meine prinzessin

di elektra810
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** una settimana è tanto! ***
Capitolo 2: *** addii e novità ***
Capitolo 3: *** l'arrivo di Miss C. ***
Capitolo 4: *** Miss C. ***
Capitolo 5: *** una frenetica settimana ***
Capitolo 6: *** sweet home (Alabama) ***
Capitolo 7: *** di nuovo in viaggio...scoperte e sorprese ***
Capitolo 8: *** prinzessin Sylvia ***
Capitolo 9: *** on the road... la verità ***
Capitolo 10: *** la vendetta di Electra ***
Capitolo 11: *** una nuova amica ***
Capitolo 12: *** parler ***
Capitolo 13: *** schrei (so laust du kannst) ***
Capitolo 14: *** Nightmare before Christmas.... (parte a) ***
Capitolo 15: *** .....and dream after (parte b) ***
Capitolo 16: *** trauen zu sich selbst ***
Capitolo 17: *** Romeo and Juliet ??? ***
Capitolo 18: *** das alles sind wir ***
Capitolo 19: *** indecision ***
Capitolo 20: *** our farewell ***
Capitolo 21: *** ascending... descending ***
Capitolo 22: *** the open door ***



Capitolo 1
*** una settimana è tanto! ***


 

ciao a tutti!questa è la prima fanfic che scrivo sui tokio hotel, devo essere sincera, non è che li conosca più di tanto nè sono una loro accanitissima fan ma ho iniziato ad apprezzarli musicalmente dopo aver sentito "by your side" una mattina:avevo appena saputo di aver passato un importatissimo esame dell'uni ecc ecc... insomma... ho cercato di documentarmi un pochino sui 4...

questa è una fanfic un po' diversa,beh come protagonista assoluto c'è Bill ma cercherò di trattare un po' anche Tom, Georg e Gustav; ho immaginato Bill in una situazione un po' assurda,fare il papà!! non nego che è decisamente inusuale per un ragazzo di 18 anni ma spero di riuscire a far combaciare il carattere di Bill con l'assurda situazione(nel senso che magari forse potrebbe anche comportarsi così nella vita visto che dicono tutti sia un tipo molto romantico e dolce);Tom credo sia sempre Tom ma non escludo che anche lui sia molto dolce e premuroso (bene o male sono gemelli)...

cmq mi raccomando recensite anche se fa schifo, le critiche sono sempre ben accette e sopratutto aiutatemi a delineare meglio i caratteri se dai miei scritti non traspaiono bene.

bacioni   Elektra810

 


capitolo 1 : una settimana è tanto!


La sveglia suonò molto presto quel martedì: era il giorno della partenza per le nuove date del tour che avrebbero portato i Tokio Hotel a toccare le principali città della Germania, anzi più che altro avrebbero visto gli stadi e le arene, i giganteschi "dome" tedeschi che erano sempre stati il sogno di quei ragazzi e la consacrazione del loro essere famosi.

Bill cercò di spegnere subito quel suono assordante, in effetti era già sveglio da quasi un'ora,ma si era dmenticato di disattivare la sveglia: non riusciva a pensare ad altro se non che per una settimana sarebbe stato separato dal grande amore della sua vita, dalla sua Sylvia.
Si girò su un fianco per guardarla dormire placidamente: era bellissima, i capelli biondi e ricciolini che le scendevano su viso, l'espressione felice di chi sta facendo un bel sogno;
non riuscì a trattenersi e prima di alzarsi le schioccò un dolce bacio sulla guanciotta facendo attenzione a non svegliarla, quindi si alzò dal letto per prepararsi per la partenza.

ci mise circa un'ora a completare i preparativi quindi scese in cucina per fare colazione; lui e Tom erano a casa della madre, avevano sì il loro appartamento ma era più il tempo che Bill passava dalla madre con la sua Sylvia, non se la sentiva ancora di andare a vivere da solo con lei, troppi impegni non gli avrebbero permesso di occuparsi della sua "prinzessin" come era solito chiamarla.

Scese in cucina dove Simone era già intenta a preparare la colazione per i suoi pulcini, il soprannome amorevolmente dei due gemelli: "buon giorno Bill!"  "buon giorno mamma" le fece eco il ragazzo, "hai dormito bene?" "si mamma..." disse il ragazzo con un'aria preoccupata e assorta "so cosa stai pensando Bill, ti capisco, è la stessa cosa che provo io quando tu e Tom partite, è un senso di vuoto incredibile, a volte incolmabile, anche se so che state via per pochissimo tempo, siete i miei figli, mi mancate..." "mamma dai, non dire così, non faciliti certo le cose" "scusami Bill,hai ragione... ma era per farti capire che quello che provi è assolutamente normale!"  "ma ciò non toglie che io mi senta in colpa a lasciare Sylvia a casa per tutta una settimana, lo so ci sei tu che badi a lei ma è inutile..." Simone andò vicino al figlio che aveva gli occhi lucidi al pensiero che tra poco lui e Sylvia si sarebbero separati per tutta una settimana, lo abbraccio teneramente "Bill, ricordati che sono molto orgogliosa di te e che se state tutto questo tempo separati è anche per il bene di Sylvia e per il vostro futuro!" "lo so mamma... ma io mi sento comunque in colpa... per tante cose..." non fece in tempo a completare la frase che il rumore di piccoli e gioiosi passetti risuonò per le scale e una piccola furia con un pigiamino rosa iniziò a urlacchiare per tutta la cucina..."papà papà papààààà....in braccio in braccio!!" Bill ricacciò indietro le lacrime e abbracciò la sia Sylvia con tenerezza e affetto: "piccola ma sei già sveglia? ma è presto? e Markus dove l'hai lasciato?" "ma papà lo sai che Markus dorme moltissimo, è un bradipo e i bradipi passano le loro giornate a dormire!perchè non te lo ricordi mai!?" "hai ragione meine Prinzessin... i bradipi sono un po' come lo zio Tom: hanno perennemente un aria assonnata" disse ad alta voce indicando il fratello che in quel momento stava entrando in cucina con l'aria molto stropicciata e due profonde occhiaie: "grazie Bill, sempre simpatico già di prima mattina... buongiorno Sylvia come stai?" "bene zio!!" i gemelli Kaulitz guardarono la piccola: 3 anni e mezzo di pura simpatia e furia gioiosa che passava la giornata a correre e saltare facendo disperare il papà o la nonna o lo zio... ma anche i due zii acquisiti, lo zio Georg e lo zio Gustav come li chiamava lei. Bill mise a sedere la piccola sul tavolo per la colazione: era una loro abitudine fare colazione con Sylvia seduta sul tavolo e Bill davanti su uno sgabello: "hai visto zio Tomi, sono alta come papà così..." Bill e Tom si misero a ridere e mentre la piccola iniziava come ogni mattina l'assalto a biscotti latte e cacao Bill non riuscì a smettere un attimo di fissare sua figlia: era bellissima e meravigliosa, un dono del cielo e si rammaricò di dover partire in tour e separasi da lei per una settimana .

 

 

 

 


beh che ne dite? come vi sembra... tutte le critiche accettate ma magari fate anche qualche commentino positivo...  :-))
bacio! 

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Capitolo 2
*** addii e novità ***


 

eccomi qui... secondo capitolo!
innanzi tutto ringrazio per le recensioni:

FairyTale: allora markus è un pupazzetto di pelouches, ritornerà nella storia. grazie per la recensione.

MissBillinaTokina: grazie anche a te per aver recensito!

messaggio comune... per sapere della mamma di Sylvia dovete aspettare un paio o forse 3 capitoli, se vi dico adesso tutto non è valido!!!


disclaimer: nè Bill nè tanto meno tutti i Tokio Hotel mi appartengono, questa storia è stata scritta senza fini di lucro, nè è mia intenzione offendere nessun componente della band o del suo entourage.

 

 


capitolo 2: addii e novità

 

 

 

"Papi... quanto stai via questa volta?" Sylvia alzò lo sgurado dalla sua tazza della colazione e fissò teneramente Bill negli occhi: quella bambina era capace di lanciare degli sguardi che avrebbero sciolto anche un cuore di pietra, figuriamoci suo padre che ancora prima di partire già si sentiva pieno di sensi di colpa: "poco piccola mia, davvero solo una settimana, martedì prossimo sono già di nuovo da te!" Sylvia lo guardò con i suoi profondi occhioni color caramello, identici a quelli di Bill ma con spirito diverso:"uffi perchè tu non sei come i papà delle mie amiche?" Bill si sentì spiazzato a una domanda del genere: certamente la piccola aveva ragione, l'aveva già capito dai disegni che le faceva... papà con i capelli lunghi con le punte bianche, papà con gli occhi bistrati ma soprattutto papà con valigie e borsoni pronto per una nuova tappa del tour!
"sylvia perchè papà fa un lavoro diverso da quello che possono fare i papà delle tue amiche e poi anche perchè ho molti anni di differenza rispetto a loro" "questo lo so papà.. tu sei un ragazzo padre, lo dice sempre lo zio Tomi con la nonna o con il signor Saki!" Bill si voltò verso il fratello con sguardo riprovevole, sapeva che il biondo non era in grado di moderarsi neanche di fronte alla nipote, che per fortuna o sfortuna era anche molto più sveglia di tutte le sue coetanee e con le orecchie sempre pronte a captare le novità. "grazie Tomi per incasinarmi la vita con mia figlia..." gli ringhiò a voce bassa "prego!" bofonchiò il rasta con la bocca impastata dalla colazione: a volte non si capiva chi era lo zio e chi la nipote da come si comportava Tom; "però a me piace che tu sia diverso dai papà delle mie amiche... loro sono vecchi e brutti, tu invece no! sei bellissimo" "uh Sylvia ma cosa sono tutti questi complimenti?!" era incredibile come quella bambina potesse cambiare di umore nel giro di pochi secondi... un po' come sua madre, a volte riflessiva e chiusa e in altri momenti estremamente espansiva e allegra: a Bill vennero in mente tutti i bei momenti trascorsi con la mamma della piccola, l'altra Sylvia della sua vita e un velo di tristezza si pose nella sua mente "si.. perchè se vai via però mi porti qualche regalo papà vero?" "ah ecco qui la furbacchiona, ecco perchè siamo tutte dolci, io che pensavo che tu mi volessi bene...a quanto sei ingrata... lo sapevo, esattamente come lo zio Tomi!" Bill iniziò a fare una delle sue scene madri melodrammatico/comiche per cui Syvia andava matta: infatti la bimba si mise quasi subito a ridere "e cosa vorresti come regalo?" "beh qualche pelouches per far compagnia a Markus!" "per quello nessun problema.. ti porterò un mucchio di pelouches" "però voglio anche qualche regalo dallo zio Tomi!" disse la bimba che nel frattempo era andata a torturare i rasta di Tom"non mi piacciono 'sti capelli zio, pungono... sono più belli quelli di papà!" "perchè non hai mai visto quando tuo padre si trasforma in un istrice!" stavolta Tom fu fermato dalla madre Simone: come al solito aveva parlato troppo... Bill infatti non voleva che la bimba vedesse sue foto di scena, già per la piccola era strano che papà andasse in giro con le unghie nere e gli occhi truccati ma da Bill tutto ciò era sempre stato presentato come un gioco per cui tutto sommato grossi problemi non si erano mai presentati ma in casa Kaulitz da quand'era nata Sylvia vigeva la regola di tenere la bambina lontana dai riflettori e riflettori lontani dalla bambina per proteggerla dalla stampa della sua curiosità morbosa.
Simone intervenne subito: "vai Sofia andiamo in camera a cambiarci che papà e lo zio devono quasi partire " "va bene nonna, solo se papà però viene con noi che voglio dargli un regalo." La bimba corse su per le scale fino nella sua cameretta anche se il più delle volte dormiva con il padre avendo una paura terribile del buio;la raggiunse e si trovò tra le mani simpatico orsacchiotto di pelouche a cui la  bambina aveva cerchiato gli occhi di nero con un pennarello: "questo è il tuo orsacchiotto papà, è proprio identico a te e ha anche gli stessi tuoi occhi! Così lo porti dietro adesso che sei via e anche tu non hai paura del buio" Bill prese in braccio Sylvia e la strinse a se fortissimo: "grazie piccolina, me lo porterò sempre dietro!" nel frattempo li raggiunse Simone: "Bill... Saki è già qui... dovete andare!" Bill si sentì morire dentro all'idea che la terribile settimana senza la sua bimba stava per iniziare, se solo avesse potuto portarla dietro, se solo avesse fatto un altro lavoro!
lui e la piccola scesero nell'ingresso della villa dove già Saki lo stava aspettando con Tom "dai andiamo Bill, dobbiamo ancora andare a prendere Georg e Gustav e in più abbiamo un incontro con quelli della universal " il tono del manager non prometteva nulla di buono...

Padre e figlia si salutarono tra mille promesse di sentirsi spesso e che la settimana sarebbe volata, ma appena chiuse la porta di casa alle sue spalle Bill non riuscì a trattenere una lacrima: "allora Saki.. dicevi della Universal?ci sono problemi per il nuovo CD?" "no no... tour e CD confermati, ma hanno detto di presentarci al gran completo che ci sono novità a livello manageriale...e ciò mi preoccupa non poco!"i tre quindi salirono sul tour bus alla volta di Berlino centro.

 

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Capitolo 3
*** l'arrivo di Miss C. ***


ciao a tutti.. eccomi di nuovo qui a tediare con le mie paranoie serali pre esame...(blah perchè devo studiare sta noia?!?...)

allora un po' di ringraziamenti per cominciare e anche un mea culpa: scusatemi che ho scritto che Saki è il manager e non David Jost...per il futuro correggerò!
grazie a
Hotz94: vedi che pubblico o almeno cerco di fare qualcosa che assomigli a una pubblicazione decente... eheh comunque complimenti ci hai preso in pieno sulla mamma di Sylvia... e in questo capitolo inizerò a introdurla anche se per la storia completa mi spiace ma dovrai aspettare...
Mustardgirl94: come HTML editor uso PageBreeze, gratuito e abbastanza semplice, spero di non fare caos durante la pubblicazione; non sei affatto pignola anzi grazie davvero per avermi corretto!
 
anticipazione del capitolo: inizio a introdurre la figura della mamma di Sylvia!e un nuovo personaggio che però avrà molto più spazio nel prossimo
 
 

capitolo 3: l'arrivo di Miss C.
 

I Tokio Hotel arrivarono come da programma agli uffici della Universal e come al solito un folto gruppetto di ammiratrici si era radunato davanti al palazzo della multinazionale per cercare di incontrare i loro idoli: urla, grida e pianti si acuirono alla discesa dei ragazzi dal tour bus e i 4 non poterono sottrarsi al bagno di folla! la maggior parte delle acclamazione era per i gemelli ma anche Georg e Gustav avevano il loro nutrito gruppetto di fan anche se mai come Tom, lui aveva direttamente delle scatenatissime groupy che come al solito gli rimpirono le tasche di indumenti intimi e numeri di cellulare (che c'è da dire il ragazzo conservava molto volentieri, come diceva lui "non si sa mai ragazzi, sapete che io mi sento sempre triste eheh...")
molti occhi erano invece per Bill,con il suo fascino da molti definito ambiguo, ma che invece per tutte le ragazze che lo acclamavano era semplicemente bellissimo: naturalmente il moro non si negò alle varie attenzioni, era incredibile come riuscisse a trasformarsi in un vero divo appena si sentiva acclamato: d'altronde la fama era sempre stato il suo sogno e l'essere idolatrato era una conferma che tutti gli sforzi che faceva per continuare nella strada del successo non erano vani.
Saki, dopo un cenno di David liberò i ragazzi dalla stretta delle fan e i 4 furono condotti negli uffici della grande compagnia discografica dove erano attesi dal supervisore e dal loro entourage.
"allora ragazzi, come va?" disse herr Kipp, CEO di Universal Europe "ci sono importanti novità per voi!" David non perse l'occasione per una battuttina "aumento delle percentuali del contratto?" "no no, mi spiace per voi, diciamo che economicamente non ci saranno grandi vantaggi, magari però ci potranno essere a livello morale!" i 4 guardarono Kipp cercando di tradurre in una lingua conosciuta quella specie di battuta appena pronunciata, spesso infatti quell'uomo cercava di fare battute simpatiche che però raramente suscitavano l'effetto da lui voluto e spesso si trasformavano in doppi sensi sopratutto nella mente di Tom; "comunque signori ho il piacere di annunciarvi che la vostra amata Jutta non sarà più la vostra assistente  e referente presso Universal!" i 4 ragazzi si guardarono stupiti e con altrettanto stupore guardarono David; Bill chiese a bruciapelo "perchè no?" "beh Jutta ha chiesto un congedo per maternità... sapete alla sua età le hanno consigliato di passare tranquillamente la gravidanza a casa, 43 anni non sono pochi per mettere un figlio in cantiere, come dico sempre... i figli bisogna farli giovani cari ragazzi.. o no?!" Kipp fissò con sguardo provocatorio Bill che sostenne lo sguardo con altrettanta provocazione :quell'uomo proprio non lo sopportava, se poteva rimarcava a Bill il fatto di aver avuto una figlia a 16 anni e per giunta di cercare comunque il successo. David per sicurezza fece cenno a Bill di non reagire, bene o male Kipp era il capo ed era lui che decideva contratti tour e promozioni per cui meglio non rischiare considerando quanto era lunatico.
"comunque ragazzi... vi ho chiamato perchè vi annuncio che Jutta sarà sostituita" i 4 ci rimasero male... jutta era sì la delegata della loro casa discografica ma era anche diventata loro amica: dopo molti mesi insieme per loro era una specie di mamma adottiva che li coccolava e li viziava ed in effetti era sempre pronta a consolarli o a coprirli su certe condotte non proprio esemplari di fronte ai vertici della compagnia, soprattuttto Tom se ne dispiacque, Jutta se poteva cercava di evitare che la sua fama di donnaiolo potesse andare oltre e comprometterne la carriera e infatti il primo pensiero del biondo fu -e adesso chi mi copre?-
"insomma... ragazzi vi comunico che avrete un altra assistente... Catharina prego venga qui!"
una ragazza giovane, avrà avuto più o meno una ventina d'anni, si fece avanti: capelli biondo cenere, abbastanza alta e abbastanza snella con due profondi occhi blu, che stridevano molto con la sua aria seria e corrucciata, sembrava fosse un po' prevenuta nei confronti dei 4... probavilmente per quello si doveva dire grazie a Kipp
"signori lei sarà la vostra nuova assistente, prenderà il posto di Jutta... per favore non fatela scappare subito,ok? e mi raccomando Catharina, non si faccia impressionare da quei 4... non mordono mica, al massimo Tom le salterà addosso!" a queste parole seguì un grossa risata e un occhiolino in direzione di Tom che fece un sorrisetto forzato, avesse potuto gli avrebbe volentieri tirato un pugno.. ma con il capo non si scherza...
 
I tokio si fermarono tutta la mattina negli uffici della Universal per la discussione del tour e delle date anche se non riuscirono oiù di tanto a fare conoscenza con la nuova assistant che sembrava molto chiusa e riservata, se non addirittura scontrosa; infatti durante il coffee break fu l'argomento di conversazione dei 4:
"figa è figa... anche se per quanto rigurda taglio di capelli e modo di vestirsi... beh no lì non ci siamo... anche se i vestiti in certe situazioni non servono... eheh" Tom aveva iniziato con le sue battute "anche se c'è da dire che Miss C mi sembra un po' troppo sulle sue... dai quanti anni in più di noi avrà? 3 o 4 ? e si atteggia un po' a Miss so tutto io per me il suo soprannome è Miss C. chissà se per parlarle insieme dobbiamo far domanda..." "dai Tom sei cattivo, solo perchè non è caduta ai tuoi piedi non puoi dire così...ok che mi sembra molto sulle sue ma magari è solo timida o impaurita dal fatto di essere di fronte a noi!"disse Gustav ammiccando " comunque carina è carina..."aggiunse mentre continuava a squadrarla di sottecchi "no no... è veramente molto bella, e soprattutto ha degli occhi bellissimi!" concluse Georg: a quella frase Bill sobbalzò, non aveva ancora detto niente su Catharina ma certamente non gli erano sfuggiti  gli occhi della ragazza: blu, profondi e luccicanti, come quelli dell'altra sua Sylvia, la mamma della sua prinzessin; Tom e gli altri due si accorsero della reazione del vocalist "Billy... vieni un attimo con me..." Tom conosceva il gemello meglio di se stesso, gli voleva molto molto bene anche se molti facevano battute su questo amore fraterno, i due però non se ne curavano più di tanto, avevano imparato che la famiglia e i veri sentimenti sono molto più forti di qualsiasi sciocca diceria; i due raggiunsero una saletta vuota e chiusero la porta.... "Bill mi vuoi dire cos'hai? hai uno sguardo strano e preoccupato, mi nascondi qualcosa... " "no Tomy non ti nascondo niente... ma credo che gli occhi d Catharina li abbia visti anche tu, sono come quelli della mia Sylvia" "si li ho visti... ma non puoi fare così, devi reagire Bill... non è stata colpa tua!" "lo so Tom ma il fatto è che Sylvia non c'è più, l'unica cosa che mi rimane di lei è mia figlia a cui per giunta sono costretto a rinunciare per il tour..." "Bill... diventare famosi era il nostro sogno, la musica è la nostra vita, sono anni che cantiamo e suoniamo, non possiamo buttare via tutto adesso... se non lo vuoi fare per te stesso, almeno fallo per me, per Syvia per i ragazzi, è importante! dai torniamo di là.." "ti raggiungo tra un attimo Tomy..." il biondo capì che il gemello aveva bisogno di restare solo con se stesso e tornò dagli altri adducendo una qualche scusa plausibile a giustificare la sparizione di Bill.

Nel frattempo il ragazzo si era seduto su un divano e aveva tirato fuori da una tasca nascosta del portafoglio una foto: vi erano ritratti un Bill 16enne e una bella ragazza, apparentemente coetanea, dal viso pieno e sorridente, con due profondi occhioni azzurri e con un pancione che Bill accarezzava con amore... "Sylvia piccola mia, dimmi cosa fare... mi manchi da impazzire..." chiuse gli occhi un attimo pensando ai momenti passati con lei:
 
         flash-back
 
"una bimba... è incredibile Billy... avremo una bimba...  cavolo se ci penso mi sembra impossibile... siamo praticamente ancora dei bambini noi 2..."  Bill rise e baciandola teneramente le sussurrò "eh va beh... vorrà dire che cresceremo tutti e 3 insieme.."
 
"uffa non vedo l'ora che nasca, non vedo l'ora di stringerla tra le mie braccia..." "ah tu.. perchè io no? guarda che sono geloso...voglio la mia mammina preferita... uèè uèè..." "ma sei veramente un bambino... quasi peggio di tuo fratello...!!" "ah davvero... no no mi spiace ma a Tom non c'è limite..."
"Bill... aiuto non mi sento molto bene, mi gira un po' la testa..." la giovane svenne e cadde sul pavimento della cucina di casa kaulitz, Bill corse subito da lei, seminascosta dietro il tavolo...quando la vide non potè fare a meno di urlare: "Tom chiama mamma... Sylvia sta male" abbracciò la giovane "tranquilla... andrà tutto bene..." e solo in quel momento vide i pantaloni bianchi della ragazza completamente macchiati di sangue...

        fine flash-back

si riscosse dai suoi pensieri con quella tremenda immagine in testa...si avvicinò alla finestra e ricordò i momenti della nascita della figlia, il cesareo d'urgenza e il fatto che nessuno che passava sapeva dire nulla... si ricordò di aver pianto tra le braccia di sua madre, lui che in quel momento stava diventantdo papà ma che non aveva la forza di pensare e di reagire... era preoccupato per le sue due ragazze e aveva disperatamente bisogno dell'incodizionato sostegno di Simone.
si ricordò anche quando arrivarono i genitori di Sylvia e che pochi secondi dopo il ginecologo gli mise in braccio un fagottino rosa "la bimba sta bene... è sana l'abbiamo salvata in tempo... per la sua ragazza... mi dispiace!"
in quel momento una lacrima scura di eye-liner cadde sulla foto di Bill e Sylvia...

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Capitolo 4
*** Miss C. ***


 

eccomi qui... nuovo capitolo... non prometto niente ma magari ne riesco a postare un altro oggi :-)

grazie ancora a tutti delle recensioni!siete davvero carini!

 

 


capitolo 4: Miss C.

 

Bill finalmente raggiunse gli altri, mentalmente pregò che Catharina non avesse visto la foto che aveva in mano: era troppo prematuro dirle di Sylvia e su questo anche David e Herr Kipp erano d'accordo, bene o male era il primo grande incarico della ragazza e nessuno sapeva come avrebbe retto alla tensione o alla notizia della paternità di Bill e sopratutto come avrebbe gestito la faccenda con i media -si sa una parola di troppo poteva scappare e addio tranquillità della piccola Kaulitz-.


David Jost chiamò i 4 e Catharina per prendere gli ultimi accordi prima della partenza: "bene allora da oggi farai parte della nostra squadra Catharina, dunque...sarà meglio che ti spieghi come gestire questi 4 scalmanati.."  "oh non si preoccupi signor Jost, mi sono ampiamente documentata su di loro!" La ragazza non mentiva: aveva raccolto quante più informazioni possibili da Jutta nonchè da tutte le interviste rilasciate, giusto 3 o 4 Giga bite del suo palmare,conosceva tutte le informazioni utili e pratiche per poter compiere il suo lavoro e cercare di dimostrare quanto valeva!
i Tokio rimasero interdetti, si squadravano con espressioni per nulla rassicuranti, e mentre Catharina si era allontanata un attimo fioccarono i commenti, nonostate la presenza di David e Saki:
"quella è pazza! è una virago... come si può a 20 anni parlare in modo così noioso... -mi sono ampiamente documentata- -sarà mia premura che il tour proceda nei migliore dei modi- ma cosa vuol dire!? parla in modo che tutti ti capiscano!!" Tom inveì contro la ragazza "poi non so se avete notato come ci guarda... dall'alto in basso!!ma chi si crede di essere?! per non parlare di come ha fissato i miei capelli... cos'è? crede che io abbia le pulci?" Bill sghignazzò alla battuta del fratello "beh Tomy, in effetti non sei famoso per la tua igiene..." "cosa vuol dire... un discorso è lavarsi e un altro è a avere le pulci... parli te che tante volte vai a dormire truccato e al mattino sembri la maschera di scream con tutte le colature di mascara... fai schifo...e per di più mi svegli perchè ti spaventi anche tu quando ti guardi allo specchio..." "ah ecco qual era il problema, che ti sveglio prima delle 4 del pomeriggio!" "parla quello che non si alza prima delle 2!" i due gemelli iniziarono una delle loro famose "discussioni" seguite da un inizio di lotta: non c'era giorno che non passassero a litigare da bravi fratelli, anche se in realtà li univa un profondissimo sentimento d'affetto che dopo la nascita di Sylvia era, per quanto possibile, aumentato.
"dai piantela voi due... che se no arriva la maestrina e vi mette in castigo nell'angolino!" disse Georg non smettendo di fissare un attimo Miss C. come era stata soprannominata Catharina dai ragazzi "secondo me quella nel comodino ha fruste e manette... mi dà l'idea di sadica!" disse Gustav ridacchiando e anche David annuì "anche se fosse per me non è un problema" fece eco Tom "sono sempre aperto a nuove esperienze con gnocche come quella: si si fa tanto la perfettina ma secondo me sotto sotto è una belva assatanata!e io so cosa farei a una così..." e con un gesto molto poco elegante ma molto Tom si indicò le parti basse.
I 4 continuarono a scherzare per un bel po' su Miss C. fino a che la ragazza non li richiamò: era ora di partire!

 

 

 

Sul tour bus scerzi e giochi continuarono:se c'era proprio una cosa che erano incapaci di fare i Tokio era stare tranquilli e fermi e il lungo viaggio che era in programma certo non migliorava le cose: per i 4 l'idea di passare le successive 16 ore sul bus era sconvolgente e infatti dopo pochi minuti il mezzo si era trasformato in una specie di porcile (con gran orrore di Catharina... abituata all'ordine e alla pulizia semi-maniacale).
David andò dalla ragazza per sistemare alcune questioni organizzative e la trovò intenta a stendere relazioni per la Universal "allora come va? emozionata?preoccupata'" "sinceramente sì... ma sono sempre così quei 4?!" e nel frattempo indicò Bill e Georg che erano scatenati in una lotta per il possesso del telecomando dell'home theater, mentre Tom con aria molto wrestler saltò sulle spalle del fratello all'urlo di -muori bastardo!- giusto per animare ancora di più la lotta!
"si... mi spiace per te ma ti aspettano tempi molto duri...!!" David e Catharina si misero a discutere della parte organizzativa mentre i 4 finalmente si calmarono un pochino e iniziarono a guardare la tv.finito il breefing con David, Catharina si mise a fissare i 4: -stranamente tranquilli- pensò -chissà fino a quando?-; la sua mente prese a vagare sul come e perchè si trovasse lì: si era laureata da 6 mesi in management e comunicazione con il massimo dei voti e dopo un breve stage era stata assunta dalla universal: indubbiamente aiutata dal cognome importante che portava e dal fatto che suo padre fosse uno dei più importanti politici della Baviera ma era comunque stata una delle migliori allieve del corso negli ultimi anni e la sua dedizione e il suo rigore l'avevano certamente aiutata e la supportavano nei momenti più difficili: nonostante la sua giovane età, 22 anni, stava arrivando a buoni risultati e certamente i Tokio Hotel erano stati il suo incarico più importante...già per lei i 4 non erano ragazzi poco più giovani di lei, ma un incarico, un modo per arrivare, un modo per confermare le aspettative di tutti, di sua madre di suo padre che fin da quando era piccola l'avevano cresciuta inculcandole il senso del dovere, dell'essere sempre perfette e professionali e lei aveva sempre sentito tutto ciò nella vita come uno scopo: dimostrare di essere all'altezza di ciò che gli altri si aspettavano da lei, anche a costo di soffocare i propri sentimenti come era spesso successo.

-già...determinazione Cathe... ci vuole determinazione! basta pensare, al lavoro!- si rimise a leggere il dossier che le aveva lasciato Jutta per essere, come tutti si aspettavano!, preparata sui 4 e stranamente la sua attenzione si focalizzò su delle foto scattate nei momenti privati della band: 4 ragazzi 18 normalissimi, che si comportavano come qualsiasi altro loro coetaneo ma con disponibilità economiche enormemente superiori e questo senso di "togliersi le soddisfazioni grazie ai soldi" traspariva in certe foto:
__ Bill e Tom che giocavano con gli occhiali da sole, indubbiamente costosissimi__
__ i 4 scatenati davanti al buffet__
__ foto di gruppo stravaccati sul divano pre concerto__
__ partite di ping pong__
__ scherzi in ascensore__
__ aeroplanini telecomandati e facce tremende di Bill perchè il suo si era incastrato su delle travi di sostegno di un    palaconcerti__
__ Bill al cellulare con i capelli stanamente lisci e piatti fermati dagli occhiali da sole e sguardo sognante__

-però che occhi!- fu il pensiero di Catharina -e poi dal vivo è anche carino, peccato si atteggi a diva, fosse sempre normale e non si trasformasse in animale da palcoscenico sarebbe davvero bello!- la ragazza arrossì al proprio pensiero... ma cosa le stava capitando? in che situazione si voleva caccaiare? non le era bastato già quello che aveva sofferto?
mentre rimuginava su questi pensieri Bill le passò a fianco parlando al cellulare, mentre si dirigeva verso la microscopica camera da letto di cui però era attrezzato il tour bus:
"piccola ciao sono io! come stai?cos'hai fatto di bello oggi cucciola?"
Catharina non potè fare a meno di sentire e contrariamente ai suoi buoni propositi tese l'orecchio verso la stanza dove si era rifugiato Bill
"piccola certo che mi manchi... lo so fino a martedì non possiamo vederci però dai una settimana passa in fretta!" Catharina si stupì del tono dolcissimo del ragazzo... l'aveva conosciuto da poche ore e aveva sempre associato la sua voce a una specie  di strano gracchiare, forse per il fatto che il più delle volte il ragazzo si esprimeva con un tono scherzoso e infantile giusto per ridere e fare il cretino con gli altri.
"no prinzessin, non riesco a tornare prima,lo sai... mi spiace però cerca di stare tranquilla...ti penso sempre mia cucciola!

Bill continuò la conversazione ancora per qualche minuto mentre Catharina imperterrita continuava ad origliare, era curiosa e pur essendo rimasta molte volte fregata dalla sua curiosità certo non aveva smesso con le pessime abitudini. La cosa che però la faceva un po' soffrire era il dolcissimo tono di Bill: non aveva mai sentito un ragazzo apparentemente molto esuberante e con grande presenza scenica parlare con un tono e con parole molto dolci e rassicuranti e mai sopratutto si sarebbe aspettata che Bill Kaulitz facesse quel genere di telefonate. Sospirò profondamente, mal celando una qual certa invidia nei confronti della destinataria della conversazione : -ma cosa ti prende Cathe... sei gelosa di Bill, ma se neanche lo conosci... per favore smettila si è carino ma è praticamente il tuo capo... o tu sei il suo... boh comunque meglio smetterla conqueste fantasie... torna al lavoro e fai la brava!-

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Capitolo 5
*** una frenetica settimana ***


 

salve salvina!! nuovo capitolo... diciamo che è un capitolo di transizione per il prossimi 2... aspettatevi prossimamente grosse e succose novità!


ancora grazie a tutti per le recensioni! mi danno la forza di andare avanti!!

 

 


capitolo 5 : una frenetica settimana

 

"un massacro... non c'è altra definizione!" Catharina sbraitava nel telefono raggiungendo gli ultrasuoni, mentre dall'altro capo della cornetta Jutta, beatamente spalmata sul divano a godersi il meritato riposo, rideva invece come una disperata senza farsi troppo sentire dalla sua "sostituta": "no no ti prego Jutta, dimmi come facevi tu a sopportarli!? allora giusto ieri avevamo un intervista con Bravo, no quei 4 mezz'ora di ritardo!ma io sto lavorando, se Kipp si incacchia non lo fa con loro, lo fa con me! per non parlare di David! ma magari fosse gentile a darmi una mano, noooo no no no no li dà ragione! -lasciali perdere Cathe, diciamo che siamo rimasti bloccati nel traffico, che c'erano gli autografi da firmare e poi se non fanno le loro esperienze, già hanno la fortuna di essere arrivati dopo tutti i loro sforzi, lasciali godere un po' la loro vita!- ma Jutta la mia quando me la godo eh?!" Catharina era simil-furente "per non parlare dei gemellini... Jutta, uno più immaturo dell'altro: già Tom se ne passa una diversa a sera, e va beh, giochiamo a fare la rock star con le groupie, ma almeno siamo professionali, non passiamo metà del tempo che si dovrebbe dedicare a prove, interviste, a fare il cretino con gli altri 3, a tirare in tour bus a un porcile che tanto c'è Catharina che pulisce e ordina. No! tutto in giro, tutto uno schifo... ubriaco tutte le sere!!ma cacchio... io alla loro età ero molto più seria!"
"appunto Cathe... sei troppo seria!" "Jutta per favore... io sono solo professionale e cerco di fare il mio lavoro... ma gradirei un po' di collaborazione! Cacchio dormo 3 ore per notte ho delle occhiaie modello cane san bernardo, i capelli uno schifo e ho migliaia di cose a cui pensare... se almeno quei 4 facessero i bravi... io, io non so più che fare!"
Jutta dall'altro capo del telefono sospirò profondamente: "Cathe apri bene le orecchie, ti voglio dare più che dei consigli dei modi per sopravvivere: io sono arrivata nel "favoloso" mondo della discografia alla tua stessa età, fresca di laurea e master e con la tua stessa grinta in corpo; dopo 2 giorni volevo tornare a casa! sai chi mi avevano affidato? i Duran Duran...che ti assicuro sono molto molto peggio di "quei 4" come li chiami tu! Cathe il tuo problema è che la prendi di punta! vuoi dimostrare a tutti quanto vali, non lo metto in dubbio, ma per come la stai prendendo l'unica che ci rimette sei tu! Non puoi pretendere che i ragazzi stiano fermi e immobili sempre pronti a correrti dietro per la TUA carriera! lo hanno una LORO carriera, dei LORO sogni, delle LORO speranze e dei LORO progetti e non credere che siano tanto diversi dai tuoi!"
"si Jutta ma se avessero tutte queste belle cose in mente perché allora sono sempre in ritardo agli appuntamenti per non parlare del modo in cui si comportano, si vestono, mangiano e...parlano! Jutta ogni volta che Bill apre bocca con quella cavolo di vocina stridula e quelle manine sempre in movimento mi fa venire mal di testa!!!"
"Catharina Hoffmansthal apri bene le orecchie! NON, ripeto NON permetterti di giudicare quei ragazzi... non sai nulla della loro vita! non sai nulla di loro!" "certo che lo so! vedo come si comportano e ho letto le schede che mi hai lasciato..." "si certo... quelle schede Cathe sono più che altro delle tracce da seguire... ma ti sei mai presa la briga di PARLARE con quei ragazzi? di sederti con loro a tavola a fare due chiacchiere? no...scommetto che sul bus ti siedi il più lontano possibile sommersa tra notebook palmare e fogli...Cathe per favore, cerca di vivere un pochino, cerca di godertela un po’! la tua vita non possono solo essere scartoffie, appuntamenti, indirizzi, date e urla e grida se siete in ritardo! tu con quei ragazzi ci passerai i prossimi 6 mesi della tua vita!o magari anche tutta la tua vita se riuscirai a resistere cosa che escludo abbastanza se non cambi.. però, per favore, non prenderla di punta! non devi dimostrare a nessuno che sei il meglio di tutti!quello che stai facendo in questo momento lo fai per te stessa e per il tuo futuro, al massimo per Bill, Tom, Georg e Gustav... ma non fare l'errore che ho visto in 20 anni far a tante altre persone: quello di lavorare solo per la Universal e non per se stesse. Se fai questo errore mi spiace ma Kipp se ne accorge e ti sfrutterà e basta, sarai una delle tante e tornerai a casa con la coda tra le gambe! se invece aiuti il gruppo, fai gruppo con i ragazzi, tu ne beneficerai, loro ne beneficeranno e nessuno dai vertici ti dirà mai nulla!"
"Jutta, dimmi allora come devo fare...sto impazzendo!" disse Cathe iniziando a singhiozzare "no no... calmati, piangendo non risolvi nulla: innanzi tutto dormi, quando hai niente da fare dormi e non passare il tempo a classificare le puntine da disegno per colore come fai, perché so che lo fai.. ti ho vista farlo! Poi passa un po' di tempo con loro, parla con loro, con David con Saki... fatti raccontare come si comportano ma sopratutto osservali! e vedi che la situazione migliorerà! dai facciamo questo patto: tu per le prossime due settimane cerca di cambiare...se poi non ci sono miglioramenti né da parte tua né da parte loro verrò a darti una mano; se però ci saranno cambiamenti e, fidati, ce ne saranno, ti dico già adesso che tu non torni più indietro e che ci guadagnerai molto più del 5%!! che tra l'altro mi chiedo come tu sia riuscita a spuntare il 5 % con Kipp..." "Jutta... non mi chiamo Hoffmansthal mica per niente..." "Cathe..." "si Jutta!?" "piantala di ricordare al mondo che ti chiami Hoffmansthal! quando inizierai a chiamarti semplicemente Catharina?!"  "si giusto hai ragione! ah Jutta..." "dimmi tutto!" "come faccio per cambiare?!" "eheh... quello lo dovrai scoprire da sola! adesso ti lascio! bacioni tesoro!" Jutta chiuse il telefono in faccia ad una sconsolata Catharina che sospirò profondamente: "dai Cathe resisti... due settimane passano in fretta!"

