La Signora di Cailexa

di roseblack13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1. Aindil di Cailexa ***
Capitolo 2: *** Davanti al Re ***
Capitolo 3: *** Segreti svelati ***
Capitolo 4: *** Il consiglio ***
Capitolo 5: *** Una finestra aperta ***
Capitolo 6: *** La Signora di Cailexa ***
Capitolo 7: *** Ritorni dal passato ***
Capitolo 8: *** Il regalo ***
Capitolo 9: *** Occhi verdi ***
Capitolo 10: *** Che la battaglia abbia inizio ***
Capitolo 11: *** ognuno per se ***
Capitolo 12: *** Un pugnale nero ***
Capitolo 13: *** Addio mio amore ***
Capitolo 14: *** Una foresta oscura ***
Capitolo 15: *** Nella tana dell'orco ***
Capitolo 16: *** Morire per amore ***
Capitolo 17: *** Un aiuto imprevisto ***
Capitolo 18: *** Ritorno a Cailexa ***
Capitolo 19: *** Una visita inaspettata ***
Capitolo 20: *** L'ultima battaglia ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Cap 1. Aindil di Cailexa ***


Cap 1

Aindil di Cailexa

 

Aindil era stata convocata nella sala del trono. Ma non vide nessuno al suo interno.

Stava per andarsene quando scorse l'imperatrice guardare fuori da un finestrone in fondo la sala, seminascosta da una pesante tenda.

 

“Mi avete fatta chiamare?”

 

L'imperatrice non sembrò averla sentita. Continuava a guardare fuori, lo sguardo perso nel vuoto.

Aindil fece un passo avanti e alzò la voce.

 

“Madre?”

“O Aindil figlia mia, vieni”

 

Sua madre, l'imperatrice del regno di Cailexa, era la donna più bella che Aindil avesse mai visto. I lunghi capelli biondi le ricadevano in morbide ciocche lungo la schiena aggraziata. Tutto di lei era sinuoso e perfetto. Aindil della madre non aveva molto. I suoi capelli erano corvini e dritti come fusi. Il suo corpo era molto più formoso e muscoloso. Era bella e lo sapeva, ma mai come la madre e molte delle altre donne di Cailexa. Il regno era governato e popolato da donne bellissime dotate di straordinari poteri. Aindil non era come loro,ma era unica e speciale nel suo genere. Sua madre lo ripeteva in continuazione. Non era sicura che ci fossero altre nel regno a pensarla allo stesso modo. La rispettavano solo perchè era la figlia dell'imperatrice reggente.

 

“Ho una missione da affidarti” disse l'imperatrice.

“ A me madre? Non a uno dei vostri fidati cavalieri?” chiese Aindil sorpresa.

 

I pochi uomini che popolavano Cailexa erano cavalieri caduti sotto l'incantesimo del fascino amaliatore che tutte le donne a Cailexa avevano. Aindil compresa. Nessun uomo mortale poteva resistere al fascino cailexano. Bastava incrociare lo sguardo di una donna di Cailexa per innamorarsi perdutamente. A quel punto erano al pari di burattini nelle mani delle Cailexane. Facevano qualsiasi cosa venisse loro richiesta, privi di qualsiasi volontà propria.

Le donne avevano tutte un loro preferito, che ovviamente serviva a prolificare. Solo e unicamente figlie femmine. Mai si era sentito di figli maschi nati a Cailexa.

Aindil si era chiesta più volte quale magia ci fosse dietro alla decretazione della nascita del nascituro. Un giorno lo avrebbe scoperto.

 

“Aindil, questa missione posso affidarla solo a te. Presto il motivo ti sarà chiaro”

“Qualsiasi cosa madre”

 

Guardò la madre nei suoi occhi azzurri, occhi cosi belli ma carichi di tristezza e dolore.

 

“Stiamo vivendo tempi oscuri Aindil.”

 

Da qualche tempo il Regno di Cailexa era stato oggetto di attacchi di cavalieri neri. Le guerriere Cailexiane non avevano mai avuto problemi a sconfiggere i nemici in battaglia grazie al loro potere ammaliante. Quanti cavalieri si erano rivoltati contro i loro compagni sotto quell'incantesimo!

Ma stavolta era diverso. I cavalieri oscuri non erano uomini o comunque non erano mortali. Loro non subivano il fascino delle donne. E stavano decimando le truppe del regno.

 

“Dobbiamo chiedere aiuto Aindil”

“Aiuto? Ci dobbiamo abbassare a tanto madre?”

“Figlia mia, non è più tempo che le Cailexa affronti tutto con la forza delle sue donne. Il nemico contro cui combattiamo è superiore per forza e per numero. Dobbiamo stringere alleanze e chiedere aiuto. E qui ora si compie il tuo destino. Devi dirigerti al Bosco Atro dagli elfi silvani e chiedere udienza a Re Thranduil.”

“Dagli elfi? Ma madre...”

“No Aindil....ho riflettuto a lungo e questa è la mia decisione. Probabilmente è l'unico che ci vorrà aiutare. Ora ti spiegherò cosa dovrai dire e fare.”

 

 

 

 

Aindil si mise in viaggio l'alba successiva. Da sola. Nessuno doveva sapere della sua missione. Nessuno avrebbe capito. La madre le aveva ricordato per l'ennesima volta che lei era diversa dalle altre donne. Solo lei, la madre e la levatrice sapevano perchè. Ma anche quella volta Aindil sapeva che la madre non le aveva raccontato tutto.

 

Viaggio per giorni e giorni fino a quando si ritrovò ai piedi di una grande foresta.

 

“Ci siamo”

 

S'inoltrò nel bosco. La vegetazione era cosi fitta che la luce del sole vi penetrava appena.

Si sentiva solo il cinguettio degli uccelli e lo scorrere di un ruscello in lontananza. Scorse dei cervi che pascolavano tra gli alberi. Era proprio un bel posto.

Voltò lo sguardo e improvvisamente si trovò davanti un elfo biondo che le puntava il suo arco carico.

 

“Dannazione!”imprecò colta di sorpresa.

“Chi siete?” chiese l'elfo

“E' questa la proverbiale accoglienza elfica?” disse acida

“Chi siete?” richiese l?elfo senza abbassare la mira.

“Sono Aindil di Cailexa”

“Mai sentito”

“Non è colpa mia se non avete una cultura”

“ E che cosa siete venuta a fare a Bosco Atro di grazia?” le chiese alterato

“Non di certo a perdere tempo con voi. Sono venuta a chiedere udienza a Re Thranduil.”

 

L'elfo abbassò l'arco.

 

“Bene, allora Aindil di Cailexa, permettete che vi scorti dal Re”

“Che fortuna inccappare in un suo servitore” disse malignamente Aindil.

“Già ..uno dei più vicini...Permettete che mi presenti. Legolas Thranduilion. Figlio di Re Thranduil. A vostro servizio” disse l'elfo facendo un inchino che ad Aindil sembrò di scherno più che di riverenza. “Seguitemi”

 

Aindil dentrò di se non pote fare a meno di notare che il biondo elfo era veramente bello. Peccato che i suoi poteri ammalianti non avessero effetto su di lui.

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Capitolo 2
*** Davanti al Re ***


~~Cap 2

Davanti al Re

Legolas camminava davanti facendo strada alla straniera e al suo destriero.

“Che strana ragazza” pensò tra se ma non potè fare a meno di notare che fosse veramente bella. I suoi occhi erano di un verde intenso e i capelli corvini, anche se nascosti dal cappuccio del mantello.
Quel pomeriggio era nel bosco ad esercitarsi con l'arco quando aveva sentito il rumore di zoccoli. Si era precipitato a vedere chi fosse. Chi si adentrava a Bosco Atro da quella parte di foresta non portava mai nulla di buono. E la ragazza non sembrava fare eccezione. Chi mai aveva sentito nominare il regno di Cailexa? Lo aveva infastidito non poco farsi dare dell'ignorante!
Comunque qualcosa in lei lo aveva convinto che non fosse pericolosa. Era curioso di sapere che cosa volesse da suo padre.
Giunsero a palazzo al calar del sole.

“Aspettate qui. Vado ad annunciarvi a mio padre. Potete far abbeverare il cavallo alla fonte.”

Aindil scese da cavallo e lo legò all'abbeveratoio. Si bagnò le mani e il viso. Vide se stessa riflessa nell'acqua...aveva un aspetto orribile. Cercò di sistemarsi per rendersi almeno presentabile.

“Prego. Venite.” la chiamò l'elfo facendola sobbalzare.

Era molto nervosa adesso. La sala dove venne ricevuta era piuttosto buia. Tutti gli elfi presenti la squadrarono da capo a piedi.

“Mio padre sarà qui a momenti” disse Legolas rivolto a Aindil “Posso offrirvi qualcosa con qui ristorarvi? Un assaggio dell'ospitalità elfica?”

Aindil colse il sarcasmo del commento.

“Vi ringrazio sono apposto”
“Come desiderate. Ma sappiate che presso il popolo elfico è considerata scortesia rifiutare il vitto offerto.”commentò Legolas
“Da noi è considerato scortese rinfacciarlo!” commentò pronta Aindil.

Se quell'elfo voleva farla arrabbiare lo stavo facendo nel modo giusto. Si rese conto di doversi  trattenere. Era pur sempre il figlio del re. Magari la stava mettendo alla prova. Se fosse stata maleducata forse avrebbe  potuto suggerire al padre di non concedere l'aiuto richiesto. Cerco di recuperare.

“Scusate...sono molto nervosa...ho lo stomaco chiuso. Più tardi sarò lieta di accettare lo vostra gentile ospitalità” si sforzo di sorridere e di risultare credibile.

L'elfo biondo le sorrise di rimando. Era veramente bello quando sorrideva.
Si aprirono le porte e Re Thranduil fu tra loro. Aindil vide che tutti si inchinavano  e fece lo stesso.

“Chi chiede la mia presenza?”

Aindil sollevò lo sguardo spaventata. Aveva il passo cosi leggero che non si era accorta che era giunto davanti a lei. Lo fissò. Non aveva mai visto un re elfico prima di allora.
Anche lui era molto bello, assomigliava al figlio, ma il suo sguardo era molto più arrogante.

“Ho chiesto chi chiede la mia presenza?”richiese il re scocciato.
“Io Sire” rispose.
“ Abbiate la grazia di presentarvi almeno” tutti gli elfi risero.
“Aindil di Cailexa, Sire”e vide gli occhi del re sgranarsi quando udì da dove veniva.
“Cailexa....non ho memoria dell'ultima volta che ho sentito nominare quel luogo. Pensavo non esistesse più.” disse il re realmente sconcertato.
“Invece esiste ancora. Sono qui  a chiedere aiuto in nome dell'imperatrice reggente la regina..” non riuscì a finire la frase che venne interrotta dalla risata del Re.
“Aiuto?” disse ridendo ancora il sovrano  e Aindil si senti umiliata come mai nella sua vita. “L'imperatrice del Grande Regno di Cailexa  che si abbassa a chiedere aiuto agli elfi? Cosa è successo ? Le vostre doti ammaliatrici non servono più a fornirvi gli uomini per la difesa del regno?” un mormorio di dissenso pervase la sala.” A guardarvi bene in effetti sembra che il fascino delle donne Cailexane sia mutato nel tempo”.

Legolas pensò che il padre stesse esagerando.
Aindil stava per scoppiare. Sentiva la rabbia e le lacrime montarle dentro.

“Vi sbagliate Sire” tuono rabbiosa “ le donne Cailexane sono sempre affascinanti allo stesso modo. Sono io ad essere diversa. E per questo hanno mandato me qui.”

Detto questo si levò il cappuccio e si scostò i capelli in modo da rendere visibile le orecchie...classiche orecchie da elfo. Tutti furono sorpresi anche Re Thranduil.

“Il nostro popolo è attaccato da cavalieri oscuri che non subiscono il nostro fascino. Abbiamo ragione di pensare che si tratti di elfi neri!” un nuovo mormorio stavolta più concitato.

Legolas aveva sentito parlare degli elfi neri solo nelle leggende del suo popolo. Elfi caduti, votati al male.

“Impossibile! Gli elfi neri non esistono più !” ringhio Re Thranduil.
“Se è per questo pensavate che anche Cailexa non esistesse più!! “
 

Re Thranduil si rabbuiò.  Dopo una lunga riflessione mise a tacere il brontolio che si era creato nella sala.
 
“Silenzio! Elfi neri o no non sono disposto a concedervi il nostro aiuto! Il destino del vostro regno non ci riguarda!”
“Mia madre si sbagliava su di voi!”
“E chi è vostra madre ?”

Aindil si rammentò di non avere detto il nome dell'imperatrice perchè era stata interotta poco prima dalla risata odiosa del Re.

“L'imperatrice Reggente...Lady  Cassandra”

Vide Re Thranduil sbiancare .

“Lady Cassandra....è l'imperatrice? E tu sei...sua ..figlia?”
“Si...”
Il re la guardava sbigottito.

“Mia madre mi ha detto di darvi questo se aveste riconosciuto il suo nome”

Aindil tirò fuori dalla tasca un medaglione argenteo, ovale con una pietra verde al centro e un iscrizione elfica sul retro. Lo porse al sovrano che parve riconoscerlo subito.

“Dove...dove l'ha preso?”
“Che io ricordi l'ho sempre visto al collo di mia madre. Non se ne separa mai. Questa è la prima volta  ma mi ha detto che era importante che voi lo vedeste. So anche che è l'unico ricordo ..che ...ha  di..mio ..padre “

Mentre diceva quelle parole e vedeva l'espressione del Re , si rese conto di quello che volevano dire. Re Thranduil sapeva di chi era..
Aindil lo fissò in silenzio. Re Thranduil fissava lei. E tutto il resto della sala fissava i due senza capire quello che stava succedendo.

 

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Capitolo 3
*** Segreti svelati ***


~~Cap 3

Segreti svelati

Re Thranduil   allungò una mano tremante verso il volto della ragazza. Si accorse che tutti lo stavano fissandò e si bloccò.

“Lasciateci soli..uscite tutti per favore...tranne te Legolas figlio mio.”

Uscirono tutti dalla sala e il Re tornò a guardare Aindil. Lei sapeva cosa stava per accadere e ne era spaventata. La verità che aveva atteso per anni le stava per essere svelata..
Legolas era confuso. Vide suo padre prendere il viso della ragazza tra le sue mani e accennare un sorriso.
 
“Voi..siete...” Aindil faceva fatica a parlare.
“No Aindil...non sono io vostro padre” le rispose il Re.

Legolas si ritrovò a fare un sospiro di sollievo. Anche lui aveva pensato che suo padre stesse per rivelare di esserlo anche di Aindil. Non osava pensare di essere attratto da sua sorella.

“Adesso che ti guardo da vicino hai gli stessi occhi di tuo padre” continuò Re Thranduil .

Aindil era delusa ma allo stesso tempo speranzosa. Lui non era suo padre ma almeno lo conosceva. Poteva ancora sapere chi era.

“Ero grande amico di tuo padre..e un tempo ho conosciuto anche tua madre. Cosa sai di lui?”
“Poco nulla sire” rispose Aindil “ so solo che era un elfo di alto rango e che lui e mia madre non hanno potuto vivere il loro amore a causa delle stupide leggi di entrambi i popoli!”
“Aindil..devi capire che erano altri tempi allora. A volte l'amore non basta. Tuo padre aveva dei doveri da adempiere. Inoltre i legami tra elfi e caleixiane non sono mai stati accettati da entrambe le parti sopratutto a causa della nature delle donne del tuo popolo”disse il sovrano.

Aindil sapeva che le regole del suo regno erano stupide, ma il suo orgoglio non le permise di ammetterlo.

“Appunto...non c'è nulla di più puro dell'amore tra un elfo e una donna di caleixa  visto che il nostro potere non può nulla su di voi” senza rendersene conto Aindil gettò un occhiata a Legolas, e con piacere notò che lui stava facendo lo stesso.


Re Thranduil  sospirò.
“Ti racconterò come sono andate esattamente le cose, se lo desideri.”
“Non aspetto altro” lo implorò Aindil.

 


“Hunthor! Hunthor! Dove ti sei cacciato?”

Thranduil era stanco di cercare  il suo amico. Ogni volta che uscivano a cavallo finiva sempre cosi. Hunthor lo seminava apposta per poi sbucare improvvisamente e tendergli qualche stupido scherzo. Infatti poco dopo una freccia gli sfrecciò davanti al naso conficcandosi in un abete.

“Hunthor sei un idiota! Io torno indietro!” urlo il giovane elfo al vento.
“Ma dai amico mio! Non hai mai senso dell'umorismo” gli rispose l'amico saltando giù dai rami di un albero dietro di lui.

Eccoli li! Quell'elfo con i capelli corvini e gli occhi verdi come l'erba estiva.

“Sai Hunthor ..a volte credo che tu sia imparentato con un nano alla lontana! Non si è mai sentito di un elfo cosi stupido! Potevi ammazzarmi con quella freccia!” Thranduil era arrabbiato, ma sapeva che l'amico non gli avrebbe mai fatto male di proposito. Era il miglior arcere di tutto il reame boscoso e la sua mira non falliva mai.

Erano cresciuti assieme lui e Hunthor, inseparabili fin da piccoli, anche se di carattere decisamente diverso. Hunthor amava infrangere le regole ed era attratto dal pericolo. Thranduil invece era più pacato e conservatore. Ma seguiva l'amico in ogni avventura.
Un giorno Hunthor spinse l'amico a intraprendere un viaggio esplorativo, come li chiamava lui.
Si spinserò oltre Bosco Atro e seguirono il corso  di Flutti.

“Voglio vedere dove finisce” aveva detto Hunthor.

Non arrivarono mai alla fine. Durante il tragitto si accamparono in una vallata. La mattina dopo furono svegliati da risate e gridolini femminili. Li, acque del fiume, le più belle donne che avessero mai visto stavano giocando e bagnandosi, coperte solo da una leggera tunica trasparente che poco lasciava all'immaginazione. Accortesi della presenza dei due invece di fuggire  li invitarono a bagnarsi con loro.
 Thranduil era riluttante all'idea mentre Hunthor non se lo fece ripetere due volte. Fu in quell'occasione che vide Cassandra per la prima volta. S'innamorarono perdutamente l'uno dell'altro. Cassandra era consapevole che non poteva frequentare un elfo e spiegò a Hunthor le leggi del suo popolo. Così il loro diventò un amore clandestino. Gli unici custodi di quel segreto erano Thranduil e la dama di compagnia di Cassandra, abili nel fornire alibi per i due amanti.
Ma tempi funesti si avvicinavano e per  Hunthor e Thranduil i tempi delle scorribbande erano finiti.
Sauron si avvicinava, le battaglie tra orchi e elfi erano sempre più frequenti.
Presero parte alla battaglia di Dagorlad, tra le colline di Emyn Muil e la gola di Cirith Gargor. Giorni terribili...Thranduil, ormai divenuto Re, perse il padre in quella guerra e Hunthor, sebbene gli elfi ne uscirono vittoriosi, aveva perso se stesso.
Dopo la guerra partì. Disse all'amico che voleva dimenticare e lo poteva fare solo tra le braccia della sua amata Cassandra. Thranduil comprese il dolore dell'amico e fece forgiare un medaglione con una pietra verde, simbolo del loro legame  fraterno. Hunthor partì il giorno stesso.


Qualche tempo dopo arrivò a Bosco Atro una visita inaspettata. La  dama di compagnia di Cassandra si presentò a chiedere notizie di Hunthor. Re Thranduil  venne cosi a sapere  che l'amico era si giunto a Cailexa per stare con Cassandra ma tutte le donne del regno avevano rifiutato questa unione. Cassandra si era rifiutata di fuggire con lui, ma non gli aveva detto che  lo faceva perchè temeva una vendetta  delle altre ,vendetta   che sicuramente gli avrebbe costato la vita. Hunthor era cosi partito arrabbiato e ferito. Ora Cassandra aveva mandato la dama con una lettera dove gli spiegava il suo gesto pregandolo di perdonarla e di capire. Gli prometteva anche che avrebbe trovato il modo di stare insieme. E annunciandogli che avrebbero avuto un figlio.
Thranduil fece cercare l'amico in lungo e in largo, ma di lui nessuna traccia fu mai trovata. Da allora nessuno seppe mai più nulla di Hunthor del Reame Boscoso.

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Capitolo 4
*** Il consiglio ***


~~Cap 4.

Il consiglio

Il re taceva.
Legolas non aveva mai visto il padre in quello stato d'animo. Doveva essere molto legato a Hunthor.
Si voltò e vide che Aindil tratteneva a stento le lacrime. Ebbe l'impulso di stringerla tra le sue braccia ma si trattenne.

“Questo è tutto quello che so” disse  Re Thranduil.
“Potrebbe essere ancora vivo...” disse singhiozzando Aindil.
“Mi è difficile crederlo....Ho motivo di pensare che se lo fosse avrebbe dato notizie di se a tua madre o a me prima o poi...a volte un dolore cosi grande può uccidere un elfo”

Le lacrime di Aindil scorrevano ora copiose sul suo volto.

“Legolas figlio mio...accompagna Aindil nelle stanze che riserviamo agli ospiti” poi si rivolse alla ragazza. “Fatti un bagno caldo  e poi unisciti a noi per la cena. Ti farà bene. Intanto io rifletterò sul da farsi per la questione degli elfi neri.”


Legolas accompagnò Aindil nella sua stanza.

“Mi dispiace molto per vostro padre e vostra madre” le disse.
“Vi ringrazio ...siete gentile a dispiacervi per me.”

Per un attimo i due si persero uno negli occhi dell'altra.
Legolas prese congedo e la lasciò.
Nella sua stanza Aindil si immerse in una vasca di acqua calda...cerco di mettere insieme tuttti i pezzi della storia che  Re Thranduil le aveva raccontato. Perchè sua madre non le aveva mai raccontato nulla su suo padre? C'era forse altro che lei non sapeva, che continuava a tenerle nascosto? O forse era solo che per sua madre era troppo doloroso solo parlarne? Cosa era successo a suo padre? Era morto davvero? E se lo era dove poteva essere il suo corpo?
Basta!
Tutte quelle domande le stavano facendo scoppiare la testa e non avrebbe risolto niente.
Usci dalla vasca , si asciugò e vide che sopra il letto era stato preparato un abito per lei. Era color del cielo a mezzogiorno. Lo indossò e usci dalla stanza. Trovò Legolas ad aspettarla. Quando lui la vide restò a bocca aperta..quel vestito metteva in risalto tutte le forme che erano rimaste celate fino ad allora...era cosi bella che non potè fare a meno di pensare che desiderava quella donna come non aveva mai desiderato nessun altra.

“Aspettavate me?” Chiese Aindil imbarazzata dallo sguardo del biondo elfo.
“Io..si..scusate..ehmm..mi sono reso conto di non avervi indicato  dove si trova la sala da pranzo..quindi..mmm..già che sono qui..posso accompagnarvi? “ disse porgendole il braccio.
Aindil ne fu lusingata. Non era abituata a tutte quella galanteria. Sorrise e prese il braccio di Legolas.  Pensò che decisamente il  loro incontro era stata l'unica cosa buona di tutta quella storia.

 

Il Re non si unì a loro per la cena , ma li raggiunse più tardi.

“Ho riflettuto a lungo ma ho preso una decisione. Ci recheremo a Gran Burrone  da Re Elrond e faremo convocare un consiglio con gli altri rappresentati del popolo elfico. E' una cosa che riguarda tutti e non posso prendere una decisione così importante da solo. So già che non tutti crederanno al ritorno degli elfi neri e non tutti vorranno aiutare il Regno di Cailexa. Farò tutto ciò che è in mio potere per convincere dapprima Elrond e poi gli altri.”
“Vi ringrazio Sire” Disse sincera Aindil.
“Ad una sola condizione!”
“ Chiedete Sire”
“Parlerò io. La vostra irruenza potrebbe giocare a vostro sfavore in questo caso”
Aindil arrossì e abbassò  lo sguardo. Legolas non potè fare a meno di sorridere.

 

“Elfi neri?Ti rendi conto di quello che dici  Thranduil?” Re Elrond era sorpreso e agitato dopo le vicende raccontategli dall'amico.
“Anche io non volevo crederci..”
“Non puoi basarti su quello che dice la ragazza!” Tuono Elrond incurante del fatto che Aindil fosse li presente. Aindil si morse la lingua.
“Perchè mai avrebbe dovuto mentire su una cosa del genere? “
“E secondo te in quanti accetteranno di battersi al fianco di Caleixa? Lo sai anche tu cosa si pensa di quelle donne!”  continuo Elrond lanciando occhiate ad Aindil che faceva di tutto per trattenersi dal rispondergli per le rime.
“Lo so, ma tu sai meglio di me di cosa sono capaci gli elfi neri. Una volta spazzata via Cailexa pensi si fermeranno li? Credi che gli basterà?”

Re Elrond si fece pensieroso. Dopo un lungo silenzio parlò.

“Va bene. Convocherò un consiglio. Ma non prometto nulla.”




 

Gli unici che accettarono di partecipare al consiglio furono, oltre a  Re Thranduil e Re Elrond, Cirdan il custode dei porti grigi, Celeborn, signore di Lorien e Egalmoth, signore dell'arco celeste.
Aindil e Legolas sedevano in disparte.
Re Thranduil raccontò nuovamente la vicenda a tutti i presenti. Raccontò, senza entrare nei dettagli, di chi fosse figlia Aindil.

“Quali prove abbiamo che la ragazza non mente ?” Chiese Celeborn.
“Garantisco io per lei” rispose  Re Thranduil.

Aindil capi che il sovrano stava davvero rischiando molto per aiutarla.

“Io dico che sarebbe meglio aspettare e vedere come evolvono le cose” Aggiunse Cirdan.

Certo aspettate che Cailexa cada prima di agire. Tanto che ve ne importa. Pensò Aindil arrabbiata.

“Potrebbe essere tardi allora!” disse  Re Thranduil “Abbiamo l'occasione di fermarli prima che sia tardi , prima che giungano ai confini dei nostri regni. Siamo tutti in pericolo lo capite!?”

Ci fu un  brusio generale.
Il consiglio durò per ore.
Si valutarono i pro e i contro di un intervento. Quello che dicevano prima si poi dicevano no, non si riusciva ad arrivare da nessuna parte.

“Stanno solo perdendo tempo” sussurò Aindil a Legolas.

Alla fine si decise di votare. Re Thranduil e Cirdan votarono si. Celeborn e Egalmoth  votarono no.
Spettava a Re Elrond.

“Amici, abbiamo combattuto numerose battaglie in passato, ne abbiamo perse ma alla fine la guerra l'abbiamo sempre vinta. Abbiamo lottato per ottenere questo lungo periodo di pace che stiamo vivendo e nessuno di noi vuole rinunciarci.”

Si mette male pensò Aindil.

“Ma purtroppo il male è sempre in agguato e questa volta noi lo conosciamo più di chiunque altro, perchè è un male che fa parte di noi della nostra storia. Non possiamo lasciarli agire indisturbati. Quindi per il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti ritengo che si opportuno agire adesso e non di affidarsi al destino. Sono favorevole ad intervenire a fare di Cailexa”

Aindil sorrise soddisfatta. La speranza le era rinata nel cuore.






Quella sera  Aindil era assorta nei suoi pensieri osservando la luna, li nel luogo dove poche ore prima era avvenuto il consiglio. Adesso il suo popolo e sua madre aveva una speranza. Avrebbe combattuto con tutta la sua forza. In onore anche di suo padre.

