chiesi sospirando. "A fare cosa?" chiese confuso. 

"Ad essere d'aiuto." risposi, alzando gli occhi al cielo. I suoi invece tornarono ad essere luminosi e schiuse le labbra in un sorriso. In qualche modo la visione delle sue fossette mi sollevò.

"Certo, avevi dubbi?" chiese, con un sorriso furbo stampato in pieno viso. "Non è più arrabbiato?" chiesi speranzosa. "È furioso, in realtà." rispose ridendo.

"E questo lo chiami essere d'aiuto?" chiesi perplessa. "Tu pensa a metterti qualcosa addosso, al resto ci penso io." disse, aprendo la porta.

Alzai gli occhi al cielo e lui mi rivolse un sorriso, prima di uscire e lasciarmi finalmente da sola.

 

"Cosa mi sono perso?" chiese Louis sorpreso, puntando il suo sguardo dritto sul mio polso. Chiusi il mio armadietto e poggiai la schiena su di esso.

"Non molto in realtà." risposi, alzando le spalle. "Ti ha portata da Cameron, mh?" chiese divertito.  Non mi domandai neanche come facesse a saperlo e mi limitai ad annuire.

"Ti sta domando." rise, mentre si incamminava per la mensa. Mi incupii, non ero d'accordo con la sua affermazione. Non era stato lui a portarmi da Cameron, ero io che gli avevo dato il permesso di farlo.

"Posso chiederti chi è?" chiese, mentre apriva per me la porta della mensa. "Chi?" chiesi, ma ovviamente si riferiva alla persona alla quale avevo dedicato il tatuaggio. "Oh, mia madre." risposi allora.

Mi sorrise e raggiunse il nostro solito tavolo. Katy era già seduta e Louis l'affiancò poco dopo. “"Temo che uno di questi giorni dovrò staccargli gli occhi." mormorò seccato, qualche minuto dopo.

Capii che si riferiva ad Harry solo quando mi voltai e incontrai il suo sguardo. "Rilassati, non credo stia guardando noi." disse Katy, rivolgendo invece il suo sguardo a me.

"Ho visto che ultimamente tornate spesso insieme." La sua voce suonò come un'accusa. "C'è qualcosa che non sappiamo?" chiese, con un sorrisetto compiaciuto stampato in pieno viso.

Come se lei sapesse qualcosa della mia vita ed io passassi le mie giornate a raccontargli i fatti miei.

"Ci sono un sacco di cose che non sapete." controbattei tranquillamente, per poi prendere un sorso dal mio bicchiere d'acqua.

"Lo stesso vale per te." sorrise, prima di imitare il mio gesto. Il suo tentativo di incuriosirmi fallì completamente e Louis finse una tosse per rompere la tensione che minacciava di salire.

"Avete smesso di battibeccare?" mi chiese poi con tono leggero, riferendosi ad Harry. "No." risposi. E probabilmente non avremmo mai smesso.

Avevamo due caratteri completamente diversi e contrastanti. Ciò che faceva lui, infastidiva me e ciò che facevo io, infastidiva lui. 

"Però.." iniziò. Ero irritata da tutte quelle domande, anche se era Louis a farmele. Non mi piaceva raccontare i fatti miei o dover dare spiegazioni.  Ma se questo li avrebbe messi entrambi a tacere, l'avrei fatto.

"Sua madre è in viaggio di nozze e lui resta da noi per la settimana." spiegai seccata. “Sono stata invitata anche io al matrimonio, Anne era pazza di me quando stavo con Harry." si vantò Katy con voce cantilenante.

E con questo? Anche io sembravo starle simpatica. Dovevamo forse fare a gara a chi le andava più a genio? Perché mi importava? Non dovevo abbassarmi al suo livello.

"Ma sai, ho pensato che non fosse il caso." disse, come se la cosa mi interessasse. "Quando.." iniziò, ma io la interruppi. "Scusate, mi sta suonando il cellulare." mentii, portandolo all'orecchio e uscendo dalla mensa.

Se non fosse stata la ragazza di Louis l'avrei già mandata a quel paese, questo è certo. Una volta fuori, decisi di chiamare davvero Zayn. Così composi il suo numero e inviai la chiamata.

 

Harry 

Quando tornai a casa ero da solo, poiché Liam ed Ashley finivano le lezioni un'ora più tardi rispetto a me.

Così decisi di approfittare della presenza di Christopher e andai a bussare alla porta del suo studio. Quando mi diede il permesso di entrare, lo feci.

Lo trovai con la testa china su alcuni documenti, ma quando mi sedetti di fronte a lui, alzò lo sguardo. "Harry." mi salutò sorridente. "Non pensavo fossi a casa." dissi, dato che solitamente a quell'ora era a lavoro.

"Dovevo cercare delle vecchie fatture." mi spiegò. "Hai bisogno di qualcosa?" mi chiese "Si, di parlare." risposi. "Se hai tempo." aggiunsi educatamente.

A volte dimenticavo che era il padre del mio miglior amico o il mio vicino di casa. Lo avevo sempre visto come un amico, come una persona con cui poter parlare e confidarmi.

"È successo qualcosa?" chiese preoccupato, lasciando andare le scartoffie che teneva fra le mani.

"No." mi affrettai a rispondere. "Volevo solo parlare di Ashley." aggiunsi e le mie parole procurarono un repentino cambiamento di espressione da parte sua.

"Harry.." iniziò, con l'aria di uno che non ha la minima intenzione di affrontare la conversazione. "No, ascoltami Christopher." lo interruppi, cercando di mantenere comunque un tono gentile e pacato. 

"Sai che ti ascolto sempre volentieri, ti ho ascoltato anche questa mattina. E ti ho già detto che non credo che spetti a te parlarne." disse. Aveva ragione, ma quando mai io mi facevo i fatti miei?

"Lo so perfettamente, ma devo lo stesso." insistetti. "Perché?" chiese confuso, attaccando le spalle allo schienale della poltrona in pelle.

"Perché c'è qualcosa in lei." dissi immediatamente. Lo pensavo davvero, ma allo stesso tempo non sapevo neanche di cosa stessi parlando. "Lo so." rispose e io lo ringraziai mentalmente per non avermi preso per pazzo.

"È una ragazza difficile, ma lo è per un motivo." dissi. "Non si tratta solo dell'adozione." mormorai convinto. C'era qualcosa sotto, ma non mi aspettavo che lei me ne parlasse tanto facilmente.

"Ha sbagliato, sbaglia continuamente." continuai. "Ma sta facendo dei passi avanti, io lo vedo." aggiunsi. "Non vale se poi ne fa cento indietro." sospirò Christopher.

"È solo un tatuaggio." sbottai e lui corrugò la fronte. "So che è una cosa piuttosto importante, ma lei non si fa tanti problemi." chiarii ciò che intendevo dire.

"Ma io si, Harry. E sono io quello che conta." disse, indicandosi. "Ovviamente." concordai. "Ma è il nome di sua madre." borbottai.

"È comunque un tatuaggio." controbatté. Sospirai. Aveva ragione ed io non avevo idea di come tirarla fuori da questo casino.

"Sai cosa mi fa più arrabbiare?" chiese improvvisamente. Rispose prima che io potessi chiedere a cosa si stesse riferendo. 

"Che se me lo avesse chiesto, se me lo avessero chiesto entrambi." iniziò. "Io glielo avrei lasciato fare." mormorò, sorprendendomi.

Quando notò la mia espressione confusa, riprese a parlare. "Il modo in cui la sentono vicina, anche se non l'hanno conosciuta.." mormorò scuotendo la testa. "Non lo so." sospirò poi.

Potevo immaginare quello che cercava di spiegarmi, quindi annuii. "Ti prometto che se la perdoni, le impedirò di fare altre stronzate." lo pregai, facendolo ridere.

Poi scosse la testa. "Ci ho provato anche io con Rebecca." mi informò. "E quando pensavo di aver finalmente il controllo su di lei, se n'è andata di casa." mormorò.

Distolsi lo sguardo dai suoi occhi, il suo sguardo era troppo intenso, troppo ferito.

"Io non voglio controllarla." chiarii. "Voglio solo.." iniziai.  Cosa volevo? E soprattutto, perché lo volevo? "Non lo so, ma lasciamelo fare." sospirai infine.

Si prese una manciata di minuti per riflettere e poi sospirò. "Te ne sarei grato se riuscissi a tirar fuori la vera Ashley." disse, facendomi sorridere.

Non ero l'unico ad essermi accorto che quella che avevano conosciuto, era un Ashley con una maschera. 

E lei stessa lo aveva ammesso durante il primo, e unico, cuore a cuore che avevamo avuto, settimane prima. Anche se in realtà io l'avevo solo ascoltata quel giorno.

"L'avrai." gli promisi, prima di alzarmi dalla sedia.

 

 

Buonasera ragazze,

penso che in molte vi chiederete quando cavolo succede qualcosa di più interessante, vero? Presto, promesso.

Mi sono quasi pentita di aver scelto una trama che la tiri così tanto per le lunghe, perchè ho paura di annoiarvi.

Anche per questo cerco di aggiornare un giorno si e uno no, per non farvi perdere l’interesse nella storia.

A parte questo, ho una cosa da chiedervi. Conoscete Wattpad? Come questo, è un sito in cui vengono pubblicate delle storie.

E a me è venuta in mente un’idea. Pensavo di riscrivere Starlight. (Per chi non lo sapesse, è la mia precedente storia.)

Mi spiego meglio, per riscrivere, intendo solo correggere alcuni errori, migliorare alcuni capitoli e FORSE, aggiungerne altri.

Tutto questo solo se c’è qualcuno disposto a leggere, quindi dipende da voi e da quello che mi direte nelle recensioni. Quindi fatemi sapere cosa ne pensate :)

Grazie ancora una volta e alla prossima,

Michi x


 

 

P.s: Un’altra cosa, se questo capitolo raggiunge velocemente un po’ di recensioni, pubblico il trentaduesimo, dato che ce l’ho già pronto, che credo vi piacerà.


Capitolo 31..png

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Capitolo 32
*** The demons from your past. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
Capitolo 32..png
Leggete l'angolo autrice e rispondetemi per favore, grazie se lo fate :)

The demons from your past.

 

“Before I fall too fast,
kiss me quick but make it last.”

 

Ashley 

"Perché non mi hai risposto?" chiesi preoccupata, non appena accettai la chiamata di Zayn.

La mattina lo avevo chiamato più volte senza mai ottenere risposta e la stessa cosa era successa durante tutto il pomeriggio.

La mia preoccupazione era salita ai massimi livelli. Non era come quando stavamo ad un paio di isolati di distanza, che potevo semplicemente uscire di casa e andare a vedere cosa stesse combinando.

Era lontano oltreoceano e se gli capitava qualcosa, io non potevo saperlo. Questo mi rendeva a dir poco apprensiva.

“Avevo dimenticato di togliere il silenzioso.” rispose e dal tono che usò capii che stava mentendo. Era il mio miglior amico dopo tutto, lo conoscevo meglio di chiunque altro.

Mi chiesi se era il caso di indagare o di lasciar perdere, ma ovviamente la preoccupazione ebbe la meglio. “Tutto bene?” chiesi, restando inizialmente vaga. Un colpo di tosse. “Si, certo.” Si schiarì la voce.

Salii i gradini che mi dividevano dal portone ed estrassi le chiavi di casa dalla tasca dei miei jeans.

Era ormai sera e se non avessero lasciato la luce fuori accesa, non avrei mai trovato la serratura con tanta facilità.

“Facciamo così.” iniziai, mentre tentavo di togliere il cappotto senza far cadere il cellulare, chiuso fra la spalla e l’orecchio.

“Mi richiami quando non hai intenzione di riempirmi di stronzate, va bene?” chiesi retoricamente, facendolo sospirare.

Liam, il quale era seduto sul divano, mi vide e schiuse le labbra per dirmi qualcosa, ma non appena vide che ero al telefono, le richiuse.

Gli feci segno con la mano di aspettare e salii le scale fino al terzo piano, dove raggiunsi la mia stanza.

“Sono solo..” iniziò, prima che io lo interrompessi bruscamente. “Stanco? Non abbocco Zayn, non sono tanto stupida.” dissi seccata.

Perchè doveva mentirmi? Era già abbastanza frustrante il fatto che fosse dall’altra parte dell’oceano e che io non potessi vedere di persona cosa gli accedesse.

“Davvero, niente che valga la pena di essere raccontato.” insistette. Mi morsi l’interno della guancia per non prenderlo a parole e decisi di terminare lì la telefonata.

“Va bene.” dissi, con un tono che gli fece improvvisamente cambiare idea. “Si tratta di Dean, ok? Io non volevo dirtelo perchè..” iniziò.

Quando pronunciò il suo nome, ebbi una stretta allo stomaco. Non capii se era preoccupazione nei suoi confronti o nei miei.

“Che ha fatto?” chiesi. “E non provare a portarmi fuori strada.” aggiunsi, prima che cercasse di sviare il discorso. Sospirò. “Ha scoperto che te ne sei andata ed ha dato di matto.” sussurrò. “Che intendi?” chiesi confusa.

Non gli era mai importato veramente di me, per quale motivo trovava anche solo rilevante il fatto che fossi partita?

“Non sa dove sei e vuole scoprirlo. E’ anche stato a casa tua, ma Brandon non glielo ha detto. Non gli è mai piaciuto.” rispose.

Immagini della mia vecchia casa, di Rachel e di Brandon, invasero improvvisamente la mia mente, ma feci anche presto a scacciarle.

Aveva ragione Zayn, Brandon non aveva mai visto di buon occhio Dean. Mi aveva anche proibito di vederlo, ma io ovviamente non gli avevo dato ascolto. Forse era meglio se lo avevo fatto.

“Cosa vuole da me?” chiesi, la voce leggermente tremante. Mi pentii di essermi fatta sentire preoccupata, Zayn si sarebbe sentito in colpa e si sarebbe maledetto di avermene parlato.

“Non lo so, credo solo che fosse troppo abituato a possederti e averti a portata di mano.” dissi, facendomi rabbrividire.

“Non devi preoccuparti, Ash. Le uniche persone che sanno dove sei, non parleranno mai.” mi assicurò e sapevo che aveva ragione.  Ma stavamo parlando di Dean. Otteneva sempre quello che voleva.

“E’ ora di cena, non ti unisci alla tua famiglia?” chiese, cambiando improvvisamente argomento e tono.

“Si, adesso vado.” mormorai, ancora leggermente pensierosa. “Veglio su di te anche da qua, ricordatelo sempre.” disse.

Avrei voluto credergli, ma purtroppo non potevo. Era già successo che avessi avuto bisogno di lui, ma che non avesse risposto al cellulare.

La sua promessa era fisicamente impossibile da realizzare, ma sapevo che faceva il possibile per mantenerla.

“Ti voglio bene, Zay. Mi manchi.” mormorai, colta improvvisamente dalla nostalgia dei suoi abbracci e dalla sicurezza che questi mi trasmettevano.

Avrei dato di tutto in quel momento per poterlo stringerle a me, anche per pochi secondi. “Anche tu manchi a me.” rispose, prima di terminare la chiamata.

Restai seduta sul mio letto per quelli che sembrarono minuti interminabili. Ero ancora scossa per la notizia che mi aveva dato Zayn.

Non capivo per quale motivo Dean avesse interesse di sapere dov’ero. Ma forse era così, rivendicava solamente il possesso che credeva di avere su di me.

Ogni volta che pensavo a lui non potevo fare a meno di sentirmi una stupida. Una povera stupida innamorata di un manipolatore che l’aveva rovinata.

Quando qualcuno bussò alla mia porta, sobbalzai e dovetti scuotere la testa per ritornare alla realtà. Diedi il permesso di aprirla e il volto di Harry si affacciò nella stanza qualche secondo dopo.

“Ehi.” disse, quasi confuso. Dalla sua espressione capii che era evidente che fossi turbata, così mi sforzai di apparire indifferente.

“Dimmi.” dissi e la mia voce risultò chiara come avevo sperato. “Tutto bene?” chiese, ed io annuii in risposta. “Volevo solo dirti che la cena è pronta.” disse. 

Avevo veramente voglia di sedermi attorno a quella tavola numerosa? No. Soprattutto perchè a quanto ne sapevo io, Christopher era ancora furioso con me.

“Stasera non sono in vena della pessima cucina di Lauren.” mi sforzai di sorridere per far suonare la frase ironica. “E comunque non ho molta fame, penso che andrò a dormire.” aggiunsi.

I suoi occhi mi scrutarono attentamente ed io feci di tutto per non far cadere la facciata che mi ero costruita.

“Va bene.” disse, sorprendendomi. “Se ti dovesse venire fame, scendi.” aggiunse. Sforzai un sorriso prima che chiudesse la porta e poi mi alzai per mettere il pigiama.

 

Mi rigirai nel letto così tante volte che ne persi il conto. Mi alzai anche a chiudere la finestra, perchè stupidamente ipotizzai che sarebbe potuto entrare da lì.

Forse era meglio se per una volta davo ascolto a Zayn e non insistevo per sapere cosa nascondesse.

Erano mesi che non lo pensavo, perlomeno non frequentemente come prima. Ma adesso ero diventata improvvisamente paranoica e non riuscivo a togliermelo dalla testa.

Sapevo che se avesse cercato di tornare nella mia vita io glielo avrei lasciato fare. 

Mi aveva resa forte, è vero, ma non quando si trattava di lui. Quando si trattava di Dean non vedevo la differenza tra giusto e sbagliato. O meglio, facevo finta di non vederla.

Ero un’anima fedele al suo creatore. Ero quella che ero perchè lui mi aveva voluta così.

Provai a sopprimere quei pensieri e qualche minuto dopo riuscii a prendere sonno.

 

Harry

Mi svegliai di soprassalto quando le urla provenienti dal corridoio, raggiunsero la mia camera. Non riuscii neanche ad aprire entrambi gli occhi, che ero già in piedi.

Seguii la sua voce e quando aprii la porta della sua stanza, raggiunsi velocemente il suo letto. Il sollievo di vederla e di capire che stava solamente avendo un incubo, mi fece quasi mancare il respiro.

Nei pochi secondi che avevo impiegato ad attraversare il corridoio avevo preso in considerazione le peggiori ipotesi.

Salii sul suo letto ed ignorando il fatto che odiasse essere toccata, portai le mie mani sulle sue spalle.  Non capii cosa stesse dicendo, erano urla miste a parole biascicate che non riuscii a comprendere.

Ad illuminarle il volto c’era solo la flebile luce proveniente dal lampione situato sulla strada, ma quando spalancò gli occhi il terrore era chiaro nel suo sguardo.

Tremò sotto il mio tocco, ma non si divincolò. “Sono io, sono solo io.” la rassicurai, cercando di parlare sotto voce.

In quel momento fece l’unica cosa che non mi sarei mai aspettato. Si liberò dalla mia presa ed avvolse entrambe le braccia attorno al mio collo.

Per un momento rimasi immobile, totalmente spiazzato dal quel gesto.  Ero convinto che sarei morto senza mai averla veramente toccata e adesso mi stava abbracciando, talmente forte che non distinguevo il suo corpo dal mio.

Portai le mie braccia attorno alla sua schiena e mi curai di imprimere ogni dettaglio di quel momento, che sapevo sarebbe presto finito.

Non ho parole per descrivere la sensazione che provai ad avere il suo viso sulla mia spalla, il suo respiro irregolare contro il mio collo e il suo petto schiacciato contro il mio.

Ma soprattutto, non riuscivo a capacitarmi del fatto che avesse trovato conforto in me.

Restammo abbracciati per quelli che sembrarono minuti interminabili ed io ne approfittai per carezzarle i capelli e la schiena. 

Si abbandonò al mio tocco e piano, piano il suo respiro tornò regolare. “Era solo un incubo.” mormorai. “Va tutto bene.” aggiunsi, sperando di rassicurarla.

Quando le sue braccia lasciarono il mio corpo, mi sentii improvvisamente vuoto e dovetti resistere alla tentazione di attirarla nuovamente a me.

Si abbassò e riportò la testa sul suo cuscino, chiuse gli occhi e si strofinò la fronte sudata.

Mi chiesi che cosa avrei dovuto fare. Chiederle se avesse bisogno di qualcosa? Andarmene? Indagare sull’incubo che aveva appena avuto?

Quando mi spostai, aprì immediatamente gli occhi ed io mi sedetti al suo fianco, in attesa che mi dicesse qualcosa.

E lo fece. “Resta.” disse, con un filo di voce. “Per favore.” aggiunse. Il mio cuore si strinse di fronte a quell’Ashley impaurita ed indifesa.

Mi chiesi se fosse lei la vera Ashley, quella che si nascondeva dietro l’indifferenza e l’odio per il mondo interno.

Annuii alla sua richiesta del tutto inaspettata, ma sicuramente gradita e mi stesi al suo fianco.

 

Quando aprii gli occhi, la luce che filtrava dalla finestra era ancora debole.

Ruotai la testa in cerca della sveglia e quando la trovai, vidi che segnava le cinque e mezza del mattino.

Sbadigliai e mi voltai verso destra. Dove, tra il mio corpo e quello di Ashley, trovai un cuscino. Sorrisi divertito, sapevo che lo aveva messo lì di proposito. 

Dovevo immaginarlo che sarebbe tornata presto la solita ragazza cinica e indisponente.

La flebile luce illuminava le pareti, tanto abbastanza da rendere pienamente visibili i disegni che io stesso avevo appeso.

Nonostante la sua iniziale sfuriata, ero felice di averlo fatto. Lo aveva ammesso lei stessa che le piacevano.

Il fatto era che non voleva che gli altri li vedessero. Forse perché non si rendeva conto delle doti che possedeva.

Il mio sguardo cadde sul mio disegno preferito. Era una bocca carnosa, dalle labbra leggermente schiuse.

Un domanda si era fatta spazio nella mia mente dalla prima volta che lo avevo visto, ma non avevo mai avuto il coraggio di chiederglielo.

La somiglianza era impressionante, ma non volevo imbarazzarla o mettermi in ridicolo sparando una cavolata. Eppure, quelle labbra, sembravano le mie. 

Quando mi voltai verso di lei, aveva gli occhi aperti, puntati contro il soffitto. "Come stai?" le chiesi. Impiegò qualche minuto per rispondere, arrivai a chiedermi se mi avesse sentito.

"Dimentica quello che hai visto e sentito. Mi dispiace di averti chiesto di restare qui." disse, con un tono incredibilmente distaccato.

Provai a ricordare la sua voce pregarmi di dormire con lei, ma era un ricordo già lontano e probabilmente non l'avrei più sentita.

“A me no.” risposi sinceramente. Ruotò la testa verso di me ed incrociò il mio sguardo. “Perchè?” chiese poi, corrugando la fronte.

Già, perchè Harry? Perchè tutti continuano a chiedertelo, ma tu non trovi ancora una risposta?

“Ti sembra così strano che io voglia stare con te?” chiesi. Ashley riportò il suo sguardo sul soffitto e poi arricciò le labbra in una smorfia.

“A me sembra più un suicidio sociale.” rispose, facendomi ridere. La verità era che non aveva tutti i torti.

Quale idiota, a parte me, aveva voglia di passare il suo tempo con una ragazza bisbetica sempre pronta ad insultarlo?

“Vuoi parlarne?” chiesi, già sapendo che non avrebbe fato fatica a capire a cosa mi stessi riferendo.

Attesi in silenzio, sperando in una risposta positiva. Mi uccideva non sapere cosa le passasse per la testa. “No.” disse, ovviamente. Sospirai rassegnato.

Avevo tante domande da farle, ma sapevo che non avrebbe risposto a nessuna di esse. Perchè mi aveva abbracciato? Perchè mi aveva chiesto di restare con lei?

La guardai non appena avvertii uno spostamento, si stava alzando. Prese il cellulare dal comodino e si diresse verso la porta.

Ma si fermò a metà strada, subito dopo aver letto qualcosa, forse un messaggio.

“Ashley?” la chiama confuso. Lei alzò il volto, ma non per guardare me. Puntò lo sguardo fuori dalla grande finestra e prese a scrutare ogni angolo con gli occhi sbarrati.

Sentii il suo terrore fin sotto la pelle e mi chiesi cosa diavolo le stesse succedendo.

Il cellulare le vibrò nuovamente fra le mani. Il tempo di sbloccarlo e di leggere il nuovo messaggio, poi lo lasciò cadere a terra.

A quel punto non riuscii più a stare a guardare, stava accadendo qualcosa che la spaventava, e me ne avrebbe parlato.

Quando vide che avevo intenzione di abbassarmi a raccoglierle il cellulare, si affrettò a farlo per prima e poi si voltò verso la porta.

Non mi importava se non volesse essere toccata, prima che riuscisse ad uscire le afferrai il polso e richiusi la porta.

“Che sta succedendo?” chiesi duramente, aspettandomi che mi liquidasse con un fatti gli affari tuoi.

Ma ogni traccia del suo solito temperamento svanì e quando mi chiese di non toccarla, lo fece con voce tremante.

Abbassai la mia mano e mi sentii quasi in colpa per averle afferrato il polso. Forse la mia ipotesi era vera, qualcuno l’aveva aggredita, qualcuno che adesso aveva ripreso a tormentarla.

Dovevo sapere, la testa mi sbatteva per i troppi pensieri, per la maggior parte negativi e temevo che presto sarebbe scoppiata.

“Per favore, Ashley. Dimmi cosa ti spaventa.” la pregai, mantenendo un tono di voce cauto.

Lei abbassò lo sguardo e mi sorpassò, andando a sedersi sul suo letto. Sperai che si fosse messa comoda per il racconto e la raggiunsi.

“Non posso.” sussurrò, scuotendo la testa. Mi trattenni dallo sbuffare, non poteva chiudersi in se stessa come sempre.

“Si che puoi.” la incoraggiai. “No, smettila.” sibilò, con ancora lo sguardo puntato a terra.

“Puoi fidarti di me, io non..” iniziai, prima di essere bruscamente interrotto. “Ho detto che devi smetterla!” disse, alzando improvvisamente gli occhi e il tono di voce.

Rimasi spiazzato da quel repentino cambiamento e deluso dal fatto che fosse tornata ad essere la solita di sempre.Tutta la speranza che avevo, si dissolse in un istante.

Mi alzai dal letto. “Sei hai intenzione di restare completamente da sola, stai facendo un buon lavoro.” mormorai, mentre raggiungevo la porta.

“Posso sapere per quale dannato motivo..” iniziò, prima che io mi voltassi e la interrompessi. “Sono le cinque di mattina, la pianti di gridare?” le chiesi seccato.

Lei sbuffò irritata e poi riprese a parlare. Con la stessa rabbia, ma con un tono di voce più basso.

“Voglio solo sapere perchè ti interessa tanto entrarmi nella testa.” disse. “Hai detto che hai smesso di farlo perchè sono la sorella di Liam. Allora qual’è il motivo?” chiese sfinita, come se quella domanda la tormentasse da tempo.

“Perchè..” iniziai, insicuro di come terminare la frase. Lei mi guardò impaziente ed io mi fermai un attimo a riflettere.

Dal primo momento in cui l’avevo vista, avevo provato un sentimento che mi aveva spinto a volerla conoscere, a volerla aiutare e a volerle stare vicino. Ma la spiegazione, davvero, non sapevo qual era.

“Mi sono affezionato a te, ok?” dissi con un filo di voce, traendo in fine l’unica conclusione logica. “Vedo che c’è qualcosa che ti preoccupa e sto impazzendo perchè tu vuoi tenermi fuori.” borbottai come un bambino offeso.

“Vuoi sapere perchè, Harry?” chiese, ed io annuii. “Vuoi sapere perchè sono una stronza cronica che odia tutti?” chiese ancora, alterandosi.

Corrugai la fronte, chiedendomi per quale motivo adesso stesse reagendo così.

“Avevo quasi sedici anni, ero una ragazza come tante. Solare, timida, circondata da amiche, rispettosa nei confronti della mia famiglia.” iniziò, senza accennare a calmarsi.

Si stava finalmente aprendo con me, mi avrebbe raccontato la sua storia ed io l’avrei ascoltata. 

Nella mia mente provai ad immaginare un Ashley sempre sorridente e gentile, ma ci riuscii a malapena.

“Ma ero anche insicura e molto ingenua. Fu in quel periodo che lo conobbi.” aggiunse con una smorfia. Ed io supposi che stesse parlando dell’ipotetico aggressore che avevo immaginato.

“Aveva qualche anno in più di me, ed io mi sentii onorata di ricevere le sue attenzioni.” disse, schiudendo le labbra in un sorriso privo di gioia. 

Da come parlava potevo capire che si sentiva una stupida ed io avevo sempre più paura di continuare ad ascoltarla.

“Mi riempì la testa di stronzate. Mi portò a credere che i sentimenti mi rendevano debole, mi impose di non essere timida, di non essere insicura e mi rese talmente cinica da risultare insensibile.” spiegò con disprezzo.

Corrugai la fronte davanti a quelle informazioni e mi chiesi come una persona posse fare una cosa simile ad una ragazzina.

Iniziai a comprendere i suoi modi di fare rudi e scortesi e cominciai a percepire la rabbia salire sempre di più nei confronti di questa figura.

“Mi portò sulla cattiva strada. Tanto che nessuno volle più avere niente a che fare con me e mi esclusero. Iniziai a mancare di rispetto anche ai miei.. a Rachel e Brandon.” si corresse.

Sentii chiaramente il mio cuore rimpicciolirsi. Non solo aveva dovuto affrontare tutto quello, aveva anche dovuto scoprire che era stata adottata, che sua madre era morta e che suo padre non sapeva della sua esistenza.

Ogni sua parola mi faceva sentire sempre più in colpa. Come avevo potuto essere tanto insensibile? 

Avevo pensato che fosse solamente una stronza, ma d'altronde come potevo anche solo immaginare tutto quello?

“Poi.. un giorno.” iniziò, con la voce ridotta ad un sussurro. “Disse che non ero comunque abbastanza e mi lasciò.” mormorò.

Una morsa mi attanagliò lo stomaco. Non avevo capito che stavano insieme. Non potevo credere che Ashley frequentasse una persona simile.

Avrebbe dovuto prenderne le distanze e forse oggi sarebbe stata la stessa ragazza timida e solare di un tempo.

Quasi mi arrabbiai con lei, ma in realtà, l’unica cosa che in quel momento avevo voglia di fare, era andare a cercare quel figlio di puttana e farlo pentire di essere nato.

“Io sapevo che il nostro rapporto era malato, ma lui diceva di amarmi ed io, come una povera stupida, gli credevo.” Potevo vederla maledirsi da sola.

“Mi ripeteva che la nuova Ashley era giusta, era forte. Ma quando mi lasciò, io rimasi da sola con una me stessa che non riconoscevo e non c’era più lui a dirmi che andava bene.” spiegò.

Quando rimase in silenzio, pensai che avesse finito e decisi che era arrivato il mio momento. Dovevo dirle qualcosa, qualsiasi cosa. Ma lei mi anticipò.

“Non ce l’avrei fatta a superare quel periodo se non fosse stato per Zayn. Lui mi è stato vicino ed io mi sono ripresa.” disse.

“Ma non sono più tornata la stessa.” aggiunse, portando per la prima volta i suoi occhi sui miei.

Annaspai fra i miei pensieri alla ricerca della cosa giusta da dire, ma alla fine la curiosità ebbe la meglio, e dovetti chiederglielo.

“Tu non vuoi essere toccata, perchè lui..” iniziai, incapace di terminare la frase ad alta voce.

I suoi occhi si sgranarono e la vidi affrettarsi a rispondermi. “No! Non da sobrio perlomeno..” Alle sue parole sentii una morsa allo stomaco. Non volevo crederci.

“Allora perchè?” chiesi, cercando di scacciare quelle terribili immagini dalla mia mente.

Vidi chiaramente la sua riluttanza nel rispondermi. Non voleva confessarmi quel segreto. 

Distolse lo sguardo. “Il contatto fisico è qualcosa di intimo e ho paura che se entro in confidenza con una persona, questa mi farà soffrire.” confessò, pochi minuti dopo.

Quel ragazzo l’aveva segnata a vita. Le aveva impedito di essere se stessa e di avere anche semplici rapporti di amicizia con altre persone.

“Allora perchè mi hai abbracciato stanotte?” le chiesi e quando vidi le sue labbra tendersi in due linee sottili, mi pentii di essermi spinto così oltre.

“L’ho sognato, ero spaventata.” ammise e la sua risposta mi deluse. Non so quali strane speranze avevo.

“Ti ha inviato dei messaggi?” le chiesi, posando lo sguardo sul cellulare che teneva stretto fra le mani. Annuii.

“Non sa dove sono e vuole trovarmi.” disse, facendomi finalmente comprendere il terrore che avevo letto nel suo sguardo.

“So che non ti fidi di me, ma credimi quando ti dico che gli impedirò di farti nuovamente del male.” Il mio discorso suonò quasi come una supplica. Volevo che si affidasse a me, l’avrei tenuta al sicuro.

Incrociò il mio sguardo e mi guardò in silenzio per quelli che sembrarono minuti interminabili.

Poi i suoi occhi si abbassarono lentamente sulla mia mano, poggiata sulle coperte stropicciate.

Le sue dita si mossero, con una lentezza quasi estenuante e la sua piccola mano si posò sulla mia. “Io credo.. di potermi fidare di te.” mormorò.

Avvertii chiaramente il mio cuore gonfiarsi di gioia e dovetti sforzarmi per non esplodere in un sorriso.

I suoi occhi tornarono a specchiarsi nei miei ed io non resistetti. Mi avvicinai lentamente a lei, spostando il mio sguardo sulle sue labbra.

Lei si ritrasse, ed io sapevo che lo avrebbe fatto. Il lato lucido di me, mi impose di allontanarmi, ma la voglia di baciarla mi spinse ad avvicinarmi ancora.

“Tu non puoi toccarmi.” mormorò, facendomi quasi sorridere. Lei poteva, ma io ovviamente no.

Non smisi di avvicinarmi, mentre lei smise invece di indietreggiare. “Fallo tu.” le sussurrai a fior di labbra.

“Baciami, Ashley. Permettimi di farti dimenticare di quel bastardo, baciami.”

E lei lo fece.

 

 

Buonasera belle ragazze,

se non vi è piaciuto questo capitolo, mi ritiro. E’ lungo e succedono un sacco di cose.

Tanto per cominciare, diamo il bentornato a Dean, il quale sclera perchè non sa dove si è cacciata la sua marionetta. 

Ma cosa più importante, non solo Ashley abbraccia Harry, ma gli racconta anche una parte di sé molto privata, che si era curata di tenere al segreto.

Per lei è davvero un passo molto, molto importante. Inizia a fidarsi seriamente di lui.

Tanto che.. si, insomma. Avete letto no? Già. Lo bacia. Li fate voi i fuochi di artificio, o io?

Ci sono voluti trentadue capitoli, ma ce l’abbiamo fatta!

 

IMPORTANTE:

Ho notato che giusto la metà di voi, se non meno, ha letto lo scorso spazio autrice.

Quindi ripeto la domanda: (E’ importante per me, vi prego di rispondere per favore)

Starlight è una mia vecchia storia e pensavo di restaurarla e pubblicarla su Wattpad, che è un sito che io trovo alquanto figo.

La domanda è: la leggereste? La votereste? La commentereste? Altrimenti non ne faccio di niente.

 

Un bacione a tutte, grazie per essere così affettuose nei miei confronti,

Michi x

 

 

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Trailer della storia

 

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Capitolo 33
*** Just forget the world. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
Capitolo 33..png

Just forget the world.

 

"If I lay here, If I just lay here,
Would you lie with me and just forget the world?”

 

Ashley

“So che non ti fidi di me, ma credimi quando ti dico che gli impedirò di farti nuovamente del male.” 

Restai in silenzio davanti a quelle parole tanto sentite. Era come se cercasse disperatamente di convincermi, senza sapere che non ne aveva alcun bisogno.

Continuavo a negarlo a me stessa, forse per la troppa paura di inciampare in un ennesimo sbaglio, ma mi fidavo di lui.

Mi fidavo di lui al punto di non aver filtri quando gli parlavo. Lui non ne era consapevole, ma era una delle persone a cui mi ero più aperta.

Gli avevo detto come mi sentivo riguardo all’adozione e al trasferimento, non importa se lo avevo fatto urlando, con il solo scopo di sfogarmi. Lo avevo fatto e lui adesso ne era al corrente.

Sapeva il motivo per cui ero riluttante di fronte a chi provava anche solo a sfiorarmi ed aveva visto tutti i miei disegni, vale a dire la parte più intima e pura di me.

Adesso gli avevo confessato il mio segreto più oscuro, gli avevo confessato una parte di me di cui solo Zayn era a conoscenza. Questo non era fidarsi?

Abbassai gli occhi sulla sua mano. Volevo farglielo sapere, volevo dar voce ai miei pensieri. Ma non ero mai stata brava in questo.

Portai lentamente la mia mano sulla sua e quasi rabbrividii a quel contatto. “Io credo.. di potermi fidare di te.” mormorai poi. Vidi il suo sguardo illuminarsi e gli angoli della sua bocca tendersi per trattenere un sorriso.

Quando prese ad avvicinarsi lentamente verso di me, mi feci prendere dal panico e mi ritrassi. Il suo sguardo si posò sulle mie labbra, voleva baciarmi. Glielo avrei lasciato fare?

Nonostante avessi indietreggiato, non si arrese e riprese a chiudere lo spazio che ci divideva. Questa volta non riuscii a sottrarmi.

“Tu non puoi toccarmi.” gli ricordai. Lo avevo abbracciato, gli avevo sfiorato la mano, ma ero stata io a farlo. Ero io a decidere quando avere un contatto fisico con lui.

Era l’unica cosa che mi faceva credere di avere il controllo, l’unica cosa che gli impediva di sopraffarmi come Dean aveva fatto in passato.

“Fallo tu.” sussurrò, ormai a fior di labbra. “Baciami, Ashley. Permettimi di farti dimenticare di quel bastardo, baciami.” Non appena finì la frase, scollegai la mente e premetti le mie labbra contro le sue.

La mia lingua entrò in contatto con la sua prima che potessi realmente rendermi conto di quello che stava accadendo. Ma poi la ragione ebbe la meglio su di me. Stavo baciando Harry. Perchè lo stavo facendo?

Mi ritrassi e automaticamente le sue mani corsero sulle mie guance. Inizialmente si posarono attorno al mio viso per tenermi ferma, ma una manciata di secondi dopo allentò la presa, riducendola ad una carezza.

“Non pensarci. Dimentica tutto, dimenticati del mondo che ci circonda. Adesso siamo solo io e te.” mi sussurrò a fior di labbra.

Mi stava bene? Volevo dimenticarmi di quello che mi circondava e di concentrarmi solamente su Harry?

Non ebbi il tempo di rispondermi poiché le sue labbra si posarono nuovamente sulle mie, e mantenne la promessa, mi fece dimenticare di Dean.

Fece svanire il ricordo di quei baci al sapore di alcol, tabacco e presunzione.  Le sue mani, ruvide e prepotenti, vennero sostituite da quelle morbide e gentili di Harry.

Quando si allontanò, mi specchiai nei suoi occhi verdi per quelli che sembrarono minuti interminabili.

Le sue labbra si aprirono poco dopo in un sorriso. “E’ un piacere conoscerti, Ashley.” mormorò.

 

Allungai una mano e tastai le lenzuola che scoprii essere vuote. Improvvisamente la mente si riempì di immagini. Immagini che mi fecero scattare a sedere.

Mi portai improvvisamente una mano sulle labbra e mi chiesi se fosse stato semplicemente un sogno.

Ma ricordai che l’unico sogno che avevo avuto, era stato in realtà un incubo ed era stato a causa di quello, che tutto era successo.

Ci sono passati che non ne vogliono sapere di essere chiusi nel dimenticatoio, eppure io ci avevo sperato con tutta me stessa.

L’enorme distanza che mi avrebbe sperata da Dean mi era inizialmente sembrato l’unico lato positivo del mio trasferimento.

Ma nemmeno il fatto che ci trovassimo in due continenti diversi sembrava ostacolare le sue intenzioni.

Poggiai la testa allo schienale del letto ed afferrai i lembi della coperta per attirarla a me.

Nonostante i messaggi minacciosi che avevo ricevuto solamente qualche ora prima, provavo una sensazione di pace e tranquillità che non riuscivo a spiegarmi.

Forse Harry era la luce che mi era corsa in soccorso per portare via il buio che mi faceva paura.

Magari avrebbe mantenuto la sua promessa, mi avrebbe tenuta al sicuro, lontana da lui. Gli avrebbe impedito di farmi del male, di insinuarsi nella mia testa.

A quei pensieri portai automaticamente una mano sulla fronte, con l’intenzione di sbattercela per ritornare in me.

Era questo il mio problema. La mia mente correva e si buttava ad occhi chiusi tra le braccia della prima promessa. Si illudeva e poi con la coda fra le gambe si malediceva per l’ennesimo errore.

Era da questo che io cercavo di proteggermi, esattamente da questo. Chi me lo assicurava che Harry non fosse un fottuto stronzo come il resto della popolazione umana? Nessuno.

E ormai era troppo tardi. La mia mente ed il mio cuore si erano già aperti a lui, confessandogli la parte più personale ed intima di me.

Aveva abbattuto i miei muri ed era venuto a conoscenza di ciò che nascondevo dietro ad essi. Era troppo tardi.

La porta si aprì lentamente e dai suoi passi, cauti e silenziosi, supposi che fosse ancora molto presto. La richiuse alle sue spalle e poi alzò il viso assonnato, posando i suoi occhi nei miei.

Aveva i capelli troppo incasinati, indossava una felpa troppo larga ed un sorriso troppo bello. Finse una tosse per smorzare l’imbarazzo e poi fece alcuni passi in mia direzione.

 

Harry

Non sapevo cosa dirle. Non sapevo neanche se fosse l’Ashley che avevo conosciuto quella notte, o la solita Ashley di sempre.

“Vuoi, uhm.. andare a scuola?” le chiesi, dandomi mentalmente dello stupido. Che razza di domanda era? E’ questo che chiedi ad una ragazza che prima di addormentati hai baciato? Idiota.

Lei annuì freneticamente ed uscì dal letto in meno di due secondi. Raggiunse l’armadio ed afferrò i primi vestiti che le capitarono a portata di mano.

“Vado a vestirmi.” mi informò frettolosamente, prima di uscire e lasciarmi da solo nella sua stanza. Sospirai.

Sapevo che le emozioni erano un posto in cui non andava spesso, quindi non trovai strano il fatto che avesse difficoltà a gestirle.

Inoltre non avevo idea di cosa mi sarei dovuto aspettare. Sicuramente non che mi gettasse le braccia al collo e mi abbracciasse. Anche se lo avevo ingenuamente sperato.

Quando mi decisi a scendere erano ormai le sette e tutta la famiglia era già seduta attorno alla tavola, intenta a fare colazione.

“Buongiorno dormiglione.” mi sorrise Liam, ignaro del fatto che avessi a malapena dormito un paio d’ore.

Già, Liam. Come avrebbe reagito se avesse saputo che avevo baciato sua sorella? Male, sapevo già la risposta.

Il fatto era che io avevo intenzione di continuare a farlo, sempre se lei me lo avesse permesso. Quindi dovevo parlargli.

Ricambiai il sorriso e mi sedetti al mio posto, vale a dire al suo fianco. Non appena mi ebbe vicino, Ashley si mosse nervosamente sulla sedia e mi chiesi se fosse un cattivo segno. Probabilmente lo era.

“Vuoi il cacao, Harry?” mi chiese Christopher, il quale mi sembrò di buon umore. Rifiutai gentilmente, poiché se avevo intenzione di affrontare sei ore di scuola, avrei avuto bisogno di caffè e non di latte al cioccolato.

“E tu, Ashley?” chiese. Non appena le venne rivolta la domanda, alzò sorpresa il volto. Era ancora convinta che suo padre fosse infuriato con lei. 

E in realtà lo era, ma si sforzava di non darlo a vedere per poter dare l’ennesima possibilità alla figlia. Questa volta però, non le avrei permesso di sprecarla.

Annuì e quando Christopher le passò il barattolo, ricambiò il sorriso con entusiasmo. Era chiaramente felice di aver ottenuto il suo perdono.

Il tragitto verso scuola fu silenzioso e una volta arrivati, le nostre strade si divisero per l’intera mattinata.

 

Si era pentita, ecco perchè adesso mi stava evitando. Pensai che perlomeno non mi aveva urlato in faccia, ma forse avrei preferito. Almeno mi avrebbe detto a cosa stava pensando.

Mi costrinsi a distogliere lo sguardo dal tavolo a cui era seduta, altrimenti avrei rischiato che Louis mi venisse a chiedere quale fosse il mio dannato problema. E il punto era che non avrei avuto una risposta.

O magari ce l’avevo. Il mio problema era che mi faceva infuriare l’immagine di lei seduta a fianco delle persone che più disprezzavo in quella scuola.

Avevo paura che Louis le facesse il lavaggio del cervello. Era già successo due volte che la riportasse a casa ubriaca e strafatta.

Mi chiesi se a lui avesse raccontato di Dean, ma mi convinsi che non avrebbe mai potuto farlo. Le si fidava solamente di me, giusto?

“Terra chiama Harry.” scherzò Sophie, colpendomi affettuosamente la spalla. Le sorrisi mortificato per aver infranto per l’ennesima volta la promessa che le avevo fatto.

Le dissi che non l’avrei mai messa da parte per Ashley, come invece in passato aveva fatto Zayn.

In realtà l’avevo messa da parte nel momento esatto in cui Ashley aveva messo piede a Wolverhampton e mi odiavo per questo.

Lei c’era sempre stata per me ed io mi ero improvvisamente allontanato senza neanche una spiegazione.

Avrei voluto parlargliene, lei mi avrebbe ascoltato, mi avrebbe capito e mi avrebbe consigliato la cosa giusta da fare. A patto che la ragazza in questione non fosse stata Ashley.

Quindi non potevo contare sulla mia miglior amica e neanche su Liam, visto che era suo fratello e che mi avrebbe probabilmente spaccato la faccia, nonostante il suo temperamento pacifico.

Rimaneva Niall, che nonostante non fosse un grande esperto in materia, era un buon amico.

 

Niall

Premetti le mani congelate contro la porta e una volta al sicuro dal freddo, le fregai fra di loro con l’intenzione di riscaldarle.

Harry mi aveva dato appuntamento al nostro bar abituale dicendomi che aveva una questione importante di cui parlarmi, perciò mi guardai intorno alla sua ricerca.

“Ciao. Niall, giusto?” insorse una voce al mio fianco. Quella voce. La voce che apparteneva alla ragazza dolce e solare di cui ero segretamente innamorato.

La voce di quella ragazza aveva appena pronunciato il mio nome e ogni particella del mio corpo si era paralizzata a quel suono.

Mi costrinsi a voltarmi e quando lo feci, sentii chiaramente le mie guance tingersi violentemente di rosso. Le sue labbra si schiusero in un sorriso e non potei credere al fatto che lo stesse rivolgendo proprio a me.

Aveva i capelli raccolti in una coda, acconciatura che mi permetteva di avere la piena visuale del suo bellissimo viso.

I suoi occhi struccati mi ipnotizzarono e mi resi conto che le sembravo probabilmente un’idiota, dato che ancora non avevo risposto alla sua domanda.

Presi un respiro profondo e schiusi le labbra con l’intenzione di risponderle, ma ben presto le richiusi e mi limitai ad annuire.

Il suo sorriso si ingrandì e mi chiesi se si stesse prendendo gioco di me. Ma la curva delle sua labbra era così gentile che non poteva essere un presa in giro.

Mi stava parlando perchè Ashley aveva veramente deciso di aiutarmi? Se era così dovevo assolutamente ricordarmi di ringraziare quella ragazza.

“Sembri infreddolito. Posso portarti qualcosa di caldo? Magari una cioccolata.” propose ed io quasi mi sciolsi di fronte alla sua premura.

Non mi importava se fosse costretta ad essere gentile con me per il semplice fatto che fossi un cliente, volevo credere che lo fosse per un altro motivo.

Annuii nuovamente, temendo che se avessi aperto bocca le parole sarebbero uscite a sproposito o che mi sarei strozzato con la saliva.

“Te la porto subito.” mi sorrise, facendomi tremare le ginocchia. “Se stai cercando Harry, è seduto a quel tavolo.” mi informò poi, indicandomelo.

Seguii il suo sguardo e lo trovai con il viso abbassato e gli occhi puntati sulle proprie mani, le quali si torturavano fra loro.

Non si era minimante accorto del fatto che avessi appena avuto la conversazione più importante della mia vita. 

Anche se non l’avrei proprio definita una conversazione, dato che mi ero limitato ad annuire e a trattenere il respiro.

In ogni caso, lì seduto a mordicchiarsi le unghie delle dita, c’era un ragazzo che aveva decisamente una questione importante di cui parlarmi.

 

“Amico.” gli sorrisi per smorzare la tensione, perchè era chiaro che fosse teso come una corda di violino.

Alzò il viso solamente quando colpii la sua spalla amichevolmente e seguì silenziosamente i miei movimenti fino a quando non spostai la sedia di fronte a lui per sedermici.

“Grazie per essere venuto.” disse, senza però ricambiare il mio sorriso. “Tutto bene? Sembra che non dormi da giorni.” lo presi in giro con aria divertita.

Cercai di mantenere un tono leggerlo per sollevargli il morale, ma era anche vero che non riuscivo a non essere di buon umore. 

Lei mi aveva parlato e mi aveva anche chiamato per nome. Dovevo assolutamente ringraziare Ashley, a costo di andarla a trovare a casa.

Se prima mi era sembrata una stronza con la quale non avrei mai voluto avere niente a che fare, adesso aveva la mia completa ammirazione. 

Harry si portò entrambe le mani sul viso e si stropicciò gli occhi. “In realtà non ho dormito solamente stanotte.” disse, con la voce attutita a causa delle mani che aveva ancora davanti alla bocca.

“Perchè?” chiesi, corrugando la fronte. Posò le mani sul tavolo e sospirò. Stavo iniziando a preoccuparmi. 

Se avesse ritirato fuori la storia di Katy, mi sarei alzato e lo avrei preso personalmente a sberle. Quella non meritava il suo tempo.  

“Devo parlarti di una cosa.” disse. “E’ per questo che sono qui. Spara.” lo incitai. “E’ che.. non so da dove cominciare.” mormorò. “Prova dall’inizio.” lo presi in giro, ma senza riuscire a strappargli un sorriso.

In quel momento entrò nella mia visuale la sua piccola mano, stretta attorno alla tazza fumante di cioccolata. Alzai il viso e la trovai sorridente. “Grazie.” dissi senza pensare, sorprendendo anche me.

“Di niente. Fatemi sapere se avete bisogno di altro.” disse gentilmente, prima di allontanarsi. Quando riportai il mio sguardo su Harry, i suoi occhi erano sgranati per la sorpresa. 

“Lo so. Faccio fatica a crederci anche io.” risi imbarazzato, con il cuore che mi batteva ancora forte nel petto. “Devo assolutamente ringraziare Ashley.” dissi, ricordandolo nuovamente a me stesso.

Quando pronunciai il suo nome, vidi una luce accendersi negli occhi di Harry. Si mosse nervosamente sulla sedia. “E’ di lei..” Tossì. “E’ di lei che voglio parlarti.”

Lo guardai qualche secondo prima giungere a conclusioni, che sapevo essere vere. “Oh no.” dissi allora, poggiando la schiena alla sedia.

“Non so come sia potuto succedere. Io volevo solo aiutarla per fare un favore a Liam e poi..” iniziò. “Ti piace?” chiesi, interrompendolo bruscamente.

Mi guardò in silenzio e una manciata di secondi dopo, annuì. “Ti piace Ashley, la sorella di Liam?” chiesi ancora. “Quante Ashley conosci?” chiese, innervosendosi.

“Wow.” mormorai sorpreso. Non ero certo per cosa fossi più incredulo. Se del fatto che gli piacesse una tale stronza o se gli piacesse la sorella del suo miglior amico.

“E di cosa volevi esattamente parlarmi?” chiesi, non capendo perchè lo avesse detto a me. Ero certamente suo amico, ma non vedevo come potessi essergli d’aiuto.

“L’ho baciata.” confessò, facendomi risputare nella tazza il sorso di cioccolata che avevo appena preso. “Tu hai baciato la ragazza che non vuole neanche essere sfiorata con il pensiero?” chiesi, ancora più incredulo.

“Abbassa la voce, idiota.” mi riprese, guardandosi intorno. Non avevo idea da chi non volesse essere sentito, ma abbassai comunque il tono della voce.

“Si.” rispose poi sospirando. “Wow.” dissi ancora, incapace di formare una frase di senso compiuto.

Harry ed Ashley. Ashley ed Harry. Quella era l’ultima coppia alla quale avrei pensato e non capivo quale fosse la mia opinione al riguardo.

Solo per il fatto che lei fosse la sorella di Liam, era una relazione che non poteva esistere. Ma in sua assenza, cosa avrei pensato di loro?

Ashley era una ragazza carina, ma troppo, troppo problematica. Ed Harry aveva già avuto il suo benservito da Katy.

Conoscevo il mio miglior amico, aveva bisogno di una ragazza dolce e sensibile, non di una nevrotica bisbetica come Ashley.

“Come ci sei riuscito?” chiesi, incapace di trattenere la mia curiosità. Era famosa per essere la ragazza che non poteva sopportare di essere toccata e adesso si lasciava baciare da Harry?

“Si fida di me.” rispose. Dal modo in cui pronunciò quelle parole, capii che ormai per lui era troppo tardi. Gli piaceva sul serio, gli si leggeva negli occhi. E sinceramente, lo avevo già intuito da tempo.

Ci credeva solo lui alla stronzata del mi prendo cura di lei perchè è la sorella del mio miglior amico.

“Quando hai detto che l'avresti fatta innamorare di Wolverhampton, intendevi dire che l'avresti fatta innamorare di te?" chiesi divertito. Lui alzò gli occhi al cielo, ma poi si unì alla mia risata.

Sospirai. “Certo che Ashley è una bella sfida.” dissi pensieroso. In un mondo parallelo dove Liam gli permetteva di avere una relazione, Harry avrebbe probabilmente avuto difficoltà a gestirla.

“Si.” concordò. “Lei è decisamente una sfida.” aggiunse poi, prima di sospirare. “Come si è comportata quando.. quando l’hai baciata?” chiesi, sperando che avesse compreso la mia domanda.

Non intendevo sapere i dettagli, ma semplicemente il modo in cui lei aveva reagito dopo. Ed Harry sembrò capire.

“In modo strano.” disse, prima di sbuffare. “E’ difficile stare al passo con le cinque personalità di Ashley.” aggiunse poi, facendomi sorridere. Era davvero preso.

Se non fosse stata lei la ragazza per cui si era rimesso in ballo, sarei stato felice. Perchè dopo Katy sembrava che non si volesse più riprendere.

Ma avevo paura che anche questa volta avesse fatto la scelta sbagliata. Come se attirasse a sé ragazze che lo avrebbero probabilmente ferito.

“Non so cosa aspettarmi da lei, e forse farei meglio a non aspettarmi niente. Ma devo comunque parlarne con Liam.” Dal modo in cui lo disse capii che il confronto con il miglior amico lo preoccupava.

Fin dai primi giorni Liam era stato protettivo nei confronti della sorella. Ricordavo come aveva dato il permesso ad Harry di tenerla d’occhio mentre tornavano a casa, ma anche come lo avesse avvertito di non guardarla o toccarla.

“Quindi, quello che mi chiedevo è.. potresti accennargli qualcosa tu?” chiese speranzoso, facendomi sgranare gli occhi.

“Cosa? No! Non mettermi in mezzo, io..” mi interruppi non appena vidi l’espressione che si era stampato in faccia. “Sei disonesto.” commentai la sua faccia da cucciolo bisognoso d’aiuto.

“Se non vuoi farlo per me, fallo per Ashley. Ricordati che è merito suo se oggi ai parlato con l’amore della tua vita.” mi prese in giro.

“E va bene, basta che la pianti.” lo accontentai, mentre le sue labbra si schiudevano in un enorme sorriso.

 

 

Buonasera ragazze,

innanzi tutto voglio dedicare questo capitolo a Liam, poiché oggi è il suo compleanno 

E poi voglio passare subito ai ringraziamenti, perchè mi avete lasciato un sacco di recensioni e l'ho apprezzato tantissimo.

Non so se è dovuto al fatto che Harry e Ashley si sono finalmente baciati o al fatto che vi ho fatto una domanda e quindi mi avete risposto.

Ma le recensioni sono aumentate negli ultimi due capitoli e quindi mi chiedo, perchè non continuare così? Ahahaha, davvero grazie, l’ho apprezzato molto :)

Per quanto riguarda questo capitolo, è piuttosto lungo ma non è che succeda niente di sconvolgente.. no, aspettate. 

NIALL HORAN RIESCE AD ANNUIRE A GRACE, MIRACOLO GENTE. Fategli un applauso per favore.

Un bacione a tutte,

Michi x


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Capitolo 34
*** You're a nice person. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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You're a nice person.

“I need you by my side,
don't know how I'll survive.”


 

Ashley 

Solamente quando mi affacciai alla finestra della mia stanza mi resi conto che fuori stava piovendo.

Il mondo intorno a me sembrava essersi fermato, ma a riportarmi alla realtà fu il cellulare, che vibrò per l'ennesima volta contro la superficie del mio comodino.

Una fitta mi attraverso lo stomaco e l'ansia mi accompagnò nel breve tragitto che feci per raggiungerlo. Un sospiro di sollievo lasciò le mie labbra non appena lessi il suo nome. Era Zayn.

Avevo evitato le sue chiamate per tutto il pomeriggio e adesso, nel messaggio allarmato che mi aveva appena inviato, mi chiedeva se stessi bene.

Mi costrinsi a non rispondergli, altrimenti mi avrebbe chiamato e sarei stata costretta a parlarci.

In realtà morivo dalla voglia di farlo, di sentire la sua confortevole voce che mi avrebbe rassicurata. Ma non potevo, perché io ero brava a mentire, ma non a lui.

Avrebbe immediatamente capito che qualcosa non andava ed io avrei dovuto parlargli dei messaggi che Dean continuava ad inviarmi.

La mia paura era che lo andasse a cercare e sapevo che sarebbero giunti velocemente ad uno scontro fisico. E non potevo permetterlo.

D'altra parte volevo parlargli di Harry. Glielo avevo nominato qualche volta, come l'amico ficcanaso di Liam.  Ma adesso le cose erano cambiate. Anche se non ero sicura di come stessero.

Non ero riuscita a fare a meno di evitarlo durante l'intera giornata. Ma lui mi aveva reso le cose facili sparendo per tutto il pomeriggio.

Non mi importava se fuori stesse piovendo, volevo uscire. Avevo bisogno di distrarmi, magari di scambiare due chiacchiere con Grace.

Indossai gli anfibi neri ed il cappotto, prima di scendere le scale alla ricerca di Christopher.

Ma in cucina trovai solamente Lauren, la quale mi squadrò da capo a piedi. "Vai da qualche parte?" chiese, alzando un sopracciglio.

Era incredibile quanto quella donna riuscisse ad irritarmi, ma trattenni comunque una smorfia. "Si, stavo cercando Christopher per chiedergli il permesso.” risposi.

Lei mi guardò attentamente prima distogliere lo sguardo. “Vai pure." rispose. E prima che riportasse i suoi occhi su di me, uscii velocemente dalla stanza.

Se pensava che l'avrei ringraziata, si era illusa che fossi diventata totalmente un'altra persona.

 

"Guarda chi si vede!" sorrise Grace, mentre mi avvicinavo a quello che ormai, era il mio abituale sgabello. "Ehi." la salutai e prima che sua madre iniziasse a guardarci male, ordinai un tè.

"Ho delle novità." sorrise incuriosendomi, quando ritornò con la mia ordinazione. Lei non aveva idea delle novità che avevo io, anche se in realtà avevo deciso di non parlargliene.

"Sono tutta orecchie." la incitai a parlare, mentre soffiavo sulla tazza fumante. “Io e Niall abbiamo parlato oggi." disse, facendomi sollevare velocemente il viso per la sorpresa.

Ero stata così presa dai miei problemi, che avevo dimenticato la promessa che avevo fatto a Niall di aiutarlo con Grace. Mi ero limitata ad informarla che aveva un ammiratore segreto e, a quanto pare, era stato sufficiente.

"Già, in realtà io ho parlato con lui.” disse divertita. “Lui si è limitato ad annuire e arrossire." rise. Ma non lo stava prendendo in giro, il modo in cui lo disse fu quasi affettuoso.

"Quindi non ti ha ancora chiesto come ti chiami?" le chiesi delusa. Scosse la testa, facendomi sospirare. "Però mi ha ringraziato quando gli ho portato la cioccolata calda al tavolo!" disse entusiasta. Risi.

"Era seduto con Harry." aggiunse, cambiando completamente tono di voce. "Davvero? È stato qui oggi?" chiesi. Ecco dove si era cacciato. "Già." mormorò abbassando lo sguardo.

Recuperò uno straccio e lo passò sopra al lavello. "C'è qualcosa di cui hai voglia di parlare, Ashley?" mi chiese poi.

Corrugai la fronte. "No, perché?” chiesi confusa. "Sai, loro stavano parlando ed io stavo ripulendo il tavolo a fianco. Quindi.." disse, lasciandomi intendere che avesse origliato la loro conversazione.

In un'altra occasione mi avrebbe infastidita. Le persone pettegole non mi erano mai piaciute. Ma sta volta volevo sapere cosa passasse per la testa ad Harry ed ero felice che avesse origliato.

"Cos'hai sentito?" chiesi, con tono impaziente. Un sorriso consapevole si fece spazio sul suo volto. Mi aveva smascherata.

"Non molto. Ma credo di aver capito qualcosa riguardo al fatto che gli piaci e che ti ha baciata." rispose. I brividi mi scossero il corpo a quelle informazioni, delle quali ero già a conoscenza, pronunciate ad alta voce.

Inizialmente provai irritazione. Perché ne aveva parlato con Niall? Erano fatti nostri, odiavo sapere che qualcuno sparlasse di me.

Ma poi riflettei e considerai il fatto che se, come lui, avessi avuto qualche amica, ne avrei parlato con loro. Adesso lo stavo facendo con Grace, ma non per scelta mia.

"A te piace?" chiese. E la voce di suo padre mi salvò appena in tempo.  Alzò gli occhi al cielo. "Devo prendere delle ordinazioni, ma il discorso non finisce qui." disse, facendola sembrare una minaccia.

Le sorrisi e rimasi sola. Anche se non per molto. "È passato un po’ di tempo dall'ultima volta che ci siamo sbronzati insieme." rise Louis, mentre prendeva posto al mio fianco.

Era incredibile come lo incontrassi sempre nei bar o nelle loro vicinanze. Non sembrava di buon umore, probabilmente aveva litigato con Katy o qualcosa del genere.

"Possiamo rimediare." aggiunse poi, ordinando subito un paio di drink. "Non ho intenzione di ubriacarmi, Louis. Te ne concedo uno." lo informai.

Tutte le volte che bevevo con lui, finivo per ubriacarmi e rientrare a tarda notte. Era un miracolo che Christopher avesse perdonato la mia ultima bravata, non potevo combinare un altro guaio.

Louis ignorò le mie parole ed alzò il bicchiere in attesa di un brindisi, lo accontentai e sollevai anche il mio. Non appena ebbe svuotato il suo bicchiere, alzò la mano per attirare l'attenzione del barista.

"Avevo detto solo uno." borbottai, sapendo che se me ne avesse offerto un altro, non sarei stata in grado di rifiutarlo. "Altri due." ordinò, ignorando totalmente la mia protesta.

"Ho appena detto che.." iniziai, per poi essere interrotta. Prese in mano uno dei due bicchieri e lo avvicinò alle labbra.

"Nessuno ha detto che sono per te." chiarì, prima di ingoiare il liquido ambrato. Circondai con le dita il secondo bicchiere e ne presi un sorso, facendolo sorridere.

Due bicchieri che male possono fare? Nessuno. Il problema è se poi raddoppiano e raddoppiano ancora.

 

"Ashley, stai bene?" Mi voltai più volte alla ricerca della persona che mi aveva posto la domanda. Ma tutto attorno a me sembrava essere sfuocato. "Ashley?" mi chiamò, prima di carezzarmi il braccio.

Scossi la testa e mi impegnai per mettere a fuoco ciò che mi circondava. Louis era ancora seduto al mio fianco. Aveva la guancia schiacciata contro il bancone, circondata da bicchieri vuoti. 

Stava russando o ero talmente ubriaca che mi ero fottuta il cervello? Qualcuno mi scosse il braccio e finalmente vidi chi era. “Grace!" le sorrisi con entusiasmo.

"Stai bene?" mi chiese ancora. Da quando si era tinta i capelli di verde? Stava bene, sul serio. "Gira un po'." mormorai. "Cosa?" chiese confusa. "La testa, gira." le risposi, scoppiando a ridere da sola.

 

Harry

Guardai l'orologio sul display del mio cellulare, erano quasi le undici e mezza. "Quando vai a prendere Ashley?" chiese Christopher, togliendo il volume alla televisione.

Mi mossi nervosamente sulla poltrona, avevo una paura fottuta che mi scoprisse.

Quando avevo visto che i minuti passavano e lei non tornava, avevo improvvisato una copertura dicendo che restava a mangiare con mia sorella al bar dove lavorava.

Sembrava avermi creduto, ma adesso continuava a guardarmi con aria sospettosa.

Io gli avevo assicurato che era vero, che ne aveva parlato con me e che mi aveva chiesto di andarla a riprendere. Ma quanto ero credibile? E soprattutto, dove cazzo era veramente?

"Vado adesso, ma non so a che ora torniamo." dissi, con voce troppo tesa. Non avevo idea di quando avrei impiegato a trovarla.

Corrugò la fronte ed io mi alzai per sfuggire al suo sguardo. "Andiamo, domani è domenica Chris." dissi ridendo, per alleggerire la tensione.

"Attento a te, Styles." disse, per poi rivolgermi un sorriso che mi fece sospirare di sollievo. 

Se Ashley avesse mandato a puttane l'ultima occasione che suo padre le aveva concesso, non avrei più saputo come aiutarla.

 

Quando accesi il motore dell'auto sapevo già a cosa andavo incontro. Sapevo esattamente dove l'avrei trovata e anche in compagnia di chi.

Più mi avvicinavo al Rammer Jammer e più la mia rabbia accresceva. Perché doveva sempre rovinare tutto? Per una volta, non poteva fare quello che gli era stato chiesto?

E per quale motivo mi aveva evitato per tutto il giorno? Dannazione, mi sbatteva la testa e non sapevo come fermare quell'ondata di domande.

Come se non bastasse, fuori pioveva e non avevo trovato parcheggio vicino al bar. Scesi dalla mia auto e corsi fino all'entrata. Tirai indietro i capelli umidi e spinsi la porta di fronte a me.

La vidi subito. I miei occhi l'attiravano come una calamita, era sempre la prima persona che il mio sguardo scovava. 

Ma come vidi lei, una manciata di secondi dopo, vidi Louis. Con la faccia premuta contro il bancone del bar, probabilmente addormentato. 

Avrei voluto afferrarlo e sbatterli la faccia contro quello stesso ripiano. Soprattutto quando notai che su di esso giacevano file di bicchieri vuoti.

La fiamma di Niall era intenta a ripulire le prove della loro ennesima bravata, mentre parlava con Ashley. Riportai nuovamente il mio sguardo su di lei e anche a distanza, vidi chiaramente che era ubriaca.

