Storie da Dublino

di Ulver
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***



Capitolo 1
*** I ***


​I
Caldo. Ma che ore sono? Stupido Joiss, doveva essere arrivato già da un po'. Certo, poi c'è sempre il problema che magari lui è già arrivato ma non ci siamo visti e allora entrambi stiamo aspettando qualcuno che in realtà c'è già, è già arrivato. Incertezza. Se davvero fosse così? Come risolvere questa situazione? Una cosa terribile. Potremmo teoricamente stare qui per ore e ore senza vederci. Potrei chiamarlo. Perché non c'ho pensato prima? Chiamiamolo. Non risponde. Magari è ancora in viaggio. Dove sono i tabelloni? No, non ho voglia di alzarmi, guarderò dopo. Aguzziamo la vista, magari è qui davanti a me e non me ne accorgo. Raggoma... Raggomitom... Raggomital... Rag-go-mi-to-la... me-lo. Semibisdrucciole. Basta con questi giochi di parole! Vediamo se posso vedere. No. No. Mmm... no. Quello sembra Justin Bieber a trent'anni. Inquietante a suo modo. Non vorrei mai. No. No. Bella quella. Francese credo. Oh. Credo abbia notato che la stavo guardando, speriamo non fraintenda. Guardarla senza dare nell'occhio. Divertente. Davvero, potrebbe aver pensato male. Meglio discolparmi di queste mie colpe assenti. Fingere disinteresse. Andiamo a vedere i tabelloni. Magari quell'idiota è stato dirottato e... no, è l'aereo che viene dirottato, di solito. Tanto non sarà così. Bene. Se fosse successo... chissà quante cose avrebbe da raccontare. Ma cosa sto dicendo?
 
Molto bene. Ora non so dove andare; il piano almeno è quello giusto? Sì, primo piano. Ho sempre odiato gli aeroporti, sono troppo, troppo confusionari, non sai mai dove devi andare e sei sempre di fretta. Proviamo a vedere. Dovrei cercare una pianta dell'aeroporto per... i tabelloni! Forse lì. Aspetta. Sembra che ci sia qualcun'altra con le idee non molto chiare. E se provassi a chiederle... Cosa le chiederei?  Magari deve andare nel mio stesso luogo. Gate 1, forse? Non ricordo, direi che è meglio guardare. Mi piacciono i suoi capelli, dovrei tingerli di rosso anch'io. Sarà irlandese? Gli irlandesi hanno i capelli rossi. Probabilmente... Ecco! Ecco il biglietto, vediamo. Gate 1, sì! Andiamo a chiedere a... Oh, se n'è andata, diamine. Verso il bar, oltretutto; mi sa che era appena arrivata. Tra l'altro è da stamattina che non mangio, dovrei anch'io... qua a destra ci sono due tre ristoranti. Mangerò qualcosa.
 
Claire camminava con passo moderato verso il bar. Si era resa conto troppo tardi che, tra le due strade a destra e a sinistra aveva scelto quella col percorso più lungo; avrebbe infatti dovuto passare davanti ad un lungo tavolo rettangolare attorno cui sui tre lati scoperti (il quarto coincideva quasi con il bordo della superficie del primo piano dell'aeroporto) erano disposte delle sedie girevoli alle cui spalle vi era una televisione che mostrava spesso eventi sportivi. Quel giorno, su quelle sedie, era seduta una congrega di scozzesi piuttosto massicci che assistevano a una partita di rugby, Scozia - Irlanda; inutile dire che sul tavolo erano presenti diversi boccali di birra in parte già scolati. Quando Claire dovette passare davanti alla televisione, unico percorso, si levarono numerosi fischi e apprezzamenti volgarotti nei suoi confronti; gente buona, gli scozzesi, ma quando c'è birra e una bella ragazza meglio star loro a distanza di sicurezza; oltretutto Claire, che veniva da Tolosa, Francia, sebbene avesse intuito che quelli non stessero dicendo cose propriamente gentili nei suoi riguardi, non aveva gli elementi per poter rispondere loro essendo il suo inglese rimasto quello delle superiori.
Questo breve siparietto si concluse quasi subito quando Ford, giocatore della Scozia, stava per volare in meta dopo aver superato tre giocatori irlandesi. (per inciso, la suddetta azione si risolse in un nulla di fatto e alla fine la partita terminò col punteggio di 6-28 per l'Irlanda)
 