 

 

 

 


"Ragazzi oggi la virago cos'ha in programma per noi?" Tom aveva la voce tra l'impastato e lo scazzato, era stato appena buttato giù dal letto senza troppi complimenti da Catharina e come tutti i 3 giorni da quando avevano iniziato il tour si stava lagnando con gli altri "io non ce la faccio più... cavolo con Jutta almeno erano i giornalisti che ci inseguivano, ora dobbiamo inseguirli noi... perché?! io ho sonno!!!" "Tomi abbiamo tutti sonno, siamo tutti stanchi... io non ce la faccio tra  un po' mi saltano i nervi, a Georg e Bill sono già saltati da un pezzo!" disse di rimando Gustav "certo che se anche a Gustav saltano i nervi siamo veramente a posto, raga io non ce la faccio più! non puoi controllarmi neanche fossi in carcere, ho il diritto a 20 anni di fare ciò che voglio... di uscire e tornare alle ore che voglio senza avere una che ha 2 anni più di me che mi mette il fiato sul collo!non sei mia mamma cacchio! non lo fa lei perché deve mettersi quella!?"
Bill, dal divano dove era sprofondato con gli occhi gonfi di sonno per aver dormito pochissimo grazie ad un' intervista strategicamente piazzata alle 10:30, alzò lo sguardo verso gli altri: "perchè quella non ha capito veramente niente dalla vita, ha sempre avuto tutto comodo e fatto! ragazzi io non la reggo, non posso chiamare mia madre e Sylvia che dopo 10 secondi che mi vede al cellulare inizia a fare segni di mettere giù... porca già mi manca da impazzire mia figlia, sono stanco, cerco di distrarmi e arriva quella che mi ricorda che padre imbecille sono, con le sue ramanzine sul fatto che a 18 anni esco tutte le sere!" "ma le hai detto di Sylvia?!" Georg scattò sulla sedia dove si era seduto modello sacco di patate "no no... non le ho detto  niente, non che non mi fidi ma secondo me è prematuro, poi già mi guarda male così, figurati se le dico che ho una figlia, secondo me non capirebbe..." "in che senso non capirebbe?" gli fece eco Gustav "no, inizierebbe a giudicarmi, che sinceramente è l'ultima cosa che vorrei!" "ha 22 anni Bill, ha poco da giudicare...vuoi che una a 22 anni non abbia combinato cazzate?" "cazzate sono un discorso, non credo che abbia avuto una figlia a 16 però!" "sbaglio o in questo momento ti stai pentendo Bill?!" gli fece Tom, accorgendosi troppo tardi del senso che aveva dato alla frase "cioè scusami, nel senso a volte dai l’impressione di sentirti colpevole di aver avuto Sylvia, non capisco perchè?!" "io non mi sento in colpa per aver avuto Sylvia, mi sento in colpa perché non sono con lei in questo momento, perchè me ne vado in giro per il mondo inseguendo il successo ma perdendomi attimi importanti della vita di mia figlia..." Bill si mise a singhiozzare mentre il fratello si mise vicino sul divano e l'abbracciò cercando di consolarlo.
 In quel momento entrò David: "ehi ragazzi tutto ok? Bill tutto a posto?" "no David... proprio no...senti sono stanco, ho sonno, mi manca Sylvia e né io né Tomi né Georg né Gustav sopportiamo più quella pazza di Catharina!!!" David si sedette a braccia conserte: "perché lei vi sopporta secondo voi?!" "NO!" gli fecero in coro i Tokio "appunto... e sapete perché non vi sopporta?! perché non ha capito niente di questo lavoro, ve lo dico con certezza! ho appena chiamato Jutta che mi ha detto cose molto interessanti su di lei...e pensavo di rendervi partecipi" "oh si che ci renderai partecipi David... racconta bene e non dimenticarti nulla!!!" gli disse Tom con sguardo satanico (ma in senso buono): "allora avete mai sentito parlare di un certo Joseph Hoffmansthal?" "cavolo... il presidente del Lander della Baviera! è ricco sfondato, possiede mezza Monaco, è il capo di un paio di mega industrie tecniche, intrallazza alla BMW e se non sbaglio la moglie è una dei pezzi grossi della Pfeizer" "bravo Georg...bene, la signorina Catharina è sua figlia!" i 4 rimasero a bocca spalancata "porca m.... la ragazza! è ricca sfondata! cosa viene a rompere a noi? non può fare la vita della ricca e figa in Baviera?!" disse Gustav "beh figa è una parola grossa, sì è molto carina ma figa è per me è un altra cosa...eheh" "Tomi piantala, pensi sempre a quello!" "scusate, no ma insomma perché ci dici queste cose?" "perché si... giusto per capire con chi avete a che fare, insomma la ragazzina si è laureata brillantemente, massimo dei voti, master, brava intelligente carina sveglia e mai nulla che potesse intaccare la sua bellissima reputazione: piccolo problema in tutta questa magnificenza? che non capisce veramente nulla nei rapporti umani, lo so perché ho spettegolato un po' con Jutta. Oltre al fatto che non riesce a capire che a 20 anni bisogna anche divertirsi e mi sembra che ve lo faccia pesare una volta ogni 10 minuti netti, la signorina è abbastanza famosa per scandalizzarsi per nulla, nonché per essere succube di ciò che le dicono i suoi: esempio, alle superiori non usciva di casa se non con mamma e autista, alle feste faceva le sue apparizioni 5 minuti e poi se ne andava, morosi o storie di sesso apparentemente neanche l'ombra. Vita integerrima che tradotto nel linguaggio di Tom vuol dire che è una gran sfigata!" "ma scusami tanto allora come ha fatto ad arrivare alla Universal?!" gli chiese Bill "grazie a suo padre! casualmente qualcuno gli doveva dei favori e lui ha fatto che piazzare la figlia a farsi le ossa, per quelli della Universal comunque una così è una manna dal cielo, perfettamente sfruttabile e in più non dovrebbe dare problemi ! Kipp era al settimo cielo... davvero!"
"ma mai un momento in cui ‘sta vita le sia andata stretta?" chiese a bruciapelo Gustav "no... mai!" rispose Bill "una così ha tutto ciò che potrebbe desiderare per il suo mondo, quello in cui vive e che si è costruita per sopravvivere ai genitori e alle convenzioni che le hanno sempre imposto!" "urca che filosofo che sei fratello... e te queste cose come le sai?" "perché a differenza vostra mi sono messo ad osservarla qualche volta, e non cercando di capire com'è sotto i vestiti come fai tu o Georg, mio caro Tomi!" Tomi e Georg arrossirono un attimo, certo se Bill se ne era accorto magari se ne era accorta anche la virago... e potevano essere guai seri con una così! "una che passa la giornata a ordinare sistemare e fare la perfettina certo non è felice, lo fa perché non ha alternative, perché nessuno le ha mai presentato la possibilità di scegliere e dove invece le è toccato scegliere quella ha sempre preferito la strada più comoda e facile, tanto c'era sempre qualcuno che pensava a lei! non credo che abbia mai conosciuto l'umiliazione, l'essere presi per il c...! la cosa che però mi fa più rabbia è che quella non si accorga della fortuna che abbia avuto nella vita!" si capiva che Bill parlava molto per esperienza personale e gli altri gli lasciarono sbollire la rabbia repressa a cui si aggiungevano stanchezza e nostalgia per la figlia.

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Capitolo 6
*** sweet home (Alabama) ***


 

ciao a tutti... ecco un nuovo aggiornamento... mi raccomando però non perdetevi il prossimo dove ci saranno importanti novità...anche questo comunque è preparatorio... per cui buona lettura!

 

vi ringrazio ancora moltissimo per le recensioni! davvero mi date la forza di andare avanti in questo periodo un po' nero!

 

 

 

capitolo 6: sweet home (Alabama)

 

 

 

-resisti, resisti, resisti... ce la puoi fare! Cathe sono solo più 7 ore di bus con quei 4, poi basta per 3 giorni non li vedi e dormi! vai a fare shopping, ti diverti, parli con Jutta che si sta come al solito sbagliando sul conto di quei 4! e perchè continuo a chiamarli quei 4, accidenti! ragiona... va tutto bene... cos'hai da essere nervosa! le prime date del tour sono andate benissimo, ti sei presa un mucchio di complimenti da tutti per l'organizzazione, tutto sommato anche Davy Jones ehm David Jost ha apprezzato il tuo lavoro o almeno fa finta, Tom e Georg apprezzano molto il tuo sedere, e tu Cathe?-
Catharina continuava a parlare da sola davanto allo specchio con l'Ipod a palla nelle orecchie: l'unica cosa che la distendeva era sentire quela maledetto player a quel maledetto volume e infatti molto spesso dopo un paio d'ore di ascolto le sue orecchie ne risentivano; smise di guardarsi allo specchio, si buttò sul letto a pancia in su e abbassò il volume -basta! è ora di ragionare! ha ragione Jutta, sono 3 giorni che mi torturo pensando come fare a cambiare, ma prima devo capire esattamente cosa voglio! non lo so, cavolo è tutto nuovo per me, ho fatto più cose in questa settimana che in 22 anni della mia vita. E mi sono anche divertita: Tom è troppo scemo ma anche simpatico, anche se non lo sopporto quando mi chiama Miss C. o virago, anche se devo ammettere che non ha tutti i torti, ma lo faccio per il loro bene e per il bene del mio sistema nervoso; Georg è tenero e premuroso, è l'unico che ogni tanto mi parla insieme con una faccia poco schifata, beh anche Gustav in effetti è quello più silenzioso forse è per questo che vado d'accordo. No!! con Bill no... ma chi si crede di essere quello eh?! cretino! sempre lì a ridere e scherzare ma quanti anni hai? 2? poi deve fare tutte quelle sue faccine e se c'è una telecamera in giro deve fare la prima donna, non lo metto in dubbio che sia il migliore degli atteggiamenti da fare davanti alla stampa e ai media, vogliono quello, te lo insegnano in tutti i corsi dell'uni.. ma per favore controllati, sembra che lo faccia apposta quando ci sono io a fare il cretino! si lo fa apposta...-
in quel momento squillò il telefono : Jutta.

"ciao Jutta!" "ciao Cathe... allora come è andata questa prima settimana?" "bene bene.. sono molto soddisfatta!" "sì sì, mi hanno detto che hai fatto tutti i compiti da brava bambina!" "Jutta cosa c'è?" "niente! mi hanno anche detto che però con "quei 4" tu non sei cambiata di una virgola!" "e dovrei? loro mica collaborano... sono sempre lì che mi guardano e anche male""sicura?!dai facciamo una scommessa...tu oggi sul tourbus tornando ti scateni.. non sto dicendo di saltare addosso a Bill come ti piacerebbe fare..." "Jutta no, Bill proprio no!" "sii certo come no, va beh comunque partecipa ai discorsi, parla con loro e divertiti!ci sentiamo domani ma mi raccomando, oggi comportati bene, ne va della tua salute mentale! bacioni bella!!" e chiuse la chiamata. Cathe rimase interdetta col telefono a mezz'aria: lei scatenarsi? lei che non andava alle gite perchè doveva studiare? lei che il bus l'aveva preso forse per la seconda volta nella sua vita quando era partita con i Tokio? Lei era Catharina Hoff... non concluse la frase: in quel momento stava fissando la sua immagine allo specchio e le venivano in mente le parole di Jutta -la prendi troppo di punta- -non far pesare a tutti il tuo cognome, dimostra chi sei senza nasconderti dietro a quello- -scatenati!- -salta addosso a Bill- no quest'ultima frase era quella che le piaceva meno...saltare addosso a un ragazzo? lei che appena uno si sedeva a meno di un metro si irrigidiva e magari si alzava anche? lei che evitava qualsiasi forma di slanci di affetto nei confronti della gente? lei che l'unica volta che si era fatta fregare da un ragazzo innamorandosene aveva preso la più colossale delle batoste morali e aveva deciso di seppellire il suo cuore sotto strati e strati di "perfetta serietà"? ma forse Jutta aveva ragione, doveva cambiare, va beh con calma ma un pochino doveva cambiare! si rimise l'Ipod nelle orecchie mettendo a palla la sua canzone preferita e si buttò sul letto mormorando "Jutta ma perchè tra i 4 hai detto proprio Bill!?"

 

 

 

"Tomiii... stasera andiamo a casa, stasera siamo a casa...contento Tomi?!?" "si, si... almeno domani si dorme fino alle 4!Tu e Sylvia non osate fare casino prima di mezzogiorno se no è la volta che torno a dartele di santa ragione Bill!" "dai Tomi... stasera torno dalla mia bimba!!" Bill continuò a saltellare in mezzo alla stanza mentre Tom ancora addormentato cercava di raccogliere le sue cose in giro e metterle nella valigia (sottolinenato metterle, non messe via ben piegate e separando le cose pulite dalle sporche, no calmi in realtà stava facendo una pallina di tutto e cercava di metterlo via ammucchiato, non sottilizziamo sulle condizioni in cui potevano essere quei vestiti!). "cosa le porti a Sylvia?" "montagne di pelouches che ci hanno lanciato le fan e un pigiamino carinissimo di Nemo!" "il pesce scemo?! Bill ha 3 anni non 3 mesi, vede quel pigiama e ti insulta!" "non mi sembra che le parolacce che sa le abbia imparate da me, ma forse da qualcuno che non si modera neanche davanti a sua nipote!" "ripeti se hai il coraggio!"i due fratelli iniziarono a litigare mentre nella suite entravano Georg e Gustav : "ehi buoni, calma va tutto bene...qual è già il problema?" "il pigiamino di Nemo che ho preso per Sylvia!" disse Bill  "cheeee??!! le hai preso il pigiama del pesce scemo?" fece Gustav mentre dava il 5 a Tom "anche tu... guarda che è un bellissimo cartone!" "Bill... per favore non l'hai mai visto per intero ti addormenti tutte le volte... cosa ne sai che è un bel cartone!" "haha parla quello per cui il massimo di cartoni sono gli hentai!" "no... le ragazze le preferisco vere.. eheh!!" iniziarono con battute a doppio senso fino a che David entrò a chiamarli che era ora di andare e che il bus li stava aspettando.


I Tokio scesero nella hall e videro che Miss C. si stava già occupando di tutto, ma soprattutto Tom vide le valigie della ragazza (4 per altro... mica ci andava leggera con i bagagli!) incustodite!
"state pensando quello che sto pensando io?!" disse rivolto agli altri 3 che lo fissavano increduli "vai Tomi!" lo istigò Georg "noi intanto la distraiamo!" con fare indifferente Tom aprì una delle zip di una valigia "così la paghi brutta str...!" disse tra sé e sé. Stranamente non c'erano molte fan alla partenza, forse anche perchè era molto presto al mattino e molte ragazze erano andate a casa dopo il concerto; dopo aver firmato autografi e fatto foto con il piccolo gruppetto di ammiratrici i ragazzi si misero a fissare la scena con Tom che raccomandava vivamente alle sue fan di guardare e farsi due risate: Cathe non si era accorta come da programma che la valigia era aperta e la sollevò con forza dandole anche slacio per metterla nel bus... si rovescò tutto il contenuto sul marciapiede umido di brina! Seguì un boato di risate dei Tokio seguiti da David, da Saki e dall'autista che avevano assistito alla scena ma sopratutto dalle poche fan che ridevano come delle pazze indicando e facendo commenti poco carini all'indirizzo di Catharina.


-conta fino a 10, non uccideli, non ucciderli, NON UCCIDERLI!!!- Cathe continuava a ripeterselo come un mantra fissando i suoi costosi vestiti che facevano un bucato fuori programma nelle pozzanghere -no li ammazzo, stavolta li strozzo, stavolta Tom lo strozzo!!!- solo in quel momento si accorse che erano pure uscite le ciabatte con gli ippopotami... tanto per la serie figura di m... davanti all'umanità "ehi Cathe... ti serve una mano?! non è che mi presti le tue bellissime pantofole...eheheh" Tom continuava a ridere come un matto -non dargli la soddisfazione Cathe... ti sta provocando, tu non dargliela vinta!- "cos'è Tom, tutta invidia la tua per le mie fighissime pantofole... eheh ti piacerebbero neh!" Cathe si stupì di aver pronunciato quelle parole: che la teoria di Jutta stesse iniziando a funzionare?! Georg Gustav e un Tom decisamente interdetto dal fatto che Cathe gli avesse risposto e non l'avesse insultato come da copione, salirono sul bus mentre Bill si inginocchiò davanti a Cathe per aiutarla :"è un cretino, lascialo perdere... se non fa degli scherzi da elementari non è contento, mi spiace solo per i vestiti, non pensavo fossero così costosi!" "non fa niente, non è tanto per i vestiti Bill, è per il mio orgoglio" gli rispose Cathe continuando a ri-ammassare i vestiti nella valigia "credo che mi servirà di lezione, anche se indubbiamente è uno smacco!" disse la ragazza con una risata forzata "lo è indubbiamente!" asserì Bill; solo in quel momento la ragazza alzò gli occhi e fissò il vocalist: aveva i capelli lisci che gli ricadevano sulle spalle e sul petto, gli occhi quasi non truccati, un cappellino-cuffietta morbido che teneva i capelli e gli faceva incorniciare il viso da alcuni ciuffi che erano sfuggiti; si ritrovarono a fissarsi negli occhi per qualche decimo di secondo che ad entrambì sembrò interminabile, dopo di che Bill le sporse le ultime cose che aveva raccolto "dai dobbiamo andare... scusaci ancora!" le disse con un tono dolcissimo "figurati nessun problema..." fece di rimando Cathe; chiuse la valigia e mentre saliva sul bus non riusciva a togliersi dalla mente i prfondi occhi scuri di Bill che la fissava con dolcezza "che abbia ragione Jutta.... "mormorò tra sé e sé mentre saliva i gradini del bus.

 


Tutto sommato il viaggio stava procedendo bene, anche se i discorsi a volte erano decisamente censurabili visto che Tom continuava a raccontare le conquiste della settimana facendo paragoni e valutazioni con Georg e gli altri: "ehi Bill e tu quante te ne sei portate in camera sta settimana?!" "dai solo due... sta settimana ho fatto il bravo bambino!" al sentire quella frase Cathe smise di tamburellare con la penna che aveva sul tavolino e la posò con un tocco secco e rumoroso, per cui i Tokio si voltarono "problemi Cathe?!" le disse Tom con un'aria un po' strafottente "no figurati è che mi sembra che trattiate le ragazze come numeri e non come persone" "uhu... la femminista, sentiamo un po' come le dovremmo trattare?!" "non sto dicendo Tom che non dovresti andarci a letto se a loro va bene... ma ricordati che magari qualcuna potrebbe essere innamorata di te e soffrirne! probabilmente ti comporti così perchè non hai mai sofferto ma ti posso giurare che non è una bella cosa!anzi ti devasta sapere che qualcuno ti guarda solo per quello e non per la persona che sei!" non seppe neanche lei come aveva fatto a pronunciare quelle frasi: troppo personali, si era esposta troppo... e ora rischiava di pagarne le conseguenze con le sciocche battutine dei 4; stava già contando in attesa della stoccata che avrebbe definitivamente seppellito il suo onore ma le uniche parole furono: "beh ma guarda che quelle che vengono con noi lo sanno che sono per una notte e basta... sono groupie, lo fanno prima di tutto per divertirsi loro, non c'è innamoramento!" da notare che veniva da Tom quella frase: mai si sarebbe immaginata una risposta simile da quel ragazzo, probabilmente Cathe era convinta che non fosse in grado di pensarle quelle cose :"Cathe credi proprio che io sia così un mostro? credi che sia divertente prendere in giro i sentimenti delle ragazze?no mi spiace ma credo che nessun ragazzo potrebbe deliberatamente farlo... e se lo fa è veramente un pezzo di m.... che non dovrebbe minimamente essere considerato; lo so che ce ne sono ragazzi così ma fidati Cathe, io non lo sono, a me hanno insegnato il rispetto per le persone, forse se mi conoscessi un pochino lo capiresti da sola!"
"ma io sto cercando di conoscervi" gli disse di rimando la ragazza "e come?!"intervenne Bill "stando seduta dall'altra parte del bus fissando il pc... dai vieni qui con noi, ok siamo partiti tutti con il piede sbagliato ma non è così grave, si può sempre rimediare e poi non mordiamo se anche ti siedi vicino a noi, per carità se vuoi mantieni pure la distanza di sicurezza ma almeno non farci urlare per parlare con te!"
Cathe prese coraggio a 4 mani e andò vicino... probabilmente se Jutta fosse stata lì sarebbe stata fiera del comportamento ma invece la parte "perfettina" di Catharina continuava a ripeterle di non andare! -oh al diavolo, non mordono mica quei 4! su andiamo!-passarono le successive due ore a chiacchierare e Catharina si fece forse più risate in quelle due ore che nei precedenti 22 anni di vita: "ragazzi basta piantatela mi fate troppo ridere.." "no no... adesso ti becchi anche Tom che canta, non ha ancora iniziato, inizia prego Tom" "no Gus ti prego piantala sono stonato..." "appunto... maestro.. prego sweet home alabama!" 

(NDR: scusate ma ho visto il video su youtube di TOM che la canta... è spettacolare e poi considerando che è una delle mie canzoni preferite... eheh)

"swee-t ho-me ala-bama, nanana nara na na... e che cavolo non la so..." "che palle fratello...dai Sweet home alabama" iniziò Bill e senza neanche accorgesene Cathe lo seguì, d'altronde quella era una delle sue canzoni preferite "where the skies are so blue.." i due intonarono la canzone fino al ritornello del coro dove Cathe iniziò a cantare da sola con tutti i Tokio che sgranarono occhi ed orecchie a sentirla:"a-la-ba-ma, alabama,a-la-ba-ma...!" Cathe si accorse di star cantado da sola e si interruppe immediatamente "cavolo canti veramente bene, sei molto intonata e raggiungi ottave alte!" le disse Bill "ma piantala sono stonata come una campana!" "no no davvero "le disse il moro "per carità non hai un timbro bellissimo ma tecnicamente parlando sei davvero intonata!" "ma no..." "hai mai cantato prima?!" "vale il coro della scuola?!""bah sì se lo vuoi considerare... " "si cioè cantavamo nei classici cori di natale che nelle scuole private sono considerati il non plus ultra... ma sincermante il più delle volte cantavo seminascosta nelle ultime file... maledetta timidezza!" "beh comunque guarda che canti bene, è raro prendere a freddo le note che hai preso tu...credo che neache Bill ce la faccia!" disse Gustav  mentre Bill gli faceva gesti poco eleganti col dito medio, Cathe continuò: "no comunque ragazzi per me cantare è una cosa che si fa quando ci si prepara per uscire o in macchina, lì si mi dovete sentire! finestrino giù radio a palla: tamarra forever!" i 4 si guardarono allibiti e fissarono Cathe che solo in quel momento si rese conto di aver fatto una delle più colossali figure della sua vita ma nel contempo di aver iniziato a picconare il muro difensivo immaginario che si era eretta intorno.

 


Finalmente arrivarono a Berlino, meta del loro viaggio di ritorno: "Cathe tu sti due giorni che fai?!" le chiese Gustav "torno giù dai miei a Monaco, è più o meno un mese che non li vedo, sarà meglio fargli una visitina!" "brava così vai a prenderti i complimenti e gli zuccherini per aver fatto la brava bambina?!" disse Tom con una punta di malizia "ahah.. spiritoso, comunque non ti preoccupare niente zuccherini, solo complimenti per la più figa di tutte...ehhe!" "Cathe... era una battuta!" "anche la mia Tom!"i due si guardarono ancora un po'in cagnesco finchè non intevenne David per ricordare ai gemelli Kaulitz che era ora di andare: "ti diamo un passaggio all'aeroporto, vuoi?" le disse Bill "no tranquilli, adesso devo ancora passare da Kipp a farmi dare i compiti delle vacanze!": appena pronunciata la frase Cathe si morse la lingua, possibile che dopo 7 ore in compagnia dei Tokio avesse iniziato a ragionare come una persona normale che non aveva la minima voglia di passare due giorni a lavorare?! cosa le stava succecedendo?!

 


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"PAPAAAAAA'!!!!" Sylvia corse incontro a Bill e gli saltò letteralmente al collo :"mi sei mancato tanto tanto papà!" "anche tu prinzessin, davvero tantissimo!" Bill strinse ancora di più la figlia a sè: finalmente dopo una settimana poteva riabbracciarla, poteva di nuovo rimepirla di coccole e baci, potevano di nuovo giocare insieme e combinare talmente tanto caos che a volte non si capiva chi dei due aveva 3 anni! "papà raccontami cosa hai fatto di bello! e lo zio Tomi?" "oh lo zio Tomi come al solito, deve comportarsi male con papà!" fece un ghigno al fratello "non ascoltarlo Sylvia, dice le bugie" "papà non si dicono le bugie!" disse Sylvia con aria molto seria "no ti prego Sylvia non fare quella voce! ci è bastata Catharina tutta la settimana..." "chi è Catharina zio? la tua morosa?" disse di botto Sylvia che ormai si era arrampicata sulle spalle di Bill: le piaceva moltissimo stare sulle spalle del padre, si sentiva molto alta e non una pulcetta come molti suoi compagni di asilo la definivano!
Tom vacillò un attimo mentre Bill inizava a ridere come un disperato: "NON è la mia morosa... è una ragazza molto cattiva e perfida e tremenda, è una virago che non lascia mai dormire tuo zio!" Tom iniziò con una scena simil melodrammatica per cui sapeva che Sylvia andava letteralmente matta e infatti la piccolina dopo pochi secondi iniziò a ridere per poi farsi subito seria: "papà... cosa mi hai portato di bello? e quanto ti fermi stavolta?" "piccola purtroppo solo due giorni, giovedì mattina parto già di nuovo ma ti prometto che starò via pochissimo e che poi sarò per te due settimane intere e andremo in bellissimi posti, andiamo in vacanza al mare in un posto bellissimo dove faremo il bagno con i pesciolini, andiamo a Disneyland e all'Europa Park e ci divertiremo come dei matti! e in più ti ho portato un bellissimo regalo!" e le sporse il pacchetto del negozio Disney: Sylvia era tutta contenta e cose in casa dalla nonna :"nonnaaaaaa... guarda cosa mi ha portato papà!" si arrampicò sul divano iniziando a scarteggiare il pacchetto: "il piagiama di Nemo, grazie papà!" disse la bimba con una faccia poco convinta "piccola cosa c'è, non ti piace?" "NO! è stupido Nemo... non mi è mai piaciuto e poi quando lo guardiamo tu ti addormenti sempre... non piace neanche a te... perchè me l'hai portato?" la bimba aveva una faccia sempre più rabbuiata e sembrava stesse per piangere mentre Tom rideva come un disperato e ripeteva al fratello -te l'avevo detto!- Bill: "piccola scusami ero convinto ti piacesse... ma allora chi ti piace?!" "madagascar!! Alex è bellissimo ma a me piace tanto anche Gloria, anche se assomiglia alla maestra dell'asilo, hanno lo stesso culone!" "Sylvia chi ti insegna queste cose?!" "lo zio... ha detto che è brutta!" Bill scossò una nuova occhiataccia a Tomi"scusa Bill ma è veramente brutta e antipatica!" "sì... e poi mi mette in castigo!" "come in castigo?!" disse Bill abbastanza preoccupato "si Sylvia, dì a papà che ti hanno messo in castigo 3 volte questa settimana..." intervenne Simone "allora una volta perchè ho picchiato un mio compagno, ma quello è cattivo, diceva che sono solo una stupida e che i miei genitori sono dei ragazzini e anche non sposati e allora io l'ho picchiato, e gli ho anche detto che la mamma non ce l'ho perchè è morta anche se sincermente non ho ben capito cosa voglia dire... comunque si meritava le botte! poi un altra volta perchè non mi sono messa a far finta di cucinare per le bambole... la maestra ci dice di cucinare quelle robe di plastica, ma non sa che la plastica non si cucina? io a casa cucino cose vere che poi mangio con i nonni, non quelle schifezze di plastica, e poi l'ultima volta perchè mi sono messa a fare il verso alla maestra!" Tom si stava scompisciando dalle risate, era impossibile che quella fosse figlia del riflessivo Bill, ok cromosomicamente sì, ma dato che erano gemelli omozigoti indubbiamente il caratterino l'aveva preso dallo zio!

Bill era invece molto più pensieroso anche se non lo diede molto a vedere davanti alla bambina; ne parlò alla sera con la madre Simone mentre Tom era impegnato a far giocare Sylvia:
"cosa c'è Bill, è tutta la sera che ti vedo strano!" Simone si sedette sul divano accanto al figlio
"stavo pensando... pensavo che come padre faccio veramente schifo!"
"no, tutt'altro figlio mio..."
"ah no?! dov'ero quando mia figlia ha gattonato per la prima volta? e dov'ero quando ha inizato a camminare? e la sua prima parola? ero in giro per la Germania a cercare la strada del successo per cosa? per perdermi attimi della vita di mia figlia?"
"Bill calmati, questo discorso l'abbiamo già fatto... come faccio a spiegarti che a dispetto di ciò che tu possa pensare tua figlia cresce tranquilla e serena e che non si lascia intimorire dai compagni che le fanno delle battute che sentono in casa, se ne frega Bill, se ne frega altamente, ed è tanto in una bambina di 3 anni!"
"mamma ma sono io che non me ne frego... adesso è un gioco per lei ma quando cresce? quando arriverà alle elementari? quando le battute non arriveranno più perchè le ha dette il padre o la madre di qualcuno ma perchè lo penseranno i suoi compagni? io sono passato attraverso anni di battutine, di commenti, di prese in giro pesanti... ho lasciato la scuola! non voglio che mia figlia passi le stesse cose!"
"vieni qui piccolo" Simone abbracciò suo figlio "è diverso per Sylvia...ha il carattere forte e fiero di sua madre, si caccerà nei pasticci con questo suo carattere ma se qualcuno le dirà qualcosa o le farà qualcosa lei gli darà un cazzotto sul naso un po' come faceva Tom!"
"mamma ma ciò vuol dire che io sono solo un debole... io...io mi facevo scudo con mio fratello..."
"no Bill, tu non sei affatto uno debole, uno che a 16 anni decide che alleverà sua figlia e intanto sfonderà nella musica come ha sempre sognato non è uno debole, è uno che ha un gran coraggio e una gran forza di volontà! tu è da quando hai 4 anni che sogni questo momento, quello in cui saresti diventato famoso... a maggior ragione non mollare adesso! fallo anche per Tom, fallo per Sylvia ma fallo anche per te stesso! e fregatene se qualcuno fa delle battute sul fatto che Sylvia non abbia la madre: lei stessa se ne frega, figurati l'altro giorno è andata da una amichetta a giocare e tornando mi fa -certo che non capisco come si possa avere una mamma come quella di Ines, è sempre lì che urla e dice di sistemare i giocattoli, a me piace più avere una nonna! tu non mi dici mai niente! e neanche papà- quindi vedi Billy, se ne frega, lei è tranquilla, cerca di esserlo anche tu!"
"ma mamma io ho paura comunque di non essere un buon padre...e certo questo è un periodo tremendo!?"
"perchè? mi sembra che il nuovo tour stia andando alla grande!"
"il problema è che non c'è più Jutta alla produzione, è in maternità e ci hanno affidato a una giovane 22enne di belle speranze che di cognome fa Hoffmansthal, si si... lasciami finire... la figlia di quell' Hoffmansthal! è una cretina completa, per carità bravissima professionale super preparata ma ci sta sempre col fiato sul collo, è troppo seria mai un momento di relax, cavolo a volte ti chiamo e quella inizia a smaniare e a far segni di mettere giù!"
Simone si mise a ridere "scommetto che Tom proprio non la regge..."
"no mamma... proprio per niente e nemmeno io! non la sopporto, non la reggo, la odio per principio..."
"ahhhh per principio... cosa vuol dire? Bill dai smettila ma ti senti...tu che odi qualcuno per principio?!hai proprio bisogno di due giorni di relax!con tua figlia che è la bambina più brava deliziosa equilibrata e scatenata che io conosca...
e adesso fila da tua figlia!"
"mi sa che hai ragione mamma... uffa perchè ho sempre bisogno dei tuoi consigli, cavolo sono papà pure io..."
"Bill... tutti i figli hanno sempre bisogno dei genitori, ma hanno anche bisogno di camminare con le proprie gambe, di sbagliare e di imparare dai propri errori, forse ho sbagliato a crescere te e Tom così ma preferisco che tu faccia di testa tua e poi venga da me a chiedere consiglio piuttosto che soffocarti con belle parole vuote e non richieste!"
"grazie mamma... davvero!" Bill abbracciò sua madre e corse dalla figlia che si stava come al solito dedicando allo smistamento pelouches,  retaggio dei concerti, che le portava il padre.


"Tom vieni qui un attimo..." Tom si alzò dalla potrona dove si era svaccato e raggiunse la madre in cucina "Tomi, chi è sta nuova assistente che avete al posto di Jutta?"
"miss simpatia Catharina Hoffmansthal? una pazza scatenata, la odio non la sopporto, controllo quante me ne porto a letto... scusa mamma ma tanto lo sai come sono fatto, e mi sta perennemente con il fiato sul collo, anzi non solo a me, a tutti!!"
" e con Bill?!"
"anche,identica, anzi forse peggio che con noi..."
"e Bill...com l'ha presa?"
"secondo te? ti dico solo una cosa di quella ragazza... ha gli stessi identici occhi di Sylvia e se non mi sbaglio sotto la corazza che si è creata è esattamente come Sylvia, e questo mio fratello l'ha capito... quindi lascio immaginare te come sta Billy!"
detto questo Tom tornò sul divano lasciando Simone in cucina a rimuginare sulle parole dei figli: "come faccio ad aiutarvi bimbi miei?!"

 

 

La giornata successiva fu di puro relax per i Kaulitz, Tom come previsto dormì fino alle 4... neanche si alzò a pranzo e per Tom ciò significava essere veramente distrutti; Bill invece passò la giornata con la figlia: si divertirono come pazzi tra giochi, sistemazione pelouche e assegnazione nome, bagno in piscina visto il caldo che era uscito negli ultimi due giorni e sopratutto coccole a non finire: aveva proprio bisogno del contatto fisico con sua figlia, di poterla tenere costantemente in braccio, di farle il solletico, di saltare con lei sul lettone di Tom per svegliarlo prendendosi una buona dose di cuscinate che fecero divertire moltissimo la bimba.
Sylvia aveva un energia incredibile, si svegliava prestissimo al mattino e iniziava le sue scorribande per casa, Bill non riusciva a restistere nel letto più di un paio di minuti alla "furia giocosa" di Sylvia ma non che gliene importasse molto;aveva solo paura che tutto l'incanto che aveva creato attorno a sua figlia e tutta la rete di protezioni dalla curiosità dei media, dalla fama e dal successo paterno potesse rompersi e aveva pura che sua figlia capisse cosa veramente faceva suo padre, scoprisse cosa voleva dire essere famosi e sopratutto capisse le battute stupide degli anti Tokio Hotel, di cui Bill era la vittima preferita per il suo modo di essere.
Preferì non pensare a queste cose e concentrò tutta la sua attenzione sulla sua piccola Sylvia, godenndosi i momenti in compagnia della piccola.

 


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Catharina prese l'ultimo volo Berlino-Monaco di quel martedì sera, era distrutta fisicamente e moralmente: Kipp l'aveva sfinita più del solito: per carità come previsto si era presa un mucchio di complimenti davanti allo staff completo che però la guardava malissimo, grazie al fatto che Kipp, contrariamente a quello che faceva con tutti gli altri, che venivano chiamati per nome, a lei si rivolgeva per cognome, come a sottolineare il fatto di chi dovesse ringraziare per quel posto: suo padre.
Inoltre si era vista assegnare un mucchio di lavoro per i 2 giorni successivi che iniziò subito in aereo: erano delle grosse novità molto importanti per i Tokio, stavano infatti organizzando il tour mondiale che sarebbe iniziato due settimane dopo la conclusione di quello europeo, ma stranamente, al posto di essere contenta, Cathe sentiva quel tour come una specie di costrizione e non capiva il perchè. Era comunque troppo stanca per ragionarci e non vedeva l'ora di arrivare a casa.

 

-già... casa!- pensò tra sé e sé Cathe -perchè mi dovrò sopportare il terzo grado dai miei, voglio dormire... eh va beh dai è più di un mese che non li vedo, voglio proprio vedere che faccia faranno quando dirò che ho la supervisione di un mucchio di cose... dai Cathe finalmente stai per vedere ripagati tutti i tuo sforzi!-


"buonasera signorina Hoffmansthal" disse compita la cameriera all'ingresso della bellissima villa nel centro di Monaco
"buonasera Brigitte, la prego i miei genitori?"
"i signori sono nello studio, la stanno aspettando"
Catharina salutò educatamente Brigitte e si diresse nello studio dove i suoi iniziarono a subissarla di domande:
"Catharina tesoro, allora racconta bene a me e a tuo padre come è andata questa settimana! ho detto a tutte le mie amiche che finalmente qualcuno si è accorto di quanto vali... meno male che così almeno tutti i tuoi sforzi i tuoi sacrifici e anche i nostri saranno ricompensati, dai raccontaci bene!"
"giusto Catharina, allora come è andata la settimana, Kipp com'è? gli ho detto di avere un occhio di riguardo, sei giovane ma non per questo inesperta, spero prorpio l'abbia capito, però sai com'è anche se non ti complica l'esistenza è meglio!"
"allora mia bimba, raccontaci, come sono questi... come hai detto che si chiamano?!"
"Tokio Hotel mamma!"
"mai sentiti..."
"eh già no... saranno in tutti i telegiornali... il gruppo emo rock che sta scalando tutte le classifiche?! non puoi non averli mai sentiti..."
"ma si Rebecca, quelli che hanno passato prima su RTL, quei 4 ragazzi con quella che cantava con quella strana acconciatura..."
"papà... è un ragazzo per favore non ti ci mettere anche tu... si chiama Bill, smettila per favore!"
"Catharina non c'è bisogno di scaldarsi tanto, noi nenche li conosciamo, se lo dici tu... ci fidiamo, certo che comunque sono strani e poi non mi piace che ti debba viaggiare con loro, magari sono..."
"sono mamma..."
"Catherina tua mamma sta dicendo che magari non sono persone molto raccomandabili, quindi fai attenzione, non vorremmo mai ti accadesse qualcosa, non vorremmo mai avere dei dispiaceri..."
"ma non li avrete! non preoccupatevi! sapete che non ve ne ho mai dati e mai ve ne darò!"
"oh Catharina sei davvero una brava ragazza..."
"però adesso attenzione, mamma papà assisterete all'anteprima del prossimo DVD dei Tokio Hotel, che devo supervisionare in quanto assistente alla produzione..."
"eheh Kipp ti ha dato i compiti per le vacanze eh..." disse suo padre e Cathe non potè far altro che annuire stancamente

I 3 guardarono il video che era stato montato per avere una traccia da seguire per il montaggio finale anche se mancava ancora la seconda parte del Tour che si sarebbe concluso la settimana dopo, ma il grosso del lavoro era comunque già stato impostato grazie alle nottate passate da Catharina a sistemare e selezionare scene per i montatori; alla fine del DVD i genitori di Catharina guardarono la figlia con un sorriso che alla ragazza parva un po' di circostanza e ne ebbe la conferma quando la madre le disse:
"Cathe tesoro, ma non ti si vede se non di sfuggita in un paio di scene e il tuo nome compare solo nei ringraziamenti di coda..."
"mamma certo non sono la protagonista io, lo sono i Tokio Hotel!" disse Cathe con un ghigno abbastanza incacchiato a sua madre
"e poi Cathe potevi vestirti meglio nelle due scene in cui compari... se lo vedono le mie amiche cosa pensano, non ti si vede neanche la cintura di Chanel, e poi come ti sei vestita non ti rende giustizia, con quella maglia hai una pancia da elefantesa!"
"su Rebecca, adesso non iniziare con questi discorsi, il DVD non è incentrato su nostra figlia ma vedrai che nella versione definitiva ci faremo mettere anche una bella intervista a Catharina, non ti preoccupare chiamo Kipp e glielo suggerisco! eheh"

Catharina rimase sconvolta dalle parole del padre: ma non si rendeva conto che il DVD non era incentrato su di lei ma sui Tokio Hotel? Su Bill, Tom, Georg e Gustav? sui SUOI ragazzi? prese il DVD, spense il lettore, diede la buonanotte ai genitori e scappò letteralmente in camera sua: era sconvolta dalle parole di suo padre, ok certo non si aspettava applausi a scena aperta ma almeno in un "brava!bel lavoro!" ci sperava. Perchè i suoi si erano comportati così? perchè il loro massimo problema era l'apparizione della figlia in un DVD? perchè erano cambiati così tanto i suoi genitori?

entrò in camera e il suo sguardo si posò dopo tanto tempo sul poster del suo anime preferito, "il mistero della pietra azzurra"... sorrise al ricordo di quante ore aveva passato a consumare i DVD a furia di vedere e rivedre le stesse scene...le era piaciuto molto già dalla prima puntata ma si era ancora di più appassionata quando aveva scoperto che un personaggio si chiamava come lei! decise di vedersi 2 o 3 puntate, un DVD, giusto per ricordare i vecchi tempi in cui tutto andava come lei programmava e le sue certezze famigliari erano ancora salde!
-allora a caso.... chiudi gli occhi... eccola... puntata 20/21/22... oh sì belle!!-

mise su il DVD e iniziò a guardarlo.


