L'Allenamento

di Judith Loe
(/viewuser.php?uid=277613)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***



Capitolo 1
*** I ***


NOTE:
Aloah! Fa caldo, gli esami sembrano non dover finire mai, prima che io possa andare finalmente al mare devono trascorrere ancora ventotto implacabili giorni, e su Efp ci sono decisamente toppe poche KAKASAKU! L’insieme di queste cose mi ha mandato in pappa il cervello (@_@)e di conseguenza mi ha fatto decidere di postare quest’affare (non meglio definibile) XD Quindi, reduce dall’ultima mia One-Shot che mi ha devastato in modo alquanto destabilizzante (piango ancora T.T), mi butto su una coppia che lovvo incondizionatamente *-* Voglio dire, di Sakura alla fine mi piacciono solo gli occhi ed il colore dei capelli, ma di Kakashi-sensei… :Q______ e ci siamo capiti XD Non so cosa sarà - Shot? Una raccolta? Long? Una schifezza? (è probabile .-.) BOH! -  ma sarà senza dubbio lemon e coccolosa!
  Solo qualche avvertimento:  Sasuke non se n’è mai andato dal villaggio, ad Itachi non sono mai saltati in mente strani istinti omicidi, gli Uchiha, di conseguenza, vivono e prosperano allegri e vivaci (?) nel villaggio e Ero-sennin continua ad importunare tutte le avvenenti pulzelle che incrocia per la sua strada ;)
  Come al solito buona lettura e fatemi sapere che ne pensateee!
 
 
 
 
L’ALLENAMENTO
 
I.
 
  A lei sembrava solo un’enorme perdita di tempo. Insomma, non le pareva proprio il caso di rendersi ridicoli a quel modo. Si voltò un secondo a sbirciare i suoi compagni di team. Naruto non sembrava rendersi conto di quanto sembrasse un idiota nel tentare di sorreggersi a qual modo al ramo dell’albero, reggendosi con un solo braccio, e anzi, sembrava trovarci gusto, aggiungendo all’esercizio già di per sé umiliante, anche qualche spinta di fianchi così da potersi dondolare. Sakura pensò che assomigliasse proprio ad una scimmia. Scuotendo la testa sbirciò anche Sasuke, che senza la ben che minima espressione in faccia a tradire i suoi pensieri, se ne stava accovacciato come un gatto, eseguendo zelante e con precisione il compito assegnatogli. 
  Espirando pesantemente, guardò verso il basso, cogliendo l’occhio del suo sensei puntato proprio verso di lei, osservandola da sopra le pagine di quel suo stupidissimo libro. In un istante si ricordò di essere appesa al ramo a testa in giù  con le gambe a penzoloni.  Veloce fece risalire le braccia al bordo della gonna così da potersi coprire le gambe, comunque sufficientemente nascoste dai pantaloncini neri. Arrossendo come un pomodoro, distolse lo sguardo e borbottando un ”Questa è una scemenza…” ritornò all’esercizio.
 
  Era sicura che Kakashi-sensei si stesse in qualche modo vendicando per il casino che avevano combinato nell’ultima missione e che quello stupido compito fosse in realtà una sorta di punizione.
  Dannazione! Punizione che lei certamente non meritava! Era stata tutta colpa di quel baka di Naruto che come al solito aveva deciso di fare di testa sua ignorando completamente gli ordini ricevuti e che si era lanciato a capofitto sugli avversari. E naturalmente Sasuke, per non sembrare da meno, lo aveva seguito all’istante. Avevano fatto un tale casino, alberi sradicati, crateri nel terreno, un fiume era strabordato, per Kami!,  erano arrivati a litigarsi i nemici, che bellamente, tranquilli e beati se l’erano svignata con il rotolo che era stato trafugato dal palazzo dell’Hokage. Una delle loro prime missioni di livello A completamente rovinata da quelle due teste calde. L’unica sua colpa era quella di essere stata inserita nel Team 7.     
  Grugnendo si tirò a sedere sul ramo di scatto, infastidita dall’avere i capelli tutti arruffati e pieni di foglie secche e rametti spezzati.
 
 
  “Sakura stai eseguendo l’esercizio o ti stai acconciando per una cerimonia?” la richiamò il suo sensei. Era sul punto di rispondere per le rime, quando Naruto si mise a strillare. Tutti e tre saltarono giù dall’albero raggiungendo Kakashi.
 
  “Ho finito! Ho finito!” iniziò a cantilenare il biondo voltandosi  verso Sasuke e facendogli una linguaccia. Quello arricciò il naso infastidito.
 
  “Impossibile testa quadra, senza dubbio avrai sbagliato qualcosa o non avrai…”
Kakashi intervenne impedendogli di terminare la frase, prima che i due si mettessero le mani addosso.
 
  “Calmatevi. Allora Naruto qual è la tua risposta?” chiese il jonin fissando serio il suo alunno. Quello fece un sorrisone ed indicò l’albero alle sue spalle.
 
  “Centonovantatre” disse orgoglioso. Sakura non poté impedirsi di ridere. Beccandosi un’occhiataccia da Naruto.
 
  “…Oppure non hai capito la consegna dell’esercizio, per l’appunto” aveva terminato Sasuke con quel suo fare saccente. Kakashi-sensei dopo essersi ripreso dalla sparata, scosse la testa iniziando a credere che forse il ragazzino fosse veramente un po’ lento di comprendonio e che l’Uchiha nella sua arroganza forse non aveva tutti i torti.
 
  “Risposta sbagliata”.
 
  “Ovviamente!” ridacchiò Sakura.
 
   “Ma come è possibile che abbia sbagliato?” si chiese il bambino infervorandosi “Sono sicuro che fosse la risposta giusta!” continuò guardando Kakashi con insistenza.
 
  “Naruto” lo richiamò Sakura iniziando a perdere a pazienza “Come diavolo è possibile che su quell ’albero ci siano solo centonovantatre formiche?” chiese esasperata. Ebbene sì, era quello il compito che Kakashi-sensei gli aveva affidato. Contare quante formiche abitassero l’arbusto. In uno dei campi d’addestramento. Il numero 2. Il più affollato naturalmente.
 
  “Altre teorie?” domandò l’uomo osservando gli allievi.
 
  “No” risposero in un coro mogio.
 
  “Beh, tornate al vostro esercizio allora” fece il jonin tornando a sedersi a terra ed infilando nuovamente la faccia nel suo romanzo.
  La ragazzina si voltò verso il maestro.
 
  “Ma sensei è un compito impossibile!” si lagnò. “Come si possono contare degli insetti su un albero?” chiese esasperata conscia dell’assurdità della richiesta. “E’ una cosa talmente idiota…”. Si lamentò incrociando le braccia al petto.  Kakashi sollevò lo sguardo dalle pagine, un sopracciglio inarcato.
 
  “Quindi rinunciate?” chiese.
Sakura era già pronta ad annuire vigorosamente.
 
  “Certo che no!” esclamò quell’esaltato di Naruto. Dannazione a lui
Poteva avvertire la Sakura interiore inferocirsi.
  “Bene” asserì il maestro riabbassando lo sguardo. Ma Sakura non aveva intenzione di perdere altre tre ore a penzoloni su quell ’albero a guardare degli stupidissimi insetti.
 
  “Io mi rifiuto di eseguire un esercizio tanto inutile!” fece ad alta voce. “Che insegnamento dovrei trarre da una cosa tanto stupida?!” chiese risentita.
 
  “Naturalmente c’è un insegnamento, cara Sakura-chan” si permise di rimproverarla Naruto. “Giusto sensei?” chiese con i suoi occhioni da cucciolo. L’uomo annuì solenne.
 
  “E visto che ancora non lo avete colto da soli, può solo significare che dovete esercitarvi di più” indicò nuovamente l’albero. Naruto e Sasuke risaltarono tra i rami.
 
  “Ma…ma…” balbettò Sakura senza sapere esattamente come ribattere.
 
  “Forza Sakura.” La ragazzina non si mosse “ Non vorrai disubbidirmi vero?” chiese Kakashi assottigliando l’unico occhio scoperto e facendosi vicino. Sakura lo fissò truce ma poi eseguì il comando. Fu certa di vedere un sorrisetto furbo disegnarsi sotto la maschera del suo sensei.
 
*
 
  Non ce la faceva più. Era allo stremo, non avrebbe resistito un secondo di più. Si diede un pizzicotto ripetendosi che se l’avessero beccata non si sarebbero risparmiati commenti di ogni sorta e questo non lo sopportava. Oh no, ecco che ne arrivava un altro! Strinse i denti, serrando le labbra. Si pizzicò nuovamente un fianco, con più forza, ma neppure quello sembrò impedire alle sue palpebre di farsi pesanti. Alla fine sbadigliò. 
  Mancava poco, si ripeté nuovamente.
Ma non era vero, non mancava poco.  Mancava più di un’ora e mezza. Kami se era stanca! Un altro sbadiglio. Provò a stirare le gambe e le braccia, sgranchendosi. Doveva solo resistere ancora un po’ poi ci sarebbe stato il cambio. Buttò un occhiata oltre al fuoco sperando di trovare qualcuno sveglio. Magari Naruto. Sarebbe stato fin troppo facile convincerlo a sostituirla in anticipo. Si sporse alzandosi un poco dal tronco su cui era seduta per controllare. Era girato di spalle. Fece un passo avanti attenta a non calpestare il sacco a pelo di Sasuke, se lo avesse svegliato per sbaglio sarebbe stato il finimondo.
 
  Tsz!
 
  Se lo sarebbe meritato di essere svegliato, e nel peggiore dei modi! Magari con una bella secchiata di acqua gelata… da vero gentiluomo qual era al momento della decisione dei turni per la guardia se n’era uscito dicendo che a lui sarebbe toccato quello delle sei. Di mattina naturalmente, poi aveva tirato fuori il sacco a pelo e pregandoli di non far rumore si era messo a dormire. Povero cucciolo! “Ho usato per troppo tempo lo Sharingan” questa era stata la sua scusa. Una delle più gettonate negli ultimi sette anni tra l’altro. Così avrebbe avuto tutta la nottata per riposarsi dopo due giorni di cammino praticamente ininterrotto.
  Era esausta, alla fine lo erano tutti, ma…dannazione! Lei era pur sempre la ragazza nel team! E per quanto si fosse sempre battuta per farsi valere, per far sì che anche gli altri tre la considerassero pienamente come loro pari e non come una ragazzina sprovveduta e bisognosa del loro aiuto per qualsiasi cosa, ora della parità dei sessi tra shinobi non le importava proprio niente. Anni di battaglie per farsi valere potevano essere tranquillamente buttati alle ortiche per qualche ora di sonno.
  Dopo la missione di livello S completata con successo, non voleva altro che tornarsene a casa e dormire per una settimana dopo un mese di ricerche e combattimenti sfiancanti.
  A degli imbecilli di un paesino sconosciuto al mondo intero - e Sakura sospettava persino agli stessi abitanti - sperduto tra le montagne della Terra, doveva essere esplosa la merda in testa perché dal nulla avevano deciso di tentare di rubare un inutile documento dal palazzo dell’Hokage. Una cartella relativa alla Terza Grande Guerra in cui venivano conteggiati i feriti di Konoha dopo una battaglia contro la Roccia. Cosa gli potesse interessare in quelli che erano solo referti clinici da campo proprio non lo capiva.
 
  Così dopo che Sasuke se n’era partito per il mondo dei sogni a lei, Naruto e Kakashi era toccato giocarsi a carta, sasso e forbice gli altri turni. Come se fosse una cosa corretta. Quell’imbroglione del sensei aveva attivato a tradimento lo Sharingan e si era così aggiudicato il primo turno, mentre a lei era toccato quello delle due. Maledicendo mentalmente l’Uchiha che riposava beato lo sorpassò facendo molta più attenzione di quanto avrebbe voluto, dopotutto non voleva che si arrabbiasse con lei, già si parlavano poco…e si ritrovò sopra a Naruto che se la dormiva alla grande ronfando pesantemente.
Beh, lui non se lo meritava, era sempre così accondiscendente e carino con lei, ma stava proprio morendo dal sonno e se avesse atteso un istante di più sarebbe crollata lì come un sasso. Vergognandosi con se stessa, prese ad abbassarsi pronta a scuotere il ragazzo quel tanto che sarebbe bastato a farlo svegliare per poi saltare veloce dall’altra parte del falò fingendosi innocente.
  Con una mano già sulla sua spalla, sospirò convincendosi che in fondo a Naruto non avrebbe dato troppo fastidio essere svegliato dalla sua voce, magari avrebbe creduto di star sognando e di sicuro se anche l’avesse beccata, con lei non se la sarebbe mai presa, e…
 
  “Che stai facendo?” si ricosse all’istante ritirando la mano e alzando di scatto lo sguardo. Guardò gli altri due sacchi a pelo e rimase sconvolta nel trovarne solo uno, quello con dentro l’Uchiha. Era così stanca che prima non se n’era neanche accorta. Kakashi la fissava seduto tranquillamente sul troco fino dove a pochi minuti prima se ne stava rannicchiata a fare la guardia, con in mano uno dei suoi Icha Icha. Il suo occhio scoperto la fissava curioso, un sopracciglio inarcato. Solo in quell’istante si accorse di avere la bocca a pochi centimetri dalla faccia del biondo. Si alzò di scatto arrossendo fino alla punta dei capelli rosa. Lo sguardo dell’uomo si fece insinuante mentre si poteva chiaramente intravedere un sorrisetto che si allargava da sotto la maschera.
 
  “Non-non è come sembra” si affrettò a spiegare facendo qualche passo indietro per mettere un po’ di distanza tra lei e il ragazzo addormentato. Si portò le mani alla bocca sperando di non aver fatto troppo rumore. Sasuke aveva grugnito qualcosa e si era voltato, mentre Naruto aveva solo russato più forte allargando le braccia di colpo. “Non stavo facendo proprio niente…io…” iniziò abbassando lo sguardo e torturandosi le mani.
 
  “Va pure a dormire Sakura, qui ci penso io.” Disse Kakashi rituffandosi nel suo romanzo. Senza dire altro Sakura si avviò alla sua borsa e ne estrasse il sacco a pelo. Buttò un occhio al suo sensei e poi si sdraiò accanto a Naruto in modo da essere il più lontano possibile dallo sguardo di Kakashi. Non voleva che credesse cose che non esistevano, e non voleva che scoprisse che aveva tentato di imbrogliare un compagno di team. Già, quello sarebbe stato imbarazzante da spiegare. Ma qualcosa le diceva che con tutta probabilità si era visto in diretta tutta la scena e che quindi già doveva sapere cosa stava per fare. Chissà da dove era saltato fuori… ripensandoci prima oltre a quelli di Sasuke e Naruto non c’era un altro sacco a pelo a terra. Ma era troppo stanca per pensarci in quel momento, avrebbe rimandato le domande alla mattina successiva.
 
*
 
  Si risvegliò con la sgradevole sensazione di avere una mano poggiata sul culo. Socchiuse gli occhi infreddolita, e notò che doveva essere giusto l’alba. Poi buttò un occhio al suo didietro e per poco non si mise ad urlare. Ringraziando il cielo era decisamente troppo stanca per mettersi a prendere a pugni quella testa quadra che doveva essersi avvicinata durante la notte. Semplicemente gli sollevò il polso strattonandolo con più forza che poté facendo svegliare il proprietario di soprassalto.
 
  “Io…No, il mio ramen…” aveva borbottato quello tirandosi a sedere di colpo mentre una risata conosciuta le solleticava l’orecchio. Quell’imbecille era stato capace di sognare il ramen mentre una sua mano si trovava sulla sua chiappa?! Non avrebbe dovuto – e lo sapeva – ma se ne sentì profondamente offesa. Si controllò per non esplodere.  Voltandosi trovò Kakashi ridacchiare da dentro il suo sacco a pelo.
 
  “Oh, stai zitto” borbottò cercando di rimettersi a dormire. Naturalmente le fu impedito.
 
  “Visto che siete svegli,” aveva iniziato un'altra voce “Sarebbe il caso di mettersi subito in cammino. Entro il primo pomeriggio mantenendo un passo svelto saremo a Konoha” informò Sasuke con quel suo tono annoiato.
   Sbuffando si costrinse a mettersi in piedi, dopotutto non vedeva l’ora di andarsene a casa, spogliarsi e farsi un bagno infinito per poi andare direttamente a dormire.
  Arrivati alle porte del villaggio ringraziò il cielo che non ci fossero feriti, altrimenti le sarebbe toccato passare in ospedale e naturalmente Tsunade  avrebbe trovato una scusa qualsiasi per trattenerla e farle finire il proprio turno. Quella donna sapeva essere veramente impossibile rendendole la vita un dannato inferno. Li avrebbe salutati e sarebbe corsa dritta filata a cas-
 
  “Qualcuno dovrà andare a fare rapporto all’Hokage” Sakura non si sprecò neppure di rispondere. Lei senza dubbio non lo avrebbe fatto. Continuò a camminare impettita verso casa.
 
  “Sensei non dovrebbe faro lei?” aveva chiesto subito Naruto leggermente scettico. Sasuke non sembrava neppure aver sentito.
 
  “Non posso proprio…”iniziò quello.
 
  Sakura si voltò curiosa di vedere che si sarebbe inventato sta volta. Scettica lanciò uno sguardo d’intesa a Naruto che contemporaneamente a lei incrociò le braccia al petto, pronto a sentire che avrebbe escogitato questa volta. Il sensei che architettava bugie era proprio uno spettacolo da non perdersi, messo sotto pressione poi era una vera forza della natura. La semplicità con cui ideava le più assurde corbellerie non smetteva mai di sorprendere, per non parlare dell’innocenza con cui le propinava. Una volta per spiegare un ritardo durato la bellezza di cinque ore, che aveva comportato la posticipazione di una missione che coinvolgeva tre squadre composte ciascuna da quattro persone, per un totale di dodici persone che se ne erano rimaste per una mattinata intera ad aspettarlo sbuffando e maledicendolo alle porte della citta, aveva parlato ininterrottamente per venti minuti, incantandoli tutti, e senza l’uso dello Sharingan, Sasuke avrebbe potuto giurarci, sia chiaro.
Quella era una specie di leggenda ormai. Il suo capolavoro.
Stregando tutti con le sue capacità oratorie era riuscito a coniugare nella stessa incredibile avventura che lo aveva trattenuto quella mattina, non solo il semplice “Non mi è suonata la sveglia”  - no, pff! Quello era da pivelli! – ma bensì una cospirazione ai danni dell’Hokage stesso, una mezza dozzina di Anbu della pioggia in agguato sotto il suo appartamento, Pakkun malato che aveva necessitato di immediate cure specifiche, un incredibile combattimento tra i tetti di tutta Konoha con un evaso dal carcere di massima sicurezza della Foglia di livello S, una gara con il maestro Gai che si era trasformata in una missione di salvataggio in favore di uno dei sottoposti del Raikage ed una storia veramente toccante (questo bisognava concederglielo) di una ragazzina, orfana, che aveva perso il suo gattino e che lui si era prodigato a ritrovare.
  Alla fine del racconto c’era chi aveva le lacrime agli occhi e per poco non era partito un applauso. Aveva temuto che Ino potesse iniziare a lanciargli dei fiori… 
 
  Naruto e Sakura non erano tanto facili da imbrogliare. Ma questa volta Kakashi parve superarsi.
 
  “Ho un…ehm…un appuntamento” tossicchiò fuori veloce. Ai due per poco non si staccarono le braccia. Anche l’Uchiha ora pareva interessato.
 
  “Un COSA?!” urlò Naruto piantandoglisi davanti. Quello lo spostò afferrandolo per la testa e levandoselo da davanti. “Non è possibile..?” iniziò sconvolto. Kakashi parve piccato dall’insinuazione.
 
  “Beh? E che ci sarebbe di male? Anche uno Jonin d’élite ha una vita, sapete?” fece tagliente pentendosene immediatamente. Naruto e Sasuke si scambiarono un’occhiata piena di significati poi presero a ridacchiare maliziosi. A Sakura si strinse lo stomaco senza un apparente motivo. Kakashi-sensei aveva una vita all’infuori delle missioni e dei suoi romanzi? Davvero? Le sembrava assurdo. Certo era un uomo fatto e finito, eppure…
 
  “Ed avrebbe un appuntamento con una ragazza? Una ragazza vera?” continuò Naruto con fare insinuante. Kakashi si limitò a sbuffare senza rispondere.
 
  “Kakashi-sensei hai una ragazza?!” chiese a quel punto Sakura senza riuscire a contenersi. Kakashi preso alla sprovvista arrossì. Persino Sasuke era sorpreso.
 
  Okay, questo era veramente troppo! Kakashi Hatake aveva una ragazza? Neppure Sakura era riuscita a trovarsi uno straccio di ragazzo decente nell’ultimo anno! Dopo un paio di storielle senza futuro con paio di anbu scapestrati architettate ad arte per far rodere Sasuke – senza risultati tra l’altro – non era riuscita a mettersi con nessuno…non che morisse dalla voglia di avere qualcuno accanto. Non era una di quelle che smaniavano per avere un uomo nella loro vita. Da sola stava anche bene dopotutto, ma, per la miseria!  Com’era possibile che un misantropo, rompiscatole, introverso, pervertito, scroccone come Kakashi Hatake si fosse trovato una donna?
  Un altro quesito spinoso si impose prepotente. Il sensei aveva una vita sessuale attiva? La cosa era sconvolgente. D’accordo che era un pervertito patentato, sempre in giro con il naso incollato a quei suoi stupidi romanzi pornografici, uno spudorato che se li leggeva pure davanti a dei bambini, ma immaginarselo intento a fare certe cose conuna ragazza vera – come aveva giustamente specificato pure quel baka di Naruto – era davvero difficile!
  Cercare di figurarsi il suo sensei che magari ci provava con una ragazza poi… - per comodità la sua mente offrì l’immagine di se stessa . Se lo vide che le si avvicinava in una bar notando per la prima volta il fatto che le pareva pure abbastanza seducente, con la bocca corta un solo occhio che brillava alla luce flebile del locale, che si avvicinava chiedendole se era sola, se voleva da bere…in effetti poteva avere anche un suo fascino… Continuò a pensare come doveva essere mentre baciava una ragazza – l’immagine nella sua testa questa volta per poco non la fece arrossire – chissà come dovevano essere le sue labbra…
Come doveva essere mentre scop-.
 
  Fremendo fu costretta a tornare alla realtà come se le avessero tirato una secchiata d’acqua gelida addosso.
  Oddio! Se lo stava immaginando? Sul serio? Sakura scosse la testa con violenza cercando di allontanare quelle immagini dalla sua testa. Ma che diavolo le prendeva?
 
 Quando Kakashi si voltò verso di lei capì che doveva essersi persa qualche battuta del discorso, così intenta com’era nelle sue riflessioni. Per poco non tentò di allontanare lo sguardo, quasi temendo che potesse leggerle in faccia i pensieri decisamente inappropriati di poco prima.
 
