Zero

di Nana Kudo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Come una volta ***
Capitolo 3: *** Quell'idiota ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Zero
Prologo
***

 

 
 
 Il sole splendeva alto nel cielo, in quella tiepida mattina di aprile; donando un aspetto più caldo e vivo a quella Beika che, a quell’ora che in teoria dovrebbe presentarsi inattiva, quasi del tutto ancora spenta, già pullulava di gente e veicoli che di fretta riempivano le strade e i marciapiedi della metropoli.
Sospirò, controllando per l’ennesima volta nel giro di pochi minuti l’orologio da parete sopra la lavagna nera davanti a lei.
La lezione sembrava non interessarle affatto. O meglio, non le interessava proprio. Così come tutte le altre in quegli ultimi giorni.
Così come tutto il resto dopo quel giorno.
La professoressa continuava a spiegare la lezione indisturbata, senza alcun minimo rumore in quella classe, in quello spazio che lei trovava, sentiva e vedeva vuoto; in quei minuti e secondi che lei trovava persi, inutili.
Spostò le iridi chiare al di fuori di quel vetro spesso e trasparente, osservando disinteressata l’ennesimo petalo di ciliegio che librava libero nel cielo fino a cullarsi sul duro e freddo terreno.
Freddo.. come tutto, come lei, dopo quello che era successo.
 
“Ehi, calmati!” provò a dirle, notando le lacrime scorrere lungo il viso dell’amica d’infanzia; lacrime che non accennavano a scemare, mentre il suo viso rimaneva basso verso l’asfalto del marciapiede, mentre tutto intorno a loro, le macchine, gli autobus, e le persone continuavano le loro vite e faccende come se niente fosse.
“Calmarmi? Ma non lo capisci? Tu sei un detective, no?” rispose improvvisamente, alzando il capo verso la fonte di tutto quel dolore, di tutta quella delusione o forse, semplicemente illusione che le aveva fatto provare; riflettendo i sui occhi, velati di lacrime salate e amare, in quelli puri e confusi del detective di fronte a lei.“Se ti definisci tale, allora perché non provi a capire cosa c’è nel mio cuore?! Baka!” urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, per poi correre via, scappare e fuggire, fuggire da quell’utopia che aveva tanto sperato, sognato e che l’aveva illusa, facendola sentire male, delusa, spenta.. facendola scappare via come una codarda pur di non doverla più affrontare, sperando così di dimenticarla.
Corse, ignorando le continue urla di qualcuno dietro di lei che la chiamava, ignorandolo, continuando a correre come se fosse l’unica cosa che in quel momento riuscisse e potesse fare.
Corse, nonostante continuasse a sbattere contro persone cui volti non aveva mai visto in vita sua, e non credeva avesse mai comunque rivisto, senza badare al dolore delle botte, sulle sue spalle, e sulle sue gambe che non ne potevano più di correre.
Corse, completamente in balia di quel dolore che il cuore le recava, senza riuscire a bloccarlo nemmeno per un secondo.
Corse… fino a quando qualcosa di caldo e forte non le afferrò il braccio, costringendola a fermarsi.
Sapeva chi era, sapeva che era lui, ma nonostante tutto, non voleva sentirlo. Non voleva illudersi più.
“No! Lasciami andare!” continuò ad urlare, cercando in tutti i modi di liberarsi dalla presa del diciassettenne, agitandosi sperando rinunciasse e la lasciasse andare.
“Sei veramente impulsiva!” le urlò contro, calmando per un istante la brunetta che lo guardò allibita e spaesata. “Un caso difficile e disperato, lo sai?” lei un caso difficile e complicato? In quel momento avrebbe tanto voluto dire lo stesso di lui, che non le lasciava mai nemmeno un indizio per farle capire o anche solo intuire come si sentisse, cosa provasse. Ma per qualche strana ragione rimase in silenzio, senza muoversi, aspettando che dalle sue labbra uscisse altro. “Con tutte queste emozioni fuorvianti, anche se fossi Holmes mi sarebbe impossibile da capire!” urlò, attirando l’attenzione di qualche passante curioso che comunque difficilmente sarebbe riuscito a decifrare le parole del detective, mentre la sua presa continuava a stringersi sul braccio della karateka, mentre i suoi occhi blu cobalto continuavano sicuri a guardare dritti in quelli violacei dell’altra, mentre una leggera tinta rossastra gli colorava il viso. “Il cuore della ragazza che amo... Come si può dedurre accuratamente qualcosa di simile?” *
 
La campanella, precisa come un orologio svizzero, suonò, dichiarando la fine dell’ora, così come della giornata scolastica.
Le sue labbra si curvarono in un sorriso amaro, senza dare alcuna importanza a ciò. Diversamente da lei, invece, i suoi compagni di classe si lasciarono ad un sospiro di sollievo, cominciando a riporre libri e quant’altro nelle rispettive cartelle, lasciando l’aula.
“Ran, andiamo?” sentì la voce di Sonoko chiamarla.
Non si voltò nemmeno.
Si limitò ad annuire lievemente col capo prendendo la sua cartella, e alzandosi dalla sedia con il viso più spento di prima… con la mente più assente di prima.
 