 

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Capitolo 7
*** di nuovo in viaggio...scoperte e sorprese ***



capitolo 7: di nuovo in viaggio...scoperte e sorprese

 

 

Era già giovedì! voleva dire ricominciare: tutto da capo, si riparte, si corre da una parte dall'altra, si hanno dei tempi frenetici e le ore di sonno contate, si mangiano schifezze quando si riesce, si ha sempre la valigia in mano, i vestiti stropicciati, le occhiaie sotto gli occhi e i capelli uno schifo, il cellulare perennemente in mano, il PC sempre acceso, si dorme il più delle volte sul tour bus, ci si mangia le unghie per il nervosismo, si prendono voli, bus, taxi, qualsiasi mezzo è valido! oggi si ricomincia!


5 persone, 3 città, per tutti lo stesso fastidiosissimo rumore della sveglia: impietosa suonò ... se poi tutte e 7 le persone la ignorarono e continuarono a dormire, beh quello era un altro discorso!

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"calma... adesso mi alzo! conto fino a 10 e mi alzo, che cacchio di ore sono?" Cathe prese la sveglia e la fissò con gli occhi a fessura: 5 e un quarto "ancora nanna per favore..." si rituffò sul cuscino "LE 5 E UN QUARTO???!!! mer** sono in ritardo colossaleeeeeee!!". Si fiondò giù dal letto e si diresse verso il bagno: cosa strana per lei riuscì a fare doccia, capelli e trucco in un quarto d'ora netto, va beh i capelli li aveva raccolti in una coda con chinion tiratissimo che era molto elegante ma era anche pratico sopratutto se non hai tempo di asciugarti i capelli.
"dove sono i vestiti? cosa mi metto?!" prese al volo un paio di jeans Cavalli dall'armadio, camicetta Burberry, tacco 10 leopardato Jimmy Choo, borsa gigantesca modello ma-dove-sta-andando-quella-borsa-con-attaccata-la-Cathe al cui confronto Mary Poppins poteva andare a nascondersi, naturalmente della Tod's... certo si vedeva quanti soldi aveva la ragazza e sopratutto quanto era il suo stipendio!
corse giù dalle scale, afferrò le 4 valigie e filò in macchina dove un compito ma molto assonnato autista la stava aspettando per accompagnarla all'aeroporto.

-odio gli aerei... perchè ne devo prendere due a settimana? ma chi me l'ha fatto fare questo lavoro!?- pensò Cathe: era proverbiale la sua paura tremenda per gli aerei, non riusciva a stare tranquilla e infatti spesso ricorreva a 5 o 6 provvidenziali gocce di tranquillante per riuscire a sopportare l'ora e un quarto su quel trabiccolo da Monaco a Berlino! Era comunque da poco che prendeva gli aerei -già da quando quel deficiente mi ha costretto a spararmi 2 ore e mezza di volo fino  a Londra per che cosa?! meglio che non ci pensi... lo stronzo!- pensò tra sé e sé mentre aspettava che aprissero il check-in e nel frattempo faceva uno "studio comparato" delle persone in attesa come lei:

manager in giacca e cravatta con il PC già in funzione, PR attaccate al cellulare con tacco 10 di ordinanza (-mi ricordano qualcuno- si ritrovò a pensare la ragazza), studenti fuori sede che tornavano a casa o andavano chissà dove, due ragazzine di 14 o 15 anni sedute proprio accanto a lei che stavano consumando con gli occhi la copertina di un giornale dove indovinate un po' chi c'era?!!?

anche Catharina si mise a fissare la copertina, certo non se li stava mangiando con gli occhi come le due ragazze ma per la prima volta si ritrovò a guardarli con occhi diversi: per la prima volta si ritrovò a pensare chissà cosa stanno facendo Bill Tom Georg e Gustav, e si rese conto che da quando li aveva lasciati due giorni prima li "chiamava" per nome e non "quei 4"!  -che abbia ragione Jutta?-mormorò tra sé e sé -che dopo il viaggio con i Tokio sia scattato in me qualcosa? qualche cambiamento?- rimase un po' titubante finché le risatine e i discorsi delle due ragazze la destarono dai suoi pensieri:
"è veramente un figo!cioè ma lo vedi... è un pezzo di gnocco! è bono da paura... giuro Kat me lo farei!qui!subito!seduta stante!"
"Hele non ti preoccupare anche Tom ti salterebbe addosso... anzi secondo me stasera ti salta addosso e poi mi raccomando voglio i particolari domani mattina! uno così secondo me tromba divinamente..."


-Uhu discorso interessante queste due- pensò Catharina allungando un po' di più le orecchie per origliare (suo pessimo vizio!)

"Kat per favore i miracoli non esistono...magari ci riuscissi, ma se non ci riesco con Tom mi va benissimo anche Georg, dico ma hai visto che fisico, cioè meno di Tom credo, uno che chiamano SexGott è una garanzia e IO ci voglio fare un giro!"
"Hele... vergogna... sei una assatanata!"
"come il mio Tomi!!! mica sono una stordita come te...Bill a me proprio non piace... troppo magro!"-sì in effetti è magrolino, ha ragione la ragazza...ma tra i due fanno a gara a chi è più filiforme...-pensò Catharina"ma io Bill lo amo... lo adoro, lo venero, pensa che ho già guardato per le partecipazioni di nozze... immaginati Hele... Bill e Kat Kaulitz annunciano il loro matrimonio facendo morire di invidia tutte quelle str**** delle nostre compagne!che non sono qui che prendono un aereo e stasera vedranno i Tokio a Berlino e saranno in studio con loro!!!ma ti rendi conto del culo che abbiamo avuto con il concorso?!"

-eccole dove me le ritrovo 'ste due... alla RTL2, già mi stavo dimenticando che stasera abbiamo la diretta con interviste e  unplugged...sono proprio andata!-pensò Catharina

"si... troppo culo!!stasera vedrò il mio Tomi... immaginati, guarda come suona bene... Helena Kaulitz, perchè prendo il cognome di Tom!certo...da brava moglie!!"
"no no...Hele, senti cosa suona meglio: Katharina Kaulitz!"

la nostra vecchia Catharina (con la C..., quella con cui vi annoio da 7 capitoli, non la ragazza dell'aeroporto NDR), insomma Catharina fece un bello spruzzo con il cappuccino che stava trangugiando come colazione e iniziò a tossicchiarlo in giro e anche sulla sua camicetta.

-Catharina Kaulitz... orrore... mi sento male... Cath... Cath.. Kaul... Bill?!ma queste sono pazze?! ma siamo fuori? IO con Bill?no no calmati LORO con Bill, non stanno parlando di te...-

le due ragazzine si accorsero di Cathe: "si sente bene signorina? ha una faccia..."

-eh grazie, tu ti chiamerai ben Catharina come me ma certo non lavori con Bill...-

 "no no tranquille tutto bene, è che anch'io mi chiamo Catharina e mi faceva un po' specie sentire Catharina Kaulitz..."
"scusi?mica parlavamo con lei!" disse Helena con tono abbastanza scazzato
"no lo so ma, come dire, diciamo che conosco Bill Kaulitz e non mi piace che il mio nome venga associato al suo cognome!" rispose Catharina guardandole in cagnesco
"CONOSCI BILL???!!!!"
"ci lavoro con Bill, sono assistente alla produzione della Universal, quei pass per stasera hanno la mia firma..." confessò Catharina sperando che le due tacessero: errore madornale!
"TU LAVORI CON I TOKIO HOTEL?!?!?!"
"ehm...sì, ve l'ho appena detto!"
"OH MIO DIO TU CONOSCI BILL TOM GEORG E GUSTAV?!?!?!"
-ma 'ste due sono sorde o cosa?- "sììì... sono assistente alla produzione praticamente vuol dire che sono come David Jost ma per la Universal, non sono stipendiata dai Tokio ma dalla Universal, per il resto faccio un mucchio di cose, da controllare contratti, interviste, fissare date dei concerti, delle serate in tv, faccio il caffè, sveglio i ragazzi al mattino e gentilmente riaccompagno alla porta le groupie prendendomi numerosi insulti ed epitopi di cui farei volentieri a meno... e no, lasciatemi finire, NON sono MAI stata a letto con nessuno di loro!non li ho mai visti né in costume né tanto meno nudi...quindi evitiamo domande sull'argomento!"
Catharina aveva sortito l'effetto desiderato: le due finalmente erano state un attimo zitte e mai come in quel momento aveva dato mentalmente ragione a Bill che non sopportava urli e grida isteriche quando non richieste: un conto sono i concerti e un altro è una sala dell'aeroporto con metà Monaco che ti conosce e con cui vorresti evitare di fare figure, giusto per mantenere ancora un pochino di dignità!
"però...lei...allora..." le due stavano di nuovo aumentando il volume
"ragazze, tono moderato! Tom e Bill lo adorano, sopratutto di prima mattina!"
-eheh ho trovato l'arma di ricatto con queste due!-
"quindi... le possiamo chiedere una cosa?"
"ditemi..."
"come sono veramente dal vivo Georg Gustav Tom e Bill..."
"come sono?!beh... lo vedrete stasera... non so se avete notato ma stanno chiamando per il check-in e IO ho il priority boarding... quindi scusatemi!"e lasciò le due ragazze con le bocche aperte e l'aria sconvolta; un po' comunque se ne pentì e diede loro due pass supplementari per il back stage e l'after party: "sentite non so neanche io perchè vi stia dando questi pass, ma fatene buon uso, non lo so... avete un aria simpatica e mi sembrate alla prima grande esperienza della vostra vita fuori casa non accompagnate dai vostri, quindi tenete questi pass e in bocca al lupo!!"
Le due rimasero ancor un po’ a fissare Catharina che si allontanava a grandi falcate verso il desk, quindi si sorrisero a vicenda e l’intera sala d’aspetto fu assordata dalle loro grida isteriche di gioia; anche Cathe le sentì e non poté fare a meno di sorridere.

Sull’aereo come suo solito mise nelle orecchie l’Ipod, la musica l’aiutava a concentrarsi o meglio a distendere i nervi che erano a fior di pelle un po’ per il volo e un po’ per una montagna di altri problemi:   
-chissà come andrà sta settimana? Devo ancora passare da Kipp per il DVD, devo parlare con Jutta che ho proprio bisogno di buoni consigli e…. e… mi mancano i ragazzi, ho bisogno di staccare la spina, ho bisogno di ridere come ho fatto l’altro giorno! Pazzesco… io che ho bisogno di normalità?! Già a proposito, chissà cosa fanno “quei 4” in questo momento?!- la sua mente iniziò a vagare immaginandosi cosa combinavano i Tokio finché, pensando, non si addormentò.

 


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“PAPAAAAAAA’…. Papààààààààààààààààà, papà papà papà, svegliati… è mattina!!!” Sylvia continuava a saltare sul letto di Bill, aveva avuto dal padre il permesso di dormire nel lettone –ma solo per stavolta, e solo perché sto via 10 giorni!-  le aveva detto Bill la sera prima e per risposta si era sentito dire :-lo dici sempre ma tanto alla fine decido io!-
Bill era sempre più conquistato dalla furia che era la sua bambina, gli sembrava impossibile fosse sua ma man mano che cresceva rivedeva in lei il carattere di Sylvia, dolce cocciuto e ostinato, di una che sapeva esattamente cosa voleva, e la piccolina era sulla buona strada per diventare come la madre.
“papà dai vieni a giocare con me, andiamo a svegliare lo zio Tomi?!”
“Prinzessin si arrabbia se lo svegliamo, vuole dormire fino all’ultimo lo zio…”
“ma io mi annoio…”
“come ti annoi? A stare con me?” 
“ma no papà… io starei sempre con te… sei tu che non vuoi stare con me!”
“ma non è vero… lo sai cucciolotta…” Bill prese in braccio sua figlia e si rimisero sotto il piumone al calduccio, era stato caldo nei giorni precedenti ma il pomeriggio prima il tempo era mutato improvvisamente ed era diventato molto fresco: “papà fa un lavoro per cui deve stare molto fuori casa, come zio Tomi, zio Georg e zio Gustav… siamo sempre insieme!”
“si ma a me non piace…”
“perché piccola? Hai sempre detto che ti piaceva che io viaggiassi tanto e ti portassi dei peluches…”
“si ma io vorrei che tu stessi sempre con me…è più divertente quando ci sei tu a casa… la nonna non mi lascia sempre fare tutto quello che voglio…”
“ma la nonna lo fa per il tuo bene, se no diventeresti come lo zio Tomi!” disse Bill facendo ridere la piccola
“no lo zio Tomi no, è troppo scemo!”
“Sylvia… ma chi ti insegna queste cose.?!” Le disse Bill ben conoscendo la risposta che infatti non tardò:
“lo zio Tomi! Etchù!”
“salute cucciola… ma hai il raffreddore? Fai sentire se hai la febbre…”
“ma non ho nulla… uffa…”
Bill iniziò a preoccuparsi e infatti portò subito la bimba dalla nonna:
“mamma…ehm, Sylvia ha starnutito!” “è normale Bill, tutti i bambini starnutiscono, avrà preso freddo ieri sera, si è alzata un aria gelida e voi ancora in cortile…”
“mamma…. Voleva stare fuori!” replicò Bill con un aria da povero cagnino bastonato per cui sua madre smetteva subito di sgridarlo, neanche a Tom riusciva così bene quello sguardo
“sì ma se c’è aria bisogna rientrare… comunque non ha la febbre, è fresca! Non ti preoccupare puoi partire tranquillo!”
-appunto, partire...- pensò Bill mentre scendeva in cucina con la figlia in braccio per preparare la colazione –chi ha voglia di partire… se penso che dovrò lasciarla sola per 10 giorni mi sento morire, poi penso che lo faccio per il suo bene, che se ho un conto in banca stratosferico è anche per il suo futuro, però vorrei non dover scendere a compromessi!-
“a cosa pensi papà, sei tutto serio…” la vocina di Sylvia lo fece tornare alla realtà
“ma no piccola, a niente!”
“non è vero… si pensa sempre a qualcosa…”
“ah… davvero, e tu a cosa stavi pensando?”
“che non ho voglia di andare all’asilo, le altre bambine sono antipatiche, l’unica simpatica è Ines!”
-no ti prego fa che mia figlia non debba passare ciò che ho passato io… perché le sono già antipatiche delle compagne?-
“ma perché ti stanno antipatiche?”
“perché sono solo delle femminucce… sono lì che piagnucolano sempre e vogliono il gioco che sto facendo io! E poi non sanno andare sul triciclo… io vado quasi senza rotelline!”
“appunto.. e lo sai che papà non è contento di questo… se nonna e zio invece sono contenti, beh a me non piace…”
“ma papà, ho quasi 3 anni!”
“appunto, normalmente si tolgono a 4 le rotelline… non a 3… chi ti mette in testa certe idee…”
“zio Tomi, dice che devo diventare coraggiosa!”
-già… perché lei non avrà un gemello che nella vita lo protegge dai bulli della scuola e su cui potrà contare…perché mi sembra di sbagliare tutto come padre…-pensò Bill
“ah dice questo lo zio!”
“sì e dice anche che le altre bambine sono solo delle cretine!”
“Sylvia… NON si dice cretine…evito  di chiederti da chi hai imparato  questa brutta parola, non si deve dire…!”
“ok… facciamo pace?”  disse Sylvia mentre porgeva il mignolo a Bill; era in modo della bimba per farsi perdonare quando combinava qualcosa e mai Bill le aveva anche solo per un momento tenuto il broncio
“Prinzessin certo… figurati non è colpa tua… è colpa di zio Tomi che dice cose cattive!”
“ma zio Tomi è zio Tomi… lo dice sempre anche la nonna…”
“ha ragione… dai andiamo a svegliarlo così facciamo colazione insieme che poi è ora di partire…”
“ok… papà…” disse Sylvia fattasi improvvisamente seria: “un giorno mi porterai con te?!”
“certo piccola, ma tra qualche tempo… quando sarai più grande che così sarà ancora più divertente!”
La piccola strepitava di gioia e saltò al collo del padre che la strinse a sé fortissimo:- certo piccola che ti porto- pensò Bill –quando tuo padre avrà il coraggio di dire al mondo che ha te!-


Sgattaiolarono in camera di un dormiente Tom: l’attacco ebbe inizio… radio a palla “rock this party” che piaceva moltissimo a Sylvia e salto sul letto scatenato! Tom resistette al concerto più o meno un minuto, dopo di che fece uno sgambetto al fratello che volò sul letto a pancia in giù facendo scoppiare Sylvia a ridere: “Sylvietta guarda adesso lo zio ti fa vedere un paio di mosse di wrestling!” e iniziò a fare il solletico a Bill che lo soffriva tremendamente, la bimba non stette moltocon le mani in mano e iniziò a torturare anche lei il povero Bill. Andarono avanti così un buon quarto d’ora finché Simone non andò a chiamare i ragazzi:
“a volta non capisco chi di voi abbia 3 anni!” disse al gruppetto dei 3 scalmanati che ridevano ancora facendosi scherzi e dispetti: Sylvia era una vera forza della natura e ci voleva un’ energia pazzesca per riuscire a starle dietro!

Il campanello di casa Kaulitz suonò in quel momento e Sylvia si precipitò giù dalle scale gridando : “zio Georg e zio Gustav! Muovetevi bradipi!” “parlava con te Bill!” disse Tom iniziando a correre per le scale “no Tomi con te!” e come al solito tra i due iniziò una tremenda lotta per chi arrivava primo alla porta.
“Geoooorg!” disse Sylvia saltandogli in braccio “che bello oggi hai fatto la coda, stai tanto bene!” disse la bimba mentre iniziava a torturare la coda al ragazzo : “ehi piccola come stai? Sei pesante, certo non hai preso da tuo padre…”
 “io non sono pesante zio,sei tu rammollito…!”
“Sylvia, ma chi ti insegna queste cose? Scommetto Tom vero?!” la bimba annuì,quindi si fece mettere in braccio a Gustav a cui diede un sonoro bacetto sulla guancia: “zio Gus… mi sei mancato tanto! Mi hai portato qualcosa?” “Sylvia, no mi spiace…” “oh… va bene” disse la piccola con aria delusa;
nel frattempo arrivò Bill che salutò i ragazzi e riprese in braccio la figlia: “guarda che nessuno è obbligato a portarti qualcosa ogni volta che ti viene a trovare…” “lo so papà ma è divertente quando lo fanno… almeno ho qualcosa di nuovo!”
“Sylvia hai la stanza piena di giocattoli nuovi, a volte ci giochi si e no 5 minuti e li metti via, non è una cosa giusta, ma perché lo fai?!”
“perché non ho nessuno con cui giocare!”
“ma la tua amichetta Ines?”
“eh ma non viene tutti i giorni, e a me non piace stare sola!”
“ma ogni tanto può essere divertente stare soli!” si intromise Gustav e Georg annuì
“vedi lo dicono anche loro!” disse Bill alla figlia
“si ma a me piacerebbe una amica, un’amica grande!”
Bill Georg e Gustav si misero a ridere: “cos’è una amica grande?” “è un’amica che è molto più grande e ti porta dove vuoi, ti fa fare cose divertenti non da bambini e fa un po’il pony!”
“fa il pony?!” le disse Bill con aria stranita
“sì… ha la macchina e ti porta in giro… un po’ come lo zio Tomi che mi scarrozza dove voglio…”
“eh lo so piccola scusami che non ho ancora la patente, appena riesco giuro la prendo, così faccio io da pony!”
“NO,voglio una amica pony, tu fai solo il papà!”, Sylvia si fece mettere a terra e andò in camera con aria arrabbiata: Bill non sapeva molto che fare, da una parte trovava la cosa molto divertente e dall’altra era per lui una ferita bruciante quella di non riuscire a capire sua figlia:
“secondo voi mi vuole bene” disse all’improvviso agli altri 3 mente bevevano un caffè prima di partire
“certo che ti vuole bene” gli disse Georg “ha 3 anni, fa i capricci perché tu parti e non ti vede per 10 giorni, cerca di attirare la tua attenzione!”
“e tu questa psicologia infantile dove l’hai imparata?!” gli disse Tom di rimando
“non siamo tutti come te che sei più immaturo di tua nipote” commentò Gustav “no comunque secondo me Georg ha ragione, Bill devi capire che se è difficile per te stare via 10 giorni, lo è anche per lei, soprattutto all’asilo magari le fanno battute o domande!”
“è quello che mi preoccupa, io ho presente come mi sono trovato a scuola, ho paura per lei!”
“Bill… tua figlia è diversa da te… tua figlia ha i coglioni!”
“cosa vuoi dire Tomi, che non li ho?!” Bill era già sul piede di guerra col fratello
“non sto dicendo quello, dico che per avere 3 anni è sveglia e se la sa cavare, cavolo tra un po’ assesta un pugno a qualcuno se le fanno una battuta, fidati si sa difendere, sia a parole che con i fatti!”
“cosa sono i coglioni papà?!” la candida vicina di Sylvia fece girare tutti, non si erano accorti che era tornata giù e che aveva sentito un pezzo del discorso, forse quello meno adatto dal punto di vista lessicale!
“ehm… diciamo che sono… come dire… delle cose che hanno i maschi, ma se le hanno le ragazze vuol dire che sono veramente toste e in gamba!”
“o rompiscatole come Catharina!” soggiunse Tom sentendosi subito rimbeccare da Georg: “allora te ne sei accorto di quella ragazza…”
“certo, cosa credi? È lei che non si è accorta di me…”
“uh ha parlato il figo, solo perché non te la sei portata a letto…”
“Georg dopo, non davanti a Sylvia!” gli fece Tom e la smisero di litigare.
“ma Catharina non è quella che lo zio dice che è una virago?!” “sì piccolina, ma non è così cattiva secondo me… sotto sotto deve essere una brava ragazza…” “se ci credi tu fratello, io non ho nulla da dirti! Ti lascio sbattere le corna da solo ma non venire poi a piagnucolare da me…” disse Tom a Bill mentre Sylvia li guardava con aria sempre più perplessa:
“io non vi capisco!” fece la piccolina “non ti preoccupare Sylvietta, neanche io e lo zio Gus capiamo tuo padre e tuo zio a volte” le disse Georg.

Nel frattempo era l’ora di partire e David era già arrivato a prendere i ragazzi

“mi raccomando Prinzessin, fai la brava con i nonni, papà torna prestissimo! Con tanti regali!”
“me ne basta uno papà, una amica grande che mi faccia da pony!”
“eh va bene, ti troverò una amica che ti faccia da pony!”
“grande!non solo un amica! Grande!”
“ e va bene, ma tu fai la brava e stai in casa che continui a starnutire e poi mi preoccupo se vai in giro!”
“va bene…” disse Sylvia per far contento il padre ma con aria annoiata “oggi starò in casa!” Bill diede ancora un bacione alla figlia e partì.

 

                                           ************************************************


“allora racconta come è andata Cathe” appena uscita dall’ufficio di Kipp, Jutta colse al varco Catharina che non poté sottrarsi al terzo grado
“eh va bene, ma solo se mi offri un caffè!”
“andato ragazza, io però nel mio stato solo una spremuta, che magari mi passa la nausea!”
“cannella… fa passare qualsiasi cosa!”
“bah se lo dici tu…”
Jutta e Catharina si sedettero al bar della Universal: era il loro “angolo di paradiso”, certo per due caffeinomani come loro 15 tipi diversi di caffè era uno spettacolo, quasi meglio di Starbuck’s e rispetto a questo aveva il vantaggio di essere gratis…

“cosa voleva Kipp?!” disse a bruciapelo Jutta mentre trangugiava la spremuta
“rompere…”
“Cathe…. Cos’è questo linguaggio nel confronto del capo? Faccio la spia eh…”
“lascia perdere sono in uno stato tremendo, allora ho passato mezzo weekend a litigare con i miei, cioè non a litigare ma da quando ho messo piede in quella casa hanno passato il tempo a dire che sono sprecata per questo lavoro, che devo puntare in alto e che mio padre farà di tutto per evitare di farmi fare la gavetta… per non parlare di mia madre, il suo massimo problema è che se compaio in tv abbia sempre qualcosa di ultra firmato addosso! Il problema era che nel DVD dei Tokio Hotel c’erano loro e non io… ma te ne rendi conto; poi Kipp che scassa alle 8 e mezza del mattino all’urlo di efficienza, contratto, promozioni, tour mondiale, le ferie te le scordi, ti voglio attiva 24 ore su 24! E che è… ho sonno!ca**o!”
Jutta la guardava tra lo sconvolto e il divertito…ad un certo punto si mise a ridere: “certo che i tuoi sono proprio…”
“sono proprio?”
“deficienti… è l’unica, non hanno capito un ca**o dalla vita… c’è da dire che mi stupisco che tu te ne sia finalmente resa conto, così come ti sei finalmente resa conto di come è Kipp, non è che c’entrano 4 ragazzi che stanno passando adesso laggiù?”
Stavano entrando i Tokio e Cathe si girò e si mise a guardali:
primo Tom con aria da SexGott di serie, quindi Gustav con l’espressione che Jutta definì cucciolosa e Cathe non poté fare a meno di annuire, poi Georg “Stuck-de-gnocc”  coniata al momento da Cathe, con buone risate di Jutta e per ultimo Bill: i capelli per una volta non stirati tenuti indietro dagli occhiali da sole, non truccato, aria da ragazzo normale, ma soprattutto due occhi tra il triste e il sognante.
Li aveva già notati Cathe quegli occhi, li aveva sempre quando parlava al telefono –con la morosa, ecco con chi…si ripeteva Catharina- si vedeva che era innamorato, e ciò, per qualche strano motivo a Cathe non piaceva.
“wow…” disse Jutta con espressione sadica sul viso “effetto- Bill Cathe…sei bordeaux in viso… tutto ok…”
“ho caldo…”
“si certo… tutta un bollore per Bill..”
“piantala… la gravidanza ti fa male…”
“no no, mi fa benissimo! Certo mi manca il caffè….”
“io non resisterei senza caffè!”
“no non resisterai infatti…”
“Jutta… resisterei… prego! Ricordati!”
“già Cathe… ma per me i miracoli esistono, ne sono la prova… incinta a 43 anni! Faranno il miracolo anche con te…”
“Jutta non credo…”
“dai sì…”
“Jutta piantiamola con questo discorso!per favore….”
“oki… allora parliamo del Kaulitz senior… hai fatto una faccia…”
“io non ho fatto nessuna faccia… ho fatto un collegamento di idee…”
“del tipo tu, lui e una vasca piena di schiuma?!”
“Jutta, tieni a bada gli ormoni! No mi sono venute in mente due ragazzine stamattina in aeroporto…”
Cathe raccontò dell’incontro a Jutta che iniziò a ridere come una matta: “ah Cathe certo che sei proprio cambiata, dare i pass per l’after party… tu?!”
“e dai che c’è di male, mi è sembrato giusto… cercavano da una vita di incontrarli… io per amore ho fatto follie e mi sono rivista in loro… anzi no perché io non ho mai fatto quelle cose alla loro età, dando quei pass era come se un po’ le facessi io!”
“cioè hai dato a loro dei pass per sentirti per una volta libera dalle regole?!”
“sì… ero reduce dai miei… ne avevo bisogno… ne ho bisogno! Jutta ho fatto come mi hai detto, ho parlato con i ragazzi martedì sul bus, beh stavo bene, mi sono divertita, non mi ero mai divertita tanto, cavolo è da martedì che sogno che arrivi oggi per ripartire con loro!”
“certo che stai proprio cambiando… cavolo le 9… dobbiamo andare tesoro!” e si avviarono all’ascensore
“vieni su con me Jutta?” “solo un pezzo, mi fermo al 10° che devo passare in ufficio a prendere delle cose…”
“ah già comunque per quelle due ragazzine, oltre al pezzo il cui hanno associato il mio nome al cognome Kaulitz, e piantala di ridere” a Jutta era partito un altro attacco di ridarola “comunque… dovevi sentirla quando hanno detto.. tieniti forte…che si immaginavano Bill papà dei loro figli… ma io dico, Bill papà?! Ma sono fuori?!” l’espressione di Jutta cambiò repentinamente e fissò con rabbia Cathe:
“dici di aver capito tutto di quei ragazzi… si vede che non ne sai proprio niente… Bill E' un ottimo padre, ma credo che tu sia troppo impegnata a guardare le apparenze piuttosto che a conoscere chi si nasconde dietro i Tokio Hotel come gruppo, sbatterti a capire chi sono loro in realtà come persone è troppo, vero?!” nel frattempo le porte dell’ascensore si aprirono al 10° piano e Jutta uscì senza degnare di uno sguardo Cathe: “donna incinta, valla a capire!” pensò la ragazza tra sé e sé proseguendo verso il 15° piano.

 

 


La giornata trascorse tranquillamente tra pianificazione della seconda parte del tour, della registrazione dell’album e dei preparativi per il futuro tour europeo e mondiale (la mega novità che Cathe era corsa a riferire ai ragazzi!)
Solo Bill era strano, l’umore al mattino era stato ottimo ma dopo una telefonata ad inizio pomeriggio si era incupito, chiudendosi in se stesso e rivolgendo stentatamente la parola giusto al fratello e a David.

 

 

 

 

 


“ragazzi 20:10 tra 5 minuti in onda!” : era la diretta nazionale su RTL2, era la sera della consacrazione del nuovo tour e del nuovo album, doveva essere tutto perfetto. Catharina era in fibrillazione per tutte le cose di cui si sarebbe dovuta occupare nei successivi 5 minuti: anni di studio, di lavoro, di sacrificio si giocavano lì!
Corse nel camerino per chiamare i Tokio e lì vide una scena che era il peggior incubo!
Bill in lacrime sul divano attorniato da fratello che lo abbracciava, da Georg, da Gustav e da David-che cazzo ha adesso quello, paura della diretta… lo prendo a scarpate se non si alza da quel divano e va a fare quello per cui LO pagano e MI pagano-

“Kaulitz cosa c’è?” il tono di Catharina non ammetteva repliche, ma mai si sarebbe aspettata una simile reazione da parte di Bill: il ragazzo si alzò come un fulmine dal divano e spinse di peso Cathe contro il muro “cosa c’è… mi chiedi cosa c’è… c’è che mia figlia ha la febbre a 40 e io devo stare qui a cantare mentre vorrei essere da lei e non me ne frega un cazzo se là fuori vogliono me! IO VOGLIO MIA FIGLIA!”
Glielo urlò in faccia a Catharina che era sempre più confusa e spaventata da un simile comportamento, un po’ come gli altri componenti dei Tokio:

“già Miss perfettina, Bill Kaulitz ha una figlia, si di 3 anni se ti interessa, ma non credo al massimo ti sconvolgerà e andrai a pregare per salvare la mia anima peccatrice EHH… tu che cazzo ne sai della mia vita e di quella dei ragazzi, che cazzo ne sai di come mi sento io? TU HAI AVUTO TUTTO DALLA VITA e adesso vieni qui a dirci della diretta… ME NE FREGO, VOGLIO ANDARE DA MIA FIGLIA!”

Catharina non aveva il coraggio di alzare lo sguardo, aveva gli occhi chiusi, ma li aprì, di colpo, e vide quelli di Bill…profondi, scuri, carichi di dolore, lo vide proprio il suo dolore… e insieme a quello di Bill vide il dolore della sua vita, vide la sua vita passarle davanti e la vide vuota e desolata, vide che non c’era mai stato nulla in grado di farle battere il cuore come le stava battendo in quel momento, non per paura, non per rabbia,non per delusione, il cuore le batteva perché Bill in qualche modo le stava chiedendo aiuto.
Il ragazzo la lasciò andare e Cathe a sua volta lo prese e lo spinse contro il muro: non capì mai neanche lei da dove le venne la forza di quel gesto, il perché l’avesse compiuto, di nuovo vide la sua vita, vide però stavolta i rari momenti in cui si era sentita viva, quando aveva sofferto, quando aveva pianto, quando aveva odiato, vide che la sua vita le faceva letteralmente schifo, vide negli occhi di Bill, che la fissavano increduli, la vita dello stesso Bill, vide la sua bambina, capì le parole e i discorsi di Jutta, e capì che se non cambiava in quel momento la sua vita se ne sarebbe pentita!
Gli prese le guance tra le mani e mise la sua fronte contro quella di Bill : “ascoltami, io non capirò un cazzo, ma adesso tu vai di là, fai la diretta, e quando hai finito io ti porto da tua figlia, cascasse il mondo tu stanotte sei da lei! Ti ci porto io… ora vai di là, fallo per te , per i ragazzi, FALLO PER TUA FIGLIA!”
Bill capì, capì in quel momento che Cathe aveva letto nel suo cuore, e come in un flash vide il suo futuro; fissò Cathe negli occhi: “ok vado, ma appena finito voglio andare dalla mia bambina….” “ci andiamo!”
Si asciugò le lacrime, chiamò gli altri… i soliti riti scaramantici e andarono in diretta!


Da dietro le quinte David e Catharina guardavanol'unplugged: era tutto perfetto, tutto come voleva Cathe, tutto come aveva programmato e si era aspettata. Erano davvero eccezionali quei ragazzi; era davvero eccezionale Bill.
David la riscosse dai suoi pensieri: “diluvia fuori… sei sicura?” “glielo devo David, vorrei fosse una delle poche cose decenti che riuscirò a fare in vita mia… devo farlo!” “fai attenzione però…” “certo David!” nel frattempo arrivò Jutta, Saki l’aveva avvertita di ciò che era successo: “sono orgogliosa di te!” sussurrò nell’orecchio di Cathe “mi raccomando fai attenzione, e parla con Bill, avete molte cose da dirvi!”

In quel momento arrivò il ragazzo, la diretta era stata un successo: Cathe gli sporse il giubbino e lo strascinò per una manica, Bill cercò la sua mano, la strinsero forte l’una nell’altra: “andiamo!” Bill annuì e seguì Cathe.
 
                              

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Capitolo 8
*** prinzessin Sylvia ***


ciao a tutti!! eccolo qui il nuovo capitolo... abbastanza sudato e davvero molto succulento: ci sono importanti novità quindi... non perdetevelo! scusate se dirado un po' gli aggiornamenti, ma grande capo mi ha dato lavoro extra, e dato che è lei che firma il registro presenze... non posso farla arrabiare!!!

grazie ancora delle recensioni!!! davvero grazie grazie grazie!!!!


Capitolo 8: Prinzessin Sylvia


Diluviava: quando Catharina uscì dal garage degli studi televisivi diluviava, non c'era altro modo di definire quella pioggia spessa, battente, con goccioloni enormi che i tergicristalli facevano fatica ad asciugare pur essendo sulla massima velocità. Non si ricordava di aver mai guidato sotto un temporale simile, anzi di solito preferiva non muoversi in macchina ma quella sera era un eccezione, quella sera doveva pigiare sull'acceleratore mandando al diavolo i buoni propositi di guida sicura per arrivare il prima possibile a Loitsche, per portare Bill dalla sua bambina.

Stava realizzando solo in quel momento che Bill aveva una figlia... le sembrava impossibile che quel ragazzo potesse avere una bambina di 3 anni, aveva ragione Jutta, proprio non li conosceva i Tokio! si stava rammaricando di non conoscerli, di non aver voluto ascoltarli, di non aver chiesto nulla né a loro, né a Jutta, né a David,si stava maledicendo di aver pensato solo a se stessa,ma per che cosa? cosa ci aveva guadagnato?

Pigiò ancora di più sull'acceleratore, sperando che la sua Mercedes  ML  AMG non la tradisse, non l'aveva mai fatto, conosceva quella macchina meglio di se stessa, conosceva i suoi limiti, ma indubbiamente non aveva mai guidato come una forsennata sotto un acquazzone. In generale si rese conto solo in quel momento che in 22 anni di vita non aveva proprio mai combinato niente, né per se stessa né per gli altri, si rese conto che la sua vita fino a quel momento le faceva proprio schifo: non capiva il perché, non riusciva a capacitarsene, ma doveva farsene una ragione…lei come persona non valeva niente, ok brava fin che vuoi, intelligente anche, ma cosa sapeva lei di cosa era vivere?! Cosa sapeva lei delle persone che la circondavano? Che ne sapeva lei della vita di Tom, Georg , Gustav e soprattutto di Bill. Se pensava a come l’aveva trattato da quando si erano incontrati le veniva la pelle d’oca: se mai avesse saputo della figlia forse sarebbe stato diverso, o forse no, forse avrebbe fatto la bigotta come tutti si aspettavano da lei, o forse… non lo sapeva, sapeva soltanto che doveva continuare a pigiare su quel maledetto pedale sgombrando la mente da ogni problema e paura per portare Bill a casa: almeno quello lo sapeva, sapeva che era giusto fare così in quel momento, che era la cosa migliore, al diavolo l’after party, al diavolo Kipp, al diavolo tutti! Era giusto così.

Con la coda dell’occhio continuava a guardare Bill seduto accanto a lei, con la testa appoggiata contro il finestrino, il trucco sfatto per le molte lacrime versate: da quando erano partiti non aveva aperto bocca e certo Cathe non se la sentiva di forzarlo a parlare, anche se avrebbe voluto, già… cosa non avrebbe dato in quel momento per sentire la voce di Bill, per capire cosa stava pensando,avrebbe davvero fatto di tutto in quel momento per aiutarlo. Vederlo seduto in quel modo, con gli occhi fissi e vuoti che guardavano fuori dal finestrino senza realmente fissare qualcosa, le braccia strette attorno al ginocchio, il piede sul sedile, beh vederlo così le faceva davvero male, stava male con lui e per lui… perché? Continuava a ripetersi in cuor suo Catharina, perché sto male?perchè stiamo male?
Era ormai giunta alla periferia di Berlino, prese l’autostrada in direzione Magdeburgo, almeno così le diceva di fare il navigatore, lei lo stava seguendo ma certo non pensava alla direzione da prendere, pensava che non si era mai sentita come in quei momenti, utile e inutile allo stesso tempo.