“Meravigliosa la luna stasera non trovate?”

Aindil sobbalzò colta di sopresa. Si voltò di scatto e vide il volto sorridente di Legolas.

“Voi apparite sempre cosi? Mi si fermerà il cuore prima o poi!”
“Non era mia intenzione spaventarvi”
“Non mi avete spaventata...ero assorta nei miei pensieri”
“Pensavate alla battaglia che ci si prospetta?”
“Le battaglie non mi spaventano...quelle si sa sempre come vanno a finire ..o si vince o si perde. Sono le cose che ignoro che mi spaventano” sospirò ritornando a guardare la luna.
“Vi riferite a vostro padre?” chiese ancora Legolas.
“Si. Al suo amore per mia madre. Come può una cosa cosi bella provocare un dolore cosi grande da causare la morte? Si può amare davvero cosi tanto?” si voltò a guardarlo negli occhi  e lui guardò in quelli di lei.
“Credo di si” le rispose avvicinandosi “Non siete mai stata innamorata?”
“Non credo..come si fa a sapere se si è innamorati ?”
“Non si può spiegare, ma se ogni volta che pensate o vedete una persona vi si chiude lo stomaco ma il cuore vi si riempe di gioa e siete felici...be forse vuol dire che provate qualcosa..”
“Oh ...allora..potrei esserlo..” disse Aindil continuando a fissarlo negli occhi.
“Potrei esserlo anche io” disse Legolas avvicinandosi ancor di più.

Le accarezzò i capelli e poi fece scivolare la mano sul viso di lei.  Lentamente abbassò il volto e la baciò dolcemente. Aindil si tirò leggermente indietro ma lui la cinse in vita e la attirò a se . Aindil si arrese e si perse tra le braccia e i baci del biondo elfo.

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Capitolo 5
*** Una finestra aperta ***


~~Cap 5
 
Una finestra aperta

Lady Cassandra osservava dal finestrone che si trovava in fondo alla sala del trono che dava la visione a ovest del regno di Cailexa. Una visione orrenda in quel momento.
Da un paio di giorni gli attacchi degli elfi neri si erano intensificati dando vita a una vera e propria battaglia. Le prime mura, ai confini del regno erano già cadute.  Le guerriere caleixane avevano sbarrato alla bene e meglio i varchi alle seconde mure che deliniavano i confini della periferia della cittadella. Le saggie, le uniche donne con poteri magici, avevano lanciato incantesimi di protezione ma non erano serviti a molto.
Scrutava l'orizzonte ogni qual volta ne avesse occasione con la speranza di vedere ritornare Aindil con i rinforzi.
Chissà se era riuscita nella sua missione... Re Thranduil avrebbe accettato di aiutarla? Si sarebbe ricordato di lei? Su questo non aveva dubbi. Era certa che appena avesse visto il medaglione avrebbe capito tutto ...avrebbe anche capito che Aindil era figlia di Hunthor. Avrebbe raccontato quello che sapeva alla ragazza? Anche questo era probabile...
In tutti quegli anni lei non aveva mai avuto il coraggio di raccontare la verità a sua figlia. Se lei avesse saputo non l'avrebbe mai perdonata. Come avrebbe potuto spiegarle che aveva tradito la fiducia di suo padre? Che a causa della sua viltà lo aveva perso? Che si era arresa alle dannate leggi di Cailexa?


Cassandra era nelle sue stanze a leggere un libro che parlava di erbe medicinali. Da qualche giorni soffriva di capogiri e nausee e cercava un rimedio che la potesse curare. Dalla finestra aperta soffiava un leggera brezza. Normalmente l'avrebbe chiusa, ma quella sera aspettava visite.
Hunthor, il suo amato elfo, non tardò ad arrivare. Aveva trovato un passaggio nascosto e da li si arrampicava fino alla finestra di Cassandra. Li, nascosti agli occhi di tutti, i due si amavano. Le visite non erano frequenti, per non destare sospetti e correre il rischio di venire scoperti e separati per sempre.
 Fu quella notte che Hunthor propose a Cassandra di fuggire con lui.
“La prossima volta che verrò fatti trovare pronta. Verrò a prenderti e insieme ce ne andremo lontano
da qui!” le disse lui.
“Mi porterai con te a Bosco Atro?” chiese lei con gioia.
“No amore mio. Non ci accetterebbero nemmeno li. Andremo via in un posto dove non ci conosce nessuno e nessuno ci potrà giudicare. Potremmo iniziare una nuova vita. Insieme. Per sempre.”

L'appuntamento era da li a quindici giorni.
Presa dall'euforia della fuga, Cassandra si era completamente dimenticata del solstizio d'estate, che sarebbe avvenuto tra una decina di giorni.
In quell'occasione si sarebbe eletta la nuova Imperatrice, scelta tra le elette. Lei era una di  queste. Sapeva di avere buone probabilità di essere incoronata ma sperava con tutta se stessa che questo non avvenisse mai, o tutti i suoi piani di fuga sarebbero andati in fumo. Sapeva quale era il destino di un imperatrice.
Dannazione! Se fosse stata più accorta sarebbe già fuggita con Hunthor, non avrebbe aspettato cosi tanto tempo.
La nuova imperatrice veniva scelta dal consiglio delle saggie. Tale scelta avveniva consultando stelle e rune. Chi era prescelta a questo compito veniva trattata al pari di una divinità. Rifiutarsi non era concepito. Si sarebbe trattato di un affronto terribile, da pagare con la vita.

Ma il destino non era dalla parte dei due amanti.
Cassandra venne eletta imperatrice.
 Alla nuova imperatrice veniva assegnato un preferito,  scelto ancora una volta tramite  magiche consultazioni.
Era previsto che consumassero l'atto d'amore la notte stessa dell'incoronazione alla presenza delle saggie che dovevano avere la certezza che l'imperatrice procreasse in quell'occasione.
Così dopo la cerimonia,nelle stanze di Lady Cassandra tale atto venne consumato.
La ragazza aveva la morte nel cuore, ma doveva farlo. Ancora pochi giorni e Hunthor l'avrebbe portata via da quel delirio.
Al termine, una delle donne presenti, le posò le mani sul ventre. Dopo un attimo di esitazione, nel quale lanciò una terribile occhiata alla ragazza, proclamò che era gravida. Lo scopo era stato raggiunto.
Cassandra ebbe la conferma di quello che già sapeva. Era incinta. Aspettava un figlio da Hunthor.

Aspettò Hunthor la sera in cui avevano l'appuntamento. Ma lui non arrivo. Ne quella sera, ne quella dopo, ne quella dopo ancora. Lo aspettò per giorni, settimane, mesi. Non si dava pace. Ormai era al termine della gravidanza. Mandò allora la sua dama di compagnia a Bosco Atro a cercare sue notizie.

Un giorno, una delle saggie, la donna che le aveva posato le mani sul ventre la  notte dell'incoronazione, si recò in visita presso di lei.
“Partorirete a giorni,Lady Cassandra” disse la donna che si chiamava  Thera. “Mi occuperò io di voi in quell'occasione.” continuò.
“Perchè mai?” Cassandra era spaventata da quella donna.
“Non mentite a me! Io conosco il vostro segreto!” ringhiò la donna. “So della vostra relazione con l'elfo! Lo vedevo entrare dalla finestra della vostra camera!”
A Cassandra si gelò il sangue nelle vene.
“Chi altri lo sa?” riuscì a dire.
“Solo io ..almeno spero. “disse Thera “Se, come temo, la bambina nascerà mezzelfa non lo deve sapere nessuno. Diremo che è nata morta e mi occuperò io di liberarcene”
“Cosa?” Cassandra era inorridita “No, mai! Voi non farete niente a mia figlia! Niente!!”
“Preferite che tutte le donne di Caleixa sappiano che siete stata l'amante di un elfo? Fate pure! Uccideranno ugualmente la bambina e poi voi! Se farete come dico io almeno voi vivrete.”
“A questo prezzo non mi importa! Fatemi fuggire invece! Lascerò per sempre Caleixa e nessuno saprà mai che mi avrete aiutato. Sparirò per sempre!” Cassandra era disperata.
Thera scoppiò in una risata.
“ E dove vorreste andare ?? Dal vostro elfo?? E' da un po che non lo si vede da queste parti eh?”
“Non so ..deve essergli successo qualcosa..” poi vide l'espressione sul volto della donna “voi..cosa gli avete fatto!!? cosa??” urlò Cassandra afferrando la donna al collo.
“Smettetela!” Thera si liberò facilmente “gli ho solo detto la verità”
“Cosa? Cosa gli avete detto?”
“E' venuto lui al vostro appuntamento...ma ha trovato me nelle vostre stanze. Povero, non sapeva che l'imperatrice ha una stanza dall'altra parte del castello. Cosi gli ho dato la lieta notizia della vostra incoronazione e che aspettavate un figlio dal vostro preferito  e quindi non potevate seguirlo,ne quella sera ne mai. Avevate fatto la vostra scelta.”
Cassandra ora piangeva.
“Suvvia non fate cosi. Gli amori giovanili si dimenticano in fretta!”
“Che voi siate dannata!” le urlò contro Cassandra  “Voi e tutte le dannate leggi di questo dannato Regno!”
“Se vi può consolare l'elfo non l'ha presa bene.”
Cassandra era in prenda alla disperazione. Poi si rese conto che le si erano rotte le acque.

La bimba nacque la notte stessa. Una splendida mezzelfa.
Cassandra pregò in tutti i modi Thera di non portare al termine il suo intento.
Alla fine Thera cedette. Ma dettò delle condizioni.
Cassandra non avrebbe mai più cercato l'elfo e nessuno doveva raccontare alla bambina di suo padre.  Thera sarebbe stata la levatrice e poi tata della bambina  cosi avrebbe potuto crescerla coem una vera cailexana.Nessuno avrebbe mai saputo quale era la sua natura. Le orecchie le sarebbero state celate da una cuffia per tutto il tempo. E cosi fù.
Da quel giorno Thera aveva vegliato notte e giorno su Cassandra e la bambina. Come un avvoltoio sulla sua preda.

Lady Cassandra non potè fare a meno di sorridere quando ripensò al giorno che Thera era morta, qualche anno prima. Era stata una vera liberazione. Ma nemmeno  allora aveva avuto il coraggio di raccontare ad Aindil tutta la verità. Si ripeteva che ormai era troppo tardi e che era meglio cosi. Si era limitata a dirle che suo padre era un valoroso guerriero elfo e che lei gli somigliava molto.

Era stanca .
 Si recò nelle sue stanze e iniziò a spogliarsi.
Una folata di vento freddo la raggelò. Era convinta di aver fatto chiudere tutte le finestre. Si affrettò a chiuderla.
Quando si voltò una figura nera le si parò davanti.
Cercò di afferrare il pugnale che aveva cinto in vita, ma si ricordò di averlo appena tolto e poggiato sopra il letto.
Guardò la figura che si stava levando il cappuccio che gli copriva il volto.
A Cassandra mancò il fiato.
Due occhi verdi furono l'ultima cosa che vide prima di perdere i sensi.

 

 

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Capitolo 6
*** La Signora di Cailexa ***


~Cap 6

La Signora di Caleixa.


A Bosco Atro fervevano i preparativi alla battaglia.
Le truppe elfiche erano state radunate li perchè era il reame più vicino a Cailexa.
Cindar e i suoi soldati sarebbero giunti in un secondo momento a causa della distanza che li separava.

Aindil si trovava nelle stanze a lei riservate. Si stava cambiando e preparando per la partenza quando senti bussare.
“Avanti” disse e Legolas entrò.
“Siamo quasi pronti. Contiamo di partire tra qualche ora in modo si essere a Cailexa domani prima dell'alba” le disse l'elfo.
Aindil sospirò e guardò fuori. Da li riusciva a vedere buona parte dell'esercito che si sarebbe schierato a favore del suo regno.
“Sei preoccupata?” le chiese Legolas avvicinandosi a lei.
“Non so cosa ci aspetta...non so cosa può essere accaduto nel frattempo. Caleixa, per quanto ne sappiamo, potrebbe già essere caduta.”
Legolas la cinse da dietro con un braccio e con l'altra mano le accarezzò i lunghi capelli corvini.
“Se cosi  fosse combatteremo per ridirla alle loro legittime proprietarie. Gli elfi neri sono nemici di tutti. Giorni duri ci aspettano, ma vedrai, andrà tutto per il meglio.” le sussurrò per rincuorarla.
Aindil si voltò e lo guardò negli occhi. Lui abbassò il capo e, stringendola a se, la bacio.
In quel momento Aindil capì che la sua paura più grande era perderlo. Pensò che quella potevano essere gli ultimi istanti insieme. Fece aderire il suo corpo a quello di lui e lo sospinse verso  il letto.
Legolas non oppose alcuna resistenza.
Aindil si sedette cavalcioni su di lui e istintivamente iniziò a ondeggiare il bacino. Legolas credette di impazzire. Colto dal desiderio iniziò a sbottonarle la casacca fino a rivelare la sua candida pelle.
Abbassò le fasce che le coprivano i seni e li baciò. Aindil si senti percorre da un fremito lungo tutto il corpo. Aiutò Legolas a togliersi la parte sopra della sua divisa da arciere. Accarezzò quei muscoli marmorei e si chinò a baciarli.
Lui la prese di peso e la fece stendere sul letto. Finì si spogliarla e le sue mani accarezzarono ogni centimetro del suo corpo. Aindil lo aiutò a spogliarsi. Non aveva mai visto niente di più perfetto nella sua vita. Poi fu sopra di lei. Con infinita dolcezza entrò in lei.
I loro corpi aderivano perfettamente e si muovevano all'unisono.
Insieme raggiunsero il picco del piacere.
Senza fiato Legolas si stese acconto a Aindil, continuando ad accarezzarla.
“Ti amo” disse Legolas.
Aindil sorrise. “Anch'io.”

 

 


Quando giunsero a Cailexa, il giorno dopo, Aindil non credeva ai suoi occhi.
La città era assediata, le prime mura già cadute. Gli elfi neri sembravano avere la meglio.

“Sembra che siamo arrivati giusto in tempo” disse Re Elrond , che era a capo degli eserciti.

Fece schierare gli arceri  e al suo segnale la battaglia per Cailexa ebbe inizio.
Gli elfi neri. Colti di sorpresa caddero numerosi sotto il tiro delle precise frecce elfiche.
Re Thranduil comandava la cavalleria , di qui facevano parte, in quell'occasione, anche Legolas e Aindil.
Lanciò la carica, seguiti dalla fanteria.

L'attacco fu massiccio e preciso.
Gli elfi neri rispose all'attacco e frecce nere iniziarono a volare in direzione della cavalleria.
Quando arrivò in prossimità dei primi nemici, Aindil fece roteare la spada, e ne centrò due in pieno volto. Legolas scagliava frecce, portando a segno ogni scoccata. Combatterono per un po' fianco a fianco, proteggendosi a vicenda.

Ben presto, gli elfi neri si trovarono in netta minoranza e batterono in ritirata.

Allora Aindil vide un gruppo di guerriere Caleixane venir loro incontro. Non sembravano dettate da buone intenzioni. Sua madre non doveva aver avvisato nessuno della missione che le aveva affidato.

Re Elrond le raggiunse prima di lei.

“Fermo!” Gli urlò la donna che guidava il gruppo. “Chi siete? Identificatevi!”
“Sono Re Elrond. Sono a capo dell'esercito elfico che vi ha appena aiutato a liberarvi della minaccia che affliggeva il vostro regno!” rispose egli. Questo non servì a far abbassare la guardia alle guerriere.
“Nessuno ha chiesto il vostro aiuto!” ringhiò quella con rabbia.
“L'ha chiesto l'imperatrice Cassandra” a rispondere era stata Aindil.

Quella si tolse l'elmo che le copriva il volto.

“Aindil?” chiese stupefatta
“Catilin..si sono io”
“Pensavamo che fossi fuggita! Cos'è questa storia?”
“Pensavo che almeno mia madre avesse messo te, il capo dell'esercito, a conoscenza del suo piano. Giorni fa mi ha mandato a chiedere aiuto a Re Thranduil e agli re elfici che cortesemente hanno accettato di aiutarci contro gli elfi neri” spiegò.
“Vorresti farmi credere che l'imperatrice si è abbassata a chiedere aiuto e agli elfi per giunta ? Non farmi ridere” disse Catilin sprezzante.

Re Elrond, offeso stava per rispondere, ma Aindil lo anticipò.

“Sei una sciocca Catilin! Chi meglio di loro conosce gli elfi neri. Stavate soccombendo e loro hanno ribaltato la situazione. Dovresti ringraziarli invece. Credo che mia madre non sarà felice del vostro comportamento quando lo verrà a sapere!” disse arrabbiata Aindil.

Catilin la guardò e un ghigno le disegnò il volto.

“Tua madre Aindil? Tua madre...bhè non sappiamo esattamente dove sia la nostra imperatrice in questo momento.”
“Che accidenti stai dicendo?”Aindil era sorpresa e allo stesso tempo sentì di essere terrorizzata.
“Tua madre è sparita! Non sappiamo se per sua volontà o meno. Ma da giorni non abbiamo sue notizie. Le sue stanze sono vuote. Ha lasciato qui tutte le sue cose. Armi comprese” spiegò Catilin
“E non l'avete cercata? Magari le è successo qualcosa! Potrebbe essere stata rapita o ...peggio.”
“Ci dispiace..avevamo altro a qui pensare!” rispose acida l'altra.

Digerita la notizia, Aindil si rivolse ancora a Catilin.

“Chi comanda adesso qui?” chiese con un nodo alla gola.
“Io, il capo dell'esercito ovviamente.” disse con un leggero senso di trionfo Catilin.
“Già chi meglio di te! La paladina delle leggi Caleixane!” gli fecè eco Aindil Si chiese se avesse colto l'ironia. Dal suo sguardo presunse di si.
“Appunto. Quindi vi ordino di lasciare le nostre terre . Adesso.”

Re Elrond guardò Re Thranduil sconcertato. Legolas guardò Aindil. Stranamente sorrideva.

“Sai Catilin” prese a dire Aindil “anche io conosco le leggi Cailexane. Ho avuto una buona maestra. E se non ricordo male la legge dice che in caso di trono vacante per mancanza dell'imperatrice reggente, la sua diretta discendente di sangue ha il diritto di occupare quel posto fino alle prossime elezioni imperiali. In questo caso il trono quindi spetta a me. Non è forse cosi?”

Aindil vide il volto di Catilin farsi scuro. Lo schiaffo della sconfitta l'aveva presa in pieno volto. E le bruciava.

“Io non combatterò per te e con loro. Scordatelo!” sbottò Catilin.
“Non c'è problema. Adesso io sono la Signora di Cailexa e accetto e ringrazio Re Elrond e Re Thranduil  per l'aiuto che ci hanno dato e per quello che, spero, vorranno ancora darci.” fece un inchino col capo, ricambiata dai due sovrani.
Re Thranduil sorrise, riconoscendo nella ragazza il carattere arguto, tipicamente elfico, del padre.

“Per quanto riguarda voi” e si rivolse a Catilin e alle altre guerriere “ Se non accettate di combattere per Cailexa  con il loro aiuto, potete anche andare. Nessun provvedimento sarà preso  nei vostri confronti se abbandonate. Non lo posso accettare, ma lo capisco. Siete libere di fare la vostra scelta”

Detto questo si spostò in modo da far passare chi di loro voleva andarsene.
Catilin fu la prima a muoversi.

“Non capisco perchè ti ostini a schierarti con loro!” chiese adirata .
“Catilin cosi come sono una di voi, sono anche una di loro.” e mostrò le orecchie alla donna. Nessuna di loro fu particolarmente sorpresa da quella vista.
“Lo sospettavamo. La storia che gira su tua madre e l'elfo allora è vera.” disse con disprezzo Catilin.
Poi aggiunse.
“Non posso sottostare agli elfi, figuriamoci ad un imperatrice mezzelfa. Ti faccio i miei migliori auguri, Signora di Caleixa!”

Girò il cavallo e se andò seguita da molte altre delle donne presenti.
 
Aindil si voltò e guardo i due sovrani e Legolas.

“Torneranno” sospirò. Capirono subito che non parlava delle guerriere caleixane.

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Capitolo 7
*** Ritorni dal passato ***


~~Cap 7

Ritorni dal passato.

Lady Cassandra si era svegliata legata mani e piedi. Il terreno duro e freddo le aveva indolenzito i muscoli delle gambe e della schiena. Si trovava senza dubbio in una tenda, ma non sapeva dove ne aveva una chiara idea di quanto tempo fosse rimasta senza sensi.
Ogni tanto uno di quegli elfi neri le portava acqua e gallette stantie. Nessuna le aveva mai rivolto una parola o uno sguardo. Non aveva capito ancora cosa volevano da lei, a quale scopo l'avevano rapita. Forse era un semplice ostaggio e probabilmente prima o poi si sarebbero liberati di lei.
Aveva nella mente ancora la visione di quegli occhi verdi. Erano occhi familiari, ma occhi cosi carichi di cattiveria e odio non ne aveva mai visti.
Chissà se Aindil era tornata...Cailexa resisteva ancora...esisteva ancora?

 

“Elfi? Mi state dicendo che gli elfi sono corsi in aiuto di Cailexa?” tuonò la figura scura contro il soldato che gli aveva appena dato la cattiva notizia.
“Si mio Signore...gli elfi ci hanno attaccato. Siamo stati presi alla sprovvista e abbiamo dovuto ripiegare...” gli rispose.
La figura scura si voltò di scatto. I suoi occhi verdi scintillarono carichi di rancore.
“Portate qui la prigioniera!” ringhiò.

Lady Cassandra pensò che fosse giunta la sua ora quando l'elfo nero andò a prenderla.
La condusse fuori dalla tenda. Il sole era ancora alto. Le fecero male gli occhi a causa della luce improvvisa e non riusci a vedere molto. Anche perchè fù fatta entrare subito in un altra tenda.

“Eccola mio Signore!” e la spintonò in avanti.

Cassandra inciampò e cadde faccia a terra, non potendosi appoggiare con le mani.
Venne afferrata per i capelli e riuscì a mettersi in ginocchio gridando dal dolore. Poi alzò lo sguardo e vide un elfo che le dava le spalle.

“Ditemi...avete avuto voi l'ardore chi chiedere rinforzi agli elfi?” disse minaccioso.

Lady Cassandra non potè fare a meno di sorridere. Aindil allora ce l'aveva fatta!

“Vi ho fatto una domanda!” ringhiò l'altro.
“Si”rispose alzando la testa colta da un improvviso orgoglio.
“Da quando le Cailexane sono amiche degli elfi?” chiese ancora l'altro mantenendo un tono neutro.

Lady Cassandra non rispose a quella domanda.

“Ditemi...è forse Re Thranduil che vi ha concesso il suo aiuto?”un altra domanda della figura nera.
“Non importa chi..importa che abbiano decimato il vostro esercito!” urlò Lady Cassandra.

Non sapeva come era andata in realtà la battaglia, ma se gli elfi neri avessero avuto la meglio non si sarebbero scomodati a chiederle niente, l'avrebbero uccisa e basta.
La figura nera si voltò di scatto e le si precipitò contro afferrandola per un braccio.
Lady Cassandra lo guardò in volto e penso di avere visto un fantasma.

“Hunthor? “ chiese tremante. Non poteva essere. Si stava di certo sbagliando.
Nessuna risposta.
Lady Cassandra cerco di guardarlo meglio, ma quello scostava il volto. Ma continuava a stringerle forte il braccio.

“Credevo non ti ricordassi nemmeno il mio nome.” la figura nera parlò. A Lady Cassandra mancò il fiato.
“Sei davvero tu?” chiese ancora incredula.
“Quello a cui ti riferisci tu non esiste più...Hunthor non esiste più...ora mi chiamo Moweig.”
“Ma che cosa stai dicendo? Cosa ti è successo?”
“Smettila!” urlò Moweig. “Tu...tu sei la causa di tutto.....è tutta colpa tua! Maledetta traditrice!”
“Hunthor...io ti ho aspettato per anni, ti ho fatto cercare ovunque ….eri sparito! Pensavo fossi morto!”spiegò Cassandra
“Non chiamarmi cosi! Tu menti donna! Tu mi hai tradito! Non mi hai aspettato! Appena hai potuto ti sei gettata tra le braccia di un altro! Tutti mi avete tradito! Tu e quello stupido egoista di Thranduil!! E' venuto il tempo che paghiate per quello che mi avete fatto maledetti!” era furioso e livido di rabbia.
“Non capisci...non sono andate come pensi tu le cose!” cercò  di spiegare Cassandra tra le lacrime.
“Io so benissimo come sono andate le cose.”

Terminati i preparativi per la partenza, Hunthor si era messo in viaggiò per Cailexa. Se si muoveva sarebbe arrivato prima del previsto. Thranduil lo fermò.
“Sei deciso?” gli chiese l'amico
“Non desidero altro.”
Thranduil lo guardò con espressione di disgusto e compassione.
“Non potrai tornare mai più . Non possiamo accettare simili legami. Pensaci bene. Cosa perdi? Per cosa lo perdi?” chiese ancorò Thranduil.
“Non mi interessa. Io amo Cassandra e voglio solo lei. Ad ogni costo!” rispose Hunthor.
Thranduil lò guardò per un ultima volta. Poi si fece da parte.
“Addio Hunthor”
“Addio Thranduil”

Si mise al galoppo,spronò il suo cavallo più che potè. Arrivo a Cailexa al tramonto. Sarebbe stata la notte del solstizio d'estate . Notte perfetta per una fuga.
Non c'era nessuno in giro. Meglio cosi, pensò.
Aspettò il calar della notte e poi si recò al passaggio segreto. Stava per arrampicarsi quando una mano lo afferrò da dietro e lo tirò giù.

“Dove vai elfo?” chiese una voce femminile.
Hunthor si alzò di scattò. Davanti a lui stava una donna, vestita di rosso, che lo guardava con disprezzo. Non sapeva cosa rispondere. Forse doveva ucciderla o avrebbe dato l'allarme.

“Non ti conviene uccidermi” le disse quella e Hunthor trasalì. “Sei tu l'elfo che va a trovare, diciamo cosi, Cassandra, non è vero?”

Hunthor tacque. Erano stati scoperti.

“Vuoi portarla via? Volete fuggire? Che cosa romantica!” e rise schernendolo.

Cosa doveva fare adesso?

“Non puoi fare niente! E poi è troppo tardi. Cassandra è appena stata eletta nostra imperatrice. E ora sta andando nelle sue stanze con il suo preferito per concepire la discendenza.”
“No! Tu menti “ le urlò contro Hunthor.
“Vieni con me. Lo vedrai con i tuoi occhi”.

Entrarono da una porta nascosta su una facciata del palazzo. Salirono una lunga e stretta scala. Poi la donna si fermò.

“Resta qui. Non ti devono vedere. Lascerò una fessura e potrai constatare da te.”

La donna lo lasciò e Hunthor rimase in attesa.

Poi la vide. Cassandra, bellissima  e con la tiara in testa, entrò nella stanza  al braccio di un uomo.
Vide che le donne l'aiutavano a spogliarsi e rimase nuda.
Si stese sul letto e l'uomo che era entrato con lei, si stese al suo fianco, nudo pure lui.
Una delle donne recitò qualche frase, una sorta di benedizione.
Poi avrebbe voluto diventare cieco.
L'uomo prese Cassandra, la sua Cassandra.
La prese con forza e lo sentiva gemere. Poi finì il suo compito e Cassandra rimase stesa sul letto.