Che fastidio questi irlandesi... o scozzesi... odio essere notata. Ma perché mi preoccupo? Sono persone che non vedrò mai più, e che anzi è come se non avessi mai visto; loro faranno la figura degli ubriaconi, ed io della povera ragazza indifesa, e alla fine la spunto io. In fondo a chi interessa? Magari c'è uno scrittore qua da qualche parte, seduto su qualche poltroncina o magari un barista, che vista la scena si sentirà ispirato e scriverà una storia sul mio conto. Chi sono io? Mi sembra già di leggere quel romanzo. Il mio nome è Claire Delmas, sono nata in un piccolo ospedale di Tolosa il cinque dicembre del 1989. Il 13 aprile di 24 anni dopo mi trovavo a Dublino per incontrare Samuel Trevor, e finalmente capire se la storia tra noi due avrebbe mai avuto un futuro. L'avevo conosciuto mentre ero in vacanza con i miei vecchi amici del liceo, nel 2009. Avevamo deciso di andare in Irlanda e precisamente nelle isole di Aran, un piccolissimo arcipelago ad ovest della baia di Galway; era un posto fuori dal mondo... E poi qui una bella descrizione di tutto l'arcipelago, eccetera. Poi racconterei di come l'ho conosciuto. Eravamo su una spiaggia, tutt'intorno a noi marame e alghe e l'incantevole visione del faro che illuminava il mare nella notte. Io e i miei vecchi compagni, con questi ragazzi irlandesi anche loro desiderosi di andarsene fuori dal mondo e fuggire dalla vita. Ci vorrebbe qualcosa di più poetico. Com'è successo, poi, non saprei dirlo con precisione, e d'altronde succede così con tutte le storie d'amore; per l'appunto, ci siamo innamorati. Due settimane di vacanza. Mettere qualche riferimento all'ultima notte e a ciò che è... Dio, quante cose mi stanno venendo in mente. Abbiamo passato momenti stupendi! Certo però che il passato non tornerà mai più. Chissà... se fra poco, quando lo vedrò, avrà pensato alle stesse cose cui sto pensando ora. Le sere d'estate sulla spiaggia di Inishmore. Quell'ultima sera in cui per la prima volta ho fatto l'amore, con lui. Le nostre corrispondenze. Il desiderio di ritrovarsi. Vedersi in webcam, con quei vecchi programmi che forse ora non esistono nemmeno più. La prima volta che ci siamo rivisti di persona, a Parigi. Non ero nemmeno mai stata a Parigi, pensare cosa mi sono persa. E poi ancora, Londra, Dublino, Berlino, Madrid, siamo stati ovunque praticamente, ci mancava solo New York e Tokyo. Infine, oggi: di nuovo Dublino, come due anni fa, ma ciò che accadrà sarà qualcosa di totalmente diverso. Spero solo che sia qualcosa di bello e felice.

Claire si siede davanti a un tavolino che si affaccia su immense vetrate che mostrano il paesaggio urbano fuori dall'aeroporto; e guardando la skyline di Dublino, aspetta di sapere che forma prenderà il suo futuro.  