 

Accese la radio, un po’ per tenersi sveglia, un po’ per uccidere il silenzio opprimente che aleggiava in quella macchina, non le importava cosa, bastava che ci fosse rumore… e a volte è il destino che decide per noi, decide che canzone c’è  in quel momento, e mai Catharina e Bill gli furono più riconoscenti.

No one knows how you feel
No one there you'd like to see
The day was dark and full of pain

You write "help"
With your own blood
'Cause hope is all you've got
You open up your eyes
But nothing's changed

I don't want to cause you trouble
Don't want to stay too long
I just came here to say to you
Turn around
I am here
If you want it's me you'll see
Doesn't count
Far or near
I can hold you
When you reach for me

Your life is meaningless
Your diary full of trash
It's so hard to get along
With empty hands

You're looking for the rainbow
But it died not long ago
It tried to shine just for you
Until the end

I don't want to cause you trouble
Don't want to stay too long
I just came here to say to you
I'm by your side
Just for a little while
Turn around
I am here
If you want it's me you'll see
Doesn't count
Far or near
I can hold you
When you reach for me

If the world makes you confused
And your senses you seem to lose
If the storm doesn't wanna diffuse
And you just don't know what to do
Look around
I am here

Doesn't count
Far or near
I'm by your side
Just for a little while

Turn around
Turn around
I am here
Turn around

Doesn't count
Far or near
Turn around
If you want it's me you'll see
Turn around

I can hold you when you reach for me
Turn around
I am here
Doesn't count
Far or near


Bill ebbe un sussulto quando sentì quelle parole, mai si sarebbe immaginato che quella sera  avrebbero trasmesso quella canzone alla radio, la sua canzone, scritta per disperazione;  la stessa disperazione che in quel momento gli stringeva animo e cuore; sì si può anche dire che era destino, destino che passassero quella canzone in quel momento, ma lui odiava quella parola, troppe volte nella sua vita c’era stato di mezzo il destino e lui si era sempre rifiutato di dire “era destino!”, no le cose si devono poter cambiare, se no la libertà dov’è… “dov’è la mia libertà, quella parola che per me significa tutto e che ho tatuata sul braccio, quella che sento ogni volta che stringo mia figlia, quella che sento quando canto?! Dov’è?”
Beh… probabilmente era lì in quel momento, sotto le spoglie di una disperata corsa in macchina, di una canzone che passavano alla radio; era sotto le spoglie di Catharina, spoglie che mai avrebbe immaginato.
Solo allora Bill alzò lo sguardo e si voltò leggermente verso Catharina, solo allora, per la prima volta, la vide con occhi diversi, con gli occhi del cuore, colmi di gratitudine e affetto, colmi di un “da te non me lo sarei mai aspettato ma grazie di essere qui, con me, adesso!”; vide Catharina che stava cantando quella canzone, no… più che cantare muoveva le labbra, le muoveva come un automa, forse più che il suo cervello gliele faceva muovere il suo animo: non se ne accorgeva neanche Cathe di star sussurrando quelle parole, ma il cuore di Bill capì che in realtà era il cuore della ragazza che gli stava cantando quella canzone, che forse lei consciamente non sarebbe stata capace di farlo, perché piena di sensi di colpa; ma il suo cuore sì, il suo cuore gli stava parlando e gli stava tendendo le braccia; lei si era esposta, ora toccava a lui fare il primo passo.


I'm by your side
Just for a little while
We'll make it if we try

 

“Si chiama Sylvia, ha tre anni…” esordì di botto Bill, dopo aver spento la radio; non si accorse neanche di aver pronunciato quelle parole; Cathe si girò di scatto, lo fissò negli occhi per una frazione di secondo, si capirono con quello sguardo:
“è un bel nome…” gli disse la ragazza con voce un po’ tremante
“ha il nome della madre… ma sì al diavolo ti racconto tutto, sei qui con me, è giusto che tu lo sappia!” prese un lungo respiro ed iniziò a raccontare:
“Sylvia è nata il 28 settembre 2005, alle 3 e mezza del pomeriggio, la stessa ora in cui sua madre è morta; Sylvia è stata la mia prima ragazza, il mio primo e unico grande amore!” sorrideva Bill pensando a Sylvia: “sai che sono sempre stato un ragazzo un po’ complessato e venivo preso pesantemente per il culo dai miei compagni, beh Sylvia è stata l’unica a non prendermi mai in giro, mi è sempre stata vicino, prima come amica e poi come ragazza, ci siamo messi insieme dopo anni di amicizia, un po’ per gioco forse, ma ci amavamo, tanto… e poi boh non so neanche io come sia successo, Sylvia è rimasta incinta! Mi ricorderò sempre quando me l’ha detto, le ho detto che era impossibile e lei mi ha chiesto se tecnicamente sapevo come si fanno i bambini, prima le ho un po’ riso in faccia e poi ci ho ragionato su… siamo scoppiati prima a ridere e poi a piangere, c’era da dirlo ai nostri genitori, cavolo avevamo 16 anni, una pazzia, la legge tedesca poteva anche toglierci nostra figlia, ma né a me né a Sylvia importava, l’avremmo cresciuta insieme!il problema è stato durante il parto…”

Bill si torturava nervosamente le unghie scheggiandosi lo smalto nero, Catharina gli lanciava occhiate con la coda dell’occhio, mentre era concentrata a guidare: “cos’è successo Bill…” gli disse con infinita dolcezza
“non lo so, neanche i medici hanno saputo spiegarlo, dicevano perché aveva 16 anni e quindi non era ancora pronta per avere un bambino, sinceramente hanno detto un mucchio di cose, ma io non li ho ascoltati… mi avevano appena messo Sylvia in braccio e mi dicevano che la mia Sylvia era morta,non capivo più niente, sentivo le urla della madre di Sylvia, i singhiozzi della mia e di Tom, e intanto vedevo gli occhioni della mia bambina, vispa…viva… ero come un automa, avevo paura Cathe… capisci? Pura paura, come ne avevo avuta quello stesso pomeriggio quando Sylvia era stata male, mi ricordo ancora adesso il sangue sui suoi pantaloni bianchi, mi è svenuta tra le braccia…. e non ho avuto la forza di dirle quanto la amavo....” Bill iniziò a singhiozzare e tuffò la testa tra le gambe che nel frattempo si era portato in grembo, Catharina non sapeva cosa fare, allungò una mano e strinse quella di Bill, il ragazzo si trovò spiazzato da un tale comportamento e alzò la testa e si mise a fissare la ragazza
“scusami Bill, non volevo, non lo sapevo… avessi saputo…” temeva una reazione violenta del ragazzo come quella che aveva avuta nel camerino all’inizio della serata “Cathe non è colpa tua…”disse il ragazzo tra i singhiozzi “non volevo lo sapessi, volevo prima capire chi eri!”
“non lo so Bill, voglio solo cercare di aiutarti questa sera, per favore…”
“mi stai già aiutando…mi porti da Sylvia!” il ragazzo abbozzò un sorriso, Cathe si sentì infinitamente più sollevata
“com’è Sylvia?!” gli chiese a bruciapelo, lo sguardo di Bill si illuminò:
“è una forza della natura, è scatenatissima, è sempre in movimento, a volte mi chiedo dove prenda tutta questa energia! Di viso e capelli assomiglia alla mamma, ma ha i miei occhi… e anche un po’ il mio carattere, anche se è molto osservatrice, per certe cose è timida ma non le sfugge niente.. è pazzesco, ti fa dei collegamenti che non riesco io e ci riesce lei a 3 anni, Cathe davvero è sveglissima!”
“mi dà l’idea di una forza della natura, se ha preso da te…”
“sì sì… ma ti dico per certe cose è anche peggio di Tom!”
“peggio di Tom?! Impossibile!” Cathe vide che l’umore di Bill era cambiato da quando si era messo a parlare di sua figlia, era diventato un'altra persona, non la primadonna arrogante che aveva conosciuto, ma un ragazzo tenero e felice, che viveva in adorazione della sua bambina.
“ti giuro, per certe cose mio fratello in confronto è un dilettante… pensa che si è fatta mettere in castigo 3 volte in una settimana all’asilo…” scoppiarono entrambi in una grossa risata,
“3 volte… no è impossibile… peggio di me quasi, beh consolati, io mi sono fatta cacciare dall’asilo!”
“TU?  Miss perfettina? Ma come è possibile?”
“guarda che ero scalmanata!”
“allora meglio che non ti faccia conoscere Sylvia, potrebbe prendere delle pessime abitudini…eheh!”
“ma brutto… senti chi parla…” Cathe iniziò a far finta di picchiare Bill con una mano, non staccando l’altra dal volante comunque, quindi gli disse a bruciapelo :”allora era a tua figlia che telefonavi tutti i giorni…”
“sì… perché pensavi chiamassi la morosa? Gelosa eh?”
Cathe si sentì avvampare:“no dai gelosa no, però curiosa sì, nel senso non ho mai sentito un ragazzo apparentemente dongiovanni dire cose così dolci a una ragazza, e mai avrei pensato che al telefono ci fosse tua figlia…”
“le apparenze ingannano, e io sono il classico esempio, tutti per come mi vesto e mi pongo ai concerti pensano addirittura che possa essere gay, figurati neanche si immaginano che ho una bimba di 3 anni…”
“spezzeresti il cuore a molte tue fan se glielo dicessi, non so se la prederebbero bene che il loro mito ha una bambina…”
“infatti non lo dico, ma non per quello, più che altro voglio proteggere mia figlia dalla curiosità dei media, voglio che cresca tranquilla e serena, che possa fare le sue esperienze senza essere seguita da una telecamera…”
“hai ragione.. ma all’asilo come fai? E in paese?”
“tutto sommato va bene anche a loro, non dicono niente ai giornali per non avere l’assedio… Loitsche è piccolo e tranquillo, non in cerca di pubblicità…”
“ma se qualcuno vede i tuoi con la bambina…?!”
“dicono che è una nipote… che in effetti è vero ma tutti lo interpretano come nipote di zio e non di nonno…per fortuna…”
“eh beh… direi… e Sylvia sa che “lavoro” fai, del perché sei sempre in giro? nel senso… tu e Tom cosa le avete detto?!”
“che siamo musicisti, che lo zio suona e io canto, ma credo che la sua idea di musicista sia tipo banda alla festa patronale che suona canzoni tipiche… poco ci manca che ci immagini con calzoncini e berretto bavarese…”
“ehi… problemi contro i bavaresi!?!.. potrei offendermi, Sachsen…”
“spiritosa la bavarese… eheh, no dai scherzi a parte cerco di tenerla il più lontano possibile dai riflettori e cerco di mantenere una sorta di riserbo sui Tokio, per lei Georg e Gustav sono zii, non membri dei Tokio Hotel… e tutto sommato ci va bene così!”
Catharina ridacchiò “cosa c’è da ridere Cathe?!” “no che Georg e Gustav me li immagino come zii, ma Tom proprio no… è inutile…”
“eheh, potrebbe non sembrare ma in effetti è davvero bravo! Cioè ci sa fare… sarà perché sono due scalmanati e quindi vanno d’accordo però devo ammettere che se la cava, a dispetto delle apparenze…”
“tu invece mi dai l’idea di un ottimo padre…” disse di botto Catharina, senza rendersi conto del tono veramente dolce con cui aveva appena pronunciato quella frase, troppo dolce, forse equivocabile: “davvero Bill, mi sembri veramente tosto come padre, nel senso, hai una figlia, ti occupi di lei e hai i Tokio… molta gente non ce la farebbe… tu ce la fai!”
“è mia figlia che mi manda avanti, ma non credere che sia facile… non è facile alla sera quando ci si addormenta senza lei accanto, non è facile quando vorresti essere da lei e invece sei dall’altra parte dell’Europa, non è facile quando la senti solo al telefono e non la vedi per 10 giorni…”
“in più ci sono io che complico l’esistenza…” gli disse Cathe…
“se me la complicassi non saresti qui in questo momento, a correre ai 120 all’ora sotto il diluvio per portarmi da Sylvia, rischiando vita e patente…”
“già… comunque so quello che faccio… e so che andava fatto questo stasera!”
“perchè?! nel senso mai mi sarei aspettato che tu prendessi a noleggio un SUV e mi portassi da mia figlia…”
“allora Kaulitz…” disse Cathe con un tono falsamente offeso “innanzitutto questa macchinina è mia!poi è piena di optional per la sicurezza, tra cui vetri antiproiettile e barre di acciaio da 5 cm, leggi macchina blindata, regalo di papi… poi ha servosterzo, servofreno, servotutto, è veramente figosa e beve come una spugna…!”
“e del perché tu mi stai portando da Sylvia che dici? Non me ne frega niente degli optional di questa macchina, me ne frega di te!” disse Bill con un tono molto serio sottolineando con enfasi il me ne frega di te; Cathe perse un battito al sentire quelle parole pronunciate con quel tono e tornò a fissare la strada che si stava via via asciugando:
“perché era giusto così…” disse dopo un lungo silenzio “perché nella mia vita non ho mai fatto nulla di buono, non ho mia fatto nulla di testa mia, non ho mai vissuto nulla di interessante… volevo fare qualcosa che mi facesse sentire viva… ma se iniziamo questo discorso diventa lungo… e siamo arrivati, mi devi dire tu dove abiti… il navigatore è impostato fino a Loitsche ma non so la via…” tagliò corto Cathe, era un discorso troppo personale quello in cui si stava avventurando Bill e lei era troppo stanca per iniziarlo.

Bill la guidò fino a casa, una bella villa; parcheggiarono nel vialetto ed entrarono, il ragazzo corse subito dalla figlia, c’era Simone che la controllava:
“Bill che ci fai qui? Ma non eri a Berlino?” disse sorpresa la madre del ragazzo “sono le 3 e un quarto, come sei arrivato qui? E Tomi? Va tutto bene?
“mamma sono venuto giù appena finita la diretta, mi ha portato Catharina, Tomi e i ragazzi sono a Berlino, io volevo stare con mia figlia, mi hai fatto preoccupare… come sta?” Bill era teso con i nervi a fior di pelle e solo la risata della madre lo calmò : “Billy hai fatto una corsa per niente, ti avevo detto che la febbre le sarebbe passata nel giro di qualche ora e che non era il caso che ti precipitassi giù… è una bambina di 3 anni, tutti i bambini di quell’età a volte hanno la febbre, le dai il paracetamolo e passa…”
“cioè è sfebbrata?” disse Bill continuando ad accarezzare la guancia della piccola che era addormentata tranquillamente nel suo lettino “certo Bill, fresca come una rosa… te l’ho detto, ricordati che ho cresciuto te e tuo fratello, so come sono i bambini!”
“scusami mamma… mi sento un deficiente…” “non lo sei, anzi sei un ottimo padre… non so quanti altri si sarebbero fatti 200 km nel cuore della notte con questo diluvio, anzi no c’è da dire che sei un incosciente! mi stupisco che David e Saki ti abbiano lasciato venire…”
“in effetti David e Saki erano contrari,  mi ha portato giù Catharina, è lei che ha guidato come una pazza sotto il diluvio per portarmi qui… cavolo l’ho mollata giù sotto da sola… mamma non è che…”
“ho capito Billy, stai qui con Sylvia, vado da lei… però mi raccomando, prima di andare a letto passa a ringraziarla, se ha fatto questo gesto è una ragazza davvero speciale, guai a te se la deludi!”
“mamma cosa vuoi dire?… piantala, svegli la bambina!”
“la svegli tu con questi tuoi ringhi… dai che lo sai cosa voglio dire… Buona notte Billy!” e Simone chiuse la porta alle sue spalle lasciando Bill esterrefatto mentre stringeva tra le braccia Sylvia.

Catharina nel frattempo era rimasta pietrificata nell’ingresso, non sapeva cosa fare né aveva il coraggio di andare almeno in soggiorno; continuava a pensare alla conversazione con Bill in macchina, ai discorsi fatti, alla sua storia: si sentiva un mostro ad aver trattato così il ragazzo e certo non considerava una scusante il fatto di non sapere che avesse una figlia, si sentiva un pesce fuor d’acqua e soprattutto sentiva che la sua vita le faceva abbastanza schifo. Venne risvegliata dai suoi pensieri da Simone:
“tu devi essere Catharina… piacere di conoscerti sono Simone!”
“buonasera signora Kaulitz, molto lieta, Catharina…” per la prima volta nella sua vita riuscì non a pronunciare il suo cognome, anzi, non è che non ci riuscì… non volle proprio, in quel momento non contava;
“ti devo ringraziare, hai fatto una corsa in piena notte…”
“oh non si preoccupi, è il minino, sapesse come mi sono comportata con suo figlio e con i ragazzi… probabilmente mi darebbe qualche sberla…” –ma perché dico queste cose… cosa c’entrano adesso?!-pensò la ragazza;
“nah non ti preoccupare, non ho mai picchiato neanche Tom, non lo faccio con te, ma ti prego dammi del tu, a Jutta lo davo sempre…”
“ne è sicura?! Cioè… voglio dire…” Cathe iniziò a balbettare confusa, Simone la guardò con sguardo ironico: “mi stai dicendo che non hai mai dato del tu ad una persona adulta, alle madri dei tuoi amici davi del lei?!” Cathe annuì stancamente
“povera te, mi ha detto Bill che sei un po’ complessata ma non pensavo fino a sto punto!”
-Complessata? Chi? io?- Catharina era molto sorpresa –cioè mi vuoi dire che quel ragazzo pensa che io sia complessata? Non stronza ecc ecc come di solito dice con il fratello? Bah…sta notte sarà davvero lunga!- si era un po’ persa nei suoi pensieri e venne ridestata da Simone:

“ehi… tutto bene? Sei stanca, hai una faccia.. vuoi qualcosa da mangiare o da bere? Caffè, latte caldo?”
“ma no signora non si preoccupi…” “Simone, togli quel signora non sono vecchia!”
“eh va bene, Simone… no comunque niente davvero, piuttosto come sta Sylvia?”
“oh bene, niente più febbre… mi spiace che ti ha fatto fare una corsa, ma si preoccupa sempre per niente, è fatto così Bill, quanto il fratello è menefreghista lui è assillante, deve sempre controllare tutto, per quanto riguarda Sylvia a volte sembra che la soffochi di attenzioni…”
“beh è comprensibile, probabilmente pensa alla madre…” Cathe si morse la lingua dopo quella frase, non sapeva come avrebbe potuto reagire Simone, ma la disse lo stesso
“eh sì… hai ragione, Bill ti ha raccontato tutto vero?” “sì… stasera però, ho scoperto stasera di Sylvia!”
“beh è una bella scoperta indubbiamente…certo da uno come Bill ti puoi immaginare di tutto tranne che abbia una figlia!”
“in effetti, Simone davvero mi dispiace…”Cathe non sapeva neanche perché stesse facendo quel discorso senza senso, ma era il suo carattere, era sempre pronta a difendersi, a scusarsi, a fare ammenda come se fosse sempre colpa sua di tutto.
“e di cosa?” disse stupita la donna
“di come ho trattato suo figlio e i ragazzi, di sicuro le avranno raccontato del tour, mi spiace per come mi sono comportata…” –ma dove vuoi andare a parare Cathe? Sono le 3 di notte, sai che gliene frega a ‘sta donna delle tue paturnie mentali, credo voglia andare a dormire non stare a sentire tu che ti scusi come se fosse tutta colpa tua per ciò che è successo!-pensò la ragazza.
“Catharina, due cose… uno: smettila di darmi del lei! Ti è così difficile? Lo so che sei stata abituata così ma per favore rompi gli schemi, una che si fa 200 km per venire fin qui è una che li sa rompere gli schemi, quindi per favore dammi del tu; due: non si piange sul latte versato... non mi piacciono quelle che passano metà del tempo a lamentarsi di voler cambiar e poi non fanno niente per farlo realmente, tu sei veramente una brava ragazza, lo sento a pelle, l’ho capito dai discorsi di Bill e Tom, sei esattamente come Sylvia, quindi per favore piantala di commiserarti per come è andata la prima parte del tour e vedi di cambiare da oggi in poi!”

Cathe era allibita: come era possibile che in 5 minuti quella donna le avesse fatto tara, pelo e contropelo? Non si erano mai viste, e lei aveva aperto pochissimo bocca, come era possibile?

“Cathe fidati di una mamma… mi è bastato vederti 10 secondi per capire come sei, mi è bastato vedere quello che hai fatto stasera per mio figlio per rendermi conto di come sei a dispetto delle apparenze: tu vali  veramente tanto… non farti condizionare da tutti, sii te stessa! Eh non fare quella faccia sconvolta perché in 10 minuti che ci conosciamo ho capito molto do te, non credere che le persone si conoscano solo se passano una vita insieme! Ah cara ragazza, davvero tu ti sei persa molti passaggi della tua vita, vedi di recuperarli! E fatti aiutare dai ragazzi…”
Simone guardò ancora un attimo Catharina: “vado a letto… ti spedisco giù Bill, senti lo so fa schifo ma vai pure nel letto di Bill, ultima porta a destra, NON andare in quella a sinistra, è la camera di Tom, non garantisco per la tua salute se entri lì dentro!” entrambe si misero a ridere...
 

–però sta Simone! è simpatica e anche tremendamente intelligente, certo Bill deve aver preso da qualcuno … cavolo però che figura, nel giro di sue minuti ha capito tutto di me e mi ha detto le stesse cose di Jutta… ma sono davvero così prevedibile? Così scontata? Così noiosa?- Cathe si lasciò cadere sul divano con questi pensieri in testa, finché non la ridestarono i passi di Bill per le scale

 

 

“ehi! Pensavo fossi già fuggita!” “no ma ero sul punto di farlo non preoccuparti!”  Bill si sedette sul divano ridacchiando, Cathe si irrigidì e si distanziò un pochino, certo non riusciva a stare seduta vicino a un ragazzo: “siamo alle solite Cathe? Non mordo, non ti salto addosso, puoi anche stare comoda!”
-brava Cathe, complimenti per la figura! State cercando di instaurare un rapporto decente e guarda cosa combini, muoviti, vai da lui… cioè, avvicinati!- mentre pensava a queste cose Cathe si rimise nella posizione occupata prima dell’arrivo di Bill
“vuoi qualcosa da mangiare o da bere?” “no Bill tranquillo… dai ti sto dando troppi pensieri, figurati…” “magari vuoi dormire e io sono qui…”
 “veramente no, non ho sonno, sono abituata a dormire per 3 o 4 ore per notte, non riesco di più…a volte la passo addirittura in bianco, sono abituata così…”
“ehhh?? Ma sei pazzesca tu! Come fai?”
“non lo so, sono abituata così…non ho mai capito il perché ma da quando me ne ricordo non credo di aver mai dormito per più di 5 ore filate… comunque… come sta Sylvia?”
“bene, davvero, non ha la febbre ed è tranquilla... Cathe non so ancora come ringraziarti, perché l’hai fatto?”
“non lo so Bill, te l’ho già detto mi sembrava giusto così, me lo sentivo nel cuore… oh beh, quando mi hai spinto contro il muro ho visto una luce nei tuoi occhi, che avevo visto una sola volta nei miei… era uno sguardo di disperazione e l’unica cosa che ho pensato è aiutalo! Fai qualcosa per lui… non lasciarlo soffrire come hanno fatto con te…”
“non ti seguo… cosa ti è successo?!”
“non stasera Bill, quando riuscirò te lo racconto…” Cathe si morse la lingua… era davvero troppo personale quello che stava per dire e certo quello era il momento meno opportuno, ci aveva sofferto troppo e aveva deciso di chiudere quel capitolo della sua vita in un angolo remoto del suo animo.
“ok, ma dato che è un po’ la serata delle confidenze…” “Bill no davvero… quando riuscirò a parlarne sarai il primo con cui ne parlerò… ma non adesso!”
“allora se non vuoi parlare di te dimmi almeno perché l’hai fatto, perché mi hai aiutato!? Cathe mi sono sbagliato sul tuo conto, ho sempre pensato tu fossi una arrogante figlia di papà, ma non lo sei, a dispetto delle apparenze non lo sei, perché allora ti rovini la vita impersonando un ruolo che ti sta evidentemente stretto… perché ti sta stretto, forse non te ne sei accorta ma stai cambiando! Dal primo giorno sei cambiata da così a così… e stasera hai definitivamente dato un calcio alla vecchia a Cathe… perché?”
“non lo so neanche io Bill, probabilmente perché hanno ragione tutti quelli che appena mi vedono mi dicono che la mia vita non mi piace e che devo cambiarla… non m conoscono e mi dicono queste cose, anche tua mamma prima l’ha fatto!” fece una pausa in cui radunò le idee… anche se in realtà cercava di prendere tempo per portare la conversazione su un altro argomento
“dai basta parlare di me Bill, ho capito che devo cambiare e prometto che lo farò, anzi per me ammetterlo è già un gran cambiamento, ma mi sembra che stasera siamo qui per qualcun altro… o no?!”
“stasera? Cathe sono quasi le 4…”
“ops, è vero…” “dai… stanotte non si dorme, facciamo l’after… io e te… e le foto di Sylvia, aspetto che si svegli, se si alza adesso è finita!”

Bill si alzò dal divano per andare a prendere le foto della figlia, un mega album di foto vere, non digitali, beh sì le aveva fatte con la macchina digitale ma Simone aveva insistito che le stampassero su pellicola per averle in mano mentre le guardava, diceva che erano più belle, che era un po’ come abbracciare una persona
“tua mamma ha ragione Bill, anche secondo me sono più belle così… le mie preferite sono tutte su pellicola, pur avendo la macchina digitale, le faccio stampare anche io!”
“dai… non sapevo, cioè non pensavo ti piacessero le foto!”
“io? Le adoro, faccio sempre un mucchio di foto, una di 'ste sere vi faccio vedere quelle che vi ho scattato nei concerti della settimana scorsa, certe sono da ricatto…”
“doh… non scherzare… beh anche alcune di questo album comunque lo sono…”

I due si misero a guardare le foto, erano tutte le più belle di Sylvia con Bill e in alcune c’era anche Tom: Sylvia nel lettino che fissa la giostrina appesa sopra, mentre mangia una pappetta impiastricciandosi, mentre tira i capelli a Bill, Bill e Sylvia addormentati sul divano, in piscina, mentre fanno scherzi a un povero Tom addormentato; e poi foto varie dei gemelli da piccoli, con aria già da teppisti, in cucina alle prese con i biscotti, in vacanza… nell’ultima pagina c’era una foto non incollata, identica a quella che Bill teneva nel portafoglio: lui e Sylvia
“lei era Sylvia… la mamma…” disse il ragazzo con gli occhi leggermente velati dalle lacrime, Cathe prese in mano la foto e osservò la ragazza: era davvero molto bella, un viso tenero e simpatico… due occhi come i suoi, identici a quelli di Cathe: “Bill… ma….” “sì… avete gli stessi occhi… è pazzesco…” “adesso capisco la tua reazione la prima volta che ci siamo visti… scusami!” “no Cathe non è colpa tua! Dovevo dirtelo, ma è andata così… voglio, vogliamo…io e i ragazzi, provare a cambiare le cose da oggi!” le disse il ragazzo mettendole una mano sulla spalla.
Fu il miracolo… per la prima volta nella sua vita Cathe non si irrigidì ma trovo quel momento perfetto: tutto sembrava essersi fermato mentre guardava Bill negli occhi, era la sensazione che lei definiva “divina atarassia”, perfezione, limbo, paradiso, inferno, tutto, nulla! E la stessa sensazione la provò Bill.
“anche io ci voglio provare…” disse in un sussurro Cathe appoggiando la sua mano su quella di Bill.


I rintocchi dell’orologio li risvegliarono da quella situazione, non se ne erano accorti ma erano andati avanti 3 ore a parlare e guardare foto… ormai erano le 7, ora della sveglia!
“vieni anche tu Cathe… te la voglio far conoscere” la ragazza seguì Bill fino nella camera della piccola: il ragazzo si avvicinò cautamente al letto e chiamò dolcemente la figlia che si svegliò subito, prima stropicciò un po’ gli occhi, poi si accorse del padre e iniziò a urlacchiare felice:
“PAPA’ SEI TORNATO! Che bello che bello e fino a quando stai? Dov’eri scappato? Perché… “ si bloccò osservando la chioma di Bill che solo in quel momento realizzò che aveva ancora i capelli sparati a istrice, non li aveva mai tenuti così davanti alla figlia… “perché hai i capelli così?”
Bill assunse l’espressione classica dell’ adesso-cosa-le-dico ma provvidenzialmente Cathe corse in suo aiuto: gli indicò il poster di Madagascar con  Alex e disse di botto: “signorina Sylvia,  direttamente dallo zoo di New York… Alex il Leone!!” pregò mentalmente che Bill capisse a cosa si riferiva e per fortuna il ragazzo l’intuì iniziando a fare l’imitazione del personaggio del cartone  -fiuu… pericolo scampato- pensarono all’unisono i due ragazzi, ma avevano sottovalutato la bimba che subito si girò prima verso Cathe e poi verso il padre:
“papà mi hai portato la mia amica pony!”
“la tua cosa piccola?” le disse con tono dolce Cathe
“la mia amica pony… avevo chiesto a papà di portarmene una…”
“cos’è un’amica pony?” “è l’amica grande che ha la macchina e mi porta in giro e mi fa fare cose da grandi…”
Cathe non seppe mai come riuscì a pronunciare quelle frasi, né capì mai da dove le vennero quelle parole, ma ebbe la certezza che furono indubbiamente le migliori parole che pronunciò mai in vita sua:
“beh allora se vuoi potrei essere la tua amica pony… la macchina ce l’ho! E sono grande… comunque io sono Catharina!”
“lo so!” disse candidamente la piccola “ti ho riconosciuto da una foto che ha lo zio sul cellulare… tu sei quella brutta antipatica virago che però ha i coglioni! Almeno così dicono papà e zio!”
Quando si dice che i bambini sono la voce della verità: Cathe mise un sorriso di circostanza –promemoria della giornata: uccidere i gemelli!- e si girò verso Bill che cercava di scomparire, eclissarsi, fuggire… al ragazzo dava molto fastidio la vista del sangue, soprattutto il suo!
“niente… cosa non dicono i bambini… magari ha capito male!”
“no no papà, ho capito benissimo!” appunto, voce dell’innocenza!
“non ti preoccupare piccolina, lo so che tuo papà dice quelle cose” si affrettò ad aggiungere Cathe per stemperare il clima che si era creato “ma… non sei curiosa di vedere la mia macchina?”
“certamente… però prima aspetta.. ti devo presentare Markus… è il mio bradipo, va beh è di peluches ma è un mio amico, però non mi porta da nessuna parte… è per quello che voglio una amica grande!”
“e io ti andrei bene come amica grande!”
“sì!!” disse tutta contenta la bimba
“allora amiche?” le disse Cathe allungandole il mignolo “amiche!” le rispose Sylvia “però adesso voglio vedere la macchina…”
“si ma prima ti vesti, fuori fa freddo…” “va bene papi… vieni con noi vero?” nel giro di un minuto la piccola era pronta,  Cathe la prese in braccio con un gesto istintivo, non capì mai perché lo fece…
-calma Cathe cosa combini? Cosa stai facendo? Perché hai preso in braccio questa bambina… non è figlia tua ma di Bill… ma è così tenera, ma i bambini hanno sempre avuto paura di me, nessuno voleva mai avvicinarsi anche quando facevo dei sorrisi, perché questa bimba invece non ha paura? Ma sì chissene frega… deve andare così…e poi è troppo carina… va beh è la figlia di Bill! – Cathe arrossì a quel pensiero mentre trottava verso la macchina con Sylvia in braccio:
“ecco il mezzo!” le disse Cathe indicandole la Mercedes
 “wow ma è bellissima la tua macchina, ancora più bella di quella di zio Tomi!”
“non credo, però guarda cosa ho dentro…” mise in braccio a un Bill sempre più divertito e rilassato la piccola e aprì lo sportello: “salite dai… guarda… osserva e stupisciti!” Cathe azionò un pulsante e uno schermo/lettore DVD uscì dalla plancia “lettore DVD… interessa Sylvia!?!”
La bimba aveva un mega sorriso stampato da una orecchia all’altra e non smetteva di emettere gridolini di contentezza mentre esplorava la macchina di Cathe, Bill la guardava con aria compiaciuta e sorniona, si vedeva che era estremamente orgoglioso della piccola che continuava a fare paragoni degni di AutoBild tra la macchina di Cathe e la Cadillac di Tom
“Bill è eccezionale, ha un capacità di osservazione che è fuori dal comune!”
“te l’avevo detto… Sylvia non rompere nulla…non è un giocattolo” disse Bill alla piccola che in braccio a Cathe torturava i comandi al volante “dai adesso smettila che è ora di colazione… Cathe andiamo se no ti distrugge la macchina!” “dai è ancora in garanzia, con quello che l’ho pagata!”
“tu o tuo padre??”
“in effetti papà… ma per fortuna me l’ha intestata… quindi questo gioiellino è mio, ma per Sylvia posso fare qualche eccezione!” disse facendo l’occhiolino alla bambina, che ricambiò con uno dei suoi meravigliosi sorrisoni.
I tre fecero colazione raggiunti dopo un po’ da Simone, parlando ed osservando Sylvia che era già in fermento di prima mattina
“è veramente una forza della natura tua figlia Bill, davvero…”
“sì… e mi sa che adesso capisci perché per me è difficile dire che tra mezz’ora me ne devo ripartire…”
Sylvia si girò di scatto quando sentì quelle parole, alla faccia delle orecchie, aveva un radar quella bimba
“come parti?!” disse con i lacrimoni “sì piccola, papà deve partire, ma torno a trovarti tra qualche giorno…!”
“ma papà….” Disse la piccola sempre più triste, Cathe non ce la fece a sopportare quello sguardo e si intromise: “certo che viene a trovarti… e vengo anche io… dopotutto non siamo amiche noi due?” La piccola si illuminò e per una buona decina di minuti andarono avanti a promettere alla piccola che in capo a qualche giorno sarebbero tornati da lei.

Partirono verso le 9, direzione Francoforte dove li aspettava il resto della band e un mega concerto al Munster Dome.

“Bill… mi sa che in questo viaggio dovrai sopportare me… ho un po’ di cose da raccontarti… dì grazie a tua figlia se te le racconto…” Bill guardò Cathe con aria stupita, ma si mise comodo pronto ad ascoltare, mentre mentalmente ringraziava la sua bimba per avergli regalato quelle ore con Cathe.

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** on the road... la verità ***


 

 

ciao a tutti... ecco il nuovo aggiornamento, poi per il prossimo aspettate domenica che devo studiare un po', se no mi fanno pelo e contropelo!

alzo il rating ad arancione un po' per il linguaggio, un po' per le tematiche che potrò trattare in certi capitoli, come in questo... è fondamentale per l'evoluzione della storia come il precedente, ma non è proprio semplice da leggere, considerate che sono cose che succedono, vi prego non fate come Catharina... è orrendo passarci, fidatevi!

 

ringrazio moltissimo per le recensioni!! davvero tutti quanti!!

 

MissBillinaTokina

bimbaemo

fabiolita

jolly24

JulyTHFreiheit92

billa483

BabyzQueeny

Mustardgirl94

Hotz94

vumeter313

ElyLaTeS

stefi

_FairyTale_

 

capitolo 9: on the road...la verità

Cathe prese un profondo sospiro prima di iniziare a parlare a Bill come un fiume in piena: aveva bisogno di parlare, di esporsi...era una sorta di catarsi morale quella che stava per intraprendere e mai avrebbe immaginato di farlo proprio con Bill Kaulitz

"evito di raccontarti la biografia della mia famiglia, tanto lo sai chi sono...vengo al dunque: stanotte mentre parlavo con tua madre mi sono resa conto di come mi pongo con le altre persone e del perchè... cioè più che rendermene conto io me ne ha fatto rendere conto tua madre, dicendomi di piantarla di chiedere scusa all'umanità e di iniziare a pensare e ad agire con la mia testa. Beh ci ho pensato, davvero...è un po' di giorni che vado avanti a pensarci,Bill sinceramente la mia vita mi fa schifo! Schifo!"

Catharina continuava a tamburellare le dita sul volante e a torturare la leva del cambio: "Bill non ho mai combinato niente…ho sempre fatto ciò che mi dicevano i miei, gliele ho date tutte vinte e sono arrivata a 22 anni a non farcela più!"

"come mai l'hai capito?" le disse Bill a bruciapelo, ben sapendo di averla provocata intenzionalmente per vedere come reagiva; la sua opinione era che Cathe fosse una gran complessata che aveva bisogno di qualcuno che la aiutasse a fare il passo nel vuoto per capire che anche se si superano le barriere non è detto che si cada.

"l'ho capito vedendo la tua bambina, vedendo con che occhi la guardi, vedendo tutto l’amore che le dai,comunque non è solo da stanotte che ci penso, è da un po’ che non sono soddisfatta di come vanno le cose, da quando sono entrata alla Universal... cazzo sono stata presa grazie alle conoscenze di mio padre, non perchè ero brava: io mi sono fatta il mazzo nella vita per dimostrare quanto valgo e l'unico motivo per cui vengo assunta è il mio cognome! accidenti! e poi veramente Bill... non sopporto più i miei!sai cosa hanno avuto il coraggio di dire in questi due giorni che ho passato a casa? che il mio lavoro non vale niente! che devo impormi come se fossi io quella che deve diventare famosa... ma vuol dire che non avete capito nulla di me! È per questo che sono invidiosa di tua figlia, perché lei ha l’amore della sua famiglia, io non l’ho mai avuto… sono sempre stata maledettamente sola!”

"Cathe non ti seguo..."

"allora Bill, il fatto che sia piena di soldi non vuol dire che i miei genitori mi vogliano bene, è questo che ho capito grazie a Sylvia, che l'amore per un figlio certo non è quello che mi hanno dato i miei: è da quando sono nata che sono stata programmata, diciamo così, per essere la migliore, dovevo essere la più brava a scuola e guai se una mia compagna prendeva di più in un qualche compito, dovevo essere la migliore del mio corso di laurea, dovevo essere la migliore della classe di danza e di ginnastica! per che cosa Bill? perchè i miei non si accorgano di me? perchè la gente mi veda solo come Mädchen Hoffmansthal e non come Catharina? sono stufa... sono stufa di tutto questo!

"ma hai provato a dirlo ai tuoi?!" le disse Bill con aria perplessa, non sapeva dove quella ragazza volesse andare a parare

"e a che servirebbe? a niente, mica mi ascoltano!"

"dai non puoi dire così... pensavo fossi quella che ha un dialogo con i suoi!"

"Bill, adesso ti spiego come funziona la mia famiglia: è il teatrino dell'ipocrisia... se tu fai quello che dicono loro, ti comporti come vogliono loro, pensi, agisci e dici quello che vogliono loro, va tutto bene! se no...ti rimarcano gli errori in continuazione: e io ci sto male! per non parlare poi di quello che facevano gli altri, sempre perfetti, stima di me zero invece! sempre qualcuno più bravo di me... più bello di me... poi grazie che sono complessata come dici tu!"

il ragazzo arrossì -come ha scoperto che la considero complessata?!magari gliel'ha detto mia madre...-

“Cathe ma non potevi dire ai tuoi che non ti andava bene, non potevi mandargli qualche sorta di messaggio?!”