 “Per quanto riguarda l’amore è uguale a zero..” tornò a parlare Shinichi,  lasciandole andare il braccio dopo tanto tempo. “Non farmi ridere! Dì questo alla regina del tennis: zero è dove tutto ha inizio!” cominciò, puntandole l’indice e con un lieve rossore sul viso, ma comunque convinto e deciso delle sue  parole. “Se non si parte da esso, nulla può mai essere esistito, e nulla può mai essere raggiunto! Dille questo!”*
 
Camminò affiancata dalla giovane ereditiera per le vie del centro, circondata da persone che a differenza sua sorridevano e ridevano.
Che a differenza sua erano accesi come una fiamma, la luce, mentre lei era spenta come il ghiaccio, il buio.
“Ran” provò a richiamarla la bionda, sorridendole dolcemente. “Ti va di-” provò a chiederle, prima di essere preceduta proprio dalla stessa Ran.
“Scusa ma oggi volevo fare un giro al parco” rispose. Sapeva già cosa le stava per chiedere.
Credeva che con un’uscita e qualche vestito si sarebbe sentita meglio, sarebbe riuscita a dimenticare tutto, ma si sbagliava.
“Ah” sospirò l’amica, guardando dinanzi a sé per poi sorridere e riportare lo sguardo all’altra. “Che ne dici se ci andiamo insieme? Così ti faccio compagnia e non stai da sola. Eh? Che ne dici?”
“Scusa” fu l’unica parola che si lasciò sfuggire.
Aumentò il passo sorpassando Sonoko, cominciando ad avviarsi per il parco e confondendosi tra la gente.
“Ran? Ran?!” provò a richiamarla la liceale, facendosi spazio tra i passanti, ma rimanendo delusa nel non trovarla da nessuna parte. “Ran?!” urlò ancora, spostando la visuale da destra e sinistra e viceversa per svariate volte, senza alcun risultato però.
Si lasciò ad un sospiro, incrociando le braccia e tornando a casa da sola.
 
“Ti prego, smettila di piangere!” provò a calmarla Shinichi, sperando di fermare quelle lacrime preferendo un tono allegro.
“Ma come puoi essere così insensibile?” disse di rimando la karateka, fulminandolo con ancora le lacrime agli occhi e le mani chiuse in pugni.
Si lasciò a una risata, il detective, portando un braccio dietro la testa.
“Quando vedi spesso scene così, ci fai l’abitudine purtroppo!”
“Non è possibile” rispose quasi delusa da quella risposta la brunetta, ritornando a piangere come poco prima.
“E’ meglio dimenticare tutto quanto” smise di ridere il ragazzo, sperando di riuscire a calmare quella che riteneva la sua amica d’infanzia. “Avanti, provaci anche tu, Ran!”
“Non ci riesco, è impossibile!” gli sbottò contro l’altra, ancora vittima dei singhiozzi.
Si fermarono entrambi, una con le mani a coprirsi il viso, e l’altro con la speranza che l’amica si calmasse presto.
Era concentrato sulla figura di quella, fino a quando un uomo dalla corporatura robusta e completamente vestito di nero non gli passò di fronte.
Spostò immediatamente l’attenzione da Ran, portandola su quell’individuo che intraprese, correndo, un vicolo buio poco più avanti.
Non se ne accorse nemmeno, tanto aveva la mente ancora impegnata sull’immagine di quel cadavere e il resto del caso. Non se ne accorse nemmeno, che l’amico aveva cominciato a squadrare quei due strani ma alquanto famigliari tizi con espressione piuttosto seria e curiosa, con quell’espressione che assumeva ogni qualvolta gli si presentava di fronte un caso da risolvere.
Non se ne accorse nemmeno, fino a quando non sentì i suoi passi allontanarsi e la sua voce richiamarla.
“Ehm scusa Ran, vai avanti tu intanto!” le urlò, correndo nella stessa direzione per cui aveva corso prima l’uomo completamente vestito di nero.
“A-Aspetta!” provò a fermarlo, cominciando a seguirlo.. ma qualcosa la costrinse a non continuare. Le si era slacciata la scarpa.
“Ci vediamo dopo!” le disse prima di sparire nel buio di quel vicolo, Shinichi. “Aspettami eh!”**
 
Le gambe continuavano a muoversi da sole, come se fossero al di fuori del suo controllo, come se fossero divise dalla mente che se ne stava in tutt’altro mondo, proprio come quella sera.
Arrivò innanzi ad un piccolo laghetto, la cui visuale era stupenda e, dall’altra sponda, vistava un tempio dall’aria maestosa e imponente.
 
“Pronto?” disse, rispondendo a quella chiamata mentre finiva di preparare la cena.
“Angel?” sentì la voce dall’altro capo del telefono, avendo come l’impressione di averla già sentita altrove e di conoscerla.
Non passò molto tempo, prima che il tonfo di un oggetto caduto a terra e della porcellana andare in mille pezzi si diffuse per tutta l’abitazione.
 
Lasciò cadere a terra la borsa che aveva portato in mano dal tragitto da scuola fino a lì, senza preoccuparsi minimamente di ciò che c’era al suo interno, avvicinandosi ancora di più a quella distesa azzurrina davanti a lei.
 
