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1.
Ritorno.
"Seattle. Due persone sono scomparse ieri sera, Evan
Greece e Luis Pettshow. Si pensa ad omicidi poiché sono state
ritrovate tracce di sangue nei pressi della periferia della
città. La polizia e gli investigatori non sanno che strada
seguire dal momento che le due persone non sono in nessun modo
collegabili l’uno con l’altro…"
Edward Cullen chiuse il giornale e si voltò con aria
sofferente verso Carlisle. Dopo ottant’anni avevano deciso di
tornare a Forks. Sicuramente era il posto migliore per loro, a
causa della quasi incessante piovosità. Tutte le persone che
un tempo li conoscevano erano morti, tutti tranne qualche
licantropo a La Push, ma loro non erano un problema.
Edward era notevolmente preoccupato. Non appena tornati a
Forks si verificavano omicidi o scomparse di uomini a Seattle.
La famiglia Cullen sapeva benissimo di chi si trattava:
vampiri.
Inoltre, anche se erano tornati da solo una settimana,
Edward era inquieto. Non era ancora uscito di casa, anche se
prima o poi l’avrebbe fatto. Non voleva cedere alla tentazione
di tornare in quella vecchia casa, quella che era la casa di
Bella. Quando si erano lasciati, quando lui l’aveva lasciata,
aveva deciso di scappare in giro per il mondo, senza mai
fermarsi.
Erano passati ottant’anni.
Ottantat’anni senza poterla toccare, né vedere. Senza
scorgere il rossore che invadeva le sue guance, senza sentirla
trattenere il respiro quando la baciava, senza aiutarla quando
inciampava ad ogni minimo ostacolo.
Ottantat’anni senza di lei. Lei, l’amore della sua vita, la
sua unica ragione.
Ormai era morta, perduta per sempre, nessuno gliel’avrebbe
mai più restituita. Non era andato nemmeno al cimitero a
vedere la sua tomba.
Non ne aveva il coraggio.
Non aveva mai più saputo quasi nulla di lei, soltanto che
frequentava ogni giorno La Push, con i ragazzi licantropi.
Sapeva solo che era al sicuro.
Nulla di più.
Stando con i ragazzi Quileute non era stata costretta a
rinunciare alla sua vita, alla sua anima, al suo sangue, alla
sua dolce bellezza.
Infondo era giusto così e Edward lo sapeva benissimo.
"Edward…Edward, ci sei?" Alice era di fianco a lui con aria
preoccupata.
Si voltò lentamente verso di lei e la guardò negli
occhi.
"A cosa pensavi? Sei preoccupato per gli omicidi a
Seattle?"
Alice era la sorella alla quale forse teneva di più, la
sorella che era la migliore amica di Bella.
Quando l’aveva lasciata aveva pregato Alice di non guardare
il futuro della ragazza e nemmeno il suo e così lei faceva.
Non avrebbe potuto ingannare il fratello, gliel’avrebbe letto
nella mente, a Edward non si poteva mentire.
Così la famiglia Cullen non sapeva più niente di Bella Swan
da ottant’anni.
"Scusa Alice io esco." Con la sua grazia, la sua assoluta
perfezione si alzò in piedi e uscì in giardino. Alice continuò
a guardarlo dalla finestra fin quando, correndo, non scomparve
tra gli alberi.
Alice si voltò afflitta verso Carlisle.
"E’ andato a casa di Bella. Non so cosa si aspetta di
trovare." Annunciò.
"Ha rinunciato a Bella tanti anni fa, Alice, ma non ha mai
smesso di amarla, tornare qua per lui deve essere molto
dura.
Vedi Alice, tu sei insieme a Jasper da secoli e sei felice.
Edward è stato accanto a Bella appena due anni. Gli manca
ancora da morire."
"Lo so Carlisle. E’ mancata molto anche a tutti noi, se è
per questo. Era la mia migliore amica e ho rinunciato anche io
a lei. L’ho fatto per Edward. Eppure mi sono impegnata a non
pensarla. Credo che Edward non voglia dimenticarla, non voglia
pensare al futuro. Sono passati ottant’anni. Bella è morta.
Era un essere umano. Punto."
* * *
Correndo fra quegli alberi, quel bosco, riaffiorarono nella
sua mente tanti ricordi.
Le prime volte che andava a casa sua e la spiava mentre
dormiva, quando nel sonno pronunciava il suo nome con la sua
infinita dolcezza.
Tutte le volte che di notte, quando Charlie andava a
dormire, entrava dalla finestra e la aspettava sul suo letto,
quando le cantava la ninna nanna.
Il ricordo che affiorò per ultimo fu di un pomeriggio
orribile, il più brutto della sua vita.
"Non…non mi vuoi?"
"No"
La bugia più grande della sua vita, si era impegnato al
massimo, Bella doveva credergli, doveva rifarsi una vita,
come se lui non fosse mai esistito.
Gli alberi si facevano sempre più radi fino a quando non la
vide.
Non era cambiato nulla, era sempre uguale, ma non vi erano
parcheggiate né la macchina della polizia né il pick-up.
Non vi erano odori, la casa era disabitata. Le finestre
erano sbarrate e anche la porta.
Si avvicinò piano, salì i primi gradini che portavano alla
porta.
Sopra al campanello vi era ancora una scritta sbiadita:
Casa Swan.
Riaffiorarono nella sua memoria tutti quei pomeriggi in cui
saliva quei gradini e, dopo aver suonato a quel campanello,
Bella arrivava ad aprirgli e, ogni volta che se lo trovava
davanti, si dimenticava di respirare.
Ricordava perfettamente quei giorni, non aveva mai smesso
di farlo. Li aveva solo messi in un angolo del suo cuore che,
anche se non batteva ormai da secoli, soffriva.
Senza il minimo sforzo tolse la spranga dalla porta e
l’aprì.
Era tutto come se lo ricordava.
Nessuno aveva mai tolto l’arredamento, né l’aveva mai
modificato.
Si avviò nel salotto, dove vi era il divano e una vecchia
tv. Avevano visto Romeo e Giulietta su quel divano, in quella
tv. Gli sembrava ancora di vedere Charlie che guardava la
partita, con la pizza e la birra in mano.
Il pavimento scricchiolava ai suoi passi, non si
preoccupava di non farsi sentire. In quella casa non c’era
nessuno.
Si avvicinò alla credenza.
Vi erano delle foto.
Per lo più di Charlie che impugnava dei trofei di pesca,
oppure di lui e di Billy Black a La Push.
Infine la vide.
Era lei, Bella, con la toga, per il diploma.
Bella e semplice, con una coda alta e solo un filo di
trucco.
Accanto a lei c’era un ragazzo alto, con i capelli neri e
corti, la carnagione scura e gli occhi leggermente a mandorla.
Jacob Black.
Lui l’ abbracciava sorridente, lei aveva un sorriso leggero
e sforzato sul volto.
Poco più in la c’era un’altra foto dove lei era seduta su
una scogliera. Era leggermente girata, con i capelli al vento
e dietro di lei, oltre il mare, si vedeva l’orizzonte che
rendeva il cielo rosso.
Era troppo bella per lasciarla lì.
Aprì la cornice e vi estrasse la foto, infilandosela poi in
tasca. Non gli sembrava ancora vero.
Il suo amore era morto.
Salì le scale e si voltò verso la camera di Bella.
Aprì la porta. La camera era buia solo qualche raggio di
luce filtrava dalle finestre.
Nemmeno li nessuno aveva spostato nulla.
Era tutto come quando Bella aveva sedici anni.
Forse aveva cambiato casa, forse si era trasferita altrove
dopo il diploma. Non vi erano nemmeno foto di lei adulta. Era
strano.
Aprì l’anta dell’armadio e vi trovò uno stereo per auto
strappato direttamente dalla macchina e un pacchetto ancora
chiuso. Quel pacchetto.
Vi era ancora qualche maglietta. La prima che attirò
l’attenzione di Edward fu una camicetta, una camicetta rossa.
La sua preferita.
Richiuse l’armadio. Sulla scrivania c’erano dei fogli,
fogli d’università, di iscrizioni, moduli.
Il computer era ancora lì con un dito di polvere sullo
schermo e sulla tastiera.
Chissà da quanto quella casa era rimasta inabitata.
Nel cestino vi erano alcuni fogli arrotolati e cd spezzati
a metà.
Raccolse i fogli e li aprì pian piano.
L’inchiostro era quasi sbiadito.
"Caro Charlie,
Scusa se parto così, ma io non ce la faccio a…"
Il primo foglio finiva così.
"Caro Charie,
mi dispiace, non dovrei farti questo però"
Nemmeno il secondo foglio diceva altro.
"Caro Jacob,
non so come dirti quanto mi dispiace, non vorrei doverti
abbandonare, ma non posso stare qua, non ci riesco. Ti prego
non arrabbiarti, infondo non…"
Era partita? Dov’era andata? Edward si infilò anche quei
fogli in tasca, infondo erano la prova che Bella era esistita
veramente. Sembrava stupido, ma per lui era importante.
Dopodiché continuò a cercare qualcosa che nemmeno lui
sapeva.
Aprì i cassetti della scrivania. Vi erano vecchi libri di
scuola e le vecchie pagelle. Tutte erano state spedite e
scritte direttamente dal preside, quel preside che era stato
anche il suo. Faceva i suoi più grandi complimenti a Isabella
Swan per essere passata con la media più alta della scuola e
per il suo comportamento diligente e maturo.
Edward non se lo aspettava. Bella era intelligente, eppure
non era mai stata fra le medie più alte.
Aprì il secondo cassetto e vi trovò delle lettere.
Le aprì lentamente.
La prima era scritta con una calligrafia maschile, che
assomigliava più a uno scarabocchio. Era di Jacob.
"Ehy Bella,
So che non vuoi vedere nessuno, né parlare con nessuno,
però vorrei aiutarti. So che non vuoi che io parli di
lui, né che lo nomini, ma devi. Tu devi.
Bisogna affrontare questo problema. Posso aiutarti,
Bella.
Ti prego, dimmi cos’è successo.
Fino alla settimana scorsa andava tutto bene e poi sei
diventata strana. Dopo il diploma non vuoi più vederci. Qui
alla riserva manchi a tutti. Emily deve cucinare da sola per
tutti e poi lo sai che per noi eri un’ottima cuoca. Sam è
preoccupato, lo sai. Embry è entrato da poco nel gruppo, ha
bisogno di te. Vorrei sapere solo perché non vuoi più
parlarmi. Sai che ti posso aiutare.
E’ a causa sua? Dimmi qualcosa, Bella, ti
prego.
Sono tuo amico.
Eravamo migliori amici, ti ricordi? Lo siamo ancora,
vero?
Ti prego, rispondi almeno alle mie lettere.
Ti voglio bene.
Un abbraccio.
Jacob."
Edward la ripiegò con cura e ne aprì un’altra scritta con
la stessa calligrafia.
"Bella, insomma, adesso basta, pretendo una tua risposta.
Ti chiamo a casa e Charlie mi dice che non vuoi rispondermi,
vengo sotto casa e non mi apri, provo a entrare dalla finestra
e tu le hai sbarrate con le inferiate!
A che livelli stiamo arrivando, Bella?
Sono molto preoccupato, per favore, non chiuderti come
l’anno scorso.
Sappi che per te noi ci siamo sempre.
Emily ti saluta e ti abbraccia tanto.
Un bacio."
L’ultima era di Emily.
"Ciao Bella.
Non so cosa stai passando, ma vorrei aiutarti.
So che Jack ha provato a mandarti delle lettere, a
chiamarti, a venirti a trovare, ma tu non gli rispondi e non
gli apri alla porta.
Non voglio insistere, ma sono preoccupata davvero.
Comunque volevo darti a voce una bella notizia, ma dato che
non ti fai vedere te lo dirò così.
Sono incinta. Sam è su di giri e tutti sono contenti.
Ovvio, tutti tranne Leah.
Spero di vederti presto.
Un abbraccio.
Emily."
Bella non si faceva sentire. Era strano. Aveva persino
messo le inferriate alle finestre, non era normale.
Ripose con cura le lettere al loro posto e si sedette a
terra, sul pavimento di legno polveroso che odorava di
vecchio.
Aprì pian piano un listello di parquet e vi trovò ciò che
vi aveva lasciato cento anni fa. Due vecchie foto. In un c’era
lui identico a quel momento, alto e con un sorriso forzato.
Nell’altra vi erano lui e Bella, vicini, ma in realtà
distanti. Dopo così tanti anni riuscì a percepire la tristezza
e la preoccupazione negli occhi della ragazza e scorse la sua
freddezza nei confronti della ragazza che amava, che ama. Notò
la sua falsità, se la leggeva negli occhi.
Quelle foto erano state li per ottant’anni.
Bella non le aveva mai più trovate.
Bella era morta senza sapere che lui l’aveva sempre
amata.
Non se lo sarebbe mai perdonato.
* * *
La campanella suonò proprio mentre Edward, Alice, Jasper,
Rosalie ed Emmet scendevano dal loro ultimo modello di
Mercedes, con la loro grazia immensa, la loro bellezza
inquietante, sotto gli occhi di tutti gli studenti della
scuola.
La scuola era cambiata molto dall’ultima volta che
l’avevano frequentata. Avevano deciso di cambiare leggermente
i loro nomi, per evitare riconoscimenti tramite i vecchi
moduli scolastici.
Edward era diventato Edoardo, Alice era Allish, Jasper era
Jack, Rosalie era Rose ed Emmet era Harry. I cognomi erano
Collins e Hall.
Edoardo, Allish ed Harry Collins, Jack e Rose Hall.
Era sufficiente.
Tutti li guardavano scioccati, infondo in un paese così era
normale che fosse un evento l’arrivo di nuovi studenti,
soprattutto così belli e ricchi, lo era sempre stato.
Si avviavarono verso la scuola. Alice, Jasper e Rosalie ed
Emmet per mano, dietro Edward, solo. Si guardava intorno.
Ricordava il rombo del pick-up di Bella come se fosse ieri.
Ma Bella non c’era, non ci sarebbe mai più stata.
Gli studenti, per Edward, erano superficiali come sempre,
con sempre i soliti pensieri, le solite preoccupazioni. Tutti
li trovavano affascinanti, bellissimi, le ragazze e i ragazzi
progettavano già di invitarli fuori. Patetico.
Le prime ore di lezioni passarono veloci, i professori lo
presentarono alla classe. Alice frequentava il suo corso,
mentre gli altri tre erano insieme, all’ultimo anno.
A pranzo, come sempre, come tanti anni fa, non mangiarono,
ma si sedettero all’ultimo tavolo infondo alla mensa, senza
toccare i loro vassoi, posti perfettamente davanti a loro,
immobili.
Poco prima dell’ora di inglese una ragazza si avvicinò ad
Edward.
"Ciao, piacere sono Calista Greeshop." Gli porse una
mano.
"Piacere Edoardo. Chiamami Ed."
Le strinse la mano. Era alta, bella. Il suo scopo era farsi
subito vedere in giro con lui.
"Volevo chiederti se per caso volevi sederti vicino a me
nell’ora di inglese."
Gli fece un gran sorriso, con le labbra morbide e ricoperte
da un lucidalabbra rosato.
Lui la ricambiò, con il suo sorriso perfetto.
"Mi dispiace, devo sedermi vicino a mia sorella. Sai com’è,
non conosciamo ancora nessuno, non voglio lasciarla sola."
"Oh" Sembrava delusa. Lo era. "Fa niente. Se cambi idea,
anche in futuro, non ti preoccupare, vieni a cercarmi."
E si allontanò camminando come una modella.
Alice gli si avvicinò.
"Già fatto conquiste?" Gli chiese ridendo.
"Già".
2.
Visione e Leggenda.
Tre vampiri, due maschi e una femmina, si avvicinavano
velocemente a casa Swan, in pochi minuti furono lì.
La ragazza annusò l’aria e fece un ghigno soddisfatto.
"E’ stato qui ne sono certa, l’ho visto, sento il suo
odore."
"Perfetto, hai sempre ragione, cara."
"Hai una missione, Gellert." Disse l’unica donna ad un
vampiro alto, con i capelli corvini e ricci, di una bellezza
pazzesca.
"Sono pronto, mia cara."
"Eccellente, ma ricordati: non mentire, loro sanno se menti
e, soprattutto, non pensare mai il mio nome."
* * *
Quella sera Edward decise di dire alla famiglia cosa aveva
trovato, rivelare i suoi sospetti a tutti, cercare di indagare
sul passato di Bella Swan, se fosse stato necessario, sarebbe
andato anche alla riserva di La Push, doveva sapere, ormai non
poteva più rinunciare a conoscere la vita della ragazza che
amava.
Alice entrò in salotto annunciando: "Edward deve parlare a
tutta la famiglia."
"E’ sempre bello fare sorprese con te come sorella!"
Esclamò Edward accennando ad un sorriso.
"Okay Edward, dicci pure" Lo incoraggiò Esme.
"Sapete che sono stato a casa di Bella. Non è cambiato
niente, nemmeno un mobile spostato. Ci sono ancora tutte le
foto, quelle vecchie e pochissime nuove, due. Una dove era
alla festa del diploma con Jacob Black, nell’altra era seduta
su una scogliera, sicuramente a La Push, al tramonto.
Non vi sono foto nuove, foto di lei adulta, del suo
eventuale matrimonio, di lei che invecchia, nulla. Ho trovato
nel cestino di camera sua delle lettere che ha iniziato a
scrivere senza mai spedirle, diceva a Charlie e a Jacob che le
dispiaceva di dover partire e lasciava frasi incomplete, non
scriveva mai perché voleva partire. Poi ho trovato
lettere che ha ricevuto da Jacob e di una certa Emily. Erano
preoccupati perché lei non rispondeva al cellulare, al
telefono, non apriva la porta a nessuno e aveva persino
sbarrato le finestre per non far entrare Jacob in nessun modo.
Non vi sembra strano? E se l’avessero rapita? Se qualcuno la
minacciava? Magari Victoria! Diamine, ho girato e girato e non
l’ho mai trovata…"
"Edward, se fosse stata minacciata aveva un branco di
licantropi a cui chiedere aiuto, non si sarebbe chiusa in
casa. E, soprattutto, Bella sapeva benissimo che un vampiro
non si ferma con sbarre alla finestra." Puntualizzò
Carlisle.
"Sì Edward, forse voleva solo stare sola." Disse Emmet.
"Sì, forse…"Iniziò Alice, ma ad un tratto parve incantarsi
a guardare il vuoto, una visione.
"Lasciatela, magari ha visto qualcosa."
Dopo qualche minuto sbattè le palpebre come se nulla
fosse.
"Allora?" Chiese Jasper con impazienza.
"Sta arrivando un vampiro a ispezionare, credo voglia
assicurarsi se siamo tornati e quanti siamo."
"Ma chi è? Lo conosciamo?" Domandò Carlisle.
"No, non l’abbiamo mai visto."
"Perfetto" Disse con ironia Rosalie.
"Fra quanto sarà qui?" Chiese Carlisle.
"E’ qui nel bosco".
Questa volta a rispondere fu Edward.
* * *
La famiglia Cullen uscì in giardino e lo videro. Era
appoggiato ad un albero, in penombra. Li guardava con occhi
scintillanti, ambrati.
Carlisle si avvicinò lentamente.
"Buona sera." Disse il vampiro.
"Buona sera anche a te."
"Ho sentito un odore nuovo e sono venuto a dare
un’occhiata, non volevo essere invadente." Si giustificò
lui.
"Non ti preoccupare, non c’è alcun problema." Carlisle
parlava con la sua solita voce pacata.
"Posso sapere i vostri nomi?"
"Il tuo?"
"Gellert, Gellert Lorren"
"Piacere, Carlo Collins, lei è mia moglie Elena e loro sono
i miei figli, Edoardo, Rose, Harry, Jack e Allish."
"Piacere mio."
"Sei solo?" Domandò subito Jasper.
"No. Sono con due amici. Ma siamo lontani da qui, non vi
daremo fastidio." Li rassicurò lui.
"Beh, allora arrivederci. Se per caso aveste bisogno
d’aiuto, sapete dove trovarci." Lo congedò Carlisle.
"E’ stato un piacere."
E scomparve tra gli alberi.
La famiglia tornò in casa, per evitare di essere
ascoltati.
"Allora, che mi dite? Edward?"Domandò Carlisle.
"Ha mentito una volta sola. Sapeva più o meno chi siamo,
doveva solo accertarsi di alcune cose. Sapeva di non dover
mentire. Sta con una vampira che chiama la mia cara,
anche quando la pensa e con un vampiro. Non vi so dire il
nome. E’ vero, stanno lontani da qui, ma non ha pensato in
quel momento il luogo. Secondo me è molto furbo."
"Mmh, bene. Alice? Vedi qualcosa?"
"No Carlisle, sai che non vedo ogni volta che voglio. Per
ora non ho visto nulla."
"Ok, bene, tienilo d’occhio."
* * *
"Gellert? Che mi dici?" Domandò la vampira.
"Mia cara, sono sette. Hanno detto di chiamarsi Carlo,
Elena, Edoardo, Allish, Jack, Harry e Rose Collins."
"Ovviamente. Grazie Gellert." Lo ringraziò gentilmente la
giovane vampira, con voce melodiosa.
"Ma non avevi parlato di altre persone? Mentono?" Chiese
l’altro vampiro, Jason.
"Jeson, non sono nuovi qui, non possono rischiare. E poi
non si fidano, ci sono state altre occasioni in cui non
avrebbero dovuto fidarsi." La vampira fece un ghigno
divertito. "Carlo è Carisle, Elena è Esme, Edoardo è Edward,
Allish è Alice, Jack è Jasper, Harry è Emmet e Rose è Rosalie.
