Madness

di Theta_Koschei
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno~ ***
Capitolo 2: *** Due~ ***



Capitolo 1
*** Uno~ ***


Dovevo ammettere che quella lettera mi aveva stupito. Sapevo che il Capitano era un uomo parecchio all’antica, ma mi sarei aspettato una telefonata piuttosto che una lettera. Dopotutto, chi è che invita qualcuno a prendere un caffè via posta? Dubito che esista qualcuno che possa anche solo pensarci, oltre al mio Capitano. Che poi, Jack Harkness aveva sempre avuto la mia stima, in quanto a Capitano, ma non pensavo che avesse mai notato quelli che, come me, si occupavano semplicemente di curare i feriti.
E dopo tre anni dalla fine della guerra in Iraq, avevo supposto, erroneamente, che non volesse riportare a galla i bei ricordi della guerra. Pensavo che nessuno volesse farlo: mi chiedevo però chi fosse riuscito a dimenticare quell’incubo. Io ancora mi svegliavo nel cuore della notte terrorizzato da un improbabile attacco nemico. Amelia ancora non era riuscita a trovarmi uno psichiatra degno di questo nome, ma più il tempo passava, più mi convincevo di non averne bisogno.
Forse incontrare qualcuno del mio squadrone mi avrebbe aiutato a tranquillizzarmi. Forse.
Amy ne era convinta, ma ormai mi fidavo poco delle convinzioni di Amy. Nonostante l’amassi, e l’amavo con tutto me stesso, non riuscivo a sentirmi partecipe nei suoi buoni propositi. Era difficile farlo, dati gli incubi di cui continuavo a soffrire.
D’altro canto, il mio Capitano era la mia ultima speranza. Non contavo su un ritorno alla normalità, ma su un minimo di pace, si.
Ed era stato così che avevo cercato il suo numero di casa e l’avevo chiamato per confermare l’incontro.
E, due giorni dopo, avevo raggiunto il piccolo caffé indicatomi, e lui era lì in tutta la sua compostezza. Avevo dimenticato quanto potesse essere affascinante quell’uomo. Aveva qualcosa nello sguardo capace di incantare chiunque si trovasse ad intrattenere una conversazione con lui.
Mi avvicinai al tavolo, e non ci fu bisogno di cercare di attirare la sua attenzione: mi aveva visto. E improvvisamente, senza neanche aver detto una sola parola, avevo voglia di girare i tacchi e andarmene, ma non lo feci. Come avrei potuto farlo? Era pur sempre qualcuno che mi aveva accompagnato in quel dannato scontro di cui entrambi portavamo ancora le tracce.
Mi irrigidii e feci il saluto militare, come ero solito fare in Iraq, e lui si alzò e fece lo stesso.
“Generale Williams.”
“Capitano. E’ un onore rivederla dopo questi anni.” Lasciai cadere il braccio e aspettai il suo invito per sedermi al tavolo.
Mi rispose con un cenno della testa, e un sorriso luminoso che raramente gli avevo visto rivolgere a qualcuno, tanto meno a me.
Quasi non mi accorsi della cameriera con i caffè evidentemente già ordinati da Jack, tanta era la mia agitazione. Non capivo per quale motivo mi sentivo così nervoso, non ne avevo motivo, ma non scoprii che il mio nervosismo era destinato a scemare entro breve.
Da Capitano, passai a chiamarlo semplicemente Jack, e lui cominciò a chiamarmi Rory. Non eravamo più un generale e un capitano, ma due persone normali che si ritrovavano a bere un comune caffè insieme. Scoprii che Jack aveva la capacità di distogliere la mia concentrazione da quel pensiero di solito fisso che era la guerra, e mi ritrovai a sperare di poterlo rivedere di nuovo, sebbene ci fossimo appena incontrati. Aveva senso dell’umorismo, e un talento innato per il flirt, tanto che la povera cameriera, poco più che ventenne, aveva cominciato a trascurare i tavoli per servire noi e chiederci se, eventualmente, avevamo bisogno di qualcosa.
In Iraq non avevamo avuto modo di scoprire certi dettagli dei nostri commilitoni, le priorità erano chiaramente altre.