“Shinichi mi ha pregato di dirti… che un giorno, lui starà al tuo fianco per sempre, al costo della vita. Per questo motivo, devi aspettarlo. Vuole che tu l’aspetti con fiducia Ran, lui ritornerà, l’ha giurato”***
 
Una lacrima solitaria le rigò il viso, mentre l'ennesimo petalo color confetto si andava a staccare dal ramo di un albero lì vicino, sfiorandola, librando e danzando in cielo fino a cadere a terra.
“Avevi detto che da zero comincia tutto” disse a bassa voce. “Senza di esso nulla potrebbe mai esistere” aggiunse, stringendo i pugni, con le lacrime che ad intermittenza cadevano nell’acqua del laghetto creando piccoli cerchi in esso che lentamente si espandevano. “Ma perché io mi ritrovo costantemente ferma a questo punto?”




*Episodio 621, File 752
**Episodio 1, File 1
***Episodio 193, (in Italia 208), File 260

Nana's Corner:
Ohayo!! :DD
So benissimo che tra meno di venti minuti rimpiangero il fatto che ho pubblicato questa storia adesso quando avrei dovuto prima finire Akai Ito, che non ho la minima idea di dove troverò il tempo di scrivere due storie allo stesso tempo, e, di nuovo, che avrei dovuto aspettare di finire Akai Ito -.-"
Ma purtroppo mi è venuta l'ispirazione e fino a quando non pubblicavo il capitolo, non sarei riuscita a scrivere altro, quindi.. ^^"
Any way, dopo un bel po' che non mi faccio vedere, rieccomi! :D
Mancata? LOL
No, non credo xD
Comunque, ecco qui il prologo di questa fiction che da mesi avevo in testa e non vedevo l'ora di pubblicare.
Com'è? Eh? :S
Premetto che dal prologo non si capisce nulla e che lascia solo un'idea di ciò che sta succedendo, ma qualunque idea vi siete fatti, sappiate che è sbagliata u.u (o almeno credo LOL)
Potrebbe sembrare qualcosa di letto e visto e riletto e rivisto ma tranquilli, non è così ;)
E' una storia "diversa" dalle altre che ho scritto. 
Che dire, spero questo piccolo (mica tanto ^^") prologo vi sia piaciuto e che vi appia incuriosito abbastanza da continuare a leggere ^^
E.. AH! 
Volevo anche chiedere scusa per non aver recensito molte delle vostre fiction, ma purtroppo sono appena tornata dal mare ieri sera e non ne ho proprio avuto il tempo. Gommen ^^"
Comunque rimedierò presto, promesso :)
Beh, grazie ancora per aver letto, spero vi piaccia il prologo! :D
See ya!!!

XXX,
Nana.

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Capitolo 2
*** Come una volta ***


Zero
Come una volta
***
 
 
 
 
 
 
“Avevi detto che da zero comincia tutto” disse a bassa voce. “Senza di esso nulla potrebbe mai esistere” aggiunse, stringendo i pugni, con le lacrime che ad intermittenza cadevano nell’acqua del laghetto creando piccoli cerchi in esso che lentamente si espandevano. “Ma perché io mi ritrovo costantemente ferma a questo punto?”
 
*Una settimana prima*
 
“Hmm..” mugugnò, sentendo un rumore piuttosto fastidioso provenire dal lato sinistro del suo futon. Kogoro, come sempre, aveva russato per tutta la notte impossibilitando così il detective dal dormire, costringendolo a rimanere sveglio fino all’alba con le coperte fin sopra la fronte.
“Hmm hmm” si lamentò di nuovo, agitandosi sul suo futon con la speranza di spostare quel peso dal suo corpo, senza molti risultati.
“Yokoooo!!!!!”
“Ecco che ricomincia”
Cercò di liberarsi del corpo inerme dell’uomo per l’ennesima volta, riuscendoci solo dopo qualche tentativo.
Sospirò, una volta libero dalla morsa dell’inquilino.
Stirò le minute ed esili braccia sbadigliando, poggiando poi gli occhiali che caratterizzavano quella ormai infinita scia di menzogne sul viso.
Nuovo giorno, nuova tortura.
Era così ogni mattina.
Si svegliava per via del corpo del padre dell’amica d’infanzia addosso, lasciandosi una notte insonne alle spalle, e ritornando a cucire nuovi punti su quella lunga catena di bugie che si portava dietro dal primo istante in cui quella recita ebbe inizio, da quando, nel vedere Ran sotto le spoglie di un bambino delle elementari, le aveva detto di essere “Conan Edogawa”.
Si voltò per un’ultima volta in direzione del detective, abbandonandosi ad una smorfia, prima di fare leva sulla maniglia della porta della stanza e lasciare quel posto.
 
