Crescere insieme

di mattmary15
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una giornata come un'altra ***
Capitolo 2: *** Che razza di giornata! ***
Capitolo 3: *** Ma la notte, la notte.... ***
Capitolo 4: *** Il giorno giusto ***
Capitolo 5: *** Un giorno di pioggia ***
Capitolo 6: *** Una notta bellissima ***
Capitolo 7: *** La felicità ***
Capitolo 8: *** Alley oop ovvero 'che schifo di giornata' ***
Capitolo 9: *** Stai scherzando vero? ***
Capitolo 10: *** Che vada al diavolo! ***
Capitolo 11: *** Stai semplicemente vivendo ***
Capitolo 12: *** I giorni migliori della nostra vita ***
Capitolo 13: *** Il giorno della partita ***



Capitolo 1
*** Una giornata come un'altra ***


Un giorno come un altro

La sveglia suona alle sei.
La spengo e mi volto dall’altra parte. Neko non è d’accordo con me. Vuole mangiare. Stupido gatto. Ha sempre fame.
Mi alzo e il contatto tra il pavimento freddo e i miei piedi nudi mi ricorda che dormire non è un’opzione adesso.
Mi spoglio, lavo e infilo la tuta.  La divisa scolastica finisce nella borsa da allenamento. Non mi serve per ora.
Bevo un succo di frutta e do da mangiare a Neko che così smette di tormentarmi e si dimentica che esisto. Bravo gatto.
Esco. E’ a malapena chiaro. Fa nulla, con questa luce il canestro del campetto dietro casa lo vedo lo stesso. Prendo la bici e parto. Musica nelle orecchie.
Non la tolgo nemmeno mentre comincio il riscaldamento. Beata pace. Qui non c’è nessuno. Prendo la palla e la stringo tra le mani. Com’è possibile che sfiorare quel tessuto rugoso mi dia sempre la stessa scarica di adrenalina anche quando si tratta di un semplice allenamento?
Chiudo gli occhi e piego le ginocchia. Inarco la schiena e sollevo i gomiti. Inspiro. Apro gli occhi e lascio che, nell’esatto momento in cui l’aria mi fuoriesce dai polmoni, la palla si stacchi dal mio corpo tutto teso verso il canestro.
Flap.
La rete si gonfia e sgonfia. Ha tirato un respiro pure lei.
Mentre si fa giorno, io godo di ogni singolo istante di silenzio interrotto solo dal cadenzato battere della palla sul cemento. Tra poco è ora di entrare in classe. Guardo con nervoso il canestro arancione e riprendo la bici.
Quando arrivo a scuola è pieno di svampite che ridacchiano al mio passaggio e di ebeti che le guardano sbavando.
Tiro dritto e raggiungo la classe. Il mio banco è lì ad aspettare che ci poggi i gomiti così che possa addormentarmi. Nessun professore riuscirà a convincermi che c’è qualcosa che valga la pena ascoltare.
Riuscirei a battere il record del sonno facile se non ci fosse lui.
Avete presente la cosa più fastidiosa che esiste al mondo? E’ niente rispetto a lui.
Pare che tutta la sua esistenza sia finalizzata ad un solo scopo: distruggermi i nervi. E pensare che ne ho tanti di nervi. A volte mi sembra di essere fatto solo di nervi!
Chiudo gli occhi. Se il professore mi ignora, perché dovrei consentire a lui di impedirmi di dormire?
Niente. Sta parlando. Parla continuamente se ci penso. Dice, come al solito, cose senza senso. Insulti diretti a me, per lo più. Come fa a dire una così grande quantità di inutilità? Stupido idiota.
Se non fosse un compagno di squadra del club di basket, non dovrei averci niente a che fare.
Peccato che sia bravo. Peccato che sia bravo e lui non lo sappia. Peccato che sia bravo, che lui non lo sappia e che gli altri pensino per lo più che sia uno stupido idiota.
Se parlasse di meno e si allenasse di più sarebbe un giocatore discreto. Del resto se in squadra ci sta uno come Kogure, possiamo anche tenere lo stupido idiota. Una buona riserva uno, una buona riserva l’altro.
Tutto questo se lui non credesse di essere un genio! In effetti, non sa davvero di essere portato per questo sport, di essere bravo, riesce comunque a sparare cazzate dicendo ogni due parole che è un genio.
Considerando che parla continuamente, dice continuamente di essere un genio.
Maledizione!
Se non posso dormire, vorrà dire che mi farò espellere. La mia media è buona e me lo posso permettere. Ci metto pochi minuti a mandare su di giri il prof di matematica e lui mi spedisce fuori. Lui ridacchia, io pure. Raggiungo la terrazza e mi sdraio al sole. Batto il record del sonno facile.
Mi sveglia lo schiamazzo di un gruppo di ragazzi che raggiunge l’ombra di un albero in giardino per il pranzo.
Scendo e raggiungo la palestra. Non c’è ancora nessuno. Gli spogliatoi sono deserti. Mi cambio e infilo la maglia numero undici. Il rosso mi piace. E’ il mio colore preferito. Mi guardo allo specchio. Perché questo pensiero mi fa pensare a lui? Infilo la fascia al braccio e raggiungo il campo.
E’ arrivato anche Kogure. Mi saluta con un sorriso. Faccio uno dei miei soliti cenni. A volte sono proprio stronzo. Kogure è un ragazzo in gamba. Sa di non essere all’altezza a volte ma non si comporta come lo stupido idiota ed io sono troppo cinico quando si tratta di basket.
La porta si apre ed entra Ayako. Lei è a posto. La sola ragazza della scuola che non abbia provato almeno una volta a infilarmi la lingua in gola. L’ammiro, davvero. Anche perché deve allenare lo stupido idiota. Alle calcagna inoltre ha sempre il nostro play Ryota Miyagi. E’ bravo lo stronzetto! Compensa la scarsa altezza con la velocità e una massiccia dose di fiducia in se stesso. Inoltre sa bene che sono l’arma migliore della squadra e sa come valorizzarmi in campo. Dietro a lui arrivano alla spicciolata una manciata di mezze seghe e gli amici dello stupido idiota. Si definiscono la sua armata. Imbecilli. Finalmente arrivano anche Hisashi Mitsui cui va tanto di cappello per come gioca e Takenori Akagi, il nostro capitano, anch’egli meritevoli di tanta stima.
Manca solo l’idiota. Prendo il pallone e comincio a scaldarmi. Ecco la scarica di adrenalina che arriva. Prendo la mira e mi compare davanti lui!
Lui è Hanamichi Sakuragi, il più stupido, incapace, idiota, mentecatto, tremendo giocatore di basket di questa squadra, forse dell’intera prefettura, probabilmente del mondo. Ma è il numero dieci della mia squadra, lo Shohoku, ed è la mia nemesi.
Maledizione!

Non c’è niente da fare.
Anche stamattina sono in ritardo. Devo correre per non essere lasciato fuori dalla scuola. Non che me ne freghi un cazzo delle lezioni ma se perdo quelle, salto gli allenamenti di basket.
Pensare che prima di conoscere Haruko Akagi, io il basket lo odiavo! Mollato per un giocatore di basket senza sapere che io stesso sono un giocatore di basket! Il migliore che questa scuola abbia mai visto!
Riesco miracolosamente ad entrare ad un soffio dal suono della campanella e raggiungo la classe.
Eccolo la. Lui, il motivo della mia infelicità costante. Se qualcosa va male nella mia vita, posso star certo che la colpa sia sua. E’ colpa di Kaede Rukawa. E’ colpa sua se in squadra non capiscono che sono io il migliore, è colpa sua se la mia Haruko non si decide a capire che sono io l’uomo giusto per lei, è colpa sua se in classe non riesco a concentrarmi, è colpa sua se i miei amici mi prendono in giro durante gli allenamenti, è colpa sua se gli avversari dello Shohoku non mi prendono sul serio.
Come fanno tutti quanti a non vedere il mio genio e a venerare quella stupida faccia da volpe?
Bhé, se devo essere completamente sincero con me stesso e non lo ammetterò mai con nessuno, Rukawa è veramente un portento quando gioca a basket. Sembra che la palla, come tutte le ragazze che muoiono ai suoi piedi, sia cotta di lui e obbedisca docilmente ad ogni suo desiderio. Fa delle cose che non so neanche immaginare in campo. Come diavolo fa? Mito, il mio migliore amico, dice che ha quella cosa che si chiama talento.
Talento? Talento per cosa? Per muoversi con tanta eleganza in uno sport fisico e a tratti bestiale?
Quando sono riuscito ad entrare in squadra, ero convinto che battere di forza il capitano fosse stata la palese dimostrazione della mia superiorità. Poi sono cominciati gli allenamenti e faccia di volpe mi ha dimostrato che non si tratta solo di forza. Quanto mi da fastidio questa cosa! E’ per questo che ho deciso di tormentarlo. Perché più di tutto mi da fastidio quella sua calma, quella indifferenza per ogni cosa. Io devo fare tutta quella fatica per dimostrare il mio valore e lui ottiene tutto con una scrollata di spalle.
Finalmente il professore lo butta fuori.
Strano. Nelle ore di lezione che seguono, mi ritrovo più volte a fissare il suo banco vuoto. Di sicuro è in terrazza a dormire! Mi sono accorto ultimamente che, quando lui non è in giro, mi annoio. Anche in campo. Ci sono dei momenti in cui credo che non sia più Haruko il motivo per cui continuo a giocare a basket. Questo sport mi piace. Mi ha preso molto più di quanto non mi aspettassi. Mi esalta preparare una partita. E’ come preparare una battaglia e il mio avversario preferito è sempre lui: Kaede Rukawa.
Le lezioni finiscono e io corro in palestra. Mi toccano i fondamentali e prima di entrare in campo, ce ne vorrà di sudore. Corro lo stesso perché so per certo che lui è già li. Arriva sempre per primo. Deve essere sempre il primo lui. Per questo lo odio. L’ho già detto che non lo sopporto? Per questo veniamo spesso alle mani. Ci pestiamo a sangue. Io però aspetto il momento in cui sarò in grado di battermi con lui sul parquet. Perché lui è la mia ossessione, lui è il mio bersaglio. Kaede Rukawa , il numero undici dello Shohoku.

Sarei curiosa di conoscere i pensieri di ognuno di loro prima di una partita importante.
Tra quattro giorni giocheremo una partita di allenamento con il Ryonan. Non è quella che definisco una partita importante, anche se i ragazzi ci tengono a non sfigurare. E’ un’amichevole e il motivo per cui serpeggia un velato nervosismo generale in realtà, è la presenza degli osservatori della nazionale giovanile. Selezioneranno dieci giocatori, cinque titolari e cinque riserve per un quadrangolare tra Lituania, Stati Uniti, Spagna e Giappone.  Inutile dire che quando Anzai ha dato la notizia, tutti i ragazzi hanno rizzato le antenne. Tutti tranne Hanamichi che non ha capito nulla e ha cominciato ad inveire contro Rukawa. Tanto per cambiare! Ogni occasione è buona per lui per insultare Kaede.
Il mio vecchio compagno di classe sembra, comunque, sopportarlo di buon grado. All’inizio ero convinta che le loro scazzottate prima o poi sarebbero degenerate in qualcosa di brutto tipo l’espulsione di uno dei due o di entrambi, invece ho capito che è semplicemente il loro modo di comunicare. Kaede non è mai stato uno che parla molto. Sin dalle elementari stava sempre per conto suo. Appena è stato abbastanza grande per far rimbalzare una palla da basket, si è isolato completamente. Io sono stata sempre sua amica, abbastanza almeno per sapere che questo suo modo di essere ha un solo responsabile: suo padre. Con Hanamichi ha creato uno strano rapporto. Nonostante Rukawa sappia di essergli superiore, è come se ci tenesse a sfidarlo. In quel suo modo di provocare l’altro è come se cercasse compagnia, come se, dopo tanti anni, si fosse stufato di starsene solo.
Sakuragi, dal canto suo, si comporta come se la sfida lo facesse infuriare, ma in realtà sembra più che altro soddisfatto che l’altro, in qualche modo, gli riservi le sue attenzioni.  A guardarli, quei due bambinoni, mi viene quasi da sorridere per quanto sono teneri.
L’allenamento termina con i soliti battibecchi mentre Ryota continua a corteggiarmi. Se sapesse che mi piace, sarebbe la mia fine. Io però sono Ayako, la manager migliore del mondo e non posso distrarmi per queste cose adesso. La mia missione è portare lo Shohoku in vetta al campionato. Per farlo devo tenere insieme questa massa di caproni. Devo impedire a Mitsui di tornare ad essere un teppista, a Miyagi di guardarmi le tette, ad Akagi di pensare troppo che questo è il suo ultimo anno e ad evitare che Rukawa e Sakuragi si uccidano a vicenda!
Sono l’ultima ad uscire perché faccio attenzione che tutte le luci vengano spente. Il club non ha così tanti soldi per pagare bollette esorbitanti.
Sono andati tutti via. C’è solo Rukawa fuori che armeggia con il lucchetto della sua bici. Gli si avvicina un tipo alto con le mani in tasca. Deve essere uno studente di un’altra scuola perché la sua uniforme è diversa. Rukawa si alza e lo fronteggia. Si stanno dicendo qualcosa che sembra non interessare a Kaede che monta in bici e se ne va.
“Che ci fa quello qui?”
La voce di Hanamichi mi fa sobbalzare. Mi ero dimenticata che fa allenamenti supplementari. Doveva essere ancora negli spogliatoi.
“Non lo so. Parlava con Rukawa. Tu lo conosci?”
“Guarda che lo conosci anche tu! E’ Fukuda del Ryonan. Ora la volpe parla con il nemico?”
“Hana guarda che è un’amichevole! Comunque non lo avevo riconosciuto! In effetti, ora che me lo nomini, mi ricordo di lui. Fukuda… l’amico di Sendoh.”
Incrocio le braccia pensierosa. Sendoh è un altro pallino di Kaede. Quando lo ha visto giocare la prima volta, uno strano fuoco si è acceso nel suo sguardo. Ha detto testuali parole “Questo merita tutta la mia attenzione” che per Rukawa è un discorso di una certa complessità. So che si sono incontrati più volte da soli nel campetto dietro casa di Kaede. So anche, per via delle chiacchiere di Haruko e delle altre ragazze che anche Sendoh è interessato a Kaede, anche se non solo sportivamente. In effetti, durante una partita di allenamento tra lo Shohoku e lo Shoyo, lui si è avvicinato alla panchina per osservarlo e io gli ho rivolto la parola dicendogli che non poteva stare li. Mi ha sorriso con una delicatezza disarmante e mi ha chiesto il favore di rimanere.
“Per cortesia, vorrei vedere Rukawa da vicino. Lui non si fa osservare da vicino e a me piace tanto guardarlo. Non lo trovi bellissimo anche tu?”.
Sono rimasta interdetta e non ho saputo dirgli di no. Quando la partita è finita, ha teso un asciugamano a Kaede che l’ha preso senza esitare. Si sono scambiati solo uno sguardo quella volta ma sono certa che si siano incontrati spesso. 
Hanamichi si deve essere accorto che sto rimuginando su qualcosa e mi sfila le chiavi di mano.
“Va a casa, qui chiudo io. Non ti preoccupare. In cambio mi dici a cosa stavi pensando riguardo a Rukawa e Sendoh?”
Pestifera scimmia rossa! Come ha fatto a capire che aveva associato Rukawa a Sendoh? Ad ogni modo non posso lasciarmi scappare una parola. Ci manca soltanto che domani entri in campo urlando qualche sfottò su una possibile storiella sui due!
“Non stavo pensando niente del genere! Ma figurati, con tutte le ragazze che ronzano dietro a Rukawa!”
Hanamichi sorride.
“Guarda che lo so che Sendoh è interessato a Rukawa. Me lo ha detto lui stesso!”
Stavolta non posso impedire che la mia mandibola diventi preda della forza di gravità.
“Ma che dici?”
“Una volta l’ho beccato che spiava Rukawa mentre si allenava nel campetto dietro casa sua. L’ho preso in giro. Non credevo davvero che mi avrebbe confessato una cosa simile. Invece mi ha guardato dritto negli occhi e mi ha detto che lui è molto attratto da Rukawa.”
Sarà una mia impressione ma, mentre mi dice queste cose, lo sguardo di Hanamichi vaga, triste, nel vuoto. Per stemperare quell’atmosfera lo punzecchio.
“E tu che ci facevi lì? Anche tu a spiare Rukawa?”
Lui agita le braccia imbarazzato.
“Passavo di lì per caso!”
“Sì, come no!”
“Basta! Chiuditela da sola la palestra!”
Urla, sbraita e se ne va.
Spengo le luci e chiudo. Mi incammino verso casa mia. In effetti, ho sempre pensato che Rukawa non degnasse le ragazze di uno sguardo perché troppo impegnato col basket e teso verso il suo obiettivo di diventare il miglior giocatore del Giappone prima, del mondo poi e dell’universo alla fine. Eppure un tarlo comincia a rodermi la mente. Possibile che Kaede possa essere invece interessato a Sendoh? La voce di mia madre mi distrae da questi pensieri e mi convinco che è tempo di non pensare più allo Shohoku per stasera.

La sveglia suona alle sei.
La spengo e mi metto seduto sul letto. Mancano tre giorni all’amichevole e devo allenarmi. Neko miagola e si struscia ai miei piedi. Vuole mangiare. Stupido gatto. Ha sempre fame.
Mi alzo e raggiungo il bagno. Mi spoglio, lavo e infilo la tuta.  La divisa scolastica finisce nella borsa da allenamento. Di nuovo.
Bevo il mio succo di frutta e do da mangiare a Neko che si dimentica subito della mano che lo ciba. Bravo gatto.
Esco e mi accorgo che piove. L’opzione campetto dietro casa è esclusa. Mi ammalerei e addio partita. Mi ricordo che Ayako lascia le chiavi della palestra sulla lastra del primo finestrone a destra. Mi decido ad andare ad allenarmi li. Prendo la bici e parto. Musica nelle orecchie. Con l’impermeabile tirato su fino agli occhi a malapena vedo la strada. Io sono un tipo fortunato agli incroci.
Raggiungo la palestra. La chiave è dove dovrebbe essere. Mi tolgo l’impermeabile e comincio l’allenamento.
Sono migliorato molto negli ultimi mesi. Soprattutto nella percentuale di realizzazione. Certo, sono ancora fisicamente un po’ indietro rispetto agli altri ma compenso in stile e improvvisazione.
Se fossi un po’ più forte, se avessi la resistenza di quello stupido idiota, per esempio, sarei perfetto. La mia eleganza e il mio estro con la sua forza. Che unione ragazzi!
Canestro.
Questo era davvero bello. Perché, da un po’ di tempo a questa parte devo finire sempre con il pensare a quella stupida testa rossa? Non basta quanto mi tormenta con la sua presenza? Ora deve infastidirmi anche quando non c’è? Scuoto il capo e mi asciugo il sudore della fronte con la fascia che porto su braccio.
E’ ora di staccare. Faccio la doccia, visto che sono qui. Gli spogliatoi sono un po’ freddi ma il getto dell’acqua calda riempie subito la stanza di vapore. Mi spoglio e beneficio della sensazione di relax che scioglie i miei muscoli tesi per l’allenamento.
Esco e comincio a rivestirmi quando vedo qualcuno nello spogliatoio. Chissà perché mi viene in mente che sia lui. Forse fa i suoi allenamenti speciali anche di mattina?
“Di buon’ora idiota?”
Viene verso di me e lo riconosco troppo tardi quando già mi è addosso schiacciandomi contro gli armadietti.
“L’hai voluto tu, Rukawa! Ti ho detto di starmi a sentire! Tu pensi di essere migliore degli altri e non dai retta a nessuno! E’ per questo che gli piaci tanto? Già pensa a quando starete in ritiro insieme e io non posso sopportarlo, lo capisci? Niente di personale. Voglio solo che tu dica che starai lontano da lui!”
Ha gli occhi iniettati di sangue ma non mi fa paura. Io non ho mai paura. Gli prendo i polsi cercando di allontanarlo da me.
“Sei un deficiente. Ci incontreremo sempre! Giochiamo partite continuamente! Come pensi che potrei rispettare una simile richiesta? E poi, non è un mio problema. Se ti interessa, diglielo in faccia e accetta la sua risposta.”
A questo punto dovrei frenare la lingua perché mi ha già dato una serie di pugni e ho capito che è più forte di me. Non posso difendermi. Lui però pare non essere soddisfatto.
“Forse non hai capito! Lui a te non interessa! Perché non la smetti di giocare con lui? Io gli voglio bene e tu non me lo porterai via!”
Urla e mi scaraventa a terra. Mi divincolo ma i pugni che gli tiro sembrano fargli il solletico. Mi sbatte la testa contro il pavimento e sono quasi certo che il sapore che sento in bocca sia sangue. Il mio. Si alza e io spero che ne abbia avuto abbastanza invece mi trascina per una caviglia fino alla vasca piena d’acqua.
“Vediamo di rinfrescarti le idee, Rukawa. Voglio che ti dimentichi persino dell’esistenza di Sendoh!” dice infilandomi la testa sott’acqua. Ora comincio a credere che sia pazzo e che mi ucciderà. Mi lascia ricadere al suolo e prendere aria, solo quando vede che non mi agito più nell’acqua. Mi volto e lo fisso negli occhi. Con rabbia perché non vedrà mai la paura in me.
“Non hai la minima possibilità con lui se ti comporti così!”
Ho decretato la mia fine perché, anche se quello che ho detto lo penso davvero e voleva essere un suggerimento da amico, è suonato come una condanna alle sue orecchie. Solleva una panca e me la scaraventa addosso. Risultato. Non vedo più nulla. Sento ancora qualcosa ma non riesco a capire. Qualcosa di caldo mi scorre sulla faccia. Non riesco più a muovermi. Se è un incubo, è questo il momento in cui devo svegliarmi. Mi sento cadere. Il pavimento è freddo. Io ho freddo. Provo a dire al mio corpo di alzarsi. Fa freddo. Sento freddo, nient’altro che freddo.


Note dell'autrice:
Ecco il primo capitolo di questa storia nata un po' di tempo fa che ho riletto di recente e deciso di pubblicare.
Ovviamente i personaggi non sono miei (Inutile dire che appartengono ad Inoue) anche se mi piacerebbe che almeno Rukawa fosse tutto mio!!!
A presto! Kisses.

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Capitolo 2
*** Che razza di giornata! ***


Che razza di giornata!

 

Incredibile! Stamattina non sono in ritardo. Non devo correre per non essere lasciato fuori dalla scuola. Devo correre in palestra però per il mio allenamento supplementare. Tra tre giorni ci sarà la sfida con il Ryonan e non mi importa di ciò che dice Ayako. Per me sarà come una guerra. Loro credono che me non importi nulla delle selezioni giovanili. Ho sentito Miyagi dire che sarei più contento di rimanere a casa con il campo sgombro dagli altri pretendenti di Haruko. Non hanno capito che a me interessa. Io voglio essere selezionato. Con loro dico che la cosa è scontata perché non ammetterei mai di sentirmi inferiore, però mi accontenterei di essere selezionato tra le riserve. So di non essere all’altezza di Rukawa o Akagi, tuttavia non voglio rimanere indietro. Non voglio restare qui con Haruko, voglio andare in ritiro con Rukawa!
Aspettate, non è proprio questo il concetto. O sì?
Arrivo alla palestra. Che strano, è aperta. Sta a vedere che la volpe è già qui che si allena? Non riesco ad immaginare nessun altro a parte me e lui tanto fissati per venire qui prima della scuola!
La palestra è vuota ma c’è una palla all’altezza dell’arco dei tre metri.
Tracce del volpino!
Raggiungo lo spogliatoio. Aprirò la porta di colpo così, quasi certamente, gli farò prendere un colpo!
Peccato che la porta sia già aperta. Entro. C’è un odore strano dentro e qualcosa in me comincia a dare segni di nervosismo. Qualcosa non va.
“Rukawa sei qui? C’è nessuno?”
Giro l’angolo degli armadietti e quello che vedo mi lascia completamente pietrificato.
Disteso a terra, in una pozza di sangue e acqua, c’è Rukawa. E’ riverso di lato, la testa piegata leggermente in avanti, le braccia completamente abbandonate, le gambe tirate un po’ verso il busto come a voler proteggere l’addome. Convinco il mio corpo a muoversi. Lo raggiungo e mi piego su di lui. Vorrei sollevarlo, scuoterlo ma una parte di me si rende conto che non ha preso parte ad una semplice rissa. E’ ridotto male. Ha solo i pantaloni addosso. Afferro la maglia della tuta che è a terra vicina ad una panca divelta e gliela poggio sulle spalle. Lo sollevo e sento che trema un poco. La testa gli si rovescia all’indietro. Esco di corsa. Non devono vederlo gli altri studenti o gli insegnanti. Lo caccerebbero via dalla scuola prima che possa svegliarsi per dare una spiegazione. Le risse all’interno del liceo sono punite con l’espulsione.
Inconsapevolmente sto correndo. Il pensiero che possa non svegliarsi mi ha gelato il sangue nelle vene. Me lo carico in spalla sperando che non abbia emorragie interne o traumi alla testa. Ma che diavolo gli sarà capitato? Chi può averlo raggiunto in palestra?
Il pronto soccorso mi accoglie con la sua solita confusione. Sembra che nessuno si sia accorto che il ragazzo che ho in spalla sta male. Nessuno pare volermi ascoltare. Urlo.
Tutti si fermano e un’anziana infermiera mi viene incontro. Un dottore chiama una barella e un’infermiera più giovane chiede una maschera per l’ossigeno. Lo guardo, pallido come mai, ricoperto di ematomi e bagnato del suo sangue, della pioggia e del mio sudore.
Seguo il lettino che lo porta nella sala emergenze fino a che l’anziana infermiera non mi dice che lì non posso entrare. Appena le porte si chiudono, scivolo a terra, schiena contro la parete. Guardo l’orologio. Sono le otto e quarantasette. Non c’è niente da fare. Anche stamattina ho fatto tardi a scuola. Ho corso. Come non ho corso mai. Non me ne frega un cazzo delle lezioni, ora non me ne frega neppure degli allenamenti di basket. Voglio solo che esca qualcuno da quella stanza a dirmi che Rukawa è vivo e sta bene. Come può un’ora cambiare così tanto la prospettiva della tua vita? Fino ad un’ora fa, tutto ciò che volevo era battere il Ryonan e andare in ritiro. Ora voglio solo che mi ridiano Rukawa. Sgrano gli occhi perché improvvisamente ho realizzato il senso di ogni cosa che ho fatto negli ultimi mesi. Devono ridarmi Rukawa perché senza di lui sparisce ogni progresso che ho fatto, tutta la fiducia in me stesso che ho conquistato, la gioia di giocare a basket. Lui è il termometro della mia felicità. Stringo i pugni cercando di capire perché quel maledetto volpino ora è nella sala emergenze di un ospedale. Ripenso a come l’ho trovato e rabbrividisco. Inoltre sono uno stupido. Non ho pensato che, quando gli altri arriveranno in palestra, troveranno gli spogliatoi sottosopra. Mi alzo e raggiungo un telefono. C’è solo una persona che posso chiamare.

“La signorina Ayako Sawa è pregata di recarsi immediatamente in segreteria, la signorina Ayako Sawa è pregata di recarsi immediatamente in segreteria.”
La voce all’altoparlante continua a dire la stessa frase già da qualche minuto. Mi sono messa a camminare veloce. Che cosa può essere successo? Mia madre? Mio padre? Lo Shohoku?
Busso e la porta della segreteria si apre e trovo la bidella con la cornetta del telefono in mano.
“Ayako Sawa?”
“Sì.”
“Al telefono. E’ urgente.”
La bidella esce e chiude la porta.
“Pronto?”
“Ayako, sono Hanamichi.”
Mi viene voglia di urlare.
“Cos’hai combinato, idiota?”
“Ayako…”
La voce dall’altra parte non esce. Capisco che Hanamichi è in difficoltà e ammorbidisco il tono.
“Hana, cosa è successo? Stai bene?”
Sospiro.
“Sì. Ho bisogno di un favore. Devi correre in palestra e mettere ordine negli spogliatoi. Non posso stare al telefono ora. Fidati di me. Troverai un po’ di casino ma non spaventarti.”
“Spaventarmi? Imbecille, sono già spaventata. Ora mi dici che è successo, capito?”
“Hanno pestato Rukawa. E’ in ospedale. Non so ancora nulla, i medici non mi dicono niente. Non lo devono sapere a scuola, capito?”
Le parole sono così veloci che credo di non aver compreso.
“Rukawa è in ospedale? Hanamichi chi è stato? Se tu c’entri in questa storia io ti ammazzo, lo sai vero?”
“Non sono stato io! Non potrei mai fare una cosa simile!”
La voce di Hanamichi è rotta dal pianto. Sono stata una stupida ad accusarlo di una cosa simile.
“Ok, ok. Della palestra mi occupo io. Devo dirlo agli altri però. Mi chiederanno che fine avete fatto. Dopo la scuola siamo da te, ok? Tieni duro finché stai lì da solo.”
“Aya?”
“Sì?”
“Bisogna chiamare suo padre?”
“Suo padre?” esito, non sono brava a mentire “No, Hana, meglio di no se non è grave. Vediamo che dicono i dottori, ok?”
“Ok.”
Attacco. Ora sì che corro. Le lezioni possono finire qui per oggi. La palestra è aperta. Speriamo non sia entrato nessuno. Mi chiudo dentro e raggiungo gli spogliatoi. Dei, ma quanto sangue c’è? Che è successo qui? Ripenso alle parole di Hanamichi: “Hanno pestato Rukawa”.
Chi può aver fatto una cosa simile? Nemmeno quando la banda di Mitsui è venuta in palestra ad attaccar briga, ho visto tanto sangue. Allora erano in molti ad essersi feriti. Questo sangue appartiene tutto a Rukawa.
Mentre cerco di sistemare tutto alla meglio e pulisco il sangue dal pavimento e dalle pareti, mi viene da piangere. Non mi accorgo del tempo che passa fino a che non sento vociare. Sono i ragazzi che si chiedono come mai la palestra è chiusa.
Apro la porta senza farmi vedere e li faccio entrare. Kogure si accorge subito che ho pianto.
“Che è successo Ayako?”
Ryota mi mette una mano sulla spalla. Vuole sapere. Guardo Haruko. Lei è innamorata di Kaede, come la prenderà?
“Ragazzi, è successa una brutta cosa. Stamattina Rukawa è stato aggredito negli spogliatoi.”
Tutti si allarmano. Akagi li zittisce e chiede.
“Dov’è ora? Chi è stato?”
“Quell’idiota di Sakuragi, vero?” esclama Ryota.
Scuoto il capo.
“Non lo so. Sakuragi l’ha trovato begli spogliatoi e l’ha portato subito in ospedale. Dovremmo andare lì.”
Non si perde tempo con i ragazzi. Loro afferrano al volo. Akagi chiama un taxi e arriviamo in ospedale in pochi minuti.
Ero pronta a vedere Rukawa in un letto, non lo sono a vedere Hanamichi nello stato in cui è.
Capo chino, un braccio abbandonato lungo il corpo, l’altro alla testa schiacciata contro il vetro della sala emergenze. Lì dentro c’è Kaede. Haruko corre da lui e succede una cosa strana. Lui quasi non la guarda. E’ Akagi a mettergli una mano sulla spalla e a chiedergli di raccontare.
“Non so niente. L’ho trovato così.” Dice indicando il vetro. Rukawa giace immobile bianco come le lenzuola su cui è disteso, due tubicini infilati nel braccio sinistro. Almeno respira da solo.
“Si può entrare?” chiedo.
Hanamichi annuisce.
“Allora perché stai qui?”
“Perché gli do fastidio. Dice sempre che sono rumoroso. Gli impedirei di dormire e lui ora deve riposare. E’ molto debole Ayako. Il dottore ha detto che ha rischiato un collasso. Gli si sarebbe potuto fermare il cuore.”
Mentre parla, non mi guarda negli occhi. Si vede che è sconvolto e tutti si affrettano a consolarlo.  Io entro.
Nella stanza c’è odore di disinfettante. Mi avvicino al letto. Se possibile, da vicino è ancora più pallido. Ha una ferita alla testa e diversi lividi e contusioni. Ha segni sul collo e sui polsi. Gli accarezzo la fronte. Lui non vorrebbe ma io posso permettermelo.
“Chissà se puoi sentirmi.”
“Nh.”
Il suo solito verso indica che è sveglio e apre lentamente gli occhi.
“Kaede” gli dico “come stai?”
“Ho freddo.”
“Dico all’infermiera di portare altre coperte.”
Esco e informo tutti che si è svegliato e che sembra stare bene. Tutti sorridono e fanno commenti su quanto quel tipo sia un duro o un tizio estremamente fortunato. Solo Hanamichi rimane zitto. Sta guardando due uomini che stanno entrando nella stanza di Rukawa.
Li raggiunge e io faccio lo stesso.
“Siamo della polizia. L’ospedale ci ha informati che c’è stata un’aggressione. Vogliamo informazioni per perseguire il reato.” Dicono brevemente al ragazzo nel letto.
Rukawa guarda noi e poi chiude gli occhi.
“Ogni mattina mi alzo alle sei per allenarmi prima di andare a scuola. Sono stato aggredito da un tizio nel campetto dietro casa mia.”
Gli uomini sembrano aspettarsi altri dettagli perché uno di loro tira fuori un taccuino.
“Cos’altro?”
“Nient’altro.”
A queste parole vedo Hanamichi stringere i pugni con rabbia.
“Non saprebbe descrivere l’aggressore?”
“Alto e grosso.” Risposta di Rukawa.
“Colore dei capelli? Occhi? Segni particolari?”
“Non ricordo.” Risposta di Rukawa.
“Magari quando si sentirà meglio.”
“Mi ha colpito alla testa. Non ricordo niente.”
“Se lei conosce il suo aggressore e non lo denuncia diventa complice di un reato.”
“Nh.” Risposta di Rukawa.
Per fortuna interviene il medico a spiegare che il ragazzo è traumatizzato. Noi che lo conosciamo però, sappiamo che non è così. O meglio, sappiamo che lui è sempre così.
I poliziotti se ne vanno e succede. Alla fine il vulcano esplode. Normale che fosse solo una questione di tempo.
“Si può sapere perché non hai detto niente, maledetto che non sei altro? Ti hanno massacrato di botte e tu non denunci il fatto? Non dici chi è stato?” Sakuragi è fuori di sé.
Rukawa accusa il colpo. Non reagisce e si ritrova l’altro a un palmo dal naso con entrambe le mani piantate ai lati del letto.
“Allora? Ancora non dici chi è stato?”
“Nh.”
“Sei un maledetto! Preoccuparmi per te! Come mi è saltato in testa! Vaffanculo Rukawa!”
Hanamichi esce sbattendo la porta. Stavolta non può vedere quanto le sue parole abbiano fatto centro. Rukawa piange. Ovviamente non immaginate singhiozzi e lamenti. Solo due lacrime silenziose.
Mi avvicino ma si volta dall’altra parte. Esco anche io. Gli voglio troppo bene per imporgli la mia presenza e lui ha già scelto.

