Flight

di justme_stripped
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ***
Capitolo 2: *** Home ***



Capitolo 1
*** L'inizio ***


“Apri gli occhi.” Mi sussurrò una voce all’orecchio. Sospirai nervosa prima di alzare le palpebre. Avevo paura di ciò che avrei potuto vedere.
La neve scendeva lenta e si posava sui rami degli alberi secchi e sulle rocce. Il vento gelido mi graffiava le guance facendomi rabbrividire.
Delle montagne circondavano una piccola valle di campi incolti e di casette di legno. Improvvisamente capii che se fossi caduta da quell’altezza non sarei sopravvissuta. Il senso di nausea che avevo mi fece perdere la concentrazione e, per un secondo, la mia posizione stabile vacillò.
L’istinto mi suggerì di aggrapparmi a ciò che avevo più vicino, ma con le mani avvolte in spessi guanti di lana calda non riuscii a fare presa sulla mia unica speranza di salvezza. Ossia il braccio di Josh.
Egli non esitò ad afferrarmi l’orlo della giacca per tenermi in equilibrio. Delicatamente mi spinse un po’ più in alto per evitare che un’altra corrente fredda mi sospingesse via.
Buttai fuori l’aria dai polmoni con un solo respiro profondo e secco. Dovevo cominciare a essere più attenta a questo tipo di cose: non potevo semplicemente aspettare che qualcuno mi salvasse ogni volta che perdevo il controllo del mio corpo.
 Mentre cercavo di riprendere un battito normale dopo lo spavento di poco prima, Josh mi prese le mani per farmi voltare verso di lui.
“Tutto bene?” mi chiese. Annuii incerta, sapendo che se avessi detto il contrario mi avrebbe fatta scendere, subito.
Mi rivolse un sorriso dolce prima di spostarsi al mio fianco. Lasciò andare le mie mani, ma rimase abbastanza vicino da non farmi perdere l’equilibrio di nuovo.
I suoi occhi azzurro ghiaccio analizzarono il mio volto, come per capire se ero pronta per continuare. Quando gli sorrisi per risposta sembrò piuttosto sollevato. Nonostante ciò, continuò a lanciarmi qualche occhiata veloce.
Scossi la testa leggermente confusa quando Josh allungò un braccio per aiutarmi a scendere.
Certo, ero ancora spaventata per la mia “quasi” caduta dall’altezza di circa quaranta metri da terra, ma le emozioni che suscitava il volo erano a dir poco fantastiche. La sensazione di essere sospesa; poter aprire le braccia e urlare senza che nessuno mi guardasse male; sfogarmi. Questo era il principale motivo per il quale mi piaceva volare: sapevo che nessuno mi avrebbe vista e avrei potuto gridare e lasciare la rabbia e la tristezza al vento, che mi sosteneva in aria.
Poggiai una mano sulla sua spalla. Quel tocco m’infuse abbastanza coraggio da poter lasciare il mare di nuvole. Mi succedeva sempre: quando spiccavo il volo non  riuscivo più a scendere. Ero troppo attratta da quel fenomeno sovrannaturale che mi differenziava dagli altri.
Riluttante accettai la sua mano galante e, quando fui pronta, Josh mi fece calare lentamente di qualche metro. Atterrammo in una pineta. Un letto di aghi scuri e bagnati ricopriva il terreno e attutì il rumore dei nostri piedi che ci ricollegarono al mondo.
“Visto, è facile. Basta rimanere concentrati.” Josh mi sorrise.
“Certo, per te è tutto facile, eh Mr. Easy?” lo spinsi scherzosamente. Ridacchiò mentre cercava di riprendere l’equilibrio.
Ci dirigemmo alla baita per riprendere le forze dopo la faticosa azione del librarsi in volo.
Subito dopo essere atterrata, due grandi, ma leggere, ali azzurre scomparvero, così com’erano apparse, tra le scapole.






_Angolo 'autrice'_
Questa è la primissima volta che pubblico una storia e, data la mia scarsa abilità, credo sarà anche l'ultima.
Spero non siate cattivi, (se mai qualcuno la leggerà).
Abbiate un po' di pietà per una povera e sola adolescente come me. 
Detto ciò, non credo farò molti capitoli e nel remoto caso in cui qualcuno s'interessi alle cose che la mia mente malata produce, beh, c'è la possibilità che vada avanti. 
Grazie a tutti, peace ✌