***
 
Diede un’ultima scorsa al manifesto in una mano e al display del cellulare nell’altra, deglutendo a fatica.
Valeva davvero la pena di chiamarlo, quando sapeva benissimo che avrebbe –per l’ennesima volta, rifiutato l’invito trovando qualche scusa?
Più osservava il tasto con la cornetta verde del dispositivo, più quella domanda si faceva insistente.
-E se dicessi di sì, invece?-
Si morse un labbro, poggiando i due oggetti alla superficie del tavolino al centro del salotto.
-Magari sta volta è libero da casi e può venire.. non è detto che debba sempre essere occupato..-
Un’ultima occhiata, seguita subito da un sospiro rassegnato mentre le dita sfioravano il telefono.
-Tentare non nuoce- pensò, schiacciando il tasto a sinistra e avvicinando di conseguenza l’apparecchio all’orecchio. –In fondo, anche se dovesse dirmi di no, ci sono abituata, quindi..-
Passò qualche istante, prima che il primo squillo potesse essere udibile.
Si torturò le dita nell’attesa che l’amico rispose, mentre, ad ogni squillo, l’ansia accresceva sempre di più.
Era da tempo che non lo sentiva, chissà come stava, dov’era, a che caso lavorava..
“Ciao, Ran” quella voce così conosciuta e mancata bastò a spegnere ogni singolo pensiero, riportandola alla realtà.
“Ciao Shinichi..” disse, con un delicato rossore ad accenderle le gote. “Ehm.. c-come stai?”
“Bene.. tu?” la voce serena del detective risuonò subito nei suoi timpani, istigando quel colore sul viso della ragazza ad espandersi maggiormente.
“Bene…”
Rimasero entrambi in silenzio per secondi che a loro parvero ore, senza proferire alcun minimo suono.
Ecco, aveva speso così tanto tempo a preoccuparsi se chiamare o meno l’amico d’infanzia, e poi ora che lui aspettava che lei dicesse qualcosa, le parole le erano morte in gola.
Possibile doveva fare sempre così ogni volta che lo vedeva o sentiva? Una volta era tutto più naturale, non aveva timore di un declino dell’amico perché sapeva che in qualsiasi momento lui ci sarebbe stato; e non aveva nemmeno bisogno di domandarsi dove fosse o che stesse facendo in quel momento.
Prese una ciocca di capelli giocandoci, cercando di calmare la tensione; mentre continuava a maledire Sonoko mentalmente per averla in pratica incastrata con tutti i suoi discorsi quella mattina sul fatto che l’amico doveva esserci, che non poteva assolutamente mancare.
Deglutì quella poca saliva rimastale in gola, facendosi coraggio e ponendo la domanda motivo di quella chiamata all’investigatore.
“Dopo domani c’è un incontro di karate, sono le regionali e-”
“Eccoti finalmente! Si può sapere che fine avevi fatto?! Ti stiamo cercando da un’ora!”
Assottigliò gli occhi insospettita, Ran, nell’udire quella voce che, senza molta difficoltà, aveva constatato appartenesse ad una ragazza.
Che ci faceva Shinichi con una ragazza?
“Shinichi chi c’è co-”
“Ehm, scusa Ran ma devo andare, sono di fretta” la battè sul tempo il liceale, impedendole di finire la frase. “Ci sentiamo un’altra volta, ciao!”
“Aspe-” scostò il cellulare dall’orecchio, osservandone il display con un’espressione a dir poco scocciata.
Aveva riattaccato, tanto per cambiare.
Inutile dire che l’imbarazzo che fino a poco prima si era impossessato del suo corpo poco prima, aveva ormai lasciato il posto ad una strana sensazione, qualcosa che lei stessa faticava a trovare un nome: gelosia.
Lei rimaneva in casa a deprimersi per quel detective stakanovista che si faceva sentire da rado, e lui invece? Ah lui invece era in giro con chissà chi.
Sbatté un pugno sul tavolo lasciando lì poi il cellulare rosa, alzandosi e avviandosi in cucina per preparare la cena, continuando a maledire il ragazzo.
-Baka, baka, baka!-
 