  “Ehm, Sakura?” iniziò il sensei con quella sua voce adulatoria che tirava fuori solo quando voleva intortare qualcuno. Capì al volo la situazione e corresse lo sguardo incenerendo l’uomo di fronte a lei. Quello sorrise conscio che dopotutto era il capitano e che lei alla fine avrebbe dovuto accettare il compito impartito. E questo lo sapeva anche Sakura che però non poté trattenersi.
 
  “Non provarci neanche. Fino a prova contraria questo è il TeamKakashi.” Ringhiò lanciandogli un’occhiataccia a cui nessuno avrebbe osato ribattere. “Non andrò io a fare rapporto” avvertì fissandoli truce, visto che anche Naruto e Sasuke avevano iniziato ad allontanarsi facendo finta di niente, di colpo nuovamente vaghi e silenziosi.
  Naruto portò le mani avanti iniziando a guardarsi attorno con fare impaziente, grattandosi la testa.
 
  “Beh, andrei io ma…ma…a momenti arriverà Ero-sennin, e lui odia aspettare e…” gli andò bene; tempo cinque secondi ed apparì il suo sensei pervertito.
 
  Sasuke senza preoccuparsi di creare una scusa sufficientemente credibile, borbottò solo un “Mio fratello mi aspetta per allenarci” e se ne andò con le mani affondate nelle tasche.
 
  “Sensei seriamente io sono distrutta e…” iniziò sperando di riuscire ad apparire abbastanza pietosa da poter essere compianta.
 
  “ Ti ho sostituito nel tuo turno di guardia, direi che mi devi un favore.” Le ricordò l’uomo incastrandola. Non trovando altro con cui ribattere, sospirò e parve che le spalle fossero collassate incassandole la testa nello sterno.
 
  “D’accordo” bofonchiò voltandosi e dirigendosi verso il palazzo dell’Hokage.
 
  “Grazie Sakura-chan” canticchiò il sensei alle sue spalle. Naruto nel vederla così abbattuta iniziò a fremere.
 
  “Beh, ma forse potrei andare io” propose volgendosi a Jiraiya.  Ma l’uomo non parve averlo sentito osservava la rosa allontanarsi.
 
  “Certo che è diventata proprio una bella ragazza” commentò ad alta voce, facendo scattare all’istante Naruto che gli rivolse un’occhiataccia. Incredibilmente anche Kakashi si sentì come colpito in piena faccia da quel commento. Si voltò a fissare l’uomo più vecchio attendendo delucidazioni. D’accordo era un vecchio maniaco, lo sapevano tutti, e sapeva benissimo che dovesse avere fantasie su ragazze di molto più giovani di lui, insomma! Non era forse il fan numero uno dei suoi libri? Era ovvio che da qualche parte dovesse pur trarre ispirazioni per le storie, ma…Sakura?!
 
  Indiscutibilmente si era accorto di come fosse sbocciata in quegli anni. A diciannove anni compiuti da poco era nel fiore della giovinezza, si era fatta crescere nuovamente i capelli fino alla vita, una vita sottile su un corpo dalle forme che finalmente andavano definendosi, le era venuto un bel seno, un sederino niente male, due gambe toniche e lunghe che avevano già attirato parecchi sguardi, gli occhioni verdi che da bambina parevano dominarle il viso facendola sembrare una bambolina con la testa un po’ troppo grossa ora si erano assottigliati e fatti languidi, erano occhi da cerbiatta con lunghe ciglia. Ormai le bastava sbatterli un paio di volte per far sì che uomini molto più grandi – ed impegnati – di lei le cascassero ai piedi e la compiacessero. Ma per ora pareva non essere ancora del tutto a conoscenza di questo suo potere, che da ruffiana qual era, usava volontariamente solo su Naruto. Ma Kakashi poteva giurare di aver visto un paio di volte anche l’Uchiha in difficoltà di fronte a quel visino grazioso e  a quei due occhi smeraldini. Per non parlare del fatto che anche lui a volte…si morse la lingua. Jiraiya lo influenzava in maniera negativa.
 
  Certo non era più la ragazzina altezzosa che all’inizio gli aveva fatto temere avrebbe potuto compromettere seriamente l’equilibrio del team stesso. Naruto ne era cotto da sempre nello stesso modo in cui lei moriva per l’Uchiha. Kakashi sapeva che non ne sarebbe uscito nulla di buono. Ed invece era rimasto sorpreso dallo svolgersi degli eventi. Piacevolmente sorpreso.  Non solo la ragazza dopo i primi rifiuti del moro aveva iniziato ad addolcirsi verso Naruto - che inizialmente veniva malamente picchiato ogni qual volta tentasse di avvicinarsi alla rosa - forse proprio perché iniziava a capire il dolore di un rifiuto, ma aveva iniziato anche ad impregnarsi seriamente con gli allenamenti. Era diventata abilissima con i genjutsu sorprendendolo per la sua straordinaria capacità di controllo del chakra, era diventata molto abile con le arti mediche, per non contare dell’importanza che avesse nel team come equilibratrice. Era l’unica in grado di far calmare quelle due teste calde che erano in grado di azzuffarsi per qualsiasi cretinata e parevano ascoltare solo lei per calmarsi.
  Dopotutto prima di essere uno shinobi, un jonin d’élite, il capitano della squadra 7 prima e del team Kakashi dopo, era un uomo ed era ovvio che si fosse accorto di quanto si fosse fatta donna, e bella.
 
  L’Hatake si ritrovò a stringere i denti. Era pur sempre la sua adorata allieva. In tutti quegli anni aveva imparato ad affezionarsi prima, e poi a voler veramente bene ad ognuno di quei mocciosi. Certo oramai erano cresciuti, collaboravano in team, erano shinobi praticamente alla pari, quell’Uchiha era anche entrato nell’Anbu seguendo le orme del fratello maggiore Itachi. Per non parlare di Naruto che ormai era sempre più vicino alla carica di Hokage. Seppur continuasse a combinare casini neppure avesse undici anni e non diciannove, era abbastanza palese che sarebbe stato lui il successore di Tsunade. E poi c’era, naturalmente, la dolce e piccola Sakura. Allieva perfetta di Tsunade-sama, aveva sorpassato da un pezzo Shizune, divenendo dopo l’Hokage la kunoichi più promettente di tutto il villaggio, un ninja medico molto richiesto in praticamente qualsiasi tipo di missione, e loro avevano il privilegio di avercela in squadra. Ormai aveva perso il conto di tutte le volte che gli aveva letteralmente salvato il culo, a tutti e tre. Sapeva essere così leale, apprensiva verso i suoi compagni di team…finché non la si faceva arrabbiare. Allora erano dolori.
 
  Come a ricordarglielo proprio in quel momento, la ragazza si voltò, lanciando uno sguardo di fuoco ai due compagni. Oh, sì. Questa gliel’avrebbe fatta pagare. Ma cosa poteva farci Kakashi? Aveva un appuntamento che non poteva di certo rimandare.
  Naruto, sbuffò infastidito.
 
  “E’ sempre il solito pervertit-“ Jiraiya non lo fece finire, guardava fisso fisso Kakashi. Che stesse cercando di dirgli qualcosa?
 
  “Credo che sia proprio da idioti farla arrabbiare a quel modo. “ continuò tornando a Naruto scompigliandogli i capelli. “ Una così la si trova una volta su un milione, da retta a me! Se assomiglia anche solo un decimo alla sua maestra,” e si fermò un attimo lasciando sottintesi molto poco nascosti “Sarebbe un peccato lasciarsela sfuggire” ma anche ora non era l’Uzumaki che stava guardando. Kakashi inarcò un sopracciglio. Naruto aveva ripreso a scrutare la figura di Sakura che continuava ad allontanarsi, indeciso sul da farsi.
 
  “Beh?!” chiese Jiraiya colpendolo sulla nuca “Non ti ho insegnato proprio niente sulle donne?” lo sospinse in avanti “Fa il gentiluomo per una volta!” Naruto prese a correre.
 
  “Sakura-chan! Sakura-chan aspettami ti accompagno!” ululò accostandosi alla rosa. Quella in tutta risposta lo afferrò per un braccio scuotendolo e intarmandogli di fare meno rumore. Quello con il suo solito sorriso che gli illuminava tutta la faccia prese a scusarsi, ma la ragazza già sorrideva segretamente grata al biondo del gesto.
 
  Kakashi era confuso, già sul punto di chiedere all’uomo a fianco a lui spiegazioni per le parole di poco prima si ritrovò a voltarsi verso il nulla. Lo cercò tra la folla voltandosi alla ricerca della sua chioma bianca. Ma sembrava sparito. Con una scrollata di spalle sospirò ed estraendo dalla tasca anteriore dei pantaloni il suo romanzo preferito, in tutta calma si avviò verso casa.
Purtroppo le parole del Sannin Leggendario lo disturbavano ancora.
  Ripensò a Sakura.
  Poi allo sguardo dello scrittore.
  Poi al personaggio femminile del suo libro. Giovane, avvenente, occhi verdi.
  Chiuse con uno scatto il libro. Infastidito se lo rinfilò in tasca.
  Non doveva rimuginarci troppo. Lui una specie di ragazza ce l’aveva. E con tutta probabilità sarebbe venuta a fargli visita presto. Si concentrò sui suoi occhi neri come la notte, occhi da predatrice, finché non sentì un languore conosciuto espandersi nel suo basso ventre. A quel punto si ritenne soddisfatto.
 
  Non era vero che aveva un appuntamento. O meglio, con probabilità avrebbe trovato qualcuno ad aspettarlo. E sì, quel qualcuno era in effetti una ragazza, una vera ragazza. Ma era sicuro che quello non fosse un appuntamento, era un qualcosa che era troppo pigro per sprecare energie nel tentare di interrompere.
  Finché la cosa fosse durata lui non l’avrebbe troncata. L’Hatake era fatto così. Pigro fino al midollo.
  Sbadigliando affrettò il passo. Chissà se Mr. Ukki stava bene…
 
 
 
NOTE2
 
Beh…ripeto, non ho idea di che cosa uscirà XD
Se non fosse chiaro dopo la prima parte (che da il titolo alla storia, l’Allenamento appunto) c’è un salto temporale. Dal team 7 si passa al team Kakashi, quindi ora l’età dei ragazzi è di circa diciannove anni.
  Spero davvero vorrete recensire, perché ho seriamente bisogno di capire se questa cosa merita un seguito ;) Pleaseee!
Besos Judith :D

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** II ***


NOTE1:
  Perdonatemi l’immane ritardo. La pigrizia ha colpito ancora  -.-  la storia c’è nella mia testa ma il portarla in parole si sta rivelando più impegnativo del previsto, dovrei inventare una sorta di casco che “legga” direttamente nel mio cervello e trasferisca il tutto in Word, ma sarebbe faticoso… sono un caso senza speranze. Comunque dando fondo alla mia - scarsissima - forza di volontà sono riuscita a mettere giù il capitolo che segue e che spero possa piacervi! *si inchina al suono di immaginari applausi entusiasti*
  Buona lettura :D
 
*
II.
 
 
 
  Altri dieci minuti e gli avrebbe aperto la testa con un pugno.  Era da quando erano usciti dall’ufficio dell’Hokage che non chiudeva quella fogna che aveva al posto della bocca, e se all’inizio facendosi forza e ricordandosi che dopotutto era stato proprio carino ad accompagnarla a far rapporto, ora iniziava a rimpiangere il fatto che di punto in bianco si fosse dimostrato un gentleman. Insomma, non che di solito non fosse premuroso nei suoi confronti, anzi arrivava a soffocarla nelle maniere meno eleganti possibili, ma c’era un limite a tutto. E Naruto era preoccupantemente vicino a quella linea sottile che una volta attraversata lo avrebbe condotto dritto dritto nelle fauci della Sakura Cattiva che pareva in disperata attesa di poter sfogare su qualcuno le proprie frustrazioni. Un pensiero maligno suggerì a Sakura che Naruto sarebbe stata la vittima perfetta.
  Ma quello pareva non rendersene conto e continuava ignaro a ciarlare torturandosi le mani o agitandole in maniera preoccupante tutt’attorno alla sua faccia accompagnando ed enfatizzando ogni singola parola senza curarsi del fatto che fossero in strada. La gente aveva iniziato a guardarli, qualcuno ridacchiando o scuotendo la testa. Quando l’Uzumaki si infervorava tendeva ad alzare sempre troppo il tono della voce- già di suo alta -, ad esagerare i movimenti - qualsiasi movimento, che si trattasse di una semplice stretta di mano o un’espressione facciale - e a tirare fuori una strana risatina stridula che a Sakura faceva saltare i nervi. Iniziò a stringere i denti, tanto forte che si sarebbero potuti polverizzare,  trattenendo l’istinto di atterrarlo con un colpo ben piazzato.
 
  “Davvero Sakura-chan, non ci sarebbe nessunissimo problema, anzi! Mi farebbe davvero piacere -“ ci pensò su un attimo probabilmente rendendosi conto di essere troppo entusiasmato dalla cosa “ Cioè non intendo che…insomma io...” riprese tendando di darsi un tono. Si fermò nuovamente grattandosi la testa “Sul serio non ci sarebbero problemi se ti andasse di venire con me” Le ripeté per la millesima volta. “Non è mica che io ti stia chiedendo un appuntamento, eh! Sia chiaro” fece fingendosi innocente e Sakura per poco non grugnì un insulto non troppo carino a quella testa bionda che proprio sembrava non capire quanto fosse sfinita. Voleva solo andarsene a casa. E dormire ininterrottamente per sette giorni.
  Ruotò gli occhi al cielo quando si ricordò che la cosa non sarebbe stata possibile, e che la colpa era da dare al suo compagno di team che in quel momento si trovava veramente  vicino ad una fine violenta e dolorosa.
  
  A Tsunade erano bastate una decina di domande ben piazzate, a cui stranamente aveva saputo rispondere Naruto, per poi decidere che no, la missione non poteva considerarsi finita. A Sakura per poco non si era scardinata la mascella. Tecnicamente non avevano ritrovato la cartella con i documenti che erano stati rubati, ma per il semplice fatto che quegli schizzati della roccia l’avevano bruciata. Il team Kakashi si era facilmente sbarazzato dei nemici, facendoli fuori quasi tutti – uno era scappato, ma a loro era parso innocuo – ed una volta raggiunto l’accampamento l’avevano trovato in fiamme. Non c’era nulla da recuperare se non una busta in cui inserire un mucchietto di cenere. E questo l’aveva fatto presente anche Naruto.
 
  “Come è possibile che non siate riusciti a fare prigionieri?” aveva chiesto a quel punto Tsunade, neanche troppo sorpresa, dopotutto stava parlando con Naruto. Quello aveva abbassato lo sguardo ammutolendosi. Già. Con lui e l’Uchiha di mezzo fare prigionieri si rivelava sempre più difficile del previsto.
 
  “Erano parecchio…combattivi, per essere shinobi di un paesino sperduto nel nulla” commentò la rosa evasiva andando in aiuto del ragazzo. Ed in effetti era più o meno la verità.
  Una volta individuato l’accampamento nemico, situato sul versante di una montagnola non troppo distante dal Villaggio della Roccia, avevano atteso che fossero loro i primi a muoversi. Finché non avessero avuto le prove certe che quel contingente di shinobi  possedesse realmente i documenti trafugati non avevano il permesso di attaccare. Così dopo tre settimane di ricerca ed altri quattro giorni spesi nel monitorare a turni la situazione nascosti tra i rami degli alberi, i suo compagni più giovani di team si erano fatti irrequieti. Kakashi aveva tentato di evitare che loro due facessero coppia nei turni di osservazione ma ad un certo punto nell’alternarsi dei compiti mandare Naruto e Sasuke assieme era stato inevitabile. Inutile dire che quello era stato il loro ultimo turno. Dopo poche ore di calma assoluta un fragore tremendo aveva fatto mollare a Sakura le scorte di acqua che era riuscita a recuperare in un villaggio vicino e che stava portando al loro piccolo “accampamento” ( se così si poteva definire una piccola piattaforma incuneata tra i rami di un albero) e l’avevano fatta precipitare a rotta di collo verso il luogo d’origine del rumore. Mentre correva si era ritrovata lo stesso Kakashi al fianco visibilmente preoccupato, o infastidito, non riusciva a dirlo con certezza ma doveva essere stato interrotto mentre leggeva uno dei suoi romanzi. Arrivati al campo nemico si erano trovati davanti saette che volavano da una parte all’altra dello spazio, tende che venivano divelte e gente che urlava agonizzante e poi cadeva esanime a terra, mentre palle di chakra azzurro schiantavano a terra o contro ai tronchi degli alberi che attorniavano l’accampamento tutti coloro i quali tentavano di darsela a gambe. Kakashi tenendo tra i denti un’imprecazione aveva scoperto lo Sharingan ed aveva dato una lunga ed attenta occhiata alla scena. Naruto non era riuscito a bloccare tutti i fuggitivi. Così dopo un ordine perentorio del proprio comandante si erano lanciati alla ricerca dei dispersi lasciandosi dietro un mucchio di cadaveri. O almeno così avevano creduto. Ma una volta acciuffati i fuggitivi - ed averli eliminati, non gli avevano dato altre possibilità purtroppo – erano stati richiamati indietro da una luce arancione che aveva iniziato ad illuminare l’intera foresta. Probabilmente non tutti i ninja che avevano attaccato Naruto e Sasuke erano morti , si erano sacrificati uccidendosi, dando prima  fuoco anche ai resti dell’accampamento così da non lasciare nulla a loro da portare indietro. Un solo uomo era fuggito durante l’inseguimento. O per meglio dire, un ragazzino, talmente spaventato che Naruto non aveva avuto il cuore di ammazzare e nel casino dello scontro doveva essere fuggito.
 
  La donna seduta in scrivania probabilmente comprese la situazione e sospirò profondamente appoggiando la fronte sulle mani che teneva incrociate, i gomiti ben piantati sul tavolo pieno di carte. O semplicemente era troppo esausta per ribattere.
 
  “D’accordo, se non ci sono altri soggetti a conoscenza del contenuto dei documenti, direi che…” iniziò massaggiandosi le tempie. Naruto sollevò la testa di scatto lanciando uno sguardo preoccupato a Sakura. Le bastarono due secondi per capire le intenzioni del ragazzo. Prese a scuotere la testa con enfasi intimandogli in modo neppure troppo sottile una morte lenta, molto lenta, e dolorosa se solo avesse osato aprire bocca.  
  Ma Naruto si sa, non brillava troppo in perspicacia e chissà cosa lesse nel labiale della rosa - che recitava all’incirca: “Apri la bocca, brutto deficiente, e ti ammazzo a forza di pugni, altro che Rasengan e tutti quei ninjutsuidioti! Ti farò così male che lo spirito della Volpe prenderà l’iniziativa e ti uscirà dal corpo dandosela a gambe!” - e decise che aveva il dovere di parlare.
 
  “Nonna Tsunade…uno…uno ci è scappato” Sakura non credeva alle sue orecchie. Si poteva essere tanto idioti? Altri venti secondi e sarebbero stati congedati, ma no! Lui doveva sentirsi in colpa adesso, per quell’unico ragazzino che gli era sfuggito e non per le decine di uomini che aveva ammazzato come se fosse solo uno gara con Sasuke a chi ne faceva fuori di più. Dire che l’avrebbe incenerito sarebbe stato un eufemismo. Tsunade parve riscuotersi di colpo e lei rimpianse di non aver declinato l’offerta del biondo di accompagnarla. Era fatta.
  Tempo cinque minuti e l’Hokage, dopo averli rimproverati in quelle che a Sakura parvero più lingue, si calmò e gli diede solo tre giorni di tempo per organizzarsi, prendere il necessario e ripartire, con l’obbiettivo di trovare il fuggitivo, prenderlo in custodia, e tornare al Villaggio il prima possibile; su questo era stata parecchio categorica.
 
  “Portatemelo con un solo graffio e vi potrete scordare altre  missioni! Vi sbatto in accademia per il resto della vostra vita ad asciugare il moccio agli allievi del maestro Iruka!”.
 
  Fantaaastico. Sakura era talmente frustrata che non seppe contenersi.
 
  “Ma cosa può esserci di tanto importante nei documenti che hanno rubato? Ho controllato nell’archivio, è pieno zeppo di cartelle simili e tutte sono ugualmente inutili” Tsunade non si sprecò di risponderle, inarcò un sopracciglio e si scurì a tal punto che a Sakura tremarono le budella. Li fece sloggiare tirandogli contro quello che doveva essere stato una sorta di fermacarte, che lanciato con la potenza della donna parve deformarsi e andò ad incunearsi nella parete del corridoio facendo un enorme buco nella porta dell’ufficio che aveva incontrato nella sua traiettoria. Naruto riuscì a spostare la rosa un secondo prima che l‘oggetto la colpisse in piena fronte.
   I due se l’erano data a gambe all’istante scappando in strada cercando di nascondersi nella folla così da fuggire dalla rabbia dell’Hokage che stava ancora urlando.
  Sakura poté distinguere chiaramente un: “E che l’Hatake ci provi un'altra volta a mandarmi i suoi sottoposti a fare rapporto di missioni così fallimentari! Gli appiopperò un'altra squadra di genin idioti!” .
 
  Sakura conosceva Kakashi abbastanza bene da sapere che quella fosse una delle poche minacce che potessero smuovere l’uomo (assieme alla minaccia di requisirgli e nascondergli tutti i suoi preziosissimi Icha-Icha) e che senza dubbio l’avrebbe riferita all’uomo non senza una certa soddisfazione.   
  Dopo che il Team Sette era stato sciolto in quanto tutti e tre i componenti erano divenuti jonin, Kakashi si era rifiutato categoricamente di rendersi disponibile ad allenare altri ragazzini. In effetti era una pretesa che non avrebbe potuto avanzare, ma poiché aveva tirato su tre degli shinobi più promettenti e talentuosi dell’intero villaggio l’Hokage teneva chiuso un occhi, fingendo di essersi dimenticata della sua disponibilità come nuovo insegnate.  Diceva che loro tre gli avevano esaurita tutta la - poca - pazienza che aveva avuto. In effetti a parte Sakura che era riuscita a superare l’esame per raggiungere il grado massimo dopo un solo tentativo all’età di sedici anni, Sasuke e Naruto gli avevano dato parecchio filo da torcere. Dopo che furono esaminati tutti i rapporti relativi alle missioni del vecchio Team Sette i tre erano stati ammessi all’esame vero e proprio per il rotto della cuffia, considerando che sì , le missioni avevano nella stra grande maggioranza avuto esito positivo, ma i colpi di testa dei ragazzi erano stati sempre troppi e troppo rischiosi.   
  Al suo primo tentativo, durante l’esame, Naruto era andato nel panico, confondendo le tecniche più basilari rifilando al posto di una semplice Henge no Jutsu una stupidissima Oiroke no Jutsu che aveva fatto prendere un colpo agli esaminatori uomini -  causandone improvvise e copiose epistassi -, facendo imbarazzare a morte l’unica donna esaminatrice, beccandosi uno scappellotto in pieno coppino da Shikamaru che era uno dei supervisori e facendo fare una figuraccia al suo sensei.  Sasuke invece era partito bene, iniziando a pavoneggiarsi con quel suo modo da insofferente come se credesse che in realtà la promozione gli fosse in qualche modo dovuta in quanto Uchiha, e preso com’era dagli esercizi via via richiesti dagli esaminatori non si era accorto del fatto che Naruto lo stesse spiando da una delle finestre che davano sull’esterno del complesso. A quell’idiota dell’Uzumaki, profondamente offeso nel vedere che al compagno di team stava andando tutto liscio come l’olio, era venuta la brillante idea di complicargli un po’ le cose con il solo risultato di far infuriare l’Uchiha a tal punto da iniziare una vera e propria battaglia che per poco non aveva distrutto l’intera palestra. Inutile dire che Sasuke era stato immediatamente bocciato, ed ad entrambi era stata tolta la possibilità di ritentare l’esame per i successivi due anni.
  Così mentre l’anno successivo Sakura, già jonin, riceveva la carica di primario del reparto di Antidoti e Veleni dell’ospedale guadagnandosi  la più profonda stima non solo della sua maestra l’Hokage ma anche degli altri shinobi del villaggio, entrando così a pieno titolo tre gli adulti della Foglia, Sasuke e Naruto erano ancora considerati come due bambocci a cui Kakashi era dovuto stare dietro allacciandogli le scarpe fino ai diciotto anni, quando finalmente erano passati di grado. Questo le aveva sempre dato un senso di rivincita interiore;  seppur Kakashi-sensei si fosse sempre dedicato di più ai due maschi del team, era lei quella che alla fine più aveva brillato. Anche se ora il moro era entrato nella squadra ANBU e si avviava a divenire anche migliore del fratello maggiore, e la testa bionda al suo fianco, a parer suo un idiota bacato, presto sarebbe divenuto Hokage. Era da non crederci.
 
