Run Away With Me

di Mon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX ***
Capitolo 11: *** Capitolo X ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 15: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XV ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 19: *** Capitolo XVIII ***
Capitolo 20: *** Capitolo XIX ***
Capitolo 21: *** Capitolo XX ***
Capitolo 22: *** Capitolo XXI ***
Capitolo 23: *** Capitolo XXII ***
Capitolo 24: *** Capitolo XXIII ***
Capitolo 25: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


«Wendy, è ora di alzarsi...»
La bambina aprì gli occhi e guardò la madre seduta sul suo letto. 
«Non ne ho voglia!» disse, rigirandosi e mostrandole la schiena. 
«Piccola, lo so che è dura per te, ma se non lo fai poi te ne pentirai per sempre...»
Wendy affondò la faccia nel cuscino cercando di trattenere le lacrime; sapeva benissimo a cosa si stava riferendo sua madre: quella mattina avrebbe dovuto salutare Alex, il suo vicino di casa, il suo migliore amico, il bambino con cui passava la maggior parte del suo tempo libero, giocando in strada d’estate, guardando i cartoni animati, mentre le madri erano solite preparare loro una buona cioccolata calda, d’inverno. Era il suo compagno di classe, il suo vicino di banco, non c’era pomeriggio in cui non facessero i compiti insieme. Non riusciva ad immaginare la sua vita di bambina senza Alex, invece di lì a poco avrebbe dovuto scontrarsi con la dura realtà. Il suo migliore amico stava lasciando l’Inghilterra per trasferirsi in America insieme alla sua famiglia, non sarebbe tornato indietro mai più. A quel pensiero le prese una stretta allo stomaco, singhiozzò. La madre era ancora seduta sul suo letto, le accarezzò la testa e si chinò per darle un bacio. Sapeva benissimo che quella era una prova durissima da affrontare per una bambina di soli 8 anni, le si chiudeva lo stomaco nel vedere sua figlia stare così male, ma sapeva che la cosa migliore da fare era costringere Wendy a salutare il suo migliore amico. Se non lo avesse fatto, se ne sarebbe pentita. «Piccolina, fatti forza. Andiamo a salutare Alex...» disse.
Wendy si alzò dal letto di controvoglia, andò in bagno e si lavò i denti, si vestì e insieme a sua madre uscì in giardino. La casa di Alex era praticamente attaccata alla sua, a dividerle c’era un piccolo spazio e una rete metallica. Wendy vide il papà di Alex uscire dalla porta con una grande valigia, seguito da sua madre che ne stava trascinando altre due più piccole. Le appoggiarono sul vialetto di cemento e si fermarono a guardare la strada di fronte a loro. 
«Il taxi non è ancora arrivato?» chiese la madre di Alex.
«Non tarderà molto vedrai...» rispose il padre. 
I due si girarono poi verso il giardino della casa di Wendy, con il sorriso sulle labbra salutarono la bambina e la madre che li stavano guardando. La piccola strinse la mano della mamma, accennando ad un timido saluto. Lei la guardò, poi insieme, andarono nel giardino dei vicini di casa. La madre di Alex si chinò verso Wendy e le accarezzò il viso. 
«Ci mancherai piccolina...»
In un sussurro Wendy rispose: «Anche voi...»
«Fai la brava, mi raccomando. Sono sicura che diventerai una bravissima e bellissima ragazza...»
La bambina annuì, con una mano teneva stretta quella della mamma, con l’altra stava giocando con i suoi capelli lunghi e castani. Tutti i presenti si girarono quando sentirono la porta di casa aprirsi; Alex stava uscendo, portando con sé una sporta di giochi. Wendy rimase ferma guardando il suo migliore amico avvicinarsi. I due si fissarono, ma non si dissero nulla; Alex rimase vicino alla madre, Wendy fece lo stesso.
Solo quando videro arrivare il taxi, capirono che era arrivato il momento di parlarsi. Alex si avvicinò all’amica e la madre di Wendy si allontanò.
«Mi dispiace andarmene da qui. Io in America non ci voglio andare!»
La bambina teneva lo sguardo basso. «Nemmeno io voglio che tu vada via...»
«Ho provato a dirlo con mamma e papà, ma loro hanno deciso così, i miei pianti disperati non sono serviti a nulla. Non voglio lasciarti...»
Wendy tirò su con il naso, asciugandosi le lacrime che avevano cominciato a rigarle il viso. «Non volevo piangere, ma non riesco a non farlo...»
Alex si fece forza e abbracciò l’amica sotto lo sguardo intenerito dei genitori. 
«Alex, dobbiamo andare...» disse la madre del bambino, con la voce leggermente rotta dall’emozione.
«Arrivo mamma...» rispose Alex, anche lui con voce rotta dal pianto. 
Lasciò Wendy e si avvicinò alla madre, che cercò di farlo salire in macchina, ma non ci riuscì. La bambina era arrivata di corsa e aveva abbracciato Alex. I due rimasero così per alcuni istanti, che ad entrambi sembrarono troppo pochi. Wendy, prima di lasciare andare l’amico in lacrime, appoggiò le sue labbra sulla guancia umida di Alex. «Mi mancherai...»
«Anche tu. Ti scriverò tante lettere...»
Wendy annuì, andò dalla madre che la strinse a sé; vide Alex girarsi verso di lei prima di salire in macchina e dirle: «Scappa via con me!» 
La bambina non resistette, si aggrappò alla gonna della mamma, affondandoci il viso, e scoppiò in lacrime.

Quelle lettere promesse da Alex non arrivarono mai. 




 

Salve. *corre a nascondersi in un angolino buio*
*fa capolino dall'angolo e si schiarisce la voce* 
Allora, io ci provo. Nel senso, è la prima storia che pubblico sugli All Time Low. L'ho cominciata un po' di tempo fa, ci ho riflettutto tanto se portarla avanti oppure no, poi ho deciso, finalmente, di pubblicarla. Non so come sarà, non so come verrà, ma questo è quanto. Ditemi cosa ne pensate, potete anche insultarmi, ne avreste tutte le ragioni, considerando che il nome della bambina è TROPPO scontato. Cioè, a dire la verità l'ho chiamata così perché con la storia che ho in mente avrebbe quasi un senso, quasi. 
Va bene, smetto di sproloquiare. 
Scappo.
Al prossimo capitolo, se ne avete voglia.
Mon. 

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Wendy camminava per la strada, i suoi libri di università stretti sotto braccio, la borsa a tracolla. Era una giornata fredda a Baltimora, la ragazza era stretta nel suo cappotto pesante, la sciarpa avvolta bene sul collo. Non aveva nessuna voglia di tornare a casa, quella che condivideva con una ragazza spagnola, e chiudersi nella sua stanza a studiare. Doveva affrontare un libro con più di 1000 pagine per l’esame del mese successivo e ancora non aveva iniziato a leggerlo; era preoccupata, avrebbe dovuto studiarlo in poco tempo, considerando anche il fatto che doveva lavorare tre volte a settimana come cameriera in un ristorante italiano. 
Wendy aveva 22 anni, era arrivata un anno prima a Baltimora con l’obiettivo di portare a termine i suoi studi, voleva diventare una veterinaria. Aveva lavorato un paio d’anni in Inghilterra, dopo la fine delle scuole superiori, per riuscire a guadagnare abbastanza soldi e realizzare un sogno che aveva da tempo: andare in America, studiare, vivere e lavorare là. Ce l’aveva fatta, era riuscita a pagarsi un piccolo appartamento non troppo distante dal centro di Baltimora, si era iscritta all’università e aveva trovato un piccolo lavoretto per riuscire a mantenersi nella vita di tutti i giorni. Era contenta della sua scelta; era sempre di corsa, ma riusciva a trovare sempre il tempo di fare tutto. La mattina andava all’università, studiava nel pomeriggio, tre sere a settimana era impegnata, tornava a casa e si ributtava sui libri. La sua era una normale vita di una ragazza di 22 anni, che cercava di sopravvivere in un paese diverso dal suo, lontano da casa e da tutto ciò che le era sempre stato familiare. Non era, però, pentita della scelta che aveva fatto; l’idea di cambiare paese era forse stata la migliore che avesse avuto; lontana da tutto e da tutti si sentiva libera di fare quello che voleva, libera finalmente di essere quella che non era mai riuscita ad essere. 
Wendy entrò in una caffetteria del centro, chiudendosi velocemente la porta alle spalle, fuori aveva cominciato a cadere qualche goccia di pioggia. Si mise in fila e attese il suo turno; una ragazza non tanto alta, con i capelli lisci e scuri e con i lineamenti orientali la salutò, chiedendole cosa volesse ordinare. Wendy optò per un semplice the caldo; erano quasi le cinque di pomeriggio e le sue abitudini da inglese non le aveva perse. Prese due biscotti al caramello, attese la sua tazza fumante di the e si andò ad accomodare ad un tavolino, al primo piano della caffetteria. Cercò un posto dove sedersi e trovò una poltrona libera, appoggiò la sua roba, si tolse il cappotto e si accomodò. Prese fuori il libro che avrebbe dovuto studiare e lo appoggiò al fianco della tazza fumante di the. Sospirò e bevve un sorso della bevanda bollente, poi aprì la sua borsa, cercò il suo astuccio e ne estrasse una matita. Aprì il suo libro e cominciò a leggere. Una caffetteria a quell’ora del pomeriggio non era certamente il luogo migliore dove trovare concentrazione, ma Wendy non era tipo da distrarsi facilmente quando era concentrata su qualcosa. Ogni tanto alzava la testa per vedere chi andava e veniva all’interno della caffetteria, le piaceva guardare le persone impegnate nella loro vita quotidiana. 
Concentrata sulle pagine del suo libro, fece un piccolo sussultò quando si sentì chiamare. Alzò lo sguardo e si trovò davanti un ragazzo dai capelli scuri e con occhi marroni. Le sorrise ed indicò la poltrona davanti a lei, stranamente libera. «Posso?» chiese.
Wendy annuì, sorridendo. Il ragazzo appoggiò la sua tazza e lei gettò un’occhiata all’interno, doveva aver ordinato un caffè latte. Tornò a posare gli occhi sulle pagine del suo libro e riprese a sottolineare l’importante concetto che aveva lasciato in sospeso poco prima. 
Il ragazzo di fronte a lei prese fuori dalla sua giacca un giornale di musica e si mise a leggere; Wendy gettò un’occhiata veloce al nome della rivista: era il conosciutissimo Rolling Stone. Non si lasciò distrarre dalla copertina e riprese a leggere. Non guardò l’orologio, non si rese conto quanto tempo era passato, ma il ragazzo di fronte a lei ad un certo punto le fece una domanda. «Scusa il disturbo, ma cosa stai leggendo?»
Wendy alzò il libro e mostrò la copertina al ragazzo, lui la lesse ad alta voce: «‘Anatomia e fisiologia degli animali domestici’. Interessante?»
«Abbastanza, ne ho letti dei peggiori...»
«Ma tu sei solita leggere quella roba nel tempo libero?»
Wendy rise. «No, il tempo libero preferisco passarlo in altro modo! Studio veterinaria all’università, ho un esame il mese prossimo...»
«Mi sembrava strano, infatti!» ridacchiò il ragazzo di fronte a lei. La ragazza sorrise, appoggiando nuovamente gli occhi sul libro. Non fece in tempo a riprendere la lettura che il ragazzo parlò di nuovo. «Scusami, non mi sono nemmeno presentato. Mi chiamo Jack...» disse, allungando la mano. 
Wendy fece lo stesso. «Io sono Wendy, piacere.»
«Ti ho disturbato fin troppo oggi, ti lascio studiare e torno a leggere il mio giornale. Mi aveva solo incuriosito la grandezza del libro...»
«Non ti preoccupare, non mi hai disturbato. Ogni tanto una pausa ci vuole...» rispose la ragazza, accennando ad un sorriso.





Salve!! Eccomi qui. Come promesso a qualcuna di voi ecco il nuovo capitolo. Non riuscirò ad essere sempre così produttiva, anzi è cosa rara, però questo era pronto, quindi volevo pubblicarlo, so che non è molto lungo, prossimamente mi impegno ad allungarli un po'.
Grazie per le recensioni che mi avete lasciato e anche per aver aggiunto la storia tra le seguite. Grazie sul serio.
Scappo e grazie, grazie, grazie. 
Al prossimo capitolo, se ne avete voglia ovviamente. 
Mon. 

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Wendy aveva scoperto che nella caffetteria dove era entrata qualche giorno prima si stava davvero bene; riusciva a rilassarsi, riusciva a concentrarsi, nonostante la confusione che c’era durante il pomeriggio. Era strano, ma i rumori di sottofondo riuscivano a conciliarle lo studio. 
Anche quel giorno aveva finito lezione, era una di quelle giornate in cui non sarebbe dovuta andare a lavorare; il cielo sopra Baltimora non prometteva niente di buono, si stava avvicinando dicembre, la pioggia, il freddo e il vento erano una cosa quasi consueta. Si infilò nella caffetteria e si mise in fila. Quel giorno decise di prendere una cioccolata calda, poi andò al primo piano, cercò una poltrona libera e si mise a sedere. Tirò fuori il suo libro di veterinaria, la sua matita, la gomma e si mise a leggere. 
Alzò la testa quando riconobbe la voce che la stava salutando. «Ciao Wendy, ancora qui?» 
«Ciao...» si fermò a pensare al nome del ragazzo, non riusciva a ricordarlo. 
Lui sembrò capire qual era il problema, sorrise e disse: «Jack, mi chiamo Jack...»
«Scusami, sono sempre pessima nel ricordare i nomi!»
«Non ti preoccupare. Posso sedermi?»
«Dopo la figuraccia che ho fatto non posso dirti di no...»
Jack si accomodò e guardò nella tazza della ragazza. «Cioccolata calda oggi?»
«Ho deciso di cambiare, non posso fare sempre l’inglesina, vivo in America adesso...»
«L’avevo riconosciuto quel bell’accento britannico. Anche il mio migliore amico viene dall’Inghilterra, non potevo sbagliarmi...»
Wendy sorrise e poggiò gli occhi nuovamente sul suo libro, ma li rialzò non appena Jack si mise a leggere. Lo guardò e notò che anche quel giorno il ragazzo aveva con sé una rivista di musica; si convinse che gli dovesse piacere molto. Rimase a fissarlo per qualche istante, mentre sfogliava delicatamente le pagine del giornale, sembrava quasi non volesse rovinarle. Wendy tornò a concentrarsi sul suo libro.
Quando alzò nuovamente gli occhi, girò la testa e guardò l’entrata della caffetteria, i vetri davano su una delle strade principali di Baltimora; fuori stava calando la sera, guardò l’orologio che portava al polso sinistro e si rese conto che erano ormai le 18.30, la sua coinquilina la stava aspettando per preparare la cena. Mise il suo libro nella borsa e raccolse le sue cose; Jack la guardò fare. «Vai a casa?»
«La mia coinquilina mi aspetta...»
«E se tu le telefonassi dicendo che per cena non torni a casa?»
Wendy alzò un sopracciglio. «Perché?»
«Vieni a mangiare qualcosa con me?»
La ragazza esitò qualche attimo prima di rispondere, era chiaramente un invito a cena. «Veramente io e la mia amica avevamo concordato di cenare insieme stasera...»
«Dai, i piani sono fatti anche per essere stravolti...» disse Jack alzandosi e andando vicino a Wendy. La ragazza esitò ancora qualche istante, poi guardò negli occhi il ragazzo e lo vide sorridere. Sospirò e annuì. «Dammi solo il tempo di chiamare la mia amica e poi possiamo andare...»
Jack annuì, compiaciuto. Wendy prese il telefono, compose il numero di Elsa, la sua coinquilina, e quando la ragazza rispose le spiegò il perché non sarebbe stata a cena quella sera. 
«Poi mi spiegherai chi è questo ragazzo e non ti preoccupare per me, so cavarmela anche da sola per preparare la cena, non mando a fuoco la casa, o almeno ci provo!» disse Elsa, in un inglese perfetto, ma con un marcato accento spagnolo. Lo adorava. 
Wendy rise. «Ci vediamo dopo...»
«Divertiti!»
Le due si salutarono poi la ragazza guardò Jack e gli sorrise. «Possiamo andare...»

***

«Grazie per la cena e anche per il drink successivo...» disse Wendy, appena arrivata sotto casa sua. 
«Di niente. Spero solo che non ti sia annoiata...»
«Certo che no!» rispose la ragazza, sorridendo. 
«Ci vediamo domani in caffetteria?»
«Io sono là, sai dove trovarmi se vuoi...»
«Non mancherò!» rispose Jack, facendole l’occhiolino. Wendy scese dalla macchina, cercò le chiavi di casa nella sua borsa e aprì il cancello. Salì a piedi fino al terzo piano, quello dove viveva insieme a Elsa, senza riuscire a togliersi il sorriso dalle labbra. 
Aprì la porta di casa, la sua coinquilina era sdraiata sul divano, testa rivolta verso il televisore, un braccio che penzolava e nella mano aveva stretta una bottiglia di birra. Si alzò leggermente quando sentì Wendy aprire la porta, la guardò e farfugliò: «Allora? Chi è questo ragazzo?»
Si tolse la giacca, appoggiò la borsa sul tavolo e poi si andò a sedere sul divano insieme a Elsa, che nel frattempo si era messa seduta.
«Si chiama Jack, l’ho conosciuto in una caffetteria del centro...»
«E...?»
«E, cosa?» chiese Wendy.
«Ti piace, non ti piace, ci andrai a letto?»
«Elsa, per favore! Non penso, almeno non per ora. È carino, gentile, ma per ora non so come mi comporterò con lui...»
La ragazza sbuffò. «Sei la solita!»
«Lo sai, io sono Wendy, io cerco il mio Peter Pan...»





Salve!! Eccomi qui. Vi ho fatto aspettare un po' vero? Scusatemi, ma sono stata un po' impegnata in questi giorni. Comunque, che ne dite del capitolo? Siamo ancora alle prime fasi ovviamente, piano piano le cose si evolveranno, ma come? Eheheh l'idea ce l'ho, cioè, la storia è già tutta scritta nella mia testa, manca solo scriverla. Mica poco, direte voi! :D
Va beh, finisco il mio sproloquio ringraziando chi ha lasciato le recensioni, chi ha aggiunto la storia tra le preferite e tra le seguite. Grazie davvero. Scappo.
Al prossimo capitolo, se vorrete. 
Un bacione a tutte.
Mon.

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


Wendy era in fila alla caffetteria, in attesa di ordinare; stava controllando quante monetine aveva nel suo portafoglio quando sentì qualcuno darle un bacio sulla guancia. Alzò gli occhi e incontrò quelli di Jack. Sorpresa da quel gesto, sorrise al ragazzo mentre le guance le si coloravano di rosso. «Ciao...» disse, distogliendo lo sguardo. 
«Buon pomeriggio a te. Cosa prendi?»
Wendy alzò lo sguardo verso il cartellone dove c’era il listino prezzi e decise di prendere un caffè latte. 
«Non prendere fuori i soldi. Lo pago io...» disse Jack.
Wendy protestò. «Ieri mi hai pagato la cena e il drink, oggi vuoi pagarmi il caffè latte, no Jack davvero, faccio io, anche per te!» La ragazza aprì il portafoglio ma Jack la fermò, si avvicinò a lei e la guardò dritta negli occhi. «Ci penso io!»
Wendy fece per protestare ma Jack la zittì sfiorandole le labbra con un bacio, poi si girò verso la commessa e ordinò un caffè latte e una cioccolata calda. La ragazza rimase ferma a guardare Jack ordinare; non si aspettava certamente di essere baciata, non in quel frangente almeno. Il ragazzo le sorrise e le fece segno di seguirlo, lei ubbidì. Aspettarono le loro bevande calde e Jack disse: «Studi un po’ anche oggi?»
La ragazza si riscosse dai suoi pensieri e lo guardò. «Si, era mia intenzione. A inizio gennaio ho l’esame...»
«Hai tutte le vacanze di Natale per farlo...»
«Vengono i miei genitori a trovarmi, sarò impegnata con loro...»
«Bello. Da quanto tempo non li vedi?»
«Sono venuti a trovarmi l’estate scorsa.»
Jack prese la tazza di caffè latte e la passò a Wendy, poi prese la sua tazza di cioccolata calda e i due si diressero, come sempre, al piano di sopra. Trovarono un divano libero e si sedettero, appoggiarono le tazze sul tavolino poi Wendy prese le sue cose fuori dalla borsa. Jack si era girato verso di lei, appoggiando il braccio sullo schienale del divano e la guardava.
Wendy si voltò verso di lui. «Cosa c’è?» chiese.
«Niente, solo che sei bellissima...»
La ragazza sentì le guance colorarsi nuovamente di rosso. «Grazie, ma non è vero...»
«Si che lo è!» continuò lui, avvicinandosi a Wendy. 
La ragazza poggiò gli occhi sul suo libro e lo aprì alla pagina dove il giorno precedente aveva messo il segnalibro; Jack si sporse sulle pagine e lesse qualche riga poi alzò lo sguardo e incontrò quello di Wendy. «Credo di non aver capito assolutamente niente.»
La ragazza ridacchiò. «Se cominciassi il libro dall’inizio capiresti di più.»
«No grazie, non è molto invitante. Perché hai deciso di fare la veterinaria?»
«Sono cresciuta nella campagna inglese, là è pieno di animali. Ho sempre avuto cani e gatti in giro per casa, cosa avrei potuto fare diversamente?»
«E preferisci i cani o i gatti?»
«Gatti, non c’è che dire!»
L’espressione di Jack era di disapprovazione. «Ma quali gatti! Il cane è molto meglio!»
«Si vede che non hai mai avuto un micio!» disse Wendy, sostenendo lo sguardo di Jack. Il ragazzo si avvicinò nuovamente a lei e le sfiorò nuovamente le labbra, stavolta la ragazza era preparata e non si sorprese. Rispose al bacio, poi si allontanò. 
«Non mi hai ancora detto cosa fai nella tua vita...»
Jack alzò un sopracciglio. «Suono la chitarra...» rispose, lasciando quella frase volutamente in sospeso.
«E lo fai seriamente?»
«Così dice la gente.»
Wendy annuì, non capendo bene cosa intendesse Jack con quella frase, ma adesso era riuscita a spiegarsi come mai lui avesse sempre i giornali di musica con sé. 
«Senti, forse la domanda è azzardata, però te la faccio lo stesso...»
«Prova, poi vediamo.»
«Hai voglia di venire da me stasera?»
Wendy sentì un crampo allo stomaco; Jack le piaceva, aveva modi diretti, non girava intorno alle cose. Era forse il primo ragazzo che incontrava nella sua vita che si comportava così con lei; tutti quelli che aveva conosciuto prima erano impacciati, timidi, proprio come era lei. Forse era lei che stava cambiando, e con lei cambiavano anche le persone che la circondavano. Respirò profondamente e disse una cosa che la vecchia Wendy non avrebbe mai detto. «Va bene...»