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Capitolo 2
*** Home ***


La prima volta in cui mi accorsi di essere diversa fu quando, insieme alla scuola, stavo visitando un museo.
La struttura era piuttosto imponente e arrivava a cinque piani d’altezza. Mentre stavo salendo le scale per arrivare all’ultimo piano, la mia maglietta si strappò improvvisamente sul dorso, facendo spazio alle piumose ali azzurro-argentate delle quali non sapevo neanche l’esistenza. Quelle ingombranti parti del mio corpo colsero alla sprovvista i professori, i quali vietarono a tutti gli alunni di avvicinarsi a me.
Prima di allora non mi era mai successo niente di simile, ma da quel giorno in poi evitai di salire oltre il quarto piano di un edificio.
Qualche giorno dopo l’episodio, un ragazzo sui sedici anni, Josh, mi venne a trovare a casa.
Inizialmente pensai che fosse uno dei tanti altri ragazzi che volevano vedere il “mostro”.
Poi, dopo essersi guardato intorno furtivamente, senza alcun preavviso, spalancò le sue ali argentee e capii che non era arrivato davanti alla mia porta per insultarmi.
Non mi feci ripetere due volte, quando mi chiese di partire con lui verso un posto dove non dovevo sentirmi diversa, non preparai neanche le valigie e me ne andai insieme allo sconosciuto.
Sobbalzai appena quando scoprii che esistevano altri come me.
Abbandonai la mia vecchia vita, la mia famiglia e la casa.
Tutto questo per sentirmi accettata…in un posto lontano da tutti.
E ora, passate due settimane dalla mia partenza, mi ritrovavo in un rifugio per ‘Oioni’, così ci chiamiamo. Le nostre origini mi erano ancora oscure, tutto ciò che sapevo era che i primi esemplari della nostra specie risalivano ai tempi della Grecia.
Quel luogo era davvero unico, isolato da tutto e tutti. Il rifugio era nel mezzo di una valle, dove la natura prevaleva su tutto. Mentre si camminava per le strade di terra battuta ci si poteva imbattere in famiglie di volpi o cerbiatti che non mostravano neanche un po’ di paura nei nostri confronti.
Sembrava un sogno, tanto era magico quel posto.
Se solo anche mia madre avesse visto quel bel paesaggio! A lei piacevano tantissimo le montagne innevate… Già, mia madre…
Come se mi stesse leggendo nella mente, Josh disse: “Dovresti chiamare i tuoi, così, per non metterli in agitazione.”
Annuii, abbassando lo sguardo sul mio piatto di pasta che avevo ordinato qualche minuto prima. Ora non avevo più fame.
La mia famiglia mi mancava. Tanto. Ma non potevo di certo tornare in quel posto dove tutti mi avrebbero guardata male e chiamata “strega” e dove soprattutto ero ricercata dalle più efficienti forze dello stato, quali FBI e CIA.
Abbandonai la forchetta sul tovagliolo, decisa ormai che non sarei stata in grado di finire il pranzo.
Josh, un po’ preoccupato, allungò una mano dall’altro lato del tavolo per prendere la mia e rassicurarmi. “Andrà tutto bene, te lo prometto” furono le sue parole affettuose.
Non osai nemmeno alzare il viso per guardarlo.
Mi sentivo male: la mia famiglia mi voleva bene e tutto quello che ero riuscita a fare era stato scappare da casa con un ragazzo, che non conoscevo, senza nemmeno avvertire della mia partenza.
Mi si strinse il cuore a pensare a mia madre che piangeva, mentre mi chiamava disperatamente sull’entrata di casa.
Mi sistemai meglio sulla panca, mentre delle lacrime corsero sulle mie guance.
Mi alzai dal tavolo non riuscendo a credere alle parole di Josh e uscii dal locale. Quando tornai all’esterno il pianto era diventato incontrollabile. Mentre mi asciugavo gli occhi col dorso delle mani nude, corsi lontana, pur non sapendo dove andare.
Mi pentii di non aver preso i guanti che avevo lasciato nella baita. Fuori nevicava ancora e il vento si era alzato ulteriormente, cercando di strapparmi la giacca che avevo addosso. Mi strinsi nelle spalle ed espirai formando una nuvola di vapore davanti a me.
Gli occhi mi bruciavano dalla tristezza e le gambe mi dolevano per la corsa senza sosta.
Non seppi bene il perché, ma quasi istintivamente tornai nella pineta dove Josh ed io eravamo atterrati.
Da quell’angolo si poteva scorgere un pezzo di cielo tra i rami dei sempreverdi che mi circondavano.
Uno stormo di uccelli neri planarono giocosamente tra le forti correnti e si lasciarono trasportare.
In quel momento invidiai quei volatili che pacatamente si dirigevano verso le cime delle montagne innevate. Loro erano liberi e uniti allo stesso tempo.
Rimasi per un tempo indefinito a fissare lo squarcio di cielo che avevo sopra di me.
Mi sedetti sugli aghi umidi e lasciai che i ricordi della famiglia mi rigassero nuovamente le guance.
Josh mi fissava, sapevo che era lì accostato ad uno degli enormi tronchi dei pini, ma rimasi immobile. Non cercai di allontanarlo e lui non se ne andò.
Dopo alcuni minuti, si avvicinò e mi si sedette affianco in silenzio.
Continuai a fissare le nuvole alte nel cielo. 
Lentamente mi si chiusero le palpebre dalla stanchezza e dalle troppe emozioni provate in un solo giorno.
Mi addormentai sul suo petto. 


-Angolo 'autrice'-
Hola, non so se qualcuno leggerà questo capitolo, ma io lo scrivo comunque.
Credo di averci messo quasi un anno ad aggiornare questa ff, ma ehi, l'importante è che abbia aggiornato, no? 
Il prossimo capitolo (perchè sì, ce ne sarà anche un altro), l'ho scritto mentre ero a scuola nell'ora di matematica, quindi potrete immaginare il tipo di emozioni che mi ha suscitato l'ambiente circostante haha
Spero che qualcuno legga e che sia di vostro gradimento! 
-C

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