Maledetto Rukawa!
Come mi è saltato in mente di stare male per quel deficiente? Si fa pestare e poi non vuole dire niente su chi sia stato!
Mi fermo davanti alla porta dell’ospedale. Non riesco ad uscire. Non riesco ad andarmene nonostante lo desideri con tutte le mie forze. Ho passato tutto il giorno a temere il peggio e sono stanco. Vorrei andare a casa, fare una doccia e dormire. Invece non riesco ad uscire da questo dannato ospedale. Perché nonostante tutto, lui è steso in quel letto ferito e tormentato e per di più non vuole dire niente.  Sto lì impalato quando il dolore che sto provando mi da una consapevolezza. Una cosa su cui non avevo riflettuto. Chi ha cercato Rukawa a quell’ora in palestra, sapeva che era lì. Lo conosce. Se Rukawa non ha voluto rivelare nulla sul suo aggressore, probabilmente lo conosce anche lui.  “Alto e grosso” ha detto. Che stupido che sono! Come ho fatto a non pensarci prima? So chi ti ha fatto questo, Rukawa. Io lo so. E tu non hai voluto denunciarlo. Perché? Perché! Ansimo facendo le scale al contrario, poi mi blocco di nuovo.
Anche se lo so, cosa cambia? Sono troppo arrabbiato, troppo nervoso e sono stato aggressivo. Non mi va di chiedere scusa a quella maledetta volpe. Riscendo e trovo i ragazzi davanti alla porta.
“Che fine hai fatto Sakuragi?” Mi chiedono.
“Tanto per cambiare, mi ha fatto saltare i nervi e ho preso aria.”
“Noi stiamo andando a casa.” Mi risponde Mitsui. Anche lui è teso “L’orario delle visite è finito.”
Nessuno si muove però. Deve intervenire il capitano.
“Andiamo tutti a casa. Credo che Rukawa passerà la notte in ospedale. Verremo a trovarlo domattina e decideremo anche se chiamare suo padre.” Conclude guardando Ayako.
Ognuno prende la strada di casa. Haruko mi ha chiesto se volessi incamminarmi con loro. Ho detto di no.
Decido di andare a piedi. Ha smesso di piovere e io ho bisogno di chiarirmi le idee.
Mi rendo conto solo dopo un’ora di non essermi allontanato per niente dall’ospedale. Ho girato in tondo come un cretino. Tuttavia l’ho fatto di proposito. Non mi va che rimanga sola quella stupida volpe. Anche se non posso entrare, rimarrò in sala d’attesa. Magari succede qualcosa. Potrebbe avere bisogno d’aiuto. Ayako non ha voluto chiamare suo padre e così la volpe non ha nessuno. Non riesco proprio ad immaginare il padre di Rukawa. Con il massimo della fantasia in mio possesso, mi figuro un Rukawa con un po’ di pancia e un paio di baffi. Sorrido pensando che se fosse vero, Rukawa invecchierà male.
Raggiungo la sala emergenze e mi prende un colpo. Il letto di Rukawa è vuoto. Mi giro in cerca di qualcuno che possa darmi una spiegazione. Il corridoio è deserto. Un’ansia incredibile mi assale fino a che non individuo la vecchia infermiera.
“Signora che fine ha fatto il ragazzo ricoverato nella sala emergenze?”
La signora ci pensa su un attimo e mi risponde bonariamente.
“E’ stato dimesso. Contro il parere del medico. E’ venuto a prenderlo suo fratello.”
Fratello? Rukawa non ha fratelli. O sì e non lo sapevo? No, Rukawa non ha fratelli.
“Lei l’ha visto questo ‘fratello’?”
“Oh sì, povero ragazzo! Era così preoccupato! Non faceva che chiedere al più piccolo se avesse dolore. Il paziente l’ha rassicurato dicendo al medico che non gli faceva male nulla e che si sentiva in grado di tornare a casa.”
“Era più alto di Rukawa?”
“Direi di sì, anche se portava i capelli in modo così strano che forse mi sbaglio.”
“Capelli a spazzola alti così?” chiedo in preda ad una collera crescente mimando, con la mano sopra la testa,  la smisurata altezza della messa in piega che ha visto l’infermiera.
“Già.” Dice lei invitandomi a lasciare la zona emergenze.
Maledetto Sendoh! Io ti ammazzo, sì ti ammazzo. E quella malefica volpe che si è lasciata portare a casa da lui! La causa delle sue condizioni.
Esco di corsa dall’ospedale con in testa solo un’idea.

Non me l’aspettavo.
Quando credevo che avrei passato la notte in ospedale, eccolo spuntare fuori di nuovo.
“Ero qui già da un po’” dice guardando il pavimento “e ho sentito che non hai dato informazioni alla polizia sul tuo aggressore. Ti ringrazio per non avere denunciato Fukuda, Kaede.”
Mi chiama per nome senza che io gli abbia mai dato il permesso di usarlo. Sendoh è fatto così. Lui fa tutto semplice. Come la volta che mi ha raggiunto sul campetto dietro casa mia chiedendo informazioni ai vicini sulle mie abitudini e mi ha detto sollevando la palla arancione a bordo campo: “Tu mi piaci molto”.
Ho imparato, col tempo, che lui parla anche “molto” ma solo con me. Per il resto è una persona amabile. Gentile come non ho mai conosciuto nessuno e sensibile. Gioisce e si rattrista per un nonnulla. Per questo non ho mai respinto apertamente i suoi sentimenti. Per me lui è un avversario. Il più temibile. Per lui io sono anche qualcos’altro. Gli piaccio. Molto. In quest’ultima parola c’è un universo intero. Conoscendolo significa che ci tiene parecchio al sottoscritto. Che non mi considera un’infatuazione di passaggio.
Mi chiedo perché tra tanti, abbia scelto di interessarsi a me. L’ho sempre trattato con estrema freddezza. Il motivo di tanta durezza è che lui mi ricorda che è possibile. E’ possibile avere un compagno, cosa che io ho sempre escluso nonostante lo desideri. Le ragazze non mi interessano. Neanche un po’. Però, so che diventerebbe tutto dannatamente complicato se diventasse un fatto di dominio pubblico che per compagno, invece che intendere quello di squadra, io cerco quello di vita.
Sendoh si comporta come se, oltre che compagni di squadra nazionale o professionistica, nel futuro potremmo essere compagni di vita.
Solo perché sono cinico, non significa che devo distruggere il suo lato gentile.
“Non lo avrei mai fatto. Accusare Fukuda. Lui lo ha fatto per te.”
Accusa il colpo e stringe i pugni.
“Non doveva. Voglio che tu sappia che gli ho detto di non osare mai più avvicinarsi a te e che se non ti chiederà scusa non gli passerò mai più una palla, né in partita né in allenamento.”
Conoscendolo significa che non gli rivolgerà mai più la parola. Non è giusto.
“Devi perdonarlo. Fukuda ti vuole bene. Se lo ferirai, mi odierà ancora di più.”
Il tono della nostra conversazione è pacato. Non è come quando urlo con la scimmia rossa. Ecco ancora che mi ritrovo a pensare a lui. Al modo in cui mi ha trattato prima di uscire e sbattere la porta.
Non poteva essere gentile con me come lo è Sendoh? Idiota. Provo a sollevarmi ma ho dolori dappertutto e una smorfia mi si dipinge sul viso. Sendoh mi è affianco in un istante.
“Vuoi che chiami un dottore?”
“Voglio andare a casa.” Rispondo. Ed è vero. Vorrei solo distendermi nel mio letto.
Sendoh sorride.
“Tienimi il gioco!” Dice uscendo e tornando con un medico ed un’infermiera. In pochi minuti monta una storia incredibile su come sia mio fratello maggiore e su come è necessario che prosegua le cure a casa nostra perché ho un esame di riparazione importante tra pochi giorni su cui i nostri genitori puntano molto.
Il medico si impietosisce ma resiste. Se mi faccio dimettere, sarà contro il suo parere. Ok, per me va bene. Firmo un paio di carte e in mezz’ora siamo a casa mia.
Mi aiuta a mettermi sul divano e impila sul tavolo tutte le medicine che devo prendere con un bicchiere pieno d’acqua e la bottiglia.
“Hai fame?” mi chiede.
Scuoto il capo. Non gli dico che mi fanno troppo male i muscoli dell’addome per pensare che possa mangiare qualcosa. In più ho il labbro spaccato e non riuscirei neanche volendo ad aprire la bocca.
Mi mette un plaid sulle ginocchia e finge di credermi. Si alza.
“Conosco la strada. Non ti chiedo se vuoi che resti perché conosco la risposta. Il telefono è vicino al telecomando della tv. Se hai bisogno, chiama. Ho impostato il mio numero sotto il tasto sette. Mi sorride un po’ triste. Mi dispiace un po’ averlo deluso ma non voglio che creda che ricambio i suoi sentimenti.
Appena sento la porta chiudersi mi rilasso. I dolori sono insopportabili però ora sono a casa. Da solo. Pace. Non si vede in giro neanche Neko. Bravo gatto.
Chiudo gli occhi. Batterò il mio record di sonno rapido quando un rumore alla porta me li fa riaprire.  Questa giornata non vuole proprio finire.

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Capitolo 3
*** Ma la notte, la notte.... ***


 

Note dell'autrice: Rieccomi! Ecco il terzo capitolo.. Grazie a tutti quelli che hanno letto e commentato... Un ringraziamento speciale ad Arcadia_SPH che mi ha incoraggiata per prima. Hikaru83 questo capitolo è tutto per te!
Buona lettura a tutti!!!

Ma la notte, la notte....


Eccolo. Sulla soglia di casa sua. Ho beccato il porcospino sul fatto. Sembra stupito di vedermi qui, sul vialetto della casa della volpaccia. Ma gli metterò subito le cose in chiaro, perciò mi avvicino nel modo più minaccioso che conosco e lo prendo per il collo della felpa.
“Brutto porcospino, sappi che so che quello che è successo a Rukawa è solo colpa tua! Certo a picchiarlo è stata quella bestia di Fukuda ma la colpa è tua, non è vero? Sei tu l’unico legame tra Rukawa e Fukuda! Che c’è? E’ diventato troppo bravo per batterlo sul campo e alla fine hai deciso di farlo fuori diversamente?”
Lui sgrana gli occhi e mi afferra i polsi.
“Non dire idiozie. Non farei mai una cosa simile. Sappi che sarei persino felice se Kaede mi battesse sul campo e dimostrasse di essere il numero uno, anche se finora non è successo!”
Come osa chiamarlo per nome? Ha tutta questa confidenza con lui? Non ci vedo più e lo sbatto contro la porta.
“Ascoltami bene, fa spazio sotto quella mole di capelli e ficcaci le mie parole: se rivedo il tuo cane da guardia intorno a Rukawa, io faro a te ciò che Fukuda a fatto a lui.”
Lo lascio andare e scendo un paio di scalini. Deve capire che la sua presenza è di troppo.
Lui non dice una parola e sparisce dietro l’angolo.
Respiro con affanno. Non è fatica, è rabbia e non so come sfogarla. Forse dovrei semplicemente andare a casa ma la porta della casa della volpe si apre e lui, che a malapena si regge in piedi, mi guarda come a chiedere che cosa ci faccio lì.
“Sono ripassato in ospedale e mi hanno detto che eri uscito. Ho pensato di venire a vedere se eri arrivato a casa. Contrariamente a te, io non mi fido di Sendoh.”
Lui si volta e torna dentro ma lascia la porta aperta. Entro e la chiudo alle mie spalle.
Rukawa è arrivato al frigo e prende un succo di frutta.
“Vuoi qualcosa da bere?” mi chiede sottovoce. Si sente che è sofferente.
“Hai una birra?” chiedo e mi guarda con uno dei suoi soliti sopraccigli alzati. Che vuoi dannato? Ho bisogno di bere!
“Non bevo alcolici, io.” Risponde come a sottolineare che è per questo che è fottutamente più bravo di me “Aranciata o Coca?”
“Coca.”
Me la porge senza muoversi. Deve fargli parecchio male stare in piedi, altro che le chiacchiere che ha propinato al dottore.
“Perché sei uscito dall’ospedale?”
“Mio padre.”
“Scusa? Tuo padre cosa?”
“Avrebbero chiamato mio padre. Non avevo voglia di altri casini.”
Evidentemente non ha un buon rapporto con suo padre. Ayako lo sa ed è per questo che era restia a chiamarlo questa mattina.
Mi guardo intorno per non fissarlo troppo a lungo. La casa della volpaccia è semplice ma bella. Certo è un po’ fredda ma, del resto, gli somiglia. Non posso non notare tutte le medicine che sono sul tavolino davanti al divano.
“Le hai prese?” chiedo indicando i flaconi delle compresse.
Scuote il capo.
“Preferirei farne a meno, se posso.”
Incredibile, una frase intera di senso compiuto che esprime un concetto chiaro! La volpe sa parlare.
“Perché non hai denunciato Fukuda?” La butto lì.
Lui pare scosso.
“Tu che ne sai che è stato Fukuda?”
“Chi ti ha aggredito in palestra, doveva conoscerti e ieri l’ho visto attaccare briga con te alla fine degli allenamenti. O sbaglio?”
“Non immischiarti.”
“Non devo immischiarmi? Guarda che ti ho trovato io riverso in una pozza di sangue!” urlo “Sempre io ti ho portato in ospedale! Non sai come è stato tenerti in spalla sentendo che quasi non respiravi più!”
L’ho detto di getto e ora guardo il pavimento perché non riesco a sostenere il suo sguardo.
“Ti ringrazio.” Rukawa che dice grazie? Lo ha preso forte il colpo in testa. “Ora però vattene.” Rieccolo il solito Rukawa.
“Non so che hai in sospeso col tuo vecchio ma dovresti chiamarlo. Stanotte potresti stare male!” insisto e stavolta ho sbagliato perché mi fulmina con uno dei suoi sguardi raggelanti.
“Ti ho detto di andartene! Ne ho già uno di insopportabile spasimante in preda ad attacchi isterici. Lasciami in pace!”
Che cosa sentono le mie orecchie? Mi sta paragonando a Sendoh? Io sarei un suo spasimante in preda ad un attacco di isteria?
“Vaffanculo Rukawa! Sai che ti dico? Ti meriti di marcire da solo stanotte! Vuoi tutti fuori dalla tua vita e non ti rendi conto che non c’è più nessuno da un pezzo che vuole entrarci!” Mi giro e raggiungo la porta. La apro. Perché non riesco ad andarmene? Mi prende la stessa smania dell’ospedale. Chiudo la porta. Devo scusarmi, ho parlato troppo.  Improvvisamente sento un gemito e un rumore provenire dalla cucina.
Torno indietro e lo trovo in ginocchio con le mani che abbracciano il torace. Il bicchiere è finito in cocci sul pavimento. Lui piange. Quando si accorge che sono ancora lì, abbassa la testa.
“Rukawa…”
“Sei ancora lì?” chiede con la voce spezzata.
“E non ho intenzione di andarmene. Anche se tu non mi vuoi qui. O me o tuo padre. Non puoi stare da solo.”
A queste parole mi tende una mano. Vuole aiuto per alzarsi. Corro verso di lui e lo aiuto a sollevarsi.
“Portami a letto.” Dice piano e lo sta chiedendo, non ordinando. Mi faccio girare un suo braccio intorno al collo e lo aiuto a salire le scale. La camera da letto si trova al piano di sopra. Lo adagio sul letto, gli sistemo il cuscino sotto la testa e gli rimbocco le coperte. Tutta la sua stanza è piena di poster dell’NBA e di trofei di basket. Ci sono tante foto di lui bambino che gioca. Ha giocato con diverse squadre. Come se mi leggesse nel pensiero, mi parla.
“Sai, potevo essere in squadra con Sendoh. Il Ryonan venne a chiedermi di iscrivermi al loro liceo perché mi avevano visto giocare nel campionato scolastico delle medie.”
“Perché hai rifiutato? Potevi essere nella squadra più forte.”
Ora guarda il soffitto.
“Era troppo lontano da casa. Lo Shohoku è più vicino.”
Mi viene da ridere. Che motivazione del cazzo. Come fa ad avere una passione tanto forte per questo sport quando poi è più pigro di un orso in letargo? Ora mi guarda negli occhi.
“E poi io gioco nella squadra più forte!” Dice deciso. Sorrido, ha ragione. I più forti siamo noi. Per esattezza la squadra dove gioca lui è la più forte ma questo non glielo dico.
“Se avessi scelto il Ryonan, non ci saremmo mai incontrati.” Dice piano.
“Ci saremmo incontrati alle partite e io ti avrei stracciato pubblicamente!” gli rispondo pieno d’orgoglio.
Rukawa allora fa una cosa strana con la bocca. Sorride? Non l’ho mai visto sorridere, per cui non ne sono certo.
“Sì, come no! Senza di me non saresti mai neppure entrato in palestra!”
Come fa a sapere sempre la verità? Stanotte però non sono in vena di confessioni.
“Credici volpaccia! Ora dormi che è meglio. Stai cominciando a parlare a vanvera!”
Chiudo la porta e lo lascio dormire.
Torno di sotto e mi stendo sul divano. Sono troppo teso per addormentarmi. Accendo la tv e scopro che la volpe stava guardano un dvd. E’ fermo su una scena di una partita dell’NBA. Schiaccio il tasto play. C’è una squadra con la divisa rossa come quella dello Shohoku. Un’ala scarta tutta la difesa avversaria e si blocca davanti all’ultimo marcatore.  Il tempo scorre, il giocatore esita poi, con una finta, riesce a rubare il tempo al marcatore e si cimenta in un tiro in sospensione all’indietro. Il pallone sembra palesemente fuori traiettoria, troppo corto. Lo capisco persino io. Chissà perché la volpe ha registrato un’azione non vincente. Invece rimango di sasso. Il pallone, quasi a ridosso del canestro, viene intercettato da un compagno di squadra che lo schiaccia dentro e fa un punto esaltante.  Incredibile. Il dvd è finito. Credo di averlo mandato indietro una ventina di volte. Non mi stanco mai di guardarlo e mi addormento immaginando che sono io a schiacciare il pallone nel cesto.

Sento freddo. Gli spogliatoi sono freddi e pieni del vapore che viene dalle docce. C’è qualcuno qui? Sento un rumore. Vedo Fukuda che viene verso di me e io non riesco a muovermi.
“L’hai voluto tu, Rukawa! Tu pensi di essere migliore degli altri!” urla e io sento di provare paura. Mi scaraventa a terra. Mi picchia ed io non riesco a  difendermi. Ho dolore dappertutto ma lui continua a colpirmi. Ancora, ancora e ancora. Se è un incubo, è questo il momento in cui devo svegliarmi. Apro gli occhi in preda a forti dolori alla testa e al torace. Era un incubo ma fa male lo stesso.
Provo ad alzarmi per raggiungere il bagno ma non ci riesco, fa troppo male tutto. Maledizione! Fra due giorni ci sarà la partita ed io non sono neppure in grado di reggermi in piedi. Grido per la frustrazione e dopo un po’ la porta si apre. Avevo dimenticato che Sakuragi è qui. Ha detto “O me o tuo padre.”
Figurarsi! Lui non sa che mio padre non sarebbe mai venuto fino a qui perché suo figlio è stato pestato. Avrebbe mandato il suo medico e avrebbe usato questa storia contro di me. Punto.
Mi chiede se sto bene e si avvicina. Mi ritraggo perché, per un istante, la sua mole mi ha ricordato Fukuda. Lui se ne accorge e alza le mani con i palmi rivolti verso di me.
“Voglio aiutarti a metterti seduto. Se ti faccio male, dimmelo.”
E’ strano. Non ho mai sentito questo tono della sua voce. Sembra dolce. Mi solleva portando le mani sotto le mie ascelle. La mia fronte finisce nell’incavo del suo collo e si accorge che ho la febbre alta.
“Ma tu scotti! Devi prendere le medicine.”
“No!” Lo trattengo “Ho freddo. Il pavimento della palestra era così freddo. Non riesco più a togliermi questo gelo di dosso.”
Lui fa una cosa imprevedibile. Invece di staccarsi da me, mi abbraccia. Mi stringe forte come se volesse trasmettermi forza. Sicurezza. Non ho mai provato nulla di simile. Riesco a sentirla, la sua forza. Mi rilasso e lui mi ristende sul letto.
“Non andartene.” Dico e quasi me ne pento. “Ad un certo punto ho creduto che sarei morto. Mi ha infilato la testa nell’acqua della vasca da bagno e sì, ho pensato che sarei morto” concludo cercando di spiegargli il perché di quel mio atteggiamento. Lui si stende nel letto alle mie spalle e mi avvolge letteralmente nel suo abbraccio. Mi parla in un orecchio e mi sento rabbrividire. Per fortuna lui pensa che sia per il freddo e mi stringe di più.
“Non ti succederà più niente. Fukuda non ti toccherà mai più. Nessuno ti toccherà mai più.” Dice e io mi sento arrossire. Chiudo gli occhi e mi addormento. Non ho più freddo.
La sveglia suona alle sei.
La spengo e mi volto a fatica dall’altra parte. Neko mi lecca il viso. Vuole mangiare. Stupido gatto. Ha sempre fame.
Quando provo ad alzarmi mi ricordo che il mio corpo è a pezzi. E’ stato Fukuda. A rimettere i pezzi insieme, invece, è stato Sakuragi. Dovrebbe essere proprio dove ora Neko si stiracchia. Anche se fa male, mi alzo lo stesso. Scendo con una certa fatica al piano terra e in cucina c’è la testa rossa che armeggia con la colazione. Mi accoglie con un enorme sorriso e versa del latte nella ciotola di Neko che gli fa le fusa. Bravo gatto.
“E’ presto!” mi dice.
“La sveglia suona sempre a quest’ora. E tu perché sei sveglio?”
“Non riuscivo a dormire e non volevo darti fastidio agitandomi nel letto.”
Parla sinceramente. Com’è diverso da quando in palestra si atteggia a genio del basket. Noto la tv accesa con l’immagine ferma su una delle mie azioni preferite.
Prendo il bicchiere di succo di frutta e le pillole che mi porge e indico la tv.
“Ah, quella? Devo ammettere che la prima volta che l’ho guardata, non avevo capito. Poi ho visto la schiacciata e l’ho riguardata una trentina di volte. Incredibile! Campionato americano vero?”
Io annuisco sorseggiando il succo.
“Si può fare anche nel nostro campionato. Non hanno l’esclusiva sai?” gli dico con il mio solito tono ironico “E’ uno schema. Hai presente? Quella cosa che il sign.Anzai continua a cercare di spiegarti mentre tu fai tutto di testa tua.”
“Io sono un genio!”
“Il genio degli imbecilli!”
“Guarda che io sono perfettamente in grado di schiacciare in quel modo! Di sicuro uno che mi passa la palla così, col cavolo che esiste!” mi risponde provocandomi. Vuoi giocare idiota? Giochiamo.
“Guarda che posso lanciarti quella palla tutte le volte che vuoi! Col cavolo che la prendi. Ci vuole tempismo, sincronia. Quei due si capiscono con uno sguardo. Per portare a termine con successo un’azione simile, ci vuole un’intesa perfetta, speciale.”
Ora lui mi guarda con quegli occhioni che di solito riserva alla sorella babbuina del capitano. Sembra stregato. Insisto.
“Vieni a vedere.” Gli dico rimandando il dvd indietro. Lui si siede accanto a me. “Vedi come l’ala grande segue la piccola per tutto il campo? Cerca di smarcarsi per farsi trovare libero dal compagno se lui decidesse di utilizzarlo. Vedi come l’ala piccola cerca con lo sguardo di indicargli la mezzaluna piccola? Non si parlano, né si fanno cenni. La sorpresa è un elemento fondamentale.”
Sakuragi guarda con tanta attenzione che stringe i pugni sulle ginocchia. Fermo il dvd sul momento in cui l’ala piccola sta per tirare.
“Ora guarda il controtempo dell’ala piccola. Sembra completamente sbilanciato. L’avversario quasi non lo marca perché ha capito che non segnerà mai saltando a quel modo. Ma lui non sta mirando al cesto. A cosa mira Sakuragi?”
Lui fissa lo schermo e poi sgrana gli occhi. Davvero ha capito? Mi guarda con uno sguardo esterrefatto e mi risponde.
“Mira al punto più alto che può raggiungere l’ala grande saltando per schiacciare.”
Io vengo preso da un’irrefrenabile voglia di baciarlo. Come ha fatto a capire guardando il nastro solo poche volte? Giro di scatto la testa e schiaccio il tasto play.  Lui guarda il finale dell’azione e poi mi mette una mano sul avambraccio.
“Per farlo, l’ala piccola conosce a memoria l’altezza e il modo di saltare della grande!”
Annuisco e lui sorride ritirando la mano imbarazzato.
“Allora tu non me la passerai mai la palla giusta! Figurati se sai quanto e come salto!”
“Sei quasi uno e ottantanove, a braccia distese vai a due metri e settanta senza saltare. Puoi arrivare senza sforzo ai tre metri. Con un po’ d’impegno le tue mani possono toccare quota tre e venti.”
Con questa frase devo averlo colpito perché quasi non respira adesso. Mi guarda solo con gli occhi nocciola più grandi che abbia mai visto. Dico qualcosa perché se continua così, finisce davvero che lo bacio.
“Allora, genio degli imbecilli? Sei tu che non indovineresti mai il tempo!”
Lui chiude la bocca spalancata dallo stupore e incrocia le braccia chiudendo gli occhi. Poi pronuncia una frase che non immaginavo potesse mai neanche pensare l’idiota!
“Dal momento in cui ti pieghi sulle ginocchia passano in media tre secondi prima che inforchi la finta. Blocchi il piede perno e salti in due secondi. Rimani in sospensione tre secondi. Tiri appena senti che stai per ricadere per sfruttare completamente l’elevazione ed evitare l’inerzia della ricaduta.”
Levatemelo da qui prima che gli salti addosso! Perché quando siamo in palestra non parla così e si comporta come un imbecille? Ora sono io che non so più cosa dire. Devo avere una bella faccia da fesso perché lui sembra compiaciuto.
“Facciamolo!” mi dice entusiasta e io avvampo. Lui mi guarda, forse capisce e diventa tutto del colore dei suoi capelli.
“Guarda che io mi riferivo allo schema!”
“Idiota!”
“Dannata volpe! Lo sai che mi riferivo allo schema!”
“Pel di carota, se è così perché sei diventato tutto rosso?”
“E tu?”
“Io cosa?”
“Sei arrossito anche tu! Pervertito!”
“Non è colpa mia se mi hai chiesto di farlo!”
“Lo schema!” urla agitando le braccia. Mi viene da ridere ma mi trattengo.
“Sì, come no! Scimmia maiale!”
“Maledetto! Se non fossi così malridotto, ti darei una bella lezione!”
Annuisco e sbuffo non potendo trattenere oltre le risa. Mi guarda un po’ stupito, poi ride anche lui. Che strano rumore fanno le nostre risate. Questa casa non ne sentiva da molti anni.
Lui guarda l’orologio e si ricorda che c’è anche la scuola.
“Ora devo andare. Ma ripasso dopo gli allenamenti. Tu resta buono a ripassare lo schema. Prendi le medicine e dormi. Non dovrebbe essere difficile per te!”
“Scimmia maiale!” Dico lanciandogli un cuscino. Il gesto mi provoca un dolore al torace quasi insopportabile. Per oggi mi toccherà davvero riposare, altrimenti le mie speranze di stare in piedi dopodomani saranno pari a zero. Lo vedo uscire di corsa. Lui è sempre pieno di energie. Lo invidio un po’ per questo. Il suono del telefono mi riporta alla realtà.
“Pronto?”
“Kaede, sono Ayako, come stai? Ho chiamato in ospedale e mi hanno detto che ti sei fatto dimettere. Hai bisogno di qualcosa?”
Ayako è sempre stata gentile con me. E’ mia amica sin dall’infanzia. All’asilo mi proteggeva persino dagli altri bambini. Crescendo, i ruoli si sono invertiti e qualche volta l’ho difesa da corteggiatori troppo insistenti. So per certo che vorrebbe sistemarsi con Miyagi ma non finché sarà la manager dello Shohoku. E’ troppo corretta.
“Sto meglio Ayako. L’ho fatto per non fare arrivare la notizia a mio padre.”
“Ti chiamo proprio per questo.”
Tutto il mio buonumore svanisce.
“Che vuoi dire?”
“Pare che il medico gli abbia telefonato ieri sera e lui ha chiamato me. Ovviamente, anche se non sapevo che ti eri fatto dimettere, ti ho coperto e ho detto che non era successo niente di grave. Sappi però che non penso che mi abbia creduta. Volevo avvisarti.”
“Grazie Aya.”
“Di nulla. Vuoi che passi di lì a portarti la colazione?”
“No, grazie. Ho solo bisogno di dormire.”
Chiudo la telefonata e mi stendo sul divano. Non voglio mio padre tra i piedi proprio ora. Non ora che tra le pressioni di Sendoh e le attenzioni di Sakuragi, sto riprendendo un po’ di calore umano. Prendo un altro antidolorifico e mi abbandono al mondo dei sogni.

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Capitolo 4
*** Il giorno giusto ***


Note dell'autrice:  Solo una richiesta... se avete la possibilità di leggere questo capitolo ascoltando una canzone della colonna sonora di Fushigi Yuugi che si chiama Chijou no Seiza, fatelo. Soprattutto per la parte centrale del capitolo. Io l'ho scritta ascoltandola in modalità loop! La traduzione del titolo è ' La costellazione del cuore' e il testo è, sostanzialmente, una dichiarazione d'amore. Se la conoscete, sapete quanto è bella. Se non la conoscete, ascoltatela: è favolosa! Vi lascio alla lettura. Signore e signori:

Il giorno giusto


Sono passati due giorni e di Rukawa nessuna notizia. Tra poco il Ryonan arriverà in palestra per la partita. I selezionatori sono già sugli spalti. Hanamichi ha detto di essere passato a trovarlo. Lo ha detto solo a me, come se lo ritenesse un segreto. Non mi ha detto, però, se sarà della partita. Dubito che potrà giocare nelle condizioni in cui era tre giorni fa.
La porta della palestra si apre e il Ryonan fa il proprio ingresso. Uozumi mi saluta con un cenno del capo e io guido la squadra verso il loro spogliatoio. Il loro mister si ferma a parlare con Anzai. Dal sorriso che fa, sembra che si senta la vittoria in pugno. Lancio un’occhiata malevola a Fukuda. Hanamichi mi ha detto ogni cosa. Mentre stanno per entrare, mi accorgo che Sendoh si ferma e guarda alle mie spalle. Mi volto e vedo Hanamichi e Kaede. Corro da loro.
“Ce l’avete fatta! Tutti e due! Vado a chiamare Anzai.”
Sendoh fa un cenno a Rukawa che risponde al saluto. I due entrano nello spogliatoio. Ci raggiungono, dopo poco, insieme agli altri.
“Rukawa, figliolo, come ti senti?” chiede Anzai.
“Ho preso degli antidolorifici. Sto meglio, forse non posso giocare tutta la partita ma vorrei entrare in corsa.” Parla con il cuore. Anzai sa che vuole mostrare ai selezionatori di cosa è capace anche se loro lo conoscono bene.
“Allora starai in panchina per il momento. Vedremo come si mette. Ok, figliolo?”
Kaede annuisce e si siede in panca.
Vedo Hanamichi fare uno sguardo dispiaciuto. Che sia cambiato qualcosa fra loro? In genere sarebbe stato contento di vedere relegato in secondo piano Rukawa.
Le squadre si schierano e cosa scopro? Sendoh non gioca. Pare che abbia forti dolori addominali e non sia in grado di disputare la partita. Risultato? Dopo due quarti siamo in vantaggio di quindici punti e Hanamichi ha fatto due falli che ritengo, come dire, ‘sospetti’ su Fukuda.
All’intervallo Rukawa si alza e raggiunge Sendoh. E’ alterato.
“Cos’è questa pagliacciata Akira? Perché non giochi?”
“Non sto bene.” risponde l’altro senza guardarlo in faccia.
“Stronzate! Credevo che fossi più intelligente! Invece sei un idiota!”
“Bhé, e allora? A te non piacciono gli idioti?” dice Sendoh indicando con una mano Hanamichi ancora a bordo campo.
Il rosso si sente chiamato in causa e li raggiunge minaccioso.
“Porcospino dei miei stivali, non ti avevo forse avvertito?” urla mettendosi in mezzo. Sbaglio o vuole difendere Rukawa? Non ci capisco più niente perché ora arriva anche Fukuda. Vuoi vedere che finisce in rissa l’amichevole? Hana alza ancora di più la voce.
“Tu non pensare neppure di avvicinarti Fukuverme!” grida e Rukawa lo blocca.
“Vieni Sakuragi, non ne vale la pena. Andiamo.”
A quelle parole Sendoh si gira e se ne va. Ma perché Rukawa non se n’è stato zitto e buono? Ora Sendoh si toglie la tuta e decide di giocare. Merda. E quello scemo sembra pure soddisfatto! Come se avesse mirato sin dall’inizio a farlo scendere in campo. Risultato? A metà del secondo tempo, con Sendoh in campo, siamo di nuovo sulla parità. Settantadue per il Ryonan, sessantotto per lo Shohoku in attacco. Anzai guarda Rukawa e il ragazzo si toglie la tuta.
Appena entra in campo, gli tocca la marcatura di Sendoh e Rukawa non sembra in grado di contrastarlo nelle sue condizioni. Perciò il mister del Ryonan gli cambia marcatore e lo affida a Fukuda. La prima volta che i due si trovano faccia a faccia succede quel che temevo. Rukawa indietreggia e l’arbitro gli fischia passi.
Hanamichi li raggiunge e fa fallo su Fukuda. Il terzo. Sembra davvero che il numero dieci stia cercando di proteggere il compagno. Non ci capisco più nulla. Per fortuna sembra che sia stato solo un episodio e che gli antidolorifici stiano facendo effetto perché Rukawa infila la marcia giusta e umilia continuamente Fukuda costringendo il mister avversario ad affidarlo di nuovo alla marcatura di Sendoh. Ecco la sfida che tutti volevano vedere. Anche se durerà solo per una manciata di minuti. Il tempo stringe. Rukawa e Sendoh sono ormai alla pari. Il numero sette del Ryonan è in difficoltà contro il nostro super rookie! Com’è bello vederlo giocare. Ed ecco che parte il solito coro “ma che fico mi ci ficco!”
Si è di nuovo liberato di Sendoh e si cimenta in un tiro in sospensione quando gli compare daccapo davanti Fukuda. Quello non molla! Il tiro parte lo stesso ma Rukawa è stato sbilanciato. Stavolta si farà male cadendo. Ma non finisce così. Hanamichi gli è arrivato alle spalle e Rukawa è caduto su di lui invece che sul parquet. Per un attimo il mondo si ferma. Non si muovono. Poi Rukawa si alza e tutti applaudono. Io però guardo Hanamichi. Sorride ed ha uno strano sguardo negli occhi. Ormai mancano pochi secondi e il Ryonan guida ottantatré a ottantadue. Il Ryonan va in difesa. Gli basterà non farci segnare. Miyagi porta la squadra in attacco. Mitsui è bloccato da Ikegami che non lo molla un secondo, Akagi è pressato da Uozumi.  Koshino è addosso a Ryota. Deve passare e sa che c’è una sola persona che può fare il miracolo. Passa la palla a Rukawa che ha appena dato del mediocre a Fukuda. Lo ha provocato verbalmente. Cos’ ha in mente? Lo vedo mentre lo scarta come io berrei un bicchiere d’acqua. Mitico! Anche Koshino lascia Ryota e gli va addosso. Il numero undici rosso gli fa una finta e sparisce sotto i suoi occhi. Mancano dieci secondi e Rukawa si ritrova Sendoh, ancora lui, addosso. Kaede deve tirare ora o finirà il tempo.  Fa rimbalzare l’ultima volta la palla sul parquet e, con un’altra finta, libera la visuale. Sendoh ritorna ma Rukawa ha già preparato il salto. Salta per fare un tiro in sospensione all’indietro. Maledizione! Sendoh neanche prova a deviargli il tiro. Ha capito di aver vinto. Quella palla non entrerà mai! Aspettate. Cosa sta facendo Hanamichi? Oh santi numi! Ha segnato! Ha intercettato la palla di Rukawa a mezz’aria e, completamente libero, ha schiacciato! Ha segnato! Abbiamo vinto! Lo Shohoku ha vinto! Tutti urlano, i ragazzi urlano, l’armata Sakuragi urla, le amiche di Haruko urlano, le persone sugli spalti urlano, io urlo. Fantastico. Giurerei che anche gli esaminatori hanno urlato. Ma perché urla anche Sendoh? Lui ha perso! Mi volto e vedo che tra le braccia del numero sette del Ryonan, privo di conoscenza, giace Rukawa.

