You only need LOVE.

di AleStellaIncantevole
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Introduzione. ***


Due vecchietti, camminando per le stradine di Londra mano nella mano, iniziano a parlarsi.
Il vecchietto dice alla sua amata:<<Ti ricordi il primo giorno che ci siamo incontrati? Eravamo così timidi uno dell' altra.>>
E la vecchietta:<<È vero, non mi aspettavo l'amore della mia vita dentro casa.>>
Si scambiarono un sorriso e un piccolissimo bacio e ricominciarono a ricordare quel momento in cui i loro sguardi si incontrarono senza staccarsi mai.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***


Lei non si era mai fermata un attimo da quel giorno e nessuno se ne era mai accorto prima di allora. Non riusciva più a capire il suo posto, la sua casa,la sua famiglia. Non riusciva a capire più niente di quello che le era successo, come se fosse stata in una specie di anestesia. Tutti notavano che non vestiva più come una ragazza, non camminava più come una ragazza, non si comportava più come una ragazza, ma non vedevano che non voleva avere rapporti con nessuno per la sola paura di ri-perdere le persone a lei care.
A Londra continuerà a fare tutto di testa sua aspettando di partire e lasciare tutto quello che aveva costruito in quel posto per ricominciare a rifare il suo muro di mattoni impenetrabile ad ogni persona a lei vicina.
Era quasi arrivata alla sua destinazione quando una voce atona parlò : << I signori passeggeri sono pregati di allacciare le cinture. Stiamo per atterrare. Grazie.>> Lei tirò un sospiro di sollievo, non ce la faceva più a stare in quel maledetto aggeggio, con alcune persone che sudavano freddo per la paura di morire. Ma lei non aveva paura, anzi, a volte aveva anche la voglia di morire perché si chiedeva:- Ma tanto, a chi serve la mia presenza?- e non riusciva a darsi una risposta.
Lei sentii una piccola turbolenza e la stessa voce brutta e apatica di prima dire:<< I signori passeggeri sono pregati di scendere in modo ordinato e con molta calma. Grazie per avere scelto la nostra compagnia.>> Prese la sua piccola valigia e si avviò verso il piccolo autobus che portava all'aeroporto.
All’uscita dell’aereo trovò Robin intento a litigare con le sue valigie per farle muovere dal punto in cui si erano fermate, incollandosi alla moquette del mezzo volante. Lei si mise a ridere e cercò di aiutarlo, al suo tocco, come per magia, le rotelle si staccarono e cominciarono a muoversi. Robin esclamò :<< Grazie per l’aiuto. Ancora non riesco a capire come fai a cavartela ogni volta.>> e si mise a ridere.
Lei sorrise e rispose:<< Penso esperienza. >> Lui annuì e sorrise. Quando lei si girò a guardarlo notò che gli spuntarono due fossette e pensò – come quelle mie. Non ho mai incontrato una persona con le mie stesse fossette.- smise di pensarci e tornò  a incamminarsi. Sull’ autobus lui le rivolse di nuovo la parola e le disse:<< hai detto a Deborah che ti mandasse tutte le tue cose con la posta?>> lei annuì. << bene non saprei in che altro modo fartele avere.>> Deborah era la sua tutrice da un po’ di tempo, l’aveva cresciuta nell’età più importante della sua vita e non avrebbe mai smesso di ringraziarla per tutto quello che aveva fatto, sia di male che di bene, per lei.  << va bene non ti preoccupare.>>
Dopo poco ri-iniziò a parlare. << Mi dispiace non averti fatto prima conoscere mia moglie Ann ma oggi ci verrà a prendere all’uscita , e dato che non hai ancora un tuo guardaroba e hai soltanto le tue necessità dopo andrete da Harrods e io non baderò a spese.>> << non ce n’è bisogno. Davvero. Starò con quelle che mi sono portata e aspetterò le altre da Palermo. Grazie comunque.>>
Anche se lei aveva finito il discorso così bruscamente sapeva benissimo che lui avrebbe ricominciato a parlare di quello stesso poco dopo. Era una testa dura come lei. Ma non fu così. Ne iniziò un altro, ancora più spaventoso per lei.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Ciao a tutte belle bimbe, volevo solo dirvi che questa è la mia primissima FF e spero che vi piaccia. Ho messo dentro tutto il mio cuore e ho  speso moltissime energie per farla. Non so che altro dirvi.
PS: se avete domande sulla storia e/o altro sono a vostra completa disposizione.
Bye bye la vostra Ale :)
Alla mia amica (e migliore ballerina di hip pop) Martina,
perchè ha pensato a me e perchè domani è una giornata importante per tutte e due.
Ti voglio già un bene immenso.
Ale tua.

 
<<Non ti ho mai parlato tanto e so che ti stai chiedendo perché ti ho preso in affidamento..>>
Non riusciva a spiegarsi come faceva a capire tutto quello che pensava e che aveva dentro. Forse perché lui l’ aveva cresciuta o forse perché loro avevano tutto in comune. Il fatto sta che il loro rapporto era speciale.
Robin era il migliore amico di sua madre; lui l’aveva amata e forse non aveva smesso di farlo. Il problema era che sua madre non l’aveva scelto. Aveva sempre scelto Antonio, il padre di Alessandra e forse se ne era pentita.
Antonio era violento, cattivo, egoista e ipocrita. Non gliene fregava niente delle persone che gli volevano bene. Invece Robin era tutta un’altra cosa, lui era dolce, carino, simpatico e affettuoso. Alessandra non si capacitava della scelta che aveva fatto sua madre. Come aveva potuto scegliere un uomo che la picchiava e che la sfruttava invece di uno che la poteva rendere felice?!
