I will love you forever

di _isafan99_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricordi dell'inizio ***
Capitolo 2: *** Si ritorna a casa ***
Capitolo 3: *** Nuovo lavoro ***
Capitolo 4: *** Incontri ***
Capitolo 5: *** Prove ***



Capitolo 1
*** Ricordi dell'inizio ***


- Tanto non mi prendi! – risi saltando una radice.
- Ma se praticamente vi ho raggiunta!! – affermò la voce calda alle mie spalle.
- Ti sbagli: sono molto più veloce di te! – tirai ancora un po’ più su la lunga gonna color lavanda in modo da correre meglio, ma delle mani mi presero per i fianchi fermandomi.
- Presa. – mi sussurrò quella voce bellissima all’orecchio facendomi venire i brividi.
Mi voltai e il mio sguardo si scontrò con quello di Louis: azzurro, come se il mare e il cielo si fossero fusi tra loro e fossero colati nei suoi occhi. Lo guardai dal basso in alto, era un po’ più alto di me e ciò non mi dava fastidio, dopotutto aveva quasi ventidue anni. Mi sorrideva dolce, un sorriso bianchissimo che formava delle piccole rughe ai lati della bocca, caratterizzata da labbra sottili, mentre i capelli castani erano leggermente mossi dalla brezza che soffiava tra gli alberi della foresta.
Il mio cuore perse qualche battito alla vista di tanta bellezza.
- E ora? – chiesi con un filo di voce.
Lui sorrise e posò dolcemente le labbra sulle mie. Si allontanò troppo presto, ma giusto per guardarmi negli occhi e accarezzarmi una guancia con la mano.
Alzò il volto al cielo tinto dal rosa del tramonto.
- Si sta facendo tardi. – affermò – Dobbiamo tornare indietro. –
Mi rabbuiai. Sapevo cosa voleva dire “tornare indietro”, voleva dire far finta che non ci fosse  niente tra di noi, voleva dire nascondere il nostro amore, voleva dire tornare al ruolo della “figlia del nobile ricco” e al “servo senza importanza”.
Mi si strinse lo stomaco.
- No. – dissi abbassando lo sguardo verso le foglie sotto i nostri piedi – Non voglio tornare a casa. –
- Signorina Delailah … -
- NO!! – interruppi bruscamente Louis e mi voltai dandogli le spalle, non volevo che mi vedesse piangere.
Per un attimo restammo in un silenzio interrotto solo dai miei singhiozzi leggeri. Poi Louis mi prese delicatamente un polso e mi fece voltare. Notai che anche lui aveva gli occhi lucidi e un’espressione triste dipinta sul volto. Mi abbracciò e mi lasciai cullare della sue braccia forti, stringendolo a me il più possibile.
- Scappiamo. Senza dire niente a nessuno: prendiamo un cavallo e andiamocene, io e te, solo io e te. – sussurrai con la guancia appoggiata alla sua sentendo un filo di barba pungermi – Senza qualcuno a dirci cosa fare, cosa no …. Solo io e te! –
Lui sospirò e mi prese il viso tra le mani fissando i suoi occhi nei miei.
- Sapete che lo farei. Sapete che con voi scapperei ovunque, che vi porterei dall’altro capo del mondo pur di stare insieme. – disse con voce rauca appoggiando la fronte alla mia - Ma non possiamo. –
Mi guardò di nuovo negli occhi, mi scostò un ciuffo di capelli neri e mossi dal volto e mi asciugò col pollice una lacrima che mi rigava la guancia. Poi mi diede un bacio delicato sui capelli prima di mettersi di fronte a me e indicarmi con la mano la via per il palazzo, come un buon maggiordomo.
Allora mi ricomposi, tornando a esercitare un ruolo che non mi apparteneva più.
E che non mi sarebbe mai più appartenuto.
*****
Studiai il mio riflesso nello specchio: il viso magro aveva dei lineamenti delicati ed era incorniciato da una folta chioma di capelli neri e mossi, ora raccolti in una crocchia dietro la testa, anche se alcuni ciuffi mi ricadevano sulle tempie. Gli occhi a mandorla erano grandi e verdi con sfumature azzurre intorno alla pupilla mentre un cerchio grigio mi circondava l’iride; erano contornati da lunghe ciglia nere sotto sopracciglia sottili e ben delineate. Le labbra erano carnose e avevano acquisito un colorito rosso che contrastava con la mia carnagione chiara.
Abbassai lo sguardo: indossavo un vestito porpora, lungo e attentamente ricamato sugli orli delle maniche, della scollatura sul petto e della gonna, con fili d’oro. Avevo ancora i piedi scalzi, ma sarebbero stati fasciati in delle scarpette, porpora anch’esse, molto presto, appena le domestiche fossero tornate in camera.
Alzai di nuovo gli occhi sullo specchio e mi si bloccò il respiro in petto: dietro di me c’era Louis.
Mi voltai di scatto:
- Cosa fai qui? – sbraitai arrabbiata e un po’ sorpresa  – Non puoi salire nelle mie camere! –
- S-siete … incantevole! – disse lui con quegli adorabili occhi blu sbarrati, insieme alla bocca.
La rabbia mi sbollì in un secondo, lasciando il posto ad una sensazione molto più calda e piacevole.
Sorrisi.
Louis indossava degli abiti eleganti e i capelli erano stati pettinati all’indietro lasciando libera la fronte.
Mi alzai avvicinandomi a lui, controllando con lo sguardo che la porta fosse ben chiusa.
- Cosa volevi dirmi? – chiesi dolcemente.
- Io … - si riscosse – Io volevo darvi questo … dono. – mi porse una scatolina di legno. La aprii e estrassi fuori una catenina, con un ciondolo d’argento a forma di cuore tutto lavorato appeso a essa. Notai su un lato una piccola fessura, la aprii e al suo interno trovai una piccola incisione: “Ti amerò per sempre”.
Mi vennero le lacrime agli occhi.
- Lo so che non è bellissimo e sicuramente non è come tutti gli altri stupendi ciondoli che ricevete ogni giorno, ma … mi farebbe piacere che lo accettiate come simbolo del mio amore. – disse un po’ imbarazzato.
- Louis … - lo guardai negli occhi - … è il regalo più bello che abbia mai avuto in tutta la mia vita. –
Lui sorrise sollevato e me lo allacciò dietro al collo, sfiorandomi con le dita.
- E noto anche che c’è scritto “ti” e non “vi”. – commentai ispezionando la scritta.
- Ho sbagliato? – si rabbuiò all’istante.
- No, adoro questa nostra confidenza. – si aprì in un sorriso a trentadue denti – Lo indosserò sempre. Lo giuro. – ricambiai il suo sorriso. Lui mi posò una mano sulla guancia e mi baciò le labbra con dolcezza e amore.
Poi tutto successe in fretta.
Una guardia buttò a terra la porta della mia stanza con un calcio e altre cinque si fiondarono su Louis bloccandogli le mani dietro la schiena e trascinandolo verso l’uscita.
- FERMI! Cosa state facendo??!! Lasciatelo! È UN ORDINE! – continuavo a gridare.
Uno dei soldati si voltò verso di me e con tono duro affermò: - Abbiamo avuto ordine da suo padre, il re, di arrestare quest’uomo. –
- Che cosa?! E perché mai?? – chiesi confusa e terrorizzata.
- Per aver avuto una relazione con te, figlia mia. – mio padre entrò possente facendo inchinare le guardie e Louis davanti a sé.
- Padre, ma che sciocchezze andate dicendo?! – cercai di rimediare nascondendo alla meglio il panico che mi attanagliava le viscere.
- Non mentire Delailah, l’ho saputo da fonti attendibili. – disse lui guardando con odio e disprezzo il ragazzo bloccato tra le guardie – E sarà punito duramente per le sue azioni. –
- No padre! Lasciatelo andare, vi prego!!! – gridai con le lacrime a rigarmi le guance – Io lo amo, io lo … - lo schiaffo che mi arrivò in piena guancia fu talmente forte e inaspettato che caddi a terra e le parole mi morirono in gola.
- DELAILAH!! – Louis si dimenò cercando di liberarsi, ma ricevette un pugno nello stomaco che lo fece piegare su se stesso gemendo di dolore.
- Domani verrà giustiziato!! – mio padre uscì dalla stanza gridando un “Portatelo in cella!!” ai soldati che, ubbidendo, portarono via Louis davanti a me, che restavo a guardare, incapace di far qualcosa oltre a piangere.
*****
- Louis Edward Jonson, verrai giustiziato dal boia per aver disonorato mia figlia e per aver tradito la mia fiducia. – il giudizio di mio padre rimbombò tra le pareti della piazza del castello, al cui centro si innalzava il patibolo affiancato dal boia incappucciato con la falce in mano. Intorno a loro si era riunito il popolo per assistere all’esecuzione di Louis, che stava silenzioso a testa bassa – Che quest’uomo paghi per le sue colpe!!! –
- NOOOO!! – il mio grido disperato eccheggiò per tutto il palazzo. Mi buttai ai piedi di quell’uomo crudele che mi era costretto chiamare padre – Vi prego padre, perdonatelo, vi prego!!! Non lo vedrò più, non avrò più a che fare con lui, non starà più nel nostro regno … - grosse lacrime mi cadevano dagli occhi già rossi e gonfi dalla notte passata in bianco – Ma, vi prego padre, risparmiategli la vita. –
- BASTA! – tuonò col suo vocione il re lasciandomi un altro schiaffo dato col dorso della mano questa volta – Boia … - fece un cenno all’uomo incappucciato che fece posare il collo di Louis sulla lastra di marmo.
Lui mi guardo con quei grandi occhi azzurrissimi e sorrise. Poi mosse le labbra e compresi ciò che mi stava comunicando: “Chiudi gli occhi”. Ma non ci riuscivo, non volevo lasciarlo andare. Lui ripeté: “Chiudi gli occhi”. Il boia alzò la falce per l’ultima volta e in uno scatto io mi rannicchiai a terra chiudendo gli occhi e tappandomi le orecchie. Ma nonostante questo, mi ricorderò sempre il rumore della lama che fendeva l’aria e metteva fine alla vita di Louis, insieme al nostro amore appena sbocciato.
Urlai di dolore, come se il boia non avesse ucciso solo il ragazzo che amavo, ma avesse tagliato la testa anche a me.
Sentii la mano di mio padre posarmisi sulla spalla e con un movimento brusco mi ritrassi dal suo tocco. Avevo ancora le mani sulle orecchie, ma comunque percepii cosa mi stava dicendo.
- L’ho fatto solo per il tuo bene figliola. – mi disse – Perché sai che dopo la morte di tua madre sei il mio unico amo… -
- NO!!! – sbottai – Non provare a dirlo!!! – ero ancora rannicchiata su me stessa, non volevo guardarlo – Tu non sai cosa vuol dire ‘amare’, non hai mai dato amore a nessuno e non ti sorprendere se la mamma ha smesso di combattere e si è lasciata morire dopo avermi dato alla luce! – dissi senza farmi problemi a dare a quell’assassino del ‘tu’  – Lei è morta per sfuggire da te!!!! – conclusi infine con tutta l’acidità, la rabbia, la cattiveria che possedevo.
