Everything has changed.

di Sama_013
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Trama. ***
Capitolo 2: *** capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Trama. ***


In un vecchio quartiere di Portland, la vita tranquilla di una giovane studentessa cambia radicalmente.
Sei in macchina con il tuo ragazzo. Lui che guida tranquillamente. Lei che canticchia sottovoce la canzone alla radio.
Sembra una semplice serata tranquilla, se non fosse per un enorme camion che sbanda e che va a finire proprio contro la tua auto,
mandandoti in coma, senza sapere perché ti trovi lì o cosa hai fatto per meritartelo. Basta solo un attimo di distrazione per distruggere la vita di due teenager. Risvegliarsi senza sapere più chi sei tu o chi siano gli altri, senza ricordare di aver amato come non mai. Senza ricordare chi aver amato.
Sarà forse questa la vita che dovrà poi condurre Jenna? Senza ricordare più nulla?
O forse ci sarà qualcuno che riuscirà a tirar fuori ogni singolo ricordo perso negli angoli più bui della sua mente? Ci saranno scelte difficili.
Amori complicati. Segreti enormi da mantenere. Ricordi vaghi e nascosti. Amicizie fin troppo vere. E persone troppo crudeli da essere giuste.
Ogni singola cosa coinvolgerà a pieno la vita sofferente di Jenna, e ogni cosa avrà il suo prezzo da pagare.























Allora, per prima cosa buonasera. 
Volevo dirvi che questa storia è più 
o meno la copia di ''Sai mantenere un segreto''.
I personaggi sono gli stessi ma con nomi diversi,
tranne Keys (adoro quel nome) La storia più o meno è uguale,
cambia solo il fatto che lei non si ricorda più nulla e che non è
più una strega. Per il resto è uguale. Buona permanenza <3

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Capitolo 2
*** capitolo 1 ***



Everything has changed

Come tutto può cambiare.


Capitolo
1

Un leggero ronzio si faceva largo nella mia mente. Scorreva lentamente come quando versi dell’acqua in un bicchiere.
Poi si faceva sempre più vicino, e quel ronzio cominciava ad essere più forte e più fastidioso, e stavolta era come versare un intera brocca d’acqua in un bicchiere, così velocemente da far cadere tutta l’acqua fuori, completandola in un fastidioso Splash.
Era impossibile continuare a tenere gli occhi chiusi con quello stupido rumore che mi ronzava in testa, così lentamente mi decisi ad aprire le palpebre.
Non sapevo esattamente cosa aspettarmi, ma di certo non mi sarei mai aspettata di vedere quattro mura completamente rivestite di bianco.
Era una stanza parecchio spoglia. C’era una sola finestra al mio lato destro, mentre a quello sinistro c’era un porta chiusa con due persone dall’altro lato del vetro che parlavano intensamente. Continuai a guardarmi intorno, facendo cadere il mio sguardo sul comò al mio fianco e a una poltrona blu.
Poi finalmente il mio sguardo si posò su un corpo mezzo morto deposto su un letto. Le gambe non si muovevano ed erano ben nascoste sotto un pesante lenzuolo bianco. Le braccia erano molto deboli e come le gambe quasi non riuscivano a muoversi.
Erano completamente fasciate, dalle spalle fino ai polsi, e dal sinistro fuoriusciva un tubicino che era poi collegato ad una flebo.
Le mani sembravano libere, tranne per qualche dito fratturato. Il torace si alzava e riabbassava molto, molto lentamente.
Il dolore alle costole doveva essere infernale. Era infernale, perché quel corpo era il mio. Cercavo di muovere le dita dei piedi o delle mani, ma l’unica cosa che riuscivo a fare era sentire dolore dappertutto. Provai ad alzarmi un paio di volte, ma il risultato rimaneva sempre lo stesso: inchiodata saldamente ad un letto. Così, mi limitai a vagare ancora un po’ con lo sguardo, fino a quando non incontrai uno specchio. Esso rifletteva il volto giovane di una ragazza.
Era pallido, con sfumature di rosso sulla fronte e di viola su parte degli zigomi. Per il resto era completamente sfreggiato, con qualche graffietto rosso su parte del mento e della tempia. Una fasciatura pesante copriva il sopracciglio destro e saliva su a coprire parte dei capelli biondo cenere.
Gli occhi verdognoli erano gonfi e le palpebre erano viola. Le labbra avevano un colorito strano. Nella parte intatta erano rosee, mentre dall’altra erano completamente spaccate e piene di un rosso vivo, esattamente come il sangue. Ero messa male, davvero male.
Così male, che non riuscivo quasi a parlare. Le parole mi si smorzavano in gola lasciando uno stridulo urlo al posto delle parole che avrei voluto dire.
Non ero nemmeno certa che quel viso riflesso nello specchio fosse il mio, perché io non ricordavo nulla.
Non ricordavo quando ero arrivata lì o perché mi trovavo in una stanza d’ospedale. Non ricordavo con certezza me stessa.
Se avevo una famiglia o dove si trovava casa mia. Non ricordavo nemmeno il mio nome. Non sapevo nulla di me.
Sapevo semplicemente che il mio corpo era completamente morto e disteso su un letto bianco. Avevo tre dita fratturate.
Sicuramente qualche costola rotta e se non bastasse un viso completamente irriconoscibile con tutti quei punti, quelle fasce e quei graffi.
Sapevo semplicemente di essere un vecchio rottame buttato su uno stupido letto, rinchiusa tra quattro mura bianche, sentendosi debole e indifesa, come un uccellino sul suo nido, senza più una madre, che cercava di volare ma incapace di farlo.




















