The Great War di Lena Mason (/viewuser.php?uid=79324)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First ***
Capitolo 2: *** Second ***
Capitolo 3: *** Third ***
Capitolo 4: *** Fourth ***
Capitolo 5: *** Fifth ***
Capitolo 6: *** Sixth ***
Capitolo 7: *** Seventh ***
Capitolo 8: *** Eighth ***
Capitolo 9: *** Ninth ***
Capitolo 10: *** Tenth ***
Capitolo 11: *** Eleventh ***
Capitolo 12: *** Twelfth ***
Capitolo 13: *** Thirteenth ***
Capitolo 14: *** Fourteenth ***
Capitolo 15: *** Fifteenth ***
Capitolo 16: *** Sixteenth ***
Capitolo 17: *** Seventeeth ***
Capitolo 18: *** Eighteenth ***
Capitolo 19: *** Nineteenth ***
Capitolo 20: *** Twentieth ***
Capitolo 21: *** Twenty-first. ***
Capitolo 22: *** Twenty-second. ***
Capitolo 23: *** Twenty-Third ***
Capitolo 24: *** Twenty-fourth ***
Capitolo 25: *** Twenty-Fifth ***
Capitolo 1 *** First ***
Naruto
Dopo più di un anno torno nel fandom di Naruto, sperando che la
storia sia gradita.
Alcune note prima di lasciarvi al capitolo: in questa fan fiction il massacro
degli Uchiha non c’è mai stato, ergo il Clan è prospero e felice, per quanto
possano esserlo gli Uchiha, ovviamente. Quindi Itachi è ancora Santo, ma non
per quello che ha fatto nel manga e vi saranno anche Mikoto, Fugaku, Shisui e
qualche Uchiha di mia invenzione.
Qui trovate le schede dei vari personaggi
che compariranno nella fic, ma se non volete spoiler non guardateli.
Vi aspetto nei commenti!
First
Quel sei novembre era una giornata ordinaria a Konoha: il clima,
nonostante il periodo, era ancora piuttosto mite, gli shinobi viaggiavano da un
palazzo all’altro saltando sui tetti, mentre i civili aprivano le loro
attività.
Il Team Sette era di ritorno da una missione particolarmente
ostica, poiché si erano recati come scorta di uno dei daimyō preso di
mira dall’organizzazione che stava dando numerosi grattacapi a tutti i
villaggi: l’Akatsuki.
Dell’organizzazione, soprattutto grazie agli sforzi combinati dei
vari villaggi, erano rimasti pochi membri e alcuni di loro erano tutt’ora
sconosciuti.
Konoha, con l’intervento di Suna e Kumo, era riuscita a uccidere
Akasuna No Sasori, Deidara e Kakuzu, mentre Hidan, il compagno di quest’ultimo,
essendo immortale, era stato imprigionato da Shikamaru Nara nella foresta
appartenente alla sua famiglia. Il ragazzo era così riuscito a vendicare la
morte del suo amato maestro Asuma Sarutobi.
Degli altri membri si conosceva solo l’identità di Kisame
Hoshigaki, uno dei Sette Spadaccini della Nebbia e alcune informazioni sul capo
dell’organizzazione stessa che si faceva chiamare Pain.
Le informazioni su quest’ultimo erano state lasciate loro da
Jiraiya, morto proprio durante il combattimento contro lo shinobi misterioso:
alcune di esse erano ancora in fase di decrittazione e l’autopsia sul corpo di
uno dei nemici era in corso, poiché era un procedimento lungo e delicato.
«Ah, sono proprio stanco, dattebayo!» si lamentò il biondo del
gruppo, Naruto Uzumaki, sedici anni solo all’anagrafe.
« Stanco? Ma se abbiamo salvato il daimyō senza il tuo aiuto!»
rimbeccò l’altro componente maschile del Team Sette, Sasuke Uchiha, sedici anni
e molto più maturo dei suoi coetanei. O per lo meno di Naruto.
«Sasuke-kun ha ragione, baka. Sono stati lui è Kakashi-sensei a
sconfiggere i nemici» si aggiunse la voce del componente femminile, Sakura
Haruno coetanea dei due ragazzi e cresciuta sotto gli insegnamenti di Tsunade
Senju, Godaime e Sannin leggendario.
«Siete così meschini, dattebayo!» piagnucolò Naruto,
che appena sentì nell’aria l’odore del suo amato ramen, scattò verso il chiosco
di Teuchi.
«Eccolo, è andato. Non cambierà mai, nemmeno tra cent’anni» disse
Sakura che scuoteva la testa, ma aveva anche un bel sorriso: dopo tutto Naruto
era il suo migliore amico.
«Senti Sakura. Fai tu rapporto alla Godaime? Ho una riunione del
Clan e se manco anche questa volta mio padre me la farà pagare» le chiese
Sasuke.
« D’accordo, ma la prossima volta sarà il tuo turno, anche perché
non possiamo lasciare che sia Naruto a farlo» acconsentì la ragazza. Da quando
era cresciuta, il rapporto con Sasuke era cambiato notevolmente: lei non
spasimava per lui in modo plateale come in passato, mentre lui si limitava a
far finta di non sapere che in realtà la sua compagna di team aveva ancora un
certo interesse.
I due si separarono: la prima verso il palazzo dove risiedeva la
sua sensei, il secondo verso il quartiere dove il suo clan aveva dimora.
*
Kakashi, dopo aver brevemente salutato i suoi compagni di Team, si
era dileguato appena varcate le soglie del villaggio: non vedeva l’ora di
andarsene a casa e leggersi il volume di Icha Icha Paradise lasciato a metà.
Dopo la tragica dipartita dell’autore, il Sannin leggendario
Jiraiya, si era ritrovato obbligato a rileggere tutti i vecchi volumi, ma non
se ne lamentava: ad ogni lettura scorgeva particolari nuovi ed entusiasmanti.
Si stava già pregustando il prossimo volume, quando vide Iruka e
Genma venire verso di lui: quando lo scorsero, lo raggiunsero in fretta e gli
bloccarono ogni eventuale fuga.
«Kakashi è inutile che fuggi. La Godaime ci ha convocati. Andiamo»
gli disse Genma, afferrandolo da un braccio, mentre Iruka si occupava
dell’altro, trascinandolo poi verso il palazzo al centro del villaggio.
Poteva dire addio alla sua tranquilla e agognata giornata di
lettura.
Sakura era davanti alla porta dell’ufficio di Tsunade quando sentì
delle voci che conosceva: dal fondo del corridoio vide spuntare Iruka e Genma
che trascinavano un Kakashi recalcitrante.
«Kakashi datti una calmata! Tanto se non eravamo noi a portati a
rapporto, ti avrebbe fatto recuperare da un Uchiha» gli disse Genma.
«Kakashi-sensei, sei sempre il solito. Ti hanno rovinato la
giornata di letture?» gli chiese Sakura in tono divertito, appena furono a
portata di voce.
«Oh, Sakura-chan! Che piacere rivederti!» la salutò Iruka «Anche
tu convocata dalla Godaime?».
«No, Iruka-sensei. Sono qui per fare rapporto, poiché gli uomini
del mio Team sono degli scansafatiche» rispose Sakura guardando Kakashi, prima
di bussare.
La voce della Godaime le diede il permesso di entrare: appena
varcò la soglia dell’ufficio, vide la scrivania completamente ricoperta da
documenti che attendevano revisione e firma della donna, alcune schede di
shinobi erano sparse a terra e su una di quelle stava placidamente sdraiato
Tonton il maialino amico di Tsunade.
«Oh, Sakura. Sei tu! La missione è andata bene?» chiese la donna,
che come sempre portava i capelli biondi di due codini bassi.
«Sì, a parte qualche piccolo intoppo al confine con il villaggio
Amegakure: lì alcuni shinobi ci hanno attaccati, ma Kakashi-sensei e Sasuke-kun
li hanno sistemati. Il daimyō era molto soddisfatto del lavoro».
«Bene, per ora mi basta questo come rapporto. Domani portami uno
scritto più dettagliato, ora ho da fare con i tre che sono fuori ad aspettare.
Soprattutto prima che Kakashi riesca a sfuggirmi» disse la donna, sorridendo
divertita e leggermente sadica alla ragazza di fronte, la quale sorrise a sua
volta e lasciò l’ufficio, diretta verso casa.
Kakashi, ormai rassegnato, Iruka e Genma entrarono nell’ufficio
una volta che Sakura fu uscita e la kunoichi notò che i tre non avevano sguardi
seri o preoccupati per quella convocazione, ergo ciò che la Godaime doveva
dirgli era una bella notizia, probabilmente.
Camminando per le vie del suo villaggio Sakura poté apprezzarne
tutta la bellezza solitaria, prima che la gente iniziasse a fluire per le vie,
i bambini a correre e giocare nei prati e le nuove reclute dell’accademia
iniziassero ad allenarsi qua e là.
Era ormai prossima a raggiungere casa sua, quando vide una ragazza
con lunghi capelli neri che veniva nella sua direzione: Hinata Hyūga , in
compagnia del cugino, l’aveva già avvistata e le stava sorridendo.
«Ohayō, Sakura-chan!» la salutò, una volta a portata di voce.
«Ohayō, Hinata-chan, Neji-san» replicò la rosa, mentre Neji si
affrettava a ricambiare il saluto.
«Sei di ritorno da una missione?» chiese proprio l’algido e
composto cugino di Hinata.
«Hai! Ho anche fatto rapporto alla Godaime. Ora me ne
andrò a casa e dopo un bel bagno, mi riposerò! Sopportare Naruto per cinque
giorni è più stancante che combattere contro Orochimaru in persona!» disse la
kunoichi, ridendo.
«Naruto-kun sta bene?» chiese Hinata, timida come sempre quando
una questione riguardava il biondo iperattivo di Konoha.
«Sì, stiamo tutti bene, non ti preoccupare» le rispose Sakura,
sempre intenerita dalla timidezza di Hinata nei confronti del suo compagno di
Team, il quale, d’altro canto, era talmente dobe che ancora
non si era reso conto dell’interesse che la bella Hyūga provava per
lui.
« Lo trovate da Ichikaru come al solito, se volete incontrarlo. Io
ora vado, a più tardi!».
Sakura fece esattamente ciò che aveva detto a Neji: dopo un’ora di
bagno, si infilò a letto e si addormentò immediatamente.
*
Nel contempo Sasuke era appena uscito dall’incontro con gli altri
del clan: era stato fortunato poiché era durato poco meno di un’ora, a
differenza di altri che potevano protrarsi anche per mezza giornata.
Suo fratello maggiore stava in quel momento parlando con uno dei
capofamiglia più importanti del clan: Hideki Uchiha, vicecapitano della polizia
di Konoha.
A Sasuke non era mai particolarmente piaciuto quell’uomo,
soprattutto perché era sempre viscido, leccapiedi e ogni volta trovava un
pretesto per parlare con Itachi e lui sapeva di cosa, o meglio di chi: sua
figlia era molto interessata al genio del clan e non ne faceva segreto.
E ovviamente Sasuke non sopportava nemmeno lei: Itachi era il suo
Nii-san e per quanto lo riguardava nessuna era degna di stare
al suo fianco.
Sasuke rimase ad attendere il fratello per qualche minuto e lo
vide salutare l’uomo, prima di avvicinarsi:
«Ancora quello sguardo, otōto? Tutte le volte che mi vedi parlare
con Hideki-sama disapprovi, come mai?» gli chiese Itachi.
«Tch. Come se non sapessi perché quell’uomo ti sta così addosso
…».
« Lo so, Sasuke, lo so. Hideki-sama è, però, molto importante e
influente all’interno del clan e come prossimo successore di nostro padre non
posso inimicarmelo, capisci?».
«Certo che lo capisco, ma non lo sopporto comunque. Dove sono
Otōsan e Okaasan?».
«Stanno discutendo una questione con l’anziano Denbe-dono. Hanno
detto di andare a casa senza aspettarli».
«Hai idea di cosa debbano discutere?».
«A quanto pare è una comunicazione della Godaime strettamente
riservata, quindi non se sapremo mai nulla» rispose il maggiore degli Uchiha,
facendo segno al minore di seguirlo verso casa.
Proprio fuori dal luogo in cui si tenevano tutti gli incontri del
clan stava la figlia di Hideki, in apparente attesa del padre, ma Sasuke la
vedeva diversamente e come lui anche un’altra Uchiha: Ayane figlia unica di
Kaito Uchiha e la sola che Sasuke riuscisse minimamente a sopportare tra le
ragazze del suo clan.
Saori Uchiha, colei che possedeva lo Sharingan più potente tra le
femmine del clan, era sicuramente in attesa di Itachi. Era una ragazza dai
lunghi capelli neri e, assurdo per un Uchiha, aveva occhi verdi. Non era molto
alta, ma Sasuke non poteva dirle nulla per quanto riguardava il fisico:
allenata e dalle forme piene era sicuramente una bella ragazza, fino a quando
non parlava.
Ayane alzò gli occhi scuri al cielo in evidente segno di
compatimento quando la vide alzarsi di scatto alla vista di Itachi, sistemarsi
i lunghi capelli neri e allargare un sorriso abbagliante.
Ayane era invece un’Uchiha classica: capelli scuri, tendenti al
blu e occhi neri.
Come Shisui non mancava mai di rimarcare, era una delle Uchiha più
dotate in alcune parti del corpo, nonostante fosse per lo più di corporatura
esile e alta qualche centimetro in meno di Saori
Sasuke visto lo sguardo della ragazza dovette mascherare uno
sbuffo divertito con un colpo di tosse per evitare di offendere Saori: dopo
tutto suo fratello aveva ragione a voler tenersi buono il padre di questa.
«Konbawa Itachi-san» salutò Saori, ignorando Sasuke di proposito,
il quale preferì soprassedere e si allontanò lasciando suo fratello da solo a
vedersela con la vipera.
Si avvicinò invece ad Ayane, che aveva preso a imitare Saori,
usando Shisui come sostituto di Itachi ed entrambi ridevano come ossessi.
«Vedo che vi state divertendo. Quando crescerete? ».
«Oh, ma Sasuke-kun noi siamo già grandi! Io ho ventitré anni e
Ayane venti!».
«L’età anagrafica non c’entra, baka! È quella
celebrale che si è fermata a dieci anni».
«Yare, yare. Sasuke forse sei tu quello che è troppo vecchio
mentalmente. Comunque stavamo facendo una scommessa, vuoi partecipare?» gli
chiese Ayane.
«Che tipo di scommessa?».
«Abbiamo scommesso quanto tempo ci vorrà ad Itachi-san per mandare
al diavolo Saori-chan! Tu cosa dici? Io ho puntato 640 ryō* su un anno.
Itachi-san ha una pazienza infinita dopo tutto …» disse Ayane.
«Io dico sei mesi invece e ci ho puntato mille ryō! Vedrai,
vincerò!».
«Io punto duemila ryō che non la manderà mai al diavolo» disse
Sasuke, porgendo i soldi al cugino che li guardò con tanto d’occhi.
«Ne sei sicuro, Sasuke? Tuo fratello è sì paziente, ma prima o
poi Saori-chan lo troverà in un giorno no…».
«Mio fratello, a differenza di un certo cugino, ha troppo a cuore
il nostro clan per mandare al diavolo la figlia di Hideki-sama» spiegò loro
Sasuke.
«Lo vedremo, Sasuke-kun!» gli disse Shisui, sorridendo divertito,
come se lui sapesse qualcosa che gli altri ignoravano.
«Andiamo, baka! Domani abbiamo una missione e non ho
intenzione di arrivare tardi perché tu hai dormito troppo» gli disse Ayane,
afferrandolo per un orecchio e trascinandolo via.
Alle spalle di Sasuke apparve Itachi, liberatosi di Saori, che si
stava allontanando con il padre.
«Di cosa discutevate?» gli chiese.
«Della vostra missione di domani» mentì Sasuke.
«Vanno sempre molto d’accordo, vero?» chiese Itachi e, anche se
solo Sasuke la sentiva, aveva ancora quella nota malinconica nella voce.
«Nii-san, dovresti fartela passare, sai? Sono passati quattro anni
ormai» gli ricordò Sasuke.
«Hai ragione, Otōto. Andiamo a casa» disse Itachi, ma Sasuke non
era per niente convinto dalle sue parole.
*un ryō corrisponde a 10 yen. Ho calcolato che 50 euro sono circa
6330 yen, perciò 640 ryō per eccesso.
Nda: Benvenuti alla fine
del capitolo, miei prodi. Allora non ho nulla da dire su questo capitolo, che è
stato più che altro un’introduzione.
Volevo cogliere l’occasione
per fare una piccola pubblicità ad un fandom non molto frequentato: Hakuouki.
Qui vi troverete delle belle storie su quest’anime e se non lo avete ancora
visto, ve lo consiglio.
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Capitolo 2 *** Second ***
second
Second.
Sakura si
svegliò al tramonto con un po’ di stordimento: non era abituata a dormire così
tanto durante il giorno, poiché sempre impegnata tra gli allenamenti e
l’ospedale in cui prestava servizio.
Si alzò di
malavoglia dal letto caldo e scese in sala dove la sua famiglia era riunita
prima della cena: suo padre leggeva il giornale, mentre la madre era in cucina
a preparare da mangiare.
«Oh, ecco
qui la dormigliona! Dovevi essere parecchio stanca eh, Sakura-chan?» le disse
sue padre a mo’ di benvenuto, sorridendole «Sono felice di vedere che sei tutta
d’un pezzo!».
«Grazie,
Otōsan. Ero davvero distrutta. In questi cinque giorni ho dormito poco
per via dei turni di guardia e altro» ammise la kunoichi, stiracchiandosi e
sbadigliando.
«È passata
Ino-chan a cercarti. Dovresti andare a vedere cosa voleva, sembrava parecchio
agitata».
«La devo già
incontrare dopo cena, così le chiederò spiegazioni. Anche se sono sicura che
non sarà nulla: si agita sempre per niente. Probabilmente ha trovato una doppia
punta nei capelli».
«Sakura-chan,
non essere così crudele! Ino-chan è sempre stata tua amica, no?» la riprese sua
mamma, arrivata in sala dalla cucina, alla quale era collegata.
«Hai, hai. A parte quando entrambe
cercavamo di attirare le attenzioni di Sasuke-kun, siamo state sempre ottime
amiche».
Ino nel
frattempo si trovava ancora al negozio di fiori e, sotto lo sguardo assonnato
di Shikamaru e il rumore della masticazione di Chōji, camminava avanti e
indietro.
«Ino, se non
ti fermi finirai con lo scavarci un fosso in quel pavimento» disse Shikamaru,
strascicando come al solito le parole.
«Ma sta’
zitto! Ti rendi conto che Sakura è l’unica che non lo sa?».
«Sì, Ino. Lo
sappiamo. Lo hai ripetuto centinaia di volte, ormai. Quando vi vedrete dopo
cena le dirai tutto. Perché ti preoccupi tanto?» chiese Shikamaru, incapace di
capire perché tanta fatica per una questione che lui riteneva banale.
«E se
dovesse tornare prima che Sakura lo sappia? Pensa che shock se la
incontrasse!».
«Ma che
shock! Sarebbe solo felice, Ino. Quindi ora calmati e fai un po’ di silenzio».
Shikamaru
aveva gli occhi chiusi e se non fosse stato per Chōji, che lo aveva bloccato con
una mano ingrandita, un vaso con tanto di fiori e acqua lo avrebbe colpito in
pieno.
Quando
Sakura uscì quella sera notò che la maggior parte dei paesani parlottava tra
loro e si sentiva una certa agitazione nell’aria: forse, questa volta, Ino non
si era agitata per niente.
Un’ipotesi
dopo l’altra cominciò a formarsi nella mente di Sakura: qualcuno voleva
attaccare il villaggio? Qualche Team in missione era stato attaccato e i
componenti morti o feriti gravemente?
Riuscì a
calmarsi un attimo solo quando vide la lunga coda di Ino ondeggiare a ritmo del
passo tra la folla, poco più avanti di lei.
Sgusciando
tra le persone riuscì a raggiungere l’amica e toccarla sulla spalla per
attirare la sua attenzione.
Ino si voltò
di scatto verso chi l’aveva toccata e, quando vide Sakura, emise un versetto
con voce acuta e trascinò la ragazza lontana dalla folla.
Sasuke,
costretto da Naruto che si era presentato davanti casa sua, si trovava a vagare
per le strade di Konoha quando vide due capigliature conosciute: Ino e Sakura
si stavano allontanando dalla folla verso una delle stradine laterali.
«Dobe. Cosa
hanno in mente quelle due?».
«Eh? Ah,
intendi Sakura-chan e Ino-chan? Non ne ho idea, ma so che Ino oggi si
comportava in modo strano o così mi ha detto Kiba».
«E ti fidi
della parola di quello? Tch. Sarà un altro dei loro pettegolezzi inutili» disse
Sasuke, mettendo da parte la questione, fino a quando una voce strascicata non
attirò la sua attenzione.
«Questa
volta ti sbagli, Sasuke».
Il
passaparola su ciò che agitava Ino fece velocemente il giro di Konoha e tutti
sapevano il segreto prima della mezzanotte.
Colui che
aveva sparso la voce per primo altri non era che Kakashi Hatake che,
soddisfatto di aver scelto Ino per quel compito, se ne stava seduto pacifico su
un albero con in mano il suo immancabile volumetto.
*
Il Team Anbu
capitanato da Itachi, di cui facevano
parte Shisui e Ayane, era stato mandato in un paese poco distante da Konoha
perché si pensava che fosse stato avvistato un membro dell’Akatsuki.
Ovviamente
l’informazione si era rivelata un buco nell’acqua e stavano già tornando verso
Konoha.
«Abbiamo
perso quasi un’intera notte di sonno e una mattinata per nulla!» si lamentò
Shisui.
«Come se
avessi qualcos’altro di importate da fare!» rispose Ayane.
«Certo!
Kakashi-sensei mi ha passato il primo volume di Icha Icha Paradise e devo ancora
iniziarlo!».
«Quindi
Kakashi-sensei sta deviando anche te?» chiese Itachi.
«Perché? Non
dirmelo: ha provato a farli leggere anche a te?» chiese Shisui, completamente
sbalordito.
«Hai. Secondo lui potevo imparare
qualcosa da quei libri e, soprattutto, sciogliermi un po’. O così mi ha detto
allora».
«Ma quanti
anni avevi?» chiese Ayane.
«Tredici».
« Non ci
posso credere. Far leggere certe cose a un ragazzino di tredici anni.
Kakashi-sensei è senza speranza» concluse il discorso Ayane, scuotendo la testa
sbigottita dal comportamento di chi dovrebbe crescere i ragazzini verso la
retta via.
«Non vedo
l’ora di arrivare a casa. Oggi Okaasan cucina l’oden!» disse Shisui, già con
l’acquolina alla bocca.
«Io invece
devo incontrarmi con le altre da Ichikaru. A quanto pare devono dirmi qualcosa
di importante» disse Ayane« E tu, Itachi Taichō, cosa farai questa sera?».
«Abbiamo
ospiti a cena. La famiglia di Hideki-sama».
Shisui non
disse nulla: si limitò a far finta di vomitare, ricevendo uno scappellotto da
Ayane proprio sulla nuca.
I tre Anbu,
dopo aver fatto rapporto a Tsunade erano in direzione di casa, quando Ayane
sentì una voce chiamare il suo nome: Ino, correndo alla velocità della luce,
afferrò la ragazza in corsa e la trascinò lontana dagli altri due Uchiha.
«Mi stupisco
sempre di vedere quanta energia abbia quella ragazza» disse Shisui.
Itachi non
disse nulla: sentiva tirare una strana aria a Konoha, un misto di tensione e
impazienza.
Gli stessi
sentimenti che animano le persone quando qualcosa di molto bello, o brutto, sta
per accadere.
*
Quattro
figure correvano alla massima velocità tra gli alberi sempreverde che
crescevano nella terra del fuoco: erano in viaggio da quattro giorni e non
vedevano l’ora di arrivare a destinazione per riposarsi.
«Manca
ancora molto?» chiese una voce maschile.
«No, e
piantala di chiederlo! Lo hai fatto venti volte negli ultimi dieci minuti!»
rispose la voce di una femmina, alterata e prossima al crollo nervoso.
«Voi due
litigate come al solito. Mi mancheranno i vostri battibecchi» disse un’altra
voce femminile.
«Ma ti
verremo a trovare più spesso possibile e tu dovrai fare altrettanto»
s’intromise una terza voce, anche questa di donna.
I quattro
figuri tacquero quando davanti a loro si stagliò un enorme portone di colore
verde: erano giunti alla loro meta, il villaggio di Konoha.
Una volta
che questo si fu aperto, si ritrovarono davanti cinque shinobi della foglia:
due erano i guardiani di turno all’ingresso, mentre gli altri tre erano
Kakashi, Genma e Iruka.
«Oh, guardate.
Abbiamo il comitato di accoglienza. E ora cosa faremo? Se dovessi attaccarli li
ucciderei. Se li uccidessi diventerei nemico della foglia. Se divenissi nemico
della foglia, non potrei più vederti..» disse l’unico componente maschile del
team.
«Omoi! Chiudi
quella bocca! Nessuno ucciderà nessuno» intervenne la stessa voce che nella
foresta lo aveva ripreso per le sue insistenze: era una ragazza dalla
carnagione scura, con occhi dorati e capelli rossi di nome Karui.
«Datevi una
calmata entrambi» li divise la leader del gruppo, una donna dai capelli corti e
biondi, occhi azzurri, seno prosperoso: Samui, la più seria e forte del team.
Il quarto
componente del gruppo era rimasto in silenzio a fissare gli shinobi a lei di
fronte. Rimase immobile fino a quando Kakashi non le disse:
«Yo, Shirai
Nakamura. Bentornata ».
A quel punto
la ragazza si lanciò verso gli shinobi afferrando malamente Kakashi e Iruka,
tanto che cozzarono le teste uno con l’altro.
«Sono così
felice di rivedervi! Non siete cambiati per niente!» disse la ragazza, mentre
lasciava andare i due, per afferrare il terzo shinobi che per il colpo quasi
non inghiottì lo stuzzicadenti che portava sempre tra le labbra.
«Sono felice
persino di rivedete te, Genma-san!».
«Ohi, questo
non era per niente gentile!».
La ragazza
smise di dar retta allo shinobi, il quale si depresse, e si rivolse a Kakashi:
«Allora, quanti
sanno del mio ritorno? ».
« Perché
supponi che lo abbia detto a qualcuno?».
La ragazza
lo guardò con le sopracciglia inarcate costringendo Kakashi alla resa
immediata: confessò di esserselo fatto sfuggire casualmente mentre parlava con Ino e la ragazza aveva poi fatto il
resto.
«Quindi lo
saprà tutta Konoha, ormai. Bene, abbiamo il permesso per entrare?» chiese la
ragazza ai due guardiani dell’ingresso, i quali diedero il consenso a tutto il
Team di passare.
«La Godaime
vi sta aspettando. Meglio passare per i tetti» suggerì Iruka, balzando poi per
primo.
Raggiunsero
il palazzo di Tsunade velocemente e quando la donna vide Shirai la stritolò in
un abbraccio che probabilmente aveva rotto qualche costola alla ragazza.
Passarono
poi alle presentazioni formarli: Samui, Karui e Omoi erano i componenti del
team al quale apparteneva Shirai ed erano stati allievi dell’Hachibi.
«Vi
ringrazio infinitamente per esservi presi cura di lei in questi anni. Devo dire
che sei cresciuta parecchio, Shirai».
«Vero! Però
non ho ancora le sue tette, Tsunade-sama!» disse la ragazza, facendo
sghignazzare Kakashi sotto la maschera.
«Vedo che il
vizio delle battute sempre pronte non lo hai perso! Meglio così, dopo tutto
questa è la Shirai che conosco!» rispose la Godaime,stando allo scherzo.
«Ora che è
tutto sistemato, posso tornare davvero a casa? Posso davvero restare qui?»
chiese Shirai, improvvisamente seria.
«Sì, non ci
sono più motivi per tenerti lontana. E nessuno ne troverà altri finché sarò io
a guidare questo villaggio» rispose decisa la donna al di là della scrivania,
prima di rivolgersi ai tre stranieri «Sappiate che apprezzo davvero molto ciò
che il vostro villaggio ha fatto per il nostro, proteggendo e allenando Shirai.
Informate il Raikage che la nostra alleanza è più forte che mai. Ora prendete
queste e andate a riposarvi, ve lo meritate» Tsunade porse ai tre delle chiavi,
le quali aprivano alcune delle stanze presenti nel palazzo adibite ad ospitare
shinobi in visita.
Shirai
salutò i sensei e i compagni di team, prima di scattare verso casa usando
sempre i tetti come via: non voleva incontrare nessun altro prima della sua
famiglia.
Era stata
lontana per quattro lunghi anni e si era persa la promozione del fratello a
chūnin avvenuta proprio all’inizio dell’anno corrente, l’anniversario di
matrimonio dei suoi, i compleanni di tutta la sua famiglia e aveva festeggiato
il suo ventesimo compleanno in un villaggio straniero.
«Se solo
quel giorno non fosse accaduto nulla…» borbottò tra sé e sé, quando scorse in
lontananza casa sua.
Sorrise
radiosa a quella vista e con qualche altro balzo, atterrò con grazia proprio
davanti all’ingresso: prima che potesse suonare, la porta si aprì e davanti a
lei stava un ragazzo di sedici anni con corti capelli castani e occhi ambrati,
i lineamenti ancora un po’ infantili e uno sguardo stupito.
«Oh come sei
diventato alto, Kai-nii!» fu la prima cosa che uscì di bocca a Shirai Nakamura
di fronte al fratello che non vedeva da quattro anni.
«Tu invece
sei rimasta la solita cretina, Shira-nee» rispose lui, prima di afferrare la
sorella maggiore da un polso e abbracciarla forte «Mi sei mancata».
Shirai
ricambiò l’abbraccio del suo fratellino, che ora la superava di otto centimetri
in altezza, e rispose: «Anche tu, peste».
Sentendo
delle voci una donna minuta con capelli neri e occhi azzurro cielo, si sporse
dalla porta della sala per chiedere al figlio chi fosse alla porta, ma quando
incontrò due occhi grandi occhi ambrati appartenenti a una ragazza sui
vent’anni, il piatto che aveva in mano cadde a terra, andando in frantumi.
«Shirai-chan,
sei davvero tu?» chiese, sconvolta la donna.
Shirai,
prima di rispondere, assaporò appieno la voce dolce della madre che non sentiva
da quattro lunghi anni, e poi disse, mentre la donna iniziava a piangere:
«Tadaima, Okaasan»
«Okaeri,
tesoro mio» rispose la donna, prima di correre dalla figlia, abbracciarla e
iniziare entrambe a piangere sotto lo sguardo schifato di Kai.
«Femmine»
disse il ragazzo prima di uscire e andare a recuperare l’ultimo componente
della famiglia: suo padre Akito.
Il ragazzo
decise erroneamente di camminare per strada e si accorse immediatamente che
alcuni lo guardavano in modo strano: forse gli abitanti di Konoha sapevano del
ritorno di sua sorella?
«Impossibile.
La Godaime ha richiesto la massima segretezza…» si auto convinse il ragazzo,
quando vide il negozio di famiglia in vista.
Suo padre
era impegnato con una signora che apparteneva al clan degli Hyūga : a quanto
pare era lì per ordinare un kimono formale per Hiashi, il padre di Hinata e
Hanabi. Akito era un uomo mediamente alto, dalla corporatura piuttosto esile,
ma allenata con capelli ed occhi scuri. Il viso era segnato un po’ sia dalle
missioni che dallo scorrere del tempo ed aveva un lieve accenno di barba.
Quando Akito
vide il figlio in negozio, con lo sguardo serio, capì al volo cosa era successo
e, chiamando il ragazzo che lo aiutava quando Hisako non poteva, uscì con Kai,
in direzione di casa.
Come il
figlio prima di lui, si accorse degli sguardi curiosi che i loro vicini gli
lanciavano, ma li ignorò: ora la cosa più importante era rivedere sua figlia.
Quando varcò
la soglia di casa, sentì la risata di sua moglie, serena e cristallina come non
la sentiva da quattro anni e la voce divertita di sua figlia.
Appena ne
incrociò lo sguardo ambrato sorrise: era cambiata e cresciuta, ma in quegli
occhi poteva ancora vedere la stessa ragazza che era stata obbligata ad
andarsene quattro anni prima.
Nda:
ringrazio chi ha messo la storia tra preferiti/seguite/da ricordare e chi ha
recensito. Nel primo capitolo mi sono dimenticata di accennare che il simpaticissimo
personaggio di Saori Uchiha è stata creata con l’aiuto di Yunalesca Valentine,
che mi ha scelto il nome e qualche altra cosuccia!
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Capitolo 3 *** Third ***
third
Third.
Shirai decise di andare in giro per
il villaggio, dopo aver passato tutto il pomeriggio con la famiglia ed essersi
lavata e cambiata: la Godaime non le aveva vietato di farsi vedere, ergo non
faceva nulla di sbagliato.
Sperava solo di incontrare le persone
giuste: non voleva rovinarsi la prima giornata a Konoha con qualche incontro
sgradevole.
E la fortuna era dalla sua parte: da
lontano scorse un’inconfondibile chioma bionda, accompagnata da una rosa
pastello.
Si avvicinò piano alle due kunoichi,
annullando la sua presenza e fece loro prendere un infarto quando gridò:
«Ohayō!».
Le due kunoichi fecero un salto sul
posto per la sorpresa e Shirai si mise a ridere:
«Oh, andiamo! Che Kunoichi siete se
persino io riesco a spaventarvi?» disse alle due che, ancora spaventate,
iniziarono a capire solo in quel momento chi fosse la causa del loro quasi
infarto.
«Non ci posso credere…» disse Ino,
mentre sentiva già le lacrime salirle agli occhi.
«Sei davvero tu, Shirai-chan?» chiese
Sakura, mandando indietro il groppo che le si era formato in gola.
«Hai,
sono io! In carne, ossa e capelli lunghi!» rispose la ragazza indicando il
poco carino “cipollotto” che aveva sulla testa.
Sakura e Ino, però, non erano per
niente interessate ai suoi capelli: infatti si gettarono addosso alla ragazza,
gridando di giubilo e saltando come tre bambine.
I loro schiamazzi attirarono altre
attenzioni e ben presto tutti gli shinobi coetanei di Ino e Sakura erano lì,
pronti a dare il bentornata a Shirai.
L’ultimo ad arrivare, in compagnia
del suo amico di sempre, fu Naruto: mentre Sasuke parlava della prossima
missione, il biondo si bloccò in mezzo alla strada, guardando verso il
campanello di persone che si era formato vicino al campo di allenamento numero
due.
«Dobe, quando ti parlo dovresti
ascoltarmi» lo riprese Sasuke, ma Naruto non lo ascoltava ancora e così
l’Uchiha guardò in direzione del gruppo che aveva attirato le attenzioni del
compagno di Team e, se all’inizio non capì cosa ci fosse di particolare, poi
vide chi c’era nel mezzo: Shirai Nakamura, cresciuta di
quattro anni, sorrideva a tutti e quando i suoi occhi ambrati si posarono su
Naruto, questi iniziò a correrle incontro, facendosi largo tra i suoi compagni
shinobi e buttando a terra anche Kiba.
Non disse niente il biondo jinchūriki
, afferrò semplicemente la ragazza davanti e la abbracciò.
«Sei tornata. Sei tornata,
dattebayo!».
«Hai,
Naruto, sono a casa».
I due rimasero abbracciati per un
po’, fino a quando Kiba non iniziò a fischiare e prenderli in giro: Naruto
imbarazzato lasciò andare la ragazza, la quale spostò la sua attenzione su
colui che accompagnava il biondo.
«Ohayō, Sasuke-kun. Sei cresciuto
parecchio» gli disse, mentre l’altro si limitò a salutarla con un cenno del
capo: non perché quella ragazza non gli piacesse, ma sapeva che il suo ritorno
avrebbe scosso parecchi.
«Sei tornata per restare?» le chiese
Naruto, al settimo cielo per aver ritrovato la sua amica.
«Sì, la mia missione a Kumogakure è
finita, per fortuna. I miei compagni di Team sono qui e, se vi va, ve li
presenterò» disse la ragazza a tutti che accolsero la proposta con sincera
curiosità.
«Allora, come sono andate le cose a
Konoha in mia assenza?».
«Una noia mortale!» esordì Naruto
«Nessuno di questi qui voleva fare scherzi con me! Avevano tutti paura di
essere puniti dalla Godaime! Ancora non capisco perché abbiano tanto timore per
Tsunade- baachan».
«Forse perché è uno dei Sannin
Leggendari, dobe?» gli chiese retoricamente Sasuke, facendo sghignazzare Shirai
quando il biondo jinchūriki se la prese
e iniziò a litigare con il suo migliore amico.
«Vedo che
tante cose non sono cambiate. Sapete dove posso trovare Ayane-chan?» chiese
Shirai a Sakura e Ino che, dopo essersi lanciate uno sguardo, risposero.
«Devi
sapere che Ayane-chan è in missione» disse Ino.
«Con il suo
Team Anbu» aggiunse Sakura.
«Il cui
capitano è Itachi-san» conclusero insieme, pronte a vedere qualche reazione
dall’altra parte, ma Shirai sorrise semplicemente.
«Oh, allora
aspetterò che rientri e le farò una sorpresa» rispose Shirai, pregustandosi già
gli urli della sua migliore amica.
Lei e Ayane
si erano conosciute molti anni prima, quando entrambe avevano all’incirca
dodici anni: erano intervenute insieme a difendere un Naruto di appena otto
anni dalle prese in giro di altri Uchiha tra cui militava Saori, che già allora
sputava veleno come una vipera adulta.
Da allora
le due erano diventate inseparabili ed Ayane era l’unica oltre a Naruto a
conoscenza che la bruciatura di Saori sulla spalla destra era stata causata
proprio da Shirai, la quale aveva perso momentaneamente il controllo del chakra.
Ovviamente
l’Uchiha non aveva detto niente a nessuno, altrimenti ne avrebbe risentito la
sua reputazione e quindi Shirai non era stata punita per aver attaccato, seppur
accidentalmente, una sua compagna.
Ino e Sakura, così come Naruto
e in parte Sasuke, sapevano che Shirai non voleva assolutamente rivedere
Itachi, ma si sarebbe sforzata: incontrare Ayane era sicuramente più importante
che evitare il futuro capo clan degli Uchiha.
E così la ragazza si diresse verso
l’ingresso del villaggio per chiedere ai due guardiani se il Team capitanato da
Itachi era rientrato. Uno dei due la informò che erano tornati ed erano andati
direttamente dalla Godaime per il rapporto, ma questo era successo parecchie ore
prima: a Shirai non restava altro che aspettare Ayane all’Ichikaru, dove si
sarebbe dovuta incontrare con le altre.
Decise nel frattempo di andare a
controllare come se la cavassero i suoi compagni del Team di Kumogakure. Più
che altro per essere certa che Karui non avesse ucciso Omoi.
Li trovò tutti e tre davanti al
palazzo dell’Hokage: Samui stava leggendo un rotolo, che a giudicare dal
sigillo arrivava dal suo villaggio, mentre Karui e Omoi stavano di nuovo
litigando.
«Vedo che vi trovate bene qui a Konoha»
s’intromise Shirai, venendo accolta da uno sguardo concentrato di Samui, mentre
gli altri due le riservarono una breve occhiata e tornarono a
battibeccare: o meglio Karui sbraitava
contro il suo compagno di Team, mentre questi sproloquiava come il suo solito
sui se e ma.
«Ti trovo serena, Shirai» le disse
Samui, mentre riavvolgeva e faceva sparire il rotolo.
«Sono a casa. Ho appena rivisto la
mia famiglia, alcuni dei miei vecchi amici e a breve rivedrò Ayane-chan» disse
la ragazza allegra.
«Noi torneremo al villaggio domani.
Il Raikage ci ha richiamati» la informò la bionda.
«Così presto? È un vero peccato,
volevo presentarvi gli altri!».
«Li conosceremo la prossima volta,
non te ne preoccupare. È meglio se ci salutiamo ora, Shirai. Domani partiremo molto
presto e, come sappiamo, a te piace dormire».
«Non è assolutamente vero Samui-san!
Comunque …» disse Shirai, inchinandosi profondamente davanti ai tre, gesto che
obbligò persino Karui al silenzio «Vi ringrazio infinitamente per esservi presi
cura di me in questi anni. Mi avete aiutata in molti modi e grazie a voi sono
cresciuta sia come kunoichi che come persona. Portate i miei saluti e
ringraziamenti al Raikage-sama a Darui-sensei e Shi-san, ve ne prego».
«Anche noi dobbiamo ringraziare te,
Shirai. Hai portato un po’ di spirito di Konoha nel nostro villaggio e hai
cambiato il nostro modo di vedere i compagni di Team. Quindi non sentirti mai
in debito verso di noi o Kumogakure. Ci siamo aiutati a vicenda ed entrambe le
parti ne hanno giovato immensamente. Ci salutiamo qui, Shirai Nakamura, ma ci
rivedremo presto, ne sono certa».
«Esattamente! Torneremo talmente in
fretta che non riuscirai nemmeno a sentire la nostra mancanza!» aggiunse Karui.
« E se torneremo tra tanti anni? E se
tra tanti anni lei sarà diversa? E se dovessi trovarla antipatica e provare ad
ucciderla?» iniziò di nuovo Omoi con la solita tiritera, mentre masticava
quello che era un bastoncino di plastica, alla cui estremità c’era stato un
leccalecca.
«Andrà tutto bene Omoi-san. E mi
mancheranno i tuoi discorsi senza senso!» gli disse Shirai, sorridendo «Allora,
ja ne Minna-san».
*
Shirai stava camminando tra la folla
di Konoha poco prima che il sole sparisse al di là dell’orizzonte, quando
individuò una figura nota in mezzo alle tante: Saori Uchiha camminava
baldanzosa come il suo solito facendosi largo tra la folla.
Il problema di Shirai, però, non era
lei, ma chi la accompagnava: Itachi Uchiha, che più non era un ragazzino di
sedici anni, era alla destra della ragazza.
Era cresciuto ed era alto quanto il
fratello di Shirai, i capelli erano lunghi oltre le scapole e li teneva legati
in una coda bassa e i suoi strani segni sotto gli occhi ai lati del naso, che
lo contraddistinguevano, erano ancora al loro posto.
Shirai doveva evitare a tutti i costi
di farsi vedere ma, mentre cercava di sgusciare via, una voce di donna la
chiamò, facendo voltare parecchie teste nella sua direzione. E tra queste,
ovviamente, c’erano anche quelle di Saori e Itachi.
La donna che l’aveva chiamata altri
non era che la madre di Ino, la quale le sorrideva dalla porta del negozio con
in mano un bouquet di fiori: Shirai in quel momento avrebbe preferito sparire
dalla faccia della terra.
Si azzardò a lanciare uno sguardo
rapido verso Itachi e la speranza che non avesse sentito la madre di Ino
chiamarla, andò in frantumi: era lì che la fissava con i suoi occhi scuri e
penetranti.
Shirai accennò un lieve cenno del
capo come saluto e poi si fiondò verso la donna che l’aveva chiamata: la gente
che si era voltata a guardarla aveva ripreso a camminare, tranne Itachi e
Saori.
Il futuro capo clan aveva seguito la
ragazza con lo sguardo fina a quando questa non era sparita dietro la porta di
ingresso del negozio: solo la mano di Saori appoggiata al suo braccio fecero
distogliere lo sguardo onice di Itachi dalla suddetta porta.
«Andiamo, Itachi-san?» chiese la
ragazza, che ricevette un semplice cenno di assenso dal suo accompagnatore.
Saori sapeva che incontrare quella
ragazza non era facile per Itachi, lo aveva capito dallo sguardo del moro:
succedeva raramente, ma quando era preoccupato si formavano delle piccole rughe
tra le arcate sopraccigliari.
E quando aveva sentito il nome di
Shirai per un attimo gli occhi dell’Uchiha si erano spalancati per lo stupore,
riprendendo poi la consueta indifferenza.
I due erano diretti al negozio di
dolci poco lontano da Ichikaru, poiché la madre di Itachi lo aveva spedito per
prendere qualcosa da servire alla cena di quella sera: Saori lo aveva
casualmente incontrato poco fuori l’ingresso del quartiere Uchiha e lui non
aveva posto resistenza quando gli aveva chiesto se poteva accompagnarlo.
La ragazza si era goduta appieno le
occhiate invidiose che le ragazze di Konoha le lanciavano, alcune di quelle
avrebbero dato l’anima pur di camminare come lei a fianco di Itachi.
Arrivarono al negozio di dolci ed
entrarono proprio nel momento in cui Shirai saltava da un palazzo poco
distante: era sfuggita all’interrogatorio della madre di Ino con una scusa
banale per dirigersi all’Ichikaru dove avrebbe rivisto Ayane.
Si nascose in una delle viuzze
laterali e attese la sua vittima: dopo tutto doveva salutarla come le piaceva
fare.
Ed infine, pochi istanti dopo, ecco
Ayane, accompagnata da Shisui, che arrivava dal fondo della strada: Shirai
annullò completamente il chakra e attese che i due la sorpassassero e poi,
veloce, si avvicinò all’amica di spalle.
Come sempre quando era al villaggio
Ayane indossava vestiti da civili e quel giorno aveva scelto un vestito dalla
gonna svolazzante con un pesante maglione scalda cuore sopra e delle calze
chiare.
Shirai si avvicinò ulteriormente e
con un colpo secco alzò di scatto la gonna dell’amica gridando e scandendo :
«Ayane-chan ~!».
L’altra ragazza sentì una presenza
alle spalle, ma non fece in tempo a voltarsi che una folata di vento le passò
tra le gambe: si accorse dalla faccia paonazza di Shisui che la gonna doveva
essersi sollevata, ma era certa che il vento non era stato abbastanza forte per
alzarla.
E all’improvviso capì: si voltò
furiosa verso la sua assalitrice, la quale sorrideva radiosa e divertita per la
perfetta riuscita dello scherzo.
«Shirai Nakamura! È questo il modo di
salutarmi dopo quattro anni?» le gridò contro.
«Certo, conoscevi modo migliore?»
chiese l’altra, serafica.
Ayane la guardò furiosa per un attimo
ancora, prima di sospirare e avvicinarsi all’amica.
«Conoscendoti, dovevo intuire che
avresti fatto una cosa del genere … Bentornata, Shibaka!» le disse,
abbracciandola.
«Grazie, Aya-nee».
«Bentornata, Shirai-chan» fece in
tempo a dire Shisui prima che fossero interrotti.
«Vedo che nonostante siano passati
quattro anni, non sei maturata minimamente Shirai-chan» disse una voce
femminile, che si rivelò appartenere a Saori, la quale era appena uscita dal
negozio di dolci con Itachi, che portava una confezione piuttosto grande.
«Saori-chan, non è di certo un
problema tuo la mia maturità o i miei modi di comportarmi, neh? ».
«Certo che lo sono! Sei una kunoichi
della foglia e i tuoi comportamenti potrebbero mettere in imbarazzo il nostro
villaggio».
Shirai la guardò un attimo con la
testa piegata di lato prima di iniziare a riderle in faccia, sotto gli sguardi
sbalorditi di Shisui e Ayane: «Neh, Saori-chan non penserai che vada in giro ad
alzare le gonne a tutte … Non sono un genio, ma nemmeno una completa idiota,
come certa gente».
Saori si avvicinò alla ragazza che
aveva osato ridere di lei e attivò lo Sharingan, dicendo a denti stretti: «Vuoi
per caso sfidarmi?».
«Oi, Saori-san! Non credo sia il caso
di prendersela tanto. Era solo uno scherzo tra
amiche» intervenne Shisui per calmare la ragazza.
«Shisui ha ragione. Dovrei essere io
quella offesa, ma conosco Shirai-chan e so che lo fa per scherzare, non c’è
bisogno di farne una tragedia» aggiunse Ayane, che come Shisui sapeva il perché
Saori si comportava così: voleva mettere in imbarazzo Shirai, che intanto
fissava divertita la sua “nemica”, davanti ad Itachi.
«Non mi importa se era uno scherzo!
Dovrebbe imparare un po’ di educazione e a mantenere un comportamento decoroso
per il bene di tutti!».
«Neh, Saori-chan» la chiamò Shirai
prima di abbassare il tono di voce «Vuoi per caso un’altra bruciatura? Magari
sull’altra spalla, così è simmetrica?»
«Non riusciresti a prendermi. Il mio
Sharingan non è lo stesso di quattro anni fa» ribatté l’altra.
«Nemmeno i miei fulmini lo sono».
«Saori-san» chiamò la voce profonda
di Itachi «Dovremmo rientrare o faremo tardi per la cena».
La ragazza cambiò completamente
espressione del viso prima di voltarsi, divenendo improvvisamente serena e
disattivando lo Sharingan.
«Oh, hai ragione! Andiamo, almeno
aiuterò Mikoto-san con la preparazione!» disse gioviale.
Alle sue spalle Shirai e Shisui
facevano finta l’uno di vomitare e l’altra di massaggiargli la schiena come per
dargli sollievo: l’Uchiha si prese una bella occhiataccia da Itachi che posò
solo brevemente lo sguardo su Shirai, la quale sorrideva radiosa, visto che
Saori si era voltata, dicendole col labiale che non era finita lì.
Shirai si voltò verso Ichikaru dove
si erano già radunati Sakura, Ino e Naruto, i quali la guardavano
interrogativi: sapevano che un eventuale incontro con Itachi non sarebbe stato
semplice per lei e non capivano perché fosse così tranquilla.
«Konbawa, minna-san!» salutò Shirai,
prendendo Ayane a braccetto e trascinandola verso il chiosco.
*
Una volta
che Saori e i suoi genitori se ne furono andati e Sasuke sparito dalla
circolazione per incontrare i suoi amici, Itachi si avvicinò alla madre, che
stava lavando i piatti e, con la scusa di aiutarla, le chiese:
«Okaasan,
oggi ho incontrato una persona» le disse, vedendo che la donna si era tesa.
«Davvero? E
chi era?» chiese Mikoto, fingendo ignoranza.
«Okaasan,
non ci vuole di certo un genio per capire che sapevate del suo ritorno» disse
Itachi, senza remore.
Mikoto
appoggiò la tazza da the che stava lavando e si voltò verso suo figlio
maggiore:
«Era
un’informazione confidenziale da parte della Godaime e non potevamo dirti
nulla, ma ora l’hai incontrata, quindi non ha più senso la segretezza: Shirai
Nakamura è tornata, da oggi, ad essere una kunoichi della foglia e non verrà
più allontanata dal suo villaggio. Queste sono le parole della Godaime. Ti
turba il suo ritorno?».
«No. La
nostra amicizia è finita il giorno in cui se n’è andata senza spiegazioni e
senza rispondere a nessuno dei miei messaggi» sentenziò Itachi, appoggiando il
bicchiere che stava asciugando nella giusta credenza, prima di andarsene verso
la sua camera.
«Sei sicuro
sia veramente così?» si chiese Mikoto, mentre riprendeva a lavare le stoviglie.
Itachi, una
volta in camera, guardò fuori dalla finestra e, dopo averci pensato un attimo,
la aprì saltando agilmente in cortile e uscendo di soppiatto dal quartiere.
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Capitolo 4 *** Fourth ***
fourth
Fourth
Il
gruppo di shinobi riunitosi da Ichiraku per la cena era ora in uno dei parchi
di Konoha: era ancora presto e potevano rimanere a parlare e scherzare ancora
per un po’, prima che fossero obbligati a tornare a casa.
Erano
tutti seduti in circolo, chi su panchine, chi a terra e chi, come Shirai, su un
muretto. L’aria era piuttosto fredda di sera, ma gli shinobi erano addestrati
per sopportare il freddo o il caldo, quindi non era un grosso problema.
Ovviamente
l’argomento principale erano i quattro anni di assenza di Shirai, la quale
venne sommersa dalle domande, soprattutto da parte di Naruto e Kiba.
«Chi
ti ha allenata in questi anni?» le chiese proprio l’Inuzuka.
«Si
alternavano vari sensei. Anche l’Hachibi mi ha aiutata, così come il Raikage
quando aveva tempo. Mi ha insegnato una tecnica piuttosto potente. No, Naruto, non
posso fartela vedere ora e soprattutto non qui» disse Shirai, anticipando la
domanda del biondo, che mise il broncio.
«
Se è una tecnica dell’elemento fulmine, dovresti mostrarla a me più che al
dobe» disse Sasuke, mentre Naruto si lamentava per il poco carino modo di
chiamarlo.
«Mi
dispiace, ma bisogna chiedere il consenso al Raikage per potertela insegnare.
Io ho potuto impararla solo perché mia madre è natia del villaggio della Nuvola,
altrimenti non l’avrebbe mostrata nemmeno a me» spiegò Shirai.
«Quindi
è una tecnica segreta?» chiese Sakura.
«Sì,
anche se non è una delle più forti di quel villaggio. Dopo tutto la mia fedeltà
è sempre per Konoha e, anche se siamo alleati, non è intelligente passare una
tecnica troppo potente ad un villaggio straniero» spiegò Shirai.
«È
qual è il nome della tecnica?» chiese Shino, ancora sconvolto, come Hinata del
resto, per l’abbraccio che Shirai gli aveva elargito quando si erano
incontrati.
«Raiton:
Railgun» disse Shirai.
«Eh?
Stai dicendo che sai fare un Railgun?» chiese Sakura, sbalordita.
«Il
mio limite massimo è di tre consecutivi. Il Raikage riesce a farne otto».
«Sugoi,
Shirai! È già un bel numero!» la elogiò Sakura.
«Devi
farci vedere il Railgun! Assolutamente!» disse Naruto, eccitato nel conoscere
una nuova tecnica.
«Chiederò
a Tsunade-sama se c’è un posto dove posso lanciarlo senza creare danni».
«È
così potente?» chiese Sasuke, particolarmente interessato alla tecnica poiché
il secondo elemento che padroneggiava meglio era proprio il fulmine.
«Direi
di sì. Anche se alcune tecniche di Darui-san sono molto più spaventose» rispose
Shirai «Ora basta parlare di Railgun, raccontatemi qualcosa di voi!».
I
ragazzi iniziarono a parlare di tutto ciò che era successo in quegli anni: Ino
aveva perso interesse verso Sasuke, cosa che stupì Shirai, Naruto aveva ancora
una cotta per Sakura, che lo snobbava come sempre. Sasuke si era iscritto
all’esame per diventare Anbu su consiglio di Tsunade e Kakashi, mentre gli
altri avevano preferito aspettare un altro anno, poiché non si sentivano
pronti.
«Neh,
Sasuke. Se la Godaime e il Raikage mi daranno il consenso, ti insegnerò davvero
il Railgun, così lo userai all’esame. Domani farò richiesta, ma sappi: non è
una tecnica facile da apprendere e non puoi usare lo Sharingan».
«E
perché?».
«Semplice,
non ci sono sigilli che puoi memorizzare o copiare con i tuoi occhi. Ora me ne
torno a casa, altrimenti la mia famiglia crederà che sia stata cacciata di
nuovo dal villaggio» disse la ragazza, saltando dal muretto su cui era seduta e
salutando il gruppo.
*
Stava
camminando tranquilla per le vie solitarie di Konoha, quando iniziò a provare
la sensazione di essere osservata: senza farsi notare, si guardò intorno, ma
non vide nessuno e pensò di essersi immaginata tutto, fino a quando non sentì
il sibilo di un kunai in avvicinamento.
Senza
spostarsi né fermarsi, emise una scarica direttamente dal corpo e deviò il
kunai che finì a terra.
«Dovrai
impegnarti di più, se vuoi colpirmi» disse ad alta voce, convinta che il suo
assalitore fosse vicino e che non era un nemico.
«Vedo
che sei migliorata, almeno in difesa» le rispose una voce che conosceva alle
sue spalle.
Shirai
si fermò in mezzo alla strada e si voltò, trovandosi davanti Itachi,
impassibile come sempre.
La
ragazza incrociò le braccia al petto e fissando malevola il ragazzo davanti,
chiese: «Posso sapere perché mi hai attaccata?».
«Per
testare i tuoi miglioramenti. Bel giochetto quello con l’elettricità».
«Tch.
Non ho tempo per i tuoi giochetti, me ne torno a casa» rispose Shirai, che
preferiva passare il minor tempo possibile da sola con Itachi.
Si
voltò, pronta ad andarsene, quando una folata di vento le annunciò che Itachi
si era spostato ed era di fronte a lei, fin troppo vicino: così fece un balzo
all’indietro, sulla difensiva.
«Ho
sentito che hai imparato ad usare il Railgun».
«Ora
hai iniziato anche ad origliare le conversazioni altrui? Sei cambiato più di
quanto immaginassi, Itachi-san» disse la ragazza.
«Anche
tu sei diversa» le disse semplicemente, con il suo tono monocorde.
Shirai
si irritò nel vedere che Itachi prendeva alla leggera il suo allontanamento dal
villaggio, come se non sapesse di essere lui la causa di tutto.
Poi
capì.
Era
davvero così. Itachi non sapeva nulla del perché lei fosse stata spedita in un
altro villaggio per quattro anni. Il clan e il Terzo Hokage lo avevano tenuto
all’oscuro di tutto.
«Quindi
è così… » disse a bassa voce Shirai, facendo assumere uno sguardo interrogativo
ad Itachi «Tu non hai idea del perché io sia stata allontanata da Konoha,
vero?».
«Mi
è stato riferito che eri stata richiesta per una missione a lungo termine»
rispose l’altro, vedendo che la ragazza sorrideva.
«Oh,
capisco. Sappi che ti hanno detto una frottola, ma non sarò io a dirti qual è
il vero motivo per il mio allontanamento. Chiedilo pure ai capi del tuo clan o
alla Godaime. Vediamo con chi avrai più fortuna. Ora è tardi e voglio
tornarmene a casa. Oyasumi Nasai, Itachi-san».
Mentre
gli passava a fianco, Itachi la bloccò per un braccio e si ritrovarono fianco a
fianco: Shirai alzò lo sguardo ambrato verso quello dell’Uchiha, il quale aveva
lo Sharingan attivato.
«Non
userai lo Sharingan per farmi parlare, neh Itachi-san? Attaccare una compagna è
contro la legge, a meno che non stia facendo qualcosa contro il villaggio o
altri compagni».
«Quindi
anche tu l’hai infranta quando hai attaccato Saori-san anni fa… ».
«Oh,
quindi lo sai anche tu? Strano, pensavo non lo avesse detto a nessuno.
Comunque, lascia andare il braccio. Ora» disse la ragazza, categorica.
Quando
capì che Itachi non avrebbe mollato la presa, lasciò passare nell’arto bloccato
una scossa che obbligò l’altro a lasciare la presa.
«Ja
ne, Itachi-san» lo salutò, sparendo in una nuvola di fumo e lasciando l’Uchiha
da solo.
«Quindi
il Clan mi ha mentito» si disse, prima di sparire a sua volta in una nuvola di
fumo e riapparire direttamente davanti alla casa dell’Uchiha più anziano.
Se
qualcuno sapeva qualcosa era sicuramente lui.
Ora
doveva convincerlo a parlare e non sarebbe stato semplice, ma voleva sapere
quale fosse il reale motivo per cui Shirai fosse stata allontanata dal
villaggio e soprattutto perché ogni qualvolta la guardasse negli occhi vi
trovasse il tradimento e la tristezza.
Shirai
rientrò in casa trovando sveglio solo suo fratello minore: i suoi genitori
erano abituati a coricarsi piuttosto presto, poiché aprivano il negozio poco
dopo l’alba così da dare la possibilità agli shinobi di passare, qualora ne
avessero bisogno, prima di una missione.
Kai
alzò lo sguardo dal rotolo che stava leggendo e trovò sua sorella che si
mordeva il labbro, cosa che faceva solo quando era nervosa, ergo era successo
qualcosa.
«Hai
incontrato Itachi-san, neh Shira-nee?» le chiese, capendo al volo che l’unica
ragione del nervosismo della sorella poteva essere solo il così detto genio
degli Uchiha.
«Hai! Mi
ha seguita tutta sera, te ne rendi conto? Ha origliato i miei discorsi con gli
altri e mi ha lanciato addosso un kunai per testare i miei miglioramenti! Ha
anche attivato lo Sharingan!» sbottò la kunoichi, scimmiottando persino la voce
dell’Uchiha.
«Perché
lo ha attivato?» chiese sbalordito Kai.
«Perché,
a quanto pare, il clan e il Terzo gli hanno mentito sulla motivazione reale del
mio allontanamento. Non fare quella faccia, non gli ho detto niente. Se vorrà
scoprirlo dovrà arrangiarsi. Non voglio avere a che fare ancora con lui, non
dopo quattro anni lontana da casa. Non voglio che mi caccino ancora».
«Neh
Shira-nee… Sii sincera, almeno con me. Hai sentito la sua mancanza?» le chiese,
vedendo che la sorella tornava a torturarsi il labbro inferiore.
Shirai
si sedette a fianco del fratello e dopo un sospiro, raccontò: «I primi tempi
che mi trovavo a Kumogakure ero troppo impegnata a detestarlo: era sua la colpa
del mio allontanamento e quando ricevevo i suoi messaggi li bruciavo dal
nervoso. Poi, quando mi sono calmata e ho iniziato ad apprezzare il villaggio
in cui mi trovavo, ho capito che non era nemmeno colpa sua: era stato il Clan a
fare le richiesta, non Itachi. Ed è da allora che ho iniziato a sentire la sua
mancanza. Passavamo poco tempo insieme, poiché era spesso in missione sia per
Konoha sia per il Clan, ma non cambiava il fatto che fossimo amici. Che lui
fosse il mio migliore amico».
«Allora
non dovresti almeno tentare di sopportarlo?».
«Kai-nii,
non posso. Se dovessi avvicinarmi ancora a lui, torneremmo amici, il Clan si
metterebbe di nuovo in mezzo e la Godaime, nonostante dica che niente e nessuno
mi butterà fuori ancora da Konoha, non rifiuterà la richiesta degli
Uchiha. Non può permettersi di perdere la loro fiducia ora che i mercenari
dell’Akatsuki ci attaccano in continuazione».
«Quindi
lo eviterai?» le chiese il fratello.
«Sì,
lo eviterò quanto più mi sarà possibile» sentenziò la ragazza, prima di dare la
buona notte al fratello e andare nella sua stanza.
«Spero
che lui vorrà evitare te, Shira-nee» sussurrò il fratello, sicuro che l’Uchiha
avrebbe fatto di tutto per capire le reali motivazioni dietro l’allontanamento
di sua sorella e una volta scoperto – era sicuro che ci sarebbe riuscito-, non
avrebbe mai evitato Shirai.
*
La
mattina successiva Shirai si svegliò con uno strano presentimento: sentiva che
quel giorno sarebbe successo qualcosa, ma non riusciva ad afferrare quale fosse
il possibile evento che la faceva sentire così a disagio.
«Speriamo
che non c’entri Itachi…» disse, mentre si stiracchiava e si alzava,
trascinandosi verso il bagno.
Si
lavò la faccia e, ancora con i capelli spettinati, scese in cucina per la
colazione, trovando solo suo fratello, impegnato nella lettura di un altro
rotolo.
«Neh,
Kai-nii, non crederai di diventare intelligente continuando a leggere vero?» lo
prese in giro la ragazza, facendo sbuffare il fratello.
«Sempre
pronta a prendermi in giro. Comunque questo rotolo è per te. La Godaime vuole
vederti per parlare dell’esame di ingresso nelle squadre Anbu» le disse
passandole il rotolo, che venne afferrato con rabbia dalla ragazza: era una
richiesta privata e quel cretino di suo fratello non avrebbe dovuto leggerla al
suo posto.
«Come
hai fatto ad aprirlo?».
«Conosco
qualche trucco e la protezione di quel rotolo era piuttosto blanda» rispose il
fratello, orgoglioso.
«Se
aprirai ancora la mia posta, ti farò un elettroshock. Non sto scherzando» lo
minacciò Shirai, leggendo il rotolo: che fosse quella la notizia che l’aveva
svegliata con una sensazione di disagio?
Lei
non aveva mai voluto divenire un Anbu: troppe missioni, troppe responsabilità e
troppe possibilità di perdere un compagno in battaglia.
Kakashi
ne era l’esempio: aveva perso Rin e Obito, i suoi due compagni, in una
missione, anche se loro all’epoca erano poco più che ragazzini.
Shirai
non voleva nemmeno finire nel team di Itachi che, da quando aveva perso un
membro in battaglia, cercava un quarto compagno.
E
sapeva che il membro deceduto utilizzava il fulmine e, probabilmente, era
quella la motivazione per la quale la Godaime aveva richiesto a lei e a Sasuke
di affrontare l’esame.
Poggiò
il rotolo sul tavolo con uno sbuffo: doveva andare nell’ufficio di Tsunade
appena finita colazione per discutere dell’esame e non ne aveva voglia, anche
perché Ayane il giorno dopo sarebbe partita per una missione di cinque giorni e
voleva passare più tempo possibile con lei.
Decise
quindi di fare in fretta: si sistemò i capelli nel consueto chignon e, dopo
aver mangiato una ciotola di riso bianco, scattò verso il palazzo della Hokage,
usando anche parte del suo potere per fare più in fretta.
Arrivata
di fronte all’ufficio di Tsunade la sentì parlare con qualcuno, un maschio dal
tono della voce, ma non riuscì a cogliere chi fosse con la pesante porta di
legno nel mezzo.
Appena
i due restarono in silenzio e sentì il rimestio di carte, decise di bussare:
non avrebbe passato tutta la mattina davanti a quella porta aspettando che lo
sconosciuto finisse il suo colloquio con la Hokage.
La
voce di Tsunade le diede il permesso di entrare, ergo o lo sconosciuto aveva
terminato oppure c’entrava qualcosa con il suo esame.
Quando
vide che lo sconosciuto era niente di meno che Fugaku, il padre di Itachi,
avrebbe voluto fare dietrofront, ma Tsunade le lanciò uno sguardo che diceva:
“Esci da questo ufficio e te la vedrai con me”.
«Tsunade-sama,
ho ricevuto il tuo messaggio» disse la ragazza, posizionandosi davanti alla
scrivania della donna.
«Bene.
Sarò franca: non posso lasciarti scegliere se diventare o meno Anbu. Siamo a
corto di forze e, mi dispiace, sono obbligata a farti eseguire l’esame».
«Ma
Tsunade-sama! L’ingresso nelle forze Anbu è sempre stata una scelta libera! E io
non ho mai voluto farne parte».
«Non
è il momento di fare i capricci» intervenne Fugaku, guadagnandosi
un’occhiataccia di puro veleno da parte di Shirai.
«Nessuno
ha chiesto la sua opinione, Fukagu-sama» gli rispose al ragazza.
«Shirai…
Modera il linguaggio. Fugaku Uchiha sarà uno degli esaminatori ed è uno degli
shinobi più potenti e rispettati del villaggio. Non ti è permesso mancargli di
rispetto» la riprese la Godaime.
