Per sempre insieme

di Giampi96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Solitudine ***
Capitolo 2: *** Illusione ***
Capitolo 3: *** Sentimenti ***
Capitolo 4: *** Incubi ***
Capitolo 5: *** Rancore ***
Capitolo 6: *** Odio e amore ***
Capitolo 7: *** Segreti ***
Capitolo 8: *** La verità ***
Capitolo 9: *** Amore fraterno ***
Capitolo 10: *** Un aiuto inaspettato ***
Capitolo 11: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 12: *** Riflessioni ***
Capitolo 13: *** Il parto ***
Capitolo 14: *** Per sempre insieme ***



Capitolo 1
*** Solitudine ***


Per sempre insieme
 
 
Crilin per tutto il giorno restò seduto in spiaggia a osservare le limpide acque del mare.
Da quando il suo migliore amico, Goku, era scomparso, aveva perso il suo sorriso, non era più com'era solito essere. Eppure, c’era qualcos’altro tra i suoi pensieri che lo rendeva inquieto.
“Forse dovrei smetterla di starmene qui senza far nulla.” Pensò Crilin triste.
Aveva molti amici, ma dentro di sé sapeva di non aver concluso mai nulla nella sua vita, persino Goku era riuscito a mettere su famiglia e lui no, forse anche lui desiderava una donna accanto, una famiglia da amare e proteggere, proprio come faceva il suo amico.
 
“Ciao, ci vediamo.”
 
All’improvviso al terrestre gli vennero in mente quelle parole, le ultime parole pronunciate da C-18, la cyborg per la quale aveva una cotta.
Forse era proprio quello che lo rattristava davvero, voleva rivederla.
Cominciando a sentire freddo decise di entrare a casa e continuare a rimuginare davanti al camino.
 
Nei sobborghi della città del Nord, un’altra persona girovagava senza meta.
“Ormai è più di un mese che mi ritrovo così, chissà quale destino mi attende ormai.” Pensò la cyborg infelice.
Non riusciva a trovare suo fratello, aveva bisogno di lui, non poteva continuare a stare da sola.
“Chissà dov’è.”
All’improvviso, una piccola banda di criminali notando la bionda tutta sola, decise di andare lì.
«Ehi dolcezza, dove vai tutta sola?»
«Lasciatemi stare.» Rispose fredda lei, senza degnarli nemmeno di uno sguardo.
«Che caratterino che hai, non male.»
La cyborg era già di pessimo umore; dunque, senza pensarci oltre si girò e con un pugno ben assestato spedì il capo della banda contro un muro. Gli altri rimasero allibiti, tremarono di paura.
«Dovrei uccidervi ma voglio evitare. Andatevene prima che cambi idea.»
Sistemata la piccola faccenda, proseguì per le vie cupe e fredde dei sobborghi in cerca di qualcosa che la stimolasse.
 
Verso sera, il freddo cominciò a farsi sentire sempre di più, dopotutto era Febbraio, e l’inverno si sentiva.
Crilin continuò a starsene davanti al camino triste e pensieroso, continuavano a risuonargli in testa le ultime parole della cyborg.
Era triste per la morte del suo amico, ma l’unica cosa che voleva ora era rivedere C-18.
“Non posso continuare a starmene qui.” E senza pensarci oltre, uscì di scatto dalla casa spiccando il volo in direzione della città dell’Ovest.
Aveva bisogno di qualcuno che lo ascoltasse e chi poteva farlo meglio di Bulma?
Si conoscevano da molto tempo e non era la prima volta che si ritrovava ad ascoltare i problemi per cercare soluzioni. Le piaceva rendersi utile, nel suo piccolo.
 
La turchina sentendo bussare smise di lavorare e dal suo laboratorio si avviò per vedere chi fosse.
Aprì la porta lentamente e rimase stupita. «Crilin, che ci fai qui a quest’ora?»
«Ho bisogno di parlarti, spero di non averti svegliato.»
“Oh no. Ero già sveglia, stavo finendo delle cose in laboratorio, entra pure” Sorrise Bulma.
Crilin seguì l’amica in soggiorno, sapeva che forse Bulma non sarebbe stata d’accordo con i suoi pensieri verso la cyborg, ma doveva parlarne con qualcuno.
«Allora, accomodati pure e dimmi tutto.» iniziò lei, indicando il divano all’amico.
Passarono diversi minuti di silenzio, ma poi finalmente Crilin si decise a parlare.
Cominciò a descrivere il suo stato d’animo nelle ultime settimane, spiegando i suoi sentimenti verso la cyborg. La turchina non rimase sorpresa, già quando aveva scoperto che l’amico aveva preferito distruggere il telecomando piuttosto che usarlo per disattivare C-18 aveva capito.
«Capisci ora? Io continuo a pensare a lei, non ho più voglia di fare nulla.»
«Io non posso fare nulla, mi dispiace. Devi cercarla e parlarci, invece di startene seduto senza far nulla.»
Quelle parole all’apparenza sembravano fredde, ma erano un incoraggiamento per l’amico: doveva trovare C-18 e dirle cosa provava davvero, non sarebbe stato facile ma doveva farlo.
Dopo aver ringraziato l’amica, Crilin si precipitò fuori dalle Capsule Corporation per cercare la cyborg. Era determinato, non gli importava quanto ci sarebbe voluto, ma l’avrebbe trovata.
 
Nel frattempo nelle strade solitarie della Città del Nord, C-18 continuava a girovagare senza meta. Da quando era sola, si sentiva vuota e triste, aveva bisogno di qualcuno accanto a lei.
All’improvviso toccandosi il petto le vennero in mente dei ricordi.
 
«Se non è possibile farli tornare umani, allora vorrei che rimuovessi i dispositivi di autodistruzione installati nei loro corpi!»
 
La bionda si era dimenticata di non avere più la bomba dentro di sé, e doveva ringraziare Crilin per questo. Invece l’aveva trattato male e se n’era andata senza dirgli nemmeno grazie.
Forse avrebbe voluto farlo, ma il suo orgoglio glielo aveva impedito.
«Se non posso trovare mio fratello… potrei andare lui. Magari può aiutarmi, dopotutto non è bello stare soli.»
Quei pensieri l’avvolsero per qualche secondo, ma tornò subito alla normalità. “Al diavolo, non ho bisogno di nessuno!”
Stanca di quella città, spiccò il volo per andare altrove.

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Capitolo 2
*** Illusione ***


Crilin era alla ricerca della cyborg da quasi una settimana ormai, eppure di lei nessuna traccia.
Lo svantaggio era che lei non possedeva nessun'aura, per cui non gli era possibile percepirla; doveva contare sulle sue sole forze per trovarla, ma finora nessun risultato.
«Pensavo sarebbe stato più facile, ma non ho proprio idea di dove possa essere!» urlò il terrestre disperato.
Si accasciò al suolo triste e cominciò a sbattere violentemente i pugni a terra.
 
Nel frattempo, C-18 vagava per un bosco vicino alla città del Nord, lo stesso bosco in cui anni prima lei e suo fratello avevano incontrato il Dr. Gelo.
Una strana visione le aveva fatto credere che C-17 fosse in quei boschi, anche se lei stessa non sapeva spiegarsi il motivo. Perché suo fratello doveva trovarsi nello stesso posto in cui fu segnato il loro destino?
Pensierosa, la bionda decise di sostare lì, era in territorio di caccia ma non sarebbe stato un problema sbarazzarsi di chiunque si fosse avvicinato a lei.
Persa nei suoi pensieri, non si accorse che qualcuno si stava avvicinando «Lo sai che avrei potuto spararti, vero?» C-18 conosceva quella voce sarcastica, si voltò di scatto e fu felice di vedere suo fratello.
Era tempo che non lo vedeva, voleva riabbracciarlo, ma non ebbe nemmeno il tempo di avvicinarsi che si accorse che tutto ciò era solo un'illusione. Non era suo fratello, era solo un cacciatore che passava da quelle parti.
«Ero convinta fosse mio fratello, invece era solo un’illusione creata dalla mia mente. Sono stanca, devo riposare.» Non pensava che avrebbe pronunciato mai quelle parole, in tutti quegli anni da cyborg non si era mai stancata. Ora era diverso, come se fosse diventata più umana.
Forse anche lei, aveva bisogno di un po’ di riposo, ma di certo non lì.
C-18 decise di andarsene da quel bosco pieno di brutti ricordi e di andare altrove.
 
Crilin dopo qualche minuto si riprese e smise di colpire il terreno. Non poteva permettersi di abbattersi così, doveva andare avanti.
Purtroppo, appena si alzò da terra, si sentì le gambe cedere, per cercare C-18, dormì ogni giorno sempre meno. Per ora doveva concedersi un piccolo riposo, doveva essere lucido per continuare le sue ricerche.
Poco dopo un’ombra oscurò il cielo, Crilin alzò lo sguardo per vedere chi fosse, ma forse non era necessario. La voce era più che chiara.
«Ehi, nanerottolo, che stai facendo qui?» Quella voce dal tono arrogante, impossibile non riconoscerla.
Era la voce di Vegeta, ma che diavolo ci faceva lì?
«Io non sto facendo nulla.» Rispose calmo lui.
«Tsk, non dire assurdità. Ho origliato l’altra sera, quando sei venuto a parlare con Bulma. Solo che non pensavo fossi così imbecille da poterti innamorare di una stupida marionetta.»
«Non chiamarla così.»
«Beh, ti lascio pure da solo, ho altro da fare, ma sappi che se mai rivedrò quel cyborg, gliela farò pagare personalmente per quello che mi ha fatto.»
Il terrestre senza pensarci si scagliò contro il principe dei Saiyan che non ebbe alcuna difficoltà a bloccarlo e buttarlo a terra.
«Stupido, davvero pensavi di potermi colpire così? Mi ricordi tanto quell’insulso terrestre che sta sempre in mezzo alle scatole.»
Senza dire altro il principe dei Saiyan spiccò il volo lasciando a terra il povero Crilin, era ovvio che non sarebbe mai riuscito a fargli nulla; probabilmente lo sapeva anche lui, aveva agito solo d'impulso.
Verso sera, scese un terribile temporale. Si udirono tuoni ovunque, talmente forti che convinsero Crilin a concludere le sue ricerche, difatti decise di tornarsene alla Kame House non molto distante da lì.
 
«Ci mancava solo la pioggia!» Urlò la cyborg furiosa.
Era stanca e aveva bisogno di riposare, cercava un rifugio per riposare, ma il forte temporale le impedì di proseguire a lungo, i suoi circuiti non andavano d’accordo con tutta quell’acqua, dopo qualche metro, cominciò a perdere le forze e precipitò al suolo violentemente.
«Dannazione, non riesco nemmeno a volare…» La pioggia battente inondò le varie città, la cyborg sopraffatta dalla pioggia, si accasciò al suolo stanca e perse i sensi.
Lo stesso Crilin che stava tornando a tutta velocità a casa, scorse la bionda «Non posso crederci, quella è C-18! Sarà meglio che vada a controllare.»
Vedendo la cyborg priva di sensi, decise senza perdere altro tempo di portarla con sé alla Kame House, sapeva che forse Muten non sarebbe stato d’accordo, ma non aveva altra scelta. L’aveva ritrovata dopo tanto tempo e non poteva di certo lasciarla lì.
Con la cyborg sulle spalle, sfrecciò a tutta velocità verso casa, senza pensare alle possibili conseguenze del suo gesto.