Senza voltarmi e con lo sguardo basso, evitando con tutte le mie forze di guardare lo ‘spettacolo’ nella piazza, mi alzai e cominciai a correre giù dalle scale di pietra, in preda a violenti singhiozzi che mi scuotevano da testa a piedi.
Non me ne importava più niente. Non mi importava più di nessuno. Non aveva senso vivere senza di lui, senza i suoi abbracci, i suoi sorrisi dolci …
Inciampai nel mio vestito e caddi rovinosamente fino alla fine della rampa. Sentii un forte dolore alla testa e qualcosa di caldo e denso scendermi per la tempia, ma mi stava bene: volevo sentire dolore.
Arrivai nelle cucine vuote, dato che tutte le serve e i servi erano andati a pulire la piazza dopo l’esecuzione del mio unico, vero, grande amore, con il sangue che mi pulsava nelle orecchie. Presi un coltello e me lo ficcai nella pancia con tutta la forza che avevo. Provai una forte fitta che mi lacerava la carne, ma non era neanche lontanamente paragonabile a quella che mi aveva squarciato il cuore poco prima, a confronto sentii sollievo: era finita, stavo per raggiungerlo …
Mi accasciai sul pavimento freddo boccheggiando, cercando involontariamente aria, che cominciava a mancarmi, mentre il sangue mi colava giù dalle gambe. Vidi le scarpe di una cameriera, poi delle macchie nere mi annebbiarono la vista. L’ultima cosa che pensai fu Louis … ai suoi occhi blu … al suo sorriso dolce … alla sua voce calda quando gli chiedevo di cantare per me …
Buio.
*****
- Allora? – chiese una voce lontana e ovattata – Ha funzionato? –
- Non lo so. – rispose un’altra voce, più calda e più vicina.
- Magari l’hai fatto troppo tardi. – questa era più acida e dura, una voce femminile che lasciava trasparire una nota divertita.
- Non lo so! – tuonò la voce calda di prima.
Aprii lentamente gli occhi, sbattendo più volte le palpebre e cercando di focalizzare meglio le figure che mi circondavano.
- Oh, è sveglia, che peccato … - la voce acida ora aveva anche un volto: lunghi capelli ramati le ricadevano sulle spalle, gli occhi erano di un grigio intenso screziati di … rosso? Era rosso quello?? Il volto era segnato da numerose lentiggini e aveva un espressione di ribrezzo sul volto che mi fece crescere dentro una rabbia sconosciuta. Indossava un abito verde scuro, molto semplice, senza ricami o altri abbellimenti.
- Ciao. – la mia attenzione fu catturata dal proprietario della voce rassicurante – Come ti senti? – chiese con un espressione preoccupata. Era un ragazzo poco più grande di me, i capelli biondi erano spettinati e gli occhi erano di un marrone intenso, con forti sfumature rosse (e ne ero sicura!) intorno alla pupilla.
- Bene. – la mia voce era un sussurro.
Ero confusa: mi trovavo in una stanza piuttosto piccola (rispetto a quelle di palazzo), prevalentemente in legno; le finestre erano chiuse e coperte da travi, di legno anch’esse, dalle quali filtrava qualche raggio di sole, ma la stanza era illuminata dalla luce soffusa di qualche candela posizionata qua e là. Accarezzai le coperte ruvide sulle quali ero stesa e capii di essere su un letto.
Mi guardai intorno. C’erano altri due ragazzi e tre ragazze nella stanza, di cui una era vestita umilmente (con uno straccio bianco sporco legato alla vita, che interrompeva il grigio del vestito, il quale le arrivava al ginocchio) e guardava gli altri con sospetto.
Allora ricordai tutto. Portai le mani all’addome e notai che sotto al taglio sul vestito che mi ero fatta con quel coltello da cucina non c’era niente: né una lacerazione, né bende, solo sangue secco.
Portai la mano alla tempia, dove mi ero ferita cadendo dalle scale, e non sentii dolore, sole sangue incrostato che mi aveva sporcato una cioccia di capelli.
Lacrime disperate mi ritornarono agli occhi: - Cosa avete fatto? Perché sono qui?? – accusai il ragazzo con la voce incrinata dal dolore.
- Stavi morendo. – mi disse come se fosse ovvio – E io ti ho salvata … -
- Non volevo essere salvata!! – sbottai interrompendolo bruscamente mentre le lacrime cadevano copiose – Non ha più senso continuare a lottare e vivere se lui non c’è più … -
La ragazza con i capelli rossi sbuffò.
Fu un attimo: provai una rabbia accecante e in un attimo l’avevo bloccata al muro tenendola per il collo. Dal petto mi uscì un ringhio involontario e cupo.
Lei, invece, non si scompose minimamente. Mi prese il polso della mano con la quale le stringevo la gola e me lo stortò. Emisi un gemito di dolore quando sentì l’osso spezzarsi.
Come un fulmine il ragazzo biondo mi liberò da quella stretta e mi allontanò dalla rossa che cominciava a innervosirmi.
- Se vuoi davvero fare a botte, ti do il vantaggio di nutrirti, prima. – disse sprezzante la ragazza.
Mi stavo ancora chiedendo come avessi fatto a raggiungerla così velocemente, e come avesse fatto lo stesso il biondo, quando mi accorsi di avere una sete strana, che mi rendeva la gola secca e mi faceva sentire debole. Deglutii.
- Rosmary, smettila! – il ragazzo che ancora mi ispezionava il polso, che peraltro sembrava essere tornato magicamente a posto, la fulminò con lo sguardo.
- Oh, ma dai Mason: mi sto divertendo con la figlia dell’uomo che mi ha rovinato la vita. –
Ignorai il commento.
- Ho sete. – mi sfuggì dalle labbra – O è fame. Sono un po’ confusa … -
Mason mi lasciò il braccio e mi fissò negli occhi per qualche secondo, poi fece un gesto con la mano a due ragazzi, i quali mi fecero arrivare addosso una ragazza bendata che prima non avevo notato. Feci scorrere lo sguardo dalla ragazza al biondo.
- Non capisco. – dissi allontanando da me la nuova arrivata che tremava come una foglia continuando a ripetere “Non sapevo cosa fare. Ho dovuto dirlo” come una cantilena inquietante.
- Facile: la mordi e basta! –
- ROSMARY!! – tuonò Mason.
Spalancai gli occhi e guardai i loro volti uno per uno.
- Siete cannibali. – sussurrai.
La rossa scoppiò in una fragorosa risata, che si interruppe all’ennesima occhiataccia del ragazzo. Quest’ultimo si voltò verso di me e con un espressione gentile dipinta sul viso e per un attimo mi sembrò ancora più grande.
- No, non siamo cannibali. – mi spiegò con voce calma – Siamo vampiri … e ora …  –
- Benvenuta nel club! –
- Rosmary. Va. Fuori. Da. Questa. Stanza. ORA!! – il tono di Mason fece tremare di paura anche a me, ma Rosmary rimase lì dov’era, in silenzio, intimorita.
Silenzio.
Mi vennero in mente tutte le leggende, le storie legate ai vampiri, che mi raccontavano da piccola le serve ... La notizia non mi aveva sconvolto più di tanto, in realtà, era come se dentro di me lo sapessi già, come se l’avessi intuito ...
Quando capii a cosa servisse la ragazza, fu tutto un altro paio di maniche.
- No. Mi rifiuto categoricamente di bere il suo sangue. – feci una smorfia disgustata.
- Delilah … - la ragazza vestita di stracci mi guardò. Come osava darmi del tu?! – Lei … - si interruppe e abbassò lo sguardo incapace di proseguire.
- Lei ha avvertito le guardie quando ha visto Louis entrare in camera tua. – concluse Mason togliendo la benda dai suoi occhi. Riconobbi una delle domestiche che mi assistevano nelle mie stanze.
Ciò che provai non fu rabbia, né sete di vendetta … fu odio allo stato puro. Sentii un calore agli occhi e una strana forza inondarmi da testa a piedi. In neanche un secondo affondai i denti nel suo collo, spezzandole l’urlo nel petto, con una brutalità che non sapevo di possedere.
Dopo poco mi raddrizzai, lasciandola cadere a terra, esangue, con gli occhi mezzi aperti.
Qualche giorno prima, a una vista del genere, sarei rimasta scioccata, ma in quel momento provai una forte sensazione di piacere, una gioia infinita e intensa. Mi sembrò di avere il cuore più leggero ora che avevo avuto la giustizia che bramavo. O almeno, una parte.
- Bene, possiamo ufficialmente darci del tu dato che sarai parte della famiglia d’ora in poi. – commentò uno dei ragazzi appoggiati alla parete di fronte a noi, divertito.
Guardai il mio riflesso in uno specchio sul muro: la pelle era praticamente trasparente e aderente agli zigomi, gli occhi erano colorati di un rosso acceso, infossati in due profonde occhiaie nere. Feci un respiro profondo cercando di non scoppiare in un urlo, calmandomi, e il mio volto tornò normale, insieme agli occhi che tornarono verdi.
- No. – affermai facendo accigliare Mason – Quando avrò compiuto totalmente la mia vendetta, mi ucciderete. Non trovo senso nell’eternità se Louis non è al mio fianco. – mi pulii le labbra ancora sporche di sangue col dorso della mano.
*****
Guardavo davanti a me con felicità, anche se un po’ mi dispiaceva aver perso tutti i miei ricordi dell’infanzia, della mia famiglia, di mia madre …
Il castello continuava a bruciare meravigliosamente, tingendo il cielo nero di grigio e illuminando i dintorni di sfumature arancioni e rosse. Uno spettacolo mozzafiato!!
Risi.
Mi voltai verso i miei nuovi amici che guardavano lo scenario con stupore e meraviglia, come me.
- Bene. È finita. – dissi – Cosa dovete fare? Paletto nel cuore? Fuoco? Se è questo vado direttamente a fare compagnia a mio padre … –
- Aspetta un attimo. – Mason fece avanzare verso di me la (come avevo scoperto poco prima) cameriera che continuava a guardarsi le scarpe – Ha una cosa da dirti. –
La ragazza alzò leggermente lo sguardo su di me, intimidita e un po’ terrorizzata. Notai che di ‘ragazza’ non aveva proprio niente: al massimo avrà avuto 12 anni!!
- Io … sono … una strega. Io, mia madre e mio padre ci siamo trasferiti qui qualche anno fa, ma loro … sono stati bruciati sui roghi. – balbettò – Comunque, ho fatto un incantesimo a Louis … o perlomeno alla sua anima, prima di morire, perché so cosa vuol dire perdere una persona cara … - si interruppe.
- E quindi …? – la incitai con un vago senso di speranza.
- Louis … rinascerà. – concluse – La sua anima è salva e lui tornerà in vita. Un giorno. –
Mi si allargò il cuore. Non tutto era perduto. Potevo ancora incontrarlo.
Potevamo ancora stare insieme.
Strinsi nella mano il ciondolo d’argento respirando profondamente e poi lo lasciai ricadere sul petto, dove c’era il cuore. Batteva, sì batteva, ma ad un ritmo nuovo. Eterno.
Avevo 17 anni.