«Il
rispetto va guadagnato, Tsunade-sama. E nessuno degli Uchiha, tranne
Ayane-chan e Shisui-kun, avrà il mio fino a quando non faranno qualcosa per
meritarselo » rispose Shirai.
«Shirai
Nakamura!» gridò l’Hokage, alzandosi in piedi « Non ti è permesso mancare di
rispetto in questo modo a nessuno degli Shinobi di questo villaggio. Pretendo
che chiedi scusa a Fugaku-sama».
«Chiederò
scusa ad un Uchiha quando loro mi ridaranno indietro i quattro anni che ho
passato lontano dalla mia famiglia e dai miei amici. Parteciperò all’esame per
diventare Anbu, se è quello che volete, ma se dovessi passare non entrerò mai
nel Team capitanato da Itachi Uchiha, che questo sia chiaro» disse la ragazza
prima di inchinarsi davanti alla Godaime e tentare di uscire.
Peccato
che la donna dietro la scrivania avesse esaurito la pazienza e lanciò contro la
ragazza un pesante ferma carte, la cui traiettoria fu deviata proprio nello
stesso modo in cui aveva deviato il kunai di Itachi.
Persino
Fugaku rimase impressionato da quella mossa: richiedeva sicuramente un ottimo
controllo del chakra, quasi allo stesso livello di quello della Godaime e della
allieva di lei, Sakura Haruno.
«Ragazzina,
non ti permetto né di mancare di rispetto ai presenti né di fare richieste. Se
dovessi passare l’esame entrerai nel Team che gli esaminatori decideranno. Ora
se non vuoi avere una punizione, chiedi scusa» la minacciò, di certo non a
vuoto, Tsunade.
Shirai
ingoiò quindi il suo orgoglio e chinando la testa disse:
«
Gomenasai, Godaime-sama e Fugaku-sama per la mia mancanza di rispetto. Terrò
l’esame per gli Anbu e mi sommetterò alle vostre richieste e ordini».
«Ora
puoi andare. Ti verrà detto dove e quando si terrà l’esame. Ti consiglio di
allenarti».
«Ho
una domanda» disse la ragazza.
«Chiedi
pure».
«Potrò
usare tutta la mia forza?».
«Dovrai
usarla, se vorrai vincere» le rispose la Godaime, sorridendole.
«Bene»
concluse il discorso Shirai: la sua giornata con Ayane era saltata. Da quel
momento iniziavano gli allenamenti per togliere il sorriso compiaciuto dalla
faccia di Fugaku Uchiha. E conosceva solo un modo per farlo: battere il suo
amato figlio minore e non sarebbe stato per niente facile, poiché anche il
piccolo Sasuke usava il fulmine oltre che il fuoco.
Nda:
Quarto capitolo postato. Nel prossimo si vedrà un po’ di azione. Ringrazio chi
legge, recensisce e chi segue la mia storia. Se volete lasciare un commento non
mi offendo di certo!
Ja
ne
Lena
|
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Capitolo 5 *** Fifth ***
fifth
Fifth.
Shirai stava camminando verso uno dei
campi di allenamento quando venne intercettata proprio da Ayane in compagnia di
Shisui, come sempre: il pensiero di quei due sempre insieme la fece sorridere.
Lo sapevano tutti che Shisui aveva
uno spiccato interesse per la sua compagna di Team e Clan, ma Ayane faceva
finta di non esserne a conoscenza, poiché, probabilmente, non se la sentiva di
rovinare un’amicizia così salda.
«Shibaka! Non ti sei fatta vedere
davanti al quartiere Uchiha!» le gridò contro l’amica.
«Mi dispiace, Aya-chan, ma la Godaime
mi ha convocata. Devo tenere l’esame per gli Anbu» disse Shirai, afflitta.
«Ma non è una scelta personale se
tenerlo o meno? Per Sasuke-kun è stato così» si intromise Shisui.
«Di solito è così, ma a quanto pare
hanno bisogno di nuove reclute per gli Anbu e la Godaime non ha sentito
ragioni: dovrò partecipare ».
«Allora perché non ha obbligato anche
altri?» chiese Ayane, dubbiosa.
«Forse perché gli altri sono molto
giovani, mentre io ho raggiunto un’età tale che è normale essere Anbu» ipotizzò
Shirai, prima di scompigliarsi i capelli che fuggivano allo chignon «Ah, non
cambia nulla parlare di queste cose: dovrò tenere l’esame e, anche se non
vorrei, devo vincere».
«Come mai?».
«Cancellerò il sorrisetto dalla
faccia di Fugaku Uchiha, fosse l’ultima cosa che faccio» sentenziò la ragazza.
«Chi ti darà una mano con gli
allenamenti? Kakashi-sensei sta allenando Sasuke-kun e gli altri sensei sono
troppo impegnati tra missioni ed esami dell’accademia» le disse Ayane.
«La aiuterò io» si propose Shisui,
facendo stupire le due ragazze «Voglio proprio vedere la faccia di
Fugaku-ojiisan quando stenderai il suo piccolo e prezioso Sasuke!» spiegò il
ragazzo, sorridendo tra il divertito e il sadico.
«Bene. Allora andiamo,
Shisui-sensei!» lo canzonò Shirai, afferrandolo per un braccio e trascinandolo
via, con Ayane al seguito.
Nessuno dei tre si era accorto che
dalle ombre due occhi rossi come il sangue, senza traccia di qualsivoglia
emozione, li stavano fissando.
*
Shirai e Shisui si trovavano uno di
fronte all’altra: la ragazza sapeva che quel ragazzo sempre allegro e scherzoso
era in realtà uno degli Uchiha più forti, forse persino di Itachi.
Shunshin no Shisui non doveva essere preso sotto gamba
o avrebbe perso immediatamente.
«Bene, Shirai-chan. Fammi vedere cosa
ti hanno insegnato il Raikage e l’Hachibi».
La ragazza si concentrò al massimo e,
creando un campo magnetico, riuscì ad estrarre dal terreno sotto i suoi piedi
delle particelle di ferro con le quali creò un'arma bianca: afferrò la katana di
ferro grezzo, mentre Shisui la guardava sbalordito.
«Sugoi, Shirai-chan! Questa è una
mossa interessante… Ma contro uno come me non avrà effetto» le disse divertito
prima di sparire.
Shirai si concentrò al massimo per
sentire anche la minima presenza di Shisui, ma questi riuscì comunque a
coglierla alla sprovvista apparendo sopra la sua testa e scagliandosi alla
massima velocità: l’Uchiha, però, non sapeva dell’abilità di Shirai di emettere
scosse elettriche più o meno forti e riuscì per il rotto della cuffia a
schivare l’elettroshock che gli lanciò.
«Ohi, Shirai-chan! Mi avresti fritto
con quello!» .
«Nah, sapevo lo avresti schivato.
Dopotutto sei fulmineo, no?» lo prese
in giro Shirai, scagliandosi poi all’attacco del ragazzo.
«Dato che il mio colpo migliore è
inutilizzabile qui, direi che potresti non usare il tuo teletrasporto, cosa ne
dici sensei?».
«Affare fatto, ma non mi batterai
comunque» le rispose Shisui, cercando di colpirla con un calcio al fianco, che
era scoperto.
Shirai lo evitò scansandosi
all’indietro appena in tempo: usare troppo spesso le scosse consumava il chakra
molto in fretta e anche la resistenza fisica ne risentiva, poiché richiedeva
parecchia concentrazione.
I due combatterono corpo a corpo per
qualche istante, prima che Shisui non compose i sigilli di una tecnica e
scagliò una colonna di fuoco contro Shirai, la quale dovette usare la
sostituzione per salvarsi.
Fu poi il turno di Shirai che,
componendo i sigilli, disse:
«Suiton: Water Arrow».
Shisui era convinto che la ragazza
non sapesse usare un altro elemento di chakra e lo stupore gli fu fatale,
poiché Shirai aggiunse:
«Raiton: Electromaster» infondendo
nella freccia d’acqua il fulmine e scagliandola
alla massima velocità verso Shisui.*
L’esplosione che ne conseguì sollevo
una quantità enorme di polvere e Shirai rimase accecata per un istante e così
sentì troppo tardi la presenza si Shisui alle sue spalle, ma percepì il freddo
metallo del kunai che l’Uchiha le puntava alla gola, dopo averla immobilizzata.
«Se non fossi stato così fulmineo quella tecnica mi avrebbe
mandato al tappeto: sei migliorata parecchio, ma hai ancora molte lacune sia
nella difesa che nell’attacco. Ti aiuterò a colmarle» le disse Shisui,
lasciandola andare.
«Sei stato fortunato perché non
potevo usare il Railgun! Quello non potevi schivarlo!» disse la ragazza,
mettendo il broncio: odiava perdere gli scontri anche se contro persone quali
Darui, il Raikage, l’Hachibi e Samui era successo innumerevoli volte.
«Yare, Yare, non arrabbiarti
Shirai-chan! Riuscirai a battere Sasuke-kun, vedrai» le disse Shisui, convinto,
dandole un colpetto sulla testa.
Peccato che un’altra voce maschile si
intromise, dicendo: «Non credo proprio. Sarò io ad allenare Sasuke».
I tre shinobi voltandosi verso il
luogo dove proveniva la voce trovarono Itachi, immobile e indifferente come
sempre, ma con uno sguardo di sfida che poche volte si era visto nei suoi occhi
onice.
*
Shirai, accompagnata da Ayane, stava
camminando a passo di marcia verso uno dei parchi di Konoha, borbottando frasi
sconnesse tutte più o meno simili a: “Quel dannato Uchiha, non può starsene per gli
affari suoi?”. Ovviamente erano riferite ad Itachi.
Ayane non avrebbe mai pensato che
Itachi, già pieno di missioni, si facesse carico anche degli allenamenti del
fratello: voleva forse impedire che Shirai lo battesse davvero?
Oppure era infastidito dal fatto che
un Uchiha come Shisui allenasse qualcuno esterno al clan?
Ayane non sapeva la risposta a quelle
domande, ma di una cosa era certa: Itachi voleva sfidare, più o meno
apertamente, Shirai.
Voleva a tutti i costi che Sasuke la
battesse in modo plateale, anche se non capiva il motivo di tanto astio.
Sapeva che Shirai non lo aveva
salutato prima di partire e non aveva mai risposto ai messaggi che lui le
mandava, ma poteva capirla: era stata allontanata dal suo villaggio per una
missione assurda.
Anche Ayane, come quasi tutta la
popolazione di Konoha esclusa la famiglia di Shirai, la Godaime e alcuni
Uchiha, non sapeva che la sua migliore amica era stata allontanata proprio a
causa di Itachi.
A dir la verità nemmeno i genitori di
Shirai sapeva bene come c’entrasse Itachi in tutto quello, solo la diretta
interessata, Kai, il Terzo, Tsunade, Fugaku e un altro Uchiha lo sapevano.
E di certo non lo avrebbero detto al
primo che lo chiedeva.
Persino Itachi non era riuscito a
estorcere alcuna informazione utile dall’anziano del clan, solo frasi
filosofeggianti e quindi Ayane, la quale sapeva che qualcosa non quadrava in
quella storia, non avrebbe avuto più fortuna.
Le due amiche incontrarono Naruto
davanti all’Ichikaru dove, come sempre, si stava abbuffando di ramen ed era
persino in compagnia: a fianco del biondo c’era la dolce Hinata, la quale stava
educatamente, a differenza di qualcun altro, mangiando una ciotola colma e fumate
di Miso Ramen.
Shirai si sedette proprio al fianco
di Hinata, la quale inghiottì il boccone e la salutò.
«Ohayō, Shirai-san, Ayane-san».
«Ohayō, Hinata-chan! Te l’ho già
detto che puoi chiamarmi Shirai, neh? Avanti, ci conosciamo da tanto!» disse la
ragazza, sorridendo.
Hinata sorrise di rimando e disse che
da allora in poi l’avrebbe chiamata Shirai-chan.
«Ohi, Naruto no Baka! Hai intenzione
di offrire il pranzo anche ad Hinata-chan, vero? Non vorrai far pagare una così
bella ragazza!» disse Shirai all’amico, mentre Hinata diveniva di un colore
rosso acceso in viso.
«Shira-nee! Per chi mi hai preso,
dattebayo? Certo che pagherò per lei! L’ho invitata io!».
«Oh, quindi è un appuntamento?»
s’intromise Ayane, facendo per poco svenire Hinata, tenuta vigile da una lieve
scossa di Shirai sulla spalla.
Naruto, per la prima volta dacché
Shirai ricordava, era divenuto rosso d’imbarazzo, segno che non aveva colto
l’ambiguità del suo gesto: era davvero troppo ingenuo quel ragazzo!
«Noi andiamo, allora. Hinata-chan, se
Naruto-baka dovesse trattarti male fammelo sapere. Lo punirò con una bella
scossa!» disse Shirai, prima di salutare tutti, Teuchi compreso, e allontanarsi
con Ayane: avrebbero pranzato a casa dell’Uchiha, sempre se qualcuno non
l’avesse cacciata prima che potesse entrare nel quartiere.
Quando arrivarono davanti
all’ingresso, vi trovarono Saori e il suo Team Anbu che, oltre a due Uchiha,
contava tra i suoi membri anche una Hyūga : Kyoko Hyūga non aveva mai avuto
nessun tipo di screzio con Shirai od Ayane, per cui, senza pensarci troppo, si
avvicinò alle due e le salutò giovialmente.
«È un piacere riaverti al villaggio,
Shirai-san!».
«È un piacere essere di nuovo a casa.
Come stai, Kyoko-san?».
«Direi che sto bene, grazie. E vedo
che anche tu sei in piena forma e ti sei lasciata crescere i capelli! Ora non
ti scambieranno più per un ragazzo!» disse Kyoko, facendola ridere.
«Forse, ma Neji-san ha i capelli più
lunghi dei miei!» rispose Shirai, ridendo con la Hyūga e Ayane.
Un colpo di tosse, palesemente finto,
attirò le attenzioni delle tre: Saori, come sempre, voleva tutti gli occhi
puntati su di sé.
«Posso sapere cosa ci fai qui?»
chiese, rivolta a Shirai.
«Sono stata invitata dalla madre di
Aya-chan per pranzo e, poiché nessuno
mi ha vietato l’ingresso nel vostro quartiere ho accettato di buon grado»
rispose Shirai che non aveva né la voglia né la forza di combattere di nuovo
contro Saori, non dopo l’allenamento con Shisui e l’incontro con Itachi.
« Ah, capisco. Non pensavo che la
famiglia di Ayane-chan volesse certi ospiti…» disse Saori, mentre le altre
componenti del Team sghignazzavano.
Il Team era composto da quattro
ragazze: Maya, Namika, Saori e, ovviamente, Kyoko.
Le prime due erano amiche della terza
da sempre e sottostavano ai suoi ordini senza battere ciglio.
Prima che Ayane potesse rispondere
per le rime, intervenne una voce maschile:
«Saori-san, ancora a cercare lo
scontro?» chiese la voce annoiata di Sasuke.
«Oh Sasuke-kun, non ti avevo visto».
«Ovviamente. Non sono mio fratello di
cui senti l’odore da chilometri di distanza» rispose l’altro, con un ghigno
divertito, facendo sorridere anche Shirai e Ayane.
«Non è assolutamente vero! Sento
meglio la presenza di Itachi-san perché mi ha allenata e la conosco meglio»
rimbeccò l’altra, dando così un’informazione a Shirai, che non sapeva niente di
tutto questo.
Itachi aveva allenato Saori? Perché
nessuno glielo aveva detto? E soprattutto, come mai sentiva un’ondata di
invidia verso la ragazza?
Forse perché essere allenati da uno
shinobi del livello di Itachi era il sogno di qualsiasi altro ninja: le ragazze
per motivi che con gli allenamenti avevano poco a che vedere, mentre per i
ragazzi era diverso. E Shirai in quel caso si sarebbe comportata come un
ragazzo.
Itachi era conosciuto per la sua
bravura nell’insegnamento e, se non fosse stato così straordinario in battaglia,
sarebbe stato perfetto all’accademia ninja: aveva anche una gran pazienza,
coltivata sicuramente grazie a Sasuke.
«Sei stupita, Shirai-chan?» chiese
Saori divertita, alla quale non era sfuggito lo sguardo sorpreso di Shirai alla
notizia spifferata da Sasuke.
«Sì, lo sono. Sei stata molto
fortunata ad avere Itachi-san come sensei. Ma io ho Shisui-kun ora, quindi non
mi lamento» rispose sinceramente Shirai, prima di attraversare le porte che
delimitavano il quartiere Uchiha: erano quattro anni che non entrava ed era un
po’ nervosa.
Quando alcune delle signore fuori
casa la vide, la salutarono calorosamente: non tutti gli Uchiha erano come
Saori, le sue compagne o Fugaku.
Alcuni erano davvero dispiaciuti che
Shirai fosse stata lontana dal Konoha per così tanto, perché i loro figli la
trovavano divertente: quando era ancora benvoluta nel quartiere, mentre
aspettava Itachi di ritorno da una missione, passava l’attesa giocando con
tutti i bambini.
La si poteva
trovare con i suoi capelli corti, gli occhi grandi e il fisico ancora mascolino
nonostante i sedici anni, presa a calciare una palla o ad insegnare a qualche
piccoletto come lanciare un kunai.
Erano
innumerevoli le volte in cui Itachi l’aveva trovata completamente ricoperta di
terra e polvere al ritorno di una missione con il sorriso sulle labbra e, non
lo avrebbe mai detto a nessuno, ma quella vista lo faceva sentire veramente a
casa.
Shirai venne
fermata da qualcuna delle donne del clan che le chiesero, sinceramente
interessate, come stava a se sarebbe rimasta al villaggio.
Altre invece
le lanciavano sguardi poco cordiali, segno che non era la benvenuta per loro: dopo
tutto come aveva osato diventare amica di un Uchiha importante qual era Itachi,
lei che, a detta loro, non valeva meno dell’unghia del dito mignolo di
qualsiasi appartenente al clan?
Una volta
entrate in casa la ragazza venne accolta dal caloroso saluto di Tamiko, madre
di Ayane e dal padre di lei Kaito, che era impegnato a leggere un rotolo.
Fu proprio
questi a fare una domanda a Shirai:
«È vero che
parteciperai agli esami per diventare Anbu?».
«Hai! Parteciperò su richiesta, o meglio
ordine, della Godaime».
«Allora sta’
attenta. Uno degli esaminatori è Fugaku-san, l’altro Hiashi Hyūga e forse ci
sarà anche Itachi-kun».
«Bene, non
poteva andarmi meglio devo ammettere» disse Shirai, afflitta.
La madre di
Ayane decise di interrompere il discorso per evitare che Shirai si innervosisse
o deprimesse e le chiese come erano andate le cose a Kumogakure.
«Oh è stato
sicuramente istruttivo e non solo come kunoichi. Ho imparato molte cose in quel
villaggio, che non è poi tanto diverso dal nostro. Come noi tengono molto ai
proprio compagni, anche se sono meno prodighi nel dimostrarlo».
«E dicci,
Shirai-chan, hai trovato qualche ragazzo interessante?» le chiese Tamiko,
facendo arrossire la ragazza.
«Ehm …»
«Ohi! Non mi
hai detto nulla di questo Shibaka!» la rimproverò Ayane.
«Non ho
detto nulla perché è un interesse a senso unico, baka! O almeno così sembra».
«E chi
sarebbe?» incalzò la madre di Ayane, incuriosita.
«Era uno dei
miei sensei e facente parte del Team del Raikage: Darui-sensei. Ma non fate
quelle facce! Non è successo nulla e non credo capiterà mai! È una persona un
po’ strana, ma è stato un ottimo sensei. È grazie a lui se riesco ad utilizzare
qualche tecnica del Suiton. Ha anche tentato di insegnarmi l’arte della
tempesta, ma a quanto pare non ne ho le capacità» spiegò la ragazza, mentre
Ayane e la madre sghignazzavano.
«Oh, mi
piacerebbe conoscerlo! Chissà se capiterà l’occasione!» disse Ayane.
«Potrebbe
succedere solo se il Raikage venisse in visita a Konoha. Darui-sensei è il suo
braccio destro».
«Quindi ti
sei scelta qualcuno di importante, eh Shirai-chan?» la prese in giro Tamiko,
facendole mettere il broncio e borbottare che non si era scelta proprio
nessuno.
Ayane sapeva
che Shirai aveva avuto qualcuno di davvero importante a Kumo, ma visto che non
ne aveva parlato per prima in presenza di estranei, era stata zitta: quella
storia faceva ancora soffrire molto la sua amica, dopo tutto.
Dopo pranzo,
mentre Ayane aiutava la madre a sistemare, la quale aveva rifiutato quello di
Shirai, la ragazza si spostò nel cortile dell’abitazione: nonostante l’aria
frizzante a Konoha anche di inverno si stava bene.
Trovò Kaito
impegnato a fare degli esercizi e chiese il permesso di unirsi a lui: così
iniziarono a muoversi in sincronia, usando varie posizioni del taijutsu.
Shirai,
troppo impegnata e concentrata nel mantenere posizione ed equilibrio, non si
accorse del passaggio di Itachi in compagnia di Saori e delle altre del Team.
Saori però
si accorse di Shirai e disse, con disgusto: «Ad alcune persone dovrebbe essere
vietato l’accesso nel nostro quartiere. Guardatela manca completamente di
grazia e stile. Sembra una scimmia claudicante».
Le due
amiche della ragazza le diedero completa ragione, mentre Kyoko rimase in
silenzio così come Itachi, probabilmente perché nessuno dei due la pensava come
Saori.
Shirai non
era di certo aggraziata come una Hyūga, ma se la cavava egregiamente nella
routine che stava compiendo in sincronia con Kaito Uchiha ed era migliorata
molto rispetto alla goffa ragazzina che era prima di partire per Kumogakure.
«Sono
proprio curiosa di vedere cosa combinerà durante l’esame per diventare Anbu.
Scommetto che non lo passerà» disse Saori convinta, mentre riprendeva a
camminare.
Itachi
rimase un attimo ad osservare Shirai e — se lo aspettava — la vide mettere un
piede in fallo e perdere l’equilibrio, finendo faccia a terra: Kaito la guardò
per un attimo sbigottito, prima di iniziare a ridere di gusto, beccandosi
un’occhiataccia dalla ragazza che si era alzata con il viso ricoperto di terra.
Rivederla
così, sporca e sorridente, fece provare ad Itachi una grande nostalgia e un
leggero sorriso un po’ mesto gli spuntò agli angoli della bocca.
Itachi non
lo sapeva, ma Tamiko aveva visto tutto dalla finestra della cucina e la donna
ora lo guardava rattristata: nessuno nel clan, a parte Shisui, sapeva quanto
Itachi avesse sentito la mancanza di Shirai in quegli anni, forse perché il
ragazzo non lo aveva mai dimostrato.
*ho usato l’inglese qui poiché alcune
tecniche del Raikage e di Bee, come il Lariat, usano questa lingua, ergo o la
conoscono o Kishimoto si è di nuovo fumato qualcosa di pesante.
Ringrazio chi legge, recensisce e
segue la mia storia. Alla prossima.
Lena
|
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Capitolo 6 *** Sixth ***
sixth2
Sixth
I giorni
passarono veloci e una volta che Shisui e Ayane tornarono dalla missione di
cinque giorni, il ragazzo prese ad allenare Shirai ogni giorno libero: alla
fine di ogni sessione la ragazza era stremata, piena di tagli, escoriazioni e
senza una goccia di chakra.
La si poteva
vedere camminare lentamente a testa bassa per le vie di Konoha dopo il
tramonto, quando Shisui la lasciava tornare a casa.
Fu una sera
come le altre che Shirai si sentì ancora più stanca del solito: decise che era
meglio sedersi da qualche parte e recuperare un po’ di forze prima di
riprendere la strada verso casa.
Così si
adagiò su una panchina, moscia come un sacco vuoto, appoggiando la schiena e
volgendo lo sguardo verso l’alto dove il cielo si era tinto dei toni aranciati
e rossastri del tramonto.
«Oggi mi ha
massacrata» sussurrò a se stessa la ragazza. Shisui ci aveva dato dentro
davvero quel giorno, poiché all’esame mancavano poco meno di tre giorni.
Shirai
chiuse gli occhi, combattendo contro la stanchezza: non poteva addormentarsi su
una panchina come una senza tetto, altrimenti sarebbe stata alla mercé di
scherzi perpetrati, per esempio, da Naruto.
Per tenersi
sveglia iniziò a canticchiare un motivetto sentito al villaggio di Kumogakure e
non si accorse che qualcuno si era avvicinato alla panchina.
Solo il
cigolio della stessa le fece intuire che qualcun altro si era seduto accanto a
lei, ma non aveva la forza di capire chi fosse sondando il tipo di chakra così
fece la cosa più umana, anche se comunque complicata per le condizioni in cui
si trovava: aprì l’occhio destro quel tanto che bastava per capire chi fosse.
E quando
vide Itachi gli occhi li spalancò.
«Cosa
diavolo ci fai qui?» gli chiese, senza la minima ombra di gentilezza.
«Mi riposo
su una panchina».
«E non potevi
sceglierne un’altra?».
«No, da
questa si vede meglio il cielo» rispose lui, in tono monocorde come se non
vedesse la palese irritazione di Shirai.
«Uchiha
Itachi, si può sapere che gioco stai facendo? Non lo capisci che devi starmi il
più lontano possibile?» gli chiese Shirai, con la voce colma di nervoso e
stanchezza.
«Non sto
facendo nulla di male. E posso stare dove mi pare».
«Bene,
allora sarò io ad andarmene» sentenziò la ragazza che, alzandosi di scatto,
ebbe un violento abbassamento di pressione costringendola a risedersi sulla
panchina.
«Non stavi
andando?».
«Devo
aspettare che mi torni un po’ di chakra. Shisui-sensei mi ha massacrata oggi,
ma non sono affari tuoi. Rimarrò qui il tempo necessario per riprendermi, ma
non per questo sono obbligata a parlarti» disse la ragazza sedendosi in modo
scomposto, in modo tale da dare le spalle a Itachi.
Il ragazzo,
anche se non lo dava a vedere, era parecchio divertito dal fatto che Shirai
fosse così vulnerabile, in quel momento.
Era convinto
che potesse chiederle qualsiasi cosa, se lo avesse fatto nel modo corretto.
«Ho chiesto
spiegazione ai capi del mio Clan sul reale motivo del tuo allontanamento e mi
hanno confermato la versione che mi diedero quattro anni fa» le disse, senza
ricevere nessuna risposta da parte della ragazza.
«Sicura che
le motivazioni che hanno detto a te non fossero la vera frottola?» la
punzecchio l’Uchiha, vedendo che le spalle di Shirai si erano tese «Forse ti
hanno detto qualcosa per far sì che te ne andassi senza creare problemi».
«O forse il
tuo amato Clan è talmente codardo che non riesce ad ammettere ciò che ha fatto
a me ed alla mia famiglia» rispose finalmente Shirai, la cui pazienza non era
delle più grandi. Si voltò verso il suo interlocutore e aggiunse:
«Nessuno ti
obbliga a cercare la verità, Itachi-san. Se ti basta la spiegazione del tuo
Clan, va bene così. La nostra amicizia, se mai ce n’è stata una, è finita quel
giorno di quattro anni fa quando varcai le porte di Kumogakure» Shirai si alzò
lentamente, donde evitare altri cali di pressione, e con il solito passo lento
post allenamento, prese la via di casa.
Itachi
decise che per quel giorno era meglio lasciarla stare: era evidentemente
distrutta e se l’avesse punzecchiata troppo, la sua reazione poteva farle
seriamente del male.
Non poteva
usare altro chakra o probabilmente avrebbe perso la vita.
«Non ho
intenzione di mollare, Shirai. Scoprirò perché sei stata allontanata dal
villaggio e se io c’entro qualcosa».
*
Il tanto
atteso e temuto giorno degli esami Anbu era finalmente arrivato: Shirai
indossando i vestiti da kunoichi, che altro non erano che un paio di calzoni
fino al ginocchio e una maglia a maniche lunghe nera con sopra il giubbetto
verde da Jōnin, si diresse al palazzo dell’Hokage dove si dovevano riunire i
partecipanti e gli esaminatori.
Una volta
giunta nella sala dove erano tutti riuniti vide che tra i partecipanti vi erano
alcuni Inuzuka, quattro Aburame e quasi una decina di Hyuga. Vide che la
maggior parte aveva con sé molte armi da lancio e alcuni, come Sasuke stesso,
una katana che a prima vista sembrava una Kusanagi: dove diavolo aveva
raccattato un’arma del genere?
«Itachi…»
disse a denti stretti Shirai, la quale non aspettò di sentire la voce di questi
alle sue spalle.
«Sai cos’è
la katana che porta Sasuke, vero?».
«Questo è
barare».
«No, è
essere previdenti. Non so quanto il tuo Railgun sia potente e quindi ho dato a
mio fratello un mezzo per fermarne uno di piccola potenza».
«Ah, è
così?» chiese Shirai, ghignando e voltandosi verso Itachi, il quale si stupì di
vedere una scintilla di divertimento negli occhi della ragazza «Allora,
Itachi-san, il tuo dono sarà inutile» gli disse prima di passargli vicino.
Shirai si
allineò insieme agli altri partecipanti e si mise proprio di fianco a Sasuke
che la superava di poco in altezza: il ragazzo le lanciò uno sguardo
interrogativo, poiché la vide ghignare particolarmente divertita.
«Non ridere
troppo, la katana che mi ha dato Nii-san ti sconfiggerà» le disse, per
incuterle timore.
«Hontou?
Allora puoi stare tranquillo, neh Sasuke-kun?» gli chiese lei, sorridendo di
nuovo.
E Sasuke si
sentì, giustamente, preso per i fondelli.
L’esame
fisico era diviso in due parti: una battaglia campale tutti contro tutti e poi
scontri a coppie fino a che ne fossero rimasti solo due. Quello teorico era
stato fatto il giorno prima e solo chi lo aveva passato si trovava lì per la
seconda parte.
I
partecipanti furono portati in uno dei campi di allenamento più lontani dal
villaggio così da permettere loro di usare tutte le tecniche che conoscevano.
Shirai venne
affiancata da Itachi mentre correva alle spalle del gruppo: ignorò l’Uchiha,
concentrandosi su i suoi avversari per trovare quale fosse il più debole contro
il suo elemento.
Shisui le
aveva passato anche alcune informazioni sui partecipanti e sapeva che molti di
loro usavano il Doton, debole contro il fulmine, e non doveva temere gli
insetti degli Aburame: se si fossero attaccati a lei, li avrebbe fulminati.
Itachi
intanto la osservava intenta a studiare i nemici di fronte a lei: era
concentrata e guardava anche i dintorni del campo di battaglia.
Arrivarono
al campo designato per l’esame e i partecipanti si allinearono davanti
all’Hokage: la donna li guardò uno ad uno, notando che ancora una volta Shirai
si era posizionata al fianco di Sasuke.
«Bene,
reclute. A breve inizieranno gli scontri: riscaldatevi e preparatevi. Si parte
al mio via» urlò la donna.
Shirai
iniziò così a scaldare i muscoli e lanciava occhiate a Sasuke di tanto in
tanto: un’idea le era giunta mentre correva verso il campo.
«Neh,
Sasuke. Cosa ne pensi di allearci in questa prima parte dell’esame? Usiamo
entrambi il Raiton».
«Comincio a
credere che tu non sia così stupida come sembri» le rispose l’altro, beccandosi
un’occhiata d’odio da Shirai, la quale capì che l’Uchiha aveva acconsentito.
Quando la
Godaime urlò il suo via, la maggior parte degli shinobi si allontanò, prendendo
a combattere alla rinfusa e colpendo chiunque gli capitasse a tiro.
Gli unici
che si concentrarono su un obbiettivo alla volta furono Shirai e Sasuke: la
prima stese due Inuzuka con l’uso dell’elettroshock, mentre l’altro ne mandò
qualcuno nel mondo dei sogni con lo Sharingan.
Come gli
esaminatori si aspettavano, dopo un’ora di battaglia campale, erano rimasti in
otto: Sasuke, Shirai, tre Aburame e tre Hyūga.
«Bene» disse
la Godaime «Mi aspettavo di meglio, ma sono orgogliosa di voi otto. Avete
cinque minuti per riprendere fiato, poi vi divideremo in coppie per i
combattimenti finali».
Shirai si
sedette a terra con la solita grazia che la contraddistingueva, notando che
invece Sasuke continuava a mantenere i muscoli caldi: la ragazza sperava di non
dover affrontare l’Uchiha immediatamente, poiché uno scontro contro di lui
l’avrebbe stremata fosse o meno stata la vincitrice.
Oltre a
Sasuke la preoccupavano anche gli Hyūga con il Byakugan che vedeva tutto:
riuscivano a vedere i suoi canali di chakra e a bloccarli, ma a differenza sua
erano combattenti a breve raggio.
Era
probabilmente giunto il momento di usare la sua mossa più potente anche se
sperava di usarla solo contro Sasuke.
Passati
cinque minuti la Godaime si posizionò davanti ai partecipanti rimasti e disse:
«Hyūga Takeo
contro Aburame Testu. Hyūga Ryo contro Sasuke Uchiha. Aburame Naora contro
Shirai Nakamura. Hyuga Rie contro Aburame Kuso» sentenziò Tsunade, mentre le
coppie si dividevano lo spazio del campo.
Shirai era
soddisfatta: la sua avversaria usava sì gli insetti, ma anche il Doton come
elemento principale.
Si trovarono
una di fronte all’altra e quando la Godaime urlò di nuovo il via, la sua
avversaria ordinò agli insetti di attaccare: Shirai sapeva che avrebbe fatto
quella mossa e così, come il Raikage le aveva insegnato, ricoprì il suo corpo
con il fulmine, friggendo all’istante le povere creature volanti.
«Se tieni
alla vita dei tuoi insetti, tienili lontani da me o faranno tutti la stessa
fine».
Mentre gli
scontri proseguivano, gli esaminatori
osservavano con fare critico i partecipanti.
«La ragazza
dei Nakamura è cambiata dall’ultima volta che l’ho vista combattere» disse
Hiashi agli altri.
«Sì, è
migliorata, ma non credo sia nulla di che» rispose Fugaku.
«Su questo
devo dissentire» si intromise la Godaime «Quella che Shirai-san sta usando è la
Raiton no Yoroi del Raikage e, anche se non è lontanamente potente come quella
dell’uomo in questione, è sufficiente per annullare gli attacchi di insetti da
parte della sua avversaria».
Fugaku non
trovò nulla da ribattere e volgendo lo sguardo verso suo figlio secondogenito,
si accorse che aveva già terminato lo scontro contro lo Hyūga.
Il secondo
scontro a terminare fu quello tra Testu e Takeo, con la vincita dello Hyūga e
poi fu il turno di Shirai di mandare al tappeto l’avversaria: combinando un
jutsu del Suiton con il Jibashi* fece passare una forte corrente nel corpo
dell’avversaria che cadde a terra priva di sensi.
I quattro
vincitori degli scontri vennero di nuovo mischiati e Shirai capitò con l’altro
Aburame, mentre Sasuke si ritrovò di nuovo uno Hyūga come avversario: gli
scontri questa volta durarono di più, poiché le energie erano in diminuzione.
Dovette
usare parecchie tecniche imparate a Kumogakure, ma alla fine l’Aburame giaceva
a terra privo di sensi.
«Sasuke
Uchiha e Shirai Nakamura. Siete rimasti solo voi» disse la Godaime «Prima di
tutto vi faccio i miei complimenti per essere arrivati fino a qui. Ora vi
battere tra di voi: non ci saranno pause
né limiti di tempo. Iniziate».
Shirai e
Sasuke si posizionarono uno davanti all’altra.
«Non
riuscirai ad usare i tuoi fulmini contro di me» disse Sasuke, a mo’ di sfida.
«Lo vedremo»
rispose l’altra, emettendo lievi scosse elettriche dal corpo.
Sasuke la
vide poi stendere il braccio destro verso l’esterno e, mentre lui attivava lo
Sharingan, la ragazza usando i fulmini e creando un campo magnetico estrasse,
come aveva fatto contro Shisui, le particelle di metallo dal terreno, creando
una katana.
«Oh, che bel
trucco» la prese in giro Sasuke, il quale, Sharingan attivo e katana alla mano
si scagliò contro di lei, dando vita ad uno scontro di spade.
Affondi e
parate si alternavano in successione, ma Shirai sapeva che non poteva
eguagliare la velocità di Sasuke o la sua bravura con la katana: era stato
allenato da Kakashi e Itachi, dopo tutto.
Così, nel
momento in cui il ragazzo attaccava, si spostò verso destra e poggiando una mano
sulla spalla dell’avversario, fece scorrere l’elettricità.
Sasuke fu
costretto ad allontanarsi e si accorse che la spalla sinistra era fuori uso.
«Hai
bloccato il chakra nella mia spalla».
«No, ho
bloccato i tuoi nervi. Ora quel braccio non ti servirà più a nulla,Sasuke-kun»
disse la ragazza, facendo dissolvere la katana di ferro «Ora, Sasuke-kun, se
permetti, ti mostrerò cosa è un Railgun»
La Godaime
sentendo le parole di Shirai, si rivolse agli altri esaminatori, dicendo:
«Credo sia il caso di allontanarsi da qui. La tecnica di cui parla Shirai-san
non è da prendere alla leggera».
Nonostante
Fugaku fosse dubbioso riguardo la pericolosità di Shirai, si allontanò insieme
agli altri. Da lontano videro la ragazza prendere qualcosa dalla tasca dei
pantaloni: un dischetto di metallo lucente.
«Pronto,
Sasuke-kun? Vediamo se la tua katana riesce a bloccare questo».
La ragazza
lanciò in aria il dischetto e, dopo aver concentrato una quantità assurda di
chakra nella mano destra, colpì la monetina di metallo con lo stesso movimento
con cui si lancia una cicca di sigaretta a terra e infondendo il Raiton, gridò:
«Raiton:
Railgun!».
Una lunga
colonna orizzontale dal diametro di mezzo metro di puro elemento fulmine venne
sprigionata dalle dita di Shirai e si propagò per un lungo raggio seguendo la
traiettoria tracciata dalla moneta, distruggendo qualunque cosa sul suo
cammino.
Quando tutto
si fu chetato, di Sasuke non vi era traccia.
«Lo ha
schivato» disse Shirai, controllando i dintorni e trovando Sasuke appollaiato
sopra un albero a testa in giù: lo guardò ghignando e poi, ripetendo i
movimenti di prima, scagliò un altro Railgun.
Questa volta
Sasuke cercò di fermarlo con la katana, ma questa si frantumò in mille pezzi,
attenuando però la potenza del colpo.
L’Uchiha
venne scagliato lontano e cozzò contro un muro: gli esaminatori nel frattempo
osservavano la scena stupiti.
Persino
Fugaku, per una volta, non aveva nulla da dire contro la tecnica usata dalla
ragazza e la fissava intensamente, studiandola.
Forse aveva
sbagliato a sottovalutare Shirai Nakamura: suo figlio minore si era salvato dai
colpi ricevuti solo grazie allo Sharingan e alla sua velocità innata.
Se quel
Railgun lo avesse colpito, sarebbe stato spazzato via, nonostante fosse un
utilizzatore del Raiton.
«Quella
tecnica è devastante» disse Hiashi.
Itachi
invece si limitava a fissare la ragazza sul campo di battaglia: quei due colpi
avevano richiesto una quantità esagerata di chakra ed ora gliene rimaneva poco.
Ed era
questo che lui aspettava: aveva studiato il famoso Railgun e sapeva dalle poche
informazioni trovate che era molto difficile da controllare e chiedeva una
quantità enorme di chakra per essere scagliato una sola volta.
Era
ammirevole che quella ragazza minuta riuscisse a scagliarne addirittura tre in successione,
ma in quel momento le si era ritorto contro. Itachi lo sapeva: Shirai Nakamura
avrebbe perso con Sasuke Uchiha.
La ragazza
sapeva che Sasuke non era ancora stato battuto: gli Uchiha erano dei
combattenti straordinari e il suo avversario, come il fratello, aveva una
quantità di chakra superiore alla sua, oltre ad avere lo Sharingan e tutte le
altre abilità.
Lo sentì
avvicinarsi velocemente e vide che la mano destra del ragazzo era avvolta dai
fulmini: il Chidori insegnatogli da Kakashi risplendeva e crepitava.
«Non
funzionerà contro di me, Sasuke» gli disse Shirai che si preparò: concentrò il
chakra che le era rimasto nella mano destra, pronta a scagliare il terzo e
ultimo Railgun.
La Godaime
si tese improvvisamente, tanto che Hiashi chiese cosa fosse successo.
«Non ha la
forza per scagliarne un terzo! Riesce a farlo quando è nel pieno delle forze,
ma questo non è il primo scontro! Dobbiamo fermarla o collasserà» spiegò la
Godaime, ma Fugaku era di altro avviso.
«Se non è in
grado di battere mio figlio senza perdere la vita, allora non è degna di essere
una kunoichi della foglia».
Itachi lo
guardò di sbieco: voleva che Sasuke vincesse, ma non avrebbe mai permesso che
ciò avvenisse a costo della vita di Shirai.
Volgendo
l’attenzione verso di due combattenti vide Sasuke dire qualcosa alla ragazza:
anche suo fratello si era accorto che Shirai non poteva lanciare un altro
Railgun.
«Ti
sconfiggerò, Sasuke. Mi dispiace debba essere tu, ma è ora che il tuo Clan
impari un po’ di umiltà. Deve capire che non sono i padroni di Konoha. Deve
imparare a rispettare tutti gli Shinobi di questo villaggio. E soprattutto deve
comprendere il vero valore dei legami» urlò la ragazza, per farsi sentire sopra
il rombo che il Chidori e il Railgun ormai pronto emettevano.
Shirai
lanciò il terzo dischetto in aria, ma qualcosa la colpì in pieno stomaco,
facendola piegare su se stessa, tossendo.
Una volta
ripresa la normale respirazione, vide che davanti a lei stava Itachi, il quale
la fissava arrabbiato.
«Cosa avevi
intenzione di fare? Morire?» le chiese a voce bassa, mentre suo padre lo
guardava cupo da lontano: suo figlio, ancora una volta, stava facendo di testa
sua.
Gli aveva
detto tante volte di stare lontano da quella ragazza, ma non era mai servito:
così Fugaku, anche per via delle insistenze di un altro capo Clan, aveva
richiesto al Sandaime di allontanare la ragazza dal villaggio, minacciandolo
che se non avesse fatto, poteva scordarsi la lealtà degli Uchiha.
Eppure dopo
quattro anni, ecco suo figlio che agiva ancora per il bene di quella ragazza:
l’aveva colpita per fermarla, per salvarle la vita.
Cosa aveva
mai di tanto speciale quella Shirai Nakamura perché suo figlio maggiore, il suo
orgoglio, il genio del clan Uchiha tenesse così tanto alla sua vita?
Fugaku vide
la ragazza alzarsi e fissare con odio suo figlio maggiore: cercò anche di
colpirlo, ma Itachi era troppo forte e lei senza forze.
Vide suo
figlio piegare malamente il braccio della ragazza, costringerla con la forza a
voltarsi e bloccarle anche l’altro
braccio dietro la schiena: Shirai si ritrovò con le braccia legate dietro la
schiena, con una sola mano di Itachi a tenerle ferme.
«Ora datti
una calmata. Non lascerò che tu muoia in questo luogo, Shirai» le disse
direttamente all’orecchio, facendola tendere come una corda di violino.
«Abbiamo
dismesso anche il suffisso, Itachi-san? Non siamo così amici».
« So che il
Clan mi ha mentito e scoprirò qual è la verità, ma sappi che fino ad allora ti
terrò sotto controllo».
Shirai si
divincolò cercando di liberarsi: voleva davvero colpire Itachi, in qualche
modo.
Non
importava dove, voleva solo colpirlo e sfogare la rabbia che provava verso di
lui e verso il suo dannato Clan.
«Spero che
non rimarrai deluso dal tuo stesso Clan, una volta che saprai la verità. Ti do
un indizio: tuo padre è implicato. Ora sei invitato a lasciarmi andare, mi stai
per rompere un polso».
Itachi
lasciò la presa, intuendo che la ragazza si era calmata e si allontanò,
tornando dove c’erano gli altri esaminatori: nel frattempo Sasuke era rimasto
bloccato in una posa plastica assistendo all’intervento di suo fratello.
Non avrebbe
mai pensato che Itachi sarebbe intervenuto per salvare Shirai: era davvero così
forte il legame che si era creato tra i due quattro anni prima, tanto che
Itachi aveva interrotto un esame importante pur di salvarla?
Gli
esaminatori stavano discutendo su chi fosse il vincitore e, mentre la Godaime e
Hiashi chiedevano che fosse dichiarato il pareggio, Fugaku asseriva che la
vittoria era sicuramente di Sasuke.
«Scusate
l’intromissione» gridò Shirai «Posso dire la mia?».
Fugaku
storse il naso per la poca grazia ed educazione che la ragazza dimostrò, ma
lasciò che fosse la Godaime a decidere se lasciarla parlare o meno.
«Parla pure»
disse la donna.
«Lo scontro
è stato vinto da Sasuke Uchiha. Se Itachi Uchiha non mi avesse fermata sarei
collassata o deceduta, ergo lui avrebbe vinto» disse la ragazza.
La Godaime
parve fissarla con sguardo indagatore, ma poi sorrise e disse:
«D’accordo,
allora il vincitore dello scontro e dell’esame Anbu è Sasuke Uchiha. Verranno
ammessi nei ranghi anche Shirai Nakamura e Hyuga Takeo» esclamò la Godaime
«Sasuke Uchiha entrerà nel Team di Hana Inuzuka, Hyuga Takeo in quello di
Yamato, Shirai Nakamura verrà unita al Team di Itachi Uchiha che ha perso un membro
utilizzatore del Raiton. Questo è tutto. Siete congedati».
Shirai
voleva davvero morire in quel momento: lo sapeva che quella maledetta e sadica
Godaime l’avrebbe messa di proposito nel Team di Itachi perché aveva mancato di
rispetto a lei e a Fugaku.
Era sicura
di questo, perché la vedeva sorridere divertita nella sua direzione.
*questa
tecnica consiste in un flusso elettrico che arriva all'avversario attraverso
una scia d'acqua.
Le tecniche di Shirai prendono spunto da
quelle di Misaka Mikoto, personaggio di To Aru Majutsu no Index e degli
spin-off a lei dedicati To Aru Kagaku no Railgun e To Aru Kagaku no Railgun S.
Nda: Buongiorno, miei prodi! XD! Ringrazio chiunque abbia la
gentilezza di leggere la mia storia e spero che prima o poi qualcun altro, oltre
alle mie care ragazze che lasciano sempre una recensione, si faccia avanti! È
bello per chi scrive, sapere i pareri di più persone!
Al prossimo capitolo!
Lena
|
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Capitolo 7 *** Seventh ***
seventh
Seventh
Shirai,
salutando a mala pena gli altri partecipanti, se ne andò dal campo di battaglia
da sola: quell’esame si era rivelato ostico e il suo finale anche di più.
Ora, ogni
qualvolta fosse uscita in missione, sarebbe stata a contatto con Itachi: sapeva
che quella era la punizione della Godaime, ma la donna non aveva tenuto conto
delle reazioni del Clan Uchiha.
Se l’avevano
allontanata quattro anni prima per una banale motivazione, ora che avrebbero
fatto? L’avrebbero uccisa nel sonno?
Inoltre, quando
la notizia avrebbe preso piede, era sicura che Saori sarebbe venuta per
affrontarla.
Senza
pensarci troppo si diresse nel campo di allenamento dove avrebbe trovato Ayane
e Shisui: voleva parlare con la sua migliore amica di ciò che era successo e
ricevere da lei qualche parere.
La trovò
intenta a malmenare il povero Shisui che, secondo l’opinione di Shirai, era
leggermente masochista: si lasciava picchiare senza problemi da Ayane. Anzi,
sembrava quasi che gli facesse piacere.
«Ehi, voi
due! Quando avete finito il vostro strano rito di corteggiamento avrei bisogno
di parlarvi» gridò Shirai, facendo bloccare Ayane a metà di un colpo diretto
sicuramente sulla testa dell’altro Uchiha.
«Non stiamo
facendo nessun rito, idiota! Questo maiale ha cercato di toccarmi! E ora ne
paga le conseguenze» spiegò Ayane, mentre Shisui rideva.
«Fa un male
cane essere picchiati da te Ayane-tan, ma ne è valsa la pena. Erano così
morbide» canticchiò serafico Shisui, facendo ridere a crepapelle Shirai, la
quale guardò i due con un po’ di invidia: lei era stata amica di Itachi, ma il
ragazzo non era mai stato né espansivo né allegro come il cugino.
Aveva sempre
un’aria malinconica, come se il peso del suo potere fosse troppo grande da
sopportare per lui.
Una volta
che Ayane fu soddisfatta di aver lasciato un bel bernoccolo pulsante di dolore
sulla testa dell’amico, si avvicinò all’amica.
«Non ho
battuto Sasuke e Itachi-san è intervenuto per fermarmi quando ho cercato di
lanciare il terzo Railgun».
«Perché è
intervenuto? Aveva paura che friggessi il suo fratellino?» le chiese Shisui,
mentre si massaggiava la parte lesa.
«No, lo ha
fatto perché se lo avessi scagliato, sarei collassata… O morta».
Ayane la
guardò male per un attimo e poi, proprio come aveva fatto con Shisui, le diede
una botta in testa.
«Itai!
Ayane! Questo per cosa era?».
«Per la tua
sconsideratezza! Volevi morire solo per battere Sasuke e far abbassare le arie
a Fugaku ojisan? Sei impazzita?» le sbraitò contro la ragazza.
«Non volevo
mica morire! Volevo solo friggere un po’ Sasuke, così magari salvavo anche lui
dall’arroganza che serpeggia nel vostro Clan!».
«Itachi-san
non è arrogante. E nemmeno io o Shisui lo siamo!».
«È vero,
Itachi-san non è arrogante» ammise la ragazza «È solo un idiota!» aggiunse
sorridendo ad Ayane la quale le lanciò uno sguardo di compatimento.
«Ohi, perché
mi guardi così?».
«Perché
l’idiota è alle tue spalle» disse una voce bassa, che fece paralizzare Shirai,
la quale si voltò lentamente con un colorito pallido.
Itachi era
in piedi, alle sue spalle e la fissava con quella che sembrava ira negli occhi
di solito indifferenti.
«Shirai
Nakamura, da questo momento in poi ti rivolgerai a me come Taichō, intesi?» le
disse con voce ferma e dura.
«Hai! Itachi Taichō» rispose la ragazza
scattando in piedi: sapeva che Itachi aveva una pazienza infinita, ma una volta
persa era meglio scappare a gambe levate.
«Quindi sei
nel nostro Team?» chiese Shisui, avvicinatosi alla ragazza.
«Sì, grazie
alle magnifiche idee di Tsunade-sama» rispose Shirai.
«Oh, bene! Un’altra
ragazza nel Team! Sono contento, Shirai!» disse Shisui, afferrando malamente
Shirai, abbracciandola e sollevandola da terra.
«Shisui!
Lasciami andare!» gridò la ragazza, mentre Ayane si divertiva alle sue spalle.
Shisui
lasciò andare la ragazza, la quale per ripicca gli diede una scossa al braccio
che lasciò un leggero segno nero sulla pelle dell’Uchiha, il quale iniziò a
fare una sceneggiata:
«Sono
ferito! Sono mortalmente ferito! Itachi-san riferisci ai miei genitori che gli
volevo bene! E tu Ayane, sappi che ti ho sempre amata!» .
«Shisui, sei
davvero un idiota!» gli gridò contro Ayane che, nonostante tutto non poté
nascondere un leggero rossore alla dichiarazione dell’amico, seppur detta
scherzando.
Mentre i due
battibeccavano e si rincorrevano come due mocciosi, Shirai si accorse che erano
rimasti solo lei e Itachi.
«Da domani
mattina inizierai gli allenamenti» disse perentorio l’Uchiha, guadagnandosi uno
sguardo interrogativo da parte della ragazza.
«E chi sarà
ad allenarmi?» chiese retoricamente.
«Mi pare
ovvio: sarò io» rispose, per l’appunto, Itachi mentre un’ombra di sorriso
inquietante gli era apparsa sulle labbra di solito immobili.
Shirai non
poté fare a meno di temere per la sua vita.
*
Una volta
rientrata a casa e data la notizia ai suoi genitori era stata elogiata da loro
per essere divenuta Anbu, ma quando rivelò che era nel Team di Itachi, suo
padre si adirò.
«Cosa ha in
mente la Godaime? Vuole che il Clan Uchiha si metta in mezzo di nuovo e ti
mandi via? O vuole perdere la loro lealtà verso Konoha?».
«Non ho idea
di cosa abbia in mente Tsunade-sama, Otōsan. So solo che domani mattina
all’alba devo andare al campo di allenamento numero zero per allenarmi con il
mio nuovo capitano» disse la ragazza, poggiando la testa sul tavolo afflitta
«Mi ucciderà, ne sono sicura. Quando sarò morta date a Kai i miei kunai
preferiti, mentre ad Ayane il vestito azzurro che non ho mai messo».
«Nee-chan,
non stai esagerando?» le disse proprio la voce di Kai, alle spalle.
«Non essere
così insensibile con me, Kai! Domani morirò» disse, con fare melodrammatico la
ragazza.
«Itachi-san
non ti ucciderà. Forse ti ridurrà male, ma sopravvivrai» la rassicurò il
fratello.
«Sei proprio
senza cuore! Vado a farmi un bagno e cercherò di annegarmi, almeno non darò la
soddisfazione ad Itachi di uccidermi» aggiunse Shirai, di nuovo melodrammatica,
prima di salire lentamente le scale che portavano al primo piano.
«Andrà bene
che Itachi-san la alleni? Siete sicuri che non le farà del male?».
«Okaasan,
Itachi Uchiha non farebbe mai del male a Shira-nee. Ne sono sicuro e so che la
pensate come me».
«Nostro
figlio ha ragione. Quel ragazzo… Non è come gli altri del suo Clan. Mi ricordo
quando Shirai lo ha portato qui quella volta che si erano presi un acquazzone
ed ho pensato che fosse un ragazzo gentile, oltre che educato ed intelligente.
L’esatto opposto di Shirai, insomma».
«Nostra
figlia non è stupida e non dipingerla come una cavernicola. Non ha ancora
trovato il suo lato femminile, ma quando si prenderà la sua prima cotta vedrai
che cambierà» intervenne Hisako in difesa della figlia.
«Shirai
innamorata?» chiese il padre, divenuto improvvisamente pallido «No, non
succederà così presto» disse sicuro.
«Keito,
guarda che tua figlia ha vent’anni. Potrebbe succedere da un giorno all’altro»
insistette la donna, ma il marito aveva smesso di ascoltarla così da preservare
la sua sanità mentale.
Shirai si
stava cambiando nella sua camera quando iniziò a provare la spiacevole
sensazione di essere osservata: in certi momenti avrebbe voluto avere il
Byakugan così da stanare lo spione senza fatica.
Invece
doveva accontentarsi di sondare il chakra e quando capì chi fosse, andò su
tutte le furie: si vestì in fretta e senza pensarci due volte, saltò fuori
dalla finestra.
Lo spione
altri non era che il dobe per eccellenza: Naruto Uzumaki.
Il biondo
cercò di scappare, ma Shirai gli lanciò contro un sasso che aveva trovato e lo
colpì in pieno.
«Posso
sapere perché mi spiavi mentre mi cambiavo?».
«Volevo
vedere se eri davvero una ragazza! E lo sei!» le disse l’idiota, guadagnandosi
un pugno in testa.
«Dubitavi
che fossi una ragazza? Naruto Uzumaki, vuoi morire?» lo minacciò Shirai, mentre
l’elettricità cominciava a fluire all’esterno del suo corpo.
Peccato che,
prima che potesse anche solo bruciacchiare un po’ Naruto, qualcuno la fermò.
E quel
qualcuno era di nuovo Uchiha Itachi.
«Ora ci
mancavi solo tu! Non vedi che sto punendo uno spione maniaco?».
«Non ha
senso che tu lo faccia, dato che, se non te ne fossi accorta, non indossi altro
che la maglietta» le disse Itachi, vedendo che Shirai sbiancava e guardava
verso il basso.
L’Uchiha
aveva ragione: nella fretta di prendere lo spione si era dimenticata di
indossare i pantaloni.
Fortunatamente
la maglia era sufficientemente lunga da coprirla fino a metà sedere: emise un
verso acuto, prima di rannicchiarsi su se stessa per cercare di coprirsi il più
possibile.
«Non state
lì in piedi come due statue. Andate a casa mia e prendete qualcosa da
mettermi».
«Non sarebbe
più semplice se ci andassi tu saltando dalla finestra?» chiese Naruto.
Bene. Oltre
ad essere in mutande davanti ad Itachi Uchiha, genio del Clan e suo capitano
Anbu, ora era anche stata sorpassata in intelligenza da Naruto Uzumaki.
Shirai non
disse nulla, ma con un balzo saltò sull’albero davanti alla finestra di camera
sua e poi vi entrò dalla finestra: Itachi volse poi la sua attenzione verso un
ghignante Naruto.
«Non fare
quella faccia, Itachi-san. Ho visto che guardavi anche tu» gli disse, ricevendo
uno sguardo di incredulità da parte dell’Uchiha, il quale non aveva capito
subito che il biondo aveva suggerito quella soluzione a Shirai solo per poter
dare un’occhiata sotto la maglia della ragazza.
«Avere
Jiraiya-sama come sensei non ti ha giovato molto, Naruto-san».
« Oh invece
sì! Sono anche riuscito a schivare la sua punizione! Ha creduto al fatto che
non sapevo se era una ragazza o meno, dimenticandosi che doveva essere
arrabbiata per altro. Neh, ti rivelo un segreto: Shira-nee ha un tatuaggio
sulla schiena» disse il jinchūriki a bassa voce, prima di andarsene allegro.
Itachi
rimase un attimo fermo in mezzo alla strada, sbigottito: non tanto perché
Shirai avesse un tatuaggio, anche lui aveva quello Anbu sul braccio, ma per il
fatto che un ragazzo, seppur più piccolo, avesse voluto vedere la ragazza con
pochi indumenti addosso.
Non avrebbe
mai pensato, quattro anni prima, che qualcuno di sesso maschile avrebbe mai
provato interesse di quel tipo verso Shirai: era un maschiaccio, con i capelli
corti, un corpo pressoché androgino e i modi di una scaricatrice di porto.
Eppure in
quattro anni era cambiata: i capelli erano cresciuti, anche se li teneva legati
in quell’improponibile chignon, e con essi erano sbocciate anche altre forme,
seppur non troppo prosperose.
Perché
Itachi era uno shinobi, freddo, spietato e pressoché indifferente, ma era
comunque un normale ragazzo di ventuno anni e, anche se a differenza del cugino
lo nascondeva meglio, guardava le esponenti dell’altro sesso.
Decise che
era meglio andarsene da lì, perché i suoi pensieri avevano preso una piega
decisamente strana: quando si voltò si trovò davanti Kai, il fratello minore di
Shirai.
«Sono qui
solo per dirti una cosa, Uchiha Itachi: se per causa tua, o del tuo dannato
Clan, mia sorella dovesse soffrire o essere di nuovo cacciata, ve la farò
pagare. E troverò il modo di farlo, dovessi chiedere al diavolo in persona»
disse il ragazzo, con sguardo e tono duro, prima di voltarsi ed andarsene.
Itachi,
nonostante non ne fosse poi così intimorito, non dubitò mai della minaccia che
Kai gli aveva fatto: lui si sarebbe comportato nello stesso modo se fosse stato
al suo posto.
Shirai uscì
di casa dopo cena e trovò Ayane, stranamente da sola, che camminava per le vie
del villaggio: la affiancò, senza dire nulla e camminò insieme a lei.
Sapeva per
esperienza che se la sua amica era da sola, senza la costante presenza di
Shisui, voleva dire che il suddetto o aveva combinato qualcosa o lei era
turbata a causa sua.
«Neh,
Shibaka.Com’è essere innamorate?» chiese dal nulla la ragazza dai capelli neri.
«È complicato
da spiegare, Ayane. Come mai questa domanda?».
«Perché io
credo di esserlo».
« Ma va?
Aya-chan non dirmi che lo hai capito solo ora che sei innamorata di Shisui-kun,
neh? Oh, non fare quella faccia! Io e Itachi lo sapevamo già quattro anni fa!»
le disse Shirai, che quando si accorse di aver parlato di Itachi come se fosse
ancora suo amico, si incupì leggermente.
«Comunque …
I fatti sono questi e sinceramente non so cosa fare…» disse Ayane, per
distrarre l’amica dal pensiero di Itachi.
«Ayane,
ascolta, io non sono la persona più adatta per dirti cosa dovresti fare, ma di
una cosa sono sicura: nessuno in questo villaggio ha lo splendido rapporto che
lega Shisui e te. Vi cercate, parlate, siete in sintonia. E sono quasi sicura
che anche lui sia innamorato di te, Ayane. Quindi, se sei sicura di esserne
innamorata io dico di provarci».
Ayane guardò
la sua amica dubbiosa per un attimo, poi si aprì in un grande sorriso e la
ringraziò di cuore.
«E tu
Shirai? Cosa farai con Itachi-san d’ora in poi?» le chiese cauta Ayane.
«Lo tratterò
come il capitano delle squadra Anbu a cui appartengo, niente di più niente di
meno».
«Sei sicura
che funzionerà? Voi due… Shirai lo sai che Itachi-san non era molto contento
quando te ne sei andata, vero? Io non me ne sarei accorta se non fosse stato
per Shisui, ma lui lo conosce come il palmo della sua mano e, nei primi periodi
in cui non c’eri, mi ripeteva in continuazione che Itachi-san non era lo stesso
di sempre e l’unico motivo plausibile per il suo comportamento era la tua
partenza. Poi, sempre secondo Shisui, ha imparato a mascherare ancora meglio le
sue emozioni. Ciò che voglio dirti è che lui è affezionato a te, Shirai. Questo
non puoi, anzi non devi negarlo!».
«D’accordo,
ma mi dispiace Ayane. Non basterà questo a farmi perdonare chi mi ha cacciata
dal villaggio. E lo sai che lo hanno fatto perché il soggetto coinvolto era
Itachi…».
«Lo so, ma
almeno prova ad essere un po’ gentile con lui, ok? Itachi-san non è un mostro e
questo lo sai meglio di me. Ora devo tornare a casa: mia madre e mio padre
vogliono parlarmi di qualcosa. Ja ne, Shibaka».
«Ja ne,
Aya-chan» rispose Shirai.
La ragazza
si guardò intorno, notando che nessuno dei suoi conoscenti era in vista. Decise
quindi di dirigersi nel posto che preferiva nel villaggio: la montagna degli
Hokage.
Saltò su
tetti e alberi fino a quando non atterrò sulla testa del Sandaime: qui si
sedette e lasciò che l’aria fredda di quell’inizio dicembre le solleticasse il
viso, schiarendole i pensieri. Lasciò vagare lo sguardo al villaggio che si
estendeva sotto di lei: le era mancata Konoha, con le sue case colorate, la
vita per le strade, le urla dei bambini che giocavano e i profumi della natura
che circondava e invadeva il villaggio, mischiati a quelli prodotti dagli
esseri umani.
Ayane aveva
ragione nel dire che Itachi non era un mostro: in realtà, nonostante le
apparenze intimidatorie, era una delle persone più pacifiche e tranquille che
conoscesse.
Nonostante
la sua enorme forza, non amava gli scontri, non desiderava uccidere e aveva a
cuore il benessere di tanti, soprattutto quello di suo fratello minore: se lo
ricordava bene un Itachi tredicenne che curava suo fratello minore, che allora
aveva otto anni, dopo che era caduto sbucciandosi un ginocchio.
E rimembrava
ancora quando Itachi era intervenuto vedendo dei bambini che torturavano un
gatto.
E non
avrebbe mai dimenticato il giorno in cui lui le parlò la prima volta: si
trovava davanti all’accademia e stava discutendo animatamente con Saori, poiché
la ragazzina aveva preso di mira Hinata quella volta.
La piccola e spaurita Hyūga si era
nascosta dietro Shirai quando era intervenuta per far smettere Saori, la quale
già alla tenera età di dieci anni aveva attivato lo Sharingan.
Ed era con quegli occhi rossi che
fissava Shirai con tanto astio che persino il demonio in persona ne sarebbe
stato intimidito.
Si ricordava bene quel giorno, perché
Itachi era intervenuto, facendo placare Saori in un attimo: infatti appena
questa lo aveva visto era diventata tutta zucchero e sorrisi, tanto che Shirai si
convinse che da quel giorno avrebbe
avuto il diabete.
Quando Saori se ne fu andata, Itachi si
era voltato verso di lei e le aveva detto:
«Non dovresti attaccare briga con
altri compagni».
E quella frase fece scattare Shirai:
come poteva dare la colpa a lei, quando quella piccola vipera di Uchiha aveva
attaccato una bambina di cinque anni, spaurita e patologicamente timida?
Le scariche elettriche avevano
inziato a crepitare intorno a Shirai, la quale, guardando il genio degli Uchiha
direttamente negli occhi onice gli disse:
«E tu saresti un genio? Allora
ringrazio i kami di non esserlo. Non ho mai conosciuto uno più stupido di te
Uchiha Itachi» si era poi voltata verso la bambina spaurita alle sue spalle,
che Itachi non aveva nemmeno notato, e le aveva detto con voce bassa e dolce:
«Andiamo, Hina-chan. Ti compro un bel dolcetto così passa tutto, d’accordo?».
Hinata aveva poi lanciato un’occhiata
all’Uchiha ancora sbalordito dal sentirsi dare dello stupido per la prima volta
in vita sua e, tentennando, gli aveva detto:
«Shirai-san mi stava aiutando.
Saori-sama è quella in errore».
«Lascia stare, Hina-chan. Un Uchiha
difenderà sempre un altro Uchiha anche se questo ha torto marcio. Andiamo o il
negozio chiuderà» le disse Shirai, allungandole una mano e portandola via.
Itachi rimase immobile per qualche
attimo, guardando quella strana ragazza – lo aveva capito solo quando aveva
parlato che lo era – che si trascinava dietro una piccola Hinata.
Shirai
sorrise al ricordo di quel giorno: la prima volta che aveva parlato, si fa per
dire, con Itachi lo aveva trovato arrogante e spocchioso proprio come tutti quelli
del suo clan.
La ragazza
non poteva sapere che nello stesso momento Itachi stava pensando esattamente la
stessa cosa.
Si stava
ricordando di quando una ragazza lo avesse chiamato stupido per la prima volta.
E di come
poi le cose erano cambiate: il ragazzino, incuriosito dai comportamenti di
Shirai, la quale sembrava totalmente disinteressata al genio degli Uchiha,
prese ad osservarla ogni qualvolta ne avesse occasione.
La vedeva
spesso giocare con Naruto, il reietto del villaggio, e anche con suo fratello
minore, Kai. Un paio di volte aveva visto persino Sasuke parlare con lei e il
suo Otōto le aveva sorriso quando gli aveva dato una caramella.