In men che non si dica, le nove di mattina erano diventate le undici, e noi eravamo ancora allo stesso tavolo, senza esserci accorti del tempo che passava.
“Bene, Rory. Sembra che il tempo sia volato, è il caso di lasciare il tavolo a qualcun altro” E mi sorrise ancora. Aveva la capacità di guardarti come se volesse mangiarti sul posto e di apparire comunque straordinariamente impenetrabile e la cosa mi spinse a desiderare ancora di più di incontrarlo ancora. Avevo tutta l’intenzione di andare oltre quella corazza di metallo che di cui si era circondato e sapevo che non sarebbero bastati due incontri per farlo. Poco male, ero sicuro che ce l’avrei fatto. Mi sarei fatto aiutare da Amy, che in questo era molto più brava di me.
“E’ stato un piacere vederti dopo tutto questo tempo. Pensi che sarebbe il caso di rifarlo?” Tra le sue sopracciglia si vennero a creare due piccoli solchi a dimostrazione della sua esitazione. Immaginai che non sapeva se aveva osato troppo o no, ma mi affrettai ad annuire. Ne ero più che contento, e lo sarebbe stata anche Amy. Ci avremmo guadagnato in tre, e non avevo nemmeno dovuto fare granché: aveva fatto tutto lui, facendomi prendere due piccioni con una fava.

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Capitolo 2
*** Due~ ***


Era passata una settimana e non avevo più avuto sue notizie, il che mi lasciava pensare che forse il nostro incontro era stato piacevole solo per me. Non mi avrebbe sorpreso per niente sapere che era così, ma cercavo di non pensarci.
Anche perché, in teoria, avevo cose più urgenti a cui badare, anche se non lo volevo ammettere. Ormai avevo ventisei anni, e una relazione che durava da due anni e mezzo da gestire, e sapevo bene che Amy si aspettava da qualche mese una proposta, anche se non aveva mai accennato a volerne parlare.  Dopo più di un anno di convivenza, avevo imparato a capire quello che le passava per la testa, per quanto sia possibile capire i pensieri di una donna.
Solo che ancora non mi sentivo pronto a fare questo passo: mi sembrava troppo più lungo della gamba, e non osavo rischiare di buttarmi in questa cosa senza essere sicuro al massimo di poter essere un bravo marito e, chissà, magari un bravo padre.
Padre..
Solo l’idea di essere padre mi faceva rabbrividire.
Non che non volessi figli, ma non volevo che crescessero in un mondo di guerre e violenza, e non mi sentivo in grado di crescere qualcuno.
Soprattutto, sarebbe stato molto egoista da parte mia pretendere di averne uno, sapendo di poter essere richiamato alle armi in qualsiasi momento, non essendo stato realmente congedato dall’esercito. Mi avevano mandato a casa solo perché la guerra era finita, ma ne avevamo altre a cui prepararci, e sia io che Amy lo sapevamo.
Forse era proprio per quello che nemmeno lei parlava di matrimonio. Era chiaro che, se fossi stato rimandato in guerra, quello che ci eravamo entrambi sforzati di creare, sarebbe crollato miseramente.