______________________________________

Saaaaaaaaaalveeeeeeee!!!!
Allora, questa è la mia prima ff e questo (e credo si sia capito) è il primo capitolo! Non so se vi è piaciuto, se la storia vi interessa minimamente … quiiiiindi, chiedo a tutte voi di recensire (accetto anche critiche) questo capitolo e fatemi capire se posso continuare o devo assolutamente “appendere la penna al chiodo” (?)!!!
Grazie a tutte ;D
_isafan99_

 

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Capitolo 2
*** Si ritorna a casa ***


~~2) Si ritorna a casa

Stavo tornando.
Dopo 316 anni di viaggi in giro per il mondo, cercando di ambientarmi tra i mortali, cercando di condurre una vita che si possa chiamare tale, stavo tornando.
Londra. Non sapevo cosa avrei potuto aspettarmi da quel luogo che una volta avevo chiamato casa, nel quale una volta avevo una famiglia, nel quale una volta ero stata innamorata … nel quale una volta ero morta.
- Basta. – Mason mi diede una gomitata nelle costole.
- Uhm …? – chiesi confusa fissando gli occhi castani.
- Stai di nuovo pensando a lui. – disse.
- Non è vero. – cercai di oppormi con un tono non troppo convinto.
- Ah no? – mi prese in giro – Ma smettila: giochi sempre con quella collana quando pensi a lui! –
Abbassai lo sguardo sulla mano che stringeva il ciondolo lavorato e la lasciai ricadere sulla parte della gamba lasciata nuda dal pantaloncino di jeans ( al quale avevo abbinato a una camicetta senza maniche bianca ) che avevo indossato per il viaggio.
- Non rompere. – forse troppo scontrosa, ma quell’aereo era pieno di umani e l’odore del loro sangue mi innervosiva. Mi misi su gli occhiali da sole proprio nel momento in cui il sole entrò dal finestrino dell’aereo, evitando così che qualcuno si accorgesse del colore rosso acceso che i miei occhi prendevano alla luce.
Mason sorrise e fece lo stesso con i suoi rayban, riavviandosi i capelli biondo cenere con una mano.
Sì, stavo tornando in quel luogo maledetto che aveva cambiato per sempre la mia esistenza. Anzi, stavamo tornando, o almeno quelli di noi che erano rimasti.
Mi chiarisco meglio: dopo quasi due anni dalla mia trasformazione in vampiro, Denise (la cameriera-strega) fu bruciata su un rogo insieme a altre ragazze e donne come lei; qualche anno dopo nacque una famiglia di Cacciatori, di ammazza-vampiri, e alcuni di noi … beh … non fecero una bella fine. Quindi, i sopravvissuti, furono costretti a spostarsi spesso.
Alla fine eravamo rimasti io, Mason e … Rosmary. Per mia sfortuna.
- Che illusa che sei. – non tardò ad arrivare il commento acido di quest’ultima – Dovresti smettere di pensare a lui: probabilmente la streghetta ha sbagliato abracadabra e, se non l’ha fatto, sono comunque passati tre secoli. Se è rinato, è già morto da un pezzo … -
- ROSMARY! – di nuovo ripresa da Mason che, dalla mia trasformazione, era diventato particolarmente protettivo nei miei confronti e lo apprezzavo: era come un fratello maggiore.
Ma, dopotutto, Ros aveva ragione: Denise non ci aveva saputo dire né quando, né, tantomeno, dove Louis sarebbe rinato.
- La speranza è l’ultima a morire, Rossa. – dissi voltandomi verso di lei per godermi la sua reazione: odiava essere chiamata “Rossa”, anche se non ne capivo il motivo.
Lei mi guardò a sua volta togliendosi gli occhiali da sole dalla montatura nera e spessa.
- Non. Chiamarmi. ROSSA!! – sibilò fra i denti facendo diventare gli occhi più rossi dei capelli. Poi si mise le cuffie nelle orecchie e si rilassò sulla poltrona dall’altra parte del corridoio.
I suoi capelli erano stati tagliati in tutti quegli anni e ora erano corti dietro lasciando il collo scoperto, mentre davanti scendevano fino alle spalle. La fronte era coperta dalla frangia. Da qualche anno a questa parte aveva anche scoperto lo stile Dark, quindi se ne andava in giro con jeans neri e magliette nere con colletto alto. Non che non le donasse quel look, ma era troppo … nero! Non so se capite …
Per un po’ restammo in silenzio, ognuno assorto nei propri pensieri, poi Mason si riscosse.
- Ragazze, vi ho parlato del lavoro? – chiese.
- Eeehh??! – lo squadrai. Sapevo che ogni volta che Mason ci trovava lavoro in un posto nuovo per “ambientarci e cercare di essere normali”, come diceva lui, era SEMPRE un casino.
- Oh no, Mason! – si lamentò Ros che aveva sentito e si era tolta le cuffiette.
- Dai ragazze, gli altri non sono andati così male. – cercò di rimediare.
- Siamo stati licenziati da quel bar in America perché Rosmary ha aggredito un cliente. – gli ricordai - Con una sedia! –
- E vogliamo parlare del lavoro da bidelli in quella scuola spagnola? Non mi è sembrato un lavoro grandioso come ci avevi assicurato! – fece eco la Rossa.
- Forse ho sbagliato qualche volta … - il biondo si grattò la testa.
- E in Russia? – chiesi.
- E in Cina?? – Rosmary.
- Okay, avete ragione. – si arrese il ragazzo alzando le braccia in segno di resa – Ma questo è davvero bello! E comunque durerà solo un paio di giorni … poi sarete voi a cercarvi un impiego. –
Comincio ad avere paura. Pensai preparandomi al peggio.
- Aiuteremo ad allestire il concerto di una band famosissima in Inghilterra e nel resto del mondo, a quanto pare …  – fece una pausa ad effetto guardandoci entrambe – Lavoreremo nella preparazione del concerto degli … One Direction! – concluse soddisfatto.
Calò il silenzio tra di noi.
- Mai sentiti. – annunciò Rosmary.
- No, neanche io. – scossi la testa.
- Io neppure se è per questo, ma pagano bene e per una volta … - abbassò la voce - … potremmo provare a sembrare mortali. –
Fece scorrere lo sguardo da me a Ros e da Ros a me in cerca di un segno di approvazione.
- Ora ho ufficialmente paura. – commentai.
- Siamo in due. – approvò l’altra.
- Andiamo ragazze!! – Mason era sull’orlo dell’esasperazione.
- Senti - posai la mano sulla sua – concordiamo tutti che tu non sei un asso nel scegliere cose del genere, quindi non puoi concederci un briciolo di dubbio? – chiesi.
- E poi chi caspita sono gli One Direction?? –
- Chi sono gli ONE DIRECTION?!?! – una ragazzina seduta nel posto davanti a noi si voltò verso Rormary con la bocca e gli occhi spalancati, in un’espressione tra lo stupito e lo scandalizzato – Gli One Direction sono la boyband più famosa in questo momento: sono 5 ragazzi, di cui 4 inglesi e 1 irlandese, che sono arrivati terzi a XFactor e … -
- Ma guarda che ficcanaso questa qui …  – la interruppe acida Ros – Vedi di farti gli affaracci tuoi ragazzina!! –
Quest’ultima si voltò offesa e stette zitta.
- Non ci riesci a trattare le persone in maniera migliore? – le chiesi.
- Ma taci una buona volta: è maleducazione ascoltare le conversazioni degli altri! – si rimise le cuffie ignorando Mason che la riprendeva per la duecentesima volta, come se fosse un padre che sgridava la bambina viziata.
- E per la casa? Dove staremo? – chiesi al ragazzo al mio fianco.
- Ho comprato una villetta con i soldi dell’ultimo lavoro dato che aveva fruttato bene. – mi sorrise beffardo.
Alzai gli occhi al cielo e mi appoggiai allo schienale della poltrona guardando fuori dal finestrino. Sentii delle dita accarezzarmi la mano e mi ricordai di aver lasciato questa su quella di Mason.
La ritrassi senza togliere lo sguardo dal panorama sotto di me. Lui sospirò e aprì il libro che stava leggendo prima di interrompere i miei pensieri su Louis, prima di interrompere i dolorosi ricordi dei suoi sorrisi, dei suoi occhi, della sua voce …
