Happiness around the corner..

di ALEXIANDRAisMe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6° Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7° Capitolo ***



Capitolo 1
*** 1° Capitolo ***


1° Capitolo
 
Sentì dei rumori abbastanza chiari e questo bastò a svegliarmi. Provenivano dalla stanza adiacente alla mia, quella di Tom. Sospirai irritato e mi rigirai nel letto sperando che Morfeo mi riattirasse a sé.
Le urla e i gemiti aumentarono portandomi a essere ormai del tutto sveglio. – Oh, ma dai! – borbottai.
Sfilai, con un gesto stizzoso, il cuscino da sotto il capo per premerlo contro il viso. Era uno scudo contro tutto quel.. rumore –non avevo il coraggio di definirlo in altro modo– e una valvola di sfogo per la rabbia che minacciava di uscire attraverso un basso ringhio.
Dopo un ultimo gemito più acuto, seguito da uno strozzato e roco, il silenzio riprese il suo posto in quella notte caotica.
Conoscendo Tom, anche se si era liberato del suo “cruccio”, non avevo la certezza che fosse ancora finita. Perciò, quando scostai il cuscino da dosso fui molto cauto, per paura che la tortura ricominciasse da lì a poco.
Per fortuna sentì una porta cigolare nell’aprirsi e chiudersi con un tonfo, qualcuno scendeva le scale sbattendo i piedi sul legno che rivestiva il pavimento. Quell’attenzione –nel senso che se ne fregava se faceva casino mentre tutti dormivano e lui no– era tipica di Tom.
Decisi di alzarmi, costringendo anche il mio corpo a svegliarmi, per andare a parlargli e intimargli di piantarla.
Se proprio voleva portarsi a letto qualcuno poteva almeno essere più discreto e non svegliare tutta casa. Mi stupivo che Georg non fosse ancora uscito dalla sua stanza –di fronte alla mia-  lamentandosi del mio caro fratellone.
Gustav invece, nella stanza di fronte a quella di Tom, era sicuramente in pieno stato di coma catatonico e poco gli importava dei rumori molesti che lo circondavano.
Lo aspettai fuori in corridoio, poggiato contro la mia porta. Giù c’erano varie sale per la registrazione e la cucina, sicuramente era lì per rifocillarsi.
Quando risalì le scale con un bicchiere di succo d’arancia in mano e mi vide quasi si spaventò al punto di versare il liquido. – Cavolo ma che ci fai sveglio a quest’ora, Bill! – sussurrò con stupore.
Mi limitai a sollevare un sopracciglio – Era impossibile dormire fino a qualche minuto fa. – mormorai ancora innervosito.
- Perché mi hai appostato? – chiese avvicinandosi e rimanendo in attesa vicino alla porta della sua stanza.
- Come ho detto era impossibile dormire. Se vuoi scopare ogni notte come un animale, prendi una stanza in albergo come fai durante i tour con le groupies e basta con questo casino. – spiegai.
Il rimprovero fu preso con sarcasmo da parte del mio caro fratello, che accolse l’allusione al “casino” con riferimento alle urla che aveva provocato nella ragazza con orgoglio. Sorrise – L’hai sentita?! È stata una favola! –
Sbuffai, decidendo che ero fin troppo stanco per partecipare a una conversazione di quel livello. Alzai una mano, come per dare bandiera bianca e mormorai un – Lascia perdere, Tom. – prima di lasciarlo alla sua compagna di letto e tornare a mia volta in camera.


L’indomani mattina, quando aprì gli occhi, la sveglia indicava già le 10.58 attraverso la luce rossa a led.
Scesi subito di sotto per un bel caffè, sperando di svegliarmi un po’ poiché quando chiudevo gli occhi vedevo ancora stralci del mondo dei sogni.
Al tavolo erano seduti i ragazzi, già vestiti di tutto punto, che discutevano divertiti. Sembravano così riposati.. ma come facevano? Li invidiavo così tanto!
Gustav aveva in mano le bacchette e usava il tavolo come batteria, dando colpetti lievi ma ritmati.
Georg teneva il tempo con le dita e la gamba.
Sorrisi di fronte a quella naturalezza, accorgendomi che a quel quadretto mancava Tom che sicuramente dormiva ancora.
Mi versai in una tazza del caffè caldo –visto che non mancava mai- e mi sedetti al tavolo con un cipiglio severo che m’increspava la fronte –o almeno, è così che m’immaginavo-.
La mia tazza era quasi a metà quando Georg e Gus avevano ormai rinunciato a farmi divertire dopo i primi tentativi andati male di coinvolgermi nelle loro performance mattutine.
Fu proprio allora che il mio gemello arrivò in cucina con gli occhi ancora impastati dal sonno e un sorriso ebete di chi ha chiaramente passato la notte a fare sesso e ne è stato pienamente soddisfatto.
Mentre le occhiaie, che sapevo di avere, erano una chiava prova di quanto poco serena fosse stata per me quella notte.
Tom si avvicinò alla caffettiera trovandola vuota. Si voltò verso di noi, con il sorriso ebete un po’ meno compiaciuto – Niente caffè? –
- È finito. – rispose Georg.
Sentì Tom sbuffare e avvicinarsi a me. Appoggiò le mani sulle mie spalle e si sporse in avanti, con il busto contro la mia schiena, fino ad avere il viso accanto al mio. Osservò il contenuto della tazza – Oh! Bill me lo lasci? Tu ne bevi comunque troppo, dai! – mi pregò, scuotendomi leggermente.
Quel gesto m’innervosì ancora di più, se possibile – No, se lo vuoi, fattelo! – sbottai.
Tom rimase stupito di fronte al tono acido che usai, soprattutto perché era rivolto a lui. Sembrò capire al volo il motivo della mia irritazione, come spesso succedeva, proprio per questo invece di lasciar correre peggiorò la situazione. – Che c’è, fratellino? Non hai dormito bene? Sentivi freddo, tutto solo nel tuo lettino, stanotte? –
Reprimendo la rabbia mi limitai a scrollarmelo di dosso e rialzandomi mi riferì a Gustav e Georg dicendo – Ora che siamo tutti possiamo iniziare con le prove. –
- David aveva detto che eravamo liberi per oggi ed io ho un impegno con la ragazza che sta di sopra nel mio letto! – rispose Tom.
Guardai gli altri, che fino ad ora non avevano aperto bocca, ma erano stati semplici spettatori di quell’insolito battibecco, cercai sostegno nei loro occhi.
Gustav prese la parola – Bill, che ne pensi di andare a fare shopping? –
Sorrisi, quel ragazzo sapeva esattamente quali tasti toccare per farmi tornare il buonumore. – Mi sembra un’ottima idea! Approfittiamo di quest’occasione per rimanere in centro e mangiare in qualche fast-food. Che ne dici Moritz, ti unisci a noi? – chiesi a Georg.
L’interessato ricambiò il sorriso, un po’ amaramente per via del nome che avevo usato per riferirmi a lui –il secondo nome che tanto odiava- e disse – Sai che non rifiuto mai un buon negozio di musica e di elettronica con contorno di cheeseburger e patatine! –


Quella giornata sarebbe stata perfetta.
Dopo un pranzo veloce da un “mordi e fuggi” trascinai Gustav da un camerino all’altro, rifornendo di t-shirt e felpe nuove il suo armadio.
Nel negozio di musica del centro commerciale Georg ed io ispezionammo la zona Rock in cerca di nuovi artisti interessanti.
Solo alla fine mi concessi di comprare un cd per Tom, di un’artista rap americano che si rifaceva molto a Samy-Deluxe –il genere preferito di mio fratello-. Questo sebbene non fossi convinto che se lo meritasse ancora.
Passammo anche parecchio tempo fra i negozi di elettronica, avevo una mezza idea di cambiare il Mac e così cercammo tra i nuovi arrivi qualche articolo utile a darci un’idea per orientarci.
Infine cenammo da McDonald’s, passando il tempo a chiacchierare.
- Come va con Krist? – chiesi a Gustav – E tu? Non ho visto Shelly in giro per casa ultimamente.. – stavolta mi rivolsi a Georg.
Gustav sorrise, mettendomi davanti l’iPhone che stava usando proprio in quel momento. Il display era aperto sull’ultimo sms ricevuto: “Buon appetito! =D Vi state divertendo?”
Sorrisi al mio amico – Molto bene vedo! –
Lui annuì e lanciò uno sguardo a Georg, in attesa che anche lui rispondesse.
- Già, bhè.. non lo so.. immagino bene. – borbottò pensandoci sù.
In realtà non ricordavo di aver visto Georg con il cellulare in mano neanche per un momento quel giorno. Persino io non me n’ero separato, aspettando un qualche sms o chiamata di mio fratello o di mia madre. Corrugai la fronte e chiesi - È successo qualcosa? –
Georg fece una smorfia arricciando il naso e sollevando un angolo della bocca, mi sembrò strano perché lui rispondeva sempre con un sorriso e qualcosa di divertente ad accompagnarlo.
Cercai d’incoraggiarlo – Sai che se c’è qualcosa puoi sempre parlarcene, vero!? –
Lui annuì e in tono risoluto rispose – Sul serio ragazzi, non è niente. È da tanto che stiamo insieme ed è normale che non ci sentiamo più spesso come prima. Però a volte mi sembra che questo dipenda molto dal fatto che negli ultimi tempi ci siamo un po’ allontanati! –
Sgranai gli occhi, stupito da quelle parole – Ma come, quando ci siamo sentiti l’ultima volta mentre stavamo ancora in America parlavate di andare a vivere insieme! –
La verità è che ero sotto shock. Conoscevamo Shelly dagli esordi della nostra carriera, erano passati otto anni e il loro rapporto non aveva mai avuto ripensamenti. Certo gli alti e bassi c’erano per tutti, ma noi vedevamo come Shelly mancasse a Georg durante le tournèe e come lei lo accoglieva con calore e amore al ritorno da queste. Tutti pensavamo davvero che Shelly fosse la Lei Perfetta per Georg –io lo pensavo- e ora, sentir parlare di questa “lontananza” creatasi tra di loro.. mi rattristava trasformando in dubbi tutti i miei pensieri relativi all’Amore.
Georg sorrise accondiscendente di fronte alla mia reazione –ero diventato io quello da consolare?- e disse – Potrei anche sbagliarmi, tutto si risolverà sicuramente vedrai! –
Mi chiesi se ci credeva veramente in quello che diceva; mi risposi che sì, doveva crederci, doveva.
Finita la consumazione, dopo aver pagato, sistemammo per bene cappelli, cappucci, giubbotti a bomber e occhiali da sole –sebbene fuori fosse ormai buio- e uscimmo sperando ancora una volta di passare inosservati.
Dovevamo stare molto attenti a non essere riconosciuti. Era un difetto di essere tornati da poco in Germania dopo una lunga assenza, quello di avere un minimo di vita privata. Prendere subito parte a eventi mondani e televisivi non faceva che peggiorare le cose.
L’autista non tardò ad arrivare e sulla strada di ritorno mi fermai per un attimo a pensare con nostalgia ai mezzi pubblici ormai così estranei alla mia vita. Ricordavo quando ero un ragazzino e nei pomeriggi del fine settimana uscivo con Tom e Andreas, il nostro migliore amico. All’ora l’autobus era il nostro unico mezzo di trasporto..
- Bill, tutto ok? Hai un’espressione.. malinconica.. – disse Gustav.
- Oh.. no. Rivangavo solo vecchi ricordi.. – risposi.
Gustav annuì e con queste ultime parole ci lasciammo alle spalle il centro affollato e caotico di Berlino.

