Di cactus, bambini e amanti

di LuceSinistra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Temari-san nulla di preoccupante: sei solo incinta ***
Capitolo 2: *** I possibili fidanzati di Ino Yamanaka ***
Capitolo 3: *** I preziosi consigli de La violenza della pomiciata ***
Capitolo 4: *** Le mamme-chuunin sanno sempre dove, come e quando colpire ***
Capitolo 5: *** L'idea di Ino, la disperazione di Temari e la partenza del trio ***
Capitolo 6: *** Il dramma di Kankuro ***
Capitolo 7: *** Piccoli errori di valutazione ***
Capitolo 8: *** Il bacio della discordia ***
Capitolo 9: *** Aiuti e corrispondenze ***
Capitolo 10: *** Apparizioni e fraintendimenti ***
Capitolo 11: *** Dichiarazione ***
Capitolo 12: *** Attacco a sorpresa! ***
Capitolo 13: *** Il saggio Gaara ***
Capitolo 14: *** La soluzione ha nome e cognome ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Temari-san nulla di preoccupante: sei solo incinta ***


  
Erano passati due anni dalla guerra, ma a Konoha, come nel resto del mondo ninja, il dolore si faceva ancora sentire. Eppure tutti, chi prima e chi dopo, avevano trovato la forza di andare avanti, di guardare al futuro e sperare che più nulla di tanto catastrofico sarebbe accaduto nelle loro vite.
Le cose, comunque, erano cambiate in modo inevitabile.
Sakura affinava le proprie arti mediche sotto la guida dell’Hokage, Tsunade Senju, e passava gran parte del suo tempo in compagnia dei suoi compagni di team: Naruto, che si allenava di continuo perché quando la nonna sarebbe passata a miglior vita lui avrebbe finalmente raccolto l’eredità di capo-villaggio – e per questo pensiero si beccava ogni volta violenti pugni in testa dall’Hokage; e Sasuke il redivivo, colui che tutti volevano morto e sepolto, si era rivelato un eroe durante la guerra, aiutando l’alleanza e il suo amico Uzumaki e rischiando di perdere definitivamente la vista. Inutile dire che Sakura, con la scusa dell’infermeria di turno, cercava in tutti i modi di incollarsi a Sasuke per dimostrargli che il suo amore non era scemato di un solo grammo, nonostante il tempo, la guerra e tutte le porcherie che l’Uchiha aveva commesso. E questo mandava Ino in bestia.
E che cavolo, anche io sono un ninja-medico!, si ritrovò a pensare mentre era costretta a compilare dei moduli su alcuni pazienti. Ad Ino piaceva stare in ospedale e apprendere quanto più possibile, ma starsene seduta a scrivere documenti noiosi non era proprio nella sua indole. E in più a lei non era permesso vedere Sasuke, se non in casi del tutto eccezionali. La preferenza che l’Hokage riservava a Sakura era davvero oltraggiosa.
Grattandosi la tempia con una penna, dovette ammettere che la guerra, nonostante avesse riportato indietro Uchiha, era stata inclemente con altri. Neji, tanto per fare un esempio. Lei non aveva un buon rapporto con Hyuuga; anzi, a dire il vero, non avevano proprio un rapporto, ma le era dispiaciuto apprendere la notizia della sua morte – morte coraggiosa e degna di un eroe, tra l’altro – anche perché questa era avvenuta poco dopo quella di suo padre e di Shikaku Nara.
Già, la guerra s’era portata via i migliori.
Per Ino la morte del padre era stata uno shock, ma aveva dovuto tenere duro: erano in guerra, contro un nemico fortissimo e nessuna distrazione era ammessa. Poi, di ritorno a Konoha, distrutta nel fisico e nello spirito, s’era lasciata andare e aveva pianto lacrime che credeva di non possedere. Aveva inzuppato la maglia di Shikamaru, quell’insospettabile ragazzo che s’era rivelato uno dei suoi più veri e cari amici, e aveva divorato ben tre pacchi delle patatine di Choji, il quale per una volta non si era lamentato. Pian piano Ino era tornata alla sua vita di sempre, occupandosi del negozio di fiori nel tempo libero e allenandosi nelle arti mediche (aveva promesso che non si sarebbe fatta battere da Sakura!) per gran parte della giornata. Adesso lei, Choji e Shikamaru erano più affiatati che mai nell’affrontare le missioni, sempre più rare da quando la pace era stata ristabilita; ed Ino non poteva fare a meno di pensare che doveva migliorarsi ancora di più, non solo per battere la fronte spaziosa che tentava di rubargli Sasuke, ma soprattutto per essere alla pari dei suoi compagni.
Ino completò l’ultimo modulo con un sorriso sulle labbra, rileggendo le parole sulla carta. Avrebbe dovuto congratularsi con se stessa perché aveva fatto davvero un ottimo lavoro.
Riportò i documenti ad un’infermeria, che la ringraziò con un cenno del capo e le consigliò di tornare a casa poiché il suo turno era finito. Benché le piacesse lavorare, si sentiva comunque stanca e con gioia accolse il consiglio, dirigendosi al primo piano dell’edificio per incontrare Sakura e salutarla.
Vero che a volte non riusciva proprio a digerirla ed in altre avrebbe voluto infilzarla come un pollo, ma fronte spaziosa rimaneva pur sempre una sua amica. E poi c’erano molte più possibilità che l’Haruno venisse accoppata da Uchiha durante uno dei suoi momenti di delirio.
Tuttavia, mentre stava scendendo con grazia le scale attirando su di sé lo sguardo ammaliato di alcuni ragazzi, notò una persona che non aveva capelli rosa e sguardo severo, ma capelli biondi e un ventaglio enorme sulle spalle.
Che cosa ci faceva lì Temari della sabbia? Certo, tutti sapevano che la sorella di Gaara passava molto tempo al loro villaggio per le questioni diplomatiche, che Ino non aveva mai capito e che riteneva protrarsi per davvero troppo tempo, ma la ragazza non aveva nulla a che fare con l’ospedale della foglia. Che fosse malata?
Spinta dalla curiosità, la giovane Yamanaka si avvicinò alla losca figura accanto al banco delle accettazioni.
- Temari-san! – la salutò, piombandole alle spalle. La kunoichi si voltò lentamente, piegando la testa di lato e alzando un sopracciglio.
- Sei tu. – si limitò a rispondere con tono neutro. Ino dovette reprimere un moto di stizza.
Temari passava molto, ma davvero molto tempo con il suo amico Shikamaru, che nel frattempo era stato pure nominato Jonin a sorpresa di gran parte di loro, ma con lei non aveva mai parlato per più di due minuti e senza la compagnia di Choji. Spesso Ino se lo chiedeva, cosa Nara ci trovasse in una come Temari Sabaku no, eppure non riusciva a trovare una risposta. Forse perché nello stesso istante si chiedeva anche cosa Temari Sabaku no, una delle kunoichi più rompipalle e violente, ci trovasse in quel bradipo di Nara.
Mah, certa gente era proprio strana.
- Come mai qui? – domandò, sbattendo i grandi occhi azzurri e sfoderando un sorriso apparentemente innocente. L’altra alzò le spalle e blaterò qualcosa che Ino non afferrò del tutto, ma intuì avesse a che fare con “analisi, mal di stomaco, tutta colpa di Choji che mi ha fatto abbuffare come una vacca in calore”. Il vocabolario di Temari era davvero notevole quando ci si metteva d’impegno.
- … perciò devo vedere Tsunade. – terminò la Jonin della sabbia con uno sbuffo eloquente. Ino aggrottò la fronte. Beh d’altra parte era assolutamente normale che la sorella del Kazekage venisse visitata da Tsunade in persona, non potevano mettere la sua salute nelle mani della prima infermiera di passaggio. Almeno non si trattava di Sakura!
In quell’istante una donna sulla trentina si avvicinò, invitando Temari a seguirla per andare dall’Hokage, che si era liberata appositamente. Ino la salutò con la mano mentre sentiva la delusione stringerle le membra: s’aspettava chissà quale segreto nascondesse l’ambasciatrice. Per un attimo aveva sperato che avesse la gonorrea, così giusto per avere un bel pettegolezzo tra le mani e la scusa adatta per allontanare Shikamaru da lei. Non che fosse poi così convinta che quei due andavano a letto insieme, in fondo non facevano altro che battibeccare dalla mattina alla sera! E poi Shikamaru era Shikamaru, figuriamoci se aveva abbastanza forza per fare quella cosa lì con una ragazza… quella ragazza.
Al pensiero che Temari e l’amico avessero una qualche relazione torbida si sentì inaspettatamente invidiosa.
Sakura aveva Sasuke che, per quanto continuasse a fare l’odioso incompreso, accettava solo la sua compagnia e quella di Uzumaki; Hinata aveva quell’idiota di Naruto che finalmente s’era accorto di lei; Tenten poteva contare sull’appoggio del furore della giovinezza – e a quella definizione Ino rabbrividì tutta, nonostante la giornata calda – e forse Temari poteva contare su Shikamaru. Perfetto, ma lei?
Eppure Ino non aveva nulla in meno delle altre: era bella, intelligente quel tanto che basta per capire quando è ora di farsi pagare il pranzo e lo shopping, una kunoichi di tutto rispetto che aveva combattuto bene durante la guerra, determinata, divertente e sapeva anche baciare. Insomma non le mancava niente, e allora perché non aveva un amante?
Il mondo era davvero un posto ingiusto. Che schifo.
 
Temari era stanca. Temari era annoiata. Temari aveva voglia di cioccolato e vomitare allo stesso tempo.
Tsunade la stava guardando, seduta dietro una scrivania di legno, mentre lei non voleva altro che tornarsene nella sua stanza e dormire beata per le successive quattro ore – subito dopo aver mangiato un chilo di cioccolato, ovviamente.
- Allora? – domandò, spazientita. Il silenzio dell’Hokage le stava facendo perdere la sua poca pazienza e tutto per colpa delle insistenze di Shikamaru. Ah quel maledetto, gliel’avrebbe pagata prima o poi.
Quella situazione assurda era cominciata il giorno prima, quando il Nara, che avrebbe ucciso a ventagliate in faccia il prima possibile, l’aveva trovata a vomitare nella tazza del water. Una scena meravigliosa e densa di romanticismo che il ragazzo aveva spezzato con la sua bocca inutile.
- Vedi? E’ questo quello che succede quando ti abboffi come un maiale. – aveva mormorato, appoggiandosi allo stipite dello porta e guardandola disgustato.
- Fottiti, idiota – aveva sibilato lei, tra un conato ed un altro. Non gli aveva accennato che il vomito c’era stato anche il giorno prima e quello prima ancora, non voleva essere presa in giro da quel coso insensibile. Era lontana da casa, dai suoi fratelli, dal suo villaggio e in quei giorni aveva avuto più fame del solito, che male c’era nell’abbuffarsi un po’ in compagnia di quella buon’anima di Choji? Avrebbe dovuto cominciare una storia segreta con L’Akimichi e non con il Nara. Dannato, dannato Nara.
- Fatti controllare da Tsunade o Sakura, non voglio che durante una riunione finisci per vomitarmi sui vestiti. Sarebbe orribile ed io sono facilmente traumatizzabile. –
Temari aveva risposto rifilandogli un calcio negli stinchi che lo fece borbottare per un bel po’, ma alla fine aveva seguito il suggerimento di quel piagnone e s’era fatta visitare dall’Hokage. Tsunade era stata veloce per sua fortuna e le aveva promesso i risultati entro il giorno successivo; per cui adesso Temari si trovava lì, in quel dannato ospedale, con una voglia matta di cioccolato e compiere l’omicidio del suo compagno.
Oh per tutti i Kami, l’aveva davvero chiamato compagno? Lo sapeva che l’aria di Konoha l’avrebbe portata alla follia come tutti i suoi abitanti.
- Nulla di preoccupante, Temari-san, - rispose Tsunade, seria in volto. La kunoichi sentiva che non era ancora venuto il momento di tirare un sospiro di sollievo. – ma la causa delle tue nausee non è una mal-digestione. -
- Oh – fu tutto quello che riuscì a dire, deglutendo per due volte di fila.
- Sei incinta – affermò la donna, lapidaria.
Ci fu un momento di silenzio imbarazzante che parve durare un’eternità. Nessuna delle due donne sembrava avere nulla da dire sulla recente scoperta, solo il vociare del corridoio ricordava ad entrambe di essere ancora in ospedale. Temari era… quale termine avrebbe potuto utilizzare? Shockata, arrabbiata, desiderosa di uccidere chiunque le fosse capitato a tiro. Quest’ultima non era un termine, ma una frase intera, eppure rendeva perfettamente il suo stato d’animo. Nara aveva praticamente i giorni contati.
Tsunade Senju, che ne aveva davvero passare tante nella sua vita, non riusciva a trovare le parole giuste per consolare la ragazza che aveva di fronte – che poi doveva essere davvero consolata? – e l’unica cosa che le venne in mente fu quella di invitarla a bere del sakè, ma trovò fosse una pessima, pessima idea soprattutto per il bambino. Forse Tsunade non era la persona adatta per occuparsi della questione.
- Ne sei sicura? – domandò l’ambasciatrice della sabbia con un leggero tremolio nella voce. – Non può esserci uno sbaglio? -
- No, mi dispiace. – fu la risposta secca del ninja-medico. Miglior ninja-medico, per cui le probabilità che ci fosse un errore erano davvero scarse. Temari strinse i pugni in grembo, quello stesso grembo che stava ospitando un bambino.
Avanti dillo… bambino.Un essere minuscolo e disgustoso che cresceva nella sua pancia e che forse un giorno avrebbe avuto i suoi lineamenti, i suoi occhi, la sua forza e la sua intelligenza – non poteva avere quella del padre poiché era evidente che la storia del quoziente intellettivo alto era solo una emerita cazzata.
Un bambino.
In fondo il pensiero non le parve così orribile.
- Capisco che sia difficile questo momento per te, - cominciò Tsunade, che non aveva perso l’aria seria. – ma vorrei sapere cosa avresti intenzione di fare. -
- Mi stai chiedendo se voglio tenerlo o meno? – sbottò senza astio, ma arrivando dritta al punto. La donna mosse il capo in avanti. – E’ mio figlio, non credo ci sia altro da chiarire. –
Per quanto si fosse sentita smarrita nell’attimo in cui le sue orecchie avevano percepito la notizia, Temari non aveva mai avuto dubbi. Non sarebbe stata la madre perfetta, ma lei sapeva che i figli non cercano la perfezione.
- Allora vorrei parlare con te per un po’, se non ti dispiace. Ci sono molte cose che devi sapere sulla gravidanza, su come deve essere portata avanti, quali rischi esistono e tanto altro che neanche immagini, ma forse adesso non sei nelle condizioni adatte per affrontare questo discorso – valutò la donna, notando come l’espressione di Temari si fosse fatta più dura, la mascella serrata e il piede, che batteva con insistenza sul pavimento, dimostrava una certa agitazione che la kunoichi sembrava voler nascondere. – Possiamo parlarne un altro giorno. Quando riparti per Suna? -
- Tra tre giorni esatti – replicò asciutta.
- Bene, abbiamo tempo a sufficienza, ma per ora è meglio che ti riposa.-
Temari si alzò di scatto, aggiustando il ventaglio dietro le spalle, desiderosa come non mai di tornare a casa. Non la stanza che le era stata riservata come ambasciatrice a Konoha, desiderava casa vera al suo villaggio. Cosa avrebbero pensato i suoi fratelli e come avrebbero reagito? Si sentì mancare il pavimento sotto ai piedi.
- Ti ringrazio, Tsunade-hime, - mormorò con il capo abbassato in segno di rispetto. – ma ti pregherei di non dire nulla ad anima viva o morta che sia. -
- Non hai intenzione di farlo sapere al Kazekage? – chiese l’altra. Il disappunto era chiaro sulla sua faccia. – O al padre? –
- Certo, non sono una codarda. - replicò sicura. In fondo era la verità: Temari aveva abbastanza fegato per affrontare una situazione del genere e i relativi incidenti diplomatici che ne sarebbero derivati. Forse Kankuro sarebbe svenuto, Shikamaru sarebbe morto e Gaara… beh lui al massimo l’avrebbe fissata con la sua aria impassibile.
A quel punto Tsunade non poté fare a meno di lasciarsi scappare un sorriso.
- Non me lo sarei mai aspettata da Nara. – bisbigliò. Temari la osservava con un sopracciglio alzato. – Insomma, si lamenta di continuo, vuole solo dormire e invece è stato il primo a… -
- Non continuare, ti prego – l’interruppe la kunoichi più giovane. – O la voglia di ucciderlo a colpi di kunai diventerà impossibile da reprimere. –
L’Hokage sospirò, sperando che Temari Sabaku no non lo uccidesse davvero. Per quanto scansafatiche fosse, Shikamaru era l’unico della sua generazione ad avere un po’ di sale in zucca e solo i Kami sapevano quanto avessero bisogno di lui nel villaggio della foglia.
- Temari-san? – la chiamò Tsunade proprio mentre stava per abbassare la maniglia della porta ed andarsene. La ragazza si voltò, lasciando trasparire una certa ansia. – Diglielo con delicatezza, non voglio che muoia di infarto. -
- Non preoccuparti, non voglio togliermi la possibilità di strozzarlo nel sonno o gettarlo dal monte dei Kage.- rispose con un sorriso inquietante.
Tsunade ne fu sinceramente preoccupata.
Aveva sempre pensato che Shikamaru fosse un ragazzo intelligente, perché allora s’era cacciato in quella situazione assurda con quella ragazza? Forse era masochista o forse il buon Asuma aveva sbagliato e il Nara era solo un povero idiota, altro che genio.
Mai come in quel momento l’Hokage sentì il bisogno di bere del sakè. Tanto, tanto sakè.
 
Era sera e lui aveva lavorato per tutto il giorno, per cui dire che era stanco era un vero e proprio eufemismo.
In realtà non aveva lavorato per tutto il giorno. L’assenza di quella donna dispotica e seccante proveniente dal villaggio della sabbia – villaggio che, a quanto pareva, dava natali a persone mentalmente instabili e portati a rovinare la vita al prossimo – gli aveva dato la possibilità di prendersi qualche pausa di tanto in tanto, un po’ per sonnecchiare sui documenti, un po’ per fissare le nuvole oltre la finestra. Quel giorno aveva addirittura mangiato da solo e nella quiete più assoluta – quiete interrotta dall’arrivo di Naruto, ma quello era stato un incidente che Shikamaru aveva liquidato in fretta. Tuttavia, e odiava doverlo ammettere, l’assenza di Temari un po’ lo disturbava.
Giusto un pochino.
E poi era preoccupato. Rovinargli ogni momento della giornata era il suo passatempo preferito e Shikamaru trovava strano e preoccupante il fatto che non l’avesse vista in giro.
Forse è davvero malata, constatò nella sua mente. Eppure quel pensiero lo trovava assurdo. Temari era una donna instancabile e a prova di malattie – non si era beccata mai neanche un raffreddore, nonostante il cambiamento di clima a cui era soggetta più volte l’anno.
A proposito di cambiamenti, la seccante donna sarebbe ritornata a Suna a tre giorni da lì e lui ancora non le aveva parlato. Cioè, ovviamente avevano parlato, soprattutto litigato, ma Shikamaru non aveva ancora trovato il coraggio di dirle quella cosa che da un po’ di tempo gli martellava il cervello.
Camminando tra le stradine di Konoha, scansando bambini urlanti, donne con le buste della spesa e ninja dalle tutine verdi – leggi come: Gai e Rock Lee che tentano di diffondere il credo della giovinezza -, il giovane Nara si ritrovò a ricordare come la sua storia, relazione torbida o come la si voglia chiamare, con Temari era cominciata.
 
La guerra era finita. Era stata sfiancante, aveva portato vittime illustri, ma alla fine la caparbietà dell’alleanza aveva dato i suoi frutti ed ora  se gran parte dei ninja si trovavano a festeggiare una vittoria su cui non tutti avrebbero scommesso, il merito era proprio di quella nuova generazione di ragazzi che non ne avevano voluto sapere di arrendersi ad uno squilibrato con la maschera, un tizio-serpente con gli occhiali e perverse ossessioni e un Uchiha uscito da chissà dove e per chissà quale assurdo motivo. Ah sì, distruggere il mondo per dimostrare la sua grandezza. Dannati Uchiha e i loro propositi omicidi.
I primi giorni erano stati i peggiori. Quelli erano stati  i momenti delle lacrime, delle preghiere per i caduti, dei feriti e delle loro urla. Quelli erano stati  i momenti degli addii.
Ma la tristezza scomparve non appena si appurò che avevano compiuto l’impossbile.
Dopo una settimana di intense riunioni tra Kage, l’alleanza aveva cominciato a sciogliersi: tutti sentivano la mancanza di casa. Gli ultimi a dividersi erano stati gli inseparabili alleati della Foglia e della Sabbia – più che alleati, amici ormai.
Il Kazekage in persona aveva insistito affinché i suoi shinobi accompagnassero i compagni, prendendo le redini del comando e lasciando che Tsunade si riprendesse dalle terribili ferite che aveva riportato durante lo scontro finale.
La sera in cui l’inevitabile accadde era l’ultima sera prima che la sabbia tornasse nel proprio paese, a seppellire i propri morti e a curare le proprie ferite. Naruto Uzumaki, l’eroe che aveva permesso la salvezza di tutti loro, si era intestardito a voler organizzare una festa. Quella macchia arancione non faceva altro che sfrecciare da una parte all’altra del villaggio, portando sciagura e distruggendo quel poco che non era stato già distrutto, nella speranza che la nonna-Tsunadegli desse il permesso per preparare una festa degna di tale nome. Ovviamente Naruto non aveva organizzato proprio un bel niente, non essendone capace, e tutto era ricaduto nelle mani della povera Sakura e di Ino, che si era messa in mezzo giusto per stare un po’ al centro dell’attenzione. A Naruto era stato affidato il compito di convincere Sasuke a partecipare, ma l’Uchiha era già stato convinto a tornare nel villaggio che aveva tanto odiato, non gli si poteva chiedere di partecipare ad una cosa tanto divertente come una festa. Sarebbe stato oltraggioso. E infatti non si presentò.
Ad essere presente c’era, però, Shikamaru che alla prima occasione era riuscito a defilarsi da quella accozzaglia di gente e a trovare un posto tranquillo dove sonnecchiare e fumare in santa pace.
- Sei così prevedibile – borbottò Temari, che l’aveva seguito in silenzio. Shikamaru si sedette ai piedi di un piccolo albero, accendendosi una sigaretta. La ragazza, non avendo ricevuto risposta, lo imitò. – Per colpa tua mi sto perdendo Rock Lee che cerca di convincere Gaara a ballare e il tizio col cane che sta sfidando Kankuro in qualcosa che non ho ben afferrato. -
- Nessuno ti ha detto di seguirmi. – replicò asciutto, espirando un po’ di fumo. Poi la sua mente fu catturata da un particolare. – Gaara che balla? – domandò, divertito da una possibile scena del Kazekage che si muove a ritmo di musica con quel pazzo di Lee.
Temari, accanto a lui, rise di gusto.
- Non lo farà mai, figuriamoci. – rispose. – Ho paura per l’altro però. La sabbia di Gaara può essere molto pericolosa. -
- Mmh – mugugnò Shikamaru, prendendo un’altra boccata. Poteva sentire lo sguardo di Temari addosso, ormai ci era abituato: spesso l’aveva sentito sulla propria pelle durante la guerra. Anche quando gli ordini li avevano separati, lo shinobi immaginava sempre quegli occhi sbruffoni perforargli la schiena. Stranamente lo facevano sentire al sicuro.
- Non avevi detto che avresti smesso dopo la guerra? – chiese proprio la ragazza, schioccando la lingua. Lo stava riprendendo, come al solito. Prima lo seccava perché una volta l’aveva visto piangere, poi perché era ancora un chuunin nonostante le sue abilità ed ora perché non riusciva a smettere di fumare. Temari era più seccante di Ino e sua madre messe assieme.
- E tu non avevi promesso di rompere meno? – replicò con tono scocciato. La ragazza roteò gli occhi.
- Come sei permaloso, piagnone – borbottò, avvicinandosi tanto da poter sfiorare la sua gamba con la propria. – Posso provare? – domandò a bassa voce, mordendosi il labbro inferiore. Shikamaru si voltò a fissarla, non si aspettava mica una proposta del genere. Ci pensò su per qualche secondo, facendo fremere d’impazienza la compagna al suo fianco, e immaginò sarebbe stato divertente vederla sputacchiare via il fumo, tossendo. Con calma – l’irruenza non era mai stata una sua dote – allungò il braccio per passare la propria sigaretta a Temari, ormai già consumata per metà, ma la ragazza, cogliendolo di sorpresa, gli afferrò la nuca, avvicinandolo tanto da far combaciare le sue labbra con le proprie.
Sarebbe stato un bacio casto, se la kunoichi, impetuosa nella vita come in battaglia, non l’avesse costretto a forza ad aprire la bocca ed approfondire il contatto. Shikamaru comunque, per quanto fosse svogliato ed un tantino misogino, non era mica scemo e, abbandonata la sigaretta al suo destino, decise di utilizzare le mani in attività più produttive, come l’esplorazione del corpo di Temari attraverso la stoffa verde del suo kimono.
La ragazza intanto continuava a baciargli le labbra, il collo, il mento con la stessa frenesia con cui Shikamaru la toccava. Forse aveva ragione Choji quando diceva che tra loro c’era tanta  tensione sessuale repressa.
Senza rendersene conto Temari aveva poggiato la schiena sull’erba, stendendosi e rendendo al ragazzo la vita ancora più complicata. Le era praticamente steso addosso, ma non poteva distendersi completamente o l’avrebbe schiacciata col suo peso – anche se dubitava fortemente che quella donna fosse tanto debole da farsi male. Si ritrovava quindi a stare in equilibrio precario, con un gomito posato a terra, accanto la testa di Temari, la bocca premuta su quella della ragazza e l’altra mano adagiata lungo il fianco. Proprio quando si azzardò a spostarla più in alto, in prossimità del seno, quella diabolica creatura lo spinse in modo tanto violento che Shikamaru per poco non sbatté la testa contro il tronco dell’albero.
Nel giro di due secondi Temari era in piedi ad aggiustarsi i codini sfatti. Da dietro un cespuglio sbucarono due figure a loro note, entrambe alte e slanciate con il copri fronte della foglia: la prima indossava la ormai tristemente nota tutina verde, due scaldamuscoli arancioni ripugnanti e un sorriso a trentadue denti decisamente inquietante; la seconda, molto più discreta, osservava la scena divertita – divertimento che era possibile intuire dall’unico occhio visibile, poiché tutto il resto del viso era coperto.
- Vi state perdendo la festa così, ragazzi! – esclamò gioviale il maestro Gai, assumendo una delle sue pose ridicole. Shikamaru sbuffò, massaggiandosi la nuca e alzandosi a sua volta.
- Infatti, è proprio quello che stavo dicendo a Nara. Come al solito voleva svignarsela e fare l’asociale. – rispose Temari con superiorità. Neanche notò l’occhiata seccata di Shikamaru.
A quella rivelazione il maestro Gai sembrava davvero dispiaciuto: tanto furore giovanile non poteva essere sprecato in modo tanto ignobile, bisognava fare qualcosa! Fortunatamente il maestro Kakashi, che non a caso di certe cose se ne intendeva, aveva ben capito cosa si celava dietro la finta indifferenza dei due ragazzi, per cui ritenne necessario intervenire a loro sostegno. Almeno qualcuno avrebbe messo in pratica i preziosi consigli de La tattica della pomiciata.
- Non dovevamo terminare la nostra sfida Gai? – domandò il copy-ninja, sperando di distrarre il compagno. Manco a dirlo, il maestro Gai, dopo aver saltellato, sferrato pugni a caso e blaterato qualcosa sulla bellezza della giovinezza, si riscosse e propose al suo rivale una corsa fino all’altra parte del villaggio. Kakashi acconsentì con un’alzata di spalle e schioccò un’occhiata maliziosa a Shikamaru, che era ancora impegnato a riprendersi da quello appena successo.
Temari, una volta appurato che Kakashi e Gai avessero cominciato la loro sfida, afferrò il ragazzo per la maglia della divisa.
- Smuovi il cervello e trova un posto adatto. – gli sibilò a pochi centimetri dalla faccia. Shikamaru avrebbe voluto domandarle: adatto a fare cosa? Ma era convinto che se se ne fosse uscito con una domanda del genere, tra l’altro dalla facile ed esplicita risposta, Temari l’avrebbe sicuramente abbandonato, tornando alla festa a divertirsi con qualcun altro, magari dopo averlo preso a pugni per la sua stupidità.
Arrendendosi al suo triste destino, Shikamaru chiuse gli occhi e assunse la solita posa che lo aiutava a pensare una strategia. Avendo gli occhi serrati ed essendo concentrato, non poté vedere l’occhiataccia che la ragazza gli rivolse. Con uno sbuffo Temari lo strattonò, ancora una volta, e se lo trascinò dietro.
- Muoviti, so io dove andare. -
Così, da quella volta, la camera offerta all’ambasciatrice della sabbia per i suoi soggiorni a Konoha divenne il loro nido d’amore. Kami, vallo a chiamare amore…
La camera di Temari era spaziosa e confortevole, stranamente piena di roba di dubbia utilità, fogli per le relazioni diplomatiche di suo fratello, kunai, il famoso ventaglio che per quella sera era stato tenuto al sicuro, ancora kunai, una spazzola che probabilmente la ragazza non aveva mai usato, di nuovo kunai e… wow, un reggiseno. A Shikamaru non fu permesso notare altri dettagli perché, dopo aver chiuso la porta alle sue spalle, la ragazza lo spinse con forza sul letto riprendendo da dove erano rimasti.
Sino a quel momento la situazione era stata nelle mani di Temari: lei era stata la prima a baciare, lei li aveva salvati dal magnifico duo Gai-Kakashi, lei l’aveva trascinato in camera; insomma tutto quel potere nelle mani di una donna stava dando parecchio sui nervi a Shikamaru, il quale era sì piacevolmente occupato in un’attività stancante ma proficua, tuttavia non ancora così rimbambito da scordare tutti gli insegnamenti misogini paterni. Con uno scatto, che gli costò una grandissima fatica, ribaltò le posizioni e Temari gli fu docilmente sotto. Con docilmenteShikamaru voleva sottolineare quanto la ragazza si fosse trattenuta dal rifilargli solo una gomitata nello stomaco, anche leggera a dire il vero, senza rompergli l’osso del collo.
Gli pareva strano come si sentisse così sicuro in una situazione per lui del tutto nuova. Anche Temari pareva sicura, forse fin troppo. Una fitta gli colpì lo sterno. Era stata Temari? No, lei era occupata a sciogliergli i capelli. Era geloso? No, impossbile. Troppo seccante essere gelosi. Stava per avere un infarto a causa della troppa fatica? Assolutamente plausibile.
In poco tempo i vestiti di entrambi volarono a terra e Shikamaru si ritrovò ad ammirare il corpo della kunoichi, corpo che per tanto tempo aveva intravisto da sotto la divisa della sabbia.
Però, cavolo… pensò. La pelle di Temari era bianca ed invitante, arrossata nei punti in cui poco prima si era posata la bocca del ragazzo; i capelli, insolitamente sciolti, cadevano distratti in parte sulle spalle e in parte sul lenzuolo candido; e i seni alti, sodi che sfioravano l’addome di Shikamaru erano decisamente più belli di come li aveva immaginati.
Era pur sempre un ragazzo, talvolta alcuni pensieri erano legittimati.
- Ti sei addormentato? – domandò Temari, dal basso. Nella voce una punta di sarcasmo che mal si accostava al momento che stavano vivendo. Quella donna non riusciva proprio ad essere un tantino più romantica.
- No… pensavo. – biascicò lui tra i denti. La ragazza si mosse, adagiandosi meglio sulla schiena e puntellandosi su un gomito; gli occhi verdi fissi in quelli del ragazzo e una gamba stretta al suo bacino che reclamava una certa attenzione.
- Non pensi che non sia un buon momento per pensare? – continuò Temari, trattenendo a stento un sorriso sardonico. Per poco Shikamaru non la mandò a quel paese.
- In realtà mi preoccupavo, - precisò il ragazzo, abbastanza irritato. Come al solito la kunoichi parlava sempre troppo. – nella stanza accanto non alloggiano i tuoi fratelli? –
- Mmh, sì. Perché? –
- E non pensi che potrebbero tornare? –
- Sì, ma questa è la mia stanza e ci faccio quello che voglio. –
- Se fossi in te, non la prenderei così alla leggera. Insomma potrebbero esserci problemi diplomatici. –
- Oh, dannazione! – sbottò Temari, spazientita. – Vuoi smetterla di pensare e riprendi a fare quello che stavi facendo?! –
- Scusami tanto, cercavo solo di preservare la mia incolumità. – rispose l’altro, sbuffando.
Temari continuava a fissarlo con la fronte aggrottata e le labbra corrucciate. Niente da dire: la ragazza si impegnava sempre di più per rendere il momento quanto più magicopossibile.
- Shikamaru – lo chiamò, pronunciando con calma il suo nome. Il tutto mentre erano ancora in una posizione non proprio comoda, soprattutto per lui, e con una parte del corpo che reclama attenzioni a gran voce. Sì, soprattutto da  lui. – Hai paura? – riprese la ragazza. La sua espressione s’era addolcita e il tono della voce pareva più conciliante. Nulla a che vedere con il sarcasmo di poco prima.
Shikamaru sospirò, appoggiando la fronte alla sua tempia: non gli andava di guardarla ancora negli occhi, beandosi della sensazione di sentire la pelle accaldata sotto la propria.
- Alla fine di questa seccante storia non metterti ad urlare ed inveire contro di me, però – mugugnò al suo orecchio. Il petto di Temari tremò in una risata soffocata. – E non fare paragoni con altri, grazie. -
La ragazza gli allacciò le braccia dietro al collo, stringendolo ancora più forte contro di sé. Shikamaru non riusciva a dire se quello fosse un gesto d’affetto o stava semplicemente tentando di soffocarlo.
- Pure complessato. – soffiò tra un gemito ed un altro, mentre il ragazzo affondava in lei con piccole spinte. – Comunque, a titolo informativo, non avrei nessun altro con cui fare paragoni. -
Quella affermazione per Shikamaru fu meglio di una dichiarazione d’amore con tanto di musichetta strappalacrime.
La loro prima volta, seguita poi da un’immediata seconda e da un’altra miriade nei mesi successivi, era stata… come avrebbe potuto definirla? Normale, ecco. Niente capriole o gesti melensi. Niente rose sparse per la stanza o perfomance da libri pornografici come quelli che leggeva Kakashi-sensei. Normale, ma indimenticabile. E Shikamaru, nel buio di una stanza che ancora odorava di sesso, si ritrovò a pensare se Temari non fosse proprio quella giusta. Quella dispotica, antipatica donna con cui avrebbe potuto passare il resto della vita, litigando di continuo e beandosi dei suoi sorrisi. Perché anche Temari, come sua madre, ogni tanto sorrideva.
 
Tuttavia quei pensieri, che avevano colto il giovane Shikamaru, erano stati abilmente dimenticati in un angolino nascosto della sua mente. Andiamo… Temari donna della sua vita? E tutto il suo bel piano che aveva costruito da ragazzino? La donna della sua vita non doveva essere né bella né brutta e Temari, da dopo quella notte, gli era sempre parsa bellissima; desiderava due bambini, un maschio ed una femmina, ma immaginare la compagna – oh Kami, l’aveva sul serio chiamata così? – incinta era davvero una cosa assurda nonché improbabile; ed infine vedeva la sua vecchiaia come un momento tranquillo, da trascorrere in compagnia di una moglie pacata ed amante dello shogi: Temari era tutto fuorché pacata, figuriamoci se l’avesse accontentato a giocare a shogi.
Eppure Shikamaru aveva sempre affermato di voler essere un ninja qualsiasi, ma, come la guerra aveva dimostrato, lui non era proprio uno qualsiasi. Non si hanno duecento di Q.I per niente, eh.
Perciò il suo bel piano non aveva più alcun senso e doveva ammettere che l’idea di passare il resto della vita assieme a quella dannata donna non era poi così male.
Aveva tentato di dirglielo durante una delle tante visite di Temari a Konoha, che ormai si svolgevano quasi ogni due mesi: non c’erano solo gli esami chuunin da preparare o le nuove reclute da addestrare, ma per qualsiasi rapporto, documento o semplice informazione che riguardava entrambi i villaggi, Temari veniva spedita dal fratello – quel buon Gaara che col suo silenzio capiva più di molti altri – nel paese del fuoco, approfittando di un’ospitalità che diventava sempre più gradita.
Ma Temari avrebbe accettato di vivere con lui a Konoha? Era questo ciò che faceva tentennare Shikamaru e lo portava a desistere, a vivere quella storia segreta come qualcosa di poco importante ed esclusivamente deleterio per la sua salute.
Ma il ragazzo aveva deciso: non poteva più aspettare, non poteva più rimanere a rimuginare rischiando di impazzire come l’Uchiha nei suoi momenti peggiori. In fondo la storia di Asuma-sensei insegnava, eccome.
Solo… come? Come gliel’avrebbe chiesto?
Ho preso una decisione, donna: verrai a vivere con me, per sempre.
No. Temari l’avrebbe ucciso già dopo la quarta parola.
Oh Temari, ho riflettuto a lungo e sono arrivato alla conclusione che percorrere sei giorni totali di viaggio solo per vederci di tanto in tanto è davvero troppo per le mie povere spalle stanche, quindi perché non ti trasferisci qui? Da me?
No. In fondo non era lui a spostarsi di continuo, per cui non poteva giocarsi la carta del “sono troppo pigro per viaggiare”. E poi quell’atteggiamento così remissivo era un insulto alla sua persona.
Avrebbe potuto pensarci lì per lì. Certo, gli sarebbe venuto spontaneo.
Perfetto, problema risolto. D’altronde non era un genio solo per salvare Konoha nel momento del bisogno.
Magari le porto dei fiori, pensò congratulandosi con se stesso per quel gesto di galanteria. Temari sarebbe capitolata nel giro di pochi minuti.
Forse.
Con la mente affollata da possibili strategie da adottare, Shikamaru si diresse nel negozio di fiori della famiglia Yamanaka dove vi trovò Ino ed il suo amico Choji.
- Ohi – li salutò, con uno sbadiglio. La stanchezza si faceva sentire ogni minuto di più.
- Shikamaru! – urlò la bionda, correndogli incontro. Choji, più dietro, lo salutò con una mano unta di olio di patatine. – Che ci fai qui? –
- Volevo una pianta. – rispose, guardandosi in giro. Non pensava potessero esistere tanti tipi diversi di fiori.
- Una pianta? – domandò Ino, scettica. – E che ci fai con una pianta? –
- Devo fare un regalo. – replicò, vago. Ma Ino Yamanaka non era solo una brava ninja, una bella ed intelligente ragazza, era anche e soprattutto una gran ficcanaso.
- Per una ragazza? – sussurrò provocante ed un tantino eccitata. I gridolini ne erano la prova evidente.
- Mmh, sì. –
- Complimenti, Shikamaru! – esclamò Choji tra un vaso di peonie ed uno di margherite azzurre.
- Oh e chi è? – domandò invece Ino, strattonandogli la maglia. – Shiho per caso? –
- Chi? –
- Ma come! Non mi dire che non ricordi il suo nome! –
- La ragazza della squadra di decriptamento – gli venne in soccorso Choji. Shikamaru ci pensò su per qualche secondo, poi gli venne in mente una ragazza dai capelli biondi e lunghi, con spessi occhiali che le ricoprivano gran parte del viso. Quella Shiho… beh, ricordava solo fosse molto intelligente e relativamente poco seccante.
- Non la vedo da un sacco di tempo – replicò con un’alzata di spalle. – Comunque, cosa mi consigli? –
- Come posso consigliarti una pianta se non conosco la persona a cui vuoi regalarla? – chiese Ino, esasperata dall’atteggiamento del compagno. Poi, come se fosse stata colpita da un fulmine, la sua mente, che non era ai livelli di Shikamaru ma sicuramente era tra le più geniali di Konoha, svelò il mistero della ragazza-fantasma di Nara. Se non era Shiho – e un po’ ne era contenta, quella ragazza era troppo scialba per stare con un eroe come il suo amico -, non era lei stessa e tipe come Sakura o Hinata erano assolutamente fuori discussione, esisteva solo un’altra a cui Shikamaru poteva voler regalare qualcosa.
- Temari! – urlò Ino, agitando il capo in modo melodrammatico. – Lo sapevo che prima o poi saresti finito tra le sue grinfie maledette! –
- Temari? – ripeté Choji con il sorriso di chi aveva capito tutto già da molto tempo.
- Potreste smetterla ed essere più discreti? – tentò Shikamaru, sbuffando. I suoi amici erano davvero troppo chiassosi. – A Konoha persino le pareti hanno le orecchie. –
- Complimenti ancora, amico. Temari è davvero una bella ragazza. – si congratulò ancora Choji, come se il suo amico avesse vinto alla lotteria.
- Ha la gonorrea – borbottò Ino, lugubre.
- Eh? – proferirono all’unisono i due maschi, guardando strano la bionda. Spesso Ino era davvero bizzarra e per di più senza un motivo apparente. Forse era tutta colpa della sua cotta per Uchiha, doveva averle fuso i neuroni.
- Niente, niente – rispose la suddetta, agitando la mano come a voler scacciare una mosca. – Comunque ho io quello che fa per te. –
Dopo qualche minuto Ino tornò con un una piccola piantina tra le mani ed un sorriso inquietante, roba che l’Uchiha sarebbe stato fiero di lei.
- Un cactus? – domandò Shikamaru, non molto convinto della scelta. – Sicura che vada bene? -
- Chi è l’esperta tra noi? – commentò la giovane, facendo ondeggiare la lunga chioma dietro la schiena e rifinendo il pacchetto che stava accuratamente sistemando attorno al piccolo cactus. Poi notò le occhiate dubbiose dei suoi amici. – Ovviamente era una domanda retorica, non dovete rispondere. – sottolineò con tono seccato.
- In effetti la scelta ha senso, se ci pensate. – se ne uscì Choji, meditabondo. – Il cactus è una pianta desertica e Temari viene dal deserto, insomma cosa c’è di meglio? Descrive perfettamente la sua persona. Accidenti Ino, sei davvero brava! – terminò il ragazzo, battendo un pugno sul bancone.
- Infatti, è una pianta grassa – aggiunse la ragazza, sempre con quel sorriso Uchiesco sulle labbra. – Descrive perfettamente la sua persona. –
- Grazie, Ino. – commentò Shikamaru, ignorando l’ultima affermazione. I suoi pensieri erano tutti concentrati sulla possibile reazione di Temari. Poteva chiamarla fidanzata? In fondo stava per chiederle di andare a convivere insieme, potevano definirsi coppia a tutti gli effetti.
- Oh di niente – mormorò Ino, salutando l’amico con una mano.
- Facci sapere come è andata! – urlò Choji, guardando Shikamaru sparire dietro la porta.
 
- Secondo te vuole chiederle di sposarlo? – domandò il ragazzone alla sua amica e compagna di squadra, Ino.
La giovane, seduta scompostamente dietro al bancone e con un’espressione addolorata in volto, rispose con uno sbuffo.
- Figurati, è ancora troppo giovane. – borbottò, mentre avvertiva una punta di cattiveria pervaderle l’animo. Non ce l’aveva con Temari, davvero. Tuttavia i pensieri della mattina tornarono a fare capolino nella sua testolina bionda, rendendola arrabbiata e triste allo stesso tempo.
- Choji? –
- Mmh? – rispose il ragazzo, mangiando uno snack che aveva tirato fuori da chissà dove.
- Io sono bella? –
A quella domanda il povero Choji strabuzzò gli occhi e per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Tossicchiò un po’, guardando di sottecchi l’amica e finalmente comprese il motivo di quello stato d’animo che si addiceva molto più alla Sakura dei tempi andati, che all’allegra e sfrontata Ino.
- Sei la ragazza più bella che abbia mai visto – disse ed era sincero. Ino non aveva bisogno della sua tecnica di controllo della mente per saperlo. Sorrise, di un sorriso stanco ed un po’ infelice.
- E allora perché non ho nessuno che mi regali dei fiori? – chiese, lisciando pieghe invisibili del suo vestito viola.
- Ma tu hai un negozio di fiori – le fece notare Choji. Ino si lasciò andare ad una risata.
- Hai ragione – commentò, portandosi una ciocca dietro l’orecchio. Era quasi l’ora di chiusura ed il tramonto era visibile persino dall’interno. I colori caldi accarezzavano le rose rosse e bianche poste sul davanzale, creando un gioco di luci bellissimo.
- Forse non hai ancora incontrato quello giusto – mormorò il ragazzo, col capo abbassato.
- O forse non ho ancora capito chi sia – replicò lei, sentendo il buon umore tornare. – E comunque scommetto che Temari lo ammazzerà con quell’assurdo coso che ha per arma. – aggiunse per cambiare discorso.
- Ma è vera la storia della gonorrea? – chiese Choji, curioso e spaventato.
- Non lo so, - rispose Ino. – ma l’ho vista andare via dall’ospedale con una faccia tetra che sembrava promettere nulla di buono. –
- Oh, allora scommetto anch’io sulla dipartita di Shikamaru. -







Angolino-ino dell'autrice:
Buon ferragosto!  Ehm… quella che vi presento è una piccolissima storiella quasi senza senso che mi è venuta in mente di scrivere in un momento di noia assoluta. Per quanto la protagonista dovrebbe essere Ino (personaggio che, da brava squilibrata quale sono, amo assieme a tutto il suo team), non ho potuto fare a meno di inserire momenti romantici (?) tra Shikamaru e Temari, rendendoli a conti fatti protagonisti molto più della povera e bistrattata Ino. L’idea nasce, oltre che dall’immagine di Temari madre di un essere umano con metà codice genetico di Nara, dal fatto che trovo Ino uno di quei personaggi affascinanti, ma troppo poco approfonditi (sì, odio i protagonisti. Soprattutto la persona di Sasuke e anche quella di Sakura); ritengo che sia una di quelle ragazze sfrontate e sicure di sè, che sarebbero perfette accanto a qualsiasi maschio, eppure un dubbio mi assale: con chi, effettivamente, starebbe bene la Yamanaka? A dire il vero non so, perché, appunto, io la vedrei bene un po’ con tutti (forse tranne Naruto e Rock Lee), quindi non ho idea di come andrà a finire xD E’ la mia seconda fic su naruto, fandom su cui non sto parecchio, per cui vi chiedo di farmi notare gli errori fatti o… qualsiasi cosa vi passi per la testa xD Un grazie a chi leggerà e commenterà ^^
Ah soprattutto: ma i personaggi sono troppo OCC? Ho sempre il dubbio o.o

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Capitolo 2
*** I possibili fidanzati di Ino Yamanaka ***


Shikamaru camminava piano, in fondo non aveva fretta. Il solo pensiero di affrontare Temari con quella piantina di cactus ben incartata gli faceva attorcigliare le viscere, mentre il cervello si stava arrovellando per trovare le parole giuste. Il suo piano di improvvisazione gli era sembrato subito molto fiacco: lui non era il tipo da improvvisazione, era uno stratega e come tale doveva agire. Anzi, doveva pensare e poi agire.
Perso nelle sue elucubrazioni mentali, neanche s’era accorto di essere passato dinanzi al chiosco di Ichiraku; tuttavia il profumo diffuso di ramen e una voce squillante e nota, che doveva sicuramente appartenere a Naruto, gli suggerii di essere proprio in quel punto della strada.
Bene, la stanza in cui Temari alloggiava non era molto lontana.
Si sentiva un po’ stupido, a dire il vero, a camminare con quel cactus tra le mani, l’espressione annoiata e la mente persa nel trovare una valida strategia da combattimento. Sì, proprio combattimento. Perché se qualcuno pensava che chiedere a Temari Sabaku no di andare a convivere fosse una cosa facile ed indolore, beh questo qualcuno doveva essere un idiota.
Si sentiva un po’ stupido anche perché gli era sembrato che gli abitanti del suo villaggio non facessero altro che fissarlo ed indicarlo come se fosse una specie di mostro a tre teste.
Cosa hanno da fissare?, pensò aumentando l’andatura. Andatura che ritornò normale dopo dieci metri: Shikamaru aveva lavorato tutto il giorno ed era molto, molto stanco.
In particolare il ragazzo notò che un gran numero di donne e ragazze, che lui non aveva neanche mai visto in vita propria, oltre che fissarlo in modo inquietante, bisbigliavano tra loro e si lasciavano andare a risatine poco rassicuranti.
Con un’alzata di spalle Shikamaru le ignorò, continuando il proprio cammino, deciso ad affrontare ciò che il destino gli aveva riservato.
Pregò che Temari fosse di buon umore.
 
Il povero Shikamaru, che aveva lavorato tutto il santo giorno chiuso in un ufficio, lasciato solo per andare da Ino e Choji a comprare un cactus, non poteva sapere che quasi tutto il villaggio era a conoscenza di qualcosa che lo riguardava in prima persona, ma che lui stesso ignorava.
Non poteva sapere che l’Hokage, dopo aver parlato con Temari e averle dato quella notizia sconcertante – Tsunade per prima non riusciva a credere che quel pigro ragazzo avesse davvero fatto… no, meglio non pensarci -, avesse cancellato ogni altro appuntamento e si fosse diretta nel primo locale disponibile a bere sakè per tutto il pomeriggio. E non poteva neanche sapere che proprio Tsunade, ubriaca fradicia e non nel pieno delle sue facoltà mentali, avesse rivelato a tutti i presenti il segreto di Temari – segreto che era stato prontamente diffuso arrivando alle orecchie di mezza Konoha, compresa Yoshino Nara che mai come in quel momento sentiva di aver messo al mondo un completo fannullone.
Ecco, il povero Shikamaru non sapeva un niente di niente, per cui si avviava tranquillo al patibolo, ignorando quello strano comportamento e tutte le dicerie sul suo conto.
 
Arrivato dinanzi la porta della stanza di Temari, il ragazzo si ritrovò a deglutire. Non era sicuro che il suo piano avesse funzionato, ma doveva comunque provarci o non ne avrebbe mai più avuto il coraggio.
Un po’ titubante bussò alla porta. Dopo tre secondi netti, una voce chiara arrivò alla sue orecchie.
- E’ aperto. – aveva esclamato Temari, dall’altra parte. Il tono severo con cui aveva parlato sembrava promettere nulla di buono, ma Shikamaru non era più il ragazzino piagnucolone di un tempo: era un uomo ormai, un maschio alfa pronto a marcare il territorio nei confronti della sua donna.
Dopo aver preso un gran respiro, abbassò la maniglia della porta ed entrò.
Uno shuriken gli sfiorò l’orecchio, gelandolo sul posto, ed andò a conficcarsi nel muro con un rumore sordo. Un brivido gli percorse la schiena e deglutì, di nuovo.
Proprio di buon umore… perché con Temari le cose non sono mai facili?
Shikamaru osservò quella che lui aveva ipotizzato fosse la donna della sua vita, nonché sua possibile e futura moglie. Ovviamente doveva essersi fumato tutti i suoi duecento Q.I per pensare una cosa del genere.
Se qualcuno si fosse trovato a passare di lì in quel momento e avesse avuto l’ardire di sbirciare attraverso la finestra, si sarebbe trovato davanti una scena assurda. Se quello stesso qualcuno, che per un oscuro motivo indossava una tuta arancione e aveva l’espressione da scemo, non avesse fatto meno rumore, preoccupandosi di non farsi scoprire con le mani nel sacco, probabilmente avrebbe vissuto i due minuti peggiori della sua vita – vita che sarebbe stata spezzata da una violenta folata di vento, gettando nella depressione gran parte del villaggio della foglia e il povero Kazegake di Suna e facendo gioire internamente quell’essere spaventoso di Sasuke Uchiha.
Per fortuna sia Shikamaru che Temari avevano problemi più urgenti di cui occuparsi, perciò Naruto per quella volta non rischiò nulla – se non una scarpa in fronte lanciata dalla signora del piano superiore, ma quella era un’altra storia.
L’ambasciatrice della sabbia era seduta a terra, con le gambe stese in avanti e la schiena poggiata contro il muro, proprio di fronte all’entrata dove vi era uno Shikamaru più interdetto che mai. Non era tanto la posizione in cui si trovava Temari ad indicargli che qualcosa non andava e neanche la sua espressione così neutra e tranquilla da essere palesemente falsa. Erano i sette kunai – Shikamaru li aveva contati – perfettamente allineati al suo fianco, che brillavano in quella stanza poco illuminata, ad inquietare il ragazzo. Per non parlare del ventaglio a pochi centimetri dalla mano della bionda e i diversi shuriken che Temari stava pulendo con un panno.
- Che stai facendo? – domandò Shikamaru, cercando di trattenere la sua perplessità. La ragazza alzò lo sguardo su di lui e il Nara avvertì chiaramente che Temari era tutto fuorché calma come voleva apparire.
- Mi alleno. – fu la risposta secca. Un altro shuriken gli sfiorò l’orecchio e con precisione millimetrica andò a conficcarsi proprio accanto a quello precedente. Niente da dire, la sua ragazza aveva davvero una bella mira.
- A distruggere il muro? – scherzò il giovane, guardando distrattamente i diversi buchi che kunai ed armi varie, lanciate chissà quando, avevano creato nella parete. Temari non rispose e Shikamaru sospirò. – Ti ho fatto un regalo – continuò con tono strascicato, ricordandosi di avere ancora tra le mani quel maledetto cactus. Almeno non correva il rischio che appassisse come succedeva per la maggior parte dei fiori.
La kunoichi della sabbia finse di non averlo sentito, afferrò un kunai al suo fianco e lo guardò con aria critica.
- Chiudi la porta e siediti – ordinò poi. Shikamaru obbedì docilmente, posando la piantina su un mobiletto di fianco la porta, per poi andare alla ricerca di una sedia su cui posare il suo sedere stanco. – A terra. – precisò Temari senza neanche degnarlo di uno sguardo.
Quella donna era davvero crudele.
Shikamaru Nara, che sapeva di avere una vena masochista molto pronunciata, obbedì ancora una volta e senza neanche fiatare. Temari doveva esserne soddisfatta perché abbozzò una smorfia seccata che, per chi la conosceva bene, poteva tranquillamente passare per un ghigno compiaciuto.
I due si trovavano faccia a faccia, nonostante il ragazzo si fosse preoccupato di mantenere una certa distanza di sicurezza. Non credeva molto alla storia dell’allenamento.
- Che fine hai fatto tutta la giornata? Non ti ho proprio vista in giro – bofonchiò, sbadigliando rumorosamente. Era strano essere il primo a cercare una conversazione, in genere era Temari quella che parlava di continuo. – Non farti strane idee, comunque. Senza di te sono stato benissimo: ho schiacciato anche qualche pisolino di tanto in tanto – aggiunse, giusto per stuzzicare un po’ la ragazza. Un kunai gli passò a due centimetri dalla testa. Il solito rumore sordo gli suggerì che la parete aveva subito un’altra aggressione.
Shikamaru non si scompose poiché conosceva l’abilità di Temari e sapeva quanto la sua mira fosse perfetta. Se davvero avesse voluto ucciderlo – non vi era bisogno di alcuna motivazione, per i fratelli di Suna uccidere era un modo come un altro per passare il tempo -, non avrebbe mancato il bersaglio per tre volte di fila; tuttavia il giovane era abbastanza intelligente da capire che era meglio non stuzzicare il proprio assassino.
- Che cos’è? – domandò proprio Temari, dopo alcuni istanti di silenzio, indicando il pacchetto rosso che Ino aveva rifinito con tanta cura.
- Una pianta. – rispose Shikamaru, poggiando il mento su una mano. Si chiese quanto quella messinscena fosse durata, prima che la kunoichi fosse scoppiata e gli avesse rivelato la ragione del suo malumore.
- E che ci faccio con una pianta? –
- E che ne so. La usi come sopramobile? –
- Sei un cretino. E che pianta sarebbe? –
- Un cactus. –
- Un… cactus. – ripeté Temari con estrema calma. Il suono di un altro shuriken sibilò nel suo orecchio. – Le ragazze ricevono dai propri fidanzati rose o tulipani, mentre io devo accontentarmi di un misero, pungente cactus – sputò poi, con rabbia.
Shikamaru roteò gli occhi.
- Tecnicamente non stiamo insieme – mormorò, massaggiandosi la nuca. Forse avrebbe dovuto fare prima una bella dormita e solo dopo passare da Temari. Quella dannata riusciva sempre a sfiancarlo, in tutti i sensi.
La ragazza afferrò un altro kunai, ma prima che potesse lanciarlo, probabilmente proprio nel suo stomaco, Shikamaru la fermò.
- Aspetta, tieni basse quelle mani – proferì con voce così annoiata che per un attimo dubitò che Temari gli prestasse ascolto, ma per una volta i Kami ascoltarono le sue preghiere. – C’è una spiegazione logica per la scelta. Non ci ho capito molto, sai ho lavorato e sono stanco, ma credo c’entri qualcosa il deserto e la tua personalità. -
- Stai dicendo che la mia personalità è arida come un deserto? – sibilò l’altra. Gli occhi si erano assottigliati pericolosamente e le dita stringevano il kunai in modo spasmodico.
- No, - s’affrettò a dire Shikamaru. – voglio dire che vieni dal deserto e pensavo che avresti apprezzato. Non ti ricorda casa? –
- Mi stai implicitamente suggerendo di tornarmene a Suna? – sibilò Temari, ancora.
Shikamaru affondò la testa tra le mani. Non potevano continuare in quel modo, gli pareva di parlare contemporaneamente con Naruto e Kiba.
- Perché travisi le mie parole? – borbottò a bassa voce. – Io trovo che sia una bella pianta, una di quelle che non hanno bisogno di tante cure e quindi non sono per niente seccanti. In effetti, guardando da questa prospettiva, non ti rappresenta per niente. -
- Nara ti avviso: stai seriamente rischiando di essere ucciso – l’interruppe Temari con tono minaccioso.
- A proposito di casa, - se ne uscì Shikamaru, facendo finta di non aver sentito la ragazza. – devo dirti una cosa. –
- Anche io. –
- B-bene – balbettò, preso alla sprovvista. Cosa doveva dirgli Temari? Se si trattava di qualche altra ramanzina sul suo comportamento pigro o una delle sue strigliate per essersi scordato di levarsi le scarpe prima di entrare, l’avrebbe mollata seduta stante.
No, mollare proprio no. Però si sarebbe arrabbiato, molto. – Comincio prima io. – disse sicuro di sé.
- Ho un ritardo – proferì Temari, prima che lui potesse aprire bocca.
- Mentale? –
Un kunai andò a conficcarsi nel pavimento di legno, vicinissimo ai suoi piedi.
- Ho quel tipo di ritardo – ripeté la ragazza, sperando che Shikamaru attivasse in fretta i suoi neuroni. Ma Shikamaru si limitava a fissarla con la testa piegata leggermente di lato.
E pensare che tutti ritenevano quel ragazzo una sorta di genio della loro generazione.
Non ci volle molto per la mente del ragazzo collegare tutti i tasselli: nausea, irritabilità, ormoni impazziti… tutte quelle prove portavano ad una sola verità, una sola e terrificante verità.
Temari era incinta. Incinta del loro bambino.
Era questo che il suo cervello si rifiutava di accettare. Come poteva lui diventare padre? Viveva ancora nella casa di famiglia e sua madre si occupava di tutte le faccende, compreso lavargli i calzini e le mutande. Neanche ricordava più quante battute Temari facesse su quella questione, scoppiando poi in grossissime risate. Non che non lo volesse, sia chiaro. Solo… non si sentiva pronto, ecco. Quella rivelazione era avvenuta così in fretta da sembrare surreale e se la ragazza non avesse avuto quell’espressione severa e quel comportamento taciturno per tutto il tempo, francamente Shikamaru avrebbe pensato si trattasse di uno scherzo. Ma era la verità, lo poteva leggere in quegli occhi chiari.
- Sei sicura? – chiese con un filo di voce. Temari lo stava fissando leggermente adirata, come se avesse intuito i suoi pensieri.
- Tsunade lo era – replicò, asciutta.
Shikamaru aveva bisogno di fumare, di prendere un po’ d’aria e parlare con qualcuno. Aveva bisogno di parlare con suo padre, ma lui era morto durante la guerra e adesso si sentiva smarrito, come quando Asuma-sensei era stato ucciso dai membri dell’Akatsuki. Ma la ragazza era lì ferma e lo guardava con severità.
- E tu cosa…? -
- Cosa ho intenzione di fare? –
Shikamaru annuì.
- E’ mio figlio! – sbottò Temari.
- Nostrofiglio. – la corresse. Neanche si accorse di aver pronunciato quelle parole.
Nostro figlio… nostro figlio. Mio e di Temari. Era strano come quel pensiero così semplice lo atterrisse e affascinasse nello stesso tempo.
La ragazza si portò le braccia sotto al petto e assunse un’espressione di superiorità. La vecchia espressione da sfacciata che sfoggiava durante gli esami dei chuunin molti anni prima.
- Questo significa che il nostro piagnone si assume le proprie responsabilità? – domandò con un tono che trapelava sarcasmo puro.
- Avevi dei dubbi? – replicò il ragazzo infastidito. Come poteva Temari pensare che li avrebbe abbandonati? Fosse stato per lui avrebbe chiesto il suo trasferimento a Konoha immediatamente. Era lei quella seccante, era lei quella che creava sempre problemi, anche dove non ce n’erano.
- Beh avevi una faccia… - commentò la kunoichi, abbassando lo sguardo e aggiustandosi una ciocca di capelli sfuggita ai codini.
- Ero solo sorpreso – disse. Non stava mentendo, ne era rimasto sorpreso sul serio. – Non capisco come sia successo. Sono sicuro di essere sempre stato attento. –
- Non sempre. – spiegò Temari. – Sei settimane fa, litigammo a causa della tua stupidità e dopo mezz’ora finimmo a letto: non ricordi nulla? –
Shikamaru aggrottò la fronte e una profonda ruga gli si formò proprio nel mezzo, rendendolo più vecchio dei suoi diciotto anni.
- Impossibile, - valutò. – quella sera mi addormentai prima di cominciare. -
Temari roteò gli occhi e borbottò qualcosa fra sé.
- Lo so, ma io parlo di quella dopo. – rispose.
- Ah, quella sera. –
- Già, quella sera. – ripeté la ragazza. – Vedi? E’ questo quello che succede quando ti lascio libero di fare quello che vuoi e se ci troviamo in questa situazione è solo per colpa tua, piagnone. –
Shikamaru sorrise di sbieco, scivolando sul pavimento di legno per avvicinarsi alla kunoichi.
- Colpa mia? Queste cose si fanno in due. – replicò, spostando coi piedi gli ultimi kunai rimasti. Meglio allontanare qualsiasi oggetto contundente, con Temari ogni precauzione era necessaria: quella donna era imprevedibile.
La bionda gli rifilò un occhiata assassina.
Menomale che non ha più gli shuriken tra le mani, pensò mezzo divertito.
- E’ sempre colpa tua! – sbottò, gesticolando. – Non sono io quella che trova seccante persino alzarsi e prendere una qualsiasi fottuta precauzione! -
In effetti Shikamaru non poteva darle torto, tuttavia non aveva alcuna intenzione di dirlo ad alta voce. Ricordava ancora quella sera come una delle più piacevoli passate con Temari, soprattutto perché la kunoichi fu meno rompipalle del solito. Non avrebbe mai immaginato che qualcosa di così soddisfacente avesse portato a conseguenze tanto disastrose.
 