Persino sua
madre Mikoto la salutava quando si incontravano per caso e quindi Itachi decise
di chiedere a sua madre chi fosse quella ragazzina. Ricordava perfettamente il
loro discorso: sua madre sorrideva pensando a quella strana ragazzina.
«Oh, ti riferisci a Shirai Nakamura?
Quella ragazza è di una bontà infinita! Riesce persino ad andare d’accordo con
Naruto Uzumaki e a farlo stare buono per una mezz’ora al giorno. Non l’avevi
mai vista, Itachi?».
«No, l’ho incontrata per caso un
giorno, mentre discuteva con Saori-san».
«Ah, capisco. E cosa era successo?».
«Ho pensato subito che Shirai-san
avesse attaccato briga con Saori-san, ma ero in errore. In realtà Shirai-san
stava difendendo una bambina degli Hyūga dagli scherzi di Saori-san. Mi pare
abbia chiamato la bambina Hina-chan».
«Oh, capisco. Ricordati una cosa
Itachi: Shirai Nakamura non attaccherebbe mai briga con qualcuno senza un
motivo valido» gli aveva detto sua madre.
Ed era
quello il motivo che spingeva Itachi a cercare la vera ragione del suo
allontanamento: perché Shirai non era un’attaccabrighe.
Quando si
infuriava, quando provava tutto quell’astio era per un motivo valido e lui
voleva, anzi doveva, sapere quale fosse.
Perché, e
solo Shisui lo sapeva, a lui mancava l’amicizia di Shirai Nakamura.
*
All’alba
della mattina successiva Itachi, in divisa Anbu, era in piedi immobile come una
statua nel centro del campo di allenamento numero zero, quello usato dalle
squadre Anbu.
«Sei in
ritardo» disse alla ragazza che era apparsa alle sue spalle.
«Hai detto
prima dell’alba e come puoi constatare il sole non è ancora sorto, ergo non
sono in ritardo» ribatté Shirai, guadagnandosi un’occhiataccia da Itachi.
Non lo
avrebbe mai ammesso, ma era orgogliosa di riuscire a farlo smuovere almeno un
po’: il suo sguardo si riempiva di qualcosa
quando la guardava o gli rispondeva in malo modo.
La maggior
parte delle volte era irritazione, altre vera e propria rabbia, come quando
l’aveva fermata nello scontro con Sasuke.
«Come sta
Sasuke?» gli chiese, ricordandosi che il secondo Railgun lo aveva colpito in
pieno, seppur indebolito dalla Kusanagi del ragazzo.
«Le
bruciature si stanno chiudendo, ma fa ancora fatica a muovere il braccio
sinistro» le disse Itachi.
«Oh, passerà
tra un paio di giorni, quando i nervi inizieranno a lavorare secondo gli
impulsi mandati dal cervello di Sasuke. Per ora seguono ancora quello che le
mie scosse dicono loro di fare» spiegò la ragazza.
Rimasero in
silenzio per un attimo, poi Itachi entrò in modalità sensei e disse:
«Durante lo
scontro con Sasuke ho notato molte lacune nella tua difesa. I tuoi attacchi
sono sufficientemente precisi, ma posso migliorare anche quelli. Specialmente
quando usi il Railgun sei completamente scoperta».
«Lo so, ma
quando lo uso si suppone che i miei compagni di Team mi guardino le spalle: era
così che funzionava a Kumogakure. Questo perché, a differenza del Raikage, non
sono in grado di mantenere la Raiton no Yoroi mentre scaglio il Railgun: non ho
abbastanza chakra per farlo» spiegò la ragazza.
«Allora
inizieremo con gli allenamenti volti ad aumentare, almeno di poco, il livello
del tuo chakra e della tua resistenza fisica. Poi passeremo al taijutsu. Ti ho
osservata con Keito-san mentre vi allenavate e ci sono parecchie cose da
correggere».
Shirai lo
guardò dubbiosa per un attimo e poi si ricordò che quel giorno era anche caduta
come una principiante e divenne paonazza: era sicura che Itachi l’avesse vista
e, difatti, il moro, tanto per girare il coltello nella piaga parlò di nuovo.
«Sei persino
caduta e ti posso assicurare che è stata una visione patetica».
La ragazza,
conosciuta per la sua poca pazienza, iniziò ad emettere scariche elettriche: le
succedeva spesso quando era frustrata o spaventata e in quel momento si sentiva
proprio così.
Perché
Itachi faceva paura vestito da Anbu, con un espressione seria e letale, come se
fosse pronto a divorarla in qualsiasi momento.
E poi,
mentre Shirai ancora ingoiava il groppo di paura che le era salito in gola,
Itachi sparì nel nulla.
La ragazza
prese a cercarlo in ogni dove, ma il dannato aveva annullato completamente la
sua presenza: Shirai attivò quindi la sua armatura di fulmine e attese che
l’Uchiha attaccasse.
E non
dovette attendere molto: sentì un sibilo proveniente da dietro e si voltò
appena in tempo per schivare un’enorme palla di fuoco.
«Suiton: Suijinheki» disse Shirai dopo aver
velocemente composto i sigilli e creando un muro d’acqua contro cui le fiamme
di Itachi si infransero: peccato che la potenza dell’Uchiha fosse troppo
superiore alla sua e Shirai si ritrovò avvolta nelle fiamme.
Una volta che la tecnica si fu dissolta, Shirai aveva numerose
bruciature sul corpo, poiché l’armatura di fulmine era riuscita a bloccare i
danni maggiori.
«Non male, ma non è abbastanza. Sei troppo lenta nel comporre i sigilli
e il tuo muro d’acqua è quasi ridicolo» la riprese l’Uchiha.
Shirai dovette respirare più volte per evitare di prendere e
scagliargli un Railgun alla massima potenza direttamente in faccia, così da
togliergli il sorrisetto di scherno che aveva.
«Vedo che iniziamo ad apprendere un po’ di autocontrollo».
Quindi quel dannato la stava prendendo in giro di proposito per farla
scattare: voleva la guerra? Bene. L’avrebbe avuta.
«Suiton: Suiryūben» disse Shirai dopo aver composto i sigilli: una
sfera di acqua di discrete dimensioni si formò davanti a sé e da questa
iniziarono ad uscire delle fruste; ma la ragazza non aveva finito: «Raiton:
Kangekiha».
Le scosse emesse dalle mani di Shirai si aggiunsero alle fruste
d’acqua, che muovendosi freneticamente distrussero alberi, rocce e tutto ciò
che toccavano. Ma Itachi era un Uchiha. Itachi era il genio degli Uchiha, per
la precisione. E aveva lo Sharingan più potente del Clan, forse secondo solo a quello
di Shisui. Rimase impressionato per la tecnica usata dalla ragazza, ma senza
nemmeno scomporsi troppo le arrivò direttamente alle spalle e la colpì
duramente al cavo popliteo facendola cadere in ginocchio e interrompere la
tecnica. Poi le diede un altro colpo alla schiena e, quando fu completamente
prona, le afferrò un braccio torcendolo dietro alla schiena e pesandosi sul
corpo di Shirai con il ginocchio destro.
Shirai iniziò a dimenarsi per cercare di liberarsi, emettendo
elettricità dall’arto bloccato, tentando di far lasciar la presa ad Itachi, ma
questi non batté ciglio.
«Le tue scosse non sono paragonabili al Chidori di Kakashi-san o di
Sasuke, quindi smettila di sprecare chakra e datti una calmata. Sei sempre
stata una testa calda, ma questi quattro anni a Kumogakure ti hanno peggiorata,
Shirai» le disse, lasciandola andare.
«Devi imparare a lasciare scorre il tuo astio, Shirai. O non arriverai
mai da nessuna parte».
«L’unico modo per lasciar scorre il mio astio è eliminare la radice che
lo causa. E non credo che tu mi lasceresti uccidere il tuo stesso padre o
qualche altro membro del tuo Clan, vero Itachi Taichō?» gli chiese
retoricamente Shirai.
Itachi rimase in silenzio, che fu rotto dall’arrivo di un Anbu: quando
l’Uchiha gli diede il consenso di parlare con un semplice cenno del capo questi
li avvisò che la Godaime voleva vedere entrambi nel suo ufficio.
«Non avrà mica sentito quello che ho detto…».
«Shirai, la Godaime è potente, ma non onnisciente. Andiamo» le disse,
sparendo poi in una nuvola di fumo.
«Hai, Itachi-baka Taichō» sussurrò la ragazza, quando la
presenza di Itachi fu completamente sparita.
Ringrazio
chi legge, recensisce e continua a
seguire la mia storia!
Spero
non vi deluda la piega che prenderanno gli
eventi.
Lena
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Capitolo 8 *** Eighth ***
eighth
Eighth
Si
ritrovarono uno di fianco all’altra davanti al portone di ingresso del palazzo
di Tsunade ed entrarono: all’interno trovarono una moltitudine di Shinobi che
correva avanti e indietro con varie mansioni da fare, ordini da eseguire.
Passarono
attraverso la folla senza alcuna difficoltà: sembrava quasi che tutti si
scansassero per far passare Itachi, il quale conduceva la via.
L’Uchiha
bussò alla porta della Godaime ed entrò seguito da Shirai una volta ricevuto il
permesso: nell’ufficio erano presenti anche Ayane e Shisui.
«Ohayō
Shirai-chan! Ti trovo piuttosto stanca» le prese in giro proprio quest’ultimo
ricevendo uno sguardo duro dalla ragazza, la cui risposta fu però bloccata
dalla Godaime.
«Siete
stati riuniti qui perché tra quattro giorni a partire da oggi avremo in visita
uno dei Kage, per la precisione il Raikage, che sarà accompagnato oltre che dal
suo Team anche dall’Hachibi. È idea del Raikage stesso che i due Jinchūriki dei
nostri paesi si incontrino, anche perché Killer Bee è, a quanto dicono, in
grado di collaborare con il Bijū dentro di sé. È davvero così Shirai?».
«Hai!
Ho avuto parecchie occasioni di vedere Bee-san in azione e ha il controllo
completo sul suo Bijū. Anche se più che controllo la chiamerei amicizia. Lui e
l’Hachibi collaborano, nessuno dei due sottostà al volere dell’altro» spiegò
Shirai, che era già in fase di eccitazione per l’arrivo del Raikage.
L’uomo era
burbero e rude, ma teneva in alta considerazione gli shinobi del suo villaggio
e si preoccupava per il loro benessere. E poi insieme al Raikage sarebbe venuto
anche Darui.
«Ho
convocato voi perché quando il gruppo in visita sarà vicino al villaggio
dovrete intercettarli e accompagnarli qui. So che nessuno di loro ha davvero
bisogno di una scorta, il solo Raikage è probabilmente uno degli uomini più
forti che conosco, ma voglio evitare qualsiasi problema e farli sentire i
benvenuti. Quindi il nove dicembre, intorno a mezzogiorno, vi incontrerete con
loro al limitare della foresta fuori Konoha, intesi?»
«Hai, Tsunade-sama»
risposero i presenti in coro.
Quando
furono usciti, Itachi e Shisui capirono subito che l’umore di Shirai era
diverso: sembrava decisamente su di giri per quella visita.
«Neh,
Shirai-chan, non è che hai una cotta per il Raikage?» le chiese Shisui,
facendola voltare di scatto.
«Shisui-kun!
Ma che diavolo stai dicendo? Il Raikage è vecchio! E anche Killer Bee!».
«Allora
deve essere uno del Team che li accompagna» disse Shisui, meditabondo.
«Iie!
Non è affatto così! Sono solo contenta di rivedere tre dei miei sensei!» si
agitò immediatamente la ragazza: se fosse stata sola con Shisui non si sarebbe
imbarazzata così, ma Itachi era lì e ascoltava tutto.
«Tre?».
«Hai,
ci sarà anche Darui-sensei con loro» disse Shirai.
E Shisui
la guardò capendo immediatamente: batté un pugno sul palmo della mano destra e
sorrise.
«Allora
deve essere lui che ti fa sorridere a quel modo, neh Shirai-chan?» la prese in
giro lui, mentre la ragazza si premurava di negare, ma il ragazzo non la
ascoltava minimamente. Continuava imperterrito a prenderla in giro, dicendo che
la sua sorellina era cresciuta e si era innamorata, fino a quando un colpo di
tosse non li mise a tacere entrambi.
«Se avete
finito con i vostri discorsi senza senso, dovremmo riprendere gli allenamenti
da dove sono stati interrotti» disse Itachi, serio.
Shisui
guardò fisso il cugino per un istante e poi sorrise apertamente, facendo
irritare ancora di più Itachi.
«Shisui,
sparisci» gli ordinò, seccato, Itachi.
«Hai, Taichō»
lo prese in giro lui, facendogli il saluto militare e sparendo nel fumo, mentre
Ayane scuoteva la testa e, dopo aver salutato gli altri due, seguì Shisui.
Shirai,
invece, tornò con Itachi verso il campo di allenamento, ma quella mattina le
interruzioni non erano finite: infatti, proprio nei pressi dello spiazzo c’era
Saori, in attesa del ragazzo, ovviamente.
«Oh bene,
ci mancava solo lei» mormorò Shirai, ricevendo una breve occhiata dal suo capitano
«Io vado avanti, vi lascio da soli» aggiunse, saltando su uno degli alberi
vicino, che le avrebbe permesso di passare oltre Saori senza che questa le
rivolgesse la parola.
Atterrò in
mezzo al campo di allenamento e, mentre aspettava che Itachi parlasse con la
vipera, prese ad allenarsi con il taijutsu come aveva fatto con Keito.
«Itachi-san,
sono appena tornata dalla missione e ho saputo tutto. Quindi ora Shirai fa
parte del tuo Team?».
«Sì, e ci
stavamo allenando prima che la Godaime ci convocasse».
«Mi
dispiace davvero per te e gli altri del Team. Sarà sicuramente un peso per voi.
Non è di certo al nostro livello» disse dispiaciuta Saori.
«Non credo
sia così debole come kunoichi. Le manca solo la giusta tranquillità e
concentrazione. Gli allenamenti a Kumogakure l’hanno resa temibile, Saori-san.
Non sfidarla, o potresti farti del male».
«Ti
ringrazio per il tuo interesse, Itachi-san, ma non credo che riuscirebbe a
battermi» rispose sicura di sé Saori.
«Forse no,
ma potrebbe comunque ferirti».
Saori era
al settimo cielo: nonostante Itachi stesse insinuando che Shirai potesse farle
del male, cosa praticamente impossibile secondo il suo parere, il ragazzo stava
mostrando sincera preoccupazione per lei.
«Itachi-san
se dovesse crearti problemi, non esitare a farmelo sapere. Chiederò aiuto a mio
padre di nuovo» disse la ragazza, facendo insospettire Itachi.
Il ragazzo
ora era completamente concentrato su ciò che Saori aveva da dirgli: prima era
distratto dalla sequela di errori che Shirai stava compiendo nella routine di
taijutsu e fremeva per andare a correggerla.
«Cosa
intendi dire con questo, Saori?» le chiese, senza suffisso segno della sua
agitazione.
«Beh, come
saprai, il nostro Clan quattro anni fa richiese all’Hokage che quella ragazza
venisse allontanata dal villaggio».
«Perché?»
chiese lui, cercando in tutti i modi di mantenere la calma.
Saori
iniziò a torturarsi le mani, insicura se doveva o meno dire quello che sapeva
ad Itachi. Poi pensò che se lei gli avesse detto tutto, l’avrebbe sicuramente
tenuta in alta considerazione e perciò spifferò la verità.
«Nel
nostro clan la tua amicizia con quella ragazza non era vista di buon’occhio
perché tuo padre e il mio avevano paura. Pensavano che, crescendo, la vostra
amicizia si sarebbe trasformata in qualcosa di diverso e questo avrebbe
rovinato la stirpe degli Uchiha» spiegò Saori.
Itachi
rimase in silenzio, immobile, mentre il peso di quelle parole si faceva sentire
dentro: Shirai, la ragazza che gli aveva dato dello stupido, colei che gli era
amica senza doppi fini, era stata allontanata dal villaggio, dai suoi affetti,
perché il Clan degli Uchiha la voleva lontana da lui.
Perché
pensavano che col tempo lui se ne sarebbe innamorato e lei avrebbe ricambiato.
«Come
hanno potuto fare una cosa del genere? ».
«Non
potevano di certo allontanare te, Itachi-san. Tu sei l’erede primo degli
Uchiha, colui che sostituirà Fugaku-sama come capo Clan. E non potevano nemmeno
permettere che il tuo talento e i tuoi occhi venissero sprecati per quella
ragazza» disse Saori, che non capiva come mai Itachi le sembrasse arrabbiato.
«Quella
ragazza» disse Itachi con tono duro e facendo bruciare lo Sharingan negli occhi
«Si chiama Shirai. Sei pregata di ricordartelo, Saori-san. Ora torna al
quartiere, devo finire gli allenamenti».
Saori si
spaventò nel constatare che Itachi non era per niente compiaciuto per ciò che
il clan aveva fatto e quando lo vide schizzare verso Shirai, afferrarla per un
braccio e sparire con lei in una nuvola di fumo, sordo alle veementi proteste
della ragazza, sapeva di averla combinata grossa.
*
Shirai
stava combattendo con tutte le forze rimaste per liberarsi dalla presa ferrea
di Itachi, il quale aveva lo Sharingan attivato e non sembrava molto felice in
quel momento.
Non aveva
idea di dove si trovassero, solo che il posto era umido, buio e nell’aria
aleggiava uno strano odore: Shirai iniziava a sentire dolore al braccio dal
quale Itachi la stava trascinando.
Puntò
quindi i piedi sul terreno nel tentativo di fermare la marcia del suo Taichō,
ma questi sembrava non risentire minimamente di tutti gli sforzi che lei faceva
per fermarlo: quanto era forte?
«Itachi! Mi stai staccando il braccio dal resto del
corpo!» lo chiamò lei cosa che lo fece finalmente bloccare, con il risultato
che Shirai, sbilanciata, gli finisse direttamente addosso.
Picchiò il
naso sulla scapola del ragazzo e gridò dal dolore:
«Itai!
Itai! Il mio naso! Ma ti sembra il caso di fermarti così di botto?».
«Fa’
silenzio. Disturberai i gatti».
«I gatti?
Ci sono dei gatti qui?» chiese Shirai, improvvisamente dimentica del dolore al
naso e al braccio.
«Non fare
quella faccia contenta: sono gatti ninja, non si faranno coccolare come quelli
che trovi in paese».
«Non dire
assurdità: un gatto è un gatto e non dice mai di no alle coccole» sentenziò
sicura Shirai, quando una risatina strana echeggiò nell’aria.
«La tua
compagna è nel vero, Itachi-kun. Nessun gatto rifiuta delle carezze, se volute»
disse una voce acuta che si rivelò appartenere ad un gatto dal pelo rossiccio e
tigrato «Vedo che non è Saori» aggiunse il gatto.
E sembrava
particolarmente soddisfatto che non fosse la Uchiha che Itachi si era portato
appresso.
Shirai si
accucciò di fronte al gatto, con occhi scintillanti e disse:
«Il mio
nome è Shirai Nakamura, piacere di fare la tua conoscenza».
«Il mio
nome è Shun e il piacere è mio, Shirai-chan» le disse il gatto avvicinandosi
alla ragazza e prendendo a strusciarsi sulle ginocchia piegate.
«Oh, vuol
dire che posso toccarti?» gli chiese.
«Permesso
accordato».
La ragazza
poggiò delicatamente la mano sulla testolina del gatto e quando questo prese a
fare le fusa era sicura si sarebbe sciolta come neve al sole per la felicità:
Shun si fece coccolare per qualche minuto prima di allontanarsi e dire loro di
seguirlo.
Itachi
andò per primo, seguendo il felino che camminava silenzioso ed aggraziato con
la coda ritta e Shirai si trovò in difficoltà.
Non sapeva
come facesse Itachi, ma lei rischiava di cadere ad ogni piè sospinto: il luogo
era pressoché buio e sul pavimento vi erano disseminati ostacoli quali rocce o
qualche carcassa di animale che aveva sicuramente dato sostentamento ai gatti.
Itachi
accortosi delle difficoltà di Shirai nel camminare al buio, fece per prenderla
da un polso, ma un colpo ben assestato alla mano lo bloccò.
«Non mi
serve il tuo aiuto, grazie» gli disse lei, che concentrando una piccola quantità
di chakra nella mano creò una luce sufficiente a farla camminare in modo umano.
I due
giunsero in quella che sembrava la sala principale del covo, fortunatamente
illuminata, e qui vennero accolti da una moltitudine colorata di gatti di tutte
le dimensioni, razze e sesso.
Vi erano
alcune gatte che allattavano i piccoli negli angoli più nascosti del covo e
Shirai provò un moto di tenerezza che non sentiva da tempo.
Itachi nel
frattempo si era inginocchiato compostamente su un cuscino portato da alcuni
gatti e Shirai si affrettò a fare lo stesso, ma sedendosi a gambe incrociate.
Rivolse
poi la sua attenzione al suo “rapitore” e gli chiese cosa diavolo l’aveva
portata lì a fare.
«Chiudi la
bocca» le rispose lui in malo modo, facendola imbronciare: prima la trascinava
lì con la forza e poi la trattava in quel modo. Chi si credeva di essere?
Shirai
scattò in piedi e disse: «Io me ne vado».
Peccato
che Itachi le lanciò un’occhiata con Sharingan che la fece desistere
immediatamente: cosa diavolo si erano detti lui e Saori per farlo infuriare e
scattare a quel modo?
Davanti a
loro si presentò una vecchia strana che ricordava un gatto: Itachi si inchinò
di fronte a lei e Shirai pensò di fare la stessa cosa.
«Itachi
Uchiha. È da molto tempo che non ti vediamo» disse, mentre una ragazza, più o
meno dell’età di Naruto si sedette alla destra della donna.
Shirai
poteva giurare che la ragazzina fosse arrossita visibilmente alla vista del
genio Uchiha e questo le fece alzare gli occhi al cielo: come potevano tutte
trovarlo così affascinante?
Lei lo
trovava solo stupido e prepotente.
«Nekobaa-san,
sono qui per chiedere alcune delucidazioni su una questione che mi riguarda
personalmente» disse il ragazzo, ma la donna stava guardando Shirai, la quale si
era ritrovata circondata dai gatti che la annusavano e studiavano. Alcuni
addirittura l’avevano pungolata con una zampetta.
«Non
guardarmi così, non ho fatto nulla!» disse in sua difesa Shirai, quando Itachi
la guardò incredulo.
«La
ragazza ha ragione, Itachi. Sono stati i gatti ad avvicinarsi a lei e quanto
pare la trovano interessante» aggiunse l’anziana signora, quando un gatto
completamente nero con occhi verdi era salito sulle gambe incrociate di Shirai
ed aveva preso a strusciare il muso e la testa sul petto e mento della ragazza
che, nonostante le occhiatacce di Itachi, si stava godendo il momento,
azzardandosi ad accarezzare alcuni dei mici.
«Qual è il
tuo nome?» chiese poi Nekobaa.
«Gomen, non
mi sono nemmeno presentata: hajimemashite, il mio nome è Shirai Nakamura».
Shirai
aveva chinato il capo e quindi non aveva visto lo sguardo stupito che la
vecchia signora e la nipote avevano assunto sentendo il suo nome.
«Quindi
questa è la ragazza di cui ci hai parlato anni fa, Itachi?» chiese la donna al
ragazzo, mentre Shirai gli lanciava uno sguardo interrogativo: perché aveva parlato
di lei alla donna-gatto?
«Hai.
Il motivo per cui sono qui è che oggi sono venuto a conoscenza delle reali
motivazioni per cui quattro anni fa Shirai è stata allontanata dal villaggio»
disse Itachi, mentre Shirai si paralizzava e sbiancava: come diavolo aveva
fatto a saperlo così in fretta?
Uno dei
gatti doveva aver percepito la sua preoccupazione, perché le diede una rapida
leccata alla mano e prese a farle le fusa sonoramente, con gli occhi a
mezz’asta.
«Oh,
capisco. Sei qui per chiedermi se è vero quello che hai sentito, Itachi? Non
conosco tutti i segreti del tuo clan, questo lo sai di sicuro, ma quando tuo
padre è venuto qui, quattro anni fa, era piuttosto contento: mi rivelò che
aveva salvato uno dei suoi figli. Lo aveva salvato da un’amicizia sbagliata»
raccontò la vecchia, mentre Shirai abbassava il capo.
Ora Itachi
sapeva la verità.
Sapeva che
lei era stata allontanata dal villaggio perché era sua amica.
«Non è
colpa tua, Itachi» gli disse a bassa voce, facendo voltare di scatto il ragazzo
nella sua direzione «Sono stati tuo padre e quello di Saori a chiedere, anzi ad
obbligare, il Sandaime a cacciarmi».
«Perché?»
chiese Itachi in un sibilo di rabbia.
«Perché
non volevano che il genio del loro clan venisse sprecato per una come me. Loro
hanno un destino diverso in mente per te, Itachi. E in questo destino tuo padre
e quello di Saori vogliono che voi due vi uniate per creare degli Uchiha ancora
più potenti» spiegò la ragazza, senza guardare Itachi in faccia.
«Devo
ammetterlo: guardandoti, Shirai, capisco perché Fugaku ed Hideki volevano
allontanarti».
La ragazza
alzò la testa di scatto e chiese il perché di questa sua affermazione.
«Oh, ma
perché è piuttosto ovvio che prima o poi Itachi si sarebbe innamorato di te»
disse semplicemente l’anziana signora, aggiungendo «E forse potrebbe ancora
succedere» .
Shirai
divenne completamente rossa in viso e, mentre evitava accuratamente di guardare
Itachi, si prodigò nell’affermare che non sarebbe mai successa una cosa del
genere. Mai.
Itachi?
Itachi Uchiha, l’Anbu, il genio, innamorato di lei? Impossibile.
«Nekobaa-san,
ciò che affermi è privo di senso logico» disse Itachi, confermando le parole di
Shirai.
«Oh,
davvero? Puoi affermare con certezza che se fosse rimasta sempre con te al
villaggio non ti saresti preso almeno una sbandata per lei? Itachi, non
prendermi in giro. Mi ricordo com’eri quando lei se n’è andata e credo che
nemmeno tu ti sia dimenticato quei sentimenti, vero?» disse l’anziana, mentre
Shirai guardava i due alternativamente senza capire di cosa stessero parlando.
Itachi si
alzò di scatto, mentre Nekobaa ghignava divertita, e decretò che era tempo di
andare: Shirai scostò gentilmente i gatti, ma uno di loro si aggrappò
saldamente ai calzoni che indossava, rischiando di farglieli addirittura scivolare.
Era lo
stesso gatto nero di prima.
«Ehi
piccoletto, devo andare» gli disse Shirai cercando di staccarlo, sotto gli
sguardi di Itachi e Nekobaa.
«Mi
dispiace Shirai, ma credo che quel gatto voglia venire con te».
«Ma non
posso portarlo a casa mia. Prima dovrei chiedere ai miei genitori il consenso».
«Quel
gatto, Shirai, non è un semplice felino. Quando sarà abbastanza grande parlerà
come Denka, Hina e Shun».
«Sul
serio? Allora non posso proprio lasciarti qui, vero piccoletto? Ha già un
nome?».
«Sì, ma
credo che preferirà sceglierlo con te. Non ti preoccupare si farà capire quando
troverai quello che gli aggrada» le spiegò Nekobaa.
Itachi
intanto si stava già allontanando e per evitare di perdersi in quel luogo
Shirai lo stava per seguire quando Nekobaa parlò di nuovo:
«Quel
ragazzo, Shirai, non lo ammetterà né dimostrerà mai, ma in questo momento sta
soffrendo, perché il suo stesso clan gli ha portato via una persona preziosa,
quattro anni fa. Ora va’, prima che ti lasci qui».
Shirai
rimase particolarmente colpita dalle parole di Nekobaa: a lei Itachi era
sembrato semplicemente arrabbiato, non sofferente o triste.
Nda: Ringrazio, come sempre, chi
legge solamente e anche chi lascia il suo sempre ben voluto commento! Al
prossimo capitolo!
Lena
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Capitolo 9 *** Ninth ***
Ninth
Ninth
Shirai camminò alle spalle di Itachi in silenzio, rotto solo dalle fusa
che il gatto nero faceva mentre seguiva i due.
«È una cosa strana che un gatto di quel genere abbia scelto te» disse
poi Itachi «A me non si è mai avvicinato».
Shirai non rispose.
E questo obbligò Itachi a fermarsi nel mezzo della via: Shirai
rispondeva sempre a qualunque cosa.
Quando si voltò per guardarla la vide con la testa bassa, che si guardava
i piedi e lo evitava accuratamente.
«Shirai, guardami» le ordinò, vedendo che scuoteva il capo decisa «Te
lo ordino come tuo capitano».
La ragazza emise uno sbuffo spazientito che equivaleva ad un “ questo è
giocare sporco”, prima di alzare gli occhi ambrati, che nella penombra
sembravano castani, verso quelli neri di Itachi.
«Posso sapere cos’è quella faccia? Non sei tu la causa di tutto questo».
«Nemmeno tu lo sei, Itachi» disse, in quel modo strano che usava solo
lei, come se accentasse l’ultima lettera del suo nome « Non abbiamo fatto nulla
di male ad essere amici. L’unica cosa sbagliata è che io non sono abbastanza
per essere una tua compagna di Team, figuriamoci un’amica».
«Forse è davvero come dici, ma quella decisione spettava solamente a
me. Mio padre non doveva intromettersi. Non ne aveva il diritto».
Shirai non disse altro, ma afferrò la mano che Itachi le tendeva per
sparire con lui in una nuvola di fumo: per entrare ed uscire da quel luogo
bisognava essere un Uchiha o in compagnia di uno del Clan.
Si ritrovarono, in tre, al campo di allenamento numero zero: Itachi la
guardò per un attimo e le disse che poteva andarsene a casa con il gatto. Gli
allenamenti sarebbero proseguiti l’indomani.
«Itachi… Gomen…».
«Perché ti stai scusando?».
«Perché se fossi stata al mio posto, tutto questo non sarebbe successo
e tu non dovresti sopportare questo peso».
«Shirai, sei tu quella che è stata allontanata da casa, non io».
«Lo so, ma quando sono tornata la mia famiglia e i miei amici era qui.
Tu ora dovrai affrontare il tuo Clan e poi niente sarà più come prima per te».
«Ovviamente. Pretenderò delle spiegazioni e vedrò come comportarmi di
conseguenza. Se solo loro sapessero cosa hai fatto per il clan…».
«Perché, cosa ho fatto?» chiese la ragazza, incuriosita.
«Nulla di cui ti sia mai resa conto e di cui non devi sapere nulla. È
altamente riservato» rispose l’altro serio e schiaffeggiandosi mentalmente per
essersi lasciato sfuggire quella frase.
«Anche quello che hai scoperto oggi doveva esserlo, Itachi. Cosa ho
fatto per il tuo clan?».
Itachi però aveva smesso di ascoltarla e, salutandola con un cenno della
mano, sparì nel fumo.
Shirai stava camminando verso casa, parlando con il gatto, quando sentì
una presenza alle sue spalle: dovette schivare un attacco diretto alla testa,
abbassandosi velocemente.
Saori Uchiha, Sharingan attivo, la fissava con odio e sete di vendetta.
«Cosa vuoi, Saori?».
«Voglio che tu sparisca! » le gridò contro l’altra, tanto forte e
rabbiosa che il gatto saltò giù dalla spalla di Shirai e iniziò a soffiare
furioso verso l’altra.
«Dove hai preso quel gatto?» le chiese, quando la sua attenzione fu attirata
dal felino che intanto aveva gonfiato il pelo e continua a soffiare.
«Itachi mi ha portato in un posto pieno di gatti e questo ha voluto
seguirmi» spiegò Shirai.
«Non ci posso credere… Quando sono andata io con lui nessuno di quei
dannati felini si è avvicinato a me! Quel gatto non ti appartiene! Sono gatti
ninja che seguono gli Uchiha! Tu non sei del Clan, non dovresti averne uno».
Per tutta risposta il gatto prese a strusciarsi sulle gambe di Shirai,
facendo le fusa, come per far capire a Saori che i gatti, ninja o meno che
fossero, si comportavano nel modo che più gli aggradava e non sottostavano alle
regole degli umani.
Shirai fece per dire qualcosa a Saori, ma questa parlò per prima con la
voce intrisa di veleno.
«Prima che tu divenissi sua amica Itachi era serio, posato e pensava
solamente al bene del Clan. Quando siete diventati amici era cambiato e né a
suo padre né al mio piaceva quel suo cambiamento».
«Cambiato in che senso?».
«Era meno serio negli allenamenti, quando tornava da una missione non
andava più direttamente da suo padre per il rapporto, ma cercava sempre e solo
te. E Mikoto-san ha detto che un paio di volte lo ha anche sentito ridere da
solo nella sua camera».
Shirai alzò gli occhi al cielo e disse: «Rideva probabilmente di
qualche mia figuraccia. Non vedo perché questi siano problemi, Saori. Era
contento. Non dovrebbe essere bello per un padre vedere un figlio felice e
sereno, nonostante la vita che fa?».
«Il prossimo capo Clan degli Uchiha non può permettersi di essere in
quel modo! Deve essere serio, stoico e imperturbabile!» le gridò contro Saori
«Tu non puoi capire! Itachi-san è sempre stato l’esempio dello shinobi e
dell’uomo perfetto: serio, intelligente, educato e particolarmente
affascinante. Come puoi non capire che l’amicizia con te lo rovinerebbe? Come
puoi non vedere che grande uomo sarà un giorno?».
«Saori tu sei innamorata di Itachi?» chiese Shirai, stufa di sentire l’altra
sbraitare: certo che lo sapeva che uomo magnifico sarebbe stato Itachi, non
aveva di certo bisogno di lei per rendersene conto.
«Ovviamente! Lo sono da quando avevo tredici anni!» sbraitò
quell’altra, non capendo dove Shirai volesse andare a parare.
«Se un giorno lui ti dicesse che è innamorato di un’altra, magari del
vostro Clan, tu cosa faresti? Obbligheresti quella ragazza ad andarsene come
hai fatto con me?» le chiese Shirai, lasciandola senza possibilità di replica:
le doleva ammetterlo, ma se davvero Itachi si fosse innamorato di una del Clan
che non fosse lei? Suo padre in quel caso non poteva fare nulla, poiché lo Sharingan
sarebbe stato protetto.
«Ora me ne vado a casa, Saori. Pensa bene alle domande che ti ho fatto.
Ja ne» disse Shirai e prima che Saori potesse fermarla, sparì con il gatto, che
pareva ghignare, in una nuvola di fumo bianco.
*
Sasuke camminava tranquillo per le strade di Konoha quando sentì
un’improvvisa esplosione di chakra provenire dalle vicinanze del campo zero,
dove gli Anbu si allenavano: aveva capito immediatamente di chi fosse il
chakra, ma non ne sentiva un altro che si opponeva con lo stesso astio.
Decise di andare a controllare e, in una via non molto lontana dal
campo, trovò Saori, Sharingan attivo e sguardo colmo di ira, pronta ad
attaccare Shirai.
Sasuke vide anche la palla di pelo nero che si trovava ai piedi della
ragazza e si chiese cosa diavolo ci facesse un gatto di Nekobaa con lei: si
mise quindi all’ascolto di ciò che le due si dicevano.
Ascoltò gli elogi di Saori a suo fratello – che gli fecero storcere il
naso, poiché detestava quella ragazza –e le domande puntigliose, nonché
particolarmente intelligenti, di Shirai.
Quella ragazza lo aveva stupito già nello scontro per diventare Anbu e
continuava a farlo: non era come le ragazze del Clan, che non rispondevano mai
a tono, a parte Ayane con Shisui.Diceva cosa pensava, senza problemi e senza
paura delle conseguenze.
Quando la vide sparire, con il gatto al seguito, decise di avvicinarsi
a Saori, la quale sentendo la sua presenza gli riservò un’occhiata con lo Sharingan.
«Non guardarmi con quella faccia, Saori-san. Sai che non ho timore del
tuo Sharingan» le disse con tono piatto.
«Cosa vuoi, Sasuke?».
«Quella ragazza ha detto cose molto interessanti. Non sono un genio
come il mio amato Nii-san, ma ho intuito che tu, tuo padre e il mio c’entrate
con il suo allontanamento,vero? E a quanto pare Itachi nii-san lo sa» le disse
Sasuke, facendo una breve pausa «Sono proprio curioso di sapere cosa succederà
ora».
Detto questo Sasuke proseguì per la via verso casa, lasciando Saori in
mezzo alla via da sola con i suoi dubbi.
*
Ayane e Shisui erano sdraiati in panciolle sull’erba del cortile
posteriore della casa di quest’ultimo, godendosi i pochi attimi di pace e
riposo che gli erano concessi quando sentirono un chakra famigliare in
avvicinamento.
Shisui si alzò di scatto, Sharingan attivo, seguito da Ayane.
«Shisui, ma questo è il chakra di Itachi, vero?» chiese la ragazza,
ricevendo un cenno di assenso dal ragazzo, serio come quando era in missione e
c’era un pericolo.
«Avvisa tuo padre, Ayane. Abbiamo un problema» le disse Shisui, prima
di sparire in modo veloce, come solo lui sapeva fare.
Ayane corse verso casa sua, notando che molti del Clan erano usciti
dalle loro case, alcuni spaventati altri incuriositi, da quel chakra tanto
famigliare: nessuno lo aveva mai sentito così distintamente, poiché Itachi lo
teneva sempre soppresso quando era al villaggio e ciò che caratterizzava il suo
chakra era la pace e tranquillità, solitamente.
Quel giorno però era diverso: sentivano tutto l’agitazione, la rabbia e
frustrazione, che si mischiavano in quel chakra spaventoso e potente.
Cosa diavolo era successo al calmo e pacifico Itachi per farlo agitare
in quel modo?
«È successo qualcosa di grosso, ne sono sicura» sussurrò la ragazza,
mentre atterrava con grazia davanti alla porta di casa, la quale venne aperta
da suo padre, già in tenuta da poliziotto Uchiha.
«Otōsan, Shisui mi ha detto di chiamarti» disse Ayane.-
«Ho sentito anche io, sto già andando alla stazione di polizia»
«Non è diretto là, Otōsan! Itachi sta andando a casa… Credo che cerchi
suo padre…».
«Fugaku-san è alla stazione di polizia per un caso straordinario
quest’oggi. Itachi-kun sta andando a casa perché non lo sa. Rimani qui con tua
madre, io vado» le ordinò il padre, sparendo dalla sua vista in un secondo.
«Lo sapevo che prima o poi i nodi sarebbero venuti al pettine» disse la
voce turbata e sottile di Tamiko.
«Cosa intendi, Okaasan?».
«Il Clan ha molti segreti, Ayane. E quello che ha agitato il nostro
Itachi-kun è uno di quelli. Ora dobbiamo solo aspettare e vedere cosa
succederà».
Ayane si limitò ad annuire sperando che tutto si risolvesse per il
meglio: Itachi, anche se non lo dava mai a vedere, aveva molti pesi sulle
spalle e sufficienti sofferenze senza che se ne aggiungessero altre.
Era sempre stato un ragazzo molto solo, poiché il suo Sharingan e
quell’aria di inavvicinabilità tenevano quasi tutti alla larga, persino i suoi
compagni di Clan: gli unici che erano riusciti a fare una piccola breccia nelle
sue difese titaniche erano Shisui e Shirai, ma soprattutto il primo.
Forse perché non aveva paura di Itachi oppure capiva bene come si
sentisse suo cugino, questo Ayane non lo sapeva.
Prima che entrasse in casa Sakura sentì una ventata di chakra incredibile
e la riconobbe immediatamente, tanto che
scattò nella direzione opposta alla ricerca di Naruto e degli altri.
Li trovò tutti davanti al palazzo dell’Hokage e, come lei, erano ignari
di cosa stesse succedendo: all’appello mancavano Sasuke e Shirai e questo fece
temere che loro c’entrassero qualcosa in tutta la situazione.
«Minna! Cosa sta succedendo?» chiese la ragazza ai presenti, ricevendo
risposta da Neji.
«Qualcosa ha agitato, anzi direi fatto infuriare, Uchiha Itachi-san, ma
siamo all’oscuro di cosa o chi posso esserne la causa».
«Speriamo che non sia qualcosa di grave» disse Hinata che, come il
cugino, aveva il Byakugan attivo.
Le loro discussioni furono interrotte dall’arrivo della Godaime, la
quale guardò gli shinobi presenti e iniziò a dare ordini:
«Ino, Chōji, Sai e Tenten andate per le vie della città e rassicurate i
cittadini. Sakura, Hinata, Neji e Naruto verranno con me al quartiere Uchiha.
Shikamaru tu cerca Kakashi, sarà da qualche parte a leggere, ignorando la
situazione come al solito. Se necessario legalo con le tue ombre e portalo al
quartiere Uchiha».
Il gruppo si divise secondo gli ordini della Godaime: Ino e il suo
gruppo si fermarono a tranquillizzare ogni cittadino di Konoha che riusciva a
percepire le oscillazioni di chakra anche se non era uno shinobi, pregandoli di
non seminare il panico tra il resto della popolazione, mentre Shikamaru cercava
Kakashi in ogni dove.
La Godaime raggiunse il quartiere Uchiha e venne raggiunta
immediatamente da Shisui, il quale aveva ancora lo Sharingan attivo ed era
teso.
«La situazione è ancora gestibile, Tsunade-sama, ma se non
tranquillizziamo Itachi potrebbe peggiorare».
«Hai idea di cosa sia successo?» chiese la donna.
Prima che Shisui potesse rispondere qualcun altro lo fece al suo posto:
Saori era alle spalle della Godaime e spiegò cosa fosse successo.
«Saori Uchiha, quando questa emergenza sarà rientrata discuteremo della
tua punizione per aver divulgato a terzi informazioni riservate» disse la
donna, prima di dirigersi verso il luogo in cui Itachi si era fermato.
*
Keito fu il primo ad arrivare a casa di Fugaku e trovò Mikoto fuori, in
compagnia di Sasuke e in evidente attesa dell’arrivo di Itachi.
«Mikoto-san è meglio se rientri in casa. Non sappiamo come possa
reagire Itachi-kun» la pregò Keito, sapendo già come la donna avrebbe risposto.
«Non ho paura di mio figlio, Keito-san. Itachi è sicuramente
arrabbiato, ma non farebbe mai del male a nessuno» rispose Mikoto, per
l’appunto.
I tre si voltarono poi verso il nuovo arrivato, il quale emetteva una
quantità stupefacente di chakra.
Itachi era lì, vestito da Anbu, con lo sguardo serio e lo Sharingan
attivo.
«Dov’è Otōsan? » chiese.
«Non è qui, Itachi. Ora però è meglio se ti calmi, stai creando un
grande tafferuglio in paese e molti sono spaventati» gli disse Mikoto.
«Mi calmerò solo quando avrò delle spiegazioni, Okaasan. Se non è qui
deduco che sia alla stazione di polizia» disse Itachi, ma prima che potesse
sparire, venne attaccato dall’alto.
Riuscì a schivare il colpo per il rotto della cuffia e guardando chi
fosse il suo opponente, capì perché non lo aveva nemmeno percepito: suo cugino
Shisui, con il magnifico Sharingan che possedeva, lo fissava serio.
«Cosa diavolo stai combinando Itachi? Stai spaventando tutti, persino
tua madre. Qualunque cosa sia successa, datti una calmata o dovrò usare le
maniere forti» lo minacciò, sicuramente non a vuoto, Shisui.
«Non è una questione che ti riguarda» rispose l’altro.
«Mi riguarda eccome. Stai creando un’emergenza al villaggio, tanto che
persino la Godaime è qui nel quartiere».
Itachi guardò il cugino per un attimo e ricordandosi che contro di lui
forse non aveva possibilità di vittoria, si sforzò di calmare il suo chakra,
fino a farlo rientrare nei limiti del normale.
«Bene, ora che ti sei dato una calmata, posso sapere cosa è successo,
Uchiha Itachi?» chiese la voce della Godaime, giunta sul posto dopo Shisui
perché questi aveva usato la sua velocità.
*
Quando sentì l’esplosione di chakra, Shirai si spaventò: era
sicuramente quello di Itachi.
Stava per andare nel quartiere Uchiha, ma una voce la fermò: alle sue
spalle c’era Tenten.
«Shirai-chan, rimani qui per favore. Stiamo cercando di risolvere la
questione senza spaventare troppo la popolazione».
«Non posso restare qui, Tenten! È colpa mia se Itachi è andato fuori
controllo! Hai idea di cosa sia capace di fare quando si impegna sul serio?».
«Sì, ed è per questo che ti sto dicendo di rimanere qui. Nessuna delle
due potrebbe comunque fare qualcosa. Lascia che se ne occupino la Godaime e gli
Uchiha. Se interviene Shisui-san riuscirà a fermare Itachi-san».
«Lo spero davvero» disse Shirai, mentre il gatto nero se ne stava in
silenzio ai suoi piedi, occhieggiando il luogo dal quale proveniva il chakra di
Itachi.
«Non ho intenzione di parlare con nessun altri che mio padre» disse
Itachi al cugino.
Il quale sbuffò spazientito, riprendendo un po’ della sua solita
giovialità.
«Yare, Yare Itachi. È proprio vero che i tipi calmi sono quelli più
pericolosi. Tuo padre è…»
«Sono qui, Itachi» disse la voce greve di Fugaku che guardava il figlio
maggiore con rimprovero «Ora sei pregato di spiegare perché hai creato tutto
questo. Non sei mai stato un ragazzo problematico. Sono certo c’entri quella
ragazza…»
Al solo accenno di Shirai il chakra di Itachi si agitò nuovamente, ma
in forma minore rispetto a prima:
«Quella ragazza, come ti ostini a chiamarla, ha un nome Otōsan. Abbi
almeno la decenza di usarlo, dato che sei tu la causa del suo allontanamento
dal villaggio, vero?»
Fugaku guardò sbalordito il figlio per un istante, capendo che Itachi,
non sapeva come, era a conoscenza di cosa era realmente successo quattro anni
fa.
«Sì, c’entro io con il suo allontanamento, ma se ti aspetti delle scuse
non ne avrai. L’ho fatto per il tuo bene e per quello del Clan» disse Fugaku,
provocando altre alterazioni del chakra di Itachi «Shirai Nakamura è stata
allontanata da Konoha per evitare che lo Sharingan di Itachi non venisse
passato alle generazioni future. L’abbiamo mandata via per evitare che Konoha
perdesse un’arma così potente».
Itachi, senza che nessuno potesse fermarlo, partì all’attacco di suo
padre, pronto a sferrargli un pugno, ma qualcosa lo fermò: Sasuke, con evidente
fatica, aveva bloccato la mano di Itachi e ora i due fratelli si guardavano
negli occhi.
«Nii-san, ora basta. Anche se lo attacchi non cambierà nulla».
«Sasuke ha ragione, Itachi» aggiunse Shisui «Attaccare tuo padre o
chiunque altro c’entri in questa storia, non riporterà indietro il tempo».
«Itachi Uchiha» lo chiamò la Godaime «Hai saputo tutto da Saori Uchiha,
corretto?».
Itachi si volse verso la Godaime, disattivando lo Sharingan: provava
grande rispetto per quella donna tenace.
Quindi inchinò la testa e disse: «Hai, Godaime-sama. Sono
sinceramente dispiaciuto per ciò che ho causato con la mia sconsideratezza».
«Capisco la situazione, Itachi-kun, ma in qualunque caso…».
La frase della Godaime fu interrotta da un fascio di luce bianca che
prese in pieno Itachi, non concentrato a sufficienza.
«Chi diavolo …» disse Shisui, guardando alle spalle delle Godaime e
trovando Shirai, completamente circondata da scosse elettriche « Oh, è
arrabbiata»
«Itachi Uchiha, si può sapere cosa credi di fare?» gridò la ragazza
all’altro, che intanto si era alzato, pressoché illeso.
Nda: come sempre ringrazio chi legge, recensisce e segue la mia storia! Siete davvero gentili!
Alla prossima,
Lena.
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Capitolo 10 *** Tenth ***
tenth2
Tenth
Kakashi si trovava tranquillo su
un albero con in mano il suo volumetto di Icha Icha Paradise, quando Shikamaru
lo trovò.
«Kakashi-sensei».
«Yo, Shikamaru. Cosa vuoi?».
«Yare,Yare. Hai sicuramente
sentito il chakra di Itachi-san, vero?».
«Era pressoché impossibile non
avvertirlo. Ah, quel ragazzo ci sorprende sempre, vero?».
«Kakashi-sensei, la Godaime
richiede la tua presenza» disse Shikamaru, già stanco della situazione.
«Non credo ce ne sarà bisogno. Se
ascolti attentamente sentirai che il chakra si è calmato. Almeno quello di Itachi…
Mentre qualcun altro sembra parecchio arrabbiato…» gli rispose Kakashi,
sorridendo sotto la maschera.
«Mendokuse… Se non ti porto dalla
Godaime dovrò sopportare le sue urla».
«Puoi sempre dirle che non mi hai
trovato. Ora fa silenzio, devo leggere questo pezzo».
E Shikamaru seguì il consiglio di
Kakashi: stette zitto e, sedendosi ai piedi dell’albero, prese a sonnecchiare
placidamente.
Tenten e Shirai erano a casa di
quest’ultima, prima che l’utilizzatrice del Raiton non riuscisse a scappare
dalla sua guardiana.
«Posso sapere cosa è successo?».
«Itachi ha scoperto quali fossero
le reali cause del mio allontanamento dal villaggio ed è andato fuori di testa…
Ti spiegherò cosa è successo quattro anni fa, tanto prima o poi diverrà di
dominio pubblico».
E così Shirai raccontò tutto a Tenten
e quando questa uscì dalla camera per andare in bagno, la ragazza sgusciò fuori
dalla finestra e, utilizzando il fulmine, scattò veloce verso il quartiere
Uchiha.
Arrivata lì vide che la
popolazione del quartiere era particolarmente tesa ed alcuni spaventati da ciò
che era successo: il chakra di Itachi si era finalmente calmato.
Alcuni bambini piangevano sommessi
attaccati alle gonne delle madri e quella vista la fece infuriare: quello
stupido Uchiha!
«Ora lo sistemo una volta per tutte. Si fotta
il suo dannato Sharingan, gli friggerò quegli occhi» disse a bassa voce la
ragazza, mentre le scariche cominciavano a crepitare intorno al suo corpo.
Quando arrivò sul luogo dello
“scontro” trovò Itachi che si stava profondendo in scuse e quella vista la
irritò ancora di più: pensava di cavarsela in quel modo solo perché era il
perfetto genio degli Uchiha?
«Sognatelo, idiota» disse
nuovamente a bassa voce la ragazza, prima di caricare un colpo e scagliare una
scossa verso il ragazzo, schivando la Godaime e gli altri.
Lo colpì in pieno, anche se sapeva
che non gli aveva fatto praticamente nulla.
«Itachi Uchiha, si può sapere cosa
credi di fare?» gli gridò contro.
Shisui si mise in mezzo, tra la
ragazza e il cugino, cercando di calmare Shirai:
«Levati di mezzo, Shisui».
«Yare Yare, Shirai-chan… Non è il
caso di prendersela così!».
Shirai s’infuriò maggiormente e
mentre le scosse fuoriuscivano furiose dal suo corpo disse:
«Dovrei essere io quella
incazzata, Shisui. Non lui. Sono io quella che è stata lontana da qui quattro
anni perché il vostro stupido clan pensava che potessi rubarvi il genio».
«Ora datti una calmata Shirai
Nakamura, le tue scosse stanno danneggiando il quartiere» intervenne Fugaku,
ricevendo uno sguardo omicida dalla ragazza.
«Chiudi la bocca Fugaku Uchiha o
giuro sulla mia stessa vita che ti riduco in polvere» disse la ragazza
all’uomo.
«Ragazzina impertinente…»
«Otōsan, ci penso io» intervenne
Itachi avvicinandosi a Shirai, nonostante il rischio di essere colpito dalle
sue scosse.
Mantenne una certa distanza da lei
e parlò:
«Hai ragione. Sono dispiaciuto per quello che
il mio clan ti ha fatto, Shirai».
Itachi chinò il capo davanti alla
ragazza, la quale lo fissò un attimo prima di dire:
«Si fottano le tue scuse, Itachi.
Non sarò soddisfatta fino a quando non ti darò un bel pugno».
E partì all’attacco: Shirai sapeva
che Itachi l’avrebbe fermata, ma quando lo vide chiudere gli occhi e attendere
il colpo, si bloccò a pochi centimetri dal naso del suo bersaglio.
Il crepitio dell’elettricità
diminuì piano, fino a sparire del tutto.
«No. Non ti colpirò. Non ha nessun
senso farlo e non mi importa nemmeno più cosa pensa il tuo clan di me, Itachi.
Questo perché ti detesto» gli disse, voltandogli le spalle e sparendo dalla
vista dei presenti.
«Uh, quello ha fatto più male di
un pugno» disse Shisui sottovoce, mentre Sakura e Ino a lui vicine annuivano.
Itachi intanto si era avvicinato
di nuovo alla Godaime e le chiese quale sarebbe stata la sua punizione per aver
creato tanti problemi al villaggio.
«Credo che la sistemazione
dell’archivio del villaggio sarà perfetto. E non ti preoccupare non sarai solo:
Saori e Shirai ti accompagneranno, appena riuscirò a trovare la seconda,
s’intende».
*
Kakashi e Shikamaru tornarono al
palazzo dell’Hokage solo quando furono certi che tutto fosse sistemato: la
Godaime sapeva che quei due si erano nascosti da qualche parte, ma non avendone
le prove concrete non poteva punirli.
Così i due la passarono liscia, o
almeno Kakashi, perché Shikamaru non venne risparmiato dalla sfuriata di Ino.
Shisui invece era andato a casa di
Ayane trovandola preoccupata per ciò che era successo, soprattutto quando aveva
sentito il chakra di Shirai così infiammato di rabbia.
«Non ti preoccupare Ayane. Stanno
tutti bene. O forse no. Itachi non sembrava molto contento, sai?».
«Ovvio, idiota. Shibaka ha detto
che lo detesta. Che gran bugiarda che è…» disse Ayane.
«Forse non ha mentito, Ayane» .
«Sì che lo ha fatto, Shisui. Tu
non c’eri quando le hanno detto che doveva andare a Kumogakure per un tempo
indeterminato. La prima cosa che mi ha detto, prima di scoprire la verità sul
perché veniva mandata via, è che le sarebbe mancato Itachi. Lei gli voleva
davvero un bene infinito, e sono sicura che gliene vuole ancora. Solo che non
riesce ad ammetterlo a se stessa» gli disse Ayane.
«Sai Ayane, comincio a credere che
Fugaku ojisan aveva ragione… Se quei due tornassero amici, forse non si
fermerebbe lì il loro rapporto».
«Non lo so questo, ma so che
torneranno amici, vedrai» concluse il discorso Ayane, alzandosi.
«Dove vai?».
«A cercare Shibaka. So quasi
sicuramente dov’è anche se ha annullato la sua presenza. È meglio se rimani
qui, Shisui.»
«Hai!» rispose allegro
l’altro, mentre Ayane scuoteva il capo e se ne andava.
Shirai si trovava come il suo
solito sulla testa del Sandaime: si sentiva stanca e abbattuta come se avesse
corso per centinaia di chilometri.
E si sentiva in colpa per aver
detto quelle cose ad Itachi: lui non se le meritava.
Itachi era sempre stato gentile
con lei.
Itachi era sempre pronto ad
aiutarla anche se lei lo rifiutava.
Itachi era stato il suo migliore
amico e ancora adesso gli voleva bene.
«Shirai sei un’idiota» si disse da
sola.
«Non posso che darti ragione,
Shibaka» disse la voce di Ayane alle sue spalle, facendola sussultare.
«Come mi hai trovata?» chiese
Shirai, convinta che la sua presenza fosse introvabile.
«Stai scherzando? Vuoi forse che
io non sappia quale sia il luogo dove vai a pensare quando combini qualcosa?»
rispose l’Uchiha, prima di sedersi accanto a Shirai.
«Ho detto una cosa orribile a
Itachi …».
«Shisui mi ha già raccontato
tutto».
«Quel ragazzo è un pettegolo,
peggio di Ino e Sakura insieme …».
«Indubbiamente… Perché gli hai
detto quelle cose?».
«In quel momento ero davvero
arrabbiata con lui. Pensavo avrebbe reagito più razionalmente. Dopo tutto lo
reputano un genio. E invece avevo ragione io: Itachi Uchiha è un idiota. Ma…».
«Ma?».
«Ayane lui mi è mancato così tanto
in questi quattro anni… Ogni giorno, quando ero libera da allenamenti o altri
impegni, mi ritrovavo a pensare al tempo passato con lui e a cercare di
immaginare cosa stesse facendo in quel momento…».
«Shirai, questo non è sbagliato: voi
eravate davvero amici…».
«Quando l’ho visto la prima volta
dopo quattro anni ho pensato: Oh è davvero cambiato! E ho avuto paura… Paura
che se lo avessi avvicinato e avessi scoperto che era lo stesso Itachi di una
volta sarebbe ricominciata la nostra amicizia con tutte le conseguenze che
comportava …».
«Per questo lo tieni lontano e lo
tratti così?».
Shirai, che nel frattempo si era
portata le gambe al petto abbracciandosele e poggiando il mento sulle
ginocchia, si limitò ad annuire.
«Non funzionerà comunque, Shibaka.
Perché credi che Itachi abbia deciso di allenarti, nonostante sia sempre
impegnato?».
«Perché l’ho chiamato idiota e
voleva punirmi?».
« Quanto sei scema. No, lo ha
fatto perché, e non credere che lo ammetterà mai, almeno avrebbe passato del
tempo con te… E forse anche per picchiarti un po’…» disse Ayane sorridendo alla
sua amica.
«Neh Ayane, ti ho raccontato di
quando l’ho sentito ridere?».
«Eh? Itachi Taichō che ride?
Impossibile!».
«E invece è successo… Era così
diverso quando rideva…» le disse Shirai, iniziando a raccontare cosa fosse
successo per far ridere persino Itachi.
*
Il giorno successivo Shirai si
presentò di sua spontanea volontà al cospetto dell’Hokage: la donna la guardò
intensamente mentre si scusava del suo comportamento e quando Tsunade sorrise,
Shirai sapeva di essere spacciata.
«Accetto le tue scuse Shirai
Nakamura, ma devo comunque punirti sia per il tuo comportamento insensato, sia
per aver offeso un importante membro del nostro villaggio. Fugaku Uchiha
riceverà le tue scuse e inoltre dovrai sistemare l’archivio presente qui a
palazzo» le disse la donna, serafica e particolarmente divertita.
Shirai sbiancò: sistemare
l’archivio sarebbe stato un lavoro immane, poiché era lì che venivano stipati i
rapporti di tutte le missioni compiute dalla fondazione di Konoha fino agli
ultimi giorni.
«Oh, non ti preoccupare. Avrai un
aiuto, anzi due: Saori e Itachi Uchiha ti daranno una mano. La prima verrà
punita per aver rivelato un segreto di Konoha, il secondo per aver spaventato
la popolazione del villaggio» disse la Godaime, con un sorriso ancora più ampio,
poiché lei sapeva che per Shirai la vera punizione era passare del tempo con i
due Uchiha nella stessa stanza.
«Ricevuto, Hokage-sama. Quando
inizierà la punizione?» disse Shirai, inchinandosi.
«Immediatamente. I tuoi due
compagni sono già al lavoro, raggiungili».
Shirai inchinò di nuovo il capo e
si volse per uscire quando la Godaime parlò di nuovo:
«Se Itachi-kun non avesse scoperto
da solo la verità, gliel’avrei rivelata io stessa. Voi due sarete nello stesso
Team Anbu e dovete imparare ad andare d’accordo, d’ora in poi e, affinché ciò
avvenisse, era necessario che lui sapesse tutto».
«Capisco… Ora vado Hokage-sama,
con permesso» rispose Shirai, uscendo dall’ufficio.
Si appoggiò alla pesante porta di
legno e sussurrò: «Mi dispiace Tsunade-sama, ma non credo che Itachi ed io
andremo così d’accordo, d’ora in poi».
La ragazza camminò fino alle
grandi doppie porte che chiudevano l’archivio e quando le aprì l’odore di
inchiostro, carta e polvere l’aggredì: era una stanza enorme, completamente
riempita di altissimi scaffali dove erano stipati migliaia di rotoli.
Le scaffalature erano talmente
alte che non riusciva a vederne la cima dalla posizione in cui si trovava:
ormai era sicura che in quell’archivio ci sarebbe morta.
«Non ci posso credere. Sono
tantissimi» disse la ragazza con tono disperato, prima di sentire un rumore di
fogli spostati provenire dalla sua destra.
Sapeva che lì c’erano Itachi e
Saori, così prendendo un bel respiro profondo si avvicinò alla fonte del rumore
e trovò i due ragazzi, intenti a catalogare i rotoli. Inoltre li vedeva
fortificare i sigilli che con l’andare del tempo perdevano leggermente in
efficacia.
Quando i due avvertirono la sua
presenza, alzarono lo sguardo e si bloccarono: Saori la guardò con espressione
arrabbiata e scocciata, mentre Itachi con la solita indifferenza.
«Vedo che la Godaime ti ha
finalmente trovata» le disse Saori.
«Mi sono presentata a lei di mia
spontanea volontà. In quale sezione devo iniziare?» chiese, sapendo che Itachi
era probabilmente colui che organizzava l’immenso lavoro.
«Inizia dalle missioni di rango C
e D. Sono le più numerose e le trovi negli scaffali dal numero diciotto al
trentasei».
«Ricevuto, Taichō» rispose Shirai,
voltandosi e dirigendosi verso gli scaffali indicatigli da Itachi.
Quando raggiunse il luogo dove
avrebbe lavorato, si accorse non solo che era un incarico immenso, ma anche
molto lontano da dove Itachi e Saori stavano lavorando.
«Meglio così, non voglio
interrompere il rito di corteggiamento di Saori» disse a bassa voce Shirai, sedendosi
alla scrivania presente sulla quale vi erano già alcuni rotoli da catalogare
nell’apposito registro e poi da immagazzinare.
Iniziò quindi a scrivere il grado
della missione, i partecipanti e l’esito del primo rotolo che le capitò a tiro
e poi lo chiuse con l’apposito sigillo.
Continuò così per ore, fino a
quando la schiena non iniziò a dolerle: si alzò e prese a stiracchiarsi,
guardando a che punto fosse con il suo lavoro.
Notò che era più o meno a metà, ma
la felicità iniziale venne distrutta dal pensiero che le mancavano tutti gli
altri scaffali da controllare, catalogare e sigillare.
«Morirò in questo posto, ne sono
sicura» sbuffò la ragazza, prima di sentire la presenza di Saori alle sue
spalle.
«Hai bisogno di qualcosa?» chiese
Shirai.
«Sì. È mezzogiorno ormai. Io e
Itachi-san usciamo per il pranzo. Tu fai come ti pare» le disse sgarbata
l’altra, guadagnandosi una linguaccia da Shirai quando si fu voltata.
Aspettò che i due shinobi
uscissero e poi prese a scimmiottare Saori:
«Io e Itachi-san usciamo per il
pranzo…» disse all’archivio vuoto, imitando il tono arrogante della Uchiha «Perché
invece non vi levate dalle scatole per sempre e basta?» aggiunse con
irritazione la ragazza, prima di uscire dall’archivio e incontrare Kakashi.
«Oh, non ci credo. Kakashi-sensei
che si trova al palazzo dell’Hokage di sua volontà? Mi sa che la polvere
dell’archivio provoca allucinazioni».
«Non era molto gentile quello che
hai detto, sai? Sono qui perché Sakura e Ino mi hanno dato un messaggio per te:
“Ti aspettiamo all’Ichiraku per pranzo, vedi di darti una mossa”. E con questo,
passo e chiudo. Scappo prima che la Godaime mi veda» disse l’Hatake prima di
sparire in una nuvola di fumo.
«Yokatta… Almeno non mangerò da
sola come una reietta».
Shirai camminò nella fresca aria
di Konoha che accolse con piacere dopo aver passato tutto quel tempo rinchiusa
in un luogo polveroso: giunta in vista dell’Ichiraku notò che erano presenti
anche Naruto e Sasuke.
«Ohayō, minna-san» li salutò
Shirai facendoli voltare.
Una volta passata la tendina esterna
di Ichiraku, notò che seduti al banco vi erano anche Saori e Itachi e in quel
momento si chiese se i kami ce l’avessero con lei.
Quando lei ed Itachi erano amici,
il ragazzo non voleva mai andare da Ichiraku, perché, nonostante il ramen non
gli dispiacesse, preferiva mangiare altro.
Allora perché diamine era lì
seduto composto in attesa di una ciotola fumante di Ramen?
Shirai pensò bene di ignorarli e
si sedette alla destra di Sakura, nel posto più distante possibile da Itachi e
compagna: quando Teuchi si voltò ordinò un Tempura ramen.
Mentre aspettava la sua
ordinazione, chiese a Sakura come andassero gli allenamenti e il lavoro
all’ospedale.
«Oh, sono molto faticosi entrambi,
ma non mi lamento. Imparo ogni giorno cose nuove! Oggi ho imparato a fermare
un’emorragia interna. È stato difficile, ma ora so come muovermi se dovesse
succedermi sul campo di battaglia».
«E brava la nostra Sakura-chan! E
tu Naruto No Baka?».
«Oh è vero! Non ti ho ancora detto
nulla! Il saggio dei Rospi che seguivano l’Ero-sennin mi ha chiesto di andare
nel loro mondo per allenarmi! Sto aspettando il permesso di Tsunade Baa-san, ma
sono sicuro che me lo darà, dattebayo!».
«Oh davvero? Sugoi, Naruto! Quando
dovresti partire e per quanto tempo?».
«Dovrei partire dopo l’incontro
con il Raikage e tornare una volta che i Rospi mi daranno il permesso».
«Quindi potresti star via molto,
eh? Devo ammetterlo, Naruto: sentirò la tua mancanza. Vieni e fatti
abbracciare!» disse Shirai, alzandosi dal suo posto e afferrando il biondo
shinobi alle spalle per stritolarlo, con il rischio sia di soffocarlo sia di
farlo cadere dallo sgabello.
Shirai sentiva su di sé lo sguardo
di Saori, ma l’arrivo di Teuchi con due scodelle di ramen bloccò qualsiasi
caustico commento dell’Uchiha.
Vedendo che una delle due scodelle
era un Tempura ramen, Shirai pensò fosse il suo, ma era invece l’ordinazione di
Itachi.
«Teuchi-san, dalla prima a lei»
disse l’Uchiha, ma Shirai replicò dicendo che avrebbe aspettato la sua senza
problemi.
Si risedette a fianco di Sakura,
la quale le diede una gomitata:
«Neh, Shirai! Stava solo cercando
di essere gentile!».
