Disperati Senza Gloria di Ellie_x3 (/viewuser.php?uid=23287)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0. Open Army for Plain Hearts ***
Capitolo 2: *** 01. Make them believe you're the One ***
Capitolo 3: *** 02. Reach the borderline- Step back ***
Capitolo 4: *** 03. Poison in her veins ***
Capitolo 5: *** 04. Forever and Always ***
Capitolo 6: *** 05. Di piscine e Tentati Onicidi ***
Capitolo 7: *** 06. Bunraku -teatro delle marionette ***
Capitolo 8: *** 07. Storm ***
Capitolo 1 *** 0. Open Army for Plain Hearts ***
Disperati
Senza Gloria
Ouverture
:
Open
Army for Plain Hearts
[Goryōkaku.
9 Dicembre 1869. Repubblica Autonoma di Ezo.]
Neh,
Kondou-san.
In quei libri dicono che il fuoco dell'orgoglio è immortale;
che l'entusiasmo della battaglia è destinato a non finire mai.
Dicono che gli eroi esistono e che le guerre si vincono con la
volontà.
Ho
creduto
in quelle parole.
L'ho fatto davvero. Per un po', almeno.
Poi
tutto è diventato chiaro: una guerra non si vince con il
cuore. Non
si vince neanche con le spade, se è per questo, o con i grandi
ideali.
Una guerra si vince camminando a piedi nudi nella neve, lasciando
liberi i propri compagni di andarsene.
E, se è poi vero che tutto questo non si esaurirà mai,
perché è bastato in vento di Aizu a spegnere la
fiaccola?
Avevo chiesto agli Dei di diventare un Samurai.
Essere un uomo normale non era in programma.
“Comandante!”
Hijikata
stringe gli occhi e si scherma il viso con una mano. Li riconosce:
altri soldati, oltre il fumo e la nebbia. Ne distingue solo le sagome
e tuttavia vede sventolare un brandello d'uniforme azzurra. Ce ne
sono altri, bisogna tenere i ranghi serrati.
Non
è più tempo di formazioni casuali. E' resistenza. E'
sopravvivenza.
Si
lecca il sangue dalle labbra. Sa di ferro e sale, ma ha imparato ad
ingoiare ben di peggio.
Sente
le gambe cedergli -essere un Rasetsu in pieno giorno è
difficile, ma senza acqua né sangue è ancora peggio.
Mancano i rinforzi e combattono da ore.
Ha
perso, comunque, il conto di quante notti ha passato insonni; Forse
da quanto ha lasciato Kondou-san, e ormai sono passati mesi.
Sfila
Izumi no Kami Kanesada dal fodero. Porta tutto il peso sulla spada e
la pianta per terra.
Gli
fa male, umiliarla a quel modo, ma non ha scelta.
Non
può ancora permettersi di mollare.
Avevo chiesto di diventare un Samurai. Poi ho pensato che era meglio
che lo diventaste voi, Kondou-san.
In
effetti, è stata la scelta migliore.
Note:
[319 parole]
E...niente. L'avevo in
programma da mesi, di pubblicare questa raccolta, ed infine l'ho
fatto. Grazie agli esami che mi hanno mollata, suppongo.
Missing moments portami via,
hm?
Avevo deciso di cominciare
con Hijikata perché è il mio pg preferito, perché
trovo che sia un uomo dalla dignità immensa e
dall'attaccamento alla vita ancora maggiore. Se ci penso, questa shot l'ho scritta
circa a maggio, mentre a scuola studiavamo ancora la seconda guerra
mondiale, e boh...mi è venuto in mente. Axis powah O^O
Comunque, le prossime
saranno soprattutto sugli Oni. U_U so, preparatevi!
See ja
Ellie
|
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Capitolo 2 *** 01. Make them believe you're the One ***
Disperati Senza Gloria
Prima lacrima
Make them believe you are the One
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale
Avvertimenti: Incompleta, parziale AU, Het
Raiting: Rosso
Universe: SSL- Sweet School Life
Personaggi: Kazama Chikage, Yukimura Chizuru [e rasetsu, un sacco di rasetsu! :3]
“Senpai?”
Kazama si posò l'indice sulle
labbra, facendole segno di tacere. Aveva le guance arrossate e, sotto
i ciuffi biondo grano, brillavano due iridi carbonco. Chizuru
si concentrò su quelle dita affusolate, su quegli zigomi alti,
su quel viso attraente.
Tentava di ignorare il sangue che
colava dal braccio del ragazzo; sapeva che entro un attimo il taglio
si sarebbe richiuso, ma la manica dell'uniforme sarebbe rimasta
strappata e sporca.
Non disse nulla e prese fiato, dal momento che la corsa
folle l’aveva sfiancata. Aveva le gambe ridotte in gelatina, ma era
passata attraverso l’istituto (e poi il cortile, fino alla
palestra, giù nella casa dei club fino all’aula di arte dove
si erano chiusi) e aveva assistito con orrore a quello che stava
succedendo.
Rasetsu.
Dovunque, come in un film dell’orrore:
con la bava alla bocca e le fauci spalancate come animali, esseri
albini dai sorrisi tanto larghi che pareva avessero la mascella
slogata. Spaccavano e mordevano; Chi uccidevano rimaneva a terra ma
quasi ci si aspettava che si rialzasse e iniziasse ad uccidere
accanto ai propri assassini, capelli di latte e occhi sanguigni.