Shikamaru era stanco, davvero. Aveva dovuto presenziare ad una riunione con l’Hokage, che per poco non aveva finito per prendere a pugni uno del consiglio, era stato costretto da Choji ad ascoltare i vaneggiamenti di Ino su quanto Sakura fosse una stronza ed una raccomandata solo perché passava un mucchio di tempo con Sasuke, mentre lei era costretta a curare ginocchia sbucciate e sederi infilzati da kunai – “Non c’è più professionalità tra gli giovani shinobi, Shikamaru. Non hai idea del lavoro che ho da svolgere tutto il giorno! E sai perché? Perché c’è carenza di personale, visto che la fronte spaziosafa la gattamorta con Sasuke. Come se avesse anche una sola possibilità, quella… ha una fronte piatta enorme!” soleva ripetergli in continuazione – e, come se tutto quello non fosse stato sufficiente, Kurenai lo aveva pregato di badare al piccolo Asuma per quattro ore di fila.
Sì, Shikamaru era davvero stanco. Poi aveva incontrato Temari da Ichiraku, avevano mangiato, avevano litigato perché la kunoichi sosteneva che le reclute della sabbia fossero più forti di quelli della foglia, avevano continuato a mangiare e poi avevano litigato di nuovo perché… perché mah, Shikamaru proprio non lo ricordava. Non era comunque questo il punto della situazione. Il punto era che esisteva un unico modo per far pace con Temari ed era facile immaginare quale.
Così erano finiti a letto, ma lui era stanco e molto preso dalla bocca della ragazza.
- Shikamaru, – aveva sospirato. – hai preso…? -
- Mmh – aveva mugugnato lui contro la spalla di lei, succhiando quella pelle così invitante.
- E’ un sì o un no? –
- Mmh –
- Shikamaru no… oooh –
Temari non aveva continuato, era troppo impegnata a fare altro e lui era troppo stanco ed eccitato per alzare il culo e prendere quella dannata protezione. Se solo avesse saputo cosa sarebbe accaduto sei settimane dopo, probabilmente quel culo l’avrebbe alzato sul serio.
 
Temari continuava a gesticolare e blaterare quanto lui fosse un cretino venuto al mondo solo per rovinare la sua esistenza. Shikamaru, che non stava prestando molto ascolto ai suoi sproloqui, le afferrò i polsi con una stretta decisa ma delicata e la tirò verso di sé, strappandole un bacio e zittendola per qualche secondo.
- Ho trovato una correlazione tra te e il cactus – esordì, subito dopo essersi staccato da lei. – Ad esser sincero è opera di Ino, ma credo sia quanto mai appropriata al momento. -
- Preferisco non sapere. – mormorò la kunoichi della sabbia, gettandosi occhiate intorno nella disperata ricerca di un’arma con cui infilzare quel pollo di Shikamaru. Tutti gli shuriken erano incastrati nella parete e i kunai erano stati prontamente allontanati da lei; le rimaneva un’unica cosa su cui fare affidamento: il suo meraviglioso ventaglio.
- Non ci pensare neanche, donna. – disse il ragazzo, tra uno sbadiglio e una stiracchiata. Temari lo fissò a metà tra il disgustato e il divertito. – Lo sai che il cactus è una pianta grassa? – chiese poi, con un ghigno stampato in faccia.
Un tonfo e delle urla provenienti da fuori salvarono la vita del povero ninja della foglia, che rischiava di essere castrato dall’amabile madre del suo primo, e in quel caso anche unico, figlio.
- Ma che succede? – borbottò la bionda kunoichi, osservando qualcosa di familiarmente arancione correre fuori dalla finestra.
- Dannati ragazzi pervertiti! Non c’è più pudore tra i giovani d’oggi! – urlava quella che aveva tutta l’aria di essere la voce della signora del piano di sopra.
Temari e Shikamaru si guardarono e alzarono le spalle contemporaneamente, poi la ragazza scoppiò a ridere senza un motivo.
- Che c’è stavolta? – domandò il Nara, scocciato.
- Immaginavo la tua faccia mentre davi la notizia a tua madre. –
Il ragazzo sospirò, reclinando il capo all’indietro e poggiandolo contro il muro.
- Che seccatura voi donne… - bofonchiò rivolto a se stesso.
 




Altro giorno, stessa routine. La vita ad Ino pareva essere sempre più monotona. Non cercava una nuova guerra o una qualche missione pericolosa, non arrivava a tali livelli di idiozia, ma sentiva che la sua vita aveva bisogno di una svolta, di un cambiamento in positivo. Il fatto che passasse tutte le mattine in ospedale a fare sempre le solite cose e il pomeriggio nel negozio di fiori della famiglia non la aiutava per niente, anzi con orrore la ragazza si rese conto di somigliare sempre più ad una bisbetica, acida e frustata donna. Un po’ come Sakura, insomma.
Ma Sakura poteva vedere Sasuke almeno.
Ino poggiò la testa sulla scrivania dove, tanto per cambiare, stava compilando dei moduli su un gruppo di ragazzini, allievi di quel cretino di Kiba – ancora si chiedeva quale demente avesse dato una squadra di giovani da addestrare a Kiba… ah certo, l’Hokage -, che si erano pestati a sangue durante un allenamento.
Da una parte un foglietto stropicciato faceva bella mostra di sé, nonostante la ragazza cercasse di non notarlo.
Era un foglio viola – Ino si era categoricamente opposta a comprarne un blocco di colore rosa, per quanto fossero gli unici a prezzo scontato – su cui aveva annotato i nomi di quelli che, a suo modesto parere, erano gli uomini più appetibili di Konoha e Suna. Era stata una sciocchezza fatta in un momento di noia, che la stessa ragazza aveva bollato come “stupidaggini da adolescente complessata” o “cose da Sakura”, insomma roba che non si addiceva per niente alla sua magnifica persona.
Tuttavia Ino aveva già ammesso il giorno precedente che, contro ogni buon senso, l’unica sfigata in quella bolgia di pazzi era proprio lei. Lei! La magnifica e bellissima Ino Yamanaka. Al mondo non c’era davvero più religione.
Con una smorfia allungò il braccio per afferrare quel pezzetto di carta dall’aria innocua; una volta preso, Ino lo guardò a fondo e decise di fare qualche modifica.
 
Possibili appetibili fidanzati per la splendida, capace, divertente e perfetta Ino Yamanaka.
Il titolo era un segno evidente di una precoce malattia mentale che l’eccessiva frequenza con Sakura Haruno doveva averle provocato, su quello non aveva alcun dubbio. Tuttavia, per quanto fosse stupido, il titolo c’entrava perfettamente la situazione.
Con lo sguardo Ino scorse la lista di nomi e, armata di penna e tanta buona volontà, si sentì pronta per le necessarie modifiche.
Sasuke Uchiha. Unico, vero amore di Ino. Cromaticamente perfetti.
Kiba Inuzuka. Decisamente idiota, anche se molto carino. Nota: attenzione ai peli del cane.
Shino Aburame. No! I suoi insetti le fanno senso.
Naruto Uzumaki. Anche lui un idiota, ma è considerato un eroe. Da tenere conto per la posizione sociale. Nota: a quanto pare Hinata ha una cotta per lui da sempre, cioè da quando era solo un idiota e basta.
Neji Hyuuga. Deceduto. Peccato!
Akamaru. NO COMMENT.
Kakashi-sensei. E’ vecchio, ma Ino lo trova decisamente affascinante. Soprattutto per lo sguardo profondo.
Shikamaru Nara. Amico d’infanzia e genio del villaggio. Ino ha qualche perplessità. Nota: forse esce con Temari. È leggermente masochista.
Kazekage di Suna. Ad Ino mette paura, ma i tipi tenebrosi le sono sempre piaciuti. Nota: abita lontano e ha tendenze omicide.
Gai-sensei. Ino si picchierebbe solo per averlo citato. Neanche morta! La sua tuta verde è un dolore per gli occhi.
Rock-Lee. Come sopra.
Sai. Lui è da tenere molto, molto in considerazione. Somiglia in modo inquietante a Sasuke.
Konohamaru Sarutobi. No! No e no!
Fratello del Kazekage di Suna. Boh. Ino manco lo ricorda. Nota: si trucca e gioca con le marionette. Forse ha problemi a definire la sua sessualità.
La ragazza si portò la penna alle labbra. Perché stava parlando di sé in terza persona? C’erano domande a cui Ino non riusciva proprio a dare una risposta.
Comunque si ritenne abbastanza soddisfatta della sua lista. Certo, alcuni elementi era stati depennati senza alcun ripensamento: ancora non riusciva a capacitarsi di aver inserito Gai-sensei; tuttavia vi erano alcuni ragazzi, come Sai per esempio, che sembravano fare proprio al caso suo. Ovviamente l’obiettivo di Ino rimaneva sempre Sasuke Uchiha, ma se questo passava gran parte del suo tempo chiuso in una stanza, osservato a distanza da una squadra di anbu appostata nelle vicinanze, a rimuginare sul passato, sulla vendetta e su un’altra miriade di cose simili, la ragazza non poteva rimanere con le mani in mano lasciando che la sua bellezza appassisse come uno dei suoi fiori.
Per ingannare l’attesa, sperando che l’Uchiha si accorgesse di lei e non di quella piattola di Sakura, Ino aveva intenzione di uscire con qualcuno e divertirsi. Il problema era: chi sarebbe stato il fortunato? Lei proprio non lo sapeva.
Mentre stava valutando tutto i pro ed i contro nel chiedere a Kiba di uscire con lei, avvertì degli strani mugolii provenire dal corridoio. Con ancora quel foglietto tra le mani, la ragazza si alzò e si avvicinò alla porta. I suoi sensi sviluppati, grazie ad ore ed ore di allenamento, le suggerirono che qualcuno stava piangendo in una delle stanze accanto. Ad occhio e croce Ino avrebbe scommesso sull’ultima a destra.
Posato il foglietto nella tasca del camice da infermiera – tra l’altro un vero e proprio orrore, visto che la faceva sembrare più grassa -, con passo furtivo seguì il rumore del pianto e dei lamenti, un po’ inquietata e spaventata. Che fosse uno dei pazienti? Ma quelli, in genere, si trovavano al piano inferiore, imbottiti di fluidi verdognoli che li rendevano innocui e un po’ tonti.
Chi sarà?, si domandò Ino. Un brivido di adrenalina le corse lungo tutto la schiena, lasciando che la sua vena ficcanaso e amante del rischio prendesse il posto di quella insicura ed intimorita. Arrivata sull’uscio della stanza numero quaranta, quella in cui erano custoditi i vari medicinali da usare in caso di emergenza, notò qualcuno che avrebbe volentieri evitato.
Sakura Haruno le puntò il suo sguardo triste addosso, mentre stringeva tra le mani un fazzolettino bagnato e cercava di nascondere i singhiozzi che le scuotevano le spalle. Ino si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo, maledicendo la sua proverbiale curiosità.
Poteva fare finta di niente ed andarsene, ma lo sguardo da cane bastonato e il fatto che, almeno apparentemente, lei e Sakura fossero amiche la obbligò ad avanzare e tentare di consolare quella rompicoglioni.
Ho una sensazione di deja-vu.
- Perché piangi? – domandò, allargando le braccia. Pensava che Sakura fosse diventata un po’ più forte negli ultimi anni e invece il vizio di piagnucolare non gliel’aveva tolto nessuno.
- I-ino! – esclamò la rosa, singhiozzando.
- Conosco il mio nome, fronte spaziosa, - replicò. – ma mi dici perché piangi come ai vecchi tempi? –
- N-non è n-nulla, davvero. – esalò l’altra. Il fazzolettino era ormai inutile, così bagnato che anziché asciugare le lacrime rendeva il viso di Sakura ancora più appiccicoso. Ino alzò le spalle, fece un sorriso ed esclamò:
- Oh, allora io vado! Tanti sal… -
- Sono stata da Sasuke – buttò fuori, interrompendola e finendo a piangere tra le sue braccia. La bionda guardava scocciata l’amica: in fondo doveva immaginarlo, se Sakura stava piangendo doveva essere colpa per forza dell’Uchiha.
- E che ti ha detto? – l’incoraggiò Ino, facendola sedere su una sedia e porgendole il suo fazzolettino di cotone profumato alla vaniglia. Sakura lo afferrò, subito dopo averla ringraziata, e vi si soffiò il naso con ben poca eleganza, poi fece segno di volerglielo restituire.
- Puoi tenerlo. – mormorò, disgustata.
- Come ti dicevo, - cominciò Sakura, riuscendo a trattenere qualche lacrima tra le ciglia. – sono stata da Sasuke per fargli compagnia come al solito. Questa volta non c’era Naruto perché aveva da fare con Konohamaru, così ho approfittato per portargli un cesto di mele e… parlargli un po’ di noi. –
Ino non poté fare a meno di alzare un sopracciglio.
- Ma lui sembrava neanche ascoltarmi, - continuò Sakura con voce bassa, riprendendo a piagnucolare. – dovevi vederlo! Non aveva neanche il coraggio di guardarmi negli occhi. -
- Forse gli fai schifo – provò la bionda, approvando tra sé e sé il suo pensiero.
- Cosa? –
- Niente, continua. –
Sakura prese un profondo respiro, soffiando ancora in quel povero fazzolettino.
- E poi… lui mi ha detto di andarmene. – scoppiò, mortalmente seria. Il labbro superiore le tremava, ma lo sguardo almeno pareva più duro e determinato. – Capisci? Dopo tutto quello che ho fatto per lui. Dopo averlo riportato indietro, -
- In realtà è stato Naruto – l’interruppe, ma Sakura era così presa dal suo monologo da non accorgersi delle parole dell’amica.
- Dopo aver combattuto insieme durante la guerra, dopo aver affrontato tutte quelle cose… - continuò, stringendo i pugni. – lui mi dice di andare via. Ed io mi sento così stupida a stare qui, a piangere a causa sua proprio come facevo da ragazzina. –
- E poi? –
- E poi, cosa? –
- Ha cercato di ucciderti? Tu l’hai colpito con un pugno? Insomma… che è successo dopo? – domandò Ino, piena di curiosità. Lei puntava sulla prima ipotesi.
- Niente – rispose Sakura, esterrefatta.
- Niente? –
- Niente! –
Ad Ino caddero le braccia. Non in senso letterale - le sue braccia erano strettamente legate al busto, ringraziando tutti i Kami -, ma in senso figurato. Persino peggio di quando aveva scoperto che Temari non aveva la gonorrea.
Anzi, adesso che ci pensava, Ino si chiese quale fosse il motivo della visita dell’ambasciatrice della sabbia a Tsunade. Lei non l’aveva ancora scoperto.
- Fattene una ragione, fronte spaziosa, - esclamò con superiorità, portandosi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio. – Sasuke non ti sopporta e non vuole stare con te, mi pare ovvio. Quindi togli ogni speranza perché l’unica che può risvegliarlo dal suo torpore sono io. -
- Cosa? – sibilò Sakura, estremamente minacciosa. Ma Ino non si lasciava intimidire così facilmente.
- Vuoi che te lo ripeta parola per parola o ti faccio un riassunto? – scherzò, schioccando la lingua.
Sakura sbatté il piede a terra con così tanta forza che il ripiano con tutti i medicinali tremò pericolosamente, assieme a tutte le scatolette e i flaconcini di vetro.
- Non ti permetterò di avvicinarti a Sasuke! – sbraitò la rosa, alzandosi di scatto. – Tu non lo ami come lo amo io! -
- Ah, e chi te lo dice, fronte spaziosa?! – la imitò Ino. Nell’aria la tensione si poteva tagliare con un kunai.
- Dovrai passare sul mio cadavere, maiale!
- Con molto piacere, racchia!
Qualcuno si schiarì la voce. Entrambe le ragazze si voltarono verso un giovane ninja-medico estremamente imbarazzato.
- S-scusatemi, ma devo p-posare questo pacco. – disse con voce tremolante, indicando il grosso scatolone marrone che aveva tra le mani.
- Non lo vedi che disturbi, razza di cretino?! – sbottò la bionda, agitando il pugno minacciosa. – Stiamo affrontando una crisi post-adolescenziale! –
Il giovane, tra un balbettio ed un altro, si inchinò facendo mille scuse. Non era sua intenzione disturbare un così acceso dibattito sulle relazioni amorose di Sasuke Uchiha, il maledetto del villaggio della foglia, ma se non avesse adempiuto al compito il più presto possibile, Shizune avrebbe reclamato la sua testa di povero shinobi. Sakura ne ebbe così pietà che tentò di calmare l’amica, ormai pronta a scagliare il ragazzo fuori dalla finestra.
- Non ci sono finestre qui. – le fece notare, ma Ino era troppo arrabbiata per pensare a dettagli del genere. – E poi se continui ad avere modi così rudi nessun ragazzo vorrà mai uscire con te. – constatò Sakura con un sorrisetto furbo.
- Ma senti chi parla… - replicò la Yamanaka, indicandola. Lo sconosciuto ninja-medico, approfittando dell’improvvisa calma, era intento a sistemare il contenuto della scatole il più velocemente possibile. – Tu sei persino peggio: violenta e prepotente. –
- Io sono una persona gentile e comprensiva! –
- Certo, ed io sono Naruto. -
Un rumore di vetri rotti catturò l’attenzione. Nella speranza di fuggire via quanto prima, il povero disgraziato ninja aveva urtato un barattolino contenente una strana sostanza, frutto di chissà quale esperimento medico con le erbe.
Ino si tirò indietro disgustata – quella roba emanava una puzza nauseante – mentre Sakura fissava la scena con la bocca spalancata.
- P-perdonatemi! – balbettò il giovane, raccogliendo i cocci sparsi sul pavimento.
Un attimo di silenzio e l’Haruno si scagliò con tutta la sua violenza.
- Ma sei scemo?! – urlò, prendendo a pugni il malcapitato. – Hai idea di quanto occorra per preparare un unguento del genere, eh? Mesi! Mesi di duro lavoro! -
Con la schiena appoggiata contro la parete e le braccia piegate sotto al piccolo seno, la Yamanaka osservava l’amica con espressione rassegnata.
E menomale che quella rude ero io…
Ino ancora non si capacitava di come quella bambinetta timida ed insicura, che piangeva da sola a causa della sua fronte spaziosa,  si fosse trasformata in una pericolosa assassina di anime innocenti. Tra l’altro gli anni di allenamento con Tsunade-hime avevano peggiorato la situazione: ora i pugni di Sakura era decisamente più forti e temibili. Un po’ le dispiaceva per quello sconosciuto.
Dopo alcuni minuti di urla, rimproveri e vaneggiamenti vari da parte dell’Haruno e scuse, borbottii e richieste d’aiuto da parte dello giovane shinobi, la situazione ritornò normale ed Ino poté avvicinarsi di nuovo all’amica. Sakura cercava di rimediare al disastro ripulendo in fretta il pavimento con un panno, mentre il ragazzo era fuggito via piangendo.
- Ti pregherei di non mettere più l’argomento in mezzo. In questo periodo è un tasto dolente per me. – esclamò Ino, rivolgendosi alla figura accucciata a terra. Sakura, che sfregava con forza per non lasciare la minima traccia di sporco, alzò lo sguardo sull’altra.
- Quale argomento? – domandò. Non aveva la più pallida idea di cosa Ino stesse parlando. Negli ultimi minuti era stata impegnata a picchiare un demente, forse doveva essersi persa qualcosa.
- Quello dei ragazzi! – rispose la Yamanaka con un sospiro e l’aria tetra. – Mi sono accorta di essere l’unica a non avere uno schifo di spasimante. –
Sakura gettò via il panno sporco in un cestino per i rifiuti, poi si avvicinò alla kunoichi.
- E sei triste per questo? Oh andiamo, neanche io ne ho uno – replicò, aggiustandosi la fascia tra i capelli. – Pensavo che con Sasuke le cose stessero andando meglio, ma a quanto pare mi sbagliavo. E Naruto ha scoperto che la compagnia di Hinata è migliore della mia. -
- Ma ti rimane Rock-lee! – insistette Ino. Sakura le lanciò un’occhiata gelida.
- Rock-lee non conta e poi, da quello che dicono in giro, sta frequentando Ten-Ten. –
- Ma allora è vero? Quei due stanno insieme? –
Ino adorava i pettegolezzi, soprattutto quelli su presunte relazioni. In genere era lei stessa a mettere in giro voci non confermate, così giusto per smuovere un po’ la situazione nel villaggio visto che, da quando la guerra era finita e tutti i paesi erano in pace, le giornate trascorrevano troppo tranquillamente. Il negozio di fiori della famiglia Yamanaka era molto frequentato: uomini, donne, ragazzi e persino bambini, per cui era facile per Ino scambiare quattro chiacchiere e venire a conoscenza dei piccoli segreti degli abitanti della foglia. Una volta, per esempio, le era stato rivelato da fonte sicura che Iruka-sensei aveva invitato l’assistente di Tsunade a fare una passeggiata romantica al chiaro di luna. Le male lingue ricordavano che quella volta al maestro Iruka era stato affidato il compito di aiutare Shizune a fare l’inventario per i medicinali dell’ospedale, ma sia la fonte sicura che Ino credevano ciecamente in una storia d’amore segreta, proprio come era accaduto con Asuma-sensei e Kurenai.
Sakura si grattò una guancia, a disagio.
- A dire il vero non ne sono sicura, - esordì. – ma ho sentito dire che qualcuno li ha visti parlottare tra loro in modo molto equivoco. -
- Quindi si stavano baciando. – dedusse la Yamanaka, che di questioni amorose ne capiva molto più di Sakura.
- No, non hai capito. – replicò proprio questa. – Ho detto che stavano parlando, non baciando. –
- Dipende da che prospettiva guardi la cosa. – commentò. L’Haruno rifletté per qualche secondo.
- Forse hai ragione. – ammise. – Comunque se c’è una coppia sicura questa è quella tra Shikamaru e Temari-san. –
Ino saltellò di gioia.
- Oh, lo so! – urlò. Adorava essere la prima a diffondere dettagli piccanti. – pensa che ieri Shikamaru è venuto da me per comprarle una pianta! Sotto mio suggerimento, che di queste cose me ne intendo eccome, è riuscito a prenderle un cactus! Non credi che sia un regalo perfetto? -
Sakura non sembrava molto convinta, ma decise comunque di lasciar perdere. Cercare di comprendere quali messaggi subliminali la mente di Ino volesse mandarle era davvero un’impresa ardua.
- Certo che non me lo sarei mai aspettato da lui- riprese, portando il discorso sul nocciolo della questione e sul vero pettegolezzo. Insomma, a chi importava di un cactus?
- Va bene, forse non è proprio il massimo come regalo, ma devi dire che… -
- Aspetta, - l’interruppe la rosa. – io parlavo della gravidanza. –
Ino guardò Sakura come se fosse una specie di mentecatta al pari di Naruto. Okay che la kunoichi non avesse tutta la sua esperienza in fatto di uomini e relazioni, ma le sembrava davvero troppo, soprattutto per un medico, non conoscere certi dettagli sull’anatomia umana.
- I maschi non possono essere incinti. – affermò la bionda, sicura. Sakura scosse il capo.
- Non lui, scema! Lei! Temari-san aspetta un bambino. –
Ino aprì la bocca, poi la richiuse. La sua mente immaginò l’ambasciatrice della sabbia incinta, grassa come una balena e dagli ormoni impazziti. Involontariamente spalancò di nuovo la bocca, ma stavolta non ebbe neanche la forza di richiuderla.
- Ti entrano le mosche così – esclamò Sakura, ma la bionda sembrava essere entrata in trance. – Ino? Ino, ci sei? -
La ragazza a malapena si accorse della mano che si muoveva davanti al suo viso. Doveva esserci un errore, per forza. Come poteva lei non essere a conoscenza di un fatto così importante? Era uno scandalo, davvero. Non solo non aveva un cavolo di amore segreto e proibito, non solo era costretta a vivere giornate al limite dell’ordinario, non solo doveva consolare quella scassaballe di Sakura, ma era persino all’oscuro della vita sentimentale e sessuale del suo migliore amico!
Ino strinse i pugni, furibonda. Shikamaru gliel’avrebbe pagata, oh sì.
- E tu come fai a saperlo? – sibilò a Sakura. La rosa sembrava davvero perplessa.
- Lo sanno praticamente tutti, - rispose con ovvietà. – è da ieri che non si parla d’altro. Sono partite addirittura le scommesse tra Naruto e Kiba su quanto tempo Temari e Yoshino Nara impieghino per uccidere Shikamaru. Secondo Shino lui è già morto e sepolto, ma nessuno si è preso la briga di cercare il cadavere, pensa che si è offerto di recuperarlo con i suoi insetti. Tu… tu non sapevi niente? –
Ino fissò Sakura con astio.
- No, non mi è giunta nessuna notizia. – sillabò.
Alla faccia della gonorrea, pensò tra sé e sé. A quanto pareva Shikamaru si era dato così tanto da fare che Temari era rimasta incinta. Cioè, Shikamaru… il suo amico, che conosceva dalla notte dei tempi, si era dato da fare: roba da non crederci. E poi Temari! Temari incinta! Ad Ino tutta quella storia sembrava assurda.
Temari madre! Cielo, il mondo sta andando a rotoli!
- Sakura sostituiscimi. – ordinò, perentoria. Aveva bisogno di parlare con Choji al più presto. Si chiese se il ragazzo fosse a conoscenza dell’improvvisa paternità del Nara.
- Cosa? Non posso, Ino. Davvero ho moltissimi impegni e… -
- Sostituiscimi. – ripeté la bionda con uno sguardo assassino. – Nessuno può procreare senza prima averlo detto alla Yamanaka. Nessuno! –
Neanche si rese conto di aver ripreso a parlare di sé in terza persona. Sakura alzò un sopracciglio, un tantino preoccupata per la reazione esagerata di Ino, ma poi acconsentì a sostituirla. Magari il lavoro l’avrebbe distratta da Sasuke.
La bionda kunoichi non perse tempo e a passo di marcia si fiondò fuori dall’ospedale. Direzione? Casa Akimichi. Ne avrebbe discusso prima con Choji, poi assieme avrebbero cercato Shikamaru e l’avrebbero ucciso.
Non poteva permettere che quel pigro Nara le rubasse la scena, soprattutto adesso che aveva tutta l’intenzione di attirare l’attenzione con un nuovo e bel ragazzo accanto a tenerle compagnia. E poi doveva fargliela pagare per non averle detto niente.
Vuole tenermi fuori dalla sua vita, considerò con una punta di dispiacere. Ma io non glielo permetterò! Mi insinuerò a forza e mi farò raccontare tutti i dettagli piccanti.
Presa com’era da quei pensieri, Ino neanche si accorse di un’annoiata Temari, uscita da una delle stanze dell’ospedale, la quale aveva appena passato due ore a parlare con l’assistente di Tsunade della propria gravidanza. La kunoichi di Suna neanche immaginava che fosse necessario conoscere tutte quelle cose per partorire un bambino. Per non parlare poi della questione del trasferimento: Suna o Konoha? Shikamaru o i suoi fratelli, il suo villaggio e la sua gente?
Temari sbuffò, troppi erano i problemi che quella gravidanza, scoperta da solo un giorno, le stava procurando. Comunque non incolpava il bambino di ciò. La colpa era del padre, sempre il padre! Dannato scansafatiche!
Sia Ino che Temari, nonostante non si fossero ancora incontrate per volere del fato, sembravano mosse da un’unica e piacevole idea: picchiare il Nara al più presto.





 
Note:
 Con questo note mi sento molto Ino, comunque… ecco qua il secondo capitolo, un po’ meno divertente del primo e con meno notizie scioccanti (tipo “ehi Temari, sei incinta!”). A dire il vero ho qualche dubbio sull’IC dei personaggi, soprattutto nella prima parte e soprattutto con Shikamaru. Ha accettato il fatto che sta per diventare padre? Diciamo di sì, anche se deve ancora metabolizzarlo… credo xD La seconda parte, quella di Ino, corrisponde al giorno dopo l’incontro tra Shikamaru e Temari e infatti si trova in ospedale. La parte con Sakura e il ninja-medico non ha senso, lo so… e forse Sakura è troppo piagnucolona, ma io non riesco a vederla in altro modo, perdonatemi xD
Ringrazio tutti quelli che hanno messo la fic tra seguite, preferite ecc… e soprattutto un grazie immenso per chi ha commentato! <3 Spero che questo capitolo sia piacevole come il primo e che il prossimo venga fuori più divertente (tra l’altro dovrebbe esserci il ritorno del duo Gai-Kakashi e le reazioni alla gravidanza da parte degli abitanti della foglia. Più una Temari alle prese coi bambini…)
Insomma non ho niente da aggiungere, se non un GRAZIE a chi leggerà e/o commenterà! ^^
Ps: so che Ino negli ultimi capitoli del manga si stia dimostrando più matura, ma io la adoro nelle vesti di ragazza superficiale e ficcanaso :3 Ah ditemi se non sono caduta nelle temibile trappola dell’OCC!



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Capitolo 3
*** I preziosi consigli de La violenza della pomiciata ***


Quando Ino arrivò a casa Akimichi, trafelata, un tantino sudata e arrabbiata come non mai, trovò Choji a fare quello che di solito gli riusciva meglio: mangiare.
Il ragazzo la fissò con la consapevolezza di chi avrebbe dovuto rinunciare ad un buonissimo piatto di ramen. Dal canto suo Ino non si fece intenerire dallo sguardo depresso dell’amico, portò le braccia al petto e prese a guardarlo con aria accusatoria. Choji sbuffò, lanciò un’ultima occhiata al piatto fumante che sua madre gli aveva cucinato con tanto amore e si preparò ad affrontare la situazione. Non prima di aver ingurgitato tutto il succo di mele che se ne stava tranquillo nel suo bicchiere. Aveva bisogno di zuccheri per poter discutere con Ino.
- Deduco che tu l’abbia saputo. – disse con tono pacato. Lui ne era venuto a conoscenza solo qualche ora prima e per poco non aveva vomitato tutta la prima colazione più spuntino delle nove.
- Da Sakura, ti rendi conto? – rispose la bionda con stizza. Se ne stava tutta impettita all’entrata della cucina e dagli sguardi assassini che lanciava di tanto in tanto in giro Choji dedusse che fosse molto irritata. Ino odiava essere messa da parte, soprattutto all’interno del team. Era lei quella che sin dall’inizio si era dimostrata capace di guidare gli altri due, quella che di solito metteva allegria con le sue chiacchiere inutili e che li sosteneva nei momenti opportuni; Ino era un po’ quella sorella maggiore ed impicciona che Choji sin da bambino aveva voluto. – E ho anche saputo che non solo la fronte spaziosa, il Quinto Hokage e praticamente tutto il reparto medico, ma l’intera Konoha era a conoscenza della fulminea quanto inaspettata gravidanza della sorella del Kazegake! – continuò, alzando il volume della sua già acuta voce. Avvicinandosi all’amico, Ino si lasciò cadere sul pavimento di legno ben curato. Choji abbassò il capo come a volersi scusare di qualcosa per cui non aveva la minima colpa, per poi alzarsi e prendere quello che, secondo il parere esperto di sua madre, era la medicina contro ogni male: dolcetti alla crema. – Tu da chi l’hai saputo? – domandò Ino, osservando distrattamente il compagno di team.
- Mio padre. – esclamò Choji, posando il piatto pieno di leccornie sul piccolo tavolo in mezzo alla stanza. La ragazza arricciò le labbra alla vista di cibo così calorico. – Sai, lui fa spesso visita a Yoshino-san da quando suo marito è morto ed è stata proprio lei a riferirglielo. Mi ha detto di non averla mai vista così arrabbiata e felice allo stesso tempo. – aggiunse.
- In effetti la madre di Shikamaru è sempre stata un po’ nevrotica. – commentò. Choji approvò la considerazione afferrando un dolcetto e ficcandoselo in bocca.  – Ma non è questo il punto, Cho. – sottolineò la ragazza.
- Non sarai gelosa, spero. –
Ino alzò un sopracciglio.
- No, sono irritata. – evidenziò con uno sbuffo. – Come è possibile che Shikamaru non ci abbia detto niente? Eppure noi siamo i suoi migliori amici, abbiamo combattuto assieme per tutti questi anni e lui ci nasconde la sua vita privata. Dai retta a me, ci sta abbandonando. -
Choji si lasciò andare ad un sorriso, porgendo un dolcetto alla compagna di team. Lui ne aveva già mangiati tre ed ora si apprestava a gustare il quarto.
- Sono a dieta. – rispose Ino, lapidaria. Il ragazzo alzò le spalle, leccandosi le dita sporche di crema alla vaniglia.
- Tutti sapevano che Shikamaru frequentava Temari, - commentò. – era palese che tra loro ci fosse qualcosa. Credo che tu sia l’unica a non averlo capito. –
- Ma figurati! – disse l’altra, battendo la mano sul tavolo e facendolo vibrare. – Shikamaru ha sempre reputato Temari una persona seccante e lei non l’ ha mai degnato di uno sguardo, se non per rimproverarlo della sua pigrizia. Non che le si possa dare torto, sia chiaro, ma non ha mai parlato di lui come qualcuno con cui… fare un bambino!
Choji scoppiò a ridere, muovendo il capo.
- Non capisci proprio nulla di relazioni, Ino – affermò. La ragazza arrossì, punta nella sua vanità.
- Io voglio solo che Shikamaru sia felice, ma senza scordarsi di noi – borbottò a bassa voce e col capo chino. Le dita lunghe disegnavano ghirigori immaginari sul legno del tavolo mentre lo sguardo dell’amico le accarezzava le braccia bianche, per poi risalire alle spalle magre e il collo.
Un collo così piccolo rispetto al mio, si ritrovò a pensare Choji con un misto di tristezza e rassegnazione.
- Perché dici questo? – domandò. Ino alzò lo sguardo, sentendosi in imbarazzo a confessare quella sua stupida sensazione. Sensazione che covava da tempo, ma che era venuta fuori solo alla notizia della gravidanza di Temari.
La kunoichi sospirò.
- Giura che non ti metterai a ridere o prendermi in giro. – lo ammonì.
- Giuro! –
- Non voglio rimanere sola – ammise. Choji non mosse un muscolo, rimanendo in attesa che l’amica continuasse a parlare. – Ho paura che tu e Shikamaru vi allontaniate ed io finisca sola, senza più il mio team, i miei amici. –
Se ci fosse stato Shikamaru in quel momento avrebbe guardato Ino con la sua solita espressione annoiata, biascicando un “come tutte le donne, ti fai troppe paranoie”, per poi tornare a guardare le nuvole, il cielo, gli alberi e a lamentarsi del lavoro, della madre e di una miriade di altre cose. Certo anche il Nara, come tutti loro del resto, era maturato con gli anni e con la guerra: prendeva i propri compiti più seriamente, si occupava del clan e del piccolo Asuma, era diventato un punto fermo per Konoha ed il suo Hokage; tuttavia Shikamaru rimaneva pur sempre Shikamaru e i riposini e le lamentale erano all’ordine del giorno.
Ma lì c’era Choji e lui era molto diverso dall’amico. Un po’ titubante toccò la mano di Ino, che sussultò a quel contatto improvviso e arrossì nonostante non fosse una stupida ragazzina timida.
- Noi ci saremo sempre. – disse l’Akimichi con un grande sorriso bonario sul viso. Ed Ino si ritrovò a sorridere a sua volta, contagiata dal buon umore del compagno. Proprio com’era accaduto il giorno prima nel negozio di fiori, quando la kunoichi se n’era uscita con quella domanda tanto imbarazzante, anche adesso qualcosa le diceva che Choji non stava mentendo e che loro, i suoi amici, i suoi compagni di team, ci sarebbero sempre stati. Per un solo fugace istante Ino pensò che non gliene fregava davvero nulla di un fidanzato.
- E anche noi ci saremo per Shikamaru! – esclamò, sentendo l’irritazione, che l’aveva spinta sin lì, andare via. – Per cui ora andremo a trovarlo per dargli tutto il nostro sostegno. Tu hai idea di dove si trovi? –
Choji si grattò il naso, allontanando la propria mano da quella minuta di Ino. Da una parte non credeva fosse una buona idea, ma dall’altra moriva dalla voglia di parlare col suo migliore amico.
- Da Kurenai, credo. – rispose.
Neanche il tempo di afferrare un altro pasticcino che Ino l’aveva già trascinato in strada, tra lo sguardo stupito e malizioso dei passanti.
 
Da più di un quarto d’ora Temari si stava chiedendo cosa diavolo ci facesse lì. Osservava con grande attenzione le pareti dipinte, i fiori sul davanzale tenuti con cura maniacale e le poche fotografie sparse per la stanza. Nulla di particolarmente eccessivo: si trattava di una stanza semplice ma vissuta, arredata con eleganza e gusto. La ragazza si ritrovò ad apprezzare quei piccoli particolari, come le tende di un colore pastello molto gradevole, che lasciavano filtrare il sole mattutino mantenendo l’interno fresco.
Si ritrovò poi a guardare il soffitto: alto e bianco, dava la sensazione di essere all’interno di una grande casa, come quella di Shikamaru per esempio, e non in un piccolo appartamento.
Gli occhi della kunoichi si muovevano frenetici, trovando un qualsiasi oggetto che potesse distogliere la sua attenzione da una grossa macchia azzurrina sul pavimento. Una macchia che la stava fissando con grande interesse ed era intenta a sorriderle.
- Che cosa vuoi? – domandò brusca, lisciandosi la gonna corta. Era seduta sull’unico divano di quella casa, con le gambe accavallate, le mani posate sulle ginocchia e il ventaglio fuori la porta di casa.
- Perdonami Temari, ma non voglio che Asuma si spaventi. – le aveva detto Kurenai, quando le era piombata in casa alla disperata ricerca di quell’idiota con cui stava per mettere al mondo un figlio. Lei non si era opposta e con una punta di rammarico aveva abbandonato il suo prezioso ventaglio fuori, lontano dalla portata del piccolo Asuma Sarutobi.
Sì, proprio quell’Asuma che la stava osservando da un quarto d’ora circa con l’aria felice e spensierata che hanno sempre i bambini a quell’età. Sua madre l’aveva costretto ad indossare una tutina azzurra, nonostante non si trattasse di un neonato ma di un bambino di due anni e più. Temari trovava l’abbigliamento del bambino troppo simile a quello di altri due personaggi di sua – purtroppo! – conoscenza. E, senza neanche rendersene conto, sotto lo sguardo ammirato di Asuma, la ragazza si ritrovò a ricordare i poco piacevoli incontri che aveva fatto quella mattina.
 
Quando Tsunade-hime le aveva detto di ritornare per discutere dei problemi della gravidanza, Temari s’aspettava un noioso dialogo su come non far male al bambino durante gli allenamenti, quali alimenti mangiare per mantenere un aspetto sano – come se ne avessi bisogno, pensò un tantino irritata -,quali esercizi compiere per favorire la respirazione e un centinaio di altri consigli utili per chi, come lei, non aveva idea di come comportarsi. E invece le sue convinzioni erano state spazzate via quando le si era parata davanti non l’Hokage, bensì la sua assistente e allieva: Shizune. A Temari il ninja-medico non stava antipatico, anzi la riteneva un’ottima kunoichi, decisa ed organizzata, proprio come lei. Si era sentita sollevata dalla sua presenza poiché riteneva che smuovere Tsunade per una simile sciocchezza fosse una perdita di tempo – e poi, dopo quello che le aveva fatto rivelando la sua gravidanza a tutto il villaggio, preferiva non venisse più a conoscenza di nulla sulla sua situazione. Ma ancora una volta le sue convinzioni si erano rivelate errate.
Per prima cosa Shizune le aveva chiesto come andassero le nausee, poi, accertatasi della stato di salute di Temari, le aveva categoricamente vietato di allenarsi sino al lieto evento. Dopo venti minuti di interminabili sguardi minacciosi, velate provocazioni, esclamazioni di dissenso da parte della kunoichi di Suna e rimproveri da parte di quella di Konoha, arrivarono ad un compromesso: Temari avrebbe continuato ad allenarsi, a patto che non esagerasse e limitasse i viaggi e gli spostamenti. E qui sorse il primo problema.
In realtà nella sua testa più volte si era posta la domanda: Sabbia o Foglia? E prima della gravidanza la risposta era sempre stata semplice. Konoha le piaceva, doveva ammetterlo, ma Suna rimaneva la sua terra, quella che aveva protetto per tanti anni, e lì si trovavano i suoi affetti più cari. Paradossalmente i tre ninja della sabbia erano più uniti di quanto si immaginasse. Non tanto perché fossero fratelli – i legami di sangue nella loro famiglia erano meno importanti del bene del villaggio – ma soprattutto perché erano stati compagni di squadra, avevano partecipato a dozzine di missioni ed ora si occupavano di sostenersi l’un l’altro nelle questioni politiche e diplomatiche.
Quando il suo colloquio con Shizune fu terminato, i pensieri di Temari erano tutti a Kankuro, poteva immaginarselo con le sue marionette e il suo insolito aspetto così somigliante al padre che mai avevano avuto, e a Gaara, silenzioso quanto letale fratello. Alle figure dei familiari si aggiungeva quella di Shikamaru, col suo fisico slanciato e l’espressione seria, al limite dell’apatia, e le risposte della kunoichi sembravano vacillare. Sarebbe stata in grado di abbandonare il suo villaggio?
Proprio quando la sua mente sembrava aver partorito una risposta, qualcuno da lontano urlò il suo nome. Temari sbatté le palpebre un paio di volte e quando si rese conto di chi fosse quella voce, si maledì per non aver cambiato immediatamente strada. Non aveva un rapporto di amicizia stretto con i ninja di Konoha, li reputava degli alleati validi, un tantino stupidi ma leali, e gli unici con cui avesse scambiato una chiacchiera di piacere erano Choji e Shikamaru – il secondo per ovvi motivi. Tuttavia Rock-lee non sembrava nutrire lo stesso imbarazzo della kunoichi della sabbia.
Con uno slancio per poco non le finì addosso, afferrandole le spalle e cominciando a blaterare di cose senza senso riguardo l’innocenza e la purezza della gioventù. A qualche passo di distanza Ten-Ten osservava la scena rassegnata.
- Perdonalo – sussurrò a Temari con un’alzata di spalle.
- Temari-san! Temari-san! Non sai quanto la notizia mi renda felice! – urlava, intanto, Rock-lee. Le parole gli uscivano veloci dalla bocca e l’ambasciatrice dovette fare un gran fatica per stargli dietro e comprenderlo; gli occhi poi emanavano una strana luce di compiacimento.
Se solo non si fossero trovati nel mezzo di una delle stradine più trafficate del villaggio, forse Temari avrebbe potuto trovare la situazione anche abbastanza divertente. Ma non solo decine di curiosi li fissavano con un inquietante sorriso sulle labbra, non solo doveva sopportare le mani di quello strambo individuo su di sé, ma persino fingere di ascoltare i suoi sproloqui. La ragazza comunque non fece ricorso al suo ventaglio, ritenendo quello slancio di affetto un modo come un altro di dimostrarle le sue felicitazioni.
Quando però dagli occhi di Rock-lee cominciarono a sgorgare lacrime di gioia, Temari si guardò intorno alla ricerca di una via fuga. Se c’era una cosa che aveva capito da tempo, questa era di fuggire dai ragazzi piagnucoloni. L’ultima volta che aveva assistito ad una tale scena patetica era in un ospedale a far compagnia a Shikamaru e guarda com’era finita. Non ci teneva davvero ad avere un figlio con quello squilibrato dalla tuta verde.
In un moto di solidarietà Ten-Ten cercava di portarsi via Rock-Lee, che ancora si sentiva emozionato e commosso da tale dimostrazione di forza e purezza, mentre i muscoli di Temari erano già pronti a scattare qualora ve ne fosse stato bisogno.
Tuttavia il piano di fuga venne mandato all’aria dall’arrivo di un altro psicopatico demente, che tutti si ostinavano a definire eroe. Codesto personaggio di enorme levatura mentale era in compagnia di Hinata, che se ne stava in silenzio qualche passo più dietro. Istintivamente l’ambasciatrice di Suna portò la mano al ventaglio, sempre più perplessa di fronte alle reazioni dei ninja di Konoha.
- Congratulazioni, Temari-san. – disse Hinata con tono dolce e delicato, proprio come la sua persona. E fu strano sentirla parlare prima di Naruto. L’Uzumaki sembrava perso in qualche pensiero e l’osservava con curiosità. Temari si sentiva davvero a disagio in mezzo a quel quadretto di pazzi e pregava dentro di sé che qualche Kami li fulminasse tutti togliendola dall’impiccio. Rock-lee continuava a piangere, sotto lo sguardo rassegnato di Ten-Ten, mentre Hinata s’era avvicinata a Naruto sfiorandogli le dita.
Temari, che era sempre stata una mente stratega ed attenta, sorrise internamente, intuendo il rapporto che legava quei due giovani. In fondo il loro modo di nascondere l’evidenza era molto simile a quello della stessa kunoichi e di Shikamaru, quando ancora volevano tener nascosta la loro relazione.
Il momento di riflessione venne interrotto proprio dall’Uzumaki che, con il suo solito tono euforico, invitò tutti a mangiare del ramen.
- Eh? – se ne uscì Temari, con tanto di sopracciglio alzato.
- Ma per festeggiare! – annunciò trionfante Naruto. Rock-lee trovò la proposta assolutamente accettabile e, per meglio chiarire la sua adesione, fece un paio di giravolte e qualche flessione sulle gambe.
- Devo solo finire i miei quaranta giri di corsa abituali, ma poi potrò raggiungervi! – urlò.
- Eh? – ripeté Temari. Intercettò lo sguardo di Ten-ten, che finse con nonchalance di essere troppo occupata a pulirsi l’abito dalla polvere invisibile.
- F-forse Temari-san è già impegnata, Naruto-Kun. – bisbigliò Hinata con dolcezza. L’espressione dell’Uzumaki esprimeva al meglio la sua delusione.
- Ma come? – replicò. – Io avevo già pensato a come coinvolgere il maestro Iruka per pagarci il pranzo! Vedrete, non si opporrà. Il maestro è una brava persona. – aggiunse con un sorriso.
- Volevi invitarci senza neanche avere i soldi per pagare? – domandò Ten-Ten, dando voce ai pensieri di tutti. Quel tipo era persino peggio di Shikamaru, che si lamentava per ore intere pur di non spendere pochi spiccioli e portarla a mangiare fuori. Quelli di Konoha erano proprio dei cafoni, si ritrovò a pensare.
Naruto si grattò la testa, imbarazzato.
- Mi dispiace, - mormorò. – ma prometto che quando sarò diventato Hokage pagherò il pranzo a tutti! – terminò poi, col pugno alzato verso il cielo. Rock-lee si esibì in un’altra giravolta mentre Hinata guardava con amore ed interesse l’Uzumaki; Temari, seccata da tutte quelle interruzioni e grida isteriche, roteò gli occhi. Con un borbottio salutò tutti, dubitando che i due esagitati di Naruto e Rock-lee l’avessero davvero sentita.
Il suo obiettivo era trovare Shikamaru per parlargli di cose serie, che riguardavano loro stessi, la famiglia e il bambino. Con rabbia crescente chiese di lui in giro e l’unica cosa che ottenne furono commenti, congratulazioni e dozzine di abbracci non richiesti dalla gente del villaggio. Qualcuno le suggerì di provare alla sezione di decriptamento perché molto spesso lui si recava lì per volere di Tsunade, ma niente: Shikamaru non si faceva vedere da giorni. Pensò allora potesse essere a poltrire all’ombra di qualche albero, ma ancora una volta Temari non trovò sua traccia. Che sua madre l’avesse ucciso dopo aver appreso la notizia? Questa opzione era assai probabile, ma la kunoichi preferì non indagare: conosceva Yoshino Nara e la trovava una donna da ammirare, un esempio da seguire per la sua forza; eppure non aveva alcuna voglia di parlare con lei o incontrarla, soprattutto sapendo che la donna fosse a conoscenza della gravidanza.
Si passò una mano sulla fronte e se la ritrovò sudata, quando un leggerissimo fruscio, che riuscì ad intuire solo grazie ai suoi sensi ninja, le suggerì la presenza di qualcuno.
- Buongiorno – esclamò gioviale Kakashi-sensei, apparendo appollaiato su un albero. Temari prese un profondo respiro.
- E’ un cattivo giorno, - commentò. – mi chiedo chi altro debba incontrare per strada prima di trovare Shikamaru. –
- Ho saputo della notizia, congratulazioni. – affermò il copy-ninja, senza neanche lasciar terminare l’altra. – Non ne sono rimasto sorpreso, se proprio devo essere sincero. E’ da quella volta che vi beccai avvinghiati l’uno all’altra che immaginavo un finale del genere. –
- E’ una nuova funzione del suo sharingan? Può vedere anche il futuro? Beh, poteva dirmelo prima. –
Kakashi sorrise, divertito dal sarcasmo della kunoichi della sabbia. Mai come in quell’istante fu convinto che Temari fosse la scelta giusta per Shikamaru: intelligente, pungente e molto, molto carina.
- Ha finito di fissarmi? – domandò la ragazza, seccata.
- Perdonami, stavo solo pensando. –
Temari non sembrava molto convinta dalla risposta, soprattutto conoscendo la natura bugiarda del maestro; tuttavia preferì non andare oltre, meglio toglierselo dalla scatole il prima possibile.
- Ha visto Shikamaru? – chiese con impazienza. – Lo stavo cercando, ma sembra essere scomparso nel nulla. -
Kakashi parve pensarci su per qualche secondo, ma poi rispose.
- Se me lo avessi chiesto qualche minuto fa, probabilmente ti avrei risposto che fosse morto tra atroci sofferenze; ma posso assicurarti che è ancora vivo e vegeto. Tsunade stava dando i numeri perché le aveva fatto perdere una scommessa. -
- Scommessa? –
- Sulla sua morte. Credo abbiano vinto Kiba e Naruto. –
Kakashi evitò di raccontare che anche lui stesso aveva scommesso, vincendo una bella somma con la quale avrebbe comprato un ulteriore versione, con tanto di copertina dorata, de “La violenza della pomiciata”. Già pregustava il momento dell’acquisto.
- Sì vabbè, non m’importa. – disse Temari, agitando una mano. – Allora dov’è?-
La risposta del ninja venne coperta da un urlo, annunciando l’arrivo di Gai-sensei in tutto il suo splendore. La kunoichi avvertì un leggero mancamento non causato dalle nausee, ma dall’apparizione sfolgorante di una tuta verde, un caschetto nero e folte sopracciglia, che con un calcio spazzarono via l’albero su cui il maestro Kakashi stava ancora appollaiato come un gufo.
- Ti ho trovato! – urlò a squarcia gola il ninja, raggiungendo l’eterno rivale che si era prontamente spostato accanto a Temari.
- Mi dispiace, ma sono in ritardo per una missione. –
- Non trovare scuse, Kakashi! Affronta la sfida che ti propongo e mostra il furore della tua giovinezza! –
- Mmh… sasso, carta e forbici? –
- Un momento, - li bloccò Temari, cogliendo la palla al balzo. Gai la fissò sorpreso, non essendosi accorto prima della presenza di qualcun altro. – vi propongo io una sfida. –
Kakashi rimase attento, pronto a trovare una qualche scusa per  filarsela; Gai, dal suo canto, era talmente colpito da tanto impeto ed iniziativa che per poco non scoppiò a piangere e dovette frenare l’impulso di esibirsi in cinquanta flessioni tutte di fila e con una sola mano. Lui sapeva che in quella nuova generazione di ninja c’era qualcosa di straordinario, se lo sentiva nelle ossa.
- Il primo che mi dice dove si trova Shikamaru Nara ha vinto. – esclamò la kunoichi, sperando di ottenere l’informazione che cercava.
- Da Kurenai – rispose Kakashi immediatamente, lasciando di stucco il suo avversario.
Senza neanche ringraziare il copy-ninja, Temari si diresse verso l’abitazione della maestra Kurenai, affidandosi alle poche indicazioni che una volta Shikamaru, in un momento di massima loquacità, le aveva rivelato. Da lontano poteva ancora sentire le urla di Gai-sensei, che chiedeva a Kakashi la rivincita e lo spronava a sfidarlo ancora.
Da sotto la maschera il ninja sorrise e pensò ancora una volta che Shikamaru avesse fatto davvero una buona scelta. Magari un giorno o l’altro gli avrebbe prestato uno dei suoi libri, non si sa mai quando se ne può aver bisogno.
Ma Shikamaru non c’era, forse era stato trattenuto dall’Hokage per qualche questione urgente, per cui adesso Temari si trovava a dover badare al piccolo Asuma a causa della sua assenza.
- Purtroppo sono in ritardo e Shikamaru non è ancora arrivato, posso lasciarlo a te? -
L’espressione carica di rammarico e preoccupazione di Kurenai convinse la kunoichi ad aspettare l’arrivo del Nara e a prendersi cura del bambino nel frattempo.
Non era abituata a stare in mezzo ai bambini, lei. Aveva due fratelli più piccoli, ma con loro non aveva vissuto una vera e propria infanzia: Gaara le faceva paura e preferiva tenerselo a distanza, con Kankuro le cose andavano un tantino meglio, ma non aveva mai fatto quelle cose come fargli da baby-sitter o giocare a nascondino. Qualche volta aveva avuto a che fare con le nuove reclute del suo villaggio, ma quelli non erano davvero bambini: erano ninja, forti, preparati a tutto, soprattutto a non mostrare le proprie emozioni, e a pensare ed agire come adulti.
Asuma Sarutobi era diverso. Temari lo trovava un bel bambino con i suoi occhi e i suoi capelli scuri, ereditati dal padre, e la pelle lattea. Tuttavia doveva pur ammettere che Asuma era un bambino un po’ tonto, e le dispiaceva farlo perché nutriva una profonda stima per quello che era stato il maestro di Shikamaru e la sua compagna, ritrovatasi a crescere un bambino sola.
Asuma aveva quasi tre anni, ma parlava a stento e correva con difficoltà. Non sembrava eccellere in nulla e ogni volta che vedeva un kunai, anche di semplice cartone, o una qualsiasi arma ninja scoppiava in lacrime. Temari diede la colpa di ciò non alla madre, che povera donna aveva già troppi problemi, ma al team 10 che spesso si offriva per tenerlo a bada. Più di una volta aveva visto Shikamaru appisolarsi su una panca mentre il bambino scorrazzava un po’ ovunque, anche per strada, sbattendo la testa contro qualsiasi cosa.
Tutte quelle botte devono avergli fritto il cervello, pensava sempre la kunoichi. Per non parlare di Choji, che lo rimpinzava di cibo e gli ficcava in testa solo ricette di sua madre; e non voleva neanche immaginare come si comportasse Ino Yamanaka in presenza di quella creatura. Un paio di volte aveva scorto il bambino in compagnia della ragazza nel suo negozio di fiori e lei non faceva altro che mettergli petali colorati tra i capelli e spruzzargli miscele profumate in faccia, con molta probabilità parlandogli di Sasuke Uchiha e della sua magnificenza.
Insomma se quel bambino era un povero stupido, la colpa era solo di quei tre. Temari non avrebbe mai permesso che anche suo figlio ricevesse un trattamento simile, a costo di spedirlo dallo zio Gaara.
Inconsciamente si portò le mani a coprire il ventre, con un gesto delicato, nello stesso istante Asuma emise un gridolino e si avvicinò a lei con passi incerti. Quando le arrivò ad altezza gambe, posò le sue manine piccole sulle ginocchia della ragazza, fissandola con un dolce sorriso.
- Giocare! – esclamò felice, agitandosi. Temari alzò un sopracciglio.
- Non pensarci nemmeno. – replicò asciutta.
- Giocare! – ripeté il bambino.
Non aveva esperienza coi bambini, ma quel sorriso così sincero era contagioso. Perciò la pericolosa Temari Sabaku no, ninja temibile ed aggressiva, si ritrovò a fare una cosa che mai avrebbe creduto possibile.
Sto perdendo la dignità… dannati abitanti di Konoha.
 