Lo so, lo so cosa state per dire. Lo so, è corto, ma purtroppo la mia mente non ha saputo produrre altro. So anche che vi ho fatto aspettare un po', ma questa settimana ho lavorato, e quindi non ho avuto molto tempo di applicarmi. Lo so, questo capitolo fa schifo, dal prossimo mi impegnerò di più. 
Adesso scappo, grazie a tutte quelle che mi hanno lasciato le recensioni, siete fantastiche, sul serio. Grazie anche a chi ha aggiunto la storia tra le seguite e le preferite. Siete adorabili. 
Vado davvero.
Al prossimo capitolo.
Mon. 

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


Wendy si rigirò nel letto, tirandosi le coperte fin sopra la testa; non aveva nessuna voglia di alzarsi, eppure sapeva che doveva farlo, le lezioni all’università l’attendevano. Sentì una mano che tirava le lenzuola e le scopriva il viso, Jack la guardò e accennò un sorriso. 
«Buongiorno...» disse lui.
Wendy si girò dall’altra parte e farfugliò anche lei la stessa cosa.
«Di solito io non mi sveglio a quest’ora, ma ti ho sentita muovere e ho aperto gli occhi. Devi andare all’università, vero?»
La ragazza sbuffò e annuì, tenendo la testa affondata nel cuscino. 
«Avanti Wendy, ti aspettano a lezione...»
Lei si girò verso Jack e lo guardò, socchiudendo gli occhi. «Mi vuoi mandare via?»
Lui la tirò a sé e disse: «Assolutamente no. Ti terrei qui tutto il giorno, lo dico per te...»
«Hai ragione, devo andare. Altrimenti chi curerà il gatto che un giorno girerà per casa tua?»
Jack rise, prese i polsi di Wendy e li fermò sul letto. Le si mise sopra e la guardò negli occhi. «Non avrò mai un gatto!»
La ragazza ammiccò. «Chi disprezza, compra...»
Jack sbuffò poi spostò lo sguardo sul braccio sinistro di Wendy e disse: «Non lo avevo visto questo tatuaggio. Perché hai scritto ‘Scappa via con me?’»
Wendy cercò di ritrarre il braccio e lo strinse contro il suo corpo. «Niente di speciale. Era solo una frase che mi disse un mio amichetto prima di andarsene dall’Inghilterra insieme alla sua famiglia...»
«E lo hai più rivisto?»
«No, l’ho fatto solo per ricordarmi di lui, era il mio migliore amico. Adesso però mi vesto e vado all’università!» rispose Wendy, leggermente spazientita. 
Jack si spostò e la ragazza si alzò dal letto, si vestì, sentendosi però osservata. Guardò il ragazzo e lui le disse: «Vorrei che nei prossimi giorni venissi a conoscere i miei amici...»
Wendy spalancò gli occhi. «Perché?»
«Mi piaci, so che piacerai anche a loro...»
«Non lo so Jack, ci pensiamo, va bene?»
Il ragazzo non si aspettava quella risposta, credeva che Wendy avrebbe risposto tranquillamente di si. «Ho detto qualcosa che non va?» chiese, preoccupato.
«No, solo non mi piace ricordare certe cose del passato, sarà sicuramente stupido quello che ti sto per dire, ma nonostante siano passati tanti anni mi fa ancora un po’ male pensare a come è finita l’amicizia tra me e quel bambino. Avevamo 8 anni, tutto questo non ha senso, lo so.»
Jack si allungò sul letto e prese Wendy per una mano, tirandola verso di lui; lei fu costretta a sedersi. «Non è stupido, insomma, dicono sempre che le cose che ci succedono quando siamo piccoli ci segnano il futuro. Dover dire addio a quel bambino probabilmente ti ha insegnato qualcosa.»
«Il problema è che io non so cosa...»
«Magari lo devi ancora scoprire...»
Wendy alzò le spalle. «Sono discorsi complicati da affrontare la mattina appena svegli. Vado all’università, magari nel tragitto mi prendo anche un caffè e riesco a svegliarmi completamente!»
Jack la lasciò andare, si diedero appuntamento alla caffetteria per il giorno seguente poi lei uscì dalla casa del ragazzo, lui mise le braccia dietro alla testa, rimanendo a guardare il soffitto per qualche minuto, poi decise di alzarsi: il suo gruppo lo aspettava per le prove.  

***

Jack entrò nella sala prove, quella che erano soliti affittare lui e il suo gruppo quando erano in pausa dal tour. Avevano qualche nuova canzone su cui lavorare, ma il nuovo disco, quello che poi sarebbe stato il terzo della loro band, era ancora lontano. 
Il ragazzo si lasciò cadere sul divano presente nella sala; i suoi tre amici e compagni d’avventura non erano ancora arrivati. Affondò il viso nel cuscino e ripensò alla notte appena trascorsa con Wendy; quella ragazza gli piaceva, forse più di tutte le altre con cui era stato, ma c’era qualcosa in lei che non riusciva a decifrare. Era molto carina, capelli castani, lunghi e mossi, occhi marrone scuro, quasi tendenti al nero, con un carattere che era ancora un punto interrogativo per lui. Qualcosa in quella ragazza lo frenava dall’essere il solito Jack, quello stupido, che cercava solo la storia di una notte, che non voleva sentire parlare di relazioni serie. Ovviamente non era sua intenzione cominciare una vera e propria storia d’amore con Wendy, però non voleva nemmeno rinunciare a lei, non in quel momento, non così in fretta.
Alzò la testa quando sentì qualcuno picchiettare sulla sua spalla; si girò con il viso verso l’alto e sorrise a Zack, uno dei suoi migliori amici, il bassista della band. 
«Sei il primo oggi?» chiese il ragazzo.
Jack annuì. «Ho aperto io la sala...»
Zack spalancò gli occhi. «Deduco che per tutta la prossima settimana non potremo uscire di casa, ci aspetta una tempesta di neve di proporzioni bibliche!»
Jack guardò l’amico facendogli la linguaccia. «Simpatico, molto simpatico! Dov’è il resto degli All Time Low?»
«Stanno arrivando!» rispose Zack.
I quattro ragazzi che formavano il gruppo si erano conosciuti alle scuole superiori, tutti avevano la stessa passione per la musica ed era stato semplice decidere di mettere in piedi una band. Dallo scantinato di casa di Jack erano arrivati sui palchi dei grandi festival e avevano già pubblicato due album, nonostante la loro età oscillasse tra i 21 e i 22 anni. Il loro sogno si era realizzato, adesso dovevano solo continuare a mantenerlo vivo; una volta raggiunto ciò che volevano dalla vita, non avevano nessuna intenzione di farselo scappare dalle mani. 
«Alzati vagabondo! Dobbiamo provare!» 
Jack si girò verso la voce che aveva pronunciato quelle parole, era quella del suo migliore amico Alex.
«Non chiamarlo vagabondo, almeno non oggi. Ha aperto lui lo studio!» disse Zack.
Alex si girò verso Jack e lo guardò con gli occhi spalancati. «Ho capito bene?»
Il ragazzo annuì, soddisfatto; si mise a sedere sul divano e guardò gli amici. «È che mi è successa una cosa strana...»
«Cosa?» chiese Alex.
«Qualche giorno fa ho conosciuto una ragazza, si chiama Wendy, è diversa, ha qualcosa che mi attira...»
«Sappiamo tutti cos’è!» disse Rian, il batterista, entrando dalla porta e accennando ad un saluto con il capo ai suoi tre amici. 
«A parte quello, c’è dell’altro in lei, non riesco a capire cosa. Ve la farò conoscere presto.»
«Non vediamo l’ora di capire chi è questa povera ragazza che ha a che fare con Jack Barakat! Probabilmente non ti conosce ancora bene!» disse Alex.






Eccomi qui. Sono tornata con un nuovo capitolo, un po' più lungo dei precedenti, spero vi piaccia.
Non posso non ringraziare tutte quelle che mi lasciano le recensioni, siete fantastiche, davvero. Non pensavo che la mia storia, la prima sugli All Time Low, potesse piacere. Grazie anche chi l'ha aggiunta nelle seguite. Davvero, non so davvero in che altro modo dirvelo, mi fa troppo piacere sapere che la mia storia vi piaccia.
Va bene, scappo. Ho un paio di puntate di Doctor Who che mi aspettano.
Alla prossima.
Mon.

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


Alex entrò nella sala di registrazione fischiettando qualcosa; Jack stava accordando la sua chitarra, si fermò e guadò l’amico. «No, no, no. Dimmi che non hai visto Peter Pan anche ieri sera?»
L’amico si girò verso di lui con un sorriso enorme stampato in faccia e cominciò a cantare: «You can fly, you can fly, you can fly!» (*)
Jack si portò una mano sul viso, scuotendo la testa; il suo migliore amico amava quel cartone animato, era il suo preferito, non aveva mai smesso di guardarlo, nemmeno ora che aveva 22 anni. Jack si era sempre chiesto perché Alex lo amasse così tanto, Alex non aveva mai dato a Jack una vera e propria risposta, si era sempre limitato a dire che non c’era un motivo preciso, semplicemente gli piaceva.
«Come va con la tua donna?» chiese Alex, dopo un po’.
«Non l’ho ancora rivista.»
«Adesso sei il Jack che conosco!» disse Rian.
«La rivedo oggi pomeriggio, ieri sera lavorava.» si affrettò a dire il ragazzo.
«Quindi questo è il secondo appuntamento?»
«Ehm no, a dire la verità sarebbe il terzo...» 
Tre paia di occhi si appoggiarono su Jack che cominciò a passare il plettro sulle corde della sua chitarra.
«Il terzo? Ragazzi è impazzito Jack!» disse Zack.
«Ti deve piacere veramente questa Wendy...» gli fece eco Alex.
«Non so cosa dirvi, sono sorpreso anche io di me stesso. Sapete cosa penso, non voglio una relazione, ma lei ha qualcosa di misterioso che mi attira...»
«Misterioso in che senso?» chiese Rian.
«Se è misterioso come fa a saperlo?» gli fece eco Zack. 
«Quello che qui è davvero misterioso è come Jack sia riuscito ad arrivare ad un terzo appuntamento con una ragazza e come questa ancora sia disposta ad uscire con lui!» continuò Alex.
Jack sbuffò. «Perché non mi prendete sul serio?» 
«Perché ci sembra impossibile tutto questo!» rispose Rian
«Vi ricrederete! Ve la farò conoscere, ve la porterò qui e poi capirete...»
«Te l’ho già detto ieri, non vediamo l’ora!» disse Alex.

***

Wendy era seduta sul divano della caffetteria, come sempre aveva il suo libro di veterinaria vicino; stavolta era appoggiato sul divano, una matita era scivolata nell’incavo tra le due pagine, lei era china sul tavolino, intenta a scrivere qualcosa sul suo quaderno di appunti. Si sentì chiamare e sussultò leggermente sul divano, era troppo concentrata per occuparsi di quello che le accadeva intorno. Alzò lo sguardo e vide Jack, lo salutò e lui le chiese se poteva sedersi. Wendy acconsentì, lui spostò leggermente il libro, in modo tale da non rovinarlo, poi si allungò verso la ragazza e le diede un bacio sulla guancia, mentre lei aveva ripreso a scrivere qualcosa sul suo quaderno. Lei si girò verso di lui e gli sorrise. «Scusami, devo assolutamente finire una frase che ho in sospeso, se me la dimentico tutto quello che ho scritto prima non avrebbe più senso...» Jack annuì e vide Wendy poggiare nuovamente gli occhi sul suo quaderno e scrivere velocemente qualcosa. Quando finì, appoggiò la penna sul foglio di carta e si girò verso Jack, lo vide con gli occhi appoggiati sulla sua tazza di caffè latte, intento a mescolarlo con il classico bastoncino di legno. 
«Scusami, non ti ho nemmeno salutato come si deve...» disse, avvicinandosi alle labbra di Jack e dandogli un leggero bacio.
«Così va meglio...» disse il ragazzo, sorridendole. 
Wendy prese il libro e lo appoggiò sulle ginocchia, poi si accoccolò tra le braccia di Jack, che la strinse a sé. «Ti dispiace se passo il resto del pomeriggio a studiare con tu che mi incoraggi? Oggi proprio non ne ho voglia...»
Jack fu sorpreso da quel gesto, ma acconsentì. «Tutto questo significa che dovrai sentirmi parlare di cose che probabilmente per te suoneranno come aramaico antico.» continuò la ragazza. 
«Non ti preoccupare, tu parla, io annuisco a prescindere.»
Wendy ridacchiò e prese la matita tra le mani.
«Prima che cominci a raccontarmi di cose di cui io non capirò nulla, posso farti una domanda?»
La ragazza si sedette meglio e guardò Jack in viso, annuendo. 
«Domani pomeriggio ti andrebbe di venire con me alla sala prove così ti faccio conoscere i miei migliori amici?»
«Perché no, così mi fate anche sentire qualcosa...»
Jack alzò un sopracciglio, chiedendosi se fosse possibile che lei non avesse mai sentito parlare del suo gruppo. Rimase in silenzio, non era sua intenzione svelare chi era in realtà, almeno non in quel momento. Strinse a sé Wendy che cominciò a sottolineare qualcosa e poi prese a ripeterlo ad alta voce. Come previsto Jack riuscì a comprendere solo qualche pezzo del discorso che lei stava facendo, ma le piaceva ascoltarla, le piaceva il suono della sua voce, accompagnato da quel bellissimo accento britannico. Non era innamorato, era una cosa troppo grossa per lui, ma sentiva che Wendy sarebbe diventata una persona importante nella sua vita. In quale modo lo sarebbe diventata gli era ancora sconosciuto, ma era l’unica cosa su cui aveva ancora dei dubbi. 




(*) Avrete sicuramente riconosciuto le parole della canzoncina che canta Alex. È quella che Peter Pan, Wendy e i suoi fratelli cantano mentre volano sul cielo di Londra, quando escono tutti dalla finestra e Peter dice: "Come on everybody! Here we go! Off to Neverland!" Ho rivisto Peter Pan proprio qualche giorno fa, mi piaceva l'idea di inserire nel racconto anche qualcosa del cartone, giocando sul titolo della canzone degli ATL da cui poi ho preso il titolo della mia storia. Vi ho riportato le parole in inglese perché quelle in italiano sinceramente non me le ricordo. Il cartone l'ho rivisto in inglese, quello in italiano l'ho guardato quando ero bambina, sinceramente ho dimenticato tutto. 
Va beh, tutta questa filippica solo per precisare, forse non ce n'era nemmeno bisogno. Detto ciò ringrazio tantissimo quelle che continuano ad aggiungere la mia storia tra le seguite e soprattutto un ringraziamento particolare a quelle che mi lasciano le recensioni ogni capitolo. Vi adoro! 
Scappo e vado a vedermi Iron Man 2.
Un bacione grande.
Alla prossima.
Mon.

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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


Jack arrivò sotto casa di Wendy, fermò la macchina, prese il cellulare e gli scrisse un messaggio. Attese che la ragazza scendesse, le aprì lo sportello dell’auto e lei salì; si scambiarono un bacio veloce poi lui mise in moto e si avviarono verso la sala prove. Wendy era contenta, voleva vedere Jack all’opera, ma era anche curiosa di conoscere i suoi amici, quelli di cui lui le aveva tanto parlato. 
«Cosa suonate di preciso?» chiese Wendy, dopo un po’.
Il ragazzo girò la testa velocemente verso di lei poi poggiò lo sguardo nuovamente sulla strada. «Diciamo che ci basiamo molto su Green Day e Blink 182. Li conosci?»
«Hai posto la domanda sbagliata Jack! Io non è che li conosco, li adoro, soprattutto i Green Day, sono il mio gruppo preferito!»
Jack era perplesso, inarcò leggermente le labbra verso l’alto e disse: «Possibile allora che tu non abbia mai sentito parlare degli All Time Low?»
Wendy si fermò un attimo a pensare e poi rispose: «No, purtroppo non li ho mai sentiti nominare.»
«Beh, siamo noi, abbiamo già pubblicato due album e un EP.»
Wendy spalancò gli occhi e guardò il ragazzo seduto al suo fianco, alla guida della macchina. «Wow, arrivo tardi allora...»
«Leggermente, ma sei sempre in tempo a recuperare. Oggi ti facciamo sentire qualcosa, poi tu mi prometti che vai a comprare i cd?»
«Promesso, domani mattina corro al negozio di dischi!»
Jack sorrise; i due chiacchierarono fino a che non arrivarono davanti all’edificio dove il gruppo era solito trovarsi per fare le prove. Scesero dall’auto e Jack aprì la porta a Wendy. «Le macchine di Zack e Rian ci sono, saranno già alle prese con i loro strumenti. Manca solo quella di Alex, ma è normale, lui è sempre in ritardo, la sorpresa è quando arriva puntuale, se poi arriva in anticipo allora sai che sta per arrivare una catastrofe!»
Wendy rise; si lasciò condurre da Jack nella sala dove tenevano i loro strumenti e lui salutò i due amici presenti.
«Ragazzi, lei è Wendy...» disse.
Rian e Zack si avvicinarono alla ragazza, tendendogli la mano. Lei le strinse entrambe poi Rian disse: «Così tu sei quella che ha portato Mr. Jack Barakat oltre il secondo appuntamento...»
Jack spalancò gli occhi, guardando l’amico incredulo. Wendy girò la testa verso di lui e lo guardò con aria interrogativa. Il ragazzo ridacchiò. «A Rian piace scherzare!» disse. Lanciò un’occhiataccia al batterista poi si rivolse nuovamente a Wendy, ancora poco convinta. «Vuoi vedere gli strumenti?»
La ragazza annuì, incerta; Rian la prese sotto braccio e la portò a vedere la batteria, spiegandole un po’ come funzionava quello strumento. Lei rimase in ascolto, attenta. Non staccò gli occhi dalla batteria nemmeno quando sentì una voce dietro alle sue spalle salutare i presenti. 
Jack si rivolse a lei mettendole una mano sulla spalla. «Lui è Alex, l’ultimo componente della band. Alex, lei è Wendy.»
La ragazza si girò per salutare l’ultimo arrivato, non pensava di certo di trovasi davanti un viso che non aveva mai dimenticato. Rimase impietrita, le braccia immobili lungo i fianchi. Guardò Alex portarsi le mani davanti alla bocca per soffocare un urlo. Gli occhi di Wendy si riempirono di lacrime. Aveva davanti lo stesso viso a cui aveva dovuto dire addio quasi tredici anni prima. 
«Alex...» riuscì a sussurrare con la voce rotta.
«Wendy...» fu l’unica cosa che Alex riuscì a pronunciare, senza spostare le mani da davanti alla bocca. 
I due si fissarono ancora per qualche istante, infischiandosene delle persone che avevano attorno; erano solo loro, esattamente come tredici anni prima, esattamente come quando erano bambini. Wendy non resistette più, corse verso Alex e gli gettò le braccia al collo, cominciando a piangere. Lui la strinse forte a sé, chiudendo gli occhi, cercando di ricacciare indietro quelle maledette lacrime che volevano fuggire e trovare una via d’uscita lungo le sue guance. 
«Perché non mi hai mai scritto? Lo avevi promesso!» chiese Wendy, quando riuscì a riacquistare un tono di voce quasi normale. 
«Io l’ho fatto, tu non mi hai mai risposto!» disse il ragazzo.
Wendy si allontanò leggermente da lui. «Io non le ho ricevute...»
Alex alzò le spalle. «Forse sono andate perse, ma giuro su tutto quello che ho che quelle lettere te le ho mandate. Ero persino arrabbiato con te perché non mi rispondevi!»
«E io lo ero con te perché non mi scrivevi!»
«Ma tutto questo che importanza ha adesso?» chiese Alex.
«Nessuna...» sorrise Wendy. «Ti ho ritrovato, non pensavo sarebbe mai più successo, quindi è questo ciò che conta ora.»
«Esatto...» disse Alex, stringendo nuovamente a sé la ragazza.
Jack, Zack e Rian avevano assistito alla scena; avevano capito quello che era appena successo, ma stentavano a credere che quella Wendy che Jack aveva incontrato per caso in una caffetteria di Baltimora era quella Wendy a cui Alex aveva accennato loro ogni tanto quando raccontava dei suoi anni d’infanzia in Inghilterra. 