Rideva da sola e a malapena riusciva a mantenersi in equilibrio. Il mio cuore perse un battito quando si sporse troppo indietro, ma poi afferrò i bordi del ripiano bar e scoppiò a ridere. 

Non riuscii più a guardarla e dovetti avvicinarmi a lei. Ero furioso ma non sarebbe servito a niente sgridarla adesso. Lo avrei fatto la mattina dopo.

"Ashley." dissi duramente. E non appena pronunciai il suo nome, prese a guardarsi freneticamente attorno. Quando mi vide, schiuse le labbra in un sorriso e buttò entrambe le braccia attorno al mio collo.

In un'altra occasione sarei stato felice di quel gesto, ma in quel momento avrei preferito che fosse sobria. Distaccata, ma perlomeno sobria.

"Harry!" esordì con entusiasmo. Il suo alito sapeva così tanto di alcol, che dovetti trattenere il respiro.

Le posai le mani sui fianchi e la incitai a scendere dallo sgabello. Quando lo fece, si lasciò cadere su di me, ed indietreggiammo fino a quando non colpii un signore alle mie spalle.

Gli mormorai le mie scuse e poi lanciai uno sguardo infuocato alla ragazza dietro al bancone.

Era sua amica o no? Come aveva potuto lasciarla bere così tanto? Avrei dovuto parlare con quella ragazza e spiegargli un paio di cose.

"Sta bene con i capelli verdi, vero?" chiese Ashley. Ignorai la sua domanda, dettata sicuramente dall'alcol e portai un suo braccio intorno alle mie spalle per poterla sostenere meglio.

“Fuori diluvia. Avete bisogno di un ombrello?” chiese con gentilezza, la  ragazza che, in qualche modo, aveva fatto perdere la testa a Niall.

“Non abbiamo bisogno di niente.” sibilai. Hai già fatto abbastanza, aggiunsi nella mia mente.

Quando passammo di fianco a Louis mi trattenni dal tirarlo giù dallo sgabello e mi concentrai sul corpo di Ashley, totalmente addossato al mio.

Non l'avevo mai vista così. Le altre volte aveva avuto la sbornia allegra, rideva per qualsiasi cosa. Tutto qui.  Una volta avevamo litigato, ma quello lo facevamo anche quando era sobria.

Adesso aveva a malapena il controllo del suo corpo e probabilmente, se avesse bevuto qualche bicchiere in più, adesso la starei portando all'ospedale.

Una volta sulla soglia del bar, osservai in lontananza la mia auto e mi resi conto che non sarei riuscito a farla correre.

"Adesso ti prendo in braccio, va bene?" la informai, liberandomi dalla sua presa. Ma lei mi sorrise furbamente e si allontanò. 

"Ashley, vieni qui." dissi, non essendo in vena di giocare. "Piove." mormorò rapita, ricordandomi di quando aveva avuto la stessa reazione alla neve.

Ma questa era solo pioggia e lei era ubriaca. E adesso bagnata, perché si era spinta fino in mezzo alla strada. Grazie a Dio vivevamo in un posto dove raramente passavano macchine dopo le dieci.

Quando uscii da sotto il riparo, la pioggia iniziò a scorrermi sulla pelle e una manciata di secondi dopo, ero già fradicio.

La raggiunsi e le sfiorai la mano per attirare la sua attenzione. Abbassò il viso e barcollò un paio di passi prima di riprendere l'equilibro e rivolgermi un sorriso ubriaco.

L'acqua scorreva sul suo viso e dopo aver percorso la curva del suo collo, si insinuava fin sotto i suoi vestiti.

Potevo immaginare che l'alcol che scorreva nelle sue vene la tenesse al caldo, ma la pioggia era gelida e non volevo che prendesse freddo.

"Torniamo a casa." quasi la pregai.  "Ti devo dire una cosa." biascicò, dandomi le spalle e cominciando a camminare verso una meta indefinita. "Dimmela. Poi andiamo a casa.”

"Ho sempre pensato che tu fossi un impiccione del cazzo." disse, per poi scoppiare a ridere. Mi fermai e corrugai la fronte. "Ok?" chiesi, seccato dalla sua confessione.

Si voltò nuovamente verso di me. Spalancò le braccia e buttò indietro la testa, accogliendo completamente la poggia, che non sembrava avere intenzione di cessare.

"Aspetta! Perché dovete sempre giungere a reclusioni affrettate?” chiese divertita. "Conclusioni." la corressi. "Eh?" chiese, alzando fin troppo la voce. 

"Niente, continua." sbuffai, muovendo lentamente i miei piedi per raggiungerla. Socchiusi gli occhi per la pioggia insistente.

"Avevo torto." biascicò chiudendo gli occhi. Sorrise. “Cioè, è vero che sei un impiccione del cazzo." chiarì, facendomi alzare gli occhi al cielo.

Adesso ero di fronte a lei e sperai che quando avesse riaperto gli occhi, non si si sarebbe allontanata di nuovo.

"Ma sei anche una persona carina, dopo tutto." mormorò, facendomi sorridere per la scelta di parole. Aprì gli occhi e non indietreggiò, anzi, fece un passo avanti, chiudendo del tutto lo spazio che ci divideva.

Le scostai i capelli bagnati dalla fronte e pensai che forse non era un male che stesse piovendo. La pioggia fresca sembrava averla fatta riprendere un po'.

Capii di essere fuori strada quando si alzò sulle punte e spostò il suo sguardo sulle mie labbra. L'ultima cosa che volevo fare, era approfittarmi del suo stato di incoscienza.

Feci delicatamente pressione sulle sue spalle per cercare di riabbassarla. Ma lei non si mosse e portò entrambe le mani dietro la mia nuca, costringendomi ad abbassare il volto.

Ogni parte di me voleva baciarla, ma non lo feci. Non era moralmente corretto. La nuova sensazione del suo corpo così vicino al mio era paradisiaca, avrei voluto imprimere ogni dettaglio di quel momento nella mia mente.

"Baciami." quasi mi supplicò, attirandomi a sé. Dovetti fare ricorso a tutta la mia buona volontà per non cedere alla tentazione. Ma non funzionò.

Non avevo idea di quando mi avrebbe di nuovo permesso di avvicinarmi a lei o di baciarla, quindi in un certo senso dovevo approfittare di quel momento.

Così chiusi definitivamente lo spazio tra di noi e premetti le mie labbra, bagnate dalla pioggia, sulle sue.

E il mondo attorno a noi si fermò. Tutto perse di significato. Non pioveva neanche più. C'era solamente Ashley. Solo in una versione un po’ più ubriaca.

Avvolsi le mie braccia attorno alle sue spalle e l'attirai a me, per quanto ancora fosse possibile.

Il suo alito sapeva di alcol e anche un po' di fumo, ma non avevo tempo per soffermarmi a pensarci troppo. Tutto ciò su cui ero concentrato, erano le sue labbra fredde in contrasto con il suo respiro caldo.

Quando si allontanò da me, non riuscii a trattenere un lamento per la mancanza di contatto, la quale venne presto compensata dalla sua guancia schiacciata contro il mio petto. 

Sperai che fosse troppo ubriaca per percepire i battiti accelerati del mio cuore. "Sei pronta per tornare a casa?" le chiesi, approfittando del suo stato per abbassarmi a baciarle una guancia.

Quando annuì, la presi per mano e la condussi alla mia auto.

 

Ormai eravamo entrambi fradici, quindi non era un grosso problema se si era addormentata. La presi in braccio e percorsi lentamente, e sotto la pioggia, il tragitto che ci divideva dal portone.

Tolsi le scarpe ed entrambi e scossi il più possibile i nostri corpi dalle gocce d'acqua. Di aspettare di essere completamente asciutti non se ne parlava, stavo morendo di freddo.

Quando entrai in casa, la televisione era ancora accesa, ma per fortuna Christopher si era addormentato di fronte ad essa.

Salii i primi gradini della scala, facendo attenzione a non far urtare il corpo di Ashley contro le pareti.

"Ashley?" chiese improvvisamente Christopher. Merda. "È già salita." mi affrettai a rispondere, senza smettere di salire le scale.

"Grazie per averla riportata a casa." disse con voce assonnata. Sentii che spegneva la televisione, così mi affrettai a salire gli ultimi scalini.

"Non c'è di che." risposi, per poi ricominciare a salire un'altra rampa di scale. 

 

La lasciai nella sua stanza con l'incarico di indossare qualcosa di asciutto ed io andai a fare la stessa cosa.

Indossai un paio di pantaloni della tuta, una maglietta ed una felpa. Avevo freddo, poiché i capelli bagnati continuavano a farmi venire i brividi.

Bussai alla sua porta e quando una flebile voce mi diede il permesso di entrare, lo feci. Era seduta sul bordo del letto e il fatto che fosse riuscita ad indossare il pigiama da sola, mi fece capire che si stesse riprendendo.

"Dovremmo asciugarli quelli." dissi, riferendomi ai capelli bagnati che le ricadevano sul viso. "Mh?" chiese confusa. "Vieni." dissi, facendo un paio di passi indietro. Stranamente non se lo fece ripetere due volte e mi raggiunse.

Una volta in corridoio, le sue dita sfiorarono le mie e una manciata di secondi dopo, mi prese per mano. Sorrisi fra me e me e mi chiesi perché non potesse essere così anche da sobria.

La guidai all'interno del bagno e chiusi la porta alle nostre spalle. Sperai di non star per svegliare mezza casa e presi l'asciugacapelli.

Mi sedetti sulla tavoletta abbassata del water e la feci sedere fra le mie cosce.

Quando lo accesi, vidi chiaramente i suoi occhi socchiudersi per il rumore. Potevo immaginare che avesse il mal di testa, ma non potevo lasciare che andasse a dormire con i capelli bagnati.

Lasciò che le carezzassi i capelli con lo scopo di districarli dai nodi e non si lamentò quando il calore dell’asciugacapelli la raggiunse.

Ma più passavano i minuti e più vedevo il suo corpo lasciarsi andare, fino a quando non poggiò definitivamente la schiena contro il mio petto, addormentata.

La presi un’ultima volta in braccio e la portai in camera, per poi adagiarla sul letto. La coprii e quando mi allontanai per ritirarmi nella mia stanza, aprì gli occhi come se avesse percepito il mio corpo che si allontanava dal suo. 

“Resta con me.” mormorò. Posai il mio sguardo sul suo volto assonnato e lottai per trattenere il sorriso che minacciava di nascere sul mio.

Era ubriaca, quella era l'unica spiegazione logica alla sua richiesta. Mentre la sera prima, era spaventata.

Mi chiesi quando mi avrebbe chiesto di restare con lei per il semplice motivo che mi volesse al suo fianco.

Non riuscii comunque a negarle la mia presenza che, in qualche modo, sembrava esserle di conforto.

Raccomandai a me stesso di lasciare la sua stanza una volta che si fosse addormentata, poiché non ero sicuro che la mattina dopo sarei stato ancora benvoluto.

Mi stesi al suo fianco, sopra le coperte. Lei chiuse gli occhi ed alzò gli angoli delle labbra in un sorriso che trasmetteva pace e tranquillità.

 

 

Buonasera ragazze,

vado di fretta, strano vero? Voglio solo ringraziarvi per le scorse recensioni e farvi sapere che mi avete resa felice.

Me ne vado subito. Vi auguro un buon fine settimana e ci vediamo alla prossima :)

Ah, fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto, spero di si.

Un bacio,

Michi x

 

 

 

 

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Capitolo 35
*** Drunk and liar. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
Capitolo 35..png

Drunk and liar.

“All the voices in my mind,
calling out across the line.”

Ashley

Ero cosciente del fatto che il mal di testa che mi aveva svegliata nel bel mezzo della notte era stato causato da una sbornia dai risvolti pessimi, perciò non potei lamentarmi.

Premetti le dita contro le tempie con la speranza che questo gesto alleviasse il dolore e una manciata di minuti dopo, diminuì notevolmente.

Avevo un ricordo vago degli avvenimenti della notte precedente, avevo la mente colma di immagini sfuocate. Sperai che Christopher non fosse a conoscenza della mia ennesima bravata.

Chi mi aveva riportata a casa? Louis? Non pensavo che ne avesse avuto le forze, lo ricordavo addormentato sul ripiano del bar.

Probabilmente Harry. Mi ritrovai a sperare che questa volta non si arrabbiasse con me, non era colpa mia. Si che è colpa tua. Controbatté la mia coscienza, ed io fui costretta a darle ragione.

Perchè avevo lasciato che succedesse di nuovo? Avrei dovuto parlare con Louis e chiedergli di non istigarmi mai più a bere.

Allungai un braccio e tastai il comodino alla ricerca del mio cellulare, quando lo presi lessi che erano le quattro del mattino e che Zayn mi aveva inviato diciassette messaggi.

Solo quando lessi le parole colme di preoccupazione, quasi disperazione, mi resi conto di quanto fosse stata pessima la mia idea.

Non rispondergli per evitare di affrontare il discorso, quanto ero stata stupida? Nemmeno un messaggio per rassicurarlo sul fatto che stessi bene.

Se lui mi avesse fatto una cosa del genere, sarei saltata sul primo aereo solo per poterlo prendere personalmente a sberle.

Misi sotto carica il telefono con la promessa di chiamarlo il giorno dopo e mi stesi, con l’intenzione di tornare a dormire.

Un brivido mi percorse la schiena, così avvolsi il mio corpo con la coperta e mi voltai su un fianco. Chiusi gli occhi, ma non appena sentii uno sbuffo caldo sulla pelle del viso, li riaprii di scatto.

Non seppi se sospirare di sollievo per il fatto che si trattasse solamente del respiro di Harry, o preoccuparmi per il fatto che fosse nel mio letto.

Adesso non avevo dubbi, era stato lui a riportarmi a casa e probabilmente, ero stata io a chiedergli di rimanere.

I ricordi, che fino a quel momento erano stati offuscati, divennero lentamente sempre più nitidi. Fino a quando non le vidi. Le mie labbra premute contro le sue. Di nuovo.

Era arrotolato su se stesso, le braccia attorno al corpo e le gambe strette al petto. Non era sotto le coperte con me, era steso sopra e probabilmente aveva sofferto il freddo per tutta la notte.

I sensi di colpa mi spinsero ad alzarmi, raggiunsi l’armadio e lo aprii alla ricerca di una coperta. Quando la trovai, la avvolsi attorno al suo corpo.

Tornai a stendermi al suo fianco e mi voltai verso di lui. Il suo respiro caldo colpì nuovamente il mio viso, ma non mi diede fastidio.

Anzi, lo rendeva reale. Non era un sogno. Lui era lì, bello come non mai. Il suo respiro mi carezzava il viso e il suo grande cuore mi perdonava ogni volta.

Cosa avevo fatto per meritarmelo? Per meritarmi un ragazzo che fosse rimasto al mio fianco, nonostante le mie bravate e le mie parole velenose.

 

Risucchiai un respiro e mi portai una mano al cuore per lo spavento. Un rumore mi aveva svegliata di soprassalto e non appena avevo aperto gli occhi, la prima cosa che avevo visto, era stata Harry.

Il quale, seduto sul davanzale della mia finestra, mi stava letteralmente fissando, in un modo a dir poco inquietante.

“Dormito bene?” chiese con tono tagliente. Era arrabbiato e per mia sfortuna, aveva ragione ad esserlo.

“Non direi.” mormorai. Quando mi alzai a sedere per poggiare le spalle alla testata del letto, una fitta alla testa mi portò a stringere gli occhi per il dolore inaspettato.

Non berrò mai più, pensai. Ma lo pensavo ogni volta e ogni volta infrangevo la promessa.

“Potrebbe essere a causa della quantità industriale di alcol che hai ingerito ieri sera.” esagerò, facendomi alzare gli occhi al cielo.

“Sempre che tu riesca a ricordare quello che hai fatto.” aggiunse. In realtà ricordavo poco o niente. Una cosa certamente non avevo dimenticato, il bacio che ci eravamo scambiati sotto la pioggia.

Come se potessi dimenticare il modo in cui il mondo si era fermato non appena le mie labbra avevano incontrato le sue. Eravamo in mezzo alla strada, ma se fosse passata una macchina, non me ne sarei resa conto.

“Dovresti chiamare Louis e chiedergli se la sua faccia è ancora spiaccicata contro il ripiano del bar.” lo derise. “Ti avverto, Ashley. La prossima volta gli farai compagnia.” disse, facendola sembrare una minaccia.

Intendeva forse dire che mi avrebbe lasciata lì? Cosa credeva, che se lui non fosse venuto a prendermi, io sarei rimasta in quel bar per tutta la notte?

Avevo abbassato la guardia con lui, ma non appena mi ero sentita provocata, una sensazione familiare si fece spazio in me. Rabbia. Quella ero capace di gestirla perlomeno.

“Faccio quello che voglio.” dissi duramente. “E’ questo il problema!” scattò, scendendo dal davanzale.

“Non fai mai quello che ti viene detto di fare. Fai sempre di testa tua, dannazione.” sbuffò.

Non l’avevo mai visto così arrabbiato, ma al momento ero furiosa quanto lui, perciò non gli diedi troppo peso.

“Smettila di parlarmi come se fossi una bambina.” sibilai seccata. Dean lo faceva sempre ed io non potevo sopportarlo. Già, Dean. Avrei dovuto sistemare anche quella faccenda.

“E allora tu smettila di comportarti come tale!” controbatté. “Sono stufa delle tue stronzate,” dissi, scendendo dal letto, “non sei mio padre!” gli feci notare, mentre mi dirigevo verso l’armadio.

Volevo uscire da quella stanza e preferibilmente, anche da quella casa. Ma per farlo avrei dovuto indossare qualcosa che non fosse un pigiama.

“Be’ ringraziami se non è veramente tuo padre a dirti queste cose. Perchè se non fosse stato per me, adesso sarebbe a conoscenza dell’ennesima tua bravata!”

Sbuffai irritata. Non mi importava se fosse in quella stanza, mi sarei cambiata lo stesso.

Afferrai i lembi della maglietta e la sollevai. Quando mi liberai dal capo, con la coda dell’occhio vidi che si era voltato, adesso mi dava le spalle.

“Non capisco che gusto ci trovi. Con Louis, poi.” mormorò seccato. “E’ mio amico.” gli feci notare, mentre mi liberavo anche dai pantaloni.

“Non ti facevo così ingenua, Ashley.” mi derise. “Sul serio, cosa ti diverte di più?” chiese, cambiando discorso.

“Farmi infuriare o svegliarti e non ricordarti un cazzo di quello che hai fatto?” chiese ancora, sempre più irritato.

Chiusi il bottone dei jeans e sfilai un maglioncino dall’appendiabiti. “Ho una notizia per te, Harry. Il mio mondo non gira intorno al tuo, non faccio le cose per provocarti.” dissi, nonostante era quello che stessi esattamente facendo in quel preciso istante.

Si voltò, aveva un sopracciglio alzato e i suoi occhi erano infuocati. “Davvero, Ashley? Non sembrava quando ieri sera mi hai letteralmente pregato di baciarti.” disse con tono tagliente.

Rimasi senza parole. Ricordavo il bacio, ma non chi lo avesse iniziato. Lo avevo veramente pregato di baciarmi? In tal caso ero più ubriaca di quanto pensassi.

“Ma probabilmente non te lo ricordi.” disse, facendo seguire alle parole un ghigno di scherno.

Sbattei con forza l’anta dell’armadio facendolo sussultare. “E’ l’unica cosa che ricordo invece.” dissi, prima di uscire velocemente dalla stanza.

Attraversai il corridoio e scesi le scale per raggiungere il secondo piano. “Tutto bene?” chiese Liam, il quale aveva appena aperto la porta della sua stanza.

Si affacciò nel corridoio e dalla faccia assonnata intuii che si fosse appena svegliato, probabilmente a causa delle nostre urla.

Gli passai davanti ignorandolo. Non volevo prendermela con lui, ma ero furiosa. “Avete ricominciato a litigare?” sbuffò. Raggiunsi le scale ed iniziai a scenderle. “Ehi, dove corri?” chiese. “Ashley?” mi chiamò.

Ma l’unica risposta che ottenne, fu lo sbattere del portone alle mie spalle.

 

Dopo qualche metro ridussi notevolmente la velocità dei miei passi e dei miei pensieri.

Sapevo che Harry aveva ragione, non era stata una mossa intelligente quella di ubriacarsi dopo aver appena ottenuto il perdono di Christopher.

Ma una parte di me, la più grande, non sopportava l’idea di aver qualcuno che cercasse di comandarmi, di mettermi dei limiti.

Il pensiero che questo qualcuno mi avesse baciata due volte, continuava ad insinuarsi nella mia mente, ed io sistematicamente lo allontanavo. Ma sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontare anche quella faccenda.

Il telefono vibrò nella tasca dei miei jeans e quando lessi il suo nome, mi maledissi per non essermi ricordata di chiamarlo.

Quando accettai la chiamata sapevo che fosse arrabbiato, ma non pensavo così tanto.

“Cazzo, Ashley! Sei fottutamente impazzita?” urlò, facendomi sussultare. “Sono due giorni che cerco di chiamarti. Due fottutissimi giorni!” continuò.

“Hai idea di cosa mi sia passato per la mente? Stavo per chiedere il numero di tuo padre alla signorina Martin, cazzo.” Ascoltai in silenzio la sua sfuriata.

“E’ non dirmi che il tuo cellulare era fottutamente scarico, che non c’era linea o qualsiasi altra stronzata ti passi per la mente.” disse. “Lo so che mi stavi evitando e spero per te che tu abbia una buona spiegazione.” concluse.

Aveva ragione, ma senza pensare alle conseguenze, riversai su di lui tutta la rabbia che avevo accumulato a causa di Dean e del litigio appena avuto con Harry.

“Non ti stavo evitando, ero semplicemente troppo occupata a capire cosa cazzo sta succedendo nella mia vita!” mi difesi, alzando la voce tanto quanto lui, se non di più.

“E’ difficile gestire un ex manipolatore che mi invia messaggi minacciosi tutto il tempo e lottare contro un ragazzo che cerca di aiutarmi, ma baciandomi mi confonde e basta!”

Portai automaticamente la mano alla bocca, nonostante lui non potesse vedere il mio gesto. Mi ero lasciata prendere dalla rabbia ed avevo permesso a quel fiume di parole di uscire dalle mie labbra senza controllo.

“Dean ti ha mandato dei messaggi? In che modo ti ha minacciata? E chi hai baciato? Di cosa cazzo stai parlando, Ashley?” chiese, alterandosi sempre di più.

“E’ per questo che non volevo risponderti. Sapevo che avresti capito che qualcosa non andava, io ti avrei raccontato tutto e tu ti saresti messo nei casini con Dean.” sbuffai, concentrandomi su quello e non sulla sua penultima domanda.

“Ma ti senti quando parli o ti sei fottuta il cervello?” chiese. “Per me è già difficile aiutarti, vista la distanza. Ma se tu mi tieni nascoste le cose, diventa impossibile, cazzo!”

“Non si tratta sempre di me, Zayn. L’ho fatto perchè io volevo aiutare te, perchè non volevo che ti facessi spaccare in due da Dean!” gli spiegai il mio punto.

“Te lo ricordi che l’ultima volta, all’ospedale, c’è finito lui. Non è vero?” chiese. E anche se non potevo vederlo, sapevo che aveva le sopracciglia alzate.

Come potevo dimenticarlo, comunque? Gli aveva rotto due costole e gli aveva praticamente sfigurato il volto. Ma alla fine se l’era cavata con qualche punto sul mento e un occhio nero.

“Preferirei che questa volta non ci finisse nessuno.” mormorai. “Stronzate, Ashley! Tu continui a difenderlo e muori dalla paura che io gli spacchi la faccia, ammettilo.”

Corrugai la fronte. Non era affatto vero. L’unica cosa che temevo, era che Zayn si mettesse nei guai, non ero preoccupata per la salute di Dean.

“Tu sei l’unica ragione per cui non te ne ho parlato. Non volevo che ti preoccupassi, che ti arrabbiassi, che lo picchiassi, che ti dispiacessi.. qualsiasi cosa ti venisse in mente di fare.” insistetti, con l’intenzione di fargli comprendere la mia motivazione.

“E cosa hai ottenuto?” chiese, ancora furioso. “Non conti più su di me, Ashley. Mi hai evitato per due interni giorni, cazzo!” urlò. Sospirai, aveva ragione, ma adesso stava esagerando.

“Spero che almeno il ragazzo con cui scopi abbia la tua fiducia.” disse, prima di chiudere la chiamata, senza neanche attendere una mia risposta.

Rimasi a fissare lo schermo del cellulare per quelli che serbarono minuti interminabili.

Cosa ci era successo?

 

Il nervosismo salì alle stelle quando la madre di Grace mi disse che la figlia non avrebbe lavorato quel pomeriggio.

Non avevo intenzione di sfogarmi con lei, raccontandole che avevo appena deluso il mio miglior amico. Però avrei voluto scambiarci due chiacchiere, solamente per distrarmi.

Ringraziai la signora che, per quanto potessi starle antipatica per il fatto che sua figlia si fermasse a parlare con me invece di lavorare, era stata davvero gentile.

Quando mi incamminai verso la porta, ad un tavolo lì vicino, vidi Louis seduto da solo. Anche lui, non appena alzò il viso, mi vide.

Quando mi rivolse un sorriso, distolsi lo sguardo e velocizzai il passo, intenzionata ad uscire il più velocemente possibile da lì.

Con la coda dell’occhio vidi la sua espressione confusa. Si alzò nel momento in cui aprii la porta del bar e mi corse dietro.

“Ashley?” mi chiamò, mentre indossava frettolosamente il cappotto. Lo ignorai e mi allontanai velocemente da lui. “Ehi, rallenta!” urlò alle mie spalle. 

Era stata una mattinata piuttosto movimentata, non avevo intenzione di discutere anche con lui.

Ero arrabbiata perchè se lui non fosse entrato in quel dannato bar, con l’idea di sbronzarsi con me, adesso sarei probabilmente davanti al camino a godermi la mia domenica.

Avvolse le dita attorno al mio braccio e mi fece voltare con veramente poca delicatezza. Ma non ero una femminuccia e quel gesto mi fu indifferente.

“Lasciami.” sibilai, dimenandomi per liberarmi dalla sua presa. Stranamente mi ero quasi sempre lasciata toccare da lui, ma adesso non ne avevo la minima intenzione.

“Se mi spieghi perchè sei corsa via da me in quel modo.” disse confuso, mentre iniziava ad allentare la presa.

Con uno strattone mi liberai definitivamente e feci due passi indietro. “Perchè non ho voglia di parlarti.” risposi duramente.

“Che ho fatto?” chiese, corrugando la fronte. “Dormito bene sul ripiano del bar?” chiesi, con tono tagliente.

La sua espressione divenne ancora più confusa. “Sei arrabbiata perchè mi sono addormen..” iniziò, ma io lo interruppi appena capii cosa stava per domandarmi.

“No, lo sono perchè tu eri ubriaco e perchè anche io lo ero.” dissi. “Sono stufa di te che spunti dal niente e mi offri da bere. Cerchi di farmi sbattere fuori di casa?” chiesi alterata.

“Cosa? Ma di che stai parlando?” chiese perplesso. Sospirai e distolsi lo sguardo. “Adesso ho capito.” una risata di scherno fuoriuscì dalle sue labbra. “Stai dando la colpa a me.” 

“Perchè è così Louis,” dissi, “io non volevo bere, tu hai..” iniziai, ma lui mi interruppe.

“Io cosa? Ti ho puntato alla testa una pistola e ti ho obbligata a bere?” chiese scettico. Ed aveva perfettamente ragione. “No, ma tu ha insistito e..” iniziai, per poi sbuffare. “Dannazione, ho litigato anche con Harry!” esclamai.

“Whoo, rallenta.” disse, mettendo le mani avanti. “Da quando ti importa di Harry?” chiese accigliato. Pronunciò il suo nome quasi con disprezzo e questo mi fece innervosire più di quanto non lo fossi già.

“Da adesso, ok? E non ho più intenzione di deluderlo.” risposi, sorprendo entrambi. Un sorriso consapevole si disegnò sul suo volto. “Dovevo immaginarlo che ci fosse qualcosa fra voi.”  C’era qualcosa? Non lo sapevo. E se si, cosa? Non ne avevo idea.

“Sai una cosa, Ashley? Non importa se io sono stato il primo ad accertarti per quella che sei e lui il primo a disprezzarti.” disse, provocando un profondo cipiglio sulla mia fronte.

“Corri da lui.” disse, prima di voltarsi ed iniziare ad allontanarsi da me. Non lo seguii.

 

Se dopo la scoperta dell’adozione fossi stata ancora in grado di piangere, in quel momento sarei scoppiata in lacrime. Mi sedetti su una panchina fredda e coprii il viso con le mani.

Harry era infuriato con me, ed aveva ragione. Zayn era deluso da me, ed aveva ragione. Louis era arrabbiato con me, ed aveva ragione.

Quale diavolo era il mio problema? Non potevo semplicemente avvertire Zayn dei messaggi e rifiutare l’offerta di Louis? No, dovevo mentire e ubriacarmi. Brava Ashley, così si fa.

La cosa che più mi faceva male, era il fatto che Zayn pensasse che io non contassi più su di lui, quando la mia vita gli girava attorno. Era tutto per me, tutto.

E quello che avevo fatto, lo avevo fatto con l’intenzione di tenerlo al sicuro, non di escluderlo dalla mia vita.

Sussultai quando una mano si posò delicatamente sulla mia schiena e sospirai di sollievo quando riconobbi Liam. 

"Come mi hai trovata?" chiesi. La voce uscì più calma di quanto avessi immaginato e ne fui felice.

Non volevo scaricare la mia frustrazione si di lui, non se lo meritava e non avevo più voglia di litigare.

"Ti ho cercata." rispose. "Ormai dovresti sapere che non puoi nasconderti più di tanto a Wolverhampton." disse, sorridendomi dolcemente.

Avrei voluto essere come lui e come Christopher. Avrei voluto essere una persona equilibrata, capace di ammettere i propri errori.

Una persona in grado di non permettere alla rabbia di prendere il controllo. Ma ero solamente io e continuavo a lasciarmi dietro una scia di errori e persone deluse.

"Va tutto bene?" mi chiese Liam, iniziando a strofinare la mano lungo la mia schiena. Quel semplice gesto di conforto, mi tranquillizzò all'istante.

Chiusi gli occhi e scossi la testa. "Va tutto male, Liam.” mormorai, abbassando il viso.

Lasciai che le mie dita si facessero spazio tra i miei capelli e sospirai. "Ehi." Le sue carezze cessarono e le sue dita raggiunsero il mio viso. Cercò di spostare i capelli che lo ricoprivano, ma questi ricaddero.

Con la coda dell'occhio lo vidi che si alzava e si inginocchiava di fronte a me. Le sue mani si posarono con sicurezza, ma sempre con dolcezza, ai lati del mio viso.

Quando incontrai i suoi occhi, mi stava sorridendo. "Va tutto bene, invece. Tranquilla." mi rassicurò. Non sapevo se Harry gli avesse raccontato della nostra discussione o della mia bravata.

Ma oltre a quello, non immaginava che avevo anche litigato con Zayn e Louis. Quindi non poteva dirmi che andava tutto bene, perché era un’enorme bugia.

"Non è vero, io.." lasciai la frase al vento e sospirai. "Cosa, Ashley?" chiese, facendo scivolare via le sue mani dal mio viso.

"Non so cosa c'è di sbagliato in me." dissi, provocando un profondo cipiglio sulla sua fronte.

"Niente, tu.." lo interruppi. "Io sono un completo disastro, Liam." dissi, alzando leggermente la voce.

"Non faccio altro che deludere le persone." aggiunsi. "Non è vero." scosse la testa con convinzione. "Si, invece." insistetti. "Harry è furioso con me è probabilmente non mi rivolgerà più la parola." 

Ero drastica, ma da una parte temevo che sarebbe successo realmente. Anche le persone più pazienti si stufano prima o poi. E adesso avevo paura che lui si fosse stancato di me è delle mie stronzate.

Non ero brava ad ammettere i miei sentimenti, non ero brava neanche a comprenderli. Per questo non avevo idea di quello che provavo per lui, sapevo solo che l’antipatia iniziale era mutato in qualcos'altro.

Non ero disposta a cambiare per lui, io ero quella che ero, ma neanche avevo intenzione di perderlo.

"Lui non è furioso." scosse la testa Liam. Lo diceva perché non aveva visto il modo in cui mi aveva guardata. Il modo in cui i suoi occhi si erano accesi dalla rabbia.

Mai aveva alzato così la voce con me e mai il suo tono era stato così tagliente.

"Lui è in giro per il paese che ti cerca, ed è preoccupato. Non sai quanto Ashley." I miei occhi si spalancarono non appena Liam pronunciò quelle parole. Non potevo crederci.

"Infatti dovremmo andare a casa e chiamarlo. Altrimenti andrà fuori di testa." lo derise, mentre si alzava.

Non capivo. "Non potevate semplicemente chiamarmi?" chiesi confusa. "Lo abbiamo fatto, ma tu non hai risposto." disse, mentre si avviava verso casa.

Lo seguii perplessa, mentre sullo schermo del cellulare notavo le numerose notifiche.

 

Strinsi le mani attorno alla mia tazza fumante e attirai le gambe al petto per stare più comoda, mentre mi riscaldavo di fronte al camino.

Christopher sembrava ignaro degli avvenimenti che avevano caratterizzato la notte precedente.

E non ero sicura di ciò che sapeva Liam, poiché non mi aveva ancora fatto la predica.

Ma il mio umore era comunque a terra e i miei pensieri erano costantemente concentrati su Zayn.

Speravo con tutto il cuore che mi perdonasse, poiché se non l’avesse fatto, l’avrei perso. E io non potevo vivere una vita della quale lui non facesse parte.

La porta si aprì ed io ruotai automaticamente la testa. Harry si tolse il cappotto e lo appese, prima di sfilare anche le scarpe.

Attraversò il corridoio, probabilmente con l'intenzione di entrare in cucina. Ma per un guizzo quasi involontario delle pupille, mi notò, accovacciata sulla poltrona.

Mi guardò in silenzio per una manciata di secondi e poi fece qualche passo all'interno del salotto.

Indossava dei jeans scuri che fasciavano perfettamente le sue gambe ed una camicia a quadri verde e blu. I capelli erano scompigliati e le guance ancora arrossate a causa dell'aria fresca.

Aprì le braccia ed io non gli lasciai il tempo di proferire parole. Abbassai le gambe e dopo aver posato la tazza sul piccolo tavolo, mi alzai. Un paio di passi dopo, ero tra le sue braccia.

Le sue mani mi scostarono i capelli e il suo viso si incastrò nel incavo del mio collo.

Percepii le sue labbra sulla mia pelle. "Mi dispiace." sussurrò. Il mio corpo venne scosso dai brividi.

"Anche a me." mormorai, chiudendo gli occhi.

 



Buonasera ragazze,

prima di parlare del capitolo, voglio dirvi una cosa.

Molte di voi mi hanno detto di non saper usare Wattpad, per questo ho deciso di farvi, prossimamente, una sottospecie di guida e spero che possa esservi d’aiuto.

Ho iniziato a riscrivere Starlight, quando avrò un po’ di capitoli pronti, inizierò a pubblicarli.

Ma passiamo al capitolo. Un bel casino, eh? Nell’arco della mattinata è riuscita a litigare con tre persone e ad avere torto tutte le volte.

Ma come sempre, Harry l’accoglie fra le braccia e la perdona. Ma Zayn gliela farà passare liscia? E Louis?

Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento signorine, alla prossima :)

Un bacio,

Michi x




 

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Capitolo 36
*** I'll take you where you want. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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I'll take you where you want.

 

“Where our eyes are never closing,
our hearts were never broken.”

 

Ashley

“Mi dispiace.” sussurrò. Il mio corpo venne scosso dai brividi a causa delle sue labbra fredde premute contro la pelle del mio collo. “Anche a me.” mormorai, chiudendo gli occhi.

Le sue braccia si congiunsero dietro la mia schiena e dopo le mie parole, rafforzarono la stretta. “Sono ancora arrabbiato.” disse, cercando di rimanere serio. “Lo vedo.” lo derisi.

Le sue mani si spostarono sui miei fianchi pizzicandoli. Mi divincolai nella sua presa, ma le sue braccia mi fermarono prima che io ci riuscissi.

“Non contraddirmi.” mi avvertì, mentre cercava di trattenere un sorriso. “Faccio quello che voglio.” controbattei, fingendomi irritata. “Ah, si?” chiese, sollevando un sopracciglio. Mi riprese fra le braccia. 

Un gridolino lasciò le mie labbra non appena le sue vennero premute contro il mio collo, con lo scopo di farmi il solletico.

“Non toccarmi.” dissi scherzosamente. Dato che, ormai, gli era concesso. Era comunque troppo tardi per tornare indietro sui miei passi.

“Credo di essermi guadagnato questo privilegio.” rispose ironicamente, mentre mi dava un attimo di pace.

Un colpo di tosse ci riportò alla realtà ed entrambi ci voltammo verso l’origine del suono. Si trattava di Lauren. La quale, ferma sulla porta della cucina, ci guardava.

“E’ pronto il pranzo.” ci informò, con il suo solito tono pieno di vita. Harry le fece il verso meritandosi una leggera botta sul braccio. Lo superai, avviandomi verso la cucina.

“Ashley?” mi chiamò, facendomi voltare. L’espressione divertita era svanita

dal suo volto ed era stata sostituita da una molto più seria. “Non farlo più.” Le sue parole suonarono come una supplica, c'era una sfumatura di disperazione nella sua voce.

Annuii e lui sollevò gli angoli della bocca in un piccolo sorriso. "Andiamo, muoio di fame." rise, raggiungendomi.

 

Zayn

Aprii il pacchetto ed estrassi un sigaretta. Un’altra. Portai la mano davanti all'accendino e socchiusi gli occhi mentre aspiravo con forza.

Il sole bruciava sulla pelle, proprio come la rabbia bruciava dentro al petto. Ero totalmente fuori di me. Non mi importavano le sue buone ragioni, avevo passato due giorni di inferno.

Se una tua amica non risponde al cellulare, non ci fai troppo caso, decidi che sarà lei a richiamarti quando avrà tempo. Ma cazzo, Ashley non era un’amica qualunque. Lei era tutto per me.

La lontananza mi stava uccidendo, se tardava a rispondere ad un mio messaggio, impazzivo.

Figuriamoci stare due giorni senza sue notizie. Non aveva neanche trovato una buona scusa. Mi aveva mentito, cazzo. Non importava se lo avesse fatto, secondo lei, per il mio bene.

Ciò che temeva era inevitabile. Non c'era alcun dubbio che sarei andato a far visita a quel figlio di puttana.

Se non la finiva con le minacce, l'avrei minacciato io di frantumargli la testa contro il muro. Nessuno può permettersi di infastidirla, nessuno.

Le sue parole frullavano ancora nella mia testa. Avrei voluto chiederle di più sul ragazzo che voleva aiutarla, ma che la mandava in confusione baciandola.

Ashley non si lasciava toccare da molti, che aveva di speciale lui? Sempre se l'avesse toccata con il suo consenso. Altrimenti avrei avuto due teste da sbattere contro il muro.

Gettai il mozzicone della sigaretta, ormai terminata, insieme agli altri. Frugai nella tasca alla ricerca del pacchetto, quando la suoneria del mio cellulare mi distrasse dal fumarne un'altra. Era la signorina Martin.

Nei giorni precedenti le ero andato a parlare poiché sapevo che si era occupata di Ashley durante l'adozione e che era stata in contatto con degli assistenti sociali.

Perciò era l'unica persona a cui potevo rivolgermi per entrare in contatto con loro.

"Pronto?" risposi, ansioso di sapere se avesse delle novità per me. "Zayn, sono la signorina Martin." disse. "Ti disturbo?” mi chiese gentilmente.

"No, no. Ha notizie sull'affidamento?" chiesi. “In realtà si." rispose. Trattenni un respiro. "Niente di buono pur troppo." mormorò dispiaciuta. Chiusi gli occhi e sospirai. "Tua sorella non vuole sporgere denuncia." mi spiegò. 

Dannazione, come poteva essere così stupida?  Aveva paura della reazione di nostro padre? Be', io avevo paura che rovinasse l'infanzia e l'intera vita di Safaa.

Era l'unica che poteva ancora sperare di non essere rovinata da nostro padre, perché diavolo non voleva darle questa possibilità?

Lo avrei fatto io, se solo avessi avuto ventun anni. E ogni giorno la situazione peggiorava, figuriamoci se avessi aspettato di compierli.

Mio padre non la piantava di rientrare a casa ubriaco nel bel mezzo della notte ed era diventato un problema chiedere ai genitori delle amiche di Safaa di ospitarla, avevo esaurito le scuse.

In più i soldi scarseggiavano e Josh mi stava con il fiato sul collo perché lo sapeva e non vedeva l'ora che raggiungessi il limite e rientrassi nel giro.

"Cos'altro posso fare?" chiesi, sperando che avesse una risposta. “Non molto." mormorò. “Ma in ogni caso Safaa verrà affidata agli assistenti sociali, se tua sorella non ne prende l'affidamento."

Mi passai una mano tra i capelli, in preda alla disperazione. "È impossibile che non possano fare niente!" sbottai. “So che è ingiusto." Sentii chiaramente la compassione nella sua voce.

Era bello sapere che non potevo contare su nessuno, né sulla legge e né tanto meno su mia sorella. Sarebbe stato più facile con il loro aiuto, ma questo non voleva dire che non ci sarei riuscito perfettamente da solo.

Avrei dato un futuro migliore a mia sorella, il futuro che era stato privato a me. A costo di portare il culo ubriaco di mio padre di fronte agli assistenti sociali. Sempre se la reputassero una prova valida, ovviamente.

"Grazie comunque." mormorai, prima di chiudere la chiamata.

 

Ashley

Non rispose neanche alla mia settima telefonata, così come non rispose agli innumerevoli messaggi che gli inviai.

Dopo il pranzo mi chiusi in camera e in seguito anche in me stessa. Ero riuscita a rovinare l'unica cosa bella della mia vita. Ero riuscita a deludere l'unica persona che aveva sempre creduto in me.

Mi sedetti sul davanzale della mia finestra ed osservai come il tempo stesse lentamente migliorando.

Marzo si stava avvicinando ed io non potevo credere a come il tempo fosse volato, in confronto ai primi giorni che avevo trascorso in quel piccolo paese, quando sembrava che si fosse fermato.

Dalla mia nuova stanza riuscivo a vedere ancora la casa di Harry, solo che il suo terrazzo era molto più in basso adesso.

Mancavano due giorni al ritorno di Anne e Robin e io mi chiesi se la cosa mi dispiacesse. Mi ero abituata alla sua presenza, ma ero convinta che lo avrei avuto intorno anche quando sarebbe tornato a casa sua.

Adesso c'era qualcosa fra di noi, come un filo invisibile che ci legava. E la mia paura era che questo debole filo si rafforzasse sempre di più, fino a diventare una corda indistruttibile.

Era questo che volevo evitare fin dall’inizio, non volevo affezionarmi. Perchè quando non si ha niente da perdere, non si ha niente di cui doversi preoccupare.

Qualcuno bussò alla porta. Era lui. Quando gli diedi il permesso di entrare, lo fece lentamente e mi sorrise, prima di accigliarsi alla vista della mia espressione atterrita.

"Liam ed io ci chiedevamo se avessi voglia di uscire.” disse, facendo un paio di passi all'interno della stanza.

Scossi la testa. Non avrei trascorso il mio pomeriggio al Rammer Jammer. Non mi importava se fosse domenica, sarei rimasta a casa, ad aspettare che Zayn mi richiamasse.

"C'è qualcosa che non va?" chiese, avvicinandosi a me. "No, va.. va tutto bene, uscite." sforzai un sorriso.

"Ashley." disse. La mia schiena era poggiata al muro ed avevo le gambe strette al petto, lui si sedette ai miei piedi. “Dimmi qual'è il problema." insistette.

Una parte di me stava per ringhiargli contro di farsi i fatti suoi e di lasciarmi sola.

L'altra aveva intenzione di non scaricare le mie frustrazioni su di lui rispondendogli acidamente e persistere a mentirgli riguardo il mio umore.

Ma onestamente, cosa avevo ottenuto omettendo a Zayn quello che mi stava accadendo? Dovevo imparare dai miei errori, altrimenti era inutile commetterli.

In più se con Harry non potevo più tornare sui miei passi, conveniva farne qualcuno in avanti.  Abbassai lo sguardo. "Ho litigato con Zayn." confessai a bassa voce. "Perché?" chiese.

Sapevo che non me la sarei cavata con così poco. Non potevo certo aspettarmi che un tale ficcanaso si trattenesse dal fare domande.

Quando non gli risposi posò una mano sul mio ginocchio. Alzai automaticamente lo sguardo, posandolo sul punto esatto in cui i nostri corpi si incontravano.

Quando se ne accorse, alleggerì il tocco, ma non tolse la mano. Alzai il viso giusto in tempo per vedere le sue labbra piegarsi in un sorriso rassicurante.

"Non gli ho parlato dei messaggi che Dean mi ha inviato." mi decisi a rispondergli. La sua mascella si contrasse e si dovette schiarire la voce prima di parlare. "Perché?" chiese ancora.

"Perché lo conosco abbastanza bene da sapere che sarebbe andato a spaccargli la faccia." E non solo quella, aggiunsi nella mia mente.

Alzò le sopracciglia sorpreso. "È molto protettivo." suppose. "Molto." confermai. Distolse lo sguardo. "Si è arrabbiato?" mi chiese. "Dire che si è arrabbiato è un eufemismo." mormorai, mentre giocavo con i lacci della mia felpa.

"Ehi." attirò la mia attenzione. "Vedrai che quando si sarà calmato ti richiamerà." cercò di rassicurarmi.

Sospirai e posai una mano sul mio ginocchio, di fianco alla sua. Lo sguardo di Harry ci cadde casualmente e la vista di qualcosa gli fece corrugare la fronte.

"Cos'hai fatto qui?" chiese, spostando la sua mano per carezzare la pelle bianca del piccolo spazio fra le mie nocche. "Anche io sono molto protettiva nei suoi confronti." risposi.

Quelle piccole cicatrici me le ero procurate colpendo il vetro della porta sul retro di casa sua, con l'intenzione di sottrarlo dall'aggressione di Josh.

Corrugò lo sguardo e mi chiesi se fosse il caso di parlargliene. Quando non lo feci, scosse la testa come per scacciare il pensiero e mi sorrise.

Harry viveva in una realtà piuttosto differente da quella in cui ero cresciuta io. Tutti loro vivevano in un piccolo paese tranquillo e sicuro.

Vivevano dentro le loro case di mattoni rossi, con i loro giardini perfetti. Avevano genitori sempre sorridenti e amichevoli. Non che io potessi lamentarmi di Rachel e Brandon, loro erano apposto.

Ma Harry non immaginava ciò che succedeva al di fuori delle mura domestiche, a Long Beach. Talvolta anche all'interno di esse.

Non sapeva che la maggior parte delle persone che incontravi aveva probabilmente avuto problemi con la legge e una pistola a portata di mano.

In ogni strada leggermente nascosta, spacciavano e non solo. Non era sicuro uscire la notte da sola e non era raccomandabile frequentare determinati posti.

Non aveva idea che fossi cresciuta in un ambiente simile, nessuno ne aveva, neanche Christopher.

Qualcosa, in me, mi spingeva a volerli tenere al sicuro da quella realtà e quindi decisi di non parlargliene. Stranamente non fece domande.

"Vieni con noi." disse. "Hai il permesso di controllare il cellulare ogni volta che vuoi." sorrise. "A patto che non diventi ossessiva." precisò, puntandomi un dito contro.

Accennai un sorriso e poi scossi la testa.  "Non ho voglia di rinchiudermi in un bar." E anche se non era il motivo principale per cui mi rifiutavo di uscire con loro, era la verità.

"Non andiamo lì se non vuoi." disse. Sospirai. "Harry.." iniziai. "No, ascoltami." mi interruppe. "Ti porto dove vuoi." disse, ma quando vide la mia espressione, il suo entusiasmo si spense.

"Ad una condizione." sospirai, non sopportando il suo sguardo atterrito. "Che andiamo solamente noi due." dissi, "io e te." aggiunsi.

Lo presi probabilmente alla sprovvista, poiché sollevò le sopracciglia sorpreso. "Ok, si certo. Come vuoi." si affrettò a dire. "Se non è un problema." precisai, mentre lui si alzava.

In realtà volevo stare semplicemente da sola, ma se proprio dovevo scegliere qualcuno con cui trascorrere il pomeriggio, avrei scelto lui.

"No." corrugò la fronte. "Certo che no." aggiunse. "Tanto Niall e Liam avevano qualcosa di cui parlare." disse, mentre si dirigeva verso la porta.

"Di che cosa?" chiesi. Si voltò a guardarmi. "Niente di importante." sforzò un sorriso. Mi nascondeva qualcosa, ma non ero dell'umore per indagare.

"Lo dico a tuo fratello." mi informò, prima di aprire la porta. "Ci vediamo al piano di sotto." dissi, mentre mi alzavo. "Ok." mi sorrise, per poi sparire lungo il corridoio.

 

Harry

"Dove andiamo?" chiese, dopo qualche minuto di macchina.

Il suo umore sembrava essere migliorato, ma non potevo fare a meno di contare le volte che abbassava il viso per controllare lo schermo del cellulare.

A volte mi chiedevo se fossero solamente amici. Quando ne parlava, le se accendeva una strada luce negli occhi e a tratteneva a stento un sorriso.

Indossava sempre una collana con un ciondolo su cui era inciso il suo nome e non la toglieva mai. Mai.

Si era fatta anche probabilmente male per lui, date le piccole cicatrici fra le nocche.  E vista la loro posizione, dovevano essere la conseguenza di un pugno o qualcosa del genere.

Avrei vuoto saperne di più, ma immaginavo che fosse inutile chiedere, non me ne avrebbe mai parlato.

Avevo intenzione di portarla in un posto non troppo distante, era una sorpresa e quando glielo dissi, sbuffò irritata.

Eravamo quasi arrivati, quando il suo cellulare squillò. Abbassai lo sguardo sullo schermo del suo cellulare. Era Zayn.

Non erano trascorsi neanche due secondi dal momento in cui il cellulare aveva iniziato a suonare a quando lei aveva risposto.

Le era quasi caduto dalle mani a causa della frenesia con cui lo aveva afferrato.

Io continuavo a chiedermi cosa avesse di tanto speciale questo Zayn. Sembrava che le ragazze, che entrambi conoscevamo, fossero pronte a sacrificare la loro vita per lui.

Una perché ne era follemente innamorata, Sophie, la quale ancora non sembrava aver accettato la loro rottura.

E Ashley, della quale faticavo ad inquadrare il loro rapporto. A quanto ne sapevo, era il suo miglior amico. Ma non potevo fare a meno di sospettare che fra i due ci fosse molto di più.

Lo vedevo nei suoi occhi, da come si erano illuminati alla vista del suo nome sul display del cellulare.

Al sollievo che aveva provato non appena la voce di lui le era arrivata all'orecchio al quale aveva appena affiancato il telefono.

"Lo so." disse. Lo capivo persino dalla sua voce, disperata e allo stesso tempo entusiasta. "Mi dispiace tanto, volevo solo.." iniziò, ma da come si fermò, capii che l'aveva interrotta.

Cercai di concentrarmi sulla strada e non sulla loro conversazione, anche se era impossibile non origliare, dal momento che era seduta al mio fianco.

"Non ricominciare." corrugò la fronte. Con la coda dell'occhio mi lanciò uno sguardo ed io spostai il mio fuori dal finestrino.

"Aspetta.. cos'hai detto?" chiese, il suo corpo divenne improvvisamente teso. "Non trattarmi da stupida, ti ho sentito cazzo!" alzò la voce, facendomi sussultare per la sorpresa.

"Da quanto va avanti questa storia?" chiese, la bocca schiusa e lo sguardo perso nel vuoto.

Le aveva appena dato una notizia che l'aveva turbata.  Avrei pagato per poter sapere di cosa stessero parlando, ma mi limitai a guidare in silenzio.

"Più di un mese." mormorò con gli occhi sbarrati. "E tu hai fatto la predica a me per un paio di messaggi, quando stavi nascondendo tutto questo?" chiese, la voce rotta. Non era arrabbiata, era triste, avrei detto delusa.

"Non cercare di cambiare discorso con me." lo avvertì. “Non posso credere che tu non me lo abbia detto." poggiò la fronte sul palmo della mano e rimase in silenzio per qualche minuto.

Potevo sentire la voce di lui che probabilmente le spiegava qualcosa o cercava una buona scusa per quello che aveva fatto. Ma che aveva fatto? Cosa non le aveva detto?

"Questa non è una fottuta stronzata, Zayn!" alzò nuovamente la voce.

"Sai cosa mi fa più incazzare? Che tu mi abbia trattata di merda per non averti detto dei messaggi di Dean, quando tu mi tenevi nascosto da più di un mese tutto questo!" disse nuovamente.

Adesso stava urlando, gli occhi iniettati di rabbia e la mano libera stretta in un pugno. Dovetti ricorrere a tutta la mia buona volontà per non chiederle cosa le stesse dicendo.

"Non me frega un cazzo! Tu non puoi avere segreti di questa portata con me, è da pazzi." disse. "È da pazzi che tu non me ne abbia parlato.” aggiunse, abbassando leggermente la voce.

"Forse non ti sarei stata d'aiuto, ma ti sarei potuta stare vicino. Come ho sempre fatto." disse.

La sua espressione mutò improvvisamente ed io accostai la macchina, perché la vidi. 

La vidi crollare sotto i miei occhi.

 


 

Chiedo umilmente perdono, non sono morta, sono solamente andata qualche giorno al mare e non sono riuscita né a scrivere né ad aggiornare.

So che questo capitolo non è troppo emozionante, ma spero che vi piaccia. Viene fuori una cosa nuova e cioè che Zayn ha chiesto aiuto alla signorina Martin.

Io spero che la situazione vi sia chiara, ammetto che faccio fatica a spiegarla bene, soprattutto perchè non ho idea di come funzionino in realtà certe cose.

La sorella maggiore di Zayn, Doniya, si è trasferita altrove per allontanarsi da Long Beach e da suo padre. Il quale è un alcolista disoccupato che porta solo problemi.

Zayn cerca di tenere al sicuro sua sorella minore, Safaa, ma dato che le cose stanno peggiorando, chiede a Doniya di prenderne la custodia.

Ma per farlo, devono avere un buon motivo per sottrarla al padre. E ce lo avrebbero, ma Doniya di rifiuta di denunciarlo poiché teme la sua reazione. E’ un po’ un casino insomma ahahaha.

La cosa peggiore è che ha tenuto Ashley all’oscuro e quando al telefono gli scappa un commento riguardante tutta quella storia, lei ci rimane male. 

In più Zayn dice qualcosa che la ferisce e che voi leggerete nel prossimo capitolo.

Parentesi: non so se avete ascoltato la nuova canzone dei ragazzi, io la so già a memoria. Quanto è bella? ♡

Un bacio,

Michi x

 

 

 

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Capitolo 37
*** Problems. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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Leggete lo spazio autrice. Infondo al capitolo trovate la guida a Wattpad.

Problems.

 

“I'll just run away and be on my own.”


Ashley

Ero incredula e non sapevo se fosse dovuto al fatto che Zayn non me ne avesse parlato, o al fatto che stesse veramente accadendo. Voleva che sua sorella Doniya denunciasse suo padre e che ottenesse l'affidamento di sua sorella Safaa.

Perché era semplicemente stufo che quell'uomo rientrasse ubriaco la sera tardi, rischiando di spaventare la piccola, rischiando anche di diventare violento nei suoi confronti.

Non lavorava e quindi a prendersi cura della famiglia doveva essere Zayn, dato che le sorelle maggiori se ne erano lavate le mani e si erano trasferite il più lontano possibile.

Adesso voleva dare una svolta anche alla sua, di vita, e per farlo doveva assicurarsi che Safaa fosse in buone mani. Suo padre non era in grado di crescerla, era capace solamente a rovinarli, i figli.

Ammiravo Zayn per quello che cercava di fare, ma ero fuori di me dalla rabbia per non avermene parlato prima. Era più di un mese che cercava di convincere la sorella a denunciare il padre e non me lo aveva mai detto.

Aveva persino chiamato Judy per chiederle di esporre il caso agli assistenti sociali, ma a quanto pare non aveva avuto successo.

Probabilmente se lo avessi saputo non avrei potuto fare molto, ma avrei potuto alleggerire il carico che portava sulle spalle. È terribile dover affrontare tutto questo da solo ed io avrei potuto stargli vicino.

"Forse non ti sarei stata d'aiuto, ma ti sarei potuta stare vicino. Come ho sempre fatto." dissi, dando voce ai miei pensieri. "Ma non puoi, cazzo! Non puoi starmi vicino, perché sei fottutamente lontana, ok?" 

Corrugai la fronte. La sua rabbia era più che giustificata, ma non poteva sfogarla su di me. "Mettitelo in testa, porca puttana. Non me faccio un cazzo del tuo fottuto supporto morale!" urlò, prima di chiudere la chiamata.

Sentii il terreno sgretolarsi sotto i miei piedi. È solo arrabbiato, Ashley. Non lo pensa davvero. Abbassai lentamente il cellulare, ma alla fine lo lasciai cadere. Questo rimbalzò sulla mia gamba e poi cadde a terra, fra i miei piedi.

Lui non aveva più bisogno del mio supporto, mentre prima non ne poteva fare a meno. Era per questo che non volevo trasferirmi, sapevo che il nostro rapporto sarebbe cambiato. 

Non mi ero neanche accorta che Harry si fosse fermato. Ma appena me ne resi conto, senza neanche guardarlo, aprii lo sportello ed uscii, sbattendomelo alle spalle.

Non me ne faccio un cazzo del tuo supporto morale. Mi fermai a pochi metri dall'auto e con lo sguardo perso nel vuoto, restai lì, ferma. 

Se non era già successo, lo stavo perdendo. Lo sentivo letteralmente scivolare via. Non c'erano mai stati segreti fra di noi e adesso guarda quante cose ci eravamo nascosti.

Ancora non era esplosa la granata etichettata Sophie e quando sarebbe successo, lo avrei perso definitivamente.

Nella vita non puoi avere tutto, ma io volevo semplicemente avere la mia famiglia ed il mio miglior amico. Peccato che si trovassero in due continenti diversi ed io non potevo proprio dividermi.

La tentazione di prendere un aereo, raggiungerlo, stringerlo forte e dirgli che sarebbe andato tutto bene, era forte. Ma qualcosa mi frenava.

Sentii le sue dita carezzarmi delicatamente il braccio e scendere fino alla mia mano, non me la strinse, la carezzò solamente. Chiusi gli occhi e sospirai. Dovevo calmarmi e pensare lucidamente. 

Stranamente la sua presenza mi era d'aiuto. Quando riaprii gli occhi, era di fronte a me. Erano state veramente rare le volte in cui lo avevo visto così serio.

Un soffio di vento ci scompigliò i capelli, ma nessuno dei due si mosse per sistemarli.

"L'ho sto perdendo." mormorai, come se a lui potesse importare. Corrugò impercettibilmente la fronte. "Non dire così." scosse lentamente la testa. 

"Invece si." controbattei. "Non è giusto." abbassai lo sguardo. "Che cosa non è giusto?" chiese, piegando lievemente la testa di lato, per scovare i miei occhi. "Adesso che sto bene qui, ho dei problemi con lui." risposi.

Qualche settimana prima, Zayn sarebbe stato felice e orgoglioso di me. Avrebbe detto che avevo fatto bene a lasciarmi andare, ad uscire dal guscio.  Ci saremmo chiamati ogni giorno e ci saremmo detti tutto, come sempre.

Ma adesso faticavo a credere che quelli eravamo noi. Quei due bugiardi che si attaccavano l'uno con l’altro che eravamo diventati.

Harry alzò le sopracciglia sorpreso e poi posò entrambe le mani sulle mia braccia. "Li risolverete." cercò di rassicurarmi. Alzai il viso e lo guardai. Lui mi sorrise e una manciata di secondi dopo, mi strinse in un abbraccio.

 

Liam

Non potei credere ai miei occhi quando, dopo aver cercato con lo sguardo Niall, lo avevo trovato seduto attorno ad un tavolo. La cosa che mi sorprese, fu trovarlo a parlare con la cameriera. Quella cameriera.

Rimasi in disparte a guardare come le sue guance si acceso alla vista del sorriso di lei e quando la ragazza si allontanò, lo raggiunsi.

“Pensavo che non sarei vissuto abbastanza a lungo per vedere questa scena.” lo derisi, mentre prendevo posto di fronte a lui.

Non appena le mie parole lo raggiunsero, sollevò il viso, ancora arrossato. Non riuscì proprio a trattenere il sorriso che si fece velocemente spazio sul suo volto.

“Merito una spiegazione.” lo additai, fingendomi offeso. In realtà non avrei potuto essere più felice per lui.

Erano mesi, letteralmente mesi, che ci obbligava a frequentare quel bar solamente per vederla. Tanto che quello che era diventato col tempo il nostro ritrovo abituale.

Trovavo strano che avesse perso la testa per una ragazza della quale conosceva solo la professione.  Ma non sono il tipo di persona che esclude l’amore a prima vista solamente perchè non l’ha provato sulla propria pelle.

“Le mi ha solo.. chiesto se volevo del caffè.” mi spiegò, con un sorriso idiota stampato in faccia. “Con la differenza che questa volta le hai risposto.” lo derisi.

“Cosa avrei dovuto fare? Starmene impalato?” chiese, come se non fosse esattamente quello che aveva sempre fatto. Scossi la testa e accompagnai il gesto con una risata. “Sono felice per te.” dissi poi e lui abbassò il volto.

“Non era una proposta di matrimonio. Mi ha solo chiesto se volessi che la mia tazza di caffè fosse riempita.” Lo fece sembrare un gesto insignificante mentre, entrambi, sapevamo bene che il fatto che gli avesse rivolto parola lo aveva reso estremamente felice.

Quando lo vidi in difficoltà, ed estremamente in imbarazzo, decisi di cambiare discorso, ma lui parlò prima di me.

“Penso sia merito di Ashley, sai?” mi chiese, con una certa ammirazione nello sguardo. “Scommetto che adesso non è più una stronza irrispettosa.” lo derisi.

“Non lo è mai stata.” scosse la testa. Lo guardai accigliato. Niall era l’unico a cui Ashley non era mai andata a genio. 

Potevo capire che adesso avesse cambiato idea a causa del favore che gli aveva fatto. Ma le era così grato da ammettere di aver sempre avuto torto sul suo conto?

“E’ anche merito di Harry, se adesso sono più comprensivo nei suoi confronti.” disse. Mi mossi nervosamente sulla sedia. Perchè adesso stavamo parlando di mia sorella? E cosa centrava Harry?

“Credo che lui, dopo di te, sia stato l’unico a non giudicarla e a guardare oltre le apparenze.” disse.

Non era vero. “Dimentichi Louis.” gli feci notare. Lui fece volare la mano in aria come per scacciare le mie parole. “Lui è un cazzone. Non conta.” disse poi.

“Harry ha cercato di farla ambientare fin da subito.” Prese un sorso dalla tazza che la sua cameriera gli aveva riempito. “L’ha portata in giro per il paese, si è assicurato che la sua camera rispecchiasse i suoi desideri.. l’ha aspettata sveglio fino a tardi.”

Corrugai la fronte. “Cosa stai insinuando, Niall?” chiesi confuso. “Lo ha fatto perchè è il mio miglior amico e lei è mia sorella.” aggiunsi. Solo quando mi resi conto di quanto quella frase suonasse stupida, mi sentii altrettanto stupido.

Quale ragazzo si prende la briga di sopportare una tale ribelle solo per amicizia del fratello di questa? Dopo tutto era strano che si fosse agitato tanto quando Ashley era rientrata a casa tardi e fuori di se per quanto aveva bevuto.

Ed era altrettanto anormale che avesse sopportato il suo caratteraccio per fare un favore a me. “Stai cercando di dirmi che prova qualcosa per Ashley?” chiesi, detestando solamente il pensiero.

Gli occhi di Niall si spalancarono. “Cosa? No! Non è quello che cerco di dire!” mise le mani avanti. “E allora cosa?” chiesi ansiosamente.

Sapevo che avrei dovuto impedirgli di riaccompagnarla a casa, quel giorno. Così come avrei dovuto vietargli la gita a spasso per il paese. Eppure ero stato chiaro, gli avevo detto che doveva sognarsi di provarci con lei.

“Niente, io stavo solo ipotizzando.” si affrettò a rispondere. “Be’, non ipotizzare più.” dissi, colpendo il suo braccio con il mio pugno, in quello che doveva essere un gesto scherzoso.

Lui risucchiò un respiro e si massaggiò la zona che avevo centrato. Lo presi in giro per il fatto che fosse fragile come una femminuccia e poi cambiai definitivamente discorso.

Potevo essere anche buono e gentile, ma su mia sorella non si scherzava e non si ipotizzava.

 

Zayn

“Che cazzo ho fatto?” chiesi a me stesso, mente guardavo il display del mio cellulare, pochi secondi dopo aver terminato la chiamata con Ashley.

Lo lasciai cadere a terra e non riuscii a vederlo mentre si immergeva nella sabbia, poiché coprii gli occhi con i palmi delle mani.

Ero un fottuto stronzo. Come avevo potuto trattarla in quel modo solo perchè non riuscivo a risolvere un mio problema? 

Lei mi era sempre stata vicina. Dal giorno in cui era morta mia madre, al giorno in cui Sophie si era trasferita, al giorno in cui avevo rischiato di essere ridotto veramente male da Josh. 

E non era vero un accidente che non me ne facevo un cazzo del suo fottuto supporto morale. A dir la verità, ero perso senza quello.

Era stato difficile per me, chiamarla e dover fingere che andasse tutto bene, dovermi trattenere dal raccontarle tutto.

Ma non potevo più scaricarle addosso i miei problemi. Aveva appena dovuto affrontare una prova difficile che però, fortunatamente, l’aveva portata dall’altra parte del mondo.

Lontana da me, certo, ma pur sempre lontana da tutta la merda che c’era a Long Beach.

E adesso, che se ne stava al caldo del camino, dentro una casa a mattoncini rossi, con la sua famiglia, non potevo riportarla con la mente in quello schifo.

Si meritava una vita migliore, se l’era sempre meritata. E adesso che l’aveva, non sarei stato io a rovinargliela.

Una ragazza come lei doveva starsene alla larga da alcol, droghe, padri alcolizzati e problemi con la legge. Quindi, di conseguenza, doveva starsene alla larga da me.

Ma d’altra parte, cos’ero io senza di lei? E qualunque cosa fosse successa, noi ci saremmo sempre appartenuti. Giusto?

Io avevo sbagliato a scaricare la mia rabbia e le mie frustrazioni su di lei. Ma Ashley mi avrebbe capito, lei mi avrebbe perdonato.

Ripulii il cellulare dalla sabbia e composi frettolosamente il suo numero.

 

Ashley

Ero sicura che la familiare musica che sentivo risuonare nell’aria, provenisse dal mio cellulare, ancora ai piedi del sedile della sua auto.

Ma al momento non me ne curai. Ero troppo impegnata a percorrere con il dito, una linea invisibile attorno al contorno delle labbra di Harry.

Una manciata di secondi dopo, ebbi la fortuna di poterne testare la morbidezza.





 

E’ tardissimo, lo so. Ma dato che sono in ritardo, lo pubblico lo stesso.