E così la trovò Ino Yamanaka, entrata di soppiatto nella casa di Kurenai. Una scena che aveva del surreale e che la fece rimanere senza parole, per poi scoppiare a ridere senza ritegno.
Temari – proprio quella Temari – aveva Asuma sulle ginocchia e giocava con lui agitando le mani, facendo strane smorfie e cantando una canzoncina sciocca. Il bambino sembrava divertirsi molto, così tanto che, quando la sua compagna di giochi si gelò sul posto notando l’entrata in scena della Yamanaka, lui continuò imperterrito a cantare qualche frase sgrammaticata.
- Non è come pensi. – disse Temari immediatamente, facendo scendere il piccolo Asuma. Ino dovette mordersi l’interno delle guance per non scoppiare a ridere di nuovo.
- Avrei tanto voluto farti una fotografia – farfugliò tra una risata ed un’altra.
- Non sei affatto divertente. –
- Io no, ma tu sì. E molto anche! –
Temari sbuffò, aggiustandosi i codini che il bambino le aveva scompigliato poco prima. Ino le si sedette accanto, stranamente a suo agio in compagnia della Sabaku e in vena di piccole battutine sul suo lato materno assai pronunciato.
- Dov’è Shikamaru? – domandò questa, brusca.
- Con Choji. Arriveranno fra poco. –
- Bene. –
Ino accavallò le gambe, senza smettere di sorridere. Un sorriso furbo e birichino, che nulla aveva a che vedere con la dolcezza.
- Ho saputo, - esordì, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Glielo diceva sempre Sakura di tagliarsi quel ciuffo così lungo da coprirle praticamente metà faccia, ma lei non le aveva mai dato ascolto. Era ovvio che l’Haruno fosse invidiosa della sua chioma lucente, visto che non poteva in alcun modo competere con il suo cespuglietto rosa. – e sono davvero felice. Certo, all’inizio era un po’ arrabbiata perché ero stata messa all’oscuro di tutto, ma poi mi sono fatta una grossa risata. – continuò con voce acuta. Temari la fissava accigliata, intuendo dove volesse andare a parare. La Yamanaka aveva uno strano senso dell’umorismo. – E come avrei potuto non farlo? Immagina quando diventerai grassa come un facocero e sarai talmente pesante da non riuscire neanche a muoverti! Il tuo sedere sarà grosso quanto la testa di Naruto e le tette diventeranno cadenti. Va beh, che importa. Non cambierà poi molto, no? -
Temari la fissò per qualche secondo, sbattendo le palpebre molto lentamente. Poi prese a sorridere, in modo sempre più sinistro. Asuma osservava la scena con vivido interesse, soprattutto perché nutriva una passione inspiegabile per quelle due ragazze dall’aria e i modi così simili. Si portò un dito in bocca e cominciò a succhiare, divertito proprio come quando gli capitava di incontrare gli amici della mamma per strada.
- Yamanaka, il tuo umorismo da quattro soldi non ha effetto su di me. – esclamò. – E il fatto che tu non abbia un culo e delle tette degni di tale nome dovrebbe farti riflettere. Sbaglio o non hai neanche un fidanzato? -
Ino assottigliò lo sguardo. Avrebbe voluto ribattere, ma doveva ammettere che anche la Sabaku non se la cavava poi così male con le frecciatine velenose. Se non avesse passato gli ultimi due giorni a rimuginare sulla sua patetica esistenza e a sperare che a Sakura venisse un’improvvisa perdita di memoria, lasciandole così campo libero con Sasuke, avrebbe volentieri preso a schiaffi Temari – e al diavolo le buone maniere e le questioni diplomatiche! Tuttavia quello per lei era diventato un tasto dolente, una spina nel fianco, un nervo scoperto… insomma l’unica cosa che le venne in mente fu mettersi a piangere come l’Haruno. Per fortuna lei un minimo di dignità ed amor proprio ce l’aveva ancora.
- Smettila di sentirti così soddisfatta, hai vinto. – brontolò lugubre. Temari fece un’espressione come a voler dire “ovvio, perché avevi dei dubbi?” davvero molto irritante. – Hai trovato il mio punto debole. Partita finita, d’accordo? Non ho fatto altro che pensarci: perché io non ho un fidanzato? A quanto pare persino Rock-lee ha trovato la sua anima gemella. -
- Anche Naruto, se proprio vuoi saperlo. – aggiunse Temari. Ino incassò la testa nelle spalle, sempre più afflitta. – Comunque era una battuta, Yamanaka. Non ho alcuna intenzione di conoscere la tua vita sent… e questo che cos’è? – domandò poi, quando la ninja di Konoha le mise tra le mani un foglietto viola e stropicciato.
- Una cosa di cui mi vergogno molto. – rispose. Asuma si avvicinò, cercando di afferrare il pezzo di carta.
- E allora perché me lo fai vedere? –
Ino si grattò il mento, pensierosa.
- Per un consiglio, ovvio. Odio doverlo ammettere, ma tu sei l’unica a cui possa chiedere un parere su un argomento del genere. Insomma… sei incinta! -
Temari alzò gli occhi al cielo e dentro di sé pregò affinché Shikamaru arrivasse al più presto e la portasse lontano dalla sua compagna di team. Come faceva quella povera anima dell’Akimichi a sopportare quei due rompipalle? Lei li avrebbe uccisi già dai tempi del famoso esame chuunin.
Ino rimase in attesa, osservando con attenzione la kunoichi della sabbia, che faceva scorrere gli occhi sul foglietto, ed ignorando Asuma che le si era attaccato alla gamba. Un po’ si vergognava, ma, come aveva già detto, non aveva scelta: Temari era l’unica con cui poter parlare. C’era Sakura, ma dubitava che lei le avrebbe dato un consiglio diverso dal solito “sta’ lontana da Sasuke!”, e le altre non sembravano fare al suo caso.
Dopo qualche istante di silenzio, la voce di Temari le risuonò nelle orecchie.
- Manca Choji – sottolineò, porgendole di nuovo il pezzetto di carta viola. Ino scrollò il capo.
- Eh? –
- Manca Choji. – ripeté l’ambasciatrice della sabbia. – E non venirmi a dire che è per una questione di bellezza fisica, perché dopo aver messo Gai-sensei non sei più credibile. –
- Beh, è un mio compagno di squadra, - balbettò imbarazzata. Perché non aveva inserito Choji? Neanche lei sapeva darsi una risposta. – sarebbe strano uscire con lui per un appuntamento. –
- Shikamaru c’è nella lista. – evidenziò Temari con una punta di acidità.
- L’ho depennato. – rispose Ino subito.
- Ma c’era.
- Sì, ma l’ho depennato! – ripeté la Yamanaka allargando le braccia. – Sai gelosa, per caso? –
Temari si sistemò la frangia con una mano. Il sorriso sinistro era tornato ed Ino provò un leggerissimo senso di terrore.
- Di te? Figurati! -
- Ecco, brava. Non c’è proprio nulla di cui… ehi, che vorresti dire? –
- Niente, niente. Comunque, non hai ancora risposto alla mia domanda. – commentò la maggiore, cercando di cambiare discorso. Sapeva di non dover temere nulla, eppure un piccolo fastidio all’altezza dello sterno le suggeriva il contrario. No, non avrebbe fatto una scenata come tutte le altre ragazze stupide della sua età. Non era una persona gelosa, lei… solo un tantino possessiva. Beh, peggio per le sue rivali. Era risaputo che Temari della sabbia fosse estremamente crudele contro i nemici.
- Ma perché ti sei fissata con Choji? – sbottò la Yamanaka, alzandosi. Asuma, notando quel repentino cambiamento, si allontanò di qualche passo, ma senza perdere con lo sguardo le due ragazze. Non capiva cosa si stessero dicendo, ma lo trovava divertente. – Ci sono moltissimi altri ragazzi segnati, non potresti semplicemente suggerire quello che secondo te sarebbe l’ideale? –
- Ideale per me o per te? –
Ino sbuffò, prendendo a camminare per la stanza e borbottando qualcosa fra i denti. Temari dovette muoversi in fretta e afferrare al volo il piccolo Asuma prima che la bionda, in piena crisi ormonale, lo calpestasse con la sua camminata da soldato esaurito.
- Per me! – urlò. – Tu non fai testo! -
- Guarda che sono incinta, mica priva di stimoli. – replicò l’altra, stringendo Asuma tra le braccia. Il bambino, con il viso appoggiato sul petto della kunoichi, sorrideva beato.
Ino spalancò la bocca, inorridita.
- Tu non tradirai il mio amico Shikamaru! – sbraitò con gli occhi fuori dalla orbite. E pensare che riteneva Temari una persona seria e giudiziosa, forse fin troppo.
- Certo che sei più stupida di quanto dicessero in giro – mormorò la ragazza a bassissima voce, tanto che solo Asuma poté udirla. Il bambino rise di gusto, per poi tornare ad appoggiare la testolina su quel cuscino così morbido. – Comunque, proverei con Sai per primo. Credo sia il miglior candidato per te, anche se io avrei preferito Kakashi-sensei. –
Ino pareva confusa.
- Kakashi? – domandò. Temari alzò le spalle.
- Beh, è il fascino dell’uomo maturo. – borbottò, guardando dalla finestra. La figura ricurva e apatica del Nara fece la sua comparsa accanto a quella di Choji. Un paio di secondi dopo il suono delle loro voci fu perfettamente udibile in casa.
- E stai con uno più piccolo di te. Lo sai che sei contraddittoria? – commentò Ino, voltandosi ad accogliere i nuovi arrivati.
- Magari fosse solo questo: è anche seccante, presuntuosa, ha da ridire su tutto, seccante, crudele… Come puoi vedere contraddittoria è il male minore. – aggiunse Shikamaru, entrando con uno sbadiglio. Choji venne subito dopo, salutando tutti calorosamente.
- Congratulazioni! – esclamò guardando Temari.
- Sì, certo. – lo liquidò in fretta la ragazza, mollandogli Asuma tra le braccia. Il bambino, svegliatosi dall’improvviso torpore in cui era caduto, si lanciò verso la kunoichi della sabbia, tentando di raggiungere quel posto così comodo di cui aveva usufruito per troppo poco tempo. Shikamaru lo fissò mezzo divertito e mezzo seccato, trattenendolo con l’utilizzo di una sola mano.
- Non sono cose per te, quelle. – biascicò, rivolto al bambino.
- Finalmente ti sei degnato di mostrarti in tutta la tua bruttezza, Nara. – affermò Temari. – Ho vagato come un’anima in pena per tutto il villaggio ed ora ho male ai piedi. Per non parlare della fame… sono una donna incinta, non posso diventare debilitata a causa tua. Avanti, ti offro il pranzo. –
Shikamaru inarcò un sopracciglio, stranito dalle parole ti offro il pranzo. Era la prima volta che capitava e le ragioni potevano essere solo due: o le donne davvero impazzivano durante la gravidanza o Temari aveva in mente qualcosa. Il suo genio gli suggerì che la risposta valida doveva essere la seconda. Peccato che quando Temari aveva in mente qualcosa non era mai nulla di buono.
- Oh, andate pure. Io ed Ino baderemo ad Asuma senza problemi. – propose Choji, cercando di essere d’aiuto.
- Sei davvero un amico, Akimichi. – replicò la bionda di Suna, afferrando Shikamaru per il braccio. – Se non avessi questa palla al piede - e qui indicò proprio il Nara, che sfoggiava la migliore espressione seccata del suo repertorio. – e fossi una ragazza libera, ti avrei già chiesto di uscire! – terminò, alzando il tono della voce e scambiando un sorriso furbo con la Yamanaka. Choji era arrossito a quella rivelazione mentre Ino aveva sbuffato, lanciando occhiate assassine a Temari.
- Ti farò avere notizie riguardo i prossimi sviluppi. – affermò la kunoichi della foglia.
- Quali sviluppi? – domandò Shikamaru, quando ormai sia lui che Temari erano fuori.
- Credimi, non vuoi saperlo. –
 
Aveva atteso che giungesse l’orario di chiusura per l’unica libreria che il villaggio potesse vantare. Il proprietario lo conosceva bene, in fondo era un ninja rispettato e famoso anche fuori dalle mura della foglia, inoltre spesso si era recato in quel negozietto piccolo ma ben illuminato. L’uomo, dallo sguardo intelligente e la barba folta, conosceva quindi i suoi gusti in fatto di libri e più di una volta Kakashi l’aveva visto sorridere quando gli aveva venduto qualcosa per riempire la sua collezione.
La libreria, comunque, era un posto assai frequentato soprattutto da donne e bambini, che si recavano lì per spettegolare all’ombra di pile e pile di libri su quello che avevano letto sull’ultima rivista di gossip. Per questo motivo, nonostante fosse ben conosciuto dal titolare, Kakashi aveva deciso di aspettare l’orario di chiusura, di modo che tutti fossero andati via.
I soldi che aveva guadagnato dalla scommessa erano stati una vera manna dal cielo ed ora se poteva stringere tra le mani quella meravigliosa ultima edizione de “La violenza della pomiciata”, lo doveva solo a Nara Shikamaru, il quale pareva proprio aver messo a frutto i preziosissimi insegnamenti che il buon Jiraya aveva lasciato alle generazioni future. Quell’uomo sì che era un genio…
Stringendo il raro carico appena acquistato e non potendo aspettare di tornare a casa, Kakashi decise di aprirlo nascosto dietro un cespuglio, dove sicuramente nessuno l’avrebbe notato.
Nonostante conoscesse a memoria ogni parola di quel libro, l’emozione di vedere l’inchiostro sulla carta pregiata, il carattere scelto e il colore della pagina fu ineguagliabile. Se solo fosse stato un tantino più sensibile, forse si sarebbe messo a piangere.
Preso dalla lettura, Kakashi non s’accorse dell’arrivo di due figure umane più quella di un porcellino.
- Che stai facendo? – domandò Iruka-sensei, osservando il collega e amico accucciato a terra come un ladro.
- Ancora? Ma quando la smetterai di leggere quella roba? – gli diede manforte Shizune, che stringeva al petto il porcellino di Tsunade-hime.
Kakashi, colto in flagrante, deglutì imbarazzato.
- Hai una certa età… non puoi ancora andare in giro e leggere quella roba. – sottolineò Iruka, scuotendo il capo. Provava pena per quel povero ninja che tentava di affogare i dispiaceri nella lettura di opere a carattere erotico. Povero, povero… doveva sentire ancora molta sofferenza in fondo al cuore.
- Non ha davvero pudore. – rimarcò Shizune, meno incline alla benevolenza.
- Perché vi siete fermati? – domandò Sakura, arrivando di corsa. Poi notò il suo maestro e il libro che aveva tra le mani. – Ancora?! Ma non si vergogna?! – sbraitò, agitando il pugno guantato.
- Deve trovarsi una fidanzata, sensei! – urlò Naruto. Kakashi aggrottò la fronte.
E Naruto da dove è uscito?, si domandò perplesso. Kami, ci manca solo…
- Kakashi! Mio rivale! Quando la smetterai di nasconderti da me? –
Ecco, appunto.
Il ninja davvero non capiva da dove tutta quella gente fosse saltata fuori. Eppure, fino a cinque minuti prima, non si vedeva nessuno per strada e lui aveva scelto quel cespuglio perché lo riteneva un luogo nascosto dagli occhi e le urla indiscrete.
- Non troverà mai una ragazza se continua a leggere quella schifezza! – commentò Sakura.
- Se vuole, sensei, posso darle qualche dritta su come conquistare! – replicò Naruto, esaltato come sempre.
- Come se tu ne fossi capace… -
- Perché hai sempre così poca fiducia in me, Sakura-chan? –
La risposta poco gentile dell’Haruno venne sovrastata dalle altre voci, che più o meno ad alta voce, esprimevano la loro opinione in merito e commentavano l’abitudine negativa che Kakashi aveva acquisito col tempo. Non era un buon esempio per il villaggio, affermava Shizune. Doveva solo trovare qualcuna da portarsi a letto, sosteneva Sai.
Un momento… Sai?! Un pugno di Sakura lo zittì.
All’improvviso le voci cessarono e tutti i presenti si voltarono a guardare Shikamaru Nara e Temari Sabaku no che avanzavano mano nella mano, proprio come due piccioncini. L’Haruno emise un sospiro di approvazione mentre Gai-sensei urlava qualcosa di insensato come al solito.
Quando l’ambasciatrice notò il gruppetto per poco non le venne un infarto. Si staccò da Shikamaru con una spinta ben poco femminile e strabuzzò gli occhi.
- No, no, no… - mormorò. – Non posso trovarmeli ovunque! –
Con un’altra spinta portò Shikamaru su una stradina traversa, scomparendo alla vista degli altri ninja che davvero non capivano cosa fosse preso alla kunoichi della sabbia.
Approfittando della situazione, Kakashi era già pronto a svignarsela per riprendere la lettura, ma il braccio di Iruka lo bloccò.
- Devi ricominciare a vivere, amico. – gli disse con tono paterno. – Vieni, andiamo a bere e mangiare qualcosa tutti insieme. –
Naruto accolse l’idea con un fischio di apprezzamento e con uno scatto si affiancò a Gai, che era già partito alla volta del primo locale disponibile, Sakura parlottava tranquillamente con Shizune e il maialino pareva condividere l’entusiasmo generale, Sai fissava il maestro con sguardo malizioso e quello strambo sorriso finto sulle labbra. Iruka era occupato a trattenere Kakashi con una presa ferrea.
Forse hanno ragione, pensò il ninja. Devo trovarmi una fidanzata.
 





Note:
ed ecco il 3 capitolo! Scusatemi il piccolo ritardo, ma era ora di vacanza anche per me xD
Sì, l’ultima parte non ha molto senso… più o meno. Davvero credeteci, prima o poi un senso ce l’avrà. La parte tra Temari ed Ino è il massimo del surreale, spero che non siano venute fuori OOC nel dialogo, ma mi piaceva l’idea che proprio Temari potesse dare consigli amorosi alla Yamanaka xD Nel prossimo capitolo ci saranno più momenti ShikaTema perché sì, ci vogliono ù.ù E… beh anche l’appuntamento di Ino, povera creatura. Su Asuma non ho nulla da dire, se non povero piccino.
Come sempre ringrazio con un bacio grandissimo Albalau, che ha recensito lo scorso capitolo, e tutti coloro che hanno messo la fic tra preferite/seguite. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, qualsiasi cosa… anche che si tratta di una boiata assurda (non vi preoccupate, a volte lo penso anch’io).
Un saluto e alla prossima! ^^
 
 
 

 

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Capitolo 4
*** Le mamme-chuunin sanno sempre dove, come e quando colpire ***


Le urla di Ino gli risuonavano ancora nelle orecchie, ma per fortuna la sua schiena si stava allontanando.
- Credi che sia ancora arrabbiata con me? – domandò Shikamaru, rivolgendosi all’amico Choji.
- Mmh… direi di no, si è sfogata abbastanza. –
I suoi due compagni di team l’avevano incrociato per strada, quasi per caso, mentre lui in mostruoso ritardo si stava dirigendo verso casa di Kurenai. La sfuriata di Ino era durata un quarto d’ora circa, durante la quale Shikamaru non aveva aperto bocca.
- Allora, - se ne uscì Choji, camminando al suo fianco. – hai chiesto a Temari di sposarti? –
- Cosa? E chi ha mai parlato di matrimonio! –
Choji sembrava perplesso.
- Ma io pensavo… insomma come vorresti crescere il bambino? – domandò. Shikamaru sbuffò, seccato di dover dire ad alta voce quelle cose che aveva tenuto solo nella sua testa.
- Non ho intenzione di sposarmi, almeno non ancora, - disse, grattandosi il mento. – ma voglio che stia con me, qui a Konoha. –
- E lei ha accettato? –
- Non gliel’ho ancora chiesto. –
Choji si voltò a guardarlo preoccupato. Non era difficile per lui intuire che Shikamaru nascondesse la sua paura sotto un’apparente aria sicura, anche se non riusciva davvero a comprendere quali fossero i motivi del suo timore. Poi all’improvvisò capì.
- Hai paura che dica di no? – chiese, senza smettere di fissarlo. Il Nara aveva accuratamente spostato lo sguardo sulla strada per non incrociare quello di Choji.
- Non posso farlo. – mormorò tra i denti. – Se lo facessi ora, lei penserebbe che sia solo a causa del bambino. Per non parlare del fatto che metterebbe in mezzo i suoi fratelli, accusandomi di essere egoista e non pensare alla sua, di famiglia. –
L’Akimichi sospirò. Messa così la situazione non era semplice come lui aveva immaginato.
- E allora cosa farai? –
Finalmente Shikamaru prese a guardarlo.
- Non ho altra soluzione, - disse. – qualsiasi cosa faccia per lei sarà sbagliato, quindi posso solo aspettare che sia Temari stessa a decidere. –
Qualcosa diceva all’Akimichi che quella non era una buona idea, eppure un’altra parte di sé gli suggeriva che Shikamaru era un genio e doveva fidarsi di lui.
- Beh, spero che vada tutto bene, amico. – aggiunse, sorridendo e dandogli una pacca gentile sulla spalla.
 
Quando Temari aveva detto di volergli offrire il pranzo non stava mentendo e quello non era un modo per fuggire lontana da Ino Yamanaka e i suoi problemi adolescenziali. No, voleva davvero offrirgli il pranzo.
Shikamaru non capiva dove volesse andare a parare, tuttavia decise di mantenerle il gioco.
- Questo lo mangi? – domandò la ragazza, afferrando con le bacchette il pezzo più gustoso di tutto il pesce.
- L’avevo conservato per la fine. – rispose. Temari alzò le spalle e continuò a masticare, estasiata dall’esplosione di gusto nella sua bocca.
- E questo? –
Prima che potesse triturare con le sue fauci da animale qualche altra cosa, Shikamaru agguantò il suo piatto e lo tenne lontano.
- Diventerai enorme se continui di questo passo. – borbottò. Temari assottigliò lo sguardo.
- E tu mi amerai comunque. – sibilò, sfidandolo a replicare.
- Puoi scordartelo! –
L’ambasciatrice della sabbia tese le labbra in una linea sottile e Shikamaru poté leggerle in faccia tutte le orribili parolacce che lei gli stava rivolgendo mentalmente. In fondo Temari non era una persona maleducata e sarebbe stato assolutamente volgare, secondo il suo punto di vista, urlare rimproveri in un luogo pubblico e frequentato da gente perbene. Quando si ritenne soddisfatta, distolse lo sguardo assassino e, con un’espressione più rilassata, chiamò il cameriere e ordinò un altro piatto di carne.
Shikamaru sprofondò ancora di più sulla sedia, lasciandola perdere.
I due ragazzi erano seduti l’uno di fronte all’altra, in una parte molto intima del locale. Guardando sul loro tavolo era possibile notare quanto quei giovani avessero gusti diversi in fatto di cucina: il Nara aveva, infatti, ordinato un semplice piatto di pesce con un po’ d’acqua, mentre Temari ne aveva già fatto fuori due di carne grigliata, ingurgitando litri e litri di limonata.
- Non pensi di esagerare? – domandò Shikamaru, quando l’ultima ordinazione arrivò fumante al loro tavolo. Temari si indicò la pancia, guardandolo come se fosse un idiota.
- Qui dentro c’è un bambino, non un cocomero. E i bambini hanno bisogno di molto cibo per crescere. – fu la sua risposta da saccente. Il ragazzo alzò un sopracciglio.
- Ma non avevi le nausee, tu? – domandò.
- La mattina, dalle sei alle otto per essere precisi. E ora è mezzogiorno. –
Shikamaru scrollò il capo. Era davvero impossibile parlare con quella donna.
- Comunque, - se ne uscì proprio questa, dopo un po’. – hai parlato con tua madre? –
- Parlato è una parola grossa, - rispose. – diciamo che mi sono limitato a scansare le padelle. –
Temari dovette trattenersi per non scoppiare a ridere, ma non provò a nascondere il ghigno di derisione che le era salito alle labbra. Fissò la fronte di Shikamaru con attenzione, soffermandosi sull’ematoma nascosto in parte dall’attaccatura dei capelli.
- Immagino che sia stata lei a fartelo. – valutò. Il giovane mugugnò parole di assenso. – Davvero, ma che razza di ninja sei? Neanche le padelle riesci ad evitare. –
- Veramente non era una padella, ma un mestolo di ferro. E poi mia mamma è un chuunin, sa come, dove e quando colpire. –
- Oh, povero piccino. Ti fa male? –
Shikamaru alzò lo sguardo sulla compagna, seccato. A volte riteneva che ignorare le sue battutine fosse la soluzione migliore, così evitava di farla arrabbiare e sorbirsi le sue lamentele su quanto fosse un cafone misogino.
- Mhm – biascicò. Temari sbuffò.
- Stai sempre a lagnarti. Scommetto che tua madre non era neanche così infuriata con te. –
Quello era davvero il colmo. Secondo la profonda conoscenza del mondo femminile che Shikamaru aveva acquisito col tempo e la frequentazione di molte seccature, la solidarietà tra donne era solo una leggenda metropolitana – tra l’altro bastava guardare il rapporto tra Ino e Sakura per avere conferma scientifica. Invece, secondo ogni logica, Temari trovava sempre un qualsiasi motivo per essere d’accordo con Yoshino e metterlo in ridicolo. Probabilmente la solidarietà femminile valeva solo per la sua fidanzata.
- Non ti rispondo neanche, ma avrai modo di scoprirlo. – disse sibillino. Temari andava d’accordo con sua madre, ma a lui non era sfuggito lo sguardo imbarazzato che la ragazza gli aveva rivolto la sera prima, quando lui aveva proposto di accompagnarlo per dare la lieta notizia. La kunoichi corrucciò le labbra.
- Che vuoi dire? –
- Che ci ha invitato a cena, questa sera. – terminò Shikamaru con un sorriso di vittoria. Almeno non sarebbe stato l’unico a sorbirsi le ire di Yoshino.
- Bene, avevo proprio intenzione di parlarle. – lo anticipò Temari, gelandolo. – Il discorso con Shizune è stato utile, ma credo che sia un tantino paranoica quella donna. –
Il Nara non sembrava condividere l’opinione della bionda. Shizune era l’allieva del quinto Hokage ed un ottimo ninja medico.
- Solo perché ha un parere diverso dal tuo, non significa che sia paranoica. – commentò. Temari si accigliò, come se Shikamaru avesse appena detto un’eresia.
- Mi ha proibito di allenarmi, capisci? Ritiene che sia pericoloso. – si giustificò.
- Non è paranoia, ma buon senso. –
- E ha anche aggiunto che dovrei ridurre gli spostamenti. – continuò la kunoichi, fissando l’altro. Shikamaru non fece una piega, come se la rivelazione non l’avesse colpito in alcun modo. Temari si sentì irritata e leggermente presa in giro; certo, non s’aspettava chissà quale reazione, ma almeno un corrugamento della fronte, un sopracciglio alzato, un commento seccato… insomma, qualcosa. Qualsiasi cosa le permettesse di pensare che lui fosse spaventato dall’idea di non rivederla per nove mesi e più.
- Anche questo mi sembra logico. – si limitò a dire il moro con apatia.
- Tra due giorni riparto per Suna. – gli ricordò Temari. Il tono era serio, così come l’espressione del viso, e Shikamaru capì che il momento dello scherzo era finito. – Non hai nulla da dire? – domandò poi, sempre più irritata dal suo silenzio.
- Sono d’accordo con Shizune, non penso sia una buona idea spostarti di continuo. – rispose. La bionda parve rilassarsi.
- Quindi sarai tu a farlo? –
Shikamaru si prese alcuni secondi per rispondere. Solo le mani, affondate nelle tasche del pantalone, mostravano l’agitazione che avvertiva in ogni fibra del suo essere.
- Sai che non posso muovermi spesso, - mormorò. Sentiva improvvisamente la gola secca e le parole facevano fatica ad uscire. – il villaggio ha bisogno di me. –
Temari rimase ferma per qualche istante, presa alla sprovvista da una simile risposta. Forse doveva aver frainteso e aveva lasciato correre troppo l’immaginazione, eppure era sicura che Shikamaru le avrebbe chiesto di restare, di andare a vivere insieme.
- Bene. - disse. Si alzò e si sistemò il grosso ventaglio dietro la schiena, lisciandosi contemporaneamente il kimono. – Si è fatto tardi ed io devo andare: ho ancora molte cose da fare e documenti da revisionare. Paga pure il conto. – terminò, voltandogli le spalle ed uscendo.
Shikamaru si alzò sospirando, avviandosi al bancone per pagare. Menomale che si era portato dietro un bel po’ di soldi o avrebbe finito per chiedere l’elemosina al proprietario.
Temari era arrabbiata, ovvio, ma il Nara era ancora convinto della sua strategia: sarebbe stata lei a decidere, lui non le avrebbe mai permesso di sentirsi obbligata a trasferirsi a Konoha. Però, magari… no, no. Quella era la mossa migliore.
Quando uscì dal locale, Shikamaru notò che lei era ancora lì, ma solo perché pioveva a dirotto o sarebbe fuggita via senza neanche salutarlo. Le si avvicinò, ponendosi al suo fianco. Temari guardava fisso davanti a sé.
- Certo che è strano, - considerò il ragazzo, fissando il cielo nero e nuvoloso. – di solito non piove mai in questo periodo. –
- Non sempre le cose vanno come credevamo. –
- Sei arrabbiata? – le domandò a bruciapelo. Il gentile proprietario gli aveva prestato un ombrello rosso con dei fiorellini, che Shikamaru aprì proprio il quel momento. Temari cominciò a camminare, stando attenta a non bagnarsi e a non toccare il braccio alzato del Nara.
- E perché dovrei? Il villaggio viene prima di ogni cosa, - sottolineò. – io lo so bene. –
Gli abitanti della foglia fuggivano veloci dalle strade, cercando rifugio fuori i piccoli locali aperti. La pioggia aveva colpito tutti in modo improvviso e pochi erano quelli che potevano disporre di un ombrello: la maggior parte dei ripari erano giornali e sacchetti per la spesa, che venivano messi sul capo.
Temari aveva le gambe ricoperte di schizzi e poteva già sentire i capelli gonfiarsi a causa dell’umidità. Shikamaru le passò un braccio attorno le spalle, stringendola a sé, nonostante la ragazza cercasse di divincolarsi.
- Ti stavi bagnando. – le fece notare.
- Accompagnami a casa e datti una mossa. – fu la sua gentile risposta.
Sì, è davvero arrabbiata.
 
- Ci vediamo questa sera. Non passare a prendermi, non ce n’è bisogno. Ciao. –
Temari gli chiuse la porta in faccia, lasciandolo solo con l’ombrello a fiorellini e la pioggia che non accennava a smettere. Shikamaru alzò gli occhi al cielo: sua madre, Temari e l’isteria dell’Hokage l’avrebbero portato ad una morte prematura, ne era certo.
Con le nocche delle dita bussò, sicuro che dall’altra parte la ragazza fosse in ascolto. Attese due secondi netti, poi finalmente la porta venne aperta con forza. Lo spostamento d’aria, assieme all’umidità portata dalla pioggia primaverile, gli provocò un brivido lungo la schiena.
- Che vuoi? – domandò brusca Temari. Shikamaru mise su la sua migliore espressione da cane bastonato, anche se difficilmente faceva presa sulle donne della sua vita.
“Succede perché non incuti tenerezza quando fai così, anzi somigli ancora di più ad un pesce lesso con problemi mentali.”, gli diceva sempre Ino.
- Piove. – rispose. Temari alzò un sopracciglio.
- E allora? –
- Sono bagnato e potrei prendermi un raffreddore. Posso stare qui fino a quando non finisce? –
Una volta aveva sentito dire, non ricordava precisamente da chi, che le donne hanno un innato spirito da crocerossine e non riescono a resistere dinanzi alla possibilità di salvare un uomo in difficoltà.
Ancora una volta Shikamaru dovette ricredersi: la porta gli venne nuovamente sbattuta in faccia.
- Guarda che sono un ninja. Se volessi, potrei anche entrare dalla finestra. – urlò, sapendo benissimo che lei l’avrebbe sentito.
Nara poteva essere anche un tantino apatico, svogliato e piagnone, ma in quanto a determinazione era difficile trovargli qualcuno in grado di tenergli testa. E se il suo obiettivo era riuscire ad entrare in quelle quattro mura e capire perché quella dannata seccatura di donna si fosse arrabbiata così tanto, nessuno gli avrebbe impedito di fare ciò.
Per fortuna Temari si dimostrò compassionevole e lo invitò ad entrare, perché il ragazzo non aveva proprio voglia di entrare davvero dalla finestra e correre il rischio di beccarsi in pieno una folata di vento.
Lasciato l’ombrello fuori, Shikamaru si lasciò cadere sul divano, affondando la testa sul morbido schienale.
La kunoichi, che aveva già sistemato il ventaglio in un angolo e preso dei vestiti asciutti per cambiarsi, lo fissava a braccia conserte.
- Le scarpe e il giubbotto. – disse. Il moro, sbuffando, si tolse gli indumenti e glieli passò, così che la ragazza potesse riporli da qualche parte, in ordine. – Prendi questa - aggiunse, lanciandogli in faccia un piccolo asciugamano bianco. – e asciugati, non vorrei che ti venisse una polmonite, povero piccino. Io vado a cambiarmi. –
Shikamaru si tastò i capelli e s’accorse che effettivamente erano zuppi. Controvoglia si sciolse il codino per poterli asciugare meglio e proprio in quell’istante Temari tornò, con tanto di pantalone lungo e maglia sformata, che doveva aver sicuramente rubato a suo fratello Kankuro – lo stile, in fondo, era quello.
- Oh, la faccia coperta dai capelli mette in risalto la tua bellezza. – gli disse, sogghignando.
- Guarda, mi sto sbellicando dalle risate. – brontolò lui in risposta. La ragazza gli si sedette accanto, prendendosi più della metà dello spazio libero, e con ben poca grazia gli rubò l’asciugamano. Forse il suo intento era quello di aiutarlo nell’ardua impresa di asciugarsi i capelli, ma a Shikamaru dava più la sensazione che lei cercasse di soffocarlo.
- Mi fai male. – affermò, risentito.
- Sei troppo sensibile, non ti sto facendo nulla! –
- Se continui diventerò pelato. –
Temari si bloccò. Forse l’idea di avere un fidanzato calvo non era di suo gradimento.
- In effetti non saresti molto carino alla vista. – esclamò, allontanandosi di poco. – Non che adesso tu sia tutta questa grande bellezza, sia chiaro. E pensare che avrei potuto avere Uchiha… -
Shikamaru si sentì punto nel vivo.
- Ma hai visto come ti sei conciata? – domandò, alludendo all’abbigliamento ammazza-ormoni che la ragazza pareva aver copiato al fratello. – Somigli a Kankuro e non è un complimento. –
Temari gli rifilò un calcio.
- Questo è quello che indosso di solito a casa. Lo sapresti, se solo vivessimo nella stessa casa. – sottolineò. Al ragazzo quella risposta suonava strana. Insomma che c’entrava ora casa sua? E il vivere insieme? Poi la sua mente geniale collegò tutti i tasselli del puzzle e la verità ora sembrava tanto evidente che si dette dell’idiota per non esserci arrivato prima. Con la mano le afferrò una caviglia, tentando di tenerla buona, visto che Temari non accennava a calmarsi. Se avesse continuato, lui avrebbe pure potuto dire addio all’uso delle gambe.
-E’ un’allusione? – le domandò. Tutto se stesso pregò affinché la sua fidanzata – ormai poteva chiamarla in questo modo, nonostante non ci fosse stato alcun annuncio ufficiale – mettesse da parte l’orgoglio e ammettesse che sì, proprio come tutte le donne del mondo, anche lei desiderava una bella dichiarazione con tanto di invito a vivere assieme.
- Non è niente, cosa vuoi che sia? – rispose lei, adagiando le gambe sulle sue ginocchia. – L’ho detto per sottolineare che preferisco vestirmi comoda quando sono a casa, a Suna, ma tu ovviamente non puoi saperlo. E comunque questi non sono abiti di Kankuro. Che schifo, non metterei mai la sua roba. E poi a cosa avrei dovuto alludere? –
- Al discorso che abbiamo fatto a pranzo. –
- Quello? Ma se l’ho già rimosso! – mentì.
Shikamaru non era per niente convinto.
- Sei rimasta arrabbiata per tutto il tragitto che abbiamo fatto a piedi. – constatò, accarezzando dolcemente le caviglie e i polpacci di Temari. Le dita si muovevano con movimenti circolari, avanzando piano verso le cosce coperte. La ragazza parve rilassarsi sotto il suo tocco.
- Te l’ho già detto: non ero arrabbiata. Sei tu che prendi le cose troppo sul serio. – mentì, ancora.
- Allora devo pensare che tu sia meteoropatica o semplicemente pazza. – aggiunse lui, lasciando perdere. Il comportamento della kunoichi non gli sembrava sincero, ma la conosceva abbastanza da poter dire che non sarebbe stato così semplice cavarle la verità dalla bocca e lui per fortuna aveva ancora altri due giorni per provarci. Inoltre quella sera ci sarebbe stata la cena con Yoshino, la quale avrebbe sicuramente messo in mezzo il discorso con le sue solite domande dirette.
Temari si ridestò, controllando alla finestra che la pioggia fosse finita.
- Puoi restare, - disse, prima che il moro potesse aprire la bocca. – e accetto volentieri il tuo aiuto per controllare i documenti – terminò con un sogghigno.
 
Sai era arrivato all’appuntamento con qualche minuto di anticipo. In uno dei suoi libri aveva letto che le ragazze amano farsi attendere agli appuntamenti galanti, quindi avrebbe dovuto aspettare comunque un bel po’ di tempo. Tuttavia il ninja non era così sicuro che quello fosse un vero appuntamento galante.
Si sedette su una panchina, cominciando a disegnare sul suo blocco.
Davvero non capiva perché Ino l’avesse invitato a prendere un tè. Probabilmente perché quel pomeriggio aveva voglia di tè, questa era ovvio, ma ciò che Sai continuava a chiedersi era: perché proprio lui? Non avrebbe potuto chiedere ai suoi innumerevoli amici? Questo non faceva altro che avvalorare la tesi dell’appuntamento galante.
Un paio di genin dell’accademia gli passarono accanto, salutandolo con un cenno della mano. Sai ricambiò con il suo solito sorriso finto, per poi tornare al disegno. Ultimamente si stava dedicando molto più a ritrarre la natura di Konoha, verde e rigogliosa, che gli esseri umani.
E poi, adesso che ci pensava, ad Ino non piaceva Sasuke? Forse l’appuntamento era solo un modo per far ingelosire l’Uchiha. Il ragazzo si irritò, sentendosi di colpo molto simile al Naruto dei tempi andati che correva dietro a Sakura, con la sola differenza che lui non era assolutamente innamorato della Yamanaka. Non gli piaceva essere la seconda scelta, già per troppo tempo l’avevano paragonato a Sasuke.
Ma se davvero Ino lo stava utilizzando per i suoi loschi scopi, come avrebbe dovuto comportarsi?
I suoi fidati libri dicevano di sorridere e fare dei complimenti perché quel genere di cose fanno sempre colpo sulle ragazze. Beh, pensandoci, lui si comportava sempre in quel modo verso Ino. Che sia stato il suo atteggiamento a far credere alla ragazza di poterci provare?
Sai deglutì, non sapendo più cosa pensare. Non gli interessavano gli appuntamenti, né tantomeno le ragazze dannazione!
- Ciao! – urlò proprio il centro dei suoi ultimi pensieri. Sai alzò di scatto la testa e vide da lontano il volto noto della Yamanaka, agghindata con un vestito viola e un fiore del medesimo colore nei capelli raccolti.
Oh cavolo, era davvero un appuntamento!
Contro la sua volontà, Sai andò in panico. Per fortuna era un asso nel mascherare le proprie emozioni.
- Ciao! – ripeté Ino, avvicinandosi. – Scusa per il ritardo. –
Regola numero uno: mostrati sempre felice di vederla e non arrabbiarti per i suoi ritardi.
- Non fa niente, ne approfittavo per disegnare. – rispose sorridente, mostrandole il paesaggio dipinto a metà. La ragazza piegò il capo per osservare meglio il lavoro dell’altro.
- E’ bellissimo, Sai. – disse sincera.
Regola numero due: falle tanti, tanti complimenti.
- Come te, Ino. – replicò, ammiccando leggermente. La kunoichi si lasciò andare ad una risatina e un dolce rossore le si diffuse sulle guancie, rendendola, se possibile, ancora più bella. Certo che Choji e Shikamaru erano davvero fortunati ad averla come compagna di team, a lui era toccata quella racchia di Sakura.
- Allora andiamo? – propose la ragazza. – Ho già deciso dove andare, vedrai ti piacerà: è un posto tranquillo e il personale cordiale. Ah, e poi ci sono le pareti dipinte! Penso a te ogni volta che le guardo. –
Sai deglutì, di nuovo. Ino, al suo fianco, aveva appena lanciato un’allusione parecchio esplicita sul suo interesse. Cosa doveva rispondere? Cosa doveva rispondere?!
Regola numero tre: quando non sai cosa dire in sua presenza, limitati a sorridere ed annuire.
Ad Ino parve bastare perché spostò subito l’attenzione su un altro argomento. Per fortuna che alla Yamanaka piaceva parlare o sarebbe dovuto correre ai ripari e trovare un qualsiasi pretesto per attaccar bottone, cosa in cui non era mai stato granché bravo.
Dopo una breve passeggiata, durante la quale la kunoichi aveva parlato del più e del meno, passando dalle critiche a Sakura alla situazione meteorologica del paese del fuoco, e Sai aveva seguito alla lettere la terza regola de Gli appuntamenti galanti: come affrontarli, finalmente arrivarono a destinazione.
In effetti Ino aveva ragione. Il posto era quanto di più grazioso e romantico potesse esserci nel villaggio. Non a caso pareva meta di tutte le coppiette del villaggio – Sai fece finta di non aver notato un Rock-Lee esaltato che tentava di spiegare a Ten-Ten quanto l’amore l’avesse reso più forte.
In men che non si dica una cameriera dall’aspetto giovane e bonario servì loro del tè fumante con un’alzata di pasticcini.
- Allora, - esordì Ino, spezzando il silenzio imbarazzante che s’era venuto a creare. – parlami un po’ di te. –
Eccola, pensò Sai, la temuta domanda.
Parlami un po’ di te… e cosa avrebbe dovuto dire? Magari parlarle delle missioni? Con la mente ritornò alle regole che aveva appreso.
Regola numero quattro: se lei cerca di conoscerti meglio, tergiversa e torna alla regola uno.
- Ehm… è davvero un bel vestito quello. – rispose, ingoiando metà del contenuto della sua tazza. Per poco non si ustionò l’intera cavità orale. Ino lo fissava preoccupata. – Vuoi un pasticcino? – domandò.
- No, sono a dieta. –
In quel momento a Sai venne l’illuminazione. In fondo non era poi così difficile parlare ad una donna, durante un appuntamento, rimanendo comunque se stesso, no?
- Ecco, mi sembrava. Ti vedo molto più magra. – esclamò, sorridendo. Le sue parole, però, non sortirono l’effetto desiderato.
Ino, dall’altra parte del tavolo, sembrava parecchio incazzata. Perché?, si domandò Sai, che non aveva ancora smesso di sorridere gentilmente.
- Con questo vuoi dire che prima ero grassa? – sibilò la kunoichi, assottigliando lo sguardo. Somigliava vagamente alla racchia Sakura e Sai non seppe se preoccuparsi o fuggire via quanto prima possibile.
- No, ma di sicuro eri più in carne di adesso. – rispose mellifluo. Ino spalancò la bocca, oltraggiata.
- Cosa?! – urlò.
- Ho detto che prima eri più in carne. – ripeté lui.
- Ho capito, razza di cafone! Non c’è bisogno che me lo ripeta! –
Sai sbatté le palpebre un paio di volte.
- Ma sei tu che l’hai chiesto. – disse. Davvero, non capiva cosa le fosse preso. Forse adesso cominciava a comprendere Sasuke, quando diceva di preferire la solitudine alla moltitudine di ragazze che gli giravano attorno.
Le donne sono strane creature ed uscire con loro è persino peggio che farsele amiche.
- Non ti ho chiesto di insultarmi dandomi della grassa! – sbraitò Ino.
- Non era un insulto, - si difese il ragazzo. – anche se più in carne rimanevi comunque bellissima. E poi avevi pure le tette più grosse. –
La Yamanaka boccheggiò di nuovo, incapace di articolare parola: era troppo scossa.
- Le mie… tette – balbettò. – Cos’hai contro le mie tette? –
- Erano più grosse, ora sei piatta quasi quanto Sakura. –
Lo schiaffò di Ino risuonò in tutto il locale, che si era fermato cercando di ascoltare quanto più possibile del litigio – era noto a tutti che l’animo degli abitanti di Konoha fosse alquanto pettegolo. La ragazza si alzò, uscendo a passo di marcia e lasciando Sai interdetto come non mai.
- Cafone! – gli urlò per un’ultima volta, prima di sparire.
Che cosa aveva detto di sbagliato? Era solo la verità…
Non era sicuro, avrebbe controllato meglio una volta tornato a casa, ma qualcosa gli suggeriva che l’appuntamento non fosse andato nel migliore dei modi e pensare che lui ci aveva messo tutta la buona volontà possibile.
 
- Non hai davvero pudore. – constatò Shikamaru, osservando Temari raccogliere (o meglio, rubare) dei deliziosi fiori colorati da un giardino privato. La kunoichi sbuffò, sistemando la sua composizione che nulla aveva a che vedere con le meraviglie che creava Ino nel suo negozio. – Ti rendi conto che questo è un furto? – domandò poi il ragazzo.
- Non posso presentarmi a casa di tua madre con le mani in mano, sarebbe da maleducati! – replicò lei.
- Perché rubare è qualcosa da persone perbene. –
Temari aggrottò la fronte mentre con un elastico, che aveva preso da chissà dove, legava gli steli di misura diversa. Quel mazzolino di fiori era una delle cose più brutte che Shikamaru avesse mai visto in tutto la sua vita.
- Beh la colpa è tua, piagnone, quindi non lamentarti come al solito. –
- E te pareva. Cosa avrei fatto stavolta, di grazia? –
La ragazza alzò le braccia, scuotendo la testa. L’abilità di Shikamaru di non assumersi le proprie colpe era qualcosa che superava di gran lunga la sua intelligenza.
- Stai scherzando, vero? – disse, portandosi una mano sul fianco mentre l’altra reggeva i fiori (rubati). – Tutto questo non sarebbe successo se tu mi avessi dato il permesso di portare il cactus. Scommetto che a tua madre sarebbe piaciuto, molto più di questi orribili cosi! Abbiamo scelto il giardino meno fornito di tutto il villaggio. –
Il Nara non sapeva se arrendersi e, come al solito, lasciar perdere o chiamare Gaara e riferirgli che sua sorella aveva ormai perso ogni briciola di lucidità mentale. Non solo la sua dolce metà si metteva a rubare, tra l’altro nel mezzo di una stradina trafficata e quindi correndo il rischio di essere scoperta, ma osava anche metterlo in mezzo ed incolparlo di tutto. Davvero, non aveva proprio pudore…
- Quel cactus è un mio regalo. Non si riciclano i regali, Tem, nessuno te l’ha mai detto? – sottolineò un tantino irritato.
- Ho avuto un’infanzia difficile, comprendimi. – lo liquidò in fretta, riprendendo a camminare.
Dopo aver incontrato la combriccola di pazzi, come li aveva apostrofati la ninja di Suna, avevano saggiamente deciso di cambiar strada, impiegando quindi il doppio del tempo per arrivare da Yoshino, ma almeno salvaguardando la propria salute mentale. Quella squilibrata di Temari insisteva dicendo che Naruto Uzumaki, assieme a tutti i suoi amici scemi, aveva deciso di seguirla per tutti e quattro gli angoli della Foglia, altrimenti non si spiegava come lei se li trovasse sempre tra i piedi. Shikamaru aveva preferito tacere, risparmiando il fiato per la cena con sua madre.
Arrivati dinanzi la porta di casa, il povero giovane provò l’impulso di tornare indietro e magari chiedere asilo a Choji e la sua amorevole famiglia, ma Temari fu più lesta e bussò con forza.
- Shikamaru, guardami. – ordinò proprio questa, con tono più alto del solito. – Stanno bene i capelli? E il vestito? –
- Ehm… come al solito. – rispose.
- Oh, bene. –
Il ninja delle ombre piegò la testa di lato, grattandosi la nuca. Era strano vedere Temari in ansia.
La porta venne aperta e sua madre, con tanto di padella in mano e grembiule “sono la miglior mamma del mondo”, apparve sulla soglia. La donna aveva alcune ciocche di capelli a coprirle la fronte, ma a Shikamaru fu immediatamente chiaro che era arrabbiata.
- Alla buon’ora! – urlò. – Sei in ritardo e la cena si sta raffreddando. Entra, razza di pelandrone, e aiuta gli altri ad apparecchiare! – continuò, minacciandolo con lo sguardo.
Gli altri, pensò il ragazzo. Quali altri? Non doveva essere una cena intima?
Sua madre non rispose ai suoi pensieri, lo spinse con forza dentro e si rivolse a Temari.
- Oh cara, non stare fuori a prender freddo. Prego, entra pure. – disse in tono gentile. Shikamaru neanche si scompose: conosceva bene il carattere di Yoshino e la sua esplicita preferenza per chiunque non appartenesse al ramo della famiglia Nara.
Temari si inchinò con rispetto e porse il mazzolino che aveva tra le mani.
- Sono davvero felice di rivederla, Yoshino-san, - affermò. – e mi dispiace per gli orribili fiori, ma purtroppo suo figlio non ne capisce di queste cose. –
Shikamaru le lanciò un’occhiata di fuoco, ripromettendosi che prima o poi gliel’avrebbe fatta pagare.
- Oh non ti preoccupare. In fondo è il gesto che conta, no? – dichiarò sua madre, sempre più disponibile. Afferrò i fiori e li pose in un vaso all’entrata, accertandosi che fossero ben visibili, poi li guidò all’interno, da cui provenivano le voci inconfondibili di Choji ed Ino, parlottando a bassa voce con Temari.
- Cosa ci fanno loro qui? – chiese Shikamaru sorpreso. Non solo i suoi compagni di team, ma anche Kurenai e il piccolo Asuma erano stati invitati alla cena di famiglia. Non che a lui dispiacesse, solo che oltre alle prese in giro di Temari e i rimproveri di Yoshino, avrebbe dovuto sorbirsi anche le chiacchiere frivole di Ino, la bava di Asuma e gli sguardi di compassione di Choji e Kurenai.
Doveva essere una congiura contro la sua persona, ne era certo.
- Sai che mi dispiace vedere quella povera donna sempre tutta sola, - rispose sua madre, indicando la maestra Yuhi. – mentre i tuoi amici si sono imbucati. Dovevano parlarti, credo. –
Shikamaru si fece pensieroso: ed ora che volevano quei seccatori?
Con la coda dell’occhio vide il piccolo Asuma correre felice contro Temari, che lo accolse tra le braccia. Doveva esserci una vena masochistica molto pronunciata nel bambino per affezionarsi a quella donna seccante, ma in fondo lui poteva capirlo benissimo. Poi notò a cosa esattamente il bambino si stesse affezionando, col capo poggiato sul decolté della sua ragazza, e non poté fare a meno di sentirsi irritato e.. geloso? Per tutti i kami, era geloso di un bambino.
- Allora? – domandò Choji con aria da cospiratore. Shikamaru non riusciva a staccare gli occhi di dosso a Temari, che ora parlava tranquillamente con Kurenai. Possibile che non le desse fastidio?
- Cosa? –
- Lei ti ha detto qualcosa? Tu le hai detto qualcosa? Sai, io ed Ino saremmo molto felici se lei dovesse trasferirsi qui. – esalò tutto d’un fiato. Il Nara fece parecchia fatica a comprenderlo, soprattutto perché, dall’altra parte della stanza, sua madre lo stava fulminando con lo sguardo: alza il culo ed apparecchia, sembrava voler dire.
- Ah, no. Non ne abbiamo parlato molto. Per ora la situazione è in stallo, ma non ti preoccupare. –
Choji non sembrava molto convinto.
- Guarda che non devi avere paura, io sono sicuro che Temari accetterà. –
Finalmente Shikamaru si voltò a guardarlo.
- Oh certo che accetterà, - approvò con voce ferma. – non aspetta altro che glielo chieda, ma è troppo orgogliosa per ammetterlo. –
- Perdonami, ma non capisco… e allora cosa state aspettando? –
Il giovane Nara sorrise, dirigendosi in cucina per prendere i piatti da portare in tavola prima che sua madre lo uccidesse a suon di padellate.
- La prossima mossa, Choji. – sussurrò.
 
- Ti devo parlare. – le disse Ino in un orecchio. Kurenai si era allontanata per aiutare Yoshino a portare la cena a tavola, visto che Shikamaru era impegnato ad apparecchiare. Choji, con ogni probabilità, tentava di sgraffignare qualche stuzzichino all’insaputa della padrona di casa. Lui voleva molto bene alla cara signora Nara, ma cucinava una miseria rispetto ai piatti di sua madre e lui aveva bisogno di cibo per mantenersi in forma.
Temari sospirò, ignorando Asuma che s’era messo a giocare con i lobi delle sue orecchie.
- Che vuoi? – sbottò verso la Yamanaka. In realtà sapeva dove quell’isterica biondina volesse andare a parare, ma sperava con tutta se stessa di sbagliare. Magari Ino voleva parlarle di nuove tecniche ninja o di strategie da usare durante una missione pericolosa…
- L’appuntamento è stato un disastro! – si lamentò, portandosi le mani ai capelli. – Non siamo duranti neanche mezz’ora e Sai è stato un vero cafone. Oh, la mia vita è finita! – terminò con tono melodrammatico.
Temari la fissò con lo stesso interesse con cui di solito osservava le lucertole stendersi al sole. Asuma cominciava a pesarle in braccio, ma il bambino sembrava non avere alcuna intenzione di scendere, soprattutto ora che aveva preso a giocare coi suoi capelli.
- Ma dai, non mi dire. – biascicò. Ino l’afferrò per un braccio, portandola in un angolo della stanza per avere un minimo di privacy.
Come se a qualcuno importasse della sua vita amorosa, pensò la kunoichi della sabbia.
- Mi ha dato della grassa! – sbraitò in preda ad una crisi isterica. Temari davvero non capiva cosa ci fosse di tanto tragico in ciò. Certo, non era il miglior modo per conquistare una donna, ma non trovava che fosse un insulto così grave. Shikamaru la prendeva in giro spesso, soprattutto nell’ultimo periodo, eppure lei non aveva mai avuto problemi: una minaccia col ventaglio e via, quello scansafatiche di uomo tornava a vegetare come al solito e lei poteva continuare a vivere tranquillamente.
- E allora? – domandò, poiché Ino non pareva intenzionata a continuare.
- Ovviamente l’ho mollato lì, urlandogli contro. – rispose l’altra, secca. – Perché non dici niente? –
- Perché sapevo che sarebbe finita così. – disse con un’alzata di spalle, che disturbò un Asuma tutto intento a scioglierle un codino. – Sai non è quello giusto per te. –
La Yamanaka aveva spalancato la bocca in una smorfia, gli occhi azzurri piena di cieca incredulità.
- Ma questa mattina avevi detto il contrario! – la accusò, puntandole un dito contro. Il tono acuto di Ino e gli sbuffi di Temari avevano attirato l’attenzione degli altri, che si limitavano a fissarle con preoccupazione (Shikamaru) e vivido interesse. Nessuno avrebbe mai scommesso che tra le due kunoichi potesse nascere una qualche sorta di amicizia disinteressata.
- Ti ho solo detto di provare con Sai, non che sarebbe stato la tua anima gemella. Tuttavia era abbastanza ovvio che ti saresti presto stancata di lui, anche se quel poveraccio ti avesse riempito di complimenti per tutto il tempo col suo sorriso inquietante. –
Ino Yamanaka alzò un sopracciglio, chiaramente seccata dai giochi di parole della Sabaku. A lei piacevano le risposte dirette, niente roba da cervelloni come Shikamaru: non li capiva, non ci arrivava, perdeva giornate intere a rimuginarci sopra e alla fine giungeva sempre alla conclusione sbagliata. Lo sapeva che non doveva fidarsi di Temari.
- Ragazze è pronto! – urlò Yoshino Nara, tirando un orecchio al figlio per chissà quale motivo.
- E allora? Quale sarebbe quello giusto per me? – chiese Ino spazientita, ignorando i richiami della madre di Shikamaru. – E stavolta dillo sinceramente, caro genio della situazione. –
Temari assunse un’aria pensosa mentre Asuma le si agitava tra le braccia.
- Mi dispiace, ma devi capirlo da sola. – rispose infine, scuotendo la testa ma internamente divertita. L’ambasciatrice della sabbia raggiunse gli altri, dove vi era uno Choji immerso nella contemplazione di un piatto di pesce.
- Oh cara, siediti e dai Asuma a me, non voglio che ti stanchi. – commentò Yoshino con premura. Era così gentile che nessuno avrebbe mai immaginato fosse quella stessa donna che il giorno prima aveva cercato di uccidere il suo unico erede con una padella ed un mestolo di ferro.
- Sto bene, grazie. Non mi dà alcun fastidio. – replicò Temari con un sorriso.
Ino era ancora nell’angolo, confusa e spaventata. Cosa volevano dire quelle parole? Cosa avrebbe dovuto capire lei? Ancora giochi e giri di parole, non ne poteva più. Forse era stato un errore chiedere aiuto a quella squilibrata del villaggio della sabbia.
- Ino non vieni? – domandò Kurenai. La Yamanaka scosse il capo, dirigendosi verso il bagno.
- Arrivo subito. Non aspettatemi e cominciate pure. –
Ebbene Ino Yamanaka non era una che si arrendeva facilmente: a costo di metterci tutta la vita, ma prima o poi avrebbe svelato l’arcano.
 
 
 
Note:
Ciao a tutti! Ta-daaaan il quarto capitolo è qui tra noi! Mmh… a dire il vero ho dei dubbi, non so se si capisce la linea temporale. Insomma sembra quasi che sti poveretti passino da una parte all’altra senza senso. In realtà un senso c’è, anche se difficile da notare u.u: le prime due parti, che vedono protagonisti Shika e Tem, sono ambientante all’ora di pranzo del giorno del meraviglioso discorso tra Ino e la Sabaku, che si era diretta da Kurenai per parlare con Shikamaru riguardo spostamenti e robe varie; quella dell’appuntamento (oh cielo, povero Sai!) è nel pomeriggio; le parti a casa di Yoshino sono di sera, dopo l’incontro di sfuggita con Kakashi e company del capitolo scorso.
Detto ciò, passiamo pure a spiegare un altro punto, che temo non sia stata molto brava a rendere comprensibile >.< Shikamaru vuole che Tem stia a Konoha, ma ritiene che chiedendoglielo lei pensi che lo faccia solo a causa della gravidanza (e non per ammmore!); d’altra parte Temari vuole, anzi esige, che quel bradipo del Nara glielo chieda, ma non vuole ammetterlo e quindi accetta il fatto che non potranno vedersi molto quando lei tornerà a casa (prima il dovere e poi il piacere). Ergo, situazione di stallo che prima o poi si risolverà.
Ultima cosa: oddio non avevo idea di come Sai avrebbe potuto comportarsi durante un appuntamento, quindi capisco chiunque dirà che la sua scena è orribile xD
Devo poi ringraziare con un grossissimo bacio quelle bellissime creature (?) che hanno commentato il capitolo scorso, facendomi tanti bei complimenti! Ragazze grazie a voi che continuate a leggere! *_* Non sapete quanto i vostri pensieri mi rendano felice e per questo non smetterò mai di dirvi grazie!
Come sempre sarei contenta di sapere cosa ne pensiate perché ogni commento, che sia positivo o negativo, è un motivo in più per continuare e migliorare tante di quelle cose che non vanno in questa storiella xD
Un bacio e alla prossima! ^^


 

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Capitolo 5
*** L'idea di Ino, la disperazione di Temari e la partenza del trio ***


 
Una volta qualcuno le aveva detto che il bagno è l’ambiente migliore per stimolare le riflessioni ed Ino ci credeva. Il bagno di casa Nara era un luogo accogliente, perfetto per scervellarsi sulle parole della squilibrata.
Negli attimi successivi la discussione con Temari, Ino aveva pensato che rivolgersi alla kunoichi della sabbia – indubbiamente malata vista la famiglia che si ritrovava – per un consiglio amoroso era stato un grave errore. Non solo si era mostrata nella sua debolezza più grande ad un nemico, ma non aveva combinato nulla! Anzi si sentiva ancora più confusa di prima.
La bionda kunoichi si morse il labbro inferiore. Non poteva rimanere in quel bagno per il resto della vita, anche se l’idea sembrava alquanto allettante. Avrebbe potuto chiedere alla signora di Nara di portarle da mangiare di tanto in tanto e lei si sarebbe risparmiata l’onta di vedere tutti i suoi amici felicemente fidanzati/ammogliati.
Ino si diede uno schiaffo. Fece male, ma era necessario. Non poteva lasciarsi andare allo sconforto, doveva reagire ed essere forte: l’uomo della sua vita era lì fuori, nascosto da qualche parte, e lei prima o poi l’avrebbe trovato.
“Pensa Ino, pensa… se ci è arrivata Temari puoi arrivarci anche tu” disse rivolta a se stessa.
Ricordava perfettamente i nomi annotati nella lista, quelli depennati senza pensarci (in primis Gai-sensei) e quelli ancora in lizza.
Giusto, pensò, bisogna concentrarsi su quelli ancora disponibili. Ma quale tra questi avrebbe fatto al caso suo?
Ino poteva sentire il vociare dei suoi amici, le risate di Asuma e i borbottii di Shikamaru.
- Kakashi-sensei è escluso. Troppo vecchio - stabilì, cominciando a camminare avanti e dietro per la stanza. Se qualcuno l’avesse vista in quel momento, l’avrebbe presa per pazza con ogni probabilità. - Ho ancora qualche speranza con Sasuke, ma diventerebbe troppo difficile con Sakura tra i piedi. E poi riuscire ad avere un permesso per vederlo è più arduo che diventare Hokage. -
Era difficile non sentirsi scoraggiati quando ogni possibilità sembrava esserle preclusa. Lanciò qualche maledizione mentale a Sakura, così giusto per sentirsi meglio, poi tornò alle sue riflessioni.
- Mmh… potrei provare con Kiba,- soppesò, portandosi la mano sotto il mento e continuando a camminare. - ma ho paura di ritrovarmi i vestiti pieni di pulci. No, non è quello adatto a me. -
Se solo Temari le avesse dato la risposta esatta lei si sarebbe risparmiata tutto questo stress, ma l’ambasciatrice della sabbia era sadica e subdola: amava vedere la gente soffrire. E non era un’opinione di Ino, insomma bastava vederla combattere per capire che aveva una tendenza all’omicidio simile a quella dei fratelli.
- Scartando le varie ipotesi, l’unico rimasto è…-
In quell’istante qualcuno bussò alla porta. La ragazza sobbalzò e, contro ogni sua volontà, si ritrovò ad arrossire: e se l’avessero ascoltata? L’avrebbero portata in un manicomio, magari a far compagnia all’Uchiha.
In effetti, pensandoci, non era poi una così brutta idea.
- Tutto bene? - domandò Kurenai, dall’altra parte della porta.
- Oh certo! - rispose Ino, uscendo. La sensei la guardò preoccupata, indecisa se parlarle o meno. - Non è nulla, davvero. Avevo solo bisogno di andare in bagno. - continuò la più giovane, sorridendo in modo inquietante.
- Con chi stavi parlando? - domandò l’altra con un evidente sguardo compassionevole.
- Nessuno! Io… insomma, nessuno! –
 Kurenai non sembrava convinta, ma Ino accelerò il passo per evitare qualche altra domanda imbarazzante.
Prese posto a tavola tra Choji e Shikamaru, che fissava con astio Temari per qualche oscura ragione. Tutto quel pensare aveva fatto venire una gran fame alla Yamanaka, che si servì subito stando attenta a non abbondare troppo. Adesso che aveva finalmente compreso chi fosse il suo ragazzo perfetto non poteva permettersi di diventare gigante come una balena.
- Menomale che sei arrivata, - le sussurrò Choji nell’orecchio. - qui la tensione può tagliarsi con una bacchetta. Ah, ne metti un po’ anche a me? Questo pesce è delizioso! -
Ino sbatté le palpebre un paio di volte.
- Perché? - chiese. Era stata via solo per qualche minuto, possibile fosse accaduto qualcosa di così tragico?
- Temari deve tornare a Suna ed io dovrò accompagnarla. Non è in condizioni di viaggiare da sola. - rispose Shikamaru, intromettendosi.
- E’ una sciocchezza. Non ho bisogno della balia. - aggiunse a tono la Sabaku. - Posso farcela tranquillamente da sola. -
- No che non puoi. -
- Sì, invece! -
- Sono d’accordo con mio figlio, cara. Non è salutare per te viaggiare sola per tre giorni. - annuì la signora Nara, strappando di mano a Choji il piatto di pesce (o meglio, con quello che vi era rimasto).
- Ma non è nulla, davvero. Sono abituata a viaggiare sola e la tratta Suna-Konoha ormai la conosco come le mie tasche. Non ha senso scomodare Shikamaru per farmi da accompagnatore. -
- Tsunade può fare a meno di me per qualche giorno. - grugnì proprio il Nara, eppure una nota di insicurezza incrinava la sua voce.
Temari roteò gli occhi, chiaramente in disappunto.
- Saresti solo una palla al piede: mi rallenteresti e non sopporterei le tue lamentele continue. - esclamò con vigore. La Sabaku sembrava convinta a non cedere.
Fu in quel momento che Ino decise di intervenire e attuare il proprio piano.
- Posso andare io con lei, - asserì con un sorriso. - in fondo nessuno ha un bisogno urgente di me qui. -
Choji per poco non si strozzò con quello che stava mangiando, la maestra Kurenai dovette intervenire con delle sonore pacche dietro la schiena per evitare che soffocasse a causa dello shock. Temari e Shikamaru parevano entrambi diffidenti, mentre la signora Nara trovò l’idea splendida.
- Io con quella non viaggio neanche morta. - mormorò l’ambasciatrice di Suna.
- Non credo che Ino sia la persona adatta. - continuò Shikamaru, guardandola strano.
- M-ma perché? - balbettò Choji che non ci stava capendo più nulla.
La Yamanaka si portò il ciuffo biondo dietro l’orecchio.
- Ho bisogno di cambiare aria e il villaggio della Sabbia sembra fare al caso mio. Non ci sono molte missioni da svolgere da quando è stata istituita la pace tra i villaggi e all’ospedale non c’è mai nulla da fare, se non le solite medicazioni che Sakura e gli altri possono realizzare anche senza la mia presenza. -
Sul tavolo cadde il silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Shikamaru voleva davvero accompagnare Temari, ma se l’intervento di Ino gli avrebbe risparmiato un viaggio di sei giorni totali, allora non poteva dirsi proprio infelice.
- Ripeto: non ce n’è bisogno.- affermò la Sabaku. - La Yamanaka dovrebbe viaggiare per sei giorni consecutivi e solo per accompagnarmi a casa. Oh Kami, è uno spreco di energie. -
- Non sarebbe uno spreco di energie se rimanessi a Suna per un po’- propose proprio Ino. - Sarei utile, davvero! In fondo sono un ninja-medico e potrei aiutarti per la gravidanza. -
- Anche a Suna abbiamo ninja-medico specializzati. - sostenne Temari con fermezza.
- E poi in questo modo toglieremo Shikamaru dall’impiccio, visto che lui dovrebbe rientrare immediatamente a Konoha. - terminò l’altra. - Non trovate che sia una perfetta soluzione? -
Le ultime parole di Ino sembravano aver convinto tutti, eccetto la ninja di Suna che aveva un vago sospetto su quale fosse il reale motivo che aveva spinto la Yamanaka ad offrirsi. E no, l’amicizia e lo spirito di fratellanza non c’entravano.
A Shikamaru dispiaceva non poter accompagnare lui stesso Temari e magari approfittarne per parlare anche con Gaara e Kankuro, ma non poteva pretendere dall’Hokage un soggiorno troppo lungo e lui preferiva risparmiare le giornate festive per i giorni a venire. Gli pareva quasi impossibile, ma Ino si stava rivelando più utile di quanto immaginasse.
- E sia. Forse è proprio la soluzione migliore. - dichiarò con uno sbadiglio.
- Oh bene, adesso mi sento più tranquilla anche io. - aggiunse la signora Nara. Nessuno sembrava intenzionato a supportare le ragioni della ninja di Suna.
- Tsunade non ne è ancora al corrente. - disse questa. - Credo stiate correndo un po’ troppo.-
- Sarà sicuramente d’accordo! - s’affrettò a rispondere Ino Yamanaka.
A Temari, improvvisamente, passò la fame. Come avrebbe fatto a sopportare quella petulante creatura per tutto quel tempo? Ad un tratto immaginò di poterla abbandonare lungo il tragitto per il villaggio della Sabbia.
- Non ne capisco il motivo. - mormorò Choji che pareva il più dispiaciuto tra i presenti. – Dobbiamo allenarci e non è vero che non ci sono missioni. Se tu parti per Suna, con chi ci alleneremo io e Shikamaru? E chi aiuterà Sakura o la consolerà quando sarà triste per colpa di Sasuke? –
Ino sembrò stizzirsi.
- Che si consoli da sola! – sbraitò. – Non posso perdere tempo dietro i suoi problemi amorosi, anche io ho i miei! –
- E al nostro team non ci pensi? –
- Shikamaru è sempre impegnato per conto dell’Hokage, del team rimaniamo solo io e te, Choji. –
- E allora verrò a Suna anch’io! –
- Cosa?! – esclamarono Ino e Temari all’unisono, tra il sorpreso e lo sconvolto.
- Sì, - affermò con vigore Choji. – E’ pericoloso far viaggiare da sole due ragazze. –
- Siamo ninja, non semplici donzelle indifese. – sottolineò la Sabaku.
- E poi cosa credi, noi sappiamo badare a noi stesse. – aggiunse Ino, con tanto di braccia conserte e sguardo altero. Shikamaru sbadigliò di nuovo: tutto quel ciarlare gli aveva fatto venire sonno.
- E comunque questa non è una scampagnata tra amici. E’ una cosa seria: servono dei permessi per venire a Suna e delle motivazioni reali a supportarli. – concluse Temari.
Choji si rabbuiò. Non voleva essere messo da parte ed era davvero preoccupato per entrambe le kunoichi. In fondo Ino aveva ragione: da quando Shikamaru era diventato di fondamentale importanza per l’Hokage, che ne richiedeva il parere e la presenza su ogni questione, e da quando le missioni erano sempre meno frequenti, il loro team passava poco tempo assieme. A Choji non andava giù di rivedere Ino chissà dopo quanti mesi, era frustante. Si infilò un pezzo di pane in bocca per togliere il retrogusto amaro che la notizia gli aveva lasciato.
- Allora è deciso! – esclamò proprio Ino. – Domani parlerò con l’Hokage e sono sicura che non farà storie. Ah, non vedo l’ora di partire! –
La questione pareva quindi chiusa, definitivamente. Ino Yamanaka avrebbe allietato il villaggio di Suna con la sua magnifica presenza.
Qualcuno, seduto a quella tavola, trovò l’idea orribile.
 