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Capitolo 2
*** 2° Capitolo ***


2° Capitolo
 
Quando la porta si aprì e i ragazzi entrarono di ritorno dalla lunga giornata in giro, addirittura mio fratello Bill sembrava distrutto, io mi trovavo semi disteso sul divano con il joystick stretto in entrambe le mani. Sullo schermo al plasma la macchina in corsa di Need for Speed.
- Hey! – dissero Gustav e Georg raggiungendomi e lasciando gli acquisti in corridoio.
- Erano questi i tuoi piani per la giornata? – chiese quest’ultimo. Bill era rimasto indietro, sulla soglia.
Risposi accennando un sorriso – Se n’è andata da poco, non so se hai presente che ora si è fatta! Visto che qualcuno si lamenta delle mie sessioni notturne, ne ho approfittato mentre eravate via e poi l’ho cacciata. – spiegai semplicemente con un’alzata di spalle.
- Porco. Porco e maleducato! – sbottò Bill irritato andandosene.
Questo gesto risvegliò in me la stessa irritazione che quella mattina mi aveva spinto a istigarlo ulteriormente. Mi alzai, lasciando bruscamente il joystick senza filo a Georg e lo seguì, deciso a risolvere quella situazione una volta per tutte. Stavo dietro di lui mentre saliva le scale e cominciai – Si può sapere cos’hai? –
- Perché devi fare così? Capisco quando eri più giovane, non ti ho mai giudicato e lo sai.. ma perché non puoi semplicemente trovare qualcuno.. – a quel punto lo interruppi – Qualcuno di fisso? È questo che intendi? – sputai con sarcasmo.
Quel discorso era assurdo, sapeva che non aspiravo a certe cose come lui, non ancora almeno. Sapeva persino della promessa che avevo fatto, niente storie serie fintanto che la band prosperava! E quindi perché stavamo qui a litigare per questo?
Si fermò sulle scale e si voltò per guardarmi. Sentivo i suoi occhi su di me che mi osservavano e mi leggevano dentro. Senza bisogno di parole capimmo entrambi cosa volesse l’altro. Eppure il suo sguardo.. perché Quello sguardo malinconico?
- Puoi vivere come vuoi la tua vita privata.. è solo che io ti voglio bene e voglio che tu sia felice. –
A sentirle pronunciare, quelle parole, erano ancora più d’impatto. Abbassai lo sguardo e sorrisi imbarazzato – Non ti sembro felice? – mormorai.
- Potresti esserlo di più.. non esiste la ricerca della felicità. Dipende tutto da come si vive ogni giorno! – sorrise, nel citare una frase che gli dissi tempo fa, mentre filosofeggiavo sotto gli effetti dell’alcool.
Ricambiai il sorriso, divertito e più tranquillo. – Scemo. – borbottai, Bill fece una faccia fintamente offesa e mi diede una spinta leggera alla spalla, ma sapevo che avevamo risolto ormai perché poco dopo stavamo ridendo e scherzando come bambini.
Preso dall’euforia e dimentico della stanchezza, mi trascinò di nuovo giù e obbligò Gustav a farmi vedere tutto ciò che gli aveva fatto comprare.
Lanciai al povero malcapitato uno sguardo di compassione ma Gustav non sembrava farci caso –forse troppo abituato al temperamento di mio fratello-.
Poi Bill coinvolse anche Georg, iniziando a parlare dei nuovi portatili in vendita; di un cellulare, che sicuramente mi sarebbe piaciuto per via delle mille funzionalità che aveva; di quanto sarebbe stato utile un nuovo amplificatore o meglio, un nuovo impianto stereo per la casa.
Scossi la testa, con un misto di divertimento ed esasperazione. In pochi secondi era tornato il solito Bill esuberante di sempre, questo era sempre stato un aspetto esilarante di mio fratello.
Finita la sessione di aggiornamento ripresi a giocare alla playstation 3, istituendo un torneo con Gustav e Georg grazie alla funzione del maxi schermo divisibile in interfaccia tripla.
Bill sedeva sul divano con un blocchetto in mano, scribacchiando ogni tanto mentre all’angolo del foglio teneva il conteggio delle vincite. – Stai buttando giù qualcosa d’interessante? – borbottai con in bocca una manciata di M&M’s.
Lui sorrise e annuì – Credo.. –
Georg, al mio fianco, guardava fisso verso la tv mentre bofonchiò – Vorrei ricordarvi che abbiamo fin troppe canzoni in fase di registrazione! –
Gustav sorrise lanciando uno sguardo a Bill che era scattato subito sul chi vive – Siamo musicisti o no?! – ribadì – Viviamo di questo! – disse indicando lo spazio intorno a lui.
In sala avevamo chitarre disperse qua e là, un cantante alle prese con i testi delle canzoni, dischi, trofei e varie onorificenze. Sì, potevamo davvero considerarci dei musicisti! Ma scossi ugualmente la testa di fronte a quella scena infantile e tentai di nascondere un sorriso, perché se mio fratello l’avesse scorto avrebbe dato inizio all’ennesima polemica della serata e a me non andava di rendere ancora più grande il suo ego dandogli la ragione. Soprattutto perché poi Georg e Gus mi avrebbero preso in giro fino allo sfinimento.
Che fratello permaloso e complicato che mi ritrovavo, ma sapevo che anche Bill pensava questo di me. Ironia della sorte eravamo in simbiosi anche in quello.. ma forse non era poi così divertente.
Finimmo di giocare che l’orologio indicava le 2.00. Il tempo, infatti, era passato in un baleno. Bill si era addormentato tutto raggomitolato su se stesso, ancora seduto sul divano. Mi avvicinai per svegliarlo e dirgli di andare a letto.
Lui aprì piano gli occhi e la sua espressione sognante diventò scocciata – Che vuoi? – la sua voce era ancora impastata dal sonno.
- Scommetto che il divano è comodissimo, visto quanto c’è costato, ma ti conviene andare a letto altrimenti domani non sentirai più le ossa del collo al posto giusto. – spiegai.
Per un po’ il suo sguardo mi sembrò vuoto come se non stesse realmente capendo ciò che gli stavo dicendo. Quando la consapevolezza prese coscienza in lui, si stava già alzando, stiracchiandosi per bene e flettendo i muscoli verso l’alto. – Mmh-mmh. – mugugnò.
Stavo per voltarmi e uscire verso la scala che portava al piano di sopra, dove c’erano le nostre stanze, ma Bill mi corse incontro dimentico del sonno da cui si era appena svegliato. – Tom! Aspetta, volevo darti questo.. – disse porgendomi un cd.
Il nome sulla cover mi era sconosciuto, ma lo presi comunque voltandolo e leggendo i titoli delle tracce.
- L’ho preso al negozio di musica. Volevo dartelo subito appena tornato, ma abbiamo litigato ed era più importante sistemare le cose e poi mi sono lasciato prendere da tutto il resto e ora l’ho visto e me ne sono ricordato! – spiegò Bill, gesticolando frenetico con le mani. Mi venne da ridere.
A volte mio fratello era davvero l’essere più imbranato e svampito che conoscessi, nonostante questi modi di fare nella vita privata le sue fans non facevano che idolatrarlo, ritenendolo –a loro detta- “davvero cool”. Bhè ovviamente, essendo gemelli, era logico che lo fosse perché aveva preso da me!
Mi rigirai il cd tra le dita, osservandolo, poi alzai lo sguardo e gli sorrisi. – Grazie, fratellino. – e con una mano gli scompigliai i capelli lunghi e biondi. Bill si ritrasse irritato, come se aver dormito scomposto sul divano non avesse già avuto un ruolo fondamentale nella rovina della sua “acconciatura”. E così lo lasciai risalendo le scale.
Una volta nella mia camera infilai il dischetto nel lettore e collegando le cuffie mi stesi.
Mi addormentai così, con le noti pop nelle orecchie, con un sorriso sulle labbra.
 