La donna che lo aveva scoperto si avvicino al letto e pose le sue mani sul ventre di Cassandra.
Mentre se ne stava andando gli sembrò di sentire che la donna aveva detto che Cassandra era gravida.

Se ne andò lasciandosi Cailexa alle spalle. Non si voltò mai indietro. Ribolliva di rabbia. Non sembrava proprio che Cassandra fosse stata costretta a fare quello che aveva fatto. Maledetta!
Vagò cosi per giorni, mesi , poi anni.
Nella sua mente le stesse immagini, gli stessi pensieri e più pensava e più cresceva il lui il risentimento.
Arrivò in terre sconosciute, attraversò montagne senza nome. Si ritirò all'interno di grotte oscure. E li Hunthor si perse .


Lady Cassandra sgranò gli occhi.
Dunque lui aveva assistito a tutto? E Thera...quella maledetta donna...
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“Hunthor..posso spiegarti..” mormorò
“Smettila di chiamarmi  cosi!” le urlò ancora una volta lui.
“Hai chiesto aiuto a Thranduil vero? Vero?” chiese concitato lui.
“Si..” rispose Cassandra
“La pagherà anche lui! Tutti la pagherete! Tutti!”
“Lasciami spiegare ti prego!” lo implorò Cassandra.
“Noo!Non c'è più niente da dire niente!” E cosi dicendo l'afferrò per il collo e lo strinse tra le sue mani.

Cassandra faceva sempre più fatica a respirare. Piano piano sentiva la vita abbandonarla.
“E' tua....tua..fi..gl..ia..” riuscì a dire. “Lei ...fi..glia..”
Lui mollò la presa un po'.
“Che dici?”
“La bam..bi..na” Cassandrà tossi “ è tua...tua  figlia. Ho mandato lei..da Thranduil...è  per questo ..che lui ci ha aiutate.”
“Mia figlia? Mi avete  negato anche lei!!Possa tu bruciare negli inferi!” e tornò a stringere il collo di Cassandra.

Quando vide che la vita aveva lasciato la donna, si chinò e la baciò.
“Non sai quanto ti ho amato.”
Poi si alzò, si ripulì dalla polvere  e voltandosi disse all'elfo nero dietro di lui.

“Vieni, dobbiamo mandare un regalo alla mia bambina.”

 

 

 

 

Spazio autrice

Volevo solo ringraziare chi legge la mia storia, chi l'ha messa tra le seguite, le ricordate e le preferite. Grazie a tina_legolas per le recensioni. Perdonate gli errori , ma devo buttar giù in poco tempo. Grazie ancora a chi vorrà continuare a leggermi ! Grazie.

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Capitolo 8
*** Il regalo ***


~~Cap 8

Il regalo

Aindil cercava di seguire le parole e le strategie di qui stavano parlando Re Elrond e Re Thranduil.
Ma la sua mente continuava a spostarsi sul pensiero di sua madre.
Dove era? Cosa le poteva essere successo? Doveva andare a cercarla invece di starsene li a non fare niente? O era meglio aspettare e attaccare gli elfi neri prima?

“Aindil? Aindil?” la ragazza si destò dai suoi pensieri e cerco con gli occhi il suo interlocutore.
Tutti  i presenti la stavano fissando. Anche Legolas la guardava preoccupato.

“Scusate...io..ecco..”cerco di scusarsi la ragazza.
“Lo so che sei preoccupata per tua madre” disse Re Elrond “la salveremo, non temere. Ma dobbiamo organizzare le truppe e tu devi organizzare quelle di Caleixa, visto che ora sei la loro imperatrice.”

Già..era la nuova imperatrice. Aveva fatto la cosa giusta? Le altre guerriere la avrebbero seguita o se ne sarebbero andate come Catilin e le altre? Maledì il suo impeto. Non le portava mai nullo di buono. Poi si voltò e incrociò lo sguardo di Legolas. Bhè ..qualcosa di buono aveva portato.
Re Elrond continuò e stavolta Aindil cercò di prestargli la massima attenzione.

“Stiamo già riparando il più possibile le prima mura. Non sappiamo quando ci attaccheranno ancora , ma lo faranno prima o poi. Meglio farsi trovare pronti. Ci sono già vedette e arcieri sulle torri più alte. Le truppe inviate da Cindar dovrebbero essere qui a momenti.”

Mentre stava parlando le porte della sala dove si erano riuniti si spalancarono e un elfo entrò di corsa e andò a conferire con Re Elrond. Aindil e gli altri presenti lo videro sbiancare.

“Sono qui?” Scattò Legolas.
“No..” rispose Elrond e guardò Aindil che subito si allarmò.

Seguirono Re Elrond e l'elfo fuori dal palazzo. Nessuno diceva una parola. Legolas strinse la mano di Aindil. Il suo voltò era teso e gli occhi colmi di panico.
Un cavallo nero si trovava nel centro del piazzale. Dietro di lui era stato collegato un caretto. Sopra quello che sembrava essere un mucchio di stracci.
Re Elrond e Re Thranduil si avvicinarono al carretto con timore.
Impugnarono le spade  e poi sollevarono i lembi esterni di alcune coperte.
Aindil vide gli occhi di Re Thranduil sgranarsi e poi diventare lucidi. Il sovrano alzò lo sguardo e guardò con pena infinita negli occhi di Aindil. E le fu chiaro.

“Nooo!!” urlò la ragazza disperata “ Noooo!!” si precipitò e tirò giù il resto delle coperte che celevano il corpo. Il corpo di sua madre. Freddo e violaceo. Senza vita.
Si accasciò sul cadavare e pianse stringendola a se.
Legolas le si avvicinò e l'abbracciò accarezzandole i capelli, in un vano tentativo di consolazione.

 


Il corpo di Cassandra venne portato via e le ancelle la pulirono e la prepararono per il funerale.
Il suo corpo sarebbe bruciato sulle pire e le sue ceneri custodite nel mausoleo delle imperatrici.

Aindil si trovava nella stanza di sua madre. Ora il dolore aveva lasciato il posto alla rabbia. Avrebbe vendicato la morte di sua madre. Gli elfi neri l'avrebbero pagata.
Sentì bussare alla porta e Legolas entrò.

“Come ti senti?” il biondo ritenne di aver fatto una domanda stupida.
“La pagheranno Legolas.” disse Aindil fissando un punto fuori dalla finestra.
“Certo. Faremo giustizia.” poi si avvicinò e l'abbracciò.
Aindil si sentiva al sicuro tra le braccia del suo amato elfo. Sentiva il dolore e la rabbia svanire.

“Ho una cosa per te.” Disse Legolas tirando fuori dalla tasca un piccolo fazzoletto bianco.
“Cos'è? “ chiese Aindil.
“Me lo ha dato una delle ancelle che hanno preparato tua madre. Lo portava al collo. Ha pensato che ti avrebbe fatto piacere averlo.”
Aindil aprì il fazzoletto. Al suo interno vi era una leggera catenella d'argento con un pendente. Un pendente semplice con una pietra rossa al centro. Aindil non ricordava di averlo visto prima. Ma sua madre aveva molti gioielli.
Lo sfiorò con le dita. Era cosi bello. Senti il desiderio di indossarlo.
“Mi aiuti a metterlo?” chiese a Legolas.
Appena lo ebbe al collo, Aindil provò una strana sensazione, ma passò subito.
Un ancella venne ad avvertirli che tutto era pronto per la cerimonia funebre.

 

 

Quella notte Aindil si soffermò a lungo davanti al mausoleo. Mille pensieri le si affollavano nella mente. Si rese conto che non provava dolore. Non più. Pensava alla battaglia, alla vendetta.
Si rigirava nervosamente il pendente tra le dita.

“Dovresti andare a riposare” le sussurrò una voce alle sue spalle che la fece trasalire.
“Legolas dannazione! La vuoi piantare di apparire cosi?” gli urlò lei.
“Scusami...”

Aindil si alzò e fece per andarsene. Lui l'afferò per un braccio. Cercò il suo sguardo e l'attrasse a se.
La baciò dolcemente abbracciandola.
“Andrà tutto bene.” le sussurrò dolce all'orecchio.
Aindil non ne era poi cosi sicura.

 


“Il regalo è stato consegnato?” chiese Huntor alla donna che gli stava davanti.
“Si mio signore. Tutto come avete chiesto.” rispose quella inchinandosi.

 

 

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Capitolo 9
*** Occhi verdi ***


~~Cap 9

Occhi verdi

Erano passati giorno dal funerale di Lady Cassandra.
Le truppe di Cindar erano giunte a Caleixa e si erano accampate fuori dal palazzo assieme alle altre.
Degli elfi neri nessuna traccia.

“Non è possibile che il loro unico scopo fosse quello di eliminare Cassandra.” disse Re Thranduil rivoltò a Re Elrond e Legolas.
“Si, non ha nessun senso. Ho timore che stiano ripopolando le loro fila, magari cercando nuove alleanze.” disse Re Elrond.
“Chi mai vorrebbe allearsi con loro?” chiese Legolas.
“Orchi, goblin, chiunque abbia interesse a uccidere elfi e fare razzie.” gli rispose suo padre. “Dov'è Aindil?”

Legolas si incupì. Erano giorni che Aindil lo evitava. Se ne stava sempre nella sala d'armi a tirare di spada o ad allenarsi con l'arco e la balestra. Dall'alba al tramonto. Era ossessionata.
Andò a cercarla e la trovò a lucidare ed affilare la sua spada.
Lei lo vide entrare ma non ci fece caso.

“Credo sia abbastanza affilata.” le disse Legolas cercando di attaccare discorso.
Lei ci passò un dito sopra e il suo sangue colò sulla lama.
“Si....credo possa andare bene.”ma continuò ad affilarla.
“Aindil..che ti succede?”
“Che mi succede? Nulla! Non mi succede nulla. Qui non succede nulla!” rispose seccata la ragazza.
“Aindil..perchè non lasci stare qui e andiamo a fare una passeggiata..”
“Una passeggiata? Non ho tempo per le passeggiate! Come accidenti fai a pensare alle passeggiate? Qui potremmo essere attaccati da un momento all'altro e tu pensi a queste romanticherie!” era sempre più scocciata.
“Ma ..”
“Piantala! Se proprio ci tieni vai! Io ho da fare qui!”lo cacciò lei.
“Capisco che soffri per tua madre e desideri vendicare la sua morte  ma non è questo il modo giusto!” Legolas  stava perdendo la pazienza
“Cosa vuoi capire tu? Io sono rimasta sola! Ho perso prima mio padre e ora mia madre e la colpa e tutta di questo dannato regno e anche della tua gente e di tuo padre!” gli urlò contro lei.
“Non sono stati loro a uccidere tua madre!”
“Ma lo hanno permesso! Se li avessero lasciati liberi di vivere il loro amore non sarebbe successo nulla di tutto questo!”
“Aindil...”
“Vattene Legolas! Sei come tutti loro!! Non puoi capire e non mi puoi essere di alcun aiuto! Avrò la mia vendetta! E l'avrò da sola!!” dettò questo se ne andò.

Legolas era sconcertato. Dov'era la sua Aindil? Possibile che il dolore l'avesse trasformata così tanto? Quali erano le sue intenzioni? Aveva paura che si potesse mettere in qualche guaio.
Sapeva che l'unico che poteva aiutarla era lui. Doveva starle vicino dimostrandole che non era sola. Aveva lui. Il suo amore l'avrebbe salvata.


Aindil era stanca.
Stanca di avere tutta quella gente preoccupata per lei tra i piedi.
Non capivano che lei doveva prepararsi? Doveva combattere una guerra!
Quale guerra? Quei dannati elfi neri non si erano più fatti vedere. Codardi!!
Per quanto avrebbe dovuto aspettare?
Non sopportava l'attesa. Non sopportava più i consigli di Re Elrond e Re Thranduil. Non sopportava più neanche Legolas.
Doveva fare qualcosa. Subito.
Aspettò la notte e poi si recò alle stalle. Sellò il cavallo. Si assicurò che nessuno l'avesse vista.
Per essere certa che Legolas non la seguisse gli aveva detto che si andava a preparare cosi poi lui l'avrebbe potuta raggiungere nelle sue stanze per passare la notte assieme.
Portò il cavallo fuori poi lo montò e partì nella notte. Aveva ben chiaro quale fosse la sua metà.


Legolas aveva trovato strano l'invito di Aindil. Da giorni lo allontanava e poi all'improvviso voleva stare con lui la notte.
L'aveva vista dirigersi alle stalle e poi uscire e partire a cavallo. Decise di seguirla a distanza.
Le tracce del cavallo erano ben evidenti e trovarle non fu difficile. Qualche ora dopo si ritrovò ai piedi di una fitta boscaglia. Vide il destriero legato ad un cespuglio, ma di Aindil nessuna traccia.
Decise di inoltrarsi tra gli alberi,ma subito fu colto da una sensazione di terrore. Che posto era quello? Sembrava intriso di male. Poi capì dove si trovava.
Aindil doveva essere fuori di testa! Era andata dritta dritta nella tana del nemico! Doveva trovarla e portarla via di li!

Aindil si era incamminata nel bosco senza nessun timore. Qualcosa la guidava, l'attirava. Non si sentiva in pericolo. Non c'era nessuno. Vedeva poco alla luce della pallida luna. Poi, in fondo,li  dietro agli alberi vide delle flebili luci e si mosse in quella direzione.
Mano a mano che si avvicinava gli alberi e la vegetazione si diradavano. Si nascose dietro un cespuglio e osservò.
Figure nere attorno a un fuoco e diverse tende. Aveva trovato l'accampamento degli elfi neri. Finalmente!
Solo per un attimo pensò che non avrebbe dovuto trovarsi li e sopratutto da sola. Ma solo per un attimo. Poi si alzò in piedi e avanzo con le mani in alto.
Gli elfi neri la videro subito e le furono addosso puntandole contro frecce e spade.

“Avete una sicurezza che fa acqua!” disse spavalda.
“Chi sei?” chiese uno di quelli.
“Devo vedere il vostro signore!”
Quello le rise in faccia.
“Si certo. Come no!” e levò la spada per colpirla.
“Fermo!” tuonò una voce dietro di lui.

L'elfo abbassò la spada e voltandosi si chinò. Tutti i presenti si chinarono tranne Aindil che invece alzò lo sguardo verso colui che aveva parlato.
Un elfo alto, con i capelli neri come la notte e degli occhi verdi penetranti la fissò.
Aindil ebbe la sensazione di guardare se stessa.

“Sei la figlia di Cassandra?” chiese l'elfo tranquillo.
Aindil fu sorpresa da quella frase.
“Si” rispose con leggere diffidenza.
L'elfo con gli occhi verdi la guardò e sorrise.
“Vedo che hai ricevuto il mio regalo” disse indicando il pendente che Aindil portava al collo“Vieni. Dobbiamo parlare. Ti stavo aspettando.”
Aindil lo seguì. Non avvertiva paura alcuna.

Legolas aveva osservato tutta la scena restando nascosto. Cosa stava succedendo? Niente di buono sicuramente. Aindil sarebbe stata la prossima a morire se non l'avesse tirata fuori di li subito. Ma come poteva farlo da solo. Decise si stare ancora un po' nascosto per vedere cosa sarebbe successo.
Poi senti un gran dolore alla testa e perse i sensi.


“Vieni siediti!” disse Hunthor rivolgendosi ad Aindil.
“Siete voi che avete ucciso mia madre?” chiese diretta Aindil.
“Prima di arrivare a questo devi sapere altre cose.” le rispose tranquillo.”Siediti ed ascolta. Devi sapere la verità su tuo padre.”
Aindil sentì il cuore accelerare. Avrebbe saputo tutta la verità finalmente?
“Credo che tu abbia già saputo qualcosa sulla storia di tuo padre e di tua madre..ma nessuno ti ha detto ancora tutto. Non sai che tua madre tradì tuo padre ad esempio.”
“Che cosa?” disse Aindil incredula “ Non è possibile. Come lo avrebbe tradito?”
“Lei gli aveva giurato eterno amore, ma non lo aspettò. La sera che venne incoronata imperatrice, ella si concesse ad un altro uomo. Senza nessun rimpianto.”
“E voi come lo sapete?”
“Ho visto con i miei occhi.” rispose l'elfo pieno di rabbia. “Lui era andato a prenderla quella notte, per fuggire insieme, come d'accordo. E invece la vide li, nuda su quel letto, con quell'uomo e quelle donne che li guardavano e benedivano la loro unione.”

Aindil era senza parole. Ecco perchè sua madre non le aveva mai raccontato nulla di quegli eventi.

“Perchè eravate li voi quella sera?” chiese Aindil temendo la risposta.

L'elfo la guardò.
“Perchè lo chiedi se già conosci la risposta?”
“No..non può essere..sono sicura..mio padre non può essere un elfo nero!” gli disse con ribrezzo Aindil.
“Non lo ero allora. Non sapevo nemmeno che sarei diventato padre. Mi hanno negato l'amore di una figlia per le loro stupide leggi! Tua madre mia ha detto di te prima di morire!”
“E per questo che l'avete uccisa?”
“Non capisci? Lei , Caleixa, gli elfi tutti! Ci hanno tradito! Ci hanno portato via qualcosa che non riavremmo mai indietro! Tua madre ti ha sempre mentito! Tutti ti hanno mentito! Io sono il primo che ti ha detto la verità! Puoi negare che le cose stiano cosi?”
Aindil era scoppiata a piangere.
Aveva ragione lui...sua madre non le aveva mai detto nulla, aveva lasciato che fosse Re Thranduil a raccontarle parte della storia, uno sconosciuto. Gli elfi lo avevano allontanato, nessuno lo aveva capito e a lei era stato negato suo padre!
Istintivamente si buttò tra le braccia dell'elfo.
“Padre!” sussurò continuando a piangere. “Padre mio!”
“Non piangere bambina. Avremmo la nostra vendetta. La pagheranno tutti” le rispose stringendola.
Un sorriso maligno disegnò il volto dell'elfo. Si, tutti l'avrebbero pagata.

 

 

 

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Capitolo 10
*** Che la battaglia abbia inizio ***


~~Cap 11

  Che la battaglia abbia inizio.

“Che cosa stai dicendo , figlio mio?” chiese Re Thranduil a Legolas guardandolo sgomento. Non poteva credere a quello che gli era appena stato raccontato. Hunthor era vivo ed era il capo degli elfi neri? No, non era possibile.

“Padre, vi ho detto esattamente quello che mi ha raccontato Aindil. E' cambiata. Lei è davvero convinta che quell'elfo sia suo padre. E la descrizione che avete fatto di lui corrisponde a colui che ho visto.” spiegò ancora Legolas.

 Aveva corso come il vento per tornare quanto prima ad avvertire suo padre e Re Elrond. Non si capacitava del cambiamento di Aindil. Qualcosa non gli tornava. Ma adesso aveva altro a cui pensare. Gli elfi neri avrebbero attaccato presto, per quanto ne sapeva potevano già stare avanzando.

“Hunthor o no le cose non cambiano Thranduil!” disse Re Elrond. “Posso capire la sorpresa ma dobbiamo ricordarci di cosa sono capaci gli elfi neri. E per quanto riguarda la ragazza” e guardò Legolas “ ha fatto la sua scelta, sbagliata ma l'ha fatta. Ne pagherà le conseguenze!”
“Non credo sia del tutto cosciente di quello che fa” disse Legolas.
“Lo credo anche io,ma non abbiamo il tempo di stare qui a pensare a cosa possa esserle successo!”rispose il sovrano.

Ad un tratto le porte della sala  si spalancarono e delle donne entrarono nella stanza.
Legolas riconobbe in loro le guerriere che se ne erano andate il giorno in cui erano arrivati a Cailexa.

“Ci è giunta notizia che l'imperatrice ha abbandonato il regno” disse la donna che guidava il gruppo . Legolas ricordò che il suo nome era Catilin.
“E voi come lo sapete?” chiese Re Elrond alla donna.
“Le notizie corrono veloci a Caleixa” disse sprezzante la donna. “E la vostra risposta conferma queste voci.”
“Non sappiamo cosa l'ha portata a questa decisione. Non crediamo che dipenda dalla sua volontà. “intervenne Legolas notando il disappunto dei due sovrani.
“Non ci importa molto da chi dipenda. Comunque sia ha abbandonato il trono e  questa è l'unica cosa che importa. Siamo tornate per il bene di Caleixa.” disse Catilin.
“Si, per il bene di Caleixa, non certo perchè siete interessata ad occupare il trono vacante!” continuò Legolas acido. La donna lo fulminò con la sguardo.
“Almeno a me importa qualcosa del Regno di Caleixa e della sua gente al contrario di Aindil!”
“Che intenzioni avete quindi?” chiese Re Thranduil.
“Ci riprendiamo Cailexa e combatteremo contro gli elfi neri.”rispose la guerriera.
“E accetterete il nostro appoggio?” chiese Re Elrond
Catilin tacque. Dopo una lunga pausa rispose al sovrano.
“Noi riteniamo di non dovervi chiedere nulla. Quindi se non lo ritenete necessario alla salvaguardia delle vostre popolazioni potete anche andare. Se invece desiderate restare e combattere contro il comune nemico ..siete ben accetti.” disse.

Astuta pensò Legolas. Non si sarebbe mai abbassata ad ammettere che avevano bisogno del loro aiuto. Cosi dicendo metteva gli elfi nella posizione che se ne fossero andati sarebbero risultati dei codardi . Ottima mossa. Guardò suo padre e Re Elrond che probabilmente avevano avuto il suo stesso pensiero.

 


Le truppe nere avevano già lasciato il campo e avanzavano adesso su Caleixa. Aindil  cavalcava accanto al padre. Come imperatrice di Caleixa avrebbe rivendicato il trono e il regno avrebbe cessato di esistere per come lo si conosceva. E poi avrebbero pensato agli elfi e a tuttti quelli che avrebbero opposto resistenza. Guardò il padre. Nessuno traccia di tensione o paura sul suo volto. Aindil invece era un fascio di nervi. Aveva un groppo alla gola. Non era sicura che fosse quello che voleva.
Qualche ora dopo arrivarono alle porte di Caleixa.
Aindil avanzò sola ora. Vide che le mura erano difese da centinaia di elfi armati.

“Come imperatrice reggente di Cailexa” urlò “ vi ordino di abbandonare il regno!! Non si necessita più dei vostri servigi!” .
Nessuno si mosse.
Aindil sentiva l'ansia crescere sempre di più. Le veniva da vomitare. Cosa accidenti stava facendo?
Noto che qualcuno tra le file si stava muovendo. Possibile che fosse bastato questo per convincerli?
Poi vide una donna affacciarsi alle mura. Catilin! Era tornata! A questo non aveva pensato.

“Il regno di Cailexa non vi riconosce più come sua imperatrice!” gli fece eco l'altra. “Ora vi riconosce come sua nemico e per questo vi combatterà se oserete attaccarci!”
Aindil sguainò la spada e la puntò in direzione della donna.
“E guerra sia!!” e così detto si voltò tornando al galoppo verso le truppe nere.
Notò che suo padre le lanciò un occhiata di disgusto e poi incitò le truppe all'attacco.
 
Contemporaneamente i due schieramenti di arcieri elfici scoccarono le frecce. Molte andarono a segno da una parte e dall'altra.
Poi avanzarono le catapulte caricate con delle pesanti palle incendiarie e lanciarono oltre le mura, innescando una serie di incidendi.
Legolas si era appostato con gli altri arcieri sulla torre e scoccava frecce una dietro l'altra, ma stava attento a che nessuno di quelle fosse destinata ad Aindil, che però assieme con gli altri cavalieri neri non si erano ancora mossi dalla loro postazione iniziale. Che stavano aspettando?

Anche Aindil si stava chiedendo cosa aspettasse il padre a dare l'ordine di attacco ai cavalieri. Lo vide che teneva gli occhi chiusi, come se si stesse concentrando su qualcosa. Poi le sue labbra si mossero e strane parole uscirono dalla sua bocca. Che stava dicendo? Mentre cercava di capire Aindil vide sprigionarsi dalla sue mani una forte luce. La luce divenne una sfera sempre più grande. Poi , sempre mormorando qualcosa, Hunthor sprigionò la sfera verso il castello. Aindil notò che sembrava una stella cadente, di quelle che aveva visto a centinaia nelle notti d'estate.
La vide dirigersi versò le mura  e poi ci fu un esplosione cosi forte che tutti sobbalzarono, anche Hunthor.
Aindil sgranò gli occhi e davanti a se vide le mura sgretolarsi portandosi dietro tutti coloro che vi erano sopra. Si ritrovò a sperare che Legolas non fosse li sopra.
Si voltò a guardare suo padre. Era stravolto e sudato.
“Cosa..” non fece a tempo di finire la domanda che lui la fulminò con lo sguardo
“Non ti rigurda! Vai adesso e compi il tuo dovere! All'attacco!!!”

 

L'esplosione aveva colto tutti di sorpresa. Legolas, come gli altri era stato accecato dall'intensa luce. Poi avevano sentito il boato. Tutto aveva tremato,  anche la torre in cui si trovava lui. Era caduto all'interno. Altri meno fortunati erano precipitati all'esterno. Quando si affacciò non vide più le mura affianco alla torre. Solo uno squarcio vuoto e tutto sotto detriti e  i corpi dei guerrieri.
Adesso i cavalieri neri avanzavano verso le mura cadute. Avrebbero avuto facile accesso adesso.
Scoccò altre frecce due a due, poi decise di scendere più in basso verso il piazzale. Da li non avrebbe rischiato di colpire Aindil. Era ancora convinto che  lei non fosse diventata un elfo nero.  Doveva salvarla e riportarla in sé!

Gli zoccoli dei cavalli dei cavalieri neri entrarono calpestando i detriti e i corpi senza vita degli arcieri caduti.
Aindil non aveva il tempo di guardare dove colpiva. Fendeva colpi a destra e sinistra.  Quando sentiva una resistenza capiva di aver colpito qualcuno.  A un tratto senti un dolore lancinante alla gamba sinistra. Adesso era stata lei a essere colpita. E anche il suo cavallo fu colpitò e spaventato e ferito s'impennò e la fece cadere  rovinosamente a terra.
Non fece a tempo a rialzarsi che subito una spada le sfiorò la gola. La scansò per un pelò , rotolandosi nel senso opposto. Prese un detrito e lanciò verso la direzione della spada che l'aveva colpito. Si rimise in piedi e parò una altro colpo.  E poi un altro. Si tolse l'elmo che le limitava la vista. Di fronte a lei Catilin.
“Sii maledetta Aindil!” le ringhiò l'altra sferrando un altro colpo che Aindil scansò.
Catilin colpiva in continuazione facendola arretrare. Aindil non riusciva a portare a segno un colpo.
Poi inciampò e cadde sulla schiena. Catilin le fù sopra e alzò la spada per farla cadere sul suo torace.  Aindil sollevò la spada e la scagliò contro l'avversaria che non se ne accorse nemmeno. Almeno fino a quando non le si conficcò sul collo, facendola crollare a terra agonizzante.
Aindil si alzò e guardò Catilin.
“Mi dispiace..” senti le parole uscirle dalla bocca senza averle pensate e si rese conto che stava piangendo.
Catilin respirò un ultima volta  fissandola. Uno sguardo carico di odio e sorpresa.

Aindil si guardò attorno. La battaglia era furiosa. Le truppe di Bosco Atro  e di Gran Burrone stavano cercavano di far indietreggiare gli elfi neri. Gli incendi divampavano ovunque. Doveva andare a compiere la missione che le aveva dato suo padre. Ma dove poteva essere Re Thranduil?