Alessandra quando era piccola riusciva a capire qualcosa di più rispetto ai suoi coetanei, riusciva a capire quello che le parole non dicevano, ma i fatti o i gesti spiegavano benissimo. Senza bisogno di parole. Ma anche con questa capacità ‘sovrannaturale’ non riusciva a spiegarsi il comportamento di sua madre.
Il rapporto tra Robin e Alessandra non era tra patrigno e ‘’figlia’’ ma tra un padre adottivo molto speciale e una figlia con il bisogno di avere delle origini, una famiglia e qualcuno che la ami senza sfruttarla, senza volere nulla in cambio e forse una parte di famiglia di origine l’aveva trovata. In quel uomo con il solo bisogno di renderla felice.
<< Infatti vorrei sapere perché lo hai fatto >>. Lo disse come se pensava di non volere essere salvata,o forse di cavarsela da sola, come aveva fatto sempre nella sue peripezie.  Non aveva tutti i torti. Sembrava non farle nessuna differenza rimanere il quella specie di ‘metropoli’ chiamata PALERMO nel sud Italia, invece era veramente in adorazione per quel uomo perché adesso si prendeva cura di lei.
<<Qualche giorno prima di prendere la mia decisione ho risentito Deborah, dopo circa 5 anni che non ci parlavamo:  mi ha detto che dopo un anno, che me ne sono andato a Londra, i tuoi genitori sono morti in quell’incidente , tua nonna ha cambiato compagno e ha lasciato tuo nonno, lui sta malissimo e riesce a ricordare solo la gioia della sua vita:tu. E da quel momento ho pensato che tu non meritavi questo destino e, parlando con Ann abbiamo deciso di portarti qui con noi  per farti avere un futuro migliore. Deborah era d’accordo e pensava che farti cambiare aria poteva far ritornare quella che eri  con anche quel sorriso che 4 anni fa si è dissolto nel nulla dopo tantissime lacrime. Mi ha detto che non ti piaceva la tua vita e che fin da piccola ti sarebbe piaciuto stare qui e conoscere gente nuova. E quindi avevamo un motivo in più per farti cambiare vita.>>
L’ aveva colpita nel profondo quel piccolo riassunto che la rappresentava come una ragazza senza più sorriso e senza gioie nella sua vita. Come sempre non si vedeva dal suo sguardo,attraverso i suoi occhiali da vista tartarugati, la sua malinconia di lasciare la sua unica fonte di vita: suo nonno.
 Dopo quel viaggetto fino all’uscita dell’aeroporto trovarono una macchina nera che suonava il clacson e una donna, al suo interno, che agitava le braccia per farsi notare, -è lei, Ann- pensò Alessandra. E si avviarono fino ad arrivare a quella donna.
Aveva un sorriso a 32 denti e appena la vide rimase a bocca aperta e l’abbracciò. <<Mi avevi detto che era carina ma non così bella!>> Lei arrossì << Potresti dirlo all’infinito ma non ti crederei nemmeno una volta >> Ann si mise a ridere e le aprì il cofano della macchina nera. Posò le sue valigie e la fece accomodare. Partirono subito dopo essere saliti tutti nell’auto.
Dopo pochissimo tempo lei sentì la macchina frenare di colpo e Ann e Robin scendere dall’auto, allora decise di farlo anche lei.
Ann gridava <<RAGAZZIII SIAMO ARRIVATIIII E C’E’ ANCHE UNA NUOVA OSPITEEE>> Ann le fece l’occhiolino e le disse quasi sussurrando<<Guarda come scendono veloci adesso>> Ale arrossì e cercò di nascondersi il meglio possibile. Non era vestita come una ‘ragazza londinese’ ma come una poveretta. Indossava soltanto una tuta blu elettrico e solo guardando una ragazza più carina di lei si sentiva in colpa, quasi morire dentro.
 Non era presentabile a dei ragazzi e questo si notava. Si mangiava le unghie nervosamente dopo che si era toccata lo chignon cercando di non avere i capelli fuori posto. Ma niente da fare, i suoi capelli ricci biondo scuro non ne volevano sapere di mettersi al posto. Sospirò mentre sentiva dei passi sempre più vicini e cominciò a diventare sempre più nervosa. Si aspettava due nerd pieni di brufoli o comunque inguardabili, invece si trovò sei ragazzi bellissimi quasi con una bellezza sovrannaturale, ma uno diverso dall’altro. Il primo che parlò fu un ragazzo con gli occhi smeraldo, ricci spettinati e abbastanza alto. <<Piacere di conoscerti, sono Harry. A quanto pare avrò un’altra sorella da questo momento..>> sorrise lui.
<<Ed io un altro fratello, comunque Alessandra>> lei arrossì cercando di immaginare la sua vita da quel momento. Essere considerata la ‘nuova’ sorella di qualcuno era strano, soprattutto di un ragazzo così carino.
Dopo di lui si presentarono gli altri 5 ragazzi. Il secondo era un po’ più basso e con gli occhi più chiari.<<Louis>>sospirò. <<Alessandra>>. E via dicendo si presentò agli altri quattro. Gli altri ‘angeli’ si chiamavano : Niall, biondo con gli occhi color del cielo, sembrava veramente essere sceso dal paradiso; Zayn, occhi profondi e carnagione scura, il ragazzo che esiste soltanto nei libri, misterioso e impossibile, il solito ragazzo che sbavano tutte le ragazzine ‘arrapate’; Liam , ragazzo con un sorriso che ti fa sciogliere all’istante e che sembra un dolcetto appena sfornato, con crema e zuccherini colorati; e poi dietro allo ‘zuccherino’ un ragazzo che lei ancora non aveva notato. Si chiama Ed -è veramente timido- pensò la ragazza. Lui e il biondo tenevano una chitarra in mano come se fosse normale camminare con uno strumento musicale.
