use somebody

di appleness
(/viewuser.php?uid=651793)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - quello di letteratura ***
Capitolo 2: *** - i sei ragazzi. ***



Capitolo 1
*** - quello di letteratura ***


Il professor Hopkins, quella mattina, stava pensando al suo passato. lui aveva sempre voluto diventare uno scrittore celebre:era bravo a mettere le parole giuste negli spazi giusti, ad ammaliare i professori con le sue trame fantasiose, a riempire quel foglio vuoto con un racconto pieno di azione, proprio come piacevano a lui.
E invece eccolo lì, sulla sua piccola cattedra in mogano con i compiti dei suoi ragazzi di terza nelle mani, nella speranza che qualcuno di essi fosse come lui se li aspettava,ovvero abbastanza attivi. Perché la sua passione non se ne era mai andata.
Tutti pensavano che per prendere un bel voto in letteratura, con lui, bastava solamente mettere le solite parolone per sorprenderlo e così avere completo successo, ma in quella scuola americana, si sbagliavano proprio tutti e di grosso. Lui cercava i testi più belli, quelli con più fantasia e impegno, quelli pieni d’azione e avventura e che lo facevano viaggiare restando sulla sua bella sediolina anch’essa in mogano. Ed era questa la sua vera piaga, lì testi così non se ne trovavano mai ed era un vero strazio correggere tutti quei temi privi di alcun succo, una gran perdita di tempo in cui poteva benissimo fare qualcos’altro o andare a prendersi un caffè, sempre con i piedi per aria, mai con la testa sulle spalle. Questo era Hopkins. Un professore che era ancora studente, e che aveva tanto da imparare.
Sta di fatto che quel giorno, Hopkins fece benissimo a non prendersi quel caffè con i piedi per aria , perché c’erano dei temi bellissimi che lo aspettavano, con  avventure strabilianti, o tragiche morti senza senso, una bellissima storia d’amore.
Quei temi erano sei. E lui passò tutto il pomeriggio a leggere solo quei sei, a sottolinearli e cercare di capire che tipo di persone e quale mente si celasse tra le righe blu dei fogli protocollo, La matita in mano e gli occhiali di corno ben appostati sugli occhi attenti. Era la prima volta che sei caratteri così spiccati scrivessero dei temi che li identificavano così tanto. Il prof si eccitò a quella idea, e si mise a pensare a come sarebbe stato se quei fantastici 6 si fossero battuti per qualsiasi causa, doveva trovare un modo. Per farli incontrare. Che genio che era! che testa! e adesso la sua idea completamente matta stava prendendo forma.Sembrava stesse per disinnescare una bomba pronta a esplodere … 10 … 9 … 8 … iniziò a morsicare la matita cercando un modo per far incontrare queste persone …3 … 2 …1... 0. l’idea gli venne proprio rileggendo il tema della quinta ragazza. E per la prima volta dopo 10 anni di insegnamento, uscì dal suo ufficio soddisfatto, addirittura pensando a quali fossero gli armadietti dei ragazzi che quella domenica avrebbero avuto la fortuna o sfortuna, di trovarsi lì.
Chiusi in palestra.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** - i sei ragazzi. ***


Quel sabato arrivò una lettera identica a sei famiglie diverse, e quella domenica, sei teste si alzarono dal letto,con pensieri diversi, vite diverse ed esperienze diverse,ma con una stessa destinazione.
il primo dei sei si svegliò alle sette. Non è che si era proprio svegliato, non si era mai addormentato: era rimasto tutta la notte con gli occhi sbarrati a pensare che finalmente, dopo anni e anni provando ad attirare l’attenzione dell’unico professore che non ne voleva mezza di lui, finalmente proprio Hopkins lo aveva chiamato per conoscerlo meglio. Era eccitato, e con tanta voglia di spiegargli nei dettagli come gli fosse venuto in mente un tema che parlava di fantasticherie come gli elfi, quando lui era un patito della matematica e delle cose concrete. Amava pensare di essere il migliore in  tutte le materie, una persona con i piedi per terra, insomma, sicura e con un futuro già programmato. Sorrise nel letto, e l’apparecchio brilluccicò in maniera sinistra. Tutti gli dicevano che senza apparecchio sarebbe stato un ragazzo bellissimo, ed in effetti anche secondo lui era l’unica cosa che rovinava il suo viso e i suoi occhi verdi. Si alzò prima col piede destro, poi col sinistro, iniziando il rito mattutino della preparazione perfetta. Lo fece piano, quasi per assaporare la grande giornata di gloria che lo aspettava. scelse dall’armadio la camicia a quadri preferita, quella verde che metteva in risalto gli occhi, e ci abbinò i jeans color marroncino. Scarpe nere, quelle lucidate ieri. Lavaggio faccia, denti, mani,mettersi le lenti, scivolata verso la spazzola, pettinarsi , mettere a posto la stanza e i suoi preziosi fumetti. e sì. adesso, Greg è pronto per la giornata grandiosa ed esce fuori dalla stanza con l’apparecchio come gioiello, non come difetto.
 