Del capitolo vi dico solo che mi piace e spero che piaccia anche a voi. Invece voglio dirvi una cosa riguardante Starlight.

Mi sono resa conto di una cosa, e cioè che sono più di cinquanta capitoli, che sto anche scrivendo Just forget the world e che tra pochissimo inizia la scuola.

Quindi, voglio ancora riscriverla e pubblicarla su Wattpad, ma me la voglio prendere molto comoda, della serie che riguardo un capitolo ogni tanto, quando ho tempo.

Perciò la pubblicherò tra molto, non so fra quanto, ma sicuramente ve lo scriverò da qualche parte.

Nel frattempo vi ho fatto questa specie di guida per Wattpad, spero che ci capiate qualcosa ahaha.

Un bacio,

Michi x


 





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Trailer della storia



Tutto ciò che, all'interno della foto, è preceduto da -, è stato scritto da me.
Scusate, so che si distingue male.

Dal Computer:


Prima foto..jpeg

Seconda foto..jpeg

Terza foto..jpeg

*I numeri corrispondono al pannello che si apre se ci cliccate.

Quarta foto..jpegQuinta foto..jpeg

2.

Profilo: vi manda alla pagina del vostro profilo personale.

Inbox: dove potete trovare i messaggi che vi vengono inviati.

I miei lavori: dove potete trovare le vostre storie o pubblicarne di nuove.

La mia biblioteca: dove ci sono le storie che avete aggiunto alla vostra biblioteca.

L’elenco si divide in La mia biblioteca e Archiviata. Potete leggere le storie anche offline, ma non quelle che sono archiviate. Non so bene a cosa serva questa distizione, io metto nell’archio quelle che non sto leggendo attualmente, ma che ho intenzione di leggere.

Liste di lettura: non so a cosa serva, il mio elenco è vuoto. Penso che la differenza stia nel fatto che questa è pubblica, mentre la biblioteca è privata.

Sesta foto..jpeg 

Non sono sicura che si legga: dove trovate scritto MESSAGGIO BORDO, potete lasciarmi dei messaggi o dei commenti, spero di leggerne presto alcuni :)

Settima foto..jpeg

Ottava foto..jpeg



Dal telefono:

1.

1..jpg  2..jpg  ← pagina scopri.

- Ottenete questa schermata cliccando sulle tre righette che in questa foto sono leggermente nascoste, in alto a sinistra.

La campanella: sono le notifiche.

La lettera: i messaggi.

Biblioteca: i libri che avete aggiunto alla vostra biblioteca.

Scopri: dove trovate la barra di ricerca, le storie di tendenza, le storie che potrebbero interessarvi, ecc.

Elenchi di lettura: come ho spiegato anche prima, non so a cosa serve, creco che la differenza fra questo e la biblioteca, sia che il primo è pubblico, mentre la seconda è privata.

Novità: notifiiche riguardanti le persone e le storie che seguite.

Crea: dove potete pubblicare le vostre storie.

 

2.

3..jpg

- Quando selezionate una storia, vi si apre questa pagina iniziale, dove potete leggerne la trama.

E se vi piace, con la freccettina, la potete condividere. Con il più la potete aggiungere alla vostra biblioteca. Mentre con il tasto leggi, potete ovviamente inizare a leggerla.

 

3.

4..jpg

- Se decidete di leggerla, vi si caricheranno i capitoli. In questo caso, la storia inizia con il Prologo.

Solamente se cliccate su Aa, si apre un pannello di formattazione, dal quale potete decidere voi il carattere, la sua grandezza ed il colore della pagina.

Se invece cliccate su quele tre righette, in alto a destra, si apre questo:

5..jpg

Da qui potete scorrere i capitoli e scegliere quello che volete leggere.

4.

6..jpg

- La cosa carina di questa applicazione, è che potete commentare la singola frase.

Quindi potete dire quello che pensate di quello che succede, senza dover aspettare di dirlo nella recensione finale.

Basta selezionare il paragrafo, la frase o la parola e poi cliccare su commenta.

La pagina che si aprirà, sarà questa:

7..jpg

*Non perderete assolutamente il segno.
 

5.

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Attraverso la barra situata in basso, potete commentare, votare e condividere il capitolo.

Da scrittrice, vi chiedo di votare sempre. Non solo le mie storie, ma in generale.

Poiché ci vuole un secondo e per una scrittrice è molto importante.


Spero che ci abbiate capito qualcosa e che io vi sia stata d'aiuto, se così non fosse, sentitevi libere di chiedermi qualsiasi chiarimento :)






 

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Capitolo 38
*** I don't deserve you. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
Capitolo 38..png
I don't deserve you.

 

“And if the night is burning,
I will cover my eyes."


 

Ashley

 

"Adesso che sto bene qui, ho dei problemi con lui." risposi.

Harry alzò le sopracciglia, piacevolmente sorpreso dal fatto che avessi appena inconsciamente ammesso di stare bene lì. Ed era così, stavo finalmente bene. 

Non era facile accettare il cambiamento abnorme che la mia vita aveva subito, ma me la stavo cavando meglio del previsto.

Posò entrambe le mani sulle mie braccia. "Li risolverete." cercò di rassicurarmi. Alzai il viso e lo guardai. Lui mi sorrise e una manciata di secondi dopo, mi strinse in un abbraccio.

Impiegai qualche istante a rilassarmi sotto al suo tocco, dopo di che ricambiai il gesto.

Non mi importava se rischiavo di mettere a dura prova il mio cuore, il quale era già stato infortunato per troppe volte.

Adesso avevo bisogno di quello. Avevo bisogno delle sue braccia attorno al mio corpo e delle sue parole di conforto. Avevo bisogno di lui.

Alzai il viso e poggiai il mento contro il suo petto. Lui abbassò lo sguardo, alla ricerca del mio.

Ma i miei occhi osservavano un'altra cosa. Le sue labbra, arrossate dal freddo, erano la cosa più perfetta che io avessi mai visto. Il soggetto più bello che avessi mai disegnato.

Quasi inconsciamente, alzai una mano e lui non sciolse l’abbraccio quando posai le mie dita sul suo viso.

Ero sicura che la familiare musica che sentivo risuonare nell’aria, provenisse dal mio cellulare, ancora ai piedi del sedile della sua auto.

Ma al momento non me ne curai. Ero troppo impegnata a percorrere con il dito, una linea invisibile attorno al contorno delle labbra di Harry.

Una manciata di secondi dopo, ebbi la fortuna di poterne testare la morbidezza. Mi alzai sulle punte per poterne godere il più possibile.

La stretta delle sue braccia, attorno alla mia vita, si intensificò. Adesso entrambe le mie mani erano sul suo viso e piano, piano si spostavano dietro al suo collo.

Si abbassò ancora, intensificando il bacio e mi attirò di più a se, annullando il poco spazio che ci divideva.

Lo interruppi per riprendere fiato e poggiai la tempia contro la sua guancia. Questa volta sapevo cosa stavo facendo e non mi importava. Volevo farlo e basta.

Mi baciò una guancia e quando mi voltai, trovai nuovamente le sue labbra. Ci sfiorammo solamente e tutto, compresi noi due, sembrò fermarsi. L'unico rumore udibile sembrava essere quello dei nostri respiri irregolari.

Era assurdo come io continuassi a negare a me stessa quello che provavo per lui, quando ogni volta che lo avevo vicino, desideravo baciarlo.

Eppure non ero certa di conoscere a fondo quei sentimenti. Forse ero solamente attratta da lui, poiché era innegabilmente un bel ragazzo. Ma io sapevo che era qualcosa di più.

"Forse dovremmo.." iniziò. Mi schiarii la voce. "Tornare a casa?" chiesi, pentendomi di aver aperto bocca non appena udii la mia voce tremolante fuoriuscire dalle mie labbra arrossate.

"Si, penso di si." mormorò. "Si." mi allontanai e quando riportai il mio sguardo sul suo viso, aveva gli occhi chiusi. Stavo per chiedergli se si sentisse bene, quando le sue labbra si schiusero in un sorriso impagabile.

"Andiamo." disse poi, mentre riapriva gli occhi e mi prendeva per mano. Glielo lasciai fare. Lo lasciai attraversare i miei muri senza opporre più resistenza.

Per quanto mi riguardava, quel bacio, li aveva definitivamente spazzati via.

 

"Ashley, il telefono." mi ricordò Harry, mentre scendevamo di macchina. Riaprii la portiera e lo recuperai ai piedi del sedile.

Raggiunsi Harry, il quale mi aveva aspettata sul marciapiede e sbloccai il display del cellulare. Solo quando vidi le chiamate perse, ricordai che lo avevo sentito suonare.

"Merda." mormorai. Harry si voltò a guardarmi con aria preoccupata. "Che succede?" mi chiese. "Zayn." risposi. E il suo nome mi cadde dalle labbra un secondo prima che io iniziassi a comporre il suo numero.

Portai il cellulare all'orecchio ed Harry mi guardò mentre mi mordevo con ansia il labbro inferiore, in attesa di sentire la sua voce.

Sapevo che probabilmente si aspettava che lo seguissi in casa, ma quando non lo feci, non ne sembrò troppo sorpreso.

Nessuno veniva priva di Zayn, per me. Nessuno. E per fortuna ad Harry non sembrò dispiacere. Col sorriso disegnato sulle labbra, mi informò che mi avrebbe aspettata in casa.

"Ashley." Il mio cuore perse un battito al suono della sua voce devastata.

"Zayn! Va tutto bene? Mi dispiace, avevo il telefono silenzioso.” mentii. "Stai bene? È successo qualcosa?" chiesi, così in fretta che dubitai che fossi riuscita a scandire decentemente le due domande.

"Vuoi sapere cos'è successo?" chiese, la voce ridotta ad un mormorio a malapena udibile.

Quindi era successo qualcosa? Decisi di non lasciar entrare le ipotesi negative nella mia mente e di lasciarlo rispondere alla domanda che gli rivolsi un secondo dopo. "Cos'è successo?"

"È successo che non ti merito." Corrugai la fronte accigliata. Avrei preferito che mi avesse detto che si era imbattuto in Dean e che gli aveva spaccato la faccia.

"Ho messo in discussione il tuo supporto, quando è l'unica cosa che mi permette di andare avanti, e tu invece di essere arrabbiata, ti preoccupi per me." mi spiegò.

Sospirai e mi sedetti sul muretto appena fuori casa. Mi aveva senza dubbio ferita, ma sapevo che non pensava ciò che diceva, che era solamente annebbiato dalla rabbia.

Provai comunque sollievo nel sentigli dire ad alta voce che il mio supporto gli era ancora d'aiuto. "Mi preoccuperò sempre per te, indipendentemente dalle circostanze." gli assicurai. "E io non lo merito.” insistette.

"Tu meriti tutto l'amore del mondo, Zayn." dissi, pensando ogni singola parola. "Così come tua sorella. E ti fa onore il fatto che tu voglia darle l'occasione di riceverlo." 

Sentii il suo respiro liberarsi in un sospiro irregolare. Se si fosse messo a piangere, sarei salita sul primo aereo. "Ho paura di non riuscirci." disse. "Ti fidi di me?” gli chiesi. "Come di nessun altro." rispose. 

"Ci riuscirai, Zayn."

 

Liam

 

Posai l'ultimo piatto sulla tavola e mi affacciai in corridoio per vedere chi era appena entrato.

Riconobbi la figura di Harry sull'ingresso e mi avvicinai a lui mentre mi chiedevo dove fosse mia sorella. Erano stati insieme quel pomeriggio. Per tutto quanto il pomeriggio.

"Ehi." lo salutai, poggiando la spalla contro il muro. Alzò lo sguardo e dopo aver appeso il cappotto, ricambiò il saluto.

"Dov'è Ashley?" chiesi. “Fuori, è al telefono.” rispose, mentre sfilava le scarpe. "Uhm. E che avete fatto oggi?" proseguii con il mio interrogatorio.

"Niente di che." rispose frettolosamente. "E tu?” chiese, cambiando discorso. Perché non voleva dirmi cosa avevano fatto? Avrei dovuto preoccuparmi?

Misi a tacere quei pensieri. Era il mio miglior amico, non si sarebbe mai permesso di provarci con lei senza prima averne parlato con me.

"Il solito." risposi, con aria disinvolta. Non avevo niente da temere. Voglio dire, era il mio miglior amico, se non di lui, di chi potevo fidarmi?

"Hai parlato, ehm, con Niall?" si schiarì la voce e si avvicinò a me. Lo conoscevo abbastanza bene da sapere che mi stava nascondendo qualcosa, ma mi costrinsi a scacciare quel pensiero.

"Si. Perché?" chiesi, corrugando la fronte. "Niente." si strinse nelle spalle. "Conversazione interessante?" chiese, grattandosi il mento.

Ero stufo. "Harry, posso sapere cosa.." iniziai, ma la porta si aprì prima che potessi chiedergli che cosa mi stesse nascondendo.

Un’Ashley sorridente sospirò per il sollievo causato dal calore che emanava il camino. "Fra quanto si mangia? Muoio di fame." Si tolse il cappotto e si voltò a guardarci.

Non potei fare a meno di vedere le labbra di Harry schiudersi in un sorriso spontaneo, alla vista di quello di Ashley.

Non c'era bisogno che mi dicesse che cosa mi stava nascondendo. Se avessi aperto gli occhi, lo avrei scoperto da solo.

 

Ashley

 

"Domani c'è scuola, Ashley." disse Christopher, quando gli chiesi il permesso di uscire.

"Lo so, ma non ho intenzione di fare tardi." Presi un sorso d'acqua. "Promesso." aggiunsi, con uno sguardo persuasivo che lo convinse.

“Sarà meglio per te se rispetti il corpifuoco, signorina.” mi additò con ironia. La figura di padre severo non gli si addiceva proprio. Scossi la testa divertita.

"Ah, mi sono dimenticato di questa." disse improvvisamente, allungandosi indietro per recuperare una lettera dal mobile della cucina.

Me la passò ed io la posai sulle gambe senza neanche guardarla. Sapevo di chi era. L’avrei messa insieme a tutte le altre.

Ringraziai Ruth, la quale mi aveva appena tolto il piatto sporco e mi alzai, informando Christopher che sarei uscita dopo essermi cambiata.

 

Nonostante la temperatura si fosse alzata, la sera continuava a fare freddo. Perciò optai per una maglia pesante, un paio di jeans e degli scarponcini.

Ero intenta a legarmi i capelli in una coda, quando qualcuno bussò alla mia porta. "Sono io." Quando riconobbi la voce di Liam, gli diedi il permesso di entrare.

"Mi chiedevo se avessi bisogno di un passaggio." disse, mentre andava a sedersi sul mio letto. "No, non c'è n'è bisogno." lo assicurai. “Ma grazie." gli sorrisi.

Quando tornai di fronte allo specchio, mi guardai e mi chiesi chi fosse quella ragazza tanto gentile che aveva appena sorriso al ragazzo che era suo fratello da poco più di due mesi.

"È sera." controbatté, poco convinto del mio rifiuto alla sua proposta. "Abbiamo cenato presto. Fuori non è così buio." gli feci notare. Il suo sguardo si spostò sulla finestra.

Sospirò. "Fammi sapere se cambi idea." disse, mentre si alzava. "Anche se sono certo che non succederà." sorrise, mentre chiudeva la porta alle sue spalle. Non aveva tutti i torti.

Abbondai con il mascara sulle mie ciglia e dopo aver tolto il cellulare dalla carica, mi diressi fuori dalla stanza.

Non appena aprii la porta, mi imbattei nel corpo di Harry, il quale sembrava che avesse avuto l'intenzione di bussare alla mia stanza.

Schiusi le labbra per parlare, ma lui mi precedette. "Non mi importa se hai rifiutato il passaggio di Liam. Accetterai il mio." mi additò, con aria divertita. "No." risposi, mantenendo la mia posizione.

"Ashley." mi riprese, corrugando la fronte. "Il bar è vicino e a dir la verità se mi lasci passare, riesco a raggiungerlo prima che faccia completamente buio." gli feci notare.

"È meglio se ti lasci accompagnare." insistette. "Hai paura che un vecchietto mi investa? Perché è questo il massimo che può accadermi a Wolverhampton." incalzai acidamente.

"Non sto scherzando, Ashley." ribatté. "Neanche io." Cosa credeva? Che siccome ci eravamo baciati, adesso dovevo chiedere il suo permesso per uscire la sera? Se la pensava così, aveva visto un bel film.

"Non voglio litigare." premise. "Neanche io. Lasciami passare." dissi, avanzando di quel poco che fece svanire completamente la distanza fra noi.

Sospirò e rimase in silenzio fino a quando io non gli sorrisi, con l’intenzione di alleggerire la tensione. “Sta attenta." disse infine, prima di baciarmi una guancia.

La pelle continuò a formicolarmi fino a quando non scesi l’ultimo gradino della scala che mi portò al piano terra.

 

Mi guardai intorno ed attraversai la strada, poiché delle auto non c'era neanche l'ombra e sembrava non esserci anima viva.

In realtà questo fatto non mi tranquillizzò, anzi. Il paese, così immerso nel silenzio, aveva un'aria inquietante che mi spinse ad aumentare il passo.

Mi strinsi nel cappotto quando l'aria fredda si insinuò al di sotto del tessuto e mi maledissi per non essermi fatta accompagnare in auto. Ma iniziai seriamente a pentirmene quando, alle mie spalle, udii dei passi veloci. 

Il mio cuore iniziò a battermi forte nel petto, ma mi costrinsi ad ignorare quella pessima sensazione e a concentrarmi sulla poca strada che mi divideva dal bar.

Imprecai mentalmente contro Harry per avermi fatto sprecare tempo, ero uscita di casa più tardi e la notte aveva già sovrastato l'intero paese.

Con la coda dell'occhio vidi un'ombra attraversare il riflesso del lampione. Mi convinsi che era inutile allarmarsi. 

Chiunque fosse, non sarebbe venuto ad infastidire proprio me. E poi io ero nata a Long Beach, ero abituata a questo genere di cose. No?

Provai sollievo quando non sentii più nessun rumore. Forse aveva cambiato strada. Fu più forte di me, dovetti voltarmi per accertarmene. Non c’era nessuno.

Quando riportai lo sguardo di fronte a me, Dio solo sa quanto urlai.

 

 

Non uccidetemi per aver fatto finire il capitolo in questo modo ahahaha.

Prometto che se il capitolo riceve un po’ di recensioni, domani, cioè oggi dato che è passata la mezzanotte, insomma il 14, ne pubblicherò un altro.

Se questo non dovesse accadere, auguro adesso un buon rientro a scuola a chi, come me, ricomincia lunedì.

Grazie per tutto l’affetto che mi dimostrate sempre, siete in assoluto le migliori.

Un bacio,

Michi x

 

 



 

 

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Capitolo 39
*** It is necessary? ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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It is necessary?

 

“I can't control it,
I know it's taking over me.”

 

Provai sollievo quando non sentii più nessun rumore. Forse aveva cambiato strada. Fu più forte di me, dovetti voltarmi per accertarmene. Non c’era nessuno.

Quando riportai lo sguardo di fronte a me, Dio solo sa quanto urlai.  "Ehi, tranquilla.” disse, il ragazzo che mi ero ritrovata improvvisamente di fronte. 

Nonostante il sorriso rassicurante che mi rivolse, scansai le sue mani, quando queste provarono a posarsi sulle mie spalle.

Indietreggiai di un paio di passi e portai una mano sul cuore, con l'intenzione di evitare che mi uscisse dal petto.

Mi ero voltata e il suo corpo era ad un paio di centimetri dal mio. Ero morta di paura, perché non l'avevo sentito arrivare. Pensavo che i passi si fossero allontanati, dal momento che non li avevo più sentiti.

Per un attimo avevo avuto paura che mi avesse trovata, che fosse lui. Dean. Ma il ragazzo che mi guardava, ancora sorridente, non era lui. Grazie al cielo.

Mi era familiare. Indossava una felpa blu, della quale il cappuccio era sollevato così da lasciar visibile solamente qualche ciuffo castano.

Nonostante la poca luce, potevo scorgere i tatuaggi colorati che fuoriuscivano dal colletto della sua maglietta bianca.

E quelli, insieme al cerchietto di metallo che gli circondava il labbro inferiore, mi fecero pensare a Long Bech. Ma lui lo avevo conosciuto a Wolverhampton, adesso lo ricordavo.

"Cameron." dissi, ancora senza fiato per lo spavento. “Cam, per gli amici." schiuse le labbra in un sorriso affascinante.

La paura che avevo provato inizialmente, venne spazzata via al ricordo della sua gentilezza.  Era stato carino con me, quando ero stata da lui per fare il tatuaggio e ricordavo che lo avevo trovato fin da subito un ragazzo simpatico.

"Mi hai spaventata." risi in imbarazzo, arrossendo al ricordo dell'urlo che aveva lasciato le mie labbra non appena me lo ero trovato davanti.

"L'ho visto." mi derise. "Non pensavo di essere così spaventoso." si finse offeso. "Non è colpa tua. È il buio.. il silenzio." dissi, gesticolando.

"Dove stavi andando, tutta sola?" chiese, mentre invece io mi chiedevo come facesse a non morire dal freddo, visto che indossava semplicemente una felpa.

"Ehm, io stavo andando.. conosci il Rammer Jammer?" chiesi. E lui annuì. "Be', lì." risposi, dondolandomi sui talloni. Mi stava simpatico e tutto, ma la sua presenza non alleviava il freddo e volevo davvero entrare in quel bar.

"Ti accompagno." propose. "Così eviti di stordire qualcun altro con le tue urla.” scherzò. "Il buio fa meno paura se si attraversa in due." mi fece un occhiolino ed io non ebbi il coraggio di negargli un si.

Iniziò a camminare ed io lo affiancai. "È guarito il tatuaggio?” chiese, voltandosi a guardarmi. "Si, è perfetto." risposi. "Te lo farei vedere, ma muoio di freddo e non ho intenzione di sollevare la manica del cappotto." risi, contagiando anche lui.

"Non preoccuparti. Avremo altre occasioni." disse, rivolgendomi un secondo occhiolino. Abbassai lo sguardo imbarazzata e lo rialzai solamente una volta arrivata all'ingresso del bar.

"Potremmo vederci.. qualche volta." disse titubante, mentre infilava le mani nelle tasche dei jeans. Non riuscii a fermare la reazione automatica che quelle parole scatenarono in me. Schiusi le labbra e dilatai leggermente gli occhi per la sorpresa.

"Oh Dio, scusami. Dimenticavo che tu ed Harry.." iniziò, ma io lo interruppi. "Io ed Harry non stiamo insieme." ci tenni a precisare. 

Ma dopo averlo fatto, mi sentii strana. Quasi in colpa.  Ma dopo tutto era vero, no Tre baci non sono di certo una promessa di matrimonio.

"Davvero?" Il suo sguardo si illuminò. Annuii. Non importava quanto fosse vero, mi ero pentita di averlo detto. Non ne conoscevo il motivo, sapevo solo che adesso mi erano entrati nella mente gli occhi verdi e delusi di Harry.

"Be', allora non si arrabbierà se ti chiedo il numero di telefono." mi sorrise. "No, suppongo di no." ipotizzai. Si sarebbe arrabbiato? Sarebbe stato.. geloso di me? 

Forse ad Harry non importava tanto quanto io credevo. Magari stavo dando troppo peso alla cosa. Perciò mi limitai a digitare sul suo telefono il mio numero e ad entrare finalmente nel bar, al caldo.

 

Solamente quando Louis mi passò a fianco senza degnarmi di uno sguardo, ricordai l'ennesima stronzata che avevo fatto. E cioè scaricare le mie colpe e le mie frustrazioni su di lui, senza nemmeno un valido motivo.

"Louis?" lo chiamai. Ma lui, ovviamente, non si voltò. Le lezioni stavano per iniziare, ma poco mi importava, decisi di seguirlo e aumentai il mio passo.

"Possiamo parlare?" gli chiesi, quando lo raggiunsi. Lui sembrò non sentirmi, non spostò neanche lo sguardo su di me.

"Louis, per favore." circondai il suo polso con le dita, ma lui si liberò velocemente della mia presa. "Che c'è? Sei l'unica che può avere il privilegio di scappare e di ignorare le persone?" chiese, decidendo finalmente di fermarsi.

Sospirai. "Certo che no. Voglio solo spiegarti il motivo per cui l'ho fatto." dissi. Ma lui si voltò, rifiutandosi di ascoltarmi.

"Senti, non è da me rincorrere le persone per scusarmi. Quindi fammi il fottuto piacere di starmi a sentire!" esclamai seccata. Riuscii a vederlo mentre lottava contro un sorriso divertito.

"Avevo appena litigato con Zayn e tu sai quanto lui sia importante per me." iniziai a spiegare. "Ero fuori di me ed ho sbagliato ad incolparti." ripresi. 

"Sto ancora aspettando le scuse per cui ti sei presa la briga di rincorrermi." disse e dal suo tono di voce capii che mi aveva già perdonata.

Sorrisi sollevata. "Scusami Louis." lo accontentai. E le sue labbra sottili si schiusero in un sorriso.

Il suo braccio circondò le mie spalle, come di consuetudine. “Ammetti che non è colpa mia se sei un'ubriacona?" chiese divertito, facendomi alzare gli occhi al cielo.

"Lo ammetto." risi. "Da domani solo succhi di frutta per te." continuò a deridermi, mentre ci dirigevano a lezione.

 

Harry

 

Mi costrinsi a distogliere lo sguardo dal tavolo a cui sedevano Ashley, la mia ex ragazza e lo stronzo che aveva fatto si che la parola ex precedesse la parola ragazza.

Mi chiedevo per quale motivo, dopo tutto, Ashley sedesse ancora con loro. Voglio dire, Katy si era rivelata una sfruttatrice doppiogiochista e Louis era parte della causa di tutti i suoi danni.

Raggiunsi velocemente Niall al nostro solito tavolo. Dovevo chiedergli se aveva parlato con Liam prima che quest'ultimo e Sophie ci raggiungessero. 

"Allora?" chiesi impaziente, ancora prima di prendere posto di fronte a lui. "Glielo hai detto?" chiesi ancora.

"Si, ho provato a dirglielo." rispose. "E sai cosa? Adesso ho un livido enorme sul braccio.” mi informò seccato. Corrugai la fronte accigliato."Perché? Che è successo?" chiesi ansioso.

"Ho solamente ipotizzato che a te potesse piacere sua sorella e questo è il risultato." si indicò la spalla, nonostante essa fosse coperta dal tessuto della felpa verde.

"Perché ti ha colpito?" chiesi confuso. "Evidentemente non gli piacciono le ipotesi." farfugliò.

Schiusi le labbra, con l'intenzione di rivolgergli un’altra domanda, quando sentii qualcuno toccarmi la schiena.

Mi volta giusto in tempo per vedere Sophie prendere posto al mio fianco e Liam, sedersi invece di fronte a noi.

La bionda si sporse verso di me e mi lasciò un bacio sulla guancia. Io, stupidamente, cercai con lo sguardo Ashley.

La trovai che rideva, probabilmente ad una stupida battuta di Louis. E comunque, anche se avesse visto, dubitavo che le sarebbe importato.

 

Ashley

 

Quando uscii di casa, il cielo era coperto e grigio saturo. Ma io non mi lasciai scoraggiare e riuscii a raggiungere il Rammer Jammer prima che iniziasse a piovere. 

Mi sedetti e dopo aver ordinato una tazza di caffè, iniziai a massaggiare con Zayn, il quale era diventato più ottimista sulla storia riguardante l’affidamento di sua sorella.

"Posso farti compagnia?" Alzai il viso ed incontrai quello sorridente di Grace. "Certamente." ricambiai il sorriso. Spostò la sedia di fronte a me e si sedette. "Ho finito adesso il mio turno." mi spiegò.

"E ho pensato di venirti a sollevare l'umore, dato che sembri parecchio giù." riprese. Non ero affatto di cattivo umore, ero solamente pensierosa. Ma non avevo voglia di darle spiegazioni, perciò cambiai discorso.

"Progressi con Niall?" chiesi, prima di prendere un sorso di caffè. I suoi occhi si illuminarono non appena pronunciai il suo nome. Ma non glielo feci notare poiché, sicuro come la morte, l'avrebbe negato.

"Decisamente si." rispose entusiasta. "Mi ha risposto quando gli ho chiesto se potevo prendere la sua ordinazione." rise. "Ma non sa ancora come mi chiamo." aggiunse divertita. 

“Non dirglielo." le dissi. Lei corrugò la fronte confusa. "Lascia che sia lui a chiedertelo. Ci tiene a questa cosa." le spiegai. Seguirono secondi di silenzio, durante i quali Grace mi guardò con aria stranita.

"Da quando, Ashley," iniziò, "ti importa di cosa sta a cuore agli inglesi?" chiese, facendomi ridere per la scelta di parole. Non aveva tutti i torti, due mesi prima mi importava solamente degli americani. Di uno solo, in realtà.

"Da quando ho scoperto di essere una di loro." risposi, sorprendendo entrambe.

 

Quando il cellulare vibrò, contro la tasca dei miei jeans, non ci feci molto caso. 

Ero occupata a ridere di Grace, la quale mi aveva raccontato della figuraccia che aveva fatto con un cliente.

Ma arrivarono altri messaggi e la vibrazione iniziò a darmi sui nervi. Così, quando Grace annunciò che sarebbe andata al bagno, mi decisi ad aprirli.

Il mio cuore perse un battito alla vista del suo nome. Erano quasi due giorni che non mi inviava messaggi.

Con il dito sospeso sopra il display, meditai sulla cosa giusta da fare. Avrei dovuto semplicemente cancellarlo, ma infine optai per rimandarne semplicemente la lettura.

Notai con sollievo che gli altri messaggi non erano suoi. Uno era di Judy. Nei giorni precedenti mi aveva chiamata ed avevamo chiarito il piccolo litigio che avevamo avuto. 

Nel messaggio mi chiedeva se stessi bene e mi prometteva che avrebbe fatto il possibile per aiutare Zayn.

Pensai che mia madre fosse stata fortunata ad aver trovato un’amica come lei. Non l'aveva abbandonata neanche dopo la sua morte, mantenendo la promessa di prendersi cura di me.

Il terzo messaggio era di Zayn, ma non l'aprii, poiché un altro nome aveva catturato la mia attenzione. Era di Cameron. 

Non sapevo come sentirmi riguardo a quella situazione. Voleva uscire con me. Era questo che intendeva con potremmo vederci qualche volta, no?

E io volevo uscire con lui? Ma soprattutto, perché mentre cercavo una risposta, nella mia mente affioravano un paio di occhi verdi?

Scacciai ogni singolo pensiero e mi decisi ad aprire il messaggio.

 

Ciao, ragazza che vaga di notte per le strade dell’Inghilterra. 

Come stai? :)

Cam x 

 

 

"Ciao." mi sorrise Ruth, non appena entrai in casa. Ricambiai il saluto e dopo un breve scambio di parole, salii al piano di sopra. Avevo continuato a massaggiare con Cam durante tutto il tragitto di ritorno a casa.

Fino a quando, dopo avermi ricoperta di complimenti, mi aveva chiesto se la sera fossi stata disposta a uscire, senza impegno - si era assicurato di sottolineare - con lui. Non gli avevo ancora risposto.

Quando passai di fronte alla stanza degli ospiti e quindi, ancora per un giorno, quella di Harry, notai che la porta era aperta.

Distolsi lo sguardo non appena lo vidi, sdraiato sul letto a pancia sotto, il viso rivolto verso la porta. Anche lui vide me e quando proseguii lungo il corridoio, lo sentii scendere dal letto.

"Ashley?" mi chiamò. Mi voltai e lo vidi sulla soglia della sua stanza, in una tuta sgualcita, con i ricci a ricoprirgli la fronte.  Scacciai la vocina che continuava a chiedersi quanto fosse adorabile.

"Mh?" risposi. "Non che voglia farmi gli affari tuoi.” disse, come premette chi si accinge a farseli. "Ma devo chiederti una cosa." aggiunse.

Incrociai le braccia al petto, sapendo già che mi sarei pentita di avergli dato l'occasione di farmi quella domanda. "È necessario che tu ti sieda ogni giorno con Katy e Louis?” chiese, con una naturalezza assurda.

Come se mi avesse appena chiesto che cosa avevo intenzione di mangiare a cena. Quando in realtà mi aveva posto quella domanda come se lui volesse controllarmi.

Ancora non l'aveva capito che avrei continuato a fare esattamente quello che volevo? Ero cambiata, lo ammettevo, ma ero sempre libera di prendere da sola le mie decisioni.

"Si, è necessario." risposi seccata. "Perché, tu cosa proponevi? Che mi sedessi a scambiare due chiacchiere con Sophie?” chiesi ironicamente.

Al suono del nome della sua miglior amica, distolse lo sguardo irritato. Era intoccabile, a quanto pareva.

"Sai non sarebbe un'idea così terribile. A lei farebbe piacere." disse, cercando di mantenere la calma. "A me farebbe ribrezzo." controbattei, con tono tagliente.

"Adesso esageri." fece un paio di passi verso di me. "No, tu esageri." dissi. "Penso anche io che Katy sia una stronza. Ma Louis è mio amico e si, necessito di sedermi con lui.” puntualizzai.

Una risata di scherno lasciò le sue labbra piene. "Non essere ridicola. Ne puoi fare a meno." mi derise. Corrugai la fronte accigliata. Quando era diventato così?

"Posso fare a meno di tante cose." controbattei. "E anche di tante persone." aggiunsi con tono tagliente, prima di voltarmi e dirigermi verso camera mia.

Chiusi la porta alle mie spalle e sbloccai il display del mio cellulare.

 

Certo. A che ora vieni? 

Ashley x

 




Molte di voi, giustamente direi, hanno pensato che si trattasse di Dean, ma no, era Cameron.

Ve lo ricordate? Il tizio amico di Harry che le ha fatto il tatuaggio.

Lei in realtà non vuole davvero uscirci, ma per dispetto ad Harry, accetta l’invito.

Una bambina di tre anni in poche parole, ahahaha.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto :)

Un bacio,

Michi x

 

P.s: Grazie a tutte per le recensioni, amo sapere cosa pensate dei personaggi e delle cose che gli accadono.






 

Capitolo 39..png

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Capitolo 40
*** Mitchell. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.

Mitchell.

 

“My armor is made of steel.
You cant get it.”


 

Harry

 

Che cosa avrebbe dovuto significare? Cosa insinuava quando aveva detto che poteva fare a meno di tante persone? Parlava di me? Certo che parlava di me.

Aprii il borsone ed iniziai a riporci i miei vestiti poiché, il giorno dopo, sarebbero tornati mia madre e Robin.

Quando finii, mi tenni occupato con la piccola televisione che c’era nella mia stanza. Ma neanche questo mi aiutò a tranquillizzarmi. 

Ero un fascio di nervi e stavo lottando contro il mio corpo per impedirgli di uscire dalla stanza e correre da Ashley.

Ma sapevo che, se l'avessi fatto, avremmo continuato a litigare e ad essere sinceri, ne ero stufo.

Va bene, forse non avrei dovuto fargli quella domanda. Ma dannazione, lei sapeva quanto entrambi i suoi nuovi amici mi avessero ferito. Ma era anche vero che questo a lei, molto probabilmente, non interessava.

Riuscii a trattenermi fino all'ora di cena e intorno alle otto, decisi di scendere al piano terra. Una volta terminate le scale, percorsi il corridoio che mi avrebbe condotto alla cucina.

Avevo fame, ma sapevo che mi attendeva la pessima cucina di Lauren, perciò non ne ero poi così entusiasta.

"Harry." una voce solare insorse alle mie spalle e quando mi voltai feci fatica a credere ai miei occhi. Cameron era seduto sul divano di Liam.

Corrugai la fronte confuso, mentre lui continuava a guardarmi sorridente. "Tu che.. che ci fai qui?" chiesi accigliato.  "Sono venuto a prendere Ashley." disse, come se la risposta fosse stata ovvia.

Dovetti farmelo dire una seconda volta e forse, per comprenderlo del tutto, avrei avuto bisogno di una terza.

Rimasi semplicemente fermo immobile, a chiedermi se quella fosse una specie di proiezione della mia mente o qualcosa del genere.

Ma lui era veramente lì, non si toglieva quel sorriso dalle labbra e aspettava Ashley, perché era venuto a prenderla.

Che cazzo voleva dire che era venuto a prenderla? Per portarla dove? Che avesse deciso di fare un altro tatuaggio? Impossibile. Non alle otto di sera comunque.

La portava fuori? A cena magari. E da quando uscivano insieme? Si erano visti solamente una volta. Giusto? O mi ero perso qualcosa?

La testa mi sbatteva e non avevo idea di cosa dire o fare. "È un problema, amico?” chiese titubante. "Ashley mi ha detto che fra voi non c'è niente. È così, vero?” chiese.

Le mie labbra si schiusero e tutto l'ossigeno che c'era nella stanza, venne come risucchiato, lasciandomi senza fiato.

Era questo che pensava? Che fra noi non ci fosse assolutamente niente? E dopo avermi baciato, più di una volta, usciva con un ragazzo? Un ragazzo che non ero io?

Ragazzo che, fra parentesi, ero stato io a presentargli. Per quale dannato motivo lo avevo fatto?

Mi aveva ferito. Poteva sembrare patetico e forse ero ridicolo, ma quelle parole mi avevano ferito davvero.

Poche ore prima, quando aveva insinuato di poter fare a meno di me, lo avevo dubitato. Ma adesso ne ero certo. A lei non importava di me.

Sentii i suoi passi scendere le scale e quando mi voltai, incontrai il suo sguardo. Schiuse le labbra, ma non disse niente. Posò gli occhi su Cameron e poi li inchiodò su di me.

"Si, è così." risposi.

 

Ashley

 

Più passavano i minuti e più mi pentivo dell'ennesimo casino in cui mi ero cacciata. Questa volta non con Christopher, il quale era al corrente del mio, chiamiamolo, appuntamento.

Ma con Harry. E qualcosa mi faceva pensare che fosse mille volte peggio. Avevo visto il suo sguardo spento come non mai. Sembrava così.. addolorato.

"A cosa pensi, bambina?" chiese Cameron, distogliendo per un momento lo sguardo dalla strada. Rabbrividii a quel nomignolo. Dean mi chiamava così.

Sforzai un sorriso e scossi la testa. "A niente." risposi. "Dove andiamo?" chiesi, osservando la strada sconosciuta.

Ero a Wolverhampton da quasi due mesi e mezzo e le mie conoscenze geografiche  andavano da casa a scuola e da scuola al bar di Grace.

No, un momento. Ero stata anche ad un centro commerciale, per comprare il vestito per il matrimonio di Anne e al bar dove lavorava sua figlia, Gemma, la sorella di Harry.

Già, Harry. Questa volta cosa avrei dovuto fare per farmi perdonare? Perché ero un tale disastro?

"Vedrai." rispose, sfoderando un sorriso affascinante. Cameron era un bel tipo e i suoi tatuaggi, insieme ai suoi piercing, mi riportavano alla mente Long Beach e mi facevano sentire a casa.

Ma ormai, nonostante anche lui fosse tatuato, mi ero abituata all’aria da bravo ragazzo che possedeva Harry. Invece, Cameron, quella sera aveva la barba di qualche giorno. Niente a che fare con le guance lisce di Harry.

E mi mancava la sua risata genuina, i suoi occhi verdi e le sue labbra piene. Non mi ero accorta di quanto mi fossi avvicinata a lui, fino a quando non mi ero ritrovata ad essergli lontana.

"Merda." mormorò Cam, riportandomi con la mente nella sua auto. "Che succede?" chiesi.

"Piove." farfugliò seccato. Non mi ero neanche resa conto del rumore che le gocce d'acqua emettevano quando si infrangevano contro il vetro dei finestrini.

"Pazienza." sospirai. Dopo tutto non era una novità. Pioveva tutto il tempo a Wolverhampton. "Per fortuna ceneremo al coperto." dissi, facendo seguire alle mie parole una piccola risata. Lui non disse niente.

Mi chiesi perché d'un tratto fosse diventato così silenzioso. Quando mi aveva accompagnata al bar, non aveva chiuso un attimo la bocca.

Mi sentivo in imbarazzo con l'auto immersa in quel silenzio e ogni cellula del mio corpo voleva chiedergli di riportarmi a casa.

Mi strinsi nella felpa e spostai il mio sguardo fuori dal finestrino. Sembrava che stessimo uscendo dal paese, dirigendoci verso la periferia.

I campi stavano sostituendo piano, piano le case e al di là di essi, affioravano boschi.

"Dove stiamo andando?" chiesi ancora. Quando mi voltai a guardarlo, lo trovai con la mascella serrata e lo sguardo puntato sulla strada.

Le labbra si schiusero in un mezzo sorriso. "Non preoccuparti, bambina.” Io invece feci tutto l'opposto ed iniziai a preoccuparmi. Quando mi voltai, vidi le case in lontananza.

Eravamo quasi completamente circondati da campi e boschi, pioveva e sembrava non esserci anima viva.

"Cameron?" lo chiamai, senza ottenere risposta. "Cameron, ferma la macchina." gli ordinai. Un sorriso malato si fece largo sul suo volto.

Cosa stava succedendo? La testa mi sbatteva e l'ansia accresceva dentro al mio petto. "Fammi scendere." continuai. "Rilassati," disse, "siamo quasi arrivati."

Decisi di dargli retta. Non potevo comunque uscire dalla macchina mentre era in movimento. Sarei scesa quando ci saremmo fermati.

Lo facemmo dopo pochi minuti, dopo aver imboccato una piccola strada sterrata, affiancata da entrambi i lati dal bosco.

La mia mano corse subito alla maniglia dello sportello ma, quest'ultimo, era bloccato. Cercai freneticamente il bottone che lo comandava e con la coda dell'occhio, vidi Cameron.

Si era voltato verso di me è mi osservava con aria divertita. Cosa cazzo stava facendo? Alzai lo sguardo su di lui.

"Proprio non ti ricordi, mh?" chiese, mentre sfilava una sigaretta dal pacchetto. Cosa avrei dovuto ricordare? Di cosa parlava?

"Non mi riconosci?" chiese. A quella domanda, mi pietrificai. Lo conoscevo? Mi sforzai di ricordare, ma non affiorò niente nella mia mente. Aspirò avidamente e poi gettò nel portaoggetti il pacchetto e l'accendino.

Allungò una mano verso di me e dopo avermi afferrato saldamente il polso, posò la mano libera sul polsino della felpa e lo portò su, fin sopra il gomito. Cercai di liberarmi dalla sua presa, ma questa era fin troppo stretta. 

"Questo," disse, riferendosi al grosso tatuaggio che iniziava dalla mia spalla e si estendeva lungo il resto del braccio, “te l'ho fatto io."

 

Non era il primo tatuaggio che facevo, ma ero comunque ansiosa. Forse a causa delle sue dimensioni. Non avevo mai fatto niente di così grande.

"La pianti di muovere il piede?" mi riprese Dean, il quale distolse per un momento lo sguardo dalla strada.

"Scusa." mormorai, posando entrambe le mani sulle gambe, con l'intenzione di tenerle ferme."Sei sicuro che sia bravo?" chiesi titubante. 

Fino a quel momento ero sempre andata con Zayn a farmi tatuare. Mi portava da un suo amico. Ma dato che non approvava il disegno che avevo scelto, si era rifiutato di accompagnarmi.

Sembrava una bella idea quella di affidarsi a Dean, ma non conoscevo il tipo da cui mi stava portando.

"Smettila di frignare, Ashley." mi ordinò. “Che seccatura." mormorò poi. Mi morsi l'interno della guancia e distolsi lo sguardo. Aveva ragione, mi stavo comportando come una bambina.

Quando arrivammo a casa sua, l'ansia crebbe a dismisura. Abitava in quella che, più che una casa, sembrava una catapecchia. 

Era sulla costa, a pochi passi dalla spiaggia. La vernice che rivestiva le tavole di legno, era quasi completamente rovinata.

L'erba era alta, il cancellino era andato e la spazzatura era accumulata in un angolo. L'unica cosa che sembrava essere immacolata, era la costosa tavola da surf poggiata al portico.

"Ehi, stronzo. Sei in casa?" chiese Dean, aprendo semplicemente la porta.  Mentre lui entrava, io decisi di aspettare sulla soglia. Mi sembrava maleducazione irrompere in casa sua in questo modo.

"Vuoi muoverti?" chiese Dean, quando si voltò a guardarmi seccato. Lo seguii. Non potei fare a meno di notare il disordine e la sporcizia, ma mi costrinsi a non farci troppo caso.

Dean aprì un’altra porta ed io entrai dopo di lui. "Mitch?" lo chiamò. Era la stanza più piccola che avessi mai visto, mi sentii quasi soffocare.

C'era un'unica finestra, stretta e lunga, posizionata in cima al muro. Nella stanza c'erano solamente un paio di sedie, una vecchia poltrona e uno scaffale arrugginito.

Le pareti erano ricoperte di foto e poster, il che la faceva sembrare ancora più piccola. Il ragazzo, probabilmente Mitch, l'amico di Dean, sedeva a gambe larghe su una sedia.

I capelli erano troppo biondi per essere naturali. Il viso era fin troppo pulito, per essere di un ragazzo simile. Ma i tatuaggi che fuoriuscivano dalla canottiera, compensavano la svista. Ne era ricoperto. 

Quella che doveva essere una canna, ciondolava dalle sue labbra e a giudicare dal suo sguardo, aveva già iniziato a fare effetto.

"È la tua ragazza?" chiese, quasi a rallentatore, mentre spegneva la canna contro il bracciolo della poltrona. "Si." rispose Dean, con tono beffardo. 

“Accomodati, bellezza." mi indicò la poltrona che aveva appena bruciacchiato. Indugiai sui miei passi. Volevo davvero spingermi così oltre solamente per compiacere Dean?

Non era una buona idea farsi tatuare da un ragazzo praticamente andato, soprattutto viste le dimensioni del disegno che avevo fatto.

"Hai intenzione di darti una mossa, bambina?" chiese Dean. Ed io scossi la testa. Mentre andavo a sedermi, mi sfilò la borsa dalla spalla. L'aprì ed iniziò a smuovere le cose al suo interno.

"Ha insistito per farsi il disegno da sola." spiegò a Mitch. "Sa essere una vera seccatura quando vuole." mi derise. Lo ripeteva in continuazione.

Gli passò il foglio e lasciò cadere la mia borsa in un angolo. "Until the very end." lesse Mitch, arricciando poi le labbra.

Si trattava di un insieme di rose, foglie e spine. Al centro c'era una rondine, la quale era attraversata da una pergamena invecchiata. La frase che aveva appena letto, era scritta lì.

Strinsi i denti per tutto il tempo, chiedendomi come avrei fatto a nasconderlo, se fosse stato orribile.

Ma la verità fu che, dopo quasi due ore, osservai come il disegno fosse stato riportato perfettamente sulla mia pelle.

 

"Mitch." il suo nome mi cadde dalle labbra esattamente come il mondo mi cadde addosso.

Non lo avevo riconosciuto perché, fisicamente, era molto cambiato. I capelli, che una volta erano biondi, erano adesso castani.

Il viso, l'unica cosa che gli donava un'aria innocente, era adesso ricoperto da barba e piercing. Persino i tatuaggi erano cambiati, li aveva colorati tutti quanti.

"Cameron Mitchell," disse, “all'anagrafe." aggiunse, con aria beffarda. Non mi venne da svenire, mi venne da morire. 

Persino la voce nella mia mente balbettava freneticamente, mentre si chiedeva come fosse possibile. "Mi ha trovata." pensai, ma poi mi accorsi di averlo detto ad alta voce.

Mi ero assicurata di non rispondere ai messaggi, per non essere rintracciata. Avevo detto a Zayn di mettere a tacere chiunque sapesse dove fossi. Ma non era servito a niente. Ci era riuscito lo stesso.

"In realtà, io ti ho trovata." disse, sorridendomi. Era così tranquillo e disinvolto che mi inquietava. "Non sono tenuto a darti spiegazioni," precisò, "ma in realtà è una storia divertente." riprese.

Quasi non lo ascoltavo. La mia mente, invece di essere inondata da domande, era vuota. Si chiedeva solamente una cosa. Che cosa mi avrebbe fatto?

"Mi sono trasferito in Inghilterra quasi due anni fa," mi spiegò, "sai, per rincorrere il sogno di aprire un negozio mio. Te ne ho parlato, ricordi?" chiese.

Per fortuna non si aspettò che rispondessi alla domanda, perché la mia voce se ne era andata in un posto a me sconosciuto.

"Quando sei entrata in casa mia, con Harry, non ti ho riconosciuta." disse. "Ma poi ti sei tolta la giacca e ho visto il tatuaggio." aggiunse.

"Anche quella volta volesti essere tu a fare il disegno.” ricordò. "Sei una seccatura, Ash." mi derise, ripetendo le sue parole.

"Non ti ho detto niente perché sapevo che le cose fra te e Dean erano andate a puttane." Si sbagliava, solamente lui era andato a puttane.

"E quando l'ho chiamato, per sapere come gli stessero andando le cose e per dirgli che era assurdo, ma che ti avevo incontrata dall'altra parte dell'oceano.." iniziò. "Non avevo la minima idea che ti stesse cercando ovunque.” aggiunse con nonchalance.

Forse non mi avrebbe fatto del male. Dopo tutto, che senso avrebbe avuto? Ma allora perché mi aveva portata in un bosco? E perché le portiere erano chiuse?

"Arriva al punto." sibilai. Gli occhi iniziarono a pizzicarmi, ma non piansi mai. Avevo letto che succedeva, che dopo un grande trauma, dopo notti insonne passate a piangere, capitava che perdessi la capacità di farlo.

Perché niente era paragonabile al dolore che avevi provato ed era come se fossi diventata insensibile di fronte ad un film drammatico o un dolore fisico.

"Lui non verrà qui, stai tranquilla." mi assicurò. Ma non ero certa di poter ancora cantare vittoria.

"Andrai tu da lui." 

 

 

Buonasera ragazze, giuro che vengo in pace, ahahaha.

Voglio fare subito una premessona. La maggior parte delle storie che girano adesso, sono basate su cattivi ragazzi, droga, problemi di alcolismo, violenza, ecc.

Io sono fissata con gli ex psicopatici/vendicativi e spero che, quello che succede in questo capitolo, non sia banale.

Non parlo del colpo di scena che Cameron, è Mitch, l’amico di Dean che le ha fatto il tatuaggio, anni prima. Ma del fatto che succede un po’ di casino e le dice che la porterà da lui. 

So che mi spiego male, ma non posso dire molto, altrimenti vi spoilero il prossimo capitolo.

In parole spicciole, spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi auguro di non avervi deluso.

Vi amo,

Michi x

 

P.s: Non essendo mai stata a Wolverhampton, non ho idea se vicino al paese ci siano dei boschi o cose del genere. Voglio solo farvi sapere che io gioco un po’ di immaginazione, ecco.

E poi, è probabilmente una stronzata quella del pianto, ma potrebbe essere anche vero. Non lo so, ahahaha.










 

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Capitolo 41
*** He looked like a nice guy. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
Capitolo 41.png
He looked like a nice guy.

 

“You come around and the armor falls.”

 

"Lui non verrà qui, stai tranquilla." mi assicurò. Ma non ero certa di poter ancora cantare vittoria. "Andrai tu da lui."

Non appena l'ultima parola lasciò le sue labbra, la mia mano volò sul  tasto di sblocco delle portiere. Lo avevo adocchiato mentre mi raccontava di come mi aveva smascherata con Dean.

"Non fare la bambina, Ashley." Il suo tono non era più scherzoso. Nel momento in cui il mio polpastrello sfiorò il tasto, la sua sigaretta venne premuta contro la mia mano.

Gemetti per il dolore, ma questo non mi impedì di aprire lo sportello. Mi sporsi per uscire, ma lui mi afferrò un polpaccio, facendomi ricadere in avanti.

Caddi di faccia, andando a sbattere contro la strada sterrata, la quale era una pozza di fango, a causa della pioggia che ancora cadeva dal cielo.

Scalciai e quando lo sentii gemere, capii di averlo preso. Mi alzai e corsi lungo la strada. I fari della macchina si accesero, così dal rendergli la caccia più facile.

Sentii uno sportello sbattere e subito i suoi passi svelti alle mie spalle. Era più veloce di me e quando la gomma dei miei scarponcini scivolò sulla ghiaia infangata, mi raggiunse rapidamente.

Mi afferrò per una spalla e mi fece voltare. Adesso la mia schiena era premuta contro il suolo. Il mix di acqua piovana e fari accecanti, mi rese difficile la vista. Ma sentii perfettamente le sue cosce stringere le mie ginocchia per tenermi ferma.

"Io non volevo arrivare a questo," disse senza fiato, mentre lottava per non farmi muovere. "te la sei cercata." riprese. "Non voglio farti del male," continuò, "devo solo riportati da lui." A quelle parole, lottai con più forza. 

Era un pazzo se credeva che sarebbe riuscito a farmi salire su un aereo di forza. "È a Londra che ti aspetta." Le sue parole mi pietrificarono. Non aveva senso. Niente di tutto quello che stava succedendo lo aveva.

Perchè mi aveva cercata? E adesso che mi aveva trovata, cosa voleva farci con me? Educarmi, per caso? Non ero più la ragazzina che aveva manipolato anni prima, adesso non glielo avrei permesso. Non più.

"E sta ferma, cazzo!" imprecò, colpendomi in pieno viso. Rimasi senza fiato per un istante, dopo di che decisi che quello era il momento giusto per dare sfogo alla mia rabbia.

Non era giusto riversarla su Harry o su Louis, ma per quanto riguardava Mitch, era più giusto. Allungai una mano e dopo aver afferrato una manciata di ghiaia e fango, gliela lanciai in faccia.

Quando vidi le sue palpebre sbattere freneticamente, capii di aver fatto centro. Si portò le mani al viso, ma le sue gambe ancora mi tenevano a terra.

Alzai un ginocchio per colpirlo in mezzo al cosce, ma mancai l'obiettivo. Mi voltai su me stessa ed iniziai a strisciare. Ma non avevo nessun appiglio e la pioggia non era d'aiuto.

Le sue dita mi circondarono la caviglia. Mi voltai nuovamente su me stessa, così da poterlo vedere e con la gamba libera, colpii il suo viso con tutta la forza che avevo in corpo.

Oscillò indietro ed io riuscii a sfuggirgli. Mi alzai, ricaddi e mi alzai di nuovo. Quando con la coda dell'occhio vidi che era già in piedi, capii che mi avrebbe ripresa a momenti.

Così, un secondo dopo, stavo scivolando lungo il ciglio della strada. I miei vestiti erano ormai completamente infangati e anche i miei capelli non scherzavano. Ma poco mi importava.

Avevo paura ad entrare nel bosco, ma avevo più paura che Dean riprendesse il controllo della mia vita.

 

Harry

 

"E tu glielo hai permesso?" chiese accigliato Liam, a suo padre. Quando era entrato in cucina, aveva contato due volte i posti a tavola e poi aveva chiesto a Lauren chi mancasse.

Non era stato contento della risposta. Soprattutto quando aveva scoperto che sua sorella era uscita con Cameron. Il ragazzo che aveva solamente sentito nominare da me, quando gli avevo parlato dei miei tatuaggi.

"Si, sembrava un bravo ragazzo." Christopher scrollò le spalle. "Sono felice che esca e che si faccia nuovo amici." aggiunse. Come se Cameron l'avesse portata fuori con l’intenzione di diventare il suo miglior amico.

"Ma non lo conosci." Liam era sempre più sconvolto. “Lo conosco io." farfugliai. "È apposto." ripresi.

Quella era l'unica cosa che mi rincuorava. Lo conoscevo da un anno e mezzo circa e lo avevo sempre inquadrato come un ragazzo simpatico e disponibile.

Liam continuò a brontolare per tutta la cena e quando si imbronciò sul divano, decisi che entrambi avevamo bisogno di uscire.

Così mandai un messaggio a Sophie e Niall, chiedendogli di raggiungerci al Rammer Jammer.

Per convincere Liam dovetti dirgli che forse avremmo incontrato Ashley e Cameron. Ma in realtà, quella era una mia speranza.

 

Ashley

 

Affondai i piedi nel terreno infangato e feci più pressione possibile per velocizzare i miei passi. Ma sembrava di camminare sulle sabbie mobili.

Alle mie spalle, Mitch, continuava a ripetermi che non sarei andata lontano, che mi avrebbe portata da lui.

Ma io feci di tutto per sopprimere la sua voce e concentrarmi sulla corsa. Mi affidai alla fortuna e non guardai il suolo. Tenere lo sguardo basso mi avrebbe rallentata.

Tenevo le mani avanti, così da accorgermi della presenza di un ostacolo prima di andarci a sbattere. Ma era buio e gli alberi si mimetizzavano fin troppo bene.

Non riuscii ad evitare i piccoli ramoscelli flessibili, i quali sfregarono contro il mio viso. Sperai di non procurarmi graffi evidenti, altrimenti Christopher mi avrebbe ricoperta di domande.

Il cuore stava per scoppiarmi in petto e dato che avevo lasciato il cappotto nella sua auto, il clima notturno mi aveva completamente avvolta. Ero a corto di fiato e la gola mi si era congelata, ma non mi fermai.

Lo sentii imprecare e sperai che fosse caduto o che si fosse fatto male, ma i suoi passi persistevano alle mie spalle. Cosa avrei inventato per sfuggirgli? Proprio quando stavo per pensare ad un piano, inciampai nel terreno molle e caddi.

Mi costrinsi a non mugolare per il dolore al braccio, il quale era era stato schiacciato dal peso del mio corpo. Forse non mi aveva sentita cadere e mi aveva persa di vista. Per sicurezza, rimasi immobile, forse più a causa della botta, che del buon senso.

"Sei proprio una seccatura, aveva ragione Dean." La sua voce era fin troppo vicina. Quando mi costrinsi ad aprire gli occhi, lo vidi a poco più di un metro da me. Provai ad alzarmi, ma quando feci pressione sui polsi, questi cedettero.

"Fa un favore ad entrambi e smettila di fare la bambina."  Sospirò drammaticamente e posò le mani sui fianchi. "Sei veloce, piccoletta." rise, col fiatone.

Se la prendeva comoda perché sapeva che non avevo le forze per rialzarmi. Ciò che non sapeva, era che si sbagliava. Poggiai nuovamente le mani sul terreno e feci pressione sui polsi per sollevarmi.

Strinsi i denti e sopportai il dolore. Era sempre meglio che sopportare i giochetti di Dean. "Dove vai?" chiese divertito, mentre io cercavo di sollevarmi.

Pensai all'altra faccia di Cam, l'amico simpatico e carino di Harry. E non potei credere al fatto che fosse anche Mitch, l'amico strafatto e psicopatico di Dean.

Anche io avevo due facce. Per questo lo capivo. Ma non gli avrei lasciato sfogare il suo lato peggiore su di me. Tastai il terreno alla ricerca di qualcosa da potergli lanciare. In un bosco, i sassi non mancano mai.

Ce ne erano alcuni piccoli, li raggruppai freneticamente con una mano, senza distogliere lo sguardo da lui. Poi, senza preavviso, mi alzai e glieli lanciai in pieno viso. Così da distrarlo tanto quanto bastava per correre via da lui.

Ovviamente mi seguì un istante dopo ma, anche se piccolo, avevo un vantaggio. Cambiai direzione più volte, con l'intenzione di seminarlo e quando intravidi un tronco piuttosto grande, mi nascosi dietro di esso e trattenni il respiro.

Smise di correre e dal rumore dei suoi passi, supposi che si stesse voltando a guardarsi intorno. “Dannazione, Ashley! Non rendermi le cose difficili.” sbuffò, rallentando i passi. Non era vicino a me, ma il cuore mi batteva ugualmente nel petto. 

"Non puoi nasconderti per sempre!" sgridò poi, arrabbiato. Lo sentii imprecare e maledirmi. Dopo di che, lo sentii che si allontanava.

 

Non ho idea di quanto rimasi lì, con la schiena contro il tronco dell’albero dietro il quale mi ero nascosta.

Provai a raccogliere i pensieri, a dare una spiegazione a quello che era appena successo. Ma era semplicemente assurdo.

Quanto era probabile che mi fossi trasferita nell'unico paese inglese dove il mio passato, si era trasferito prima di me?

Eppure Sophie se n’era andata molto prima e lo stesso Cameron. Harry ne aveva la prova, lo conosceva da molto.

Scivolai lungo il tronco e mi sedetti a terra. L'acqua continuava a rovesciarsi sul mio corpo addolorato e morivo di freddo, poiché il mio cappotto era rimasto nella sua auto.

La vita mi aveva messa a dura prova un'altra volta e, sinceramente, stavo per crollare. Ma non appena il pensiero mi sfiorò la mente, mi alzai. 

 

Camminai. Camminai per quelle che sembrarono ore. Il mio corpo era scosso dai brividi causati dal contatto con i vestiti bagnati ma, per fortuna, aveva smesso di piovere.

Fui delusa nel ricordare che avevo deciso di lasciare il cellulare sotto carica, poiché era scarico. Ma sollevata, perché probabilmente si sarebbe danneggiato a causa della pioggia.

Persi la speranza quando guardandomi intorno vidi soltanto alberi e la ritrovai quando, in lontananza, riconobbi delle case.

Mi obbligai a chiedere ad un passante dove mi trovassi ed ignorai l'occhiataccia che mi rivolse a causa del mio aspetto trasandato. Il fango si era seccato sui miei vestiti e sentivo i capelli crespi. Mi indicò la strada e poi si allontanò velocemente. 

Vagai per le strade con lo sguardo assente, ancora incapace di realizzare gli eventi della serata. Mi domandavo come non fossi riuscita a riconoscere Mitch. Ma soprattutto, mi domandavo cosa Dean volesse ancora da me.

Da una parte ero spaventata di ricadere nella sua trappola. Mentre una piccola parte di me, quella che mi obbligavo a reprime, desiderava vederlo. Magari di vederlo cambiato.

In ogni caso, l'Ashley razionale, si voltò a guardarsi le spalle durante tutto il tragitto. E quasi pianse per il sollievo, quando in lontananza, vide il Rammer Jammer.

Le gambe indolenzite mi trascinarono fino all'edificio e quando le mie spalle toccarono il muro di mattoni, lasciai che la mia schiena scivolasse lungo esso.

Poggiai il sedere sul marciapiede e sollevai la testa per avere un accesso maggiore di ossigeno. Ero stremata. Priva di forze. Delusa da me stessa per essermi fidata della persona sbagliata, di nuovo.

Mi chiedevo cosa Harry pensasse di me. Mi aveva fatto male il cuore guardarlo negli occhi, prima di uscire di casa. Ma questo non mi aveva impedito di farlo comunque.

Non capivo cosa ci fosse di sbagliato in me, sapevo solo che lo stavo ferendo, e continuavo a farlo.

Forse, in quel momento, era al di là del muro a cui ero poggiata. Con le dita fra i ricci e le lunghe ciglia a sbattere freneticamente. Gli occhi luminosi e le labbra piene sempre aperte in un sorriso.

In quel momento avrei pagato per avere un suo sorriso, un suo abbraccio rassicurante. Ma semplicemente sapevo di non meritarlo.

"Ashley?" Una voce acuta interruppe il silenzio notturno facendomi sussultare. Aprii gli occhi, i quali non mi ero resa conto di aver chiuso e la vidi. Era Sophie.

Mi guardava con la bocca schiusa e la fronte corrugata. I capelli biondi perfettamente raccolti e i vestiti impeccabili. 

Sapevo perché Zayn aveva perso la testa per lei. Un ragazzaccio come lui, aveva bisogno della sua semplicità che compensasse le sue mancanze. Erano una bella coppia, ma io ero troppo annebbiata dalla gelosia e dal rancore per vederlo.

Si avvicinò titubante, l'espressione sempre più sorpresa sul viso. "Oh mio Dio. Che ti è successo?" mi chiese, portandosi una mano sulla bocca.

"Niente." dissi e persino io mi sorpresi al suono della mia voce. Era malconcia quanto il resto del corpo. "Hai avuto un incidente? Sei caduta?" insistette, avvicinandosi ancora.

"Ho detto niente." sibilai e le sue labbra si chiusero in una linea sottile. Per un momento pensai che si sarebbe arresa, come del resto faceva sempre. 

Ma quella sera aveva particolarmente voglia di combattermi, perciò si impuntò. "C'è tuo fratello." indicò la porta del Rammer Jammer. "Forse dovrei andarlo a chiamare." disse.  Scossi la testa e lei inclinò la sua in segno di disapprovazione.

"C'è.. c'è Harry?" chiesi titubante. Lei mi osservò in silenzio per una manciata di secondi e poi annuì.

Forse non era una buona idea, ma avevo bisogno di scusarmi con lui e si, puntavo sul mio pessimo stato per ottenere velocemente il suo perdono.

"Potresti.." iniziai, lasciando a mezz'aria il resto della frase. Lei annuì ancora, comprendendo in anticipo la mia richiesta.

"Non dirgli che sono io. Inventa una scusa." mi affrettai a dire. "Per favore." aggiunsi, causandole un sorriso.

 

Harry

 

Risi alla battuta di Liam e mi sorpresi di non vedere le guance di Niall accendersi di rosso. Strano, arrossiva sempre quando si trattava della sua cameriera.

Eppure, quella sera, persino lui sembrava essere allegro e a suo agio. Così come Liam, che si era rilassato e aveva smesso di pensare alla sorella.

Mentre io, al contrario, avevo pensato a quella ragazza per tutta la sera e continuavo a farlo.

Erano quasi le undici e mezza e tutto quello che riuscivo a fare, era chiedermi se l’avesse riportata a casa, se si fosse divertita, se gli avesse messo le mani addosso. Se gli fossi mancato.

Lei a me era mancata e questa cosa faticavo a spiegarmela. Ero pur sempre un ragazzo e, inizialmente, sostenevo che il mio interesse nei suoi confronti fosse dovuto al fatto che mi attraeva fisicamente.

Ma quando la voglia di baciarla si era trasformata in voglia di accarezzarla, di starle vicino, di aiutarla a superare i brutti momenti, avevo capito che c’era molto di più.

In quel momento avrei dato qualsiasi cosa per un suo sorriso. Non mi importava se avesse detto a Cameron che fra noi non c’era niente. Quello era il suo pensiero, non il mio.

A distrarmi da quei pensieri fu Sophie che, scura in volto, attraversò velocemente la sala del locale.

Alzai la testa e la guardai preoccupato, i suoi occhi incontrarono i miei e non li lasciarono fino a quando non ebbe raggiunto il nostro tavolo.

Sforzò un sorriso e lo rivolse a Niall e Liam, dopo di che, tornò a guardarmi. “Credo ti abbiano fatto una multa.” disse, mentre si sedeva. 

Lasciai andare un sospiro di sollievo che non mi ero reso conto di star trattenendo. Dall’espressione che aveva disegnata sul viso, avrei detto che si trattasse di qualcosa di più grave.

Ma poi, confuso, corrugai la fronte. “E’ impossibile.” le dissi. La mettevo in quel posto da sempre e sicuro come la morte, non avevo mai preso una multa.

Lei serrò la mascella. Era strana. “Ti dico che l’ho vista.” insistette. “Sophie..” iniziai, ma lei corrugò la fronte e inclinò la testa verso la porta.

Indietreggiai, spostando rumorosamente la sedia e mi alzai. Non avevo idea di cosa stesse cercando di dirmi, ma sapevo che la multa era una stronzata che si era inventata su due piedi.