*** Intanto di sopra ***
Quando risalì in camera, ero stanchissimo.
Bill aveva un’energia incredibile se si trattava di passare una giornata in centro commerciale, nonostante questo era stato il primo a crollare una volta a casa. Siccome le persone così non vanno mai da sole, ma sempre a coppia, finito con Bill, fu il turno di Tom quello di tenerci svegli fino a tarda notte. Una gara alla play era impossibile da rifiutare!
Gustav mi aveva preceduto e quindi non mi restava altro da fare che mettermi a letto, finalmente!
Mi ero liberato di felpa e jeans quando qualcuno bussò alla porta e fui costretto ad andare ad aprire con addosso solo i boxer. Era Gustav. – Posso entrare? – chiese facendo cenno all’interno della stanza.
Mi scostai per lasciarlo passare. – Credevo stessi già in camera tua.. – spiegai richiudendomi la porta alle spalle. – Volevo parlare un attimo. – rispose senza lasciar trapelare emozioni.
Andai a sedermi ai margini del letto mentre Gustav trascinò un pouf davanti a me e vi prese posto. A quel punto immaginai che non era passato per caso.
- Mi devi dire qualcosa? – chiese, guardandomi attentamente.
Sorrisi. – Dovrei essere io a chiedertelo, sei tu che volevi parlare! – mi guadagnai uno sguardo truce. – Quando pensavi di dirmi che le cose tra te e Shelly andassero così? – domandò caustico.
Pensavo che stesse volontariamente evitando di fare domande, e mi andava più che bene. Invece mi sbagliavo, avrei dovuto immaginarlo. Sbuffai prima di rispondergli – Non mi andava di intristire Bill con i racconti sulla mia vita privata, ok? Stava già abbastanza giù per via di Tom. –
- Quindi questo è l’unico motivo per cui non gli hai ancora detto che tu e Shelly vi siete lasciati già da qualche settimana! Bene, pensavo peggio. – commentò, ricoprendo tutte quelle belle parole di sarcasmo.
Sospirai pesantemente. Non volevo dare tutte quelle spiegazioni per tutto quello che facevo, perché Gustav non capiva? Non volevo riaffrontare tutto da capo. – Sono stanco Gus, ti prego possiamo riparlarne un’altra volta? – quasi lo implorai.
Lui scosse il capo – Non farai che evitare ancora il discorso vero? L’hai evitato in tutti anni come un portiere maldestro che non sa dove andrò a finire la palla perché non ne definisce la traiettoria! Ti conosco Georg e ti garantisco che le cose potrebbero essere molto più semplici. –
Soppesai le sue parole e giunsi alla conclusione che no, non era così. Le cose erano solo complicate o semplici, non mediamente semplici o in parte complicate. No, per me non esistevano mezze misure, non su questo.
- Anche se fosse, non sono pronto a perdere quello che mi è rimasto. – borbottai uno dei miei tanti pensieri ad alta voce.
- Sono convinto che a Bill farà molto più male sapere che l’hai tenuto all’oscuro di tutto, piuttosto che venire a conoscenza della verità! – ribadì Gustav, che non aveva la minima intenzione di cedere.
- Lasciami pensare al da fare, ok? Solo.. solo un po’.. – lo pregai ancora, con il cervello in panne per via dei troppi pensieri che si stavano accumulando nella mia testa.
Lo sguardo del mio amico sembrò cadere e lo vidi diventare più comprensivo – Certo, ma non metterci troppo. Non si sa come si evolvono le cose, a volte, e potresti arrivare a pentirtene. –
Probabilmente aveva ragione, ma da qualunque prospettiva guardassi la situazione non trovavo rimedio al mio problema. Anche quando Gustav si alzò e mi lasciò solo quello a cui pensavo era solo quanto fossi stato idiota in quegli anni.
Ero stato così innamorato di Shelly, forse lo ero anche in quel momento. Eppure avevo rovinato tutto perché, non so come, il mio cuore mi era sfuggito da sotto gli occhi.
Un attimo prima era lì, tra le mani di una splendida ragazza con cui avevo condiviso tutto in quest’ultimo decennio circa. A partire dagli insuccessi e a finire con i successi, le difficoltà, i rischi, le risate e i pianti.. neanche la lontananza e le mie lunghe assenze dovute al mio lavoro avevano rovinato le cose tra noi due. Lei capiva, accettava, sopportava.. era perfetta, era la donna che avrei dovuto, voluto amare per sempre.
Invece l’attimo dopo era sparito, dissolto.
Era a ore e ore di distanza, quasi dall’altra parte del mondo, sorridendo bastardo.
Mi ero detto che dovevo ignorare tutto quel subbuglio interiore, che era sbagliato quello che stavo facendo a Shelly.
Sebbene non l’avessi mai tradita fisicamente, mi sembrava di farlo ogni giorni con la mente. Perché ogni giorno da quando avevo permesso a quell’amicizia, a quel legame considerabile fraterno che si era instaurato all’interno della band, di diventare qualcosa di più.. io mi ero allontanato sempre più da Shelly.
Gustav avevo ragione quando diceva che cercavo di evitare il problema. Lui era l’unico a sapere tutto di me, sempre.
Io davvero non volevo ammettere di essere così dannatamente innamorato di Bill. Proprio di Bill Kaulitz.
 
Angolo dell’autrice:
Oddio questa storia ha davvero preso una piega opposta a quella che avevo elaborato inizialmente.
Ho elaborato una teoria: Sono sicuramente una ragazza complessa di mio, ma è sicuramente colpa della mia adorata Persona se i miei pensieri degenerano più del normale ed è proprio per questo che la ringrazio di cuore per appoggiarmi anche nelle imprese più disparate!
Detto ciò, spero che questo secondo capitolo vi sia piaciuto!
Ringrazio: chi ha recensito, chi ha messo questa storia agli esordi tra le preferite e anche solo chi legge semplicemente!
Sono curiosa di sapere cosa ne pensate e se la trovate un obbrobrio, per favore, ditemelo!
Saluti da Alex^^

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Capitolo 3
*** 3° Capitolo ***


3° Capitolo
 
***Gustav***
Ero già vicino alla porta da mezz’ora, prossimo ad uscire. Ero l’unico a essere pronto e il mio umore stava colando a picco per via di quell’attesa prolungata.
Indossavo jeans scuri e una t-shirt scelta da Bill, bianca con un logo nero dell’A-style che aveva fatto ridere il gemello biondo; di sopra una giacca nera ed elegante, tutto in occasione del nuovo pub che stavano per inaugurare.
Georg ed io, di comune accordo, avevamo proposto ai gemelli di festeggiare il loro imminente debutto come giudici di DSDS 2013 e questi erano stati più che entusiasti all’idea di essere onorati. Ovviamente.
Ai rumori di alcuni passi provenienti dalle scale sollevai lo sguardo e vidi Listing, giacca marrone lunga con chiusura laterale costituita da una fila di bottoni lucidi e pantaloni neri stretti, tutto intento a fissare il display del suo Nokia Asha 501 mentre scendeva i gradini con calma snervante.
Quando mi diede l’attenzione – Finalmente - chiesi – Sono pronti? -
Georg sbuffò – Tom sì, ma Bill è ancora alle prese con i capelli... –
- E dov’è Tom adesso allora? -
Lui scrollò le spalle ed io scossi la testa con esasperazione –Bill, Tom, se non scendete ora.. – stavo già urlando.
- Su, su Gus! Non ti scaldare! - rideva Tom scendendo, subito seguito da Bill impegnato a tirare su la zip del giubbino di pelle che ricadeva sui jeans grigi sfumati verso tonalità più scure.
Tom come sempre vestiva con pantaloni larghi in jeans, anche se anni prima sarebbero stati molto più ampi e slavati, mentre un gilet imbottito copriva la felpa militare.
- Bè ora che siamo tutti, possiamo anche andare! – sbottai. Aprì finalmente la porta e uscì seguito dai ragazzi.
- Quale prendiamo? – chiese Georg.
- Q7! – risposero insieme i gemelli che si affrettarono a raggiungere l’Audi in questione per potersi posizionare avanti.
Delle volte erano proprio come due bambini e a me toccava tenere tutta quella massa di energia sotto controllo mentre Georg mi rendeva quel compito molto più complicato, vista la propensione di questi a incoraggiare il lato infantile dei due fratelli.
Una volta usciti dal garage mi preparai mentalmente ad affrontare un’ora e quaranta minuti di tragitto prima di arrivare a Berlino.
Il volume era al massimo, trasmettendo a tutte le casse le vibrazioni dell’ultimo album Humanoid. Sorrisi nostalgico e pensai ancora a quello che era successo proprio dalla fine del Tour fino a quel momento.
C’erano state delle “incomprensioni” tra noi e le fans, degli incidenti che ci costrinsero ad andare in giro protetti costantemente da guardie del corpo.
Alla fine Bill e Tom, stremati e oppressi da quell’assenza di libertà, avevano preso la decisione di trasferirsi a L.A.
La Band allora, si era presa una pausa per consentire ai suoi membri di riprendere la propria vita.
Molti pensavano che ormai ci fossimo ritirati ma noi sapevamo che non potevamo, non volevamo lasciare quel giro proprio ora che con tanto impegno avevamo ottenuto i nostri posti sul podio.
Ora i gemelli erano di nuovo in Germania e la band si era riunita fisicamente oltre che mentalmente.
Ora ci trovavamo a Magdeburgo proprio per il volere dei Kaulitz e, col senno di poi, tutti avevamo capito che essere così distanti da Berlino, e di conseguenza dalla casa discografica, era davvero una scocciatura. Ma il pensiero che quella fosse la città in cui tutto era cominciato ci aveva convinti. Così, condividendo il loro desiderio, Georg ed io avevamo lasciato le nostre rispettive abitazioni ad Amburgo e ci eravamo ritrovati a vivere tutti sotto lo stesso tempo proprio come ai vecchi tempi.
Saremmo rimasti lì ancora per poco comunque, fino all’inizio del lavoro dei gemelli come giudici di DSDS.
- Spero che le ragazze siano carine, nel posto in cui avete deciso di trascinarmi! – Tom mise fine al corso dei miei pensieri con quella frase così tipicamente “da Tom”.
Sbuffai mentre Georg tratteneva una risata – Pensi sempre a rimorchiare! – lo rimproverò Bill con tono scherzoso.
Il ragazzo in questione liberò una mano dal volante, continuando a guidare con l’altra e diede un piccolo buffetto al braccio del gemello. – Ne avresti bisogno anche tu fratellino! –
Trattenni per un secondo il fiato, come Georg al mio fianco, sperando che quel docile battibecco non si trasformasse nella lite di qualche tempo prima.
Ripresi a respirare a pieni polmoni quando sentì la risata calda e cristallina di Bill prima che rispondesse al moro – Credo che seguirò il tuo consiglio, per stasera. Chissà che non sia fortunato anch’io! – Ma il suo tono era sarcastico, tipico di Bill.
Il biondo non era mai stato avvezzo ai rapporti occasionali, era un sentimentale e i suoi canoni di scelta erano tutti molto particolari.
Lo ricordavo ancora, quando era giovane, ad arrossire e balbettare davanti ad una fan adorante. Anche adesso si poteva scorgere quell’imbarazzo nascosto dal sorriso bonario da rockstar di successo.
A scuola, a detta di Tom, Bill era invece un vero pezzo di ghiaccio, molto serio, freddo e schizzinoso nello scegliere le sue ragazze.
Quindi che ora volesse seguire le orme del fratello era del tutto inverosimile.
Georg inoltre, a quelle parole, non aveva aperto bocca. Immaginavo il disagio che lo prendere in quelle occasioni e, compiaciuto, pensai che mancasse veramente poco per indurlo a sbloccarsi da quella situazione di stallo tra potere e volere.
Quando la macchina si fermò nel parcheggio alle spalle del basso edificio, nello scendere dall’auto nessuno poté evitare di stiracchiare i muscoli delle gambe. Ci incamminammo poi verso l’entrata principale, visto che quella sul retro era chiusa, facendo la nostra entrata con non-chalance.
Non eravamo certo i primi VIP nel locale, ma quasi tutti tra i personaggi famosi e i clienti più o meno esclusivi si voltarono a guardarci.
Prendemmo subito posto in un’aletta poco distante dal bar, accomodandoci sui divanetti di pelle con i bassi tavolini moderni usati come  poggia vivande. Infatti, al centro vi era un secchiello del ghiaccio con una bottiglia di champagne secco e una dolce.
Non perdemmo tempo.
Tom, con molta cautela, ne aprì una -senza neanche chiamare il cameriere incaricato del nostro tavolo- e riempiendo quattro flute iniziammo con il primo brindisi della serata.
 