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Capitolo 3
*** Sentimenti ***


Crilin entrò in casa tutto zuppo e cercò di fare meno rumore possibile per evitare di svegliare il suo maestro. Andò in camera sua e appoggiò la cyborg sul letto, dolcemente e sorreggendole la testa.
Decise di starle accanto per prendersi cura di lei.
“Sarà meglio coprirla, fa freddo stanotte.”
Il temporale non accennava a fermarsi, così come i tuoni che rimbombavano per tutta l’isola. La forte pioggia continuò per tutta la notte e il terrestre per tutto il tempo non fece che stare accanto a C-18 senza nemmeno chiudere occhio.
 
Il mattino dopo, il sole era tornato a splendere e anche se aveva piovuto per l’intera notte, ora il caldo si faceva sentire.
Crilin si era messo ai fornelli per preparare qualcosa per la sua ospite, in caso si fosse svegliata affamata.
«Oh che bello, stai preparando la colazione!» Urlò felice Muten vedendo il suo ex allievo cucinare.
Crilin, cercò di inventare qualche scusa per andarsene da lì e portare la colazione di sopra, pensò che non fosse ancora il momento per dirgli di C-18.
«Maestro, io devo andare di sopra.» Senza nemmeno il tempo di ricevere una risposta, si precipitò su per le scale lasciando il suo maestro confuso.
«Ce l’ho fatta, ora sarà meglio che vada a controllare C-18.»
Con la colazione ancora calda aprì la porta, e trovò la cyborg già sveglia che osservava la spiaggia dalla finestra.
Lui si schiarì la gola con un colpo di tosse. «Emh, vedo che ti sei svegliata. Mi fa piacere, stai bene?»
La cyborg si limitò ad annuire senza degnarlo nemmeno di uno sguardo.
«Sono contento, ti ho preparato qualcosa da mangiare, nel caso avessi fame.»
Crilin, capì che lì non poteva fare altro per lei, quindi decise di andarsene. Poco prima di aprire la porta, C-18 lo fermò.
«Aspetta, dimmi che è successo ieri notte.»
Il terrestre si girò e dopo qualche secondo di silenzio, cominciò a spiegare tutto, contento di aver l’attenzione della cyborg, almeno stavolta.
«Perché l’hai fatto? Non era necessario.» Chiese lei fredda.
Lui sorresse il suo sguardo senza timore. «Avresti voluto che ti lasciassi lì?!» Senza rendersene conto alzò il tono della sua voce per un attimo, tempo sufficiente per essere fulminato con lo sguardo da C-18.
«Scusami, non volevo. Comunque, non avrei mai potuto lasciarti lì.» E senza dire altro, uscì dalla porta lasciando sola la bionda.
Scendendo le scale, gli venne in mente che una persona in quella casa, era ancora all’oscuro di tutto.
Doveva dire a Muten della presenza della cyborg, quando decise di portarla lì, sapeva che forse non sarebbe stato d’accordo, ma ora doveva dirgli la verità.
«Crilin, finalmente sei tornato. Ma dov’eri?»
Il terrestre si sedette sul divano in salotto e cominciò a parlare, doveva spiegare tutto al suo maestro, non poteva tenerlo all’oscuro di tutto. Era casa sua.
Dopo le spiegazioni, ci fu qualche minuto di silenzio, interrotto dall’anziano: «Spero che tu sappia cosa stai facendo, se è così, allora hai il mio appoggio.»
Crilin, fu felice di udire tali parole, non si aspettava comprensione dal suo maestro, eppure era andata meglio di quanto sperasse.
Finito lì, decise di tornare da C-18 per vedere se aveva finito la colazione.
Aprì la porta lentamente e la trovò sdraiata sul letto con la colazione ancora lì. «Come mai non hai mangiato, non hai fame?» Chiese curioso.
«Non mangio quella roba, portala pure via.» Rispose fredda lei. «Comunque, sto bene.» Aggiunse lei senza nemmeno guardarlo.
«Se non hai un posto dove stare, puoi restare qui, io sarei felice di ospitarti.»
C-18 a quella proposta lo fulminò, perché si comportava così? Che cosa sperava di ottenere? Queste furono le domande che si pose la cyborg.
Però pensandosi bene, non aveva un posto in cui stare; quindi decise di accettare la proposta di Crilin. «Ci sto, ma non farti strane idee, chiaro?!» Sibilò lei.
Senza pensarci ulteriormente, lui le fece vedere la stanza in cui poteva stare.
 
Da allora passò una settimana, la convivenza con la bionda era strana. Lui era innamorato di lei, ma cercò di non mostrare i suoi sentimenti per nessun motivo. Non era ancora il momento di dirle la verità, anche se avrebbe voluto, nonostante lei a malapena gli rivolgeva la parola.
Crilin, si limitò ad accontentare ogni richiesta che potesse renderla felice «Ancora non capisco perché fai tutto questo, nano, ma non ti aspettare un ringraziamento.»
Le risposte della cyborg erano più o meno tutte simili, ma ciò non fece scoraggiare Crilin.
“Si comporta in modo strano, mi chiedo cosa nasconda. Cosa si aspetta da me?” Pensò C-18 curiosa.
L’unico che sapeva di lei, oltre a lui e Muten, era la sua amica Bulma. Da quando aveva deciso di ospitare C-18, aveva preso l’abitudine di andare da lei per chiederle consigli. Spesso non sapeva come comportarsi, anche per via del comportamento della cyborg.
 
Una sera, Crilin non riuscendo a prendere sonno, decise di andare in spiaggia e notò con stupore la cyborg seduta sulla sabbia.
“Pensavo stesse dormendo, chissà che ci fa lì. Sembra pensierosa” Per un momento pensò di andare lì per chiederglielo, Ma abbandonò l’idea in breve tempo, non era il caso di disturbarla.
Non voleva che si arrabbiasse.
“Farebbe meglio a farsi gli affari suoi.” Pensò la bionda notando Crilin dietro la porta.

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Capitolo 4
*** Incubi ***


Passò un mese da quando Crilin aveva deciso di ospitare la cyborg alla Kame House. Non si poteva dire che tutto procedesse per il meglio, C-18 era spesso scorbutica e fredda, le poche parole che fino ad allora aveva rivolto al terrestre erano insulti, ma lui continuava a sperare.
“Sto facendo di tutto per lei, eppure l’unica cosa che ottengo da lei, sono insulti.” Pensò triste Crilin sbattendo i pugni a terra.
Il rumore di quel pugno arrivò fino al piano di sopra svegliando la cyborg «Che diavolo è stato?» Si chiese lei ancora addormentata.
Senza pensarci due volte si alzò e decise di andare a dare a una lezione a chi aveva osato svegliarla.
«Sono giorni che non dormo, chiunque sia stato a provocare quel rumore, me la pagherà.»
Il terrestre si alzò dal suolo e non appena si voltò scorse la bionda, il suo sguardo fece intendere che non aveva buone intenzioni.
«Si può sapere che combini? Mi hai svegliata!» Urlò lei furiosa.
«Scusami C-18, non volevo svegliarti ma…» non riuscì a terminare la frase che si sentì sollevato da terra.
«Non osare mai più.» Con quelle parole lo lanciò contro il muro.
La cyborg senza aggiungere altro uscì dalla porta e spiccò il volo allontanandosi sempre di più dalla Kame House.
Il povero Crilin ancora scosso cercò di capire il motivo di quel gesto, in fondo l’aveva solo svegliata, perché prendersela così?
 
“Quell'idiota, non ci tiene alla sua pellaccia.” Pensò furiosa la bionda.
Con pensieri maligni verso il terrestre continuò a volare senza meta, voleva solo andarsene da lì prima di commettere qualcosa di cui probabilmente poi si sarebbe pentita.
Poco dopo, notò un laghetto e decise di scendere per stare un po’ tranquilla e sbollire.
«Non so perché, ma mi pare di essere già stata qui.» Pensò C-18.
 
«Cosa pensi che ci accadrà ora che siamo cyborg?»
«Non lo so, sorellina. Ma non temere, io sarò sempre accanto a te.»
 
«Come no. Magari fossi accanto a me, mi manchi e io ho bisogno di te!» Urlò lei mentre una piccola lacrima bagnava il suo dolce viso.
Era una donna forte e orgogliosa, ma era da sola. Non si faceva problemi a liberare le sue lacrime, trattenute fin troppo a lungo.
 
Verso sera, Crilin decise di aspettare in spiaggia il ritorno della sua amata C-18, era tutto il giorno che non si vedeva più, temeva se ne fosse andata per sempre.
«Non può essere andata via per così poco, tornerà sicuramente tra poco.» Cercò di rassicurarsi il terrestre.
Per una volta aveva ragione, non appena pronunciò quelle parole, vide la bionda atterrare sull’isola.
Crilin corse verso di lei per vedere come stava, ma come risposta ricevette solo uno schiaffo che lo spedì dritto in acqua «Lasciami stare, nano. Non è giornata.»
Senza ulteriori spiegazioni su quello che era successo, si diresse in camera sua per riposare, o almeno era ciò che sperava.
«No, non mi do per vinto. Non voglio perderla di nuovo, devo parlarci.»
Senza scoraggiarsi, Crilin decise di andare nella camera della cyborg e notando la porta aperta, decise di entrare lentamente sperando di non ricevere altre insulti o botte da lei.
Si stupì di quel che vide, C-18 era nel letto rannicchiata su se stessa, stava piangendo.
«Sei tu, cosa vuoi?» Chiese lei singhiozzando.
«Non ti ho mai visto piangere, cos'hai?»
Al solo udire del verbo piangere la cyborg si disgustò, erano anni che non piangeva, eppure in quel momento aveva ceduto a quella debolezza tipicamente umana.
Cercò di asciugarsi le lacrime per non farsi vedere troppo, non voleva che la vedesse piangere, che la scambiasse per una debole.
«Io… non ho nulla.» D’un tratto smise di piangere e cominciò a fulminare con lo sguardo il nanerottolo.
«Non mentirmi…Non parliamo quasi mai io e te, forse questo è il momento buono per farlo.»
«E perché dovremmo?»
«Perché io tengo a te. Voglio sapere cosa ti turba. Per favore…»
C-18 guardandolo negli occhi percepì sincerità e anche se stupita, gli raccontò quello che le succedeva durante la notte se dormiva. Erano anni che non riusciva a dormire tranquilla, ogni notte veniva tormentata dagli incubi: vedeva il Dr. Gelo, tutto quello che le aveva fatto, tutte le torture, era un vero incubo.
Per lei non era facile vedere tutto quello, era destinata ad avere quei ricordi per sempre senza poterli scacciare dalla sua testa.
«Io… davvero non avevo idea di tutto ciò. Se è così, mi dispiace di averti svegliata, per una volta che eri riuscita a dormire, io…» Dopo quel breve racconto, Crilin cominciò ad avere i sensi di colpa.
«Ora non importa, ma non riprovarci.» Si avvicinò lei minacciosa, e con stupore del terrestre, lo baciò. Durò pochi secondi, ma fu sufficiente.
«Allora, era questo che volevi no? Non sono stupida, ho capito cosa provi per me, sciocco.»
Quel bacio provocò tanto piacere quanto stupore al piccolo terrestre, in tutto quel tempo la sua unica preoccupazione era quella di confessare alla cyborg i suoi sentimenti, ora invece voleva aiutarla, voleva che non avesse più quegli incubi, ma ciò gli era impossibile.
«Beh, non restare lì immobile con quella faccia da idiota. Non aspettartene un altro, almeno per ora.» Sorrise lei.
«Io… vorrei tanto aiutarti, ma non so come fare.»
«Non importa, almeno ora lo sai, così come io so ciò che provi per me. Mi sta venendo un’idea… e se ti facessi crescere i capelli? Per me staresti meglio.»
L’idea della cyborg stuzzicò la mente di Crilin, pensandoci, forse stava anche meglio con i capelli, quindi perché non provare?