  E mentre Naruto continuava la sua opera di convincimento lei sospirò pesantemente al pensiero che avrebbe avuto solo tre giorni per rimettersi in forze. Questa il sensei gliel’avrebbe pagata cara. Dannazione…l’Hatake si sarebbe arrabbiato un sacco sapendo che non era riuscita a fare rapporto, ma che anzi era riuscita a farsi appioppare un’altra missione. Accidenti a lui.
  Poi le parole dell’Hokage le tornarono alla mente e la fecero sentire un po’ meglio.
Eppure, come se già non avesse un mucchio di cose per la testa le sarebbe toccato pure avvertire il sensei di quel cambio di programma. Maledisse la sua decisione di diventare ninja. Dopotutto fare la commessa in qualche negozio non sarebbe stato tanto degradante come credeva da piccola. Avrebbe avuto mansioni che non le avrebbero fatto rischiare la pelle ogni singolo giorno della sua carriera lavorativa, ferie regolari, turni decenti, non come quelli estenuanti che faceva in ospedale, e lo sconto dipendenti sulla merce. Non sarebbe stato male per niente, e mentre rifletteva sul risparmio che avrebbe avuto su un nuovo completo se davvero fosse stata commessa in qualche boutique alla moda di Konoha, Naruto la riscosse dai suoi pensieri. Si rese conto che stava ripetendo da circa cinque minuti la stessa frase, un qualcosa che comprendeva ogni tre parole ramen.
 
  “Naruto” disse sfinita. “Sono stanca.  Molto stanca.” Concluse semplicemente senza la forza di spendersi in spiegazioni più esaustive.
 
  “Ma, ma” iniziò quello cercando una scusa per fermarla. “Offro io!” le urlò dietro.
 
  “Non ce n’è bisogno Naruto, non ho fame. Ci  vediamo in giro!” lo salutò scattando veloce verso casa, sperando di perderlo nella massa di gente che a quell'ora si era riversata per le strade di Konoha.
 
  La gente sembrava troppo piena di vita considerata l’ora. Sakura buttò un occhio al cielo. Okay, in effetti dovevano essere si e no le sette di sera. Non era poi così tardi. Per un attimo le venne l’idea di fare in salto in negozio da Ino, così tanto per salutare  e farle vedere che era ancora viva, ma poi le passò la voglia. Di sicuro l’amica l’avrebbe trattenuta per poi invitarla a cena ed in seguito avrebbe insistito per chiamare pure Shikamaru e Choji. Si sarebbe sparsa la voce che erano in giro e metà della gente della sua età li avrebbe raggiunti, Naruto avrebbe cominciato a declamare brindisi su brindisi facendoli ubriacare tutti nel giro di mezz’ora e lei sarebbe rimasta intrappolata in qualche bar, con una birra in mano, la faccia premuta su un tavolo e un rivolo di saliva che le si appiccicava alla guancia. Non ci teneva proprio a correre il rischio di rendersi ridicola addormentandosi in giro. Così tirò dritto verso casa sperando di non incrociare volti noti.
 
  Per una volta in quella giornata, che le pareva infinita e tremendamente sfortunata, le cose andarono bene. Arrivata di fronte all’appartamento trovò un biglietto incollato alla porta. Era di sua madre, doveva essere passata da poco. Ringraziò nuovamente i suoi avi di non avergliela fatta incrociare o si sarebbe spesa a non finire in profusioni  fastidiose riguardo allo stato sentimentale della figlia. Era sicura al cento per cento che la causa del suo essere single dipendesse solo ed esclusivamente dal fatto che fosse un ninja e che i ragazzi avessero paura di lei perché se ne andava in giro per la maggior parte del tempo a picchiare altri maschi e che tornasse a casa dalle missione sporca di terra e sangue altrui rappreso addosso. Poi il fatto che girasse con due dei ragazzi più belli e famosi del villaggio non giocava a suo favore per la donna. Anche questo fungeva da deterrente, intimidendo possibili pretendenti. “Sei così bella! E’ un tale spreco che tu non abbia un ragazzo…ah, se continuerai così finirai per non darmi nipotini, e sì che sai quanto li desideri!” si lamentava prendendola tremendamente sul personale, cosa che Sakura non sopportava. Alle volte pareva così disperata da cercare di farsi andar bene come futuro genero persino Naruto, insinuando nella testa della figlia strani pensieri riguardo a quanto fosse diventato bello, e forte, ed il fatto che presto sarebbe diventato Hokage e che a lei sarebbe piaciuto tanto avere un capo villaggio in famiglia. Sakura solitamente la prendeva in giro. Una volta era arrivata a estremizzare dicendo che se le cose fossero continuate nel modo in cui procedevano, cioè con Naruto che ne combinava una peggio del diavolo e che non riusciva neppure a superare l’esame per diventare jonin, presto sarebbe divenuto Hokage Kakashi e lei si sarebbe dovuta accontentare di vedere la figlia andare in sposa al suovecchio e scorbutico sensei. Aveva avuto il piacere di vedere la madre sbiancare ed ammutolirsi. Il padre invece solitamente non commentava, e Sakura sapeva che in realtà fosse felice del fatto che i ragazzi le girassero alla larga.
 
   Eppure ora mentre entrava nel suo appartamento e lo trovava  così freddo e vuoto un moto di stizza le attraversò le membra stanche. Non sarebbe rimasta sola per sempre vero? Prima o poi si sarebbe innamorata…
Ma per ora le possibilità che questo potesse accadere erano pari a quelle che un giorno Sasuke si sarebbe svegliato la mattina e si fosse scoperto follemente innamorato di lei. Probabilmente Naruto avrebbe avuto più possibilità di far cadere ai suoi piedi l’Uchiha.
 
  Sconsolata prese a spogliarsi camminando verso il bagno lasciandosi dietro una sciai di vestiti luridi. Si guardò un istante allo specchio. Capelli in disordine, occhiaie violacee sotto gli occhi, fango e terra ovunque, e sì, anche sangue altrui rappreso. Sospirò pesantemente infilandosi sotto il getto caldo della doccia. Odiava ammettere che a volte sua madre sembrava avere ragione.
 
 
*
 
 Si sentiva leggermente in colpa dopotutto. Sapeva di aver mandato Sakura in pasto alla furia di Tsunade-sama. Una volta che avesse scoperto che non avevano recuperato i documenti sarebbe esplosa. Ma si rincuorava al pensiero che Sakura sapeva badare a se stessa e che comunque gliel’avrebbe fatta pagare così da redimerlo.
  Mentre camminava verso casa con le mani affondate nelle tasche un tonfo abbastanza forte accompagnato da un ululato che proveniva dritto dritto dal palazzo dell’Hokage confermò le sue teorie.      
  Beh, se ne sarebbe preoccupato a tempo debito.
 
  Una volta arrivato sotto casa buttò un occhio alla finestra della camera. Da sotto pareva chiusa per bene, esattamente come l’aveva lasciata, ma conosceva troppo bene quella donna. Una finestra - e molto probabilmente pure una porta - chiusa non era di certo un problema. Lei sarebbe entrata comunque.   
  Mentre saliva le scale che portavano all’appartamento si rese conto che si era dimenticato di dirle quanto sarebbe stato lontano dalla foglia. Sperò che non se la fosse presa per quella lunga assenza.
 
  Dubitava che avesse sentito la sua mancanza in senso stretto. Era quasi sicuro di aver sentito Genma non molto tempo prima vantarsi delle sue tante conquiste ed il nome della donna era saltato fuori, seguito in rapida successione da alcuni “Vabbè ma pure con me è venuta” per niente rassicuranti. La ragazza era troppo piena d’amore per poterlo donare ad una sola persona.
  Grazie a Kami, questo non lo disturbava troppo. Lo sapeva di essere comunque il suo preferito per il semplice fatto che lui non aveva mai avuto bisogno di trovarsi una donna. Insomma solitamente era lui ad essere ricercato… non si era mai - per fortuna o per sfortuna - ritrovato nella, a suo parere dolorosa, situazione di dover supplicare una donna di accettare il suo amore. Certo, vista in altri termini il fatto che in trent’anni suonati non si fosse innamorato neppure una volta era triste. Ma lui preferiva non vederla in questi termini, non aveva ancora trovato quella giusta, si ripeteva quando il senso di solitudine si faceva più stretto nel petto, prima o poi avrebbe trovato la santa in grado di sopportare le sue tante stranezze e la sua pigrizia.
  Sapeva che l’avrebbe trovata.
  Okay, sperava.
  Per ora semplicemente preferiva non legarsi. Con un lavoro come il suo che non dava la garanzia di arrivare al giorno successivo in vita, credeva che l’idea di mettere su famiglia fosse una pazzia. Davvero non si capacitava di come avessero fatto Asuma e Kurenai a fare pure un marmocchio…pensava fosse un azzardo. Finché fare lo shinobi gli fosse piaciuto avrebbe messo da parte la voglia che ogni tanto lo prendeva di farsi una famiglia, di tenere tra le braccia un pargoletto che gli assomigliasse, a cui insegnare delle tecniche, una donna da stringere nel cuore della notte…sempre la stessa possibilmente. Cosa che per ora accadeva di rado. Le sue storie tendevano a non sopravvivere oltre il mese. Solitamente uno dei due – lei il più delle volte – si annoiava o si sentiva trascurata e lui non si sprecava di certo nel trattenerla. Era troppo pigro anche per stroncare una relazione così aspettava che fosse lei ad andarsene. E raramente se ne dispiaceva.  Semplicemente ne arrivavano sempre di nuove, sempre carine e piene di attenzioni per lui. Sarebbe stato un bugiardo se avesse detto che non si rendeva conto di essere affascinante, di non avere il controllo sull’effetto che faceva al gentil sesso. Non che se ne vantasse sia chiaro, non era uno spocchioso come Genma e quell’idiota di Raido che pareva tenessero una lista.  Ma per favore! Pieni di donne eppure con un sacco di tempo libero da sprecare per vantarsene.
 
   Aprì la porta ed entrò nel piccolo bilocale. Le luci erano spente, ma al celeberrimo Kakashi dello Sharingan certamente non servivano per captare la presenza nella stanza. Anzi, sapeva che avrebbe potuto trovarla ancor prima di salire le scale e ne ebbe la certezza prima di aprire la porta d’ingresso.  Un’ombra si alzò dal letto e gli si piazzò alle spalle, avvertì chiaramente il filo di un kunai affilato premuto alla gola. Non si scompose.
 
  “Un mese” esordì con voce cupa e straripante di quella che ad un orecchio meno esperto sarebbe potuta sembrare rabbia pura o peggio impulso omicida “Trenta maledettissimi giorni Hatake!” continuò premendo più a fondo la lama. Ma l’uomo preso in ostaggio non era un chiunque e quella voce la conosceva troppo bene per non avvertire il tremolio basso e voglioso che semplicemente lei non poteva nascondergli. Kakashi fece scorrere la sua mano all’indietro fino ad afferrarle un fianco. Quella tentò di ribellarsi ma bastò un movimento sbagliato e l’uomo l’aveva già spinta sul letto liberandole le mani e facendo scivolare a terra il kunai. Per un attimo fu la calma assoluta. Gli occhi grigi della ragazza brillavano ferini. Kakashi si abbassò veloce la maschera premendole un bacio sulle labbra. Lei rispose pressoché all’istante inarcandosi e spingendosi contro il suo petto, mentre un mugolio le usciva dalla bocca.
 
  Oh sì, doveva esserle mancato.
 
  “Piccola Mitarashi, lo sai che questa è violazione di domicilio?” chiese con fare innocente mentre faceva correre i suoi occhi sul corpo della ragazza molto poco vestita inchiodata al proprio letto. Anko rise divertita mentre lo allontanava per mettersi seduta incrociando le gambe e drizzando la schiena, con l’intento preciso di scoprire le cosce.
 
  “Beh allora resterò qui, buona buona, in punizione” ammiccò mentre lasciava che la camicia che indossava – una delle sue camice – le scivolasse da una spalla, scoprendole anche parte del petto. Oh Kami. Quella ragazza era quasi più pervertita di lui. Ed era una cosa che lo faceva impazzire. Sorrise avvicinandosi.
 
  “E stare ferma in un angolo sarebbe una punizione sufficiente a parer tuo? Se andassi alla polizia come minimo finiresti per una settimana in cella, e vestita così non so per quanto dureresti” commentò fingendosi preoccupato, tirando verso il basso il collo della camicia per accertarsi che non indossasse la biancheria. Quella ridendo si tirò indietro incrociando le braccia sotto il seno prosperoso, fingendo di volersi coprire offrendogli in realtà la perfetta visione dei suoi grossi seni decisamente nudi. Fece correre l’occhio scoperto anche verso le gambe e…no, niente biancheria.
 
  La ragazza notando la direzione del suo sguardo si accovacciò in avanti, avvicinandosi nuovamente a lui come una leonessa affamata.
 
  “Allora è il caso che trovi una punizione adeguata, sensei” soffiò fuori ad un palmo dalla sua faccia, rivolgendogli uno sguardo da santarellina mancata. Ecco perché le piaceva così tanto.
 
  Kakashi si sfilò lentamente i guanti e il giubbotto verdone fingendosi pensieroso, ormai completamente preso dal giochetto che Anko aveva iniziato.
 
  “Una punizione eh?” fece rivolto alla ragazza che iniziò a mordersi con fare sensuale un labbro. “Penso di avere quella perfetta” disse slacciandosi i pantaloni.
 
   Anko era la combinazione perfetta tra l’immagine della brava ragazza e un animale feroce. Poteva fingersi completamente sottomessa, mettendosi a gemere come una gatta sotto il suo tocco un attimo, per poi esigere di prendere il comando quello dopo, pretendendo dal compagno lo stesso impegno nel soddisfarla che ci metteva lei. Era impegnativa, questo era certo, ma mai noiosa. E questo era un requisito fondamentale per l’Hatake. Già di suo era un uomo che tendeva ad annoiarsi velocemente, una donna che tenesse in lui vivo l’interesse era esattamente quello che gli ci voleva.
   Lei pareva non conoscere limiti alla sfrenatezza e si spingeva là dove nessun altra donna si era mai spinta, tramutando in realtà praticamente qualsiasi sogno a luci rosse dell’amante, senza risultare volgare.
Una sera poteva essere la sua infermierina sexy, quella dopo una ragazza conosciuta in un locale, la ballerina di qualche club riservato, o come questa sera la sua studentessa.
  Questa in effetti era nuova.
  Era sicuro di non averle mai rivelato nessuna fantasia del genere, per il semplice fatto che non ne aveva mai avute.
 
  “Ah! Sì!” fremette artigliandogli le spalle. “Non ti fermare” intimò spingendo i fianchi contro quelli dell’uomo che si premeva dentro di lei. Era già la seconda volta che lo facevano quella notte. A quanto pare la parte della studentessa birbante le piaceva proprio e Kakashi non poteva negare di trovarci uno strano perverso piacere lui stesso. Era eccitante sentirla gemere e contorcersi sotto le sue spinte fingendosi una ragazzina alla prime armi, mentre lui le sussurrava come muoversi, come lasciarsi toccare,  neanche fossero i personaggi di uno degli Icha-Icha dove la protagonista, una novella Giuditta,  veniva introdotta alla sottile arte della seduzione da utilizzare come arma contro i suoi nemici… al pensiero per un istante le spinte rallentarono. Qualcosa lo aveva disturbato, ma il cambio di ritmo portò Anko sull’orlo del baratro ed il desiderio di vederla cadere in preda al piacere svuotò nuovamente la mente di Kakashi. Il ritmo si fece nuovamente serrato mentre Anko iniziava a gemere più forte, liberando Kakashi dalla sua presa - effettivamente leggermente dolorosa, sapeva per certo che i segni delle unghie della ragazza sarebbero rimasti sulla sua pelle il giorno seguente - e le sue mani andarono a stringere convulsamente le lenzuola. Kakashi grugnì il suo consenso mentre poteva percepire chiaramente il corpo della ragazza stringersi attorno al suo membro.
  L’unica cosa di cui potesse lamentarsi – anche se gli sembrava esagerato arrogarsi il diritto di poter sporgere lamentele considerando il piacere che la ragazza era in grado di procurargli - era forse il fatto che Anko una volta portata al limite tendesse ad allontanarlo.  Di come sfuggisse ai baci, di come lasciasse scivolare via le mani dal corpo dell’uomo, dal fatto che non aveva praticamente mai avuto un orgasmo guardandolo negli occhi, cosa che a lui non sarebbe dispiaciuta per niente, in un certo senso tendeva ad isolarsi nella sua bolla orgasmica.
  Questo lo portò a diminuire nuovamente la velocità delle penetrazioni rendendole più profonde sperando di richiamare a lui la sua attenzione. Funzionò. Lui le afferrò i fianchi aiutandola ad inarcarsi ed invitandola ad aprire maggiormente le gambe, mentre lei gli mordeva una spalla.
 
  “Oh Kami, sì!” gemette quella ormai in preda al piacere più profondo il viso premuto nuovamente di lato, affondato nel cuscino, impedendo a Kakashi di guardarla negli occhi mentre si scioglieva. Ancora poche spinte e anche Kakashi sapeva che avrebbe raggiunto il limite, aveva bisogno solo di sentire nuovamente la sua voce, di sentirle dire ancora qualcosa con quel tono nuovo, che non aveva mai usato (con lui per lo meno), civettuolo, che la faceva sembrare più giovane ed inesperta. Ed era la parvenza di inesperienza che fece stringere le palle dell’uomo mentre rabbrividiva.
 
  La sua bocca si mosse autonomamente senza chiedere istruzioni al cervello che comunque sembrava essersi preso una vacanza nell’esatto momento in cui Anko aveva iniziato a spogliarlo.
  La ragazza aveva ascoltato la sua richiesta ed aveva sorriso complice perdendo per un istante l’aria da scolaretta. Gli occhi le brillarono nuovamente in modo perverso. L’avrebbe accontentato come sempre.
 
  “A-Ah! Ti preg-“ esalò con voce troppo roca. Si interruppe un attimo come se le avessero rubato l’aria probabilmente presa in contropiede dal piacere.  “Sensei!” gridò venendo correggendo  un po’ il tono della sua voce. Il brivido che invase l’Hatake fu tale da farlo venire all’istante, mentre un’immagine non ben definibile ed un guizzo rosa ciliegio gli attraversavano la mente.
 
  Esausto si abbandonò sul letto, mentre Anko gli si accoccolava in petto. Il gioco non era ancora finito. Era un’attrice straordinaria, ed alle volte Kakashi temeva che fosse in grado di fingere anche a letto, ma certamente non era quella la notte.
 
  “Sono stata brava sensei?” chiese con fare innocente, nonostante fosse chiaro il fatto che avesse il fiato corto.
 
  “Perfetta” fu tutto quello che riuscì a formulare, mentre la risatina di lei andava confondendosi con il piacere che ancora gli pulsava nelle tempie.
 
  Questa l’avrebbe pagata cara. Anche  esausto ed ansante e con ancora decisamente troppo poco sangue alla testa com’era se ne rendeva perfettamente conto. Questa fantasia già andava radicandosi nel suo cervello e non solo, promettendo di tornare a tormentarlo molto presto.
 
 
 
 
 
 
NOTE2:
 
  Mmm…non credo che servirà alzare il rating, alla fine nelle note c’è scritto che era lemon, no? Ma ditemi voi.  E’ che proprio non ho saputo trattenermi, Kakashi-sensei mi ispira pensieri  sconci.  Oooh yesss.
Volevo fare un ringraziamento generale a tutti quelli che hanno letto, commentato, messo nelle seguite/ricordate/preferite questa storia! Tanti baci e cuoricini per tutti <3 :* <3 mi sto prodigando per far arrivare a ognuno di voi un Kage Bunshin di Kakashi direttamente a casa – possibilmente con la minor quantità di vestiti addosso -  (quello vero è con me, if you know what I mean ;)) Ahahahaha! Adesso la finisco con gli sfolli, davvero (?),  giuro.
  Spero vorrete recensire (nel qual caso al Kage Bunshin del sensei  aggiungo anche quello di chiunque altro vogliate ) XD
Evaporooo!
Baci Judith :D
 
Ps: non ho la minima idea di come funzionino le cose per quanto riguarda il raggiungimento del grado di jonin. Ho provato ad immaginarmelo partendo dalle poche notizie che vengono fornite durante la storia originale.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** III ***


NOTE1:
 
Capitolo senza nessuna pretesa, anzi non è che succeda molto, è più un capitolo di passaggio, mi serviva perché dal prossimo le cose si faranno più…intense. Sono al mare e non ho avuto molto tempo per ricontrollarlo, vogliate perdonarmi possibili errorini.
 Come sempre buona lettura :D
 
 
 
 
III.
 
 



  Non poteva credere ai suoi occhi. Insomma era incredibile. Ringraziò tutti gli dei e gli avi che gli vennero in mente per avergli fatto imboccare quella via insolita per il suo percorso mattutino; era strano che proprio quella mattina un uomo tanto abitudinario come lui avesse deciso di modificare la propria routine, eppure ora grazie a quella decisione improvvisa si ritrovava con il naso incollato alla sottile lastra di vetro che lo separava da una delle visioni più celestiali che avesse mai avuto e gli occhi che brillavano dall’emozione.
 