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Capitolo 2
*** II ***


II
...e, in lontananza, quasi fusa con quella meravigliosa terribile notte, la linea di contorno delle montagne lontane. Mm. Non mi piace particolarmente questa frase, ha qualcosa che non mi ispira. Linea di contorno? È giusto dire così? Perimetro... Ma c'è un'altra parola... Skyline va bene solo per gli ambienti urbani, credo. Non va bene. Dovrei ambientare un racconto in una città solo per usare skyline, è una parola davvero bella. La Skyline della Dublino periferica affiorava dal grigio cemento dell'era bellica. Immagine efficace. Diamine, però, ho sempre il dubbio di sembrare derivativo. Beckett, Joyce, avevano tutti il loro stile riconoscibile, il mio cos'è se non un ammasso di tanti stili diversi? E non solo irlandesi, nemmeno un'identità nazionale riesco a mantenere. Panetnico, multiculturale, sincretico, un linguaggio che è tutto e non è niente. Finnegans Wake ne è un esempio... o meglio, è una cosa abbastanza diversa in realtà, il suo è un linguaggio totale, il mio è un miscuglio eterogeneo di stili. Stili. Gli stili sono cose slegate dal linguaggio in sé. Assolute. In fondo non è ciò che fanno tutti, rielaborare e unificare tutto ciò che era prima per renderlo qualcosa di nuovo? Se fosse così però qualcosa deve aver dato origine a tutto. Big Bang. E quello da dove è venuto? Singolarità la chiamano. Qualche secondo fermo, Tristano, sotto le stelle ardenti di una notte che non tornerà mai più. Risalire all'origine per capire il futuro. C'erano dei filosofi che. In fondo pensare che da un unico oggetto o evento sono derivate tutte le cose che ora è tanto assurdo quanto di più probabile abbiamo oggi per spiegare l'universo. Cosmo misterioso. Più ci si pensa più è assurdo, che tutta la materia fosse compressa in un punto... assolutamente insensato. E se non potessimo mai scoprirla, l'archè? Se ci fosse un teorema di Gödel anche per la nostra comprensione del reale? Avrebbe ancora senso vivere, un'esistenza? Sapere che non arriveremo mai a una verità affidabile. Tra l'altro c'è già, Heisenberg diceva qualcosa di simile se non sbaglio. Che poi certo è che le teorie si dimostrano col tempo sempre infondate e vengono sempre sostituite da altre, apparentemente più affidabili. Comunque il mondo reale è ben diverso dalla fredda logica matematica dei teoremi di incompletezza. La realtà... la realtà però rimane matematizzabile, sistemi di equazioni, potenzialmente se fossimo abbastanza precisi potremmo... No. "Su ciò di cui non si può parlare si deve tacere". Varrà anche parlando di queste cose? Anime perdute in un mare di nulla. Sento che manca qualcosa. Ma non solo al mio racconto, a tutti i miei racconti, e a tutti i racconti esistenti. Identità tra realtà e linguaggio: le emozioni quanto sono "realtà" e quanto invece sono metafisiche, "sulle quali si deve tacere"? Chiaramente quello parlava di filosofia, ma effettivamente pensandoci emerge una questione, quanto ci possiamo avvicinare utilizzando le parole a ciò che proviamo? Impulsi elettrici e flussi di ormoni nel nostro corpo. Questo, se non altro. Dev'essere una questione di specializzazione... pensandoci: siamo in grado di descrivere efficacemente un suono? Non con i computer dico, a parole. Con gli aggettivi, i sostantivi, verbi. È estremamente difficile, e questo perché la descrizione di un suono non rientra nelle priorità di. Ma quando si tratta di un immagine... Aspetta. No. Un’immagine può rappresentare qualcosa o rappresentare un non-qualcosa, un non-essere, qualcosa che non può essere descritto. Se... aiuto. Dobbiamo distinguere tra il campo del reale