<<Stavamo provando>> disse il riccio. <<E quando mai..>> sospirò Ann. <<Non è colpa nostra se non abbiamo niente da fare.>> puntualizzò. <<Se vuoi, puoi andare nella tua stanza a disfare le valigie e poi andiamo a fare shopping!!>> disse Ann ad Ale, cambiando discorso. <<Si grazie ma sono un po’ stanca casomai ci andiamo dopo, ok?>> << Ok.>> rispose l’altra.
Erano appena le due di pomeriggio quando Alessandra aveva appena finito di disfare le valigie, quando entrò Robin. <<Che ne pensi di mangiare adesso che hai finito?>> sorrise come se mangiando gli facesse un favore. <<Certo! Sto morendo dalla fame. Che si mangia?>> sorrise. Lei aveva sempre fame. <<Pasta alla carbonara! Ti piace?>> fece ricomparire quelle fossette ai lati delle labbra. <<Ruffiano! Lo sai che ne vado matta!!>> risero insieme.
Dopo aver mangiato tutti insieme(compresi quei sei angeli scesi sulla terra per mezzo dello Spirito Santo) si alzarono tutti e ognuno faceva qualcosa di relativamente importante. Gli ‘angeli’ si spostarono nella casa in affitto di Ed. Ann stava lavando i piatti, mentre Robin vedeva la televisione in soggiorno. La ragazza si avvicinò, e subito dopo essersi accorto della sua presenza, Robin parlò <<Tra qualche giorno dovrai cominciare la scuola.>> <<Lo so>> ammise. <<Bene. Andrai alla stessa scuola dei ragazzi che hai incontrato oggi. Ho già parlato con il preside e mi ha concesso di inscriverti già da questo semestre, che comincerà tra poco. Tieni.>> allungò la mano verso la ragazza, e lei prese quell’ oggetto che sembrava una carta di credito e se lo mise in tasca. Lei fece come per parlare quando lui la zittì << Non c’è di che, divertiti. Ah dimenticavo, non la dare a Ann è troppo spendacciona. Compra quello che ti senti di indossare. >> sorrisero.

<<Ann hai bisogno di aiuto?>> disse con un  po’ di imbarazzo. <<No no cara, ho finito adesso. Dovevi dirmi qualcosa?>>la donna bisbigliò chiudendo l’acqua del lavandino. << Se vuoi potremmo andare adesso a fare shopping.>> <<Certo! Non vedevo l’ora che me lo chiedessi. Mi metto le scarpe e andiamo ok?>> La ragazza annuì . <<Perfetto. Torno subito.>>
Dopo pochissimo la donna ritornò con un sorriso smagliante. A quanto pare le piaceva fare shopping. Prese le chiavi della macchina e aprì la porta. Ale la seguì. Entrarono e Ann prese il cellulare da dentro la sua borsa. Digitò un numero e si mise la cornetta sull’orecchio. Parlò. <<Harry, io e Ale stimo andando a fare shopping, hai bisogno di qualcosa?>> dopo poco riparlò <<Ah va bene, ci vediamo lì tra poco>> mise le chiavi nel quadrante e accese l’auto. Si girò verso la ragazza e le parlò << Harry ha detto che ci raggiungerà al centro commerciale perché ti deve aiutare a scegliere dei vestiti per la scuola.>> <<Okay.>> rispose la ragazza.
Dopo circa cinque minuti di macchina con il solo sottofondo della radio arrivarono da Harrods, entrarono e videro Harry che parlava con Louis, il ragazzo che Ale aveva già visto a pranzo. Si salutarono e si avvicinarono. Loro cominciarono a parlare dell’organizzazione della scuola e dei primi giorni.
Quella scuola era la ‘International School of Arts’.La prima settimana ogni studente doveva scegliere delle canzoni da cantare, ballare e/o scene da recitare. Poi la seconda settimana c’erano delle specie di ‘prove d’ingresso’ che non venivano valutate ma aiutavano i professori ad ‘inquadrarti’ e capire come sei, le tue abilità e le tue debolezze. Per tutte queste prove e esami bisognava avere, a parte la divisa della scuola che davano il primo giorno, degli abiti per tutti i pezzi che ognuno voleva esibire. Il minimo era uno.
Appena finito il ‘discorsetto’ di Harry cominciarono a cercare degli abiti adatti a cantare innanzitutto e per poi andare in un negozio apposito per gli abiti di scena e quelli per ballare. Ma oltre a cercare i vestiti per la scuola aveva bisogno dei vestiti per ogni giorno, dopo la scuola.
Harry le aveva spiegato che doveva presentare almeno un pezzo per ogni disciplina e,se voleva altre a suo piacere in cui era brava, quindi prepararsi per tutto.
Dopo avere scartato la maggior parte dei vestiti scelti da Harry, Louis e Ann ( e aver passato quasi un’ora a scegliere maglioni larghi, poco colorati e senza forma) aveva deciso di osare un po’ di più e scegliere abiti più provocanti come era solita usare a Palermo.
Dopo essere rimasta chiusa in quell’edificio per quasi due ore aveva deciso di andare a provare velocemente tutti i vestiti che aveva scelto, con i ragazzi e Ann, ma senza farli vedere ai due maschi che aspettavano impazientemente fuori dal camerino.