 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo
2


Rimasi lì, imbalsamata su quel letto, senza nessuno che mi desse una valida spiegazione. Così, mi limitai a pensare. Chissà che nome avevo. 
Forse.. Lauren? Meredith? Michelle? Ashley? Mona? Lydia? –JENNA!-
una voce sconosciuta bloccò bruscamente i miei pensieri e costrinse il mio sguardo a fermarsi su un corpo di media statura.
Capelli rossicci fino alle spalle. Occhi marroncino e arrossati dal pianto e sorriso a trentadue denti.
Non era sicuramente più vecchia dei quarantacinque anni, e dalla fede che portava alla mano sinistra, dedussi fosse sposata.
–Tesoro.- disse avvicinandosi a me e prendendomi le mani. Continuava a piangere e a guardarmi, aspettando che io parlassi.
–Signora Gray, la prego di uscire e di rimanere in sala d’attesa. Dobbiamo fare alcune domande a sua figlia.-
sgranai gli occhi quando capì che la figlia in questione ero proprio io, e che la donna bassa e dai capelli rossicci era mia madre.
–Si è appena risvegliata dal coma. Sono stata qui tutto il tempo senza mia figlia. Sono stata ogni singolo giorno a parlarle mentre io non sapevo se mi stesse ascoltando o stesse semplicemente dormendo. E ora che si è svegliata non posso nemmeno parlarle davvero?- sembrò quasi urlarle quelle parole, con un accenno di tristezza e disperazione. Doveva davvero tenerci a me, quella me che io non conoscevo. –Signora Gray..- il dottore mi rivolse uno sguardo intenso per un secondo, poi lo rivolse nuovamente alla donna –Venga con me in ufficio. Sa bene che non possiamo parlare di questo davanti a sua figlia.- Disse e uscì in corridoio, tenendo ancora aperta la porta e facendo segno alla donna di seguirlo. La donna si voltò verso di me e mi rivolse un sorriso triste.
–Dormi Jenna. Mi dispiace che tu abbia dovuto vivere tutto questo. Ma ora è tutto ok. Ci sono qua io con te. Ora riposa.-
si avvicinò lentamente a me e, accarezzandomi i capelli, attenta ai graffi, mi diede un bacio sulla fronte.
Mi rivolse un altro debole sorriso e poi sparì dietro la porta di vetro, insieme al dottore.
Rimasi nuovamente sola, a rivolgere lo sguardo di muro in muro, aspettando che qualcuno venisse da me e mi spiegasse ogni singola cosa, ma non successe nulla.