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Capitolo 5
*** Rancore ***


Dei rumori forti rimbombarono per tutta la Kame House, ma stranamente nessuno si lamentò.
«Rialzati, sono sicura che puoi fare di meglio!» Urlò la cyborg
Crilin si rialzò a fatica, non poteva arrendersi proprio ora.
Da qualche mese, C-18 si era offerta di allenare Crilin come scusa che non aveva nulla di meglio da fare, ma alla fine si divertiva anche lei. Soprattutto a sfogarsi.
Tra i due c’era un abisso, lei era molto più forte, ma cercava sempre di non andarci troppo pesante. Il suo scopo era allenarlo, non ucciderlo.
«Basta, non ce la faccio più.» Disse a fatica il terrestre che stanco crollò a terra.
«E va bene, riposati pure piccoletto.» Sbuffò lei.
Contento della piccola pausa concessa dalla cyborg, se ne andò in camera e si sdraiò sul letto per riposare.
“Mi sta piacendo vivere con quel nanerottolo, ma a volte mi chiedo se sia davvero questo che voglio.” Pensò la bionda.
In quell'attimo, le vennero subito in mente le parole del fratello.
 
«Non devi preoccuparti, il Dr Gelo ci avrà anche cambiati, ci avrà resi cyborg, ma saremo sempre noi a decidere come vivere la nostra vita.»
«Come?! Ci ha resi immortali e lo sai, come possiamo vivere una vita normale?»
«Non lo so, ma non possiamo di certo piangerci addosso, dobbiamo andare avanti e un giorno quel pazzo ce la pagherà.»
Nel giro di pochi secondi, si avvicinò alla sorella e la strinse forte a sé.
 
«Immortali, già. Un giorno dovrò dirglielo, ma non ora, mi odierebbe.»
La cyborg passò quasi tutta la mattinata in spiaggia con pensieri del genere, erano cose come quelle che non la facevano dormire e che spesso la rendevano scorbutica e fredda con gli altri. Era troppo orgogliosa per ammettere che in fondo, aveva solo bisogno di affetto, come tutti.
 
Il pomeriggio stesso, i due si ritrovarono a girare per negozi nella Città dell'Ovest. Quella fu un'idea del terrestre, il quale, vedendola così giù di morale, decise di portarla in città per comprarle qualche vestito. Ormai sapeva che, se c'era qualcosa a cui lei non sapeva resistere, erano proprio i vestiti.
«Proviamo a entrare qui?» Chiese lui, stringendo dolcemente la mano di C-18.
La cyborg annuì senza dire nulla. Entrarono insieme in negozio «Dà un’occhiata ai vestiti e dimmi quale ti piacciono, così li compriamo.» Sorrise lui.
Crilin si limitò a seguire la sua amata nei suoi spostamenti senza dire nulla, cominciò ad avvertire un po’ di tensione nell’aria, non appena si voltò scorse Bulma che era intenta a fare compere, ma sfortunatamente non era sola, era con Vegeta. In un attimo si ricordò le parole del principe dei Saiyan. Tanto severe quanto minacciose.
 
«sappi che se mai dovessi rivedere quel cyborg, gliela farei pagare personalmente per quello che mi ha fatto.»
 
Crilin senza far capire alla bionda quale fosse la sua paura, cercò di convincerla ad andare altrove, ma senza successo.
«Ma si può sapere che ti prende? Mi hai detto che potevamo comprare qualche vestito ed è quello che sto facendo, quindi non rompere.»
Il terrestre cercò di tirarla per la mano per portarla via di lì. Accidentalmente mise troppa forza e la irritò.
C-18 non rimase immobile, si liberò e minacciosa lo prese per la maglietta per avvicinarlo a lei «Ti ripeto la domanda: si può sapere che ti prende?»
«N-nulla, scusami.» Balbettò lui.
La cyborg lo lasciò andare e continuò a girare per il negozio in cerca dei vestiti che suscitassero il suo interesse.
Crilin continuò a seguirla, era contento che in un modo o nell’altro fosse riuscito ad allontanarla da quella parte del negozio, ora sperava di riuscire ad uscire da lì senza incontrare Vegeta.
«Nanerottolo, ho scelto questi, possiamo andare.»
Crilin non se lo fece ripetere, corse alla cassa per pagare i vestiti e per andarsene da lì al più presto, ma sfortunatamente, anche Bulma e Vegeta si stavano dirigendo alla casa.
«Crilin, che sorpresa vederti qui! Oh, vedo che sei in compagnia…»
Udendo quella voce si voltò di scatto per salutare l’amica. Tremò nel vedere lo sguardo del principe dei Saiyan.
Vegeta si accorse subito della paura del terrestre, eppure non era concentrato su di lui. I suoi occhi erano fissi su quelli di C-18, i due si fulminarono con lo sguardo per qualche secondo.
“Ora capisco perché quel nano aveva così tanta fretta.” Pensò lei. Scosse la testa subito dopo.
I due dopo aver pagato, se ne andarono da lì il più presto possibile, salutando a stento Bulma che al contrario elargì loro un bel sorriso confortevole.
 
«Grazie al cielo, siamo riusciti ad andarcene.» sospirò lui.
«Sei un imbecille, davvero volevi andartene per paura di incontrare quel presuntuoso?»
«C-18… io l’ho fatto per te.»
«Non dire sciocchezze, io non ho paura di Vegeta, l’ho battuto una volta e posso rifarlo.»
Crilin preferì non rispondere, non voleva litigare con la sua amata. Finché poteva, l’avrebbe protetta, anche se era evidente che non poteva fare nulla per fermare il principe dei Saiyan.
“Mi fa piacere che si preoccupi per me, ma deve capire che non ho paura di quel Saiyan, anzi se vuole combattere, io sono pronta.” Pensò lei indifferente mentre tornavano a casa.  

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Capitolo 6
*** Odio e amore ***


Quella mattina, il sole splendeva in cielo e una lieve brezza soffiava tra gli alberi, gli uccelli si posarono sugli alberi e il loro dolce cinguettio avvolse l’isola.
Crilin aprì lentamente gli occhi, allungò le braccia per abbracciare C-18, le sussurrò dolcemente: «Cara, svegliati.»
La cyborg si voltò verso la sua dolce metà, lei odiava essere svegliata ma stavolta non ne sembrava contrariata, anzi ricambiò l’abbraccio con un bacio.
Ormai erano già un paio di settimane che i due dormivano nello stesso letto, fu una decisione della cyborg, da quando aveva deciso di dormire con Crilin, gli incubi non la tormentavano più.
I due decisero di scendere le scale per andare a fare colazione, ma nemmeno il tempo di mettersi seduti che squillò il telefono.
«Pronto?» disse Crilin prendendo la cornetta.
«Crilin, sono Bulma. Stavo pensando, non credo che sia un bene continuare a nascondere la tua relazione con C-18, che ne dici di venire stasera alla mia festa con lei?»
«Non so se lei…» Nemmeno il tempo di finire la frase che si ritrovò fulminato dallo sguardo della bionda. «Emh, Bulma...Se veniamo ti farò sapere, grazie dell’invito.»
Riagganciò all’istante per ritrovarsi a fare i conti con C-18, lei lo spinse contro un muro «Non so cos’hai in mente, ma te lo scordi.»
Quel tono non accettava repliche; infatti, il terrestre preferì non dire nulla.
 
La sera stessa, si udirono delle voci provenire dal piano superiore della Kame House.
«Allora, come mi sta?»
«Sei bellissima, cara.» Rispose Crilin arrossendo lievemente.
A quanto pare, era riuscito a convincerla, avevano deciso di andare alla festa di Bulma.
Lei si guardò allo specchio e accennò un sorriso. Aveva un bel vestito bianco a fiori e dell’eyeliner sugli occhi. Si era fatta ancora più bella e il trucco metteva in risalto i suoi splendidi occhi di ghiaccio. “Io ancora mi sto chiedendo come ho fatto a farmi coinvolgere.” Pensò scocciata.
Crilin sorrise come se avesse percepito i suoi pensieri e abbracciò la cyborg che in un attimo lo allontanò da sé. «Piantala, non starmi sempre appiccicato.»
Prima di uscire, Crilin chiamò l’amica per assicurarsi che tutti sapessero di C-18. Non poteva rischiare di spaventarli, anche se in cuor suo sapeva che forse non sarebbero stati felici della sua presenza.
«Andiamo, nano. Spero che questa dannata serata passi in fretta.»
 
In meno di venti minuti, i due atterrarono fuori alla Capsule Corporation. Senza problemi scelsero di andare subito alla porta.
«Crilin, così alla fine hai deciso di venire, sono contenta che ci sia anche tu C-18. Entrate!» esordì Bulma, aprendo lei la porta.
I due entrarono seguendo la scienziata all’interno della casa, c’erano già tutti, a quanto pare mancavano solo loro.
Per qualche secondo ci fu un silenzio tombale in tutta la sala, ma poco dopo, tutti si affrettarono a salutare l’amico, sapevano di C-18 ma forse un po’ ancora la temevano.
 L’unico a non temerla era Vegeta che se ne stava in disparte lontano da tutti. Non gli erano mai andate a genio le stupide feste organizzate da Bulma, avrebbe preferito allenarsi.
 