In mezz’ora aveva finito di provare tutti i vestiti e ,da i complimenti di Ann, aveva capito che le stavano veramente bene.
Dopo aver pagato quasi 30 abiti,compresi i vestiti senza forma che non aveva voluto lasciare, riuscirono a uscire e andare nel negozio per i vestiti di scena.
Entrarono e Ale comprò più vestiti per ballare, che altro. Per la recitazione ci avrebbe pensato l’indomani. Finito lo shopping rientrarono, dopo aver lasciato Louis a casa sua. Adesso Ale avrebbe dovuto andare a sistemare tutti quei vestiti nell’armadio; ma almeno era felice. Era da tanto che non andava a fare spese con una donna che le ricordasse sua madre nel modo premuroso che aveva lei, e a quel pensiero le scese una lacrima dove poco prima esisteva un vero sorriso. Si asciugò quella goccia d’acqua con il dorso della mano e ricominciò a sistemare i vestiti appena comprati.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


HARRY’S POV
Quando mia madre se ne andò per andare a prendere la ‘famosa ragazza’ che da oggi in poi vivrà con noi, io e ragazzi siamo andati in palla per come ci dovevamo comportare.
Prima di andare, mia madre ci aveva dato un po’ di dritte, erano quasi tutte scontate e altre molto strane. Aveva detto di essere carini e disponibili (ovvio), di non parlare della sua famiglia, del suo passato e dei ricordi. La sua vita deve essere stata molto brutta.
Appena lei se n’è andata, noi cominciammo a discutere e ad immaginare come sarebbe stata. Bella, intelligente, simpatica oppure brutta, antipatica e stupida?
Non riuscivamo a tenere il freno alla fantasia e alla curiosità. Quando sentimmo le chiavi entrare nella serratura, eravamo tutti in subbuglio. Facevamo finta di niente, aspettando che mia madre ci chiamasse per scendere di sotto. E così fece.
Scendemmo tutti agitati perché la teoria la sapevamo (gli argomenti da dire e quelli da non dire), ma in pratica non sapevamo cosa aspettarci. Scendemmo le scale quasi spingendo l’uno contro l’altro per la troppa curiosità, e quello che ci trovammo davanti fu spiazzante, sia per me che per gli altri. Lo sapevo avevamo fatto tutti troppi filmini mentali. Ha ragione la professoressa di teatro: “Quando le aspettative offuscano la realtà si finisce per rimanere delusi”;  all’inizio non riuscivo a capire questa frase nella sua totalità, ma adesso ne riuscivo esattamente a cogliere il messaggio.
Lei era una persona normalissima, quasi carina e tutti ne rimanemmo scioccati. Indossava cose così semplici che potevamo anche non riconoscerla in mezzo una folla. Noi, che eravamo abituati a diverse italiane, tutte fuori ma niente dentro, ce la aspettavamo in modo assolutamente diverso.
Ognuno di noi si presentò alla nuova arrivata e fummo tutti cordiali (come nella teoria dovevamo essere). Poi mi madre guardava Ed in modo abbastanza strano, notando come Ale guardava la sua chitarra in modo anch’esso ‘strano’. Io puntualizzai <>. Da una parte era vero, mentre eravamo nei nostri pensieri e/o discutevamo Ed strimpellava qualche nota dalla sua chitarra, mentre noi eravamo in tutt’altro posto.
. <> sospirò mi madre, visibilmente irritata. <> dissi. <> disse mia madre all’ospite, cambiando discorso. <> << Ok.>> rispose l’altra.
Appena lei se ne era andata nella sua camera noi risalimmo nella nostra e cominciammo a commentare (non a giudicare) la ‘nuova ragazza’.
Ognuno diceva la sua ma l’opinione comune era ‘sembra una brava ragazza, non saprei quale sarebbe il suo talento potrebbe essere anche una PLUS oppure potrebbe non entrare’.
Ora, voi penserete ma ‘che ca**o c’entra il talento adesso?’ Bhe, la nostra scuola è una di quelle un po’ speciale. Ne esiste una per ogni continente. La nostra si trova esattamente nel cuore di Londra. Le persone che ci entrano sono MOLTO privilegiate, non perché conoscono qualcuno che le ha fatto entrare. Ma al contrario lo sono dalla nascita. In che senso? Bhe ognuno di loro ha un talento speciale, alcuni sono abbastanza comuni, come il cantare, il recitare o il ballare, altri sono un po’ diversi. C’è chi è il genio della matematica, chi della fisica, chi di astronomia ma ci sono altri ancora che sono abbastanza diversi dalla normalità (che tanto normale non è) della nostra scuola. Ci sono i PLUS. Chi sono? Sono quelli che ne hanno più di uno. Noi alunni li soprannominiamo i CHI TROPPO E CHI NIENTE.
Per entrare ognuno di noi, quando varca quella soglia per la prima volta, deve fare tantissimi test d’ingresso. Molti sono quelli a cui fanno fare questi test, pochi sono quelli che li passano, semplicemente perché a volte qualcuno si sente talentuoso ma non lo è. Ma io dico sempre TENTAR NON NUOCE. Nella nostra struttura ci sono anche i professori (sì, mi dispiace ma sono dappertutto). Ognuno di essi ha avuto un ruolo particolare nel passato o nel presente, si sono ritirati dal mondo e adesso sono qui, ad insegnare a noi quello che non è scritto sui libri ma attingendo tutto alla loro esperienza ed è anche per questo che la maggior parte delle volte tutti si perdono in chiacchiere.