Ricevetti un’altra gomitata. Infilai la collana nella camicetta e feci una linguaccia a Mason che si mise a ridere.
*****
Dopo un’ora l’aereo atterò a Londra e fu il momento di scendere. Feci per prendere il borsone sopra il mio sedile quando un tipo con una massa di ricci castani in testa, occhi verdissimi e due adorabili fossette sulle guance, mi precedette, tirandomelo giù e porgendomelo.
Mi sorrise e io ricambiai.
- Grazie. – dissi interpretando la parte della ragazzina timida.
- È sempre un piacere aiutare una bella ragazza. – mi rispose lui e notai la voce calda. Sentii l’intenso profumo del suo sangue inondarmi i sensi e farmi venire la gola secca.
- Sì, grazie. – fece Mason lanciando un’occhiata omicida al ragazzo – Ma non ce n’era bisogno. –
Il castano fece passare lo sguardo da me a Mason e contrario e poi mi sorrise.
- Bene, ci si vede. – fece un cenno col capo e fece per andarsene ma poi si rigirò e disse – Comunque, non sono tanto male gli One Direction. – mi fece un occhiolino, si mise gli occhiali da sole e se ne andò.
Pensai che era proprio stato carino ad aiutarmi, anche se non ne avevo proprio bisogno data la forza innaturale che possedevo … e il suo sangue …
Mason si schiarì la voce guardandomi dall’alto – Vogliamo andare o aspettiamo anche qualcuno che ti porti in braccio fino al taxi? –
- Mi piaci quando fai il geloso Mason. – commentai con un sorriso sulle labbra.
- Io non sono geloso!! – subito sulla difensiva.
Risi della sua reazione e scesi finalmente dall’aereo.
*****
Dopo qualche sorrisino e qualche flirt da parte di Rosmary, riuscimmo a non pagare il tassista, che decise di farci fare un viaggio gratis, e scendemmo davanti a una villetta niente male tutta bianca con davanti un giardino ben curato. La porta si aprì e uscì una vecchietta con in mano delle chiavi.
La, ormai, ex padrona di casa baciò la guancia di Mason ( con un po’ troppo entusiasmo per i miei gusti ) che l’aveva avvisata del nostro imminente arrivo. Poi strinse la mano mia e di Ros con due grandi sorrisi un po’ sdentati, dicendo che le faceva piacere che tre bei ragazzi come noi si prendessero la sua casa in cura. E non aveva tutti i torti, eravamo proprio tre ragazzi bellissimi, molto più del normale, ma ciò era causato dalla trasformazione in vampiri, insomma: eravamo “predatori di umani” e l’aspetto esteriore era fondamentale per attirare ingenue vittime.
La ringraziammo dei complimenti che continuava a farci e lei ci fece fare il giro della casa affidandoci, infine, le chiavi.
Mason ci mise tutto il suo carisma e il suo fascino irresistibile per buttare, letteralmente, quella vecchina chiacchierona fuori di casa. Quando finalmente chiuse la porte d’ingresso sbuffò, facendomi ridere.
Ripresi in mano il mio bagaglio e salii le scale che portavano al piano di sopra, occupato da due stanze, una da una parte di uno stretto corridoio e una dall’altra, e un bagno. Entrai nella camera a destra, che mi era sembrata la più accogliente con quelle pareti tinte di un rosa pesca, il letto a due piazze e i mobili in legno, e mi buttai sopra il materasso a pancia in giù respirando il profumo alla vaniglia delle coperte.
Presi il ciondolo di Louis e lo aprii.
Ti amerò per sempre.
Ti amerò per sempre.
Ti amerò per sempre.

Sospirai.
- Pare che questo ‘per sempre’ sia proprio una fregatura, sai Louis? –
Qualcuno bussò alla porta. Mi girai e vidi Mason appoggiato allo stipite.
- Posso? – chiese con un sorriso.


Mason’s pov
- Pare che questo ‘per sempre’ sia proprio una fregatura, sai Louis? – disse con un sospiro.
Se solo avesse saputo quanto mi faceva stare male vederla così, se solo avessi avuto il coraggio di dirle ciò che provavo, se solo avessi potuto convincerla che io avrei potuto darle tutto ciò che voleva, se solo …
- Posso? – mi sentii dire dopo aver bussato alla sua porta aperta. Sorrisi.
Lei annuì, chiudendo il ciondolo e rimettendolo nella camicetta. Batté la mano sul materasso al suo fianco e mio mi sedetti.
- Come ti senti? – chiesi cercando, invano, di incontrare il suo sguardo che, invece, era concentrato sul parquet sotto i suoi piedi.
- È … strano. – disse accennando ad un sorriso – Insomma: tornare a casa dopo così tanto tempo … e scoprire che non è rimasto niente di casa tua. Da un certo punto di vista – alzò lo sguardo che si fermò fuori dalla porta – è un sollievo, ma … è strano. –
Finalmente mi guardò e io potei ammirare quelle bellissime iridi che dal verde tendevano all’azzurro, fino a quando non diventavano rosse intorno alla pupilla.
- Sono sicuro che ti abituerai. – sostenni il suo sguardo – Ormai i cambiamenti ci appartengono, no? –
Lei mi sorrise.
E quelle labbra … rosse e piene. Dopo tutto quel tempo sapevo come controllare le reazioni del mio corpo, ma, se fossi stato ancora umano, sarei sicuramente diventato color porpora mentre le scostavo un ciuffo di capelli neri dietro l’orecchio, sfiorandole la guancia morbida e pallida.
Eravamo così vicini che riuscivo a sentire il suo respiro sul viso mentre le nostre ginocchia si sfioravano.
Era così bella.
Oh, quanto vorrei dirglielo … quanto vorrei che sapesse che lo penso ogni volta che la vedo …
- Eh-ehm!!! – un colpo di tosse distrusse quel momento magico e perfetto – Scusate se interrompo qualcosa … - Rosmary aveva una smorfia sul volto mentre ci squadrava.
La fulminai con lo sguardo sperando che in quel momento un fulmine la incenerisse.
Esatto, ci hai interrotti! Perché non te ne vai?!?!
- Lo sai che non hai interrotto niente, Ros. – Delailah le fece un sorriso forzato. Anche lei faceva fatica a sopportarla.
- Ceeeeerto … comunque: Mason, c’è la vecchiaccia di prima che si è dimenticata di darti le chiavi di riserva e vuole darle SOLO e solamente a te! È fuori dalla porta ad aspettarti. – detto questo, la rossa si voltò ed entrò nella camera di fronte con la sua valigia.
Ma porc …
- Scusa, io … -
- Non ti preoccupare, – mi sorrise lei – io metto a posto. Vai pure dalla signora. – si alzò e si avviò verso l’armadio aprendolo.
- Ehm … ok. – mi alzai anch’io, avviandomi verso la porta lentamente: non volevo lasciarla – Ci vediamo giù, ho delle sacche di sangue per la cena. –
- Fantastico! – esclamò distrattamente sistemando dei jeans su una gruccia.
- A dopo. – feci un cenno con la mano che lei non vide, troppo impegnata con i vestiti.
Scesi le scale strusciando i piedi e sospirai aprendo la porta. La vecchina era ancora lì, mi fece un sorriso e cominciò a parlare … e parlare … e parlare … finché non le presi le chiavi di mano e le chiusi la porta in faccia borbottando un ‘Buona serata’ che, sorda com’era, sicuramente non aveva sentito.
Con la mia “supervelocità” ( come mi piaceva chiamarla ) andai a posare il mio borsone sul letto in una camera vicino alla cucina e mi stravaccai sul divano ripensando a qualche momento prima, quando ero stato a tanto così dal dichiararmi a Delailah: ripensai ai suoi occhi, alla sua voce, al suo profumo …
Presi un cuscino, che l’ex proprietaria ci aveva lasciato, insieme a tutti i mobili ( un’idea mia!!! ), e me lo premetti sulla faccia soffocando un urlo.
Quando ebbi finito di sfogarmi accesi la tv facendo zapping, non trovando un programma decente da vedere, ma che comunque non avrei seguito: ero troppo impegnato a reprimere i miei sentimenti e a soffocarli dentro il petto come avevo fatto per tre secoli.
Sapevo che non mi amava, non poteva: c’era quel … Louis!
Quindi non avrei mai potuto dichiararmi: l’avrei persa.
E non potevo perderla …