La serata sembrava non passare mai per C-18, era lì solo per accontentare Crilin, fosse per lei, se ne sarebbe stata a casa lontana da tutti gli imbecilli che lui chiamava amici.
«Senti, io me ne vado fuori, mi fissano tutti e non voglio uccidere nessuno, quando è ora di andarsene, chiamami.»
«C-18 ma che dici? Loro non ti odiano, dai resta qui.»
La cyborg lo ignorò completamente e uscì dalle Capsule Corporation, preferì passare il resto della serata in giardino ad aspettare che quel disgraziato la chiamasse per andarsene da lì.
Sfortunatamente, non era nemmeno sola, qualcun altro aveva avuto la sua stessa idea. Poco più avanti c’era la Gravity Room alla quale era appoggiato Vegeta, anche lui come lei non ne poteva più di stare lì dentro a sentire le loro stupide chiacchiere.
I due s'ignorarono completamente, Vegeta provava rancore verso di lei, eppure nonostante questa fosse una buona occasione per vendicarsi, preferì starsene immobile ad aspettare la fine della festa.
 
Pochi minuti dopo, qualcun altro decise di uscire dalle Capsule Corporation, ma non per noia.
«Ehi, perché te ne sei andata?» Chiese Chichi curiosa, fermandosi davanti alla cyborg.
Lei la fissò negli occhi. «Non mi va di stare lì dentro, tutto qui.»
«Mi dispiace, ma comunque sappi che noi non ti odiamo, almeno non io. Hai cercato di uccidere il mio Goku, eppure io non ti odio, mi farebbe piacere se tornassi dentro con noi.»
«Parla per te, Chichi!» Si udì una voce che sembrò rispondere alle parole della moglie di Goku.
Chichi sapeva che a Iamko non piaceva la presenza della cyborg; infatti, lì dentro era uno di quelli che ne parlava male, aveva paura di lei e provava disprezzo.
Cercò di farlo andare dentro casa per farlo calmare, ma fu tutto inutile, si era scolato una bottiglia di vino, era totalmente fuori di sé.
«Non m'importa cosa pensi di me, sciocco terrestre. Ma non rompere, o sarà peggio per te.»
Iamko totalmente ubriaco cominciò a insultarla, non sapeva nemmeno cosa stesse facendo, ma probabilmente erano cose che pensava di lei, solo che da sobrio non si sarebbe mai sognato di dire. Non ne avrebbe mai avuto il coraggio.
«Io non capisco cosa trova Crilin in una come te, sei solo un pezzo di latta! Sarai anche bella, ma resti una minaccia e non sei buona nemmeno per fare sesso!»
C-18 non era mai stata un tipo paziente e a quelle parole s'infuriò all’istante. Si alzò in piedi di scatto e sferrò con tutta la sua forza un violento pugno sul volto del povero terrestre ancora ubriaco.
«Non dovevi dirmi queste cose, odio quelli come te. Non m'importa se sei amico loro, sei morto.»
In un attimo, tutti gli amici di Crilin, lui compreso accorsero fuori per vedere cosa stesse accadendo. Crilin trattenne gli amici e avanzò. Rimase stupito di ciò che stava vedendo, quando aveva deciso di accettare l’invito di Bulma, non si sarebbe mai aspettato questo.
«Basta Iamko, lasciala stare! Lei si stava facendo solo gli affari suoi, torniamo dentro.» Urlò la turchina che ricevette una spinta dall’amico.
«Lasciami stare Bulma, ora do una bella lezione a quella presuntuosa.»
Assistendo a tale scena, Vegeta decise di intervenire, stanco di quel baccano. Si mosse a una velocità supersonica, neanche si fosse trasformato in Super Saiyan, e con un solo colpo stese Iamko facendogli perdere i sensi.
«Tornate dentro alla vostra stupida festa e portatevi dietro questo imbecille che a malapena regge l’alcol. Ditegli che i bambini non dovrebbero bere.»
Bulma sapeva che non voleva fargli del male, l’aveva steso solo per salvarlo dalla furia della cyborg. Lei con l’aiuto di Chichi portò l’amico dentro.
«Ragazzi, mi occupo io di Iamko, non è il caso di continuare questa festa, è meglio se tornate a casa.»
Dopo che tutti tornarono dentro, la cyborg si avvicinò a Vegeta per ringraziarlo, un semplice grazie per poi andarsene da lì, lontano da tutti quegli idioti.
«Non so perché tu l’abbia fatto, ma grazie.»
«Non l’ho mai sopportato, non l’ho fatto di certo per te, sciocca.»
«Grazie lo stesso.» ripeté lei.
Crilin dalla finestra la vide spiccare il volo e senza pensarci due volte, abbandonò i suoi amici, riuscendo a malapena a salutarli, per correre dietro alla sua amata.

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Capitolo 7
*** Segreti ***


Dopo aver volato per un paio d’ore, finalmente Crilin riuscì a ricordare dove la cyborg andava ogni volta che voleva stare sola. Un posto isolato e deserto.
Andò lì senza starci a pensare troppo, aumentando la sua velocità.
Atterrò lentamente e si diresse verso la cyborg che era accovacciata poco più avanti, il terrestre lo sapeva che non era così fredda come voleva dimostrare, altrimenti quelle insulse parole non le avrebbero fatto quell’effetto. Non l’avrebbero nemmeno sfiorata.
Avvicinandosi a lei scoprì che stava piangendo, anche se era già successo in passato, lei odiava mostrare le sue debolezze, i suoi sentimenti, odiava essere considerata come le altre.
Odiava mostrare le sue fragilità.
«Che vuoi? Lasciami sola.»
Crilin ignorò totalmente le parole della cyborg e l’abbracciò. Chiuse gli occhi aspettandosi una reazione da parte sua, invece non è stato così, non questa volta.
Dopo qualche istante, C-18 si liberò dall’abbraccio di Crilin «Basta, non approfittare del fatto che sono ridotta così, odio tutte queste smancerie.»
Crilin obbedì senza replicare, ma inaspettatamente sentì le sue labbra sulle sue.
Non era di certo la prima volta che C-18 lo baciava così all’improvviso, eppure ogni volta era una sorpresa.
Non durò molto, qualche secondo ma fu bellissimo. «Torniamocene a casa, ora.»
C-18 non se lo lasciò ripetere, si alzò ed entrambi spiccarono il volo verso la Kame House.
La casa per loro fortuna era libera, a quanto pare, Muten era ancora da Bulma, nonostante la festa fosse finita. «Crilin, dai andiamo di sopra.» Fece sorridendo la cyborg.
Era tempo che non la vedeva sorridere così, quel sorriso malizioso lo stupiva ogni volta, il suo comportamento era come sempre imprevedibile.
«Sei stato sempre così gentile con me, forse ti meriti un premio.» Crilin a quelle parole rimase stupito, non aveva ancora idea di cosa passasse per la testa della bionda, ma se ne fece presto una.
Lei lo spinse al letto e cominciò a baciarlo appassionatamente, fu una fortuna che la casa fosse libera in quel momento.
 
La mattina dopo, i due si svegliarono uno nelle braccia dell’altro, avevano passato una notte bellissima insieme, non era mai successo tra di loro, ma una cosa era certa, a lui non era dispiaciuto.
«Vedo che ti sei svegliato, come ti senti?»
Crilin non rispose, si limitò ad annuire guardando negli occhi la bionda aspettandosi qualcos’altro. «Non ti aspettavi questo, vero nano? Si vede che non mi conosci bene.» Disse lei sorridendo e allo
stesso tempo provocandolo. «Eppure era ciò che volevi, no?»
«Ti sono stato vicino perché tengo a te, non per questo.»
Lei sorrise. «Sciocco nanetto, lo so.»
Potevano continuare tutta la mattina, ma preferirono scendere di sotto per fare colazione.
«Che ne dici, se più tardi di porto a fare shopping?» propose lui.
La cyborg annuì accennando un sorriso, ormai sapeva come convincerla a uscire, lei non avrebbe mai detto di no a un po’ di sano shopping.
 
Passò una settimana, felice e spensierata per la coppia. Era da tempo che lei non era così felice, negli ultimi giorni però, la cyborg cominciò a comportarsi in modo strano.
“Che diavolo mi sta succedendo, mi sento così strana.” Pensò lei affaticata, non pensava che si sarebbe potuta stancare da cyborg, eppure era successo, qualcosa la stava cambiando.
«Forse dovrei dirlo a Crilin.» All’istante scacciò dalla sua mente quella sciocca idea «No, col cavolo. Non deve sapere nulla, sono sicura che non ho niente, può capitare anche a me di avere dolori.» Pensò lei cercando di rassicurarsi.
Poco dopo, cominciò a perdere le forze e cadde a terra priva di sensi.
«Sono tornato, cara sei in casa?» Urlò il terrestre entrando in casa con un paio di buste. «Ho comprato più cose del previsto, spero non ti dispiaccia.»
Crilin non trovando nessuno, decise di posare le buste in soggiorno e di svuotarle in un secondo momento, salì al piano di sopra per vedere se la cyborg fosse in casa.
Non appena la trovò a terra svenuta si agitò. «C-18, che diavolo è successo?!»
Senza pensarci due volte, si affrettò a portarla da un medico, sapeva che lei li odiava, ma in quel momento non aveva altra scelta.
 
Verso la sera, finalmente la cyborg riprese i sensi «Vedo che si è ripresa.»
«Dove sono?» Chiese confusa C-18.
Il medico si affrettò a spiegare l’accaduto e cercò anche di spiegarle il motivo di quello che era successo.
«Ho pensato di far aspettare suo marito fuori dalla porta, forse non era il caso che sapesse questa cosa così, spero di aver fatto bene.»
“Più che bene, non deve sapere nulla. Comunque, non è mio marito.”
Lei odiava andare dai medici, eppure questa volta non era arrabbiata, almeno ora sapeva cos’aveva.
Era incinta, col tempo l’avrebbe detto anche a Crilin, ma per ora decise di tenere la cosa per sé, dopotutto era passata a malapena una settimana, poteva ancora nasconderlo senza problemi.
«Beh, allora se è tutto a posto, io vado.» Il medico annuì e lasciò andare la cyborg, prima di aprirle la porta la mise in guardia «Si riguardi, nelle sue condizioni potrebbero accadere altre situazioni spiacevoli.»
Uscendo da quella stanza trovò ad aspettarla Crilin, ancora preoccupato per l’accaduto.
«Tutto bene, cara?» C-18 annuì e fece capire che non voleva più stare lì, voleva tornare a casa.
Mentre tornavano alla Kame House, la cyborg restò in silenzio, mille pensieri l’assalirono in quel momento. “Non è il fatto di essere incinta che mi preoccupa, io sono immortale, prima o poi dovrò dire entrambe le cose a Crilin, ma non so come la prenderà.” 