Quando il mister mi dice che posso entrare, mi tolgo la tuta incurante che si vedano i lividi. Me ne frego dei lividi, me ne frego del dolore, me ne frego di Fukuda. Voglio giocare, voglio che gli esaminatori vedano che sono io la guardia tiratrice che stanno cercando. Non Mitsui e non Sendoh. Io, Kaede Rukawa. E voglio che vedano che la migliore ala grande che possono avere non è Fukuda, non è Jin, ma è Sakuragi. Lui ancora non lo sa, ma io non permetterò che resti indietro. Lo voglio con me in nazionale. Perché lo merita, perché non voglio perdere quel calore umano che mi ha dato in questi giorni.
L’azione riparte e ammetto di essere un po’ arrugginito. Lo pensa anche il mister del Ryonan che decide di rifilarmi Fukuda spostando Sendoh in attacco. Maledizione, devo riprendere il controllo di me stesso o perderemo! Quando sento venire meno il coraggio ecco che il genio degli idioti tira Fukuda per la maglia per allontanarlo da me facendosi ammonire.
“Idiota non farti ammonire ancora!”
“Pensa per te!” mi urla in faccia ma il suo sguardo è serio e io capisco cosa sta cercando di dirmi.
Devo fare meglio di così e quello che devo fare, io lo faccio. Sempre ed estremamente bene. Così mi ritrovo marcato di nuovo da Sendoh. Bene così, la sfida, del resto, è tra noi due. Mi sento di nuovo me stesso. Lo scarto e vado al tiro in sospensione. Voglio dimostrare che questi giochetti non sa farli solo lui! Ma che diavolo! Di nuovo Fukuda! Non stavolta Fukuverme! La scimmia rossa mi ha contagiato, forse mi ha infettato anche con la sua energia! Lancio e la rete inspira ed espira con me. Certo, ho segnato ma la pagherò questa caduta. Invece no. Atterro sul morbido, si fa per dire. Apro lentamente gli occhi e, sotto di me, riconosco la maglia numero dieci rossa. Lui ha gli occhi chiusi. Si sarà fatto male? Sorride senza riaprire gli occhi.
“Ti sei fatto male, pelle di porcellana? Se ti serve ancora qualche istante, posso fare finta ancora per un po’ di essere svenuto!” dice sottovoce e io rimango ancora un istante ad occhi chiusi a sorridere con lui e a godermi il contatto. Le parole mi vengono dal cuore.
“Hanamichi?”
“Sì?”
“Grazie..”
“Possiamo alzarci?” mi chiede lui senza abusare del mio gesto.
“Sì.”
Mi aiuta a tirarmi su e tutti applaudono. Approfittando della confusione lo guardo dritto negli occhi e gli dico solo due parole.
“Lo facciamo?”
Lui sorride e risponde.
“Facciamolo!”
Mancano una manciata di secondi e ci serve un canestro. Ora gli esaminatori sapranno chi è davvero Hanamichi Sakuragi. Glielo devo. Voglio farlo. Dammi quella palla, Miyagi!
Quando me la ritrovo tra le mani, la guardo. Coraggio bambina, non tradirmi proprio oggi, fa la brava!
Punto primo: liberare Hanamichi.
“Coraggio Fukuda, dimostrami che non sei il giocatore mediocre che Sendoh non noterà mai!” dico e me lo ritrovo addosso. Sì, per un momento solo. Addio Fukuda, sei bravo ma non alla mia altezza.
Punto secondo: raggiungere l’area di tiro.
Per farlo devo liberarmi di Koshino. Questo non richiede troppo impegno. Bye, Bye Hiroaki.
Punto terzo: passare la palla.
Questo richiederà le forze residue che ho. Perché sono sfinito, perché Sendoh non mi molla e perché a malapena ci vedo. Nella caduta di prima ho battuto la testa. Quanti secondi restano?
Dunque Hanamichi, ci sei? Sì, sei dove dovresti essere. Mancano otto secondi alla sirena. Mi piego e in tre secondi finto il tiro e mi libero. Tu sei quasi uno e ottantanove, a braccia distese vai a due metri e settanta. Fa il salto della tua vita mi raccomando Hanamichi perché te la tiro a tre e venti. Blocco il piede perno in un dolore lancinante e salto. Mancano tre secondi. E’ tutta tua, amore mio. Cado d’inerzia all’indietro come avevi detto tu. Sendoh ancora non ha capito! E tu sei lì in cima al mondo a tre metri e venti in perfetta sincronia con me, con il mio passaggio. Schiacci e la sirena suona. Sei un mito Hanamichi Sakuragi. Hai appena fatto il più bel canestro della storia di questa scuola! Sento le urla. Mi viene da sorridere dal cuore. Chiudo gli occhi. Ora posso mollare. Ho finito.

Gli ho detto che sono pronto a farlo ed è la verità. Grande demone celeste se sono pronto!
Mi toglie Fukuda di dosso. Volpe furba! E’ proprio grande. Ecco la differenza tra noi. Lui usa il cervello, io il cuore. Non sono capace di fare quello che mi ha chiesto di fare ma sento che posso riuscirci.
Si libera di Fukuda. Io lo seguo. Sono come legato a lui da un filo invisibile che si allunga e accorcia. Si disfa facilmente di Koshino e io raggiungo la zona sotto il canestro. Come lui ha previsto, nessuno si occupa di me. Io sono quello scarso. Sendoh marca lui. Lui è quello bravo. Ora ha smesso di palleggiare e io conto. Uno, Rukawa inspira.
Due, Rukawa espira.
Tre, finta e io riprendo a contare.
Uno, Kaede punta il piede perno.
Due, Kaede salta e io continui a contare.
Uno, Kaede è in aria.
Due, lancia la palla.
Io salto con tutta la forza che ho. Al tre, la mia mano tocca la palla. Schiacciarla in rete è una liberazione. La sirena suona e tutti urlano. Io urlo più di tutti. Tutti mi sono addosso e mi fanno festa. Io sono felice. Abbiamo vinto, vinto perché io ho preso la palla magica di Rukawa e ho segnato. Rukawa! Sento gridare il suo nome. La voce di Sendoh. Mi volto e la mia gioia svanisce. Rukawa è a terra.
Corro da lui facendomi strada tra le persone che vogliono abbracciarmi. Stupidi, non capite? Lasciatemi, devo andare da lui. Scosto Sendoh in malo modo e lo tiro al mio petto.
“Rukawa, Rukawa, rispondimi!”
Lui apre appena gli occhi. Ha del sangue ad un lato della bocca.
“L’abbiamo fatto…”
“Sì” dico io annuendo con il capo e le lacrime che spingono per uscire “L’abbiamo fatto.”
Lui chiude gli occhi e sviene. Lo sollevo e lo porto negli spogliatoi. Non devono vederlo così. I ragazzi della squadra, Ayako e Sendoh mi seguono. Ci chiudiamo dentro e Mitsui inizia ad urlare qualcosa sul fatto che dovremmo portarlo in ospedale. Sendoh dice che dobbiamo chiamare un’ambulanza perché forse ha preso troppi antidolorifici.
Mi ricordo che, quella mattina a casa sua, ha voluto per forza metterli in borsa dopo averne preso uno a colazione.
“Ayako apri la sua borsa, c’è la scatola degli antidolorifici. Guarda quanti ne ha presi. Fa presto.” Urlo senza smettere di guardare lui. Se per giocare ha preso troppe medicine e ha avuto un collasso, non me lo perdonerò mai.
Ayako apre la borsa ma non riesce a trovare la confezione.
“Forse li ha presi tutti.” Insinua Mitsui e io stringo forte il suo corpo.
Ryota si accorge che Ayako sta tremando e l’allontana. Cerca lui ora e trova la scatola. La apre e prende il blister.
“Ne ha preso uno solo.” Dice piano Miyagi.
Una consapevolezza tremenda si abbatte su di me e non riesco a trattenere le lacrime. Non è svenuto per le troppe medicine. E’ svenuto per il troppo dolore. Delicatamente lo sollevo e parlo con voce decisa.
“Lo porto a casa. Deve solo dormire. Il resto passerà da solo. Non ha avuto un collasso. E’ solo stanco.”
 Gli altri fanno resistenza e paradossalmente è Sendoh a stare dalla mia parte.
“Ha ragione Hanamichi. Ha semplicemente chiesto troppo a se stesso. Deve dormire.”
Prendo l’uscita posteriore.
“Hanamichi, non vuoi conoscere le convocazioni?” Mi ferma Kogure.
Già le convocazioni. Lo avevo dimenticato.
“Rukawa è stato preso di sicuro.” Dico allontanandomi.
“E tu?” mi chiede stupido del mio disinteresse.
Ora cosa gli dico? Che non me ne importa niente? Che mi importa solo di mettere Kaede a letto? Che voglio solo passare tutta la notte a stringerlo come quando siamo caduti sul parquet del campo?
“Io sono il genio, Kogure, lo hai scordato?” Meno male che recito bene la parte dell’idiota.
Finalmente ce l’ho fatta. Sono fuori. Ora non devo più fingere che non mi importi nulla del ragazzo che porto in braccio. O forse no. Ecco di nuovo Sendoh.
“Tu non lo meriti.” Mi dice secco “Lui lo ha fatto per te, lo sai vero? Ha voluto giocare per mostrare a tutti il tuo talento. Ha usato tutte le forze che gli rimanevano per permetterti di metterti in mostra con gli esaminatori. Tu non te lo meriti uno come Rukawa. Lui è tutto o niente. Tu invece cosa sei Hanamichi Sakuragi? Io so che tu lo ferirai. Ricordati: lui è tutto o niente.”
Se ne va. Io raggiungo casa di Rukawa in dieci minuti. Del resto ha scelto lo Shohoku perché è il liceo più vicino a casa sua, no? Lo corico sul divano e preparo un bagno caldo. Gli farà bene.
Mentre la stanza si riempie di vapore, ripenso alle parole di Sendoh.
“Lui lo ha fatto per te!”
Possibile? Possibile che abbia voluto darmi una chance per la selezione della nazionale giovanile? Perché avrebbe dovuto fare una cosa simile? In realtà avevo pensato che mi avesse chiesto di tentare lo schema per cementare il rapporto che è nato tra noi, per dare prova a noi stessi che possiamo essere in sintonia. E che sintonia. Sorrido. Chiudo l’acqua e scendo a prendere Rukawa.
Mentre lo spoglio, non posso fare a meno di notare i lividi delle botte che ha preso da Fukuda insieme ai muscoli che ha. In palestra l’ho chiamato ‘pelle di porcellana’ ma avrei dovuto dire fisico di marmo. Maledizione perché è così bello? E’ più bello di decine di ragazze che conosco. Ora ci si è messo anche questo tarlo che abbia fatto tutto per far figurare me. Ma dai, la dannata volpe?
Lo immergo nell’acqua e lui si lascia sfuggire un gemito. Lo tengo per evitare che finisca sott’acqua.
Lentamente apre gli occhi.
“Ehi, va meglio?”
Mi guarda con i suoi tremendi occhi di ghiaccio. Mi accorgo ora che sono stupendi o l’ho sempre pensato? Posso essere tante cose ma non un’ipocrita. L’ho pensato dalla prima volta che l’ho incontrato.
“Un po’. Mi hai messo tu in acqua?”
“Vedi qualcun altro?”
“Allora mi hai visto nudo.”
“Ti ho visto nudo un sacco di volte negli spogliatoi.” Dico mentendo. Non l’ho mai visto fare la doccia.
“Bugiardo.” Risponde seccamente.
“Ok, ok, ti ho visto nudo. Contento? Credevo ti avrebbe fatto bene il bagno.”
“Nh.”
Forse il monosillabo vuol dire che ho commesso un grave errore e che il nostro rapporto è tornato al livello ‘mutismo’? Per fortuna riprende a parlare.
“Le convocazioni?”
“Non ne so nulla. Ti ho portato via per impedire agli altri di ficcare il naso nelle tue cose.”
“Quindi non sai se ti hanno preso.” Dice e la sua frase mi fa credere che il porcospino, per una volta, avesse ragione. Voleva mettere me in vetrina. Ma davvero? Reagisco con il mio solito modo per non mostrare imbarazzo.
“Non sappiamo neppure se hanno preso te! Con la prova di oggi, penseranno che non hai neppure un tempo nelle gambe!”
Ma perché devo fare queste uscite? Ora guarda l’acqua della vasca con un’espressione triste ed io mi sento un cretino.
Il telefono suona. Lui mi fa cenno che non vuole che risponda io e glielo passo.
“Pronto? Ah sei tu Ayako? Ti passo l’idiota, parla con lui.” Dice freddamente passandomi il telefono.
“Pronto, Ayako?”
Aya urla come un’invasata.
“Hana, tu non ci crederai! E’ la prima volta nella storia! Hanno preso tutti! Tutto il quintetto dello Shohoku. Sì, non tutti tra i titolari, ma tutti! Hai capito Hana, tutti. Hanno convocato anche te!”
La cornetta mi cade a terra. Mi hanno convocato e io non riesco più a muovere un dito.
“Mi hanno preso.” Dico a voce alta, scandendo le parole.
“Ti hanno preso.” Ripete Rukawa.
“Mi hanno preso.”
“Ho capito, idiota.”
“Mi hanno preso, Rukawa.”
Lui mi tocca il viso con una mano bagnata. E’ una carezza?
“Si ti hanno preso, stupido. Ti hanno preso perché oggi sei stato in gamba. Hai dimostrato che giochi a basket e che non sei un buffone come ce ne sono tanti.”
Lo dice piano, in un tono che non è proprio dolce ma che mi scalda il cuore. Lo afferro e lo stringo forte bagnandomi completamente i vestiti.
“Mi hanno preso perché tu mi hai passato quella palla magica.”
“La palla non era magica. La nostra intesa lo è stata.” Dice soffiandomi in un orecchio e io non posso frenarmi dal posargli un bacio sul collo.
Lui si allontana di scatto. Merda, l’ho fatto di nuovo. Ho sbagliato e stavolta alla grande.
“Mi hai baciato.” Dice con gli occhi ridotti a due fessure “Era un bacio quello?”
Lo guardo dritto in faccia e penso che stanotte sì, stanotte è tempo di confessioni.
“Sì. Era un bacio. Mi dispiace. L’ho fatto d’impulso. E’ ciò che ho provato!” dico per giustificarmi.
“Quello era un bacio?” sibila ad un centimetro dal mio viso.
“Sì!” dico rabbiosamente “Sì era un bacio! Allora?”
Lui non mi lascia finire. Mi afferra con entrambe le mani bagnate il viso e spinge con forza la sua bocca sulla mia. Grande demone celeste se questo è un sogno non svegliarmi. Rukawa mi sta baciando. Lo stringo forte e ricambio il bacio. Lui nella vasca e io sul bordo. Mi trascina dentro con sé e dopo interminabili minuti in cui le nostre labbra, le nostre lingue, sembrano combattere una battaglia che fino a ieri facevamo con i pugni, mi ritrovo con i vestiti sul fondo della vasca con Kaede poggiato con la schiena sul mio petto.
Gioca con il bottone del polsino della mia camicia. Mi sembra un momento buono per affrontare il discorso.
“L’hai fatto per me?”
“Pensavi che ti avrei lasciato due settimane con la piccola Akagi?”
Questa è una versione inedita della volpe. Gelosia?
“Ci hai quasi rimesso la coda, volpe!”
“Nh. Tutto calcolato.”
Lo stringo.
“Mi hai raggirato!”
“Non è raggiro se è nel tuo interesse, o vuoi dirmi che non ti andava di essere selezionato?”
“Certo che lo desideravo, però non l’avevo detto a nessuno. Tu come hai fatto a capirlo?”
“L’ho capito quando ho visto la tua faccia nel vedere il video nel mio lettore dvd. Il tuo entusiasmo quando hai detto ‘facciamolo’.”
“Ancora con quella storia?”
“Seccato, scimmia maiale?”
“Non chiamarmi così!”
Rukawa ride. Una risata cristallina. Di quelle che fanno bene al cuore.
“Rukawa, posso chiamarti Kaede?”
“Mi sembra giusto visto che io ti ho già chiamato per nome.”
“Mi piace il tuo nome, Kaede.”
“A me piace il tuo, Hana ma non aspettarti che ti riserverò un trattamento migliore da domani, stupido scimmione!”
“Sono contento che non cambi niente. Le cose mi vanno bene così come sono, dannata volpe!” dico frizionandogli i capelli.
“Andiamo a letto?” mi chiede sbadigliando.
“Insieme?”
“Scimmia maiale!”
“Che c’entra ora, pervertito! Intendevo che non voglio dormire sul divano. E’ scomodo!”
Esce dall’acqua, si asciuga e si infila un pigiama lanciandomene un altro.
“Asciugati e vieni a letto. Ma ti avverto, io scalcio.”
Sparisce nel corridoio e io mi sento felice come non lo sono mai stato.
“Scalcia quanto vuoi Kaede, tanto sei mio!” dico ad alta voce. Voglio che mi senta. Lotterò per lui, non m’importa cosa dice Sendoh. Ha detto che lui è tutto o niente. Bene sarà tutto per me. Infilo il pigiama e lo raggiungo a letto. Dorme. E’ bellissimo. Come siamo arrivati a questo, io non lo so. So che è tutto quello che voglio. Notte Kaede.

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Capitolo 5
*** Un giorno di pioggia ***


 


Note dell'autrice: Salve rieccomi. Un solo avviso. Ho cambiato il rating della storia da arancione a rosso. Magari la risposta a questa variazione non la troverete in questo capitolo, tuttavia, rileggendo la storia, mi sono fatta prendere la mano e ho riscritto alcune parti per cui il rating aggiornato mi lascia tranquilla sulle variazioni fatte.
Spero che il proseguio della storia vi piaccia. Un abbraccio...
 

Un giorno di pioggia


Sono passati un paio di giorni dalla partita con il Ryonan. Sto molto meglio. Certo i lividi ci sono ancora, però riesco di nuovo a saltare senza smettere di respirare.
Fra tre giorni partiremo per il ritiro della nazionale. Alla fine ce l’ha fatta anche Hanamichi. Gli esaminatori hanno deciso che avrebbero convocato due giocatori in più che si sono messi in luce durante l’amichevole per cui i convocati sono diventati dodici: Fujima dello Shoyo; Maki, Jin e Kiyota del Kainan; Uozumi, Sendoh e Fukuda del Ryonan e infine  Miyagi, Akagi, Mitsui e Sakuragi dello Shohoku. Ovviamente, infine, ci sono io.
E’ decisamente la lista di giocatori migliore che io abbia mai letto. Una all stars, come direbbero in America.
Hanamichi è quasi sempre a casa mia con la scusa che ho la tv satellitare. Vuole vedere le partite dell’NBA e rimaniamo spesso a guardare le partite insieme. Ha imparato termini come ‘tap in’ o ‘tap out’ e soprattutto ‘slam dunk’.
Oggi in allenamento sono arrivate le divise: bianca con i bordi rossi la mia e quella di Akagi, rossa con i bordi bianchi quella di Mitsui, Miyagi e Sakuragi. Ovviamente la scimmia ha cominciato a borbottare.
“Io la voglio bianca!” piagnucola.
“Idiota, la bianca è per i titolari!” lo rimbecco subito.
“Dai Hana, la rossa è più bella! Più stilosa!” lo consola Mitsui.
“Io, la, voglio, bianca!”
“Testa di rapa! Tu non sei un titolare!” dico lanciandogli una palla dritta in faccia.
“Dannata volpe! Facciamo cambio!”
“Che? Sei scemo? Se vuoi la maglia bianca, conquistatela sul campo!”
Grida ma accusa e si zittisce.
Gli allenamenti scorrono tranquilli ma la scimmia rossa è rimasta di cattivo umore. Solo uno stupido come lui poteva mettere il muso per una cosa come il colore della divisa. Ma io sono la volpe e so come risolvere il problema.
Lascio che tutti vadano via e temporeggio negli spogliatoi. So che mi aspetterà fuori per tornare a casa con me. Infatti eccolo lì.
“Andiamo?” gli chiedo.
“Non predi la bici?”
“Nh. La lascio qui. Voglio fare un salto in un posto e tu verrai con me.”
“Ehi! Non sono mica il tuo gatto!”
“Scimmia semmai, non sei la mia scimmia?”
“Dannato! Non ho voglia di andare in nessun posto!”
“Ma come! Hai fatto tutta quella storia sulla tuta e non hai pensato alla cosa più importante?”
“Mh?” Si esprime con un monosillabo e sembra me. Sorrido.
“Vieni con me. Non te ne pentirai!”
Mi segue silenzioso il che non è da lui dato che è un casinista patentato. Decido di rallentare il passo e cammino affianco a lui. E’ una bella giornata e il sole non è ancora tramontato. Lo trascino per il centro fino ad una strada trafficata con tanti negozi e mi fermo davanti ad una vetrina. L’idiota quasi non se ne accorge e mi viene addosso. Solo allora alza la testa e vede gli articoli.
“Ma è un negozio di scarpe!”
“Già!”
“Io ho già le scarpe! Ne ho un paio seminuovo che mi sta benissimo!” dice ancora un po’ nervoso.
“Sarà, ma le mie sono andate. Ne voglio un paio nuovo.” Gli rispondo deciso.
Entriamo e vado diritto in fondo al negozio dove ci sono le mie air preferite. Ne prendo una del suo numero e gliela lancio.
“Dai provale e dimmi che ne pensi.”
Lui le prova senza entusiasmo. Nel frattempo ne metto un paio anche io. Quando le ha infilate, avvicino il mio piede destro al suo sinistro.
Solo allora lui capisce che è mia intenzione fare in modo che, anche se portiamo divise diverse, porteremo in ritiro le stesse scarpe. Invece di sorridere, si rattrista.
“Che c’è ora?”
“Niente. Le tue scarpe non mi piacciono, sono scomode!” dice togliendosele.
Io proprio non lo capisco a volte. Sfilo le scarpe anche io e decido di uscire dal negozio quando mi sento tirare per un braccio.
“Che fai? Non le prendi?”
“Nh.” Scrollo le spalle.
“Dai! Non è vero che sono scomode! Non fare così adesso!”
“Fa nulla.”
“No, dai, Kaede…”
A sentire pronunciare il mio nome in quel modo, mi fermo.
“Credevo che ti avrebbe fatto piacere. Sono le migliori che si trovano in circolazione. Non sono scarpe da riserva sai?” gli dico sinceramente e lui sorride.
“Ci credo! Con quello che costano!”
Ora capisco, l’idiota non ha capito che intendevo fargli un regalo. Del resto, in effetti, come poteva? Devo sforzarmi di parlare un po’ di più.
“Allora ti piacciono?” chiedo semplicemente.
Annuisce.
“Bene, allora è deciso.” Concludo tornando indietro e prendendo le scatole delle scarpe che abbiamo misurato.
“Come deciso?” riprende interdetto “Aspetta Rukawa, io…”
Non lo faccio finire. Non voglio che dica che non ha i soldi. Parlo prima io.
“E’ un regalo. Per la convocazione.”
Lui prende la scatola e mi guarda.
“Allora anche io devo farti un regalo per la convocazione!” dice e corre a prendere una fascetta rossa. La paga alla cassa prima che possa dire una sola parola. “Ecco. Il tuo regalo.”
La prendo con un certo imbarazzo. Non sono avvezzo a ricevere regali. Non ne ricevo dalla morte di mia madre. Sono commosso.
“Andiamo a casa ora. Sono stanco.”  Dico. Lui mi passa un braccio intorno al collo e mi tira verso di sé.
“Andiamo a casa allora. Visto che il mio regalo è meno costoso del tuo, mi sdebiterò preparandoti la cena!”
“Sono finito, allora!”
“Maledetta volpe! Io cucino benissimo, chiedi a Mito!”
“Sì, sì, come no!”
“Vedrai se non è vero!”
Continuiamo a parlarci addosso fino all’angolo di casa mia. Lo giriamo e il sorriso sul mio viso sparisce. Ferma, davanti al mio vialetto, sosta una limousine. Inchiodo e tiro Hana per un braccio.
“Che c’è ora?”
“Andiamocene.” Dico nascondendomi dietro il muretto della casa del mio vicino.
“Ma siamo arrivati a casa tua!”
“Sì, lo so, ora andiamocene.”
“Si può sapere che ti prende?”
“Andiamo a mangiare qualcosa fuori. Pago io!”
“Eh sì! Ora vuoi evitare di farmi cucinare!
“Dai, andiamo!” insisto cercando di fargli capire, senza scompormi, che allontanarci da casa mia è diventata una priorità per me. Ma lui è lo stupido idiota e avrei dovuto prevedere il suo comportamento. Mi tira per un gomito e mi trascina allo scoperto. Ci ritroviamo di fronte ad un uomo sulla sessantina, distinto e sorridente. Io so benissimo chi è e so che sto per fare una delle più grandi figure di merda della mia miserabile vita.
“Buonasera signorino Rukawa!” dice come se ci fossimo lasciati la mattina stessa e non fossero passati anni dall’ultima volta che ci siamo salutati.
Ovviamente la bocca dello stupido idiota è spalancata a livelli record. La vena nella tempia destra mi pulsa paurosamente ma faccio finta di nulla.
“Buonasera Hiro. Non aspettavo nessuno.” Rispondo sperando che la macchina sia vuota. Purtroppo la fortuna non è dalla mia parte. Hiro torna di qualche passo indietro e apre lo sportello posteriore della vettura. Maledizione a Fukuda! Maledizione a quel medico ficcanaso! Mancavano solo tre giorni al ritiro!
“Hiro, porta la borsa in casa.”
La voce dell’uomo che scende dalla macchina, bassa e decisa, da ordini da cui è difficile esimersi. Così il tuttofare di casa Rukawa prende una pesante borsa dal portabagagli e raggiunge la porta di casa mia. Lui mi guarda dritto in faccia e, anche se non vorrei, sostengo lo sguardo. Signore e signori ecco mio padre: Kazuki Rukawa.
“Hai di nuovo fatto a botte, Kaede?” chiede alludendo ai lividi che ho in faccia anche se sa dell’ospedale e del mio breve ricovero.
“Nh.”
“Vieni in casa. Dobbiamo parlare.”
Ecco che comincia lo show. Lui ordina e Kaede obbedisce. Stavolta però non tiene conto di Hanamichi. Non voglio che mi tratti in questo modo davanti a lui.
“Sono in compagnia, non vedi? Va avanti, arriverò a breve.” Faccio deciso ma ho sbagliato. Ho involontariamente attirato la sua attenzione su Sakuragi. Lo squadra dalla testa ai piedi e parla senza smettere di guardare me.
“Sarebbe un tuo ‘amico’? Vedo che spendi ancora i soldi del fondo fiduciario in scarpe da tennis! Non sei cresciuto per questo hobby?”
Avrei voluto avere una conversazione civile con te, papà, però hai fatto tre sbagli: Hanamichi è mio amico, non sarebbe; quelle non sono scarpe da ‘tennis’! Io gioco a basket, basket, capito? Non è difficile distinguere questi sport! In uno la palla è molto, molto più grande! Infine il basket non è un hobby ma la mia ragione di vita. Alla luce di questi elementi, sbotto alla grande sull’unico argomento che lui capisca.
“Sono i soldi di mia madre! Li ha lasciati a me e ci faccio che mi pare, compreso comprare scarpe tutta la vita!”
Il suo sguardo si infiamma e si rivolge dritto a Sakuragi.
“Credo che lei dovrebbe andarsene, ho da discutere questioni importanti con mio figlio.”
“Come ti permetti?” urlo “Lui è mio ospite. Stasera si ferma qui!”
“Capisco,” mi risponde “allora è ‘quel genere’ di amico.”
Non ci vedo più. Questo è troppo! Me ne frego che sia mio padre. Stringo i pugni come se volessi colpirlo ma sento la mano di Hanamichi sul mio polso.
“Lascia stare. Mi sono ricordato che dovevo passare da Mito stasera. Tu, piuttosto, non agitarti. Del resto, sono tuo amico e posso capire, o no?”
Da uno che da testate per un nonnulla, non mi sarei aspettato un ragionamento tanto sensato. Sta di fatto che mi calmo. Mi volto verso di lui mentre mio padre entra in casa.
“Non dare retta alle sue cazzate, io ho smesso da tempo!” gli dico.
“Ma certo, certo, signorino Rukawa!” dice sfottendomi allegramente.
“Idiota!” Mi volto e faccio gli scalini che mi separano dalla porta.
“Kaede!”
“Nh?”
“Fra due giorni partiamo!” dice agitando la scatola delle air.
Riesco a tirare il fiato. Il suo buonumore è disarmante. Rientro e mi preparo per il secondo round col mio vecchio.

Cammino da un po’ e non  sono neanche lontanamente in prossimità della casa di Yohei. Non sono stanco però, non fisicamente. La strada mi lascia pensare al ‘signorino’ Rukawa e a suo padre. Chissà come deve essere cresciuto Ru!
Aspetta, come mi è uscita questa? Ru? Invece di faccia da volpe? Mah!
Comunque, tornando a suo padre. Che tipo strano! Non me lo immaginavo così. E’ alto quasi quanto Kaede e, nonostante l’età, ha un fisico asciutto. In quanto al gelo che traspariva dal suo sguardo, ora capisco da chi ha preso Kaede! E’ stato molto sgarbato a definirmi in ‘quel’ modo, anche se io e Kaede ci siamo baciati. Aspetta ancora un momento! E lui che ne sa? Forse Rukawa ha avuto altri amici ‘speciali’! No, non è possibile! Sì vabbè, è possibilissimo, vedi voce del dizionario ‘Sendoh’!
Tuttavia non è stata quella sua maleducazione a colpirmi negativamente, ma il suo modo di trattare il figlio. Mio padre è stato severo con me, ma non mi ha mai trattato così. Forse è per questo che Rukawa vive da solo. Forse è per questo che non vuole suo padre in giro. Guardo la scatola delle scarpe e penso che sono in debito con lui. Non per i soldi, per la sua gentilezza. Fino a qualche tempo fa non avrei mai messo nella stessa frase le parole Rukawa e gentilezza. Non lo credevo capace di tanta sensibilità. Invece è stato gentile con me. Ha fatto in modo di farmi entrare nella rosa dei convocati per il quadrangolare e poi mi ha comprato le scarpe per farmi capire che vuole considerarmi al suo stesso livello. Ora forse sto esagerando, non credo che pensi che siamo allo stesso livello nel basket!
Comunque io non sono stato altrettanto gentile. E’ vero che l’ho soccorso in palestra e l’ho portato in ospedale. Vero anche che l’ho accudito quella notte. Io l’ho aiutato, ma sono stato gentile? Gli ho dimostrato che stavo facendo quelle cose perché volevo che non soffrisse, che sorridesse?
Già, il suo sorriso. Quando l’ho visto sorridere ho provato un brivido che mi è sceso fino al basso ventre! Che vergogna! Neanche la volta che ho aperto lo spogliatoio dopo i miei allenamenti speciali e ho sorpreso Haruko mezza nuda, mi sono sentito così! Per non parlare del fatto che lui non sa che, quando l’ho spogliato per fargli il bagno dopo la partita, i miei ormoni sono letteralmente impazziti! La sua pelle candida, i suoi muscoli perfetti, la spigolosità del suo bacino e quella leggera peluria che gli parte appena sotto l’ombelico. Ah! Basta! Così vado al manicomio e, per di più, sento ancora qualcosa la sotto che si agita al solo pensiero di Kaede nudo.
Finalmente arrivo a casa di Yoehi. Ho fame e non solo di cibo. Sono affamato, per la prima volta nella mia vita, di baci e carezze. Se non fosse arrivato suo padre, avremmo potuto passare la notte assieme e, forse, un altro bacio me l’avrebbe dato! Immerso in  questi pensieri, non mi accorgo che Mito è proprio di fronte a me con una faccia interrogativa come quella che si avrebbe all’ultima domanda di un quiz da un milione di yen.
“Hana, mi senti?” chiede a braccia incrociate.
“Sì, certo! Mica sono sordo! Dimmi..”
“Per la terza volta, come mai sei qui? Non avevamo appuntamento, io stavo uscendo.”
“Yo, non lasciarmi solo stasera” dico con la faccia da mendicante migliore che ho in repertorio “ho avuto una giornata tremenda e ho bisogno del mio migliore amico!”
Mito sorride e fa spallucce.
“D’accordo! Però mi racconti tutto davanti ad una zuppa di miso e offri tu visto che ti sei appena comprato un paio di air ultimo modello!”
Dannato Rukawa! Sono di nuovo incastrato per colpa sua! Ci incamminiamo verso il nostro locale preferito e io rido sguaiatamente per nascondere l’imbarazzo di non sapere come cominciare il racconto della giornata insieme al  mio peggior nemico per cui ho la mia cinquantunesima e definitiva cotta.

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Capitolo 6
*** Una notta bellissima ***


Una notte bellissima


Fuori infuria il temporale e io sbuffo per la centesima volta. Odio la pioggia! I miei capelli si arrufferanno come il pelo di un gatto andando a scuola. Una volta Ryota mi ha incontrata per strada sotto la pioggia che imprecavo come una matta e mi ha ceduto il suo ombrello sostenendo che non ne avesse bisogno. Quel giorno non mi ha guardato le tette come suo solito. Io gli ho urlato di non fare commenti sui miei capelli crespi e lui ha sorriso con quel suo modo, come al solito, deciso e mi ha detto “I tuoi capelli sono bellissimi, sembri così selvaggia!”
L’ho colpito in testa col suo stesso ombrello anche se il complimento mi ha fatta arrossire. Ora, ogni volta che piove, mi torna in mente quell’episodio.
Sento mia madre che mi chiama. Mi cercano al telefono.
“Pronto?”
“Signorina Sawa?”
C’è una sola persona che mi chiama in quel modo.
“Sign. Rukawa, tutto bene?”
Dall’altra parte il silenzio mi costringe a ripetere “Tutto bene?”
“Veramente no.”
Che fastidiosa tara di famiglia quella di lesinare sulle parole. Leggo il numero sul display del telefono e mi accorgo che sta chiamando da casa di Kaede così insisto. “Kaede è li?”
“No. Abbiamo avuto una discussione ieri sera. E’ uscito portando una borsa con sé e non è rientrato stanotte. Mi chiedevo se avesse trovato ospitalità da lei, anche se la cosa sarebbe molto sconveniente.”
Ok, ora occorre una precisazione. Mia madre e il padre di Kaede sono vecchi amici e le loro famiglie appartengono entrambe al jet set di Tokio. Entrambi hanno studiato, da quando io e Kaede facevamo l’asilo, il nostro matrimonio nei minimi dettagli. Ovviamente io e Rukawa non ci abbiamo mai lontanamente neppure pensato, tuttavia, da qualche anno a questa parte, abbiamo, come dire, glissato sull’argomento. Siamo colpevoli, lo so. Mettetevi nei miei panni, mio padre pensa che Kaede sia il ‘tipo’ di ragazzo perfetto. Bello, bravo e di buona famiglia. Al confronto Ryota sembra un teppista! Facendogli credere che fossi già bella e sistemata, mi ha lasciata in pace per un sacco di tempo. Quando sarò all’università, gli confesserò la verità. Lo stesso vale per Kaede. Ha lasciato credere a suo padre che avrebbe accettato un matrimonio di interesse per avere un po’ di pace. Mi sa che ora qualche nodo giungerà al pettine! La sua voce mi richiama all’attenzione.
“Ma certo che sarebbe stato sconveniente!” dico con una voce leggermente isterica “Kaede non si sarebbe mai sognato di venire qui! Deve essere andato a dormire da qualche amico!”
“Amico?” chiede lui perplesso.
“Sì, sicuramente!” dico per tagliare il discorso e per evitare di dirgli che, quasi certamente, si è rifugiato in palestra.
“Crede per caso, quello con quei tremendi capelli rossi?”
Quasi mi strozzo con la mia stessa saliva. Hanamichi? Come fa a conoscerlo? E soprattutto perché pensa che Hana sia amico di suo figlio? D’accordo che quei due hanno raggiunto una buona intesa sul campo da qualche tempo, ma definirli amici? Il mio sesto senso si attiva.
“Mi ascolti sign. Rukawa, io sto andando a scuola. Vedrà che incontrerò lì Kaede. La chiamo nel pomeriggio, d’accordo?”
Lui mi ringrazia a parole ma il tono della sua voce dice in realtà che non è per niente d’accordo con la mia proposta.
Esco di corsa salutando al volo mia madre. Devo scoprire che sta succedendo prima che quei due scellerati mettano nei guai anche me! Risultato? Mi sono dimenticata che piove e ora dovrò andare a scuola con un look, come dire, selvaggio!