Fin troppo facile."
"Ma, scusa un attimo, io non ho ancora capito cosa siamo
venuti a fare qui. Stavamo così bene in Canada, nelle foreste.
E invece siamo venuti qua. Non lo so a volte mi lasci
sconcertato." Parlò con impazienza Jason.
"Lo so Jess. Ma ho un conto in sospeso, per favore. Devo
far capire ai Cullen che l’artefice dei misteri, di quelle
domande che si stanno ponendo, sono io. Poi, se volete,
poterete tornare nelle foreste del Canada."
"E tu mia cara? Non tornerai?"
"Non lo so, Gellert, è tutto da vedere.
Nessuno sa come finiscono verte cose."
* * *
"Ehy, Ed!" Nel parcheggio della scuola una ragazza con un
vestito blu che le arrivava alle ginocchia, aderendole al
corpo e mettendo in mostra le sue forme, si avvicinò a Edward,
rimasto un attimo solo.
"Ciao Ed! Ti disturbo?" Gli chiese gentilmente.
"No…scusa qual’era il tuo nome? Non me lo ricordo…" Le
sorrise lui.
"Calista"
"Oh giusto! Dimmi." Lei lo guardava negli occhi.
Edward sapeva cosa voleva, ma questa volta sembrava
interessata a lui. Non troppo, ma la richiesta che gli voleva
proporre era senza malizia o presunzione.
Sapeva che la ragazza si sentiva un po’ a disagio di fronte
a tanta bellezza, ma un disagio di inferiorità. Non si sentiva
in imbarazzo per via della sua famiglia così ricca e bella, o
per il fatto che sedevano sempre soli.
"Beh, vedi, da qualche anno a Forks danno una festa, una
festa di paese. C’è un parco qui vicino, inaugurato quando
avevo dieci anni. E’ un parco ampio con molti alberi e sabato
e domenica c’è la festa di Froks. Non vorrei essere invadente,
ma mi farebbe piacere fare un giro con te, come amici "
Era davvero sincera, gli dispiaceva dirle di no. Calista
non l’avrebbe detto alle sue amiche, di questo Edward ne era
certo dal momento che la ragazza non voleva allontanarlo da
lei, sembrando una sciocca.
A Forks le voci girano in fretta.
"Certo, va bene. Dove e a che ora?"
La ragazza fece un sorriso davvero spontaneo.
"Facciamo che ci troviamo dal lato nord del Giardino Nuovo
per le nove? Pensi di riuscire a trovarlo?"
"Certo, non preoccuparti, ho un buon senso
dell’orientamento."
"A sabato allora."
Calista si voltò e si diresse verso l’entrata con passi
sinuosi, con i lunghi capelli neri e mossi che le ondeggiavano
lungo la schiena. Sembrava quasi una vampira. No, una modella,
meglio.
Durante la lezione di biologia Alice Cullen passò un
bigliettino al fratello.
"Vai alla festa di Forks con quella ragazza e non me lo
dici?"
Edward fece un sorriso sghembo e cancellò la scritta della
sorella.
"Che bisogno c’è di dirti certe cose quando ci manca poco
perché tu le sappia ancor prima di me?"
"Sono contenta"
"Non è come pensi."
"E com’è?"
"Voglio solo farle un piacere, tutto qua."
"Ed, la storia non si ripete, è passato così poco tempo,
insomma…"
"Alice, non è come pensi, non ne sarei in grado. E poi
l’unica umana di cui mi sono innamorato, la prima e l’ultima,
è stata Bella. Chiudiamo il discorso. Se non credi a tuo
fratello non saprei cosa dirti."
* * *
"Jasper! Jasper!!! JASPER!" Alice Cullen gridava per casa
come una pazza.
"Oh, Alice, non urlare!" Il ragazzo biondo stava scendendo
le scale quasi volteggiando. Alice, nonostante fosse abituata
alla sua presenza al suo fianco continuava a vederlo bello
come la prima volta che si sono incontrati in un locale, una
sera molto tempo fa.
"Senti, volevo chiederti se sabato sera avresti voglia di
andare alla festa di Forks"
"A che cosa?"
"Sì la festa di Forks."
"No, a Forks non ci sono mai state feste, Alice, ti
confondi con qualche altra cittadina."
"Si invece che c’è, solo che ottant’anni fa non la
facevano. Si svolgerà sabato e domenica al Giardino Nuovo, un
parco costruito da poco." Esclamò Alice tutta felice.
"Ah, va bene allora."
Intanto la sorella più bella, alta, magra, con capelli
lunghi fino alla vita di un biondo dorato stava scendendo le
scale. Aveva jeans rossi attillati e una maglietta nera un po’
scollata.
"Una festa a Forks? Non posso perdermela! Chiederò a
Emmet." Annunciò.
"Rose, metteresti in imbarazzo anche la ragazza più bella
di Forks" Le disse la sorella ridendo.
"Impossibile." Ribattè l’altra.
"E perché?"
"Facile, cara. Ora sono io la ragazza più bella di
Forks."
* * *
Il sabato sera era arrivato in un lampo. Edward, come
sempre era impeccabile. Non perché si fosse sforzato di
esserlo, ma semplicemente perché era nella sua natura.
Parcheggiò la macchina nel lato nord del Giardino Nuovo e
Calista lo stava già aspettando. Aveva i capelli legati in una
coda alta e un semplice paio di jeans e una maglietta
attillata, ma per niente volgare.
"Hey, ciao Ed." Lo salutò lei allegramente.
"Ciao Calista!"
"Allora ti ricordi il mio nome!" Scherzò lei
sorridendo.
"Come va?"
"Tutto a posto e tu?"
"Bene grazie" Rispose gentilmente la ragazza. "Ti porto a
fare un giretto?"
"Eccome!"
S’incamminarono per il parco decorato da lanterne candele.
Vi erano bancarelle di ogni genere, con libri, dolci, oggetti
usati, vestiti, orecchini artigianali e…la bancarella della
riserva di La Push.
Quella bancarella vendeva oggetti in legno intagliati a
mano rappresentanti lupi. Vi erano ragazzi con la pelle
leggermente scura e corti capelli neri. In mezzo a loro vi era
un anziano sull’ottantina. Aveva i capelli grigi, lunghi fino
alle spalle tenuti insieme da un elastico. Quando vide Edward
si alzò in piedi mentre i ragazzi arricciavano il naso. Edward
lo squadrò e passò oltre.
"Come mai siete venuti a Forks? Insomma è un paese molto
piccolo, di rado qualcuno si trasferisce qui." Chiese ad un
certo punto Calista.
"Oh beh, mio padre lavora all’ospedale di Seattle, solo che
lui la ritiene una città pericolosa, preferiva una cittadina
piccola." Rispose Edward con sicurezza.
"Sì, lo dice anche mio padre, ma ogni tanto al pomeriggio
ci vado dato che qui ci sono davvero pochi negozi."
"Beh sì, Forks è davvero piccola, un po’ di posti nuovi ci
vogliono a volte. Ma dimmi, Forks è molto misera, ma
sostengono che ci sono leggende strane. Me ne vorresti
raccontare qualcuna?"
"Allora…ci sono quelle della riserva di La Push, ma secondo
me sono degli scoppiati, davvero. Parlano di Lupi, sostengono
di discendere da essi, per difendere il territorio dai
succhiasangue."
"Vecchie superstizioni che ci sono un po’ ovunque." Affermò
il ragazzo continuando a camminare.
"Poi vediamo… ce n’è una che risale a circa ottant’anni fa.
Mio nonno diceva sempre che la casa al limite del bosco era
abitata da un poliziotto e dalla figlia scomparsa poco dopo il
diploma. La leggenda narra che il suo fantasma a volte tornava
a casa e faceva ululare un lupo solitario che abitava quel
lato della foresta dal giorno della sua scomparsa.
Pazzesco."
"Scomparsa?"
"Sì beh, si racconta che il padre una sera tornò a casa e
non la trovò. Cercò ovunque, chiamò tutti i ragazzi della
riserva di La Push che conoscono a perfezione questi boschi,
ma nessuno la vide più da quel giorno. Il padre morì ancora
prima che io nascessi, ovvio sono leggenti risalenti a
ottant’anni fa."
"Stile casa-infestata-dai-fantasmi quindi?" Lei gli
sorrise, spensierata.
Edward continuò a guardarsi intorno quando, ad un certo
punto, gli sembrò di avere una visione. Dietro un albero una
ragazza lo fissava. Sbattè le palpebre, ma lei era già
scomparsa. Velocizzò il passo fino ad arrivare a quell’albero.
Si guardò bene intorno, ma di quella ragazza non c’era
traccia. Guardo su, verso i rami, ma niente. Se l’era solo
immaginata. Si era immaginato Bella. Perfetto, ora aveva pure
le visioni. Del suo odore dolce non vi era nemmeno l’ombra.
Eppure lui l’avrebbe riconosciuto lontano un miglio. E poi,
che stupido, Bella era morta.
Fu a quel punto che a distrarlo fu sua sorella, Rosalie.
Aveva fatto la sua entrata alla festa con un vestito super
aderente e i capelli biondi sciolti fino alla vita. Al suo
fianco vi era Emmet, maestoso come sempre, non faceva venire
nemmeno lontanamente in mente ai ragazzi di avvicinarsi alla
sua compagna, o di sfiorarla anche solo con un dito.
Dietro di loro Alice e Jasper si tenevano per mano, ma
Alice non sembrava tranquilla, anzi non lo era proprio per
niente.
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"Edward, EDWARD!" Anche se nessuno, nessuno tranne Edward, la
sentiva Alice Cullen urlava.
"Scusa Calista, posso andare un secondo a salutare i miei
fratelli che sono appena arrivati?" Chiese gentilmente il vampiro
alla ragazza.
"Oh, certo, li ho notati!" Disse sorridendo. "Comunque ti chiedo
scusa, ma io ora devo proprio andare, domani devo partire per andare
dai miei cugini e quindi devo andare a letto presto. Ci vediamo
lunedì a scuola allora…" Concluse dispiaciuta.
"Va benissimo, non c’è problema. Grazie per avermi fatto da
guida! A lunedì." La salutò e si precipitò verso i fratelli che
stavano leggermente attirando l’attenzione degli abitanti di
Forks.
Alice si precipitò su Edward lasciando bruscamente la mano del
suo amato Jasper che sbuffò.
"Edward, su vieni con me dove nessuno ci può sentire. Parleremo
dopo agli altri."
I due fratelli si appartarono lontani da occhi indiscreti, sotto
una quercia.
"Edward ho visto Victoria che si aggira sul confine tra il nostro
territorio e quello di La Push. Nient’altro.
Secondo me c’è lei sotto a questa storia…" Spiegò angosciata.
"Ma perché adesso? Credi che Gellert sia uno dei suoi
compagni?"
"Non so Edward, ma lei era sola, non ho visto nessun altro."
"Forse hanno un piano e se lo stanno dividendo. Victoria è
esperta."
"Questo Ed non lo so, so solo una cosa."
"Ovvero?"
"Devi andare a La Push."
* * *
Dopo averne accuratamente parlato con Carlisle,
Edward si precipitò a La Push. Sapeva di non poter attraversare il
confine, ma era per una giusta causa dato che aveva perso i contatti
con i nuovi cani della riserva.
Sapeva che, per chiarire alcune cose doveva andare
a La Push. Infondo quello era sempre stato il luogo dei misteri,
delle vere leggende, dell’antichità, di un inizio.
Con la sua mercedes attraversò il confine proprio
quella domenica, nel primo pomeriggio.
Bastarono pochi metri di tragitto per trovarsi di
fronte un ragazzo quileute, simile a tutti gli altri, alto,
muscoloso e con corti capelli neri.
"Non sei gradito qui, succhiasangue." Lo avvertì
minacciosamente il giovane.
"Questo lo so, cane. Ma devo parlare urgentemente
con Jacob Black."
"Cosa ti fa pensare che questo sia un buon motivo
per attraversare il confine?"
"Nulla, ma devo parlare con Black. E’ urgente."
Il ragazzo lo squadrò e infine disse: "Ok,
sanguisuga, aspetta un attimo."
E sparì tra gli alberi.
Tornò dopo pochi minuti con i pantaloni strappati,
senza maglia e a piedi nudi.
"Vieni, ti porto a casa del vecchio Black. Per
questa volta, solo questa, sei autorizzato."
* * *
Edward si trovò di fronte ad una vecchia casa
circondata da una veranda.
Gli venne subito in mente Bella, se la immaginava
lì con Jacob a parlare. Infondo per Bella era diventata una seconda
casa.
Fu scortato alla porta dal giovane, non fecero
nemmeno in tempo a bussare che un uomo molto vecchio aprì la porta.
Era lo stesso vecchio che c’era alla festa di Forks. Aveva un aria
infastidita, ma nello stesso tempo affranta.
Jacob Black.
Quello che era stato il licantropo migliore amico
della ragazza che amava.
"Edward"
"Jacob"
"Rees, grazie, ora puoi andare, non c’è problema."
Disse il vecchio al ragazzo.
"I succhiasangue che bazzicano a La Push! Dove
andremo a finire…" Brontolò Rees voltandosi e sparendo lungo la
strada.
"Entra Edward e dì chiaramente perché sei qui." Lo
invitò sbrigativamente.
Edward varcò la soglia e non si sorprese più di
tanto nel vedere i muri tappezzati di dipinti di lupi e di foto di
Bella diciassettenne. C’era anche la stessa del diploma che aveva
trovato a Casa Swan.
Dopo essersi seduto su una sedia del
soggiorno,Edward dichiarò: " Sono qua per sapere qualcosa su Bella,
qualsiasi cosa. Dimmi tutto quello che è successo dopo che me ne
sono andato."
"Non t’interessava così tanto quando l’hai
lasciata, vero?" Fece un ghigno amaro. "Lo stesso giorno in cui te
ne sei andato Sam trovò Bella a notte fonda nel bosco. A quanto pare
si era persa cercando di seguirti. Era praticamente priva di sensi,
ma continuava a ripetere se n’è andato, se n’è
andato…L’ho vista nella mente di Sam e ti assicuro che non era
un bello spettacolo, era ridotta così male…" Abbassò gli occhi.
"Lo capisco." Proferì Edward con voce strozzata dal
dolore.
Jacob Black ricordava a perfezione quel momento,
nitido nella sua mente e Edward poteva vederlo con la stessa
intensità.
Si odiò in quel momento, si accorse veramente di
ciò che aveva fatto.
Jacob sbuffò. "Per quattro mesi non faceva altro
che andare a scuola e stare in casa. Aveva perso tutti gli amici di
scuola, tutti. Sembrava morta, morta dentro. La tristezza, la
disperazione l’aveva spezzata. Me lo diceva sempre…Vedi, Jack,
quando perdi la cosa più importante che hai e sai che non tornerà,
non riesci ad annegare nelle lacrime perché infondo la tristezza non
è così. La tristezza è dura, ti brucia dentro, non ti fa piangere,
ti spinge ad odiare te stesso. E anche se continui a respirare, ad
andare avanti, a mangiare, ad alzarti ogni mattina, in realtà sei
morto.
Bella si odiava, credo non si sentisse alla tua
altezza " Fece una pausa.
"Poi un giorno aprii la porta di casa e magia. Era
lì, tutta eccitata. Mi aveva portato due vecchie moto da riparare.
La vedevo viva, capisci? Il suo aspetto non era ancora del
tutto umano, ma in quel preciso instante lo capii. Io ero il
suo angelo.
Dovevo farla rinascere.
Iniziò a frequentare La Push ogni giorno. Poi un
giorno io diventai licantropo e lei mi accettò. Pensavo mi avrebbe
visto con occhi diversi, che mi avesse visto come un mostro…ma lei
rimase la stessa. Fece subito amicizia con il gruppo, con Emily, la
fidanzata e, successivamente, moglie di Sam.
Ero felice e anche lei lo era.
Ero innamorato, Edward. L’amavo davvero.
Ma spesso quando si ama troppo non si è del tutto
ricambiati.
Era in bilico su un filo sospeso tra due realtà,
quella dei vampiri e quella dei licantropi, quella del passato e
quella del futuro.
Non capivo come potesse preferire il freddo al
caldo.
Diceva sempre che ero il suo sole, la sua
aria che portava via le nuvole che coprivano il suo cielo. Ma
sai, con le nuvole potevo farcela…ma non potevo far nulla contro
un’eclissi.
Io ero qualcosa di puro per lei…tu eri la sua
droga, senza te non viveva.
Charlie mi raccontava sempre che di notte la
sentiva urlare. Inizialmente correva in camera sua e la trovava a
piangere, poi, dopo un po’ ha smesso di andare a vedere se stava
bene. Povero Charlie."
Edward ascoltava ogni piccola parola che Jacob
diceva. Sentiva l’amore nelle sue frasi, ricordava ogni cosa alla
perfezione, ogni singola cosa, come lui.
Era vero, pensò il vampiro, lui era puro, lui era
ciò che Bella avrebbe dovuto avere fin dall’inizio…se lui non ci
fosse stato forse Bella e Jacob si sarebbero innamorati.
Edward sentì il senso di colpa percorrere il suo
corpo freddo come un brivido bollente.
Aveva rovinato la vita di due persone.
"Era come una di noi. Emily la adorava, tutti le
volevano bene. Era bellissimo tornare dai controlli del territorio
con tutti gli altri e trovarla in cucina con Emily che preparava da
mangiare per il branco. Era davvero brava. Ogni tanto, di notte, ci
recavamo sulla spiaggia a fare i falò e mangiare carne alla
griglia.
Diceva sempre che mangiavo come un bue, che non
avevo fondo.
Quando eravamo stanchi e non avevo niente da fare
con il gruppo, invece, mi aiutava con i compiti oppure ci dedicavamo
all’escursionismo. Cercava una radura, non so per quale motivo, ma
diceva che per lei era speciale. La trovammo un giorno e l’unica
cosa che disse fu: beh, non è così speciale oggi… ero sicuro
che centrassi tu, ma non le chiesi niente."
Edward se la immaginava, la poteva vedere
attraverso Jacob.
Bella con il grembiule, in cucina con un essere
umano, con questa Emily, che cucinava e preparava la tavola per
quella che era diventata la sua famiglia adottiva.
Quella era la vita che si meritava.
"Il tuo nome era tabù per lei. Se in un discorso
venivi fuori tu si rabbuiava come non mai e non mi piaceva vederla
triste…e poi avrei dovuto ricominciare tutto da capo."
Edward lo fissò con intensità.
"E…la leggenda?" gli chiese.
Jacob sorrise.
"In parte è vera. Si diplomò con il massimo dei
voti e da quel giorno non volle più vedere né parlare con
nessuno.
La pregai, la scongiurai di dirmi cos’aveva, ma si
rifiutava di vedermi.
Non capii mai pienamente perché fece così. Un
giorno, una sera di luglio, Charlie mi telefonò chiedendomi se Bella
si era fermata a La Push, ma da me non c’era. Tutto il branco fu a
Casa Swan dieci minuti dopo. Setacciammo i boschi, tutti, ma di lei
nemmeno l’ombra. Da quella sera aspettai tutte le sere, al limite
del bosco, il suo ritorno, ma non la vidi più.
E’ tutta colpa tua se se n’è andata." Concluse.
"Ascolta, in quei giorni c’erano vampiri a Forks?"
Domandò Edward con ansia.
"Da quando ve ne siete andati di tanto in tanto i
vampiri passano da qua senza timori. Non ci hanno mai dato motivi di
attaccarli."
"Perché dici che è colpa mia, Jacob?"
"Sei arrivato nella sua vita come un fulmine a ciel
sereno. Dal primo istante che ti ha visto lei si è innamorata
pazzamente di te. Anche quando l’hai lasciata lei non ti ha mai
odiato, diamine, odiava se stessa, ti rendi conto?
Se tu l’avessi lasciata in pace da subito e non
dopo un anno, lei non se ne sarebbe mai andata e sarebbe stata con
me tutta la vita.
Se mi avesse amato del tutto, oggi avresti trovato
i nostri figli qua. Il mio amore verso di lei non era dovuto a
nessun imprinting. Sai, alcune persone brillano agli occhi di
altre, non ti so dire perché lei brillava ai miei.
Ma io non ebbi mai alcun imprinting con
nessun’altra. I miei occhi erano ciechi, vedevo solo lei, anche
quando scomparve."
Concluse il vecchio mentre una lacrima scendeva
lenta sulla sua guancia.
Edward lo fissò negli occhi. Gli sembrò di vederla
sorridere dentro di essi.
Jacob sarebbe dovuto essere il suo grande amore,
non lui.
Se n’era andato per salvarla, ma aveva rovinato
tutto.
"Perché credi che se ne sia andata dopo il diploma?
E perché non voleva più vedervi?"
"Vedi, credo che Bella, prima o poi, si aspettasse
il tuo ritorno. Charlie voleva che lei tornasse con sua madre, per
distrarla. Ma lei, per quanto volesse bene alla madre, non lo fece.
Poi, secondo le mie ipotesi, decise di andarsene.
Ma non voleva gli addii, lei li odiava.
Secondo me si isolò per pensare poi se ne andò. Non
tornò più e se lo fece non venne da me. Credo per evitare di
riaprire le ferite.
Come forse hai fatto anche tu."
Edward si alzò.
"Ora è meglio che vada, grazie Jacob." Parlò con la
voce carica di tristezza.
"Ciao Edward."
Il vampiro si alzò e voltò le spalle al
vecchio.
"Un ultima cosa." Disse quest’ultimo.