«Sai che me ne importa» replicò
secca l’altra, lanciando uno sguardo a Itachi il quale le rispose con uno
altrettanto irritato da sopra la testa di Saori e Naruto, chinati verso la
scodella.
«Ehi dove hai lasciato il gatto?»
chiese improvvisamente Sasuke, rimasto in silenzio fino ad allora, guardando
con disgusto Naruto ingurgitare Ramen a raffica e Saori provarci con suo
fratello.
«Gatto?» replicarono gli altri
all’unisono.
«Ah, vero! Non vi ho detto niente!
Ho trovato un bel gatto nero che ha voluto seguirmi!».
«Non descriverlo come se fosse un
gatto qualsiasi, baka! È un gatto ninja di Nekobaa-san, colei che fornisce armi
da secoli agli Uchiha. Dovresti essere orgogliosa che uno dei suoi gatti, uno
parlante per di più, ti abbia seguita di sua volontà».
«Davvero, Shirai? Oh, ma che
bello!».
«Era ovvio che mi seguisse, no?
Dopo tutto sono molto simpatica!».
«E modesta, anche!» le rispose
Sakura, sorridendo «Vorrei proprio vederlo questo gatto».
«È a casa mia… E dopo aver
pranzato devo tornare direttamente all’archivio».
«Puoi sempre chiamarlo da qui»
s’intromise Itachi, ricevendo cinque sguardi interrogativi «Quando quel gatto ha scelto di seguirti, ha
imparato a riconoscere il tuo chakra. Se emetti delle onde basse e ripetitive,
verrà da te» spiegò, prima di pagare, ringraziare Teuchi ed andarsene, seguito
da Saori.
Shirai, nonostante la irritasse il
fatto che fosse stato Itachi a spiegarle come fare, emise tre onde di chakra
basse e ripetitive.
Il gruppo attese in silenzio,
persino Teuchi aspettò, e dopo pochi istanti una palla di pelo nero arrivò
correndo: quando vide la sua padrona emise un verso gutturale e con la coda
ritta si avvicinò.
Saltò agilmente sulle spalle di
Shirai, mentre Sakura e Ino emettevano versi di apprezzamento.
«È così kawai! Guarda che pelo
lucente e che occhi intelligenti!» disse Ino
«E hai visto che bella coda
folta?» aggiunse Sakura.
Il gatto, compresi i complimenti,
saltò dalla spalla di Shirai direttamente sulle gambe di Sakura e prese a fare
sonore fusa.
«Abbiamo appurato che, come ogni
Uchiha che si rispetti, è sicuramente vanitoso».
«Ehi, io non sono vanitoso!» si
difese Sasuke.
«Oh, sì che lo sei! È tutto il
giorno che ti pavoneggi per il tatuaggio Anbu!» lo canzonò Sakura, mentre
Shirai si alzò di scatto.
«Quando lo hai fatto? Fa vedere,
Sasuke!» disse, alzando la manica della maglia del ragazzo, senza che questi le
desse il permesso.
Sul bicipite sinistro dell’Uchiha
vi era la spirale distintiva degli Anbu, nera come la pece ed evidentemente
appena fatta.
«Sugoi, Sasuke! Chissà quando lo
faranno anche a me! Ohi, ma da quando hai questi muscoli, eh Sasuke-kun?» disse
Shirai, toccando il braccio del ragazzo per testarne la compattezza.
«Ehi, piantala di toccarmi!»
protesto il ragazzo, scostando la mano di Shirai, e abbassando la manica della
maglia che indossava.
«Non essere così timido, Sasuke e
fatti toccare un po’, su!» lo prese in giro lei «Fa vedere se sei così tonico
anche in altri punti, dai!».
Shirai cercò di afferrare il lembo
inferiore della maglia di Sasuke per vederne la pancia, ma questi sparì dalla
sua presa e si allontanò dal chiosco.
«Ti ho detto di non toccarmi! Cosa
sei la figlia di Jiraiya-sama?» le chiese.
«Oh, ma guarda un po’. Il piccolo
Sasuke è timido ~» lo canzonò lei, facendo ridere tutti i presenti «Su,
mostraci un po’ quel tuo corpicino che nascondi sempre dietro abiti scuri!
Sakura potresti anche darmi una mano, eh!».
La ragazza presa in causa divenne
color peperone e sbraitò contro Shirai: «Ma che richieste fai, baka! Non posso
spogliare un mio compagno di Team!».
«Quindi non vorresti vedere gli
addominali di Sasuke-kun?».
«Certo che vorrei, ma…» appena
Sakura si rese conto di ciò che aveva detto divenne ancora più rossa e, i
presenti potevano giurarlo, le uscì anche del fumo dalle orecchie.
Shirai la guardò un attimo, prima
di iniziare a ridere di gusto, mentre l’altra si sentiva sprofondare.
«Oh, avanti Sakura! Non devi mica
imbarazzarti! Chiunque con un minimo di senno vorrebbe vedere un Uchiha mezzo
nudo!».
«Quindi ne deduco che tu vorresti
vedere mio fratello, eh Shirai-chan?» disse la voce di Sasuke, il quale aveva
trovato un appiglio per far imbarazzare la ragazza.
Infatti Shirai divenne rossa almeno quanto Sakura e
rispose, balbettando dall’imbarazzo:
«Non dire assurdità, Sasuke Teme! Non
mi interessa vedere tuo fratello mezzo nudo!» gli gridò contro e poi, per sfuggire
ai sorrisini di scherno, richiamò il gatto e scappò verso l’archivio.
Nda: Ringrazio tutti quelli che leggono questa storia! Le recensioni sono
sempre le benvenute! Al prossimo capitolo!
Lena
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Capitolo 11 *** Eleventh ***
Eleventh
Eleventh
Prima di riuscire ad entrare
nell’archivio Shirai fu fermata da Genma, il quale, come faceva praticamente
con tutte le ragazze che gli capitassero a tiro, le chiese se quella sera aveva
da fare.
«Genma-san, sei troppo vecchio per
me» lo rifiutò lei, mentre lo shinobi rischiava il tracollo emotivo.
Quando varcò le soglie
dell’archivio le tornarono in mente le insinuazioni di Sasuke sul suo desiderio
di vedere Itachi poco vestito: appena incontrò lo sguardo onice dell’Uchiha,
Shirai distolse il suo per poi camminare velocemente verso il luogo di lavoro
assegnatole.
Itachi non comprese come mai ora
si stesse comportando così e perché avesse un certo rossore sul viso: forse
aveva preso l’influenza?
Shirai, con al seguito il gatto,
si sedette alla scrivania e riprese a lavorare sui rotoli, come aveva fatto
quella mattina.
Nell’archivio regnava il silenzio
più assoluto rotto solo dal rumore della carta spostata, del pennello che
scivolava sul foglio e dalle leggere onde di chakra utilizzate per i sigilli.
Mentre sistemava un rotolo di una
missione classe C su uno degli scaffali, un altro attirò la sua attenzione per
due motivi: il sigillo era indebolito e si trovava nella sezione sbagliata,
poiché era una missione di rango S.
Shirai lo afferrò e scese dalla
scaletta per portarlo a Saori e Itachi, ma in quel momento il sigillo cedette:
non voleva leggere il rotolo, poiché era sicuramente segreto, ma quando vide il
simbolo del clan Uchiha e il nome di Itachi non riuscì a trattenere la
curiosità.
Si sedette e, tenendo d’occhio che
i suoi due compagni fossero impegnati nel loro lavoro, iniziò a leggere.
Il rotolo recitava:
Rango : S
Esecutore: Uchiha Itachi – Anbu
Grado: Taichō.
Richiedente: Danzō Shimura, Koharu
Utatane, Homura Mitokado.
Quando lesse l’incarico che i due
consiglieri e Danzō avevano dato ad Itachi per poco Shirai non urlò.
Quando Saori venne a chiamarla per
uscire dall’archivio, poiché ormai era tardi, Shirai declinò dicendo che
sarebbe rimasta ancora un po’.
Quando la ragazza lo riferì a
Itachi questi le disse di andare avanti: lui avrebbe aspettato che Shirai
finisse e poi sarebbe uscito.
Shirai non aveva previsto quella
svolta dei fatti e quando Itachi la raggiunse sedendole davanti, non lo degnò
del minimo sguardo: il pennello che teneva in mano tremava e non sapeva cosa
fare.
Doveva dire ad Itachi ciò che
aveva letto? L’avrebbe detto alla Godaime? Se Tsunade avesse saputo che si era
azzardata a leggere un rotolo così segreto, probabilmente l’avrebbe
imprigionata.
Però, lei si era sempre fidata di
Itachi. E non poteva tenersi dentro una cosa del genere: doveva sapere e
capire.
«Itachi…» lo chiamò a bassa voce.
«Mi pare di averti detto di
chiamarmi Taichō».
«Ieri non ti dava fastidio che ti
chiamassi Itachi».
«Oggi è un altro giorno».
«D’accordo» sbuffò Shirai «Itachi
Taichō» lo richiamò lei e questa volta lui la guardò.
Shirai fissò il suo capitano negli
occhi onice per un attimo, deglutì un paio di volte a vuoto e poi disse:
«Perché i consiglieri e Danzō-sama
ti avevano ordinato di sterminare il tuo stesso Clan?».
Itachi spalancò gli occhi per lo
stupore e la paura, mentre assorbiva la domanda che Shirai gli stava facendo.
«Come lo sai?».
«Ho trovato un rotolo di una
missione S nel posto sbagliato e, quando l’ho preso per spostarlo, il sigillo
si è rotto e ho letto il tuo nome».
«E hai pensato bene di continuare
a leggere? Potresti essere imprigionata per questo, lo sai?».
«Sì… Ma prima voglio sapere
perché».
«Non è un’informazione che posso
divulgare a chicchessia» rispose Itachi.
«Io c’entro qualcosa sul fatto che
tu non abbia eseguito la missione? Era di questo che parlavi ieri?» gli chiese
la ragazza.
«Ho detto che non ti darò altre
informazioni, Shirai».
«Itachi…» .
«Ti ho detto che mi devi …».
«Itachi-nii … Onegai, raccontami
cosa è successo otto anni fa…» lo supplicò la ragazza.
«Chiamarmi in quel modo è un colpo
basso, Shirai…» le disse, appoggiando il pennello e massaggiandosi le tempie.
In quel momento Itachi le sembrò
stanco e più vecchio dei suoi ventuno anni. Rimase in silenzio ancora per un
po’, valutando i rischi che correva a dire una cosa del genere a Shirai: poi si
ricordò di chi stava parlando e sapeva che la ragazza non avrebbe detto niente
a nessuno di quella storia. E così raccontò.
«Quando avevo tredici anni, poco
tempo dopo averti conosciuta, fui convocato da Danzō-sama e dai consiglieri di
Konoha. Mi spiegarono che all’interno del mio clan qualcuno stava organizzando
un colpo di stato per rovesciare l’Hokage e prendere il controllo del
villaggio. Non erano riusciti a capire chi fossero i soggetti coinvolti e
richiesero il mio aiuto: dovevo fungere da spia all’interno del mio stesso clan
e scovare i colpevoli. Dopo due mesi di indagini, però, non ero riuscito a
scoprire nulla di eclatante ed è in quel momento che mi venne dato l’ordine di
esecuzione e sterminio totale del mio clan, così da eliminare il problema alla
radice» spiegò Itachi.
«Cosa è successo poi? Perché non
lo hai fatto?».
«Se avessi sterminato il mio clan,
affinché i mandanti dell’esecuzione rimanessero puliti, avrei dovuto assumermene
tutte le responsabilità e diventare un nukenin, un ninja traditore».
Shirai lo guardò con occhi
sgranati, ma Itachi non aveva finito.
«All’inizio non mi importava molto
di diventare un traditore, l’importante è che Konoha fosse salva e in pace, ma poi…»
Itachi alzò lo sguardo verso la sua interlocutrice, trapassandola con i suoi
occhi onice, tanto che Shirai si ritrovò improvvisamente in imbarazzo « Sei
stata tu, Shirai, a farmi cambiare idea» le disse.
«Io? E come?».
«La tua amicizia senza scopi mi
aveva dato una ragione per restare a Konoha» le disse semplicemente.
«Tu non hai ucciso il tuo clan
solo per me? Solo perché ero tua amica? Itachi, non ha senso».
«Non era solo quella la
motivazione, ovviamente. La tua amicizia mi aveva fatto capire che anche
all’interno del Clan, oltre a Sasuke, c’erano altre persone importanti come
Shisui, Ayane e Saori-san».
Quando Itachi nominò la ragazza,
Shirai sentì una strana sensazione all’altezza dello stomaco, ma non le diede
importanza al momento.
«Decisi di parlare con l’Hokage,
il quale, in forma segreta per non andare contro i consiglieri, iniziò indagini
più approfondite con l’aiuto di persone come Nara Shikaku e Yamanaka Inoichi,
riuscendo così a capire chi fossero i veri cospiratori all’interno del mio clan
e fermarli. Quindi sei stata tu a salvare tutti ed è per questo che quando ho
saputo cosa ti avevano fatto mi sono infuriato» concluse il discorso Itachi.
Shirai si alzò di scatto e, senza
pensarci troppo, si spostò alle spalle dell’Uchiha avvolgendogli le braccia intorno
al collo in un abbraccio. Appoggiò la fronte sulla spalla del ragazzo, immobile
e incredulo davanti a una così plateale dimostrazione di affetto nei suoi
confronti, e disse:
«Gomen, Itachi … Ieri ti ho detto
delle cose orribili… E tu avevi questo peso sulle spalle, gomen. Gomen» gli
disse.
Itachi poggiò la sua mano su
quelle di Shirai e rispose: «Non devi scusarti, Shirai. E non devi piangere,
baka».
Ma lei non lo ascoltò, continuando
a piangere in silenzio, nascosta dietro di lui, che nel frattempo assaporava un
abbraccio dopo tanto tempo.
Il gatto intanto faceva guizzare
la coda che si muoveva sinuosa verso l’alto e li fissava con uno sguardo
intelligente, di chi aveva capito molte cose.
*
Quando l’Hokage gli aveva ordinato
di andare nell’archivio per cercare un rotolo e dire ai reclusi che potevano
andarsene, di certo Shikamaru non pensava di trovarsi davanti una scena così:
Shirai, in piedi alle spalle di Itachi seduto, che lo abbracciava e piangeva,
mentre il ragazzo le stringeva una mano e sembrava in pace solo avendola
vicina.
«Ehm…» tossicchiò Shikamaru,
facendo balzare indietro Shirai, come se una delle sue scosse le si fosse
ritorta contro, mentre Itachi si limitò a fissarlo «Non avevo intenzione di
interrompere, ma la Godaime dice che potete andarvene per oggi».
Shirai, ancora in imbarazzo per
essere stata beccata, si limitò ad annuire, richiamare il gatto – che ancora
non aveva nome – e andarsene.
Quando fu sola per le strade di
Konoha iniziò a pensare a ciò che Itachi le aveva confessato: ai tempi in cui
tutto questo era successo lei non si era accorta di nulla.
Lui si era sempre comportato come
il solito Itachi: silenzioso, serio e a volte un po’ freddo. Non aveva mai dato
segni di turbamento o problemi vari.
Shirai sapeva che se lui non le
aveva detto nulla era perché la missione era strettamente segreta e non poteva
divulgare nessuna informazione.
Quando si trovò davanti alla porta
di casa, si accorse che i suoi erano assenti.
Venne accolta da Kai, che era
tornato da una missione proprio quel pomeriggio e sfoggiava una bella benda sul
braccio destro, segno che si era ferito.
«Ohi, stai bene?».
«Sì, non fare come la mamma.
Quando l’ha vista è andata fuori di testa!» le disse, scocciato, il fratello.
«Chissà cosa avrebbe fatto se
avesse visto me dopo un allenamento di mezz’ora con il Raikage o Killer
Bee-san… Cosa vuoi per cena?».
«Oden».
«Qualcosa di meno complicato no,
eh?».
«Hai chiesto tu cosa volevo. Se
non ti va bene, la prossima volta cucina quello che ti va e non chiedere nulla,
baka» la prese in giro lui.
«D’accordo, vado a prendere
qualcosa al negozio, cerca almeno di apparecchiare. Otōsan e Okaasan?».
«Otōsan ha portato Okaasan fuori a
cena. Almeno ha smesso di singhiozzare e predire una mia imminente morte»
replicò l’altro, facendola ridere.
*
Sakura e Ino stavano camminando
tranquille per le vie di Konoha quando individuarono una capigliatura ad ananas
famigliare che procedeva lentamente di fronte a loro.
«Shika!» chiamò allora la bionda
kunoichi, facendo voltare il compagno di team, che realizzò in quel momento una
cosa importante: Ino avrebbe fatto qualsiasi cosa per avere un gossip
aggiornato su Itachi e Shirai.
E ciò che lui aveva visto in
biblioteca era bello succulento, o almeno così credeva.
«Oh, Ino. Cercavo proprio te. Ho
una cosa da raccontarti…» iniziò il ragazzo, mentre pensava a cosa poteva
volere in cambio dalla sua compagna di team.
«Allora sputa il rospo».
«Ad una condizione».
«Prima dimmi chi riguarda e poi
deciderò se vale la pena sottostare alle tue condizioni» replicò l’altra, che
era piuttosto brava nella negoziazione.
«Riguarda Itachi-san e
Shirai-chan».
«Farò qualsiasi cosa che mi
chiedi» replicò immediatamente la bionda, facendo sorridere Shikamaru
soddisfatto.
«Bene, se vuoi sapere questa informazione,
devi promettere che cercherai di parlare di meno quando sto provando a dormire
e mi preparerai il pranzo per una settimana» disse Shikamaru, che come Chōji
sapeva la bravura di Ino ai fornelli.
Ino lo guardò di sbieco e disse:
«Sarà meglio sia qualcosa di davvero importante, altrimenti l’accordo salta».
Quando le due appresero ciò che
Shikamaru aveva visto, rimasero sbalordite: Itachi non era una persona che si
lasciava andare a certi gesti di affetto.
«Neh, Sakura… Se quei tornassero
amici, credi che gli Uchiha si metterebbero in mezzo nuovamente?».
«Non lo so Ino, ma non gli
permetterò di mandare via Shirai di nuovo. Konoha è triste senza di lei in giro
a combinare disastri con Naruto» rispose Sakura.
«Se Saori-san si dovesse mettere
in mezzo ancora, le estirpo quegli occhi di cui tanto si vanta, lo giuro»
minacciò Ino, stringendo un pugno e alzandolo davanti al viso.
«E io ti darò una mano. Speriamo
vada tutto per il verso giusto. Era bello vedere lei e Itachi-san in giro per
il paese. Ti ricordi che all’inizio un po’ la invidiavamo?».
«E chi non lo avrebbe fatto?
Itachi-san è il sogno erotico più comune a Konoha. Tutte le femmine, e forse
anche qualche maschio, hanno avuto almeno un sogno osé su di lui. Anche io».
«Oh, anche io. E anche sul
fratello, ma questo era ovvio, neh?».
«Certo che lo era!» rispose Ino,
ridendo leggiadra con Sakura che le faceva da eco.
Fu in quel momento che
incontrarono Hinata e Tenten che giravano per le strade di Konoha: sapevano che
la seconda era tornata da un missione nel primo pomeriggio e a prima vista non
sembrava ferita da nessuna parte, fortunatamente.
Le quattro ragazze si riunirono
così in un piccolo chiosco di dango per parlare delle loro missioni e di ciò
che avevano fatto.
Era Tenten quella che aveva
qualcosa da raccontare, poiché era lei che aveva intercettato Shirai il giorno
prima quando Itachi si era arrabbiato.
«Sembrava che volesse rimanere a
casa, lo giuro. Poi quando sono uscita dal bagno era sparita e ho sentito il
suo chakra pulsare lontano» spiegò Tenten «Probabilmente è stata abbastanza
lucida da imbrogliarmi per poi scappare alla prima occasione».
«Credo anche io che sia andata
così. Quando è arrivata al quartiere Uchiha, era infuriata. Ha colpito
Itachi-san, anche se credo che lui l’abbia lasciata fare, ha risposto male a
Fugaku-sama e poi ero sicura che avrebbe attaccato di nuovo Itachi-san, ma
quando ha capito che lui non avrebbe reagito, si è calmata e gli ha detto che
lo detestava…» raccontò Sakura.
«Oh, povero Itachi-san quello mi
sa che ha fatto più male del pugno, neh?» chiese Ino.
«Non ne ho idea. La sua
espressione era sempre la stessa, ma Shisui-san era convinto che ne fosse
rimasto ferito».
«Chissà cosa combineranno di altro
quei due…».
«Io credo che si vogliano davvero
bene» intervenne Hinata, rimasta in silenzio fino a quel momento «Itachi-san,
come Neji nii-sama, non esprime le sue emozioni a parole, ma con i gesti».
«Cosa intendi dire Hinata-chan?»
chiese Sakura.
«Durante l’esame Anbu Itachi-san è
intervenuto per fermare Shirai-chan, che altrimenti si sarebbe fatta del male».
«Oh, capisco cosa intendi dire!
Non le dimostra affetto come tutti i comuni mortali, ma nel modo Uchiha!»
esclamò Sakura «Ora capisco da chi ha preso il fratello minore» aggiunse,
facendo ridere tutte le presenti, mentre Sasuke, nella sua camera, starnutiva.
Nda: Spero che il
capitolo vi piaccia e che il rapporto tra Shirai e Itachi non sia troppo
sforzato. Ringrazio, come sempre, tutti quelli che leggono, recensiscono e
seguono le avventure di Shirai.
Alla prossima,
Lena.
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Capitolo 12 *** Twelfth ***
twelfth
Twelfth
I giorni chiusi nell’archivio si
alternavano a quelli di allenamento, come da richiesta della Godaime, quindi
Shirai alla sera era stanca e piena di polvere oppure stanca, piena di polvere,
senza chakra e con numerose escoriazioni.
Nonostante il bruciore delle
ferite preferiva di gran lunga allenarsi con Itachi, poiché quando erano
nell’archivio lei lavorava sempre in solitudine, mentre i due Uchiha lo
facevano in coppia: sentiva spesso la risatina civettuola di Saori seguita
dalla voce bassa di Itachi.
Non riusciva a capire cosa si
dicessero, ma ne era profondamente irritata.
Dopo l’episodio dell’archivio
Itachi era tornato il solito pezzo di ghiaccio e la colpiva senza remore
durante gli allenamenti: lei, d’altro canto, era riuscita a colpirlo un paio di
volte con il risultato che ora l’Uchiha faceva un po’ fatica a muovere il polso
destro a causa delle sue scosse, che avevano mandato in tilt il sistema nervoso
di quella parte.
Avrebbe potuto sistemarlo, ma
poiché lui la ignorava da due giorni, lo aveva lasciato così, sofferente e
incapace di muoverlo a dovere.
Ogni tanto lo sentiva emettere
versi di frustrazione quando il polso non rispondeva adeguatamente ai comandi
che il cervello gli inviava, ma non le importava.
Se voleva essere curato doveva
chiederlo.
Mentre sistemava l’ennesimo
rotolo, sentì la presenza di Itachi avvicinarsi: aveva mal di testa e si
trovava a corto di pazienza per sopportare l’algidità che emanava l’Uchiha.
«Shirai» la chiamò lui, quando
capì che non si sarebbe girata se non l’avesse chiamata.
«Hai, Itachi Taichō»
rispose lei prontamente, girandosi.
«È ora di pranzo. Stiamo uscendo,
vieni?».
«No, grazie. Non vorrei essere di
troppo» rispose serafica Shirai, riprendendo a sistemare i rotoli.
Itachi la guardò con un
sopracciglio alzato, prima di avvicinarsi: lei rimase ostinatamente di spalle e
lo sentì avvicinarsi, fin troppo.
Si accorse troppo tardi della sua
vicinanza, cioè quando lui le sfiorò la spalla con la propria e le disse
direttamente all’orecchio: «Attenta, Shirai. Se rispondi in quel modo, potrei
iniziare a pensare che tu sia gelosa».
Lei si girò di scatto finendo con
il cozzare contro il mento di Itachi, il quale si allontanò, massaggiandoselo.
Una volta passato lo shock della
botta, Shirai replicò piccata: «Gelosa di te? Ma per piacere! Nemmeno tra un
milione di anni».
Lo vide ghignare in modo
inquietante e dire: «Sai il mio polso non funziona molto bene dopo la scossa di
ieri. Faccio davvero fatica a mangiare. Potrei chiedere a Saori-san di darmi
una mano».
Itachi attese la reazione di
Shirai, la quale non tardò ad arrivare ed era proprio quella prevista: gli
afferrò malamente in polso e spedendo una leggera scossa lungo i canali di
comunicazione nervosa, lo sistemò.
Il suo piano era stato geniale
come sempre: sapeva che se l’avesse punzecchiata con Saori sarebbe scattata,
sistemandogli il polso.
Si accorse che Shirai non lasciava
andare la presa e aveva la testa bassa: aveva forse esagerato, finendo con
ferirla?
Poi la vide lasciare lentamente il
suo polso e, senza dire niente, andarsene.
Itachi, mentre camminava con Saori
per le vie del paese, si guardava intorno alla ricerca di Shirai, che pareva
essersi dissolta nel nulla: non percepiva nemmeno il suo chakra e quindi prese
una decisione.
«Saori-san, mi dispiace ma mi sono
ricordato che avevo una cosa da fare per mio padre. Dobbiamo rimandare il
nostro pranzo ad un altro giorno» mentì.
«Oh, non ti preoccupare. Prima i
doveri per il Clan» disse la ragazza, che in qualunque caso era rattristata
dalla notizia.
«Mi dispiace. Ci vediamo questo
pomeriggio all’archivio» la salutò, sparendo veloce in una nuvola di fumo.
Saori guardò per un attimo il
punto in cui Itachi era sparito e sussurrò: «Nemmeno dopo quattro anni riesci a
lasciarla perdere, eh Itachi?».
Saori Uchiha era altezzosa e
vanitosa, ma non era per niente stupida: aveva intuito fin da subito che quella
di Itachi era una scusa inventata al momento, poiché era chiaro che appena
usciti dall’archivio era partito subito alla ricerca di Shirai o almeno del suo chakra.
L’appetito le era completamente
passato e decise che sarebbe andata al campo numero zero per sfogare un po’ di
frustrazione su un bersaglio.
*
Sasuke camminava lento per le vie
di Konoha: la Godaime ancora non aveva assegnato nessuna missione al suo Team,
che aveva conosciuto il giorno prima.
Aveva finito la sessione mattutina
di allenamenti con loro e stava tornando verso il quartiere Uchiha per pranzo
quando vide Shirai sulla sponda del fiume con il chakra annullato, segno che
non voleva essere trovata.
Decise che, solo per darle
fastidio, si sarebbe avvicinato: la ragazza percepì la sua presenza e si voltò
lanciandogli uno sguardo ammonitore.
Era ovvio che volesse rimanere da
sola, ma Sasuke era davvero annoiato in quel momento.
«Cosa ci fai qui?» le chiese,
affiancandola ma rimanendo in piedi con le mani calate nelle tasche dei calzoni
e lo sguardo verso il fiume.
«Gli affari miei, prima che
arrivassi tu» rispose piccata lei, ricevendo uno sguardo glaciale da Sasuke.
Sbuffò prima di dire: «Sto cercando un nome per il gatto. È appurato che è un
maschio, anche se mi ha morsa quando gli ho guardato sotto la coda, ma non
riesco a trovare nulla che gli vada bene».
«Che nomi gli hai detto?».
Shirai iniziò ad elencarli, mentre
il gatto si faceva tranquillo la toelettatura e Sasuke la ascoltava.
«Sono nomi normali per gatti, ma a
quanto pare lui è più complicato» le disse Sasuke, chinandosi verso il gatto e
fissandolo negli occhi.
Il gatto lo fissò di rimando e
rimasero così per un attimo.
«Ne ho uno» disse Sasuke «Kuro».
Shirai lo guardò dubbiosa, ma il
miagolio del gatto le fece capire che ne era soddisfatto.
La ragazza batté le mani contenta
e sorridendo a Sasuke disse: «Arigatō, Sasuke!».
Il ragazzo si trovò
improvvisamente in imbarazzo e decise di salutarla: quando si voltò vide che
c’era Itachi non molto lontano da loro.
«Sapevo mi avrebbe seguita»
borbottò Shirai.
«Meglio che me ne vada. Ci si vede
in giro» la salutò Sasuke, sorpassando suo fratello e salutando anche lui.
Itachi scese poi per il lieve
pendio che precedeva la riva del fiume e si avvicinò a Shirai, venendo accolto
dal miagolio di saluto del gatto.
«Come mai eri qui con mio
fratello?».
«Non è che ci siamo dati
appuntamento. Mi ha trovata lui e mi ha anche dato un nome decente per il
gatto. Neh, Kuro-chan?» disse la ragazza, chiamando il gatto che miagolò
soddisfatto.
«Ah, capisco…» le disse, in modo
atono come sempre, prima di sedersi accanto a lei: allungò la gamba destra
davanti a sé e piegò l’altra.
Poggiò su questa il braccio
sinistro mentre l’altro lo mise all’indietro, come sostegno per il peso del
corpo.
Shirai gli lanciò un’occhiata in
tralice vedendo che aveva lo sguardo perso verso il fiume sul quale il sole si
rifletteva e mandava bagliori dorati da tutte le parti. Il vento scompigliava i
capelli di Itachi che sfuggivano alla coda bassa e in quel momento, forse per
la prima volta dacché lo conosceva, Shirai pensò che Itachi fosse bello.
«Perché te ne sei andata così
dall’archivio?».
«Perché sono caduta nel tuo
tranello. Hai fatto tutte quelle scene per spingermi a sistemarti il polso,
così non avresti dovuto chiedermelo, vero?» spiegò Shirai, guardando verso il
ragazzo alla sua destra.
«Esatto».
«Ti era così difficile chiedere
semplicemente per favore? Lascia stare. Non c’è nemmeno bisogno che rispondi.
Tu e il tuo dannato orgoglio».
Itachi non disse nulla per un
attimo prima di guardarla di traverso e chiedere: «Cosa siamo noi, Shirai?».
«Compagni di Team? O meglio, Taichō
e subordinata».
«Siamo davvero solo questo?» le
chiese, voltando tutto il capo nella sua direzione.
Shirai rimase a fissarlo per un
attimo: era ovvio che Itachi rivoleva la loro amicizia, ma poteva lei
rischiare? Poteva davvero tornare amica di Itachi senza avere conseguenze come
l’ultima volta? Poteva essergli di nuovo amica per poi vederselo strappare via?
« Itachi… Vorrei davvero che le
cose tornassero come prima, ma sono sicura che il tuo Clan non sarebbe
d’accordo…» .
«Non importa ciò che vuole il
Clan. Importa ciò che vogliamo noi, Shirai» le rispose Itachi.
Shirai rimase in silenzio per un
attimo e poi, poggiando la testa sulle ginocchia e volgendola verso Itachi gli
chiese: «E se la nostra amicizia mutasse? Se diventasse qualcosa di più? Non
siamo più ragazzini di tredici o sedici anni…».
Itachi si ritrovò a pensare
seriamente alla domanda di Shirai: era un genio e non per nulla si era accorto
che lei era cambiata, soprattutto fisicamente.
Non era più l’androgina ragazzina
che ricordava: aveva i fianchi più accentuati e così anche altre parti e la sua
domanda era lecita.
Itachi la guardò di nuovo negli
occhi, che fino a quel momento non gli erano mai sembrati così grandi,
espressivi e simili al miele nel colore e disse:
«Se dovesse succedere, sarebbe poi
così sbagliato?».
«Non per noi, ma per il tuo Clan
sicuramente… Non stavo scherzando quando ti ho confessato che il loro intento è
farti unire a Saori» gli ricordò.
Itachi rimase in silenzio,
ponderando la questione e poi le disse:
«Non credi che stiamo parlando
solo per ipotesi? Io voglio la nostra amicizia per ora. Quello che succederà lo
vedremo poi».
Shirai gli parve dubbiosa ancora
per un attimo, ma poi le esplose il sorriso in faccia, espandendosi agli occhi
e senza che lui potesse schivarla o altro, gli si gettò addosso.
«Itachi-nii…» gli sussurrò, mentre
lo stringeva a sé, come se non avesse aspettato altro da quando era tornata.
«Devo dire che sei diventata più
espansiva in questi quattro anni…».
«Oh, invece tu sei sempre il
solito pezzo di marmo freddo! Kakashi-sensei aveva ragione quando ti voleva
rifilare i suoi libri porno: dovresti scioglierti un po’!» lo prese in giro
lei, beccandosi un’occhiataccia.
Solo nel momento in cui Shirai
smise di ridere, si accorse che se qualcuno li avesse visti, sarebbe scoppiata
la Quarta Guerra Ninja: era praticamente spalmata sopra Itachi, il quale per
istinto aveva un braccio intorno alla sua vita e l’altro lo usava come sostegno
per non cadere all’indietro.
La ragazza si alzò di scatto e
guardando tutto tranne il ragazzo disse: «Forse è meglio se le dimostrazioni di
affetto le trattenga un po’».
Itachi non disse nulla,
limitandosi ad alzarsi e, facendole segno di seguirlo, si allontanarono dal
fiume.
Nessuno dei due sapeva che da quel
momento in poi il loro rapporto sarebbe profondamente cambiato.
*
Quando rientrarono insieme
nell’archivio trovarono Saori già al lavoro: Itachi si sedette, ma questa volta
proprio alla destra della ragazza.
Shirai non capì come mai quella
vista le fece storcere il naso: soprattutto quando nel chinarsi a prendere un
rotolo sul tavolo i due si sfiorarono in più punti.
Senza nemmeno accorgersene emise
un paio di scosse involontarie, attirando le attenzioni dei due.
«Hai qualche problema?» le chiese
Saori.
«Assolutamente nessuno. Andiamo
Kuro-chan» disse al gatto, che la seguì, coda all’aria e sguardo intelligente.
«Ha trovato un nome per il gatto»
disse Saori.
«Sì, l’ha aiutata Sasuke» rispose
Itachi.
«Ah, ora sta cercando di diventare
sua amica? Magari le andrà meglio questa volta… Ho sempre pensato che tuo
fratello avesse una specie di cotta per lei» confessò Saori.
Itachi sapeva che l’intento della
ragazza era prendere in giro Shirai, ma non poté fare a meno di sentirsi
irritato dal fatto che suo fratello avesse un interesse per la sua ritrovata
amica.
*
I giorni che precedevano l’arrivo
del Raikage passarono e il Team di Itachi si ritrovò davanti al palazzo
dell’Hokage alle sette del mattino del sei dicembre: Shisui sbadigliava
vistosamente, beccandosi delle occhiatacce da Itachi, mentre Ayane parlava con Shirai,
la quale aveva il gatto appollaiato sulla spalla; ora che era ancora piccolo
non c’erano problemi nel portarlo così, ma quando sarebbe cresciuto non sarebbe
più riuscita a sostenerlo, soprattutto se fosse diventato un gattone come Shun.
«Bene. È ora. Andiamo» ordinò
Itachi scattando alla testa del team, affiancato da Shisui e seguito dalle due
ragazze.
Tutte gli Uchiha avevano lo
Sharingan attivo e Shirai si sentì un po’ fuori luogo.
Corsero attraverso il villaggio,
passando dai tetti, salutarono i due guardiani del portone e si inoltrarono
nella foresta, che aveva ancora un leggero strato di brina scintillante.
Erano tutti in tenuta Anbu e con
le maschere calate sul volto: Itachi aveva il gatto , Shisui una volpe, Ayane
un lupo e Shirai quella di un panda rosso.
Corsero e saltarono sugli alberi,
attenti a dove mettevano i piedi, con il vento che gli sferzava le parti del
corpo lasciate scoperte dalla divisa Anbu: Shirai non vedeva l’ora di
incontrare il Team del Raikage e la sua trepidazione era palese
dall’elettricità che la circondava.
«Shirai, datti una calmata. Le tue
scosse di chakra potrebbero attirare attenzioni non desiderate» la riprese
Itachi, obbligandola a prendere respiri profondi e a domare la sua felicità.
Era ormai mezzogiorno quando
giunsero al luogo di ritrovo che la Godaime aveva indicato loro, ma non vi era
ancora traccia del Raikage con il seguito.
«Non è ancora mezzogiorno in
punto. Attenderemo qui. Nel frattempo riposatevi un po’» ordinò Itachi,
sedendosi su un ramo particolarmente robusto e poggiando la schiena al tronco.
Non lo sapeva nessuno, ma le notti
successive alla sua riappacificazione con Shirai aveva dormito meno del solito:
prima erano stati incubi su di lei che veniva cacciata o uccisa, poi i sogni
erano mutati in altro.
Ed erano proprio questi altri a
preoccuparlo: erano sogni adatti a un adolescente nel pieno dello sviluppo
ormonale, non per uno come Itachi.
Lui era troppo maturo per fare
certi sogni, eppure si ritrovava a farli ogni singola notte, senza eccezioni.
Sbuffò di irritazione, attirando
su di sé le attenzioni del cugino Shisui, il quale sorrise divertito sotto la
maschera Anbu e si avvicinò al suo capitano.
«C’è qualcosa che ti preoccupa,
Taichō?» gli chiese.
«Nulla che riguardi questa
missione, non ti preoccupare».
«Capisco. Riguarda per caso la
nostra nuova compagna di Team?» chiese Shisui, sempre più divertito.
Itachi non rispose alla sua
domanda percependo il sopraggiungere di alcuni chakra particolarmente forti:
uno di quelli era sicuramente quello del Raikage, il quale, nonostante lo
sopprimesse, ne aveva una quantità esagerata.
Dopo tutto era l’unico Shinobi in
grado di tenere a bada un Bijū fuori controllo.
«Stanno arrivando!» esclamò
Shirai, ritornando allo stadio di eccitazione precedente: Itachi le lanciò
un’occhiata sotto la maschera, non capendo perché il rivedere quegli Shinobi
della nuvola la rallegrasse così tanto.
«Bene! Voglio proprio vedere la
faccia di questo Darui!» esclamò Ayane, facendo ridacchiare Shirai.
Darui era il braccio destro del
Raikage ed ex sensei di Shirai, così ricordava Itachi.
C’era forse altro che lui non
sapeva su quello Shinobi?
Pochi istanti dopo il Raikage in
tutta la sua stazza e il Team che lo accompagnava atterrarono nello spiazzo
esterno alla foresta che circondava Konoha e vennero raggiunti dal Team di Anbu
del villaggio stesso.
«Raikage-sama, siamo qui per
scortarla al villaggio» disse Itachi, inchinato davanti al Kage.
«Avevo detto alla Godaime di non
mandare nessuno».
«Sì, ne siamo a conoscenza, ma
Tsunade-sama ha preferito inviare qualcuno ad accogliervi» spiegò Itachi.
«Almeno ha mandato qualcuno che
conosciamo…» disse lo shinobi biondo che, secondo le informazioni date loro da
Tsunade, si chiamava Shi.
«Quella è sicuramente Shirai, non
mi sbaglio mai!» intervenne l’Hachibi, indicando la ragazza con la maschera da
panda rosso.
Shirai non riuscì a trattenersi e
con uno scatto si gettò addosso proprio allo shinobi dai capelli biondi il
quale dovette piantare saldamente i piedi nel terreno per evitare di cadere.
«Shirai-san! Non dovresti
comportarti così in missione!» le redarguì lui, ma la ragazza non lo ascoltava
nemmeno.
Fu solo un pugno in testa da parte
del Raikage che la fece staccare dal ragazzo e urlare di dolore.
«Vedo che non sei ancora maturata,
Shirai Nakamura! Quando ti deciderai a farlo?»
«Quando Bee-san smetterà di parlare
in rima!» rispose la ragazza, mentre il Raikage alzava gli occhi al cielo.
«Ora basta perdere tempo.
Dirigiamoci a Konoha» disse il Kage.
Ayane era rimasta sbalordita dal
modo in cui Shirai aveva accolto lo shinobi dai capelli biondi: era sicura che
la sua amica le avesse mentito spudoratamente e in realtà fosse proprio Shi di
Kumogakure a suscitare il suo interesse.
Nda: Ringrazio tutti quelli che leggono, recensiscono e
seguono la mia storia!
Lena
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Capitolo 13 *** Thirteenth ***
thirtheeeeeeen
Thirteenth
Sakura, Ino e Hinata erano a rapporto dalla Godaime: la donna le aveva
richieste affinché aiutassero altre kunoichi a preparare gli alloggi in cui
avrebbero soggiornato il Raikage e il seguito di questi.
La loro momentanea dimora sarebbe stata nel palazzo dell’Hokage, come
tutti gli shinobi o capi di villaggio in visita, ma in un'ala particolare
dello stesso.
Era un luogo più protetto rispetto alle altre camere e anche più
nascosto e privato: la Godaime sperava che il Raikage non si arrabbiasse mai
durante la sua permanenza a Konoha, altrimenti la ristrutturazione di quell’ala
avrebbe svuotato le casse del villaggio.
«Avete sistemato tutto al meglio?».
«Hai, Tsunade-sama. Le camere sono state pulite da cima a fondo
e preparate per l’arrivo degli ospiti» rispose Sakura.
«Bene» disse l’Hokage quando un falchetto entrò dalla finestra del suo
ufficio portando un messaggio «Stanno già arrivando qui. Andiamo fuori, li
accoglieremo lì» disse l’Hokage, guidando poi il gruppo di kunoichi all’esterno.
Al passaggio del Raikage molti abitanti di Konoha, civili e non,
abbassarono il capo in segno di rispetto: Shirai, guadagnandosi occhiate interrogative
– che non poteva di certo vedere per via delle maschere – da parte di Ayane e
Shisui, si era affiancata al biondo shinobi di Kumogakure e stava parlando con
lui a bassa voce.
Shisui, che conosceva suo cugino meglio di chiunque altro, capì al volo
che quella situazione non piaceva ad Itachi: non avrebbe mai pensato che ci
avrebbe messo così poco a mutare il suo modo di vedere Shirai.
Perché Shisui lo sapeva che prima o poi sarebbe successo, ma conoscendo
Itachi, che era un genio in tutto tranne in certe questioni riguardanti
sentimenti e compagnia bella, pensava ci avrebbe messo molto più tempo.
E invece eccolo lì, alle spalle del Raikage, che guidava il gruppo,
teso come una corda di violino e con le orecchie puntate verso il dialogo tra
Shirai e Shi.
Il terzo componente del Team, Darui, era rimasto pressoché in silenzio,
mentre l’Hachibi continuava a parlare in rima: Shisui non capiva come potessero
sopportarlo tutto il giorno.
«Neh, Shisui» lo chiamò Ayane sottovoce «Secondo te tra Shirai e quel
Shi c’è stato qualcosa?»
«E che ne so io? Non sei mica tu la sua migliore amica? Indaga e poi
fammi sapere tutto, sono proprio curioso».
«A dir la verità lei aveva fatto intendere che il suo interesse fosse
per Darui-san, ma a quanto pare mi ha ingannata. Meglio così, però: Shi-san è
molto più carino!».
«Ohi! Guarda che io lo sono di più!» replicò Shisui.
«Certo, certo. Tu sei il più bello di Konoha, vero?»
«Ovviamente!» rispose Shisui, non cogliendo l’ironia
«Guarda che scherzavo. Lo sanno tutti che quello più ammirato è
Itachi-san!».
«Sei così cattiva Ayane-chan! E io che ti amo con tutto il cuore!» le
rispose lui.
Ayane rimase in silenzio per un attimo prima di rispondere a bassa
voce, come se fosse offesa:«Dovresti smetterla di scherzare su queste cose.
Potrei finire col crederci» allontanandosi poi da Shisui e affiancando Shirai, la
quale intuì immediatamente che qualcosa non andava.
Dovette rimandare a dopo le domande per l’amica, poiché erano arrivati
al palazzo degli Hokage e Tsunade li stava aspettando in compagnia di Sakura,
Ino e Hinata.
Atterrarono tutti con grazia davanti alla donna, la quale sorrise al
suo “collega”, stringendogli la mano.
«Il Raikage ed io abbiamo delle faccende di cui discutere: Ino, Sakura
e Hinata vi accompagneranno nelle vostre stanze. Vi prego di seguirle e
chiedere loro se avete bisogno di altro».
«La ringraziamo infinitamente per la sua ospitalità, Godaime-sama»
rispose Shi, inchinandosi seguito da Darui, mentre Bee era troppo impegnato a
guardare il seno della Godaime per prestare attenzione a ciò che diceva.
«Oh, non ti preoccupare. Voi» disse poi la Godaime riferendosi agli
Anbu di Konoha «Siete congedati. Potete tornare alle vostre mansioni
ordinarie».
Gli Anbu chinarono il capo, ma Shi parlò rivolgendosi a Shirai: «Mi
aspetto che tu mantenga la promessa di farmi da guida per il villaggio».
«Con piacere, Shi-san!» rispose lei, allegra prima di andarsene al
seguito del suo team.
Quando furono al campo di allenamento numero zero si tolsero le
maschere, riuscendo finalmente a respirare l’aria fresca.
«Ah, odio quella maschera!» esclamò Shisui, sistemandosi i capelli e
riuscendo a spettinarseli ancora di più.
«Shirai» chiamò poi Itachi, attirando le attenzioni dell’altra.
«Hai?».
«Vorrei ricordarti che hai da sistemare l’archivio e gli allenamenti. Non
credo avrai il tempo per far vedere il villaggio agli ospiti».
«Oh, lo farò alla sera! Nessun problema!» rispose l’altra allegra,
mandando alle ortiche il tentativo di Itachi di tenerla occupata a sufficienza
affinché non accompagnasse mai lo shinobi biondo di Kumogakure.
Ayane e Shisui, d’altro canto, avevano capito che Itachi stava facendo
di tutto per tenere lontana Shirai da Shi e veniva da ridere ad entrambi,
poiché ogni cosa che si inventava veniva prontamente smontata dalla ragazza.
Proprio mentre Shirai se ne stava andando, soddisfatta di aver trovato una
scappatoia a tutte le uscite di Itachi, lui la afferrò per un polso.
«Andiamo all’archivio, ora. È un ordine, Shirai» le disse, perentorio.
«Ah, Itachi Taichō, ma io avevo da fare!» protestò lei, cercando di
liberarsi.
«E cosa avresti da fare?».
«Ehm… Dovrei accompagnare Shi-san in giro per Konoha…».
«Tch. Prima il dovere per il tuo villaggio, poi farai quello che vuoi.
Ora basta protestare e andiamo» le disse di nuovo l’Uchiha e Shirai cedette.
Non poteva protestare ancora contro di lui, tanto sarebbe stato
inutile. Itachi si era imputato sul volerla portare all’archivio e quando si
fissava su qualcosa, Shirai lo sapeva bene, era inamovibile.
Così smise di lottare, salutò i suoi altri compagni di Team con il
broncio e un leggero cenno della mano: era depressa e non lo nascondeva di
certo.
Era un mese che non vedeva né Darui né Shi e voleva davvero passare del
tempo con loro e mostrargli il villaggio di Konoha, diverso da quello di
Kumogakure.
Si ritrovò trascinata per le vie di Konoha da parte di Itachi, il quale
pareva non accorgersi delle occhiate che lanciavano loro le persone che
incontravano: dopo tutto era più normale vedere l’Uchiha con Saori che con
Shirai.
«Neh, Itachi-san… Ci stanno guardando tutti…» disse la ragazza, quando
le comari, pensando di parlare sotto voce, iniziarono a dire che sembravano
proprio una bella coppietta.
«Datti una mossa, allora. Così non le vedrai né sentirai più» replicò
lui, facendole alzare gli occhi al cielo: cosa diavolo gli era preso per
comportarsi così, come se lei gli avesse fatto qualcosa di male?
Varcate le soglie del palazzo dell’Hokage, lasciò finalmente andare la
presa sul polso di Shirai che se lo massaggiò: se continuava a trascinarla in
giro così, come se fosse un cagnolino al guinzaglio, le avrebbe rotto il polso
o lasciato un livido.
«Neh, sei il mio capitano, ma questo non ti da il diritto di
trascinarmi in giro, sai?» gli disse, per l’appunto, mentre lo seguiva
nell’archivio.
«Quando non esegui gli ordini di tua spontanea volontà, allora devo
usare le maniere forti» rispose lui, semplicemente.
Si sedette alla scrivania dove di solito lavorava con Saori, mentre
Shirai si avviò verso il suo luogo di lavoro, prima che lui la fermasse,
dicendole che avrebbe lavorato con lui.
«Oh, davvero? Visto che non c’è Saori vuoi usarmi come sostituta? No,
grazie. Vado a fare il mio lavoro come sempre» replicò lei.
«Shirai…» la richiamò lui, con una nota di avvertimento nella voce.
«Non dire “Shirai” in quel modo, Uchiha Itachi! Oggi era un giorno
libero e volevo passarlo con Shi-san e Darui-san».
Lui le lanciò un’occhiata e rispose: «Ne deduco che preferisci passare
del tempo con loro, piuttosto che con colui che reputi tuo amico…» la stuzzicò,
causando a Shirai l’esplosione di un embolo nel cervello per la rabbia.
«Non ho detto questo, baka! Loro rimarranno qui solo cinque giorni e
tra gli allenamenti, la sistemazione dell’archivio e il resto, quando credi che
avrò del tempo per loro? Ho passato quattro anni a Kumogakure e loro mi hanno
aiutata molto, sia ad ambientarmi sia negli allenamenti! Sono miei amici,
proprio come te, Ayane e gli altri!».
Itachi la guardò un attimo e finalmente iniziò a riflettere: non poteva
negarle di vedere coloro che le erano stati accanto per quattro lunghi anni,
lontana da casa.
Anche se il pensiero di lei e quei due in giro per Konoha gli faceva
storcere il naso.
E così ecco che il suo cervello geniale trovò la soluzione: li avrebbe
accompagnati nel tour di Konoha.
Finalmente i suoi neuroni avevano iniziato a lavorare anche su questioni
che non fossero missioni o incarichi.
«D’accordo. Andiamo» le disse, alzandosi.
«Eh? Non ho capito cosa intendi» chiese lei.
«Mi pare ovvio. Andremo dai tuoi compagni di Kumogakure e li accompagneremo
in giro per Konoha» le spiegò lui, in tono paziente come se stesse parlando a
una bambina.
Shirai, sentendosi presa in giro, gonfiò le guance e poi disse: «Quindi
verrai anche tu con noi?».
«La mia presenza ti crea problemi, Shirai?» le chiese lui, fingendosi
offeso.
«Non fare quella faccia. So che non sei per nulla offeso e so anche che
hai pianificato tutto in quella tua geniale mente, anche se non capisco perché
vuoi accompagnare coloro che per te sono sconosciuti».
«Ovviamente perché sono ospiti del villaggio ed è mio dovere in quanto
shinobi di Konoha accoglierli al meglio».
«Sì, va bene. Ci credo» ripose lei ironica «Ah, andiamo. L’importante è
passare un po’ di tempo con Shi-san e Darui-san».
Itachi non disse nulla, poiché se lo avesse fatto il suo intento di
spacciare tutta quella storia come modo di accogliere gli ospiti sarebbe stata
una scusa vana.
Incontrarono Sakura in uno dei corridoi che conduceva alle stanze degli
ospiti e Shirai le chiese perché sorrideva in quel modo: la ragazza dai capelli
rosa pastello le disse che Shi era stato particolarmente gentile sia con lei
che con le altre.
Quando la rosa se ne fu andata Shirai era stupita: «Strano, con me non
è mai stato gentile».
«Forse lo è solo con le ragazze…» le prese in giro Itachi, guadagnandosi
una gomitata al fianco.
«Non sei per niente gentile, Itachi! Se non sono abbastanza ragazza per
te, puoi anche andartene e cercare Saori. Sono sicura sarà felicissima di
passare un pomeriggio con te, soli» rispose lei prima di distanziare l’Uchiha.
Itachi la guardò camminare con le braccia conserte e il broncio e non
riuscì a trattenere una sbuffo divertito che dovette nascondere con un colpo di
tosse: se Shirai lo avesse beccato ridere in quel momento, lo avrebbe
fulminato. Nel vero senso del termine.
Giunsero davanti alla camera in cui risiedeva Shi e Shirai bussò tre
volte: lo shinobi venne ad aprire con un sorriso sulle labbra, poiché aveva
intuito chi fosse dal chakra.
«Vedo che mantieni ancora le tue promesse» le disse, prima di
accorgersi della presenza di Itachi «Oh, Uchiha-san non mi ero accorto della
tua presenza. Non ci siamo ancora presentati: io sono Shi di Kumogakure» .
«Uchiha Itachi di Konoha» rispose l’altro, mentre gli occhi di Shi si
spalancavano per lo stupore.
«Oh, è un vero onore fare la tua conoscenza! Il genio del Clan Uchiha,
ho sentito molte cose su di te! Soprattutto sulla tua continua lotta contro
l’Akatsuki» disse Shi, eccitato.
«Neh, Shi-san. Non alimentare il suo ego, per favore» lo interruppe
Shirai, ricevendo un’occhiata dal suo capitano, che prometteva dolori in futuro.
«Andiamo. Ti accompagneremo in giro per Konoha. Dobbiamo chiamare anche
Darui-san» disse Shirai, ma Shi la bloccò dicendo che l’altro non sarebbe
venuto preferendo farsi una dormita.
«Come al solito. Sempre più pigro» lasciò cadere la questione Shirai.
Si diressero fuori dal palazzo e Shirai parlava con Shi di come era
stato il suo rientro, di quanto fosse felice di essere a casa e
dell’accoglienza dei suoi amici: lui le sorrideva, contento di vederla serena.
«Meno male che sei tornata, Shirai-san. A Kumogakure non eri mai così
serena» le disse, sorridendole di nuovo.
«Ma sono stata bene anche lì: avevo il mio team e anche voi» rispose
Shirai, lanciando un sorriso aperto all’altro shinobi, mentre Itachi alzava gli
occhi al cielo.
«Uchiha-san, ho saputo che Shirai-san è entrata nel tuo team Anbu».
«Sì, è così».
«Allora, se non sono inopportuno, ti prego di prenderti cura di lei. È
molto amata al nostro villaggio ed è importante per tanti» gli disse Shi,
inchinandosi davanti ad Itachi che lanciò uno sguardo a Shirai, la quale era
arrossita e guardava lo shinobi di Kumogakure.
Possibile che a Shirai interessasse quel ragazzo? A lui non sembrava
nulla di speciale.
«Mi prenderò cura di lei» rispose, sempre politicamente corretto
Itachi: nonostante quel ragazzo non gli piacesse per qualche motivo, non poteva
offenderlo altrimenti la reputazione di Konoha e della Godaime ne avrebbe
risentito.
Shirai, passato il momento di imbarazzo, afferrò Shi per un polso e lo
trascinò per le vie di Konoha, mentre Itachi se ne stava in silenzio alla sua
destra, lanciandole di tanto in tanto delle occhiate: la vedeva serena e
contenta, come non lo era mai stata dal suo rientro a Konoha.
O almeno non quando era con lui. L’unica volta che l’aveva vista
sorridergli davvero era stato il giorno al fiume quando lei aveva trovato il
nome del gatto e la loro amicizia era ricominciata.
Anche se da allora non vi era stato nessun progresso nel recupero del
loro rapporto: forse Shirai aveva ragione e la loro età non gli permetteva più
di essere solo amici, anche perché Itachi si ritrovava troppo spesso a guardare
la sua amica con occhi diversi dal passato.
Passarono con Shi tutto il pomeriggio, durante il quale Shirai gli
aveva presentato altri shinobi, tra cui Kakashi, Genma, Iruka, Naruto e Sasuke,
il quale aveva guardato suo fratello interrogativamente vedendolo come
accompagnatore.
Inoltre lo aveva portato al negozio dove lo aveva presentato ai suoi
genitori: Kai non era al villaggio, impegnato in una missione con il Team e lo
avrebbe conosciuto una volta tornato.
Quando venne ora di cena, Shi si scusò e tornò al palazzo dove era
atteso per desinare con l’Hokage, i consiglieri di Konoha e i suoi compagni.
Shirai si stiracchiò visibilmente e voltandosi verso Itachi gli
sorrise.
Lui la guardò un attimo confuso, fino a quando lei non gli disse:
«Arigatō, Itachi. Sono contenta tu mi abbia lasciato il pomeriggio
libero».
«Come se avessi altra scelta…» rispose lui.
«Certo che l’avevi! Potevi tenermi all’archivio!».
«Per poi sentirti sbuffare e lamentarti tutto il tempo? Non mi piace
avere mal di testa».
Shirai lo guardò stranita, poi gonfiò di nuovo le guance indispettita e
disse: «Io volevo invitarti a cena per ringraziarti, ma dato che lo hai fatto
perché obbligato, allora lascio stare. Me ne vado a casa. Ja ne» gli disse,
voltandosi di scatto.
Itachi la fece allontanare qualche passo prima di apparirle davanti,
ricevendo un altro sbuffo.
«Cosa vuoi?».
«Accetto il tuo invito a cena, ma non da Ichiraku» le disse.
«Ho detto che ho cambiato idea, mi ha sentita? Non ci vengo a cena con
te!» si imputò Shirai, sorpassandolo.
«Nemmeno se andassimo da Kamiko-sama?f le chiese, vedendo che lei si
bloccava in mezzo alla strada e si voltava lentamente verso di lui.
«Kamiko-sama… I dorayaki…» disse solamente, prima di afferrare Itachi
per mano e sparire verso la meta.
Itachi si ritrovò seduto ad un tavolo nel piccolo ristorante di Kamiko
con di fronte una felice Shirai: sembrava quasi una bambina, tutta fremente e
felice solo perché avrebbe mangiato i dorayaki.
«Shirai, non hai più cinque anni» la riprese lui, prendendosi una bella
linguaccia come risposta.
«Neh, Itachi. Non è che se ci vedono qui poi inizieranno a girare delle
voci?» gli chiese sottovoce, con fare cospiratorio.
Lui la guardò un attimo, fissando con insistenza il suo chignon e con
un sorrisetto divertito disse: «Non credo che qualcuno sano di mente penserà
mai che io e te usciamo insieme in quel senso».
«Oh, già è vero. Lo stupido Itachi non sarebbe così sveglio» rimbeccò
lei, sorridendo.
«A dir la verità credo di avere un gusto migliore in fatto di ragazze.
Prima di tutto mi piacciono quelle che lo sembrano».
Shirai lo guardò per un attimo e disse: «Oh, ovviamente. Allora mi
chiedo: perché hai insistito per venire a cena con me? Potevi recuperare Saori
al quartiere e venirci con lei. Dopo tutto è così femminile e carina,
soprattutto rispetto a me».
Itachi non capendo che in realtà Shirai si era sentita particolarmente
toccata dal suo commento, replicò: «Lei è una delle tante che sono più
femminili di te, Shirai. Non ci vuole poi molto».
Shirai si alzò, facendo scivolare dietro di sé la sedia, lentamente per
non disturbare gli altri e disse: «Allora me ne vado, non vorrei rovinare la
tua reputazione con la mia presenza».
Itachi alzò gli occhi di scatto: da dove veniva quel tono ferito e
arrabbiato? Non aveva capito che stava scherzando?
Quando la guardò in faccia si diede la risposta da solo: no, pensava
che fosse serio.
«Shirai, aspetta. Stavo solo scherzando» le disse, cercando di
trattenerla.
«Mi è passata la fame. Ci vediamo domani al campo di allenamento numero
zero. Oyasumi, Itachi» lo salutò, sparendo nella consueta nuvola di fumo, proprio
di fronte al ragazzo, il quale, per la seconda volta da quando conosceva
Shirai, si sentì un vero idiota.
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Capitolo 14 *** Fourteenth ***
fourteenth
Fourteenth
Shirai riapparve direttamente nella sua stanza: silenziosamente si
tolse lo chignon, prese il pigiama e il cambio di intimo e con lo sguardo perso
nel vuoto si diresse lentamente in bagno.
La suddetta stanza non era molto grande: le pareti erano tinteggiate di
rosa pallido, mentre le piastrelle, che ricoprivano i muri fino a due terzi
della loro altezza, erano bianche. Il lavandino posizionato sulla destra
opposto alla doccia, così come gli altri sanitari, era di porcellana rosata.
Shirai aprì il box e accese l’acqua, girando le manopole del caldo e
del freddo fino a raggiungere la temperatura desiderata: soddisfatta si tolse
poi i vestiti e si infilò sotto il getto, che in quel momento era davvero bene
accetto.
Riempì la spugna azzurra di bagnoschiuma e si insaponò completamente,
facendo poi scivolare via il sapone con il getto della doccia: si strofinò bene
i capelli con lo shampoo agli agrumi che tanto le piaceva e poi passò anche il
balsamo.
Quando ebbe finito di lavarsi, si rilassò sotto il getto, lasciando
scorrere insieme all’acqua la stanchezza e quella strana sensazione che sentiva
da quando Itachi le aveva detto che non sembrava nemmeno una ragazza.
Bruciavano nel petto le sue parole, come magma appena eruttato da un
vulcano.
Bruciavano perché le sentiva vere: sapeva di non essere come Saori e
nemmeno come Ayane.
Non aveva la femminilità di nessuna delle due, ma sentire Itachi, che
doveva esserle amico, dire certe cose faceva male. Un male di inferno. Un male
paragonabile alle scosse del Raikage che avevano lasciato cicatrici: segni
bianchi in alcuni punti del corpo che non sarebbero mai spariti.
Non seppe quanto rimase sotto il getto caldo e nemmeno quando aveva
mischiato all’acqua le sue lacrime, ma si decise ad uscire quando sulle dita di
mani e piedi si formarono le grinze segno che il tempo per la doccia era finito.
Si asciugò meticolosamente e dopo aver avvolto un asciugamano intorno
ai capelli come un turbante, si vestì, diede una pulita veloce al bagno, buttò
i panni sporchi nell’apposito cesto e si diresse in camera, frizionandosi i
capelli.
Aprì la porta con il piede scalzo, poiché le mani erano occupate e
quando trovò una presenza in camera, lasciò andare l’asciugamano di botto,
preparando il suo attacco, prima di capire che in camera sua c’era Itachi,
seduto comodamente sul suo letto.
Shirai rimase bloccata nella posizione di attacco, mentre Itachi la
guardava fisso: non l’aveva mai vista con i capelli sciolti da quando era tornata
e l’infantile pigiama con i gattini non sminuiva il fatto che la trovasse…
Adorabile.
Con quell’espressione stupita, i capelli che gocciolavano e il suo
vestiario Itachi si ritrovò a sorridere lievemente.
«Non credo sia il caso che tu sorrida, Itachi. Cosa ci fai nella mia
camera?» gli chiese, recuperando l’asciugamano e cercando di tamponare i
capelli per limitare i danni al pigiama che era già piuttosto umido.
«Te ne sei andata senza darmi il tempo di scusarmi».
«Non bisogna scusarsi quando si dice ciò che si pensa realmente, Itachi.
Tu pensi davvero che io non sembro un ragazza e lo accetto. Fine dei discorsi.
Ora puoi anche andare, non sento il bisogno di ricevere le tue scuse e voglio
dormire» gli disse, prima di avvicinarsi al letto sul quale era seduto l’altro,
che la fissava dritto negli occhi.
Itachi si alzò lentamente e senza che Shirai opponesse resistenza
l’abbracciò, come aveva fatto solo una volta in passato, quando suo nonno Genko
Uchiha era morto.
Shirai rimase immobile per un attimo, prima di far cadere l’asciugamano
a terra e circondare il torace di Itachi, afferrando la maglietta sulla
schiena.
Per la prima volta Shirai si accorse di quanto fosse caldo Itachi,
nonostante il suo comportarsi da freddo, e anche del buon profumo che aveva.
Itachi dal canto suo affondò il naso tra i capelli bagnati di Shirai e
ne aspirò il profumo di agrumi, che l’aveva sempre contraddistinta: ogni volta
che l’aveva avuta vicina e il vento gli avesse portato il suo odore si era
sempre sentito come in un agrumeto con piante di limoni e arance.
Rimasero così per un attimo, fino a quando lo stomaco di Shirai non si
fece sentire facendo imbarazzare la ragazza che divenne rossa in viso: alzando
lo sguardo verso Itachi, con occhi grandi e imbarazzati, vide che era stupito.
Poi, tutto a un tratto, scoppiò a ridere. Erano cinque anni che non lo
vedeva ridere. Dopo la sua figuraccia di anni prima, la stessa che aveva
raccontato ad Ayane, Itachi aveva sorriso e ridacchiato, ma mai una risata
piena come quella.
Stava ridendo di gusto, quando Shirai, sentendosi presa in giro, non
decise di farlo smettere dandogli una gomitata.
«Non è colpa mia se ti sei comportato da stronzo e non ho cenato» gli
disse, facendolo smettere di ridere, finalmente.
«Vestiti» le disse semplicemente.
«Oh, certo e dovrei farlo con te in camera, giusto?» rispose lei.
Itachi le voltò semplicemente le spalle, facendola sbuffare e
borbottare, mentre cercava qualcosa nell’armadio: prese le prime cose che le
capitarono a tiro e diede il permesso all’Uchiha di voltarsi una volta messe.
Legò i capelli in una treccia e chiese ad Itachi dove dovevano andare.
«Andiamo nel miglior ristorante di Konoha» le rispose semplicemente,
prima di saltar fuori dalla finestra, seguito da Shirai.
Quando Shirai atterrò davanti all’ingresso del quartiere Uchiha, guardò
verso Itachi cercando di capire cosa avesse in mente.
«Itachi non ci sono posti dove mangiare nel tuo quartiere».
«Puoi fidarti una volta senza fare domande o constatare l’ovvio?»
Shirai gli fece il gesto di chiudersi la bocca come se fosse una zip e
lo seguì in silenzio: quando arrivarono davanti a casa sua si bloccò.
«Itachi, seriamente. Ti voglio bene, ma non posso morire per te. Non
così» gli disse, facendogli alzare gli occhi al cielo.
«Otōsan non c’è. Avanti, vieni» le disse aprendo lo shoji di ingresso: Shirai
varcò la soglia di casa Uchiha per la prima volta dopo quattro anni e venne
investita dal profumo della cena che Mikoto stava preparando; sembrava una
zuppa, ma non riusciva a capire quale.
Itachi chiamò la madre, la quale si affacciò dalla sala mentre si
asciugava le mani con un canovaccio.
Quando vide che Itachi era accompagnato da Shirai, prima sbiancò, ma
poi vedendo suo figlio guardare la ragazza con tanta serenità mentre si toglieva
le scarpe, sorrise: non le importava cosa dicesse suo marito o gli altri del
Clan.
Vedere Itachi così sereno e contento a lei bastava per stare bene. E
poi Shirai era uno spasso.
«Neh, Itachi. Potevi dirmelo che saremmo venuti a casa tua, avrei
portato qualcosa!».
«Non era necessario».
«Col cavolo, baka! È buona educazione portare qualcosa quando si va a
cena a casa di qualcuno».
«Ti ho già detto che la devi smettere di chiamarmi così».
«Va bene. Allora direi che Itachi-baka Taichō è più adatto».
«Shirai…» le disse in tono minaccioso.