Noi non abbiamo semplici aule, come quelle delle scuole normali. Le lezioni di ogni ‘materia’ come canto, ballo o recitazione si svolgono in teatro, e ognuno delle altre si svolge nel loro ‘habitat’. Le lezioni di un alunno si scelgono in base hai loro talenti, ma chi ne ha uno solo non può fare sei ore al giorno una stessa lezione quindi ognuno può anche scegliere materie che si studiano nelle scuole come storia, letteratura o filosofia, oppure nelle ore in cui il professore non si presenta ognuno può vedere le lezioni che vuole.
Dopo che noi ci stavamo sedendo per mangiare scese Alessandra, aveva appena finito di sistemare le sue cose. Il pranzo fu abbastanza silenzioso (cosa non molto normale per noi che siamo dei casinisti)per via del troppo imbarazzo. Appena finimmo noi andammo a casa di Ed per discutere sul da farsi.
Appena arrivammo ci sedemmo nel suo salotto e venne subito a salutarci il gattino di Ed. Ghost. Così silenzioso che nemmeno ti accorgevi che era di fronte a te a fissarti malissimo. Lo accarezzò solo il proprietario  (che cose ovvie) e tutti gli altri li fissarono. Era surreale l’amore che si vedeva tra quel gatto e quel ragazzo dai capelli rossi. Noi non lo avevamo mai visto uscire con qualche ragazza, l’avevamo sempre spronato a conoscere nuove persone ma lui si intestardiva dicendo ‘se sarà destino ci incontreremo, in un modo o nell’altro’ e allora noi non avevamo più fiatato.
Iniziammo a discutere sul da farsi. Nessuno doveva parlare sulla sua famiglia. E perché? Che ci nascondevano i miei genitori? Misteri irrisolti? Lo dovevamo scoprire. Anche con le maniere forti se servirà. No, non esageriamo ora. Se loro non ce lo avrebbero detto, ce lo faremo dire direttamente alla diretta interessata.
Appena deciso il da farsi mi arrivò una telefonata, era mai madre che doveva andare da Harrods. L’occasione perfetta per attuare il piano appena discusso. Dovevamo parlare con mia madre della situazione familiare del nuovo membro della famiglia.
Arrivati prima da Harrods, io e Louis ci scambiammo gli ultimi dettagli. Appena furono arrivate le salutammo e andammo loro incontro. Le spiegammo tutto per filo e per segno e lei cominciò subito a cercare quello che le serviva. Noi cercavamo di suggerirle quello che pensavamo le piacesse, ma lei rifiutava tutto e sceglieva quello che un maschio avrebbe scelto per sé. Dopo un po’ aveva deciso di osare un po’ però senza fare vedere a noi ragazzi come le stavano. Moltissimo tempo dopo aveva finito di provare tutto e noi ne fummo sollevati. Poi passammo nel nostro negozio preferito di vestiti di scena. Lei prese più che altro vestiti per ballare e aveva deciso che avrebbe pensato a quelli di recitazione un altro giorno. A quanto pare era decisa a fare tutto, lei era secondo noi una PLUS ma non ne eravamo del tutto sicuri. Lasciammo Louis a casa e ritornammo nella nostra, e lei ne era particolarmente felice.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Ale POV
Era arrivato il fatidico giorno. L’inizio della scuola.
Mi sono ripromessa di non insultare nessuno, non attaccare briga, non lamentarmi e non prendere in giro nessuno, come non facevo a Palermo. Ripensandoci ero una vera e propria bulla, l’unica differenza è quella che io non alzavo la testa contro quelli più deboli di me, ma con quelli mi davano fastidio, i più grandi o con quelli che si sentivano migliori degli altri.
Adesso devo cominciare una nuova vita e lasciarmi alle spalle quella che avevo prima. Devo conoscere gente nuova, fare nuove amicizie oppure continuare ad essere come sono sempre stata?
Lascerò fare al mio istinto.
Quella notte non avevo dormito per la troppa agitazione. Non sapevo cosa aspettarmi. La mattina infatti avevo gli occhi come un panda per le troppe occhiaie. Mi vestii in fretta e furia e scesi di sotto, senza nemmeno un filo di trucco. Non perché non lo sappia fare, ma perché odio stare allo specchio per tre ore per fare cose che nemmeno si vedono molto.
Quella non era la casa in cui stesi nel primo periodo che abitai a Londra, anzi era una casa totalmente diversa.
Dato che la scuola era una per ogni continente, dava a ogni suo alunno/artista/scienziato una piccola casetta in affitto per dormire, o gratis se avevi una borsa di studio. La mia era tento carina, mi piaceva molto. Era tutta azzurra fuori, e dentro ogni stanza aveva un colore diverso. L’unica stanza senza colori era quella tutta vuota, spaziosa e con il legno come pavimento. In quella stanza potevi fare quello che volevi e apportare le modifiche che volevi facendo richiesta al dirigente dell’istituto. La mia stanza speciale era ancora tutta vuota. Non sapevo che farci. Non sapevo quale poteva essere il mio talento nascosto, e la cosa non mi preoccupava perché anche se non sarei entrata avrei fatto parte lo stesso della scuola, però di quella più normale. Quindi sarei stata lo stesso con i ragazzi che avevo visto in quei ultimi giorni di vacanza, anche se ancora faticavo a ricordare tutti i nomi.