Temari davvero non ci credeva.
Il giorno della partenza era arrivato, più in fretta di quanto immaginasse e con un carico di sorprese. Qualcosa nella mente dell’ambasciatrice le suggeriva che Tsunade-hime, donna forte ed indipendente, l’avrebbe supportata nella sua campagna Temari-deve-viaggiare-sola; e invece la traditrice s’era trovata d’accordo con l’idea di Ino. A suo parere la Yamanaka aveva bisogno di uscire fuori dalle mura di Konoha, nella speranza che questa dimenticasse Sasuke e la smettesse di litigare con Sakura, minando in questo modo alla salute psico-fisica dell’Hokage. Temari dovette trattenersi per non ricordare a Tsunade che l’unica salute in pericolo era proprio la sua, costretta a viaggiare e stare in compagnia di quella rompipalle squilibrata.
Pregò con tutte le sue forze affinché, una volta a Suna, uno dei suoi fratelli togliesse di mezzo la Yamanaka per sempre. Fino a qualche anno prima avrebbe fatto affidamento su Gaara per un impegno del genere, ma ora che il fratellino era divenuto un Kazekage coscienzioso l’unica speranza di Temari risiedeva in Kankuro.
- State attente, mi raccomando. – disse la signora Nara, che aveva riempito gli zaini delle due giovani kunoichi con tanto di quel cibo che sarebbe bastato per un anno intero. Accanto a lei, il suo figlio degenerato borbottava qualcosa.
- Cerca di non uccidere Ino durante il viaggio e sta’ attenta a dove metti i piedi. – grugnì in modo quasi incomprensibile. Temari sbuffò.
- Non dirmi tutte queste parole gentili o mi farai cariare i denti. – replicò.
- Guarda che sono serio. –
- Anche io. E se entro un mese non vedo le tue chiappe a Suna giuro che me la pagherai cara. –
Shikamaru deglutì, non sapendo quanto prendere sul serio quella minaccia.
- Va bene, va bene… - mormorò, grattandosi la nuca. Uno sbadiglio concluse il loro saluto.
A qualche passo di distanza Ino Yamanaka era raggiante. Il giorno prima aveva lavato con cura i capelli, in modo che apparissero ancora più belli e splendenti; inoltre aveva accorciato ancora di più la gonna, mettendo in mostra le gambe lunghe. Gaara non avrebbe saputo resisterle.
- Sei sicura di voler andare? – le domandò Sakura con la sua solita aria affranta. – Guarda che Suna è lontana e saranno poche le persone di tua conoscenza. Non ti mancherà casa? –
- Non vado via mica per sempre! – rispose Ino. L’amica soffriva di un brutto trauma da quando Sasuke, tempo addietro, aveva deciso di abbandonare il villaggio: ora, ogni volta che qualcuno partiva, per breve o per molto tempo, lei si stampava in faccia un’espressione addolorata tanto da sembrare sul punto di scoppiare a piangere. Ino non sapeva se consolarla o prenderla a schiaffi.
- Mi farò sentire spesso, non ti preoccupare. – aggiunse con un sorriso.
- Ti credo. Potresti farmi un favore? – domandò. – Dovresti procurarmi queste erbe medicinali, si trovano nella serra di Suna. –
- Non sono il tuo messaggero! – urlò la Yamanaka, ferita nell’orgoglio. E lei che voleva anche consolarla!
- E’ importante. Ovviamente devi chiedere dei permessi al Kazekage… -
- Intendi Gaara? – l’interruppe Ino. Sakura sbatté le palpebre un paio di volte.
- Sì, naturalmente. –
- Oh perfetto! Non stare in pensiero, me ne occupo io. Le tue erbette saranno in ottime mani! –
A Sakura Haruno il comportamento di Ino pareva alquanto sospetto, ma preferì non indagare oltre. D’altronde chi riusciva a capire quel cervello di gallina doveva essere davvero bravo.
- Siamo pronti? – gridò Kakashi-sensei. E in quel momento un sospiro di disperazione uscì dalla bocca di Temari Sabaku no.
Posso capire la presenza della Yamanaka, ma lui perché deve accompagnarmi?, pensò.
- Si può sapere lui che c’entra con me? – chiese a Shikamaru, per nulla turbato da tale visione. Il ragazzo alzò le spalle con fare noncurante.
- Non ne ho idea, - rispose. – so solo che ha insistito perché si allontanasse da Konoha ed è stato così sfiancante che alla fine l’Hokage ha dovuto accettare la sua richiesta. Forse si è stancato di Gai-sensei che lo pedina ovunque. O forse ha in mente qualcosa da depravato… mah, Kakashi è strano a volte. –
- A volte?! Io direi sempre. –
Shikamaru rispose con un’altra alzata di spalle. Temari, imponendosi di non pensare a quanto fosse sfortunata, si sistemò meglio il ventaglio sulle spalle, pronta per tornare a casa e rivedere i suoi fratelli. Non sapevano ancora della gravidanza e la giovane si domandava quali sarebbero state le loro reazioni.
- Stammi bene – borbottò all’indirizzo del fidanzato, agitando una mano a mo’ di saluto.
- Il tuo romanticismo esagerato mi uccide. – obiettò Nara, rispondendo al sorrisetto ironico di Temari. Tutte quelle parole, quei sorrisi a mezza bocca e le battute pungenti non erano altro che un modo per scherzare, stuzzicarsi a vicenda, come facevano ai tempi in cui non era ancora chiaro quanto si piacessero. Ad un occhio esterno potevano risultare freddi e distanti, ma che importanza poteva avere? Il loro saluto l’avevano già avuto, lontano dagli occhi di tutti.
- E allora partiamo! – urlò Ino, agitando un pugno in aria.
In quell’istante arrivò un trafelato Choji.
- Perdonate… il ritardo. – esclamò col fiatone. – Non potevo non salutarvi. –
- Lui sì che è gentile. – evidenziò Temari, dando una gomitata nello stomaco di Shikamaru. – Prendi esempio. –
Ino corse ad abbracciare il compagno di team.
- Sapevo che saresti venuto! – disse al suo orecchio. – Adesso posso davvero partire tranquilla. Mi raccomando Cho, non mangiare troppo e continua ad allenarti. Prenditi cura di Asuma, Shikamaru e anche del mio negozio di fiori… sono sicura che sarai perfetto dopo i miei insegnamenti. –
- Promesso, ma tu stai attenta. –
Ino agitò una mano, sorridendo felice.
- Ho una missione da compiere e non tornerò da sconfitta. –
Choji alzò un sopracciglio, scettico: come al solito doveva essersi perso qualcosa perché davvero non capiva quale missione dovesse portare a termine Ino. Intendeva forse assistere Temari? A lui, a dire il vero, sembrava che Temari potesse cavarsela benissimo da sola.
Abbracciò un’ultima volta l’amica e la vide sparire oltre le porte del villaggio, assieme a tutto il gruppo.
- Credete che arriveranno sani e salvi a Suna? – chiese a tutti gli altri presenti.
- Se Temari ed Ino non si ammazzano a vicenda… - osservò Shikamaru Nara, con le mani ben piantate nei pantaloni e lo sguardo lontano.
- Ma c’è Kakashi-sensei con loro, non c’è nulla di cui preoccuparsi. – aggiunse Sakura.
 
- Ma lei esattamente perché è qui? – domandò Ino dopo mezz’ora di viaggio. Era stato deciso di procedere con calma, in modo da non far stancare Temari, e fermarsi di tanto in tanto in qualche locanda.
Kakashi, che chiudeva il trio, sorrise sotto la maschera che abitualmente portava.
- E’ una lunga storia. – rispose misterioso. Doveva saperlo che ad Ino piacevano sia i misteri che le storie lunghe.
- Beh abbiamo molto tempo. – fece notare la più giovane.
- Dovremmo concetrarci sul percorso. – replicò il sensei, palesemente a disagio. Temari rallentò per accostarsi ai due ed ascoltare la conversazione.
- Voglio saperlo anch’io, - insistette. – meglio ascoltare lei che i consigli di moda di questa qui. – aggiunse poi indicando la Yamanaka.
- Ehi! – protestò questa.
- Scommetto che è a causa di una donna. – butto lì la Sabaku. Kakashi arrossì violentamente, ringraziando di cuore la maschera che gli copriva gran parte del viso.
- Quale donna? – chiese Ino, avida di pettegolezzo. Davvero non riusciva ad immaginare Kakashi-sensei ad un appuntamento con una donna.
- Non so di cosa stiate parlando, - disse l’uomo, cercando di darsi un contegno. – sono in missione diplomatica. Certo non mi sono offerto di accompagnarvi a Suna per scappare da una psicopatica che… oh guardate, una locanda. Dovremmo fermarci lì! –
Temari sorrise mentre Ino spalancò la bocca in un’espressione buffa: pareva un pesce appena pescato. Non poteva davvero credere a quanto sentito, doveva assolutamente indagare per poi riferire tutto a Sakura.
- Aspetti sensei! – urlò, schivando qualche albero, ma Kakashi aveva accelerato il passo ed arrivò per primo alle porte della locanda.
Forse ha ragione Shikamaru quando dice che le donne sono solo seccature, pensò il povero ninja.
 
Kankuro trovò suo fratello sulla terrazza, a guardare verso un punto imprecisato. Non sapeva per cosa fosse stato chiamato, ma immaginava riguardasse la situazione diplomatica del suo paese. Ne fu felice perché desiderava una nuova missione da tempo.
- Mi volevi? – domandò, ormai alle spalle di Gaara. Il fratello neanche si voltò. Con ogni probabilità doveva averlo sentito arrivare ben prima che lui aprisse bocca.
- Ho ricevuto un messaggio da Konoha. – proferì il Kazekage, serio. A Kankuro quella notizia suonò strana. Che bisogno avevano quelli della foglia di mandare un messaggio quando vi era lì Temari apposta? Poi d’un tratto ricordò: sua sorella era sulla strada del ritorno.
- Temari sta tornando. – confermò Gaara, leggendogli nel pensiero. Quel ragazzo restava sempre inquietante, con o senza Shukaku. – E non è sola. –
- Oh, va bene. – fu quello che Kankuro riuscì a dire. Ambasciatori di Konoha? Che fosse accaduto qualcosa di grave? Robe tipo un’altra guerra? Il maggiore dei Sabaku avvertì un brivido percorregli la schiena. Tutto, ma non un’altra guerra. Ne era già uscito abbastanza traumatizzato dall’ultima.
- La pace non è in pericolo, non temere. – continuò il buon fratellino, che non accennava a voltarsi e guardarlo in faccia. Quelle parole, quel mistero… Kankuro sentiva ci fosse qualcosa sotto. – Non è per questo che due ninja di Konoha stanno venendo qui. –
La pausa di Gaara mise il fratello ancora più sulle spine. Perché aveva lo stramaledetto vizio di parlare sempre con estrema calma? Cominciò a sentirsi in ansia.
- Stanno accompagnando nostra sorella. – setenziò il rosso. Kankuro avvertì immediatamente un groppo in gola. Dovette fare fatica per pronunciare qualche parola.
- E’ ferita? – chiese con impazienza. Non sopportava che qualcuno della sua famiglia potesse essere in pericolo, soprattutto da dopo il rapimento di Gaara.
- No. –
- Sta male, allora? –
- No, non proprio. –
Kankuro fece una smorfia. Il vento muoveva le lunghe vesti del Kazekage, donandogli un’aria malinconica che accentuava ancora di più la preoccupazione del fratello più grande.
- Ha…ha ucciso qualcuno della foglia causando un incidente diplomatico? – provò. Non era mai stato un tipo perspicace come i suoi fratelli o quel tipo di Konoha… quello intelligente col codino, quello che da un po’ frequentava Temari… Oh! Che Temari avesse ucciso proprio lui? Peccato, in fondo gli era simpatico.
- No, nulla di tutto questo. -
- E allora cosa?! – chiese esasperato, allargando le braccia. Gaara finalmente si voltò e li fissò dritto negli occhi. Involontariamente Kankuro deglutì, un po’ a disagio.
- E’ incinta. – rivelò, lapidario.
 





Note:
Oddio scusate il ritardo! >.< Purtroppo ho avuto la connessione ballerina questo mese e i vari impegni non mi hanno permesso di scrivere nulla. In realtà quello che è uscito fuori non mi piace per niente, ma almeno prendiamo atto che qualcosa di nuovo accade xD Purtroppo rileggendo questa storiella ho notato quanto sia stupida e scritta non proprio benissimo…. L’entusiasmo per la coppia e il manga non è passato, tuttavia la storia scritta non mi soddisfa come prima per cui ho paura che gli aggiornamenti saranno sporadici (a meno che non impazzisca all’improvviso e decida di scrivere a manetta xD). MA… ma devo dire che voi, care ragazze che avete recensito lo scorso capitolo, siete meravigliose! <3 Spero che anche questo capitolo sia almeno decente e perdonate i vari errori presenti (non ho ricontrollato!). Ancora un grande, enorme, gigantesco GRAZIE a voi che recensite, seguite o anche solo leggete questa cosa che io ho l’arroganza di chiamare storia! Alla prossima! ^^
Ps: ovviamente dal prossimo capitolo appariranno a tutti gli effetti quei bonazzi di Gaara e Kankuro e scopriremo le tanto attese (?) reazioni u.u

 

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Capitolo 6
*** Il dramma di Kankuro ***


Era la quarta volta che faceva il giro della stanza. Proprio non riusciva a rimanere fermo e proprio non riusciva a mantenere la calma di suo fratello.
- Non vernirmi a dire che non ti importa niente perché non ti credo. – butto lì per aprire la conversazione.
Erano passati tre giorni (Tre giorni e mezzo, Gaara! Tre e mezzo e di nostra sorella incinta neanche l’ombra!, ripeteva il povero Kankuro) da quando il messaggio da Konoha era giunto al palazzo del Kazekage creando scompiglio e drammi.
Gaara, con addosso le solite vesti azzurrine da Kage e seduto dietro un’ampia scrivania, le braccia strette al petto e l’espressione seria in volto, accennò un fugace sguardo al fratello maggiore, che di stare fermo non voleva proprio saperne.
- Certo che lo sono, ma sprecare energie in questo modo è inutile. – rispose tranquillo. Kankuro aprì la bocca e la richiuse immediatamente, non sapendo cosa replicare. Tuttavia riprese a camminare: in qualche modo doveva pur sfogare la tensione.
Non poteva crederci. Non poteva!
La sua piccola ed innocente sorella era incinta. La sorella con cui era cresciuto e si era allenato, colei che l’aveva sostenuto e spronato a diventare più forte – ancora ricordava i suoi insulti amorevoli su quanto fosse una schiappa; ebbene ora proprio quella sorella, anche perché non ne aveva un’altra, era incinta. Ovvero, aspettava un bambino. Non nel senso che l’attendeva, come si attende la posta o la paga per una missione; nel senso che un esserino stava crescendo nella sua pancia: orrore.
Involontariamente fece una smorfia. Sua sorella era un ninja, non una madre. Come poteva essere incinta?
- E se a Konoha si fossero sbagliati? – domandò, bloccandosi d’improvviso nel mezzo della stanza. Gaara non l’aveva perso di vista un attimo: era preoccupato che suo fratello, perso nei pensieri, andasse a sbattere contro una parete o, peggio, contro l’armadio in cui vi erano i documenti più importanti.
- E’ la decima volta che mi fai questa domanda, - disse seccato. – è stata Tsunade stessa a visitarla e dubito possa sbagliarsi quindi smettila di porti il problema. –
- E allora cosa dovrei fare? Starmene fermo ed in silenzio aspettando che mia sorella ritorni? Sono già passati tre giorni e di lei nessuna notizia! – urlò, sbattendo i pugni sul legno del tavolo. Kankuro non era un tipo che si lasciava andare facilmente alla rabbia; certo, era stato un po’ sbruffone da giovane, un attaccabrighe, ma solo una volta gli era capitato di perdere il lume della ragione e rimanere sopraffatto dalla disperazione: durante il rapimento di Gaara, ove ci stava quasi per rimettere la pelle e le marionette. Eppure il comportamento pacato del fratellino, l’eccitazione che serpeggiava tra le giovani kunoichi, guidate da Matsuri e l’altra sciroccata sua amica, le quali non facevano altro che ricordare a Kankuro quanto fosse bella la gravidanza, avere un bambino e altre cose orribili su quella linea, l’avevano esasperato e reso particolarmente incline al melodramma.
- E’ probabile che si siano fermati durante il viaggio. Vedrai che arriveranno tra poco. – decretò il fratello con aria solenne. Kankuro si sgonfiò come un palloncino: non aveva pensato a quella possibilità. A dire il vero l’unica cosa a cui aveva pensato era Temari grossa come un facocero e l’aria da squilibrata che avevano tutte le femmine gravide. Non era una bella immagine.
D’improvviso, non rispondendo più a una qualsivoglia logica comportamentale, il ragazzo si lasciò cadere su una sedia, sprofondando con il capo tra le mani.
- Secondo te cosa dobbiamo dirle? – chiese al fratello. Sapeva che Gaara era il più piccolo dei tre ed il meno esperto in campo relazionale, ma era anche il più intelligente.
Ti prego, almeno tu devi sapere cosa fare, pensò.
- Non ne ho idea. – mormorò il Kazekage con un’alzata di spalle. Kankuro aggrottò la fronte.
- Sei davvero di aiuto… - replicò borbottando.
- Non mi sono mai trovato in una situazione del genere. –
- Neanche io. –
- E se chiedessimo a Matsuri o quelle come lei? – propose Gaara, dubbioso. Il marionettista si raddrizzò, improvvisamente interessato.
- Con l’espressione: quelle come lei, intendi le ragazze? – Il giovane Kage fece un cenno col capo. – Ma sei impazzito? Non ho voglia di mettermi in ridicolo e poi quelle come Matsuri mi esasperano. –
- Non c’è nulla di male nel chiedere aiuto. – sentenziò l’altro. Kankuro appariva ancora più scettico.
- Devi smetterla di sentire quel Naruto Uzumaki, ti fa male. –
- Non parlare male di lui, gli devo la vita. –
Il maggiore dei Sabaku alzò lo sguardo al soffitto. Quando Temari sarebbe arrivata suo fratello se la sarebbe cavata grazie al suo proverbiale sangue freddo e la solennità dovuta al ruolo di Kage, ma lui? Cosa avrebbe dovuto fare lui?
Basta Kankuro, stai diventando melodrammatico! Temari chissà quando tornerà, tu hai ancora un po’ di tempo per pensare.
Fu in quel momento che qualcuno bussò.
Entrambi i fratelli rizzarono la schiena: il primo calmo all’apparenza, forse anche un po’ annoiato da tutto quel trambusto, il secondo sul punto di una crisi di nervi.
Da uno spiraglio fuoriuscì la testolina di Matsuri, seguita da quella di Yukata… o come diavolo si chiamasse la sua amica decerebrata.
- Gaara-sama! – esclamarono all’unisono, perfettamente sincronizzate. A Kankuro venne l’improvvisa voglia di scappare per la finestra.
- Siamo rimaste di vedetta come ci aveva chiesto, – continuò Matsuri. – sfidando il caldo e il freddo, la fame e… -
- e, dopo tanta attesa, finalmente possiamo portarle una bella notizia! - concluse l’altra.
- Che sarebbe? – domandò il marionettista, intuendo la possibile risposta.
- Temari-san è tornata! – risposero sempre in sincrono.
Kankuro prese seriamente in considerazione l’idea della fuga.
- Ci sono anche i due ninja di Konoha? – chiese, invece, Gaara. Matsuri sorrise, felice di poter essere d’aiuto al suo Kazekage.
- Affermativo! – rispose. – Sono il tizio con la faccia coperta e una ragazza bionda. –
Gaara si fece improvvisamente serio: serrò la mascella e una ruga gli si formò in mezzo alla fronte. Anche Kankuro era rimasto stupito dalla risposta. Non credeva che Temari fosse così importante da richiedere l’accompagnamento di un ninja del calibro di Kakashi Hatake. Una minuscolissima parte del suo cervello gli suggerrì che il fastidio all’altezza del petto non era solo preoccupazione per le sorti della sorella, ma anche invidia: per lui non era previsto mai nessun ninja accompagnatore, che sfiga.
Scosse leggermente la testa, allontanando quei pensieri stupidi; adesso doveva concentrarsi solo su Temari.
- Sei sicura? – chiese conferma Gaara. Matsuri pareva convinta ed anche Yukata (o chiunque ella fosse) affermava di aver visto proprio Kakashi della foglia. Alle due fu poi ordinato di scortare il trio dal Kazekage.
- E’ strano. – commentò Kankuro. – Credi che ci sia qualcosa sotto? –
Suo fratello se ne uscì con un’altra alzata di spalle.
- Spero solo che stia bene. – mormorò a bassissima voce, tanto che il ninja delle marionette fece fatica a sentirlo.
Alla porta qualcuno bussò di nuovo. Era un bussare deciso e secco, lontano dalla dolcezza che aveva usato Matsuri poco prima. Prima che Temari mettesse piede nella stanza, i suoi fratelli avevano già capito che l’adorata ed incinta sorella si trovava a pochi passi da loro.
 
Ino non era mai stata nel villaggio della sabbia. Riteneva che il caldo soffocante, gli sbalzi di temperatura repentini e i granelli di sabbia facessero male alla sua pelle, rendendola secca ed aggrinzita. E poi non aveva proprio voglia di andare in giro con qualche turbante in testa per coprirsi dal sole o truccata di viola come il fratello di Temari.
Eppure ora si trovava lì e, contro ogni previsione, ad Ino Suna parve un villaggio abbastanza carino. Forse un po’ monotono, senza spazi verdi (anche se Sakura le aveva parlato di una serra che lei non aveva ancora visto) ed abbellimenti, tuttavia non era così male come aveva sempre pensato.
I palazzi erano grandi e spaziosi e la gente gentile, cosa poteva volere di più? Stava anche per incontrare Gaara.
In realtà Ino si sentiva un po’ a disagio. Non sapeva come comportarsi in presenza del Kazekage, nonostante avesse pressappoco la sua età e avessero combattutto assieme durante la guerra; non sapeva soprattutto come farsi notare da lui. Non le era mai capitato di vedere Gaara interessato a qualcuno che non fosse Naruto.
Le venne poi in mente che il suo futuro fidanzato aveva anche uno stuolo di ragazzine urlanti al seguito, che lo veneravano al pari di una divinità ed avevano quello stesso atteggiamento infantile e civettuolo che sia lei che Sakura, nonché gran parte delle ragazzine di Konoha, avevano assunto da bambine nei confronti di Sasuke.
Sciocche, pensò con sicurezza. Non possono competere con me.
E proprio una di quelle ragazzine le si mise davanti, guidandola nella stanza del Kazekage. Ad Ino parve una ragazzina scialba e senza attrattiva, eppure ricordava che Gaara avesse particolari riguardi nei suoi confronti. Persino Temari la trattava con dolcezza.
- Sono contenta che sia tornata Temari-san! – esclamò gioviale.
- Non è mica la prima volta che vado via, Matsuri. E’ successo qualcosa di importante durante la mia assenza? –
La suddetta Matsuri si voltò, guardando la Sabaku come se fosse un’idiota.
- Certo! – urlò. – E ne siamo tutti felici! –
Ino vide Temari alquanto confusa. In effetti anche lei non ci aveva capito molto e Kakashi sembrava perso nei suoi pensieri. Purtroppo né lei né la ninja di Suna erano riuscite a farlo parlare durante il viaggio e il reale motivo che aveva spinto il sensei a prendere parte alla spedizione non era ancora chiaro, ma la Yamanaka sapeva che doveva trattarsi di un pettegolezzo succoso e non vedeva l’ora di scoprirlo.
Arrivati dinanzi ad un porta Temari bussò con poca grazia e, senza aspettare alcun cenno, entrò, seguita a ruota da tutto il gruppo.
La prima persona che Ino vide fu proprio Gaara e appurò non fosse cambiato neanche di una virgola. Forse il viso appariva leggermente più adulto, dando al Kage un’aria un tantino più virile e meno adolescenziale. Trasmetteva grande padronanza e sicurezza, nonostante all’apparenza fosse tranquillo. Kakashi, al suo fianco e poco dinanzi a Temari, stava per salutare il giovane dai capelli rossi come si conveniva ad una figura della sua importanza, quando un tizio vestito tutto di nero e dall’aria stravolta, che Ino riconobbe come Kankuro Sabaku no, lo spinse di lato, gettandosi sulla sorella.
- Temari, stai bene? – urlò a due centimetri dal viso della ragazza, dopo averle afferrato le spalle e scossa per qualche secondo.
- Sì, ovvio. – rispose questa. La sua testa si piegò di lato e lo sguardo passò al fratello minore, seduto comodamente su una sedia. – Ho delle questioni urgenti da esporti. –
Kankuro la lasciò andare, indietreggiando di qualche passo.
- Bene, stavamo aspettando da tre giorni e mezzo. – disse con tono di rimprovero.
- In effetti siamo un po’ in ritardo, ma per ovvi motivi. – intervenne Kakashi. Ino preferì non dire una parola.
- Mi dispiace, - replicò Temari, stranita dal comportamento del fratello di mezzo. – ma ho tutti i rapporti pronti e posso farteli vedere quando vuoi Gaara. –
- Rapporti? – domandò Kankuro.
- Sì, rapporti. – La ninja della sabbia si rivolse al fratellino minore, che non aveva ancora aperto bocca o mosso un muscolo. – Ma ha bevuto? –
- A chi frega dei rapporti! Noi dobbiamo parlare del bambino che cresce nella tua pancia! – urlò in risposta Kankuro, indicando il ventre della sorella. Questa si irrigidì, ma non sembrò particolarmente scossa.
- Oh quindi l’avete saputo. – decretò. Poi si voltò verso Kakashi. – Avevo chiesto all’Hokage di non far trapelare nulla. –
Il copy-ninja allargò le braccia.
- Non ne so nulla, mi dispiace. – obiettò. Nel frattempo Kankuro si era avvicinato di nuovo alla sorella.
- E’ un errore, vero? – domandò a Temari. Quel ragazzone fece un po’ pena ad Ino: poveraccio, doveva davvero averla presa male.
- Di questo ne vorrei parlare in privato. – s’intromise Gaara con un tono imponente. La giovane ninja di Konoha sentì un brivido percorrerle la schiena.
Ha la stessa freddezza di Sasuke, pensò. Ma fa addirittura più paura.
- Se non vi è di disturbo, - continuò il Kazekage. – vorrei discutere con i miei fratelli della questione. Nel frattempo Matsuri vi accompagnerà alle vostre stanze e sarà completamente a vostra disposizione. –
Kakashi, afferrato il messaggio, si avviò alla porta accompagnato dall’allieva di Gaara. Ino lanciò un’ultima occhiata ai tre fratelli, indugiando per qualche secondo sul più piccolo. Il suo era un evidente tentativo di approccio, ma il Kazegake fissava serio la sorella, ignorando completamente Ino e gli altri.
Fu un duro colpo per l’autostima della Yamanaka, ma in fondo era ancora il primo giorno.
Non devo preoccuparmi.
- Vi faccio vedere le vostre stanze. – annunciò Matsuri. – Kakashi-san è alla prima porta a destra, poco lontano dalla camera di Kankuro-san, mentre Ino-san è proprio qui vicino. –
La ragazzina si fece da parte ed invintò la ninja di Konoha in una stanza ben illuminata e, almeno a prima vista, abbastanza grande. Ino approvò l’arredamento, nonostante fosse alquanto scarno e di un unico colore.
- Ehm… dormo solo io in questo corridoio? – domandò. La stanza di Kakashi era vicina a quella di Kankuro, mentre la sua sembrava persa nel nulla del palazzo. Matsuri fece mente locale per qualche secondo, poi rispose:
- Sì, mi dispiace. L’unico che ha la camera su questo piano è Kankuro. –
- E Gaara? –
- Al piano di sopra. –
Ino memorizzò l’informazione, immaginando già di trovarsi per puro caso a camminare per i corridoi del piano superiore.
- A proposito, - aggiunse poi Kakashi-sensei. – più tardi vorrei parlare proprio col Kage riguardo alcune questioni, potresti riferirlo? –
- Nessun problema. –
- Oh anche io devo parlarci! – strepitò la Yamanaka. Kakashi assunse una strana espressione ed Ino comprese di essere apparsa troppo eccitata: doveva darsi un contegno. – Sakura ha bisogno di alcune erbe che solo a Suna vengono coltivate e mi ha affidato il compito di occuparmene. –
Matsuri parve convinta e promise ad entrambi gli ospiti che avrebbe avvisato Gaara-sama.
Il piano di conquista di Ino stava per essere messo in atto.
 
Temari si sedette, esausta dopo il viaggio compiuto. Non l’avrebbe ammesso dinanzi a nessuno, soprattutto i suoi fratelli, ma la nausea l’aveva colpita alcune volte durante i tre giorni di cammino, s’erano dovuti fermare e lei, sotto gli sguardi dei ninja di Konoha, aveva dovuto rallentare il ritmo o a Suna non sarebbe arrivata ancora tutto sommato in forma. L’unico problema erano le caviglie, che le dolevano moltissimo. Non ricordava fosse così pesante viaggiare fino al suo villaggio. Si sentì debole, ma fu una sensazione fuggevole perché subito l’attenzione fu catturata da Gaara, che si era alzato e l’aveva raggiunta. Temari non ricordava fosse diventata così alto ed… adulto.
- Come ti senti? – domandò.
- Male, ovviamente. Ma grazie per avermelo chiesto. – rispose Kankuro, attirando l’attenzione su di sé. Il giovane ninja delle marionette aveva seguito l’esempio della sorella, s’era quindi seduto e con un’espressione addolorata fissava il vuoto.
- Non parlavo con te. – lo freddò il fratello minore. Temari scosse la testa.
- Da quando è diventato depresso? – mormorò a bassa voce, indicando Kankuro.
- Da quando un messaggio dell’Hokage ci ha dato la notizia. –
Tra i tre fratelli scese il silenzio. Da fuori non proveniva neanche un rumore, al villaggio il tempo sembrava essersi fermato.
- Volevo darvi la notizia di persona, ma Tsunade non doveva pensarla a questo modo. – disse Temari spezzando la calma imbarazzante che si era venuta a creare. – Le avevo fatto richiesta di non rivelare la cosa a nessuno, purtroppo non mi ha dato ascolto. –
- E’ stato brutale. – aggiunse Kankuro, che pareva stesse parlando più a se stesso che ad altri. Nessuno gli prestò attenzione.
- E’ Shikamaru, giusto? – chiese poi Gaara. Non che lui non avesse a cuore la salute della sorella, anzi era assai preoccupato, ma il suo ruolo di Kage lo portava a tener conto anche di altri tipi di preoccupazioni.
Temari confermò.
- Quel traditore! – sibilò ancora Kankuro. La maggiore sbuffò.
- Non fare il fratello geloso e non prendertela con lui, queste cose si fanno in due. –
- E infatti me la prendo anche con te! – replicò. – Cosa ti passava per la testa in quel momento? Hai forse dimenticato chi sei e a quale villaggio appartieni? –
Temari assottigliò lo sguardo e se non fosse stata troppo stanca per il viaggio ed oltraggiata per le parole del fratello, probabilmente l’avrebbe fatto a fettine col suo ventaglio.
- Lo so benissimo. – soffiò.
- Non mi pare. –
- Adesso smettetela. – intervenne Gaara con voce ferma. – Vi state comportando come due bambini. Soprattutto tu, Kankuro. La questione è seria, non c’è bisogno di litigare. –
La Sabaku sospirò, sorpresa dalla reazione dei fratelli. Non si aspettava un caloroso abbraccio di famiglia, con tanto di festa a tema per il ritorno, ma almeno un congratulazioni potevano dirglielo. E menomale che a loro Shikamaru stava simpatico: non voleva neanche immaginare quale reazione avrebbero avuto se il padre fosse stato un tipo come l’Uchiha – sicuramente Gaara l’avrebbe ucciso, ancora non riusciva a farselo piacere nonostante le insistenze di Naruto.
- Secondo me, - esclamò. – vi state preoccupando per nulla. E’ tutto già risolto: andrò a vivere con Shikamaru a Konoha, ma continuerò a svolgere il mio ruolo per conto del Kazekage. –
Gaara non parve sorpreso a quella rivelazione, al contrario Kankuro stava boccheggiando come un pesce.
- Eh?! – fu l’unica cosa che riuscì a dire.
- L’Hokage non me ne ha parlato nel messaggio. – rispose il rosso. Temari prese a giocare con un codino, stando attenta a volgere lo sguardo altrove.
- Diciamo che non ne è ancora al corrente. – borbottò con fare noncurante.
- Ma tu non puoi andartene! – sostenne Kankuro, ritrovando finalmente le sue capacità espressive. – Qui sei sempre stata bene, perché vorresti andare via? Insomma a chi importa di quel ninja col codino?! –
Temari alzò gli occhi al cielo.
- E’ il padre. – sottolineò.
- Ed io sono lo zio, fratello della madre. –
- Certo sarebbe stato carino parlarne prima con noi, in particolare con me visto che sono il Kazekage. –
- Ecco, bravo Gaara. Diglielo anche tu che a nessuno di noi importa di questo Shikamaru. –
- Non poteva parlarvene, - dichiarò la kunoichi. – perché neanche lui ne è ancora al corrente. –
Questa volta persino Gaara fu costretto a mostrarsi un tantino sorpreso.
- Non sa che hai intenzione di trasferirti? – domandò dubbioso. Nel frattempo Kankuro si stava grattando un orecchio, incapace di comprendere se quanto sentito fosse la realtà o l’ennesima prova che tutto quello stress l’aveva portato ad un passo dall’insanità mentale.
- Non gliel’ho mai rivelato, ma ovviamente lui deve averlo intuito. –
- Ma perché non gliel’hai detto apertamente? – chiese il maggiore dei due fratelli. Non ci stava capendo molto di quella storia.
- Perché deve essere lui a propormelo! – rispose Temari, come se la cosa fosse ovvia.
- Ma se l’ha intuito, allora perché non l’ha fatto? – Questa volta la domanda proveniva da Gaara. Era stranito tanto quanto Kankuro, ma riusciva a non darlo a vedere.
- Solo i Kami sanno cosa passa per la testa di quel pigrone! – esclamò la sorella, allargando le braccia ed alzandosi. – Io sono stanca e ho davvero bisogno di dormire, - continuò. – che ne dite se riprendiamo la conversazione domani? E mi raccomando, smettetela di preoccuparvi. Ve l’ho detto: è tutto sistemato. –
Gli altri due presenti non parevano molto d’accordo, ma acconsentiro perché Temari andasse a riposare. La videro uscire stiracchiandosi e assumendo un’espressione che ricordava vagamente quelle assonate di Shikamaru Nara.
Fu in quel momento che Kankuro seppe che la fine era vicina: la metamorfosi aveva avuto inizio.
 
Dalla finestra della sua camera Ino si rese conto di aver dormito per tutto il pomeriggio. Fuori era buio ed erano poche le persone ancora in giro.
Ancora assonnata si stropicciò gli occhi e sbadigliò rumorosamente. In fondo a Suna si dormiva bene, non era un villaggio chiassoso come quello della foglia.
Rimase stesa sul letto ancora per un po’, crogiolandosi nella morbidezza delle lenzuola, ma un brontolio dello stomaco le ricordò che non aveva toccato cibo da quella mattina ed ora aveva una fame da lupi.
Si chiese se avessero già cenato o per gli abitanti della sabbia fosse ancora troppo presto.
- Non devono ancora aver cenato, è ovvio. – disse tra sé e sé. – Altrimenti mi avrebbero avvisata. –
Si aggiustò i capelli, ravvivandosi la coda alta, poi uscì dalla propria camera. Il corridoio era vuoto e silenzioso ed Ino si sentì un po’ sola in quel luogo sconosciuto, ma non si fece prendere dallo sconforto: aveva una missione da compiere.
Camminò per qualche minuto, andando su e giù per quei corridoi deserti, alla ricerca di una cucina o qualsiasi stanza in cui vi fosse del cibo. Non solo in quell’enorme palazzo non sembrava esserci traccia di un essere umano, ma la sua fame continuava ad aumentare e lei non sapeva proprio come placarla. Possibile che fossero scomparsi tutti? Cibo compreso?
Le venne allora in mente che magari quelli di Suna non avevano l’abitudine di cenare e quindi lei era rimasta fregata. L’unica cosa che poteva fare era cercare una locanda e mangiare qualsiasi cosa le capitasse a tiro.
Però dovette pure ammettere che cenare da sola, in un paese sconosciuto ed in una locanda che a dire il vero ancora doveva trovare, era una cosa alquanto triste. Peccato che non conoscesse la stanza di Temari, altrimenti l’avrebbe invitata per una serata da donne; tuttavia conosceva perfettamente la collocazione della camera di Gaara.
Se lo invitassi così, di punto in bianco, potrei sembrare troppo precipitosa, valutò. E allora chi avrebbe potuto accompagnarla?
- Ma Kakashi-sensei! – urlò.
Con passo veloce arrivò sino alla sua camera e bussò due volte, decisa. Attese per qualche secondo… anche più di qualche secondo, ma il copy-ninja pareva non esserci. Ino appoggiò la fronte sulla porta di legno, maledicendo la propria sfortuna. Non riusciva a capire dove quel disadattato del sensei potesse essersi cacciato e di Temari neanche l’ombra, per non parlare di tutti gli altri ninja della sabbia.
- Sono proprio sfigata. – mormorò contro la porta, sbattendovi la testa. E quel pomeriggio Gaara neanche l’aveva guardata! – Sfigata, sfigata… -
All’improvviso i suoi sensi sviluppati le suggerirono che qualcuno era alle sue spalle, ma prima che potesse voltarsi la voce dello sconosciuto le arrivò alle orecchie.
- Che stai facendo? – domandò Kankuro. Aveva un sopracciglio alzato, particolarmente visibile visto che la sua faccia era pulita e non piena di trucco viola, anche i capelli castani erano liberi e non soffocati da quella sottospecie di cappello nero che si ostinava a tenere in testa; tra le mani, invece, aveva dei pezzi di marionetta.
Ino si sentì sprofondare dall’imbarazzo. Non poteva incontrare Kakashi?
- Ehm… niente! – disse con una risatina. Il Sabaku continuava a fissarla senza mascherare il proprio disappunto. – Cercavo Kakashi-sensei per andare a mangiare qualcosa visto che qui cibo non se ne trova neanche a pagarlo. –
- A dire il vero noi abbiamo già cenato e Kakashi ora si trova con Gaara. –
- E nessuno mi ha avvisata?! – strepitò la bionda. Kankuro alzò le spalle, indifferente.
- Non era mio compito. – affermò semplicemente.
- Ed io cosa mangio? Ho fame. –
Per un momento Ino si maledì per non aver seguito il saggio consiglio di Choji.
È sempre meglio portarsi qualcosa dietro, Ino. Non possiamo sapere a cosa andiamo incontro o di cosa avremo bisogno, ma almeno le scorte di cibo possono garantirci la sopravvivenza.
Le mancava Choji e le sue abbuffate della sera e le mancava pure quell’idiota di Shikamaru che non faceva altro che lamentarsi.
Perfetto, era lontana dai suoi amici da solo qualche giorno e già ne sentiva la mancanza.
- Non è un mio problema. – continuò Kankuro. – Addio. –
Ino spalancò la bocca, oltraggiata da tale scortesia.
- Ehi! Non puoi lasciarmi qui! –
Il marionettista sbuffò, ma non fu così crudele da ignorare la ninja di Konoha.
- Dammi cinque minuti e ti accompagno io a mangiare qualcosa. – disse tra i denti, un po’ controvoglia.
Ad Ino la compagnia del Sabaku di mezzo non allettava così tanto, ma non pareva avere altra scelta se non accettare l’invito.
 
 
 
 
 
Note:
e dopo due settimane (o almeno credo siano due settimane) ritorno con un nuovo capitolo! Un po’ più lunghetto di quello precedente e forse con un po’ più errori (perdonatemi, ma anche stavolta ho ricontrollato alla svelta ed è probabile, molto probabile che qualcosa mi sia sfuggito >.<), ma finalmente abbiamo la magnifica presenza deii fratelli Sabaku! Io li adoro, sono fighissimi u.u A parte il mio fangirlismo, non so come siano venuti fuori… ho qualche dubbio sulla loro reazione e non so se posso dire che siano effettivamente IC, fatemi sapere la vostra opinione!
Davvero non so come ringraziarvi per le recensioni che mi lasciate ogni volta, siete carissime e siete il mio stimolo continuo. Perciò spero di non deludervi con questa schifezzella xD
Non so quando arriverà il prossimo, ce la metterò tutta per farlo arrivare il prima possibile! Ho notato addirittura che il numero dei seguiti è aumentato moltissimo e ne sono felicissima! Davvero, davvero grazie! Attendo di sapere cosa ne pensiate stavolta e non vi preoccupate di sottolineare anche le cose negative (purtroppo so che ci sono!).
Un bacio ed alla prossima! ^^
Ps: vi sembra strano che Ino alla fine esca con Kankuro? Beh anche a me.

 

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Capitolo 7
*** Piccoli errori di valutazione ***


- Vieni a mangiare qui spesso? – gli domandò. Il Sabaku non era un amante della buona conversazione, per cui Ino doveva darsi da fare per entrambi.
Il locale era carino, accogliente; certo, non rumoroso e pieno di vita come quelli di Konoha, però poteva andare bene per una cenetta organizzata di fretta e con un accompagnatore improvvisato.
Kankuro non si era fatto problemi a non nascondere il suo disappunto per quell’invito, ma Ino era stata così insistente che alla fine aveva dovuto cedere.
- No. – fu la sua eloquente risposta. La bionda kunoichi alzò gli occhi al cielo e pregò tutte le divinità affinchè le dessero la forza necessaria per arrivare a fine serata. Non era passato poi molto, neanche un’ora, ma ad entrambi sembrava passata un’eternità. Perché, nonostante nessuno dei due avesse voglia di far compagnia all’altro, si trovavano ancora in quel locale, in un angolino riservato e con tanto di candela e mazzolino di rose sul tavolo nessuno l’aveva ancora ben capito.
- Non parlare così tanto o mi si romperà un timpano. – esclamò sarcastica. Prese poi a guardare proprio la rosellina e a giocare con i suoi petali delicati. Non avrebbe mai immaginato di trovare rose rosse nel deserto.
- In effetti è una situazione ambigua. – continuò dopo un po’, alludendo al romanticismo che traspariva da ogni oggetto d’arredamento in quel ristorantino.
Kankuro alzò lo sguardo su di lei, masticando rumorosamente la roba grassissima che aveva ordinato e che Ino non aveva ancora capito di cosa si trattasse.
- Che vuoi dire? – domandò. Sembrava davvero confuso.
La ragazza sbuffò.
- Di questo! – Ed indicò la rosa, la candela e gli addobbi rossi tutt’attorno. – Non sarà mica un locale per coppiette? –
Il ninja delle marionette arrossì violentemente, incapace di fare altro se non boccheggiare come un pesce e guardarsi intorno terrorizzato.
- Forse… - mormorò. – Io non lo sapevo. Me ne parlò una volta Temari, non credevo fosse… fosse un locale per appuntamenti! –
- Mhm, però è carino lo stesso. –
- Il nostro non è un appuntamento. – ci tenne a sottolineare Kankuro. Il rossore sulle guance era rimasto e questo rendeva le sue parole non così decise come lui aveva immaginato. Ino stava per scoppiargli a ridere in faccia, ma con un ragazzo in quelle condizioni era meglio non fare sciocchezze: sarebbe potuto venirgli un coccolone.
- Lo so, non ho mai pensato che lo fosse. – rispose. Il Sabaku riprese a boccheggiare.
E questo era un capitano durante la guerra? Oh cielo, a volte mi chiedo come abbiamo fatto a vincere, pensò amareggiata.
- Oh bene. Bene, bene. – aggiunse proprio il marionettista. – L’importante è aver chiarito. –
- Guarda che non c’era nulla da chiarire. Sono perfettamente conscia del mio fascino e della presa che ha suoi ragazzi come te. –
Kankuro involontariamente piegò il capo, osservando con orrore Ino Yamanaka pavoneggiarsi sulle sue doti fisiche e facendo ondeggiare quella coda troppo lunga che a lui faceva venire il mal di mare.
- Fascino? – ripetè il ragazzo incredulo. – Secondo te io ti avrei portato qui apposta perché sarei attratto da te e dal tuo fascino? –
Ino spalancò gli occhioni azzurri.
- Ovvio. –
- Tu sei matta! –
Non era la prima volta che qualcuno le dava della squilibrata, ma in quel caso alla giovane ninja bruciava decisamente di più: primo, perché quell’idiota era una specie di semi-sconosciuto con cui aveva condiviso una cena solo per pura casualità; secondo, perché, pur essendo semi-sconosciuto, era anche il fratello di Gaara; e terzo, perché nessuno poteva negarle di essere bella. Fu quindi una reazione proporzionata all’offesa la sua.
- Forse tu non lo sai perché vivi in questo buco di sabbia, ma io al mio villaggio ho una schiera di spasimanti che si taglierebbero un braccio pur di venire a cena con me! – sbraitò, dopo aver rifilato a Kankuro un calcio sotto al tavolo.
- E pensi che io ci creda, ragazzina petulante? –
- Sì, perché è la verità! –
- Abiterò anche in questo buco, ma parlo con Temari e lei mi ha detto della tua situazione e del reale motivo per cui sei qui. –
Ino sbiancò, presa completamente di contropiede. Non immaginava che Temari – quel lurido essere traditore che lei per un minuscolo istante aveva persino pensato di poter definire amica – sapesse delle sue mire su Gaara. Kankuro sorrideva soddisfatto mentre lei sentiva il bisogno di nascondersi sotto al tavolo. Senza neanche pensarci scivolò sulla sedia, in un posa che avrebbe ricordato Shikamaru e la sua pigrizia anche nello stare seduti.
Tra i due cadde il silenzio.
- Non mangi più nulla? – domandò il ragazzo, guardando la sua accompagnatrice. Forse non avrebbe dovuto dirle quelle cose, ma lei era così… saccente e voleva sempre avere ragione. Poteva esistere essere femminile più insopportabile?
- No. – rispose secca Ino.
- Ma non avevi fame, tu? –
Fu davvero difficile per la ragazza non mandarlo a quel paese. Prima l’offendeva e poi voleva fare il gentile?
- Non posso introdurre molte calorie. Sto seguendo una dieta per dimagrire. – rispose a malincuore. Non le andava proprio di far sapere i fatti suoi a quel bifolco di Suna.
- Dimagrire? E cosa, i capelli? –
- Non sapevo che anche voi qui aveste del senso dell’umorismo. –
- L’unico a non averne è Gaara. –
Un piccolo sorriso fece capolino sul viso di Ino. Neanche lei era così stupida da pensare di avere davvero bisogno di una dieta, era solo un modo come un altro per attirare l’attenzione su di sé. Peccato che non funzionasse così tanto.
- E a lui come piacciono? – domandò un tantino a disagio. – Le ragazze, intendo. –
- Non saprei, - disse Kankuro meditabondo. – non ne abbiamo mai parlato. –
- Mai? –
- Mai. Lui è il Kazekage. –
La Yamanaka allargò le braccia.
- E allora? –
- Non possiamo parlare con lui di cose così sciocche. –
- Ma è anche tuo fratello! E poi se non parlate tra di voi con chi vorreste farlo? –
Kankuro tornò ad essere impacciato come poco prima.
E’ esasperante!
- Beh… non abbiamo un rapporto così complice, e poi le ragazze non sono la priorità. – borbottò.
- E tu eri quello che voleva prendere in giro me, - sottolineò Ino. – ti rendi conto che sei un caso più disperato del mio? –
- Questo è tutto da dimostrare! –
La Yamanaka sospirò in modo teatrale. I Sabaku erano davvero persone assurde ed era difficile avere a che fare con loro, quasi rimpiangeva le conversazioni con gente dalla mente semplice come Naruto.
- Credimi, se Shikamaru è riuscita a trovarsene una, c’è speranza per tutti. – commentò solenne. A quel nome infame, Kankuro si rabbuiò. E un Kankuro rabbuiato non era mai una buona cosa.
- Non nominarlo. – sibilò tra i denti. Ino deglutì, dandosi mentalmente della stupida per aver tirato in mezzo l’amico e il guaio che aveva combinato. – Se solo ce l’avessi tra le mani… -
- Okay, dimentica quello che ho detto. Guarda, il cameriere! Che ne dici di chiedere il conto? – lo interruppe lei, sperando di cambiare discorso. Alzò una mano in direzione del giovane cameriere, che la notò immediatamente.
- Senti, - se ne uscì Kankuro, distraendola dall’osservazione maniacale del suddetto cameriere che, da quel che si poteva notare, non pareva affatto bruttino. – anche se non ti sopporto e credo tu sia matta come gran parte del genere femminile, voglio darti un consiglio: lascia perdere Gaara, non è adatto a te. –
- E cosa te lo fa dire? – domandò la bionda, portandosi le braccia al petto. Quel tipo non la conosceva, non sapeva quante qualità avesse.
- Insomma… basta guardarvi. –
- Hai troppa poca fiducia in me! Dammi un po’ di tempo e te lo dimostrerò. – affermò sicura. Kankuro non pareva essere d’accordo, ma non aggiunse altro, soprattutto perché non voleva ricevere un altro calcio o offendere la sensibilità di quella pazza scappata da un manicomio.
- Se lo dici tu… - commentò con noncuranza.
- Scommettiamo? -
 
Temari aveva passato gran parte del pomeriggio nella sua stanza, dapprima chiacchierando con Kankuro e poi riprendendosi dal lungo viaggio che aveva dovuto affrontare. Davanti ai suoi fratelli si era imposta di mantere la calma, apparire sicura di sé, fingendo anche di avere tutto sotto controllo, e invece dentro stava morendo dal terrore.
E va bene, forse terrore era una parola un po’ grossa, ma sicuramente poteva dire di essere preoccupata per molte cose: per sé, per il bambino che sarebbe dovuto nascere, per Shikamaru che ora era più distante che mai e persino per la sua famiglia – c’era mancato poco che Kankuro non ci rimettesse le penne.
Una parte di sé credeva ciecamente che quel Nara poco sviluppato l’amasse sul serio, anche se era solito dimostrarlo praticamente… mai; l’altra parte avvertiva che qualcosa non andava e che il suo già difficile rapporto aveva subito un’evoluzione troppo drastica nel giro di troppo poco tempo. A volte temeva che Shikamaru decidesse di abbandonarla al suo destino, lasciandola sola a Suna mentre lui avrebbe continuato a vivere la sua vita a Konoha.
Che ci provasse l’idiota, considerava con una punta di soddisfazione. Poi vedremo come farà a cavarsela con un kunai nella giugulare.
Quando vedeva coppiette dolci e tranquille, come Naruto ed Hinata per esempio, mille dubbi l’assalivano sulla sua relazione. Insomma era normale immaginare di castrare e/o uccidere il proprio partener in caso di abbandono o, peggio, tradimento? Perché a lei capitava spesso. Forse non era un buon segno. Magari non era destino che stessero assieme.
Stesa sul letto sfatto, con le mani in grembo e la fronte aggrottata per tutti quei pensieri dannosi, Temari sbuffò: non era da lei rimuginare su certe cose e dare la colpa al destino degli eventi. No, lei era una donna d’azione che decideva per sé della propria vita; ne era sempre stata fiera.
Un lieve bussare alla porta la risvegliò. Non c’era bisogno di chiedere chi fosse, solo una persona aveva quel modo di bussare. Non poteva essere Kankuro, che di solito amava farsi trovare già in camera sua e non poteva essere Shikamaru, che era lontano kilometri a dormire sdraiato da qualche parte – quel dannato pigrone. Per un millesimo di secondo Temari aveva pensato si trattasse di Ino Yamanaka, della quale era riuscita a liberarsi per tutto quel tempo, ma poi qualche granello di sabbia passato sotto l’uscio le tolse ogni dubbio.
- Vieni pure, Gaara. – disse, invitando suo fratello ad entrare. Si tirò su a sedere e fece cenno all’altro di prendere posto accanto a lei. Il rosso uddibì docilmente.
- Stai bene? – domandò. Temari si aggiustò la chioma ribelle, libera dai soliti codini.
- E’ la quarta volta che me lo chiedi. Sei diventato paranoico come Kankuro? –
Nonostante le cose andassero meglio ormai da anni, tra lei e il fratello minore rimaneva ogni volta un velo d’imbarazzo quando si trattava di comportarsi da fratelli. Tutto andava per il meglio quando Gaara rimaneva il Kazekage e lei un sottoposto, il loro comportamento appariva decisamente più naturale. Purtroppo i Sabaku avevano enormi difficoltà con le relazioni.
- Scusa. – mormorò il giovane. – Ero venuto per ringraziarti: i tuoi rapporti erano molto dettagliati e sono stati utili. –
Temari parve sorpresa.
- Oh, bene. In fondo è il mio dovere. – rispose, irrigidendosi all’istante. Gaara era il Kazekage e lei doveva essere sempre impeccabile. – Non c’era bisogno di venire fino a qui, so quanto sei impegnato. –
Il rosso abbassò lo sguardo sul suo ventre e lei istintivamente sentì il bisogno di arretrare.
- Non è stato un problema, davvero. – disse. – E poi volevo parlarti. Di questo. –
Dire che fossero entrambi a disagio era un eufemismo. L’imbarazzo era così palpabile da poterlo afferrare a mani nude.
Temari scorse Gaara prendere un gran respiro e un po’ la turbò vederlo in difficoltà.
- Io non ho nulla contro Shikamaru, sappilo. – cominciò lui a bassa voce, ma con tono fermo e deciso. – Anzi sono contento che si tratti di lui e non di un altro; conosco il suo valore sul campo di battaglia e fuori, è un ragazzo serio e credo ti voglia bene. –
Quello era stato probabilmente uno dei discorsi più lunghi che suo fratello avesse mai fatto in tutta la sua vita e il turbamento di Temari aumentò ancora di più. Non sapeva cosa rispondere; si era aspettata una scenata – seppur moderata – come quella in cui si era esibito Kankuro poche ore prima.
- Andare a Konoha è la scelta più giusta, - continuò Gaara con lo stesso tono monocorde. Eppure non poteva nascondere un minimo d’emozione, neanche con la meno espressiva delle sue espressioni facciali. – d’altronde Shikamaru ha un clan intero da gestire e sono sicuro che lì ti troverai bene in compagnia. Ci saranno persone che ti aiuteranno e ti vorrano bene, ma ci mancherai Temari. –
- Ma verrete a trovarmi ed io tornerò a Suna di tanto in tanto! – replicò lei, forse con troppa veemenza. Non le erano mai piaciuti gli arrivederci, figuriamoci gli addii.
- Lo so, ma ci mancherai lo stesso. –
A quel punto le fu impossibile non spalancare gli occhi, commossa e confusa insieme. Quasi stava per uscirle una lacrima – colpa degli ormoni e della gravidanza, ovvio – ma per fortuna si trattenne o Gaara sarebbe corso via a gambe levate. Purtroppo non era ancora abituato a certe manifestazioni di gioia.
- Grazie. – mormorò con un nodo in gola. Era l’unica cosa che le venne in mente di dire.
E, come in uno di quei libricini strappalacrime dal lieto fine sempre presente, Temari vide suo fratello avvicinarsi e posarle delicamente le braccia sulle spalle; lei si abbandonò piano contro la sua veste, appoggiandosi con i palmi contro il suo torace, in un abbraccio imbarazzante ma commovente. Socchiuse gli occhi assaporandone ogni momento, che sarebbe rimasto impresso nella sua mente per sempre perché quello era l’abbraccio di suo fratello: il primo che le avesse mai dato.
Avrebbe preferito assaporarne un altro po’, ma un improvviso conato di vomito distrusse l’atmosfera magica e pacificante che s’era venuta a creare con tanta fatica ed imbarazzo. Temari si staccò da Gaara, che le lanciò uno sguardo confuso e forse pure un po’ offeso, e si catapultò con una velocità impressionante nel primo bagno disponibile e lì, sotto lo sguardo vigile del Kazekgae che l’aveva seguita preoccupato, vomitò anche l’anima.
L’aveva detto lei a Kankuro di non portarle tutta quella roba da mangiare a cena.
- Tutto bene? – domandò il ragazzo appoggiato allo stipite della porta.
- Più o meno… - rispose lei, tentando di ripulirsi la bocca e controllando che non si fosse macchiata i vestiti. – Avevo chiesto a nostro fratello di non farmi abbuffare come un facocero, ma lui insiste dicendo che devo mangiare per due… a proposito, ma dov’è? –
Gaara alzò le spalle, continuando ad osservare sua sorella coi capelli arruffati e l’aria stravolta. Non l’aveva mai vista in quello stato, neanche durante la guerra.
- Pensavo lo sapessi tu. – borbottò. – Sei sicura di stare bene? A me non sembra. – continuò poi, insistendo.
- Sì, sì… non c’è motivo di preoccuparsi. E’ una cosa normale. –
- Tu dici? –
- Non lo dico io, ma Tsunade-hime. –
La risposta parve accontentare il Kazekage. In fondo nutriva una grandissima fiducia verso quella donna e Temari lo sapeva molto bene.
- Mmh, adesso che ci penso – aggiunse. – non si fa sentire da un po’. –
- Tsunade? –
- No, non lei! Dico Kankuro! Prima mi sembrava così preoccupato che quasi ho temuto insistesse per vegliarmi durante la notte. –
- E ti infastidiva questa cosa? –
- Cosa? –
- Immaginare che qualcuno ti vegli durante il sonno. –
- Oh, non ci provare. Non ci provare, Gaara… Comunque vieni, andiamo a cercarlo. Non vorrei che gli fosse venuto un infarto per il troppo stress. –
 
- Sei veramente insopportabile. Ci credo che non hai una fidanzata! –
- Ma senti chi parla… -
- Io sto sondando il terreno, caro mio. –
Kankuro sbuffò per la milionesima volta in quella serata.
- Gaara non sa neanche che esisti. – commentò, stiracchiandosi. La ragazza al suo fianco emise un ringhio, ma continuò a seguirlo per quel palazzo a lei sconosciuto. In fondo le faceva piacere avere una guida, almeno non avrebbe corso il rischio di perdersi e morire di stenti.
- Lo saprà, fidati. – rispose convinta. Non sapeva ancora come sarebbe riuscita a conquistarlo, ma ce l’avrebbe fatta. – E per te sarà troppo tardi cambiare idea quando te ne accorgerai, caro mio. –
- Vuoi smetterla di chiamarmi caro mio? Io non sono né caro né tuo. –
- Insopportabile e permaloso… è proprio una cosa di famiglia. –
L’ultima rampa di scale si affacciò ai loro occhi. Kankuro si mise di lato per far passare la sua temporanea compagna di cena, non gli andava di starle così vicino e correre il rischio di perdere l’udito per il suo ciarlare. Non pensava che l’avrebbe mai detto, ma quella ragazza di Konoha era persino peggio di Matsuri e l’amica sciroccata.
- Oh, che scusa banale. – esclamò Ino, avanzando. – Farmi passare avanti per ammirare il mio… -
- Cosa?! –
- Shh, non urlare. Sai benissimo a cosa mi riferisco. –
Kankuro si passò una mano nei folti capelli castani. Era stanco, stravolto e l’unica cosa che voleva era andare da sua sorella per sincerarsi della sua salute; perché cavolo aveva invitato a cena quella pazza? Adesso era persino convinta di piacergli. Certo, non era affatto brutta, ma avrebbe preferito gettarsi da un ponte anziché trascorrere dell’altro tempo in sua compagnia.
All’improvviso Ino si fermò e lui per poco non le andò a sbattere contro. Non gli piaceva quella posizione: lei era più in alto di qualche gradino e lo sguardo del povero ninja sventurato si trovava proprio ad altezza tette. Contro la sua volontà si ritrovò a deglutire.
- Mi dispiace, ma sono già occupata. Non potrei mai uscire con te. – disse la ragazza con uno sbadiglio. – E poi non sei per niente il mio tipo. –
- Io non voglio uscire con te, lo vuoi capire? – esclamò esasperato. Ino mosse la mano come a voler scacciare un insetto volante.
- Non cercare di nasconderlo, è palese. –
Kankuro andò su tutte le furie. Andava bene scherzarci su per un po’, ma alla lunga quel gioco cominciava a stancarlo. L’afferrò per un braccio, stando attento a non farle male, e la portò alla sua altezza; Ino parve sorpresa da quella reazione perché non emise parola o suono che fosse e non oppose alcuna resistenza. A malapena riusciva a capire cosa le stesse succedendo.
- Tu non mi piaci, - soffiò il giovane a pochi centimetri dalla sua faccia. – ficcatelo bene in testa. –
- Neanche tu. – affermò lei, giusto per avere l’ultima parola.
- Bene. –
- Bene! –
- Kankuro? – domandò la voce di Temari dall’alto della scalinata. Dal suo punto di vista la posizione di suo fratello e della Yamanaka era alquanto equivoca.
I due si staccarono immediatamente rivolgendo lo sguardo alla kunoichi. Con orrore Ino si accorse che non era sola: a pochi centimetri c’era anche Gaara.
- Temari! – esclamò Kankuro con una risatina nervosa. – Non dovresti essere a letto? –
- Mi sono riposata abbastanza, - rispose. Il Kazekage continuava a rimanere impassibile: con ogni probabilità non gli interessava minimamente la vita privata di suo fratello. – tu piuttosto che facevi? –
- Mi ha invitata a cena fuori. – intervenne la Yamanaka, sperando in questo modo di far ingelosire il rosso. Conosceva bene l’animo maschile e una delle cose che più li faceva infuriare era dover competere con un altro maschio per la bella donzella di turno – che, se non si fosse capito, era lei. Kankuro la fissò con astio mentre Temari pareva sorpresa.
- A cena? – domandò, dubbiosa.
- E perché? – aggiunse Gaara, scatenando grida di giubilo nella mente di Ino. Quasi non poteva credere di aver attirato la sua attenzione.
- Non è come pensate, - prese a spiegare il Sabaku. – l’ho fatto perché nessuno aveva avvisato questa qui della cena. Mi faceva pena, capite? –
Gaara si irrigidì e ad Ino per poco non venne un collasso.
- Sono desolato e sono sicuro che non accadrà più. –
- Oh, nessun problema! Mi sono divertita tantissimo con il caro Kankuro! – replicò la giovane. Per fare ancora più scena, si avvicinò al marionettista e lo prese sottobraccio. – Non è vero? – domandò con tono civettuolo.
Kankuro la osservava spaventato.
- Non pensavo che il nostro caro fratello fosse così divertente. – dichiarò Temari.
Lo sguardo di Gaara passò da lui alla Yamanaka, che gli si strusciava addosso con fare ammiccante.
- Già. – affermò. – Avevo intenzione di affidare il compito a Matsuri, ma visto che Kankuro è così bravo… -
- Bravo? Ma di cosa state parlando?! –
- Credo che sia la miglior scelta per fare da guida ai nostri ospiti durante il soggiorno a Suna. –
Ino smise immediatamente di sorridere e scherzare, la questione s’era appena fatta seria. Tutta quella messinscena era stata messa in atto per ingelosire Gaara, ma questo non sembrava essersene accorto. Anzi, aveva appena permesso al fratello di passare più tempo con lei.
- Non ci penso neanche! – s’impose Kankuro, allontanando Ino da sé. Non era il tipo da relazioni diplomatiche.
- E’ un ordine. – replicò Gaara per nulla scalfito dal rifiuto. Con un cenno del capo salutò i presenti e con estrema calma si diressse nella sua stanza: aveva ancora dei documenti da revisionare.
Ino, Temari e Kankuro rimasero fermi ed in silenzio per qualche secondo.
- Non ci credo… - borbottò il ninja.
- Beh, auguri. –
- Non stava scherzando, Tem! –
- Lo so. –
- Non facciamoci prendere dal panico, - s’intromise la Yamanaka. – possiamo sempre mentirgli. Insomma, neanche io voglio che questo tipo qui mi faccia da guida. –
Kankuro si accasciò contro la parete, stravolto. In quei pochi giorni aveva accumulato così tanto stress da avercene per almeno altri dieci anni.
- Forse è meglio che tu vada a dormire. – esclamò Temari rivolta al fratello. Per un momento persino Ino s’era preoccupata per la salute del Sabaku. Forse aveva un tantino esagerato con lui e si pentì di averlo messo in mezzo ai suoi affari.
- Non posso, devo parlare con Gaara e spiegargli tutta la situazione. – rispose il ragazzo.
- Ci penserò io! – strepitò Ino in uno slancio di sincera affettuosità. – Gli dirò che sei un ninja troppo importante per Suna e non puoi perdere tempo a fare da guida a me e Kakashi. –
Kankuro la fissava con tanto d’occhi. Non riusciva a capire se quella psicopatica stesse dicendo sul serio o fosse un altro dei suoi discorsi sconclusionati.
- Davvero? – balbettò.
- Sì, certo! Fidati di me. –
Nessuno vide Temari alzare lo sguardo al soffitto.
- Questa storia comincia a farsi divertente. – commentò a mezza voce.
 