***
 
“Eccoti finalmente! Si può sapere che fine avevi fatto?! Ti stiamo cercando da un’ora!”
Strabuzzò gli occhi, voltandosi verso la fonte di quel suono.
Le piccole Ai e Ayumi, con rispettivi sguardi annoiati e curiosi, distavano pochi centimetri da lui.
-Cavolo- imprecò il piccolo Conan, sperando che la persona sull’altro capo non avesse sentito la voce della bambina.
Speranze al vento, però.
“Shinichi chi c’è co-”
“Ehm, scusa Ran ma devo andare, sono di fretta” improvvisò, battendola sul tempo. Non aveva la minima intenzione di insospettire ancora di più la compagna di classe né di rischiare di venir scoperto dall’amica d’infanzia; e l’unica era chiudere al più presto quella chiamata. “Ci sentiamo un’altra volta, ciao!”
Sospirò, spostando il cellulare dal viso.
Sapeva che Ran non avrebbe lasciato correre così facilmente, ma almeno aveva il tempo di inventarsi qualche scusa.
“Ma era Ran-oneesan quella al telefono?” domandò la piccola Ayumi, sporgendosi di più verso l’amico che sobbalzo per lo spavento, ritornando giusto in quel momento alla realtà. “Perché non me l’hai passata? È da tanto che non la vediamo e volevo salutarla!” protestò, curvando le labbra in un broncio.
“Voleva solo sapere se tornavo a cenare; e poi non stavamo giocando a nascondino? Se ti chiamavo per passartela ti avrei preso e avresti perso” replicò il bambino occhialuto, fingendo una risata che non convinse molto la piccola.
“Ah sì, l’avresti presa?” s’intromise Ai, con tono scocciato e sguardo truce. “Non so se te ne sei accorto, ma la partita è finita dieci minuti fa quando ci siamo resi conto che stavi giocando a pallone invece di venire a cercarci”
“Io ve l’avevo detto che non volevo giocare, non dovevate costringermi!” si difese Conan, incrociando le braccia al petto.
“In ogni caso” disse la piccola scienziata, voltandosi in direzione della porta di entrata. “Il dottore ci aspetta dentro per fare merenda”
Aspettò che le due bambine entrassero nella villa dello scienziato, per poi riprendere il telefonino tra le mani e osservarlo con sguardo malinconico.
Sapeva benissimo cosa stava per chiedergli Ran.
Era con lei e Sonoko quella mattina quando ne parlavano, e sapeva già, infatti, che  l’avrebbe chiamato per chiedergli di assistere all’incontro.
D’altronde, che poteva farci se era nel corpo di un bambino delle elementari e non poteva presentarsi come Shinichi?
Non poteva nemmeno chiedere un antidoto ad Ai, visto che sapeva già gli avrebbe urlato contro e alla fine sarebbe rimasto con un pugno di mosche.
Sospirò, alzando lo sguardo al cielo.
Almeno ci sarebbe stato come Conan. Certo, lei non avrebbe mai saputo che in realtà Shinichi era lì, ma in fondo non poteva fare altrimenti.
 
***
 
La palestra era immensa.
Piena di karateki che discutevano con i loro sensei o che semplicemente si riscaldavano prima dell’inizio della gara.
Cinture di diversi colori: verdi, blu, marroni, nere, rosse, gialle, arancio e qualcuna addirittura bianca.
Diede uno sguardo alla tribuna poco distante, alla ricerca di due occhi blu cobalto che da tempo non vedeva.
Cercò a lunghi tra i mille volti conosciuti e meno, trovando soltanto i genitori, Conan, Sonoko, Agasa e i Detective Boys a fare il tifo per lei.
Abbassò il capo, sentendo gli occhi pizzicarle.
-Non è venuto- pensò, abbozzando un sorriso amaro.
Sapeva che non sarebbe venuto, come sempre d’altronde, però una piccola parte di sé sperava di sbagliarsi comunque.
 
“Eccoti finalmente! Si può sapere che fine avevi fatto?! Ti stiamo cercando da un’ora!”
 
Quella sensazione, quella strana emozione che anche due giorni prima aveva provato, cominciò lentamente ad impossessarsi del suo corpo, contagiando ogni sua minima cellula.
Strinse la cintura scura alla vita in un movimento secco e deciso, tornando poi a guardarsi in torno, sta volta con sguardo inquietante, tanto da far paura a qualche concorrente alle prime armi accanto a lei.
Se a lui non interessava essere lì con lei, nemmeno a lei interessava averlo lì con sé.
 
“Vai, Ran! Vai, Ran!” continuavano ad urlare Sonoko e i bambini, sventolando bandierine con su scritto il nome della ragazza e delle fasce stile fangirls legate in capo.
Shinichi guardò annoiato i compagni di classe e la giovane ereditiera, inarcando un sopracciglio. C’era per forza bisogno di fare tutto quel baccano per fare il tifo?
Sbuffò, per poi portare l’attenzione sulla figura dell’amica che, come gli altri concorrenti, si era data ad alcuni esercizi per riscaldarsi prima dell’inizio di quel torneo.
Curvò le labbra in un sorriso, dimenticandosi di tutte le urla e le persone attorno a lui.
Aveva quell’impressione che tutto fosse tornato come una volta, quando lui era un detective liceale noto in tutto il Giappone e poteva tranquillamente stare con l’amica senza doversi controllare e fare attenzione a recitare bene la sua parte, a formulare ogni minima frase con molta attenzione, pur di non farsi sfuggire qualche particolare che l’avrebbe potuta mettere in pericolo.
Già, come una volta.
“Edogawa-kun” la voce di Ai lo distolse da quei malinconici pensieri, mentre con la mano, la bambina, lo tirava per la manica della felpa blu.
“Che c’è?” chiese spaesato l’investigatore, voltandosi in direzione della scienziata.
La piccola si guardò in torno un attimo, prima di invitarlo a seguirla.
“È meglio andare di la”
L’altro annuì, seguendola facendosi spazio tra gli spettatori, fino a giungere all’atrio, più calmo rispetto alla palestra dove si svolgeva la competizione.
“Allora, che dovevi dirmi?”
La piccola Miyano sorrise, infilando le piccole mani nelle tasche dei pantaloncini e tirandone poi dopo un piccolo oggetto che fece sbarrare gli occhi a Shinichi.
 