“Aindil! Aindil” si sentì chiamare e si voltò. Vide Legolas a pochi metri da lei che le stava correndo incontro.  Estrasse velocemente la spada che ancora traffiggeva il collo di Catilin e si mise in guardia.
“Aindil..” disse Legolas osservando il corpo di Catilin privo di vita
“Cosa vuoi Legolas?” gli disse puntando l'arma contro l'elfo che alzò le mani.
“Aspetta... non voglio farti del male..”disse lui avvicinandosi.
“Non potresti nemmeno...so difendermi sai?” gli rispose lei aggiustando la mira
“Ascolta..non so cosa ti abbiano fatto ...ma io so che non sei in te. Ti prego ...lascia che ti aiuti.”
“Vuoi aiutarmi? Tu vuoi aiutarmi?”
“Aindil ti prego...abbassa la spada....”
Aindil voleva disperatamente abbassare la spada e abbandonarsi a  lui. Davvero. Ma la sua volontà non glielo permetteva. Iniziarono a tremargli le mani. Legolas tentò di avvicinarsi un altro po'.
Riusciva a vedere i suoi occhi velati di lacrime.
“Fidati di me..” ma appena Aindil udì quelle parole di scatto portò la lama affilata al collo del biondo elfo.
“Fiducia?” disse ridendo “ Faresti tutto per me vero Legolas?”
“Si..” rispose l'altro deglutendo.
“Bene” disse Aindil senza togliere la lama dalla sua posizione “Ho bisogno di vedere tuo padre. Portami da lui”

Adesso i suoi occhi non erano più velati di lacrime. Ma di odio.

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Capitolo 11
*** ognuno per se ***


~~Cap 10

ognuno per se

Hunthor aveva cavalcato veloce come il vento quella notte, sperando che l'aria si portasse via i  ricordi di quello che aveva dovuto vedere quella sera.
Perchè  lo aveva fatto? Perchè lo aveva tradito in quel modo? Se sapeva che non avrebbero potuto stare insieme perchè non glielo aveva detto? Maledetta! Era interessata solo al potere! Doveva sapere di sicuro che sarebbe stata incoronata imperatrice!
Sentiva la rabbia esplodergli dentro. Il cuore gli stava scoppiando nel torace.  Letteralmente. Il  dolore era così intenso che non riusci a tenere le briglie del cavallo e cadde rovinosamente a terra.
Aveva sentito storie sul fatto che gli elfi potessero morire a causa di grandi dolori, ma di certo non pensava fosse possibile. O forse sarebbe stato meglio morire. Non avrebbe più sofferto.
Era disperato. Non poteva tornare a Bosco Atro. Aveva fatto la sua scelta e non poteva tornare indietro. Non lo avrebbero mai accettato e comunque l'umiliazione sarebbe stata troppo grande.
Decise di attendere la morte li, sul quel prato umido, alla sola luce della luna.

Ma la morte non lo prese con se quella notte. Ne quelle successive.
Vagò per giorni e per notti, senza una metà, in lande desolate che i suoi occhi non avevano mai visto nemmeno segnate sulle carte. Giunse ai piedi di montagne infinite. Vi sali fino a consumarsi gli stivali.
Una notte poi trovò rifugio in una grotta sulla montagna. Vi entrò. In profondità. Hunthor si perse.
Letteralmente. La rabbia e il rancore lo trasformarono. Vendetta era l'unica parola che rimbombava nella sua testa. Li avrebbe distrutti  tutti.
 
Negli angoli più oscuri dell' Arda radunò centinaia di elfi caduti, che da secoli si nascondevano e da secoli attendevano qualcuno che li guidasse alla rivincita.
Hunthor si fece chiamare Moweig  e divenne il loro capo.
Il suo primo obiettivo era quello di radere al suolo il regno di Cailexa e tutte le sue abitanti. Poi sarebbe toccato a Bosco Atro e Thranduil.


Legolas aprì gli occhi per ritrovarsi legato mani e piedi.

“Ti sei svegliato finalmente!”

Riconosceva quella voce e fu sollevato. Alzò gli occhi ancora un po' frastornato e la vide. Aindil o almeno sembrava lei.
Era vestita di nero  e stava seduta su una sedia ad osservarlo, per nulla spaventata.

“Aindil ..dove siamo..”
“A casa” le rispose lei tranquilla
“Che...che accidenti stai dicendo.. slegami presto!” disse Legolas divincolandosi.
Per tutta risposta lei rise.
“Ti slegherò. Ma prima devi starmi a sentire.”
“Spiegami!Che diamine stai combinando? Sei impazzita?”
“Smettila!” sbottò lei. “Non capiresti.”
“Prova a spiegarmi!”le fece di rimando lui.
“Ho trovato mio padre!”
Legolas fu sorpreso ma la notizia lo confuse ancor di più.
“Vedi Legolas caro” continuò Aindil in un tono che a Legolas non piacque per niente “Mio padre ..come dire...è il Capo degli elfi neri..”
“Che cosa??” urlò Legolas. Quella storia gli piaceva sempre meno.
“E' una lunga storia, non ho tempo di raccontarti tutto. Sappi solo che adesso ho capito. “
“Cosa hai capito?”
“Ho capito chi sono Legolas” disse lei seria
“Che stai dicendo Aindil?” Legolas era seriamente preoccupato per la ragazza.
“Non capisci eh?” rise maligna. “Sono a casa Legolas.”
“Ma sei impazzita?? Che sortilegio ti hanno fatto?”urlò Legolas.
Aindil si alzò e lo prese per i capelli facendogli male.
 
“Basta mi hai stancato! Sei come tuo padre! Vi sentite superiori a tutto e a tutti !” e lo strattonò
“Aindil smettila! Non sai quello che dici!”
“O si che lo so” e sguainò la spada.
“Vuoi uccidermi?” chiese Legolas.
Aindil rise ancora.

“O no. Servi più da vivo.” e tagliò le corde che lo legavano
 Legolas si alzò in piedi  e cerco di prendere Aindil per le spalle. Voleva guardarla negli occhi. Ma lei si scansò e gli puntò la spada contro.

“Torna al castello Legolas. Di a tuo padre che mio padre sta arrivando.”
“Aindil..ti prego...ascoltami..”disse l'elfo disperato cercando di avvicinarla.
“Vattene prima che ci ripensi. Ci rivedremo. Sul campo di battaglia. Ognuno per se.”

Legolas capì a malincuore che faceva sul serio. E arretrò.
Prima di andarsene si fermò  e la guardò ancora una volta.

“Non so cosa ti sia successo. Ma non ti lascerò andare cosi. Lotterò per riavere la mia Aindil.”
“Io lotterei per salvarmi la pelle fossi in te!” gli rispose acida continuando a puntargli la spada contro.
Legolas se ne andò.


“Ho fatto quello che mi avete chiesto padre!” disse Aindil chinandosi
“Bene.” poi scorse una lacrima tra le ciglia della figlia. Non era ancora diventata come lui. Riusciva ancora a provare amore. Ma le cose sarebbero cambiate presto si disse. “Pagherei sacchi d'oro per vedere la faccia di Thranduil quando avrà la lieta notizia del ritorno del suo amico!”

 

 

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Capitolo 12
*** Un pugnale nero ***


~~Cap 12

Un pugnale nero

 

“Non so dove sia mio padre” disse Legolas ad Aindil , che ancora gli teneva la lama della spada al collo.
“Non mentirmi Legolas. Lo sai benissimo. Devo solo parlargli. Di che hai paura?” le rispose la ragazza in tono sarcastico.
“Sta combattendo, secondo te come faccio a sapere dov'è?” spiego l'elfo.

Legolas sapeva dove si trovava suo padre. Era rimasto a comandare le fila all'interno delle mura a est. Ma non avrebbe portato Aindil da lui. Suo padre non sarebbe stato così gentile con lei. Temeva per la vita di entrambi.

“Allora andrò a cercarlo da sola!” ringhiò Aindil “Non prima di averti ucciso!”
“Fermati Aindil!” Re Thranduil era dietro di loro, con l'arco carico contro la ragazza, che si era voltata di scatto.
“No padre!” urlò Legolas.
Aindil alzò la spada ancora una volta contro Legolas, mantenendo una posizione che le consentisse di vederli entrambi.
“Aindil allontanati da mio figlio prima che lasci andare questa freccia!” disse ancora il sovrano.
“Se lo fate lui verrà nella tomba con me!” rispose Aindil. Le mani iniziarono a tremarle.
“Cosa credi di fare?Vuoi davvero uccidere Legolas? Pensavo che ci tenessi a lui” chiese Re Thranduil.
Aindil sentì salirle un nodo alla gola. Le stomaco le si contorse. Nella sua testa rimbombava continuamente la stessa domanda: che accidenti sto facendo? Che accidenti sto facendo?
Abbassò la spada, le braccia le dolevano. La lasciò cadere.
“Non voglio uccidere Legolas..” e così dicendo si allontanò da lui e mosse un passo verso Re Thranduil, che continuava a tenerla sotto tiro. “Mi dispiace,io..io ..non” e scoppiò  a piangere coprendosi il viso con le mani.
Legolas sospirò e guardò il padre che stava abbassando l'arco.
Stava per avvicinarsi ad Aindil, quando accadde tutto in un attimo.
La vide prendere qualcosa dalla cinta che portava in vita e scagliarla contro suo padre.

“Noo!” urlò e si scagliò su Aindil che aveva continuato però a piangere tutto il tempo.
 
Re Thranduil si scansò all'ultimo ma il pugnale che Aindil aveva scagliato lo ferì di striscio al braccio sinistro.
Si toccò l'arto dolorante e quando tolse la mano vide che la ferita era già diventata nera.
Il veleno ci avrebbe messo poco a diffondersi al resto del corpo. Doveva curarsi subito. Se lo avesse preso al cuore...rabbrividì al sol pensiero.
Alzò gli occhi e vide che Legolas aveva bloccato Aindil.

“Portala dentro e assicurati che non scappi. A lei penseremo dopo. Dobbiamo cercare Elrond prima che per  me sia troppo tardi!” disse al figlio.

 


Hunthor non si era mosso dalla sua postazione. Da li aveva una visuale perfetta su tutto quello che avveniva sul campo di battaglia. Poteva controllare tutto. Aindil compresa.
La poteva vedere. L'aveva vista combattere e uccidere quella guerriera e poi era arrivato quel dannato elfo biondo. Forse avrebbe dovuto ucciderlo subito. Era per colpa sua se non era riuscito a sottomettere completamente Aindil. Quei due dovevano provare sentimenti profondi l'uno per altra, altrimenti sarebbe stato tutto più facile. Era riuscito ad ottenere comunque il suo scopo. Thranduil era stato ferito dal pugnale nero. Sarebbe bastato per ucciderlo.
Aindil era loro prigioniera adesso, e prima o poi avrebbe pagato con la vita  per l'uccisione di Thranduil. Lui non poteva fare niente per lei. O non voleva. Era sua figlia certo, ma in fin dei conti non gliene importava  molto . La sola cosa che importava era ottenere la sua vendetta. Solo quello contava.

 

Aindil pianse tutte le lacrime che aveva in corpo e continuava a ripetere che le dispiaceva.
Legolas la guardava. Le faceva così pena. Cosa dovevano averle fatto per portala a compiere un gesto simile?
L'aveva incatenata a malincuore e poi raggiunse il padre  e  Re Elrond.
Re Elrond era maestro di cure elfiche, ma i pugnali neri potevano essere fatali. Anche se si veniva feriti di striscio.
Lo vide porre delle erbe pestate sulla ferita. Il veleno si era già esteso a tutto il braccio e alla spalla. Il viso del padre era deformato dal dolore. Non lo aveva mai visto cosi.

“Cosa ne pensate?” chiese Legolas a Re Elrond.
Il sovrano lo guardò e lo sguardo non lo rassicurò affatto.
“Fortunatamente la stanza della speziale era ben fornito di tutte le erbe necessarie e curarlo, ma...non so...”disse Elrond sconfortato. “Dov'è?” chiese poi riferendosi ad Aindil.
“Sire...lo so che tutto è contro di lei... ma credo ancora che non abbia agito di sua volontà”spiegò Legolas.
“Mi meraviglio di te Legolas” lo apostrafò il Re. “Ha cercato di uccidere tuo padre e tu ancora la proteggi! Non è che sei tu sotto un qualche sortilegio?”
Legolas abbassò lo sguardo.

 

Intanto fuori la battaglia stava scemando. Gli elfi neri, in netta minoranza, erano stati sopraffatti.
Alcuni avevano già battuto in ritirata e si dispersero. Gli altri continuarono a combattere fino a trovare la morte. Hunthor si voltò e cavalco verso il campo. Non finiva li. Avrebbe cercato nuove alleanze e sarebbe tornato a fare piazza pulita di quei maledetti elfi.

 


Re Elrond entrò furibondo nella stanza dove era detenuta Aindil, seguito da Legolas.
Aindil li guardò entrare.
“Re Thranduil è...è..” ma la ragazza non riuscì a finire la frase.
“No! Il tuo tentativo è fallito!” le rispose Re Elrond maligno.
“Re Elrond...credetemi...non volevo ucciderlo...” cercò si spiegare sconsolata Aindil.
“Bastava ferirlo per attentare alla sua vita e tu lo sapevi!” continuò il re sempre più in collera “immaginato sia stato il tuo caro padre ad ordinarti di farlo?”
Aindil annui.
“Fatemi capire...incontri un elfo nero che dice di essere il tuo scomparso padre e tu gli credi subito? Sei  davvero così sciocca?” continuò il Re. Legolas si morse le labbra per non intervenire. Prendere adesso le parti di Aindil avrebbe solo complicato le cose.
“Io sono sicura che è mio padre! Mi ha raccontato la verità su mia madre e su tutti voi!” urlò disperata Aindil.
“Qualunque cosa ti abbia detto non ti dava il diritto di tradirci così! Io sospetto che tu abbia tramato fin da subito nei nostri confronti. Troppe sono le cose che non mi spiego. Ad esempio, come sapevi con tanta esattezza dove si trovava il loro accampamento? Legolas ti ha seguito e ci ha detto che sembrava tu conoscessi la strada molto bene.”la interrogò Elrond

Aindil non sapeva neanche lei spiegare cosa era successo. La mente era annebbiata, i ricordi non erano chiari.
“Io ..non lo so..” rispose affranta.
“Non lo sai? Secondo me non vuoi dirlo! Sei solo una bugiarda!”ringhio Re Elrond fuori di se dalla rabbia.
“Adesso basta!”intervenne Legolas.
“No Legolas!” lo bloccò Re Elrond “ smettila tu! Cosa ti fa pensare che non abbia mentito anche a te? Che non ti abbia usato per avere la nostra fiducia? Sai quanti di noi sono morti a causa sua?”

Aindil era disperata. Già, quanti erano morti a causa sua? Anche sua madre era morta a causa sua? E  Catilin. Aveva ucciso Catilin con una freddezza che non era sua. Come aveva potuto fare una cosa simile? Cosa aveva fatto?

“Re Elrond...” disse con un filo di voce Aindil “ vi dirò tutto quello che mi ricordo...ma vi prego...credetemi..io non volevo fare quello che ho fatto..”

Re Elrond la guardò e pensò che nonostante tutto fosse sincera. Almeno lo era adesso.
 
“Inizia a dirci quali sono i piani di tuo padre. Te ne avrà messo al corrente immagino.”
“Non mi ha detto m..olto ..” Aindil sentiva mancarle l'aria nei polmoni “so solo ...che...” non riusciva a respirare.
Legolas e Re Elrond la videro portarsi le mani alla gola.

“Aindil!” Legolas si precipitò su di lei. Era paonazza in volto.
“N...o..re..s..”disse Aindil con estrema fatica
“Che le succede?” chiese Re Elrond avvicinandosi.

Aindil non respirava quasi più. Era come se delle mani invisibili le stritolassero la gola. Stava morendo come era morta sua madre. Non aveva più aria nei polmoni. Guardò Legolas. Ma non riuscì a parlare. Avrebbe voluto dirgli che lo amava. Un ultima volta.


Hunthor non avrebbe permesso che sua figlia lo tradisse. Non poteva permettere che mandasse tutto all'aria. Lui sapeva come farla tacere.


Disperato Legolas tolse le catene che ancora legavano Aindil.
“Non respira! Non respira!” disse contro Re Elrond.
“Qualcosa la sta soffocando!” disse il sovrano “Toglili la cotta!Deve essere libera di respirare!”
Nella foga Legolas le strappo la giubba. Non credette ai suoi occhi.
La catenina che aveva dato ad Aindil il giorno del funerale della madre le si era attorcigliata attorno al collo, così stretta da soffocarla. E stringeva sempre di più!
“Che accidenti...” poi senza pensarci cercò di strappargliela di dosso. Ma quella era cosi dura, e più la tirava e più si stringeva.
Senza pensarci troppo prese la spada e , facendo attenzione a non ferire la ragazza, tranciò di netto la catenina.
Aindil trasse un lungo respiro affannoso.
Legolas la prese tra le sue braccia.
 
“E' passata...è passata..” le sussurò abbracciandola come se  non volesse più lasciarla andare.

 

Hunthor urlò quando si rese conto di aver perso il contatto. E maledì sua figlia e tutti gli elfi! Non gli avrebbe permesso di farla franca. Prima o poi avrebbe avuto la meglio su tutti loro.

 

 

 


Spazio autrice
Per chi domani la festeggia I miei migliori auguri di Buona Pasqua. Per chi non la festeggia  Buon weekend!
Grazie ancora a chi mi segue...io spero che la sta storia vi stia piacendo, anche se confesso di essermi un po arenata....troppo cioccolato mi confonde! ;-) Kissssss

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Capitolo 13
*** Addio mio amore ***


~~Cap 13

Addio mio amore.

 


Re Elrond  si rigirava la catenina tra le mani osservandola attentamente e prestando particolare attenzione al pendente. A prima vista sembrava una comune collanina, ma sentiva che emanava male.
Poche volte aveva visto artefatti del genere, ma sapeva che tipo di potere avevano e quale controllo potessero esercitare sulle persone che lo indossavano. Dopotutto, quindi, Legolas aveva avuto ragione fin dall'inizio. Aindil non aveva agito di sua volontà.
La razza elfica era immune a quel tipo di magia, ma Aindil era una mezzelfa e quindi la sua parte umana era stata colpita dal sortilegio. E la sua parte elfica l'aveva salvata non permettendo che prendesse del tutto il controllo su di lei.
Senti bussare alla porta.
“Avanti” e Legolas entrò.
“Re Elrond, mio padre si sta risvegliando. Sembra che il peggio sia passato.”
“Bene e..Aindil?” chiese il sovrano.
“Sta ancora riposando. Non si è del tutto ripresa.”rispose l'elfo.
“Sarà difficile farlo per lei.” detto questo il Re uscì seguito da Legolas e si diresse nella stanza di Re
Thranduil.

“Appena sarai in grado di viaggiare torneremo a casa. Non ha senso restare ancora a Cailexa” disse Re Elrond rivolto a Re Thranduil che fece un cenno di assenso con il capo.
“Ma potrebbero tornare Sire!” intervenne Legolas.
“Non credo. Hunthor ha raggiunto il suo scopo qui. Non credo gli interessi il regno. E se è la vendetta che cerca è sicuro che attaccherà ancora. Ma non qui.” disse Re Elrond guardando Re Thranduil. “Dobbiamo tornare  a difendere la nostra casa”

 


Aindil non riusciva a dormire. Mille pensieri che facevano scoppiare la testa. Decise di uscire per prendere una boccata d'aria. Guardò sotto di lei le macerie di Caleixa sparse ovunque. Ci sarebbero voluti mesi per ricostruire. Ed era tutta colpa sua. Come aveva potuto lasciare che la usasse in quel modo? Come poteva un padre essere cosi meschino e crudele? Non gli importava niente di lei. A nessuno più importava niente di lei. Legolas di sicuro non avrebbe più voluto saperne di lei dal momento che aveva tentato di uccidere suo padre. Come dargli torto.
Se solo ci fosse stato un modo per rimediare al male che aveva fatto...

Alzò gli occhi e questa volta vide arrivare Legolas.
“Ti stavo cercando” disse lui guardandola preoccupata.
“Non preoccuparti. Non ho intenzione di fuggire.”
“Non intendevo per quello. Come ti senti?”
Aindil non rispose. Diede le spalle all'elfo e continuò a scrutare il buio orizzonte.
“Che sarà di me adesso Legolas?”
“Che intendi dire?”
“Davvero credi che la passerò liscia per aver tentato di uccidere tuo padre?”
“Non sei stata tu”
Aindil rise amaramente.
“Nessuno crederà  a questa storia”
“Tutti forse no. Ma  io so qual'è la verità e questo basta”
Aindil si voltò e lo guardò triste.
“Non credo ci possa essere un futuro per noi due Legolas.”
“Che cosa stai dicendo?”
“Come puoi amarmi ancora dopo tutto quello che ho fatto? E' vero, ero vittima di un sortilegio,ma  centra solo in parte. Dentro di me io volevo veramente vendicarmi sulle donne di Cailexa  e su tuo padre! Lui è davvero in parte responsabile della morte di mia madre e di quello che è successo a mio padre! Se  li avesse aiutati non saremmo arrivati a questo punto!” disse agitata Aindil.
“Vuoi dire che avevi o hai intenzione di ucciderlo ancora? Chiese Legolas allarmato.
“Io..io non lo so Legolas!” e si inginocchiò a terra tenendosi il viso tra le mani per nascondere le lacrime. “So solo che non merito più il tuo amore”
Legolas la guardò. Quello che le aveva detto non poteva non avere un peso.
“Vattene!Ti prego vai via Legolas” disse Aindil.
Legolas cercò di dire qualcosa. Ma non aveva niente da dire. Girò i tacchi e se ne andò senza voltarsi un ultima volta.

Dopo un po' Aindil si accertò che lui se ne fosse andato. Si alzò e si asciugò le lacrime. Sapeva di aver fatto la cosa giusta.
“Addio amore mio” pensò mentre si dirigeva  verso le stanze dove alloggiava Re Elrond.

 


Qualche giorno dopo Re Thranduil fu in grado di alzarsi e volle ripartire subito per Bosco Atro.
Tutte le truppe si prepararono al rientro.
Legolas si guardò in girò. Da quella notte in cui Aindil lo aveva allontanato non l'aveva più rivista.
Forse aveva ragione lei. Non ci poteva essere futuro per loro due.
Salì a cavallo e, insieme agli altri lasciò Cailexa.

Viaggiavano ormai da qualche ora.
“Dov'è la tua mente Legolas?” chiese Re Thranduil a suo figlio.
Legolas non rispose. Non per scortesia o altro. Nemmeno lui sapeva dov'era.
“Lascia andare il ricordo di quella ragazza. Fa parte del passato ormai.” disse ancora il padre.
“Sarebbe la cosa più saggia da fare. Ma c'è ancora qualcosa di cui non riesco a farmi una ragione” rispose Legolas.
“Permettimi di dirti una cosa Legolas.”intervenne Re Elrond. “Tuo padre ha ragione. Perdi solo tempo occupando la tua mente rivolgendo i tuoi pensieri a quella ragazza. In buona fede o no ci ha procurato più danni che altro. Tu non devi più preoccuparti di lei. Se un giorno,in un modo o nell'altro, riuscirà a rimediare ai suoi errori non c'è dubbio che lo verremmo a sapere. Ma lei è uscita dalle nostre vite.  Per sempre.”
A quelle parole Legolas si allarmò.
“Che state dicendo Sire?”
Ma nessuno gli rispose.
“Che è successo ad Aindil?” chiese ancora. “Ditemelo!” disse afferrando il braccio di suo padre.
“E' troppo tardi comunque.” gli rispose lui .
“Re Elrond!” disse Legolas “ se non me lo dite voi lo scoprirò da me stesso.” e fermò il cavallo e lo fece voltare per tornare da dove erano venuti.
“Legolas!” urlò il padre “Te lo diremo! Ma non potrai fare nulla per lei. E' inutile tornare indietro”
Re Elrond sospirò e poi parlò:
“E' venuta da me qualche notte fa...diceva di voler rimediare al male fatto..Che sapeva come fare..
Mi ha spiegato il suo piano e dopo essermi consultato con tuo padre abbiamo acconsentito ad aiutarla. Non sappiamo se abbiamo fatto la scelta sbagliata o no.”
“Cosa vuole fare?” chiese Legolas “Cosa?”
Stavolta fu Re Thranduil a parlare.
“E' andata a cercare Hunthor.  E' partita quella stessa notte. Ha promesso che egli pagherà con la vita per quello che ha fatto.
“E come sperate che lo trovi?” chiese Legolas adirato.
Re Elrond e Re Thranduil non risposero. Poi Legolas capì.
“La catenina? Le avete rimesso al collo la catenina? Siete forse impazziti? La ucciderà!” urlò rabbioso.
“Non siamo sciocchi ragazzo!” lo apostrofò Re Elrond. “La collana la guiderà solo verso suo padre. Per il resto non potrà farle nulla. Non può più essere soggiogata da quell'amuleto.”
Legolas non capì subito quello che stava dicendo il sovrano.
“Ha fatto la sua scelta. Adesso è un elfo a tutti gli effetti. E ha deciso di dare la vita per il suo popolo.” concluse infine il Re.
Legolas non ci pensò troppo. Spronò il cavallo e tornò sulla strada per Cailexa. Non avrebbe lasciato sola Aindil. Mai.

 

 

 

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Capitolo 14
*** Una foresta oscura ***


~~

Cap 14

Un'oscura foresta

Legolas cavalcò per giorni senza mai fermarsi, seguendo le poche traccie lasciate da Aindil. L'avrebbe cercata in capo all'Arda se fosse stato necessario.
Notò che si stava dirigendo fuori da  tutte le terre conosciute, oltre i territori del Rhun.
Continuava a chiedersi come avevano potuto suo padre e Re Elrond permettere una cosa del genere.
Era una missione suicida. E lo sapevano tutti.
Di Aindil nessuna traccia. Dove poteva essere? Aveva già trovato il padre? E sopratutto...era ancora viva?
Da lontano vide un gruppo di montagne scure. Pensò che fosse un perfetto nascondiglio per chi non voleva essere trovato. Si mosse in quella direzione, sperando di non dover tornare sui suoi passi.
Qualche giorno dopo raggiunse la foresta ai piedi delle montagne e vi si addentrò a piedi, tirandosi dietro il cavallo.
Luogo tetro quella foresta! Non un cinguettio, non un fruscio di vento tra le fronde dei grandi alberi. Sembrava tutto fermo, morto.
Il cavallo avvertì la paura e sfuggì al controllo del suo padrone.
A Legolas non restò che avanzare da solo. Forse il suo istinto aveva sbagliato quella volta.
Avanzò lentamente impugnando la spada , attentò al minimo rumore.
Ma nessun rumore raggiunse il suo orecchio. Il vuoto assoluto lo circondava. E questo era ancor più terrificante. Avrebbe preferito  di gran lunga essere attaccato da un gruppo di orchi!
La vegetazione era sempre più fitta. Si vedeva a malapena. Rabbrividì pensando che da lì a poche ore il sole sarebbe tramontato.
Pensò di tornare indietro , ma quando si voltò gli alberi dietro di lui sembravano avergli chiuso la via del ritorno. E non era solo una sua impressione. Quale forza oscura governava quella foresta maledetta? Poteva solo andare avanti e sperare di arrivare vivo ai piedi della montagna. Se gli alberi glielo avessero permesso.
Non fece a tempo di finire di pensarlo che si ritrovò una spada puntata al collo.