***Intanto nel cuore del bassista***
Ai piedi di quelle scale, nella casa a Magdeburgo, era stato uno shock per me trovarmi davanti Bill fiero in tutto il suo fascino.
Dopo quegli ultimi giorni, tutte quelle notti a pensarlo, a pensare se fra noi potesse davvero mai esserci un qualcosa che andasse oltre. Di più.
Mi consolava, in un certo senso, sapere che Bill non poteva essere a conoscenza di quello che c’era nella mia testa, anche se a volte la paranoia mi portava, come quella sera, a pensarla diversamente.
La verità è che non lo faceva neanche apporta. Era semplicemente Bill.
Amava essere guardato; essere ammirato per il suo vestiario, per l’acconciatura e i gingilli che sfoggiava; non si sforzava neanche più ad essere impeccabile perché tutto quello era parte di lui.
Inutile dire che era riuscito appieno nel suo intento, perché nessun individuo che fosse di genere femminile o maschile riusciva a staccare gli occhi da quello che gli ultimi tre anni a L.A. avevano creato.
Non avevano più davanti a loro il ragazzino dai tratti femminei e il corpo scheletrico che scappava per l’imbarazzo davanti alle fans.
No, Bill era un uomo in tutto e per tutto; perché anche con la sua lunga criniera bionda, la barba sfatta e i piercing che gli ornavano i tratti del viso più marcato rendevano l’idea di una rivoluzione in lui. Era sicuro di sé, molto più di prima perché non era solo apparenza, la disinvoltura ormai faceva parte di lui come una seconda pelle.
Prima che me ne accorgessi, ormai, il mio respiro si era fatto affannoso mentre continuavo a tenere lo sguardo fisso su di lui. Era al bancone del bar con una ragazza a importunarlo, da come suggeriva il cipiglio annoiato che aveva assunto.
Pensai di andare da lui e magari liberarlo da quella scocciatura, da Bravo Amico qual ero ma, prima che potessi muovere qualsiasi muscolo, la ragazza doveva aver toccato il tasto giusto.
Bill ora era interessato.
Aveva inclinato la testa di lato in un gesto così abituale, di quando la sua curiosità aveva la meglio.
Buttai giù in un sorso il drink che avevo ordinato precedentemente per sostituire lo champagne, che in realtà non mi faceva impazzire.
Quando alzai di nuovo lo sguardo verso l’interessato, notai che ora stava addirittura ridendo. La testa e il corpo leggermente sbilanciati all’indietro, la bocca a scoprire la dentatura bianca e perfetta con i canini leggermente più affilati del normale..
No, ormai ero incapace di sopportare una vista del genere.
Seguì l’istinto e feci per raggiungerlo. Poche falcate ed ero davanti a lui, faccia a faccia.
- Georg? – chiese confuso nel voltarsi a guardarmi, quando mi decisi ad attirare la sua attenzione con una mano sulla spalla. – Cosa c’è? – domandò ancora, il suo tono non sembrava infastidito dalla mia interruzione e questo non poté far altro che accrescere il mio compiacimento.
Allora mi concessi di spostare lo sguardo sulla ragazza. – Piacere, Georg. – mi presentai, come se mi fossi accorto solo in quel momento di aver interrotto qualcosa.
Le porsi la mano che lei afferrò e strinse vagamente imbarazzata dalla mia intraprendenza. Fece per presentarsi a sua volta ma fu prontamente anticipata da Bill – Lei è Karina, sogna di diventare stilista! –
Ora capivo perché Bill ne fosse così attratto. Era bionda e con degli splendidi occhi azzurri.
Decisamente il suo tipo, se paragonata alle sue precedenti fiamme. In più era appassionata di moda come lui. Bill aveva appena fatto Bingo, in pratica.
- Davvero un bel sogno! – cercai di sembrare più convinto possibile.
Probabilmente non ci riuscì perché per un attimo mi sembrò di scorgere un a certa perplessità nell’occhiata che Bill mi lanciò.
Mi schiarì la gola, quasi cercando in quel gesto la sicurezza necessaria per fare quello che mi avevo prefisso: separarli!
- Gli altri vogliono fare un altro brindisi. Vieni? – chiesi allora.
Bill lanciò uno sguardo verso il nostro tavolo e anch’io come lui vidi chiaramente Tom impegnato in un piccolo flirt con la cameriera e Gustav completamente preso dal cellulare,
- Passo. – annunciò sorridente, prima di concentrarsi nuovamente sulla biondina al suo fianco.
Sbuffai sconfitto e tornai al mio posto.
Dopo un altro drink, scolato nella contemplazione della mia anima infelice e resa depressa dall’alcool che avevo in corpo, mi ritrovai rianimato dalla vista del gemello biondo che tanto desideravo e che ora stava camminando verso di me.
Sorrisi ma durò poco – Ehi, io vado con Karina da qualche altra parte.. ok? – chiese mantenendosi vago.
Ci trovava così ingenui?
Non aveva realmente bisogno del nostro permesso ma lo chiese comunque per educazione, poiché eravamo venuti tutti insieme.
Fu Tom ad anticipare qualunque cosa avessi in mente di dirgli.
- Karina? – chiese infatti, il nome pronunciato da lui sembrava quasi sputato fuori con stizza.
- Sì. – sbottò Bill, probabilmente irritato dal tono di superiorità usato dal fratello e facendo un cenno con il pollice indicò il punto in cui poco prima era seduto con “Karina”. Scoprì che, nella mia testa, quel nome suonava altrettanto sgradevole.
Il rasta le lanciò uno sguardo critico, poi con una scrollata di spalle aggiunse – Se ci tieni, va no!? –
A quel punto Gus ed io ci scambiammo un’occhiata d’intesa, ovviamente se Tom aveva lasciato libero il fratello dai festeggiamenti, noi due di certo non potevamo costringerlo a rimanere.
Anche se io avrei tanto voluto rispondere che no, non era ok.
Così Bill ci salutò un’ultima volta e recuperò il giubbotto di pelle prima di defilarsi definitivamente.
- E così diceva su serio in macchina.. – borbottò Tom, riprendendo a guardare il culo alla cameriera che non faceva che lanciagli sguardi carichi di altrettanta malizia.
- Cosa? – chiesi visto che non avevo afferrato bene le sue parole criptiche.
- Stavo pensando che quando in macchina ha detto di voler rimorchiare stasera, era serio. – ripeté Tom.
Non sapendo come rispondere senza lanciarmi in sproloqui sentimentali verso suo fratello, mi limitai a trascinare un sommesso – Già – prima di riemergermi ancora nei “dolci sapori” dell’alcool.
 
Angolo dell’autrice:
Questo capitolo è una specie di fase intermedia come i primi due.
Giuro che dal prossimo le cose inizieranno a prendere degli sviluppi!
Ringrazio ancora chi legge e segue le mie righe da quattro soldi.. anche se in realtà non vengo neanche pagata.
Al prossimo lunedì
Saluti Alex^^

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Capitolo 4
*** 4° Capitolo ***