“Dove vai?” mi chiese Liam, voltandosi a guardarmi. “A controllare.” risposi. “Ma..” iniziò Niall. “Non si sa mai.” lo interruppi.

Lui alzò le spalle e tornò a parlare con Liam. Io guardai Sophie con aria interrogativa e quando lei mimò Ashley con le labbra, sentii il sangue ghiacciarsi nelle vene.

 

Senza fare caso alle persone che mi guardarono confuse, corsi fuori dal locale. Spostai freneticamente lo sguardo, chiedendomi cosa ci facesse qui. Stava bene? Perchè era venuta al Rammer Jammer? Era con lui?

Quando i miei occhi si posarono su una figura minuta, seduta sul marciapiede, feci fatica a credere che fosse davvero lei. Ma quando alzò il viso, non ebbi più nessun dubbio.

Mi immobilizzai sul posto e sentii il mondo crollarmi addosso. Aveva un aspetto orribile. Sembrava che fosse stata ore sotto la pioggia e che avesse fatto un bagno nel fango.

Persino sotto la luce fioca del lampione riuscii a vedere il suo volto stremato. Rabbrividii alla vista delle sue spalle curve in avanti. La facevano sembrare piccola ed indifesa. Quando solitamente era completamente l’opposto.

Quando mi fermai davanti a lei, con la bocca schiusa e la testa immersa in mille domande, crollai sulle mie ginocchia e la guardai sconcertato.

Lei scosse la testa ed abbassò lo sguardo. “Mi dispiace.” sussurrò. La voce roca come non l’aveva mai avuto.

Impiegai minuti a formulare una frase di senso compiuto, poiché la nuova distanza mi permise di vedere i dettagli del suo viso.

Aveva dei piccoli graffi lungo le guance e una macchia rossa appena sotto lo zigomo. L’aveva picchiata. Questo era stato il mio primo pensiero.

I capelli scuri le ricadevano sul viso, bagnati e arricciati in modo disordinato. I vestiti, anch’essi bagnati, sembravano pesanti e fradici.

Mi chiesi perchè non stesse indossando il cappotto, ma poi il mio sguardo si posò sulle sue mani, strette attorno alle gambe.

Su una di esse, si trovava uno sfogo simile ad una bruciatura. E la forma ricordava quella che avevo procurato accidentalmente a Niall, quando avevo poggiato la sigaretta sul suo braccio. Non volevo crederci.

“Che ti è..” iniziai, la voce ridotta ad un sussurro. Chiusi gli occhi ed inspirai. “Cosa ti ha fatto?” riuscii a chiederle. Lei riportò i suoi occhi spenti sui miei e accennò un sorriso sarcastico.

"Sai, Cameron non è solamente il tuo tatuatore di fiducia. Era anche quello di Dean."



 

Chiedo umilmente perdono e spero che non accada più, ma non posso prometterlo.

Come prima settimana, non è stata stracolma di compiti ma ero perennemente stanca. Non è una scusa, lo so, perdonatemi.

Probabilmente questo capitolo farà anche schifo perchè ho praticamente scritto tre frasi ogni volta che ne avevo tempo.

Scusatemi ancora e alla prossima (spero presto).

Michi x

 

 

 

 




 

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Capitolo 42
*** He was my prize. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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He was my prize.

 

"I don't wanna live in the past,
so let me restart."



 

Harry

Al suono della sua voce, mi si strinse il cuore. Sembrava totalmente stremata. Ma non ebbi tempo di concentrarmi su quello e riflettei sulle sue parole.

Cameron conosceva Dean? Questo era il motivo per cui era ridotta in quel modo? Non capivo. Lui era a Wolverhampton? Era questo il problema?

“Non capisco.. spiegami che sta succedendo.” balbettai in preda alla disperazione. Volevo sapere cosa le fosse accaduto, non riuscivo più a gestire le ipotesi nella mia testa.

Il suo respirò aumentò e distolse lo sguardo. “Ashley.” la supplicai, posando una mano sul suo braccio. Quando sul suo volto si disegnò una smorfia di dolore, la ritirai subito.

“Ti ha picchiata?” mugolai, iniziando a sentire gli occhi pizzicarmi. Non sapevo cosa pensare e il fatto che non avessi idea di cosa fosse successo, mi uccideva.

Scosse la testa e serrò le labbra in una linea sottile. “Parlami.” le sussurrai, abbassando lo sguardo per riuscire a scovare i suoi occhi.

“Voleva portarmi da Dean.” la voce le si ruppe sull’ultima parola, ed io ebbi un sussulto al cuore. Corrugai la fronte, sempre più confuso.

“Cameron? Perchè? Non capisco.” dissi, scuotendo freneticamente la testa. Lei sospirò e distolse lo sguardo. “Ashley.” incalzai impazientemente. “Mi ha trovata, ok?” chiese seccata, alzando la voce. La quale però, risultò graffiata e roca.

“Mi ha trovata tramite Cameron, perchè lui mi conosce ed io conosco lui. Da molto.” continuò, abbassando gradualmente il tono. “Non me lo avevi detto.” corrugai la fronte.

Quando le avevo presentato Cameron, non aveva accennato al fatto che lo conoscesse già e neanche lui lo aveva fatto. 

“Perchè non me ne ero resa conto, è molto cambiato. E stasera..” si interruppe, spostando lo sguardo sul marciapiede. “Ho bisogno che tu mi dica cos’è successo, Ashley.” la pregai, lottando contro me stesso per non toccarla.

“Mi ha portata lontano, fuori dal paese.” disse e a me si raggelò il sangue nelle vene. Come avevo potuto lasciare che accadesse?

Ero convinto che Cameron fosse un bravo ragazzo, ma dopo tutto lo vedevo solamente quando dovevo fare un tatuaggio, non lo conoscevo veramente.

La rabbia saliva piano, piano e bruciava dentro al petto. Ma era attenuata dal fatto che Ashley fosse davanti a me e, per quanto malconcia, sembrava stare bene.

“Mi ha raccontato che quando mi ha riconosciuta, ha chiamato Dean e sai, lui.. mi stava cercando. Perciò mi ha trovata.” sopirò.

“Non so cos’è successo dopo.” aggiunse con voce tremante. “Mi ha detto che Dean era a Londra, che mi aspettava e non lo so, lui voleva portarmi da lui ed aveva bloccato le portiere dell’auto.” ricordò, con lo sguardo perso nel vuoto.

Per quanto Ashley fosse una ragazza forte, sapevo che era scossa e non volevo minimamente pensare a come si era sentita, quando si era ritrovata a doverlo affrontare da sola.

“Sono riuscita a scendere ma sono caduta un po’ di volte..” abbassò lo sguardo sui vestiti infangati. “E pioveva e lui sembrava non stancarsi mai di rincorrermi.” le si incrinò la voce.

“Poi l’ho seminato. Non so come ho fatto, penso che il pensiero di Dean mi abbia terrorizzata così tanto che..” rimase senza parole. “Adesso sei qui.” assunsi un aria sofferente. Non potevo vederla così.

“Ma avevo paura di non farcela.” alzò gli occhi e li posò nei miei. Sforzai un sorriso, per quanto avessi voglia di farne uno. “Invece ce l’hai fatta.” posai delicatamente una mano sul suo ginocchio.

Il tessuto dei jeans era freddo e probabilmente anche lei stava congelando. Era tardi e la temperatura era molto bassa. Come se non bastasse, non indossava il cappotto.

Abbassò lo sguardo sulla mia mano e poi lo rialzò sul mio viso. Una manciata di secondi dopo circondò il mio collo con le braccia e mi strinse a sé con forza.

Sentii il mio cuore gonfiarsi di sollievo. Desideravo abbracciarla sin dal primo momento in cui l’avevo vista accovacciata sul quel marciapiede, ma mi ero costretto a non farlo.

Non sapevo mai come comportarmi con lei, non avevo mai idea di quali fossero i limiti che non potevo superare. Perciò aspettavo semplicemente che fosse lei a fare ciò che si sentiva, quando se lo sentiva.

E adesso stringeva il tessuto dei miei vestiti in un pungo e premeva il viso nell’incavo del mio collo. Non l’avrebbe mai ammesso, ma era terrorizzata.

Io ero ancora sconcertato e confuso, ma al diavolo Cameron, lei stava bene ed era tra le mie braccia. A lui, avrei pensato dopo.

Mi alzai, senza sciogliere l’abbraccio, e feci scorrere le mie mani lungo la sua schiena, fino a portarle sotto le sue cosce. L’aiutai a stringerle attorno al mio bacino e lei incrociò i piedi dietro la mia schiena.

“Ti porto a casa.” le sussurrai, prima di posarle una mano dietro la nuca e baciarle una guancia.

 

“Non posso entrare così.” disse, quando parcheggiai l’auto. “Lo so.” le risposi, mentre scendevo. Feci il giro della macchina e le aprii lo sportello. Lei mi guardò titubante, ma quando le tesi una mano, non tardò ad intrecciarci la sua.

Si strinse nel cappotto che le avevo prestato e mi costrinsi a non fare caso a quanto fosse adorabile. La guidai fino al portone di casa mia ed estrassi le chiavi dalla tasca posteriore dei miei jeans.

Mia madre e Robin sarebbero tornati la mattina dopo e Gemma era ancora a lavorare al bar. Avevo il tempo di farle fare una doccia e di farla riprendere, dopo di che, saremmo tornati a casa sua.

“Non voglio sporcare la casa a tua madre.” mormorò, fermandosi sulla soglia. Mi voltai a guardarla. Aveva un aspetto orribile e con il mio cappotto, che le stava enorme, somigliava ad una barbona. Quindi perchè la trovavo comunque bellissima?

“Non importa, Ash. Chiudi la porta e seguimi.” le dissi dolcemente, osservandola quasi affascinato. Le alzò le sopracciglia sorpresa e poi schiuse le labbra in un piccolo sorriso. Ero felice che, nonostante tutto, ero riuscito a farla sorridere.

“Come mi hai chiamata?” chiese, mentre eseguiva le mie istruzioni. Ripensai alle parole che avevano da poco lasciato le mie labbra e capii a cosa si stesse riferendo.

“Scusa.” scossi la testa imbarazzato, mentre iniziavo a salire le scale. “No. Va bene.” disse. Quando mi voltai a guardarla, mi stava sorridendo.

Salimmo al primo piano, le mostrai il bagno e le fornii un asciugamano pulito, dopo di che, la lasciai sola. Entrai in camera di mia sorella e scrutai i suoi cassetti alla ricerca di qualcosa da poterle fare indossare.

Optai per una tuta da ginnastica, ma le diedi una mia maglia, perché quelle di Gemma erano tutte rosa e piene di cuoricini. Ashley me l’avrebbe fatte probabilmente mangiare.

Solo in quel momento ricordai di aver piantato i miei amici al bar e mandai un messaggio al Liam, nel quale gli spiegavo che Ashley aveva bisogno di un passaggio e che ci saremmo rivisti a casa.

Mentre ne mandai uno a Sophie dove la ringraziavo, perchè nonostante Ashley l’avesse sempre trattata rudemente, lei l’aveva aiutata.

“Harry?” mi chiamò da dietro la porta, la voce ancora danneggiata da tutta la pioggia che aveva preso. “Si?” le chiesi, poggiando l’orecchio contro la superficie di legno. “Non ho niente da mettere.” disse.

“Posso entrare?” le chiesi. Alla mia domanda, seguirono istanti di silenzio, poi mi diede il permesso di aprire la porta ed io lo feci. La trovai sul piccolo tappeto, avvolta in un asciugamano gigante, con i capelli scuri gocciolanti.

Lei sorrisi e lei si morse il labbro imbarazzata. “Sono di Gemma.” la informai, lasciando una pila di vestiti di fianco al lavandino. “Grazie.” mormorò.

 

Ashley

 

Dovevo essere impazzita o qualcosa del genere, perchè tutti gli eventi della serata erano stati spazzati via dal suo tocco caldo.

Non appena lo avevo abbracciato, mi ero sentita di nuovo al sicuro. E non mi importava se avevo affrontato un inseguimento in un bosco o se ero fradicia. Ero fra le sue braccia e fanculo Cameron, avevo vinto io e quello doveva essere il mio premio.

Ogni singolo grammo di paura o ansia era svanito nel momento in cui aveva posato sulle mie spalle il suo cappotto ed il suo profumo mi aveva invaso le narici.

Non ricordavo neanche perchè ero sporca, quando mi aveva permesso di fare una doccia nel suo bagno. 

E quando ero uscita ed avevo spiegato la maglietta che mi aveva lasciato di fianco al lavandino, sorrisi. Perchè quella non era di Gemma. Era sua.

Mi guardai allo specchio e nonostante la doccia, continuavo ad avere un aspetto orribile. I graffi che avevo temuto, erano lungo le mie guance. Ma erano talmente piccoli e superficiali, che se ne sarebbero andati a breve.

Storsi la bocca in una smorfia quando vidi la bruciatura sulla mia mano e lo maledissi mentalmente per essere il maledetto stronzo che era. Tamponai i capelli e li legai in una coda arruffata. I capelli in disordine erano il mio ultimo problema.

I pantaloni grigi della tuta di Gemma erano perfetti, ma la maglietta bianca di Harry mi stava più che grande. Uscii ugualmente dal bagno. 

La casa era immersa nel silenzio, per questo camminai in punta di piedi lungo il corridoio lievemente illuminato. La luce proveniva da una stanza la quale porta era accostata.

Non avrei dovuto invadere la sua privacy o niente del genere, ma non riuscii a non affacciarmi. Harry sedeva sul bordo di quello che doveva essere il suo letto e teneva fra le mani una cornice.

Sembrava assorto e probabilmente lo era, perché quando bussai leggermente alla sua porta, sussultò. Si voltò e non appena mi vide sulla soglia, ripose la cornice sul suo comodino e mi rivolse un sorriso.

"Vieni qui." disse, accompagnando le sue parole con un gesto della mano che mi invitava ad entrare nella stanza.

Scostai la porta e lentamente raggiunsi il bordo del suo letto. La stanza era ampia e decisamente ordinata per essere quella di un ragazzo.

Mi guardai intorno fino a quando lui non attirò la mia attenzione. "Ti senti meglio?" mi chiese, picchiettando il palmo della mano sul materasso. Presi posto al suo fianco e lo guardai.

Mi faceva male il braccio su cui ero caduta e sinceramente avevo le gambe a pezzi. Se facevo pressione sulla guancia che mi aveva colpito, vedevo le stelle. Lo stesso valeva per la bruciatura sulla mano.

Ma annuii ugualmente perché qualsiasi sensazione spiacevole, veniva annullata nel momento in cui mi specchiavo nei suoi occhi premurosi. "Farò finta di crederti." sorrise, ed io alzai ironicamente gli occhi al cielo.

Gli ero segretamente grata del fatto che non fosse arrabbiato con me per il modo in cui ci eravamo lasciati prima che io uscissi con Mitch.

Quando riabbassai gli occhi, mi caddero sulla cornice che Harry aveva riposto sul comodino. Ritraeva lui e Liam. Probabilmente qualche anno prima.

Il braccio del primo era sulle spalle dell'altro ed entrambi apparivano realmente divertiti da qualcosa.

"Mi dispiace, Ashley." mormorò. Quando riportai il mio sguardo su di lui, ogni segno di divertimento era svanito dal suo volto.

Mi guardava con aria afflitta, come addolorata. Ebbi quasi voglia di consolarlo, come se fosse stato lui il protagonista della sventura. Alzai le spalle ed abbassai lo sguardo, incapace di trovare le parole giuste da dire.

"Avrei dovuto impedirlo." Anche lui distolse lo sguardo, mentre io lo riportai su di lui e corrugai la fronte. "Tu non c'entri. È colpa mia. Sono stata un incosciente.” scossi la testa.

"Ma.." iniziò, prima che io lo interrompessi bruscamente. "Non pensarci. Sono qua, sto bene." scattai. Non aveva senso colpevolizzarsi. A parte il fatto che il danno era ormai stato fatto, ero stata io a farlo, non lui.

"Non so cosa avrei fatto se ti fosse successo qualcosa." Le parole gli caddero dalla bocca quasi senza preavviso e lui sembrò esserne più sorpreso di me.

Senza pensarci posai la testa sulla sua spalla e una manciata di secondi dopo il suo braccio mi circondò la schiena e mi strinse a sé.

Lasciò un bacio sulla mia fronte. "Non lascerò mai più che qualcuno ti faccia del male." farfugliò contro i miei capelli. "Perdonami se non sono riuscito a proteggerti." continuò.

A me non importava se non c'era riuscito. La mia sicurezza gli stava a cuore e a me bastava sapere questo. Raccolsi il tessuto della sua maglietta in un pugno e lo attirai ancora di più a me.

"Hai fatto fin troppo per me." mormorai. E lo pensavo con tutta me stessa. Aveva creduto in me fin dall'inizio e non aveva mai smesso di provare.

Non mi aveva resa un'altra persona ma, con il tempo, mi stava aiutando a ritornare la persona che ero prima. Prima di Dean.

Restammo in silenzio fin quando non mi impose di stendermi sul suo letto per riposarmi un po'. Avrei voluto insistere e rifiutare. Preferivo dormire nel mio letto e temevo che tornasse Gemma o che Liam iniziasse a chiedersi dov’eravamo finiti.

Ma le mie palpebre faticavano a restare aperte e non avevo la forza di controbattere. Così alla fine mi stesi sul materasso. Su un lato, come ero solita dormire. 

Chiusi gli occhi quasi subito, ma non dovetti vederlo per sapere che era al mio fianco. Quando li riaprii, Harry era nella mia stessa posizione, solo steso sul fianco opposto. Perciò era rivolto verso di me.

Ad illuminare il suo viso da bambino, c'era solamente la luce del lampione che proveniva dalla strada. Chiuse gli occhi, mentre io continuai a guardarlo, ad imprimere i lineamenti del suo volto nella mente.

Non ebbi idea di quanto tempo trascorse e quando sentii il suo respiro appesantirti, credetti che si fosse addormentato. Ma poi alzò un braccio e lo avvolse attorno al mio bacino. Io glielo lasciai semplicemente fare.

Percorsi con lo sguardo i lineamenti delle sue labbra e ricordai l'ultima volta che le avevo baciate. Volevo farlo ancora e un momento dopo stavo analizzando nella mia mente la situazione.

Era il caso di farlo? Quali sarebbero state le conseguenze? Non potevo semplicemente baciarlo a mio piacimento, piantarlo per dispetto e tornare fra le sue braccia.

Ma la ragione c'entra poco quando ti trovi davanti ad una persona simile. Sentivo il bisogno di rivivere le sue carezze, perché era l'unico ad avermi toccata con dolcezza.

Attraverso ogni gesto dimostrava le sue parole, sapeva trasmettermi l'affetto che diceva di provare nei miei confronti.

E quella sera, dopo l'ennesima prova che il ragazzo che avevo passato la mia adolescenza ad amare, mi considerava un oggetto di sua proprietà, avevo bisogno della dolcezza di Harry.

Così smisi semplicemente di pensare ed avanzai verso di lui, fin quando i nostri nasi non si sfiorarono. I suoi occhi rimasero chiusi, ma avvertii il suo respiro velocizzarsi. 

Decisi di concedermi ancora qualche minuto di quel momento perfetto e l'osservai in tutta la sua semplice perfezione.

Ma fu una lotta persa, perché sfido chiunque a resistere alle sue labbra. Le sfiorai con le mie e lui le schiuse per risucchiare un respiro.

La mia mano si mosse fra i nostri corpi e la posai sul suo petto. I battiti del suo cuore erano irregolari e questo mi fece sorridere contro le sue labbra.

Fu lui a premere il suo corpo con più forza contro il mio, rendendo quella leggera carezza, un bacio più intenso.

Portai la mia mano sul suo volto e mi persi nel bacio, rendendomi nuovamente conto che mai qualcuno mi aveva toccata con così tanta dolcezza.

Le sue mani mi carezzarono con delicatezza, mentre le sue labbra vennero premute contro la mia pelle con decisione.

Con gli occhi chiusi mi persi nel bacio e la mia mente, adesso distanziata dal mio corpo, si chiese come avevo fatto a perdermi tutto quello.

Come avevo fatto a trascorrere gli ultimi anni inginocchiata al volere di qualcun altro?

Di qualcuno che non amava me, ma l'idea di potermi possedere. E mi ero persa la dolcezza delle carezze e la bellezza dei piccoli gesti.

Non avevo la risposta, ero stata probabilmente ingenua ma, da quel giorno, decisi che non mi importavano le conseguenze.

Non mi importava se non fossi sicura che quella era la cosa giusta da fare, la persona giusta di cui fidarsi.

Non mi avrebbe ferita, non intenzionalmente. Era un salto nel vuoto, ma sapevo che ci sarebbe stato lui a prendermi.

Così, da quel giorno, decisi che non mi sarei mai più persa Harry e le sue carezze.



 

Strano, vado di fretta.

Vorrei mettermi qui a commentare il capitolo perchè, personalmente, mi piace da matti.

Ma sinceramente, oltre a non avere tempo, non ho neanche voglia perchè ho sonno.

Quindi vi mando un bacio a tutte e vi ringrazio per la vostra infinita pazienza.

So che è faticoso seguire una storia che avanza così lentamente, ma pur troppo faccio fatica ad aggiornare velocemente, scusate.

Vi amo,

Michi x

 

 



 

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Capitolo 43
*** Changes. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
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"The spaces between us keep getting deeper
It's harder to reach ya'."


 

Aprii gli occhi e dovetti sbatterli più volte per mettere a fuoco la stanza in cui mi trovavo.

Stordita e confusa mi sollevai a sedere. Ero nella mia camera, non più in quella di Harry. E non ricordavo affatto di esserci arrivata con le mie gambe.

Dovevo immaginarlo che mi sarei addormentata. Speravo solamente che non fossimo rientrati troppo tardi e che non avessimo attirato l'attenzione di Christopher o di Liam.

Premetti le dita contro la mia tempia e mi sforzai di raccogliere i miei pensieri. Non avevo idea di cosa avrei fatto per quanto riguardava quello che era successo con Cameron. Ma sicuro come la morte, non ne avrei parlato a Zayn.

Era stupido da parte mia, poiché ormai sapevo come sarebbe andata a finire. Lo avrebbe scoperto e si sarebbe infuriato. Ma adesso aveva problemi più importanti a cui pensare e non volevo appesantire il suo carico.

Cos'altro mi restava da fare, se non assolutamente niente? Sapevo che Cameron era in giro e che aveva intenzione di trascinarmi da Dean, mentre di quest'ultimo sapevo solamente che era a Londra.

Non mi restava altro che aspettare una loro mossa, perché non se ne parlava di cercarli ed affrontarli.

C'era qualcosa che scattava in me alla presenza di Dean. Mi si annebbiava la mente e ritornavo ad adorarlo un attimo dopo averlo guardato negli occhi.

Mi condizionava psicologicamente, era un qualcosa che non ero in grado di controllare. Per questo preferivo evitarlo.

Eppure, nonostante tutto, ero di buon umore e un sorriso vago era stampato sul mio volto. Scesi dal letto e mi sforzai di ignorare il corpo indolenzito.

Raggiunsi la scrivania e sul display del cellulare lessi che erano le dieci di quella domenica mattina.

Lessi pure che avevo ancora due messaggi da leggere, risalivano al giorno prima, quando il messaggio di Cameron mi aveva distratta dal leggere gli altri due.

Uno era di Zayn, l'altro di Dean. Li avrei letti dopo, per il momento morivo di freddo e volevo solamente vestirmi. Tolsi i pantaloni di Gemma e li ripiegai insieme alla maglietta di Harry. Dopo di che indossai una tuta ed uscii dalla stanza.

Mi diressi verso il bagno, con l'intenzione di gettare i panni a lavare, ma mi fermai davanti alla porta di Harry. Quello era l'ultimo giorno che lo ospitavamo, dato che il pomeriggio sarebbero tornati Anne e Robin.

Con la scusa dei suoi vestiti in mano, decisi di bussare. Quando lo sentii borbottare qualcosa di incomprensibile, aprii la porta. Doveva aver parlato nel sonno, poiché lo trovai completamente addormentato.

Richiusi la porta alle mie spalle e feci un paio di passi all’interno della stanza. Era steso a pancia sotto, la guancia premuta contro il materasso e la bocca schiusa.

I capelli gli ricadevano sulla fronte corrugata e la voglia di baciargli via quel cipiglio, crebbe in me.

Un braccio gli penzolava giù dal letto, dove sul pavimento giaceva uno dei due cuscini. La coperta gli ricopriva solo metà corpo e una gamba gli fuoriusciva dal piumone blu.

Ero indecisa se lasciarlo dormire, svegliarlo o restare a guardalo. Si, poteva sembrare inquietante, ma lo avrei guardato dormire. Lo avrei fatto volentieri per ore. E la cosa iniziava a preoccuparmi.

Mi avvicinai ancora e lasciai i vestiti sul suo comodino. Mi mossi per tornare indietro, per uscire dalla sua stanza. Ma feci l'errore di voltarmi a guardarlo.

Sentii come se i piedi si rifiutassero di muoversi, come se il mio corpo ripudiasse l'idea di dovermi allontanare dal suo.

Feci di nuovo un paio di passi in sua direzione e mi sentii stupida. Cosa diavolo stavo facendo? Quando mormorò qualcosa di incomprensibile, non riuscii a trattenere un sorriso. 

"Sei sveglio?" chiesi sottovoce, senza ottenere risposta. Stava dormendo, cosa ci facevo nella sua stanza? Dovevo uscire. "Dormi o mi prendi in giro?" chiesi ancora, quando vidi la smorfia venutasi a creare sul suo volto.

Le fossette gli incorniciarono il viso non appena schiuse le labbra in un sorriso. "La seconda che hai detto." biascicò con voce assonnata, facendomi letteralmente liquefare.

Che la sua voce roca fosse seducente, non era una novità. Ma di prima mattina, era tutta un'altra storia.

Schiuse un occhio e mi trovò che lo osservavo a braccia conserte. Ridacchiò e allungò un braccio in mia direzione. "Non ci provare." mi scansai divertita.

"Per favore," piagnucolò richiudendo gli occhi, “vieni qui." aggiunse. Riflettei sulla sua proposta e senza pensarci troppo, lo accontentai.

Presi la sua mano e lui, con la forza di uno che non si è appena svegliato, mi attirò sul letto. Senza aprire gli occhi, rotolò per farmi spazio e mi fece stendere al suo fianco.

Lo sentii sbadigliare, dopo di che poggiò il suo petto contro la mia schiena e mi avvolse il bacino con un braccio.

Io non avevo la testa sul cuscino, mentre lui si. E questa differenza gli permetteva di avere il viso appena sopra il mio collo. "Che ci fai nella mia stanza?" chiese contro la mia pelle, facendomi venire i brividi.

Al contrario delle altre volte mi sentivo vulnerabile, come se il controllo della situazione lo avesse lui. Ma non era come con Dean, Harry non si sarebbe approfittato delle mie debolezze.

"Ti ho portato i vestiti che mi hai prestato ieri." gli risposi. Lui si mosse, forse per individuarli sul suo comodino.

Poi riportò le sue labbra piene contro il mio collo. "Grazie per.. avermi riportata qui.” mormorai. "Christopher ha chiesto qualcosa?" gli chiesi. "Dormiva." rispose con voce addormentata.

"E Liam?" chiesi ancora, titubante. "Perché hai detto a Cameron che fra noi non c'è niente?” chiese improvvisamente, cambiando discorso.

Mi si bloccò la saliva in gola e tossii. Come gli era venuto in mente di farmi quella domanda in quel momento? Ma soprattutto, adesso io, cosa gli rispondevo? 

Sembrarono passare ore prima che io mi decidessi a parlare. "Non gli ho detto che fra noi non c'è niente." mormorai. "Gli ho detto che non stiamo insieme."

"Ma.." iniziò. Non avevo idea di cosa Cameron gli avesse detto ma, sicuro come la morte, non era una persona affidabile.

Mi voltai, girandomi fra le sue braccia ed incontrai il suo sguardo. Per un attimo mi persi ed impiegai qualche secondo per ricompormi. 

"So cosa ho detto." lo interruppi. Lui corrugò la fronte. "Quindi ammetti che fra noi c'è qualcosa." controbatté. "Io.." iniziai, per poi interrompermi un secondo dopo. 

A salvarmi da quella conversazione fu lo sbattere alla porta di un pugno. "Harry?" Era la voce di Liam.

Nel momento in cui lo riconoscemmo, ci spostammo l'uno dall’altro. Harry strinse la mano attorno al mio braccio non appena vide che stavo per rotolare giù dal letto.

Imprecai mentalmente e mi alzai, la stessa cosa fece lui ed entrambi incominciammo a guardarci freneticamente attorno. "Amico, non importa se sei nudo. Io entro." ridacchiò Liam, al di là della porta.

Ma io lo conoscevo abbastanza da sapere che non lo avrebbe realmente fatto senza il permesso di Harry.

"Nell'armadio." bisbigliò quest'ultimo “Cosa? No!” Le mie parole non gli impedirono di posare le mani sulle mie spalle e indirizzarmi verso l'armadio. "E va bene." sbuffai, sbattendo i piedi a terra.

Aprii l'armadio il quale, a causa del ritorno a casa di Harry, era vuoto. Mi sedetti all'interno del mobile e quando alzai lo sguardo, mi sorrideva divertito.

Chiuse le ante dell’armadio e una manciata di secondi dopo, sentii la porta aprirsi e Liam avanzare all'interno della stanza.

"Finalmente." sbuffò quest'ultimo. Il rumore che seguì poco dopo mi fece intuire che si fosse seduto sul letto. "Dammi il tempo di svegliarmi." si lamentò Harry.

"Scusa ma è importante," iniziò Liam, "devo parlartene prima che Ashley si svegli." aggiunse. Le sue parole vennero seguite da un forte colpo di tosse da parte di Harry, ma ormai lo avevo sentito.

Corrugai la fronte confusa, in attesa che proseguisse a parlare. "In realtà non è un buon momento. Possiamo parlarne un’altra volta?" Non lo vidi, ma percepii lo sguardo nervoso di Harry.

Sperai che Liam non gli desse retta ma, se lo avesse fatto, l’avrei fatta pagare ad Harry. Avevano motivo di nascondermi qualcosa? Se la risposta era affermativa, volevo saperlo.

"No, Harry. Adesso." Il tono di voce di Liam non era mai suonato tanto autoritario e la curiosità crebbe in me. 

Harry si schiarì la voce. "Va bene." mormorò arrendendosi. “Ho notato dei cambiamenti." iniziò Liam. “In Ashley, ma non solo in lei." aggiunse. Corrugai la fronte confusa. Di che parlava? 

"Non sono l'unico ad averli notati in realtà." continuò. "Di che parli?" gli chiese Harry, dando voce ai miei pensieri.

"Di te ed Ashley." rispose Liam e il mio cuore perse un battito. Io sapevo che c'erano stati dei cambiamenti, che io stessa ero cambiata. Ma non credevo che le persone attorno a me, a parte Harry, se ne fossero accorte.

"Liam.." iniziò Harry, prima di essere interrotto. "Dimmi solo cosa sta succedendo." incalzò Liam. "È mia sorella." aggiunse poi, enfatizzando sull'aggettivo possessivo.

Mi avevano sempre infastidito le persone che tendevano a volermi controllare o pretendevano di essere messe al corrente di tutto ciò che mi riguardava.

Ma adesso, l'idea di avere un fratello maggiore che si preoccupava per me, non era poi così sgradevole. Forse, se lo avessi avuto anche in passato, Dean non si sarebbe approfittato di me.

"Non sta succedendo niente." mormorò Harry, facendomi capire come si era sentito quando avevo detto la stessa cosa a Cameron.

Sentii il mio umore toccare letteralmente terra. "Voi non.." Liam lasciò la frase a mezz’aria. Non udii risposta, perciò immaginai che Harry avesse scosso la testa.

Sentii un rumore simile a quello di una pacca sulla spalla e il letto cigolò quando Liam si alzò.

"Va bene. Bella chiacchierata." disse con tono sollevato, mentre usciva dalla stanza. "Ci vediamo più tardi." disse, chiudendo la porta. Rimasi lì per qualche secondo e non udii più nessun rumore.

Perché il fatto che volesse tenere Liam all'oscuro di ciò che era successo fra noi mi infastidiva? Infondo era quello che anche io avevo fatto e volevo continuare a fare. No?

Premetti una mano contro l'anta dell'armadio e l’aprii. Harry sedeva sul bordo del letto e il suo sguardo era piantato a terra. Mi alzai e richiusi l'anta con talmente tanta forza che il rumore gli fece sollevare la testa.

"È divertente come tu abbia appena fatto la cosa per cui mi hai rimproverata un quarto d'ora fa." gli feci notare con tono tagliente.

Lui mi guardò con aria assente e poi scosse la testa lentamente. “Non ti ho rimproverata." mormorò.

Sollevai le sopracciglia sorpresa e poi mi avvicinai alla porta. "Se questo è tutto quello che hai da dire, ho di meglio da fare.” dissi, prima di uscire dalla sua stanza. Percorsi velocemente il corridoio e raggiunsi camera mia.

Se tutto ciò che aveva sentito era la parte in cui lo accusavo di avermi rimproverata, stavamo solo perdendo tempo. Infondo, fra noi, non c'era niente e non stava succedendo niente. Giusto?

Mi stesi sul letto e ispirai rumorosamente. C'era un motivo se evitavo di legarmi alle persone. Se non hai niente, non hai niente da perdere. Era una delle frasi che Zayn tirava fuori al momento giusto.

Quel pensiero mi ricordò che avevo un suo messaggio non letto. Allungai una mano sul comodino e lo presi.

 

Mi manchi.

Zayn x

 

Quelle due semplici parole riaprono in me la ferita che avevo deciso di ignorare. Mi mancava tanto da star male e sognavo il momento in cui avrei potuto riabbracciarlo.

Ma sapevo che se avesse scoperto ciò che gli nascondevo, vale a dire la storia di Sophie, lui non me lo avrebbe mai perdonato.

Dovevo chiamarlo e dirglielo ma, prima di farlo, decisi di leggere anche il messaggio di Dean.

Lo aveva inviato il giorno in cui ero uscita con Cameron, quando ancora ero all'oscuro del loro complotto.

 

Scacco matto.

 

 

 

Dovrei andare a nascondermi, lo so. Sono imperdonabile, ma sappiate che non è colpa mia.

Inizialmente ho dovuto fare i conti con la scuola, poi si è rotto il computer ed è stato un macello.

Sono passati due mesi ed io quasi mi vergogno a rifarmi viva adesso.

Spero, con tutto il cuore, che siate ancora tutte qua e che non vi sia passata la voglia di leggere la mia storia.

Mi siete mancate, davvero tanto e non vedo l’ora di rileggere le vostre recensioni.

Persisterà il problema della scuola, ma cercherò di impedire che una cosa simile accada di nuovo.

Mi scuso, non posso fare altro e vi prometto che aggiornerò il prima possibile.

Scusate ancora,

Michi x

 

 






 

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Capitolo 44
*** I need you too. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.

I need you too.

 

“I hate you, don't leave me.
Just hold me, don't touch me.”

 

 

Mi sedetti sulla panca sotto la finestra e portai le gambe al petto, avvolgendole con le braccia. Poggiai la schiena al muro e spostai lo sguardo fuori.

Mi ero rifiutata di pranzare e non uscivo dalla mia stanza da quando avevo parlato l'ultima volta con Harry. Il messaggio di Dean mi aveva turbata.

 

Scacco matto.

 

Perché per lui era un gioco, lo era sempre stato. Ed io ero come una pedina, come un pezzo degli scacchi il quale poteva manipolare e spostare a suo piacimento.

Avrei solamente voluto sapere quale fosse il suo scopo, quale fosse l'obiettivo del gioco.

Mi aveva già avuta ai suoi piedi in passato e si era liberato di me. Cos'altro poteva volere adesso? Una cosa era certa. Non lo avrei scoperto standomene con le mani in mano.

Spostai lo sguardo sul telefono e lo osservai per quelli che sembrarono minuti interminabili. Poi mi decisi a farlo. Lo presi e scrissi un messaggio.

Un indirizzo, un orario e un'indicazione ben precisa. Vieni da solo. E glielo inviai. Incapace di controllare l'ansia che velocemente crebbe in me, iniziai immediatamente ad agitarmi.

Forse non era una buona idea incontrarlo da sola. Anzi, sicuramente non lo era. Ma lo avrei scoperto quella sera. Sapevo cosa comportava un faccia a faccia con lui, ma era necessario ed inevitabile.

Lui era a Londra ma se avesse voluto, e lo voleva, avrebbe potuto raggiungere Wolverhampton in meno di tre ore. Ero pazza, ne ero cosciente. Ma il bisogno di mettere un punto a quel capitolo della mia vita, era incontenibile.

Qualcuno bussò con delicatezza alla mia porta e dal tocco leggero intuii che fosse Liam. Ma mi sbagliavo. Harry si affacciò nella stanza una manciata di secondi dopo e mi rivolse uno sguardo afflitto. "Possiamo parlare?" chiese, quasi sotto voce.

Lo guardai e dovetti reprimere la voglia di cercare conforto fra le sue braccia. Così distolsi lo sguardo e lo riportai fuori dalla finestra. Scossi la testa. Al momento, lui era l'ultimo dei miei problemi.

"So che sei arrabbiata con me." disse, avanzando all'interno della stanza. Riportai i miei occhi su di lui. "Ti sbagli." controbattei con calma. Lui corrugò la fronte. "Non negarlo, lo sei." insistette.

"Il mio mondo non gira attorno a te." mormorai, spostando nuovamente lo sguardo. Quelle parole mi lasciarono un sapore amaro in bocca. Mi riportarono ai primi giorni, quando mi rivolgevo a lui sempre con tono tagliente.

"Ho cose più importanti di cui preoccuparmi." continuai. Zayn e Dean erano sicuramente al primo posto della mia lista, al momento.

"Cose più importanti di noi?" chiese perplesso. Quando lo guardai, lo trovai imbronciato e oserei dire seccato. Come se stesse parlando di un'intensa storia d'amore che ci legava da anni.

"Quale noi?" chiesi retoricamente. "Credevo che non stesse succedendo niente,” dissi, "fra noi." aggiunsi.

"Adesso non puoi rinfacciarmelo. Cos'altro avrei dovuto fare?" chiese, spalancando le braccia. "Quello che avrei dovuto fare io." mormorai. Lui mi guardò in attesa che aggiungessi qualcos'altro.

"Ashley, io.." iniziò seccato, ma io sciolsi la presa attorno alle mie gambe e mi spostai, ritrovandomi seduta di fronte a lui. "Dire la verità, Harry." lo interruppi. "Essere sinceri." aggiunsi. "Con noi stessi e con gli altri." dissi.

Lui schiuse le labbra e mi guardò sorpreso. Io abbassai il viso e mi pentii di averlo detto. Ero l'ultima persona che poteva affrontare l'argomento sincerità.

Mi alzai e lo sorpassai evitando di incontrare il suo sguardo. "Devo andare." dissi, prima di uscire dalla stanza e, poco dopo, dal portone di casa.

 

Mi strinsi nel cappotto e poggiai la schiena alla vecchia rete arrugginita.

Avevo deciso di incontrarlo nel posto in cui mi aveva portata Louis la prima volta che ci eravamo visti al di fuori della scuola. Aveva l'aria di un magazzino abbandonato e poco illuminato. 

Avrei potuto scegliere un posto pubblico per incontrarlo, ma sapevo che lui si sarebbe trovato più a suo agio in un posto simile. In più, una piccola parte di me, confidava nel fatto che non avesse cattive intenzioni.

L'aria era fresca, non gelida come al solito. La temperatura si stava lentamente riscaldando e questo mi rincuorava. Cercai di tenere la mia mente occupata con riflessioni sul clima o sul l’esistenza umana.

Ma in realtà riuscivo solamente a pensare a cosa sarebbe successo. A quanto avremmo parlato e di cosa. Ma soprattutto, avremmo parlato? Non avevo idea di cosa aspettarmi.

Avevo messo le mani avanti dicendo a Liam che sarei rientrata tardi e che avrei fatto compagnia a Grace al bar. Ma speravo che non avrei affatto tardato e che il tutto sarebbe terminato velocemente.

Quando un paio di fari risaltarono nell'oscurità, sentii il cuore balzarmi in gola e i suoi battiti aumentare. Strinsi le mani attorno alle mie braccia e mi presi il labbro inferiore fra i denti, per poi iniziare a morderlo nervosamente.

Il motore dell'auto si spense e il mio cellulare vibrò nella tasca posteriore dei jeans. Per cercare di ignorare la tensione, decisi di leggere il messaggio appena arrivato.

 

Ho bisogno di te. H x

 

Per un attimo, tutto quello che mi circondava, sparì. Tutto quanto, compreso Dean.

Il primo pensiero che mi balenò in testa fu che gli era successo qualcosa, ma non sembrava una richiesta d'aiuto.

Aveva semplicemente bisogno che io stessi con lui e lo sapevo perché, quando alzai lo sguardo ed incontrai quello di Dean, mi resi conto che anche io avevo bisogno di Harry.

I suoi occhi mi squadrarono e un mezzo sorriso comparve sul suo volto. I suoi capelli corti non erano paragonabili ai ricci di Harry. Così come non lo erano i suoi occhi scuri e privi di emozione.

Si avvicinò a me ed io desiderai indietreggiare, ma non lo feci. Ero bloccata. Alzai lo sguardo per raggiungere l'altezza dei suoi occhi e schiusi le labbra.

Con orrore, mi resi conto che mi era mancato. "Ciao bambina." mi salutò, schiudendo le labbra nel sorriso che mi aveva fatto perdere la testa per lui.

Era sempre uguale, forse più bello. Ed io sentii tutti i miei progressi sbriciolarsi sotto ai miei piedi. Alzò una mano e la poggiò sulla mia guancia. Chiusi gli occhi e mi lasciai andare a quel contatto.

"Mi sei mancata." mormorò. In quel momento non riuscii a chiedermi per quale motivo lo stesse dicendo. Era stato lui a tagliarmi fuori dalla sua vita, perché adesso mi rivoleva?

Non avevo una risposta, sapevo solo che non era mai stato così dolce con me e questo mi destabilizzava.

"Mi dispiace per come sono andate le cose." La voce leggera come la carezza che stava lasciando lungo la mia pelle. "Volevo solamente renderti migliore." continuò. "Più forte." aggiunse.

Corrugai la fronte assumendo un'aria sofferente, quelle parole mi turbarono. Continuava a volermi cambiare, a volermi modellare a suo piacimento.

Passò le dita sopra al cipiglio sulla mia fronte. "Adesso sei perfetta." mormorò. "Perfetta per me." aggiunse. Quelle parole scatenarono qualcosa in me. Qualcosa di famigliare. Devozione? Mi chiese la mia coscienza.

Ma no, io ero lucida. In quel momento non mi stava condizionando. Si trattava di fiducia. Credevo a quello che mi stava dicendo. Stupidamente? No, lui non stava cercando di manipolarmi.

Era dolce. Come non lo era mai stato. E finalmente mi voleva. La domanda era, io volevo ancora lui? Ebbi la risposta quando chiuse la distanza fra noi per baciarmi. 

Le sue labbra prepotenti premettero contro le mie con forza ed entrambe le mani raggiunsero il mio viso per tenerlo fermo. In quell'istante, la delicatezza e la morbidezza delle labbra di Harry, invasero la mia mente.

Premetti le mani contro il suo petto e mi allontanai. Lui sorrise e si riavvicinò, ma io mi voltai appena in tempo. "Smettila, Dean." mormorai, ricordando che odiava sentirsi dire certe cose.

Ma lui sembrava divertito e mi disse che dovevo lasciarmi andare, prima di riprovare a baciarmi. "No." dissi, evitandolo per la seconda volta.

Lui divenne scuro in volto e mi tremarono le gambe quando mi guardò in quel modo. Mi spinse e le mie spalle si scontrarono subito con la rete alla quale ero stata appoggiata mentre aspettavo il suo arrivo.

In quel momento mi resi conto di essere stata una stupida. Di essere stata nuovamente soggiogata da lui. Credevo veramente che non mi stesse manipolando? Che fossi realmente io a fidarmi nuovamente di lui?

Era un suo potere, riusciva a farmi pensare ciò che voleva lui. Ed io, stupidamente, ci cascavo ogni volta. Ma dovevo tenere a mente tutto ciò che mi aveva fatto. 

Lui mi aveva intrappolata in una macchina con un ragazzo che aveva avuto il coraggio di farmi del male fisico. Quale razza di uomo colpisce una ragazza?

"Forse non hai capito," incalzò, "tu sei mia." premette un dito contro il mio petto, per indicarmi.  "E decido io, cosa farne di te." aggiunse, facendomi gelare il sangue.

 

Louis

 

"Sicuro che qua non ci sia nessuno?" mi chiese Brian, mentre scendeva dall'auto. Alzai gli occhi al cielo e mi chiesi per quale motivo avessi scelto come amico un tale vigliacco. Mi pagava sempre da bere, ecco perché.

"Per la centesima volta, Brian: si, ne sono sicuro." sbuffai. Abitavamo in un paese dove vagare per le strade con una canna fra le labbra, poteva scandalizzare i suoi abitanti conservatori.

Perciò avevo trovato un luogo inabitato dove potevamo spassarcela senza essere additati come dei tossici.

Il posto era poco illuminato, ma ormai lo conoscevo bene. Decisi di portare Brian dove l'ultima volta avevo portato Ashley. Era la zona più illuminata e c'era qualcosa su cui sedersi, qualche vecchio rimasuglio industriale.

Stavo ridendo ad una battuta di Brian, quando un rumore attirò la mia attenzione. Non eravamo soli. "Non toccarmi." la voce era bassa, ma riuscivo ugualmente a sentirla. Io e Brian ci guardammo confusi.

"Smettila, per favore. Lasciami stare." era una voce femminile e fu facile intuire cosa le stesse accadendo. Qualcuno la toccava contro il suo volere e mi chiesi se fosse il caso di intervenire o meno.

La ragazza si lamentò ancora una volta e il sangue mi si gelò nelle vene non appena associai la sua voce ad Ashley. I miei piedi si mossero senza il consenso della mia mente e senza pensare, iniziai a camminare verso quel suono.

Quella ragazza, in così poco tempo, era diventata importante per me. Ed avrei spezzato le ossa a chiunque la stesse fottutamente infastidendo.

Brian mi chiamò un paio di volte, ma io non lo ascoltai. Svoltai l'angolo e la vidi. A pochi passi da un'auto, con il corpo chiuso fra una rete arrugginita e un ragazzo che la toccava insistentemente.

Quella visione mi fece perdere la testa. Li raggiunsi con una velocità inumana ed afferrai il ragazzo per le spalle. "Ha detto che non devi toccarla, testa di cazzo!" lo insultai, mentre glielo toglievo di dosso.

Lo allontanai di un paio di metri e quando lui si voltò a guardarmi, era furioso. "Fatti i dannati cazzi tuoi." ringhiò, mentre si riavvicinava.

Io posai lo sguardo su Ashley. Tremava, aveva gli occhi arrossati e il respiro irregolare. "Faresti bene ad andartene, prima che.." iniziò lo stronzo, prima che io lo mettessi a tacere con un pugno.

La vista di un'Ashley tremante ed impaurita aveva scatenato in me una tale rabbia che se non me lo avessero tolto da davanti, lo avrei ridotto uno straccio.

"Louis!" Brian mi corse incontro, ma io lo ignorai. Il ragazzo inginocchiato a terra, sollevò il viso, permettendomi di vedere il suo naso sanguinante.

"Pensa a lei." ordinai a Brian, prima di avvicinarmi di nuovo a lui. Gli afferrai il colletto della giacca e lo sollevai. Lui barcollò e cercò di colpirmi, ma io lo schivai facilmente.

"Sei fortunato che non sono nel pieno delle mie forze." sputò del sangue. "E tu sei fortunato che non ho la minima voglia di finire in galera, stronzo.” controbattei, lasciandolo.

"Sparisci." gli ordinai poi, dandogli le spalle per dirigermi da Ashley. Ma non fu una delle mie migliori idee. Mi afferrò la giacca e, dopo avermi tirato indietro, si posizionò davanti a me e mi tirò un pugno in pieno stomaco.

Mi piegai in due e per poco non caddi a terra. Nonostante questo, lo stronzo intuì che non ne sarebbe uscito vincente. Poiché anche Brian si era messo sulla difensiva.

Lo vidi dirigersi verso la sua auto, dopo aver sputato un "puttana, non finisce qui” ad Ashley. Non aspettai un minuto in più e mentre l'auto lasciava la strada, io la raggiunsi. Si era seduta a terra, con la schiena contro la rete e il volto basso.

Mi chinai di fronte a lei e le tolsi i capelli dal viso, sollevandoglielo per poterla guardare negli occhi. Aveva qualche segno rosso sulle guance, ma sembravano graffi in via di guarigione, non le erano stati fatti quella sera.

"Mi dispiace." mormorò. "Ti ha fatto male?" mi chiese, posando la sua piccola mano sul mio avambraccio. Scossi la testa. "Non preoccuparti per me. Tu stai bene?" le chiesi.

Annuì, ma era piuttosto evidente che stesse mentendo. "Che ti ha fatto?" le chiesi, cercando i suoi occhi. Ma lei non li alzò da terra neanche quando mi rispose.

"Niente." scosse leggermente la testa. "Chi era? Cosa voleva?" chiesi ancora, sperando di non turbarla. "Lui.. io stavo con lui, una volta." mormorò. Corrugai la fronte confuso, com’era possibile?

"E cosa ci faceva qui?" chiesi. Non sarebbe dovuto essere in un posto tipo l’America? "Louis." quasi piagnucolò, alzando finalmente lo sguardo. "Scusami." mormorai mortificato.

Mi sporsi verso di lei e le passai un braccio sotto le gambe, mentre con l’altro sostenni la sua schiena.

"Ti porto a casa." cercai di rassicurarla, ma lei scosse la testa. Ci avviamo verso l'auto e nonostante la macchina fosse mia, diedi le chiavi a Brian.

"Allora chiamo Liam?" chiesi ancora. Ma lei scosse nuovamente la testa. "Chiama Harry."

 

Harry

 

"Abbiamo visto dei posti meravigliosi." cinguettò mia madre, sorridendo a Robin. Io alzai gli occhi al cielo, ma Gemma me li fece riabbassare con una gomitata.

Eravamo attorno al tavolo della cucina e, da quando erano tornati, non avevano fatto altro che comportarsi come due adolescenti innamorati.

Non che questo non mi facesse piacere, ma non ero dell'umore per gioire delle storie d'amore altrui. Ero ancora perplesso a causa della conversazione con Ashley.

Diceva che dovevamo essere sinceri con noi stessi e con gli altri. Ma lei era la prima a voler mentire a Liam e a non voler confessarmi ciò che realmente provava.

Il telefono vibrò nella tasca dei miei jeans, ma io lo ignorai poiché mia madre stava piagnucolando che le eravamo mancati.

Anche loro erano mancato a me ma, sinceramente, l'idea di non averla più ad un corridoio di distanza, mi turbava.

Al secondo messaggio, decisi di dare una veloce occhiata allo schermo del cellulare. Mi soffermai sull'ultimo ricevuto e, piuttosto confuso, lo rilessi un paio di volte.

 

Per una volta nella tua vita, sii uomo e cerca di tenerti stretta la tua ragazza.

 

Osservai il cellulare con la bocca schiusa e un'espressione inebetita disegnata sul volto. C'era un chiaro riferimento a Katy e al fatto che non fossi riuscito a tenermela stretta.

E, anche se non era effettivamente la mia ragazza, supposi che il messaggio si riferisse ad Ashley. Gemma iniziò a guardarmi male, ma io la ignorai ed aprii il primo messaggio ricevuto.

 

Ashley vuole che la vieni a prendere.

Siamo fuori dal Rammer Jammer.

Louis.

 

Alla vista di quel nome, sentii la rabbia risalirmi lungo tutto il corpo.

Perché era con lui? E perché gli aveva chiesto di mandarmi un messaggio? Le era successo qualcosa? Non le andava il cellulare?

Ero convinto che lei fosse arrabbiata con me, perché adesso mi voleva? E in che senso dovevo essere uomo e tenermela stretta? Chi voleva portarmela via?

Forse non era vero che era stata lei a chiedergli di scrivermi. Forse era solo una scusa per continuare a tormentarmi.

Infondo, Louis, era buono solo a ricordarmi il fatto che Katy mi avesse lasciato per lui. In ogni caso, l'unico modo per scoprirlo, era verificarlo di persona.

 

Scesi di macchina. La notte era già calata, così come la temperatura. Mentre mi avvicinavo al locale, mi guardai intorno, ma non la vidi.

Ad attirare la mia attenzione, fu l'aprirsi di uno sportello. Quando dall'auto scese Louis, strinsi nervosamente i pugni.

"Che vuoi?" gli chiesi, con voce tagliente. "Credimi, non c'è niente che io possa volere da te." mi derise, mentre si avvicinava.

"E' Ashley ad aver bisogno di te." aggiunse. "Per qualche strano motivo." mormorò con una smorfia.

Quasi godetti per quella piccola rivincita, ma avevo altro per la testa. "Lei dov’è?" chiesi preoccupato, spostando lo sguardo sulla sua auto. All'interno intravidi un'altra persona, ma era un ragazzo.

"Sai chi è Dean?" mi chiese e immediatamente sentii il sangue gelarsi nelle vene. Era venuto a cercarla? Che le aveva fatto? Lei stava bene?

Quando la porta del locale si aprì alle mie spalle, spostai il mio sguardo sul l’entrata e lei era lì.

Non aveva un aspetto bellissimo, ma era in condizioni migliori di quando la sera prima l'avevo trovata dopo l'appuntamento con Cameron.

La raggiunsi velocemente e le presi il volto fra le mani. "Che ti è successo? Cosa ti ha fatto quel bastardo?" le chiesi nervosamente.

"Ti ha toccata? Se ti ha fatto del male giuro che.." iniziai, prima che lei sprofondasse fra le mie braccia.

Strofinò il viso contro il mio petto e mi strinse a sé con forza. "Anche io ho bisogno di te." mormorò, in risposta al messaggio che le avevo mandato un paio di ore prima.

Rimasi spiazzato, ma poi avvolsi le braccia attorno al suo corpo e le baciai i capelli. Dovevo ancora abituarmi a quel suo lato. Raramente l'avevo vista così fragile.

Non riuscivo a contenere la soddisfazione che provavo nel sapere che era con Louis, ma che aveva avuto bisogno di me, tanto da chiamarmi.

"Stai bene?" le chiesi. Ero impaziente di sapere che cosa avesse a che fare Dean con tutto quello. Lei annuì e poi sciolse l'abbraccio.

Serrai la mascella quando si diresse verso Louis. Abbracciò anche lui e dopo avergli sussurrato qualcosa all'orecchio, tornò da me.

"Mi porteresti a casa?" mi chiese. Stavo quasi per risponderle che se ci teneva tanto a lui, poteva farsi riportare da Louis. 

Ma alla fine annuii, perché non glielo avrei comunque lasciato fare.

 

Durante il tragitto mi raccontò cos'era successo. La rimproverai per aver deciso di incontrarlo da sola.

E ci rimasi male, quando mi disse che per un attimo si era fidata di lui ed era tornata a credergli.

Poi mi disse la cosa peggiore. L'aveva baciata. Sentii qualcosa di strano smuoversi all’altezza del petto. Io l'avrei definita gelosia, con un pizzico di paura di perderla.

"E poi cos'è successo?" le chiesi, voltandomi a guardarla. "Cosa ti ha fatta tornare in te?" le chiesi ancora.

Odiai il modo in cui suonò la mia voce. Ero demoralizzato e atterrito da tutto ciò che mi aveva detto.

"Le sue labbra." rispose dopo una manciata di secondi. Distolsi nuovamente lo sguardo dalla strada e lo riportai su di lei, corrugando la fronte.

"Non erano le tue.”

 

Giuro che nessuno le metterà mai più le mani addosso, altrimenti supero il limite del ridicolo ahahaha.

In due giorni, ha avuto a che fare con due diverse situazioni critiche. Ma la forza per affrontarle, gliel’ha data Harry, che è stato sempre al suo fianco.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, io tengo particolarmente al finale. Perchè Ashley se ne sta rendendo conto, che è destinata a lui e nessuno può reggere il paragone.

Fatemi sapere cosa ne pensate,

Michi x

 

P.s: Scusate per gli eventuali errori.

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Capitolo 45
*** Stay with me. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.

Stay with me.

“Stay with me,
'cause you're all I need.”

 

Ashley

Solamente quando lo vidi sgranare gli occhi per la sorpresa, mi resi conto di cosa avevo detto. Così abbassai lo sguardo imbarazzata, ma non mi sarei voluta rimangiare quelle parole.

In cuor mio sapevo che, quella sera, era stata fondamentale per la mia vita. Avevo messo un punto ed avevo iniziato un nuovo capitolo. La protagonista ero sempre io, ma ero cambiata. Magari in meglio.

L'Ashley di qualche mese prima, non si sarebbe neanche sognata di arrossire di fronte a due semplici fossette. Ma quella sera lo feci e quando l'auto si fermò di fronte alle nostre case, desiderai di non dovermi separare da lui.

"Sul serio?" chiese, voltandosi completamente verso di me. Mi schiarii la voce e mantenni lo sguardo fisso sulle mie gambe e i sui miei piedi, nervosamente intrecciati.

"Lui non è delicato come.. come te." mormorai. “E non.." portai il mio sguardo fuori dal finestrino. "Non mi ha mai parlato così come fai tu." aggiunsi.

"Così come?" chiese confuso. Chiusi gli occhi, mi tremavano le mani. Non ero abituata ai cuore a cuore sentimentali. Ma mi sentivo così giusta mentre finalmente davo voce ai miei pensieri.

E non mi importava di risultare sdolcinata o fragile, perché Harry non avrebbe usato le mie debolezze contro di me.

"Con gentilezza e premura.. come se non fossi un oggetto di tua proprietà, come se non dovessi fare tutto ciò che vuoi tu, quando lo vuoi tu e come lo vuoi tu.” spiegai, con voce tremante.

"Perché tu non sei un oggetto di mia proprietà,” precisò, “e cavolo Ashley, è ovvio che non devi fare quello che ti dico, tu sei libera di fare ciò che vuoi.” sbottò.

"Già," sospirai, "peccato che Dean non la pensasse come te." gli feci notare. "Quel figlio di puttana." imprecò. Colpì il volante con le mani e puntò lo sguardo fuori dal finestrino. 

Per quanto odiassi vederlo turbato, quella reazione mi faceva piacere. Mi faceva capire che teneva realmente a me e mi rendeva più facile fidarmi di lui.

"Non dire niente a Liam." dissi, voltandomi finalmente verso di lui. Anche Harry portò lo sguardo su di me ed assottigliò le labbra, guardandomi con disappunto. "Sono preoccupato, Ashley." disse. Io lo guardai confusa, corrugando la fronte.

"Lui potrebbe tornare e.." iniziò. "Dirlo a Liam non eviterà questa possibilità." gli feci notare, interrompendolo.

Sospirò e portò il suo sguardo di fronte a lui, lungo la strada. "Non avevo intenzione di dirglielo, ma non posso neanche stare a guardare." disse. "Sono già stato da Cameron, ma.." 

"Tu cosa?" gli chiesi, interrompendolo bruscamente. “Cosa avrei dovuto fare?" si voltò a guardarmi. "Sono andato a casa sua, con l'intenzione di spaccargli la faccia, la sera stessa del vostro appuntamento." ricordò con una smorfia.

"Ma tu eri con me." dissi, ripercorrendo i fatti di quella sera con la mente. "Me ne sono andato appena ti sei addormentata." mi spiegò.

"Harry." lo rimproverai con sguardo accusatorio.  "Meritava di essere preso a cazzotti. Sono io che ti ho portata in casa sua e quella testa di cazzo si è permesso di.." non terminò la frase e sospirò per calmarsi. “Ma quel figlio di puttana non era in casa.”

"Grazie." dissi senza pensare, non appena smise di parlare. Harry tornò a guardarmi. "Solo per.. tutto quanto. Tutto quello che hai fatto per me da quando sono qui." mormorai.

"Io non.." iniziò. "Si invece." lo interruppi, immaginando il seguito della sua frase. "Hai fatto tanto.” aggiunsi.

"Credo che adesso sia ora di.." iniziai poi, cambiando velocemente discorso. "Si hai ragione." si affrettò a dire, mentre slacciava la cintura ed apriva la portiera. Uscii dall'auto e mi strinsi nel cappotto per ripararmi dal clima rigido.

"Tu.." iniziai, spostando lo sguardo da casa mia a casa sua. "I miei sono tornati, quindi.." dondolò sui talloni, probabilmente per il freddo. Io annuii.

Raggiungemmo il portone di casa mia e ci fermammo di fronte ad esso. "Grazie ancora." mormorai. "Non dirlo." accennò un sorriso mentre si avvicinava.

Prese il mio volto fra le mani e lentamente si avvicinò, per poi lasciarmi un bacio all'angolo della bocca. Non abbastanza soddisfatta, presi il tessuto del suo cappotto fra le dita e lo riavvicinai a me.

Gli lasciai un leggero bacio sulle labbra e mi allontanai velocemente. Un sorriso si estese sul suo volto e quando le sue mani raggiunsero i miei fianchi, sapevo già cosa sarebbe successo.

Portai le mie mani fra i suoi capelli e lasciai che lui portasse il mio corpo vicino al suo.

Passai le mie dita lungo le sue guance lisce e assaporai le sue labbra. Erano irresistibili e attiravano le mie come calamite. Come una droga, più ne avevo e più ne volevo.

Arretrò senza fiato e poggiò la sua fronte contro la mia. "Passo domani mattina.” disse e non suonò come una domanda.

Annuii. Lo stomaco già attorcigliato alla consapevolezza che stava per allontanarsi. "Buonanotte." mormorò poi, lasciandomi frastornata sulla soglia di casa mia.

Lo guardai allontanarsi, stringersi nelle spalle larghe per il freddo e cercare le chiavi nel cappotto. Lo vidi abbassare il viso per cercare quella giusta e vidi i suoi capelli ricoprirgli la fronte per la posizione.

Il naso arricciato e le guance rosse, le fossette al nascere del sorriso che mi dedicò in seguito all'ultimo sguardo. In quel momento la sentii, sentii la paura nascere con prepotenza dentro di me. 

La sentii sopraffare il senso di leggerezza che provavo e ricordai il motivo per cui inizialmente lo avevo rifiutato.

Avevo paura di affezionarmi troppo, avevo il terrore di diventarne dipendente. Ma come potevi non cadere in tentazione? Come riuscivi a stargli lontano, a rifiutare i suoi baci?

Scossi la testa ed entrai in casa. Mi chiesi cosa Zayn avrebbe pensato di tutto quello che stava succedendo nella mia vita.

Mi chiesi se fosse il caso di raccontargli di Dean e Cameron. Ma soprattutto, mi chiesi se non fosse arrivato il momento di raccontargli di Sophie.

 

Mi guardai allo specchio ed optai per un'altro strato di correttore.  Ammettevo a me stessa di non essermi ancora del tutto ripresa dallo scontro con Cameron, ma non lo avrei dato a vedere agli altri.

Così nascosi i segni evidenti e mi imposi di non fare smorfie sofferenti a causa dei vari acciacchi. Più che del dolore fisico, dovevo probabilmente preoccuparmi di Dean, ma non ci riuscivo.

Non ci riuscivo perché l'auto di Harry mi attendeva in strada ed io, davvero, non potevo pensare ad altri se non a lui.

"Si?" chiusi la cerniera della mia felpa e risposi a colui che aveva appena bussato alla mia porta. "Sei pronta?" Invece di rispondere a Liam, andai ad aprire la porta. "Buongiorno." mi sorrise.

"Ehi." ricambiai il sorriso, mentre mettevo in spalla lo zaino. Il mio subconscio mi ricordò che stavo mentendo anche a lui e mi sentii in colpa.

Non ero mai stata una persona troppo corretta ma mai, avevo mentito a così tante persone contemporaneamente.

Sospirai e quando alzai lo sguardo, vidi Harry in strada. Le spalle contro l'auto, il fumo denso della sigaretta che teneva fra le dita, gli usciva dalle labbra piene, le quali si schiusero in un sorriso.

Non ero sicura di averlo mai visto fumare. Forse si, ma non ci avevo fatto troppo caso. Ma adesso, quella era in assoluto la versione più seducente di Harry Styles.

"Buongiorno." lo salutò frettolosamente Liam, prima di girare attorno all'auto per raggiungere lo sportello. Harry in risposta si avvicinò a me e con uno scatto improvviso, posò una mano sulla mia schiena e mi attirò a sé.

Presa alla sprovvista, non riuscii ad impedirgli di baciarmi. Mi allontanai velocemente e presi a guardarmi intorno. Liam stava cercando qualcosa nel suo zaino, non ci aveva visti. Lanciai uno sguardo accusatorio ad Harry, il quale rise.

"Buongiorno anche a te, amico." rispose a Liam, dopo avermi fatto l'occhiolino ed essere salito in macchina.

Rimasi in piedi sul marciapiede, totalmente inebetita. Chi era quel ragazzo? Da quando era così audace? E perché questo suo lato me lo faceva piacere ancora di più?

"Hai intenzione di salire?" mi chiese divertito, abbassando il finestrino. Lo guardai male e dopo aver scosso la testa, mi decisi a salire.

 

"Ashley! Ehi, Ashley. Stai bene?" Una voce mi raggiunse dal fondo del corridoio. Chiusi l'armadietto e mi voltai. Louis si stava frettolosamente avvicinando a me. Decisi di sorridergli per tranquillizzarlo.

"Tutto bene." gli risposi, nel momento in cui le sue mani si posarono sulle mie spalle. "Dobbiamo parlare." disse con un tono che non sembrava voler ammettere proteste.

Ma io ero comunque della mia idea iniziale. La mia vita, era la mia vita. Gli altri dovevano starne fuori.

Ero io, se volevo, a dire loro ciò che mi accadeva. Come nel caso di Harry, al quale avevo sentito il bisogno di raccontarlo.

Ma in quel momento, di allargare la cerchia e di raccontare ad altri quello che era stato il capitolo di Dean, non era mia intenzione.

"Grazie per ieri sera, di tutto." gli sorrisi, ignorando le sue parole e cambiando discorso. Ma lui non demorse. "E perché diavolo hai voluto che venisse a prenderti Harry?" chiese, quasi irritato.

"Sapevo che il vostro rapporto fosse cambiato, ma da quando è.. così?" chiese accigliato. Sospirai e decisi di reprimere la parte di me che stava per prenderlo a parole.

"Io posso capire lui. Voglio dire, gli hai fottuto la ragazza, ti odierei anche io." iniziai. "Ma tu, Louis, che motivo hai di avercela tanto con Harry?" gli chiesi, con l'intenzione di togliermi un dubbio che avevo da un po'.

"Lascia perdere." disse, facendo scivolare via le sue mani dal mio corpo. "Non ho intenzione di farlo." lo informai. "Devo andare a lezione." mormorò, prima di darmi le spalle e allontanarsi.

 

"Ehi, ti vedo pensierosa.” Alzai il viso non appena riconobbi la voce di Christopher. Ero seduta sulla poltrona del salotto, con le gambe al petto e una cioccolata calda fra le mani.

Lui aveva le braccia conserte e un fianco poggiato contro lo stipite della porta. Mi guardava con un sorriso che io sarei stata in grado di definire solamente da papà.

Perché era questo che lui era ed iniziavo ad accettarlo. Così come iniziavo ad accettare seriamente tutta la situazione.