“Legolas?” disse una voce familiare
“Aindil? Sei tu?” chiese l'elfo.
Aindil si tolse il cappuccio dello scuro mantello che indossa.
“Che accidenti ci fai qui? Come hai fatto a trovarmi?” sembrava adirata e preoccupata.
“Credi davvero che ti avrei lasciata fare questa pazzia da sola appena lo avessi scoperto?”
“Non devi scoprirlo! Pensavo che gli elfi fossero più riservati!” notò acida lei.
“Lo avrei scoperto comunque!” continuò lui.
“Non saresti dovuto venire..”
“Tu non saresti dovuta venire Aindil!”
Aindil lo guardò. Non sapeva più cosa dirgli. Tanto sarebbe stato inutile. Comunque lui non poteva più andarsene.
“Hai trovato tuo padre?” chiese poi Legolas
“No, non ancora, è come scomparso. Ma lo avverto ancora quindi è vivo.”
“A meno che non sia una trappola”
“Si ci ho pensato anche io.”
Aindil tacque e guardò Legolas.
“Mi dispiace di come sono andate le cose” gli disse
“Anche a me...” rispose Legolas continuando a guardarla negli occhi.
Imbarazzata dalla sguardo dell'elfo Aindil si voltò.
“Vieni, questa è l'unica via che ci è permesso seguire.”
“Cosa vuol dire che ci è permesso?” chiese Legolas
“La foresta ha una propria volontà, indotta o no.”
“Lo avevo immaginato” e si incamminò dietro Aindil.

“Credo che si nasconda sulla montagna a questo punto.” disse Aindil dopo un po' che camminanavano.
“L'ho pensato anche io ma sembra troppo ovvio. E' per questo che ritengo sia una trappola.”
“Già..ma a questo punto non abbiamo altra scelta visto che non si può tornare indietro. E poi devo trovarlo in un modo o nell'altro.”continuò Aindil.
“E poi? Cosa succederà quando lo troverai ?” chiese Legolas preoccupato dalla risposta che avrebbe potuto ricevere.
Aindil tacque.
“Non lo so” rispose infine.
“Secondo me invece lo sai.” disse Legolas afferrandola per un braccio “Cosa farai quando lo troverai?”
Aindil si liberò dalla presa infastidita.
“Gliela farò pagare..con la vita!” rispose con un sibilo.
“Sembra facile a dirsi. Per me tu, mio padre e Re Elrond siete tutti impazziti!”
“E tu cosa proponi di grazia?”gli disse sempre più adirata Aindil.
Ma Legolas tacque. Non aveva pensato a nessun piano. In fondo trovare Hunthor e ucciderlo sembrava l'unico piano possibile.
“Mi permetterai di aiutarti?” le chiese infine.
Aindil non rispose ma gli voltò le spalle e continuò ad avanzare nella foresta.

Era ormai buio. Non si vedeva più nulla.
“Credo che dovremmo passare la notte qui. Per quanto terrificante possa essere.” disse Aindil fermandosi.
“Si. Nemmeno gli occhi di elfo riescono a penetrare tanta oscurità.” rispose Legolas.
“Ti hanno detto anche della mia scelta immagino?”
“Si” rispose Legolas con un cenno della testa.
Aindil cercò un riparo ma niente era ospitale in quella foresta.
Legolas riuscì ad accendere un piccolo fuoco, ma stranamente la legna non ardeva è cosi il fuoco fu destinato a spegnersi in fretta.
Si sedettero l'uno vicino all'altro, schiena contro schiena. Ormai non si vedevano più.
Il buio e il silenzio erano totali.
“Non addormentarti Aindil. Non chiudere gli occhi per nessun motivo.” le disse Legolas allarmato.
“Stavo per dirti la stessa cosa. Qualcosa di molto oscuro vive in questa foresta.” gli rispose Aindil.
Si presero la mano e la strinsero forte per farsi coraggio l'un con l'altro.
Faceva molto freddo. Aindil iniziò a tremare e Legolas si girò e l'abbracciò per scaldarla e scaldarsi a sua volta.
“Co-s'è?” chiese Aindil.
“Non -lo so” rispose Legolas tremando sempre di più.
“E' inn-atur-ale” continuò a fatica Aindil.
“Tutt-o lo è q-ui” Legolas si accorse che ogni volta che prendeva fiato per parlare l'aria fredda gli ghiacciava i polmoni. “Non par-lare..sshhh..”
Nella mente di Aindil iniziarono a formarsi immagini di morte, oscurità,malvagità. Erano visioni opprimenti. Era terrorizzata. Avrebbe voluto alzarsi e scappare. Si sentiva osservata,braccata, inseguita. Occhi ovunque che la guardavano, scrutavano. Ucciderla, volevano ucciderla, torturarla, violarla. Si strinse con tutta la forza che aveva a Legolas.
Non lo sapeva ma anche lui si sentiva nello stesso modo. Si strinsero più che potevano, quasi a trattenersi l'un con l'altro, consapevoli che se uno di loro avesse mollato entrambi si sarebbero smarriti in quell'oblio nero.


Aindil aprì gli occhi. Non sapeva dire per quanto tempo li aveva tenuti chiusi. Nè se avesse dormito. Nè se fosse viva o morta. Un flebile raggio di luce le accarezzo il viso. Rotolò su un fianco e provò ad alzarsi. Le dolevano le braccia e la testa. Poi vide Legolas accanto a lei.
“Legolas!Legolas” chiamò sperando che lui le rispondesse.
Ma lui non le rispose. Si avvicinò e gli toccò il viso. Era così freddo.
“Legolas..ti prego svegliati!” disse in preda all'angoscia scrollandolo.”Non lasciarmi anche tu!”
Le lacrime di lei bagnarono il viso di lui. Legolas aprì la bocca e trasse un lungo respiro e si mise seduto, come se fosse riemerso dalle profondità di un brutto sogno.
“Aindil!” la chiamò e lei lo abbracciò continuando a piangere.
“Oh Legolas! Pensavo fossi morto!” disse lei ancora piangente.
“Lo pensavo anche io...cos'è successo?” disse l'elfo guardandosi intorno.
Si trovavano ancora nella foresta ma si era fatto ormai giorno. Tutto era come il giorno prima. Nero , fermo e immobile. Ma loro erano indenni.
“Forse è stata solo suggestione..”disse Aindil alzandosi e aiutando Legolas a farlo.
“Può essere..ma sembrava tutto troppo reale..” disse lui guardingo.
“Comunque sia..siamo vivi e dobbiamo uscire di qui il prima possibile” disse Aindil.
“Si..e in fretta” disse Legolas riprendendo la via.
Pochissimi passi dopo  si resero conto di essere fuori dalla foresta.
Legolas e Aindil si guardarono attorno sorpresi.
“Quale stregoneria è mai questa?” disse Aindil
“Non lo so, ma non credo sia finita qui” le rispose Legolas.
Aindil si voltò e davanti i suoi occhi si stagliava l'imponente montagna.
“Ma..come..sembrava cosi distante dalla foresta...” disse sbigottita.
Legolas era preoccupato quanto lei.
“Dobbiamo salire...” le disse.
“Lo so...guarda lì!” disse Aindil indicando con il dito a Legolas
“Un sentiero tracciato! Ora sono davvero convinto che sia una trappola!”
“Abbiamo altra scelta?” disse lei guardandolo. Conosceva già la risposta.
“No” detto questo Legolas e Aindil s'incamminarono per il sentiero.

 

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Capitolo 15
*** Nella tana dell'orco ***


~~Cap 15

Nella tana dell'orco

Da ore ormai Aindil e Legolas avevano intrapreso il sentiero che saliva lungo la montagna. Non avevano idea di dove li stava conducendo, se conduceva poi da qualche parte.
D'un tratto il cielo si fece scuro e iniziò a piovere. L'acqua scrosciava violenta , tuoni e fulmini si alternavano nell'aria.
Avanzano a fatica. La tempesta continuava ad infuriare. La terra si era trasformata in pantano e ad ogni passo i piedi si incollavano al terreno.
Una saetta cozzò contro la montagna,a pochi passi davanti ai due. Dei massi  si staccarono dalla parete e  iniziarono a cadere lungo la via.
Legolas e Aindil cercarono di appiattirsi il più possibile per evitare i massi.
“Dovremmo trovare un riparo fino a quando la tempesta cesserà!” disse Legolas contro Aindil.
“Se finirà!” rispose lei. Avanzarono ancora per qualche miglio, poi Legolas scorse una cavità nella roccia. Sembrava un cunicolo più che una caverna.
Si addentrò trascinandosi dietro Aindil. Legolas si fermò di scattò annusando l'aria.
“Lo senti anche tu?”
Aindil lo sentiva eccome. Era un odore inconfondibile.
“Puzza di orchi..” rispose portando la mano all'elsa della spada.
“Potrebbe essere una scorciatoia...” ipotizzò Legolas.
“Si..per gli inferi..” rispose Aindil cercando di aguzzare la vista al buio del cunicolo. “Forse dovremmo tornare fuori e affrontare la tempesta.”
“E' come decidere in quale modo morire..” disse Legolas.
Discussero per un po' sul da farsi. La tempesta non aveva intenzione di cessare, anzi, era aumentata di intensità. Alla fine ebbe la meglio Legolas e decisero di addentrarsi nell'oscurità.
Dentro riuscivano a mala pena a distinguere loro stessi, e più si allontanavano dalla fessura da cui  erano entrati meno vedevano.
“Non credo sia stata una delle tue migliori idee...” disse Aindil.
“I tuoi occhi non si sono ancora adeguati alla tua natura elfica?” disse Legolas che camminava più sicuro e veloce. La prese per mano e le ordinò di non lasciarlo.
Poi Legolas sentì il terreno scendere. Girò attorno ad un muro di roccia e si fermò di colpo, tornò sui suoi passi e s'accovacciò , portando giù con sé Aindil.
“Che succede?” chiese lei.
“Orchi!” sussurò lui.
“Quanti?”
Legolas si mise giù e strisciando arrivò un po' più avanti. Sbirciò da dietro al muro.
“Ne vedo solo tre, ma sono guardie. Proviamo ad andare dall'altra parte”
Tornarono indietro, seguendo il muro. Infondo si intravedeva una fievole luce che proveniva dal basso.
Mano a mano che si avvicinavano  la luce diventava più forte e poterono vedere che la strada finiva a precipizio.
Si stesero a terra e strisciando arrivarono al bordo, poi guardarono giù.
Le loro pupille si dilatarono alla vista che gli si presentò.
Centinaia, migliaia di orchi sotto di loro. La luce proveniva dal fuoco delle fucine da cui usciva ferro rovente che veniva colato per costruire mannaie e spade di ogni genere.
“Sembra si stiano preparando ad una guerra!” osservò Aindil.
“Dobbiamo andarcene di qui!” disse Legolas indietreggiando.
Aindil lo seguì , ma andò a sbattere contro qualcosa. Non era duro come la roccia.
Si voltò per vedere contro cosa aveva sbattuto e restò senza fiato quando si trovò davanti un grande orco che la guardava digrignando i denti. Poi una freccia lo colpì al collo e questo cadde rantolante al suolo.
“Vieni! Presto!” le urlò Legolas tirandola per un braccio.
Gli altri orchi furono loro subito addosso.
Legolas scoccava frecce una dietro l'altra e Aindil brandiva la spada portando tutti i colpi a segno.
Poi Aindil sentì qualcosa colpirle la faccia con violenza e cadendo andò a sbattere la testa contro una roccia.
Legolas la vide cadere, e cercò di avvicinarsi a lei per proteggerla come poteva. Ma gli orchi si erano fatti più numerosi e non riuscì a ucciderli tutti. Si voltò deciso a prendere in braccio Aindil e tentare una fuga disperata, ma di lei non vi era più traccia.
In lontananza vide la fessura da cui erano entrati. Era la sua unica salvezza. Ma non voleva lasciare Aindil. Altri orchi gli furono addosso . Legolas capì che non ne sarebbe uscito vivo. Doveva per forza uscire di lì. Con un balzo saltò sulla schiena di un orco che gli era parato davanti. Gli orchi erano grossi e forti, ma non veloci come un elfo. Legolas riuscì a raggiungere il cunicolo da cui erano entrati ed uscire da quella trappola.
Adesso doveva trovare il modo di raggiungere Aindil. Non l'avrebbe mai lasciata in mano agli orchi. L'avrebbe ritrovata come già aveva fatto altre volte.

L'orco che aveva colpito Aindil, se l'era caricata sulle spalle e la stava portando su, dal Signore Nero. Era convinto che avrebbe ricevuto una lauta ricompensa per la sua cattura. Magari gli avrebbe permesso di mangiarsela pure.
Arrivò ai piedi del trono, dove solitamente si trovava il Nero, come lo chiamavano tra loro.
Non lo vide. Scaricò la ragazza a terra. Si mise un dito nel naso e poi se lo portò alla bocca restando in attesa. Guardò la sua preda. Doveva essere morbida e succosa. Si leccò i baffi. Magari poteva staccarle un braccio o una gamba, tanto per assaggiarla. Avrebbe sempre potuto dire che era stata ferita durante il combattimento. Guardò bene che non ci fosse nessuno che lo vedesse e si avvicino alla ragazza studiando quale parte fosse la migliore. Decise per la gamba, c'era più carne.
Stava per affondare i suoi denti, quando qualcosa lo colpì pesantemente alla testa.
Si voltò ringhiando. Ma il ringhio gli morì sulla lurida bocca quando davanti a sé vide il Nero.
“Che pensavi di fare stupido idiota?”
“Mi dispiace, io non..”
“Taci stupido!”e lo colpì ancora con l'elsa della spada. Poi lo spostò di forza. “Dove l'avete trovata?”
“Giù,deve essere entrata da una delle fessure della montagna.”
“L'altro dov'è?” disse il Nero riferendosi a Legolas.
L'orco titubò. Sapeva di cosa era capace il Nero quando si adirava.
“Lui...è..fuggito”
Il Nero ingoiò il boccone amaro.
“Siete solo degli incapaci! Perchè ho trovato voi nel mio cammino? Perchè!'” urlò rabbioso.
“Perchè siamo gli unici che hanno accettato di stare dalla vostra parte?” rispose l'orco confuso.
“Non era una domanda brutto stupido!” urlò ancora il Nero. E poi preso dalla rabbia lo trafisse con la spada. L'orco crollò a terra privo di vita.
Poi il Nero si girò verso la ragazza.
“E adesso pensiamo a te. Al tuo amico penserò più tardi.”


Legolas continuò a salire la montagna. Vi erano diverse fessure che permettevano l'accesso, alcune erano vie cieche che non portavano da nessuna parte.
Ne trovò una che sembrava essere stata creata apposta. Non vi erano orchi nei paraggi e quindi decise di percorrerla.
Poco dopo il percorso si intersecava con un altro più grande. Questo era illuminato da torce .
“Forse sono sulla via giusta!” pensò. Ma pensò anche che poteva essere invece finito giusto dritto in trappola.
Camminò indisturbato per un po'. Si ritrovò in un ampia sala. Scattò indietro quando notò il grosso orco steso a terra. A spada tratta gli si avvicinò, tendendolo sotto tiro, ma quello non si muoveva.
Quando fu abbastanza vicino gli diede un calcio. Ma quello non dava nessun segno di vita. Poi notò la pozza di sangue nero sotto di lui. A vederlo doveva essere lì da parecchie ore.
Sentì dei passi avvicinarsi e cercò un rifugio per non farsi vedere.
Alcuni orchi vennero e presero il corpo per portarlo via.
“Chissà cosa ha combinato per meritarlo!” disse uno degli orchi con un ghigno.
“Avrà fatto arrabbiare il Nero!” rispose l'altro sputando a terra.
“Ci vuole poco per mandarlo in collera quello li!”
“Muoviamoci, sarà meglio non ci trovi qui o faremo la stessa fine!” e detto questo se ne andarono trascinandosi dietro il cadavere.
Quando furono abbastanza lontani Legolas uscì da dove era nascosto e si avviò alla parte opposta alla loro. Chi accidenti era questo Nero di qui parlavano? E Aindil che fine aveva fatto? Si chiese preoccupato.
Seguì la strada segnata dalle torce fino a giungere ad un enorme sala scavata nelle rocce.
Non c'era nessuno eppure si sentiva osservato. Studiò l'ambiente che lo circondava. Era tutto così spoglio e freddo. Non si muoveva nulla. Ma non sembrava esserci altra via oltre a quella da cui aveva avuto accesso.
“Ti stavo aspettando!”
Legolas trasalì. Non riusciva a capire se se la era immaginata o se aveva udito davvero quella voce.
Poi un fumo denso si levò e gli fu impossibile vedere qualcosa.
Sentì solo una fredda mano che gli stringeva il collo. Si dimenò e nel fumo, che inizia a diradarsi, scorse due occhi verdi. Li aveva già visti una volta.
Legolas riuscì con uno scatto ad afferrare la spada e scagliò un fendente avanti a sé. La morsa lo lasciò andare e lui cadde indietro, sulla schiena.
L'ombra nera gli fu addosso con una violenza che Legolas ne fu sopraffatto. Fece appena in tempo a scansare un colpo che ne arrivò un altro che lo prese in pieno stomaco.
Riprese la spada, ma l'essere lo colpì con un calcio in faccia.
“Vigliacco!” gli gridò Legolas dolorante “ solo un vigliacco combatte nascondendosi!” sperava di portarlo a farsi vedere.
E fu così. Il fumo si diradò e vide l'uomo che impugnava una lunga spada.
“Hunthor!” disse Legolas “ lo immaginavo!”
“Tu sei il figlio di Thranduil vero?”
Legolas si alzò e si mise sulla guardia.
“Si” rispose
Hunthor rise, una risata che pareva un ghigno.
“Dai del vigliacco a me, quando sei il figlio del più grande codardo che abbia mai conosciuto!”
“Mio padre non è un codardo!” rispose rabbioso Legolas.
“Ah...e di grazia dov'è? Manda una ragazzina e suo figlio a cercarmi mentre lui è al sicuro al suo palazzo? Non è forse codardia anche nel mondo degli elfi questa?” disse Hunthor sprezzante.
“Taci!” gli urlò Legolas furioso. Poi gli si lanciò contro cercando di colpirlo. Ma Hunthor era incredibilmente forte e parò il colpo senza difficoltà.
“Che pensi di fare ragazzo?” gli disse deridendolo.
“Dov'è Aindil?” chiese Legolas.
“Non è affar tuo.”
“Si che lo è!”
“Che cosa stupida l'amore. Tu e quella sciagurata di mia figlia siete due stupidi! Non potrete mai stare insieme. Lei è destinata ad altro. Non l'ha ancora capito ma adesso baderò io a lei. Tu non puoi fare niente!” gli urlò Hunthor.
“Proprio tu parli cosi? Tu che hai scatenato una guerra per vendicarti di coloro che non hanno reso possibile il tuo amore con Cassandra? Sei come loro allora alla fine!” gli ringhiò Legolas.
“E allora alzati, combatti e muori per lei!” e gli scagliò addosso un colpo di spada.
Legolas si spostò di lato e colpì a sua volta.
“Si!” urlò Legolas “Se è questo che devo fare per riaverla, morirò per lei! Non fuggirò come hai fatto tu!”
 Vide gli occhi verdi di Hunthor accendersi di rabbia e poi gli fu ancora adosso.

 

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Capitolo 16
*** Morire per amore ***


~~Cap 16


Morire per amore

 

Aindil aprì gli occhi lentamente. La testa le doleva da morire. Mano a  mano che si risvegliava si rese conto che tutto il corpo le doleva in realtà.
Si guardò intorno. Era sola. Dov'era Legolas? Sperava con tutto il cuore che fosse ancora vivo e fosse riuscito a fuggire. Si  rese conto di trovarsi in una specie di grotta. Quasi sicuramente era ancora all'interno della montagna. Ripensò a quello che era successo, all'attacco degli orchi, e si meravigliò di essere ancora viva. Perchè l'orco non l'aveva uccisa e sopratutto divorata? E dov'erano adesso? Sembrava quasi che l'avessero abbandonata lì. Non si erano neanche preoccupati di legarla. Forse avevano pensato che fosse morta.
Faticosamente si alzò in piedi e cercò una via d'uscita. Ispezionò palmo a palmo tutta la parete del luogo in cui si trovava. Era circolare e non sembrava avere vie d'uscita. Chiuse gli  occhi un istante, impaurita da un pensiero che le passò per la testa. Alzò  il viso e aprì gli occhi. Come temeva! Era in un pozzo, molto profondo. La fessura era a molti piedi sopra di lei. Innervosita diede un calcio contro la parete, con l'unico risultato di farsi un gran male al piede.
Si lasciò cadere seduta sul freddo pavimento. Era in trappola. Le pareti erano troppo lisce e scivolose. Anche se fosse stata un ottima arrampicatrice non sarebbe mai riuscita ad arriva in cima.
Doveva pensare ad un altra via d'uscita.
Iniziò a fare su è giù, cercando di concentrarsi e pensare, ma la sua testa la riportava continuamente al pensiero di Legolas. In alcuni momenti gli sembrava di sentire la sua voce. Ma l'unico rumore era prodotto dai suoi piedi sulla dura roccia. D'un tratto si fermò e restò in ascolto. Da sopra di lei, dalla fessura, giungevano dei rumori. Cerco di ascoltare, concentrandosi e facendo uso del proverbiale udito elfico. Passi, rumore di passi. Gli orchi stavano venendo a prenderla? Udì poi anche delle urla, parole gridate, e il distinto rumore di spade che si scontravano l'una con l'altra.. Si facevano sempre più vicini. Si concentrò di più, solo sulle voci, per capire cosa stava succedendo. Riconobbe finalmente una di quelle voci e il suo cuore sobbalzò. Legolas! Allora era vivo! E stava vendendo a salvarla. Stava urlando, e combattendo con  qualcuno. Magari con decine di orchi! Quanto avrebbe voluto saltare fuori di lì e correre in suo aiuto! Poì udì un altra voce, ma questa volta le si gelò il sangue nelle vene. Quella voce, no, non poteva essere...Hunthor! Hunthor, suo padre, quel maledetto di suo padre! E Legolas stava combattendo con lui? Continuò a seguire le urla concitate. Hunthor urlò “Muoriii!” e il cuore le si fermò.
No, non poteva permettere che facesse del male a Legolas! No ! No! No! Sentiva la rabbia crescere dentro di lei, come un turbine che dallo stomaco le attraversò tutto il corpo. Le pulsavano le vene delle tempie e respirava affannosamente. Gridò con tutto il fiato che aveva in gola e si lanciò contro la parete che aveva di lato. Puntò un piede per darsi la spinta e con uno slancio felino rimbalzò verso l'altra parete. Una nuova spinta e zigzagando salì sempre più in alto.
Aindil non si rendeva conto di quello che stava facendo. Pensava solo a Legolas, a salvarlo da Hunthor. Se solo suo padre avesse osato torcergli un solo capello giurò che lo avrebbe ammazzato con le sue mani. Come lui aveva ucciso sua madre.


Legolas stava soccombendo sotto i colpì di Hunthor. Indietreggiava e inciampò su una pietra e cadde all'indietro, sbattendo la schiena al suolo. Non fece a tempo a rendersi conto del dolore che Hunthor gli fù di nuovo addosso.
“Muoriii!” urlò scagliando un violento colpo con la spada. Legolas rotolò di lato e la lama andò a colpire il terreno, ma senza scalfirsi. Hunthor rialzò la spada veloce pronto per un altro colpo. Legolas riuscì a pararlo con la sua , ma l'altro si posò con tutto il peso, tanto che Legolas sentì il freddo della sua stessa lama sfiorargli il collo.
Un urlò riempì la sala. Entrambi vennero  colti di sorpresa e Legolas ne approffitò per scivolare via. Restarono entrambi in attesa. L'urlo era cessato e sentirono dei colpi, come quelli di uno stambecco quando salta sulle montagne. Legolas continuava a tenere lo sguardo puntato su Hunthor, restando però in attesa e guardingo su la cosa che produceva quei rumori. Da  dove arriva? Con la coda dell'occhio noto il buco sul terreno a pochi passi da loro.
“Dannazione!” pensò Legolas tra sé. “Orchi o alla peggio Goblin!”
Sentì salire ancora di più il nervosismo quando vide che Hunthor stava sorridendo.
Legolas iniziò a sudare freddo. La gola gli si chiuse. Ad un tratto qualcosa, qualcuno saltò fuori dal buco e si accasciò in ginocchio a terra.
La massa di capelli neri ricopriva il volto dell'essere. Le pupille degli occhi del biondo elfo si dilatarono.
“Aindil!” gridò.
Aindil tirò su la testa, ansimando ancora per lo sforzo. Guardo Legolas, ma il suo sguardo si spostò velocemente su Hunthor, a pochi passi da lei.
“Maledetto!” gli urlò con il fiato che le restava.
Hunthor rise amaramente.
“Mancavi solo tu a completare il quadretto. Non credevo saresti riuscita tanto! Ti ho sottovalutata.”
Aindil lo guardò con occhi carichi di rabbia e rancore.
“Che intenzioni hai adesso Aindil?” le chiese Hunthor schernendola. “Vuoi salvare il tuo amore?”
“Si. E' quello che ho intenzione di fare!” disse lei con odio.
“E come? Non hai nemmeno una spada!” rise Hunthor malignamente.
“Lei no, ma io si !”
Hunthor sentì le parole pronunciate da Legolas e si voltò di lato di scattò. Legolas aveva intanto lanciato in aria la spada in direzione di Aindil , in modo da passargliela. Hunthor vide che l'elfo davanti a lui aveva già impugnato e caricato l'arco. Legolas scoccò la freccia e contemporaneamente Hunthor gli scagliò la spada contro, con tutta la forza che aveva in corpo.
Aindil si mosse per recuperare la spada lanciatagli da Legolas, riuscendo a prenderla al volo per l'elsa. Alzò lo sguardo appena in tempo per vedere la scena.
Hunthor fece a tempo a spostarsi leggermente di lato e la freccia lo colpì ad una spalla. La spada che aveva scagliato riuscì invece ad andare a segno. Prese Legolas in pieno petto. Aindil sentì un urlo strozzarle la gola mentre osservava il suo amato elfo accasciarsi a terra.
Vide Hunthor, in ginocchio, che stava cercando di togliersi la frecce e senza pensare troppo, gli si scagliò contro brandendo la spada.
“Noooo! Maledetto!” e arrivò a puntargli la spada alla gola. Qualcosa la bloccava. Guardò gli occhi verdi di suo padre, verdi come i suoi, ma così diversi, così vuoti.
“Che aspetti? Non hai il coraggio di uccidere tuo padre vero? Vedi, è questo che ti regala la vita! Solo odio e sofferenza! L'amore è una sciocchezza, una bugia. Bugie come quelle che tua madre ci ha raccontato per tutta la sua esistenza. Come quelle che tutti ci hanno raccontato solo per il loro egoismo e i loro scopi! Anche lui, il figlio di Thranduil , ti ha raccontato bugie su bugie. Non avrai creduto che ti amasse davvero? E' scappato , ti ha lasciato in mano agli orchi! Solo io ti ho sempre detto la verità!”
Aindil aveva le lacrime agli occhi e il suo sguardo si spostava dal padre a Legolas in continuazione.
“Taci!” gli urlò “Taci! Mi hai usata per la tua vendetta! Hai ucciso mia madre e adesso Legolas solo per i tuoi scopi! Non te né mai importato niente di me! Volevi solo vendicarti! Mi hai portato via le persone che più amavo al mondo, mi hai portato via Legolas!” continuò urlando e piangendo Aindil.
“Ma loro non ti amavano! Tua madre non ti ha forse usata anche lei per ottenere i suoi scopi? E lui? E' come suo padre, come tutti gli altri! Non ti avrebbe mai dato ciò che meritavi! Ma guarda! Ti hanno mandato da sola a cercarmi per uccidermi! Di te non gli importa niente!” replicò Hunthor
“Io e te siamo uguali, siamo una cosa sola, potremmo fare grandi cose insieme,potremmo annientarli tutti e fargliela pagare!”
Aindil iniziò a tremare, sia per il nervoso sia per il peso della spada che ancora teneva puntata al collo del padre. Guardò Legolas che giaceva nel suo sangue e pensò..pensò che se anche suo padre avesse avuto ragione su tutto il resto, su Legolas si sbagliava. Lui era puro di cuore, sincero, come sincero sapeva essere l'amore che provavano per entrambi. Niente poteva cambiare quel sentimento.
Tornò a posare lo sguardo su suo padre.
“Io e te non siamo uguali. Tu non sei mio padre! Sei solo ciò che resta di un elfo dilaniato dal rancore! Sei diventato un essere orribile e non meriti la mia compassione! Niente di tutto quello che mi potresti dire cambierà il fatto che hai ucciso l'unico uomo che io abbia mai amato veramente che mi abbia ricambiato con tutto il suo cuore! L'amore esiste e io lo so perchè me lo ha fatto conoscere lui! Non meritava una morte per mano di un essere spregevole come te! E per dimostrarti che non siamo uguali non ti ucciderò! Ti consegnerò alla giustizia degli elfi! Il tuo destino sarà nelle mani della mia gente!” disse Aindil buttando fuori tutta la rabbia che le ribolliva dentro.
Scostò la spada e fecè alzare Hunthor.
“Non permetterò che mi porti davanti al giudizio elfico!” e detto questo, con la freccia che teneva ancora in mano, si scagliò sulla figlia.
Aindil roteò su un fianco, cercando si scansare il colpò. La spada roteò con lei e andò a disegnare uno squarcio sul petto di Hunthor. Aindil rimase immobile ad osservare il nero elfo accasciarsi al suolo con gli occhi spalancati.  Lo osservò più freddamente di quanto avesse voluto, e poi lo scavalcò dirigendosi verso il corpo di Legolas.