4° Capitolo
 
***La morale di Tom***
Erano notti che passavo dalla stanza di Bill e la trovavo vuota. Oltre una settimana che andava avanti quella storia.
Mentre io non mi creavo problemi a portare ogni volta una ragazza diversa, lui si creava scrupoli anche solo per una tipa conosciuta ad un’inaugurazione per la quale sembrava avere un vero interesse.
Ero preoccupato per lui, del modo in cui si faceva coinvolgere ogni volta.
Nel nostro lavoro era sempre stato difficile trovare qualcuno che ti volesse accanto a sé con completo disinteresse, il più delle volte raro.
Quella mattina quando scesi di sotto per iniziare la giornata con una tazza di caffè trovai, in bella mostra sul tavolo, la rivista di bravo aperta proprio sulla pagina degli scoop.
Il titolo in rosso sullo sfondo di un’immagine scura scattata di notte enunciava in chiare lettere “Kaulitz e Anonima, ora ha un nome!”.
Sbuffai per l’irritazione. Sin dall’indomani della sera dell’evento i giornalini che tutte le Teenagers tedesche seguivano avevano iniziato a parlare di questo possibile flirt in atto tra mio fratello, considerato lo scapolo d’oro per eccellenza, e questa ragazza bionda avvolta nel mistero.
Mistero che avevo una dannata voglia di sfatare.
Non era da Bill usare una ragazza semplicemente per il piacere, quando si buttava lo faceva e di testa. Bill era ingenuo e tutta la sua intelligenza diventava nulla quando s’infatuava di qualcuno, compito mio era sempre stato quello di aprirgli gli occhi per impedirgli di soffrire, alla fine.
Della bella biondina non sapevo niente anche perché il mio caro fratellino si ostinava a tenermela nascosta, forse spaventato dalla mia disapprovazione.
Come a chiamarlo, proprio in quel momento qualcuno fece il suo ingresso a casa, entrando direttamente nella cucina.
Aveva l’aria stanca e appena mi vide i suoi occhi si sgranarono – Che ci fai già in piedi tu? – chiese.
In effetti erano solo le otto e in genere, salvo impegni lavorativi, non mi era mai capitato di alzarmi prima delle undici. Piegai le labbra in un sorriso sghembo, tanto amaro da sembrare una smorfia. – Gustav doveva scendere alcuni scatoloni, così io e Georg l’abbiamo aiutato. –
La mia risposta sembrò renderlo ancora più triste e stanco – Oh.. quindi torna già ad Amburgo. – mormorò, con tono a metà tra la domanda e l’affermazione.
- No, ma oggi voleva andare un po’ da Krist perciò ne ha approfittato per portare via qualcosa.. – spiegai.
Bill annuì e andò ad aprire il ripiano delle tazze, tirandone fuori una nera con il logo dei Tokio Hotel in bianco. Sorrisi vedendo il gadget uguale alle altre tre nella mensola, ne aveva presa una per ogni membro della band e dello staff che ci seguiva da più tempo.
Scossi il capo, dovevo rimane concentrato se dovevamo parlare di cose serie.
- Bill, guarda. – dissi a bruciapelo porgendogli la rivista scandalistica.
Lui s’irrigidì; immaginai che l’avesse già vista da qualche parte perché gli dedicò a mala pena uno sguardo prima che la sua attenzione fu catturata completamente dal movimento delle sue dita lungo il bordo della tazza.
- Non hai niente da dire? – chiesi allora, impaziente.
- No, perché dovrei giustificarmi per una cosa del genere? – borbottò senza alzare lo sguardo neanche per un secondo.
Scoppiai a ridere, ancora più amaramente di prima. – Sei serio? Puoi usare quel tono menefreghista con gli altri ma non con me! –
Prese un sorso di caffè e abbassò la tazza sul tavolo, forse era convinto che continuando a tenerla in mano l’avrebbe ridotta in frantumi perché a me dava proprio quest’impressione.
- Non sto usando nessun tono.. mi dispiace, certo, ma ho fatto di tutto per tenervi lontani da questa storia e..–
- Forse e proprio in questo che hai sbagliato, non credi? Non hai pensato che tenendoci alla larga non hai fatto altro che metterti allo scoperto? – lo interruppi brusco.
Il fatto che pensasse di averlo fatto per noi non faceva che accrescere la mia irritazione e il mio senso di protezione.
Quello stupido ossigenato che avevo di fronte era pur sempre mio fratello e nonostante i guai in cui ci e nella maggior parte dei casi si cacciava; nonostante le volte in cui mi facesse saltare i nervi per via dell’orgoglio e la testardaggine che lo caratterizzavano in una maniera così simile alla mia; nonostante tutte le impressioni sbagliate che potessimo dare in casi simili, lui era questo e io gli volevo troppo bene.
Probabilmente fu per questo che non vedendolo reagire mi convinsi di aver esagerato. – Bill.. – provai a dire mentre provavo ad avvicinarmi a lui, senza però riuscirvi perché con un gesto della mano mi allontanò con stizza.
- No Tom, sul serio. Non capisco perché se tu puoi fare quello che vuoi mentre per me non può essere così! – il disagio nato in lui dalle mie accuse in un attimo era sparito lasciando spazio ad una rabbia orgogliosa.
Avrei voluto dirgli che le cose tra noi due erano totalmente diverse; che mentre lui aveva ancora la capacità di rimanere deluso di fronte al male della gente, per me non era più lo stesso da un paio d’anni.
Perché quell’aggressione ai danni di Gustav; quelle minacce e gli stalking subiti da cui siamo scappati con così poco preavviso, con tutta quella voglia di lasciarceli alle spalle; e poi ancora il processo di restrizione contro nostro padre, mi avevano portato un gelo addosso che non riuscivo ancora a cancellare mentre lui aveva continuato semplicemente per la sua strada come solo lui avrebbe potuto fare.
In quel momento, se gli avessi davvero risposto come avrei voluto le mie parole non avrebbero fatto altro che metterlo in trappola ma non era questo che volevo.
- Hai detto che potevo decidere da solo della mia vita. Bene, puoi farlo anche tu ma ricorda che anche io ti voglio bene.. e anche io voglio la tua felicità.. – spiegai parlando piano con una calma che credevo di non possedere neanche per i casi più estremi.
- Sono felice.. – mormorò lui, colto alla sprovvista.
Si aspettava sicuramente che gli rinfacciassi tutto quello che la rabbia repressa mi avrebbe fatto dire, e anche io me pensavo che l’avrei fatto, se non fosse stato che per lui ero davvero disposto a mettere da parte il mio bisogno di primeggiare se si trattava di cose serie.
- Forse e così.. – dissi allora. – ..ma ho come la sensazione che prima o poi questa storiella non farà che portarti delle delusioni.. –
Bill scosse la testa, indeciso se darmi retta o meno.
Gli porsi nuovamente la rivista, stavolta aperta esattamente alla pagina dell’articolo per intero. – Lei si chiama Karina, vero? – chiesi conferma.
- S-si.. – mormorò ancora più perplesso.
- Il suo cognome è Lange? – continuai.
- Come fai a.. – sbottò ora con voce più stridula e la fronte corrucciata. Fu allora che una nuova consapevolezza si fece strana nei suoi occhi, accendendoli di una nuova luce. – Non può essere.. – sibilò fissando disgustato la pagina stampata.
Non cerco ulteriore conferma, mi spinse da un lato e superandomi fece per lasciare la cucina.
Gli andai dietro e vedendolo imboccare il corridoio prossimo all’uscita decisi di richiamarlo, nella mente immagini chiare di ciò che in quello stato poteva avere l’intenzione di fare. – Bill, lasciala perdere e basta. Dai un taglio netto, sei ancora in tempo. – dissi mentre già si chiudeva la porta alle spalle.
 
***Bill***
Era davvero così che mi aspettavo che andasse?
No, non direi proprio.
Quei giorni erano stati così leggeri, tra risate e l’illusione di potermi lasciare andare.
Invece avrei dovuto capire molto prima di quanto fosse sbagliato tutto quello. Si insomma, la probabilità di aver trovato qualcuno a cui interessassi veramente per quel che ero così, all’improvviso.
Scoppiai a ridere, gli occhi asciutti forse più per il vento che entrava dal finestrino aperto che per la forza di trattenere le lacrime che potevo avere.
Non ero stupito, non proprio in realtà, forse un po’ mi aspettavo qualcosa del genere anche non l’avrei mai ammesso. Ero ferito più che altro. Punto proprio al centro, tra ragione e orgoglio.
Digitai un sms, poche parole per invitarla al pranzo. Cercai di non lasciar trapelare niente, di sembrare normale, per paura che potesse sfuggirmi dalle mani, scappando, prima ancora che potessi trovarmela di fronte per riversarle addosso tutta la mia delusione.
Non volevo sentirmi così cattivo, cercai così di calmarmi e convincermi che quello che volevo era solo una spiegazione.
Senza una spiegazione accettabile la mia rabbia sarebbe stata giustificata e io non mi sarei sentito così stupido.
Maledissi il traffico che m’impediva di accelerare spingendo al massimo l’auto e alla fine arrivai a Berlino poco prima di mezzogiorno.
Aspettai una buona mezz’ora fuori dal locale in cui gli avevo dato appuntamento prima di entrare e calmare i nervi con un bicchiere di vino che quasi riuscì nell’intento di stordirmi prima che la vedessi arrivare e avvicinarsi al mio tavolo.
Si sedette proprio di fronte a me, con quel suo sorriso di cui solo ora capivo appieno la falsità.
- Perché tutta questa fretta d’incontrarci dopo che abbiamo passato tutta la notte insieme? – sorrise con fare malizioso e quasi mi venne da ridergli in faccio ripensando alle ultime ore in cui non avevo fatto altro che maledirmi per essermi sentito così bene in quelle poche notti passate con lei.
- Ho avuto fretta perché sarà l’ultima volta che ci vediamo. – dissi, parlando con un tono di voce moderata.
Il sorriso che iniziavo a disprezzare le morì addosso trasformandosi in una linea dritta e rigida. – L’hai scoperto. – dedusse.
Fu il mio turno di sorridere, mi alzai sporgendomi oltre il tavolo per posarle un bacio sulla guancia e sussurrarle all’orecchio le mie ultime parole di commiato – Se leggo il tuo nome su un altro articolo che riguarda me o le persone a cui tengo, la tua carriera è finita. Chiaro? –
Aspettai che lei facesse segno di aver capito e prima di abbandonare il locale mi confessai con rammarico – Ammiro quanto oltre tu sia riuscita a spingerti in questa messinscena. Io non ci sarei riuscito. –
Prima di rimettermi in viaggio per tornare a casa, un po’ per bisogno di distrazione e un po’ per smaltire quel minimo di alcool che avevo per poter guidare senza il rischio di essere fermato, passai da un salone lì vicino.
Avevo bisogno di un nuovo taglio in vista di DSDS, un nuovo look che rappresentasse una svolta. Qualcosa che dimostrasse che non avrei ceduto alle debolezze che neanche Las Angeles era riuscita a rimuovere.
Un taglio netto era ciò che cercavo.
 