"Se ti chiedi se provo odio nei tuoi confronti la
mia risposta al momento è no. Ti ho odiato abbastanza e ho capito.
Ho capito che anche se Bella fosse rimasta, avrebbe continuato a
soffrire."
"Jacob, sei sicuro che non sia stata rapita?"
"Non credo."
Con lunghi passi affrettati, ma di una grazia
immensa, il vampiro se ne andò.
* * *
Edward Cullen varcò la soglia di casa e tutta la
famiglia era seduta sul divano ad aspettare il suo arrivo.
"Vieni qui e dicci tutto" Cominciò subito
Carlisle.
Edward raccontò tutto.
"C’è qualcosa che non mi torna." Disse subito
Emmet. "Per prima cosa non ce la vedo Bella a girare il mondo.
Secondo, Bella non avrebbe mai abbandonato così
tutte le persone che amava."
"Io l’ho abbandonata anche se l’amavo." Intervenne
Edward
"Secondo me centra Victoria."
"Probabile. Ma non capisco cosa ci fa Victoria qui
adesso."
"Alice, hai più visto quel Gellert?" Domandò
Carlisle.
"No, non ci riesco diamine, non vedo niente di
niente…non so perché…" Rispose Alice con voce isterica.
"Fa niente, davvero. E invece, Victoria?"
"La vedo sempre sul confine tra il nostro
territorio e quello di La Push e nient’altro. Mi dispiace, non so
perché non riesco a vedere cosa fa a La Push."
"Allora cosa facciamo?" Chiese Rosalie
annoiata.
"Jasper, sono d’accordo con te" Sorrise Edward.
"Ci rendete partecipi?" Li interpellò con un po’ di
stizza la sorella bionda.
"Jasper ha il compito di trovare una
strategia." Le rispose Edward.
"Allora sì che siamo fregati."
* * *
Quel lunedì fu piovoso, come del resto quasi tutti
gli altri giorni.
A scuola, durante inglese, Edward e Alice si
sedettero vicini e si aggiunse anche Calista. Parlarono del più e
del meno come si fa con i normali compagni di classe. Gli stava
anche simpatica.
Intanto Rosalie stava creando un po’ di problemi
nell’istituto.
Quella mattina aveva fatto la sua entrata in scena
con l’ultimo completo di Calvin Klein e le ragazze, ex ragazze, più
belle della scuola avevano avuto una crisi di inferiorità,
maledicendola con tutte le sciagure possibili, non essendo a
conoscenza della sua immortalità.
Subito dopo scuola, invece, - mentre i ragazzi
della famiglia Cullen discutevano nel parcheggio dell’eventualità di
comprare una moto – un ragazzo si avvicinò a Rosalie.
Edward ridacchiò tra se e se.
"Che c’è? La nuova onda non ti piace?" Gli domandò
Jasper.
"Nono. La nuova onda può andare…"
Con passo lento e armonioso due secondi dopo Alice
era affianco a loro.
Emmet la guardò. "Dov’è Rose?"
"Emmh…beh sta parlando con…con un ragazzo." Spiegò
cautamente Alice.
"COSA??? Non ho capito bene…ripeti."
"Sta parlando con un ragazzo a un metro di
distanza, stai tranquillo." Gli ripetè la sorella.
"Tranquillo? Un metro? Avevo messo ben in chiaro
che i metri dovevano essere almeno DUE!"
Eccomi con il terzo capitolo! L’ho scritto in
questi due giorni, un po’ di fretta! Avrei voluto mettere
direttamente anche il 4 (l’ho appena iniziato), ma preferisco
metterlo più avanti perché devo ancora pensarci bene. ^^
Spero che questo non vi sia sembrato noioso
rispetto ai primi due per via dei racconti di Jacob (si l’ho so,
molte frasi le ho un po’ copiate dai libri…sorry).
Vi dico il nome del prossimo capitolo, tanto per
mettervi un po’ di curiosità…"
Imprinting"
Del resto vorrei ringraziare tutti quelli che mi
hanno sostenuta con i primi due capitoli:
Nei giorni successivi, mentre Jasper elaborava una
strategia – come Edward adorava definirla – due ragazzi di La
Push erano ogni mattina di fronte all’entrata della
scuola.
Erano lì per controllare la condotta dei
"giovani" vampiri.
Uno era lo stesso che aveva scortato Edward a casa di
Jacob, Rees, l’altro era un certo Jhon.
A dir la verità più che controllare i nuovi studenti,
ovviamente per ordine degli anziani di La Push, si facevano
belli sulle loro moto davanti alle ragazze della scuola.
Era comprensibile che, per un po’ di tempo, dopo
ottant’anni di assenza, i Cullen venissero sorvegliati.
Insomma, verificavano che si ricordassero le regole imposte
anni e anni prima.
Prevenire è meglio che curare, ripeteva il vecchio
Jacob Black ai cuccioli – come li definiva la dolcissima
Alice.
Solo che, diciamocela tutta, Edward non sopportava quella
puzza pazzesca che quei licantropi emanavano.
Gli era venuto in mente di non respirare, ma qualcuno
avrebbe potuto notarlo.
Forse più che controllarli volevano torturarli.
Jasper continuava a sostenere che con quella puzza non
riusciva a concentrarsi per la sua strategia.
Rosalie - con molto stile – si avvolgeva la sua sciarpa
rosa di flanella attorno al collo e la tirava su fino al naso,
lasciando scoperti solo i suoi occhi abbaglianti.
Alice in quei giorni aveva gravi crisi di panico: non
riusciva a vedere e quindi si sentiva terribilmente inutile e
manifestava tutto ciò sbuffando e facendo imprecazioni
accompagnate da versi strani e, così diceva, quando c’erano i
licantropi non riusciva a respirare.
Emmet, di conseguenza, ogni volta che arrivava una ventata
d’aria verso di loro, serrava i pugni, digrignava i denti e
fingeva di trattenere il respiro. Invece, quando Alice
sosteneva certe cose, le ricordava, con estrema delicatezza,
che anche se non respirava, non le sarebbe successo nulla.
Il povero Edward, infine, sopportava.
Sopportava sia la puzza terribile, sia i fratelli.
Quindi, per la sanità mentale della famiglia, i cinque
fratelli decisero che era meglio saltare la scuola per almeno
tre giorni.
* * *
"Sono pronto!" Annunciò Jasper tutto soddisfatto scendendo
le scale.
Tutta la famiglia era lì che lo aspettava. Naturalmente
Alice lo aveva già annunciato la sera prima.
"Allora?" Lo incoraggiò Carlisle.
"Se Victoria è sul confine che fa avanti e indietro, noi
saremo là. A turno ci saremo ventiquattro ore su
ventiquattro.
In qualche modo cercheremo di bloccarla. Per questo motivo
i turni saranno di due persone alla volta.
Direi che durante la settimana al mattino possono starci
Esme e Carlisle, per via della scuola, ma subito dopo si farà
a coppie.
Edward, invece, starà in coppia con me.
Quando saremo riusciti a bloccarla le parleremo. Credo che
la persona che dovrebbe parlarci debba essere Edward.
A quel punto vedremo cosa fare, ho già un paio di
idee."
"Sono d’accordo" Approvò Carlisle, mentre tutti gli altri
annuirono.
"Quando si comincia?" Chiese Rosalie con poco
interesse.
"Stasera. Partiamo io e Alice."
* * *
I primi tre giorni furono usati per
individuare alla perfezione la scia di Victoria.
Si accertarono di dove fosse più forte e dove
meno e se era intrecciata ad altre scie.
Non era del tutto così.
Vi erano due scie ormai del tutto svanite.
Una fu attribuita a Gellert, mentre l’altra era ignota.
Ormai era quasi certo che la vampira del trio fosse
Victoria, ma il fatto che le scie fossero ormai svanite voleva
dire solo una cosa.
Avevano anche loro una strategia.
Gli omicidi a Seattle avevano i loro colpevoli, tutto,
nella mente di Edward stava prendendo un posto. Non continuava
ancora a capire cosa volesse Victoria da lui.
Il venerdì tornarono tutti e cinque a scuola ed Edward non
si sorprese troppo nel vedere una grossa moto nel
parcheggio.
La cosa che lo stupì davvero fu il perché quella
moto era lì.
Cercò, tra i pensieri degli studenti, frugò e, infine la
trovò. Trovò la mente di Rees, il giovane quileute.
Perfetto, sembrava quasi fatto apposta.
Ci volle poco a capire perché era lì, più o meno due
secondi. La mente del giovane era ossessionata da un volto, da
una persona, da lei.
Imprinting.
La campanella suonò ed Alice e il fratello si recarono
subito a letteratura. La giornata passò in fretta mentre
Edward cercava di capacitarsi di tale sfortuna. Al termine
delle lezioni fu raggiunto da Calista. I pensieri della
ragazza erano oscurati da un po’ di inquietudine.
"Ed! Aspetta un attimo per favore, ti devo parlare." Gli
gridò lei, correndogli incontro.
"Ciao Calista." La salutò calmo e rassegnato.
"Sapevo che eri diverso." Disse subito lei.
Male.
"Cosa vuoi dire?"
"Che non sei umano"
Molto.
"Prego?"
"Vecchie superstizioni che ci sono un po’ ovunque,
eh?"
Troppo.
"Tu non dicevi che i ragazzi di La Push erano solo degli
scoppiati?"
"Sei intuitivo vedo."
Male.
"Se ti pianto un paletto di legno nel cuore ti disfi in
polvere?"
"Cosa sei, Buffy l’ammazza vampiri per caso? Dimmelo che
corro ai ripari."
Maledetto.
"Rees non dovrebbe tenere un po’ la bocca chiusa?"
"Io e lui non abbiamo segreti."
Il Giorno.
"Ma La Push sì"
"Beh farò parte anche io della riserva."
In cui.
"Se la cosa ti emoziona…"
"Da morire, sento che Rees è la mia metà."
L’ho.
"Il tuo ragazzo puzza."
"Dice lo stesso di voi."
Conosciuta.
Edward fece finta di essere offeso, ma Calista si avvicinò
di un passo. La sua voce era un bisbiglio.
Però.
"Amici lo stesso, Ed?"
"Rees si arrabbierebbe da morire."
Mi va.
"Dici che mi lascerebbe perché parlo con il mio compagno di
banco?"
"Mmh…Non credo."
A.
"Però potrebbe farti sparire dalla circolazione in due
minuti."
"Credo che il tuo dolce e amato Rees si dia un po’ troppe
arie."
Genio.
Edward non rideva così da tempo.
Forse.
L’imprinting, che scherzo della natura.
Capiva.
Ne aveva sempre sentito parlare, sapeva che poteva ferire
tante, tantissime persone.
Cosa.
Eppure se qualcuno non vuole vedere, non accade.
Era.
Non vedeva da tempo un amore così puro e semplice in un
mortale da troppi anni.
Il.
Era fantastico. Calista doveva aver davanti una vita
davvero felice.
Il suo lieto fine, quello che lui invece non aveva potuto
avere.
Sole.
* * *
Edward si stava dirigendo verso il confine dove lo
aspettava Jasper quando, nel boschetto di casa Swan, sentii
una voce.
"Tu…Non…Non mi vuoi?"
Si mise subito all’erta ma lì non c’era nessuno.
Si convinse che quel luogo gli giocava brutti scherzi,
faceva riaffiorare troppi ricordi a cui non voleva
pensare.
Non voleva pensarci perché rappresentavano i suoi errori,
la sua fine, la loro fine, una fine senza un nuovo inizio.
Decise di velocizzare il passo.
"No! Aspetta!" La voce era straziata.
Le cicatrici di Edward si riaprirono senza il minimo
sforzo, come lame che passano sulla pelle viva, come lame che
passavano, veloci, sul suo cuore.
Corse, corse, corse.
Attorno a lui sentiva un pianto soffocato, che proveniva da
qualche cuore, dal cuore di una ragazza che era morta.
Si fermò e una folata di vento accanto a lui gli ridiede
lucidità.
* * *
Le ore passate sul confine ad aspettare
Victoria erano davvero noiose.
Ogni tanto riuscivano ad avvistarla, ma non
era mai il momento giusto per bloccarla.
Tuttavia il momento giusto prima o poi
arriva.
Quella sera Edward e Jasper seguirono la scia
cautamente. Era freschissima, doveva essere passata da lì da
pochi secondi, massimo un minuto.
Edward sentiva i suoi pensieri.
Maledetti…gliela farò pagare…stupidi cani…ci
mancava poco e mi ammazzavano…
Era seduta su un tronco d’albero e si
massaggiava un braccio.
Edward le vedeva le spalle. I capelli rossi
come il fuoco le accarezzavano appena la schiena, erano molto
più corti dell’ultima volta che si erano visti.
Il prossimo che mi viene a disturbare lo
ammazzo…chiunque sia…
Edward annuì a Jasper.
Il secondo vampiro partì contro la vampira,
che appena si accorse della sua presenza iniziò la sua danza.
Sfrecciava fra gli alberi inseguita da Jasper che le ringhiava
contro.
Lei rideva.
Edward l’aveva capito.
Era pazza.
Seguiva cautamente la loro lotta con lo
sguardo e ogni tanto si spostava di pochi metri. Victoria era
davvero veloce, era addirittura superiore a Jasper. Questo la
diceva lunga.
Ad un certo punto, nel tempo necessario per
sbattere le palpebre, Victoria era sparita e Jasper, urlando,
si teneva un braccio.
Pochi attimi dopo Victoria era davanti a lui,
accasciata, con una gamba rotta.
Urlava anche lei.
Poco distante una ragazza, voltata di spalle,
la guradava. I suoi capelli erano raccolti in una coda
laterale che lasciava scoperta la schiena attraversata, lungo
il perimetro della scapola destra, una lunga e larga cicatrice
bianca, che risplendeva nella sua pelle diafana.
La ragazza annusò l’aria e in un mezzo
secondo era già sparita.
* * *
Edward si alzò in piedi e si precipitò su
Jasper, piegato a metà sul terriccio umido.
Sapeva che stava bene, ma preferiva
accertarsene.
"Tutto a posto?"
Lo girò.
"Cosa ci fa Victoria li accasciata? Sei
riuscito a stenderla?"
"Non sono stato io."
"E Chi?"
"Non lo so."
Si alzò di scatto ed entrambi si fiondarono
verso di lei che si era già rimessa in piedi.
"E voi cosa volete?" Chiese ad entrambi con
una voce stridula, da maniaca, proprio come quella dei suoi
pensieri.
"Ci chiedevamo la stessa cosa." Rispose
prontamente Jasper.
"Cos’hai fatto a Bella?" La interrogò subito
Edward.
"Non sono di certo qui per voi, ma Edward,
guardati bene le spalle, ormai che sono qua, posso fartela
pagare anche a te…e a Bella non ho fatto proprio niente."
Rise di gusto.
"Non ricordi cosa lei ha fatto a me?"
Edward e Jasper erano intenti a capire i
secondi sensi delle sue parole quando la vampira si mise a
correre e sparì.
Anche il 4° capitolo è concluso, spero vi sia
piaciuto!
Sto lavorando a questa storia il più
possibile davvero!!!
Volevo dirvi che fra sette giorni parto e
devo preparare la roba, fare un po’ di shopping per rifornirmi
e fare almeno cinque versioni di greco e latino…starò via
dodici giorni quindi credo di riuscire a postare almeno un
altro capitolo, di più non credo di riuscire a fare…
Infine volevo ringraziarvi tutte per il
vostro sostegno che per me è importantissimo…mi meraviglio del
vostro entusiasmo dato che è la mia prima ff!!! Non mi
aspettavo tanto…spero di non starla tirando troppo per le
lunghe con i misteri!!!
Eccomi con il 5° capitolo…volevo fare una
"piccola" premessa…avete ragione la mia ff non è perfetta, non
ho mai detto il contrario. Come ormai ho detto cento volte è
la mia prima ff, non avevo mai scritto niente di così "lungo"
prima, credo sia normale fare errori e vi ringrazio di farmeli
notare, anche se definire raccapricciante dimenticarsi l’h in
Honda mi sembra esagerato.
Forse, Sophonisba,
hai ragione, è un po’ scontato che Edward sappia tutta la
faccenda tra Jacob e Bella e che sappia della sua esistenza.
Chiarisco.
Edward conosceva già Jacob Black, se vi
ricordate la sera del ballo quando voleva mettere in guardia
Bella da Edward per ordine di suo padre. Ecco, sapeva anche
che era di La Push e si poteva benissimo aspettare la sua
trasformazione. Quando lo rivede alla festa e capisce che è
lui, vede l’amore e l’affetto che c’è stato nei confronti
della ragazza. Inoltre, come ho detto all’inizio, Edward
sapeva che da quando l’aveva lasciata lei frequentava La Push.
Non sono stata molto precisa, lo ammetto, ma non sono abituata
a scrivere una storia con un filo logico, soprattutto a
ottant’anni di distanza dalle storie della Meyer…per me è
difficile, ma ci sto provando, tenendo conto che tutte le cose
successe in Eclipse non le devo considerare.
Se Jhon si scrive così o meno non credo sia
di grande importanza.
La strategia di Jasper non è finita lì se hai
letto bene Jasper non rivela le idee che gli sono venute in
mente, dice solo che la partenza era quella.
Per la danza ho scritto che Victoria lotta
con Jasper, la danza era la lotta.
Con "folata" intendevo un soffio di vento,
che non era lì per caso, come Victoria che chiama Bella con il
suo nome. Sinceramente mi scoccia scrivere ora queste cose
perché avrei voluto scriverle in seguito durante la storia, ma
fa lo stesso.
Calista non implora Edward, si avvicina e gli
chiede: "Amici lo stesso, Ed?" Non mi sembra che lo abbia
implorato, se il suo personaggio non ti piace mi dispiace.
Per Jacob, invece, devi pensare che non hai
davanti il ragazzo che c’è in Eclipse, ma un uomo adulto e
maturo che ha avuto tutta una vita per maturare.
Un’ultima cosa.
Se il mio modo di scrivere vi sembra poco
maturo (vorrei farvi presente che ho quattordici anni, non
trenta e anni e anni di allenamento) e patetico, nessuno vi
obbliga a leggere. Se il tipo di storia vi sembra smielata,
non so cosa farci, mi dispiace, forse non è il vostro genere.
In alto a sinistra c’è una freccetta che significa "indietro"
cliccate e cambiate ff.
Non voglio essere scortese, ma queste sono le
mie impressioni. Mi auguro di migliorare!!!
5.
Confidenze.
"Cosa diamine vuol dire quello che lei ha
fatto a me?" Chiese Jasper a Edward.
"James era il suo compagno, credo sia
convinta che per colpa sua lei lo ha perso. Ma ancora non
riesco a trovare un filo logico in tutto quello che sta
accadendo."
"Edward…sei tu quello che legge nella mente,
non io…se non capisci tu!"
"Appunto Jasper, la cosa non mi piace.
Perché Victoria raggira La Push?
Perché Alice quando ci serve ha i blocchi?"
Domandò Edward con molta ansia.
Non riusciva a pensare agli ultimi cinque
minuti con lucidità.
"Alice è stressata e pretende troppo da se
stessa, sta perdendo fiducia nelle sue potenzialità.
Victoria a La Push però è davvero un
mistero…dimmi come hai fatto a metterla a terra dopo che mi ha
quasi rotto un braccio? Dovrò farlo vedere a Carlisle…"
"Non sono stato io ti ho detto! Non l’hai
vista?"
Jasper si guardò intorno e annusò l’aria.
"Io, Ed, non ho visto proprio nulla e non
sento nessun odore. Secondo me sei stato tu con uno scatto
involontario, dev’essere così…quando combattevo a volte
capitava…istinto di sopravvivenza…"
"No, ti dico che era una ragazza, aveva una
cicatrice nella schiena, sulla scapola…"
"Edward…io non ho visto niente…e non c’è
nessun odore…"
"Non si può cancellare una scia?"
"Solo con un altro odore e qua c’è solo
quello di Victoria…"
"Credi che io sia pazzo?" Chiese Edward, come
se non conoscesse già la risposta.
"No, solo un po’ spossato, Ed, riprenditi un
po’."
Era un sì.
* * *
Tornati a casa, Edward e Jasper, parlarono
con Carlisle di ciò che era successo.
Edward si calmò sapendo che Carlisle non lo
riteneva pazzo.
Era già qualcosa.
"Adesso cosa si fa?" Chiese Rosalie.
"Non saprei…c’è qualcosa che non mi
torna…"
"QUALCOSA, Edward? Qualcosa? Qui non torna
proprio un bel niente, nessuno capisce niente! Per una volta
facciamoci gli affari nostri, torniamocene via, andiamocene in
Alaska!"
Edward sapeva come la pensava Rosalie, sapeva
che non approvava che i Cullen s’ intromettessero in qualunque
cosa che succedeva intorno a loro.
Rosalie, a dir la verità, non aveva più
simpatia verso Edward da quando aveva conosciuto Bella Swan.
Forse era una forma di gelosia per Bella, forse non trovava
giusto coinvolgere nella loro vita un’umana.
Su questo Edward non poteva darle torto, ma
ormai era troppo tardi.
Da ottant’anni cercava il più possibile di
evitare il fratello e non approvava nessun movimento deciso da
lui, come per esempio tornare a Forks.
Lo trovava stupido, inutile e patetico.
L’idea, ovviamente era stata di Edward. Tutti
sapevano che voleva tornare lì per rivivere il passato, il suo
grande amore.
Carlisle, nonostante tutto aveva accettato,
voleva accontentare il primo figlio entrato in famiglia e
Rosalie non perdeva tempo, pensandoci ogni volta che le faceva
comodo, ogni volta che c’era Edward.