Kazama le teneva ancora la mano.
Si
chiese, Chizuru, se l’avrebbe mai lasciata andare.
Da fuori, un tonfo -metallico, forte,
come se qualcuno avesse rovesciato un cassonetto della spazzatura.
Poi una risata, una iena libera nel giardino della scuola; una bestia
scheletrica dal pelo candido e ispido, gli occhi rossi, il sangue
rappreso a chiazzargli il muso.
Lei tremò più forte e
Kazama Chikage le circondò le spalle con un braccio.
Senza guardarla, le sillabò di
stare zitta. Immobile.
La ragazza, se avesse potuto, non
avrebbe nemmeno respirato – eppure il panico giocava brutti
scherzi, accelerava il respiro e la costringeva a deglutire
rumorosamente.
Le brontolò la pancia e subito
si appallottolò su sé stessa.
Non piangere, Chizuru.
“Zitta.” le sibilò Chikage,
lanciandole uno sguardo severo. Lei non aveva ancora detto una
parola, ma si sorprese nel vedere che Kazama aveva percepito il suo
bisogno di urlare e piangere e chiedere aiuto. Due Oni contro un mare
di Rasetsu. A scuola. “Non lascerò che facciano
nulla. Tu stai tranquilla.”
Troppo tardi. Pensò
Chizuru, scuotendo la testa. Aveva le labbra secche e i capelli
sporchi, nella mente l’immagine fissa di Heisuke con una mazza da
lacrosse: un ragazzino tutto ossa, piegato sulle ginocchia in posa di
guardia e tre rasetsu intorno.
Kazama gli aveva detto di andarsene
–stupido moccioso!, sì, l’aveva chiamato così-
ma lui aveva sorriso e si era asciugato il sudore dalla fronte e si
era avventato contro il primo avversario.
Pensarci la fece singhiozzare.
Istantaneamente, l’oni strinse un poco la presa sulle sue spalle e
la guardò, preoccupato: nei suoi occhi, Chizuru leggeva il
febbrile tentativo di salvare sé stesso e lei.
La scuola intera, magari.
Ma non ci sarebbe riuscito e lo
sapevano entrambi.
Dopo quella che sembrava un’eternità
si sentì un urlo più forte degli altri; una voce
femminile, che venne subito spenta.
Ne seguirono risate
maniacali e una serie di rumori gorgoglianti. Un leggero ‘tump’
contro la porta che, malamente sprangata, non impediva a Chizuru di
sentire la puzza del mattatoio fuori.
Sul vetro della soglia, lo stampo scarlatto di cinque dita.
Chizuru vide l’altro Oni tremare
impercettibilmente, mormorare qualcosa che lei non capì e
voltarsi verso di lei; le poggiò le mani sulle spalle.
“Rimani qui.” Le disse, serio.
“Chiuditi dentro e non aprire per nessun motivo. Dovrebbe tornare
Amagiri, o Shiranui. Aspettali qui.”
“Ma-“
“Niente ma. Sei un oni, lo capisci:
questo problema è più grande di noi.” Kazama aggrottò
le sopracciglia, e guardandolo Chizuru si chiese quanto gli costasse
lasciarla sola. “E potrebbero morire centinaia di umani, per quel
che mi riguarda, ma il problema è che qualcuno sta
controllando i rasetsu. Tu rimani qui, io vado e torno. E ora
non cominciare a piangere, sono solo brutte copie. Andrà tutto
bene: dobbiamo sposarci, giusto?”
Chizuru, in mancanza di meglio, annuì. Le aveva detto di stare zitta, in fondo, e aveva già detto
tutto lui: sarebbe tornato.
E tuttavia non le piaceva per niente
l’idea di Kazama, rappresentante degli studenti e principe oni, che
prendeva un bokken già quasi spezzato e si arrischiava fra i
demoni.
Lei poteva stare per conto suo: andava bene.
Ma non poteva lasciarlo, non da solo;
eppure sapeva che lui non avrebbe cambiato idea. Lo sapeva mentre le
posava un bacio sulla fronte e uno, più a lungo, sulle labbra.
Lo sapeva mentre vedeva i suoi corti
capelli biondi mutare in bianchi e gli occhi farsi dorati. Ne fu
assolutamente certa quando lui si chinò, con un sorrisino
condiscendente sulle labbra, per farle sfiorare una delle due
minuscole corna che gli erano spuntate sulla fronte – un segno di
buona fortuna e, sperava, una promessa.
Va tutto bene, Chizuru. Quelli fuori
sono solo fantasmi, non possono farvi del male.
Ma Kazama che le dava le spalle e
attendeva un momento di calma, sempre con quel contegno che neanche
una manica strappata e il viso ferito sarebbero riusciti a
sottrargli, la tormentava.
Così come lo faceva Heisuke,
apparentemente indifeso e in realtà così letale.
Silenzio, nel corridoio. Passi in
lontananza, ma niente come quelle risate sguaiate.
L’oni le rivolse un gesto beffardo e
Chizuru dal suo angolino si sforzò di sorridere.
Chiuse gli occhi.
L’ultimo suono di Kazama Chikage fu
il cigolio della porta e il ‘clack’ del chiavistello.
Nessun colore.