  Grazie, grazie Kami! Ripeté straripante di gioia. Doveva essere il destino, per forza, non c’erano altre spiegazioni. Non che lui ci avesse mai creduto, ma questa doveva essere la prova che l’avrebbe convertito. Forse qualcuno dal cielo doveva essersi accorto di quanto si fosse dimostrato indispensabile per l’intera comunità, di come le sue capacità in combattimento e come capitano del suo team avessero più di una volta fatto trionfare il bene. Buone azioni, ecco cos’era successo. Di sicuro erano state quelle a fargli meritare un regalo così stupendo ed inaspettato. Come ad esempio l’aver costretto Naruto a portare per così tanti anni lo zaino dei medicinali al posto suo in ogni singola missione, il ragazzo doveva senza dubbio ringraziarlo, quell’esercizio l’aveva reso più resistente.  Oppure il fatto che Sasuke prima di poter avere l’onore di apprendere la tecnica del Chidori avesse dovuto fargli la spesa per un paio di mesi. Ed ora il Chidori era la sue tecnica migliore. Era sempre merito suo. Poi c’era da considerarsi la sua missione per far rafforzare il carattere di Iruka. Era merito suo se ora quel fifone non saltava più urlando ogni volta che lo coglieva alle spalle. Certo all'inizio l’aveva fatto per semplice e sadico divertimento personale, ma ora quell’uomo stava senza dubbio meglio. Altri punti per l’Hatake. O l’aver fatto andare Sakura a fare rapporto al posto suo, in quel modo aveva…a dire il vero non sapeva se quella si potesse catalogare come buona azione, ma le altre senza dubbio lo erano.
 
  Sì, era proprio una giornata meravigliosa, una delle migliori da…beh, da un sacco di tempo. Ricordava di essere stato felice solo moltissimi anni prima, quando era un ragazzino, ed il suo concetto di felicità discordava profondamente da quello odierno. Quando per dirsi felice gli bastava un masso in mezzo al bosco, un cielo buio pieno di stelle luminose ed il silenzio. Ad essere sinceri anche ora queste cose lo facevano stare bene, ma alla lunga lo annoiavano. Non che fosse un uomo insoddisfabile o insaziabile. A dire il vero gli bastava starsene svaccato sul suo divano in boxer con uno dei suoi libri per poter definire una giornata una “buona giornata”, l’importante era avere sempre qualcosa che gli tenesse occupata la mente, che non facesse vagare troppo i suoi pensieri che dopo cinque minuti a briglia sciolta tendevano ad ingarbugliarsi e a farsi sempre più cupi. Che a tenerlo occupato fossero i libri, le donne o le missioni poco importava, essenziale era non restare completamente senza nulla su cui concentrarsi. Dopo la morte di Obito e di Rin aveva trascorso mesi nel buio più totale cercando conforto nei rimedi sbagliati, restando lucido per non più di due ore al giorno, e ci aveva messo anni per riuscire a riacquisire una stabilità psicofisica. La sua personale crociata si era rivelata parecchio ostica poiché da sempre mal sopportava la compagnia di altri esseri umani, a meno che non fosse lui per primo a ricercarla, e questa era una cosa molto rara. Ma dopo tutta quella lotta si poteva definire soddisfatto.
 
  Nuovamente guardò a destra e poi a sinistra ben attento a non togliere le mani dalla maniglia della porta.  Aveva il viso così vicino al vetro da alitarvi contro oscurandolo con il suo respiro. Veloce si concesse di staccare una sola mano così da pulire la condensa che si sciolse in piccole gocce che presero a correre verso terra, poi fulmineo tornò alla maniglia. La stringeva tanto forte che una volta tolte le mani sarebbe rimasto il calco delle sue dita. Ma non importava. Doveva essere il primo ad entrare, e per ora pareva l’unico in quella strada.
  Molto, molto, molto bene. Sogghignò buttando nuovamente l’occhio al cartellino appeso all’interno della porta a vetri.
 
  Orario di apertura: 9.00-18.00.
 
  Mancavano tre minuti e ventinove secondi netti alle nove.
  E lui sarebbe rimasto lì, con la mano sulla maniglia pronto a scattare non appena il commesso fosse venuto ad aprire la porta, sissignore. Il primo in assoluto. Guardò nuovamente verso la vetrina, osservando con cupidigia il volume in cima alla piramide che accuratamente era stata realizzata per l’occasione.
  Poteva già immaginarsi mentre prendeva il libro e lo stringeva, portandolo alla cassa.
 
  Due minuti e quarantaquattro alle nove.
  Dannazione, aveva i soldi? Bastò formulare il pensiero per avvertire la tasca posteriore dei suoi pantaloni rigonfia premergli contro una chiappa il portafoglio. Sì, aveva un sacco di soldi. Strano…di solito non andava in giro con così tanti contanti…
  Riprese a pensare al momento in cui sarebbe uscito e l’avrebbe aperto, ed avrebbe sentito il profumo di carta fresca fresca di stampa, e ci avrebbe fiaccato dentro la faccia ed avrebbe inspirato fino in fondo quell’odore paradisiaco.
 
  Un minuto e venti secondi.
Un movimento all’interno del locale colse la sua attenzione. Un uomo avanzava dal retro cassa. Non stava più nella pelle.
 
  Trenta secondi.
Oh sì! Oh sì! Mancava così poco. Il commesso sorrise nel venirgli in contro. Non poteva crederci già teneva in mano il libro.
  Lo vide infilare la chiave nella toppa della porta. Il piacere che provò nel sentire la serratura scattare fu un qualcosa di molto simile ad un orgasmo.
 
  Ma poi, proprio mentre la porta si stava per aprire, o meglio nel momento in cui si sarebbe dovuta aprire, accadde qualcosa di sbagliato. Terribilmente sbagliato.
Il commesso aveva buttato di lato il libro – una copia del nuovo capitolo dei suoi preziosi quanto adorati Icha-Icha –  che era caduta a terra aprendosi di botto ed aveva iniziato a sbattere i pugni sul vetro. Che diavolo stava facendo quell’incompetente? Che gli era preso tutto d’un tratto?
 
  “Si levi di mezzo e mi faccia entrare!” avrebbe voluto urlare, ma con sgomento si accorse di non essere in grado di aprir bocca. E non solo! Non riusciva a muovere un solo muscolo.
 
  Ed intanto i colpi si susseguivano sempre più potenti e spazientiti.
 
  “Sensei! Sensei!” che conoscesse quell’uomo? Il commesso? Non gli pareva proprio… e com’era possibile che avesse una voce femminile? Forse era una donna molto brutta e l’aveva scambiata per un uomo. La donna continuava chiamarlo ma ora con intonazione differente…era tremendamente sensuale ed affannata. Che fosse Anko? E che ci faceva in quella libreria?
 
“Kakashi-sensei svegliati ti prego, è tardissimo e devo parlarti!” questa era senza dubbio una persona che conosceva. E non era una donna molto brutta.
 
Aprì gli occhi infastidito. Erano secoli che non faceva un sogno tanto bello. Allungò una mano tastando il materasso alla ricerca di un altro corpo. Naturalmente non lo trovò. Raramente Anko si fermava a dormire da lui e se lo faceva solitamente era perché una volta svegliato gli avrebbe chiesto un qualche favore. Era una ragazza tremendamente opportunista. E lui pur sapendolo tutte le volte le lasciava fare la ruffiana, aspettando di sentire il profumo della colazione che lei gli avrebbe portato a letto prima di aprire gli occhi e godersi tutte le sue attenzioni e coccole che abitualmente li portavano dritti dritti a del sano sesso mattutino. Poi Anko avanzava le sue richieste e generalmente lui le assecondava. Tra loro funzionava così. Eppure quel giorno il fatto di non avere un corpo caldo accanto a lui lo innervosì profondamente. Finalmente era a casa, per un po’ tranquillo senza doversi preoccupare di nuove missioni per almeno un mesetto, ed ecco che Anko decideva di darsela prima che lui avesse finito di divertirsi con lei. I ricordi della sera prima continuavano a ronzargli in testa. Ed anche questo non andava per niente bene. Sapeva con esattezza di chi era la voce che lo aveva svegliato e per quanto tentasse di ripeterselo il fatto che fosse stata la sua la prima voce che aveva sentito quella mattina non lo infastidiva come avrebbe dovuto. Anzi per un istante, solo uno, aveva rischiato di cadere in un nuovo sogno, molto diverso dal primo, in cui lei sarebbe stata la protagonista indiscussa. E questo, seppur ancora a livello prevalente inconscio, non andava bene nella maniera più assoluta, senza contare che quei “Sensei!”  disperati non la facevano che continuare divenendo via via più infervorati.
 
  Profondamente contrariato si costrinse a tirarsi in piedi, andò lentamente in bagno sbadigliando a ripetizione e si diede una lunga ed attenta occhiata allo specchio. Segni rossi costellavano il collo ed il mento. Fantastico, grazie al cielo aveva l’abitudine di coprirsi la bocca o quei succhiotti avrebbero senza dubbio suscitato parecchio scalpore. Non si preoccupò di coprire lo Sharingan, infilandosi un paio di pantaloni e la maschera si avviò verso la porta di casa che Sakura si stava impegnando ad abbattere a forza di colpi.
  L’aprì.
 
*
 
  Sakura per poco non cadde in avanti così presa com’era dal bussare. L’ultimo colpo prese in pieno i pettorali dell’uomo.
 
  “Oh dannazione!” esclamò ritirando all’istante la mano e stringendosela al petto come se si fosse appena scottata. Kakashi non parve aver minimamente risentito del colpo. Mentre la ragazza rossa di vergogna aveva iniziato a balbettare quelle che dovevano essere delle specie di scuse che la mente dell’Hatake a quell’ora di mattina senza dubbio non sarebbe mai riuscita a recepire, si passò una mano sulla faccia.
 
  “Mi dispiace non volevo colpirti ma…dannazione!” ripeté infervorandosi, come se si fosse appena ricordata di essere tremendamente in collera con l’uomo.
 
  Ed in effetti lo era.
 Aveva passato l’intera mattinata a cercarlo per tutto il villaggio. Doveva assolutamente informarlo sull’esito del loro disastroso rapporto, cercando di omettere qualsiasi dettaglio che potesse farla apparire come colpevole. Quest’ultima parte l’aveva tenuta sveglia praticamente tutta la notte, arrovellandosi sul come ed il cosa avrebbe potuto dire, o non dire, a Kakashi.
  Ed ora, mezzogiorno passato, l’aveva finalmente trovato.
 
  “Perché l’hai fatto?” chiese in un ringhio, gli occhi puntati con decisione a terra: aveva davanti il suo sensei  mezzo nudo! Si maledisse per aver dato ascolto a Naruto ed essere venuta a cercarlo in quello che per i componenti del team era zona tabù.
 
  Casa sua.
 
  A dire il vero quando erano piccoli il tentare di infilarsi nell’appartamento del sensei era stata una fissazione tanto viva quanto il loro cercare di togliergli la maschera. Kakashi era sempre stato un individuo di natura schiva, che non si metteva mai in mostra e che difficilmente si lasciava sfuggire piccolezze che potessero soddisfare la loro voglia di conoscerlo più intimamente. Ci avevano messo mesi per scoprire dove abitasse, appostandosi e seguendolo per giorni interi, attendendolo fuori dai bar in cui poiché troppo piccoli non potevano entrare, oziando per ore nascosti su un albero osservandolo seduto a terra o su una panchina a ridacchiare da solo mentre leggeva uno dei suoi libracci pornografici, per poi addormentarsi o distrarsi per un istante, istante in cui puntualmente l’uomo spariva nel nulla, rendendosi irrintracciabile. Poi finalmente una sera Naruto era riuscito, in modi che lei e Sasuke non vollero sapere, a rintracciarlo. Lo aveva beccato per caso mentre rincasava in seguito ad un “allenamento” alle terme con Jiraiya (già questo a Sakura faceva storcere la bocca) e lo aveva seguito acquattato nell’ombra. Così una volta visto entrare nella palazzina si era catapultato dagli amici trascinandoli fuori dai letti – letteralmente – e si erano precipitati nuovamente nella strada di fronte a casa dell’Hatake. Soddisfatti dalla conquista avevano trascorso la notte a sbirciare appesi ad un cornicione il loro sensei intento a dormire profondamente.
  Una vera palla. Poi naturalmente si erano addormentati e si erano svegliati ognuno nel proprio letto. Kakashi aveva saputo sin dall’inizio che lo stavano seguendo e per punizione gli aveva affidato per i due mesi successivi le commissioni più idiote. Tanto umilianti che Sakura si era ripromessa di non mettere più piede davanti all’uscio dell’uomo.
  Eppure questa volta aveva dovuto fare un’eccezione era troppo importante.
  E naturalmente come lo aveva trovato?
  Mezzo nudo accidenti! Alzò lo sguardo da terra giusto un secondo solo per vedere se…
  A torso nudo, ma con la maschera. Ovvio.
 
  “Cosa avrei fatto di grazia, Sakura?” iniziò quello lentamente “ Mi hai appena svegliato, neppure in un modo troppo carino, e mi hai colpito con un pugno di discreta potenza-” era evidentemente confuso.
 
  “Ma non la chiudi a chiave la porta? Se avessi sentito la serratura…beh avrei smesso di bussare e…e” nuovamente balbettò profondamente in imbarazzo.
Perché era mezzo nudo? Non riusciva a non pensare ad al fatto che fosse bello senza maglietta. Si morse la lingua.
 
  “Cosa c’è Sakura?” scandì lentamente l’uomo cercando lo sguardo della ragazza che aveva iniziato a perdersi pericolosamente lungo il suo torace. Risalì dai fianchi lungo il ventre piatto, per poi riperdersi lungo i suoi addominali – non credeva che fosse così muscoloso! Non era pompato, ma senza dubbio aveva un corpo che le faceva venire una voglia matta di avvicinarsi per seguirne con le dita i muscoli – ed arrivò non senza una certa difficoltà alle spalle larghe dove si facevano notare dei segni sottili e rossi. Che fossero graffi? Poi si spostò sul collo, la linea della gola, coperte dalla maschera nera,  l’occhio nero e quello rosso che la scrutavano a metà tra l’accondiscendente ed il curioso. Le parve che anche lui avesse appena dato una lunga osservata al suo corpo. Dannazione da quanto se ne stavano lì zitti? Trasalì sperando che lui non se ne fosse accorto.
 
  “Beh, ecco, riguarda il rapporto di ieri all’Hokage…” iniziò auspicando di riuscire a mantenere un tono deciso.
 
  Speranza vana. Era riuscita bene o male a fare un riassunto soddisfacente ed abbastanza curato di ciò che era accaduto la sera precedente ma in più punti si ingarbugliò presa com’era dal tentare di far ricadere tutte le colpe sui suoi compagni di squadra, e la voce le traballò in più punti. Non che l’Hatake le facesse la ben che minima pressione, anzi, alle volte Sakura temette che non la stesse proprio ascoltando, fino a quando non si lasciò sfuggire l’unica informazione che forse avrebbe dovuto trattare con più riguardo e delicatezza.
 
  “Ma Tsunade-shishou* ci ha dato solo tre giorni per riorganizzarci e partire alla ricerca di possibili nemici a conoscenza del contenuto dei documenti trafugati, e visto che uno dei nemici è scappato-“ Kakashi parve riscuotersi all’istante smettendo di ascoltare il discorso arrabattato della ragazza.
 
  “Scusa? Credo di non aver capito troppo bene” fece lui fissandola ora dritta in faccia leggermente piccato. Sakura arrossì per l’ennesima volta e prese a mordicchiarsi il labbro inferiore. Non capiva mai se si stesse realmente alterando e quando teneva lo Sharingan scoperto le cose peggioravano. Non che diventasse spaventoso – no. Per quello avrebbe dovuto prendere lezioni dall’Uchiha che a volte era in grado di tirare certe occhiate rosso sangue…- ma senza dubbio la metteva in soggezione, come se la stesse studiando, e forse questa volta lo stava facendo davvero.
 
  “Un ragazzino…è sfuggito…noi, beh a dire il vero è stato Naruto, ma vabbè ormai è tardi, non l’ha ucciso e…”
 
  “Perché non ne sapevo nulla? “ chiese con un tono di colpo serio.
 
  “Non la ritenevano un’informazione importante…”balbettò quella ma venne interrotta dall’uomo, che seppur scalzo e senza neppure la maglietta emanava un’autorità tale da farla sentire completamente inadeguata.
 
  “Fino a prova contraria io sono il capitano della squadra, Sakura. Direi che un fuggitivo è un’informazione importante e riferire dettagli di questo genere al tuo diretto superiore è un tuo compito. In quanto ninja la riuscita della missione è di fondamentale importanza, non potete prendere decisioni del genere lasciandovi guidare da sentimentalismi e tantomeno potete farlo senza informarne il capitano. Non siete più dei ragazzini, mi aspettavo più serietà da parte vostra” Sakura si sentì come una bambina che veniva sgridata ingiustamente e considerando che l’uomo che aveva di fronte le aveva rifilato un suo compito il giorno precedente e che lei si era di conseguenza beccata la sfuriata che l’Hokage avrebbe dovuto fare a lui, si infervorò. Kakashi Hatake era decisamente l’ultima persona che poteva permettersi di farle una ramanzina tirando fuori i doveri di un ninja. Il fatto che mantenesse l’antica abitudine di chiamarlo sensei non significava che lui potesse trattarla come una ragazzina alle prime armi. Dopotutto ormai da tre anni erano a tutti gli effetti jonin a pari merito, e l’unico motivo per cui non lo chiamava semplicemente Kakashi - dopo così tanti anni passati fianco a fianco se lo sarebbe pure potuto permettere - era per l’appunto a causa del  carattere volubile dell’uomo. Un secondo prima pareva pronto a ridere e scherzare di tutto prendendo le cose sempre e comunque sotto gamba, quello dopo, una volta che pure lei si era messa sulla sua stessa lunghezza d’onda, ecco che ricompariva il capitano della squadra quello che dettava gli ordini, il suo diretto superiore. Sasuke per un periodo l’aveva chiamato solo senpai per poi perdere direttamente l’uso di un qualsiasi onorifico e all’uomo non aveva dato grande fastidio, anzi si era messo a insinuare che anche lei e Naruto avrebbero potuto smetterla di chiamarlo sensei optando magari per un Kakashi-sama. E così loro due erano invece rimasti legati all’uso del sensei anche perché, all’infuor di tutto, Kakashi era il loro maestro e a lui si erano affezionati bene o male tutti e tre. Era come se sentisse che da lui, che in quanto ad età ed esperienza la distaccava di parecchio, avesse ancora qualcosa da imparare. Ma in momenti come questo le veniva solo voglia di afferrarlo per le spalle e dargli un bel pugno dritto sul muso. Era manesca e vendicativa alle volte, non poteva farci proprio niente.
 
  “Visto che sei il capitano come hai appena ricordato, ieri rapporto saresti dovuto andare a farlo tu!” ribatté.
 
Kakashi sospirò pesantemente grattandosi il mento attraverso al maschera.  “Abbiamo tre giorni giusto?” chiese lanciandole un’occhiata che Sakura non seppe interpretare sorvolando sull’insinuazione appena fatta dalla ragazza.
 
  “Sì” fece veloce.
  “Hai già informato Sasuke?” presa com’era dal peso di dover informare il sensei si era completamente dimenticata del quarto membro del team. Kakashi parve accorgersene. “D’accordo, raduna gli altri due ed informate Sasuke. Ci troviamo tra un’ora all’ingresso del campo d’addestramento numero tre, dobbiamo parlare e riflettere sulla strategia da adottare. A dopo” e detto questo l’uomo sparì dalla sua vista chiudendole la porta in faccia.
  
Sakura sentì il sangue ribollirle nelle vene, se credeva di poterla trattare come una poppante si sbagliava di grosso.
 
  “L’Hokage dice che se ci mandi nuovamente a fare rapporto di missioni fallimentari come questa ti spedisce tre nuovi genin imbranati ed ingestibili da farti allenare!” gli urlò dietro. E sì, si rendeva conto che questo non fosse un comportamento esattamente maturo. Come sentì l’uomo riaprire la porta si catapultò giù dalle scale correndo a perdifiato lontano da lui.
 
D’accordo che lo aveva svegliato non troppo bene e che ricevere come prima notizia della prima mattina del giorno libero il dover ripartire da lì a tre giorni dopo un mese passato nascosto in cespugli e buchi puzzolenti avrebbe fatto alterare probabilmente chiunque, ma trattarla così, beh le pareva un tantino troppo. Maledizione. Chissà come avrebbe reagito l’Uchiha… Rabbrividì al solo pensiero. Oh beh, avrebbe mandato avanti Naruto.
 
*
 
E Naruto fu il primo che andò a chiamare. Naturalmente sperare di trovarlo in condizioni se non presentabili quantomeno decenti sarebbe stato troppo. Entrò senza bussare, annunciandosi solamente, ma a lui non faceva differenza. Tanto anche se si fosse trovato in mutande ancora steso a letto, che lei avesse bussato o meno certamente non si sarebbe sforzato di vestirsi. Ed infatti così lo trovò. A letto, in mutande con in mano uno dei suoi cartoni di ramen istantaneo e la faccia decisamente troppo sporca per un ragazzo di diciannove anni che si presupponeva sapesse mangiare. Ebbe pure il coraggio di chiedere: “Che c’è?” parecchio confuso di fronte all’espressione allibita di Sakura sputacchiando tutt’attorno. Con un sospiro profondo la ragazza si accomodò sull’angolo del letto, spostando i vestiti che vi erano sparsi sopra cercando di non far troppo caso al fatto che non fossero esattamente puliti.
 
  “Ieri sera hai per caso parlato con Sasuke?” chiese.
 
  “Avrei dovuto?” fece lui succhiando una manciata di spaghetti.
 
  “Quindi lui non sa della missione” concluse afflosciandosi. Lanciò uno sguardo sconsolato a Naruto. “Hai intenzione di vestirti a breve?”
 
   “Devo farmi una doccia prima” ammise annusandosi di sfuggita. Sakura non volle provare per credere.
 
  “D’accordo, vado a svegliarlo io. Kakashi ci vuole tra un’ora al campo d’addestramento tre” lo informò avviandosi verso l’uscita.
 
  “Sì sì certo. Arriverà come minimo con due ore di ritardo.” Sakura ripensò al trattamento che le era stato riservato poco prima. Due ore erano il minimo. “A proposito, come è andata?” La ragazza non si sprecò di fingere. Si prese un attimo per riflettere.
 
  “Oggi sarà una lunga giornata” fu tutto quello che gli disse e Naruto se lo fece bastare.
 