Questa stizza che c’era tra i due, comunque,
rimaneva il più possibile tra loro, tra la mente della sorella
e quella del fratello.
Ma ogni tanto Rosalie esplodeva e l’unica
persona in grado di calmarla era lui, Emmet.
"Rosalie, non mi sembra il caso di
esagerare." Le disse con calma il suo compagno.
"Esagerare…certo…io gli dico la verità ed
esagero, lui fa i capricci, vuole andarsene da Forks e ce ne
andiamo, vuole tornare a Forks e ci siamo tornati, assilla la
famiglia con le sue paranoie, con Bella. Bella di qua, Bella
di la…Victoria è qua, ma non vuole niente da noi, da quanto ha
detto, e tu vuoi coinvolgere la famiglia in affari che non ci
riguardano…sei impossibile, Edward. E sono io quella che
esagera, vero? Se hai in mente altri giochetti, non aspettarti
che io stia ai tuoi ordini…A me non interessa sapere come la
tua carissima Bella ha passato la sua stupida vita, o come è
morta, perché è sparita e tutte queste smancerie. Secondo me
potrebbe anche essersi suicidata, Edward. Sparita e nessuno sa
più dov’è. Non hai bene in mente i parametri del dolore che
possono sopportare gli esseri umani, o di quanta sofferenza
possono portare dentro prima di esplodere. "
Per Edward quelle parole furono come uno
schiaffo in piena faccia.
Sentirle ad alta voce, e non solo come
pensieri privati, lo lasciarono spiazzato.
Edward non aveva mai preso in considerazione
l’idea del suicidio. Non se lo sarebbe mai, mai perdonato.
"Ora basta, Rose, smettila." Emmet si era
alzato in piedi, con tutta la sua maestosità.
Rosalie rimase impietrita.
"Non ci si comporta così in una famiglia."
S’intromise Carlisle.
Emmet, però, non si era mai imposto come in
quel momento alla sua compagna.
"Forse è meglio che tu te ne vada." Emmet
intendeva dire che forse era meglio che lei se ne andasse
dalla stanza, che uscisse un po’, ma Rosalie lo prese in
parola.
Erano le parole giuste nel momento
sbagliato.
Con la voce carica d’odio, d’ira, ferita
nell’orgoglio, si alzò e disse: "Hai ragione, Carlisle, in
famiglia non dovrebbero esserci certe preferenze.
Emmet, do pienamente ragione anche a te, è
meglio che io me ne vada. Tornerò un po’ in Alaska, da Tanya.
Stavo bene la e ci tornerò, sono stanca di stare qua ai piedi
di Edward."
Si voltò e, di scatto uscì dalla porta.
Tutto il resto fu soffocato dal ringhio di
Emmet.
"Rose, non intendevo questo!"
* * *
Emmet uscì e andò a sfogarsi abbattendo
qualche albero.
Carlisle tranquillizzava Esme che si era
parecchio preoccupata per la figlia più bella.
Jasper cercava di avvicinarsi a Emmet per
provare a calmarlo.
Alice si era chiusa in camera sua,
rannicchiata in un angolo, cercando di vedere qualcosa.
Edward cercò di allontanarsi il più possibile
per pensare.
Per prima cosa era pieno di sensi di colpa,
soprattutto verso Emmet. Forse Rosalie aveva ragione, forse
lui era troppo capriccioso e quindi veniva sempre assecondato.
Forse era troppo egoista e costringeva i suoi fratelli a
seguirlo ovunque lui volesse andare.
Ripensò alle parole della sorella.
Victoria è qua, ma non vuole niente da noi,
da quanto ha detto, e tu vuoi coinvolgere la famiglia in
affari che non ci riguardano…sei impossibile, Edward.
Edward ci pensò bene. Victoria era sorpresa
di vederli, come se non fosse a conoscenza del loro ritorno,
no, infatti non lo era.
Ma com’era possibile?
Gellert era venuto a controllarli, se
Victoria faceva parte del trio allora doveva per forza essere
a conoscenza del loro ritorno, ma lei non lo sapeva.
Victoria non era la misteriosa vampira del
trio.
Eppure le loro scie sul confine erano
intrecciate. Forse Victoria era in lotta con Geller e i suoi
compagni, ma perché a La Push?
* * *
Il giorno dopo a scuola, Calista lo
raggiunse.
"Ciao Ed!"
"Ciao lupa!"
"Spiritoso…" Sorrise.
"Dov’è Rees?"
"Beh è di guardia sta mattina…"
"Coma mai…?"
"Segreti di La Push."
Edward cercò qualche indizio nella sua
mente.
Calista sapeva solo che Rees e i suoi
compagni dovevano sorvegliare il confine.
Quindi in mezzo a questa storia c’entravano
anche i cani.
Calista non sapeva altro.
"Certo, che rimangono tali, vero?" Le domandò
Edward ridendo.
"Cosa vuoi dire?"
"Che nemmeno tu sai di cosa si tratta."
"Questo non è vero."
"Menti"
"No"
"Sì, invece."
"Tu cosa ne sai?" Domandò lei con stizza.
"So riconoscere le bugie. Non offenderti, fra
poco credo ti renderanno partecipe dei loro piani…"
Lei sbuffò.
"Sei un vampiro davvero insopportabile."
Lui rise.
"Puzzi di cane."
Lei lo guardò di sbieco.
"E questo cosa centra?"
"Non lo so, ma in qualche modo devo pur
ribattere!"
Lei gli sorrise.
Un sorriso luminoso, un sorriso
solare.
"Senti, da uno a dieci quanta voglia hai di
fare lezione?"
"Zero".
"Che ne dici di farci un giretto?"
"E dove?"
"Dove vuoi tu."
"Rees dice che non bisogna fidarsi dei
vampiri."
"Io ti consiglio di non fidarti dei
licantropi invece. Rees è furbo, non ti racconta
tutto."
"Cosa vuoi dire?"
"Non sta a me dirtelo."
"Ok, facciamo un patto. Saltiamo la scuola se
tu mi racconti qualcosa del tuo passato."
"Ci sto."
* * *
In mezzo al bosco, nel territorio dei Cullen,
passava un fiume.
Edward adorava andare lì e sentire l’acqua
scorrere, secondo lui rappresentava il tempo.
Così decise che la meta era quella.
Ci impiegarono un’oretta per arrivarci, dato
che doveva seguire il passo umano di Calista.
Ogni tanto Calista rimaneva indietro e quindi
doveva aspettarla.
Gli venne in mente di prenderla in braccio e
arrivarci di corsa, ma non avevano abbastanza confidenza e
quel rapporto, per ora, era stato riservato solo a Bella.
Quando arrivarono al fiume, si sedettero su
una pietra abbastanza grande per tutti e due.
Era tutto circondato dalla vegetazione e
tantissimi fiori di mille colori.
Era strano vedere a Forks tanti colori.
Calista ne rimase sorpresa.
"Che bello qui."
"Lo so."
"Allora, inizia a raccontare…"
"Cosa vuoi sapere?"
"So che eravate già stati a Forks,
ottant’anni fa. Perché ve n’eravate andati?"
"Sai, mi fa strano parlarne con te."
"Ed, hai promesso."
"Ok, ok…Allora…Ero al penultimo anno nella
stessa scuola che frequentiamo ora, quando iniziarono a girare
voci, doveva arrivare una nuova studentessa, Isabella
Swan.
A me non interessava, noi non parlavamo con
nessuno. In quel tempo usavamo i nostri veri nomi, Edward,
Alice, Rosalie, Jasper ed Emmet Cullen. Stavamo, come ora,
sempre in disparte, parlavamo con i nostri compagni, ma solo
quando era strettamente necessario. Un giorno lei arrivò. Mi
colpì subito, aveva un odore, un profumo che non avevo mai
sentito, mi attirava tantissimo. E non in senso buono,
attirava il vampiro che c’è in me, il suo sangue in un certo
senso mi chiamava."
Calista rabbrividì.
Edward la guardò.
"Sei sicura di non annoiarti? La mia storia è
lunga."
"Continua."
"Decisi che era meglio andarmene. Per un po’
di giorni decisi di non andare a scuola, allontanarmi. Però mi
dissi che non ne valeva la pena, tornai e decisi di ignorarla,
prima o poi avrei fatto l’abitudine al suo odore. Eppure la
sentivo, era sempre nei miei pensieri…di notte andavo a casa
sua e la spiavo mentre dormiva, la osservavo.
Premetto che Bella era una calamita che
attirava guai. Era impossibile, davvero.
Una mattina eravamo nel parcheggio, io da una
parte e lei dall’altra. Aveva nevicato e il furgoncino di uno
studente rischiò di investirla, io mi fiondai su di lei e la
protessi. Da quel giorno lei capì che non ero normale, che non
ero umano.
Iniziò a fare domande, ma io non le diedi le
risposte che voleva.
Un sabato lei andò a Seattle con due amiche.
Anch’io ero lì. Lei si allontanò da sola e rischiò di essere
aggredita da degli uomini. Anche in quell’occasione riuscii a
salvarla.
Quella sera gli svelai ciò che ero."
"E lei?"
"Buffo, non si sorprese."
"Continua."
"Da lì iniziammo a uscire insieme. Io alla
sera andavo da lei di nascosto, entravo dalla finestra,
stavamo insieme e le cantavo la ninna nanna fino a quando non
si addormentava.
L’avevo presentata alla mia famiglia e lei mi
aveva presentato a suo padre, l’ispettore Swan."
"Aspetta un attimo…ma questa è la ragazza
della leggenda?!"
"Sì è lei, ma io con la leggenda non centro
niente."
"Continua." Gli disse piena di curiosità.
"Eravamo sempre insieme, anche a lezione, le
avevo spostate tutte per essere con lei. Era diventata la
migliore amica di mia sorella, tutta, o quasi, la mia famiglia
l’aveva accettata nonostante fosse umana. Eravamo felici.
Un pomeriggio la portai a vedere una partita
della mia famiglia, in mezzo al bosco quando arrivarono tre
vampiri, due maschi e una femmina. Victoria, James e Laurent.
James si era messo in testa di avere a tutti
i costi Bella, era un segugio. Successe un gran casino che non
ti sto a raccontare, ma alla fine uccidemmo James e Bella ne
uscì un po’ ammaccata, ma viva.
Già li mi preoccupai molto per lei, sentivo
che lei con me non era al sicuro. Credevo che standole accanto
l’avrei protetta, invece l’avevo messa in pericolo io con le
mie stesse mani.
Ma dopo quell’episodio per un po’ andò tutto
più o meno bene…fino al giorno del suo compleanno. Lo
festeggiò a casa mia, con i miei fratelli e i miei
genitori.
Stava scartando i regali quando, aprendone
uno, si tagliò un dito. Jasper, quello che fra di noi ha più
problemi con il sangue umano, cercò di scagliarsi verso di
lei, ma io per bloccarlo la spinsi via e cadendo si fece un
taglio terribile e peggiorai le cose. Portammo fuori Jasper
che si sentì in colpa così tanto che mi fece pena. Per fortuna
noi ci siamo abituati e mio padre è un medico.
Da quella sera cambiò tutto. Lei continuava a
dire che era solo un incidente, ma per me non lo era,
capisci?
Era la mia famiglia a metterla in pericolo,
senza di me sarebbe stata meglio, così la lasciai e partii, le
tolsi ogni cosa che aveva di me, volevo che tutto fosse come
se io non fossi mai esistito…
Voleva perfino rinunciare alla sua vita umana
per me, non avrei mai potuto fargli quello.
Pochi giorni fa ho parlato con il vecchio
Black che dopo che me ne andai l’amò quanto l’amai io…ma lei
era a pezzi, cadde in depressione…lui e gli altri licantropi
di La Push l’aiutarono, l’accolsero nella sua nuova
"famiglia", ma lei un giorno se ne andò…così è finita la
storia."
"parlami di cosa hai provato tu in questi
anni."
"E’ come riaprire una ferita, Calista…"
"Io credo che se tu sei tornato vuol dire che
quella ferita non si è mai chiusa."
"Hai ragione."
"Liberati del passato, Ed, liberatene
parlandone con me, se vuoi io sarò sempre tua amica…beh fin
quando è possibile."
"Va bene, hai ragione.
Io me ne sono andato, ma non ho mai smesso di
pensare a lei, in ogni istante di questi ottant’anni. Mi
auguravo che lei si fosse rifatta una vita, magari con Jacob
Black, perché no? L’avrebbe fatta felice…e invece non è stato
così…come potevo pretendere che mi dimenticasse? Mi amava
troppo per esserne in grado. Però io non sapevo niente e mi
auguravo che si fosse rifatta una vita normale, senza mostri e
esseri freddi, senza sangue.
Ho litigato con mia sorella ieri e ha detto
una cosa bruttissima, che io non posso sapere quanto dolore
sono in grado di sopportare gli umani, che potrebbe essersi
suicidata. Non me lo perdonerei mai."
Edward alzò la sguardo.
Calista lo abbracciò.
Calista stava piangendo.
"Se potessi piangerei anche io."
Era da tanto che Edward non veniva
abbracciato da qualcuno caldo.
Edward aveva trovato un po’ di
luce.
Il sole che non aveva mai avuto.
"Grazie Calista."
Fine del 5° capitolo, spero vi sia piaciuto,
davvero!!!
Volevo ringraziarvi tantissimo tutti!!!
Spero di riuscire a pubblicare un altro
capitolo…mi impegnerò al massimo!!!
Edward, infondo, aveva bisogno
di un’amica “neutrale” sull’argomento “Bella”.
Ogni membro della famiglia
Cullen aveva un’idea dell’amore di Edward, ma Calista no,
Calista, semplicemente ascoltandolo, lo aveva aiutato
davvero.
Per quanto lui ormai si fosse
affezionato alla ragazza doveva, in qualche modo, “sfruttare”
(nel senso buono) la loro amicizia per sapere qualcosa sulle
faccende di La Push e di Victoria.
Certo, non pretendeva che
Calista gliele dicesse di sua spontanea volontà, non era
necessario. Quindi sperava che La Push la coinvolgesse nelle
loro azioni.
Intanto Rees non era ancora
tornato fuori da scuola a prendere o portare Calista e ciò
significava che doveva essere davvero occupato.
Quella mattina, come sempre,
Calista andò verso di lui, solo, seduto sul marciapiede del
parcheggio della scuola.
Alice e Jasper erano insieme,
mentre Emmet era rimasto a casa, a parlare con Carlisle e
cercando di chiamare Tanya in Alaska.
“Ciao Ed!”
“Ciao Calista.”
“Mi togli una curiosità, mio
caro vampiro?” Domandò lei con entusiasmo.
“Solo se abbassi la voce e non
mi chiami vampiro.”
“Okok, scusa!!!” Bisbigliò lei.
“Sta notte ci riflettevo…cos’hai pensato la prima volta che mi
hai vista? O quando io ti ho parlato?”
“Devo essere
sincero?”
“Sì…”
“Che eri una come tutte le altre
e che volevi sfruttare la mia infinita bellezza.”
Lei si rabbuiò. “Mica puoi
sfruttarla solo te…”
“Perché fai quella
faccia?”
“Perché non so come, tu sai
sempre tutto.”
“Sai com’è ho iniziato a
conoscere le persone, ho anni di esperienza!”
“Uffa.” Disse con tono
capriccioso. “Voglio essere una vampira anche io…”
Questa volta fu Edward a
cambiare espressione.
Il suo tono…quando
pretendeva cose che Edward non poteva, non voleva
darle…
“Che c’è, cos’ho
detto?”
“Niente.”
“Non fraintendere, Ed, è che mi
piacerebbe anche a me avere tanta esperienza.”
Non pensare, non pensare,
non pensare…
“Ok!” Cambia discorso,
cambia discorso, cambia discorso…“Ma
comunque Rees non la prenderebbe troppo bene
sai?”
“Oh, Ed, come sei pignolo!
Prendi tutto alla lettera!”
“Tu invece? Cosa hai pensato di
me?”
“Inizialmente…beh, come
più o meno tutte le ragazze, che eri bello da far
paura. Non avevo mai visto niente
di così bello in tutta la mia vita.
Sai, Forks è piccola…Calista che
riesce ad avere il nuovo ragazzo della scuola tutto per sé…era
un po’ un sogno.
Poi però ho visto che non
filavi pari nessuno, che non eri interessato a nessuna ragazza
e io cos’avevo di speciale da
poterti interessare? Niente di niente.
Eri sempre solo, anche tra i
tuoi fratelli, stavi sempre in disparte…così ho
pensato…”
“Pensato, non esageriamo!” La
interruppe Edward.
“Sì, hai ragione, forse è
esagerato!
Comunque avevo capito che ti
serviva un’amica. Poi, puntuale come un tre al primo compito
di matematica, è arrivato Rees. I miei problemi si sono
risolti. Ho trovato un ragazzo che mi vuole bene, che mi piace
molto e un amico a cui voler bene.”
* * *
“Non prendere in giro
me…vuoi farlo impazzire per caso?”
Il tono di voce di Rosalie era,
come quasi ogni volta, annoiato, ma leggermente alterato,
infastidito.
“No, non è questo,
ma…”
“Ma niente. Smettila di tirare i
fili della situazione o andrò dritta da lui.”
Ribatté.
“Rose, non puoi far niente, ti
prenderebbe per pazza e basta.”
“Ti ho trovata, non ti
basta?”
“Mi sono lasciata trovare.
Potrei sparire come un fantasma in
ogni momento, in ogni situazione.”
Rosalie squadrò la ragazza che
aveva davanti.
“Qual è il tuo
scopo?”
“Far capire a tuo fratello cosa
vuol dire vivere anni nel mistero, nell’ignoranza di tutto
quello che ha fatto la persona che ami nella sua vita, ciò che
n’ è stato di lei.
Fargli capire cosa vuol dire
essere all’oscuro di ogni cosa”
Rosalie sorrise.
Rosalie
rise.
* * *
Edward quel giorno, appena
tornato da scuola, capì che forse a casa Cullen non era una
buona giornata.
Emmet stava trasformando i
bicchieri in polvere e tremava dal nervoso.
Esme, Carlisle e Alice stavano
nell’ingresso e guardavano la sala attraverso la soglia della
porta, mentre Jasper cercava di tranquillizzarlo.
“Un’altra crisi?” Domandò Edward
anche se capì subito il motivo del crollo del
fratello.
“Abbiamo chiamato Tanya. Di
Rosalie nemmeno l’ombra. Nulla, niente di niente, non si è
fatta vedere.
Secondo me non c’è da
preoccuparsi, tornerà presto, ma sai com’è Emmet…è molto in
pensiero per lei.”
“Lo capisco…” Il telefono nella
tasca di Edward vibrò.
“Pronto?”
“Ed, sono Calista. Senti ci
possiamo vedere stasera alle sette a casa mia per favore? Devo
raccontarti una cosa!”
“Ok, va benissimo.”
“A dopo!”
“A dopo lup…Calista!”
Chiuse il telefono.
Alice si interessò
improvvisamente al soffitto.
Emmet aveva smesso di rompere i
bicchieri e, insieme a Jasper, si precipitò sulla soglia
dell’ingresso per godersi la scena.
Carlisle ed Esme lo fissavano in
modo strano.
“Come scusa?” Domandarono
insieme i due genitori.
“Lupa?” Chiese
Carlisle.
“No, Calista. Lupa non sarebbe
un gran bel nome.” Rispose tranquillamente Edward, accennado
ad un sorriso.
Carlisle non era dello stesso
umore.
Ops.
“Edward Cullen, cosa vuol dire
lupa?”
“E’ una licantropa?” Chiese
subito Esme.
“No è umana.” Li guardò
entrambi. “Ok, ok ora vi spiego. A scuola ho fatto amicizia
con questa ragazza, Calista. Mentre i ragazzi di La Push
verificavano il nostro comportamento, la mia amica è rimasta
vittima di un imprinting…tutto qua.”
Li guardò nuovamente.
“Non ve l’ho detto prima perché
c’erano altre cose più importanti di cui parlare.
Non del tutto. Diciamo che evita
di parlarne con lui. Stasera non lo so, vorrà dirmi
qualcosa.”
Tutti guardarono
Alice.
“Oh, i ragazzi della riserva le
hanno spiegato i loro piani, i loro problemi. In modo vago, ma
qualcosina c’è. Però non voglio rovinarti la
sopresa…”
“Non preoccuparti Alice, non lo
fai mai! Soprattutto con me.”
“Sei fortunato, so solo che ti
deve dire questo, nient’altro. Non te li dirà mica a te i
piani di La Push! Illuso! Sarai tu a leggerglieli…”
Alice si blocco. I suoi occhi si
incantarono improvvisamente.
Chiuse gli occhi e li
riaprì.
“Rosalie non è in Alaska e non
ci sta andando” Proferì tranquilla.
“E dov’è???” Saltò su Emmet con
tutta la sua grandezza.
“A sfogarsi.”
“Alice, arriva al
punto.”
“Emmet, mi deludi…” Sorrise. “E’
a fare shopping in un centro commerciale. Il negozio, se ti
interessa, è di Giorgio Armani.”
Emmet si prese la testa tra le
mani.
“MALE!” Urlò. “MALE!” Gridò
nuovamente.
“Stai tranquillo i commessi sono
carini, ma lei non sembra interessata a loro.”
“E MALE DI NUOVO!”
Edward rideva.
“Cosa c’è?” Chiese
Esme.
“Adesso te lo spiego
cosa.
Primo. Lei è nervosa e va da
Armani a fare spese. Mi finisce tutta la carta di credito,
quella vampira ha le mani bucate!