“e a cosa sarebbe servito? Gliene ho mandato uno nella vita, anche grosso, mica l’hanno ricevuto… erano troppo occupati a pensare a loro stessi, come se non avessero una figlia… per tanto così perché mi hanno messo al mondo? Perché?”

Cathe continuava a tirare pugni al volante con una mano, Bill gliela prese:

“calmati, così ti fai del male…”

“sai che me ne frega, sai quanto me ne vorrei fare… non ce la faccio di nuovo più Bill… lo sento!”

“dai non dire ste cazzate… sfogati, vedi che un po’ ti aiuta…comunque… come hai capito che non ti va più tutto questo che fino a qualche giorno fa invece ti andava benissimo!?”

“non lo so.. boh, cioè si lo so benissimo ma mi sembra una cazzata! allora fatto sta che non credo sia solo da due giorni che non mi va più bene la mia vita ma almeno da 2 o 3 anni… è da tutto sto tempo che ci rumino su ma per bene l’ho capito l’altra notte! Mi sono rimessa a guardare delle cose… e ho capito che se non faccio qualcosa stavolta finisco davvero male…   Bill cazzo qua finiamo male… guarda davanti il cartellone: 22 km di coda???!!!”

I due fissarono il cartellone luminoso che sovrastava l’autostrada… 22 km certo non ci volevano, considerando che mancavano ancora 300 km a Francoforte, erano le 11 e un quarto e alle 4 c’era il soundcheck! E se non erano lì alle 4 la vita di Catharina poteva dirsi finita causa Kipp!

“siamo nella pupù Bill!”disse la ragazza con tono ironico “certo che furbi a mettere 22 km di coda ma non a dire che inizia appena hai finito di leggere il cartello! Cacchio… tanto vale spegnere il motore…”

“e svaccarsi un po’… posso mettere i piedi sul cruscotto…!?”

“se in cambio ascolti ancora un po’ la Cathe sì… ed è una mega concessione che ti faccio!”

“quella di ascoltarti?”  “no… i piedi sul cruscotto..sta macchina si deve venerare!!”

Bill con fare ironico iniziò ad accarezzare i sedili e a sbaciucchiare il poggiatesta: “va bene così?!”

“cretino…!” disse Cathe facendo finta di picchiarlo “no dai comunque… appurato che la mia famiglia mi fa schifo e devo dirglielo anche a costo di farmi sbattere fuori di casa… sì cacchio… ma lo sai quante cose mi sono persa nella mia vita? Lo

sai che il primo concerto a cui sono stata siete stati voi? Cioè la settimana scorsa... perché se no mi sentivo

mia madre che dice che è sconveniente per una ragazza andare ai concerti, che una brava ragazza va solo in posto dove può conoscere la gente giusta!?!ti rendi conto che io a 20 anni dovevo tornare a casa a mezzanotte che se stai in giro dopo sei solo una puttanella?! Ma io ne ho i coglioni pieni!!!” si girò verso Bill con gli occhi iniettati di sangue e l’unica cosa che vide fu il ragazzo che era piegato in due dal ridere sul sedile

“ti fa ridere vero?!”

“si… ehhehehe… cioè mi stai dicendo che tu non sei mai andata a un concerto?”

“no…”

“tagliato da scuola?”

“no…”

“preso 6?”

“mai preso meno di 1 e mezzo!”

“che schifo… mai tornata tardi?”

“no…”

“mai sbronzata?”

“mai…”

“fumata?”

“mai…”

“beccata a letto con uno?!” disse con aria maliziosa il cantante

“no… ma ho beccato mia mamma che faceva… ci siamo capiti cosa a uno… ed è stato uno dei momenti più schifosi della mia vita… soprattutto perché quella stronza benpensante mi disse: tieni la carta di credito e sparisci, e non dirlo a papà… come se fosse la cosa più normale del mondo per lei, ti giuro ho pianto tutto il pomeriggio, piangevo perché pensavo fosse colpa mia che ero entrata in camera dei miei… capito a che livello ero e sono tutt’ora?!”

“Cathe scusami, non immaginavo… tua madre è proprio una merda posso dirtelo!?”

“Tranquillo me ne sono accorta… ma la merda sono io: come cazzo ho fatto a pensare per anni che fosse colpa mia… ero talmente succube!” la ragazza voltò la testa verso il finestrino, non aveva il coraggio di guardare Bill negli occhi ma fu costretta a voltarsi quando Bill le mise una mano sulla spalla: di solito avrebbe interpretato quel gesto malamente, sarebbe scappata o indietreggiata, ma quel giorno  Cathe rimase lì: “Bill come faccio… perché non ho mai fatto nulla di testa mia? Perché?”

“perché ti hanno inculcato un dannato senso del dovere… e ti hanno rovinato! Tu sei una ragazza spettacolare, davvero lo dico

sinceramente, sei veramente in gamba!ma devi crescere per conto tuo.. devi sbagliare, devi fare scelte

azzardate, devi rischiare, devi dire a tuo padre che tua mamma l’ha tradito, devi toglierti dei pesi dalle spalle!”

“ma perché devo soffrire?! Cavolo perché nessuno mi vuole bene?!”

“no, io ti voglio bene, i ragazzi ti vogliono bene, magari non lo dimostrano ma te ne vogliono, Sylvia te ne vuole, Jutta te ne vuole…Cathe non esistono solo i tuoi a questo mondo, te ne puoi sempre andare di casa, te ne puoi liberare di loro, magari ci metti tempo a superare tutto ma se gli parli, se gli dici come stanno le cose, se gli sbatti la porta in faccia, sei tu quella che ci guadagna! Perché tu vali indipendentemente dal tuo cognome, tu non sei come loro, se lo fossi in questo momento non saresti qui con me, in questa macchina, in questa coda, a correre fino a Francoforte! Saresti a fare la ragazza ricca e viziata… i tuoi hanno sbagliato, e tanto, dai discorsi che mi hai fatto hanno sbagliato, ma tu non sbagliarti a non iniziare a vivere la tua vita! Hai una gran forza di volontà, ne puoi uscire!”

“Bill… ma io l’ho esaurita tutta la mia forza… non ce la faccio a passare di nuovo l’inferno per uscirne…” scoppiò in lacrime, Bill non poté fare a meno di avvicinarsi e prenderla tra le braccia, aveva paura che la ragazza potesse rifiutarlo, ma doveva farle sentire fisicamente la sua presenza per farle capire che lui era lì e che non l’avrebbe abbandonata.

“quale inferno Cathe?tu non sai cos’è l’inferno…” le disse con un tono un po’ triste, pensava a Sylvia e alla sua morte,

“Bill io all’inferno ci sono stata due anni fa per colpa di un ragazzo, tra le cui braccia mi aveva spinto mia madre…e io come una scema me ne sono pure innamorata, il risultato se lo vuoi vedere è sul palmare, me le ha scattate Jutta, quando ci siamo conosciute ero così… le tengo per ricordarmi come posso finire…e quanto ho sofferto!” Cathe afferrò la borsa da sotto il sedile, pigiò un paio di tasti e sporse il palmare Bill che non appena vide lo schermo sgranò gli occhi e assunse un espressione sconvolta. Cathe non riusciva a guardarlo negli occhi e continuò il suo discorso:

“non so se sono più incazzata con lui, con mia madre o con me stessa per come mi sono fatta trattare, ma ero veramente innamorata, fuori completamente… è veramente uno stronzo quel ragazzo, l’ho soprannominato lo Stronzo, solo che lo trovavo bello da morire, simpatico, era il classico bello e impossibile, solo che per lui io ero nulla, al massimo un mezzo per arrivare, sai la Hoffmansthal, con un cognome simile gli si sarebbero aperte tutte le porte… probabilmente è per quello che ci stava, a scarrozzarmi,a portarmi in giro, a mostrarmi agli amici come un trofeo, a me andava bene pure quello pur di stargli vicino, ma a lui invece ho sempre fatto schifo… cavolo ci siamo solo baciati una volta, il mio primo bacio, a 20 anni per altro, ma non oltre. Sul mio fisico aveva sempre la battuta pronta, sul fatto che avessi il culo grosso, le gambe grosse… mi diceva sempre che mia cugina aveva un bel fisico, o che la tale ragazza aveva un bel fisico, erano degli scheletri quelle ragazze, ma avevano anche una costituzione diversa dalla mia, erano più piccole di altezza, non 1 e 70 come me. Io come una scema ci sono cascata, ho smesso di mangiare, pensavo che se fossi stata come mia cugina lui sarebbe stato con me… per davvero, non come amico! E più dimagrivo più lui continuava a dire “Klara, Klara, Klara… Klara qui, Klara là”… finché non si è messo con Klara, mia cugina… e io ho smesso di mangiare, ho iniziato a mettermi le dita in gola, a vivere d’aria e di acqua, sono diventata anoressica Bill e per giunta andavo avanti, non so come ma avevo una forza in corpo tremenda,ero un panzer in quel periodo, finché Jutta non mi ha messo davanti una mia foto di come ero prima, sana,felice… con me davanti allo specchio e mi ha detto che di stronzi ne incontrerò ma che non potevo finire male, non potevo ridurmi a una larva come avevo fatto; è stata Jutta a salvarmi, a

cercare di cambiarmi, mi ha fatto praticamente da mamma…  mi ha aiutato a tornare a mangiare, mi ha fatto capire che si può essere belle anche non portando la 30! Ti giuro Bill,all’inferno ci sono stata, si chiama anoressia! è un inferno perché non sei né vivo né morto!”

L’unico suonò che si sentì in quella macchina furono i singhiozzi di Catharina: era disperata per aver messo Bill al corrente della sua storia,della sua personale tragedia, della sua inadeguatezza come l’aveva sempre definita lei per minimizzarla; 

della sua malattia, come la definì Bill che non smetteva di abbracciare a cullare Catharina. Si sentiva un po’ responsabile, gli sembrava di aver forzato la ragazza a parlare e soprattutto non riusciva a trovare le parole da dirle -Cathe perché l’hai fatto?- pensò il ragazzo –perché soffri così per uno che non merita la tua considerazione?!- 

“perché Cathe?”

“non lo so Bill, non voglio saperlo forse… mi sento scema, è che ho un disperato bisogno di sentire che qualcuno mi vuole bene, un disperato bisogno di affetto e amore e pensavo che così facendo ne avrei ricevuto da lui e da mia madre… invece no!”

la ragazza continuava a singhiozzare mentre Bill la stringeva: non si voleva allontanare da lui, le sue braccia

rappresentavano una sorta di culla, le sue spalle un paradiso ovattato rassicurante, il suo respiro nei suoi capelli il tocco di un angelo: lui era lì, per lei, in quel momento. Non le chiedeva niente, se non di essere sincera e di confidarsi, di liberare il suo cuore dal peso che si portava dietro.

“Cathe… adesso come stai?” aveva bisogno di certezze Bill in quel momento, per sapere come aiutarla

“ne sono fuori! Mi ha aiutato Jutta, la mia amica Sabine, ne sono fuori… ora mangio, sano, il giusto, per carità ho una 34/36 come ho sempre avuto ma non una 30, né mi metto più le dita in gola…”

“Cathe… l’avessi saputo… forse sarebbe stato diverso…”

“non credo, mi avresti considerato una viziata anoressica, come io se avessi saputo di Sylvia non ti avrei considerato così ma mi sarei comportata da bigotta… Bill non erano maturi i tempi…”

“lo so… e me ne pento… vedi, siamo partiti con il piede sbagliato, dobbiamo recuperare, anche con i Tomi, Georg e Gustav! Glielo vuoi dire o aspetti il momento giusto?!”

La ragazza riemerse dalle braccia di Bill, non si era mai sentita protetta come in quei momenti, lei che non si sedeva a meno di un metro da un ragazzo si era finalmente lasciata andare e aveva accettato quell’abbraccio simbolo di protezione, affetto e dedizione…

“glielo DEVO dire… l’ho detto a te perché mi hai detto di Sylvia, ti sei aperto con me, mi hai detto della tua più grande gioia e del tuo più profondo dolore… era giusto che ti parlassi della mia sofferenza più grande, gioie da raccontarti forse non ne ho…ho piccole cose, ma non mi sono mai sentita veramente felice, non mi sono mai divertita…”

“grazie allora Cathe…”

“perché Bill?”

 "perchè mi stai raccontando queste cose.. perchè ti stai fidando di me! Io di solito ho avuto questo genere di rapporto solo con Tomi o Georg o Gustav, mai con altre persone… voglio instaurarlo anche con te, voglio veramente che tra noi le cose funzionino, in tutti i sensi!”

“davvero? Davvero mi accetteresti come amica?”

“Io, Tomi Georg e Gustav, tutti e 4… ormai sei parte della squadra e della nostra vita… ormai siamo un gruppo!”

“grazie Bill…davvero! Non sai come ne sono felice!”

“però Cathe mi devi fare una promessa…”

“certo… quale?”

“che se incontriamo lo Stronzo… tu me lo indichi, così io e gli altri gli spacchiamo la faccia…”

Cathe scoppiò in una fragorosa risata, in effetti non aveva mai considerato l’opzione violenza fisica e la trovava piuttosto allettante, anche perché veniva da Bill e mai si sarebbe immaginata che quel ragazzo potesse dire una cosa simile

“non ti immagino che pesti qualcuno…mi sembri troppo riflessivo per farlo…”

“in effetti ero io che venivo pestato, ma quando nella vita prendi tanti calci nel culo poi ti viene una gran voglia di restituirli!”

“già.. concordo…Bill grazie ancora, ho fatto bene a parlare con te!”

“figurati te l’ho già detto, ma adesso basta parlare di cose tristi… ho deciso che da oggi inizierà la nuova Cathe…”

“cioè?!”

“quanti km abbiamo ancora di coda?”

“temo una decina…” non fece in tempo a finire la frase che Bill aveva già acceso la radio: “vediamo la collezione dei CD della Cathe… Green Day, Metallica, Gun’s and Roses, brava…hai buon gusto… Aerosmith, Manowar… questi sono pesanti… Celine Dion?”

“molto rilassante…”

“beh indubbiamente… Moulin Rouge?!”

“colonna sonora… lasciamo stare… andava di moda…”

“ah beh… oh bello questo… Tokio Hotel, sì dicono che siano bravi…ehehe..”

“li ho anche originali, gli altri sono masterizzati!”

 “complimenti… la pirateria è un reato! Tu ci lavori per la discografia… potresti avere meno stipendio!”

“no no, i vostri sono originali, la mia percentuale è rispettata…”

“scusa quanto ti danno?”

“5% di quando incassa la Universal… che è tanto fidati… qualche soddisfazione me la sono tolta!”

“tipo questa macchina?”

“no questa l’ha pagata papà…  giusto 120 000…” Cathe guardò fuori dal finestrino per evitare di fissare lo sguardo di Bill e soprattutto la sua mascella che stava cascando.

“mi scusi… poi non lamentarti se ti do della riccona… ma non dovrebbe costare meno?”

“è blindata e ho su 20 000 euro di impianto stereo…”

“che schifo… meglio di quello dei nostri concerti… in effetti ultimamente non è un gran che…”

“si ma non ti preoccupare, ho già chiamato un mio amico che lavora in Sony e porta giù qualche booster e filtro… vedi da stasera come sarà!”

“beh almeno il 5% te lo guadagni…” i due scoppiarono a ridere…

“beh comunque ho anche l’Ipod con relativo jack, il più delle volte metto su quello…”

“tu vivi di musica vero Cathe?!”

“musica e anime giapponesi...”   “preferiti?”

“the secret of blue water e last exile, un po’ anche evangelion e FMA…”

“ho visto qualche puntata di evangelion, ma gli altri no… il primo non l’ho mai sentito…”

" lo passano su RTL2 ma raramente… però mi piace che c’è un personaggio che si chiama come me…”

“Catharina?”

“no… non ho solo Catharina come nome…”

“eheh… non dirmi che ti chiami Moritz Hagen anche tu…”

“peggio… Georg non può lamentarsi… il nome completo è Catharina Electra Sophia Marianne  Von Hoffmansthal  Lugensius!  Già da allora avrei dovuto odiare mia madre…”

“Electra ti sta bene come nome…”

“Electra è un personaggio complesso… te lo dice la nipote del drammaturgo Hoffmansthal”

“ma scusa la mia ignoranza ma Electra non era un personaggio mitologico greco?!”

“sì ma il mio trisavolo ne ha riletto la figura inserendola in un contesto analitico moderno… Bill per favore non iniziamo a fare gesti che ti rompi… ignorante!”

“scusatemi Catharina, Electra, Sophia e anche Marianne!” “cretino…”

I due andarono avanti fino a Francoforte a ridere e scherzare, a cantare con la radio a tutto volume, finchè non arrivarono al Dome dove li attendevano gli altri tre Tokio Hotel, David ma soprattutto un arrabbiatissimo Kipp!

 

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Capitolo 10
*** la vendetta di Electra ***


 

 eccomi qui... nuovo aggiornamento!!!

 

Capitolo 10: la vendetta di Electra

 

se non siete mai stati in un dome tedesco, forse non riuscite a capire cosa vuol dire spazio sterminato unito a eco rimbombante... forse mai neanche Cathe e Bill l'avevano capito, finchè Kipp non li accolse con un urlo:

"dove cazzo siete finiti voi due?"  Beccati in pieno, colpiti, silurati, affondati!

"ma siete deficienti o cosa? credete che si possa sparire così? ieri sera avevate un after party... tu Bill di sicuro e tu Catharina pure! venite pagati per lavorare, non per fare le rockstar! Kaulitz tu con 'ste tue cazzo di storie di tua figlia mi hai quasi rotto, ringrazia che non vi sciolga il contratto, giusto perchè mi fate fare un bel po' di soldi, e perchè sei anche bravo, sai cantare... ma azzardati ancora una volta a sparire così e vedi cosa ti succede, e non me ne frega se tua figlia stava male, la prossima volta chiami il medico ma non ti precipiti tu! Catharina tu invece vieni qui...vieni pure qui..."

Bill le strinse una spalla come a dirle -tranquilla io ci sono, hai passato di peggio- mentre gli altri  3 ragazzi iniziavano a fare battutine:

"100 euro che la licenzia nel giro di un minuto!" disse Tom,

"no almeno 5 e poi la manda fuori, vedo 150" gli rispose Georg, Gustav invece disse: “500 che resta!”  i due lo guardarono e scossero la testa, a giudicare dall’arrabbiatura di Kipp era impossibile che Cathe rimanesse a lavorare con loro; li raggiunse Bill e i ragazzi lo salutarono affettuosamente: “ehi fratellone e Sylvia?”

“sta bene Tomi, davvero…per fortuna c’era Cathe, cavolo adesso è nella merda per colpa mia!”

“tranquillo, Kipp fa la voce grossa ma non le dirà nulla…” gli disse Gustav

“io non ne sarei molto sicuro” gli rispose Georg “stavolta non è proprio una cosa da poco, trascina via da un  after party sotto un diluvio la star della serata, in più è irreperibile al cellulare per quasi 20 ore, fisso che la licenzia in tronco, Kipp non è uno che va tanto per il sottile su certe cose, lo conoscete anche voi!”

“in effetti, cavolo è colpa mia non dovevo coinvolgerla!” disse Bill di botto mentre con gli altri tre amici continuava a guardare verso Catharina e Kipp.

 

 

“allora vediamo di capire la situazione, tu sparisci, sotto una tempesta, senza guardia del corpo, con il cantante più in voga al momento per farti 200 chilometri e portarlo dalla figlia, per di più sparisci per più di venti ore e stacchi il cellulare; ora… o tu sei completamente scema e ti si è fuso il cervello, o non hai capito dove e per chi lavori, o vuoi essere licenziata! Catharina…”  Kipp fece una lunga pausa mentre la ragazza continuava a fissare il pavimento, non ce la faceva a sostenere lo sguardo dell’uomo

 

-cavolo proprio adesso che le cose stavano iniziando a girare per il verso giusto, che casinista che sono, non voglio perdere il lavoro, voglio stare con i ragazzi, non è colpa mia… andava fatto, se non capiscono queste cose forse è veramente giusto che mi licenzino, perché per me è una cosa che andava fatta, e anche per Bill, non me ne frega se perdo il posto, era giusto così, spero solo di non aver messo nei guai i Tokio…-

“Catharina, tu sei….”

-sono…  licenziata, avanti dillo Kipp e facciamola finita, che tra l’altro stanno tutti fissando ‘sta scena e si dimenticano del soundcheck...-

“tu sei…una delle migliori assistenti che io abbia mai avuto, davvero sei sveglia, hai capacità, hai stile!e soprattutto hai fegato, di farti 200 chilometri in piena notte sotto il diluvio perché il tuo cuore ti dice di farlo, è stato il tuo cuore a dirti di farlo perchè razionalmente è impossibile fare una cosa simile!  Non ti ho assunta perché ti chiami Hoffmansthal ma perché ho visto in te grandi capacità, ho rivisto me stesso in te, alla tua età… non ti licenzio Catharina, fossi scemo a farlo, hai dimostrato di essere veramente in gamba e non di vivere all’ombra del tuo cognome! Guai a te… e ripeto guai a te… se la prossima volta che decidi di fuggire con Bill non ti porti dietro almeno Saki, se non l’esercito intero! Sommergibili compresi! E adesso lavorare!!!”

 

Catharina aveva cambiato espressione: ora era ufficialmente sconvolta, tutte le sue certezze su Kipp erano completamente sparite nel giro di due secondi. Come era possibile che quell’uomo, che non faceva altro che lamentarsi da mattina a sera dell’operato di qualsiasi suo dipendente, in quel momento le stesse facendo i complimenti; Catharina non se ne capacitava, quand’era entrata nel dome e aveva visto Kipp era sicura di aver firmato la sua condanna a morte e invece no, Kipp l’aveva sorpresa, davanti a tutti, dicendole che le era la migliore: era una vita che sognava di sentir dire quelle parole da una qualsiasi persona… indubbiamente le faceva un certo effetto, non era mai stata troppo abituata ai complimenti, ma soprattutto per lei era la coronazione di un sogno: finalmente dopo tanto tempo aveva avuto successo nel suo lavoro, e quattro nuovi amici che la stavano fissando in disparte con un’aria abbastanza preoccupata.

 

 

“Ragazzi……. Pagate!” disse Gustav agli altri due,

 “te lo puoi anche scordare” gli disse Tom “di sicuro quello non è il vero Kipp, non l’ha uccisa, non le ha fatto niente non ha neppure licenziata… quell’uomo sta male quindi la scommessa non è valida!”

“solo perché l’hai persa…”

“non ditemi che avete scommesso su Catharina...” disse loro Bill con aria di disapprovazione, “certo fratellino, scommettevamo che l’avrebbe licenziata. Comunque… come è andato il viaggio… non ci racconti nulla?!” gli disse Tom con aria sorniona

“non c’è nulla da raccontare…a meno che non sia lei che lo voglia fare…”

“te la sei portata a letto!?!?” gli disse Tom con aria sconvolta, Gustav impallidì –fa che non sia vero-pensò tra sé e sé il batterista

“NO! Non è successo nulla… cosa credi, non sono come te…”

“Bill non è come te Tommy!” Catharina li aveva colti alle spalle e Tom dovette ricorrere a tutto il suo bagaglio di self-control per evitare di arrossire e peggiorare la sua reputazione davanti a Catharina, aveva paura delle conseguenze della ragazza alla sua battuta.

“abbiamo semplicemente parlato…”gli disse la ragazza,

“certo, anche io “parlo” molto con le ragazze…”

“spiritoso… comunque non avete un soundcheck? Avanti scattare, suonare, cantare… che Kipp non mi ha licenziata, quindi al lavoro!!” i quattro scoppiarono a ridere: in effetti Cathe aveva dato alla sua voce un tono poco minaccioso, sinceramente non aveva molta voglia di lavorare neanche lei quel pomeriggio, più che altro avrebbe preferito una doccia bollente e buone ore di sonno, ma le era già stata fatta una grazia quel giorno, per cui era meglio non abusarne.

“beh… cosa c’è da ridere?!”

“benvenuta tra noi Cathe!!” le dissero i Tokio in coro: Bill aveva spiegato agli altri a grandi linee della conversazione avuta in macchina, anche se aveva sorvolato sulla malattia di Catharina; se voleva che anche gli altri ne fossero a conoscenza avrebbe dovuto dirglielo lei.

Tom Georg e Gustav erano rimasti abbastanza sorpresi dal racconto di Bill, certo non si immaginavano che Catharina avesse potuto soffrire così tanto, ma anche nel loro animo in fondo provavano pena per la ragazza, ma in senso buono: dovevano approfondire l’argomento, ma speravano fosse Cathe a fare il primo passo.

“grazie ragazzi!” rispose  Cathe “davvero… ok siamo partiti male, ma adesso voglio… devo dirvi assolutamente un po’ di cose! Però non qui, davanti a tutti… adesso soundcheck, ve ne parlo dopo a cena!”

“Cathe, ti faccio subito presente come sarà questo soundcheck: pietoso!!” Gustav aveva ragione, l’intero impianto stereo faceva letteralmente schifo,l’audio era pessimo, i bassi non si sentivano e in più i microfoni, per qualche strano motivo sconosciuto alla fisica, riuscivano a gracchiare pur essendo spenti.

“e qui ti sbagli Gustav, non farà schifo! Resti tra noi che se lo sanno alla Universal mi fanno fuori veramente, conosco un tizio che lavora in Sony, è un vero mostro dell’audio,  qualsiasi cosa che lui tocchi dopo è trasformata… gli ho detto di passare di qui…però mi raccomando, voi non ne sapete nulla se chiedono!”

“potremmo ricattarla…” disse Georg agli altri facendo l’occhiolino, i tre annuirono.

“non ci provate!” “certo Cathe, credici!” le disse Tom con aria molto compiaciuta, la sua mente stava già elaborando qualcosa…

Per fortuna furono interrotti da un Saki abbastanza preoccupato: “Catharina, senti c’è uno fuori che chiede di te… è un tizio un po’ strano… dice di conoscerti!”

“bel ragazzo sulla ventina, 1 e 87, un occhio azzurro e uno marrone scurissimo, fisico niente male, completamente vestito di nero, sceso da Ibiza nera?”

“si… ho capito lo faccio passare!”

“grazie Saki! Tokio, perché coralmente vi chiamerò così… è arrivato il mio Noah!”

Cathe iniziò a trottare verso uno dei varchi di accesso al dome, era praticamente raggiante, e ciò non piacque molto né a Bill né a Gustav, mentre Tom e Georg si guardavano stupiti.

 

-e questo chi sarebbe?!-pensarono all’unisono Bill e Gustav –cavolo, non sapevo avesse il ragazzo…accidenti!- Gustav era sconvolto da tale pensiero e infatti cercò di scacciarlo verso l’angolo più remoto della sua testa, sarebbe stata una profonda ferita per lui se Catharina fosse stata fidanzata, gli piaceva, era innegabile, ma cercava di non darlo a vedere: non aveva certo voglia di prendersi una batosta dalla ragazza, né perderla, né essere preso in giro dagli altri della band.

 

“NOAH!!!” Catharina saltò in braccio al ragazzo appena entrato, che con fare molto indifferente fece scivolare le sue mani sui glutei della ragazza che per altro sembrava non dispiacersene troppo;

“ciao piccola! Allora, come va? Lo so che ti sono mancato!” la ragazza scosse la testa con aria rassegnata:

“anche le mie chiappe ti sono mancate?”

“decisamente…” Noah liberò dalla stretta Catharina con un aria fintamente offesa per aver dovuto abbandonare il campo: era inutile, pur essendo anni che ci provava in modo più o meno velato con la ragazza si era preso una ragguardevole collezione di due di picche; ma questo certamente Bill non lo immaginava, anzi stava fissando in cagnesco Noah –ah beh, certo che se un amico allunga così le mani… non la capisco proprio quella ragazza! Se le da fastidio che qualcuno le si sieda accanto!- venne interrotto dai suoi pensieri da Catharina che stava facendo il giro delle presentazioni:

“Tokio lui è Noah, Noah loro sono Tom Georg Bill e Gustav! Tutti e cinque vediamo di comportaci bene!”

“va bene mammina!” le risposero i cinque in coro…

“allora tu ci dovresti sistemare l’impianto!?” gli disse subito Bill con aria provocatrice

“così dicono…” gli rispose il nuovo arrivato: sosteneva lo sguardo di Bill: -e così sei tu il mitico Bill… bene bene… hai qualcosa che mi ricorda una certa persona, e non è una bella cosa!-

“ehm se allora potessi sbrigarti che abbiamo il soundcheck e stasera suoniamo!”

“come vuoi frontman!” Tom Georg e Gustav erano allibiti dal comportamento di Bill, non era certo il tipo da mettere in difficoltà le persone dell’entourage o men che meno che ti stanno salvando un concerto, i tre proprio non lo capivano anche se una teoria nella mente di Tom era balenata, conosceva il fratello meglio di se stesso e non gli erano certo sfuggiti certi sguardi con Catharina né come avesse guardato Noah quando aveva allungato le mani sulla ragazza.

“Noah… andiamo di là… c’è da lavorare!” Cathe richiamò Noah e i due si allontanarono a grandi falcate.

 

 

 

 

“Bill con me, subito!” il tono di Tom non ammetteva repliche: “cosa c’è? Ti sembra il modo? Quel ragazzo ci sta salvando le chiappe e tu lo tratti così? No ma sei mio fratello o ti sei bevuto il cervello? Cosa hai oggi? Oggi… non solo oggi… mi piacerebbe sapere cosa vi siete detti tu e Cathe, è da quando siete arrivati che praticamente non vi staccate gli occhi di dosso, allora cos’è successo?”

“niente Tomi, te lo spiega lei dopo, mi ha raccontato delle cose della sua vita, e col senno di poi certo non mi aspettavo il comportamento di poco fa da parte di Catharina!”

“cosa? Salutare uno che è apparentemente una vita che conosce? Se poi allunga le mani chissene, mi sembra grande abbastanza da rifilargli un cartone se non volesse, ma qui fratellino sconfiniamo nella gelosia… o mi sbaglio!”

“ti sbagli! Eccome!” Bill se ne andò nel camerino, aveva bisogno di stare solo a riflettere, certo sentirsi le prediche del fratello era l’ultima cosa che voleva.

Tom scosse la testa e se ne andò con le mani in tasca e il cappellino calato sugli occhi; non seppe come ma finì vicino alla console audio, forse spinto dalla curiosità di vedere come se la cavava questo mitico Noah; beh decisamente bene dato che nel giro di un quarto d’ora aveva praticamente risolto metà dei problemi dell’impianto audio, ma la cosa che indubbiamente colpì il ragazzo fu il discorso tra Catharina e Noah:

“qui abbiamo quasi finito, ti ho aggiunto il paio di filtri passa basso!”

“proprio quelli dovevi aggiungere?! Odio la parola filtro-passa-basso! ” gli disse la ragazza con aria annoiata

“e tu invece cosa vuoi aggiungere? Un altro ricovero alla tua lista semi-infinita? Evitiamo grazie…”

“ cosa intendi dire?”

“mi hai capito benissimo… sto parlando di un certo Bill… siamo alle solite Cathe?”

“no di certo… non hai capito nulla Noah, non sai nulla, non far supposizioni!”

“Cathe guardami…” la ragazza si voltò, aveva gli occhi leggermente velati dalle lacrime “non ho la minima intenzione di farmi ancora un volo Osaka – Berlino e vederti in ospedale con un sondino nel naso, mi è bastato una volta, ci è bastato una volta a tutti, a me, a Jutta, a Sabine e alla Medi… ora se a te piace così tanto farti del male, fai pure, ma non capisco perché tu insista a volertene fare: è innegabile che ti ha ridotto a una larva quella testa di minchia…”

“Noah per favore, linguaggio!”

“no, no… esistono i termini per indicare certa gente e li uso… parliamoci chiaro: a me Bill ricorda molto una certa testa di cazzo e non voglio che tu ne soffra…”

“non è come lui…” Cathe lo guardava con occhi carichi di riprovazione “non lo conosci perché lo giudichi?! Mi fai incacchiare quando fai così!”

“perché ti conosco, perché so che ne potresti soffrire…”

“no… conosco Bill, so che non mi farebbe mai soffrire, né lui né gli altri ragazzi…e poi perché proprio Bill?!”

“non venirmi a raccontare che è Gustav, ti conosco Cathe, cosa credi… ho visto come lo guardi e come TI guarda, Medi e Sabine mi hanno raccontato un po’ di cose delle vostre ultime telefonate… pronunci la parola Bill in qualsiasi discorso…”

“no… Bill è mio amico,è l’unico che mi ha accettato fin dall’inizio… è per quello che parlo di lui…”

“certo, fino a quando lo sarà?”

“sa tutto… gliel’ho raccontato oggi!”

Noah si lasciò cadere sulla sedia, certamente non si aspettava quelle parole da parte di Cathe: non era certo la ragazza che raccontava al primo venuto della sua malattia, anzi aveva difficoltà ad ammetter di essere stata (?! su quest’ultima parola tutti coloro che la conoscevano avevano seri dubbi) anoressica.

“cos’ha detto?”  Noah continuava a fissare lo schermo del notebook

“niente… mi ha abbracciato esattamente come avevi fatto tu!”

“allora ho sbagliato tutto… sono un pirla…” disse il ragazzo ridacchiando tra sé e sé

“l’hai detto tu…”  “sì… lo so, comunque… ti fidi di lui?!”

“mi fido, di lui e degli altri, te lo giuro su Sophia!”

“non giurare sulla mia sorellina se poi non mantieni!”

“mantengo… davvero!” i due si abbracciarono teneramente, mentre Tom era sempre più perplesso: -Cathe, stasera ci dovrai dire un bel po’ di cose!!-

 

Il rasta tornò da Georg e Gustav che parlottavano un po’ tra loro su Cathe e Noah: “dov’eri sparito Tomi?”

“a origliare un discorso molto interessante…”

“tipo?” chiese Gustav precipitosamente con tono abbastanza preoccupato: in cuor suo sentiva che c’entrava Catharina

“tipo che mi sa che ci sarà da divertirsi stasera a cena.. quella ragazza ci nasconde qualcosa di bello grosso…” Gustav e Georg si guardarono sbigottiti e decisero di andare a cercare Bill per il soundcheck, visto che l’impianto era ormai pronto.

 

Effettivamente Noah sapeva fare il suo lavoro, l’impianto del dome era spettacolare, la qualità del suono davvero pulita e niente microfoni gracchianti: ci sarebbero solo mancati più quelli a far peggiorar l’umore di Bill; per tutto il tempo delle prove non aveva fatto altro che squadrare alternativamente Catharina e Noah, facendo esasperare non poco la band e l’entourage con i suoi continui errori, e naturalmente anche Catharina che continuava a ripetergli di cantare in modo quanto meno decente, che in tre ore sarebbe iniziato il concerto; aveva un mal di testa impressionante dovuto certamente all’idea di dover raccontare tutto agli altri tre membri dei Tokio.

 

“ragazzi vi devo parlare… seriamente!”  Catharina aveva trascinato i quattro ragazzi in sala relax, Noah era ripartito lasciandola tra mille raccomandazioni, e sinceramente Catharina aveva preferito che non ci fosse: era decisamente un ragazzo adorabile, ma a volte esagerava e diventava pesante!

“Bill lo sa, gliel’ho raccontato stamattina, anche Noah lo sa… c’era anche lui… e mi è sempre stato vicino, è per questo che abbiamo un rapporto speciale, a volte equivocabile, ma non è il mio ragazzo, contenti? È mio amico, come spero lo sarete ancora tutti dopo che uscirete da questa stanza…”

I quattro si guardarono stupiti e Tom non poté fare a meno di notare lo sguardo sollevato del fratello che nel frattempo aveva preso posto accanto a Cathe sul divano e le accarezzava una spalla –e poi dice di non essere geloso- pensò il chitarrista.

Catharina armeggiò con il palmare, come aveva fatto la mattina in macchina e lo sporse agli altri che fissarono le immagini sconvolti; quindi per la seconda volta in quella lunghissima giornata ripercorse la sua vita:

“quella sono io due anni fa… mi avevano appena dimesso dall’ospedale, anoressia! Ci sono finita a causa di un ragazzo e di mia madre!” era un fiume in piena, continuava a parlare, interrotta solo ogni tanto da qualche singhiozzo: raccontò tutto ai ragazzi, voleva fidarsi di loro, voleva che la conoscessero in modo che da potersi fidare di lei!

Tutti erano sconvolti dalle parole di Catharina: Bill, Georg, Gustav, persino Tom che di solito non si sarebbe commosso di fronte a nulla era andato ad abbracciarla; in effetti l’avevano abbracciata tutti in un unico grande abbraccio, l’avevano definito l’inizio di una nuova Cathe, quella che se aveva problemi o paure doveva solo correre da loro e confidarsi, lasciarsi andare, non importa se giorno o notte, o se stavano mangiando o dormendo o facendo altro, anche se in effetti Tom le aveva detto che se c’erano ragazze in camera con lui probabilmente le sarebbe convenuto passare dopo per avere attenzione ( e Cathe sorrise di cuore a quella battuta). Si sentì sollevata , si era tolta un peso da cuore, anche se forse l’aveva caricato su quello dei ragazzi, ma era sicura che tutti insieme l’avrebbero superato.

 

                          *********************************************************

 

Due minuti: due minuti e si sarebbero spente le luce, due minuti e una voce, nel buio più assoluto e completo, in un irreale silenzio fatto di rumore e grida e urla, avrebbe detto: wilkommen im Tokio Hotel!

E poi ci sarebbe stato il caos: luci, un’esplosione di luci, di colori, di fuochi, di rumori, di batteria, di chitarra di basso…una voce! quattro ragazzi sul palco che avrebbero salutato il dome e avrebbero dato tutto se stessi, il meglio, con grinta, con rabbia, per loro stessi, per il loro pubblico, per la troupe, per David, per le loro famiglie, per Sylvia… e per Catharina!

Era deciso Bill, quando andò in produzione due minuti prima di iniziare: doveva farlo per Catharina, era una sorpresa quella che voleva farle il ragazzo, non solo lui, tutti gliela volevano fare, ma l’idea era stata di Bill, era lui che aveva deciso che quella sera la scaletta delle canzoni sarebbe cambiata, non tanto, solo il primo pezzo: era la canzone che lui aveva eletto come sua e di Cathe, la canzone che li aveva, per così dire, uniti quella notte, durante quel viaggio, assaggio di quello molto più lungo che stavano per intraprendere.

“stasera iniziamo con “By your side”…le altre semplicemente scalano … non dite nulla a Cathe!” li aveva lasciati a bocca aperta ed era corso via, sistemandosi le cuffiette.

Cinque

Quattro

Tre

Due

Uno

Buio, totale, profondo… la platea silenziosa.

Luci! Su Gustav, su Georg, su Tom… Iniziarono a suonare. Bill iniziò a cantare: era rimasto dietro il palco e sarebbe salito dopo la prima strofa, il pubblico l’interpretò come un effetto studiato e preparato ed esplose in un boato.

 

 

Catharina invece capì cosa vuol dire vivere. Lì, a bordo palco, in quella calda sera dell’8 giugno!

Era stata una sorpresa, se ne rese conto dalle prime note che si diffusero, se ne rese conto quando Bill arrivò e la abbracciò da dietro, quando le cantò nelle orecchie la prima strofa:

 

No one knows how you feel

No one there you'd like to see

The day was dark and full of pain

 

Corse sul palco, continuò a cantare la canzone, fino all’ultima strofa: tutti e 4 i Tokio si girarono verso Cathe che era rimasta pietrificata dietro le quinte, appena scesi dal palco; le cantarono tutti e 4 la strofa… era una promessa…la loro promessa!

 I'm by your side

Just for a little while

We'll make it if we try

Il resto del concerto fu come sempre… trionfale!