Ciò che faticavo ad accettare, era la lontananza di Zayn. La sua mancanza bruciava dentro. Aveva ragione, ero pensierosa, ma non pensavo a tutto quello.

Bensì a Louis e a quello che poteva aver scaturito la sua antipatia nei confronti di Harry. Ma decisi di mentire. "Sto pensando a.." abbassai il viso, incapace di parlargliene guardandolo negli occhi. "A tutto quello che è successo negli ultimi mesi." 

"Perché? Cos'è successo?" chiese ironicamente, spostandosi e andandosi a sedere sul divano di fronte a me. "È successo che la mia vita è stata stravolta e, per farla breve, adesso si sta riprendendo." ammisi.

Le sue labbra si schiusero in un sorriso sincero e sollevato. "Sapevo che sarebbe successo. Avevi solamente bisogno di tempo.” disse.

"E di persone che ti stessero a fianco." continuò. “Come Liam." sorrise. "Come Harry." aggiunse. Lo ascoltai in silenzio. Come potevo dargli torto? Lo sapevo che era solo grazie a loro se adesso non ero rinchiusa in un ospedale psichiatrico.

Perché sarei probabilmente impazzita se avessi continuato a chiudermi in me stessa. Ma Liam aveva sempre silenziosamente sperato in un cambiamento ed Harry aveva dato voce ai suoi pensieri.

Aveva allungato la mano in mia direzione e anche se io l'avevo più volte rifiutata, lui non si era mai arreso.

Non mi aveva solamente aiutata ad accettare la mia nuova vita, aveva anche scavato a fondo in me ed aveva ritrovato quella che ero prima. Prima di Dean.

"Come te." aggiunsi, prendendolo alla sprovvista. Quanto ero stata ingiusta con lui? Mi odiavo se ripensavo al modo in cui mi ero comportata.

"No, io non sono un bravo padre." scosse la testa e l’abbassò. Corrugai la fronte e lo guardai contrariata. "Si che lo sei."  Alzò il viso e riprese a guardarmi, sta volta in silenzio. "Non tutti avrebbero avuto tanta pazienza con me." mormorai.

"Non tutti hanno dovuto trasferirsi dall'altra parte del mondo." controbatté con aria afflitta. Era dispiaciuto per me, ma non doveva. "Io.. io credo che sia stato meglio così." dissi, catturando la sua attenzione.

"Non volevo ammetterlo ma.." mi interruppi non appena il mio sguardo cadde sulla finestra e vidi la figura di Harry passare.

Qualcosa scattò in me e senza preavviso, mi alzai. Christopher seguì il mio sguardo e quando fuori dalla finestra non vide niente, mi guardò confuso.

"Ma si, è stato meglio così." farfugliai imbarazzata. "Adesso devo.. esco un attimo." dissi.

Posai la tazza, ormai vuota, sul tavolo ed uscii dal salotto. Una volta all'entrata, aprii la porta. Guidata dall’euforia, lo chiamai. Lui si voltò e mi rivolse un'espressione sorpresa tanto quanto la mia.

Aveva le mani nelle tasche della giacca nera e si stringeva nelle spalle per il freddo. Adesso mi guardava con aria divertita poiché io, sulla porta a bocca aperta, ero rimasta senza parole.

Ero stata guidata dalla voglia di vederlo e di parlargli ma, in realtà, non avevo niente da dirgli. Rise di me. "Hai bisogno di qualcosa?" mi chiese divertito.

Mi mossi su me stessa e mi abbracciai, maledicendomi per non aver indossato un cappotto.

Abbassai lo sguardo imbarazzata e pensai a qualcosa di intelligente da dire. Lo sentii sghignazzare mentre attraversava il vialetto di casa mia.

Salì i due scalini che ci dividevano e posò le sue mani sulle mie spalle. Le sfregò contro il tessuto della mia maglia per scaldarmi e il mio corpo venne scosso dai brividi.

Odiavo sentirmi così vulnerabile, ma sotto il suo tocco ero incapace di ragionare lucidamente e questo mi destabilizzava.

"Volevi dirmi qualcosa?" mi chiese dolcemente, cercando i miei occhi. Mi decisi ad alzarli ed incontrai i suoi, verdi e gentili.

"No, io.." farfugliai. "Io si." mi interruppe. "Cosa?" chiesi confusa.

Le sue mani si fermarono ma non lasciarono il mio corpo. "Voglio dirti qualcosa." disse. "Oh." mormorai sorpresa. Più che altro, sollevata.  Stavo rischiando di fare una figura tremenda, ma per fortuna me l’ero evitata.

"Vieni con me.” disse, facendo scivolare le sue dita lungo il mio braccio ed incrociandole con le mie.

Mi attirò a sé, ma io mi ritrassi. "Aspetta, non ho il cappotto.” dissi, indietreggiando, attirata dal calore all'interno della casa.

"Non preoccuparti." disse. Si avvicinò a me ed allungò la mano dietro le mie spalle. Quando chiuse la porta, lo guardai contrariata. Morivo di freddo.

Mi diede le spalle ed iniziò a camminare. Con la mia mano ancora stretta nella sua. Non potei fare a meno di seguirlo.

Aprì l'auto e mi chiese di salire. Non me lo feci ripetere due volte e corsi al riparo dal freddo. Inserì le chiavi e un minuto dopo, accese il riscaldamento. Lo sentii

ridere quando la mia mano raggiunse la piccola manopola ed alzò la temperatura.

Però, un istante dopo, assunse un'espressione preoccupata e pensierosa. "È quello che penso?" chiese, spostando lo sguardo sulla mia mano e poi riportandolo sulla strada.

Lo guardai confusa. "È una bruciatura di sigaretta?" chiese, riferendosi alla piccola crosta sul dorso della mia mano.

Istintivamente la portai in grembo e la coprii con l'altra. Questo gesto gli bastò come risposta. Serrò la mascella e distolse lo sguardo, puntandolo fuori dal finestrino.

"Come stai Ashley?" mi chiese improvvisamente. Corrugai la fronte, sorpresa da quella domanda. 

"In che sens.." iniziai, prima di essere interrotta. “Hai trascorso due giorni infernali." disse con ovvietà, come se a me sfuggisse la gravità della situazione.

Il sabato mi ero ritrovata in una specie di lotta per la sopravvivenza contro Cameron e la sera dopo, avevo dovuto affrontare il mio più grande incubo.

Avrei potuto tirare un sospiro di sollievo se fossi stata sicura che fosse tutto finito, ma questa certezza non c'è l’avevo. Dean non si sarebbe arreso, lo conoscevo.

"Sto bene." mentii. Dal modo in cui mi guardò, fu chiaro che non mi credeva neanche un po'.

"E Zayn?" chiese. Lo guardai confusa. "Lui cosa c'entra?" La sua espressione la diceva lunga sull’opinione che aveva di Zayn.

Il tono con cui pronunciava il suo nome, la postura rigida e le labbra serrare. Ad Harry non piaceva, potevo dirlo con sicurezza. Ma a me non importava.

"Hai intenzione di dirgli che sono più di tre mesi che gli nascondi il fatto che la sua ex ragazza abita nella tua stessa città?" mi chiese.

La parte più malata di me, dedusse che non vedeva l'ora che glielo dicessi e che litigassimo. Ma forse ero solamente esagerata.

"E tu hai intenzione di dire a mio fratello che ti piaccio?" gli chiesi, trattenendo un sorriso e cambiando completamente discorso.

Già io rimproveravo me stessa per il modo spudorato con cui stavo mentendo al mio miglior amico, non avevo bisogno che iniziasse pure lui a farmi sentire in colpa.

Le sue labbra si schiusero in sorriso e diedero vita a due fossette. "Ehi, frena. Chi ti dice che tu mi piaci?" chiese divertito, mentre parcheggiava.

"Non mi togli gli occhi di dosso." scherzai, nonostante non avessi idea se quello che che stessi dicendo fosse vero.

In realtà ero io che non riuscivo a distogliere lo sguardo dal suo volto. Era così bello che sembrava disegnato. E mi ripromisi che un giorno lo avrei fatto, avrei riportato quei lineamenti sul mio quaderno. Così come avevo fatto con le sue labbra.

"Sei davvero una ragazza presuntuosa." rise, mentre estraeva le chiavi dall'auto. Non avevo idea di dove fossimo, ma non mi importava. Non gli avrei tolto gli occhi di dosso per guardarmi attorno.

"Facciamo una prova?" chiesi, voltandomi completamente verso di lui. "Che prova?" mi chiese incuriosito. "Cosa sto indossando?" gli chiesi, mentre portavo la mia mano sui suoi occhi.

Quando li coprii lui rise divertito e poi si prese qualche secondo per pensare. "Non indossi il cappotto, e di questo sono certo." sorrise.

"Hai un maglione grigio, con una piccola tasca in alto a destra e un filo tirato sul fianco sinistro." continuò.

Abbassai il viso e incredula trovai il filo tirato. "Devi averlo tirato con i ciondoli che hai attaccati al bracciale." ipotizzò.

"Inoltre hai una scarpa slacciata, ti consiglio di legarla prima di scendere." sorrise divertito. Ancora una volta dovetti dargli ragione e sempre più incredula, attesi che continuasse.

"Indossi la collana che ti ha probabilmente regalato Zayn, non la togli mai." aggiunse, con meno entusiasmo.

"E quei jeans sono macchiati." concluse. "Sono fatti così." mormorai, mentre abbassavo la mano e scoprivo i suoi occhi.

Com'era possibile che avesse notato tutti quei dettagli? La maggior parte dei ragazzi non toglie gli occhi dal lato B ed oltre a quello, ricorda ben poco.

Allora era vero? Non mi toglieva gli occhi di dosso come facevo io con lui? Perché io avrei potuto facilmente voltarmi e descriverlo in ogni suo minimo dettaglio.

Allungò una mano dietro al suo sedile ed afferrò una felpa nera. Una manciata di secondi dopo, mentre io lo osservavo ancora del tutto rapita, si avvicinò e me la posò sulle spalle.

Dopo avermi baciato una guancia poi, avvicinò le sue labbra al mio orecchio. Rabbrividii quando il suo respiro caldo sfiorò la mia pelle.

"La prossima volta assicurati che fra le dita non ci siano aperture." mormorò.

Le mie labbra si schiusero ed io rimasi totalmente spiazzata. Non si ricordava un accidente, aveva visto ogni singola cosa. Mi sentii stupida, ma non riuscii a trattenere una risata.

"Sei un impostore!" mi lamentai, premendo le mie mani sul suo petto e allontanandolo da me. Lui rise di gusto, mentre io incrociai le braccia e mi imbronciai.

"Non fare la bambina e scendi." rise, affondando il polpastrello del suo dito nella mia guancia.

Lui scese pochi secondi dopo e venne ad aprire il mio sportello. Mi convinsi a dargliela vinta solamente perché il freddo era entrato nel veicolo ed io iniziavo a rabbrividire.

Una volta con i piedi sull'asfalto, mi guardai intorno. Era un luogo piuttosto deserto. C'era una strada affiancata da alberi e l’unica costruzione sembrava essere la tavola calda davanti alla quale avevamo parcheggiato.

"Che posto è?" chiesi, mentre lo seguivo. "Un posto in cui mi portava sempre mio padre da piccolo." mormorò, mentre si guardava intorno pensieroso.

Dal modo in cui passò in rassegna con lo sguardo tutti i dettagli del locale, supposi che non ci veniva da molto tempo.

Quando aprì la porta per me, un campanello accompagnò la mia entrata. "Fanno una cioccolata calda che ti manderà in estasi." quando le parole di Harry raggiunsero il mio orecchio, mi voltai per guardarlo.

Lo trovai sorridente e me lo immaginai con suo padre, da bambino. Con le guance scavate dalle due solite fossette e i baffi sporchi di cioccolata.

Quando la sua mano raggiunse la mia, sentii il cuore fare una capriola. Si mise in fila ed io al suo fianco. Iniziai a guardarmi intorno e notai che la differenza con il posto da cui provenivo io, era notevole.

I bar americani tendevano ad essere molto colorati. I dolci che le loro vetrine esponevano, erano ipercalorici e dall'aspetto quasi finto. Sembravano di plastica, seriamente. Erano tutti identici, come usciti da uno stampo o da una pubblicità perfetta.

Le tavole calde inglesi, invece, erano per lo più in legno, caratteristica che le rendeva calde e accoglienti. I piatti che offrivano erano come quelli che ti cucinava la nonna la domenica.

Magari non avevano grandi presentazioni o un bellissimo aspetto, ma erano quasi sempre una delizia per il palato. Erano frequentati da clienti abituali, persone che avevano il loro tavolo e si ritrovavo per giocare a carte.

A me questo aspetto piaceva. Wolverhampton mi aveva conquistata con la sua semplicità, con i suoi valori ma, soprattutto, con i suoi abitanti.

Harry era voltato verso la sala, alla nostra sinistra, mentre la fila piano, piano diminuiva. Io posai gli occhi sul suo volto e faticai a distoglierli.

Mi chiesi se suo padre fosse venuto a mancare o se semplicemente non facesse più parte della sua vita.

Un rapporto con Harry lo aveva avuto in passato, dato che lui sembrava avere dei bei ricordi del loro posto abituale. Ma oltre a quello, non avevo altre informazioni sul suo conto.

Quando si voltò mi sorprese a fissarlo e sorrise divertito. "Chi non toglie gli occhi di dosso a chi, mh?" chiese ridendo, spingendomi leggermente con la spalla.

Abbassai lo sguardo e risi. Possibile che in poco più di tre mesi mi aveva resa un'adolescente timida e, oserei dire, patetica?

Per fortuna fu il nostro turno e non dovetti rispondergli. Lo lasciai ordinare anche per me, anche se storsi la bocca di fronte alla sua ordinazione.

Una cioccolata calda alla cannella ed una cioccolata calda alla vaniglia. Decisi di fidarmi di lui. In attesa delle nostre ordinazioni, andammo a sederci. Entrambi optammo per il tavolo vicino al camino.

"Ci venivi spesso con tuo padre?" gli chiesi, con la speranza di introdurre il discorso. Ne volevo sapere di più su di lui, sulla sua infanzia, sulla sua vita. Volevo conoscerlo.

Cambiò posizione un paio di volte prima di darsi una calmata. Era nervoso. Sembrava me quando volevo evitare determinati discorsi. Questo mi rese ancora più curiosa.

"Sempre." si schiarì la voce. "Ogni mercoledì.” ricordò. Corrugai la fronte. "Era il suo giorno libero." mi spiegò.

"E poi?" gli chiesi. Mi guardò in silenzio per una manciata di secondi e poi tossì. "Cosa?" chiese. "Cos'è successo? Non ci venite più?" gli chiesi. Abbassò il viso e scosse la testa.

Schiusi le labbra per continuare il discorso, ma la cameriera ci interruppe posando le tazze fumanti sul nostro tavolo.

La ringraziai e quando riportai il mio sguardo su Harry, lo trovai diverso. Più rilassato e sorridente. Non vedeva l'ora che le cioccolate arrivassero per cambiare discorso.

"Prova quella alla cannella." disse sorridente, avvicinandomi la tazza. Non gli risposi. Mi limitai a restare in silenzio e a prenderne un sorso.

Era senza dubbio paradisiaca, ma in ogni caso non sarei riuscita a godermela pienamente. Ero delusa. Speravo che lui si sarebbe aperto con me almeno la metà di quanto io mi ero aperta con lui.

Mi ero fidata, gli avevo rivelato i miei segreti, i miei pensieri e mi aspettavo che lui facesse altrettanto con me. "Sii sincera, non è semplicemente la cosa più buona che tu abbia mai assaggiato?" chiese, dopo averne preso un sorso.

Annuii senza troppo entusiasmo e feci cadere il mio sguardo sull'orologio appeso alla nostra destra. Erano quasi le sei. "Ashley?" mi chiamò, inclinando il viso alla ricerca dei miei occhi. "Che succede?” mi chiese.

Schiusi le labbra per dirgli che non succedeva niente, che era tutto okay. Ma a cosa sarebbe servito mentirgli? Che senso aveva nascondergli che c'era qualcosa che mi infastidiva?

"Io te l'ho detto." mormorai, ancora indecisa sul volerglielo dire o meno. "Che cosa?" chiese confuso. "Quasi tutto quello che volevi sapere da me. Te l'ho detto." gli risposi.

Lui mi guardò pensieroso e dopo qualche secondo la confusione abbandonò il suo volto.

"Non è che non voglio dirtelo, è che.." iniziò, ma io lo interruppi. "È che è difficile, vero? Fa male parlare di certe cose, richiede un certo sforzo." finii la frase per lui.

Non avevo idea di quanto dolorosi fossero i suoi ricordi, ma sapevo che lo erano abbastanza da impedirgli di parlarne tranquillamente.

"Io questo sforzo l'ho fatto. L'ho fatto per te, perché volevo dimostrarti che hai la mia fiducia." e dicendogli ciò, gli dimostravo ancora una volta il mio punto.

Mi esponevo ed ammettevo che mi fidavo ciecamente di lui. Questo non era fare uno sforzo? Sospirò. "Hai ragione." disse, posando le mani sul tavolo. In quel momento però, mi sentii in colpa.

"Non voglio forzarti a dirmi quello che non vuoi," iniziai, "vorrei solo che fossi tu a volermelo dire." gli precisai. Sorrise con un angolo della bocca ed allungò una mano. Si fermò solamente quando trovò la mia.

Passò il polpastrello attorto alla superflue del l'anello che portavo al pollice e con lo sguardo basso, iniziò a raccontare.

"Era un padre come un altro. Ci voleva bene, era piuttosto presente, ci dedicava il suo tempo." disse, riferendosi a lui e a sua sorella Gemma.

"Ma un mese prima del mio ottavo compleanno, se ne andò di casa.” ricordò, spostando il dito lungo il dorso della mia mano.

"Ricordo quel periodo come uno dei più brutti della mia vita.” mormorò. "Gemma era sempre arrabbiata e mia madre cadde in qualcosa di molto simile alla depressione." la sua voce tremò leggermente.

Ruotai la mano e strinsi le dita attorno alla sua. Mi pentii di avergli fatto quella domanda in un luogo pubblico. "Fu Robin a raccogliere i pezzi della nostra famiglia e a rimetterli insieme." disse. 

"Gli sono grato ma.." scosse la testa e abbassò lo sguardo. "Manca qualcosa." provai a terminare la sua frase.

Alzò gli occhi e annuì. "Manca qualcosa." confermò le mie parole. Provavo un sentimento negativo nei confronti dell'uomo che aveva reso triste il ragazzo che riusciva sempre a strapparmi un sorriso.

Sembrava sempre di buon umore, non immaginavo che quel sorriso nascondesse quel dolore. "Lui.." iniziai, chiedendomi dove fosse. Alzò le spalle. "Non lo so." disse. "Pare che si sia trasferito altrove." 

Corrugai la fronte. "Non hai più avuto sue notizie da quando.. se n'è andato?" gli chiesi sorpresa. Harry scosse la testa in risposta.

Volevo dirgli che mi dispiaceva e decisi di dare voce ai miei pensieri attraverso una carezza. Lisciai la pelle della sua mano con il pollice e poi la portai alle mie labbra.

Lui mi guardò rapito mentre lasciavo dei piccolo baci sul dorso della sua mano. Ero sempre stata forte. Mi ero sempre fatta carico dei miei problemi da sola. E adesso, se fosse stato necessario, avrei salvato entrambi.

Liberò la sua mano dalla presa della mia e la chiuse attorto alla mia guancia. Poggiai il mio volto contro il suo palmo e chiusi gli occhi lasciandomi andare al suo tocco.

Se avessi potuto scegliere di sentire una sola cosa per il resto della mia vita, sarebbe stata quella sensazione di pace che solo lui sapeva trasmettermi.

"Stai alleviando quella mancanza." disse, in un sussurro quasi impercettibile che mi fece riaprire gli occhi.

"Quindi per favore," iniziò, prima di prendere un respiro profondo, "resta con me." 


 

Buon pomeriggio ragazze,

vado di fretta quindi non dirò molto.

Solo buona domenica, spero che il capitolo vi piaccia e se volete, fatemelo sapere.

Un bacione,

Michi x

 



 

 

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Capitolo 46
*** Lies disappoint people. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.

Lies disappoint people.


“All the rest of my crimes don't come close,
to the look on your face when I let you go.”


 

Nel momento in cui spense il motore, un attimo dopo aver parcheggiato l'auto di fronte alle nostre case, calò il silenzio. Quel pomeriggio avevo avuto l'opportunità di conoscere meglio quello che era stato il passato di Harry.

Ne conoscevo a malapena il presente e il fatto che invece lui fosse a conoscenza di molte cose che mi riguardavano, mi preoccupava.

Sapevo di potermi fidare di lui, ma non era comunque facile. Non dopo essere stata ripetutamente tradita dalle persone che amavo.

"Grazie." ruppe il silenzio, voltandosi verso di me. Corrugai la fronte, chiedendomi per cosa mi stesse ringraziando.

"Sai per.." iniziò, lasciando la frase a mezz'aria. Si grattò la fronte in imbarazzo. "Per aver fatto per te, quello che tu hai fatto per me?" gli chiesi, voltandomi verso di lui.

Posò gli occhi nei miei e mi guardò in silenzio. "Se non fosse stato per te, non so se sarei riuscita ad aprirmi." spostai lo sguardo fuori dal finestrino.

"Allora sei tu che devi ringraziare me." scherzò, alleggerendo il clima che si stava venendo a creare.

Gli rivolsi un sorriso. "Si, suppongo di si." Alzò una mano e sfiorò la mia guancia con il pollice. "È stato un piacere.” disse, prima di scendere dall'auto.

Rimasi un attimo immobile, con l'intenzione di fermare il formicolio che aveva lasciato sulla mia guancia e di stabilizzare il battito del mio cuore.

Una manciata di secondi dopo, sbuffai rumorosamente e scesi di macchina. Dio, cos'era capace di scatenare in me con una carezza quel ragazzo.

"Le nostre strade si dividono." sorrise, dondolando con i talloni sul confine dove si incontravano le nostre case.

"Pare di si." concordai, mentre lo raggiungevo. Un silenzio imbarazzante cadde fra noi e lui sorrise per smorzarlo. "Oh." dissi, ricordando che indossavo la sua felpa. Iniziai ad abbassare la cerniera, ma lui mi chiese di fermarmi.

"Fa freddo, puoi tenerla." si affrettò a dire. Io lo guardai insicura. "Puoi restituirmela un altro giorno." mi assicurò. "Oh, okay," gli sorrisi, "grazie." aggiunsi, mentre la richiudevo.

Era ormai sera e la luce del lampione non gli rendeva giustizia. La linea definita della sua mandibola mia faceva impazzire, avrei voluto percorrerla con le mie labbra.

"Non rispondi?" mi chiese all'improvviso, facendomi notare che il mio telefono stava squillando. Lo estrassi velocemente dalla tasca dei jeans e subito dopo aver visto chi era, risposi.

"Zayn." Il suo nome mi cadde dalle labbra come una bambina che non vede il suo papà da tanto e può riabbracciarlo.

Con la differenza che io non potevo stringerlo fra le mie braccia ma dovevo accontentarmi della sua voce. Era definitamente diventato il suono che preferivo. Era talmente familiare ed affettuosa che mi riscaldava il cuore.

"Ehi." disse in risposta. Era solare, speravo che avesse delle buone notizie. "Come stai?" gli chiesi e non appena terminai la domanda, un colpo di tosse attirò la mia attenzione.

Mi ero dimenticata della presenza di Harry. Alzò una mano ed indicò casa sua per farmi capire che entrava. Io annuii e lo seguii con lo sguardo mentre si avvicinava a me.

"Adesso bene. Avevo voglia di sentire la tua voce." rispose Zayn. Lo avevo sentito e volevo rispondergli, ma al momento la mano di Harry era posata sul mio viso e non riuscivo a concentrarmi su altro.

Si abbassò e mi baciò la guancia, mantenendo per qualche secondo il contatto con mia pelle. "Ci vediamo domani, Ashley." mormorò. "A domani." gli risposi.

Lo seguii con lo sguardo perso fino a quando non entrò in casa. E una volta fuori dal mio campo visivo, restai comunque imbambolata.

"Si può sapere a chi ti sei rivolta con quella voce da ebete?” chiese Zayn all'improvviso, facendomi sussultare. Alzai gli occhi al cielo anche se non poteva vedermi. "Io non..” iniziai, prima di essere interrotta.

"Si invece. Chi era? Harry?" chiese, con il tono di un papà troppo premuroso. "Tu come fai a saperlo?" chiesi confusa. Non gli avevo parlato molto di Harry, se non per dirgli che lo trovavo irritante.

Anche se ovviamente, nel frattempo, il mio giudizio aveva subito dei piccoli cambiamenti.

"Dubito che fosse tuo fratello e se avessi conosciuto un altro ragazzo, lo saprei." disse con sicurezza. Risi. "Okay, si. Era lui." Quando vidi il mio riflesso nel finestrino dell'auto al mio fianco, mi resi conto che aveva ragione.

Non avevo solamente il tono di voce da ebete, ma anche un sorriso illegalmente grande stampato in pieno viso.

Scossi la testa e mi diressi verso il portone di casa. “C'è qualcosa che dovrei sapere?" mi chiese. "Tutto bene lì?" cambiai discorso. Risi appena lo sentii sbuffare. "Prima o poi sputerai il rospo." mi assicurò.

"Il solito." mormorò poi, dopo aver sospirato, ormai rassegnato. Inserii la chiave nella serratura. "Tua sorella sta bene?" gli chiesi preoccupata.

"Si. Va tutto bene. Davvero." Non ero certa se cercasse di convincere me o se stesso. Lasciai cadere la mano che stava per abbassare la maniglia lungo il mio fianco.

Sebbene Zayn fosse per me un libro aperto, era difficile leggerlo in quelle circostanze.

Aveva poi questo difetto di volermi proteggere da tutto, a volte anche da lui. Non mi diceva i suoi problemi perché non voleva che me ne facessi carico per lui.

A volte lo capivo. Evitavo di raccontargli di Cameron e Dean per lo stesso identico motivo. Ma io avrei volentieri alleggerito il suo peso ed avrei condiviso i suoi problemi e le sue preoccupazioni con piacere.

Solo che non potevo farlo se lui non me ne parlava. Ed era così terribilmente testardo lui. "Vorrei essere lì." dissi. O meglio, piagnucolai. Lo sentii sospirare. "Credimi Ash," iniziò, "Sono io che vorrei essere lì." 

Sospirai e riportai la mano sulla maniglia, dopo di che entrai in casa. Percorsi il corridoio e una volta in salotto, i miei piedi si bloccarono a pochi passi dalla figura bionda che sedeva sul divano.

"Adesso devo andare." dissi immediatamente, attirando l'attenzione di Sophie, la quale non si era ancora accorta della mia presenza.

"Ci sentiamo stasera." aggiunsi. “Oh, okay, va bene. Ciao Ash.” mi salutò confuso, prima di mandarmi un bacio.

Sorrisi e ricambiai, prima di chiudere la telefonata. Sophie mi seguì con lo sguardo mentre andavo a sedermi di fronte a lei.

La tentazione di chiederle cosa ci facesse lì, mi spinse a schiudere le labbra. Ma poi dedussi che fosse lì per Liam, infondo erano amici.

"Era lui, vero?" chiese, con un lieve sorriso consapevole stampato in volto. La guardai in silenzio e decisi che non volevo risponderle.

"Non ti ho ringraziata per il favore che mi hai fatto." dissi, riferendomi alla sera in cui ero arrivata dolorante ed esausta al Rammer Jammer, dopo l’appuntamento con Cameron.

Si era offerta di andare a chiamare Liam ma poi, sotto richiesta mia, aveva attirato fuori Harry con una scusa. "Quindi grazie." aggiunsi. Lei scosse la testa, consapevole del fatto che avessi appena sviato la sua domanda.

Sospirò. "Prego." la parola le fuoriuscì dalle labbra con leggerezza. Era sempre stata così posata in confronto a me. Raramente avevo sentito una parolaccia lasciare la sua bocca.

Da una parte la invidiavo, ma dall'altra non capivo come riuscisse a non incazzarsi mai. Io ero sempre incazzata.

Mi alzai e senza aggiungere altro, raggiunsi la cucina. Non appena entrai nella stanza, Liam mi guardò scuro in volto. “Dimmi che non l'hai ferita." disse ironicamente, riferendosi a Sophie.

Scossi la testa divertita. "È seduta sul nostro divano sana e salva." lo rassicurai. Con la coda dell'occhio, vidi Christopher sorridere mentre cucinava la cena. 

Era il suo giorno libero e per fortuna quella sera non avremmo mangiato i cibi indigesti cucinati da Lauren.

"Perché avrebbe dovuto? Sophie è una ragazza adorabile." disse Christopher. Alzai gli occhi al cielo e Liam sorrise mentre mi sorpassava per raggiungerla.

Aprii gli sportelli del mobile ed iniziai ad apparecchiare la tavola. "Ashley." mi chiamò Christopher, attirando la mia attenzione. "Mh?" mugolai, mentre distribuivo i piatti.

"È arrivata una lettera," disse, “un'altra." aggiunse poi. Sospirai. "Puoi gettarla." risposi, cambiando completamente tono di voce, assumendone uno freddo e distaccato.

"Ashley.. ho visto che viene da Los Angeles." iniziò. "È una tua amica.. o un tuo amico?" chiese.

Intuii dal modo in cui aveva pronunciato l’ultime parole che sospettava che io avessi un fidanzato o qualcosa del genere in California.

Scossi la testa. "È mia madre." risposi istintivamente. Poi mi resi conto di ciò che avevo detto. "Quella adottiva." specificai, dopo un colpo di tosse.

"Capisco." sospirò. "Ti ha scritto decine di lettere. Non le hai mai risposto.” disse. Continuai a dargli le spalle e a tenermi impegnata con la tavola.

Non le avevo neanche aperte quelle lettere. Non c'era niente che Rachel potesse dirmi di minimamente rilevante.

"Lo so." tagliai corto. Lui sospirò e si voltò verso di me. "Dove sei finita oggi pomeriggio?" mi chiese, cambiando discorso.

Mi voltai anche io, incontrando il suo sguardo. La mia mente iniziò ad elaborare una bugia, mentre la mia bocca si aprì per rispondere sinceramente. Ero stufa di mentire.

"Con Harry." dissi. "Ero con Harry." Alle mie parole corrugò la fronte confuso, poi sorrise. "È incredibile come voi siate riusciti finalmente a trovare un punto di incontro." disse, mentre riprendeva a tagliare le verdure.

"Già." gracchiai, dopo un colpo di tosse. "Mi fa piacere." continuò. Sforzai un sorriso ed iniziai a prendere i bicchieri dalla vetrina. Ero in imbarazzo.

Lui non aveva idea di cosa ci fosse fra me ed Harry. E probabilmente neanche sospettava niente. Ma ero comunque in imbarazzo e temevo che se ne accorgesse.

Perciò decisi di abbandonare quella conversazione e anche quella stanza. Posai sul tavolo le ultime posate e mi avvicinai alla porta.

“Vado in camera mia.” lo informai. “Va bene, ti chiamo quando è pronta la cena.” disse, senza distogliere lo sguardo dai fornelli. “Grazie per la tavola.” aggiunse. “Di niente.” sorrisi, mentre uscivo dalla cucina.

Provai a percorrere il corridoio senza attirare l’attenzione di Liam e Sophie, ma senza successo. “Ehi, perchè non vieni a sederti con noi?” chiese Liam.

Mi fermai, il salotto alle mie spalle. “Perchè sono già stata punita per i miei peccati, grazie.” risposi con tono tagliente, prima di riprendere a camminare.

Li sentii ridere alle mie spalle e un sorriso apparve sul mio volto. Le mie battute e le mie risposte non li ferivano più come prima.

Si era venuta a creare un certa confidenza fra noi e il fatto che ormai mi conoscessero e mi accettassero per quella che ero, mi faceva sentire a casa in un certo senso.

 

Aveva il il capo chino, per questo non mi vide arrivare e sussultò non appena mi sedetti al suo fianco.

"Buongiorno." lo salutai sorridente. "Ehi." mi rispose debolmente, sforzando un sorriso. Con lo sguardo scrutai il suo volto alla ricerca dei suoi occhi, i quali non avevano ancora incontrato i miei.

"Tutto bene?" gli chiesi. Finalmente si voltò e annuì con poca convinzione. Sospirai arresa. "Quando avrai intenzione di dirmi cos'hai, fammi uno squillo." dissi stufa, mentre mi alzavo.

Con la coda dell'occhio lo vidi abbassare lo sguardo, senza la minima intenzione di seguirmi o controbattere. Mi fermai due scalini al di sopra di quello su cui era seduto e sbattei i piedi a terra irritata.

"Andiamo Louis. Adesso tocca a me starti vicino, ma tu devi aprirti." mi lamentai. Non era da me preoccuparmi per altri. E proprio perché avevo incontrato una persona che mi stava tanto a cuore da volergli essere d’aiuto, non avrei lasciato perdere tanto facilmente.

"Cosa vuoi sapere, eh?" chiese irritato, voltandosi a guardarmi. "Quello che ti passa per la mente. È a causa di Harry? Ancora non mi hai detto perché lo odi tanto.” chiesi sfinita.

Davvero non lo capivo. E mi irritava il fatto che non volesse condividere con me i suoi pensieri. Perché io con lui lo facevo. Non era al corrente di tutto ciò che mi riguardava. Sapeva la metà delle cose che avevo avuto il coraggio di confessare ad Harry.

Ma per me era comunque una gran cosa, perché una manciata di mesi prima avrei avuto difficoltà persino a rivelargli il mio nome.

"Perché lui vince sempre, Ashley." sbottò improvvisamente. Rimasi spiazzata, con la bocca schiusa e la fronte corrugata. Cosa intendeva?

"A me sembra che Katy ti abbia preferito a lui." gli ricordai. "Stronzate." abbassò lo sguardo. Completamente confusa, mi sedetti nuovamente al suo fianco. “Ma.." iniziai, prima di essere interrotta.

"Niente ma, Ashley. Tu non conosci Katy, non sai come funziona la sua mente.” disse. "Finge continuamente di essere chi non è. Vuole mostrarsi forte agli occhi degli altri e non può ammettere che si è resa conto di aver fatto uno sbaglio. Ma io lo so." continuò.

"Che intendi?" gli chiesi, sempre più confusa. "Si è pentita di averlo lasciato per me. Perché io non so darle le attenzioni che le dava lui." rispose.

Continuavo a non capire e lui se ne accorse a causa della mia espressione. "Io sono uno stronzo, ok? Mentre Harry è il bravo ragazzo che tutte vorrebbero.” sbuffò.

"Non essere infantile Louis. Sai che non è così." cercai di convincerlo. "Katy ha sempre avuto un debole per te ed è te che ha scelto. Hai vinto tu." insistetti.

"Forse la sua testa mi ha scelto. Ma il suo cuore ha sempre scelto Harry.” controbatté. "Sei tu che dici stronzate adesso." sbuffai. Katy disprezzava Harry. Non era affatto vero che il suo cuore lo aveva scelto.

Altrimenti per quale motivo mi avrebbe raccontato di averlo solamente usato? E perché lo avrebbe confermato anche a lui? 

"E poi ha te." disse, attirando la mia attenzione. "Cosa?" corrugai la fronte. “Vince sempre, te l'ho detto." disse, un attimo prima che suonasse la campanella. Un secondo dopo, si alzò ed iniziò a camminare.

La ignorai e lo seguii. "Io ti sono stato accanto fin dal primo momento, mentre lui non ha fatto altro che disprezzare il tuo comportamento." disse, mentre continuava a camminare.

"Non è vero, lui.." iniziai, ma lui mi interruppe. "Andiamo Ashley, l'ho sentito dire a Liam che sei una stronza." mi derise.

Schiusi la bocca per controbattere, ma poi la richiusi. Lo aveva detto davvero?Anche se fosse stato, mi era comunque stato vicino. E se il mio comportamento, tanto disprezzato, aveva subito un cambiamento, era lui che dovevo ringraziare.

"E adesso esiste solo Harry per te." aggiunse. "Louis." lo chiamai, cercando di stare al suo passo. "Fermati, per favore." circondai il suo braccio con le dita.

Lui si liberò dalla mia presa e proseguì la sua fuga. Allora mi fermai. E prima di aprire bocca, riflettei più volte, ma alla fine mi decisi.

“Io ti voglio bene." dissi. E quelle quattro parole, all'apparenza banali, lo fecero fermare immediatamente. Perché lui mi aveva capita e sapeva che difficilmente pronunciavo quelle parole.

A parte Zayn, nessuno era stato degno di tale confessione. Ma Louis aveva ragione, mi era stato vicino nonostante io avessi ripetutamente cercato di rifiutarlo. E gli volevo bene.

Si voltò e rimase a guardarmi, in silenzio. "È solo che non sono brava.. in queste cose." mormorai.

Le sue sottili labbra si aprirono in un sorriso e prese a camminare verso di me. "Ti voglio bene anche io." disse, stringendomi in un abbraccio.

Allacciai le braccia al suo collo e lo strinsi a me. Non ero mai stata bisognosa d'affetto, non andavo alla ricerca di abbracci.

Ma da quando mi ero trasferita, le cose erano cambiate. La distanza da Zayn e da quelli che credevo essere i miei genitori, mi aveva fatta sentire una bambina.

Mi sentivo persa esattamente come una bambina che perde la mamma al centro commerciale. E gli abbracci mi facevano sentire al sicuro e si, ne ero diventata bisognosa.

Quando il cellulare prese a squillare nella tasca della mio cappotto, Louis lo prese e lo mise silenzioso. "Chi era?" chiesi curiosa, mentre scioglievo l'abbraccio. 

"Liam." rispose. "Che si starà sicuramente chiedendo perché non sei entrata a scuola." aggiunse. "Ma adesso questo telefono lo spegni e vieni con me." disse, dopo avermi fatto l’occhiolino.

 

Ero sdraiata su una panchina, con la testa che fuoriusciva e penzolava da un lato e le gambe stese su quelle di Louis, seduto normalmente.

Aveva la testa inclinata indietro, gli occhi socchiusi è quella che sembrava una canna, fra le labbra.

"Rischi di perderlo." disse, non appena finii di raccontargli come ancora non mi ero decisa a parlare con Zayn.

"Lo so." sospirai. "Ma ho paura che se glielo dico adesso, si arrabbierà perché ho aspettato quasi quattro mesi." borbottai.

"Sempre meglio che non dirglielo." controbatté. Sospirai rassegnata. "Dimmi che almeno a te le cose vanno bene." mormorai.

Seguirono minuti di silenzio, in cui percepii le sue labbra aspirare con forza e il fumo fuoriuscire dalla sua bocca.

"La amo, Ashley." disse poi, senza preavviso. Alzai la testa per la sorpresa è lo guardai. "Ma lei non ama me." disse, mentre scuoteva la cenere. "Quindi no, le cose non vanno bene." mormorò.

"Louis." dissi dispiaciuta. Lui mi rivolse un sorriso sforzato. "Secondo me ti sbagli.” scossi la testa.

Ricordavo chiaramente Katy dire di essersi messa con Harry solo per passare il tempo, mentre aspettava che Louis si accorgesse di lei. Quindi perché non poteva amarlo?

"Mi dispiace." dissi solamente, quando mi accorsi che non avrebbe cambiato idea. Mi alzai a sedere e mi avvicinai a lui, poggiando la testa sulla sua spalla e prendendo la sua mano nelle mie.

"Non conosco persone più incasinate di noi." sforzò una risata. Aveva ragione, forse era per quello che andavamo d'accordo. Risi con lui.

"Devi dirglielo, Ashley." disse, tornando serio. Sospirai. "Lo so."

 

"Smettila di spingermi!" mi lamentai divertita, spingendo a mia volta Louis, mentre salivo nuovamente sul marciapiede.

"Devi sopportarmi fino a quando non siamo arrivati a casa tua." rise, mentre io alzavo ironicamente gli occhi al cielo. "Per fortuna siamo arrivati allora."

Guardai l'orologio. Ero stranamente in onorario. Dovevo fare in modo di essere a casa all'ora in cui solitamente tornavo tutti i giorni. Altrimenti Christopher avrebbe scoperto che non ero entrata a scuola.

Capii di essere in perfetto orario quando un auto familiare ci passò a fianco. Parcheggiò a pochi metri da noi, di fronte a casa mia. Scese Liam, il quale si voltò verso me e Louis e, in silenzio, iniziò a guardarci.

Mi fermai anche io e resistetti alla tentazione di abbassare il viso, ma l’espressione di Liam, per quanto potesse esserlo, era severa.

Ovviamente, però, fu Harry a dar voce hai suoi pensieri. Scese, sbattendo dietro di se lo sportello, e avanzò di qualche passo in nostra direzione.

"Quante volte ti abbiamo detto di non tenere il cellulare silenzioso?" chiese irritato. Non mi lasciò il tempo di controbattere, prima di andare avanti. "E spero che fosse stato silenzioso. Perché se ci hai ignorato intenzionalmente, è tutto un altro discorso."

Avrebbe potuto uscirgli il fumo dal naso da un momento all'altro. Aveva i pugni serrati, proprio come la mascella e lo sguardo severo.

Era furioso e non ne capivo il motivo. Non avevo fatto altro che saltare un giorno di scuola. E allora?

A Los Angeles era già tanto se mi presentavo a scuola quattro giorni su sette e nessuno mi aveva mai fatto scenate simili.

"Era silenzioso e anche se non lo fosse stato, non vedo perché devo dare spiegazioni a voi." controbattei e mi sentii come catapultata agli inizi.

"Perché? Mi chiedi perché, Ashley?" chiese ironicamente. "Forse perché è tuo fratello, forse perché ci preoccupiamo per te." continuò.

"Non c'è motivo di preoccuparsi, ho solamente saltato un giorno di scuola." spiegai. "Si, con lui." disse con disprezzo. "E con questo?" chiese Louis, facendo un passo avanti. Posai una mano sul suo petto. Tutto quello non aveva senso.

"Ti è bastato stare con lui tutta la mattina per tornare ad essere.." iniziò, ma io lo interruppi. "Che cosa? Una stronza?" finii il suo discorso. Corrugò la fronte, quasi confuso e poi rimase in silenzio.

"Ciao Louis, grazie di tutto." mormorai, mentre mi avvicinavo per baciargli una guancia. Un secondo dopo ero già rientrata in casa ed avevo chiuso con forza la porta alle mie spalle.

 

Dopo pranzo andai a rinchiudermi in camera mia, come d'altronde facevo ogni giorno.  Mi sedetti sulla panca sotto la finestra ed iniziai a rigirarmi il cellulare fra le mani. Pensavo a Zayn, ma pensavo anche ad Harry.

Lo avevo già visto arrabbiato, ma non avevo mai visto tanta rabbia nel suo sguardo. Perlomeno non mentre guardava me.

C'ero rimasta male. Avevo la coscienza apposto e non mi pentivo di aver trascorso del tempo con Louis, non mi sentivo in colpa.

Ma iniziavo ad abituarmi all'Harry e alla Ashley che non litigano e vanno d’accordo. Speravo durassero di più.

Qualcuno bussò alla porta attirando la mia attenzione. Era Liam.  Entrò silenziosamente nella stanza e venne a sedersi al mio fianco. 

"Ehi." mi sorrise, quando notò la mia espressione avvilita. "Non sono arrabbiato con te." mi rassicurò. Un paio di mesi prima mi sarebbe importato poco il suo giudizio, ma adesso era importante per me.

"È solo che non mi piacciono le bugie, Ashley." disse. Corrugai la fronte. "Io non..” iniziai, prima di essere interrotta. "Non a me, ma a Christopher hai mentito." mi fece notare. Abbassai lo sguardo, consapevole.

"Le bugie deludono le persone. E lui ne ha passate tante. Quindi per favore.. non deluderlo." mi pregò. Si riferiva probabilmente a Rebecca, al modo in cui si era comportata e ai segreti che gli aveva nascosto.

Ma poteva riferirsi anche ad altro. Io non potevo saperlo, non sapevo niente su quella che era la mia famiglia. "Mi dispiace." dissi sinceramente. Lui mi sorrise, si sporse per baciarmi la fronte e poco dopo lasciò la mia stanza.

Il mio sguardo cadde sul display del cellulare. Le bugie deludono le persone. Ed io volevo deludere Zayn?

Il telefono si illuminò e fu proprio il suo nome a comparire sullo schermo. Non feci in tempo a rispondere, le sue parole si rovesciarono su di me con rabbia. "Come hai potuto?"

Mi si gelò il sangue nelle vene. Lo aveva scoperto.



 

Buonasera ragazze, come state?

E’ successo. E bene si, lo ha scoperto. Come, lo vedrete nei prossimi capitoli.

Ma partiamo dall’inizio.

So che Louis appare come un bambino capriccioso, ma se non siete mai stati nella sua situazione, secondo me non potete capirlo.

Lui sente che non può competere con Harry. Perchè lui è il bravo ragazzo a cui Ashley si è affezionata e il quale Katy ha scelto con il suo cuore. O almeno è questo che Louis sostiene.

Al contrario, Harry crede che Ashley sia attirata dall’aria da cattivo ragazzo di Louis e non vuole che lei abbia niente a che fare con lui. Per questo se la prende tanto.

Infine, Ashley, spinta dai consigli di Louis e Liam, è pronta a chiamare finalmente Zayn, per confessargli tutto.

Peccato che la chiama prima lui e sa già tutto.

Alla prossima,

Michi x

 

P.s: Grazie per le recensioni, non siete dolci, di più ♡



 

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Trailer della storia

 

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Capitolo 47
*** You stole my heart. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.

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You stole my heart.



 

“Under the lights tonight, turned around

And you stole my heart.”

 

"Zayn.." iniziai con voce tremante, ma lui mi interruppe bruscamente. "Dio Ashley, sei l'ultima persona da cui mi sarei aspettato.. cazzo!" Era furioso. 

Potevo percepire i suoi piedi percorrere avanti e indietro il pavimento. "Non so neanche perché sto parlando con te. Sei l'ultima persona che adesso.." terminò la frase con un ringhio di frustrazione.

"Mi dispiace." piagnucolai, abbassando il volto. "Non mentirmi cazzo. Non ti dispiace, perché sei un'egoista!" controbatté. Le sue parole mi colpirono come uno schiaffo in pieno viso.

"Cosa? Non è affatto vero, io.." iniziai. Ma lui non si fece problemi ad interrompermi di nuovo. "Sei incredibile, Ashley. Mi hai promesso un sacco di stronzate e in questi mesi non hai fatto che mentirmi." Le sue parole vennero seguite da un rumore acuto. Aveva calciato qualcosa.

"L'ho fatto per te! Avevi già i tuoi problemi a cui pensare e non volevo.." provai, ma ovviamente non riuscii a terminare la frase.

"Stronzate! Ancora stronzate! Sophie è un mio problema e tu non avevi il diritto di nascondermelo per così tanto tempo. Che razza di.." sbuffò.

Il cuore mi martellava nel petto. Avevo paura. Avevo una tremenda paura di averlo perso a causa della mia ennesima bravata.

"Chi.. chi te lo ha detto?" chiesi, con un filo di voce. "Vuoi sapere chi me lo ha detto, Ashley?" chiese ironicamente. "Cameron! Perché cazzo, tu neanche mi avevi detto che in quella fottuta città c'era anche lui." sbottò.

Mi venne da morire. Non da svenire, da sotterrarmi letteralmente sotto terra. Che senso aveva? Perché Cameron avrebbe dovuto parlare con Zayn? Era stato Dean a chiedergli di farlo?

"Volevo dirtelo." dissi, chiudendo gli occhi e cercando di raccogliere le idee nella mia mente confusa. Avevo il caos in testa. "Certo." una risata amara lasciò le sue labbra.

Iniziai ad innervosirmi. Lui non si metteva nei miei panni, non sapeva un accidente. Non sapeva neanche che Sophie aveva cercato di andarsene senza neanche salutarlo, ma adesso lo avrebbe scoperto.

Non riflettei quando aprii la bocca, ma una volta che le parole iniziarono ad uscire, non riuscii più a fermarle.

"Non è quella che credi, Zayn. Io non te l'ho mai detto, ma il giorno in cui se n'è andata, stava per farlo senza averti salutato. Senza neanche averti messo al corrente del suo trasferimento." gli spiegai.

"Sono stata io a dirle che doveva assolutamente avvertirti, ma lei non aveva il coraggio. Non ti ha amato come credevi tu." terminai, probabilmente con una bugia.

Seguirono secondi di silenzio in cui io mi domandai che cosa ci sarebbe successo. Se la nostra amicizia sarebbe sopravvissuta anche quello.

"Sei l'ultima persona che può darmi lezioni sull'amore." disse, prima di terminare la telefonata.

 

Quella sera andai al bar di Grace. Le dissi che avevo fatto un casino. Lei mi prese fra le sue braccia senza chiedermi spiegazioni ed io gliene fui grata.

Mi disse poi che non avrebbe voluto vedermi ubriaca di nuovo, ma ero distrutta e decise di fare un'eccezione, versandomi un liquido ambrato in un bicchiere. E poi in un altro. E in un altro.

Finii per svegliarmi in una casa che non era la mia. In una casa nella quale, a quanto ne sapevo, non avevo mai messo piede.

 

Niall 

 

Era la serata giusta, ed io ero positivo. Ero sicuro che ce l'avrei fatta a chiederle, finalmente, il suo nome. Comunque le cose erano migliorare. Adesso riuscivo a risponderle quando mi chiedeva le ordinazioni.

E se, per caso, incrociava il mio sguardo, mi sorrideva. E io rischiavo di svenire, però non lo facevo. Il che era un punto a mio favore.

Varcai la porta del locale, ma la scena che mi si presentò davanti, non era minimamente vicina a quella che mi aspettavo di trovare.

Lei non era sorridente come al solito, ma una smorfia sofferente le caratterizzava il bellissimo volto. Mi avvicinai lentamente e riconobbi la persona per cui provava tanta pena. Ashley.

Aveva le braccia incrociate sul bancone e la testa poggiata su di esse. Lei le carezzava i capelli e le sussurrava qualcosa.

"Niall." disse poi, appena si accorse di me. Il mio cuore fece una capriola al suono del mio nome pronunciato da lei.

"Ehi." le sorrisi timidamente, mentre nascondevo le mani sudate nelle tasche dei jeans. Mi avvicinai ancora un po'. A giudicare dai bicchieri vuoti e dal forte odore di alcol, intuii che Ashley fosse ubriaca. Tanto per cambiare.

"Con chi ha litigato questa volta?" chiesi, mentre mi sedevo al suo fianco. "Non me lo ha detto ed io non mi sono permessa di chiedere." rispose.

Non era neanche ficcanaso. Ma quanto poteva essere perfetta? E stava avendo una conversazione con me. Proprio con me. Presi coraggio, schiusi le labbra. Stavo per chiederglielo, ero pronto. Ma non feci in tempo.

"Grace?" chiamò qualcuno. E quando lei si voltò verso quello che probabilmente era suo padre, capii che chiamava lei.

Non riuscii a contenere la mia delusione e rimasi lì, con le labbra schiuse e lo sguardo atterrito. Lei mi guardò quasi dispiaciuta, come se ne fosse consapevole. Mi rivolse un piccolo sorriso mortificato e rispose a suo padre.

Grace. Le se addiceva. Era un nome bellissimo. Ma avrei voluto essere io a scoprirlo. Dopo una manciata di secondi, tornò e dopo aver finto un colpo di tosse, i nostri sguardi si incrociarono.

"Non so come fare con.. Ashley." disse, indicandola. "È andata." aggiunse, smuovendole il braccio. Lei non reagì.

"Se lo scopre suo padre, la caccia di casa." dissi ironicamente. Per quanto Christopher la amasse, era molto intransigente per quanto riguardava le regole.

Già troppe volte gliela aveva fatta passare liscia e questa sarebbe potuta essere la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. “Harry! Perché non chiami Harry?" chiese, con l'entusiasmo di chi ha appena avuto un'ottima idea.

"Non credo sia il caso. Potrebbe essere a causa sua se adesso sta così." ipotizzai. Cercavo di affrontare normalmente quella conversazione, ma tremavo e avevo la costante preoccupazione di dire la cosa sbagliata.

"Anche secondo te fra loro due c'è qualcosa?" chiese, incuriosita. "Lo so per certo, è stato lui a dirmelo." le risposi.

Mi guardò sorpresa. "L'ho sempre sospettato." sorrise vittoriosa. Aveva l’aria di una bambina ed io avevo l’aria di un idiota che la guardava con gli occhi a forma di cuore.

Abbassò il volto in imbarazzo. Probabilmente pensava che la stessi fissando come un maniaco. "Ma adesso.. che ci facciamo con lei?" chiese divertita.

"Può dormire a casa tua?" proposi, ma lei scosse la testa. "I miei hanno regole severe sul portare a casa amici ubriachi." disse, e il suono più dolce che avessi mai sentito si liberò in seguito alla sua risata.

"A casa tua?" chiese. Sgranai gli occhi per la sorpresa. Non avevo molta confidenza con Ashley, non mi elettrizzava l'idea di farla dormire a casa mia.

Soprattutto perché era ubriaca. E poi perché Harry mi avrebbe probabilmente fatto fuori. "Non lo so." scossi la testa. "Infondo domani non c’è lezione.." cercò di convincermi, ricordandomi che il giorno dopo sarebbe stato domenica. E ci riuscì.

Sospirai. "Sei un buon amico Niall." disse, sporgendosi per baciarmi una guancia.

Il mio corpo si irrigidì immediatamente e sentii il mio volto avvampare e colorarsi di rosso. Lei, Grace, mi rivolse un sorriso consapevole e poi riprese il suo lavoro.

Mentre io, per riprendermi, impiegai qualche minuto. Infondo quella svolta era merito di Ashley, quindi le dovevo quel favore.

Il suo cellulare si illuminò per la terza volta sul bancone del bar ed io allungai l'occhio. Era Liam. Era preoccupato e le chiedeva dove fosse. Le chiedeva anche scusa per il modo in cui si era comportato Harry.

Per questo intuii che stesse così proprio a causa di Harry, come avevo ipotizzato. Risposi a Liam scrivendogli che sarebbe restata a dormire da Grace ed iniziai a cercare di farla tornare in sé. 

 

Si addormentò, o perse i sensi, non appena toccò il sedile della mia auto. Ma poco prima di raggiungere casa mia, iniziò a mormorare qualcosa.

Ruotò la testa verso di me e mi guardò. "Questa volta non mi perdonerà." disse.

Mi voltai a guardarla confuso. "Parli di Harry?" le chiesi. Ma lei scosse la testa e quando dei ciuffi ribelli le caddero sul viso, lei non li spostò. "Zayn." disse semplicemente. 

Da quello che ricordavo, era stato il ragazzo di Sophie, prima che si trasferisse a Wolverhampton. E da quello che avevo capito, era anche un caro amico di Ashley. 

"L'ha scoperto." mormorò. "Che cosa ha scoperto?" le chiesi, mentre parcheggiavo l'auto.

"Che Sophie è qui." piagnucolò, mentre poggiava la fronte contro la mia spalla. "Non mi perdonerà mai." Si coprì il viso con le mani.

Non avevo idea di cosa fare, né di dove mettere le mani, né di cosa dirle. "Non preoccuparti. Vedrai che si sistemerà tutto." cercai di rassicurarla. Ma lei scosse nuovamente la testa.

Le carezzai il braccio, totalmente in imbarazzo. "Hai bisogno di dormire. Entriamo.” dissi.

"Lui è tutto per me. Non posso perderlo." sollevò il viso. Aveva gli occhi arrossati e si vedeva lontano un miglio che non era in sé. "Andiamo." le sorrisi.

 

Ashley

 

I raggi del sole attraversavano i vetri della finestra e finivano dritto nei miei occhi. La testa mi pulsava e sentivo ogni centimetro del corpo appesantito e indolenzito.

Quando riuscii ad aprire del tutto gli occhi, realizzai di non essere a casa mia. E di non esser nemmeno in una casa a me conosciuta.

Mi resi anche conto di essere stesa su un divano. O almeno credevo. E non ero sola. Sentivo delle voci. O erano nella mia testa?

Quando riuscii a mettere a fuoco la figura di fronte a me, lo riconobbi subito e un secondo dopo, ero in piedi.

Mi presi la testa fra le mani non appena una fitta mi raggiunse a causa della velocità con cui mi ero alzata. Era Harry. Ma non eravamo a casa sua, ne ero sicura.

Sedeva su una poltrona. I gomiti poggiati sulle ginocchia, mentre i palmi delle sue grandi mani sostenevano il suo mento.

Un cipiglio caratterizzava la sua fronte crucciata. Era arrabbiato con me ed impiegai qualche minuto a ricordarne il motivo.

Con la stessa velocità mi raggiunsero anche i ricordi della precedente sera. Ricordai la telefonata di Zayn e ricordai di essere andata da Grace. E poi nient'altro.

Quando nel mio campo visivo apparse anche Niall, li guardai entrambi confusa e stordita.

"Buongiorno." mi sorrise il biondo. Ma io guardavo Harry, il quale non sembrava aver la minima intenzione di accennare ad un sorriso.

Abbassai le mani, nonostante il cerchio doloroso alla testa non mi avesse ancora dato pace. "Dove siamo?" chiesi titubante. Harry scosse la testa e mentre abbassava lo sguardo, dalle sue labbra fuoriuscì una risata amara. Rideva di me.

"A casa mia." rispose Niall, senza tradire il suo solito sorriso cordiale. Quando notò la mia espressione, più che confusa, riprese a parlare.

"Ti ho portata qui ieri sera. Secondo Grace non era una buona idea riportarti a casa tua." spiegò. Ero troppo ubriaca. Lui non l'aveva detto, ma io lo sapevo.

Un momento. "Sai.. sai il suo nome?" gli chiesi sorpresa. Lui annuì con entusiasmo ed io non riuscii a trattenere un sorriso. Ero felice per lui, aveva raggiunto un traguardo importante.

"Ma non sono stato io a chiederglielo.. suo padre l’ha chiamata." sorrise imbarazzato. "Dovresti ubriacarti anche tu. Non sapresti neanche cos'è la timidezza." risi.

"Volete smetterla di fare salotto?" sbottò Harry, alzando fin troppo la voce. “E' così che risolvi tutto, Ashley? C'è un problema e tu bevi?" mi chiese, quasi scandalizzato. 

"Dalle mie parti si fa così." risposi a testa alta. Forse non ero perfetta, ma ero quella che ero.

Ed ero cresciuta in un ambiente dove si, suoi problemi ci si beveva su. E magari non si risolvevano, ma per qualche ora li dimenticavamo.

"Si da il caso che adesso non sei più dalle tue parti, ma dalle mie.” Era furioso. Quella mattina conobbi un'altra sfaccettatura del suo carattere. Poteva essere anche incazzato nero. Ma nero sul serio.

"Cosa ti dice il cervello? Cosa cazzo ti dice il cervello ogni volta?" mi chiese, gli occhi iniettati di rabbia.

Non sapevo perché stavo permettendo ad un ragazzo qualsiasi di farmi il terzo grado. E non sapevo perché mi sentivo priva di forze, incapace di difendermi. Ma ero a pezzi ed ero stanca di combatterlo.

"Mi dice di spegnere l'interruttore dei sentimenti." risposi, quasi in lacrime. Ma non mi sorpresi quando non scoppiai a piangere, non sarei riuscita a farlo mai più.

"Di spingere in un angolo il dolore e da sola non ci riesco, ho bisogno di aiuto.” aggiunsi. Non si fece impietosire dalla mia confessione. "E ti fai aiutare dall'alcol? Bella soluzione, complimenti Ashley." mi prese in giro.

"E dimmi, ti è stato d'aiuto? Sei riuscita a tornare indietro nel tempo e ad impedire che Zayn scopra che ti sei trasferita nella stessa città della sua ex ragazza?” chiese.

Rimasi a bocca aperta. "E tu come lo sai?" chiesi, totalmente spiazzata. Fece un cenno con la testa in direzione di Niall.

Quest'ultimo alzò le mani e scosse la testa. "Sei stata tu a raccontarmi tutto quanto." disse. Non volevo crederci. Non era grave, ma Harry lo avrebbe detto a Sophie e poi.. che casino.

"No." risposi alla sua precedente domanda. "Non ci sono riuscita. Ho fatto uno sbaglio e ne sto subendo le conseguenze." aggiunsi.

"Ma tu perché devi farmi la predica? Perché devi sempre farmi sentire in colpa il doppio?" gli chiesi sfinita.

Si alzò all'improvviso. "Non me ne frega un cazzo delle bugie che rifili a Zayn e dei suoi casini con Sophie, non cerco di farti sentire in colpa per questo." disse.

"Sono arrabbiato con te perché ieri sera eri troppo ubriaca per poter tornare a casa." spiegò.

"E io sono fottutamente stufo di Liam che mi chiama nel cuore della notte per chiedermi dove sei. E sono stanco di logorarmi l'anima a chiedermi se stai bene, dove sei o con chi sei." continuò.

Corrugai la fronte, ferita. Ero un peso per lui, era quello che cercava di dirmi. Rimasi senza parole. D'un tratto però, la sua espressione cambiò, un po' di rabbia svanì.

Forse si era reso conto dell'effetto che le sue parole stavano avendo su di me o forse gli facevo semplicemente pena.

Sospirò. "Non sto cercando di controllarti." chiarì, facendomi intendere che le sue intenzioni erano ben lontane da quelle di Dean.

"È solo che.. se mi vuoi nella tua vita.." iniziò, per poi interrompersi non appena si accorse che suonava come una minaccia.

"Semplicemente, se hai bisogno di scaricare un po' di rabbia o di dolore.. prendi a pugni me, ma non bere per favore." disse, facendomi ridere.

E quel momento di tensione svanì in seguito alla sua risata. La vista del suo sorriso curò tutti i mali e mise a tacere il dolore.

Percorsi i pochi passi che ci dividevano e gli avvolsi le braccia al corpo. Lo strinsi a me, perché ogni centimetro più vicina a lui, significava un pensiero in meno.

Era come se fra le sue braccia i problemi non potessero entrare ed io ero al sicuro.

Mi carezzò la schiena e mi baciò i capelli. “Ti riporto a casa." mormorò poi.

 

"Cos'è successo, mh?" mi chiese dolcemente, una volta in macchina. "Lo sai già.” sopirai. "Voglio sentirlo da te." disse, prima di voltarsi a guardarmi.

"Ho preso quel telefono in mano." iniziai a raccontare, con lo sguardo puntato sulla strada avanti a noi.

"Volevo chiamarlo. Lo avrei fatto sul serio questa volta, se lui non mi avesse chiamato per primo." dissi. "E che ti ha detto?" mi chiese, incuriosito.

"Come hai potuto." citai le sue testuali parole, con un filo di voce. "E io ho cercato di.. spiegargli, ma avrei dovuto immaginare che non mi avrebbe perdonata.” aggiunsi, mentre abbassavo il volto.

Lo rialzai solamente quando sentii la mano di Harry posarsi sulla mia gamba. “Lo farà." cercò di rassicurarmi. Ma io scossi la testa.

Lo sentii sospirare. "Chi glielo ha detto?" mi chiese. "Cameron." risposi. La sua faccia era il ritratto dello stupore.

"Come.. perché?" chiese confuso. Scossi nuovamente la testa. “Dovevano vendicarsi immagino.. o qualcosa del genere." mormorai. "Era furioso, Harry." mi portai una mano a coprire gli occhi.

"Ehi, si sistemerà tutto." Il pollice della sua mano, iniziò a carezzarmi la gamba. "Com'è che sei così clemente con me oggi?" gli chiesi confusa.

Mi aspettavo un te lo avevo detto non un andrà tutto bene. "Sei a pezzi, Ashley. E come hai detto tu non hai bisogno che mi ci metta pure io a farti sentire in colpa.” mi rispose.

Sospirò. "Capita a tutti di sbagliare." aggiunse, mentre parcheggiava l'auto di fronte a casa sua.

Non risposi. Poggiai la testa al sedile e chiusi gli occhi. Se mi concentravo potevo sentire il cuore farmi letteralmente male. Avevo bisogno di sapere che non lo avevo perso.

La mano di Harry si spostò dalla mia gamba alla mia guancia, dove lasciò una carezza.

"Non c'è nessuno da me. Se non vuoi tornare a casa, puoi.." iniziò. Aprii gli occhi e ruotai la testa verso di lui. “Per favore."

 

Con la mia mano nella sua, mi guidò nel suo salotto e non mi lasciò andare fino a quando non fui seduta sul suo divano.

"Hai bisogno di qualcosa? Hai sete o vuoi fare colazione?" mi chiese, facendomi sorridere. "No, grazie." dissi, un secondo prima di schiudere le labbra in uno sbadiglio.

"Sarai stanca. Non penso che tu abbia dormito bene stanotte. Vuoi riposarti?" mi chiese. Scossi la testa. "Posso prenderti una coperta." continuò. Scossi nuovamente la testa ma lui mi ignorò ancora.

"Vuoi che.." iniziò. "Harry?" lo chiamai, mentre lui recuperava una coperta dalla poltrona.

"Ehi." lo chiamai ancora. "Mh?" chiese, mentre spiegava la coperta. "Ehi, Harry fermo." mi scappava da ridere. Sembrava una mamma apprensiva. "Se vuoi posso.." iniziò, ma io non lo lasciai terminare.

Allungai la mano ed avvolsi il suo avambraccio con le dita, con l'intenzione di attirare la sua attenzione.

"Voglio solo che ti siedi qui. Accanto a me." dissi, prendendolo di sorpresa. Lo vidi combattere contro un sorriso.

Portò con se la coperta quando venne a sedersi al mio fianco. Prese le mie gambe e le posò sulle sue, dopo di che ci coprì con la coperta.

Poggiai la guancia al suo petto e lasciai che le sue braccia circondassero il mio corpo.

"Mi dispiace di averti rimproverata." mormorò, contro i miei capelli. Scossi la testa. "Me lo merito.. sapevo che sarebbe successo. Che prima o poi sarebbe venuto fuori." sospirai.

"Non parlo di questa mattina." disse. Corrugai la fronte confusa ed attesi che continuasse. "Di ieri. Quando hai saltato la scuola per stare con Louis." spiegò.

"Non ho il diritto di dirti cosa fare o con chi passare il tuo tempo." disse, ed io notai lo sforzo con cui lo fece. Potevo dire che non ne era pienamente convinto.

"Non ho mai pensato che tu ti stessi comportando come Dean." dissi, per un preciso motivo. "Voglio che tu lo sappia." aggiunsi. Sospettavo che fosse la sua preoccupazione. E quando mi chiese se lo pensavo davvero, confermò i miei sospetti.

Ruotai la testa ed incontrai il suo sguardo. Mi persi per un attimo nei suoi occhi verdi e non riuscii a rispondergli subito.

"Non lo penserei mai." mormorai poi. "Meno male." disse in risposta, poggiando la sua fronte contro la mia.  "Perché io non sono come lui." aggiunse.

Chiusi gli occhi ed assaporai la sensazione del suo corpo così vicino al mio.  "Lo so." sussurrai. Il suo respiro sfiorò le mie labbra un attimo prima che le sue si posassero su di esse.

Mi sciolsi sotto il suo tocco e per la prima volta dopo mesi, mi sentii completamente in pace.

Ero dove volevo essere, con chi volevo essere e non mi importava di niente. Né delle bugie, né dei litigi e né tanto meno dei problemi. C'eravamo solo io e lui.

Le mie mani coprirono le sue guance e lo avvicinai ancora di più a me, mentre le sue braccia mi circondavano il bacino e mi stringevano a sé.