Uscii di casa, con ancora il cornetto in bocca, come sempre, e con le chiavi in mano. Mi incamminai verso la scuola attraversando tutto il giardino che portava fin là, e arrivai giusto in tempo. Suonò la campana che annunciò l’inizio delle lezioni. Per prima cosa, dovevamo fare conoscenza con tutti i professori nell’anfiteatro. Era il miglior posto in cui ero mai stata, il paradiso sceso in terra. Era abbastanza tradizionale, con i drappeggi rossi come il teatro alla scala, le gradinate e le poltrone rosse come i drappeggi.  Era enorme, pensavo che una scuola come quella avesse un teatro grande, ma non come quello.
Ad interrompere i miei pensieri era una voce grave e un continuo tocco sulla spalla di qualcuno. Era Harry. Anche se eravamo fratelli, non ci vedevamo quasi mai tranne quando dovevamo mangiare tutti insieme.
<> annuii e lo seguii.
C’erano persone di tutti i tipi come mi ero immaginata, ballerine classiche, di balli di gruppo e di hip pop, musicisti -come Ed-, attori con copioni in mano, lettori con montagne di libri in mano, e tanti altri con così tanti colori che facevano male gli occhi solo se si dava una piccola panoramica della situazione.
Appena mi sedetti vicino a Harry, lui mi spiegò brevemente tutti i professori con erano sul palco del teatro aspettando che tutti si sedessero. Mancava solamente la professoressa di teatro.  Lui mi aveva detto che era andata con tutta la sua famiglia (compresi i nipoti che frequentavano la nostra stessa scuola) in una specie di vacanza all’estero.
Quando la preside cominciò a parlare tutti cominciarono a prestarle attenzione e tutto il teatro si calò di un silenzio surreale. Cominciò augurando una buona fortuna a tutti gli studenti e poi cominciò a presentare tutti i professori accanto a lei. C’era il professore di fisica e matematica che sembrava abbastanza ‘normale’ con una camicia azzurrina, una polo verde, un papillon rosso e pantaloni dello stesso colore. Il professore di chimica e biologia invece sopra una maglietta di super-man aveva un paio di jeans e un camice che gli finiva sulle ginocchia. A mano a mano tutte le persone vennero presentate e la direttrice cominciò a prendere delle liste e a leggerle. In quei foglio c’erano scritte tutte quelle persone che non avevano mai varcato la porta d’ingresso prima di allora, compresa io. Appena sentii il mio nome ( che giusto giusto era il primo di tutti , quando si dice la fortuna) mi voltai di scatto e mi alzai, andando verso il palco. Tutti dopo di me dovevano fare così, l’unica cosa diversa che mi successe fu che quando la preside disse il mio nome nessuno si voltò verso di me, ma quando salii sul palco tre quarti delle persone che mi guardavano sembravano scioccate, allibite, e ognuno parlava a bassa voce con le persone intorno. Chissà che dicevano. Comunque dopo essere salita sul palco la direttrice mi porse una busta sigillata con su scritto il mio nome a mano e strinsi le mani a tutti i professori. Qualcuno di loro mi disse pure :’ci aspettiamo grandi cose da te’ ma io non ne capivo il senso. Me ne andai dal teatro attraverso le quinte e aprì subito la busta. Dentro era scritto tutto quello che dovevo avere per le lezioni, compresi libri di testo e vestiti di scena. A quanto sembrava Robin mi aveva fatto l’inscrizione su tutte le materie (compresa chimica e fisica) perché secondo lui io ero una PLUS. Ma io non ne ero così sicura.
Inoltre nella busta c’erano scritte tutte le lezioni. Per quel giorno c’era una specie di ‘cosa’ che si chiamava cogestione. A quanto era spiegato si capiva che ognuno poteva andare in qualunque lezione volesse, per conoscere personalmente i professori o per capire il tipo di metodo di studio che quei professori adottavano.
Cominciai subito alla ricerca dell’aula di matematica, per chi non lo sapesse sono sempre stata brava in questa materia perché semplicemente per me non era complicata per me da capire. Se mi spiegavano una regola io riuscivo subito a metterla in pratica. I miei compagni mi chiamavano genio per questo e io ne andavo fiera, per me ‘genio’ non era un insulto.
Ad ogni modo, il professore di matematica era davanti la sua aula quindi non fu difficile trovarla. Mi sedetti e dopo venti minuti di attesa, nessuno venne in quella lezione.
‘’A quanto pare siamo solo io e te i veri appassionati di matematica in questo posto.’’ – disse il professore e aggiunse ‘’ volevo fare una specie di test per capire le tue potenzialità in questa materia, vuoi farlo? E se finisci prima parliamo un po’ ti va?’’
Annuii, quel professore sembrava un po’ impacciato con i ragazzi, ma era carino nella sua goffaggine. Mi diede un foglio con delle domande abbastanza semplici a risposta multipla, anche se nella mia vecchia scuola nell’ora di matematica facevamo tutt’altro che lezione, io andavo da sola avanti con il programma per il motivo che ho spiegato prima.
Come avevamo previsto sia io che il mio nuovo professore, il compito era così facile per me che finii molto prima della fine della lezione, mi voltai e vidi una cosa che, tanto ero immersa nei numeri e nei calcoli, non avevo né udito, né visto. Un ragazzo era entrato nell’aula e stava facendo il test che stavo facendo anch’io. Si alzò subito dopo di me. A quanto pare anche lui era veloce nei calcoli. Consegnammo i compiti e il professore ci mise, anche lui, pochissimo (erano tutti veloci in quella scuola). Mi ridiede il compito e mi guardò quasi stupito e aggiunse ‘’ non pensavo che una della tua famiglia potesse essere così brava nella mia materia’’. Pensai << e lei come fa a conoscere la mia famiglia e a sapere che non erano bravi in matematica?>> ma appena lo pensai mi resi conto che il mio non era solo un pensiero, ma anzi che GLIELO AVEVO CHIESTO CON LA MIA VOCE. Questo è solo uno dei miei più brutti difetti, essere impulsiva, a che penso una cosa, a che la dico.