Anche stamattina ho fatto tardi. Ho passato la notte da Yohei cercando di dirgli come stanno le cose senza dirgli un bel niente in realtà e questa cosa mi ha stressato parecchio. Deve essersene accorto anche lui perché, ad un certo punto, ieri sera seduto sullo scalino più alto del tempio vicino  casa sua con  una birra gelata in mano, mi ha fatto un discorsetto.
“Senti Hana, da qualche giorno sei strano. Ok che te ne sono successe di cose, però sono tutte cose belle! Non vedo il motivo di tanta tensione. Sai che ti dico? Da amico, davvero. Hai bisogno di sfogarti un po’! Ti serve una ragazza. Mica quella della tua vita! Una carina con cui passare una bella serata e poi addio! Zero problemi. Non devi mica fare il bastardo, non dico questo! Dico soltanto che devi…”
“Ho capito! Ho capito!” Ho urlato “Non c’è bisogno di essere espliciti. Credimi Yo, vorrei. Dovrei anzi! Mi sento represso! Ne ho talmente voglia che…”
“Ok, ok! E’ chiaro! Se vuoi, ci sarebbe una ragazza che…”
Lo interrompo. Inutile perdere tempo.
“Niente ragazze.”
“Niente ragazze?”
“Che hai capito?” urlo ancora rubandogli la birra di mano e facendo un  bel sorso “Non voglio distrazioni prima del quadrangolare!”
Mito ha annuito e mi ha sorriso. Non ha aggiunto altro per tutta la sera. E’ davvero mio amico. Altri avrebbero infierito sulla mia uscita infelice!
Finalmente sono in classe. Il mio sguardo va subito al banco di Rukawa che però è vuoto. A due giorni dal ritiro? Questo significa guai. Mi siedo sgridato dal professore ma è come se mi fossi accomodato sul letto di un fachiro. Ci metto mezz’ora per farmi espellere.
Nel corridoio le stranezze aumentano. Incontro Ayako che sembra venirmi incontro.
“Ciao Aya!” dico allegramente ma lei ha uno sguardo accigliato e mi trascina per un braccio in uno sgabuzzino.
“Ciao un corno! Dov’è?”
“Chi?” chiedo cercando di scusarmi prima ancora che tiri fuori il suo ventaglio e mi colpisca furiosamente.
“Come chi? Rukawa!”
“Rukawa?”
“Rukawa! Parla o sei morto!”
“Non ne so niente!” Faccio reagendo con rabbia. Qualunque cosa abbia combinato quel bell’addormentato, non ne voglio la colpa.
“Non dire stronzate! Mi ha chiamata suo padre dicendo che ha passato la notte fuori ed era preoccupato. Pensava che potesse essere con te! Che ci dovrebbe fare con te, eh Sakuragi?” urla con un dito indice puntato ad un millimetro dal mio naso.
“Che cazzo ne so io! Il padre di Rukawa è più psicopatico del figlio!” urlo di reazione.
“Ah! Allora lo hai conosciuto! Ascoltami Sakuragi, il padre di Rukawa è una persona che non si ferma davanti a niente pur di ottenere quello che vuole. Se scopre qualcosa sul conto del figlio che non gli va, lo ritirerà dalla scuola e lo chiuderà in qualche istituto privato!”
Anche se le sue parole mi hanno colpito, non voglio dare soddisfazione.
“A me che mi frega di Rukawa? Se quella dannata volpe ha qualcosa da nascondere, non è colpa mia!”
A quella frase Ayako si fa triste.
“Sei un insensibile! Kaede ha sofferto molto durante la sua infanzia e ancor più durante l’adolescenza. Ha dovuto fingere col padre di essere una persona diversa da quella che è. Ha ceduto su tutto ciò che amava fare. Ha tenuto solo il basket per sé. Ieri sera hanno litigato e lui è andato via di casa con solo un borsone. Se suo padre si convince che, a Kanagawa, Kaede sta facendo qualcosa che a lui non piace, lo porterà via!”
Le parole di Ayako mi trafiggono il petto e mi fanno male al cuore. Lo porterà via? Via dove? Lontano? Lontano da me? No, no. Questo è uno scherzo e se è uno scherzo, io me la rido.
“Che potrebbe mai fare che non gli va?” dico con un sorriso falsissimo sulle labbra.
Ayako spara una frase sola.
“Avere una relazione con un tizio che ha tremendi capelli rossi!”
Colpito.
Lei lascia la stanza e io rimango al buio nello sgabuzzino. Allora Ayako sa che è successo qualcosa tra noi? No, è impossibile. Nessuno lo sa. Se i ragazzi dello Shohoku lo avessero scoperto in qualche modo, ci avrebbero di certo presi in giro. Eppure lei ha detto proprio ‘relazione’ e suo padre mi ha definito ‘quel tipo’ di amico. Maledizione, dannata volpe dove sei finita? 
Esco dallo sgabuzzino e corro in palestra. Di certo noi siamo qui a fare i drammoni e lui è sul campo ad allenarsi. Fuori piove ancora. Arrivo zuppo in palestra. Spalanco la porta e… niente! Non c’è.
Il panico mi prende all’improvviso. Dov’è? Di colpo un’illuminazione. Vuoi vedere che è andato da Sendoh? Bene, è aperta la caccia alla volpe, perché se è andato da Sendoh io lo ammazzo! Prima lo trovo, tiro un sospiro di sollievo, poi lo ammazzo!
Raggiungo il Ryonan con la metro e devo fare le corse per sfuggire ai vigilantes che sorvegliano che gli studenti non saltino la scuola. La classe di Sendoh sta facendo ginnastica. Bene. Molto bene. Eccolo lì il porcospino tutto intento a fare il solletico a Koshino! Ma bravo! Prima fa la morale a me su come Rukawa sia tutto o niente e poi lui si diverte con il mocciosetto!
“Sendoh!” grido dall’altra parte della rete del campetto da baseball. Lui mi guarda con fare interrogativo poi, sorridendo come un ebete, mi raggiunge. Per fortuna che la rete ci divide, altrimenti sarebbe già a terra con un bernoccolo sulla testa. Le mie testate lasciano il segno.
“Ehilà!”
“Ehilà un corno! Tu sai dov’è Rukawa?”
“A scuola o su un campo da basket.” dice con occhi sognanti “Anzi quasi certamente su un campo da basket!”
“Fa poco lo spiritoso!” lo minaccio ma capisco che lui non ha idea di dove sia Kaede.  Mi giro e me ne vado. La gelosia ha prevalso sulla ragione e mi ha fatto solo perdere tempo. Lui mi chiama ma io non mi volto neppure. Devo trovare Kaede. Magari ha ragione il porcospino. Potrebbe essere al campetto dietro casa sua. Mi fermo. E se incontro suo padre? Chi se ne frega. Ora devo trovarlo.
Riprendo la metro e in mezz’ora sono di nuovo dalle parti della casa di Rukawa. Il campetto è vuoto e un moto di stizza mi spinge a calciare una lattina vuota. Una voce mi rimprovera.
“Non si fanno queste cose, ragazzo!”
“Mi perdoni!” dico e mi inchino. Quando alzo la testa lo riconosco. E’ il tizio che ha dato del ‘signorino’ a Rukawa.
“Ma lei è Hiro?”
“Che memoria, ragazzo!”
“Gr.. grazie. Io.. cercavo Rukawa.”
“Non è qui.”
“Lo vedo. E’ solo che non so più dove cercarlo.”
“Vedi ragazzo mio, fino a che la signora è stata bene, il sign. Kazuki non si è mai occupato del figlio. Si è accorto di lui quando la signora è morta. Il signorino spesso si nascondeva da lui. Correva da mia moglie Shinobi, nelle cucine. Ora lei vive a Sagami. Abbiamo una casetta sul mare. Col treno ci si arriva in un paio d’ore. Ora io torno dal signor Kazuki. Buon viaggio.”
“Buon viaggio?” chiedo più a me stesso che a lui. Certo! Ora capisco. Mi ha voluto dire che Rukawa è andato a Sagami!
Mi rimetto a correre. La stazione extracittadina non è lontana. Prendo al volo un treno senza biglietto e mi nascondo nel bagno. Grande demone celeste! Quando finirà la giornata? Mi addormento e mi sveglio appena in tempo per scendere a Sagami. Per fortuna il controllore non mi ha beccato!
Ok, e ora? Dove abiterà mai questa Shinobi? Il vecchietto ha detto che hanno un casa sul mare così raggiungo la spiaggia. E’ quasi il tramonto. Che bello qui. Prendo un respiro ad occhi chiusi per calmare i nervi e cosa vedo quando li riapro? Rukawa che corre sul bagnasciuga. Mi metto a correre anche io e lo raggiungo.
Lui mi riconosce e si ferma a un metro da me. Io stringo un pugno e, incurante del suo stato d’animo o del livido che ha ancora sul viso per via dei pugni di Fukuda, lo colpisco. Lui cade all’indietro nella sabbia e non dice niente. Urlo.
“Dannato che non sei altro! Sparire così senza dire niente a nessuno! Che ti è saltato in testa?”
Lui nel frattempo si rialza. E’ arrabbiato e ricambia il pugno. Stavolta sono io a finire nella sabbia e lui urla.
“Che vuoi? Chi ti ha chiesto niente!”
Mi rialzo e mi scaravento addosso a lui. Lo schiaccio nella sabbia col peso del mio corpo. Lui ansima di rabbia e cerca di divincolarsi ma è un peso piuma rispetto a me ed io sono furioso.
“Voglio che se hai un problema, dai fiato alla bocca e parli, dannazione! Voglio che mi vieni a cercare e parli con me!”
“Non ho voglia di parlare con te!”
“Ah, sì?”
“Già!”
“E invece mi parlerai. Non puoi fare così, hai capito? Prendi e te ne vai!”
“Certo che posso, l’ho fatto!”
“No che non puoi. Non puoi baciare uno il giorno prima e il giorno dopo sparire!”
Lui sgrana gli occhi blu come il mare che infuria insieme ai nostri sentimenti. Mi prende i polsi.
“Levati!” dice.
“No!”
“Levati da dosso!”
“No!” dico premendo le mie labbra sulle sue e aprendogli di forza la bocca infilandoci la lingua.
E’ un bacio carico di passione ma anche di rabbia e di frustrazione.
Lui mi da una ginocchiata nello stomaco e ribalta le posizioni. Mi guarda negli occhi furente. Mi arrendo. Non posso imporgli la moltitudine di sentimenti che mi hanno riempito da stamattina. Desiderio, rabbia, paura, gelosia. Lui si alza e mi prende per un polso trascinandomi fino a delle cabine. Il sole è affogato lasciando solo una tenue luce rosso sangue nel cielo. Rukawa apre una cabina e mi spinge dentro.
Forse sbaglio ma anche nei suoi occhi, che ora sembrano liquidi, leggo rabbia e frustrazione. Mi bacia spingendomi contro la parete.
“Tu non capisci un cazzo!” Dice prendendo un respiro e baciandomi ancora “Tu non sai un cazzo!” continua. Un respiro, un bacio. Lo spingo io ora contro la parete opposta.
“So solo che tu mi farai diventare pazzo!” gli dico infilandogli una mano sotto la maglia da allenamento. Ho agito d’istinto e lui non mi ha fermato anzi, pare godere di quel contatto. E’ tutto sudato e ha un odore favoloso che riaccende il desiderio che avevo soffocato la sera prima parlando con Yohei.
“Se dovevo scappare da Kanagawa come un ladro di notte per farti impazzire, l’avrei fatto prima, idiota!”
A quelle parole mi spingo di nuovo contro di lui e lo bacio rabbiosamente. Quando gira la testa per respirare, comincio a succhiargli il collo. Lui geme. Il verso che fa mi eccita e le mie carezze si fanno più audaci. Mi convinco a slacciargli il nastro dei pantaloncini quando lui si mette ad armeggiare con la mia cintura. Mi guarda dritto negli occhi e, per un momento, mi fermo.
“Che c’è?” chiedo intimorito d’avere esagerato.
“Non credevo mi avresti cercato.”
“No?” dico rilassandomi e infilando la mano tra le sue cosce. Lui fa di nuovo quel verso e scuote il capo. Non riesce neppure a parlare adesso. Lo bacio. E’ bellissimo. Toccarlo è bellissimo e io sto per scoppiare. Lui deve essersene accorto perché allontana le mie mani. Mi abbassa pantaloni e boxer e si sfila i suoi. Mi spinge ancora contro la parete e si strofina su di me. Un gemito mi esce dalle labbra e lui mi soffoca con la sua bocca continuando a muoversi addosso a me. I nostri sessi si toccano, rigidi, fino a che non arriviamo insieme. Lui mi stringe le braccia intorno al collo e mi parla all’orecchio in un sussurro.
“Scusami. Ho litigato con mio padre. Ho cercato di restare calmo, ma ha cominciato a fare allusioni sul fatto che non frequento abbastanza Tokyo, che non ho più portato Ayako a casa e che perdo tempo col basket. Poi ha cominciato a minacciarmi dicendo che se avessi disonorato la mia famiglia, mi avrebbe tolto il fondo fiduciario di mia madre e iscritto all’accademia militare. Non vuole più vederci insieme. Io gli ho risposto che anche se mi toglie tutti i soldi, non rinuncerò più ad essere me stesso. Mi ha schiaffeggiato e mi ha detto che ci vuole poco per rovinare un ragazzo come te. Sono fuggito. Non da lui. Da te.”
“Perché da me?” gli chiedo senza lasciarlo andare.
“Perché lui può farti del male. Ne ha fatto a mia madre. Per anni. Alla fine lei si è suicidata. Non voglio che ne faccia a te. Tu sei come era lei da ragazza. Solare e felice. Per questo sono venuto qui. Volevo te, ma dovevo starti lontano. Perdonami. Quello che è successo qui dentro, io, insomma ero frustrato.”
Lo stringo forte. Lo tengo stretto. I nostri corpi umidi ancora in contatto.
“Io sono forte. Non ho paura di tuo padre. E quello che è successo qui dentro è stato folle.”
Lui si stacca da me e io sento freddo al bacino. Mi guarda con la sua irresistibile faccia da volpe curiosa con il sopracciglio alzato.
“Folle?” chiede dubbioso.
Annuisco sorridente e lo provoco.
“Alla fine l’abbiamo fatto davvero!”
Lui si rilassa e sorride sornione. Adesso quasi le vedo le orecchie da volpe.
“Non ci siamo andati neppure vicino, scimmia maiale!”
Gli lancio le mutande in faccia.
“Ah no?”
Lui se le infila insieme ai pantaloncini incurante di essere tutto unto di me, di se stesso e di sabbia e sorride malizioso.
“Nh. Sei un idiota!”
“E tu sei bellissimo!” gli dico abbottonandomi i pantaloni.
Lui apre la porta di quel rifugio improvvisato e guarda la luna sul mare.
“Questa notte è bellissima.” Dice piano.
Non potrei essere più d’accordo.

 

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Capitolo 7
*** La felicità ***


Note dell'autrice: Note brevi brevi così vi lascio alla lettura. Ringrazio hikaru83 che mi ha ceduto il dolcissimo nomignolo di Ru! Lo userò solo nelle occasioni importanti, te lo prometto!! Smack!


La felicità


Dorme. Shinobi non ha detto una parola quando sono rientrato con lui. Ha sorriso bonariamente come quando, da bambino, portavo a casa tutti i randagi che trovavo in strada. Ha dato una tuta ad Hanamichi e gli ha preparato un tatami affianco al mio.
Dorme. Ha un’espressione così beata che sarei curioso di svegliarlo e chiedergli che cosa sta sognando.  Io, invece non riesco a chiudere occhio. Il pensiero di quello che è successo sulla spiaggia mi da ancora i brividi. Mi ero rifugiato qui perché volevo allontanarmi da mio padre e dalla sensazione opprimente che mi crea tutte le volte che mi parla in quel modo. Posso capire che non gli vada giù l’idea che io possa provare attrazione per un ragazzo, tuttavia minacciarmi in quel modo, arrivare a dire che può far espellere Hanamichi da scuola, è troppo anche per i suoi standard.
Finora con la scusa di voler frequentare la scuola di Ayako che a lui piace tanto, sono riuscito a vivere per conto mio. Ora però ha capito che sto approfittando della lontananza per fare ciò che mi piace di più: giocare a basket.
Shinobi è stata gentile ad ospitarmi. Domani però dobbiamo tornare a Kanagawa. Dobbiamo partire per il ritiro.
Rimango sdraiato su un lato poggiando la testa su un braccio e fissando Hanamichi. Cosa succederà ora? Dopo il bacio abbiamo entrambi fatto finta di nulla ma ora? Quello che è successo è stato qualcosa di più. Mi ha detto che sono bellissimo. Forse era ancora frastornato per l’eccitazione, non c’è altra spiegazione. Ad ogni modo non si potrà far finta di nulla. Io non potrò far finta di nulla. Non dopo che con quelle sue grandi mani scure mi ha toccato dappertutto. Tuttavia con il ritiro non avremo modo di restare soli per un po’ e questo, ad essere sinceri, non è che mi vada molto. Avrò ancora in giro Sendoh. Già Sendoh! Se solo sapesse cosa è successo tra me e Sakuragi, gli prenderebbe un colpo!
Sarà meglio pazientare e aspettare la fine del quadrangolare per mettere le cose in chiaro con questo adorabile idiota! Non voglio che pensi che io abbia semplicemente sfogato dei bassi istinti su di lui.
Parlare non sarà facile per me. Non sono bravo ad esprimere i miei sentimenti a parole. Questo però con la scimmia rossa non è mai stato un problema. Lui, in qualche modo, ha trovato la chiave per entrare nel mio mondo. Lui mi capisce al volo. A volte ho l’impressione che sia più profondo di quanto non voglia far credere a tutti. Gli passo una mano tra i capelli rossi. Mi scopro ad accarezzarlo come se quel movimento l’avessi avuto da sempre nel DNA così come andare in bici o lanciare in sospensione.
D’improvviso apre gli occhi. La mia mano si ferma e sono tentato di fingere che ci fosse un ragno proprio lì dove indugiano le mie dita.
“Se richiudo gli occhi, continui?” dice piano.
“Idiota!” faccio riprendendo però le carezze.
“Grazie. Sai Kaede, mi sento così stanco. Neanche dopo la partita col Kainan mi sono sentito così. Mi hai asfaltato!”
“Gentile.” Dico a bassa voce e lui si volta verso di me col suo sorriso da ‘genio’.
“Tu non ti senti stanco?”
“Io mi sento” esito guardando il bordo del tatami “bene.”
L’idiota allunga le sue lunghe e possenti braccia e mi trascina fuori dalle coperte.
“Hana fa freddo!” dico facendo un po’ di resistenza.
“Ti scaldo io!” dice ridendo e coprendomi con la sua, il suo petto aderente alla mia schiena. Sento il suo respiro sul collo come quella sera a casa mia.
“Domani dobbiamo tornare.” Dico con una voce atona.
Lui mi stringe e mi pizzica l’orecchio con le sue labbra. Ora gli do una gomitata, seriamente.
“Non cambierà niente, Ede. Tu mi lancerai in testa la tua borraccia dicendo che sono un idiota e io ti colpirò con una delle mie testate rispondendo che sei una dannata volpe. Tutti ci guarderanno e penseranno che non ci sopportiamo esattamente come qualche settimana fa. La sera, però, la sera, prima di andare a letto, ti guarderò per un momento solo negli occhi e tu vedrai il fuoco che hai acceso oggi dentro di me. Se vorrai, quando vorrai, come vorrai, potrai usare le tue labbra per spegnerlo. Se mi dici che, di tanto in tanto, troverai il modo, a me va bene così. Non sarò così tanto idiota.”
Come ha fatto a capire a cosa stavo pensando? E poi, dove l’ha tirato fuori quel nomignolo da ragazzina innamorata? Come ha fatto a trasformare il mio nome in una cosa così bella? Gli prendo una mano e me la porto sul petto. Scimmia se il mio cuore corre così forte, la colpa è tua.  Lui lo sente e stringe la stoffa della mia tuta. Mi tira ancora di più a sé come se lo spazio tra noi non fosse già finito da un pezzo! Però accade una cosa che non sentivo da anni. Sento di appartenere a qualcuno. Mi stringe forte come se volesse dirmi che sono suo. Forse è giunto finalmente il tempo che smetta di avere paura e dica qualcosa. Qualcosa d’importante. Mi volto e gli lascio intendere che voglio sentirmi ancora stretto in quel modo.
“Hana, se mi vorrai nonostante il mio modo di trattarti, io sarò tuo.”
Vorrei dire altre cose perché sinceramente credo di non avere reso il concetto. Forse ora penserà che intendo trattarlo una merda. Ma i suoi occhi si sono fatti lucidi. Azzera la distanza tra i nostri visi e mi bacia. Io rimango fermo a godere ancora di quel calore.  Quando si stacca, sorride.
“Credo che, in qualche modo, ti ho sempre voluto. Anche quando ti picchiavo. Volevo toccarti, prenderti.”
Non resisto se fa così e stempero l’intensità del momento.
“Scimmia maiale!” dico mordendogli appena il naso. Sorride Hana ed è la cosa più bella che abbia mai visto.
“Sarà, ma alla fine ti ho preso.” Dice stringendomi.
“Non ancora, non esattamente! Voglio proprio vedere quando ti deciderai a farlo!” dico per farlo arrossire e per capire se ha mai pensato di portare il nostro rapporto a quel livello. Pensandoci finisco per arrossire io.
Lui mi accarezza il viso e guarda il mio collo.
“Non l’ho mai fatto. Non so come…”
Gli metto un dito sulle labbra.
“Dopo il ritiro. Facciamo a questo modo. Se riesci ad entrare tra i titolari almeno in una partita, sarai tu a prendere me. Al contrario, se non ci riuscirai, sarò io che mi prenderò te, Hanamichi. Visto che sono più bravo di te, mi sa che mi toccherà insegnarti come si fa anche questo.”
“Dannata volpe! Quando mai mi hai insegnato qualcosa? Ti ho inseguito fino a qui, vuoi che non riesca a diventare titolare in quella squadra di mezze seghe? Vedrai quando torniamo se riderai nell’onorare la tua promessa!”
“Nh!” faccio voltandomi. Lui mi abbraccia e si tranquillizza.
Povero Hana, non sa che sarei capace di uccidere uno ad uno tutti i titolari per vederlo con la maglia bianca e perdere questa scommessa. A poco a poco, col suo calore addosso, scivolo nel mondo dei sogni.

Non sono mai stata brava a mentire ma a dissimulare i miei sentimenti sì. Per questo sono riuscita a non dire niente quando ho visto Rukawa arrivare in palestra insieme ad Hanamichi. Pare che fosse andato a trovare la sua anziana tutrice. Pare che abbia anche avvisato suo padre. Oggi pomeriggio praticamente tutta la squadra parte per il ritiro. Sono proprio orgogliosa di loro. Akagi e Rukawa con le loro sfolgoranti divise bianche e Mitsui, Sakuragi e Miyagi con le sfavillanti uniformi rosse. Le ragazze della scuola se li mangiano con gli occhi e sto realizzando praticamente solo ora che non li vedrò per le prossime due settimane. Non vedrò Ryota per due settimane. Sento qualcosa pungere agli angoli degli occhi e mi rifugio nel bagno della palestra.  Mi guardo allo specchio e mi rendo conto che ho un magone assurdo. Un peso sul cuore.
“Stupida Ayako!” dico guardandomi allo specchio “Cosa credevi? Ora è per due settimane ma presto sarà per sempre. Stiamo crescendo. Non staremo insieme tutta la vita.”
Un fazzoletto spunta davanti al mio naso seguito da una voce.
“E questo chi lo dice?”
“Ryota! Io, tu, insomma, il bagno delle donne!”
“Veramente sei tu ad essere nel bagno degli uomini!”
Maledizione, ha ragione! Non me ne sono accorta. Ora che faccio?
“Esco.”
Lui mi trattiene per un braccio, dice solo due parole.
“Mi mancherai.”
I miei occhi si riempiono di nuovo di lacrime. Non posso piangere.
“Ti mancheranno le mie sventagliate?”
“Mi mancherà la tua voce che mi esalta in campo, mi mancherà guardare la panchina e non vederti, mi mancherà il suono della tua risata, mi mancherà il tuo odore.”
Maledizione Ryota! Ma che ti prende? Mi volto per suonargliele quando sento le sue mani sulla mie spalle che mi afferrano.
“Ayako, sono serio. Tu mi mancherai sempre quando non sei con me perché io ti amo.” Dice con rabbia perché non lo prendo mai sul serio. Tremo. Lui se ne accorge e si stacca da me.
“Ciao Aya.” Dice con tono triste.
Reagisco di scatto. Richiudo la porta, lo volto verso di me e lo bacio. Lo so, me ne pentirò, ma non oggi. Non adesso. Adesso deve sapere che cosa sta lasciando, se lo deve mettere bene in testa così tornerà da me. Voglio che ritorni. Una lacrime mi cade dagli occhi, una sola, e lui mi abbraccia.
“Se lo dici a qualcuno, ti ammazzo!” dico stringendomi al suo petto.
“Non lo dirò a nessuno.” Dice piano. Quando riapre la porta ed esce, mi asciugo gli occhi e raggiungo gli altri.
Mi avvicino a Sakuragi per capire cosa è successo nei due giorni in cui lui e Rukawa sono spariti.
“Ma nulla!” dice allegro come al solito “Quello stupido ha litigato con suo padre e io sono andato a riprenderlo!”
“Come facevi a sapere dov’era? E soprattutto come l’hai convinto a tornare?”
“Sai o non sai che sono il genio?”
Mentre parlo con lui, guardo Rukawa. Sembra rilassato con la sua musica nelle orecchie. Si allaccia le scarpe. Ehi! Un momento! Ha le stesse scarpe di Sakuragi! Ma che sta succedendo a questi due?
Hanamichi raggiunge Mitsui che gli ha fatto un cenno ma non posso non notare che, quando questo passa vicino a Rukawa, gli da un colpetto con la spalla e l’altro gli risponde.
Si sono mossi in crono come se volessero sfruttare l’occasione per toccarsi.
Io sono una donna che ha appena rubato un bacio al ragazzo che ama nel bagno degli uomini, certe cose le capisco! Ma che fa ora Rukawa? Mi fa cenno di seguirlo?
Lo raggiungo oltre la siepe che gira intorno alla palestra.
“Ayako devo dirti una cosa.”
“Ti ascolto.”
“La pagliacciata deve finire.” Capisco subito a cosa si riferisce.
“Sono d’accordo.”
Lui mi guarda stranito. E io continuo prima che torni alla fermata.
“Perché ora, Kaede?”
“Perché non ha più senso continuare. Mio padre ha capito che era solo una presa in giro. A questo punto, se non è un problema per te, vorrei evitare che si sapesse che siamo fidanzati. Mi sono impegnato con un’altra persona. Non vorrei che credesse che ho mentito.”
Una frase così lunga? Impegnato? Spirito che lo possiedi, esci da questo corpo e ridammi Kaede Rukawa!
“Problemi?” mi chiede “Se devo parlare con i tuoi, se pensi che tuo padre…”
Non lo lascio finire.
“Smettila di dire stronzate! Non sono davvero la tua fidanzata! Comunque ho lo stesso un favore da chiederti. Non dire nulla a Miyagi di questa storia, ok?”
Lui alza un sopracciglio e sbuffa.
“Nh. Non ne ho mai avuto intenzione. Sappi che lo tengo d’occhio durante il ritiro e se si comporta male, lo ammazzo.”
Sorrido. Kaede è proprio un bravo ragazzo e sono felice che finalmente abbia trovato la persona giusta per lui. Anche se quella persona è un suo compagno di squadra casinista, rosso, incapace di comprendere il concetto di modestia e svitato.

Ecco il pullman che arriva! Sono così emozionato. Con Ru le cose stanno andando esattamente come avevamo deciso. Freddi fuori e bollenti dentro. Ma cosa arriva a rovinare la mia felicità?
L’autobus si ferma e dal finestrino spunta la cresta del porcospino.
“Ehilà Rukawa! Vieni a sederti vicino a me? Ti ho tenuto il posto.”
Eccolo quel maledetto! Salgo per primo e mi ci vado a sedere io vicino a lui così Kaede dovrà sedersi per forza da un’altra parte. Infatti rimane, sul sedile davanti accanto a Mitsui. Meglio.
Peccato che ora, per tutto il tragitto dovrò sorbirmi il porcospino che parla, parla, parla. Di Rukawa! Maledizione. Ora mi farebbero comodo le cuffiette di Kaede! Invece no, e ci si mette pure la Nobuscimmia a tormentarlo.
“Belle scarpe, Rukawa. Ultimo modello air? Non badi a spese vero? Aspetta aspetta, sono come quelle di pel di carota?”
Sendoh guarda le scarpe ai miei piedi e poi si butta in avanti per guardare quelle ai piedi di Ru. Così facendo gli mette, rivolta al contrario, la sua faccia da porcospino ad un centimetro dalle labbra. Ora lo ammazzo.
“Perché avete le stesse scarpe?” gli chiede serio.
“Si vendono in centinaia di negozi, compratele anche tu!” gli risponde serafico Kaede rimanendo a braccia incrociate.
“Non è questo il punto!” continua lui “Non avete mai portato lo stesso modello! Perché ora avete le stesse scarpe?” Insiste come quei bambini che chiedono il perché di ogni cosa.
Rukawa scrolla le spalle e poi conclude lapidario.
“Ha capito che sono le migliori.”
Nessuno ride anche se io so che è una delle sue migliori battute di sempre. In quel momento però il bus prende un fosse e Sendoh si sbilancia in avanti. Così finirà per attaccare le sue labbra a quelle di Ru!
Mi alzo e lo afferro per il collo della maglietta rimettendolo a sedere accanto a me.
“Seduto porcospino, o ti farai male!” dico a braccia incrociate.
Forse è stata una mia impressione ma ho visto un ghigno sul viso di Rukawa che potrei definire un sorriso. Mi sento fiero di me. Ho promesso che non avrei fatto scenate, ma non esiste al mondo che lasci campo libero a Sendoh o a nessun altro.
Il viaggio finisce senza altri intoppi. Arriviamo ad una specie di centro termale. Lì vicino c’è una grande palestra. Il quadrangolare si giocherà lì. Le altre selezioni sono già arrivate ma alloggiano lontano da noi.
Ci viene incontro un uomo alto e magro.
“Benvenuti, io sono Aki Koshino, il vostro primo allenatore. Normalmente alleno la nazionale maggiore, ma ho accettato volentieri questo incarico provvisorio. Ho l’onore di presentarvi inoltre Eiji Samada. E’ la migliore guardia tiratrice della nazionale juniores e mi farà da secondo allenatore. Ora Samada vi condurrà alla reception e vi dividerà in due gruppi. I giocatori con la divisa bianca alloggeranno nel dormitorio est, i rossi in quello ovest. Le camere sono tutte doppie. Sceglietevi un compagno.”
Cazzo.
Solo una parola. Cazzo!
Non solo non posso stare in camera con Rukawa, ma dovrò accettare il fatto che dovrà dormire con un altro. Mi avvicino al gorilla.
“Scegli Rukawa!”
“Eh?” il gorilla non è sveglio in questo genere di cose.
“Non vedi gorilla? Rukawa non sa che fare! E’ un tipo che sta sempre sulle sue! Prendilo in camera con te, così stiamo tranquilli, ti pare?” gli dico strofinandogli la testa. Non gradisce e mi da un cazzotto.
“Io sto in camera con Maki.” Conclude.
Non sarà mai che lo lascerò in camera con Sendoh! Fujima è l’uomo giusto. Silenzioso e serio come nessuno!
“Mi dispiace, faccio coppia con Jin. Dividiamo la passione per i libri e i giochi di ruolo!”
No! Ditemi che questo è un brutto sogno! Come faccio a mantenere la promessa che gli ho fatto se quel porcospino mi guarda soddisfatto  e si passa la lingua tra le labbra? Che fa? Mi provoca?
All’improvviso mi colpisce una boraccia.
“Ahia!”
“Idiota, sei finito in camera con la Nobuscimmia! Tra scimmie vi intenderete!”
“Cosa?”
Vedo Rukawa indicare Mitsui e Miyagi che si allontanano e Fukuda e Uozumi seguirli. La Nobuscimmia sta evidentemente rosicando per il fatto che non potrà dormire con il suo adorato Maki! Coglione, mica Akagi ha l’hobby della pesca come Sendoh e Maki non è sexy come Ru!
“Ti sei agitato troppo.” Riprende il numero undici bianco.
“Fa un po’ come ti pare!” gli rispondo incazzato e mi accingo a prendere la borsa. Lui mi fa lo sgambetto e mi sbilancio in avanti. Il suo braccio mi ferma e mi rimette in piedi rimanendo attaccato al mio torace. Lo ha fatto apposta.
“Sei il solito idiota, bruci troppo in fretta.” Dice sottovoce. “Faccio la doccia dopo cena. La consiglio anche a te per spegnere l’incendio nei tuoi occhi.”
Si allontana mentre Sendoh lo segue senza smettere di parlare. I miei occhi bruciano sì, di gelosia e passione. Ora però so che tu ci tieni mia cara volpetta e la cosa mi eccita.
“Andiamo Kiyota! Tenere il grugno non serve! Il letto sotto la finestra è mio!” urlo mettendomi a correre inseguito da Nobunaga che vuole occupare proprio quel posto. I giochi hanno inizio.

Nonostante le chiacchiere, la compagnia di Sendoh non è affatto male. Ho messo in chiaro qual è la sua parte di stanza e, dopo un po’ di piagnisteo, si è rassegnato. Non mollerà mai, lo so. In più ha ricominciato con questa storia delle scarpe e sono quasi al limite. Prendo l’asciugamano e il cestino del bagnoschiuma.
“Dove vai?” fa il mio compagno di stanza.
“Nh. Vado a fare una doccia.”
“Abbiamo il bagno in camera!”
“Voglio rilassare i muscoli nel bagno termale.”
“Posso venire con te?”
“Quante altre volte devo dirti di no?”
“Per stasera o in assoluto?” dice ridacchiando.
“Nh.”
Esco e mi dirigo al bagno termale. Mi cambio nello spogliatoio e raggiungo l’acqua. Lui non c’è. Stupido idiota, mai che sia puntuale.
Tolgo l’asciugamano e mi immergo. L’acqua è caldissima. Si sta divinamente. Chiudo gli occhi e mi rilasso. La sua voce arriva all’improvviso.
“E’ calda?”
“Ovvio.” Rispondo evitando di aggiungere ‘idiota’.
Fingo di non guardarlo mentre lascia cadere l’asciugamano e si immerge ad una certa distanza da me.
“Come va nel dormitorio est?”
“Nh, bene.”
“Bene? Stai bene con Sendoh?”
La sua voce si è fatta aggressiva.
“Vuoi litigare?”
Si ritira con tutta la testa sott’acqua. E’ proprio un bambino.
“Come va nel dormitorio ovest?” chiedo per cercare di cambiare argomento.
“Una vera merda!”
Hanamichi è trasparente come quest’acqua. Devo andargli sempre io incontro, giusto?
“Richiedimelo.” Dico.
“Come?”
“Richiedimi come si sta nel mio dormitorio.”
“Come si sta nel dormitorio est?”
“Da schifo” dico lapidario “non ci sei tu a fare casino.”
Lui sorride e viene a sedersi affianco a me. Il suo viso è già rosso per il calore.
“Allora? Signorino Rukawa, vorresti spegnere questo incendio che brucia nei miei occhi?”
“Non avevi detto che avrei potuto farlo come, dove e quando?”
“Certo!”
“Allora non ti sembra che la prima sera sia un po’ presto?”
Uno sguardo triste e carico di frustrazione si dipinge sul suo viso e, stavolta, non riesco a trattenere una risata.
Lui mi abbraccia e mi spinge sott’acqua.
“Ma sei scemo?” faccio fingendo rabbia.
“Scusa, scusa..”
Mi avvento contro di lui lanciandogli dell’acqua calda in faccia. Lui non fa in tempo ad aprire gli occhi che ho già preso la sua bocca.
Mi stringe e mi trascina sotto il pelo dell’acqua con lui fino al collo.
“Mentre tu mi baci, posso toccarti?”
“Ma se io spengo il tuo incendio e tu accendi il mio, non avremo risolto granché!” dico maliziosamente.
“Devo arrendermi o è una tua strategia per continuare a farmi impazzire?”
“Tutte e due.” Dico serio “Stanotte ti bacio finché lo desideri Hana, ma niente di più. Voglio che mi desideri. Per tutto il tempo che staremo qui, voglio che impari a conoscere il mio corpo centimetro per centimetro. Io imparerò a memoria il tuo e, dopo il ritiro, ci prenderemo una notte per noi. Vuoi?”
Lui affonda la lingua nella mia bocca e mi stringe. Poi si separa da me e mi guarda negli occhi.
“Alzati in piedi e fatti guardare.”
Io non esito. Mi alzo e lascio che l’acqua scivoli via dal mio corpo lasciandomi nudo davanti ai suoi occhi.
Lui geme e io lascio che mi guardi alla luce della luna mentre si tocca e raggiunge il piacere senza smettere di fissare il mio corpo. Ora vorrei che mi toccasse, ma non gli farò questo torto. Gli tendo una mano e faccio alzare anche lui. Prendo l’asciugamano e gli asciugo ogni goccia di acqua che lo accarezza. Lui fa lo stesso con me e io mi sento in paradiso.
“Buonanotte Hana.” Dico intrecciando le dita della mia mano destra alla sua.
“Buonanotte Ede.” Risponde lui portando le mie dita alla sua bocca e baciandole una ad una.
Dormirò un sonno pieno di sogni color porpora. E’ questa la felicità? Mentre mi allontano da lui mi convinco che sì, questa è la felicità.