e del non reale. Per reale intendo tangibile, però. È giusto! Se dobbiamo suddividere il mondo in queste due parti ci troviamo ancora al problema iniziale di stabilire se un emozione fa parte dell'insieme delle cose concrete, e quindi rappresentabili o descrivibili, o nella parte della non-realtà (di ciò che c'è ma non è tangibile ma comunque può essere percepito) dove stanno le cose che non riusciamo a descrivere per una questione di inabituatezza (inabitudine?). Ma le emozioni, le sensazioni, i sentimenti ricadono per loro stessa definizione in quest'ultima categoria! E così, quando ci apprestiamo a descrivere queste particolari combinazioni di impulsi elettrici che passano nel nostro cervello, non facciamo altro che approssimare, a parole, ciò che in realtà vorremmo esprimere. Assurdamente meraviglioso. La luna, ora, risplendeva su di loro, brillando gli occhi tremanti di Psicafila. Malinconia urbana, ora la chiamano. Senso di straniamento dalla realtà che ci circonda; d'altronde in un progresso sempre più veloce... abbiamo inventato macchine per volare ma il cervello è rimasto quello di centomila anni fa, ancora oggi qualcuno ha paura degli aerei. Buffo pensare a questo in un aeroporto. Comunque vale per qualsiasi cosa, noi non andiamo allo stesso passo della tecnologia, e arriveremo al momento in cui... Bum. Lo dicevo prima, la singolarità, un enorme buco nero dell'informazione, un muro opaco e invalicabile che ci sbarra la visione di un domani. Asintoto tecnologico. Ragionare sui massimi sistemi, vedere con gli occhi di qualcuno che è esterno, rimuovere i filtri dalle nostre retine, ecco l'unico modo per capire davvero le cose. Infiniti livelli di comprensione, forse, ci sarà un limite a tutto spero? O forse è meglio che non ci sia. Cose complicate. Dovrei scrivere qualcosa su questi argomenti, una riflessione; un gruppo di giovani che cercano rifugio in una bolla di realtà, fuggire da. La metafora della fuga, simile a quella del viaggio. Lo diceva Bob Dylan, it changed my life like it changed everyone's else, in effetti aveva ragione. Fra poco il mio volo. Argomento affascinante il viaggio, da sempre rappresenta qualcosa, penso ai pellegrinaggi, agli esploratori. Andiamo sempre alla ricerca di un luogo, il nostro luogo. Una vita on the road, per cercare noi stessi. Stupendo Kerouac, cercare un posto per noi stessi nel mondo. On the road. Bella la ragazza che si è appena seduta. Capelli rossi... chissà cosa ne penserebbe Kerouac di questi viaggi intercontinentali. Lui il primo ad aver viaggiato. Vorrei essere lui. Attraversare l'America in autostop, coast to coast. Esperienze indimenticabili sarebbero. Chi lo diceva? In fondo si tratta solo di affrontare la vita come una festa, e bisogna sempre ragionare sulla magia che probabilmente, alla fine dei conti, tutto sia fondamentalmente senza senso. Al diavolo! Perché devo prendere questi voli, perché devo vivere di fretta, perché devo bere il caffè da Starbucks, perché devo scrivere racconti così insensati? Io non ci sto. Basta! Voglio scoprire dove ho vissuto tutti questi anni. Ho deciso: girerò per l'Irlanda. Andrò a Belfast, anche. Poi Galway, Letterkenny su nel nord a vedere i mari in tempesta e le altissime scogliere su cui batte sempre il vento fortissimo, Sligo, andrò nelle isole Aran ad ammirare le chiese distrutte e i cimiteri trascurati, andrò a Cork, Kilkenny, la contea di Dublino. E poi andrò in Islanda. Sì! Vedrò i geyser, il sole di mezzanotte, gli immensi spazi, i laghi ghiacciati. Conoscerò persone, ascolterò storie, diventerò un altro... E poi andrò in America, sicuramente, e poi in Italia, Giappone, India, Russia [...]