Volò una mezzora e quella donna (mi faceva strano chiamarla madre) non si era fatta ancora viva.
Appena volsi lo sguardo verso la porta a vetri, vidi il dottore avvicinarsi a passo svelto, mentre la donna lo seguiva urlando.
Delle infermiere le corsero dietro e la presero per le braccia, portandola fuori dalla mia visuale. Il dottore entrò come se niente fosse, seguito da una infermiera molto giovane. Dall’aspetto che aveva mostrava venti anni.
Aveva capelli castani raccolti in una coda di cavallo, un sorriso sincero e due occhietti azzurro acceso. Il dottore invece, a cui la targhetta, posta sul suo camice al lato destro, esattamente sopra il taschino a cui pendevano delle penne, lo indicava come Dottor Harper, era non molto più vecchio.
Mostrava poco o più di venticinque anni, aveva dei riccioli neri e una barba abbastanza curata.
Gli occhi erano scurissimi e profondi, quasi a guardarti nell’animo. Il dottor Harper prese una cartellina e girò vari fogli fino a trovarne uno che cominciò a leggere. –Allora Jenna, ti chiami così giusto?- domandò lui, rivolgendomi quello sguardo inquietante e profondo.
Nonostante avevo dolore ovunque cercai la forza di parlare. Avevo paura che le parole mi si bloccassero in gola come quando mi ero svegliata, ma invece stavolta uscirono, un po’ strozzate, ma parlai. –I-io.. non lo so.- non sapevo dove guardare, così, girovagando con lo sguardo, notai l’infermiera che annotava su un bloc-notes. –Bene. Quindi se ti chiedessi quanti anni hai, non saprai rispondermi?- domandò lui indifferente, dando uno sguardo alla cartellina e poi a me, che respiravo a fatica. Annuii lentamente e la ragazza continuò a scrivere. –Allora Jenna-
cominciò, avvicinandosi e sedendosi sulla sedia blu accanto a me
–so che sarà un po’ traumatico, ma sarà meglio così, perché forse, dicendotelo, riuscirai a ricordare qualcosa che a noi è sfuggito.-
mi prese la mano e la strinse tra le sue, riscaldandomela. –Dirmi cosa?- dissi tutto d’un fiato, guardandolo profondamente.
–Tre mesi fa hai avuto un incidente stradale. Hai una commozione celebrare e questo spiega perché non ricordi nulla.-
Tre mesi. Sono stata abbandonata su un letto per tre mesi consecutivi, senza ricordare nulla, senza sapere di esistere.
E per di più, avevo una commozione celebrale, causata da un incidente, di cui non ricordo nulla.
–Jenna, so che può essere difficile accettarlo, e molti consigliano di dire le cose con lentezza, aspettando che il tempo passi. Ma da dottore a paziente, ti dico semplicemente che è meglio così. Non voglio che ci siano bugie tra di noi. Quindi, tra qualche settimana noi ti rilasciamo così che tu possa tornare tranquillamente a casa, ma promettimi una cosa Jenna, quando ricorderai qualcosa, anche la più stupida, devi dirmela, anche se è nel cuore della notte, d’accordo?- annuii silenziosamente, e quel mio gesto fece affiorare un dolce sorriso sulle labbra del dottor Harper.
Alzò il capo e fece un cenno all’infermiera che uscì immediatamente, chiudendosi la porta alle spalle.
–Non hai quasi nulla di rotto, solo qualche dito fratturato ma che guariranno con il tempo. Nulla di grave. E’ solo la tua mente che dobbiamo recuperare, e lo faremo insieme. Io e te. Quindi, ogni giorno, dalla tua dimissione in poi, verrai qui in ospedale, nel mio ufficio. Parleremo. Di ogni singola cosa che tu vorrai o che ricordi. Voglio che diventiamo amici, va bene Jenna? Sarò come... la tua migliore amica. Dovrai dirmi tutto, perché ogni cosa sarà utile per poterti aiutare. Intesi?- Mi porse la mano e mi sorrise energicamente. Gliela strinsi e mi limitai a sorridere anche io.
–Ok, dottor Harper.- scosse la testa –No. Da oggi in poi per te sono Ryan. Semplicemente Ryan.-
Sorrise, mostrando i suoi denti bianchissimi, come se stesse facendo una pubblicità delle Mentadent.




























 Alloraaaaa Buonasera a tutti. Sono Sam come (credo) già sapete :'D
allora mi faccio viva ora perchè ho notato che c'erano alcuni errori,
così ho prefierito correggerli, e dato che mi trovavo mi sono fatta viva
per spiegarvi un pò. Allora, beh, c'è questa ragazza che PUF fa un incidente stradale.
Noi, o meglio voi, ancora non sapete nulla su di lei, perchè non stiamo nemmeno all'inizio un'altro pò :''D
Beh, semplicemente ci saranno un sacco di intrecci amorosi, specialmente tra un pò quando... vabbè su,
niente spoiler :''D Beh che dire, buona permanenza ci vediamo al terzo capirolo.
Speriamo in recensioni *incrocialedita* Bye <3