Si accovacciò accanto a lui, gli accarezzò quel suo bel viso. Sembrava dormisse.
Poi scoppiò in un pianto convulso. Sentì il cuore che gli spezzava dentro. Era colpa sua, colpa sua se adesso lui giaceva a terra in una pozza di sangue. Posò le sue labbra a quelle di lui.
Una mano di Aindil gli si posò sul collo, e lei avvertì un leggero battito, come il batter d'ali di una farfalla. Un fiato di vita esisteva ancora in lui! Ma come avrebbe potuto portarlo fuori di lì e fare in modo che avesse le cure necessarie? Non ce l'avrebbe mai fatta.
“O Legolas , se potessi  fare qualcosa, qualsiasi cosa …” e Aindil di colpo capì. Qualcosa poteva ancora fare per salvarlo. Levò la spada che ancora era conficcata nel petto di Legolas e fece pressione con le mani sul sangue che sgorgava. Trasse un respiro e si concentrò, infondendo tutte le sue energie su quel punto. Chiuse gli occhi e sentì un calore irradiarle le mani e poi tutto il corpo.
Pensava solo a salvarlo, che lui non doveva morire, non così , non per mano di Hunthor, non per colpa sua. Nella mente le passarono tutti i momenti che aveva vissuto con lui. La prima volta che lo aveva visto, il primo bacio, quando avevano fatto l'amore, i suoi occhi fissi in quelli di lui, quegli occhi di ghiaccio ma pieni di fuoco. Si sentì svenire ma continuò a concentrarsi e il calore crebbe.
Spossata cadde a terra priva di sensi.


Aprì gli occhi di scatto e si mise a sedere. Guardò davanti a se e vide Hunthor morto, in un lago di sangue , con gli occhi verdi sbarrati.  Che accidenti era successo? Legolas si alzò e per farlo, fece leva sul fianco.
“Aindil!” la vide lì stesa accanto a lui. “Aindil!” la chiamò ancora. Non era morta, era calda e respirava.
Le diede dei leggeri schiaffi sul viso fino a farla rinvenire.
“Le-golas!” disse Aindil riprendendo i sensi “Legolas! Non sei morto! Ce l'ho fatta allora!” disse abbracciandolo. Legolas continuò a non capire.
Si alzarono e Aindil gli accarezzò il viso.
“Oh! Pensavo di averti perso!”
“Che è succeso? Ricordo solo di aver scagliato una freccia a Hunthor..e ..e lui mi ha colpito con la sua spada..” disse Legolas ricordando e toccandosi il petto.  Guardò Aindil che gli sorrideva.
“Eri morto! Ma sono riuscita...a..”
“A ...riportarmi in vita..” Legolas concluse la frase che Aindil aveva iniziato. Ma si fece cupo. “Come..come ci sei riuscita?”
Aindil abbassò la mani che stavano accarezzando ancora il suo viso. Abbassò lo sguardo.
“In fondo non sono portata per essere un elfo..” disse a bassa voce.
“Che cosa hai fatto Aindil?” le chiese ancora Legolas.
“Ho fatto la cosa giusta....e ora andiamo ...tra poco sarà pieno di orchi qui.” disse raccogliendo le spade.
Legolas l'afferrò per un braccio e la costrinse a guardarlo.
“Non dirmi che mi hai donato la tua immortalità! Dimmi che non sei stata così sciocca!”
Aindil lo guardò dritto negli occhi.
“A che sarebbe servito vivere in eterno  se non avessi potuto vivere con te?”  poi non riuscì più a sostenere lo sguardo di Legolas e guardò altrove.
Cercò di liberarsi dalla sua presa ma lui la trattene e l'attirò a se.
“Sei una pazza furiosa!” le disse ma poi la baciò.
Aindil rispose al bacio. Amava quell'uomo con tutta se stessa e quello le era sembrato il modo migliore per dimostrarglielo.
Si staccò da lui e tornò a guardarlo.
“Andiamo adesso...potrai farmi tutte le ramanzine che vuoi più tardi”
Detto questo si avviarono di corsa in cerca in un uscita.
Aindil non si voltò mai a dare un ultimo sguardo al corpo suo padre.

 

 

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Capitolo 17
*** Un aiuto imprevisto ***


~~Cap 17

Un aiuto imprevisto


Uscirono dalla sala  in cui si trovavano dall'unica via d'accesso. Stranamente non vi erano orchi nei paraggi. Probabilmente in quella zona non era consentito loro l'accesso. Non a  tutti almeno. Legolas e Aindil stavano scendendo rapidamente, quando qualcuno si accorse di quello che era successo e della morte del Nero, e diede l'allarme. I due fuggiaschi sentirono centinaia, migliaia di passi avvicinarsi nella loro direzione.
“Dobbiamo uscire di qui in fretta!” disse Legolas “ Non abbiamo speranze se combattiamo contro di loro!”
Aindil lo precedeva, quando lungo la parete scorse una deviazione.
“Di qui !Presto Legolas!”disse svoltando all'interno della fessura.
“Dove porterà?” chiese Legolas
“Non ne ho idea..ma spero lontano dagli orchi!”
Mano a mano che procedevano la via diventava più stretta e buia. Aindil iniziò  a temere che fosse una strada cieca.
Furono costretti ad avanzare appiattendosi di profilo lungo la parete.
“Fermati Aindil! Resteremo incastrati di questo passo!” gli fece notare Legolas che essendo più muscoloso e grosso di lei avanzava con maggior difficoltà.
“Non possiamo tornare indietro!”gli rispose Aindil.
I passi dei lori inseguitori si stavano facendo più vicini. Erano di nuovo sulle loro tracce. Probabilmente attirati dal loro odore.
“Se riusciamo ad andare in po' più avanti, gli orchi non riusciranno a passare! Sono molto più grossi di noi!” disse Aindil sperando di convincere anche se stessa oltre a Legolas.
“Loro forse no! Ma le loro lance e le loro frecce temo di si!” gli rispose lui.
“Da questa parte!” urlò una voce cupa in lontananza.
Aindil trattene il respiro e cercò in tutti i modi di andare il più avanti possibile. Si muovevano appena e gli orchi gli erano ormai addosso. Entrambi sentirono un sibilo  fendere l'aria. Legolas non riuscì a muoversi e la freccia gli si conficcò su una spalla.
Gemette di dolore e Aindil  lanciò un urlo. Cercò di attirarlo verso di lei. Avanzò di un passo e con immensa gioia si rese conto che la fessura sembrava allargarsi. Un altro passo e ne fu sicura. Tirò Legolas con tutte le forze. Lui si strappò la freccia dalla spalla per riuscire a passare meglio.
Aindil vide una luce  filtrare in lontananza.
“Di là! Presto!” disse aiutando Legolas a sorreggersi.
Come aveva sperato, gli orchi non riuscirono a passare da quello stretto passaggio, ma le frecce si. E in quella penombra le potevano solo sentire arrivare. Si mossero a zig zag più in fretta che poterono verso la luce. Un altra freccia colpì Legolas, ad un fianco, ma riuscì a continuare la sua fuga.
Aindil sperava con tutto il cuore che lì ci fosse un uscita, e quella volta la fortuna non voltò loro le spalle.

Finalmente furono fuori dal ventre della montagna. La tempesta era cessata e il sole splendeva alto. Gli orchi non li avrebbero raggiunti. Almeno non per il momento.
Legolas si sedette a terra esausto. Da entrambe le ferite il sangue sgorgava copioso.
Aindil si strappò le maniche della giubba e ne ricavò delle strisce per fasciare le ferite di Legolas,
“Ecco...dovrebbe fermare l'emorragia almeno per un po'. Dobbiamo allontanarci da qui il prima possibile” gli disse.
Legolas la guardò e con una mano le accarezzò il viso per poi attrarlo verso di sé. Poi la baciò. Aindil chiuse gli occhi un istante e poi si staccò.
“Dobbiamo muoverci” disse alzandosi e aiutandolo ad alzarsi.

Scesero il più velocemente possibile la montagna. Mancava poco al tramonto quando giunsero ai piedi della foresta. Balzò subito ai loro occhi che non sembrava la stessa foresta attraverso la quale erano passati all'andata. Ora sembrava una normalissima foresta. Gli alberi erano più distanziati tra loro e si poteva perfino udire il cinguettio degli uccelli.
“Sospettavo che fosse sotto un incantesimo” disse Aindil continuando ad aiutare Legolas a sorreggersi. Lo guardò. Era pallido e sudava.
S'incamminarono tra gli alberi, e Aindil cercò un giaciglio per far riposare Legolas.
Lo fece stendere e prima che si fece buio del tutto si allontanò in cerca di qualche erba medicinale per curargli le ferite.
Quando tornò Legolas dormiva. Aindil gli scoprì le ferite e le medicò, augurandosi che non si infettassero.
Aindil iniziò a pensare che non ce l'avrebbero mai fatta a raggiungere Bosco Atro in tempo...e lei non aveva altre vite da donargli. Si stese accanto a lui e cercò di scaldarlo con il calore del suo corpo, fino a quando, esausta si addormentò anche lei. E sognò.
Vide gli occhi verdi di suo padre, che la fissavano privi di vita. Vide anche sua madre, come l'aveva vista l'ultima volta. Morta. Fredda e immobile sulla pira di legno. Le accarezzava la testa piangendo , chiedendole perdono. Poi Cassandra spalancò gli occhi. Aindil indietreggiò urlando terrorizzata. La madre la guardò e le ordinò di svegliarsi.

Aindil aprì gli occhi di scatto e si mise a sedere. Guardò Legolas. Era pallido e la fronte, perlata di sudore, era bollente. Controllò le ferite e come temeva si erano infettate. Prese altre erbe, le impastò con la saliva e cambiò l'impacco.
Iniziò a disperare. Anche se fosse partita subito caricandosi Legolas sulle spalle non sarebbe mai giunta a destinazione, o quanto meno a trovare aiuto in tempo.
Le lacrime iniziarono a sgorgarle copiose e si coprì il volto con le mani.

“Non disperare...”
Aindil alzò lo sguardo impaurita  e davanti a lei vide il voltò della madre. Bella ed eterea, come la ricordava.
“Madre...” Aindil pensava di stare ancora sognando. Allungò una mano verso il volto della donna, ma le sembrò di accarezzare la nebbia.
“Sono uno spirito ora Aindil...” disse Cassandra sorridendole.
“O madre....mi dispiace tanto...” continuò Aindil singhiozzando.
“Non devi dispiacerti..non è stata colpa tua..”
“Se fossi tornata prima...se..”
“Hunthor avrebbe compiuto ugualmente la sua vendetta,  in un modo o nell'altro. Tu hai fatto quello che dovevi”
“L'ho ucciso madre. Ho ucciso mio padre...”
“No figlia mia. Non l'hai fatto.”
“Ma madre..”
“Aindil...quello che tu hai ucciso non era tua padre. Non più ormai. E in cuor tuo lo hai sempre saputo.”
Aindil abbassò lo sguardo.
“Hunthor, l'uomo di cui era innamorata, tuo padre, si è perso tanto tempo fa. La sua anima è rimasta intrappolata in qualcosa di oscuro e più grande di lui.”
“Cosa intendi dire?” le chiese Aindil non capendo.
“Figlia mia” spiegò Cassandra “qualcosa si è impossessato di lui. Qualcosa di misterioso e malvagio. Nessuno avrebbe potuto salvarlo. Nemmeno io o tu. E' così che doveva andare. Adesso la sua anima è libera, può seguire il suo percorso nel regno degli antenati. Ora è libero. Grazie a te.”
“Ma..quella cosa che si è impossessata di lui...cos'è?”
“A questo non so darti risposta. Non perché non voglia o non possa. Non conosco la risposta.  E forse è meglio che tu non lo sappia. Ma devi avvisare Thranduil e gli altri. Questa cosa probabilmente tornerà. Prima o poi sotto altra forma o corpo. Il male non muore mai.”
“Ma come faccio? Legolas è ferito e Bosco Atro così lontano..”
Cassandra le sorrise.
“Porti ancora con te il medaglione che ti diedi quando ti mandai a cercare aiuto da Re Thranduil?”
“Si..” disse Aindil portandosi la mano nella tasca interna della giubba. L'aveva portato sempre con sé. Anche quando era sotto l'influsso del sortilegio fattogli da Hunthor.
“Quel medaglione ha un gemello.” le svelò la madre “ Thranduil possiede l'altro.”
Aindil la guardò meravigliata.
“Ne forgiò due ,per simboleggiare l'amicizia con Hunthor. Un medaglione cerca l'altro. Tuo padre, come sai, lo donò a me ed è anche per questo che Thranduil non riuscì mai più a ritrovarlo.”
Lo spirito della madre sfiorò il medaglione e Aindil potè vedere una grande sofferenza nella sua espressione.
“Stringilo tra le mani e pensa intensamente a Thranduil, visualizzando il medaglione nella tua mente. Lui lo sentirà. Sentirà il suo richiamo e correrà in vostro aiuto. Ne sono certa.”
 Aindil fece come gli aveva detto la madre. Strinse il medaglione talmente forte che le dolevano le mani. Quando aprì gli occhi, lo spirito di sua madre era scomparso.
Aindil era delusa. Avrebbe voluto dirle addio.
“Grazie madre!”

 


Al Reame Boscoso, Thranduil scrutava , in completa solitudine, il buio orizzonte. Da giorni sperava di veder tornare suo figlio. Si era dannato per averlo mandato da solo a cercare Aindil. Ma Re Elrond non avrebbe capito. E comunque da suo figlio se lo sarebbe dovuto aspettare, dal momento che aveva il suo stesso carattere, anche se più istintivo.
Si chiese se avesse trovato la ragazza,  se erano riusciti a trovare Hunthor e a sconfiggerlo o se  invece...No! Non poteva neanche osare a pensare una cosa del genere. Il suo sguardo si spostò sulla grande luna d'argento.
Gli parve di sentire una voce chiamarlo. Si guardò intorno ma era solo. Ancora. Ne era certo ora. Qualcuno lo stava chiamando. Ma nessuno era nei paraggi quella notte.
Rientrò nella sua stanza e lo sguardo si posò sul tavolino sotto lo specchio. Da uno dei cassetti proveniva una fievole luce verde. Allora capì.  Si diresse rapidamente ad aprire il cassetto e ne estrasse la fonte di quel bagliore. Il medaglione gemello. Voleva dire solo una cosa.  Sperò che non fosse una trappola, ma si diresse ugualmente alle stalle. Scelse il destriero più veloce e mise il medaglione al collo. Poi si lasciò guidare da esso.

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Capitolo 18
*** Ritorno a Cailexa ***


~~Cap 18


Ritorno a Cailexa

Quando Aindil si svegliò il sole era già alto. Si rigirò nelle coperte e si massaggiò le tempie. Quanto aveva dormito? Poi il suo pensiero si spostò su Legolas e si alzò e vestì velocemente per andare a vedere come stava.
Re Thranduil li aveva trovati poco prima dell'alba e miracolosamente Legolas era ancora vivo. Senza perdere un solo istante l'aveva caricato a cavallo per riportarlo al castello e aveva lasciato Aindil con la promessa di mandare subito qualcuno a prenderla.
Da quando era giunta a Bosco Atro, le uniche notizie che aveva avuto su Legolas erano che le sue condizioni erano ancora gravi e non si era ancora svegliato.
Era stata invitata a riposare ed era crollata esausta subito.
Lungo il corridoio incontrò Re Thranduil.
“Aindil...”
“Sire” fece un cenno con il capo  “sono venuta a chiedere notizie di Legolas”
Il viso del Re si fece scuro.
“Ancora nulla di nuovo. Riteniamo che le frecce fossero intrise di qualche particolare veleno. Ancora non abbiamo capito di che si tratta.”
Gli occhi di Aindil si riempirono di lacrime.
“E' tutta colpa mia...di nuovo..”
Re Thranduil non disse nulla, ma dalla sua espressione ad Aindil parve di capire che era d'accordo con lei.
“Lo posso vedere?” chiese al sovrano.
“No, è meglio di no. Ma vieni con me. Voglio che mi racconti tutto quello che è successo.”


Si recarono nella sala del trono e Re Thranduil si sedette. Aindil gli raccontò tutto quello che aveva fatto da quando era partita da Cailexa, dell'incontro con Legolas nella foresta, della montagna e degli orchi. Si soffermò a lungo a parlare di Hunthor, di come era riuscita a fuggire e di come lo aveva ucciso. Gli disse anche che Legolas era morto durante il combattimento con l'elfo nero.
“Morto?” disse sorpreso Re Thranduil.
“Si...Hunthor l'aveva ferito mortalmente”
“Ma  non è possibile..” poi il sovrano la guardò negli occhi e capì quello che Aindil aveva fatto. “gli hai donato la tua immortalità..”
“Non c'era altro da fare..”disse a bassa voce la ragazza.
“Te ne sono grato...spero non sia stato invano..”disse Thranduil pensieroso.
Dopo un breve silenzio il Re continuò.
“E così siete riusciti a fuggire da quel covo di orchi...ma non capisco ancora come facevi a sapere del medaglione gemello. Spiegami dunque.”
“Me ne ha parlato mia madre”spiegò Aindil.
“Tua madre sapeva? Perché non me lo hai detto la prima volta che ci siamo visti?”
“Sire, è stato lo spirito di mia madre. Mi è apparsa nel bosco la notte in cui siete giunto voi. Mi ha parlato del medaglione gemello e di come usarlo.”
“Lo spirito di tua madre...”disse Thranduil ancora perplesso.
“Si. E mi ha anche detto che cosa è successo a mio padre e che vi devo mettere in guardia su quanto potrebbe accadere in futuro.” continuò Aindil cercando di trovare la parole adatte.
“Parla, ti ascolto.”
“Mia madre ha detto che l'elfo nero non era Hunthor, almeno non lo era più da molto tempo. Qualcosa di misterioso e malvagio si impadronì della sua anima e lo fece diventare quello che noi abbiamo visto.”
“E cosa sarebbe questa cosa?” chiese  il sovrano in ansia
“Non mi ha saputo dire nulla in proposito. Non aveva risposte nemmeno lei. Dice che uccidendolo l'ho liberato da quella dannazione, ma quella cosa malvagia tornerà , in altre forme e magari non la riconosceremo subito ma tornerà.”
Thranduil si massaggiò la fronte con una mano riflettendo su ciò che aveva appena udito. Le sue paure avevano trovato conferma.
Aprì gli occhi e guardò la ragazza.
“Non puoi più stare qui Aindil” le disse ancora assorto.
“Cosa?”chiese la ragazza incerta nell'aver compreso.
“Devi fare ritorno a Cailexa. Devi ricostruire quello che in fine è il tuo regno, la tua eredità.”
“Ma Sire..io non voglio andarmene da qui!” disse incredula la ragazza.
“Aindil, non te lo sto chiedendo. Te lo sto ordinando!” disse alzandosi e avvicinandosi alla ragazza che lo guardava senza capire.
“Ma...” cercò di ribellarsi Aindil.
“Ascolta! Non hai niente da fare qui! Sei più importante a Cailexa. Lo devi a tua madre e alla donne del tuo popolo che sono cadute per proteggere ciò che tu, anche se non eri in te, hai contribuito a distruggere! Glielo devi! Non puoi tirarti indietro. Un giorno capirai quando importante sia che Cailexa venga ricostruita.” le disse cingendole le spalle con le mani e guardandola fissa negli occhi.
Aindil sapeva che aveva ragione.
“Ma ...Legolas?” gli chiese triste.
“Se mai ...”e si bloccò per correggersi “ Quando si rimetterà ti farò avere sue notizie. Non sto impedendo il vostro amore, ma il tuo compito adesso è un altro.”
Aindil fece un cennò di assenso con la testa.
“Posso almeno vederlo prima di partire?” chiese la ragazza trattenendo le lacrime.
“Certo” le rispose.
Allora Aindil fece un inchinò e uscì per dirigersi nelle stanze di Legolas.
Thranduil la guardò uscire e poi mormorò a se stesso.
“Potrebbe essere l'ultima volta che lo vedi”

 

Aindil partì due giorni dopo.
Prima di uscire dal cortile del palazzo rivolse un ultimo sguardo alla finestra della camera dove il suo amato elfo biondo lottava ancora tra la vita e la morte. Thranduil le aveva promesso che in ogni caso gli avrebbe fatto avere notizie sulle sue condizioni. Aveva scritto una lettera a Legolas, dove gli spiegava cosa era successo e lo rassicurava sul suo amore. Aveva posto la lettera nel cassetto del suo scrittoio. Lo aveva baciato un ultima volta e poi era uscita.

Re Thranduil guardò la ragazza andarsene. Si avvicinò al capezzale del figlio e gli sussurrò di
 perdonarlo. Poi estrasse la lettera che aveva visto riporre da Aindil nello scrittoio  e se la infilò in tasca. Uscì dalla stanza in silenzio.
Si ripeteva che era meglio così, che le cose dovevano andare così. Ma non ne era convinto nemmeno lui.
Scese alle stalle e con un piccolo seguito di uomini si mise in viaggio verso Gran Burrone. Doveva parlare subito con Re Elrond di ciò che gli era stato rivelato da Aindil.

 

 

Aindil giunse a Cailexa in una fredda e grigia alba. La vista che le si presentò davanti era delle più desolanti. Cailexa era stata abbandonata. Distrutta e abbandonata.
Fece il giro delle mura esterne e non incontrò anima viva.
Si addentrò nella cittadella. Le si strinse il cuore a vedere quelle rovine. Anche quello era stata colpa sua. Avrebbe mai combinato qualcosa di giusto nella sua vita? Si convinse che in fondo Re Thranduil le aveva dato la possibilità di riparare almeno a quell'errore. Si, avrebbe ricostruito Cailexa e l' avrebbe riportata al suo antico fasto, ma avrebbe cambiato molte cose.
Giunse ai piedi del palazzo reale. In gran parte era ancora in piedi anche se seriamente danneggiato.
Si stava guardando intorno, quando dal portone di legno, che consentiva l'entrata alla sala grande, si aprì. Aindil riconobbe una delle saggie e la saggia riconobbe lei.
Aindil si aspettò che la cacciasse o che la attaccasse, invece la vecchia si limitò a guardarla. Poi parlò.
“Vi stavamo aspettando. Seguitemi.”
Aindil la seguì senza esitazioni. La donna la condusse alla sale dove le sagge si erano sempre riunite. Appena entrò vide un gruppetto di una decina di donne vestite con le vesti color vinaccia. Nessuna di loro sembrava stupita di vederla.
Una di loro le andò in incontrò.
“Aindil...sei la benvenuta. Vieni”
La fece accomodare con loro e le offrirono del vino. Aindil continuava a non capire.
“Fra poco tutto ti sarà chiaro” le disse quella che le aveva offerto da bere. “Mi chiamo Odilia. Forse ti ricordi di me.”
Aindil fece un cenno con la testa. Le sagge le erano sembrate sempre tutte uguali.
“Avevamo predetto il tuo ritorno” continuò la donna mentre tutte le altre ascoltavano in silenzio “Aindil...quando sei nata su di te è stata fatta una profezia.”
“Viene fatta per tutte...” disse Aindil interrompendola.
“Ma la tua era speciale” disse la donna “La profezia diceva che tu saresti stata la fine e l'inizio e di Cailexa. E ora si è avverata”
“Quindi voi sapevate già che tutto questo sarebbe accaduto? Perché non avete cercato di evitarlo?”
La donna le prese la mani.
“Non sapevamo come e quando sarebbe successo. E comunque non è nostro compito evitare che si compia il destino.”
“Ma come farò?Qui non c'è più nessuno, se ne sono andati tutti, tra chi è morto è chi ha lasciato il regno.”disse sconsolata Aindil.
“Ricostruisci il regno e torneranno. Noi ti aiuteremmo, ma questo è il tuo compito. E' il compito dell'imperatrice”
Aindil la guardò.
“Sono dunque ancora l'Imperatrice di Cailexa?” chiese alla donna che le rispose con un inchino. Poi tutte le altre donne la imitarono.