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Capitolo 8
*** La verità ***


Passò un mese dall’inizio della gravidanza della cyborg, un mese infernale per lei, tra dolori e altro, la sua maggiore preoccupazione era di non far sapere nulla a Crilin. Anche quando le capitava di vomitare, si nascondeva lontana da lui e da chiunque altro.
Per ora voleva che restasse un segreto, non sapeva come l’avrebbe presa.
«Dovrò stare altri otto mesi così? Cazzo!» Urlò la cyborg furiosa.
Quell’urlo si sentì fino al salotto, tanto forte da svegliare Crilin che era addormentato sul divano.
«Ma che diavolo era quell’urlo? C-18… forse sarà meglio che vada a controllare.»
Il terrestre si affrettò a controllare che tutto fosse a posto, preoccupato per l’urlo che aveva appena sentito. Trovò la cyborg rannicchiata su se stessa sopra il suo letto che non fece nemmeno caso alla sua presenza.
«Cara, tutto bene?»
Non ebbe alcuna risposta, ma solo un’occhiata che faceva intendere tutto, preferiva stare da sola.
Negli ultimi giorni, la cyborg era tornata alla sua vecchia abitudine di andare da Bulma la sera tardi per scambiarci quattro chiacchiere. Si conoscevano abbastanza bene e di lei si fidava, sapeva che non avrebbe raccontato nulla a nessuno.
Nonostante le cose successe, persino Vegeta aveva accettato la sua presenza in quella casa, non serbava più rancore verso di lei.
Quella sera ebbero persino uno scambio, appena arrivata l’aveva incontrato in giardino. Sembrava aver appena finito gli allenamenti. «Dovresti dirglielo, sai.»
C-18 si girò e fissò gli occhi scuri del Saiyan. «Dire cosa?»
Vegeta indicò la pancia della cyborg. Non disse nulla.
Lei lo ignorò ed entrò nella casa per parlare con Bulma e confidarsi. Voleva chiederle cosa doveva fare.
Bulma sapeva che la cyborg era incinta, e ogni volta cercava di convincerla a dire la verità a Crilin, ma nulla da fare.
Parlarono fino a tardi, finché lei non si decise a tornare a casa.
«Sarà meglio che ora torni a casa, e no. Non dirò nulla a Crilin, per ora.»
 
Le settimane passarono e la cyborg fece sempre più fatica a tenere nascosta la sua gravidanza, i dolori l’assalivano in qualunque momento e non era facile per lei. Voleva bene a Crilin, ma comunque sapeva che doveva dirgli altro oltre alla sua gravidanza, doveva dirgli che era immortale e che non avrebbero mai potuto vivere una vita normale.
Bulma, avendo sempre più sessioni notturne con la cyborg, cominciava a insospettirsi, sapeva che nascondeva qualcos’altro oltre alla gravidanza a Crilin. Voleva scoprire cosa ma era certa che non avrebbe mai ricevuto questa risposta da lei.
“Un momento, ora che ci penso…” all’improvviso si ricordò di avere ancora i progetti di C-17, gli stessi che usò qualche tempo prima per costruire il telecomando necessario alla disattivazione dei due cyborg. Non aveva mai finito di esaminarli, si era limitata a trovare il loro punto debole per poter costruire il telecomando, ma forse qualcosa le era sfuggito. Forse esaminando attentamente quei progetti poteva scoprire qualcosa in più riguardo C-18. Dopotutto, i loro progetti erano simili, quindi non cambiava molto.
 
«C-18, che stai facendo in spiaggia a quest’ora?»
Lei sentendo la voce di Crilin, non si voltò nemmeno. Preferì aspettarlo, sapeva che contraria o no, si sarebbe seduto di fianco a lei per scoprire cosa la turbava.
«Crilin, è passato più di un mese ormai. Devo dirti una cosa.» Fece lei con voce fredda.
Lui annuì accarezzando il viso della cyborg, qualunque cosa fosse, era pronto.
Preferì dirlo subito, senza girarci intorno. «Sono incinta.»
Il terrestre rimase sorpreso dalla notizia, non si aspettava nulla del genere. Tuttavia, rispetto a quanto pensava la cyborg, lui la prese piuttosto bene.
«Ma è meraviglioso!»
«Sei contento di ciò?»
Crilin invece di rispondere, preferì prenderla e stringerla a sé, il gesto non ebbe bisogno di spiegazioni. Ma a quanto pare per la cyborg non era così…
«Lasciami andare, stupido. Non c’è niente da gioire, fidati.»
Senza dare spiegazioni, se ne andò in camera sua lasciando Crilin perplesso.
«Ma che cosa le sarà preso?» Si chiese lui preoccupato.
 
La sera stessa, Crilin ricevette una chiamata da Bulma, in quei giorni aveva analizzato meglio il progetto di C-17 e dopo ore aveva finalmente scoperto la verità. Per quanto sapesse che non sarebbe stato facile da accettare, doveva dirlo a Crilin, non poteva lasciarlo all’oscuro di ciò.
Cercò di avere più tatto possibile, per non ferire troppo il terrestre, ma non fu facile.
«Impossibile, ti stai sbagliando! Me l’avrebbe detto!» E con quelle parole, attaccò il telefono in faccia alla scienziata.
Ancora incredulo, cominciò a domandarsi se fosse vero quanto detto da Bulma, non voleva crederci, ma perché avrebbe dovuto mentirgli?
In quei giorni, se ne restò chiuso in camera a pensare, cercò di evitare in ogni modo possibile di parlare con C-18, era ancora incredulo e sconvolto dalla notizia ricevuta.
Ovviamente, la reazione della cyborg non tardò ad arrivare, stanca del comportamento di Crilin, appena riuscì ad incrociarlo, lo afferrò per la maglietta e lo lanciò violentemente contro il muro.
«Allora, voglio la verità. Sono giorni che mi eviti, si può sapere che cazzo hai?» Chiese lei furiosa.
«Io… ho saputo una cosa, ma non voglio dire nulla.»
«Ti conviene farlo invece, non ti conviene farmi arrabbiare.»
Crilin dentro di sé sapeva che la sua amica non mentiva, pronunciò quella frase a stento. «Sei davvero immortale?»
«Dunque ora lo sai. Non so chi te l’abbia detto, ma è la verità.»
Crilin non rimase sorpreso, per quanto avesse sperato fino all’ultimo fosse una menzogna. Ma del resto, perché Bulma avrebbe dovuto mentirgli? Ora non sapeva nemmeno se poteva ancora fidarsi e soprattutto, cosa dire.
«Perché mi hai mentito? Pensavo ti fidassi di me.»
Lei si adirò all’istante. «Che cazzo c’entra la fiducia, razza d'idiota! Pensi sia facile per me? Io non volevo questo figlio, ti rendi conto che ora oltre a te, sarò costretta a vedere un’altra persona morire senza poter fare nulla? Sono immortale, cazzo!»
Quelle parole erano piene di rabbia e odio, invece di aspettare una risposta da parte del terrestre, preferì andarsene, ma prima di spiccare il volo: «Non cercarmi più, addio.» Con quelle parole piene di tristezza e disprezzo, spiccò il volo, il più lontano possibile da quell'isola.
«Torna qui!»

 

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Capitolo 9
*** Amore fraterno ***


Passò qualche giorno dalla fuga di C-18. Per il terrestre fu dura andare avanti, non aveva più la forza di fare nulla, senza di lei la sua vita non aveva più senso.
Finalmente aveva trovato qualcuno da amare e che tenesse a lui e ora se n’era andata.
Aveva sbagliato a rispondere così, forse l’aveva fatto perché, anche se in cuor suo sapesse che fosse la verità, non voleva accettarlo.
“Mi manca, senza di lei non sono più niente.” Pensò lui triste sbattendo i pugni sulla sabbia.
Ormai passava le sue giornate in spiaggia a bere, non sapeva cos’altro fare per cercare di dimenticare l’accaduto. Quando la cyborg andò via da lì, aveva detto di non cercarla. Lui preferì non disobbedire alle sue ultime parole; sapeva che questa volta se l’avesse fatto, probabilmente lei l’avrebbe ucciso.
E anche se volesse, non sapeva come trovarla, i cyborg non hanno aura e di conseguenza non poteva percepirla.
«Vorrei tanto rivederti, mi dispiace.»
Bulma cercò di telefonargli più volte, ma invano, era stata proprio lei a dirgli la verità, non che fosse colpa sua, ma ora come ora, lei era l’ultima persona che voleva sentire.
 
C-18 continuò a volare senza meta, non sapeva dove andare, ma non voleva di certo tornare alla Kame House, anzi più volte cercò di dimenticare tutto quello che era successo in quei mesi.
“Quello stupido, nonostante tutto, io ne sono ancora innamorata.” Pensò lei con le lacrime agli occhi.
Negli ultimi giorni, ebbe delle strane visioni, visioni del suo passato. Strano per lei, ciò le accadeva solo se si addormentava, eppure queste visioni le venivano in pieno giorno e all’improvviso. Qualcosa le fece credere che suo fratello si trovava in un accampamento nei boschi a nord, si ricordò di alcune sue parole.
 
«Non sono come tutti gli altri, sai?»
«Che intendi?»
«Non mi piace la vita di città, preferisco quella selvaggia e poi ho sempre avuto un debole per le armi e per la caccia.»
«E per le moto. Sei proprio come tutti gli altri, invece!»
«Che stupida.»
 
Quelle parole la portarono a credere che si trovasse lì e ora come ora non aveva altre persone cui rivolgersi. Lui era l’unico in grado di comprenderla, in quanto oltre a essere suo fratello, lui era come lei.
Passò un paio d’ore in mezzo a quei boschi, tra pensieri e problemi vari legati alla gravidanza, cercò un po’ ovunque, ma senza successo.
Stanca decise di fermarsi davanti a un ruscello per riposare un po’.
«Chissà se riuscirò mai a trovarlo, dopotutto, mi sto affidando a delle stupide visioni.»
Nemmeno un minuto dopo, sentì sulla sua spalla una mano e udì una voce «Ma guarda un po’ chi si rivede, sei l’ultima persona che mi sarei aspettato di rivedere qui.»
Lei riconobbe all’istante quella voce, si voltò e non appena vide suo fratello, si alzò di scatto per abbracciarlo.
«Ehi piano, bambola, capisco che è un bel po’ che non ci vediamo, ma frena l’entusiasmo.»
C-17 era rimasto sempre il solito, non era cambiato di una virgola.
«Ti vedo stanca, vieni nel mio accampamento.»
Ci misero un attimo ad arrivare, non era molto distante da lì. Il cyborg fece accomodare la sorella per parlare, dopotutto erano mesi che non si vedevano.
«Dunque, suppongo non sia per caso che tu sia finita qui. Cosa ti porta qui, sorellina?»
C-18 non aveva voglia di spiegare tutto, voleva solo qualcuno su cui contare e che badasse a lei, ora come non mai. Preferì andare dritta al punto e invece di spiegare a parole, si alzò la maglietta per far capire cos’era successo in quei mesi.
«Non me lo sarei mai aspettato da te, sai? Soprattutto che ti saresti messa insieme a quella testa pelata.»
«E tu come…?»
«Non sono stupido, mi ricordo del bacio che gli hai dato dopo che abbiamo sconfitto Vegeta e gli altri. Già da allora lo avevi notato.»
C-17 capì tutto subito, non appena vide la pancia della sorella, capì tutto.
«Immagino sia successo qualcosa? Dai su racconta, di tempo ne ho fin troppo.»
Nonostante poco prima non avesse la benché minima idea di raccontare tutto, lei cambiò idea e decise di raccontare gli ultimi eventi al fratello. Mostrare la pancia non era bastato e soprattutto non spiegava cosa fosse successo tra i due.
«Me lo aspettavo, ma se è rimasto deluso quando ha saputo della tua immortalità, è solo uno stupido.»
«Come ne sai tu? Magari ha anche ragione, avrei dovuto dirglielo tempo prima.»
«Sciocchezze, non è una cosa facile da dire e quella arrabbiata dovresti essere tu, non lui.»
«Infatti lo sono, sono stata io ad andarmene, solo a sentire le sue parole, sono scappata.»
C-17 non replicò, si alzò e abbracciò la sorella. Era da tempo che non riceveva da parte sua un abbraccio di quel tipo, l’ultimo era successo quando erano prigionieri nei sotterranei del sudicio laboratorio di Gelo, l’unico vero abbraccio.
 