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Capitolo 3 *** 02. Reach the borderline- Step back ***
Disperati senza Gloria
Reach the Borderline;
Step back.
Genere: Slice of life; generale Note: Missing moments; parziale OOC (dovuto all'età dei pg :P) Raiting: Verde Pairing: Crack Pairing, Slash Universe: HSK- prequel Personaggi: Yukimura Kodou, Matsumoto Ryoujun, Kazama Chikage
“Ehy- Ehy. Jun.” gli risposero un grugnito e il fruscio di vestiti stropicciati. Kodou sospirò. “Mi servirebbero quegli appunti, se non ti dispiace.” Un attimo di silenzio. “-Quali?” “Quelli su cui ti sei addormentato, scemo.”
Matsumoto Ryoujun, lo sapevano tutti, aveva il sonno facile. Si addormentava a lezione, durante il pranzo, persino mentre si faceva una bevuta a Shimabara. Lui attribuiva tutta la colpa alle notti rubate al sonno dalle donne -e quali?, gli chiedevano tutti-, ma la verità era che studiava decisamente troppo. Yukimura Kodou divideva con lui una casa di Edo troppo piccola per viverci in due, e oramai lo conosceva disgustosamente bene: osava sperare che fossero diventati davvero amici. Si allungò, tentando di pescare il mazzo di fogli giallastri dall'involto di trapunta, futon e vestiti, ma Ryoujun si strinse al petto gli appunti e sorrise ad occhi chiusi. I capelli scuri gli ricadevano sul viso in ciocche disordinate. Aveva sempre rifiutato di tagliarseli -o, almeno, diceva che non se li sarebbe rasati fino a che non fosse diventato un medico rispettabile.
“Fatteli da solo, Oni no baka.” Kodou diede una scrollata di spalle e additò una pila di scartoffie macchiate d'inchiostro. Non ricordava nemmeno più quando Ryoujun aveva cominciato a chiamarlo 'Stupido Oni', ma non si era mai pentito di avergli confessato -ubriaco fradicio, ad onor del vero- di non essere umano. Non era certo che Matsumoto gli credesse davvero, però. "Sei un egoista, ningen no baka.” lo accusò, non del tutto scherzoso. “E tu uno scansafatiche.” replicò Ryujun, tirandosi a sedere. Stringeva ancora il suo tesoro fra le mani, come un bambino geloso. “Tutti quegli studi sulla medicina occidentale ti faranno solo perdere la testa.” “E tu, invece? Che passi il tuo tempo libero a ronzare intorno allo Shieikan?” Kodou gli lanciò una lunga occhiata, stringendo le labbra. Non gli piaceva il movimento attorno a quel dojo: gli ricordava troppo il pericolo che gli Oni stavano correndo; anche in quel momento, umani di ogni sorta stavano minacciando decine di clan oni per convincerli a combattere per la causa. Lui, come giovane esponente della famiglia Yukimura, non sapeva davvero cosa pensare. Ma Ryoujun non sapeva nulla di tutto quello. Lui non pensava a niente e si buttava a capofitto sui suoi studi di medicina. A volte, Kodou provava rabbia. Altre semplice rassegnazione.
Ryoujun rise. “Sempre meglio che sperimentare strani intrugli occidentali. Mi dirai mai che cos'è?” “No, se posso.” rispose sinceramente lui, dopo un attimo d'esitazione. Cercò di mettere insieme un sorriso e di cambiare argomento. “Sai, andrò a Kyoto per un paio di giorni.” La cosa non parve turbare il giovane, che si limitò a piegare la testa incuriosito. “Ah sì?” “Un'amica di mia madre ha appena avuto un figlio, e dovremmo andare a portarle gli omaggi della famiglia Yukimura.” “Suona noioso.” Kodou sorrise, nel vedere l'espressione corrucciata dell'amico. “Non so, sai? Sono una famiglia un po'...particolare. Forse sarà interessante. Sinceramente, non so quando diventerò padre, ma sicuramente non chiederò a loro consigli per il nome.” “Perchè?” Ryoujun ridacchiò. “Come hanno chiamato il bambino?” “Chikage, scritto in Chi e Kage. Ombra di Sangue.” rivolse un gran sorriso all'amico. “Ovviamente nessuno glielo dirà mai, ma come nome è una pena.” E, aggiunse mentalmente, è il rampollo di una nobile casata Oni di Kyoto. Avrà una buona istruzione, cercherà una donna potente e vivrà come un principe. Non sapeva dire se questa fosse una fortuna o una sfortuna: lui era di ramo cadetto, cresciuto in mezzo agli umani, e i suoi genitori l'avevano lasciato frequentare dei medici e dei giovani studenti come Ryujun. Era stata un'esperienza istruttiva, o almeno così continuava a pensare.
Ryoujun aveva stretto le labbra, come se avesse assaggiato qualcosa di molto amaro. Si limitò ad annuire, con lo sguardo rivolto altrove. Ma che famiglie frequenti? Sembrava volergli dire, ma Kodou fece finta di nulla; lui non avrebbe potuto capire. “Mi dai quei fogli, Jun, per favore?” provò nuovamente, in tono amabile. L'altro si morse il labbro inferiore, pensoso, e poi glieli allungò. “Ridammeli prima di partire, va bene?” Dei! Pensò allora Kodou. Era davvero infantile, quell'essere umano. “Sì, prometto.” Non sarebbe stato via molto, lo sapeva. Il problema era che iniziava ad odiare le persone. Tutte, tranne Jun. Ochimizu. Era una ricetta occidentale, ma il nome glielo aveva dato lui: acqua della vita. In realtà, sperava che un giorno sarebbe riuscito, con quella, a rendere l'unico umano che amava veramente simile a lui -per non vederlo invecchiare, ammalarsi. Morire.