Il giorno dopo Aindil e le donne tra le sagge che erano in grado di lavorare, iniziarono a ripristinare alcune aree del palazzo. Ripararono alcuni carri e alcune di loro furono mandate a cercare le materie prime per la riparazione e manodopera maschile. Aindil pretese che nessuna usasse il potere di amaliazione, ma che ricercassero gli operai dietro promessa di compenso in denaro. Un mese dopo, una dozzina di operai lavoravano alla ricostruzione del castello. Aindil concesse agli operai e alle loro famiglie un appezzamento di terra in modo che si potessero stabilire nel regno. Pensava ogni giorno a Legolas. Non aveva ricevuto più notizie da BoscoAtro, e questo voleva solo dire che non si era ancora ripreso. Per lo meno non era morto.
Una mattina, mentre stava controllando con degli operai i danni alle mura esterne, vide avvicinarsi un gruppo a cavallo. Riconobbe subito la bardatura dei cavalli. Guerriere cailexane.
Lasciò gli operai e si avvicinò alle donne.
 Aindil le riconobbe tutte. Era cresciuta con la maggiore parte di loro. E sapeva che loro non sarebbero state comprensive come la sagge. Molte guerriere avevano perso la vita in battaglia. Ricordò con orrore quando aveva ucciso Catilin .Quelle la circondarono poi una di loro parlò.
“Allora è vero quello che si dice in giro!Con quale coraggio?” la donna che le aveva parlato si chiamava Syelva.
“Non è il coraggio che mi ha fatta tornare.”le rispose pacatamente.
“E allora cosa? Non sei la benvenuta per noi!” continuò Syelva sostenuta da tutte le altre.
Aindil si inginocchiò e le altre la guardarono stupite.
“Lo so. Capisco il vostro odio e il vostro tormento e non posso pretendere il vostro perdono. Io ho sbagliato. Mi sono fidata di colui che pensavo che fosse mio padre. Sono stata tratta in inganno e molti hanno perso la vita a causa di questa mia debolezza. Mi porterò il peso di quelle morti nell'anima per tutte il resto della mia esistenza e oltre. Sono tornata per riparare, per quanto possibile, il mio errore. Ricostruirò Caleixa e la restituirò alle sue abitanti. Al termine del restauro completo indirò le nuove elezioni dell'Imperatrice. Potrete così scegliere una più degna di me. Se volete restare siete le benvenute”
Syelva e le altre si guardarono.
“Restiamo. Ma non perchè ce lo chiedi tu. Ma perchè Cailexa è anche nostra. Non ti riconosciamo come imperatrice. Ma apprezziamo quello che stai facendo”
Detto questo si avviarono dentro le mure, lasciandosi Aindil alle spalle. La ragazza si alzò. Non avrebbe potuto sperare in una soluzione migliore.


Giunse l'inverno e i lavori procedevano a rilento. Aindil non si era resa conto di quanto lavoro c'era da fare. Aveva concesso alle guerriere tutta l'ala ovest del palazzo e loro si erano dimostrate grate di tanta accoglienza, ma continuavano ad evitarla. Ma la cosa non le importava molto. La sua massima preoccupazione era Legolas. Non una notizia, niente in tutti quei mesi.  Aveva giurato a lei stessa che a primavera, con o senza lavori terminati, sarebbe tornata a Bosco Atro. Non riusciva a vivere con quell'angoscia di non sapere nulla.
Aindil non poteva sapere che a Bosco Atro, Legolas si era svegliato e stava riprendendo le forze. Aveva chiesto di lei varie volte, fino a quando suo padre gli aveva confessato la sua partenza, motivandola come una scelta irrimandabile di Aindil. Legolas si era mostrato deluso. Ancora una volta lei gli aveva mentito e lo aveva lasciato. Ma in cuor suo aveva già deciso, che appena avrebbe potuto rimettersi in viaggio sarebbe andato a cercarla a Cailexa per chiederle spiegazioni direttamente.

A primavera, Aindil si stava preparando a  partire per Bosco Atro, adducendo come scusa la necessità di instaurare una nuova alleanza con gli elfi allo scopo di avere un alleato in caso di attacchi.                                                                                                           
Ormai Caleixa era tornata come un tempo. Si era ripopolata. Molti venivano da fuori  e si erano stabiliti entrò le mura su consenso dell'Imperatrice. Dapprima sia le sagge che le guerriere non avevano accettato la cosa, ma presto si resero conto che era necessario per la sopravvivenza del regno.
Udì bussare e diede l'invito ad entrare. Una delle guerriere varcò la soglia ansimando.
“Ci attaccano!”
“Cosa?” chiese Aindil frastornata.
“Orchi! Stanno attaccando le mura!”
Aindil si precipitò alla torre.
Una manipolo di qualche migliaia di orchi stava tentando si oltrepassare le mura della città.
“Oh no!” si voltò verso la donna che era con lei. “Fate accendere i fuochi e scaldare l'olio!” sapeva di essere in netta minoranza e un combattimento corpo a corpo era da evitare.
Si recò alla casa del capo cantiere.
“Gli orchi ci attaccano! Prendi i tuoi uomini e cercate di issare delle catapulte vicino le mura! Servitevi delle rocce di scarto! Fate presto!”
L'uomo obbedì e corse a fare ciò che gli era stato ordinato.
Corse alla mura. Più si avvicinava più la pioggia di frecce si intensificava.
Le guerriere rispondevano come potevano ma erano davvero in poche.
Aindil noto Syelva pochi metri più in là.
“Preparatevi a versare l'olio bollente! Levatevi da lì!”
L'altra la guardò e continuò a scagliare frecce senza ascoltarla. Gli uomini aveva già montato una sorta di catapulta e si apprestavano a caricarla con le pietre.
“Ungetele di con il catrame delle torce e incendiatele prima di lanciarle!” l'unica loro arma efficace era il fuoco in quel caso.
Poco dopo furono issati i pentoloni con olio bollente e vennero versati sugli orchi di sotto.
Fortunatamente le mura erano state ricostruite molto più alte e lisce e era difficile per gli aggressori scalarle. Anche solo poggiarvi una scala non era praticabile. E questo era a loro favore. Le catapulte iniziarono a fare il loro lavoro e ben presto gli orchi furono costretti a ritirarsi.
Aindil li guardò allontanarsi, ma sapeva che non era finita lì. Si voltò e vide Syelva che la fissava.
Poi quella si inginocchiò.
“Tu sei la mia Imperatrice! Senza le tue direttive saremmo state sconfitte!”
Aindil la guardò.
“Alzati Syelva! Torneranno. Abbiamo molto lavoro da fare. Ci servono rinforzi.” ma si lasciò andare ad un accenno di sorriso.


 Legolas era deciso più che mai a lasciare Bosco Atro per recarsi a Cailexa. Più di una volta aveva tentato di mettersi in viaggio, ma il padre aveva sempre trovato il modo di creare qualche intoppo. Stavolta non lo avrebbe fermato.
“Vai da qualche parte?” la voce del padre lo sorprese da dietro.
“Si, e stavolta niente mi fermerà.” gli disse deciso.
“Vai a Cailexa?”gli chiese il padre avvicinandosi. “Dimentica quel posto Legolas!”
“Mi chiedete qualcosa di impossibile!”
“Sei convinto di essere innamorato di quella ragazza?”
“Si!” rispose Legolas deciso.
“E sei altrettanto sicuro di essere ricambiato?”
Legolas si voltò verso il padre.
“Vado a scoprirlo.” detto questo uscì dalla stanza. Thranduil lo seguì con lo sguardo consapevole che non sarebbe riuscito a fermarlo quello volta.

Aindil si trovava nella sue stanze quando vennero a chiamarla. Per un attimo temette che gli orchi fossero tornati, ma il sorriso sul volto dell'ancella la rassicurò. Entrò nella sala delle udienze e credette di avere una visione.
“Legolas!” e senza fare tanti complimenti gli si gettò tra le braccia. “Oh, Legolas..”
Legolas le prese il viso tra le mani e lo baciò senza riserva alcuna.
“Non ho più ricevuto tue notizie, non sapevo nulla...” gli disse quasi in lacrime.
Legolas capì che il padre non gli aveva detto la verità. Ma non disse nulla. Con loro la storia non si sarebbe ripetuta.
“Adesso sono qui. E non ho intenzione di andare da nessuna parte.”le disse ritornando a baciarla.

Aindil non si ricordò di aver mai vissuto giorni più belli. Da quando Legolas era giunto a Cailexa aveva ritrovato la sua felicità. Legolas aiutò a fortificare la cittadella con le tecniche degli elfi. Nuovi guerrieri e guerriere erano stati reclutati e Aindil aveva messo Syelva a capo dell' esercito del regno.  A Cailexa non era un segreto per nessuno la relazione tra l'Imperatrice e il principe elfico. Tutti avevano accettato la loro relazione, anche le sagge e le guerriere. Non sembravano più esserci ostacoli al loro amore. Entrambi gli amanti ignoravano però che le cose stavano cambiando in tutta l'Arda. Da tempo si mormorava di presenze oscure, figure nere e malvagie. Forse era la cosa che già si era impossessata del padre di Aindil, o forse era qualcosa di più oscuro e malvagio.
L'estate  passò relativamente tranquilla. Gli attacchi degli orchi si erano fatti più sporadici e  di poca entità. Miravano a procurarsi cibo e anche questo era strano. Iniziarono a cadere le prime foglie degli alberi, quando a Cailexa arrivò una missiva urgente da Bosco Atro. Legolas sapeva di non poter rifiutare la richiesta di suo padre. Avrebbe approfittato per comunicare al padre la sua intenzione di sposare Aindil quello stesso inverno.                                                                     Quando si mise in viaggio, Aindil  ebbe la tremenda sensazione che non lo avrebbe rivisto tanto presto e che qualcosa si terribile stava per accadere.

 

“Devi recarti a Gran Burrone in  mia rappresentanza!”
Legolas non capiva dove voleva arrivare il padre.
“Che state dicendo?”
Thranduil si sedette sul suo trono.
“Qualcosa di oscuro e minaccioso si avvicina. Una vecchia minaccia. Forse la stessa che si è impossessata di Hunthor. Se è quello che penso che sia, siamo davvero in grave pericolo. Io sono vecchio, è giunto il tuo momento ora. Credimi, quando sarai a Gran Burrone, capirai di cosa parlo e capirai l'importanza della missione che ti affido oggi. Se non vuoi farlo per me, fallo per Aindil. Anche lei è in pericolo.”
Legolas abbassò lo sguardo.
“Quando devo partire?”
“Dovresti essere già in viaggio” gli rispose serio il padre.

Legolas partì nella direzione opposta a dove il suo cuore voleva andare. Avrebbe assolto il compito che gli era stato affidato, se quello significava proteggere Aindil.
Quando arrivò a Gran Burrone si rese conto che non era l'unico a essere stato convocato. Riconobbe una sua vecchia conoscenza, Aragorn. Poi erano giunti dei nani e degli hobbit. Vi era anche Gandalf il Grigio e un altro uomo Boromir, figlio del Sovrintendente di  Gondor.
Re Elrond parlò loro del motivo per cui erano stati convocati. A quanto pareva Sauron, l'antico nemico era tornato. Legolas si chiese se era con lui che avevano avuto a che fare. Poi saltò fuori la storia dell'anello, l'Unico. Questo era ora in possesso di uno degli hobbit presenti. Si convenne che era un arma troppo pericolosa e potente che era quello che Sauron cercava. L'unica soluzione era eliminarlo. A Legolas  fu chiaro il motivo per cui il padre lo aveva mandato e capì che aveva ragione. Erano tutti in pericolo. Fu sorpreso quando il piccolo Hobbit di nome Frodo si fece avanti come volontario per portare l'anello sul monte Fato.  Lo ammirò per tanto coraggio, e un certo senso gli ricordò la sua Andil.  Fu  quindi con grande piacere e convinzione che si offrì per accompagnarlo nel viaggio, diventando un membro della compagnia dell'anello.

 

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Capitolo 19
*** Una visita inaspettata ***


~~Cap 19

Una visita inaspettata.


Mia adorata Aindil,
purtroppo non credo che potrò fare molto presto ritorno da te. Una vecchia minaccia si profila all'orizzonte e non posso tirarmi indietro. Lo faccio anche per te , per noi.
Assieme ad altri compagni, mi è stata affidata una missione che è di vitale importanza per tutti noi. Mi è stato chiesto di non dire nulla a proposito di quale si la missione, non per mancanza di fiducia ma per proteggerti. Meno cose sai meno pericoli corri.
Sappi però che devi tenerti pronta. Forze oscure sono in movimento e non è escluso che Cailexa venga attaccata. Rinforza le mura e il tuo esercito.  State all'erta e chiudete le porte della città. Montate la guardia di giorno e di notte. Non fate entrare nessuno, sopratutto se sono cavalieri neri o tipi loschi.
Tornerò da te il prima che mi sarà possibile.
Per sempre tuo
Legolas.


Aindil aveva riletto quella lettera decine di volte e ogni volta le metteva addosso un ansia tremenda. Che cosa era quella minaccia di cui parlava Legolas? Era la stessa cosa che aveva posseduto suo padre? O forse era molto, molto peggio.
Convocò Syelva e le lesse i tratti della lettera in cui Legolas parlava di quella nuova minaccia.
La donna tacque riflettendo, poi parlò.
“Mia signora, se quello che scrive si verificasse , non siamo in grado ora come ora di difenderci a dovere. Il mio esercito di guerriere conta solo due  centinaia di unità!”
“Lo so Syelva. E' per questo che ti ho fatto chiamare. Ritengo sia inutile fortificare ancora di più le mura. E' un lavoro lungo e dispendioso. Credo che dovremmo preoccuparci invece di reclutare nuovi soldati.” disse Aindil guardando fuori dalla finestra. Sentiva distintamente l'oscurità avvicinarsi.
“ E cosa proponete di fare?”
“Inizieremo con addestrare tutti gli uomini in grado di combattere che ora vivono a Cailexa. Lo faremo in modo convenzionale, capisci cosa intendo.”
Syelva fece una smorfia.
“Si.”
“E dovremmo reclutarne altri, al di fuori delle mure di Cailexa. Il nostro regno è grande. Offriremo loro terre e compensi in cambio della loro fedeltà.”
“Crede davvero che sia così facile? Gli uomini sono esseri deboli  e non c'è da fidarsi.”
“In altri tempi ti darei ragione. Ma questa minaccia ci riguarda tutti indistintamente.”
Syelva uscì accennando un inchino e lasciò Aindil sola.
Sola con i suoi pensieri più cupi. Si chiese quanto sarebbe durata e se mai avrebbe rivisto il suo adorato elfo. Si accarezzò il ventre che ormai era sempre più evidente. Avrebbe avuto un figlio. Si era accorta di essere incinta poco dopo la partenza di Legolas e non aveva fatto a tempo a dirglielo. Avrebbe voluto scrivergli una lettera ma chissà se l'avrebbe mai ricevuta e poi aveva pensato che non era il caso di dargli una notizia così mentre stava per affrontare la missione più importante della sua vita. Il bambino, secondo i calcoli delle saggie, sarebbe nato a primavera. Una bella stagione per nascere. Ma l'angoscia del pericolo che tutti correvano le faceva temere il peggio.


Dopo alcune settimane, a Cailexa giunsero parecchi cavalieri e soldati che accettarono di unirsi al regno. Per lo più erano mercenari, alcuni invece erano gli utlimi sopravvisuti di regni che avevano già avuto a che fare con quella minaccia di cui tanto si parlava. Raccontarono di cavalieri neri e nasgul, spietati e letali.
Come promesso Aindil assegno loro  un appezzamento terriero e accordò un tributo mensile per i loro servigi. I veterani contribuivano all'addestramento delle nuove leve, ma tra uomini e donne non correva buon sangue.
Syelva non riusciva a adeguarsi alla loro presenza e più volte aveva protestato con la sua imperatrice di quella situazione.
“Stiamo commettendo un errore gravissimo a mio parere. Credo che ce la caveremo meglio senza di loro!”
“Contro orde di orchi e nazgul? Lo credi davvero?” la rimproverò Aindil estenuata dalla sue lamentele. “Qual'è il vero problema Syelva?”
La donna si morse la lingua.
“E' arrivato un mercenario, si fa chiamare Tryon. Vuole comandare su gli uomini e sovrasta le mie decisioni! Dannazione sono io il capo dell'esercito!” sbottò.
Aindil sorrise. L'orgoglio Cailexano!
“Fallo venire qui!” e Syelva uscì.
Torno poco dopo accompagnata dal mercenario.
Era un uomo alto, di qualche spanna sopra Syelva, occhi scuri, capelli scuri, di media età.
L'uomo accennò un inchino davanti all' imperatrice.
“Tryon,è questo il tuo nome giusto?” chiese Aindil.
L'uomo diede un occhiataccia alla donna al suo fianco. Se lo aveva messo nei guai avrebbe trovato il modo di fargliela pagare a quella Syelva.
“Si, mia signora”
“Conosci Syelva?” gli chiese ancora.
L'uomo guardò ancora la donna al suo fianco. E penso che sarebbe stata meglio in cucina o nel suo letto, non a comandare un esercito.
“Con tutto il dovuto rispetto, credo di aver più competenza di lei a gestire un esercito.”
Syelva lo guardò offesa.
“Dimostralo” disse calma Aindil.
“Cosa?” esclamarono in coro in due.
“Un duello stabilirà chi di voi due è il più capace!” spiegò Aindil “Alla spada. Qui. Adesso.”
“Ma mia signora” disse Syelva incredula “che state dicendo?”
“Syelva, che temi? Di sicuro saprai fronteggiare quest'uomo, no?”
Syelva fece una smorfia e impugnò la spada.
“E sia!”
Anche l'uomo impugnò la spada e si mise in guardia. Guardò la donna bionda davanti a se. Gli occhi verdi le brillavano di orgoglio e rabbia. Poi lei sferrò l'attacco. Dove uno colpiva l'altro parava. E andarono avanti così per tutto il tempo.
“Può bastare!” urlò Aindil fermando i due.
Erano entrambi sudati e stremati.
Aindil sorrise e li guardò.
“Bene direi che siete alla pari. Syelva, tu sei e resterai il capitano dell'esercito di Cailexa.”
La donna sorrise e Tryon grugnì.
“Ma non posso fare a meno di notare le capacità di Tryon. A te assegno la carica di capitano degli arceri dell'esercito, mentre Syelva si occuperà della cavalleria .”
I due si scambiarono un occhiata.
“Potete andare!” disse soddisfatta Aindil.
I due stavano per uscire dalla sala e Aindil aggiunse.
“Fossi in voi andrei a festeggiare con un pinta di birra alla locanda. Magari è una buona occasione per diventare ..amici!”
Nessuno dei due si voltò, imbarazzati com'erano. Poi uscirono e chiusero la porta alla loro spalle.
Aindil sorrise.


Mano a mano che passavano le settimane Aindil poteva vedere l'oscurità che avanzava. Quello che separava Cailexa da  Mordor era solo una vasta pianura e i monti Cenere. Non  erano al sicuro da un pezzo , ma per loro fortuna sembrava che al momento il nemico avesse altre mire. Si sapeva di attacchi nell'Ithilien e aveva saputo che Saruman il Bianco era passato dalla parte del nemico, ma era stato sconfitto da un armata di Ent e Ucorni e confinato nella sua torre.
Era lì assorta nei suoi pensieri quando le porte si spalancarono e Syelva entrò di corsa.
“Ci attaccano! Goblin e orchi!”
Aindil si mosse e prese la spada.
“Dove crede di andare mia signora?” le disse Syelva.
“A combattere!” rispose Aindil come fosse la cosa più ovvia del mondo. Poi vide lo sguardo di Syelva sulla sua pancia.
“Sono venuta per portarvi al sicuro..”
Aindil deglutì. Non voleva essere messa al sicuro! Lei poteva benissimo partecipare allo scontro. Sarebbe stata nella retrovie, non era così stupida da rischiare la vita del bambino. Comunicò la sua decisione alla donna che aveva davanti e uscì. Si recò sulla torre per avere la vista sulla situazione. Syelva la seguiva nervosamente. Aindil vide un armata di orchi e goblin avvicinarsi rapidamente. Qualche migliaio ai suoi occhi. Non sarebbe stato difficile sconfiggerli.
Si voltò verso Syelva.
“Credo che non andranno da nessuna parte.”
Syelva fece un cenno con la testa e andò di corsa a comandare i suoi uomini.
Aindil sentì uno stridere provenire dall'alto. Si coprì le orecchie con le mani. Era insopportabile.  Alzò lo sguardo appena in tempo. Un nazgul piombò sulla torre e con un colpo d'ala frantumò buona parte della costruzione. Aindil cadde a terra, ma si rialzò velocemente e discese rapidamente le scale.
“Nazgul! Nazgul!” urlò correndo fino a sotto la barricata delle prime mura.
Vide Tryon che urlava comandi  agli arceri. Ma i nazgul calarono e molti uomini vennerò sballottati in aria e poi lasciati cadere come goffi spaventapasseri. Aindil rabbrividì quando uno di questi cadde a pochi passi da lei.
I nazgul dovevano essere un diversivo per distrarli dall'attacco degli orchi e dei goblin.
“Incendiate le frecce!” urlò rivolta a Tyron, che urlò il comando ai suoi uomini.
Poi si alzò e corse più veloce che poteva verso l'altro bastione dove si trovava Syelva. 
Lei e i suoi uomini erano già in postazione, ma i nazgul continuavano ad attacarli, scaraventandoli a destra e sinistra.
Alcune frecce scagliate dagli arceri andarono a buon segno e un nazgul cadde fuori dalle mura, bruciando vivo. Gli altri due si allontanarono.
“Sono qui!” gridò la sentinella riferendosi all'armata di orchi.
Gli arceri raggiunsero la loro postazione e Syelva di lanciò all'attacco oltre le mure. I cancelli vennero richiusi alle loro spalle.
Tyron fece scagliare le frecce di copertura, mentre Aindil scrutava il cielo in caso i nazgul tornassero.  Gettò un occhio al campo di battaglia e vide la cavalleria attaccare l'armata a piedi.
Vide molte guerriere cadere, ma senza dubbio Syelva era la più valorosa che avesse mai visto. Notò che anche Tyron osservava la scena e i suoi occhi non perdevano un attimo di vista la donna. Le frecce scagliate da lui erano tutte a sua copertura.
La distrazione le costo caro e una freccia la colpì di striscio ad un braccio. Sobbalzò e perse l'equilibrio cadendo dalla passeggiata. E fu buio.

 

Aindil riprese i sensi nel letto delle sue stanza. Era matida di sudore e le doleva la schiena.
Vide la saggia Odilia accanto a lei. Cercò di alzarsi , doveva tornare fuori, ma un dolore lancinante al ventre la costrinse a ridistendersi. Il bambino! Guardò la pancia e poi la saggia.
“Il bambino nascerà stanotte” le disse quella.
“No..no è troppo presto!” urlò Aindil in preda al panico. Mancavano ancora due mesi alla data.
“Il colpo che avete preso ha compromesso la vita che portate in grembo. Ho dovuto darvi delle erbe per stimolare il parto. Dovremmo farlo nascere stanotte, sperando che vado tutto per il meglio.”
Aindil si coprì il viso con le mani. Che stupida era stata! Per il suo maledetto orgoglio ora rischiava di perdere suo figlio!
Nessun rumore proveniva da fuori. La battaglia si era già conclusa?
“Gli orchi hanno battuto in ritirata qualche ora fa” le disse la donna come se le avesse letto nel pensiero. E forse lo aveva fatto davvero.
Sentì un altra fitta e urlò di dolore.
“Sono le erbe che fanno effetto” disse ancora Odilia e guardò tra le gambe di Aindil “Ci siamo. Fra poco potrete spingere.”
Infatti poco dopo Aindil ne sentì il bisogno e spinse con tutte le sue forze.
“Vedo la testa” disse Odilia “Un altra spinta adesso”
Aindil spinse ancora e sentì un dolore lacerante.
“Forza, mia signora, un altra spinta e sarà fuori!” la incitò la donna.
Aindil  era stremata ma spinse ancora, un ultima volta.
Sentì distintamente il bambino uscire da lei. Pregò che fosse vivo. Ma non lo sentì piangere.
“O no! No!” urlò con dolore. 
Non riusciva a vederlo, vedeva solo Odilia che lo fregava con un panno morbido. Poi udì il rumore più bello del mondo . Il primo pianto di un neonato.
Odilia le sorrise e le porse il bambino.
“E' femmina.”
Aindil la prese tra le braccia e osservo quel minuscolo essere tra le sue braccia. Sua figlia. Era cosi piccola e fragile. Iniziò a piangere  e guardò la donna.
“Soppraviverà?”
La donna sospirò.
“Non posso dirlo con certezza. Attaccatela al seno e tenetela stretta al cuore. Il vostro calore l'aiuterà.”
Aindil fece come le aveva detto la donna e guardò la bambina succhiare dal suo seno.
“Cassandra. Ti chiamerai Cassandra.”


Pochi giorni dopo Aindil si rimise completamente e potè dedicarsi a sua figlia al meglio. La bambina era forte e sembrava che non avesse alcuna intenzione di arrendersi. Come suo padre, pensò Aindil fiera della sua creatura.
Syelva le aveva fatto rapporto. L'attacco era stato respinto , anche se era sembrato un attacco depistante più che un vero e proprio attacco con il fine di far cadere il regno. Le perdite erano state numerose. Le disse che adesso potevano contare solo su poco meno di cinquecento  unità tra cavalieri e arceri.
“Se avessi avuto tutto sotto il mio controllo forse avremmo avuto meno perdite..” disse Syelva acida riferendosi all'operato di Tyron.
Aindil la guardò seria.
“Se non fosse stato per lui non saresti qui.  Ti ha coperto le spalle per tutto il tempo della battaglia. Non ti ha perso di vista un attimo. Io gliene sarei grata per l'eternità”.
Syelva arrossì violentemente e fece per uscire. Aindil la bloccò.
“Syelva...ricordati che le cose sono cambiate a Cailexa. Ora puoi unirti a chi vuoi tu senza dover sottostare a stupide leggi.”
Syelva non si voltò e Aindil non potè vedere che stava sorridendo.


La primavera era alle porte. La piccola Cassandra era sempre più forte. Ma le notizie che giungevano non erano le migliori. Era giunta voce di una terribile battaglia a Minas Tirith.
Ma non si era saputo con quale esito. Aindil era nelle sue stanze a prepararsi. Quella sera avrebbe dovuto presenziare a delle nozze. Syelva aveva abbassato le difese e si era gettata tra le braccia di Tyron. Avevano deciso di non poter aspettare. Il futuro era così incerto di quei tempi, che ogni giorno era prezioso.
La cerimonia fu breve ma bellissima. Una delle sagge benedì la coppia recitando una frase nella lingua antica. Tyron, come tradizione della sua terra, aveva regalato allo sposa un gioiello come simbolo di eterna fedeltà e amore. Un bacio aveva proclamato la loro unione.
Seguì un banchetto , non molto ricco, ma abbondante per quel periodo.
Nel bel mezzo della festa un ancella venne a chiamarla.
Un vecchio era giunto a chiederle udienza. Sembrava urgente.
Aindil si recò nella stanza dove il vecchio la stava aspettando.
Era vestito di bianco, dello stesso colore dei lunghi capelli e della lunga barba.  E sii appoggiava a un grande bastone, bianco pure quello.Uno stregone. Chissà cosa voleva.  Per sicurezza mandò l'ancella a scomodare gli sposi. Aveva bisogno dei suoi capi dell'esercito.
Lo stregone si voltò e la guardò tra il preoccupato e il sollevato.
“Cosa posso fare per voi?” gli chiese Aindil.
“Sono venuto a chiedere il vostro aiuto!” le rispose.
In quel mentre entrarono Syelva e Tyron che squadrarono l'ospite.
“I miei capi dell'esercito di Cailexa..”
Il vecchio tornò a guardare Aindil.
“Sono un amico di una persona di vostra conoscenza” le disse con complicità.
Aindil non capiva e iniziò a spazientirsi. Cosa nascondeva quel vecchio?
“Se è così urgente come avete riferito alla mia ancella, parlate vi prego.”
Il vecchio alzò lo sguardo grave su di lei.
“Sono un amico di Legolas” e Aindil sgranò gli occhi e restò a bocca aperta “Mi chiamo Gandalf e sono venuto a chiedervi di unirvi alla nostra battaglia contro Sauron!”

 

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Capitolo 20
*** L'ultima battaglia ***


~~Cap 20

 L'ultima battaglia.