Il battibecco da vecchie comari tra i due venne interrotto dalla
risatina di Mikoto, che fece arrossire Shirai.
«Gomen, Mikoto-san. Non volevo essere maleducata!».
«Oh, non ti preoccupare. È un piacere averti qui ed è sempre divertente
vedere come tratti Itachi. Nessuno ha mai il coraggio, a parte noi della
famiglia e Shisui-kun, di rispondergli a tono. E devo dire che ogni tanto gli
fa bene avere qualcuno così, neh Itachi?».
«Forse, ma magari dovrebbe smetterla di chiamarmi baka… Dopo tutto sono
un genio» disse, altezzoso.
«Sì, e io sono la Mizukage. Avanti, genio, diamo una mano a tua madre»
rimbeccò Shirai, facendo sghignazzare ancora Mikoto, la quale li informò che a
breve sarebbe rientrato anche Sasuke.
Mentre apparecchiava la tavola con l’aiuto di Itachi, che correggeva in
continuazione l’ubicazione di ciò che lei poggiava, la porta di ingresso si
aprì e, dopo un attimo, Sasuke apparve sulla soglia della sala.
Guardò per un attimo Shirai e poi disse: «Forse ho mangiato qualcosa di
avariato a pranzo. La Raibaka non può essere a casa mia».
«Ohi! E quel soprannome da dove viene, Sasuke?» gli chiese Shirai e ciò
fece capire al ragazzo che era davvero a casa sua e stava seriamente litigando
con suo fratello per la posizione degli hashi.
«Cosa ci fai qui?» le chiese,
avvicinandosi ai due.
«Tuo fratello si è comportato come un idiota, ergo non ho cenato a
causa sua e per farsi perdonare mi ha portata qui» spiegò la ragazza,
beccandosi una gomitata da Itachi, che la spacciò per un incidente.
«Oh, capisco. Cioè, no. In realtà non capisco più niente. Da quando voi
due siete tornati amici?» chiese Sasuke, confuso e guardandoli alternativamente.
«Da quando tuo fratello mi ha supplicata dicendo che senza di me non
poteva vivere» disse Shirai, che questa volta si beccò un colpo alla nuca.
«Shirai, non dire assurdità. Otōto, siamo di nuovo amici. Fine della
storia».
«Fine della storia? Sai cosa succederà quando Otōsan lo scoprirà?
Metterà a ferro e fuoco il villaggio, ecco cosa farà» replicò Sasuke,
incrociando le braccia al petto e fissando il fratello con astio.
«E credi che io non sia in grado di fermarlo? Sei anche tu contro
questa amicizia?» gli chiese Itachi.
Shirai, per stemperare la tensione tra i due fratelli, si avvicinò a
Sasuke e con tono canzonatorio disse: «Certo che è contro! Gli sto rubando il
suo amato nii-san, neh Sasuke-chan?».
«Non è assolutamente vero, Raibaka! E smettila di sorridere così!».
«Neh, Sasuke, la vuoi una caramella? Quando eri piccolo e carino ti
bastava quella per farti passare l’arrabbiatura».
«Non mi sono mai piaciute le tue caramelle» rispose, piccato, Sasuke.
«Ma piantala! Le accettavi sempre con un sorriso e con le guance
rosse».
«Questo perché da piccolo Sasuke aveva una cotta per te» aggiunse la
voce melodiosa e particolarmente divertita di Mikoto.
«Okaasan! Non è assolutamente vero! Non mi è mai piaciuta questa baka!».
«Oh, guardatelo com’è arrossito! Vorrei poterti fare una foto e darla a
Sakura!» lo prese in giro Shirai, che nonostante tutto non si sarebbe mai
aspettata che il piccolo Sasuke avesse una cotta per lei, tempo addietro.
Sasuke alzò lo sguardo verso suo fratello, pieno di supplica: Itachi
però si limitò a fissarlo, ghignare e sparire in cucina, lasciandolo nelle
grinfie delle due streghe.
Si poteva sapere cosa facesse Shirai alla sua famiglia, affinché si
comportassero tutti in modo così strano?
Mikoto aveva preparato la Tsukimi Soba e Shirai ne era contenta: a lei
piaceva davvero mangiare e questo le costò le prese in giro di Sasuke,
ripresosi dall’attacco congiunto delle due donne presenti in casa.
«Se continui a mangiare così, diventerai grassa».
«Oh, non ti preoccupare ci pensa il tuo caro fratello a tenermi in
forma» replicò l’altra, che intuì il doppio senso della frase solo quando tutti
la guardarono stupiti.
«Non intendevo quello! Con gli allenamenti! Sasuke, capisco che sei un
adolescente, ma potresti pensare ad altro almeno mentre mangiamo!».
« Ma stai zitta! Io non penso a quelle cose».
Shirai si voltò verso Mikoto e, guardandola con compassione, le disse:
«Mi dispiace Mikoto-san, ma con due figli così non avrà mai dei nipoti».
«Hai ragione, Shirai-chan. Spero che mi farai curare i tuoi figli, in
futuro» rispose Mikoto, mentre Sasuke e Itachi alzavano gli occhi al cielo
increduli di fronte alle due donne.
La cena era stata squisita e Shirai si trovava seduta sul pavimento in
legno della veranda esterna di casa Uchiha, quando Itachi la raggiunse con una
tazza di the verde accompagnata dai dango.
«Mi dispiace, ma i dorayaki non piacciono a nessuno. Ti dovrai
accontentare dei dango».
«Oh, non mi lamento. Mi piacciono anche quelli!» disse Shirai,
afferrando la tazza fumante che Itachi le porgeva.
Il ragazzo si sedette poi accanto a lei a gambe incrociate, rimanendo
in silenzio: non sapeva se il sollievo e la pace che sentiva dentro fossero
dovute alla presenza di Shirai, ma era sicuro che gli fosse mancata.
Si azzardò a lanciarle un’occhiata di sbieco, trovandola con la guancia
gonfia, segno che si era già divorata almeno uno dei dango: aveva lo sguardo
soddisfatto e limpido mentre assaporava il ripieno della pallina color rosato.
Itachi si ricordava bene: lasciava sempre quella bianca per ultima,
poiché era la sua preferita.
E così, per farle un dispetto, si chinò lesto verso il bastoncino che
teneva in mano Shirai e fece sparire la pallina bianca in un solo boccone.
Shirai guardò il bastoncino vuoto e poi Itachi e, corrucciando la fronte, gli urlò:
«Sei un baka!» e gli diede anche una pacca sulla spalla, con tanto di
lieve scossa.
«Dovresti smetterla di mandarmi scosse lungo il corpo Shirai, potresti
rovinare qualcosa!».
«Non c’è niente da rovinare, sei già baka di tuo!» rispose lei,
mettendo il broncio, mentre Itachi afferrava l’altro bastoncino con i dango.
Lo vide mangiarli lentamente e, probabilmente per prenderla in giro,
lasciò la pallina bianca per ultima.
Shirai, per non dargli la soddisfazione di vederla invidiosa, distolse
lo sguardo, volgendolo dalla parte opposta rispetto ad Itachi, il quale sorrise
e avvicinandosi, le piantò il bastoncino con il dango bianco davanti agli
occhi.
«Non lo voglio, grazie» rispose lei, incaponendosi e non volendo dargliela
vinta.
«Non mentire a te stessa, Shirai. Prendilo o me lo mangio io».
Shirai guardò il dango e poi Itachi e cedette: lasciò che la sua
golosità prendesse il sopravvento e rubò il bastoncino dalle mani dell’Uchiha
per poi mordere la tanto agognata pallina bianca con evidente soddisfazione.
«Basta davvero poco per farti contenta» le disse lui, mentre Shirai
beveva il the.
«Hai! Mi basta un dango, del the e Itachi-baka» gli disse,
sorridendogli.
Itachi rimase spiazzato nel sentirla affermare una cosa del genere,
poiché non gli aveva mai detto che la rendeva felice standole vicino, nemmeno
in passato.
Non poté fare a meno di sorridere lievemente a sua volta, constatando
che anche per lui averla lì, insieme ai suoi amati dango e al the di sua madre,
gli bastava per essere sereno e felice.
Nessuno dei due si era accorto che Mikoto li stava letteralmente
spiando, tranne Sasuke quando uscì dal bagno al pian terreno: guardò sua madre
sbigottito e le chiese cosa stesse facendo nascosta in quel posto.
«Fa’ silenzio, Sasuke. Guarda, guarda. Non trovi che siano adorabili
insieme?» gli disse, indicando Shirai ed Itachi che in quel momento stavano
sorridendo l’una all’altro.
Sasuke rimase un attimo stranito nel vedere suo fratello sorridere, per
di più a una ragazza, ma poi sbuffò: «A me fanno salire l’acido, Okaasan. E poi
non farti i castelli in aria: Otōsan non permetterà mai che loro due stiano
insieme né come amici né come altro».
«Oh, ma tuo padre non farà proprio nulla. Se lui o Hideki-sama
metteranno ancora il naso nel rapporto tra quei due, stai pur certo che se la
vedranno con me, Shisui-kun, Ayane-chan e Itachi. Non lo vedi, Sasuke? Tuo
fratello è felice» disse Mikoto, sorridendo.
Sasuke guardò suo fratello per un attimo e si rese conto che sua madre
aveva ragione: non aveva ricordo recente di suo fratello così calmo e sereno; persino
la sua postura, di solito rigida e tesa, era rilassata.
«Come può una come Shirai fare certe cose ad Itachi nii-san? Io ho
sempre pensato che per smuoverlo, o farlo felice, ci sarebbe voluto qualcuno di
estremamente forte. Qualcuno che per lui fosse una sfida».
«Lei è una sfida per lui, Sasuke. Non riesce a capire perché
Shirai-chan a differenza degli altri del villaggio non lo tratta come il genio
che è. Lo tratta normalmente. Lo prende in giro come se fosse una persona
normale e non il potente genio del Clan Uchiha. Capisci? Lei è sua amica perché
è Itachi» gli spiegò sua madre, sorridendo.
Sasuke capiva il ragionamento di sua madre – era il fratello di Itachi
dopo tutto –, ma aveva ancora dei dubbi sul rapporto tra Shirai e Itachi.
«Okaasan, cosa succederà se uno dei due si innamorasse dell’altro? Il
clan non accetterà mai un unione del genere».
«Ora, Sasuke, non preoccuparti per questo. Lasciamoli godere della
compagnia l’uno dell’altra e quando le cose si complicheranno, se lo faranno,
lo affronteremo, d’accordo?» disse Mikoto, sempre sorridendo.
«D’accordo» rispose il minore, salendo in camera sua.
Entrò nella camera, composta principalmente da una scrivania posta
sotto la finestra, un grande armadio sul lato dove stava la porta, il letto a
due piazze in quello opposto, i comodini ai lati dello stesso e un mobile dove
il ragazzo teneva le sue armi: erano tutti in legno chiaro e la biancheria del
letto era scura, con il simbolo del clan stampato in grande sul copriletto.
Sasuke si buttò proprio sul letto iniziando a pensare alla situazione
in cui si trovava: amava suo fratello più di ogni altra cosa o persona al mondo
e voleva davvero vederlo felice, ma c’era il clan.
Era stato cresciuto con l’orgoglio di appartenere ad uno dei clan più
forti e stimati non solo di Konoha, ma anche di tutto il mondo degli shinobi,
quindi non poteva voltargli le spalle così facilmente.
Lo sapeva, Sasuke: se avesse appoggiato suo fratello nel rapporto con
Shirai, che era sicuro si sarebbe evoluto, doveva dire addio al suo clan.
Perché gli Uchiha si uniscono solo ad altri Uchiha per mantenere
intatto lo Sharingan e scongiurare l’eventuale nascita di un figlio sprovvisto
dell’abilità oculare.
«Ah, non poteva scegliersi una del clan? Maledetto Nii-san» disse
Sasuke, soffocando le parole nel cuscino.
In realtà non pensava solo ad Itachi in quel momento, ma anche a se
stesso e ad una ragazza dai capelli rosa.
Uchiha con i capelli rosa. Il solo pensiero gli faceva accapponare la
pelle e sperava che fosse un carattere recessivo nella trasmissione del DNA: si
addormentò completamente vestito e quindi non vide sua madre guardarlo dalla
soglia della porta con un sorriso di chi aveva capito tutto da molto tempo.
La donna, lasciando Itachi e Shirai da soli al piano terra, entrò nella
sua camera e prese una foto di lei e Fugaku scattata al matrimonio: sorridevano
entrambi, ma loro erano stati fortunati.
Si erano piaciuti già da adolescenti, ma altre donne e uomini non erano
stati così fortunati: molti erano stati obbligati a sposare qualcuno che non
amavano e che, a volte, a mala pena sopportavano.
Come la madre di Saori, per esempio.
«Ah, Fugaku. Spero che tu non faccia lo stesso errore. Se solo
riuscissi a vedere Itachi e Sasuke quando sono vicini a quelle due ragazze con
l’occhio di un padre e non di un capo clan…».
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Capitolo 15 *** Fifteenth ***
Fifteen
Fifteenth
Shirai stava camminando per le
strade di Konoha quando sentì una voce chiamarla: voltandosi vide Shi, Darui e
Killer Bee che le venivano incontro.
«Konbawa, Shirai-san» le disse il
biondo Shinobi, sorridendo.
«Konbawa, minna-san. Come mai in
giro?» chiese la ragazza.
«Eravamo a cena con il
Raikage-sama e la Godaime-sama, quando si sono ubriacati ce la siamo svignata,
lasciandoli alle cure di Iruka-san e Shikaku-san» le spiegò Shi.
«Io me ne vado a letto. Che noia»
si intromise Darui, con il suo solito flemma e voglia di vivere.
«Sei sempre il solito Darui-san.
Eppure il tuo elemento di chakra dovrebbe renderti molto più attivo» lo prese
in giro Shirai, mentre lui si limitava ad alzare le spalle ed andarsene.
«Io vado in cerca di un posto dove
mangiare, l’Hachibi ha ancora fame e mi fa arrabbiare, yo!» disse Killer Bee
prima di sparire dalla loro vista.
«Direi che posso approfittarne per
farti vedere un po’ Konoha di notte» disse Shirai, mentre Shi acconsentiva.
Il ragazzo la seguì nel tour di
Konoha che comprese la montagna degli Hokage, ovviamente, il monumento ai
caduti, il quartiere degli Hyuga, visto solo dall’esterno e poi la strada
principale del villaggio con tutti i suoi negozi.
Shi voleva vedere anche il
quartiere Uchiha, ma la ragazza preferì evitare: se Itachi l’avesse beccata in
giro fino a quell’ora, sarebbe stata punita quasi sicuramente.
«Shirai-san, posso farti una
domanda privata?».
«Certo, chiedi pure».
«Tra te e Uchiha Itachi-san che
rapporto c’è?».
La ragazza rimase un attimo
spiazzata dalla domanda del biondo shinobi di Kumogakure, ma gli rispose
comunque dicendo che lei ed Itachi erano amici prima che lei partisse ed erano
tornati tali dopo aver appianato alcune tensioni tra di loro.
«Come mai questa domanda?».
«Oh, nulla! Pura curiosità.
Sembravate andare molto d’accordo, tutto qui» le rispose Shi, che in realtà le
aveva posto quella domanda poiché era sicuro che Uchiha Itachi era fin troppo
attaccato alla ragazza per una semplice amicizia.
Il ragazzo insistette per
accompagnarla fino a casa e si salutarono sulla soglia, promettendosi di
incontrarsi il giorno dopo da qualche parte.
Shirai rientrò in casa con un
sorriso soddisfatto stampato in viso: la serata era iniziata male, ma poi tutto
era andato per il meglio.
O quasi.
*
La mattina successiva Shirai si
alzò tardi e così dovette raggiungere l’archivio in fretta e furia, senza
nemmeno fare colazione o pettinarsi tenendosi così la treccia fatta la sera
prima.
Quando varcò la soglia
dell’archivio, trovò Itachi e Saori già al lavoro: nessuno dei due si degnò di
alzare lo sguardo così Shirai pensò bene di parlare per prima.
«Ohayō, mi dispiace per il
ritardo» disse Shirai, inchinandosi.
«La prossima volta farai bene ad
andare a letto presto, piuttosto che bighellonare in giro fino a tarda sera con
i tuoi nakama di Kumogakure» le rispose la voce piccata di Saori, facendo
alzare lo sguardo a Shirai.
«E tu come lo sai?».
«Vi ho visti mentre rientravo al
quartiere» rispose l’altra.
«Non era tardi quando sono
rientrata. Ho fatto tardi perché la sveglia ha perso il programma per via di un
blackout, probabilmente».
«Non ci interessa» intervenne Itachi,
alzando finalmente lo sguardo verso Shirai «Va’ a fare il tuo lavoro» le disse,
riprendendo a scrivere.
La ragazza rimase un attimo
spiazzata dal comportamento di Itachi: dove erano finiti i sorrisi e la pace
della sera prima? Si era svegliato con la luna storta?
Decise che era meglio non parlarne
davanti a Saori e, così, s’inchinò senza dire nulla e si inoltrò tra gli
scaffali delle missioni, sparendo alla vista degli altri due.
«Quella ragazza è completamente
prima di educazione e morale» disse Saori, prendendo un altro rotolo.
«Continua a lavorare Saori-san,
non abbiamo tempo per parlare di Shirai-san» la bloccò Itachi, continuando a
scrivere, mentre Saori si chiedeva come mai se la fosse presa così tanto per
quella storia.
Se Shirai era innamorata di
quell’insignificante shinobi di Kumogakure tanto meglio: se ne sarebbe andata
per sempre e Konoha sarebbe tornata pacifica come nei quattro anni della sua
assenza.
Anche Itachi sarebbe stato meglio,
di questo ne era sicura.
*
Nessuno era venuto a dirle che era
ora di pranzo, così arrivò a quella di cena che stava morendo di fame: aveva a
mala pena salutato i due Uchiha ed era corsa fuori per trovare qualcosa da
mettere sotto i denti prima di svenire.
Non aveva voglia di discutere con
Itachi in quel momento: la mancanza di cibo le aveva provocato un’emicrania da
record e lo stomaco era talmente vuoto che stava per auto digerirsi.
Si fermò nel primo chiosco dove
vendevano cibarie e si prese dei gyoza, dei takoyaki e anche i dango.
Si sedette su una delle panchine
poste fuori dal chiosco stesso e prese con avidità a mangiare: appena sentì il
cibo riempirle lo stomaco si sentì immediatamente meglio e iniziò a pensare
alle possibili cause del comportamento da scorbutico che aveva Itachi quella
mattina.
“Probabilmente soffre di
personalità multipla oppure ha le mestruazioni come le donne. Ah no, quello è
suo fratello” pensò la ragazza divertita, ricordandosi della teoria di Ino
secondo la quale Sasuke era sempre cupo e poco propenso alla risata perché
soffriva di mestruazioni perenni.
Mentre addentava l’ultimo
takoyaki, vide Itachi e Saori arrivare dal fondo della via: guardandoli, si
rese contro che insieme erano l’emblema della perfezione.
Lei era almeno dieci centimetri
più bassa di lui, ma il fisico allenato e comunque femminile la rendevano
proporzionata. Il viso aveva una bella forma a cuore, con la pelle chiara, gli
occhi dal taglio felino e dal colore assurdo per un’Uchiha e i capelli lunghi e
lisci.
Itachi invece era alto, ben messo
fisicamente, con i capelli lunghi sempre raccolti nella sua coda bassa, gli
occhi con quelle ciglia lunghe che Shirai gli invidiava, i lineamenti piuttosto
femminei, ma non per questo meno attraenti.
Li guardava avvicinarsi e non
riusciva a capire perché si sentisse così invidiosa di Saori. Non lo era mai
stata in passato, ma vederla in quel momento al fianco di Itachi e capire che
sarebbero stati praticamente perfetti insieme le fece sentire un’invidia
inondante, tanto che era sicura che qualche scarica le fosse sfuggita al controllo.
Era invidiosa perché sapeva che
lei non sarebbe stata così bene al fianco di Itachi, non sarebbe stata così giusta.
Ingoiò l’ultimo takoyaki che le
sembrava completamente insapore, prese i dango ancora avvolti nell’incarto e,
cercando di passare inosservata come il primo giorno a Konoha dopo il ritorno,
fece per andarsene.
Peccato che come l’altra volta qualcuno
la chiamò: non era la madre di nessuno, ma Shi di Kumogakure che spuntò
direttamente dietro Itachi e Saori, che il ragazzo salutò con un breve inchino.
Shi raggiunse in fretta la
ragazza, la quale lo salutò allegra: almeno adesso aveva una scusa per non
salutare o parlare con i due Uchiha.
Peccato che la fortuna non fosse
dalla sua quella sera e Shi ebbe la magnifica idea di fermare i suddetti Uchiha
e parlare con loro, affabile e gentile, di Konoha e di tutto ciò che aveva
trovato di meraviglioso nel villaggio.
Si azzardò persino a chiedere se
potesse passare al quartiere Uchiha per vedere la stazione di polizia.
Shirai era sicura che Itachi
avrebbe rifiutato, ma Saori si propose di fare personalmente da guida allo
shinobi straniero, dicendogli che se voleva potevano andarci anche ora.
«Sarebbe magnifico! Vieni anche tu
Shirai-san?» chiese poi Shi, volgendo le sue attenzioni alla ragazza rimasta in
silenzio.
«No, grazie Shi-san. Credo che me
ne andrò a casa … È stata una giornata complicata…» rispose Shirai, prima che
lo shinobi biondo, preso dall’eccitazione, le afferrasse le mani e guardandola
con occhi supplichevoli le chiese se non poteva resistere ancora un po’.
Shirai lo guardò un attimo e poi,
con un sospiro, accettò e seguì il gruppo verso il quartiere dove non era poi
così ben voluta.
Rimase alle spalle del trio,
mentre Shi parlava con Saori, che comunque non si era spostata nemmeno di un
centimetro dal fianco di Itachi e, mentre camminava, continua a sfiorarlo di
proposito.
«Tch. Oca malefica» borbottò
Shirai, facendo voltare Itachi.
«Hai detto qualcosa?» le chiese.
«Assolutamente nulla, Taichō» gli
rispose, sorridendo serafica e finta come non mai.
Itachi le studiò per un attimo,
prima di sfoggiare un ghigno da primati: da quando aveva imparato a ghignare in
quel modo inquietante?
Shirai scosse la testa, pensando
che forse era meglio non cedere alle suppliche di Shi e andarsene a casa, dove
avrebbe picchiato suo fratello per sfogarsi un po’.
Tanto doveva ancora pagargliela
per aver letto il rotolo indirizzato a lei.
Persa nei suoi pensieri, non si
accorse che gli altri si erano fermati e finì a testa bassa contro la schiena
di Itachi, il quale si voltò per vedere cosa stava combinando Shirai.
La trovò a mordersi il labbro
inferiore, senza curarsi del segno rosso che le era spuntato sulla punta del
naso per via della botta.
Poi Shirai parlò rivolgendosi a
tutti, mentre la stazione di polizia era ormai in vista:
«Minna-san, gomen. Il mio mal di
testa è peggiorato e preferisco andare a casa. Shi-san, non ti preoccupare ti
lascio in buone mani. Ci vediamo domani, d’accordo?».
«Hai, hai! L’importante per
me è che tu stia bene, Shirai-san. Riposati e domani sarai la stessa di sempre
che noi tutti apprezziamo» le disse il biondo shinobi, sorridendole, mentre
Itachi alzava gli occhi al cielo: aveva capito che quella di Shirai era una
scusa bella e buona e inoltre non sopportava tutte le cerimonie che quell’altro
stava facendo.
Poteva almeno fare il cascamorto
con lei quando erano da soli? O meglio, non farlo proprio?
Shirai salutò e sparì in una
nuvola di fumo, mentre Shi guardava Itachi.
«Forse dovresti vedere come sta,
Itachi-san. Dopotutto fa parte del tuo team Anbu e dovresti controllare se una
tua sottoposta non sta bene» disse il ragazzo, sorridendo.
Itachi lo fissò per un attimo,
prima di constatare che non aveva tutti i torti. Si scusò quindi con Saori,
inviperita fino all’inverosimile, e con Shi, prima di sparire in una nuvola di
fumo al seguito di Shirai.
Si accorse ben presto che la
ragazza non si era diretta a casa, ma al campo di allenamento numero due dal
quale proveniva il suo chakra.
Quando si avvicinò a lei, la vide
tendere le spalle e voltarsi di scatto.
«Cosa ci fai qui?» gli chiese.
«Sono venuto a controllare le
condizioni di salute della mia sottoposta, ma a quanto pare il mal di testa
deve esserti già passato».
«Credo fosse dovuto alla tua
presenza, Taichō. Infatti ora che sei qui ho anche una lieve nausea» gli
rispose lei, che non era per niente in vena dei suoi giochetti.
«Dovresti moderare il linguaggio
con il tuo capitano».
«Lo farò solo quando il suddetto
capitano la smetterà di avere gli stessi sbalzi di umore di una donna incinta!»
gli gridò contro «Si può sapere cosa ho fatto questa volta? Ti ho tormentato
nei sogni?».
«No, ma ieri hai rifiutato che ti
accompagnassi a casa per poi incontrarti con lo shinobi di Kumogakure» le
rispose lui, mentre Shirai apriva la bocca per lo stupore.
«Tutto qui? Credi che io avessi
programmato di incontrare Shi-san? È stato per caso: lui, Killer Bee-san e
Darui-san erano scappati dalla cena con i due Kage. Ecco perché ero con lui. E
poi mi spieghi quale sarebbe il problema? Shi-san è stato un mio sensei ed è
mio amico! Qual è il tuo problema, Itachi? Sei diventato geloso, per caso?» gli
chiese per prenderlo in giro.
«Credo proprio di sì» le rispose
secco lui, facendola bloccare completamente.
«Eh?» chiese Shirai, instupidita
dalla risposta dell’altro.
«Non è la gelosia romantica, quella
che intendo. Sono geloso del rapporto di amicizia che c’è tra voi. Lui ti ha
vista crescere, cambiare e maturare, mentre io no. Lui era con te in questi
quattro anni. E inoltre non dovresti innamorarti di uno shinobi straniero,
perché ti porterebbe via da qui. Se devi innamorati fallo di uno di Konoha».
Shirai lo guardò un attimo senza
parole, per poi dire: «E di chi dovrei innamorarmi, sentiamo un po’?»
«Andrebbe bene chiunque. Persino
Genma-san» le rispose lui.
«Allora anche il tuo piccolo
fratellino? Sai, credo sia diventato parecchio attraente crescendo» gli disse
lei, con l’intento di farlo scattare.
Itachi, però, era definito un
genio non per nulla: le sorrise divertito dicendole che sarebbe stato
divertente averla come cognata e che se con Sasuke non fosse andata bene, c’era
sempre Shisui.
«Shisui-kun è innamorato da sempre
di Ayane, dovresti saperlo» disse Shirai, che comunque aveva notato come Itachi
non includesse lui stesso nella lista di quelli adatti a lei «E comunque, non è
un tuo diritto dirmi chi devo o no frequentare. Shi-san è importante per me,
almeno quanto lo sei tu. È come hai detto tu: lui era lì per me in questi
quattro anni. Mi ha sostenuta ed aiutata sempre. Non gli volterò mai le spalle
perché tu sei diventato possessivo, Itachi» concluse il discorso Shirai,
voltandosi per andarsene.
Ovviamente l’Uchiha voleva
l’ultima parola anche in questo caso o non sarebbe stato Itachi: le si piantò
davanti, occhi duri ed espressione irritata.
«Oh avanti, Itachi! Lasciami
andare a casa!» lo pregò lei, sapendo che non sarebbe servito a niente. Itachi
stava diventando irragionevole, ma non poteva che sentirsi appagata dal fatto
che lui la volesse al villaggio: Shirai lo sapeva che se la stava spingendo ad
avere un fidanzato di Konoha era perché non voleva perderla di nuovo.
«Itachi, non sto andando da
nessuna parte. Non sono innamorata di Shi-san, né di nessun altro della nuvola
anche se sono uscita con qualcuno dei loro shinobi. Quindi calmati, rimarrò qui
a darti fastidio ancora per un po’. E poi quando me ne sarò andata ci sarà
Saori a consolarti, no?» gli disse Shirai, cercando di mantenere la calma.
Lui la guardò ancora con quello
sguardo indagatore che aveva spesso, per poi rilasciare uno sbuffo e dire: «Mi
sto comportando come un padre geloso».
«O come un fratello maggiore»
aggiunse lei, sorridendo.
Si avvicinò poi allo shinobi più
potente del suo villaggio, in coppia con Shisui, e lo abbracciò brevemente
prima di dargli un doloroso pizzicotto sul braccio.
«E questo per cosa era?».
«Perché sei un tale idiota,
Itachi. Ti pare che possa lasciarti così? Dopo averti ritrovato?» gli chiese
«Hai davvero poca fiducia in me, neh?».
«Non dire assurdità. Sebbene tu
non sia la migliore kunoichi che conosco, ti affiderei la mia stessa vita».
«E io affiderei la mia a te».
«Hmph. Questo è ovvio. Sono lo
shinobi più forte del villaggio, chiunque lo farebbe».
«Neh, dovresti lavorare un po’ per
smussare quel tuo ego, sai? Anche Shisui-kun è potente quanto e più di te,
eppure non va in giro a pavoneggiarsi» lo prese in giro lei, ridacchiando dello
sguardo che Itachi aveva assunto: un misto tra stupore e incredulità.
«Non mi sto pavoneggiando.
Constato semplicemente l’ovvio».
«Hai, hai! D’accordo,
Itachi-san» lo prese in giro lei, musicando il suo nome e facendolo irritare
leggermente: come poteva quella ragazzina prenderlo in giro in quel modo?
«Domani ci alleneremo e ti
mostrerò perché sono sicuro di quello che dico. Al campo zero, prima dell’alba.
E non tardare o la tua punizione sarà dolorosa, Shirai» le disse.
«Hai! Anche se mi
piacerebbe vedere quale sia il tuo modo di punire i subordinati disobbedienti».
«Non ti conviene provare, fidati»
le rispose con un ghigno poco promettente, che mandò dei brividi poco
raccomandabili lungo la schiena di Shirai.
Aveva davvero appena pensato che
Itachi fosse estremamente sexy quando ghignava a quel modo? E soprattutto aveva
davvero immaginato tutt’altre punizioni rispetto a quelle che sicuramente
pensava il suo capitano?
Shirai arrossì suo malgrado,
voltando le spalle ad Itachi affinché non lo notasse.
«Vado a casa. A domani» disse
frettolosamente, prima di scattare lontano da lui.
Non voleva di certo rendersi
ridicola, mostrando ad Itachi la sua faccia completamente rossa, soprattutto
perché poi avrebbe dovuto spiegare il motivo.
*
Saori aveva salutato lo shinobi
della nuvola davanti alle porte del quartiere: era davvero contento di aver
finalmente visto la famigerata stazione di polizia guidata dagli Uchiha.
Saori invece lo era di meno: aveva
previsto di passare una serata sola con Itachi, ma i suoi piani erano stati
rovinati nuovamente, anche se questa volta non era colpa di Shirai.
Era stato lo shinobi della nuvola
a coinvolgere lei ed Itachi e Shirai non era sembrata particolarmente contenta:
dopo tutto durante la giornata lei e il suo grande amico si erano a malapena
guardati.
E tutto perché Itachi era geloso.
Non c’era altra spiegazione alla sua reazione piccata alla notizia che Shirai
era insieme a Shi la sera prima. Da soli.
Si stava davvero innamorando di
quella ragazza? Come poteva succedere? Shirai non era niente di speciale, dopo
tutto. Non era bella né particolarmente intelligente e nemmeno una kunoichi
particolarmente dotata.
«Cosa diavolo ha lei che a me
manca?» si chiese Saori, tirandosi leggermente i capelli dal nervoso.
«Finalmente la pazzia ha avuto il
sopravvento su di te, Saori?» le prese in giro la voce di Sasuke, spuntato dal
nulla nel bel mezzo del quartiere.
«Sparisci Sasuke, non ho il tempo
né la voglia di avere a che fare con te» ripose lei, prossima ad esplodere.
«Ti stai chiedendo perché Itachi Nii-san
preferisca sempre la Raibaka a te? Posso darti una spiegazione se vuoi, ma non
ti farà piacere sentirla» le disse, ricevendo la più completa attenzione da
parte della ragazza «Lei lo fa sentire in pace con se stesso. Ecco cosa la
rende speciale per Itachi. Lei lo fa rilassare, lo tratta come un semplice
essere umano e non come uno shinobi potente quale è in realtà. Lo tratta come
suo amico. Ed è per questo, per la serenità dal mio Nii-san che non ti
permetterò di metterti in mezzo, Saori. Quindi sta’ attenta, ti tengo d’occhio»
l’avvertì, prima di sparire in una nuvola di fumo, lasciando Saori ancora più
nevrotica di prima.
Nda: Buongiorno e buona domenica! Ringrazio chi legge, segue,
recensisce e tutto il resto! Vi aspetto!
Lena
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Capitolo 16 *** Sixteenth ***
SIXTEENTH
Sixteenth
Come promesso la mattina
successiva Shirai si ritrovò al campo zero, puntale, e trovò Itachi in attesa:
come sempre i loro allenamenti verterono sull’aumento del chakra e della
resistenza fisica, senza tralasciare il taijutsu.
«Stai sbagliando di nuovo» la
sgridò lui, mentre facevano una routine.
L’Uchiha si mise quindi alle
spalle di Shirai per correggerle la posizione e fu obbligato ad abbracciarla da
dietro, poggiando il petto sulla schiena di lei, che era divenuta
improvvisamente consapevole che Itachi era un uomo.
Non aveva mai pensato a lui in
quei termini, anche perché l’interesse per l’altro sesso era sbocciato tardi
nei suoi pensieri e quando era successo si trovava a Kumogakure.
«Non essere così rigida,
altrimenti non riuscirai mai a tenere la posizione» le disse direttamente
all’orecchio, facendole sentire il bisogno di avere la forza di Sakura così da
rompere il terreno con un pugno e buttarsi direttamente nel fosso.
«Se non ti levi da lì come posso
rilassarmi, idiota?» gli rispose, piccata.
Itachi la lasciò andare
allontanandosi quel poco che gli bastava per vedere che, appena lui si era
tolto da quella posizione piuttosto ambigua, lei si era rilassata e riusciva a
mantenere la posizione.
Itachi la guardò meditabondo per
un attimo e poi ghignò.
«Deduco che la mia presenza troppo
prossima ti crea dei problemi, Shirai?».
«No, assolutamente, ma avere il
tuo peso addosso non aiutava di certo a rilassarmi» s’inventò lei, lasciando
Itachi con l’amaro in bocca: sperava di averla imbarazzata un minimo, ma a
quanto pare era più furba di quel che sembrava.
Itachi le si mise davanti,
guardandola intensamente, come se controllasse se la posizione fosse corretta e
in quel momento si accorse che Shirai era davvero una ragazza.
Lo sapeva da sempre che lo era, ma
in quel momento lo colpì particolarmente: era ferma immobile nella posa che lui
le aveva imposto, con lo sguardo concentrato per mantenere l’equilibrio.
Ciò che lo colpì maggiormente era
la quasi perfetta forma tonda e tonica che aveva il lato posteriore di Shirai
reso evidente dai calzoni stretti che indossava. Era poco sviluppata nelle
altre forme, almeno rispetto ad Ayane o Saori, ma non si poteva negare che
avesse un bel corpo. Un corpo che Itachi, per la prima volta da quando erano
amici, trovava desiderabile per un uomo.
«Taichō, per quanto devo rimanere
ferma così? La gamba destra si sta addormentando» la voce di Shirai lo tirò
fuori dai suoi pensieri non propriamente adatti né al luogo né al soggetto
coinvolto.
Era davvero sbagliato pensare
certe cose di colei si supponeva essere la sua migliore amica. Forse era giunto
il momento di trovarsi una fidanzata o almeno una con cui uscire per scaricare
la tensione.
«Puoi rilassarti» le disse,
finalmente, vedendo che la ragazza, sempre più spesso dimentica di esserlo, si
lasciava cadere a terra con gambe e braccia aperte completamente e respirando a
fondo.
«Neh, hai intenzione di uccidermi?
Pensavo mi volessi al villaggio per sempre da ciò che hai detto ieri».
«Non lamentarti in continuazione e
alzati: la tua posizione non è adatta ad una ragazza» le disse sorpassandola,
mentre lei si alzava, borbottando come un vecchio coi reumatismi.
« È quasi mezzo giorno. Fermiamoci
per il pranzo. Torneremo qui verso le due» aggiunse, prima di camminare lontano
da lei.
«Neh, dove vai?».
«Ho promesso a Saori che avrei
pranzato con lei» le disse, senza voltarsi.
Shirai gli fece una linguaccia e,
quando fu fuori portata di orecchio, disse: «Abbiamo anche dismesso l’uso
dell’onorifico, eh Itachi?».
*
Sakura e Naruto, mentre Sasuke e
Kakashi guardavano, si stavano allenando in uno scontro simulato: la kunoichi
dai capelli color fior di ciliegio era migliorata molto negli anni,
apprendendo, grazie anche a Sasuke, alcuni Jutsu che prima le erano
sconosciuti.
Naruto, grazie agli insegnamenti
di Jiraiya, era diventato più forte in tutto e il suo Rasengan era davvero
pericoloso.
Come sempre il match di concluse
con la vittoria del biondo Jinchūriki, che esultava allegro poiché aveva vinto
la scommessa con Kakashi, il quale ora si trovava costretto ad offrire il
pranzo a Naruto.
«Sakura è migliorata davvero
molto» disse Kakashi a Sasuke che aveva la solita aria crucciata.
«Non è ancora abbastanza. Non
riesce a battere il dobe» disse l’Uchiha, alzandosi lentamente.
«Kakashi-sensei! Ho vinto la
scommessa! Andiamo da Ichiraku, sto morendo di fame!» urlò Naruto, mentre
Sakura scuoteva la testa verso i comportamenti ancora piuttosto infantili del
suo compagno.
Poi la kunoichi vide Ino e Hinata
passeggiare nei pressi del campo di allenamento e le chiamò: avrebbero pranzato
tutti insieme e sarebbe stato divertente.
Così il gruppo si diresse da
Ichiraku, mentre Sasuke e Naruto battibeccavano: il primo non voleva andare da
Ichiraku, dicendo che il ramen non era un cibo poi così sano per uno shinobi,
mentre Naruto difendeva il suo piatto preferito strenuamente.
Fu mentre camminavano sulla via
principale che videro Itachi e Saori camminare molto vicini, tanto che sembrava
quasi che si tenessero la mano. Per poco l’infallibile e magnifico Sasuke non
inciampò nei suoi stessi piedi a quella vista: cosa diavolo ci faceva Itachi
con quella? Con colei che era la causa principale dell’allontanamento di
Shirai?
Il clan era davvero così
importante ed essenziale per Itachi che non avrebbe mandato al diavolo quella
vipera, nemmeno dopo quello che aveva fatto?
Si chiese anche dove fosse finita
Shirai e Sakura al suo fianco sembrava fare lo stesso.
«Chissà cosa sta succedendo»
chiese a bassa voce la kunoichi, attirando su di sé le attenzione di Sasuke.
«Non ne ho idea, ma lo scoprirò
stasera quando Nii-san tornerà a casa» le rispose.
«Shirai-chan è sparita. Non sento
il suo chakra» aggiunse la kunoichi « E senza Ayane nei paraggi non saprei dove
trovarla…».
«Nemmeno io, ma credo sia meglio
lasciarla dov’è. Andiamo prima che gli altri inizino a chiedersi dove siamo
finiti» le disse, afferrandola per un gomito e spingendola in avanti.
Sakura non poté fare meno di
assaporare uno dei pochi momenti in cui Sasuke la toccava fuori dai loro
combattimenti in allenamento: le sue mani erano sempre un po’ più fredde del
normale, ma era una caratteristica del ragazzo e quindi Sakura non se ne
lamentava, anche perché le maniche lunghe della maglia che indossava
attenuavano un po’ la sensazione di freddo.
Davanti a sé vide Naruto, mani
dietro la testa, che sorrideva a trentadue denti verso Hinata, rossa in viso
come sempre, mentre Ino si preoccupava di tediare un po’ Kakashi con il suo
chiacchiericcio.
Neji era fuori in missione con la
sua squadra e così non c’erano Lee e Gai in giro per il villaggio, pronti a
sfidare chiunque avesse il fegato di accettare, mentre Shikamaru e Chōji erano
uno a rapporto da Tsunade l’altro nascosto da qualche parte a mangiare di
tutto.
Sakura ebbe solo in quel momento il ricordo di
una domanda che le premeva fare a Naruto, così si liberò della presa di Sasuke,
che crucciò di nuovo il viso nel vederla andare via, e si avvicinò al biondo.
«Tch» emise, come al solito, Sasuke, infilandosi le
mani in tasca, ancora incredulo nel constatare che Sakura, la stessa che si era
sempre professata innamorata di lui, lo aveva piantato in asso per avvicinarsi
all’altro componente del Team Sette.
«Neh, Naruto-kun, quando partirai
per allenarti con i Rospi?» gli chiese, mentre anche il resto del gruppo
tendeva le orecchie.
«Tsunade baa-san ha detto che
potrò andare una volta che il Raikage se ne sarà andato. Ieri ho conosciuto
Killer Bee-san e ti posso assicurare che è completamente fuori di testa!
Continua a parlare in rima! Però è davvero incredibile come riesca a controllare
e collaborare con il Bijū dentro di sé! Io non riuscirò mai a calmare quel
dannato Kyūbi» confessò il biondo.
«Ce la farai, Naruto-kun. Ne sono
certa» gli disse Sakura con un sorriso di incoraggiamento, al quale l’altro
rispose con uno ampio.
Ayane e Shisui erano nel campo di
allenamento che si trovava all’interno del loro quartiere: la ragazza si
trovava di nuovo schiena a terra, dopo che Shisui ce l’aveva spedita per
l’ennesima volta.
«Non riuscirò mai a batterti»
disse al suo compagno, che le aveva allungato una mano per aiutarla.
«Questo perché sono il più forte,
affascinante e intelligente shinobi di tutta la Terra del Fuoco e dintorni»
disse l’altro, passandosi una mano tra i capelli mentre esibiva uno sguardo da
uomo vissuto.
Ayane lo guardò per un attimo,
prima di scoppiare a ridere come un’ossessa tanto che fu costretta a tenersi la
pancia.
«Oh Shisui, sei uno spasso! La
cosa davvero divertente è che credi a ciò che dici!» lo prese in giro.
«Neh, ti vorrei ricordare che ho
ricevuto ben tre richieste di appuntamenti questa settimana! Quindi sono
davvero affascinante» le disse, incrociando le braccia al petto e alzando il
naso al cielo facendo il sostenuto.
«Lo so, lo so. Lo avrai ripetuto
all’infinito! Perché non hai accettato nessun invito, allora?» gli chiese,
curiosa.
«Ovvio, non ho ricevuto l’invito
da chi volevo» le rispose, sincero come sempre, sorridendo.
Ayane sentì una brutta stretta al
petto, sapendo che Shisui aspettava qualcuno che gli chiedesse di uscire, ma
essendo masochista, o così diceva sempre Shirai, chiese chi fosse questa
ragazza.
«Questo è un segreto, Ayane-chan»
le disse lui con voce musicale, prima di voltarsi e andare a casa per pranzo.
Ayane rimase da sola, seduta nel
bel mezzo del campo di allenamento, ripensando a ciò che le aveva detto Shirai.
Forse la sua amica aveva ragione
ed era giunto il momento di confessare a Shisui i suoi sentimenti per lui: se
fosse andata male, almeno poteva iniziare a guardare avanti.
Si alzò, togliendo la polvere dai
calzoni e decise: gli avrebbe confessato ogni cosa durante il festival che si
sarebbe tenuto a Konoha alla fine del mese.
*
Kai Nakamura era un ragazzo
paziente, nonostante sua sorella affermasse il contrario, ma quella ragazzina
gli dava altamente sui nervi.
Hanabi Hyūga aveva cinque anni in
meno di lui, ma non poteva davvero sopportarla: era arrogante, saccente e
credeva di essere la più potente tra le kunoichi della sua età.
Era vero, ma non voleva di certo
farlo sapere a lei. Era già abbastanza altezzosa così. Non aveva preso
praticamente nulla della dolcezza di sua sorella maggiore Hinata, ma questo
sembrava essere un punto a suo favore all’interno del Clan Hyūga che, come gli
Uchiha, prediligevano uno spirito forte a uno gentile.
Stava camminando verso casa quando
quella piccola peste lo aveva fermato chiedendogli di combattere contro di lei:
era una richiesta che gli faceva ogni giorno da un anno, cioè da quando lui
l’aveva battuta facilmente.
Non riusciva a capire che era
ovvia la sua vincita? Era di cinque anni più grande e quindi più esperto e
meglio allenato, ma quella non demordeva.
L’aveva già battuta altre volte,
ma continuava a ripresentarsi da lui con scadenza mensile, senza perdere mai
quel cipiglio battagliero che la contraddistingueva.
«Hanabi, piantala di infastidirmi.
Domani ho un’altra missione di recupero e devo risparmiare le forze» le disse,
sorpassandola.
«Allora ci batteremo quando
tornerai! Non dimenticarlo Kai!» gli rispose lei, prima di scattare verso
l’accademia per le lezioni pomeridiane.
Kai sbuffò, scuotendo il capo
quando percepì la presenza di sua sorella: ed infatti eccola lì davanti a lui
con un sorriso divertito.
«Vedo che hai fatto conquiste
anche tra quelle più piccole, Kai!»
«Ma sta’ zitta, baka. Anzi,
Raibaka. Devo dire che questa volta Sasuke è stato geniale nel trovarti un
soprannome» le disse, divertito.
Lei mise il broncio gonfiando le
guance e lo guardò male: non le piaceva per niente quel soprannome e stava
proprio per dirlo al fratello, quando una presenza alle sua spalle la fece voltare.
Un Anbu con la maschera di corvo
le disse che Tsunade la stava aspettando per poterle fare il tatuaggio che
sanciva il suo appartenere alla squadra speciale di Konoha.
Shirai, sapendo che non avrebbe
avuto la possibilità di pranzare, salutò il fratello seguendo l’Anbu.
«È un piacere riaverti al
villaggio, Shirai-san».
«Grazie, Sai-san. È un piacere
essere tornata» rispose lei, avendo riconosciuto la traccia chakra del ragazzo.
Quando entrò nell’ufficio
dell’Hokage vi trovò anche Fugaku e Hiashi: i due la guardarono da capo a piedi
e poi rivolsero la loro attenzione alla Godaime che si era alzata per condurli
nel luogo dove avrebbero fatto il tatuaggio a Shirai.
Il processo non durò molto, ma fu
comunque doloroso e il bicipite destro bruciava come l’inferno una volta
uscita. Si diresse comunque al campo di allenamento numero zero e vi trovò
Itachi già pronto.
«Cos’è quella faccia dolorante?
Sei caduta?».
«No, mi hanno marchiata» gli
disse, alzando la manica per mostrare ad Itachi il tatuaggio.
L’Uchiha si avvicinò per vederlo
meglio e in quel momento pensò che forse era meglio se Shirai non fosse mai
divenuta un Anbu: ora rischiava la vita più che mai e il solo pensiero di
perderla in missione gli stringeva il petto in una morsa che lo lasciò senza fiato.
«D’ora in poi sarà pericoloso,
Shirai» le disse, sfiorando piano il tatuaggio e facendole emettere un sibilo
di dolore. Itachi poi trafficò con la sua sacca e ne estrasse un piccolo
barattolo: quando lo aprì, ne fuoriuscì un odore acre e pungente, che fece
storcere il naso a Shirai.
Le afferrò poi il polso, questa
volta delicatamente e diede la possibilità a Shirai di sentire che le dita di
Itachi erano calde e le mani callose, segni delle numerose battaglie e delle
armi impugnate. Non per questo il suo tocco le risultava sgradito, anzi: quando
prese a massaggiarle delicatamente l’unguento sul tatuaggio era sicura che
avrebbe fatto le fusa fosse stata un gatto.
Chiuse gli occhi godendosi il
momento, fino a quando Itachi non le chiese se il dolore fosse minore.
«Sì, grazie Itachi» .
«Questo unguento contiene un po’
di anestetico, quindi sentirai il braccio un po’ intorpidito. Forse sarebbe
meglio evitare di proseguire con gli allenamenti. Andiamo all’archivio, invece»
le disse.
«Va bene… Neh, vuoi andare
all’archivio perché c’è Saori?»gli chiese, guardandolo da sotto in su.
Itachi la guardò un attimo e poi
ghignò, rispondendo: «Se fosse? Saresti gelosa, Shirai?».
La ragazza lo guardò un attimo,
imbronciata prima di dire: «Esatto. Come tu non vuoi che io mi innamori di uno
shinobi straniero, io non credo che Saori sia adatta a te».
«E perché?».
«Perché è una viziata, egocentrica
e altezzosa. Perché è lei la causa del mio allontanamento. È la prima persona
che detesto così tanto in tutta la mia vita…».
Itachi rimase un attimo in
silenzio, prima di dirle che non erano affari suoi se lui e Saori avevano un
qualche tipo di rapporto e questo fece scattare Shirai.
«Allora, Taichō, piuttosto
che venire all’archivio e disturbarvi, me ne andrò a trovare i miei nakama di
Kumogakure» gli disse lei, facendogli di nuovo la linguaccia e sparendo in una
nuvola di fumo, facendo irritare particolarmente l’Uchiha.
«Quella piccola…» disse, capendo
solo in quel momento che tutta la scena probabilmente era volta a farlo
distrarre a sufficienza per poter scappare.
Per una volta Itachi, però, si
sbagliava. Shirai non voleva andarsene, anzi. Le sarebbe piaciuto passare un
pomeriggio tranquillo con lui, senza che uno dei due dovesse combattere
l’altro.
*
Ino stava camminando verso l’ufficio
dell’Hokage quando sentì il chakra di Shirai passarle sopra la testa e vide la
ragazza saltare su un tetto dopo l’altro.
«Non doveva allenarsi con
Itachi-san oggi?» si chiese, dubbiosa, ma il pensiero di Shirai venne
accantonato quando vide in lontananza Sakura in compagnia di Sasuke.
Era già un paio di volte che li
trovava per le vie di Konoha in giro da soli e sospettava che ci fosse sotto
qualcosa, ma la sua amica con la fronte spaziosa non le aveva ancora confessato
nulla, quindi i casi erano due: o Sasuke non aveva dato nessun segno che fosse
interessato a lei, oppure Sakura non li aveva colti.
Ed Ino era più propensa a credere
la seconda veritiera, anche perché gli Uchiha, nessuno escluso, avevano uno
strano modo di dimostrare affetto: bastava vedere Shisui e i suoi comportamenti
da idiota con Ayane.
E anche Itachi non veniva escluso
dalla lista: genio o no, quando si trattava di essere gentile con le ragazze,
lasciava molto a desiderare.
Dopo tutto Shirai le aveva
raccontato come l’aveva trattata quella sera in cui aveva detto che nessun
ragazzo di Konoha si sarebbe mai interessato a lei perché troppo mascolina.
«Ah gli Uchiha, quanto sono idioti…».
«Mi dispiace sentire che ci
giudichi così, Ino-san» le disse una voce profonda alle spalle.
Voltandosi, in un fluttuare di
capelli biondi, vide Itachi con sguardo serio e indecifrabile.
«Ohayō, Itachi-san…» gli disse,
imbarazzata fino all’inverosimile.
«Posso chiedere come mai reputi
tutti i componenti del mio Clan degli idioti?».
Ino abbassò il suo sguardo cielo a
terra, non riuscendo a sostenere quello intenso e duro di Itachi e rispose, con
voce flebile: «Perché siete degli idioti totali per quanto riguarda i
sentimenti. Potenti in battaglia, stupidi fuori».
«Come sempre dici ciò che pensi,
Ino-san. Questa è ammirevole, ma non mi pare di aver mai ferito i sentimenti di
nessuno» replicò l’altro, facendo scattare la testa bionda verso l’altro, gli
occhi azzurri in tempesta.
«Oh, davvero? Quindi dire ad una
ragazza che non è abbastanza per te non è un modo per ferire i sentimenti?
Preferire la compagnia di una vipera alla sua non è farla sentire
insignificante?» gli buttò addosso la kunoichi.
Come poteva professarsi così
innocente quando era proprio lui quello che si stava comportando nel peggiore dei
modi proprio verso la sua migliore amica?
«Come sai queste cose?».
«Mi pare ovvio! Shirai si confida
con noi, sai? Siamo sue amiche, proprio come lo sei tu. Anche se da quello che
racconta, il tuo volerla affianco è solo sintomo di possessività e non amicizia.
Non hai capito che ciò che dici la ferisce? Non ci arrivi da solo, genio?»
disse Ino, prima di lanciargli uno sguardo di odio ed andarsene con la testa
alta e le braccia rigide lungo i fianchi.
Itachi rimase fermo in mezzo alla
strada cercando di capire se ciò che Ino gli aveva praticamente urlato addosso
fosse vero.
Perché Shirai doveva prendersela
così tanto se per lui non era attraente?
«Ti ha sbattuto come un tappeto,
eh Itachi-san? Le donne sono davvero problematiche» gli disse una voce
strascicata e stanca.
Itachi si volse per trovarsi
davanti un altro shinobi della leva di suo fratello: il pigro Shikamaru, che
tutti consideravano un genio al suo stesso livello, se ne stava lì, pacifico,
con gli occhi a mezz’asta e le braccia dietro la nuca.
«Indubbiamente» disse
semplicemente l’Uchiha.
«Itachi-san, mi dispiace
ammetterlo, ma Ino aveva ragione. Su tutto» aggiunse Shikamaru, prima di
andarsene al seguito della sua compagna di team per calmarla un attimo, prima
che prendesse a pugni qualunque cosa le capitasse a tiro.
Nda: ed ecco Itachi il Baka! Non si era nemmeno accorto di
aver ferito Shirai… Meno male che Ino dice quello che pensa a tutti! Grande!
Alla prossima,
Lena
|
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Capitolo 17 *** Seventeeth ***
seventeen
Seventeenth
I giorni successivi passarono
senza eventi degni di nota: Shirai si presentò regolarmente all’archivio o al
campo di allenamento comportandosi più o meno come sempre.
Itachi sentiva che c’era qualcosa
di strano, soprattutto perché la ragazza parlava con lui solo se strettamente
necessario: nessuno scherzo né battuta, nemmeno sul suo comportamento, che lei
definiva freddo ogni volta.
Quando era ora di pranzo spariva
da qualche parte, prima ancora che Itachi le dicesse di andare: cosa diavolo le
prendeva? Aveva forse cambiato idea e non voleva più recuperare il loro
rapporto di amicizia?
Queste erano le domande che si
faceva Itachi mentre camminava per le vie di Konoha ancora in compagnia di
Saori.
Fu in quel momento che vide Shirai
uscire da uno dei chioschi e non era sola: al suo seguito c’erano i due shinobi
di Kumogakure.
Shi le camminava alla destra,
mente l’altro se ne stava un po’ più indietro come se tutto quello che stesse
facendo fosse noioso: sapeva che quel ragazzo dai capelli bianchi era il
braccio destro del Raikage, uno dei più forti utilizzatori del Raiton e anche
l’unico che sapesse usare l’elemento della tempesta combinando il fulmine con
l’acqua.
Guardò Shirai vedendola sorridere
come sempre e quindi capì che doveva per forza avercela con lui, dato che
quando erano insieme sembrava sempre tesa .
Shikamaru Nara ha ragione: le donne sono tutte problematiche.
Pensò Itachi guardando poi la
ragazza che gli camminava al fianco: Saori non era mai stata problematica, in
realtà.
Probabilmente sono problematiche quelle di cui ti importa
qualcosa.
Itachi lasciò andare un sospiro,
il quale attirò le attenzioni della sua accompagnatrice, che non perse
l’occasione per dire la sua opinione sul comportamento di Shirai.
«Va sicuramente molto d’accordo
con gli shinobi di Kumogakure, vero?»
«Hn. Ha passato quattro anni al
loro villaggio» rispose Itachi, facendole intuire che pensasse fosse normale
legare con qualcuno quando si rimane per molto tempo nello stesso luogo.
«Ho anche sentito che lei e
Shi-san hanno avuto una storia, ma non è finita bene, perché lei ha sempre
voluto tornare qui e lui non poteva seguirla» raccontò la ragazza, che aveva
ricevuto la notizia da una kunoichi che lavorava al palazzo dell’Hokage, la
quale aveva sentito Shi parlarne con Darui, una sera.
«Ah, capisco. Mi dispiace per
loro, sembrano andare molto d’accordo» disse monocorde Itachi, ringraziando il
suo controllo eccezionale riguardo le emozioni.
In quel momento era arrabbiato,
eccome. Shirai gli aveva detto che gli shinobi di Kumogakure erano solo amici,
Shi compreso.
Gli aveva mentito e non l’avrebbe
passata liscia. Nessuno prende in giro un Uchiha, soprattutto Itachi.
Shirai chiacchierava allegramente
con Shi di tutto ciò che gli era piaciuto a Konoha, ridendo quando Darui disse
che non aveva visto nulla perché lì avevano dei letti troppo comodi e aveva
passato le giornate a dormire o poltrire in camera.
Le dispiaceva che il giorno
seguente sarebbero partiti per tornare al loro villaggio perché sapeva che non
li avrebbe rivisti a breve: le sarebbero mancate le camminate serali in
compagnia di Shi, proprio come facevano a Kumogakure.
«Shirai-san» la chiamò proprio il
ragazzo «Domani partiremo molto presto, riuscirai a venire all’ingresso del
villaggio per salutarci?»
«Ehi! Non sono così pigra,
Shi-san! Ci sarò! Ora devo andare, a breve ricomincio gli allenamenti con
Itachi-san» la ragazza salutò i suoi nakama di Kumo e si avviò al campo di
allenamento numero zero con un sorriso stampato in faccia.
Sorriso che morì immediatamente
quando si avvicinò ad Itachi: emanava arrabbiatura repressa da tutti i pori e
questo fece fremere Shirai da capo a piedi.
Possibile che tu sia così malata da trovarlo sexy quando è
arrabbiato, soprattutto se lo è con te?
«Itachi? Cosa ti è successo?»
chiese Shirai, prima di ritrovarsi costretta a parare un calcio da parte
dell’altro, che mirava al viso.
Non ebbe nemmeno il tempo di
pensare che Itachi la afferrò dal polso e con un colpo preciso la fece
sbattere, schiena a terra.
Shirai grugnì dal dolore,
schivando un altro calcio rotolando di lato ed alzandosi in fretta con un colpo
di reni.
«Itachi! Cosa diavolo ti prende?»
gli chiese, mentre continuava a parare i colpi che divenivano più pesanti: stava
facendo sul serio. Voleva colpirla davvero.
Non glielo avrebbe permesso:
iniziava seriamente a stufarsi dei continui sbalzi di umore di Itachi.
«Dacci un taglio!» gridò prima di
scagliare i suoi fulmini in ogni direzione che conosceva: almeno uno era sicura
sarebbe andato a segno e non si sbagliava.
Itachi riapparve a qualche metro
di distanza con una buco nella sua divisa Anbu all’altezza dell’addome: Shirai,
nonostante la situazione, non poté fare a meno di notare che sotto si
intravedevano i muscoli tonici di Itachi.
Non è il momento di avere pensieri porno su di lui! Stai
concentrata, mirava sul serio a farti male.
E me ne ha fatto in realtà.
Solo in quel momento di stallo si
accorse che il braccio dove aveva fatto il tatuaggio faceva davvero troppo male
e si accorse con orrore che con tutta probabilità era rotto: aveva sicuramente
colpito forte con quel calcio.
Appena si rese contro della
ferita, il dolore l’assalì prendendo il posto dell’adrenalina, che fino ad
allora aveva fatto da antidolorifico.
Si piegò su se stessa tenendosi il
braccio ferito e si lasciò sfuggire un grugnito di dolore: non avrebbe urlato o
pianto davanti ad Itachi. Non voleva dargli la soddisfazione di averle fatto un
male d’inferno.
Itachi la guardò un attimo con lo
Sharingan ancora attivo e quando il suo sguardo cremisi si posò sul braccio constatò
con orrore che era rotto.
Si avvicinò veloce alla ragazza,
la quale per puro istinto saltò all’indietro, guardandolo con quello che
sembrava odio.
«Cosa diavolo ti è preso? Hai idea
di quanto faccia male?» gli chiese, rabbiosa, mentre lottava per non far
scendere le lacrime di dolore che si erano formate agli angoli degli occhi.
«Mi dispiace, Shirai. Dobbiamo
andare all’ospedale e farlo sistemare» disse Itachi, avvicinandosi di nuovo e
capendo che Shirai stava resistendo contro il suo istinto: la vedeva pronta a scattare lontana da lui,
ma gli lasciò comunque guardare il braccio.
«Credo di averti rotto l’ulna»
disse semplicemente, guardandola direttamente negli occhi, ora del consueto
color onice.
«Complimenti, genio. Se non
me lo dicevi, non me ne sarei mai accorta. Ora posso sapere perché ti sei
comportato così? Ultimamente mi pare che tu agisca un po’ fuori dal tuo
carattere standard. La mia presenza a Konoha di scombussola così tanto?».
«No, mi irrita il fatto che tu mi
abbia mentito».
«Mentito su cosa?».
«Hai affermato che gli shinobi di
Kumo fossero solo tuoi amici, ma a quanto pare tu e Shi eravate qualcosa di
più» le disse, vedendola arrossire.
«Etto… Itachi, io e Shi
siamo davvero solo amici, ma… Una volta è successo qualcosa» gli disse lei,
imbarazzata «Ma non voglio parlarne con te! È imbarazzante!».
Lui la guardò con il sopracciglio
alzato segno che non gliene importava se per lei fosse imbarazzante, perché
doveva spiegarsi: non capiva perché si interessasse in quel modo alla vita
privata di Shirai, ma il solo pensiero di lei e Shi insieme gli faceva venire
il bruciore di stomaco.
Geloso, eh?
Avrebbe davvero voluto liberarsi
della sua coscienza, ma in quel momento si rese conto che nemmeno con i suoi
ragionamenti più intricati e sofisticati sarebbe riuscito a negare: era geloso.
Fine della questione. Il motivo gli era ancora oscuro, ma prima o poi ci
sarebbe arrivato.
Vide Shirai prendere un bel
respiro e confessare il suo peccato: «Quando ho compiuto vent’anni anni ho
esagerato un po’ con l’alcool, portatomi da Killer Bee, e così anche Shi. E ci
siamo svegliati la mattina successiva nello stesso letto… Senza vestiti.
Abbiamo deciso di far finta di nulla, poiché nessuno dei due ricordava niente
della notte precedente».
«Sei andata a letto con lui e non
te lo ricordi?».
«Esatto…».
«Sei stata una stupida
irresponsabile. Poteva succedere di tutto».
«Lo so… Ma perché diamine mi stai
facendo la predica? Non sei mio padre o mio fratello maggiore! E poi mi vuoi
far credere che tu sia ancora puro e casto? Raccontala ad un’altra, Itachi! So
che tu e Saori non siete rimasti a guardarvi negli occhi in questi quattro
anni» gli rinfacciò.
«Questi difficilmente sono affari
tuoi».
«Oh, davvero? Mentre con chi io
ho rapporti è affar tuo? Non credo proprio, Uchiha Itachi! Quindi smettila di
comportarti come un idiota ed agisci più come il genio che sei!».
«Il problema è che tu mi confondi,
Shirai. Non so più chi sei».
«Questo perché sono cresciuta. Non
sono più l’innocente ragazzina di sedici anni, Itachi. Ho ucciso, ho amato e ho
pianto per chi ho perso».
«Amato?».
«Sì, ho amato. Ma non ti
racconterò nulla di questo per ora. Fa ancora un male d’inferno parlarne, per
me. Ora se permetti vado da Sakura a farmi sistemare il braccio» gli disse,
sentendo che la seguiva «Non ho bisogno della balia. Sono una ragazza cresciuta
e so difendermi. Accettalo».
Detto questo sparì in una nuvola
di fumo, lasciando Itachi da solo, anche se per poco, poiché Saori lo raggiunse
immediatamente: probabilmente era lì da un po’ e stava solo aspettando che
Shirai se ne andasse.
«Itachi-san? Questa sera vuoi
venire a cena da me? I miei genitori non ci sono» gli disse, carezzandogli il
braccio.
Itachi guardava ancora il punto in
cui Shirai era sparita e rispose: «No, questa sera ho altro da fare. Ci vediamo
domani all’archivio» e sparì in una nuvola, seguendo Shirai.
«Ancora una volta dietro a lei, eh
Itachi? Possibile che il tuo Sharingan ti abbia reso cieco?» sussurrò al vento
Saori, che capiva molte più cose di quante lasciasse intendere.
Arrivò all’ospedale giusto in
tempo per vedere Shirai che veniva accompagnata in uno degli ambulatori: riuscì
anche a vedere un accenno di rosa all’interno segno che era Sakura colei che
avrebbe curato Shirai.
Si rilassò aspettando l’uscita
della ragazza seduto su una delle sedie di plastica blu presenti nella sala
d’attesa principale.
In totale Sakura ci mise dieci
minuti a sistemare il braccio di Shirai: quando uscì dall’ambulatorio,
ringraziando la ninja medico, Itachi vide lo sguardo duro che Sakura gli
lanciò.
Quello sguardo diceva tutto.
Falle ancora così male che ti troverai addosso la metà degli
shinobi di Konoha. E uno di loro ha un demone dentro di sé.
Shirai si voltò in quel momento e
la vide distintamente sbuffare in sua direzione: gli dava fastidio che fosse
venuto a vedere come stava?
Si alzò, fingendo di non aver
visto l’irritazione emanata da Shirai, e appena le due kunoichi smisero di
parlare, s’intromise.
«È a posto, ora?» chiese a Shirai,
poiché Sakura era scappata, richiamata per un'emergenza.
«Ha sistemato l’osso, ma dovrò
prendere alcuni antidolorifici e pastiglie come aiuto per sanare la frattura
completamente» spiegò Shirai, che aveva il braccio legato al collo tramite un
foulard arancione e giallo.
«Hn. Sono dispiaciuto per
l’incidente. D’ora in poi manterrò sotto controllo il mio comportamento. Non
posso ferire un componente del mio stesso Team» disse Itachi, facendola
sbuffare.
«Hai, Hai! Accetto le tue
patetiche scuse, Itachi» disse Shirai, ormai persa la voglia di litigare con lui.
Uscirono dall’ospedale uno al
fianco dell’altra e Shirai vide da lontano una capigliatura corvina e una
bionda conosciute: sorrise e chiamò le due amiche a gran voce.
Ino e Ayane si voltarono di scatto
e quando la seconda vide il braccio di Shirai, lanciò uno sguardo interrogativo
alla ragazza, che fece un lieve cenno del capo in direzione di Itachi, al quale
venne riservata un’occhiata tutt’altro che amichevole.