“Kodou-san?” Kazama si girava fra le dita affusolate una boccetta di Ochimizu. Sorrideva fra sé e sé. Aveva più o meno la sua età quando viveva con Ryoujun, ma le cose erano cambiate: vivere fra gli umani era una protezione, non uno sfizio. Nel silenzio, il giovane Oni continuò: “Voi credete in questa guerra?” L'uomo chiuse gli occhi: Matsumoto-sensei, non più Jun, era venuto a cercarlo. Gli aveva scritto. Si era preso cura di Chizuru. E aveva rifiutato l'Ochimizu. “No.” rispose.
Note: Essì. Posso slashare su tutto. Anche su YUKIMURA KODOU E MATSUMOTO-SENSEI. Ora potete rinchiudermi, ecco, ma li shippo sin da quando (nel gioco) Matsumoto parla di come, da giovani, lui e Chizuru-papi erano amici e vivevano insieme. Li amo. <fugge> |
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Capitolo 4 *** 03. Poison in her veins ***
Disperati
Senza Gloria
Poison in her veins
Genere:
Slice of life; Introspettivo
Note:
What If?
Raiting:
Verde
Pairing:
Crack Pairing; Het
Universe:
Hakuouki Shinsengumi Kitan
Personaggi:
O'Sen-Hime; Kazama Chikage; Yukimura Chizuru; Nagumo Kaoru;
Kimigiku
Credits: Remedy;
Little Boots
[
No more poison killing my emotion,
I
will not be frozen
Dancing
is my remedy
]
O'Sen-Hime
ballava.
I ventagli di
carta gialla riverberavano alla luce delle lampade, come piccoli soli
nella notte di Shimabara, quando faceva visita a Kimigiku nella casa
da the.
I tabi
venivano sporcati di terra scura
quando danzava scalza e sola in giardino, accanto al laghetto,
cercando di non pensare.
La pioggia le strisciava addosso,
inzuppandola, ma lei continuava.
Chizuru
batteva le mani, entusiasta.
Negli occhi della ragazza, brillanti
d'aspettativa, un'ombra di invidia.
O'Sen sentiva il suo sguardo su di sé
anche ad occhi chiusi e sorrideva perché la vedeva contenta,
perché almeno per lei esisteva
la serenità.
La giovane Oni non
aveva mai compreso la profondità di quel sentimento chiamato
disperazione. Non con Kodou, non presso
la Shinsengumi.
Per il giorno della disfatta, non poi così
lontano, avrebbe imparato quei passi.
Kimigiku
guardava, il solito sorriso tenero sulle labbra.
L'aveva vista esercitarsi per nottate intere e le aveva asciugato il
sudore e lavato i piedi sanguinanti.
Ancora, però, non sembrava stanca di volerle bene.
Kaoru invidiava, per mille motivi che non le sarebbero mai stati chiari.
Nessuno si stupiva più e lei aveva smesso di farci caso.
Kazama
non aveva
mai fatto nulla.
Anni che la vedeva,
nelle occasioni più disparate, e mai un commento.
Mai una parola
gentile.
Le piantava gli
occhi addosso, con quel suo sorrisetto condiscendente, e lì
rimaneva senza tradire emozioni.
Quello sguardo era
veleno.
Ma
era il veleno
per cui O'Sen-Hime ballava.
|
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Capitolo 5 *** 04. Forever and Always ***
Disperati
senza Gloria
Forever
and always;
Lies for the Oni
Genere: Slice of life; Storico; Romantico
Note:
Missing moments;
Raiting:
Verde
Pairing:
Het; Accenni OCxCanon
Universe:
Hakuouki Shinsengumi Kitan - II stagione
Personaggi:
Yukimura Kodou, Hijikata Toshizou; Okoto [OC]
Note storiografiche:
"Before
leaving for Kyoto, he was engaged to be married to a woman named Okoto.
The arrangement had been made by his oldest brother, Tamejiro, who
played the shamisen. Okoto’s parents owned the shamisen shop
that
he often visited. Tamejiro introduced his brother to Okoto and their
families urged them to marry at once. For his part, Hijikata seems to
have been agreeable to the marriage. However he was already planning to
join the Roshitai with Kondo and the others at that point and was
reluctant to give up his dream now that he was so close. So he said to
them, “After
winning a promotion, I want to carry out my marriage.”
Once
in Kyoto, he continued to appear to be sincere in his intentions to
marry Okoto. He sent her a present and later visited her when he
returned to Edo for a brief visit. But the social situation in Kyoto
proved to be far more unstable than they had anticipated and when he
finally did receive the “promotion” that he sought,
he
found that the Shinsengumi had put him in a position that would be
dangerous for anyone involved with him. Hijikata felt that he had no
choice but to cancel the engagement." @Shinsengumi no Makoto
[ You're
free to leave me
but just
don't deceive me
and
please, believe me when I say
“I
love you” ]
Yukimura
Chizuru aveva labbra rosa,
troppo sottili per essere sensuali, e i capelli d'uno slavato castano
scuro che le cadevano disordinatamente sulle spalle ossute.