 
 
 
 
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Nana’s Corner:
Konnichiwaaa!!! :DDD
E finalmente eccoci con il primo capitolo di questa ff!
Sì lo so, ci sono voluti nove mesi, prima che il capitolo fosse pronto ^^”
Gommen nasai! >.<
Cooomunque, che ve ne pare del capitolo?
Sì, in pratica ho pensato di farvi prima vedere una Ran depressa all’inizio, e poi di tornare indietro di una settimana per svelarvi il perché.
Ovviamente, ci vorranno almeno altri due capitoli prima di continuare la trama dal prologo.
Va beh, non credo ci sia molto da spiegare e quindi passo subito col ringraziare Hoshi Kudo, Cristal Mouri, mangakagirl, Arya_drottningu, Misaki Kudo e shinichi e ran amore per aver recensito il prologo di questa ff; Cristal Mouri per aver aggiunto la storia tra le preferite, e kilamya e mangakagirl per averla aggiunta tra le seguite.  Dōmo arigatōgozaimashita <3
Spero il capitolo vi sia piaciuto ^^
Grazie ancora e alla prossima!
 
xxx,
Nana.

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Capitolo 3
*** Quell'idiota ***


Zero
Quell’idiota
***
 
 
 
 
 
“Allora, che dovevi dirmi?”
La piccola Miyano sorrise, infilando le piccole mani nelle tasche dei pantaloncini e tirandone poi dopo un piccolo oggetto che fece sbarrare gli occhi a Shinichi.

 
Ai, un sorriso spavaldo dipinto sul viso si rigirò una piccola pillola bicolore tra le minute e pallide mani.
“L’ho appena terminato” disse, facendo deglutire rumorosamente Conan. “Perciò non sono sicura che funzioni”
Il piccolo annuì, gli occhi illuminati dal fascio abbagliante delle lampade a neon riflesse sulla plastica rossa del medicinale.
“Questa volta ho provato ad aggiungere un co-enzima che dovrebbe incrementare la potenza e l’efficacia dell’enzima separasi durante il processo di mitosi, affiancato dal catalizzante topoisomerasi II, risultando con la duplicazione di più cellule rispetto a un normale procuro di mitosi, e contrastando l’effetto dell’aptx4869 che, invece, costrinse le tue cellule a una morte programmata, regredendo così ogni organo e tessuto, e infine, il tuo corpo”
Il finto bambino rimase in silenzio, non così poi attento a ogni minima parola della scienziata, piuttosto, ai movimenti della tanto bramata pillola tra le dita di quella; avrebbe preferito di gran lunga poter ingerirla subito e andare da Ran evitando il solito discorsetto che, sapeva, sarebbe finito con il solito “potresti morire”.
“Però” disse Ai. “L’aggiunta di questo co-enzima potrebbe risultare in una divisione cellulare spropositata e fuori controllo, o nel peggiore dei casi, addirittura in un effetto opposto a quello desiderato, in altre parole, svolgere il ruolo di catalizzante nel processo tuttora sospeso dell’apoptosi, avvenuto subito dopo aver ingerito l’aptoxina e portare a una morte cellulare che per motivi ignoti avevi scampato quella sera al Tropical Land”
Conan guardava con un sopracciglio innalzato e un’espressione scocciata la ramata elencare tutti i possibili effetti collaterali di quel farmaco.
Calcolando quanto quei discorsi influenzavano la sua decisione riguardo all’assunzione di quell’antidoto, non poté fare a meno di chiedersi se intavolarli ogni volta avesse davvero senso, e so lo facesse per abitudine, o divertimento.
-Magari le piace soltanto vedermi perdere la pazienza guardando l’antidoto tra le sue mani e facendomi sudare freddo, aspettando che finisca di parlare-
“Potrebbe invece far duplicare cellule infet-” si fermò di colpo, Ai, accorgendosi che quello era ormai con la mente da tutt’altra parte, e che non era proprio concentrato o quantomeno interessato a ciò che diceva.
Corrugò la fronte, una vena color del cielo cominciò a pulsare, marcandole la pelle di una figura simile ai rami di un albero.
Lanciò la pillola rossa e bianca verso il detective che, come svegliato da un getto d’acqua gelida che si scontrava sulla sua pelle, tornò alla realtà e afferrò il piccolo oggetto al volo.
“Dovrebbe durare ventiquattro ore.
“Passato il primo giorno monitoreremo le attività delle cellule all’interno del tuo corpo nel laboratorio e solo allora riusciremo a trarre conclusioni riguardo al suo effetto”
Mise le mani in tasca, avviandosi alla palestra dove si svolgeva il torneo, da cui, a intervalli, giungevano boati della folla e applausi.
“Mi raccomando” arrestò i suoi passi, senza però voltarsi verso Shinichi. “Cerca di non metterti nei guai fino allora” disse, lasciando poi l’atrio, e il ragazzo da solo, con il distributore di bibite e merendine a pochi metri e pareti addobbate con i volti che, dedusse, fossero dei vincitori di tornei svolti in quell’istituto negli ultimi anni.
Shinichi, un sorriso che lentamente fece curvare gli angoli delle labbra, aspettò qualche istante dopo che l’amica svanisse dalla stanza, prima di cominciare a cercare un posto appartato e privo di spettatori dove ingerire il farmaco.
 
***
 
Un grido si diffuse per tutta l’area, non appena uno dei giudici afferrò il polso solleticato da un nastro lungo e colorato della ragazza, annunciandola vincitrice di quel lungo torneo che durò parecchie ore, prima di trovare finalmente una fine.
 