Il professore mi guardò con aria stupita e disse ’’hai scelto tu di frequentare questa scuola?’’ scossi la testa. ‘’chi conosci che frequentano questa scuola?’’ elencai i nomi dei ragazzi amici del mio nuovo fratello. ‘’ah, bene. Perché ci sono altri ragazzi che conosci e che non vedi da molto tempo che frequentano questa scuola’’ lo guardai con un’aria molto interrogativa. Poi spiegò ‘’la professoressa di teatro, la signora Maria – e feci una smorfia di dolore, come se scoppiassi a piangere da un momento all’altro – è in vacanza con la sua famiglia, con la TUA famiglia. Loro non sanno che sei qui come tu non sapevi che loro erano qui. A quanto pare, la persona che ti ha inscritto voleva solo che voi vi rappacificaste. Ti deve volere molto bene.’’ La campanella suonò e noi dovevamo tornare a girare per i corridoi, feci per alzarmi ma venni subito interrotta ‘’ comunque, tu sei già la mia preferita della tua famiglia, e sei molto meglio di quella tua cugina smorfiosa.’’
Gli sorrisi e me ne andai. Mi comparirono davanti tutte quelle immagini che mi ricordavano i giochi di quando io e i miei cugini eravamo piccoli, le risate, i canti, i balli, le recite della scuola e i personaggi delle storie che inventavamo. Senza accorgermene mi scese una lacrima. Non pensavo a loro da quando se ne erano andati via dalla mia vita. Ero ancora piccola quando compierono la loro scelta e,a quell’età, non riuscivo a capire a pieno il loro gesto. All’inizio mi fece infuriare ma a poco a poco cominciai a dimenticare, come si fa con un giocattolo vecchio che non usi da molto tempo, perché semplicemente era più facile rispetto a chiedersi continuamente il perché di una cosa che non aveva molto senso.
Tutto in una volta sola mi venne incontro tutto il mio passato ma le domande non si chiarivano anche se erano passati molti anni. Avevo solo 12 anni quando se ne andarono (quasi) definitivamente dalla mia vita.
Improvvisamente mi resi conto che c’era qualcuno che mi chiamava. Era quel ragazzo che era poco prima nell’aula con me. Ma come si chiamava? E che cosa voleva da me?

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Ma come si chiamava? E che cosa voleva da me?
‘’Scusami , non so se ti ricordi di me. Eravamo amici da piccoli, -feci una smorfia interrogativa- giocavamo insieme con i puzzle, le macchinine, le moto, i giochi di società..’’
‘’Mi dispiace ma non mi ricordo di te ‘’ dissi, quasi per potermela squagliare.
‘’Sono Dylan o’Brian, davvero non ti ricordi di me? ‘’
‘’Oh mio dio. DYLAN. Non ti avevo riconosciuto.. come sei.. emh.. diverso.. – lo abbracciai- quanto mi sei mancato..’’ adesso avevo trovato un vero vecchio amico.
Da piccolo era un po’ bruttino, adesso è un FIGO DELLA MADONNA. Aveva i capelli tutti fuori posto, come se si fosse svegliato cinque minuti prima. Lo sguardo era sempre lo stesso. Mi guardava con degli occhi pieni di gioia, di felicità e di sincerità. Il suo fisico era asciutto quasi come se si fosse allenato. Il suo sorriso andava da un orecchio ad un altro e il mio altrettanto.
 Era il mio migliore amico sin dalla nascita. Le nostre madri erano ‘colleghe’ di lavoro, anche se quello non poteva definirsi lavoro. Facevano le spogliarelliste. Prima erano delle artiste, si erano conosciute quando frequentavano entrambe il liceo artistico di Palermo. Avevano condiviso tantissime esperienze quando erano più giovani. Poi mia madre aveva scelto una strada un po’ diversa. Era entrata nel teatro massimo di Palermo come prima ballerina di danza classica, invece sua madre aveva conosciuto un uomo ricco e si erano sposati. Qualche periodo più tardi avevano avuto Dylan (suo padre era di origini americane). Mia madre, mentre frequentava quella scuola aveva conosciuto mio padre, al contrario del padre di Dylan, era un uomo cattivo, geloso e prepotente (ancora non riesco a capire come abbia fatto ad innamorarsi di lui, ma vabbeh ); prima ancora di sposarlo hanno avuto me e lei ha dovuto abbandonare il suo sogno. Lui ancora non aveva un lavoro stabile,era uno spacciatore,quindi per guadagnarsi da vivere mia madre doveva lavorare. Mentre lei si spogliava per uomini assetati di carne e di piacere, la mamma di Dylan faceva la cassiera/proprietaria/barista ed era brava a fare tutto. Mia madre mi disse che quando si incontrarono si misero a piangere per la gioia. La mamma di Dylan, Carla, aveva voluto aprire quel locale per passare il tempo, dato che suo marito lavorava praticamente sempre e poi per dare un riparo a quelle ragazze che anziché prostituirsi, si spogliavano (che erano cose diverse).
Dopo che io nacqui, stavo sempre a casa loro e quindi stavo sempre con Dylan. Era molto simpatico, divertente, intelligente e contemporaneamente dolce e affettuoso. Eravamo troppo piccoli per sposarci ma io gli avevo promesso che un giorno lo avrei fatto. In questo momento non ne ero così sicura.