Aveva gli occhi grandi, lucidi.
Aveva visto cose che avrebbero
sconvolto qualsiasi altra donna -ma quello era un tratto che, in
fondo, non le apparteneva.
Ma era coraggiosa.
“Hijikata-san?”
Il vice comandante abbassò il pennello
e guardò la tazza fumane che la giovane Oni gli stava
porgendo.
Sencha, a giudicare dal colore
verdognolo; già poteva sentire il sapore aspro sulle labbra.
Le sorrise senza dire nulla e Chizuru
ricambiò. Con le guance arrossate, Hijikata non era certo se
fosse
per l'aria fredda di Ezo o se per la contentezza, posò il
vassoio
sullo scrittoio.
Sapeva interpretare il silenzio, lei.
Anche se all'inizio non era stato
facile, dopo anni era riuscita a comprendere che quelle parole non
dette, quegli sguardi gentili, valevano più delle false
promesse.
Promesse.
Guardando
il pezzo
di carta, e i Kanji che si susseguivano ordinati come tanti petali
nei giorni della sfioritura, non poteva negare che quella parola lo
ferisse.
Perché erano
false tutte le sue rassicurazioni. Le illusioni mancavano di
significato.
La lettera che aveva davanti glielo ricordava ad ogni occhiata.
Lanciò
uno sguardo a Chizuru, senza
che lei se ne accorgesse: mangiava poco o nulla, ultimamente, ma
quella sua strana bellezza infantile non ne aveva sofferto. Al
contrario, pareva più languida, più adulta,
più Oni.
Quando la guardava dormire, con il kimono che le lasciava scoperto il
collo, Hijikata non poteva non domandarsi quanto sarebbe diventata
bella, col tempo. A quanto sarebbe cresciuta in forza, in
dignità, in consapevolezza.
Perchè era un demone, lo sapevano entrambi, e gli avevano
insegnato che è pericoloso mentire ai demoni.
Ma quei Kanji.
Quella Promessa.
La
prima volta che
aveva baciato Chizuru -e lei piangeva, dei, quanto piangeva!- aveva
pensato che era la cosa giusta.
La seconda, solo
pochi istanti dopo, pensò che la voleva.
La terza, che
sarebbe stato per sempre.
La quarta, che un
per sempre non esisteva.
E la
quinta...la quinta si era fermato.
Perchè
il peso del
senso di colpa gli si era scaricato addosso come un macigno.
“Hijikata-san,
non credete che sia un male affrettare le cose?”
Okoto aveva le
labbra rosse come le foglie dell'acero in autunno, il bel viso dai
tratti delicati
incorniciato da una cascata corvina che profumava di camelia.
Era l'unica figlia di una
famiglia di costruttori di Shamisen, presso la quale suo fratello
usava rifornirsi.
Toshizou non si era mai
chiesto perchè le famiglie
volessero un matrimonio: lei era bella, aveva portamento, lo
assecondava.
Tanto
bastava.
“No.”
replicò lui, annoiato. Allungò una mano per
sfiorare le corde dello
shamisen che la giovane teneva
sulle ginocchia. “In fondo, non ho molto tempo.”
Lei sfarfallò le ciglia, perplessa.
Per un
istante temette di averla offesa, ma si rilassò quando lei
gli
rivolse un sorriso.
“Intendete
sempre arruolarvi nella Roshitai?”
Lui
annuì.
“Se
è quello il mio destino, sono pronto ad
affrontarlo.” commentò.
Okoto
non era sciocca, questo gli era stato chiaro fin dalla prima volta
che l'aveva vista.
Tuttavia,
un po' gli dispiaceva per quegli occhi scuri carichi di fiducia: in
fondo, aveva sempre saputo di non meritarla.
Prima
che lei potesse risponderle, si tese per prenderle le mani fra le
proprie; quelle della ragazza erano bianche, con le nocche rosse e i
polpastrelli segnati dalle corde, ma calde.
E quel
calore, per un attimo, lo avvolse.
E non era più il bravo
fratello minore né il più caro amico di
Kondou-san, ma solo un
ragazzo cresciuto un po' troppo in fretta, sbattuto davanti ad una
coetanea che già sapeva che avrebbe fatto soffrire.
“Ma
non ti preoccupare.” le disse, nel suo tono più
autorevole. “Non
lascerò questo matrimonio incompleto. Proteggerò
il Giappone come
Samurai e, una volta portato a termine il mio dovere,
tornerò a
Tama. Nel frattempo, dal momento che dovremmo sposarci, sarò
fedele.”
Due
volte bugiardo.
Non solo
non l'aveva sposata, ma non riusciva nemmeno a contare i tradimenti.
Chizuru,
che l'aveva seguito da Kyoto esattamente come quella lettera.
Okoto,
che ancora aspettava.
C'erano
quelle due donne, nella sua vita.
Non le
uniche, né forse le più importanti. Tuttavia
erano le ultime che
gli erano rimaste.
Desideri.
Prese il pennello, ignorando la tazza fumante, e lo intinse
nell'inchiostro.
Li aveva
scordati, procrastinando crudelmente, lasciandola sola ad attendere
un giorno che lui si era preoccupato di tenere ben lontano.