Se la prese comoda una volta tornata in strada. Tanto Naruto doveva vestirsi – e Kami ti prego: lavarsi  - Kakashi chissà quado si sarebbe sprecato di presentarsi e Sasuke con tutta probabilità era già sveglio e vestito da un pezzo.
 Arrivò a Villa Uchiha esattamente dopo quindici minuti di marcia. Si fermò sulla soglia mordicchiandosi un labbro. Solitamente Sasuke non gradiva che i compagni di team gli piombassero a casa senza che fossero stati invitati. Si chiese se fosse in casa e per vigliaccheria si ritrovò a sperare che fosse da qualche parte ad allenarsi così che lei, dopo averlo cercato per bene, potesse fingere di averlo incontrato per caso. Non che fosse timorosa di suonare il campanello, tanto a rispondere sarebbe andata sua madre Mikoto, una donna così dolce e gentile, con lei si era sempre trovata bene. Quello che temeva era la reazione di Sasuke. Per quanto tentasse di nasconderlo anche a se stessa lui era ancora il suo modello di ragazzo perfetto. Era ancora quello a cui puntava, il ragazzo di cui alla fine era innamorata. Certo da qualche anno si era messa il cuore in pace, per così dire, ma lo sapevano tutti che se un giorno l’Uchiha avesse deciso di chiederle di uscire lei avrebbe accettato immediatamente ricadendo ai suoi piedi. Era inutile nasconderlo, ed era per quello che ancora dopo tutti quegli anni ed i rifiuti ricevuti preferiva non farlo arrabbiare mostrandosi sempre…beh, tentando di non essere irritante per lui. Era una cosa abbastanza umiliante, ma non poteva farci nulla.
 
 “Cerchi Sasuke?” chiese gentile una voce alle sue spalle. Si voltò di scatto sobbalzando. Deglutì nervosa.
 
  “Oh, Itachi-san, sì…in effetti cercavo Sasuke…” tentò di apparire rilassata, molto più di quanto non fosse in realtà, al ragazzo che la osservava con un leggero sorriso sulle labbra. Un sacco di gente le rimproverava il fatto che tra tutti gli Uchiha lei si fosse persa completamente per uno dei più boriosi. Ed in effetti Itachi  oltre ad essere veramente bello, forse anche più del fratello minore, era anche più cortese, ma che ci poteva fare lei? Com’è che si dice? All’amor non si comanda…
 
 “Era con me un attimo fa” iniziò il ragazzo voltandosi e proprio in quel momento da dietro l’angolo apparve un Sasuke più scuro del solito. Sakura si morse l’interno della guancia.
 
“Ehi Sasuke, ti stavo cercando” esordì salutandolo con la mano e facendosi avanti. Quello sollevò lo sguardo, per poco non la incenerì. Non doveva proprio essere la sua giornata, pensò amaramente.
 
Il ragazzo dopo aver sentito ciò che aveva da dirgli la seguì fino al campo di addestramento di malavoglia ancora tremendamente incazzato per chissà quale motivo. Anzi dire che la seguì sarebbe scorretto; Sakura non fece in tempo a finire di parlare che il moro l’aveva già afferrata per un gomito trascinandola lontano da casa sua, o da suo fratello questo non si capiva bene. Certo era che dall’espressione del fratello maggiore, leggermente amareggiata, Itachi doveva centrare qualcosa. Ma lei non si sarebbe mai azzardata a farsi avanti chiedendo cosa non andasse bene, non in quella giornata in cui tutto pareva andarle storto. Sasuke le camminava a fianco, le mani affondate nelle tasche, gli occhi che lanciavano scintille e la testa persa chissà dove.
A Sakura faceva uno strano effetto avercelo lì, era difficile che si ritrovassero loro due soli e quando succedeva era lungi da lei il provarci. Temendo di dire la cosa sbagliata alla fine restava sempre zitta, in un silenzio che solo lei pareva trovare imbarazzante. Un paio di volte tentò di lanciargli qualche sorriso ed entrambe le volte la cosa fallì miseramente. La prima Sasuke non la vide oppure finse di non vederla, la seconda, dopo il sorriso, Sakura per errore sfiorò la sua mano, che ora ciondolava al su fianco dopo essersi sistemato un ciuffo che lo infastidiva. Sasuke per poco non si scansò schifato e la cosa, per quanto si potesse mai sforzare di reprimerla, la ferì profondamente. Pure l’Uchiha dovette rendersene conto.
 
 “Scusami” borbottò Sasuke in un eccesso estremamente raro di bontà. “Non ce l’ho con te, mi hai solo preso di sorpresa” continuò afferrandole in uno slancio di non-si-sa-cosa la mano che fino ad un istante fa aveva ripudiato. A Sakura per poco non prese un colpo. Lanciò uno sguardo titubante al ragazzo che dal canto suo pareva tutto all’infuor che a suo agio. “A dire il vero pensavo che ti fossi data per vinta” aggiunse veloce.
 
 “Sasuke cosa…?” aveva iniziato Sakura, a cui sembrava che la mano le fosse diventata un milione di volte più sensibile del solito. Si sentì un’idiota totale. La stava solo tenendo per mano, Kami! Era senza speranze.
  Ma lui si guardava attorno inquieto e per un istante parve dimenticarsi del fatto che stavano passeggiando, forse a passo un po’ troppo sostenuto ma quello era ciò che dovevano vedere gli abitanti di Konoha, mano nella mano con Sakura. E di certo alla ragazza questo particolare non poteva sfuggire, non dopo una vota passata a fantasticare su situazioni del genere.
Ed ora che ci rifletteva meglio, doveva esserci sotto qualcosa, per forza. A Sasuke non sarebbe mai venuto in mente di lanciarsi in un gesto tanto affettuoso.
 
 “Sei sicuro che vada tutto bene?” chiede apprensiva affrettandosi a ritirare, seppur a malincuore, la mano dalla sua. Si ritrovò a dispiacersi della velocità con cui il ragazzo aveva assecondato il suo gesto. Sasuke si fermò un attimo sospirando amaramente.
 
 “I miei si sono messi a fare strani discorsi…sul fatto che ormai ho quasi vent’anni,  che la nostra è la famiglia più importante del clan, che loro erano già sposati da due anni alla mia età…” a Sakura saltò il cuore in gola ed un sacco di sangue le corse alla testa. Tentò di calmarsi pensando che dopotutto non erano discorsi dissimili da quelli che le faceva pure sua madre.
 
  “Non starai per caso tentando di dirmi che…” iniziò senza sapere se essere felice o spaventata. Le sembrava un discorso così assurdo! Ed in effetti se non si considerava che quella fosse la sua giornata no, lo era davvero.
 
Sasuke parve tutto d’un tratto capire il filo stesso del suo discorso. “No, no! Non volevo che tu pensassi che io…!” esclamò rinfilando con una certa forza le mani in tasca. “E’ che poi ci si è messo di mezzo pure Itachi e…ah, lascia stare. ” Terminò brusco quando la rabbia tornò a serrargli la bocca.
 
 Beh, che dire. Wow. Questo era senza dubbio una rivelazione. Sasuke in quasi dieci anni non si era mai aperto così tanto con lei, al punto che aveva iniziato a credere che non ne fosse capace. Una voce alle loro spalle li fece sobbalzare.
 
 “Ehi! Che diavolo stavate combinando voi due?” chiese Naruto afferrando per un braccio Sasuke. Quello se lo scrollò di dosso all’istante continuando a marciare a passo di carica verso l’ormai prossimo campo di addestramento.
 
 “Che diavolo gli prende?” domandò il biondo notando nel comportamento del compagno qualcosa che decisamente andava oltre alla solita insofferenza.
 
 Sakura sorrise di quel comportamento. Infondo di quei due non si sarebbe mai stancata.
 
  “Sasuke è in età da marito. Dovresti farti sotto Naruto” lo prese in giro dandogli una gomitata nelle costole. Sasuke naturalmente la sentì e si mise a borbottare qualcosa di non troppo carino mentre iniziava a tirare fuori degli shuriken e prendeva a tirarli contro un albero. Naruto, da brava testa quadra qual era, non capì un acca di quell’insolito scambio di battute. Ed ora eccoli lì, gli ex membri del team sette che aspettavano il loro sensei come capitava così tanti anni prima. Sembrava che loro tre non fossero cambiati in nulla. Sasuke si esercitava da solo, sempre alla ricerca di un limite da superare che solo lui riusciva ad intravedere, Naruto che faceva di tutto per infastidirlo e Sakura che li fissava fingendosi infastidita ogni qual volta il biondo faceva qualcosa di particolarmente idiota, o li divideva quando si mettevano a bisticciare, ma che in realtà era felicissima che quelli fosse i suoi due migliori amici.
 
 
*
 
Il “Se piaci ai bambini significa che sei una brava persona” era un di quei dogmi assoluti che, assieme a “I bambini sono la bocca della verità”, la gente si impegnava a propagandare da che Kakashi stesso era un marmocchio in fasce. Eppure sin da allora il suo strano carattere lo portava a sperare di non doverle mai testare sulla sua pellaccia da shinobi convinto.
 
 Era da che glielo avevano ficcato tra le braccia che il bambino non la smetteva di strillare. E non piangeva solo, no no, proprio si dimenava terrorizzato, urlando come se l’uomo stesse cercando di ammazzarlo. E non servirono a nulla le parole gentili di Kurenai – “E’ solo che non ti conosce” – che tentavano di tranquillizzarlo, o forse di tranquillizzare direttamente lei ed Asuma, che dal canto suo insisteva dicendo che “E’ proprio strano di solito è così tranquillo con gli estranei…dev’essere la maschera a confonderlo” fece indicando la sua faccia all’altezza del naso, così da spingere l’uomo ad abbassare la stoffa scura che gli copriva la bocca, e facendogli capire che suo figlio era un piccolo geniaccio a spaventarsi di fronte ad uno dei ninja più temibili della foglia e che la colpa doveva essere  per forza solo sua. Al che, il bambino indemoniato, parve dargli un attimo di tregua. Forse doveva respirare dopo tutto quello strillare e sgolarsi, riempiendo il giubbotto del ninja di saliva appiccicosa.
Kakashi si ritrovò in quella che poteva tranquillamente definirsi una spiacevole situazione. Il frugoletto – così lo chiamavano Asuma e Shikamaru che assisteva alla scena sorridendo come un ebete fissando il lattante – se ne stava come in attesa. Era tranquillo, ma solo apparentemente, sia lui che Kakashi sapevano perfettamente che quella poteva essere solo la quiete prima della tempesta. Il cosetto che teneva tra le braccia, che puzzava di troppi odori per poterli distinguere singolarmente (spaziando da quello che lui riusciva a riconoscere come vomito, al singolare odore di latte materno – maledizione, i seni di Kurenai erano enormi e no, non doveva guardarli), lo stava scrutando con quei suoi occhietti porcini. Chissà cosa vedeva…Kakashi temette che non dovesse piacergli per niente, l’espressione del pupo esprimeva senza ombra di dubbio disgusto o peggio repulsione. Sapeva che i bambini così piccoli potevano assumere quella stessa espressione anche mentre facevano popò, ma il pensiero non lo rasserenò per niente; dopotutto lo stava ancora tenendo tra le proprie braccia.
Probabilmente lo stesso grugno che esprimeva ribrezzo si disegnò sulla faccia dello shinobi.
 
“Ecco vedi? Molto meglio,” iniziò contento Asuma dandogli una pacca sulla spalla, e Kakashi dovette concentrarsi per non perdere la presa sul bambino “ Certo non è tranquillo perché c’è ancora la benda a intimorirlo, senza quella probabilmente…” e Kakashi iniziò ad alzare anche quella. Come il bimbo intravide l’occhio rosso sangue prese a piangere con ancora più forza iniziando ad allungarsi in maniera disordinata verso la madre che intervenne appena in tempo. Ancora due secondi e l’Hatake probabilmente l’avrebbe mollato di botto, terrorizzato lui stesso dal rumore ed il casino che quel mucchietto di ciccia e bava riusciva a scatenare da solo.
 
Strani esseri i bambini. Non gli piacevano per niente. Con la scusa di essere in ritardo, come effettivamente era, salutò i novelli genitori e Shikamaru, che non capiva con esattezza perché continuasse a ronzare attorno a quella bomba a orologeria rumorosa e puzzolente e riprese ad avviarsi verso il campo di addestramento dove lo attendevano i membri del suo team.
 Era perfettamente a conoscenza del fatto che non si fosse comportato in modo esattamente garbato con Sakura quella mattina, ma non poteva farci nulla. Si era alzato con il piede storto, e per sua sfortuna, la ragazza era stata la prima a trovarselo di fronte. Se poi si considerava che parte del suo essere indisposto dipendeva anche da lei…beh. Ormai era andata. E lui doveva assolutamente togliersi dalla testa quelle strane fantasie che Anko ci aveva infilato la notte precedente. Dopo il servizio sveglia, non richiesto seppur sperato – accidenti doveva contenersi! – di Sakura, aveva passato più di un’ora e mezza fantasticare sulla serata precedente, modificandola in svariati modi, fino a quando al viso di Anko si era irrimediabilmente sostituito quello dell'allieva. E a nulla erano serviti i suoi tentativi di interrompere il flusso delle immagini, anche con la più buona volontà non ce l’avrebbe mai fatta. Ma ora che era riuscito ad incanalare le sue energie in altro, cioè l’arrivare sano e salvo al punto di incontro senza trovare altre distrazioni, come lo erano stati Iruka che gli aveva offerto la colazione – offerto era una parolona, diciamo che era riuscito a scroccargli la colazione – e Asuma che aveva insistito affinché prendesse tra le braccia il figlio, si convinse che avrebbe potuto farcela. Si rese conto di essersi nuovamente avvicinato troppo alle immagini incriminate e subito indirizzò i pensieri ad argomenti meno scottanti. Ripensò alla strana sensazione di tenere in bracco un marmocchio e sul fatto che Asuma avesse insistito tanto. Cosa che ancora non riusciva a comprendere a pieno. Perché fermare gente a casaccio che si faceva gli affari suoi solo per vantarsi di un affaretto tutto saliva e singhiozzi? E se quelli, come lui del resto, non avessero voluto tenerlo in braccio? Probabilmente era una di quelle tante cose che non si potevano comprendere finché non le si viveva direttamente. E considerando che divenire genitore non era mai stato, e probabilmente di questo passo non lo sarebbe divenuto mai, uno dei piani da realizzare nel suo progetto di vita, Kakashi semplicemente avrebbe continuato a non capire.
 
 Facendo spallucce a nulla in particolare, si guardò attorno notando di essere praticamente a destinazione.
I suoi ragazzi erano già arrivati. Sasuke tirava shuriken contro un albero con una concentrazione e potenza tale da compromettere in maniera significativa la resistenza del tronco, mentre Naruto nel tentativo di imitarlo si era fatto prendere un po’ la mano aggiungendo una serie di movimenti estremamente spettacolari, ma del tutto inutili, finendo così col colpire seppur di striscio, la gamba di un genin che intanto si era fermato ad osservarlo. Sakura subito era scattata verso il ragazzino che da bravo soldatino reprimeva le lacrime. Nel vederla così premurosa gli si strinse il cuore. Era una ragazza meravigliosa, sempre così attenta, e pronta in qualsiasi situazione. Senza contare che quel giorno particolarmente caldo e doveva averle fatto decidere di indossare una maglietta più scollata del solito e questo agli occhi dell’uomo l’avvolse di una strana luce divina. Ora, abbassata sul piccolo ed intenta a curarlo, la maglia si era leggermente scostata permettendogli di osservare tutto ciò su cui aveva vaneggiato per l’intera mattina, arrivando alla conclusione che i suoi vaneggiamenti era stati del tutto sbagliati. Finalmente aveva del buon materiale su cui lavorare.
 Le cose andavano sempre peggio.
 
 
 
 
Tsunade-shishou*: significa maestro o insegnate, ma in modo più rispettoso del semplice sensei. Sakura lo usa spesso rivolta a Tsunade e Naruto nei riguardi di Jiraiya.
Hideki's Dictionary gives us:
shishou (noun) ( 師匠: ししょう) (Common Word) 
1. master
2. teacher 

 
 
NOTE2:
 
  Ve l’avevo detto  - vero? - che in questo capitolo non succedeva praticamente niente…se non si conta il fatto che il sensei abbia guadagnato punti perversione *coff-coff* però mi ha divertito un sacco scriverlo XD Mi ha divertito talmente tanto da darmi l’idea per una nuova storia (con tutta probabilità una One-Shot che vista la mia totale mancanza di sintesi finirà per essere divisa in un paio di capitoli XD) che posterò a breve :)
  Un grazie infinito a tutti che voi che leggete, davvero le visualizzazioni di questa storia sono alle stelle e no, non me l’aspettavo proprio :D  Vi adoro ♥
Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto e che avrete la voglia di lasciarmi un commentino per farmi capire se la direzione presa sia o meno buona!
 Al prossimo capitoloooo!
  Besos, Judith :*

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** IV ***


NOTE1:
 
  ESAMI, ESAMI OVUNQUE! AAAAAAAH D: Detesto la sessione autunnale -.- Quindi se volete prendervela con qualcuno per il ritardo (mostruoso lo so, gomen!), non prendetevela con me ma con i miei professori  che si sono messi d’accordo per bruciarmi le sinapsi a forza di slides e dispense incomprensibili in tempo record U.U Avevo promesso che avrei aggiornato tipo il 5 settembre, ma ehi! Quando l’ho detto ero in vacanza lontana anni luce dal pensiero che, forse, una volta tornata a casa mi sarei dovuta mettere sotto a studiare e…beh. Ho dovuto farlo.
Nonostante tutto la vostra Judith ha avuto la forza di concentrarsi su più cose contemporaneamente, così da riuscire a ritagliare un pochetto di spazio per scrivere qualcosa che spero si possa considerare quantomeno decente XD
 Quindi la pianto di infastidirvi con i miei problemi insulsi e vi lascio alla lettura :D
 
 
 
IV.
 
 
 
   “Sei un idiota dannazione!” stava sbraitando Sakura rivolta a Naruto che, abbattuto, cercava di scusarsi con il piccolo genin ferito. Ma la ragazza non gli dava il tempo di mettere di fila tre parole che lo interrompeva, parlandogli sopra, impedendogli di discolparsi, mentre Sasuke osservava in silenzio la scena ed il genin di tanto in tanto gli lanciava un’occhiata, preoccupato forse che i due iniziassero a mettersi le mani addosso. O meglio, che Sakura le mettesse addosso a Naruto.
 
“Fortunatamente non è profonda piccolino, non ti preoccupare, non resterà neppure la cicatrice” lo rassicurò amorevolmente come era raro vederla, modificando istantaneamente espressione e tono di voce, ma il genin al posto di tranquillizzarsi parve quasi dispiaciuto. Sakura con un sorrisetto dolce credette di comprenderne il perché.
 Una cicatrice era una specie di trofeo per loro shinobi, e quando si era così piccoli ed inesperti era raro trovare qualcosa di altrettanto piacevole come  una bugia fantasiosa da potervi creare dietro, così da darsi importanza. Una semplice cicatrice poteva dare una cosa come cinque anni in più! “Non sono un bambinetto, mamma! La vedi la cicatrice? Eh, la vedete bene tutti? Rischio la vita io! Guardate che ferita! Sono un ninja cari miei: un N-I-N-J-A. Capito bene?”.
 Lei stessa da bambina fu molto fiera di una piccola cicatrice, proprio sotto il fianco destro, che non perdeva occasione di mostrare a destra e a manca, prendendo addirittura l’abitudine di indossare magliette smesse da un po’, che le andassero corte, così che quel piccolo sfregio ogni tanto saltasse fuori da solo, accompagnando sempre il momento con una storia creata a pennello per l’occasione che la vedeva come la coraggiosissima quanto astuta ninja che per aiutare il malcapitato di turno (alle volte un cucciolo, un’anziana signora o il maestro Iruka, in effetti era spesso il maestro Iruka. Aveva notato che quando diceva di aver salvato la pelle al suo sensei le persone ne rimanevano impressionate) se n’era uscita con una ferita di guerra. Ora naturalmente le cose erano un po’ cambiate e la sottile linea rosata che le correva proprio sotto l’elastico delle mutande era tornata ad essere il semplice inconveniente di un’appendice tolta appena in tempo.
 
 Sorridendo ancora si premurò affinché il bambino andasse subito a casa ad informare la madre del piccolo incidente e per un attimo fu tentata dall’andare lei stessa, accompagnandolo fin sulla soglia di casa, se solo non fosse arrivato Kakashi. Il suo solito tempismo.
 Nel vederlo arrivare per poco non sobbalzò rischiando di interrompere il flusso di chakra verde con cui stava finendo di curare la piccola ferita del genin.
 Era ancora arrabbiato? Non le sembrava, ma non osò spiare il suo viso.  Ricordava ancora cosa era successo poche ora prima, il modo in cui l’aveva trattata, la sua rabbia nel sentirsi una bambina al suo cospetto, il suo petto nudo – quello era stata una meravigliosa sorpresa…oh accidenti –  il modo in cui l’aveva fissato come se fosse un’ebete, imbambolata, la sensazione che lui avesse fatto lo stesso…il fatto che dopotutto non le fosse dispiaciuto.
 
 “Premurosa come sempre” esordì il sensei avvicinandosi tranquillo e la ragazza non seppe dire se nella sua voce ci fosse un qualcosa di canzonatorio o sarcastico. Probabilmente stava solo lavorando di fantasia. Con un brivido si rese conto che l’uomo doveva aver assistito all’intera scena o avrebbe chiesto spiegazioni. Da quanto li fissava? Con un gesto frettoloso lasciò ad una sola mano il compito di eliminare la possibile creazione di una cicatrice e si sistemò la maglia che non si era accorta fino a quel momento di quanto si fosse spostata. Sollevò un istante lo sguardo e si accorse che Kakashi aveva osservato anche quel suo movimento. Per un attimo restò così, ferma con una mano a reggere la scollatura della maglietta, senza capire bene se sentirsi o meno in imbarazzo, cosa che l’Hatake non appariva minimamente. Si prese il suo tempo, continuando a guardarla dritta negli occhi, poi si spostò con tranquillità al bambino sotto di lei.
 
 “La nostra Sakura è una maga” gli strizzò l’occhio. Anche questa Sakura non la capì. Si riferiva alla medicazione appena fatta?
 
 “Ecco, finito” disse veloce al piccoletto che ancora guardava Kakashi mezzo incantato. Sapeva per certo che  la fama dell’uomo era parecchio estesa e per ragazzini in accademia Kakashi dello Sharingan era una specie di supereroe.
Mfp. Perché non lo conoscevano abbastanza bene. Si ritrovò a pensare Sakura, ora ansiosa di tirarsi in piedi e di mettere un po’ di distanza tra lei e il sensei. Il piccoletto dopo che Naruto aveva riattaccato con la sua nenia aveva ringraziato ed era corso via salutandoli con la mano.
 
 “Fortuna che c’eri tu Sakura” continuò Naruto abbacchiato, grattandosi la nuca, conscio di averla scampata bella.
 
 “Sei un incosciente, pensa se lo shuriken gli si fosse conficcato più in alto, che ne so, nello stomaco! Sai che divertimento se succedeva?” lo riprese nuovamente la rosa, ma ora con meno enfasi. Si sentiva terribilmente nervosa e le sembrava che quella dannata maglietta di colpo fosse diventata più larga. Continuava a rimettersi a posto la scollatura ma quella pareva sempre più profonda.  Evitò accuratamente di guardare Kakashi. Perché lo faceva? Per paura di vedere i suoi occhi incollati addosso? Per paura che invece non lo fossero?
Oh Kami, non poteva averlo pensato seriamente.
 