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo
3


Due giorni volarono in fretta. La signora Gray (mia madre) era stata incessantemente ogni singolo momento accanto a me: mentre mangiavo o bevevo, mentre dormivo (il che era un tantino inquietante svegliarsi e ritrovarsi i suoi occhioni che mi guardavano vigili) o anche mentre cercavo di andare in bagno, cosa che mi era sembrata piuttosto difficile date le caviglie entrambe slogate e un piede rotto. Il dottor Harper si vedeva ogni tanto per sapere come stavo o per sapere se avevo qualche improvviso ricordo. Era stato molto impegnato in quei due giorni.
Pazienti gravemente feriti arrivavano a ogni ora del giorno, oramai.
L’unica cosa positiva era che i lividi cominciavano a svanire pian piano, e che la minestra che mi servivano a pranzo e cena era ottima, deliziosa.
In quei due giorni era anche venuto Ben, mio fratello. Era alto, capelli biondo lucente e occhi azzurri.
Sorriso indimenticabile, voce profonda e ossessione per gli abbracci: era stato l’intera giornata ad abbracciarmi.
Era rimasto un po’ scioccato quando entrando urlò “Jenna!” e io gli risposi “Chi sei?”. Camilla, l’infermiera che annotava ogni mio singolo movimento e parola, gli spiegò tutto. Mia madre non era più tornata a casa da quando mi ero svegliata, per cui lui non sapeva nulla.
Dopo aver chiacchierato un po’, Ben mi spiegò che mio padre, Anthony Gray, era in Russa per affari di lavoro.
Sinceramente, non mi importava più di tanto, manco lo conoscevo! Il terzo giorno iniziò così: mi ero svegliata trovando una marea di fiori che mi facevano compagnia in stanza, mia madre non c’era (stranamente) e Ben, beh non lo sapevo.
Semplicemente non c’era nessuno, oltre al dottor Harper che al posto del solito latte zuccherato mi portò un cornetto alla crema e un cappuccino fumante. Entrò nella mia stanza, facendosi largo tra i fiori, e si avvicinò a me, ponendo il vassoio sul comodino.
Mi sorrise e strizzò gli occhi guardandomi –Come stai Jenna?- disse trovando la mia mano e incrociando le dita
–Bene direi. Come terzo giorno non è male. Non ho persone sconosciute che mi accalcano addosso, oltre a questi fiori.-
cadde in una leggera risata e si aggiustò un ricciolo nero dei suoi capelli.
–E’ normale che siano così Jenna. Non hai idea di quante persone erano preoccupate per te. Come tua madre, venivano qui e aspettavano il tuo risveglio. E ora che sei qui, sveglia dal tuo lungo sonno, è comprensibile che ti riempiano di fiori e abbracci.-
disse saggiamente e guardandomi senza mai per un secondo distogliere lo sguardo
–Lo so ma.. io non conosco nessuno, è questo il punto! Non ho idea di chi siano tutte quelle persone che ci sono state per me. E’ fa male guardargli negli occhi e dire loro “Scusa, ma non ti conosco”. Vedere i loro occhi riempirsi pian piano di..-
il dottor Harper mi fermò immediatamente. Si spinse in avanti e mi avvicinò a se, chiudendomi in un forte abbraccio che mi fece all’istante smettere di parlare. Solo allora mi accorsi il perché di quell’abbraccio: stavo piangendo.
–Shh. Ti capisco Jenna. So come faccia male. Ma non è colpa tua se ti trovi in queste condizioni. Ci siamo noi per te. Non sei sola e non lo sarai mai.- disse quelle parole come se fosse mio fratello o se fosse mio davvero un mio amico, uno di quelli stretti a cui racconti tutti i tuoi segreti.
Ma nonostante lo conoscessi da poco, quelle parole mi toccarono nel profondo, non facendomi sentire sola.
–Grazie.- sussurrai piano, sperando mi sentisse. –E’ tutto ok, non c’è bisogno di ringraziarmi, infondo era solo..-
si staccò dall’abbraccio e prima che potesse continuare lo interruppi
–Non sto parlando solo di ora. Parlo in generale. Io nemmeno la conosco e lei si preoccupa di me come se fossi.. sua figlia.-