 

 

“voi siete pazzi!!”  Cathe li accolse con quelle parole e un sorriso stampato da un orecchia all’altra “siete veramente dei tesori!” piangeva, li abbracciava e piangeva.

“dai non piangere… stasera si festeggia! È andato benissimo ‘sto concerto!” le disse Tom mentre le asciugava le lacrime con una carezza… Tom, lui, in persona! Da non crederci!

“certo che stasera si festeggia!” gli fece eco Bill prendendo a braccetto Cathe e trascinandola verso i camerini, mentre dall’altra parte la accompagnava Gustav, Georg e Tom preferivano vedersi lo spettacolo del lato B della ragazza, che per altro se ne accorse:

“smettetela voi due!”

“come quel deficiente dica che tu hai il culone… bah, è un gran bel culo il tuo!” le disse Georg o Tom annuì aggiungendo: “stasera metti qualcosa di carino grazie… si festeggia, stasera assaggerai la cosa più buona del mondo!” 

Cathe si girò con aria schifata : “non ci tengo…”

“sto parlando della vodka!” le disse Tom ammiccando

“pensavo altro…”

“ma va?! Non l’avevamo capito…”

La ragazza scosse la testa… per fortuna era sempre il solito vecchio Tom, si stava preoccupando!

 

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-cosa mi metto? Uffi hanno detto vestito ma l’unica cosa che ho è cortissimo, mi sento a disagio, poi non ho delle gambe belle… -

Se ne stava in mezzo alla sua stanza d’albergo a contemplare il vestito che si era portata classificandolo come non-si-sa-mai: appunto! Era un bellissimo D&G, con pailettes e inserti borchiati, poco fine per i suoi canoni, ma se non lo comprava Jutta le toglieva il saluto per cui aveva messo mano alla carta di credito. Non era molto convinta fosse la soluzione migliore finchè non sentì bussare alla porta quattro scalmanati: aprì dimenticandosi di avere ai piedi le famose pantofole con gli ippopotami ma soprattutto la maglietta che usava come camicia da notte: XXXL, degli Iron Maiden.

Quando Gustav e Georg la videro prima assunsero un espressione sconvolta, poi felice poi si buttarono in ginocchio  e urlarono all’unisono: “grazie che hai ascoltato le nostre preghiere…”. -Metallari falliti!-pensò Catharina –non hanno mai visto una ragazza con la maglietta degli Iron? Cosa credono che ascolti?-

Tom e Bill spalancarono gli occhi, più che altro stavano fissando le gambe mozzafiato della ragazza: lei le considerava brutte ma in realtà erano state modellate da anni di ginnastica e danza, per cui erano affusolate, muscolose ma magre.

“lasciando perdere i commenti di ‘sti due, perché non sei ancora vestita?” le disse Tom

“è troppo corto…”

“con le gambe che hai ti puoi permettere qualsiasi cosa… fila a cambiarti!”

Controvoglia la ragazza richiusa le porta e tornò dopo due minuti vestita di tutto punto e i ragazzi ebbero letteralmente le mascelle cascanti: vestito a mezza coscia che lasciava scoperta un po’ la schiena, scarpe tacco 10  coordinate, pochette nera di Hermes, i capelli sciolti e morbidi a boccoloni (per la prima volta dopo tanto tempo non aveva la coda), trucco leggero tranne che le labbra, carnose, rosso ciliegia, che facevano risaltare la carnagione e i profondi occhi azzurro- blu.

Tom, Georg e Gustav si avviarono verso l’ascensore, in silenzio…era bastato uno sguardo ai tre per capirsi, e per capire Bill, per capire la sua espressione.

Il cantante si avvicinò alla ragazza, sia accorsero di essere pericolosamente vicini dai loro profumi: la chimica che si era creata in quel momento non si poteva certo studiare su nessun testo, non c’era nessuna reazione che giustificava il perché Cathe fosse attratta dal profumo di Bill e Bill da quello di Cathe… eppure era lo stesso profumo che usavano ogni giorno, ma quella sera era più buono, maledettamente più buono, insospettabilmente più penetrante e profumato, più alchemico.

“sei bellissima! Davvero…” le disse mettendole una mano sulla spalla “quello Stronzo certo non si merita una come te!”

Cathe rimase sconvolta, con il cuore che le batteva a mille e una certezza nell’animo: quella sera doveva fare una cosa, per se stessa e per i ragazzi, al costo di dare un calcio a Catharina e liberare l’Electra vendicatrice che era in lei.

Si parò davanti ai Tokio in ascensore, mentre scendevano nella hall dell’albergo: “sapete come mi chiamo di secondo nome vero?!” “Electra…” risposero i quattro in coro “bene… Electra, stasera si vendica! Lo devo fare per chiudere un capitolo della mia vita, per il mio sistema nervoso!  Venite con me!” I quattro la guardarono stupiti mente correva verso il ponte poco distante dall’albergo: si poteva godere della vista di tutta la città di Francoforte, si poteva inspirare il profumo della città, della notte… della vita che meritava di essere vissuta e assaporata; la raggiunsero un po’ trafelati… Cathe aveva tirato fuori dalla borsa un ciondolo, poco costoso e di poco valore, che però lei si trascinava dietro come ricordo di quel ragazzo che l’aveva solo fatta soffrire; decise che per liberarsi di tutto un capitolo della sua vita, doveva liberarsi anche del primo o ultimo legame a quella vita: “me l’ha regalato lui!” disse rivolta ai Tokio “se me ne libero, è finita per sempre… se lo lancio, poi gli spacco la faccia ed è finita!”

Tom,  Georg, Gustav annuirono, Bill la guardava negli occhi e le sorrideva, dolcemente, con affetto…

 con amore…:

“ora… Catharina!” La ragazza lanciò verso il fiume il ciondolo, urlando un catartico vaffanculo seguito dal vero nome dello stronzo.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** una nuova amica ***


ehilà.... buonasera a tutti... ecco un nuovo capitolo! lo ammetto già adesso, mi sa che non è venuto benissimo, ma sono in preda alle mie elucubrazioni mentali pre-weekend, quindi accontentatevi!

che sto dicendo?! bah... ho bisogno di ferie...

 

allora... ringrazio tutti coloro che hanno recensito e mi danno la forza di andare avanti! tranquilli, comunque Bill NON è lo Stronzo, questo simpatico personaggio avremo modo di vederlo poi ma non preoccupatevi...

 

buona lettura e grazie ancora a tutti!!!

 

 

Capitolo 11: una nuova amica

 

 

Cartone… no non cartone, moquette: sì moquette era la parola più indicata per definire la sensazione sul palato di Cathe, le sembrava di avere in bocca della moquette talmente era impastata a causa dell’ingente quantitativo di vodka ingerito unito alle poche ore di sonno; troppo per una che non aveva mai bevuto, già tanto che non avesse vomitato ma anzi aveva retto decisamente bene, forse meglio di Georg che aveva passato metà della serata chiuso in bagno e non con la bella ragazza che aveva rimorchiato.

-quanto ho bevuto ieri sera? Ieri… stanotte… cazzo sono le 9 e mezza, solo 3 ore di nanna…- si guardò allo specchio: - blah,che schifo che faccio…ho bisogno urgente una doccia mega, di un chilo di Aulin e di cioccolato!-

Si trascinò verso il bagno disseminando in giro per la stanza i vestiti, non si era neanche messa la sua maglietta XXXL per dormire, in effetti non si ricordava molto di come fosse arrivata nella sua stanza, aveva un ricordo confuso di avere male ai piedi e che Gustav la sorreggeva: -no mi portava in spalla, decisamente mi sembrava così, ma non so… però aveva un buon odore, non sapeva troppo di alcool… bah!-

Si lanciò sotto la doccia sperando di riprendere almeno qualcuna delle sue facoltà mentali, o almeno dei suoi ricordi che apparivano fin troppo confusi ma che le stavano pian piano riaffiorando mentre l’acqua bollente le scorreva su viso e capelli; rivide le scene della serata come in un film, si ricordò di lei sul ponte, dell’applauso scoppiato da parte dei ragazzi giusto per non attirare l’attenzione di nessuno, della mega festa che, per una volta, era stata divertente, del primo bicchiere di vodka alla fragola che aveva ingurgitato nella sua vita –e hanno il coraggio di chiamarla Caipiroska,-pensò - lì c’era solo vodka… neanche troppe fragole- e anche del secondo, e del terzo; del ballo con Tom e del fatto che le si era fin troppo strusciato addosso, di Georg completamente ubriaco che aveva trascinato una valchiria bionda sul divanetto costringendo lei Bill e Gustav a spostarsi, di Gustav che la fissava adorante ma che non aveva avuto il coraggio di ballare con lei neanche dopo le sue continue richieste –non lo capisco proprio, prima mi fa una radiografia e poi se ne sta lì tutto solo, però almeno mi ha portato in braccio se no poveri i miei piedi!-, di Tom che aveva visto andar via con due! ragazze, di Bill, forse troppo bevuto, scatenato come lei sulle note di Played-a-live dei Safri Duo, canzone troppo ritmata per quel vestito decisamente troppo corto… li aveva ben visti David e Benji che guardavano insistentemente nella sua direzione, o meglio in quella del suo bacino.

-che serata!! Però mi sono divertita un mucchio…- si vestì e si truccò con molta cura per nascondere le occhiaie ma non riuscì a mettersi LA lente a contatto, ebbene sì, la lente dato che in un occhio aveva otto decimi, mentre nell’altro ci vedeva benissimo –scherzo della natura ambulante, faccio schifo!-

Soprattutto non riuscì a infilarsi le scarpe col tacco: continuava a fissarle, rimirarle, guardare, ma certo non ce la faceva a infilarle…aveva i piedi distrutti dalla precedente serata su un paio di nuovi e fiammanti D&G da dieci, e l’idea di dover camminare tutto il giorno su altrettanta tortura certo non l’allettava. Scarpe da ginnastica neanche a parlarne, faceva troppo caldo, optò per un paio di ballerine, il paio di scarpe che preferiva, non tanto perché la facevano sembrare una novella Audrey Hepburn, ma perché essendo della Repetto, nota marca di scarpe da danza, volevano dire comodità, comodità, comodità!

Uscì dalla sua stanza diretta a fare colazione,e nel corridoio incontrò Gustav, mattiniero e apparentemente in perfetta forma:

“buondì Cathe… “ solito sorriso da un orecchia all’altra, Cathe adorava il buongiorno di Gustav, la faceva sentire per pochi istanti il centro del mondo, era un vero buongiorno, detto con il cuore e non uno degli strascicati mugolii dei Kaulitz, men che meno il grugno di Georg,

“buon giorno a te Gustav!” gli rispose la ragazza cercando di dare un’intonazione poco assonnata

“dormito poco eh?!”

“sì… da cosa l’hai capito? Dalle occhiaie o dalla voce?”

“3 Caipiroske a stomaco vuoto stenderebbero anche un camionista! Figurati uno scricciolo come te… per fortuna lo sei… se no ti saresti scordata che ti avrei portata in braccio!”

“non so come ringraziarti, veramente avevo i piedi distrutti…sarei arrivata strisciando!”

“eheh… si infatti noto che per una volta non hai il solito tacco, almeno non mi sento nano vicino a te…”

“dai… solo perché siamo alti uguali, almeno con i tacchi riesco a guardare negli occhi certe pertiche di nome Kaulitz…”

“con o senza gli occhiali?!”               “spiritoso, li hai su anche tu stamattina…”

“dopo una serata come ieri, le lenti proprio non riesco a metterle, è inutile! Non sapevo portassi gli occhiali!”

“ma in effetti è solo per un occhio, al destro ci vedo benissimo, ho la lente neutra… misteri dell’ottica!”

“già…”

Arrivarono  nella sala colazioni e si trovarono davanti gli altri tre membri dei Tokio, con la stessa aria assonnata e occhiaie profonde che Bill in qualche modo cercava di nascondere dietro gli occhiali da sole. La cosa che però non riuscì a nascondere fu il suo disappunto quando Cathe e Gustav entrarono insieme nella sala: Bill si irrigidì e le sue labbra si piegarono in una smorfia; Tom se ne accorse subito “calmati… ne abbiamo già parlato prima… smettila, non farti film che sono perfettamente senza senso!”

-dici bene tu… tanto a te non frega niente di Cathe…-  ripensò al discorso avuto con il fratello pochi minuti prima, nella loro suite: Bill aveva svegliato Tom con un balzo sul letto e un ringhio sommesso

“Gustav è nella sua stanza vero?!”

“Che ne so Bibi… dormi, lasciami in pace!” mugugnò il rasta, Bill lo girò di peso facendogli aprire gli occhi e causando nel biondo un inizio di ira

“sono sveglio, contento? Che vuoi? Sono maggiorenni e vaccinati entrambi, faranno quello che vogliono!”

“NO! Non dopo quello che gli ha raccontato stasera Cathe… come potrebbe!?”

“sei tu l’unico a cui non piacciono le one-night-stand, ma sei sicuro che siano insieme… o è uno dei tuoi solito attacchi di gelosia come ieri con quel Noah?! conosci anche tu Gus, non è il tipo, ieri sera l’avrà portata in braccio mosso a pietà, sfinito dal continuo lamentarsi di Cathe per quelle scarpe, da quant’è che andava avanti a pigolare che le facevano “bua le piotte” eh?!? E comunque perché non ti sei offerto volontario TU fratello?”

Bill si sedette a gambe incrociate sul letto, fissava il gemello con aria pensierosa… -già, perché non gliel’ho chiesto…-

“non lo so Tomi, forse avevo paura di spaventarla se l’avessi presa in braccio…”

“Bill… questa è la scusa più stupida, patetica e idiota che abbia mai sentito dire… cosa stai farneticando? Ma sei fuori? Cioè hai paura di spaventarla prendendola in braccio? Quella ragazza ha passato cose molto peggiori di un abbraccio da parte di un amico mi sembra… ora… o tu sei completamente scemo, ti sei bevuto il cervello, l’hai dimenticato da qualche parte, o tu sei innamorato perso!!”

L’aveva provocato Tomi, per vedere come reagiva e infatti la risposta di Bill non si fece attendere:

“IO NON SONO INNAMORATO, l’unica di cui sono innamorato è mia figlia, l’unica di cui mi sono mai innamorato è stata Sylvia, e ci sarà soltanto lei nella mia vita!!”

“credici fratello…” Tomi si girò dall’altra parte “comunque, vedi di capire cosa provi per quella ragazza, è da quando siete tornati che sei strano e iperprotettivo e non dirmi che è solo per quello che ci ha raccontato… ora, per favore, dato che non vuoi ragionare, levati dal mio letto e vai da un’altra parte a stressare l’umanità! Voglio dormire!”

Bill se ne era tornato in camera di umore ancora peggiore se possibile, che non era di certo migliorato quando aveva visto entrare Gustav e Cathe insieme.

I due si sedettero al tavolo con gli altri tre membri dei Tokio che, come aveva previsto Cathe, li accolsero con un mugugno; stavano già facendo colazione, o meglio Bill e Georg una “sana” prima colazione, Tom quella che definiva “colazione del campione”: piatto colmo di uova pancetta e salamini, due o tre panini alla marmellata, dispenser dei cereali direttamente sul tavolo con buona disapprovazione dei camerieri e degli altri ospiti, due o tre pacchetti di biscotti, yogurt, tazza grande di caffè nero bollente macchiato caldo!

“Tom che schifo come fai a mangiare ‘ste cose” gli disse Georg

“io... notate cosa sta prendendo Cathe al buffet, quella vuol morire di diabete oggi!”

In effetti Catharina stava riempiendo una scodella di cioccolata calda, panna, cereali al cioccolato e si era presa anche un paio di pacchetti di biscotti al cioccolato, tanto per la serie   sono – depressa – quindi – mangio – cioccolato. Quando tornò al tavolo gli altri, la guardarono increduli, stupiti, schifati… soprattutto Bill che non sopportava il cioccolato

“Cathe come fai a mangiare quella roba… è…cioccolato!” e disse il frontman con aria disgustata

“ma è buono, io adoro il cioccolato, vivo di cioccolato, ero anoressica e mangiavo cioccolato, poco… ma cioccolato!”

“ah beh indubbiamente con la linea che hai te lo puoi permettere…” le disse Georg mentre si sporgeva dalla sedia e cercava di guardarle il sedere; Bill lo incenerì, sia per la battuta che per la sbirciata

“sai quanto sport faccio! Grazie che me lo posso permettere… però magari a volte non mangio poi nulla fino a cena…”

“ah ci mancherebbe…” mugugnò Tom con la bocca piena

“deh… non abbiamo tutti la tua fortuna di non ingrassare Kaulitz, poi se divento grassa chi mi porta ancora in spalla quando ho male ai piedi?!” gli rispose Cathe mentre ammiccava a Gustav che divenne molto rosso in viso;

-ma lo fai apposta o cosa?!?-pensò Bill che certo non si era perso la scena –che cacchio ti prende, ieri piangevi disperata e oggi sei già lì che ci provi con il primo che passa?!?- si beccò un calcio da sotto il tavolo dal gemello a cui seguì un occhiata che voleva dire “piantala, era una battuta!”

Per fortuna in quel momento arrivò David a chiamare tutto il gruppo per la partenza, non c’erano molti chilometri in programma quel giorno e in tre ore sarebbero arrivati a Dortmund; l’unico problema che sollevò Georg fu quello della macchina di Catharina:

“già risolto ragazzi! Siamo riusciti a incastrarla su uno dei camion…quindi viene con noi!” rispose David

“esatto… la mia piccola Giuditta è stata impacchettata e incastrata malamente… potrebbe riportare danni permanenti, se mi si graffia…” scena madre di Cathe che, a detta di chiunque la conoscesse, era maniaca di motori e auto e soprattutto venerava la sua Mercedes

“tranquilla, non soffre, adesso però muoviti che c’è da fare il check-out! Ah, a proposito, stavi veramente bene ieri sera con quel vestito…”“maniaco, te e Benji!”

 I due si allontanarono ridacchiando mentre i Tokio li guardavano con aria sconvolta, Georg fu il primo a parlare:

“mi state dicendo che ha dato il nome alla macchina? Quella è fuori….”

“si... temo ci aspettano tempi duri…” gli fecero in coro Bill e Gustav

“ragazzi… rimpiango quasi la vecchia Cathe…. Burp!” la colazione del campione aveva fatto decisamente effetto su Tom, che venne guardato malissimo dagli altri 3 per il sonoro “ruttino” nel bel mezzo della sala colazione di un cinque stelle.

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Il tour fu un successo trionfale, spettacolare, meraviglioso… Cathe ne fu decisamente l’artefice, non l’aveva detto ai Tokio ma mirava a una nomination per il “best tour” anche se avrebbe dovuto vedersela con mostri sacri della musica che avevano alle spalle non di certo una ventiduenne e sicuramente molta più disponibilità finanziaria. Fatto sta che comunque aveva deciso di provarci, c’era tempo fino a novembre per gli Europe Music Awards e una statuetta in più oltre a quelle già praticamente ipotecate dai quattro certo non le sarebbe dispiaciuta.

La sera dell’ultima data fu forse una delle migliori: il concerto era riuscito veramente in tutti i sensi, l’arena di Amburgo era stracolma e visto che erano nella città in cui abitualmente risiedevano, i Tokio decisero di fare le cose in grande, molto in grande... oltre all’ultimo brano suonato on fire , l’intero impianto stereo era stato modificato da Noah su esplicita richiesta di Cathe e David (leggi avevano stressato il ragazzo e metà della sua famiglia pur che accettasse di trasformare l’arena in uno dei più rumorosi concerti mai fatti, degno di un gruppo metal).

Il concerto fu semplicemente trionfale.

Quel tour fu però trionfale anche sul fronte amicizia: in effetti da quando Cathe aveva vuotato il sacco e Bill le aveva fatto conoscere Sylvia i rapporti erano decisamente migliorati, erano sempre tutti insieme, sul tour bus finalmente Cathe non si isolava più e anche se aveva qualcosa da sistemare al PC preferiva farlo stando seduta con i Tokio, il che, comunque, aveva generato non pochi momenti di imbarazzo quando i ragazzi erano riusciti a mettere mano al notebook della ragazza (notebook che per altro aveva un nome, Bertuccio, con gran orrore di Tom per cui se già era inconcepibile dare un nome alla propria macchina, figuriamoci al portatile!) e a scoprire un po’ di foto che Cathe avrebbe preferito non fossero di dominio pubblico:

“tu andavi in giro con i capelli conciati in quel modo? Sono orrendi, peggio di quelli di Bill quando si alza al mattino!” le disse Tom mentre osservava divertito un paio di foto della ragazza con un taglio di capelli non proprio felice

“fanculo!” gli rispose il fratello “comunque ha ragione, stai malissimo con la frangia…”

“ahah simpatici… andava di moda… bisognava avere la frangia! Voi non capite nulla!”

“neanche il tuo parrucchiere… se fossi in te lo denuncerei al WWF per maltrattamenti!”

“ah, simpatico Tomi, giusto perché non ti sei mai visto allo specchio al mattino, a volte fai letteralmente schifo! Per non parlare di quanto puzzi a volte…”

“ah… te invece che ci appesti con il tuo costosissimo profumo!?”

“deh… Miss Dior è buonissimo! Non capisci nulla…” la ragazza si girò verso Bill “vero che è buono il mio profumo?!” il cantante emise un poco convinto “jaja”  che però a Cathe bastò per rispondere a Tom “visto… lui è un ragazzo che ne capisce!”

“infatti non mi sembra rimorchi… o no?! Fratello parlo con te?!”

Bill stava letteralmente fissando le foto di Cathe impegnata nella danza e nella ginnastica, faceva impressione la capacità di contorcersi di quella ragazza, ma indubbiamente dalle foto risaltava una grazia naturale che lasciò senza fiato Bill

“world of beautiful pain!” gli disse Cathe

“Prego?!” le disse il moro mentre gli altri iniziarono a guardare le foto

“è l’espressione che sintetizza l’essenza di danza e ginnastica… fa male contorcersi in quel modo, ma ti giuro, quando sei lì che ti lanci in jeteè o fai capriole all’indietro… non lo so è una sensazione dolorosissima e insieme bellissima!”

“da quanto tempo fai ‘ste robe….” Le chiese Georg

“da quando ho 4 anni… ho iniziato con la danza, poi ho fatto 3 anni di artistica, 1 di ritmica che non mi piaceva troppo e sono tornata alla danza…”  

“a me fa impressone come contorci il piede, sembra di gomma… avessi io la tua capacità a fare stretching non mi verrebbero i crampi a fine concerto!” le disse Gustav; in effetti il batterista spesso si contorceva dal dolore e doveva fare almeno un quarto d’ora di esercizi defaticanti

“se vuoi ti insegno qualche esercizio alla sbarra, potrebbe aiutarti per le gambe… tipo così!” giusto per impressionarli si portò una gamba dietro il collo spingendola verso la spalla opposta (NDR giuro si fanno questi esercizi e hanno il coraggio di chiamarli “riscaldamento”!)

I Tokio emisero in coro dei versi di dolore per Cathe che se ne stava tranquilla con la gamba a mezz’aria

“comunque Gustav, ne esistono di più utili, basta tirare un po’ il polpaccio e vedi che i crampi  spariscono!”

“sì sì… ma preferisco tenermi i crampi, ho male per te…”

“no Gus tranquillo, non fa troppo male, la prima volta sì, ma poi no… ti abitui…” appena finita la frase voleva rimangiarsi le parole appena pronunciate, era servire su un piatto d’argento a Tom la battuta, che infatti non tardò.

“eh sì… si sa che a voi ragazze la prima volta fa male…ma con me nessuna si è mai lamentata” sghignazzò Tom

“dipende un po’ sai… è una questione di dimensioni,magari non si sono lamentate per quello!”

Touchè…  il rasta andò verso il cucinino del bus borbottando mentre gli altri tre scoppiavano a ridergli dietro; Cathe decise comunque di insegnare qualche esercizio di stretching a Gustav che apprezzò molto, in effetti i due erano spesso insieme, si divertivano in compagnia l’uno dell’altra anche perché per Cathe era decisamente rilassante passare un po’ di tempo con lui, senza battutine e doppi sensi che normalmente le arrivavano da Tom e da Georg, né i continui cambi di umore di Bill alternati a momenti di assoluta tenerezza e dolcezza. Era in effetti un po’ stufa della mutevolezza dell’umore di Bill, ma non glielo voleva far notare, pensando che fosse a causa della mancanza della figlia che il frontman era in grado di cambiare di umore nel giro di soli 2 secondi.

Stanco dei continui scambi di battute e occhiate tra Gustav e Cathe, Bill decise di raggiungere il fratello; aveva bisogno di parlare un pochino, quella settimana era stata davvero stressante, per fortuna erano all’ultima data il che significava che la sera dopo per fortuna sarebbe stato da sua figlia.

“oh chi si rivede, mister gelosia!” gli disse acido il fratello

“non sono in vena di battute Tomi, ho bisogno di parlarti… non ce la faccio più a vederli sempre insieme, sono sempre lì che parlano e Gus se la mangia con gli occhi… e a volte anche Georg, prima ho sentito che volevano andare a vedere il DTM domenica, stavano organizzando, blah quei due mi danno fastidio… si butterebbero sotto un treno per Cathe…”

“perché tu no?”

Bill sospirò guardando distrattamente fuori dal finestrino “sì… farei follie per lei…”

“ma hai paura di soffrire…”

“no… cioè si… e anche di farla soffrire!”

“non ne saresti capace, tu non sei capace di far soffrire nessuno, piuttosto soffri tu al posto degli altri… e ti rovini la vita vedendo cose che in realtà non esistono!”

“e basta con sto discorso sulla gelosia… che devo dire, sono invidioso, sì!”

“però di certo chiederle di andare con TE al DTM è troppo sbatti vero? Portarla al concerto dei Manowar pure? Tu caro fratello hai in mano la migliore arma per conquistare Cathe, che va ben oltre le solite uscite…”

“Sarebbe?!” in effetti Bill lo sapeva perfettamente, ma aveva paura che il coinvolgimento di Sylvia si sarebbe trasformato in un’arma a doppio taglio

“Sylvia! Cathe adora tua figlia, tua figlia adora Cathe…”

“mi stai dicendo di usare mia figlia per arrivare a Catharina?!”

“NO!... ascoltami ogni tanto, ti sto dicendo che se passaste un po’ di tempo tutti e tre insieme sarebbe ottimale per il vostro e il mio sistema nervoso!”

“non voglio coinvolgere Sylvia…”

“perché? Non è un coinvolgimento…”

“si… e se poi Cathe dovesse sparire dalle nostre vite? Come la prenderebbe Sylvia?”

“Cathe non sparirà dalle nostre vite… siamo andati troppo oltre tutti, non potrà sparire…”

“spero tu abbia ragione fratello…” “ho mai avuto torto?”

“in effetti…” la conversazione venne interrotta dallo squillo del cellulare di Bill: era Sylvia che come ogni giorno aveva convinto la nonna a farle chiamare il papà; pochi istanti dopo che Bill aveva risposto si materializzò casualmente Cathe: ogni volta che Bill era la telefono con la figlia lei compariva e strepitava finchè Bill non era costretto a passarle il telefono per buoni dieci minuti; era palese che lei e la bimba si adoravano a vicenda e ogni telefonata si concludeva con mille promesse da parte di Cathe che sarebbe passata presto a trovare la piccola.

Tom fece segno al fratello, mentre Cathe concludeva la telefonata, di cogliere la palla al balzo e per una volta nella vita Bill diede retta al fratello senza battere ciglio:

“ehm Cathe…” le disse il cantante mentre la ragazza gli restituiva il cellulare “stavo pensando, se vuoi… magari…cioè… oh insomma a Sylvia farebbe molto piacere passare un po’ di tempo con te, me lo chiede sempre e ho sentito che lo chiede anche a te… sabato perché non passi a trovarci?!” aveva preso il coraggio a quattro mani Bill per riuscire a pronunciare quelle parole e certamente lo prese Cathe per dargli la risposta: “volentieri!” era bordeaux in viso…

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Quel sabato Cathe si svegliò decisamente presto, non vedeva l’ora di arrivare  Loitsche per passare un po’ di tempo con Sylvia e Bill, le mancavano quei due, anche se era da meno di 24 ore che non vedeva il cantante né gli altri dei Tokio; aveva proprio bisogno di staccare la spina almeno per tutto il weekend, il tour era stato sì trionfale ma anche una faticaccia immensa, troppe cose a cui pensare e troppo poco tempo a disposizione, ma tutto sommato le andava bene così!

Prese le chiavi della macchina e partì, a fianco sul sedile davanti un enorme ippopotamo di pelouche per Sylvia, voleva farle un regalino ma quando aveva visto quel pupazzo gigantesco nella vetrina del negozio proprio non aveva resistito a comprarlo e il regalino si era trasformato in regalone.

Arrivò a Loitsche in due ore e non appena Sylvia vide la Mercedes fermarsi nel vialetto davanti alla villa iniziò a strepitare e a trascinare il padre verso la porta:

“Cathe!!” urlò la piccola correndo verso la macchina e cercando di saltare in braccio alla ragazza: Catharina la prese e così facendo si guadagnò un sonoro bacetto sulla guancia

“che bello sei venuta a trovarmi! Mi porti a fare un giro sulla tua macchina?!”

“certo piccolina, sono qui per questo! Ma prima ho una sorpresa per te…” fece il giro attorno alla Mercedes e aprì lo sportello per prendere il pupazzone per la piccola che iniziò a fare i salti di gioia: era più o meno il doppio della bimba che, imperterrita, iniziò a trascinarlo verso Bill che era rimasto sulla porta:

“guarda cosa mi ha portato Cathe… è bellissimo!” Bill non poté far altro che sorridere nel vedere la sua piccolina con gli occhi luccicanti per la felicità, le faceva tenerezza vederla trascinare quel bestione dentro casa, ma venne ridestato da Cathe, in effetti non l’aveva ancora salutata se non con un cenno

“oggi è abbastanza terremoto tua figlia Kaulitz! Buongiorno… hai un’aria deliziosamente stropicciata…” si morse la lingua e divenne bordeaux appena finito di pronunciare la frase –deliziosamente stropicciata, ma cosa gli stai dicendo, già che ci sei fa che slinguartelo lì- le diceva la sua coscienza tentatrice

“eh vorrei vedere… il terremoto mi ha svegliato alle 7, era agitatissima all’idea che oggi venissi a trovarci, ma io ho ancora sonno… Cathe sei rossissima ti senti bene?!”

-beccata!- pensò la ragazza –e adesso che gli dico? Che sono rossa perché stamattina ha una aria dannatamente sexy con i capelli non stirati, senza trucco e quella specie di tuta che gli risalta il culo?! Oddio mi sento Jutta!-

“sì sì… è che ho molto caldo.” Farfugliò la ragazza mentre entrava in casa richiamata da Sylvia: la piccola aveva deciso che bisognava dare un nome al pelouche e visto che proprio in quel momento Tom era sceso in cucina sbadigliando per fare colazione (e poi tornare a dormire fino all’ora di cena) la piccola decise di chiamarlo Tomy,

“gli sta bene, assomiglia allo zio vero Cathe?!” le disse Sylvia appollaiata sul divano accanto alla ragazza

“decisamente sì, hanno la stessa espressione…”

“però non assomiglia a papà, papà è più bello, è il più bello del mondo!” Bill gongolò e prese in braccio la figlia sedendosi sul divano al posto della piccolina

“è da ieri che mi fa i complimenti… secondo te cosa dovrei pensare?!”

“che vuole qualcosa… Sylvia dove vorresti andare oggi?!”

“da “Spielen” a Magdeburgo !” Cathe guardò perplessa la piccola “sì sulle reti elastiche, a me piace andare a fare i salti, ma la nonna non mi porta mai e neanche papà, ogni tanto mi ci porta lo zio ma non è divertente, lui non salta con me!”

“ho il dubbio che passi il tempo a guardare le ragazze…” disse Bill “dubbio??” gli rispose Cathe “io ne ho la certezza!” scoppiarono entrambi a ridere ma vennero subito richiamati dalla bimba

“perché ridete?!”

“lo capirai da grande!” le disse Cathe “allora andata per Spielen e in più… che ne dici di un salutare pasto al McDonald?!”

“sì sì!” disse prontamente Bill imitando la vocina di un bambino

“non parlavo con te, lo so che ti piace… e a te Sylvia?”

“sì tanto!”

Dopo una buona mezz’ora in cui Sylvia aveva trascinato Cathe a conoscere tutti i suoi pelouche i tre partirono diretti al McDonald, per Cathe era una situazione stranamente irreale: in macchina, con Bill accanto camuffato per l’occasione per non avere problemi (si era  fatto la coda e non si era messo nessuno dei suoi vestiti attillati ma anzi, addirittura una maglia XL del fratello che gli stava decisamente bene!), Sylvia dietro sul seggiolino che continuava ad emettere gridolini eccitati ogni volta che Catharina metteva in funzione qualche meraviglia tecnologica della Mercedes.

Già si poteva decisamente abituare Cathe a quella vita…

Dal canto suo anche Bill pensava le stesse cose: gli sembrava irreale essere lì, in quel momento, con Cathe e la piccola, gli sembrava la cosa più normale del mondo, il quadro perfetto e Cathe era semplicemente bellissima, ma non bellissima mozzafiato, no, bella nel senso più puro del termine, radiosa, tranquilla, per una giornata finalmente non di continuo al cellulare, ma lì, con lui, con la sua bambina.

Già, si poteva decisamente abituare Bill a quella vita

Fortunatamente quel sabato il McDonald non era molto pieno, c’erano più che altro famiglie con bambini piccoli, quindi le probabilità che qualcuno si accorgesse di Bill e della piccola erano molto scarse,potevano essere tranquillamente scambiati per una coppia con la propria figlia e quel pensiero certo non dispiacque a Bill… continua a guardare Catharina che mangiava patatine e ketchup con la piccola, non si capiva chi delle due avesse 3 anni dallo stato in cui si erano impiastricciate le mani, gli piaceva quella scena, gli riempiva il cuore di uno strano calore, era rilassato, felice… si era immaginato una scena simile per tanto tempo e sinceramente l’idea che potesse avverarsi sul serio da una parte lo sconvolgeva, dall’altro era proprio quello che desiderava.

Sui tappeti elastici si divertirono un mucchio anche se Bill era stato restio in un primo tempo a mettersi a saltare, ma dopo molte insistenze corali Cathe e Sylvia lo convinsero: la piccola si sbizzarriva a saltellare qua e la sul tappeto del padre e di Cathe, era incontenibile ma soprattutto andò in estasi quando Cathe iniziò a farle figure di artistica come flip e carpiati.

Si stava proprio divertendo Cathe, era perfetta quella giornata: si sentiva libera, serena, si divertiva finalmente dopo tanto tempo; le piaceva osservare come Bill si occupava della figlia, era molto attento e premuroso, ma allo stesso tempo scatenato come ogni ragazzo di 18 anni, come a volte faceva in tour; non l’avrebbe mai ammesso ma trovava le smorfie e le mossette di Bill molto divertenti e decisamente sexy, ma soprattutto trovava il suo sorriso quando guardava sua figlia la cosa più bella del mondo: era spontaneo, dolce, vero… semplicemente perfetto. Sinceramente quella giornata le sembrava perfetta.

Fin troppo perfetta: Cathe sapeva in cuor suo che le cose più belle durano quanto un battito di ciglia, sono solo momenti, illusioni, non certezze… ne ebbe la conferma la sera, quando tornarono a casa Kaulitz:  sul vialetto videro parcheggiata la Audi di Georg, Cathe sapeva che sarebbe passato per portarle i pass del DTM per il giorno dopo, le aveva detto che l’avrebbe trovata da Bill.

Ciò che non si aspettava fu la faccia scura di Bill e il suo improvviso cambio di umore quando vide il bassista nel soggiorno intento a giocare alla Playstation con Tom; sapeva perché Georg si trovava lì ma per tutta la giornata aveva tentato di negarlo a se stesso, aveva sperato vivamente che il giorno dopo i due non andassero a vedere il campionato granturismo, aveva sperato che il giorno dopo Cathe potesse essere ancora tutta per lui…

“ti ho portato i pass!”

“oh grazie… allora come d’accordo mi passi a prendere tu?!”

“certo, 6 e mezza, che il Lausitzring è lontano! Fatti trovare pronta mi raccomando!”

“ok… davvero non è un problema venire fin su a Berlino?”

“no… tranquilla… adesso però vado! A domani piccola!” la salutò con un frettoloso bacio sulla guancia, che certo non sfuggì a Bill che si trovava proprio di fronte a Cathe.

La ragazza rimase impietrita dal comportamento di Georg, mai si sarebbe aspettata che il biondo iniziasse a fare il cascamorto come Tom, l’idea non le piaceva di certo, ma la cosa che diede il definitivo colpo di grazia ai suoi nervi fu la reazione di Bill che assunse un tono seccato:

“ah allora andate poi a vedere il DTM… bene… dai allora non ti trattengo, vorrai andare a casa, domani sarà stancante come giornata!” le disse con un ghigno poco amichevole

“ma no non ti preoccupare, davvero resto volentieri ancora un po’ con Sylvia…”

“Sylvia è stanca!” le rispose seccamente Bill; a quel punto i nervi di Cathe cedettero definitivamente:

“allora me ne vado, non preoccuparti! Ciao Sylvia, ci vediamo presto!”

“ciao Cathe!” disse la piccola con aria triste, non aveva affatto sonno come diceva papà e non riusciva a capire perché Cathe se ne stesse già andando

“ciao a tutti! Tom, Simone… ciao!”

Chiuse abbastanza rumorosamente la porta in faccia alla famiglia Kaulitz, e abbastanza velocemente perché nessuno vedesse le sue lacrime che ormai le stavano rigando le guance.

“Bill sei scemo o cosa?! Che cazzo è il modo quello di trattare Cathe?! Ma sei diventato deficiente? Pirla ti piace e tu la tratti così, sei geloso marcio ecco tutto! Non sopporti che qualcuno le ronzi in torno, ne Georg né Gustav… se fai così la perdi!” 

Tom prese in braccio Sylvia e andò verso il giardino, mentre Simone si avvicinava a Bill:

“tuo fratello ha ragione…”

“lasciami in pace mamma… lo so!” Bill corse su per le scale e si gettò sul letto, pianse anche lui, per ore, per come si era comportato,pianse lacrime di disperazione non immaginando che anche Catharina stesse piangendo allo stesso modo.

 

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Capitolo 12
*** parler ***


 

 

 

ecco qui... nuovo capitolo!! grazie a tutti delle recensioni!!

 

 

 

capitolo 12: parler

 

 

Cathe non aveva chiuso occhio quella notte, sinceramente non si ricordava neanche lei come fosse riuscita ad arrivare a casa, aveva guidato in modo automatico da Loitsche a Berlino, non si era nemmeno resa conto di aver parcheggiato la macchina ed essere entrata in casa, ma appena chiusa la porta dietro le spalle era scoppiata in un pianto a dirotto, scivolando pian piano a terra: si sentiva soffocare, non riusciva più a capire nulla di quello che le accadeva intorno e nemmeno quello che le stava accadendo nell’animo: “perché fa così? Cosa gli ho fatto? Lui è mio amico, non dovrebbe comportasi così?” non riusciva a capacitarsi della scenata di Bill, la trovava strana, non era da lui, non era il Bill che conosceva quello che l’aveva praticamente cacciata di casa, a Cathe vennero in mente gli occhioni tristi di Sylvia, identici a quelli del padre “no…i suoi erano carichi di rabbia… ma perché mi ha mandata via, se anche Sylvia voleva ancora stare con me!”