Angolo Autrice:
dopo immani fatiche sono riuscita a concludere questo capito.
In realtà non pensavo di continuare più la storia visto il blocco avuto in quest’ultima settimana, né tanto meno pensavo di pubblicarla addirittura in tempo rispetto alla data che mi ero prefissa o.o
Spero che chi la segue continui a farlo.
Ringrazio chi legge, segue e mette fra i preferiti.
Invito a commentare per farmi conoscere le vostre critiche e i vostri pensieri.
Saluti Alex^^
 
Ps. Ho notato io stessa degli errori nel capitolo 3 ma adesso è troppo tardi però correggerò al più presto u.u
Ultima cosa, ho bisogno di una persona che mi aiuti a betare ciò che pubblico, visto che ho una Socia che non mi serve a niente xD ahahaha chi è interessato mi contatti!
Ancora grazie per l’attenzione^^

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Capitolo 5
*** 5° Capitolo ***


5° Capitolo
 
***Tom***
Da quando Bill era tornato con la sua lunga criniera bionda notevolmente ridotta avevo volutamente evitato di rivolgergli la parola
Non ero arrabbiato con lui, non più almeno, ora tutta l’irritazione era rivolta a quella stupida sciacquetta che aveva preso in giro mio fratello e un nuovo sentimento minacciava di esplodermi nel petto.
Senso di colpa.
Pensandoci bene era questo che mi portava a camminare a testa bassa ogni volta che lo incontravo per casa o che gli camminavo accanto.
Come se non bastasse il tempo che passavamo insieme era aumentato e il fatto di essere tornati gli unici inquilini dell’appartamento a Berlino non migliorava le cose.
Già da un paio di giorni i Tokio Hotel avevano lasciato la bella casa in cui vivevano a Magdeburgo per far fronte ai proprio impegni e alle proprie vite
Gustav negli ultimi giorni ormai era più ad Amburgo con Krist che con noi perciò nonostante la malinconia era più che contento di tornare al suo appartamento condiviso con la sua avvenente fidanzata, lo stesso non si poteva dire di Georg che sembrava il più depresso.
- Oh Moritz! Ti chiamerò almeno una volta al giorno e penserò a te ogni sera.. so che ti senti solo senza di me! – lo aveva preso in giro Bill, mentre lo abbracciava salutandolo.
Il moro in risposta era arrossito, probabilmente offeso dall’allusione fatta dal biondo, e aveva preso a pizzicare i fianchi di Bill nei punti in cui sapeva soffrire maggiormente il solletico. Quest’ultimo si era poi allontanato alla svelta e raggiungendomi in macchina al posto del passeggero aveva accompagnato due diti medi con una linguaccia divertita.
Ieri poi, io e Bill, avevamo affrontato il primo giorno come giudici di DSDS.
Era andata bene, benissimo, splendidamente in effetti. Questo fino a che Bohlen non aveva iniziato a lanciare frecciatine a Bill riguardo la sua scelta di accessori e vestiario.
Avevo immaginato che il critico più severo che aveva portato avanti il programma sin dagli esordi come unico giudice indiscusso non si sarebbe risparmiato neanche quell’anno, ma avevo sperato che essere dietro quel bancone con lui fosse diverso.
Io e mio fratello sappiamo da sempre cosa la gente pensa di noi, soprattutto Bill, e non ne siamo mai stati minimamente toccati.
Anche ora Bill ignora le battutine di Bohlen riguardo le borche, le scarpe, i piercing che danno a mio fratello l’immagine che più lo compiace. Io invece, il più forte tra i due, mi ritrovo a dover combattere l’impulso di dare a quel montato un pugno in faccio e un bel calcio nel culo.
Sul serio, dovevo darmi una calmata..
 
***Amburgo***
Entrai in casa chiudendomi la porta alle spalle e lasciando le chiavi nel piattino ornamentale posto sul mobiletto altrettanto ornamentale dell’ingresso.
In quei mesi avevo capito bene che dal momento in cui una donna entra nella casa di un uomo per viverci a sua volta si può beatamente dire addio all’arredamento in chiave minimal che hai tanto escogitato per aver meno cose da pulire.
- Krist? – la chiamai sperando in un caloroso “bentornato a casa, amore!”
- Gustav! Hai dimenticato di nuovo il cellulare prima di uscire! – mi rimproverò lei invece.
- Non l’ho dimenticato, l’ho volutamente lasciato.. – borbottai piano, sperando di non essere sentito.
Una cosa che invece non avevo ben capito era se le donne avessero orecchie bioniche o se, più che sentire, loro percepissero e con questo non mi riferivo solo alle parole dette ma anche, e soprattutto, a quelle pensate semplicemente..
Krist infatti si avvicinò a me per darmi un bacio a fior di labbra, molto casto e dolce.
La tensione e la preoccupazione per i miei amici scivolò via, sorrisi contro le sue labbra e le baciai di nuovo ma più intensamente.
Fu lei a interrompere quella lieve effusione – Hanno chiamato Bill e Tom, stanno bene ma erano ancora alle prese con i provini, immagino fosse per questo che Tom è sembrato così stanco.. –
Quasi mi venne da ridere. Sul serio non potevamo essere sempre noi a prenderci cura di quei due per sempre.
– Più tardi li richiamerò, sarebbe una tragedia se saltassero la loro quotidiana seduta dallo psicologo! – le assicurai invece per poi ricercare il contatto interrotto pochi secondi prima.
Ignorai il suo pigiama, che probabilmente l’aveva accompagnata per tutta quella giornata poiché poteva permetterselo durante il suo giorno libero, e m’intrufolai sotto la maglia accarezzandole la schiena.
Lei rise per via del contatto delle mie mani gelide con la sua pelle calda di casa e si allontanò di nuovo, come risvegliata. – Ah, ti stava cercando anche Georg.. – cercò di dire ma la mia attenzione era tutta per il suo collo.
- Ah si? – mormorai, per niente intenzionato ad allontanarla.
- .. sembrava urgente.. – sibilo lei poco prima che staccassi le mie labbra da quel punto sensibile che aveva appena sotto l’orecchio.
Sospirai. – Ok, d’accordo. Lo chiamo subito. – borbottai.
Tanto a forza di parlare di quei tre il mio umore rischiava di andarsene a puttane, quindi prima mi assicuravo che i bambini stessero apposto e prima sarei potuto tornare a rilassarmi come si deve.
 
***Georg***
Parlare con Gustav mi era stato molto d’aiuto, forse perché per la prima volta ero pronto a dare retta per davvero a quello che mi stava dicendo, forse perché i suoi consigli era degli ottimi incoraggiamenti a quello che volevo fare davvero.
Avevo passato intere giornate, durante il flirt di Bill a maledirmi per non aver agito prima ma anche dopo che la questione poteva considerarsi conclusa mi ero convinto di voler mettere al primo posto l’amicizia, mi ero detto che era la cosa più importante che potessi concedermi.
Infine eravamo tornati ognuno per la sua strada e io ora non avevo più neanche Shelly come scusa per la mia codardia. Ero rimasto solo ad affrontare il fatto che lo amavo da morire e non potevo averlo se non mi decidevo a fare la prima mossa.
Gustav ci era andato giù pesante, inizialmente aveva cercato di farmi capire che di certo la sorte non sarebbe rimasta lì ad aspettarmi concedendomi tutto il tempo del mondo e che presto Bill si sarebbe trovato qualcun altro e che l’unico a rimanere incastrato da questo sarei stato io, sbattendoci la testa pesantemente. Poi, probabilmente stanco della mia testardaggine melanconica, aveva preso a ignorarmi lasciandomi davvero solo con i miei pensieri, con la promessa di dedicarmi attenzione solo e soltanto se mi fossi deciso ad agire.
E ora eccomi, sto agendo.
Il mio primo passo l’avevo già fatto nel momento in cui ero salito in macchina e avevo guidato per quasi tre ore, nel traffico, impaziente di arrivare a Berlino.
Ero arrivato quando ormai la notte oscurava tutto attorno a me e agli edifici di quella grande città.
Suonai alla porta dell’appartamento che i gemelli avevano comprato in vista della loro, relativamente lunga, permanenza e dopo un’attesa che mi sembrò interminabile mi aprì proprio lui.
Bill, con i suoi capelli, ora corti, scompigliati dal cuscino e la solita canotta che usava per andare a dormire a coprire il fisico asciutto ma muscoloso, con dei semplici boxer stretti sotto.
Trattenni il fiato. Era come la visione di un angelo biondo, un caduto che usciva dalle tenebre.
- Georg? Che cazzo ci fai qui? – chiese lui, con la stizza di chi è appena stato svegliato. Non esattamente quello che direbbe un angelo, pensai ritrovandomi a sorridere come un idiota.
- Dobbiamo parlare.. – risposi prima di precisare, nervoso – ..solo io e te. –
- Cosa devi dirmi che non può aspettare neanche un invito ad entrare? – m’incitò lui a continuare.
- Perché non so se dopo vorrai ancora invitarmi ad entrare.. – borbottai io.
Bill aveva quella classica espressione che lo caratterizzava: gli occhi assottigliati, un po’ per il sonno e un po’ nell’intento di analizzarmi; la testa leggermente chinata di lato, in segno di curiosità; le labbra, con i due anellini ai lati di quello inferiore, imbronciate per la concentrazione.
Ripresi fiato, profondamente, prima di confessarmi – Tra me e Shelly è finita.. non ora, da un po’ in effetti. – precisai notando i suoi occhi, ora ben aperti e sconvolti. – Da quando tu e Tom siete tornati in Germania. –
- Mi dispiace così tanto, G.. ma perché – lo interruppi con un gesto della mano e – No, non è questo il punto. – dissi.
- E allora qual è?- chiese lui, la confusione ad increspargli la fronte.
Mi avvicinai e Bill rimase immobile quando coprii la breve distanza che ci separava per baciarlo.
Fu un bacio veloce, leggero, impacciato. Il bacio di chi mai avrebbe pensato di arrivare a quel punto, non con uno dei suoi migliori amici. Non con il ragazzino anoressico, un paio d’anni più piccolo, che conosceva da quand’era un sedicenne, ora ne aveva ventiquattro di anni e lo amava quel ragazzino, il suo amico.
- Il punto è che ti amo e tu dovevi saperlo! – mormorai, senza staccarmi ancora del tutto.
- C-cosa cazzo significa questo? È uno scherzo!? – chiese, sbattendo più volte gli occhi come a voler mettere meglio a fuoco la situazione.
- È quello che vorrei sapere anche io.. – disse una seconda voce, molto simile a quella di Bill ma più bassa e roca. Spostando lo sguardo alle spalle del biondo, che con la sua altezza copriva tutta la visuale di fronte a me, scorsi il ragazzo ai piedi delle scale.
- Tom.. – mormorò Bill.
Tom era poco distante da noi a guardarci con un’espressione dura sul volto, così diversa da quella divertita e sbarazzina che aveva di solito.
 
Angolo Autrice:
ecco un nuovo capitolo, ho ritardato un pochino.. ma solo di un paio di giorni..
Scusate u.u Ringrazio come sempre i lettori, vecchi e nuovi, chi segue etc.
Saluti Alex^^

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Capitolo 6
*** 6° Capitolo ***


6° Capitolo

Mi svegliai di scatto.
Sentii il sudore incollare i capelli lunghi, ormai sciolti da dread o treccine, alla pelle. Li raccolsi con gesti rapidi e nervosi legandoli con il codino preso dal primo cassetto del comodino e cercando di respirare aspettai che il calore lasci il mio corpo.
Ancora non riuscivo a crederci e le scene di qualche giorno prima non facevano che piazzarsi davanti ai miei occhi in maniera davvero poco delicata.
Con un sospiro profondo presi il cellulare e tolsi lo sblocco per poter vedere che ore erano: le 2.30.
Tra poche ore avrei dovuto svegliarmi e presentarmi agli studi, accidenti.
 