mi asciugai il viso con un fazzoletto e guardai gli occhi neri di Ryan. –Non sei mia figlia, ma è come se lo fossi. Sono qui da poco ma.. mi piace occuparmi dei pazienti. E sai bene che ti tratterò come una figlia. L’ospedale è casa mia, e lo è anche per te.-
disse indicandomi e allargando gli angoli della bocca in un magnifico sorriso incoraggiante.
Non potei far altro che arrossire, distogliere lo sguardo e sorridere imbarazzata.
Rimanemmo ancora in silenzio, fino a quando un ‘toc-toc’ non ci interruppe e ci costrinse a voltarci.
–E’ permesso?- urlò dall’altro capo della porta, e mentre lentamente si apriva il dottor Harper rispose
–Certo, entra pure.- si voltò e andò verso la porta, aprendola a sua volta.
Una ragazza non troppo alta e più o meno della mia stessa età entrò, fermandosi sulla soglia. Rimase in silenzio fino a quando il dottore disse
–Beh vi lascio sole.- sorrise, mi fece l’occhiolino e scomparve dietro la porta. Appena si chiuse, la ragazza cominciò a saltellare come una matta, facendo volteggiare i suoi lunghi capelli rossi. –JENNA!- urlò saltandomi addosso. Perfetto, un’altra sconosciuta.
–Mamma mia. Io me ne sto preoccupata a casa e tu nel frattempo ti “fingi malata” per farti visitare da quel figo! Brutta mossa, Gray.-
disse scherzosamente e accomodandosi accanto a me. Mi dispiaceva deluderla, ma anche con le avrei dovuto usare la stessa domanda
–Ecco.. mi dispiace ma.. chi sei?- chiusi per un secondo interminabile gli occhi. Non volevo vedere la sua reazione perché cominciavo ad odiare deludere le persone. Li riaprii e vidi il suo volto che cercava di restare calmo –Oh.. me l’avevano accennato. Quindi è vero? Non.. ricordi nulla?-
chiese impaziente e trattenendo le lacrime –Così pare..- evitai il suo sguardo e presi il cornetto mordendone un pezzo.
–Beh- sorrise con gli occhi lucidi –Madison Parker.- mi porse la mano e io gliela strinsi con gentilezza. –So che… nemmeno ti conosco ma..-
lei mi interruppe immediatamente –Ferma. Non mi importa se hai questo “Blocco mentale” o che, ma semplicemente io e te ci conosciamo. Quel dottore strafigo mi aveva detto di questa cosa e io non volevo credergli. Però mi ha chiesto di venire qui e di raccontarti tutto di noi. Così forse questo potrebbe aiutarti. Sei d’accordo?- si sforzò di sorridere, cercando di non piangere –Certo.- sorrisi sinceramente e mi accomodai.
Dopo una lunga chiacchierata capì finalmente chi era Madison Parker, anche se la conoscevo solo da quel giorno. Era la mia migliore amica.
Tutte quelle cose che mi aveva raccontato, le aveva dette con così tanto affetto e forza nel trattenere le lacrime che capì chi era nell’istante in cui disse
“I miglior sedici anni della mia vita li ho passati con te, Jenna.”
E fu lì che crollò e soffocò il suo voltò tra le mie lenzuola bianche, mentre io le accarezzavo dolcemente i capelli rossi.
–Madison- alzò di colpo la testa e mi guardò con ancora le lacrime agli occhi –mi dispiace non ricordarmi di te, e dico sul serio.
Ma ti prometto che da oggi in poi tu continuerai ad essere la mia migliore amica. So che non sarà più lo stesso fino a quando non ricorderò tutto, ma prometto di provare ad essere quella persona che ha reso i tuoi sedici anni migliori.-
dissi sincera, crollando tra le sue braccia e soffocando le lacrime che dalle mie guance cominciavano a scorrere.
–Non sai quanto mi sei mancata, Jenna. Sono stata ogni singolo giorno qui insieme a tua madre. Aspettavo e pregavo di vedere i tuoi occhi aprirsi. E’ ora che sei qui, non posso desiderare cosa migliore.-
le sue parole mi toccarono nel profondo.
Era bellissimo avere un’amica così, che ti considera la persona più importante della sua vita, anche se questa persona non ha fatto altro che deluderla, dimenticandosi di lei per colpa di uno stupido incidente.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo
 4