Con che
occhi avrebbe potuto guardarla?
D'altra
parte, lo stesso valeva per Chizuru: per quale motivo l'aveva strappata
ad un matrimonio, quando lui stesso scappava da uno?
Due
volte crudele.
Due
volte egoista.
Due
volte avrebbe fatto soffrire Kondou-san, se l'avesse saputo.
La morte forse poteva essere una giusta punizione, ma la
verità
era che una volta chiusa la lettera avrebbe smesso di interessarsi ai
sentimenti di Okoto e si sarebbe dimenticato di Chizuru.
Non erano importanti quanto quella guerra, nessuna delle due.
Alzò il pennello, lasciò che la punta gocciolasse
sul tavolo mentre prendeva un foglio pulito con la mano libera.
“Hijikata-san,
a chi state scrivendo?” domandò Chizuru, alzando
gli occhi su di
lui.
Non era
da lei farsi gli affari altrui, ma il vice comandante capiva quanto
dovesse essere noioso vivere con lui: non aveva ragazze con cui
scambiare qualche parola e in quei giorni nessuno era in vena di
chiacchiere.
Le
sorrise.
“A
mio fratello.” mentì.
Ma quel
nome non detto gli rimase conficcato in gola, come una spina.
Hijikata,
no, semplicemente Otoko.
“ Non ho mai inteso
farvi soffrire.”
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Capitolo 6 *** 05. Di piscine e Tentati Onicidi ***
Disperati
senza Gloria
Di
piscine e Tentati Onicidi
*
Perchè
Kazama non sa nuotare e Shiranui non è un assassino a sangue freddo
Genere:
Slice of life; Commedia
Note:
OOC; Nonsense
Raiting:
Verde
Pairing:
Accenni di M/M; Shiranui/Kazama
Universe:
SSL
Personaggi:
Kazama Chikage; Shiranui Kyou
Prompt:
"Annego!" "Ma se si tocca" @Satomi
Kazama
Chikage è un principino viziato.
Ovviamente, Kyou l'ha sempre
saputo: basta guardare quegli occhi scuri, quella pelle che
praticamente non vede mai il sole, quelle mani perfette e quel
sorrisino stronzo.
Tutto, in Chikage, urla "viziato".
Sì,
Shiranui Kyou è sempre stato cosciente del fatto di avere a che fare
con un idiota borioso.
(No. Balle.
Balle, balle,
balle. Lo avessero avvertito prima non si sarebbe mai, mai proposto
per il consiglio studentesco.
Sarebbe scappato a gambe
levate.)
Naturalmente, poi Kazama Chikage vuole avere
attorno i lacchè pure d'estate.
Anche in piscina: una poco
originale attività ricreativa che il loro dignitosissimo
principe Oni deve aver probabilmente scovato in qualche giornale per
ragazze.
Perchè Kyou sa per certo che Chikage legge giornali per
ragazze.
Scusa ufficiale: agganciare Chizuru.
La verità è che
nessuno c'ha mai creduto davvero.
(“La piscina? Cioè,
stai scherzando spero. Io non ci vengo."
"Come se fosse
una tua scelta, poi. Vieni. Punto."
"Ok, ok. Ricevuto.
Ma sul serio? La tua bella pelle da principessa si scotterà.
Diventerai marrone. Come un brownie.”
“Come te,
intendi?”
“Ah-ah-ah.”)
Davvero,
la piscina è sempre sembrata una cattiva idea a Kyou.
Un'idea
estremamente noiosa.
Almeno finchè non ha visto Kazama seduto a
bordo vasca, le lunghe gambe nude immerse fino ai polpacci.
Vedendolo, Kyou si chiede come potrebbe essere vedere la
principessina spaventata -perchè ha imparato che l'acqua a Chikage
fa paura, quando non è una vasca piena di bolle e sali e altre
schifezze profumate.
Si lecca le labbra, lo aggira, sorride.
(
“Chizuru non verrà...in piscina, intendo.”
Kyou non ha
problemi a fingersi disinteressato; si stiracchia, come un grosso
gatto assonnato, e si tira sui fianchi le lenzuola del letto di
Chikage.
“Perchè no?” domanda. L'altro lancia un'ulteriore
occhiata al cellulare, le labbra strette in una linea sottile.
“Ha
un appuntamento”.
“Oh. Wow...sei stato fregato.”
Kazama
lo guarda ed è offeso, arrabbiato, indispettito.
“Forse.”)
C'è
uno splash sordo e un'imprecazione e un capannello di
curiosi.
C'è Chikage in acqua,
con gli occhi chiusi per via del cloro, che annaspa e sbraita e lo
maledice e gli augura la morte in dieci modi diversi. C'è Amagiri,
di sicuro, in un angolo a supervisionare perchè è Amagiri e
nel suo dizionario non esiste la parola divertirsi.
Ma Kyou
sogghigna ed è soddisfatto; si chiede se magari l'altro non avverta
la presa ancora sulla caviglia come una bruciatura, perchè lui sì,
lui la sente. Fa sempre quell'effetto toccare un oni più potente.
In
qualche modo riesce, comunque, a sollevare entrambe le sopracciglia e
a nascondere tutto il resto delle sensazioni.
“Oh, ma piantala,
Chikage. Si tocca.”
“Giuro su tutto ciò che so che
avrò la tua maledetta testa su un maledetto piatto e pregherai per
un po' di fottutissima pietà-”
Kyou
sospira.