I bambini saltellavano allegri accanto a un Agasa sereno e sorridente, Sonoko che corse subito giù dagli spalti per raggiungere il prima possibile l’amica diretta agli spogliatoi, e Kogoro ed Eri che, per la gioia di vedere la maestosa e accecante medaglia color oro al collo della figlia, quasi dimenticarono i loro diverbi personali.
Mentre un uomo sulla cinquantina, fasciato da un abito di tweed e con degli occhiali dalle lenti rettangolari poggiati malamente al naso, prese in mano un microfono, cominciando a ringraziare i concorrenti e gli spettatori per aver partecipato all’incontro, la folla, a tratti, iniziò ad alzarsi dalla fredda superficie di gomma scura e abbandonare l’enorme palestra.
“Ran-oneesan è stata fantastica!” esultò Ayumi, con la fascia ancora stretta sulla fronte che lasciava cadere disordinatamente alcuni ciuffi color castagna sopra al suo tessuto. “Un giorno voglio essere forte come lei!”
“Sono sicuro che potrebbe sconfiggere molti criminali, come fa Kamen Yaiba, senza alcuna difficoltà” disse Mitsuiko, il tono di voce sicuro e lo sguardo simile a quello di un abile investigatore che con disinvoltura esprimeva la sua teoria riguardo l’omicidio di cui si stava occupando, e un dito alzato dinanzi al volto lungo e pieno di lentiggini.
“Oh, molto più di Kamen Yaiba!” i piccoli si voltarono, e alle loro spalle, la sfigura slanciata di Sonoko si abbassò, le mani poggiate ai fianchi, il tono arrogante e sfrontato di sempre. “Ran potrebbe tranquillamente mettere fuori gioco più avversari senza nemmeno farsi un graffio”
“Adesso stai esagerando, Sonoko” la voce di Ran conquistò l’attenzione dei presenti, costringendoli a girarsi.
Un sorriso dipinto sul viso, il kimono bianco arrotolato in una mano, la borraccia piena per metà nell’altra, e un aspetto piuttosto stanco.
“Ran, bambina mia!” urlò Eri, correndo incontro alla figlia e avvolgendola in un caloroso abbraccio, seguita poco dopo dal marito. “Sei stata fantastica”
“Già, eri la più brava, sul serio” aggiunse il padre, seguito poco dopo da Agasa e i Detective Boys.
Nonostante tutti quanti continuassero a farle gli elogi per la vittoria, lei se ne infischiava bellamente.
La mente era assorta in tutt’altri pensieri.
Precisamente, alla chiamata con Shinichi.
Ancora non riusciva a togliersi dalla testa quella voce che lo richiamava, per quanto si sforzasse di farlo.
Era più forte di lei, purtroppo.
Sospirò, staccandosi dai genitori e avvicinandosi ai quattro bambini affiancati dal Professore.
“Sei stata bravissima, Oneesan!” dissero Ayumi, Genta e Mitsuiko in coro, facendo sorridere Ran.
“Grazie ragazzi” allungò una mano, scompigliando i capelli alla piccola. “Vi ho sentito fare il tifo per tutto il tempo. Se non fosse stato per voi, non avrei vinto”
Si volse verso Agasa. Sorridendogli, cercando poi con lo sguardo la figura fredda e distante di Ai, che si limitò ad un fugace sorriso, niente più.
Arretrò di qualche centimetro, girando il capo in più direzioni, come alla ricerca di qualcosa, o qualcuno.
“Conan..?”
Dalla reazione di tutti, appurò che nessuno si fosse accorto della mancanza del bambino occhialuto fino a quel momento.
Cominciarono all’unisono a roteare lo sguardo in giro nei dintorni, cercando la piccola figura di Conan.
“Forse è andato semplicemente al bagno” ipotizzò Kogoro, facendo spallucce.
La moglie annuì, seguita dall’amica della figlia.
“Non credo” s’intromise Ayumi, l’indice della mano destra poggiato su una guancia, un’espressione seria e pensosa dipinta in viso. “L’ultima volta che l’ho visto è stato appena siamo arrivati, poi si è allontanato un attimo con Ai-chan e non è più tornato”
Ai, senza rendersene conto, s’irrigidì, cercando subito con le iridi azzurrine lo sguardo del più anziano, che captò subito la sua preoccupazione.
“Ah già, me n’ero completamente scordato!” sbottò Agasa, facendo sussultare gli altri che non si aspettavano una reazione del genere dello scienziato. “Mi ha chiamato sua madre per avvisarmi che sarebbe passata a prenderlo per andare al mare per qualche giorno”
“D’accordo che fa caldo, ma non così tanto da andare perfino al mare” borbottò il detective Mouri, cingendo le braccia al petto con fare indispettito. “E poi, perché ha chiamato lei e non me?” si rivolse al Professore, che sembrò indeciso su cosa rispondere. “Se non sbaglio il moccioso vive a casa con noi, avrebbe potuto dirmelo che sarebbe passata a prenderlo”
“Beh, forse perché siamo parenti..” azzardò il vecchio, non convincendo però l’uomo.
Ran, rimasta in disparte ad ascoltare il vicino di casa dell’amico d’infanzia e il padre, sembrò rattristarsi di colpo.
Per qualche strano motivo, quando c’era Conan con lei, quel vuoto che la mancanza di Shinichi le recava veniva sempre colmato; ma in quel momento, nel sapere che non aveva nemmeno assistito al suo incontro, sembrò approfondirsi ancora di più.
Strano come la mancanza o presenza di una persona possa influenzare il proprio stato d’animo.
“Ran-oneesan?” la vocina della piccola Ayumi la destò da quei pensieri malinconici, che represse in un angolo remoto della sua mente, per poi sorridere.
Fece per dire qualcosa quando Sonoko la tirò per la manica della felpa blu verso un angolo silenzioso della sala.
“Shinichi?” si limitò a chiedere, sapendo per certo che l’amica avrebbe intuito la sua allusione al ragazzo.
Sorrise malinconica, Ran.
Sonoko aveva la capacità di andare dritta al sodo senza molti giri di parole, finendo però quasi sempre col rattristarla.
Lei se ne accorse, e fece per sistemare le cose, venendo battuta sul tempo dalla karateka.
“Quello stakanovista di un detective non mi ha lasciata nemmeno finire di parlare” sputò acida, una vena che le pulsava sulla fronte e le braccia conserte, la borsa poggiata a terra accanto ai suoi piedi.
“Come non ti ha lasciata nemmeno finire?” domandò incredula la giovane ereditiera, con una nota di stizza nella sua voce.
“Stavo per dirglielo quando mi ha praticamente chiuso il telefono in faccia. Tsé, quell’idiota”
“Cosa stavi per dire a quell’idiota?”
Quella voce, così sfrontata e familiare, la fece rabbrividire nonostante il caldo di quella stanza stracolma di gente.
Gli occhi strabuzzati, la mandibola che, fuori dal suo controllo, si abbassò.
-Non è possibile-
Si voltò di scatto verso la fonte di quella voce in un movimento un po’ insicuro, come se avesse paura di averla solo immaginata, rimanendo però piacevolmente sorpresa dalla figura che le si parava davanti.
“Shinichi..”
 