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Capitolo 3
*** III ***


III
Scena tratta dal Dragonthie di J. Lever
Atto primo, ultima scena
Personaggi:
Celestrace
Dedalo
Ragazza con i capelli rossi
 
(Dando le spalle alle immense vetrate che si affacciano sulla Dublino periferica Dedalo siede di fronte a un tavolino di legno, mangiando un panino dall'aspetto non molto invitante. Davanti a lui una sedia vuota; caos di genti attorno a lui. Dopo qualche secondo arriva Celéstrace, anche lui con un piattino su cui sono posti disordinatamente un panino e qualche condimento di dubbio gusto.)
 
Celestrace:    (sedendosi e benedicendo il panino) Introibo ad altare dei.
Dedalo:                      Come hai detto?
C:        Era la formula d'apertura della messa quando veniva detta in latino.
D:        Ah!
C:        Invocavo Dio affinché rendesse più buono questo panino. (lo osserva ossessivamente) Sembra fare schifo.
D:        Non è il massimo.
C:        Maledetti irlandesi!
D:        Sono sicuro che hanno fatto del loro meglio.
C:        Boh.
Pausa.
D:        Agitato?
C:        E per cosa?
D:        Lascia stare.
C:        Va bene.
Pausa.
C:        A proposito, a che ora abbiamo il volo?
D:        Mmm... (fruga nella borsa alla ricerca di qualcosa) Non so, dovrei controllare, poi lo faccio.
C:        Eh.
D:        Pensa a mangiare intanto.
Pausa.
C:        Ehi Dedo...
D:        Dimmi.
C:        Guarda la ragazza che si è appena seduta qua in parte. Carina, vero?
D:        (mangiando distrattamente il panino, svogliatamente) Eh...
C:        Mi piacciono le redhead.
D:        Mi sa che in Spagna non ce ne sono molte.
C:        E perché?
D:        Per i tori.
Risata nervosa di entrambi, poi pausa.
C:        Scommetto che non saprai mai a cosa sto pensando.
D:        Stai pensando alle redhead, Celo.
C:        No, no, la mia era una interrogativa indiretta retorica, non puoi mai sapere cosa ha davvero per la testa il tuo prossimo.
D:        Ah! Beh... (riflette) Già.
C:        Bello, no?
D:        Dipende dai punti di vista.
Pausa.
D:        Buono il panino?
C:        No, fa schifo.
Pausa.
C:        Mi sono sempre chiesto: cos'è il futuro? Lo posso prevedere? Sarà buono o brutto? Che poi sì, in fondo sono tutte domande derivate dalla concezione di tempo, ovvero, cos'è il tempo? Perché è davvero una domanda bella, io credo. Si sono riempiti i libri ragionando su questa questione! Divenire, avvenire, successione degli eventi... Proust ha scritto un mattone di nonsoquantepagine intitolato La ricerca del tempo perduto, interessante, no? Soprattutto per il fatto che per leggerlo nella sua interezza è necessario un considerevole lasso di tempo compreso almeno, se sei davvero veloce, tra una settimana e mesi interi e forse anni e di fatto tu perdi tempo leggendolo. Io non l'ho mai letto, ma immagino che parli del tempo perduto, no? Almeno è probabile. Allora... dovremmo farcene una ragione, sai, che perdiamo tempo e non ce ne accorgiamo nemmeno, quando finisce un'altro giorno, o un'altra settimana, è sempre meglio non pensare al tempo che abbiamo perso nelle cose inutili o di poco conto perché sennò ci verrà da piangere. Ma ci credi?! Perdiamo un terzo della vita, o un quarto, non so, dormendo, e del tempo rimanente perdiamo un altro terzo stando seduti in bagno leggendo una rivista di economia nell'attesa che i nostri intestini si liberino. Tempo tiranno! E se... (Celestrace, cercando le parole per continuare e non trovandole, si arrabbia e batte la mano sul tavolino. In silenzio, si ferma a fissare il paesaggio fuori dall’aeroporto con una mano davanti alla bocca. Passa qualche secondo) No, niente.
D:        Fanno davvero schifo questi panini.
C:        Dev'essere questa specie di salsa bianca (indica la salsa).
D:        Mah.
Pausa.
C:        Ehi Dedo, hai controllato a che ora abbiamo il volo?
D:        No... (controlla nella borsa) Ora guardo.
C:        Perché abbiamo comprato dei biglietti vero?
D:        Beh, li dovevi comprare tu.
C:        Io pensavo che quello fosse compito tuo!
D:        Beh... (sguardo perso nel vuoto) In tal caso li avrò comprati io.
C:        Già.
Pausa.
C:        Dedo.
D:        Sì...
C:        Dov'è che siamo diretti?
D:        Sai, Celo, non lo ricordo proprio.
C:        Sarà meglio controllare.
D:        Hai ragione. (fruga nella borsa) Controllo.
Pausa.
C:        Dedo.
D:        Sì?
C:        Torniamo a casa?
D:        Casa? (Pausa. Celestrace si accorge del tono interrogativo della frase, alza lo sguardo e annuisce) Non ne abbiamo una, Celo.
Pausa.
C:        (dopo aver masticato un boccone, ancora con la bocca piena) Hai ragione, Dedo. Hai proprio, davvero ragione. (pausa) Andiamocene di qui, però.
D:        (breve pausa) Va bene.
I due si alzano, lasciando i piatti sporchi sul tavolo, ed escono di scena. 