 
 
 
 
Note:
perdonate l'enorme ritardo! Purtroppo le feste hanno portato via tempo prezioso per la scrittura, aggiungete poi la pigrizia ed il gioco è fatto... però posso dirvi che l'altro capitolo è già in lavorazione quindi dovrei pubblicarlo a breve.
Bene, bene... AUGURI (anche se in ritardo, lo so). Ino è sempre più determinata a conquistare Gaara, che pare invece determinato a dimostrare il suo affetto alla sorella (un Gaara che abbraccia un essere umano è OOC, ne sono consapevole, ma il pensiero di un momento fraterno tra quei due mi ha fatto sciogliere *-*), e Kankuro? Quale sarà la sua parte in tutta questa storia? E Shikamaru? Starà davvero dormendo da qualche parte? Chissà u.u
Prima di sparire vi ricordo di essere clementi. Ebbene anche questa volta ho ricontrollato alla svelta quindi è possibile mi sia sfuggito qualche errore xD Ringrazio sempre tutti quelli che leggono, seguono e recensiscono la storia - soprattutto questi che con i loro incoraggiamenti mi hanno permesso di continuare e aiutato a migliorare.
Grazie ed ancora auguri a tutti! ^^

 

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Capitolo 8
*** Il bacio della discordia ***


Choji bussò alla porta due volte prima che la voce del suo amico lo invitasse ad entrare.
- Ciao! – esclamò sorridente. Shikamaru pareva non condivivere la sua stessa allegria. Se ne stava sdraiato sul pavimento della sua stanza con lo sguardo rivolto al soffitto, pensando a chissà cosa. – Ciao! – ripetè Choji, guardandolo dall’alto.
- Mmh… - mugugnò l’altro.
- Hai intenzione di fingerti morto ancora per molto? –
- Non avrò più motivo di fingere perché tra poco sarò morto sul serio. Ho lavorato per cinque giorni di fila con solo qualche ora di pausa per dormire… non pensavo che anche in tempo di pace ci fosse tutto questo lavoro da sbrigare. –
Choji prese posto accanto all’amico di sempre. Di solito aveva delle patatine con sé da offrire a Shikamaru per tirargli su il morale, ma il giorno prima aveva deciso di mettersi a dieta e sul serio stavolta. Quella mattina aveva rinunciato a metà porzione della sua colazione e sentiva di aver già perso due etti; di quel passo avrebbe perso dieci chili nel giro di qualche mese.
- Beh credo sia normale, - affermò. – adesso occupi un ruolo importante. Tsunade ha grande fiducia in te e quando Naruto sarà Hokage tu sarai un perfetto consigliere. –
Shikamaru sbuffò.
- Ah quasi dimenticavo! – continuò poi Choji, tirando qualcosa fuori dalla tasca dei pantaloni. – Tua madre mi ha dato questa. Dice che è di Temari. –
Il ninja delle ombre volse immediatamente il capo verso il compagno di team. Era la quarta lettera arrivata al suo indirizzo da quando Temari era partita per Suna assieme ad Ino.
Si rizzò con la schiena e si mise seduto, prendendo la lettera tra le mani. Il sigillo era rotto: sua madre doveva aver già ficcato il naso.
- Grazie. – borbottò distrattamente verso Choji. Lesse velocemente e una ruga gli si formò nel mezzo della fronte.
- Cattive notizie? – domandò l’Akimichi.
- Più o meno. –
Shikamaru gli passò il pezzo di carta ingiallita, invitandolo a leggere.
 
Caro Shikamaru,
Shikamaru,
ti scrivo per ricordarti che sono passate tre settimane da quando sono partita. Tre. Se non vuoi trovarti con un arto in meno ti conviene raggiungermi e il prima possibile.
E se te lo stai chiedendo… no, non mi manchi per niente. Kankuro e Gaara vogliono parlarti.
Con amore…
Ciao.
Ps: signora Nara le porgo i miei più sinceri ed affettuosi saluti, spero di rivederla presto.
 
- Temari e tua madre vanno molto d’accordo. – giudicò Choji. – E’ una buona cosa sai? In genere c’è sempre un certo astio tra… -
- Non è questo il punto. – l’interruppe Shikamaru. Con la mano destra si stava massaggiando la nuca, lavorando col cervello per trovare una soluzione soddisfacente per quella dannata situazione. – E’ confusa, si sente abbandonata anche se non vuole ammetterlo. Ed ha paura. –
L’Akimichi sbattè le palpebre un paio di volte. L’unico ad essere confuso era proprio lui: chi aveva paura e di cosa? Poi d’improvviso comprese.
- Oh, parli di Temari. – osservò. Shikamaru mosse il capo.
- Esatto. –
- Io non penso. Dalla lettera mi sembrava solo arrabbiata e per un ovvio motivo. –
- Certo che lo è, non lo nego, ma se la conoscessi un po’ meglio te ne accorgeresti anche tu. –
Choji non potè fare a meno di dare ragione all’amico. Lui non conosceva così bene Temari quanto lui, ma si sentiva comunque in dovere di consolarlo. Si pentì di non aver portato patatine.
- Davvero non ce la fai a partire? – domandò. – Magari potrei sostituirti… -
- Grazie, ma non è possibile. Non posso chiedere permessi prima di un mese. –
- E’ molto tempo. –
- Lo so.  E so anche che quando glielo dirò si arrabbierà moltissimo. -
 
- Questa dobbiamo portargliela. – esclamò Kankuro dopo aver richiuso la lettera, stando ben attento a non danneggiarla e a ricopiare perfettamente il sigillo. Se Temari si fosse accorta che controllava e teneva nascosta la sua posta l’avrebbe ucciso. Prima torturato, e poi ucciso. – Contiene un’informazione importante, non le solite stupidaggini che scrive il tuo amico. –
- Shikamaru non scrive mai stupidaggini. – replicò Ino, seduta accanto al ninja delle marionette. Era impegnata ad osservarsi le unghie.
- E tu come le chiami quelle cose che invia a mia sorella di tanto in tanto? –
- Intendi le notizie su di sé e sua madre? Oh, ma ti prego! –
Kankuro fece una smorfia. Dopo quello che aveva saputo, odiare Shikamaru gli era parso naturale; tuttavia non riusciva proprio ad avercela con quel ragazzo per davvero, in fondo gli era simpatico e avevano addirittura la stessa visione negativa del genere femminile. Non erano amici, ma ci si avvicinavano parecchio. Adesso però, con Temari incinta e sola a Suna, i rapporti amichevoli dovevano cambiare.
- In realtà sono arrabbiata anch’io con lui, - esordì Ino all’improvviso, imbronciandosi. – non mi ha mai nominata in nessun pezzo di carta. Nessun “ed Ino come sta?” o “quanto mi manca la mia splendida amica!”, capisci? Certo, è pure vero che ho scritto qualcosa a mia madre e Choji e quindi è probabile che lui abbia avuto mie notizie da loro, ma rimane il fatto che si sta comportando da pessimo amico e compagno di squadra. –
Kankuro roteò lo sguardo, come faceva ormai sempre più spesso da quando la Yamanaka aveva deciso di rendergli la vita più complicata di quanto già non fosse.
- Su questo non posso biasimarlo. – borbottò più a se stesso che ad altri. – A proposito ma che ci fai qui? – domandò poi, rivolto alla ragazza petulante.
Lei, persa nei suoi sproloqui contro la persona di Shikamaru Nara, smise immediatamente di gesticolare e prese a fissare il ninja al suo fianco. Doveva essere tipico del Sabaku uscirsene con domande del genere dopo essere stato in sua compagnia per almeno quaranta minuti, durante i quali avevano camminato per le stradine assolate del villaggio, rubato di nascosto la posta di Temari e letto, sempre di nascosto, le sue lettere, perché non era la prima volta che le chiedeva: e tu che ci fai qui? Come se Ino Yamanaka potesse piombare dal cielo per deliziare la vita altrui – o renderla un inferno, secondo altri punti di vista.
- Ti ripeti. – gli fece notare lei. – Smettila di chiederti sempre perché io sia qui al tuo fianco e prendi atto che questa è una delle cose migliori che ti siano capitate. –
- Vuoi dire una delle peggiori, forse. –
La bionda si alterò.
- Se continui di questo passo la nostra convivenza non durerà poi molto. – sbraitò, agitando le braccia e la lunga coda. Kankuro aggrottò la fronte, grattandosi un orecchio.
- Primo, questa non è una convivenza. – sottolineò. – E secondo, sbaglio o dovevi parlare con Gaara della situazione per convincerlo che io non sono adatto a farti da guida? –
Ino si portò le mani alle tempie, cominciando a massaggiare lentamente. Nonostante fossero passate tre settimane non era riuscita ad avvicinarsi al Kazekage neanche per scherzo; al contrario di Kakashi, che passava molto tempo in sua compagnia, discutendo di questioni diplomatiche e nuove tecniche ninja. Da quello che le aveva riferito Temari, in via del tutto confidenziale, Gaara era convinto che lei fosse lì solo per supportare moralmente la sorella. In pratica non la riteneva neanche all’altezza di un’ambasciatrice.
Che rabbia!
- Beh, io te l’avevo detto di lasciar perdere. – commentò Kankuro. Il luogo in cui si trovavano era una spaziosa terrazza dalla quale era possibile osservare il paesaggio circostante che, soprattutto al tramonto, era uno spettacolo da non perdere. Il Sabaku ci andava spesso, talvolta accompagnato da Temari o qualcuna delle sue marionette. Era un luogo speciale per lui, intimo. Per poco non gli venne un colpo quando notò che la presenza della Yamanaka, che aveva preso a seguirlo neanche fosse una guida seria, non gli dava alcun fastidio. Beh, almeno per i primi due minuti. Poi cominciava a diventare esasperante con i suoi discorsi scemi. – Possibile che al tuo villaggio non ci siano ragazzi con cui uscire? – domandò.
Ad Ino sfuggì un singulto.
- L’unico decente è un pazzo squilibrato che sembra essere attratto da Sakura. – rispose riluttante. Non le faceva mai piacere ricordare Sasuke in compagnia dell’amica.
- E quel ragazzo? Credo si chiami Sai, abbiamo combattuto assieme e mi sembra un tipo a posto. –
- Diciamo che non faccio per lui. –
Il ragazzo scosse il capo.
- E il tuo amico? – ritentò. Ino parve non capire. – Quello grasso che sta nel tuo team. – evidenziò poi.
- Non è grasso! Solo robusto di costituzione. – replicò lei immediatamente, inalberandosi. Come osava quello offendere il suo amico Choji, quando lui andava in giro con della roba viola in faccia?
- Va bene, non ti arrabbiare… -
- Non sono arrabbiata. –
- Hai ragione. Ti manca solo qualche rotella. –
La Yamanaka si alzò, appoggiandosi alla ringhiera di ferro che fungeva da protezione, sbuffando ed imprecando mentalmente. La sua proverbiale fiducia in sé stava pian piano venendo meno.
- Sabaku? – chiamò. Kankuro poggiò lo sguardo sulla sua interlocutrice.
- Mmh? –
- Guardarmi e dimmi cosa ne pensi di me. –
Il ragazzo si agitò, non sapendo bene come rispondere ad una richiesta del genere. Non gli era mai capitato di dover osservare qualcuno e darne un giudizio che non riguardasse il suo modo di combattere, di creare strategie ed usare le tecniche ninja. Si sentiva un po’ a disagio. Forse non avrebbe dovuto guardarla con tanta insistenza, altrimenti chissà quali pensieri si sarebbe messa in testa quella sciroccata. Dovette ammettere, però, che voltare lo sguardo era alquanto difficile.
- Allora? – incalzò lei, portadosi le braccia al petto ed evidenziando il piccolo seno ancora di più.
- Beh, sei… insopportabile. – rispose infine. Ino pareva non condividere.
- Così insopportabile da non trovare uno straccio di fidanzato?! – urlò al vento.
Kankuro sollevò le spalle. Avrebbe fatto invidia a suo fratello per l’espressione imperscrutabile che aveva messo su.
Lui una risposta ce l’aveva, ma non poteva mica dirla ad alta voce e con lei presente.
- Forse non hai ancora trovato quello giusto. – disse invece. La ragazza lo fissò con uno strano sguardo.
- Me l’hanno già detta una cosa del genere, – considerò, piegando la testa di lato. – ma non posso starmene mica con le mani in mano, no? –
- Fa’ quello che ti pare, non sono la tua balia o la tua amichetta del cuore. –
- Aspettando che questa persona giusta mi si pari davanti come un fantasma, non trovi? – continuò lei, ignorandolo. – Devo provare per essere sicura che sia quello giusto. –
- E quindi hai deciso di provare con Gaara? Non potevi scegliere persona più difficile. –
Ino non lo stava più ascoltando. Si era avvicinata di qualche passo, dapprima titubante ma poi sempre più sicura, fermandosi proprio dinanzi al marionettista; non aveva spostato lo sguardo neanche per un secondo, conscia che se l’avesse fatto non avrebbe poi avuto più il coraggio di provare nulla.
La testa di Kankuro era leggermente piegata all’indietro per osservare meglio la ragazza dinanzi a lui. La bionda ne approfittò e, a sorpresa, pose le sue labbra su quelle del ragazzo. Il bacio durò meno di qualche istante, ma fu abbastanza.
- Oh, cavolo… - borbottò Ino, lugubre. Il ninja era ancora troppo scosso per poter articolare una qualche parola di senso compiuto. – Scusami, non… insomma dimentica quello che è successo. –
- Successo cosa? – domandò una voce lontana e conosciuta. Temari li stava fissando, ancora. Era mai possibile che la kunoichi spuntasse sempre nei momenti meno opportuni? Ino prese in considerazione l’idea che lei li pedinasse.
- Nulla, discutevamo come al solito. – rispose la ninja di Konoha.
- Oh beh, sai che divertimento. Comunque Yamanaka le tue preghiere sono state esaudite: Gaara vuole vederti. –
La ragazza sbattè le palpebre un paio di volte prima che il suo cervello recepisse l’informazione. Il primo impulso fu quello di voltarsi verso Kankuro, sfoggiando un enorme sorriso a trentadue denti, per dimostrargli che niente e nessuno poteva mai sfuggire ad Ino Yamanaka, ma notò che il ninja delle marionette aveva rivolto lo sguardo altrove.
- Adesso? – chiese.
- Sì, e non farlo aspettare. Ha molto impegni e non può perdere tempo dietro le tue follie. –
- Oh allora vado. –
- Vuoi che Kankuro ti accompagni? – domandò Temari con gentilezza. La gravidanza l’aveva resa più docile e disponibile, o almeno così sembrava all’apparenza.
Sentendosi chiamato in causa, il ragazzo rizzò la schiena e si fece attento.
- Non ce n’è bisogno, ormai ho imparato la strada. – rispose Ino prima di sparire. A Kankuro parve che lei volesse dire qualcos’altro; si voltò anche, una volta e di sfuggita, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono.
Dopo pochi secondi di Ino non rimaneva che il ricordo e il vago profumo di vaniglia nell’aria.
- Non vuoi dirmi cosa è successo? –
- No. – fu la secca risposta.
Temari prese posto accanto al fratello, stringendosi nelle veste bianca che indossava. Non pensava facesse così freddo lassù.
Dopo un po’ di tempo, durante il quale i due non scambiarono una parola, Kankuro porse la lettera di Shikamaru alla sorella.
- E’ per te. – disse atono. La ragazza l’afferrò e un piccolo sorriso le spuntò sulle labbra quando intravide il mittente. Era un po’ arrabbiata perché non aveva sue notizie da quando era partita.
Quell’idiota neanche una lettera aveva la forza di scrivermi, pensò tra sé e sé. L’aprì e la lesse avidamente.
Il sorriso si spense nel giro di un istante.
- Cosa dice? – domandò suo fratello, fingendo di non sapere nulla. Temari si alzò, accartocciò il pezzo di carta tra le mani e lo lanciò nel vuoto. La carta volò sospesa dal suolo e portata dal vento per un po’, prima di posarsi sul terreno rosso e sabbioso.
- Non verrà. Non presto, almeno. –
- E allora? Hai noi, che t’importa di lui. –
La ragazza si bloccò, lo sguardo duro e assottigliato su Kankuro. Era fuori di sé dalla rabbia, ma non l’avrebbe mai mostrata davanti a qualcuno – uno dei suoi fratelli in particolare.
- Lo sapevo, sapevo che non dovevo lasciarlo così in fretta! – sibilò tra i denti. Non era solo arrabbiata, ma anche terrorizzata dinanzi all’idea che Shikamaru potesse non preoccuparsi per lei. Era pur sempre una donna, Temari Sabaku no, ed era ovvio che volesse essere al centro dei pensieri del suo uomo, ma forse lui non era ancora pronto. Forse lei l’aveva troppo sopravvalutato.
- Possiamo ammazzarlo insieme se vuoi… - propose Kankuro nel tentativo di tirarle su il morale. E, fortunatamente, ci riuscì perché Temari abbozzò una smorfia che sarebbe potuta passare per sorriso.
La ragazza sospirò, stanca. Non si era mai sentita così vulnerabile in tutta la sua vita.
- Sai che comincia a vedersi? – continuò il fratello con tono premuroso.
- Cosa? –
- La pancia. –
- Stai dicendo che sto ingrassando? –
- Sto dicendo che ormai si vede che sei incinta. –
Temari si accarezzò il ventre con fare amorevole, immaginandosi madre di un piccolo batuffolo rosa. Pensò a sua madre e ne sentì la mancanza: l’avrebbe davvero voluta accanto a sé in quel momento.
- In fondo non è male, - valutò. – tutti hanno molti più riguardi nei miei confronti e persino Matsuri, quando le dico di non starnazzare solo perché ha visto Gaara passare, mi ascolta senza battere ciglio. –
Kankuro si alzò, ridacchiando e raggiungendo la figura della ragazza.
- Quando mio nipote sarà cresciuto gli insegnerò la mia arte! – esclamò felice. A Suna – perché il marmocchio sarebbe rimasto a Suna, di questo ne era certo – avevano bisogno di un altro marionettista bravo quanto lui. Anche Temari si unì alla sua risata.
- E cosa ti dice che sia un maschio? – domandò divertita.
- Ne abbiamo abbastanza di femmine primogenite nella nostra famiglia. – rispose lui. – E poi lo sento. –
- Io credo che sia una femmina. –
Kankuro la guardò corrucciato: lui voleva un nipote maschio! Ci teneva, sul serio. Se l’era persino immaginato nei suoi primi anni, alle prese con le prime marionette. Magari l’avrebbero chiamato anche Kankuro, proprio come lo zio. Una femmina… non voleva una femmina petulante! Eppure Temari sembrava così convinta.
- Sicura? –
- Credo di sì. –
- E allora speriamo che non prenda dalla tua amica pazza. -
 
Ino ancora non riusciva a crederci: Gaara la stava aiutando a trovare le erbe medicinali per Sakura.
Non aveva mandato qualcuno dei suoi sottoposti, oh no… ci era venuto di persona. La ragazza non sapeva se esserne felice o spaventata.
In un primo momento, quando se l’era ritrovato davanti con la solita espressione dura, aveva pensato che il Kazekage volesse parlarle di cose urgenti come la situazione diplomatica tra i cinque paesi o, cosa assai più probabile, della sorella incinta che pareva irrequieta da quando non riceveva più notizie da Shikamaru e Konoha – non poteva mica saperlo lei, povera ed ignara ragazza, che Kankuro le nascondeva tutte le lettere provenienti da casa Nara.
Adesso che ci penso non ho chiesto al Sabaku il contenuto dell’ultima missiva; eppure, secondo lui, c’erano informazioni importanti.
Al pensiero di Kankuro arrossì. Non doveva pensare a quello che aveva fatto o ci avrebbe rimesso la salute mentale – che era poi già un disastro di suo.
Doveva concentrarsi su Gaara.
Contro ogni pronostico fiducioso, invece, il giovane Kage l’aveva invitata a visitare la serra e osservare di persona quanto a Suna fossero all’avanguardia in quel campo. Ah e poi voleva farsi perdonare per la scortesia della prima sera, quando nessuno avvisò Ino della cena. Era stata una vera e propria svista, che il rosso non aveva ancora dimenticato e si sentiva terribilmente in colpa. Non verso Ino, della quale a malapena sapeva l’esistenza, ma verso il suo ruolo: sia mai che il Kazekage compi un errore!
In realtà quella svista non era stata poi così male perché, grazie ad essa, la ragazza aveva avuto la possibilità di conoscere Kankuro e passare con lui qualche ora piacevole – almeno secondo il suo punto di vista – in quelle tre settimane. Non era stato difficile per Ino capire che il Sabaku aveva sostituito la figura dei suoi amici di Konoha.
Oh, ecco. Ci era ricascata. Stava pensando di nuovo a lui.
No! Gaara. Concentrati su di lui: è la tua possibilità.
Che poi, spesso si domandava, perché fosse così attratta dagli uomini forti, impenetrabili, dal poco senso dell’umorismo e difficili da avvicinare. Prima Sasuke, poi Gaara… non poteva innamorarsi di un Rock-lee qualsiasi?
- Yamanaka-san, mi stai ascoltando? – proruppe il giovane al suo fianco. Stava indicando delle piante che Ino non aveva mai visto in tutta la sua vita.
- Oh, certo… ma chiamami pure Ino. – mormorò con una risatina che la fece apparire più sciocca di quanto non fosse. Avrebbe voluto fare un commento più intelligente, ma davvero non riusciva ad immaginare cosa potesse aver detto Gaara riguardo quelle piante un po’ bruttine.
Si ricompose e scacciò via dalla testa ogni altro pensiero. Solo uno era ammesso: conquistare il ragazzo perfetto per lei, il resto non aveva motivo di esistere.
- Sono queste le erbe che servivano? – domandò ancora il Kage. Ino osservò di nuovo le piantine: non aveva idea se fossero quelle giuste o meno.
- Oh e quelle a cosa servono? – tentò lei per cambiare discorso. Gaara si corrucciò per un attimo, non abituato ad essere ignorato in quel modo, ma poi seguì il dito della Yamanaka e guardò nella direzione indicata.
- Non mi occupo di piante. – rispose lapidario. Ino continuava a sorridere senza un motivo apparente.
- Sì, giusto. – borbottò. – Io ho un negozio di fiori… - commentò giusto per tirare fuori un argomento. Gaara si limitò a muovere un po’ il capo.
 Sarebbero stati minuti difficili quelli. Neanche Kankuro era uno a cui piaceva conversare, però, quando imparavi a conoscerlo e lui a conoscere te, le cose diventavano più semplici e i discorsi venivano fuori senza neanche pensarci. Era più o meno la stessa cosa che le capitava con Choji o Shikamaru.
Gaara era un caso a parte.
Il ragazzo tossicchiò, forse anche lui consapevole dell’aria imbarazzata che s’era venuta a creare.
- E mi chiedevo, - buttò lì, volgendo lo sguardo lontano. – conosci anche il… significato dei fiori? –
Ino spalancò gli occhi. Doveva essere stato un duro sforzo per lui fare una simile domanda, che la riempì di gioia. Non conosceva il significato di tutti i fiori, giusto qualcuno, ma era abbastanza per poter catturare l’attenzione del ragazzo.
Il sorriso tornò sulle labbra della kunoichi.
- Li vedi quelli? – disse, indicando dei fiori bianchi. Ino avanzò di molto, seguita a ruota da un Gaara straordinariamente interessato, per poi fermarsi in un angolo della serra. – Sono fiori di acacia e significano amore segreto. – continuò, ammiccando nella sua direzione.
Il rosso sembrava perplesso.
- Non sapevo coltivassimo anche fiori. – commentò.
- A volte crescono involontariamente… piuttosto, hai qualche amore segreto? –
La carta dell’amore segreto avrebbe dovuto giocarsela più avanti, ma la giovane ninja valutò di essere in una situazione alquanto critica perciò ogni mossa era lecita. Gaara poi non pareva neanche tanto scosso dalla domanda.
- Ovviamente no. – rispose. Ino si chiese se fosse troppo azzardato provare a prenderlo sottobraccio.
Meglio di no… magari si impressiona e mi strozza con la sua sabbia.
- Io invece sì. – replicò, sbattendo le ciglia. Era ormai palese che ci stesse provando. – Purtroppo non posso rivelarlo, è un segreto! – aggiunse con un’altra risatina. Gaara non sembrava interessato al suo ciarlare, piuttosto la guardava confuso.
Almeno non è disgustato. In fondo è già qualcosa, pensò ritrovando fiducia in se stessa.
- Hai qualcosa nell’occhio? – domandò il ragazzo. Non era normale sbattere le ciglia a quel modo, a suo modesto parere.
- Cosa? No, no… ma ti stavo dicendo che non posso riverlarti il nome. –
- Sì, avevo sentito. Comunque è ben noto che a te e Sakura-san piace Sasuke Uchiha. –
Ino agitò una mano, un tantino infastidita.
- Una volta, adesso non più. – svelò sibillina. – Il mio amore è rivolto a qualcuno che lo merita sicuramente di più. –
- Congratulazioni. –
La ragazza prese un gran respiro. Parlare con Gaara era l’impresa più ardua che aveva dovuto affrontare dopo la guerra: era difficile, esasperante e quando era sicura di aver fatto un passo avanti, lui si richiudeva a riccio e tornavano al punto di partenza.
Con la coda dell’occhio osservò lo spazio circostanze, alla ricerca di qualche altro fiore che potesse interessarle, ma l’unico presente era… un cactus. Un grosso e spigoloso cactus, per l’esattezza.
Amore appassionato è il suo significato. Se l’avessero saputo Temari e Shikamaru… meglio lasciar perdere. Aveva consigliato al suo amico quella pianta per un altro motivo.
Poi, all’improvviso, le piombò davanti un dente di leone. Volava tranquillo sfiorandole il viso.
- E questo, - strepitò, prendendolo tra le mani. – significa civetteria. –
- Non mi piace, è troppo fragile. – replicò l’altro con sufficienza. – E poi la civetteria è una delle cose che più odio in una persona. –
Quella fu la stoccata che fece capire ad Ino di non avere alcuna speranza. Sarebbe scoppiata a piangere se ne avesse avuto la forza.
- Kazekage-sama, - esclamò un giovane ninja, arrivando da chissà dove. – è immediatamente richiesto per alcuni affari. –
Gaara guardò prima Ino e poi il ragazzo appena arrivato.
- Devo lasciarti, Yamanaka-san. – esordì con tono atono. Era chiaro che non gli dispiacesse poi così tanto. – Prendi pure ciò di cui hai bisogno e senza farti problemi, devo molto ad Haruno-san da quando ha salvato mio fratello: è davvero un bravo ninja medico. –
Ino strinse i pugni, distruggendo il povero dente di leone. Il riferimento a Sakura non poteva proprio sopportarlo.
Attese che il rosso andasse via, poi fece la cosa più matura che il suo cervello fu in grado di suggerirle: urlò.
 
- Allora come è andata? – domandò Temari, curiosa.
- Non chiedermi mai più di fare una cosa del genere. È stato molto imbarazzante. –
- Perdonami, ma non ho resistito. E poi Ino ci teneva così tanto. –
Gaara guardava sua sorella parecchio infastidito. Non osava prendersela con lei solo per rispetto verso il suo stato interessante.
- Contento di averti fatto tornare il buon umore. – commentò a voce bassa. La kunoichi si morse il labbro inferiore, indecisa se rivelare il segreto al fratello oppure no.
- Se ti dico una cosa prometti di non riferirlo a Kankuro o ad una qualsiasi anima viva? – bisbigliò a pochi centimetri dall’orecchio del rosso. Gaara annuì. – Bene, - cominciò lei. – ho visto la Yamanaka baciare nostro fratello. Nostro fratello Kankuro, intendo. –
- Non ne abbiamo un altro… -
Temari lo ignorò.
- Pensi che lui possa piacerle? – domandò. Era preoccupata per Kankuro ed era una sensazione nuova per lei. Non era la prima volta che le capitava di impensierirsi per uno dei suoi fratelli, ma di solito succedeva perché erano in guerra o a combattere contro il male o salvare vite o rischiare le loro vite per salvare qualcuno… insomma se non si preoccupava in quei momenti, quando avrebbe dovuto farlo?
Temari era sicura: la Yamanaka l’avrebbe fatto soffrire.
- So quello che stai pensando, - rispose Gaara. – e fammi il piacere di non immischiarti. Soprattutto non immischiare me in queste faccende. –
Ormai la ragazza ne era sicura: la gravidanza doveva averle fatto male. Non era da lei crucciarsi per simili vicende da ragazzine in piena fase di pubertà.
- Va bene, ne rimango fuori. – disse rivolta al fratello minore, ma sapeva che fosse una grossa, grossa bugia.
 
 
 
 
 
Note:
salve a tutte! Come promesso questa volta sono stata più veloce a pubblicare xD Purtroppo sono di fretta e ho riletto il capitolo di sfuggita quindi se ci sono errori potete tranquillamente farmeli notare!
Per la trama... beh non doveva andare proprio in questo modo, ma ho deciso di rendere le cose un po' più coomplicate. Ino è ormai impazzita per cui neanche si rende conto di quello che fa. Il punto è: quali saranno le conseguenze? Shika manca anche a me e prometto che tornerà presto e si farà perdonare u.u
Ringrazio sempre chi legge e soprattutto chi commenta (in particolare Kit che è sempre tanto cara!): la vostra opinione per me è importantissima quindi è sempre un piacere sapere cosa ne pensate, che sia positivo o negativo :D
Vi mando un bacio e vi aspetto alla prossima! ^^

 

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Capitolo 9
*** Aiuti e corrispondenze ***


 
Cara Ino,
è passato un po’ di tempo dalla tua ultima lettera e mentirei se ti dicessi che non sono preoccupato. Mi hai raccontato della tua intenzione di stringere un rapporto più intimo con Gaara, ma lasciami dire che non credo sia una buona idea ed anche Shikamaru è d’accordo con me.
Capisco, ti sentirai sola in un villaggio sconosciuto e così lontano da noi – ancora non riesco a capire il motivo del tuo gesto e non riesco neanche a perdonare Tsunade che ti ha dato il permesso di partire senza pensarci due volte. Tuttavia immagino ci siano altre persone con cui parlare, uscire e divertirti. C’è Matsuri, ad esempio. L’ho conosciuta durante la guerra, eravamo nella stessa divisione, e mi è sembrata una ragazza molto simpatica e piena di vita. E poi c’è Temari. Stalle accanto. Da quello che Shikamaru borbotta è sempre più incazzata.
Adesso devo lasciarti, ma aspetto con ansia tua notizie.
Il tuo amico Choji
 
Ps: Temari e Gaara hanno anche un fratello, che ne dici di fare amicizia con lui? Secondo me è davvero simpatico.
 
 


Pensavo che fossi una persona intelligente – è quello che dicono in giro nel tuo villaggio – ma devo essere sicuramente in errore. Una lettera, Shikamaru. Una sola, breve e schifosa lettera da quando ci siamo lasciati. Se questo è il tuo modo di dimostrare affetto, beh… muori.
 
Nella speranza che crepi tra atroci sofferenze,
Temari.
 


Caro Choji,
non devi preoccuparti per me perché sto bene. In realtà Konoha mi manca, non posso mentirti, ma devo pure ammettere che Suna non è così male come pensavo. Le persone sono gentili e il cibo, per quanto grassoso, è davvero buono. Ho imparato a conoscere meglio la famiglia di Temari e, nonostante Gaara mi ignori poiché troppo preso dal suo duro, anzi durissimo lavoro, credo di essere diventata per Kankuro, l’altro fratello Sabaku, una cara amica. Sì, posso dire che senza di me la sua vita non sarebbe più la stessa e, posso provarlo con indizi inconfutabili, ho la netta sensazione di piacergli. Peccato che io lo veda solo come un amico… sai una cosa, Cho? Mi ricorda proprio te. Forse è per questo che andiamo così d’accordo.
Salutami Shikamaru e digli che Temari vuole vederlo al più presto.
Con affetto, Ino.
 


E va bene,
forse nella scorsa lettera sono stata un tantino dura con te. Non voglio che crepi, non ancora almeno… Capisco che hai molto lavoro da svolgere, ma una lettera, di tanto in tanto, sarebbe parecchio gradita.
Non sono qui per lamentarmi, piuttosto per rammentarti che i miei fratelli vorrebbero parlarti e vederti. E, insomma, anche io sarei felice di riverderti, razza di idiota. Sai cosa pensavo? Pensavo – e ne sono sempre più convinta – che, per ringraziarmi della mia enorme pazienza nel sopportare questa situazione, quando arriverai a Suna, potresti portarmi un regalo. Nulla di costoso… che so, un mazzo di fiori, una nuova arma, una pentola, un anello…

 
Saluti.
 
Ps: i saluti sono ovviamente rivolti anche a tua madre, che immagino legga ogni lettera arrivi a tuo indirizzo.
 
 
 

Cara Sakura dalla fronte spaziosa,
non avrei mai creduto di scriverti in simili circostanze. So che te lo stai chiedendo e lasciami dire che non ne posso più delle tue lettere: ho preso le erbe che mi avevi richiesto – credo siano quelle, non ne sono molto sicura – quindi smettila di esasperarmi. E no, non me ne frega niente dei tuoi passi avanti con Sasuke.
Piuttosto sono io a doverti mettere al corrente di una cosa.

Sono combattuta: una parte di me vorrebe tacere sull’orribile accaduto, ma l’altra sente l’irrefrenabile voglia di confidarsi con una persona amica. In un primo momento avevo pensato a Choji, ma lui è un ragazzo e non può certo capire questo genere di problemi quindi, mia cara Sakura, sei l’unica su cui posso fare affidamento: smettila di pensare a Sasuke per due minuti e leggi con attenzione.
Quando venni a Suna avevo una missione da compiere, ovvero conquistare il cuore di Gaara – sei pregata di non chiederti il motivo e non fare commenti stupidi – ma le cose non sono poi andate come immaginavo. Lui è irraggiungibile, perso tra le scartoffie e le vesti di Kage che gli stanno sempre troppo larghe. Non credevo che sarei stata in grado di ammetterlo, ma Gaara è oltre la mia portata. Per tre settimane ho tentato, invano, di attirare la sua attenzione, ma lui ha continuato ad ignorarmi fino a questo pomeriggio quando, contro ogni mia aspettativa, siamo stati insieme per un po’. Insieme… da soli, Sakura. Soli! E lì, tra qualche fiore, un paio di piante e un cactus, mi sono resa conto che lui non è il mio ragazzo perfetto.
Il problema, però, è che, quello stesso pomeriggio, pochi minuti prima, avevo baciato suo fratello Kankuro.
Perché l’ho fatto? Oh, non lo so! Ho solo pensato che magari un bacio avrebbe potuto schiarirmi le idee e con Kankuro avevo passato tutto quel tempo… potevo essere innamorata di lui? Il bacio era una prova, ecco. Così l’ho fatto: baciato. E, che Madara Uchiha mi fulmini, mi è piaciuto.
Cosa devo fare? Ti prego Sakura rispondi, ho bisogno urgente di un parere sulla situazione. Ed io che pensavo che Kankuro fosse solo un amico! Un amico come Choji, per la miseria!
Un saluto affettuoso dalla tua amica Ino,
che attende tue notizie e spera
di non morire prima di riceverle.
 Ps: ci sono grosse possibilità che scappi lontano da Suna. La fuga è sempre la soluzione più efficace.
 
 
 


Caro Choji,
ho appena saputo. Non c’è bisogno di spiegare cosa. Avrei voluto mandare una lettera a Shikamaru e urlargli contro i peggiori improperi, ma purtroppo conosco bene quel ragazzo degenerato e so che mi ignorerebbe. Quindi tu, Cho, sei la mia unica speranza: devi trovare il modo di mandare quell’idiota qui a Suna; non mi importa come, non importa le bugie che sarai costretto ad inventare o i piani malvagi che dovrai architettare, ricorda che le relazioni di due paesi, Konoha e Suna, sono nelle tue mani.
Non voglio metterti pressione, sia chiaro… ma qui è probabile che ci scappi il morto. I Sabaku, e Temari più su tutti, sono davvero incazzati, anche se non vogliono darlo a vedere. Sai, sono tipi che hanno un po’ di problemi a mostrare le emozioni.
Adesso devo andare, ma confido in te amico mio.
Un bacio, Ino
 
 
- Perché siamo qui? – domandò Kiba, grattandosi il naso. Choji ripensò alla lettera di Ino e il malumore dell’amico Shikamaru e non fu convinto di aver fatto la scelta giusta.
- Una bella rimpatriata tra uomini! Cosa c’è di meglio?! – urlò Rock-Lee in risposta.
- Calmati, non penso siamo qui per divertirci. – intervenne Shino. L’unico in mezzo a quella bolgia di ragazzi ad essere calmo e tranquillo.
In effetti, pensò Choji, devono aver frainteso il motivo del mio invito. Avrei dovuto essere più chiaro… e adesso come glielo dico che non siamo qui per bere e sparare stupidaggini?
Ino aveva sbagliato a lasciare a lui una faccenda così delicata. Non aveva la stessa intelligenza di Shikamaru, capace di togliere tutti da ogni pasticcio, e non aveva neanche la folle intraprendenza della Yamanaka o il coraggio di Naruto… Choji era un ragazzo normale, senza particolari abilità (oltre quelle ereditate dal suo clan), perciò riteneva non essere in grado di affrontare una simile situazione.
Prese un gran respiro e decise di provarci. Doveva farlo per il suo team, i suoi amici.
- E per cosa allora? – domandò Naruto, sovrastando il povero Choji. – Prendiamoci qualcosa da mangiare, ho fame! – strepitò ancora.
- Calmati, Naruto-kun. – replicò Hinata con dolcezza. La guerra l’aveva resa più sicura di sé e forse lei era l’unica, assieme a Shino, su cui l’Akimichi poteva contare per mantenere la calma. – Mancano ancora Sai e Sakura, non è così? Credo che dovremmo aspettarli. –
Kiba sbuffò mostrando il suo disappunto. Non gli andava di rimanere lì ad aspettare qualcuno per un assurdo ed oscuro motivo. Non c’era neanche Akamaru a tenergli compagnia: il povero animale era stato lasciato fuori il locale, a mangiucchiare un osso gentilmente offerto dal proprietario.
- Secondo me non arrivano più… - commentò. Shino si affrettò a dargli ragione: anche lui voleva tornare a casa il prima possibile. Aveva appena concluso una missione importante ed era stanco da morire.
- Magari quei due hanno una storia! – ammiccò Naruto in direzione degli altri. Choji scosse il capo, sempre più convinto di non riuscire nell’impresa.
- O forse si stanno allenando! Raggiungiamoli! – propose Lee, raggiante.
- Si può sapere perché diamine sono qui? – ripetè ancora Kiba. Nessuno gli rispose, ma gli occhi si posarono su l’unico che potesse dare una qualche replica.
- Abbiamo un problema. - disse allora Choji. Avrebbe preferito aspettare Sakura, l’unica assieme a lui a conoscenza delle lettere di Ino e della questione Shikamaru, come l’avevano chiamata. Lei avrebbe saputo cosa dire per convincere gli amici o usare la forza in caso di necessità.
- Un problema? – replicò Hinata, confusa quanto gli altri. Lei non era a conoscenza di nessun problema, anzi le cose al villaggio andavano di bene in meglio: tutti erano quieti, felici e disponibili.
- Beh non riguarda proprio noi… - chiarì Choji.
Quella frase ebbe l’effetto di un uragano. I ragazzi attorno al tavolo presero a parlare, sbraitare e rivolgergli domande a cui non avrebbe potuto dare una risposta. Kiba e Naruto erano i più chiassosi, come al solito, eppure le occhiatacce di Shino, silenziose ma letali, non lo facevano sentire tranquillo lo stesso.
Il ragazzo si ritrovò a deglutire.
- Ragazzi, facciamolo parlare. – proprose Hinata. Per qualche motivo assurdo l’unica a mantenere un’aplomb degno del defunto cugino Neji.
- Grazie, - borbottò Choji. Non tutti erano ammutoliti, Kiba dava ancora fastidio, ma almeno avevano avuto la decenza di abbassare i toni. – sapete della… insomma, della vicenda Shikamaru, no? –
Shino alzò un sopracciglio, Naruto e l’Inuzuka si scambiarono un’occhiatina maliziosa.
- Oh quanta giovinezza c’è in lui! – commentò Rock-lee con aria sognante.
Giovinezza… se lo vedesse ora: sembra un morto che cammina, pensò Choji.
- E’ davvero triste che Temari sia a Suna, - aggiunse Hinata. La ragazza non sapeva quanto avesse c’entrato in pieno la questione. – deve essere difficile per lui esserle lontano in questo momento. –
- Oh no, Hina-chan! Lui dice che le donne sono sempre seccature, sono sicuro che ne è contento! – replicò Naruto convinto. Hinata sorrise, di un sorriso mesto e timido.
- Credo che tu non abbia capito molto, Naruto-kun. – mormorò.
- Non è una novità… lui non capisce mai niente! – confermò Kiba con un ghigno stampato in faccia.
- Ma senti chi parla! – sbraitò subito Naruto. – Tu sei ancora più scemo di me! –
Choji stava sudando, anzi grondando di sudore. Lo sapeva che non fosse una buona idea parlare coi ragazzi tutti assieme e di Sakura e Sai neanche l’ombra. Era solo, in un locale dal quale li avrebbero cacciati immediatamente se non si fossero dati una calmata e con un piano da proporre.
Shino per fortuna aveva diviso Kiba e Naruto, già pronti per fare a pugni.
- Hinata ha ragione: Shikamaru è sommerso dal lavoro e non potrà raggiungere Temari prima di un mese, – dichiarò ad alta voce. Gli occhi si posarono di nuovo tutti su di lui. – perciò è necessario dargli una mano. –
- Dovremmo andare a Suna al suo posto? – suggerì Kiba. Shino, al suo fianco, scosse il capo.
- Certo che no, idiota. – mormorò. Per fortuna l’Inuzuka non lo sentì o ci sarebbero stati altri schiamazzi inutili.
Naruto sbatté le palpebre un paio di volte, poi parve pensare a qualcosa.
- Io ci sto. – annunciò serio, colpendo il tavolo di legno con un pugno. – Shikamaru è nostro amico ed è nostro dovere aiutarlo. –
Hinata lo guardava ammirata.
- Esatto! – esclamò Lee, entusiasta quanto il biondo. – Non deve preoccuparsi perché qui ci siamo noi! –
- Aiutarlo, ma in che modo? – domandò Shino, al quale importava andare dritto al sodo. Non aveva nulla contro Shikamaru o la ragazza di Suna, ma quelli non erano problemi suoi.
- Possiamo accollarci il suo lavoro. – propose Choji. Kiba per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Naruto e Lee pensavano che quella fosse una magnifica idea.
- No, non possiamo. – disse Shino, ancora più serio. L’unico modo per decifrare il suo stato d’animo era stare attenti al tono della voce, non era infatti possibile scorgere altro dietro gli occhiali scuri. – Non è che non voglio aiutare Shikamaru, sia chiaro, ma noi non siamo lui e se l’Hokage chiede espressamente del Nara per alcune faccende ci sarà un motivo. Immaginate Naruto alle prese con la squadra di decriptamento. –
Kiba scoppiò immediatamente a ridere, provocando l’ira del biondo. Nessuno voleva offendere l’animo di Naruto, che era e rimaneva per tutti un grande eroe, un amico capace e coraggioso, tuttavia bisognava pure ammettere che il discorso di Shino aveva il suo senso.
- Te la faccio vedere io! – urlò Naruto, avventandosi contro l’Inuzuka. Hinata tentava di tenerli fermi, ma i due ragazzi erano ovviamente più forti della giovane e Shino non pareva più intenzionato a dare una mano.
- Guarda, me la sto facendo sotto… avanti, fammi vedere di cosa sei capace! – ribatteva Kiba spavaldo.
- Ragazzi…! – tentò Choji, nella speranza di richiamarli all’ordine. Inutile dire che fosse bellamente ignorato.
- Vi prego, non litigate sempre. – aggiunse Hinata, frenando Naruto con un braccio. Voleva bene al suo ragazzo – le guance le si imporporarono al solo pensiero – ed a Kiba, suo compagno di team da sempre, ma assieme quei due erano davvero insopportabili.
- Diventerò io Hokage! – urlava ancora l’Inuzuka, tirando fuori quella vecchia storia e rivalità. Tutti al tavolo sbuffarono, ormai stanchi dei loro battibecchi.
- Silenzio! – ordinò imperiosa una voca appena arrivata. Choji guardò alle sue spalle e sospirò di piacere. Di fronte a loro vi erano Sakura, che avevano appena azzittito i due litiganti con una sola parola, e Sai sorridente come al solito.
- Perdonate il ritardo. – disse con gentilezza. Intanto Sakura fissava minacciosa Naruto e Kiba, sfidandoli con lo sguardo a continuare il loro stupido – non aveva neanche bisogno di conoscere il motivo, già sapeva fosse stupido a prescindere – litigio.
- Non vi preoccupate, avevamo appena cominciato. – aggiunse in fretta Choji. Si era spostato di lato, accanto ad Hinata che ancora cercava di tenere Naruto tranquillo, facendo spazio ai nuovi arrivati.
- Giusto, scusate. – ripeté Sakura sedendosi. Sai la imitò, salutando con un cenno Lee, che ricambiò con un sorriso ed un pollice alzato, e Shino, il quale non fece nulla. – Purtroppo abbiamo avuto un contrattempo. E’ da un po’ di giorni che la sensei Anko sembra impazzita e sta dando il tormento a Tsunade. –
- E’ sempre stata un tantino strana. – commentò Hinata.
- Da quel che si dice in giro la colpa è tutta di Kakashi-sensei. – aggiunse Sai. Sakura gli rifilò una gomitata nello stomaco: non doveva cominciare anche lui a mettere quelle voci in giro o la rabbia della Mitarashi sarebbe stata impossibile da contenere. Il giovane mantenne un’espressione innocente, nonostante le occhiatacce della compagna di team.
- Kakashi? Ma non è a Suna con Ino? –
- Sì, Naruto. Il problema è proprio questo: lui l’ha abbandonata. – continuò Sai, paziente.
Il biondo fece una faccia disgustata. Non poteva pensare che il suo sensei e quella pazza della maestra Anko avessero… oh, che grosso, grosso guaio.
- Non posso crederci… - borbottò confuso. Kiba decise di interrompere il suo silenzio proprio in quel momento: insomma, dopo quella rivelazione, non poteva starsene zitto.
- Ma si può sapere cosa avete tutti in questo villaggio?! – urlò. – Ormai pensate solo a… -
- E’ solo una stupida diceria! –l’interruppe Sakura, stanca di tutto quel parlare inutile. Hinata era arrossita, sprofondando ancora di più sul suo posto, stretta tra Choji e Naruto; Lee cercava di afferrare il contenuto di quei discorsi, ma era più confuso che mai; Shino, infine, era solo seccato. – Non conosciamo davvero il motivo dell’improvvisa pazzia della sensei e non è detto che Kakashi c’entri qualcosa. –
Sai continuava a sorridere, innocente.
- Possiamo riprendere il discorso su Shikamaru? – chiese Choji. Tutti appoggiarono la proposta, imbarazzati dall’argomento precedente. Tutti tranne Naruto, che pareva ancora disgustato dalla notizia appena ricevuta. – Bene, - continuò l’Akimichi. – eravano d’accordo su come aiutare Shika… -
- No, non eravamo per niente d’accordo. – l’interruppe Shino. Kiba sbuffò ancora.
- Che palle… e quale sarebbe la tua proposta, eh? – disse.
- Non ne ho. –
- Su cosa non eravate d’accordo? – domandò allora Sakura. Lei per fortuna aveva già discusso con Choji ed erano arrivati ad una conclusione ben precisa; quell’incontro era stato organizzato solo per mettere al corrente della situazione tutti gli altri.
- Shino ha evidenziato un problema importante. – rispose l’Akimichi. – Noi non siamo Shikamaru, sarà difficile prendere il suo posto. –
Sakura rifletté per alcuni istanti.
- Giusto, ci avevo pensato anch’io. – concordò.
- Non siamo dei cervelloni come lui. –
- E ormai lui ha preso il posto del padre: è un consigliere troppo importante per l’Hokage. – aggiunse Hinata.
- Lo so, - rispose Sakura. – è per questo che ho già parlato con Tsunade. Ci divideremo i suoi compiti ed ognuno si occuperà di ciò che è alla sua portata. Inoltre io e Sai abbiamo chiesto aiuto anche alla maestra Kurenai, che è ben felice di darci una mano. –
- Sakura-chan sei sempre favolosa! –
- Ed io potrei chiedere aiuto anche al grande maestro Gai! – annunciò Rock-lee. – Sono sicuro che non si tirerà indietro! –
- Ottimo. – commentò Sai, dando una pacca sulla spalla all’amico. L’idea gli era venuta da uno dei suoi libri sull’amicizia. Anche Sakura appoggiò la proposta.
- Mmh… in questo modo potremmo farcela. – stabilì Shino, ancora meditabondo. – Contate pure sull’aiuto mio e dei miei insetti. – proferì dopo un po’.
- Io ed Hinata ci siamo! – comunicò a voce alta Naruto. Non vedeva l’ora di aiutare il suo amico Shikamaru, che tanto aveva fatto per lui soprattutto durante la guerra.
- Kiba? –
L’Inuzuka allargò le braccia.
- E’ ovvio che ci sia anch’io e dimosterò ancora una volta di essere migliore di questo qui. – disse, indicando Naruto.
- E basta con questa storia dell’Hokage! – sbuffò Shino.
Choji quasi non poteva crederci. Tutto si era risolto per il meglio e nel giro di pochissimo tempo – non c’era stato neanche bisogno di usare la violenza. Era stata una buona idea mettere al corrente della situazione tutti gli altri.
Non vedeva l’ora di correre a casa e scrivere ad Ino: sarebbe stata felicissima della notizia, ne era sicuro. Per non parlare di Shikamaru! Quasi poteva immaginare l’espressione che avrebbe messo su.
Di solito erano sempre i suoi compagni di team a risolvere i problemi; adesso, invece, Choji si sentì finalmente utile.
- Contento? – domandò Sakura al suo orecchio. L’Akimichi annuì. – Bene, abbiamo fatto davvero un buon lavoro. Ero sicura che nessuno avrebbe abbandonato Shikamaru, in fondo è nostro amico. –
- Vi sarà riconoscente. –
- Era un dovere… dovrete partire al più presto, però. E ricorda che potrete stare solo per una settimana, non di più. –
Choji aggrottò la fronte, stranito. Gli altri discutevano ancora e non stavano prestando attenzione a quello che lui e Sakura stavano dicendo.
- Dovrete… potrete? Non capisco. –
- Lo accompagnerai. – rivelò la ragazza. Choji non ne capiva il motivo: Shikamaru poteva viaggiare tranquillamente da solo.
- Ma io voglio stare qui a darvi una mano! – protestò a bassa voce, ma con veemenza.
Sakura sorrise.
- Lo so, sei un caro ragazzo ed un amico formidabile, ma non è per Shikamaru che devi andare a Suna. Ho ricevuto una lettera di Ino e… beh, credo abbia bisogno di una spalla. Andrei io, ma ho molto da fare qui al villaggio. Tu, invece, sei perfetto Choji. –
- Ino? – ripeté. – Cosa… cosa è successo? –
Non riceveva lettere da Ino da un po’, ma in ognuna la ragazza gli era sembrata tranquilla e felice. Certo, di tanto in tanto si lamentava di qualcosa, il sole troppo cocente, il freddo pungente della notte, la sabbia, il cibo e Gaara che non s’accorgeva di lei, ma non pensava avesse bisogno di qualcuno accanto. Qualcosa nello stomaco brontolò e no, non era certamente fame.
- Niente! – s’affrettò ad aggiungere Sakura, notando la sua faccia preoccupata. – Ha solo combinato un pasticcio, tipico di lei e del suo caratteraccio. Non pensa mai a quello che fa, e poi si ritrova nei guai. Avere un amico vicino le farà solo del bene. –
- Quale pasticcio? – domandò ancora Choji. Non era d’accordo con Sakura. Ino a volte si dimostrava frivola ed ingenua, ma non era una che si ficcava nei pasticci, né tantomeno una che agisce senza pensare.
- Ehm… ha baciato Kankuro. –
L’Akimichi rimase di sasso e qualcosa al centro del petto gli fece male, come uno spillo conficcato nella carne. Non poteva essere Ino… lei non andava in giro a baciare la gente. E poi Kankuro neanche lo conosceva!
- Sei sicura? –
- Me l’ha scritto lei. –
Sakura aveva notato un cambiamento in Choji e avrebbe voluto continuare a parlargli e capire il motivo della sua improvvisa agitazione, della sua espressione triste. Un’idea se l’era fatta, ma non era sicura fosse quella giusta. Era una ragazza intelligente, ne era consapevole, ma gli eventi avevano dimostrato che non era propriamente un asso nel capire le persone; aveva sbagliato spesso in passato giudicando male Naruto, poi Sasuke… forse Choji era solo preoccupato per l’amica e compagna di team. Eppure la rosa si chiese se Shikamaru, anche lui amico e compagno di Ino, avesse avuto una reazione simile. Probabilmente no.
I propositi di Sakura però andarono in frantumi quando Naruto e Kiba ricominciarono a litigare e furono tutti costretti a lasciare il locale per cercare di far calmare i bollenti spiriti.
- In bocca al lupo, Choji! – disse la ragazza, supportata dai sorrisi degli altri, prima che l’Akimichi si dirigesse da Shikamaru per dare la notizia.
 