Baciai le sue morbide labbra e feci il possibile per imprimere nella mia mente quella sensazione, poiché non sapevo quando avrei avuto l'occasione si riprovarla.

Perché fra noi era così, un bacio all'improvviso, dal niente. E poi non se ne parlava, sembrava come se non fosse mai successo. Da una parte mi infastidiva, ma dall'altra mi faceva meno paura.

Rabbrividii e lui, senza interrompere il bacio, alzò la coperta che avevamo sulle gambe per coprirmi maggiormente.

Le mie labbra si schiusero in un sorriso contro le sue. Era lui che mi aveva fatta rabbrividire, non la temperatura.

Sciolse il contatto con le mie labbra solo per poter portare le sue sulla mia guancia, sulla mia mandibola e sul mio collo.

La mia mano si spostò fra i suoi capelli e non so cosa sarebbe successo se la porta di casa sua non si fosse aperta in quell'istante.

Harry sollevò immediatamente il viso, ma non mi lasciò andare come fece quando Liam bussò alla porta di camera sua.

Non mi allontanò da sé, e per quanto ne fossi felice, mi allontanai io, giusto un secondo prima di vedere il viso di Gemma.

La ragazza si affacciò nella stanza e a giudicare dalla sua espressione, i capelli arruffati di Harry e le mie labbra, molto probabilmente arrossate, non le erano passate inosservate.

"Ehi." ci salutò, con un sorriso consapevole stampato in pieno viso. Sentii il calore espandersi sulle mie guance.

"È un po' che non ti vedo Ashley." disse, avanzando nella stanza. "Scusami, sono stata occupata." dissi. In effetti era da tempo che non andavo a trovarla al bar in cui lavorava.

"Stai bene?" mi chiese. Harry era divertito. Aveva il volto chino per nascondere un sorriso, mentre fingeva di sistemarsi i capelli. Era divertito nel vedermi in difficoltà. "Si, va tutto bene." le risposi nervosamente.

"Lo vedo.” sorrise, lasciandomi a bocca aperta. Che figura. "Vi lascio da soli.” sorrise. "A dopo." ci salutò ilarmente ed uscì dal mio campo visivo.

Nell'istante in cui non la vidi più, mi alzai. Percorsi la stanza con lo sguardo alla ricerca del mio cappotto e quando lo trovai, impiegai poco più di un secondo ad indossarlo.

"Ehi, dove scappi?” chiese contrariato Harry, dopo avermi afferrato il braccio. "Via." risposi. 

"Perché? No, aspetta." protestò, quando mi liberai della sua presa. “Devo chiamare Zayn." dissi, mentre allacciavo il cappotto. "Non te ne vai per questo." disse con certezza.

Non risposi e terminai di chiudere i bottoni, ignorandolo. "Ashley." cercò di attirare la mia attenzione. 

Alzai il viso e dopo aver lasciato cadere le braccia, sospirai. "No, non me ne vado per questo." ammisi. "Allora, cosa..” iniziò, ma io lo interruppi.

“Cerco solo di evitare che da quella porta entrino i tuoi genitori e che ci vedano mentre..” mi fermai un secondo prima di dirlo. Non era mai stato detto ad alta voce. Non ne avevamo mai parlato in realtà. Si alzò dal divano e mi venne in contro.

“Mentre cosa?” mi chiese con un sorriso malizioso stampato in pieno viso, prima di alzare una mano e sistemare con le dita una ciocca che era fuoriuscita dalla mia coda di cavallo.

Finsi un colpo di tosse. “Lo sai.” mormorai, in imbarazzo. “No, non lo so.” disse divertito.

Chiusi gli occhi ed inspirai profondamente. “Mentre ci baciamo, okay?” chiesi irritata. Non appena terminai la domanda, mi voltai. Pronta a sfuggire al suo sguardo.

Ma lui afferrò appena in tempo la mia mano e mi fece voltare. “Suona bene.” sorrise, avvicinandosi sempre di più.

“No, non è vero. Devo andare.” dissi, cercando di liberarmi dalla sua presa. “Ci vediamo dopo.” disse, divertito dal mio comportamento,

“Non voglio vederti.” dissi, evitando il suo sguardo. Ma non riuscii ad evitare le sue labbra, le quali si avvicinarono velocemente alle mie.

“Oh, si che vuoi.” disse, dopo un bacio veloce. “No.” mi imbronciai, cercando di combattere un sorriso. “Bugiarda.” disse, avvolgendo le braccia intorno al mio copro e stringendomi a lui.

Sporsi indietro la testa, cercando di allungare il più possibile la distanza. “Sono seria. Non voglio vederti. Non dopo aver scoperto che mi hai dato della stronza.” dissi, con tono tagliente.

Un cipiglio venne a formarsi in mezzo alla sua fronte. Era confuso. “Io non..” iniziò, interrompendosi da solo. La sua espressione cambiò. “Ok, l’ho fatto. Ma è successo solo una volta.” rise.

Spalancai la bocca, divertita. “Tu, piccolo..” inizia. “Ehi, non dirmi che un po’ non lo sei.” sollevò le sopracciglia.

“Si, lo sono e non ho mai sostenuto il contrario.” dissi. “Ma tu non puoi dirlo.” aggiunsi, mentre cercavo di distogliere l’attenzione dalla sua mano che mi carezzava la schiena.

“Io posso tutto.” mormorò, avvicinandosi. Mi baciò la guancia e poi scese sulla mandibola. Per quanto avessi voluto, quella volta non glielo avrei lasciato fare.

Approfittai di quel momento per liberarmi della sua presa. La sua espressione fu impagabile.

“Mi spiace, ma fra noi è finita.” dissi, allontanandomi. “E potrei anche denunciarti per diffamazione.” aggiunsi, mentre mi dirigevo verso la porta. Lo sentii ridere alle mie spalle.

Uscii fuori, quando sentii il portone aprirsi di nuovo. “Anche io potrei denunciarti. Sei una ladra.” disse, attirando la mia attenzione.

Mi voltai a guardarlo. “Mi hai rubato il cuore.” disse in modo teatrale, portatosi una mano sul petto. Alzai gli occhi al cielo divertita. L’unico che qui aveva rubato il cuore di qualcuno, era lui e il cuore in questione era il mio.

 

Buonasera ragazze,

prego che non sia colmo di errori. Ma se così fosse, vi chiedo scusa, non ho avuto il tempo di rileggerlo.

Vi faccio tanti auguri, buon Natale e alla prossima :)

Michi x





 

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Capitolo 48
*** She swept me off like a hurricane. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.

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She swept me off like a hurricane.

 

“And you're that wind that swept me off my feet.”





Il telefono mi scivolò fra le dita, quando lo lasciai cadere sul materasso del mio letto.

Dodici chiamate e qualcosa come ventotto messaggi, in ognuno dei quali chiedevo scusa in tutte le forme possibili.

Una parte di me era consapevole del fatto che l'avessi combinata grossa, ma l’altra sosteneva ancora di aver fatto la cosa giusta.

Volevo tenerlo al sicuro o ero solamente stata talmente egoista da mettere al primo posto la mia gelosia e non la sua felicità?

Le bugie deludo le persone. Magari fossi stata saggia quanto Liam. Ma lui era come Christopher, era una brava persona. Io, invece, somigliavo a Rebecca. E se ero una bugiarda cronica, potevo sicuramente ringraziare lei.

Infondo era stata proprio Rebecca a dare il via a tutto. Aveva mentito sulla mia nascita, dando inizio ad una vita colma di bugie.

Tutta la mia vita era basata su un'enorme bugia. Brandon e Rachel erano dei bugiardi e dopo tutto, neanche Zayn era stato sempre onesto con me.

Mi presi la testa fra le mani. Era troppo facile incolpare gli altri. Nei casini mi ci ero messa da sola. L'unica cosa che dovevo fare, era prendere d'esempio gli errori delle persone nella mia vita.

Non che avrei dovuto fare altrettanto, ma esattamente l'opposto. Non lo avevo fatto, era solamente colpa mia.

Mi decisi ad alzarmi dal letto. Dovevo tenermi la mente occupata e l'unico modo sembrava quello di mettersi a studiare. Così presi un libro, i miei occhiali e raccolsi un po' di forza di volontà mentre scendevo le scale.

Zayn non era pronto per parlarmi, ma non era un problema. Doveva schiarirsi le idee, era normale. Sarebbe stato lui a cercarmi, quando sarebbe stato pronto. Giusto?

 

Harry

 

Mai ero stato tanto felice di dare una mano a Liam con i lavori di casa.

Primo, perché mia sorella mi saltellava attorno, pretendendo di essere aggiornata sulla mia vita sentimentale. E secondo perché in quella casa c'era Ashley.

Non avevo neanche capito cosa dovevo fare, ma non appena mi aveva chiesto di raggiungerlo a casa sua, avevo accettato.

Bussai e ad aprirmi venne Ruth. La bionda mi sorrise e mi lasciò entrare in casa.  "Per fortuna sei arrivato. Christopher non è in casa e un martello è l'ultima cosa che Liam dovrebbe maneggiare." lo prese in giro.

Ricordai di quando lui insistette per dare una mano, quando Robin iniziò i lavori per restaurare il secondo piano e fece un buco nel muro. Fu esilarante.

"Vado a chiamarlo, scende fra un minuto." disse, mentre saliva le scale.  Io, che ormai frequentavo quella casa da quando ero piccolo, decisi di aspettarlo in salotto.

Ma non appena mi affacciai nella stanza, la riconobbi su una delle poltrone.

Era seduta con le gambe piegate e strette al petto. Su di esse  supportava un libro, il quale leggeva con concentrazione.

Aveva i capelli scuri raccolti in una crocchia alta e arruffata. Gli occhiali da vista che indossava, le davano l'aria da intellettuale e la rendevano semplicemente adorabile.

Indossava un felpa larga, di qualche taglia più grande. Ma non una felpa qualunque. La mia felpa. Con un colpo di tosse attirai la sua attenzione. Lei sollevò il mento sorpresa e poi mi guardò confusa.

"Avevano bisogno di un vero uomo, ed eccomi qua." scherzai. Il sorriso che mi rivolse fu impagabile.

Non ci vedevamo da poco più di un paio d'ore, ma sembrava come se fossimo stati lontani mesi e lei fosse entusiasta di vedermi. O almeno io speravo questo.

"Liam non è capace di appendere una mensola al muro." lo prese in giro, abbassando il libro. "Ho provato a dirgli che io sapevo farlo, ma non ha molta fiducia in me." rise, chiudendo definitivamente il libro.

"Si da il caso che io ne abbia," le sorrisi, "vuoi farmi da assistente?" le chiesi, facendole cenno con la mano verso il corridoio.

Non rispose. Posò il libro sul piccolo tavolo di fronte a lei e si alzò, iniziando poi a camminare in mia direzione.

"Non hai capito." disse, una volta dinanzi a me. "Sarai tu a fare da assistente a me." aggiunse, prima di schiacciarmi un occhiolino e lasciarmi da solo nella stanza, a chiedermi com'era possibile che ogni giorno mi piacesse sempre di più. 

Non sapevo mai cosa aspettarmi, non sapevo mai come avrebbe reagito o cosa avrebbe detto. E questo mi rendeva completamente folle in un modo positivo che non sapevo come spiegare. 

Quando mi voltai, vidi Liam scendere le scale. "Ashley, dovresti lasciar.." iniziò, quando la vide prendere la cassetta degli attrezzi in mano.

"Tu pensa a farmi un tè, ed io penso alla mensola." disse con autorevolezza.

Lui la guardò stupito, poi guardò me ed infine scosse la testa. "Guarda che mi tocca fare," sbuffò ironicamente, "schiavizzato dalla sorella." aggiunse, facendo ridere Ashley, prima di dirigersi in cucina.

Lei si chinò ed aprì la cassetta ed iniziò a scrutarne il contenuto. "Ti sta bene." interruppi il silenzio.

Si voltò, era confusa. "La felpa." le spiegai, indicandogliela. Si alzò velocemente.

"Scusa, dovevo rendertela, lo so." disse, iniziando a slacciarla. "Ma faceva freddo e non trovavo.." continuò. Ma io la interruppi, posando le mie mani sulle sue ed impedendole di togliersi la felpa.

"Puoi tenerla." le dissi. Lei schiuse le labbra per dire qualcosa, ma non sembrava convinta. "Va bene," si arrese infine, "ma solo perché ho freddo." mi spiegò, mentre tornava a piegarsi sulle ginocchia. 

Sorrisi, sperando che la verità fosse che voleva indossarla perché era mia.

 

"Prendimi una sedia." mi chiese, mentre recuperava la mensola. "Sono alto abbastanza, posso farlo io." dissi.

Non c'era bisogno che si arrampicasse, quando semplicemente a me bastava allungare le braccia. Ma lei si imbronciò.

"Posso farlo da sola." disse. Lottai contro una risata. "Non ho dubbi, ma.." iniziai, solamente che era già sparita prima che io terminassi di parlare.

Tornò poco dopo, trascinandosi dietro una sedia. "Ashley, sul serio. Non credo che.." Mi mise a tacere con uno sbuffo.

Salì sulla sedia, ma la mensola che teneva con una mano, la sbilanciò. Sgranai gli occhi e l'afferrai per un braccio. Lei, non appena ebbe riacquistato l'equilibrio, rise di me. "Non sei simpatica." sbuffai.

"Tu si, dovresti vedere la tua faccia adesso." continuò a ridere, mentre posizionava la mensola al suo posto.

Quando si voltò, sorrisi. Mi piaceva tutto questo. Il ridere, lo scherzare, lo stare insieme tranquillamente. Era bello. 

"Ecco fatto." disse soddisfatta. "Vedi? Senza il tuo aiuto." continuò a lodarsi, mentre si voltava. Quando fu girata verso di me, posai le mani su i suoi fianchi e la sollevai senza sforzo, per posarla poi di fronte a me.

Quando i suoi piedi toccarono terra, mi abbassai con lei e la baciai. Inizialmente la presi di sorpresa, ma poi posò le mani sulle mie guance e ricambiò il bacio.

Mi erano mancate le sue labbra. Le sue mani sul mio viso. Il suo corpo contro il mio. Ne stavo diventando dipendente, non potevo farne a meno. Rafforzai la stretta sui suoi fianchi e l'avvicinai ancora di più a me.

Ad interromperci, fu il rumore di una tazza che si infranse a terra. Quando mi voltai. L'ultima cosa che volevo vedere, si materializzò davanti ai miei occhi. Liam.

La bocca schiusa, la mano aperta e la tazza di tè che gli era stata richiesta da Ashley a terra, in mille pezzi. Le mani di Ashley scivolarono via dal mio corpo e poi nessuno si mosse più.

"Liam." fu lei a rompere il silenzio, con voce rotta. Lui fece un passo indietro. Gli occhi sbarrati, come se avesse appena visto un fantasma. Solo in quel preciso istante mi resi conto di quanto l'avessi combinata grossa.

Ero così coinvolto e infondo anche divertito, dai nostri segreti e dai nostri sotterfugi, che il resto del mondo era passato in secondo piano.

Ma la prima persona che avrei dovuto mettere al corrente, era proprio Liam. "È così che l'hai aiutata ad ambientarsi?" chiese, sconvolto. "Io.." iniziai. Ma ero senza parole e senza scuse.

"Ti avevo detto che non dovevi.." Non lo lasciai finire. "Aspetta." dissi. "No, non fa niente." disse, superandoci e dirigendosi all'uscita. Poco dopo sentii il portone di casa chiudersi e fra noi calò il silenzio.

Ashley si lasciò cadere sulla sedia e si coprì il viso con le mani. "Ehi, non è successo niente." mi inginocchiai di fronte a lei, con l'intenzione di confortarla.

Quando alzò il viso, mi fulminò con lo sguardo. "Come puoi dire che non è successo niente?" chiese.

"L'ho deluso. Ho deluso anche lui." alzò la voce. "Ho deluso due delle persone più importanti della mia vita." disse, sempre più in agitazione.

"Gli passerà." dissi, alzando una mano per carezzarle il viso. Ma lei la scansò e la guardò quasi con disgusto.

"Non toccarmi." disse, indietreggiando. "Non toccarmi più." aggiunse. La guardai confuso e quando schiusi la bocca per chiederle spiegazioni, lei mi anticipò.

"Tutto questo è finito," disse, "qualsiasi cosa fosse stata, finisce qui." aggiunse, prima di alzarsi. Il sangue mi ribollì nelle vene. Le afferrai un braccio. "Che diavolo ti prende adesso?" le chiesi.

"Mi prende che mio fratello mi ha sorpresa a baciare il suo miglior amico e la cosa non gli è andata evidentemente a genio, quindi finisce qua." spiegò, liberandosi dalla mia presa.

Una risata amara lasciò le mie labbra. "Valgo così poco la pena per te?" le chiesi. "L'interesse che hai per me non è abbastanza per cercare di trovare una soluzione, piuttosto che gettare la spugna?" chiesi ancora.

"Harry." disse. "Harry un cazzo." imprecai. "Liam è solo ferito perché si aspettava onestà soprattutto da parte mia, ma questo non vuol dire che.." la rabbia mi impedì di terminare la frase.

"Dannazione Ashley, perché scappi? Perché non possiamo semplicemente risolverlo insieme?" le chiesi.

Abbassò il viso. "Se alla prima difficoltà ci arrendiamo, che futuro potremmo mai avere?" Alla mia domanda, il suo volto scattò in alto.

Non so perché lo dissi. Ma se pensavo al mio futuro, in un modo o nell'altro, lei c'era.

Percorsi i pochi passi che ci dividevano e le presi il viso fra le mani. "Resta con me." le chiesi, per la seconda volta.

Lei mi guardò negli occhi per quelli che sembrarono minuti interminabili. Poi annuì e si lasciò avvolgere dalle mie braccia.

"Però ci parli tu con Liam." mormorò, facendomi sorridere. "Ci parlo io."

 

Liam

 

Sentii le braccia cadermi a terra quando Niall, balbettando, mi disse che era al corrente della relazione fra mia sorella e il mio miglior amico.

Non seppi se mi uccise di più il fatto che l'avesse definita relazione o il fatto di aver scoperto che ne erano tutti a coscienza, tranne me.

Lasciai la sua casa senza spiccicare parola. Mi sentivo reduce di un terremoto. Era arrivato all'improvviso ed aveva smosso tutto.

Eppure avrei dovuto capirlo molto tempo prima. Avevo già avuto dei dubbi. E probabilmente, le ipotesi di Niall, erano un modo per mettermi al corrente di ciò che succedeva alle mie spalle.

Le avevo detto che le bugie deludo le persone, ed era ciò che era esattamente successo. Perché non ero furioso, ne tanto meno arrabbiato. Ero deluso e profondamente ferito.

Due delle persone più importanti della mia vita, mi avevano mentito. Perché poi? Non meritavo di essere messo al corrente delle loro vite?

Da una parte potevo capire che fosse colpa mia. Avevo chiaramente detto ad Harry di non provarci con lei. Forse aveva avuto paura della mia reazione, ecco perché non me lo aveva detto.

Ma Ashley. Che motivo aveva? Adesso eravamo un famiglia e anche se forse lei non lo sapeva, nelle famiglie ci si dice tutto, o quasi.

Mi sedetti su di una panchina, stanco di gironzolare senza meta per il paese. Sarei riuscito a guardarli con gli stessi occhi di prima?

Mi presi il viso fra le mani. Che poi non aveva senso. Lei non lo sopportava. Ovviamente le cose erano cambiate, ma andiamo, com'era possibile? Adesso capivo il motivo per cui lei stessa era cambiata.

Era stato lui ad aiutarla, non io. Io ero stato completamente inutile, aveva fatto tutto Harry. Il tempo trascorse, tanto che quasi calò la sera, ma io non mi smossi da quella panchina.

Ero un mix di emozioni che non riuscivo a controllare. Ma cercai di ragionare.

Ashley era felice con lui, almeno speravo. E quindi tutto il resto non importava, giusto? Se la faceva felice allora era bellissimo, stupendo. No?

Il vero problema era Harry. Perché difficilmente potevo superare il suo tradimento. Perché era un tradimento. Sapeva che non approvavo. Non che doveva chiedermi il permesso, ma almeno poteva dirmelo.

Io non gli avrei mai fatto una cosa del genere. Voglio dire, provarci con sua sorella di nascosto. Non mi sarebbe mai venuto in mente.

Quando ormai la temperatura scese assieme alla sera, decisi di dirigermi verso casa.

Non avevo voglia di parlare con nessuno, il mio piano era semplicemente quello di raggiungere la mia stanza e andare a dormire senza cena.

Ma una volta entrato, riuscii solamente a salire le scale, prima di trovarmi davanti Harry. Dovevo immaginarlo che mi avrebbe aspettato. Lo superai e mi diressi in camera mia.

Lo sentii sospirare, poi mi seguì. Riaprì la porta che avevo appena chiuso e rimasi lì, di fronte ad essa, in silenzio.

Sfilai la maglia. "Da quanto tempo va avanti?" chiesi con rabbia. Balbettò qualcosa e poi sospirò.

"Non molto." disse. Mi voltai a guardarlo. "Quella mattina," iniziai, "quando sono entrato in camera tua e ti ho chiesto se fra voi c'era qualcosa e tu mi hai detto di no." continuai.

Quando abbassò la testa, intuii la risposta. "Mentivi." dissi, trasformando quella che inizialmente doveva essere una domanda, in un'affermazione.

Una risata di scherno lasciò le mie labbra quando gli diedi le spalle e mi allontanai. "Esci." dissi. "Ascoltami." controbatté. "No, voglio che te ne vai." insistetti.

"È successo senza preavviso. Lei aveva avuto un incubo ed io.." iniziò. Mi voltai a guardarlo, gli occhi infuriati. "E tu ti sei approfittato di lei." finii la sua frase. Sgranò gli occhi. "Cosa? No!"

Scossi la testa. Era il mio miglior amico e la delusione era tanta da volerlo prendere a pugni. Ed io consideravo immorale uccidere una mosca. Il che la diceva lunga su quanto fossi infuriato.

"Dannazione, Liam! Cosa dovevo fare, chiederti il permesso?" alzò la voce. "Avevi promesso che tenevi giù le mani da lei." gli puntai un dito contro.

"Cazzo, ma hai la minima idea di cosa ho dovuto fare per riuscire a starle vicino cinque minuti senza essere aggredito?" chiese. "Mi sono guadagnato la sua fiducia, non le sono saltato addosso." aggiunse. 

"Mi ha travolto come," rimase senza parole, prese un profondo respiro, "un uragano e non ho avuto neanche il tempo di rendermene conto, figuriamoci metterti al corrente." disse.

Sospirai. Era sincero. Sapevo che non si era approfittato di lei, volevo solamente provocarlo. "Di cosa?" gli chiesi. "Di aver.. completamente perso la testa per quella ragazza." ammise.

Lo guardai in silenzio. Fra tutte le ragazze che c'erano, proprio per mia sorella doveva perdere la testa. Scossi la testa e mi sedetti sul letto. "Dovevi dirmelo." dissi. "Anche Niall lo sapeva." una risata amara lasciò le mie labbra.

"Se tu non ti fossi comportato come il suo cane da guardia, forse non avrei avuto problemi a dirtelo." disse, prima di uscire e sbattersi la porta alle spalle.

 

Ashley

 

Seduta di fianco alla finestra, avevo la fronte poggiata contro il vetro, dal quale osservavo il riflesso del display del mio cellulare.

Non si accese mai. Zayn non mi chiamò neanche quella sera e più passavano i minuti, più il terrore di averlo perso mi assaliva.

Non era il solo ad aver dovuto fare i conti con le mie bugie. Ne era rimasto vittima anche Liam ed era furioso come non lo avevo mai visto.

Pochi minuti prima, lo avevo sentito gridare contro Harry, il quale aveva risposto con lo stesso tono di voce.

Non li avevo mai visti litigare. Da quando ero arrivata, li avevo sempre vista in sintonia. Sempre pronti a scherzare e a prendersi in giro. Ma poi io ero piombata nelle loro vite, rompendo il loro equilibrio e rovinando tutto quanto.

Il piano che ultimamente avevo deciso di abbandonare, mi sembrò l'unica soluzione. Avrei compiuto i diciotto anni e poi me ne sarei andata.

Non sapevo ancora dove e sarei partita da sola, dato che molto probabilmente Zayn non era più disposto ad affiancarmi nelle mie scelte. A quel pensiero mi si strinse il cuore tanto da farmi male. Scacciai quell'idea.

Dovevo andarmene così da poter permettere alle persone a cui volevo bene di ricostruirsi la vita che avevo distrutto. Sospirai, ero tragica tanto da sfiorare la depressione. Dovevo smetterla.

Qualche secondo dopo, per un guizzo quasi involontario della pupilla, notai Harry sul terrazzo della sua stanza.

Da quando mi ero trasferita al secondo piano, non avevo più il balcone in corrispondenza con il suo, ma riuscivo ugualmente a vederlo.

Indossava solamente una felpa e a giudicare dalle sue spalle rigide, aveva freddo.

Socchiuse gli occhi quando aspirò dalla sigaretta che teneva in mano e poco dopo schiuse le labbra per far fuoriuscire il fumo.

Il suo volto, illuminato solamente dalla flebile luce proveniente dal lampione, era imbronciato. Avrei dato qualsiasi cosa per vederlo sorridere, ma sapevo che era a terra per la discussione con Liam.

Aprii la finestra ed il rumore attirò la sua attenzione. Alzò lo sguardo e mi osservò in silenzio. 

"Sei andato via senza salutarmi." ruppi il silenzio della sera. Un piccolo sorriso si fece spazio sul suo volto crucciato. Ma era sforzato, non era uno dei suoi. "Scusami." disse, scuotendo la cenere della sigaretta.

Sospirai. "Avrei dovuto parlargliene prima o avrei dovuto evitare di metterti nei guai con lui. Ma domani gli parlo io." dissi.

Non avrei voluto. Avrei preferito evitare il discorso e lasciare che fosse Harry a risolvere tutto.

Ma non era così che funzionava ed io, se non per me, lo avrei fatto per lui. Perché non potevo vederlo con quella faccia, era più forte di me.

"Ashley, non è colpa tua." mi assicurò. Distolsi lo sguardo. Certo che era colpa mia.

Le mie bugie si erano ingrandite ogni giorno sempre di più ed io le avevo ignorate. Ma queste erano scoppiate, ed avevano raso al suolo tutto ciò che avevano trovato.

Come la mia amicizia con Zayn, il mio rapporto con Liam e quello fra quest'ultimo ed Harry. "Ti perdonerà." disse. "Ti perdoneranno." si corresse poi. Scossi la testa. Non ne ero certa.

La mia amicizia con Zayn era basata sulla fiducia e sull'onestà. Non c'era niente che non sapevamo l'uno dell'altro. Ma da quando me ne ero andata, non avevo fatto altro che accumulare bugie e segreti.

Non gli avevo confidato ciò che succedeva fra me ed Harry, né avevo avuto il coraggio di raccontargli ciò che Cameron e Dean avevano fatto.

Ma nascondergli il fatto che Sophie abitasse nello stesso paese in cui mi ero trasferita, era stato un colpo basso. Non volevo ammetterlo, ma io per prima sapevo quanto lui fosse legato a lei.

Gli ero stato accanto quando, dopo la loro rottura, aveva trascorso forse il periodo più buio della sua vita.

E non ne era mai realmente uscito. Aveva continuato ad amarla nonostante non avesse mai avuto il coraggio di ammetterlo.

E forse, la mia intenzione, era solamente quella di proteggerlo. Di non lasciare che lei continuasse a condizionare la sua vita.

Sapevo che aveva giocato un ruolo importante anche la mia gelosia nei suoi confronti e il fatto che Sophie non mi fosse mai andata a genio. Ma era stata una bugia a fin di bene e adesso ne ero più che certa.

 





 

Primo capitolo dell’annoo, yeeeh!

Voglio augurarvi un 2015 strafelice, possano i vostri desideri avverarsi e possa la fortuna sempre essere a vostro favore. 

Un bacione,

Michi x

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Capitolo 49
*** You don't need him. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.

You don't need him.


"Strong enough to leave you,
 weak enough to need you.”



Zayn

 

Due giorni prima.

Ero sulla porta, stavo per uscire da casa sua. Stavo per andarmene con un peso leggermente più leggero di quando ero entrato.

La signorina Martin era diventata una figura importante nella mia vita. Era assurdo pensare che solo pochi mesi prima la consideravo solamente una professoressa ficcanaso e fastidiosa.

Adesso era molto di più. Era la miglior amica della madre di Ashley ed era una donna disponibile ed altruista.

Si era presa cura di lei, quando aveva scoperto la verità sui suoi genitori e adesso aiutava me, con l'affidamento di mia sorella.

Le cose erano peggiorate. Safaa si era resa conto che qualcosa non andava. Aveva iniziato a fare domande su nostro padre.

Si chiedeva perché fosse così assente. Perché la sera rientrasse tardi. Perché lo sentisse gridare sempre.

Non ero ancora riuscito a convincere Doniya a denunciarlo, ma sentivo di esserci vicino. O almeno lo speravo.

Judy mi abbracciò. "Stai tranquillo Zayn, risolveremo tutto." disse. Ricambiai l'abbraccio, ricordando a malapena l'ultima volta che ne avevo ricevuto uno.

Da quando mia madre era morta, nessuno si era più preso cura di me in quel modo. A parte Ashley ovviamente. Ma lei non era lì.

 

Quando arrivai a casa mia, l'abitazione era immersa nel silenzio, segno che non era ancora rientrato.

Safaa era ancora a scuola per fortuna, così avrei avuto il tempo di sistemare il casino che lui aveva lasciato.

Iniziai a raccogliere i vestiti sparsi per il salotto e dopo averli gettati nel cesto della biancheria sporca, mi diressi in cucina.

Sospirai e presi la granata, ripulii il pavimento dai vetri rotti del bicchiere e dal liquido che esso aveva contenuto prima di infrangersi a terra.

Raccolsi le due bottiglie completamente vuote e tolsi dal tavolo la cenere del sigaro. Dopo aver gettato l'immondizia, salii al piano di sopra ed aprii la porta della mia stanza.

Non di quella in cui dormivo, ma di quella in cui potevo essere me stesso e poter esprimermi in completa solitudine.

Avevo finito di dipingere il soffitto. Era stata un'idea di Ashley quella di raffigurare un cielo stellato.

Mi mancava. E chiudermi in quella stanza voleva dire sentirla più vicina. Ma la maggior parte della volte non bastava.

La volevo al mio fianco. Mi mancava da star male. Mi mancavano i suoi abbracci, le sue risate. Mi mancava fare la lotta con lei, mi mancava farle il solletico fino a farla restare senza fiato.

Mi mancava la sua apprensione nei miei confronti e mi mancavano le sue minacce, le sue ramanzine.

Mi mancava litigare con lei, scambiarci uno sguardo e scoppiare a ridere, perché più di due minuti era impossibile tenerle il muso.

Mi manca lei, perché era la mia metà, mi completava, mi compensava. Era la mia forza, il mio equilibrio. E senza di lei a sostenerlo, il mio mondo cadeva a pezzi.

Però quella sera, il mio mondo cadde a pezzi a causa sua.

 

Mi sdraiai sul pavimento, gli occhi puntati sul quel cielo stellato che io stesso avevo dipinto. Pensando a lei. Pensando alla ragazza che, da quando era partita, era diventata un'altra persona.

Perché l'Ashley che conoscevo io, mi avrebbe messo al corrente di tutto ciò che accadeva nella sua vita.  Invece quella sera, avevo dovuto rispondere alla telefonata di una persona che non mi era mai piaciuta.

Mitch. Quel verme amico di Dean. Quel coglione che l'aveva tatuata in quella baracca. Sarebbe potuta morire d'infezione.

Ma d'altronde era amico di Dean, non potevo aspettarmi molto da lui. Avevo dovuto scoprire delle cose su Ashley da quella testa di cazzo.

Mi aveva chiamato, facendola sembrare una telefonata di cortesia. E, "sai, ho recentemente visto Ashley", mi aveva detto. 

"Abita nel mio stesso paese, lo sapevi?" chiese con disinvoltura. No, non ne avevo la minima idea. Perché lei non me lo aveva detto. Ashley  sapeva che mi sarei arrabbiato.

Perché avrei voluto che lei gli stesse alla larga, ma a causa della distanza, non me ne sarei potuto accertare di persona e allora sarei uscito fuori di testa.

Così aveva scelto di non dirmelo, perché era semplicemente la strada più facile. Prima mi diceva tutto.

Ma la vera bomba non era ancora stata sganciata. Perché ciò che mi ferì veramente, fu l'informazione che mi riferì dopo.

"Non crederai mai a chi altro ho incontrato." aveva detto con eccitazione. "Non pensavo fosse veramente lei, ma poi l'ho vista con Ashley." continuò. "Sophie." disse infine. 

E quel cielo stellato sembrò cadermi addosso.

 

L'avevo chiamata subito. Non volevo giungere a conclusioni affrettate. Potevo veramente fidarmi di Mitch?

Non ne ero certo, ma lo feci. Al telefono l'avevo sentita strana la maggior parte delle volte. Adesso sapevo cosa mi nascondeva.

Appena mi rispose, l'aggredii. Ero fuori me. Non potevo credere che per tutto quel tempo me lo avesse tenuto nascosto. Proprio lei. L'unica persona di cui mi fidavo. Dannazione, lei sapeva. Lei sapeva tutto quello che avevo passato.

Il dolore che avevo sopportato dopo la mia rottura con Sophie. Avrebbe dovuto chiamarmi immediatamente. Invece aveva avuto il coraggio di mentirmi per mesi. Era stata un'egoista.

Dopo tutto, era stata in grado di accusarla. Disse che Sophie se ne stava andando senza avvertirmi e forse era vero, ma lo aveva detto solo per far si che la mia rabbia fosse rivolta a Sophie e non a lei.

Mi sentivo tradito. Tradito da l'ultima persona rimasta ad avere la mia fiducia. Ed era uno schifo, un vero schifo.

 

Ashley

 

Se qualcuno mi avesse detto che mi sarei ritrovata a fare il caffè a quello che era mio fratello da poco più di tre mesi solo per farmi perdonare, sarei scoppiata a ridere.

Eppure era quello che stavo facendo. Bussai con delicatezza alla porta del sua stanza e quando rispose con voce flebile, entrai.

Quando mi vide, distolse lo sguardo seccato. Era buffo come i nostri ruoli si fossero improvvisamente invertiti.

Mi avvicinai e posai la tazza sul suo comodino. "Buongiorno." mormorai. "Ashley, non importava che lo facessi." disse, sollevandosi a sedere. 

"Ho bisogno di parlarti e preferisco che tu sia sveglio. Quindi bevi il caffè." dissi, cercando di non abbandonare il mio temperamento.

Lo bevve in un sorso, posò la tazzina e puntò i suoi occhi nei miei. Io presi un respiro profondo.

"È difficile per me parlarti di questa cosa", iniziai, "quindi ti prego di non interrompermi e di ascoltarmi." dissi. Annuì. Mi sedetti sul suo letto, di fianco alle sue gambe stese.

"Sai che ho avuto un inizio difficile qui. È stato terribile il primo periodo e ho reso le vostre vite un inferno." Vidi il suo tentativo di controbattere, ma riuscii a rispettare la mia richiesta.

"Voi non vi siete arresi con me ed io non vi ho mai detto quanto ve ne sono grata. Ma lo sono tanto." Accennò un piccolo sorriso.

"Tu, Christopher, Harry, Louis.. persino Sophie," una risata di scherno lasciò le mie labbra, "mi avete sostenuta ed avete fatto si che io mi sentissi a casa." dissi.

"Ma Harry, più di tutti, mi ha capita ed è riuscito ad abbattere quei muri di sicurezza che mi ero costruita attorno." ammisi.

"Nonostante i miei rifiuti, ci ha provato e riprovato. Perché davvero era interessato a me, alla mia storia, alla mia vita." continuai. Mi tremavano le mani.

"Voleva entrarmi in testa, ma io non volevo. Avevo paura di essere ferita, ancora." dissi, con un gruppo in gola.

"Poi ho iniziato a fidarmi di lui ed ho avuto il coraggio di confessargli cose che non avrei mai pensato di dire ad alta voce." gli spiegai.

"E lui non ha usato le mie debolezze contro di me. Mi è stato accanto e si è comportato come mai nessun altro prima aveva fatto con me." 

Mi ascoltava in silenzio. Sembrava rapito dalle mie parole. "Quando sto con lui sento qualcosa che.." non trovavo le parole, "non lo so, ma assomiglia tanto alla felicità." dissi.

"Non prendertela con lui. Ero io a non volertelo dire. Perché confessarlo a te, significava renderlo reale ed avevo paura. Non ero pronta." ammisi.

"I sentimenti sono un posto in cui non vado spesso e ultimante gli faccio visita fin troppe volte. Solo che non so cosa fare, capisci? Sono un disastro!" Lo feci ridere.

"Non prendermi in giro." mi lamentai. "Hai finito?" mi chiese divertito. Sospirai ed annuii.

"Dopo tutto non mi fa rabbia il fatto che lui non abbia dato ascolto alle mie parole. Preferisco che tu.. abbia un tipo di rapporto.. con lui, rispetto che con uno sconosciuto." mi spiegò.

"Mi ferisce solamente il fatto che mi abbiate tagliato fuori. Anche Niall lo sapeva." disse atterrito.

"Niall lo sapeva perché Harry cercava di fartelo dire da lui. Ma quando ha iniziato a fare supposizioni su di noi, tu gli hai fatto il braccio viola." gli feci notare.

Scoppiò a ridere. "Va bene, assumo la mia parte di colpa." Era più tranquillo e la cosa mi rincuorava. "Fate pace, per favore." lo pregai.

Sospirò, ma poi annuì ed io non riuscii a non buttargli le braccia al collo ed abbracciarlo.

 

Zayn

 

Sospirai, rigirandomi il telefono fra le mani. Erano trascorsi quasi due giorni dall'ultima volta in cui l'avevo sentita ed io avevo perso il conto di quante volte ero stato sul punto di chiamarla.

Lei in poco tempo mi aveva riempito di telefonate e messaggi. Mi chiedeva scusa nelle note vocali, piagnucolando che lo aveva fatto per proteggermi.

Per quanto fossi arrabbiato con lei, mi sentivo in colpa. Sapevo che mi voleva bene, tutto quello che aveva fatto, non lo aveva certo fatto con l'intenzione di fermarmi.

Anche se, involontariamente, era esattamente quello che era successo. Da una parte la capivo e, forse, al suo posto avrei fatto la stessa cosa. Ma non era comunque una scusa.

In ogni caso avevo bisogno di parlarle. Dentro di me l'avevo già perdonata, ma la rabbia non era del tutto passata.

Decisi di comporre il suo numero e al contrario di ciò che mi sarei aspettato, non si mise a pregarmi di perdonarla. Non iniziò ad elencare una serie di scuse e non si mise a piagnucolare che lo aveva fatto per il mio bene.

"La ami ancora?" mi chiese, dopo una manciata di silenziosi secondi. La domanda mi lasciò leggermente perplesso. Sophie se ne era andata da tanto ma no, i miei sentimenti nei suoi confronti non erano mai cessati.

Ero stato male a causa sua, ma ciò non mi aveva fatto dimenticare come prima era riuscita a farmi stare bene.

"Non posso immaginare un giorno in cui non lo farò." ammisi, ed era vero. Nel mio futuro non potevo vedermi con nessun'altra ragazza, se non lei. E se non potevo avere lei, non volevo nessun'altra.

"Ok. Se questo ti rede felice non farò niente per ostacolarti." disse. "Credevo che la stessi dimenticando e pensavo che sapere che lei si trovasse qui, ti avrebbe fatto stare di nuovo male." iniziò.

"Ma visto che non è così, è giusto che tu sappia dov'è." continuò. "È qui. È la solita Sophie di sempre. Stessi capelli biondi e stesso sorriso sulle labbra." la descrisse. 

"È stata gentile con me, ha provato ad avvicinarsi. Ma io l'ho trattata male e l'ho allontanata." disse. Era tipico di Ashley, avrei potuto immaginarlo.

"Credo che ricambi ancora i tuoi sentimenti, quindi.." mormorò. E dopo qualche secondo, chiuse la telefonata.

Restai lì, a fissare il display del cellulare. A desiderare di sentire ancora una volta la sua voce. Perché per me, la mia amicizia con Ashley, veniva prima di tutto e di tutti.

Lei c'era sempre stata. Aveva sempre fatto parte del mia vita. E chiunque fosse arrivato dopo, non avrebbe potuto competere con lei.

Amavo Sophie. Ma l'amore non dura per sempre. O perlomeno questo non succedeva quasi mai. Ma l'amicizia che legava me ed Ashley era destinata a durare fino alla fine dei nostri giorni.

Perché non eravamo due semplici amici. Noi ci eravamo sostenuti durante i periodi più bui delle nostre vite. Non ci eravamo mai dati le spalle, non ci eravamo mai traditi, fatta eccezione per giuste cause.

Adesso le credevo. Che lo aveva fatto per il mio bene. E non aveva neanche tutti i torti. Sapere dov'era. Sapere che era lì. Aveva riaperto qualcosa in me. Qualcosa come una ferita non ancora rimarginata.

Aprii i messaggi ed iniziai a digitare.

 

Qualsiasi cosa succederà, ovunque saremo, ricordati che ti appartengo. Z 

 

Lo inviai e non dovetti attendere molto per la sua risposta.

 

Sempre. A x

 

Ashley 

 

I raggi del sole che penetravano dalla finestra del salotto facevano risaltare il viola dei petali che avevo tatuati sul polso.

Avevo fatto quel tatuaggio come guidata da una voce nella mia testa. Potevo sembrare pazza. Forse lo ero. Ma era andata così.

Non era stata la miglior madre del mondo. Aveva abbandonato Liam da piccolo e nascosto la mia nascita a Christopher.

Ma volevo sentirla vicina a me. Perché dopo tutto, mi aveva affidata a Judy, sapendo che si sarebbe assicurata che io crescessi in una famiglia che mi amasse.

Poi era andata com'era andata, ma Brandon e Rachel erano stati dei genitori affettuosi e avevano sempre messo la mia felicità al primo posto.

Facevo fatica ad ammetterlo, ma mi mancavano. Nonostante il dolore causato dalle loro bugie, la rabbia col tempo svaniva.

Dopo tutto, io stessa ero una bugiarda, come potevo biasimarli? Se Zayn era riuscito a perdonare me, io sarei riuscita a perdonare loro.

Carezzai la pelle macchiata dal nome della donna che aveva reso la mia vita un tale disastro.

Sarei dovuta crescere in Inghilterra. Mia madre sarebbe morta ugualmente dandomi alla luce, ma sarei cresciuta con il mio vero padre e con mio fratello.

Forse Harry sarebbe potuto diventare anche il mio miglior amico. Oppure lo sarebbe potuto essere Niall.

In ogni caso nessuno dei due sarebbero stati all'altezza di Zayn. Nessuno poteva sostituirlo. Sussultai quando mi accorsi della presenza di qualcun altro nella stanza.

"Harry." il suo nome mi cadde dalle labbra. Era in piedi, di fianco al divano. Mi guardava con una strana espressione.

"A cosa pensi?" mi chiese. Lasciai cadere la mia mano dal mio polso. "Che ci fai qui?" ignorai la sua domanda.

In risposta avanzò di qualche passo. "A cosa pensi?" chiese ancora, inclinando il viso per scrutare il mio sguardo.

"Voglio conoscere mia madre." risposi. Le sue sopracciglia si incurvarono. "Lei è.." iniziò.

"Lo so." lo interruppi. Sapevo che era morta. Ma volevo comunque conoscere la persona che era stata.

"Voglio parlare con Ellen. La donna che ha detto di essere stata una sua amica. Te la ricordi?" gli chiesi.

Sembrò pensarci su, poi annuì. "L'hai conosciuta da Grace, il giorno che ti ho portata a fare quello." disse, facendo un cenno in direzione del mio polso.

"È a causa sua che hai deciso di tatuare il suo nome?" mi chiese. "Mi ha parlato di lei." risposi.

"E ad un tratto mi è sembrato come se avesse iniziato a parlare di me." continuai.

"Le somigli?" mi chiese ancora. "È quello che voglio scoprire." risposi. "Vieni." disse, porgendomi la sua mano. "Dove?" gli chiesi confusa.

"Ti porto da Ellen." mi rispose. 

 

"Adesso me lo dici che ci facevi a casa mia?" gli chiesi, una volta in macchina. Eravamo risaliti da poco, dato che la prima tappa era stata al bar di Grace.

Lei conosceva Ellen e dato che nei piccoli paesi non ci sono segreti, le avevo chiesto l'indirizzo di casa sua.

A quanto pare si era trasferita fuori città. Stavo per rinunciarci, ma Harry mi aveva detto che non importava quanto avrebbe dovuto guidare, mi avrebbe portata da lei.

Non capivo cosa lo spingesse a farsi in quattro per accontentarmi sempre. Non lo meritavo.

"Ero venuto a parlare con Liam." mi rispose. "Non gli è ancora andata giù, ma sono sicuro che gli passerà presto." aggiunse.

"Ridimmi il numero civico?" chiese, una volta giunti a destinazione. "È questa." disse, dopo che gli ebbi risposto.

Rallentò e spense il motore di fronte all'abitazione. "Vuoi andarci da sola?" mi chiese. "Cosa?" chiesi, voltandomi verso di lui. "No, voglio che vieni con me." mi affrettai a dire.

"Ok." disse, prima di scendere dall'auto. "Ok." dissi, seguendolo fino alla porta.  "Vado?" chiese, sollevando la mano. Quando annuii lasciò che il suo pugno entrasse in contatto con la porta di fronte a noi.

Sentii dei passi all'interno e poco dopo venne ad aprirci un uomo. Mi sarei aspettata Ellen, piuttosto che un signore sulla cinquantina abbondante.

Era probabilmente suo marito, sperai che lei fosse in casa. L'uomo mi ignorò completamente, puntando invece il suo sguardo su Harry.

"Salve, cercavo Ellen. Spero di non aver sbagliato indirizzo, è in casa?" chiesi educatamente, ma lui sembrò non avermi sentita.

Mi voltai verso Harry, incuriosita dal fatto che non gli avesse tolto un secondo gli occhi di dosso. Con sorpresa lo trovai due passi indietro a me, gli occhi sbarrati e le labbra schiuse. Ero confusa.

"Papà." la parola gli cadde dalle labbra quasi involontariamente. La mia bocca si unì alla sua, spalancandosi.

I miei occhi tornarono sull'uomo di fronte a me. Era stato lui a spezzare il cuore del bambino con gli occhi verdi. Lo aveva abbandonato così come aveva fatto con la madre e con la sorella.

Lui era l'uomo per cui avevo provato rancore, seppur non conoscendolo, quando alla tavola calda, Harry, me ne aveva parlato.

E mi aveva raccontato come avesse ridotto a pezzi le loro vite. Come aveva smesso di portarlo a bere la cioccolata calda. Ogni mercoledì.

Non disse una parola. Continuò a guardare il figlio che, a quanto ne sapevo, non vedeva da dieci anni. La mia mano cercò quella di Harry e quando la trovò, la strinse. Dei passi ruppero il silenzio.

"Des, chi era alla porta?" una voce femminile ci raggiunse da dentro la casa e pochi secondi dopo, il volto di Ellen si affacciò da dietro la porta.

"Ciao, io mi ricordo di te. Sei la figlia di Rebecca." disse, per poi iniziarle a sproloquiare sul fatto che fossi proprio la persona che voleva vedere.

Ma i miei occhi erano puntati su di Harry, mentre i suoi erano fissi sul volto di suo padre. Quel giorno lo vidi crollare per la prima volta. Lo vidi privo di difese, totalmente disarmato.

Aveva di fronte l'uomo che aveva rovinato la sua famiglia. L'uomo che credeva si fosse trasferito altrove. Mentre invece si era rifatto una vita appena fuori città, con Ellen. Erano sposati. Le fedi ne erano una chiara prova.

Però, quel giorno, lo vidi anche rialzarsi in piedi. Lo vidi raccogliere tutte le sue forze e lo vidi guardare suo padre a testa alta. "Ti aspetto in macchina." disse, con voce sicura. Ma non lasciai andare la sua mano, quando si voltò.

Mi aspettavo che gli dicesse qualcosa, qualsiasi cosa. Magari che imprecasse contro di lui o che lo mandasse al diavolo.

Ma capii il motivo per cui non fece niente del genere. Harry era diventato un uomo anche senza il suo aiuto.

Un uomo meraviglioso a dir la verità. Talmente dignitoso da non sprecare neanche un po' di gusto per l'uomo che gli aveva voltato le spalle.

Ma nonostante l'apparenza dura ed inespressiva, sapevo che dentro stava morendo. E sta volta era compito mio portarlo in salvo.

"Dobbiamo andare." indietreggiai. Harry mi guardò confuso. "No, devi.." iniziò, prima che io lo interrompessi scuotendo la testa. "Di già? Non entri cara?" mi chiese Ellen, dispiaciuta. "Si, lei entra." insistette Harry.

"Magari un'altra volta, grazie per l'invito." dissi educatamente. Ellen mi guardò disorientata, chiedendosi per quale motivo avessi bussato alla sua porta.

Sembrava ignara dello scambio di sguardi. Mi chiedevo se fosse al corrente dei due figli che aveva suo marito.

Non potei non notare il fatto che fosse rimasto tutto il tempo immobile, con le labbra schiuse, come un completo idiota.

"Andiamo." mormorai, tirando leggermente Harry dalla mano. Lui lanciò un ultimo sguardo al padre, poi mi seguì.

 

Quando salimmo in macchina, tra noi calò il silenzio. Non sapevo cosa dirgli.

Non tolse mai lo sguardo dalla strada, il suo volto non cambiò mai espressione. Cosa avrebbe fatto lui, al mio posto?

Harry diceva sempre la cosa giusta. Sapeva come prendermi. Io, come aprivo bocca, combinavo un danno. Alzai una mano e la posai sulla sua gamba. Lui abbassò per un attimo lo sguardo, poi lo riportò sulla strada.

"Vuoi parlarne?" gli chiesi, quasi sotto voce. Passarono pochi secondi prima che si decidesse a rispondermi.

"Di cosa?" chiese, con chiara ironia nella voce. "Del fatto che quel pezzo di merda si sia trasferito a quaranta minuti da noi e non si sia mai degnato di venirci a trovare?" chiese ancora.

"O del fatto che si sia risposato senza problemi, mentre mia madre stava sveglia la notte nel caso in cui decidesse di tornare a casa?" A quelle parole mi si strinse il cuore.

Con la coda dell'occhio vidi i suoi diventare sempre più rossi e lucidi. "Accosta." mormorai. "Mai una telefonata, un messaggio.. una cartolina." disse con rabbia. "Mai un cazzo di niente!" sussultai quando alzò la voce.

"Harry, è meglio se accosti." dissi di nuovo. Non era sicuro guidare in quello stato e stava aumentando sempre di più la velocità.

Per fortuna non era una strada trafficata. "E adesso, dopo dieci anni, tutto quello che riesce a fare è guardarmi." disse allibito. "Guardarmi con quella faccia da idiota, come se fosse sorpreso che suo figlio fosse ancora vivo." rise amaramente.

"Dannazione, Harry. Fermati!" sbottai, quando aumentò notevolmente la velocità. Inchiodò improvvisamente, facendomi ringraziare Dio per essermi ricordata di mettere la cintura. Altrimenti sarei volata sul parabrezza.

Harry aveva poggiato completamente le spalle al sedile, la testa indietro e gli occhi chiusi. Mi voltai, non c'era nessuna macchina grazie a Dio. Quando riportai gli occhi sul suo volto, una lacrima gli stava rigando il viso.

Tutto il mio mondo smise di girare. Harry era la mia roccia. Per quanto volessi far credere il contrario, era lui quello forte fra i due.

Era lui che non perdeva il controllo, che mi prendeva per mano quando rischiavo di cadere. Lui non piangeva. Perché se piangeva lui, qui si allagava tutto.

Tolsi la cintura e sollevai le gambe, inginocchiandomi sul sedile per potermi sporgere meglio verso di lui. "Ehi." mormorai in preda al panico. Non potevo vederlo così. Non volevo.

 

Harry

 

L'unica parola che poteva descrivere il mio stato d'animo era confusione. Ero confuso e mi sentivo strano. Non credevo che un giorno lo avrei rivisto, non ero mentalmente preparato.

Ero convinto che si fosse trasferito lontano, magari in un altro stato. Serviva per convincermi che quello era il motivo per cui non fosse mai venuto a trovarci.

Invece abitava a quaranta minuti da noi e in dieci anni, non aveva mai avuto abbastanza tempo per passare a casa. Quello, o semplicemente non ne aveva mai avuto voglia. 

Ormai si era costruito una nuova vita. Mi chiedevo se avesse avuto figli con Ellen. Ma in realtà non mi importava.

Rivederlo non mi aveva sconvolto quanto avrei pensato. Mi piaceva la mia vita, anche se lui non ne faceva parte. Soprattutto perché lui non ne faceva parte.

Ce l'eravamo cavata bene senza di lui. Inizialmente credevo che non saremmo più riusciti ad essere una famiglia unita.

Mia madre la prese davvero male. Mia sorella non era mai in casa, tornava a tardi, non parlava con nessuno. Io soffrivo, solo che dovevo essere forte anche per loro. Quindi cercavo di non darlo a vedere.

Quando lo avevo riconosciuto, come primo impulso, avevo provato una gran voglia di assestargli un pugno in pieno viso.

Ma non sprecai neanche una parola per quel miserabile uomo. Decisi di far finta di niente, di lasciare che Ashley entrasse a parlare con Ellen, come stabilito.

Solo che l'avrei aspettata in macchina, altrimenti nessuno mi avrebbe fermato dal fargli un occhio nero. Ma Ashley aveva altri piani. Mi aveva preso per mano ed aveva gentilmente reclinato l'invito di Ellen.

Avrei voluto che non rovinasse i suoi progetti per me. Ma mentivo, non ero abbastanza forte da sopportare quella situazione.

Così la seguii in macchina, in silenzio. La mia mente non si fermò un secondo. Pensai a lui, a quanto fosse codardo e dannatamente stronzo.

Poi i miei ricordi iniziarono ad affluire nella mia mente. Mia madre, le occhiaie profonde, tutto il peso che aveva perso.

Sentii gli occhi pizzicarmi, ma cercai di resistergli. Non potevo scoppiare fin quando non fossi stato da solo.

Mia sorella, le sue grida, le cornici con le foto di famiglia che si infrangevano a terra. La mia mente era un caos. Immagini che si mescolavano ai ricordi, attraversati da pensieri.

Strinsi le mani attorno al volante, fino a far diventare Le nocche bianche. Poi, la mano di Ashley si posò sulla mia coscia e la sua voce mi chiese con delicatezza se avessi avuto voglia di parlarne.

La mia mente si svuotò, il che fu peggio. Iniziai ad agitarmi, a parlare senza un filo logico. Non riuscivo a sentirla mentre mi chiedeva di accostare, ma all'improvviso la sentii forte e chiara ed inchiodai.

Non potevo più fingere. Non ero quello che credeva. Non ero così forte. Chiusi gli occhi, con l'intenzione calmarmi. Ma questo gesto mi provocò una lacrima. Una briciola in confronto a quello che stavo trattenendo.

Una manciata di secondi dopo sentii le mani di Ashley sulle mie guance. "Ehi." mormorò. Il suo pollice raccolse la lacrima.

Sentii il suo respiro contro la pelle, poi le sue labbra sfiorarono la mia mandibola. "Non merita la tua attenzione." disse. Respirai profondamente. La sua voce aveva un effetto calmante.

"Non hai bisogno di lui." continuò. "La tua famiglia ti ama. Tua madre adesso è felice." disse. "Robin è un brav'uomo, si prende cura lui di voi." 

Aveva ragione. Cavolo se aveva ragione. Che importava se lui era stato uno stronzo?

La nostra vita era andata avanti ed era una bella vita, nonostante tutto. Avevo dei ricordi orribili di quel periodo.

Ma adesso Gemma era sempre sorridente, mia madre si era più che ripresa e si, c'era Robin a prendersi cura di noi.

"E poi hai me." mormorò. A quelle parole aprii gli occhi. Il suo viso era sopra al mio, le sue mani ancora chiuse attorno alle mie guance. Ruotai il volto per renderle la posizione più comoda. E la guardai.

Ma si, cosa me ne facevo di quello stronzo, quando potevo avere lei? Ero stato in grado di far sì che lei si fidasse di me senza il suo aiuto.

Ero quello che ero, anche se lui non me lo aveva insegnato. Ero diventato l'uomo con cui la ragazza più chiusa e testarda che avessi mai conosciuto si era aperta.

"Avvicinati." mormorai. Ubbidì, ma era chiaro che non avevamo la stessa concezione di vicinanza. "Ancora." le sussurrai. Questa volta afferrò le mie intenzioni e si avvicinò abbastanza.

Abbastanza da permettere alle nostre labbra di unirsi in un bacio riparatore. Ashley era convinta di aver gettato all'aria le nostre vite.

Ma era proprio il contrario. Mi aveva fatto aprire gli occhi su Katy, aiutandomi a rendermi conto di che persona fosse.

Mi aveva fatto provare di nuovo sensazione che ero sicuro di essermi giocato per tutta la vita, dopo una tale delusione.

Aveva reso felice Liam, che da sempre aveva segretamente desiderato una sorella. Aveva sconvolto il mondo di Niall, aiutandolo a spiccicare parola con Grace. Dio se lo aveva fatto felice.

Lei era tanto grata a me, ma ero io che le ero grato. Anche in un momento così delicato, aveva impedito che un istante rovinasse tutti i progressi che avevo fatto.

Carezzai la sua guancia e sussultai quando il clacson di una macchina ci colse di sorpresa.

Scoppiamo entrambi a ridere ed io riaccesi il motore. "Allora ho tutto quello di cui ho bisogno.” le risposi, in ritardo di qualche minuto.



 

Buonasera ragazze,

spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non ci siano troppi errori.

Forse alcune di voi pensavano che Zayn e Liam tenessero il muso più a lungo ma no.

In entrambi i casi i ragazzi sono incapaci di stare per troppo tempo arrabbiati con Ashley. Fortunata ahaha.

E poi si, sbaam, è apparso il padre di Harry. E vediamo quest’ultimo in difficoltà, ma al suo fianco ha Ashley.

A presto,

Michi x


 









 

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Capitolo 50
*** Do you believe me? ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.

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Do you believe me?

 

“Numb from your kiss,
while you were slipping through my fingertips.”

 

Harry

 

Da quando ero venuto a sapere che Cameron aveva rivelato a Zayn ciò che non era riuscita a dirgli Ashley, mi ero domandando che cosa avrei dovuto fare.

Sapevo che Sophie provava ancora qualcosa per lui. Quando l'avevo conosciuta, si era appena trasferita ed era a pezzi. Mi aveva raccontato di come avesse dovuto dirgli che non lo amava più, solo per rendergli le cose più facili. 

Ma era un'enorme bugia. Si leggeva nei suoi occhi che sentiva la sua mancanza. La prima volta che l'avevo vista, seduta sulla panchina che era stata testimone della nascita della nostra amicizia, piangeva.

Non riuscii ad ignorarla quando le passai casualmente accanto. Mi sedetti al suo fianco e riuscii a strapparle un sorriso. Solo molto dopo venni a sapere che piangeva lui, il loro amore, la loro lontananza.

Era una ragazza tremendamente dolce e sensibile, ma anche solare e da quel giorno decisi di regalarle sorrisi. Ma non riuscii mai a causarle un sorriso grande come quello che aveva quando parlava di lui.

Descriveva Zayn come l'uomo dei suoi sogni. Era tutto per lei. Lui era semplicemente fantastico. E Sophie non era l'unica a pensarlo.

Avevo visto Ashley discutere più volte con lui e ogni volta era stata una catastrofe. Si rinchiudeva in camera e non parlava con nessuno.

Ma appena chiarivano, la vedevi saltellare in giro, con gli occhi luminosi e un sorriso a trentadue denti. Mi chiedevo cosa avesse di tanto speciale. Avrei davvero voluto conoscerlo. 

In ogni caso, Sophie, nell'ultimo periodo sembrava pensarci meno a lui. Aveva anche smesso di giocare ogni due minuti con i ciondoli del bracciale che le aveva regalato.

Era diventata un'ossessione. Come quella che aveva quando tutto sembrava ricordargli lui e lo nominava in continuazione.

E visto che, forse, aveva veramente cominciato a cercare di andare avanti, ero perplesso sul fatto di rimetterglielo in testa.

Ma quella sera decisi di affrontarla. Meritava di saperlo, era un suo diritto. E d'altra parte, io, avevo bisogno di tenere la mente occupata.

Non le avrei parlato dell'incontro con mio padre. Era la mia miglior amica, le dicevo tutto, ma quello volevo archiviarlo.

Volevo cancellarlo dalla mia memoria e vivere come se non fosse mai accaduto.  Le diedi appuntamento al nostro solito posto. Su quella panchina, sotto il solito salice.

Ricordai la promessa che le avevo fatto, quella di non trascurarla a causa di Ashley. Non ero stato in grado di mantenerla.

Adesso dovevo rispettare i miei doveri da amico ed essere completamente sincero con lei. La attesi per pochi minuti prima di riuscire a vedere in lontananza la sua bionda chioma.

"So già cosa vuoi dirmi." disse, mentre si sedeva. "Ah, si?" le chiesi confuso. "Riguarda Ashley." rispose.

Mi voltai a guardarla. Non poteva aver già capito tutto, era impossibile. "Mi ferisce il fatto che tu non me lo abbia detto." mormorò, abbassando il volto. 

"Mi dispiace, io.." iniziai, ma lei parlò prima che riuscissi a terminare la frase. Come aveva fatto a scoprirlo? Che Cameron le avesse parlato? No era impossibile, non poteva saperlo.

Quando iniziò a parlare, infatti, era totalmente fuori strada. Cioè, non proprio totalmente. "Comunque sapevo che fra voi due c'era qualcosa, ma preferivo fossi tu a dirmelo."

"Si, lo so. Io.. aspetta, cosa?" le chiesi confuso. Non era questo che cercavo di dirle.

"Non preoccuparti, capisco perché non me lo hai detto." disse. "Fra me ed Ashley non scorre buon sangue. Anche se io lo vorrei." continuò a parlare.

"Ma se tu sei felice, io sono felice." mi rivolse un tenero sorriso. Sospirai. "Non è questo che dovevo dirti." mormorai. Lei corrugò la fronte.

La mia mente iniziò ad elaborare le sue parole. Si era accorta che fra me ed Ashley c'era qualcosa e non era la prima.

Questo significava che davvero c'era qualcosa fra noi. Finsi una tosse e tornai con la mente a Sophie.

"Zayn sa che sei qui." mormorai. In seguito alle mie parole, risucchiò un respiro.  "Oh, è stata Ashley a dirglielo?" chiese con tranquillità. Ma il suo corpo la stava tradendo, era tutta agitata. 

Non doveva fingere con me. Sapevo cosa stava provando. Scossi la testa. Lei distolse lo sguardo. "Ok." disse. La guardai confuso. "Ok?" le chiesi accigliato. Non aveva altro da dire?

Con la mano opposta sfiorò i ciondoli del bracciale che non toglieva mai dal polso. Quell'ossessione tornò esattamente come ritornarono tutti i sentimenti che aveva cercato di chiudere in un angolo del suo cuore.

 

Ashley

 

Non potevo credere alla curiosità di Gemma, se così potevano chiamare il suo divertimento nel tempestarmi di domande.

Doveva essere un difetto di famiglia ma lei, lei era quasi più ficcanaso di Harry.

Come mi ero seduta ad uno dei tavoli del bar in cui lavorava, aveva smesso di fare caffè e si era seduta di fronte a me.

Ma non era riuscita ad estorcermi molte informazioni a proposito di me ed Harry. Restavo una ragazza riservata. Dopo qualche tentativo si era arresa ed aveva cambiato discorso.

Mi chiedevo se Harry le avesse detto di loro padre. Ero convinta di no e probabilmente non gliene avrebbe parlato mai.

Comprendevo il motivo per cui aveva preso questa decisione. Non voleva sconvolgere la vita di sua sorella. Non adesso che si era completamente ripresa.

Non le serviva sapere che suo padre si era risposato e che viveva appena fuori città. L'avrebbe fatta soffrire e basta.

"Il mio capo sta impazzendo, ma pur troppo non abbiamo molti talenti qui." continuò a parlare. A quanto pare erano stanchi di trasmettere sempre la stesa stazione radio all'interno del bar.

E il proprietario avrebbe voluto assumere un cantante. Uno di quelli che si mettono con la chitarra in mano, in un angolo e suonano un piacevole sottofondo.

Schiusi le labbra per risponderle, ma la figura di Harry, all'entrata, catturò la mia attenzione. "Ecco il mio fratello preferito." disse Gemma con voce cantilenante, mentre si alzava.

Lui mi raggiunse al tavolo. "Sono l'unico che hai." rispose alla sorella, la quale gli dedicò una linguaccia.

"Ehi." mi disse poi, abbassandosi per baciarmi una guancia. "Ciao." gli risposi sorridente.

Prese posto di fronte a me. Non ci vedevamo da quando, la sera prima, mi aveva riportata a casa, dopo la breve visita ad Ellen.

"Come stai?" gli chiesi e dalla mia espressione si intuì che ero preoccupata. Mi rivolse un sorriso per rassicurarmi.

"Bene, davvero." Cercava di convincere me o se stesso? Annuii poco convinta.

Dopo di che cambiò abilmente discorso e dimostrò di stare, almeno apparentemente, bene.

 

Il tempo trascorreva velocemente, l'ultimo mese di scuola era sempre più vicino e le cose proseguivano tranquillamente.

Liam si comportava come se non avesse mai scoperto nulla e ogni volta che vedeva me ed Harry vicini, usciva dalla stanza.

A noi il suo comportamento divertiva, tanto che la maggior parte delle volte lo facevamo di proposito per irritarlo.

Un giorno avrebbe accettato la situazione, ma per il momento non ne voleva proprio sapere. Il fatto era che non avevo idea di quella fosse la situazione di cui parlavo. 

Non stavamo insieme. Ma non eravamo neanche amici. E fra noi c'erano stati solo baci. Cos'eravamo?

Avrei tanto voluto sapere l'opinione di Zayn ma, anche se avevamo chiarito, non me la sentivo di parlargliene per telefono.

Per me era ancora molto strano il mio rapporto con Harry. Ricordavo come se fosse stato il giorno prima il modo in cui non potevo proprio sopportarlo.

Ma più di tutti mi sorprendeva il mio rapporto con Liam. In poco tempo eravamo diventati fratelli, come se non ci conoscessimo da quasi quattro mesi.

Era assurdo, ma proprio io, che non volevo più una famiglia, che amavo essere figlia unica, che avevo rifiutato tutti in quella città, adesso li amavo.

Era così, facevo fatica ad ammetterlo ma adesso mi sentivo a casa. Mi sentivo in famiglia. Non avevo instaurato un gran rapporto con Lauren e le sue figlie, ma Christofer e Liam, loro li adoravo.

Per sentirmi completamente a casa, avrei avuto solamente bisogno di Zayn. Poi sarebbe stato tutto perfetto. Ad interrompere i miei pensieri fu Ruth, la quale irruppe in salotto con due buste di popcorn.

Quella sera decidemmo di guardare un film. Io, lei, Liam e Nicola. Era un film comico e le nostre risate raggiunsero la cucina.