 “Dunque, vi ho riuniti perché, come credo ormai saprete tutti, dopodomani saremo nuovamente in missione” iniziò Kakashi. Dopo la prima frase si perse una pausa in cui guardò intensamente Naruto che parve sprofondare ancora di più nel senso di colpa. “Perfetto, a quanto pare anche il motivo per cui ripartiremo è chiaro a tutti” asserì  “Poiché non abbiamo la minima informazione sulle abilità del nostro avversario dovremo partire dal presupposto che esso sia in vantaggio su di noi”.
 
 “Sensei sta esagerando. Era solo un ragazzino spaventato” commentò Naruto in un borbottio risentito.
 
 “Naruto hai commesso un errore, non te lo sto rinfacciando. Ma pensaci un attimo. Lui vi ha visti combattere, conosce quindi le vostre tecniche, ma a quanto pare voi tre vi ha visti anche bene di persona. In particolar modo te, Naruto, che non l’hai finito da quanto ho capito-“
 
 “Oh la fai più complicata di quanto non sia in realtà! Era un piccoletto!” s’infervorò il biondo iniziando a sbracciarsi ed a muovere una mano a mezz’aria tentando di indicare l’altezza del ragazzino che si era lasciato sfuggire “Un nanetto non più grande di quel genin che se ne è appena sgambettato verso casa” continuò Naruto con enfasi crescente. Ed infetti Sakura credette avesse ragione. Il sensei poteva fare il bacchettone quanto voleva, ma Naruto aveva in fin dei conti fatto la cosa giusta. Quello era davvero un ragazzino che con tutta probabilità si era solo trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato.
 
 “Un nanetto che però faceva parte di quella squadra. Doveva pure avercela qualche dote per essere inserito in un team di jonin, non credi dobe?” questa volta a parlare fu Sasuke e Sakura fu costretta a ricredersi. A questo neppure lei aveva pensato. Ripensandoci bene il ragazzino era vestito esattamente allo stesso modo degli altri ninja, con una fascia rossa posta sulla testa, al posto del copri fronte, ed al fianco portava un pugnale. Certo, non lo aveva neppure sfiorato durante il combattimento, immaginarsi sfoderarlo e puntarglielo contro, per non contare che se l’era data a gambe non appena aveva visto la piega degli eventi, eppure Sasuke doveva averci visto giusto. Perché portarsi appresso un bambinetto incapace di lottare? Che fosse una specie di arma segreta? Un…
 
 “Era il loro piano B” disse piano e Kakashi annuì, confermando il suo sospetto.
 
  “Credo puntassero proprio su di lui nel caso le cose si fossero messe male. Dovevano avere qualcuno a cui consegnare i documenti, così che li portasse in salvo, qualcuno di abbastanza piccolo da passare inosservato, sufficientemente veloce da farvi perdere le sue tracce nel bosco e che conoscesse la zona. Il ragazzo era la loro via di fuga. Probabilmente avevano già ipotizzato vari scenari. Se Naruto non avesse avuto pietà del nemico, loro avrebbero comunque dato fuoco all’accampamento depistandoci in ogni caso, mentre qualcuno sarebbe andato a recuperare il cadavere con i documenti. Non solo il ragazzino ha i documenti: con tutta possibilità non è solo. Deve avere un complice.” Le cose si stavano facendo di colpo serie.
 
 “Quindi non è solo e ci conosce; certamente riferirà tutto ciò che sa al complice e dubito fortemente che questo sia un altro bambinetto indifeso. Con tutta probabilità sarà il mandante dell’intera operazione. E’ per questo che la nostra missione sarà in borghese, non possiamo correre il rischio di essere riconosciuti ed incappare in un’imboscata senza conoscere nulla sul nostro nemico. Perciò: abiti civili ed in pubblico ci muoveremo solo con l’Henge no Jutsu attiva su tutti e tre” annunciò indicandoli e provocando una serie di proteste da parte di Naruto che con la suddetta tecnica non andava esattamente d’accordo. “Considerando che la zona nella quale ci troveremo a viaggiare è abbastanza arretrata rispetto alla Nazione del Fuoco in generale, e che là una squadra di ninja, a meno che non striscino nel sottobosco per tutto il tempo, è evidente come un pugno in un occhio, viaggeremo fingendoci una famiglia. Sarà più semplice pranzare nelle locande, così da poter chiedere informazioni senza destre sospetti e fermarsi a dormire la notte.” Detto questo si infilò una mano in una tasca del giubbotto verdone che tutti i jonin indossavano e ne estrasse una mappa. Fece segno ai tre ragazzi di avvicinarsi. “ Vicino all’ultimo accampamento nemico certo, cioè al punto in cui abbiamo perso il ragazzo, c’è un villaggio dove dalla prossima settimana commercianti di stoffe e lana proveniente da diversi altri villaggi si ritroveranno per un grande mercato.” E gli indicò il luogo esatto sulla carta “È probabile che quello fosse il luogo di incontro prescelto dalla squadra per la consegna dei documenti sin dal principio. Con un sacco di gente riunita in un solo luogo, il movimento sospetto di un signorotto interessato ai nostri documenti non si sarebbe certamente notato troppo.” Una volta lasciata una manciata di minuti ei tre per memorizzare il luogo, ripose la cartina.
 
 “Io sarò in abiti civili, considerando che non sono stato visto dal ragazzino e che quindi non sospettano della mia presenza nel team, mentre voi ragazzi  vi voglio più giovani e con i capelli castani” annunciò e questa volta le proteste arrivarono pure dall’Uchiha. Sakura non poté non ridacchiarne. Aveva gli occhi verdi, lei mora non sarebbe stata male, neppure Naruto in effetti. Quello che ci perdeva sarebbe stato senza dubbio l’Uchiha...
 “Sakura, invece, sarà mia moglie” continuò il sensei e la risata le si strozzò in gola.
 
  “C-Cosa?” esclamò sbarrando gli occhi. “Pensavo che anche io sarei stata…” e si fermò incerta indicando semplicemente i ragazzi e poi se stessa come ad indicare un’unica entità.
 
 “Un uomo che se ne va in giro da solo con tre ragazzini, non sarebbe credibile Sakura” spiegò con leggerezza Kakashi.
  Sakura continuava a guardarlo a bocca aperta senza sapere cosa dire. Perché era così scioccata? Perché gli altri due ragazzi non avevano fiatato? Perché Naruto non si era proposto come suo finto marito al posto di Kakashi? Perché non si  erano messi a sghignazzare maliziosi? Perché sembrava l’unica ad aver colto un qualcosa di sbagliato nel piano ideato del sensei?
Forse per il semplice fatto che non c’era davvero nulla di strano nel piano. In effetti era un buon piano. Certo, questo lo poteva dire solo chi non si era mai ritrovato lo sguardo del proprio sensei addosso, incollato al proprio decolté, mentre Sakura aveva provato l’esperienza da pochi minuti. Ad essere sinceri, con tutta probabilità, si ritrovava a fare simili pensieri perché una parte di lei era rabbrividita nel notare la scivolata che lo sguardo di Kakashi  aveva fatto nella sua scollatura, e si maledisse nuovamente per aver scelto quella maglia quando anche lei di fronte allo specchio era stata un po’ indecisa sull’indossarla o meno. Eppure al momento della scelta un’altra parte di lei aveva sorriso soddisfatta delle curve che la maglia incriminata esaltava ed il pensiero che si era formato in un istante era stato abbastanza scontato.  Forse mettendo in mostra un po’ di mercanzia  Sasuke avrebbe dato una sbirciata. Ovviamente si era vergognata a tal punto della cosa che, neppure l’aveva finita di formulare nella sua testa, e una mano era scatta all’orlo della maglietta pronta per sfilarsela, ma poi si era accorta di come effettivamente facesse caldo e si era arresa ad indossarla. Ora, per quanto la riguardava, a quella maglia avrebbe dato fuoco.
 
Cercò di calmarsi ripetendosi quanto fosse idiota a pensare cose del genere. Gli uomini non si voltavano a guardarla. Non l’avevano mai fatto e non avrebbero iniziato ora che lei faceva prendere un  po’ d’aria alla sua terza scarsa; non credeva di essere bella come Ino, non aveva quei suoi capelli sempre perfetti, tantomeno aveva le tette di Hinata. Sasuke non l’aveva infatti guardata e a Kakashi doveva, per l’appunto, essere solo scivolato lo sguardo, per sbaglio. Non intenzionalmente.  Quindi il groppo che le impediva di deglutire era una cosa patetica e lei doveva farselo passare alla svelta.
 
Essere sua moglie, pff! Una cosa da niente.
 
 
 Si disse un po’ rincuorata dalla calda spavalderia che ogni tanto riusciva a tirare fuori. Sarebbe stata solo una recita, avrebbero finto, dopotutto non era la cosa più idiota che le fosse stato richiesto di fare in missione. E se n’era quasi convinta quando Kakashi parlò nuovamente.
 
 “Bionda, se non ti dispiace” aggiunse facendole l’occhiolino, del tutto inclemente di fronte al rossore che si impossessava prepotente del viso della ragazza e Sakura non poté impedirsi di credere che l’uomo ci stesse trovando gusto. “Questi sarebbero troppo riconoscibili” continuò cercando di giustificare la sua richiesta  e nel dirlo si sporse a spostarle una ciocca di capelli che era caduta tra gli occhi della rosa. Un brivido gelato le si srotolò giù dalla schiena quando le dita dell’uomo le sfiorarono la fronte, represse a malapena l’istinto di balzare all’indietro. Kakashi avvicinò il viso al suo del tutto a suo agio, come se quella fosse una cosa che faceva sempre con lei. Cosa che non era assolutamente un gesto abituale: il massimo che si concedeva era di scompigliarle i capelli di tanto in tanto. Uno di quei gesti che i vecchi fanno con i bambini. I vecchi. Con i bambini. I vecchi, porca miseria! Perché ora non riusciva a togliersi dalla testa il pensiero che se Kakashi avesse fatto una cosa del genere, lei si sarebbe sciolta in una pozza a terra nel giro di due secondi gemendo come un’imbecille?
Ora era così vicino da percepire chiaramente il profumo della sua pelle entrarle nel naso assieme all’aria che inspirava veloce e che andava a depositarsi proprio sulla sua lingua. Deglutì a vuoto.
 
“Gli occhi non cambiarli però, sono perfetti così” le disse con il solito tono. Quello che non sembrava veramente interessato alla cosa, lo stesso tono con cui durante gli allenamenti la correggeva indulgente, o che la richiamava durante una missione o con cui le chiedeva di passargli la salsa di soia quando uscivano tutti e quattro a cena. Ma l’occhio scoperto la raccontava diversamente e quando le spostò la ciocca portandogliela dietro l’orecchio il cuore di Sakura semplicemente si fece muto. Questo il sensei non poteva di certo percepirlo, ma il fremito che la scosse quando il suo dito proseguì seguendo la linea del suo zigomo fino alla punta del naso fu tanto forte che l’Hatake lo avvertì. Oh sì. Lo capì dal modo in cui il suo solo occhio visibile si era dilatato per la sorpresa e poi assottigliato in un ghigno divertito mentre Sakura doveva trattenere il respiro perché il cuore aveva iniziato una maratona per i cavoli suoi incespicando ogni tanto.   
 Fu solo allora, quando Sakura si rese conto di quanto il sensei fosse effettivamente vicino alla sua faccia che trovò la forza per fingersi indispettita così da schiaffeggiargli la mano che ancora le sfiorava il naso. Quello mollò la presa all’istante e ridacchiando riprese le distanze affondando le mani nelle tasche.
 
 Talmente disturbata da quello scambio di battute – tutte di Kakashi a lei si era annodata la lingua – tanto sconvolgenti da non riuscire neppure ad arrossire, Sakura si guardò attorno alla svelta sperando con tutto il cuore che i compagi non avessero assistito alla scena. Ma quelli erano ancora troppo impegnati a bisticciare sul fatto che sarebbero dovuti tornare bambini da lì a poche ore per accorgersi di ciò che era successo.
Di quello che Kakashi aveva fatto.
 
 Già; ma cosa aveva fatto? Sakura si voltò a guardarlo e lo trovò esattamente dove sarebbe dovuto essere: a qualche passo di distanza, composto con le braccia incrociate che attendeva che i due la smettessero di fare gli idioti. Neppure la guardava. Si stava immaginando tutto? Aveva immaginato il modo in cui le aveva sorriso, la voluta lentezza nei suoi movimenti, il modo in cui il suo viso si era spinto così vicino al suo? Forse stava solo attribuendo strani significati a gesti che chiunque altro avrebbe giudicato per nulla compromettenti, se non normali per lo meno giocosi e nulla più, che due persone che si conoscevano da così tanti anni, seppur allieva e maestro, potevano permettersi.
Le aveva dato un buffetto sul naso. Non era che avesse fatto chissà cosa, come palparle il sedere e-
Chissà come sarebbe stato se lo avesse fatto…
 
Si morse la lingua talmente forte da farsi male sul serio. Un gridolino le sfuggì dalle labbra e Kakashi si voltò a guardarla perplesso.
 
 “Tutto bene?” le chiese con naturalezza.
 
  “N-Niente…è che…che bionda farò schifo” borbottò imbronciandosi. E si rese conto di come la ripresa dallo scivolone che la sua mente aveva appena fatto non fosse per niente una bugia.
 
 Una volta, tremendamente gelosa dei capelli di Ino, tornata a casa dall’accademia si era fatta coraggio spingendosi in un negozietto lontano dalle strade principali ed aveva comprato della tinta sperperando i pochi risparmi raccolti in una vita. Tornata a casa si era chiusa in bagno per un pomeriggio intero, ansiosa di vedersi bionda. Una volta eseguite meticolosamente tutte le istruzioni sul flacone ed aver atteso con impazienza il tempo di posa, si era sciacquata la testa e si era fissata con trepidazione allo specchio. Il sorriso si era ben presto trasformato in una smorfia di disgusto; cos’era la cosa che fissava nello specchio? La massa informe poggiata sulla sua testa? Un gatto morto? Un nido di gallina? Non potevano essere i suoi capelli, oh no. Erano orribili! Per un interminabile istante si convinse che qualcosa di tremendo e schifoso si fosse poggiato sullo specchio, così veloce vi picchiò contro il palmo, ma tutto ciò che incontrò fu la superfice fredda nella quale ora si rifletteva la sua piccola manina rosa. Allora, prendendo coraggio, si era portata lentamente una mano sulla fronte, facendo gradualmente risalire le dita verso l’ammasso di sterpaglie, afferrandone qualche filamento e tirando con cautela. Quando si rese conto che le erbacce bruciate e rinsecchite non sarebbero venute via tanto facilmente,  perché ora le sterpaglie erano i suoi capelli, arrivò il terrore, veloce e tutto in una volta. La delusione fu tale da farla crollare a terra. Sembrava uno spaventapasseri con del fieno in testa. Un brutto spaventapasseri!
 
 Beh, inutile dire che nei tre giorni seguenti aveva finto di avere il mal di pancia pur di saltare lezione, tenendosi stretta in testa una bandana, finché sua madre non aveva mangiato la foglia, scoprendola, mentre ansiosa si affrettava a nascondere una ciocca giallina che era sfuggita alla stoffa che teneva stretta in testa ed assieme avevano rimediato al macello combinato dalla ragazzina. Si era sorpresa di come la madre si fosse prodigata per aiutarla, prendendo in mano l’intera faccenda, non senza beccarsi una bella lavata di capo comunque, e una di quelle punizioni indimenticabili.
La madre fu perfetta in quel frangente tanto disperato. Sembrava il capitano di un team, si era ritrovata a pensare Sakura, scoprendo un lato autoritario che nella madre non aveva mai visto, osservandola meravigliata mentre le diceva cosa fare, come se già lei sapesse tutto di come uscire da quel casino. Per la prima volta Sakura ricordava di aver pensato quanto sua madre fosse tosta e di come anche lei avrebbe voluto essere una tosta, una che non si vergognava dei suoi capelli, del suo aspetto, una donna forte ed indipendente, ecco cosa voleva diventare, come sua madre, che risolse con maestria il problema dei suoi capelli paglierini. Stimò sua madre per la prima volta da che era nata. E le volle un gran bene, provò un senso di fierezza così potente nel poter affermare che quell’eroina, quella donna meravigliosa, fosse sua madre, proprio la sua mamma, un sentimento come si rendeva conto non aveva più provato negli anni a seguire.
  Perché poi qualcosa era cambiato, facendo irrimediabilmente incrinare il loro rapporto. Sì, perché nella sua disperata rincorsa, nel suo tentare di divenire una donna indipendente, se non bella per lo meno fiera, in grado di manovrare il suo destino, di prenderlo per mano e dirigere  liberamente la sua vita, nella sua personale maratona verso quello che era divenuto il suo modello - la sua mamma cazzutissima - Sakura aveva finito con superarla. Senza rendersene conto, da un giorno all’altro, aveva alzato lo sguardo come faceva di tanto in tanto quando per esempio tornava a casa esausta dalle missioni e si ritrovava sul divano a fissare il soffitto soppesando la sua vita, e aveva cercato la schiena della madre divenuta ultimamente più vicina, l’aveva cercata all’orizzonte e si era spaventata nel non trovarla. Aveva guardato indietro ed aveva colto un puntino sempre più lontano.  Distante, irraggiungibile ormai. Si rese conto di non riuscire a rallentare, che la spinta della sua corsa era tale da impedirle di invertire il senso di marcia.
 Sakura era diventata una ninja, già da un po’ aveva imboccato un sentiero che sapeva a senso unico, aveva scelto una vita che l’aveva resa forte, indipendente, proprio la donna supereroe che voleva diventare sin da bambina, ma così facendo aveva perso sua madre. La madre che non aveva mai accettato la sua decisione, la sua tendenza verso un mestiere così pericoloso e sessista, che non aveva riguardi verso le femmine che in un modo o nell’altro si sarebbero dovute sempre adeguare all’andamento dei colleghi maschi. Un lavoro che non avrebbe mai scelto per la sua bambina, il suo piccolo fiorellino di ciliegio.
 Sakura aveva sempre tentato di far ricredere la madre, fiera dei traguardi raggiunti, l’essere jonin, caporeparto in ospedale, membro di uno dei team migliori dell’intero villaggio, sperando di vedere un po’ di fierezza risplendere da sotto l’espressione ormai sempre distaccata della donna…ma quella non aveva mai cambiato idea. Ogni volta che la guardava Sakura si sentiva esaminata, messa sotto esame, come se la madre cercasse i punti che smascherassero i suoi errori.
“Ma dove ho sbagliato con te?” sembravano chiedere i suoi occhi, quando al ritorno da una missione tutto quello che riusciva a vedere erano i lividi, i graffi, e gli strappi sulla divisa, ignorando del tutto la luce che illuminava il bel verde degli occhi della figlia. Non riuscendo mai a lasciarsi contagiare dalla sua soddisfazione  per aver completato con successo un altro compito, per essersi dimostrata la migliore, all’altezza se non addirittura al di sopra delle aspettative.
 
 Così semplicemente Sakura aveva lasciato perdere, stufa di essere la sola a restare ferita da quel comportamento distaccato, abituata a non ricevere l’affetto che avrebbe desiderato dalla madre, un affetto che ormai non si aspettava neanche più di dover meritare.
 La donna che l’aveva cresciuta quando era bambina se la ricordava a malapena dopo tutte quelle delusioni, la sua mamma supereroe che fine aveva fatto? Non era più tanto sicura neppure che fosse realmente esistita. La donna che vedeva oggi era come inaridita con il tempo, consumata da una vita che probabilmente la insoddisfaceva, e da una figlia che aveva fatto scelte che non riusciva proprio a condividere.
Ogni tentativo di riavvicinamento veniva sempre frainteso e il più delle volte finivano col litigare. Sakura era arrivata alla conclusione che lei e sua madre semplicemente non fossero mai state sulla stessa lunghezza d’onda e che mai sarebbero riuscite a capirsi o ad entrare in complicità.
 
 Kami…chissà cosa avrebbe detto se avesse saputo che ora si sarebbe dovuta fingere la moglie del suo sensei. La madre avrebbe potuto creare tali speculazioni, malignità e riflessioni talmente inadatte! Sakura rabbrividì all’idea e si risolse semplicemente con la decisione di non farne parola con la madre.
  Sarebbe stata la cosa migliore per tutti. Per la donna, che non si sarebbe lanciata in assurde meditazioni che non avrebbe perso tempo a riversarle addosso, per lei, che non avrebbe dovuto ascoltare le sue lamentele, e per i suoi ormoni, che da quella mattina correvano impazziti, contagiando i suoi pensieri che a briglia sciolta creavano scenari alquanto indecenti. Tutti rigorosamente incentrati sul petto nudo su cui aveva schianto un pugno non più di tre ore prima.
 
 Scuotendo la testa ritornò al presente. Sasuke e Naruto parevano finalmente essersi dati una calmata e Kakashi li stava rinfrescando riguardo alle tecniche di camufaggio utilizzabili durante il viaggio, in quanto un Henge no Jutsu da utilizzare ininterrottamente su tutto il corpo per l’intera durata della missione oltre a richiedere una quantità spropositata di chakra sarebbe stata anche impraticabile.
 
 “Anche possedendo una tale chakra” stava dicendo concedendosi uno sguardo ammiccante verso Naruto che, lusingato dal sottointeso, gongolò rivolto a Sasuke che sbuffò sonoramente ruotando gli occhi al cielo “l’utilizzo di una quantità di energia così elevata metterebbe senza dubbio in allarme qualsiasi ninja in circolazione e l’ultima cosa che vogliamo è attirare l’attenzione” e questa volta l’occhiata che riservò ai ragazzi fu un chiaro avvertimenti. I due chinarono il capo colpiti in pieno ed affondati. “Seriamente, non possiamo permetterci di tornare nuovamente a mani vuote o l’Hokage verrà a richiedere personalmente la mia pelle e a voi tre verrà stracciato l’attestato di jonin davanti al naso.” E la prospettiva non era per niente allettante. Non dopo tutta la fatica che avevano fatto per meritarselo.
 
“Quindi, ricapitolando” disse indicandoli con il dito “Henge no Jutsu da quando saremo fuori dalla nazione del fuoco, ma sin da subito indosserete abiti che vi possano far apparire più giovani. Io sarò in abiti civili e, Sakura?” richiamò l’attenzione della ragazza che sembrava vagare a migliaia di anni di distanza.
 
 “Sì?” gracchiò la rosa con la stessa espressione di un cucciolo che aspetta di essere sgridato. Kakashi la soppesò per un istante, poi sorrise e si affrettò a rispondere. Non l’avesse mai fatto. A Sakura si accapponò la pelle.
 
 “Tu potresti invece tranquillamente restare bionda per tutto il tempo.” Cos’era quello sguardo che le stava lanciando? Era compiaciuto dall’immagine mentale che si stava creando? “ Magari se accorciassi un po’ i capelli apparresti anche più matura”.
 