Temari non era una ragazza impicciona; anzi, era fedele osservatrice del detto: chi pensa a sé vive per cent’anni. Tuttavia non poteva non indagare quando in mezzo c’entrava uno dei suoi fratelli – quello così cretino da andare in giro a baciare la Yamanaka, per essere precisi.
Ino era stata mandata da Gaara a far visita all’ospedale di Suna, nella speranza che gli togliesse gli occhi di dosso e trasmettesse qualche utile informazione ai loro ninja-medico. La ragazza era stata ben felice di far qualcosa – oltre andarsene in giro a corteggiare ignari ragazzi come Kankuro, avrebbe aggiunto Temari – e aveva preso con grande serietà la nuova occupazione. Almeno lì non c’era nessuna Sakura, allieva dell’Hokage, con cui fare paragoni.
Temari la trovò intenta a parlare di medicazioni con un giovane ragazzo appena uscito dall’accademia. Arrivò sicura, col mento alzato e lo sguardo feroce, puntando dritta sulla bionda di Konoha; dietro di lei c’era Matsuri che l’accompagnava, seguendola come un cagnolino.
- Credo che tu sia richiesto. – enunciò, rivolgendosi al ragazzino. Questi la guardò, sorpreso.
- Dove? – domandò.
- Non lo so, da qualche parte. – lo liquidò lei. Il malcapitato fu spinto di lato e lo sguardo di Temari si posò finalmente su quello della Yamanaka.
- Vorrei dire “oh, che piacere vederti”… ma sarebbe una bugia. – disse questa, sospirando. Le due non andavano molto d’accordo, nonostante la convivenza forzata. Ino non l’avrebbe mai detto, ma alla fine Kankuro s’era rivelato il fratello più gentile e simpatico di tutto il trio.
- Lo stesso vale per me. – replicò Temari. Matsuri aveva saggiamente deciso di rimanere a distanza, fingendo di compilare un foglio della cartelletta che aveva tra le mani: con un occhio guardava le due ragazze fronteggiarsi, con l’altro fissava i cuoricini che aveva disegnato con al centro il nome di Gaara-sama. – Purtroppo sono qui per farti una domanda. – affermò dopo qualche secondo la Sabaku.
Ino alzò un sopracciglio ed incrociò le braccia al petto.
- Se vuoi notizie di Shika… beh non posso aiutarti. Vorrei sapere anch’io dove diavolo è finito quel cretino. – rispose. Temari deglutì, lasciando che non solo la saliva, ma anche la rabbia le rimanesse dentro. Non le andava a genio che Shikamaru non si fosse ancora fatto vivo, ma non ne avrebbe parlato con la Yamanaka neanche sotto tortura. Non ne avrebbe parlato proprio con nessuno, ecco.
- Non si tratta di questo. – disse amareggiata.
- E cosa? –
- Che intenzioni hai con mio fratello? – domandò a bruciapelo. Ino non s’aspettava una domanda del genere e persino Matsuri aguzzò l’udito per sentirci chiaro su quella storia.
- Puoi stare tranquilla, sorella gelosa. Non ho nessuna intenzione. –
Temari assottigliò lo sguardo. Qualcosa le diceva di non credere alle parole dell’altra.
- Sto dicendo la verità! – confermò la Yamanaka. – E’ vero, ci ho provato e non lo nego, ma adesso ho capito di non avere speranze con lui. E come potrei? Mi ha praticamente detto di non piacergli, anche se ancora non ne capisco il motivo… deve essere davvero pazzo. –
A Temari per poco non venne un collasso per la contentezza. Non sarebbe mai riuscita a sopportare Ino con il suo adorato fratello Kankuro. Tuttavia si chiedeva come la Yamanaka avesse tutte quelle certezze: gli aveva forse parlato chiaramente? In effetti c’era da aspettarselo da una diretta come lei; eppure alla kunoichi di Suna suo fratello era sembrato parecchio partecipe durante il bacio, per non parlare delle occhiate che le lanciava di tanto in tanto pensando che nessuno se ne accorgesse.
- Sicura? – domandò con una punta di sospetto. E se Ino le stesse mentendo? Poteva essere uno dei suoi stupidi piani per accaparrarsi Kankuro senza avere altri problemi di contorno.
La Yamanaka alzò gli occhi al cielo.
- Certo! Lo giuro! –
La maggiore parve acquietarsi, nonostante l’istinto le dicesse di non fidarsi.
L’ultima volta che mi sono fidata di un tizio di Konoha sono rimasta incinta… oh, che mal di piedi! E la testa mi scoppia… ho pure fame. Dannato Shikamaru Nara.
- Mmh… - mugugnò. Era inutile insistere: se Ino non voleva rivelarle la verità non l’avrebbe fatto neanche dopo ore di tortura. – Ti credo e spero di non sbagliarmi. –
- Te l’ho detto, non c’è pericolo! –
- Bene, allora… ciao. –
Ino sospirò, bloccando la Sabaku con un braccio. Temari si voltò, seccata: i piedi e le caviglie le dolevano come non mai.
- Cosa vuoi? – domandò. La Yamanaka le si avvicinò, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Guarda che ti capisco, - rispose a bassa voce e stando attenta che nessun altro la sentisse. – sei arrabbiata e ne hai tutti i motivi. Se avessi Shikamaru tra le mani – e fidati che prima o poi ce l’avrò – lo strozzerei senza pietà, ma non dobbiamo crucciarcene. –
- Sei l’unica a farlo. – la interruppe Temari. Ino la fissò a lungo, con l’aria di chi la sa lunga.
- Non ci crede nessuno che non stai soffrendo, ma non devi averne paura: è normale e per tua fortuna ci sono io qui. –
La ninja di Suna fece una smorfia, allontanandosi dall’altra. Matsuri le si avvicinò con la cartelletta stretta tra le braccia e il suo Gaara-sama sempre presente nei pensieri.
- Io sto benissimo. – sibilò con poca convinzione. – Shikamaru ha da fare ed io lo capisco: il villaggio viene prima di ogni cosa. –
- Vorresti dire che non hai pensato neanche per un istante che lui fosse fuggito a gambe levate da questa storia? –
- No, lui è uno serio. –
- Neanche un piccolo, minuscolo dubbio? –
- No. –
- Non dirmi che non ti è venuta voglia di picchiarlo! –
- Quello avverrà a tempo debito. –
Ino allargò le braccia esausta.
- Sei un caso disperato, Sabaku. – disse. Temari si stizzì, ma non aggiunse nulla. – Eppure credo che quel matto di Shikamaru ti ami davvero… chissà per quale motivo poi! –
Ed Ino ci credeva, non stava mentendo. Una parte di sé avrebbe voluto rivelare il segreto di Kankuro e delle lettere nascoste, ma l’altra parte le suggeriva saggiamente di starne fuori: si trattava di una cosa tra fratelli e a lei non andava di rimetterci le penne.
Temari, camminando per il corridoio con passo svelto e la fronte corrucciata, non poteva fare altro che pensare alle parole della Yamanaka – dannata lei e il suo compagno di team. Matsuri, accanto, le lanciava di tanto in tanto delle occhiate preoccupate.
- Tutto bene? – domandò ad un tratto con una vocetta timorosa.
- Sì, non preoccuparti. – rispose lei. La giovane ragazza tossicchiò.
- Ehm… tornando a quella storia, - balbettò imbarazzata. Temari le rivolse un’occhiata di sbieco, mordendosi il labbro inferiore. – è sicuro che Ino-san non sia interessata più a Kankuro? –
- Lei ha negato, anzi ha aggiunto che Kankuro non è interessata a lei in alcun modo. –
Masturi si fece ancora più seria.
- E con Gaara-sama? –
La Sabaku scoppiò a ridere.
- Non c’è alcun pericolo. Se Ino torna ad avvicinarsi a lui, mi ha promesso che avrebbe inventato qualche scusa per rimandarla a Konoha. -
 
Choji aveva incontrato la signora Nara per strada. Aveva insistito per aiutarla a portare la spesa, ma lei aveva rifiutato l’aiuto con forza.
- Non sono ancora così vecchia da aver bisogno di una mano! – aveva urlato, offesa.
Il ragazzo si era immediatamente scusato per la sua presunta scortesia ai danni della donna, poi aveva chiesto notizie di Shikamaru.
- E’ dall’Hokage, dove vuoi che stia? –
Choji era davvero preoccupato. Non aveva mai visto il suo amico lavorare così tanto come in quell’ultimo periodo e ne provò compassione, ma subito si ravvide pensando alla splendida notizia che stava portando. Inoltre anche lui era contento di poter rivedere Ino e magari parlare con lei, scoprire la verità sulla storia del bacio. Il solo pensiero gli faceva muovere la bile.
Il palazzo era come al solito affollato e pieno di ninja intenti a parlottare tra loro.
Non l’avrei mai detto, pensò. Ma Shikamaru è l’unico che lavora qui. Ci credo che ne è pieno fino al collo, nessuno gli dà una mano!
Qualcuno lo salutò da lontano, qualcun altro fece cenno di avvicinarsi, magari per parlare e metterlo al corrente di qualche nuovo pettegolezzo sull’Hokage, ma Choji era di fretta ed ignorò tutti.
Davanti alla porta dell’ufficio in cui Shikamaru era solito lavorare provò una grande agitazione: ancora non poteva credere di essere riuscito nell’impresa di convincere gli altri. Dall’interno provenivano alcune voci, delle quali Choji ne riconobbe solo una.
Entrò.
- Ehi, Shika! – urlò, interrompendo una conversazione tra l’amico e la sensei Anko. La procace insegnante era seduta su una scrivania e fissava minacciosa Shikamaru, mangiando dei dango. Il povero Nara sembrava solo annoiato.
- Ciao, Choji. Come mai sei qui? – domandò. Sbadigliò un paio di volte prima che qualcun altro in quella stanza prendesse la parola.
- Non mi hai risposto! – replicò Anko-sensei, riferendosi alla discussione interrotta. Choji si sentì immediatamente di troppo.
- Ma non ho niente da rispondere. – replicò con tranquillità Shikamaru. Neanche guardava la sua interlocutrice.
La Mitarashi ingoiò un ultimo dango, si rigirò il bastoncino tra le dita e scese da dove era seduta. A Choji la maestra Anko aveva sempre messo addosso una grossa inquietudine, forse a causa del suo passato con Orochimaru; si ritrovò quindi ad ingoiare per ripristinare la salivazione, mentre nella sua testa pregava affinché lui e il suo amico ne uscissero vivi da quella stanza.
Sai aveva ragione!
- Tanto prima o poi dovrò tornare, - proferì l’insegnante con un tono indifferente. Agitava il bastoncino per aria, ma manteneva lo sguardo fisso su Shikamaru, che non le prestava la minima attenzione. – e, quando lo farà, io sarò qui ad aspettarlo. Non posso garantire che rimanga ancora in vita, merita una bella lezione. –
- Va bene. – rispose il Nara, alzando le spalle. In fondo a lui non importava nulla di quella strana storia. Provava solo un po’ di pena per il povero maestro Kakashi, nulla più.
Anko-sensei sbuffò, voltando le spalle ai presenti ed uscendo definitivamente. Choji si risentì sollevato.
- Quella diventa più pazza ogni giorno che passa… - riprese Shikamaru, sbadigliando ancora. – ma tu perché sei qui? –
L’amico sorrise, felice di poter finalmente riferire la notizia.
- Puoi finalmente andare a Suna ed io ti accompagnerò! –
Shikamaru sbatté le palpebre un paio di volte, confuso.
- Cosa? – domandò. Avvertiva qualcosa nello stomaco: trepidazione, forse? Temari le mancava; non credeva fosse possibile, ma quella ragazza seccante le mancava tanto, troppo. Fu un pensiero veloce, eppure devastante nella sua semplicità: non si trattava più di averla lontana per qualche settimana, qualche mese, ora averla lontana anche solo per un giorno era diventato insostenibile.
- Sakura ha parlato con Tsunade ed è tutto a posto, puoi partire! – ripeté Choji.
- E il lavoro? Come…? –
- Se ne occuperanno gli altri, non preoccuparti. Naruto, Kiba, Lee… sono tutti felici di poterti aiutare, ma dobbiamo muoverci in fretta perché non ci è permesso stare via per molto tempo. –
Shikamaru si alzò, ancora confuso, raggiungendo l’amico di sempre. Avrebbe voluto abbracciarlo, ma lui non era il tipo da tali manifestazioni di affetto. Un pacca sulla spalle fu più che sufficiente. Choji sorrise ancora di più: la felicità dell’altro lo riempiva di orgoglio e fiducia.
- Prepara le tue scorte di patatine, allora. – enunciò Shikamaru con forza. – Partiamo, Cho. -
 
 
 
 
 
 
Note:
chiedo venia per l'enorme ritardo! Potrei scrivervi le mille motivazioni, più o meno serie, che si nascondono dietro questo grosso ritardo, ma credo sia inutile. Prometto solo che proverò ad essere più veloce negli aggiornamenti, nonostante il mese che verrà sarà per me assolutamente devastante >.<
Chiedo scusa anche per l'eventuale OOC di qualche personaggio, ma purtroppo questo capitolo è venuto fuori diverso da come l'avevo immaginato e non mi piace molto. Non succede nulla di importante, è solo un cap. transitorio, ma potete capire che dal prossimo finalmente Shikamaru e Temari torneranno assieme! Evviva! (E' assai probabile che ci scappi il morto, come dice Ino.)
Non smetterò mai di ringraziare le persone che recensiscono questa storiella becera, dalle affezionate dei primi capitoli (siete meravigliose, davvero) a quelle "nuove" che spero continuino a seguire. Il vostro supporto è importantissimo per me <3
Mmh... non ho più nulla da aggiungere, se non: fatemi sapere il vostro giudizio, che sia positivo o negativo, è un piacere e un stimolo a migliorare le cose! Un bacio ed alla prossima!! ^^

 

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Capitolo 10
*** Apparizioni e fraintendimenti ***


Ino non aveva ancora ricevuto notizie da Choji o qualcun altro. Si sentiva un tantino abbandonata, soprattutto da Sakura, alla quale aveva chiesto consiglio riguardo la storia con Kankuro.
Gli ultimi giorni erano passati quieti e senza troppi problemi: Gaara l’evitava quando possibile, fingendo di sbrigare alcune faccende; Temari gironzolava per il palazzo in preda ad una crisi isterica che cercava in tutti i modi di nascondere e Kankuro faceva in modo di non trovarsi mai da solo con lei. Intanto, però, aveva stretto un bel legame con i ninja-medico di Suna, passando con loro intere ore nella serra e parlando del più o del meno. Era da tanto che qualcuno non le prestava così tanta attenzione sul lavoro – e Choji e Shikamaru non contavano poiché sui compagni di team: dovevano per forza tenerla in considerazione. Nonostante i suoi piani sentimentali non fossero andati a buon fine, anzi aveva addirittura creato più casini di quanto già non ce ne fossero, doveva pure ammettere che stare a Suna le aveva dato più fiducia sulle sue qualità di ninja.
Quella mattina aveva intravisto Temari fare colazione. Da quando avevano chiarito sulla storia di suo fratello Gaara, la giovane sembrava di colpo diventata più gentile nei suoi confronti – per quanto il suo carattere autoritario e rompipalle glielo permettesse. Ino avrebbe volentieri scambiato quattro chiacchiere, ma in quell’istante era sbucato dal nulla Kankuro, masticando qualcosa e biascicando una battuta incomprensibile, e lei aveva preferito rifugiarsi in una locanda poco distante.
Devo superarlo, non posso evitare il Sabaku per sempre, si ripeteva di continuo, ma a conti fatti non aveva mai il coraggio di affrontare quella situazione imbarazzante. Dal giorno del bacio i due aveva scambiato sì e no quattro parole contate ed Ino in fondo ci soffriva. Kankuro era stato un buon amico.
Solo un amico?, si domandava. Rimaneva a crogiolarsi nel dubbio, non riuscendo a darsi una risposta. Il bacio le era piaciuto e su questo Ino non aveva nulla da ridire, ma bastava questo per poter ritenere Kankuro Sabaku no, ninja delle marionette che era solito dipingersi la faccia con del trucco viola che lei aborriva, il suo ragazzo ideale? Colui con cui avrebbe potuto cominciare una storia?
Insomma, Kankuro le piaceva o no?
Ino non avrebbe saputo rispondere. E questa cosa la stava logorando.
Un giovane ninja le si era avvicinato, chiedendole spiegazioni su una particolare tecnica. Le piaceva questo nuovo ruolo.
- Credi di aver capito? – domandò alla fine. Il giovane annuì, ringraziandola con un sorriso. Gaara le aveva fatto un favore relegandola in quel posto: aveva finalmente la possibilità di rendersi utile e poteva persino smetterla di pensare a Kankuro e…
Oh cielo. Ooooh!
Ad Ino per poco non venne un infarto. Di fronte a lei, su un lettino, se ne stava tranquilla proprio la persona che aveva cercato di evitare. Quella stessa persona che le aveva tolto il sonno e la sanità mentale negli ultimi giorni. Dovette appoggiarsi al muro per non cadere dalla sorpresa e le occorsero due minuti buoni per capire cosa fare, ovvero scappare via prima che lui si accorgesse di lei.
Purtroppo, però, aveva impiegato troppo tempo e Kankuro adesso la stava fissando. Non sembrava seccato.
La kunoichi si azzardò a salutarlo con una mano, ma poi le parve troppo scortese e decise di avvicinarsi.
- Ciao… - mormorò. Il ragazzo continuava a guardarla.
- Ohi, non pensavo fossi qui. – commentò tranquillo. Ad Ino quell’apparente serenità disturbava non poco; possibile che l’unica in agitazione fosse lei? Forse per lui il bacio non aveva davvero significato nulla. Involontariamente qualcosa le si mosse nello stomaco.
- Tuo fratello pensa sia una buona idea che io rimanga qui a dare una mano, anziché andarmene in giro a dare fastidio. –
- Gaara è sempre molto saggio. –
Ino tossicchiò, infastidita.
- E tu? Perché sei qui? – chiese con finta aria indifferente. Kankuro mostrò il braccio nudo: una profonda ferita da taglio faceva bella mostra di sé.
- Le nuove reclute… i soliti incidenti. – si giustificò. In effetti la ragazza, troppo preoccupata a non farsi prendere dall’agitazione, non aveva notato la manica della tuta stracciata e il sangue rappreso. Le parve strano che il Sabaku fosse così calmo con quella ferita profonda; anzi minimizzava pure quanto accaduto.
- E hai già chiesto aiuto a qualcuno? – domandò. Kankuro scrollò le spalle.
- Credo che mi visiteranno fra poco, - rispose. – per ora me ne sto qui. –
Ino si sentì chiamata in causa. Volse lo sguardo attorno, notando con orrore che nessuno era presente in quel corridoio di solito sempre affollato. Sembrava l’avessero fatto apposta a lasciarla sola col ninja delle marionette, che era pure ferito e necessitava di cure.
Sbuffò, non sapendo cosa altro fare, e si avvicinò ancora di più: da lì poteva sentire l’odore ferroso del sangue. Deglutì per darsi forza.
- Se vuoi posso aiutarti io. – proruppe con noncuranza. Non aspettò neanche la risposta, afferrò con delicatezza il braccio del giovane e lo portò alla sua altezza. Attentamente valutò la gravità del taglio, poi posizionò le mani su di esso.
Lo sguardo di Kankuro le era addosso e questo la metteva in agitazione. L’ultima volta che si era sentita così era ad un esame con l’Hokage.
- Se hai qualcosa da dire, dilla. – bofonchiò a disagio, interpretando il silenzio e le occhiate dell’altro come un’implicita offesa alle sue capacità. Kankuro alzò lo sguardo e i loro occhi si incontrarono.
- Cosa? – domandò.
- Scommetto che adesso farai un paragone con Sakura, - riprese lei con tono acido e polemico. Intanto la ferita si stava pian piano rimarginando. – che ti curò quella volta che rapirono Gaara e fu in grado di trovare un antido al veleno di Sasori. Beh, se te lo stai chiedendo, io non sono in grado di trovare un antidoto misterioso e non ho neanche tutte le straordinarie abilità della fronte spaziosa! –
Kankuro continuava a fissarla, indeciso se scoppiare a ridere o dire a Gaara di rimandarla a Konoha per rinchiuderla da qualche parte.
- Eppure non ho alcun complesso di inferiorità, se ti interessa. Ho ben altre qualità, io! – concluse la ragazza con stizza.
Aveva distolto lo sguardo dall’altro. Adesso era concentrata sul lavoro che stava svolgendo.
Perché non tengo mai la bocca chiusa? Faccio sempre la figura della scema.
- In realtà ero mezzo morto, - replicò Kankuro dopo un po’. – quindi non ricordo quasi nulla di quel giorno e non potrei fare alcun paragone. –
- Oh, beh… tanto non me ne sarebbe importato. –
- E comunque, - continuò lui, ignorandola. – ti capisco. Sono fratello del Kazekage e i complessi sono all’ordine del giorno. –
Della ferita non rimaneva altro che un piccolo graffio. Ino potè dirsi soddisfatta del proprio lavoro.
- E perché dovresti avere dei complessi? Qui a Suna sei rispettato, le reclute ti adorano e ti considerano uno dei ninja più forti di tutto il villaggio. –
Kankuro intanto si tastava il braccio, contento di aver risolto il problema in così poco tempo.
- Anche tu lo sei, o sbaglio? –
La Yamanaka arretrò di qualche passo giacché ritevenva saggio mettere una certa distanza tra lei e il ragazzo. Era strano parlare con lui di un argomento simile. Non le piaceva mostrarsi insicura, soprattutto verso Sakura, perciò era solita tenersi tutto dentro e non rivelare nulla a nessuno. Eppure Kankuro pareva così attento alle sue parole, non bollandole come semplici sciocchezze: lui non solo l’ascoltava davvero, ma sembrava anche provare le sue stesse sensazioni.
Forse aveva sbagliato ad allontanarsi.
- Sbagli, e pure di grosso. – rispose, ricomponendosi. – Ci sono decine di ninja fortissimi al mio villaggio. Persone con cui non potrò mai competere… ma non è un problema, come ti dicevo: io ho altre qualità. –
- Tipo andare in giro a baciare la gente? –
Quella fu una stoccata bella e buona. Ino spalancò di poco la bocca, presa in contropiede dalla risposta.
Allora ricorda il bacio! Una parte di sé si sentì sollevata, anche se non sapeva spiegarne il motivo. Un momento… non devo farmi prendere dal panico. Devo ragionare ed evitare le mie solite uscite.
- E se anche fosse? – buttò lì. Non era sicura si trattasse della replica giusta, ma era la prima cosa sensata le fosse venuta in mente.
Kankuro era ancora tranquillo.
- Niente, puoi fare quello che ti pare. Mi domandavo solo perché l’avessi fatto.-
Ad Ino il cuore stava per fuggirle via dal petto. Era semplice fare la ragazza civettuola, gettare qualche allusione di tanto in tanto e attaccarsi al braccio di qualche bel fusto solo nella speranza di trovare quello giusto o far ingelosire quel pezzo di legno di Sasuke, ma le cose si complicavano quando qualcuno le chiedeva di far chiarezza sui suoi gesti, le sue parole e i suoi sentimenti.
Perché l’aveva fatto? Perché era confusa. Ma a Kankuro sarebbe bastata quella risposta? Ci avrebbe creduto?
- E perché ti importa? – domandò lei, tergivisando. Forse il prendere tempo le avrebbe dato la possibilità di inventare qualcosa di intelligente.
Questa volta Kankuro si mostrò un tantino turbato.
- Penso sia una cosa normale sapere il motivo che spinge qualcuno a baciarti. – replicò piano, cercando di mantenere la maschera di calma che aveva tenuto sino a quel momento.
- No, non lo è. – sentenziò Ino. – Ho solo commesso un errore, va bene? Deve essere stata colpa del sole o della sabbia o dei continui sbalzi di temperatura che ci sono qui. Non sono abituata a questo ambiente e deve essermi andato in pappa il cervello. –
Kankuro scosse il capo, seccato. Scese dal lettino su cui era comodamente seduto, raccattando un po’ della tuta strappata.
- Oh, va’ al diavolo! – sbuffò nella direzione di Ino, che non riusciva davvero a capire quel cambiamento di umore repentino.
Davvero non lo capisci? Oh andiamo, non mentire. Lo sai, eccome se lo sai!
Il Sabaku cominciò a camminare in direzione dell’uscita, muovendo il braccio per notare se il dolore fosse scomparso del tutto. Sentiva il bisogno di starsene con le sue marionette e di non vedere anima viva per altre ventiquattro ore almeno.
Ino gli corse dietro e tentava di afferrarlo per le spalle, ma il giovane ninja era molto più veloce e determinato di lei.
- Guarda che non hai finito! – gli urlò con irritazione. – Devo lavare la ferita e mettere la benda! Così ti prenderai un’infezione! –
Ma Kankuro non la stava ascoltando. Quando la bionda finalmente lo raggiunse si rese conto che lui s’era fermato ad osservare qualcosa alla finestra; si avvicinò, nella speranza che quello zuccone la ascoltasse.
- Cosa stai…? –
- Shh! – l’interruppe lui. - Quello è… -
- Shikamaru! – esclamò Ino con gioia.
 
Non le pesava la gravidanza, davvero. Ogni tanto le dolevano le caviglie e la nausea persisteva soprattutto al mattino, ma non si stava dimostrando così terribile come aveva immaginato. Inoltre il pensiero di quella cosina – perché non c’erano dubbi che si trattasse di una femmina – le metteva una gioia addosso che non provava da molto tempo. Quando era sola nella propria camera, in particolare di sera, e si stava cambiando per andare a letto, senza neanche rendersene conto, cominciava ad accarezzarsi piano la pancia e a parlare – ebbene, proprio parlare – con quella bambina che per il momento non era altro se non un grumo di carne e altra roba schifosa.
Si sentiva un po’ pazza, ma quelle chiacchiere le davano la possibilità di rilassarsi e non pensare a quello sconsiderato di Shikamaru. A volte addirittura provava ad immaginare la sua vita futura, con una bambina bellissima tra le braccia e i sorrisi dei fratelli a fare da sfondo. Immaginava pure quell’abozzo di essere umano, che rispondeva sempre al nome di Shikamaru, ma per lui non c’era nulla di felice: solo una lenta, anzi lentissima tortura da parte sua.
Però c’era una cosa che Temari non riusciva a sopportare della gravidanza: il non far niente. Gaara non le permetteva di svolgere nessuna mansione, neanche una delle più semplici, e questo la mandava in bestia. La trattavano come se fosse stata malata e avesse avuto bisogno di reverenza continua. Per un po’, soprattutto all’inizio, le era piaciuto, ma a lungo andare la cosa stava diventando stressante.
Non poteva guardare gli altri ninja allenarsi che arrivava Kankuro di corsa, sudato e spaventato come se avesse visto un fantasma, e la portava via, blaterando cose sulla sua salute, quella del bambino e via dicendo. Aveva addirittura scoperto suo fratello a leggere una di quelle riviste per neo-mamme con grande attenzione e solo per rompere le scatole a lei.
- Lo sai che dovresti stare seduta almeno dieci ore al giorno? – le aveva detto una volta. Temari l’aveva mandato a quel paese e se n’era andata a fare una bella passeggiata.
Con Kankuro delle reazioni del genere se le aspettava pure e ci aveva anche fatto l’abitudine. Fu Gaara a sorprenderla più di tutti. Ogni tanto la sua sabbia le piombava dinanzi, facendole prendere anche un grosso spavento, e l’aiutava a scendere le scale o raccogliere qualcosa per terra. Sbuffava ogni volta, ricordando ai suoi cari fratelli che era ancora al terzo mese e la sua salute era perfetta, ma loro non le davano ascolto.
Si sentiva spiata ogni secondo e non era una bella sensazione.
Non potendo svolgere nessun lavoro, neanche firmare qualche stupida cartaccia diplomatica, passava le sue giornate a vagare come un’anima in pena per il palazzo.
Quel giorno non faceva eccezione.
Camminando per quei lunghi corridoi a Temari veniva solo in mente una persona. E avrebbe voluto ucciderlo, se solo l’avesse avuto tra le mani. Sapeva quanto Shikamaru fosse apatico, pigro, indolente e un mare di altri aggettivi su quella linea, ma non avrebbe mai immaginato che fosse anche così… così stronzo. Di solito la stronza della situazione era lei, mentre il bellimbusto si limitava a sbuffare o fare la parte della vittima innocente.
Camminava veloce, senza neanche sapere dove stesse mettendo i piedi. Aveva bisogno di sfogare la rabbia repressa, ma non aveva idea di come fare o verso chi indirizzarla.
Cominciò allora a pensare.
Non voleva un matrimonio grosso e rumoroso, coi fiori, la musica strappalacrime e un vestito sfarzoso da indossare; anzi, pensandoci, non voleva proprio sposarsi, ma riteneva legittimo lamentarsi dello scarso interesse del suo fidanzato e padre della sua bellissima bambina.
All’improvviso le venne da ridere pensando a Shikamaru vestito elegante, magari con un fiore tra le mani e i capelli sciolti. Le piacevano, anche se non gliel’aveva mai detto – e non l’avrebbe mai fatto. Le piaceva soprattutto accarezzarglieli con le dita, sfiorandolo appena mentre sonnecchiava sul suo braccio.
Si fermò.
Davanti a lei stava Shikamaru, ma non era elegante e ben vestito come se l’era immaginato poco prima. Aveva i capelli legati e pure un po’ arruffati, il viso stanco e lo sguardo concentrato come al solito. Niente abito nuziale, solo la normale e sgualcita divisa del villaggio della foglia.
Scommetto pure che puzza, pensò amareggiata. Persino nei suoi sogni Shikamaru non era mai impeccabile come invece lei avrebbe voluto.
L’immagine del suo fidanzato intanto avanzava e la stava raggiungendo. Doveva essere davvero stanca ed annoiata Temari per fantasticare su robe del genere.
Piegò la testa di lato e alzò un sopracciglio.
Shikamaru si fermò proprio dinanzi a lei, fissandola. L’istante dopo si trovava tra le sue braccia mentre le sue labbra incontravano quelle del ragazzo.
In quel momento Temari si rese conto che la persona lì davanti, quella stessa persona che ora la stringeva e la baciava era vera e non una sua illusione. E si rese conto pure che puzzava, sul serio.
La consapevolezza la fece allontanare.
- Ciao. – esalò Shikamaru, riprendendo fiato.
La rabbia repressa esplose come un ordigno, incontrollata e pericolosa. Temari non dovette neanche pensarci perché la sua mano si mosse fulminea a colpire la guancia dell’altro. E dovette far male, molto male.
- Che bel benvenuto… - biascicò lui, tastandosi la parte dolente.
- E cosa ti aspettavi? – sibilò lei, risentita. – Un comitato di accoglienza? Una festa con palloncini e roba da mangiare? –
- L’avrei gradito. Ho viaggiato per tre giorni ed ho fame. –
- Non fare il sarcastico, Nara. –
Shikamaru alzò le braccia in segno di resa. Era stanco, ma felice di poterla rivedere. Così felice che non gli importava nulla di quanto lei fosse arrabbiata o quante sberle le occorressero per poter tornare calma e sfogare tutto.
- Stai bene? – domandò.
Temari lo colpì al torace con un piccolo pugno.
- Perché non ti sei fatto sentire? – replicò senza dare risposta. Shikamaru continuava a massaggiarsi la guancia ferita. – Ti aspettavo, anzi noi ti aspettavamo e invece tu non hai fatto sapere nulla. Poi sbuchi così, all’improvviso, e ho ancora l’impressione che tu non sia reale. –
- La partenza è stata possibile solo grazie a Choji e gli altri. Giuro, non ne sapevo niente e ho avuto così tanta fretta da non poterti scrivere. –
Temari prese un gran respiro.
- Non parlo solo di adesso. –
Shikamaru davvero non capiva a cosa lei si stesse riferendo. Non era mai stato un asso nello scrivere lettere, eppure non si era sottratto a quel compito gravoso – a parere suo.
- Non ho quasi avuto tue notizie! – continuò Temari.
- Impossibile. Io ti ho scritto ed anche spesso. –
A dire il vero alla kunoichi qualche dubbio era sorto sin dall’inizio, però, colpa forse degli ormoni, non ci aveva dato peso ed aveva preferito scaricare la colpa su quel poveraccio di Shikamaru. Eppure lui sembrava sincero.
Un rapporto deve essere basato sulla fiducia ed io devo fidarmi.
- Che motivo avrei di mentire? – tentò ancora lui. Temari tornò ad avvicinarsi, appoggiando le mani sul suo petto.
- Ti credo, - sussurrò contro il suo collo. Le era mancato il suo odore e la possibilità di toccarlo. – ma me la pagherai. –
Le mani di Shikamaru risalirono le spalle della ragazza, sino a fermarsi dietro la nuca: il pollice scorreva lento sul lembo di pelle tra il collo e la guancia, ridisegnando il profilo della mascella; la fronte era così vicina da poter toccare la sua.
- Mi sei mancata. – sussurrò.
- Sei diventato melenso. –
- Pensavo ti stessi lamentando per le poche attenzioni ricevute. –
Temari sbuffò, divertita.
- Con te ho sempre qualcosa di cui lamentarmi. –
- Questo accade perché sei seccante come tutte le donne. –
- E tu puzzi, da quanto tempo non vedi acqua e sapone? –
- Mmh… un po’. –
Tutte le ansie, la paura e le paranoie erano scomparse dalle testa di Temari, che poteva finalmente sentirsi leggera come una piuma. Anche il suo corpo ringraziava poiché non ne abbracciava un altro da molto tempo – no, gli abbracci stentati delle marionette di suo fratello non contavano. Tuttavia c’era ancora qualcosa che non andava via dalla testa della kunoichi.
- Hai detto di avermi scritto, - considerò pensierosa. Shikamaru mugulò qualche parola di assenso. – ma io ho ricevuto solo due tue lettere. Questo può voler dire solo una cosa. –
- Temari… -
- Sta’ zitto. Qui qualcuno mi sta mentendo e ho idea di chi possa essere. –
Il ninja sbuffò, dicendo addio al suo piano geniale che consisteva nello stare con Temari, possibilmente in un letto, a dormire.
- Giuro che questa volta l’ammazzo. – borbottò la ragazza. – Ma prima devi lavarti, non posso starti vicino che mi viene da vomitare. –
 
- Dov’è? – urlò Kankuro entrando nella stanza di suo fratello. Gaara, come al solito, non si scompose; gli gettò a stento un’occhiata.
Dietro il ninja delle marionette sbucò la testa bionda di Ino, eccitata e felice come non lo era da un po’.
- Dov’è? – ripeté il giovane. Solo a quel punto si accorse che il Kazekage non stava fissando il vuoto, ma una persona in carne ed ossa: Choji Akimichi.
- Cho! – esclamò sorpresa Ino, ma Kankuro la scavalcò. Aveva questioni più urgenti di cui occuparsi, come cercare quel farabutto di Shikamaru Nara ed ucciderlo lentamente con le sue letali marionette.
- Gaara so che è qui. – proferì serio, rivolto al fratello. Lui era l’unico che potesse capirlo.  – Dimmi dove si trova e farò in modo di risolvere il problema senza ulteriori preoccupazioni per te. –
- Cosa? – intervenne Choji. La sua faccia era rossa e l’espressione stanca, segno che doveva essere arrivato da poco.
- Nulla! Non ascoltatelo, - s’intromise la Yamanaka, salutando con un sorriso il suo amico e trascinandosi dietro Kankuro. – è stato ferito durante gli allenamenti ed ora credo sia sotto shock. Parla a vanvera e non sa quello che dice. –
- Io so quello che dico! –
- Shikamaru non è arrivato prima a causa di alcune questioni urgenti, - prese a spiegare Choji. Gaara lo ascoltava apparentemente distratto e scocciato da tutto quel chiasso. In realtà era particolarmente attento alle parole del ninja della foglia nella speranza che questo commettesse un errore: anche lui condivideva, almeno in parte, l’idea di Kankuro. – che riguardano il bene di Konoha. Tu dovresti capirlo, Gaara, perché ricopri un ruolo importante, ma ti posso assicurare che non vedeva l’ora di giungere qui. –
- Sì, sì… non importa. – lo liquidò il maggiore dei due Sabaku. – Adesso ditemi dove si trova. Ho il diritto di parlare con il mio futuro cognato, no?
- No. – rispose secco Gaara.
- Avanti, vieni. Ti devo fasciare il braccio. – continuò Ino con tono paziente. Choji guardava lei e Kankuro con una punta di stizza nello sguardo.
- Ora è con Temari. Ci teneva a vederla e sapere come sta. – borbottò. Il giovane Kazekage annuì con aria grave. – So di essere di parte, ma Shikamaru ama davvero vostra sorella. Non è quel tipo di persona che rivela facilmente i propri sentimenti, eppure io lo conosco da molto e posso capirlo anche solo con un’occhiata. Non era la prima volta che si ritrovava lontano da Temari, ma questa è stata la peggiore fra tutte benché non volesse ammetterlo. Ha sofferto molto. –
Nella stanza scese il silenzio. Choji riteneva di aver fatto il proprio dovere aiutando l’amico e sperava davvero con tutto il cuore che le cose tra i Sabaku e Shikamaru andassero per il meglio. Ino, intanto, era rimasta davvero colpita dalla sicurezza del compagno di team e ne apprezzò il discorso.
- Bravo! – gli mimò con le labbra, stando attenta a non farsi vedere dagli altri presenti. Choji le regalò un piccolo sorriso a mezza bocca.
- Molto toccante, - commentò Kankuro che non aveva intenzione di arrendersi. – ma decido io chi, come e quando deve amare mia sorella. –
- Non penso che lei te lo permetta. – replicò calmo Gaara. – Quando avrà finito con Temari parlerò io con lui. –
- Bene, sarò con te. –
- Credo di potercela fare da solo. – rispose il Kage rivolto al fratello. Il marionettista strinse i pugni, offeso per essere stato messo da parte in una questione che riguardava tutta la famiglia. Ma forse il giovane Gaara aveva ragione: la diplomazia veniva prima di ogni cosa e lui, il fratello geloso ed irrequieto, l’avrebbe messa in pericolo. Meglio lasciare al rosso tale incombenza, se le cose fossero andate male avrebbe potuto ucciderlo con la sua sabbia senza lasciare tracce.  – Intanto, tu Choji – proseguì poi rivolto al nuovo arrivato. – puoi andare a riposarti. Immagino che sia stanco ed affamato. –
- L’accompagno io! – propose Ino con enfasi. Da quanto non vedeva il suo amico? Gli era mancato più di quanto immaginasse. – In fondo sono diventata di casa qui. –
- Aspetta, vengo con voi. – disse Kankuro, lanciando un’ultima occhiata di intesa al fratello. Poteva fidarsi di lui sulla questione nuovo cognato.
Uscì dalla stanza, poco dietro i due ninja di Konoha.
- Sapevo che ci saresti riuscito, sei grande Cho! – esclamava intanto la bionda. Gesticolava in modo fastidioso la Yamanaka e a Kankuro tutto quell’attaccamento all’amico grasso dava sui nervi.
Fino a due minuti fa non faceva altro che urlarmi dietro ed ora a stento mi guarda, pensò arrabbiato. La volubilità era una delle cose che odiava nelle donne.
- Mi ha aiutato Sakura e tutti sono stati disponibilissimi. – continuò Choji. Kankuro tossicchiò.
- Credevo che dovessi medicarmi. – borbottò in direzione della Yamanaka. La ragazza si voltò, sbattendosi una mano in fronte.
- Hai ragione… ma penso che un qualsiasi altro ninja-medico sarà ben felice di farlo al posto mio. –
- Ma avevi detto che ci avresti pensato tu. – insistette il marionettista. Choji non aveva intenzione di entrare nella discussione. Non ancora, almeno.
Ino sembrava sinceramente costernata.
- Mi dispiace, ma ho promesso a Gaara di accompagnare Choji nella sua stanza. – spiegò con calma.
- Non hai neanche idea di quale sia la sua stanza. –
La ragazza boccheggiò per qualche istante, ma poi ritornò padrona di se stessa. Si spostò il ciuffo biondo dalla fronte per guardare bene il ninja di Suna.
- Lo chiederò a Matsuri. – disse.
- Neanche lei lo sa. –
- Oh! Voglio solo stare un po’ in compagnia del mio amico, ti è chiaro ora?! – sbottò esasperata. Davvero non riusciva a capire il comportamento di Kankuro: prima la mandava a quel paese e l’ignorava, tutto preso dal suo amore fraterno, poi la tormentava senza motivo. Doveva essere pazzo, non c’erano altre spiegazioni.
Choji s’era ringalluzzito tutto, orgoglioso delle attenzioni ricevute, e guardava con approvazione la sua compagna di team. Kankuro, invece, pareva ancora più arrabbiato di prima.
- Va bene! Stacci, stacci pure… ne troverò uno migliore di medico! – rispose con forza.
E per rendere più chiare le sue parole decise di andarsene senza neanche salutare. Camminava veloce e a testa bassa, rivolgendo insulti mentali a tutti quelli che gli si paravano dinanzi.
- E’ pazzo! – esclamò Ino quando il giovane se ne fu andato. – E’ pazzo, lunatico e pure maleducato! –
- Era solo offeso, penso. – constatò Choji, avvicinandosi all’amica. Questa lo guardò confusa.
- E per cosa? Dovevo solo medicarlo, è una cosa che sanno fare tutti. –
L’Akimichi scosse il capo.
- In queste cose sei persino peggio di Shikamaru… - mormorò con un sospiro.
 
- Kankuro! – abbaiò sua sorella, entrando in stanza e sbattendo la porta con la delicatezza di un elefante obeso.
Il povero ninja si massaggiò le tempie. Aveva un grosso mal di testa, così forte da non riuscire neanche a pensare a Shikamaru e tutta la faccenda che gli aveva tenuto la mente occupata in quelle settimane.
E tutto per colpa di quella squilibrata della foglia. Aveva voglia di prendersi a schiaffi.
- Kankuro sei un uomo morto. – sibilò Temari a pochi passi da lui. Ebbe solo il tempo di alzare lo sguardo e vedere il suo viso minaccioso, poi tutto piombò nel buio.
 
 
 
 
Note:
saaalve! Vi chiedo come sempre perdono per aver aspettato, ma spero di non aver deluso le aspettative xD
Purtroppo io ho un grosso problema e credo che a questo punto farò in modo che Ino si dia alla poligamia... ero partita con un progetto in testa, ma questo è andato modificandosi nel tempo e adesso amo troppo il povero Kankuro per farlo soffrire ç_ç
Temari avrò ucciso il fratello? Mah xD In tal caso non ci sarebbe più alcun problema di coppia per Ino. E Shikamaru? Si fida davvero di lui? Per quelle che s'aspettavano momenti dolci e coccolosi tra loro... beh, mi dispiace! Ce ne saranno, non preoccupatevi u.u
Come sempre attendo le vostre opinioni e non smetterò mai di ringraziarvi per le bellissime recensioni che mi lasciate <3 Qualsiasi errore, eventuali OOC o cose strane che non vi hanno convinto fatemelo pure notare senza problemi!
Grazie ed al prossimo capitolo!!

 

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Capitolo 11
*** Dichiarazione ***


 
- Temari devo dirti una cosa. –
- Aspetta, non vedi che ho appena ucciso mio fratello? –
Shikamaru abbassò lo sguardo sul cadavere di Kankuro, steso a terra a gambe larghe. E con un grosso bernoccolo in fronte, ovviamente.
- Perché? – domandò, non avendo la forza psico-fisica di aggiungere altro.
- Ma come? Non hai capito che è stato lui a tenermi nascoste le tue lettere? Scommetto che devono trovarsi qui, da qualche parte… -
Il ninja sbadigliò, voltando lo sguardo. Non gli piaceva guardare un morto.
Intanto Temari era tutta concentrata a rovistare nei cassetti, sotto al materasso e in qualsiasi fessura il povero Kankuro avesse potuto nascondere le sue tanto attese lettere.
- E quando le avrò trovate, - continuò lei. – saprò se meriti o meno l’evirazione. –
Il Nara prese posto su una sedia, approfittando della situazione per sonnecchiare un po’, ma Temari, appena lo vide appoggiare il capo sullo schienale, gli lanciò un’occhiata assassina che non prometteva nulla di buono.
- E con tuo fratello? – domandò per distogliere l’attenzione su di sé.
- Evirarlo o meno per lui non fa poi molta differenza. –
- Intendo dire: cosa facciamo col cadavere di tuo fratello? –
Temari si fermò nel mezzo della stanza e Shikamaru potè valutare dallo sguardo che questa stava pensando al modo più veloce per sbarazzarsi del corpo.
- Non sono morto… - biascicò Kankuro ancora a terra e con la fronte dolorante.
- E allora perché non ti alzi, cretino? –
- Che bel quadretto famigliare… - commentò Shikamaru.
- Pensa a te, Nara, che meriti ancora una lezione per quello che hai fatto a mia sorella! –
- Tua sorella ha appena tentato di ucciderti. –
- Non esageriamo, - minimizzò questa, accompagnando le parole con un gesto della mano. – ha fatto tutto lui. –
- Vuoi dire che si è dato da solo il fermacarte in testa? –
- Veramente era la fronte. –
- Secondo te adesso rimarrà la cicatrice? – domandò Kankuro, che intanto si era messo a sedere e cercava uno specchio in cui guardarsi.
- Dici sul serio? Perché se è così mi pentirei di non averti ucciso per davvero. – considerò sua sorella, che continuava imperterrita la sua ricerca. La stanza del ninja era parecchio disordinata, piena di pezzi di marionette e armi più o meno utili, perciò trovare le lettere sarebbe stato come trovare un ago in un pagliaio, ma Temari non demorse: era troppo curiosa di sapere cosa le avesse scritto quell’avanzo di fidanzato.
Forse in una di quelle lettere mi ha chiesto di andare a vivere assieme, pensò lei. O forse… ha finalmente ammesso di amarmi. Devo assolutamente trovarle.
- Potresti dirmi dove le hai nascoste? – chiese al fratello con uno sbuffo. Il ragazzo in questione si alzò, borbottando qualcosa fra sé.
- Prima voglio vedere cosa mi hai fatto. – rispose. Lo specchio, appeso alla parete, riflesse un grosso, turgido e rosso bernoccolo proprio al centro della fronte.
- Puoi nasconderlo con il trucco. – borbottò Shikamaru con un tono ironico che non gli piacque per niente. Kankuro si voltò, deciso ad affrontarlo.
- Il mio non è un semplice trucco! – sbraitò.
- Sì, sì… conosciamo tutti la gloriosa storia che c’è dietro. – lo liquidò in fretta Temari. – Adesso mi dici dove hai nascosto le mie lettere? O vuoi che t’uccida davvero? –
Il ragazzo assottigliò lo sguardo, arrabbiato. Non ne poteva davvero più delle donne.
- Dovrei fartela pagare, - bofonchiò tra i denti. – e comunque non ne ho idea. Io le passavo a quella squilibrata della vostra amica dopo averle lette. –
Temari fu sorpresa dalla risposta. Non aveva immaginato che dietro il reato si nascondesse anche un complice, anzi una complice che doveva starsene ad almeno due kilometri di distanza da Kankuro. Shikamaru non si mostrò particolarmente scosso: Choji l’aveva messo al corrente della storia tra Ino e il Sabaku di mezzo, del bacio rubato e della totale incapacità dell’amica di creare una qualsivoglia relazione che potesse rientrare nella definizione di normale.
- Lo sapevo. – fu l’unica ed amara risposta della bionda.
- Vorresti darle un fermacarte in fronte? – la provocò il ninja della foglia. Temari gli pestò un piede per vendicarsi.
- Piuttosto dovreste rinchiuderla assieme all’Uchiha. Quella è pazza, completamente fuori di senno. – commentò Kankuro con risentimento.
- Sapevo che non avrei dovuto portarla qui. – continuò Temari. – Fortuna che adesso tu e lei non avrete più nulla a che fare. –
Il ninja delle marionette aggrottò la fronte. A quel gesto il bernoccolo gli fece ancora più male e divenne ancora più rosso, ma a lui non importò. Le parole della sorella gli avevano acceso un gran interesse e voleva capire più a fondo. A scanso di equivoci ovviamente, già ce n’erano stati troppi negli ultimi tempi.
- Cosa vuoi dire? – domandò guardingo. Shikamaru gli lanciò una lunga occhiata indagatrice.
Temari si aggiustò un codino e si passò una mano sulla fronte per asciugarsi qualche piccola goccia di sudore che vi si era formata. Quella giornata Suna era particolarmente calda.
- Mi ha giurato e spergiurato di non avere speranze con te. E mi pare pure ovvio, tu meriti una persona migliore di Ino Yamanaka. –
- Ehi, Ino è una brava ragazza. – intervenne Shikamaru, che si sentiva in dovere di difendere la compagna di team.
- Tu sta’ zitto. – lo mise a tacere Temari. Il povero Nara non oppose resistenza.
- Dici sul serio? – domandò dubbioso Kankuro. Aveva capito che la Yamanaka soffrisse di grossi problemi d’autostima, che tentava di nascondere dietro la sua faccia tosta, ma non pensava potesse arrivare a tali livelli. Si sentì in colpa per averla trattata in quel modo solo poche ore prima. – Voglio dire, - riprese dopo un po’. – lei ti ha parlato e ti ha detto questa cosa. Lo ha detto seriamente, senza scherzare? –
- Sì! – confermò la sorella. – E c’era anche Matsuri con me che può confermarlo. –
Kankuro si sentiva confuso: un miscuglio di sentimenti gli attorcigliavano lo stomaco.
- Io credo che dovresti solo porti una domanda: - intervenne Shikamaru, che aggiunse alle proprie conoscenze pregresse quegli ultimi minuti di conversazione, arrivando ad una conclusione inequivocabile. – a te piace Ino? –
- Sta’zitto! – sibilò Kankuro al suo indirizzo. – Se fossi in te stanotte dormirei con la porta ben chiusa e un occhio aperto. –
Shikamaru scrollò le spalle, indifferente. Le minacce del Sabaku non gli facevano né caldo né freddo. Era di un altro che riteneva dover avere paura sul serio: Gaara.
- Non le piace. – sostenne con fermezza Temari, che si vantava di conoscere bene l’animo di suo fratello.
- N-no, infatti. – borbottò questo. – Però penso di dover andare da lei. –
- Eh? –
- Lo faccio per te, Temari. Vado da lei per recuperare le tue lettere. –
- Oh, ma che fratello premuroso! –
- Perché noto un tono ironico nella tua voce? –
- Perché c’era un tono ironico, Kankuro. Ci andrò io da lei e non si discute. –
- Non puoi ammazzarla. – le fecero notare in coro i due ragazzi presenti.
- Non ho detto di volerlo fare, ma per chi mi avete presa? –
Kankuro alzò un sopracciglio in modo eloquente.
- Tuo fratello ha ragione, - concordò Shikamaru. – è molto meglio se tu rimani qui. Anche perché devo parlarti di una cosa importante. –
Il ninja di Suna acconsentì con un cenno del capo. Il bernoccolo continuava a fargli male ad ogni movimento.
- Guarda che è un sacrificio per me. – aggiunse. – Mi sto immolando per la pace tra i paesi… dovrebbero darmi un premio, non credi? –
- Kankuro forse è meglio che vai ora. – dichiarò Shikamaru. Temari si stava mordicchiando un labbro, non anconra convinta di tutta quella situazione.
- Portami le lettere il prima possibile e non dare confidenza alla Yamanaka o l’unico premio che riceverai sarà un’altra orrenda protuberanza in fronte. – sibilò a braccia conserte.
Kankuro si mosse verso la porta, lanciando un’ultima occhiata assassina a Shikamaru. Sua sorella lo fissava con insistenza e preoccupazione, non gli piaceva pensarlo accanto ad Ino dopo il bacio che c’era stato e una piccola parte del suo cervello immaginò di seguirlo di nascosto, giusto per essere sicura che la sua famiglia non corresse grossi pericoli, ma Shikamaru la teneva ferma per un braccio e lei non aveva la possibilità di muoversi. Inoltre le stava pure tornando la nausea assieme ad una assurda voglia di patatine.
Quando Kankuro fu scomparso dal loro campo visivo la conversazione riprese.
- Temari devo dirti una cosa. –
- Sono preoccupata per mio fratello. Non l’ho mai visto così strano dai tempi in cui Gaara andava in giro ad uccidere gente innocente. –
Shikamaru sospirò.
- Ma mi stai ascoltando? –
- Ho fame, mi vai a prendere qualcosa? –
- Come non detto… -
 
Non sapendo dove altro andare, Ino aveva trascinato Choji in quella stessa locanda per coppiette in cui aveva cenato con Kankuro la sua prima sera a Suna.
Erano riusciti a trovare un tavolo appartato e lontano dal chiasso del mercatino che c’era fuori e s’erano seduti per ordinare qualcosa. Il ragazzo aveva bevuto subito dell’acqua per rinfrescarsi.
- Sapevo di potermi fidare. – diceva intanto Ino mentre mangiucchiava degli stuzzichini. – Se avessimo aspettato qualche altro giorno, forse Temari avrebbe davvero ucciso qualcuno. Per non parlare di Gaara! Mi sembrava parecchio seccato dall’assenza di Shikamaru. –
- Non te l’ha ancora detto, ma ti ringranzia di cuore. – aggiunse Choji. – Comunque, tu come stai? Sakura mi ha rivelato del tuo… ehm, bacio. –
La Yamanaka afferrò il menù, scorrendo la lista di piatti gustosi con lo sguardo.
- Sto bene, Cho. Sakura ha esagerato come al solito. Non tutti siamo piagnucolosi come lei. –
- Sei sicura? –
- Certo! Non vedi come sono felice? –
- Mmh, voglio crederti. Ma se hai anche un solo, minuscolo problema non esitare a dirmelo. –
Ino sorrise con sincerità.
- Che ne dici se prendiamo questo, questo e pure questo? – domandò, indicando col dito le pietanze che avevano stuzzicato la sua fame. Choji si grattò la testa.
- Davvero vuoi mangiare tutta questa roba? –
- Oh sì, ho una gran fame! –
Da quando Ino mangia così tanto?, pensò il ragazzo. Non era da lei ordinare tutte quelle vivande.
- Perché mi guardi in quel modo? – domandò proprio Ino. – Ho qualcosa in faccia per caso? O nel naso? –
- No, no… - la bloccò immediatamente Choji. – E’ solo che mi sembri strana. Ino tu ripeti in continuazione di essere a dieta, ma hai appena ordinato mezzo menù. Sono solo preoccupato per te. –
La kunoichi cominciò a giocherellare con la coda alta. Si sentiva un tantino a disagio, anche se quello dinanzi a lei era il suo vecchio amico, uno dei pochi a non averla mai giudicata. Tutto quello che desiderava era confidarsi.
- Beh, non devi esserlo. – mormorò con lo sguardo basso. – Sto bene, sul serio. In queste settimane qui, a Suna, mi sono capitate cose stranissime. Ci ho provato con Gaara spudoratamente, come ai tempi in cui andavo dietro a Sasuke, ti rendi conto? Adesso neanche più ci penso a Sasuke. Non mi importa se è sempre con Sakura; anzi, quasi spero che quei due finiscano insieme, in fondo la fronte spaziosa se lo merita. Credevo che Gaara… lui potesse essere il mio ragazzo ideale, come Shikamaru lo è per Temari, ma mi sbagliavo e mi sono beccata un meraviglioso due di picche. Bam! Dritto in fronte! –
Ino mimò con la mano il gesto e a Choji venne da ridere. Anche la Yamanaka non sembrava molto triste nel raccontare le sue disavventure del soggiorno desertico: un peso le si stava dissolvendo dallo stomaco adesso che aveva qualcuno con cui confidarsi sinceramente.
- E poi, - continuò con la stessa pacata ilarità. – ho baciato Kankuro. Sono stata io a farlo, capisci? Quel poveretto non c’entra niente ed io ho anche cercato di evitarlo in questi ultimi giorni. Non riuscivo a guardarlo neanche in faccia. Insomma come potevo spiegargli il motivo? Non so neanche se mi piace. –
Choji avvertì un brivido di gelosia percorrergli la schiena, ma non disse nulla all’amica. Sapeva di non poter essere all’altezza di una ragazza come Ino, che l’avrebbe rifiutato sicuramente, ma poteva ancora sperare di essere suo amico. E l’avrebbe protetta, anche dai ragazzi come Kankuro o Sasuke. Quei ragazzi belli e magri di cui lei si sarebbe sempre innamorata.
- Credo che tu debba fare un po’ di ordine nei tuoi pensieri. – disse con dolcezza. – Capire cosa provi davvero per Kankuro. –
Ino deglutì, riflettendo con attenzione.
- All’inizio pensavo avesse una cotta per me, - confessò dopo qualche istante. Senza rendersene conto era arrossita e Choji la trovò più bella che mai. – mi piaceva pensarlo e mi piaceva anche provocarlo. Lo ammetto: gli stavo sempre intorno per sfidarlo a resistermi. Ma lui ci riusciva così bene! Ed io nel frattempo mi stavo affezionando. Mi ricordava un po’ te, Cho. –
Quella fu per l’Akimichi una vera fitta al petto. Lui non era come Kankuro e non lo sarebbe mai stato, non gli piaceva essergli paragonato. Lui perdeva sempre ai paragoni.
- E perché? – domandò con un filo di voce. Ino sbattè le palpebre, come se il motivo fosse scritto a grandi lettere sulla parete di fronte e Choji fosse troppo scemo per vederlo.
- Mi ascoltava, proprio come fai tu. – disse semplicemente. La ragazza si chiese se non fosse quello l’amore: la capacità di ascoltare l’altro, di capire anche i suoi silenzi o il riso dietro le parole.
- Io sono tuo amico. – precisò il ninja. – Lui deve piacerti anche per qualche altro motivo. –
- Beh è carino ed ha un senso dell’umorismo niente male. –
- E…? –
- E… nulla. Credo non mi sopporti. Non faceva altro che ripetermelo ed hai visto anche tu come mi ha trattata poco fa. –
- Sei stata un po’ antipatica anche tu. – le fece notare Choji.
Ino si mordicchiò l’interno della labbra.
- Forse… okay, sì hai ragione. Sono stata antipatica anch’io. – ammise. – A volte penso solo che la persona giusta per me non esista. –
- Scherzi? Tu sei la ragazza più bella che io abbia mai visto! –
La ragazza guardò negli occhi l’amico e non vi trovò nessuna traccia di bugie. Choji era davvero troppo buono, lo era sempre stato. Scosse il capo ancora amareggiata.
- Bella, solo quello. Per il resto ho la strabiliante capacità di allontanare tutti. –
- Non è vero. – insistette l’Akimichi. – Tu sei un ninja molto forte e rispettato da tutti al villaggio, sei allegra, simpatica e piena di vita, non hai paura di dire quello che pensi e sei sempre pronta a dare una mano a chi ne ha bisogno. Non ti tiri mai indietro, Ino. Io… io ti guardo e ti trovo meravigliosa, più di chiunque altro. –
Sarebbe stato impossibile rimanere indifferenti a quella dichiarazione, ma la Yamanaka era stata presa così alla sprovvista da non sapere che parole pronunciare. Non aveva mai pensato a Choji in quel senso.
Forse ho solo frainteso quello che ha detto. Certo, mi stava solo consolando… figuriamoci, non può essere innamorato di una come me. Il problema è che lui è troppo buono e cerca sempre di tirare su il morale a tutti.
Ino tossicchiò, tentando di ripristinare la salivazione. Il ragazzo intanto giocherellava con le bacchette per il cibo, attento a tenere lo sguardo basso e non incrociare quello della kunoichi.
- Ehm… io vado al bagno. Tu ordina pure, torno fra poco. – farfugliò la bionda. Aveva bisogno di prendere una boccata d’aria e riflettere su quello che le stava succedendo.
Fuori il caldo era pungente, soffocante e a lei venne l’impulso di tornare indietro e sedersi, ma doveva prima far chiarezza. Non avrebbe fatto la figura della nevrotica come al solito. Doveva prima essere sicura di come interpretare le parole di Choji.
Era davvero una dichiarazione?
Ino non seppe dire se il calore sulle guance fosse dovuto al caldo o al pensiero di aver appena ricevuto la prima – oh cielo, proprio prima! – dichiarazione d’amore della sua vita. Era confusa, ma felice. Le veniva da sorridere, senza saper spiegare il perché.
Choji! Il suo compagno di team, il ragazzone che conosceva sin da quando erano bambini! Lui l’amava… non riusciva a crederci.
Chiuse gli occhi per immaginarlo al suo fianco, mano nella mano, a parlarsi a bassa voce e con la complicità che hanno solo gli innamorati. Non era poi così male.
No, non è male per niente! Choji l’ascoltava, la conosceva, le era accanto da sempre… come aveva potuto non capire nulla prima?
- Yamanaka! – chiamò qualcuno che le si era appena avvicinato.
Doveva esserci una congiunzione astrale che tentava di renderle la vita quanto più complicata possibile, altrimenti non avrebbe saputo spiegare il motivo per cui Sabaku le fosse davanti e le avesse afferrato il braccio.
- Yamanaka! – ripetè senza affanno, ma leggermente sudato sulla fronte. Ino osservò bene il grosso bernoccolo rosso e appariscente che faceva bella mostra di sé, ma non ebbe la forza di domandare come se lo fosse fatto. – Finalmente ti ho trovata. –
- Mi stavi cercando? – domandò lei un tantino titubante. Le parole di Choji ancora le giravano per la mente, ma la mano di Kankuro era così calda sul suo braccio.
- Sì, purtroppo c’è stato un malinteso. – affermò il ninja con tono deciso.
- Davvero? –
- Non devi dare ascolto alle parole di Temari. –
- Temari? –
- Ma la smetti di ripetere tutto quello che dico? – sbottò Kankuro. – Ti sto parlando di una cosa seria. –
- Okay, scusa. Non lo farò più. Solo che non riesco a capire… -
Il ninja le afferrò anche l’altro braccio, inchiodandola con lo sguardo.
- Non è vero che non sei alla mia altezza. Tu potresti conquistare tutti i ragazzi di questo villaggio perché sei una… ragazza straordinaria ed io sbagliavo a giudicarti male. –
Ad Ino stava per scoppiarle la testa.
- Non… capisco. – soffiò quasi senza fiato. – E’ uno scherzo? Mi state tutti prendendo in giro? –
La presa di Kankuro si fece più ferrea e il tono di voce più deciso. Somigliava moltissimo al generale che era durante la guerra.
- Non mi sono mai interessato alle ragazze, - continuò lui. – perché le giudicavo tutte frivole o tutte strane come mia sorella. Non che tu non lo sia, ma… in te c’è qualcosa in più. Non so dirti cosa e forse non lo saprò mai. –
- Kankuro hai sbattuto la testa? – l’interruppe Ino. Se quello era uno scherzo non le piaceva per niente e qualcuno ci avrebbe rimesso le penne. – Perché quel coso che hai in fronte mi dice proprio di sì. –
- Tu mi piaci, Yamanaka. – confermò il ragazzo con risolutezza. L’attirò a sé facilmente e la baciò. Fu un bacio più lungo e caldo, bagnato a causa del sudore della loro pelle. – E non venirmi a dire che ti sono indifferente perché non ci credo. – le alitò a due centimetri dalle labbra rosse.
Ino era frastornata e il suo pensiero tornava a Choji, alla sua dolce dichiarazione, ma poi si ripresentavano quei pochi istanti precedenti, il bacio e il fremito leggero che aveva provato.
- Io… -
Non riuscì a terminare la frase che un boato giunse alle orecchie di entrambi.
 
Temari se ne stava seduta sul letto del fratello con un pacchetto di patatine, che Shikamaru doveva aver rubato al povero Choji, in attesa che Kankuro tornasse vivo e con le sue lettere.
Nel frattempo lei si tormentava col pensiero e sgranocchiava quelle patatine croccanti come fosse stato l’ultimo pasto sulla terra. Il suo galante fidanzato se ne stava sdraiato al suo fianco con le gambe penzoloni, una mano sul capo per proteggere gli occhi dai raggi del sole e l’altra ad accarezzare la schiena della ragazza.
- Mi faresti un massaggio? – domandò lei, leccandosi le dita. – Di tanto in tanto mi fa male la schiena. –
- Scordatelo. – fu la sua risposta da galantuomo qual era.
- Non dovevi dirmi qualcosa? –
- Se solo tu la smettessi di interrompere… -
Temari alzò gli occhi al cielo. Shikamaru a volte sapeva essere d’una pesantezza di spirito peggio pure di Gaara.
- Se non vuoi dirmela significa che non è importante. – commentò con ironia, sbirciando con gli occhi il fondo della busta. Delle patatine rimanevano solo qualche insignificante briciola.
- E’ inutile parlare se a te non importa. –
Temari lanciò la busta sul pavimento – avrebbe imposto a Kankuro di raccoglierla quando le avrebbe riportato le sue tanto agognate lettere – e guardò Shikamaru dall’alto, si piegò col busto e gli afferrò il polso per spostare la mano dal viso. Era da un po’ che non poteva osservarlo per bene: la fronte sempre aggrottata, i tratti dell’ovale marcati, il principio di barba nera e folta e le labbra sottili.
Lui allora alzò di poco il busto, baciandole prima il collo, poi la mascella. La bionda sorrise, catturandogli per prima la bocca. La mano di lui ancora si muoveva sulla sua schiena a disegnare ghirigori immaginari.
- Dì che ti sono mancata. – gli mormorò all’orecchio. Aveva ancora il suo sapore sulla lingua.
Shikamaru rispose al suo sorriso sghembo.
- Mi sei mancata. –
- Bene, così cominciamo a ragionare. Adesso ti ascolto e puoi dirmi tutto quello che vuoi. –
- Temari, - cominciò Shikamaru. – mi vuoi… -
- Aspetta! – lo bloccò lei. – Sento dei rumori provenire da fuori. –
Il fragore di un’esplosione coprì le parole del ninja delle ombre, che rimasero a disperdersi nell’aria afosa di Suna, mentre la kunoichi, preoccupata per i fratelli, s’era già lanciata per i corriodoi alla ricerca del ventaglio.
Temari, mi vuoi sposare?
 