Le due si avvicinarono e Ino
affermò che fronte spaziosa aveva fatto un ottimo lavoro, come sempre: i loro
discorsi furono però bloccati quando videro Sasuke, una mano in tasca e l’altra
che reggeva un involto, avvicinarsi all’ospedale.
«Ed ecco che arriva anche oggi»
sussurrò divertita Ino.
«In che senso?» chiese Shirai.
«Oh, devi sapere che Sasuke-kun
porta il pranzo a Sakura tutti i giorni» rispose Ino, calcando sulle
ultime parole.
Itachi non poté nasconde il suo
stupore sapendo che il suo fratellino stava letteralmente corteggiando una
ragazza: era davvero cresciuto e lui non se ne era nemmeno reso conto.
«Almeno uno dei due figli di
Mikoto-san sa ancora cos’è la gentilezza» borbottò Shirai, beccandosi
un’occhiata bieca da Itachi: alla fine non aveva accettato per niente le sue
scuse.
Sasuke alla vista del gruppo
davanti all’ospedale sbiancò completamente e stava per tornare indietro, ma
Shirai non gli lasciò scampo:
«Neh, Sasuke! Non fare il timido!
Porta pure il pranzo a Sakura, noi faremo finta di non vederti» gli gridò,
facendolo diventare color pomodoro e sghignazzare alcuni dei passanti, oltre ad
Ino ed Ayane.
«Raibaka! Non c’è bisogno di
gridarlo ai quattro venti! È stata Okaasan a dirmi di portare il pranzo a
Sakura!» borbottò Sasuke, mentre si avvicinava.
Alcune kunoichi intanto lo
guardavano sognanti, mentre altre bisbigliavano al suo indirizzo e a quello di
Itachi, il quale finalmente parlò.
«È davvero un bel gesto, Otōto.
Shirai, per il resto del pomeriggio andremo all’archivio, con il braccio non
completamente guarito è meglio non allenarsi» le disse, iniziando a scendere i
pochi gradini di fronte all’ospedale.
«Hai! Ci vediamo più tardi,
ragazze. Sasuke, sono orgogliosa di te. Sei davvero un ragazzo gentile» disse,
prima di sussurrare «Non come tuo fratello…».
Ovviamente entrambi gli Uchiha
l’avevano sentita e se uno ghignava divertito, l’altro alzava gli occhi al
cielo.
*
Il resto del pomeriggio passò tra
la polvere e l’odore di inchiostro dell’archivio: Shirai, mentre segnava i nomi
e tutto il resto nel registro, mormorava una canzoncina, mentre Kuro il gatto
muoveva la coda quasi a ritmo.
Era sdraiato sulla scrivania,
attento a non far cadere nulla, e sonnecchiava con la testa poggiata alle zampe
anteriori: aveva da poco smesso di fare le fusa.
Le sue orecchie si muovevano in
direzione di rumori che Shirai nemmeno sentiva e capì che il gatto si sarebbe
rivelato molto utile durante le missioni e gli allenamenti, quando fosse
cresciuto a sufficienza.
Si alzò di scatto per chiedere ad
Itachi quando e come avrebbe potuto allenare il gatto, ma i sussurri che
l’accolsero la obbligarono a fermarsi ed origliare.
Da quando sono diventata una spiona? Però voglio davvero
sapere cosa si dicono in privato.
«Itachi-san è quasi un mese che
non restiamo un po’ soli» stava piagnucolando Saori.
«Hn. Questa sera ho davvero da
fare. Mi dispiace» le rispose lui, mentre la ragazza faceva un verso di
disapprovazione talmente kawaii che Shirai sentì l’impulso di vomitare.
Ora sapeva anche fare le fusa come
Kuro?
«È un vero peccato. Ero davvero
eccitata all’idea di avere la casa libera» disse Saori, calcando sull’aggettivo
“eccitata”.
Shirai non poté non capire a cosa
alludesse la ragazza: era piuttosto palese che Itachi e Saori avessero una
qualche tipo di storia.
Forse non erano ufficiali, ma
sicuramente si comportavano come se lo fossero.
Il solo pensiero di Itachi e quella
da soli impegnati in certe cose, le fece salire la bile in gola, il desiderio
di vomitare sempre più pressante così come la sensazione non proprio piacevole
di sentire il petto pesante e stretto in una morsa dolorosa quanto una delle
peggiori scosse ricevute dal Raikage.
Senza dire nulla, tornò alla sua
postazione ricacciando indietro il groppo che le si era formato in gola, così
come le lacrime.
Era la seconda volta in un giorno
che Shirai si tratteneva dal piangere per Itachi.
Cosa diavolo mi sta succedendo? Dovrei essere impegnata a
trovare dei modi per prenderlo in giro, non sentirmi così tradita. Lui è mio
amico e può fare quello che vuole della sua vita.
Smettila di prenderti in giro, Shirai. Itachi non è più solo
tuo amico. È cresciuto ed è diventato il ragazzo più affascinante che tu abbia
mai conosciuto, senza cambiare caratterialmente. È intelligente e riesce a
leggerti nella mente è ovvio che tu stia cambiando il modo di vederlo.
«Ovvio un corno, idiota di un
cervello. Non posso mica innamorarmi di lui» sussurrò a se stessa, mentre Kuro
la guardava con i suoi intelligenti occhi verdi, emettendo uno strano suono a
metà tra quello delle fusa e un miagolio.
«Non fare quei versi, Kuro-chan.
Non posso, anzi non devo, lasciare che questo succeda. Non credo mi farebbe
così bene, sai?» disse mesta, accarezzando il pelo scuro e soffice del gatto
che si allungò completamente sul tavolo lasciandosi andare alle carezze con
sonore fusa.
Fu così che la trovò Itachi, lo
sguardo perso nel vuoto davanti a sé e una mano che accarezzava il gatto.
Chissà com’è essere accarezzati dalle mani di Shirai.
Si ritrovò a pensare Itachi, che
scacciò il pensiero dettato dalla sua parte irrazionale, iniziando a domandarsi
se forse non era meglio andare da Saori e sciogliere un po’ le tensioni: era
sicuro che se lo avesse fatto, poi certe idee sarebbero sparite.
«Shirai, possiamo andare» le disse
semplicemente, ricevendo un mugugno in risposta e tornando da Saori.
Guardò la ragazza che lo aspettava
e decise: sì, sarebbe andato da lei per schiarirsi le idee.
*
Sasuke camminava per le vie di
Konoha in solitaria: Naruto era a rapporto dalla Godaime per i preparativi
concernenti la sua partenza per il mondo dei Rospi, Sakura era ancora impegnata
con l’ospedale, mentre Kakashi era sparito da qualche parte probabilmente
impegnato nella lettura di Icha Icha Paradise.
Ancora non capiva cosa ci trovasse
di interessante il suo sensei in quei libri: aveva persino provato a leggerne
uno, ma l’unica cosa che gli aveva provocato era stato imbarazzo, soprattutto
perché si era immaginato lui stesso in certe situazioni con una persona in
particolare.
Emise un sospiro Sasuke, poiché
non sapeva come affrontare questo tipo di situazioni: se era un combattimento,
una strategia da affrontare nessun problema, ma se si trattava di qualcosa
riguardante i sentimenti allora era fregato.
«Che inutile perdita di tempo»
disse alla strada vuota, quella secondaria che conduceva al quartiere Uchiha:
in quei giorni evitava le strade principali perché alcune kunoichi lo
tormentavano per chiedergli con chi sarebbe andato al festival di fine mese.
Lui aveva poca intenzione di
andarci, a meno che qualcuno non lo avesse invitato: di certo non
sarebbe stato lui a farlo.
Non poteva di certo farle capire
del crescente interesse che provava nei suoi confronti, anche se ogni tanto si
chiedeva il perché lo nascondesse.
Aveva forse paura che i sentimenti
di Sakura verso di lui fossero mutati nel corso del tempo? Che la kunoichi
avesse finalmente lasciato perdere il suo invaghimento verso di lui, il quale
non aveva fatto altro che rifiutarla, la maggior parte delle volte in malo
modo?
Un altro sospiro uscì dalle labbra
di Sasuke Uchiha, il quale iniziò a pensarla come Shikamaru: le donne erano
tutte una seccatura.
Quando varcò le soglie del
quartiere dove viveva, vide nuovamente suo fratello in compagnia di Saori:
sicuramente suo padre sarebbe stato più che soddisfatto nel vedere che i due
andavano così d’accordo, ma per Sasuke era diverso.
Non aveva mai fatto segreto il
fatto che poco sopportasse sia Saori che il padre di questa: erano entrambi
arroganti e saccenti con chiunque non fosse degno di nota, anche all’interno
del loro stesso Clan.
Non avrebbe mai dimenticato quando
Hideki aveva detto a suo padre che era fortunato ad avere Itachi, così almeno
non doveva contare su Sasuke per mandare avanti il clan.
«Tch» emise Sasuke a denti stretti, verso che
sommato al suo chakra fece voltare Itachi.
Vide suo fratello fermarsi per aspettarlo,
segno che doveva dirgli qualcosa e quando sentì cosa per poco non lo prese a
pugni.
«Avvisa Okaasan e Otōsan che
questa sera non cenerò a casa e tornerò piuttosto tardi» disse, monocorde come
al solito.
«Tch. Devo dire loro dove vai?»
chiese, ghignando Sasuke.
«No, Otōto. Anche se non faccio
nulla di male» rispose semplicemente Itachi.
«Sicuramente» disse Sasuke,
abbassando poi la voce per aggiungere «Chissà cosa ne penserebbe la Raibaka».
Era sicuro che Itachi l’avesse
sentito, infatti aveva alzato leggermente il sopracciglio come richiesta di
esplicazioni, ma Sasuke non gliene avrebbe date di certo: se voleva divertirsi
con la vipera che si trovasse da solo le risposte.
«Tch. Vado a casa» disse
semplicemente il moro, sorpassando il fratello e non degnando Saori della
minima attenzione.
«Tuo fratello non sembra
d’accordo» disse la ragazza.
«Non ti preoccupare, gli passerà»
disse Itachi, prima di continuare a seguire Saori verso casa.
Nda:
Mi scuso per il lungo ritardo, ma il pc aveva lo schermo rotto ed è
tornato solo recentemente! Cercherò di essere più regolare, da adesso
in avanti!
Alla prossima!
Lena.
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Capitolo 18 *** Eighteenth ***
eighteenth
Eigtheenth.
Volevo
scrivere due parole prima di lasciarvi al capitolo. Prima di tutto
parliamo di Naruhina: ho messo l'avviso, vero, ma come si è capito da
subito non è la coppia principale così come le altre elencate. La
storia parla di Shirai e del suo rapporto con Itachi. Ci saranno le
tanto richieste scene Naruhina, ma dovete pazientare: non è una coppia
così facile da gestire, se lo si vuole fare bene, perchè i due
provengono da due mondi molto diversi. Non si deve dimenticare che
Hinata è l'erede del grandioso clan Hyuuga, che non ha mai visto di
buon occhio Naruto, come tanti nel villaggio. Un altro appunto sono gli
aggiornamenti: la storia la finirò, ma ho anche io altre cose da fare e
quindi aggiorno quando ho tempo.
Detto questo, vi lascio al capitolo. Alla prossima!
Lena
Shirai si trovava davanti all’ingresso di Konoha: era talmente presto
che la brina era ancora ghiacciata e l’aria più fredda che mai.
Sperava che i saluti durassero poco non solo per il freddo, ma perché
li detestava: non sapeva quando avrebbe rivisto Shi e gli altri e se ne
rammaricava.
Li vide arrivare con i bagagli leggeri sulle spalle: Darui sembrava
camminare ad occhi chiusi, Bee sprizzava energia da tutti i pori scrivendo
concentrato sul suo taccuino, Shi era calmo come sempre e il Raikage anche da
sereno emanava comunque un’aria intimidatoria e di potenza.
Shirai si alzò dalla panchina, dove il suo povero sedere si era
congelato, e aspettò che la raggiungessero: alle spalle del gruppo c’erano la
Godaime, con due occhiaie da record e occhi iniettati di sangue segno che la
sera prima aveva sicuramente bevuto troppo, Kakashi, Genma, Iruka e, dulcis in
fundo, Itachi.
Non sapeva spiegarsi perché, ma il suo capitano le sembrava diverso:
pareva quasi che le sue caratteristiche occhiaie fossero accentuate ed era
sicura che i suoi capelli non fossero ordinati come al solito, quasi come se si
fosse svegliato e preparato in tutta fretta.
Quando Shi vide la fasciatura al braccio le si lanciò contro
chiedendole come, perché e quando fosse successo: appena appreso che era stato
Itachi, durante un allenamento piuttosto duro, lo shinobi di Kumo lanciò uno
sguardo di rimprovero all’Uchiha, ma fu Darui a parlare con voce strascicata e
addormentata.
«Se succederà di nuovo verrò qui da Kumo e ti affronterò, Uchiha» disse
semplicemente, prima di sbadigliare sonoramente e scompigliare i capelli di
Shirai «Sentirò la mancanza delle tue urla mattutine quando Bee-san entrava
senza bussare nella tua camera» le disse, facendola avvampare.
«Shirai-san, ricordati che quando vorrai sarai la benvenuta a Kumo,
vero Raikage-sama?» disse Shi, sorridendole.
«Hai, hai…» rispose l’uomo che da vicino portava gli stessi
segni di stanchezza della Godaime: sicuramente Tsunade meritava un premio per
essere riuscita a stendere persino quella montagna di uomo.
«Bene, facciamo i saluti in fretta, d’accordo? Sapete che non mi
piacciono» disse Shirai, che sentiva già la voglia di piangere.
Shi la guardò, sorridendole e la abbracciò, davanti alla faccia stupita
di Tsunade, quella divertita di Bee e del Raikage e quella tesa di Itachi, che
si trasformò in un cipiglio quando Shirai ricambiò la stretta.
Shi le sussurrò qualcosa all’orecchio che la fece sorridere e annuire,
mentre piangeva come una bambina: lui la lasciò andare, stampandole un bacio in
fronte sulla placca di metallo che portava il simbolo di Konoha.
«Tu appartieni a questo villaggio, Shirai. Sono sicuro che sarai serena
e felice qui» le disse, scompigliandole i capelli seguito da Darui, che le
diede anche un buffetto sulla guancia, come era solito fare.
Bee le porse invece il pugno contro il quale Shirai picchiò il suo,
sorridendo al Jichūriki. Il Raikage si limitò ad un cenno del capo e il gruppo
partì alla volta del proprio villaggio.
Shirai si voltò verso gli altri accompagnatori, solo quando gli shinobi
di Kumo erano spariti alla vista.
Kakashi la guardava divertito da dietro la maschera, cosa che la fece
sbuffare:
«Non fare quella faccia, Kakashi-sensei! Sono stata con loro quattro
anni e ne abbiamo passate tante insieme… Era ovvio che mi commovessi, dato che
non so quando li rivedrò».
«Datti una calmata. Tra mezz’ora al campo numero zero» s’intromise la
voce dura di Itachi, il quale scomparve dopo un breve cenno agli altri.
«Yare, yare. Ultimamente Itachi sembra sempre teso e arrabbiato, neh?»
disse Genma «È iniziato tutto dopo il ritorno di una certa persona, se non
sbaglio».
«Non è colpa mia se ha degli sbalzi d’umore paragonabili a quelli di
una donna incinta!» sbottò Shirai, facendo ridere la Godaime, che iniziò
immediatamente a lamentarsi del mal di testa.
Shirai salutò tutti e si diresse a casa sua per fare colazione prima
degli allenamenti: non l’aveva fatta appena sveglia perché era troppo presto e
non aveva nemmeno l’ombra della fame.
In casa sua c’era solo Kai, il quale sarebbe partito per un’altra
missione nel pomeriggio, mentre lei e il Team Anbu di cui faceva tristemente
parte ne aveva una in programma di lì a due giorni, dopo la partenza di Naruto.
Sapeva che Tsunade l’aveva lasciata libera da qualsiasi missione
affinché lei migliorasse nel combattimento – era la meno dotata tra i
componenti del suo team – e anche per farle passare del tempo con gli shinobi
di Kumo.
Ed ora per salutare Naruto.
Le sarebbe mancato il biondo iperattivo, ma sapeva che doveva allenarsi
molto ed era sicura che, prima o poi, tutti a Konoha lo avrebbero accettato,
con o senza Kyūbi.
Sospirò mentre si preparava una tazza di the con la quale accompagnare
la frugale colazione: non mangiava mai troppo al mattino, poiché Itachi ci
andava subito pesante e avrebbe rischiato di rigettare tutto.
E non sarebbe stato un bello spettacolo.
«Chissà cosa avrà fatto ieri per avere quella faccia stanca…» si
chiese, senza trovare alcuna risposta.
Decise che quella mattina avrebbe portato con sé Kuro: voleva chiedere
ad Itachi se era tempo per allenarlo a diventare un vero gatto ninja.
Trovò il campo di allenamento zero completamente vuoto e se ne stupì:
Itachi Uchiha non era mai in ritardo.
Decise di scaldare un po’ i muscoli facendo qualche routine di taijutsu
ed aspettare che il suo Taichō si facesse vedere: Kuro se ne stava accucciato
in posizione di attacco, puntando un insetto.
Sperava che non fosse uno degli insetti di Shino, poiché aveva fatto
una brutta fine: spiaccicato sotto la zampa e ingoiato.
«Kuro-chan questo faceva schifo. Non ti lascerò mai più leccare la mia
mano» gli disse.
Si fermò nella routine sentendo non una, ma due tracce di chakra
avvicinarsi e vide che Itachi era in compagnia. Di Saori.
Shirai rimase in silenzio, piegando la testa verso destra in segno di
incomprensione.
Non è
adorabile quando fa quel gesto?
Sta’
zitta.
Itachi dovette chiudere gli occhi un attimo per ricacciare quella
strana vocina, che somigliava tanto a quella di sua madre, nei meandri della
sua mente e poi disse:
«Oggi ti allenerai in un combattimento con Saori» disse semplicemente
l’Uchiha «C’è una sola regola: non bisogna attentare alla vita dell’altro e
nemmeno ferirlo gravemente. Tra due giorni entrambi i nostri Team hanno delle
missioni».
Shirai si limitò ad annuire e si mise in posizione, pronta a difendersi
ed attaccare: erano anni che voleva combattere contro Saori, ma fino a quel
momento sapeva di non avere nessuna possibilità contro l’utilizzatrice dello
Sharingan, che era già attivo nei suoi occhi, per l’appunto.
«Vediamo di farla breve… Sono piuttosto stanca dopo tutta l’attività
notturna» disse Saori, lanciando un’occhiata ad Itachi, impassibile come
sempre. Questo bastò a Shirai per capire da cosa derivasse l’ombra di
stanchezza sul visto di Itachi: la sera prima era stato con Saori. E di certo
non avevano giocato a carte.
Inspirò profondamente per evitare che Itachi vedesse quanto fosse
ferita ed amareggiata nel sentire tutto questo e disse:
«Non mi interessa cosa tu abbia fatto la notte prima. E spero che non
la userai come scusa quando perderai».
«Oh, non ce ne sarà bisogno, perché non succederà!» rispose convinta
l’altra, sparendo alla vista, ma Shirai sapeva dove fosse.
«Troppo lenta rispetto ad Itachi» disse, facendosi sentire dal ragazzo,
che si era allontanato per dare spazio e osservava lo scontro da lontano con lo
Sharingan.
Shirai sentì Saori alle spalle e con una rapida mossa parò la katana
dell’avversaria con la sua, creata molto più velocemente del solito con il
ferro presente nel terreno.
«Ancora quel trucco? Dovresti cambiare ogni tanto, sai?» le prese in
giro Saori, la quale vide il ghigno sul volto di Shirai, che mandò una potente
corrente elettrica lungo la katana di ferro per poi trasmetterla a quella di
Saori, che fu obbligata a lasciare la presa sulla sua arma.
Il palmo della mano dell’Uchiha era nero, segno che il colpo di Shirai
aveva fatto effetto: l’utilizzatrice del Raiton concentrò il chakra nei piedi e
sparì alla vista, ma non per Saori.
Con lo Sharingan vedeva dove la ragazza fosse e attaccò di nuovo, ma
venne parata da Shirai con la Raiton no Yoroi.
Itachi si accorse che l’armatura di fulmine era diversa da prima: era
molto più accesa e spessa, segno che il chakra così come la resistenza di
Shirai erano aumentati.
Aveva proposto a Saori quello scontro perché voleva testare i
miglioramenti di Shirai ed era convinto che l’Uchiha avrebbe vinto facilmente,
ma si sbagliava.
Shirai quella mattina era diversa: più calma, più impassibile.
Non era nemmeno scattata quando Saori le aveva praticamente detto che
la notte prima erano stati insieme.
Quindi
sei così quando ti concentri?
La vide fare dei segni velocemente, accorgendosi che non li conosceva.
Shirai scagliò una freccia di acqua in direzione di Saori, già pronta a
schivarla, ma quando a questa venne aggiunto il fulmine, Saori venne buttata a
terra.
Saori usava il fuoco, come tutti gli Uchiha, e la terra, quindi era
sicuramente in svantaggio, ma era convinto che con lo Sharingan sarebbe stato
un combattimento facile.
Itachi sentì una presenza alle sue spalle, trovandovi suo fratello
minore con un ghigno divertito.
«Nii-san, la tua amichetta di letto perderà. La Raibaka non si lascerà
battere da lei».
«Stai vaneggiando Sasuke. Shirai non può battere Saori, che ha uno
Sharingan di alto livello».
«Certo, lo so. Ma tu sai che il Raikage ha quasi battuto Shisui una
volta? Se uno degli altri shinobi di Kumo non fosse intervenuto, sono sicuro
che avrebbe vinto».
«E tu come sai questa informazione? Shisui non me ne ha mai parlato».
«Avere come compagna di Team la studentessa di Tsunade-sama ha i suoi
pregi, sai?».
«Shirai non è nemmeno potente un terzo del Raikage» ribatté Itachi.
«Nemmeno Saori è Shisui» concluse il discorso Sasuke, che deviò
l’attenzione verso lo scontro «La tua amica gioca sporco. Ha usato un genjutsu
potente su Shirai».
Itachi stava per intervenire nello scontro, ma vide un ghigno sulle
labbra di Shirai che gli fece capire una cosa: era uscita dal genjutsu
immediatamente.
«Vedi Saori» stava dicendo Shirai «Usando il fulmine sono in grado di
modificare le sinapsi del cervello quando vengo attaccata da un genjutsu e
riesco ad uscirne facilmente. Inoltre, il tuo non è potente come quelli di
Shisui».
«Quel deficiente di Shisui l’ha messa sotto genjutsu?» chiese Sasuke «È
proprio senza cervello! Usare il Mangekyō su una sua compagna!».
Itachi non disse nulla, ma capì al volo cosa aveva intenzione di fare
Shirai: la vide caricare il Railgun e decise di intervenire.
Si mise in mezzo alle due combattenti, notando che Shirai era più stanca
di Saori ed entrambe avevano alcune ferite sparse per il corpo: sulle braccia,
gambe e Shirai ne aveva una sotto l’occhio destro.
«Ora basta. Ho visto a sufficienza».
«Paura che la friggo, eh?» lo prese in giro Shirai «Non ti preoccupare,
Taichō, non farò del male alla tua amica di letto» disse, sorridendo.
Sasuke si avvicinò ai tre, mentre Itachi e Shirai si lanciavano sguardi
di sfida e disse: «Raibaka, devi disinfettare le ferite».
«Sono superficiali» rispose l’altra, ma Sasuke sbuffò, afferrandola malamente
per il polso e trascinandola vicino ad una panchina al limitare del campo,
mentre Shirai sbraitava contro gli Uchiha e la loro mania di trascinarla in
giro come un cane da passeggio non addestrato.
La spinse sulla panchina e senza tante cerimonie le alzò la manica del
braccio destro e prese a disinfettare alcuni dei tagli, fino a quando una
cicatrice parecchio estesa non catturò la sua attenzione: ne tracciò la linea
irregolare, facendola ridacchiare.
«Mi fai il solletico, Sasuke» gli disse, facendogli alzare lo sguardo.
«Dove te la sei procurata?» le chiese, vedendo che Shirai distoglieva
lo sguardo puntandolo nel vuoto.
«In una missione contro l’Akatsuki» disse «Ho perso tante persone care
quel giorno».
Sasuke decise di cambiare argomento cercando di farle alzare la maglia
per disinfettare la ferita sull’addome, ma uno schiaffo sulla nuca e un
pervertito lo fecero desistere.
Nel frattempo Itachi osservava lo scambio di battute tra suo fratello e
Shirai e sentì l’ormai famigliare stretta allo stomaco che lo accompagnava
sempre quando la vedeva sorridere e parlare con un qualsiasi ragazzo.
Un grugnito di dolore fece volgere la sua attenzione a Saori, la quale
aveva qualche difficoltà a muovere correttamente il braccio destro: glielo
afferrò senza tante cerimonie notando che aveva gli stessi segni che aveva
trovato sul suo quando Shirai lo aveva ferito.
«Shirai. Devi sistemarle il braccio» la chiamò, mentre lei cercava di
evitare che Sasuke la picchiasse di rimando allo schiaffo sulla nuca di poco prima.
La ragazza non rispose nemmeno, limitandosi a scambiare uno sguardo con
Sasuke, che ghignò, ed avvicinarsi alla sua avversaria: prese malamente il
braccio di Saori dalla mano Itachi, facendole emettere un sibilo di dolore, e
mandando una scossa le sistemò i nervi.
«Domani sarà come nuovo. Per questa sera niente giochi troppo estremi»
disse prendendoli in giro, anche se dentro si sentiva morire.
Sei solo
gelosa ed invidiosa perché lei passa le notti con Itachi e tu no.
Ci puoi
giurare.
Aveva capito che per spegnere la voce della sua coscienza, così simile
a quella di Ino, doveva semplicemente dire la verità a se stessa.
Tornò verso la panchina dove c’era Sasuke, mentre Itachi faceva sedere
Saori a terra e prendeva a medicarle le ferite: si accorse che si era sbagliato
quando credeva che Shirai avrebbe perso.
Saori era molto più ferita dell’altra: piccoli e grandi segni neri
erano sparsi sul corpo della ragazza, indicatori di quante volte Shirai fosse
andata a segno.
«Non avrei dovuto prenderla alla leggera» disse Saori, mentre le
bendava il braccio « Non era così forte».
«L’abbiamo sottovalutata entrambi. È cresciuta come tutti noi ed a
Kumogakure hanno fatto un buon lavoro nell’istruirla. Contro di me, a quanto
pare, non dava tutta se stessa».
«Questo perché non ti vede come nemico, mentre per quanto riguarda me…
Beh, si è visto» gli spiegò Saori, sorridendo.
«Non avresti dovuto dire niente di ieri notte. Tuo padre non deve
saperlo o sbaglio?».
«Sì, lo so, ho sbagliato, ma non ho resisto. Dopo tutto è divertente
vedere la gelosia di Shirai, no?».
«Lei non è gelosa» rispose Itachi «Semplicemente se la sarà presa
perché non le ho detto niente».
Saori si limitò a sorridere: Itachi era un genio, ma rimaneva comunque
un uomo e, come tutti gli esponenti del sesso maschile, a volte, si comportava
da idiota.
*
I due giorni che separavano Naruto dalla sua partenza passarono in
fretta: era stato impegnato con i preparativi e quindi si ritrovò la sera
precedente alla sua partenza da Ichiraku, circondato da tutti i suoi amici.
Aveva invitato persino Saori: non era sua amica, ma Itachi gli aveva
chiesto se poteva portarla e, nonostante lo sbigottimento, aveva accettato.
Quando arrivò da Ichikaru notò che Shirai si era seduta tra Ayane e
Ino, il più lontano possibile da Itachi: sicuramente era successo qualcosa tra di
loro, perché li aveva visti sulle rive del fiume e sembravano quelli di quattro
anni prima.
E Naruto sapeva chi c’entrasse in tutto quello: Saori era seduta, o
appiccicata era il termine più adatto, al fianco destro di Itachi, mentre il
sinistro era occupato da Sasuke che aveva un’espressione per niente felice.
Decise di intervenire facendo un po’ il buffone e si avvicinò a Shirai,
gettandosi sulla schiena della ragazza e allacciandole le braccia al collo.
«Neh, Shira-nee! Sentirai la mia mancanza?».
«Certo, dobe! Mi mancherai molto! A parte quando mi spii mentre
mi cambio».
All’uscita di Shirai scese il silenzio, rotto soltanto da Sakura che
aveva spaccato in due gli hashi:
«Naruto! Hai smesso con me e hai iniziato con lei? La prossima chi sarà?
Hinata?» gli gridò contro Sakura, vedendo che Naruto ghignava.
«Non ci credo! L’hai già spiata!» disse Ino, mentre Hinata sveniva
cadendo all’indietro e venendo afferrata da Shisui al volo.
Neji, Byakugan attivo, si era già alzato pronto a picchiare Naruto, ma
Shirai scoppiò a ridere, seguita a ruota dal resto del gruppo: Naruto era pur
sempre Naruto.
La cena proseguì bene tra risate, scherzi e racconti di missioni.
Fu Sasuke a tirare fuori l’argomento Kumogakure, obbligando Shirai a
raccontare qualche missione, ma quando le chiese di quella in cui si era
procurata la cicatrice la ragazza si rifiutò categoricamente di parlarne.
Sakura e Sasuke si lanciarono uno sguardo di intesa: uno dei due doveva
far confessare Shirai, perché ciò che nascondeva era anche il motivo per il
quale il suo sguardo non era più acceso come una volta.
Nii-san
possibile che tu non te ne sia reso conto? Che razza di amico sei?
Sasuke lanciò uno sguardo duro al fratello che rispose con uno interrogativo:
l’Uchiha minore si limitò a scuotere il capo e guardare Shirai, che si era
incupita dopo che gli aveva chiesto della missione.
*
Itachi non voleva andare da Ichikaru per salutare Naruto, anche perché
era amico di suo fratello non suo, ma Shisui lo aveva praticamente obbligato,
minacciandolo che avrebbe usato il Mangekyō.
Così si era ritrovato seduto in mezzo ad un gruppo di adolescenti
chiacchieroni con al fianco suo fratello e Saori: Shirai era lontana da lui, ma
decise che non avrebbe cercato il perché del suo allontanamento.
Non avrebbe trovato risposta nemmeno se ci avesse rimuginato tutta
notte, perché semplicemente aveva smesso di capirla. Ed era sicuro che questo
avrebbe portato la loro amicizia allo sfacelo e faceva male anche solo
pensarlo.
Quando iniziarono a parlare delle missioni vide Shirai divenire
nervosa, sopra tutto quando Sasuke le chiese di una missione in particolare,
che si rifiutò categoricamente di raccontare.
Vide anche suo fratello e Sakura scambiarsi uno sguardo e riceverne uno
duro da Sasuke: non capiva cosa volesse da lui, ma lo vide scuotere il capo
rassegnato e puntare lo sguardo su Shirai.
Quando Itachi la guardò, capì cosa volesse dirgli suo fratello: l’aura
che circondava la ragazza era cambiata, divenendo più cupa.
Continuava a ridere alle battute di Naruto, Kiba e Shisui, ma non era
lo stesso di cinque minuti prima: c’entrava la fantomatica missione di cui
Sasuke le aveva chiesto? Cosa era successo?
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Capitolo 19 *** Nineteenth ***
nineth
Nineteenth
Shirai fu la prima ad andarsene:
stranamente anche Sakura e Sasuke si alzarono dopo di lei e decisero di
accompagnarla.
Sapeva il perché lo facessero, ma
non voleva rovinare così il loro infallibile piano per farla confessare, quindi
aspettò che fosse uno dei due a tirare fuori l’argomento.
E fu Sakura a chiederle della
missione.
Ah, colpo basso Sasuke. Sta’ attento che la curiosità uccise
il gatto.
«Sapevo lo avresti chiesto».
«Beh, dopo che Sasuke-kun ha fatto
quella domanda il tuo umore è cambiato completamente».
«Gomen, ho fatto preoccupare voi
due e anche Naruto… Venite, ne parleremo in un posto dove mi trovo a mio agio»
acconsentì Shirai, scattando verso la montagna dei Kage.
Si sedettero tutti e tre sulla
testa del Sandaime sperando che questi non ne avesse a male: Shirai si perse un
attimo nei ricordi, guardando l’orizzonte scuro dove il cielo puntinato di
stelle luminose in quella chiara sera di inverno sembrava infinito.
«Dovete sapere che sono stata
accettata in una delle squadre di Kumo solo dopo due anni di permanenza lì,
quando il Raikage-sama ha iniziato a fidarsi completamente di me e delle mie
capacità. Mi mise nello stesso team di Karui-san, Samui-san e Omoi-san. Fu
durante uno degli allenamenti che lo conobbi: Taichi Miura. Era più grande di
me di due anni e faceva parte degli Anbu. Era alto, con i capelli scuri lunghi
fino alle spalle e gli occhi blu. Lo devo ammettere: me ne sono innamorata a
prima vista. Aveva sempre il sorriso ed era gentile con tutti».
I ricordi si fecero vivi nella
mente di Shirai, tanto che le parve essere di nuovo lì a Kumo nel passato.
Sentì persino gli stessi odori,
rumori e la sua risata: così piena e contagiosa che le faceva venir voglia di
ridere solo al pensiero.
Stava camminando verso l’ufficio del Raikage quando sentì
qualcuno ridere di gusto: affacciandosi nel cortile interno del palazzo notò
che un ragazzo stava ridendo da solo di qualcosa. Quando questi si spostò,
Shirai vide Darui addormentato su una panchina con la faccia completamente
imbrattata di nero: due occhiali gli circondavano gli occhi chiusi, un bel paio
di baffi adornavano il labbro superiore ed aveva anche qualche neo o lentiggine
sparsi per tutto il viso. Shirai dovette coprirsi la bocca per non scoppiare a
ridere, ma nonostante tutto, lo shinobi autore dello scherzo la sentì. Si girò di
scatto verso la fonte del rumore e quando la vide, sbiancò. Sapeva chi fosse ed
era spaventato che potesse dire a Darui o al Raikage cosa avesse combinato. Si
era avvicinato lesto e silenzioso a lei iniziando a pregarla di non spifferare
niente a nessuno.
«Non ti preoccupare, a Konoha ho fatto di peggio» gli aveva
risposto sorridendo.
«Ah, che maleducato! Io sono Taichi Miura, piacere di
conoscerti» le disse, inchinandosi.
«Piacere mio, sono Shirai Nakamura».
«Sapevo già chi eri. Dopo tutto nessuno a parte te indossa il
copri fronte di Konoha, neh?» le chiese, retoricamente.
«Mi dispiace salutarti in fretta, ma il Raikage mi aspetta.
Ci vediamo in giro».
«Da quel giorno lo incontravo
spesso quando era al villaggio, talmente tanto che iniziai a capire: lo faceva
di proposito. E infatti un giorno mi chiese di uscire con lui per andare al
festival che si teneva a Kumo. Ovviamente acconsentii e quella sera, dopo due
anni, mi pareva di essere tornata a Konoha. Poco tempo dopo iniziammo a
frequentarci seriamente, fino all’inizio di quest’anno» raccontò Shirai.
«Cosa è successo?».
«Fummo mandati in gruppo, il mio
Team, quello di Taichi e un altro, in missione: un membro dell’Akatsuki era
stato avvistato poco lontano da Kumo e dovevamo fermarlo. Ovviamente sapevamo
che puntavano a Killer Bee e non potevamo stare con le mani in mano. Il
problema è che non era solo. Akasuna No Sasori era in coppia con e fu
un disastro. Delle dodici persone presenti se ne salvarono solo cinque: il mio
Team e un componente di quello di Taichi. Eravamo tutti feriti gravemente e se
non fosse stato per un Team di Suna che passava di lì saremmo morti anche noi.
Questa cicatrice» disse, alzando la manica «Me l’ha procurata Deidara, mentre
ero immobilizzata contro un albero, perché avevo fatto esplodere le sue bombe
in aria».
«Stai dicendo che…».
«Taichi è morto il diciasette
gennaio di quest’anno» disse infine Shirai, mentre due lacrime scendevano
piano, scivolando sotto il mento e spegnendosi sul collo.
Sakura, che piangeva come l’amica,
le si gettò addosso abbracciandola, mentre Sasuke rimaneva in silenzio: si
sentiva in colpa per averla circuita e obbligata a raccontare.
Però era soddisfatto: ora anche
suo fratello sapeva cosa era successo a Shirai.
Perché le due ragazze non lo
sentivano, ma lui conosceva troppo bene il chakra di Itachi e anche se lo
mascherava quasi completamente, lo sentiva nascosto tra la vegetazione, in
ascolto.
Sasuke e Sakura camminavano in
silenzio verso casa della ragazza, dopo aver accompagnato Shirai: gli aveva
chiesto di non raccontarlo a nessuno e loro avrebbero mantenuto il segreto.
Aveva anche detto a Sasuke che non
doveva sentirsi in colpa, ma che gli era grata perché raccontarlo le aveva
fatto bene.
«Ci vediamo domani per gli ultimi
saluti a Naruto, va bene?» gli aveva detto sulla soglia della porta, prima di
chiuderla.
«Non avrei mai pensato che
Shirai-chan soffrisse così tanto. È sempre allegra e solare…» disse Sakura a
bassa voce.
Sasuke si limitò ad annuire e
aggiunse: «L’unica persona che dovrebbe starle davvero vicino, visto che si
professa suo migliore amico, è anche il solo che non ha capito nulla ed è
troppo occupato a portarsi a letto quella…».
Sakura divenne un po’ rossa
sentendo Sasuke parlare di Itachi e dei suoi rapporti con Saori, ma dovette
dargli ragione: come poteva Itachi, che era colui che l’aveva conosciuta meglio
di tutti, non essersi accorto di quanto soffrisse Shirai?
«Sasuke-kun… Forse tuo fratello
non ha capito, perché Shirai non glielo ha permesso. Nemmeno noi ci eravamo
resi conto che qualcosa non andava fino a quando non hai visto la cicatrice sul
braccio».
«Mh. Forse hai ragione. Sakura» la
chiamò, mentre lei trafficava con le chiavi di casa, poiché erano arrivati,
facendola voltare verso di lei «Al festival di fine mese verrai con me».
Sakura rimase un attimo bloccata e
poi le venne da ridere: ovviamente non poteva chiederle di uscire come una
persona normale, altrimenti non era Sasuke.
Lo guardò, ancora ridacchiando e
gli disse: «Ne sarei davvero contenta, Sasuke-kun».
«Piantala con il kun. Mi da fastidio.
Ci conosciamo da sempre, puoi anche smetterla di usarlo. Naruto non lo ha mai
fatto».
«Questo perché lui è una testa
quadra. Però mi mancherà mentre sarà via».
«A me no».
«Bugiardo» lo prese in giro lei,
prima di salutarlo ed entrare in casa: o almeno ci provò, perché Sasuke la tirò
nuovamente fuori e le stampò un bacio sulla fronte.
«Sasuke…» disse Sakura in un
soffio.
«Non voglio fare la fine di mio
fratello…» disse semplicemente, prima di andarsene.
Ino e Hinata stavano camminando
verso casa di quest’ultima quando la bionda kunoichi sospirò, attirando le
attenzioni dell’amica.
«Cosa succede, Ino-chan?» chiese
con la sua voce dolce la piccola Hinata.
«Non lo so Hinata-chan. So solo
che quando vedo Shikamaru agitarsi così tanto nei discorsi che riguardano
Temari-san, mi viene il nervoso» spiegò Ino, che vedeva quando il suo compagno
di Team cambiasse comportamento quando si parlava della kunoichi di Suna.
Hinata la guardò consapevole di
ciò che Ino intendesse dire: lei non era nervosa, ma gelosa.
«Ino-chan, forse dovresti dire a
Shikamaru-kun…» iniziò a dire Hinata, ma la mano della bionda la fermò.
«Non dirò mai a quel pigro,
inutile e stupido essere che sono innamorata di lui. Mi riderebbe semplicemente
in faccia, dicendomi che non sono abbastanza intelligente per lui».
«Non credo che direbbe mai una
cosa del genere, Ino-chan. Shikamaru-kun ti vuole davvero bene…»
«Oh, certo, come ad una sorella e
nient’altro. È Temari-san quella che vede come una possibile ragazza con cui
uscire, ne sono sicura…» rispose Ino, crucciandosi «Non importa, Hinata-chan.
Mi basta solo che lui continui ad essermi amico… Siamo arrivati, ja ne
Hinata-chan. Ci vediamo domani per salutare la testa quadra».
«Ja ne, Ino-chan» rispose Hinata,
rientrando nel quartiere Hyūga, dove c’era Neji che l’aspettava: era rientrato
prima poiché richiamato da Hiashi.
«Oh Neji-san. Non pensavo di
trovarti sveglio».
«Hinata-hime ho aspettato che
rientrassi per essere sicuro che nessuno ti seguisse… » disse il ragazzo,
scannerizzando tutti i dintorni con il Byakugan.
Hinata ridacchiò verso il
comportamento protettivo che Neji aveva assunto una volta che le cose tra loro
si erano sistemate: Tenten non faceva altro che prenderlo in giro per questo
suo comportamento, mentre Lee dichiarava che fosse una bellissima forma di
gioventù.
«Vado a letto, Neji-san. Domani
mattina verrai a salutare Naruto-kun?» gli chiese Hinata.
«Ovviamente. Devo controllare che
si comporti in modo adeguato nei tuoi confronti» rispose l’altro, con espressione
stoica, mentre la cugina cercava di non ridergli in faccia: avrebbe sicuramente
ferito il suo orgoglio.
Hinata si ritirò quindi nella sua
stanza e, dopo aver indossato il pigiama, si infilò tra le calde coperte del
suo letto a due piazze, spegnendo la luce.
Un solo pensiero le attraversò la
mente prima di addormentarsi.
Mi mancherai tanto, Naruto-kun.
Come promesso la mattina
successiva erano tutti riuniti davanti al palazzo degli Hokage: Naruto avrebbe
raggiunto il mondo dei Rospi tramite la Gyaku Kuchiyose no Jutsu, cioè
la tecnica che permetteva all’animale di solito invocato di portare il proprio
invocatore nel suo mondo. Sarebbe stato Fukasaku, uno dei rospi più anziani e
saggi ad evocarlo ed allenarlo: era lo stesso che insieme alla moglie stava sulle
spalle di Jiraiya quando entrava in modalità Sennin.
Shirai fu l’ultima ad arrivare:
quando Sakura la vide, capì subito che la notte precedente la ragazza non aveva
chiuso occhio e anche gli altri se ne accorsero.
Aveva la faccia stanca, tirata e
gli occhi rossi e gonfi: Sakura e Sasuke si sentirono un po’ in colpa per
averla indotta a raccontare la storia di quella missione vedendola ridotta
così.
Insieme a lei vi era anche suo
fratello Kai, il quale la sera precedente era assente per via di un compito
interno al villaggio assegnatogli dal capitano del suo Team.
«Shira-nee, pensavo non venissi!»
disse Naruto, ignorando di proposito l’aspetto stanco della ragazza: sapeva che
se voleva parlarne con lui lo avrebbe fatto a tempo debito e che se non reputava
giusto quel momento era per evitare di dargli un peso inutile durante il
periodo dei suoi allenamenti.
«Mi dispiace, sono rimasta a letto
come al solito» si scusò Shirai, ridendone.
«Sei sempre la solita
indisciplinata» parlò la voce di Saori alle sue spalle, in compagnia di Ayane,
Itachi e Shisui, il quale lanciò uno sguardo omicida alla compagna di Clan: non
era in grado di chiudere la bocca?
Ayane guardò la sua migliore amica
e comprese che la sera prima aveva sicuramente rivissuto la terribile tragedia
che le era capitata all’inizio dell’anno: lei sapeva già tutto poiché Shirai le
aveva scritto molte lettere mentre era lontana e anche Shisui ne era a
conoscenza.
Dopo tutto nessuno riusciva a
nascondere qualcosa a quello spione pettegolo, soprattutto se Ayane si
presentava davanti a lui con gli occhi gonfi di pianto.
Shisui si azzardò a lanciare
un’occhiata a suo cugino, trovandolo come al solito apparentemente indifferente
davanti alla faccia di Shirai, la quale non lo aveva degnato di uno sguardo ed
era preoccupata a dare le sue raccomandazioni a Naruto.
«Cerca di mangiare in modo sano
almeno lì, Naruto. E se puoi manda qualche messaggio per farci sapere che stai
bene, d’accordo? Tieni questo» gli disse porgendogli un sottile braccialetto
d’argento con un pendaglio a forma di gatto «Ti terrà compagnia e ti farà
ricordare di me e degli altri».
Gli legò il braccialetto al polso
e Naruto sorrise a trentadue denti, prima di abbracciarla nel suo modo goffo e
tanto affettuoso.
«Non mi serve questo per ricordarmi
di voi, soprattutto di te Shira-nee. Sentirò davvero la tua mancanza, ma
tornerò più forte di prima e quando ci batteremo ti sconfiggerò, dattebayo!» le
disse allegro, nonostante gli occhi lucidi.
«Naruto, mi dispiace averti
lasciato solo per così tanto tempo».
«Non ti preoccupare il teme e
Sakura-chan si sono presi cura di me. Ora devo andare, altrimenti Tsunade
baa-chan mi picchierà di nuovo. Ja ne, minna-san» disse a tutti, i quali lo
circondarono in un abbraccio di gruppo, trascinandoci anche un recalcitrante
Sasuke e un rigido Neji.
Il biondo shinobi sparì poi
all’interno del palazzo da dove avrebbe raggiunto il Monte Myoboku, patria dei
rospi che Jiraiya gli aveva insegnato ad evocare.
Shirai rimase un attimo a guardare
il portone di ingresso e poi lo varcò a sua volta: quel giorno, nonostante
Itachi volesse allenarsi, si sarebbe rinchiusa nell’archivio che lui lo volesse
o meno.
Non aveva la forza di combattere, non
dopo una notte insonne passata a bagnare il cuscino di lacrime per Taichi e per
la partenza di Naruto.
Entrò nell’archivio e in silenzio
si diresse al suo luogo di lavoro: era già all’opera quando Itachi e Saori la
raggiunsero e il capitano non tardò a farsi vedere.
«Mi pare avessimo deciso di
allenarci anche oggi. A breve avremo una missione e devi essere più preparata»
le disse, secco.
«Lo so, ma oggi non credo di
sentirmi particolarmente in forma, Taichō, quindi per oggi possiamo rimanere
all’archivio?» gli chiese, in tono stanco e piatto.
Itachi rimase in silenzio un
attimo, prima di annuire semplicemente e andarsene: quando Shirai pensava ormai
che l’avrebbe lasciata finalmente sola, parlò.
«Quando avremo finito qui, questa
sera, dovremo parlare».
Shirai annuì semplicemente, senza
alzare la testa e proseguendo nel lavoro: non sapeva di cosa Itachi volesse
parlare, ma in quel momento non le importava nemmeno saperlo.
Sakura, che quel giorno aveva la
mattina libera ed iniziava il turno all’ospedale alle due del pomeriggio,
decise di raggiungere Shirai all’archivio e portarle il pranzo: si stupì
parecchio nel trovarsi Sasuke sotto casa.
«Sasuke, cosa ci fai qui?» gli
chiese, facendo ancora fatica a chiamarlo senza suffisso.
«Sapevo che saresti andata da
Shirai per il pranzo e ho deciso di accompagnarti, se non ti crea problemi» le
disse, vedendo lei sorrideva e faceva cenno di no con la testa.
Sakura si accorse poi che portava
con sé un pacchetto e quando il ragazzo si accorse dove lo sguardo della
compagnia di Team si posava le spiegò che conteneva i dorayaki, di cui la Raibaka
era golosa.
«Non avrei mai pensato di dirlo,
ma sei davvero gentile, Sasuke» gli disse, ridacchiando della faccia offesa
assunta da lui.
«Io sono sempre gentile con coloro
che lo meritano» rispose piccato, prima di anticiparla sulla via per
l’archivio.
Sakura trotterellò per
raggiungerlo e, camminando fianco a fianco, sotto gli sguardi sbalorditi di
alcune spasimanti di Sasuke, arrivarono all’archivio, vedendo che Itachi e
Saori ne uscivano.
«Ancora insieme. Forse tuo
fratello fa sul serio con lei, non credi?» chiese Sakura sottovoce.
«Tch. Non credo proprio. Sta con lei
perché è un idiota e crede che così facendo Otōsan non si intrometterà nella
sua amicizia con Shirai. Sempre se l’amicizia c’è ancora» le spiegò Sasuke, che
si limitò a salutare il fratello con secco cenno del capo, lasciandolo
incredulo davanti alla sua freddezza: non che Sasuke fosse un fratello caloroso
da quando era cresciuto, ma non era nemmeno così ostico nei suoi confronti.
«Credo ce l’abbia con te perché
stai sempre con me e non Shirai, oppure è geloso proprio di quella ragazza».
«No, Sasuke ha sicuramente molto
più interesse verso Sakura Haruno, ma credo che abbia una certa inclinazione
verso Shirai. Penso la veda come una sorella maggiore da controllare» spiegò la
sua teoria Itachi.
Saori si limitò a sorridergli,
dandogli ragione, prima di avvolgere il braccio intorno a quello di Itachi, il
quale non protestò per il gesto né diede segno di volerla scostare.
Sasuke e Sakura trovarono Shirai
seduta ancora al suo posto di lavoro, ma non stava scrivendo né componendo
sigilli: quando li vide gli lanciò un sorriso stanco.
«Cosa ci fate qui?» gli chiese.
«Siamo venuti a tenerti compagnia»
rispose Sakura, spostando alcune carte e poggiandovi sopra il suo pacchetto e
quello di Sasuke.
«Mi avete portato il pranzo?»
chiese sbalordita Shirai.
«Non fare quella faccia. Sono
stato in coda un’ora per prenderti quei maledetti dorayaki, quindi sii grata»
rispose piccato Sasuke, vedendo che Shirai e Sakura avevano la bocca spalancata.
«Tu hai fatto questo, per me?
Sasuke, sicuro di stare bene? Nessun dolore strano?» .
«Mai una volta che la mia
gentilezza venga apprezzata».
Shirai allora sorrise apertamente
e si lanciò addosso al ragazzo che, impreparato, finì a terra trascinandosela
dietro: iniziò immediatamente a protestare, urlandole di alzarsi, poiché pesava
come Chōji, ma Shirai non lo ascoltò.
Lo guardò dritto negli occhi e,
con grande sincerità, gli disse: «Arigatō, Sasuke».
Sakura li guardò un attimo, con
una punta di invidia perché Shirai era riuscita a mettere in imbarazzo Sasuke:
poi però vide la ragazza sorridere serena, nonostante le lacrime ai lati degli
occhi e le passò.
Sasuke, con i suoi modi goffi e
gentili, era riuscito a far passare un po’ di tristezza a Shirai e Sakura ne era
profondamente contenta.
Al rientro dal pranzo Itachi e
Saori sentirono alcune risate provenire dal punto in cui Shirai lavorava e vi
trovarono, con grande stupore, Sasuke e Sakura: il primo aveva uno sguardo
scocciato, mentre le altre due ridevano di gusto.
Probabilmente ridevano della
macchia che l’Uchiha si era procurato con il ripieno di uno degli onigiri fatti
da Sakura.
«Otōto, cosa ci fai qui?» chiese
Itachi, mentre Sasuke cercava di sistemare il danno fatto, rendendolo solo
peggiore.
«Sono venuto con Sakura a trovare
la Raibaka, almeno non era sola per pranzo» rispose semplicemente l’altro,
senza guardare il fratello poiché troppo impegnato a trucidare quell’orrenda
macchia che aveva osato imbrattagli la maglia, proprio vicino al simbolo del
Clan.
«Ora dovete andarvene, dobbiamo
continuare il lavoro» disse Saori, piccata e poco gentile come sempre, che si
guadagnò un’occhiataccia da Sasuke.
«Non seguo i tuoi ordini,
Saori-san» le rispose, aggiungendo il suffisso solo per evitare che suo
fratello lo riprendesse per la poca cortesia.
«Sasuke, Sakura. Andate pure,
siete stati molto gentili a venire qui. E grazie ancora per i dorayaki, Sasuke,
erano buonissimi» gli disse Shirai sorridendogli e facendolo imbarazzare, tanto
che si alzò di scatto ed uscì lasciando dietro di sé la povera Sakura che
intanto si era preoccupata di raccogliere tutto.
«Ci vediamo in giro, Shirai.
Arrivederci, Saori-san, Itachi-san» salutò la ragazza dai capelli rosa, educatamente, prima di
rincorrere Sasuke fuori dall’archivio.
Lo trovò con un grugnito cupo e
occupato a calciare un sasso con insistenza: Sakura sbuffò a quella vista e gli
si avvicinò con l’intento di farlo calmare un po’.
«Sasuke, non dovresti rispondere
così a Saori-san. Se scoprissi che tuo fratello è serio nei suoi confronti cosa
faresti? Non fare quella faccia, sai che c’è la possibilità…» gli disse Sakura,
visto che il ragazzo le aveva lanciato uno sguardo poco raccomandabile.
«Sakura, conosco mio fratello e
ascoltami quando ti dico che Saori per lui non è niente se non una del Clan col
quale può lasciarsi un po’ andare. Se capisci cosa intendo».
«Lo capisco benissimo, ma non puoi
esserne completamente certo».
«Lo sono invece, perché quando
Shirai è partita e non ha risposto a nessuno dei suoi messaggi io l’ho visto, Sakura.
Ho visto mio fratello piangere nella sua camera e ti posso assicurare che non
piange mai, nemmeno quando è morto nostro nonno materno lo ha fatto» le spiegò
Sasuke, lasciandola sbigottita davanti a tale rivelazione.
Itachi Uchiha che piangeva? Ne era
sicura: il mondo avrebbe presto visto la sua fine.
Alla sera, quando finirono il
lavoro all’archivio, Itachi fu chiamato dalla Godaime e perse così
l’opportunità di parlare con Shirai, la quale sospirò di sollievo: non voleva
parlare con lui, non in quel momento.
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Capitolo 20 *** Twentieth ***
ventesimo
Twentieth
I due giorni che la
separavano dalla sua prima missione con il Team Itachi erano passati: Shirai si
ritrovava al fianco di Shisui a correre per la foresta che circondava Konoha,
al confine con Kusagakure, il villaggio dell’erba.
Dovevano dirigersi lì,
poiché il daimyō aveva richiesto aiuto per recuperare un rotolo importante
rubatogli da dei briganti mentre era di ritorno da un viaggio.
Passarono il confine senza
problemi, grazie sia al permesso del daimyō sia a quello di Tsunade: le foreste
che circondavano il villaggio erano molto diverse da quelle di Konoha.
Vi erano giganteschi funghi
e canne di bambù, i quali rendevano la corsa degli Shinobi un po’ più rischiosa
per via dell’umidità che si accumulava su di essi.
Inoltre l’odore di funghi
era particolarmente forte e Shirai pensò che Kiba ed Akamaru sarebbero già
svenuti.
«Abbiamo due giorni per
recuperare il rotolo: diamoci da fare» disse Itachi, la voce ovattata dalla
maschera che indossava.
Gli altri tre del gruppo
annuirono seguendo il loro capitano verso il centro del piccolo villaggio dove
risiedeva il daimyō.
Il palazzo era situato sulla sommità di alcuni
terrazzamenti sui quali vi erano le varie case degli abitanti e negozietti: non
era grande come quello dell’Hokage, ma aveva uno stile più classico, con tetti
spioventi di colore indaco e pareti bianche: l’aspetto era simile ad un
castello feudale giapponese.
Vennero fermati dalle
guardie poste all’ingresso che, una volta letto il loro permesso, li fecero
entrare: il daimyō venne loro incontro e li salutò.
Il suo paese era alleato di
Konoha e quindi li accolse affabilmente: era un uomo dalla corporatura
massiccia, con capelli e barba di un colore tendente al blu e occhi piccoli,
dalla forma allungata.
Nonostante le apparenze non
fossero affabili, l’uomo non era antipatico o indisponente come molti altri
daimyō.
Li invitò a sedersi e
riposare per il lungo viaggio, offrendo loro da bere e mangiare, che
consumarono scostando semplicemente la maschera per liberare la bocca: pochi
dovevano conoscere la loro identità, dopo tutto.
Itachi, rimessa la maschera
al suo posto si fece spiegare la situazione: il gruppo di briganti aveva preso
istanza nella foresta a nord della cittadella ed erano circa una dozzina di
uomini.
Non erano particolarmente
abili delle arti ninja, ma il paese dell’erba non contava molti shinobi validi
e i pochi mandati erano tornati a casa senza risolvere nulla.
Una volta capito il luogo
dove erano nascosti e preparate le armi, il Team partì immediatamente: prima finivano
la missione, meglio era.
Non parlarono per tutta la
durata del viaggio, così da evitare di essere localizzati da un’eventuale
avanguardia, ma non incontrarono nessun problema.
Arrivano al nascondiglio,
che era una grossa capanna fatiscente, senza difficoltà e si nascosero al
meglio tra la strana vegetazione del luogo: videro che vi era una guardia per
ogni lato della capanna così da avere il controllo completo sui dintorni; peccato
che Itachi e soprattutto Shisui fossero troppo veloci per essere localizzati.
Stesero le guardie senza
alcuna fatica e, mentre Shirai e Ayane facevano il giro da dietro come
concordato, loro aprirono la porta principale senza nemmeno preoccuparsi di non
fare rumore.
Il gruppo di briganti
all’interno era impegnato a bere e gozzovigliare e quindi si accorsero a mala
pena dei due fulmini che li attaccarono: non uccisero nessuno, non vi era
motivo, poiché nessuno oppose resistenza.
Shirai e Ayane, mentre i due
compagni tenevano occupati i nemici sgattaiolarono all’interno da una delle
finestre a pezzi e cercarono il rotolo: uno degli antagonisti si accorse della
loro presenza, ma fu mandato a terra da una scossa violenta di Shirai, che gli
fece rizzare i capelli.
Ayane riuscì finalmente a
trovare il rotolo, proprio mentre Itachi stendeva l’ultimo nemico con un colpo
al collo: erano tutti a terra privi di conoscenza, mentre i due Uchiha si
stagliavano al centro, senza nemmeno una goccia di sudore.
Quanto sono snervanti questi Uchiha? Stendono dodici nemici e
non sudano nemmeno!
Pensò Shirai avvicinandosi
ai compagni, mentre Ayane porgeva il rotolo al capitano, che con un cenno del
capo ordinò loro di seguirlo: i briganti sarebbero stati portati nelle prigioni
da alcuni shinobi dell’erba, che attendevano poco lontani dalla capanna.
Come missione era stata
semplice, fin troppo per un Team Anbu, e questo diede parecchio da pensare a
Shirai: era forse un modo per testare le sue capacità sia come shinobi che come
compagna di Team?
Quando ebbero consegnato il
rotolo al daimyō, questi insistette affinché si fermassero a riposare: avevano
compiuto la missione in tempi molto brevi e quindi potevano concedersi qualche
ora di sonno prima di tornare indietro.
Fu in quel momento che
Shirai chiese spiegazioni al capitano, appena il daimyō si fu allontanato per
mettere il rotolo al sicuro.
«Non mi sembrava una
missione per un Team Anbu» disse la ragazza.
«La Godaime ha mandato noi
perché quel rotolo è pericoloso: contiene una tecnica segreta di un clan di
questo paese, che ormai si è estinto. Quei briganti non dovevano conoscerne il
vero valore, ma non potevamo rischiare che venisse trovato da qualcuno di più
pericoloso: uno dei membri dell’Akatsuki faceva parte del paese dell’erba» le
spiegò Itachi.
«Oh capisco. Vado a riposare
allora, a dopo» disse Shirai, che seguì Ayane in una delle camere messe a loro
disposizione.
*
I
quattro shinobi erano ripartiti poco prima del tramonto: Shisui sbadigliava
ancora quando giunsero al confine con il paese del fuoco.
«Possibile
che tu abbia sempre sonno?» gli chiese Ayane, una volta varcata la frontiera.
«Ieri
notte ho dormito male… Avevo degli incubi in cui tu perdevi tutto il tuo
benessere…» le disse, divertito indicandosi il petto con gesti eloquenti.
Ayane gli lanciò un kunai
per punirlo, ma lui lo scansò abilmente.
Dovette intervenire Itachi,
dicendo di stare tranquilli fino a quando non avrebbero visto il portone di
Konoha: non potevano sapere chi era in ascolto tra il fitto della foresta.
Dopo
quella missione ne seguirono altre, di difficoltà sempre crescente, tanto che
in una Shirai rimase senza chakra per via dello strenuo combattimento contro
alcuni shinobi del suono e fu trasportata a casa da Itachi, con grande
imbarazzo.
*
Il
festival di Konoha di fine anno sarebbe iniziato il giorno ventotto e il Team
di Itachi rientrò proprio la mattina di quel giorno da un’altra missione:
questa era stata meno complicata delle precedenti, ma alcune ferite erano
presenti comunque.
Itachi
decise che per quella volta si sarebbe arrangiato da solo e, seguito da Shisui
con un solo graffio sulla guancia, se ne tornò al quartiere Uchiha, mentre le
due ragazze si diressero all’ospedale di Konoha dove Sakura le accolse
sorridente: le faceva sempre piacere vederle tornare sane e salve.
Curò
immediatamente le loro ferite, mentre canticchiava un allegro motivetto, che
fece rizzare le antenne da pettegole delle due kunoichi ferite.
«Neh,
Sakura. Come mai così allegra?» le chiese Shirai, mentre Ayane era tutta
orecchie.
«Oh
beh, sai… Sasuke mi ha invitata, anzi forse era quasi un ordine, ad andare con
lui al festival questa sera» rispose con voce musicale.
Le
due la guardano sbalordite prima di iniziare a complimentarsi con lei e
prenderla un po’ in giro.
Le
due kunoichi appena rientrate uscirono dall’ospedale come nuove e si avviarono
verso casa di Shirai: i genitori di Ayane erano impegnati e quindi l’amica
l’aveva invitata per il pranzo.
Trovarono
Kai già a casa, addormentato sul divano: Ayane si avvicinò per spiarlo ed emise
un versetto di apprezzamento.
«Il
tuo fratellino è così carino! Scommetto che ha una schiera di ammiratrici da
far concorrenza a quella di Sasuke!» disse Ayane, mentre Kai grugniva nel
sonno.
«Carino
quando dorme. Da sveglio è sempre la solita peste: prima della missione mi ha
cambiato lo shampoo con quello di Otōsan e puzzavo come un uomo!» le disse
Shirai, facendola ridere e svegliando Kai, il quale rimase un attimo sbigottito
dal trovarsi di fronte Ayane: non la vedeva da un po’ e non se l’aspettava quel
giorno.
Shirai
non lo aveva mai confessato alla sua amica ma Kai aveva un debole per lei,
perché diceva sempre : “ È il tuo opposto, Shirai : femminile e carina. Proprio
come la mamma”. E ovviamente tale affermazione sfociava in una lotta senza
quartiere, che veniva sedata solo dalle urla materne.
I
tre si ritrovarono seduti al tavolo, intendi a mangiare quando il campanello
suonò: fu Kai ad aprire e si trovò davanti Shisui, allegro e sorridente.
«Ohayō
Kei-kun! Ayane è qui?» chiese, mentre Kai lo faceva entrare.
«Sì,
sono di là a sistemare i piatti».
I
due raggiunsero le ragazze e Shisui si ritrovò a contemplare Ayane: da quando
Shirai era tornata al villaggio era molto più serena e ciò la rendeva ancora
più bella ai suoi occhi.
Era
innamorato di lei da quando aveva quindici anni, ma non le aveva mai detto
nulla per paura di rovinare il loro splendido rapporto di amicizia.
Però
quella sera l’avrebbe invitata al festival e ci sarebbero andati da soli.
Quando
si accorsero della presenza di Shisui, Ayane gli sorrise e, per la prima volta
da quando lo conosceva, lo vide diventare rosso in viso.
«Shisui,
cosa ci fai qui?» gli chiese, mentre asciugava un piatto passatole da Shirai.
«Semplice:
sono qui per invitarti a venire con me al festival questa sera» le disse,
afferrando poi il piatto che era scivolato dalle mani dell’amica: ovviamente
era denominato fulmineo non per niente.
Shirai
e Kai lo guardavano sbalorditi ogni volta che lo vedevano usare quella sua
straordinaria abilità.
Ayane
lo stava guardando a bocca aperta da un paio di minuti quando lui le rifece la
domanda: si limitò ad annuire e, soddisfatto, il ragazzo se ne andò.
«Neh
Ayane-chan. Respira o morirai» le disse Shirai, accortasi che l’altra aveva
trattenuto davvero il respiro.
Ayane
la guardò, prima di emettere un gridolino, in completo panico: «Non ho lo
yukata da mettere!».
Shirai
sospirò e, mettendole le mani sulle spalle, le disse: «Neh, ti ricordi che i
miei hanno un negozio, vero? Andremo a cercarne uno là: non dovrai nemmeno
acquistarlo se non lo rovini. Te lo presteremo».
Gli
occhi di Ayane si riempirono di lacrime per la commozione:«Arigatō Shirai. Sei
davvero un’amica. Però… Se vado con Shisui tu rimarrai da sola».
«Ti
pare un problema questo? Mi farò una passeggiata e tornerò a casa, quindi
tranquilla e andiamo: dopo pranzo al negozio c’è sempre meno gente» la
tranquillizzò Shirai, prima di prendere la porta di uscita e notare che Kai le
seguiva.
«Non
fare quella faccia, devo prendere qualcosa anche io. Ci vado con una Hyūga. Non
Hanabi, idiota» le disse, anticipando la sua ovvia domanda.
Shirai
mise il broncio quando lui non gli disse chi fosse la Hyuga con la quale doveva
vedersi, ma le passò subito vedendo che al negozio vi erano sia Ino che Sakura.
Le
due ragazze erano in contemplazione di alcuni yukata e si accorsero della
presenza di Shirai solo quando questa disse ad Ino che il blu le sarebbe stato
decisamente bene.
La
bionda kunoichi sorrise e seguì Hisako nel retro del negozio dove le avrebbe
fatto provare lo yukata: Sakura invece era ancora indecisa su due, uno dai toni
rossi e uno verde.
Shirai
guardò i due capi con intensità, prima di decretare che il migliore per Sakura
fosse quello verde: l’amica le sorrise raggiungendo Ino nel retro.
Ayane
nel frattempo stava guardando gli altri appesi alle pareti del negozio e più ne
vedeva, meno riusciva a decidere quale prendere.
Shirai
la vide disperarsi sempre di più e con un risolino, le afferrò la mano
trascinandola in un’altra parte del negozio dove vi erano quelli più belli.
«So
già quale sia quello adatto a te. Devo solo vedere se mio padre mi permetterà
di prenderlo» le disse Shirai.
Quando
Ayane vide i kimono e yukata in quella parte del negozio rimase a bocca aperta:
erano sicuramente di pregiata fattura e i colori erano accesi.