Secondo. Non ci sono negozi di
Armani a Forks e nemmeno nei dintorni.
Terzo. I commessi. Perché certi
lavori non li lasciano fare alle donne?”
***
Alle sette in punto Edward era
sotto casa di Calista.
Due secondi dopo lei scese tutta
contenta.
“Allora, ragazza lupo, cosa mi
dici?”
“Oggi mi hanno dato il permesso
di andare ad una loro “riunione”!”
“E…?”
“Non lo vengo a dire a
te.”
“Ok, ok.”
Edward si concentrò.
Di certo non ti vengo a
dire questi segreti. Uffa però com’è noioso dividersi fra
vampiri e licantropi. Non posso, ho
promesso.
Poi l’ha detto anche
Rees, sarebbe uno scandalo se si sapesse che La Push
aiuta tre vampiri. Infondo è solo perché comanda
Black. I giovani non sono molto
d’accordo.
Però si divertono, così
dicono, a dar la caccia a quella Victoria, almeno a tenerla
lontana, anche se è un po’ che non si fa vedere in giro.
Pensano che si stia dedicando ad
altro.
“Scusa, Calista…”
“Dimmi Ed”
“Potrei parlare con
Rees?”
“Quando?”
“Subito.”
“Lo chiamo e gli dico che sei
venuto da me per chiedermi di poter parlare con
lui?”
“Non serve, sta
arrivando.”
***
Un minuto dopo un ringhio
cagnesco sovrastò i pensieri e le domande che Edward si stava
ponendo.
“Sanguisuga, cosa ci fai qua?
Vattene.”
Il giovane cominciò a
tremare.
“Calmati Rees, non davanti a
Calista.”
Il giovane chinò la testa
all’indietro e cercò di rilassarsi.
“Impiega questi trenta secondi
per spiegarmi cosa fai qui.”
25.
“Chiedevo a Calista se potevo
parlare con te.”
“Eccomi, parla.”
20.
“Cosa succede a La
Push?”
“Niente che ti
riguardi.”
15.
“Non credo.”
“La Push è affare dei
licantropi, non dei vampiri, fino a prova
contraria.”
“Non se centrano i
vampiri.”
10.
Se lei dice che non bisogna coinvolgerti e Jacob ci obbliga a
non farlo noi non lo facciamo, stupida
sanguisuga.
9.
“Maledizione, succiasangue,
vattene, non posso neanche pensare in tua
presenza.”
“Chi è
lei?”
5.
Maledizione, una creatura
come te.
4.
“Chi?
Svelami i misteri di La
Push.”
3.
Mai.
2.
“Bella?”
1.
Il branco mi ammazzerà,
come minimo.
Allora, vi ringrazio ancora
tutti, tantissimo!!!
Vorrei dire che c’è stato un
malinteso, non ce l’avevo con Sophonisba, ma con un’altra
persona, non mi danno fastidio i suoi commenti, anzi mi fanno
piacere, non mi riferivo a lei, ma ad un’altra
persona.
A Sophonisba ho già mandato
un’e-mail spero che l’abbia letta!!!
Non so se riuscirò ad aggiungere
un altro capitolo quindi vi saluto e aggiornerò tra 15 giorni
perché parto, ma farò il possibile per pubblicare un altro
capitolo, ma non so se ci riuscirò, mi dispiace.
"Smettila di cercare di non pensare, Rees, la verità
viene sempre a galla."
No. Taci.
"Bella?"
Ma chi è anche questa?
"Perché il branco ti ammazzerà?"
Perché sto qua a parlare con te, stupido!
Rees inizò a tremare molto violentemente, inarcò la schiena, corse
verso gli alberi e sparì.
"REES!" Urlò Calista al suo ragazzo, ma ormai se n’era andato.
"Ed?" Chiese Calista scioccata.
"Dimmi."
"Come sarebbe a dire che leggi nel pensiero?"
"Che se tu pensi una cosa, qualunque essa sia, io la sento. Posso
ascoltarla se voglio, se non mi va no."
Stronzo.
"Grazie."
Calista sorrise.
Quindi io e te potremmo anche conversare così.
"Esatto"
Fico!
* * *
Su quell’albero, appollaiata, lei vedeva ogni cosa.
Con gli occhi pieni di rancore, con gli occhi da pazza,
l’aspettava.
Aveva cambiato il suo obbiettivo.
Prestava attenzione ad ogni piccolo movimento. Chiuse gli occhi e fece
un respiro profondo.
Stava arrivando.
* * *
Quella notte Edward decise di andare a caccia nei boschi vicini.
Agile come sempre, correva nel bosco, riflettendo.
Lei. Chi era?
Era da un po’ che, in realtà, aveva preso in considerazione Isabella
Swan.
Insomma, perché no? Lei voleva essere un vampiro e in fondo i Cullen
non erano gli unici vampiri sulla faccia della terra.
Inoltre Jacob, in questo caso, avrebbe aiutato una sola vampira.
Era un licantropo, cavolo!
Ma per amore…anche se trasformato, si fa ogni cosa.
Ogni cosa avrebbe potuto combaciare in questo caso.
Victoria ha aspettato che Bella si fosse trasformata…forse l’aveva
sempre spiata, forse voleva uno scontro da pari a pari…e poi trasformata
aveva aspettato che tornasse a Forks così avrebbe ferito anche lui.
Come Edward aveva ferito lei tanti anni fa.
Non ricordi quello che lei ha fatto a me?
Sicuramente Victoria riteneva Bella la causa dei suoi problemi, se
Bella quel giorno non fosse stata con i Cullen, James non si sarebbe mai
fissato con lei.
O forse Victoria voleva fare a lui ciò che era stato fatto a lei…in
ogni modo le cose iniziavano a girare e a schiarirsi nella mente di
Edward.
Se Bella fosse ancora viva davvero…
Edward non voleva illudersi, insomma, era meglio non volare troppo in
alto perché se avesse scoperto che il suo amore in realtà è morto davvero,
cadendo, si sarebbe fatto troppo male.
Ma chi erano i due vampiri che stavano con Bella?
E poi che senso aveva stare a La Push? Erano tre contro Victoria, erano
sicuramente molto più forti.
Ripensò a Gellert e ai suoi lineamenti mediterranei. Forse era il suo
nuovo compagno.
E se la vampira era davvero Bella, perché aveva una grossa cicatrice
sulla schiena?
Edward ebbe l’illuminazione.
Bella non voleva che lui e la sua famiglia sapessero che lei era lì,
almeno per un po’ di tempo, quindi aveva deciso di portare il trio a La
Push da Jacob affinché lui non si avvicinasse e leggesse qualcosa nella
mente di Gellert e dell’altro vampiro.
Ma Bella da lui voleva ancora amore o forse voleva solo vendicarsi per
averla abbandonata?
* * *
"Calista, io lo pretendo." Il tono di Rees non ammetteva regole.
"Ma non puoi impedirmi di parlare con Ed!" S’impuntò lei.
"Sì, invece."
"Bene, allora comunicheremo con il pensiero. Sarà solo lui a
parlare."
"Calista, non scherzo."
"Non sei mio padre."
"Dimmi la verità, sei innamorata di lui?"
"No"
"Bugiarda."
"Ma come puoi dire una cosa del genere? Posso avere un amico anche
io?"
"Non è solo un amico per te."
"E cosa allora?"
"Ti piace!"
"Rees non fare il bambino, io con te sto benissimo, sono stati i giorni
più belli a La Push, ma non puoi pretendere che io sacrifichi la mia
amicizia con Ed."
"E’ più importante lui di me?"
"No, però lui non mi impone proprio niente."
"Calista" Il suo tono era diventato serio, tanto da far preoccupare la
ragazza. "Se vuoi anche io posso essere solo un tuo amico. Magari non
riuscirò a leggerti nel pensiero, forse è questo che mi spaventa, è come
se lui ti conoscesse più di me. Posso essere anche io solo un amico se
vuoi. Io posso essere ogni cosa che tu desideri. Ma non escludermi, ti
prego."
Calista, con una lacrima che scendeva su una guancia, si avvicinò al
ragazzo, abbracciandolo.
Lo guardò nei grandi occhi scuri che la accoglievano ogni volta che era
necessario.
Era proprio per questo che lei ne era innamorata.
Lui c’era.
Di questo ne era sicura al centro per cento.
Edward viveva in un passato troppo lontano da lei e non aveva
intenzione di dimenticarlo, così lei voleva solo stargli accanto come
amica.
Edward ne aveva bisogno, aveva bisogno di lei come lei ne aveva di
Rees.
Rees viveva nel presente e nel futuro e Calista poteva solo andare
avanti.
Voleva iniziare a parlare, ma il primo fu Rees.
"Calista, se vuoi lasciarmi lasciami."
"Non posso."
"Sì che puoi. Basta che mi dici: Rees io non ti amo."
"Ma io ti amo! Non lo vedi? Non lo capisci?
Ma non puoi pretendere che io abbia amici normali quando nemmeno tu li
hai e ormai sono coinvolta in un mondo diverso!"
Lo strinse forte.
"Io ti amo Rees, ma voglio volare. Voglio essere libera di avere degli
amici, chissene frega se sono umani, vampiri o licantropi, cazzo!
Io amo te. Punto."
Rees fece per ribattere, ma lei si avvicinò a lui e lo baciò.
E con quel bacio Rees comprese cose che nemmeno con cento parole
avrebbe capito.
* * *
Era lì proprio a tre metri da lei, sotto quell’albero.
Dato che lei faceva tanto la difficile e se ne stava in mezzo ai
cani poteva benissimo attaccare uno di loro.
Sarebbe stato un bel colpo.
Tornare per riavere la famiglia che possedeva anni fa e trovare un bel
falò in mezzo al bosco con uno dei fratelli Cullen.
Sarebbe una bella sorpresa, sarebbe il giusto prezzo da pagare.
Victoria fece per saltare su Emmet, poco lontano da lei.
Lo prese per le spalle e lo minacciò con un coltello, puntandoglielo
alla gola.
Lo guardò con occhi assetati, rossi come i suoi capelli.
"Victoria, questi trucchetti si usano con gli umani…puoi sgozzarmi, ma
io non ho sangue, come non l’hai tu!"
"Caro, so benissimo che non abbiamo sangue, ma staccarti prima la testa
e poi tutto il resto del corpo è più semplice."
"Credi che io abbia paura di te?"
"Dovresti, Cullen."
Prendi tempo, Prendi tempo, Prendi tempo, Prendi tempo, Alice vedrà,
Alice vedrà.
"Dimmi, cosa vuoi di preciso da me?"
"Usarti come esca. Voglio o lei o lui.
Se entro un po’ non ti troveranno…beh, un Cullen in meno, cosa vuoi che
sia…"
"E secondo te come faranno a scoprire che sono qui?"
"Non sono stupida, so che tua sorella vede…a volte." Ghignò.
"Come fai a saperlo?"
"Io non dimentico."
* * *
Bene, aveva un po’ di tempo, così decise di correre a chiamare
Rosalie.
Beh, non le avrebbe mai perdonato di non averla avvertita. E poi in
coppia si lavora meglio. E poi lei è la sua compagna ha ogni diritto di
sapere.
Era lì, sdraiata fra le radici, con la sua solita aria annoiata, ma
tranquilla.
Aveva steso un telo per terra e vi si era adagiata sopra, per evitare
di sporcarsi, ovvio.
Aprì un occhio e la guardò.
"Sì?"
"Victoria ha preso Emmet."
"Cosa?"
"Si, lo vuole usare come esca."
"MA IO L’AMMAZZO!!!"
"Calma, Rosalie. Vado a chiamare Gellert e Jason, aspettami qui, dopo
ti torno a prendere."
"Ma sei pazza? Non ce la faccio a stare qui ad aspettare!"
"Fidati di me, Rose."
"E pensare che io ti odiavo…"
* * *
Un decina di minuti dopo tornò con due vampiri, uno era quello che
aveva fatto visita a casa Cullen, l’altro era nuovo.
Rosalie ormai sapeva tutto, ma si sorprese lo stesso vedendola con dei
vampiri.
Diamine, si dimenticava sempre che anche lei ormai lo era!
"Ok, portami da loro, per favore, sono troppo preoccupata."
"Va bene, ma ascoltami.
Prima di tutto noi staremo nascosti, se avrai bisogno interverremo.
Quindi fai come se fossi sola ok?"
"Va bene, va bene!"
"Rose, usa prudenza, quella è pazza!"
* * *
"Alice, ALICE!"
Edward era appena tornato da caccia quando vide Alice incantata.
Dopo pochi secondi lei si voltò verso il fratello.
"Edward, vedo Rosalie combattere contro Victoria per salvare Emmet."
Disse scioccata.
"E dove sono?"
"In mezzo al bosco."
"Wow, come se qui a Forks ce ne fosse solo uno!"
* * *
Due minuti dopo lei, Gellert e Jason erano su un albero che guardavano
Rosalie entrare in scena.
Victoria teneva ancora Emmet per il collo, con il coltello puntato alla
gola del ragazzo.
"Lascialo immediatamente." Sibilò Rosalie con tutto l’odio che aveva in
corpo.
"Oh, Cullen, è arrivata la tua compagna? Benissimo, ma io non volevo
lei!" Ruggì.
"Non importa chi volevi, lascialo o ti ammazzo. Victoria, non ho paura
di una psicopatica, ti faccio fuori in due minuti."
"Hai più coraggio dei tuoi fratelli che continuano a scappare."
Ghignò.
"L’unica che scappa sei tu."
Victoria si irrigidì.
"Cosa?"
"Victoria, hai paura dei Cullen, lo sappiamo tutti!"
"Ma come osi?"
"Oso, non ti preoccupare.
Vedi, dal momento che io sono qui e tu tieni le distanze vuol dire che
hai paura.
Tanta paura."
"Certo, piccola scema, se lo lascio siete due contro uno!"
"No, Victoria, lascialo e saremo io contro te."
Rosalie fece un passo avanti.
"Non ti conviene avvicinarti troppo o la testa del tuo ragazzo la uso
come portacenere per il resto del suo corpo."
Rosalie fece un altro passo avanti.
Le separava nemmeno un metro.
"Provaci."
Victoria stacco il coltello dal collo del vampiro per caricare il
braccio, Rosalie approfittò di quel momento per calciarle la mano.
La beccò in pieno e il coltello volò cinque metri più in la.
"Emmet levati da lì per favore, voglio vedermela con Victoria."
"Ma…"
"Emmet, dannazione, muoviti!"
Emmet con uno scatto si spostò e corse verso un albero.
Ora Victoria e Rosalie si fronteggiavano come due leoni in una
gabbia.
Ma in quel momento quella più aggressiva era Rosalie.
Sì, perché Rosalie aveva un solo punto debole: Emmet.
Si lanciò sulla vampira dai capelli rossi e le diede un morso in pieno
viso, così forte da farla urlare.
Rosalie approfittò del dolore per tirarle i capelli con tanta potenza
da strappargliene una ciocca.
A quel punto Victoria si ribellò e prese Rosalie per un braccio e
iniziò a tirare.
Rosalie urlò.
* * *
"Questa è Rosalie" Gridò Edward.
"Andiamo, muoviamoci, seguimi Ed, ho capito dove sono."
* * *
Emmet ringhiava troppo forte per non essere sentito.
"Mia cara, stanno arrivando due Cullen!"
Lei annusò l’aria.
"Va bene Gellert andiamo, ormai sono al sicuro."
* * *
Edward si trovò davanti Victoria che tirava Rosalie per un braccio, da
lì a poco gliel’avrebbe strappato.
Corse verso di lei, ma la vampira se ne accorse.
Mollò Rosalie e scappò via.
Tutti si precipitarono su Rosalie che si massaggiava il braccio
imprecando contro Victoria.
Dopo pochi secondi si alzò, sempre tenendosi il braccio.
"Emmet, amore mio, stai bene?"
"Certo, tesoro e tu?"
"Se so che tu stai bene sto bene anche io"
"Scusatemi, ora me ne devo andare." Guardò con ostilità Edward e
sorrise leggermente ad Alice.
"Scusami Emmet, io non posso tornare a casa adesso!" Gli diede un
leggero bacio sulle labbra e si diresse verso gli alberi.
"Come mi hai trovato?" Le gridò.
"Siamo fortunati, c’è un angelo che veglia sui Cullen.".
Correndo sparì tra gli alberi.
* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *
Ok, eccomi con il settimo capitolo, come avete visto ce l’ho
fatta!!!
Spero tanto che vi sia piaciuto…Più vado a vanti e più diventa
difficile scrivere, mi sembra sempre che le cose non quadrino!!!
L’ottavo inizierò solo a scriverlo, non credo proprio di riuscire a
finirlo in due giorni, ho un sacco di cose da fare e domenica non sono a
casa!
Allora, direi che i misteri si stanno svelando tutti man mano…
Spero che quando tornerò (tra due settimane) non vi sarete scordate di
me!!! =(
Un mega saluto e un mega bacio a tutti!!!
alexandrathebest: come hai visto ce l’ho fatta!!! Però ora mi sa
che dovrai davvero aspettare due settimane per in prossimo!!!
ka chan e Giulls : ahhhh per l’incontro con Edward dovrete
aspettare un po’, ma arriverà presto, non preoccupatevi!!!
4everWITCH: spero di averti chiarito il dubbio, ovvero se è
con i licantropi o con i vampiri!
alice brendon
cullen: grazieeeeeeeeeee
milleeeeeee
Hanairoh: nn preoccuparti se nn hai mai recensito, fa lo
stesso, ma mi fa piacere sapere che mi hai letto dall’inizio!!!
Grazie!
ROo cullen: grazie di seguirmi sempreee!
bells87 ormai credo che sia ovvio chi è la misteriosa
vampira!!!
littlemoonstar sono contenta che ti piaccia Emmet xkè io l’ho
sempre adorato!!! E sn felice che ti piaccia il modo in cui ho reso il
personaggio di Rosalie, mi diverto a scrivere i loro discorsi!
Vi ringrazio ancora tutti, anche quelli che non sono riusciti a
commentare l’ultimo capitolo!!!
Un bacioooooooooooooo! =*
PS: se qualcuno vuole il mio contatto msn è questo:
criven86@hotmail.it
(so che è orribile, ma era di mio fratello poi lui se n’è fatto un
altro!!!)
Carlisle non c’era, era ancora in ospedale, Esme era a
caccia, soltanto Jasper si trovava sdraiato sul divano a
guardare la tv, con un’espressione troppo seria, non era da
lui.
Quando li sentì entrare spense improvvisamente la tv.
Edward fece un sorriso, un sorriso sghembo.
"Perché hai quella faccia?" Chiese subito Emmet.
"No, niente…" Rispose l’altro vago.
"Che ti è successo?"
"Niente, Emmet."
"No, non è vero che non ti è successo niente."
Edward rideva.
"Non c’è niente da ridere." Gli disse Jasper, con
acidità.
"Se gli dici qualcosa, Edward, giuro che ti ammazzo."
"Edward…dai, mi dici perché ha quella faccia?"
"Edward, Emmet lo prenderà in giro per l’eternità, ti
prego, fallo per tua sorella!"
"Jasper, cos’è successo oggi in Buffy l’ammazza
vampiri?"
Stronzo.
"Su, dai, rispondi…" Lo incoraggiò Emmet.
Edward, ti odio.
"Buffy ha dovuto uccidere Angel."
Emmet scoppiò in una risata fragorosa, Edward gli andò
dietro.
Alice, rossa in faccia, cercava di trattenersi, ma alla
fine esplose.
Jasper mise subito il muso.
"Non c’è niente, niente di niente da ridere. Erano una
bella coppia, ecco."
"Scusa fratello, se non siamo sentimentali come te!" Ululò.
"E poi sarà la ventesima volta che fanno la serie di Buffy,
l’ho vista come minimo cinque volte, se vuoi ti dico come va a
finire!"
"NO, PER LA BUON ANIMA DI ANGEL, NO!"
* * *
"Grazie." Proferì Rosalie, davvero grata alla vampira.
"E’ colpa mia se Victoria è tornata, avrei dovuto
pensarci."
"Non darti colpe che non hai, non è la prima volta che fai
allontanare Victoria dai Cullen, ricordi con Edward e
Jasper?"
"Si, me lo ricordo."
"Toglimi una curiosità."
"Dimmi."
"Cos’hai intenzione di fare ora?"
"Cosa intendi?"
"Con lui?"
"Non lo so, Rose.
Ho paura."
"Di cosa?"
"Di lui."
"E perché?"
"Come reagirà? Lui era innamorato di un’umana, non
di una vampira.
Anzi, non ne era nemmeno più innamorato, dato che se n’è
andato."
"Lui voleva solo proteggere quell’umana che amava
tantissimo, proteggerla da lui, da noi.
Ma non ha mai smesso di amarla."
"Però l’ha lasciata sola, l’ha lasciata cadere in
depressione.
Lei l’ha aspettato, ha pianto, ha provato a farsi una vita,
poi ha capito, le è venuta l’illuminazione.
Magari se da umana non era alla sua altezza, da vampiro lo
sarebbe stata.
E se in quel momento non la voleva, magari un giorno
avrebbe cambiato idea, magari in un futuro, magari troppo
lontano per lei, ma non per una vampira."
Rosalie sorrise.
"Ed eccomi qua, Rose."
Il suo volto era pieno di tristezza.
"Guardami. Sono solo ancora più pallida di prima,
nient’altro. Forse più forte e più agile, ma non meno
imbranata. Lui, come sempre, può avere molto di più di
me.
Non sono né diversa, né speciale rispetto a prima. Lo
perderò un’altra volta."
Rosalie la guardò come se avesse detto una bestemmia.