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Capitolo 8
*** Alley oop ovvero 'che schifo di giornata' ***


Note dell'autrice: Eccomi con il nuovo capitolo... le note sono solo per scusarmi di non aver ancora risposto alle recensioni! Lo faro presto e meticolosamente. Promesso.
Nel frattempo vi lascio al capitolo dal titolo:

Alley oop ovvero 'che schifo di giornata'



Maledizione, maledizione, maledizione!
Primo giorno di allenamento e chi sono gli ultimi ad arrivare in palestra?
Io e la Nobuscimmia!
Ho già detto maledizione?
Quello scemo non ha messo la sveglia e io dormivo così bene che abbiamo finito entrambi per tardare e saltare la colazione.
Arriviamo e il mister non c’è. Tiro un sospiro di sollievo prima di essere raggiunto da una voce acida.
“Ecco gli ultimi due! Visto che non ritengono l’allenamento così importante, per oggi ne faranno uno doppio. Ora seduti in panchina.”
La voce acida è di Eiji Samada. Il vice allenatore.
Mi volto a guardare Rukawa. E’ in piedi vicino a Sendoh che sorride. Lui si guarda la fascetta sul braccio. E’ quella che gli ho regalato io. Però non mi degna di uno sguardo. Probabilmente pensa che sono il solito idiota e che ho fatto la prima cazzata.
Mi siedo in panca vicino a Kiyota che non osa guardare in faccia Maki. Anche lui pensa che abbiamo fatto una cazzata.
Samada ricomincia.
“Sappiate che nel quadrangolare che giocheremo nessuno si aspetta che vinciamo, tantomeno che arriviamo secondi o terzi. Stati Uniti e Lituania sono due squadre inarrivabili. La Spagna è fortissima. Le delegazioni pensano che ci siamo anche noi solo perché il torneo si gioca in Giappone. Sappiate che il mister non intende fare brutte figure, per cui non vuole che perdiamo con distacchi abissali. Personalmente penso che noi delle juniores avremmo avuto una possibilità, voi non siete all’altezza. Vediamo un po’ l’elenco: Fujima saresti un playmaker? Puoi fare qualcosa che non farebbe anche Maki? E’ indifferente impiegare uno di voi. Comunque sei più giovane dell’altro!”
Fujima stringe un pugno ma vedo che Jin gli posa una mano sul polso. Kiyota vorrebbe già strozzarlo per avere dato del vecchio a Maki. Ma questo Samada è stronzo o cosa?
“Jin, guardia tiratrice? Voglio proprio vedere quante triple sai mettere sotto pressione! Akagi giusto?” dice rivolgendosi al gorilla “tra te e Uozimi laggiù non vedo alcuna differenza. E poi Akira Sendoh! Tu avresti qualche possibilità con la juniores anche se non sei motivato a sufficienza. Infine” dice puntando i suoi occhi su Rukawa “ecco la super matricola! Rukawa giusto? Mi risulta che non tieni il campo per più di dieci minuti!”
Ok, ho deciso. E’ proprio stronzo. Rukawa però non si scompone. Lo guarda fisso negli occhi. So che gli dimostrerà il contrario. Ma Samada ne ha anche per i rossi.
“Se voi siete i titolari, speriamo di non avere bisogno delle riserve! Faremo una partita mista. Da un lato Fujima come play, Uozumi centro, Jin guardia tiratrice, Sendoh ala piccola e Sakuragi ala grande. Dall’altro Maki come play, Fukuda ala grande, Akagi centro, Mitsui guardia tiratrice e tu Kiyota sarai l’ala piccola al posto di Rukawa dato che lui farà un allenamento speciale.Miyagi tu resti in panca.”
Per la prima volta vedo Kaede teso e lui non è mai teso quando si parla di allenarsi.
“Rukawa tu farai tre giri intorno alla palestra poi tornerai qui e voglio vederti fare cinquanta tiri, dieci da tre. Se ne sbagli uno, passi tra le riserve è chiaro?”
Kaede stringe un pugno e si mette a correre. Nel frattempo la partita d’allenamento inizia e io faccio discretamente schifo. Non prendo un rimbalzo contro Fukuda. E pensare che lo odio e vorrei farlo a pezzi per quello che ha fatto a Ru. Però il problema è proprio questo. Penso a Ru che è stato estromesso dalla partita. Sarà anche vero che non siamo all’altezza delle altre squadre, ma Rukawa qui è il migliore e lo sa anche Sendoh perché lo vedo giocare meccanicamente, senza entusiasmo. Si vede che la sfida contro Kiyota non lo entusiasma. La Nobuscimmia invece è caricatissima per il fatto che può giocare col suo Maki. Finisce il primo quarto con la squadra di Maki che conduce 42 a 30. In quel momento rientra Rukawa, si avvicina al cesto e prende il primo pallone. Ovviamente non sbaglia un tiro. Né i quaranta da due, né le dieci triple. Si volta a guardare Eiji. Questo sorride e batte una volta le mani.
“Altri tre giri in quindici minuti. Altri cinquanta tiri di cui dieci da tre. Ora.”
Maledetto. Persino io ho capito il suo gioco, ma Kaede non fa una piega e riprende a correre. Ricomincia anche la nostra partita. Fujima ci raccoglie a cerchio.
“Ragazzi, non ho niente contro gli altri ma non voglio dare soddisfazione a quel Sadama. Uozumi te la stai cavando bene con Akagi, Jin visto che Sendoh non sembra in giornata, sfrutta i suoi blocchi per tirare da tre più che puoi. Sakuragi stai sotto canestro in caso la tripla non entri. Datti una svegliata però!”
Annuisco. Mi impegnerò, anche per Rukawa.
La partita sembra maggiormente in equilibrio grazie alla strategia di Fujima. Quel Samada non ha capito niente di noi. Quando il secondo quarto finisce siamo 70 a 66. Rukawa arriva in tempo.
Sembra affaticato, fuori il sole comincia a picchiare forte. Prende posto in lunetta e inizia a tirare. Non sbaglia neanche a questo giro. Eiji pare sempre più incazzato.
“Altri tre giri e cinquanta tiri. Adesso.”
“Non ti ha già dimostrato che ha abbastanza resistenza?”
La voce è quella di Maki. Questa non me l’aspettavo. Avrei voluto urlarlo io, mi sarei aspettato che lo facesse Sendoh, ma che intervenisse Maki, proprio no.
“Riprendete a giocare!” ci dice e, quando si volta, Rukawa ha già ripreso a correre.
Nel terzo quarto passiamo in vantaggio di due ma Maki ha preso le contromisure sufficienti adottando una strategia per marcare Jin. Non può prevedere però che Sendoh è talmente incazzato per non poter giocare contro Rukawa che inizia un suo personale show. Il terzo quarto finisce 84 a 82. Kaede ancora non arriva però. Decido che attaccare briga con Nobunaga sia un buon diversivo per dargli qualche minuto. Funziona perché Kaede arriva in tempo per darmi dell’idiota. Prende di nuovo la palla e si piega sulle ginocchia per il primo tiro. La palla gli cade dalle mani e io sono al limite. Ora quell’Eiji lo faccio a pezzi. Non lo umilierà così. Una mano però mi trattiene.
“Ti ho già detto che lui è tutto o niente. Non fallirà. Fidati di lui.” La voce di Sendoh è un pugno nello stomaco. Lui pensa che ce la può fare e io no? Rukawa si china e riprende la palla. Fa cinquanta tiri perfetti. Persino l’ultimo da tre scivola nella rete senza toccare il ferro. Lui è stremato e splendido. Sendoh infierisce.
“E’ tremendamente sexy, non trovi Sakuragi?”
“Ma sta zitto porcospino! E guarda da un’altra parte!”
Grande demone celeste quanto ha ragione. Mi giro a guardare Eiji e lo vedo stringere i pugni.
“Sendoh!” chiama all’improvviso “Vediamo se il nostro campione ha ancora un po’ di fiato. Tu passi nella squadra di Maki al posto di Kiyota e Rukawa entra nella squadra di Fujima.
“Ehi volpe, tutto ok?” chiedo con tono di sfida ma la verità è che voglio solo una rassicurazione che stia bene. Ha fatto nove giri intorno alla struttura con il sole cocente e di sicuro ha i nervi a pezzi per i centocinquanta canestri. Cazzo! Centocinquanta sono un botto e con quella pressione poi!
“Nh.”
Ha un umore terribile, meglio non provocarlo.
La partita ricomincia e Sendoh gli è subito addosso. Però non gli fa pressione, lo lascia palleggiare e andare al tiro con facilità. Sendoh è proprio cotto di Rukawa. Per lui è tutto. Sono geloso, è ufficiale. Siamo 92 pari. L’ultima palla e l’ha Fujima. Non lo conosco così bene da sapere cosa farà. Mancano pochi secondi e la palla finisce, come al solito, tra le mani del più talentuoso. Sendoh si mette tra Rukawa e il canestro ma se ora lui tirasse sono certo che non andrebbe al contrasto. Proprio in quel momento lui mi guarda con la coda dell’occhio e io capisco che non tirerà. Lo capisce anche Sendoh e si incattivisce. Un conto è favorire Rukawa, ma non gli lascerà passare la palla a me. Allunga una mano a stoppare il passaggio ma Kaede è più veloce e con un cambio di direzione mi lancia la palla con la mano sinistra. Io schiaccio e la partita finisce 94 a 92.
Eiji dichiara finito l’allenamento e se ne va sbattendo la porta della palestra dimenticandosi anche del doppio allenamento mio e di Kiyota. Perché si è comportato così?
Rukawa raggiunge per primo lo spogliatoio. Io spingo la Nobuscimmia e il gorilla solo per poter andare anche io e vedere come sta. Purtroppo quando raggiungo una doccia, lui ha quasi finito. Sendoh gli ha passato l’asciugacapelli e lui lo rifiutato. Si carica la borsa in spalla e se ne va. Non mi ha degnato di uno sguardo. Immagino che sia arrabbiato, ma io che c’entro? Sono un idiota. Lui è fatto così e io devo capire. Aspetterò che voglia parlarmi.
Che giornata di merda e ho la sensazione che sia solo la prima.

Sono a pezzi.
Sono a pezzi e di pessimo umore. Non solo perché l’allenamento di oggi ha fatto schifo ma anche perché sono al limite solo dopo un giorno di ritiro. Se continua così, alle partite non ci arrivo. Per non parlare del fatto che porto ancora addosso i segni del pestaggio di Fukuda e la spalla destra mi fa ancora un male cane.
In più sono incazzato con quelle due teste di cazzo di Hanamichi e Akira.
Come si sono permessi di agevolarmi durante la partita? Non sopporto di essere compatito!
Quel Samada è un pezzo di merda ma se mi sottopone a questi ritmi, non reggerò. Ora come ora devo solo dormire. Raggiungo la mia stanza e apro la porta.
Sendoh è seduto su pavimento a leggere un libro. E’ arrivato prima di me?
“Come stai?” mi chiede continuando a fissare il libro. Io non rispondo. Poso la sacca per terra e prendo una bottiglietta d’acqua dal frigo.
“Ehi, è buona educazione rispondere quando le persone ti parlano.” Lo dice senza alcun tono di rimprovero. Non sopporto il suo buonismo. Mi siedo sul letto, finisco la bottiglietta e mi sdraio. Voglio dormire non fare conversazione con lui. Sento che si alza e si siede sul bordo del mio letto.
“Kaede, stai bene?”
“Nh.”
“Non so perché ce l’abbia con te. Forse è invidia! Tu però non farti prendere dall’orgoglio. Oggi quel tipo ha esagerato. Dovresti parlarne con il mister. Sai è il padre di Hiroaki. Vuoi che gli parli io?”
“No.”
“Già, tu non vuoi l’aiuto di nessuno. Super Rukawa, giusto?”
“Non apprezzo chi si intromette nelle faccende altrui!”
“Non l’ho fatto. Per ora.”
“L’hai fatto.”
“No, che non l’ho fatto.”
“L’hai fatto.”
“No, no.”
Mi giro dal suo lato e mi metto seduto sul letto.
“L’hai fatto.” dico guardandolo dritto negli occhi “Oseresti definire quella di oggi una marcatura? Ho fatto i miei comodi in campo come se tu non ci fossi!”
Lui sgrana i suoi occhi profondi e sorride piegando un po’ la testa di lato.
“Non volevo infierire!”
“Tu cosa? Non meriti neanche una risposta!”
“Dovresti semplicemente dire ‘grazie Akira per essere stato gentile e comprensivo’.”
“Nh? Io non sono Koshino. E comunque non farlo mai più se non vuoi perdere il mio rispetto.”
Mi alzo ed esco. Sono davvero arrabbiato. Arrabbiato come forse Sendoh non mi ha mai visto. Arrivo fino al limitare del giardino delle terme dove c’è un campetto in terra battuta. Mi siedo sotto un albero e mi addormento, finalmente in pace.
Non so quanto tempo sia passato. Mi sveglia il rumore del rimbalzo della palla sul terreno. Apro lentamente gli occhi per riabituarli alla luce e mi accorgo che, sul campo, c’è un solo giocatore. Hanamichi.
Non ho voglia di parlargli ora ma mi fermo comunque a guardarlo giocare.
Tira da tre e sbaglia. Sistematicamente. Anzi, no. Tira appositamente sul ferro per correre sotto canestro e schiacciare la palla dentro. E’ migliorato molto negli ultimi tempi. E’ diventato addirittura un paio di centimetri più alto. Inoltre ha messo su tanta di quella massa da far spavento nell’uno contro uno. Guardarlo mi fa venire voglia di giocare anche se dovrei solo riposare.
Finalmente anche lui si accorge di me.
“Oi Rukawa, credevo dormissi.”
Allora mi aveva visto!
“Mi hai svegliato con tutto il casino che fai.”
Lui si innervosisce.
“Bhé questo è un campetto, se volevi dormire potevi rimanere in camera tua!”
“In camera mia c’è Sendoh.” Dico di proposito. Vediamo se reagisce.
“Già quello da fastidio.”
“Tale e quale a te.”
“Come osi? Dannata volpe!” dice lanciandomi la palla. La prendo tra le mani e la guardo. Mi sta davvero chiedendo di andare one to one? Alzo gli occhi per cercare conferma nel suo sguardo e rimango basito.
E’ triste. Non c’è traccia di rabbia o voglia di lottare nei suoi occhi. La cosa mi inquieta. Non sopporto quel suo sguardo. E’ capitato altre volte di vedere quella faccia e non mi piace. Faccio rimbalzare la palla a terra.
“Che hai, scimmia maiale?”
Lui sorride a malapena.
“Avevo tante aspettative per questo ritiro. Non è andata come mi aspettavo. Giocare a basket come oggi fa schifo. Non ho provato niente delle solite cose che sento quando giochiamo nello Shohoku.”
Sono parole profonde per una scimmia maiale.
“Guardami.” Dico soltanto. Lui alza lo sguardo e mi fissa. Non appena i suoi occhi sono su di me, parto in velocità. Gli arrivo addosso. Lui si mette in posizione di difesa. Non vuole farmi tirare. Io mi fermo, palleggio facendomi passare la palla tra le gambe. Finto il tiro mentre lui salta. L’ho preso in controtempo. Anche se mi sono innamorato di lui, ora posso dirlo, mi piace batterlo. Mi esalta. Tiro all’indietro. Avrò anche fatto centocinquanta tiri oggi ma il tiro per battere Hanamichi l’ho sempre in canna. La palla lascia la mia mano. Lui invece di capire, da brava scimmia rossa, che sono il più forte, non si arrende e raggiunge il canestro togliendo la palla dal ferro prima che entri.
La palla finisce per rimbalzare indietro da me.
“Così non vale.” Dico “Non sai accettare la sconfitta.”
Lui ansima per lo sforzo atletico. Notevole sforzo atletico aggiungerei io.
“Tu non sai accettare la sconfitta, volpe. Spero che lo farai per sempre.”
Io sgrano gli occhi. Una punta di rabbia torna a galla. Anche lui durante l’allenamento non ha fatto che agevolarmi.
“Io non perderò. Non con mezze seghe come Samada.” Dico facendo un saltello all’indietro e lanciando di nuovo la palla a canestro. Hanamichi riconosce il mio movimento, salta d’istinto, afferra la palla e schiaccia.
“Alley oop” dico e lui mi guarda raccogliendo la palla.
“Cosa?”
“Si chiama Alley oop quello che abbiamo fatto. Giusto così non lo confondi con qualche altra cosa che possiamo fare.”
Lui diventa rosso come un peperone e urla qualcosa riguardo al fatto che sono un pervertito agitando le braccia. Sorrido.
“Mi è venuta un’idea.” Gli dico “Però mi offri da bere. Ho caldo.”
Lui si calma e si allontana. Torna con due lattine. Una di cola e una di succo alla pesca. Il mio preferito. Lo avrà fatto di proposito o ha preso le lattine a caso?
“Allora? E speriamo che sia una buona idea perché mi hai fatto pagare da bere.”
“Tirchio.”
“Scroccone!”
“Ascolta. Fra tre giorni giochiamo la partita con la Lituania. Io prometto di non farmi sbattere fuori dai titolari, tu devi entrarci però.”
“Ti sembra facile? Dovrei rubare il posto a Sendoh!”
“Non puoi rubare il posto a Sendoh. Lui è troppo forte.”
Mi aspetterei il solito sproloquio sul genio degli imbecilli e sul porcospino montato. Invece si rabbuia.”
“Ti cedo il mio posto.” Dico tutto d’un fiato. Lui mi guarda con un’espressione incredula. A volte è così dannatamente e stupendamente ingenuo. Meglio che finisca il ragionamento.
“Ti cedo il mio posto e io prenderò quello di Jin.”
Hanamichi si guarda le scarpe, tra l’altro identiche alle mie, e mi risponde.
“Jin è forte nei tiri da tre. E’ la guardia tiratrice. Pensi che potrai batterlo a quel livello?”
“Dipende da chi sarà il playmaker.”
L’idiota mi guarda perplesso. Si vede che non ci capisce niente di tattiche. Spiego.
“Se il play è Fujima, è meglio avere Jin in campo. Si intendono alla perfezione. Inoltre Fujima ha la capacità di prevedere il piazzamento degli avversari. Con quella dote, avere da spalla un giocatore riflessivo e dai nervi saldi come Jin è importante. Ma se gioca Maki le cose cambiano. Maki è forte fisicamente ed è in grado di dare una mano ad Akagi nell’area piccola. A quel punto gli equilibri in campo cambiano. Jin non serve più a molto se io e Sendoh ci alterniamo nel ruolo di guardia tiratrice. Inoltre io e te abbiamo l’alley oop. La Lituania, tra le squadre che dobbiamo affrontare, è la più forte fisicamente. Tu sei la scelta più logica con il fisico che hai messo su ultimamente.”
Ora Hanamichi arrossisce. Lo riporto alla realtà.
“L’alley oop che hai imparato non è l’unico che possiamo fare. Con la Lituania non sarai libero di andare a schiacciare. Quelli sono dei giganti di ghiaccio. Ma esiste l’alley oop di accompagnamento. Per farlo però, dovrai imparare a contenere la tua forza e a fidarti di me.”
Lui mi passa un braccio intorno al collo e mi tira a sé.
“Cara la mia volpetta furba, io mi fido già di te, ma in quanto a contenere la mia forza, sappi che non è possibile! Io sono inarrestabile!”
Mi fa ridere. Non rido ma mi fa ridere, col cuore. Vorrei baciarlo ora ma accenderei ancora di più il mio desiderio. Lui improvvisamente si fa serio e io lo guardo negli occhi. Lui non mi lascia, si avvicina al mio orecchio e parla.
“Oggi quel Samada mi ha dato sui nervi. E anche Sendoh. Ricordati cosa ti ho detto la prima notte che abbiamo dormito insieme a casa tua.”
“Me lo ricordo.” Dico io.
“Nessuno ti toccherà mai più!” dice lasciandomi andare.
“Nessuno mi ha toccato.”
“Meglio così, perché sono geloso.”
Incredibile, lo ha ammesso a voce alta?
“Lo so già, cretino!”
“Lo sai?”
“Nh.”
“Allora lo fai apposta a farmi incazzare!”
“Nh.”
“Domattina metti gli short sotto i pantaloncini! Sendoh dice che sei sexy!”
“Sendoh dice tante stronzate!”
“Non stavolta!”
Mi fermo e lo guardo col mio classico sopracciglio alzato prima di proferire un ‘scimmia maiale’.
“Ti ammazzo faccia da volpe!”
“Andiamo a cena, idiota, ho fame!”
“Dove le metti poi tutte le cose che mangi!”
“Le brucio.”
“Aspettami scemo.”
Mi corre dietro e la sua ombra che si allunga sulla mia, mi fa sentire al sicuro. Grazie Hanamichi.

La vita senza i ragazzi è triste. Sono passata davanti alla palestra e vederla chiusa mi ha fatto malinconia. Raggiungo a passo svelto l’uscita della scuola. Ho sentito Miyagi tutti i giorni e mi ha fatto un po’ preoccupare. Era giù di tono. Ha detto che non ha avuto molto modo di giocare e che era un po’ preoccupato per Rukawa. Ho chiamato Akagi e anche lui era strano. Come se entrambi mi avessero raccontato una bugia.
Sono talmente sovrappensiero che non mi accorgo di questo tipo. L’ho visto solo un paio di volte fuori dal campo e non l’ho riconosciuto subito.
“Tu sei Ayako Sawa, la manager dello Shohoku giusto? Io sono Hiroaki Koshino, piacere di rivederti.”
Koshino. Tutti noi lo conosciamo come ‘l’amico di Sendoh’.
“Salve, cercavi me?”
“Sì. Ho bisogno urgente di parlarti.”
“Di che si tratta?”
“Del ritiro per il quadrangolare. Sta per succedere qualcosa di brutto e ho bisogno di qualcuno che mi creda e di cui i ragazzi dello Shohoku si fidino. Ho provato a parlare con Sendoh ma lui vede solo il lato buono delle persone. Credo che tu possa aiutarmi. Sei la persona giusta.”
“Frena un momento. Il ritiro? Tu non sei stato convocato. Che c’entri? Come fai a sapere che succederà qualcosa di brutto?”
“Mio padre è l’allenatore della all star. Insieme a lui c’è Eiji Samada. E’ una persona falsa e cattiva. Sendoh, Rukawa e gli altri sono in pericolo. Dobbiamo metterli in guardia.”
Ammetto che sono confusa. Nonostante questo ragazzo abbia la faccia da bravo bambino, parla con una decisione da uomo adulto. Starà dicendo la verità o è solo geloso perché non è stato convocato? Eppure sembra tremendamente preoccupato. Ma chi se ne frega! In fondo cercavo solo un pretesto per raggiungerli e se questo Koshino me lo vuole servire su un piatto d’argento, meglio così! In fondo, se va tutto bene, mi guarderò un paio di partite e tornerò a casa.
“D’accordo, voglio crederti. Quando si parte?”
“Ci vediamo alla stazione domani mattina per prendere il treno alle 8,45.”
“Ok, ci sarò.”
“Grazie, è importante per me.”
“Ci tengo ai miei ragazzi. E se mi hai detto delle cavolate, imparerai a tue spese perché i miei ragazzi mi temono!”
Vedo Koshino sorridere incerto. In fondo credo che sia un bravo ragazzo. Mentre lo guardo andare via, l’ansia mi assale. Devo scoprire qualcosa di più di questo Eiji Samada.
Mi avvio verso casa di corsa. Speriamo che questa notte voli via veloce.

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Capitolo 9
*** Stai scherzando vero? ***


Stai scherzando vero?


Domani c’è la partita con la Lituania e stasera Ru mi ha chiesto di scendere in palestra per un allenamento speciale.
Sono giorni che non riusciamo a stare soli e sono eccitato all’idea di passare un po’ di tempo con lui senza quel gruppo di mezze seghe!
Magari l’allenamento speciale di cui parlava Ru consiste in qualcosa che possiamo fare vicini vicini!
Gongolo mentre apro la porta della palestra e la mia gioia finisce sotto la suola delle scarpe. Ru sta giocando one to one con Sendoh. Che ci fa qui il porcospino? Rimango a guardarli per un istante. Si muovono veloci lungo tutto il campo fino a che Sendoh non gli fa blocco all’altezza della lunetta che sta difendendo. Apre le braccia e i loro corpi si toccano, la schiena di Rukawa si strofina contro il petto di Sendoh. Stringo i pugni e non riesco a trattenere la rabbia. La mia mano si muove automaticamente e va a sbattere contro lo stipite della porta. Rukawa si accorge di me e la palla gli scivola di mano. Sono fumante e quasi tentato di andare via. La voce di Kaede mi scuote mentre il porcospino cambia espressione. Che c’è Sendoh ti ho rovinato la serata?
“Vieni testa rossa, ti stavamo aspettando.” Dice Ru. Che vuol dire che mi stavano aspettando? Si asciuga il sudore e raccoglie la palla.
“Ho parlato a Sendoh della mia intenzione di passare nel ruolo di guardia tiratrice e gli ho chiesto di  allenarsi con me. Ovviamente devi esserci anche tu. Mi servono i più alti della squadra.”
Che storia è questa? Possibile che voglia usare Sendoh e me per allenarsi? Chi è questo cinico bastardo che ho di fronte? Rivoglio il Kaede di qualche giorno fa!
“Muoviti scimmia, non abbiamo tutto il giorno.”
“E chi ti dice che io sia disposto? Non ho nessuna intenzione di aiutarti, volpe!”
“Te l’ho detto che era meglio fare da soli!” interviene Sendoh.
Maledetto, io ti ammazzo. E’ solo una questione di tempo.
“Siete due imbecilli! Se il genio gioca contro di voi, vi distruggerà prima ancora di giocare la prima partita!” dico battendomi il petto con un pugno.
“Idiota, muoviti, va sotto canestro.”
“Solo perché ho voglia di umiliarvi un po’!”
“Nh.”
Nonostante le sue dichiarazioni, il gioco di Rukawa parla di cose completamente diverse. Certo si sta allenando nei tiri da tre e nelle azioni senza penetrazione d’area, tuttavia è palese che sta cercando di farmi vedere alcuni passaggi, schemi ed è come se mi stesse mostrando una nuova versione di Rukawa giocatore che non avevo mai visto.
Rukawa 2.0 è impressionante. Lo ha capito anche Sendoh cui stanno brillando gli occhi da un po’. Pare esaltarsi anche lui. Non voglio rimanere indietro a questi due. No, e poi no! Non sarà. Starò al passo di Rukawa.
Kaede scarta Sendoh e da quella posizione potrebbe tirare a canestro. Invece salta e si piega all’indietro. Riconosco quel movimento. Spicco il balzo del secolo e mi appresto a schiacciare. Ma ecco che compare Sendoh in difesa. I suoi occhi sono determinati. Non mi farà segnare. Ho preso la palla ma sto già ricadendo. Sendoh sorride soddisfatto e io rosico. Non mi farò battere da questo maledetto. Lascio che l’istinto prenda il sopravvento e la mia mano fa sollevare la palla che con un delizioso arco supera il numero sette del Ryonan e finisce in rete. Quando i miei piedi toccano terra vorrei urlare che sono il genio del basket e che sono il migliore, ma la verità è che non sono stato io. Rukawa mi ha riprogrammato e io ho fatto ciò che mi ha chiesto di fare. Mi volto a guardarlo. Si asciuga il sudore con il bordo della maglietta. Gli si vedono solo gli occhi. Quei maledetti occhi furbi e meravigliosi. La voce di Sendoh mi scuote.
“Se lo rifai in partita, non ti riterrò più così brocco!”
“Io non sono mai stato brocco!”
“Ma sì, senza Kaede saresti rimasto un brocco capace solo di schiacciare. Sei fortunato” dice piagnucolando “con me non si è mai tirato indietro ma ha sempre giocato per se stesso.”
“Io gioco solo per me stesso!” interviene lui che è palesemente in imbarazzo.
“Zitto tu, versione 2.0!”
“Nh?”
Sendoh scoppia a ridere.
“Bella questa!” dice il porcospino “Dai versione 2.0, proviamo un altro upgrade?”
“Io ho dato. Per stasera va bene così.” Dice prendendo la via per le docce seguito da Akira che sembra quasi scodinzolare. Lo tiro indietro per il collo della maglia.
“Dove vai tu?”
“A fare la doccia!”
“Ma quando mai!”
“Adesso e lasciami.”
“No, no. Noi due la doccia la facciamo dopo che la volpetta ha finito!”
“Sei serio?” mi dice Sendoh perdendo il suo solito sorriso.
“Aha.”
Piagnucola di nuovo poi, improvvisamente, si fa serio.
“Credi davvero di avere una possibilità con Ru?”
“Non dire stronzate.” Faccio improvvisamente imbarazzato.
“Se fai così, lo perderai.” Dice. Sempre dritto al punto il bastardo. “Se ti vergogni di cosa provi, non avrai mai davvero una possibilità con lui. Io gli ho detto apertamente che mi piace. Ti prego, Hanamichi, fa presto a deluderlo così capirà subito la differenza fra noi.”
Mi fa male sentire queste parole. Non so se deluderò Kaede, anche se fosse, proverò sempre a rimediare. Non mi va, tuttavia, di stare a sentire questo qua.
“La differenza tra noi? Te la racconto io la differenza tra noi. A te piace Rukawa, il suo viso, il suo modo di giocare a basket. Non fai altro che spogliarlo con gli occhi. A me non frega un cazzo di tutte queste menate. Quello che trovo in lui e in nessun altro è la determinazione dei suoi desideri. Non sono mai stato bravo a scegliere. Non ho mai pensato al futuro. A crescere. Kaede sa ciò che vuole. E lui vuole me. Al suo fianco. Finché mi vorrà, io ci sarò. Ci sarò anche se dovesse decidere che non mi vuole più. Anche in quel caso io continuerò a tenere gli occhi fissi su di lui e le braccia protese a difenderlo. Anche se questo dovesse significare soffrire, anche se dovesse fare un male cane. E sai perché? Perché quado tu e tutti gli altri pensavate di avere a che fare con un idiota, lui che mi chiama così mi ha dato fiducia. Anche se non lo avete mai visto tendere una mano verso di me, mi ha tenuto a galla sempre. So che non sono ancora lo sparring partner che vorrebbe. So che insieme a te brillerebbe come mai, ma non sono disposto a farmi da parte, Sendoh.”
Mi ha lasciato parlare senza interrompermi e, ora che ho finito, mi sento senza forze, svuotato. Che faccio? Lui se ne sta fermo senza parlare. Una palla mi colpisce alla testa.
“Ancora qui voi due? Fra un po’ è ora di cena.”
Rukawa è fermo alle mie spalle. Da quanto tempo è lì? Avrà sentito tutto? Cazzo. Lui si gratta la testa e si avvia verso l’uscita.
“Muovetevi, io non vi aspetto o Nobunaga mangerà tutto.”
“Ah! La Nobuscimmia divoratrice! Corro. E tu maledetta volpe, prendi posto!”
“Fottiti!”
“Dannato Rukawa, l’allenamento è stato una tua idea!”
“E allora?”
“Chi arriva ultimo paga da bere!” urla Sendoh lanciandosi negli spogliatoi. Gli corro dietro dimenticando tutto quello che è successo tra noi. Solo quando siamo sotto la doccia risento la sua voce.
“Hanamichi?”
“Sì?”
“Tregua?”
“Come?”
“Facciamo una tregua e aiutiamo tutti e due Rukawa. Ho l’impressione che quel Samada darà ancora filo da torcere a Kaede. Visto come l’ha trattato anche oggi? E’ quasi al limite. In più, credo che abbia ancora problemi alla spalla. In camera stamattina continuava a toccarsela.”
“Io non aiuto nessuno! Tantomeno la dannata volpe!”
“Tregua?” chiede uscendo dalla doccia.
Quando me lo ritrovo di fronte mi guardo intorno. Sto tipo davanti a me è davvero Sendoh? Scoppio a ridere tanto è buffo con i capelli che gli ricadono sul viso. Sorride anche lui.
“Tregua.” Dico “Niente colpi bassi.”
“Per amore della volpetta?” mi chiede.
“Per amore della volpetta.”