 

____________________________________________________________________________________________________________
Ma ciaoooooooo!!!
Ecco a voi un altro capitolo!
Allora, chi mai sarà quel ragazzo tanto gentile con la protagonista di questa ff?
Ah, e poi abbiamo capito i sentimenti di Mason, ve l’aspettavate? Forse era un po’ prevedibile, dai …
I nostri protagonisti sono arrivati a Londra, ce la faranno a condurre una vita normale?? Lo scoprirete leggendo ;P
Mi raccomando, recensite: è davvero molto importante sapere cosa pensate!
Grazie :-*
Al prossimo capitolo!
_isafan99_

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Capitolo 3
*** Nuovo lavoro ***


~~Delailah pov’s

Mason mi svegliò alle 7.00, annunciando che saremmo dovuti essere là entro 20 minuti.
Aprii velocemente le ante dell’armadio e tirai fuori un paio di jeans blu un po’ stracciati sulle ginocchia (immaginate la mia sorpresa quando scoprii che andavano di moda!!) e una canottierina bianca che si stringeva sotto il seno per poi allargarsi nella parte inferiore.
Mi sistemai i capelli in uno chignon con un elastico e mi passai un po’ di fard sulle guance, dato che sembravo morta.
Ridacchiai a quel pensiero.
Al contrario di Rosmary, che si faceva diventare gli occhi neri fino a sembrare una strana specie di panda, a me non piaceva truccarmi, non ne avevo bisogno. Le ciglia erano già scure e lunghe di loro e facevano risaltare abbastanza gli occhi. Solo la mia pelle era talmente bianca e senza segni che sembrava porcellana, quindi le davo un po’ di colore, ma quello era il massimo del mio ‘trucco’.
Mi guardai ancora nello specchio a muro di fianco al guardaroba per vedere che fossi tutta in ordine e nel riflesso notai una figura dietro di me. Per un attimo ebbi un tuffo al cuore e mi girai di scatto … non era lui, non era il mio Louis.
- Non si bussa?! E se fossi stata nuda??! – gli chiesi cercando di nascondere la delusione nel vedere lui e non qualcun altro.
- Beh, se fossi stata nuda … - sorrise Mason divertito, appoggiato alla porta con le mani in tasca - … sarebbe stato un bello spettacolo … proprio bello! –
Mi lanciai contro di lui e atterrammo sul letto.
- Sei proprio uno scemo, lo sai? – gli chiesi ridendo a poca distanza dal suo viso.
- Almeno ti ho fatta ridere … - mi accarezzò una guancia.
Gli feci una linguaccia e mi spostai mettendomi a gambe incrociate sul materasso.
- Allora, che c’è? – lo guardai negli occhi.
Mason si sollevò appoggiandosi su un gomito, sorridendo.
- Volevo essere sicuro che ti stessi preparando per il tuo ennesimo-primo giorno lavorativo. – si sdraiò a pancia in su e mise le braccia dietro la testa – Ma, soprattutto, perché Ros ci sta mettendo anni per truccarsi e non sapevo a chi rompere le scatole. –
- Ah, non per sapere se stavo bene, ma perché non c’era Ros da rimproverare! – feci il finto broncio e lui mi guardò restando un attimo in silenzio.
- Già - disse infine facendo spallucce.
Presi un cuscino e glielo tirai in faccia.
Il biondo mi guardò con lo sguardo di chi ha intenzione di fartela pagare.
Mi alzai appena in tempo e il cuscino che mi aveva lanciato lui finì contro il muro per poi cadere a terra. Cominciò a rincorrermi in giro per la casa. Ci ritrovammo in sala, una da una parte del divano e l’altro dall’altra. Provai uno scatto per scansarlo, ma lui mi precedette e mi abbracciò buttandomi sul divano e bloccandomi col suo corpo.
- Chiedimi scusa! – disse cercando di sembrare serio, fallendo.
- No, mai!! – esclamai sfidandolo.
- Ah sì? – cominciò a farmi il solletico che sapeva non potevo reggere. Infatti cominciai a ridere come una pazza dimenandomi, cercando di scappare.
- OKAY, OKAY!! SCUSA! – mi arresi tra una risata e l’altra – SCUSA, HO DETTO SCUSA! TI PREGO BASTA!! –
Lui si fermò guardandomi con un’espressione da vincitore dipinta sul volto e ghignando.
- Sì, sì, gongola … - sbuffai divertita togliendomelo di dosso.
- Delailah, - mi mise una mano sulla spalla – quando capirai che NESSUNO  mi batte? –
- Come no, ceeerto!! – lo spintonai – Troverò il tuo punto debole! –
- Avete finito di comportarvi come bambini o devo aspettare che concludiate prima di andare a lavorare? – Ros comparve con i soliti vestiti neri e le palpebre dello stesso colore e, senza degnarci di uno sguardo, aprì la porta uscendo.
Mi misi il cellulare in tasca (anche quello era stato una grande scoperta!) e mi infilai la giacca di jeans che avevo lasciato appesa all’appendi abiti di fianco alla porta d’ingresso.
Uscimmo e Mason chiuse la porta alle nostre spalle. La rossa era già nella macchina, che Mason si era procurato la sera prima dopo cena (dicendo che aveva bisogno di fare una passeggiata), al posto del passeggero.
- Ma che ha? – chiesi al mio amico.
- Valla a capire … - si sedette al posto del guidatore e mise in moto la Porsche nera.
*****
Arrivammo davanti al luogo dove si sarebbe tenuto questo concerto ed entrammo.
Subito un tipo di mezza età (il capo?) si avvicinò a noi stringendo la mano a Mason.
- Voi siete gli aiutanti, dico bene? – sorrise.
- Esatto. – Mason ci circondò le spalle.
- Fantastico! – il suo sorriso si spense in un attimo – Tu, biondino, vai da Ted, ha bisogno di aiuto con le luci. Tu, rossa, - Ros ebbe un fremito – vai a cercare Linette, ti dirà che fare. E tu, – infine riferendosi a me – tu mi servi per i ragazzi. –
Eh?? In che senso “servo per i ragazzi”???
Lo seguii e arrivammo in una stanza piena di tavolini con sopra bibite e altri snack, specchi e sedie.
Una donna dai capelli color miele mi si avvicinò.
- Ti lascio a lei, buon lavoro. – il mio accompagnatore (di cui non avevo ancora afferrato il nome) si dileguò.
- Piacere, sono Megan. – disse la donna davanti a me, aprendosi in un enorme sorriso e porgendomi la mano dalle unghie laccate di rosa.
- Delilah. – ricambiai il sorriso.
- Felice di conoscerti! Tra un po’ dovrebbero arrivare i ragazzi per le prime prove sul palco, sai per controllare luci, telecamere … io sono la truccatrice e là in fondo ci sono Charlie, Kristine e Lauren, le mie aiutanti. – disse indicando tre ragazze in un angolo della stanza che discutevano di un prodotto – Poi dovrebbe arrivare anche Rita, la parrucchiera. -
- Se hai già quattro assistenti, come posso aiutarti? – chiesi un attimo confusa.
- Tu dovrai occuparti della band: portar loro bibite, cibo … insomma, assicurare che non manchi niente, mentre noi ci occuperemo del loro aspetto. – mi spiegò.
- Ah. Sarò tipo la loro cameriera … - riassunsi.
- Ehm … sì, si può dire anche così. – fece una risatina acuta che mi irritò un po’.
Megan mi fece fare un po’ il giro di quel posto e mi accorsi che era immenso e ovunque andassi c’erano elettricisti, persone che correvano di qua e di là come impazzite, altre che sbraitavano … un po’ un delirio.
Come se non bastasse ogni suono che mi arrivava alle orecchie era amplificato (a causa di ciò che ero) e mi stava venendo l’emicrania.
- Ti spiace se vado un attimo in bagno a rinfrescarmi? – chiesi.
- No cara, vai pure, ma fai in fretta: dovrebbero arrivare tra poco. – mi rispose Megan avviandosi verso i suoi allievi.
Entrai nel bagno delle donne, che era completamente vuoto, e respirai. Quest’ultima cosa non fu una grandissima idea: c’era un odore nauseabondo che mi pizzicava il naso.
Ma almeno non c’era odore di sangue ed era silenzioso.
Mi sciacquai le mani e mi bagnai un po’ dietro il collo: c’era qualcosa …
Abbandonai i miei pensieri e uscii da quel posto puzzolente.
Mi incamminai verso la zona dove avrei dovuto lavorare tenendo la testa bassa. Non riuscivo a capire cos’era quel senso di inquietudine che all’improvviso mi aveva invaso lo stomaco.
Ero talmente con la testa tra le nuvole che, svoltando un angolo, non mi accorsi di un ragazzo e gli andai a sbattere contro. Feci finta di perdere l’equilibrio e il ragazzo mi prese per il braccio sorreggendomi, anche se non ne avevo alcun bisogno.
Alzai lo sguardo e … fui sicura al 100% che in quel momento il mio cuore smise di battere, per un momento fui morta davvero. Ed in un attimo ero lì, ma non ero lì … stavo in piedi, ma in realtà stavo volando … anzi, stavo nuotando in quei bellissimi occhi blu oceano … i SUOI bellissimi occhi!
- Louis … - riuscii solo a dire.