Olè! Eccomi qui con un nuovo capitolo, quello che voi aspettavate dall'inizio della storia. Allora, sospetto che sia un po' corto, però volevo concluderlo in quella maniera. Giusto per lasciare un po' di suspance, so che voi la amate tanto! :D
A parte ciò, io non so davvero come dirvi grazie, sia per le recensioni che mi lasciate tutte le volte, sia per chi continua ad aggiungere la storia tra le seguite. Non pensavo potesse piacere così, quindi non posso fare altro che dirvi grazie, grazie e ancora grazie.
Ora scappo, mi aspetta una partita di basket da andare a vedere e se non mi piazzo davanti al televisore insieme a mia madre lei si arrabbia. Di solito dobbiamo guardarla insieme, è una specie di tradizione, è la nostra squadra e la amiamo. Penso proprio che a voi non interessi tutto questo, quindi scappo.
Al prossimo capitolo e ancora grazie.
Mon

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


Alex e Wendy erano seduti, uno di fronte all’altra, al tavolo di un bar; aspettavano che venisse portato loro quello che avevano ordinato. Da bravi inglesi avevano deciso di prendere una tazza di thè ciascuno, in più ci avevano aggiunto un piatto di biscotti. Erano le 5.30 di un freddo pomeriggio a Baltimora, lei e Alex avevano bisogno di sedersi e parlare con calma di tutto quello che avevano fatto in quegli anni. Per entrambi era stato quasi uno shock ritrovarsi davanti una persona che credevano cancellata per sempre dalla propria vita, entrambi erano sicuri che non si sarebbero mai più rivisti, che il viso e la voce dell’altra persona sarebbero rimaste per sempre un ricordo. Invece il destino aveva voluto farli incontrare nuovamente. Jack aveva capito, era stato lui a suggerire a Wendy e ad Alex di sedersi ad un tavolo e parlare a quattrocchi. 
Una cameriera giovane e gentile portò loro quello che avevano ordinato, appoggiò le due tazze fumanti di thè e il piatto di biscotti davanti ad Alex e a Wendy e, in fretta, si congedò da loro. 
«Quale preferisci?» chiese il ragazzo, indicando il piatto.
«Per me è indifferente, decidi tu quello che vuoi.»
«Prima le ragazze...» sorrise Alex.
Wendy allora allungò la mano e prese un semplice biscotto, con al centro un po’ di caramello. Lo inzuppò delicatamente nel thè e poi diede un morso. Alex la guardava mentre anche lui masticava piano il biscotto al cioccolato che aveva preso dal piatto. «Non so davvero da dove cominciare...» disse appena ebbe inghiottito il boccone. 
«Raccontami di come tu e Jack avete creato il gruppo.»
Alex sorrise. «È stato molto semplice. Ho conosciuto Jack quando mi sono trasferito da una scuola privata a quella pubblica. La musica era l’unico modo che avevo per sfogarmi e a Jack, come a me, piaceva suonare la chitarra ed è stato normale pensare di mettere su una band. Poi abbiamo chiesto a Rian e a Zack ed eccoci qui...»
«Jack mi ha detto che siete famosi.»
«Abbastanza. Insomma in giro ci conoscono, due cd e un EP non sono cosa da poco.»
«Giuro che non vi avevo mai sentito nominare prima di oggi, ma rimedio subito a questa grave mancanza. Domani vado al negozio di dischi!»
Alex ridacchiò e Wendy non poté fare a meno di notare che era la stessa risata che aveva quando, da piccolo, si divertiva guardando qualche cartone animato.
«Tu invece cosa mi dici? Cosa ti ha portato a Baltimora?»
Wendy alzò le spalle. «Solo la voglia di venire a vivere negli Stati Uniti, studiare e farmi una vita qui.»
«Non ti piaceva più l’Inghilterra?»
«No, non fraintendermi. Rimarrà sempre casa mia, non rinnego le mie meravigliose origini britanniche, però mi sentivo troppo stretta su quell’isola. Ho preferito aprire le ali e volare lontano per crearmi una vita tutta mia, partire da zero e vedere se posso farcela anche da sola. È una specie di sfida con me stessa...»
Alex annuì. «Cosa studi all’università?»
Wendy ridacchiò ricordandosi le varie reazioni di Jack mentre lei cercava di spiegargli concetti impossibili per lui da capire. «Chiedi a Jack se ha capito cosa studio...»
Alex alzò un sopracciglio e chiese: «Perché?»
«L’altro giorno mi ha ascoltato mentre ripetevo concetti e formule per lui assurde, credo non abbia capito molto. Faccio veterinaria.»
«Meraviglioso! Ho due cani, se ho dei problemi so a chi chiedere allora!»
«A tua completa disposizione. Tu però mi permetti di usare i tuoi cani come cavie?»
Alex aggrottò la fronte e scosse la testa. «Cosa vuoi fare ai miei amici pelosi?»
Wendy rise. «Niente! Solo che, se ho bisogno di studiare qualcosa con un animale in carne ed ossa, vivo, tu mi presti i tuoi cani...»
«Poi me li ridai tutti interi però!»
«Te lo prometto!»
I due si guardarono, ridevano e scherzavano come se dalla partenza di Alex per l’America fossero passate solo un paio di settimane e non quasi tredici anni. Avevano un sacco di cui parlare, ma, allo stesso tempo, sembrava che tra loro il tempo non fosse passato, sembravano gli stessi ragazzini che giocavano nel cortile di casa, rincorrendosi e prendendosi in giro. Erano passati quasi tredici, lunghi anni, ma tra loro il tempo sembrava fermo al 1995, quando si erano dovuti dire addio in quella terribile e, allo stesso tempo, indimenticabile mattina. Il tempo per loro era ripartito da lì, come se non fossero passati tutti quegli anni, come se, per lungo tempo, non ci fosse stato un oceano a dividerli, come se fossero ancora seduti al tavolo nelle loro casette inglesi, pronti per finire di fare merenda e correre fuori, sul prato, a giocare. 





Salve! Eccomi qui con un nuovo capitolo. Allora, non so come sia venuto, nel senso, non mi convince pienamente. È un capitolo un po' di passaggio, Alex e Wendy hanno bisogno di parlare tra loro, devono recuperare molto tempo perso. Quindi questo capitoletto è un po' un intermezzo, spero di non aver deluso.
Grazie, come sempre, a chi mi lascia le recensioni, a chi continua ad aggiungere la storia tra le seguite e tra le preferite. Siete fantastiche.
Al prossimo capitolo, io vado a vedermi una puntata di Doctor Who. Preparo i fazzoletti, so che piangerò come una fontana. 
Mon

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII ***


Wendy era in cucina e stava aprendo un pacchetto di patatine da mettere in un piatto; era a casa di Jack, con loro c’era anche Alex. 
«Alla fine non mi avete detto cosa si guarda stasera in tv...»
L’amico arrivò da lei e disse: «Ma è ovvio cosa si guarda, siamo vicini a Natale, in tv trasmettono Nightmare Before Christmas, con Jack nei paraggi non puoi certamente vedere altro!»
Wendy alzò le spalle. «Così finalmente lo vedo, non mi è mai capitato di guardarlo prima d’ora...»
Alex si portò un dito davanti alla bocca. «Zitta, non dirlo!»
Era troppo tardi; Jack arrivò quasi di corsa, spalancando gli occhi e guardando Wendy. «Non l’hai mai visto? Dimmi, su cosa è basato il nostro rapporto? Preferisci i gatti ai cani, non hai mai visto Nightmare Before Christmas, spiegami, come possiamo andare d’accordo io e te?»
Wendy rise mentre Jack usciva dalla cucina fintamente arrabbiato. Alex guardò l’amica e disse: «Quindi tu e Jack state insieme?»
«Il fatto è che non lo so nemmeno io...» rispose Wendy versando le patatine nel piatto e sistemandole.
Alex annuì, la ragazza prese il piatto di patatine, una birra e la portò in salotto. Jack era già seduto sul divano con il telecomando in mano e la sua bottiglia tra le mani. 
«Muovetevi invece di stare a parlare di niente, tra un po’ inizia il film. Quello che tu, Wendy...» Alzò lo sguardo verso la ragazza e socchiuse gli occhi in una fessura. Continuò: «... non hai mai visto!»
La ragazza si accomodò al fianco di Jack. «Scusami, non ne ho mai avuto l’occasione.»
«L’occasione per Nightmare Before Christmas si trova sempre!»
Wendy sbuffò, roteando gli occhi, Alex intervenne in sua difesa. «Dai Jack, smettila. Stasera rimedia a tutti i suoi peccati...» disse il ragazzo, sedendosi al fianco di Wendy.
«Per farlo c’è una piccola penitenza da scontare. Dopo Nightmare Before Christmas c’è da guardare il dvd de La Sposa Cadavere. A meno che tu adesso...» Girò lo sguardo verso Wendy e ammiccò. «... non mi sorprenda dicendo che quel film lo hai già visto.»
La ragazza sorseggiò un po’ di birra dalla sua bottiglia e poi scosse la testa. Jack si portò le mani sul viso e compì lo stesso gesto. «Cosa devo fare io con te?»
Alex si avvicinò all’orecchio di Wendy e disse: «Non farci caso, per lui Tim Burton è il miglior regista del mondo, tutti devono aver visto i suoi film.»
La ragazza si sporse verso l’orecchio di Alex e sussurrò: «Poi finito il film guarisce vero? O è sempre così insopportabile?»
«La maggioranza delle volte, poi dopo un po’ gli passa!»
Jack, con gli occhi fissi sul televisore, disse: «Voi due, finitela, vi sento!»
Alex e Wendy si guardarono e risero, poi la ragazza si sporse verso Jack e gli diede un bacio sulla guancia. «Scusami, prometto di stare attenta a tutti e due i film che mi farai vedere stasera...»
Jack si voltò verso di lei e le fece l’occhiolino. «Bravissima! Adesso però concentrata, il film inizia!»

***

Alex parcheggiò la macchina sotto casa di Wendy, la ragazza raccolse la borsa che aveva messo vicino ai piedi e poggiò una mano sulla maniglia della portiera dell’auto.
«È strano che tu non sia voluta rimanere a dormire da Jack...» disse Alex prima che l’amica scendesse.
«Te l’ho detto, domani sarà una giornata complessa, devo andare all’università, studiare, lavorare fino a tardi, ho bisogno di dormire stanotte e se fossi rimasta da Jack...» Wendy si fermò.
«Se fossi rimasta da Jack non avresti dormito.» Alex concluse la frase che l’amica aveva lasciato in sospeso. Lei annuì.
«Grazie per avermi riaccompagnato a casa...» disse.
«Figurati! Ho voglia di passare del tempo con te, dobbiamo recuperare quello che abbiamo perso in questi 13 anni e anche un viaggio in macchina mi sembra sempre tantissimo. Mi sei mancata così tanto Wendy i primi tempi che tu nemmeno puoi immaginarti.»
«Invece posso immaginare benissimo, perché tu mi sei mancato alla stessa maniera.»
«Io ancora non posso crederci di averti di nuovo con me...»
Wendy si sporse verso di lui e lo abbracciò. «Buonanotte Alex.»
«Buonanotte anche a te.» 
La ragazza aprì la portiera dell’auto, ma Alex la trattenne per un braccio. «Hai ancora quella tartaruga tutta rappezzata che usavi quando non riuscivi a dormire?»
Wendy rise. «Te la ricordi?» 
Alex annuì. 
«Sappi che è sul cuscino del mio letto, pronta per farmi compagnia anche stasera. Le manca un occhio e ha un buco su quello che una volta era il guscio, ma c’è ancora e non la butterò mai via!»
«Un giorno di questi salgo e me la fai salutare. Com’è che si chiamava?»
«Si chiama ancora Judy!»
«Judy, è vero! Beh, un giorno passo a salutare la mia amata tartaruga.»
«Quando vuoi!»
I due si salutarono, Wendy cercò le chiavi di casa nella borsa e aprì la porta.





 

Eccomi qui. Nuovo capitolo tutto per voi? Cosa ne dite? Vi piace? 
Oggi l'ho finito, anche se non è stata una grande e allegra giornata. Qualche ricordo che riaffiora, purtroppo, e non è mai un piacere. Così, ogni cosa che fai, ti riporta a quello. Va beh, non credo che a voi interessi, quindi direi che, non essendo molto allegra e non riuscendo a fare uno dei miei sproloqui inutili (come se questo non lo fosse!), vi saluto. 
Al prossimo capitolo, ringraziando, come sempre, tutte quelle che recensicono e che seguono la mia storia. Vi adoro.
Mon

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Capitolo 10
*** Capitolo IX ***


Wendy uscì dal bagno, Jack era sdraiato sul letto, le braccia dietro la testa. Si girò verso la ragazza e le sorrise, ammiccando leggermente. Lei si andò a sedere e si sporse verso di lui, dandogli un bacio sulla guancia, poi appoggiò la testa sul cuscino. 
«Tutto qui?» chiese Jack, perplesso. 
«Sono tre giorni che non faccio altro che correre da una parte all’altra, ho avuto un sacco da fare, sono stanca...»
Jack si sporse verso di lei e, increspando il labbro inferiore verso il basso, chiese: «Non hai nemmeno dieci minuti da dedicarmi?»
Wendy non rispose, Jack si mise a cavalcioni su di lei e la ragazza portò le braccia attorno al collo del ragazzo. Lui cominciò a baciarla, Wendy chiuse gli occhi e lasciò fare. Jack fece scorrere le mani lungo la vita della ragazza fino ad arrivare all’orlo finale della sua maglietta. La prese tra le mani e gliela tolse, gettandola sul pavimento, poi, invece di tornare a baciarla si fermò, guardandole il braccio sinistro. 
«Adesso ho capito tutto...» disse, spostandosi e sedendosi sul letto. 
Wendy spalancò gli occhi e si alzò, appoggiandosi sui gomiti e guardando Jack.
«Cosa hai capito?»
«Quella frase che hai sul braccio, quello che mi hai detto la prima volta che sei stata qui...» Si fermò un attimo, passandosi una mano tra i capelli, poi continuò: «È dedicata ad Alex!»
La ragazza abbassò lo sguardo sul suo tatuaggio e non poté fare altro che annuire. 
«Doveva essere molto importante per te se addirittura ti sei tatuata una sua frase sul braccio...»
«Alex era il mio migliore amico, passavo con lui tutto il tempo, a scuola e a casa. Questa è l’ultima frase che mi ha detto quando ci siamo salutati tredici anni fa...»
«E perché te la sei tatuata?»
«Volevo portare sempre con me un suo ricordo, te l’ho detto, era il mio migliore amico.»
Jack annuì. «Continua ad esserlo?» chiese, dopo un po’.
«Adesso che l’ho ritrovato non ho nessuna intenzione di perderlo di nuovo.»
«Allora perché sei qui con me?»
Wendy alzò un sopracciglio. «Jack, non ti seguo. Cosa c’entri tu adesso?»
«Dovresti stare con Alex...»
«Non ti capisco.»
«Forse se vi siete incontrati un motivo c’è, forse tu vuoi stare con lui e non con me...»
La ragazza spalancò gli occhi. «Jack io non so cosa siamo io e te, non l’ho ancora capito e forse va bene così, ma io e Alex ci siamo rivisti dopo 13 anni, lui avrà sicuramente una vita tutta sua, come puoi anche solo pensare questo?»
«Forse perché gli amori che che si hanno da bambini sono quelli più veri...»
Wendy attese un attimo prima di rispondere poi, con un po’ di esitazione nella voce, disse: «Io non ero innamorata di Alex e Alex non era innamorato di me...»
«Faccio fatica a crederlo, altrimenti non mi spiego come mai tu abbia una sua frase tatuata su un braccio e perché lui è tanto ossessionato da Peter Pan...»
«Cosa c’entra adesso Peter Pan?»
«Wendy, la bambina di Peter Pan si chiama Wendy!»
Alla ragazza per un istante mancò il respiro e si chiese se Alex avesse pensato a lei per tutto quel tempo. Si rispose che era una stupidaggine, che non poteva essere vero, Jack aveva semplicemente interpretato male certi atteggiamenti tra lei e Alex; erano semplici gesti di amicizia di due bambini cresciuti insieme, ma che il destino aveva deciso di separare quando avevano solo otto anni. Adesso che i due si erano ritrovati avevano ripreso da dove avevano interrotto 13 anni prima, ma il loro rapporto non andava oltre una semplice amicizia.
«Smettila di farti tutti questi problemi Jack e di pensare a me e a Alex.»
«Il fatto è che io non voglio una storia seria, non sono quel genere di ragazzo, e tu hai tutto il diritto di decidere di lasciarmi perdere e cercare qualcuno molto meglio di me...»
«Ti ho mai chiesto qualcosa di più dalla nostra storia? Ti ho mai chiesto anelli o promesse di matrimonio? Non mi sembra, quindi dovresti supporre che anche a me va bene questa situazione.»
Wendy si sporse verso Jack e gli diede un bacio; con le sue labbra sopra quelle del ragazzo, sussurrò: «Smettila di fare il paranoico adesso. Riprendiamo da dove avevamo lasciato?»






Eccomi qui carissime!!
Nuovo capitolo appena finito, tutto per voi! Mi sono impegnata per riuscire a postarvelo nel più breve tempo possibile ed eccolo qui, nonostante abbia un po' di influenza e la testa che mi scoppia. Ce l'ho fatta. Spero solo di non aver lasciato errori in giro, qua e là, ho ricontrollato, ma non sono lucidissima in effetti.
Vado a infilarmi sotto le coperte, ho qualche puntata di Doctor Who da vedermi (serie tv per cui ho perso la testa e da cui non riesco a venirne fuori! Maledetta me e la passione per le serie tv!)
Al prossimo capitolo mie care.
Mon

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Capitolo 11
*** Capitolo X ***