Ho tenuto il posto a quei due imbecilli e la cena è finita in rissa.
Sendoh sembrava più allegro del solito e ha scherzato persino con Hana. La testa rossa sembrava contenta.  Alla fine ha imparato anche l’alley oop in accompagnamento. A volte mi chiedo se si renda conto di tutte le sue potenzialità!
Nobunaga e Fukuda hanno cominciato a tirargli palline di riso. Anche con Fukuda le cose vanno meglio. Non siamo amici, certo, ma mi sta alla larga e la cosa mi sta bene. Inoltre, quando di tanto in tanto, mi capita accanto come in partita, la scimmia rossa finisce casualmente fra di noi. Ieri in allenamento l’ha sbattuto per terra. Mi chiedo se non si renda conto della sua forza o se fa lo spaccone di proposito.
Ad ogni modo, io tolgo il disturbo. Anche oggi è stata una giornataccia con quel Samada sempre alle costole e voglio dormire. Scanso l’ennesima palla di riso che finisce sul naso di Akagi che ora urla da gorilla che è, ed esco.
Prima di raggiungere la stanza esco a prendere un po’ d’aria. La luna splende alta nel cielo e ricorda quella della serata al mare che ho trascorso con Hanamichi.
Rientro e mi avvio in camera. All’angolo dei bagni mi sento tirare per un braccio. Perdo l’equilibrio e mi ritrovo tra le braccia di Hana.
“Che ci fai qui?” gli chiedo.
“Non ce la faccio più.” dice spingendo con urgenza le sue labbra sulle mie. Stupido testone, credi che per me sia più facile? Mi stai sbattendo in faccia i tuoi muscoli da tre giorni, che dovrei fare io? Spingo la mia lingua nella sua bocca e azzero ogni distanza tra noi. Sento il suo respiro che si fa più forte e le sue mani che abbassano la cerniera della mia uniforme per infilarsi sotto la maglia.
Devo smettere.
Lo voglio con tutte le mie forze.
Devo smettere.
Lo voglio.
Domani c’è la partita, devo smettere.
Voglio fare l’amore con lui.
Mi blocco. Questo pensiero. E’ la prima volta che lo formulo. Non voglio toccarlo o prenderlo. Voglio farci l’amore.
Lui deve aver pensato che ha esagerato perché ha fermato le mani e mi bacia l’angolo della bocca, con dolcezza, poi arriva all’orecchio.
“Ede, mi vuoi?”
Sono uno con i nervi saldi. Sopporto la pressione della sfida come pochi. Non posso reggere 'questa' pressione.
“Ede, ti ho chiesto se mi vuoi.”
Gli prendo il volto tra le mani. Stringo come se volessi fargli chiudere quegli occhi che mi stanno perforando il cuore.
“Hana, mi ami?”
Quegli stessi occhi che fino ad un istane fa mi penetravano dandomi brividi di piacere e portandomi a dire cose stupide da perfetto idiota, ora sembrano smarriti. Fa forza e gira la testa di lato. Qualcosa dentro di me si spezza. Anzi no. Non è così. Mi sento di nuovo integro. Forte come lo ero fino a tre settimane fa prima che tutta questa assurdità cominciasse. Mi stacco da lui che forse ha sentito le mie mani irrigidirsi e, per questo o gli dei sanno cosa, mi trattiene.
“Ede?”
“Non chiamarmi con quello stupido nomignolo!” gli ringhio a fior di labbra.
“Lasciami spiegare.”
“Non c’è niente da spiegare. Vattene, questo non è il tuo dormitorio.”
“Aspetta. Perché deve andare sempre tutto come vuoi tu? Hai dettato le regole fin dal principio!”
Vero. Adesso però non mi sento di ragionare.
“Nessuno ti ha chiesto niente. Vattene” Decido di andarci giù pesante “ Sendoh mi sta aspettando.”
Lo vedo infiammarsi. Dei quanto è bello.
“Fa come cazzo ti pare!” digrigna i denti e se ne va.
Appena sparisce dietro l’angolo sento freddo. Come quel giorno nello spogliatoio. Scopro, appena mi volto per arrivare alla mia camera, che può andare ancora peggio.
Davanti a me, in piedi al buio, c’è Eiji samada col ghigno peggiore che potrebbe indossare uno come lui.
“Finalmente ho trovato il tuo punto debole Kaede Rukawa!”
Già mi ha visto scoperto e vulnerabile ma non farò due volte lo stesso errore. Gli passo accanto e decido di ignorarlo. La cosa, però, non gli va giù. Cos’è questa brutta sensazione?
“Tu non mi ignorerai così, novellino!”
Mi afferra la spalla ferita. Stringe e fa male. Ora basta! Mi volto e lo pesto. Chi se ne frega se mi farà fare tutto il resto del ritiro in panchina. Ora come ora, non importa più. Non faccio in tempo a girarmi però perché mi ritrovo un fazzoletto sulla bocca. Improvvisamente mi gira la testa e sento le gambe molli. Poi il buio.
Riapro gli occhi e la spalla fa male. C’è solo una luce tenue. Mi fanno male i polsi. Normale, sono legato e praticamente appeso ad un tubo dell’acqua. Di fronte a me c’è Samada. Quando riuscirò a togliergli quel sorrisetto dal viso, sarà sempre troppo tardi.
“Ben svegliato bell’addormentato!”
“Samada, che cazzo, perché mi stai facendo questo?”
“Lascia che ti racconti una storia Rukawa. Io sono sempre stato un tipo deciso. Sin da ragazzino ho sempre pensato che sarei stato il migliore giocatore di basket della nazione. Lo sono diventato. Davvero! Ho lavorato sodo. Sono talentuoso, non così tanto da non dover faticare da schifo. Non mi sono mai lamentato e il mister Koshino ha fatto di me la stella della squadra. In due anni non abbiamo vinto niente però. E il tempo passa. Anche per me. Sono mesi che il mister non fa che parlare di Akira Sendoh e Kaede Rukawa. Ancora non ho appeso la maglia al chiodo e lui già mi sostituisce con due matricole ridicole. Così ho deciso. Mi sono ricavato un posto nella all star al solo scopo di rovinare tutto. Soprattutto te e Sendoh.”
“Sendoh? Vuoi fare questo anche a lui?”
“Oh sì. A lui anche peggio visto che il figlio del mister è cotto di lui. Che schifo. E pensare che Hiroaki è davvero una creaturina graziosa!”
“Sei pazzo o cosa?”
“Ma dai, Rukawa ora vorresti dirmi che il basket è solo un gioco? Che non ne vale la pena?”
“C’è differenza tra l’ardore agonistico e la voglia di far male a qualcuno.”
I suoi occhi si infiammano. Davvero è pazzo.
“Non ho ancora cominciato a farti male.” Dice avvicinandosi e sollevandomi il viso con due dita. Mi prende il collo e comincia a stringere. Ma non è questo a farmi paura. L’altra mano si ferma sull’elastico dei pantaloni. Con le forze che mi rimangono gli tiro un calcio. La reazione è uno schiaffo in piena faccia.
“Non fare resistenza o porto quaggiù pure il tuo amichetto dai capelli rossi!”
Mi fermo. Hanamichi non lo deve toccare. Lui se ne accorge e sorride ancora.
“Ci vediamo presto Rukawa!” dice uscendo dalla stanza e chiudendola alle sue spalle. E’ di nuovo buio. E stavolta sono solo davvero.

Il viaggio con Koshino è stato piacevole. Siamo arrivato all’hotel dove sono i ragazzi. Koshino è tutto eccitato all’idea di rivedere Sendoh e questo suo atteggiamento mi ha reso nervosa.
Tra poco rivedrò Ryota. Lo rivedrò dopo averlo baciato.
Questa cosa mi manda in confusione. La hall dell’albergo è confortevole. Lascio Hiroaki col padre e vado verso la palestra. I ragazzi sono di certo lì. Mi affaccio dagli spalti e li vedo. Ryota non c’è e neppure Rukawa.
“Aya, allora non mi sono sbagliato!”
La voce di Miyagi mi prende alle spalle.
“Ryota, che ci fai qui?” Porta la tuta, non si è neanche spogliato e la partita è tra due ore. Ma la cosa peggiore è il suo sguardo. “Stai bene?”
Lui scuote il capo.
“Sto bene. La tua presenza qui è un colpo basso Ayakuccia.” Dice mesto.
“Colpo basso? Credevo che ti avrebbe fatto piacere la mia presenza. Forse ho sbagliato a venire.”
Lui si mette tra me e l’uscita e mi prende le mani.
“No, Aya. Ti prego. Non mi sono espresso bene. Volevo solo che fossi orgoglioso di me.”
“Ma io lo sono! Sei entrato, seppure nelle riserve, nella all star!”
Lui sorride sforzandosi.
“Se non fossi venuta qui, al mio ritorno ti avrei raccontato di come mi sono divertito. Sì, ti avrei mentito, ma la verità è che non ho mai toccato palla. Non ho mai preso parte alle partite d’allenamento. Qui sono il più scarso. Sono di troppo. La verità è che non servo a niente.”
Ha gli occhi lucidi e io non credo alle mie orecchie. Koshino non ha fatto che parlare di come il padre sia bravo a tirare fuori il talento dei giocatori e lui è ridotto, invece, in questo stato. Lo abbraccio e lo stringo forte.
“Ora smettila di dire cazzate!” gli dico in un orecchio “Tu sei un play fantastico e non hai niente di meno a tutti quelli che sono qui. Ognuno di voi ha un talento speciale e se il mister Koshino non l’ha capito, allora è un idiota!”
Lui mi allontana un attimo e mi guarda spaesato. Poi, sempre tenendomi le mani, mi parla.
“Non è stato il mister. Il suo secondo, il capitano della prima squadra, Samada.”
A quel nome mi incupisco.
“Ryota, dov’è Rukawa?”
“Sarà ancora a letto! Stamattina non è venuto a fare colazione e non c’era neppure all’allenamento mattutino.”
“Rukawa non ha mai saltato un allenamento! Le lezioni sì, ma gli allenamenti mai!”
Sto per chiedergli dove sta la camera di Rukawa quando Koshino mi viene incontro urlando e agitano le braccia.
“Ayako, mio padre dice che Sendoh non si vede da ieri sera! Non è in camera sua, non si trova da nessuna parte!”
“Rukawa è in camera con lui!” interviene Ryota.
“I letti sono entrambi in ordine. Non hanno dormito lì.” Gli risponde Koshino.
“Ryota, dov’è Eiji Samada?”
“Perché? Che c’entra lui?”
Koshino tira fuori dalla borsa un quaderno di appunti, di quelli su cui si segnano gli schemi, e lo apre. Ci sono un sacco di foto e ritagli di giornali che parlano di Akira Sendoh e Kaede Rukawa. Le scritte e i disegni inquietano anche Miyagi.
“Il mister lo sa?” chiede ad Hiroki.
“Non mi aveva mai creduto fino ad oggi. Ho trovato il quaderno quando eravate già partiti per il ritiro.”
“Andiamo a dirlo agli altri. Cazzo, fra due ore c’è la partita!”
Seguo Ryota giù per le scale. Non mi accorgo che mi stringe ancora una delle mani. E’ una sensazione dolcissima in questo momento carico d’ansia. Arriviamo al centro del campo ed è Akagi ad accorgersi per primo di me.
“Ayako, cosa ci fai qui?” chiede attirando anche l’attenzione di Mitsui e Sakuragi.
“Ho accompagnato Koshino.” Dico e in un attimo anche Fukuda e gli altri ci sono intorno. Tocca a lui raccontare dell’allucinante storia di un Eiji Samada che odia Rukawa e Sendoh.
“Aspettate un attimo!” interviene Mitsui “Da stamattina non ho visto in giro neppure Rukawa! Sakuragi tu ne sai niente?”
Il rosso mi guarda e stringe i pugni.
“La volpe sarà da qualche parte con Sendoh. Non lo sapete che fanno coppia fissa?” dice acido e capisco subito che, rispetto a quando sono partiti deve essere andato storto qualcosa.
Hiroaki si rabbuia ma non molla.
“Ascoltami Sakuragi, forse è come dici tu ma è meglio se dai un’occhiata al quaderno.” Dice porgendoglielo.
Hanamichi gli da un’occhiata veloce e mi guarda con gli occhi confusi.
“Ayako credi davvero anche tu che…”
Non lo lascio finire questo stupido idiota. Come gli viene in mente che Rukawa possa avere abbandonato la partita per starsene con Akira?
“Credo che Kaede non salterebbe mai una partita. In quanto al resto, tu dovresti conoscere i sentimenti di Rukawa meglio di chiunque altro!”
Hanamichi non sa dove nascondere la faccia. Viene salvato dall’ingresso in campo dei giocatori della Lituania. Sono giganteschi.
“Ora che facciamo?” mi chiede Mitsui.
“Non lo so. Bisogna giocare ma…”
“Niente ma!” dice Miyagi “Vi dico io che si fa. Un gruppo rimane e gioca, un altro va a cercare Rukawa e Sendoh. Io vado a cercare i ragazzi mentre Maki mette su una squadra, ok?”
Bravo il mio Miyagi! Maki lo guarda e annuisce.
“Prendo Mitsui, Akagi, Jin, Nobunaga e Fukuda.”
Quest’ultimo si oppone.
“Io voglio andare a cercare Sendoh. Fa giocare Sakuragi.”
“Scordatelo!” interviene Hanamichi “A me tocca trovare quella dannata volpe!”
“Fukuda devi giocare! Sendoh vorrebbe così!” dice Koshino.
Fukuda cede e Maki continua.
“Mi tengo anche Uozumi e Fujima, però ragazzi tornate in fretta perché non ce la possiamo fare da soli. Sono troppo alti.”
Annuisco io per tutti. Koshino parla con suo padre e ci allontaniamo proprio sul fischio d’inizio degli allenamenti pre partita.

Note dell'autrice: Allora, ve lo aspettavate che Samada fosse pazzo?
Spero che la piega che hanno preso gli eventi vi piaccia perchè sta arrivando un bel colpo di scena.
Ringrazio hikaru, slanif e arcadia per il supporto. Ringrazio chiunque legge i miei deliri e ha messo la storia tra le seguite o le preferite!
Grazie, vi abbraccio tutti! Smack XD
 


 

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Capitolo 10
*** Che vada al diavolo! ***


Note dell'autrice:
Ciao a tutti! Scusate l'assenza ma sono stata al Romics e non ho potuto postare. Questa più che una nota è un avvertimento: La storia ha già l'alert 'contenuti forti' ma questo capitolo è un po' particolare per cui chi non sopporta la violenza può saltarlo e io farò una sorta di riassunto nell'intro del prossimo, sorry. Detto questo, vi lascio al capitolo:

Che vada al diavolo!


La luce che percepisco mentre i muscoli delle braccia mi dolgono e bruciano, non è un buon segno. Cerco di sforzare gli occhi mentre la porta si apre. Sadama sta trascinando un corpo per le caviglie. E’ Sendoh. Quel bastardo non scherzava. Lo deposita proprio davanti a me e cantilena di nuovo le sue paranoie. Akira ha una ferita alla testa. E’ privo di sensi e la botta che lo ha ferito deve esserne la causa.
“Devi esserti sentito molto solo, povero Rukawa. Ti ho portato un amico, anche se tu forse avresti preferito quello stupido con i capelli rossi, giusto?”
“Lo sai che la pagherai per questo, vero Samada?” dico a voce bassa. Sono veramente incazzato.
“Davvero? Me la farai pagare tu? Legato come un salame?”
Ringhio ma ha ragione. Sendoh si lamenta, evidentemente sta riprendendo i sensi. Samada prende un flacone verde dal tavolo e versa una parte del suo contenuto su un piccolo asciugamano. Lo preme sulla bocca e naso di Sendoh e questi perde di nuovo i sensi.
“Fai la ninna Sendoh. Per ora è un gioco a due, vero Kaede?”
Sentirmi chiamare per nome mi inquieta. Samada si avvicina con quel panno ancora in mano.
“Scegli, lo faccio a te o a lui?”
Non capisco di che cazzo stia parlando.
“Sarò più chiaro. Non hai capito dove ti trovi vero?”
In effetti, un po’ per il buio, un po’ per la paura e soprattutto per il dolore, non mi sono neppure guardato intorno. Sembra un locale caldaia. Il tubo a cui sono legato deve essere quello in cui passa l’acqua calda perché sento il calore sulla punta delle dita e perde un po’ un paio di metri più dietro. L’impianto deve essere vecchio perché nella stanza c’è odore di muffa. E’ da escludere che sia l’impianto della palestra o dell’albergo.
“Ti trovi nel vecchio capanno dietro l’impianto termale. La caldaia è in disuso da anni.” Dice Samada giocando ancora con l’asciugamano “C’è ancora il vecchio impianto a gas. Sono certo che non lo revisionano da anni. Forse perché nessuno viene più qui. Magari solo una coppia che deve fare del sesso di nascosto si arrischierebbe in un posto tanto malsano, non è vero?”
Il motivo per cui ha trascinato Akira qui comincia a diventare chiaro.
“Io e Akira non siamo una coppia e non abbiamo mai fatto sesso!” gli grido in faccia. Lui ride.
“Ti credo, non c’è bisogno di scaldarsi! Sai Rukawa, ti ho mentito su una cosa. Quando ti ho detto che mi faceva schifo che Sendoh fosse l’oggetto dei desideri del figlio del mister, ho omesso che invece non trovo per niente male Hiroaki. E cosa devo sopportare? Che Sendoh mi porti via in un colpo solo maglia da titolare e pure il figlio del mister? Come se questo non fosse duro da accettare, Sendoh se ne infischia di tutto e tutti perché vuole te. E infine ci sei tu che ottieni sempre tutto con quella facilità odiosa!”
Mentre lui parla, penso a come potrei fare a tirarmi fuori da questa situazione, a come potrei aiutare Sendoh e capisco che quel pazzo non potrebbe essere più lontano dalla verità. Non ho mai ottenuto niente con facilità. Forse non ho mai avuto quello che desideravo davvero. Ripenso all’ultimo bacio che ho dato ad Hanamichi e al fatto che non è riuscito a dirmi che mi ama. Avrei  solo voluto sentirglielo dire per potergli rispondere che anche io lo amo. Da matti. Invece lui ha girato la testa di lato e ha evitato di rispondere al mio sguardo.
“Dunque te lo richiedo, tu o lui?” dice girandosi a guardare Sendoh.
Lui è ancora steso a terra e sembra così indifeso anche se è più grosso di me. Lui non ha mai avuto paura di dirmi che è pazzo di me, che è innamorato di me. Lui non ha mai voltato lo sguardo.
“Se devi fare del male a qualcuno, fallo a me.” Dico piano, guardando per terra.
Samada sorride e in due passi è davanti a me. Mi slaccia i pantaloni della tuta e sento le sue mani tra le cosce. Mi tocca immediatamente proprio dove non vorrei. Evidentemente è convinto che applicando la giusta dose di spinte su e giù, diventerò duro. Si sbaglia. Il suo tocco non produce alcun effetto. Non sono mai stato il tipo che si eccita sulle riviste o davanti ad un film e neppure faccio spesso ricorso a seghe di ripiego. Il basket mi eccita. Hana mi eccita, anche solo con lo sguardo. Quante volte, durante gli allenamenti, mi sono ritrovato a gestire erezioni improvvise solo a sentire l’odore del suo sudore. Ma questo qui non potrebbe mai farmi venire, neppure se mi masturbasse per ore.
Deve averlo intuito anche lui. Mi lascia andare e mi gira intorno. Non sono stupido. Capisco subito cosa intenda fare e ora vorrei urlare. Invece, quando lo sento strusciare la sua erezione contro i miei glutei, mi mordo il labbro e soffoco qualunque gemito. Mi penetra brutalmente ma solo per poche volte. La sua intenzione era solo farmi sanguinare.
“Bene,” dice soddisfatto “quando vi troveranno qui, in queste condizioni, sara chiaro a tutti come mai eravate qui!”
“Credi davvero che non dirò che sei stato tu?”
“Non potrai dire un bel niente! Vedi quel grosso ingranaggio? E’ la valvola del gas. Quando riempirà la stanza voi soffocherete.” Conclude mettendomi l’asciugamano sulla bocca. Perdo i sensi mentre sento ancora che allenta il laccio intorno ai polsi e mi stende addosso a Sendoh.
Che penserà Hanamichi quando ci troveranno così? Al diavolo! Io e Akira saremo già morti. Mi dispiace Hana non volevo che andasse così! Mi dispiace Akira, ho fatto ciò che potevo. Chiudo gli occhi mentre il mio naso già respira l’odore del gas.

Non so perché mi sono messa a correre così. Mi sono allontanata persino da Miyagi. E’ come se il mio intuito femminile mi stesse suggerendo a gran voce che non c’è tempo da perdere.
Mi ritrovo vicino alle terme. Non ricordavo che l’odore dell’acqua termale fosse così forte! Sembra odore di zolfo? No, è odore di gas! E non può venire dall’acqua delle terme.
Mi guardo intorno. Ci sono solo piante. Qui non può esserci nessuno. Ru e Sendoh devono essere per forza da un’altra parte. Tuttavia, ancora il mio sesto senso mi spinge a voltarmi in direzione di un vecchio capanno. Qualcuno ha guardato lì dentro?
Raggiungo la porta e la apro. Devo indietreggiare perché l’odore di gas è fortissimo all’interno.
Mi passo un braccio davanti alla bocca ed entro. Inorridisco pochi passi dopo.
Distesi a terra, mezzi nudi, ci sono Sendoh e Rukawa. Entrambi hanno pantaloni e boxer abbassati.
Mi avvicino e mi accorgo che Rukawa ha del sangue che gli scorre tra le cosce. Che faccio? Sono troppo pesanti per me. Anche provando a spostare Ru, non faccio che pochi passi. Scuoto allora Sendoh e sembra che questi sia capace di riprendersi.
“Mhh”
“Akira, presto, torna in te!” urlo e lo schiaffeggio, un po’ per fargli riacquisire lucidità, un po’ perché non posso credere che abbia fatto questo a Kaede in un posto così squallido.
“Che è successo?”
“Rivestiti.”
Lui si guarda, arrossisce e si tira su, in un colpo solo, boxer e pantaloni. Solo allora si accorge di Rukawa. Il suo viso cambia e mi impressiona vedere come vi si dipinge una maschera di terrore. Mi scansa, si avventa su di lui, lo solleva e lo chiama.
“Kaede, Kaede! Rispondimi!”
“Portiamolo fuori!”
Sendoh lo riveste e se lo carica in spalla. Usciamo dal capanno e, all’aria aperta, lo depone sull’erba. Non smette di dire il suo nome. Mi ero sbagliato su Sendoh. Non è cotto di Rukawa. E’ innamorato.
Le lacrime gli solcano il volto scivolando, copiose, su quello di Ru che sembra ancora contratto in una smorfia di dolore.
Non è stato Sendoh a fare questo a Kaede. La verità mi taglia in due come farebbe una lunga katana. E’ stato Eiji Samada.
“Sendoh, resta con lui. Io vado a cercare aiuto.” Dico decisa anche se le mie stesse gambe non mi reggono. Lui sorride triste. Non lo lascia neppure per un secondo. Ora capisco cosa voleva dire Sakuragi in palestra sul fatto che fanno coppia fissa. Deve avere compreso anche lui che tra questi due c’è un legame forte. Devo trovare Hana e parlargli, deve riprendere il controllo della situazione o perderà Ru per sempre.
Corro più forte che posso quando qualcosa mi blocca. Due braccia forti mi afferrano. Una mi stringe il seno, l’altra mi tappa la bocca.
“Tu non vai da nessuna parte, piccola!” sento sussurrarmi all’orecchio. Capisco che è lui. Il verme che ha ferito Ru, che ha sequestrato lui e Sendoh, che ha distrutto la fiducia in se stesso di Ryota. E’ Eiji Samada. Mi divincolo, gli mordo una mano per liberarmi. Lui, d’istinto, mi schiaffeggia. Il colpo è talmente forte che finisco a terra priva di sensi.

Forse dovevo lasciare venire Fukuda. Mentre cerco in tutte le stanze dell’albergo, negli spogliatoi, perfino in cucina, mi assale la sensazione che, alla prossima porta che aprirò, me li troverò davanti nudi e allacciati che si danno piacere a vicenda. Se solo penso a Kaede tra le braccia di Sendoh, un conato mi assale e devo fermarmi a prendere fiato.
Smettila Hanamichi! Lui vuole te, lo hai detto anche a Sendoh. Non sono spariti insieme. Quel Samada lo avrà trascinato da qualche parte. A questo pensiero, un altro conato. Esco dalla struttura. Devo prendere aria. Se gli fosse successo qualcosa? Se non lo trovassi mai più? Se fosse stato portato via da quel pazzo e seppellito chissà dove, quale sarebbe l’ultimo ricordo che io avrei di lui? Un bacio rubato in un corridoio come fossi un ladro. E quale ricordo lui avrebbe di me? Di uno che dopo aver fatto chilometri per cercarlo e avere passato una notte infuocata con lui, non ha avuto il coraggio di esprimergli i suoi sentimenti. E dire che lo amo. Io lo amo. Credo di avere cominciato a provare questi sentimenti prima di quella dannata volpe. Però perché tirare fuori la questione in quel modo?
Ho camminato fino alle terme, scosto un cespuglio e, improvvisamente lo vedo.
Una parte di me vorrebbe correre ad abbracciarlo, l’altra lo odia. Più della prima volta che ho incrociato il suo sguardo sulla terrazza della scuola.
E’ tra le braccia di Sendoh.
Maledetto Sendoh.
Onnipresente Sendoh.
Inopportuno Sendoh.
Lo stringe e piange. Io vomito saliva e bile dietro al cespuglio da cui non riesco ad uscire. Mi sforzo solo quando lo sento chiedergli di svegliarsi, di respirare.
“Sendoh!”
“Hanamichi, sei tu? Aiutami a portarlo in infermeria. Io non sono in grado.”
Ha una ferita alla testa. E Ru, Ru cos’ha, perché è svenuto?
“Che cosa è successo?” chiedo cercando di sollevarlo strappandolo dalle braccia di Sendoh.
“Non lo so, ero svenuto. Una fuga di gas nel capanno della caldaia delle terme.”
“Che diavolo ci facevate in quel posto?”
Digrigno i denti come un cane rabbioso quasi come se, da un momento all’altro, Sendoh debba confessare di essersi appartato laggiù con lui. Invece abbassa gli occhi sul corpo di Rukawa e parla mortificato.
“Io non ricordo niente. Solo di aver preso un colpo in testa ieri sera quando sono uscito dalla mia stanza per andare a cercare il mister.”
Quelle parole mi calmano. Solo per un attimo. E’ stato Samada, ne sono certo! Sollevo Rukawa e raggiungiamo insieme l’infermeria della palestra.
Mi accorgo solo in quel momento che sta per iniziare la partita. Koshino ci viene incontro con l’espressione più sollevata che abbia mai visto solo per rabbuiarsi subito dopo aver capito che Sendoh è ferito.
Il medico della squadra fa entrare Sendoh e Rukawa e fa uscire tutti gli altri.
Maledetto dottore! Lo avevo appena stappato dalle braccia del porcospino e tu ci separi di nuovo.
Passano venti minuti. Dal corridoio sento le voci dei miei compagni esortare chi sta giocando. La partita non si è messa affatto bene a giudicare dalle parole che riesco a comprendere. Koshino è affianco a me. Non ha detto una parola. Posso solo immaginare cosa passa nella testa del piccoletto. I suoi sentimenti per Akira non sono un segreto per nessuno.
“Non è successo niente tra loro.” Dico un po’ per rassicurare Koshino, un po’ perché penso che dirlo a alta voce servirà a tranquillizzare anche me. Lui sorride.
“E’ colpa mia se è successo tutto questo. Sono stato io a decantare le qualità di Sendoh a Samada e sempre io a dirgli quanto fosse odioso Rukawa. Avrei dovuto stare zitto!” conclude liberando una lacrima capace solo di cadere lungo la sua guancia senza liberarlo dall’angoscia che prova.
“Non è colpa tua se quello è pazzo e, ti assicuro, che la pagherà.”
In quel momento il dottore esce dall’infermeria accompagnando Sendoh che pare in forma se non per il bendaggio alla testa. Koshino gli corre incontro e lo costringe a seguirlo in palestra.
“Dottore come sta Rukawa?” chiedo. Lui guarda per terra e si gratta il mento. Questo suo modo di fare non mi piace.
“Sta abbastanza bene. Qualche livido ed escoriazione. Tutto a posto.”
“Ma allora perché non può uscire anche lui?”
“Deve riposare.”
Mi dice andandosene. Al diavolo, ora quella dannata volpe mi dirà che è successo o giuro che non gli permetterò di dormire mai più! Entro nella stanza e chiudo la porta alle mie spalle. E’ sveglio e guarda fuori dalla finestra. Appena sente il rumore della porta, si volta e fissa i suoi occhi di ghiaccio su di me. Ora non so che dire. La sua pelle è più bianca del lenzuolo che lo avvolge fino al torace e da cui escono solo le lunghe braccia. Ai polsi ha evidenti lividi e tagli.
“Sta diventando un’abitudine quella di trascinarti in ospedale! Dovrò fissare un prezzario. Il soccorso notturno costa di più!” dico cercando di sorridere, portandomi una mano dietro la testa.
Lui non risponde e volta di nuovo la testa verso la finestra. Non ha funzionato.
“Ehi, faccia di volpe! Parlo con te sai? Che cazzo è successo stavolta? E' stato Samada?”
A quel nome vedo le sue mani stringere la stoffa del lenzuolo. Mi calmo. Devo calmarmi e farlo parlare.
“Kaede, per favore, guardami. Dimmi cos’è successo. Di là stanno giocando. Io sono qui per te.”
Si volta e mi guarda di nuovo.
“Vattene.” Dice solo ed è come se la terra venisse meno sotto ai miei piedi.
“Che vuol dire?” dico per fare resistenza.
“Sei idiota?” urla “Vattene! Non voglio più vedere la tua brutta faccia. Questo vuol dire. Voglio che tu sparisca. Non voglio più avere a che fare con te!”
“Perché? Cosa ho fatto?”
“Non hai fatto niente. Tu non fai mai niente, tu non dici mai niente. Sei un bugiardo, vattene!”
A quelle parole, capisco. Perché non sono poi così idiota. E’ arrabbiato perché non gli ho detto di amarlo. E’ arrabbiato perché non l’ho protetto. E’ arrabbiato perché non riesce a trattenere le lacrime. Devo uscire da questa stanza. Per il bene di entrambi. Anche se mi costa, anche se è doloroso, anche se significa arrendersi. 
Mi viene di nuovo da vomitare. Esco e raggiungo la palestra. Abbiamo perso 110 a 52. Che umiliazione. I volti di Akagi, Maki, Fukuda e di tutti gli altri sono maschere di dolore. Meglio così. Tra le loro, la mia passerà inosservata. Scopro presto che non è così. Sendoh mi avvicina e mi tira da parte.
“Cosa è successo?” mi chiede.
Perché devo raccontarlo proprio a lui? A chi altri però?
“Abbi cura di lui” gli dico posandogli una mano sulla spalla e liberando le lacrime “io non sono in grado di farlo. Avevi ragione tu. Lui è troppo per me e io l’ho deluso. Sappi che se lo farai soffrire, verrò a cercarti e te le suonerò!” dico cercando di sorridere e asciugandomi il viso. Lo supero e ceco di guadagnare l’uscita. Lui mi raggiunge.
“Che storia è questa? E le parole di ieri in palestra? Quelle sul fatto che gli saresti stato comunque vicino qualsiasi cosa lui ti avesse detto?”
Colpito e affondato.
“Ora non posso. Non ce la faccio, Sendoh.”
“Ti avevo avvertito Sakuragi, lui è tutto o niente. Non puoi arrenderti ora!”
“Ma tu da che parte stai?” Gli chiedo con una vena di rabbia nella voce “Credevo che non aspettassi altro!”
“Ha ragione Kaede, sei proprio uno stupido! Io non l’ho mai visto sorridere, tu?”
Sgrano gli occhi. Io sì, l’ho visto sorridere, ho sentito il rumore che fa quando ride, il rumore che fa la felicità.
“Vedi? Con te Rukawa è felice. E io voglio che sia felice. Però non ti fermerò ancora. Se lasci libero il posto, io me lo prenderò senza tanti complimenti.” Conclude con uno sguardo deciso.
Vorrei urlargli che non lo lascerò mai quel posto ma sono interrotto da Miyagi e Koshino.
“Ragazzi chi di voi ha visto Ayako? Non si trova da quando sono partite le ricerche di Sendoh e Rukawa.”
“L’ultima volta che l’ho vista è stato quando ci siamo divisi i compiti.” Dico subito.
“Ma come? Non è stata lei a dirti dove eravamo?” chiede Sendoh.
“Tu l’hai vista?” Fa Miyagi sempre più nervoso.
Sendoh annuisce. “E’ stata lei a trovarci nel capanno. Se non fosse stato per lei, io e Rukawa saremmo morti. C’era gas ovunque. E’ stata lei a svegliarmi. Poi è corsa via per cercare aiuto. Credevo avesse detto lei a Sakuragi dove fossimo!”
“No, non l’ha fatto.” Ripeto.
“Allora dov’è?” chiede ancora Miyagi guardando Koshino senza avere il coraggio di fare l’unica domanda che abbia senso.
“Andiamo a cercarla!” esclama Sendoh allontanandosi con Koshino che sembra preoccupato solo per il fatto che la benda alla testa di Sendoh si sia macchiata di rosso.
Miyagi non si muove. Si guarda i pugni.
“E’ colpa mia!” Dice a bassa voce “Avrei dovuto proteggerla! Non avrei dovuto lasciarla sola! Se le succede qualcosa, sarà solo colpa mia!”
Le sue parole mi scuotono. Anche io avrei dovuto sentirmi così. Avevo giurato a Ru che lo avrei protetto, che nessuno l’avrebbe più toccato e le mie paure di espormi hanno rovinato tutto!”
“Coraggio Ryota. La troveremo. Sono certo che sta bene!”
Miyagi mi guarda e insieme lasciamo la palestra.

Gli ho detto di andarsene e lui l’ha fatto. Per la seconda volta! Che idiota. Perché dovevo innamorarmi di uno così? Ma ora basta. Con lui ho chiuso. Il basso ventre mi fa un male cane e non riesco neppure a rigirarmi nel letto. Non so neppure se hanno trovato quel bastardo di Samada. Un momento. Nessuno, a parte me, sa cos’è successo davvero. Merda. Devo avvertire il mister. Mi alzo dal letto facendo affidamento su gambe che in questo momento sono in sciopero. Mi sforzo. Devo farcela. Mi vesto e solo allora mi rendo conto dei lividi all’inguine. Esco dall’infermeria e la palestra è vuota. Il tabellone dei punti segna ancora l’umiliazione subita dalla nostra selezione. Dovevo giocare, non venire sequestrato da uno psicopatico.
Raggiungo la hall dell’albergo e i giocatori dello Shohoku sono tutti lì insieme a Sendoh e Koshino. Akagi s’accorge per primo della mia attuale debole presenza.
“Rukawa! Il dottore ha detto che dovevi restare a riposo!”
L’idiota mi guarda. E’ ansia quella nei suoi occhi? No, con lui ho chiuso.
“Sto bene. Che succede qui?”
“Ayako è sparita!” esclama Mitsui e io capisco subito che ‘sparita’ non è la parola corretta.
“Ayako? Che ci faceva qui?”
“E’ venuta con me per parlare con mio padre di Samada!” interviene Koshino. Allora qualcuno lo sapeva che era pazzo!
“L’avete cercata?” chiedo.
“E’ logico che l’abbiamo cercata!” grida Miyagi e io copro la distanza tra noi con una decisione che le mie gambe non sapevano di poter dimostrare.
“Non urlare pigmeo! Se non l’hai trovata, hai comunque fallito! E pensare che fai credere a tutti che moriresti per lei! Dov’eri quando aveva bisogno di te?” dico guardandolo negli occhi, anche se le mie parole arrivano dritte al petto della testa rossa perché lo vedo abbassare lo sguardo e curvare le spalle.
“L’abbiamo cercata davvero dappertutto.” Ripete Mitsui.
“Non a casa di Samada” dice Koshino “la casa della sua famiglia è poco lontano da qui.”
“Allora che aspettiamo?” chiede Miyagi “Andiamoci subito.”
Il gruppo che parte è composto da Koshino, Miyagi, Mitsui e Akagi. Visto che si tratta di cercare Samada, io e Sendoh siamo automaticamente esclusi. Quest’ultimo mi si avvicina e mi prende da parte.
“Vorrei parlarti da solo.” Dice ed usciamo all’esterno della hall. Con la coda dell’occhio vedo che Hanamichi ci guarda. Vada al diavolo!
“Cosa c’è?”
“Innanzitutto come stai?”
“Bene.”
“Io non credo proprio. Dovresti essere a letto nelle tue condizioni.”
“Non capisco di che parli.”
“So che cosa ti ha fatto.”
A quelle parole la nausea mi coglie in pieno. In effetti mi sono svegliato in infermeria e non so che cosa sia successo dopo che sono svenuto.
“Hanamichi lo sa?” chiedo ed è la sola cosa che m’importa sapere.
“No.” Dice scuotendo la testa “Dovresti dirglielo però.”
“Mai.” Dico agitando un braccio “E non glielo dirai neppure tu, Akira!”
“Lui tiene a te.”
“Questo non ti riguarda.”
“Questa menzogna vi dividerà!” Mi dice sinceramente preoccupato.
“Non è quello che desideri?”
“Non è ignorando quello che è successo che passerà, Kaede! Io non voglio vederti precipitare di nuovo nella solitudine e nell’apatia.”
“Vuoi stare dalla mia parte o no?” chiedo scorrettamente. Sendoh non è il tipo che scende a compromessi. E’ una persona pulita. Se servisse a non fargli rivelare ad Hanamichi quello che mi ha fatto Samada, gli direi che l’ho fatto per salvare lui dalle mani di quello psicopatico. Gli farei solo male però. Rimango in silenzio e aspetto che si decida a rispondermi.
“Non glielo dirò. Lo farai tu, ti costringerò a farlo. Non oggi però. Oggi voglio solo che tu vada a riposare. Intesi Kaede?”
Meglio di nulla. Lascio che mi accompagni in camera. Lui si mette a leggere e io mi sdraio. La mia schiena chiede pietà. Prendo il cellulare e mando un messaggio a Miyagi. La risposta arriva subito. Non sono ancora arrivati a destinazione. Lascio il cellulare e un secondo dopo il display si illumina.
“Pronto?”
“Non dire una parola o la tua amica si farà male.” La voce è quella di quello psicopatico di Samada “Sono al capanno. Vieni da solo.”
“D’accordo. A dopo.”
“Chi era?” La voce di Sendoh è impaziente. Si sente che è preoccupato.
“Miyagi. Ha detto che non sono ancora arrivati a destinazione.” Mi alzo.
“Dove vai? Ti eri appena disteso.”
“Al bagno. Torno subito.”
Esco e richiudo la porta. Mi dispiace mentire a Sendoh ma Ayako è in pericolo ed io sono l’unico che può aiutarla. Anche se questo significa finire di nuovo nelle mani di quel pazzo.