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Capitolo 4
*** Incontri ***


4) Incontri

- Louis … - riuscii solo a dire.
Mi stava ancora tenendo il braccio e mi guardava con un’espressione tra il confuso e lo stupito. Poi sorrise.
Mi sciolsi.
- Tutto bene? – mi chiese preoccupato – Scusa, non ti avevo vista. –
- I-io … - avevo la gola secca, mi si era chiuso lo stomaco, avevo le gambe molli e tremanti … come stavo?
Sentii delle mani poggiarsi sui miei fianchi e sorreggermi.
- Ti avevo detto di mangiare di più stamattina, perché non mi ascolti? – mi chiese Mason allontanandomi da Louis che mi lasciò il braccio – Andiamo, ti porto a prendere un po’ d’aria e ti do uno snack. – sempre continuando a tenermi per i fianchi, mi accompagnò verso la porta di servizio.
Non staccai gli occhi da quelli di Louis, che ci seguì con lo sguardo finché non fummo fuori.
Non capivo niente. Mi sembrava di essere in un sogno. Mi sentivo stordita oltre ogni limite.
Poi mi salì la rabbia …
Appena il biondo chiuse la porta di servizio alle nostre spalle e ci trovammo soli in un vicolo, lo spinsi contro il muro, che si crepò.
- Ma che fai? Sei fuori? – mi accusò.
- IO FUORI?? HAI VISTO CHI AVEVO DAVANTI O SEI SCEMO?!?!? – urlai – PER QUALE MALEDETTISSIMO MOTIVO MI HAI PORTATA VIA?!?! –
- PER IL SEMPLICE MOTIVO CHE SEMBRAVI UN’EBETE BALBUZIENTE E AVEVI L’ESPRESSIONE DI UN’AMEBA UBRIACA SPIACCICATA SULLA FACCIA!! – mi urlò contro lui – Scusa se ho evitato che facessi una figura da completa idiota! –
Ci guardammo in silenzio.
Mi buttai con le braccia al suo collo e lo baciai sulla guancia.
- Sei l’essere più tenero, gentile e fantastico del mondo e ti voglio un bene che neanche ti immagini!! – dissi continuando a stringerlo a me.
- Aspetta … - era un po’ confuso - … ma non ci stavamo insultando? –
- Come faccio a insultarti se sei una persona così unica?? – gli chiesi ridendo e guardandolo in faccia.
- Perché mi fai questi complimenti? Mi basta un “grazie per avermi evitato una situazione imbarazzante”. – sorrise divertito.
- Non hai fatto solo questo! –
- Ah no? – di nuovo confuso.
- No! – gli presi il volto tra le mani – Ti rendi conto che se non fosse stato per te non avrei ancora trovato il ragazzo che sto cercando da più di 300 anni?!?! – gli baciai la fronte – Grazie!! –
Aprii la porta di servizio e rientrai: dovevo presentarmi.

* * * * *
Mason’s pov
Era appena rientrata e mi aveva lasciato lì da solo.
“… se non fosse stato per te non avrei ancora trovato il ragazzo che sto cercando da più di 300 anni …”
Le sue parole facevano ancora eco nella mia testa. Non aveva idea di cosa si era rotto dentro di me quando aveva detto quella frase. Un attimo prima mi sentivo in paradiso nel suo abbraccio, annusando il profumo dei suoi capelli, sentendo le sue labbra premere sulla mia guancia … l’attimo dopo mi sentivo uno schifo.
“ … se non fosse stato per te non avrei ancora trovato il ragazzo che sto cercando da più di 300 anni …”
- Complimenti Mason, - mi dissi – l’hai spinta tra le braccia del ragazzo che odi da tre secoli. – mi battei una mano sulla spalla sorridendo amaramente.
Sentii dei passi veloci avvicinarsi. Una ragazza con un cespuglio di ricci in testa stava arrivando continuando a sussurrare “ … com’è tardi … com’è tardi …”. Quando mi vide si bloccò, squadrandomi da testa a piedi e alzò un sopracciglio.
- Ciao. – mi salutò con un sorrisetto a incresparle le labbra.
- Ciao. – risposi.
- Come mai quel tono di voce? Che ti è successo, ti hanno scaricato? – chiese.
- Nah … - ridacchiai – Solo stanchezza. –
La ragazza si avvicinò lentamente alla porta: era evidente che voleva continuare a stare fuori con me, ma aspettava fossi io a parlare.
- Scusa, non ho capito il tuo nome. –
- Sono Rita. – sorrise.
- Io sono Mason. –
- Che ci fai qui Mason? – venne verso di me non staccando gli occhi dal mio volto.
- Sono aiutante elettricista. – risposi. Lei continuò ad avvicinarsi a me.
- No, cosa fai qui fuori tutto solo? – eravamo a pochi centimetri uno dall’altra e riuscivo già a sentire il dolce profumo del suo sangue.
- Non ho voglia di parlarne. – la presi per i fianchi annullando ogni distanza e la baciai.
Lei non se lo aspettava, ma non si oppose, anzi, ricambiò e infilò le mani tra i miei capelli.
Invertii le posizioni mettendola con la schiena contro il muro e continuando a baciarla. Con la coda dell’occhio mi assicurai che non ci fosse nessuno nei paraggi, così scesi a baciarle il collo. Feci un movimento fulmineo: le tappai la bocca con una mano, con l’altra le bloccai i polsi e affondai i denti nella carotide, lacerandole la pelle. Fui così veloce che lei ci mise un po’ a realizzare la cosa e a provare di liberarsi dimenandosi, ovviamente senza successo.
Continuai a bere e dopo poco Rita smise di muoversi e di fare versi accasciandosi tra le mie braccia svenuta.
Era sbagliato. Dovevo fermarmi, ma non volevo. Ero troppo arrabbiato con me stesso, con Delilah, con quel Louis, con tutto il mondo …
Spinsi con la mano destra il suo collo contro la mia bocca mentre il braccio sinistro la sorreggeva.
Da quanto tempo non bevevo sangue direttamente da un essere umano? Non me lo ricordavo neanche più. Era molto meglio di quello nella sacca: era fresco.
Rita smise di respirare, ma neanche questo mi fermò. Continuai a bere finché non l’ebbi prosciugata del tutto. La lasciai cadere a terra e buttai la testa all’indietro assaporando ancora quel gusto delizioso.
I miei occhi, che avevano pulsato fino a quel momento diventando sicuramente rossi, tornarono umani, così come i miei sensi, che si erano amplificati al massimo.
Sorrisi e mi passai la lingua sulle labbra. Mi abbassai sul corpo di quella poveretta e mi pulii la faccia dal suo sangue con la manica della sua maglietta. Poi la sollevai da terra  per un piede e la portai dietro un cassonetto dell’immondizia in modo che fosse nascosta dagli sguardi di chi passava lì vicino. La sistemai seduta, le chiusi gli occhi, che erano rimasti semi aperti, e le labbra.
Mi dispiaceva. Non eravamo delle bestie come ci descriveva da sempre la gente, ma … non era facile resistere al sangue caldo. I primi anni della mia vita da vampiro, avevo provato con il sangue di animale, ma mi ero sentito male più volte, scoprendo così che non mi ci potevo nutrire. Però non ero un mostro. Nonostante ciò che era appena successo non fosse certo a mio favore.
Abbandonai lì la ragazza e varcai di nuovo la porta di servizio.
Incrociai lo sguardo con quello di Rosmary, che stava ascoltando senza interesse una donna. Le sorrisi leggermente, sperando che non si fosse accorta di niente. Non fu così.
Venne verso di me con un sorriso troppo tirato e mi mise le braccia al collo.
- Ciao amore! – disse con un tono da ragazzetta innamorata e mi baciò l’angolo della bocca. Restai immobile: ma che stava facendo?? Mi si accostò all’orecchio e sussurrò: - Avevi un po’ di avanzi dello spuntino. –
Ah ecco!
- Ti ringrazio. – risposi e tornai alla mia postazione.