Wendy era seduta al tavolo della cucina di casa sua; appunti, evidenziatori, penne e matite erano sparse ovunque sulla superficie di legno, una tazza di caffè fumante era appoggiata esattamente davanti al libro di veterinaria. La ragazza era quasi arrivata a metà, non era messa male per l’esame, ma voleva portarsi avanti, visto che per le vacanze di Natale sarebbero arrivati a Baltimora i suoi genitori. Prese un evidenziatore, sottolineò qualcosa sul libro poi riportò la cosa più importante sul foglio a quadretti che aveva davanti. Elsa era uscita per una serata con i suoi compagni di corso, lei faceva ingegneria, Wendy quindi era a casa da sola e voleva approfittare di quei momenti di tranquillità per portarsi avanti con lo studio. 
Alzò gli occhi da tutte le sue scartoffie quando, urlando, sussultò sulla sedia. Il campanello di casa era suonato e lei si era spaventata. Guardò l’orologio che portava al polso e si chiese chi potesse essere alle 9.35 di sera. Andò alla porta e, tramite la cornetta del citofono, chiese chi c’era dall’altra parte. Una voce fin troppo familiare rispose: «Il postino...»
«Non sei divertente, mi hai fatto prendere un colpo! Sali stupido!»
La ragazza rimase sulla soglia della porta finché, dalla rampa di scale, non vide sbucare il viso di Alex. «L’ascensore, perché non lo fate aggiustare?» chiese, il ragazzo, con il fiatone.
Wendy guardò Alex con un ghigno divertito. «Hai 22 anni e sei ridotto così?»
«Sono cinque rampe di scale Wendy!»
«Pensa io quando le faccio con la borsa piena di libri, con le sporte della spesa, o, peggio, con i pacchi dell’acqua!»
«Sei da ammirare!» 
La ragazza si spostò da davanti alla porta e fece accomodare Alex in casa; il ragazzo si guadò attorno. La casa di Wendy ed Elsa non era molto grande; appena entrati c’era un piccolo spiazzo, davanti alla porta d’ingresso se ne trovavano altre due, una portava al bagno, una immetteva in un salotto con un divano, una tavola, un mobile di legno con la televisione e un piccolo angolo cottura. Anche a sinistra della porta d’ingresso ce n’erano altre due, erano quelle che portavano alle stanze di Wendy ed Elsa.
«Scusami, la casa non è molto in ordine, non aspettavamo visite. Non è nemmeno fin troppo bella, adesso che sei famoso sarai abituato a ben altre cose.»
«Non ti preoccupare, è la casa di due studentesse universitarie, mica mi scandalizzo!»
Alex si sedette al tavolo di cucina e prese i fogli su cui Wendy, poco prima, stava scrivendo i suoi appunti; lesse qualcosa e poi disse: «In effetti Jack non ha tutti i torti quando dice che non ci capisce niente.»
«Sono io quella che deve diventare veterinaria e curare i vostri cani, mica tu e Jack!»
Alex annuì. «Niente spese veterinarie da qui all’eternità, che bello!»
Wendy ridusse gli occhi ad una fessura, si sedette al tavolo di cucina insieme ad Alex e lo guardò male. Il ragazzo capì. «Ok, ok, come non detto!»
La ragazza prese il foglio di appunti sulla quale stava scrivendo prima di essere interrotta dal suono del campanello e rilesse l’ultima frase che aveva scritto, poi allungò lo sguardo sulle pagine del libro, constatando che il riassunto che era riuscita a fare di tutte quelle parole gettate a casaccio sulle pagine del suo testo poteva andare bene. 
Prese la matita e segnò un piccolo asterisco al fianco della frase dove era arrivata, mise la matita nell’incavo delle pagine e poi chiuse il libro che fece un rumore sordo. 
«Hai voglia di guadare qualcosa in tv?» chiese Wendy.
«Ti ho disturbato, tu stavi studiando, adesso ci sono qua io e tu hai abbandonato tutto.»
«Non ti preoccupare, sono abbastanza in linea con la tabella di marcia, posso permettermi una serata di distrazione.»
«Ci mettiamo sul divano a guardare un film come quando eravamo piccoli?»
Wendy annuì, felicissima. «Non ho la cioccolata calda però!»
«Mi va bene qualsiasi cosa...»
«Ho del caffè fatto da poco se vuoi. Me ne ero fatta una tinozza per non cadere addormentata sulle pagine del libro, ma se vuoi adesso posso condividerlo con te.»
«Va benissimo!»
Wendy preparò una tazza di caffè e mentre lo faceva suggerì ad Alex di andare in camera sua e guardare sul suo letto. Lei si sedette sul divano, attendendo l’amico. Pochi secondi dopo il ragazzo si presentò nuovamente in cucina con la tartaruga di Wendy tra le mani, sorridendo. «Judy, guarda Judy. È sempre la stessa, anche se un po’ invecchiata, scolorita e con qualche piccolo problema al guscio, ma è sempre la cara, vecchia Judy!» Alex si sedette sul divano, appoggiò la tartaruga vicino a lui, prese la tazza di caffè che Wendy gli stava porgendo e guardò l’amica fare zapping tra un canale e l’altro.  
«Guarda!» disse, dopo un po’ Alex, indicando la programmazione del canale dove si era appena fermata Wendy.
«Maratona di Friends?» chiese la ragazza, entusiasta.
«Ci stai?»
«Amo quel telefilm! Non potrei mai dire di no!»
Alex si sistemò meglio sul divano, allungando il braccio sopra lo schienale, Wendy si sedette e si accoccolò meglio, sempre con la sua tazza stretta tra le mani. Non riusciva ancora a credere di essere nuovamente nella stessa stanza, davanti alla televisione, a guardare un programma in tv insieme ad Alex. Pensava che quei momenti sarebbero rimasti per sempre dei ricordi e invece non era così. Guardò il profilo di Alex nella penombra; aveva mantenuto lo stesso viso di quando era bambino, solo che adesso aveva i lineamenti da adulto e i capelli pettinati in maniera completamente diversa. Wendy constatò che quella pettinatura gli stava bene.
Alex girò il viso verso di lei, probabilmente sentendosi osservato. La ragazza gli sorrise e lui chiese, un po’ perplesso, se qualcosa non andava. 
Wendy scosse la testa. «Tutto bene, volevo solo essere sicura che non fosse un sogno...»
Alex gli diede un pizzicotto sulla guancia e lei, protestando, la massaggiò. «Mi hai fatto male!»
«Almeno sei sicura che non è un sogno!»
«Adesso dovrei ricambiare, ma la vendetta è un piatto che va servito freddo.»
Alex spostò la mano di Wendy dalla guancia e gli diede un bacio sul punto dove prima gli aveva dato il pizzicotto. 
«Così va meglio?» chiese.
«Si, ma non è stato il tuo bacio a migliorare la situazione!»
Il ragazzo roteò gli occhi. «Non sei cambiata per niente! Ti voglio comunque bene Wendy, nonostante tutto!»






Salve!! Eccomi qui! Nuovo capitolo tutto per voi, così, veloce veloce. 
Non posso prolungarmi in sproloqui inutili oggi (alluluja direte voi!), mi aspettano, c'è una partita di calcio da vedere e se non mi presento per l'inizio, mi uccidono. Quindi, un ringraziamento ancora a tutte. Scappo.
Al prossimo capitolo.
Mon

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Capitolo 12
*** Capitolo XI ***


Wendy camminava per le strade di Baltimora, stretta nel suo cappotto pesante, una sciarpa bianca e blu legata al collo, gli auricolari nelle orecchie. Stava ascoltando la voce di Alex uscire dalle cuffie del suo iPod, era una canzone dell’EP Put Up or Shut Up, si chiamava Lullabies. Era la prima volta che Wendy la ascoltava, partiva lenta, la voce di Alex era bellissima. Si sorprese quando la canzone cambiava radicalmente sulla parola “dead”.

Forever's never seemed so long as when you're not around 
it's like a piece of me is missing. 
I could have learned so much from you but what's left now?
Don't you realize you shot this family a world of pain? 
Can't you see there should have been a happy ending we let go?

Wendy fermò la canzone e alzò lo sguardo; stava passeggiando lungo le stradine pedonali del porto di Baltimora, erano quasi le cinque di pomeriggio e il sole cominciava a scendere lungo la linea dell’orizzonte. Stava attraversando un ponticello e si fermò, appoggiò i gomiti sulla ringhiera del ponte e incrociò le mani guardando le acque sotto di lei leggermente increspate e colorate di rosso fuoco. Le parole di quella canzone le avevano insinuato un tarlo nella testa; lei non sapeva nulla della vita di Alex in quella città, lui le aveva parlato di come aveva conosciuto Jack, Zack e Rian, di come avevano costruito la loro band e poi il successo, le aveva solo accennato qualcosa riguardante i suoi genitori, ma, a parte quello, il discorso famiglia era stato accuratamente tenuto lontano dalle loro conversazioni. 
Un brivido le percorse la schiena, ma questo non era dovuto di certo al vento che spirava dal porto verso la città; ebbe come l’impressione che quella canzone fosse dedicata a qualcuno che non c’era più, a qualcuno di molto caro ad Alex. Rimase per lungo tempo a fissare l’orizzonte e il sole che piano piano spariva dietro la sua linea; quando anche l’ultimo spicchio sparì, Wendy respirò profondamente e riprese la sua passeggiata.
Non aveva voglia di tornare a casa in quella serata di inizio dicembre, con le vetrine dei negozi  che cominciavano a scintillare con i colori del Natale. Camminò ancora per un po’ tra le strade affollate di Baltimora, poi decise di ascoltare il suo istinto. Arrivò a casa di Alex e suonò il campanello, sperando di non disturbare; la porta si aprì e il viso incredulo, ma felice, dell’amico si affacciò all’ingresso.
«Cosa ci fai qui?» chiese.
«Stavo facendo un giro per Baltimora e mi è venuta voglia di vederti!»
«Vieni, entra in casa che fuori fa fin troppo freddo.»
Wendy varcò la soglia di casa di Alex e lui le prese il cappotto e la sciarpa, li appese all’attaccapanni e poi accompagnò l’amica in salotto. 
«Guardavo stronzate in tv, mi fai compagnia?» chiese il ragazzo.
«Volentieri!» sorrise Wendy.
Si sedettero sul divano e ci rimasero fino a che non suonarono alla porta per portare le pizze che avevano ordinato. Alex andò ad aprire, prese i due cartoni, le due lattine di coca-cola e il contenitore delle patatine fritte in regalo e passò tutto a Wendy, poi lui pagò mentre la ragazza tornò ad accomodarsi in salotto. Appoggiò sul tavolino davanti al divano il tutto, poi prese il suo cartone di pizza e lo aprì. Alex arrivò poco dopo con due bottiglie di birra. «Che dici? Questa è molto meglio rispetto alla coca-cola.»
«Pizza e birra sono un’accoppiata perfetta!» rispose, allungando la mano e prendendo la sua bottiglia. Rimasero seduti sul divano a guardare la tv, a ridere e a mangiare fino a che Alex non decise di spegnere. Guardò Wendy e disse: «Hai voglia di suonare qualcosa insieme a me?»
«Non ho mai preso una chitarra tra le mani, non so da dove si comincia!»
«Facciamo così, tu canti e io suono!»
«Non credo di avere una bella voce...»
«Quante storie Wendy! Nessuno ha una brutta voce, basta solo allenarla!»
«Questo non lo so, in tutti i casi ci posso provare.»
Alex la prese per mano e la condusse su per la scala, al piano superiore. Entrarono in una stanza enorme, i muri colorati di blu, un sacco di chitarre erano appese, altre erano appoggiate sui piedistalli. Wendy sgranò gli occhi e si guardò attorno. «Sono tutte tue?»
«Grande domanda! Secondo te, se sono a casa mia...»
Wendy guardò Alex socchiudendo gli occhi poi si avvicinò ad una di queste, bianca e verde. «È bellissima...»
«È una delle mie preferite.»
La ragazza la prese tra le mani e appoggiò le dita sulle corde della chitarra, fingendo di suonare. Alex rise, poi prese Wendy per mano e la fece accomodare sul divano, lui si sedette al suo fianco. 
«Cosa mi suoni?» chiese la ragazza.
«Ne hai imparata qualcuna delle nostre?»
«Sto studiando...» Wendy capì che era arrivato il momento di levarsi quel terribile tarlo che da qualche ora le stava picchiettando in testa. 
«Posso farti una domanda?» chiese.
Alex annuì.
«Oggi stavo ascoltando per la prima volta il vostro EP, Put Up or Shut Up, e ho sentito Lullabies...»
Wendy vide Alex abbassare la testa, concentrandosi sulla sua chitarra; temette di aver toccato un tasto dolente e si pentì subito di non aver tenuto chiusa la sua bocca. 
Alex alzò nuovamente la testa e guardò l’amica negli occhi. «Cosa vuoi sapere? A chi è dedicata? A mio fratello, te lo ricordi Tom?»
Wendy se lo ricordava benissimo, era il fratellastro di Alex; la mattina in cui i due bambini si erano dovuti dire addio, lui non c’era, avrebbero dovuto passarlo a prendere dalla casa dove viveva con la madre per poi partire insieme verso gli Stati Uniti.
La ragazza sentì un brivido lungo la schiena; temeva quello che Alex avrebbe potuto dirle, quindi si limitò ad annuire, senza parlare. 
«Ecco, Tom non c’è più...»
La ragazza non voleva sapere altro, fu Alex a raccontarle tutta la storia e tutte le conseguenze che  ne erano seguite. Wendy ascoltò in silenzio, poi, alla fine, l’unica cosa che riuscì a fare fu tirare a sé Alex e abbracciarlo. «Mi dispiace solo di non essere stata qua con te, avrei voluto sostenerti, dirti che ti volevo bene, avrei voluto che tu mi sentissi vicina.»
«Ti ho pensato tante volte, avrei voluto tornare indietro a cercarti, soprattutto quando abbiamo cominciato i nostri tour, ma non sapevo niente, non sapevo se vivevi ancora là dove siamo cresciuti. Adesso non importa però, tu sei qui con me, promettimi che non te ne andrai più.»
«E tu promettimi che non mi lascerai come hai fatto 13 anni fa.»
«Se fosse dipeso da me, io sarei rimasto con te oppure ti avrei preso qui, purtroppo eravamo bambini, le scelte non erano nostre. Adesso che ti ho ritrovato non ti libererai più di me.»
«E io non voglio nemmeno farlo!»






 

Salve! Eccomi qui, nuovo, forse un po' triste, capitolo. Spero di non aver esagerato, ma ci ho buttato dentro un carico di tristezza di un certo livello, me ne rendo conto. Nonostante questo mi auguro vi piaccia ciò che ho scritto. 
Approfitto per ringraziare le nuove arrivate, chi mi lascia le recensioni, chi segue la storia in silenzio. Non pensavo potesse piacere così tanto, quindi i vostri commenti mi fanno sempre un enorme piacere. Grazie davvero. Adesso scappo.
Al prossimo capitolo mie care.
Mon

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Capitolo 13
*** Capitolo XII ***


Wendy era sdraiata sul divano della sala prove, guardava lo schermo del suo cellulare, aspettava una telefonata di sua madre che le confermava l’acquisto del biglietto aereo che avrebbe portato lei e suo padre a Baltimora per Natale. 
«Guarda chi c’è a farci compagnia stamattina!» disse Rian, entrando dalla porta della sala prove e andando ad appoggiare la sua giacca vicino alla sua batteria. 
«Buongiorno Rian!» disse Wendy, alzandosi e andando verso il ragazzo per salutarlo con un bacio sulla guancia. 
«Dove sono Alex, Zack e Jack?» 
«Zack non è ancora arrivato, Alex e Jack sono in cucina, credo si stiano imbottendo di caffè...»
Rian guardò l’orologio che aveva al polso. «Effettivamente è abbastanza presto per loro. Soprattutto, tu cosa ci fai qui? Non dovresti essere all’università?»
Wendy sorrise, innocente. «Per un giorno non succede niente se salto lezione. Ho qualcuno che mi passa gli appunti.»
Rian scosse la testa e, ridendo, disse: «Jack e Alex ti stanno condizionando con la loro voglia di fare niente. Soprattutto Jack suppongo...»
La ragazza sorrise e si sdraiò nuovamente sul divano, riprendendo a guardare il suo cellulare. Poco dopo Alex tornò dalla cucina adiacente alla sala, spostò le gambe di Wendy e si sedette sul divano. 
«Staccati da quel telefono!» disse il ragazzo.
Wendy allontanò il cellulare da davanti al suo viso e guardò Alex. «Sto aspettando una telefonata di mia madre!»
«Hai pensato che dall’altra parte dell’oceano è piena notte?»
«Hai pensato che magari mia madre ha detto che richiamava il prima possibile?»
«Hai pensato che il prima possibile magari è la mattinata inglese e il pomeriggio americano?»
«La finite di battibeccare? Sembrate due bambini!» disse Rian, sbuffando.
«Noi siamo due bambini!» risposero in coro Alex e Wendy. Si guardarono e scoppiarono a ridere, il batterista scosse la testa, rassegnato. 
Jack arrivò nella sala portando con sé una bottiglietta d’acqua; guardò prima Wendy e Alex che ridevano con le lacrime agli occhi, poi il ragazzo spostò lo sguardo su Rian, indicando i due. «Cosa hanno combinato?»
«Hanno ripetuto la stessa frase, allo stesso modo, nello stesso momento, pare lo trovino divertente...»
Jack rimase a guardare i due, nello stesso istante entrò nella sala anche Zack che si fermò a fissare i due amici che continuavano a ridere. Guardò Jack con un punto interrogativo stampato sul viso, il ragazzo alzò le spalle e si allontanò, andando a prendere la sua chitarra. Si avvicinò a Rian e lo salutò, poi disse: «Certo che è bellissimo che Alex e Wendy si siano ritrovati e continuino a scherzare come facevano quando erano piccoli. A volte il destino sa farsi perdonare per essere stato così crudele.»
Rian guardò l’amico, alzando un sopracciglio. «Da quando sei diventato così filosofico?»
Zack alzò le spalle. «Era solo una constatazione...»
Alex arrivò dagli amici asciugandosi le lacrime dagli occhi. «Proviamo?»
«Quando hai finito di ridere possiamo cominciare...» rispose Jack, mentre accordava la chitarra, senza guardare in faccia Alex. 
Il ragazzo prese il suo strumento e così i quattro cominciarono a provare; Wendy rimase ad ascoltarli, attenta. Le piaceva come si divertivano con gli strumenti, le piaceva l’alchimia che c’era tra di loro, bastava guardarli per capire che sarebbero arrivati lontano. Il cellulare della ragazza squillò mentre i ragazzi stavano provando Stella, lei uscì dallo studio e rispose. Era sua madre che le confermava l’arrivo nel pomeriggio del 22 dicembre, lei e suo padre sarebbero rimasti solo una settimana, giusto il tempo per passare il Natale insieme. Wendy, dopo aver salutato la madre, tornò nella sala dagli amici. Loro avevano smesso di suonare e stavano parlando di come perfezionare la canzone che stavano provando prima, in modo da poterla fare live nel migliore modo possibile. 
Alex si girò verso l’amica e disse: «Quando arrivano i tuoi allora?»
«Il 22 dicembre, nel pomeriggio. Alex, posso chiederti una cosa?»
L’amico annuì. Wendy sorrise. «Hai voglia di accompagnarmi all’aeroporto quel giorno? Penso che mamma e papà sarebbero contenti di vederti di nuovo.»
«Certo che ti accompagno!»
«Grazie!» 
Wendy tornò a sedersi sul divano, ma capì che la richiesta che aveva fatto ad Alex non era piaciuta a Jack. Il ragazzo non parlò più per il resto del tempo, si limitò a suonare la chitarra e ad annuire quando gli veniva chiesto qualcosa. La ragazza si rese conto di aver esagerato, avrebbe dovuto rivolgere quella richiesta prima a Jack, ma lei non ci aveva ovviamente pensato, troppo contenta di far incontrare nuovamente i suoi genitori ed Alex. Decise di parlare con Jack non appena i ragazzi avessero finito di fare le prove.





Salve! 
Chiedo umilmente perdono, lo so, questo capitolo si è fatto attendere troppo e forse non è nemmeno bellissimo. Giuro però che ce l'ho messa tutta per finirlo e farvelo avere entro la serata. Sono stati 10 giorni tutti di corsa, non ho avuto molto tempo da dedicare alla storia. Appena sono riuscita a mettermi al pc stabilmente ho scritto il capitolo.
Adesso vado a sdraiarmi sul letto, ancora devo decidere se guardarmi un dvd oppure cominciare qualche nuova serie tv! Quelle che guardavo di solito le ho finite tutte. Sigh!
Al prossimo capitolo e grazie, come sempre, a tutte!
Mon

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Capitolo 14
*** Capitolo XIII ***


«Ti accompagno a casa?» chiese Alex, mentre Wendy infilava il cellulare nella sua borsa.
La ragazza sorrise. «No, mi accompagna Jack...» rispose, girandosi verso il ragazzo. «Sempre se a lui va bene...»
Jack annuì e un leggero sorriso fece capolino sul suo viso. I due salutarono tutti e uscirono nel freddo di Baltimora. Wendy si strinse nella giacca, Jack le camminava di fianco. 
«Non ho la macchina oggi, sono venuto a piedi stamattina...» disse il ragazzo.
«Non ti preoccupare, una passeggiata non ha mai ucciso nessuno!»
Si incamminarono, per un po’ nessuno dei due parlò. Fu Wendy che cercò di rompere il ghiaccio, sapeva che doveva arrivare all’argomento per cercare di far sputare il rospo a Jack.
«Sei arrabbiato con me?» chiese.
«Perché dovrei?» si affrettò a rispondere il ragazzo.
«Forse perché ho chiesto ad Alex di accompagnarmi all’aeroporto invece di chiederlo a te...»
Jack si girò a guardarla per qualche istante, poi poggiò nuovamente lo sguardo di fronte a sé. «Perché avrei dovuto accompagnarti io, non sono il tuo fidanzato, non mi devi presentare hai tuoi genitori!»
Wendy rimase spiazzata da quella risposta. «Eppure mi sembrava di aver capito che ci fossi rimasto male...»
«Assolutamente no, lo sai, io non cerco una storia seria. Quindi è meglio se ad accompagnarti all’aeroporto è Alex...»
Wendy alzò le spalle. «Avevo solo interpretato male io. Meglio così allora...» disse la ragazza. 
«Si, esatto!» si limitò a dire Jack.
Continuarono a camminare, per un pezzo rimasero in silenzio; arrivarono fino a casa del ragazzo. «Cosa fai? Vieni da me oppure torni a casa?»
«Uhm... dovrei studiare, ma oggi non ho fatto niente, quindi perché cominciare adesso?»
«Mi piace come ragioni!» le sussurrò Jack all’orecchio, la strinse a sé e la baciò, mentre cercava la chiave di casa nella tasca della sua giacca. Quando la trovò, si staccò da Wendy solo per infilarla nella serratura della porta e aprirla. Quando furono dentro, Jack baciò nuovamente Wendy, chiuse la porta di casa con un calcio e portò direttamente la ragazza nella camera da letto.