Dopo che a mia nonna (la professoressa di teatro per intenderci) venne la brillante idea di andare a Firenze per una specie di fiera del teatro e della danza, incontrò un altro uomo e si innamorò per la prima volta dopo la morte di mio nonno. Scapparono in una fuga d’amore e non dissero niente fino a quando, al momento che doveva ritornare a Palermo disse la verità a mia madre e ai miei zii Giovanni e Giacomo, che erano gemelli, già sposati rispettivamente con Daniela, con una figlia che si chiama Regina, e l’altro sposato con Katy, con due figli, gemelli anche loro, Stephan e Greg.
I miei zii facevano già parte del mondo dello spettacolo, facevano i comici. Dopo la notizia di mia nonna, mia madre e i suoi fratelli fecero strade diverse e non si incontrarono mai più, perché dopo qualche settimana mio padre andò a prendere mia madre dal ‘lavoro’ e stavano per ritornare a casa tranne che per un piccolo particolare: mio padre si era drogato. Io dormivo a casa di Dylan, la mia seconda casa, quando ci fu l’incidente. La mattina dopo vidi Carla in lacrime e  mi raccontò l’accaduto.
Dylan era l’unica persona con cui avrei voluta passare la mia vita ed era l’unico di cui avevo bisogno in quel momento. Lui era l’unico punto fermo della mia vita. Ma mi tolsero anche quello.
Sarei dovuta stare con una specie di cugina di mia madre, che non conoscevo affatto, a Catania. Lei si prese il mio affidamento. Non era mai a casa, stava più tempo con degli uomini rispetto a quello che passava da sola. Quella donna mi disgustava. Mi faceva ribrezzo. Lei era quella persona che fece conoscere i miei genitori e non la perdonerò mai per questo, perché era come se avesse messo una bomba nelle mani di mia madre e di cui lei non si poteva liberare.
Rimasi da lei per un periodo di tempo che sembrò infinito, fino a quando incontrò per caso Robin, ai tempi migliore amico di mio padre. Non riesco a capire tutt’oggi il perché di quell’amicizia. Sono completamente diversi l’uno dall’altro. Lui mi prese in custodia, e io gli sarò sempre grata per questo, e poi il resto della storia lo sapete.
‘Anche tu sei cambiata, anche tu mi sei mancata così tanto.. non sai quante volte avevo bisogno di te, e ho così tante cose da raccontarti.. ma prima ti faccio fare un giro della scuola. In questo momento parlano tutti di te, sei la novità del momento. Per forza, sei una cugina delle persone più famose della scuola! Va beh, lasciando stare questo..’’
Cominciammo a parlare ti tutto quello che era successo in quegli anni; era passato così tanto tempo dall’ultima volta che lo avevamo fatto e non mi ero mai accorta di quanto mi fosse mancato.
Mi fece fare tutte le lezioni che faceva lui, comprese quelle che non mi piacevano. Diceva ‘non puoi sapere che non ti piacciono se prima non le conosci’; aveva maledettamente ragione. Il pomeriggio lo passammo nella mia nuova casetta a parlare delle cose che avevamo fatto dopo esserci lasciati ognuno alle proprie vite. Improvvisamente mi chiese:’ quali corsi vuoi frequentare? Io farò sicuramente recitazione e letteratura inglese. Sai perfettamente che quelli sono i miei punti deboli.’ Sorrisi. Era come se non ci fossimo visti da ieri.
‘sinceramente non ne sono molto sicura, ho ancora il timore di incontrare mia nonna e tutti i miei cugini. E dato che sai che tutte le materie che fanno qui sono TUTTE i miei punti deboli, non so quali fare..’
Lui mi rispose molto eccitato ‘allora fai audizioni per tutte le materie, semplice no?’
‘nooo, ma che sei scemo? Io, normale ragazza di periferia, al primo anno,nipote di una delle insegnati di una materia principale, mi faccio tutte le audizioni e le prove di ogni singolo corso? Sicuramente ci saranno delle ragazze più brave di me e se entrassi per una raccomandazione non me lo perdonerei mai. Sai quanto sono attaccata alla giustizia.’
Lui annuì, sapeva perfettamente di cosa stavo parlando, ma anche io sapevo perfettamente che lui non mollava mai, soprattutto quando si metteva una cosa in testa.
‘Va bene, se vuoi non insisto più’ – bugiardo – pensai.
Era quasi cena e l’indomani sarebbe stato il primo giorno delle selezioni. Optammo per una pizza, come ai vecchi tempi, ed essendo sfiniti ci addormentammo sul divano come due bambini.
La mattina seguente ci svegliammo tardi, erano quasi le otto e le lezioni sarebbero cominciate a breve e dovevamo ancora prendere gli orari in segreteria.
‘DYLAN.. DYLAN SVEGLIATIII. DYLANNN. SIAMO IN RITARDO. MUOVITI’
‘Ancora cinque minuti mamma…’ sbuffai. Lo avrei lasciato lì se ce ne fosse stato bisogno. Avrei fatto così ma lui si svegliò dopo cinque minuti, ci vestimmo velocemente, preparammo i vestiti e le cose che ci sarebbero servite e andammo. Passammo dalla segreteria e prendemmo gli orari di quella settimana. Fortunatamente per i corridoi non c’era nessuno e noi avevamo la stessa lezione. RECITAZIONE. Sapevo benissimo che lui era bravo in questa materia e sicuramente io sarei stata pessima. Entrammo in teatro e la prima persona che vidi fu….

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