"Oddio, tu non sai com’è stato vivere questi ottant’anni
con Edward Cullen.
Edward sarà pur bello come un greco, ma è anche una vera
tragedia greca quando ci si mette!"
* * *
Un’ora dopo Esme tornò a casa con i capelli pieni di foglie
e i vestiti sporchi di erba.
"Ragazzi, io vado a farmi una doccia in fretta che fra
dieci minuti torna Carlisle."
"Bene, io, Emmet e Alice vi parleremo."
"Ok."
Venti minuti dopo tutta la famiglia Cullen era in sala,
seduta sugli immensi divani.
Emmet raccontò tutta la storia.
"E cosa avrebbe voluto dire Rosalie con un angelo veglia
sui Cullen?" Domandò Esme.
"Bella domanda!" Esclamò Jasper.
"Sentite, potrò sembrarvi pazzò, ma secondo me Bella non è
morta."
Tutti ammutolirono e lo guardarono sorpresi.
Tutti tranne Alice.
"Ascoltatemi.
Alla festa di Forks, quando ero con Calista, mi è sembrato
di vederla dietro un albero, che mi fissava, poi è
sparita.
Victoria non sapeva che noi eravamo a Forks, la prima volta
era sorpresa di vederci, quindi, perché è qua? E perché
raggira la Push?
Inoltre l’altro giorno ho avuto un colloquio con Rees e
Calista, e ho scoperto che La Push stava aiutando dei vampiri,
quel trio di vampiri.
Rees non ha mai detto il nome di Bella, ma ha detto
lei.
Si sono organizzati bene.
Jacob Black, l’anziano più importante della riserva era
innamorato di Bella, l’avrebbe sicuramente aiutata nonostante
lei non fosse più umana.
Cavolo, non siamo gli unici vampiri sulla faccia della
terra!
In più il trio avrebbe la meglio su Victoria, quindi non
credo che si nascondono a La Push per colpa di Victoria, ma
perché non volevano far sapere a noi della loro esistenza.
Sì, Gellert è venuto qui, ma solo lui.
Sapeva che non doveva mentire, vi ricordate? E non nomina
mai il nome della vampira.
In più Rosalie che sa chi è non torna a casa, forse per
fare in modo che nemmeno io lo venga a sapere! Tutto combacia,
no?
Dev’essere per forza così!"
"Edward però potrebbe aver ragione.
Forse Bella è tornata a Froks per lui e Victoria che si
vuole ancora vendicare l’ha seguita."
Constatò Carlisle.
"Esatto!"
"Sì, però, Edward, non montarti troppo la testa, non ti
aspettare che un giorno lei, se è davvero una vampira, verrà a
suonare alla porta di casa Cullen."
* * *
Due vampire si fissavano.
Una aveva ricci capelli rossi, l’altra una grossa cicatrice
sulla scapola.
"Se vuoi me non coinvolgere loro, sono stata chiara?"
Chiese una.
"Ah, sei buffa, cerco di attirarti con un’esca e non vieni,
me ne sto tranquilla in pace e ti ritrovo qua da me."
"Victoria, non coinvolgerli!"
"Io faccio quello che voglio! Sono stati loro a ucciderlo!
Tu non sai cosa vuol dire vivere l’eternità senza la persona
che ami!" La sua voce era isterica, se avesse potuto
sicuramente avrebbe pianto.
"Devono pagare per quello che hanno fatto! Pensavo che
minacciando te loro sarebbero subito corsi, ma a quanto pare
non sapevano nemmeno che eri ancora viva!" Rise di gusto. "Che
strano, io attacco loro, invece, e tu corri subito in loro
difesa!"
"Loro non sanno della mia esistenza."
"Ma in questi ottant’anni non si sono mai preoccupati della
tua incolumità, sei stata fortunata che ho voluto aspettare
che tu ti trasformassi, se no saresti morta davvero."
Lei quelle parole avrebbe voluto non sentirle. Si trovava
davanti una donna che aveva perso l’amore della sua vita, lei
sapeva cosa voleva dire.
C’era solo una differenza tra loro.
James era stato ucciso, mentre lei era semplicemente stata
lasciata.
Non le capitava quasi mai di pentirsi della sua scelta, la
scelta di essere una vampira, ma in quel momento quasi lo
fece.
Insomma, era stata un’illusa.
Victoria aveva ragione.
Lei era stata inseguita per ottant’anni, non era stata mai
toccata nemmeno con un dito grazie al suo potere speciale e
grazie a Gellert e Jason che l’avevano sempre protetta come
una sorella.
Eppure il vampiro che una volta diceva di amarla non si era
fatto vedere.
Si sentiva così stupida e insicura in quel momento!
Rosalie continuava a dirle che lui l’aveva fatto solo per
proteggerla, ma lei, dentro di sé, sentiva un vuoto
incolmabile.
Perché in ottant’anni non aveva più provato
felicità.
La felicità.
Non si ricordava più nemmeno cosa voleva dire, non
ricordava nemmeno i suoi sintomi.
Sì, perché quando era ancora umana e si trovava davanti
alll’infinita bellezza del suo vampiro, il cuore le cominciava
a battere, si dimenticava di respirare, le sue guance si
arrossavano…lui era una malattia, lui era la sua
felicità.
E anche se le sue guance adesso non potevano più diventare
rosse, anche se il suo cuore aveva smesso di batte e anche se
non succederebbe nulla se lei si dimenticasse di respirare,
non vorrebbe di certo dire che non le fa più lo stesso effetto
di una volta.
E’ triste, lei lo sentiva dentro di sé.
Si sentita schiacciata, giorno dopo giorno, da un peso che
non riusciva a cacciar via, nella sua testa c’era una melodia,
la sua melodia, la ninnananna che la faceva addormentare tutte
le sere, se la ricordava come se fosse ieri e ogni nota che
suonava dentro di lei era come una pugnalata.
In tutti quegli anni aveva sperato di poterla risentire, ma
in quel preciso istante ogni speranza andò in frantumi.
Aveva quasi cent’anni, ma dentro di sé si sentiva ancora la
ragazzina di sedici anni che vede per la prima volta il
ragazzo più bello della scuola di Forks e pensa di stargli
antipatica.
Lei, dentro e fuori, portava una cicatrice.
Sì, perché chiunque ha amato davvero ne porta una.
Magari a volte si chiude, altre no.
La sua ogni tanto si chiudeva, ma ogni notte si riapriva
violentemente, ogni volta che sognava quel bosco.
Ormai odiava quel sogno, era sempre circondata dal verde,
dalla pioggia, dal muschio e cercava, cercava, ma non trovava
mai niente. A volte si dimenticava persino cosa stava
cercando.
Forse era un segno.
Forse lei non l’avrebbe mai più ritrovato, aveva perso per
sempre il suo grande amore.
E poi ogni giorno era costretta a guardare negli occhi
Jacob, vedere la sua vita passata, persa.
Ogni tanto quando lo guardava intensamente, vedeva come
avrebbe potuto essere la sua vita umana con lui. Vedeva tanti
bambini con la pelle scura e i capelli ricci e neri, belli
com’ era lui da giovane.
Ormai era vecchio, ma l’affetto e l’amore nei suoi
confronti non era mai cambiato.
Forse da li a pochi anni lui non ci sarebbe più stato e lei
non avrebbe avuto più un punto fermo, un collegamento con la
sua vita umana.
Doveva dirgli tutte queste cose, doveva ringraziarlo.
"Cos’hai, ho detto qualcosa che ti ha turbata?" Le domandò
Victoria ghignando.
"No, ma devo assolutamente fare una cosa.
A presto, Victoria.
Ci rivedremo, se ti fa così schifo la vita."
E la vampira sparì, come aveva fatto tante volte, senza
lasciare traccia di lei.
* * *
Una decina di minuti dopo era davanti alla vecchia casa,
sotto alla veranda, di fronte alla porta.
Le sembrava ieri quando se ne stava tutto il pomeriggio lì
con Jacob, perennemente senza maglia.
Oppure quando alla sera mangiava la pizza con il suo
migliore amico, Billy Black e suo padre.
Ricordava tutto alla perfezione, erano i suoi ultimi
ricordi da umana.
Bussò alla porta e un vecchio le aprì.
Le sorrise.
Ormai l’unica cosa che riusciva a commuoverla era quel
sorriso, il sorriso del suo Jacob e lui riusciva a capirlo,
anche se lei non era più in grado di piangere.
"Entra!" Esclamò lui quando la vide.
Si sedettero sul divano. Jacob nei movimenti non era più
quello di una volta, ma portava bene gli anni che aveva.
Tecnicamente avrebbe dovuto essere molto più vecchio di quello
che era, ma la sua adolescenza era stata un po’
lunga.
Cose da licantropi.
Le veniva una stretta al cuore ogni volta che si ritrovava
in quella casa, ogni volta che vedeva le vecchie foto che
Jacob aveva attaccato alla parete da troppi anni.
Vedeva un giovane ragazzo sorridente e una giovane ragazza
che non riusciva sempre a sorridere come avrebbe dovuto.
Jacob, come sempre, si accorse che c’era qualcosa che non
andava.
"Cosa c’è cara?" Le chiese dolcemente, con cura, quella
cura che aveva sempre avuto nei suoi confronti.
"Non lo so, Jack, ma mi sembra tutto inutile, tutta la
fatica che ho fatto, tutto quello a cui ho rinunciato per
lui…" Lo guardò negli occhi. Loro due si capivano. "E
guardami, sono comunque qua!"
La vampira iniziò a singhiozzare anche se dai suoi occhi
non usciva nemmeno una lacrima.
"Jack, chissà se mai riuscirai a perdonarmi! Io avrei
dovuto stare accanto a te e non lasciarti per anni! Ogni volta
che tornavo tu mi hai sempre accolta, capisci? Ogni volta che
ne avevo bisogno tu mi hai tenuta con te come una del tuo
branco! Ma diamine, ormai ero diversa…Jacob…"
"Tesoro, calmati, piccola…tu eri parte di me, non ti avrei
mai abbandonata, come avrei potuto?"
"Ma me lo meritavo! Avresti dovuto lasciarmi cadere
nell’oscurità che mi ero cercata!" La vampira urlava e
singhiozzava.
"Non ti avrei mai resa felice."
"Sì, invece! Io ero felice con te…"
"Tu amavi lui, lo ami tutt’ora…"
"Ma in un certo senso amavo anche te…penso sempre a come
sarebbe potuto essere…io e te, io e il mio Jacob…i nostri
bambini…tutti con i capelli neri, gli occhi un po’ a mandorla,
belli come eri tu…alti e muscolosi…pieni di gioia, pieni di
luce, con il tuo dolce sorriso stampato sul volto."
"Piccola, avresti rimpianto tutta la vita di non averlo
seguito…tu in un certo senso sei sempre stata con me, per
tutta la mia vita, ma avresti lasciato lui solo per
l’eternità, capisci la differenza? So che l’hai fatto
per questo.
Se da giovane volevo vederti accanto a me, volevo
costringerti a stare con me, ora non posso più farlo. Ti ho
forse assillata troppo e per questo tu te ne sei andata, ma
comunque ora io so per certo che è stato giusto così. Tu
tornavi sempre da me, ti fermavi per tantissimo tempo, mi hai
dato tanta felicità lo stesso, ma ora prenditi la
tua."
"Lui non mi vuole, sono stata una stupida."
"Piccola, certo che ti vuole, dagliene la possibilità però.
Fatti vedere. Non nasconderti, non scappare alla verità. Tu la
verità non la conosci."
"E se la verità fosse che non mi ha mai voluta, che facevo
meglio a rimanere umana?"
"Piccola mia, se questa sarà la realtà la dovrai
accettare…
E poi fidati di me, per una volta!"
Lui le sorrise.
Lei lo abbracciò.
"Ora mio dolce amore, vai."
"Grazie, tesoro."
* * *
Alice, ormai scioccata e in preda al panico, si chiuse in
soffitta e si mise a tradurre la sua canzone preferita in
tutte le lingue che conosceva.
Edward però non ci faceva caso, sapeva che sua sorella ogni
tanto dava di matto, così si mise in sala a guardare la tv con
Jasper ed Emmet che, più il tempo passava, più era depresso,
con sempre meno voglia di scherzare.
Gli mancava da morire Rosalie, Edward poteva capirlo.
Ad un certo punto suonarono alla porta.
Alice smise di respirare, si strinse forte le gambe con le
braccia e si rannicchiò in un angolo della sua camera
all’ultimo piano.
Non poteva crederci.
"Io non mi alzo." Disse subito Emmet.
"C’è Buffy, per me questa serie è sacra." Mise subito in
chiaro Jasper.
"Tanto Angel e morto e non tornerà più con Buffy!" Lo
schernì Emmet.
"Edward?" Lo richiamò Jasper.
"Si, si, ora vado."
In due secondi esatti Edward era alla porta.
La aprì.
Rimase per mezzo minuto a bocca aperta senza proferire
parola.
Gli occhi di Bella s’intristirono subito nel vedere la sua
reazione.
Dalla sala arrivò una voce.
"Edward, chi è, Rosalie che finalmente di degna di tornare
con venti borse di vestiti nuovi o è la tua lupa?" Urlò
Emmet.
Jasper rise.
La vampira s’incupì ancora di più.
Silenzio.
"Edward? Sei vivo?" Gridò ancora Emmet.
"No, Emmet, è Bella."
* * * * * * * * *
Sì, lo so, non dovevano esserci più capitoli per due
settimane, ma non mi aspettavo di trascorrere il sabato sera
in casa, così ho deciso di aggiungere un altro capitolo, siete
contente?
Questa volta però è davvero l’ultimo!!!
Buone vacanze a tutti, ci risentiamo fra due settimane!
"Questa, Edward, è davvero bella! Sei stato bravo il tuo umorismo è
alle stelle!" Urlò nuovamente Emmet.
Jasper percepì la tensione del fratello e guardò Emmett
preoccupato.
In due secondi i vampiri furono alla porta.
Quella che si trovarono davanti era una vampira non troppo bella, anzi
non lo era.
Era la Bella Swan di sempre, forse solo un po’ più pallida.
Non aveva i lineamenti perfetti che avrebbe dovuto avere, i suoi
capelli erano del solito castano vuoto, i suoi occhi erano più chiari e
ambrati.
Bella ed Edward con l’arrivo di Jasper si sentirono un po’ più a loro
agio.
"Be-Bella?" Bisbigliò Emmet.
Lei lo fissò.
"Non capisco." Disse subito Jasper.
"Cosa di preciso non capisci, Jass? Io non capisco niente." Chiese
Emmet.
"Ciao Edward, Emmet e Jasper." Salutò infine lei con voce
tremante.
Oddio, non ci credo, non ci credo, non ci credo, non ci credo.
Edward strinse i denti e di corsa salì le scale.
Bella lo guardò, stupita.
Possibile che dopo ottant’anni non le volesse nemmeno parlare?
Forse lui sperava di tornare a Forks e non vederla, forse era tornato
ottant’anni più tardi sperando proprio che lei fosse già morta.
Che idea stupida era stata quella.
Che vampira stupida che era.
* * *
Lasciami!
"Vieni giù!"
No, non voglio, lasciami andare.
"Cosa pensi di fare?"
Non lo so.
"Scendi anche tu."
No.
"Perché?"
Non voglio soffrire ancora.
"E lo dici a me?"
La vampira rannicchiata nell’angolo della sua camera lo fissò.
"Fallo per me, ti prego."
* * *
Bella Swan fissava ancora le scale di casa Cullen quando apparvero
Edward e Alice.
Edward era inquieto, lei lo capiva, mentre Alice fissava il
pavimento.
Jasper ed Emmet ancora la guardavano.
Che stupida! Edward era semplicemente andato a chiamare la sorella.
"Ciao, Alice." Disse lei con voce insicura.
"Bella" Rispose lei semplicemente.
"Ti va di entrare?" Chiese Edward alla vampira.
"Certo, grazie."
Andarono in sala. Non era molto diversa a parte gli oggetti moderni,
sempre nuovi e sempre più costosi.
La parete di fronte al divano era interamente occupata da un mobile
immenso dove c’era la tv e tantissimi film messi in fila, tutti
ordinati.
Bella si guardò in torno.
Lo stava cercando.
E lo trovò.
Era lì.
Le sembrava ieri quando Edward aveva suonato il pianoforte per lei,
quella sera.
La sera.
"Siediti" Le disse Edward.
Lei ubbidì.
Tutti la fissavano. Era strano avere tutti i fratelli Cullen di nuovo
attorno a lei, di nuovo sorpresi e curiosi di un essere tanto inferiore
rispetto a loro.
Lei si sentiva ancora al di sotto di loro, non avrebbe mai potuto
essere una Cullen.
E poi chi la voleva ancora?
In quel momento la porta di casa si aprì.
"Ehy, siamo tornati dalla caccia, ragazzi!" Era la voce affettuosa di
Esme.
Il cuore di Bella fece un balzo.
Esme.
La vampira dolce, che aveva sempre fatto da madre a tutti i vampiri
della famiglia, la compagna del gentile Carlisle.
"Ho proprio voglia di cambiarmi i vestiti, sono lercio!" Questo era
Carlisle.
Da quanto tempo non lo vedeva.
Della famiglia aveva visto solo Edward e Rosalie.
Arrivarono sulla porta della sala, per mano. Guardarono la sala e i
loro occhi si fermarono su di lei.
Carlisle si bloccò improvvisamente.
Esme fece un gridolino sorpreso.
"Esme, Carlisle, posso spiegarvi tutto, lo spiegherò a tutti voi se
volete ascoltarmi." Disse subito Bella.
Esme e Carlisle si sedettero silenziosi sul divano.
"Puoi dirci qualcosa per favore? Io vedo il futuro, non il passato."
Domandò Alice.
Bella fece un respiro profondo.
"Quando ve ne siete andati io ho passato dei mesi orribili, io avevo
perso la mia vita.
La mia giornata era divisa in due parti, casa e scuola. Tutti quelli
che erano i miei amici avevano anche smesso di salutarmi quando passavo
nei corridoi. Il banco di fianco al mio" E qui guardò Edward che a sua
volta la fissava. "era sempre vuoto.
Poi iniziai a frequentare La Push. Avevo trovato due moto vecchie e le
avevo portate da Jacob per farle riparare.
Ogni pomeriggio ero con lui, nel suo garage e lo guardavo mentre
lavorava. Non facendo nulla era riuscito a farmi tornare il sorriso." Sul
viso di Bella si stampò un sorriso malinconico.
"Sembra strano, ma salendo su quella moto e partire, con una buona dose
di adrenalina, sentivo la voce di Edward che mi diceva di non fare follie
e di tornare a casa. Per me era già un motivo valido per fare cose
alquanto stupide. Infondo che senso aveva mantenere la nostra promessa
quando Edward l’aveva già tradita? Come poteva pensare che tutto sarebbe
stato come se lui non fosse mai esistito? Era impossibile, lo era per me,
almeno.
Poi Jack si trasformò in un licantropo. Io non la presi male, per me
rimaneva sempre il mio migliore amico. Io entrai ufficialmente nella
famiglia di La Push, la famiglia dei licantropi. Ero sempre a casa di
Emily e Sam, cucinavo per tutto il branco e Charlie passava il suo tempo
libero da Billy. Finalmente avevo ritrovato un po’ di pace e Jacob lo
sapeva, lui era contento, come lo ero io. Jacob mi salvò anche la vita, un
giorno, tanto tempo prima avevo visto i giovani Quileutes buttarsi dalla
scogliera della spiaggia, si tuffavano in mare urlando. Sembrava davvero
divertente e, soprattutto, insensato. Stavo aspettando Jack quando mi
decisi a provare anche io. Stava ricominciando a piovere mentre mi
avvicinavo alla punta della scogliera. Ma voi sapete meglio di me come
attiro i guai e le sfortune, sono una calamita. Stavo mettendo un piede
sopra ad un sasso molto liscio e bagnato quando caddi all’indietro e
sbattei con la testa un altro sasso. Mi tagliai la schiena in modo molto
profondo e anche una parte della testa. Era un dolore davvero fortissimo,
mi si annebbiava la vista sempre di più e di nuovo quella voce. La voce di
Edward, anzi, era stato molto meglio, lo vidi intero, davanti a me, che mi
chiedeva di lottare e rimanere sveglia. Era bello perché in qualche modo
quella voce si preoccupava di me, come se di me a quel fantasma importasse
ancora qualcosa. Ma per la prima volta non lo ascoltai, chiusi gli occhi.
Era quasi piacevole sapere che sarebbe finita, che la mia agonia non
sarebbe più stata eterna. Perché io ero convinta che lo sarebbe stata,
voglio dire, non sarei mai riuscita a dimenticare Edward." Fece una pausa,
senza guardare in faccia nessuno.