***

Wendy era seduta al tavolo di cucina, una tazza di caffè latte davanti e un sacchetto di cereali vicino a lei. Guardava il libro di veterinaria appoggiato in un angolo del tavolino, non aveva fatto niente nei due giorni precedenti e si sentiva estremamente in colpa. Era abbastanza in linea sulla tabella di marcia che aveva tracciato, ma l’esame si avvicinava e l’ansia cominciava a farsi sentire. 
Versò i cereali nella sua tazza di caffè latte e cominciò a fare colazione, sussultò sulla sedia quando il cellulare, poggiato sul tavolo, vibrò. Wendy lo prese e lesse il messaggio che era appena arrivato; era di Alex, le augurava buongiorno.
“Buongiorno a te, per me non lo è. Il libro dell’università è davanti a me e chiede vendetta per non averlo aperto nei giorni scorsi. Stamattina devo darmi da fare!” Wendy inviò il messaggio e appoggiò nuovamente il cellulare sul tavolo, riprendendo a mangiare i suoi cereali. 
Il cellulare vibrò nuovamente. La ragazza lo prese e lesse il nuovo messaggio di Alex. “Avrai sicuramente bisogno di tanto sostengo morale, vuoi che passo a farti compagnia?”
Wendy sorrise, cominciò a rispondere all’sms quando Elsa entrò in cucina stiracchiandosi. «Chi ti scrive a quest’ora? A giudicare dal sorriso stupido che hai stampato in faccia direi che è Jack...»
Wendy guardò la sua coinquilina, alzando un sopracciglio. «A dire la verità è Alex...»
Elsa spalancò gli occhi. «L’amico ritrovato? A giudicare dalla tua reazione all’sms non lo avrei mai detto.»
«Perché scusa?»
Elsa appoggiò la sua tazza di caffè latte sul tavolo e si sedette insieme all’amica. «Avevi la stessa faccia di quelle persone che si rincoglioniscono quando trovano un messaggio della persona di cui sono innamorate, per quello sono andata dritta su Jack. Ma a quanto pare mi sbagliavo...»
Wendy ridacchiò. «Mica sono innamorata di Alex! Sono solo felicissima di aver ritrovato un amico.»
«Sarà come dici tu, ma ricordati delle mie parole...»
La ragazza guardò l’amica mentre si versava i cereali nella tazza. Attese un attimo prima di rispondere, doveva far ordine tra tutte le sue idee. Era chiaro che lei era felice di aver ritrovato Alex, non era certo innamorata dell’amico. Il suo pensiero passò poi a Jack e alla loro “relazione”; Wendy sapeva che da lui non avrebbe ottenuto di più di quello che avevano in quel momento e a lei, fin dall’inizio, era andato bene. Non c’era niente di cui preoccuparsi, tutto andava per il verso giusto, Elsa si stava sbagliando.
«Guarda che ti sbagli. Alex è un mio amico, con Jack non c’è altro se non una relazione basata sull’andare a letto insieme. I ruoli credo che siano ben chiari, lo sono stati fin da subito...»
Elsa guardò l’amica, finì di masticare il boccone di cereali e poi disse: «Spero che sia davvero così Wendy, ricordati però che spesso non è tutto così facile. Io scappo all’università, tu studia!» 
La ragazza bevve quasi tutto d’un sorso il suo caffè latte, appoggiò la tazza nel lavello, scompigliò i capelli di Wendy e sparì fuori dalla porta della cucina, lasciando l’amica sola insieme con i suoi pensieri. 






Salve, eccomi qui con un nuovo capitolo!!! Allora, cosa ne dite? Forse non è il massimo, ma ultimamente non ho molto tempo per stare al pc e questo è quello che sono riuscita a produrre. Spero che non vi faccia così schifo come invece fa a me. 
Scappo, non sono nemmeno fin troppo prolissa stasera, ma sono davvero stanca e adesso cerco qualcosa da andare a vedere in tv o magari in streaming. 
Un bacione a tutte. 
Mon

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Capitolo 15
*** Capitolo XIV ***


Il 22 dicembre era arrivato; Alex passò a prendere Wendy poco prima dell’ora di pranzo, mangiarono fuori e poi si diressero all’aeroporto. La ragazza non vedeva l’ora di riabbracciare i suoi genitori, Alex era felice di rivedere due persone che non avrebbe mai pensato di incontrare nuovamente nella sua vita. Ricordava i genitori di Wendy con piacere, soprattutto la madre; era lei che preparava loro la cioccolata calda quando i due bambini tornava a casa da scuola in inverno, era lei che li aiutava a fare i compiti quando loro si appoggiavano sul tavolo della cucina per fare gli esercizi che le insegnanti assegnavano giorno per giorno. Alex voleva bene alla mamma di Wendy, era stata dura dover salutare la bambina, ma allo stesso tempo era stata dura salutare anche quella signora che lo aveva visto nascere e crescere. Si chiedeva se la madre di Wendy fosse cambiata o se fosse rimasta sempre quella che lui si ricordava, con i capelli biondi, lunghi, gli occhi castani, come quelli della figlia, e un portamento perfetto. Le sue domande avrebbero trovato risposta nel giro di poche ore. 
Alex e Wendy si infilarono in macchina appena ebbero finito il pranzo; l’aeroporto era distante dal centro della città, ci voleva più di mezzora di macchina prima di poterne intravedere la sua struttura grigia. Il ragazzo guardò l’amica che teneva una mano sotto il mento e lo sguardo appoggiato sui vetri bagnati dell’auto; fuori pioveva, Baltimora non dava certamente il benvenuto hai genitori di Wendy.
«A cosa pensi?» chiese.
La ragazza si riscosse e alzò la testa, guardando l’amico. «A niente, a dire la verità guardavo le gocce che facevano a gara su chi arrivava prima al traguardo.»
Alex scoppiò a ridere. «Ci giocavamo sempre, ti ricordi?»
«Io ho continuato a farlo da sola, dopo che tu te ne sei andato...»
«Anche io, e come te, se sono in macchina con altri e piove, continuo a farlo!»
«Di solito quella per cui tifo perde sempre.»
Alex ridacchiò ancora. «Su questo ti contraddico, le mie vincono sempre!»
Arrivarono all’aeroporto, Alex parcheggiò la sua macchina e insieme si diressero verso l’entrata. Wendy si fermò davanti al tabellone degli arrivi, guardò il volo che arrivava da Londra, era in ritardo di qualche minuto. Si girò verso Alex e disse: «Tu aspettami qui.»
Il ragazzo le fece l’occhiolino e lei si incamminò verso il gate degli arrivi; aspettò l’atterraggio dell’aereo e poi cominciò a guardare tutti i passeggeri che uscivano dalle porte per vedere se trovava i suoi genitori. Quando li vide, urlò, non le importava della gente attorno, voleva solo riabbracciare sua madre e suo padre. Corse loro incontro e poi gettò le braccia al collo di entrambi, le lacrime le velarono leggermente gli occhi. Le erano mancati.
Aiutò loro con le valigie e, piano, si diressero verso l’uscita dell’aeroporto. «Dobbiamo aspettare un taxi giusto?» chiede, dopo un po’, la madre. 
«A dire la verità ci ho già pensato...»
«Lo hai già chiamato?»
Wendy sorrise. «Più o meno.»
I tre arrivarono all’uscita dell’aeroporto, dove Wendy, poco prima, aveva detto a Alex di aspettarla. La ragazza si girò verso i genitori e disse: «Vedete quel ragazzo con la cuffia che sta aspettando vicino alle porte? È lui il nostro autista.»
I genitori guardarono attentamente e poi, insieme a Wendy, si avvicinarono al ragazzo. Alex li vide arrivare, sorrise e salutò cordialmente, la ragazza si avvicinò all’amico e guardò attentamente la reazione dei suoi genitori. Vide la madre allungare la mano e poi ritrarla quasi subito, aggrottando la fronte, spostò lo sguardo sulla figlia e poi nuovamente su Alex. 
«Probabilmente sto per fare una figuraccia Wendy, ma il viso di questo ragazzo non mi è del tutto nuovo.»
La ragazza cercò di trattenere una risata e disse: «È molto probabile mamma..»
«E dove posso averlo già visto?» chiese. 
Fu il padre a risolvere l’enigma. «Ginnie, ma questo è Alex!»
La madre di Wendy si portò una mano davanti alla bocca per trattenere un urlo di stupore; quando si fu ripresa dallo shock, spostò la mano e disse: «Alex? Alex Gaskarth? Quell’Alex?»
Wendy ridacchiò pensando che forse la reazione la prima volta che aveva rivisto l’amico non era stata poi così diversa da quella di sua madre. «No dai, non ci credo!» disse Ginnie.
Alex, a quel punto, parlò. «Sono io, in carne ed ossa.»
La madre di Wendy si avvicinò al ragazzo e lo abbracciò, stringendolo forte. «Io non ci credo, non pensavo ti avrei più rivisto. Ti ho salutato che eri un bambino, guarda come sei diventato grande e bello!»
«Grazie dei complimenti Ginnie, ma bello forse no!» ridacchiò Alex.
La madre di Wendy spostò Alex e lo guardò da capo a piedi. «Come fai a dire che non sei bello! Wendy diglielo anche tu, è diventato bellissimo!»
La ragazza sorrise, abbassò lo sguardo e disse: «Mamma, forse è il caso di andare, Alex dopo ha da fare...»
«Brava Wendy, dì a tua madre di darsi una mossa!» disse il padre.
«Va bene, va bene, andiamo. Poi in macchina mi raccontate come vi siete incontrati di nuovo, perché io ancora non ci credo!»







Salve! Ariecchime qui! Allora, è arrivato il momento dell'incontro tra Alex e i genitori di Wendy, qualcuna di voi me lo aveva chiesto espressamente ed ecco qui, il momento è arrivato!
Detto questo, so che non è un gran capitolo, un po' interlocutorio, ma nel prossimo spiegherò una cosa che avevo lasciato in sospeso all'inizio e per farlo servivano i genitori di Wendy.
In tutti i casi, spero che quello che ho scritto vi piaccia, spero che la storia non sia noiosa. Insomma, grazie a tutte quelle che ancora leggono e recensiscono. 
Al prossimo capitolo.
Mon

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Capitolo 16
*** Capitolo XV ***


Era il 26 dicembre, Wendy guidava la sua macchina, suo padre sedeva al suo fianco, la madre era nei posti dietro; stavano andando verso casa dei genitori di Alex, Peter e Isobel. Il ragazzo aveva detto con sua madre e suo padre dell’arrivo dei genitori di Wendy e loro li avevano invitati per potersi finalmente rivedere, poter parlare di tutti quegli anni passati con un oceano tra loro a dividerli. I genitori di Alex e di Wendy si conoscevano da prima che i due bambini nascessero; le loro madri andavano all’università insieme, poi Ginnie si era trasferita in quel paesino alle porte di Londra quando lei e quello che sarebbe diventato il suo futuro marito erano andati a vivere insieme. La madre di Alex aveva chiesto aiuto a Ginnie quando lei e il suo fidanzato cercavano casa, il destino aveva voluto che l’abitazione al fianco di quella dei genitori di Wendy era stata lasciata vuota da pochi mesi. 
Erano passati gli anni e, nel 1987, erano nati prima la bambina, a marzo, e poi Alex, a dicembre; i due bimbi avevano avuto l’opportunità di crescere insieme fino a quell’indimenticabile 1995, quando tutti avevano dovuto dirsi addio. 
Adesso stavano per rivedersi e in macchina tutti erano immersi nei propri pensieri, il silenzio era quasi irreale. Wendy guardò la madre fissare i grattacieli di Baltimora scorrere fuori dal finestrino dell’auto. «A cosa pensi mamma?»
«Penso che è tutto così strano. Tu e Alex vi siete ritrovati per caso e io sto per rivedere una persona che, con immenso dolore, non pensavo avrei mai più rivisto...»
«A volte il destino ci ripaga...» disse il padre, Dorian.
Wendy annuì, continuando a guidare. «Tesoro, comunque non mi hai spiegato bene come vi siete ritrovati tu e Alex.»
La ragazza continuò a guidare, senza staccare gli occhi dalla strada. «Per caso mamma, per caso. Ho conosciuto il suo migliore amico, lui mi ha portato a vedere le prove del suo gruppo e li ho scoperto che il cantante è Alex.»
«Ma tu stai insieme a questo suo amico?»
«No mamma, ti ho detto, l’ho conosciuto per caso.»
«E di punto in bianco questo ti ha portato a vedere le prove e tu hai accettato?»
«No mamma! Ho incontrato Jack in una caffetteria del centro diverse volte, siamo diventati amici, solo amici, e lui mi ha portato a vedere le prove!»
«Va bene, faccio finta di crederti...»
Wendy sbuffò. «Se io e Jack stessimo insieme, non credi che te lo avrei presentato?»
La madre non rispose, la ragazza non fu costretta ad ascoltare quel silenzio carico di cose non dette per troppo tempo perché arrivarono a casa dei genitori di Alex. Wendy parcheggiò e, insieme a sua madre e a suo padre, si recò davanti alla porta. Suonò poi si fece da parte. Lei aveva già incontrato Isobel e Peter da quando lei e il ragazzo si erano ritrovati, non era lei che doveva salutarli per prima. Vide la porta aprirsi, gli occhi le si velarono di lacrime quando vide la madre di Alex gettare le braccia al collo di Ginnie e scoppiare in un pianto inconsolabile. Dorian e Peter, come da copione, cercarono di rimanere più freddi, il padre di Alex allungò la mano, quello di Wendy invece lo tirò a sé e i due si sciolsero in un lungo abbraccio. 
Alex uscì dalla porta di casa e diede un bacio sulla guancia all’amica, le sorrise e le mise un braccio intorno alle spalle, insieme guardarono quella scena meravigliosa. Era come se qualcosa che era stato lasciato in sospeso per troppo tempo avesse finalmente trovato la sua fine, era come se un cerchio si fosse improvvisamente chiuso. Wendy non poteva credere a quello che stava vedendo, un pezzo della sua vita era di nuovo lì, davanti a lei. Si sentì come quella piccola bambina che era solita correre, senza mai stancarsi, per il giardino, si sentì veramente felice e spensierata come lo era la piccola Wendy prima che il suo mondo andasse in frantumi.
Ginnie si girò verso sua figlia e Alex, asciugandosi gli occhi. «Vedete, anche i vostri genitori piangono.»
Wendy sorrise. «Non provate nemmeno a giustificarvi, che male c’è? È normale!»
«Se vi può consolare anche io e Wendy abbiamo pianto tanto quando ci siamo rivisti...» disse Alex.
«Si, è una piccola consolazione. Dai, entriamo in casa che qui è freddo!» disse Peter.  
Le due famiglie varcarono la soglia di casa, a precedere tutti c’era Isobel, seguita da Peter, poi i genitori di Wendy ed infine lei e Alex. Il ragazzo chiuse la porta e poi seguì tutti nel grande salotto dove la tavola era già apparecchiata. Si sedette al fianco dell’amica e le versò un po’ d’acqua nel bicchiere, poi si girò verso la madre che aveva portato in tavola il tacchino. Cominciò a tagliare e a fare le porzioni, passandole a tutti i presenti nella sala, poi si sedette, soddisfatta. I genitori di Alex e Wendy cominciarono la loro conversazione, avevano molto da raccontarsi, quasi una vita intera. Erano passati 13 anni e in quel periodo sicuramente erano successe un sacco di cose che dovevano essere raccontate; i due ragazzi rimasero quasi in silenzio, conoscevano solo una parte della storia, quella che li aveva visti coinvolti in prima persona. L’altra era sconosciuta ed era bello scoprirla piano piano, con i personaggi tutti raccolti intorno ad un tavolo.
Quando i genitori esaurirono i loro racconti, la madre di Alex si rivolse a Wendy. «Vedi tesoro, tu hai fatto bene a continuare gli studi. Non come il tuo amico che ha deciso di lasciare tutto per dedicarsi alla musica!»
La ragazza guardò Alex e lo vide roteare gli occhi; prese le sue difese: «In fondo è stato meglio così, non credi? Fa quello in cui crede, nel suo lavoro si diverte ed è diventato anche famoso, il che comporta guadagnare parecchi soldi, immagino. Isa, credimi, è stato molto meglio così.»
«Come sei sempre carina e gentile Wendy e come sempre spalleggi Alex, alla fine voi due non siete poi tanto diversi da quando eravate bambini.»
Alex e Wendy si guardarono, sorridendosi, poi la ragazza distolse lo sguardo, prendendo il suo bicchiere di vino nero e bevendone un sorso. 
«Si cresce, ma mai abbastanza. Nell’animo rimaniamo sempre quei bambini che giocavano davanti a casa, mentre voi, dalla finestra, sbirciavate che non ci succedesse niente!»
«Alex, tu non sei rimasto bambino solo nell’animo!» disse la madre del ragazzo. 
Wendy ridacchiò, lui la fulminò con lo sguardo. «Vogliamo parlare di te, che la prima volta che ci siamo rivisti mi hai rinfacciato il fatto di non averti mai scritto le lettere? Cosa non vera, tra l’altro! Ti sembra un atteggiamento adulto?»
«Ero solo arrabbiata. Tu non mi hai scritto e pretendevi che io ti salutassi come se niente fosse successo?»
«Io ti avevo scritto!»
«Mamma, per favore, vuoi dirgli che quelle lettere non sono mai arrivate?»
Ginnie abbassò lo sguardo sul piatto, prese un tovagliolo e si pulì la bocca. «Non ti arrabbi vero se, a distanza di 13 anni, ti dico la verità?»
Wendy alzò un sopracciglio. «Che verità?»
«Le lettere erano arrivate. Io non te le ho mai fatte leggere pensando che ciò ti avrebbe procurato solo maggior dolore.»
Nella sala calò, per un attimo, un silenzio irreale. Wendy guardava sua madre, sconvolta. 
«Per anni ho creduto che Alex si fosse dimenticato di me quando non era vero?» chiese con un filo di voce. Il ragazzo al suo fianco le prese la mano e disse: «Io non mi ero dimenticato di te, non avrei mai potuto, ma adesso lascia perdere tutte queste storie, sono roba passata e vecchia. La vedi questa stanza?» disse, mostrando con una mano all’amica i presenti seduti al tavolo. «Ciò che importa è che i pezzi del puzzle siano tornati tutti al loro posto.»
Wendy annuì, capendo perché Alex e la sua band avevano avuto successo. Con le parole il ragazzo ci sapeva fare. 
«Scusa mamma...»
«Fa niente. Scusami tu per non averti dato quelle lettere.»
«Acqua passata.»
Wendy guardò Alex e i due si sorrisero.







Sono qui!! Scusate il ritardo, ma sono state giornate super intense. Ieri avevo più tempo e ho scritto il capitolo, oggi l'ho finito. È appena sfornato, spero vi piaccia. Non so, forse perché l'ho riletto solo un paio di volte prima di postarlo, non mi soddisfa come dovrebbe. Ditemi voi, mie splendide lettrici, se è ok, se ci sono errori, insomma lo sapete che del vostro giudizio mi fido. 
Detto questo, vado a collassare sul letto, oggi è stata una giornata tutta di corsa, ho solo voglia di appoggiare la testa sul letto e dedicarmi a qualche serie tv. 
Al prossimo capitolo.
Mon

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Capitolo 17
*** Capitolo XVI ***


Wendy uscì dal portone della sua università con un libro aperto tra le mani, scese le scale leggendo qualcosa, senza fare caso alla persona che la stava aspettando. Si avviò tranquillamente per la sua strada, sempre con il naso immerso tra le pagine del libro, borbottando qualcosa tra sé. Alzò lo sguardo quando si sentì chiamare; si guardò intorno, ma non vide nessuno. Alzò un sopracciglio, poi si convinse di aver solo immaginato una voce che pronunciasse il suo nome, appoggiò nuovamente gli occhi sulle pagine del libro e fece due passi, poi si fermò di nuovo. Stavolta era sicura di aver sentito qualcuno che diceva il suo nome. Si guardò nuovamente intorno e appoggiò gli occhi sui cespugli che c’erano al lato della strada. 
Per poco non lanciò un urlo quando da lì vide sbucare la testa di Alex. Chiuse il libro con forza, mimando il gesto di tirarlo in testa al ragazzo, poi si portò una mano sul cuore e sospirò. «A momenti mi fai morire d’infarto!»
Alex ridacchiò e diede un bacio sulla guancia all’amica. «Scusami, ma quando tu non mi hai visto perché troppo impegnata a leggere, mi è venuto naturale farti uno scherzo.»
«Ti odio dal profondo del cuore!»
Alex ammiccò. «No, non è vero!»
Wendy si girò e riprese a camminare, l’amico la seguì. «Allora? Mi vuoi dire come è andato l’esame?»
«Bene, anche se speravo in qualcosa di più visto tutto quello che ho studiato...»
«Che voto hai preso?»
«Un onesto 26.»
«Bravissima!» disse Alex, cingendo le spalle della ragazza con un braccio.
Camminarono così per qualche istante, in silenzio, poi Alex guardò la ragazza e sorrise: «Hai qualcosa da fare adesso?»
«Avrei solo voglia di rilassarmi un po’.»
«Vieni da me?»
Wendy guardò l’orologio che aveva al polso, erano le tre di pomeriggio di un freddo giorno di gennaio. La ragazza aveva voglia di riposarsi, le faceva male la testa, come sempre le succedeva dopo aver dato un esame all’università, guardò l’amico e disse: «Alex, io vorrei andare a casa a riposarmi e a bermi un bel the caldo...»
«Dai, vieni da me, ti metti comoda sul divano, il the caldo te lo preparo io e ci guadiamo un film in tv!»
«Fammi telefonare a Jack per dirgli che non vado da lui.»
«Avevi un appuntamento con Jack?»
«No, gli avevo detto che se non ero troppo stanca dopo l’esame sarei passata da lui.»
«Allora vai...»
Wendy guardò il ragazzo negli occhi e disse: «Alex, io sono distrutta. Se tu mi offri un divano e un the passo volentieri, Jack offrirebbe anche altro oltre a quello e oggi proprio non ne ho voglia!»
Il ragazzo rimase in silenzio qualche secondo poi chiese: «Ma tu e Jack cosa siete?»
«La verità? Niente. Andiamo a letto insieme e basta.»
«Sei innamorata di lui?»
«No, e lui non è innamorato di me. È tutto molto facile.»
I due non toccarono più l’argomento, Wendy chiamò Jack dicendogli che non sarebbe andata, lo salutò e si diresse verso casa di Alex insieme a lui. Quando arrivarono, il ragazzo prese il cappotto e la borsa di Wendy e li portò all’attaccapanni, poi si diresse in salotto dove l’amica si era già seduta, appoggiando la testa allo schienale. Lui le andò a sedere vicino e le disse: «Sei distrutta, lo vedo. Sdraiati sul divano, fai come fossi a casa tua, in fondo, lo sai, questa un po’ lo è. Io vado a preparare un po’ di the e biscotti...»
Wendy sorrise, si tolse le scarpe e si sdraiò, prese il telecomando e accese la televisione, guardando se passava qualcosa di interessante. Attese il ritorno di Alex con un vassoio con sopra due tazze di the caldo fumanti e un piatto di biscotti. 
«Visto come siamo inglesi oggi?» disse lui.
Wendy rise. «Non si rinnegano mai le origini!» 
Si mise a sedere, prese la sua tazza tra le mani e la strinse, poi si accoccolò vicino ad Alex. Guardarono la televisione fino a che non arrivò l’ora di cena, ordinarono una pizza e poi decisero di guardare un film in dvd. 
Wendy appoggiò la testa sulla spalla dell’amico, piano piano prese sonno, addormentandosi a metà del film. Alex finì di guardarlo, poi si girò verso l’amica, come per svegliarla, ma quando incontrò il suo viso chiaro illuminato dal riflesso della televisione, si fermò. Rimase a guardarla, ricordandosi come come era da piccola; era già bella allora, il tempo non aveva fatto altro che farla diventare ancora più bella. Le spostò una ciocca di capelli castani che le era scivolata sul viso e gliela mise dietro l’orecchio. Non voleva svegliarla, sarebbe stato un peccato. 
Piano piano si alzò, tenendo la testa di Wendy, in modo tale che non si svegliasse; la ragazza non si mosse. La fece sdraiare, facendole appoggiare la testa sul cuscino, poi andò nella sua stanza, prese una coperta e tornò in salotto. Coprì Wendy e poi si sedette sul tavolino a guardarla, respirava regolare, i lunghi capelli le ricadevano sul collo. La ragazza si mosse leggermente, infilandosi una mano sotto la guancia, respirò profondamente e riprese a dormire. Alex avrebbe potuto rimanere lì tutta la notte, sveglio, a guardare Wendy, ma, quando cominciò a pensare alle scuse che avrebbe dovuto inventarsi se la ragazza si fosse svegliata, non ne trovò una plausibile. Decise che era meglio andare a dormire. 