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Capitolo 4
*** IV ***


 
No non può essere così per il semplice fatto che su questo foglietto c'era scritto Gate 1 sei e un quarto pm ma come facevo anche solo a immaginare che quella p in realtà era una a minuscola voglio dire se si può creare ambiguità si risolve invece no è tutta una questione di non voler risolvere le cose che alla fine si ammassano e diventano inestricabili e no sto dicendo cose senza senso però caspita perdere un aereo non è poi così bello film poco divertente adesso tornerò a casa e i vicini chissà cosa diranno stupidi Eammon scansafatiche e obesi solo di andare a messa sono capaci e il figlio che se la fa addosso ancora a nove anni forse dieci a quell'età io già leggevo libri mi interessavo se mio padre mi ha insegnato qualcosa nel breve tempo che l'ho conosciuto è che la curiosità va messa prima del rispetto na einai kalitero cerca d'essere un uomo migliore di tuo padre mai capito com'è da prendere positiva o negativa il greco antico stupenda lingua chissà da cosa deriva sempre affascinanti le origini delle cose origine atomica un grugnito di un uomo di neanderthal uff lavori pubblici cemento in polvere che sale nelle narici pmdieci nebbiolina attorno al cantiere non solo i fumatori muoiono di cancro ai polmoni anche noi che in città polveri sottili insostenibile leggerezza i palazzi e le costruzioni milioni di tonnellate eppure stanno su anni e anni di studi per ingegneria reti neurali perché le cose accadono fattori concomitanti intersezioni di linee di eventi sicuramente quasi geometria euclidea parabole determinismo il mondo segue le leggi fisiche e da leggi semplici deriva il mondo complesso tutto ciò che accade lui dice non che è rivoluzione non siamo ciò che mangiamo e non siamo cosa vestiamo illuminati dalla luna Sole che tramonta a quest'ora raggi orizzontali ombre lunghe gente che cammina attorno a me umani arrivi e partenze luogo di incontri crocevia di genti le vite si permutano si permeano nella sostanza cementifera con cui è stato costruito l'aeroporto gli anni delle immense vetrate ma guarda là seduti davanti ai tavolini chissà cosa fa ognuno ragiona come me forse pensieri in libertà e forse così fan tutti e anzi difficile dirlo siamo tutti atomi in entaglement tutti in relazione non si spiegherebbero altrimenti tutte le coincidenze che accadono come quando ci si telefona nello stesso istante o quando due amici si ritrovano dieci anni dopo in India ho anche sentito che le ragazze possono sincronizzare persino il mestruo meraviglie della natura o almeno beh in parte dovrei chiedere a Sheryl se no forse è meglio di no cose private la gente s'offende dovremmo vivere più serenamente dovremmo essere più liberi Libertà la libertà è avere la possibilità di scegliere cosa fare è questa la vera definizione tegoteabsolvers li chiamava lui e Beckett artisti magnifici e no ora devo concentrarmi sulla mia vita in realtà cosa farò ora tornerò a casa e sopporterò gli Eammon forse è meglio di no potrei approfittarne diventare un nuovo Mattia fingermi morto e girare il mondo ho sempre voluto fuggire probabilmente dopo un po' è un desiderio fisiologico gli uomini di oggi non sanno più accontentarsi non è questione di caldo o freddo è questione di trovare il proprio posto nel mondo di sentirsi in linea con il proprio destino e avere dejavu uf il tramonto ogni volta che vedo il sole tramontare mi incazzo è già finito un altro giorno e ho tante cose da fare il tempo poi non è molto va a finire che morirò insoddisfatto di ma no alla fine rivedendo la vita c'è sempre un velo di retromania come direbbe Reynolds nostalgia agrodolce come quando cambia qualcosa nella mondo di insignificante e poi teoria del caos inefficace l'esempio della farfalla da un evento deriva un altro evento non è possibile che un evento non modifichi una situazione iniziale passare in quel negozietto di Bachelors Street buffo nome quello non vorrei proprio andarci a vivere difficilmente capirei avere un peso gravoso sull'anima peso gravoso peso gravoso ghiaioso cuore ghiaioso il mondo va sempre peggio ma sta a noi migliorarlo ma è ancora possibile migliorarlo o la massa critica in fondo come si può dire che la globalità degli eventi peggiori col tempo impossibile visione esterna del mondo progresso che viaggia più veloce dell'evoluzione ecco tutto paura del futuro e chi non ce l'ha d'altronde vorrei proprio tornare a quando