***Bill**
Eravamo dietro le quinte di DSDS dove avevano appena finito di sistemarci in attesa del via ai provini che si sarebbero tenuti in quella giornata. Bohlen e Mateo andarono per primi, poi io e Tom li seguimmo a ruota attraverso i corridoi.
Mi sentivo fuori fase, proprio non riuscivo a concentrarmi su ciò che mi succedeva intorno, fu così che per evitare di andare contro il cameraman urtai Tom. Era il primo contatto che avevamo da quella sera, in pratica, e lui non fece niente se non bloccarmi dalle spalle per impedirmi di perdere l’equilibrio e poi continuare come se nulla fosse.
Non era da Tom evitare le persone, né tanto meno evitare me per un motivo del genere, e infatti non si poteva dire che mi stesse proprio evitando. Insomma, parlavamo come al solito e scherzavamo ancora tanto ma era come se in quei giorni non avessimo mai avuto il bisogno di toccarci, neanche per una semplice pacca sulla spalla.
Era indubbiamente successo qualcosa di strano in noi da quella sera.
 
***Inizio Flashback***
- Sto aspettando.. – continuò Tom senza staccare gli occhi da Georg.
Quest’ultimo d’altro canto era arrossito al punto di diventare molto più simile ad un pomodoro piuttosto che ad un ragazzo. Dopo un paio di sospiri profondi finalmente prese il coraggio per rispondergli – Tom, non pensare che non io abbia calcolato tutti i contro di quello che ho fatto, anzi posso assicurarti che ci ho pensato molto più del dovuto. Per questo sono sicuro di.. di.. – le parole gli morirono in bocca.
La mia mente, che fino ad allora si era svuotata completamente di fronte a quelle rivelazioni, tornò ad analizzare i fatti. O forse era meglio dire che iniziai ad analizzare i miei sentimenti in risposta ai fatti.
Nonostante tutte le supposizioni e le dicerie che potevano girare, io ero sempre stato sicuro di amare in tutto e per tutto le donne.
L’unico uomo che avevo mai  amato era sangue del mio sangue, simile a me in tutto, mio fratello gemello ma anche in quel caso era un amore platonico, una consapevolezza, quella di amare qualcuno senza freni e non poter vivere senza questi pur sapendo che potrà esserci solo quel legame spirituale ad unire le anime.
Guardando Georg, vedevo un fratello, una amico. Potevo davvero vedere in lui un compagno? Un amante?
Sentii il mio cuore perdere un battito a quel pensiero che mi solcava la mente.
Forse era il senso di solitudine, forse la delusione che aveva portato con se la rottura con Karina, forse era la nostalgia che mi attanagliava da quando avevo visto Gustav con Krist..
Forse ero davvero un egoista ma avevo bisogno di essere amato, di sentirmi desiderato e se fino ad ora le cose erano andate sempre così male perché non provarci!?
Volevo bene a Georg, com’era ovvio che fosse, e con lui avevo condiviso la maggior parte delle cose più significative che mi fossero mai capitare. Avevamo già tanti bei ricordi insieme: le serate di baldoria, i concerti, i nostri concerti e ancora prima di essi, quell’anno in cui lottammo tutti e quattro per avere tutto questo. Quindi perché chiudere le porte a questa prospettiva? Solo perché non rientra negli schemi?
Bhè, non direi proprio.
- Sei sicuro di amarmi.. – mormorai, un po’ per continuare la frase, un po’ per rompere quel silenzio imbarazzante che mi aveva però dato la possibilità di ragionare.
Georg, se possibile, diventò ancora più rosso e abbassò lo sguardo, quasi fosse intimidito.
Sorrisi trovando quel nuovo lato, così insolito e insicuro, davvero tenero.
- Georg, ti voglio bene e se come un fratello per me. – decisi che era meglio chiarire. Poi però, per non lasciare spazi ai fraintendimenti, mi chinai per potergli posare un piccolo e casto bacio sulla guancia. – Detto ciò non puoi aspettarti che ti ricambi così di punto in bianco, c’è una cosa che si chiama flirt e corteggiamento prima! – dissi con tono allegro rialzandomi e sorridendo.
- Bill, finiscila, non è uno scherzo! – sbottò Tom. Dal suo tono traspariva una profonda irritazione.
Scossi la testa. – Non era mia intenzione scherzare infatti. –
- Davvero? – chiese Georg, decidendosi finalmente ad aprire bocca.
- Davvero, davvero. – risposi allora. – E ora, immagino che rimarrai a dormire qui stanotte no? È tardi per tornare ad Amburgo.. –
Georg annuì e finalmente ci decidemmo a lasciare la soglia per entrare in casa.
Tom sulle scale mi si avvicinò e mi chiese solamente se ero sicuro di quello che stavo facendo.
- Tom sai come la penso riguardo ai rimpianti.. perciò sì, sono sicuro! – gli assicurai cercando di fargli capire quanto fossi serio.
***Fine Flashback***
 
***Tom***
Mi sentivo ancora così sveglio nonostante la mezzanotte fosse passata da un pezzo ormai e quando sentii il rumore di una macchina fermarsi la riconobbi subito, era la Q7.
Questo poteva significare solo una cosa: Bill era tornato dal suo appuntamento con Georg.
Sospirai pesantemente prima di alzarmi e avvicinarmi alla finestra che dava sulla strada in cui la macchina era ferma. Mi appoggiai al lato, scostando appena la tenda bianca per vedere la scena che si stava svolgendo di sotto mentre per loro sarebbe stato difficile vedere me.
E si, stavo spiando! Quelli erano mio fratello e uno dei miei migliori amici, potevo permettermelo!
Feci in tempo a vedere Bill uscire dal posto del passeggero. Era strano che non stesse guidando lui, quindi pensai che forse aveva bevuto troppo e come a conferma di ciò barcollò appena tenendosi subito alla vettura. Georg intanto scendeva e lo raggiungeva.
Parlavano, o almeno credo, erano fermi l’uno davanti all’altro ma da dove mi trovavo non potevo sentire niente, vedevo solo Bill gesticolare appena con la mano e Georg che nascondeva le mani nelle tasche spostando ogni tanto il peso da un piede all’altro. Si vedeva lontano un miglio che era nervoso.
Ad un tratto però quell’insicurezza sembrò svanire, si mise dritto e fece per portare indietro una ciocca ribelle che cadeva sulla fronte di Bill, sfuggita alla sua cresta bionda e ordinata.
Mi sembrò di scorgere l’ombra di un sorriso sul volto di mio fratello prima che si chinasse, proprio come quella sera, per posargli un bacio.
Stavolta però era un bacio vero e proprio e non aveva niente dell’innocenza di quando con quelle labbra aveva sfiorato la guancia di Georg proprio davanti a me.
Senza neanche accorgermene stavo stringendo convulsamente la mano alla tenda e con uno strattone l’avevo strappata dall’asta a cui era appesa.
Continuai a guardare mentre Georg ora aveva le mani ai fianchi di mio fratello approfondendo quel contatto. Era lui che aveva il controllo nonostante la prima mossa fosse stata di Bill.
La tenda era ormai completamente giù e con un pugno contro la cornice mi decisi a spostare lo sguardo ad allontanarmi dalla finestra.
Girai a vuoto nella stanza facendo su e giù mentre sentivo una rabbia incredibile montarmi addosso, rabbia che placai in parte dando un calcio contro il comodino basso.
Stavo per darne un secondo quando la porta della mia camera si aprì di scatto lasciando entrare un Bill con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia che appena mi vide si fermò per rivolgermi uno sguardo preoccupato.
- Tom, cos’è successo? – chiese, visto che non accennavo a parlare per primo.
- Niente, assolutamente niente. – risposi, ma era consapevole che il mio sguardo e le mie azioni dicessero il contrario.
Lui mi osservò, concentrandosi sui miei pugni tremanti e sulla tenda che stringevo ancora tra le mani, voltò lo sguardo verso la finestra e corrugò la fronte prima che una luce colorasse l’ambra dei suoi occhi.
- Hai visto.. – disse soltanto e non era una domanda la sua, non aspettava neanche una risposta. Bill era sempre stato il più intelligente e il più sensibile tra noi due, perciò non mi stupii di fronte alla sua comprensione ma ora che neanch’io capivo cosa stava succedendo cos’avrebbe fatto? Cos’avrebbe detto per consolarmi?
E soprattutto perché volevo che mi consolasse? Poi per cosa?
- Sei contrario. – ancora un’affermazione.
- Si . – annuii e portai lo sguardo a terra, sentendomi uno stupido per quello che stavo dicendo, che stavo per fare, per la mia reazione in generale in effetti.
- Non lo amo ancora. –
Aveva detto ancora? Nel senso che presto avrebbe potuto anche ricambiare i sentimenti di Georg?
– Mi piace molto stare con lui però, perciò se vuoi che mi fermi devi dirmelo ora. –
Fermarsi? Io? Io avrei dovuto dirgli di fermarsi? Con che coraggio poi?
Il sorriso con cui era entrato la diceva lunga su quanto ci tenesse, anche se da sempre per Bill ci era voluto poco a sentirsi attratto emotivamente da una persona che si dimostrava premurosa nei suoi confronti. Soprattutto perché raramente da giovane era stato benvoluto dagli altri.
Quindi perché avrei dovuto ostacolare la sua felicità ancora una volta?
Quando ero intervenuto per Karina sapevo che lei lo stava usando e che questo l’avrebbe ferito ma con Georg era diverso, lo sapevo, lo vedevo. Lui lo amava e mio fratello avrebbe potuto anche vivere con quell’amore finché non ne avrebbe avuto più bisogno.
No, anche se fosse stato Bill a ferire Georg o viceversa, non potevo immischiarmi se non per appoggiare il fragile animo di mio fratello.
Perciò sapevo di aver fatto la scelta giusta pronunciando quelle parole – Non fermarti, Bill. Vivi questi giorni! -
 
***In albergo***
La serata era andata davvero bene, come la sua conclusione.
Quello era stato il nostro primo vero appuntamento, visto che i pranzi di quei giorni contavano più come le nostre solite uscite come amici e componenti di una band.
Così nonostante l’insistenza di Bill avevo deciso di soggiornare in albergo prima di capire se le cose sarebbero andate abbastanza bene da pensare di prendere un appartamento a Berlino e lasciare quello ad Amburgo.
Mandando un sms al biondo, avvisandolo di essere arrivato sano e salvo nella mia camera, rimasi poi davanti al cellulare aspettando una risposta da parte di questi che non tardò ad arrivare.
Mi concessi solo allora di spogliarmi e prepararmi per andare a letto quando il telefonino accanto a me riprese a squillare, stavolta però Bill non c’entrava e sul display spiccava il nome di Shelly.
Dopo un attimo di indecisione risposi cercando di farmi forza, perché infondo glielo dovevo. Almeno questo.
 