«Vieni qui sorellina.»
«Non lasciarmi fratellone!»
«Purtroppo, quel vecchiaccio verrà a prendermi tra poco, ma sappi che qualunque cosa succederà, io ti vorrò sempre bene, non dimenticarlo mai.»
 
«Non preoccuparti sorellina. Ora mi occuperò io di te, puoi restare qui quanto vuoi. E se qualcuno oserà avvicinarsi a te con cattive intenzioni, specie quel terrestre, me ne occuperò io.»
«So difendermi da sola, anche ridotta così.» Rispose subito lei con freddezza ma subito dopo aggiunse «Comunque, grazie.»

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Capitolo 10
*** Un aiuto inaspettato ***


Dall’accaduto passarono due mesi. Due mesi d’inferno per Crilin, più i giorni passavano e più perdeva la voglia di vivere; la presenza della cyborg accanto a lui era importante, aveva trovato in lei qualcuno da amare e da proteggere, qualcuno con cui passare la propria vita, ma ora non aveva più alcuna certezza.
Poteva provare a cercarla, ma sapeva che sarebbe stato tutto inutile, e anche se l’avesse trovata, lei sarebbe stata contenta di rivederlo?
Passava le sue giornate chiuso in camera, i suoi amici cercarono più volte di contattarlo, ma nulla.
D’un tratto si sentì bussare alla porta, senza attendere troppo, Muten decise di entrare per vedere le condizioni del suo ex-allievo.
«Crilin, non puoi continuare a stare così. Devi andare avanti, non puoi rovinarti la vita per lei.»
«Lasciami stare. Non puoi capire, per me era molto importante, senza di lei non ha più senso vivere.»
«E allora perché te ne stai qua come un’idiota senza fare nulla? Vai a cercarla, prova a parlarne e farla tornare qui.»
Cercò di ignorare quelle parole, non voleva cercarla, non dopo quanto detto da lei.
 
«Non cercarmi più, addio.»
 
Ma dentro di sé sapeva che doveva almeno provarci, non poteva continuare a stare così, ma a ogni modo, la situazione restava la stessa, non sapeva nemmeno da dove iniziare a cercarla.
 
«Ehi sorellina, tutto bene?»
La cyborg non rispose, annuì e accennò un sorriso.
«Sto uscendo per cacciare, ti unisci a me?» Chiese lui prendendo in braccio un fucile da caccia.
«Non stavolta, preferisco riposare, scusa.»
Il fratello non obiettò, uscì dalla baita per lasciarla riposare, in fondo, ne aveva bisogno in quelle condizioni.
«Spero che si riprenda, è noioso cacciare da solo.» Pensò annoiato il cyborg.
 
Erano ore che continuava a cercare per le varie città, senza risultato. Dopo le parole del suo maestro, era determinato a trovare la cyborg, ma sapeva che sarebbe stato difficile: i cyborg non possiedono alcuna aura, il che non li rendeva facili da localizzare.
Mentre dava un’occhiata nei dintorni della città del nord, vide uscire dal negozio Bulma che non appena notò Crilin, corse da lui per avere notizie su quanto successo in quegli ultimi mesi.
Sfortunatamente per lui, non era nemmeno sola, c’era anche Vegeta. Ma in quel momento era decisamente occupato.
«Bulma, io tutte queste buste le poso a terra!»
«Non provarci nemmeno, non dirmi che con tutti i muscoli che hai sei già stanco, renditi utile, su.»
Vegeta non rispose, sapeva che sarebbe stato tutto inutile, quella donna era insopportabile.
La turchina e Crilin si fermarono un paio di minuti a parlare, lui cercò di spiegarle il suo stato d’animo e le intenzioni che aveva.
«Stai facendo la cosa giusta, caro. Devi cercarla, non arrenderti, prima o poi la troverai.”
«Lo spero anch’io, mi manca tanto.»
«Ora sarà meglio che vada, ho parecchio da fare a casa, buona fortuna.»
Crilin poco dopo aver salutato l’amica continuò le sue ricerche.

Il mattino dopo, Crilin appena svegliato e pieno d’energie, decise di continuare le sue ricerche, ma non fece in tempo a spiccare il volo che qualcuno atterrò sull’isola, qualcuno d’inaspettato.
Lui tremò. «Calmati testa pelata, non sono qui per ucciderti, non ancora almeno.»
Crilin vedendo Vegeta rimase sorpreso, non si aspettava di vederlo. Non fu terrorizzato dalle sue parole, Vegeta in quegli anni era cambiato molto e sapeva che non gli avrebbe mai fatto del male. Non senza motivo.
«So che stai cercando quel cyborg, dalle mie parti, non si fa altro che parlare di te e di lei. Mi sono stufato, quindi non fraintendermi, vai a dare un’occhiata nei boschi che circondano la città del nord, lì troverai chi cerchi.»
«Come…fai a saperlo?»
«Ho avuto modo di passare da quelle parti, vedi di non dire in giro che sono stato io ad aiutarti, chiaro? Altrimenti verrò a cercarti e non ti piacerà. E ora muoviti.»
Senza aggiungere altro, il principe dei Saiyan spiccò il volo lasciando il terrestre perplesso.
«Vegeta, grazie…»
Con quel gesto, Vegeta aveva dimostrato di essere cambiato molto nel corso degli anni, stare con i terrestri l’aveva reso più buono, a suo malgrado. Il suo orgoglio gli impediva di esternare i suoi sentimenti, ma più di una volta aveva dimostrato di avere un buon cuore.
«Sarà meglio che vada, spero che Vegeta mi abbia detto la verità.»
 
«Ancora nessuna traccia di lei, inutile che continui a volare, da qui sopra si vede ben poco. Dovrò scendere e cercare a piedi.»
Atterrò in un attimo e s'inoltrò nei boschi per cercare la cyborg, si fidava delle parole del principe dei saiyan, sapeva che era lì.
Cercò per qualche minuto, ma purtroppo senza risultato, all’improvviso si sentì un’arma puntata sulla schiena.
«Che sorpresa, che diavolo ci fai tu qui?»
Crilin si voltò lentamente, non appena vide C-17, rimase pietrificato. A differenza della sorella, lui non gli era mai andato a genio.
«Ti ho fatto una domanda, anche se posso immaginarlo. Ma voglio che sia tu a dirmelo.»
«Io sono qui per C-18, so che è qui, devo parlarci.»
«Scordatelo, anzi ti consiglio di girare i tacchi e di andartene, lei vuole stare da sola ed io ho promesso di prendermi cura di lei. E non mi farò problemi a ucciderti, sappilo.»
C-17 gettò il fucile a terra e fece cenno di farsi avanti.
Crilin raccolse la sfida e si lanciò contro il cyborg che non fece alcuna fatica a parare i suoi colpi a metterlo a terra.
«Sei debole, non puoi battermi. Ora vattene dai, non costringermi a ucciderti, qui non ci sono i tuoi amici a proteggerti.»
«Lascialo stare.» disse una voce femminile. Una sagoma spuntò dagli alberi, continuava ad avanzare, finché non si fece più chiara.
«Sorellina, sei tu. Che diavolo, non spuntare in quel modo da dietro.» Sorrise lui.
«C-17, ti ho detto di lasciarlo stare, me ne occupo io.»
C-17 non obiettò, sparì nei boschi lasciando soli i due. Senza dire nient’altro spiccò il volo.
Finalmente erano soli, faccia a faccia, dovevano chiarire le cose, una volta per tutte.
   

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Capitolo 11
*** Di nuovo insieme ***


Un silenzio tombale avvolse quel luogo, nessuno dei due aveva intenzione di parlare, restarono in silenzio per un paio di minuti.
Stanca del comportamento del terrestre, C-18, si decise a parlare per prima.
«Sei stato fortunato che sia arrivata io, mio fratello non è come me. Io sono fin troppo buona.»
Crilin ancora dolorante si alzò a fatica e riuscì a malapena a parlare. «Grazie.» bofonchiò.
«Non ringraziarmi. Allora, perché sei qui?»
«I-io, sono qui per te. Mi dispiace per quello che è successo, ho sbagliato, sono stato un’idiota.»
La cyborg non rispose, non subito. Negli ultimi mesi, era stato il fratello a prendersi cura di lei, perché sarebbe dovuta tornare con lui?
“Apprezzo che sia arrivato fino a qua per me. Ma non posso tornare con lui, soffrirebbe e basta.” Pensò lei, amareggiata.
«Ti prego, rispondi. Io voglio che tutto torni com’era prima, eravamo felici insieme no? Stai aspettando anche un figlio, nostro figlio. Non m’importa se sei immortale, possiamo comunque essere felici.»
«Stai zitto. Non ricordarmi più di essere immortale, razza di stupido.»
Senza dire altro, si voltò e si allontanò in direzione dei boschi, non aveva senso continuare a stare lì.
«Non te ne andare, non puoi essere così arrabbiata da non volermi dare nemmeno una risposta!» Urlò lui cominciando a sbattere i pugni a terra.
La cyborg a quel comportamento si voltò e tornò verso di lui. Odiava quel tipo di comportamento, ma questa volta non era arrabbiata, non aveva cattive intenzioni verso di lui.
«C-18, che cos…»  Senza avere nemmeno il tempo di finire la frase, si ritrovò le labbra della cyborg sulle sue. Fu strano il suo comportamento, il bacio durò pochi secondi «Consideralo come un addio, mi dispiace.»
Per evitare di essere fermata di nuovo, spiccò il volo lontana da lì.
«Non capisco, perché…?» Crilin non riuscì a trovare alcuna spiegazione in quello strano comportamento, ormai cominciava a pensare che era destino per lui rimanere da solo.
Liberò tutte le sue lacrime.
 