"Poi Jacob mi trovò e mi portò subito all’ospedale. L’unico segno
rimasto fu una grassa cicatrice sulla scapola. Jack stette con me tutti i
giorni di ricovero, mi portava sempre il gelato e mi accudiva. Dormiva
sempre sulla sedia di fianco alla mia. Mi faceva male vederlo li perché
con i ricordi mi riportava a tanto tempo indietro, quando su quella sedia
c’era qualcun altro, però il suo affetto mi dava calore, mi dava
luce. Lui era molto innamorato di me e sono sicura che lo è anche
ora, lo è sempre stato. Ma io non potevo dargli quello che lui voleva da
me e mi dispiaceva. Mi dispiaceva perché con lui potevo essere felice,
avrei potuto esserlo per tutta la vita, ma io non potevo mentire a me
stessa, io non lo amavo con tutto il mio cuore perché più della metà di
esso era rimasto nel passato. E io avevo capito che non si può andare
avanti se qualcosa di noi è rimasto indietro, soprattutto se quel qualcosa
era così importante. Avevo capito, però, che il mondo continua a girare,
non importa in quanti pezzi è rotto il tuo cuore, lui non aspetta che tu
li ripari. E lì è scattata la scintilla. Insomma…se il tempo continua a
passare, perché non fermarlo? O meglio, perché non fermarsi? Sapevo che
Edward non mi voleva più, ormai lo avevo accettato, lo avrei sopportato
per l’eternità. Però avevo la speranza che lui, magari a distanza di mille
anni, non aveva importanza, mi avrebbe voluta di nuovo. Poi pensai che
magari da umana non ero alla sua altezza, ma forse da vampira lo sarei
stata, insomma, perché no? E se invece non fosse stato così, pazienza,
almeno avevo tentato. Così decisi di aspettare il diploma. Mi chiusi in
casa, evitai tutti per settimane, non volevo dare loro questo colpo, non
volevo dire loro la verità. Poco dopo il diploma presi tutti i miei
risparmi e partii. Andai prima a Praga, poi a Londra, Parigi e infine
Venezia. Girando queste città, io cercavo. Non sapevo nemmeno io cosa,
sapevo quanto erano pericolosi i vampiri, ma io speravo di trovare un
vampiro…vegetariano." Edward scosse la testa, scettico.
"Forse per una volta la fortuna girava dalla mia parte. Una sera, in un
locale a Venezia, un posto tranquillo, un uomo bellissimo si avvicinò a
me. Capii subito che era un vampiro. I suoi occhi erano ambrati e
bellissimi, i suoi capelli neri e ricci. Si presentò, il suo nome è
Gellert Lorren." Carlisle strabuzzò gli occhi, sorpreso come tutti i
componenti della famiglia Cullen.
"Era pazzamente bello, mi toglieva il fiato solo guardarlo. Era da
tanto che non mi trovavo un vampiro di fronte. Sembrava molto interessato
a me, ma io lo sapevo, mai fidarsi dei vampiri. Tutte le sere ci davamo
appuntamento in quel locale, proprio sotto all’appartamento che avevo
affittato. Questa storia andò avanti per mesi, intanto in quel locale
trovai lavoro e tutte le sere io e lui ci vedevamo. Lui, anche
fisicamente, era più grande di me, si è trasformato all’età di ventisei
anni. Io ne avevo appena venti. Col tempo io mi convinsi che era un
vampiro buono, anche se lui non sospettava nemmeno lontanamente che io
sapessi la sua vera identità. Non faceva mai avance strane, non cercava
mai di rimanere solo con me, mi portava a cena, si preoccupava per me.
Diventò come un fratello maggiore per me. Anche lui faceva riaffiorare
ricordi passati, mi faceva pensare troppo spesso a Jacob. Però, non so
bene perché, lui mi attirava davvero molto. Aveva un non so che di
speciale. Era dannato e dolce. Gli avevo raccontato il mio passato e di un
amore perduto e lui mi capì. Lui aveva dentro di sé la sua tristezza, era
simile a me in un modo spaventoso. Da tanto non avevo di fianco a me
qualcuno d così maturo. Mi portava sempre a teatro, mi convinse a vestire
abiti eleganti e da donna adulta, con giacche molto belle e acconciature
accurate. Ero sinceramente tranquilla. Per pasqua mi regalò la prima retta
universitaria, mi iscrisse a filosofia. Non mi piaceva farmi regalare
tutte queste cose, soprattutto così costose, ma iniziai a non pensarci.
Continuavo a lavorare al locale e pagare l’affitto del mio appartamento,
risparmiavo sulle cose che non mi servivano e arrivavo a fine mese
piuttosto tranquillamente. Venezia mi piaceva moltissimo. Una sera al
locale, mentre ero in pausa, seduta con Gellert, passò di fianco a noi un
altro uomo bellissimo che parlava a bassa voce con un altro uomo molto
bello. Disse: "Ho sentito parlare dei Cullen, sono una famiglia che non si
nutre di sangue umano, ma di quello animale, come quell’altra famiglia in
Alaska, ora si stanno trasferendo tutti la." Rabbrividii violentemente a
quelle parole, il battito del mio cuore accellerò e Gellert se ne accorse,
mi rassicurò dicendomi che quei ragazzi scherzavano. Ma io stavo per
scoppiare a piangere, erano mesi che non sentivo i vostri nomi, se non tra
i miei pensieri, e sapere che eravate davvero reali mi spiazzava. Le
lacrime iniziarono a scendere senza che me ne accorgessi. Gellert mi prese
la mano e mi guardò in modo strano, mi domandò se stavo bene o se c’era
qualcosa che dovevo dirgli. Gli chiesi se aveva voglia di portarmi in
gondola, per parlare. Era la prima volta che gli chiedevo di portarmi in
gondola di sera, soprattutto perché Venezia è piena di stradine buie, ma
ormai mi fidavo di lui.
Gli spiegai che ero a conoscenza della sua vera identità, sapevo che
era un vampiro e gli confessai che anche quel ragazzo di qui in passato
ero tanto innamorata era un vampiro, che era un Cullen. Io non sapevo se
lui era vegetariano o meno, ma in quel momento non aveva importanza.
Quella sera stessa lo pregai di trasformarmi. Lui rimase spiazzato dalla
mia richiesta, ma poi acconsentì. Non lo fece subito, ma solo qualche
settimana dopo. Si era molto allenato e preparato. Fu doloroso, in tutti i
sensi, stavo malissimo, ma lui era sempre accanto a me. Quando iniziai a
stare meglio mi portò sulle Alpi, in un bosco molto freddo e deserto,
nessun uomo passava mai. Restammo lì due anni. Si sacrificò molto per me,
mi voleva molto bene. Appena iniziai a stare bene scoprii i miei poteri da
vampiro. Mi sorpresero davvero molto. Posso rendermi invisibile e non
lasciare la mia scia. Strano ma vero. Non ci potevo credere, voglio dire,
diventare invisibile, è una cosa da pazzi! Anche Gellert rimase molto
sorpreso, dice sempre che posso essere invincibile, che sono al sicuro in
ogni momento, nessuno può prendermi se voglio. A differenza di tutti gli
altri vampiri, però non sono diventata bella e affascinante, solo più
pallida e con gli occhi ambrati. Sono sempre la solita ragazza bruttina e
fragile. Dopo questi due anni tornammo a Venezia per qualche mese. Lì
incontrammo nuovamente il vampiro che parlava della vostra famiglia. Era
sempre solo e un giorno si sedette vicino a noi, iniziammo a parlare, il
suo nome è Jason, per me è Jass. Mi portarono a girare il mondo, lo
giravamo più che altro di notte, di giorno facevamo lunghe passeggiate nei
boschi. Andammo in Norvegia, in Scozia, in Russia, in Giappone, In Spagna,
in Messico, nella’America Latina e infine andammo in Canada. Ero vampira
da dieci anni quando tornai a Forks per la prima volta. Volevo andare a
vedere Charlie e Jacob. Ovviamente da Charlie non ci andai direttamente,
ma invisibile, in modo da non farmi vedere. Poi andai da Jacob, tornai
visibile solo quando lui chiuse la porta di casa. Era un Jacob ormai
trentenne. Non prese bene la mia comparsa improvvisa, soprattutto per
quello che ero diventata. L’avevo già visto sotto forma di lupo, nei
boschi vicini a casa mia, che ululava, piangendo. Tutta quella tristezza
mi convinse ad andare da lui. Non accettava quello che ero diventata, ma
alla fine se ne fece una ragione, per lui era importante il fatto che io
fossi tornata da lui. Da quel momento tornavo a Forks di tanto in tanto,
per due settimane poi tornavo in Canada da Gellert e Jason o andavo a
trovare mia madre." Fece una pausa.
"Fu in quel periodo che Victoria ricominciò a cercarmi, solo che era
molto difficile per lei mentre viaggiavo da sola, non riusciva mai a
trovarmi o capire dove andavo. Però trovò Gellert e Jason e da li non fu
più troppo difficile. Victoria cercava me per vendicarsi di voi, cioè,
crede che uccidendo me la farà pagare a Edward per quello che le ha tolto.
Però credo sia rimasta delusa vedendomi con altri vampiri." La vampira
continuava a fissare il pavimento.
"Ora non vi ho detto che Jason riesce a sentire gli spostamenti delle
persone. Non vede dove vanno, ma li sente. Quando vi ha sentiti
venire qui ho deciso che era arrivato il momento di partire."
Concluse Bella.
Ci fu un minuto di silenzio.
"Noi è già da un bel po’ che siamo qua, perché sei venuta solo ora?"
Domandò Alice.
"Me ne vergogno, ma volevo vedere se riuscivo a riempirvi di domande,
di misteri, farvi passare quello che ho passato io."
"Ci sei riuscita" Rispose Alice con durezza.
"Perché invece hai mandato Gellert quando potevi benissimo venire tu ad
accertarti in quanti eravamo?"
"Sempre per lo stesso motivo."
"Benissimo e ora che ci hai fatti riempire la testa di misteri e
domande senza senso vieni a bussare alla porta di Casa Cullen come se
niente fosse. Brava."
Alice si alzò dal divano e sparì dalla sala.
Bella rimase a bocca aperta.
"Scusate, io vado a calmarla." Intervenì Jasper.
"Forse è meglio lasciare Bella e Edward da soli." Disse subito Carlisle
alzandoti.
Gli altri fratelli lo seguirono.
Nella sala rimasero sono Edward e Bella.
"Non hai niente da dire?" Domandò la vampira.
"Scusami, Bella, sono stato disonesto e cattivo nei tuoi confronti, non
mi meritavo questo."
"Cosa vuoi dire?"
"Bella, io ti ho sempre amata, ti ho amata tantissimo e non mi sembra
ancora vero averti qua. Vedi, io ti ho lasciata per il tuo bene, io
mentivo, mentivo spudoratamente. Non sai quanto mi è costato lasciarti
quel pomeriggio. Però mi ero convinto che fosse la cosa migliore. Invece
la cosa migliore sarebbe stata continuare a stare con te.
Vedi, prima di te, Bella, la mia vita era una notte senza luna. Molto
buia, ma con qualche stella: punti di luce e razionalità... Poi hai
attraversato il cielo come una meteora. All'improvviso, tutto ha preso
fuoco: c'era luce, c'era bellezza. Quando sei sparita la meteora è
scomparsa dietro l'orizzonte e il buio è tornato. Non era cambiato nulla,
ma i miei occhi erano rimasti accecati. Non vedevo più le stelle. Niente
aveva più senso.
E tu hai rinunciato alla tua anima, alla tua vita umana per me. Tu hai
scelto l’incertezza, il dubbio, le ipotesi ad una vita felice magari con
Jacob Black. Ho solo una cosa molto importante da chiederti."
Disse estraendo una foto dalla tasca dei pantaloni.
"Perché?" Disse guardando la foto.
"Perché te vampira, sola e senza certezze e non te umana, con dei
bambini e Jacob Black come marito?"
Bella guardò la foto dove lei umana, seduta sulla scogliera, guardava
l’orizzonte.
Sorrise.
"Vedi, Edward, quando pensavo a Jacob vedevo il mio domani, o il giorno
dopo ancora, forse il mese o l’anno. Quando pensavo a te io consideravo
l’eternità, la mia eternità, l’amore vero, quello infinito.Quando mi
sedevo su quella scogliera e guardavo il mare, mi sembrava di vedere te.
Edward, tu sei il mio orizzonte."
* * * * * * * *
Ok, eccomi tornata con un nuovo capitolo…spero che vi sia piaciuto…ma
non tutti i misteri sono stati svelati, ci sono cose che Bella per ora
preferisce tenere nascoste a Edward Cullen…
Grazie a tutte per i commenti e per tutto quello che mi dite per
sostenermi!!!
"Edward…mi stavi prendendo in giro, vero? Quando dicevi che mi hai
sempre amata, che non te ne sei andato perché non mi amavi più?" Chiese
Bella con un sussurro.
"No Bella, dicevo la verità. Io ti ho lasciata perché credevo di
metterti in pericolo! Dopo la vicenda del tuo compleanno avevo capito che
non potevo proteggerti da me stesso, dalla mia famiglia. I nostri mondi
non combaciavano, non potevo metterti in pericolo."
La vampira abbassò lo sguardo.
"Mi hai lasciato credere per tutti questi anni che non mi amavi? E io
ti ho creduto davvero!"
"Dovevo farlo, Bella, dovevo essere convincente, volevo che tu ti
rifacessi una vita, che tu mi dimenticassi. Non sono in grado di vivere se
al mondo non ci sei tu, Bella. Lo vedevo nel tuo sguardo,
sembravi sinceramente convinta che non ti volessi più. L'idea
più assurda e ridicola... Come se io potessi mai trovare il modo
di esistere senza aver bisogno di te."
"Ci sono stati momenti, Edward, quando cadevo nell’oblio, in cui non
capivo cosa dovevo fare.
Dimenticare o ricordare? Il dolore o il nulla? Ricordare era vietato,
dimenticare faceva paura. Era un confine difficile da attraversare.
La mia mente era realmente offuscata, a volte non sentivo, non provavo
niente per giorni interi, mi trovavo a casa senza ricordarmi nulla del
viaggio. Cercavo di non pensare, però cedevo. Infondo ero un essere umano
anch’io. E il dolore tornava e bruciava.
Poi Jacob alleviava la sofferenza, ma non del tutto, dentro di me
rimaneva un vuoto incolmabile. Quando sono partita sapevo a cosa andavo
incontro. Ho aspettato dieci anni per tornare a Forks perché non volevo
vedere lo strazio di Charlie, ho aspettato altrettanto tempo per Renee.
Erano davvero distrutti per me e mi sentivo terribilmente in colpa. Però
per una volta ho pensato a quello che era meglio per me.
Dopo essermi trasformata ho avuto comunque dei crolli. Ogni tanto
rimpiangevo quello che ero, insomma, mi mancava la mia vita e anche se ero
una vampira non potevo riavere il mio grande amore. Non potevo riavere te,
nè la tua famiglia, la famiglia di cui avrei voluto far parte. Ogni tanto
ero tentata dai Volturi. Ogni tanto pensavo di rifugiarmi da loro."
"Cosa?" Domandò sorpreso Edward.
"Cos’ho detto di male?"
"Tu conosci i Volturi?"
"Diciamo di sì. Gellert me ne aveva parlato, insomma, quando ha visto i
miei poteri mi ha subito detto che sarei potuta entrare tranquillamente
nel clan dei vampiri più potenti del mondo. Una sola volta ho incontrato
un vampiro dei Volturi."
"Chi?"
"Aro."
"Scommetto che ti avrebbe voluto molto volentieri con lui."
"In effetti si."
"E perché hai rifiutato?"
"Perché non sono il genere di vampiri che apprezzo. Ma sono convinta
che mi verranno a cercare, un giorno."
"Dimmi una cosa, Bella, insomma…ti nutri di sangue…umano
o…animale?"
"Animale. Mai toccato una goccia di sangue umano, mai in vita mia."
"E i tuoi amici?"
"Gellert dice che non tocca gli umani da quando ha conosciuto me,
mentre Jason da quando si è unito a noi. Gli abbiamo detto chiaramente che
per stare con noi c’erano delle regole precise e lui le ha accettate. La
solitudine lo stava deprimendo, è molto sensibile."
"Sono fiero di te."
"Era quello che speravo."
"E il tuo odore? Non ce l’hai più?" Chiese Edward.
"Certo che ce l’ho. Scusami, sono abituata a non lasciare la scia e
ormai è come se non ce l’avessi. Ho paura che sia cambiato rispetto a
prima. Gellert dice che è solo un po’ più dolce."
Bella si concentrò, scrollò le spalle, rilassandosi.
L’aria fu invasa da un odore soave e dolce, come quello che Edward si
ricordava, forse leggermente più morbido.
"Più o meno è sempre quello, Bella. Mi era mancato molto."
Lui la squadrò.
"Un’altra cosa mi incuriosisce. Il tuo aspetto fisico. Insomma, noi
quando ci siamo trasformati siamo diventati bellissimi, sovrannaturali. Tu
perché sei sempre la stessa? Lo sai per me sei bellissima così, ma non
capisco…"
"Non lo so Edward. Forse sono destinata a rimanere invisibile
alla gente mortale. Forse sono destinata a rimanere invisibile di fianco a
te.
Ti ricordi quando a scuola tu arrivavi con la Volvo argentata e tutti
gli altri con una macchina poco costosa e brutta?
Forse sono destinata ad essere così rispetto a te, ad essere la
macchina brutta, ad apparire insignificante di fianco a te."
"Io ti vedo sempre bellissima, è come un sogno averti qui. Non so come
ringraziarti per questa seconda possibilità."
"Non devi ringraziarmi, sarò io a ringraziare te se tu mi vorrai
ancora."
"Io ti ho sempre voluta, Bella Swan."
I loro volti si avvicinarono, cauti e insicuri, come se fosse la prima
volta.
Le loro labbra si toccarono. Inizialmente il vampiro sembrava
trattenersi, ma poi si ricordò che non aveva più un’umana di frante a lui,
ma una vampira.
Una vampira che sarebbe stata con lui per sempre, per l’eternità,
nessuno gliel’avrebbe mai più portata via, nemmeno se stesso.
Fu di certo il bacio più bello della loro vita, il primo bacio in cui
Edward non doveva prestare attenzione, il primo bacio dopo tanto tempo in
cui Bella ci metteva davvero tanto amore.
"Grazie." Sussurrò lei.
* * *
"Smettila, non mi sembra il caso." Disse la vampira allontanando il
compare da sé.
"Un tempo non dicevi così." Rispose lui con voce attraente.
"Sai che era diverso."
"No che non lo era, c’eravamo anche allora io e te." Le confermò
accarezzandole la guancia.
"Siamo sempre stati chiari su questa storia."
"Lo so. Per te non è più come prima quindi."
"Più o meno."
"Questo mi rasserena."
"Non dovrebbe."
"Vedi, la carne è debole. Forse più dell’amore…non può rimanere un
segreto del passato."
La vampira sospirò, allontanandosi.
* * *
Il giorno dopo il campanello di casa Cullen suonò.
Emmet andò alla porta e sul suo viso si stampò un sorriso enorme.
"Ciao amore, sono tornata."
"Ciao Emmet!"
Il sorriso del vampiro si spense abbassando appena lo sguardo.
"Ciao amore, ciao Bella."
La sua voce si fece più dura.
"Rose, dannazione, quanto hai speso?"
"Ummm…Emmet, come sei sempre fiscale."
"Certo, torni con quante borse? Venti? E io sono quello fiscale."
"Sono ventidue."
"Ancora meglio."
Emmet sorrise, mentre Rosalie rise di gusto.
"Mi sei mancato!" Gridò abbracciandolo.
"Anche tu."
"Scusa, Emmet, dove posso trovare Alice?"
"E’ su in camera sua."
"Grazie."
Bella salì velocemente le scale e in un batter d’occhio fu davanti alla
porta di Alice Cullen.
Non fece in tempo a dir niente che si sentì la voce della vampira.
"Entra, Bella."
Bella aprì a porta ed entrò cautamente.
Alice era seduta sul letto, con un libro aperto fra le gambe.
"Posso parlarti?"
"Ti ascolto."
"Vorrei capire perché sei tanto arrabbiata con me."
Alice sbuffò.
"Oh, per niente. Hai solo cercato Rosalie e non me, quella che
consideravi la tua migliore amica. Hai deciso di dire a lei che sei ancora
viva e non a me.
Ti sei fatta vedere alla vampira che ti detestava e non a quella che ti
ha sempre voluto bene."
"Non è andata così."
"Ah no?"
"No. Io l’ho incontrata nel bosco, era sola e c’era Victoria in giro.
Volevo solo proteggerla e poi me la sono trovata davanti, dopo tanto
tempo…un Cullen con cui parlare! Tu non sai cosa vuol dire! Non volevo far
sapere a Edward che ero ancora viva, per quello Rosalie non è tornata a
casa prima di oggi."
"Bella, è stata dura per me, tutti questi anni. Ho visto Edward
soffrire, ho sentito la mancanza di un’amica, ho sentito la tua mancanza.
Ero convinta di non poterti vedere mai più.
Avevo accettato la decisione di Edward, l’avevo persino capita.
Ho fatto tutto quello che lui mi aveva chiesto.
Me ne sono andata con la famiglia, non ho guardato né il tuo né il suo
futuro. Inizialmente ero molto tentata, ma poi mi passava perfino di
mente. In questi mesi nemmeno ci pensavo, io credevo che tu ormai fossi
morta.
Eppure prima di partire, ottant’anni fa, io ti ho sempre vista vampira,
ho sempre avuto ragione."
"Alice, credi che io non abbia mai sentito la tua mancanza? La mancanza
di un’amica, di un ragazzo, della vostra famiglia? Credi che sia stato
semplice rifarmi un vita, prima a Forks e poi in giro per il mondo?
Beh non lo è stato proprio per niente. Sono stata fortunata ad
incontrare Gellert, se no a quest’ora forse non sarei nemmeno qui."
Alice abbracciò la vampira.
"Scusa Bella, mi sei mancata."
* * *
Il campanello suonò nuovamente.
"Bella, per favore, puoi andare tu?" Chiese Esme dolcemente.
"Certo!"
Bella si precipitò alla porta.
Una voce arrivò da fuori.
"Ed! Ma quanto ci metti oggi?"
Bella aprì la porta.
"Oh, emm, ciao, c’è Edward Cullen?" Chiese un po’ preoccupata.