Salve! Eccomi qui! Nuovo capitolo tutto per voi e, come promesso a qualcuno, sono riuscita a postarlo entro sera. 
Cosa ne dite? Sorprese di ciò che dice Wendy ad Alex riguardo a Jack? oppure ve lo aspettavate? 
Detto questo, io davvero non so come ringraziarvi, tutte le volte mi riempite di complimenti. Quando ho cominciato questa storia non pensavo che avrebbe avuto così tanto successo. Davvero, non finirò mai di dirvi grazie.
Sproloquio melenso oggi, scappo prima di diventare ancora più dolciastra, è una cosa che non mi si addice molto! :D
Al prossimo capitolo mie carissime lettrici!
Mon

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Capitolo 18
*** Capitolo XVII ***


Wendy aprì gli occhi, li stropicciò e guardò la persona che aveva davanti, perplessa. Alex le sorrideva, tendendogli una tazza di caffè.
«Mi sono addormentata qui?» chiese.
«Dormivi troppo pacificamente, non me la sono sentita di svegliarti...» rispose Alex.
Wendy prese la tazza di caffè tra le mani e ne bevve un sorso, poi guardò nuovamente l’amico. «Non ho nemmeno avvertito Elsa, si sarà sicuramente preoccupata...»
La ragazza si alzò dal divano, andò a prendere la sua borsa e cercò il cellulare; quando lo trovò, vide 15 chiamate e 25 messaggi non letti. Li aprì, erano tutti di Elsa. Li lesse uno per uno, poi rispose all’ultimo: “Sto bene, mi sono solo addormentata a casa di Alex. Tra un po’ torno. Ci vediamo dopo.” Inviò il messaggio e tornò a sedersi sul divano insieme all’amico. 
«Come ha reagito?» chiese Alex.
«Moderatamente, solo 15 chiamate e 25 messaggi!»
Alex scoppiò a ridere. «Moderatamente eh?»
Wendy annuì con il sorriso sulle labbra, bevve la sua tazza di caffè e poi si alzò, prese le sue cose e salutò Alex, ringraziandolo per averla accudita il giorno prima.
«Non sei un cane. Non ti ho accudita. Mi fa solo piacere prendermi cura di te quando ne hai bisogno...» rispose il ragazzo. Si avvicinò e le diede un bacio sulla guancia, Wendy sorrise e lo salutò.
Uscì da casa di Alex senza riuscire a smettere di sorridere. Le piaceva avere qualcuno che si preoccupasse per lei quando stava poco bene, quando aveva bisogno di attenzioni, quando semplicemente aveva bisogno di poter parlare di qualsiasi cosa. Alex era perfetto per questo, lo era sempre stato, il tempo e tutti i problemi non lo avevano cambiato. 
Tornò a casa, infilò le chiavi nella serratura della porta, ma attese qualche secondo prima di aprire. Sapeva cosa l’avrebbe aspettata dall’altra parte. Elsa le avrebbe fatto la ramanzina, su questo non aveva nessun dubbio. Girò la chiave e aprì la porta, salutò e, immediatamente, vide arrivare la sua coinquilina dalla cucina. Si fermò davanti a Wendy, braccia incrociate sul petto, sguardo torvo. 
«Dove sei stata? Perché non mi  hai avvertito? Ti ho cercato e non mi hai risposto, perché?»
«Elsa, stai calma. Sono qui e sono viva quindi vuol dire che non mi è successo niente!»
«Ma per quel che ne sapevo io potevi essere morta!»
«Scusami, hai ragione. Dovevo avvertirti, ma non era mia intenzione addormentarmi a casa di Alex!»
Elsa strinse gli occhi ad una fessura. «Alex eh?»
«Si, Alex.»
«Perché non Jack?»
«Perché ieri pomeriggio, quando sono uscita dall’università c’era Alex ad aspettarmi. Mi ha chiesto di andare da lui e mi ha offerto del tè con i biscotti. Ho cenato da lui, abbiamo guardato un film e io mi sono addormentata. Lo sai che sono sempre distrutta dopo un esame. Lui non mi ha svegliato, così mi sono ritrovata stamattina sul suo divano!»
Elsa mugugnò qualcosa poi si diresse nuovamente in cucina, Wendy la seguì. «So che vuoi dirmi qualcosa, avanti, spara!»
«Alex ti è venuto a prendere, ti sei addormentata da lui, ultimamente pare che per te sia più importante lui piuttosto che Jack...»
«Alex è un mio amico, Jack è...» si interruppe. Elsa la guardò, sospettosa. Wendy continuò. «Jack non è niente.»
«Io non molto tempo fa ti avevo detto di fare attenzione a quello che sarebbe potuto succedere...»
«Non è successo niente, assolutamente niente!»
«Mi credi, per una volta, se ti dico che succederà?»
«Che cosa?»
«Che tu ti innamorerai di Alex, se non lo hai già fatto, e allora sarà un problema spiegarlo a Jack!»
«Io non mi innamorerò di Alex!» rispose Wendy, con voce leggermente incerta. «E se anche dovesse succedere non sarà un problema parlarne con Jack, ti ripeto che io e lui non siamo niente!»
«Ragiona. Come fai a dire che non siete nulla se continuate ad andare a letto insieme dopo quasi due mesi?»
«Elsa, credimi. Io e Jack non siamo niente e tra me e Alex c’è solo amicizia...»
«Io spero per te che sia così, ma non credo finirà tutto a rose e fiori.»
Wendy sbuffò. «Come fai ad esserne così sicura? Conosci Alex? Conosci Jack?»
«No, ma conosco te...»
«Quindi?»
«Vuoi proprio che ti sbatta la verità in faccia?»
«Se tu la sai, illuminami!»
Elsa fissò negli occhi Wendy. «Hai incontrato prima Jack e non hai intenzione di rompere con lui solo perché facendolo significherebbe ammettere a te stessa che sei pronta per una relazione seria, quella che non hai voluto avere finora, inventandoti la scusa di non volere un fidanzato solo perché eri alla ricerca del vero amore. Lasciare Jack significherebbe ammettere che sei pronta, e con l’unica persona a cui sei davvero destinata: Alex!»
Wendy fece un passo indietro, accusando le parole dell’amica. La guardò e poi sorrise. «Non è così, ti stai sbagliando!» disse, poi si allontanò dirigendosi in camera sua. 

***

Jack si svegliò quella mattina, si stropicciò gli occhi e guardò l’orologio del suo cellulare. Erano le 10.00, era troppo presto per lui. Si rigirò nel letto e un pensiero fece capolino nella sua testa: Wendy. Il giorno prima la ragazza gli aveva mandato un messaggio per dirgli che non sarebbe passata da lui dopo l’esame. C’era rimasto un po’ male, aveva voglia di vederla.
Quella ragazza aveva uno strano effetto su di lui; non poteva dirsi innamorato, era sicuro, nonostante non sapesse bene cosa volesse dire amare qualcuno, che l’amore fosse un’altra cosa. Eppure per lei provava un affetto particolare. Le faceva quasi tenerezza, piccolina, quasi fragile, piena di ansie, era una ragazza normale, forse troppo per lui. Non era abituato a confrontarsi con discussioni riguardanti l’università, l’affitto da pagare, il lavoro che spesso era stancante. Lui era abituato a suonare la chitarra, in studio e in giro per il mondo, aveva sempre fatto quello e non si era mai preoccupato di altro. Provò ad immaginare la ragazza a casa sua, mentre gli preparava il pranzo, mentre faceva la lavatrice e mentre lo costringeva ad aiutarla a rifare i letti. Storse il naso, per quanto volesse bene a Wendy quella non era la sua vita.
E allora, cos’era per lui quella ragazza inglese spuntata dal nulla e che faceva capolino nei suoi pensieri appena sveglio? Non lo sapeva. Forse, presto o tardi, sarebbe venuto a conoscenza di ciò che Wendy era veramente per lui, ma fino a quel momento non avrebbe fatto niente. Le cose andavano bene così.







Salve a tutte! Sono qui, con un po' di ritardo, ma sono arrivata. Le feste mi hanno impedito di stare a computer molto, tra cucina e parenti non ho avuto molto tempo di stare a computer, ma soprattutto di riuscire a scrivere qualcosa.
Beh, eccomi tornata. Vi lascio un capitolo, piano piano comincio a fare chiarezza su tutta la situazione. Mi piace come ci sia il partito pro Wendy e Alex e quello pro Wendy e Jack. Presto saprete tutto. 
Grazie infinite per le recensioni e per continuare a seguire questa storia. Ne approfitto per fare a tutte voi gli AUGURI DI BUON ANNO!!! E che sia pieno di momenti felici, come ad esempio il concerto degli All Time Low! 58 giorni e poi li vedrò nuovamente live! 
Ancora augurissimi a tutte! 
Al prossimo capitolo.
Mon

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Capitolo 19
*** Capitolo XVIII ***


Wendy aveva pensato e ripensato alle parole di Elsa per tutta la giornata; la sua coinquilina era andata all’università, lei, dopo aver dato l’esame, aveva deciso di prendersi un paio di giorni di completo relax. Sdraiata sul divano, con la televisione accesa, non aveva fatto altro che ripetersi le parole di Elsa nella testa; secondo lei troncare quella storia senza capo né coda con Jack era la cosa da fare. Wendy sapeva che quella tra lei e il chitarrista non era una relazione seria, non avrebbe portato a nulla, era come un tunnel senza fine: non ci sarebbe stata una lieta conclusione, non ci sarebbe stata la luce del sole a illuminare l’ultimo tratto di strada che poi avrebbe portato a rivedere il cielo sereno e senza nuvole in una bellissima giornata d’estate. 
Elsa le aveva anche detto che rompere con Jack sarebbe stato come ammettere che lei era pronta per una relazione seria, “con l’unica persona a cui sei davvero destinata: Alex!” Le ultime parole non facevano altro che ronzarle in testa, facendo rumore, un rumore a cui Wendy avrebbe voluto mettere il silenziatore. Non aveva mai pensato ad Alex come al suo fidanzato, non da quando lo aveva incontrato di nuovo; da piccolina, quando lo rincorreva per il giardino di casa, quando lui la soccorreva se si sbucciava un ginocchio, quando si sedevano al tavolo insieme per fare merenda,  vedeva in lui la persona con cui avrebbe passato il resto della sua vita, la persona che l’avrebbe aspettata all’altare mentre lei entrava vestita di bianco. Erano solo sogni di bambina, come quelli di tutte le bambine del mondo. E così era stato per Wendy. Crescendo, diventando grande, aveva dato priorità ad altre cose, come, ad esempio, quella di finire l’università e di poter realizzare il sogno di una vita: diventare veterinaria e potersi prendere cura di bellissimi animali. 
Elsa le aveva però insinuato un tarlo che non riusciva più a togliersi dalla testa, aveva citato il destino e, insieme a questo, Alex. Lei non aveva mai creduto troppo a certe cose, non si era mai soffermata a pensarci. Aveva spesso sentito parlare di fili invisibili che legano le persone e che, presto o tardi, permettono a queste di incontrarsi e di trovare una risposta a tutte le domande della vita. Che fosse successa la stessa cosa a lei? Scrollò la testa, si alzò in piedi e aprì la finestra per andare in terrazza. L’aria gelida di Baltimora la investì, fu percorsa da un brivido e si strinse più forte le braccia al petto. Si appoggiò alla ringhiera del balcone e guardò in basso; la gente camminava per la strada, chi a passo veloce, con una valigetta tra le mani, chi più tranquillamene, con le borse dello shopping in una mano e un caffè caldo nel bicchiere di cartone nell’altra. Wendy si chiese quante di loro avessero dovuto affrontare il destino, quante di loro si erano trovate faccia a faccia con qualcosa che avrebbe potuto cambiare la loro vita per sempre. Respirò profondamente; non sapeva se tutti quei pensieri avrebbero portato a qualcosa, non sapeva se Alex provava qualcosa per lei, a dire la verità non era nemmeno sicura dei suoi sentimenti. Sapeva solo che se qualcuno le avesse detto che avrebbe perso nuovamente Alex, stavolta avrebbe combattuto per non lasciarlo andare via, adesso aveva il potere di farlo e avrebbe lottato per tenerlo per sempre al suo fianco. 
Alzò gli occhi verso il cielo scuro, nuvoloni carichi di pioggia erano pronti a rovesciare il loro contenuto sulla città di Baltimora; guardando quei cumuli grigi rincorrersi veloce una domanda fece capolino in mezzo a tutta la confusione di pensieri che aveva in testa. “Come ti immagini tra 20 anni, Wendy?” 
Provò a chiudere gli occhi, il vento le scompigliava i capelli. Si vide con il camice bianco, nel suo studio veterinario, mentre accarezzava un gatto a cui aveva appena fatto una vaccinazione, portava una fede al dito. Nel suo studio c’era una scrivania, un computer era appoggiato sopra. Consegnò il gatto alla proprietaria e si andò a sedere, mosse il mouse e aprì la cartella medica del micio che aveva appena visitato. Sulla sua scrivania c’era una foto. La guardò. Il suo cuore prese a battere più forte. Riaprì immediatamente gli occhi. In quella fotografia c’era lei su una scogliera, al tramonto; insieme a lei non c’era Jack, ma Alex che le cingeva la vita. Le mancò il fiato per un momento e si rese conto che non avrebbe potuto più vivere senza di lui, non riusciva ad immaginare di affrontare il resto della sua vita senza Alex. 
Rientrò in casa e si lasciò cadere sul divano, prese un cuscino e vi affondò la testa. Adesso il problema era uno solo, come venire fuori da tutta quella situazione, complicata, troppo complicata. Come sempre Elsa aveva avuto ragione.
Si girò con la pancia verso il soffitto, sopra vi appoggiò il cuscino e poi lo strinse. Cominciò a valutare tutte le possibili opzioni, ma tutte comportavano dover dire a Jack la verità. Non c’era nessun modo di sfuggire, e lei non lo avrebbe fatto. 
Prese una decisione. Cercò il numero di Jack sul cellulare e gli mandò un messaggio. 
“Ciao Jack. Ho bisogno di parlarti, quando ci possiamo vedere?”
La risposta del ragazzo non si fece attendere molto. “Va bene domani mattina? Mi trovi alla sala prove.”
Wendy attese un attimo prima di rispondere; questo comportava che anche Alex sarebbe stato presente. Doveva trovare una scusa per allontanare Jack dalla sala prove per poter parlare tranquillamente a quattr’occhi. 
“Va bene.” rispose.







Salve a tutte! Sono tornata e vi chiedo, in ginocchio, perdono per il ritardo con cui pubblico questo capitolo. Mi metto in ginocchio sui ceci dietro la lavangna. Scusatemi infinitamente. E scusatemi anche perché, dopo tutto questo tempo, credo di non aver fatto nemmeno un capitolo troppo lungo. Meritavate di più per l'attesa. Scusatemi veramente tantissimo ancora e ancora.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, nonostante la lunghezza. Insomma, finalmente siamo arrivati a capire cosa prova Wendy, probabilmente anche lei lo ha capito nello stesso istante. 
Grazie, come sempre, per le vostre recensioni, e ancora infinitamente scusa.
Al prossimo capitolo.
Mon

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Capitolo 20
*** Capitolo XIX ***


Seduto sul divano, gli occhi impastati dal sonno, Alex mescolava il caffèlatte ed i cereali distrattamente, mentre lo sguardo era fisso sulla televisione che passava un vecchio video dei Green Day. Sperava che il caffè e la carica che era solito dargli il gruppo di Billie Joe Armstrong facessero effetto dopo l’ennesima notte insonne. 
Da quando Wendy si era addormentata a casa sua, Alex si sentiva strano e tremendamente in colpa per i pensieri che avevano cominciato a vagargli per la mente. Erano pensieri che erano rimasti chiusi in un cassetto, in un remoto angolo del suo cervello, per 13 lunghi anni. Si erano risvegliati timidamente, schiudendosi piano, quando Alex aveva rivisto Wendy, e adesso erano sbocciati, esattamente come fanno le rose in primavera dopo un lungo inverno. 
Alex era sempre stato innamorato di Wendy, troppo timido, da bambino, per confessare il suo amore alla sua piccola amica. Adesso, però, erano cresciuti, avrebbe voluto finalmente parlare, dire ciò che sentiva e provava a Wendy, ma di mezzo c’era Jack, il suo migliore amico. Aveva paura di fargli un torto, in fin dei conti lui l’aveva incontrata per prima. Era sicuro che Jack non volesse una storia seria con la ragazza, ma non voleva mettersi in mezzo tra i due. Sentiva che era sbagliato. 
Era combattuto tra quello che voleva lui e le regole che imponeva una lunga e profonda amicizia come quella che avevano lui e Jack. Tutti questi pensieri lo tormentavano e le notti stavano diventando infinite, perse a fissare il soffitto buio. 
Doveva parlarne con Jack per mettere fine a quelle sensazioni terribili che lo tormentavano da giorni; non sapeva come l’avrebbe presa l’amico, ma lui voleva mettersi il cuore in pace e chiarire quella situazione una volta per tutte.