La sera stessa, Crilin finalmente trovò le forze per rialzarsi. Era rimasto lì tutto il giorno pensieroso e angosciato, ora che aveva ritrovare le forze, non voleva darsi per vinto.
Non potendo trovare alcuna spiegazione a quel comportamento, l’unica soluzione era trovare C-17 e cercare di saperne di più, doveva farlo da solo. Non ci mise molto a trovarlo, seguì gli spari: nonostante l’orario, lui era ancora fuori a cacciare, sperava solo che fosse da solo.
«Sei ancora qui? Sei testardo, proprio come lei.»
«Già, sono contento che sei da solo, io ho bisogno di parlare con te.»
«Con me? Non abbiamo nulla da dirci, prima sei stato solo fortunato, non hai speranze di battermi.»
«Non voglio combattere, lo so che non avrei speranze, ho solo bisogno del tuo aiuto, ti prego.»
Sapeva che la discussione sarebbe andata avanti ancora a lungo se non avesse accettato, dunque annuì e accettò di parlare col terrestre, qualunque cosa volesse da lui.
I due cominciarono a camminare per il bosco allontanandosi sempre di più dalla capanna, ascoltò in silenzio il giovane terrestre per cercare di aiutarlo, se possibile.
«Allora, perché fa così? So di aver sbagliato, ma non l’avevo mai vista così arrabbiata. Io… la amo.»
«Non è arrabbiata.»
Crilin spalancò gli occhi, come poteva avere quell’atteggiamento se non era nemmeno arrabbiata con lui? Cosa nascondeva?
«Lei non vuole tornare con te perché non vuole farti soffrire. Lei è immortale, ricordalo. Ora non penso che abbiamo altro da dirci, io ho da fare e sarò meglio che tu te ne vada, ha pianto abbastanza per te. Lasciala in pace e vattene.»
«Aspetta…»
«Sparisci, ho detto. Non farmelo ripetere, su.»
Senza dargli l’opportunità di replicare, cominciò ad allontanarsi lasciando solo Crilin.
Quelle parole lo fecero riflettere, non potendo fare altro se ne tornò alla Kame House. Fu una notte insonne per lui, quelle parole lo tormentarono per tutta la notte.
 
La mattina dopo, Crilin, ancora perplesso per l’accaduto, se ne andò in spiaggia, aveva bisogno di prendere un po’ d’aria per riordinare le idee, era confuso.
Qualche minuto dopo, qualcuno aveva portato del caffè al terrestre, intravide solo la sagoma e la tazza accanto a lui, non c’era bisogno che si voltasse per capire che si trattasse di Muten.
«Grazie, non dovevi.»
«Io invece credo che ti serva, sciocco.» Conosceva molto bene quella voce. Non era sicuramente del suo anziano maestro, il quale, molto probabilmente, stava ancora dormendo. Perciò, spinto dalla curiosità, si voltò all'istante, per poi rimanere sorpreso.
«C-18, sei proprio tu, sono contento di vederti!»
«Ci ho pensato molto ieri, se tu vuoi davvero stare con me, nonostante tutto, allora non sarò io a oppormi. Non sono mai stata arrabbiata con te, se ero andata via, era per il tuo bene, ma ora non importa.»
«Hai ragione, nulla ha più importanza, l’importante è che tu sia qui con me, voglio vivere la mia vita con te, il resto non conta.» Senza pensarci due volte, abbracciò la cyborg e cominciò a baciarla.
La cyborg non fece nulla per opporsi, era di nuovo felice ora che aveva deciso di tornare da lui, era immortale e un giorno si sarebbero dovuti separare, ma per il momento volevano entrambi vivere felici insieme.
 
«Che diavolo dovrei fare, me lo spieghi?»
«Questo dovresti dirmelo tu, sorellina.»
«Io gli voglio bene e lo amo, ma non voglio che soffra, dannazione.»
«Pensavo fossi tu quella intelligente tra noi due sai? Lui sta già soffrendo senza di te, mi sono piaciuti questi mesi con te, ma penso che abbia più bisogno lui di te, torna da lui.»
«Hai ragione. Sono stata una sciocca, ora so cosa fare, grazie.»
 
Ora che erano di nuovo insieme, per qualche secondo la cyborg ricordò cosa, o meglio chi l’aveva aiutata a prendere la decisione giusta e di tornare da Crilin, “Mi mancherai, C-17.” Pensò lei sdraiata sul letto triste mentre una lacrima bagnava il suo dolce viso. 

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Capitolo 12
*** Riflessioni ***


Passarono un paio di mesi da quando i due si erano riappacificati, la vita trascorreva come sempre e la cyborg portava avanti la sua gravidanza. Fu sempre più dura per lei non stancarsi, le venivano di continui dolori, il che le dava fastidio. Non era ancora abituata.
“Spero che questo inferno finisca presto, non ce la faccio più.” Pensò lei ansimando e sentendosi debole.
«Cara, che stai facendo? Dovresti riposare, lascia fare a me.» Ormai era Crilin che si occupava delle faccende di casa e di tutto il resto, il tutto per non far stancare la moglie.
«Piantala, io sto bene, posso fare io.»
La cyborg era testarda, lui spesso evitava di replicare per non discutere, sapeva che non avrebbe mai vinto. Ma da quando era tornata con lui, aveva promesso che avrebbe fatto di tutto per renderla felice e per farla stare bene.
«Che diavolo stai facendo, mettimi subito giù!» Il terrestre la sollevò e la portò in camera da letto per farla stendere sul letto. «Mi dispiace, lo faccio per il tuo bene.»
“Che noia, lo so che lo fa perché mi vuole bene, ma sono stufa. Voglio che quest’inferno finisca, basta!” Pensò lei dando un pugno al muro. «Beh, almeno la forza non mi manca.» Continuò lei sorridendo.
 
Un paio di giorni dopo era giunta l’ora per la cyborg di recarsi dal medico. Odiava andarci, ma non aveva scelta, era l’unico modo per sapere come stesse procedendo la sua gravidanza.
Poteva chiedere aiuto a Bulma come aveva fatto quando scoprì di essere incinta, eppure, da quando era successo tutto quel casino, lei si rifiutava di vederla, preferiva di gran lunga il medico.
«Ti accompagno, non penserai che ti lasci andare da sola, vero?»
«Non ho bisogno di aiuto, non devi preoccuparti.»
Come se la risposta della cyborg servì a qualcosa, Crilin aveva già preso la sua decisione.
Finché era ridotta così si sarebbe preso cura di lei, a qualunque costo.
Non ci volle molto dal medico, il tempo di controllare come stesse procedendo la gravidanza «Visto? Non ci è voluto molto, ora possiamo anche tornare a casa.» Sorrise lui. Lei annuì senza nemmeno guardarlo.
Per tutto il giorno lei si comportò in modo strano, più strano del solito. “Chissà che le è successo, forse ha saputo qualcosa che la turba.” Pensò Crilin preoccupato, ma ora come ora stava pensando a ben altro, doveva prendere una decisione importante, doveva riflettere.
La sera stessa, mentre il terrestre con mille pensieri che lo tormentavano, lei era seduta in spiaggia pensierosa. “È passato così tanto tempo, eppure a volte penso ancora a mio fratello, a quel giorno in cui ho preso la mia decisione. Pensavo di aver superato tutto questo, eppure tuttora non so se sto facendo la cosa giusta. Non voglio che soffra, non per me, non se lo merita.”
Crilin era totalmente ignaro di cosa stesse accadendo alla cyborg, ignaro che quei pensieri ancora la tormentavano.
 
«Non so che fare, saremo così per sempre?»
«A quanto pare sì, ma non è stata una nostra scelta. Quel vecchiaccio pagherà per questo.»
«A cosa servirà poi? Uccidere quel pazzo non ci ridarà le nostre vite.»
Quelle parole fredde lo colpirono dritto al cuore, non rispose, ma in cuor suo sapeva che aveva ragione: uccidere Gelo, non avrebbe restituito le loro vite.
 
Quel piccolo ricordo squarciò la mente della cyborg. Anche se ora è felice di aver sistemato tutto con Crilin, sentiva la mancanza del fratello. Avrebbe voluto che facesse parte della famiglia, dopotutto erano sempre fratelli.
 
«Perché non vuoi venire con me? Io ho deciso di tornare da lui come mi hai suggerito anche tu. Perché?!»
«Perché io non faccio parte della tua famiglia, è tua e io non voglio rovinare nulla.»
«Scioccio! Sei proprio uno stupido!» Disse lei spiccando il volo con le lacrime agli occhi.
 
Pensieri e ricordi del genere tormentarono per tutta la notte la cyborg, ma riuscì comunque a prendere sonno.
 
La mattina dopo, si svegliò nel letto, capì subito e sorrise «Immaginavo che l’avrebbe fatto, deve essere svegliato prima di me a quanto pare.» Pensò prima di scendere in soggiorno per trovare Crilin. Non trovandolo cercò nelle varie camere, ma di lui nessuna traccia. «Sarà uscito, beh, aspetterò.»
Poco più di un’ora dopo, finalmente il terrestre rientrò a casa. «Cara, ti sei svegliata finalmente, tutto bene?» Chiese lui sedendosi accanto a lei. Lei si limitò ad annuire, notò un sacchetto che la incuriosì «E quello cos’è?»
Crilin cominciò subito a balbettare per non rivelare il contenuto di quel sacchetto. «Ecco, è una sorpresa, dovrai aspettare fino all’ora di pranzo.»
«E perché mai? Se la metti così, mi fai solo incuriosire di più, ma aspetterò.»
 
Finalmente all’ora di pranzo, Crilin si precipitò in camera della cyborg «Ehm, è pronto, vieni pure!»
La cyborg curiosa seguì il piccolo terrestre «Una volta non si mangiava in sala da pranzo?»
Lui non rispose, continuò semplicemente ad andare in direzione della spiaggia sperando che lei lo seguisse senza fare altre domande.
«Ehi, ti ho fatto una domanda…» Non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che rimase piacevolmente stupita.
C’era un tavolo già apparecchiato per i due, un tavolo pieno di roba da mangiare, aveva riflettuto tutta la notte precedente a cosa dire, aveva preparato tutto alla grande.
Lui si mise in ginocchio davanti a lei, tirò fuori dalle tasche una scatoletta e parlò «Diciotto. Io ti amo, vuoi sposarmi?»
Per una volta riuscì a dire una cosa importante senza bloccarsi a metà, mettendo da parte la sua timidezza.
Lei rimase immobile. Per qualche interminabile istante.
«Si, lo voglio.» Disse poco dopo. Lo baciò con passione.  