L’insinuazione del sensei la pizzicò più di quanto avrebbe dovuto. Cos’è? Non lo trovava abbastanza matura? Sembrava una bambina era questa che stava dicendo?
 In modo infantile si imbronciò incrociando senza un apparente motivo le braccia al petto, come se anche quello fosse stato incriminato.
 
 “Non ci penso minimamente! Ci ho messo una vita a farli ricrescere!”
 
 “Oh beh. Non è importante comunque.” Intervenne veloce Kakashi “basterà il colore diverso dei capelli e dei vestiti più… adeguati.” Sakura assottigliò lo sguardo. Cosa c’era che non andava nei suoi vestiti?
 
 “Non fare quella faccia. È solo per la missione.” Le ricordò l’uomo con un sorriso gentile che la rosa disprezzò apertamente, ma che Kakashi non si sprecò di subire. Così Sakura rimase ad incenerirlo mentre quello si concentrava sui suoi compagni di team. Se pensava che fossero state sgarbate le idee malsane che si erano create fino a poco prima riguardanti il suo corpo mezzo nudo e le sue dita sulla sua faccia, di colpo apparivano se non deplorevoli – non lo erano per niente – per lo meno accantonabili.
 
  “Sono andato a parlare con Tsunade-sama prima di venire al campo e mi ha detto che troverete il necessario per la missione ognuno a casa propria. La tempistica della missione è stata modificata, non staremo via come la volta scorsa fino a quando non troveremo l’obbiettivo, poiché lui giocherà in casa ed avrà un bel vantaggio. Se nel giro di una settimana non avremo una pista torneremo a casa per riorganizzarci sotto indirizzo diretto dell’Hokage stesso. Nel caso trovassimo informazioni precise, invece, la missione continuerà fino al suo compimento. Domande?” chiese guardando con attenzione i propri sottoposti. Quelli scossero la testa mentre Sakura lo fissava truce ancora fortemente piccata.
 
 “Bene direi che è tutto allora. Ragazzi preparatevi e rilassatevi, la missione non sarà di certo una scampagnata” e detto questo si voltò pronto a lasciarli liberi.
 
 Naruto diede di gomito a Sasuke e, dopo essersi lanciati uno sguardo complice, scattò verso il sensei che, con il suo libro in mano, si avviava pacifico verso l’uscita del campo d’addestramento.
 
 “Sensei pensavamo di andare a mangiare qualcosa…non vuoi unirti a noi?” chiese fin troppo entusiasmato dalla proposta.
Andare a mangiare con Kakashi? Sakura fu certa al mille per mille di non  essere nella condizione da poter sopportare la cosa, così si ritrovò a sperare con tutto il cuore che l’uomo declinasse l’invito con una delle sue stupidissime scuse.
 
  “Non oggi ragazzi. Abbiamo solo un giorno per organizzare la missione, ci sono ancora molte cose che devo sistemare, mappe da ricontrollare, persone da consultare..” prese a elencare con tono autorevolmente vago. Cosa che fece capire ai tre quanto stesse mentendo. Kakashi non si preoccupava mai dell’organizzazione delle missioni. O meglio, forse all’inizio lo faceva, ma di certo non più ora. Se prima lo faceva perché costretto, fingeva di farlo da quando loro tre erano divenuti jonin. Da quel momento si era come liberato di un enorme peso dalle spalle, perché non doveva più badare a tre bambini indifesi – come se Naruto e Sasuke lo fossero mai stati – ma a dei suoi pari che senza dubbio erano in grado di cavarsela da soli. E poi ad essere del tutto onesti, lo sapevano tutti che Kakashi Hatake in quanto a stratega non era secondo a nessuno, seppur il piccolo Nara si avviava ad eguagliarlo. L’improvvisazione per quell’uomo non era mai stata un problema. Quindi il modo in cui srotolava quella lista di compiti da svolgere suonò ai ragazzi come una chiara menzogna, neppure troppo elaborata.
 
 “Ah! Ti prego! E chi ci crede dopo tutto questo tempo?” lo schernì il biondo fingendosi offeso. Nel notare che a Kakashi l’insinuazione non faceva ne caldo né freddo assottigliò lo sguardo, lasciando che un enorme ghigno si stendesse sulle sue labbra. “Non è che per caso ha un altro appuntamento?” chiese malizioso scandendo per bene l’ultima parola.
 
 Sakura al pensiero scattò. Oh, ma quanto era sciocca? Come aveva potuto non pensare al fatto che forse quella mattina aveva faticato tanto a trovare Kakashi perché l’uomo si stava godendo ancora tranquillo e beato il suo appuntamento? Questo spiegava senza dubbio il modo rude in cui l’aveva trattata. Probabilmente mentre lei tempestava la porta a forza di pugni non era solo nell’appartamento. Nella più rosea delle aspettative poteva avere svegliato non solo lui, ma anche la sua dolce metà, oppure poteva addirittura aver interrotto qualcosa…
Sakura sgranò gli occhi di fronte a quella possibilità mentre la sua mente le riproponeva l’immagine del suo sensei mezzo nudo. Aveva notato qualcosa sulle spalle, sottili linee rosate , ed altri segni sul collo, quasi fossero-
 Stupida, stupida, stupida!
 
Kakashi questa volta non si lasciò prendere in contropiede dalla curiosità di Naruto. Semplicemente lo liquidò con una scrollata di spalle. “Dovreste prepararvi” suggerì continuando a camminare. “Dopodomani mattina appuntamento alle porte del villaggio.” E detto questo sparì in una nuvoletta di fumo.
 
 “Ah! Perché il sensei si ostina a non volerci raccontare niente?” si lamentò fastidiosamente Naruto, infastidito dalla reticenza di Kakashi.
 
 “E perché mai dovrebbe venire a raccontare delle cose del genere a noi?” si ritrovò a riprenderlo Sakura.
 
 “Non mi dire che non sei almeno un po’ curiosa Sakura-chan” insinuò allora il biondo avvicinandosi inarcando volutamente un sopracciglio con quel suo sorrisetto da ebete. Infastidita Sakura lo spinse via con una spallata “Eh dai! Dopotutto dovrai essere la sua finta mogliettina, non sei per caso un po’ gelosa?” domandò sciabolando le sopracciglia.
 
 Una scossa bollente attraverso la sua mente, andando ad infiammarle le guance. Che fosse consapevolezza? Era gelosa- e di che!? Del suo sensei pervertito? Ma per piacere! Il pensiero la fece infuriare a tal punto da non rendersi conto di come in realtà la domanda di Naruto non avesse nulla di malizioso.
 
 “Razza di idiota!” ululò scaraventandosi sul povero ragazzo che davvero non capiva il motivo per cui la rosa se la fosse presa tanto. In fondo aveva solamente fatto un commento del tutto innocente. Lei sarebbe davvero dovuta essere la finta mogliettina  – come l’aveva definita lui – di Kakashi. La cosa la mandava su tutte le furie. Lei non voleva aver niente a che fare con quell’uomo, o meglio, nulla che la costringesse a stargli troppo vicino. Dannazione! Non da quando l’aveva beccato mezzo nudo e con addosso i segni che dovevano essere la vivida testimonianza dell’appuntamento che fino al pomeriggio prima aveva creduto fosse solo una scusa.
 L’Hatake aveva davvero una donna! Eppure si divertiva a farla arrossire. O forse, ed una parte di lei lo sapeva fin troppo bene per non vergognarsene, era solo lei che voleva disperatamente che l’uomo si comportasse davvero a quel modo con lei.
 
 Veloce represse il pensiero, concentrandosi sui pugni che stava schiantando sulla testa di Naruto.
 
 “Sakura! Ahi! Mi fai male davvero! Ahi! Diavolo, dovresti essere nostra madre, così finirai con l’ammazzarmi!”.
 
 
*
 
Kakashi riapparve poco distante. Ovviamente non aveva molto da preparare, conosceva già il luogo della missione, in quanto ci aveva passato un mese fino a tre giorni prima, impantanato in quella maledettissima foresta piena di insetti e con quei tre ragazzini indisponenti che facevano sempre quello che volevano.   Semplicemente una volta che Sakura se ne era andata, o meglio, dopo che lui le ebbe sbattuto la porta in faccia, aveva trovato incollato alla porta un foglietto ripiegato con il suo nome scritto sopra seguito da un cuoricino. La calligrafia precisa e sinuosa non poteva che appartenere ad Anko. Si scusava per essersene andata così di fretta, ma prometteva che sarebbe tornata da lui nel pomeriggio.
 
 Quindi ora Kakashi, se ne stava tornando al suo appartamento pronto ad avere un po’ del piacere che aveva assaggiato durante la notte, pensando nel frattempo a come spiegare ad Anko che sarebbe dovuto ripartire nel giro di meno di quarantott’ore. Avrebbe capito come sempre.
 Certo, sarebbe stato meglio non farne parola fino a quando non avessero finito con le loro faccende in modo che la notizia non le guastasse l’umore.
 Chissà se Anko era in grado di arrossire con la stessa innocenza di Sakura…
 
Sapeva perfettamente quanto pericolosa fosse la strada in cui si stava volontariamente gettando, ma non poteva farci proprio nulla. Sarebbe stato un bugiardo se avesse detto di non aver trovato eccitante il modo in cui Sakura era rimasta a corto di fiato nel vederlo mezzo nudo quella mattina, per non parlare dell’imbarazzo che le aveva imporporato il viso durante la riunione, quando le aveva sfiorato il viso.
E sì, l’idea della famigliola felice non era esattamente il risultato di un piano ben studiato, anzi era stato lui stesso ad insistere con l’Hokage tentando di apparire il più convincente possibile. E la donna alla fine lo aveva accontentato, sapendo che con lui i ragazzi ed il risultato della missione erano senza dubbio al sicuro.
 
 Beh, le sue intenzioni non erano delle più innocenti, né delle migliori, ma era sicuro di poter fermare quella piccola recita quando più avrebbe voluto. Dopotutto non stava facendo nulla di male. Sakura arrossiva per qualsiasi cosa, cosa che Anko non faceva mai, ed essenzialmente era quello il motivo per cui si divertiva a farla imbarazzare. Nulla di più. Era pur sempre il suo insegnante e capitano, sapeva benissimo che c’erano limiti oltre i quali non si sarebbe mai potuto spingere e che certamente mai avrebbe voluto oltrepassare. Non era un depravato che andava in giro a circuire povere fanciulle ingenue.
 E Sakura lo era di certo.
 Si poteva considerare un po’ come una sorta di allenamento. A insaputa della ragazza la stava allenando alla vita là fuori, quella in cui gli uomini non si facevano scrupoli a corteggiare fiorellini delicati come lei. Le stava facendo un favore tutto sommato.
 
Per ora, doveva solo concentrarsi su Anko, che lo avrebbe raggiunto a breve, e che anzi, magari già lo attendeva, pronta a ricominciare il loro giochetto da dove lo avevano lasciato la sera prima.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE2:
 
  Ed ecco il risultato delle mie immani fatiche! Spero vi sia piaciuto :) Che dire? E’ successo qualcosa finalmente!, direte voi, e sì in effetti mi piace l’idea che Kakashi da stronzo patentato qual è si metta a confondere quella povera testolina di rapa che è Sakura :3
Visto che da dopo questo aggiornamento gli esami dovrebbero più o meno finire :’) credo di poter annunciare finalmente che, giorno più giorno meno, d’ora in avanti la storia verrà aggiornata una volta al mese :D  (sogiàchemipentiròdiavrervipromessounacosadelgenere.-.)
  Ce la farà la nostra eroina? Ah, spero di sìììì perché le vostre recensioni mi scaldano il corazon <3 quindi non siate tirchi e regalate un po’ di gioia a questa studentessa esaurita lasciando un commentino ;)
  Besos Judith :*

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** V ***


NOTE1:
 
BUON DUE DI OTTOBRE A TUTTI! *si abbassa per schivare gli oggetti acuminati diretti alla testa*
Ah-ah-ah .-.  Come? Che dite? Non è ottobre? Pff…non siate ridicoli… ceeerto che è ottobre. Mep.
Vabbè ormai è passato un sacco di tempo e ve ne siete accorti da soli che non ho mantenuto la promessa, perdonatemiiii!! *si prostra a terra* è che me ne sono successe di ogni e non ho avuto né il tempo né la testa per mettermi a scrivere e non mi andava di forzare nulla perché la storia mi sta a cuore e non sarebbe stato giusto postare qualcosa fatto alla cavolo, così ho preferito aspettare che l’ispirazione tornasse e…MIRACOLO! Eccomi qui!
Ve la ricordate la storia? Un minimo della trama? Sì? Non mi aspetto un applauso, non me lo merito dopo questo spaventoso ritardo, ma beh…il nuovo capitolo è pronto e spero che qualcuno di voi vorrà leggere e magari – dico magari – commentare, tanto per farmi sapere se ci siete ancora dopo cinque mesi. *fa un suuuuper inchino*
 Sono una brutta persona, me ne vado nel mio angolino e vi lascio alla storia D’:
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
V.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Non era convinta. Oh no. Non era convita per niente. Più si guardava e più si sentiva sciocca, inadeguata e…sì, e alla fine pure un po’ stupida. Era davanti a quello specchio da quasi due ore. All’inizio neanche si voleva guardare di sfuggita, aveva anche preparato un paio di forbici così da poter tagliare la frangia o eventuali ciuffi ribelli che avrebbero potuto tentare di mettersi davanti ai suoi occhi, immaginarsi specchiarsi! Ma poi si era ripetuta di come fosse necessario svolgere l’operazione di fronte allo specchio così da essere sicura di farlo per bene, non poteva permettersi di combinare un disastro a così poche ore dalla partenza. Aveva rimandato per troppo quel compito necessario, ritrovandosi ora a doversi svegliare ben prima il sorgere del sole per completare la sua preparazione. La sera prima era addirittura arrivata ad accettare l’invito di Naruto ad uscire a bere qualcosa. Beh, in effetti l’aveva fatto perché Sasuke sarebbe rimasto con loro, cosa più unica che rara, e lei voleva esserci. Avevano fatto degli stupidissimi brindisi inneggiando alla loro futura famigliola, al fatto che entrambi le promisero – una volta sufficientemente pieni di…boh, non lo sapeva, dopo le prime tre birre e due bicchierini di sakè aveva smesso di tenere il conto - che sarebbero stati dei figlioletti perfetti ed obbedienti e lei in silenzio aveva brindato anche alla speranza di non fare qualcosa di idiota con Kakashi intorno.
 
Con un’attenzione quasi esagerata, si passò una mano tra i capelli. Okay, in effetti doveva proprio ammetterlo: il risultato non era tremendo come aveva temuto. E pensare che per due notti aveva faticato a prendere sonno al solo pensiero di quel preciso istante, ed ora, mentre si osservava con reverenziale attenzione nello specchio, trepidante quasi, scrutando la sconosciuta nello specchio con un briciolo di compiacimento che le montava dentro solleticandole la gola, si ritrovò a sorridere in risposta allo sguardo timoroso di quegli occhi verdi.
 
  “Cosa ti avevo detto?” iniziò a berciare con fare saccente la ragazza ancora più bionda seduta sul bordo della vasca alle sue spalle “Allora? Ma guardati… Mi hai fatto fare tutto di corsa, quasi senza volermi far accendere la luce, alle quattro di mattina, costringendomi a sorbirmi le tue lamentele e borbottii per poi vederti sorridere come un’idiota al tuo riflesso!” la ragazza si passò una mano sulla fronte fingendosi esausta “Ah Fronte Spaziosa, cosa devo fare con te?” continuò Ino portandosi accanto a Sakura spintonandola con un colpo d’anca in modo da conquistarsi una metà buona dello specchio. Scocciata da ciò che vide fece schioccare la lingua “Dannazione, guarda che occhiaie” si lamentò passandosi i polpastrelli delle lunghe dita smaltate di lilla sotto gli occhioni cerulei  “Altro che sonno di bellezza, mi ci vorranno settimane per smaltirle” dallo specchiò le lanciò uno sguardo sottile che gridava chiaro e tondo un’accusa.
Sakura non rispose alla provocazione e con un colpo di gomito la fece arretrare quel bastava per tornare ad osservarsi.
 
“Certo, certo Ino-Pig, non ti basterebbe un mese per migliorare la faccia che ti ritrovi“ la bionda già iniziava ad impettirsi pronta a rispondere “Ma devo anche ammettere che hai fatto un ottimo lavoro” continuò la ragazza portando sotto la luce una ciocca di capelli biondi. “Non che avessi grossi dubbi. Dopotutto sono anni che tu stessa mantieni la tua chioma bionda” continuò senza badare alle smorfie di protesta dell’amica alla sua insinuazione.
 
  “Ci mancherebbe!” rimbeccò quella, offesa “Non ho mai avuto bisogno di certi trucchetti io” sottolineò lanciandole una lunga occhiata. Sakura trattenne il respiro mentre notava come gli occhi della amica si fossero scivolati dalla sua nuova chioma per poi fermarsi sul suo petto. Una volta certa di aver colpito un nervo scoperto, Ino corrucciò lo sguardo arricciando le labbra e inarcando le sopracciglia. “E per quello?” chiese indicandolo con una alzata di mento “Cosa hai intenzione di fare? Anche una bambina avrebbe più tette di te…” continuò con leggerezza senza la minima delicatezza.
 
Sakura fremette al pensiero e serrando maggiormente le braccia sul petto si voltò dandole le spalle, uscendo dal bagno diretta alla camera da letto dove aveva lascito la borsa da viaggio che aveva preparato la sera precedente.
 
Ad essere onesti, lei a quello ci aveva pensato. Ci aveva pensato fin troppo.
Dal momento in cui Kakashi sensei aveva annunciato con risoluzione il piano per la loro missione come quel “E Sakura sarà mia moglie” un enorme macigno le era piombato sul petto mozzandole il respiro. Stringendo i denti e sentendo gli occhioni verdi diventare spropositatamente sporgenti il terrore l’aveva posseduta. Come diavolo avrebbe fatto a passare per una donna adulta? Non che non lo fosse, insomma a diciannove anni lei era a tutti gli effetti una donna adulta, era un medico se cose del genere non le sapeva lei chi doveva ricordarglielo? Ma così tanto adulta? Una donna adulta sposata! Una donna adulta e sposata  con il sensei! Aveva sentito chiaramente il sangue smetterla di irrorarle il viso e da un improvviso e violento rossore avvertì la faccia farsi cinerea.
 
Okay, passasse il fatto che fosse più giovane di quasi dieci anni rispetto all’Hatake, dopotutto i loro nemici non potevano di certo sapere che  magari all’uomo piacessero donne di molto più giovani – come in effetti, si ritrovò a ragionare la rosa, poteva benissimo essere. E , Kami!, avrebbe voluto morire dopo aver concepito un tale pensiero. Il vero problema era il fatto di come il suo corpo urlasse nella maniera più assoluta la sua giovinezza. Nessuno sano di mente avrebbe potuto credere al fatto che un tale corpicino potesse aver messo al mondo un paio di ragazzini. Sperò con tutto il suo cuore che Sasuke e Naruto se ne rendessero minimamente conto, e dal modo in cui Sasuke l’aveva studiata durante il discorso del sensei seppe che per quanto lo riguardava ne era perfettamente a conoscenza. Almeno i due sarebbero sembrati due bambinetti di non più di sette anni. Questo avrebbe facilitato di un po’ le cose. I suoi capelli sarebbero stati tinti, in un disperato tentativo  se non di invecchiare il suo viso, per lo meno di donargli un po’ più di maturità, ma il vero problema era, per l’appunto, il suo corpo. Qualcosa avrebbero fatto i vestiti che aveva trafugato in casa di sua madre sperando di non essere beccata, ma una volta di fronte allo specchio con orrore aveva realizzato il modo in cui quelli si afflosciassero nell’esatto punto in cui un petto florido avrebbe dovuto riempire il suo yukata.
 
La soluzione che le si presentò in un primo momento fu abbastanza ovvia. Imbottire i suoi reggiseni. Insomma, era veramente semplice come soluzione e pure abbastanza utile allo scopo. Un paio di calzini, uno a destra e uno a sinistra, sistemati per bene ed il gioco era fatto. Una volta in camera se li sarebbe sfilati da dento il reggiseno e sarebbe tornata la solita ragazza di quasi vent’anni con il seno di una quattordicenne, ci conviveva da una vita dopotutto…
E le complicazioni si erano presentati a questo punto. Quando ormai aveva tirato un sospiro di sollievo, sentendo il peso abbandonarle il petto ed il sangue riprendere a scorrerle nelle guance, convinta di aver trovato la soluzione perfetta al problema ecco che una stretta invisibile le prendeva con forza la gola.
Il pensiero di dover dormire lontana da casa non era mai stato un grosso problema, se ne andava in missione da quando era una bambinetta appena uscita dall’accademia, il problema era quello che avrebbe dovuto fare durante questa specifica missione.
 Sarebbe stata la finta-mog…- si impedì di pronunciarlo anche solo nella sua mente. Avrebbe dovuto recitare fino in fondo? Avrebbe dovuto condividere una stanza con il sensei? Arrossì immediatamente. Si sentiva una sciocca a fare certi pensieri. Con tutta probabilità avrebbe dormito con i ragazzi, dopotutto era anche la loro finta-mamma. Le madri dormono con i propri figli, no? Eppure l’incertezza la logorava. Come avrebbe fatto se fosse finita in camera con l’uomo? Dio. Non poteva nella maniera più assoluta presentarsi con uno dei suoi pigiami sformati e infantili. Aveva passato in rassegna il suo cassetto della biancheria trovandolo di colpo del tutto inadeguato. Mutandine e culottes con cuoricini, fiocchetti ed animaletti stampati sopra? Reggiseni sportivi, e nel migliore dei casi un paio di sciatti preformati. Pigiami troppo corti di improbabili fantasie? Come aveva potuto non accorgersene fino a quel momento? Era un’adulta ormai, perché la sua biancheria era ancora la stessa di quando aveva quattordici anni?! Dove era stata per tutto quel tempo?
 Brutta idiota! Si maledì. Non andava bene, non andava bene  nella maniera più assoluta.
 E poi, problema ancora più impellente, con che faccia si sarebbe tolta le calze da dentro il reggiseno una volta in camera!?
 
 Così il pomeriggio prima, dopo il suo turno in ospedale – turno passato ad osservare con cupa rassegnazione e pure una punta di invidia il seno enorme di Tsunade-shishou, cosa che non aveva di certo giovato al suo umore ed ai suoi nervi già fortemente provati -, era sgattaiolata via silenziosamente e discretamente si era avviata verso il centro della villaggio. Con circospezione aveva finto di ritrovarsi a gironzolare per caso di fronte ad uno dei migliori negozi d’intimo che era riuscita a trovare, e sempre fingendosi innocente si era lasciata guidare dentro dopo aver passato una buona decina di minuti a fissare la vetrina. Una volta dentro aveva ingenuamente creduto di poter tirare un sospiro di sollievo. Era stata così preoccupata dall’arrivare lì senza essere vista che non aveva sprecato tempo a pensare al come avrebbe affrontato la cosa da lì in avanti. Una donna avvenente, con una vita da vespa ed un decolté che beh…non poteva essere tutto merito di madre natura, e che sembrava avesse fatto il bagno nel profumo o per lo meno che questo facesse parte della sua dieta quotidiana, le si avvicinò con un sorriso che non prometteva nulla di buono.
 