Lauren e Christopher si affacciarono nella stanza poco dopo. Quest'ultimo mi guardò con la gioia nello sguardo.

Desiderava vedermi così da quando mi ero trasferita in Inghilterra. Decisero di sedersi con noi e passammo la serata così, guardando un film in famiglia.

 

Nell'ultimo periodo avevo notato che c'era qualcosa di strano in Katy. Sapevo che inizialmente aveva solo finto di provare della simpatia per me.

Ma adesso era veramente scontrosa. Mi trattava con sufficienza e raramente mi rispondeva educatamente. A me non interessava. Le rispondevo con lo stesso tono e guardavo Louis, che si divertiva ad ascoltarci.

Intando che ascoltavo Katy lamentarsi della mensa, lo sguardo mi cadde su un tavolo poco distante da noi. Niall era concentrato sul suo piatto. Sophie sembrava pensierosa e giocava con il cibo.

Liam parlava, sembrava stesse raccontando qualcosa ed Harry lo ascoltava con attenzione. Ad un certo punto buttò la testa indietro per le risate e il mio suono preferito riempì la stanza.

Per caso notai un paio di ragazze voltarsi e guardarlo. Ad una di loro brillavano gli occhi. Non avevo mai prestato attenzione all'effetto che Harry avesse sulle ragazze ma adesso potevo contarne più di due che lo osservavano rapite.

Era indubbiamente un ragazzo attraente, non c'era da stupirsi che lo squadrassero in quel modo. Eppure a me non andava giù.

Mi ritrovai a fulminare una bionda, fino a quando lei non incontrò il mio sguardo e confusa, lo distolse.

Ritornai ad ascoltare ciò che Louis mi stava dicendo, ma non riuscii a svuotare la mente. Non era da me. Non ero una ragazza insicura, non ero gelosa. 

Ma se si fosse azzardata di nuovo a posare i suoi occhioni blu su Harry, sarebbe dovuta andare presto a comprarsi un cane guida.

 

Harry

 

In lontananza vidi Ashley guardare male una ragazza. Possibile che odiasse tutti? Mi chiesi divertito, ritrovandomi a sorridere da solo.

Quando distolsi lo sguardo da lei, notai che Sophie non aveva toccato cibo, se non per giocarci con la forchetta.

Dato che Liam e Niall stavano avendo una conversazione accesa riguardante i distributori automatici della scuola, io colsi l'occasione per parlarle.

"Come stai?" le chiesi. Alzò il viso sorpresa, come se si fosse dimenticata di essere al tavolo con altre tre persone.

"Bene." rispose automaticamente. "Andiamo, Sophie. Qual'è la reazione reale a tutto questo?" le chiesi seccato. Da cosa si nascondeva?

"Questa." alzò le spalle con sufficienza. "Sul serio? Perché sembra che non ti interessi." dissi.

"Infatti non mi interessa." insistette. Non le credevo. Perché semplicemente non c'era persona di cui le importasse più di Zayn.

"Si che ti interessa." controbattei. "Si, ma ho intenzione di comportarmi come se non mi interessasse." ammise.

Schiusi le labbra per parlare, ma lei mi anticipò. "Fatto progressi con Grace?" chiese a Niall, interrompendo me e la loro conversazione.

Sospirai e il biondo mi guardò confuso prima di risponderle. "Non molti." mormorò. "È già tanto che le rispondi quando ti rivolge parola, non lamentarti." lo prese in giro Liam.

"Si, beh ma io vorrei tipo invitarla ad uscire, solo che l'idea mi terrorizza." ammise. Sophie gli sorrise. "Vedrai che troverai il coraggio." cercò di rassicurarlo. Niall ricambiò il sorriso. 

"Ciao Sierra." esordì improvvisamente Liam. Alzai lo sguardo e la vidi. La ragazza per cui avevo preso una cotta colossale alle medie.

Aveva la pelle scura, così come i capelli. Mori e lisci. La cosa che più la caratterizzava, erano gli occhi chiari, in contrasto con tutto il resto del corpo.

Dopo averle confessato la mia infatuazione ed aver ricevuto un due di picche, eravamo diventati buoni amici. "Ciao ragazzi." ci salutò sorridente. Posò i libri sul tavolo e prese posto al mio fianco.

"Come sta la A+ del corso di biologia?" la presi in giro, prima di darle una piccola spinta con la spalla, facendola ridere.

Era tremendamente intelligente. A quanto ne sapevo, eccelleva in ogni corso che frequentava. Mi faceva quasi paura.

Io in confronto avevo un cervello tale e quale a quello di un criceto. Liam si complimentò con lei. Fra secchioni si intendevano.

 

Ashley

 

"Puoi smetterla di guardarla come se volessi decapitarla?" mi chiese Louis, non appena si accorse di come fissavo la ragazza seduta a fianco ad Harry.

Stavano ridendo. Perché? E perché lui l'aveva spinta giocosamente? Era troppo bella ed aveva i capelli troppo lunghi.

"Sono amici da tanto tempo. Puoi stare tranquilla." continuò a prendermi in giro Louis.

"Si puoi stare tranquilla. Le sbava dietro solo da sei anni." commentò Katy, attirando la mia attenzione. Mi voltai a guardarla.

"È stata l'unica ragazza che è riuscita ad avere la sua attenzione mentre stava con me." spiegò.

"Adesso che ci siamo lasciati ed è sigle, potrà finalmente uscirci. Come d'altronde ha sempre desiderato." aggiunse.

Louis la guardò con un sopracciglio sollevato. Espressione che in un altro momento mi avrebbe fatta ridere. Ma in quel momento ero troppo occupata a sbattere la testa nella realtà.

Cosa credevo? Che sopportasse tutto ciò che comportava stare con me e che si accontentasse di qualche bacio dato di nascosto ogni tanto?

Era ovvio che voleva uscire con qualcuno. Qualcuno di alto, abbronzato e privo di problemi. "Beh, ammesso che sia ancora.." iniziò, ma io la interruppi. "Si, è sigle." dissi.

Mi alzai e svuotai il contenuto del mio vassoio nel cestino. Il rumore attirò l'attenzione di Harry, il quale si voltò a sorridermi. Io lo ignorai ed uscii dalla mensa.

 

Una volta a casa, mi stesi sul letto e stetti un'ora e più al telefono con Zayn. Lo sentivo solare e questo mi rincuorò.

Quando gli chiesi di sua sorella non disse molto, solamente che stava facendo il possibile per risolvere la situazione.

"Ti saluta Judy." disse, lasciandomi perplessa. "Credevo avessi smesso di andare a scuola." dissi confusa.

Aveva borbottato qualcosa sul fatto che non facesse per lui, che fosse una perdita di tempo e che preferisse andare a lavorare.

Dopo una manciata abbondante di secondi, si decise a rispondermi. "Si. Si, è così." disse, poco convinto. "E credevo che per te fosse la signorina Martin." aggiunsi.

 Avevo iniziato a chiamarla per nome quando avevo scoperto che oltre ad essere la mia professoressa, era anche la miglior amica di mia madre. Ma Zayn no.

Mormorò qualcosa sul fatto che l'avesse incontrata per strada e col fatto che avesse avuto a che farci per l'affidamento di sua sorella, aveva semplicemente iniziato a darle del tu.

Non era molto convinto mentre me lo diceva, ma non ci feci troppo caso. Ero stanca. Difatti, una volta terminata la chiamata, mi addormentai.

 

Harry

 

Ad aprirmi la porta venne Liam, il quale mi accolse con un sorriso. Ma ero lì per sua sorella, non per lui.

Non avevo capito il motivo per cui oltre ad aver fulminato con lo sguardo mezza mensa, aveva dedicato il suo sguardo indignato anche a me.

Forse avevo fatto qualcosa che mi era sfuggito o magari era nervosa per motivi suoi ed io ero lì per scoprirlo. "C'è Ashley?" chiesi. Lui mi diede le spalle, per non alzare gli occhi di fronte a me, e si diresse in salotto.

"È in camera sua." rispose. "Grazie." dissi, prima di iniziare a salire le scale. Ma la sua faccia spuntò improvvisamente.

"Ho detto che è in camera sua." ribadì ed io ne sapevo io motivo. "Tranquillo, non sentirai il letto cigolare." mi pregi gioco di lui, mentre continuavo a salire.

Mi pentii di non essere rimasto a guardare la sua espressione scandalizzata, ma ormai ero al secondo piano.

Bussai un paio di volte alla porta della sua stanza ma non ottenni risposa. Decisi di entrare. Forse non era neanche in casa e quel ritardato di Liam non si era accorto che fosse uscita.

Ma quando aprii la porta dovetti chiedere mentalmente scusa al mio amico per avergli dato gratuitamente del ritardato.

Era rannicchiata sul suo letto e dormiva. Mi avvicinai in silenzio. Adesso come avrei fatto? Non avevo il coraggio di svegliarla. Mi sedetti al suo fianco e sorrisi da solo.

Aveva le mani sotto la guancia e le labbra schiuse. Emetteva dei rumori strani, come se russasse sottovoce.

La maglia che indossava era larga e a causa della pozione, le era scesa dalla spalla, lasciandole la pelle scoperta.

Avevo intenzione di prendere il tessuto e di rimetterlo al suo posto, ma vidi un tatuaggio che non avevo mai avuto l'occasione di scorgere.

Sembrava un'ala. Era un'ala. Ma continua al di sotto della maglietta e non riuscii a vedere l'intero disegno.

La maggior parte dei tatuaggi di Ashley continuavano sotto i vestiti e mi resi conto che l'unico modo per vederli, era spogliarla. Avrei dovuto proporle questa idea.

Le carezzai la pelle nuda della spalla, non resisterti alla tentazione. Inizialmente lei non reagì. Poi piccoli mormorii fuoriuscirono dalle sue labbra schiuse, fino a quando improvvisamente, aprì gli occhi.

Scivolò a sedere e con la mano sollevò la maglia, coprendosi la pelle nuda e guardandomi con aria accusatoria, come se non l'avessi mai toccata prima.

"Che succede?" le chiesi, ansioso di ricevere la sua risposta. Lei mi guardò confusa e si sistemò meglio a sedere.

"Mi hai spaventata. Stavo dormendo." disse. "Non mi riferisco a questo." scossi la testa. "È da stamattina che mi guardi in quel modo." dissi, facendo un cenno in direzione della sua espressione.

Sbatté le palpebre più volte, come se volesse liberarsi di quello sguardo minaccioso. "Non è vero." disse poi.

"Si, invece. Io ho cercato di salutarti e tu.." iniziai, ma lei mi interruppe. "L'unica cosa che ho visto stamani è che eri molto occupato." disse.

Corrugai la fronte confuso, cercando di ricordare. Non c'era stato niente di diverso rispetto alle altre mattine. Sierra si era unita al nostro tavolo, ma a parte quello non era successo niente di insolito. Ma forse era proprio quello il problema.

"Parli di Sierra, vero?" le chiesi, cercando di nascondere il mio divertimento. Era per caso gelosia quella che l'aveva portata a squadrarmi in quel modo accusatorio?

"Se ti riferisci a sono esageratamente alta ed illegalmente bella, si." rispose, distogliendo lo sguardo. Dovetti pregare ogni singola cellula del mio corpo per trattenermi e non scoppiarle a ridere in faccia.

"È una mia vecchia amica." le spiegai. "Katy non la pensa come te." borbottò. Corrugai la fronte. "Come scusa?" le chiesi confuso. Distolse lo sguardo seccata. "Secondo lei provi qualcosa per quella ragazza." mormorò.

Non era seria. Da quando Katy era una persona sincera ed affidabile? Era vero. Avevo provato qualcosa per Sierra, ma si parlava delle medie e questo Katy lo sapeva bene.

Cosa cercava di fare, di mettermi i bastoni fra le ruote? Non le era bastato prendermi in giro e lasciarmi per un altro. Doveva anche impedirmi di essere felice con una persona che non fosse lei.

Mi meravigliavo di Ashley, che le aveva dato ascolto. Ma d'altra parte ero felice di aver potuto assistere a quella reazione.  Dopo tutto aveva dimostrato di un essere un pezzo di ghiaccio e di avere dei sentimenti. Magari dei sentimenti per me.

"Andiamo Ashley, era la mia cotta delle medie." risi, per la ridicolezza di quella conversazione. "Non sembrava da come la guardarvi." si alzò. Era seria.

"Ashley?" la chiamai. "Harry, va bene, sul serio. Basta che me lo dici." disse, aprendo il suo armadio.

Si tolse la felpa, restando in canottiera. La sua pelle era per la maggior parte coperta di inchiostro e questa cosa, a me, faceva impazzire. 

Avrei voluto sfilarle quella maglietta e starla a sentire per ore, mentre mi spiegava il significato di ogni singolo schizzo d'arte.

Schiusi le labbra per parlare, ma lei mi anticipò. "Solo, se sei confuso, fai chiarezza." continuò, mentre metteva una maglia appena presa dal l'armadio.

"E non farmi aspettare." lo chiuse. "Sai che non lo farò." terminò l'intero discorso, voltandosi verso di me.

Un mese prima, quelle parole mi avrebbero ferito. Ma adesso lo sapevo che cercava solamente di proteggersi. Alzava quei muri, come a volermi tenere fuori dalla sua testa e per un po' ci era riuscita. 

Ma adesso sapevo come lavorava la sua mente, avevo imparato a conoscerla. Quindi lo sapevo che non lo pensava realmente.

L'unica cosa che mi dispiaceva, era che ancora non mi mostrasse del tutto le sue reali reazioni. Si chiudeva in se stessa ed io non avevo idea di ciò che realmente pensava.

 

Ashley

 

Sul serio? Va bene, basta che me lo dici e fai chiarezza? Lo avevo detto davvero? Ma scherziamo? Lui non doveva fare chiarezza, lui doveva scollare gli occhi di dosso a quella e basta. 

Mi voltai per non tradire le mie parole. I miei occhi parlavano chiaro, ero nera. Ma non glielo avrei dato a vedere.

"Non c'è bisogno che mi aspetti. Sono già qui." disse, alzandosi. Sentii i suoi passi raggiungermi. Quando posò le mani sui miei fianchi, rabbrividii.

"Katy è solamente gelosa. Lasciala parlare." mormorò, prima di sfiorare la pelle alla base del mio collo con le labbra.

"Si ma tu.." cercai di contestare. "Shh." sussurrò, continuando a lasciare sulla mia pelle una scia di baci. Shh, a chi? Credeva di potermi fare due moine e riuscire ad avermi ai suoi piedi? Si sbagliava.

Quando mi voltai indignata, stava ridendo. Di me. La mia espressione la diceva lunga su quel che stavo pensando e questo lo divertiva.

Agganciò le mani ai miei fianchi e mi attirò a sé, riuscire a mantenere uno sguardo minaccioso si rivelò una sfida.

Quando poi possò le mie mani sul suo petto, resistergli divenne ancora più difficile. "È davvero carino da parte tua manifestare tutta questa gelosia nei miei confronti." iniziò.

Io schiusi la bocca per controbattere, m a chi volevo darla a bere? Certo che era gelosa. Lo ero diventata quando avevo scoperto che persona meravigliosa fosse Harry.

Non lo ritenevo mio, non ero possessiva nei suoi confronti, ma il pensiero di doverlo solamente condividere con qualcuno, mi turbava. 

"Ma sappi che non ce n'è bisogno." disse, avvicinandosi. La punta del suo naso sfiorò la mia.

I suoi occhi verdi, poco distanti dai miei, erano sinceri. Avrei voluto impedirmi di farlo, ma di lui mi fidavo ciecamente.

Se mi diceva che non dovevo preoccuparmi, era così. Harry non avrebbe fatto niente per ferirmi, lo sapevo.

Spostai le mie mani dal suo petto alle sue spalle e con le dita incominciai a giocare con i riccioli alla base del suo collo. Lui mi sorrise. "Mi credi?" chiese, premendo la punta del suo naso contro la mia.

Annuii prima di chiudere finalmente quella breve distanza che ci divideva. Le sue labbra erano di una morbidezza incredibile, così piene che non riuscii a non prendergli il labbro inferiore fra i denti, facendolo sorridere.

Scivolò dalla mia presa ed iniziò a lasciare baci lungo la mia mandibola. Io lo abbracciai.  Nascosi il viso nel suo petto e lo strinsi a me, mentre lui tempestava il mio collo di baci giocosi.

Non era lui a volere che io restassi al suo fianco. Ero che adesso difficilmente potevo convivere con la sua assenza.

Andò via poco dopo, lasciandomi con la sicurezza che non provasse niente per Sierra, ma con il dubbio che i miei sentimenti fossero più profondi di quanto avessi pensato.

 

Mi era sembrato di aver sentito il mio nome e di fatti, una volta che ebbi aperto la porta, lo sentii di nuovo.

Era Liam a chiamarmi. Iniziai a scendere le scale, incosapevole di ciò che mi aspettava al piano di sotto.

 




 

Buonasera ragazze!

Questo capitolo doveva uscire lunedì, vale a dire il 12, alias il compleanno di Zayn.

Ma, ovviamente, ho avuto dei problemi e non ci sono riuscita. Ma questo capitolo è ugualmente dedicato a lui :)

Si vede che è iniziata la scuola, vero? Io ho avuto un rientro traumatico e questi sono i risultati, più di una settimana di ritardo. 

Come fate a sopportarmi? Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Non è un gran che, perchè è di “passaggio”.

Un bacione,

Michi x




(Peronatemi per gli errori, so che i congiuntivi sbagliati sono delle bestebbie,
ma spesso scrivo velocemnte e ho poco tempo per correggere.)


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Capitolo 51
*** Have no regrets. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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Have no regrets.

“Your touch, your skin, where do I begin?
No words can explain the way I’m missing you.”


 

Zayn


Sbattei con forza la porta alle mie spalle. La piccola mano di Safaa era aggrappata alla mia. 

Tatuata, ruvida e poco gentile al momento, visto il modo in cui la stavo strattonando il più lontano possibile da quella casa. Da lui.

Non meritava quello che era costretta a vedere e sentire. Era solamente una bambina, eppure cercava di stare al mio passo, mentre io ignoravo il fatto che le sue gambe non fossero neanche lontanamente lunghe quanto le mie.

Si mordeva il labbro per trattenere le lacrime. Era più forte di me. Quando la sentii sopprimere un singhiozzo, mi fermai. Non abbassai lo sguardo, mi limitai a chiudere gli occhi e a respirare profondamente.

Era l'ennesima volta che quello stronzo tornava a casa ubriaco, terrorizzando Safaa e facendo incazzare me. Ero stufo. Avevo lasciato lì le mie cose, ma in uno zainetto avevo raccolto alcuni vestiti di Safaa. 

Aveva insistito sul fatto che volesse portare da sola il suo orsacchiotto, e di fatti lo stringeva nella mano libera. Avevo il cuore a pezzi per lei. Era capitata in una famiglia difficile, mentre lei era una creatura perfetta.

Mi abbassai e la presi in braccio, lei non esitò a stringere con forza le sue piccole mani attorno al mio collo. Le baciai una guancia e ripresi a camminare. La madre di una sua compagnia di scuola la ospitava ogni qualvolta che succedevano cose simili.

Io non le avevo mai raccontato i nostri problemi familiari e lei, come fece anche quel giorno, non mi aveva mai chiesto molto.

Ma sapevo che certe cose non hanno bisogno di essere dette ad alta voce. Lei sapeva, e con un sorriso comprensivo mi aiutava. Quando vedevo Coreen capivo che esisteva ancora qualcuno al mondo capace di essere altruista senza aspettarsi niente in cambio.

La stessa cosa non potevo dirla per le persone con cui mi ritrovai a trascorrere il mio tempo poco dopo. Non appena varcai la porta, fui avvolto da un velo di fumo. Si insinuò fin sotto la pelle, lo respirai per poi tossirlo poco dopo.

Quanto riaprii gli occhi, per un momento vidi Ashley. Come un fantasma, quel fumo prese le sembianze dei suoi occhi. Mi guardavano, erano severi. Una morsa allo stomaco mi impedì di riprendere a camminare.

Mi sembrò di sentire la sua voce rimproverarmi, chiedermi cosa ci facessi in quel posto, con quelle persone. Di nuovo.

Ma come avevo già detto, mia sorella minore era più forte di me, il che implicava che io non fossi capace di sopportare quella situazione.

A scuotermi fu Ryan, il quale lasciò una pacca sulla mia spalla. "Amico, ti sei incantato?" chiese, ridendo esageratamente. "Basta il fumo passivo di questa roba e ti ritrovi in un altro mondo." urlò divertito un ragazzo che non conoscevo.

Forse un amico di Josh, il padrone di casa. Una volta saldato il debito, grazie ad Ashley, avevamo iniziato a vederci spesso.

Non andavo fiero delle persone che frequentavo, ma per il momento erano gli unici amici che avevo.

Una mano delicata si posò sulla mia spalla. "Ehi, ti aspettavamo." sussurrò al mio orecchio, colei che riconobbi come Carrie.

Mi voltai e le sorrisi. Folti ricci biondi incorniciavano il suo viso fin troppo truccato. Mi ricordava Sophie, ma Carrie non era bella neanche la metà della ragazza che mi aveva rubato il cuore.

"Gradisci?" mi chiese, alzando la mano per permettermi di vedere cosa tenesse. Una bottiglia di vodka.

Scossi la testa. Non volevo ubriacarmi. Avrebbe potuto chiamarmi Ashley e avrebbe scoperto come stavo infrangendo la promessa di tenermi fuori dai guai.

Carrie mise il broncio, ma poi scoppiò a ridere. Adesso capivo dove fosse finita la parte mancante di quella bottiglia.

Il telefono vibrò nella tasca dei miei jeans ed io lo estrassi pochi secondi dopo. Era un messaggio di Judy.

 

Mi dispiace, Zayn. Ho fatto il possibile.

 

Diceva così. Lo lessi più volte, come se questo servisse a cambiarne le parole. Ma non successe e il contenuto di quel messaggio mi investì con tutta la sua forza.

Bloccai il telefono e lo rimisi in tasca. Carrie sorrise soddisfatta quando le tolsi la bottiglia di mano e la portai alla bocca.

 

 Ashley

 

Scesi le scale di corsa, poiché la voce di Liam era impaziente. Ma quando raggiunsi gli ultimi gradini, quasi inciampai sui miei stessi piedi.

Nell'ingresso, in piedi di fronte a Liam, c'era Mitch. In Inghilterra meglio conosciuto come Cameron.

Rimasi pietrificata, mentre ogni cellula del mio corpo si chiedeva per quale razza di motivo lo avesse fatto entrare. Solo dopo ricordai che Liam era all'oscuro di tutto quanto.

"Ciao." un sorriso falso si dipinse sul suo volto ed io mi trattenni dal prenderlo a parole e successivamente a sberle, di fronte a Liam.

"Ciao." ricambiai. Non potevo far insospettire mio fratello, ma se avesse incontrato il mio sguardo, avrebbe capito che qualcosa non andava. Il più grande traditore di tutti i tempi era in piedi nel mio salotto, ecco cosa non andava.

"Mi chiedevo se avessi voglia di fare due passi. Devo parlarti." disse, continuando ad indossare una maschera da bravo ragazzo.

Con che faccia tosta si presentava a casa mia? Dopo avermi praticamente sequestrata, credeva che avrei fatto due passi con lui? Qual era il suo problema?

Due paia di occhi iniziarono a fissarmi nel momento in cui un deciso "no" fuoriuscì dalle mie labbra, quasi senza preavviso.

"È tardi." aggiunsi, cercando di essere credibile. "Non preoccuparti." mi sorrise Liam. Mi costrinsi a non fulminarlo con lo sguardo. Sapevo che il suo era un piano per farmi allontanare da Harry e quasi mi venne da ridere.

Peccato che non avesse idea di chi avesse davanti. Se lo avesse saputo, avrebbe preferito mille volte che frequentassi il suo miglior amico.

Ma non volevo che si preoccupasse per me, perciò annuii e mi diressi verso la porta. Lo avrei piantato due secondi dopo e sarei rientrata in casa illesa.

"Che accidenti vuoi da me?" gli chiesi, prendendo subito le distanze. Girai attorno alla casa, con lo scopo di raggiungere la porta di servizio. "Scusarmi." lo sentii dire. Mi fermai. Era semplicemente ridicolo. "E ti aspetti che ti creda?" gli chiesi, voltandomi a guardarlo. "No, saresti una stupida a credermi." disse, lasciandomi perplessa.

"Però io dovevo un favore a Dean e non ho potuto rifiutare di fare quello che ho fatto." aggiunse. Sentii un portone sbattere e sperai che Liam non fosse uscito a controllarmi, né niente del genere. 

Feci un passo in avanti, a dividerci c'erano pochi centimetri. "Sei tu lo stupido, se pensi che abbocchi a questa stronzata." dissi, certa di avere davanti il re dei falsi e dei bugiardi.

Le sue mani furono sulle mie spalle un secondo dopo, così come il pugno di Harry fu sulla sua mascella. Io indietreggia, ritrovandomi spalle al muro, esattamente come mi avrebbe voluta Cameron. Senza via di fuga.

Lui perse l'equilibrio ed indietreggiò di qualche passo. Harry, con aria minacciosa, gli si avvicinò di nuovo. Da dove era saltato fuori?

"Questo è per aver anche solo pensato di poterle mettere le mani addosso senza pagarne le conseguenze." quasi ringhiò.

Mi portai le mani sulla bocca, quando un secondo pugno lo portò in ginocchio. "E questo è per essere il figlio di puttana che sei." disse.

Cameron alzò gli occhi ed impiegò qualche secondo per riprendersi. "Ti piace giungere a conclusioni affrettate vedo." mormorò poi, mentre si massaggiava la mascella. 

"No, cazzo. Non fare questi giochetti con me." Harry era furioso. La sua mano raggiunse il colletto della sua maglia e lo costrinse ad alzarsi.

"Voglio che sparisci e che non ti fai più vedere, altrimenti un livido sulla faccia sarà il tuo fottutto ultimo problema." quasi gridò.

Cameron si liberò dalla sua presa. "Mandala al diavolo subito, prima che sia troppo tardi." disse, e dopo avermi dedicato uno sguardo truce, si voltò. Lo guardammo allontanarsi fino a quando non udimmo il rumore del motore della sua auto.

Non avevo idea di cosa intendesse ma, sicuro come la morte, non era nessuno per giudicarmi.

Harry si voltò verso di me. "Sei fottutamente impazzita? Cosa ci facevi da sola con lui?" mi chiese, piuttosto seccato. Mi trattenni dall'alzare gli occhi al cielo. Era insopportabile quando mi faceva la paternale.

"Si è presentato a casa mia e Liam era lì, così.." iniziai. Ma lui mi interruppe. "Cosa sarebbe successo se non mi fossi casualmente affacciato alla finestra?" mi chiese, facendomi scoprire il motivo per cui era piombato lì dal nulla.

"Non lo so e sinceramente sono semplicemente felice che tu l'abbia fatto." sospirai.

Ero sicura che comunque non sarebbe successo niente. Mi sarei messa a gridare se avesse provato a farmi salire sulla sua auto e Liam sarebbe venuto in mio soccorso.

Ma non avrei voluto coinvolgerli, non avrei voluto dover raccontare tutto ciò che era successo. Né a lui e né tanto meno a Christopher.

"Mi sono preso paura." sbuffò, passandosi le mani fra i capelli. Feci un passo avanti. "Mi dispiace." mormorai.

Lui lasciò cadere le braccia lungo al corpo e poi si avvicinò a me. "Non è colpa tua." disse, mentre allargava le braccia per avvolgermi in un abbraccio. Posai la guancia sul suo petto.

Le parole di Cameron rimbombarono nella mia mente. Mandala al diavolo prima che sia troppo tardi. Ma per fortuna Harry mi distrasse.

La sua mano si posò dietro la mia nuca, facendomi inclinare leggermente la testa. Le sue labbra raggiunsero la mia guancia, dove lasciò un leggero bacio.

Quando scese nell'incavo del mio collo, una leggera risata mi fece rabbrividire. "Era da tanto che volevo prenderlo a pugni." disse poi, divertito.

Sorrisi contro il suo petto. In effetti non mi era dispiaciuto vederlo in difficoltà, dopo tutto quello che mi aveva fatto passare.

"Grazie." dissi, stringendolo a me il più possibile. "Non lascerò che nessuno ti faccia del male mai più." mormorò, facendola suonare come una promessa, la quale sapevo avrebbe mantenuto.

Senza liberarlo dalla mia presa, tirai indietro la testa per poterlo guardare e premetti con sicurezza le mie labbra contro le sue. Quel piacevole contano non durò a lungo, poiché un lamento di disgusto ci fece allontanare un secondo dopo. 

“Oh, ma andiamo!" disse Liam, alzando gli occhi al cielo. "Io tifavo per Cameron." aggiunse seccato. Nonostante io ed Harry sapessimo che razza di stronzo fosse in realtà Cameron, invece di farglielo sapere, scoppiamo a ridere.

 

Iniziai a credere che gli fosse successo qualcosa. Da due ore ormai tentavo di chiamarlo e l'ultimo messaggio risaliva alla mattina precedente.

Odiavo avere Zayn lontano e non poter sapere dove fosse. Era la parte più dolorosa della distanza. Quello, è il fatto di non poter vedere il suo sorriso.

Nell'ultimo periodo lo sentivo più distante del solito e questo mi spaventava a morte.  Stavo seriamente pensando di prendere un aereo e fare un salto dall'altra parte dell'oceano.

Giusto per accertarmi che stesse bene e che non si fosse, come al suo solito, cacciato nei guai. A strapparmi dai miei pensieri fu la sua voce. Piuttosto assonnata, ma in America era più dell’una, il che mi insospettì.

"Pronto?" biascicò. "Sei ubriaco?" chiesi immediatamente. "Cosa? No!" rispose, sembrando abbastanza convincente. "Mh." dissi, non molto fiduciosa. "Comunque ciao anche a te." disse. Il rumore che seguì mi fece intuire che fosse inciampato in qualcosa.

"Tutto bene?" gli chiesi. Come risposta ottenni un colpo di tosse. "Zayn?" lo chiamai, preoccupata. "Attento a dove metti i piedi." lo riprese una voce femminile. Dopo una manciata di secondi sentii una risatina in sottofondo.

"Zayn, dove sei?" gli chiesi. "Io.." iniziò, prima di scoppiare a ridere. "Zayn." lo avvertii.

"Sta calma, sono a casa di Josh." rispose. Il sangue si gelò nelle mie vene e pregai che non si riferisse alla stesso Josh che aveva fatto irruzione in casa sua e lo aveva preso a pugni.

Il mio sguardo cadde sulle cicatrici fra le nocche della mia mano, rabbrividii al ricordo di quel pomeriggio.

"Chi?" chiesi, sperando di aver capito male. "Josh. Lo conosci." rispose tranquillamente. "Ti ha dato di volta il cervello?" chiesi, iniziando ad innervosirmi. Lo sentii sbuffare.

"E non alzare gli occhi al cielo quando parli con me." dissi seccata. "Io.." iniziò, per poi sbuffare. Non poteva negare di averlo appena fatto, lo conoscevo come le mie tasche.

"È un tipo apposto." disse. Sollevai le sopracciglia, a dir poco sbalordita. "Stai dicendo che il ragazzo che ti ha preso a pugni e minacciato per dei soldi, è un tipo apposto?" chiesi accigliata.

"Ti ricordo che spaccia, Zayn. Vattene da lì." la mia voce si ruppe. Il pensiero che fosse rientrato in quel giro, mi uccideva.

"Ehi, devi stare tranquilla." sussurrò dolcemente. "Per favore, non costringermi a venire a prenderti a calci." mormorai.

Il mio umore migliorò quando lo sentii ridere. "Se bastasse farsi una birra con Josh a farti tornare, mi trasferirei a casa sua seduta stante." disse ironicamente.

La battuta non mi divertì molto, piuttosto mi ricordò che non ci vedevamo da mesi. Il ricordo dei suoi abbracci bruciava sulla mia pelle.

"E io cosa posso fare per farti venire qui?" chiesi con un filo di voce. "Hai già fatto abbastanza, non credi?" chiese seccato.

"Sono stato tentato a venire quando ho saputo di Dean.. ma non avevo i soldi." aggiunse, con tono malinconico.

"Come va lì, Zayn?" chiesi preoccupata. Prese una pausa troppo lunga, poi mi rispose. "Bene. Mio padre sta migliorando." disse.

Dal tono della sua voce avrei detto che mentiva, ma speravo che fosse la pura verità. Quella famiglia meritava una tregua.

“Sai, ogni tanto vedo Brendon." disse, cambiando discorso. Il mio cuore perse un battito in seguito alle sue parole.

"Sta.. sta bene?" chiesi titubante. "A volte, cioè.. spesso, mi chiedono di te." disse, ma senza rispondere alla mia domanda.

"Gli manchi molto, ma sorridono sempre quando gli racconto che stai bene." aggiunse. Sospirai, stendendomi sul mio letto.

"Mi sento in colpa Zayn." mormorai. Il modo in cui li avevo trattati era stato a dir poco orribile.

Invece di ringraziare coloro che si erano presi cura di me, trattandomi come una figlia, li avevo rifiutati, rinnegando gli anni trascorsi come una famiglia.

"Non devi, non sono arrabbiati con te. Hanno compreso la tua reazione." cercò di consolarmi.

Non meritavo tutto quell'affetto o tutta quella comprensione. Né da parte loro, né da parte di Christopher, Liam o Harry.

Ero cambiata, molto. Ma ero comunque io. E non ero una bella persona per la maggior parte del tempo.

"Mi manchi." sussurrai. "Mi manchi come l'ossigeno quando sono in apnea." scherzai, cercando di risollevare l'atmosfera malinconica.

"Ma se non sai neanche nuotare." rise. "Non prendermi in giro." brontolai, mettendo il broncio.

Avevo vissuto praticamente diciassette anni sulla spiaggia, ad un passo dal mare, ma la fobia dell'acqua mi aveva sempre impedito di godermelo fino in fondo.

A distrarmi dai ricordi dolorosi che minacciavano di riaffiorare nella mia mente, fu qualcuno che bussò alla porta.

"Devo andare." mormorai, mentre mi alzavo dal letto. "Certo." disse, cercando di non apparire troppo dispiaciuto.

"Ti voglio bene." sorrisi, prima di staccare il telefono. Lo posai sul letto e mi avvicinai alla porta.

Quando la aprii, fu il sorriso di Harry ad accogliermi. Una mano era premuta sopra la parte alta della porta, la schiena era leggermente incurvata ed io non riuscii a trattenere un sorriso quando mi guardò da sotto le ciglia lunghe.

"Hai da fare?" mi chiese, e quando la sua voce roca mi raggiunse, sentii il cuore perdere un battito.

Mai nessun ragazzo mi aveva fatto quell'effetto. Con Dean era totalmente un'altra cosa, tutta un'altra storia.

È vero ciò che si dice, che noi ragazze siamo attratte dal cattivo ragazzo, da quello misterioso e perché no, stronzo.

Io ne ero una prova evidente. Avevo completamente perso la testa per uno stronzo di prima classe.

Ma adesso, alla fine dei conti, mai avrei cambiato la premura e la dolcezza di Harry con i gesti rudi e sprezzanti di Dean. Mai.

Spalancò gli occhi per la sorpresa quando strinsi il tessuto della sua maglietta in un pugno e lo attirai a me.

Le mie labbra entrarono in contatto con la pelle liscia della sua guancia. Lo sentii ridacchiare quando altri baci gli cosparsero la mandibola. "Ciao anche a te." rise.

Molto probabilmente non aveva idea di chi avesse davanti. L'Ashley di qualche mese prima lo avrebbe preso a parole e gli avrebbe chiesto non molto gentilmente di togliersi dai piedi. E lo capivo, facevo fatica a riconoscermi io stessa. "Ciao." gli sorrisi. 

Due fossette fecero una gradita apparizione mentre mi guardava ancora sorpreso per la mia accoglienza affettuosa.

"Mi chiedevo sei avessi voglia di venire con me.. sai, è mercoledì." disse titubante. Impiegai un po' a capire a cosa si riferisse, poi ricordai.

"Alla tavola calda?" gli chiesi. Sembrò felice del fatto che mi fossi ricordata l'usanza che una volta aveva con suo padre. Annuì.

"Certo che ne ho voglia, fammi prendere una felpa." dissi, avviandomi verso l'armadio. Ma la sua presa mi fece voltare, prima di attirarmi a sé.

Un veloce bacio venne premuto sulle mie labbra. "Metti la mia. "mormorò. Sorrisi. Lui non aveva la minima idea che la mettessi ogni giorno. Sapeva di lui. Ma il mio profumo stava lentamente sostituendo il suo. Dovevamo rimediare.

 

Niall

 

Varcai la porta di quello che era diventato il mio posto preferito al mondo.

I miei occhi passarono in rassegna tutta la sala alla ricerca di lei. La trovai poco dopo, posava dei bicchieri sul vassoio mentre sorrideva a quello che doveva essere un cliente.

Sentii una punta di gelosia farsi spazio in me, ma non ne avevo il diritto. Tra tanti occhi, il mio cuore aveva scelto quelli che non mi avrebbero guardato mai e ne dovevo subire le conseguenze in silenzio.

Distolsi lo sguardo e per un guizzo quasi involontario delle pupille, riconobbi Sophie seduta ad un tavolo nell'angolo, da sola.

"Posso?" le chiesi, quando la raggiunsi. Sollevò il viso e la tristezza nel suo sguardo mi investì come un uragano.

"Ehi." mormorai preoccupato, mentre mi sedevo di fronte a lei, nonostante non avessi ricevuto una risposta alla mia domanda.

"Ehi." ricambiò, sforzando un sorriso, il quale si trasformò poco dopo in una smorfia.

"Che è successo?" le chiesi, posando la mano sulla sua. Scosse la testa e il mio pollice iniziò ad accarezzare il palmo, con l'intenzione di incoraggiarla.

"Pensavo di averlo dimenticato." mormorò. Non capii subito di cosa stesse parlando, ma poi il suo sguardo si posò sul bracciale che le avevo visto sempre indossare.

Non sapevo molto sul ragazzo che glielo aveva regalato. Solo che abitava in America e che era molto amico di Ashley.

"Il primo amore non si scorda mai." mormorai, guardando di soppiatto Grace. Sospirò.

"Beh, io pensavo di poterlo rendere possibile." disse, con un filo di voce. "Sa che sono qui." disse. "Questo non cambia molto le cose, ma prima era come se.. ci fosse più distanza." spiegò.

"Mi chiedo come abbia reagito a tutto quello che ho fatto." mormorò. Sapevo che gli aveva mentito, dicendogli di non amarlo più, solo per rendere le cose più facili.

Ma non era affatto vero. Le si leggeva negli occhi che nel cuore non aveva altro che lui.

"Niall." mi chiamò. Posai i miei occhi nei suoi. "Non fare il mio errore. È insopportabile vivere con dei rimpianti." mi consigliò.

"Dille ciò che senti. Se andrà male perlomeno ci avrai provato." disse, prima di alzarsi. Si abbassò a darmi un bacio sulla guancia, poi uscì dal locale.

Mi lasciò da solo, con un groviglio di pensieri a torturarmi la mente. Come potevo dire a Grace che mi ero innamorato di lei ancor prima di averla conosciuta?

Mi avrebbe preso per un pazzo. O quello, o per un maniaco. Però Sophie aveva ragione. 

Non potevo sapere cosa mi riservasse il futuro e non potevo rischiare di perdere l'occasione di dirle ciò che provavo.

Incoraggiato dalle parole di Sophie, mi alzai. Le mie gambe sembrarono scollegate dal resto del corpo quando la raggiunsero.

Capii di averla spaventata quando, voltandosi, sussultò per la mia inaspettata vicinanza.

"Niall." mi salutò. "Grace." le sorrisi nervosamente. "Siediti dove vuoi. Sono da te fra un minuto." disse, rivolgendomi un sorriso gentile.

“Veramente non sono qui per questo." mormorai, prima di tossire in imbarazzo. Aggrottò la fronte. "E per cosa?" chiese curiosamente.

"Beh, per.. io volevo chiederti se, cioè non sei obbligata, era solo un'idea.. che potevano tipo.." balbettai. 

Dannazione, non aveva senso e ne ebbi la certezza quando vidi la sua espressione interrogativa.

"Si?" chiese. "Non lo so, qualcosa come un caffè.. o un gelato." Che diavolo voleva dire? Che razza di perdente.

"Mi stai invitando ad uscire?" chiese, cercando di decifrare le mie parole scombinate.

"Qualcosa del genere.. tipo dopo, quando stacchi. O un altro giorno, quando vuoi tu, io posso tipo.. sempre." balbettai in agitazione.

Sembravo disperato. E quante volte avevo detto tipo? Abbassò il viso. Evitava il mio sguardo. Era un brutto segno? 

"Stasera non credo di farcela. Stacco tardi." rispose. Fantastico. Che figura, lo sapevo che dovevo starmene zitto. Ero completamente ridicolo. Perchè avrebbe dovuto uscire con me?

No, no. Aveva ragione Sophie. Perlomeno ci avevo provato e non avrei avuto rimpianti, giusto? 

"Però venerdì è il mio giorno libero." I miei occhi guizzarono in alto, trovandola a guardarmi sorridente.

Avevo sentito bene? Cioè, era un si? Intendeva dire che venerdì potevamo uscire?

"Quindi.." mormorai titubante. "Facciamo alle sei?" chiese. Il mio cuore perse un battito. Stava succedendo davvero. "Alle sei, certo. È perfetto, va bene." mi agitai, incapace di contenere il mio entusiasmo.

Una risatina lasciò le sue labbra. "Ok, allora." sorrise. "Ok." confermai. Si sporse verso di me e mi baciò una guancia. "Ok." mormorò ancora, prima di allontanarsi.

Avevo l'impressione di essere appena morto e di essere stato risvegliato da un angelo. Dovevo trovarmi in paradiso o in un posto incredibilmente simile.

 

Ashley

 

"Hai parlato a tua madre di.. sai, di quello che è successo." dissi titubante, una volta in auto. Lui non sbatté ciglio, ormai immune al pensiero dell'uomo che li aveva abbandonati.

O perlomeno così cercava di apparire, ma ero a conoscenza del fatto che facesse i conti con una lotta interna.

"Non credo lo farò." rispose con tono distaccato. "Si è rifatta una vita. Non è giusto farle rivangare il passato." aggiunse.

Lo ascoltai in silenzio. Ero d'accordo con lui, ma continuavo a non capire per quale motivo la stessa cosa non valesse per lui. Si era rifatto una vita anche Harry, allora perchè continuava a rivangare il passato?

Che senso aveva tornare in quella tavola calda ogni mercoledì? Suo padre aveva smesso di portarcelo dopo averli lasciati. Non era doloroso per lui? E se aveva deciso di tagliare tutti i ponti, perché continuare la tradizione?

"Che c'è?" chiese, quando si accorse che ero pensierosa. Scossi la testa. Non erano affari miei. Se lui voleva così, io mi sarei limitata ad accompagnarlo. Non avevo bisogno di saperne il motivo.

"Ashley." mi avvertì. Sapeva che qualcosa stava occupando la mia mente e sembrava deciso a scoprire di cosa si trattasse.

Quando parcheggiò l'auto, una volta giunti a destinazione, si voltò verso di me. "A cosa pensi?" mi chiese.

Ruotai la testa ed incontrai il suo sguardo curioso. "Mi chiedevo solo cosa ti spingesse a voler tornare qui." mormorai.

La sua espressione mutò, diventando pensierosa quanto la mia. Avevo l'impressione che non ci avesse mai pensato prima. Neanche lui lo sapeva.

"Mi piace la loro cioccolata calda." sforzò un sorriso, il quale svanì subito dopo, trasformandosi in una smorfia.

Mi fece male il cuore vedere i suoi occhi tristi, quasi disperati. "Ok." dissi semplicemente, non volendolo forzare.

Spostò lo sguardo sull'insegna del locale, osservandola privo di espressione. Era ammutolito.

Durante l'ora successiva, si limitò a rispondermi a monosillabi e a sforzare sorrisi. 

Qualcosa lo turbava ed io mi sentii in colpa per averlo innescato. Ma ciò che successe il giorno seguente, mi fece dimenticare di qualsiasi altra persona presente sulla terra.


 

 

Merito di essere insultata, lo so. Ma penso che, come me, abbiate avuto settimane intense a scuola anche voi.

La fine del quadrimestre si avvicinava e i professori si sono svegliati e si sono accorti che non avevano voti, (è sempre così).

Comunque eccomi qua e spero che ci siate anche voi. Mi siete mancate.

Spero che questo capitolo abbia senso, perché l'ho scritto in una maniera assurda.

Un giorno una frase, dopo cena una parola, prima di addormentarmi correggevo gli errori.. uno schifo insomma.

Se siete ancora qua, a leggere la mia storia, vi faranno sante di sicuro.

Un bacio,

Michi x

(Come al solito, chiedo scusa per gli evantuali errori)




 

Questo capitolo è dedicato alla vera ragione per cui un giorno ho cominciato a scrivere, è solo grazie a te. Buon compleanno idolo ♡

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Capitolo 52
*** Restart together. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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Leggete lo spazio autrice, ho un "annuncio".

Restart together.

 

“I don't wanna live in the past,
so let me restart.”


 

Iniziò come un giorno qualunque. Come tutte le mattine mi alzai di malavoglia e rotolai giù dal letto. A colazione spiccicai solamente un paio di parole, ma nessuno ci fece troppo caso, ormai erano abituati.

Il clacson dell'auto di Harry trillò nelle mie orecchie alla solita ora e una volta fuori, un bacio affettuoso venne premuto sulla mia guancia, col visibile fastidio di Liam, il quale mi strappò il primo sorriso della giornata.

Rischiai di addormentarmi più volte durante le prime noiose lezioni della mattinata. Il mio palmo sorresse il mio mento nel tentavo di non crollare del tutto.

Ancora mezza addormentata raggiunsi la mensa dove, a risvegliarmi dal mio stato di coma, ci pensò Niall.

"Ashley!" mi chiamò, iniziando a gesticolare per attirare la mia attenzione. Mi costrinsi a non alzare gli occhi al cielo e gli rivolsi un sorriso sforzato. 

Trattenere il mio fastidio diventò arduo quando mi fece cenno di raggiungerlo al tavolo.Non tanto per lui, quanto per le due ragazze che gli sedevano di fronte. Sophie e Sierra. Non avevo niente contro nessuna delle due ma preferivo evitarle, ecco tutto.

Anche Harry si voltò in mia direzione e il sorriso che mi rivolse mi convinse a raggiungerli.

"Ehi." mi salutò, allungando una mano in mia direzione. L'afferrai e, leggermente confusa, lasciai che mi trascinasse a sedere sulle sue gambe.

Mi mossi nervosamente su di esse, non abituata a certe dimostrazioni d'affetto in pubblico.

Dean era solito tenermi sulle sue gambe, ma con il solo scopo di tenermi ferma e buona e la sua presa ferrea ne era una prova.

Invece Harry aveva entrambe le mani premute delicatamente sulle mie cosce e il mento poggiato sulla mia spalla.

Mi teneva lì solo per il piacere di avermi vicina a sé, non per controllarmi meglio o per dimostrare agli altri che ero in suo possesso.

"Sono riuscito a chiedere a Grace di uscire." esordì Niall, con un sorriso a trentadue denti stampato in pieno viso. 

Mi voltai verso di lui, completamente sorpresa. Ricordavo bene come balbettasse alla sola idea di doverle rispondere quando lei le chiedeva semplicemente l'ordinazione.

Adesso le aveva chiesto di uscire e a giudicare dalla sua espressione, era stato un successo. "Venerdì alle sei." mi informò.

E da lì alla fine dell'ora di pranzo, non fece altro che torturarmi con domande all'apparenza stupide, ma in realtà fondamentali, come ciò che avrebbe dovuto indossare o dove avrebbe dovuto portarla.

Ma non riuscii a concentrarmi su altro se non sul tocco di Harry, il quale aveva iniziato a fare avanti e indietro sulla mia gamba.

Stava lentamente rilassando ogni mio nervo teso. Aveva la capacità di calmarmi. Harry aveva su di me un effetto camomilla. 

Per un guizzo quasi involontario della pupilla notai lo sguardo di Sierra posato sul viso di Harry.

Non lo guardava come se fosse gelosa dei gesti affettuosi che mi stava riservando. Piuttosto appariva come compiaciuta, come se la vista di quell'immagine la rallegrasse.

Pensai che probabilmente, essendo amici, fosse a conoscenza di ciò che Harry avesse affrontato, riguardo a Katy e il resto.

Forse era semplicemente felice nel vederlo sorridere, come io lo sarei potuta essere per Zayn.

Sperai che fosse questo il motivo che la spingeva a guardarlo in quel modo, altrimenti sarei tornata sui miei passi ed avrei perso la poca simpatica che avevo acquistato nei suoi confronti.

"Ehi." Il diretto interessato dei miei pensieri, li interruppe. Delle soffici labbra si posarono sulla mia guancia.

"Oggi voglio portarti in un posto." mormorò al mio orecchio, in modo che nessun altro potesse sentire. "Dove?" chiesi, premendo la mia testa contro la sua fronte. "Ho pensato alla domanda che mi hai fatto." disse.

Aspettai che aggiungesse altri dettagli, ma sapevo già a quale domanda si stesse riferendo. "Continuo a voler tornare lì perché mi aggrappo all'unico ricordo felice che ho di lui." sussurrò.

Sospirai e desiderai di essere in una stanza vuota, per potermi voltare e prenderlo fra le mie braccia.

Non che non potessi farlo di fronte ad altre persone, ma ero scettica al riguardo. Io e lui, fino a prova contraria, non stavano insieme.

E non mi aveva baciata di fronte ai suoi amici, il che doveva significare qualcosa. No? 

"È una tradizione che ho cercato di portare avanti a tutti i costi, ma.." Un piccolo sorriso fece una gradita comparsa sul suo volto. "Credo sia ora di creare nuove tradizioni." disse, facendo sorridere anche me.

Mi resi conto che non aveva risposto alla mia domanda, ma sinceramente mi importava poco sapere dove saremmo andati.  Era abbastanza sapere che ci saremmo andati insieme.

 

Sbuffai rumorosamente quando ricordai di aver lasciato lo zaino al piano di sotto.

Indossai le pantofole pelose a forma di Hello Kitty e lasciai cadere il mio cellulare sul letto, dopo aver risposto al messaggio di Louis.

Riuscii ad arrivare fino a circa metà scala prima di sentirlo suonare e dover tornare indietro a prenderlo.

"Pronto?" risposi, mentre uscivo di nuovo dalla mia stanza. "Non la capisco." disse Louis, palesemente seccato.

Alzai gli occhi al cielo. I suoi problemi di cuore con Katy erano l'ultima cosa di cui avevo voglia di occuparmi sulla lista di cose da fare dell’amica modello.

"Le hai chiesto il motivo per cui si è trasformata improvvisamente in un cubetto di ghiaccio?" gli chiesi, scendendo con calma al piano terra.

A quanto pare ultimamente aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti anche se, secondo me, Katy non era mai stata più di tanto affettuosa o sdolcinata.

"Si. Ha detto che non è niente di che. Fa finta di non essere cambiata." rispose sbuffando. Perché è una stronza, pensai.

Una volta in cucina, aprii il frigorifero e svuotai un quarto della bottiglia di succo di mela. Per fortuna Lauren non era nei paraggi, altrimenti mi avrebbe brontolata per aver bevuto dalla bottiglia.

"Sai con chi hai a che fare, Louis." gli feci notare. Aveva già preso in giro Harry una volta, nessuno le poteva impedire di rifarlo con lui.

"Grazie." disse ironicamente. "Che c'è? Credevo di dover essere sincera." dissi, mentre chiudevo il telefono fra la spalla e l'orecchio.

Aprii lo zaino che avevo lasciato sulla sedia ed iniziai a cercare il mio astuccio.

"C'è qualcosa che non mi dice." disse pensieroso. Mi morsi la lingua per evitare di sputare altro veleno sulla sua ragazza ed estrassi vittoriosa l'astuccio dallo zaino.

"Cerca di scoprire di cosa si tratta." suggerii. "La fai facile tu." sbuffò per l'ennesima volta.

"Cerco solo di non dirti che secondo me dovresti semplicemente mandarla a quel paese. Apprezza i miei sforzi." dissi ironicamente.

Il suono del campanello trillò ed io osservai il mio abbigliamento prima di storcere il naso all'idea di andare ad aprire.

Oltre alle pantofole, indossavo un pigiama molto sexy di tipo due taglie più grandi e la felpa di Harry aveva decisamente bisogno di essere lavata.

Doveva probabilmente essere lui alla porta, dato che quel pomeriggio avremmo dovuto fare qualcosa come creare una nostra tradizione.

Ma ero impresentabile e sarei sgattaiolata in camera mia senza farmi vedere. "Vado io!" urlò Christopher.

Lo ringraziai mentalmente e tornai a concentrarmi su Louis ed il suo pessimo gusto in fatto di ragazze.

"Vedi come va. Potrebbe davvero non essere niente di che e tornare ad essere quella di prima." Sai che fortuna, pensai.

"Mh." mugolò poco convinto. Iniziai a trascinarmi in direzione dell'entrata, strusciando rumorosamente le pantofole sul pavimento.

"Sappi che sarebbe lei a perderci." dissi, cercando di essere di supporto. "Wow. Sono parole incoraggianti quelle che sono appena uscite dalla tua bocca?" chiese ironicamente.

Risi mentre percorrevo il corridoio, osservando quanto fossero imbarazzanti quelle pantofole pelose. Se mi avesse visto Zayn, sarebbe scoppiato a ridermi in faccia senza nessun ritegno.

"Ti assicuro che sto cercando di fare del mio meglio!" mi difesi divertita. "Beh, grazie per lo sforzo." mi prese in giro.

Alzai gli occhi al cielo e quando li riportai in basso, si ingrandirono immediatamente. Tutto il divertimento si prosciugò dal mio volto, lasciando spazio allo stupore, se non allo shock totale. Forse sbiancai. Molto probabilmente lo feci.

Il mio cuore cominciò a battere all'impazzata di fronte a quel viso tanto familiare ma incredibilmente diverso.

Non c'era più traccia del suo volto da bambino, il quale adesso era ricoperto da una folta barba scura. Non l'aveva mai lasciata crescere così tanto.

I capelli, solitamente pettinati in un ciuffo alto, si allungavano in morbide onde fin dietro la sua nuca.

Così lunghi gli davano un'aria molto più adulta e anche piuttosto affascinante.

Indossava una felpa scura, dalla quale fuoriusciva il colletto di una maglietta con le stampe, come le indossava lui.

I suoi occhi castani incontrarono i miei ed io mi ritrovai a boccheggiare alla ricerca di un po' d'ossigeno.

Quando un rumore risuonò nell'ingresso, mi resi conto che il mio cellulare, insieme al mio astuccio, era caduto a terra. 

I miei muscoli erano diventati talmente molli da non riuscire a sorreggerli.

Ebbi paura di fare la loro stessa fine e di raggiungere il pavimento da tanto che le mie gambe stavano tremando.

I miei occhi iniziarono a pizzicare e quando il gusto salato di una lacrima raggiunse le mie labbra, ricordai che non piangevo dall'ultima volta che lo avevo visto.

Non che non ne avessi avuto più motivo, anzi. Ma quell'addio era stata la cosa più difficile della mia vita e, farla, mi aveva resa più forte. Immune alle lacrime facili.

Ma adesso chi avrebbe potuto impedirmi di trattenerle? Voglio dire, era lui. Cioè, proprio lui. A tre passi da me.

"Zayn." il suo nome mi cadde dalle labbra accompagnato da un singhiozzo strozzato. 

Temevo di fare qualsiasi cosa per la paura che fosse un sogno e che muovendomi mi sarei svegliata.

Ma poi le sue labbra si schiusero. "Ash." disse semplicemente, come se non ci vedessimo da un paio di giorni. Quando mi rivolse un sorriso, di quelli con la lingua fra i denti, il mio cuore si gonfiò di gioia.

Inciampai nei miei stessi passi nel tentativo di raggiungerlo. E quando ci riuscii, le sue mani si posarono sui miei fianchi mentre io mi davo la spinta e agganciavo le mie gambe attorno ai suoi. 

Tutta l'aria sembrò lasciare la stanza nel momento in cui i nostri petti si scontrarono e le mie braccia lo attirarono il più possibile vicino a me.

Ma il momento di felicità svanì al ricordo degli attimi di disperazione che avevo vissuto in sua assenza.

Quella distanza mi aveva procurato angosce e tormenti che adesso stavo liberando attraverso i singhiozzi.

Piansi tutte le lacrime che avevo trattenuto in quei quattro mesi, mentre il palmo di Zayn era premuto contro la mia schiena, con l'intenzione di attutire i miei fremiti.

Rividi nella mia mente tutte le litigate e tutti i momenti in cui mi torturavo all'idea che lui fosse in difficoltà ed io non potessi offrirgli neanche un abbraccio.

Ma bastarono le sue parole per placare quell'attacco improvviso. "Sono qui." sussurrò al mio orecchio.

Ed era lì davvero. Voglio dire, io potevo toccarlo e stringerlo a me. Potevo sentire la sua barba prudere al contatto con la pelle della mia guancia.

E Dio, potevo inalare il suo profumo. Se avessi potuto imbottigliarlo e dargli un nome, sarebbe stato casa.

Perché sapeva di casa, sapeva di infanzia, di ricordi, di abbracci. Sapeva di Zayn.

Era come se, dopo tutto quel tempo, una parte fondamentale del mio essere, si fosse ricongiunta a me.

Non ero più divisa in due. Mi sentivo completa. Adesso potevo dire di essere felice, di essere a casa, in famiglia.

"Che.. c-che ci fai qui?" riuscii a balbettare. "Passavo da queste parti." rise al mio orecchio. Provai a ridere anche io, ma mutò subito in un singhiozzo.

Una manciata di secondi dopo, tossì in imbarazzo. "Sono Zayn, piacere." lo sentii dire, probabilmente a Christopher. 

Io mi ero completamente dimenticata di qualsiasi altra presenza nella stanza.

"Io sono Liam, il fratello." si presentò. Non avevo idea che ci fosse anche lui. I miei occhi erano sotterrati nell'incavo del suo collo ed erano annebbiati dalle lacrime, non potevo vederli.

"So chi sei." gli sorrise Zayn, compiacendolo. Quando si strinsero la mano, sentii la mancanza del palmo caldo di Zayn premuto sulla mia schiena.

"Christopher." si presentò poco dopo. "Il padre." lo anticipò Zayn. Era assurdo che quelle presentazioni stessero avvenendo mentre io ero avvolta a lui come un koala.

Ma non mi vergognavo, nonostante loro si stessero sicuramente chiedendo chi diavolo fossi in quel momento.

Mai mi avevano vista tanto fragile e sicuro come la morte, mai mi avevano visto abbracciare in quel modo qualcuno.

"Vieni dalla California?" gli chiese Christopher. "Si. Io ed Ashley siamo cresciuti lì insieme." rispose. 

"È un piacere conoscere finalmente qualcuno di così vicino a lei." aggiunse Christopher.

Anche se non ero ancora pronta, mi allontanai da lui, poggiando le mani sulle sue spalle per poterlo vedere in faccia.

Ancora dovevo abituarmi al suo cambio di look. Era in ogni caso bello come il sole, su questo non avevo il minimo dubbio.

"Tu resti, vero?" gli chiesi ansiosa. Il suo sguardo si spostò dietro le mie spalle. 

Mi voltai. "Può restare, vero?" riformulai la domanda. "Certo, fin quando vuole. Sai che abbiamo una camera in più." rispose, senza neanche pensarci.

Zayn sembrò sorpreso. Eravamo abituati ad umili case, mentre quella era enorme in confronto a quelle dei nostri quartieri.

"Beh, se non è un problema.. grazie." disse, con gli occhi pieni di felicità. Avrei voluto vedere i miei, erano sicuramente luminosi come un cielo stellato.

L'unica cosa meravigliosa di lasciare una persona a cui vuoi bene, è ritrovarla. Riabbracciarla dopo mesi è un'emozione unica.

Dio se avrei voluto starmene lì aggrappata come una scimmietta, ma dopo un po' dovetti liberarlo dalla mia presa e mostrargli la sua camera.

 

"Belle pantofole." commentò sarcastico, mentre disfaceva la valigia. Era iniziato come un giorno qualunque e adesso ero sdraiata sul suo letto.

Lo stesso che una volta era stato anche quello di Harry, e me ne stavo lì a guardarlo rapita.

Non avevo ancora realizzato che fosse davvero lì. Ero sotto shock. Non gli toglievo gli occhi di dosso per la paura che se lo avessi fatto, sarebbe svanito come un sogno.

Non aggiunse altro, continuando a disfare la valigia in silenzio, un lieve sorriso sulle sue labbra.

Quando ebbe finito, si avvicinò al letto su cui ero seduta e schiuse le labbra per dire qualcosa.

Ma il mio gesto improvviso glielo impedì. Lo raggiunsi a gattoni è una volta di fronte a lui, mi alzai sulle ginocchia per poterlo avvolgere con le mie braccia.

Lo sentii ridere nell'incavo del mio collo, quando mi sollevò e mi permise di circondargli il bacino con le mie gambe.

"È stato uno schifo senza di te." singhiozzai. "Ma adesso sono qui." mormorò.

"Non puoi capire quanto sono felice." sorrisi fra le lacrime. "Si, invece. Eccome se lo capisco." 

"Mi dispiace. Mi dispiace per tutto quanto, per i segreti, per le cose che non ti ho detto, per quelle che non ti ho raccontato, per averti escluso.." mormorai.

Quando rimase in silenzio, mi scostai per poter incontrare i suoi occhi. La sua espressione era diventata improvvisamente seria.

"Ma forse anche tu hai qualcosa da farti perdonare." ipotizzai. Quando il suo viso si abbassò, ne fui certa. "Zayn." lo chiamai.

"Ha a che fare con il fatto che adesso ti vedi con il ragazzo che ti ha preso a pugni nella tua cucina?" chiesi seccata.

Scosse la testa e mi posò sul bordo del letto. "Sono successe tante cose da quando te ne sei andata, Ash.. avrei voluto che tu fossi al mio fianco." disse, senza guardarmi.

"Sai che potevi chiamarmi quando.." iniziai, ma quando si voltò a guardarmi con gli occhi lievemente lucidi, mi fermai.

"Non era la stessa cosa." mormorò. Le sue dita giocavano freneticamente fra di loro e l'idea che avesse ripreso a far parte di quel giro, mi immobilizzò.

"Zayn, che è successo?" gli chiesi ansiosa. Lui sospirò e per fortuna non attese molto prima di rispondermi.

"Ho convinto mia sorella a denunciare mio padre." disse, e parola dopo parola, la mia bocca si spalancò sempre di più.

Era incredibile per me che arrestassero suo padre, ero cresciuta a casa di quel uomo e mi ero affezionata a lui.

Non era sempre stato un ottimo padre, né un marito affettuoso. Ma per la sua famiglia era diventato un uomo migliore.

Solo che dopo la morte di Trisha, era ricaduto nei suoi vizi e le sorelle maggiori, stanche del suo comportamento, erano andate via di casa.

Non le avevo mai perdonate per questo. Eravamo grandi amiche, ma dopo non sono più riuscita a guardarle negli occhi senza provare delusione.

Mi sorprendeva che la più grande avesse finalmente deciso di aiutare i fratelli minori. 

"Oh Dio." mormorai, sorpresa. "Judy si è occupata di Safaa. Quando il processo sarà terminato, verrà affidata a Doniya." mi spiegò.

"Sarei voluto venire qui molto tempo prima, ma è stato difficile convincere mia sorella a denunciare nostro padre." aggiunse.

"È doloroso.. ma mai quanto quello che ci ha fatto passare." disse, irrigidendosi.

La mia mano si posò sul suo viso e con il pollice gli carezzai la parte della guancia priva di barba.

"Avresti dovuto dirmelo. Come io avrei dovuto dirti tante altre cose. Abbiamo sbagliato, ma l'importante è che adesso siamo qui. Insieme." dissi.

Annuì. "Resta per favore. Torna a trovare le tue sorelle quando vuoi, ma poi ritorna sempre da me." mormorai.

I suoi occhi si ingrandirono. "Vuoi.. che mi trasferisca qui?" chiese perplesso.

"Amerai questo posto come ho imparato a farlo io. Amerai ogni suo singolo abitante e amerai il fatto che qui non c'è la merda a cui siamo abituati." 

La California era un posto meraviglioso, fino a che non ti affacciavi nei quartieri poveri.

"Non lo so." disse titubante. "Starai qui. Ricomincerai ad andare a scuola o ti troveremo un lavoro." cercai di convincerlo.

"Ci posso pensare, ok?" chiese, rivolgendomi un sorriso. "Ok." annuii. Non sapeva che in realtà non aveva scelta, poiché io non lo avrei lasciato andare via. Non ci saremmo separati mai più.

 

Zayn

 

Seduto attorno al tavolo della sua nuova casa, la guardavo prepararmi un panino che non le avevo chiesto.

Era semplicemente meraviglioso poterla solamente osservare in silenzio mentre guizzava freneticamente da uno sportello ad un altro.

Solo il suo sorriso mi aveva fatto dimenticare tutti i problemi e quando mi aveva avvolto fra le sue braccia, era stato come riprendere fiato dopo troppo tempo.

Era l'unica in grado di convincermi del fatto che io potessi essere amato da qualcuno. Mi coccolava come nessun altro e mi era mancata così dannatamente tanto.

"Vado a prendere una cosa nel ripostiglio." mi informò, ripulendo si le mani. "Non muoverti." mi puntò un dito contro.

Risi. "E dove dovrei andare?" le chiesi divertito. Si avvicinò. "Non si sa mai." disse, dopo avermi baciato una guancia.

Quando lasciò la stanza e rimasi da solo, iniziai a guardarmi meglio intorno. Judy aveva detto che il padre di Ashley era un brav'uomo è che si sarebbe preso cura di lei, ed io le credetti.

Ma adesso potevo constatarlo con i miei occhi. Aveva una bella famiglia. Una fratello e un padre che l'adoravano. Una bella casa in cui vivere, in un quartiere che sembrava uscito da un film.

Niente a che vedere con ciò che si era lasciata alle spalle. Nonostante Rachel e Brandon fossero sempre stati dei genitori affettuosi.

Adesso era più sorridente e mi chiedevo se fosse dovuto alla mia sorpresa o al fatto che la sua nuova vita le piacesse più della vecchia.

Sicuramente era così e nel profondo questo mi feriva, ma per lei non avrei potuto chiedere niente, se non il meglio.

Perché lo meritava. Perché ne avevamo passate tante e meritava una vita felice, circondata dalle persone che la amavano. Io facevo parte di queste, ma non ero sicuro di poterle rimanere attorno per molto.

Quel posto non mi apparteneva. Io non c'entravo niente con quelle persone e ne ebbi la conferma quando un ragazzo varcò le porta della cucina.

I capelli fin troppo ordinati, il maglioncino anonimo e la faccia da bravo ragazzo, erano le caratteristiche che meno mi rappresentavano.

"Ciao." mi salutò, permettendomi di aggiungere il tono cordiale alle qualità che non possedevo.

 

Harry

 

Mi aveva aperto Christopher il quale, impegnato in una telefonata, mi aveva invitato ad entrare e poi era rientrato nel suo studio.

Ero di buon umore, tanto che iniziai a salire le scale con un sorriso involontario stampato in pieno viso.