Shirai
la mise davanti ad uno in particolare: aveva lo sfondo nero sul quale erano
ricamati i bordi di fiori rossi e bianchi, accompagnati da furin di colore
leggermente violetto. L’obi era rosso pieno: Shirai lo aveva scelto poiché
ricordava gli Uchiha con il rosso e il nero come colori predominanti.
Ayane
rimase sbalordita dalla bellezza del capo, ma voltandosi verso Shirai le disse
che non poteva accettarlo in prestito: se lo avesse rovinato se ne sarebbe
rammaricata per sempre.
Akito,
il padre di Shirai, intervenne, dicendo: «Inizia a provarlo, poi deciderai il
da farsi Ayane-chan. Non c’è nessun problema se vuoi solo prenderlo in
prestito: mi fido pienamente della tua cura, a differenza di qualcun altro qui
presente».
Shirai
gli tirò fuori la lingua, facendo scuotere il capo al padre, il quale prese lo
yukata appeso e lo porse alla figlia, che si fece seguire da Ayane nel retro.
Qui
la Uchiha si spogliò e rimanendo ferma si fece vestire dall’amica, che fin da
piccola aveva imparato come indossare kimono e yukata, grazie agli insegnamenti
della madre.
Le
tre kunoichi, Ayane, Sakura e Ino, uscirono in contemporanea dal retro del
negozio guardandosi a vicenda ed esclamando all’unisono ed iniziando a ridere
per quella strana sincronia:
«Stai
benissimo!».
Shirai
sorrise della felicità delle tre, invidiandole un po’ poiché loro avevano un
motivo per volersi abbigliare nel miglior modo possibile: una mano la riscosse
dai suoi pensieri.
Sua
madre la guardava sorridendo e facendole segno di seguirla: la portò
nell’ufficio adiacente il negozio, dove venivano archiviate le pratiche di
ordini e vendite e qui Shirai vide uno yukata appeso.
«Okaasan,
non è necessario per me. Vado alla festa solo per dare un’occhiata» le disse
Shirai, ma la madre si limitò a sorriderle.
«Indossalo
per me, Shirai».
E
quella richiesta non poteva di certo essere ignorata dalla ragazza che amava la
madre più di ogni altra cosa.
*
Ayane,
Ino e Sakura camminavano in gruppo verso il centro di Konoha dove vi era il
cuore del festival: lì si sarebbero incontrate con i rispettivi accompagnatori,
anche se Ino continuava a ripetere che Shikamaru non lo fosse.
I
ragazzi del villaggio indossavano yukata molto meno appariscenti di quelli
femminili: erano per lo più di colore scuro, come il nero e il blu.
Ed
infatti i tre che le aspettavano non erano diversi: Shikamaru ne indossava uno
verde scuro con obi più chiaro, Sasuke uno blu notte con obi nero e Shisui ne
indossava uno nero con obi bianco. Entrambi gli Uchiha avevano lo stemma del
clan ricamato da qualche parte: Sasuke su entrambe le maniche, mentre Shisui
sul lato sinistro del petto.
Le
tre ragazze sorrisero ai loro accompagnatori che, a parte Shisui sempre aperto,
si complimentarono imbarazzati per i loro yukata.
«Ayane-chan,
vestita così mi fai venire un infarto» disse Shisui, per l’appunto, facendola
arrossire.
«Pianta
di fare il buffone» rimbeccò lei, per farsi passare l’imbarazzo, che ritornò
ancora più forte quando lui le afferrò sicuro la mano, mettendosela
sull’avambraccio e chiedendole dove volesse andare.
Si
accordarono per ritrovarsi in quel luogo qualche istante prima dell’inizio dei
fuochi e si divisero.
Sakura
e Sasuke erano davanti allo stand dei pesci rossi quando videro Saori e Itachi
insieme: la ragazza era ancora allacciata al braccio dell’altro e Sasuke
sbuffò.
Sakura
gli sorrise e disse che, nonostante tutto, non poteva negare che insieme
facevano un gran bella figura: lei indossava uno yukata viola chiaro con
piccoli fiori rosa e bianchi ricamati dappertutto, mentre l’obi era bianco
candido.
I
capelli erano raccolti in un elaborato chignon tenuto fermo da kanzashi che
avevano all’estremità dei fiori rosa e viola.
Itachi
ne indossava uno nero con l’obi rosso e lo stemma degli Uchiha ricamato sulla
schiena, in grande, come a simboleggiare il suo orgoglio di far parte del clan.
Molti
si voltavano a guardarli e Saori si godette le attenzioni e invidie di tutti
gli abitanti di Konoha con un sorriso soddisfatto.
Itachi,
vedendo il fratello, si avvicinò per salutare: Sasuke gli lanciò uno sguardo
misto tra compatimento e risentimento.
Sapeva
che suo fratello si stava sforzando di passare il suo tempo libero con Saori,
così da tener buono suo padre, il quale si era professato parecchio felice di
vedere che i due andavano d’accordo, dimenticandosi di Shirai.
«Sakura-san,
lo yukata ti sta molto bene» disse l’Uchiha maggiore.
«Arigatō,
Itachi-san. Tutto merito di Shirai che mi ha aiutata a scegliere» rispose la
rosa, sorridendo.
«Dovrebbe
usare lo stesso gusto nel scegliere il suo abbigliamento» si intromise Saori,
facendo sbuffare apertamente Sasuke, il quale salutò di fretta i due e si
allontanò, trascinandosi dietro Sakura.
«Sasuke,
è stato molto maleducato il tuo comportamento» lo riprese la ragazza.
«Non
me ne importa. Quella vipera è sempre pronta a criticare chiunque e mi da sui
nervi» rispose lui.
«Ti
da fastidio perché i suoi insulti sono sempre rivolti a Shirai. Neh, Sasuke non
è che hai un interesse per lei?» lo prese in giro, facendolo voltare di scatto.
«Se
lo avessi avuto in questo momento sarei in giro con lei, Sakura» le rispose
sincero, facendola arrossire di botto.
«Lasciamo
perdere quei due e godiamoci il festival» le disse poi il moro, avvicinandosi a
un chiosco che vendeva alcune buffe maschere.
Ino
e Shikamaru, invece, si erano seduti su una panchina a mangiare dei takoyaki:
la bionda kunoichi, per una volta, non aveva la solita coda, ma un grazioso
chignon che le lasciava il viso interamente scoperto.
Shikamaru
non lo avrebbe mai ammesso, ma quando l’aveva vista si era reso conto di quanto
Ino fosse bella: lo aveva sempre saputo, ma così vestita lo era ancora di più.
«Neh,
perché mi fissi? Ho qualcosa in faccia?» gli chiese la voce di Ino,
risvegliandolo dal suo stato contemplazione.
«No,
non hai nulla in faccia. Sei perfetta, Ino» le rispose, facendola arrossire.
«Cosa
dici, Shikamaru!» rispose lei, per nascondere l’imbarazzo.
«Lo
dici sempre anche tu, no? Allora perché io non dovrei?» le chiese il genio,
vedendo che Ino guardava tutt’altro che lui.
«Sentirselo
dire proprio da te suona strano. Non hai mai fatto nessun complimento…
Soprattutto a me».
«Questo
perché è una seccatura dire cose ovvie, Ino» disse di nuovo il ragazzo, che
credeva di essere diventato matto: la bocca e la voce agivano da sole, sebbene
il cervello dicesse loro di tacere.
Ino
non disse nient’altro alzandosi, gettando la carta dei takoyaki e allungando
una mano verso il pigro ragazzo: «Andiamo, pigrone. Voglio vedere le
bancarelle».
Shikamaru
sbuffò, ma accettò la mano della ragazza e come Shisui prima di lui se la mise
sull’avambraccio, infilandosi poi le mani in tasca e dirigendosi con una solare
Ino verso il centro del festival.
L’unica
che quella sera era in giro in solitaria era Shirai: aveva incontrato Hinata e
Tenten in compagnia di Lee e Neji, oltre che Kiba in compagnia di Hanabi.
La coppia
l’aveva lasciata sbalordita, ma la Hyūga aveva precisato che era lì con quel
troglodita perché aveva perso una scommessa.
Poi
intravide suo fratello minore ed era in compagnia niente di meno che di Kyoko
Hyūga che aveva tra le braccia un dolce orsacchiotto bianco, vinto
probabilmente dal ragazzo.
Shirai
decise che per quella sera lo avrebbe lasciato in pace e rimandò le prese in
giro al giorno successivo.
Si
ritrovò davanti al chiosco dove, guarda caso, venivano venduti i dorayaki e ne
prese due da gustarsi in solitaria su una delle panchine.
Mentre
camminava verso la sua meta, il pacchetto ancora caldo tra le mani, vide Itachi
e Saori camminare verso di lei, voltati verso una delle bancarelle: sperò che
non la vedessero, o riconoscessero, ma ovviamente la fortuna non era nemmeno
quella volta dalla sua parte.
Saori
la individuò immediatamente e, dopo un attimo di stupore, disse: «Shirai?».
Mi scuso
per il notevole ritardo, ma è stato davvero uno strano periodo per me! Spero che
da ora in poi riuscirò ad essere più puntuale negli aggiornamenti, ma non vi assicuro
nulla!
Lena
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Capitolo 21 *** Twenty-first. ***
shirai
Twenty-first.
Ino
e Shikamaru erano davanti al chiosco che vendeva gioielli di bigiotteria e vari
oggetti per capelli o la bellezza in generale: la ragazza stava contrattando
con il venditore sul prezzo di un kanzashi, quando Shikamaru ne attirò
l’attenzione.
La
bionda kunoichi guardò verso la direzione indicatele dal compagno e vide Shirai
ferma di fronte a Saori e Itachi.
«Oh,
non sembra nemmeno lei vestita così» disse Ino, mentre Shikamaru si limitava ad
annuire.
L’utilizzatrice
del Raiton indossava un kimono dai colori caldi: era composto da sfumature che
andavano dall’arancione al giallo, mentre l’obi era rosso. Non aveva
particolari ricami, ma le gradazioni di colori estivi lo rendevano
particolarmente bello nella sua semplicità.
Al
posto del solito chignon, aveva arrotolato una treccia, fermandola con un
kanzashi dai fiori gialli e arancioni: stava molto bene così e per una volta
sembrava la ragazza che era.
Saori
era rimasta bloccata nel vedere quanto Shirai fosse diversa vestita come una
ragazza e si azzardò a lanciare uno sguardo al suo accompagnatore, trovandolo
con il solito sguardo stoico e indifferente.
In
quel momento si rese conto che non riusciva a leggere le emozioni nascoste
sotto il suo cipiglio serio, non come al solito: Itachi aveva mascherato
qualsiasi sensazione al di sotto di strati e muri, costruiti con abilità negli
anni di vita da shinobi.
«Oh,
konnichiwa Saori-san, Itachi-san» disse Shirai, sorridendo ad entrambi «Lo
yukata che indossi è davvero magnifico, Saori-san» si complimentò la ragazza,
senza dire nulla sull’abbigliamento del capitano.
«Mh,
grazie» rispose l’altra senza, ovviamente, ricambiare i complimenti.
«Ora
vado a mangiare i dorayaki, passate una buona serata» li salutò Shirai,
inchinando leggermente il capo ed andandosene.
La
coppia la guardò andarsene e poi proseguì verso la bancarella dove Saori voleva
recarsi prima dell’incontro: mentre la ragazza guardava una stoffa
particolarmente pregiata, Itachi si azzardò a lanciare uno sguardo alle spalle,
vedendo che Shirai parlava con Shikamaru e Ino.
Lo
aveva stupito, non poteva negarlo: non era abituato a vederla vestita in quel
modo, ma sempre con vestiti comodi o da kunoichi.
La
osservò sorridere ai suoi amici e poi allontanarsi in mezzo alla folla, diretta
probabilmente in un luogo dove mangiare i dorayaki: Itachi si ricordò in quel
momento che aveva ancora una chiacchierata in sospeso con lei, ma doveva
rimandarla ad un altro giorno poiché non poteva abbandonare Saori, non quando
era stato lui da invitarla.
I
fuochi d’artificio iniziarono verso le undici e Shirai si era rifugiata sulla
testa di pietra del Sandaime per guardarli, ovviamente in solitaria: i fiori di
fuoco esplosero nel cielo tingendolo di rosso, giallo, azzurro e altri colori
sgargianti.
Il
rombo delle esplosioni rimbombava nella cassa toracica delle ragazza e nelle
orecchie, ma non era fastidioso.
Il
finale fu la parte migliore: le esplosioni di colore si susseguirono
rapidamente creando un’enorme fontana di fuoco dai colori aranciati e
rossastri.
Alla
fine dello spettacolo pirotecnico la popolazione di Konoha applaudì e con lei
anche Shirai, con un bel sorriso stampato.
Decise
di scendere dalla testa del Sandaime e andarsene a casa, ma percepì il chakra
di Sakura e Sasuke in avvicinamento e decise di salutarli prima di andarsene.
«Sapevamo
di trovarti qui, Shirai» le disse Sakura, ridacchiando.
«Sono
piuttosto prevedibile, neh?».
«Decisamente.
Hai visto nii-san stasera?» le chiese Sasuke.
«Hai! Era con Saori. Indossava un gran
bello yukata, neh?» rispose Shirai, mantenendo il sorriso.
«Mh.
Lo yukata era davvero come dici, ma lei è sempre la solita vipera appiccicosa»
rispose il moro, con un cruccio sul viso.
«Yare,
Yare, Sasuke. Non dovresti parlare così della ragazza di tuo fratello!» disse
Shirai, ridacchiando per l’espressione dell’Uchiha, che voleva essere
arrabbiata, ma lo rendeva un po’ ridicolo.
Non
riusciva a capire perché lui non sopportasse Saori in quel modo: era forse la
sua gelosia verso il fratello?
«Ora
vado a casa, ragazzi! Passate un buon fine serata, neh? Ci vediamo domani in
giro! Buonanotte!» disse Shirai che scomparve dalla loro vista appena loro
ebbero ricambiato i saluti.
La
ragazza sapeva che lo yukata non era adatto a saltare da un tetto all’altro e
decise di andare a casa camminando come una normale cittadina di Konoha,
riuscendo così ad apprezzare la fine del festival.
Le
famiglie si stavano dirigendo a casa, con i bambini al seguito che parlavano in
modo entusiasta dei fuochi, descrivendoli con il loro modo infantile.
Le
coppiette camminavano vicine, tenendosi per mano o a braccetto, e si
scambiavano sussurri e dolci parole. I chioschi erano ancora al lavoro,
servendo gli ultimi paesani che avevano ancora fame o volevano prendere qualche
oggetto, il quale aveva attirato la loro attenzione.
Shirai
non vide nessuno dei suoi amici e un pensiero divertente la fece sghignazzare
da sola: se li era immaginati nascosti da qualche parte a scambiarsi effusioni.
Al
pensiero di Sasuke che diceva parole dolci a Sakura dovette trattenersi dallo
scoppiare a ridere, donde evitare di sembrare una matta: peccato che qualcuno
la trovasse già completamente fuori di testa.
Infatti
una voce profonda le chiese: «Hai bevuto di nascosto o sei impazzita
completamente, Shirai?».
Voltandosi
alla sua destra vide Itachi Uchiha, da solo, appoggiato ad un muro tra un
chiosco di maschere e uno di stoffe: i venditori guardarono con stupore e
timore il genio degli Uchiha, seguendo i suoi movimenti con circospezione.
Alcuni
dei negozianti erano esterni al villaggio di Konoha ed erano giunti lì da altri
piccoli paesi nella Terra del Fuoco e conoscevano Itachi e il Clan Uchiha solo
per le leggende dove venivano descritti come shinobi straordinari e spietati.
Itachi
si avvicinò a Shirai, la quale iniziava seriamente a credere di avere la
sfortuna appollaiata sulle spalle e, una volta che le fu davanti, sovrastandola
con i suoi otto centimetri di differenza, le chiese:
«Perché
non mi hai mai raccontato nulla?».
«Eh?
Di cosa stai parlando, Itachi?».
Lui
la guardò un attimo e, dopo essersi passato una mano tra i capelli che
sfuggivano alla coda per la frustrazione, le disse: «La sera in cui abbiamo
salutato Naruto, Sasuke mi ha fatto notare che avevi qualcosa che non andava e
quindi ti ho seguita quando te ne sei andata con lui e Sakura» le disse,
facendola prima impallidire e poi assumere una faccia infastidita.
«Dovresti
smetterla di origliare le mie confessioni … Sembri un fastidioso spione»
rispose lei, con la seria intenzione di troncare lì la discussione.
Peccato
che Itachi fosse di tutt’altro avviso e le chiese perché non gli avesse mai
raccontato nulla, preferendo farlo con Sasuke e Sakura.
«Perché non ero pronta ad affrontare quell’argomento con te, Itachi. È un
episodio molto duro della mia esperienza a Kumo e, inoltre, ti sei espresso
chiaramente: non vuoi che io mi innamori di uno shinobi straniero» fece una
pausa e aggiunse, guardandolo da sotto in su «Avevo paura della tua reazione se
ti avessi confessato di essermi innamorata di Taichi».
Itachi
la guardò un attimo, prima di sospirare, incredulo di fronte alla poca fiducia
che avesse in lui, ma non poteva biasimarla: erano stati lontani tanto tempo e
dovevano imparare a conoscere i cambiamenti avvenuti nell’altro durante quel
periodo.
«Ora
ti senti pronta a raccontarmela?».
«Non
credo ce ne sia bisogno, dopo tutto hai sentito tutto, neh?» gli chiese,
retoricamente, piegando la testa di lato e sorridendogli lievemente.
«Sì,
ho sentito tutto, ma voglio che me lo racconti guardandomi in faccia, come hai
fatto con gli altri» le disse, facendola sbuffare.
«Itachi,
non è facile per me ripercorrere quei momenti e non ho intenzione di farlo,
nemmeno per te. Dovrai accontentarti di sapere tutto perché hai spiato. Fine
della questione» gli disse, prendendo a camminare e venendo raggiunta
dall’Uchiha che l’affiancò.
«D’accordo,
ma posso farti una domanda?».
«Mh».
«Lo
prendo come un sì. Sei ancora innamorata di lui?» le chiese, facendola
bloccare, testa bassa e spalle piegate, come se fosse sotto il peso di un
macigno.
Si
voltò poi verso di lui e con un sorriso sereno, rispose: «Hai!».
Itachi
rimase completamente paralizzato davanti a quella risposta, perché in quel
momento capì quale fosse la ragione che lo spingeva a seguire Shirai ovunque,
anche solo con lo sguardo quando lei non se ne accorgeva nemmeno, troppo presa
a ridere e prendere in giro qualcuno.
Il
suo rapporto con Shirai stava mutando ed ora che ne era consapevole si
ritrovava di fronte a un grosso problema: come poteva farle dimenticare Taichi?
Come poteva battersi contro un morto per lei?
*
Il
tempo scorreva inesorabilmente e Konoha si ritrovò ben presto nella seconda
metà del mese di Gennaio: quell’anno aveva anche lievemente nevicato e i
bambini del villaggio ne erano rimasti entusiasti, prendendo a palle di neve
chiunque capitasse loro a tiro.
Persino
Itachi non era rimasto immune ai loro scherzi e la mattina del venti di quel
mese entrò nell’archivio con i capelli umidi e ancora qualche pezzo di neve
addosso.
Shirai
scoppiò a ridere di fronte a quella vista e gli chiese, quando ne ebbe il
fiato, perché non le avesse semplicemente schivate.
«Shisui
mi ha tenuto fermo… Ed è stato lui quello che mi ha preso in testa» le rispose,
facendola ridere ancora di più.
Saori
entrò in quel momento e, se Itachi era un po’ bagnato, lei era fradicia:
l’acqua le gocciolava dai vestiti e dai capelli, formando delle piccole
pozzanghere sul pavimento liscio e lucido.
Shirai
cercò di trattenersi dal ridere, ma proprio non vi riuscì e questo causò la
rabbia di Saori che attivò lo Sharingan, minacciandola di usare un genjutsu se
non avesse smesso di ridere.
La
ragazza prese dei respiri profondi, più che altro perché era senza fiato e non
per la minaccia dell’Uchiha, che aveva preso a tremare per il freddo.
Si
propose quindi di recuperare loro degli asciugamani ed uscì dall’archivio,
diretta verso il deposito presente nel palazzo e tornò dai due pulcini bagnati
in fretta: trovò Itachi senza maglia, poiché impegnato a strizzarla in uno dei
cestini vuoti.
Shirai
rimase un attimo bloccata e, nonostante sapesse che sia lui sia Saori la
stessero guardando, diede una bella occhiata: Itachi era sufficientemente
muscoloso, con gli addominali ben definiti e la pelle solcata da alcuni segni.
Cicatrici
di qualche nemico abbastanza abile, o molto fortunato, che era riuscito a
colpirlo. Solo la voce seccata di Saori la fece rinsavire e vide un ghigno
divertito sulle labbra di Itachi: un sorriso che prometteva prese in giro a non
finire.
Lo
vide togliersi l’elastico dai capelli e, afferrata la salvietta portagli da
Shirai, prese a frizionarli, mentre Saori faceva lo stesso con i suoi.
Vide
poi la ragazza estrarre un rotolo dalla sacca bianca in dotazione ad ogni
shinobi e, dopo i sigilli, apparvero degli abiti di ricambio per lei e per
Itachi.
La
vista le fece storcere il naso: erano così intimi che lei si portava un cambio
anche per lui appresso?
Shirai
decise di lasciarli soli ad asciugarsi e si diresse al suo luogo di lavoro,
quando Shikamaru entrò nell’archivio e doveva essere un’emergenza: sembrava
trafelato e Nara Shikamaru non lo era mai.
«Itachi-san,
abbiamo bisogno di te e dello Sharigan. Shizune-san ha finito con l’autopsia»
disse il ragazzo.
L’autopsia
a cui si riferiva era quella che Shizune aveva eseguito sul corpo di Pain che
Jiraiya aveva mandato in punto di morte a Konoha, insieme ad un messaggio, per
la cui decifrazione l’intervento di Naruto era stato essenziale e uno shinobi
di Amegakure, sotto interrogatorio da parte del padre di Ino.
Dovevano
scoprire tutto ciò che sapevano su Pain, poiché oltre ad essere il capo
dell’Akatsuki era anche incredibilmente potente. Dopotutto era riuscito a
sconfiggere Jiraiya.
Shirai
e Saori rimasero quindi da sole nell’archivio: la prima riprese a lavorare,
mentre l’altra si mise a riflettere sul motivo per cui avessero bisogno dello
Sharingan per decifrare i risultati di un’autopsia.
Itachi
non rientrò per tutto il giorno, lasciandole lavorare nel silenzio, rotto solo
dalle fusa di Kuro, che aveva raggiunto Shirai dopo pranzo.
Itachi,
in compagnia di Shizune e Shikamaru cercava di capire a cosa potessero servire
le sbarre estratte dal cadavere di uno dei nemici combattuti da Jiraiya: il
braccio destro della Godaime li aveva informati che erano fatti di un materiale
strano.
Con
lo Sharingan attivo, Itachi vide delle leggere tracce di chakra residuo e
l’ipotesi che passò per il suo cervello geniale fu una, che venne prontamente
esplicata agli altri.
«Credo
che quelle sbarre siano sensibili al chakra. Riesco a vederne delle tracce.»
Shizune
allora concentrò un po’ di chakra nella mano, ma la sbarra non si mosse né
cambiò caratteristiche. Shikamaru intanto continuava a ponderare su ciò che
Itachi aveva detto e concluse che poteva esserci sono una spiegazione a quelle
sbarre.
«Reagiscono
solo ad un chakra particolare. Probabilmente a quello di Pain» disse.
*
Gennaio scivolò tranquillo
verso la sua fine, che decretò anche la chiusura della punizione per Shirai,
Saori ed Itachi: ovviamente per la prima significava che da quel giorno in poi
tutti sarebbero stati dedicati all’allenamento, tra una missione e l’altra,
anche se Tsunade tendeva a lasciare uscire poco gli shinobi del villaggio,
poiché sospettava che prima o poi l’Akatsuki sarebbe venuto alla loro porta per
prendersi Naruto e il Kyūbi.
Così Shirai iniziò ad
allenarsi duramente con Itachi, il quale la fece combattere sia contro Ayane
che contro Shisui, risultando in un pareggio il primo e in una sconfitta totale
il secondo.
Shirai sentiva di essere
migliorata molto grazie ad Itachi, il quale le aveva anche chiesto se avesse
stipulato un contratto con qualche animale da evocare al bisogno.
Itachi le suggerì di scegliere
un animale che avesse una buona difesa, poiché, nonostante il suo chakra fosse
aumentato, se usava la Raiton No Yoroi quando lanciava il Railgun di questo
riusciva a scagliarne solo due e con fatica.
Shirai lo guardò dubbiosa,
non sapendo quale animale scegliere ed Itachi le suggerì l’armadillo.
Entrarono in un ala
dell’archivio riservata dove vi erano enormi rotoli ricoperti di polvere: altri
non erano quelli usati per stipulare un contratto con un animale da evocare.
Shirai vide Itachi cercare
quello che serviva e uscire di nuovo dall’archivio: qui aprì il rotolo e le
fece cenno di avvicinarsi.
«Ora devi mettere la tua
firma qui. E la devi fare con il sangue, Shirai» le spiegò, mentre lei
impallidiva, ma afferrava comunque un kunai e si incise il polpastrello
dell’indice della mano destra sufficientemente a fondo per scrivere il suo
nome.
Una volta finito Itachi le
mostrò i segni - cane, cinghiale, gallo, scimmia e pecora – e le disse di
poggiare la mano a terra.
Shirai eseguì, mettendo una
quantità non troppo alta di chakra nella tecnica e davanti a lei apparve un
armadillo di medie dimensioni: era di colore blu scuro, con un musetto
allungato, orecchie non molto grandi a punta, coda dalla forma conica, una
corazza spessa e all’apparenza molto forte e delle zampe tozze con artigli non
molto lunghi.
«Majiro-kun è pronto alla
battaglia!» disse l’animaletto con voce nasale e muovendo il musetto come se
stesse fiutando qualcosa «Dove sono i nemici?».
Si voltò verso Shirai ed
Itachi guardando prima una e poi l’altro in successione.
«Oh! Tu sei quella che ha
stipulato il nuovo contratto? Era da molto che nessuno lo faceva!» le disse
avvicinandosi e facendole notare che era alto poco meno di lei.
«Sono Shirai Nakamura, lieta
di fare la tua conoscenza Majiro-san».
«Puoi chiamarmi Majiro! Per
ora riuscirai ad evocare solo me ed è già un buon risultato. Ci alleneremo per
vedere dove posso esserti utile, d’accordo?» le disse «Però da domani. Ora devo
riferire al Re degli Armadilli che sei adatta a divenire la nostra evocatrice»
aggiunse, prima di salutare e sparire in una nuvola di fumo bianco.
Shirai si voltò verso Itachi
e, felice, lo abbracciò di slancio ringraziandolo per averla aiutata,
riservandosi uno sguardo vacuo dall’altro, che non era abituato a certe
dimostrazioni di affetto da parte sua, non nell’ultimo periodo.
«Andiamo, ci alleneremo tra
di noi. Chiama il tuo gatto, voglio vedere se è abbastanza maturo per essere
usato in battaglia» le disse, mentre Shirai annuiva e lanciava le tre onde di
chakra per richiamare Kuro.
*
Si
allenarono con Majiro l’armadillo ogni giorno e grazie a lui Shirai ora poteva
lanciare quattro Railgun, poiché non doveva più preoccuparsi della propria
difesa: per testare la potenza del colpo i due shinobi si erano allontanati dal
villaggio, ma anche così a Konoha si sentivano le esplosioni dovute al loro
allenamento.
«Speriamo
che non ci sia mai la necessità di usare uno di quei cosi all’interno del
villaggio: farebbe moltissimi danni» disse Ino alle altre, quando una nuova
esplosione riverberò nell’aria.
«Sono
sicura che Shirai lo userà solo se estremamente necessario, non ti preoccupare»
rispose Tenten, mentre Hinata confermava con un cenno del capo
«Speriamo
non lo usi contro Saori. Vi immaginate se dovesse carbonizzarla? Gli Uchiha si
rivolterebbero tutti contro di lei!» disse Sakura, mentre Sasuke sbuffava.
«Io
non lo farei, anzi le stringerei la mano e la ringrazierei. E fidati non siamo
in pochi a pensarla così. Saori è indisponente anche verso i suoi compagni di
Clan. Lo è persino verso di me, anche se sono il fratello di Itachi» disse
Sasuke.
Il
gruppo rimase un attimo in silenzio, sentendo il chakra di Shirai – debole come
sempre dopo gli allenamenti con Itachi - in avvicinamento: la videro spuntare
alla fine della via con il suo pacchetto di escoriazioni, lividi e sudore.
Sakura
si alzò immediatamente e prese a curarle le ferite più importanti, anche se non
erano per nulla gravi: se Itachi avesse fatto davvero sul serio Shirai sarebbe
stata ridotta a un colabrodo.
*
Tra
allenamenti e missioni varie gennaio si trasformò in febbraio: Naruto era ormai
via da due mesi per il suo allenamento speciale con i Rospi e dall’Akatsuki non
vi era nessuna notizia.
La
Godaime, però, non era per niente tranquilla: era sicura che quella fosse la
quiete prima della tempesta e teneva tutti gli shinobi di Konoha sempre
all’erta.
Shirai
quella mattina del dodici febbraio stava camminando verso il campo di
allenamento numero zero quando sentì la prima esplosione proveniente dal
quartiere a nord del villaggio: voltandosi verso la direzione da dove era
provenuto il fragore, vide del fumo nero alzarsi in volute.
«Cosa
sta succedendo?» si chiese, mentre altre esplosioni si succedevano una dietro
l’altra.
Shirai
decise di fare l’unica cosa sensata che le venisse in mente: raggiungere
Itachi.
E sono di nuovo in ritardo assurdo... Odiatemi pure... ç_ç
|
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Capitolo 22 *** Twenty-second. ***
Twentysecond
Twenty-second
Shirai correva verso Itachi,
mentre il resto degli shinobi si raggruppava per andare a controllare cosa stesse
succedendo ed alcuni si dirigevano dalla Godaime per informarla dell’accaduto e
attendere ordini.
Shizune nel frattempo aveva
notato una cosa particolare nelle sbarre di ferro che stava analizzando. Dopo
la prima esplosione, talmente forte che l’aveva sentita anche lei, avevano
iniziato a vibrare leggermente come se rispondessero a un segnale e alla fine
capì: colui che aveva attaccato Konoha era sicuramente Pain, capo dell’Akatsuki
e assassino di Jiraiya.
Ino, Sakura e Hinata erano
poco lontane dal luogo dell’esplosione e furono le prima a giungere in
soccorso: alcuni dei civili, purtroppo, erano al di là delle loro possibilità,
poiché già deceduti, ma riuscirono a salvare parecchie persone tirandole fuori
dalle macerie.
Mentre Ino stava sistemando
una gamba rotta, un enorme essere simile a un gigantesco millepiedi, di colore
arancio e con occhi viola, fece la sua apparizione: mentre Sakura caricava il
colpo, qualcuno la anticipò tagliando la testa dell’animale di netto.
Su uno dei palazzi ancora in
piedi vi era Sasuke dalla cui mano destra usciva ancora qualche scintilla: la
sua Chidori Eisō aveva ucciso il millepiedi.
«Sakura va’ all’ospedale! Li
avranno bisogno di te sia per curare i feriti sia per dirigere tutto:
Shizune-sama è ancora impegnata con l’autopsia. Va’, veloce» le disse Sasuke,
prima di aggiungere «Stai attenta» e sparire.
Ino e Hinata, dopo avere
aiutato Sakura a portare i feriti all’ospedale e affidati quelli in grado di
camminare ad Iruka, che si stava preoccupando di portare la popolazione civile
nei rifugi sulla montagna degli Hokage, si diressero al palazzo della Godaime
per sentire gli ordini.
Purtroppo qualcuno le
attaccò prima e si ritrovarono davanti un ragazzo dai capelli arancioni corti e
otto barre di metallo piantate ai lati del naso.
Le due kunoichi si fermarono
di colpo sentendo una strana aura provenire dal ragazzo loro dinnanzi: Hinata
decise di controllarlo con il Byakugan e rimase senza parole.
Quel ragazzo aveva del
chakra, ma non scorreva all’interno dei suoi canali.
Quel ragazzo era morto e si
muoveva solo grazie a quei pezzi di metallo conficcati nel suo corpo di
cadavere.
*
Il Clan degli Uchiha era già
in assetto da guerra dopo la seconda esplosione: avevano mandato i civili con
il resto della popolazione del villaggio e ora coloro che erano in grado di
battersi si stavano dirigendo verso il luogo dell’esplosione.
«Saori!» chiamò la voce
autoritaria di Hideki «Dov’è Itachi-san?».
«Doveva incontrarsi con la
sua compagna di Team per gli allenamenti al campo zero: probabilmente si sarà
già diretto verso il luogo dell’esplosione» disse la ragazza, mentre il padre
borbottava sulla perdita di tempo per allenare una kunoichi poco dotata come
Shirai.
Shisui e Ayane erano come
sempre vicini: il ragazzo aveva già il Mangekyō pronto e ciò preoccupò ancora
di più la sua compagna di Team.
Shisui volse il suo sguardo
terrificante verso di lei e le sorrise: «Neh, Ayane-chan. Se Konoha sopravvivrà
a tutto questo e noi saremo qui per vedere l’alba di domani, ci sono molte cose
che devo dirti».
Ayane annuì e rispose:
«Credo di avere anche io qualcosa da dire, Shisui».
E poi entrambi partirono
verso la battaglia, consapevoli che, forse, quella era l’ultima volta che si
sarebbero visti.
Sakura aveva preso in mano
le redini dell’ospedale ormai da quasi un’ora quando sentì i chakra di tanti
aumentare, segno che stavano combattendo: soprattutto quello di Kakashi le
sembrava particolarmente attivo.
«Stai attento,
Kakashi-sensei» sussurrò la kunoichi dai capelli rosa, ormai completamente
madidi di sudore, prima di iniziare a curare un altro ferito, l’ennesimo e
sicuramente non l’ultimo di quella giornata.
Tsunade, dopo aver decretato
lo stato di emergenza, si era posizionata sul tetto del palazzo e da lì aveva
evocato la sua lumaca gigante Katsuyu, la quale si era divisa in tante altre di
dimensioni minori, che si erano riversate in paese per prestare soccorso ai
vari feriti e anche per fungere da filo di comunicazione.
Shirai correva verso il
campo zero quando sentì il chakra di Itachi avvicinarsi: decise di aspettare il
suo capitano così da sentirne gli ordini.
Peccato che quando la vide
la prima cosa che controllò fu che fosse viva e senza ferite, lasciandola un
attimo basita: dove era finito il freddo capitano Anbu per il quale la missione
e la protezione di Konoha veniva prima di tutto?
«Itachi! Sto bene, dimmi
cosa dobbiamo fare» disse la ragazza, scostando la mano dell’Uchiha che stava
controllando se avesse ferite alla testa.
«Kakashi-san sta combattendo
contro due di loro, mentre Ino-san e Hinata-san ne hanno incontrato un terzo.
So che sono sei gli invasori, quindi dobbiamo scoprire dove sono gli altri tre.
Non ti preoccupare, il mio clan si è già mobilitato e presteranno aiuto a
tutti. Andiamo, dobbiamo trovare gli altri tre».
*
Kakashi nel frattempo, anche
con l’aiuto di Chōji e Chōza, era in evidente difficoltà: nonostante lo
avessero imbrogliato cercando di tenerlo fermo prima di attaccarlo, il jutsu
usato dal nemico era troppo potente e imprevedibile.
Era riuscito a scoprire
solamente che tra un uso e l’altro di quella strana forza respingente passavano
cinque secondi, un tempo esiguo, ma sapeva che c’era qualcuno in grado di
usarli al meglio.
Shunshin no Shisui lascio il
resto a te.
A
questo pensò Kakashi che, scioccando chiunque fosse in grado di leggere le
tracce di chakra, si spense quando il Pain che aveva affrontato gli trafisse il
cranio con un semplice chiodo.
Nel
contempo la donna che accompagnava Pain era impegnata a interrogare e uccidere
chiunque trovasse sul suo cammino: fu intercettata da Saori Uchiha, la quale
capì immediatamente che quella sarebbe stata la sua battaglia.
«Una
Uchiha. Bene. Se ti interrogherò saprò esattamente dove si trova Uzumaki
Naruto» disse il membro dell’Akatsuki, prima di scagliare i suoi origami verso
Saori, la quale cercò di bruciarli con il katon, ma con scarsi risultati.
«È
inutile che opponi resistenza. I miei origami non hanno ceduto al fuoco di Jiraiya-sensei,
come credi di avere qualche possibilità?» le disse, lanciando un’altra orda di
origami.
Questa
volta vennero spazzati via da una corrente potente, causata da Ayane, giunta in
aiuto alla sua compagna.
«Saori,
sei ferita?» le chiese, vedendo che l’altra scuoteva il capo in segno di
diniego.
«Il
fuoco non funziona su quei pezzi di carta che lancia».
«Allora
li devieremo con il vento» rispose Ayane, caricando un’altra raffica di aria
intrisa di chakra.
Konan
rimase comunque impassibile, anche se ogni suo attacco andava a vuoto e le due
kunoichi di Konoha non capirono come potesse rimanere perfettamente calma.
«I
vostri attacchi sono deboli e inutili» disse Konan, prima di attaccare di
nuovo.
Choji,
dopo essersi finto morto e una volta che il Pain contro cui stava combattendo
se ne fu andato con il compagno, scattò verso il palazzo dell’Hokage e qui
diede tutte le informazioni scoperte alla Godaime, la quale lo informò di
tornare immediatamente da suo padre che era sopravvissuto allo scontro, a
differenza di Kakashi.
Lo
shinobi quindi tornò sul luogo in cui avevano combattuto, mentre da un’altra
parte Shisui era intervenuto per aiutare Hinata e Ino: le due ragazze erano
riuscite a sfuggire dal farsi afferrare dal nemico che usava un jutsu
sconosciuto, il quale pareva uccidere senza nemmeno ferire l’avversario.
«Andate,
a lui ci penso io» disse Shisui.
«Stai
attento a non farti afferrare» gli disse Ino, vedendo che Shisui sorrideva.
«Non
ci riuscirà» rispose convinto l’Uchiha prima di sparire alla loro vista e
ingaggiare il combattimento contro il nemico.
Shisui
usava, oltre al fuoco, anche l’elemento vento, proprio come Ayane: le sue fiamme
bruciavano alte e calde, distruggendo qualunque cosa capitasse loro a tiro.
Dopo
pochi minuti il corpo del nemico giaceva carbonizzato a terra e, mentre Shisui
si stava voltando per andare da un’altra parte –sentiva il chakra di Ayane in
diminuzione- avvertì una nuova presenza: voltandosi, Sharingan attivo, vide
un’enorme testa alle spalle del cadavere, che lo ingoiò completamente.
Rimase
fermo Shisui per capire cosa stava succedendo e quando vide il nemico uscire
come nuovo dalla bocca di quella strana creatura, disse:
«Cosa
diavolo siete?» e ingaggiò di nuovo il combattimento.
*
Il
Pain che aveva combattuto e ucciso Kakashi si trovava in quel momento al
cospetto di Tsunade, alla quale chiese dove si trovasse Naruto.
La
donna non rispose, ovviamente, anche se aveva riconosciuto in quel Pain il
bambino del villaggio della pioggia che Jiraiya aveva salvato ed addestrato.
«Come
hai potuto uccidere Jiraiya? Era il tuo sensei e ti ha salvato la vita!» gli
gridò contro la Godaime.
«Nessuno
di voi conosce il vero dolore» rispose l’altro, senza dire altro che potesse
aiutare chi lo ascoltava a comprendere cosa intendesse con quella frase.
«Non
ti lasceremo prendere Naruto» ribadì la donna.
«Se
credi che Konoha possa proteggerlo ti sbagli. Il villaggio non è in grado di
fermarci, soprattutto ora che abbiamo raccolto quasi tutti i Bijū».
«Sei
tu quello in errore. Non saremo noi a proteggere Naruto. Lui è forte».
*
Itachi
e Shirai si erano divisi e la ragazza si trovava poco lontano dalla sala degli
interrogatori poiché aveva visto una dei nemici andare verso quella direzione:
vide poi Ino, separatasi da Hinata la quale era andata a cercare il cugino
uscito in missione con il suo Team e in procinto di tornare, in compagnia di
Inoichi, Shizune e Sasuke scappare lontano dal luogo dove erano comparse un
numero infinito di evocazioni.
Decise
di seguire il gruppo, attirando la loro attenzione e chiedendo informazioni una
volta raggiunto il luogo dove venivano decrittati i messaggi in codice.
Qui
Shizune spiegò loro che le barre di metallo erano una sorta di recettori di
chakra che un mittente emetteva per controllare gli invasori. Inoichi spiegò
che la ragazza con la capacità di evocare qualunque tipo di bestia era
sicuramente già morta: questo gli avevano mostrato i ricordi dello shinobi
della pioggia che avevano interrogato.
«Mi
state dicendo che questo Pain riesce a controllare sei persone morte da
lontano? E che potrebbero essercene altri?» chiese Shirai per conferma.
Prima
che Inoichi potesse risponderle un ragazzo dai capelli arancio molto lunghi
arrivò al centro del gruppo: nemmeno Sasuke lo aveva sentito arrivare.
Shirai
vide il nemico mirare proprio all’Uchiha e, con uno spintone, lo allontanò
dalla presa del Pain, che afferrò lei saltando su uno dei tetti spioventi vicini
e poggiandole una mano sulla testa.
Shirai
sentì un’ondata di disgusto invaderla, talmente forte che le veniva da
vomitare, ma i suoi muscoli, volontari o meno, non rispondevano: cercò di
liberarsi usando il fulmine, ma una voce le parlò nella testa.
«Lascia
perdere, Shirai Nakamura di Konoha. Niente riuscirà a salvarti ora che so dove
si trova Uzumaki Naruto» le disse e fu un quel momento che Shirai sentì il
freddo avvolgerla: partì dalla punta dei piedi, per poi risalire rapido per
tutto il corpo fino ad arrivare ai polmoni, impedendole di respirare, e al
cuore che rallentò i battiti al minimo.
Quando
quel freddo innaturale arrivò al cervello seppe di essere spacciata.
Itachi, mi dispiace.
Fu
l’ultimo pensiero di Shirai prima di essere avvolta dal completo silenzio e dal
buio assoluto.
Ino
e il resto del gruppo vide Shirai completamente alla mercé del nemico: era
immobile con gli occhi sbarrati e il respiro affannoso.
«No!
Non lo fare!» gridò per primo Sasuke, vedendo il Pain estrarre qualcosa dal
corpo di Shirai: una sostanza lattiginosa di colore bianco. Il corpo di Shirai
divenne floscio e cadde dal tetto: Sasuke scattò in avanti, afferrandola prima
che toccasse terra.
Peccato
che non servì a nulla: Shirai Nakamura era morta.
Sasuke non fece nemmeno in
tempo a guardare il Pain colpevole che questi sparì in una nuvola di fumo
bianco, seguito da tutti gli animali evocati dalla Pain femmina.
Shisui si ritrovò,
dall’altra parte del villaggio, a scagliare fiamme contro il nulla, mentre
Ayane e Saori sospirarono di sollievo nel vedere quella donna sparire.
Saori aveva un brutto
squarcio all’addome e doveva essere portata all’ospedale: Ayane si voltò pronta
a camminare fino al suddetto luogo, quando qualcosa attirò la sua attenzione.
«Non lo sento più» sussurrò
Saori, sputando sangue «Non sento più il chakra di Shirai».
Ayane spalancò gli occhi dal
terrore: doveva solo sperare che la sua amica lo avesse completamente
mascherato, anche se sapeva che Shirai non ne era in grado.
*
Sasuke stava cercando in
tutti i modi di rianimare Shirai, ma nemmeno le lumache di Tsunade potevano
fare qualcosa: l’Uchiha era disperato, poiché sapeva che se lei non lo avesse
scansato, sarebbe stato lui quello morto.
Sentì poi il chakra di suo
fratello in avvicinamento e capì che per Itachi sarebbe stato devastante sapere
che Shirai era morta e si preparò ad affrontarlo.
Pochi secondi dopo Itachi
era lì, Sharingan attivo e sguardo indecifrabile puntato sul corpo esanime che
suo fratello stringeva ancora.
«Sasuke, lasciala» disse perentorio,
avvicinandosi e togliendo dalle mani del fratello le spoglie mortali della sua
amica.
«È colpa mia nii-san» disse
Sasuke «Mi ha salvato la vita perché ero disattento».
«Non è colpa di nessuno. È
stata una sua scelta» disse Itachi, prima di allontanarsi.
«Dove la porti?» chiese Ino.
«In un posto dove nessuno
oserà toccarla di nuovo» rispose, prima di sparire nel nulla.
*
Sul tetto del palazzo
dell’Hokage Tsunade stava cercando di comprendere come mai Yahiko, che Jiraiya
descriveva come una copia adulta di Naruto, si fosse trasformato in un tale
mostro, ma le sue parole e domande non trovarono né appiglio né risposta: lo
vide levarsi verso il cielo con le braccia spalancate e, lei non poteva
saperlo, gli altri corpi usati da Pain si afflosciavano poco fuori da Konoha
sotto lo sguardo preoccupato di Konan.
«Sta’ attento, Nagato» disse
la ragazza, consapevole che lui non potesse sentirla.
L’unico Pain rimasto, quello
con le sembianze di Yahiko, era ormai talmente in alto che poteva scorgere
tutta Konoha o ciò che i suoi stessi poteri avevano lasciato in piedi.
«Shinra Tensei» disse con la
voce bassa che lo contraddistingueva.
E fu il caos.
Un’enorme forza distruttiva
si abbatté sul villaggio di Konoha, spazzando via tutto ciò che incontrava sul
suo cammino e lasciando un cratere enorme e morte, tanta.
Alcuni shinobi, tra cui
Sakura, erano sopravvissuti poiché le lumache di Tsunade li avevano avvolti e
protetti dall’impatto: quando si ripresero dalla shock capirono che Konoha non
esisteva più.
Hinata, Ino, Sakura,
Inoichi, Shikamaru, Shikaku, Shino e i suoi famigliari, Tsunade, Itachi,
Sasuke, Ayane e Saori rimasero fermi a contemplare l’enorme distruzione che un
solo uomo aveva portato al loro amato villaggio.
Itachi guardò ancora una
volta il corpo esanime di Shirai e sentì uno strano pizzicore agli occhi, che
si trasformò ben presto in dolore: sentì i bulbi oculari andare in fiamme, come
se fossero trafitti da spilli bollenti e dovette accucciarsi per far fronte al
male che sentiva.
Durò pochi attimi e quando
riaprì gli occhi Itachi non aveva più lo stesso Sharingan di prima, ma come
Shisui aveva sviluppato il Mangekyō .
Ayane non sentiva più il
chakra di Shisui e, dopo aver lasciato Saori con Iruka era corsa a cercarlo: lo
trovò steso a terra circondato da macerie, mentre un bambino piangeva vicino.
«Nee-chan! Shisui-nii non risponde più» disse il bambino «Si è
messo davanti a me!».
Ayane guardò il corpo
esamine del suo migliore amico, di colui di cui era innamorata da anni ormai e
pianse insieme al bambino: non cercò di consolarlo, poiché in mezzo a tutto
quel dolore non ve n’era alcuna.
Sakura era rimasta
pietrificata davanti a quel disastro e l’unica cosa che riuscì a fare con le
poche forze rimastegli fu gridare il nome di Naruto.
E come se il biondo shinobi l’avesse sentita
apparve proprio nel cratere creato da Pain, di fronte al nemico.
Naruto chiese ai rospi che
lo avevano accompagnato come mai non si trovassero a Konoha, ma la moglie di
Fukasaku li informò che quello era il villaggio, o ciò che era rimasto.
Naruto si volse verso il
nemico trovando davanti a sé Tsunade, ormai completamente priva di chakra,
tanto che il segno che portava in fronte era sparito.
«Baa-chan. Lascia fare a me.
Questo nemico non è abbastanza per far scomodare l’Hokage di Konoha» disse
Naruto, che attraverso le lumache di Tsunade informò gli altri di restarne
fuori.
Sasuke non aveva la minima
intenzione di lasciare tutto nella mani di Naruto e scese nel campo di
battaglia, seguito da suo fratello.
«Ehi dobe. Non vorrai tutta
la gloria per te» disse Sasuke, accorgendosi che Naruto era diverso dal solito:
fu Itachi a sciogliere i suoi dubbi.
«Vedo che hai imparato il
senjutsu, Naruto-san».
«Ottima osservazione,
Itachi! E io vedo che i tuoi occhi sono diversi» disse il ragazzo, notando che
lo Sharingan di Itachi era davvero potente. Lo videro poi incupirsi e chiedere:
«Kakashi-sensei e Shirai sono in missione fuori?».
«No. Shirai mi ha salvato la
vita e Kakashi-sensei ha combattuto per darci le informazioni necessarie a
combattere quel mostro» disse Sasuke, senza guardare l’amico negli occhi,
poiché sapeva già che vi avrebbe scorto molto dolore: dopo la perdita di
Jiraiya, Kakashi era l’altro sensei più importante per il biondo, mentre Shirai
era l’unica che lo avesse sempre trattato da essere umano e non come
Jinchūriki.
I tre si misero in posizione
di attacco e si scagliarono contro il nemico: le informazioni recuperate li
aiutarono molto, poiché la prima ad essere eliminata fu colei che aveva il
potere dell’evocazione, così da lasciare campo libero ai rospi giganti.
Naruto stupì molto i due
Uchiha, scagliando un Rasen Shuriken potentissimo che colpì in pieno il Pain
più importante, cioè colui che riportava in vita i morti.
Ne rimanevano solo due
all’appello, poiché anche quello che aveva ucciso Shirai era stato eliminato da
Itachi, che lo aveva intrappolato in un genjutsu e ucciso senza problemi.
I due rimasti erano Tendo,
il Pain che aveva distrutto Konoha con un solo jutsu, e Gakidō quello che
assorbiva il chakra.
«Dovremo impegnarci
parecchio» disse Sasuke.
«Naruto. Lascia questi due a
noi. Tu devi trovare chi li controlla» disse Itachi.
«No! Ucciderò quel mostro!»
protestò il Jinchūriki, ma Itachi gli mise le mani sulle spalle, obbligandolo a
calmarsi.
«Se trovi ed elimini chi
guida questi corpi, tutto finirà. Sei l’unico in grado di farlo in fretta con
la modalità Sennin. Quindi, per favore, vai!» gli disse, porgendogli una barra
di metallo, identica a quelle conficcate nei vari Pain.
Naruto fissò un attimo quell’oggetto
che prese a vibrare e decise di ubbidire agli ordini di Itachi: sapeva che i
due Uchiha avrebbero ucciso i nemici.
Non aveva dubbi che lo
stesso dolore li animasse entrambi: avevano perso tutto, compreso Shisui.
«Vado. Vedete di non farvi
uccidere, dattebayo» disse il biondo, partendo poi verso il luogo in cui il
nemico era nascosto.
Venne però intercettato da
Hinata, la quale prese a correre al suo fianco, Byakugan attivo:« Non ho
intenzione di rimanere indietro anche se me lo chiedi. E inoltre con il
Byakugan faremo più in fretta» disse la ragazza, facendo sorridere soddisfatto
Naruto, che ripartì con nuovo vigore verso la sua meta.
*
Itachi aveva lasciato il
corpo senza vita di Shirai in casa sua: il quartiere Uchiha era molto distante
dal centro di Konoha e protetto da molti jutsu, quindi il colpo di Pain aveva
avuto meno effetto.
Le case erano comunque in
condizioni disastrose e Mikoto, che si era rifiutata categoricamente di seguire
i civili nei nascondigli, stava recuperando alcuni oggetti per lei importanti.
Entrando con difficoltà
nella camera di Itachi, vide Shirai stesa sul letto di suo figlio e capì
subito.
Fugaku, entrato per vedere
dove fosse finita sua moglie, la trovò sulla porta con la mano premuta sulla
bocca, lo sguardo sconvolto e il volto cinereo.
«Mikoto, cosa è successo?»
le chiese allarmato, guardando dentro la camera di Itachi e pensando ci fosse
uno dei suoi figli ferito o deceduto: quando vide il corpo della ragazza che
tanto detestava non poté trattenere un sospiro di sollievo.
«Non osare essere contento
per questo, Fugaku Uchiha» disse la voce roca e rotta dal pianto di Mikoto
«Come puoi non capire quanto stia soffrendo tuo figlio ora che lei se n’è
andata dove non può raggiungerla? Come puoi gioire per una vita così giovane
sprecata?».
«Sono solo sollevato che non
sia uno dei miei figli, Mikoto, e non posso essere biasimato per questo. Non
comprendo l’affetto di nostro figlio verso quella ragazza, ma cercherò di
comprendere il dolore per la sua scomparsa» le disse, abbracciandola, mentre la
donna si lasciò andare ad un pianto liberatorio.
«Dobbiamo andare dove stanno
combattendo i nostri figli, Mikoto. Lei starà bene qui» disse ancora, prima di
andarsene con la moglie.
Sasuke e Itachi intanto
combattevano contro uno solo dei Pain, Tendo: non riuscivano a colpirlo e
nemmeno i genjutsu avevano effetto su di lui.
Itachi sapeva che il
Mangekyō aveva qualche particolare abilità, ma lo aveva acquisito da troppo
poco tempo per conoscerla e Shisui non era lì ad aiutarlo.
Sasuke lanciò una palla di
fuoco, la quale venne nuovamente deviata dal nemico e l’Uchiha minore fu
costretto a scansare un colpo saltando e affiancando il fratello.
«Cinque secondi sono troppo
pochi per i nostri attacchi, Itachi. Ci vorrebbe..-»
«La velocità di Shisui. Lo
so, ma lui non può più aiutarci, dobbiamo trovare il modo di eliminarlo da
soli» disse Itachi iniziando a riflettere e cercando di capire quale potesse
essere l’abilità nascosta del suo Mangekyō.
In quel momento gli vennero
in menti alcuni ricordi di suo padre che gli spiegava quali potessero essere le
abilità di un Mangekyō e decise di provare qualcuno di quelli elencati.
Fece i simboli necessari, ma
non successe nulla: il primo tentativo era andato a vuoto.
Provò di nuovo e questa
volta sentì qualcosa di strano all’occhio destro e sentì del liquido colare,
denso e dall’odore ferroso: toccandosi la guancia si accorse che sanguinava.
«Itachi!» lo chiamò proprio la
voce di suo padre, appena giunto sul luogo dello scontro «Quello è l’Amaterasu!».
E il ragazzo capì: ora
niente sarebbe sfuggito al suo sguardo.
Ok.
Sono tipo in mega ritardo. Non ho molte scusanti a parte impegni vari e
anche la pigrizia. Sappiate che il capitolo non l'ho riletto molto bene
e spero non ci siano troppi errori. Spero che lo leggiate!
Lena
|
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Capitolo 23 *** Twenty-Third ***
tewnty third
Twenty-third
Naruto
e Hinata, dopo essere stati intercettati da Inoichi e Fugaku anche loro in
direzione del vero burattinaio che controllava i sei Pain, si ritrovarono
davanti ad un albero costruito con origami.
«Hinata-chan,
aspetta qui» disse il biondo «Voglio parlare con lui da solo. Voglio capire
perché ha ucciso il suo stesso sensei».
«Naruto-kun,
stai attento» gli disse, stringendogli brevemente la mano, prima che
scomparisse all’interno dell’albero.
Qui
si trovò di fronte una donna ed un uomo emaciato dai capelli rossi e il Rinnegan:
era seduto all’interno di uno strano congegno e sulla schiena aveva conficcati
dei pali neri, gli stessi che si trovavano nei vari Pain.
Naruto
si avvicinò all’uomo, ma la donna dai capelli blu si mise in mezzo ai due.
«Konan,
lascia. Voglio parlare con lui e sentire la sua risposta».
*
Saori
era stata raggiunta da una delle lumache di Tsunade che aveva fermato un po’
l’emorragia dovuta al colpo subito, ma non aveva sanato la ferita: la Godaime
era ormai priva di chakra e anche le sue lumache stavano sparendo una dopo
l’altra.
Fu
quando Saori pensò che non ce l’avrebbe fatta che Itachi e Sasuke apparvero,
portando con loro Sakura, la quale si precipitò a curarle la ferita.
Dopo
un quarto d’ora abbondante Sakura “spense” il suo chakra curativo e decretò che
per ora era fuori pericolo, ma che doveva essere operata appena ce ne fosse
stata la possibilità.
Itachi
si abbassò verso Saori con l’intento di portarla al sicuro, quando sentì
un’enorme forza colpire tutti.
Durò
un attimo, un soffio di fiato e alle spalle degli shinobi alcune macerie
vennero smosse e da queste uscì una persona, seguita da altre.
«Cosa
sta succedendo?» chiese Sasuke, vedendo che i redivivi, poiché lo erano quasi
sicuramente, erano spaesati tanto e più di loro.
«Avete
detto che il nemico aveva il Rinnegan, vero?» intervenne Iruka « Beh, la
leggenda dice che Rikudo fosse in grado di respingere anche la morte con il suo
potere e forse non era poi una storia del tutto inventata».
Itachi
rimase bloccato un attimo e voltandosi verso Iruka, chiese: «C’è la possibilità
che siano tutti vivi?».
«Hai!» rispose l’altro, speranzoso.
«Sasuke,
Sakura-san, vi affido Saori» disse l’Uchiha prima di sparire.
*
Ino
rimasta con Shikamaru che aveva una gamba rotta, vide alcuni degli shinobi deceduti,
tra cui Shizune, riaprire gli occhi, di nuovo vivi.
Kakashi
rinsavì e scattò in piedi per lo spaventò, ma crollò immediatamente a terra per
la totale assenza di chakra.
«Cosa
sta succedendo?» chiese la bionda al suo compagno di Team.
«Non
ne ho idea, ma sembra che tutti i morti nello scontro siano stati resuscitati.
E sono sicuro che c’entri Naruto in tutto questo» le disse Shikamaru.
«Quindi
anche Shirai è viva?».
«Credo
di sì».
Shirai
si sentì pesante. La testa le girava come una trottola causandole la nausea e
nessuno dei suoi arti rispondeva ai suoi comandi: il chakra era totalmente
assente e con lui qualsiasi tipo di forza.
Le
era ancora faticoso respirare, ma se lo stava facendo voleva dire una sola
cosa: era viva, anche se non capiva come.
Quel
Pain dai capelli lunghi l’aveva sicuramente uccisa, non aveva dubbi. Allora
perché sentiva ancora i rumori, gli odori e anche uno sgradevole sapore di
polvere?
«Cosa
è successo?» chiese, sperando che qualcuno le rispondesse e in effetti sentì una
voce, ma non capì bene chi fosse.
«Sei
morta. Ed ora qualcuno ti ha riportata in vita».
«È
impossibile. Deve essere l’Edo Tensei di Orochimaru» rispose assennata lei,
incapace di concepire il concetto di resurrezione senza conseguenze.
«Shirai,
apri gli occhi».
In
quel momento capì che era Itachi a parlarle: il tono autoritario e leggermente
annoiato che usava con lei non potevano ingannarla.
Aprì
gli occhi e si trovò davanti quelli rossi del ragazzo: «I tuoi occhi sono
diversi» gli disse.
Lui
non rispose, ma la afferrò saldamente da sotto le braccia stringendola
dolorosamente: era talmente forte quell’abbraccio che faceva sicuramente
concorrenza a quelli di Tsunade.
«Itachi,
non respiro» gli disse, facendogli allentare la presa.
«Shirai,
se dovessi ancora fare una sciocchezza del genere, troverò il modo di
riportarti di nuovo in vita e punirti».
«Non
potevo far morire Sasuke. Lui è importante per tanti, soprattutto per te» gli
disse.
Itachi
la scostò leggermente così da poterla guardare direttamente negli occhi.
Rimase
a fissarla un attimo e poi disse: «Non hai ancora capito quanto tu sia
importante per me? E lo sei anche per tante altre persone, Sasuke compreso».
«Resta
il fatto che lui sia tuo fratello e non è un mistero quanto tu lo ami, Itachi».
Invece, a quanto pare, è un
mistero quanto io ami anche te, Shirai.
Pensò
il ragazzo, trattenendosi dal dirlo apertamente: lei aveva affermato di amare
ancora Taichi, sebbene fosse morto e se le avesse detto tutto in quel momento
avrebbe solo ottenuto un’amicizia rovinata.
Così
le sorrise semplicemente, afferrandole una guancia tra pollice e indice e
tirandola dolorosamente.
Shirai
lo guardò col broncio, massaggiandosi la parte lesa, fino a quando lui non le
afferrò il viso, dandole un bacio in fronte, liberata dalla placca di metallo
che simboleggiava il suo essere kunoichi di Konoha.
«Sono
felice che tu stia bene» le disse, prendendola poi in braccio e uscendo,
dirigendosi verso il luogo dove tutti erano riuniti in attesa di Naruto.
«Neh,
Itachi» lo chiamò «Dov’è Kuro-chan?»
«Nekobaa
lo ha richiamato a sé quando ha sentito il tuo chakra svanire. Quando capirà
che tutto è finito, tornerà».
*
Naruto,
dopo aver parlato a lungo con Nagato, aveva sentito tanti chakra prima spariti,
ricomparire grazie al jutsu che aveva ucciso lo shinobi di Amegakure.
La ragazza che lo accompagnava, aveva avvolto i
corpi di Nagato e Yahiko nei suoi origami e informò Naruto che avrebbe lasciato
l’Akatsuki.
«Loro credevano in te, Naruto Uzumaki. E io li
seguirò. Amegakure sarà dalla parte di Konoha e ti darò tutto l’aiuto
necessario in futuro» disse Konan, porgendo un mazzo di rose cartacee al
biondo.
«Arigatō, Konan. Farò tutto il possibile per
liberare il mondo degli Shinobi dall’odio, proprio come voleva Ero-sennin».
La donna si limitò a sorridergli leggermente e
sparire nel nulla dal quale era venuta: Hinata si avvicinò a Naruto, che le
afferrò la mano.
«Andiamo a casa, Hinata! Ci stanno aspettando» .
Quando Shirai ed Itachi erano giunti sul luogo
dello scontro videro che alcuni shinobi si erano già preoccupati di montare
delle tende, soprattutto quella medica, nella quale venne portata anche Saori.
La Godaime stava dormendo profondamente per
recuperare le forze, mentre Sakura le dava una mano infondendo un po’ del suo
chakra nella donna: fu Sasuke ad allontanarla, facendola protestare.
«Piantala di agitarti, baka. Devi risposarti. Il
tuo chakra è al limite e non ci sarà nessun jutsu che ti riporterà in vita» la
sgridò lui, porgendole poi una barretta energetica che teneva nella sua sacca
appesa alla cintura.
Sakura quasi si strozzò nel veder entrare Itachi e
Shirai nella tenda medica: l’Uchiha appoggiò la ragazza addormentata su uno dei
futon a terra e si voltò verso i due sedicenni.
«Sakura-san, quando ti sarai ripresa ti prego di
occuparti di lei, io vado a controllare la situazione fuori. Saori si è
ripresa?» chiese Itachi.
Sakura deglutì il boccone che aveva in bocca e
rispose: «Mi occuperò di Shirai appena tuo fratello si riterrà soddisfatto
sulle mie condizioni e Saori è fuori pericolo: ci vorrà un po’ affinché possa
stare in piedi, ma ce la farà».
«Andrò a cercare i suoi genitori. Sua madre sarà ai
rifugi, mentre suo padre non tarderà a farsi vedere qui» la informò Itachi,
prima di uscire dalla tenda, dopo aver lanciato un ultimo sguardo a Shirai.
*
Ayane stava ancora piangendo insieme al bambino
quando sentì un cambiamento nel corpo esamine di Shisui: lo vide contrarre una
mano e muovere gli occhi al di sotto delle palpebre, prima di spalancarli.
Ayane lo fissò sbalordita, e con lei anche il
bambino, prima di gettarsi addosso allo shinobi, il cui respiro già di per sé
affannoso, venne spinto fuori dai polmoni per l’impatto.
«Razza di cretino senza cervello! Eri morto!
Idiota!» gli disse, piangendo senza ritegno sul petto del compagno.
«Lo so, Ayane, ma ora sono vivo, neh?» le rispose,
ritrovando immediatamente la sua allegria.
Lei lo guardò male, con gli occhi pieni di lacrime,
ma lui continuava a sorridere, mentre si avvicinava sempre di più: si fermò a
meno di un millimetro dalle labbra della ragazza prima di parlare.
«Ti ricordi che dovevo dirti alcune cose se fossimo
sopravvissuti? Credo che sia il momento adatto per dirti che sono innamorato di
te, Ayane».
La ragazza lo guardò un attimo negli occhi neri –
non aveva forze per attivare lo Sharingan – e svenne: Shisui la guardò preoccupato, ma
capì che non era ferita, solo stanca e scioccata.
«Quando ti sveglierai vedrò di ripeterlo ancora,
Ayane» le disse, dandole un bacio in fronte e rivolgendosi al bambino «Ehi ochibi-kun,
vai a cercare qualcuno. Non ho la forza per trasportarla».
«Non ce n’è bisogno, Shisui» disse una voce di
donna alle sue spalle, che apparteneva a una delle compagne di Team di Saori.
Naruto, tenendo ancora Hinata per mano era tornato
al villaggio e venne accolto da grida di giubilo e pacche sulle spalle: tutti
lo stavano ringraziando per averli salvati.
Vide Kakashi sorridergli da sotto la maschera e non
si stupì di vedere che aveva già un volume di Icha Icha tra le mani. Incontrò
lo sguardo severo di Neji, che ovviamente disapprovava le mani intrecciate dei
due shinobi, quello allegro di Tenten e
quello orgoglioso di Lee e Gai.
Vide Ino bisticciare con Shikamaru che non voleva
essere sorretto da lei, mentre Chōji mangiava delle patatine trovate chissà
dove in quel caos.
E poi vide Sasuke al fianco di Sakura e sorrise ai
suoi compagni e amici: la kunoichi si avvicinò e, dopo avergli dato un pugno
all’addome, lo abbracciò felice di rivederlo intero.
Naruto scorse poi Itachi che lo guardava con
infinita approvazione e si sentì orgoglioso di quel segno: aveva percepito
anche il chakra di Yamato, in arrivo al villaggio, e di Shisui in compagnia di
Ayane.
Stavano tutti bene e Naruto si sentì soddisfatto.
Talmente tanto che si lasciò andare, cadendo addosso ad Hinata, la quale svenne
per la troppa vicinanza del biondo.
Shirai si risvegliò quando il sole di quella
giornata infinita era già tramontato: guardandosi in giro si rese conto che era
in una tenda e che probabilmente ce l’aveva portata Itachi.