Non potevo fare a meno di pensarci, mentre la guardavo riposare davanti a me, col viso lentigginoso rilassato e un’espressione talmente tranquilla e ignara.. Dovevo capire che era ingiusto, da parte mia, pensare di lasciarla solo per paura di doverla lasciare nel caso di un telegramma.
Le accarezzai una guancia e le passai le dita fra i capelli rossi e lisci. Se davvero avremmo avuto un figlio, o una figlia, speravo che ereditasse la sua bellezza. Era straordinariamente bella. E io ero straordinariamente fortunato ad avere lei come fidanzata.
Ma, mentre mi stavo augurando di poter restare davvero con lei per il resto dei miei giorni, per la casa risuonò il suono allegro e fastidioso del campanello all’ingresso. Mi alzai in un attimo, dimentico di essere in mutande e maglietta a maniche corte, e mi fiondai alla porta, dando tempo a chi stava fuori dall’appartamento solo di suonare una seconda volta.
Amy sarà stata sveglia ormai.
Mi dispiacque per lei che anche la sera precedente aveva fatto la notte al lavoro, e che comunque doveva alzarsi più o meno presto, nonostante fosse domenica mattina.
Alla porta c’era niente meno che Jack, pronto ad offrirmi un sacchetto con macchie di olio dovute all’evidente colazione fritta al suo interno e una tazza di caffè.
“Ma.. Jack!” non me l’aspettavo, ovviamente. “Entra pure.. si..” Cercai di sorridere, sebbene mi sentissi abbastanza irritato e confuso dalla sua comparsa improvvisata a casa mia e di Amy. E fu solo quando vidi Jack abbassare lo sguardo e sorridere imbarazzato che ricordai di non avere i pantaloni.
“Ti becco in un momento sbagliato, immagino..”
Mi feci da parte e filai verso il salotto alla ricerca dei jeans appallottolati da qualche parte sul pavimento, mentre lui entrava in casa guardandosi attorno, Mentre saltellavo per la stanza nel tentativo di infilarmi quei dannati pantaloni in fretta, lui mi raggiunse con un sorrisetto sornione.
“Potevi anche dirmelo che avevi già altri ospiti in casa, ben più graditi di me!” E si mise a ridere, intanto che io cercavo di capire il senso delle sue parole.
“L’ospite sarebbe la sua fidanzata. Piuttosto, lei chi è?” Amy comparve sulla soglia della porta, vestita a malapena con una vestaglia leggera, e la faccia ancora gonfia per via del sonno.
La sua frase suscitò l’evidente interesse di Jack e la sua perplessità, e la consapevolezza da parte mia di non aver detto nulla di Amelia al Capitano durante la nostra colazione insieme.
“Capitano Jack Harkness, guidavo lo squadrone di Rory durante la guerra. Suppongo lui non ti abbia parlato di me.”
“Oh, no. Mi ha parlato anche troppo di lei, signore. Non parla quasi di altro da quando ha ricevuto la sua lettera.”
Questo mi fece venir voglia di scivolare via dalla stanza, e cercai rapidamente un pretesto per farlo. Speravo che Amy non diventasse troppo diffidente nei confronti di Jack, e che Jack non si comportasse con lei come si era comportato con me una settimana fa. Pregavo che potessero andare d’accordo.
Se così non fosse stato, mi sarebbe dispiaciuto. Erano entrambi, paradossalmente, molto importanti per me.
“Volete un caffè? Un thé? Qualcosa?” Ottimo modo di spezzare la tensione, Rory! Jack era venuto apposta per portarti una colazione che sicuramente non avresti mangiato per fare contenta Amy e non farla sentire a disagio, ma l’avresti buttata solo dopo aver salutato Jack.
Dal canto suo, il Capitano parve capire di essere di troppo e cercò di risolvere la situazione come chiunque con un minimo di decenza avrebbe fatto.
“Bene.. credo di dover andare. Ero giusto passato per lasciarti questi, Rory.”  Posò la tazza e il sacchettino di carta su un mobiletto all’ingresso e fece per andarsene.
“Magari ti vengo a trovare al lavoro, che ne dici?” non attese risposta, forse sapendo che l’unica sarebbe stata un cuscino addosso e un’occhiata assassina da parte di Amy.
Forse non era disposto a congedarsi senza destare il fastidio di Amy..
Non mi restò che accettare che sarebbe stato difficile stare in compagnia di entrambi, se quel primo incontro brevissimo era stato così disastroso.
Non ebbi nemmeno il tempo di salutarlo che si era già dileguato.
“Carino il tuo Capitano” fu il commento sarcastico di Amy sull’unica persona che sapeva come mi sentivo nel ricordare la guerra. Non mi piacque per niente, e mi ritrovai a volermene stare solo per un po’.
Afferrai il sacchettino e la tazza e salii in camera nostra per far colazione in fretta ed uscire.
Avevo intenzione di uscire a farmi un giro, ma solo dopo aver aperto la confezione con le frittelle ancora calde, capii dove andare: all’interno del sacchetto, oltre alla colazione, c’era un biglietto.
Hamilton Avenue, ore 12.

 

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