Dopo mezz’ora di pianti, Madison era ancora lì. Era stata lì con me il più del dovuto.
Avevamo passato la mattinata a raccontarci storie, a ridere e a parlare di quanti giorni mancavano all’inizio della scuola, e pensai che la scuola si sarebbe aperta esattamente due giorni dopo il mio rientro a casa, e al mio rientro a casa mancavano ancora quattro giorni.
Speravo solo di passarli così come l’avevo passata quella mattina: a piangere, a ridere e ad amare gli abbracci della mia migliore amica.
Erano appena le due quando Madison si alzò di colpo, prendendo il suo cellulare –Dove vai?- domandai, alzandomi appena dal letto
–Vado a chiamare mia madre per dirle che pranzerò qui. Non voglio lasciarti sola.- mi scappò un dolce sorriso, ma non volevo esserle di peso
–Madison, se vuoi puoi andare, dico davvero. La signora Gray (mi faceva ancora effetto chiamarla mamma) arriverà tra meno di un’ora. Posso farcela.-
mi sforzai di sorridere come meglio potei, per convincerla che sarebbe andato tutto bene, anche senza di lei.
Si appoggiò alla porta con il suo Iphone ancora in mano e, aggiustandosi una ciocca rossa dietro l’orecchio, disse:
-Jenna, sono stata tre interi mesi senza di te. Ho praticamente passato una delle peggiori estati della mia vita. E ora che sei qui, sveglia, mi stai chiedendo di andarmene tranquillamente a casa mentre tu sei qui con una commozione celebrale e un figo del genere di dottore? No, non ci siamo Gray. Non ti sbarazzerai di me così facilmente.- mi fece l’occhiolino e sorrise appena da farmi capire che si, aveva ragione. E io l’adoravo per questo.
Non mi importava se erano passate solo sei ore da quando l’avevo conosciuta, già capivo da quel poco tempo insieme che quei tre mesi non avevano reso solo la mia vita un inferno, ma anche la sua, come quella di mio fratello o di mia madre.
E io volevo semplicemente cercare di riparare quel tempo perso. Iniziando da Madison.