Il secondo si sveglia verso le 7:10, e quando capisce che è in anticipo, e anche di tanto, si gira cercando di dormire ancora un poco nel letto che per quella sera sembrava fatto di sassi. Dopo 10 minuti, capendo che non riusciva a dormire, si alzò di scatto, sfregandosi il viso con le mani. sentiva le borse sotto le mani ruvide, abituate a fare attività fisica. Dopo aver ispezionato il suo viso con le mani per vedere com’era messo il naso che aveva rotto accidentalmente tre giorni prima giocando a football, abbandonò le braccia sulle gambe rilassate sotto le coperte. La sua camera era piena di poster di qualsiasi personaggio famoso dello sport, ma era maledettamente piccola, e infantile. Odiava a morte i muri pieni di adesivi di squali e pesciolini rossi che sua madre e lui avevano attaccato quando aveva 6 anni. erano ancora lì. E impregnavano di infanzia l’odore della sua stanza da sedicenne. Come tutte le mattine, prima di alzarsi del tutto sbuffò per la stanza, oltre che a lamentarsi per questa cosa strana del prof. h. quello di letteratura. Voleva parlare con lui del suo ultimo tema, probabilmente voleva lamentarsi del suo modo rude di scrivere. 7:30. ok adesso doveva alzarsi, e così fece. e dal momento in cui il suo piede toccò il pavimento di legno, iniziò la sua battaglia con i vestiti. non sapeva mai cosa mettersi, ma di solito, e lo fece anche quella mattina, si vestiva con jeans, canottiera, e la felpa della tuta della squadra di football.
            Lui era il vincente. Il capitano. e amava farlo sapere a tutti, anche se tutti ormai lo sapevano già. Mentre si vestiva e si lavava i denti, come al solito pensava all’argomento che i suoi compagni preferivano: le ragazze. Essendo il capitano, ed essendo anche il più giovane della squadra, lui aveva tante, tante ragazze. tante da averne una per ogni lettera dell’alfabeto, e il bello era che gli andavano dietro perché a lui non interessavano, più le ignorava, più loro si accalcavano su di lui per toccargli i capelli, annusare il suo odore, alcune talmente pazze da seguirlo a casa sua a fargli foto. era bella la fama pensò terminando i viaggi mettendosi le scarpe on le mani pulite dopo essersi messo il gel,  era proprio bella. ma il grande Trent, mentre usciva, seppe che anche quella lo stava uccidendo.
 
la terza persona si svegliò alle 7:40 in completo ritardo. si vestì con quel cavolo che le capitava a tiro, la fretta le impedì di pensare sia al prof, sia al fatto che stava cercando di infilarsi i pantaloni dalla testa. La sua camera era bianca, come lei. e quando uscì nessuno tentò di fermarla, i suoi erano a lavoro,perfortuna.
e anche Bianca uscì.
 
il quarto non sapeva manco dove si trovava, figuriamoci se sapeva che cazzo di ore erano. quando aprì gli occhi, desiderò di non essersi mai svegliato perché la schiena li doleva, si mosse per mettersi in un’altra posizione, ma fallì miseramente e cadde a terra.aveva dormito su una fottuta panchina. e aveva una birra in mano. Si alzò in piedi con la faccia di chi aveva appena ingoiato un pezzo di limone e non ebbe neanche il tempo di muovere un piede che la pizza mangiata la sera prima con gli amici tornò su. I suoi si sarebbero chiesti dove era finito il loro bravo figlioletto. Si pulì la bocca e rise di gusto, cercando di combattere il mal di testa lancinante. Gli occhi azzurri spiccavano contro i capelli di un nero liquido, e quel ragazzo, che in città chiamavano Matt, sembrava quasi malvagio.
Eppure la sua famiglia era normale.
Lui però No.
ancora nel bel mezzo del risveglio mattutino si massaggiò il viso e si rimise la giacca sopra quella maglietta anonima. ovviamente nera, però. Nera e anonima. come il tema che aveva scritto e per cui era stato convocato dal professore di letteratura. Non sapendo se fosse in ritardo o no, si stiracchiò e partì alla volta della scuola, controllando se il suo oro fosse ancora nei suoi pantaloni.
poi partì.
 
la quinta si svegliò alle sei perché doveva prepararsi. appena la sveglia suonò lei era già in piedi, pronta a spegnerla, con la maschera di bellezza e i due cetrioli sugli occhi, doveva essere tutto perfetto. Quel tema lo aveva scritto solamente per aumentare la media, e se fosse stata più bella del solito, forse il prof avrebbe chiuso un occhio. Lei capiva quando i prof mentivano dicendo “vogliamo congratularci” e poi ti sbattono in faccia un tre bello piazzato con la penna rossa. Non doveva assolutamente accadere. Dopo aver mandato altri due messaggi alle sue amiche fu pronta per il trucco. Lei si truccava troppo, le piaceva essere fintissima, i ragazzi che la baciavano tossivano ogni volta per abituarsi alle sua labbra piene di rossetto, farcito con gloss come se non fosse abbastanza. Lei si strizzava in vestitini rosa shocking che la facevano sentire più bella e più adulta, se non sexy. lei sapeva di non avere curve, quindi le creava. e quei vestitini erano perfetti per mascherare il tutto. Claude uscì dritta dalla porta, come le righe del suo eyeliner sugli occhi neri.
 
la sesta e ultima si svegliò alle 7:17. Lei non era precisa, ma casinista, come la sua camera, la musica che ascoltava, e il suo stile. un completo casino. Mentre si svegliava con i muscoli indolenziti, lei dormiva male, si attorcigliava i capelli viola e verdi, che per lei avevano un significato, al dito indice della mano sinistra, lei era mancina. Non badava a come si vestiva e non si truccava. non usava il pigiama. quindi era già pronta. Allacciò gli anfibi neri e uscì dalla porta, la felpa veramente troppo grande ora.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2512142