* * * * *
Delilah’s pov
Ma dov’era?
Continuavo a cercare Louis con lo sguardo, ma era pieno di gente adesso: giornalisti, fotografi, sicurezza … Non potevo sfruttare i miei sensi, perché avrebbe comportato occhi rossi, pelle trasparente e una fame da paura. E con così tante persone intorno non era certo una buona idea.
Un’altra persona che cercavo disperatamente era Megan. Non sapevo dove andare!
Finalmente trovai quello che mi sembrava un tavolo da ristoro, con un po’ di bibite, patatine e schifezze varie … Megan aveva detto che dovevo occuparmi dei ragazzi della band, se c’era questo tavolino, voleva dire che ci ero vicina.
- Ma guarda chi si rivede! –
Mi voltai verso la voce che aveva appena parlato. Era un ragazzo alto, riccio, occhi verdi e … due fossette che mi ricordavano qualcuno …
- Sei il tipo dell’aereo! – esclamai sorridendo. In tutta sincerità non era chi stavo cercando, ma almeno era una faccia già vista.
- Mi hanno chiamato in modi peggiori. – disse ridacchiando con voce profonda.
Mio Dio, che bel sorriso!
- Sei qui per i preparativi del concerto? – gli chiesi.
- In un certo senso – rise – sì. –
- E che fai di bello? Aiuti con le luci? –
- Ehm … - mi guardò divertito – in realtà faccio parte della band. –
- Ah … - imbarazzo. Avrei dovuto fare qualche ricerca. Però lui non aveva l’aria di aver capito che non lo stavo prendendo in giro.
- Sono Harry. – mi offrì la mano e gliela strinsi.
- Delilah. –
- Tu che fai qui Delilah? – chiese.
- Mi occupo della band. In modo che non manchi nulla ai suoi componenti. –
- Ah sì? – alzò un sopracciglio e fece uno strano sorriso.
- Hey! Non pensarci neanche!! Mi occupo SOLO ED ESCLUSIVAMENTE di bibite e snack. – risi.
Rise anche lui passandosi una mano tra i ricci. Un intenso profumo di sangue mi investì, inondandomi i sensi.
- Che c ‘è di tanto divertente? –
Mi rivolsi verso la voce che ormai conoscevo e che mi era mancata da morire (si fa per dire): Louis. L’odore di sangue, la sete, Harry, tutte le persone intorno … scomparve tutto. C’eravamo solo io e Louis, come allora, i miei occhi nei suoi … durò solo un attimo, ma fu l’attimo più intenso e magnifico che avessi mai vissuto. Era lì.
- Hey, questa è … -
- Delilah. – offrii la mano a Louis, un gesto che mi sembrava un po’ strano, interrompendo le presentazioni di Harry. Sorrisi. Il cuore a mille. La gola secca. Un vuoto a forma di stomaco.
- Louis. – mi sorrise, continuando a guardarmi negli occhi e prendendomi la mano. Quel contatto mi fece venire i brividi su tutta la schiena.
Non svenire. Resta in piedi Delilah, resta in piedi. Pensai che fosse una cosa stupida che quello fosse il mio unico pensiero: ero una vampira! Eppure ero sicura che se non me lo fossi continuato a ripetere, sarei finita a terra come un sacco di patate.
- Sentito? Delilah. – Harry mise un braccio sulle spalle dell’amico – Ti ricorda niente? –
- Ma certo … - rise leggermente – Xfactor. Oh it's what you do to me, oh it's what you do to me… - canticchiò - La canzone dell’audizione. –
Okay, troppe emozioni in una volta anche per un morto. Fai qualcosa!
Per fortuna una tipa magrolina con occhiali quadrati appoggiati sul naso e una strana cuffia nell’orecchio risolse la situazione, annunciando che la band doveva fare delle prove sul palco per controllare le luci e i suoni.
- Arriviamo! – Harry mi fece un cenno con la mano a mo’ di saluto accompagnato da un occhiolino e se ne andò.
- A più tardi magari, Delilah. – disse Louis, guardandomi ancora negli occhi, un sorriso sulle labbra rosa.
- Sì, a dopo. –
Ritrassi la mano (a malincuore) accorgendomi che la nostra stretta di presentazione era durata un po’ troppo e lo seguii con lo sguardo mentre si allontanava. Si voltò ancora un paio di volte per poi salire sul palco.
Respira.
 

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Capitolo 5
*** Prove ***


~~5) Prove
- Rallenti! – gridò Louis – Si farà male! –
- Sono sicura che non sarà così. – risposi continuando a galoppare. Il vento mi scompigliava i capelli e mi faceva lacrimare gli occhi, ma non riuscivo a smettere di sorridere.
- Non può rallentare un po’, per amor del cielo?! – chiese il ragazzo. Era qualche metro dietro di me, in sella al suo cavallo e mi inseguiva, chino sul collo dell’animale.
- Vieni a fermarmi! – lo sfidai.
Non rispose, ma dopo poco sentii il rumore di zoccoli che si avvicinavano veloci. Mi voltai quel tanto per vedere Louis in piedi sulle staffe che incitava il cavallo ad andare più veloce.
I capelli castani erano tirati indietro dall’aria…
“Sì, è proprio bello.” sorrisi al pensiero e mi sentii arrossire.
In poco fu di fianco a me e prese il mio cavallo per le briglie, facendoci rallentare fino a fermarci. Scesi dal cavallo e gli accarezzai il muso nero e lucido. Sentivo sotto le mie dita i muscoli tesi e il cuore martellante nel petto. Gli diedi un paio di pacche leggere sul collo e mi allontanai.
Davanti a me si apriva un prato verde, punteggiato qua e là da qualche fiore colorato. Mi lasciai cadere sull’erba, sdraiandomi a pancia in su. Era una bella giornata e ne avevo approfittato per fare un giro, ovviamente scortata dalla mia guardia-maggiordomo: Louis.
Mi alzai sui gomiti e inaspettatamente incrociai lo sguardo di questo. Sentii le guance diventare calde e trattenni il respiro. Succedeva spesso che lo trovassi a fissarmi e ogni volta era un batticuore. Ci guardammo un attimo negli occhi, poi voltò la testa e finì di legare anche il suo cavallo a un albero per le briglie.
Mi sdraiai di nuovo.
- Louis! – lo chiamai.
- Sì? –
- Vieni qui. –
Si avvicinò un po’ titubante ed entrò nella mia visuale, il sole che gli illuminava il volto.
- Guarda. – indicai il cielo socchiudendo un occhio per la luce.
- Cosa? – alzò la testa.
- No, devi sdraiarti. – vidi i muscoli delle spalle irrigidirsi un attimo, poi si sdraiò lasciando distanza tra di noi. Guardò di nuovo il cielo.
- Non vedo niente. – disse.
Mi avvicinai a lui e gli indicai una nuvola.
- Non sembra la testa di un drago? –
- … -
- Vedi? Questa è la bocca. E poi ci sono i denti. E questa è una parte del collo. Ora lo vedi? –
Non rispose.
Mi voltai per vedere se non si fosse addormentato. Era sveglio, ma rigido come un tronco d’albero. Non stava guardando nella direzione che gli stavo indicando, ma aveva la testa rivolta di lato, gli occhi aperti, ma persi tra gli alberi in un punto indefinito.
“Ma certo: non sopporta la mia vicinanza.”
Mi alzai. Non voleva starmi vicino? Bene, io anche meno.
Mi avviai verso il cavallo e tentai di sciogliere il nodo che lo teneva legato all’albero, ma senza troppo successo: Louis aveva fatto un buon lavoro.
- Vuole … vuole che torniamo indietro? –
- No. – gli dissi senza guardarlo – IO torno indietro, tu puoi anche restare qui. Sai, non mi piace passare del tempo con gente che non gradisce la mia presenza. –
“Maledetto nodo, slegati!”
- Cosa? No, aspetti … non è come pensa! – si alzò dal prato e si avvicinò a me.
- A no? – mi voltai lasciando stare il nodo - A me sembra proprio che tu non riesca a sopportarmi! – sentii le lacrime pungermi gli occhi.
- No, non è così … -
- E com’è allora?! – cominciarono a scendermi lacrime di rabbia – Non posso avvicinarmi che mi tratti come se avessi la lebbra. –
- No, io … -
- Qual è il tuo problema?!? – gridai.
Fu un attimo: mi prese per le spalle spingendomi contro il tronco dell’albero da cui cercavo di liberare il mio cavallo e premette le labbra sulle mie.
Fu così veloce che non ebbi neanche il tempo di chiudere gli occhi, ma appena capii cosa stesse succedendo … gli incrociai le mani dietro il collo, attirandolo di più a me e lui mi strinse i fianchi.
Si allontanò giusto per riuscire a guardarmi negli occhi, sorrise e con una mano mi asciugò una lacrima sulla guancia.
All’improvviso spalancò gli occhi e si allontanò di più. Si passò le mani tra i capelli e serrò le labbra irrigidendo la mascella.
- Io … io … mi dispiace … Sono … davvero mortificato … - il suo sguardo tradiva una certa disperazione. Strinse le mani a pugno e si coprì gli occhi corrugando la fronte.
Mi avvicinai a lui senza esitare. Gli tolsi le mani dagli occhi e appoggiai leggermente la bocca sulla sua. Mi allontanai e vidi che aveva gli occhi sbarrati e spaventati.
- Non scusarti. – lo rassicurai – Non farlo. – mi riavvicinai al cavallo e finalmente riuscii a slegare le briglie – Andiamo a casa. – salii in sella e guarda Louis, che aveva ancora l’espressione di poco prima – Nessuno saprà di questo. – lo rassicurai.
Finalmente si mosse e senza guardarmi slegò il cavallo, salì in sella e mi seguì verso il palazzo senza parlare.
Fu il mio primo bacio.