Se non fossero in pubblico saprebbe come farlo smettere.
Invece, si limita a posargli una mano sulla testa e spingere verso il
basso.
(“Comunque andremo lo stesso.”
Shiranui
Kyou sa che le decisioni di Kazama sono spesso veloci e soggette ai
cambiamenti. Questa no. Questa resta.
“Come vuoi tu. Sei
il capo.” gli dice. Poi guarda altrove.)
Il
fatto divertente è che più Chikage straparla, più beve. E più
beve più affonda. Anche senza tenerlo sotto deliberatamente, l'oni
annegherebbe e farebbe tutto da solo e in qualche modo Kyou non è
sicuro che sarebbe un male.
Magari smetterebbero di andare a letto
insieme, lui e Chikage?
Magari Amagiri si prenderebbe una
vacanza?
Magari Yukimura smetterebbe di accusarlo (giustamente) di
stalking?
Sicuramente il mondo sarebbe un luogo un poco più
pacifico.
Kyou ride, ed è una risata vagamente crudele, perchè
Kazama è riuscito a trovare una certa stabilità sulle mattonelle
azzurre del fondo e sembra un grumpy cat fradicio: i capelli
sugli occhi, le spalle ossute scosse da tremiti di freddo e un
broncio senza fine.
“Vediamo
quanto ci impieghi a buttar fuori le branchie?”
“Vaffanculo.”
(“Senti-”
L'oni
gli è seduto accanto, con il cellulare ancora fra le mani e
perfettamente a proprio agio senza vestiti. Gli oni non hanno bisogno
dei vestiti e ancor meno di sentimenti quali la vergogna.
Quelli
sono umani.
“Spara.”
“Avevo proposto la cosa per
Chizuru. Lo sappiamo tutti. Ma credo che sia giusto che tu sappia che
io- che nessuno mi ha mai insegnato a nuotare”.
Kyou si morde
l'interno della guancia per non ridere.
Finalmente un modo per
ammazzarti, eh!, pensa, e nella sua mente è un ruggito di pura
soddisfazione. Ma non lo dice. Non dice nulla e basta.
Chikage non
è così idiota da fidarsi di lui.)
Kazama
Chikage è un principino viziato.
Shiranui Kyou ha cercato di
annegarlo più volte nel corso di una giornata.
Non c'è mai
riuscito.
Non l'ha
mai voluto davvero.
Note:
#Not Even Sorry
Here you are, mia cara. Here you are.
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Capitolo 7 *** 06. Bunraku -teatro delle marionette ***
Disperati senza Gloria
Bunraku -teatro delle marionette
*
Urabon -festa dei morti
Genere: Dark; Introspettivo [kind of]; Storico
Avvertimenti: Violenza; Splatter;
Note: Missing moments;
Raiting: Arancione
Pairing: //
Universe: Hakuouki Shinsengumi Kitan - I stagione
Personaggi: Yukimura Chizuru; Hijikata Toshizou; Furutaka
Note storiografiche: Naturalmente, anche se non citato, l'uomo torturato da Hijikata è Furutaka Shuntaro. Non mi metterò qui a spiegare le dinamiche dell'Affare di Ikeda-ya, non credo sia necessario. Tutto quello che è descritto è realmente accaduto, eccezion fatta -naturalmente- per Chizuru. Da quel che ne so non ha mai assistito alla tortura di Furutaka. Il libro citato è Ugetsu Monogatari [Akinari Ueda], che consiglio a tutti. La prima data [15 agosto] segna la notte in cui la luna è più grande e bella secondo la cultura orientale, la seconda data [sette agosto] è l'inizio ufficiale dell'Urabon.
Per qualsiasi disattenzione storica, vi prego, segnalatemela: ho perso un po' la mano con i Minna [oltretutto sono mesi che non scrivo in italiano, quindi sono tipo arrugginita a mille ;w; pardon].
C'è uno spiraglio fra i pannelli di carta di riso. E' piccolo, sufficiente per far passare appena appena uno spicchio di luce, ma riflette ombre enormi e nere e terribili -come in una storia di fantasmi, quando fuori la pioggia cade sul mondo.
Chizuru affronta la realtà proiettata sulla parete opposta, come se fosse uno spettacolo di marionette; ha trovato un rotolo che Shinpachi ha probabilmente preso a prestito da quei venditori ambulanti che ogni tanto passano per la strada e lo stringe, lo stringe forte, perché da quando ha alzato gli occhi sulle ombre in movimento non è più riuscita a staccarli.
Stropiccerà l'Ugestu Monogatari, ma non importa, fa lo stesso; probabilmente nessuno se ne accorgerà prima del mattino seguente, quando gli spiriti se ne andranno e lasceranno posto agli uomini.
Non è il ancora il quindici agosto.
Allora perché piove e la luna sembra così grande?
Sa che cosa sta succedendo: le porte non trattengono le urla e le mura puzzano così tanto di ferro che si aspetta di vederle trasudare sangue. Ogni tanto sente la voce di Sanosuke [Heisuke, esci. Non ce la fai. Esci.] o gli strappi e i gorgoglii della pelle martoriata. Il suono di ossa che scricchiolano, il fruscio di un pennello su carta, qualcuno che vomita. Il filo di vento che è la voce di Hijikata mentre mette in fila domande senza risposta.