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Capitolo 13
*** Il parto ***


I due avevano ormai deciso di sposarsi ma non subito. La cyborg ormai era al settimo mese di gravidanza, odiava quella pancia e non si sarebbe mai fatta vedere all’altare così.
Da quando Crilin le aveva fatto la proposta di matrimonio, il suo atteggiamento cambiò. Fu più gentile, non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere.
Solo qualche mese prima non era nemmeno convinta di tornare da lui e ora invece, si stavano per sposare.
Passò le giornate sul letto, ormai erano agli ultimi mesi e la stanchezza della gravidanza si faceva sentire sempre più, doveva stare a riposo. Non fece altro che guardare quell’anello, aveva deciso di lasciarlo sul comodino accanto al letto, non voleva metterlo finché non sarebbero stati entrambi all’altare.
Le settimane passarono in fretta e i dolori si fecero sempre più forti e frequenti, davanti a lui, lei cercò sempre di dimostrarsi forte ma a volte nemmeno lei riusciva a trattenere i forti dolori che le venivano «S-spero, che finisca presto. Dannazione!»
«Continui a ripeterlo, ma non finiranno di certo così, non credi?»
Lei preferì non dire nulla, non aveva voglia di discutere in quelle condizioni.
 
Durante la notte, un dolore lancinante colpì la cyborg, ormai era agli sgoccioli della sua gravidanza, urlò all’istante il nome di Crilin per farlo precipitare da lei.
Lui a quell’urlo cascò giù dal letto ma incurante del dolore corse dalla cyborg per vedere cosa fosse successo. «Che succede?!»
«Portami subito all’ospedale, dannazione.»
«M-ma avevi detto…»
«So cosa ho detto, ma non c’è altra scelta, portami in quel cazzo di ospedale!»
Crilin non obiettò oltre e la portò di corsa all’ospedale. A quanto pareva era giunto il momento di partorire per la cyborg con stupore del terrestre,
era di qualche giorno in anticipo a quanto previsto.
Arrivati all’ospedale, lasciò C-18 nelle mani del medico che la portò subito in sala parto. Prima di entrare anche lui, chiamò i suoi amici, voleva che anche loro sapessero di quanto stesse accadendo e ovviamente dargli la buona notizia.
 
Nemmeno un’ora dopo, arrivarono Bulma insieme a tutti gli amici di Crilin “Sarà già dentro, ci conviene aspettare qui fuori che ci diano notizie.” Pensò lei.
«Bulma, ma dov’è Vegeta?» chiese Crilin.
La turchina non rispose, il che faceva capire che il Saiyan aveva scelto di non venire.
La cyborg non era mai andata a genio ai suoi amici, eppure ora erano tutti là per assistere la coppia, in fondo, lei era un po’ come Vegeta.
All’inizio era un nemico, ora fa parte del loro gruppo, più o meno.
«Ci stanno mettendo troppo, io sono preoccupata.» disse Bulma, iniziando a camminare nervosamente.
«Dai su, non preoccuparti, presto ci daranno notizie.» Rispose Chichi.
«Io dico di entrare.»
«Bulma sei impazzita? Non possiamo entrare e Crilin ci ha detto di aspettare fuori, un po’ di pazienza.»
Per quanto le desse fastidio essere d’accordo con le parole di Iamko, aveva ragione.
Per loro fortuna, poco dopo, uscì dalla sala Crilin che non sembrava avere buone notizie.
«Ehi, hai una faccia terribile, tutto bene?!»
«S-si, sono uscito io, s-si stava agitando e i-io…» Cercò di spiegare la situazione ai suoi amici, la cyborg lì dentro in preda ai dolori si stava agitando a tal punto da prendersela con lui. Su suggerimenti dei dottori aveva scelto di rimanere fuori e aspettare notizie.
«Capisco, non preoccuparti, non voleva di certo trattarti così, è normale quando si è in quelle condizioni.» Cercò di spiegare la turchina per consolarlo.
Aspettarono un po’ tutti insieme, sperando che i medici uscissero da là con qualche notizia.
Non dovettero aspettare molto, uno dei medici uscì dalla sala nel giro di qualche minuto.
«È andato tutto per il meglio, la bambina è nata e sta bene.»
Tutti rimasero sorpresi e felici dalla notizia, Crilin più che per la notizia rimase sorpreso che fosse una femmina, si aspettava un maschio ma fu felice lo stesso.
«P-posso entrare ora? Magari per vedere come sta…» Chiese lui continuando a balbettare.
«Certo che può. Prego» lo incalzò il medico, felice.
Lui sorrise e decise di entrare lasciando i suoi amici fuori ad aspettare.
Appena dentro vide la cyborg distesa sul letto felice «Cara, vedo che stai bene, sono contento.»
«Crilin, allora sei tornato. Si, sto decisamente meglio, mi dispiace per prima, ma ero fuori di me.»
«Si, lo so. Non preoccuparti.»
«Allora che nome vuoi dare alla bambina?»
«Vuoi che sia io a scegliere?»
La cyborg annuì sorridendo. «Certo, sei stato bravo con me e voglio che sia tu a scegliere, qualunque nome sceglierai, per me andrà bene.»
Crilin rimase colpito dal gesto della cyborg, fu felice, prima di scegliere si avvicinò a lei per baciarla. «Scusa, ma dovevo.»
Lei sorrise e aspettò di sapere la sua decisione.
«Marron.» Crilin pensò a quel nome all’istante, come se si fosse preparato in anticipo per qualunque evenienza.
Lei fu d’accordo con la decisione del suo futuro marito.
“Allora è deciso, si chiamerà Marron.” 

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Capitolo 14
*** Per sempre insieme ***


Dopo quasi un mese in ospedale, finalmente la cyborg tornò a casa, felice che quell’agonia era finalmente giunta al termine.
In tutto quel tempo, Crilin aveva preparato la stanzina per la piccola Marron «Hai fatto un bel lavoro in mia assenza, bravo.»
Lui arrossì di colpo ai complimenti della cyborg. Ora erano una famiglia come tante altre, ma, restava ancora una cosa da fare.
Dovevano sposarsi, come avevano già programmato in precedenza.
L’idea non dispiaceva alla cyborg; in quei mesi lasciò i preparativi a Crilin, lei preferì restare a casa a badare alla piccola.
Lui decise di farsi aiutare da Bulma, che era sicuramente più brava di lui a organizzare eventi e feste.
«Bene, qui sono scritti i preparativi, dimmi cosa ne pensi.»
Il terrestre annuì sorridendo, lui sicuramente non avrebbe potuto fare di meglio.
«Bene, allora ora lascia fare a me.»
«M-ma, io vorrei aiutarti…»       
«Non preoccuparti, caro. Vai pure a far compagnia a C-18, al resto penso io, fidati.» Sorrise lei.
Ogni volta era pronta ad aiutarlo, dove avrebbe potuto trovare un’amica migliore?
I giorni passarono in fretta, per i due fu difficile star dietro alla piccola: piangeva in continuazione,
giorno e notte, ma, nonostante ciò, erano felici.
Crilin ogni giorno usciva per far credere che anche lui stesse collaborando con i preparativi del matrimonio,
non voleva dire alla cyborg che in realtà si stava occupando di tutto la sua amica.
«Guarda che l’ho capito sai?»
«Cosa?»
«Resta qui con me piuttosto, lo sai che non mi piacciono le bugie, stupido.»
Crilin non andò oltre, sapeva a cosa lei si riferisse, non cercò nemmeno di giustificarsi.
Notò con piacere che non c’era rabbia in quelle parole, lei era contenta comunque.
«Solo una cosa voglio sapere. Tu sei davvero convinto di fare la cosa giusta? Vuoi davvero sposarmi?»
«Certo che lo voglio. Io ti amo e voglio vivere la mia vita con te, non mi importa del resto. E se tornassi indietro rifarei le stesse identiche cose.»
Lei sorrise e lo baciò di scatto.
 
Non più di una settimana dopo, l’amica chiamò Crilin per dirgli che i preparativi erano finiti.
«Allora, passa pure quando vuoi. Così ti faccio vedere il ristorante e tutto, spero che tu abbia già scelto la chiesa.»
«Sì, ho già fatto, arrivo appena posso.»
Libero da impegni, il terrestre si precipitò dalla sua amica per vedere cosa avesse preparato per il matrimonio, era fiducioso e sapeva di aver fatto bene a rivolgersi a lei.
Passò un’intera giornata da lei per vedere tutto quello che aveva preparato, rimase sorpreso da tutto il lavoro fatto da Bulma, aveva fatto davvero un bel lavoro.
Ora non restava che fissare il giorno del matrimonio, ma forse Crilin aveva già deciso.
«Ci sposeremo tra due giorni, sabato andrà bene. Ti ringrazio per tutto quello che hai fatto, davvero.»
Senza aggiungere altro, volò via per tornare alla Kame House.
“Sono contenta di vederlo così felice, stanno bene insieme quei due.” Pensò la turchina sorridendo.
 
Il giorno del matrimonio arrivò presto, tutti gli amici di Crilin erano già lì, l’unica a mancare all’appello era ovviamente la cyborg che sarebbe arrivata dopo accompagnata da Bulma. Per quanto riguarda Crilin, il suo testimone era Gohan.
Bulma arrivò, ma senza la cyborg. Appena scese dalla macchina andò dai suoi amici per spiegare la situazione.
«Forse so io dov’è andata.» Disse Crilin che senza dare altre spiegazioni, spiccò il volo via da lì.
Arrivò in quella spiaggia nel giro di qualche minuto, atterrò e in lontananza scorse la cyborg, sapeva che era lì.
Tempo prima, gli aveva raccontato che lei andava sempre lì quando era piccola, quando voleva scappare da qualcuno o non voleva fare qualcosa, un posto che conoscevano solo lei e suo fratello.
«Sapevo che ti avrei trovato qui.»
Lei si era già accorta del suo arrivo, ma preferì ignorarlo e continuare a restare nei suoi pensieri.
«Perché sei scappata, non vuoi sposarmi?»
A quella domanda, lei si sentì obbligata a rispondere. «No, non è questo. È solo che… non credo di essere pronta.»
«Non dire sciocchezze. Finora sei stata molto importante per me, sei e sarai un’ottima madre.
Quindi, non vedo perché non potrai essere anche un’ottima moglie.»
Quelle parole la colpirono nel profondo. «Grazie Crilin. Ti amo.»
La cyborg convinta di fare la cosa giusta, decise di tornare in chiesa per sposare Crilin, finalmente.
I suoi amici li stavano aspettando, erano preoccupati per il comportamento della cyborg,
ma, appena li videro tornare insieme capirono che non c’era bisogno di dire nulla.
I due erano finalmente pronti per sposarsi.
 
La sera stessa, i due erano finalmente a casa, decisero di non fare nessun viaggio di nozze,
preferirono restare entrambi insieme a casa a occuparsi della piccola, la cosa importante era stare insieme, il resto non contava.
«Crilin, finalmente siamo sposati. Se ripenso a quando ci siamo incontrati, mi viene da ridere sai? Non mi sarei mai aspettata questo, grazie di tutto. Ti amo.»
«Anch'io ti amo, cara. Sei importante per me, non lasciarmi mai.»  

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