***

Jack entrò nella sala prove; quella mattina era stato l’ultimo ad arrivare, i suoi tre amici erano già pronti per cominciare l’ennesima giornata di prove. Dovevano essere sicuri, entro un paio di mesi, con l’inizio della primavera, avrebbero ricominciato il loro tour. 
«Ben arrivato!» lo apostrofò Rian, già seduto alla batteria.
«Alla buon ora Jack!» fu il commento di Zack.
Alex si limitò a salutarlo, impegnato ad accordare la sua chitarra. Jack si avvicinò all’amico e disse: «Dovrebbe passare Wendy stamattina. Ha detto che ha bisogno di parlarmi, quindi è probabile che io ad un certo punto me ne debba andare.»
Alex alzò la testa, guardò Jack, temeva che nei suoi occhi si potesse leggere la preoccupazione per cosa avrebbe dovuto dire Wendy al suo amico. Aveva paura che avesse intenzione di parlare a Jack della loro storia, temeva che volesse una relazione più seria. Sapeva che Jack non aveva quelle intenzioni, ma non riusciva a cancellare il timore per come avrebbero potuto mettersi le cose. 
«Che cosa ti deve dire?» chiese Alex, con finta noncuranza. 
«Non ne ho idea, mi ha mandato un messaggio ieri, non mi ha spiegato il motivo.»
Alex prese fiato, in una frazione di secondo decise che era arrivato il momento di vuotare il sacco ed essere sincero con Jack; in fondo era il suo migliore amico, non meritava di essere tenuto all’oscuro di una cosa come quella.
«Senti Jack, anche io ti devo dire una cosa...» cominciò il cantante, tenendo lo sguardo basso.
Il chitarrista guardò Alex, alzando un sopracciglio, leggermente perplesso. «Mi fate sentire importante se tutti mi dovete dire qualcosa!» scherzò.
Rian e Zack si scambiarono un’occhiata veloce, Alex riprese. «Jack, sono serio, almeno stavolta...»
«Oh, certo, scusami, dimmi pure.»
Alex fece una pausa, poi finalmente alzò lo sguardo e guardò Jack, incontrando gli occhi del suo migliore amico; temeva di ferirlo, temeva per la band, per la loro amicizia, per tutto, ma proprio perché erano amici da troppo tempo, non poteva più tenergli nascosto una cosa come quella.
«Io non so come la prenderai Jack, però penso che sia arrivato il momento di dirtelo. Mi devo togliere un peso, sono sempre stato sincero con te e non voglio smettere di farlo adesso.»
Il chitarrista aggrottò la fronte, guardando Alex con un’espressione sempre più perplessa. 
«Cosa sta succedendo?»
«Sono innamorato di Wendy...»
Jack spalancò gli occhi e la bocca, guardando con espressione sorpresa il ragazzo che aveva di fronte, il suo migliore amico, quello con cui aveva passato i momenti più importanti della sua vita. Era la prima volta che succedeva, che tra loro ci fosse una rivalità che riguardasse affari di cuore, era la prima volta che si trovavano in quella situazione e Jack non sapeva come reagire. Fu Alex a continuare: «Adesso hai tutto il diritto di arrabbiarti con me, insultami, dammi un pungo, me lo merito.»
«Alex, io non sono innamorato di Wendy, ma non puoi nemmeno pensare di portarmela via, in fin dei conti lei ha una storia con me e io a lei ci tengo.»
«Ci tieni ma non vuoi una storia seria. Tutto questo non porta da nessuna parte...»
«Chi te lo dice?»
«Lo hai detto tu stesso pochi secondi fa, non sei innamorato di Wendy, io si!» Alex sostenne lo sguardo del suo migliore amico, non si erano mai trovati in una situazione del genere, ma lui voleva a tutti i costi combattere. Jack non la meritava, lei era molto di più che una delle tante, lei era la sua piccola Wendy e meritava una vita perfetta, e lui voleva essere parte di quella vita. 
«Quindi adesso cosa vorresti fare?» chiese Jack, in tono di sfida.
«Andare da Wendy e dirle che la amo.»
«E se lei ti dovesse dire di no?»
«Me ne farò una ragione, ma allo stesso tempo non avrò il rimpianto di non averci provato!»
«Hai pensato alla possibilità che lei preferisca me?»
Alex sostenne lo sguardo di Jack; sul viso del ragazzo si stampò un leggero sorriso. Alex si allontanò leggermente da lui. 
«Sarà lei a dover decidere, ma se lei deciderà di stare con me, non mi tirerò indietro!»
«Jack, ma tu non la ami, non puoi farmi questo...»
«E tu non lo puoi fare a me!»
«È diverso!»
«È la stessa cosa!»
Alex sapeva che quello che stava per fare avrebbe potuto cambiare molte cose nella sua vita e in quella delle persone che erano presenti in quella stanza, ma non riuscì a trattenersi. Strinse il pungo e, con forza, lasciò che questo arrivasse dritto contro il labbro superiore di Jack. Il ragazzo non se lo aspettava, barcollò, ma riuscì a rimanere in piedi, si toccò il labbro, controllò la mano e vide del sangue. Alzò lo sguardo verso Alex e si lanciò contro di lui, colpendogli un occhio. A quel punto Zack e Rian intervennero per dividere i due, il bassista prese Jack, il batterista Alex. 
Tutti i presenti si voltarono di scatto, e nello stesso momento, quando sentirono una voce che urlava: «Cosa state facendo?»






Eccomi qui! Presente! 
Il capitolo è un po' triste, ma prima o poi il momento del faccia a faccia doveva arrivare. Qualcuna di voi, ora non ricordo precisamente chi, aveva pronosticato il fatto che Jack e Alex si sarebbero presi a pungi. Ecco, io lo avevo già in mente da un po', mi ha solo letta nel pensiero. 
Detto ciò, spero che il capitolo, nonostante tutto, vi sia piaciuto. 
Ora scappo e scusate per il ritardo con cui ho postato anche questo capitolo.
Alla prossima.
Mon

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Capitolo 21
*** Capitolo XX ***


Wendy si era svegliata quella mattina intorno alle 8, aveva faticato a dormire, era riuscita a chiudere occhio solo intorno alle 6 del mattino; non era sicura di niente, miliardi di pensieri si accavallavano nella sua testa. Non era sicura di fare la cosa giusta, non era sicura se parlare con Jack era la miglior soluzione. Stava per dirgli di essere innamorata del suo migliore amico e, nonostante sapesse benissimo che Jack non era tipo da relazioni impegnative, non sapeva come l’avrebbe presa. Era però l’unica strada, l’unica via da prendere; era inutile continuare a mentire a lui, ma soprattutto a sé stessa. Esausta, aveva chiuso occhio quando fuori dalla sua finestra cominciavano i primi rumori di una città che si stava svegliando. Alle 8 la sua sveglia, implacabile, suonò. Rimase a rigirarsi un po’ nel letto, poi decise di cominciare una giornata che, qualunque cosa fosse successo, sarebbe rimasta comunque impressa nella sua mente per sempre. Fece colazione insieme a Elsa; la sua coinquilina parlava, lei era più taciturna del solito e la ragazza spagnola sapeva benissimo il motivo. Wendy sapeva che quello di Elsa era un modo per allentare la tensione, le era grata per quello, sapeva sempre come farla ridere. 
Appena ebbe finito di fare colazione, andò a prepararsi, poi si sdraiò sul letto, rimirando il soffitto bianco per alcuni minuti. Era ora di andare e lo sapeva. Si fece coraggio, prese la sua borsa, le chiavi di casa dal mobiletto davanti alla porta, salutò Elsa, che le augurò buona fortuna, e uscì. Scese in strada, si strinse nel cappotto, era una giornata fredda, ma il sole splendeva in cielo e questo migliorò un po’ l’umore di Wendy, che accennò ad un sorriso, provando in quel modo a darsi un po’ di carica positiva.
Si diresse camminando verso la sala prove dove Jack le aveva dato appuntamento il giorno prima. Quando arrivò, trovò la porta aperta; prima di entrare fece un respiro profondo, poi spinse l’uscio. Dalla sala prove, dove i ragazzi tenevano i loro strumenti, sentì provenire delle voci, le sembravano più alte e concitate del solito. Rimase con il dubbio di andare a vedere cosa stava succedendo o aspettare, ma quando sentì le voci di Rian e Zack urlare di smetterla, capì che qualcosa doveva essere successo. Corse e la scena che si trovò davanti non era certamente ciò che avrebbe voluto vedere: il bassista teneva stretto Jack, a cui sanguinava il labbro superiore, il batterista aveva stretto Alex tra le mani, un occhio socchiuso. 
Wendy si portò una mano davanti alla bocca, poi urlò: «Cosa state facendo?»
Tutti si voltarono a guardarla, Alex e Jack si divincolarono dalla presa degli amici e si drizzarono; nessuno rispose alla domanda. I due ragazzi che si erano appena presi a botte si guardarono, poi, stizziti, voltarono nuovamente la testa verso Wendy. Jack, con passo veloce, si allontanò, prese la sua giacca, passò di fianco alla ragazza senza degnarla di uno sguardo e uscì. Wendy si girò verso di lui, lo chiamò, ma Jack non rispose, continuando a camminare, fino a che non uscì dalla porta. 
La ragazza appoggiò allora lo sguardo su Alex, provò ad avvicinarsi e a chiedere cosa fosse successo. Egli, con lo sguardo basso, rispose: «Abbiamo discusso...»
«Questo non è discutere, questo è farsi del male! Non me lo sarei mai aspettato da voi due...»
Alzò lo sguardo verso Zack e Rian, la stavano guardando con aria torva. Rimase perplessa e appoggiò nuovamente gli occhi su Alex. «Mi dai una spiegazione?»
«La colpa è tua Wendy!» intervenne Zack.
Ella tornò a guardare il bassista, anche Alex si girò. «Stai zitto, non è colpa sua!»
«Colpa mia?»
Alex guardò Wendy, ma non riuscendo a sostenere lo sguardo, lo spostò oltre la spalla della ragazza. «Ho detto con Jack che sono innamorato di te...»
Wendy arretrò di un passo, il cuore le prese a battere forte, la mente si svuotò di qualsiasi cosa, tranne delle parole di Alex. Deglutì, portandosi una mano davanti alla bocca, gli occhi cominciarono a riempirsi di lacrime.
«Io non volevo che succedesse tutto questo...»
Alex le si avvicinò e la tirò a sé; Wendy scoppiò a piangere. «Alex io ero venuta a parlare con Jack per dirgli una cosa importante, ma tu mi hai preceduto. Anche io sono innamorata di te, ma non doveva finire così!»
Alex spostò leggermente la testa, fissando con lo sguardo il viso e i capelli della ragazza che lo stava stringendo; si avvicinò al suo orecchio e disse: «Puoi ripetere, scusa?» 
Wendy alzò la testa, incontrando gli occhi castani di Alex; rimasero in silenzio, semplicemente tutto intorno a loro sparì. Il ragazzo si avvicinò alle labbra di Wendy, le sfiorò il naso con la punta del suo, la ragazza, però, si ritrasse.
«Devo prima parlare con Jack, almeno questo glielo devo...»
Alex annuì. Wendy si allontanò, guardò Rian e Zack e sfidò il loro sguardo. «Lo so, in questo momento mi state odiando, probabilmente l’unica cosa che vorreste fare è prendermi a calci. Vi capisco, vorrei farlo io stessa per essermi messa in questa situazione, ma non l’ho voluto io. È successo e basta, perché io sognavo di passare il resto della vita con Alex già quando avevo 5 anni...»
«Cosa?» chiese, incredulo, Rian.
«Quando eravamo seduti a fare i compiti, spesso mi immaginavo con lui a quel tavolo mentre mangiavamo la cena che io gli avevo preparato. Quando guardavamo i cartoni sul divano, mi immaginavo da grandi con lui che mi stringeva. Erano solo sogni di bambina, ma quando l’ho rivisto, inaspettatamente, piano piano quei pensieri hanno tornato a bussare...»
Alex guardava Wendy a bocca spalancata; si schiarì la voce e disse: «Immaginavi davvero queste cose?»
«Tu no?»
«Pensavo di essere l’unico dei due...»
Wendy scosse la testa, poi si aprì il golfino azzurro che indossava, se lo tolse, spostò leggermente la manica della maglietta che portava sotto e mostrò ad Alex la frase che aveva tatuato.
«Te la ricordi?»
Alex la lesse e poi guardò Wendy negli occhi. «Certo. È l’ultima cosa che ti ho detto prima di andarmene.»
«E secondo te perché me la sono tatuata?»
«Perché tu e Alex siete destinati a stare insieme...» disse Rian, con un filo di voce. 
Wendy si voltò verso di lui e lo guardò negli occhi. «E pensare che io non ho mai creduto troppo a queste cose. Mi sono dovuta ricredere...»
Nella sala calò il silenzio, ognuno pensava a quello che era appena successo. Wendy si infilò nuovamente il golfino, prese la giacca e disse: «Dove posso trovare Jack?»
I tre amici si guardarono, poi fu Zack a rispondere. «Penso sia sulla spiaggia. Sai dov’è?» 
«Si, vado a cercarlo.»
Wendy passò al fianco di Alex, il ragazzo le sfiorò la mano, lei si voltò. «Ti mando un messaggio dopo.»
Alex si limitò ad annuire, Wendy si allontanò verso l’uscita.







Salve! Eccomi qui!
Che dire? Insomma, piano piano ci stiamo avviando verso la fine della storia, non mancano molti capitolo, tre o quattro forse. Però non ha senso tirarla ancora per le lunghe, l'idea che avevo dall'inizio era questa, e ormai è giusto che io la chiuda. Non sto a fare i ringraziamenti adesso, mancano ancora un po' di capitoli, quindi rimandiamo tutto alla fine, ovviamente.
Il pensiero di scrivere però un'altra storia c'è. Non un seguito di questa, qualcosa di nuovo. Ovviamente devo trovare il tempo, che è sempre poco, ma se mai dovessi decidere di scrivere altro voi avreste voglia di leggerlo? Potete ovviamente anche dire di no e dire che ho già stressato l'anima abbastanza e vi capirei!
Detto questo scappo, ora che ho l'ispirazione provo a buttare giù qualcosa per la nuova storia.
Un bacione a tutte e grazie come sempre per le recensioni!!
Al prossimo capitolo.
Mon

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Capitolo 22
*** Capitolo XXI ***


Wendy arrivò sulla spiaggia di Baltimora, quella che dava sulla baia; la conosceva, spesso le piaceva fare un giro lì, soprattutto quando non era affollata. Le piaceva ricevere sul viso l’aria fresca che spirava dal mare verso l’entroterra, le piaceva passeggiare con le mani in tasca e vedere le onde infrangersi sulla battigia, sentire il rumore del mare riusciva a calmarla. Spesso andava in quel posto quando aveva bisogno di prendere una pausa dallo studio, di sfogarsi, di lasciar volare la propria mente in libertà. 
In quel momento si trovava in quel posto per un motivo completamente diverso; doveva e voleva trovare Jack, si sentiva in dovere di spiegare quello che era successo, sperava con tutto il cuore che il ragazzo avrebbe capito, non voleva essere la causa della fine di un’amicizia come quella tra Jack e Alex, non voleva essere la causa della fine del sogno che loro due, insieme a Zack e a Rian, stavano portando avanti da anni. 
Camminò per circa mezzora, fino a che non vide una figura seduta sulla sabbia, le gambe vicino al petto, le braccia strette attorno, il mento appoggiato su un ginocchio. Era Jack. Wendy rimase ferma qualche istante, sempre con le mani infilate nella tasca della giacca, con il vento che le muoveva i capelli. Guardava il ragazzo e pensava alle parole giuste da dirgli, ma tutte quelle che le passavano per la testa non le sembravano adeguate. Lasciò che fosse l’istinto a farla parlare e si avvicinò a Jack. Il ragazzo non la sentì arrivare, probabilmente troppo concentrato sul flusso dei suoi pensieri. 
«Posso?» chiese, appena fu vicina a Jack. Egli alzò lo sguardo, aveva l’aria sorpresa, di certo non si aspettava di trovarla lì. Non rispose, Wendy decise di sedersi lo stesso vicino a lui, frugò nella borsa, prese un fazzoletto di carta e glielo porse. «Appoggialo sul labbro e pulisciti il sangue...»
Jack lo prese, quasi strappandolo dalle mani di Wendy. 
«Vorrei solo dirti una cosa e vorrei che tu mi ascoltassi...» iniziò.
Il ragazzo continuava a non guardarla, Wendy decise di andare avanti. «Mi sono innamorata di Alex, ma non l’ho voluto. È successo, e basta. Quando ti ho conosciuto non pensavo certamente che avrei rivisto Alex, non potevo di certo sapere che tu eri il suo migliore amico. Ho accettato una storia con te, sapendo che non avrebbe portato da nessuna parte, tu stesso mi hai detto che non volevi qualcosa di serio e a me stava bene.»
Si fermò a guardare il viso di Jack, gli occhi scuri ancora puntati sull’orizzonte. Egli non rispose, Wendy decise di andare avanti. «Poi i miei piani si sono stravolti, ho incontrato una persona che non credevo avrei più rivisto, il primo amore. Jack, io sognavo di passare la mia vita con Alex già quando avevo 5 anni. Tutte quelle cose che avevo lasciato indietro, sepolte, sono improvvisamente tornate a galla. Avevo solo bisogno di capire fino in fondo quello che mi stava succedendo. Non era mia intenzione prenderti in giro e appena ho realizzato ciò che davvero provo per Alex, ti ho cercato. Volevo vederti prima di parlare con lui, ma a quanto pare mi ha preceduto. Non volevo finisse così.»
Wendy smise di guardare Jack, appoggiò i gomiti sulle ginocchia e cominciò a fissare l’orizzonte mentre giocherellava con un pezzetto di legno trovato sulla spiaggia, vicino ai suoi piedi. Per la prima volta vide Jack girarsi verso di lei. «Siete già stati a letto insieme?»
La ragazza si voltò verso di lui con occhi spalancati e scosse energicamente la testa. «Non ci siamo mai nemmeno dati un bacio. Ho capito che Alex prova le stesse cose che provo io stamattina, e lo stesso vale per lui. Non sapevamo niente.»
Il viso di Jack sembrò rasserenarsi. «Pensavo aveste fatto tutto alle mie spalle...»
Wendy scosse nuovamente la testa. «Non avrei mai potuto, mi sarei vergognata da morire. E penso che nemmeno Alex avrebbe mai fatto una cosa del genere, è il tuo migliore amico...»
«A volte anche gli amici tradiscono...»
«Non è il caso di Alex.»
Jack si girò verso Wendy, i loro occhi si incontrarono. Il ragazzo sorrise leggermente, per poi appoggiare velocemente una mano sul labbro ferito. «Fa decisamente male, Alex sembra tanto leggero, ma quando si arrabbia ci va giù un po’ troppo pesante.» Il ragazzo ridacchiò e anche sul viso di Wendy si distese un leggero sorriso. 
«Jack, io vorrei solo che tu non ce l’avessi né con me né con Alex...»
«Non ce l’ho con nessuno dei due. Ero solo arrabbiato perché pensavo che aveste fatto le cose di nascosto.»
Wendy scosse nuovamente la testa. «Su questo puoi stare tranquillo...»
«Sai qual è il fatto? Io mi sono sempre chiesto cosa fossi tu per me. Ci ho perso ore e ore, cosa che non mi era mai capitata con nessuna. Io non sono un tipo a cui piacciono le relazioni serie, almeno non adesso. Però tu avevi qualcosa di diverso, ora ho capito. Credo che tu mi abbia insegnato cos’è davvero l’amore, è attesa, anche lunga. 13 anni sono tanti. Io sono stato solo un messaggero del destino. Sono servito a far incontrare te e Alex nuovamente, due persone che erano probabilmente destinate a stare insieme fin da quando si sono incontrate la prima volta.»
Wendy sorrise. «Avevo 8 mesi quando ho incontrato Alex la prima volta, lui aveva due giorni...»
«Appunto. Due persone che si conoscono da quando sono nate e si incontrano nuovamente dopo tredici anni, può essere solo il destino a volerlo, e se lo vuole lui ci deve essere un motivo...»
La ragazza appoggiò nuovamente gli occhi sul mare, i due rimasero in silenzio qualche secondo poi fu nuovamente Jack a parlare. «Vi chiedo solo una cosa, non buttate all’aria tutto. Voglio venire ad inaugurare la casa dove vivrete insieme, voglio essere il testimone di Alex quando vi sposerete, voglio fare da padrino ai vostri figli, voglio vedervi invecchiare insieme, perché voi siete destinati a questa vita. E se mai avrò bisogno di consigli amorosi, so da chi andare, da persone che hanno atteso tredici anni prima di ritrovarsi, ma che si sono, inconsapevolmente, sempre amate.»
Wendy sorrise nuovamente. «E tu, Alex, Zack e Rian siete destinati a diventare una band che farà successo in tutto il mondo. Adesso vai a chiarire anche con lui, mettete fine a questo battibecco e ricominciate a provare, tra un paio di mesi vi aspetta un tour mondiale!»
Jack si alzò, tese la mano a Wendy e la aiutò ad alzarsi, i due si sorrisero, poi il ragazzo tirò a sé la ragazza e la strinse. «È stato bello, ma è giusto che tu vada dalla persona che ti potrà dare la vita che vuoi...» disse lui.
«La troverai anche tu quella persona...»
«Per ora va bene così.»







Salve!!
Allora... il nuovo capitolo era pronto, dovevo solo rileggerlo e pubblicarlo. Il problema è che l'ho riletto dopo aver passato una giornata seduta ad un tavolo con degli amici a mangiare e, ops..., a bere. Troppi brindisi, con qualsiasi scusa possibile, potete immaginare che non sono pienamente lucida e nelle mie piene facoltà mentali. Quindi se ci sono degli errori dovete scusarmi, ho qualche goccio di vino di troppo che circola nel sangue. Ma sono cose che a voi non interessano immagino, quindi vi lascio, ringraziandovi come sempre.
Alla prossima.
Mon

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Capitolo 23
*** Capitolo XXII ***


Wendy aveva mandato un messaggio ad Alex chiedendogli dove fosse, lui le aveva risposto semplicemente che era a casa. 

Aspettami, arrivo con Jack.” Era stata la risposta della ragazza. 