 
 
 
 
 
 
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Nana’s Corner:
Konnichiwaaa!!!! :DD
Gommen nasai per il ritardo, settimana scorsa avrei dovuto aggiornare sia Zero che Akai Ito, ma non sono stata molto bene e quindi non sono riuscita nemmeno a scrivere >.<
Poi, per caso, settimana scorsa ho visto “Shadowhunters- Città di Ossa” e.. sì, mi è piaciuto talmente tanto che sono finita col leggere addirittura i primi due libri (340 pagine circa a testa) in meno di una settimana *O*
Quando mi fisso su qualcosa ^^”
E inoltre.. mi è venuta l’ispirazione e ho cominciato a scrivere alcuni abbozzi sulla trama.. per un’originale! :D
Già, aggiungendoci anche lo studio.. non ho avuto proprio occasione per scrivere.. e dire che volevo fare una OS per il White Day :(
Però dai, guardiamo il lato positivo: alla fine ce l’ho fatta a trovare un po’ di tempo per scrivere oggi appena tornata a casa u.u (In realtà, dato che sto mangiando torte da due giorni, sono bloccata sul divano e per combattere la noia mi sono messa a finire le ultime righe del capitolo lol)
Cooomunque.. ed eccoci qui col secondo capitolo di questa long! ^^
Come avevate già intuito tutti nello scorso, Ai ha trovato un antidoto. Che poi sia un prototipo o quello definitivo è ancora da scoprire, però è già un inizio. Per quanto riguarda la spiegazione sull’antidoto e la storia della mitosi, il co-enzima ecc.. gommen, non lo so spiegare .-.
Spero sia abbastanza chiaro dalla spiegazione di Ai, ma in ogni caso lascio i link sull’apoptosi (anche la telomerasi che ho dimenticato di accennare nel capitolo ma che, in breve, moltiplico a dismisura e più velocemente le cellule nel corpo di qualsiasi essere vivente), e la mitosi qui:
http://it.wikipedia.org/wiki/Apoptosi, http://it.wikipedia.org/wiki/Telomerasi, http://it.wikipedia.org/wiki/Mitosi.
Ed infine… SHINICHI! *__*
Sì, avete capito benissimo, è TORNATO! ^^
No, per la prima volta non comincerò con “chi vi dice che sia proprio Shinichi?” xD, ma più che altro, è perché suonerei ridicola :P
Allora, contenti? ^^
Sappiate solo una cosa: il fatto che Shinichi è già tornato potrebbe non essere una cosa tanto positiva, pero u.u (Nd tutti: guastafeste -.-“)
 
Scusatemi se non ho ancora finito di rispondere alle vostre recensioni, lo farò appena posso :)
Grazie a chi ha recensito lo scorso <3, chi ha aggiunto la storia a una delle tre sezioni e a chi legge solamente. Arigatou <3<3
Vado va, che “Città di Vetro” mi chiama *^* (sì, la mia è un’ossessione vera e propria.. O.o)
Grazie per aver letto ^^
 
xxx,
Nana.

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