 
 
Note:
Salve care ragazze! Spero di non avervi fatto aspettare troppo e spero di non avervi deluso con questo capitolo molto... pieno di dichiarazioni xD Come avete capito non si è risolto ancora nessun problema, anzi se ne aggiungono degli altri. Ed Ino è  ormai sull'orlo della pazzia (ma stavolta la possiamo comprendere, poverina). Magari il capitolo vi sembrerà troppo frettoloso in alcuni punti (a me così sembra) e vi chiedo scusa, ma è stato scritto in fretta e non volevo farvi aspettare oltre. Vi ringrazio sempre con il cuore per le vostre recensioni (che cercherò di rispondere a breve) che mi hanno fatto sbellicare anche dalle risate!! Non so esprimervi la mia contentezza <3
Vi abbandono, ma vi aspetto alla prossima! Segnalatemi pure tranquillamente tutti i dubbi/perplessità/errori... le vostre recensioni mi hanno aiutato moltissimo a migliorare e per questo non smetterò di dirvi Grazie! ^^
Ps: ovviamente tutto lo sdolcinamento (?) che c'è in questo capitolo è a causa di S. Valentino u.u Il romanticismo ha colpito anche me xD

 

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Capitolo 12
*** Attacco a sorpresa! ***


- Gaara-sama rimanga dietro di me. Io la proteggerò! – esclamò Matsuri, impugnando il proprio kunai. Era pronta a combattere e avrebbe fatto qualsiasi cosa per tenere al sicuro il suo Kazekage.
Gaara, a qualche passo di distanza, la guardava con un misto di tenerezza e compassione.
- Potrebbe essere un attacco. – continuò la giovane, spostando lo sguardo tutt’attorno. – Dobbiamo avvisare gli altri e magari chiedere aiuto a quelli di Konoha! –
- Non ce ne sarà bisogno. Non è un attacco. – rispose lapidario il rosso. Matsuri si voltò a fissarlo, dubbiosa.
Da qualche parte nel villaggio c’era appena stata un’esplosione, ma il Kazekage  non sembrava per nulla scosso. La ragazza si ritrovò ad invidiarlo per l’abilità con cui riusciva sempre a mantenere il sangue freddo.
- Stammi dietro. – la incitò Gaara, posandole una mano sulla spalla. La sua stretta era come al solito ferma e decisa e Matsuri dovette faticare per mantenere il controllo. Contro la sua volontà si ritrovò ad arrossire.
- S-sì – balbettò un tantino imbarazzata. Il cuore prendeva a batterle più forte quando il suo amato Kage si preoccupava per lei.
- E adesso andiamo a controllare cosa è accaduto. –
 
- Ma cosa cavolo… -
- Credi sia un attacco? – domandò subito Ino. Lei e Kankuro erano ancora vicini, l’una stretta all’altro. Il ninja la fissò scuotendo il capo.
- Non ne ho idea. – borbottò confuso. Non riusciva ad immaginare chi potesse voler attaccare in tempo di pace il suo villaggio. Gli venne in mente di avvisare Gaara ed organizzare una squadra pronta a difendere Suna a qualsiasi costo e contro qualsiasi nemico, poi si ricordò di Temari, che magari era sola ed era corsa a cercarlo, sfidando il pericolo. Doveva immediatamente trovare i suoi fratelli ed assicurarsi che fossero in salvo,  ma non poteva abbandonare Ino. Era fermamente convinto che la ragazza fosse in grado di cavarsela anche senza il suo aiuto, ma l’idea di pensarla sola ed in un luogo a lei ancora sconosciuto lo rendeva agitato.
- Ma cosa sta succedendo? – urlò Choji, uscendo dal locale. Quando aveva sentito l’esplosione il suo primo pensiero era andato a Ino, allora era corso al bagno ma non era riuscito a trovarla. Qualcuno gli aveva detto di aver visto una ragazza bionda uscire fuori per una boccata d’aria solo qualche minuto prima e Choji, senza farselo ripetere due volte, era volato verso la porta. Nel vedere la sua amica sana e salva si era sentito sollevato, ma poi aveva avvertito un bruciore al petto quando aveva scorto le mani di Kankuro sulle braccia bianche di Ino.
Fu proprio il Sabaku a prendere la parola.
- Ohi, bada a lei, - disse indicando la ragazza. – io vado a vedere cosa ha provocato l’esplosione. –
Ino si lasciò docilmente andare dalle braccia di Kankuro a quelle più robuste di Choji. Aveva paura, doveva ammetterlo almeno con se stessa, ma non era ancora così rincretinita da non avere la forza di replicare.
- Mi avete presa per un sacco di patate? – sbraitò, agitandosi. – Vengo anch’io. –
- Neanche per sogno. – la liquidò il Sabaku.
- Vengo anch’io. – sostenne Ino con fermezza. Choji tentava invano di calmarla.
- Saresti di intralcio. –
- Se ci sono dei feriti io sono di sicuro più utile di te! Posso curarli, io! – gli fece notare. Kankuro stava davvero per perdere la pazienza.
- Credo che sia utile avvisare Shikamaru e Kakashi. – intervenne l’Akimichi. – Ci penseremo io ed Ino, mentre tu vai a controllare ed avverti Gaara. -
Il ninja di Suna parve approvare il piano e, senza aggiungere nulla se non un movimento secco del capo, si diresse velocemente verso il luogo dell’esplosione.
Choji si voltò a guardare l’amica. Era un po’ pallida, forse spaventata.
- Stai bene? – le domandò. La Yamanaka strinse le labbra mostrando il suo disappunto.
- Ogni volta che lo rivaluto, - mormorò riferendosi a Kankuro, che nel frattempo era già scomparso tra la sottile coltre di sabbia. Questa rendeva l’aria ancora più irrespirabile in quella giornata calda. – accade qualcosa per cui me ne pento. Cosa pensava, che fossi incapace? –
- Sono sicuro che ti sbagli. – commentò Choji, nonostante odiasse dover difendere il proprio rivale.
La kunoichi sbuffò.
- Lasciamo perdere, - considerò lei. – è molto più importante darci da fare adesso. Sai dove possono essere Shika ed il sensei? –
Il ragazzo ci pensò per qualche istante.
- Credo, anzi sono quasi sicuro che Shikamaru sia con Temari. Non penso si siano allontanati dal palazzo del Kazekage. –
- Bene, allora andiamo Cho! Facciamo vedere a quell’idiota cosa significa collaborazione! –
 
Shikamaru trovò Temari in corridoio, con il ventaglio tra le mani – che aveva recuperato chissà dove – e lo sguardo determinato ad uccidere un potenziale nemico o mettere in salvo gli abitanti del villaggio. Il ragazzo ancora non riusciva a capire come due personalità così contrastanti potessero tranquillamente convivere nell’animo di una sola persona.
- Shikamaru! – lo chiamò lei, incitandolo a raggiungerla il prima possibile. Solo in quel momento il ninja si accorse che dietro la sua ragazza c’erano dei giovani chuunin. Temari stava dando loro delle istruzioni.
- Finalmente! Quanto tempo volevi ancora aspettare per farti vivo? –
- Temari-san noi andiamo! – annunciò uno dei ragazzini. Shikamaru certo non poteva dire che a Suna non fossero organizzati: nel giro di un minuto avevano praticamente messo in allerta un esercito e senza neanche sapere contro chi dovessero combattere.
- Non pensi che sia un po’ esagerato? – commentò, aggiustandosi il codino. Temari gli lanciò un’occhiata obliqua.
- Tu reputi esagerato farci trovare pronti dopo aver sentito un’esplosione? – domandò caustica. Shikamaru alzò gli occhi al cielo.
- Se si fosse trattato di un attacco, - cominciò a dire lui con pazienza. – non pensi che l’esplosione sarebbe stata un tantino più violenta? Beh, sicuramente a quella ne sarebbero seguite delle altre. –
Temari, irritata ma consapevole che il genio della situazione era quell’avanzo di persona, prese ad accarezzare il suo ventaglio. Non credeva le fosse mancato così tanto.
- Forse… forse potresti aver ragione. – borbottò riluttante. – Ma ciò non toglie che farsi trovare preparati è decisamente meglio che non esserlo. –
- Comunque tu non muoverti da qui, io raggiungo tuo fratello Gaara. –
- Scusa? –
- Ho detto che… -
- Lo so cosa hai detto! –
- E allora perché mi chiedi di ripetere? –
Temari spostò il ventaglio, piantandolo con forza nel pavimento a vicinissima e pericolosa distanza dai piedi del Nara.
- Fai attenzione… - mormorò lui.
- Devo forse ricordarti chi tra noi due è la più grande, chi è diventata per prima jonin o chi ha più esperienza sul campo? –
Shikamaru non si scompose. Ormai erano passati i tempi in cui si faceva mettere i piedi in testa da una donna.
- Devo ricordarti chi tra noi due è incinta? – replicò con ovvietà.
Temari stava per mettersi ad urlare. Da un mese ed anche più non faceva altro che starsene con le mani in mano, guardando con invidia gli altri ninja che si davano da fare. Adesso, che finalmente poteva rendersi utile e far valere la sua parola, quell’essere insensibile che s’era scelto come compagno di vita le stava vietando di muoversi.
- Lo hai detto tu stesso che non è nulla di grave, - provò lei. – non ci sarà da combattere. Posso stare lì a coordinare i chuunin o aiutare Gaara a gestire la situazione. –
Shikamaru sapeva che insistere con Temari era cosa alquanto inutile e stancante, così decise di acconsentire. D’altra parte lui la stava accompagnando e questo lo faceva sentire un po’ più sicuro.
- Cosa pensi possa essere stato? – domandò ad un tratto lei.
- Forse solo un incidente. – rispose con un’alzata di spalle. Sperava davvero non si trattasse di qualcosa di grave.
- Come fai a dire che non si tratta di un attacco? – tentò ancora Temari. Pensava ai suoi fratelli, che dovevano già trovarsi sul luogo dell’esplosione. Sapere che ci fosse Gaara con Kankuro la rendeva meno nervosa e preoccupata, ma già una volta il fratello più piccolo era stato sconfitto e catturato, come poteva essere sicura che la cosa non si fosse ripetuta? Shikamaru dovette notare la tensione perché si dimostrò più rassicurante del solito.
- Ritengo sia inutile ripeterti che i tuoi fratelli sono i ninja più forti del villaggio, no? –
- Ovvio. – rispose con decisione la kunoichi. – Infatti non sono preoccupata, è solo una tua impressione. –
Shikamaru ritenne saggio non replicare e darle della bugiarda. Temari non era affatto capace di mentire, le si leggevano in faccia le sensazioni.
- E comunque, - riprese la ragazza. – cos’è che dovevi dirmi? –
- Nulla di importante. –
Il giovane sospirò.
- Ne sei sicuro? –
- Sì, Temari. E poi adesso non è certo il momento per parlarne. –
Shikamaru aveva ragione: non era il momento adatto. La bionda lo fissò qualche istante, mascherando abilmente un sorrisino obliquo che le era salito alle labbra. Non serviva mica un genio per capire quello che il ragazzo volesse dirle!
- Ecco, siamo arrivati. – esclamò.
L’esplosione non aveva fatto poi molti danni e da quel che potevano vedere non c’erano né morti né feriti. Temari tirò un sospiro di sollievo. L’istante dopo riuscì a scorgere tra la folla le vesti del fratello Gaara, poco dietro c’era Kankuro con un’espressione confusa e l’aria di chi vorrebbe prendere a schiaffi il primo malcapitato a tiro. Solo dopo qualche altro secondo si rese conto che accanto ai fratelli c’era un’altra figura, che aveva le mani legate e lo sguardo arrabbiato.
- Cosa ci fa qui? – chiese a Shikamaru, il quale seppe solo portarsi una mano alla fronte e pregare di scomparire all’istante.
 
Due ninja di Suna la fissavano con curiosità, ma non osavano avvicinarsi. Non dovevano essere ninja esperti, forse erano addirittura chuunin che si ritrovavano per la prima volta a far da guardia ad un potenziale criminale.
- Almeno potreste slegarmi? – domandò con finto tono gentile. Uno dei due ragazzi deglutì, l’altro ebbe il coraggio di prendere la parola.
- Abbiamo avuto ordine di non farlo. –
Lei alzò gli occhi al soffito scuro, borbottando qualcosa su quanto fossero stupidi i nuovi chuunin.
- Lo sapete che è inutile, vero? Se volessi, potrei facilmente liberarmi e farvi a fettine. –
I due ragazzi si guardarono impauriti, ma non avevano alcuna intenzione di disobbedire agli ordini del loro Kazekage.
- Gaara-sama sarà qui fra poco. – disse sempre quello più coraggioso.
- Senti ragazzino, - riprese lei spazientita. – non me ne frega niente di quello che ti ha detto il tuo Kage, io non sono un nemico. Non volevo colpire voi! –
In quell’istante la porta della stanza si aprì, lasciando entrare un filo di luce e un gruppo di persone che lei riconobbe immediatamente: per primo c’era il Kazekage, in veste ufficiale e con l’aria scocciata, come se occuparsi di un caso simile fosse per lui una terribile perdita di tempo; dopo c’erano il fratello del Kage, un tale vestito in modo strano, e una ragazzina smilza; infine vi erano Shikamaru Nara, che in fatto di indifferenza faceva concorrenza al rosso, e Kakashi, coperto dalla solita maschera demodè.
- Posso avere dell’acqua? – domandò lei. Gaara con un gesto della mano mandò via i chuunin che le avevano fatto da guardia. – Posso… avere… dell’acqua? – ripeté più lentamente.
- Mitarashi-san – esordì con voce chiara il Kage, ignorando la sua domanda. – cosa le passava per la testa? –
Anko avrebbe voluto rispondere al ragazzino di farsi gli affari propri e di pensare alle sue occhiaie, ma considerò fosse poco saggio insultare il capo di un villaggio, alleato di Konoha, che aveva appena attaccato in modo assolutamente involontario.
- Ve l’ho già detto, - rispose stancamente. – non volevo fare del male agli abitanti di Suna. –
- E allora a chi? – domandò Kankuro.
- A lui! –
Tutti i presenti si voltarono verso Kakashi, che si mantenne indifferente.
- Io non ne sapevo niente. – si giustificò alzando le mani.
- Infatti doveva essere un attacco a sorpresa. – sottolineò Anko.
Kankuro scosse il capo perché tanta follia in una sola stanza non l’aveva mai vista. Cercò supporto con lo sguardo nel fratello, ma questi era troppo impegnato a trattenere la sabbia e non uccidere la kunoichi di Konoha, mandando all’aria i trattati di pace. Kakashi continuava a far finta di nulla, Matsuri trascriveva la conversazione e Shikamaru si grattava il naso con noncuranza.
- Comunque non sarebbe stata una sorpresa, - enunciò il Kazekage. – Tsunade mi aveva avvisato di un tuo possibile arrivo. –
Questo Anko non se l’aspettava. Credeva di aver fatto attenzione nel non lasciare tracce, ma forse doveva aver sbagliato in qualcosa.
- Rimane tuttavia un’azione grave! Potevano esserci dei feriti! – sostenne Kankuro.
- Certo che no, - dichiarò l’accusata. – era tutto previsto affinchè l’unico a rimetterci fosse stato il lì presente. –
Ancora una volta le teste dei presenti si voltarono verso Kakashi.
- Beh, è stato facile evitarlo. – disse semplicemente.
Gaara ne aveva abbastanza di tutti quei problemi e, come tutti in quella stanza, non vedeva l’ora di chiarire la situazione ed eliminare il problema.
- Ne parlerò con Tsunade, - disse. – per ora Mitarashi-san lei sarà sotto la stretta sorveglianza di Kakashi. E dei miei ninja, ovviamente. –
- Cosa?! – urlò il fratello. – Ci ha attaccati! –
- No, è solo arrabbiata con Kakashi. – intervenne Shikamaru.
- Perciò ritengo che debba essere affidata a qualcun altro. – aggiunse il sensei.
- Hai paura, eh? – lo sbeffeggiò Anko. Forse aveva sbagliato a giudicare male il giovane Kazekage: le aveva appena dato la possibilità di eliminare quella piaga di Hatake dalla faccia della terra.
- Io non ho paura. - ci tenne a precisare Kakashi.
- Adesso che avete deciso potreste darmi dell’acqua? Qui fa caldo. – continuò ancora la kunoichi.
- Bene, allora la decisione è presa. – disse Gaara, invitando tutti ad uscire. Tutti tranne Kakashi, che doveva occuparsi della colpevole. – Ciò non eviterà un richiamo. Non posso lasciar correre un’azione del genere. –
Kankuro fu assolutamente d’accordo col fratello. A Shikamaru non importava nulla ed era ben felice di potersi dirigere alla porta, ritrovare Temari e riprendere il discorso interrotto. Si domandò se avesse avuto di nuovo il coraggio, ma il braccio di Gaara modificò il suo piano.
- Devo parlarti. – furono le uniche parole del rosso, dette con tono grave e fermo.
Altri guai, pensò il ragazzo. Kankuro tentò di accodarsi ai due, ma un’occhiata di Gaara lo fece desistere.
Nel frattempo Kakashi era rimasto solo con Anko, che chiedeva a gran voce ancora un bicchere d’acqua.
- Prima però slegami. – disse.
Il sensei sospirò afflitto, nascondendosi dietro la maschera. Era fuggito da Konoha per non avere a che fare con Anko e le sue follie e, invece, se la trovava di nuovo tra i piedi. Si avvicinò sino alla sedia dove la donna era seduta. Lei lo guardava con un sorriso sadico che non preannunciava ore felici.
- Ti sono mancata? – domandò ammiccante.
- No. – rispose secco il ninja. Si abbassò e i suoi capelli sfiorarono il viso di Anko.
- Non pensavo fossi così codardo. – continuò lei. – Rifugiarti qui a Suna… credevi che non te l’avrei fatta pagare? –
A Kakashi venne voglia di fuggire. Maledì il giorno, anzi la notte in cui compì il grosso errore di permettere ad Anko Mitarashi di entrare nella sua vita privata. Tutta colpa di Iruka e l’alcool che aveva ingerito. Non avrebbe mai più commesso un err…
Tette.
Lo sguardo di Kakashi si era fermato sul decolté dell’amica solo per sbaglio. Non l’aveva mica fatto volontariamente, figuriamoci… era colpa di Anko e delle sue cose troppo ingombranti. Se le avesse avute più piccole non ci sarebbero stati incidenti spiacevoli. Ancora una volta ringraziò di avere la maschera a coprirgli il rossore che saliva dal collo alle guance.
Era arrossito… lui, uomo grande e forte, era arrossito alla vista di un paio di tette. Mai come in quel momento poteva capire lo stato d’animo di Jiraya-sensei dinanzi a Tsunade.
Anko si massaggiò i polsi con lentezza, poi si voltò a guardarlo negli occhi.
- Il Kazekage vuole che tu mi faccia da balia, - disse con tono suadente. – questo vuol dire che dovremmo passare molto tempo assieme. –
Kakashi, con la gola riarsa e le mani sudate, deglutì.
 
Quando Temari aveva visto Shikamaru in compagnia del fratello Gaara si era leggermente preoccupata. Il rosso non era Kankuro, ma non sapeva dire se questo fosse positivo o negativo. Le reazioni di suo fratello minore non avevano zone grigie, era o tutto bianco o tutto nero: avrebbe potuto o uccidere Shikamaru o innazarlo al livello di suo migliore amico – su questo però la ragazza aveva dei dubbi, Gaara non era tipo da sciocchezze del genere.
Tuttavia si era ritrovata sola perché suo fratello Kankuro aveva ben altro a cui pensare. Choji era stato così gentile da offrirle una cena, ma lei aveva rifiutato.
Siccome aveva immaginato che dietro la sparizione del suo amato fratello ci fosse la psicopatica di Ino Yamanaka, fu alquanto sorpresa nel trovarla sola a bere del tè in cucina. Dall’aria appariva piuttosto triste.
Temari sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma la gravidanza la stava rendendo decisamente materna verso il prossimo.
- Pensavo fossi con Choji. – disse, prendendo posto di fronte a lei. Ino alzò lo sguardo e la kunoichi di Suna ebbe la certezza che fosse effettivamente triste per qualcosa.
- Non avevo voglia di stare con lui. – rispose la ragazza.
- E perché? Mi sono forse persa qualcosa? –
- Credevo che non ti interessasse sapere della mia vita privata. –
In effetti la Yamanaka non aveva tutti i torti: Temari aveva già tanti problemi, non le interessava sapere anche della vita amorosa di quella mezza squilibrata.
- Mi importa se di mezzo c’entra anche mio fratello. – proferì seria, portandosi le braccia al petto. – E ci scommetto la testa di Shikamaru che lui è invischiato in qualche storia con te. –
Ino si guardò attorno, un po’ a disagio. Qualcosa le diceva di non rivelare quanto accaduto a Temari, ma il bisogno di sfogarsi s’era fatto ancora più impellente.
- Prometti di non uccidermi? – domandò. La Sabaku non promise nulla, ma la invitò a proseguire. – Oggi mi è accaduta una cosa strana. - riprese Ino titubante. – Stavo mangiando con Choji quando lui ha detto delle cose… io credo sia stata una dichiarazione. Insomma, forse gli piaccio. –
Temari la guardò. Per lei quella rivelazione era alquanto ovvia.
- E allora? –
- Poi è arrivato Kankuro e mi ha detto esplicitamente di piacergli e… mi ha baciata. –
- Mi stai prendendo in giro? – domandò la più grande.
- Sono in crisi! – sbraitò Ino allargando le braccia. – Ti pare che possa mentirti? –
- Tu non sei in crisi, tu hai solo dei problemi! – replicò Temari. L’aveva detto lei a Shikamaru di non mandare Kankuro dalla Yamanaka. – Hai baciato di nuovo mio fratello? –
- Oh, allora ci avevi visti l’altra volta! –
- Sta’ zitta… mi hai appena fatto venire il mal di testa. –
Ino le porse il suo tè, ma Temari non lo accettò. Non voleva condividere nulla con quella traditrice.
- Mi avevi detto di non avere speranze con lui e che non ci sarebbe stata alcuna storia. – affermò con decisione.
La Yamanaka aggrottò la fronte. Non riusciva a capire.
- Credo ci sia stato un malinteso… - mormorò dopo un po’. – Io intendevo con tuo fratello Gaara e non con Kankuro. –
Temari si pentì d’aver riposto il suo ventaglio al sicuro: mai come in quel momento sentiva d’averne bisogno per uccidere qualcuno. Doveva comunque mantenersi lucida e non farsi prendere dalla furia omicida.
- E tu… beh, tu cosa hai provato? – chiese rilassando le braccia sul tavolo. – Hai avuto due dichiarazioni, qualcosa devi aver pur provato. –
- E’ questo il punto. Non ne ho idea e mi sento molto confusa. –
L’occhiata eloquente di Temari convinse Ino ad essere più chiara.
- Mi piace la dolcezza di Choji e mi sono accorta che in queste settimane mi è mancata la sua compagnia, ma anche con tuo fratello sto bene e il bacio… con lui provo cose diverse: mi sento agitata, ho caldo e credo mi piaccia fisicamente. –
Nel frattempo Temari stava scuotendo il capo.
- Non posso sentire oltre… - borbottò a se stessa.
- Non so cosa fare! – continuò Ino con fare melodrammatico. – Se se ne fosse dichiarato soltanto uno le cose sarebbero state più semplici, ma a quanto pare ho uno schifo di karma. –
La kunoichi di Suna stava per replicare che non era colpa del karma, ma dell’infinita stupidità della Yamanaka se ora si trovava in quell’angusta situazione, quando entrò trafelata Matsuri.
- Temari-san! – urlò col fiatone. – Devi venire immediatamente! –
Non ne posso più! Non ne posso più! Quand’è che potrò stare sola e tranquilla con Shikamaru?
- Kankuro-san e Choji-san si sono picchiati! –
 
Quando Gaara venne a conoscenza della notizia, si portò le mani alla testa e sospirò forte. Shikamaru, accanto a lui, manteneva un rispettoso silenzio.
- Prima che arrivaste voi di Konoha questo era un posto tranquillo. – commentò.
 
 
 
 
 
Note:
vi devo assolutamente chiedere scusa per il ritardo, ma ho avuto davvero delle settimane ricche ricche di impegni e pochissima voglia di scrivere! Questo capitolo non risolve del tutto le questioni, ma almeno capiamo chi è l'attentatore misterioso... sì, è una stupidaggine lo so, ma un applauso a Kit che aveva capito chi fosse da subito! ahah La mia banalità non ha limiti... comunque spero che anche questo capitolo sia piacevole e come sempre vi invito a farmi sapere cosa ne pensate, non siate timidi! xD Fatemi tranquillamente notare pure cosa non vi è piaciuto o i possibili errori che ci sono!
Ovviamente penso sia chiaro che la storia è entrata nella sua parabola conclusiva. Non so ancora quanti capitoli ci vorranno, ma piano piano ci avviciniamo alla fine. Per questo motivo volevo assolutamente ringraziare tutti voi che recensite ed anche quelli che semplicemente leggono! <3
Un bacio enorme e vi rimando alla prossima!
(Giuro che m'impegnerò ad essere più veloce questa volta >.<)

 

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Capitolo 13
*** Il saggio Gaara ***


- Ahia! –
- Non hai il diritto di lamentarti. –
- Sono io la vittima di tutta questa faccenda, ma a nessuno importa. Tutti dietro a quello lì! –
Temari osservò con cura il naso rotto del fratello. Stava cercando di lavare via il sangue con dell’acqua, in attesa dell’arrivo di un ninja-medico e di Gaara, che per ora non aveva dato segno di volersi immischiare. Shikamaru inoltre era ancora con lui.
- Ahia! – protestò per la seconda volta il marionettista ad un gesto brusco della sorella. Quest’ultima non lo degnò di un minimo di attenzione: era davvero delusa.
- Quello lì, come lo chiami tu, - disse arrabbiata. – è una delle persone più buone e gentili che io conosca. Non ci credo che sia stato lui a cominciare. –
Kankuro voltò il capo dall’altra parte, era stufo. Essere sconfitto due volte nell’arco di una sola giornata, che non era ancora finita, l’avevano ferito nell’orgoglio. Ed ora gli toccava passare pure per bugiardo.
- So che c’entra Ino. – commentò Temari. – Mi ha detto che vi siete baciati. –
- Non sono stato io a cominciare. – ripetè Kankuro. – Il vostro amico è impazzito e mi ha colpito, rompendomi anche il naso. Cosa avrei dovuto fare? Non potevo starmene con le mani in mano e così ho risposto al suo colpo. –
La kunoichi non sapeva cosa aggiungere. Tutta quella situazione gli pareva assurda. Kankuro non si comportava in modo così idiota dai tempi in cui attaccarono Konoha e Choji, almeno da quello che era a conoscenza, non era il tipo da fare a pugni per una ragazza. Anzi, lui non faceva a pugni e basta. Era un pacifista, persino peggio di Shikamaru, al quale essere vendicativo riusciva piuttosto bene.
- Vostro? Pensavo che lui fosse anche tuo amico. – disse la ragazza. Kankuro sbuffò, sempre più infastidito.
- Ci avrò parlato qualche volta… questo non fa di lui un amico. –
Temari si convinse di non andare oltre. In fondo suo fratello non aveva poi tutti i torti. L’unica colpevole di quella situazione, quella a cui avrebbe volentieri staccato la testa dal collo, era Ino Yamanaka. Maledetta lei e la sua folle idea di accompagnarla a Suna. Da quando s’era messa in testa di trovare un fidanzato aveva fatto più danni che altro.
- Almeno vuoi dirmi come è andata? – domandò. Kankuro si prese qualche secondo per riflettere.
Meglio lei che Gaara o qualcun altro, gli venne da pensare. Prese un profondo respiro, poi il suo racconto cominciò.
 
Era nervoso. Non per la storia del finto attacco o del mistero di Kakashi e quell’altra psicopatica della foglia, ma per colpa di lei. Cosa gli aveva fatto? Da quando era arrivata, Kankuro si era rincretinito e si comportava peggio di un bambinetto al suo primo giorno d’accademia. Era davvero questo l’effetto che le donne avevano sugli uomini? Si ritrovò, ancora una volta, a dar ragione a Shikamaru ed il suo pensiero misogino. Le donne – almeno quelle che lui aveva conosciuto – erano tutte matte. Sua sorella, per esempio, era sempre stata una sorta di maschiaccio vestito con abiti sexy – e la odiava per questo, avrebbe preferito vederla con addosso un sacco nero e coprente – alla quale interessava solo combattere, proteggere il suo villaggio, combattere, proteggere la sua famiglia; poi, all’improvviso, le era venuta la brillante idea di trovarsi un fidanzato, o qualcosa del genere, e passava più tempo a Konoha che a Suna. Se fosse stata una ragazza normale, a parer di Kankuro, avrebbe continuato a vivere la sua vita monotona tra combattimenti e carte diplomatiche, invece s’era invischiata in una difficile relazione che aveva dato noia persino ai capi-villaggio. Cosa poteva esserci di più incoerente e lunatico? Beh, a rifletterci, Temari non era poi così pazza. Non quanto la maestra Mitarashi, che era arrivata al punto di fuggire di soppiatto ed attaccare un villaggio alleato solo per vendicarsi di quello che le aveva fatto Kakashi-san. Kankuro non aveva idea di cosa potesse aver infastidito tanto la donna, ma sapeva che quello non era di sicuro un comportamento normale.
Tuttavia vi era un’altra persona alla quale doveva andare lo scettro di donna più squilibrata e nevrotica. Per Kankuro era persino inutile citarne il nome.
Questa prima arrivava a Suna per conquistare Gaara – s’era fatto una grossa risata quando Temari, anche lei tra le risa, gli aveva dato la notizia – poi cominciava a trattarlo come un amico, gli stava sempre dietro, si lamentava di continuo dei suoi problemi e Kankuro tentava di consolarla, in modo goffo è vero, ma gli faceva tenerezza quella ragazza bionda e carina che non riusciva a trovare proprio nessuno con cui avere una storia. E lei l’aveva baciato, senza perché e spiegazioni, e Kankuro aveva pensato: perché non provarci per davvero?
C’era un’incomunicabilità di fondo tra loro due, ne era consapevole, e questa veniva fuori un giorno sì e l’altro pure. Incomprensioni, equivoci… adesso che finalmente aveva avuto il coraggio di mettere le cose in chiaro – non era un codardo, lui – cosa avrebbe risposto Ino? Ecco, era proprio quello che voleva sapere.
Avrebbe voluto raggiungere Gaara e Shikamaru, ma il fratello gliel’aveva vietato con uno sguardo. Ancora una volta veniva messo da parte nella storia di Temari… davvero, non lo sopportava. Visto che non poteva pestare o, almeno, limitarsi a minacciare quell’idiota che aveva messo incinta sua sorella, trovò fosse una buona idea andare da Ino. Aveva necessità di una risposta.
Cercò nella sua stanza, in giro per il palazzo e persino fuori, ma di lei neanche l’ombra. Mentre camminava lento, con ancora quel brutto, anzi bruttissimo bernoccolo in fronte, regalo di Temari, incontrò Choji Akimichi. Era solo.
- Ehi! – disse, richiamando la sua attenzione. Il ragazzo gli rispose con un cenno del capo. – Se cerchi Shikamaru è da mio fratello. Credo stiano parlando della gravidanza. –
Choji gli si era avvicinato. Solo in quel momento Kankuro si accorse che il ninja sembrava più magro dall’ultima volta che l’aveva visto. Quando era stato? Forse un annetto prima.
- Lo so. Ho visto tua sorella e pareva un po’ preoccupata. Shikamaru non rischia nulla, vero? –
Il marionettista fece una smorfia.
- Figurati. Gaara non è più quello di una volta. – dichiarò. Choji fu d’accordo. – Almeno fino a quando non lo si fa arrabbiare. – aggiunse dopo una breve riflessione.
- Pensavo fossi anche tu con loro. –
- Io… no. Ho un’altra questione da sbrigare. –
L’Akimichi lo fissò a lungo. A Kankuro sembrò che lui volesse rivelargli qualcosa, ma non ne avesse il coraggio.
- Hai visto Ino? – domandò a bruciapelo. Chi poteva sapere che fine avesse fatto se non uno dei suoi migliori amici?
- No. – fu la risposta secca di Choji. Kankuro non capiva il motivo di tutta quella freddezza. In fondo aveva fatto solo una semplice ed innocua domanda. – Perché? –
- Devo parlarle. Anzi, lei dovrebbe parlarmi. Abbiamo alcune cose da chiarire. –
- Ah, davvero? –
Forse non solo le donne, ma anche gli uomini di Konoha soffrivano di problemi psichici. Poi a Kankuro venne in mente che forse la Yamanaka doveva essersi sfogata – non era difficile immaginarlo  visto la sua bocca larga – con il compagno di team. Forse il ragazzo nutriva quella stessa diffidenza che lui nutriva verso Shikamaru. Ma Temari era sua sorella, si trattava di una gelosia legittima.
- Ti ha detto qualcosa? – chiese. Si era promesso che non sarebbe più caduto in equivoci. Mai più, ne aveva avuto abbastanza. – Voglio dire… qualcosa su di me. –
- E perché dovremmo parlare di te? Non sei al centro dei nostri pensieri. –
Kankuro aggrottò la fronte, ma promise a se stesso di mantenersi calmo. Choji era un bravo ragazzo, glielo ripeteva sempre Temari, e il suo atteggiamento poteva essere anche semplice stress post-viaggio. O magari il cambio di temperatura, chissà.
- Allora sai dov’è? – incalzò.
- Dovresti lasciarla in pace. – rispose il ninja della foglia. – Tu non le piaci. –
- A me sembrava il contrario. E me l’ha dimostrato poco fa. –
Choji non doveva sapere nulla perché si mostrò perplesso. A Kankuro non importava, era una questione solo sua e di Ino.
- Cosa è successo? – domandò brusco il ragazzo. Il marionettista rispose con un’alzata di spalle.
- Ci siamo baciati. –
Il pugno che gli arrivò dritto sul naso lo avvertì solo quando il suo sedere toccò il pavimento con un tonfo ben udibile. Non si aspettava mica di essere colpito!
Si portò una mano alla faccia e vide le dita ricoprirsi di sangue.
- Oh… mi dispiace! Non volevo… - mormorava intanto Choji. Neanche lui riusciva a capire cosa gli fosse preso, ma Kankuro non lo stava ascoltando. Arrabbiato e un po’ dolorante si avventò sul temporaneo nemico, gettandolo a terra.
Un pugno e poi un altro… stava davvero combattendo per una donna? No, no… lui stava combattendo per il suo orgoglio ferito. In quel momento neanche stava pensando ad Ino.
Furono alcuni chuunin a fermarli. Attorno si era formata una piccola folla, tra cui c’erano anche Temari, Matsuri e la Yamanaka.
- Ma siete scemi?! – urlò proprio quest’ultima. Kankuro però stava guardando solo sua sorella. – Adesso vi mettete a fare anche a pugni?! –
Choji non ne era uscito meglio dalla rissa, ma l’aria da cane bastonato lo rendeva più vittima dello stesso marionettista.
 
- Non voleva colpirti. –
- Ma l’ha fatto e… ahia! Temari vuoi stare attenta? –
La ragazza allargò le braccia.
- Non ti ho neanche toccato. – ammise. – Choji è innamorato di Ino, credo lo sia sempre stato. –
- E questo lo autorizza a picchiarmi? –
Temari alzò gli occhi al soffitto. Doveva essere una specie di maledizione la sua: essere circondata da uomini lamentosi.
- No, - rispose con tono stanco. – ma dovresti provare a capirlo. Ti aveva anche chiesto scusa… mi pare ovvio non fosse sua intenzione litigare. –
Kankuro non rispose. Una piccola parte di sé non odiava Choji e lo giustificava. D’altra parte s’era dimostrato coraggioso nel colpirlo.
- Comunque adesso sei ancora più brutto. – aggiunse Temari con una risata. Suo fratello le diede una piccola spinta, invitandola a smettere, ma questo non fece altro che aumentare l’ilarità.
- Non sei divertente. – le fece notare Kankuro, infastidito. – Piuttosto, Gaara quando arriva? –
Temari tornò d’improvviso seria.
- Temo sia molto arrabbiato. – proferì grave. – Nel giro di poco tempo sono accadute davvero tante cose e non tutte piacevoli. –
- Cosa pensi che voglia fare? –
- Non ne ho idea… sai com’è nostro fratello, è difficile capire cosa gli passa per la testa. E tu, cosa vorresti fare? –
La prima cosa che Kankuro desiderava, era andare via dalla stanza dell’ospedale e tornare in camera sua. Stare in quel luogo significava avere grosse probabilità di rivedere Choji e Ino e lui non ne aveva per niente la forza, ma doveva attendere Gaara e sua sorella, che non si era mai dimostrata così premurosa come in quell’ultimo periodo, insisteva perché si facesse visitare. Il motivo per cui all’ospedale del suo villaggio trovare un ninja-medico fosse più difficile che trovare un ippopotamo era cosa inspiegabile.
- Ho chiuso. – disse con enfasi. – Non voglio più avere a che fare con lei. –
Temari era sorpresa. Non si aspettava una decisione presa così in fretta.
- Sei sicuro? – domandò.
Kankuro non riuscì a proferire parola perché qualcuno, probabilmente la persona che tutti s’aspettavano meno di vedere in giro, entrò senza vergogna nella stanza.
- Una volta è capitato anche a me, – esclamò, appoggiandosi allo stipite della porta. I due ninja di Suna si scambiarono uno sguardo confuso. – che due ragazzi si battessero per avere un appuntamento, ma non mi interessavano. Erano delle pappamolli. –
- Mitarashi non dovresti essere qui. – dichiarò Temari. La maestra la degnò appena di un’occhiata.
- Credo che Kakashi si sia di nuovo dato alla fuga. – spiegò.
- Mitarashi-sensei! – urlò Ino alle sue spalle, appena arrivata. Kankuro maledì ancora una volta la propria sfortuna. – Non puoi andartene in giro da sola! –
Anko sbadigliò. Dire che fosse annoiata era davvero un eufemismo.
- Ma allora non c’è nessun ferito? Insomma che razza di scontro era? – domandò.
Temari si congedò dal fratello con una pacca sulla spalla, poi si avvicinò alla donna di Konoha. Riteneva saggio portarla lontana da lì.
- Venga con me, Mitarashi-san, - disse con tono fermo. – la aiuterò a trovare il maestro. –
Anko scoppiò a ridere, prendendo la ragazza sotto braccio.
- Oh, ma io so perfettamente dove si trova! – le sussurrò all’orecchio. – Tu sei quella incinta, vero? Congratulazioni… -
A Kankuro dispiaceva per sua sorella poiché stare con quella tizia folle non doveva certo essere piacevole. Questa volta non volle guardarsi allo specchio, preferiva ignorare in che condizioni fosse la sua faccia.
Ino, intanto, non aveva seguito Temari, ma era rimasta in stanza. Se ne stava in piedi sull’uscio, con sguardo arrabbiato e labbra corrucciate. Kankuro le lanciò a stento un’occhiata di sufficienza.
- Sono davvero arrabbiata. – esclamò lei, giusto per dare sicurezza alle osservazioni del ninja.
- E allora? –
- Cosa vi è saltato in mente? – continuò. – Pensavo foste ragazzi maturi. –
Kankuro non poteva crederci: gli stava davvero facendo un rimprovero? Lei, la persona più immatura della sua età, stava riprendendo lui e l’amico per il loro comportamento? Gli venne da ridere.
- Non c’è niente di divertente. – disse infatti la ragazza, portandosi le mani ai fianchi. – Potevate farvi male. –
- Sono stanco, Yamanaka. Torna un’altra volta. – la liquidò in fretta.
Ino aprì la bocca per replicare, ma non le venne in mente nulla. Non sapeva neanche lei perché fosse lì.
- Dovevamo… ecco, dovevamo parlare. – balbettò un po’ imbarazzata. Nei suoi sogni non le era mai capitato di dover chiarire i propri sentimenti. A volte si domandava dove fosse finita la Ino sfrontata, quella che si gettava su Sasuke anche dinanzi alla piattola di Sakura.
- Senti, ho appena ricevuto un colpo al naso perché il tuo amico è andato fuori di testa, adesso vorrei solo riposare. –
- Quindi non t’importa sapere cosa ne penso di… beh, di quel che è successo tra noi? –
- Non è il momento, Yamanaka. –
A quelle parole Ino non insistette oltre. Forse Kankuro aveva ragione: non era un buon momento per parlare di storie e relazioni. E dopo tutto quel tempo lei doveva ancora chiarire con Choji. Cos’era gli era saltato in mente? Erano forse tutti impazziti?
- Mmh, hai ragione. – concesse. – Ora pensa solo a rimetterti. Io vado a controllare come sta Cho. –
Kankuro la vide allontanarsi e scomparire dietro la porta di legno. Sprofondò con la testa sul cuscino duro dell’ospedale, coprendosi gli occhi con un braccio. Si sentiva stanco, quasi rimpiangeva i tempi della guerra. Almeno in quel caso sapeva come comportarsi.
 
Non era stato difficile convincere la ragazza incinta di Suna a lasciarla tornare in camera da sola, complice soprattutto l’improvvisa apparizione di Shikamaru Nara, uscito illeso dal colloquio con il Kazekage che, da quello che Anko aveva potuto vedere, doveva essere molto, molto incazzato.
Ecco perché lei non sopportava i ragazzini: non facevano altro che combinare guai.
La stanza che temporaneamente condivideva con Kakashi, nonostante lui fosse contrario, era vuota e silenziosa. In realtà il giovane Sabaku era stato così premuroso da riservarle una camera tutta sua, senza finestre e con due guardie all’entrata a sorvegliare la situazione, ma lei non era un ninja alle sue prime armi. Fuggire senza farsi scoprire era stato un gioco da ragazzi e ancora adesso Anko credeva che le povere sentinelle stessero facendo la guardia al nulla. Tuttavia, quando era entrata nella camera di Kakashi un po’ di tempo prima, nella speranza di trovarlo addormentato o a leggere quei libretti che tanto amava, rimase delusa nello scoprire che il caro ninja era nuovamente scomparso. La sua attenzione poi era stata catturata dalla notizia della rissa tra quello di Suna e il ragazzo Akimichi, così aveva deciso di andare a controllare per soddisfare la sua sadica curiosità. Ma adesso che era finalmente tornata, poteva tranquillamente dedicarsi alla ricerca del compagno ninja.
Quel fottuto bastardo, pensò amabilmente nella proprio testolina.
Richiuse la porta alle sue spalle. All’apparenza sembrava tutto come prima: i pochi mobili non erano stati spostati, il letto era perfettamente in ordine e la trilogia della pomiciata era ancora sul comodino.
Oh, ma ne sono solo due, osservò senza proferire parola. Con passo silenzioso si avvicinò alla finestra, gettò una fugace occhiata, poi si diresse verso l’armadio.
Dopo tre secondi netti aprì le ante.
- Hai bisogno di qualcosa Anko? – domandò Kakashi, che se ne stava rannicchiato al buio.
- Per quanto tempo sei stato nascosto lì dentro? –
Il ninja si alzò, uscendo. I capelli erano più arruffati del solito.
- Non ero nascosto, - sottolineò lui, sbattendole in faccia un libro. – stavo leggendo. –
- Dentro l’armadio? –
Kakashi non rispose. Era troppo impegnato a progettare un piano di fuga nel caso in cui Anko avesse cercato di ucciderlo di nuovo.
- Non preoccuparti, non voglio farti del male. – chiarì la donna, inumidendo le labbra con la lingua. Il maestro non era certo così stupido da crederle.
- Dovresti tornare nella tua stanza. – disse, ma Anko gli sorrise. In quel modo subdolo che lui trovava terrificante ed attraente allo stesso tempo. I due non erano lontani, solo a qualche passo di distanza, ma era lo sguardo della donna ad inchiodare lui e renderlo agitato.
- Sapevo che io e te fossimo destinati a stare insieme. – esordì lei all’improvviso. Kakashi si limitò a mostrarsi perplesso.
- Davvero? –
- Era ovvio. –
Anko si avvicinò di un passo senza smettere di guardarlo nell’unico occhio visibile. Lei era come un serpente, uno di quelli che gioca con la preda e le gira attorno prima di sferrare il colpo mortale. E Kakashi, purtroppo, lo sapeva.
- Il meglio deve stare col meglio. Certo, avrei potuto trovare qualcosa di ancora meglio, - aggiuse la donna, indicando la figura quasi del tutto coperta del ninja. – ma credo di potermi accontentare. –
S’era intanto avvicinata di un altro passo e il suo seno prorompente ormai sfiorava la divisa verde di Kakashi.
- Non è che potremmo dimenticare l’accaduto e fare finta di nulla? – domandò lui accennando un sorriso. Anche Anko sorrideva, ma per un motivo diverso. Le sue mani avevano afferrato il colletto della divisa ninja e la maschera era stata abbassata. Non era la prima volta che le capitava di guardare il viso dell’uomo per intero.
- Scordatelo… - sussurrò. Le labbra a pochi centimetri dal collo.
- Ero ubriaco. – tentò Kakashi, anche se doveva pur ammettere che la situazione in cui si trovava non era delle peggiori. – Ed anche tu lo eri… perché non te la prendi con Iruka? –
- Sta’ zitto! –
Anko lo spinse contro il muro, baciandolo e ghignando allo stesso tempo. Kakashi non opponeva alcuna resistenza… in fondo perché avrebbe dovuto? Certo, la donna avrebbe potuto strozzarlo da un momento all’altro, ma il gioco, almeno in quel caso, valeva la candela.
- Non stiamo insieme. – ci tenne a precisare l’Hatake.
- Non ti preoccupare, non tengo alle definizioni. –
La vendetta, pensava Anko con un sospiro di piacere, può essere molto interessante certe volte.
 
- … e così ha chiaramente ordinato di portare via Ino. – concluse Shikamaru. Temari aveva insistito per preparare qualcosa di commestibile in cucina mentre il fidanzato la metteva al corrente degli sviluppi sul triangolo Kankuro-Ino-Choji.
Il giovane Nara guardò la roba verdognola nella sua tazza, chiedendosi mentalmente cosa diavolo fosse.
- Gaara ha preso la decisione migliore. – approvò la ragazza. Lei, al contrario, sembrava apprezzare la schifezza cucinata. – Da quando è qui non fa altro che creare problemi. –
- Ma cosa ci hai messo qui dentro? –
- E ha trascinato con sé anche mio fratello. –
- Sicura che è commestibile? –
Temari rimase con le bacchette a mezz’aria e la bocca semiaperta. Il tono dubbioso con cui Shikamaru parlava delle sue doti culinarie la faceva irritare. Lei era una cuoca esperta: glielo dicevano sempre i suoi fratelli. In realtà gliel’avevano detto solo una volta, quando aveva comprato il ramen da asporto, ma non era un dettaglio importante.
- Stavamo parlando di cose serie. – sottolineò un po’ seccata. – Potresti smetterla di lamentarti e prestare attenzione a quello che sto dicendo? –
- Mmh… -
Shikamaru decise di evitare la cena per quella volta. Temari riprese di nuovo la parola.
- E cosa ti ha detto Gaara? – domandò.
- Mi pare di avertelo già detto. –
- No, non riguardo la storia di Ino. Intendo su di noi, cosa ha detto? –
Il ragazzo alzò le spalle, tranquillo.
- Cose diplomatiche, niente di importante. – rispose con lo stesso tono flemmatico. A volte per Temari era difficile riuscire ad immaginare cosa si nascondesse dietro la proverbiale calma di Shikamaru. Annuì, senza aggiungere nulla.
La conversazione morì lì e il silenzio era spezzato appena dal rumore delle bacchette.
- Non devi dirmi niente? – cominciò Temari. Ormai le acque si erano calmate: sia Choji che Kankuro stavano bene, forse il Sabaku con qualche ammaccatura in più, ma erano comunque entrambi vivi; Ino doveva essersi persa in una tempesta di sabbia, o almeno era quello che sperava ardentemente la kunoichi di Suna e persino Anko Mitarashi era tornata tranquilla alla sua stanza, mettendo da parte ogni intento terroristico. Niente e nessuno avrebbe potuto più interromperli.
- No. – fu la risposta di Shikamaru. Il ragazzo si stiracchiò, immaginando di potersi stendere su un letto comodo con accanto la fidanzata.
- Sicuro? – tentò di nuovo lei. Non può essersene dimenticato, pensò un tantino infastidita. Fino a qualche ora prima stava per chiederle di sposarlo! Possibile che gli fosse passato di mente?
Shikamaru annuì con poca convinzione, ma Temari non aveva alcuna intenzione di mollare.
- Eravamo in camera, - tentò. – e tu insistevi nel dovermi dire qualcosa. Qualcosa di importante. – Rimarcò soprattutto l’ultima parola. Eppure lui sembrava non capire. Sembra non voler capire, osservò la ragazza.
- Oh adesso che ci penso, - se ne uscì Shikamaru all’improvviso, accendendo una piccola speranza in Temari. – mi vuoi… -
- Sì? –
- Mi vuoi passare le spezie? Forse questa roba che hai cucinato migliora il suo sapore. –
La kunoichi si alzò, raggiungendo uno scaffale, prese un piccolo barattolino scuro e lo sbattè con forza sul tavolo di legno, proprio dinanzi a Shikamaru.
- Grazie… - bofonchiò lui. Temari gli era alle spalle e non accennava a muoversi. – Vuoi dirmi qualcosa tu? –
Le mani della ragazza affondarono nella carne alla base della nuca.
- Magari un massaggio può farti tornare la memoria. – disse, spingendo sempre più a fondo. Temari non era mai stata stupida ed era anche un’ottima stratega, se Shikamaru pensava di poter giocare con lei era davvero in errore. – Allora? Nulla ancora? –
Il povero Nara riuscì a stento a trattenere un mugolio di dolore.
- Ho come l’impressione che tu già sappia quello che dovrei ricordare. – considerò. – Perché non me lo dici e la facciamo finita? –
Temari sorrise e il suo pollice spinse con crescente forza.
- No, no… devi dirlo tu. Sei tu l’uomo. –
- Ah, ma davvero? Pensavo che tra noi non ci fossero queste inutili differenze. –
- Ci sono. Allora? –
- E va bene, se proprio insisti… - Improvvisamente la morsa della ragazza si allentò e Shikamaru potè rilassare i muscoli. – ma non credo sia valido. Insomma, questa è coercizione. – aggiunse, tastandosi la parte dolorante.
- Sto aspettando. –
Il ragazzo girò appena il busto in modo da poter guardare negli occhi Temari, che se ne stava dritta ed in tensione, con le mani incrociate sotto al seno e le sopracciglia inarcate. Tossicchiò un paio di volte, poi finalmente si decise a parlare.
- Ho riflettuto nei giorni passati – cominciò. – e ho capito che… -
- Avanti. – lo incitò la kunoichi. Ma Shikamaru aveva spostato lo sguardo sulla porta. Temari quasi temeva di alzare gli occhi.
Giuro che se qualcun altro ci interrompe lo faccio a fette col ventaglio, meditò.
- Ho interrotto qualcosa? – domandò Gaara con il solito tono privo di emozioni. Sua sorella sbattè le palpebre un paio di volte.
Gaara però è un colpo basso. Non posso attaccarlo, figuriamoci ucciderlo.
- Un nuovo attacco? Una nuova rissa? La Yamanaka è stata portata via da una tempesta di sabbia? – propose Temari. Non riusciva a capire perché il rosso fosse lì.
- A dire il vero avevo fame. – rispose tranquillamente Gaara. Il Kazekage avanzò, sedendosi al posto lasciato libero dalla sorella maggiore. – Credo abbiate cucinato qualcosa. –
Temari, senza aggiungere nulla ma promettendo a se stessa di non lasciargliela vinta a quel cagasotto di Shikamaru, riempì una nuova tazza della nota roba verdognola e la passò a Gaara.
Il Nara osservava preoccupato la scena e pensava ai suoi possibili sviluppi. C’erano grosse possibilità che il Kage fosse avvelenato.
Il rosso ne assaggiò un boccone, sotto lo sguardo attento degli altri presenti, e sul suo viso apparve una piccola, minuscola, quasi inesistente smorfia.
- E’… buono. – sussurrò con fatica. Temari, soddisfatta, gli si avvicinò, ringraziandolo con una pacca sulla spalla.
- Almeno qualcuno che sa apprezzare. – commentò.
Shikamaru evitò di replicare e si ritenne già parecchio fortunato per aver evitato l’argomento matrimonio, ma sapeva che Temari non si sarebbe arresa così facilmente. Ma da quando era diventata così attenta a queste stupide romanticherie? Lui davvero non sapeva spiegarselo.
Intanto Gaara era sul punto di vomitare, ma riusciva stoicamente a sopportare quella tortura con aplomb invidiabile.
- Un altro po’? – gli chiese con premura la sorella. Rifiutare sarebbe stato davvero scortese.         
 
 
 
 
 
Note:
salve a tutte! Credo di non aver mai aggiornato così in fretta perciò sono parecchio emozionata u.u xD In realtà questo è più che altro un capitolo di passaggio, in cui non accade granchè. Il flashback più che raccontare la rissa tra Kankuro e Choji (rissa poi... qualche pugno u.u Il piccolo Cho è troppo buono per fare certe cose) mi serviva per spiegare quello che pensa il Sabaku sulla pseudorelazione con Ino. A lui piace, ma capisce che ci sono molte difficoltà, soprattutto per il carattere della biondina che non è tra i più facili xD Anko e Kakashi... in effetti loro fanno solo le zozzerie quindi non c'è molto da dire. Ed infine Temari e Shikamaru... ce la faranno a parlarsi senza che qualcuno li interrompa? Mah xD Ma soprattutto ce la faranno a dirsi a voce quello che provano senza vergogna? Mah (sì, sono ripetitiva). Come ho già detto la storia è agli sgoccioli (mancano forse due capitoli), capite che le cose si risolveranno a breve, ma ne approfitto anche per ringraziare tanto, davvero tanto tre lettrici che mi seguono dall'inizio: Kitiara, Haru e Shimizu (oddio spero di non aver sbagliato alcun nome D:) e Kari, che si è aggiunta da poco. Ovviamente i ringraziamenti vanno anche a tutti gli altri silenziosi lettori, per me siete importanti lo stesso <3
Spero di poter aggiornare in fretta anche la prossima volta xD Vi mando un bacio grandissimo! Fatemi sapere cose ne pensate ^^
Ps: il titolo è riferito sia alla decisione di Gaara di allontanare Ino e in modo ironico alla scelta di accettare il cibo cucinato da Temari. Davvero intelligente Gaara! xD

 

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Capitolo 14
*** La soluzione ha nome e cognome ***


Ino sapeva che avrebbe trovato Choji solo in camera. Shikamaru, qualora si fosse liberato da Gaara, doveva essere in compagnia della sua ragazza.
Rispetto a Kankuro il compagno di team non era rimasto ferito, se non per qualche livido appena accennato che era quasi andato via, ma la rissa l’aveva reso triste.
Ino si sentì immensamente dispiaciuta. La sua immaturità nello gestire la situazione aveva portato a delle conseguenze che mai si sarebbe aspettata e aveva creato problemi a tutti, suoi amici compresi.
Prese posto sul letto di Shikamaru, limitandosi a guardare l’Akimichi da lontano.
- Non sentirti in colpa, - disse Choji, intuendo i suoi pensieri. – non sei tu quella che ha picchiato Kankuro. Tu l’hai visto, come sta? –
Ino annuì, abbassando lo sguardo sul pavimento.
- E’ arrabbiato con me. –
Sentì Choji sospirare. Perché lei non era mai in grado di combinarne una giusta? Passava gran parte del suo tempo a prendere in giro Sakura e la sua fronte spaziosa, la sua cotta infantile per Sasuke e il suo piagnucolare continuo, ma in realtà la più immatura tra le due era proprio Ino.
- Solo temporaneamente, vedrai che gli passerà. – la rassicurò l’amico. La ragazza non aveva bisogno di guardarlo perché sapeva che Choji le stava sorridendo con fare rassicurante.
- Forse… oppure mi odierà ancora di più. – mormorò. Non si era comportata bene con Kankuro, ne era consapevole purtroppo.
Ho sbagliato con Sasuke, pensò tra sé e sé. E poi ho sbagliato con Sai, con Gaara, con Kankuro ed infine con Choji. Ho sbagliato davvero tutto.
- Comunque l’hai saputa la novità? – buttò lì rialzando lo sguardo. Aveva portato le ginocchia al petto in una posizione rannicchiata che le dava maggiore sicurezza. Il letto di Shikamaru era comodo, anche se freddo.
Choji aveva negato col capo. – Gaara ha ordinato di andarmene. – esclamò. – Per lui devo aver combinato troppi pasticci e così ha detto a Shika di riportarmi indietro. –
- Torni a casa allora? – domandò l’altro. Choji dentrò di sé si sentiva felice a quella notizia e mai come in quel momento sentì di dover ringraziare Gaara, ma Ino continuava a mantenere un’espressione triste perciò la sua gioia fu contenuta ed intima.
- Non ho altra scelta. Ho l’impressione che se insistessi il Kazekage mi strozzerebbe con la sua sabbia. –
- Ma sei felice di ritornare? –
Era quella la domanda a cui Ino non sapeva rispondere. Certo, casa le mancava. Le mancava sua madre, le chiacchierate con gli abitanti del suo villaggio, l’euforia di Naruto e la timidezza di Hinata, le follie di Gai-sensei e del suo allievo, persino lavorare ed essere costantemente paragonata a Sakura. Ma anche Suna aveva dei lati positivi: c’era Temari, con la quale aveva stretto un pacifico rapporto – mai avrebbe ammesso che ormai la considerava alla stregua di un’amica; c’era il suo lavoro all’ospedale e il contributo che aveva dato ai più giovani ninja e poi… poi c’era Kankuro.
- Non lo so. – ammise alla fine perché a Choji non sapeva mentire.
- Dovresti parlare con lui. –
- Con chi? –
- Non fare la finta tonta, sai a chi mi riferisco. –
- Te l’ho detto, non ne vuole sapere per ora. –
A Choji faceva male parlare di Kankuro e ancora di più gli faceva male spingere Ino a capire quale fossero i suoi reali sentimenti, ma ciò che gli stava più a cuore era proprio il bene e la felicità dell’amica. A quel punto non era più importante soffrire perché il dolore sarebbe stato mitigato dalla consapevolezza d’aver fatto la cosa giusta.
- Non ci credo… ti sei arresa così in fretta? – domandò lui con tono scherzoso. – Ti ricordavo alquanto insistente. Allora è vero che Suna ti ha cambiato. –
Ad Ino scappò un sorriso. Si portò la coda davanti, cominciando a giocare coi capelli per allentare la tensione.
- Credo di sì, ma non so dire se in meglio o in peggio. Insomma ho solo combinato guai e mi sono mostrata immatura come al solito. –
- Non la penso come te. –
- Ah Cho, tu sei di parte. Il tuo commento non è valido. –
- Ti stai sbagliando. – insistette il ragazzo. – Non ti sei mostrata immatura, eri solo… confusa, ecco. Capita a tutti di essere confusi, no? Persino a Shikamaru. –
Ino arricciò il naso in una smorfia.
- Shikamaru ha sempre tutto sotto controllo. Sai, lui è un genio, nessuno riesce a batterlo a shogi, riesce a combinare strategie imbattibili in pochissimo tempo e blablabla… - borbottò agitando una mano. Sapeva di non essere stupida, ma da lì ad essere paragonata a Shikamaru ne passava di acqua sotto i ponti.
Choji rise, complice.
- E’ terrorizzato. – rivelò sornione. – Durante il viaggio era più silenzioso del solito. –
- Terrorizzato per cosa? –
-Tutta questa storia. – Il ragazzo accompagnò le parole con un gesto eloquente. – Temari, il bambino, il matrimonio… -
Ad Ino per poco non venne un colpo. Si alzò dal letto e raggiunse Choji, felicemente sorpresa dalla notizia.
- Matrimonio? – ripeté quasi incredula. – Vuole chiedere a Temari di sposarlo? –
Nella mente della giovane si susseguivano immagini di festeggiamenti, gioia, riunioni familiari. Ed anche bei vestiti, nuove acconciature, composizioni di fiori bellissime. Il tutto stonava se nel mezzo Ino tentava di farci entrare anche Shikamaru e Temari, le veniva infatti da aggrottare la fronte e corrucciare le labbra in chiaro disappunto, ma diventava assolutamente perfetto se la protagonista del sogno assumeva le sembianze della Yamanaka. Cercava di immaginare anche uno sposo al suo fianco, ma con scarso successo: questo era solo un miscuglio orribile e confuso tra Sasuke, Kankuro e Choji.
- Ino? – la richiamò l’amico. La ragazza si riscosse immediatamente. Mai nei suoi pensieri il primo a sposarsi era proprio Shikamaru, il misogino per eccellenza.
- Pensi che gliel’abbia già chiesto? – domandò. Choji scosse il capo.
- Non ne ho idea. – rispose. – Non so neanche se Temari voglia accettare. –
Ino gli lanciò una lunga occhiata di rimprovero.
- Ma figurati! Tutte le donne sognano il matrimonio sin da bambine. – sostenne con fermezza. Il ninja non sembrava molto convinto.
- Non credo che Temari possa rientrare nella categoria tutte le donne. – replicò. Ino sbuffò. Certe volte era stancante parlare con uomini di cose che non avrebbero mai capito, bisognava spiegarglielo in modo elementare. Si schiarì la voce tossendo.
- Fidati, tutte sognano il matrimonio e un bellissimo marito comprensivo. –
- Bellissimo marito comprensivo… - ripeté Choji. Ino ci riflettè per qualche secondo.
- In effetti Shikamaru non è nè bellissimo né comprensivo, ma ha altre qualità. – disse liquidando in fretta la questione. Già fantasticava di poter chiedere a Temari di fare la damigella d’onore e il permesso di vietare a Sakura di mettere bocca nella faccenda. L’egocentrismo esagerato dell’amica poteva mettere a repentaglio la possibilità di stare al centro dell’attenzione.
Choji, intanto, si stava grattando una tempia. A lui quella storia non convinceva per niente, ma se Ino ne era così convinta, allora doveva esserci un fondo di verità.
- Se lo dici tu… - commentò. Ino alzò gli occhi al cielo.
- Non sono io a dirlo. E’ un dato di fatto, provato in modo inequivocabile. – ribattè. – E non prendertela, è risaputo che voi uomini non capite le donne. –
Il ragazzo abbassò il capo e la kunoichi capì di aver detto qualcosa di sgradevole. Non era la prima volta che le capitava.
E ti pareva, pensò. Poteva la mia boccaccia starsene zitta e farsi gli affari propri? Ovviamente no.
- Non volevo dire che tu non capisci le donne, - si corresse quasi subito. – è una cosa assai comune e non riguarda solo te. –
Oh Ino, quanto sei idiota! La prossima volta sta’ zitta.
- Non devi scusarti. – la rassicurò Choji. – Hai ragione: le donne sono troppo complicate. –
Voleva sorridere, davvero. Come accadeva ai vecchi tempi, quando lei ancora ignorava i sentimenti del compagno di team e non era così confusa come Naruto ai tempi dell’accademia. Voleva farsi una grassa risata, con tanto di pacca sulla spalla, e dire “è vero, Cho. Voi avete un cervello minuscolo che neanche usate, mentre noi donne – ed io in particolar modo – sappiamo sfruttarlo al meglio”, magari aggiungendo anche la sua vecchia e tipica espressione di superiorità. Invece l’unica cosa che avvertiva, per sua sfortuna, era un groppo alla gola che le proibiva di spiccicar parole sensate. Ovviamente di parole insensate e inopportune ne aveva sciorinate fin troppe purtroppo.
- Io adesso vado, - mormorò, sentendo di colpo la stanchezza sulle spalle. Quella giornata le era sembrata interminabile e aveva voglia di farsi una bella dormita. – è tardi. –
Choji la guardò e Ino quasi sperò che lui la fermasse e le dicesse dell’altro, che continuasse a tenerle compagnia e a ripeterle che la rissa, la confusione e tutto il resto non fosse colpa sua. Ne aveva bisogno: non amava sentirsi in colpa, la faceva sentire vulnerabile e si sentiva così in dovere di piangere.
- Buonanotte. – disse il ragazzo, abbozzando un minuscolo sorriso.
- ‘Notte. – rispose lei.
Chiusasi la porta alle spalle, pregò affinchè la notte le portasse consiglio e magari la soluzione a quel casino che aveva combinato.
 