Pianse praticamente tutta la notte, non aveva a forza per fare altro, neanche per riflettere e pensare, per cercare di capire i motivi; non aveva la forza neanche di chiamare Jutta o le sue amiche, di chiamare Noah, Georg o Gustav che per lei avevano sempre la soluzione a tutto. Cathe aveva solo la forza per piangere e si assopì sfinita sul divano, in un sonno popolato di incubi.

 

 

 

 

 

“Meisenstrasse 11 Dahlem Berlino” : Georg era da più di un quarto d’ora che andava su e giù per la strada alla ricerca dell’indirizzo di Cathe, o meglio la casa l’aveva anche individuata ma gli sembrava fin troppo grossa per una persona sola, ed in più non aveva trovato il campanello e l’idea di svegliare qualcuno alle 7 di una domenica certo non gli andava. Decise di chiamarla, erano in tremendo ritardo e in più aveva bisogno di parlare urgentemente con la ragazza.

-già ma cosa le dico? Che Tom ha passato metà della sera a insultarmi senza sapere neanche lui perché lo faceva? Al diavolo adesso la chiamo!-

Stava componendo il numero quando vide uscire Cathe: come ogni volta che la vedeva gli mancò il fiato, quel giorno aveva indubbiamente superato se stessa nel prepararsi, era bellissima anche se aveva un’espressione un po’ stanca e lo sguardo poco vivo di una persona che ha molto crucci per la testa e che non sa come risolverli.

Scese dalla macchina e le andò incontro per salutarla:

“buongiorno Cathe!”

“buongiorno Georg!” gli disse Cathe con voce pimpante, il ragazzo non se l’aspettava, aveva immaginato una risposta con voce da oltretomba a giudicare dall’espressione –bah, c’è qualcosa che non mi torna- pensò il bassista.

“ehm lo so che sono in ritardo Georg scusami…”

“no figurati, io sono appena arrivato, che ho avuto problemi a trovarti…”

“ops, mi sa che la cartina non fosse chiara…”

“no no, anzi, è che non ho trovato il campanello e non volevo disturbare i vicini!”

“non ti preoccupare, nessun disturbo, tanto vivo da sola…” gli disse Cathe con aria da finta tonta, la scusa del “disturbare i vicini” era la più usata da coloro che andavano a trovarla e si stupivano per le dimensioni della casa di Cathe, secondo tanti non era possibile una villa del genere per uno, ma visto che la casa era stata il regalo di laurea dei suoi, Cathe l’aveva accettato di buon grado ed etichettato come ottimo-non-si-sa-mai-che-metta-su-famiglia e ultimamente come per-fortuna-Berlino-è-molto-lontana-da-Monaco. 

La faccia di Georg a quella notizia fu tutta un programma e riuscì a spiaccicare solo uno stiracchiato: “e poi dicono a noi per l’appartamento…” procurando la prima risata di Cathe dopo molte ore.

 

 

La giornata fu indubbiamente rilassante e divertente, la gara ottima, molto movimentata, l’hospitality veramente ben organizzata, buffet succulento, giornalisti rompipalle ( lei e Georg avevano dovuto ripetere più o meno 1000 volte che NON stavano insieme, sai che scoop se il bassista dei Tokio sta con la figlia di Hoffmansthal!); però c’era qualcosa che non tornava: Cathe si rabbuiava quando Georg le chiedeva della giornata precedente, Georg diventava evasivo quando Cathe gli chiedeva dei Kaulitz. Dovevano parlarsi… ma aspettavano entrambi il momento più opportuno.

 

Georg decise che il viaggio di ritorno lo sarebbe stato: sinceramente era molto curioso di conoscere la versione dei fatti anche di Catharina e non solo quella dei gemelli Kaulitz (anzi solo di Tom, Bill non l’aveva ancora sentito, segno che era veramente arrabbiato, quindi aveva preferito non stuzzicarlo).

Catharina guardava distrattamente fuori dal finestrino, pensierosa, ogni tanto abbozzava un sorriso,anzi, una smorfia:

“va tutto bene Cathe?!”

“certamente… figurati sono solo un po’ stanca!”

“non hai dormito stanotte vero?”

La ragazza emise un profondo sospiro quindi finalmente si girò verso il bassista “da cosa l’hai capito?”

“non lo so, intuito..ieri come è andata?!”

“Benissimo!...” disse Cathe con tono poco convinto “diciamo benissimo finchè non siamo tornati, poi non so…” la ragazza era un fiume in piena, gli raccontò la giornata precedente, di quanto si era divertita con Sylvia e Bill, di quanto era irreale quella situazione, di quanto fosse assurdo il rapporto tra lei e quella bambina, di quanto adorava la piccola:

 

“lo so Georg che è una cosa “malata”, non è mia figlia, ma io… non lo so, mi ha conquistata, fosse per me ci passerei la giornata con lei, mi fa stare bene quella bimba,mi diverto Georg, da matti… e anche con Bill…”

“ma…”

“ma non so, sono incazzata con lui, veramente nera… ti dico ieri quando siamo tornati, dopo poco che te ne sei andato, mi ha praticamente cacciata di casa, non so… gli sono partiti i suoi cazzo di 5 minuti da prima donna, non li sopporto in tour figurati a casa, boh ha iniziato a dire che Sylvia era stanca, anche se non lo era, era una scusa per mandarmi via, allora per tanto così dimmi vattene, fai una figura migliore… non lo so, Georg aiutami a capire: 5 minuti sei tutto gentile e sempre attaccato, dopo altri 5 mi molla lì con te o Gustav e se ne va incazzato… perché?!”

“non lo so… tu cosa pensi?!”

“che è geloso!”

-vai Cathe che ci arrivi da sola, non è difficile!”- pensò il biondo : “geloso di…”

“me… e del fatto che sia amica anche con te e Gus, mentre lui probabilmente vorrebbe un rapporto esclusivo tra noi due…”

“vedi… probabilmente è per quello!” –brava Cathe che ci arrivi, adesso racconta tutto allo zio Georg!-

“sì va bene ma deve capire che lui, come te e Gus, siete tutti e tre miei amici, con lui parlo di certe cose e con voi di altre… ma vi voglio bene a tutti e tre, come amici, a tutti e tre…”

“ah, come amici…” disse con tono scettico Georg  -amici, ecco come… Gus non ne sarà contento, men che meno Bill… Cathe quando lo ammetterai a te stessa che tra te e Bill non è solo amicizia, non fatevi del male…-pensò il bassista.

“beh sì… che pensavi?! Che fossi perdutamente innamorata di Gus? Ma va’…non è il mio tipo…perché Georg… tu sai qualcos’altro?”

“no… era un discorso così…”

“tu sai qualcos’altro…” gli disse Cathe con aria sorniona “dimmelo!”

Georg alzò gli occhi al cielo con un sorrisetto “no! Non so niente… ti dico solo di imparare a gestirla, tra te Bill e Sylvia: si vede che tu sei pazza di Sylvia, e Sylvia lo è di te, vi ho visto ieri sera quando siete entrati in casa… quindi ti ripeto impara a gestirla!”

“non ti capisco…” gli disse Catharina con una smorfia fintamente offesa

“capirai… non ti preoccupare…” il bassista lasciò cadere lì il discorso, aveva avuto le conferme che cercava, ora stava a Cathe trovarne, ma doveva farlo da sola.

 

 

 

Il lunedì era il giorno sacro per Cathe, dedicato esclusivamente a lei, alle amiche, alla palestra, allo shopping, insomma a tutte quelle cose che da straccio ti trasformano in principessa pronta ad andare al ballo; e Cathe aveva urgentemente bisogno di quel tocco di bacchetta magica che sono le amiche.

Arrivò abbastanza trafelata davanti all’ingresso della palestra più glamour dell’intera Berlino: tutte le persone della BCC (Berlino-che-conta, definizione della cara Jutta) la frequentavano e non si capiva se per amore del pilates o della favolosa vista a 360° della città che si poteva ammirare dalla sala fitness;   le altre 4 erano già lì, stranamente puntuali: Jutta con il suo pancino di quasi 4 mesi, Sabine compagna di università di Cathe e capo servizio di Vanity Fair (indovinate chi c’era dietro l’intervista a un certo cantante dei Tokio…), Daniela, la compagna di Sabine, di origine italiane, specializzanda in chirurgia plastica, Medina l’amica di Cathe dalle elementari nonché matrigna di Noah (sposato il padre del ragazzo in seconde nozze, di lui…).

Definirle le ragazze di sex and the city di Berlino era riduttivo, anche perché in primo luogo erano 5 e non 4, tutte tranne Cathe avevano una stabile vita sentimentale, 2 si erano già lanciate nel favoloso mondo della maternità e soprattutto avevano una capacità economica indefinibile per fare shopping, molto meglio delle 4 newyorkesi e di un già citato cantante che aveva svaligiato in mezz’ora il negozio Diesel (e il commento delle 5 era stato: “dilettante!”)

“buongiorno mie amiche di salvataggio!!” “buongiorno tesoro!!!” le risposero le 4 in coro mentre si avviavano in gruppo verso la palestra; Cathe stava mentalmente contando prima che qualcuno le facesse la domanda che si aspettava… riuscì ad arrivare a 6, segno che le sue compagne erano ancora nel mondo dei sogni, soprattutto Jutta che nei buoni vecchi tempi sarebbe stata in grado di chiederle (urlando!) particolari scabrosi nel bel mezzo di Potsdamer Platz:

“come è andata ieri?!” le chiese Jutta con un sorriso degno di uno squalo

“benissimo, ha vinto Christensen!”

“chi ha vinto lo sappiamo dal Tg, tu invece cosa hai vinto?!” le fecero in coro Sabine e Medina con altrettanto sorriso

“niente, è stata una giornata simpatica, rilassante, divertente, molto istruttiva…”

“ok ragazze, questa non ha voglia di parlare… com’è Georg a letto?!” urlò Daniela in modo che tutta la sala fitness si girasse nella loro direzione

“ti strozzerei quando fai così, ho una reputazione da difendere…” le rispose acida Cathe mentre aumentava il ritmo sul suo stepper “comunque certo che non ci sono andata a letto, non sono assatanata come voi…”

“chi ha pane non ha i denti, chi ha denti non ha il pane… neh Medi?!” disse Jutta alla bionda sul tapis roulant accanto, che annuì mestamente

“piantiamola tutte e 4 subito… ho bisogno di parlare, non di gente che dice stupidate nel bel mezzo della palestra dove metà della gente conosce i soggetti in questione!”

Il coro delle 4 fu “Bill....” a cui Cathe non poté fare a meno che annuire:

“sabato sono andata giù da lui, siamo usciti con Sylvia, vi giuro è stato tutto perfetto, finchè non siamo tornati a casa, c’era Georg che era passato per portarmi i pass del DTM, apriti cielo, si è incazzato e mi ha letteralmente sbattuto fuori di casa… ho pianto tutta la notte, la cosa che mi ha fatto più male erano gli occhioni tristi di Sylvia…”

“non è che potrebbe essere geloso…” abbozzò timidamente Medina

“anche secondo Georg è così, ne abbiamo parlato ieri, ma quel ragazzo mi nasconde qualcosa…” le rispose Catharina “ma geloso di cosa? Cavolo è con lui e sua figlia che ho passato la giornata! Io ci passerei tutti i giorni con Sylvia!”

“e con Bill?!” le chiese a bruciapelo Sabine

“sì… no… forse, non lo so, non si comportasse come si comporta, non cambiasse di umore nel giro di 5 minuti, non facesse il bambino quando c’è da essere adulti e l’adulto quando c’è da divertirsi!”

Le altre quattro ragazze scoppiarono a ridere: “senti chi parla Cathe!”

La ragazza ridacchio: “in effetti avete ragione… comunque io non so che fare…”

“ma con Bill ci hai parlato?!”

“no è da sabato che non lo sento… non ho avuto il coraggio neanche di fargli uno squillo, in più mi manca la bambina…”

“ecco qual è il problema… Sylvia!” le disse Jutta : “tu devi capire cosa vuoi! Se vuoi una mega carriera con i Tokio e poi basta, chi si è visto si è visto, se vuoi un’amicizia che continua anche se tu non li segui più, se vuoi una storia con uno di loro, se vuoi una storia con Bill… lasciami finire… se vuoi Sylvia! Tesoro nel pacchetto Tokio, anzi, nel pacchetto Bill, dal capitolo amicizia a tutto ciò che ne può seguire, è compresa anche Sylvia, ora non lo metto in dubbio che tu adori e stravedi per la piccola, e viceversa, ma devi capire che sia tu che lei ne potete soffrire se il rapporto dovesse rovinarsi; non puoi prenderla come un gioco come la stai prendendo, un discorso è giocare a fare la baby-sitter, ma un altro è fare la famigliola felice il sabato pomeriggio: a quella bambina arriva un chiaro messaggio da questo, però devi essere sicura che è quello che tu le vuoi mandare… allora?”

 “Cathe…” intervenne Medina “indipendentemente da tutte le questioni anagrafiche, ricordati che sposando Karl io ho accettato anche i suoi figli, anche sua figlia che certo non mi vuole ancora oggi, e ha 20 anni; se è difficile per una ragazza adulta accettare la nuova moglie del padre, figurati per una bambina di 3 anni… adesso, indipendentemente da ciò che sarà tra te e Bill, perché stiamo parlando di lui, parli solo di lui con noi, puoi non accorgertene o non volertene accorgere, ma è lui… Sylvia ha solo 3 anni… pensa a lei!”

Catharina ammutolì, non aveva più molta voglia di scherzare, non ci aveva mai ragionato seriamente su quanto potesse andare oltre il suo rapporto con Sylvia e cosa lei poteva rappresentare nella mente della piccola; in quel momento ebbe paura che la piccola la vedesse come una nuova mamma, che di certo non era, e che quindi si potesse creare delle certezze che in realtà non esistevano.

Già… Sylvia : per lei quel sabato aveva rappresentato una sorta di diversivo, una bella giornata da trascorrere con le persone a cui voleva bene, con Bill, con Sylvia, tutto sommato anche con Tom; ma non si era posta il problema di come loro avessero interpretato quella giornata, di cosa Bill voleva o avrebbe voluto da quella giornata, di cosa lei rappresentasse per Sylvia. Aveva ragione Georg quando le aveva detto di ragionarci e pensarci.. e più lo faceva e meno le cose erano chiare! E a complicare le cose si mise il discorso con cui Jutta si congedò alla sera:

“Cathe fammi un favore… ragionaci, pensaci, riflettici e poi buttati! Lo so che sei passata attraverso una storia che ti ha lasciato molti segni e che non ti fidi dei ragazzi, ma non partire a priori col presupposto di soffrire, altrimenti ne soffrirai… fai chiarezza su quello che vuoi, su che rapporto vuoi, fin dove sei disposta a spingerti, ma per favore coinvolgi Bill! Sarà lunga, tu devi imparare a fidarti di lui come ragazzo, di lui come Bill, ma per l’amor del cielo parlagli!” Jutta se ne andò lasciando Cathe con i suoi pensieri

 

 

                 ***************************************************************************

 

 

Quello stesso lunedì Georg decise che era ora di fare un bel discorso a Gustav, tanto per essere chiari fin da subito ed evitare problemi di qualsiasi genere; trovò il batterista intento a provare:

-meglio!- pensò il bassista –almeno non dovrebbe essere toppo depresso, se lo conosco si dimenticherà in fretta…-

“ciao Gus…”

“ciao Georg… è un no vero…” gli disse il biondo a bruciapelo con sguardo spento

“già, ci vede come amici… tutti e due…”

“e Bill come qualcos’altro…”

“no, anche lui per il momento come amico, beh per il momento lo dico io, lei ha detto come amico, ma mi sa che..., li ho visti tutti e 3 insieme, lui Cathe e Sylvia, mi ha dato una sensazione strana, mi sono detto –wow, così è perfetto…- non so se mi capisci!”

“vorrei non poterti capire… ma mi sa che dobbiamo arrenderci all’evidenza!” disse Gustav ridacchiando, tutto sommato non l’aveva presa troppo male, segno che così innamorato di Cathe non lo era, probabilmente la vedeva come amico anche lui, un po’ come Georg e nessuno dei due avrebbe rinunciato all’amicizia della ragazza

“Gus… Gus… che ne è stato del nostro motto vincere o morire?!”

“è morto… io propongo di modificarlo in: Vincere o morire ma morto un papa se ne fa un altro!”

I due risero mezzo pomeriggio a quell’idea, si dimenticarono in fretta della batosta che Cathe aveva inferto ai loro cuori –batosta per modo di dire, non che loro ci avessero provato seriamente con la ragazza - anche se ad un certo punto Georg se ne uscì con una delle sue:

“facciamo una scommessa Gus?!” bastò uno sguardo per capirsi con il batterista

“ci sto!”

 

 

 

                        ********************************************************************

Cathe aveva deciso anche lei di scommettere, ma su se stessa, aveva deciso di rischiare, ci aveva meditato tutta la notte ed era arrivata alla conclusione che sì, Bill le piaceva, anche tanto, come amico… come Bill… ma non lo amava:

-no, non è amore, l’amore è un'altra cosa, l’amore è devastante, è essere felici anche solo perché si è sullo stesso pianeta o nella stessa città, perché si respira la stessa aria, l’amore è quello che ho provato per Lui… per Bill non è amore…- continuava a ripetersi mentre si vestiva: quel giorno sarebbe andata a Loitsche, voleva passare del tempo con Sylvia e con Bill ma soprattutto parlare con Bill

-parler… invoca il parler e fatti portare dal capitano!- si ripeteva citando le battute di Pirati dei Caraibi –sono pazza, cosa sto dicendo…oh al diavolo, che sia quel che sia!

Partì diretta a Loitsche sperando di trovare Bill.

 

 

 

 

 

Bill e Tom erano andati da Andreas, a parlare proprio di Cathe: Tom era due giorni che si sobbarcava il fratello e i suoi continui discorsi su Cathe, non lo reggeva più; aveva passato la domenica in camera a giocare con la figlia, senza degnare di uno sguardo il resto della famiglia, ma soprattutto senza spiegare alla bambina il perché del suo sguardo triste

-se mio fratello crede che Sylvia non si sia accorta di quanto è depresso è veramente stupido!è due giorni che continua a fare domande, a chiedermi perché piange… io che le rispondo?!- continuava a chiedersi Tom mentre guidava verso la casa dell’amico di sempre con Bill seduto accanto.

 

 

 

 

 

 

Cathe parcheggiò davanti al cancello di legno di Bahnhofstrasse 19, non aveva il coraggio di suonare il campanello, sinceramente sperava che Bill non ci fosse, aveva paura di affrontarlo anche se era lì per quello, per fare chiarezza, per capire. Si fece forza e suonò, per fortuna venne Simone ad aprirle, si sentì sollevata nel vedere la donna e soprattutto la sua espressione: né arrabbiata né delusa ma anzi, piacevolmente sorpresa nel vedere lì la ragazza

“ciao Catharina… se cerchi Bill non c’è… lui e Tom sono andati da Andreas…” non fece in tempo a finire la frase che un piccolo fulmine biondo era già saltato in braccio a Catharina

“Catheeee!!” le gridò felice Sylvia “piccola mi sei mancata tanto!” le rispose la ragazza abbracciandola

“anche tu… sei passata a trovarmi che bello!”

“certo! E pensavo di portarti a fare un giro di folle shopping, se per la nonna va bene… pago io Simone non si preoccupi…” Simone rise di gusto, certo non si aspettava che una rampante ventenne portasse la nipote in giro per negozi, e sinceramente non capiva neanche il perché volesse farlo, ma vedeva in quel gesto una possibile riappacificazione tra Cathe e Bill, quindi tra mille raccomandazioni le lasciò partire in direzione “folle shopping”.

 

Cathe non badò veramente a spese per la piccola, fecero una corsa fino a Berlino e svaligiarono letteralmente tutti i negozi più costosi, all’insegna della retail therapy: Baby Dior (e Dior adulti ), Burberry, Gucci, Diesel (creando per entrambe un look molto Bill Kaulitz, con le commesse che continuavano a ripeterlo e Cathe che si faceva delle gran risate all’idea che le ragazze ignorassero la vera identità delle due clienti!) Adidas dove si presero, su insistenze di Sylvia (che si rivelò una vera fashion addict in erba) un paio di scarpe uguali che indossarono subito!

Si stava divertendo infinitamente Catharina, anche se correre dietro alla piccola si era rivelata un impresa abbastanza stancante, mai l’avrebbe immaginato e si rese conto solo in quel momento del vero significato delle parole della sua amica Medina: “trovati un bravo ragazzo, sposalo, facci dei figli insieme, vivi felice e assumi una brava babysitter!”. –eh non sarebbe male…- disse guardando Sylvia che stava demolendo a cucchiaiate un’enorme coppo gelato al cioccolato; la piccola si accorse dello sguardo della ragazza e con una tempistica tipicamente infantile le chiede a bruciapelo:

“Cathe perché l’altra sera te ne sei andata facendo piangere papà?”

Per la ragazza fu come ricevere una fucilata al cuore: il  facendo piangere papà continuava a rimbombarle nella testa, non riusciva a capacitarsene:

-come Bill piangeva? Perché?-

Cercò di assumere un tono normale davanti alla piccola: “perché dici così Sylvia?”

“l’ho visto, aveva i lacrimoni come me quando mi faccio male e continuava a chiamarti… perché non sei venuta?!” le disse la piccola con aria molto triste

Cathe la prese in braccio per consolarla: “non lo sapevo, Sylvia scusami, altrimenti sarei corsa da voi, non voglio vedere soffrire né te né tantomeno tuo papà…” si stupì di aver detto quelle parole, ma erano sincere, non erano state dette solo per calmare la bimba, le venivano dal cuore e dal cuore venne sempre la risoluta decisione che era ora di parlare con Bill

“allora mi prometti che non fai più piangere il mio papà…”

“certo piccola, te lo prometto!” la piccola mutò espressione in un sorriso gioioso e strinse forte Catharina : “ti voglio tanto bene Cathe!”

“anch’io piccola mia, tantissimo… dai adesso torniamo da papà però!”

 

 

 

Dire che Bill era arrabbiato era dire nulla: non solo aveva perso mezza giornata da Andreas e non aveva risolto nessuno dei suoi problemi, ma in più quando era tornato sua madre gli aveva cinguettato (era l’unico modo per definire il tono di voce estatico di Simone) che sua figlia era andata a fare shopping con Catharina; era come un leone in gabbia e uscì di corsa, con aria decisamente incazzata, quando sentì fermarsi la macchina della ragazza, ma si bloccò sulla porta: le vide, Cathe e Sylvia, mano nella mano, la stessa espressione felice di vederlo, le stesse scarpe… erano lì, con lui, per lui… Catharina era lì! Corse incontro alla piccola e la prese in braccio, quindi si girò verso Cathe:

“non farlo mai più!” le disse in tono minaccioso, ma subito si mise a ridere “non andate mai più a fare shopping senza di me!” Cathe rise, come non faceva da due giorni: sul subito si era preoccupata per il tono di Bill ma quando aveva visto che in realtà il ragazzo non era affatto arrabbiato con lei sentì come se si fosse tolto un peso dal suo cuore…ora doveva solo parlagli.

 

 

 

 

Dopo cena finalmente trovarono l’occasione, davanti a una lattina di Red Bull a cui Cathe si era convertita durante il tour:

“Cathe scusami per come mi sono comportato l’altra sera…” la ragazza lo interruppe

“scusa me Bill, davvero… devo dirtelo, ecco mi sento veramente una merda, Sylvia mi ha detto che ti ha visto piangere, io non so perché Bill, ma sono qui… perché?”

“non lo so Cathe..” le rispose Bill sorpreso e abbattuto per la rivelazione della ragazza “ho avuto paura… e in più sono un pessimo padre che piange davanti alla figlia!”

“non ti preoccupare, Sylvia avrà pure 3 anni ma è sveglia, secondo me ha capito perché stavi male, non ci pensa più adesso… però… perché Bill hai pianto?”

“e tu perché hai pianto Cathe… di sicuro l’hai fatto… ti conosco troppo bene!”

“più di quanto non ti conosca io!” le rispose la ragazza “ho pianto per le tue parole, perché mi hai cacciato…”

Bill appoggiò la testa sullo schienale del divano, aveva un aria stanca ma serena, distesa: “scusami.. è che… quando ho visto Georg ho avuto paura … sembra assurdo… che ti portasse via da me e da Sylvia, è la stessa cosa quando vedo Gustav, lo so che ti piace ma per me è così, cavolo sono miei amici e…”

Catharina lo interruppe: “Gustav mi piace? E questa da dove esce? Ma a me non piace Gustav!”

“no?” le disse Bill “no, no? Davvero?”

“no gelosone! Non mi piace… non mi piace nessuno… per me Gustav e Georg sono solo due amici, gli voglio bene, ok, ma nulla più!”

Bill si sentì sollevato, gli sembrava di volare, si rese conto solo in quel momento che aveva ragione Tom, che a Catharina non interessavano né il bassista né tanto meno il batterista, si sentì un cretino, ma aveva bisogno di certezze, aveva bisogno di capire se e cosa la ragazza provasse per lui ma non voleva forzarla: in lei prima che una compagna vedeva soprattutto un’amica, non voleva perderla e non voleva spaventarla con una storia che forse entrambi non erano ancora in grado di gestire, non sapeva se e come Cathe fosse uscita dalla malattia né quali fossero i sentimenti per quel ragazzo che nell’anoressia l’aveva trascinata. Soprattutto voleva essere sicuro del rapporto tra Sylvia e Catharina, di cosa rappresentassero l’una per l’altra. Doveva darle tempo, lui avrebbe aspettato anche l’eternità

“allora amici?!” le disse Bill porgendole il mignolo come era solito fare con la figlia

“amici!” gli disse Cathe stringendogli il dito

“Cathe, io non voglio perderti come amica, sei importante, per me e per Sylvia…”

“Bill…” la ragazza gli si fece più vicino chiudendogli le labbra con un dito “tu per me sei terribilmente importante, come amico sei tutto, sei quello a cui ho detto tutto di me stessa, per primo, sapevo che potevo farlo con te… però ho bisogno di te… non voglio che succeda come l’altra sera, è due giorni che sto male all’idea di perderti…”

La ragazza lasciò cadere le braccia e abbassò lo sguardo, Bill le prese il viso tra le mani per rassicurarla:

“tu non mi perderai così facilmente, tu sei più di una amica per me…per Sylvia… non ti vogliamo perdere…” la strinse appassionatamente tra le braccia, aveva bisogno di quell’abbraccio, anche Cathe ne aveva bisogno, lo ricambiò con tutta se stessa

“ti voglio bene Bill…” gli disse la ragazza, affondata nell’incavo della spalla del cantate

“anche io Cathe… non sai quanto!” le rispose Bill stringendola a se e dandole un piccolo bacio sulla guancia.

 

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Capitolo 13
*** schrei (so laust du kannst) ***


Capitolo 13: schrei (so laust du kann)

 

Schrei = urlare, gridare.

 

 

 

“Tomi…Tomi?! Dormi?!”  Bill saltò sul letto del fratello, iniziando a scuoterlo per avere un po’ di attenzione, l’unica risposta che ottenne fu però un mugugno: “cosa c’è… sono le 5 Bibi, fammi dormire…”

“Tomi… daiii…” gli rispose Bill con una vocina da bambino che sapeva far irritare molto il gemello, mentre si  sedeva a gambe incrociate sul letto: “cosa c’è?!” gli disse infine il rasta con voce assonnata.

Bill sapeva che svegliarlo era la cosa peggiore che potesse fare ma aveva bisogno di parlargli, aveva passato la notte in bianco a inseguire il filo poco logico dei suoi pensieri, a ricordarsi della serata precendete, a ricordarsi di Catharina: ricordarsi… in effetti non la scordava mai, faceva sempre parte dei suoi pensieri, naturalmente dopo Sylvia e Tom, ma era ormai diventata parte di lui, e più tempo passava con lei più ne diventava dipendente. E ne aveva una gran paura.

“Cathe…” disse in un soffio al gemello dopo una lunga pausa “inizio ad avere paura di non saperla gestire…”

“prego? Fratello sono le 5… parla in modo comprensibile…”

“ho paura… non so perché…”

“perché non sai cosa vuoi da quella ragazza e da te stesso!” gli rispose il rasta dopo una lunga pausa “tu cosa provi per lei? Sinceramente!”

Bill fissò un punto non ben definito, la sua mente vagava libera, vedeva le immagini di Catharina, la immaginava con lui, in momenti mai vissuti con lei e che avrebbe tanto voluto condividere, momenti che aveva passato con Tom e che si rammaricava di non poter rivivere con la ragazza:

“non lo so Tom...forse…” lasciò cadere la frase a metà, lo sapeva benissimo cosa provava ma era difficile per lui ammetterlo, era difficile ammetterlo davanti a Tom, difficile dirgli che Cathe per lui era diventata la sua metà complementare, che su certe cose aveva scalzato il suo gemello, il suo Tomi, che c’era sempre stato nei momenti bui e in quelli felici.

“Billy… cosa provi per lei?!” il cantante si sdraiò sul letto supino mettendosi un braccio sugli occhi: aveva paura di vedere, di guardare negli occhi Tomi,ben sapendo che era un po’ come guardarsi allo specchio, era ammettere a se stesso ciò che già nel profondo del cuore sapeva, ma ammetterlo ad alta voce è un altro discorso.

“la amo…la amo Tom…con tutto me stesso, come mai ho amato qualcuno…”

Il rasta sospirò, lo sapeva benissimo cosa provava il fratello per Catharina, aveva notato il suo sguardo mentre fissava la ragazza, mentre la spiava di sottecchi, non con lo sguardo suo o di Georg, neanche con quello carico di dedizione di Gustav, era uno sguardo diverso, lo sguardo di una persona più che innamorata, uno sguardo che non aveva mai visto in suo fratello

“ e ne hai paura vero?!”  Tom conosceva il gemello molto meglio di quanto Bill non conoscesse lui, ma d’altronde Bill era il classico libro aperto, in cui bisognava solo trovare il coraggio di leggere e non di fermarsi alla copertina.

“tanta Tomi, davvero…”

“perché?”

“ho paura di soffrire, di farla soffrire, di far soffrire Sylvia!”

“non credo tu ne sia in grado! Tu non sei capace di far soffrire una persona, fratello tu a volte ti caricavi dei dispiaceri altrui e ti tenevi tutto dentro, quante volte sono dovuto venire in tuo aiuto? Non che me ne dispiaccia, però tu non sei capace di far soffrire Cathe, come lei non è in grado di far soffrire te…”

“e Sylvia?!”     “ma Sylvia niente…mia nipote sta benissimo con Catharina, si adorano a vicenda, le hai viste anche tu oggi, sembravano più di amiche, più di sorelle… se permetti il termine anche più di madre e figlia, erano semplicemente una il completamento dell’altra… il problema semmai sei tu!” gli disse Tom con tono fintamente provocatorio

“ehi… in che senso sono un problema?!”

“nel senso che sei talmente cotto di quella ragazza che se ti conosco ci metterai altri 6 mesi prima di pronunciare quelle due magiche parole che risolvono tutte le situazioni di questo tipo nel giro di 2 secondi netti… quando ti decidi a dirglielo?!”

“mai!”

“certo… e cosa ne risolvi?! Tu fratello hai paura!”

“Sì Tomi… ho paura… io…io ho già perso Sylvia nella mia vita, ho paura di innamorarmi!”

Tom sospirò, sapeva benissimo quelle che era la preoccupazione del fratello: la sua Sylvia, il suo primo amore; avevano già affrontato una volta quel discorso, in fondo era la madre della sua bambina e un “fantasma” con cui si sarebbe scontrato ogni volta che avrebbe pensato a Cathe, ogni volta che guardava negli occhi Cathe, così identici a quelli di Sylvia, no…  anche caratterialmente si era rivelata come Sylvia, ostinata, ferma coraggiosa e sognatrice, ma a differenza sua Cathe era tremendamente fragile… e Bill lo sapeva.

“Bill ascoltami: Sylvia ci sarà sempre nel tuo cuore, ci sarà sempre perché la rivedrai in tua figlia, ma tu puoi amare Sylvia tramite la tua bambina, ogni volta che la abbraccerai sarà come abbracciare lei… e puoi amare Cathe come tale, lei non ti chiede niente, non te lo chiederà, le basterà stare con te… e a te basterà stare con lei!”

Si ritrovò con Bill al collo che lo abbracciava : “grazie Tomi… perché tu hai sempre la soluzione a tutto?”

“io no ho nessuna soluzione.. è che sei il mio gemello, ti conosco da più di 19 anni… ho capito com’eri già nel pancione… cioè rompipalle… ma sei il mio gemello, siamo uguali al 99% e se permetti mi conosco… l’1% restante credo sia la fettina del tuo cuore che batte per Catharina… il mio 1%  che la apprezza diciamo che non risiede nel petto!” gli rispose con un sorriso imbecille che per fortuna Bill non notò a causa del buio, altrimenti Tom non se la sarebbe cavata con la cuscinata che gli rifilò il gemello.

“imbecille… io faccio discorsi seri e tu te ne esci così!” gli disse Bill tornandosene in camera

“un giorno mi ringrazierai!Ah e domani vedi di chiedere scusa a Georg e Gustav, prima che ti  rovinino il tuo bel faccino a suon di sberle!” gli urlò Tom prima di rigirarsi nel letto e tornare ad un profondo sonno nel giro di una manciata di secondi.

 

 

 

Scusarsi con Georg e Gustav era stata una delle parti più difficili della vita di Bill, perché voleva dire ammettere di aver sospettato dei propri amici, di aver pensato che essi potessero tradire la fiducia che Bill aveva riposto in loro; inoltre voleva dire ammettere di essere gelosi e se Bill odiava quel sentimento nelle altre persone, figuriamoci in se stesso. Ma la sua era una sorta di sincera gelosia, dettata da sentimenti veri per Cathe e sperava che i due l’avessero già perdonato:

“davvero… scusatemi per come mi sono comportato!”

Georg e Gustav si guardarono negli occhi: Bill era cambiato moltissimo, lui, il ragazzo capriccioso e in certi momenti affetto da divismo acuto che chiedeva scusa, che implorava una sorta di riconciliazione a un litigio  che in realtà non c’era mai stato; era un momento storico quello!

“Bill…” gli disse il bassista “sei scusato, anche perché sinceramente non hai mai fatto nulla per cui ci fosse bisogno di scusarsi, se veramente avessimo voluto Cathe tu non ti saresti neanche potuto avvicinare a meno di 200 chilometri. Però…”

“però?!” disse il cantante preoccupato

“però se me la fai soffrire o tradisci la sua fiducia, a quel punto te le do di santa ragione!” gli disse con fare scherzoso Gustav “davvero Bill, a me piaceva Cathe, e forse mi piace ancora, ma so benissimo che noi due non staremo mai insieme, tu e lei forse avete qualche speranza, ma vedi di non rovinare tutto… non cercare di nasconderti dietro la facciata del Bill animale da palcoscenico per paura, non lo sopporta… buttati Bill, è l’unico consiglio che ti diamo… e comunque se per caso non ti piacesse più… ricordati del tuo amico Gus!”

I Tokio scoppiarono in una risata all’unisono: per fortuna potevano sempre contare l’uno sull’altro, era quello il sentimento che li univa e che forse nessuno, neanche Cathe, avrebbe mai capito completamente.

 

 

 

                                      

 

 

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“Jutta ma te non hai una casa tua?” Cathe era esasperata dalla donna che si era praticamente trasferita a casa sua mentre il marito era via per lavoro; almeno la scusa ufficiale era che così la futura mammina non era sola, quella vera è che a casa di Catharina, storicamente insofferente a una temperatura superiore ai 20 gradi, era dotata di condizionatore e quindi la donna aveva deciso di trascorrere parte delle sue ferie dalla sua amica

“ma non è bella fresca come questa!”

“ti mando la bolletta della luce! E giù quei piedacci dal divano bianco!”

“abituati al divano non bianco… con Sylvia in casa questo divano sarà presto sporco di ditate infantili, ti conviene farlo foderare di blu come quelli di casa Kaulitz!”

“cosa c’entra Sylvia con casa mia?! E poi guardati te… non mi sembra di essere io quella incinta!”

“c’entra Sylvia, almeno mi risulta che ultimamente tu te ne passi di tempo in giro con quella bambina… o con il padre…” disse con aria maliziosa Jutta

Touchè… improvvisamente Cathe arrossì al pensiero di Bill: era vero, dopo la giornata di shopping con la bimba e i chiarimenti della sera con Bill, andava a trovarli almeno 2 o 3 volte a settimana e si divertiva come una pazza con Sylvia… mentre con il padre i rapporti si facevano sempre più… strani!

“allora Cathe, come va tra te e Bill?”

“tra me e Bill cosa, Jutta? non c’è nulla da dire sul “Tra me e lui …”

“già…  ok qui ci vuole un po’ di chianti!”

“Jutta… sei incinta… non puoi!” un po’ le mancavano le serate etiliche con le sue amiche, quelle delle confidenze e delle risate fino a notte fonda, quelle in cui decidevano di sovvertire le loro vite:

“ma tu no Cathe!” le disse Jutta porgendole la bottiglia “avanti un sorso e passa tutto!”

“l’alcool non è una soluzione!” le rispose la ragazza trangugiando almeno tre o quattro sorsi di vino

“Cathe parliamo di te… cosa rappresenta per te Sylvia?!” doveva prenderla alla lontana Jutta, per farle capire che doveva fare chiarezza sui suoi sentimenti, non poteva certo spaventarla con la domanda clou

“non lo so…” le rispose la ragazza portando i piedi sul divano e cingendosi le ginocchia con le braccia “è… è come una parte di me, è la parte di me che invidia te e la Medi perché avete un bambino…”

“già.. tu sei l’unica che conosco il cui orologio biologico ha iniziato a ticchettare a 15 anni!” disse Jutta tracannando un sorso della sua aranciata

“non è colpa mia: quella bambina rappresenta il legame che non ho mai avuto con i miei…”

“il tuo disperato bisogno di affetto giusto?!” disse con aria sorniona Jutta

“sì!” le rispose Cathe stringendosi nelle spalle “io do affetto a lei, lei ne da a me…”

“è un rapporto un po’ malato questo, lo sai vero… non è tua figlia… se Bill trovasse una compagna tu saresti fuori dalla sua vita, non sei sua madre…”  Jutta l’aveva provocata, ormai la bottiglia era quasi finita e sapeva che Cathe reggeva molto poco il vino, era il momento quello per farla ragionare sul suo rapporto con Bill:

“io… io non voglio perderli!” disse Cathe con le lacrime agli occhi “Jutta è un mese che ci penso, ci ragiono, cerco di trovare una soluzione: io con Bill e Sylvia ci sto bene, ma ho paura, paura che qualcosa possa andare storto, paura di perderli!”

“di perderli? O do perdere Bill?!”

Cathe iniziò a piangere: ecco cos’era quella sensazione che le stringeva il cuore ogni volta che pensava al ragazzo, ogni volta che lo osservava, ogni volta che gli parlava, ogni volta che era con lui: non voleva perderlo, era suo amico, forse di più… o forse era lei che sperava in un di più.

“di perderli tutti e due… soprattutto Bill!”

Cathe fece una lunga pausa, aveva paura, folle, incredibile, profonda… aveva paura di quello che stava per dire, dei suoi sentimenti:

“Jutta… mi sa che sono innamorata di Bill!” disse Cathe scoppiando a piangere disperatamente

“sì che lo sei… e anche tanto!” Jutta abbracciò Cathe ridendo “lo dovevi solo ammettere a te stessa, ma tutti abbiamo capito che lo ami!”