Mentre pensavo a come in quei tre giorni non avevo fatto altro che chiamare mia “madre” signora Gray, quindi trattandola da schifo, Madison tornò dalla sua chiamata di dieci secondi. –Wow! Parlate così in fretta tu e tua madre?- domandai sorridente.
–Non le ho nemmeno dato il tempo di parlare. Le ho semplicemente detto che restavo in ospedale con te. Poi ha aggiunto che più tardi verrà anche lei a farti una visita.- si accomodò sul mio letto, mettendosi accanto a me e tenendomi stretta a se. –Sono così stanca..-
disse, chiudendo gli occhi e cercando di dormire, ma il dottor Harper entrò trionfante con un vassoio pieno zeppo di: minestra calda, un panino, del pollo e dell’insalata e della frutta. –Si mangia!- urlò appena varcata la porta.
Poi si accorse di Madison che si era alzata impaurita da quel frastuono e lui divenne timidamente silenzioso. Poi aggiunse
–Oh, non sapevo stessi dormendo. Mi dispiace.- sorrise e anche a lei le si sciolse il cuore. Il suo sorriso era magnifico.
–Jenna, io.. scendo un secondo sotto. Vado a prendere qualcosa da mangiare.- mi sorrise e mi fece l’occhiolino, e quel gesto voleva dire semplicemente una cosa: “Per questa volta te lo lascio tutto per te.” Diamine, mi faceva impazzire quella ragazza!
–Allora- iniziò, il dottor Harper posando il vassoio sulle sue ginocchia appena ebbe preso posto sulla sedia blu –come ti sembra Madison? Ti ha.. già detto tutto? Di voi, intendo.- i suoi occhi neri mi scrutavano attentamente e il suo sorriso non evitava mai di essere perfetto.
–Si. E’ la mia migliore amica. E’.. unica.- distolsi lo sguardo imbarazzata e sorrisi al ricordo di quella mattina
–E’ una brava ragazza, sai? E’ stata qui ogni giorno insieme a tua madre. Non si staccava mai da te. Si metteva lì, accanto a te come poco fa e ti parlava, non finendola mai. Non ho idea di cosa ti diceva, ma alcune volte la vidi piangere. Deve tenerci davvero tanto a te, Jenna.-
ancora una volta, mi prese la mano e me la strinse appena. Era calda e affettuosa. I suoi polpastrelli ruvidi disegnavano cerci invisibili sul dorso della mia mano, mentre con l’altra mi massaggiava la caviglia ancora sofferente.
Gli sorrisi e distolsi lo sguardo, perché quella scena era davvero imbarazzante. Appena girai lo sguardo vidi Madison arrivare e, quando mi vide, cominciò a sorridere e a cambiare strada, voltandosi e lasciandomi ancora del tempo con lui.
Non so perché faceva così, ma per quanto potesse essere bello, non ero attratta da Ryan. Aveva venticinque anni e, per quanto ne sapevo, poteva anche essere fidanzato, e chi lo sa, anche sposato, anche se la fede non ce l’aveva, ma forse, essendo medico, doveva toglierla nelle ore di lavoro.
Chi lo sa. Ma poco mi importava. –Prima di mangiare, mica ti dispiace se controllo un po’ le tue caviglie?- domandò gentilmente.
Annuii e lui depose sul comò il vassoio. Tolse la coperta e sollevò fino al ginocchio il pantalone.
Avevo ancora la stretta fascia al piede sinistro e il gesso a quello destro, ma disse che la fascia avrebbero potuto togliermela anche ora, insieme al gesso dell’altro piede, però avrei dovuto aspettare ancora un po’ per poter camminare come “un tempo”.
Così prese una forbice e mi tagliò la fascia e tolse il gesso. –Bene, allora io vado a buttare questi. Credo che ci vediamo stasera.-
poggiò un secondo a terra i pezzi del gesso e le bende della fascia e venne verso di me, baciandomi sulla fronte. –Grazie, per tutto.-
dissi e questa volta, quando arrossii imbarazzata, gli sorrisi e lo guardai negli occhi –E’ il mio dovere.- camminò all’indietro, restando a guardarmi per tutto il tragitto fino alla porta, senza evitare di sorridermi e di farmi impazzire. Appena uscì dalla porta, realizzai una cosa: Si, lui mi piaceva.