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Capitolo 11
*** Stai semplicemente vivendo ***




Stai semplicemente vivendo
 


Ho paura.
Non è da me avere paura.
Ho tanta paura.
Anche se so che non vuole me.
Ho paura perché può farmi del male.
Ho più paura perché può fare del male ali altri.
E pensare che dovevo venire qui a salvare tutti. Maledizione, che cretina!
“Non rimarremo soli ancora per molto, dolcezza!”
La sua voce mi fa schifo. Gioca con il cellulare e ha un sorriso che non mi piace. Improvvisamente la porta si apre ma lui non ha paura di essere scoperto.
“Dove sei?”
La voce è quella di Rukawa.
“Vieni avanti, siamo qui!” gli risponde Samada.
“Ayako, stai bene?”
Ho le lacrime agli occhi ma non voglio piangere. Lui mi guarda e me lo chiede ancora.
“Ayako, stai bene? Sei ferita?”
“Non è ferita.” Fa Samada mettendosi fra me e Rukawa.
“Lasciala andare. Sono venuto da solo.” Dice Ru e sembra davvero che lui, di paura, non ne abbia.
“Non credo che lo farò. Non credo proprio.”
“Non ne hai bisogno. Resto io con te.” Le parole di Rukawa lasciano interdetto persino Samada.
“E’ per questo che credi ti abbia cercato?”
“Per cos’altro?” chiede Kaede preoccupato.
“Tu e lei siete gli unici testimoni. Gli unici che sappiano cosa ho fatto.”
“Non è così e tu lo sai.”
“Gli altri non hanno prove. Le uniche prove che esistono contro di me sono sul tuo corpo!” ringhia Samada “Per cui questo è quello che faremo Kaede Rukawa. Tu entrerai in quella stanza.” Conclude indicando una piccola porta laterale. Rukawa non sembra intimorito da lui.
“Senza Ayako non vado da nessuna parte.”
“Tranquillo, verrà con te là dentro.” Dice spingendomi in direzione della porta che ha indicato. Rukawa ci segue. Samada apre la porta e mi torce un braccio facendomi urlare.
“Va dentro!”
Rukawa esegue e mi spinge addosso a lui dentro la stanza.
“Mi auguro che la sauna sia di vostro gradimento. Spero sopportiate il calore. Io, personalmente, lo odio.”
“Sei uno stupido, Samada!” urla Rukawa battendo la mano contro l’oblò della porta “ci troveranno e sarà ancora peggio per te!”
“Lo stupido sei tu. Mi serve che tutti siano concentrati sulle vostre ricerche per allontanarmi da qui. E questo è quanto! Inoltre se ci metteranno troppo tempo, non ci sarà più molto da trovare. Non vi stanno cercando forse ancora nei pressi della casa dei miei? Addio!”
Non so se essere più contenta di essere chiusa qui dentro ora che se n’è andato o disperarmi perché in questa stanza la temperatura è altissima.
“E’ la vecchia sauna.” Dice Rukawa che sta già ansimando. Mi siedo per terra, stremata.
“Siamo bloccati, vero?” chiedo stupidamente. Rukawa viene a sedersi accanto a me.
“Sì.”
“Grazie.”
“Di che? Non sono stato di grande aiuto.”
“Quando ti ho visto, ho pensato che il peggio fosse passato.”
“Non credo, Aya. Finiremo per disidratarci qui dentro.”
“Sempre positivo tu, eh?”
“Data la situazione, che dovrei pensare?” dice guardandomi con un sopracciglio alzato.
“Che verranno a salvarci!” dico io convinta.
“E chi dovrebbe venire? Ti stanno cercando a decine di miglia da qui e io, per tutti, sono al bagno!”
“Verranno!”
“Nh.”
“Ru?”
“Nh?”
“Come ti senti?”
“Sudato.”
Gli tiro un cazzotto sulla spalla e lui fa una smorfia di dolore.
“Scusa Kaede!”
“Niente, sto bene.”
“Non è vero.” Dico abbassando lo sguardo e portandomi le ginocchia al petto.
“Ayako. Non lo sa nessun altro a parte Sendoh e il dottore e vorrei che la cosa rimanesse tra noi.” Dice in risposta alle mie allusioni.
“Hana non lo sa? Non glielo hai detto?”
“Non sono affari suoi.”
“Non lo sono?”
“No.”
“Mi sembrava di aver capito che fosse lui la persona con cui ti eri impegnato.”
“Lui non la pensa alla stessa maniera. Sull’impegno, intendo.”
“Davvero? Non lo avrei mai detto. Hana non mi sembra il tipo da una botta e via!”
“Non c’è stata alcuna ‘botta’!” dice togliendosi la felpa. In effetti sento caldo anche io e così mi tolgo il cardigan.
“Comunque non mi sembra il tipo che non ci mette il cuore, non è che ti sbagli?”
“Gliel’ho chiesto.”
“Tu cosa?” Le guance di Kaede sono rosse ma potrebbe essere il caldo tremendo della sauna.
“Gliel’ho chiesto e lui mi ha respinto.”
“Ti ha detto che non prova niente per te?”
“Non ha detto niente.”
“Niente? O che non prova niente?”
“Niente. Ha girato la testa di lato!” Dice e io scoppio a ridere.
“Ti sembra il caso di ridere?”
“Rido perché penso alla vergogna che avrà provato Hana! Ma non sai quanto è timido? Se gli hai piantato quei tuoi occhi di ghiaccio in faccia e gli hai fatto una domanda simile, si sarà vergognato da morire!”
“Vergognato dei suoi sentimenti?”
“Ma no, stupido! Vergognato di esprimerli. Tra voi chi ha, come dire, preso l’iniziativa?”
“Nh?”
Mi porto una mano alla fronte.
“Dei, come avete fatto a mettervi insieme? Siete due imbranati!”
“Insieme?”
“Sì, insomma, vi sarete dati almeno un bacio?”
“Più di uno.” Confessa e mi sembra che le sue labbra si siano lasciate andate ad un sorrido.
“Chi ha fatto il primo passo?”
“Io. Ma solo la prima volta. Per questo pensavo che lui ricambiasse i miei sentimenti.”
“Sentimenti?”
Lui guarda per terra e si slaccia e riallaccia una scarpa. Diverse volte. Ha questo tic da quando eravamo bambini. Lo fa per non mostrare imbarazzo. Temporeggia.
“Sono innamorato.”
Non dico niente. Gli passo una mano tra i capelli bagnati e glieli porto indietro scoprendogli la fronte. Lo faccio tre o quattro volte perché mi ha confessato che era il modo di carezzarlo che aveva la madre.
“E’ una cosa bella Ru.”
“E’ una cosa orribile. Mi sento morire. Fa male.”
“No. Stai semplicemente vivendo. Vivere fa male perché ogni giorno lasciamo in questo mondo un pezzetto di noi. E sai perché è bello? Perché tutti quei pezzetti rimangono nelle mani delle persone che vivono insieme a noi.”
Lui mi guarda con i suoi grandi occhi blu e io penso che è come se mi stesse guardando davvero dopo tanti anni in cui semplicemente mi vedeva e basta.
“Ayako, ho rovinato tutto. Gli ho detto di andare via.”
“Non andrà via.”
“Tu come fai a saperlo?”
“Perché è Hanamichi! Dimmi una volta in cui ha mollato!”
Sorride poi, dopo un attimo, si rabbuia.
“Ho trattato male Miyagi. Gli ho detto che non è stato all’altezza di proteggerti. Mi dispiace, non ne avevo il diritto.”
“Ryota non se l’è presa di certo. Lui non pesa così tanto le parole. E’ un altro che non molla. Mai. Io ho fiducia in lui.”
Ci rilassiamo contro la parete. I miei capelli sono diventati orribili. Ru respira sempre più con fatica e io mi sento gli abito appiccicati addosso.
Ti prego Ryota, fa presto. Sento gli occhi pesanti e scivolo lentamente addosso a Kaede.

Cammino avanti ed indietro lungo il viale d’ingresso del dormitorio dei bianchi.
Credevo di aver mollato quando mi ha chiesto di andarmene ieri sera, poi sono corso da lui non appena ho potuto.
Credevo di aver mollato dopo che mi ha cacciato dall’infermeria. L’ho persino detto a Sendoh! E invece sono qui a fare su e giù come un coglione.
Devo parlargli. Chiarire. Una volta per tutte.
Entro e arrivo fino alla porta della sua stanza. Mi volto. Mi ha cacciato. Non mi vuole più. E’ andato via con Akira prima. E se adesso sono oltre quella porta a parlare e sorridersi? Io che faccio?
Ho deciso busso. No, me ne vado.
La porta si apre e Sendoh mi trova impalato con una mano alzata come in procinto di bussare. Sorride.
“Sapevo che saresti tornato sui tuoi passi.”
“Volevo solo mettere le cose in chiaro.”
“Dovrai aspettare che rientri. E’ uscito un quarto d’ora fa.”
“Dov’è andato?”
“Al bagno.”
“Non avete il bagno in camera?”
“Sì, ma gli piace usare l’altro.”
Sghignazzo pensando che non vuole dividere quell’intimità con lui.
“Che hai da ridere?”
“Niente, posso entrare ad aspettarlo?”
“Veramente stavo andando a cercarlo. Ormai è passato un po’ di tempo. Magari ha bisogno d’aiuto?”
“D’accordo che è stato male,” dico incrociando le braccia “ma addirittura bisogno per andare al bagno! Non ti sembra una scusa bella e buona, porcospino?”
Lui guarda per terra e mi supera. Qualcosa non quadra.
“Aspetta qui.” Mi dice ma io sono più veloce e lo tiro dentro la stanza con me. Richiudo la porta.
“Sendoh, ora tu mi dici che sta succedendo! Ho un sesto senso per queste cose e non sbaglio mai!”
“Non posso dirti nulla. Rukawa mi ha vietato di parlartene. Deve farlo lui stesso.”
Dannazione, cosa significano queste parole? Mi rodo il fegato, lo minaccio, lo sbatto contro la parete ma non c’è modo di fargli sputare il rospo. Il suono del cellulare di Rukawa attira la nostra attenzione. Lo raggiungo per primo e rispondo.
“Pronto?”
“Hanamichi?”
“Miyagi?”
“Ma ho chiamato Rukawa!”
“Lo so, scemo. E’ il suo telefono. Ho risposto io.”
“E perché?”
“Perché? Che sei un bambino che devi chiedere il perché di tutto?”
“Volevo avvertire Rukawa che stiamo tornando. La vecchia casa dei Samada è disabitata da anni. Forse quel pazzo è ancora lì! Scusa se non abbiamo chiamato prima.”
“Ok, allora fa in fretta a tornare. Io ricomincio a cercare Ayako!”
“Ok. State attenti. Ah! Hanamichi non riattaccare. Koshino vuole sapere se Sendoh sta bene!”
Guardo il porcospino che mi guarda con un paio d’occhi da pesce lesso.
“Sì, sta bene. Stacco.” Dico posando il cellulare di Rukawa sul suo comodino e informando Sendoh “Era Miyagi. Ha detto che stanno tornando perché la casa dei Samada è vuota. Koshino ti saluta. Si scusa per non aver chiamato prima.”
“Si scusa per non aver chiamato prima?” mi chiede improvvisamente teso.
“Già.”
“Ma ha parlato con Rukawa venti minuti fa!”
“Ha detto di no!”
“Ma ha ricevuto la telefonata davanti a me e poi è uscito!” dice e di colpo ci fiondiamo entrambi fuori.
“Pensi anche tu quello che penso io?” gli dico una volta all’aperto.
“Era al telefono con Samada!” risponde Sendoh. “Hanamichi lo dobbiamo trovare!”
“Non è prudente che vieni anche tu! Quello ce l’ha anche con te!”
“Me ne frego! Andiamo a cercarlo!”
La sua agitazione mi convince subito.
“Tu va agli spogliatoi della palestra, sono abbastanza isolati. Io faccio un salto alle terme. Ci teniamo in contatto con i telefoni.”
Sendoh annuisce e corre via.
Raggiungo le terme, niente. Cammino fino ai campetti delle altre squadre, niente. Sono in giro già da un’ora e Sendoh mi ha mandato già cinque messaggi, uno più allarmato degli altri. Cazzo! Me lo sono perso di nuovo! Sono un’altra volta nei pressi delle terme, quando sento una voce familiare.
“Hana.”
“Ryota! Siete tornati?”
“Sì, già da mezz’ora. Stiamo tutti cercando Ayako e Rukawa. Il mister vuole chiamare la polizia. Però ha paura delle reazioni dei genitori di Rukawa e Ayako.”
Io immagino il padre di Ru e penso che è decisamente meglio che non sappia nulla di quello che sta accadendo. Sarebbe capace di far cancellare il basket dall’elenco degli sport praticabili a livello mondiale.
“Abbiamo cercato dappertutto!” dice Miyagi sconsolato e io scatto come una molla.
“Non dappertutto, Ryota! Non siamo tornati al capanno!”
“Ma lì non ci rimetterebbe piede!”
“Invece è per questo che è tornato lì.”
Miyagi annuisce e insieme corriamo al deposito caldaia.
Apro la porta lentamente e mi assicuro che non ci sia nessuno all’interno. Il locale caldaia è vuoto. Miyagi si guarda intorno deluso.
“Qui non c’è nessuno. Eppure ero convinto che la tua teoria fosse giusta!”
“Aspetta,” faccio io tendendo l’orecchio “cos’è questo rumore?”
“Sembra quello della caldaia.” Risponde Ryota.
“Non era in disuso?”
“L’avrà riaccesa Samada?” ipotizza Ryota.
“Per farci cosa?” chiedo più a me stesso che a lui e seguendo il rumore della macchina raggiungo una stanzetta. La porta ha un oblò da oltre il quale, in mezzo al vapore, riesco a vedere due persone rannicchiate a terra.
“Miyagi, corri! Vieni qui?”
Lui capisce che ho trovato Ayako e si fionda contro la porta. Urla.
“Scotta, dannazione! Hanamichi spengo la caldaia, lì dentro è un forno! Trova qualcosa per aprire la porta!”
Miyagi si allontana e io mi guardo intorno. Ci sono tanti ferri vecchi, ma di qualcosa per ruotare la sbarra che sigilla la porta di quel forno crematoio, neanche l’ombra! Non ci posso pensare su. Mi sfilo la maglia e la uso per proteggermi le mani. La barra mi tocca gli avambracci nudi. Brucia ma non importa. Devo tirare Kaede e Ayako fuori di lì!
Finalmente la barra cede e la porta lascia uscire il vapore. Miyagi mi raggiunge e solleva Ayako per portarla all’esterno.
Io mi carico Ru in spalla e lo seguo.
“Ayako, Aya ti prego, rispondimi! Apri gli occhi amore mio, dai, fallo per me!” dice Ryota. L’ha chiamata amore senza preoccuparsi minimamente che ci fossi anche io qui. E non era il solito tono scherzoso. Perché io l’ho dovuta fare tanto difficile?
Guardo Ru che respira a fatica e gli sfilo la maglietta. La uso per asciugargli il sudore che gli cola dalla fronte.
Gli passo una mano trai capelli bagnati e glieli porto all’indietro. Lui, a quel tocco, apre piano gli occhi.
“Ha…na…”
“Ciao Ede. Di un po’, vuoi che ti porti in ospedale o per stavolta ce la fai da solo?”
Lui quasi sorride e allunga una mano verso di me come ad accennare una carezza.
“Aya..ko.. sta?”
“Sta bene.” Interviene Miyagi che finalmente stringe la Ayakucciacara che piange tra le sue braccia, sana e salva.
“Hana, grazie. Per tutto.”
Io mi sento preso in contropiede perché mi sta parlando in quel modo dolce che finora ha usato solo quando eravamo soli. Ora c’è Miyagi che ha già drizzato le antenne. Stavolta non sbaglierò.
“Non te la caverai così! Mi merito almeno un bacio!” dico azzerando la distanza tra i nostri visi e baciando le sue labbra bollenti.
Lui non si tira indietro e ricambia il bacio.
Sento Miyagi esprimere un certo disappunto e la voce di Ayako che lo zittisce “Se lo dici a qualcuno, ti ammazzo!”
Kaede perde di nuovo i sensi mentre ancora ci baciamo. Me lo carico ancora una volta in spalle e mi rivolgo Agli altri due.
“Ragazzi, posso lasciarvi soli? Voglio riportarlo in camera. Deve bere e stendersi.”
“Va Hana,” dice Ayako facendomi l’occhiolino “mi faccio accompagnare anche io a letto.”
Saluto Aya e Ryo e porto Rukawa in camera sua. Non mi piace l’idea di venire subissato dalle domande di Sendoh ma è sempre meglio che sentire l’ironia della Nobuscimmia.
In camera però Sendoh non c’è. Alla hall mi riferiscono che hanno preso Samada e che Hiroaki si è fatto male per ostacolarne la fuga. Ora il porcospino lo sta vegliando. Koshino sarà contento e magari Sendoh si concentrerà su qualcun altro che non sia l’amore mio.
Cazzo l’ho detto! Anche se solo nei miei pensieri.
Lo stendo sopra le lenzuola fresche e vedo il suo viso distendersi in un’espressione di piacere. Nel bagno della camera ci sono le confezioni di ghiaccio. Le prendo e gliele passo sui polsi. Lui apre gli occhi.
“Finalmente…”
“Finalmente cosa?” chiedo distrattamente continuando a massaggiargli i polsi.
“Finalmente ragioni.”
“Per via del bacio, dici?”
“Nh.”
Disegno dei cerchi sul lato interno del polso e salgo fino all’avambraccio. Da lì raggiungo la scapola e riscendo.
“Ti ha fatto piacere o no quel bacio?”
“Idiota, il punto non è se ha fatto piacere a me, ma se ne ha fatto a te!”
“Maledetta volpaccia! Ma se questa storia è cominciata quando ti ho detto che ti volevo da morire!”
“Già. Mi vuoi, giusto?”
Lascio che il ghiaccio scivoli di nuovo fino alla scapola e da lì sul suo petto. Lui lo solleva di scatto, forse per un brivido, e il ghiaccio scivola sul suo torace fino all’ombelico.
Lo lascio dondolare sul bordo del suo pantalone e gli poso le labbra vicino all’orecchio.
“Io ti voglio.” Dico con voce rauca.
Lui chiude gli occhi e lascia andare un sospiro.
“Io ti voglio bene.”
Lui apre gli occhi e gira la testa dal mio lato. Strofina il suo naso contro il mio.
“Non devi dirlo per forza, l’ho capito che non te la senti.”
“Stupida volpe, tu non hai capito un bel niente. Io mi sono perso completamente in quello che provo per te. A volte non riesco ad esprimerlo a parole e per questo ti bacio. Ti bacio perché le parole non sono abbastanza. Io ti amo.”
Ora gli occhi di Kaede sono lucidi. Nasconde il viso nell’incavo del mio collo. Lo stringo.
“Hana.”
“Sì?”
“Mi accarezzeresti la fronte come quando sono svenuto?”
Gli passo una mano tra i capelli e glieli porto indietro in modo da lasciargli scoperta la fronte e lì gli poso un bacio.  Lui mi guarda e mi parla sottovoce.
“Mia madre lo faceva sempre. Quando ero triste o malato, lei mi sollevava la frangia e mi baciava la fronte.”
“E ti diceva che ti amava, giusto?”
“L’unica che l’abbia mai fatto.” Mi risponde. E io mi sento stupido. “Finora.”
Quell’ultima, unica parola, mi avvolge e mi emoziona. Lo stringo a me e, guancia contro guancia, gli dico piano “Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo.” Lui mi abbraccia.
“Ti amo anch’io.”
“Ora che ce lo siamo detti, siamo a posto?”
“Nh?”
“Niente più fraintendimenti,  uscite come quelle dell’infermeria o scenate con Sendoh?”
“Geloso.”
“Puoi dirlo forte! Allora che si fa ora?”
“Ora ora?”
“Sì, ora ora.”
Lui si stacca un attimo e mi guarda con il suo solito sopracciglio alzato.
“Un sonnellino?”
“Un sonnellino!”
“Aha, ho sonno, sono stanco!”
Scoppio a ridere.
“Va bene, amore.”
Lui mi spinge sul letto e poggia la testa sul mio petto.
“Tu, però, rimani con me.”
“Contaci.” Gli dico lasciando che si addormenti, finalmente tranquillo, come lo sono io ora.

 

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Capitolo 12
*** I giorni migliori della nostra vita ***


Note dell'autrice sfortunata:
Perdonooooooo... La prima parola è doverosa. Non solo perchè sono sparita dalla circolazione per un botto come autrice ma anche perchè non ho risposto alle recensioni e ai messaggi privati di quelli che mi hanno ceracata. A mia discolpa posso dire che ho avuto un brutto periodo in cui sono stata un po' depressa e che il mio pc si è fuso cancellando tutto il lavoro che avevo fatto in un anno... la cosa ha aggravato la mia depressione e io odio navigare con il cellulare!
Mi merito perciò tutte le parolacce che vorrete dirmi in pubblico e privato. Non so se il capitolo in pubblicazione mi eviterà una condanna mortale ma prometto che, pc permettendo, pubblicherò il resto della storia con almeno un capitolo alla settimana, forse anche qualcosa di più. Ringrazio tutti coloro che vorranno riprendere la lettura della storia con tutto il cuore. Vi abbraccio tutti!

I giorni migliori della nostra vita


Allora facciamo un riassunto delle puntate precedenti. Ru è stato pestato da Fukuda che è geloso di Sendoh. Hanamichi lo soccorre e lo porta in ospedale. Da questo fatto nasce una specie di intesa fra queste due teste calde. A rovinare tutto arriva il padre di Ru che rischia quasi di fargli saltare il ritiro con la selezione giovanile delle all stars. Hanamichi però lo raggiunge e lo riporta a casa. Deve essere successo qualcosa tra loro perché, quando partono per il ritiro sembrano affiatati. Forse questa strana attrazione fra loro risveglia qualcosa anche in me perché bacio Ryota. Tutto sembra andare per il meglio, tuttavia Koshino, innamorato da sempre di Sendoh che a propria volta è cotto di Rukawa, mi mette a parte delle intenzioni malvage di un certo Samada. Raggiungiamo i ragazzi al ritiro per avvertirli ma scopriamo che questo pazzo ha già rapito Ru e Sendoh. Sono proprio io a trovarli ma vengo coinvolta in questo casino ed è il mio Ryo-chan che mi tira fuori dai guai. Lo guardo disteso accanto a me. Dorme tranquillo. La zazzera bruna distesa sul cuscino si mischia con i miei ricci. Sorrido e avvicino le mie labbra alle sue. Potrei svegliarlo e fare l’amore con lui ora. Sorrido di nuovo e mi limito  a sfiorargli le labbra. Lui si muove appena e pronuncia il mio nome nel sonno. Lo amo. Da un sacco di tempo. Anche se non gli ho mai risparmiato le mie sventagliate, anche se non mi sono mai preoccupata di dimostrarglielo perché mi sembrava giusto così. Eppure, nel bagno della palestra, lui mi ha guardata e ha lenito le paure più profonde del mio cuore con poche, semplici parole : ‘Chi l’ha detto?’.
Già, in effetti chi ha deciso che le nostre vite si separeranno? Che non potremo vivere così per sempre? Sono sempre stata una persona matura e so che, crescendo, le persone cambiano, le vite cambiano in meglio e in peggio. Come in un film, ci saranno alcuni che vivranno felici e contenti e altri che soffriranno. C’è quello che sparisce improvvisamente  e senza un perché e l’amico della porta accanto che non se ne andrà mai. Eppure ci sono legami che non si spezzano. Nel bene e nel male.
Voglio tenere Ryota con me per sempre. Un giorno, magari, aprirò gli occhi come ho fatto poco fa e ci sarà un piccolo Ryo-chin tra di noi che sgambetta e che vuole il pallone del suo papà.
Vorrei che questa storia finisse qui. Con me che prendo le dita del mio ragazzo e le intreccio alle mie ma so che c’è molto di più. Quando sono stata in pericolo, Rukawa c’è stato per me. Ora tocca a me aiutarlo. Solo io e Sendoh sappiamo cosa è successo davvero al capanno. Conoscendo Rukawa, vorrà tenersi tutto dentro.  Kaede merita di essere felice e io so che per farlo, Hanamichi è fondamentale.
Improvvisamente sento le dita di Ryota stringere le mie.
“Ehi! Stai bene Aya? Hai bisogno di qualcosa?”
“No. Ho tutto ciò che mi serve proprio qui.” Dico baciandogli il naso.
Ryota rimane serio. Mi passa una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Ho avuto una tremenda paura di perderti.” Dice.
“Sono una tosta io!”
“Lo so. Per questo mi piaci. Anche se minacci continuamente di uccidermi.”
“Solo se riveli i miei segreti!” dico ridendo e carezzandogli la schiena.
“Che Rukawa e Sakuragi sono qualcosa di più che compagni di squadra è un tuo segreto?”
Fermo la mano e abbasso gli occhi. Lui mi rassicura.
“Non dirò niente a nessuno.”
“Sono fragili ora. Hanno bisogno di tempo.”
“Forse Rukawa. Hanamichi mi sembra più che sicuro di ciò che prova!”
“Tutto il contrario!” lo incalzo io “Ru è sicuro dei suoi sentimenti ma ha delle difficoltà ad accompagnarli con i gesti in questo momento. Hana invece è meno disinibito tuttavia non sa cosa i suoi desideri significhino!”
“Fossi in te, non mi preoccuperei. Anche se finora quei due hanno fatto di tutto per ignorarsi o distruggersi, sono legati a doppio filo dal primo momento in cui si sono guardati.”
“Tu credi?”
“Credo nel destino.”
“Tu? Ryo non l’avrei mai detto!”
“Sennò come farei a sapere che noi due staremo insieme per sempre?”
Lo guardo con gli occhi pieni di speranze e aspettative.
“Noi due ci diventeremo vecchi insieme! Avremo tanti piccoli Ryo-chin e Ayakuccie e un giorno racconteremo ai nipotini come ci siamo incontrati.”
Lo bacio d’istinto. Lui mi spinge schiena sul letto e mi sale sopra. Mi sento sua e lo lascio fare. Quando le sue mani stanno per sbottonarmi la camicetta lo blocco.
“Ryota se…”
Lui mi bacia per non farmi finire la frase.
“Se lo dico a qualcuno, mi ammazzi.” Conclude sorridendo mentre affonda la testa tra i miei seni. Io sorrido e lo stringo forte. Non so se il destino ci lascerà insieme per sempre ma, per il momento, sono convinta che crescere insieme sarà possibile.

Ultimamente finisce sempre così. Mi ritrovo sveglio a guardarlo dormire. Oramai è mattina. Guardo i segni di bruciatura sulle sue braccia che testimoniano che, ancora una volta, è stato lui a tirarmi fuori dai guai. Mi alzo per primo e raggiungo il bagno. Mi guardo allo specchio e mi rendo conto che faccio davvero schifo. Le occhiaie non si riescono più a nascondere e sono più pallido del solito. Se contiamo poi che ho ancora qualche livido addosso, la scena è davvero pietosa. Non sono però quelli i segni che mi fanno più male.
Mi spoglio e faccio una doccia veloce. E’ mia intenzione uscire dal bagno e rivestirmi prima che si svegli ma, quando esco dalla doccia, lui è già in piedi sulla porta del bagno.
“Dormito bene volpaccia?”
“Nh.”
“Loquace come al solito? Sbrigati, ho fame e vorrei fare colazione.” Dice entrando nella doccia. Io ho infilato l’accappatoio rapidamente perché non voglio che mi veda nudo. Non voglio che si accorga di quello che mi ha fatto Samada. Si avvicina con l’intenzione di darmi un bacio sulla fronte. Lo lascio fare ma non ricambio. Sono troppo occupato a cercare un modo per svignarmela. Mi guarda con un’espressione accigliata. Apre l’acqua e io torno in camera a vestirmi.
Prendiamo la via per la sala comune insieme. Camminare al suo fianco è piacevole. Qualcosa che fa bene al cuore. Al tavolo ci sono gli altri. C’è anche Sendoh che mi sorride e mi invita a raggiungerlo. Ovviamente Hanamichi mi segue. Gli ho promesso che non lo farò più ingelosire? Lui lo ha chiesto, io non ricordo di averlo promesso.
“Come stai?” mi chiede.
“Sta bene.” Risponde Hanamichi al mio posto.
“Già non parla di suo, se ti metti a rispondere anche alle domande dirette che gli faccio, non sentirò più la sua voce!” dice Sendoh sorridendo. Hana gli fa una boccaccia.
“Come sta Koshino?” chiedo realmente interessato. Lo sguardo di Sendoh si rattrista.
“Sta meglio, ha preso un colpo alla testa ma starà bene. E’ stato per colpa mia. Ho combinato un casino dopo l’altro.”
“Sono certo che non sia colpa tua. Se una persona ti vuole bene, è disposta a tutto per aiutarti.” Gli dico e lui mi guarda perplesso. Forse è la prima volta che dico una cosa gentile nei suoi confronti. Il mister batte le mani e raccoglie l’attenzione di tutti.
“Ragazzi, ascoltate. Abbiamo perso contro la Lituania. Domani ci sarà la partita con gli Stati Uniti. So che abbiamo passato dei brutti momenti tuttavia vorrei che ci impegnassimo tutti al massimo. Oggi faremo un allenamento intensivo e poi vi comunicherò la formazione.”
Sentire il mister parlare di basket mi distrae dai miei pensieri.
La colazione dura pochi minuti e, come al solito, è intervallata dalle chiacchiere di Hanamichi e Mitsui accompagnate da lancio di panini e scatole di succhi di frutta. Il solito delirio.
Sto cercando di non rimanere solo con Hana. So che è una carognata. Soprattutto dopo quello che è successo ieri sera. Eppure sento uno strano disagio a rimanere solo con lui.
Gli allenamenti, pertanto, sono graditi. Tutta la giornata scorre via tranquilla. La mia intesa con Hana è perfetta e, giocando insieme, abbiamo fatto vincere la partita di allenamento alla nostra squadra.
Nel tardo pomeriggio l’allenatore ci comunica la formazione. Le sue parole risuonano nell’ampia palestra in modo solenne.
“Ho deciso la formazione. Domani scenderanno in campo Fujima playmaker, Akagi centro, Sendoh ala piccola, Rukawa guardia tiratrice e Sakuragi ala grande. Prometto che darò spazio a ognuno di voi contro gli States perché meritate tutti un’occasione ma questo sarà il quintetto di partenza.”
Il volto di Hanamichi si illumina e si volta subito a guardarmi. Il mio piano ha funzionato. Non che avessi dubbi, io non fallisco mai i miei obiettivi. Lui ovviamente si pavoneggia da grande genio del basket.
“Ah,ah,ah! Visto Hisashi? Sono entrato tra i titolari! Guarda la faccia del povero Jin!!! Ora indosserò anche io la divisa bianca!!!”
“Ma se Jin non ti sta minimamente pensando! Smettila di fare il buffone! E poi durerai due minuti. Il tempo di sbattere contro la difesa degli americani! Uno senza tecnica come te non ha speranze!”
“Geloso, geloso, geloso!” continua Hana saltellando qua e la davanti ai compagni. Ora è troppo. Gli tiro un pallone in faccia e lui si volta con uno sguardo furente negli occhi.
“Maledetto Rukawa! Come osi? Ti faccio vedere io!” urla con l’espressione più minacciosa che trova nel repertorio.
“Calma i bollenti spiriti.” Dico piano indicando la porta della palestra. Un gruppo di ragazzi altissimi se la ride sotto ai baffi. Le loro divise blu notte indicano che sono della selezione statunitense e la mia freddezza fatica a restare tale. Atleticamente sembrano mostruosi. Uno di loro fa un cenno con la mano e si avvicinano.
“Hi, guys! Nice to meet you! We’ll have an amazing match tomorrow!”* dice, continuando a sorridere, un ragazzo dai capelli biondissimi. Nessuno di noi parla.
“Do you understand me?”** prosegue girandosi verso i suoi compagni continuando a ridere. Spocchioso. Io non parlo mai in queste circostanze ma non voglio che passiamo tutti per imbecilli.
“The match will be amazing only if we’ll win.”*** Dico senza scompormi. Sendoh sorride. Hana guarda me e lui voltando la testa a destra e a sinistra. Quella testa vuota non accennerebbe mai una parola d’inglese ma ha ben compreso il concetto perché raggiunge il capellone biondo e lo guarda dritto negli occhi. A ben vedere Hana è più alto dell’americano e messo meglio fisicamente. Ho proprio ragione quando penso che le sue potenzialità siano infinite.
“Non ridete di noi!” urla a muso duro “Vi daremo del filo da torcere! Traduci, volpe malefica!”
Il biondo ride ancora e io raggiungo il fianco ad Hanamichi.
“If you get him mad, you’ll regret it. You’ll see.”**** Dico sottovoce e l’espressione del biondo cambia lasciando Hanamichi di stucco. Lo prendo per un braccio e lo trascino via.
“Cosa gli hai detto?” mi chiede nell’orecchio.
“Quello che mi hai chiesto di tradurre.”
“Sicuro? Mi ha guardato in un modo!”
“Forse crede che sei un imbecille a pensare di potergli dare del filo da torcere.”
“Ma io lo farò!” ripete stavolta a voce alta.
Mi fermo e lui, non accorgendosene, mi viene addosso. Parlo con il tono più serio e sicuro che ho.
“Lo so, idiota. Per questo gli ho detto che si pentirà del suo sorrisetto di superiorità.”
Il suo volto si illumina e sorride abbracciandomi.
“Andiamo a fare una passeggiata, Rukawa 2.0?”
“Finiscila!” dico fingendo fastidio che non provo.
“2.0.”
“Ancora?”
“2.0.”
“Non te lo dico più, finiscila.”
“Ok, ok, musone.”
“Nh.”
“Musone.”
“Nh?”
“Musone!”
“Hai rotto.”
Si ferma e mi sorride questa volta guardando il pavimento.
“Cosa c’è ora?” chiedo con un filo di preoccupazione nella voce. Gli altri hanno raggiunto le loro stanze e siamo rimasti soli. Lui continua a guardare per terra e non parla. La mia voce si fa più dolce.
“Hana?”
“Tu fai di me una persona migliore.”
Le sue parole mi spiazzano.
“Finiscila, ok?”
“Ok. Volevo solo dirtelo.”
“L’hai detto.”
“L’ho detto.” Dice riprendendo a camminare. Mi lascia di qualche passo indietro. Non riesco a muovermi. Da questa mattina ho cercato di mettere spazio fra di noi per non lasciargli capire quanto sono fragile adesso eppure è così facile amarlo, sarebbe così facile lascarmi cadere tra quelle braccia forti e abbandonarmi. Si accorge che non lo sto seguendo. Si ferma e si volta. I suoi occhi si sgranano e torna indietro a passo svelto.
“Ru, stai bene? Improvvisamente sei pallido.”
Annuisco ma lui insiste e mi prende per le spalle.
“Sicuro?”
“Sì, sono sicuro.” Dico lentamente scandendo le parole anche se lui non sa di che cosa realmente sono sicuro. Le sue mani si abbassano anche se non sembra convinto.
“Sembra quasi che tu non riesca a respirare.” Dice e io vorrei rispondergli che, a volte, sento questo sentimento che provo per lui con un’intensità tale che il mio fisico pare non sopportarlo. Muovo appena le labbra ma la voce non esce.
“Kaede?” La sua è una richiesta di spiegazione.
“Tu sei la persona migliore che abbia mai conosciuto.” Gli dico sinceramente e lui scuote la testa come se volesse dirmi che mi sto sbagliando di grosso. “Non sono io a fare di te una persona migliore. Tu fai di me una persona migliore. Guardami,” dico abbassando il capo “io a stento formulo frasi di senso compiuto. Tu tiri fuori il meglio dalle persone.”
Hanamichi mi solleva il capo con una mano.
“Finiscila ok?” mi dice facendomi il verso con un occhiolino. E accade un miracolo. Sorrido. Le mie labbra, possedute, s’inarcano verso l’alto. Un vero sorriso. Non una delle mie smorfie. Un sorriso.
Hana mi passa un braccio intorno al collo.
“Allora sei capace anche tu!” dice tirandomi a se.
“Nh.”
“Sei bello quando sorridi.”
Le mie guance si tingono di rosso e nascondo la testa nell’incavo del suo collo.
“Anche tu.” Dico in un sussurro.
Lui mi stringe un altro po’ e mi accompagna fino alla mia camera. Ora ricomincerà la solita solfa con il porcospino ma questo momento vale tutto. Il mio cuore è stato un luogo freddo e solitario per tanto tempo. Ora è un luogo migliore. E’ diventato accogliente. Un luogo riservato solo a lui. Qualunque cosa accada. In qualunque posto sarò.  Io sarò lo spazio protetto di Hana.