le mattine d'estate andavo a giocare a calcio e l'aria era fresca anche a giugno e il sole e il sangue dalle ginocchia e chiaramente divertirsi e però in fondo ciò che faccio è ricordare le cose meglio di com'erano davvero come faccio insomma io vedo delle immagini ma di fatto non le vedo ho degli occhi nel cervello sensazioni elettriche immensi grovigli di cavetti blurossogialli non posso tornare a casa ma come faccio a non tornare si tratta sempre di onore onore onore passa in rassegna tutte le combinazioni lineari in fondo siamo tutti in attesa di un cigno nero che ci cambi la vita visto che tutti i periodi migliori sembrano essere passati quando andavamo io O'Flaherty Landy e Mason fuori a Montpelier e guardavamo Dublino di notte e le luci e se eravamo fortunati vedevamo la fabbrica della Guinness improbabile però era lo spettacolo era il tempo della nostra vita che non tornerà mai più i nostri periodi neri correre sotto la pioggia noi ragazzini di periferia sale giochi e i drogati alla stazione quando ormai l'aids sembrava non essere più un problema e pensavamo semplicemente a divertirci passare a trovarli un giorno o l'altro magari anche Molly Doyle che non la vedo da saranno più di sei anni il ballo della scuola del 2006 non lo dimenticherò mai e mai più di come oddio meglio non pensarci altrimenti piango e non voglio che gli anni migliori forse a proposito devo ridare duecento euro a quel Reid strozzino odioso dovrebbe essere una storia alla Delitto e Castigo con un finale diverso magari ho deciso non tornerò a casa starò a Dublino e dormirò da qualche parte in qualche hotel e poi domani vedrò di farmi rimborsare il biglietto spero lo facciano e stanotte magari ma in fondo perché devo andare in hotel potrei fare una lunghissima camminata sotto le stelle ci dovrebbe essere bel tempo farò come Stephen che cammina sulla sabbia della Bay sulle orme di Ulisse poi magari mi siedo e guardo all’orizzonte e vedrò le navi con le loro luci che si confondono con quelle del cielo per quanto è nero il mare Tramonto i latini direbbero vesperat scende la stella Vespero scende la sera ma ancora non è buio è quella tonalità tra l'arancione del sole e il blu della notte crepuscolo quando non si sa se è giorno o notte la stella della sera è già nel cielo però chissà quanti amici in questo momento stanno vivendo dei momenti bellissimi sotto questo cielo e pensare a quante persone ho conosciuto nella mia vita persone di cui non ricordo i nomi o i cognomi ma con cui ho passato avventure incredibili e magari importantissime e poi soprattutto pensare a quante persone non ho conosciuto e non ho incontrato che mi avrebbero cambiato la vita e magari in questo momento sarei altrove in viaggio per Miami lontano da qui e invece eccomi a tornare a casa dopo aver perso il mio volo per Reykjavík mentre su Dublino calano le tenebre è un mondo forse profondamente ingiusto e sicuramente viviamo in una società particolarmente difficile da comprendere ma forse se in qualche modo riuscissimo ad estraniarci a disinteressarci vedremmo le cose come realmente sono ovvero infinite e stupende e meravigliose e senza tempo e ci innamoreremmo molto più semplicemente della natura dei prati immensi delle campagne della ragazza giusta e probabilmente vivremmo una vita senza pensieri e senza rimorsi di cosa faremo dopo perché il dopo non sarà più nei nostri pensieri sarà fuori dal tempo come non esistesse e non fosse mai esistito e insomma alla fine potremmo fare quello che vogliamo davvero amare odiare tutti senza necessariamente avere un motivo in definitiva ciò che tutti vorremmo o almeno forse io e io soltanto vorrei e come direbbe Rent il mio amato Rent vivere felice e lontano dai guai in attesa del giorno in cui morirai.

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Tutto ciò che avete letto è il flusso di pensieri o di parole fatto da persone che nessuno di noi conosce, nel caso esistano davvero. È, secondo me, proprio questo il bello di scrivere racconti; la possibilità di creare situazioni, idee, ragionamenti distanti dai nostri preconcetti, in poche parole: creare persone e creare eventi, e far assumere loro la forma che più ci piace. 

Grazie milioni a tutti quelli che hanno letto queste mie quattro storie, spero con tutto il cuore che vi siano piaciute o quantomeno vi abbiano fatto provare qualcosa o vi abbiano fatto riflettere. 
 

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