Un quarto d’ora dopo, mentre ero intenta a finire la minestra e a sgranocchiare il panino, Madison tornò con un pacco di patatine e uno sguardo sospetto, fin troppo sospetto. –Ti ha baciata?- domandò immediatamente, sgranocchiando una patatina e guardandomi vigile.
–No.- urlai ridendo e imbarazzata. –Ok, ma ti piace.- disse, sprofondando nella sedia blu li accanto. –Come no. E’ ovvio che non mi piace.-
mentii, e lei mi guardò inarcando un sopracciglio, facendomi capire che con lei non attaccava. Diamine, era così evidente che mi piaceva il mio dottore?
–Jenna, ho visto le tue occhiate quando “casualmente” cadono su di lui. Lo guardi come se non vedessi l’ora di saltargli addosso e di strappargli quel camice da dottorino.- aggiunse senza battere ciglio, e infatti lei aveva ragione.
Ma non volevo darlo a vedere, era semplicemente una piccola e minuscola cotta, niente di più, niente di meno.
–Allora, quant’è che ti dimetteranno?- domandò cambiando argomento, perché aveva notato quanto mi sentissi in imbarazzo
–Tra poco o più di quattro giorni, anche di meno credo.- ormai ero totalmente guarita, se escludiamo il vuoto di memoria e il recupero lento delle mie gambe per poter camminare. Madison sobbalzò un attimo quando la vibrazione del suo cellulare irruppe quel imbarazzante silenzio.
Prese il cellulare e lesse il messaggio che le era arrivato. Sul suo viso si disegnò un dolce sorriso, i suoi occhi erano lucidi e le sue guance si colorarono subito di rosso. Per i minuti che vennero poi a seguire, Madison non si era staccata nemmeno un secondo dal cellulare.
Continuava a scrivere e ad arrossire, senza nemmeno prendere un argomento a caso per poter parlare con me.
Semplicemente era che mi stavo annoiando senza quella lei di poche ore prima. –Con chi stai messaggiando?- chiesi, spezzando quella barriera di silenzio che si era creata tra di noi. Ci guardammo, e pensai che gliel’avevo chiesto come se ci conoscessimo da anni (cosa vera, tranne per il fatto che per me, la mia vita, era cominciata poco o più di qualche giorno fa) e lei non esitò a confidarmi tutto. Beh, non proprio tutto
–Oddio, scusami Jè. E’ solo un ragazzo. Non fa altro che mandarmi messaggi e corteggiarmi; si è messo in testa di mettersi con me, solo che… io non posso.- abbassò lo sguardo, triste, forse perché avevo toccato un tasto troppo debole, ma approfondii comunque l’argomento, giusto per poter parlare un po’ –Perché non puoi? Oddio, è brutto?!- domandai sperando di farla sorridere.
Accennò ad un lieve sorriso e mi guardò strano, come se si sentisse ferita per qualcosa. –Magari lo fosse..-
distolse nuovamente lo sguardo e si alzò, avvicinandosi alla porta –Vado a prendermi da bere, vuoi qualcosa?- mi domandò
–No, tranquilla.- le rivolsi un sorriso incoraggiante e, appena lei mi ebbe risposto con uno in grado di coprire quanto in realtà stesse male, si allontanò via, mentre io con lo sguardo la seguivo fino a quando non scomparve completamente dalla mia visuale.
Forse avevo davvero sbagliato a toccare quell’argomento, ma in realtà volevo semplicemente che me ne parlasse, da amica.
–Eccomi, eccomi, eccomi.- urlò elettrizzata la signora Gray, cioè volevo dire, mia madre, varcando la soglia ed entrando nella mia stanza, saltellando e ciondolando delle buste. –Mamma!- urlai, felice di vedere qualcuno con cui poter stare insieme a parlare e magari ricordare.
Mia madre rimase lì, immobile davanti al mio letto, tenendo ancora strette tra le dita buste piene di qualcosa che sembravano vestiti, guardandomi sbalordita e allo stesso tempo incredibilmente felice. –Credo di non aver capit… O MIO DIO! Ti sei ricordata tutto!!!-
urlò ancora più elettrizzata di prima, riprendendo a saltellare come una bambina di cinque anni, correndo in corridoio urlando “Dottor Harper!”, senza nemmeno darmi il tempo di dirle semplicemente che avevo detto mamma solo per farla contenta, non perché mi ero improvvisamente ricordata tutto al sol guardare lei al centro della mia stanza con mezzo negozio formato busta.
Mia madre ritorno da me di corsa mentre Ryan, cioè il dottore, la seguiva a passo svelto. –Jenna?-
domandò, sperando che gli dessi la risposta che entrambi stavano aspettando.
–Mamma, non mi sono ricordata nulla. Ti ho semplicemente chiamata “mamma” perché… lo sei.- lei venne verso di me intenerita dalle mie parole
–Oh Jenna.- sorrise addolcita e mi strinse in un forte abbraccio. –Vi lascio sole.- il dottor Harper mi lanciò una profonda occhiata, addolcendola con un sorriso. Abbassò il capo, e prima che potesse varcare la porta, si girò verso di me e mosse le labbra componendo le parole: ci vediamo dopo, senza pronunciarle, per non rovinare il dolce, interminabile momento tra me e mia madre. –Allora Jenna-
iniziò mia madre appena il dottor Harper scomparve nei corridoi -ti ho comprato qualche vestito nuovo, così che tu possa indossarli quando tornerai a casa.- disse sorridente –Mamma, posso farti una domanda?- lei annuì silenziosamente –Sei mai tornata a casa da quando mi sono svegliata?-
per un attimo non seppe cosa dire, poi riprese fiato e disse –Come potrei, Jenna? Non posso lasciarti qui.. da sola.-
prese le mie mani e me le strinse, ricordandomi il gesto solito di Ryan –Mamma, non voglio sentirmi in colpa per questo. Tornerò tra meno di tre giorni a casa, posso farcela senza di te. Non.. non voglio dire di non volerti qui con me, è solo che vorrei che stessi un po’ più tempo a casa e ti prendessi cura anche di Ben. Fammi solo questo favore. Prometto che appena tornerò a casa, passeremo un sacco di tempo insieme.-
le porsi la mano e lei me la strinse con poca convinzione –Ne sei sicura Jenna?- strinse gli occhi –Mamma, starò bene.-
distolse lo sguardo e sciolse la mano dalla mia. –Va bene- si sforzò di sorridere e chinandosi su di me, mi lasciò un leggero bacio sulla fronte.
Andò silenziosamente verso la porta ed esitò un attimo prima di varcarla –Mamma, ti prometto di essere quella figlia. Dammi solo questi quattro giorni per.. raccogliere le idee. – sperai di convincerla che sarebbe andato tutto bene e il mio sorriso, la spinse a sorridere a sua volta.
–Ci vediamo tra quattro giorni, allora.- raccolse le buste e se ne andò via.
Nonostante avevo deciso fosse la cosa giusta lasciare quei quattro giorni per far riposare entrambe, mi sentivo incredibilmente in colpa.
Però mi convinsi semplicemente che stavo facendo la cosa giusta, e che appena tornata avrei fatto il possibile per ricordare e per renderla felice.

Dopo che Madison fu tornata, non toccai più l’argomento Ragazzo messaggio, così mi ero semplicemente limitata a chiederle cosa avremmo fatto ora che sarei tornata a casa.
Pensammo ad organizzare qualche festa, un pic nic, una lunga passeggiata sulla spiaggia, qualsiasi cosa per aiutarmi a sentirmi libera.
Lei mi stava aiutando davvero ad essere quella che volevo essere. Perché io semplicemente volevo ricordare, ma ci sarebbe voluto del tempo così, per il momento, volevo solo uscire illesa da quella prigione e sentirmi me stessa, priva di conoscenza, ma con la voglia di ricominciare tutto dall’inizio










Allooooooora buonasera *-* scusatemi
per il tempo, ma ho avuto un sacco di impegni 
e ho dovuto sempre rimandare, però, in compenso
ho un sacco di nuovissime idee per il prossimo capitolo.
Per ora spero vi guastiate questa e, speriamo, in recensioni. 
Vorrei almeno avere qualche vostra opinione,
che sia negativa o positiva u.u Beh allora, alla prossima
Ciaoooo <3.

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