I due amici si erano incamminati verso casa del cantante, chiacchierando, quasi come niente fosse successo; a testimoniare ciò che era stato c’era solo il labbro di Jack, aveva smesso di sanguinare, ma si era gonfiato e il ragazzo ogni tanto si lamentava che faceva male. 
Arrivarono a casa di Alex, Wendy suonò, attese che il ragazzo aprisse la porta e li fece accomodare. Si salutarono poi la ragazza guardò il cantante e disse: «Entrambi avete bisogno di un po’ di ghiaccio da mettere sul labbro e sull’occhio. Andate a parlare in salotto, ne avete bisogno. Io vi raggiungo con l’occorrente!» Senza nemmeno togliersi il cappotto si diresse in cucina, appoggiò la borsa sopra la sedia e aprì il congelatore. 
Nell’altra stanza Alex fece accomodare Jack sul divano; i due si sedettero, fu il cantante a rompere il ghiaccio, voleva porre fine a quella situazione, voleva fare chiarezza con Jack, voleva finalmente parlare con Wendy di quello che stava succedendo.
«Jack, senti, forse ho sbagliato modo e momento per dirti che sono innamorato di Wendy, ma non immaginavo potesse finire così. Insomma, credevo che tu non provassi niente per lei, invece io sono innamorato perso...»
Jack provò a sorridere, nonostante il dolore al labbro. Si portò una mano vicino alla bocca e sfiorò il punto che era stato colpito da Alex. L’amico se ne accorse, abbassò lo sguardo e disse: «Mi dispiace anche di averti fatto male, mi dispiace di aver alzato le mani contro di te, mi dispiace per tutto.»
Jack appoggiò una mano sulla spalla di Alex, il tocco era rassicurante. Il cantante la guardò, poi spostò lo sguardo sul viso dell’amico, incontrando i suoi occhi. «Non ti preoccupare. Ho già parlato con Wendy e mi ha spiegato tutto. Io mi sono semplicemente arrabbiato perché credevo che voi aveste fatto tutto alle mie spalle, senza dirmi niente, invece la tua bellissima ragazza...» Jack si fermò un instate, vedendo Alex abbassare lo sguardo e diventare rosso in viso. Sorrise rendendosi conto in quel momento di quanto il suo amico fosse innamorato di Wendy, vederlo così in imbarazzo era qualcosa che non capitava spesso.
«Non è ancora la mia ragazza...» sussurrò.
«Lo sarà presto. Comunque dicevo che Wendy mi ha spiegato che anche voi due siete venuti a conoscenza dei sentimenti che provate l’uno per l’altra proprio oggi. È tutto risolto, a me basta sapere che nessuno dei due ha tradito la mia fiducia, per il resto è tutto ok, acqua passata.»
Alex alzò nuovamente lo sguardo. «Sei sicuro?»
Jack annuì. «Tra me e Wendy non c’era niente, non c’era quello che c’è tra voi due. Come ho detto con lei, io sono stato solo il messaggero del destino che ha permesso che voi vi incontraste di nuovo. È giusto che lei stia con te, perché il destino ha voluto così, altrimenti non vi sareste mai rivisti. Ti chiedo solo una cosa...» 
«Quello che vuoi»
«Non lasciartela scappare, trattala come una principessa, ma soprattutto, voglio essere il tuo testimone al vostro matrimonio e il padrino dei vostri figli quando li avrete...»
Alex sorrise. «Jack, adesso non esagerare!»
«Non sto esagerando, vuoi scommettere che tra voi due finisce così?»
«Me lo auguro...» sussurrò Alex.
Dopo qualche secondo di silenzio, la voce della ragazza fece capolino nel salotto; Alex e Jack si girarono verso di lei, Wendy sorrise, appoggiata allo stipite della porta, con i contenitori del ghiaccio tra le mani. Li mostrò loro e disse: «Posso?»
I due amici seduti sul divano annuirono; Wendy entrò nella stanza, si andò a sedere vicino ad Alex e porse il ghiaccio ai due pugili suonati. Loro lo appoggiarono immediatamente sulla parte dolorante, entrambi piegarono la testa leggermente all’indietro. «Che meraviglia!» riuscì a biascicare Jack, con il ghiaccio appoggiato sul labbro. 
«Ne avevo davvero bisogno» gli fece eco Alex.
Wendy alzò un sopracciglio e disse: «Perché tu non lo hai fatto subito quando sei arrivato a casa?»
«Non ci ho pensato, di solito qualcuno me le prepara queste cose»
«Non sei capace da solo?»
A quella domanda rispose Jack. «Non è capace di fare niente da solo, non sa abbinare il colore dei vestiti, non sa fare la lavatrice, non si ricorda dove appoggia la roba e quindi lo verrà sempre a chiedere a te, ci manca solo che non si sappia allacciare le scarpe. Preparati Wendy, sarà un incubo!»
La ragazza guardò Jack perplessa. «Stai scherzando?»
«Mi piacerebbe, ma no. In tour tocca sempre a me, quando è a casa ci pensa sua madre, adesso sarà anche compito tuo.»
Alex sorrise, leggermente imbarazzato, verso Wendy. «Non è poi così tragica come la descrive Jack...» provò a dire. 
«No, infatti è peggio!» gli fece eco il chitarrista. Si alzò dal divano e continuò: «Vi lascio da soli, penso che abbiate tanto bisogno di parlare. Vi voglio bene, ci vediamo domani per le prove.» 

Detto questo salutò i due amici e si diresse verso l’uscita di casa, con ancora il contenitore del ghiaccio poggiato sul labbro.





 

Hola!! Eccomi qui con il nuovo capitolo.
Ci stiamo avvicinando alla fine; il prossimo è l'ultimo capitolo, poi seguirà l'epilogo e anche questa storia sarà finita. I ringraziamenti li tengo per la fine, oggi non mi pare il caso, non voglio intristirmi prima del tempo. Anche perché ho già la depressione post concerto di Bologna dei nostri boys (fantastici!), quindi non aggiungiamo altro per ora. 
Un grazie, come sempre, a chi continua a leggerla con pazienza, dopo tutto questo tempo e tutti questi capitoli. Grazie infinitamente.
Scappo. 
Alla prossima.

Mon

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Capitolo 24
*** Capitolo XXIII ***


Wendy e Alex erano rimasti da soli; non era certamente la prima volta che succedeva, ma stavolta l’atmosfera era diversa, o almeno così la stavano percependo entrambi. Nessuno dei due sapeva da dove cominciare, Alex si sistemò meglio sul divano, Wendy fece lo stesso, rimanendo con gli occhi bassi. 
«Non saprei da dove partire...» disse il ragazzo, dopo qualche secondo.
«Avrei un sacco di cose da dirti, ma non ho idea da che parte cominciare...» rispose Wendy, alzando finalmente lo sguardo ed incontrando quello di Alex. Un gesto successo tante volte da quando si erano rivisti, ma in quel momento stava assumendo contorni diversi. Il cuore di Wendy cominciò a battere più forte, quello sguardo, quegli occhi, sarebbero stati suoi, quello sguardo Alex lo avrebbe riservato solo a lei. Faceva fatica a crederlo, considerando quanto lo aveva desiderato da piccola. Adesso stava succedendo, non solo nei suoi sogni, stava accadendo davvero, e lei si sentiva di nuovo quella bambina che sorrideva felice nel cortile di quella casa un po’ fuori Londra. 
«Posso chiederti una cosa?»
Wendy annuì, Alex continuò: «Quando ti sei fatta il tatuaggio?» Indicò il braccio della ragazza. 
Ella rispose: «Appena ho compiuto 18 anni. Era un’idea che avevo da tempo, mi sono fatta regalare i soldi per il compleanno e sono andata a farlo.»
«Perché?»
«Perché ogni tanto ti pensavo, mi chiedevo come stavi, cosa facevi. Volevo portare qualcosa di te, con me, per sempre...»
«E perché quella frase così triste?»
«Non è triste, lo diventa solo se la associ al momento in cui è stata detta. A dire la verità non so perché ho tatuato questa frase, ma forse è stato quel filo rosso che ci ha sempre legato che mi ha spinto a farlo...» Alzò le spalle e guardò Alex, le stava sorridendo dolcemente.
Si avvicinò a lei, vicino alle sue labbra, le appoggiò delicatamente una mano sul viso e lo accarezzò. «Se te lo chiedessi adesso, saresti disposta a scappare via con me?»
«Verrei con te ovunque!»
Il ragazzo diede un leggero bacio sulla fronte di Wendy, poi tornò a guardarla negli occhi. «Sono innamorato di te come lo ero quando eravamo piccoli, solo che allora ero troppo timido, impacciato, o forse solo troppo, troppo, piccolo, per dirtelo. Non voglio rifare lo stesso errore!»
«E io lo sono di te come quando ero bambina, come quando sognavo una vita insieme a te. Probabilmente esageravo, ero troppo piccola per capire cos’era davvero l’amore, ma so che non volevo passare il tempo con nessuno se non con te. Esattamente come voglio fare adesso.»
«Ti amo Wendy...»
«Ti amo anche io, Peter...»
Alex aggrottò la fronte. «Peter? Peter è mio padre!» disse con tono perplesso.
La ragazza scoppiò in una risata di gusto. «Se io sono Wendy, tu vorresti essere il mio Peter Pan?»
Alex sorrise. «Scema! Però la risposta è si, certo che voglio essere il tuo Peter Pan!»
Il ragazzo si avvicinò nuovamente al viso di Wendy, le diede un bacio delicato sul naso, poi scese, poggiando le sue labbra su quelle della ragazza. I due si baciarono, si allontanarono solo per riprendere fiato. Wendy appoggiò il viso nell’incavo del collo di Alex, lui prese ad accarezzarle i capelli delicatamente, le diede un bacio sulla testa e la strinse forte a sé. La ragazza gli cinse la vita con un abbraccio, lui si lasciò scivolare sul divano, Wendy gli si accoccolò vicino. 
«Possiamo stare qui, così, per tutto il resto della giornata?» chiese la ragazza, appoggiando la testa sul petto di Alex.
«Certo che possiamo, tutto quello che vuoi tu sarà fatto!» rispose Alex. 
Wendy chiuse gli occhi, respirò profondamente e disse: «Mi prometti che non mi abbandonerai più, che qualsiasi cosa succeda tu ci sarai sempre?»
«Io te lo prometto, ma tu devi fare lo stesso. Lo sai, faccio parte di una band, conosciuta a livello mondiale, spesso sono in giro in tour e quando sono a casa scrivo canzoni e provo. Mi prometti che non sarai mai gelosa, che non mi metterai mai davanti al bivio “o me o la musica”?»
La ragazza alzò lo sguardo, scuotendo la testa. «Perché dovrei? Quello è il tuo sogno ed è quello di Rian, Zack e Jack, perché mi dovrei mettere in mezzo? Tu poi saresti infelice e non è quello che voglio. Non mi metterò mai in mezzo, so cosa significa seguire i propri sogni perché è lo stesso che sto facendo io, anche se in proporzioni leggermente più piccole»
Alex la guardò, alzando un sopracciglio. «Proporzioni più piccole? Scherzi? Fare la veterinaria è importantissimo, altrimenti chi cura i miei cagnolini e quelli di Jack?»
Wendy sorrise. «Allarghiamo agli animali di Baltimora?»
«Va bene, te lo concedo!»
La ragazza alzò la testa ed incontrò gli occhi di Alex, le stava sorridendo; Wendy si sporse e gli schioccò un dolce bacio a stampo.
«Ti amo...»
«Anche io piccola mia.»





Eccomi qui. Questo è l'ultimo capitolo, manca solo l'epilogo e poi questa storia è conclusa. Voi non capite quanto mi dispiaccia lasciare questi personaggi, però era ora di chiudere, forse l'ho tirata anche troppo per le lunghe. I ringraziamenti li rimando all'epilogo, per ora mi limito a ringraziarvi, come sempre, per aver avuto la pazienza di arrivare fino a qui. 
Scappo, perché sono già in ritardo per la partita di Champions League, in salotto mi aspettano. La tifosa calcistica che è in me sta venendo fuori. 
Alla prossima mie care.
Mon

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Capitolo 25
*** Epilogo ***


Dieci anni dopo


 

Erano le 4 di notte; Wendy era accoccolata sotto il piumone, stretta dalle braccia di Alex, quando il cellulare sul suo comodino squillò. Si alzò di scatto, svegliando di colpo anche il marito. Erano sposati da due anni.
Rispose con la voce impastata dal sonno, senza guardare il nome che lampeggiava sul display. Dall’altra parte della cornetta riconobbe immediatamente la voce di Jack. «Wendy, ho bisogno di te, subito!»
«Jack, cosa succede?» la donna si insospettì, sentendo la voce acuta e preoccupata dell’amico.
«Zero sta male!»
«Sintomi?»
«Ha vomitato già due volte in meno di un’ora. Lo so che ti chiedo tanto, stavi sicuramente dormendo, cosa rara in questo periodo, ma non ti chiederei di venire qui se nn fossi davvero preoccupato...»
«Non ti scusare, arrivo subito.»
Salutò Jack, chiuse la chiamata e si mise a sedere sul letto, passandosi una mano sul viso. Alex la stringeva ancora, la testa appoggiata sulla spalla della moglie, mentre lei gli accarezzava delicatamente i capelli. «Cosa succede?» biascicò l’uomo, senza nemmeno aprire gli occhi.
«Il gatto di Jack sta male, vuole che io vada a vedere cos’ha.»
«E tu ci vai?» chiese ancora Alex.
«Era molto preoccupato. Probabilmente Zero non ha niente, solo un po’ di indigestione, ma Jack ha bisogno di essere rassicurato.»
Alex si mise a sedere sul letto, accese la luce sul suo comodino e si girò verso Wendy. «Era la prima notte in cui riuscivamo a dormire meglio del solito, non succedeva da mesi!» piagnucolò.
La donna sorrise. «Gli amici servono nel momento del bisogno, e adesso Jack ha bisogno di me.»
Alex sbuffò ancora. Wendy si avvicinò al viso del marito, lo accarezzò delicatamente con una mano e gli diede un bacio sulla guancia. Scese poi dal letto, infilandosi un golfino per tenersi calda, e si diresse in bagno, per prepararsi un po’. Non accusava il colpo di essere stata svegliata nel bel mezzo della notte, da sei mesi a quella parte era più che abituata. Infatti nella stanza di fianco alla camera da letto di Alex e Wendy dormiva Theo, il piccolo di casa, il loro primo figlio. 
Si vestì, uscì dal bagno e andò nella stanza per salutare Alex, non c’era. Lo trovò nella cameretta di Theo, concentrato a guardare il bambino dormire tranquillo, la stanza illuminata da una leggera luce blu, quella che loro lasciavano accesa in modo che il piccolo non dormisse completamente al buio. 
Wendy passò una mano sulla schiena di Alex, che si girò verso di lei; la donna, con un filo di voce, sussurrò: «Io vado.»
L’uomo annuì. «Ricordati, se Theo si sveglia, dagli il suo biberon, scaldando un po’ di latte»
«Di solito ci pensi tu...»
«È arrivata l’ora che anche il papà cominci a prendersi un po’ di responsabilità, cosa dici?»
Alex annuì. «Cominciando da adesso, giusto?»
«Bravo. Torno appena ho finito da Jack, non dovrei metterci molto...» disse Wendy, sporgendosi verso Alex e dandogli un bacio sulle labbra. 
«Ti aspetto sveglio»
«Non ti preoccupare, puoi anche tornare a dormire.» Sorrise.
Salutò il marito, diede un’ultima occhiata a Theo che dormiva beato e uscì di casa, nella fredda notte di Baltimora. Si diresse verso casa di Jack, in meno di un quarto d’ora arrivò. Suonò al campanello di casa e l’amico aprì immediatamente la porta. 
«Per fortuna sei arrivata! Zero è in cucina, nella sua cesta, sembra che dorma adesso, però non è stato bene. Ho anche dovuto ripulire tutto!»
Wendy sorrise. «Occuparsi di un animale è come occuparsi di un bambino, lo sapevi?»
«Lo so. A proposito, come sta Theo?»
«Dormiva tranquillo nel suo lettino, Alex lo sta sorvegliando...»
Jack si mise a ridere e pensò a quel grande cambiamento che era avvenuto nella vita dei suoi migliori amici nell’ultimo periodo. Era felice per loro, perché nonostante le occhiaie, erano le due persone più felici al mondo. Guardò l’amica chinarsi verso Zero e prenderlo in braccio. Il micio, con sguardo sonnacchioso, guardò la donna che lo appoggiava sul tavolo e cominciava a visitarlo. Gli tastò la pancia, gli controllò la gola, gli occhi e le orecchie e poi guardò Jack. «È stato fuori, in mezzo alla neve nei giorni scorsi?»
Jack annuì. «Abbiamo giocato un po’...»
Wendy sorrise. «Ha preso l’influenza. Anche i gatti si ammalano sai?»
«Cosa devo fare?» 
La donna estrasse dalla borsa con tutte le attrezzature mediche una bottiglietta contenente del liquido rosa. «Antibiotico, due volte al giorno, mattina e sera, per una settimana e Zero ricomincerà a stare bene. Ovviamente non farlo uscire in mezzo alla neve!» disse Wendy, lanciando un’occhiata inquisitoria a Jack. 
«Promesso e scusami per l’ora, per averti svegliato e per aver rotto le palle ad Alex...»
«Tranquillo, nessun problema. Per il mio migliore amico questo e molto altro! Soprattutto se ammette di essersi sbagliato...»
Jack sbuffò, alzando gli occhi al cielo. «Ho già fatto ammenda, ho già chiesto scusa e ho già ammesso che i gatti sono animali meravigliosi, quasi meglio dei cani!»
Wendy sorrise soddisfatta. «Avevo ragione, ho sempre avuto ragione!»
«Si, si, adesso però non ti vantare!» scherzò Jack.
«Direi che ho finito, torno dalla mia famiglia, non so come troverò la cucina. Se Theo si è svegliato avevo detto ad Alex di preparare il latte.»
Jack scoppiò a ridere. «Vai a controllare che non sia bruciata casa!»
«Esatto!»
I due si salutarono con un bacio sulla guancia, poi Wendy risalì in macchina. 
Quando girò la chiave nella serratura della porta di casa non sentì nessun rumore; pensò che Alex si fosse addormentato nuovamente e che Theo ancora non si fosse svegliato. Salì le scale, cercando di fare il più piano possibile, ma trovò la luce nella stanza sua e del marito accesa. Si affacciò e la scena che vide le scaldò il cuore. Alex teneva Theo tra le braccia, mentre il bambino beveva avidamente il suo latte dal biberon. Wendy si avvicinò, chinandosi, passò delicatamente una mano sulla testa castana di Theo e poi guardò Alex, sorridendogli. «Vedi che sei capace anche tu?»
«È la prima volta che faccio tutto da solo, non è poi così difficile...» rispose lui, di rimando. 
«Io te l’ho sempre detto»
«Lo so, ma io ho sempre avuto paura di sbagliare qualcosa e di far male a questa meraviglia»
«Adesso che anche tu hai capito che non succede nulla, ogni tanto la notte ti alzi e mi lasci sonnecchiare, vero?»
«Devo recuperare i sei mesi passati, quindi si, tu puoi continuare a sonnecchiare, io mi alzerò a dar da mangiare a Theo.»
Wendy si alzò, diede un bacio sulle labbra ad Alex e si svestì, rimettendosi il pigiama ed infilandosi sotto le coperte, al fianco del marito, che ancora coccolava il bambino. Si strinse vicino a lui e accarezzò delicatamente il viso di Theo. 
«Lo teniamo qui con noi, fino a che non si sveglia domani mattina?» chiese l’uomo.
Wendy annuì, guardò la sveglia, segnava le 5.20. «Non ci rimane molto per provare a chiudere un po’ gli occhi» constatò la donna.
«Fino a che ci riusciamo, tanto ormai siamo abituati a fare le ore piccole!»
«Decisamente!» Wendy prese Theo dalle braccia di Alex, avvicinò il suo cuscino a quello di suo marito, poi appoggiò lì la testa del bimbo. L’uomo si sistemò meglio e si girò verso di loro. 
«Buon sonnellino amore.» disse Alex.
«Anche a te.» 
L’uomo spense la luce e prese la manina di Theo, che, di rimando, serrò le sue piccole dita intorno all’indice di Alex. Lui sorrise nel buio e chiuse gli occhi. Aveva tutto: un lavoro che amava, dei meravigliosi amici e una famiglia con Wendy.
La sua, piccola, Wendy.







Ebbene si, siamo arrivati alla fine. Io non so da dove cominciare nel ringraziare tutte voi per aver avuto la pazienza di seguire questa storia. Grazie a chi c'era all'inizio, grazie a chi è arrivato in corsa e grazie a chi c'è stato dall'inizio alla fine. E su questo punto mi sento in dovere di dire un grazie particolare a Layla, che non mi ha mai fatto mancare una recensione, è sempre stata carinissima, ha sopportato tutta la storia, dal primo all'ultimo capitolo. Sei un tesoro! 
Grazie a tutti per aver fatto si che questa storia sia arrivata alla fine, senza le vostre recensioni probabilmente l'avrei interrotta prima. Mi avete tenuto compagnia per tutti questi mesi e vi chiedo scusa se a volte ho tardato nel pubblicare i capitoli, ma gli impegni erano (e continuano ad essere) molti. Grazie insomma per tutto. 
Io spero che tutto quello che ho scritto vi sia piaciuto, stavo pensando di pubblicarne un'altra, non un seguito di questa, qualcosa di un po' diverso. Sono in fase di scrittura, sono abbastanza avanti. Insomma, se ne avrete voglia tornerò presto. Se non ne avrete voglia vi capisco perfettamente.
Grazie ancora a tutti, infinitamente.
Alla prossima.
Mon

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