Temari non aveva una sveglia in camera, non la riteneva necessaria. Mai come in quel momento sentì di essere in errore.
Guardò verso la finestra e potè intuire che fosse l’alba. I raggi del sole illuminavano i suoi capelli, rendendoli ancora più biondi, e il viso del suo amato fidanzato che, in barba ai drammi esistenziali della compagna, dormiva beato nel letto.
Non era un bel vedere in realtà.
I capelli erano ancora legati e arruffati, la bocca semiaperta e un filino di bava gli scendeva lungo la guancia, bagnando impietosamente il cuscino; un braccio pendeva nel vuoto, mentre l’altro stava con tranquillità atrofizzandosi sotto la testa.
Temari si rigirò per la milionesima volta sotto le lenzuola bianche. Shikamaru, dall’altra parte, mugulò qualcosa nel sonno, ma non sembrava intenzionato a svegliarsi.
La ragazza non smetteva di pensarci. Da quando Gaara era andato via – per fortuna ancora vivo, nonostante la pessima cucina – la storia della proposta mancata era diventata un chiodo fisso. All’inizio non vi aveva dato peso perché in fondo Temari non era sciroccata come Ino, a lei non importavano quelle sciocchezze come il matrimonio perfetto, l’abito bianco e i fiori ad abbellirle i capelli, ma poi quel pensiero s’era fatto più insistente, le era entrato nella mente e non voleva più uscirne. Si domandava il motivo per cui Shikamaru non gliel’avesse ancora chiesto. Perché tentennava così tanto? Ci stava forse ripensando?
In quel letto, nel quale Shikamaru era rimasto a domire nonostante l’occhiata raggelante del fratellino Kazekage, Temari aveva passato ore intere a rimuginare e rimuginare e a domandarsi: ma da quando a me interessa il matrimonio?
Il caro Nara aveva tante belle qualità, nascoste soprattutto, ma la celerità non era una delle sue. E se avesse aspettato mesi prima di trovare il coraggio di riprovare a farle la fatidica domanda? E se fossero passati addirittura anni?
A Temari scappò un singulto. No, non poteva in alcun modo attendere i comodi di quella lumaca umana. Avrebbe preso lei in mano la situazione come la prima volta, quando lo baciò e lo incitò a trovare un posto libero e appartato, perché sapeva che se avessero aspettato ancora un po’, probabilmente sarebbero morti di vecchiaia e rimpianti.
Si alzò col busto, lanciando uno sguardo al ragazzo accanto a sé. Ovviamente questo dormiva placido come un bambino in fasce. Si mise a sedere sulle ginocchia, con una mano a muovere una gamba di Shikamaru e l’altra ad aggiustarsi i capelli che proprio non volevano saperne di stare al loro posto. Gli stava di fronte, in attesa di un segno di vita.
Niente, considerò stanca. E’ in coma da bradipo. La giovane alzò gli occhi al soffitto e prese a muovere più forte.
Ancora nulla. Shikamaru non accennava a svegliarsi.
Spazientita e un po’ arrabbiata, Temari decise di passare alle maniere forti. Prese un gran respiro, attese tre secondi netti e poi spinse con forza.
Un tonfo, un mugolio di dolore, un altro di fastidio e poi finalmente la ragazza potè sentire la voce impastata del fidanzato.
- Ma sei scema?! – domandò questi, tornando a fatica sul letto. Il filino di bava s’era ormai incrostato.
- Sì! – urlò Temari, ignorandolo. – Lo voglio! –
Shikamaru si passò una mano sulla fronte, ancora intontito, si stropicciò gli occhi un paio di volte e, con espressione confusa, cominciò a guardarsi intormo.
- Cos’è che vuoi? – domandò dopo aver ispezionato con lo sguardo tutta la stanza. A lui sembrava tutto uguale e non riusciva davvero a capire cosa potesse desiderare una donna incinta in modo così urgente da svegliarlo in modo così brutale e barbaro. – Guarda che se hai di nuovo fame… -
- Non ho fame. – lo bloccò lei. – Sto parlando seriamente. –
Shikamaru le si avvicinò, di colpo più riflessivo, le afferrò una mano e rabbrividì appena per il contatto tra la sua fredda e quella calda di lei.
- Temari… - soffiò con un filo di voce. Il tono era fermo e grave. - … hai battuto la testa da qualche parte? –
La kunoichi dovette combattere con tutte le sue forze per evitare di prenderlo a schiaffi per la sua stupidità. Certe volte era realmente convinta del fatto che Shikamaru fosse un idiota, altro che genio.
Gli lasciò la mano per afferrare la maglia nera e portarlo ancora più vicino. Il ragazzo si lasciò guidare, poggiando una mano sul fianco di lei e massaggiando piano. Gli piaceva la morbidezza del corpo di Temari: aveva sempre avuto per lui qualcosa di pericolosamente eccitante.
- Saranno le cinque del mattino, - borbottò. Non riusciva a togliere gli occhi dalla bocca di lei. Persino nella penombra del mattino gli sembrava rossa e bellissima, fatta apposta per farsi baciare. – non dico di non avere voglia, ma non credi che sia troppo presto? –
Temari prese un altro respiro.
- Non ho intenzione di fare alcunché – spiegò paziente. Shikamaru sembrò sollevato: in fondo, dopo tutto quello che era successo nella giornata precedente, riteneva essere legittimato a sentirsi stanco. – Dobbiamo parlare. –
Il Nara deglutì, tentando di ripristinare la salivazione. Forse era meglio darsi da fare a letto che parlare con Temari, alle cinque del mattino, per chissà quale assurdo motivo.
- Mmh… - brontolò. Immaginava dove volesse andare a parare la ragazza. – Che ne dici se riprendiamo il discorso più tardi? – tentò poi, ma era tutto chiaramente inutile. Lo sguardo di Temari glielo stava dicendo: adesso o mai più.
- Sposiamoci. – proruppe lei all’improvviso, ma il tono con cui aveva parlato era deciso. – Vengo a stare con te a Konoha. –
Le rivelazioni subitanee aveva scatenato una serie di reazioni nell’animo di Shikamaru, il quale però aveva saggiamente deciso di tenersele per sé e non mostrarle. Non era un tipo esuberante alla Lee o Naruto, ma non era neanche l’Uchiha coi suoi complessi e l’espressività di un monolite di pietra. Un sorriso compiaciuto gli comparve sulle labbra e tirò a sé la fidanzata futura moglie per baciarla. D’altronde stava tutto andando per il meglio: Temari s’era decisa da sola a lasciare i fratelli ed il villaggio per trasferirsi alla foglia. Shikamaru era riuscito con grande destrezza anche ad evitare quella imbarazzante proposta di matrimonio, cosa poteva andare storto? Aveva fatto di nuovo centro: scacco matto, aggiunse mentalmente.
- Prima però impara a cucinare. – disse, mordendole piano la pelle delicata del collo. Temari lo allontanò con un braccio.
- Gaara era entusiasta della mia cucina. – replicò lei con mezzo sorriso.
- Gaara stava per rimetterci le penne e tu per essere accusata di Kagecidio. –
Comunque Shikamaru non stava scherzando, ma preferì non aggiungere nulla per non rovinare il momento. Convincere Temari di essere in errore e ad ammettere quello stesso errore era come chiedere a Naruto di fare la persona seria per cinque minuti di fila.
- A proposito, - affermò la kunoichi. Era chiaramente pensierosa. – dobbiamo dirlo ai miei  fratelli. Sapevano del mio trasferimento, ma non del matrimonio. Come credi che la prenderanno? –
Shikamaru scosse appena il capo.
- Come facevano a sapere del trasferimento? – domandò con una punta di scetticismo. Temari lo ignorò come al solito.
- Mi dispiace per Kankuro, al momento ha già troppi pensieri per la testa e non vorrei aggiungerne degli altri. –
- Tu avevi già deciso di trasferirti. – considerò Shikamaru. In fondo da una persona come Temari doveva aspettarselo. – Avresti potuto dirmelo prima. –
- E rovinare la possibilità di farti perdere il sonno per tutto questo tempo? Oh, non ci pensavo neanche! – rispose lei, ammiccando e stampandogli un bacio leggero sulle labbra. – Comunque stavamo parlando di una questione altrettanto importante. –
- Kankuro è grande e grosso, può cavarsela da solo. Non sei la sua balia. –
- Lo so, infatti non pensavo a me. –
Shikamaru sentì di doversi preoccupare. Quando ci si metteva Temari era più pericolosa di Madara Uchiha.
- Non pensarci neanche. Io non ci parlo con tuo fratello. –
- Non devi parlare con lui, ma con Ino. –
- Cosa? –
Temari sbuffò. La questione triangolo amoroso era stata una delle tante che le avevano tolto il sonno, assieme a quella matrimonio, trasferimento e  gravidanza. Non poteva permettere alla squilibrata Yamanaka di distruggere il cuore del suo fratellino e del povero Choji. Shikamaru non poteva rimanerne indifferente, in fondo due terzi del triangolo erano suoi amici e compagni di team. Per la pace tra i paesi e l’equilibrio psico-fisico della sua famiglia doveva in qualche modo aiutare Ino a trovare una soluzione al problema. Questa soluzione aveva nome e cognome: Shikamaru Nara.
- Ci ho riflettuto per tutta la notte, - annunciò Temari. Il ninja avrebbe voluto tornare a dormire beato, ma la ragazza non gliel’avrebbe mai permesso. – devi parlare con la tua amica e convincerla a fare la scelta giusta per sé e per tutti noi. –
- Ma perché io? – domandò Shikamaru. Lo diceva lui che le donne si facevano solo problemi inutili.
- E chi dovrebbe farlo? Gaara? Ti prego, sii serio. Tu sei l’unico a poter porre fine a tutto questo. –
Temari lo guardava severa, non sarebbe stata una buona idea contraddirla. Poteva però sviare il problema.
- Ci penserò, adesso torniamo a dormire. – assicurò con uno sbadiglio, giusto per rendere più chiara l’idea.
La bionda l’aveva però afferrato per un braccio e tentava di trascinarlo con sé.
- No, no… andrai a parlarle adesso. –
- Ma sono le cinque del mattino! Le persone normali dormono! –
- Non le ragazze con problemi sentimentali. –
Shikamaru, sulla soglia della porta, si fermò. Temari non poteva costringerlo a fare qualcosa che non voleva, dannazione. Non era mica un bambino lui!
- Non lo farò. Anche Ino è grande e grossa e può farcela tranquillamente da sola. – valutò. Sotto la leggera – ed anche abbastanza trasperente – camicia da notte, il respiro della kunoichi era regolare, segno che non era arrabbiata.
- Ino è una ragazzina capricciosa e viziata, - replicò lei senza astio. – non sarà mai capace di capire da sola quale sia la migliore scelta. Tu non dovrai costringerla, ma sono indirizzarla sulla retta via. –
Shikamaru alzò un sopracciglio, mordendosi il labbro inferiore. Voleva bene ad Ino, ma riteneva che quella fosse una questione da donne e lui non c’entrava proprio nulla.
- Immagina cosa dovesse accadere se la Yamanaka facesse la scelta sbagliata, - continuò Temari con tono suadente. – sarebbe una tragedia per tutti noi. E tu, assieme a Choji, dovrai sorbirti tutti i suoi piagnistei e i suoi drammi. Ne saresti capace? –
La domanda echeggiò nella stanza silenziosa. Shikamaru dovette ammettere che la sua ragazza non aveva poi tutti i torti.
- Ma non… - tentò di replicare, ma Temari gli tappò la bocca con un altro bacio veloce.
- So che puoi farcela. – disse, poi lo spinse fuori e chiuse la porta.
Se Shikamaru fosse stato in grado di portare a termine il piano che la bionda aveva ipotizzato, tutto sarebbe andato a posto. Certo, doveva ancora parlare con i suoi fratelli del matrimonio ed organizzare ogni cosa per la nascita del bambino (o bambina) ed il trasferimento, ma aveva ancora sei mesi di nullafacenza per quello. Adesso l’urgenza andava a Kankuro ed Ino.
Dopo aver tirato un sospiro di sollievo, Temari sentì di nuovo bussare alla porta: era Shikamaru.
- Posso almeno mettere i pantaloni prima di andare? –
 
L’aveva giurato a se stesso: mai e poi mai avrebbe più permesso a Temari di decidere per lui e costringerlo a fare cose che un uomo non avrebbe dovuto fare.
Fuori la porta della camera di Ino, con il viso stanco ed assonnato, Shikamaru meditava di fuggire via e chiedere asilo all’amico Choji. Lui l’avrebbe sicuramente compreso.
Tuttavia il pensiero di Ino nei guai, in crisi per quei motivi assurdi che di solito usano le donne per complessarsi ai limiti del verosimile e sola, senza neanche la presenza di Sakura a rassicurarla, lo facevano sentire colpevole. In fondo era sua amica. Le voleva bene, sul serio.
Bussò piano.
Dopo un po’ la testa bionda della ragazza gli fu davanti.
- Shikamaru? –
Non pareva stanca e neanche assonnata. Temari aveva ragione: le ragazze con problemi sentimentali non dormono, doveva tenerlo a mente.
- Mmh… ciao, Ino. – disse. In realtà non sapeva di cosa parlare. Doveva andare dritto al punto o limitarsi a lanciare qualche allusione che probabilmente l’amica non avrebbe capito?
Odio le donne.
La Yamanaka lo guardava come di solito si guarda una tartaruga fare le capriole.
- E’ successo qualcosa? – domandò. Era ovviamente preoccupata: Shikamaru in giro alle cinque del mattino non si vedeva tutti i giorni.
- No. –
- Okay… e perché sei qui? –
Il ragazzo si grattò la testa, pensando a qualcosa. Ino era sua amica, le voleva bene e tutto il resto, ma non erano mai stati grandi confidenti. Si trovava parecchio in imbarazzo.
- Devo parlarti di… beh, di cose. – bofonchiò. La kunoichi non sapeva che pensare, ma lo invitò ad entrare per poter parlare tranquillamente. Immaginò che la colpa di quel risveglio inaspettato fosse di Temari – e di chi se no? – ma non riusciva a spiegarsene il motivo.
- Hai litigato con quella pazza che ti sei scelto come fidanzata? – chiese, sedendosi composta sul proprio letto. Shikamaru la imitò immediatamente.
- No, no… o almeno credo. – rispose lui. Il letto era soffice e comodo e il suo fondoschiena ringraziò.
- E allora vuoi dirmi perché sei qui? – incalzò Ino.
Shikamaru si prese qualche altro secondo per rilassarsi, mentre alla ragazza al suo fianco quasi fumavano le orecchie dalla curiosità.
- Davvero non riesci ad immaginarlo? –
- Mmh, no. –
- E’ per la storia di Kankuro. –
Ino si mordicchiò l’interno delle guance. Era perplessa perché non avrebbe mai pensato che Shikamaru Nara venisse da lei per parlarle di questioni amorose. Forse aveva capito male o il suo compagno di team doveva aver battuta la testa da qualche parte.
O forse Temari l’ha costretto, osservò.
- Questo dialogo sarà surreale. – commentò, guardando Shikamaru dritto negli occhi. Lui non potè fare altro che annuire con aria fiacca.
- Perciò facciamo in modo che duri il meno possibile. – replicò. La kunoichi fu d’accordo.
- Non devi preoccuparti, - cominciò a dire. Avvertiva una piccola fitta allo stomaco quando parlava di quello che era accaduto e del casino che aveva combinato, ma una parte di sé non poteva fare a meno di sentirsi lusingata da così tante attenzioni. – anzi Temari non deve preoccuparsi. Suo fratello non è un idiota e mi ha già fatto capire di non volere avere più nulla a che fare con me. –
- Beh, ottimo. –
- No, non è ottimo. –
- Invece sì. A te non importa di Kankuro. –
Ino rimase interdetta per qualche istante, poi riprese la parola.
- Come scusa? – domandò con tono acido. Shikamaru non poteva parlarle in quel modo.
- Ho detto che a te non importa nulla di Kankuro, - ripeté il ragazzo paziente. – come non ti importava nulla di Sasuke alla fine. –
Mettere in mezzo l’Uchiha era davvero un colpo basso e dal suo compagno di team Ino proprio non se l’aspettava. E pensare che lo riteneva anche un amico.
Vatti a fidare… non lo sopporto quando fa il saccente!
Shikamaru neanche immaginava cosa passasse per la testa dell’amica in quel momento – e comunque, nel caso in cui l’avesse intuito, non gliene poteva fregare nulla – perciò era ben intenzionato a proseguire il suo discorso.
- Non dico che Sasuke non ti piacesse o non tenessi a lui, - riprese dopo qualche istante, mentre la schiena scendeva pian piano ad appoggiarsi al soffice letto. – ma è un tuo difetto Ino. –
- Quale? – domandò lei, mantenendo sempre il tono acido e mettendo su un’espressione antipatica. Shikamaru non si scompose, anzi si accomodò e chiuse gli occhi. La ragazza quasi temette per un attimo che lui cominciasse a russare.
- L’essere troppo presa da te stessa. –
- Il risveglio anticipato deve averti dato alla testa. –
- Talmente presa, - continuò il Nara sovrastando le sue parole. – che non ti accorgi di quello che accade attorno e non ti importa di quello che provano gli altri, ma poi ignori chi riesce a fartelo notare. –
Ino si alzò di scatto come una molla. Shikamaru si sbagliava: lei non era così infantile, superficiale ed egoista. No! E lo dimostrava ogni giorno, l’aveva già fatto durante la guerra. Lei non era troppo presa da se stessa, solo le piaceva stare al centro dell’attenzione… era forse un reato? Certo che no, e il suo comportamento non aveva nulla a che vedere con la situazione di Kankuro.
Va bene, forse un po’. Ma giusto un pochino, davvero.
- E come sei arrivato a tale conclusione, genio? – domandò con sarcasmo. Shikamaru sbadigliò sonoramente, ben conscio che quell’atteggiamento dava sui nervi alla bionda.
- Da quando siamo qui non ti sei accorta che Choji è dimagrito. – rispose lui.
Ino abbassò le palpebre, concentrandosi. A lei Cho era parso uguale a quando erano partiti, forse… forse sì, il viso era meno paffuto, ma le sembravano esagerate le parole di Shikamaru.
Quando puntò lo sguardo sul compagno, sapeva perfettamente cosa rispondere.
- E chi ti dice che io non l’abbia notato? –
Il ragazzo sospirò.
- Non l’hai fatto, non cercare di mentire. Per te le novità sono come il ramen per Naruto: le adori, ma solo quando riguardano te. –
- Non è vero! – replicò, ormai in preda alla rabbia. Inoltre non riusciva a sopportare la tranquillità dell’altro mentre lei era in preda ad una crisi omicida. – E poi cosa c’entra questo con Kankuro? –
- Sottolineavo la tua incapacità di vedere oltre il tuo naso. –
La giovane si morse il labbro inferiore con forza. Sapeva di dover restare calma perché l’unico modo per tenere testa a Shikamaru era mantere il controllo, ma Ino non era mai stata una persona tranquilla.
- Io vedo oltre il mio naso e ho notato cosa adesso pensa Kankuro di me: non vuole neanche parlarmi. – esclamò ad un passo dallo scoppiare e prendere a pugni il placido Nara. – Se proprio vogliamo sottolineare qualcosa, allora sottolineamo il suo comportamento scorretto. Non si può certo dire che i Sabaku siano persone gentili e disponibili e Kankuro non fa eccezione; litigavamo di continuo e lui ha persino preso a pugni Choji! –
Shikamaru si limitò ad alzare un sopracciglio, perplesso come di solito accadeva quando Ino decideva di mettersi a fare i gran discorsi.
- La scazzottata con Choji è stato un incidente, - disse calmo. – di cui entrambi sono pentiti. L’unica che non si è assunta le sue responsabilità sei tu. –
- Oh, Shika! Non è sempre colpa delle donne! –
- Non parlo di donne, ma di te. –
Ino alzò gli occhi al soffitto. Il suo amico voleva rigirare la frittata e farla sentire in colpa, ma lei sapeva di non doversi preoccupare di nulla. Aveva fatto tutto il possibile, più o meno, per evitare quello che poi inevitabilmente era successo.
- Non è colpa mia se quei due hanno dato di matto. – affermò, portandosi le braccia sotto al seno.
- Ma è colpa tua se non ti preoccupi degli altri. – replicò immediatamente Shikamaru. – Hai baciato Kankuro solo per verificare che fosse quello giusto per te, l’hai usato per i tuoi scopi ed hai continuato a farlo quando ti sei resa conto che lui era l’unico a darti retta qui a Suna. Temari cercava di ignorarti, Gaara ti ignorava… Ino avevi solo bisogno di qualcuno che potesse prendere il posto mio e di Choji, un sostituto o qualcosa del genere, ma poi la situazione è degenerata e ti sei trovata nei pasticci senza sapere come uscirne. –
Ino aveva ascoltato le parole del ragazzo sileziosamente e con grande attenzione. In realtà aveva parecchio in considerazione il parere di Shikamaru e, anche se aveva cercato di nasconderlo mostrandosi spavalda e sicura di sé, sapeva che avesse pienamente ragione. Lei stessa era arrivata a quella conclusione.
Se ne era rammaricata perché pensava che con il passare degli anni fosse maturata e avesse perso quell’aria da ragazzina sciocca e superificiale, invece era caduta di nuovo in trappola: casini su casini e vi si era trovata impantanata.
Riuscì a cacciare indietro un paio di lacrime che se ne stavano ferme ai lati dei suoi occhi azzurri.
- Hai ragione… sono un’idiota. – ammise infine. Le braccia ricaddero come un peso morto lungo i fianchi, mentre Shikamaru, senza commentare nulla, si stava alzando controvoglia. – Crescendo, quando cominciai a notare che Sasuke, nonostante non lo mostrasse, teneva davvero a Sakura, mi sentii gelosa. – disse dopo un po’. Neanche lei sapeva il motivo per cui stesse facendo quella rivelazione. - Non capivo cosa ci trovasse nella fronte spaziosa, ma poi mi sono resa conto che era il suo amore incondizionato, il suo esserci sempre, soprattutto nei momenti più difficili, a trascinare Uchiha e non viceversa. Comunque devo parlare con Temari, non voglio che pensi male di me. –
- Non ti preoccupare avrete molto tempo per farlo… quando lei si sarà trasferita a Konoha. –
Ino fece immediatamente un mezzo sorriso.
- Ah, ah… ti sei accasato allora! – esclamò. Shikamaru sbuffò, un po’ felice ed un po’ stanco.
- Già, non me lo ricordare. – commentò. - Adesso starà dormendo, beata lei… -
- Siete una bella coppia. –
- Sì, si… -
- Guarda che era un complimento! –
Shikamaru, sulla porta, si voltò a guardare l’amica. Non sapeva quanto Ino avesse recepito del messaggio che lui aveva voluto mandarle, ma qualcosa gli suggeriva che le sue parole non sarebbero state dimenticate tanto facilmente.
- Non serve trovare quello giusto se continui a nasconderti da te stessa. –
- E da quando sei così saggio? –
- Da sempre, ovvio. ‘Notte, Ino. –
- Ma è l’alba! –
- Appunto, ‘notte. –
La Yamanaka guardò la porta richiudersi. Era rimasta sola, di nuovo.
Quasi invidiava Temari adesso che avrebbe avuto qualcuno accanto per sempre.
E’ arrivato il momento di crescere, pensò stendendosi sul letto. Non aveva chiuso occhio per tutta la notte ed ora la stanchezza si stava facendo sentire. Doveva parlare anche con Kankuro e con Choji, doveva assolutamente chiarire anche se questo avrebbe significato assumersi le proprie responsabilità.
Sospirò pesantemente e seppe che quella giornata sarebbe stata una delle più lunghe di tutta la sua vita.
 
 
 
 
Note:
vi devo assolutamente chiedere scusa per il ritardo, ma questo capitolo è stato un vero parto. Credo che questa sia tipo la quarta o quinta stesura e non ne sono neanche convinta... avrei voluto rendere meglio alcune cose, la proposta in primis, ma proprio non mi venivano e intanto stava passando troppo tempo dell'ultimo aggiornamento >.< Detto ciò, spero di rifarmi con il prossimo ed ultimo, in cui finalmente tutti i nodi verranno al pettine.
La situazione Temari/Shikamaru è ormai andata, finchè morte (di lui per mano di lei con ogni probabilità) non li separi. Rimane sospesa la questione Ino. Ho voluto sottolineare assieme a Shikamaru il suo comportamento ipocrita e superficiale in alcuni punti della storia, ma anche ricordare che la ragazza sta attraversando un momento di crescita e che trovare il ragazzo giusto è solo un ultimo passo. Ho voluto anche ambientare tutte e tre le parti in camera da letto (e sul letto... che poi non ricordo, ma i letti stile occidentale ci sono in Naruto? Nel caso in cui mi fossi sbagliata perdonate la gaffe xD) perchè credo che in camera avvengano i momenti più importanti della vita: si dorme, si riflette, si fanno proposte di matrimonio... e beh, poi si fa anche altro ma è un'altra storia.
Come sempre (ah quanto sono ripetitiva!) ringrazio le ragazze che puntualmente recensiscono! <3 Nonostante gli impegni siete sempre presenti, molto più di me >.< Purtroppo sono di fretta e non so se riuscirò a rispondervi una ad una, comunque sappiate che mi fate morì dalle risate e siete carinissime.
Come al solito ripeto anche che sapere cosa ne pensate è una vera gioia, quindi ogni commento è ben accetto!
Alla prossima per il gran finale, un bacio! ^^

 

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Capitolo 15
*** Epilogo ***


   
6 mesi dopo…
A suna.
 
- Ha le mie stesse orecchie. –
- Io non riesco neanche a vederle sotto tutti quei capelli. –
- E il mio naso. Non trovi che abbia il mio naso? –
- Per sua fortuna no. –
- Ma che te lo chiedo a fare? Tu non le capisci queste cose! –
- Per me i neonati sono tutti uguali. –
- E quand’è stata l’ultima volta che hai visto un neonato? –
- Non è che tu ne abbia visti tanti… -
- Ciao! Ehi, piccolina! Saluta gli zii! –
- Smettila, così la svegli. -
Shikamaru guardava la scena perplesso. Non sapeva se ridere o portare quei due lontani dalla sua piccola, delicata ed innocente bambina. Forse avevano fatto un errore ad insistere perché il parto avvenisse al villaggio della sabbia. Kankuro e Gaara non si erano mossi di un centimetro dalla sala in cui Temari aveva messo alla prova la sua ugola e la pazienza dei medici, convinti che se si fossero allontanati anche solo per un istante, la loro nipotina avrebbe perso la possibilità di vedere gli zii lì solo per lei.
Inutile spiegare che ai neonati non importa chi ci sia a riceverli.
- Potrei stare con mia figlia adesso? –
- Shh! Sta dormendo! – lo ammonì Kankuro. Almeno Gaara aveva la decenza di mantere un certo distacco e contegno, ma il fratello maggiore s’era davvero rincoglionito. – E poi quando vede te comincia a piangere, quindi mi sembra chiaro che preferisce la nostra presenza. –
Shikamaru lanciò un’occhiata alla bambina che tranquillamente dormiva nella sua culla. Nonostante le rimostranze dei Sabaku, Temari compresa, la piccola era la copia sputata del padre: stessi capelli neri e folti, occhi scuri e persino la stessa espressione beata durante il sonnellino pomeridiano.
Quella cosina delicata e fragile aveva appena un giorno di vita.
- E’ mia figlia. – protestò debolmente, avvicinandosi e ponendosi accanto ai due Sabaku. Era strano pronunciare quelle parole per Shikamaru. Non era difficile immaginarsi padre, ma un conto era diventarlo da un giorno all’altro.
- Beh, io sono lo zio. – replicò Kankuro.
- Ed io il Kazekage. –
Le teste dei presenti si voltarono verso Gaara.
- Ho più potere di voi. – spiegò il rosso con tono calmo. Era impossibile discutere con lui e il fratello lo sapeva: con la storia dell’essere Kazegake ne approfittava sempre per avere l’ultima parola e porre fine alle discussioni.
Shikamaru si limitò a sospirare. Per fortuna si sarebbero presto trasferiti a Konoha e finalmente nessuno più avrebbe potuto mettere bocca sul rapporto con la figlia – ad eccezione di Temari, sua madre Yoshino ed Ino. Almeno le ultime due erano rimaste al villaggio natale e per ora il Nara doveva sorbirsi solo i continui rimproveri della moglie.
- Mi dispiace dirvelo, ma è chiaro che la bambina preferisce me. Adora giocare con le mie marionette e si diverte moltissimo quando la prendo in braccio. Credo anche che abbia pronunciato il mio nome ieri… tra una poppata e l’altra. –
- Ieri aveva appena qualche ora di vita. –
- Sei solo geloso perché io sono lo zio preferito. –
- A lei piace giocare con la mia sabbia, lo sapevi? –
- Ma se si spaventa sempre quando ti guarda… -
Shikamaru avrebbe voluto intervenire, ma non credeva fosse il momento adatto. Quando la sua piccola bambina aveva giocato con gli zii, se la maggior parte del tempo l’aveva passato dormendo e piangendo tra le braccia della madre?
- La spaventi tu col tuo trucco astruso. –
- Disse quello che se ne va in giro con una giara sulle spalle… -
La bambina si vegliò appena, aprendo i pugnetti chiusi. Per qualche secondo scese il silenzio nella stanza.
- La stavate svegliando. – protestò a bassa voce Shikamaru.
- Guardate, mi ha sorriso! – esclamò Kankuro. Suo fratello minore osservò meglio la piccina nella sua culla.
- Stava guardando dalla mia parte. – replicò.
- Non stava guardando proprio nessuno, volete stare zitti? –
Il ninja delle marionette sbuffò. Non riusciva a tollerare la possessività di Shikamaru, che credeva di poter avere piena potestà su sua nipote?
- Forse ha fame. – buttò lì Gaara.
- Quando hanno fame piangono. – sentenziò il padre. Non si intendeva di bambini, ma qualcosa aveva pur appreso durante i mesi di attesa. Temari a Suna ed Ino a Konoha non avevano fatto altro che riferirgli ogni minimo particolare veniva loro in mente mentre leggevano quelle stupide riviste per neo-mamme.
-  Piangono anche quando sono stanchi o annoiati o hanno fatto i loro bisogni. -
- Ma non sta piangendo, Kankuro. –
- Potrebbe cominciare da un momento all’altro. –
- Chiamiamo Temari. – propose secco il giovane Kazekage.
- Sta dormendo ed è stanca per il parto, e poi la bambina non sta piangendo. – ripetè ancora Shikamaru. Non riusciva a capire il motivo di quell’improvviso panico.
Comprese due istanti dopo, quando la bambina dimostrò di essere anche figlia di sua madre e urlò a pieni polmoni, piangendo e spaventando i poveri astanti che si guardavano esterrefatti.
- Ecco, l’avete svegliata. – disse Gaara. Era arretrato di un passo.
- Guarda che è anche colpa tua! – protestò il fratello mentre il cervello di Shikamaru lavorava febbrilmente per trovare una soluzione.
- Forse ha davvero fame. – fu l’unica cosa sensata gli venne in mente, ma Kankuro spense ogni sua speranza.
- Ha mangiato un’ora fa. Lo ricordo perché ero presente. –
Shikamaru si passò una mano sulla fronte, cercando appoggio nei due cognati. Nessuno aveva idea di come comportarsi.
- Comunque io l’avevo detto che quando ti vede comincia a piangere. –
- Sta’ zitto, Kankuro. –
- Non è un buon inizio come padre, sai? –
Intanto la bambina continuava a piangere e Gaara avvertì il bisogno di allontanarsi per qualche ora. Non era capace con i bambini, non sapeva relazionarsi con loro e nemmeno capirli; certo, gli altri due non stavano poi messi meglio e fu questo l’unico motivo per cui il Kazekage rimase: non poteva abbandonare la preziosa nipote nelle mani di quei due incompetenti.
Nel frattempo Shikamaru aveva afferrato la manica della divisa di Kankuro, spostandolo più vicino alla culla.
- Fa’ qualche smorfia, magari si calma. – dichiarò.
Il ninja delle marionette alzò un sopracciglio.
- Non sono una scimmia ammaestrata. – replicò con piglio deciso.
- E’ una buona idea. – aggiunse Gaara. Suo fratello dovette sentirsi offeso da quelle parole perché gli lanciò una brutta occhiata in tralice, ma il minore non si scompose di un millimetro: avrebbe provato di tutto pur di far smettere quel chiasso inutile.
Kankuro sbuffò, si lamentò ancora per qualche secondo, ma poi decise di provarci. Storse un po’ la bocca, fece la linguaccia e roteò gli occhi con un’espressione ebete stampata in faccia. L’unico risultato ottenuto fu un pianto ancora più acuto.
- Ma dai, piccolina! Smettila! Sono io, lo zio Kankuro, non mi riconosci? –
- Devi fare delle smorfie per divertirla, non spaventarla! –
- E allora provaci tu, padre dell’anno… -
- Ripeto ciò che avevo detto: chiamiamo Temari. Lei è la madre e saprà sicuramente come comportarsi. –
- No, no… possiamo cavarcela. E poi ho già avuto a che fare con i bambini. –
Entrambi i Sabaku pensarono immediatamente ad Asuma, il figlio del defunto maestro di Shikamaru. Non avevano mai visto quel bambino, ma dai racconti di Temari non pareva più sveglio di un sasso. Il team 10 aveva davvero fatto un pessimo lavoro con quella creatura.
-Per il bene di mia nipote ti darò una mano. – disse Kankuro. Non avrebbe permesso a quello scellerato di un Nara di trasformare la sua dolce bambina in una poppante qualsiasi del villaggio della foglia ed era sicuro che Gaara fosse d’accordo con lui.
- Magari vuole essere presa in braccio. – propose proprio quest’ultimo, ma appena il ninja marionette avvicinò le braccia per afferrarla il pianto divenne così forte da svegliare l’intera Suna.
Non seppero mai se davvero la bambina avesse svegliato l’intero villaggio, ma sicuramente ad essere sveglia, con tanto di nervi a fior di pelle, era Temari Sabaku no, la quale si stava dirigendo a passo di marcia da sua figlia. Sapeva che fosse in pericolo con quei tre a farle da balia.
Uomini… idioti che non sanno far smettere un neonato di piangere, pensava mentre a grandi falcate percorreva il corridoio che divideva la sua stanza da quella della bambina.
- Avanti, fai qualcosa! – sbraitò Kankuro verso Shikamaru. La testa di Gaara stava per esplodere. Non era abituato a tutto quel baccano e quasi rimpiangeva il silenzio tranquillo del suo studio.
- Cosa dovrei fare? Voi due non state aiutando. –
- Non avrei dovuto permettere a mia sorella di sposarti. –
- Ancora con questa storia? Sei ripetitivo. –
- No, siete degli idioti! – urlò Temari, entrando nella stanza. – Cosa state facendo a mia figlia? –
- Tuo marito è un pessimo padre. – rispose Kankuro.
Come per incanto, il solo suono della voce arrabbiata della madre aveva avuto un effetto benefico sulla bambina, che di colpo s’era acquietata.
E’ subdola come la madre, pensò Shikamaru tra l’ammirazione e lo scoraggiato.
- Dovresti essere a letto, a riposarti. – commentò questi. Temari sbuffò.
- Ho già riposato per nove mesi. Sto benissimo, sicuramente meglio di voi due dopo che vi avrò usato come bersaglio per i miei kunai. –
- Ehi, perché non te la prendi anche con Gaara? – aggiunse il fratello Kankuro. Davvero non sopportava l’intoccabilità del più piccolo.
- Come sei puerile! – commentò Temari. – Non scaricate la colpa sugli altri perché non vi eviterà di finire morti stecchiti. –
Shikamaru roteò gli occhi, sospirando. Si avvicinò alla ragazza e le posò un braccio attorno alle spalle, baciandole appena la fronte. Kankuro guardava la scena disgustato: per lui quei due non avevano il minimo pudore.
- Vieni, ti accompagno a letto. – disse piano il Nara.
- Non dirmi quello che devo fare! – protestò la bionda, lasciandosi però dolcemente condurre di nuovo fuori dalla stanza. Lanciò un’ultima occhiata alla culla. – Decido io quando andarmene e… beh, la bambina non piange più. –
- Quindi possiamo andare. –
- Hai appena partorito, Tem. Non puoi stare in piedi! – concordò Kankuro. Voleva dimostrare di essere in grado di prendersi cura della sorella molto meglio di quello stupido Nara. – Ti accompagno anch’io. –
- No! Posso camminare da sola. – rispose la kunoichi, che veniva trascinata quasi a forza verso la sua stanza. – E poi chi rimane con la bambina? –
- C’è Gaara con lei. – rispose Shikamaru, eppure quella risposta non aveva tranquillizzato nessuno.
Forse non era una buona idea lasciare un neonato nella mani del rosso.
Il giovane Kazekage si voltò a guardare la nipote, mentre gli altri erano già fuori e continuavano a battibeccare. Gaara poteva sentire ancora le loro voci. La bambina di tanto in tanto apriva la bocca come a voler dirgli qualcosa, ma i suoni che venivano fuori non erano altro che mugolii senza senso.  
In quell’istante gli venne in mente una cosa che Matsuri disse qualche tempo prima, in uno dei suoi momenti ispirati. Di solito non dava peso alle parole dell’allieva, non perché non le ritenesse importanti, ma perché di solito erano solo un insieme di gridolini ed apprezzamenti alla sua persona. Invece, quella volta, il discorso lo colpì, anche se non riuscì a capire immediatamente cosa volesse dire.
- Io credo - pronunciò solennemente la ragazza. – che quando si ama qualcuno, si cambia inevitabilmente. Si fanno cose che prima pensavamo impossibili per noi. Si diventa all’improvviso coraggiosi, ma non parlo del coraggio che gli eroi hanno in battaglia… è un tipo di coraggio diverso, che riguarda la normalità. Tutti sanno amare, anche se è difficile e lo è perché, nel momento in cui ci si rende conto che qualcuno per noi è importante, bisogna smettere di pensare a se stessi. Comincia un rapporto a due, o tre o quattro, in cui la fiducia verso l’altro è importante quanto la fiducia che l’altro ha in noi. E’ per questo che quando due si amano diventano una cosa sola e per osmosi assorbono i pregi, i difetti e persino i sentimenti dell’altra persona. Ma perché questo accada bisogna avere coraggio, Gaara-sama. Se lo ricordi. –
Osservando la bambina, sua nipote, Gaara se n’era ricordato e aveva capito finalmente. L’amore in fondo l’aveva avuto dinanzi agli occhi: era quello tra Temari e Shikamaru, quello dei fratelli nei suoi confronti e persino quello fanciullesco di Matsuri.
Si piegò, appoggiandosi alla culla, e passò un dito sulla guancia della bambina. Fu gesto veloce e delicato e a Gaara parve quasi che sua nipote gli avesse sorriso.
- Ciao, Karura. – soffiò appena sul suo viso.
In quel momento promise a se stesso che quella bambina sarebbe stata più fortunata di lui e avrebbe conosciuto l’amore sin dall’infanzia.
 
 
Un anno dopo…
A Konoha

 
 
Asuma amava le feste. Le trovava divertenti, soprattutto perché si mangiava tantissimo e tutti gli prestavano attenzione. O almeno così era sino all’arrivo della piaga.
Il bambino non sapeva spiegarsi da quale antro infernale fosse uscita quella creatura malefica e, a dire il vero, neanche gli importava, però da quando era arrivata la sua vita aveva subito un repentino cambiamento.
La prima volta che l’aveva vista, l’aveva trovata disgustosa, nonostante tutti lodassero i genitori per la sua bellezza. Quella cosa era bella? Oh, allora lui era un Uchiha malvagio! Puah, che stupidaggini.
Gli dispiaceva per Shikamaru e la moglie – che a lui piaceva quasi quanto sua madre – che dovevano convivere con tale obbrobrio della natura.
La piaga si chiamava Karura. Lo sapeva perché l’obbligavano a giocare con lei o tenerle compagnia sin dai primi giorni del suo trasferimento. Ma non poteva starsene a Suna?
Come se non bastasse l’essere malefico era anche più intelligente di lui. Tutti non facevano altro che sottolinearlo ed Asuma ci rimaneva male ogni volta.
Ad ogni gioco, anche quello più semplice, era sempre lei a vincere. Il bambino si sentiva frustrato e sua madre non l’aiutava: ogni scusa era buona per depositarlo a casa Nara.
- Sei un ometto, - gli diceva con dolcezza, posandogli un bacio sulla guancia. – devi prenderti cura della piccola Karura. Devi volerle bene e proteggerla da ogni pericolo. –
Sua madre purtroppo non sapeva che il vero pericolo era proprio lei, l’innocente bambina.
Karura era testarda, voleva averla sempre vinta su qualsiasi cosa ed era pure prepotente. Non aveva paura delle armi, a differenza sua, nonostante queste fossero ancora solo dei giocattoli. Asuma non voleva neanche immaginare quando sua malvagità avrebbe cominciato la sua carriera da ninja. Il primo a morire sarebbe stato lui, ne era sicuro.
Anche quel giorno si trovava a casa Nara, ma per un motivo diverso dal solito. Erano tutti accorsi per festeggiare il nuovo Hokage: Naruto Uzumaki. La vecchia Tsunade non ne poteva più di ricoprire quel ruolo ed era ben felice di cederlo per potersi godere una meritata vacanza.
Nessuno si era sorpreso più di tanto quando il nome annunciato fu quello di Naruto, che volle subito al suo fianco, come consigliere, l’amico Shikamaru. Temari era stata orgogliosa di suo marito e congratulazioni erano persino arrivate da Suna.
Il perché stessero festeggiando a casa dei Nara non era chiaro, ma qualcuno era pronto a scommetterci che c’entrasse Ino Yamanaka, che passava parte del proprio tempo rendendo difficile la vita ai propri poveri compagni di team. Shikamaru aveva passato momenti decisamenti brutti sotto la supervisione di Temari ed Ino per appendere delle lanterne nel giardino di casa.
- Asuma! – disse la bambina dinanzi a lui, anch’essa seduta sul grosso tappeto del salone. Per quanto avesse appena un anno Karura conosceva un discreto numero di parole e formulava pensieri decisamenti più coerenti di quelli del piccolo Sarutobi, che di anni invece ne aveva quattro. Ma lei era un genio, lo dicevano tutti.
- Mmh… - borbottò. Non era felice di vederla così presto. Karura, al contrario, sembrava del parere opposto. Si avvicinò e gli stampò un rumoroso bacio sulla fronte, che prontamente Asuma si ripulì con la manica della maglia. La odiava ancora di più quando se ne usciva con gesti del genere, soprattutto perché una parte di sè immaginava che la piaga sapesse quanto a lui dessero fastidio. Era proprio da lei farlo apposta per metterlo in imbarazzo. – Vai da un’altra parte! – aggiunse, spingendola con il braccio.
- No. – rispose con decisione la bambina.
Ad Asuma venne voglia di piangere.
- Vattene via! - ripetè
- No. -
Karura era davvero irremovibile quando ci si metteva.
- Oh bambini, non state qui in mezzo come dei broccoli. – urlò Temari, passando con un grosso vassoio di roba da mangiare tra le mani. Asuma allungò lo sguardo per capire di cosa si trattasse. – Intralciate il passaggio e rischiate che qualcuno vi calpesti. –
- Che tu li calpesti. – rettificò Shikamaru, camminando poco dietro. La sua espressione stanca ed annoiata rivelava a tutti quanto odiasse partecipare a delle stupide feste. – Potresti andare più piano? Gli ospiti non moriranno di fame e gli Akimichi non sono ancora arrivati. –
- E quand’è che arrivano? –
- Non lo so, ma Choji dovrebbe arrivare con Ino. –
- Quindi quei due stanno insieme o no? –
- E cosa vuoi che ne sappia! –
Quella era un’altra nota dolente per Asuma. In una scala di preferenza Ino Yamanaka occupava una stupenda terza posizione, appena dietro sua madre e Temari Sabaku, che l’aveva attratto dalla prima volta, ma questa s’era sposata con Shikamaru distruggendo ogni suo sogno d’amore. Si era consolato però con l’idea che Ino fosse ancora libera e lui avesse una qualche speranza. Non avrebbe sopportato un altro fidanzamento, anche perché non ci sarebbero state più donne libere a Konoha, ad eccezione di nonna Tsunade e… la cosa orribile che gli era davanti.
Al solo pensiero fece una smorfia.
- A proposito, - riprese Temari, ferma nel centro della stanza. – è arrivata una lettera da Suna. Mi ha scritto Kankuro per mettermi al corrente di aver trovato una ragazza. –
- Kankuro? –
Al nome dello zio Karura alzò lo sguardo e si portò un dito in bocca. A lei piaceva lo zio Kankuro, ma a volte lo trovava un po’ stupido. Preferiva di gran lunga lo zio Gaara che, quelle poche volte in cui l’aveva visto, le aveva mollato di nascosto della cioccolata.
- Sì, lui. E non sai quanto sia arrabbiata! Quell’idiota s’è innamorato di una che non è neanche in grado di tenere un’arma tra le mani. Pensa, lavora in una locanda. –
- E allora? –
- Kankuro è un ninja! Cosa possono mai avere in comune? –
- Nulla e forse è proprio per questo che funziona. –
Temari borbottò qualcosa che Asuma non afferrò del tutto, ma vide Shikamaru sorridere. Gli piaceva guardare i battebecchi di quei due, lo mettevano di buon umore. Anche Karura stava ridendo, attirando l’attenzione dei suoi genitori.
- Credo sia arrivato Naruto con Hinata. – affermò la kunoichi di Suna, mollando il vassoio tra le braccia di Shikamaru e correndo verso l’entrata.
- Beati voi, - mormorò il Nara, guardando i due bambini. – che ve ne state qui a non far nulla. –
A passo strascicato e sotto lo sguardo attento della figlia, Shikamaru si avviò verso il giardino. Intanto Temari aveva accolto i nuovi arrivati tra le urla di un esagitato Lee e un altrettanto eccitato Gai-sensei.
Preoccupato ad osservare le ridicole mosse dei due ninja dalla tuta verde, Asuma non aveva notato Karura gattonare. Capì subito stesse seguendo il padre.
Per fortuna lui aveva imparato a camminare e la raggiunse in meno di un secondo.
- Dove vai? – domandò. Odiava Karura – oh, eccome! – eppure il bene che voleva ai suoi genitori non gli permetteva di abbandonarla al suo destino, col rischio che si facesse male sul serio. Contro la sua volontà, quindi, il povero bambino si ritrovava anche a farle da balia.
- Karura! – urlò Naruto Uzumaki facendo la sua entrata. In un lampo aveva afferrato la bambina e se l’era portata sulle spalle, mentre questa gli afferrava i capelli biondi e li accarezzava in modo buffo come faceva con quelli del suo papà. – Vieni pure dal nuovo Hokage! –
- Stai attento. – lo ammonì Hinata con la sua voce dolce.
- Non ti preoccupare, Hina-chan. Sono l’Hokage io e non permetterò che nessuno del mio villaggio si faccia male! –
Asuma avrebbe voluto saltare tra le braccia di Naruto, ma il suo completo disinteresse lo fece arrabbiare. Si fece allora da parte, mettendo su il broncio, mentre quasi tutti giocavano con la piccola infame, che lo guardava con espressione trionfante.
Ah, quanto la odiava!
- Cosa ci fai qui tutto solo? – domandò una voce alle sue spalle. Asuma la riconobbe subito.
- Zia Ino! –
La bionda gli posò subito una mano sulla bocca, tappandogliela.
- Non devi chiamarmi così! – lo ammonì. – Mi fai sembrare vecchia. –
- Okay… ciao, Ino. –
La Yamanaka sorrise soddisfatta.
- Ciao a te, piccolo Asuma. Allora perché te ne stai tutto solo mentre Karura si diverte con quel cretino di Naruto? –
Il bambino alzò le spalle. Sempre tutti a parlare di Karura, tutti a preoccuparsi di lei…
- E zio Choji? – domandò.
- Al buffet, come al solito. – rispose la ragazza un tantino infastidita. L’unico che sino a quel momento le avesse dato un minimo di attenzioni era proprio il piccolo Sarutobi, ma preferì non rivelare quel piccolo dettaglio. D’altra parte doveva immaginarselo: la festa era per il nuovo Hokage, non certo per lei.
- Posso stare con te? – domandò allora il bambino con sguardo supplicante. – Ti accompagno a prendere da mangiare. –
- Mmh non saprei… sai ci sono così tanti bei giovanotti che vorrebbero essere miei accompagnatori. –
In quell’istante fecero il suo ingresso nel giardino dei Nara anche Sakura e Sasuke. La prima felice ed energica come al solito, il secondo con il broncio che lo contraddistingueva.
Ino sentì qualcosa tirarle lo stomaco. Non doveva più pensare all’Uchiha, ormai lui faceva coppia fissa con l’amica e lei aveva giurato che non si sarebbe mai intromessa.
- Ovviamente scherzavo, - aggiunse poco dopo, afferrando la mano di Asuma. – andiamo a sederci e scopriamo quali assurde pieatanze Temari ha cucinato. –
Sakura li vide quasi subito e li raggiunse, prendendo posto accanto ad una infastidita Ino che sperava con tutta se stessa di evitare la compagnia dell’Haruno almeno per quella sera.
Sasuke era stato preso in ostaggio da Naruto e non se ne sarebbe liberato in fretta.
- Ciao! Oh, ma stai mangiando? –
La Yamanaka, con un pezzo di qualcosa di indefinito in bocca, borbottò una parola di assenso.
- Se continui di questo passo diventerai una balena gigante, Ino. Lo dico per il tuo bene. –
Da quando era nato, Asuma si sentiva ripetere di continuo di essere un povero, piccolo bambino decerebrato: aveva imparato a parlare in modo decente solo nell’ultimo anno, faceva fatica a progettare piani diabolici come Karura e non era in grado né di saltare né correre nello stesso momento; eppure neanche il più stupido degli stupidi non avrebbe afferrato il sentimento di amore ed odio che c’era tra la sua adorata Ino e Sakura Haruno. Il motivo per cui quelle due fossero amiche, nonostante la rivalità in amore e le continue frecciatine al proprio aspetto fisico, nessuno riusciva a comprenderlo. Perché aiutare qualcuno che infierisce su di noi continuamente?
Asuma si grattò il naso con una mano. Non sapeva rispondere a quella domanda, ma capiva che il legame tra Ino e Sakura era simile al suo con Karura la malefica. Un legame insensato, ma pur sempre un legame.
- Perché non ti metti un sacchetto in testa in modo da nascondere la tua brutta faccia? – replicò la Yamanaka.
- Guarda che se ti dico che è per il tuo bene non sto mentendo. Quella roba sembra strana. –
- Non l’ha cucinata Temari, non è così stupida. La signora Yoshino è stata tanto gentile da preparare l’intero buffet. –
Sakura parve immediatamente sollevata.
- Potevi dirlo prima! – esalò con un sospiro. – Passamene un po’ allora… -
- Pensavo facesse ingrassare. –
- Ingrassare te, non me. Io ho un metabolismo veloce e non mi si piazza tutto sul sedere. –
- Sei solo invidiosa perché io almeno un sedere ce l’ho. –
- Non ho un sedere, ma sono riuscita lo stesso a conquistare Sasuke. –
Ecco, Ino lo sapeva. Adesso l’amica non avrebbe fatto altro che parlare della sua bellissima e passionale storia d’amore con Uchiha. Come ci fosse riuscita poi era tutto un mistero che la Yamanaka non sapeva spiegarsi.
- Non fare quella faccia, - la ammonì Sakura, dandole una leggera spinta col gomito. – non voglio parlarti di Sasuke. Sono preoccupata per te. –
- Per me? –
- Sì, per te. – ripeté l’Haruno. – Quando tornasti da Suna pensavo avessi preso una decisione. –
- Non ho voglia di parlarne. –
- Dovresti invece. Non puoi rimanere per sempre in questa specie di limbo. –
- Io sto benissimo. Mai stata meglio. – ci tenne a precisare Ino, ma era così poco convincente che nemmeno il piccolo Asuma le credette.
- Devi solo essere sincera con te stessa e ammettere quello che il tuo cuore conosce già. –
- Mi fai venire il voltastomaco così… -
Sakura sbuffò.
- Quando ti torna un minimo di coraggio fammi un fischio! –
La bionda voleva davvero dirgliene quattro a quella piattola rosa. Come osava lei dare darle della codarda? Ino era sempre stata coraggiosa, sempre. Non aveva paura di niente e di nessuno, non si fermava dinanzi a nessuno ostacolo perché credeva nelle sue capacità.
Almeno la maggior parte delle volte, pensò.
Era maturata in quell’ultimo anno, ma sembrava anche aver perso parte delle propria personalità esuberante e ciò la infastidiva non poco.
Ripensava al modo in cui aveva parlato a Kankuro, alla sua espressione delusa. Ancora oggi si domandava se avesse fatto la scelta giusta.
- Mangiamo? – domandò Asuma, ridestandola dai suoi pensieri.
 
Due ore dopo…
Konoha. Giardino dei Nara.
 
Aveva mangiato fino ad abbufarsi ed ora era così pieno da non riuscire neanche a respirare. Sua madre, che lo guardava da lontano, avrebbe dovuto raccoglierlo e portarlo a casa in braccio perché Asuma non aveva neanche la forza di alzarsi dalla sedia.
Tra la zia Ino e lo zio Choji, seduti ai suoi lati, per tutta la serata non aveva fatto altro che mangiare. D’altra parte quella era l’unica consolazione poiché tutti erano impegnati a festeggiare Naruto e giocare con Karura.
Dannata, dannata bambina puzzolente.
Dopo la chiacchierata tra Sakura ed Ino, che Asuma non aveva del tutto compreso, erano arrivati a casa Nara tanti altri ospiti che conosceva fin troppo bene.
Uno di questi era Kakashi, seguito da una sensuale e scollatissima Mitarashi-sensei. Il bambino aveva sentito Ino e Choji bisbigliare su quella improbabile coppia.
- Ti dico che stanno insieme! – sosteneva con fermezza la ragazza. – Anko non lo molla un attimo mentre Kakashi è sempre in fuga per cercare di evitarla. –
- Appunto! Non stanno insieme. E’solo la follia della Mitarashi. –
- Non è detto che non facciano alcune cose insieme. –
L’Akimichi a quel punto era arrossito e aveva voltato il capo dall’altra parte, osservando con attenzione Temari litigare con il consorte per una ragione a loro sconosciuta.
- E allora perché Kakashi la evita? – domandò poco dopo, incuriosito. Ino sorrise in modo sinistro.
- In amore vince chi fugge, no? –
Asuma non li capiva tutti quei discorsi sull’amore. Riteneva fosse una cosa semplice, glielo diceva sempre sua madre: se due si piacciono stanno insieme e hanno cura l’uno dell’altro, cosa c’era di difficile in ciò?
Nonostante l’abbuffata delle due ore precedenti, il bambino sentiva di avere ancora un centimetro di spazio per una fetta di torta. L’attendeva ormai da un bel po’ di tempo.
- … e così dovrò tornare a Suna per qualche settimana. Devo sistemare delle faccende per conto dei due Kage. – diceva intanto Temari.
Shikamaru fumava tranquillamente una sigaretta. Asuma sentì la zia Ino irrigidirsi al suo fianco.
- Serve qualcuno che ti accompagni? Ho proprio voglia di rivedere Gaara! – rispose Lee, raggiante.
- No, andrò da sola. Sarà una cosa di poco conto, ma ne approfitterò per rivedere i miei fratelli. –
- E come stanno? – domandò Choji. Anche lui aveva chiarito con Kankuro prima di partire e gli faceva piacere avere notizie dei due Sabaku.
- Gaara svolge il suo lavoro di Kage come sempre e Kankuro si è trovato una ragazza. – rispose.
Ino per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Asuma la guardò con apprensione mentre Sakura, a qualche posto di distanza, sorrideva soddisfatta.
- Una ragazza? – chiese con tono incredulo.
- Sì, pare impossibile anche a noi. – rispose Shikamaru, beccandosi un’occhiataccia da sua moglie.
- Beh, congratulazioni! Sono davvero felice per lui. – replicò Choji.
Ino si sentiva strana. E non perché si sentiva gelosa. Anzi, era proprio questo il problema. La sensazione di sfarfallio non era causata dal timore o dall’invidia o dalla mancanza di attenzioni, come accadeva di solito; era qualcosa di liberatorio. Aveva sentito come un peso dissolversi dal proprio stomaco, fegato e tutto l’apparato digerente.
- E com’è? – domandò. Temari la guardò di sottecchi, indecisa se rispondere o meno.
- Dalla descrizione sembra carina e dolce, ma non è una kunoichi e dubito sia in grado di difendersi da sola. – disse con fastidio. Non sopportava le ragazze deboli, le facevano salire il nervoso e non poteva accettare che suo fratello stesse con una di queste.
Ino sorrise, sorpresa dalla sua stessa reazione.
- Sai, credo che sia un tipo adatto a Kankuro. – esclamò. – Immagino non sia complicata. –
Shikamaru posò la cicca in un posacenere, poi si alzò per andare alla ricerca della figlia. Chissà dove s’era cacciata…
- Trovo sia difficile trovare qualcuno più complicato di te. – replicò la kunoichi della sabbia. Ino non riuscì ad offendersi, in fondo Temari aveva pienamente ragione.
- Sono contenta per lui. – disse.
Ed era davvero sincera. Neanche lei sapeva spiegarsene il motivo, ma lo era.
- Sicura che stai bene? – domandò Choji.
- Sì, sì! Perché non dovrei esserlo? –
A dire il vero delle ragioni c’erano, ma ad Ino quasi non importavano più. Kankuro doveva essersi dimenticato di lei, aveva trovato un’altra, eppure alla ragazza di Konoha tutto quello non faceva male. Il Sabaku l’aveva superato, poteva quindi farlo anche lei.
Choji stentava a crederlo.
- Allora chi vuole l’ultima fetta? – urlò Yoshino Nara. Temari fece immediatamente segno di no con la mano.
Asuma, al contrario, era ben felice di accaparrarsi il dolce che tanto desiderava, ma Ino era stata più lesta e gliel’aveva sottratta sotto al naso. Al bambino vennero le lacrime agli occhi.
- Questa se la merita Choji! – disse. L’amico la guardò esterrefatto. – Non ce la faccio più a vederti così magro. – aggiunse a mo’ di scusa.
L’Akimichi non se lo fece ripetere due volte e si avventò sulla torta. Asuma guardava la scena con tristezza infinita.
Sentitosi tradito dalla sua zia preferita, decise di allontanarsi per andare a giocare lontano dagli adulti. Per fortuna il giardino di casa di Shikamaru era grande e il bambino poteva avere tutta la privacy di cui necessitava. Peccato che stesa sul prato, lontana da occhi indiscreti, c’era la persona che meno avrebbe voluto vedere in quel momento.
Karura lo salutò agitando la manina paffuta.
Sbuffando, Asuma andò a sedersi accanto a lei. Temari aveva raccolto i capelli della sua bambina con due codini, che rendevano il suo viso dolce e gentile. Nulla di più lontano dal vero.
Come se non bastasse la piaga stava anche mangiando una fetta di torta. Una parte di quella torta che lui non aveva avuto.
- Non ti sopporto! – sbottò il bambino. Karura si leccò un dito sporco di panna e, come se gli avesse letto nella mente, porse parte di quello che rimaneva della torta ad Asuma.
Quest’ultimo era stupito. Che il mondo stesse andando a rotoli?
- Anche io. – disse l’altra con vocetta infantile ed un sorriso ironico sulle labbra.
Tutti quei discorsi sull’amore avevano reso Asuma alquanto confuso. Non doveva più ascoltare zia Ino e Sakura parlare tra loro.
Tuttavia, mangiando il regalo di Karura, non poteva fare a meno di pensarci. Che cosa significava davvero amore?
Dare un pezzo di torta a qualcuno che non si sopporta lo era?
O forse era quello che sua madre provava ancora per suo padre, quando di notte osservava le sue foto e piangeva in silenzio, credendo che Asuma non la udisse? Quello di Temari e Shikamaru, che battibeccavano di continuo, ma erano in grado di capirsi con solo uno sguardo, senza bisogno di parole inutili? O persino quello tra Kakashi e Anko-sensei, che fingeva di non sapere dove il suo amato si fosse nascosto per leggere quelle porcherie che si portava sempre dietro? E la stima, il rispetto che Lee aveva per il suo maestro? Quello era amore?
Un tipo diverso, sì.
Non ebbe dubbi che quello tra la zia Ino e lo zio Choji fosse amore. Lo capiva dal modo in cui stavano scherzando in quell’istante e da come l’Akimichi si fosse proprosto d’accompagnare a casa l’amica, perché era sera e a lui non andava che Ino gironzolasse da sola. Lo capiva dal modo in cui la ragazza gli aveva preso la mano ed aveva intrecciato le dita a quelle di lui. Choji era arrossito, ma si era sentito orgoglioso.
Era un amore silenzioso il loro, che sarebbe sbocciato col tempo e Asuma non vedeva l’ora di vederne i frutti.
Forse Karura non era così male come immaginava e i suoi baci non era poi così disgustosi.
Ma aveva quattro anni ed era ancora troppo presto per quei pensieri.
 
- Tutto quel cibo mi ha fatto male. –
- Dovresti smetterla di mangiare così tanto. Vederti vomitare mi fa schifo. –
- Grazie per il tuo supporto, Shikamaru. –
- Ma non avevi vomitato anche ieri? –
- Mmh… adesso che ci penso, sì. E anche il giorno prima. –
Il Nara guardò la moglie dritto negli occhi.
- Oh no, non un’altra volta… - mormorò la giovane donna.
- Spero sia un maschio. Insomma,  deve esserlo. -
 
 
 
 
Note:
ed è la fine xD Non so neanche io come ci sia arrivata! Questa era la mia prima long-fic e sarei bugiarda se dicessi che è stata tutta rosa e fiori. Se tornassi indietro modificherei parecchie cose o ne correggerei delle altre, ma già essere arrivata alla fine è un gran traguardo.
Immagino che questo finale possa aver deluso qualcuno sia perchè parecchie erano tifose della KankuxIno e sia perchè non era proprio come ce lo si aspettava. Spero comunque che la scelta di Ino sia comprensibile e frutto della sua maturazione. In fondo non è così scema come appare xD
Mmh... per il resto non ho nulla da aggiungere. Solo dei grandi, grandissimi ringraziamenti per coloro che hanno messo la fic tra seguite/preferite/ricordate e ancora di più per coloro che hanno sempre recensito, dandomi la possibilità di andare avanti.
E sì, Temari è di nuovo incinta! ahaha
Vi lascio con una piccola lacrimuccia, ma spero che questa storiella vi abbia lasciato un sorriso. Questo è ciò che vale di più, persino più di una recensione.
Un bacio grandissimo e a presto! ^^
Ps: perdonatemi fans della KankuxIno! Non sembra, ma è un pairing che piace anche a me! :D

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