Ci sono tanti attori e Chizuru li guarda tutti.
Non sa chi sia la figura legata, i contorni sono confusi e le ombre si fondono ogni volta che qualcuno [no, no, ora è convinta che sia Hijikata] alza il braccio e pianta nell'altra ombra quelli che sembrano chiodi.
Non è il sette agosto.
Chi ha chiamato in anticipo gli Spiriti Famelici?
Per un momento, Chizuru pensa di andare a chiamare Kondou: lui non può saperlo, non può averlo permesso. Non ha paura degli Oni, Chizuru, non l'hai mai avuta; ma della pura crudeltà umana, quella sì. Si preme la mano contro la bocca e trattiene un conato, con la saliva che s'è fatta acida e densa nella trachea ed un nodo che le stringe lo stomaco.
Prima o poi, Hijikata sarà soddisfatto. Prima o poi, quell'ombra legata non dirà più niente e finirà la carne su cui piantare chiodi.
Allora, magari, la candela verrà spenta e Heisuke si darà una scrollata e il gioco di ombre cinesi sulla parete di legno scomparirà.
Fino a quel momento, Chizuru rimane incatenata al suo posto, mascella serrata ed occhi spalancati.
Fa paura. Fanno paura.
E' appena appena il venti di luglio, troppo presto per spalancare le porte ai morti.
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Capitolo 8 *** 07. Storm ***
Disperati senza Gloria
Storm
*
Il principe e l'Imperatrice
Genere: Generale; Malinconico;
Note: Missing moments;
Raiting: Verde
Pairing: O'sen/Kazama
Universe: Hakuouki Kyoto Ranbu; Hakuouki Shinsengumi Kitan [perchè Occhan non c'è nel Movie!Verse ;^;]
Personaggi: O'sen-Hime; Kazama Chikage
Note: Kazama Chitose è uno dei protagonisti di Toki No Kizuna ed è una delle main routes -e, personalmente, quella che prendo per canon.
Secondo questo processo logico Kazama e O'sen dovrebbero essere cugini, in qualche modo, ed ho quindi sempre considerato la possibilità di vederli crescere fianco a fianco. Naturalmente è del tutto fanon.
“Non voglio fare la saccente, sai, ma ho sempre saputo che avresti scelto lei.”
Kazama la guarda, iridi oro che sembrano liquide alla luce delle lanterne di Miyako.
Le sue mani non si alzano per sfiorarle i capelli, ma tremano appena e stringono la stoffa dell'haori colorato che era venuto a restituire. Non cerca nemmeno di scusarsi, di trovare una spiegazione -tanto è inutile, a questo punto.
Mandare Amagiri sarebbe stato troppo cortese: Kazama Chikage non delega mai a nessuno la possibilità di vederla vacillare; O'Sen sa che, se solo lui avesse un minimo di umanità in corpo, la lascerebbe andare senza dire nulla. Senza fare nulla.
Ma è nuovamente intrappolata con lui sulla soglia, la giovane Oni, e lo stava giusto aspettando: lo accoglie con quelle parole che sanno un po' di scherzo e un po' d'accusa.
Gli sta offrendo il suo miglior sorriso, lei.
Si sta facendo da parte, lei.
Il principe e l'imperatrice.
Forse, davvero, Kazama era sempre stato solo un giovane cercatore di gloria troppo orgoglioso, troppo immaturo per chiedere un potere che non avrebbe mai potuto gestire. Che non sarebbe mai stato suo, anche se O'sen era sua e quella supremazia che tanto bramava gli sarebbe stata donata con lei.
Magari, con un po' di pazienza, alla fine dei giochi l'Oni avrebbe ottenuto persino qualcosa di più della ricchezza, del fasto e dell'onore; lei glielo avrebbe concesso senza protestare poi tanto. Kazama le aveva già strappato il cuore, con le sue solite maniere arroganti, e poteva avere tutto e molto, molto di più.
Se solo l'avesse voluto, naturamente.
Perchè Kazama Chikage brama potere, non una donna potente.
In effetti, Yukimura Chizuru era esattamente questo: uno scrigno di possibilità inespresse.
Era per questo che in occasione del primo incontro fra lui e Chizuru si era scatenata la tempesta?
Quel vortice di forza demoniaca, inaspettato, mai chiamato, come lo scoppio d'una bomba o il primo respiro dell'estate; torrido.
Eppure Chikage è di nuovo davanti a lei; guarda O'sen e O'sen parla, sorride e gesticola. Se la abbracciasse di nuovo, come facevano quando erano piccoli e vivevano insieme a Kazama Chitose e nessuno osava disturbarli, si tirerebbe indietro. Se davvero le restituisse il kimono, non lo accetterebbe.
Continua a parlare, con Kazama che ascolta e la fissa e si morde le labbra.
Non lo invita ad entrare e non lo farà mai più.
Perchè lui ha già scelto una sposa.
“E' come versare acqua in un fiume, no? Un po' si accumula e un po' scorre via, ma alla fine troverà sempre il modo di tornare. Dovevo immaginarlo, quanto Chizuru-chan mi ha raccontato cosa è successo a Ikeda-ya. Quando hai risvegliato il suo potere e hai capito che razza di tesoro prezioso fosse.
Quando hai deciso.
E non hai più cambiato idea.”
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