“Posso aiutarti cara?” e il suo modo di calcare sul termine aiuto fece crollare Sakura in una crisi tanto nera da costringerla a stringere i denti pur di non rannicchiarsi a terra. Era così palese? E, , si rispose sommessamente, lo era. Si guardò attorno, trovando ad ogni occhiata costosa lingerie la cui sola esistenza e coesistenza in quella stanza la metteva tremendamente a disagio.
 
 In seguito c’è da dire che la commessa si dimostrò molto più amichevole di quanto la prima impressione non l’avesse fatta apparire. Si era impegnata al massimo una volta notato il nuvolone che si era formato sulla testolina rosa della cliente, e facendosi in quattro aveva ribaltato l’intero negozio pur di trovare i completi più adatti a Sakura.
Dopo un paio d’ore, quando ormai il cielo si era fatto scuro, e la merce era stata pagata, Sakura, una volta  aver ringraziato la commessa, era sgattaiolata fuori dal negozio ed era praticamente volata a casa, infilando la fin troppo riconoscibile borsina del negozio in una sacca a tracolla che si era portata appositamente appresso.  Si era diretta in quattro falcate in camera ed aveva svuotato il contenuto della tracolla nello zaino che aveva preparato sul letto prima di uscire.
 Una risatina isterica le aveva scosso le membra stanche.
 
Si disse che no, naturalmente non avrebbe dormito col sensei, che idea ridicola! Perché mai avrebbe dovuto? Avrebbe dormito con quella testa bacata di Naruto che con tutta probabilità avrebbe cercato di sbirciare e con Sasuke. Ecco, se doveva seriamente farsi venire il mal di pancia per qualcuno, che se lo facesse venire per l’Uchiha e non per l’Hatake. E per un attimo ci provò. Si impegnò, concentrandosi profondamente sull’immagine del ragazzo che se ne stava nella stessa stanza dove anche lei avrebbe dovuto cambiarsi e mettersi in uno di quei suoi pigiami orrendi e si sorprese non poco nel rendersi conto che non gliene sarebbe potuto importare di meno. Che la vedesse pure. Non si sarebbe di certo sprecata di indossare uno di quei costosissimi completi per lui! Pff! Quelli li aveva comprati pensano a-
 
Con uno scatto improvviso aveva chiuso la zip dello zaino e poi senza nessuna delicatezza lo aveva infilato sotto al letto, spingendolo per bene contro il muro, il più lontano da lei, sperando ingenuamente di spingere lontano anche l’ultimo percorso malato di pensieri che aveva concepito.
 
In seguito aveva finto di essere riuscita a dimenticarsene, ma ora che la sofisticata busta di cartoncino avorio con le maniglie in sottili nastri di raso rosato di diverse gradazioni sapientemente attorcigliate tra loro la fissava dal basso ricordandole che quello che c’era dentro, l’aveva fatta arrossire in diversi ed imbarazzanti modi già solo quando era sola in quel camerino con il suo riflesso a farle da unico compagno, una strana morsa le prese lo stomaco.
 
 Era ridicolo che si sentisse così a disagio ora,  in casa sua, davanti a quelli che ormai erano i suoi indumenti (e dannazione a loro se non lo erano, aveva sprecato uno stipendio e mezzo per tutti quei maledettissimi pizzi, nastrini e fiocchetti). Si indispettì nel rendersene conto, aveva speso non solo un sacco di soldi, ma anche tempo ed energie – e Kami solo sapeva davvero quanto coraggio le era costato portarsi di fronte a quel benedetto negozio e poi avere la forza d’animo per affrontare lo sguardo compassionevole prima e mezzo addolorato poi della commessa nell’osservare le sue forme che, a confronto della donna, erano tremendamente acerbe.
 Eppure ora, a pochi minuti dalla partenza per la missione, dopo tutto ciò che aveva fatto – si era tinta i capelli santo cielo! I suoi amatissimi capelli, e non se ne sarebbe mai pentita abbastanza, lo sapeva benissimo – ora, quando i giochi ormai erano praticamente chiusi eppure ancora tutto andava seriamente affrontato, si ritrovava sfinita. Non vedeva proprio come avrebbe potuto affrontare la missione vera e propria.
 
 Ino con la sua solita delicatezza le ricordò che mancava davvero poco tempo  al suo appuntamento con il resto del team e che avrebbe dovuto affrettarsi. Naturalmente usò altre parole e la frase che le rivolse parve molto più simile ad una minaccia che ad un accorato ed amichevole consiglio. La ragazza si lasciò cadere con poca grazia a peso morto sul suo letto sbuffando e lamentandosi con fare teatrale dei dolori atroci che le affliggevano la schiena e le trafiggevano la testa dovuti alla mancanza di sonno e le disse di fare in fretta perché il suo sonno di bellezza stava per iniziare e non la voleva di certo attorno così depressa ad appestale il clima della stanza rovinando tutto per l’ennesima volta.
 
Sakura neanche la ascoltava ad ogni modo. Era troppo impegnata a fermare il flusso dei suoi pensieri – che in ogni caso si stavano pericolosamente avvicinando al suo sensei – e riprendere il controllo delle sue emozioni. Ficcò le ultime cose nella sacca , avendo la distratta accortezza di imprimere la dose di forza necessaria a far scivolare la costosa lingerie proprio sul fondo. Non poteva neanche immaginarsi cosa sarebbe accaduto se uno dei tre suoi compagni, cercando qualcosa nel suo zaino l’avesse anche solo intravista. I suoi nervi – già così provati - senza dubbio non avrebbero retto l’imbarazzo e la successiva umiliazione.
  Lasciarli a casa sarebbe stata la soluzione migliore, ma Ino era a pochi centimetro da lei. Se ne sarebbe accorta. Era quasi sorpresa del fatto che ancora non avesse ancora  intuito nulla. Era sicura al cento per cento che una come l’amica quel tipo di biancheria potesse captarla dall’odore. Sakura sapeva che se solo si fosse accorta di cosa stava cercando disperatamente di nascondere in quel dannato zaino fosse saltato fuori, Ino avrebbe capito in un batter d’occhio i pensieri che stavano ronzando nella testolina confusa dell’amica e l’avrebbe presa in giro per i successivi quarant’anni.
 E no, non ne aveva proprio voglia. Già si era dovuta sorbire tutti i suoi stupidi commenti e supposizioni maliziose sul fatto che avrebbe dovuto fingersi la moglie di Kakashi (con i suoi discutibilissimi apprezzamenti sull’uomo sopra citato). Immaginarsi cosa sarebbe accaduto se avesse scoperto che era andata a comprare della nuova biancheria appositamente per l’occasione!  Decise che si sarebbe sbarazzata della biancheria strada facendo, avrebbe ideato un piano con calma, aveva tempo. Una volta allontanatasi dal gruppo con una scusa, del tipo il dover urgentemente fare pipì, si sarebbe inoltrata nel bosco accanto al selciato ed avrebbe sotterrato il tutto. Poi sarebbe tornata dagli altri a cuor leggero e con la mente libera da sciocchi pensieri pronta ad affrontare la missione. Semplice e pulito.
 Un qualcosa nel fondo del suo stomaco le ricordò che non sarebbe stato facile per niente sotterrare dodicimila ryo nel terreno.
 
 Si guardò attorno un’ultima volta sperando di trovare nella stanza un problema colossale, talmente impellente da permetterle di abbondonare la missione, perché doveva ammettere che “Davvero sensei, sono dispiaciutissima ma non posso proprio rischiare di partire per la missione e farmi vedere mezza svestita da te” non suonava esattamente benissimo.  Eppure tutto quello che trovò nella sua attenta ispezione fu Ino buttata scompostamente sulla sua vecchia trapunta verde chiaro che se la ronfava alla grande.
 
Con rassegnazione si buttò lo zaino in spalla scostando le tendine della finestra e saltò fuori atterrando con un leggero tonfo sul tetto di fronte. Prima che la fuga in un’altra nazione, con conseguente cambio di identità e  di professione, si delineasse troppo dettagliatamente nella sua mente divenendo un’idea allettante, si mise a correre verso le porte della città, dove con tutta possibilità un ragazzo biondo molto assonnato ed un ragazzo moro infastidito la stavano aspettando.  Rallentò lievemente l’incedere sbirciando con la coda dell’occhio l’orologio che aveva al polso, era in  anticipo di trenta minuti. Sospirò rallentando ultimamente fino a camminare.
 Beh, per lo meno aveva il tempo per prepararsi all’inevitabile. Il sole stava finalmente sorgendo all’orizzonte lanciando i suoi primi raggi verso di lei. Si passò una mano tra i capelli osservando le nuove sfumature d’orate che giocavano creando incantevoli riflessi. Mestamente dovette ammettere che quel colore non era poi così malvagio. Per lo meno il sensei non le aveva chiesto di farseli di un colore improbabile come il rosso, o l’argento. La decolorazione li avrebbe rovinati in una maniera che neppure riusciva ad immaginarsi. Afferrò l’elastico che portava al polso e li acconciò in uno chignon improvvisato sulla nuca. Sperò che questo le donasse qualche anno di più. Velocemente si sistemò la fascia che le chiudeva lo yukata, ora molto meno sgonfio sul petto (forse tutti quei soldi non erano stati spesi del tutto inutilmente), di certo non avrebbe potuto indossare i suoi soliti abiti da missione. Erano pur sempre sotto copertura.
 
 Con fare rassegnato lanciò uno sguardo poco più avanti, sul grande viale che accoglieva gli stranieri appena varcate le soglie di Konoha. Scandagliò con circospezione ogni tratto, sorprendendosi nel non trovare i compagni abbandonati su qualche panchina. Poi realizzò che stava cercando male. I ragazzi probabilmente avevano già attivato il Jutsu di trasformazione ed ora doveva trovare due ragazzini mori. Eppure anche modificando i termini di ricerca non li trovò da nessuna parte.
 
 A quanto pare, non era così che dovevano andare le cose.
 
Per poco non cadde rovinosamente dal tetto della palazzina a tre piani sul quale si trovava quando, seduto su un masso ed assorto in profonda contemplazione, scorse una chioma argentea tanto riconoscibile quanto familiare da annodarle lo stomaco e farle tremare le gambe.
 Perché il sensei era già al punto d’incontro? Solo ed in anticipo?!
 Mordendosi la lingua atterrò poco distante dall’uomo ed a tessa bassa prese ad avvicinandosigli.
 
 
 
 
*
 
 
 
 
Non lo sapeva come ci fosse finito su quel masso. Davvero. Più ci pensava e meno ci capiva. Era successo tutto così velocemente… che ci fosse rimasta male?
La sua era stata un’idea tanto stupida…se fosse stato un tipo espressivo si sarebbe dato una pacca in fronte, ma visto che non lo era si incupì solo di più e prese tra le mani uno dei suoi Icha Icha, che solitamente avevano il magico potere di calmarlo qualsiasi fosse la situazione. Prese a rigirarselo tra le mani, sfogliandolo pigramente, senza prestargli attenzione mentre l’immagine di Anko con quel sorrisetto innocente gli bruciava le retine. Non serbava ricordo del modo in cui quello si era poi sfumato, perché tutto quello che aveva desiderato dal momento in cui si era congedato dai suoi ragazzi ai campi d’addestramento, era stato tornare da Anko e continuare il giochetto della sera precedente. Ogni passo che muoveva verso casa lo faceva sentire leggero mentre fingeva di non immaginare il viso di Anko, dai tratti felini, divenire più dolce, i suoi capelli più lunghi ed i suoi occhi più puri ed innocenti.
 Questa non ci voleva proprio.
 
 Scosse la testa tornando a concentrarsi sul come fosse finito su quel masso ad un’ora tanto indecente della mattina. Ricordò il sapore di Anko nella sua bocca, la sua voce solleticargli l’udito e poi la sua bocca aprirsi e rispondergli a tono.
  Se fosse stato un tipo emotivo forse avrebbe potuto guardare Anko in maniera abbastanza sconcertata da farle capire che quello che le aveva appena detto proprio non gli era piaciuto. Invece la sua faccia era rimasta inespressiva come al solito, ed il suo vano tentativo di non farla andare via era forse suonato un po’ più distaccato del previsto. O meglio, un po’ troppo opportunistico.
 
Lo schiaffo gli bruciava ancora sulla guancia ora nascosta dalla consueta maschera.
 
 “Un'altra missione Hatake?” aveva chiesto la ragazza immobilizzandosi tra le sue braccia. Come era entrato dalla finestra quella gli si era letteralmente gettata tra le braccia prendendo a sfilargli di dosso ogni indumento, avida si era incollata alla sua bocca gemendo ogni qual volta le mani dell’uomo la stringevano con più forza.
 
 “Sul letto sensei” aveva sussurrato senza voce, separandosi dal bacio per riprendere fiato, lanciandogli un’occhiata complice da sotto le ciglia nere degli occhi felini.
 
 E Kakashi non se l’era di certo fatto ripetere un'altra volta. L’aveva spinta senza la grazia necessaria sul letto posizionandosi di seguito tra le sue gambe socchiuse portando i palmi delle mani sulle sue cosce e separandole in un gesto secco. I suoni che erano uscite dalle labbra lucide di Anko gli avevano fatto perdere la testa. Fiondandosi sul suo collo esposto aveva avvertito le mani della ragazza infilarsi tra i suoi capelli scompigliando e stringendo le ciocche argentee mentre si spingeva contro il suo corpo. Una mano aveva preso a scendere impaziente sul ventre piatto della Mitarashi.
 
 “Domani” aveva detto tra un bacio e l’altro mentre esplorava il suo collo e poi il suo petto “domani parto” aveva terminato succhiando la pelle della clavicola. Una mano dell’uomo stava già scostando l’elastico dell’intimo della ragazza quando quella si era immobilizzata e le dita avevano preso stringere con più forza i capelli.
 
E qui era accaduto il tutto.
 
 “Un’altra missione?” aveva ripetuto la ragazza con lo stesso tono scettico  “Sei appena tornato” la sua voce era fredda ora. Della ragazzina che giocava a fare la sua studentessa non c’era più traccia.
 
 Con un sospiro rassegnato Kakashi aveva capito l’andazzo della cosa e si era rizzato guardando in faccia Anko ritirando la mano e piazzandola sul suo fianco, gli occhi ancora lucidi del piacere che non era riuscito a prendersi ed il desiderio di continuare il loro gioco che gli stringeva i pantaloni.
 
  “Lo so,  lo so, ma dovrei impiegarci solo una settimana o giù di lì” l’aveva informata con il tono più seducente in repertorio, già pronto a riprendere quello che avevano interrotto, ma Anko l’aveva allontanato tenendolo fermo per le spalle. Con un sospiro rassegnato l’uomo aveva ritirato le labbra allontanandosi quanto gli bastasse per potersi guardare in viso. Anko non era di cero una ragazzina che abboccava a stratagemmi così idioti.
 
  “Senti Hatake, ci conosciamo da un sacco noi due e credevo che sin dall’inizio avessimo deciso di essere sinceri” aveva detto guardandolo con un sopracciglio inarcato e Kakashi aveva seriamente temuto che potesse dirgli qualcosa di estraneamente complicato da affrontare. Temette che…beh a dire il vero non lo sapeva neanche lui cosa, ma si aspettava di essere come scoperto per qualche cosa che ancora non si rendeva conto di aver fatto, o star facendo.
 
 O pensando.
 
 O desiderando.
 
Scacciò l’idea.
 
 “Se non hai voglia di vedermi basta dirlo sai. Non è che stiamo assieme o qualcosa del genere” aveva continuato quella ignara dei turbamenti dell’uomo, ruotando gli occhi al cielo ed  incrociando le braccia sul petto esposto.
 
 Kakashi aveva tirato un sospiro di sollievo mentale, rendendosi conto di aver scampato il pericolo di una qualsiasi confessione amorosa o qualcosa di molto, molto peggiore. E la cosa probabilmente lo sollevò più del necessario.
 
  “Tutto qui?” aveva chiesto sicuro che questo non avrebbe minato in alcun modo il loro tipo di rapporto. “Era questo a cui stavi pensando?”
 
  La ragazza gli rivolse uno sguardo sottile passandosi una mano tra i capelli tagliati corti. Gli sembrarono più corti di quando l’aveva lasciata il mese prima, ma non era davvero in gradi di dirlo con certezza quindi stette zitto.
 
“Sì” aveva risposto lei con schiettezza stiracchiandosi sul letto dell’uomo conscia dell’effetto che gli faceva.
“Cosa credevi che ti avrei detto? Devi andare in missione, okay, non sono la tua donna, non avresti neppure dovuto sentire il bisogno di dirmelo”.
 
“Mi sembrava corretto avvertirti” le aveva risposto lui con la sua solita espressione, come se fosse la cosa più normale del mondo. Ed in effetti per lui lo era. La cortesia per lo meno, era Anko che ogni tanto faticava a capirlo, rideva di lui alle volte per il suo modo di pensare, ma finché tutto quello che facevano era rotolarsi in un letto la cosa poteva passare anche in secondo piano. Ma ora, ora che parlavano, si rendeva conto di come Anko dopo tutto fosse sospettosa. Era pur sempre una donna, una donna tremendamente irascibile tra l’altro.
 
 “E’ per la storia della studentessa?” chiese dopo qualcuno momenti di silenzio la ragazza, vinta dalla curiosità.
 
 “Scusa?”
 
“Massì, questo gioco” aveva detto indicandosi ed allo tesso indicando il letto e poi l’Hatake stesso. “Credevo ti piacessero queste stronzate. Sei sempre incollato a quei libracci pornografici…” aveva continuato chiudendo gli occhi e abbandonandosi sul cuscino.
 
 “Non sono libracci pornografici…” aveva attaccato quello mentre la ragazza si alzava e raccoglieva rivestendosi man mano i propri abiti.
 
 “Certo certo” aveva tagliato corto “Ma vedi non ho proprio voglia di aspettarti, come ho già detto non sei il mio uomo” disse una volta completamente rivestita, avvicinandoglisi. Si chinò e lasciò un bacio umido all’angolo della sua bocca. Kakashi rimase immobile senza capire esattamente cosa stesse succedendo ed il perché. “Beh in ogni caso è stato divertente”. E a Kakashi onestamente la cosa bruciò un po’. Proprio ora che Anko aveva reso il loro non rapporto interessante, mollava.
 
“Anko” la richiamò prima che quella lasciasse l‘appartamento. La ragazza si voltò nella penombra della stanza. “Quando la missione sarà finita magari potrem-” e non fece in tempo a finire la frase che la mano della ragazza si era schiantata sulla sua faccia lasciandolo a bocca aperta.
 
“Erano esattamente due le cose che volevo assolutamente evitare Hatake. La remota possibilità che tu ti innamorassi di me “ detto questo aveva ruotato gli occhi al cielo sorridendo divertita dall’inverosimile eventualità , “e quella che tu prendessi a vedermi come la tua puttana” e lo sguardo divenne nero e micidiale. L’immagine del sensei della ragazza lo fece rabbrividire per un momento. Mitarashi Anko dopotutto era una ninja temibile. E quando si arrabbiava la somiglianza con Orochimaru-sama diveniva spaventosa.
 
 Trattenne il respiro mentre vedeva la rabbia scemare nello stesso modo in cui sarebbe accaduto per Orochimaru stesso. Gli occhi tornarono languidi ed il sorrisetto malizioso.
 
  “Ci si vede Hatake” e detto questo era sparita.
 
  E non avrebbe saputo dire con esattezza cosa lo avesse spinto in quel momento ad abbandonare lui stesso in fretta e furia il suo appartamento. Forse l’odore della ragazza che ancora ricopriva le lenzuola, o il fatto che fosse ancora tremendamente eccitato all’idea di quello che sarebbe potuto accadere se avesse tenuto chiusa la sua boccaccia e, di conseguenza, infastidito per come, invece, erano andate le cose.
Il fatto era che si rendeva perfettamente conto di come non fosse seriamente dispiaciuto di  essere stato in fin dei conti scaricato da Anko, quello no, sapeva sarebbe successo ed era stato un sollievo il fatto che la ragazza lo avesse fatto per conto suo.
Lo disturbava il non poter più sentirsi chiamare sensei ment-.
 
Con uno scatto irritato si era tirato su dal letto, vestito, aveva afferrato il suo zaino e pur consapevole di essere tremendamente in anticipo si era precipitato fuori, sperando che l’aria fresca della notte gli schiarisse le idee. In realtà la cosa non funzionò troppo e si ritrovò solo a gironzolare senza meta per il villaggio finché alzando lo sguardo non si era ritrovato alle porte della città e lì era dove ancora si trovava con la sensazione di inadeguatezza e un qualcos’altro che non sapeva identificare bloccati, da qualche parte nello stomaco.
 
E così mentre era seduto su quel masso a rimuginare sul casino che aveva in testa avvertì dei passi avvicinarsi. D’istinto voltò la testa fino a vedere la figura impacciata di una giovane donna avvicinarsi indecisa e con il volto fermamente puntato a terra.
 
 Gli tornarono alla mente in un secondo con raggelante chiarezza le parole che solo pochi giorni prima gli aveva rivolto Jiraiya. Le ricordò con singolare chiarezza, una alla volta, mente gli affondavano nel cervello e la ragazza gli sia avvicinava lentamente. Quando alla fine la vide lanciargli uno sguardo indeciso da sotto le lunghe ciglia comprese che la principale fonte di tutti i suoi problemi  era proprio quella ragazzina agitata ed avrebbe voluto convincersi di non conoscerne il motivo, ormai lampante nella sua testa.
 
  “Buongiorno sensei” farfugliò quella guardandolo solo di sfuggita. Un qualcosa gli scosse le ossa lanciando brividi lungo tutta la spina dorsale e di colpo l’idea di allenare la ragazza riprese fermamente piede nella sua mente, ed un piano si delineò come estrema semplicità. Forse quella missione si sarebbe rivelata molto più interessante di quanto non gli apparisse fino a pochi istanti prima.
 
 “Dormito bene, moglie mia?” domandò con eleganza azzardando un sorrisetto furbo. Giurò di aver visto la ragazza avvampare prima che Naruto si mettesse ad urlare alle sue spalle facendola voltare e privandolo di un tale e delizioso spettacolo.
 
 Oh sì. Sarebbe stato un viaggio estremamente interessante.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE2:
 
  Ed ecco il nuovo capitolo! Spero che vi sia piaciuto dopo tutta questa attesa, e mmh…boh non ho molto da dire riguardo al capitolo in effetti, se non che nel prossimo si inizierà a fare sul serio XD Kakashi ha già le idee chiare - *coff* pervertito *coff* - e Sakura, beh, questa povera piccola anima lo capirà a sue spese XD
 Spero avrete voglia di lasciarmi un commentino <3 
 Al prossimo aggiornamento, Judith (tremendamente dispiaciuta per avervi fatto aspettare così tanto! Lo sono davvero!) :)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1999396