* * * * *

- Che bella collanina, dove l’hai presa? – mi chiese una delle ragazze che aiutava Megan.
- Oh … - abbassai lo sguardo sul ciondolo che tenevo nella mano facendolo ricadere nella canottiera –  è un regalo. –
- Una persona speciale? – mi chiese socchiudendo gli occhi e facendo un sorrisetto.
- Molto. –

* * * * *

La band provò un po’, canticchiando qualcosa per provare i microfoni, saltellando da una parte all’altra del palco per provare le luci … Io li stavo guardando un po’ nascosta. Pardon, mi correggo, LO stavo guardando un po’ nascosta dietro delle casse. Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso e tanto non avevo niente da fare, anzi, dovevo occuparmi di lui … ehm, loro.
- Sono bravi eh? – era ancora la ragazza di prima che mi si avvicinò.
- Sì, niente male, dai. – non curante.
- Ti piace? –
- Chi? –
- Louis. –
Mi girai di scatto verso di lei. Perché aveva detto così??
- Cosa? – non convinta dal tono che avevo usato – C-come ti viene in mente?? –
- Non lo so. – scrollò le spalle – Ho notato che lo segui con lo sguardo. Muovi anche leggermente la testa ogni volta che si sposta. – mi guardò – Pensavo che forse potesse interessarti. –
Era magra, capelli lunghi e lisci legati in una coda, una spruzzata di lentiggini sulle guance e svegli occhi marroni. Era carina, niente di particolare, ma carina.
- È bello. – mi diede una gomitata sorridendo.
- Sì. – sorrisi – Lo è. – tornai a guardarlo.
Louis era cambiato, ovviamente, da come l’avevo conosciuto io, ma avrebbe potuto farsi anche i capelli verdi e riempirsi la faccia di piercing che ero certa l’avrei riconosciuto. E l’avrei amato. Come avevo sempre fatto.
- Sai chi altro si è accorto che lo stai fissando? – mi chiese.
- Chi? –
- La sua ragazza. – mi si avvicinò un po’ di più – Non guardarla, ma è esattamente dietro di noi. Si è fermata a prendere da bere al tavolo. L’ho sentita chiedere chi fossi, cosa ci facessi qui e perché stessi guardando le prove, in particolare, perché stessi guardando il suo ragazzo. –
Mi si allontanò di nuovo.
Ha la ragazza … mi si strinsero dolorosamente le viscere.
- Come si chiama? – le chiesi, sempre guardando i ragazzi (Louis) che provavano.
- Eleanor. – mi rispose – A me non piace. Se la tira un po’ troppo. La trovo un po’ snob. Certo, è carina, ma … sai, credo si senta minacciata da te. Prima continuava a squadrarti da capo a piedi e credo ti abbia vista anche in viso. – abbassò la voce – Ti avviso: è una ragazza molto possessiva e gelosa. –
Cercando di farmi notare il meno possibile, tolsi lo sguardo dal palco (molto a malincuore) e mi voltai, dirigendomi verso la mia postazione di lavoro in modo naturale. Non la guardai, non ancora. Mi avvicinai al tavolo e mossi qualche bicchiere, un pattino, una ciotola di patatine e poi, casualmente, mi cadde lo sguardo su di lei.
Mi stava fissando.
Aveva un vestitino carino: aderente nella parte superiore, come una canottiera, di colore bianco e dalla vita (stretta in una cintura nera) in giù si apriva in una gonna azzurra e morbida che arrivava fino ai piedi risaltandole le lunghe gambe. I capelli erano marroni e boccolosi e le ricadevano sulle spalle, tirati indietro però da degli occhiali da sole che teneva sulla testa.
Sentii subito l’odore del suo sangue, ma mi sembrava disgustoso. Come l’espressione che aveva sul volto: disgustata.
Sorrisi: - Ciao. –
Si portò il bicchiere alle labbra senza rispondermi. Mi guardò da testa a piedi e fece un sorrisetto appena accennato.
- Lavori qui? – la provocai.
Fece una strana espressione: - No! Sono qui perché sto con uno della band e dopo dobbiamo andare a pranzo. – sorrise soddisfatta di poter vantarsi di ciò.
- Ah sì? –
- Già. – disse solo, ma vedevo che aspettava le chiedessi “chi?”. Fremeva dalla voglia di dirmelo.
- Sono bravi. – non l’avrebbe avuta vinta.
- Sì, lo sono. – un altro sorso di non sapevo cosa – Adoro la voce del mio ragazzo. –
- Mmm… -
Silenzio.
No, non te lo chiedo, non ci contare.
Era una sfida, stupida e senza senso, certo, ma comunque …
I ragazzi scesero dal palco rientrando nelle quinte. Non potei fare a meno di cercare Louis e incrociai il suo sguardo che mi diede un brivido lungo la schiena.
Sorrisi leggermente.
Lui ricambiò il mio sorriso.
E Eleanor gli si spatasciò addosso, circondandogli il collo con le braccia e rubandogli un bacio che non si aspettava.
Eww. Trattenni una smorfia, ma ero invidiosa del fatto che lei potesse farlo e io no.
Strinsi il bordo del tavolo con le dita per non scaraventare quella ragazzina dall’altra parte della stanza con un calcio. O dall’altra parte della città. O dall’altra parte del mondo, della galassia, dell’universo!
Distolsi lo sguardo dalla coppietta abbracciata sia per privacy, sia perché se li avessi fissati ancora un po’ sarei scoppiata in lacrime e le mie lacrime non erano gocce di acqua salata, ma sangue, dato che era la sola cosa di cui mi nutrivo.
Ammetti Delilah, la verità è che non vuoi che nessuno dei due ti veda piangere, soprattutto Louis.

* * * * *

Louis chiese a Eleanor se aveva guardato le prove, se le erano piaciute … Notai con piacere che: 1) non sapeva bene di cosa conversare; 2) non gli interessava minimamente. Continuavamo a scambiarci sguardi fugaci.
Magari gli interesso, pensai sorridendo e distogliendo lo sguardo ancora una volta.
- Hey Delilah! – Harry mi si avvicinò sorridente mostrando quelle adorabili fossette – Hai visto le prove? –
- Oh sì, siete stati bravissimi. – sorrisi – Vuoi qualcosa da bere? –
- Non ti preoccupare, mi servo da solo… - fece per prendere l’aranciata, ma gli bloccai la mano.
- Che fai? Mi rubi il lavoro? – gli sorrisi e versai in un bicchiere quel liquido di un arancione acceso.
Sentii il suo sguardo ispezionarmi il corpo. Sorrisi divertita. Chissà cosa avrebbe fatto se avesse saputo che i miei nervi erano ipersensibili anche agli sguardi.
Mi voltai verso di lui offrendogli il bicchiere. Fissò gli occhi nei miei e bevve un sorso, sempre guardandomi.
- Ragazzi venite. Qui abbiamo finito. – un omone si avvicinò a noi - Dobbiamo andare: ci sono già delle fan urlanti e altrettanti paparazzi. –
- Sì, solo un attimo. – disse il riccio e poi si rivolse di nuovo a me - Quindi domani ci vediamo, no? Per il concerto. –
- Ehm … sì certo. Ci vediamo domani. – sorrisi.
- Bene. – mi guardò ancora un attimo prima di avvicinarsi e sfiorarmi con le labbra la guancia, alzandomi il mento con l’indice della mano – A domani. – sorrise e seguì il tipo di prima.
Mi toccai la guancia con le dita, stupita di ciò che era appena successo. Ammetto che non me l’aspettavo.
Guardai Louis e notai che anche lui mi stava guardando, la bocca serrata e le sopracciglia corrucciate.
- Louis, Louis ci sei? – Eleanor gli schioccò le dita davanti alla faccia – Ma che hai? – mi squadrò.
Interruppi il contatto visivo imbarazzatissima: il ragazzo che amavo da un’eternità mi aveva appena vista essere baciata da un suo amico. Sapevo che lui non si ricordava niente di ciò che avevamo passato assieme, ma mi sentii oppressa dal senso di colpa. Spostai un paio di bicchieri sul tavolo per sembrare impegnata.
Penosa.
- No, niente, sono stanco. – disse lui.
- Andiamo a mangiare. – con la coda dell’occhio vidi Eleanor che gli prendeva la mano e lo portava via.
- Ciao Delilah. – mi salutò lui accennando ad un sorriso.
- Ciao. – sussurrai.
Se ne andarono, ma sentii che Louis si era girato un paio di volte verso di me. Avevo lottato contro la voglia e il bisogno di abbracciarlo e fu come se mi piombasse addosso un secchio di stanchezza, che mi aveva bagnato i vestiti e mi stava spingendo in basso. Di nuovo sulla terraferma.
- Quindi … - Mason comparve appoggiandosi al tavolo – Hai intenzione di sedurre l’intera band? –
- Oh, sta zitto! –
 

Mason’s pov
Maledizione a Louis, al riccio, alla band, a questo stupido lavoro e al mondo intero!!!

 


Ed eccoci qui con un altro capitolo!
Chiedo scusa per il ritardo, ma ci sono state le ultime verifiche dell’anno etc etc etc …
Allora, cosa ve ne sembra? Harry mostra interesse per la nostra protagonista, evidentemente, ma come finirà con Louis? Ed Eleanor? …E Mason?
Che gran casino!
Recensite per favore e ci vediamo al prossimo capitolo che spero di postare abbastanza presto.
Ciau 

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