Angolo Autrice:
Oooh! No, non posso credere di essere arrivata al penultimo capitolo di questa storia.
Ebbene si, ne manca solo uno alla conclusione e a proposito mi scuso per il ritardo! (di un giorno)
Ringrazio come sempre chi mi ha seguita fino a qui e i nuovi lettori, chi commenta o commenterà etc
Spero che vi sia piaciuto!
E con questi vi saluto!
Alex^^

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Capitolo 7
*** 7° Capitolo ***


7° Capitolo
 
Quando Georg mi aveva chiesto di vederci per pranzo quel giorno, immaginai che dovessimo parlare. Di certo non pensavo che l’argomento da trattare sarebbe stato Shelly, la sua ex, ma bensì della nostra relazione che stava avendo sviluppi molto positivi. O almeno credevo.
- Cosa significa che non sai che fare? Non avevi detto di averla lasciata? – chiesi rigirandomi nervosamente il bicchiere fra le mani.
Vi era semplice coca cola, ma quelle semplici bollicine non mi bastavano e una bella birra fredda sarebbe stata l’ideale in quel momento.
- Infatti è così, io e Shelly abbiamo rotto di comune accordo ma quando ieri ha chiamato sembrava molto seria e.. – rispose lui, bloccandosi per una ragione a me ancora ignota. Cosa stava per dirmi? Non riuscivo a sopportare l’attesa.
- È incinta Bill. È incinta e io, sul serio non so come possa essere successo.. –
- In realtà penso sia chiaro il come.. – mormorai. Non volevo suonare cattivo, anche se le mie parole potevano sembrare sprezzanti, il mio era solo un dato di fatto. In fondo anche senza una reale intenzione si poteva incorrere in certi rischi e non era strano che dopo quasi 10 anni di fidanzamento capitasse di farlo senza.. protezioni. Quasi ebbi voglia di ridere, ma non mi sentivo per niente divertito.
Al massimo la trovavo come l’ennesima derisione che mi veniva fatta dal destino, quasi come se sembrasse amare prendermi in giro in quel modo: poteva essere l’inizio di una storia perfetta, ma come appunto si presupponeva era solo l’inizio.
Il solo fatto di dover accettare la mia bisessualità pensavo fosse abbastanza come “complicazione” ma come sempre mi sbagliavo e sul serio, mi ero rotto di piangermi addosso.
Mi sentivo, ora più che mai, in dovere di fare la cosa giusta. Senza Tom a darmi coraggio o a coprirmi le spalle, senza dover costringere la band a trattarmi come se fossi qualcosa di fragile pronto a rompersi.
Cazzo, no. Ero riuscito a rimanere intatto fino a quel momento. Ero forte, dovevo dimostrarlo anche agli altri.
Non sarei andato in pezzi.
- Shelly è sicura che sia tuo? – chiesi sperando in una risposta negativa ma conoscendo Shelly non poteva essere il tipo di ragazza che dopo così tanto tempo con un uomo solo si donasse subito al primo che passava. A maggior ragione se era passato poco più di un mese da quando tutto era finito tra di loro, se avevo capito bene.
- Si.. non è stata con nessun’altro e io le credo.. – rispose.
Davvero, la mia non voleva essere un’accusa e per farglielo capire presi la sua mano fra le mie e carezzandola gli dedicai un sorriso.
Non forzato, ma comprensivo. – Lo so, Georg. Conosco Shelly quasi da quanto la conosci tu e non penserei mai cose tanto brutte di lei. Shelly è.. – mi fermai un attimo per trovare le parole adatte – Shelly è una ragazza dolcissima, sempre gentile con tutti ed è anche molto bella. È se davvero aspetta un bambino da te, bhè sia lei che quell’esserino meritano di averti nella loro famiglia. –
Georg puntò i suoi occhi nei miei e potei scorgere una velatura lucida formarsi all’interno. Di quel passo anche io presto mi sarei ritrovato a piangere per la tristezza che sentivo addosso, simile a quella che percepivo provenire dal ragazzo.
- Bill ma noi.. – mormorò ma feci presto ad interromperlo, prima di essere trascinato dalle sue parole in un tunnel da cui non potevo uscire.
- La nostra è una cosa che si può ancora fermare, sia per me che per te.. Pensaci, avrai una famiglia e sarai felice. Sai di non aver realmente bisogno di me.. e anche se fosse, il tempo sistemerà le cose. – gli assicurai.
Capì che le mie parole avevano avuto l’effetto desiderato perché quando Georg si sporse e mi poso un casto bacio sulle labbra, quel contatto sapeva proprio d’addio.
 
***Tom***
Bill rientrò in casa presto quel giorno ed era da solo.
Varcò la porta della mia stanza d’impeto come la sera prima ma non con la stessa euforia, anzi nel corrermi incontro smascherò il suo disperato bisogno.
Bisogno di conforto, di affetto. Il suo bisogno di me.
Mi sentì colpevole di un peccato peggiore dell’omicidio perché tutto quello mi era mancato. Perché in quei giorni anche io avevo avuto bisogno di qualcosa, della sua dipendenza.
Ora che era lì fra le mie braccia lo sentivo singhiozzare appena ma appena passai una mano fra i suoi capelli e lo accarezzai, anche quei lievi sussulti svanirono di fronte al mio tentativo, perfettamente riuscito, di dargli conforto.
Guardandolo non facevo che pensare che anche se non fossimo fratelli sarei stato comunque io quello con cui avrebbe condiviso tutto e consideravo l’essere nati come gemelli come il compimento del destino, perché noi dovevamo essere uniti in quel modo così profondo da superare la semplice unione di due amanti.
Noi che condividevamo il corpo, l’anima e il sangue. Era giusto così.
 
***Finale***
Dalla posizione in cui si trovavano da quella che parve un’eternità Bill avrebbe potuto alzare il capo e decidere di sigillare del tutto il suo amore, dedicandosi a suo fratello Tom.
Oppure Tom avrebbe potuto prendergli il mento tra pollice e indice e indurlo a baciarlo con estrema dolcezza.
Il momento della resa era vicina per entrambi.
I gemelli si guardarono negli occhi, avrebbero potuto rovinare tutto in pochi secondi. Morire insieme, affondando nella vergogna, ma non lo avrebbero fatto, no. Avevano una morale, anche se poco convenzionale. Avevano paura di perdersi.
Più di loro stessi amavano il loro Legame. Il fatto che fosse così puro.. Non volevano sporcarlo, perché sarebbe stato impossibile tornare indietro.
Sicuramente sarebbero stati i primi ad accettare quello sconvolgimento, ma sapevano che non avrebbero sopportato di marcire sotto i pregiudizi degli altri. Non gli estranei, la gente da poco che li circondava, ma i loro famigliari, i loro amici.
Si sa, la gente a volte faceva davvero male alle persone che non capiva, che non conosceva.
Bill e Tom si amavano più dei fratelli, più degli amanti. Loro erano i Gemelli.
Uguali nel fisico, all’apparenza diversi nel carattere, simili nell’anima.
Loro erano questo perfetto equilibrio, questa simbiosi assoluta di corpo e spirito!
Sarebbero rimasti così, insieme, per sempre.
Non importava la loro sessualità, nessuno fra i ragazzi e le ragazze con cui sarebbero andati a letto sarebbero divenuti davvero importanti nei loro cuori, dei punti nelle loro menti.
Solo Tom era l’amore di Bill e Bill quello di Tom.
Non era una condanna, non li avrebbero mai convinti a pensarla in questo modo. Come si erano detti più e più volte, quello, era destino.
Non importava neanche più come potessero vivere quell’amore, l’importante era farlo anche solo guardandosi negli occhi.
 
Angolo Autrice:
Oddio è tardi (non più del solito, vabbè) ma oggi sono particolarmente stanca.
Scuola, un compleanno in famiglia, domani di nuovo scuola e un altro compleanno in “famiglia” (la mia Pseudo-Socia-Scansafatiche e i suoi 17 anni per cui mi sto battendo ad organizzare da due settimane a questa parte pff). C’è e ci sarà di mezzo tanto alcool e l’indomani avremo di nuovo scuola. Una corsa al massacro in pratica... un po’ come questo capitolo.
È l’ultimo! Finalmente o Sfortunatamente.. ancora non saprei dirlo.
Davvero non so se avrei preferito prolungarla fino alla rottura o se ho fatto bene a fermarmi qui con questo finale alla “lascio a voi campo libero ad un possibile incesto esplicito!”.. ma vabbè è andata così.
Probabilmente inizierò una nuova serie sempre in questo fandom... staremo a vedere.
E ora i ringraziamenti:
Come sempre grazie ai vecchi, nuovi e futuri lettori, a chi segue, a chi ha messo questa storia tra i preferiti, a chi commenta (colgo l’occasione per chiedere un giudizio da parte vostra! Come sempre del resto).
Un ringraziamento particolare alla mia adorata Persona che mi ha seguita con tanta parsimonia e mi è sempre stata dietro nonostante i mille impegni e un’Italia intera a dividerci (davvero non so come fai)!
Giusto per par condicio c’infilo anche la Pseudo-Socia-Etc che ancora non s’è capito se patteggia per Georg il bassista, Tom il chitarrista o Gustav il batterista (che non è presente in nessun inciucio ma sopporta sempre tutti)... ultimamente è più per Tom però, credo xD
Bè, quest’angolo sta diventando infinito meglio finirla qui và..
Spero vi sia piaciuto
Saluti Alex^^

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