Chi è questa nuova vampira?
Emmm…Edward…Mi guarda male, ho paura…muoviti…
"Certo, adesso arriva." Le rispose Bella. "Edward! E’ per te!"
Edward fu subito accanto a loro, con un braccio attorno alla vita di
Bella.
"Ciao lupa, è ora delle presentazioni." Annunciò sorridendo.
Calista lo guardava con aria preoccupata.
"Lupa, questa è Bella, Bella questa è Calista."
"Piacere"
Si strinsero la mano.
"Scusa Edward, ma…ma lei…non era…morta?"
"A quanto pare no. Eh, lupa, sono i misteri della vita! Se vuoi tra
cinque minuti andiamo a fare una passeggiata se non è un problema."
Concluse guardando Bella.
"No, io andrò da Jacob credo, oppure starò qua ad aspettarti."
"Sicura che non è un problema?" Domandò lui nuovamente.
"Ma figurati, Edward! Poi Rees mi sta simpatico, quindi anche la sua
lupa dovrebbe essere forte! Ma mi raccomando, stai attento, c’è ancora
Victoria in giro…"
"Certo, Bella." Le diede un bacio e uscì di casa con Calista.
Rimase per un minuto nell’ingresso, imbambolata, fin quando non sentì
la voce di Jasper accanto a lei.
"Sono solo amici."
"Lo so, Jasper."
"Allora perché sei preoccupata? Lo sento…"
"Non lo so…sento così strano questo momento…insomma, io mi ero rifatta
una vita alla fine, infelice, ma ce l’avevo fatta. Adesso sono tornata
qui, come ottant’anni fa e ho come paura che voi un giorno ve ne andiate
un’altra volta."
"Se succederà, Bella, ti porteremo con noi…non sei più in pericolo.
Volevo approfittare di questo momento per chiederti scusa."
"Per cosa, Jasper?"
"Per quello che è successo alla tua festa di compleanno, mi sono
sentito molto in colpa. Se io fossi riuscito a trattenermi forse Edward
non ti avrebbe lasciata." Spiegò lui con tristezza.
"No, non sentirti in colpa, era così che doveva andare…io sono troppo
sbadata, se fossi stata più attenta, sicuramente non mi sarei
tagliata."
"Non lo so…ma ti assicuro che sono stato malissimo quando Edward mi ha
detto che saremmo partiti…"
"Sei stato male te, figurati come ci sono stata io!" Concluse Bella,
con un sorriso.
Tornarono entrambi in salotto.
"Ehi, io vado a fare un giretto verso La Push o dintorni, al massimo ci
vediamo più tardi!" Annunciò lei.
"Senti, Bella, perché un giorno non ci presenti i tuoi amici?" Chiese
gentilmente Carlisle.
"Boh, non mi sembra una buona idea…"
Salutò con la mano e uscì.
* * * * * * * * * * * * * * * * * * *
Ciao a tutti!!!
Scusate se il capitolo non è lunghissimo…ù_ù
Ok, ormai è ovvio che c’è un altro mistero…non importante come quello
che c’era prima, ma…va beh, dai, non posso dirvi niente per ora, in più
Victoria è ancora in giro…
Bella aprì la porta di casa, un piccolo e
accogliente rifugio in mezzo al bosco di La Push.
Jason leggeva un libro, mentre Gellert
sembrava aspettarla.
“Com’è andato il primo giorno da Cullen?”
Domandò subito.
“Per adesso sono ancora Bella
Swan.”
“Cosa vorresti dire?”
“Quello che ho detto…”
“Sei impossibile, Bells.”
Lei gli sorrise.
“Voi cosa avete fatto?”
“Siamo andati a caccia e poi siamo rimasti
qui. Da te qualche novità?”
“Diciamo niente di importante. Ho parlato
con Alice -diamine quanto mi era mancata!- e una lupa è arrivata a
prendere Edward…”
“Una lupa? Una licantropa?”
“No no…la ragazza di un licantropo di La
Push.”
“E cos’ha fatto?”
“Niente, è arrivata e ha chiesto di
Edward, per uscire a fare una passeggiata…so che sono solo amici e la cosa
mi fa piacere, Edward deve avere amici
normali.”
“E non sei gelosa?”
“No.”
“Ok.”
“Poi mi hanno chiesto di presentare i miei
amici alla famiglia, ma ho rifiutato.”
“Non ti fidi di noi?”
“Non è questo Gellert, sai che io mi fido
ciecamente di te, ma tu vedi il passato di chi ti sta vicino e per di più
sapete che temo Edward.”
“Temi che legga nei nostri pensieri
quelle cose?”
“Esatto.”
“E che veda il
nostro passato?”
“Perfettamente.”
Gellert fece un ghigno
soddisfatto.
Bella sapeva che lui era
soddisfatto.
Gellert era sempre impeccabile e bellissimo,
apparentemente a posto con se stesso, proprio come quando l’aveva
conosciuto.
Bella ogni volta che lo vedeva pensava alla
superbia.
La superbia, a parere di Bella, era il vizio
capitale per eccellenza e anche il più subdolo; ogni persona è diversa, ma
lui voleva, a volte, rivendicare la sua unicità in modo assolutamente
esagerato e voleva tirare Bella con sé regalandole vestiti bellissimi,
portandola in posti per persone di alta classe, rendendola sempre più
bella, cercando di riempirla di sé, di farla diventare pari a
lui.
Ma Bella in fin dei conti era umile, com’era
sempre stata.
Lei non aveva problemi a girare con una
macchina vecchia, a girare con capi non firmati, lei era così, lei era in
un certo senso, fiera di sé così com’era.
Lui, invece, era talmente infatuato di sé da
non voler sentire ragioni, voleva aver comprensione ad ogni costo,
rigirava i suoi discorsi in modo da chiudere sempre lui una discussione e
cercava persone che in un certo senso lo adulassero.
Bella, infatti, era ammaliata da lui e forse
una parte del suo passato con lui era stato influenzato da ciò.
La sua superbia forse andava di pari passo
con la sua invidia.
Lui sapeva di essere infinitamente bello e
affascinante, ma quando veniva superato da qualcuno dentro di lui cresceva
l’invidia.
Probabilmente Gellert provava rivalità verso
Edward Cullen.
Ma Bella sapeva che lui, orgoglioso com’era,
non l’avvrebbe mai ammesso.
***
“Edward, da quando riesci a resuscitare i
morti?”
“Magari ci riuscissi…”
“E allora perché Bella è ancora
viva?”
Il vampiro e la ragazza passeggiavano nel
bosco.
“Oh, Bella non è mai morta, è un vampiro
anche lei.”
“Perfetto, è giusto che a questo punto sia
io a sentirmi anormale?”
Edward rise.
“E dimmi, dove l’hai trovata?”
“Oh, mi ha suonato alla porta di
casa…strano, vero?”
“La tua vita è strana…hai una gran fortuna,
voglio dire, torni a Forks principalmente per rivivere il passato, sapendo
che la ragazza che amavi era morta e invece, magia, lei è viva. Lei non è
mai morta. Pazzesco.”
“Sai, Lupa, non ringrazierò mai abbastanza
Bella per avermi dato questa seconda possibilità.”
***
Un’ora e mezza dopo Bella era nuovamente a
casa Cullen e trovò Alice ad aspettarla.
“Ciao Bella, ho un regalo per te. Lo sono
andata a comprare prima.”
“Il tempo passa ma la tua fissazione per i
regali non passa e ci posso scommettere che è un vestito.”
“Beh in effetti è così.”
“Ve bene, fammi vedere.”
Salirono le scale e arrivarono in camera di
Alice.
Sul letto c’era una busta nera.
“Ecco, è quella.”
Bella si avvicinò alla busta e
l’aprì.
Vi era un vestito grigio perla, lavorato con
paillettes blu notte.
Sicuramente costava una fortuna. In fondo
alla busta vi erano un paio di scarpe alte ed eleganti, di colore
blu.
“Oddio Alice, lo sai che non sono il tipo
che si può permettere di indossare certe cose…”
“Io invece dico di sì,
provatelo.”
Bella si sfilò i vestiti e si infilò
l’abito.
In effetti le stava che era una meraviglia.
Aderiva al suo corpo perfettamente. Sulla schiena si intravedeva un
cicatrice chiarissima, di una ferita lontana, ma che Bella ricordava come
fosse stato ieri.
Si guardò allo specchio e subito le sembrò
di tornare indietro nel tempo, quando era a Venezia con Gellert, quando la
sua vita era semplice e viziata allo stesso tempo, quando lavorava per
permettersi l’affitto e la sera frequentava posti eleganti accompagnata
dall’affascinante vampiro.
“Alice…perché mi hai preso questo
vesito?”
“Perché per stasera ho preparato
una sorpresa per te e per Edward…”
“Ah…Bene…Grazie di tutto Alice.”
“Prego Bella. Per voi farei di
tutto. Su vieni con me…”
“Dove?”
“In bagno, devo farti delle
cose…”
Bella la guardò stupita.
“Alice…cosa stai dicendo? Mi
preoccupi…”
Alice le mandò uno sguardo
innocente.
“Ti devo truccare e acconciare i capelli
cara…”
“Ah, ok!”
Bella tirò un sospiro di
sollievo.
“Cosa pensavi?”
“Niente Alice…Lascia stare che è
meglio…”
***
Edward alle otto e mezza tornò a casa,
ignaro la sorpresa della sorella.
Aprì la porta e si accorse che la casa era
completamente buia a parte una fila di candele rosa che portava alla
sala.
Le seguì.
La sala era leggermente illuminata da
candele di mille colori e petali tinteggiati.
Il divano era stato cambiato in modo
straordinario, era tutto bellissimo, ma la cosa più splendida era
lei.
Il suo viso era pallido anche nella luce
soffusa e i suoi occhi sembravano gemme preziose, truccati con un ombretto
blu a brillantini, in tono con le paillettes del vestito.
I suoi capelli, solitamente lisci, erano
boccolosi e vivaci.
Edward pensò che fosse la cosa più bella che
avesse mai visto.
Rimase incantato da tanto
splendore.
“Beh, non vieni qui con me?”
“Hai…hai preparato tutto tu?”
“No, diciamo che Alice voleva farti una
sorpresa…ma se vuoi annullo tutto e torno a casa…”
Disse Bella alzandosi.
“Ma che fai? Sei matta! Torna a
sedere!”
Lei sorrise, felice.
Edward si adagiò di fianco a lei.
“Sei bellissima stasera.”
“Tu sei sempre stato bellissimo.”
“Esagerata.”
“Scemo.”
Risero, parlarono e risero ancora fino a
mezzanotte.
Poi Edward la baciò senza timori, senza
paure, quelle paure che aveva un tempo.
“Bella, sei il regalo più bello che la mia
esistenza potesse darmi.”
“Edward, se tu non ci fossi mai stato io ora
non sarei qui. Tu sei la mia esistenza.”
“Bella…io ci penso da un po'…” Le prese le
mani con estrema dolezza. “Mi vuoi sposare?”
Bella lo guardò stupita.
“Vedi Edward…io la vita la vivrò amando a
modo mio…io non ti sposerò per pronunciare le solite promesse davanti alla
città e ad un Dio che io non ho.
Non ti sposerò per bruciare lentamente ogni
emozione e cadere in braccio all'abitudine, per addormentarci davanti alla
televisione in pantofole.
Non ti sposerò per credere all'idea che
quando lo farò sarai per sempre mio, non ti regalerò carezze e
tradimenti…la nostra dignità io la difenderò.
Io non sorriderò nella fotografia della
felicità che il tempo porta via. Io non ti chiederò di rinunciare al
mondo e all'eventualità di dirmi anche di no.
Perché l'amore è un altro sì che non
si può pretendere…E allora amore mio abbraccia questa vita nella sua
libertà perchè con me ti porterò...e ti sposerò!”
Lei gli sorrise.
Lui era immobile vicino a
lei e la guardava con sguardo pieno d’amore.
Ricambiò il suo sorriso.
“Ti amo Bella, ti ho sempre
amata.”
“Anche io Edward.”
Si baciarono ancora e ancora…
Poi lei gli tolse la maglia e lui le sfilò
il vestito.
Sono tutte cose che ha già
fatto.
Edward si tirò su.
“C’è qualcuno qua intorno.”
“Cosa dici?”
“Ho sentito i pensieri.”
Sei un illuso Edward, lei non è la Bella di
una volta, lei è cambiata, io l’ho cambiata.
Eccomi, dopo un bel po’ di tempo sono
tornata.
Scusate ma sono stata molto occupata e non
avevo ispirazione, però oggi mi è tornata e così ho ricominciato a
scrivere.
“Che lui ti aveva cambiata,
che sono cose che hai già fatto… Non ti preoccupare, Bella, adesso vado fuori a
vedere chi è.”
Le rispose vagamente.
“Non credo che servi…”
“Si, hai ragione, se n’è gia
andato…”
“No, Edward, credo di sapere
chi fosse.”
“Cosa?”
“Edward, ti parlerò di cose
che ti ho nascosto. Ascoltami e non interrompermi per favore.
E’ il momento della verità.
E’ il mio passato, non posso cancellarlo e nemmeno tenerlo nascosto. E’ ora che
tu sappia.
Ti ho già raccontato a
grandi linee la mia storia dopo che tu mi hai lasciata, ma non ho mai
approfondito, anzi, ho omesso punti cruciali.
Dopo che divenni vampira
passai tutti gli anni seguenti accanto a Gellert.
Lui era il centro di ciò che
avevo avuto in passato. Era un vampiro e per me era un fratello, era, diciamo
così, antico, ma anche simpatico e spiritoso.
Gellert era una sorte di
perfezione.
Capii solo dopo che anche
lui aveva i suoi mille difetti, capii solo più tardi quanto fosse egocentrico e
narcisista.
Con il passare del tempo
finii per adularlo, nel vero senso della parola. Era così bello…era una di
quelle bellezza irraggiungibili, io, però, avrei potuto averlo.
Per tutti gli anni
precedenti, con te e con Jacob, dovetti trattenermi da molte cose.
Io ero così diversa da te
che non poteva esserci un rapporto fisico vero.
Ti amavo Edward, non mi
costava niente rinunciare a qualcosa, ma a volte mi trattavi come se fossi
stata la tua bambina.
Mi faceva piacere, certo, ma
non mi sentivo completamente libera di essere me stessa, cercavo ad ogni modo
di non sbagliare per paura di deluderti.
Avrei voluto essere sempre
perfetta ai tuoi occhi, o almeno sempre come tu mi avevi conosciuta, avevo
paura che, col passare del tempo, sarei potuta cambiare e di conseguenza non
interessarti più.
Non volevo perderti per
nessun motivo.
Con Jacob non mi sono mai
lasciata andare per tanti motivi.
Con lui potevo essere ciò
che volevo, ma non ho mai ricambiato un solo suo bacio.
Non l’ho mai fatto perché
non provavo per lui quello che, poco tempo prima, avevo provato per te. Io ti
amavo anche se tu te n’eri andato, anche se mi avevi lasciata.
Scusa se te lo ricordo in
modo brusco, non voglio fartelo pesare, ma devi capire bene tutto dall’inizio.
Non amavo Jacob, gli volevo
solo un gran bene, ma lo vedevo sempre come migliore amico, non ce la facevo a
riempire il vuoto che tu avevi lasciato con lui.
Ero certa che la voragine
che avevi lasciato non si sarebbe mai colmata, probabilmente era così.
Poi ho conosciuto lui.
Era passato così tanto tempo
da quando te n’eri andato, credevo che non ti avrei più rivisto, mai più
ritrovato.
Era così simile a te e a
Jacob, a tutte le cose che avevo e che potevo avere, ed era davanti a me ogni
singolo giorno.
Grazie a lui non sono mai
stata sola, non mi faceva nemmeno sentire tale.
Tutte le sue attenzioni, per
un certo periodo, mi fecero anche sentir meno la tua mancanza.
Lui mi trasformò in vampira,
di lui avevo completa fiducia.
Sentivo dentro di me che non
mi avrebbe mai tradita in nessun modo.
Mi lasciai andare, Edward.
Gli diedi ciò che voleva.
Sì, non c’è bisogno che io
ti spieghi i dettagli.
Non so cosa mi passò per la
testa quella sera, ma per una volta decisi di seguire non la mia testa, ma il
mio intuito, le mie sensazioni.
E quella sera dicevano che,
per una volta, dovevo essere davvero me stessa, completamente, fare ciò che mi
sentivo, ciò che volevo.
E quella sera volevo quello
e volevo Gellert.
Non siamo mai stati,
tuttavia, una coppia a tutti gli effetti.
Lo eravamo solo quando ci
andava, quando ne avevamo voglia.
Avevo più di vent’anni
infondo, ero una donna.
Era il
mio peccato.
E il piacere è peccato, ma
qualche volta il peccato è piacere.
A tutti
e due andava bene così.
Oh, ci
divertimmo molto, eravamo entrambi liberi, ma non felici.
No,
felici no.
Dentro
di me a volte mi sentivo in colpa.
Probabilmente
lo vedevo ancora come un tradimento, lo vedo tuttora come un tradimento.
Il
vampiro che avevo davanti, che baciavo, che toccavo non era Edward Cullen.
La sua
pelle era dura come il marmo, ma non era il vampiro che mi aveva cambiato la
vita.
Misi a
tacere i miei sensi di colpa con scuse.
Mi
dicevo che io ero libera di fare quello che volevo, che tanto tu mi avevi
lasciata, che tanto tu non mi amavi più, come avevi detto quel giorno nel
bosco.
E poi
chi stavo tradendo? Solo me stessa.
Ma alla
fine dei conti Gellert mi dava quello che volevo e quando volevo.
Mi
faceva sentire desiderata quando ne avevo bisogno, anche quando me lo meritavo
meno, e mi lasciava sola quando glielo chiedevo.
Durò per
molto tempo, fin quando Jess non vi sentì e io decisi di tornare a Forks.
Durò
quasi ottant’anni.
Una vita
umana.
Devo
dirti la verità, Edward, non mi stancai mai di lui, la sua bellezza era eterna
e lo era anche ai miei occhi.
In
realtà, pensandoci bene, non ero del tutto me stessa nemmeno con lui.
Cercava
spesso di cambiarmi, di farmi essere piena di me, di farmi sentire bella e
superiore, ma non ce la fece mai.
Io mi
sono sempre sentita Bella Swan.
Quella
che girava con il pik-up, che non si metteva certi problemi, anzi, si sentiva
più a suo agio che su una mercedes.
Forse ha
cercato anche di farmi innamorare di lui, ma non ci riuscì mai.
Non lo
fece perché lui era innamorato di me, ma solo perché gli piaceva essere amato,
non gli bastava essere desiderato, doveva essere anche amato.
No,
pretendeva troppo.
Io avevo
amato una sola persona nella mia vita, ed è così anche ora.
L’unica
persona che io ho amato e che amo sei tu, Edward.
Forse fu
tutto quell’amore represso a portarmi tra le braccia di Gellert, non lo so.
Non so
nemmeno perché ti ho nascosto tutte queste cose, non sapevo come dirtele in un
altro momento.
Ho
tenuto Gellert lontano da qui e anche Jess.
Ma
Gellert ha dimostrato il suo egoismo venendo qui stasera.
Devo
molto a Gellert, comunque.
Mi ha
ridato la vita anche se mi ha tolto l’anima.
Mi ha
ridato la vita perché io, con la tua assenza, ero morta, morta dentro.
Non so
come spiegartelo con parole migliori.
Morta.
Mangiavo,
dormivo, studiavo…ma non sentivo niente, non provavo nulla per niente e
nessuno.
Era come
stare sotto un impermeabile quando piove: sentivo il rumore della pioggia, ma
non mi toccava.
Bella
guardò Edward fisso negli occhi, con intensità.
“Sei
deluso, vero?”
“No”
“Co…come?”
Balbettò sorpresa.
“Ne
avevi tutto il diritto, Bella.
Io,
quando ti ho lasciata, ho sperato che tu ti fossi rifatta una vita, speravo che
ti saresti sposata con una persona che ti amava e che tu amavi.
L’unica
cosa che mi dispiace è che per colpa mia non ti sei goduta pienamente l’amore
di Gellert, o di Jacob, o di chiunque altro.”
Lei gli
saltò al collo, abbracciandolo.
“Ma
Edward, io adesso sono qui da te, questi giorni sono i più belli della mia
vita, come quando ti ho conosciuto, né più né meno.
Ho amato
solo te in tutta la mia vita e ti amerò per tutta la mia esistenza.
Tutto
quello che ho fatto, tutti i posti che ho girato…ho fatto tutto per te.
Per
poterti rivedere, stare con te.”
“Lo so,
Bella, grazie.
Non
potrei mai essere deluso dopo tutto quello che hai fatto.
Hai
ridato la vita anche a me.
E, scusa
se te lo ricordo sempre, ma rimango più vecchio di te e più esperto delle menti
delle persone e lo capisco.
Scusatemi
se sono stata assente per tutto questo tempo, ma la scuola non mi lascia mai
tempo di scrivere.
Tra
latino e greco non riesco mai a scrivere nulla…però appena trovato il tempo
sono tornata.
Mi
dispiace se questo capitolo è corto, ma avevo fretta di scrivere.
Non mi è
piaciuta molto la reazione di Edward che ho scritto, ma il suo carattere è
quello e lo si può capire bene da Eclipse e ho preferito non cambiarlo.
Inoltre
ho iniziato un’altra storia che, però, non so dove pubblicare dato che parla di
vampiri, ma è inventata e non riferita a twilight!
Quindi
se qualcuno può dirmi dove pubblicarla, lo farò!