Come se l’avesse sentita pensarlo, il ragazzo
entrò, seguito dalla luce della luna che brillava indisturbata sulla landa che
un tempo aveva occupato Konoha, ora ridotta in macerie.
«Sei sveglia» le disse, inginocchiandosi di fianco
al futon, mentre Shirai si metteva seduta.
«Sei riuscito a capire come posso essere viva?»
chiese al ragazzo.
«Naruto-san ci ha spiegato che Nagato, colui che
controllava i sei Pain, era possessore del Rinnegan e grazie ad un jutsu
proprio di quegli occhi ha riportato in vita tutti per poi morire. Ha detto che
la donna con i capelli blu, Konan, ha recuperato i corpi di Nagato e Tendo, il
Pain che abbiamo affrontato Sasuke ed io, e se n’è andata, professandosi
alleata di Konoha» le raccontò.
«Oh capisco. Quindi dovrò ringraziare il baka
biondo… Sono orgogliosa di lui. Finalmente ha dimostrato il suo valore a tutto
il villaggio ed ora nessuno lo tratterà mai più come un reietto» disse Shirai.
Il momento di serietà venne interrotto dal
rumoreggiare dello stomaco della ragazza, che fece sorridere Itachi, il quale
si alzò e recuperò qualcosa da mangiare per lei.
«Non c’è molto cibo, ma alcuni team sono stati
mandati nei villaggi alleati per chiedere soccorso e approvvigionamenti».
«Come mai tu non sei andato? Te la cavi bene in
diplomazia».
«Mio padre mi ha ordinato di rimanere qui. Saori è
ancora incosciente e mi ha affidato il compito di proteggerla» le spiegò
Itachi, notando che la mano destra di Shirai stringeva le coperte un po’ troppo
forte, segno che si era innervosita.
«Allora dovresti ubbidire, Itachi. Va’ da lei, io
sto bene» gli disse, sorridendo.
Lui la guardò serio per un attimo e disse: « Perché
mi allontani quando in realtà vorresti che rimanessi qui?».
Lei lo guardò imbarazzata e rispose: «Perché è tuo
dovere restare al fianco di colei che potrebbe diventare la tua compagna in
futuro e non sono così egoista o capricciosa da volerti tenere qui contro la
tua volontà».
Sei
proprio stupida Shirai. Io sono già al fianco della mia futura compagna…
«Se volessi andare da lei, lo avrei già fatto,
Shirai. Quindi pianta di fare la finta coraggiosa e fammi spazio» le disse,
scostando le coperte.
«Eh? Cosa stai facendo?» .
Itachi si infilò senza tanti problemi nello stesso
futon di Shirai, completamente rossa in viso e incapace di parlare.
«Sono stanco, i futon sono tutti occupati, quindi
dormirò qui. Ora fa’ silenzio» le disse voltandole le spalle e chiudendo gli
occhi.
«Ma che diavolo, Itachi! Non puoi dormire con me!»
protestò la ragazza, cercando di spingerlo fuori dal giaciglio.
«Lo abbiamo già fatto in passato, ricordi? Non vedo
cosa ci sia di diverso questa volta» disse lui, tenendo gli occhi chiusi,
divertito dai suoi flebili tentativi di scansarlo.
«Allora avevamo tredici anni, non venti!» si
lamentò lei.
«Non è cambiato nulla, quindi dormi. Devi
recuperare le forze per aiutare nella ricostruzione del villaggio» le disse,
allungando un braccio all’indietro e obbligandola a stendersi.
«Sei un despota, Itachi Uchiha» disse lei, con la
voce che tradiva la sua stanchezza.
«Sì, ma ottengo sempre ciò che voglio» rispose lui,
accorgendosi che Shirai non replicava: sentì un peso sulla schiena e capì che
la ragazza si era addormentata poggiando la testa tra le sue scapole,
diffondendo calore.
«Potrei rimanere così tutta la vita» sussurrò
Itachi, prima di addormentarsi.
Dall’ingresso della tenda tre paia di occhi
osservavano la scena, trattenendo le risate: Sakura, Ayane e Sasuke avevano
visto tutta la scena e sentito anche qualche battuta scambiata dai due,
nonostante sussurrassero per non disturbare gli altri.
Sasuke già pregustava la scena di quando sua madre
li avrebbe visti la mattina successiva, ma ancora di più aspettava il momento
il cui il suo nii-san avrebbe affrontato il clan.
La mattina successiva Shirai si sentiva molto
meglio: il chakra era tornato in quantità sufficiente a farla sentire ancora
viva, il futon era caldo ed aveva un buon profumo e qualcuno la stava stringendo
facendola sentire protetta.
Quando il cervello si svegliò del tutto si ricordò
chi stava dormendo con lei nel futon e aprendo gli occhi si ritrovò il petto di
Itachi premuto sulla fronte, le braccia di questi intorno alla vita e il mento
poggiato sulla testa.
Avvampò come se stesse andando a fuoco e iniziò a
muoversi per divincolarsi dalla presa, che era ferrea nonostante l’altro fosse
addormentato.
Continuò a muoversi, fino a quando un grugnito non
riverberò nella cassa toracica del ragazzo, seguito dalla sua voce che
risultava ancora più profonda sentita dalla posizione in cui lei si trovava.
Chissà se anche Saori si sentiva così quando si
svegliava con Itachi a fianco dopo una notte di certo non passata a dormire.
«Sta’ un po’ ferma, Shirai. Sei peggio di una
bambina iperattiva».
«Se tu mi lasciassi andare, la smetterei di cercare
di liberarmi» rispose lei, la voce ovattata dal petto di Itachi, il cui sbuffo
le fece muovere i capelli sfuggiti allo chignon.
«Sono comodo così, grazie» rispose lui, stringendola
ancora di più.
Shirai emise un verso acuto di stupore, che fece
ridacchiare Itachi: dalla compromettente posizione in cui si trovava la sentì
rimbombare in tutto il corpo, che si riempì di calore, segno che il rossore era
tornato.
Era al culmine dell’imbarazzo e credeva che niente
potesse farla sentire peggio, ma ovviamente la sfortuna era sempre dalla sua
parte.
«Oh per tutti i kami! Itachi! Shirai! Cosa state
facendo?» chiese la voce di Mikoto, facendo venir voglia di piangere a Shirai,
che cercò di sparire nascondendosi sotto le coperte e avvicinandosi ancora di
più ad Itachi, nella speranza che conoscesse un jutsu in grado di farli
sparire.
«Stavamo dormendo, Okaasan» rispose candido, sereno
e serafico l’altro, guadagnandosi un pizzicotto al fianco da parte di Shirai,
che lo sentì irrigidirsi dal dolore.
«La prossima volta che dovete fare certe cose,
trovatevi una stanza Nii-san. Anche se dovrete aspettare un po’ per trovarne
una qui a Konoha» li prese in giro la voce divertita di Sasuke, che al pari di
suo fratello si prese una gomitata nelle costole.
Dopo tutto avevano sentito il verso di imbarazzo
totale provenire da sotto le coperte: Shirai non aveva ancora avuto il coraggio
di farsi vedere, ma la risata divertita di Mikoto la spinse a spuntare da sotto
le coperte, grazie anche al fatto che Itachi avesse allentato la presa.
«Mikoto-san! Gomennasai! Non è successo nulla! È
stato suo figlio ad infilarsi nel mio futon! Lo giuro!» disse Shirai, scattando
fuori dalle coperte, ora che ne aveva la possibilità, e lanciando uno sguardo
ammonitore ad Itachi, il quale sembrava parecchio divertito da tutta la
situazione.
«Se lo dici in questo modo passo per un deviato,
Shirai» disse l’Uchiha, scostando le coperte anche dal suo lato e sedendosi a
terra «Comunque è vero Okaasan: sono stato io a voler dormire qui e non è
successo niente. E non credo succederà nel futuro prossimo».
Shirai gli lanciò un altro sguardo di rimprovero,
ma Itachi la conosceva bene: ci era rimasta male per quell’affermazione e prima
o poi gliel’avrebbe rinfacciata.
Non
dovresti offenderti per queste cose, Shirai. Se avessi saputo che non mi
avresti rifiutato…
Pensò la parte più mascolina del suo cervello, che
venne prontamente spenta da quella razionale: era orgoglioso che quest’ultima
fosse stata sempre all’erta durante la notte, permettendo a quella irrazionale
solo di abbracciare Shirai.
Perché la ragazza non lo sapeva, ma di notte si
muoveva parecchio e alcune parti del suo corpo erano finite in luoghi
particolari e Itachi aveva dovuto reprimere qualunque istinto: era uno shinobi,
ma rimaneva comunque un ragazzo di ventuno anni.
La ragazza ignara dei pensieri per nulla casti che
Itachi aveva avuto durante la notte, si era alzata e ora si stava
stiracchiando, prima che Sakura, giunta sul posto per controllare i feriti e
ripresasi dallo shock di trovare lì anche Itachi, controllasse le sue
condizioni.
«Sei ancora piuttosto debole, ma puoi uscire da
qui. Ti hanno messa nella tenda numero cinquecentocinquanta con la tua
famiglia. Stanno tutti bene, non ti preoccupare» la rassicurò Sakura, vedendo
che la ragazza partiva verso la tenda indicatole, mentre Itachi si sistemava i
capelli e affrontava sua madre.
«Itachi, non dovresti dormire con lei. E nemmeno
con altre ragazze» lo sgridò.
«Lo so, Okaasan. Ieri lei era morta e dovevo
semplicemente rendermi conto che ora non lo era più. Non succederà di nuovo»
rispose il ragazzo.
«Tch» disse Sasuke, attirando le attenzioni della
sua famiglia, o almeno quella presente «Allora smetterai anche di vedere
Saori?».
«Sasuke…».
«Non fare il santo, nii-san. Non ti permetterò di
prendere in giro Shirai, non dopo che mi ha salvato la vita senza nemmeno
pensarci due volte. E lo sappiamo entrambi che lo ha fatto per te» disse
Sasuke, prima di allontanarsi con Sakura appresso che salutò gli altri due
Uchiha con un breve inchino.
«Se non fosse innamorato di Sakura-chan, credo che
avresti un rivale, Itachi» disse Mikoto, sorridendo.
Itachi guardò sua madre senza riuscire a trovare
una risposta appropriata e così si limitò ad alzare le spalle e a raggiungere
Saori per controllarne le condizioni.
Shirai nel frattempo aveva raggiunto la tenda dove
c’era la sua famiglia: sapeva che sua madre e suo padre erano sicuramente
salvi, poiché nascosti nei rifugi, ma suo fratello era fuori in missione quando
era iniziato l’attacco e quindi non sapeva se stesse bene.
Lo sentì parlare con i suoi genitori ed allora aprì
la tenda di scatto, gridando il suo nome: il fratello si voltò e quando vide la
sorella il sorriso gli illuminò il volto.
«Nee-chan! Meno male che stai bene!» gridò prima di
abbracciarla stretta «Sasuke ci ha raccontato tutto. È stata una cosa stupida
quella che hai fatto, ma sono comunque orgoglioso di te. Non tutti si sarebbero
sacrificati in quel modo».
«L’ho fatto perché era Sasuke e comunque non sapevo
che sarei morta. Non conoscevamo il potere di quel Pain e quando l’ho scoperto
era troppo tardi. Meno male che Naruto ha convinto Nagato che stava sbagliando
e ci ha riportati tutti in vita. Un villaggio senza Kakashi-sensei non sarebbe
stato così divertente» disse Shirai, mentre sua madre piangeva per il sollievo
e suo padre le sorrideva.
«Nee-chan la tenda in cui dormiamo noi è quella qui
accanto. Siamo andati a casa e tra le macerie abbiamo recuperato alcuni vestiti,
però non c’era traccia di Kuro-chan» le disse, rattristato.
«Non ti preoccupare, è andato da Nekobaa-san.
Tornerà» rispose Shirai, sorridendo e uscendo dalla tenda in compagnia del
fratello, il quale salutava tanti degli shinobi che incontrava, soprattutto le
ragazze.
«Vedo che hai successo eh, Kai?» lo prese in giro
Shirai, facendolo imbarazzare.
«Non mi interessa averne, Nee-chan. Sono
interessato ad una sola» rispose sicuro, sorridendo quando quella certa persona
si avvicinò loro.
Kyoko Hyūga si stava avvicinando a loro, sorridendo
ad entrambi.
«Ohayō, sono felice di vedere che state bene! Maya-san, Namika-san ed io
eravamo fuori in missione senza Saori-san e siamo tornate quando tutto era
finito. Mi hanno detto che in molti avevano perso la vita, ma grazie a
Naruto-san sono stati salvati, vero?» chiese la ragazza, mentre Kai sorrideva
come un ebete.
Kyoko,
come la maggior parte degli Hyūga, era molto bella: pelle nivea, grandi occhi
chiari e lunghi capelli neri leggermente ondulati nel suo caso.
Aveva
anche un bel sorriso ed a differenza di altri nel suo clan – leggasi Neji –non
si esimeva dal mostrarlo.
Vedendo
che i due ragazzi volevano stare da soli, Shirai si allontanò con una scusa e
incontrò l’eroe di Konoha sul suo cammino.
«Guarda
chi abbiamo qui: il grande eroe di Konoha!» lo prese in giro, ma quando Naruto
la guardò con le lacrime agli occhi si preoccupò: lo aveva forse offeso?
«Hai
idea di quanto sia stato male quando sono tornato e il tuo chakra non c’era
più, eh Shirai? Quindi non venire qui a fare i tuoi soliti scherzi, perché sei
un’idiota e non ne hai il diritto» le disse, sproloquiando ancora qualche
minuto, prima che lei lo abbracciasse.
«Mi
dispiace, Naruto. Non potevo lasciare che il teme morisse, neh?»
«Nemmeno
tu dovresti morire, Shira-nee. Siete entrambi importanti per me e lo siete
anche per Itachi-san. Lo so che lo hai fatto per lui, non negarlo».
Shirai
lo guardò imbronciata: era così palese che lo avesse fatto per Itachi, perché
non voleva vederlo soffrire, sapendo cosa aveva già passato?
«Io
voglio bene a Itachi e non posso, né voglio, vederlo soffrire. Non se lo
merita».
«
No, ma nemmeno tu, la tua famiglia o i tuoi amici meritano di soffrire. Quindi
prima di agire di impulso rifletti, Shirai».
«Neh, Naruto! Da quando sei diventato
intelligente?»lo prese in giro, prendendosi un pugno in testa.
«Lo sono sempre stato, ma non usavo la mia
incredibile intelligenza per non far sentire inferiori gli altri» rispose lui,
sorridendo.
«Naruto… Sono davvero orgogliosa di te…» disse
Shirai, abbracciando il suo amico, che chiuse gli occhi godendosi il momento.
«Ed io sono contento che tu sia viva, Shirai».
Mi scuso per l'enorme ritardo! Spero che qualcuno sia rimasto a leggere!
Alla prossima.
Lena
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Capitolo 24 *** Twenty-fourth ***
naruto
Twenty-fourth
La ricostruzione del villaggio iniziò immediatamente e tutti
quelli che erano in grado diedero una mano, civili e non.
Tsunade si era risvegliata, ma era ancora piuttosto debole e,
infatti, non le era possibile ancora usare il suo jutsu per mantenere le
apparenze fisiche di una ragazza: le uniche che potevano vederla erano Shizune
e Sakura, le quali la aiutavano a recuperare le forze passandole del chakra.
Sasuke controllava come un falco la sua compagna di Team
affinché non si stancasse troppo e per questo era vittima delle prese in giro
di Shirai, la quale aveva recuperato il gatto, e Naruto, il quale veniva a sua
volta preso in giro per il rapporto che aveva con Hinata.
Infatti li si poteva vedere spesso vicini mentre aiutavano
nella ricostruzione di Konoha ed entrambi avevano sempre il viso rosso
d’imbarazzo.
Shirai ed Itachi si parlavano poco, poiché il ragazzo era
perennemente impegnato nella ricostruzione del quartiere dove risiedeva il suo
Clan: la ragazza era convinta che Fugaku e Hideki lo tenessero lontano da lei
di proposito, poiché Sasuke, sebbene fosse uno del clan, poteva fare quello che
voleva.
Si era anche riunita con Ayane, la quale le aveva dato un
pugno in testa proprio come Naruto, e Shisui, che invece le aveva sorriso e
ringraziata per aver protetto il suo stupido cuginetto.
Quando li aveva visti insieme, tenendosi per mano, Shirai
aveva quasi avuto un infarto: l’attacco di Pain non aveva quindi portato solo
dolore, ma anche piacevoli novità.
Infatti i due ora stavano insieme ufficialmente, con grande
sconforto per gli spasimanti di entrambi.
Grazie alle tecniche del mokuton di Yamato, alcune famiglie
avevano già delle case: si era data la precedenza a quelle con bambini piccoli
ed anziani, poiché meno resistenti al freddo di quei giorni.
Shirai, in compagnia di Sasuke, Hinata, Naruto e Ino, stava
aiutando nella ricostruzione del palazzo degli Hokage: riportare Konoha agli
antichi splendori sarebbe stato un lungo lavoro, ma ce l’avrebbero fatta.
*
Alcuni giorni dopo l’inizio dei lavori, Shirai ed Itachi
vennero convocati da Tsunade, la quale aveva recuperato il suo aspetto giovane,
anche se si notava comunque che era ancora stanca per la battaglia nella quale
aveva salvato parecchie vite con le sue lumache curative.
Entrando nella tenda si accorsero che vi erano anche Naruto
ed Hinata a rapporto: la ragazza del Clan Hyūga salutò i due con un garbato
inchino, mentre Naruto con il suo caratteristico ghigno.
Tsunade li fece sedere a terra, su dei cuscini e iniziò a
parlare: «Vi ho convocati qui perché ho ricevuto una richiesta da parte del
Raikage. Come sapete Killer Bee è in grado di controllare il suo Bijū ed è
convinzione sia mia sia del Raikage che potrebbe essere utile che Naruto impari
da lui come fare. Perciò manderò voi tre a Kumogakure, per i primi tempi,
appena la ricostruzione di Konoha sarà ad un punto accettabile».
«Tsunade-sama, perché noi tre?» chiese Shirai, esprimendo il
dubbio di tutti i presenti.
«Tu perché conosci bene il villaggio e hai già la fiducia
della popolazione, mentre Hinata ed Itachi verranno perché sono i futuri capi
dei loro Clan e mandarli in un villaggio straniero è indice di quanta fiducia
io riponga in Kumo» rispose la Godaime «Bene, ora sparite. Devo riposare ancora
prima di tornare a splendere come prima».
I quattro vennero congedati e fu Hinata la prima ad
esprimere i suoi dubbi sulla scelta della Godaime.
«Mio padre non la prenderà bene… Gli Hyūga sono molto restii
a lasciare un loro esponente in un villaggio straniero» disse la ragazza.
«Non credo potrà opporsi al volere della Godaime… E tu
Itachi, come la prenderà tuo padre?» rispose Shirai.
«Sarà una missione come un’altra per lui. Si fida di me e
delle mie capacità».
«E anche tu neh? Sei così poco modesto, Itachi! Dovresti
fare qualcosa per quel tuo ego, sai? Diventi insopportabile quando ti credi il
più forte di tutti» lo prese in giro Shirai, ricevendo uno sguardo annoiato dal
moro.
«Non pecco in modestia, Shirai. Mi limito a constatare
l’ovvio».
«Posso vomitare? Sei troppo altezzoso, davvero. Non eri così
quando ti ho lasciato… Sai, dovresti scontrarti con il Raikage e vedere chi
vince... Magari ti aiuterebbe ad abbassare quel tuo ego smisurato» disse
Shirai, scuotendo il capo di fronte all’incredibile orgoglio e sicurezza di sé
che Itachi – così come la maggior parte degli Uchiha- dimostrava in ogni
occasione.
«Proverò a chiedere se sarà disposto a battersi con me
quando arriveremo a Kumo» rispose lui.
«Speriamo che non ti distrugga l’autostima, Itachi» concluse
Shirai, prima di salutare ed andarsene.
Naruto ed Hinata erano rimasti a vedere tutta la scena e
capivano quanto Itachi fosse alterato dalle risposte di Shirai, la quale
sembrava essere l’unica a trattare normalmente il genio degli Uchiha e a questi
non sembrava fare molto piacere.
*
La ricostruzione del villaggio portò via molto tempo agli
shinobi di Konoha, nonostante gli aiuti mandati anche da altri villaggi tra cui
Suna e Kumo.
Shirai si era trovata molto bene con gli shinobi di Suna, trovando
Kankuro, fratello maggiore del Kazekage, uno spasso: era stato facile farci
amicizia, soprattutto grazie a Naruto, e da allora erano iniziate le prese in
giro per il suo strano trucco facciale.
Ovviamente Itachi osservava il loro continuo battibeccare da
lontano e non lo trovava per nulla divertente, tanto che suo fratello lo aveva
canzonato dicendo che se continuava a tenere quel cipiglio cupo nessuno avrebbe
avuto il coraggio di avvicinarsi a lui.
«Perché non lo ammetti di essere geloso, eh Nii-san? Sei
noioso sai?» gli disse Sasuke per l’ennesima volta.
«Non lo ammetto perché non lo sono, Sasuke».
L’Uchiha minore, ogni qual volta suo fratello rispondeva
così, alzava gli occhi al cielo: era convinto che ormai per Itachi non ci fosse
più speranza e che il morbo dell’idiozia di Shisui lo avesse colpito troppo
profondamente.
Anche se doveva ammettere che forse Shisui non era così idiota: dopo tutto era l’unico tra loro
tre ad avere una fidanzata e per giunta carina.
Sasuke non aveva ancora trovato la forza di ammettere
nemmeno a se stesso che si fosse preso una sbandata per quella noiosa di
Sakura, mentre Itachi era più che altro spaventato dalla prospettiva di perdere
l’amicizia di Shirai se si fosse confessato.
Tsunade aveva informato i quattro shinobi prossimi alla
partenza, che questa sarebbe avvenuta nella prima metà del mese di Aprile:
Shirai era entusiasta di tornare nel villaggio di Kumo, poiché lo considerava
la sua seconda casa.
All’uscita dal colloquio con Tsunade parlava allegra con
Naruto delle bellezze di Kumo e di quante cose diverse avrebbero mangiato:
Itachi la ascoltava con un cipiglio scuro sul volto, mentre Hinata sorrideva
all’allegria dei due.
Voltando i suoi occhi chiari verso l’Uchiha, di cui aveva
timore, lo vide particolarmente arrabbiato e si sforzò di chiedere cosa avesse.
«Non capisco tutto questo entusiasmo verso un villaggio
straniero» rispose l’Uchiha.
«Beh per lei non è un semplice villaggio straniero, ma il
luogo dove è nata sua madre e dove l’hanno accolta come una di loro» replicò
Hinata «Penso che anche io sarei contenta di rivedere coloro che mi hanno
accolta nonostante fossi una straniera, non credi anche tu Itachi-san?»
Itachi sbuffò, capendo di comportarsi come un moccioso, ma
non riuscendo a fare altro, non quando c’entrava Shirai.
« Credo che Naruto abbia un buon occhio per le ragazze. Sei
molto saggia, Hinata-san» le disse, facendola avvampare.
«Oh, ma Naruto-kun è innamorato di Sakura-chan da sempre…».
«Crescendo si cambia e si vedono le persone sotto altre
prospettive» replicò Itachi, guardando verso Shirai, che lui non vedeva più
come amica da qualche mese ormai.
*
La partenza dei quattro shinobi per Kumo era ormai alle
porte: Saori era stata dimessa da una settimana e quando aveva saputo che
Itachi sarebbe partito per tre settimane con Shirai, aveva dato di matto.
Alcuni dei vicini si erano spaventati sentendola urlare e
suo padre non sapeva più come prenderla: non poteva di certo andare contro il
volere dell’Hokage e nemmeno Fugaku.
Inoltre quest’ultimo aveva ricevuto anche alcune minacce,
nemmeno troppo velate, da sua moglie e il grande amore che questi provava per
Mikoto lo aveva fermato tanto e più che la paura per la Godaime.
Sasuke, invece, era piuttosto soddisfatto per la piega che
stavano prendendo gli eventi e con lui Shisui, il quale gongolava come non mai
e si divertiva parecchio a fare perdere la pazienza a Saori appena ce ne fosse
occasione.
La ragazza negli ultimi giorni era diventata l’ombra di
Itachi e lo seguiva ovunque, lasciandolo in pace solo quando era a casa: Sasuke
iniziava a temere che Shisui e Ayane avessero ragione e che, a breve, l’avrebbe
mandata al diavolo.
Per fortuna la partenza era prossima e Itachi era preso per
i preparativi, così come Shirai e gli altri del gruppo: i due amici si vedevano
poco, solo per gli allenamenti nei quali partecipava anche Kuro, il quale era
ormai prossimo ad acquisire la parola come suo fratello Shun.
Shirai non lo avrebbe portato con sé a Kumo, poiché aveva
timore che Killer Bee tentasse di eliminarlo: il Jinchūriki non aveva un
particolare affetto verso i felini, anche se non aveva mai rivelato il motivo.
Il giorno dodici aprile il gruppo scelto dalla Godaime per
la missione a Kumo era davanti ai portoni di Konoha: Sakura e gli altri erano
lì per salutarli, mentre Neji era lì per minacciare Naruto di una morte lenta e
dolorosa se solo avesse osato toccare in qualche strano modo sua cugina.
Saori era rimasta appiccicata ad Itachi tutto il tempo e non
voleva lasciarlo andare: Sasuke stava quasi per avvicinarsi e staccarla con la
forza, quando suo fratello si liberò da solo.
La ragazza lo guardò rattristata e, accortasi che Shirai li
guardava da lontano, afferrò il ragazzo dalla maglia e gli diede un bacio
davanti a tutti: Naruto ed Hinata divennero color pomodoro maturo per
l’imbarazzo, Sasuke si tratteneva dal vomitare ed uccidere Saori, mentre gli
altri si limitavano a guardarli con tanto d’occhi.
Shirai invece lanciava fulmini dal corpo, letteralmente.
Quella piccola vipera.
Lo ha fatto di proposito!
«Se avete finito il vostro spettacolino, è ora di andare»
disse con voce dura e rabbiosa, voltando le spalle, salutando tutti e scattando
fuori dal villaggio seguita da Naruto e Hinata, che mantennero le distanze da
lei per evitare di essere fulminati. Itachi salutò e scattò verso il gruppo,
affiancando immediatamente Shirai, con il rischio di essere colpito: le lanciò
uno sguardo di sbieco e capì che era furiosa. Decise così di tirare un po’ la
corda, facendole perdere ancora un po’ la pazienza. Dopotutto era divertente
farla arrabbiare, poiché diventava particolarmente adorabile quando lo era.
«Dovresti tenere le tue emozioni sotto controllo Shirai. La
tua gelosia ti annebbia il giudizio» le stuzzicò.
«Tch. Avvicinati e ti annebbio qualcos’altro e con quello
anche la possibilità di dare a Mikoto-san dei nipoti» rispose l’altra, mentre
una scossa minacciava di friggere Itachi.
Lui la guardò particolarmente divertito da tutta quella
rabbia e le disse sottovoce, affinché lo sentisse solo lei: «Se sei invidiosa
di Saori, la prossima volta lo lascerò fare anche a te, Shirai».
Poi scattò in avanti, seguito dalle urla di protesta di
Shirai, che lo etichettava come pervertito ai livelli di Jiraiya.
*
Il viaggio verso Kumo durò in totale quattro giorni
abbondanti e gli shinobi di Konoha giunsero alle porte del villaggio nella
tarda sera del sedici aprile.
Kumo era costruito seguendo il paesaggio del luogo, composto
da alti pinnacoli di roccia intorno ai quali erano costruite le abitazioni
civili e i luoghi di comando: il palazzo del Raikage sorgeva sulla montagna più
alta e aveva la forma di un’enorme palla di vetro, sulla cui parte alta vi era
quella che sembrava essere una foresta. Il villaggio era completamente nascosto
dalle soffici nuvole bianche dalle quali prendeva il nome.
Gli shinobi di Konoha vennero scortati a palazzo: una volta
vicini si accorsero che la struttura, nonostante fosse di vetro, era molto
solida.
Shirai spiegò loro che era studiata per resistere ai fulmini
e alle crisi del Raikage, che spaccava quello che trovava a tiro quando si
arrabbiava, con sommo dispiacere della sua assistente Mabui. L’intero edificio
era di colore blu e il kanji rappresentate il fulmine si erigeva ben visibile
davanti all’ingresso.
Si ritrovarono poi al cospetto del Raikage, il cui ufficio
era più grande di quello di Tsunade, con un’enorme vetrata dalla quale si
vedeva tutto il villaggio e il canyon nel quale era costruito: la scrivania era
molto grande e il pavimento ricoperto da una moquette di colore blu.
Sparsi per l’ufficio vi erano dei sacchi da boxe e altri
attrezzi usati dal Raikage per mantenere la forma fisica.
«Benvenuti a Kumogakure» disse l’assistente del Raikage,
mantenendo l’espressione seria: era una ragazza nei tardi venti, con capelli
albini, occhi azzurri e colorito abbronzato, ma in misura minore rispetto a
quello del Raikage, il quale era intento a fissare gli ospiti.
«Sono soddisfatto che la Godaime abbia accettato il mio
invito. E vedo che ha mandato shinobi di una certa levatura per accompagnare
Uzumaki Naruto. Mi è giunta voce del tuo scontro con Pain. Ne sono
impressionato» disse il Raikage, mentre Naruto cercava di contenere l’imbarazzo
« E poi abbiamo il genio del Clan Uchiha. Sarà un piacere averti al villaggio,
soprattutto se vorrai scontrarti con qualche shinobi di qui. E infine abbiamo
la futura erede del Clan Hyūga. Un’ottima squadra non c’è che dire».
Aveva ignorato Shirai di proposito, la quale aveva una vena
pulsante sulla tempia destra per il nervoso, ma gli allenamenti con Itachi non
ne avevano solo temprato il fisico, ma anche la mente: respirò profondamente e
sorrise al Raikage, che rimase stupito dalla sua reazione.
Ghignò e disse: «Vedo che qualcuno ha domato in parte il tuo
caratteraccio».
«Mi chiedo quando nascerà qualcuno in grado di domare il
tuo, Raikage» rispose Shirai, mentre Mabui annuiva vigorosamente.
Il Raikage decise di far finta di nulla e ordinò alla sua
assistente di accompagnare gli shinobi nell’appartamento che gli era stato
riservato al villaggio. Avrebbero abitato sotto lo stesso tetto, così da
ridurre il rischio in caso di attacco: se si fossero trovati tutti nello stesso
luogo sarebbe stato difficile attaccarli ed inoltre le autorità di Kumo
potevano tenerli d’occhio con un numero minore di guardie.
*
Gli shinobi di Konoha vennero accompagnati per il villaggio
da Shirai che in quattro anni aveva conosciuto ogni antro e via dello stesso:
molti civili e shinobi di passaggio si fermavano a salutarla, lanciando sguardi
curiosi ai suoi compagni.
Anche in questo villaggio Itachi aveva iniziato a riscuotere
il solito successo che aveva con le ragazze, ma anche Naruto non scherzava:
molte di loro lo conoscevano come “Salvatore di Konoha” o “Eroe che ha
sconfitto Pain” e lui si godeva le attenzione del gentil sesso, che a Konoha
erano poche poiché la maggior parte lì lo conosceva come dobe.
Shirai vide da lontano la chioma bionda di Shi e lo
raggiunse salutandolo con un abbraccio e un sorriso: lo shinobi era in
compagnia di Samui e Omoi, i quali informarono la kunoichi che Karui era in
missione con Darui.
«Per una volta non dovrà impazzire per i tuoi sproloqui, neh
Omoi-san?».
«I miei non sono sproloqui. Sono lo studio delle possibilità
che potrebbero accadere se ci fossero le giuste cause. Per esempio: se io ci provassi
con te, Shi-san e Uchiha-san mi attaccherebbero, se mi attaccassero reagirei e
se li ferissi il patto di pace con Konoha sarebbe rotto» disse Omoi, mentre
Shirai scuoteva il capo, sconfitta: non sarebbe mai cambiato.
«Dov’è Bee-san?».
«È ad allenarsi» rispose Shi, sapendo che Shirai conosceva
il luogo dove l’Hachibi si migliorasse.
«Andiamo, vi mostro il luogo dove Bee-san si sta allenando»
disse ai suoi compagni di squadra, mentre Shi si propose di accompagnarli con
grande scorno da parte di Itachi, che da quando era giunto a Kumo non aveva
aperto bocca.
In poco tempo raggiunsero una delle montagne più nascoste,
all’interno della quale era costruito un tempio, situato alla fine di una lunga
scalinata alla base della quale vi era un grande spiazzo circolare di terra
battuta.
Killer Bee, avendo già percepito il chakra degli stranieri
in avvicinamento, li stava aspettando: quando se li trovò davanti, iniziò con
il suo stupido rap.
«Vedo che sei tornata, razza di imbranata, yo!» disse il
jinchūriki, rivolgendosi a Shirai « E hai portato degli amici! Lascia che te lo
dica, che tette ha la tua amica!» aggiunse, rivolgendosi ad Hinata, che divenne
color pomodoro e rischiò di svenire, mentre Naruto era in imbarazzo, così come
gli altri.
«Bee-san, per favore basta con queste rime orrende! Ho
passato quattro anni ad ascoltarle e le mie orecchie ancora sanguinano quando
le ricordo» protestò Shirai.
«Ora voi andatevene, lasciatemi solo con Naruto. Vediamo se
il Kyūbi mi darà il benvenuto!» disse Killer Bee e gli shinobi ubbidirono,
scattando verso il villaggio.
«Andrà bene lasciarlo solo con lui?» chiese Hinata.
«Sì, non ti preoccupare. Bee-san è un uomo d’onore e degno
di fiducia. È l’unico jinchūriki in grado di controllare e collaborare con il
proprio Bijū e sono sicura che riuscirà a dare una mano a Naruto, anche se il
Kyūbi non è un campione di simpatia» disse Shirai, mentre atterravano con
agilità sul balcone dell’appartamento assegnato loro.
Non era molto grande: due stanze, due bagni, una cucina
unita al soggiorno,una dispensa e due balconi.
Le due stanze erano molto spartane: avevano due letti
singoli in ognuna, con coperte di colore tenue, pareti bianche, una finestra
per arieggiare e una scrivania di legno chiaro.
I bagni avevano la doccia, i sanitari necessari, un grande
specchio ed erano tinteggiati con colori tendenti al giallo.
La cucina non era grande, ma fornita di un frigorifero
capiente, di un lavandino in acciaio lucido, il fornello a quattro fuochi e un
ripiano dove preparare da mangiare.
I primi che andarono a farsi la doccia furono Itachi e
Hinata, mentre Shirai si preoccupava di preparare qualcosa da mettere sotto i
denti: Shi se n’era andato, nonostante l’invito a restare a cena, poiché doveva
portare il rapporto della sua ultima missione al Raikage.
Shirai si mise a preparare il ramen, così da far felice il dobe, e stava tagliando proprio il naruto, quando Itachi uscì dalla doccia:
la ragazza si voltò per dirgli di apparecchiare la tavola, ma trovarselo
davanti con i capelli sciolti e bagnati le bloccò la parola.
Si voltò di scatto, sperando che l’Uchiha non avesse visto
né il rossore né la bava che le cadeva dal labbro – era sicura che ci fosse!-,
e lo sentì avvicinarsi: era talmente tesa che si tagliò il polpastrello.
«Itai!» esclamò, tenendosi il dito ferito.
Itachi si avvicinò e, afferrando un fazzoletto le tamponò il
dito: «Sei sempre maldestra» le disse, guardandola con i suoi occhi scuri.
Ohi, Shirai! Che
diavolo ti prende? Non hai mai avuto problemi con la vicinanza di Itachi!
Lo so, coscienza del
cavolo, ma non ci posso fare nulla se mi mette in agitazione? Da quanto ha gli
occhi così scuri?
Li ha sempre avuti,
baka. Solo che ora te ne sei resa conto, perché non lo vedi più come amico.
Non è vero!
Il conflitto interiore che Shirai stava avendo era visibile
all’esterno dall’aggrottarsi delle sopracciglia, che fece incuriosire Itachi:
«Cosa sta succedendo in quella testa bacata che ti ritrovi?»
le chiese, facendola sobbalzare.
«Assolutamente nulla!» rispose prontamente la ragazza,
sfilando il dito ferito dalle mani di Itachi, il quale aveva applicato un
cerotto recuperato dalla cassetta di pronto soccorso in bagno.
Itachi la guardò divertito: lo vedeva l’imbarazzo che la sua
vicinanza le procurava ed era uno spasso portarla al limite.
Così appena lei si volse per continuare a tagliare le
verdure e la carne per il ramen, le si mise alle spalle, poggiandosi lievemente
alla sua schiena con il petto e sentendola tendersi immediatamente: era proprio
incapace di nascondere le sue sensazioni, povera anima.
«Cosa prepari?» le chiese, facendo ben attenzione a dirlo
direttamente all’orecchio di Shirai, la quale rabbrividì da capo a piedi
aumentando il divertimento di Itachi.
«Il ramen» rispose Shirai con voce forzatamente ferma «Devi
per forza starmi così appiccicato? Non riesco a tagliare la carne».
«Voglio vedere come cucini, ti crea problemi?» le chiese.
«No, ma dammi spazio» rispose, dandogli una leggera
gomitata, che però non ebbe l’effetto sperato: infatti Itachi non si spostò di
un millimetro, iniziando a seguirla in ogni movimento che faceva in cucina.
Shirai era ormai al limite della sopportazione, quando una
vocina flebile attirò le attenzioni dei due: non era mai stata più felice di
vedere Hinata.
«Etto…
Shirai-chan, il bagno è libero. Vai pure, finisco io di cucinare» disse la
Hyūga, con un notevole imbarazzo: cosa stava facendo Itachi così appiccicato a
Shirai?
«Arigatō, Hinata-chan. Vado!» disse Shirai, felice di poter
sgusciare via dalla presa di Itachi, il quale ghignava divertito dalle reazioni
esageratamente imbarazzate che l’ amica aveva nei suoi confronti.
Rivolse poi le sue attenzioni ad Hinata, che sembrava sul
punto di dire qualcosa, ma non ne trovava il coraggio. Così decise di darle una
mano ad esprimersi:
«Hinata-san, hai qualcosa da dirmi? Non ti preoccupare:
l’unica che riesce a farmi perdere la pazienza è Shirai» le disse, vedendo che
sorrideva leggermente, segno che anche lei –come tutta Konoha- se n’era accorta.
«Volevo solo chiederti di non giocare con lei, Itachi-san.
Shirai ha perso una persona molto cara qui a Kumo e non voglio che soffra
ancora per il tuo divertimento» disse convinta e senza giri di parole la Hyūga
guardando il suo interlocutore con sicurezza.
«Non ti preoccupare. Non sto affatto giocando» la rassicurò
con un sorriso, facendola stupire.
Aveva forse Uchiha Itachi appena ammesso che Shirai Nakamura
era più che un’amica per lui?
Shirai intanto era rinchiusa in bagno e aveva aperto l’acqua
solo per dare l’impressione che si stesse già lavando, quando invece era
impegnata a riprendere la normale respirazione: Itachi così vicino non era un
toccasana per la sua salute.
Non quando aveva ancora addosso il forte profumo del bagno
schiuma al muschio bianco, che l’aveva portata ad immaginarselo sotto la doccia
nell’atto di insaponarsi.
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Capitolo 25 *** Twenty-Fifth ***
twenty fifth
Twenty-fifth
Era già trascorsa una settimana
dacché il gruppo di shinobi era giunto a Kumo: a Konoha la
ricostruzione andava avanti velocemente, grazie anche ai vari aiuti
provenienti dai villaggi limitrofi.
Persino i bambini aiutavano
nella ricostruzione e questo strinse il cuore di Tsunade per la
felicità: era indice di quanto gli abitanti tenessero al loro villaggio.
Inoltre, gli Uchiha che
collaboravano con gli Hyūga erano un evento unico: i due clan non
avevano mai avuto rapporti amichevoli, ma ora si poteva vedere Fugaku e
Hiashi che ricostruivano la casa di quest’ultimo insieme.
Sakura e Sasuke passavano molto
tempo vicini, trovando qualunque scusa pur di ritrovarsi a lavorare
allo stesso progetto: in quel momento stavano sistemando l’ospedale,
recuperando le scorte che si erano salvate e togliendo le macerie per
ricostruirlo da zero.
«Chissà come se la cavano Shirai e gli altri» chiese Sakura al suo compagno di lavoro.
«Per me stanno bene. Senza Saori
tra i piedi, mio fratello passerà tutto il tempo addosso alla Raibaka,
vedrai. E forse quando torneranno il loro rapporto sarà diverso» le
rispose Sasuke.
«Sembra proprio che tu voglia vedere tuo fratello e Shirai insieme, eh Sasuke?»
«Sì, perché quando è con lei lo
vedo sereno» rispose sincero Sasuke «E per Itachi è una cosa strana: il
peso del suo potere, ora ancora più grande dopo lo sviluppo del
Mangekyō, e quello del Clan, lo rendevano sempre teso e all’erta. Da
quando lei è tornata mi sembra di rivedere l’Itachi di otto anni fa».
Sakura sorrise: vedere l’affetto
che Sasuke provava per il fratello era una cosa dolce e le faceva
sembrare gli Uchiha più umani.
Si rimisero al lavoro, mentre
dall’altra parte della strada una kunoichi bionda battibeccava con il
suo pigro compagno di team: più che altro lei urlava e lui si limitava
a fingere di ascoltarla.
«Sei proprio uno scansafatiche, Shikamaru!» gli disse per l’ennesima volta, mentre spostava un vaso.
«Ino, ho una gamba rotta» le ripeté lui, per l’ennesima volta «E poi ti sto aiutando scrivendo tutto quello che si è salvato».
«Oh, ma che bravo! Vuoi per caso
che ti asciughi il sudore dalla fronte o ti dia un premio?» chiese
sarcastica, vedendo che Shikamaru sorrideva in modo strano «Ehi! A cosa
diavolo stai pensando?».
«A nulla, rottura. Avvicinati un
attimo» le disse, obbligandola a chinarsi verso di lui, che le pulì una
guancia sporca di polvere.
Non avrebbe mai pensato di vedere Ino Yamanaka diventare rossa in viso, ma a quanto pare lui aveva quel potere su di lei.
Bene, allora il mio cervello aveva visto giusto. La piccola Ino ha una cotta per me!
Ora cosa dovrei fare?
In quel momento il cervello di Shikamaru Nara divenne completamente vuoto: non aveva idea di come comportasi con lei.
Sapeva che non voleva farla
soffrire, ma non cosa provava in realtà per la sua compagna di Team dai
tempi in cui erano chūnin. Non poteva nemmeno negare che quando aveva
smesso di spasimare per Sasuke ne era rimasto sollevato e ciò voleva
pur significare qualcosa.
La guardò un attimo e si accorse
solo in quel momento che era rimasta zitta per più di dieci secondi
consecutivi, segno che il suo toccarle la guancia aveva avuto un
effetto quasi devastante.
La vide trafficare con alcuni
vasi e notò che le mani le tremavano leggermente: poi si voltò verso di
lui e aprì la bocca per dire qualcosa, ma si bloccò.
Lo fece altre due volte prima che le dicesse di sputare il rospo e ciò che gli chiese lo lasciò un attimo perplesso.
«Neh Shika … Ma tu sei innamorato di Temari-san?» gli chiese, senza guardarlo negli occhi.
Ino sapeva che rischiava molto
chiedendogli questa cosa, ma doveva sapere: se lui avesse risposto
affermativamente ne avrebbe sofferto, ma almeno sapeva di doversi
mettere il cuore in pace; se per contro la risposta fosse stata
negativa, poteva ancora sperare di avere un’opportunità.
Lui ponderò bene la risposta e
poi disse: «No, la trovo molto attraente, ma nient’altro. Ha un
carattere troppo problematico per me. Non mi piacciono le donne di
polso. Mi ricordano mia madre».
Ino lo guardò un attimo e
scoppiò a ridere. Era vero quello che diceva: in effetti Temari
ricordava davvero la madre di Shikamaru a volte.
«Ridi per caso di me?» le chiese, vedendola scuotere il capo.
«Sono solo contenta di sapere
che per ora non lascerai Konoha, Shika» gli rispose sorridendo di nuovo
e facendolo arrossire leggermente: non aveva mai visto il viso di Ino
così raggiante e la sua bellezza lo aveva colpito in pieno.
*
A Kumo gli allenamenti di Naruto
proseguivano veloci: aveva già imparato a utilizzare il chakra del
Kyūbi con il quale ricopriva interamente il suo corpo.
Quando lo usava era circondato
da uno strato di chakra color giallo splendente, gli occhi diventavano
arancioni e sul collo apparivano sei magatama: il suo aspetto, almeno a
detta di Itachi, somigliava sempre di più al Rikūdo Sennin.
Riusciva, grazie al chakra
prestatogli dal Kyūbi, ad usare in modo più efficace tutte le sue
tecniche e persino lo Sharingan di Itachi faceva fatica a seguirne i
rapidi movimenti, tanto che il Raikage lo aveva paragonato al Konoha no
Kiiroi Senkō, che altri non era che lo Yondaime, padre di Naruto stesso.
Shirai e Hinata, mentre Itachi
aiutava Naruto negli allenamenti, si occupavano di dare una mano
all’accademia ninja di Kumo con grande soddisfazione dei bambini che si
divertivano un mondo con entrambe.
Hinata aveva un gran talento e
pazienza per l’insegnamento, tanto che Shirai le disse di provare a far
richiesta per diventare sensei all’accademia di Konoha.
«Non credo che mio padre
approverebbe una scelta del genere. Sono l’erede degli Hyūga e come
tale devo diventare sempre più forte per essere in grado di guidare il
mio clan. Diventare sensei mi impedirebbe di concentrarmi su questo».
«Hinata-chan, non puoi lasciare
che sia tuo padre a scegliere il tuo percorso di vita: affrontalo a
testa alta e digli ciò che vuoi diventare. In questo modo sono sicura
che gli dimostrerai quanto tu sia forte in realtà e degna del suo
rispetto» rispose l’altra, convinta.
«Shira-nee ha ragione!»
s’intromise la voce di Naruto, il quale era evidentemente tornato da un
altro allenamento con Itachi: aveva numerose abrasioni, anche se non
quante ne aveva Shirai quando finiva con lui.
Probabilmente il chakra del
Kyūbi lo aveva protetto parecchio: Itachi aveva solo un piccolo graffio
sotto l’occhio destro e un paio di scorticature sulle braccia.
Hinata al commento di Naruto era
arrossita come al solito, abbassando lo sguardo: non sarebbe mai
riuscita ad ammetterlo, ma sentire che Naruto l’appoggiava nel suo
sogno di insegnare all’accademia la faceva sentire appagata e
orgogliosa di sé come non lo era da molto tempo.
«Inoltre se una ragazza educata
come Hinata-san dovesse divenire istruttrice all’accademia, Konoha non
vedrebbe più esempi come Shirai…» la prese in giro Itachi: da quando
erano arrivati lì si divertiva un mondo a prenderla per i fondelli,
poiché si sentiva meno costretto e rigido in quel villaggio rispetto a
Konoha, dove la maggior parte delle volte era sempre sotto esame.
La ragazza si divertiva a sua
volta rispondendo per le rime e, in questo caso, non fu da meno: «E se
lei fosse istruttrice, potrebbe insegnare ai futuri Uchiha un po’ di
umiltà, neh Itachi?».
Lui non rimbeccò oltre,
limitandosi a sorridere divertito e andarsene verso l’appartamento che
condividevano: le due ragazze avrebbero finito di lì a un’ora e nel
frattempo loro si sarebbero lavati e cambiati.
*
Omoi, Karui e Samui erano
tornati da poche ora da una missione, quando il Raikage li chiamò a
rapporto: l’uomo voleva sapere la loro opinione, più che altro quella
di Samui, sulla sua idea di far combattere Itachi Uchiha con qualcuno
degli shinobi di Kumo.
«L’idea è assennata,
Raikage-sama, ma potrebbe ritorcersi contro di noi: Uchiha Itachi è
molto potente, forse addirittura a livello di Shisui Uchiha, che non
credo vi siate ancora dimenticato» disse Samui, seria come sempre.
«E come dimenticare quel
ragazzetto di diciassette anni che riusciva a battermi in velocità?
Sarei curioso di vedere come sia diventato ora che di anni ne ha
ventitré» disse il Raikage, sorridendo al ricordo dello scontro con
quel piccoletto dai capelli neri: lo aveva capito dal principio che
Shisui Uchiha non era un avversario da sottovalutare, nonostante fosse
sempre sorridente e divertente.
Avevano combattuto entrambi al
massimo delle loro capacità e il Raikage avrebbe vinto sicuramente
allora. Nel presente non era sicuro: sapeva che Shisui poco tempo dopo
il loro scontro aveva risvegliato il Mangekyō e che era il più forte
dai tempi di Madara Uchiha.
Ora anche Itachi lo aveva
risvegliato, durante lo scontro con Pain, ed era curioso di vederlo
all’opera: sapeva che la tecnica risvegliata era quella dell’Amaterasu,
che già di per sé valeva la pena di ammirare, ma voleva scoprire quali
fossero le altre.
«Raikage-sama, se volete vedere
l’Uchiha in azione, ricordatevi di chiedere il consenso alla
Godaime-sama: è uno shinobi di Konoha e sottostà al volere del suo capo
villaggio, non al vostro» gli ricordò Samui, salutando poi l’uomo e
uscendo, seguita dai suoi compagni di team.
La bionda kunoichi sapeva che il
Raikage voleva vedere Itachi in azione a tutti i costi e per farlo lo
avrebbe probabilmente sfidato personalmente.
Il Team al quale Shirai
apparteneva quando era a Kumo incontrò Hinata al mercato: Omoi iniziò
subito a tediarla con le sue frasi senza capo né coda, facendo
infuriare Karui, la quale prese a picchiarlo in testa.
«Konbawa, Samui-san» salutò la
Hyūga, che non ebbe l’opportunità di salutare gli altri, poiché Omoi
era fuggito e Karui gli era andata dietro, sbraitando.
« Konbawa. Come vanno gli allenamenti di Naruto-san?».
«Piuttosto bene, grazie. Ha
imparato molto grazie a Bee-san e anche gli allenamenti con Itachi-san
lo aiutano» rispose la corvina, mentre afferrava la borsa con la spesa
che la negoziante le porgeva con un sorriso.
Dal fondo della via videro
arrivare Shirai, in compagnia di Shi, come succedeva spesso da quando
lei era tornata a Kumo: ovviamente quando Itachi era nei paraggi si
vedeva quanto quella situazione lo irritasse.
Secondo Hinata, Itachi voleva
approfittare di quella permanenza a Kumo per far comprendere a Shirai
quanto i suoi sentimenti verso di lei fossero mutati: ovviamente la
ragazza non pareva nemmeno accorgersene, convinta che il ragazzo si
divertisse a prenderla semplicemente in giro.
«Samui-san volete venire a cena da noi, questa sera? Sono convinta che Shirai-chan ne sarebbe contenta».
«Mi dispiace, ma questa sera
dobbiamo riposarci il più possibile: domani ripartiamo per un’altra
missione di spionaggio ai danni dell’Akatsuki» rispose la bionda.
«Capisco … Allora state attenti, mi raccomando» aggiunse Hinata, prima di salutarla e avvicinarsi a Shirai.
La sentì invitare Shi a cena e
quando il ragazzo accettò, Hinata impallidì: Itachi non l’avrebbe presa
bene e non era una cosa semplice avere a che fare con un Uchiha di
pessimo umore.
*
Quando Itachi uscì dalla doccia,
trovò seduto sul divano del salottino Shi di Kumo e la sola vista di
quel ragazzo gli fece venire il nervoso: non gli aveva fatto nulla di
male, ma ronzava perennemente intorno a Shirai come un’ape vicino ad un
fiore pieno di polline.
Il ragazzo lo salutò
educatamente e Itachi fu fortunato poiché Naruto uscì in quella dal
bagno, salvandolo dal dover intrattenere una conversazione con Shi.
Era convinto che quel biondino
sapesse quanto la sua presenza nelle prossime vicinanze di Shirai lo
irritasse e sembrava si divertisse a starle intorno: il Raikage non
aveva una missione per lui? Non poteva mandarlo per un mese nel
villaggio più lontano da lì?
Sbuffò spazientito e si diresse
nella camera condivisa con Naruto per recuperare un rotolo che stava
studiando dal suo arrivo a Kumo: parlava dello Sharingan, del Mangekyō
in particolare, di tutti i suoi poteri e dei problemi che potevano
sorgere dal continuo utilizzo di quell’abilità innata.
Si sedette in cucina, mentre
sentiva Shirai e Hinata parlare al di là della porta della camera che
condividevano: Itachi aveva un ottimo udito e dovette concentrarsi solo
un minimo per capire cosa si dicevano.
«Non credo sia il caso di invitare qui Shi-san… » disse Hinata, con la voce sottile.
«Perché? Non ti piace come
persona? Ti ha fatto qualcosa?» chiese trafelata l’altra, poiché non
capiva come mai una persona dolce come Hinata non volesse qualcuno in
casa.
«No, il problema non sono io,
Shirai-chan. Credo che Itachi-san sia infastidito dalla presenza di
quel ragazzo» le spiegò Hinata.
«Itachi è infastidito dalla
presenza di chiunque, Hina-chan. È un orso, lo so benissimo» rispose
Shirai, facendo storcere il naso a Itachi: quella ragazza pensava
davvero che lui fosse un asociale?
«Shirai-chan, credo che lui non
sia solo infastidito dalla sua presenza, ma…. Oh, credo che lui sia
geloso del rapporto che hai con Shi-san. Siete molto in confidenza,
dopo tutto» disse la Hyūga.
«Mh. Non so se hai ragione, ma
sappi che la gelosia di cui parli è molto diversa da quella che tu
senti per Naruto quando parla o fa il cascamorto con Sakura».
Ma sentila come è convinta di quello che dice. Pensa davvero di conoscermi così bene?
Pensò Itachi, mentre con una
parte del suo geniale cervello cercava un modo per farle passare tutta
quella sicurezza che mostrava.
«Lui è solo preoccupato che io
possa andarmene da Konoha perché innamorata di uno shinobi straniero.
Non ha altri motivi, solo l’egoismo di volermi al villaggio, nonostante
lui abbia già molti intorno, come Saori... » continuò Shirai, facendo
scendere il silenzio.
Me lo sono immaginato o il suo
tono è mutato quando ha pronunciato il nome di Saori? Che le dia
fastidio il rapporto che ho con lei?
«Shirai-chan … Sei sicura che Itachi-san sia solo tuo amico?» le chiese Hinata, mentre Itachi rizzava le orecchie.
«Hinata-chan vorrei tanto darti
una risposta sicura, ma non ce l’ho al momento. Non sono più sicura di
quale sia il rapporto che mi lega ad Itachi» rispose con tono frustato
l’altra.
«Non ti preoccupare, Shirai-chan. Prima o poi capirai».
«Anche se non credo che
cambierebbe qualcosa» aggiunse l’altra, ricevendo,probabilmente, una
muta domanda dalla Hyūga, poiché proseguì « Se io avessi cambiato i
miei sentimenti verso Itachi, credi davvero che farebbe la differenza?
Lui è il futuro capo clan degli Uchiha e seguirà il volere del Clan
fino alla fine. Se loro vorranno vederlo con Saori, lo accetterà.
Quindi per me è meglio se le cose rimangono come sono, non credi?».
Itachi non sentì la risposta di
Hinata, ma vide la porta aprirsi e Shirai uscirne con i capelli slegati
e il cambio in mano segno che stava andando a farsi la doccia: per non
farsi beccare aveva ripreso a leggere il rotolo che aveva in mano.
«È inutile che continui a
leggere, Itachi. Sei un baka e tale rimarrai» lo prese in giro lei,
ricevendo semplicemente uno sguardo annoiato.
Decise di lasciarlo in pace,
poiché era evidentemente di cattivo umore e, dopo aver salutato Shi
–Itachi alzò gli occhi al cielo infastidito per il gesto-, si chiuse in
bagno.
*
La cena, nonostante il mutismo
in cui Itachi si era rinchiuso, proseguiva in allegria, soprattutto
grazie ai resoconti comici che Naruto faceva dei suoi allenamenti.
Imitava le mosse sia di Killer
Bee, con tanto di rap assurdo, sia le proprie, facendo sbellicare senza
ritegno i presenti: persino Shi aveva le lacrime agli occhi dal troppo
ridere.
Finita la cena, il biondo
shinobi si propose di aiutare con il lavaggio delle stoviglie, ma
Itachi, sempre in silenzio, lo precedette posizionandosi al fianco di
Shirai: lei lavava, lui asciugava.
Shi, convinto che nessuno lo
vedesse, sorrise divertito a quella vista, soprattutto quando Shirai
riprese Itachi, dicendogli che doveva asciugare meglio i bicchieri o
sarebbero rimasti macchiati dall’acqua residua.
Hinata vide il sorriso dello
shinobi e capì che si comportava in quel modo con Shirai, proprio per
spingere Itachi a farsi avanti con lei: era davvero un ninja sensitivo,
dopo tutto.
Così Hinata decise di lasciare
che Shi facesse da collante tra i due amici e vedere come sarebbe
evoluta la situazione: sapeva che Itachi provava sicuramente qualcosa
al di là dell’amicizia per Shirai, ma era preoccupata per le
conseguenze.
Il Clan Uchiha non avrebbe
mollato la presa sul proprio genio. Non lo avrebbe mai lasciato con una
kunoichi che non fosse un’Uchiha.
Shi se ne andò verso le dieci di
sera e Shirai lo accompagnò fino all’ingresso dello stabile dove era
situato il loro appartamento: rimasero un attimo fuori a parlare.
E nessuno dei due si accorse di
un corvo un po’ strano che li fissava da uno dei balconi del primo
piano: aveva occhi rossi con strani disegni neri.
«Shirai-san, c’è una cosa che mi
preme chiederti» esordì lui, ricevendo la piena attenzione dalla
kunoichi « Ti piacerebbe venire qui a Kumo per sempre?».
Shirai rimase completamente sbalordita da quella richiesta: non sapeva cosa rispondere, ma nella sua mente apparve Itachi.
Non voglio lasciare né lui né
Konoha, ma rimanere lì vorrebbe dire vederlo al fianco di Saori per il
resto della vita e probabilmente perdere comunque la sua amicizia: lei
non ci permetterebbe mai di rimanere tali.
Però lì ho anche la mia famiglia
e gli amici. Anche qui a Kumo ne ho parecchi, ma dopo la morte di
Taichi non ho un motivo forte per rimanere.
«Non devi rispondermi ora,
Shirai. Se te l’ho chiesto è perché voglio che tu rimanga con me» le
disse, accarezzandole una guancia e facendola arrossire: non aveva mai
capito che Shi avesse certi sentimenti verso di lei, convita fosse solo
un amico molto vicino «Ci vediamo nei prossimi giorni: pensa alla mia
proposta, d’accordo?».
Shirai annuì semplicemente e non vide Shi lanciare uno sguardo al corvo dagli occhi rossi che lo fissava malevolo.
Quando Shirai rientrò
nell’appartamento capì dal rumore di russare che Naruto era già
addormentato e Hinata si era ritirata in camera: l’unico rimasto in
salotto con il rotolo e una tazza di the era Itachi, che le lanciò un
breve sguardo cremisi da sopra il bordo di pergamena giallastra.
«Ti conviene andare a letto, Itachi. Domani hai ancora gli allenamenti con Naruto, neh?».
«Hai! Ma ci vuole ben altro per
stancarmi, Shirai» le rispose, mentre lei si mordeva la lingua per non
rispondergli in modo sarcastico con una frase tipo: “Ti ci vuole Saori,
eh Itachi?”.
Lui aveva smesso di leggere prendendo a fissarla con insistenza, prima di chiedere: «È successo qualcosa?».
La vedeva tesa e quando si mordeva il labbro inferiore a quel modo, lui lo sapeva bene, voleva dire che era nervosa.
«Sì, qualcosa è successo, anche
se mi è difficile ancora comprendere. Se qualcuno di cui non sospetti,
si confessasse a te proponendoti di rimanere con lui, o lei, tu cosa
faresti?» gli chiese.
Non posso credere che sia così ingenua e stupida da chiedere una cosa del genere proprio a me.
Ovviamente non disse nulla di
tutto ciò, limitandosi a sbuffare, poggiare il rotolo e rispondere:
«Dipende da cosa sento per la persona che me lo chiede, Shirai»
«Mettiamo il caso sia Saori a chiedertelo, cosa faresti?» gli disse, vedendo che Itachi diveniva silenzioso e pensoso.
Rispose solo dopo alcuni minuti:
«Valuterei i pro e i contro della sua richiesta. Se i primi fossero
maggiori, allora accetterei» le disse.
Shirai rimase un attimo
spiazzata dalla risposta del ragazzo e così chiese: «Ma non sei
innamorato di lei, Itachi? Non dovresti accettare qualunque cosa pur di
stare con lei?».
«Cosa ti fa avere la convinzione che io sia innamorato di Saori?».
« La vostra vicinanza e poi… »
Shirai arrossì di botto, evitando di guardare Itachi negli occhi,
troppo imbarazzata « Mi pare che voi abbiate un rapporto molto
profondo, no?».
Itachi la guardò un attimo,
prima di ghignare e rispondere, facendola avvampare ancora di più,
tanto che si poteva cuocere un uovo sul copri fronte: «Ti riferisci al
fatto che da un anno abbiamo rapporti sessuali, Shirai?».
Lei si limitò ad annuire
vigorosamente, maledicendosi per aver tirato fuori il discorso: non
voleva né parlare né immaginare i rapporti di quel tipo tra Saori e
Itachi, anche perché la infastidivano grandemente.
«Avere certi rapporti con
qualcuno non significa esserne per forza innamorati, ma semplicemente
attratti fisicamente» le rispose lui.
«Ah, capisco. Io avevo pensato
che tu fossi innamorato di lei, perché per me era così con Taichi… »
confessò Shirai, divenendo nuovamente rossa.
«Shirai» la chiamò Itachi,
facendole alzare lo sguardo, cosicché lei si accorse che si era alzato
e le era direttamente davanti « Non accettare. Torna a Konoha, con me».
Lei lo guardò sorpresa, prima di chiedere: «Perché?».
«La mia vita sarebbe vuota senza la tua presenza a Konoha».
«E se io fossi innamorata di Shi?».
«Se tu lo fossi, non avresti
chiesto consiglio a nessuno. Avresti accettato senza nessun dubbio. Non
avresti nemmeno valutato i pro e i contro, ne sono sicuro» le disse,
avvicinandosi di un altro passo, che corrispose a uno all’indietro di
lei.
«Io non posso restare a Konoha solo per il tuo egoismo Itachi».
Lui la guardò un attimo senza
dire nulla: gli occhi erano tornati del consueto colore scuro e Shirai
si sentì risucchiata in essi, come in un buco nero.
Non aveva mai visto gli occhi di
Itachi così da vicino e non si era mai soffermata ad osservarli con il
loro taglio felino. Erano belli gli occhi di Itachi, ma le facevano
paura. Perché voleva guardarli per sempre, ma non come un’amica.
Era giunto il momento di
ammettere a se stessa che per lei Itachi non era più l’amico del
passato. Ora lo vedeva in un modo diverso, come una ragazza guarda un
ragazzo che le piace.
Lo guardava come una ragazza
innamorata. E in quel momento la prospettiva di scappare da lui, dal
futuro divisi che li attendeva era forte: rifugiarsi a Kumo, lontana
dal dolore di vederlo con Saori.
Abbassò lo sguardo in quel
momento, ma la mano di Itachi scattò veloce verso il suo mento
obbligandola a continuare il contatto visivo, nonostante le creasse
confusione e smarrimento.
«Torna con me a Konoha, Shirai»
le ripeté Itachi, prima di avvicinarsi ulteriormente, troppo, e
sfiorarle leggermente le labbra con le proprie.
Fu lieve il contatto: come il
battito di ali di una farfalla. Come un petalo di ciliegio che ti
sfiora la guancia quando cade dai rami scossi dal vento, ma bastò.
Bastò a farle sentire un calore
incredibile riempirle il corpo: lo stomaco si contrasse in modo
dolorosamente piacevole, il cuore si fermò insieme al respiro e Shirai
credette di svenire.
Non aveva nemmeno chiuso gli
occhi da tanto il momento fu breve e rimase bloccata con lo sguardo
perso nel vuoto, fino a quando non sentì la mano di Itachi poggiarsi
sulla guancia: lo guardò incredula e lui sorrise.
«Non sorridere così. Itachi … Non prendermi in giro» gli disse, distogliendo lo sguardo.
«Perché pensi che io ti stia prendendo in giro, Shirai?».
«Perché tu sei Itachi! E io sono
solo Shirai! Noi siamo amici e tu non credi nemmeno che io sia una
ragazza!» gli disse, tenendo il tono di voce forzatamente basso.
«Non posso aver cambiato idea?».
«Guarda caso l’hai cambiata
proprio quando Shi mi ha chiesto di rimanere qui con lui … E anche se
tu avessi cambiato idea su di me, ricorda Itachi: io non sono Saori. Io
non farò come lei pur di avere le tue attenzioni e non lascerò che il
tuo Clan mi cacci di nuovo dal mio villaggio. Lo sai che se tu ed io …
» si bloccò, diventando rossa e sforzandosi di continuare «Se tu ed io
volessimo stare insieme in quel senso, il tuo Clan non lo
permetterebbe. Quindi smettila di fingere solo per tenermi con te al
villaggio».
Itachi non riusciva a capire
perché Shirai avesse reagito in quel modo: non comprendeva perché lei
fosse convinta che non ci fosse la possibilità che lui fosse innamorato
di lei.
Poi si ricordò di tutte le volte
che l’aveva presa in giro per la sua poca femminilità e le sue parvenze
mascoline e capì che l’aveva ferita molto più di quanto pensava con
quelle parole.
Talmente tanto che ora non credeva nemmeno possibile il sentimento che lui invece provava sinceramente per lei.
« Sto davvero fingendo, Shirai?
Ne sei sicura?» le chiese, vedendo che annuiva vigorosamente
«D’accordo. Quando torneremo a Konoha ti mostrerò che non è una farsa
volta a trattenerti al villaggio per un mio atto di egoismo.
Riprenderemo l’argomento tra due settimane» le disse, prima di
toglierle la mano dalla guancia e chiudersi in camera.
Shirai si lasciò andare a terra,
poiché le ginocchia non avrebbero retto oltre e si mise una mano sul
cuore: da quando era così irrimediabilmente innamorata di Itachi?
Quando era successo? Non se n’era nemmeno accorta!
«Possibile che io sia così stupida da non essermene resa conto prima?».
Beh, che dire? Sono tornata dopo
eoni e vi chiedo scusa, ovviamente a chi legge ancora la storia. Se
trovate degli errori, mi dispiace, ma ho pubblicato un po' di fretta...
Spero di essere più costante con gli aggiornamenti, ma ci conto poco.
Alla prossima.
Elena
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