Non riesco a dormire. Domattina giocherò titolare contro la selezione americana.
Devo dormire. Nobunaga russa alla grande.
Mi alzo ed esco.
Faccio due passi fuori e sento odore di fumo. Volto l’angolo e vedo Ayako. Lei si accorge di me e, imbarazzata, non sa che fare della sigaretta che ha tra le dita.
“Fumi?” chiedo assonnato.
“Di tanto in tanto.” Risponde lei.
“Dicono che allenti la tensione. E’ vero?” le chiedo sedendomi per terra.
“In parte. Io non ci credo molto. Non funziona sempre insomma. Stasera non funziona per esempio.”
“Sei tesa?”
“Un po’.”
“Come mai?”
Lei tira un sospiro e riporta la sigaretta alle labbra. Poi mi fa una domanda con tono severo.
“Credi che la squadra la prenderebbe troppo male se mi mettessi insieme a Miyagi?”
Io la guardo con un’espressione corrucciata e incrocio le braccia come se ci stessi pensando seriamente, poi scoppio a ridere.
“Ayako, ma sei scema? Guarda che la squadra sa già che voi due state insieme!”
Lei abbandona il labbro inferiore e la sigaretta le cade in terra.
“Davvero pensi che non sappiamo che in fondo siete una coppia?”
Lei si riprende e stringe i pugni.
“Non siamo mai stati una coppia!”
“Non ufficialmente. Non ti sei mai chiesta perché nessun ragazzo si è mai fatto avanti con te in palestra nonostante il viavai? Miyagi ti gira intorno come una leonessa con i cuccioli. E poi credi che non ci siamo accorti di come segui Ryota in campo? Sei davvero buffa Ayako!”
Lei sorride.
“Sempre facile quando si tratta degli altri, vero Hana? Non è forse vero che il tuo modo di litigare con Rukawa è sempre stato un modo per stargli vicino e basta?”
Arrossisco.
“Ora non ho più bisogno di farlo arrabbiare per farlo parlare con me!”
Ayako sorride poi si rabbuia.
“Che c’è Ayako?”
“Mi fai una promessa Hana?”
“Quale?”
“Non arrenderti mai con lui. Rukawa non è una persona facile con cui avere a che fare. Lui è come uno di quegli animali selvaggi che, una volta feriti, attaccano e non si fidano più.”
“Credo di averlo capito.”
“Se dovesse farlo, attaccarti dico o respingerti, pensa che forse è stato ferito da qualcosa o qualcuno.”
“Va tutto bene Ayako.” Le dico per tranquillizzarla.
“Ti ama.” Risponde e la sua sicurezza mi colpisce.
“Lo amo anche io.”
“Lo so. Ma ricorda che tu sei più forte.”
“Non gli farei mai del male.” Sono sincero.
“Altri potrebbero.”
“Lo difenderò da chiunque.”
“Potresti non riuscirci.” Il suo modo di parlare mi irrita e scatto.
“Dannazione Ayako! Se hai qualcosa da dire, parla!”
“Scusa. Pensavo solo a quello che ha fatto Samada.”
Mi incupisco e torno seduto.
“Hai ragione. Scusa.”
“Non fa nulla. Abbiate cura di voi. Solo questo. Finora avevo sempre pensato che, finito il liceo, le nostre strade si sarebbero divise. Quelle di tutti noi. In realtà era una forma di difesa. Pensavo che così avrei potuto non dare così tanta importanza a questi giorni che sono quelli più belli della mia vita finora. Avevo sempre pensato che questa vita, questo mio ridere con Ryota, questo mio correre dietro a voi, questo mio vivere spensierata, fosse tanto bello perché legato al periodo dell’adolescenza. Finito il liceo sarebbe cominciata la vita vera e avrei dovuto lasciarmi tutto alle spalle per farla funzionare. La mia vita vera. Che stupida. Io sto già vivendo. Quelle che sono intorno a me sono le persone che amo davvero e che non voglio perdere. Avevo pensato che avrei dovuto concentrarmi sullo Shohoku. Che ci sarebbero stati altri giorni per l’amore, altro tempo da passare assieme all’uomo della mia vita. Ora so che ogni giorno che non ho passato con Ryota è andato perso. Non posso perderne ancora. Per questo voglio dirlo a tutti. Voglio camminare in mezzo alla gente, andare nel mondo là fuori senza nascondere i miei sentimenti. E’ sbagliato?” mi chiede con gli occhi pieni di speranza e lacrime.
Vorrei dirle che ha ragione su tutto ma mi si è formato un groppo in gola. Mi passo un braccio sugli occhi e le mie lacrime si infrangono sul pavimento insieme alle sue. Rimaniamo in silenzio a soffocare i singhiozzi per almeno un quarto d’ora. La luna fa capolino da dietro ad alcune nuvole e illumina il sorriso di Ayako.
“Me lo prometti?”
“Ti prometto che non mi arrenderò mai con Ru. Ti prometto che i giorni migliori della nostra vita non sono ancora passati tutti. Non finché ci saremo gli uni per gli altri.”
“Grazie Hanamichi.”
“Grazie a te, Ayako.”
Mi alzo e la tiro su. Rientriamo e torno subito in camera. Quando sono di nuovo disteso nel mio letto, mentre Nobunaga russa, sento che il mio cuore batte regolare. Gli occhi, lentamente, si chiudono mentre la luce lunare mi ricorda la pelle di Kaede.
“I giorni migliori della nostra vita stanno per arrivare.” Dico piano scivolando nel sonno.

Traduzione dall'inglese :
* Ciao ragazzi. Piacere di conoscervi! Domani disputeremo una partita memorabile!
** Mi capite?
*** La partita sarà memorabile solo se vinceremo.
**** Se lo fai arrabbiare, te ne pentirai. Vedrai!

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Capitolo 13
*** Il giorno della partita ***


Note dell'autrice : Eccoci al famigerato giorno della partita tra all stars americane e selezione nipponica. Vi lascio alla lettura del capitolo sperano che questa volta non vi abbia fatto attendere troppo.
Il primo step è di Ru, il secondo di Hana e il terzo di Aya. L'ultimo è venuto fuori non previsto ed è sempre di Hana. Diciamo che la descrizione della partita è stata faticosa e volevo chiudere con qualcosa di più leggero e allo stesso tempo anticipare il prossimo capitolo.
Buona lettura, e come al solito, kisses...



Il giorno della partita



La sveglia suona alle sei.
Stiracchio le braccia e mi metto seduto nel letto. Sendoh si lamenta per il rumore poi si volta a guardarmi.
“Sveglia a quest’ora?”
“Tu puoi dormire se vuoi.” Rispondo sbadigliando.
Lui scosta le coperte e si alza passandosi una mano sugli occhi.
“Il mattino ha l’oro in bocca… alziamoci va. Corsetta?”
Annuisco. Era quello che avevo deciso di fare. Sendoh mi conosce a menadito. In un batter d’occhio usciamo con la tuta e il cappuccio tirato sulla testa. Fuori non è ancora giorno fatto. La prima luce del sole nascente fa rilucere l’umidità nell’aria.
Il passo che teniamo in corsa è identico. Con lui posso mantenerlo costante. Con Hana finiremmo per cominciare a fare a chi arriva prima o rimane indietro e addio allenamento.
Sto di nuovo pensando a lui. Lascio che le mie mani accompagnino i movimenti dei saltelli e che i pensieri ondeggino insieme al collo della mia felpa che mi solletica il mento. Il respiro di Sendoh è regolare. Per un attimo i miei occhi saettano verso di lui. Ovviamente mi fissa.
“Cos’hai da guardare?”
Lui sorride e risponde.
“Te.”
“Non basta?”
“Mai.”
“Conservi il fiato o ti ho infettato il virus del monosillabo?”
“Mi sto adeguando.”
“A me?”
“Già.”
“Non dovresti.”
“Ah sì? Tu ti sei rinchiuso a guscio da quando è successo quello che è successo e non ne hai proferito più parola.”
“Non c’è più niente da dire.”
“Non sarei d’accordo ma ti ho promesso che avremmo fatto a modo tuo. Per cui monosillabi a go go.”
Mi fermo di scatto.
“Quello che ha fatto Samada è passato. Vorrei non doverne più parlare.”
Lui mi fronteggia occhi negli occhi.
“Sono deluso. Credevo fossi uno che non si tira mai indietro.”
Stringo i pugni. Anche se non cambierò idea, mi da fastidio che parli in questo modo di me.
“Tu non sai di cosa stai parlando. Lascia perdere Sendoh.”
“Forse io non so di cosa sto parlando ma tu non stai facendo la cosa giusta. Credi che evitare Hanamichi sia la cosa giusta?”
“Non capisco a cosa ti riferisci. Abbiamo giocato nella stessa squadra ieri.” Dico voltando la testa di lato e questo gesto urla la mia menzogna. Lui sorride amaramente.
“Sai Rukawa, accettare la sconfitta non è facile. Io non perdo quasi mai. Tutte le volte, a sconfiggermi, sei stato tu. Tranne che per vincere il tuo cuore. Questa volta ho perso contro Sakuragi. Avrei voluto mostrargli che non esiste una persona più adatta di me a stare con te, a completarti, eppure la verità si è manifestata lampante. Siete diversi come il sole e la luna eppure vi attraete come due calamite di polo opposto proprio come io e te finiamo per respingerci. Vicino a lui sei la persona che dovresti essere. E’ come se ti vedessi fra dieci anni. Compiuto. Tutto ciò però non si compirà perché tu sei troppo orgoglioso. Come lo sono io. Ho ferito Koshino così a lungo che ora che sta in un letto d’infermeria non ho il coraggio neppure di stare nella stessa stanza con lui. Non ne sono degno e sai perché? Perché io ho sempre conosciuto la verità. Conoscevo i suoi sentimenti. Ho fatto finta che non ci fossero perché mi faceva comodo così. Ora mi vergogno. Vuoi fare i miei stessi errori? Vuoi mentire alle persone che ti amano fino a che ti farà comodo per poi scoprire che quelle stesse bugie ti hanno condannato? Bada che sotto un castello di carte si può finire per rimanere comunque soffocati.”
Sendoh parla lentamente. Senza rabbia e io so che ogni singola parola è vera. E vale soprattutto per me. So che dovrei spiegare ad Hana che quello che mi ha fatto Samada è il motivo per cui non riesco a lasciarmi andare con lui. Che il mio cuore lo desidera ma il mio corpo fa resistenza. Ma queste parole non usciranno mai dalle mie labbra. Troppo complicato.
“Sto già soffocando.” Dico solo “E lui se n’è già accorto.”
Sendoh mi mette una mano sulla spalla.
“Una parola per volta. A monosillabi. Lui capirà.” Conclude riprendendo a correre.
Lo raggiungo e lo affianco. Vorrei ringraziarlo ma le parole non escono. Gli faccio un cenno col capo. Lui sorride. Il mio rapporto con Sendoh sarà sempre così. Un silenzio e un sorriso. Anche fra dieci anni.

Maledetta volpaccia che ha sintonizzato la mia sveglia alle sei!
La lancio contro la parete. Kyota non se ne accorge neppure. Mi alzo e mi fiondo sotto la doccia. Le parole di Ayako mi tornano nella mente e sorrido passandomi il bagnoschiuma sotto le ascelle.
Oggi è il giorno della partita e sarà uno di quei giorni di cui ho parlato ad Ayako. Uno dei migliori. Certo che Ayako è proprio una tipa eccezionale. Ripenso a quando mi ero preso la cotta per Haruko e sghignazzo.  Chi la pensa più Haruko? Le mie mani scivolano lungo l’addome e tra le gambe. Incredibile. Un solo pensiero su Ru e sono già eccitato. Che palle. Se questo ritiro non finisce, non avremo mai il tempo di stare soli. In fondo gliel’ho promesso. Un pensiero mi colpisce proprio mentre lascio che la mia mano destra si prende cura di un’erezione inopportuna e piacevolissima. Sbaglio o la volpetta ha promesso che se fossi entrato nei titolari lui si sarebbe concesso a me? Anche se, in questo momento, potrei dare la colpa al vapore della doccia, so che è quest’idea che mi ha fatto avvampare. Aumento il ritmo della mano mentre soffoco i gemiti che si fanno sempre più frequenti. Sollevo la testa e la porto all’indietro proprio mentre sento giungere il culmine e permetto alle mie gambe di tremare un po’. Solo allora mi guardo la mano unta del mio stesso seme e l’idea che la prossima volta potrebbe essere quello di Kaede mi manda su di giri.
“Devo uscire da questa doccia e concentrarmi sulla partita.” Dico a voce alta per riappropriarmi di un minimo senso della realtà.
Esco dalla doccia e mi asciugo i capelli corti. Apro la sacca ed è lì. La divisa bianca con i bordi rossi. La numero dieci. Ovviamente. La infilo e metto la tuta. Torno nella stanza ancora immersa nella penombra e mi siedo sul letto. Vorrei uscire, fare qualcosa, qualunque cosa ma, incredibilmente, non riesco a muovermi.
So esattamente di cosa di tratta anche se non lo ammetterei mai con nessuno. Trattasi di attacco di panico.
Fingo indifferenza per la cosa. Anche quando la Nobuscimmia si alza, mi sfotte, si veste, mi sfotte, esce e prima mi sfotte. Rimango solo. I miei occhi scattano sull’orologio. Sono le nove e trenta e sta per iniziare il riscaldamento. Merda. Le mie gambe non ne vogliono sapere di muoversi. Coraggio! E’ solo una partita! Maledizione.  Solo il rumore della porta che si apre mi distoglie dalla serie di improperi che sto lanciando mentalmente al mio corpo.
Alzo la testa e fisso la porta. Rukawa se ne sta in piedi vicino allo stipite dell’ingresso nella sua divisa bianca perfettamente aderente alla sua figura. Mi guarda con un cipiglio severo.
“Che stai facendo lì seduto idiota?”
“Avviati, arrivo.” Dico dissimulando sicurezza.
“Idiota.”
“Maledetto, vuoi lasciarmi in pace almeno stamattina?”
“Nh.”
“Allora?”
“Sei in ritardo.”
“Se rimani qui, sarai in ritardo anche tu.”
“Nh.”
“Te ne vai o no?”
“Alzati.” Mi dice autoritario.
“Ho capito.”
“Muovi il culo.”
“Ho capito!” urlo.
“Ti alzi?!” fa alzando la voce e io sbotto.
“Non ci riesco, va bene?”
Lui si avvicina lentamente e mi allunga una mano. Una delle sue belle e candide mani. Le dita affusolate si protendono verso di me con una gentilezza che solo io riesco a vedere. Il mio corpo reagisce da solo. Il mio braccio destro si solleva e la mia mano forte e tozza, se confrontata con la sua, prima tocca quelle dita sottili poi, come invasa da un’energia nuova, le stringe.
Un brivido dalla mano mi sale fino alla spalla e da li al torace. Il mio cuore reagisce aumentando il battito, il sangue pompa più veloce nelle vene. Percepisco distintamente il suo fluire fino alle gambe.
Kaede fa un po’ di forza sulla sua mano e mi tira verso di se. Io mi alzo come se fosse di nuovo un movimento naturale. Lui mi lascia la mano, si volta e raggiunge la porta.
“Andiamo ora, stupido.” Conclude senza muoversi. Vuole la certezza che adesso non siano i miei piedi ad essere incollati al pavimento. Io mi guardo il palmo della mano. Lo sento avvolto da un calore che non proviene dal mio corpo. Possibile che sia questo il calore che tutti attribuiscono all’amore? Sollevo lo sguardo sulla schiena del mio compagno di squadra.
“Andiamo.” Dico raggiungendolo.
Nel corridoio i nostri passi mantengono lo stesso ritmo. Lui abbassa la lampo della giacca e io lo imito. Sulle nostre schiene i numeri dieci e undici vengono inondati dalla luce della palestra nello stesso medesimo istante.
L’allenamento sta per cominciare e quell’idiota non c’è. Prenderà mai qualcosa seriamente? L’orologio dello spogliatoio segna le nove e trenta ma di lui nessuna traccia. Sento Nobunaga dire qualcosa sul fatto che è ancora in camera. Possibile che non capisca che deve prendere il basket sul serio una volta per tutte? Idiota. La nobuscimmia continua a prenderlo in giro sul fatto che se ne stava seduto, vestito di tutto, sul letto. Immobile. Rifletto. Impossibile che abbia fatto tardi, gli avevo puntato la sveglia alle sei di nascosto. Poi era vestito di tutto punto, no? E allora? Mi defilo dallo spogliatoio e prendo la via del suo alloggio. Camminando capisco che so benissimo cos’ha Hanamichi. Ha paura.
Raggiungo la sua stanza e apro la porta. I suoi occhi nocciola si fissano nei miei per un istante. Ha paura. E’ terrorizzato.
“Che stai facendo lì seduto idiota?” chiedo in tono duro.
“Avviati, arrivo.” Risponde dissimulando sicurezza.
“Idiota.” Lo insulto come faccio di solito per provocare una sua reazione.
“Maledetto, vuoi lasciarmi in pace almeno stamattina?”
“Nh.”
“Allora?”
“Sei in ritardo.” Insisto, deve capire.
“Se rimani qui, sarai in ritardo anche tu.”
“Nh.”
“Te ne vai o no?”
“Alzati.” Gli impongo con tono autoritario.
“Ho capito.”
“Muovi il culo.”
“Ho capito!” urla.
“Ti alzi?!” Urlo più di lui e stavolta tira fuori la verità.
“Non ci riesco, va bene?”
Mi avvicino lentamente. Non voglio che percepisca biasimo o aggressività. Allungo solo una mano verso di lui. Ripenso alle parole di Sendoh. Accanto a lui sono la persona che dovrei essere. Vorrei avere la capacità di dirgli che non deve avere paura perché io gli sono accanto. Che con me non deve avere paura di nulla perché io so quanta forza ci sia in quelle sue gambe, in quelle sue braccia, in quelle sue mani grandi. Anche se soltanto io, per ora, la vedo questa forza non significa che non ci sia. Io posso fargliela trovare. Dalla mia bocca però non esce un fiato. Rimango immobile con la mano tesa verso di lui e lo sguardo puntato nei suoi occhi. Alla fine di un istante che sembra durare una vita, il suo braccio destro si solleva e la sua mano forte e scura, se confrontata con la mia, prima tocca un paio delle mie dita poi, in un gesto lento, le stringe.
Percepisco un brivido che, dalla mano, mi sale fino alla spalla e da li al torace. Il mio cuore, lo spazio in cui ho giurato di ospitare Hana, si dilata e si contrae producendo un dolore meraviglioso.
Faccio un po’ di forza sulla sua mano e lo tiro verso di me. Lui si alza e io, sempre dolorosamente, gli lascio la mano. Raggiungo la porta.
“Andiamo ora, stupido.” Dico rimanendo di spalle. Non voglio mostrargli i miei occhi liquidi e, allo stesso tempo, ho bisogno di sapere che mi seguirà. Ogni fibra del mio corpo è avvolto in un intenso calore che ha donato un tenue rossore alle mie guance. Possibile che sia questo il calore che tutti attribuiscono all’amore? La sua voce mi scuote.
“Andiamo.” Dice raggiungendomi.
Nel corridoio i nostri passi mantengono lo stesso ritmo. Non è la sensazione che ho provato stamattina con Sendoh. E’ come se fossimo una persona sola che cammina. Le mie e le sue gambe si muovono spinte dalla stessa, irrefrenabile voglia di giocare e dimostrare, a noi stessi prima e a tutti gli altri dopo, che insieme siamo invincibili. In preda all’adrenalina abbasso la lampo della giacca e me la sfilo per mostrare la maglia di cui vado tanto orgoglioso. Lui si muove allo stesso modo. Le parole non servono e lui capisce. Sulle nostre schiene i numeri dieci e undici sono il simbolo del nostro legame.
L’undici è un numero primo, non divisibile, non inquadrabile, è un numero esoterico associato al mistero, al potere e all’intuizione. Ma è anche il numero più vicino al dieci. Più affine al dieci. Così come il numero undici, anche io vengo, nel mio cuore, dopo di lui.

Il fischio d’inizio mi fa sussultare. Per la prima volta da quando conosco i ragazzi, non sono seduta in panchina di fianco all’allenatore. Do un’occhiata a Miyagi seduto a bordo campo. E’ concentrato su ciò che accade dentro il rettangolo. So che desidera giocare ma so anche quali sono le scelte che ha fatto il mister Koshino per cercare di contrastare i fenomeni americani.
Mi sembra anche di notare che Hana e Ru hanno qualcosa contro il numero sette blu, un ragazzo dai folti capelli biondi.
Incredibilmente Akagi vince la prima palla che finisce a Fujima. La velocità con cui il giocatore la fa girare manda in estasi anche Ryota. Fujima scarica su Sendoh. Ora si ride. Se gli americani pensano che nel Sol Levante non esistano fenomeni, si sbagliano! Sendoh letteralmente sparisce da sotto il naso del numero 14 statunitense e passa a Rukawa.
Kaede si ritrova marcato da un colosso di colore ma non sembra intimorito. Tirerà dalla linea dei tre punti?
Lo vedo fintare e fare un passo indietro per uscire dalla linea dei tre punti. Lascia partire una traiettoria che genera un ghigno malefico da parte del biondo numero sette.  Forse solo io e Sendoh riconosciamo la traiettoria. Neanche a dirlo, Hana scatta pronto a ricevere la palla dell’alley-oop. Ma ecco che proprio il numero sette salta per ostacolarlo. La sua elevazione è almeno pari a quella del nostro rosso. Non può schiacciare così. Tutto lo stadio esulta e la palla rimbalza sul pavimento. Hanamichi ha tirato in accompagnamento mentre ricadeva nel salto. Da quando ha quel controllo di palla? Stupendo.
Tutta la panchina esulta mentre Sendoh e Rukawa affiancano Hana e gli danno una pacca sulla schiena uno a destra e l’altro a sinistra. Hana come al solito protesta per il trattamento ricevuto anche se in realtà sorride con gli occhi.
Contro le aspettative di tutti il primo quarto finisce con i nostri in vantaggio di due punti. Ok, non lo si può definire neanche un vantaggio, tuttavia chi avrebbe potuto immaginare che avremmo potuto stare alla pari con gli americani?
Il secondo quarto inizia con l’ennesima azione spettacolare dei blu. Soprattutto il biondo numero sette cerca di stuzzicare Rukawa e Hanamichi che ha collezionato già due falli.
L’allenatore li fa uscire e chiama in campo Fukuda e Nobunaga. Il risultato del turn over è che gli americani vanno in vantaggio di ben quindici punti. Si corre ai ripari con l’ingresso di Maki al posto di Fujima e di Uozumi al posto di Akagi che così tira un po’ il fiato. A questo punto anche gli americani cambiano qualcosa e il divario si accorcia un po’. Mister Koshino decide allora di fare giocare Maki, Sendoh, Rukawa, Akagi e Jin e la nostra squadra riacciuffa i blu. Le azioni sono spettacolari e tutto il palazzetto fa il tifo per noi.
All’ inizio del secondo tempo vedo Mitsui che entra al posto di Jin. Finalmente tocca anche a lui. Insacca tre triple consecutive costringendo il mister dei blu a rimettere dentro i titolari.
Mancano dieci minuti alla fine della partita e la formazione dei bianchi è capitanata di nuovo da Fujima. Il mister ha di nuovo cambiato mettendo dentro Uozumi al posto di Akagi. Le continue sostituzioni mandano in confusione gli americani che fanno fatica a tenere il ritmo partita.
Accade più o meno a cinque minuti dalla fine. Il numero sette blu cerca di ostacolare Rukawa che, con Jin in campo, ha ripreso il suo ruolo di alla piccola. Kaede lo supera in velocità, si gira fintando e si allarga sulla parte laterale del campo, salta e lancia una palla a gancio. Un gesto atletico spettacolare. Il tizio dai capelli biondi lo spintona in aria facendolo cadere malamente. Vedo Hanamichi saltare in piedi mentre Sendoh gli corre vicino. Da lontano non sembra una brutta caduta. Solo io e Sendoh però sappiamo quanto il fisico di Kaede sia indolenzito per gli abusi di Samada.
Mister Koshino chiama un time out.
Tutti si riuniscono vicino alla panchina e parlottano in cerchio. Che darei per sentire cosa dicono. Quando tornano in campo il mio cuore sussulta. Ryota è con loro.
La nostra squadra è sotto di sei punti. In campo con Miyagi ci sono Sendoh, Akagi, Rukawa e Sakuragi. La palla è dei blu. Non ci rimane per molto. Il numero quattro americano neanche si rende conto di chi gliel’ha rubata. Ryota ha avuto tutto il tempo di studiare gli avversari e ha capito come si passano la palla perché la sua azione non è un caso isolato. La sua statura, in questa partita, si sta rivelando un’arma micidiale.
Rukawa infila due triple e Sendoh scarta i blu come noccioline. Hanamichi a rimbalzo è imbattibile. Mancano quarantadue secondi e siamo sotto di quattro. Vedo Ru parlottare con Hana.
Incredibilmente il numero sette americano che ormai odio a livelli mostruosi, sbaglia la tripla che ci darebbe il colpo di grazia. Hana prende il rimbalzo e passa a Ryota. Il mio amore scarica su Sendoh che porta la squadra in attacco e passa a Ru. Kaede stavolta prova a sfondare e a tirare in sospensione segnando. Meno due. Stai a vedere che ce la possiamo fare? “Difesa!” urlano tutti, dai giocatori in campo alla panchina fino agli spalti. “Difesa!” grido anche io disperata.
Akagi toglie dal canestro la palla di un gigante blu e il rimbalzo finisce ad Hana. Mancano meno di quindici secondi. Miyagi non la tiene neppure per uno. Sendoh attraversa il campo e passa ad Hanamichi che è libero in area. Quello stupido invece di tirare la passa a Rukawa che invece ha sempre il solito numero sette addosso. Ru non ci pensa su, freddo come il ghiaccio tira anche se è sbilanciato. La palla colpisce il ferro ma lui sorride perché Hana è li  pronto a schiacciare. Slam dunk! Siamo pari. Mancano cinque secondi. Gli americani provano l’azione della vittoria ma si schiantano contro una stoppata mitica di Hana. La sirena suona e decreta la parità che per i nostri è più di una vittoria. Il ghigno dalla faccia del numero sette blu sparisce. Ora guarda allibito i suoi compagni. I nostri si abbracciano. Il mister è stato grande e ha davvero dato spazio a tutti. Ryota mi guarda dagli spalti e mi indica con il pugno chiuso in segno di vittoria. Aveva ragione Hana. I nostri giorni più felici devono ancora arrivare. Oggi è uno di questi. Lo cerco tra le maglie bianche e lo vedo che ha passato un braccio intorno al collo di Rukawa che cerca di toglierselo di dosso. Sendoh li guarda e penso che starà passando un inferno. Poi lo vedo raggiungere la panchina dove è apparso Hiroaki. Lo vedo inginocchiarsi di fronte a lui, posargli la testa sulle ginocchia e poi asciugarsi la faccia con un asciugamano che il ragazzo gli porge. Sendoh sorride e gli scompiglia i capelli. Ci vuole forza per amare, ci vuole forza per continuare ad amare anche in mezzo alle difficoltà. Quanta forza ci vuole per farsi da parte e rinunciare ad un amore? Scendo le gradinate e li raggiungo. Akagi mi viene incontro ma io gli tocco appena un braccio. Raggiungo Ryota. Lui mi fissa con l’espressione più interdetta e tenera che gli abbia mai visto. Rimane con una mano tesa a mezz’aria verso di me incapace di capire se deve abbracciarmi o sorridere e basta. Io faccio un altro passo verso di lui e stringo le mani dietro la schiena.
“Sei stato bravo Ryota!”
“Grazie.”
“Dico davvero, fantastico.”
“Grazie.”
“Meglio del solito.” Faccio avvicinandomi ancora. Ci separano pochi centimetri. Io abbasso gli occhi indecisa su cosa fare esattamente. All’improvviso vedo Hanamichi comparire alle spalle di Miyagi e spingerlo verso di me proprio mentre mi sento spingere in avanti. Finiamo una nelle braccia dell’altro.
“Era ora!” dice Hanamichi.
“Trattala come si deve.” Gli fa eco Rukawa alle mie spalle.
Io sento le lacrime agli occhi e stringo forte la maglia di Ryota. Qualcuno parla di una festa per trascorrere tutti insieme la serata. Io sento solo il cuore di Ryota che batte forte.

Anche se la mia prima azione è stata spettacolare, il mister mi ha fatto uscire troppo presto. Avevo appena cominciato ad affinare la mia intesa con Kaede e lui che fa? Mi rimette in panchina!
La partita era cominciata così bene! All’inizio anche Ru era uscito ma ora lui sta combattendo la nostra battaglia e io devo starmene qui. Rotazione del cazzo. Quando tocca a me? In più devo sopportare il mormorio di quel maledetto numero sette biondo che, in panchina anche lui, continua a dirmi cose che non capisco e a fare risolini beoti!
Maledetto! Non so se mi fa andare più in bestia lui o il porcospino che continua a fare giocate spettacolari con il mio Ru! Lui lo sa che è il mio Ru e continua lo stesso a provarci. Maledetto! E maledetta pure la volpe malefica che sa benissimo quanto sia geloso e se ne sbatte altamente! Gliela farò pagare!
Ma guardatelo! Ora fa anche i suoi giochi di prestigio, quelli in cui sembra che ordini alla palla di centrare il canestro e la palla, obbediente esegue. Rukawa 2.0 si evolve più velocemente di quanto si possa immaginare. Ma che fa quell’imbecille? Spinge Ru? Il mio cuore perde un battito. Se fossi stato in campo gli avrei evitato questa brutta caduta. Invece devo starmene qui a vedere il porcospino che lo soccorre al mio posto!
Almeno il mister ha chiamato time out.
“Stai bene Rukawa?”
“Sì” risponde lui telegrafico. Mi avvicino e lui mi guarda negli occhi. Il mister ci dice solo poche parole.
“Ragazzi, manca poco. Ora rientrano Rukawa, Akagi, Sendoh, Sakuragi e Miyagi. Sai cosa fare Ryota.”
Finalmente sono di nuovo in campo! Il numero sette mi guarda e dice di nuovo qualcosa indicando Rukawa. Ora basta, io questo lo ammazzo! 
La nostra squadra è sotto di sei punti. La palla è dei blu. Non ci rimane per molto. Il numero quattro scopre subito di cosa è capace il pigmeo! Rukawa infila due triple e il porcospino esibisce tutte le sue odiatissime doti. Io però resto il re dei rimbalzi. Mancano quarantadue secondi e siamo sotto di quattro. Io sono già un bagno di sudore. Ru mi si avvicina con fare circospetto. Ma davvero crede che se mi parla fingendo di asciugarsi il sudore con la maglia, gli altri non se ne accorgano? A volte penso che gli ho dato troppe testate!
“Non limitarti a prendere i  rimbalzi solo sotto il nostro canestro, intesi?”
Vorrei dirgli che ho capito ma non è così. Se indossasse un impermeabile ora sembrerebbe una di quelle spie sovietiche che si vedono nei film. Un atteggiamento simile mi impone di assecondarlo. Faccio una faccia truce e annuisco con il capo.
A pochi secondi dalla fine il numero sette americano, ribattezzato “testa gialla”, sbaglia la tripla che ci darebbe il colpo di grazia. E’ il momento che aspettavo. Salto e prendo il rimbalzo. Avanti pigmeo, è tutta tua! Sendoh porta la squadra in attacco e passa a Ru. Kaede stavolta si esibisce in un tiro in sospensione che mi fa morire di invidia e che allo stesso tempo mi eccita. Meno due.
Tutti urlano “Difesa!”.
Akagi toglie dal canestro la palla di un gigante blu e io prendo anche questo rimbalzo. Mancano meno di quindici secondi. Forse ora ho capito che devo fare. Passo la palla a Miyagi e corro in attacco. Sendoh  mi viene dietro e me la ripassa. Deficiente! Io mica sono Rukawa 2.0. E se tiro e sbaglio? No, anche se odio ammetterlo, farò come ha detto Ru. Velocemente gli passo la sfera arancione. Ru non ci pensa su, freddo come suo solito, tira e sorride. Sorride perché sa che la palla colpirà il ferro e io sarò li pronto a schiacciare. Slam dunk! Siamo pari. Mancano cinque secondi. Quei bastardi hanno ancora il tempo per un’azione. Io, però, forse non avrò la tecnica di Kaede ma ho due polmoni grandi quanto palloni aerostatici. Loro provano a restituirmi il favore ma io salto ancora e gli stoppo l’ultima azione. La sirena suona e il tabellone segna la parità.
Tutti gridano e mi abbracciano io però vedo solo Ru che si avvicini a Testa gialla.
“What did I tell you?”*
Il ghigno dalla faccia del numero sette blu sparisce. Rukawa continua.
“You have understimated us. Forgivable. You made piss off him. Unforgivable. Amazing match.”**
Raggiungo Ru e gli passo un braccio intorno al collo tirandolo verso di me.
“Cosa gli hai detto volpaccia?”
“E lasciami.”
“Allora?”
“Che è stata una bella partita.”
“Bugiardo!”
“Idiota. E lasciami!”
“No, se non mi dici cosa gli hai detto!” dico stringendolo mentre si dimena. Sono felice.
“Che sei un idiota e che hai avuto fortuna oggi perché in genere sei un mentecatto!”
“Quante parole! Solo per insultarmi!”
Lui si ferma un attimo e vedo che sta fissando Sendoh. Lo lascio e lui si volta verso di me con quel sopracciglio alzato che indica mille domande.
“Che c’è ora?”
“Niente.”
“Bene perché devi fare una cosa con me.” Dice e il mio sguardo si fa interrogativo.
“Scimmia maiale, non pensare alle solite cose.” Dice indicando un punto alle mie spalle.
Io mi faccio rosso e mi volto. Ammetto di aver pensato al sesso. Vedo invece Ryota e Ayako che parlano in piena crisi da imbarazzo. Sghignazzo. Raggiungo Miyagi e lo spingo verso Ayako proprio mentre Ru spinge lei nella direzione opposta. I piccioncini si abbracciano.
 “Era ora!” dico.
“Trattala come si deve.” Mi fa eco Rukawa dall’altro lato.
Ci allontaniamo mentre gli altri parlano di una festa per trascorrere tutti insieme la serata.
“Festa?” gli chiedo.
“Nh.”
“Non cominciare.”
“Faccio quello che mi pare.” Dice apatico.
“Sì, sì, come ti pare. Sappi però che hai una promessa da mantenere.” Dico mentre lui si inchioda e io lo supero. Mi volto a guardarlo ed è rosso fino alle orecchie.
“I debiti di gioco si onorano a qualunque costo!” ripeto per rincarare la dose.
“Scimmia maiale!” dice lui riprendendo a camminare lungo il corridoio. Raggiunge la porta della sua stanza e si volta un’ultima volta.
“Pago sempre i miei debiti” dice lanciandomi lo sguardo più malizioso che ha in repertorio “I patti però erano chiari! Dopo il ritiro.”
Chiude la porta e non mi sente mentre con voce roca per il desiderio dico solo una parola.
“Aspetterò.”

Note :
* Che vi avevo detto?
** Ci avete sottovalutati. Perdonabile. Lo hai fatto incazzare. Imperdonabile. Bella partita.

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