Aindil ascoltò attenta e in apprensione le parole del vecchio stregone.
La situazione era peggiore di quanto si potesse immaginare.
“Mordor è pronto alla battaglia. Ha radunato tutte le sue forze, non solo orchi, ma anche uomini e mercenari della peggior specie. Se Gondor cadrà sarà solo l'inizio della fine per l'Arda intera per come la conosciamo.”
Aindil si sfregò le tempie.
“Cosa possiamo fare noi? Il nostro regno non  è poi così grande e il nostro esercito è decimato dai numerosi attacchi ..” si fermò pensando che anche a causa sua erano in quella situazione.
“Rispondete alla richiesta di aiuto di Gondor. Fatelo anche per il vostro popolo.”
Syelva , che con Tryon aveva ascoltato tutto, sbottò.
“Gondor! Perché mai dovremmo andare in loro aiuto. Sapete bene mia Imperatrice dei nostri passati con Gondor e con altri regni. Nessuno di loro ci ha mai aiutato e con nessuno di loro abbiamo mai stretto alleanze e a ragione! Non vedo perchè dovremmo farlo adesso!”
“Perché siamo tutti in pericolo! Anche Cailexa!” disse  Gandalf indispettito.
Aindil si alzò sospirando.
“Ha ragione lui Syelva. E anche affar nostro.”
“Quando arriveranno qui li combatteremo. Non vedo perchè decimarci ancor di più andando a combattere una battaglia che non è ancora nostra!”
“Ma lo è!” disse sfinita da tanta cocciutaggine Aindil.
“Lo è per voi, mia signora, con tutto il rispetto. Sappiamo tutti perchè vi sta così a cuore, ma non potete metterci tutti a repentaglio per questo!” insistette la donna.
Aindil la fulminò con lo sguardo.
“Non sei obbligata a venire! E adesso puoi tornare alla tua festa di nozze. La tua presenza non è più richiesta.”
Syelva girò i tacchi indispettita, tirandosi dietro il neo marito.
Aindil guardò Gandalf.
“Dimmi cosa devo fare.”

Gandalf lasciò Cailexa la notte stessa. Aveva  detto ad Aindil di unirsi a Re Theoden e a Rohan appena fosse stata pronta.
L'indomani mandò a chiamare Syelva e Tryon.
“Spero che abbiate riflettuto su quello che ha detto lo stregone bianco questa notte.
“Non ho cambiato idea se è questo che volete sapere!” disse Syelva.
“Perchè ti ostini cosi? Capisco e comprendo quello che hai detto ma ti facevo più furba!”
Syelva stava per dire qualcosa ma Tryon la fermò.
“Mia signora, Syelva ha ragione. Siamo troppo pochi, ci faremo ammazzare e basta!”
“Ma non saremo soli! Se aspettiamo qui che ci vengano ad attaccare allora si che moriremo tutti! Stiamo parlando di migliaia di orchi e uomini contro poche centinaia di nostri soldati. Gandalf ha detto che farà in modo che i fuochi di Minas Tirith vengano accesi! Capite? Molti risponderanno alla chiamata!”
Syelva guardò Tryon.
“Non è affar nostro” ribadì.
Aindil perse la pazienza.
“Syelva...”e le si avvicinò lentamente “Capisco le tue remore, ma un giorno io voglio guardarmi indietro e non voglio rimpiangere per il resto della mia vita di non aver combattuto per  il futuro di mia figlia, dei nostri figli! Non voglio restare a guardare dalla finestra cosa succede ...io voglio esserci, voglio fare la mia parte. E lo so che in cuor tuo, lo vuoi anche tu.”
Syelva alzò gli occhi verso l'imperatrice.
“Finirà mai tutto questo?”
Aindil le mise un mano sulla spalla.
“Possiamo dare il nostro contributo affinchè ciò avvenga.”


Il tempo di preparare le truppe e si misero in viaggio. Col il cuore pesante Aindil, aveva lasciato Cassandra alle cure delle sagge. Le aveva scritto una lettera, in caso non avesse fatto ritorno. Così un giorno avrebbe potuto capire.
Arrivarono ad incrociare gli uomini di Rohan poco prima che lasciassero il loro accampamento, a tre giorni di cavalcata da Gondor.
“Re Theoden, sono l'imperatrice di Cailexa. E' Gandalf che mi manda, con la richiesta di unirci a voi per la difesa di Gondor!”
Aindil vide il re fare una smorfia di disappunto.
“Allora seguiteci!” furono però le sue parole.
E cavalcarono insieme verso Gondor.
Aindil cercò con gli occhi un voltò familiare, ma non lo trovò. Chissà dove poteva essere Legolas. Non poteva sapere che se solo fosse giunta la sera prima, lo avrebbe potuto riabbracciare.


La vista che si presentò ai loro occhi era la cosa più terribile che Aindil avesse mai visto.
Distese infinite di schieramenti di orchi, goblin e altri esseri mostruosi. I nazgul volteggiavano sopra le truppe. Minas Tirith era in fiamme. Aindil deglutì e guardò Syelva e Tryon al suo fianco.
Re Theoden cavalcò lungo lo schieramento, impartendo ordini agli uomini. Udì a malapena che dovevano seguire il vessillo del Re al centro. I suoi pensieri erano tutti alla battaglia che da li a poco avrebbe affrontato. Sentì solo le ultime parole del suo incitamento.
“...un giorno rosso..prima che sorga il sole!”
Poi si levò l'urlo dei soldati.
“Morte! Morte!” e anche Aindil urlò per caricarsi e farsi coraggio.
Risuonarono i corni e cavalcarono all'attacco.
Una prima pioggia di frecce si abbatté su di loro e Aindil vide cadere i primi cavalieri attorno a se. Cavalcò più veloce brandendo la spada. Un attimo dopo raggiunsero la prima linea di orchi e li travolsero.
Aindil brandì colpì a destra e sinistra, riuscendo a stare in sella al cavallo. Ad un tratto alzò lo sguardo e non riuscì a credere a ciò che i suoi occhi videro.
Animali enormi con delle grosse zanne, dai quali piovevano frecce scagliate da uomini che si trovavano sopra il loro dorso. Dovette cambiare bruscamente direzione per evitare di venire calpestata da una zampa di quelle enormi bestie. Adesso sapeva di aver fatto la cosa giusta. Cailexa non avrebbe avuto alcuna speranza se si fosse trovata sola a fronteggiare un simile nemico.
Un nazgul enorme le passò sopra la testa e lo vide calare qualche metro più avanti. Riconobbe il bianco destriero di Re Theoden poco prima che fosse sbalzato a terra. Non capiva ormai più quello che stava succedendo. Tirava solo colpi alla cieca e cercava di restare a cavallo. Ma un freccia colpì il suo destriero e fu catapultata a terra. Si alzò prima che potè e iniziò a duellare corpo a corpo con  qualsiasi essere le capitasse davanti o dietro. Era stremata, ma sapeva che non avrebbe mollato. Mai. Avvertì come un alito freddo e con la coda dell'occhio vide delle strane figure verdi, come fantasmi  che avanzando, facevano piazza pulita di orchi e nemici.
Si voltò e vide dietro di sé uno di quegli enormi elefanti. Chissà perchè in quel momento le venne alla mente che sua madre gliene aveva fatti vedere su dei libri di storie orientali quando era bambina. Si tuffò a terra e rotolo per non farsi calpestare. Di sfuggita le sembrò di vedere un uomo dai lunghi capelli biondi saltarci sopra. Le ricordò il suo Legolas e si chiese se fosse riuscito a portare a termine la sua missione e se aveva a che fare con quello che stava succedendo lì.
 Si alzò e passò oltre, continuando a conficcare la sua spada su ogni orco le capitasse a tiro.
Poco dopo si inginocchiò stremata, senza più un filo di forza nella breccia.
“Ecco, è la fine” pensò.
Ma si guardò intorno e vide che in realtà stavano avendo la meglio. Gli elefanti erano stati abbattuti uno ad uno e quella strana scia verde ora avanza verso le mura delle città. Trasse un sospiro di sollievo. Era ancora viva. Sperava che anche Syelva e Tryon lo fossero. E  sperò di non aver perso tutto il suo esercito.
Si alzò, facendo leva sulla spada intrisa di sangue nero. Si guardò intorno cercando di riconoscere armature di Cailexa.  Si levò l'elmo e lo gettò a terra. Si avviò trascinando i piedi sulla terra, evitando le centinaia di cadaveri di cui era disseminato il campo di battaglia.
“Aindil? Aindil ..sei tu?”
Aindil si voltò e  per l'ennesima volta in quel giorno, non riuscì a credere ai suoi occhi.
“Legolas!” e senza dire altro si gettarono uno tra le braccia dell'altra.

 

Più tardi, Aindil si trovava nella sala del trono a Minas Tirith, con Legolas, Gandalf, un nano di nome Gimli, un ramingo che si chiamava Aragorn e  Eomer.
Non aveva avuto nemmeno un minuto per parlare con Legolas da sola. Non era ancora finita.
Aveva ritrovato anche Syelva e Tyron. Le loro perdite erano state pari alla metà del loro esercito. Non poche, ma non molte rapportate alle migliaia di vite umane che si erano spente in quel giorno. Anche Re Theoden era morto, aveva saputo.
Gandalf stava parlando.
“E' solo una questione di tempo. Ha subito una sconfitta si, ma sono sicuro che si sta riorganizzando.”
Il nano, tra una boccata di pipa e l'altro, disse qualcosa a proposito di lasciarlo là a marcire. Ma Gandalf gli rammentò che circa diecimila orchi ora erano tra Frodo e il monte Fato. Aindil non capiva a cosa si stesse riferendo. Non c'era ancora stato il tempo perchè tutto le venisse spiegato. Sapeva solo che c'era di mezzo un anello molto potente.
Poi fu Aragorn a parlare.
“Frodo ce la può ancora fare. Ha solo bisogno di tempo per passare al sicuro tra le pianure. E noi questo glielo possiamo darglielo noi .Attiriamo gli eserciti di Sauron  e marciamo al nero cancello”
“Ma non possiamo ottenere una vittoria con la sola forza delle armi e degli uomini. Siamo in netta minoranza” intervenne Eomer.
“No, è vero, ma possiamo dare una possibilità a Frodo se attiriamo l'attenzione su di noi. Renderlo cieco a qualsiasi altra cosa che si muova.”
“Un diversivo” disse Legolas dando un occhiata intenditrice ad Aindil.
Era deciso. Ci sarebbe stata un altra battaglia. L'ultima. In qualsiasi modo fosse finita.
Prima che uscissero dalla sala Aindil fermò Legolas.
“Ti devo parlare ..in privato.”
“Aindil , avremmo tutto il tempo del mondo per parlare dopo che sarà finito tutto” le diede un bacio veloce e poi si separò da lei. Aveva fretta di andare a pianificare la battaglia i suoi amici.
“Legolas, ti devo dire una cosa importante che non può aspettare!” gli urlò dietro mentre lui stava correndo via.
Lui si fermò e si voltò un istante. La guardò con aria interrogativa.
“Legolas...una cosa non ho fatto a tempo a dirti perchè eri già partito quando l'ho scoperto.”
“Che cosa?” disse lui ansioso.
“Legolas...quest'inverno, un po' prima del previsto, è nata tua figlia.”
L'elfo la fissò a bocca aperta, poi le sue labbra si allargarono in sorriso.
“Abbiamo una figlia? Mia figlia?”
“Si, l'ho chiamata Cassandra. E' forte, una guerriera come suo padre. Le sagge avevano detto che non sarebbe sopravvissuta, ma invece ha lottato e adesso è una bambina deliziosa!”
Legolas l'abbracciò forte.
“Non vedo l'ora di vederla! Ma prima dobbiamo chiudere questa cosa!”
“Si, lo so”
“Voglio che tu resti qui, e se le cose si mettono male, torna a Cailexa e porta la bambina a Reame Boscoso da mio padre. Se non ci dovesse essere speranza lui si prenderà cura di voi e vi condurrà a Valinor.”
Aindil sorrise. 
“Credi davvero che riuscirai a tenermi qui?”
Legolas la baciò.
“Ci ho provato!” poi uscirono per raggiungere gli altri.


Cavalcarono in rigoroso silenzio dietro Aragorn, verso il nero cancello. Aindil cavalcava al fianco di Legolas. Il suo voltò era tirato e preoccupato. Come quello di tutti. Syelva, Tryon e quella che restava del loro e degli altri eserciti, li seguivano.
Quando arrivarono al nero cancello, il gruppetto di testa si staccò  per andare a parlare con il messaggero di Sauron. Aindil rimase con il resto del gruppo.
Syelva le si avvicinò.
“Credo che questo sia il momento giusto per dire una cosa, mia Signora.”
Aindil si voltò per guardarla.
“Comunque vadano le cose” proseguì Syelva “sono fiera e onorata di aver combattuto per un Imperatrice come voi. Dopo ciò che ho visto e vissuto posso solo dire che avevate ragione voi.”
Aindil fece un cenno con la testa.
“Non ho mai conosciuto un capo dell'esercito più capace e valoroso di voi. Chi lo sa? Un giorno potreste essere un ottima imperatrice.”
Syelva la guardò stupita ma non fece a tempo a dire nulla la sua attenzione fu attirata dalla vista dell'apertura del nero cancello.
Il gruppetto ripiegò tornando dal resto della compagnia. Alle loro spalle centinaia, migliaia di orchi si apprestavano a marciare fuori dal cancello. In lontananza l'occhio di fuoco li osservava.
Più il cancello si apriva e più l'ansia e la paura degli uomini cresceva. Aindil restò al suo posto fissando lo spettacolo orribile davanti a se.
“Restate ai vostri posti!” urlò Aragorn.
Poi incitò gli uomini.
“Vedo nei vostri occhi la stessa paura che potrebbe afferrare il mio cuore... Ci sarà un giorno in cui il coraggio degli uomini cederà, in cui abbandoneremo gli amici e spezzeremo ogni legame di fratellanza..”
Aindil abbassò gli occhi. Sentiva di aver già vissuto quel giorno. Ed era li per riscattarsi.
“..Ma non è questo il giorno..” continuò Aragorn
Aindil si distrasse cercando gli occhi di Legolas.  Ma lui stava ascoltando rapito le parole dell'amico.
“... per tutto ciò che ritenete caro ..su questa bella terra..” e a quelle parole di Aragorn, Legolas si voltò  a cercarla e i loro sguardi si legarono per l'eternità.
Aragorn terminò il suo discorso e si voltò brandendo la spada all'aria. Lo sguardò di Aindil tornò  a posarsi sul nemico che avanzava davanti a loro.
Per un tempo che sembrò non finire più, si udì solo un pesante silenzio. Poi un sibilo, un sussurro di parole incomprensibili provennero dall'occhio di fuoco.
Aragorn si voltò un ultima volta.
Aindil vide i suoi occhi velati di orgoglio e rassegnazione, ma c'era solo coraggio non paura. Capì che sarebbe stato un grande Re.
“Per Frodo” sono le ultime parole che gli sentì sussurrare, prima che si lanciasse sull'orda nemica.
E tutti lo seguirono, correndo e brandendo spade, lance, archi e frecce, in un ultimo disperato grido di speranza.
I due eserciti cozzarono tra di loro, in un terribile corpo a corpo.
Aindil non si rese contò di quanto tempo passò ,si preoccupava solo che la sua spada trafiggesse carne di orco. Non si rese conto del dolore, quando un spada nera le ricambiò il favore. Udì solo un sibilo terrificante che le trafisse le orecchie. Intorno a se vide gli orchi passarle avanti, senza curarsi minimamente di lei. Si inginocchiò a terra. E  fu buio.
Non riuscì a vedere la torre di Sauron accasciarsi su se stessa, ne la terra aprirsi ingoiando  l'esercito di Sauron. E nemmeno vide il monte Fato esplodere dopo la distruzione dell'anello, e non sentì arrivare le aquile.
Legolas invece le vide e sorridendo pensò che finalmente era finita. Spostò il suo sguardo a terra.
Riconobbe i colori  di un armatura di Cailexa e si precipitò. Aindil non portava l'elmo e i capelli corvini erano sparsi sul viso. Il cuore dell'elfo ebbe un sussulto e la prese, piangendo, tra le sue braccia.

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Capitolo 21
*** Epilogo ***


~~Cap 21

 

Epilogo


“Cassandra! Cassandra!”
La bambina riconobbe la voce del padre e si nascose meglio sotto il letto, sicura di non essere vista.
Legolas entrò nella camera della figlia. Individuò subito i piedini scalzi che sbucavano da sotto le coperte.
“Ma dove si sarà cacciata quella bambina?” disse falsamente preoccupato.
Cassandra si lasciò sfuggire un risolino divertito.
“Peccato....vorrà dire che la torta di more la finirò da solo..”
“No no!” urlò la bambina uscendo dal suo nascondiglio.
Legolas le sorrise e lei si tuffò tra le braccia del padre. A vederli erano identici. Cassandra aveva gli stessi occhi profondi e vivaci del padre e lunghi capelli d'argento. Ma nel carattere era tutta sua madre.
“Vieni, la torta ci aspetta. Poi dobbiamo metterci in viaggio.”
“Dove 'diamo papà?”
“Nella nostra nuova casa, un posto che un tempo era bellissimo e tornerà presto ad esserlo. Si chiama Ithilien.”

Legolas osservò la figlia con la faccia imbrattata di marmellata di more. La cosa più dolce che avesse mai visto.
Aveva due anni e mezzo ed era una bambina intelligente e bellissima. Sospirò e la lasciò alle cure di una delle sagge. Tornò nelle sue stanze per finire di sistemare gli ultimi bagagli. Era tempo per loro di lasciare Cailexa.
Osservò per un ultima volta il paesaggio fuori dalla finestra. Era tutto così tranquillo e rigoglioso, che pareva di stare ammirando un quadro. Nel corso degli ultimi due anni, il regno di Cailexa era tornato a risplendere e a ripopolarsi. La sagge si erano dedicate alla nascita di un giardino botanico , ove erano presenti tutti i tipi di piante medicinali conosciute. Gestivano ora la più grande farmacia di quelle terre, e molti regni vicini richiedevano le loro cure e i loro medicamenti.
Era diventato proprio un bel posto per viverci, adesso che stupide e retrograde leggi erano state abolite definitivamente. Ma lui non poteva continuare a vivere lì.
Aveva avuto il permesso di suo padre per dimorare nell'Ithilien, così profondamente deturpato dalla guerra dell'anello, e lui aveva il profondo desiderio di riportarlo all'antico splendore. In più avrebbe goduto della vicinanza al rinato regno di Gondor e del suo caro e vecchio amico Re Aragorn.
Chiuse il baule e lo lasciò vicino all'entrata. Avrebbe mandato a prenderlo. Guardò la stanza un ultima volta e, con un velo di malinconia, la richiuse alla sue spalle.
“Legolas, amico mio!”
L'elfo si voltò e vide il volto sorridente del sovrano di Cailexa, l'imperatore Tryon.
“Tryon! Pensavo fossi alle scuderie.”
“Non pensavi davvero che ti avrei lasciato partire senza salutarti e ringraziarti!” disse abbracciandolo affettuosamente.
“Non mi devi nulla!”
“Scherzi? E' anche grazie a te che questo regno è diventato quello che è oggi. Era un diamante grezzo e tu hai contribuito a renderlo una pietra delle più preziose. Senza i tuoi consigli e le tue conoscenze elfiche...”
Legolas sorrise e gli posò una mano sulla spalla.
“Già, e tu e Syelva sarete degni sovrani di questo posto!”
Tryon sorrise. Era un uomo felice adesso. E non solo perchè era imperatore di un regno prolifico e ricco, ma perchè in Syelva aveva trovato la compagna della vita. Avevano un figlio maschio, Ilhemen, cosa unica e straordinaria a Cailexa, che fece definitivamente capire che le cose erano cambiate. E Syelva ora aspettava il secondo. Si, era davvero un uomo fortunato.
“A presto amico mio!” si congedò Tryon.
“A presto!” salutò Legolas.


Caricò il suo bagaglio sul cavallo e lo assicurò. Aveva portato solo il necessario per il viaggio. Il resto dei bagagli sarebbe stato spedito successivamente. Decise di fare un ultimo giro per quella che era stata la sua casa negli ultimi due anni. Chiuse gli occhi e i suoi pensieri volarono indietro nel tempo. Al giorno in cui Sauron fu sconfitto, al giorno in cui tutto finì.
Era sollevato e felice, finalmente l'anello era stato distrutto e con lui anche il potente signore del male. Adesso sarebbe iniziata una nuova era, una nuova vita. Il suo primo pensiero fu per Aindil, adesso avrebbero finalmente potuto vivere il loro amore,non ci sarebbero stati più ostacoli.  Abbassò gli occhi e con la coda dell'occhio, vide un armatura a terra, i colori di Cailexa. Il suo cuore smise di battere quando vide i capelli corvini sparsi ovunque. Era corso da lei, dalla sua Aindil, e scosso dalle lacrime l'aveva accolta tra le sue braccia. Era ferita gravemente .
Una delle aquile la prese con se e li riportò entrambi a Cailexa.
Le sagge si presero subito cura di lei, ma aveva perso troppo sangue ed era molto debole.
Le vide uscire una ad una da quella stanza con gli occhi bassi e velati di lacrime.
Per giorni e notti aveva vegliato su di lei, senza mai lasciarla sola un attimo, nella speranza che si risvegliasse.
Una notte, una delle donne gli portò la bambina.
“Pensavo voleste vederla.”
Legolas pensò amaramente che in tutto quel trambusto si era dimenticato di avere una figlia e se ne rammaricò.
La prese tra le sue braccia e si sentì il cuore più leggero.
“O Aindil...nostra figlia...è ..è bellissima...” disse con occhi colmi d'amore osservando la bimba che li stringeva il dito.
La donna gli porse una lettera.
“Cos'è?”
“L'imperatrice Aindil me l'aveva data in consegna nel caso le fosse successo qualcosa. Credo siano le sue volontà e credo che spettino a voi.”
Con mano tremante Legolas prese la busta. Poggiò la bimba accanto alla madre e attese che la donna uscisse. Poi spezzò il sigillo e l'aprì.

“Mia dolce, piccola Cassandra.
Se stai leggendo questa lettera, significa che purtroppo le cose non sono andate come avevo sperato.
Ti scrivo prima della mia imminente partenze per una battaglia, spero l'ultima e decisiva, che deciderà le sorti della nostra terra e del nostro regno. Non ti sto abbandonando. Sto andando a combattere affinchè il mondo in cui crescerai sia un posto migliore. Spero  che un giorno ti verranno narrate le  storie al riguardo e che parlino della nostra vittoria sul male. Te lo racconterei io, ma al momento non ne so molto. Sono qui invece per parlarti di me e di tuo padre. Al momento lui non sa di te, è partito per una missione importante che ha  a che vedere con questa guerra ,prima che io stessa sapessi di attenderti. E non ho più avuto sue notizie. Parto anche con questa speranza. Di ritrovarlo, di dirgli di te e di ritornare con lui. Nel caso non riuscissi, sappi che tuo padre è un principe elfico. L'elfo più bello e valoroso che io abbia mai conosciuto. Non dubitare mai di questo. Se ancora vive lo troverai nel Reame Boscoso. Raggiungilo e fagli leggere questa lettera. Lui capirà. E ti donerà l'amore che ti avrei donato io. Anche di più. Sentirai molto leggende e storie anche su di me e non saranno tutte positive. In questa vita, troppo spesso ho seguito il mio istinto e ho sbagliato. L'unico cosa che volevo evitare di fare è stata quella che poi mi ha portato la maggior felicità. Sto parlando proprio dell'essermi innamorata di tuo padre. Lo amo, l'ho sempre amato anche quando lui pensava il contrario, ma pensavo di proteggerlo così. Pensavo di non essere alla sua altezza, che meritasse di meglio. Ma lui mi ha sempre trovata e mi ha sempre riportata a lui. Adesso tocca a me trovarlo e spero di riuscire almeno in questo. Bambina mia, va a cercarlo te ne prego. Sarai fiera di avere un padre come lui. Vi amo entrambi e se non sarò più tra voi, sappiate che il mio spirito vi proteggerà sempre e ovunque.
Con tutto l'amore che ho.
Aindil, tua madre.”

Legolas finì di leggere tra le lacrime.
“O Aindil...ti amo ...non mi lasciare...non andartene...” supplicò stringendole la mano.

L'elfo fu ridestato dai suoi pensieri dalla voce di una donna che gli offriva dei frutti.
“Ho sentito che partite” disse la donna dispiaciuta “Vogliate prendere questo omaggio”
Legolas sorrise e la ringraziò con un cenno del capo. Guardò il sole. Si stava facendo tardi. Era ora di partire.
Tornò velocemente nel cortile del palazzo. Vide che era atteso. Syelva teneva per mano la piccola Cassandra, che le stava accarezzando la pancia prominente.
“O Legolas! Sei qui!” disse Syelva vedendolo.
“Si...ho voluto fare un ultimo giro.”
Syelva lo guardò dolcemente.
“Mancherai a tutti noi. La porta qui è sempre aperta .”
“Ti ringrazio” e si chinò a baciarla “Torneremo a vedere il nuovo nato sicuramente!”
Si guardò intorno con aria interrogativa poi udì una voce urlare in lontananza.
“Arrivo...arrivo...”
Si voltò verso il portone del castello e finalmente la vide uscire.
“Aindil...è tardi!” la rimproverò scherzosamente.
“O Legolas...dovevo salutare tutti!”
Legolas guardò sua moglie, tutta trafelata con i capelli scarmigliati. Teneva la fascia legata al busto, dalla quale spuntava la manina del piccolo Illheais, di soli due mesi.
Aindil salutò con un bacio la sua cara amica Syelva.
“Sei sicura Aindil?” le chiese la donna guardandola preoccupata.
Aindil le sorrise. Non era mai stata più sicura in vita sua. Aver rinunciato al trono in favore di Syelva non le era costato affatto. Anzi. Era sicura che quella valorosa guerriera sarebbe stata una grande imperatrice per Cailexa.
Legolas l'aiuto a issarsi a cavallo, poi montò sul suo e Syelva gli passò la piccola Cassandra.
“Siete sicuri che non volete una carrozza? Ve la faccio preparare in un attimo!” chiese Syelva accorata.
“No, ti preoccupare. E' una bella stagione per cavalcare e  per dormire un paio di notti sotto le stelle!” disse felice Aindil prima di spronare il cavallo e mettersi in viaggio.
Fuori dalle mura della città , Legolas la vide fermarsi un ultima volta, ma non si guardò indietro. Controllò che il bambino stesse bene e ripartì.
“Stai bene?” le chiese lui premuroso.
“Mai stata meglio” ed era vero. Ci aveva messo un bel po' a riprendersi dalla ferita, che ancora oggi le dava qualche fastidio, ma adesso era felice e se anche un po' le dispiaceva lasciare Cailexa, aveva bisogno di iniziare una nuova vita fuori da quelle mura, che troppi ricordi dolorosi le portavano alla mente. Sarebbe stata per sempre la signora di Cailexa, ma quella non era più casa sua. Guardò sorridente il marito che le cavalcava affianco. E guardò i loro figli.
“Si, sto decisamente bene!”
 


                                                                           FINE

 

SPAZIO AUTRICE.
 Eccomi giunta al temine...spero di non aver deluso nessuno con questo finale. Io sentivo di dover concluderla così. Ringrazio chi mi ha letto e chi ha recensito, chi ha messo la storia tra le ricordate, le preferite  e le seguite. E stata una faticata, ma ne sono soddisfatta. Grazie.

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