Non mi sentivo così da prima che Katy si rivelasse la persona che era in realtà. Avevo completamente perso la voglia di rimettermi in gioco, di dare tutto me stesso alla persona sbagliata.

Ma Ashley me l'aveva fatta ritrovare. Era un casino. Un completo casino. E stare dietro alle sue quattro diverse personalità era un lavoro a tempo pieno.

Ma avevo scoperto che ne valeva la pena poiché, più scavavo in lei e più incontravo le qualità che aveva cura di nascondere. Era un meccanismo di difesa e il fatto che con me non lo usasse, mi rendeva speranzoso.

Mi interruppi a metà scala quando udii dei rumori in cucina e decisi di controllare se fosse lì. Ma una volta varcata la porta, osservai perplesso il ragazzo seduto attorno al tavolo.

La pelle olivastra e i tratti del suo viso mi erano familiari, ma non riuscii ad assegnarli un'identità.

"Ciao." lo salutai educatamente, prima di guardarmi attorno alla ricerca di altre persone presenti nella stanza. Non ne trovai.

Mi squadrò un paio di secondi prima di incrociare le braccia al petto. "Tu devi essere Harry." disse, senza ombra di dubbio.

Aggrottai le sopracciglia, chiedendomi come facesse a conoscermi. Poi l'immagine di un ragazzo più giovane e con i capelli più corti si fece spazio nella mia mente. "E tu Zayn." dissi. 

Ne avevo sentito parlare per mesi e adesso, finalmente, potevo conoscerlo. All'apparenza non sembrava un ragazzo troppo cordiale, rispettava infatti la descrizione di Sophie.

Nonostante lei ed Ashley ne parlassero sempre come fosse il loro eroe, non avevano nascosto i suoi difetti.

Ma a differenza di Sophie, la quale li ricordava con una smorfia, Ashley lo faceva con una risata.

Mi chiesi se avesse programmato la sua visita, ma in tal caso credevo che Ashley me ne avrebbe parlato.

E se quindi era una sorpresa, dovevo aspettarmi che lei sarebbe uscita da un momento all'altro con un sorriso a trentadue denti stampato in pieno viso. E non per merito mio.

Ed infatti fu esattamente quello che successe un secondo dopo. Zayn schiuse le labbra per parlare, ma lei lo interruppe uscendo dal ripostiglio.

"Credevo ti fossi persa." la prese in giro il suo amico, cambiando immediatamente espressione. Un sorriso si fece spazio sul volto di Ashley, il quale era abbassato.

"È stato più difficile del previsto trovare il.." iniziò, per poi alzare gli occhi e incontrare con sorpresa i miei. "Harry." mormorò.

Sembrava davvero sorpresa di vedermi. Come se non avessimo deciso la mattina stessa di trascorre assieme il pomeriggio.

"Già, Harry." dissi, cercando di contenere il mio fastidio. Sarei dovuto essere felice per lei. Sapevo quanto le mancasse e quando desiderasse rivederlo.

Forse era per quello che non riuscivo ad esserne felice. Ero abituato ad averla tutta per me, ad essere la persona con la quale preferiva spendere il suo tempo.

Mentre in quel momento, ero semplicemente di troppo. Lui era quello importante, lui era la persona con la quale avrebbe trascorso quella giornata, e probabilmente tutte le altre a venire.

"Deduco che hai da fare." dissi, facendo un passo indietro. "Mi dispiace io.. non l'ho dimenticato, è che mi ha fatto una sorpresa." spiegò.

"Certo, figurati." sforzai un sorriso. "È stato un piacere." dissi educatamente. "Ci vediamo." salutai poi, prima di lasciare la stanza.

"Credo che il tuo fidanzato se la sia presa." disse lui, divertito. "Smettila, non è il mio fidanzato." l'assecondò lei, ridendo.

Mi chiusi velocemente la porta alle spalle, sapendo che se avessi sentito una parola di più, me ne sarei pentito.





 

Saalve,

avrei dovuto avvertirvi, ma sono stata una settimana in Spagna con la scuola (poi mi sono ammalata) ed ecco spiegato il ritardo.

Le recensioni sono rimaste quelle che erano e su ask non mi avete chiesto niente, il che significa che la storia non vi è mancata o che ormai siete abituate ai miei ritardi ahaha.

Ammetto che mi rattrista vedere che la media delle recensioni è nove, ma forse è colpa mia. Perchè sono poco puntuale, ecc.

In ogni caso, grazie a chi è sempre qui con me.

Un bacione,

Michi x


 

Entro stasera pubblicherò il primo capitolo di Starlight su Wattpad.

Avevo deciso di riscriverla tutta prima di pubblicarla, ma mi accorgo che non lo sto facendo.

Mi conviene iniziare a pubblicarla e basta. Lo farò con regolarità, non so se una volta o due la settimana. Sceglierò un giorno preciso credo, poi vedrò.

Vi ricordo che al capitolo 37 c’è una guida dall’applicazione. Vi chiedo di seguire, di votare e di commentare la storia per non rendere il mio lavoro inutile, grazie mille se lo fate.

Vi aspetto in tante perchè so che questa storia vi è piaciuta molto e niente, mi avete seguita da facebook a efp, adesso venite con me anche su wattpad, mi farebbe un piacere immenso.

 

 

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Capitolo 53
*** Love is a big word. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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Love is a big word.

 

"You can be my lover,
I can be your love."


 

Zayn

 

Grugnii infastidito a causa dei raggi che filtravano dalla finestra e attraversavano la stanza, per poi puntare dritto nei miei occhi.

Li stropicciai per abituarmi alla luce del giorno e quando mi ricordai di quale giorno si trattasse, sospirai.

Puntai lo sguardo in alto. Era l'ultima volta che mi svegliavo sotto quel soffitto. L'ultima volta che aprivo gli occhi e vedevo come l'umidità avesse macchiato il muro nell'angolo.

Fin dal mio primo giorno di vita quella era stata la mia casa, ma quella sarebbe stata l'ultima volta che ci mettevo piede.

Ero triste? Non riuscivo a deciderlo. Ero arrivato ad un punto in cui la mia famiglia era caduta a pezzi. 

Da quando era morta mia madre, le mie sorelle se ne erano andate per la loro strada e mio padre non avrebbe avuto problemi a scambiarmi con una bottiglia di wisky.

La mia famiglia era Ashley, e ovunque si fosse trovata lei, quella era casa mia.

Per quel motivo, nella tasca dei miei jeans, c'era un biglietto solo andata per l’Inghilterra.

Sapevo cosa lasciavo, ma non quello a cui andavo incontro. Ciò che restava della mia famiglia era comunque qui, così come i miei amici, se così potevamo definirli.

Forse sarei tornato e sarei andato a vivere da solo, magari vicino alle mie sorelle. Per stare vicino a Safaa.

Ma adesso avevo bisogno di Ashley. Erano successe troppe cose e la distanza mi aveva obbligato ad affrontarle da solo. Ma non potevo farlo più.

Scesi dal letto, appena in tempo per vedere Safaa dirigersi al piano di sotto con lo zaino in spalla.

"Ti porto io stamani." le dissi, fermandomi in corridoio. I suoi occhi percorsero il mio corpo, coperto da un paio di boxer ed una maglietta.

"No, grazie. Ci tengo ad arrivare entro domani." disse, iniziando a scendere le scale.

La ignorai, rientrando in camera e infilando i pantaloni che trovai a terra di fianco al letto.

Afferrai una maglietta e dopo averla annusata decisi che non poteva essere più sporca di quella che stavo indossando, perciò la cambiai. Saltellai giù per la scale, con una scarpa si ed una no.

"Visto?" chiesi a mia sorella, mentre la sorpassavo e le aprivo la porta. "Dopo di lei, signorina." le sorrisi poi. Scosse la testa e passò. "Sembri un pazzo." mormorò.

Solo dopo essermi specchiato nel vetro di un auto capii che si stesse riferendo alla mia capigliatura. Mi erano allungati molto i capelli e ancora dovevo capire come sistemarli.

Sfilai il laccino dai capelli di Safaa, la quale li aveva precedentemente raccolti in una coda e fui felice di vedere che non era rosa.

"Ehi!" si voltò seccata. Riuscii per un soffio ad alzare la mano in alto prima che riuscisse a riprenderselo.

"Sali in macchina." le ordinai, mentre raggiungevo lo sportello. "Ridammelo." sbuffò. "Chi è il più grande?" le chiesi, mentre salivo. "Tu." disse indignata. 

"E sei anche il più stron.." iniziò. "Ehi, ehi. Frena quella lingua." risi divertito. Non le avevo mai sentito dire una parolaccia.

"Adesso sta zitta." dissi, lanciandole un lacchino celeste che qualcuna doveva aver lasciato nella mia macchina. Forse Carrie.

Lo raccolse ed iniziò a legarsi i capelli. Io la osservai con la coda dell'occhio per tutto il tempo. Non avevo idea di quando l'avrei rivista, il che mi creava diversi problemi.

Ormai da tempo ero io a prendermi cura di lei e l'idea di lasciarla con nostra sorella mi metteva agitazione.

Doniya sapeva che era praticamente l'unica bambina al mondo a cui non piaceva il cioccolato?

Sapeva che il suo colore preferito era il viola e la carota era l'unica verdura che riuscivo a farle mangiare?

Dovevo farle una lista di cose, spuntargli ciò che le piaceva e ciò che detestava.

"Ehi." mi chiamò, rompendo il silenzio. Mi voltai a guardarla, per farle capire che l'avevo sentita. "Starò bene, Zayn." mormorò.

Per un attimo sentii come se mi fosse mancata la terra sotto i piedi. Era una bambina sveglia per la sua età e io non ero riuscito a mentirle.

Sapevo che si era accorta che avevamo dei problemi. Che nostro padre era un buon a nulla e che non arrivavamo a fine mese.

Perciò non potevo prenderla in giro, l'unica cosa che avevo omesso, era la denuncia che Doniya aveva sporto verso nostro padre.

Sapeva che me ne andavo e sapeva che mi sentivo un verme per questo.  Quindi cercava di rassicurarmi sul fatto che sarebbe stata bene, quando il fratello maggiore ero io, ed ero io che avrei dovuto rassicurare lei.

"Safaa.." iniziai, rallentando per poi fermarmi di fronte alla sua scuola. "Doniya ha preso la sua strada e tu ti sei preso cura di me. Adesso è il momento che tu viva la tua vita e che lei sopporti la sottoscritta." sorrise, prima di scendere dall'auto.

Rimasi a fissare il sedile, adesso vuoto, per una manciata di secondi. Come potevano uscirle quelle parole dalla bocca? Avevo più io da imparare da lei, che non il contrario.

Scesi di macchina e la vidi che si avviava lungo il cortile della scuola. "Safaa!" la chiamai, mentre le andavo incontro. Si voltò un secondo prima che la raggiungessi, mi abbassai per prenderla in braccio e la sollevai.

Le sue braccia corsero ad avvolgere il mio collo. "Se non dovesse essere così, se tu non dovessi stare bene, non devi fare altro che chiamarmi." dissi, mentre la stringevo a me.

"Va bene?" le chiesi. "Ti voglio bene." dissi, senza neanche attendere una sua risposta alla domanda precedente.

"Anche io te ne voglio." disse, mentre si allontanava. Le schioccai un bacio sulla guancia e la rimisi con i piedi a terra.

Mi sorrise mentre con la mano mi salutava e piano, piano si allontanava sempre di più.

Mi voltai e mi diressi verso l'auto, asciugandomi furtivamente gli occhi prima di salire.

 

Entrai in quella casa senza guardarmi attorno, non sarebbe stato un addio doloroso.

Salii su, dritto nella mia stanza e recuperai un borsone dall'armadio. Impiegai poco a riempirlo con le mie cose, dopo di che, uscii dalla stanza e mi diressi in quella che veramente avrei fatto fatica a lasciare.

Posai il borsone in un angolo e mi stesi sul pavimento, in quale scricchiolò sotto la mia schiena.

Rivolsi gli occhi al soffitto, a quel cielo stellato che avevo dipinto in seguito ad una folle idea di Ashley.

Adesso non sembrava più così folle. Quella stanza, la nostra stanza, conteneva così tanti ricordi.

I quadri appesi alle sue mura, erano i miei preferiti, quelli che Ashley detestava, poiché non era capace di apprezzarsi.

Il mio sguardo cadde su uno degli ultimi che aveva fatto prima di partire. Era il London Eye e guardandolo, quasi mi sembrò fulminante. 

Ashley diceva sempre che quella in un'altra vita era stata casa sua e non aveva tutti i torti.

Mi alzai, lasciando sul pavimento un angolo stropicciato di un foglio.

 

Non cercarmi.

 

Mi liberai del peso che avvertivo sul cuore non appena schiusi la porta alle mie spalle.

Quella casa aveva visto troppi pianti, troppe tragedie, troppe discussioni e troppe sbronze.

Non avrei mai rimpianto ciò che stavo facendo. Lasciare Safaa era doloroso. Lasciare mio padre era la miglior cosa che potessi fare.

Con il borsone in mano, mi diressi verso la fermata dell'autobus, ma quando passai di fronte alla vecchia casa di Ashley, notai Brandon uscire dalla porta.

Mi rivolse un sorriso, prima di notare il mio bagaglio e corrugare la fronte incuriosito. "Vai da qualche parte, Zayn?" chiese.

Si avvicinò a me mentre faceva oscillare le chiavi dell'auto fra le dita. "In realtà si." risposi. "Vado da Ashley." aggiunsi, procurandogli un netto cambiamento d'espressione. 

"Oh." mormorò. "In Inghilterra?" chiese. Annuii in risposta. "Le farà sicuramente piacere vedere un volto familiare." disse, sorridendo. "Già, per questo ho pensato di farle una sorpresa."

"Potresti.." iniziò, prima di abbassare il volto in difficoltà. "Portarle le mie scuse?" chiese.

Annuii in risposta, prima che lui mi rivolgesse un sorriso grato. Quando mi sorpassò, lasciò una pacca sulla mia spalla.

"E dai un bacio a mia figlia da parte mia."

 

Ashley

 

Mi voltai, avvolgendomi sempre di più nelle lenzuola. Un lamento lasciò le mie labbra non appena realizzai che dovevo alzarmi dal letto e andare a scuola.

Sbuffai rumorosamente, ma un secondo dopo le immagini del giorno prima affollarono la mia mente.

Per poco non caddi quando, con l'intenzione di liberarmi dalle lenzuola, rotolai giù dal letto.

Cercai di non pensare al fatto che mi fossi sognata tutto mentre correvo lungo il corridoio.

Una volta di fronte alla camera degli ospiti, spalancai la porta. Neanche mi resi conto di aver chiuso gli occhi, quando ne aprii lentamente uno.

Un sospiro di sollievo lasciò le mie labbra quando lo vidi steso nel letto, addormentato a bocca aperta.

Entrai nella stanza e chiusi la porta alle mie spalle. Era davvero lì. Nessun sogno.

Percorsi lentamente la distanza che mi divideva dal letto e con un tonfo piombai al suo fianco.

Sollevò la testa spaventato, iniziando a guardarsi intorno, completamente spaesato. Poi sospirò.

"Allora l'ho fatto davvero." disse, prima di sciogliersi in un sorriso. Annuii e mi stesi al suo fianco. 

"Se intendi dire che hai preso la decisione migliore della tua vita.. si, lo hai fatto." dissi.

Quando rimase in silenzio, per fin troppo tempo, mi voltai a guardarlo. Aveva lo sguardo rivolto verso l'alto, fissava il soffitto ed io potevo immaginare a costa stesse pensando.

Si stava chiedendo se avesse preso la decisione giusta e forse se ne stava già pentendo.

Probabilmente credeva che aver stravolto la sua vita non fosse stata un'ottima idea, ma io sapevo che invece lo era stata.

Aveva bisogno di tempo per capirlo, come ne avevo avuto bisogno io. Solo che io, tutta quella confusione, l'avevo dovuta affrontare da sola. Lui aveva me.

Mi voltai su un fianco e poggiai il mento sulla sua spalla. "Non importa in quale parte del mondo ci troviamo o quanto difficile sia starci." mormorai, facendolo voltare verso di me.

"L'importante è esserci assieme, ok? Insieme possiamo superare tutto, sempre." continuai.

Non rispose, limitandosi ad avvolgermi le spalle con un braccio e ad avvicinarmi a lui per stamparmi un bacio sulla fronte.

"Farai tardi a scuola." disse poi. Mi trattenni dall'alzare gli occhi al cielo e dallo sbuffare come una bambina.

"Tu che vuoi fare?" gli chiesi. "Posso indicarti qualche posto carino dove trascorrere la mattinata, oppure.." iniziai, per essere subito interrotta.

"Credo che ti aspetterò qui." disse. "Sicuro?" chiesi titubante. Ero sicura che si sarebbe annoiato a casa da solo, ma annuì.

"Fa come se fossi a casa tua." dissi, mentre mi alzavo. "Al piano di sotto c'è la tv." lo informai.

"E se vuoi fare colazione trovi tutto in frigo e nel mobile della dispensa. Sentiti libero di mangiare ciò che vuoi." continuai, mentre mi dirigevo verso la porta.

"Ehi, Ash." mi interruppe. "Mh?" Sorrise in modo strano, in modo che solo io potevo capire. 

Si, forse era stato azzardato il suo passo e poteva avere paura, ma aveva me e sapeva che non c'era persona della quale potesse fidarsi di più.

"Sono felice di essere qui." disse. Inclinai la testa, sorridendogli ampiamente. "E io sono felice che tu ci sia." mormorai.

"Adesso va a studiare." mi ordinò giocosamente, dandomi le spalle e ricominciando a dormire.

Scossi la testa divertita ed uscii dalla stanza.

 

Quella mattina Harry non mi aspettò fuori dall'auto e non mi rubò un bacio per far dispetto a Liam, come ormai faceva ogni giorno.

L'arrivo di Zayn lo aveva portato leggermente in secondo piano, dovevo ammetterlo.

Avevo visto come ci era rimasto male quando avevo palesemente dimenticato che avevamo dei programmi.

Ma non avevo fatto niente al riguardo, se non dirgli che Zayn mi aveva fatto una sorpresa e, sottinteso, non avevo tempo per nessun altro.

Ma credevo avrebbe capito. Sapeva quanto lui fosse importante per me, quanto mi fosse mancato.

Mi sedetti nei sedili posteriori, dopo aver mormorato un "buongiorno" che venne a malapena ricambiato.

Perché se per essere completa mi bastava Zayn, adesso mi sentivo vuota, di fronte al volto privo di sorriso di Harry?

"Sembra simpatico." interruppe il silenzio, Liam. Alzai lo sguardo ed accennai un sorriso. "Si, lo è." confermai, dopo aver capito che si stesse riferendo a Zayn.

"Strano.. ma simpatico." aggiunse. Alzai un sopracciglio e lui mi guardò, pentendosi di averlo detto. "In senso buono, cioè.. ha un sacco di tatuaggi." storse la bocca.

"Anche Harry ne ha." dissi, approfittando della conversazione per attirare la sua attenzione. Ma lui distolse a malapena lo sguardo dalla strada.

"Infatti anche Harry è strano." Liam rise, e fu l'unico a farlo, mentre noi rimanemmo in completo silenzio.

Si accorse che non era aria e rimase zitto per il resto del viaggio, una volta arrivati a scuola, scese e si diresse subito verso il suo gruppo di amici.

Io tardai a scendere, così da costringere Harry ad aspettarmi, poiché doveva chiudere la macchina.

"Harry." Mi avvicinai a lui non appena scesi, ma già mi dava le spalle per allontanarsi da me. "Dobbiamo entrare." disse, sovrastando il suono della campanella.

Se c'era una cosa di cui proprio non mi interessava, era la scuola. "No, dobbiamo parlare." dissi, afferrandolo per un braccio. Si voltò scocciato. 

"Potresti cercare di essere comprensivo." dissi, incrociando le braccia all'altezza del petto. 

Sollevò un sopracciglio e dalle sue labbra fuoriuscì una risata di scherno. "Sai puoi smetterla adesso." disse, riprendendo a camminare. 

"Di cosa parli?" chiesi, seguendolo. "Del fatto che adesso lui è qui. Non hai bisogno di compensare la sua assenza con me." rispose, con tono tagliente.

Mi bloccai in mezzo alla strada, le braccia mi caddero lungo il corpo e con le labbra schiuse, lo guardai mentre si allontanava. Ma fece solo tre passi, prima di fermarsi, continuando però a darmi le spalle.

Ero.. spiazzata. Era questo che pensava di me? Che utilizzassi le persone per sostituirle ad altre? Ero assolutamente in grado di stare da sola, non avevo bisogno di colmare le mancanze.

In assenza di Zayn, non mi ero mai sognata di riempire il suo spazio con Harry, Louis o chiunque altro.

Dannazione, avevano fatto male le sue parole e questo perché avevo creduto che lui mi avesse capita davvero. Ma mi sbagliavo.

"Ashley." disse, mentre si voltava a guardarmi. Non appena vide la mia faccia, mi rivolse uno sguardo di scuse.

"Non volevo, non intendevo dire che.." iniziò, ma io alzai le mani per fermarlo. "Ho capito, non preoccuparti." dissi, mentre gli davo le spalle e mi allontanavo.

In realtà non riuscii ad andare lontano, mi sedetti sulla prima panchina che trovai.

 

Harry

 

La guardai mentre si allontanava, chiedendomi per quale razza di motivo fossi un tale idiota.

Credo sia normale dire cose che non si pensano quando siamo arrabbiati, ma io sapevo quanto quelle parole potevano ferirla e le avevo dette lo stesso.

La seguii in silenzio, sperando che mi desse la possibilità di spiegarle che non pensavo assolutamente ciò che avevo detto.

Ma mi bloccai non appena la vidi che si sedeva su una panchina rossa. Quella panchina rossa.

Quella su cui avevo chiesto a Katy di essere la mia ragazza. Lei mi aveva detto di si ed io mi ero sentito il ragazzo più fortunato del mondo. 

Mesi prima l’avevo guardata con tristezza. Mi aveva lasciato da poco, ed io ero a pezzi. 

Ma Liam mi aveva dato una pacca sulla spalla e mi aveva detto che ci sono milioni di ragazze. 

Ragazze più speciali di Katy. E lui ancora non lo sapeva, ma stava parlando di Ashley.

Sospirai e mi andai a sedere al suo fianco. La mia presenza non era desiderata, ma ignorai questo particolare.

"So che non lo hai fatto." dissi, riferendomi a quando l'avevo accusata di essere stata con me in mancanza di altro. "Allora perché lo hai detto?" chiese irritata, voltandosi a guardarmi.

"Ero arrabbiato." dissi, distogliendo lo sguardo. Aveva quell'espressione crucciata a causa mia e mi sentivo in colpa.

Avevo visto come, appena uscita di casa, fosse sorridente. Sicuramente aveva appena dato il buongiorno a lui. Ma io avevo dovuto guastarle l'umore, ovviamente.

 

Ashley

 

Speravo che le sue parole fossero state dettate dalla rabbia e che non avessero un minimo fondo di verità.

Altrimenti mi ero aperta con la persona sbagliata. Ma no, non lo credevo possibile. Avevo fiducia in Harry e grazie a questo mi calmai subito.

Non le pensava quelle cose, era inutile prendersela più di tanto. Ero la prima a perdere le staffe e farneticare cose a caso, lo capivo.

"La prossima volta pensa prima di aprire bocca." dissi comunque, con tono tagliente. Ero orgogliosa e su questo c'era veramente poco da fare.

"Si, beh.. raramente l'amore va d'accordo con il buon senso." mormorò. A quelle parole, mi voltai lentamente verso di lui. L'amore?

"Come?" chiesi inevitabilmente. Lui sembrò risvegliarsi da una sorta di trans e si alzò.

"Siamo in ritardo, dovremmo entrare." farfugliò velocemente, mentre si dirigeva verso l'entrata della scuola.

 

"Mi hai attaccato il telefono in faccia."

Fu la prima cosa che mi sentii dire quando presi posto al solito tavolo.

"Ti hanno mai detto che non è carino?" chiese Louis, sollevando un sopracciglio.

Corrugai la fronte, non capendo a cosa si stesse riferendo. Non ricordavo di avergli.. oh.

"Mi dispiace, non ti ho attaccato il telefono in faccia è che.. mi è caduto." Lui sembrò prenderla come una scusa.

"Sul serio, stavo parlando con te e poi.." mi interruppi, iniziando a sorridere in modo probabilmente inquietante.

"Poi cosa? Lo sfigato ti è saltato addosso o qualcosa del genere?" chiese, con la bocca piena. Aggrottai la fronte per il modo in cui si era riferito ad Harry e scossi la testa.

"No. Ho visto Zayn sulla porta." dissi, facendogli ingrandire gli occhi per la sorpresa. "Sul serio?" chiese.

"Si, mi ha fatto una sorpresa e credo si fermi per un po'." dissi. In realtà ero convinta che non se ne sarebbe andato più. Anche perché non glielo avrei permesso.

"Mi fa piacere," sorrise, "devi farmelo conoscere." aggiunse sorridente, mentre io annuivo.

"Come va con.." iniziai a chiedere, prima di ricevere un chiaro segno di chiudere la bocca. 

"Dio, questa scuola mi sta portando all'esaurimento." Un sospiro di frustrazione uscì dalle labbra di Katy quando si lasciò cadere sulla sedia.

Capii immediatamente che non andava molto bene fra i due. Aveva ragione Louis, era fredda nei suoi confronti.

Erano distanti anni luce in confronto alle prime volte che li avevo visti insieme. Mi chiedevo se Katy si fosse già stancata del suo nuovo giocattolino.

"Dì un po', cosa gli hai fatto?" chiese improvvisamente, facendo un cenno alle mie spalle.

Capii che si stesse riferendo ad Harry non appena mi voltai e lo vidi con lo sguardo perso nel vuoto.

Sophie stava sproloquiando animatamente, ma lui non sembrava prestare attenzione a mezza parola.

L'idea che fosse a causa della conversazione che avevamo avuto prima di entrare a scuola, mi sfiorò la mente.

Anche perché aveva tenuto fra le nuvole anche me. Non tanto per ciò di cui mi aveva accusata, ma per la scusa che aveva utilizzato.

Aveva detto che l'amore non andava d'accordo con il buon senso e questo spigava il motivo per cui non avesse riflettuto prima di aprire bocca.

Ma quelle parole sollevavano però un altro quesito. Aveva usato quel termine così per fare, o parlava seriamente?

Non ne avevo idea, sapevo solo che al pensiero mi tremavano le gambe e mi veniva voglia di prendere il primo aereo per tornarmene a casa.

"Ecco, si è incantata anche lei." Lo schiocco delle mani di Louis che entravano in contatto con le sue cosce, mi risvegliarono dai miei pensieri.

"No, ci sono." dissi, sorridendo nervosamente.

 

Solo quando aprii la porta di casa il sorriso rifiorì sulle mie labbra. Ci ero tornata a piedi dato che, della macchina di Harry, non c'era più nessuna traccia nel parcheggio.

Secondo Liam era successo qualcosa, poiché non poteva essere stata una svista. Ci riportava a casa tutti i giorni.

Ipotizzò che fosse arrabbiato e, invece di venire a pranzo, fece un salto a casa sua.

Io cercai di non pensarci e sorrisi ampiamente quando trovai Zayn in cucina a chiacchierare con Lauren.

Quella donna non era socievole neanche con me e Zayn, dopo neanche un giorno, l'aveva già stregata.

Era il suo fascino, non impiegava nessuno sforzo nel conquistare le persone. Certo, la maggior parte del tempo era un coglione scontroso, ma quando voleva ci sapeva fare.

"Ciao." dissi, posando lo zaino di fianco alla porta. "Ashley, ho avuto il piacere di conoscere il tuo amico." disse, mentre riscaldava qualcosa di infernale sui fornelli, dandomi le spalle.

Zayn si voltò a guardarmi con un sorriso divertito stampato in pieno viso. Ero sicura di non volerne sapere la causa.

Come minimo avevano trascorso la mattina a parlare di fatti imbarazzanti che mi riguardavano.

"E come gli stavo raccontando.." iniziò, mentre recuperava le presine e portava in tavola la padella, ”hai avuto un inizio piuttosto difficile." disse divertita, mentre io la guardavo accigliata.

Che diavolo ne sapeva lei di quanto fosse stato difficile il mio inizio? Non aveva fatto altro che consigliare a Christopher di mandarmi da uno psicologo.

"Ma grazie alle persone che le sono state accanto, l'ha superato." Sentii dire a Zayn. Mi voltai a guardarlo e gli rivolsi un sorriso grato, prima di avvicinarmi e baciargli una guancia.

"Com'è stata la tua mattinata?" mi chiese, mentre prendevo posto al suo fianco. Ripensando alle ore precedenti, al centro dei miei pensieri c'erano Harry e le sue parole.

Più che altro mi chiedevo se fosse a causa di quelle che se ne era andato senza di noi.

Alzai le spalle in risposta e lui non tardò a capire che ci fosse qualcosa che non andava, ma non disse niente.

Solo una volta finito il pranzo, dopo essere saliti al piano di sopra, mi aveva chiesto di sputare il rospo.

Indecisa schiusi le labbra per parlare, ma poi sentii la voce di Liam in corridoio e gli chiesi di aspettare un attimo.

"Allora?" gli chiesi, affacciandomi dalla porta. Lui si voltò a guardarmi confuso, poi capì il senso della mia domanda.

"Oh.." mormorò avvicinandosi. "Lui è stato vago.. credo avesse solamente una giornata no." mi rispose, prima di entrare in bagno.

Sospirai e ritornai in camera, non soddisfatta delle informazioni che Liam fosse riuscito ad estorcergli.

"Tutto bene?" mi chiese Zayn, mentre tornavo a sedermi sul materasso. Annuii quasi impercettibilmente, facendolo sospirare.

"Va da lui." disse poco dopo, interrompendo il silenzio. Ruotai la testa, permettendo ai miei occhi di entrare in contatto con i suoi.

"Lui ch-?" iniziai ma, "oh, andiamo", alzò gli occhi al cielo, interrompendomi. 

"Sai benissimo di chi parlo. Solo perché non potevo vederlo con i miei occhi, non significa che non lo percepissi." disse. 

"Di cosa parli?" corrugai la fronte. Cosa percepiva? Che diavolo stava farneticando? 

"Il modo in cui la tua voce era disgustosamente zuccherosa quando nella stanza c'era Harry, era un segnale abbastanza chiaro della tua cotta." disse, sollevando le sopracciglia.

"Come prego?" I miei occhi si ingrandirono. Dio, ero un libro aperto per Zayn.

"Forza, quante volte hai fatto amicizia con la sua lingua?" chiese. "Zayn!" Lo colpii con un cuscino.

Evitò l'impatto e dopo essersi ricomposto, sollevò le mani. "Era solo per chiedere." rise.

Tornai a stendermi e non riuscii a fermare le immagini delle labbra di Harry contro le mie che si affollavano nella mia mente.

"..non lo so, ho perso il conto." mormorai in risposta, attirando la sua attenzione. Un sorriso consapevole si formò sulle sue labbra. "State insieme o qualcosa del genere?" chiese.

Rivolsi lo sguardo al soffitto. "Non abbiamo discusso i termini tecnici." risposi.

Non ero abbastanza coraggiosa per prendere in mano la situazione e portarla ad un livello superiore, né ero capace di fare a meno di lui e di finirla lì, qualsiasi cosa fosse.

"Avete litigato?" Zayn proseguì con il suo interrogatorio. "Non proprio. Mi ha accusata di averlo usato per compensare la tua mancanza o una cosa simile." spiegai.

Zayn mi guardò, un'espressione allibita stampata in pieno viso. "Questo non ti conosce per niente." sentenziò.

Sorrisi divertita. "Invece credo di si.. era solo arrabbiato, non lo pensa." lo giustificai. "Ha detto che.. l'amore non va d'accordo con il buon senso." aggiunsi.

Distolse lo sguardo. "Amore è una parola grossa." Sollevai le spalle. "Mica tanto. Solo cinque lettere."

"Ashley." tornò a guardarmi, facendomi intendere che la mia battuta non fosse stata apprezzata.

"È che lui è.. diverso dai ragazzi che conosco io. Dean gli pulirebbe le scarpe." storsi il naso solo al ricordo di quello stronzo.

"Harry è.. non lo so, ma se lui parla d'amore, è amore. Non è il tipo che parla di sentimenti così importanti con il solo scopo di portarsele tutte a letto." dissi con certezza.

Non era veramente quel tipo di ragazzo. Non esisteva che lo fosse. Ma da dove venivo io era più che frequente che qualcuno utilizzasse questa strategia.

"E tu cosa provi? Lo ami?" mi chiese. La mia testa ruotò, i miei occhi si spalancarono di fronte a quelle domande.

"Mio Dio, io.. no." dissi, scuotendo freneticamente la testa, inorridita solo all'idea.

Non era l'idea di amare Harry ad inorridirmi, bensì quella di amare punto e basta.

"Non sei ancora pronta." Il suo sguardo si addolcì mentre sottolineava l'ovvio. 

Avevo spesso creduto che Dean mi avesse rovinata, ma più trascorreva il tempo e più.. mi aggiustavo.

"Però tieni molto a lui." affermò. Annuii mentre pensavo all'importanza che Harry avesse nella mia vita. 

Da parte mia c'era un sentimento nei suoi confronti. Non avevo idea di che sentimento fosse, sapevo solo che ce n'era tanto.

Non eravamo partiti nel migliore dei modi ed erano state più le volte in cui ci eravamo scontrati, piuttosto che incontrati. 

Ma ultimamente avevamo trovato una sorta di equilibrio, solo che adesso era minacciato da qualcosa. Ma cosa?

"E allora vai." disse, esercitando una leggera pressione per spingermi. Non dovette dirmelo due volte. "Torno tra poco." dissi, mentre mi alzavo.

 

Mi schiarii nervosamente la gola prima di bussare alla porta e di ritrovarmi davanti il sorriso di Gemma, la quale mi strinse in un abbraccio veloce.

"Ehi, a cosa dobbiamo questa visita?" mi chiese, mentre si faceva da parte per farmi entrare.

"Cercavo Harry." risposi, provocandole un sorriso. "Ovviamente." disse, alzando gli occhi divertita.

"Sali pure." mi indicò le scale. Le rivolsi un sorriso grato e salii al piano di sopra.

Una volta di fronte alla porta della sua stanza, bussai, ricevendo come risposta un mugolio.

Mi chiesi se avessi ottenuto il permesso di entrare o meno, ma alla fine optai per ignorare i convenevoli e aprire la porta che ci divideva.

Lo trovai steso sul letto, gli occhi chiusi e le braccia incrociate dietro la nuca. 

Attirai la sua attenzione rimanendo semplicemente in silenzio, visto che schiuse un occhi per controllare chi fosse entrato.

Quando mi vide, aprì velocemente anche l'altro e si tirò a sedere, sbadigliando per camuffare la fronte aggrottata e sorpresa.

"Ciao." dissi, avanzando nella stanza. "Ehi." mormorò, passandosi una mano fra i capelli. "Disturbo?" chiesi, fermandomi a due passi dal suo letto.

“No, se non sei venuta a chiedermi per quale motivo vi ho lasciati a piedi. Avevo la testa fra le nuvole e credo di essermi già scusato abbastanza." disse.

Scossi la testa. "Volevo solo vederti." ammisi a bassa voce. Ed era così. Al momento non mi interessava della sua fuga.

Sapevo che non si era semplicemente dimenticato di riportarci a casa. Continuavo a chiedermi se fosse stato a causa della nostra conversazione, ma questo lo avrei potuto scoprire più tardi.

Allungò una mano ed afferrò la mia, prima di attirarmi leggermente a sé. Mi sedetti sul letto, di fronte a lui. 

Anche se leggermente contrariata, lo lasciai fare quando afferrò le mie cosce e se le portò ad entrambi i lati del suo bacino.

Ero adesso a pochi centimetri da lui, i nostri petti si sfioravano e le mie gambe si incrociavano dietro la sua schiena.

Portai le mani alla base del suo collo. "Lui è qui da nemmeno due giorni e mi sono resa conta di averti trascurato, ma.." iniziai, prima che lui mi interrompesse, iniziando a mormorare "shh".

"Non devi giustificarti, hai ragione tu, sarei dovuto essere comprensivo." disse, posando le mani sui miei fianchi.

Il mio sguardo ricadde sulle sue labbra, mi mancava quel contatto, non avevo idea per quanto sarei stata capace di trattenermi.

Le sue ciglia sbatterono più volte, attirando la mia attenzione sulle sue iridi verdi. Mi guardava senza interruzione e la cosa non mi dispiaceva affatto. Il suo sguardo bruciava sulla mia pelle, ma non era molesto.

Inclinai la testa e gli angoli delle sue labbra si curvarono leggermente. "Non ho mai pensato di usarti in mancanza di Zayn." mormorai. 

Il suo impercettibile sorriso si spense in seguito alle mie parole. "Perché lui è insostituibile." disse, facendo centro.

Appena trasferita, l'idea era quella di trascorrere il mio tempo da sola, magari al telefono con il mio miglior amico.

Sicuramente non avevo intenzione di cercarmene uno nuovo. Nessuno poteva prendere il posto di Zayn.

E di fatti nessuno ci era riuscito. Grace, Louis, Harry.. erano capitati, non erano previsti. Non mi ero mai sognata di stringere amicizia con loro, in mancanza di qualcun altro. 

Ero capace di stare da sola, la solitudine non mi spaventava. Ma adesso le cose erano cambiate e a spaventarmi era l'idea di perderli. 

"Anche tu lo sei." mormorai. Mi guardò da sotto le ciglia lunghe. "Sapevo che sarebbe stato difficile, ma non ho mai smesso di credere in te." disse.

"Di che parli?" chiesi, corrugando la fronte. "Sei arrivata qui e.. odiavi tutti." rise, provocandomi un sorriso.

"E io ho promesso a Liam che sarei riuscito a farti ambientate sai, a farti sentire a tuo agio." continuò.

"L'idea iniziale era quella di portarti in giro per farti conoscere la tua nuova casa. Ma poi ho trovato un modo più efficace." disse, posando il naso contro il mio.

E così per farmi conoscere la mia nuova casa, invece di portarmi in un museo, mi aveva accolta fra sue braccia che, si, adesso erano senza dubbio la mia casa.

Sapevo di essermi comportata davvero male con lui e non avevo idea di cosa l'avesse spinto a credere in me.

Aveva abbattuto quei muri solo per il semplice motivo che dietro ci fossi io e mai nessuno mi aveva dato tanta importanza.

Non potevo non lasciarmi andare con lui, era quasi impossibile non fidarsi ad occhi chiusi.

"Ed ha funzionato?" gli chiesi, mentre combattevo contro un sorriso. "Non lo so, dimmelo tu." disse, strofinando la punta del naso contro la mia.

Erano domande da fare? Era semplicemente ovvio che avesse funzionato.

Dell'Ashley che si era trasferita dalla California non c'era quasi più niente. Aveva completamente abbattuto il mio caratteraccio, rendendomi sopportabile per la maggior parte del tempo.

"Considerando.." iniziai quello che sarebbe dovuto essere un discorso serio, ma venni interrotta bruscamente dalle sue labbra, le quali premettero contro le mie.

Inspirai rumorosamente dal naso, non preparata a quell'aggressione, anche se più che piacevole.

Le mie mani vagarono fin quando non raggiunsero il suo collo, lo attirai a me fino a far scontrare i nostri petti.

Schiusi le labbra e mi lasciai trasportare da quella sensazione che mi era mancata fin troppo.

Le sue mani carezzavano la mia schiena, costringendomi contro il suo petto. Ogni singolo centimentro di me era a stretto contatto con il suo corpo e non c’era sensazione più bella.

Non appena si allontanò da me, posò il viso nell'incavo del mio collo e mi schioccò un bacio sulla pelle. Poggiai la guancia sulla sua spalla e mi lasciai abbracciare.

Non avevo mai avuto quel tipo di rapporto con qualcuno. Con Dean era solo questione di soddisfare i suoi bisogni, dopo di che non dovevo fare altro che allontanarmi.

Non mi erano mai stati dati dei baci sulle guance o delle carezze. Avevo scoperto le coccole con Harry e non ne sapevo più fare a meno.

Mi piaceva semplicemente stare lì, fra le sue braccia, a farmi cullare dal rumore del suo respiro che si infrangeva sulla mia pelle.

"Ha funzionato." mormorai, prima di avvertire le sue labbra curvarsi contro il mio collo.



 

Che dire.. non mi scuso neanche più, per le lamentele potete rivolgervi ai miei professori.

Non capisco per quale motivo stiano mesi senza fare un emerito *beep* e poi concentrino tutti i compiti e tutte le interrogazioni, di tutte le materie, nella stessa settimana.

In ogni caso, ce l’ho fatta. Dai, meglio tardi che mai. E spero davvero che il capitolo sia di vostro gradimento.

Se fosse così, fatemelo sapere in una recensione, se volete :)

Un bacione,

Michi x




 

P.s: Ho pubblicato Starlight su Wattpad fino all’ottavo capitolo.

Se avete voglia di passare, mi farebbe piacere. (La trovate qui.)

Ricordatevi che potete commentare anche una singola parola o una frase, che secondo me, è fighissimo ahaha.

Capitolo 53..png

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Capitolo 54
*** Jealous. ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
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“I don’t like the way he’s looking at you,
I’m starting to think you want him too.”
 

 
Niall


Mi sudavano le mani. Ero ridicolo, davvero. 
Più volte l'idea di fingere una febbre improvvisa mi aveva attraversato la mente, ma non potevo lasciarmi scappare questa occasione a causa della mia codardia.
Era la ragazza più bella che avessi mai visto, più dolce, più gentile, più solare che avessi mai incontrato. Ma pur sempre una ragazza.
Strofinai le mani contro i jeans, con l'intenzione di asciugarle, ed attesi fuori dal locale, come avevamo programmato.
Guardai l'orologio impaziente, iniziando a pensare a qualcosa da dirle. Dato che ricoprirla di complimenti sarebbe potuta essere una cattiva idea.
E cosa avremmo fatto? Un gelato era troppo infantile? I bambini vanno a prendere il gelato.
La porta si aprì, facendomi sobbalzare. Sospirai sollevato quando mi accorsi che si trattava semplicemente di un cliente.
Insomma, dove avrei potuto portarla? Non in un bar. Ci aveva trascorso tutta la giornata chiusa tra le quattro mura di un locale.
Sapevo che avrei dovuto chiedere un consiglio a qualcuno, se non ad Harry, perlomeno ad Ashley. Erano tipo amiche, no?
Avrei voluto parlare con Sophie, ma da quando aveva scoperto che Zayn era in città, si era rinchiusa in casa ed aveva tolto la parola a tutti.
Dopo tutto la capivo. Non è affatto facile rischiare di trovarsi davanti la persona da cui si è sempre scappati, soprattutto quando la si ama.
Era sicura che non l'avrebbe mai più rivisto e adesso non poteva evitare di affrontarlo, perlomeno non per molto. E non era preparata a questo, per niente.
Wolverhampton diventa davvero piccola quando cerchi di evitare qualcuno.
La porta alle mie spalle si aprì ed io mi voltai, forse troppo in fretta. Non ero preparato a quella visione.
I suoi capelli castani, solitamente raccolti, le ricadevano sulle spalle sotto forma di morbide onde.
Le sue ciglia truccate sbatterono, mostrandomi gli occhi verdi che mi avevano fatto perdere la testa.
Non mi avrebbero mai guardato come i miei guardavano lei, ma per adesso mi bastava sapere che avesse scelto di passare del tempo con me.
"Ciao." sorrise. Sentii letteralmente gli angoli della mia bocca arrivare alle mie orecchie da tanto fu ampio il sorriso che le rivolsi.
Abbassò il viso mentre scendeva gli scalini, scostandosi i capelli dal viso per non inciampare, ma ciò non fu sufficiente.
Vidi chiaramente il suo piede posizionarsi male, perse per un secondo l'equilibrio e nonostante la velocità con cui lo ritrovò, ne approfittai per prenderla per mano.
Mi rivolse un piccolo sorriso di gratitudine, prima di indietreggiare e ricomporsi. 
"Come stai?" le chiesi, iniziando a camminare. "Bene, solo un po' stanca." alzò le spalle non curante.
Ma potevo vederlo che era davvero stanca e mi sentivo in colpa per averla fatta uscire dopo aver lavorato tutto il giorno.
"Turno stancante?" le chiesi. "Mia madre non si sentiva bene ed ho dovuto fare tutto da sola, quindi.. si, turno decisamente stancante." rispose.
"Spero niente di grave." corrugai la fronte in una smorfia di preoccupazione, ma lei alzò la mano come per scacciare l'idea. 
"Un semplice mal di testa." rispose. "Per fortuna." aggiunse. "Già." E adesso cosa le dicevo? 
"Allora, visto che sei stanca, magari vuoi.. non so, sederti?" chiesi gentilmente, iniziando a pensare ad un posto carino in cui poter andare.
"Non preoccuparti, non è.. aspetta," si interruppe, "c'è un posto in cui vorrei andare a sedermi." disse, il suo volto venne illuminato da un sorriso.
"Ovunque tu voglia." dissi. "Seguimi." sorrise, ed io non potei fare a meno di ubbidire.
L'avrei seguita dappertutto se me lo avesse permesso.


 
Ashley


Mi sentivo in pace con il mondo e con me stessa quando mi trovavo fra le braccia di Harry.
E lì, sdraiati sul suo letto, semplicemente a parlare, sembravamo non aver bisogno di nient'altro.
Il mio orecchio era premuto sul suo petto e potevo sentire chiaramente i battiti del suo cuore.
"Potrei addormentarmi." mormorai ad un certo punto, rompendo il silenzio. "Non mi dispiacerebbe." disse, carezzandomi delicatamente il braccio.
"Ma non posso." sussurrai, ormai con le palpebre semichiuse. "Mi aspettano." aggiunsi. "Ti aspetta." mi corresse, riferendosi a Zayn. 
"Avevo detto che ci avrei messo poco." dissi. "Ovviamente." In seguito al tono che utilizzò, alzai il viso per vedere il suo. Era contratto in un'espressione turbata.
"Se pensavi di fermarti poco, perché sei ancora qui?" mi chiese. Alzai le sopracciglia e mi sollevai a sedere. "Perché lo voglio." dissi, sottolineando l'ovvio. 
Distolse lo sguardo e così feci anche io, puntandolo verso la finestra. Pensavo che con l’arrivo di Zayn la mia vita sarebbe stata finalmente completa, non avevo messo in conto che avrei dovuto affrontare continuamente discussioni a causa sua.
"Per quanto andremo avanti così?" chiesi poco dopo. "Per quanto dovrai interrompere ogni momento con la tua gelosia?" chiesi seccata.
"Gelosia?" chiese, quasi divertito. "Parli tu che quasi hai sbranato con lo sguardo Sierra solo perché si era seduta di fianco a me?" chiese.
Mi alzai dal suo letto. "Primo, io non sono affatto gelosa. E secondo tu sei stato cotto di lei, e questo mi sembra un buon motivo." replicai.
"Per essere gelosa." aggiunse al mio discorso. Serrai le labbra in una linea sottile. "Ho detto che non sono.." iniziai.
"Come vuoi. Eri in ritardo o sbaglio?" chiese seccato. Stava per caso chiedendomi di levarmi dai piedi?
"Già." borbottai. Mi abbassai per cercare le scarpe e mi sedetti sul letto per indossarle mentre pensavo a qualcosa di tagliente da dirgli.
Sfortunatamente non trovai niente all'altezza della situazione, riuscivo solo a pensare a quanto fosse infantile.
Mi alzai di scatto ed inciampai sui miei stessi piedi, allungai una mano per non cadere e per sbaglio, la poggiai sui libri della libreria, facendone cadere alcuni.
Dannazione. Sbuffai rumorosamente, mentre mi abbassavo a raccoglierli, ma mi bloccai quasi subito.
A terra c'era una cornice e la foto che conteneva mi fece sobbalzare il cuore. Katy sorrideva come non l'avevo mai vista fare prima ed Harry le faceva una smorfia.
Mi sentii male e non ne capii il motivo. Loro si erano lasciati e non erano rimasti affatto in buoni rapporti.
Lei era stata la peggior fidanzata di tutti i tempi e a quanto ne sapevo, Harry al momento la detestava.
Ma allora perché aveva ancora una loro foto? E perché era nascosta fra dei libri? La nascondeva a me? Forse teneva ancora a lei. 
La raccolsi e mi voltai verso Harry, ancora seduto sul letto. Mi rivolse uno sguardo confuso.
Lasciai che la cornice ricadesse sul materasso. "E questo è un buon motivo per essere gelosa?" gli chiesi, prima di voltarmi e di uscire velocemente dalla sua stanza.


 
Niall


Mi sentii all'apice della felicità quando i miei passi rallentarono di fronte a quel parco giochi e lei mi prese per mano, strattonandomi come una bambina.
La seguii divertito fino alle altalene. "Era qui che volevo sedermi." disse soddisfatta, prendendo posto.
Credetti di avere gli occhi a forma di cuore mentre la guardavo dondolarsi, con un sorriso terribilmente adorabile sulle labbra.
"Vieni anche tu, è divertente." disse. Ma non aveva idea di quanto fosse più divertente starmene lì ad osservarla.
Alla fine l'accontentai, ma solo dopo che mi ebbe detto di sentirsi un po' stupida lì da sola, così decisi di fare lo stupido insieme a lei.
Come due bambini, gareggiamo per constatare chi arrivasse più in alto, ma essendo più leggera, vinse ad occhi chiusi.
E comunque l'avrei lasciata vincere in ogni caso, solo per vederla esultare e saltare giù dall'altalena ancora in aria.
Mi salì il cuore in gola quando inciampò e cadde sull'erba verde, ma quando scoppiò a ridere, sospirai.
Mi alzai per andare ad aiutarla e le tesi una mano. L'afferrò quasi subito, ma solo per tirarmi in basso di fianco a lei.
Mi sedetti, iniziando a chiedermi cosa avessi potuto fare di buono nella vita per meritare tutto quello. Ero al settimo cielo e le sue risate spensierate mi gonfiavano il cuore di felicità.
Forse fui colto dall'entusiasmo quando mi avvicinai pericolosamente al suo viso. La sua espressione disse tutto, non dovette neanche allontanarsi.
Indietreggiai immediatamente, capendo di aver superato il limite. Che razza di coglione.
Avevo rovinato un momento perfetto e solo perché non riuscivo a resistere alle sue labbra.
Ma era ovvio che lei non avrebbe mai ricambiato un mio bacio. Probabilmente per lei quella non era altro che un'uscita fra amici.
Sentii letteralmente il viso andarmi a fuoco e se avessi potuto, mi sarei volentieri sotterrato sotto terra.
"Dovremmo andare, si sta facendo buio." mormorò, alzandosi. Annuii in silenzio e la imitai.


Il tragitto di ritorno fu imbarazzante ed io mi sentii un'idiota tutto il tempo.
Non facemmo altro che scambiarci opinioni sul clima e sull'aria fresca che piano, piano ci stava avvolgendo sempre di più.
Avrei voluto offrirle il mio cappotto, ma non azzardavo più ad avvicinarmi a lei. Non dopo quella figura.
Una volta di fronte al Rammer Jammer, mi trovai seriamente in difficoltà. Non avevo idea di cosa fare o dire.
Lasciai semplicemente che la mia bocca si aprisse da sola. "Mi dispiace per.. averti quasi baciata." mormorai, completamente in imbarazzo.
Il suo piccolo sorriso mi rassicurò, altrettanto fece il bacio che mi lasciò sulla guancia.
"A me dispiace non avertelo lasciato fare." disse, prima di rivolgermi un ultimo sorriso ed entrare.
Sentii letteralmente la mia mascella raggiungere il marciapiede. L'aveva detto sul serio?


 
Harry


Rimasi in silenzio per minuti infiniti dopo che Ashley ebbe lasciato la mia stanza.
Perché la trattavo così? Era un fottuto meccanismo di difesa. Si, ero geloso marcio di Zayn e questo mi portava ad attaccarla.
L'avevo praticamente sbattuta fuori dalla mia stanza. Avevo fatto così tanta fatica ad entrare nelle sue grazie e adesso stavo rovinando tutto.
Le mie mani trovarono la cornice con la foto mia e di Katy. Per quale dannato motivo l'avevo ancora?
Ricordavo di averla inserita fra due libri per non vederla, troppo a pezzi per ricordare i momenti felici che avevo trascorso con lei. E poi l'avevo dimenticata lì. Come avevo potuto scordare di dargli fuoco?
La presi e senza pensare la scagliai contro la porta, il vetro si infranse in mille pezzi e solo un secondo dopo sentii dei passi pesanti sulle scale.
Sbuffai, iniziando a fare il conto alla rovescia. 3.. 2.. 1.. "Che diavolo combini?" chiese Gemma, spalancando la porta.
Puntò gli occhi a terra e trovò l'oggetto in mille pezzi. "Uh, distruggi le prove della tua relazione con Katy? Posso darti una mano?" chiese divertita.
"Sparisci." le ordinai, sdraiandomi e comprendimi il viso con il cuscino. "Ashley ci ha quasi rotto il portone di casa, sbattendolo con tutta la sua forza e tu hai attentato alla vita di quella cornice." disse.
"Sento puzza di discussione." aggiunse, traendo le sue conclusioni. "Che segugio." la presi in giro.
"Ti conviene portare il tuo culo da lei, adesso." disse. Spostai il cuscino dal viso e la guardai. "Suppongo di si." sospirai.
"Supponi bene." disse, mentre si abbassava a raccogliere i vetri rotti. Mi alzai e la superai, deciso a raggiungere la casa a fianco.


Salii le scale, sperando che lei si trovasse davvero in camera sua, come mi era stato detto da Christopher.
Ma non fu esattamente la persona che trovai una volta varcata la porta. Zayn era in piedi di fianco alla parete e scrutava i disegni appesi al muro. Appesi al muro da me.
Si voltò non appena avvertì la mia presenza e non mi rivolse la più amichevole delle espressioni.
Dal canto mio non avevo niente contro di lui, ma considerando che era la causa dei nostri litigi, non lo ripagai di certo con un sorriso.
"Dov'è Ashley?" chiesi, con tono distaccato. Non mi rispose, limitandosi a voltarsi e a fare qualche passo in mia direzione.
I rumori che avvertii in bagno risposero per lui. Ashley stava sbatacchiando qualsiasi cosa in quella stanza.
"Suppongo che sia tu la causa." disse, riferendosi ai rumori provenienti dalla stanza a fianco.
Non avevo dubbi di esserla, così come non avevo dubbi che il modo in cui si stava ponendo iniziava ad innervosirmi.
"Ed io suppongo che non siano affari tuoi." Il mio tono tagliente lo portò a fare un passo in avanti. Credeva di essere minaccioso o cosa?
"L'ultimo che l'ha fatta soffrire, è finito in ospedale." mi informò. La frase che forse avrebbe dovuto farmi intimorire, mi fece quasi ridere.
Troppe volte mi ero lasciato sottomettere e sinceramente, ero stufo. Non avrei permesso più a nessuno di intromettersi fra me e una ragazza. Soprattutto non fra me ed Ashley.
“Beh, doveva essere davvero scarso allora.” controbattei, sentendomi stupido per quello scambio di battute taglienti. Non eravamo bambini ed Ashley non era il premio in palio.
Lui era suo amico, dannazione, non poteva semplicemente farsi da parte e lasciare il compito del fidanzato a me? 
Non stavamo ancora insieme e non vantavo nessun diritto su di lei, ma prima che arrivasse lui, perlomeno, avevo un minimo di voce in capitolo.
Un sorriso sbilenco e divertito scoprì i suoi denti bianchi, i suoi piedi lo portarono ancora più vicino a me. “Non so qui, ma dalle mie parti avresti già i denti in mano. Quindi ritieniti fortunato.”
Ashley mi aveva accennato l’enorme differenza che c’era fra Wolverhampton e Long Beach. Era una realtà difficile, dalla quale provenivano individui come Zayn e Dean.
“Dalle mie parti siamo capaci di risolvere le questioni parlando. Non siamo tanto stupidi da dover ricorrere alle mani.” lo informai, sentendomi fin troppo pretenzioso.
Il passo che seguì, fu quello che lo portò su di me. Le mie parole lo avevano fatto infuriare e, come da copione, cercava di intimidirmi con le maniere forti. 
Poiché, come già sottolineato, non avrebbe potuto farlo in altro modo. “Ascoltami bene, razza di..“ 
“Zayn!” La voce di Ashley ci fece voltare entrambi. La sua espressione era furibonda e l’aspetto dei suoi capelli confermava la sfuriata che aveva avuto in bagno.
“Che accidenti succede qui?” chiese, avanzando nella stanza. Zayn fece un passo indietro, la sua espressione era adesso completamente diversa. Difronte a lei diventava un cagnolino.
“Mi mostrava come dalle vostre parti spaccate la faccia a chi ritenete una minaccia.” le risposi, con più naturalezza possibile. Una risata di scherno fuoriuscì dalle labbra di Zayn.
“Sei l’ultima persona che temo.” disse, con aria di superiorità. “Non quando si parla di Ashley.” gli feci notare. La sua mascella si contrasse, così come le sue mani, adesso chiuse in pugni.
“Devi passare sul mio dannato cadavere prima di poterti prendere gioco di lei, è chiaro?” chiese, alzando la voce. Ashley corrugò la fronte seccata e prima di fare un paio di passi verso la nostra direzione, sospirò.
Si fermò di fianco a Zayn e poggiò il mento sulla sua spalla, alzando lo sguardo alla ricerca degli occhi dell’amico. Zayn abbassò il viso e la guardò.
Successe qualcosa di strano sotto i miei occhi. Qualcosa che mi fece capire che io non potevo competere contro di lui e mai avrei potuto.
Un piccolo sorriso si formò sulle labbra di Ashley e il corpo di Zayn sembrò rilassarsi in un instante. “Non devi spaccare la faccia a nessuno.” gli disse. “E nessuno passerà sul dannato cadavere di nessuno.” aggiunse, ridendo.
Poi scivolò lontano da lui e guardò me, con un’espressione completamente diversa. Sembrò volermi trafiggere con lo sguardo ed io mi sentii un completo coglione.
Non sapevo neanche cosa diavolo stessi facendo in quella casa. Era ovvio che non avesse bisogno di me o delle mie spiegazioni. Perchè in ogni caso, aveva lui.
“Ti accompagno alla porta.” disse, con tono severo. Scossi la testa. “So dov’è.” risposi, altrettanto incazzato, prima di voltarmi e uscire dalla stanza.
Nonostante la mia risposta, avvertii i suoi passi alle mie spalle. Ma non mi voltai per accertarmene.
Mi seguì in silenzio per la maggior parte delle scale, prima di posare una mano sulla mia spalla e attirare la mia attenzione, chiamando il mio nome.
“Che vuoi?” chiesi, voltandomi bruscamente. Sobbalzò per il tono che utilizzai e si imbronciò. Non aveva il fottuto diritto di guardarmi in quel modo.
Mi aveva reso ridicolo e mi aveva fatto sentire una completa nullità, costringendomi a vedere quello scambio di sguardi e sorrisi. Come se io non fossi stato lì a due passi.
“Cosa accidenti era quello? Prima litighi con me e poi ti presenti qui ed attacchi il mio miglior amico?” chiese, adesso a braccia conserte.
Dovetti sforzarmi veramente tanto per non reagire in modo eccessivo, ma le sue domande mi misero a dura prova. Era completamente fuori di testa.
“È così scontato che sia stato io ad attaccare lui?” chiesi seccato. Perchè non potevo essere io quello ad essere stato attaccato?
Mi sorprese sospirando e sedendosi su uno degli scalini che stavamo in precedenza scendendo.
"Non è andata così, vero?" mi chiese. "Non è affatto andata così." confermai. "Ero venuto per.." sbuffai.
"E lui si è subito messo sulla difensiva, incolpandomi della rottura di qualsiasi elettrodomestico tu abbia rotto in quel bagno." dissi nervosamente.
"Eri venuto per..?" mi chiese. Serrai le labbra. Ero andato da lei perché mi ero sentito in colpa ma, adesso, non avevo più tanta voglia di scusarmi con lei.
"Per darti delle spiegazioni. Ma forse quelle dovresti essere tu a darle a me." borbottai, distogliendo lo sguardo.
"Inizia tu." disse, portandosi le ginocchia al petto ed abbracciandosele. Sospirai.
"Quella foto era in mezzo a quei libri perché volevo farla sparire e l'ho semplicemente dimenticata lì." dissi tutto d'un fiato. Non era possibile che stessimo veramente litigando per quello.
"Ho pensato.." Iniziò. "Cosa?" le chiesi, interrompendola. "Che fosse lì per ricordarmi i bei tempi con Katy? Perché non ne ho o meglio si, dannazione, li ho." Sbuffai.
"Ma sono stati spazzati nel momento in cui mi sono reso conto che lei ha finto tutto il tempo con me e questo lo sai meglio di chiunque altro." La mia voce si alzò per la frustrazione.
Mi offendeva il fatto che potesse pensare che provassi ancora qualcosa per Katy. 
Sapeva esattamente com'erano andate a finire le cose fra noi due, non poteva avere il minimo dannato dubbio.
Serrò le labbra e distolse lo sguardo. Potevo percepire che stesse subendo una lotta interna.
"Mi dispiace, ok?" sbottò improvvisamente. "Si, ho pensato che tu potessi sentire la sua mancanza o qualcosa del genere." spiegò.
"E si, lo so, è stupido. Ma anche io sono diventata stupida da quando sei entrato a far parte della mia vita, quindi non biasimarmi."
Corrugai la fronte, sinceramente confuso per ciò che aveva appena detto. Che diavolo voleva dire?
"Non vedi? Che sono completamente un'altra persona adesso? Sono una stupida, perché.. guardami, piango addirittura." disse asciugandosi velocemente una lacrima.
Schiusi le labbra. Sempre più confuso. Mai l'avevo vista piangere, mai.  E di motivi ne avrebbe avuti molti, invece si metteva a piangere adesso. Perché?
Allora capii perché si stava dando della stupida. Aveva finalmente abbassato le difese. Quei muri che tanto avevo combattuto, erano crollati.
E le emozioni avevano finalmente trovato un modo per entrare. Non era più un pezzo di ghiaccio. 
Solo che non era abituata, se non a provarli, sicuramente non ad esprimerli. Le veniva da piangere, e si sentiva stupida.
Mi inginocchiai di fronte a lei e le presi le mani, cercando di fargliele spostare dal viso. Ma lei scacciò la mia presa.
"No." disse poi, riportandole sugli occhi. Sospirai pazientemente e mi sporsi verso di lei.
Inclinai il viso e avvicinai le mie labbra al suo orecchio, sorreggendomi con le mani, poggiate ai lati del suo corpo.
"Preferisco tutta la vita questa Ashley, anche se è stupida." la informai, prima di baciarle l'orecchio.
Si sottrasse dal mio tocco per il fastidio, ma un secondo dopo si poggiò contro il mio braccio. Questo senza scoprirsi mai il viso.
Le baciai i capelli ed attesi in silenzio che si calmasse. Quando fu pronta, lasciò cadere le mani dai suoi occhi, mostrandomi le sue iridi leggermente lucide ed arrossate.
Ero arrabbiato con lei per il modo in cui si comportava con Zayn. Non era normale e non era accettabile.
Temevo che fra loro ci fosse più di un'amicizia. Perché, andiamo, io non avevo mai fatto gli occhi dolci a Sophie.
Ma non gliene avrei parlato adesso. Avevamo appena smesso di litigare e non avevo la minima intenzione di ricominciare a discutere.
"Mi dispiace per.. come me ne sono andata." iniziò. "Ho perso il controllo perché.. beh, suppongo di essere gelosa." aggiunse, quasi sottovoce.
Sorrisi contro i suoi capelli. "Ammettere il proprio problema è il primo passo per risolverlo." la presi in giro, meritandomi una botta a mano aperta da parte sua.
Risi e la strinsi a me. "So cosa provi." dissi, tornando serio. "Perché anche io sono irrimediabilmente geloso di te." confessai.
"Ed è per questo che continuo ad interrompere ogni momento mettendo in mezzo Zayn." aggiunsi.
"Ma non devi essere geloso di lui." disse, con la voce ovattata a causa del viso premuto contro il mio petto. "Siamo solo amici." aggiunse, ed io mi trattenni dal ridere sarcasticamente. 
"Gli amici non si guardano così." le feci notare. "Io e Zayn si." controbatté istantaneamente, cambiando tono di voce.
Non avevo voglia di litigare con lei e qualcosa mi diceva che affrontare quel discorso non ci avrebbe portati da nessuna parte.
"Tu e Zayn si." mormorai, carezzandole il braccio, mentre la stringevo sempre di più a me.


Giuro, credo di averlo partorito questo capitolo e non ne voleva sapere di uscire.
Questa volta non è colpa di nessuno, se non mia. Sono stata affetta dalla nota sindrome blocco dello scritture. Succede.
Spero perlomeno di essermi sbloccata bene e sia di vostro gradimento. Come al solito, sapete come farmelo sapere :)
Un bacio a tutte,
Michi x


P.s: Vi faranno sante per essere ancora qui con me.







 


 

 

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Capitolo 55
*** AVVISO ***


AVVISO
Per favore leggetelo tutto, è importante 


Buonasera ragazze,

mi rendo conto di essere sparita ma ormai siamo agli sgoccioli e non faccio a altro che stare con la faccia sui libri e quando ho un po’ di tempo libero fatico nel mettermi di nuovo a leggere e scrivere.

Quindi scusate, ma non me ne sono stata del tutto con le mani in mano in questo periodo, eh no belle mie, ho riletto tuuuutti i capitoli scritti fino ad ora, ho corretto gli errori (grazie a Dio penserete) e diciamo che mi sono “rimessa in pari”.

 

Vi spiego cosa ho intenzione di fare adesso: sinceramente comincio ad essere stufa di Efp, ogni volta devo trasformare il testo in html, poi pubblicarlo su facebook, taggarvi.. è un peso e ogni volta sbuffo per venti minuti.

Perciò, ormai lo sapete che ho una passione per wattpad, ed ho deciso di continuare a pubblicare la storia lì. Quindi non farò altro che pubblicarci tutti i capitoli e continuare ad aggiornarla lì.

 

Io spero che continuerete a seguirla, secondo me è più comodo anche per voi.

Vi arriva la notifica quando aggiorno, potete lasciare a metà un capitolo e lui vi tiene il segno, potete commentare anche una singola frase, piuttosto che non tutto il capitolo.

(Potete anche scegliere il colore della pagina e lo stile e la grandezza del carattere, sono stupida ma io lo amo ahaha).

 

Se continuerete a seguirla vi chiedo per favore di votarla e di tanto in tanto di commentarla, ci vogliono due secondi e a me fa un enorme piacere, perchè ci spendo del tempo e lo faccio perchè so che a voi piace, anche se principalmente mi piace scrivere, a prescindere se qualcuno legge.

 

Vi ricordo che al capitolo 37 di questa storia troverete la guida all’applicazione di Wattpad, anche se è stata aggiornata, ma più o meno funziona così (Quanto sono di classe? Vi ho fatto anche la guida, è na merda ma ci ho provato ahaha).

 

Che altro dire, vi aspetto lì perchè sono affezionata ad ognuna di voi e mi dispiacerebbe perdervi.

Mi trovate con il nickname di @Sprjng_ e alla prossima bimbe,

Michi x


P.s: Se i capitoli sono sfalzati è perchè il primo invece di contarlo come primo capitolo l'ho contato come prologo, quindi il secondo capitolo è diventato il primo, ciaaa.










 

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