“anche Bill?!”                “no… non credo…quando sei con lui ti nascondi…”

“ho paura di soffrire, di ritrovarmi in una situazione già vissuta, ho paura che alla fine si rivelerà come con…”

“NO! Cathe guarda che Bill è molto diverso da lui!”

“lo so… per fortuna! Ma non so che farci, non posso fare a meno di aver paura!”

“devi fartene una ragione… è quando si diventa grandi davvero! Tu fattene una ragione e non pensarci più! Vivila con Bill e Sylvia, fregatene di quelli che possono fare commenti su di voi…”

“Jutta…. Ma io ho paura, non so come dirglielo… ho paura!”

“dirglielo non c’è un modo… non puoi andare da lui e urlarglielo, verrà il momento per parlarvi…”

“e se lui non mi volesse, nel senso, se lui non volesse me ma mi accetta perché vede in me una mamma per Sylvia?! E poi… io sarò sempre e comunque una sostituta di Sylvia… la piccola potrebbe non accettarmi”

“no… conosco Bill, non sarebbe possibile! Tu sei tu… Sylvia era Sylvia… ti amerà come Cathe…e amerà Sylvia tramite sua figlia, quando la abbraccerà o quando le sarà vicino, sì certamente nel suo cuore ci sarà sempre posto per la madre di sua figlia, ma ce ne è tanto anche per te…”

“ma non è detto che io piaccia a lui… che lui mi ami!”

“magari invece sì!” le rispose Jutta; Cathe saltò letteralmente sul divano “Jutta se sai qualcosa dimmelo!”

“io non so nulla, so solo che non ci dovrebbero essere problemi a che voi due stiate insieme… so solo quello, lo so perché vi conosco! E comunque Bill dovrebbe leccarsi le orecchie a stare con una come te!”

Quella frase strappò una risata a Cathe: finalmente l’aveva ammesso, soprattutto a se stessa, le piaceva Bill, amava Bill, di quell’amore semplice e puro, profondo, vero… pensava che l’amore fosse quello che aveva provato per quell’altro ragazzo… no quella era forse una cotta, l’amore vero è totale dedizione, è felicità per le piccole cose, non per quelle impossibili.

“Jutta!” disse di botto Catharina mettendosi a saltare sul divano “lo amo! Con tutta me stessa, con tutto il mio cuore, lo amo… e amo Sylvia!lo urlerei al mondo!”

“ e allora fallo Cathe…” le disse Jutta ridendo, mentre anche la ragazza si metteva a ridere

 

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Il fatto che Kipp avesse deciso di organizzare una riunione in pieno pomeriggio di un afoso agosto e che avesse costretto metà dei propri collaboratori a rientrare dalle ferie, era apparso molto poco chiaro a Catharina, David e Jutta: si aspettavano tutti e tre grossi cambiamenti da parte dei vertici, qualche novità era nell’aria, ma certamente non nei giorni in cui storicamente Kipp spariva in qualche esotica località.

 

“secondo voi cosa vuole quell’uomo?!” disse Jutta in preda a una delle sue crisi di nausea miste incazzatura

“secondo me vuole anticipare il tour europeo già in autunno… il che sarebbe sinceramente una follia, considerando che praticamente non c’è nulla di organizzato e ci possiamo già sentire adesso le lamentele perché non sono ancora in prevendita i biglietti!” le disse David con aria corrucciata: il manager dei Tokio era abbastanza scettico all’idea che un nuovo tour europeo senza aver ancora stabilito le date definitive di uscita del nuovo album fosse una buona idea, sapeva inoltre quanto era stanca tutta la crew e anche i ragazzi ed era seriamente preoccupato per le conseguenze di quel tour de force sulla voce di Bill.

“per me c’è altro…” disse all’improvviso Catharina che si era risvegliata dallo stato di torpore in cui aveva cercato di nascondersi: “secondo me quello ha mire di grandezza, mi chiedo solo perché averle adesso e non nell’autunno o nell’inverno, rischiamo di rimanere fermi sei mesi così, il che da una parte non mi spiacerebbe!” disse indicandosi le profonde occhiaie che ormai erano una delle sue caratteristiche distintive.

“brava Catharina!” esordì Kipp entrando all’improvviso nella sala riunioni cogliendo di sorpresa la ragazza

 –speriamo non abbia sentito tutto il discorso -disse mentalmente la giovane:

“comunque, gente, non sono rientrato dalle ferie  né vi ho fatto rientrare solo per sfizio, sono appena tornato da New York e ho una bella notizia da darvi: il tour europeo è posticipato dopo Natale, io il primo ottobre vi voglio su un aereo diretto a New York per 25 date tra gli States e il Canada!”

“stai scherzando vero Kipp?!” gli disse David con aria sconvolta: solo 2 mesi per organizzare seriamente la conquista del mercato americano:

 “sono perfettamente serio… è l’occasione buona questa per l’America, siete sufficientemente famosi e conosciuti, è ora di aumentare le vendite!”

“piccolo problema Kipp…” gli disse Jutta “io non mi posso muovere dalla Germania dopo settembre, non mi accettano sugli aerei con la pancia… ora mi spieghi come facciamo? Siamo in forze ridotte…”

“non mi sembra… lo stipendio non lo pago mica a Catharina per fare la baby-sitter, questa sarà la sua buona occasione per la consacrazione…”le rispose Kipp con la sua tipica espressione da squalo assetato di soldi e sangue.

Cathe era rimasta interdetta appena Kipp aveva pronunciato la parola America: era un suicidio, non si può organizzare un tour di quel genere in di 2 mesi, cioè si ma non come piaceva a Catharina che era abbastanza una perfezionista, per lei l’organizzazione doveva essere maniacale, c’erano troppi imprevisti da considerare e non si sentiva pronta per affrontare il grande salto verso il mercato americano:

 

“è troppo complicato come mercato, troppe variabili, troppi cavilli in soli due mesi… c’è chi progetta per anni di farlo, non due mesi…” disse sconsolata Jutta, mentre David non poteva fare a meno di annuire: anche lui sperava e lavorava al tour americano da circa un anno ma aveva sottovalutato la Universal, o almeno aveva ritenuto più plausibile che il tour americano fosse in primavera.

“non è complicato Jutta!” disse Catharina di botto: “io qualche idea ce l’avrei… anzi più di qualche!”

Il “più di qualche idea” di Cathe in realtà era stato un “sono 3 mesi che mi studio giorno e notte questa possibilità nei minimi dettagli e particolari”, ma aveva preferito non dirlo a nessuno, un po’ per scaramanzia, un po’ perché non aveva più voglia di sbandierare davanti a tutti quanto potesse essere competente… aveva deciso di dimostralo sul campo. Illustrò al resto della crew le bozze del programma che aveva già iniziato a stendere e secondo molti poteva funzionare, certo i tempi erano contati e l’organizzazione richiedeva un certo dispendio economico ma indubbiamente se ne potevano venire a casa soddisfatti, l’unica cosa era immettere sul mercato un doppio cd con tutti i migliori pezzi dei primi 2 album e iniziare a fare un battage pubblicitario imponente negli States e in Canada.

“c’è però un problema… come facciamo per gli Europe Music Awards? Sono a metà novembre no? Non siamo ancora tornati per quella data…” fece notare David

“spostati al 25 Novembre quest’anno… per cui siamo a casa da 3 giorni…” gli fece eco Kipp “e ne voglio di statuette, anche quest’anno!”

“carini e coccolosi… vi voglio carini e coccolosi!”  disse sottovoce Cathe a Jutta: sapevano entrambe che quella era la battuta di Madagascar (cartone preferito di Sylvia) che meglio si adattava ai Tokio, ma che era anche la più adatta alle richieste di Kipp; ultimamente quell’uomo stava superando se stesso nel generare stress nei dipendenti, soprattutto in Cathe e David che si ritrovavano con una bella gatta da pelare.

 

 

 

“carini e coccolosi… vi voglio carini e coccolosi!” Cathe continuava a ripeterlo ai Tokio: lei e David avevano deciso di annunciare ai ragazzi durante una cena del nuovo tour, sperando che con la pancia piena le lamentele si sarebbero ridotte, anzi avevano sperato in quello, ma come tutte le speranze si era rivelata totalmente vana

 

“questi sono scemi! Ma cosa pretendono? Ci spremono come limoni, adesso in studio e poi partiamo? Ma cazzo sono stato operato a Marzo alle corde vocali… ditelo allora che me le volete rovinare! Ma vaffanculo!” Bill era nero ma allo stesso tempo esaltato all’idea del tour: sinceramente la speranza di conquistare il mercato americano era una tentazione troppo forte a cui resistere ma aveva paura per la sua voce

“quante date sono?” chiese Georg con aria assorta

“25… più interviste varie, promozioni, le solite cose insomma… ce ne stiamo via quasi due mesi!”

 

“e poi ci son gli EMA…” disse Gustav

“con 7 nomination!” gli fece eco Tom “di cui dobbiamo vincere best group perché premia Jessica Alba!”

“lo sai che ha avuto un figlio vero?!” disse laconico Georg che per tutto rimando si beccò un dito medio alzato da parte di Tom e la rispostaccia “non è mio.. quindi non mi faccio problemi!”

 

 

Cathe invece continuava a guardare Bill, anzi se lo stava letteralmente divorando con gli occhi: dopo la chiacchierata con Jutta e l’ammissione di certe cose per lei era praticamente impossibile continuare a guardare il ragazzo con gli stessi occhi di prima, puntualmente ogni volta che lo fissava arrossiva e il cuore iniziava a battere furiosamente, tanto da farle avere paura che in qualche modo il frontman potesse sentirlo. Avrebbe voluto dirglielo, avrebbe voluto urlagli che lo amava, profondamente, più di se stessa, che amava lui, amava Sylvia, che voleva stare insieme a loro, che loro erano ormai la sua famiglia

Avesse saputo che gli stessi sentimenti li provava Bill, avesse saputo che il ragazzo si sentiva un nodo allo stomaco ogni volta che la guardava, che i suoi jeans si facevano più aderenti e stretti di quando normalmente non fossero ogni volta che pensava a lei: gliel’avrebbe volentieri urlato ad ogni intervista o concerto, l’avrebbe volentieri urlato davanti al mondo, l’avrebbe volentieri gridato agli EMA tanto agognati dal fratello.

Se solo avessero avuto entrambi coraggio!

 

 

 

                      

 

 

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Settembre era il mese dei compleanni, ben 4!  E se quelli di Bill, Tom e Gustav erano stati divertenti e decisamente etilici, e i regali abbastanza facili da trovare (subwoofer per la Cadillac per Tom, un particolare pezzo della batteria utilizzato a un particolare concerto dei Metallica per Gustav –dice che è da collezione, bah, contento lui- era stato il pensiero di Catharina; mentre per Bill, giusto per fare le cose in grande, avevano deciso di noleggiare per lui e Sylvia, per un giorno, l’Europa Park) beh quello di Sylvia era stato decisamente più complicato, almeno per quanto riguardava trasporto e montaggio: Catharina aveva deciso di prendere alla bimba una mega rete elastica per saltare da mettere in giardino, e aveva deciso che la dovevano consegnare montata in modo che la piccola potesse utilizzarla già il 28, anche perché il 29 Tokio, Cathe, David e  crew avevano il volo per New York e né lei né Bill volevano perdersi anche un solo saltello della piccola.

 

 

 

 

“non fatevi male! Domani abbiamo l’aereo!” Cathe l’aveva ripetuto più o meno un centinaio di volte quella frase ai gemelli che avevano deciso di provare anche loro la rete: se si rompevano qualcosa era la fine

“dai Cathe piantala e vieni a saltare!” Tomi era esaltatissimo mentre saltellava qui e là con in braccio Sylvia, mentre Bill faceva un mucchio di foto

“dai Cathe vai anche tu!” le disse il frontman ad un certo punto “almeno ho qualche tua foto!” Bordeaux: colore che assunse Cathe che velocemente si diresse alla rete per non farsi vedere dal cantante; bordeaux: il colore che assunse Bill dopo aver pronunciato quella frase.

La ragazza salì sul tappetone elastico, iniziando a saltare con Sylvia, aveva deciso di farle vedere come si fanno i carpiati, retaggio degli anni di artistica: se la cavava ancora decisamente bene, la piccola ne era affascinata:

“Cathe ma sei bravissima! Voglio imparare anche io a farli!” le disse Sylvia, scatenata sulle note di Caramell dansen che provenivano dall’impianto stereo della Mercedes di Catharina, la piccola si stava rivelando un misto tra la capacità musicale dei Kaulitz e i gusti dance a volte un po’ tamarri di Cathe 

“no Sylvia sei piccola… ne riparliamo tra qualche anno!”          “uffi… anche io volevo fare i salti!” disse Sylvia mettendo su il suo migliore broncio strappalacrime

“Sylvia guarda lo zio che bravo!” Tom aveva deciso di provare anche lui a fare una specie di carpiato, o forse la definizione migliore era capriola storta, il problema fu che sbagliò completamente la chiusura: arrivò lanciato a gamba tesa su Catharina, colpendola sullo zigomo sinistro e facendola cadere dal tappeto elastico, malamente, molto malamente.

Non se lo aspettava di cadere in quel modo Cathe, non se ne rese neanche conto, non si rese conto di aver infilato la caviglia un uno degli occhielli di sostegno: lo realizzò solo quando avvertì un dolore lancinante alla gamba destra, sentì come se qualcosa nella sua caviglia si spostasse letteralmente dalla sede in cui era sempre stato.

Se ne accorse anche Bill, aveva visto tutta la caduta, aveva visto la gamba di Cathe piegarsi in quel modo disumano, la caviglia gonfiarsi come sul punto di esplodere; aveva creduto potesse esplodere il suo cuore quando sentì l’urlo disperato di Catharina accasciata per terra semi-immobile.

Lasciò cadere la macchina foto a terra e le corse vicino, non sapeva perché urlava in quel modo, Bill aveva una paura folle:

“Cathe… mio Dio cos’hai!?”

“la caviglia… fa male!” gli rispose la ragazza con un filo di voce: stava piangendo disperata per il dolore lancinante, non aveva la forza neanche di riuscire a mettersi seduta; Bill la prese in braccio e Cathe istintivamente gli portò le mani dietro il collo stringendolo fortissimo, aveva paura che la gamba fosse rotta, non riusciva a sentire niente, il dolore è talmente forte che credeva di svenire. Senti indistintamente Tom chiamare la madre… poi più niente, black-out.

Si riscosse in macchina, era tra le braccia di Bill che la stava fissando disperato: aveva uno sguardo perso, impaurito, continuava a ripeterle che andava tutto bene, di stare tranquilla. Cathe gli si strinse ancora più contro: voleva crederci, voleva non aver paura, ma il dolore era talmente lancinante che non riusciva a pensare ad altro.

 

 

 

 

“è colpa mia Bill… scusami….” Disse Tom con un filo di voce, aveva paura anche lui, paura di aver fatto male a Cathe, e quindi al suo gemello: lo guardò con la coda dell’occhio, Bill aveva lo sguardo fisso sulla porta della sala radiografie, era come in trance, fissava quella porta come se ciò potesse diminuire i tempi; voleva solo andare da Cathe ma i medici certo non li avevano fatti entrare.

La situazione non era poi così disperata, al massimo la gamba era rotta, forse i legamenti lesionati, ma Bill non ce la faceva a stare lì seduto, odiava con tutto se stesso l’ospedale di Magdeburgo, tre anni dopo, lo stesso giorno era di nuovo lì che aspettava che qualcuno gli dicesse qualcosa della ragazza che amava, certo le situazioni non erano paragonabili, ma quella strana sensazione di dejà-vue, quell’odore penetrante di disinfettante, gli dava fastidio.

“non è colpa tua Tomi…” gli disse infine “è successo… sono cose che capitano…” non fece in tempo a finire la frase che vide uscire Catharina spinta sulla sedia a rotelle da un infermiera: il viso della ragazza era tutto un programma.

“piccola… allora?!” le chiese Bill tutto d’un fiato

-piccola?!- pensò Cathe –portatemi in cardiologia che qui mi infartuo!- cercò comunque di assumere la più scazzata delle espressioni che il momento le consentiva:

“non è rotta! Posso partire domani! Adesso mi portano a fare la risonanza per i legamenti, ma non credo mi dovranno operare, per fortuna! Quindi, mi dovrò fare il tour con stampelle e tutore!”

I gemelli emisero un sospiro di sollievo, soprattutto Tom che si sentiva responsabile, se non si fosse messo a fare il deficiente probabilmente Cathe non si sarebbe fatta male… e adesso iniziava seriamente a temere gli urli del fratello.

“meno male… se no sai che Bill mi avrebbe potuto uccidere…” disse il ragazzo a Cathe

“Bill?!... Tom ti uccido io, ringrazia che sono praticamente immobilizzata se no a quest’ora saresti morto…ma io mi chiedo come si fa a pensare di mettersi a saltare a quel modo, se colpivi Sylvia e non me? Ma sei deficiente o cosa?!” Tom si stupì del ragionamento della ragazza: stava male, aveva male, era sicuramente preoccupata per la riuscita del tour, ma l’unica cosa a cui seriamente pensava in quel momento era Sylvia, esattamente come farebbe una mamma, ma lei non era nulla se non una specie di amica per quella bimba, almeno era quello ciò che pensava Tom; no, si stava sbagliando sul conto di Catharina, per lei era un rapporto complicato, che l’aveva coinvolta molto più di quanto si potessero tutti aspettare.

Già…  Sylvia  … mica ci aveva pensato Tom, lui voleva solo farla ridere e divertire, ma se al posto di Catharina ci fosse stata la piccola? Ci ragionò su fino a casa, si sentiva male all’idea di fare di poter fare del male alla bambina, non se ne capacitava di quella leggerezza e finalmente capiva certi comportamenti del fratello, immaturo e infantile in certe occasioni ma tremendamente attento alla figlia. Più ci ragionava e più capiva che lui, Tom Kaulitz, non sarebbe stato certo in grado di fare il papà nella vita, neanche lo zio, essere responsabili era altro, essere responsabili volava dire essere come Bill.

 

Fissò il gemello che stava entrando in casa zoppicando all’unisono con Catharina, mentre la sorreggeva letteralmente, aveva insistito per portarla praticamente in  braccio fino in casa:

-sono comici quei due, però stanno bene insieme! Fratello… ti invidio… io sono e rimarrò un coglione, e mi va bene così… però ti invidio!- pensò Tom

 

 

Cathe si fermò a casa Kaulitz quella notte, certamente non era in grado di guidare e per andare a casa fino a Berlino ed starci solo poche ore era meglio se provava a dormirne almeno un paio dai gemelli. Fu sistemata in camera di Bill, naturalmente con Sylvia che era subito corsa piagnucolando da lei perchè si era fatta male, la piccola le era saltata in braccio e aveva risolutamente deciso che avrebbe dormito con Cathe:

“allora facciamo un pigiama party Prinzessin ok?!”

“sì… ma cos’è?”

“eh… vuol dire starsene lì a dire stupidate tutta la sera… ma sei troppo piccola per certe cose, facciamo nanna e basta… che sono stanca!”

La piccola le sorrise con aria interrogativa, non capiva molto perché gli adulti prima dicessero una cosa e nel giro di 5 minuti se la rimangiavano, lo faceva spesso notare al padre e allo zio, provocando risate ilari nel gemelli.

 

Bill aveva ceduto la sua stanza alle ragazze come le aveva definite, ben sapendo che a sua figlia piaceva quando la trattava “da grande”, era una forza della natura quella bambina, e vederla con Cathe era la cosa migliore che potesse chiedere: la ragazza era molto attenta, molto materna con la bimba, l’avevano notato tutti, anche Simone che spesso faceva battute al figlio per stuzzicarlo e magari spronarlo a dichiarasi con la ragazza.

“lascia perdere il macello che c’è qui dentro!” disse Bill facendo accomodare Cathe sul letto, la ragazza indossava una delle maglie XXXL di Tomi, ci navigava dentro, ma era decisamente sexy, tanto che Bill dovette più volte inghiottire la saliva ed evitare di concentrarsi troppo su pensieri non molto casti.

“figurati… mi spiace solo che dovrai dormire con Tomi…”

“eh va beh… tanto se russa gli ficco uno dei suoi calzini puzzolenti in bocca, giusto Sylvia?!”

La piccola annuì divertita, era uno scherzo che facevano spesso al rasta, e spesso si concludeva con una vera e propria lotta tra i gemelli che faceva letteralmente impazzire Sylvia.

“dai adesso vi lascio fare la nanna… buonanotte Prinzessin!” disse Bill alla figlia scoccandole un bacio sulla guanciotta

“buonanotte papà! Perché non dai un bacino a Cathe… anche lei deve avere il bacino della buonanotte!”

Bill rise nervosamente, come Cathe: tutti e due morivano dalla voglia di saltarsi letteralmente addosso, di andare molto oltre il bacino della buona notte, ma nessuno aveva il coraggio di fare il primo passo, di dichiarasi all’altro, continuavano a ignorare i sentimenti reciproci che erano palesi a tutti coloro che li conoscevano, ma che tra loro rimanevano invece nascosti e celati, un po’ per paura, un po’ sfortuna.

Bill prese coraggio e diede un leggero e frettoloso bacio sulla guancia a Cathe; la ragazza avvampò e abbassò lo sguardo, voleva solo che Bill uscisse da quella stanza, non riusciva a reggere la presenza per altro tempo, non voleva… quel bacio era niente, era un casto bacio sulla guancia, ma le bruciava più di mille baci appassionati.

La riscosse Sylvia: “mi racconti una storia? Ma bella!”

“come una storia? Io non ne conosco…” era vero, storie da bambini non ne conosceva, al massimo quelle classiche e sapeva benissimo che Sylvia le odiava, proprio perché trite e ritrite –che le racconto adesso?-

“va beh… allora ti racconto della più grande storia d’amore di tutti i tempi, di una ragazza che per amore aveva fatto follie…” raccontò tutta la storia alla bimba, l’aveva coinvolta, le piaceva quella storia, si addormentò solo dopo che Cathe la concluse.

Anche Bill, rimasto appena fuori dalla porta della sua stanza aveva ascoltato quella storia, e aveva deciso che Cathe ne avrebbe dovuta avere una simile! Non era riuscito ad andare subito in camera, era rimasto lì, a origliare i discorsi di sua figlia e di Cathe, trovandoli la cosa più bella del mondo, più normale, più pura. Avrebbe dato tutto se stesso per far in modo che quella diventasse un’abitudine.

 

 

 

 

 

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“cos’hai combinato?” le dissero in coro Georg, Gustav, David e Jutta in aeroporto, appena videro Catharina arrivare con le stampelle e la gamba fasciata

“20 giorni di tutore, e dopo devo evitare di sforzarla… ringraziate Tom per questo!” la ragazza raccontò brevemente la piccola disavventura, come minimizzava lei, in attesa dei commenti e delle imprecazioni di David contro Tom per aver praticamente complicato metà del tour.

Il grave problema di Catharina, quel giorno, era però doversi fare 8 ore di aereo  fino a New York: lei, che odiava gli aerei doveva farsi 8 ore di volo, lei che aveva il terrore di volare doveva passare 8 ore su uno sterminato oceano, lei che aveva il terrore di volare, era riuscita a farsi sequestrare il flacone di tranquillante in gocce, troppi ml in cabina non si potevano portare.

“no… mi sta dicendo che non posso portare nulla un cabina? Ma io ho il terrore dell’aereo? Come faccio?!” l’addetto alla dogana fu irremovibile, già le stavano facendo storie per le stampelle, quindi figuriamoci per dei tranquillanti; si diresse sconsolata verso il gate di imbarco, continuava a torturare nervosamente la borsa, era anche peggio di Tom che in quanto a sopportazione aerei era scarso.

Bill le si sedette accanto: “non sapevo avessi paura di volare…”

“io non ho paura di volare, ho paura di cadere…”le rispose Cathe continuando a fissare  un non ben precisato punto di cucitura della sua borsa che si era allentato, ormai quella borsa era ridotta male, l’aveva trascinata ovunque negli ultimi due anni, ma ci era affezionata e non riusciva a separarsene.

“ah beh… c’è molta differenza…” le rispose laconico Bill

“certo! Prova te a volare senza tranquillanti, almeno se sono fatta di benzodiazepine faccio nanna e passare dal sonno al riposo eterno quando l’aereo cade è più facile… non soffro!” Disse risolutamente la ragazza mentre il cantante si toccava le parti basse come segno scaramantico

“non ci provare a dire ste cazzate! Abbiamo un tour da fare!”Bill riuscì a strappale una risata, adorava la risata di Cathe, aperta, contagiosa, spontanea. In effetti adorava tutto di Cathe e avrebbe adorato anche il momento in cui sarebbe riuscito a rivelarle i suoi sentimenti.

 

 

Non erano ancora decollati, anzi, dovevano ancora finire di imbarcare le persone, ma Cathe aveva già le lacrime agli occhi e stava iperventilando: -cattivo segno- pensò David che era seduto accanto alla giovane; chiamò i gemelli seduti nella fila appena davanti, magari conoscevano il modo di farla calmare

“Cathe sta già male…  per favore sapete che mi rende isterico una cosa simile…”

Bill e Tom si scambiarono un’occhiata complice,valse più di mille parole che Tom poteva dire al gemello, quindi Bill si alzò e prese il posto di David: “cosa non ti rende isterico… vai davanti!”

Si sedette accanto a Cathe che aveva lo sguardo fisso sul finestrino chiuso dalla tendina e grossi lacrimoni che le rigavano le guance: si riscosse quando sentì la mano di Bill che le accarezzava dolcemente la sua

“ehi… non siamo ancora partiti, rilassati, se no quando decolliamo come fai?!”

“svengo! Voglio svenire… così almeno è tutto finito!” disse la ragazza respirando a fatica: era una crisi di panico bella e buona la sua, non sopportava proprio volare… odiava volare!

“ma perché hai paura?”

“non ho paura, ti ho già detto che odio volare!”la sua invettiva venne interrotta dalla simpaticissima hostess che le intimò di alzare la tendina… stava per decollare

“dai adesso guarda che fanno il solito balletto dimostrativo!”

“lo odio..servono a nulla ste cose…”

“ma c’è lo steward carino Cathe… anche la hostess però è gnocca!” le urlò Tom dalla fila davanti, che intanto si era già messo le cuffiette dell’Ipod e si agitava ascoltando il nuovo brano di Samy Deluxe

“non mi interessa…” l’aereo si portò sul fondo della pista… Cathe strinse istintivamente sempre più forte la mano di Bill che contraccambiò il gesto, era l’unico modo per entrambi per sopportare quella tensione; il pilota spinse al massimo i motori e iniziò a rollare… “non ce la faccio… Bill non ce la faccio!” gli disse Catharina con un filo di voce, annientata dalla paura; Bill la abbracciò, la strinse contro di sé, un braccio circondava le spalle della ragazza; Cathe si tuffò letteralmente nella felpa di Bill, gli era sempre più stretta, inspirava il suo profumo, sapeva di dolce, di pulito, era lo stesso che aveva annusato quella notte sul cuscino, era lo stesso dello shampoo del ragazzo che lei adorava… era il profumo del suo Bill.

 

Ricambiò l’abbraccio e mentre si perdeva in Bill non si accorse che l’aereo si era ormai staccato da terra.

 

 

 

Fare un viaggio in aereo con i Tokio Hotel si può rivelare o estremamente stressante o estremamente divertente, dipende con che spirito si affronta il volo: se si è isterici come David, quelle otto ore di volo si possono rivelare tragiche, se si è come Cathe si possono anche rivelare otto ore di divertimento puro.

Con Bill soprattutto si stava divertendo, anche perché entrambi avevano scandalizzato mezza business-class quando avevano scandagliato le loro borse alla ricerca disperata di qualcosa da fare: se tanto quanto una ragazza con una borsa gigantesca era normale, un ragazzo, secondo la suddetta benpensante business-class era inammissibile.

Cathe si era sempre chiesta cosa potesse contenere la borsa di Bill, era una specie di tempio sacro, e se lei non amava che si sbirciasse nella sua borsa… era comunque tremendamente curiosa di guardare in quella del ragazzo.

“delusa vero?!” le disse Bill appena notò l’espressione corrucciata sul viso di Catharina “cosa ti aspettavi di trovare?”

“boh… certo non quattro quaderni…”

“sono quelli dei testi delle canzoni, se me ne viene in mente qualcuno li annoto lì… così non vanno persi!”

“giusto!”       “mentre nella tua borsa cosa abbiamo Cathe?!” Bill era partito al contrattacco, se la sua si era rivelata più che altro la versione a due manici di un normale zainetto maschile, quella di Catharina era il classico pozzo senza fondo di Mary Poppins

“due agende? Che te ne fai?”

“una per le date e le cose da fare, le altre per ricordarmi dove metto le cose…”

“adesso ho capito a cosa servono le agende a voi donne, a ricordarvi di cosa avete nell’armadio!...Georg senti qui… il tuo compleanno Cathe ha portato a lavare il piumone!” disse rivolto al bassista nel beato mondo dei sogni che gli rispose con un mugugnato “cazzo me ne frega…”

“poi abbiamo l’onnipresente palmare, borsa dei trucchi, foto?!”

“sì.. tutte le migliori…” disse Cathe strappandogli di mano il piccolo portafoto della Nightmare before Christmas

“calze di ricambio… deh fratello… beccatele...” sporse a Tom le autoreggenti in pizzo di Catharina che in meno di due secondi avevano fatto il giro di tutti i Tokio

“la pianti Bill… io non frugo nella tua valigia… molla la mia borsa…” per cercare di strappargliela di mano Cathe gli finì a due centimetri netti dal viso, sentiva di nuovo il suo profumo, poteva dire di averlo visto deglutire a fatica; l’unico pensiero della ragazza fu wow, soprattutto dopo che il cantante le disse con voce roca:

“almeno così hai qualcosa a cui pensare e ti distrai dal volo!” –e anche io mi distraggo dalla tua presenza- aggiunse mentalmente Bill, aveva probabilmente fatto una totale cazzata a mettersi a fianco della ragazza, ma non ce la faceva a stare sul sedile davanti mentre lei dietro piangeva, era troppo per lui vederla soffrire.

Rimasero a fissarsi qualche istante, gli occhi dell’uno incatenati nello sguardo dell’altra, i respiri che quasi si confondevano, i profumi che si mischiavano, il rossore che aumentava sulle guance di Catharina: doveva ricomporsi prima che fosse troppo tardi. Con scatto abbastanza felino riprese la sua borsa dalle mani di Bill e iniziò a rovistare alla ricerca dell’Ipod,

“mi dai una cuffietta?!”

“perché non ti compri un Ipod o te lo fai regalare? E poi molla la mia borsa, è sgualcita ormai, non rovinarmela più del dovuto!”

Gli passò comunque una cuffietta, non l’avrebbe mai ammesso ma adorava quando divideva qualcosa con Bill, fosse stata la lattina di Red Bull o l’Ipod… era un modo per averlo tutto per lei, anche se le sembrava un film già visto.

“beccatela Kau! Questa è storica!”

“-Why are you leaving- dei Liquido? Mi ricorda la pubblicità di una birra…”

“è bellissima… scommetto che agli altri piacerebbe… potreste remixarla e suonarla a qualche concerto…”

“sì Cathe… credici…”rimase con la frase a metà vedendo Cathe che si agitava sul sedile accanto canticchiando la canzone, decise che era meglio cambiarla prima di farsi trascinare in qualche danza scatenata degna di Catharina

“no… Courtney Love no… ti prego!”

“tu non apprezzi la buona musica…” gli disse Cathe cambiando e mettendo sul random… -where is the love- dei BEP

“questa la apprezzo… mi togli una curiosità? Perché non ti piace volare?”

“traumatizzata tornando da Londra una volta!”

“atterraggio di emergenza o turbolenza?” le chiese Bill a bruciapelo, mentre la ragazza continuava a guardare ostinatamente il sedile di fronte a lei; si girò di botto:

“turbolenza...inoltre … è a Londra che ho beccato un certo ragazzo e mia cugina insieme… dopo che lui mi aveva detto di andare su per il weekend… è stato l’inizio della fine quel weekend…” si massaggiò stancamente il sopracciglio sinistro, era il classico gesto che Cathe faceva quando era nervosa o imbarazzata, Bill se ne era accorto, e lo adorava quel gesto… le prese la mano tra le sue, iniziando a massaggiarla dolcemente, la canzone era cambiata… Iris dei Goo Goo Dolls

“fregatene di quello che è stato, non pensarci più… è andata così!”

“Bill , peso ancora adesso 46 chili… ogni volta che mi guardo allo specchio ci sono ancora dei fantasmi… è facile dire fregatene… ma non sono così capace di farlo!”

“non puoi farlo da sola Cathe!” di nuovo i loro sguardi si incatenarono,le loro pupille iniziarono una danza strana, fatta di movimenti impercettibili e carichi di parole non dette, le dita di Bill non si staccavano dal dorso della mano di Cathe, non ce la faceva a staccarle, “io ci sono… per te ci sono sempre!”

 

Staccò gli occhi da Cathe, sentiva che se non l’avesse fatto non avrebbe resistito oltre all’impulso di baciarla, ormai non ce la faceva più senza di lei… la voleva! Ma non voleva rovinare lo stupendo rapporto che si era creato tra loro, non voleva rovinare il fatto che quando loro due erano insieme erano felici… quando poi c’era anche Sylvia erano una famiglia.

Anche Cathe si accorse della strana tensione negli occhi di Bill e nei gesti di Bill, aveva paura però di equivocarle, sarebbe stato troppo bello se anche lui in quel momento avesse provato i suoi stessi sentimenti: a Catharina sembrava di impazzire con Bill che continuava ad accarezzarle la mano, che le ripeteva di esserci sempre per lei. Era vero! Lui c’era sempre, negli ultimi due mesi erano state più le giornate che la ragazza aveva passato con lui e Sylvia che quelle da sola. Non ce la faceva a stare lontana da lui e dalla bimba per più di due o tre giorni, e di questo ne aveva paura. Di abituarsi a quella vita, di fare programmi che magari non stavano né in cielo né in terra. Aveva paura di illudersi di nuovo.

 

 

 

 

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Il tour negli States era stato un successo trionfale,  il battage pubblicitario organizzato dalla Universal aveva funzionato, i Tokio erano conosciuti apprezzati, i locali dove suonavano stracolmi. E poi, loro si divertivano: non c’era mattina in cui tutti loro, compresa Catharina, non rientrassero almeno alle 7, non c’era negozio di Manhattan i cui Catharina non avesse trascinato Bill, i due avevano letteralmente svaligiato Macy’s, Sachs  e l’unico, originale, autentico negozio di Manolo Blahnik, il mitico, quello in cui le ragazze di Sex and the City acquistavano paia e paia di “capolavori” come li aveva definiti Catharina (tanto per la serie… shopping for labels, shopping for love). Erano sempre in giro insieme Bill e Cathe.

“tuo  fratello dov’è finito Tomi?!” gli disse Georg senza staccare gli occhi dal mega schermo su cui erano proiettate le immagini dell’ennesima partita alla Play dei Tokio

“non ne ho idea… segui i movimenti della sua carta di credito e troverai lui e Catharina!”

“ma è di nuovo andata con lui?” chiese Gus

“perché secondo te si staccano in qualche momento?!”

“sì!” disse risolutamente Georg “vanno a nanna separati.. se no mi sa che qui tornano in 3!” scambiò uno sguardo con Gus che si mise a ridere, mentre Tom scuoteva la testa, sapeva cosa stavano pensando quei due; sinceramente ci aveva spesso pensato anche lui, ma a differenza dei due aveva parlato con suo fratello, sapeva cosa voleva dal rapporto con Catharina e giusto per fare il menagramo Tom gli aveva ricordato di Sylvia.

 

“ci penso sempre a ma figlia Tom… ci pensiamo sempre sia io che Cathe.. come credo che ci pensi sempre anche tu!”

“Bill ti ripeto, sii ben sicuro del tuo rapporto con Cathe… se andate oltre ricordatevi che Sylvia ne verrà coinvolta, se soffri tu non me ne frega più di tanto, se soffre lei si!”

-Bugia Tom- si ritrovò a pensare il rasta –te ne frega anche a te, hai paura anche tu di soffrire, ma soprattutto che soffra tuo fratello!-

Scacciò quei pensieri dalla testa e disse improvvisamente agli altro: “vi ricordate cos’è domani vero?”

“è l’8 ottobre, compleanno di Catharina, ce ne ricordiamo!” sorrisero tutti e 3 fissando l’enorme busta arancione del regalo che era stata malamente appoggiata appena sopra la valigia di Gus: certo Bill non poteva lamentarsi del colore preferito di Catharina!

 

 

 

“Tieni gli occhi chiusi!” sussurrò Bill all’orecchia di Catharina facendole perdere un battito; dopo che i Tokio l’avevano svegliata per urlarle letteralmente buon compleanno, Bill l’aveva trascinata nella camera di Gus

“buon compleanno Catharina!” le disse dolcemente all’orecchio mentre l’abbracciava da dietro le spalle, cingendole dolcemente la vita con le mani.

-a me basta già questo come regalo- pensò la ragazza, prima di vedere l’enorme busta arancione che le sporgeva Tom

“ce l’ha detto Jutta che ti piaceva!”

“VAFFANCULO!” fu l’unica cosa che riuscì a dire Cathe mentre prendeva in mano il pacchetto arancione:

Hermès   Paris

“vaffanculo, vaffanculo!” continuava a ripetere mentre spacchettava il regalo: una nuovissima e fiammante Birkin Bag di Hermès, rigorosamente arancione, rigorosamente versione mignon.

“cazzo ragazzi è bellissima! Ma come avete fatto…” era sconvolta Cathe, ci voleva almeno un anno di lista d’attesa per avere quella borsa, e lei era lì, a 23 anni, con la borsa dei suoi sogni in mano, e il ragazzo che più amava che la abbracciava dolcemente:

“ti piace?” le chiesero Gustav e Georg in coro

“certo! Da impazzire… è bellissima… siete dei tesori, tutti quanti!!” abbracciò e ognuno di loro, per ognuno almeno due bacini sulle guance, due per Gustav, due per Georg (che le allungò una pacca sul sedere dicendole buon compleanno), due per Tom (che seguì l’esempio dell’amico Georg), due per Bill, forse molto più vicini alle labbra, troppo vicini alle labbra, Cathe se le sentì quasi sfiorare le labbra e decise che quello era il migliore compleanno della sua vita. Tutto il suo animo le urlò che quello era il miglior compleanno della sua vita.

Aveva una paura folle, paura di alzare lo sguardo verso Bill, paura di scoprire che era stato solo un sogno, che davanti a lei in realtà non c’era Bill, che lei non stava realmente stringendo una Birkin arancione.

Aprì gli occhi: Bill c’era… era lì con lei!

E c’era veramente anche la sua Birkin!

 

 

 

 

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Era ormai un mese che erano partiti, un mese esatto da quando Bill aveva visto per l’ultima volta la sua bimba, la sua Sylvia… ed era arrivato al punto di non farcela più: un discorso è sentirla 3 o 4 volte al giorno per telefono, un altro era sapere di dover aspettare ancora venti giorni prima di riabbracciarla. E lui non ce la faceva più.

 

“complimenti fratello… stasera hai cantato da schifo! Bella merda!”

“dove avrei sbagliato?”

“se faccio l’elenco non andiamo più a dormire… hai fatto una schifezza totale!”

David si unì alla conversazione dei gemelli, era veramente furioso: “Tom ha ragione… Bill, non so che ti prende in questi giorni ma veramente stai facendo quasi schifo, sbagli gli attacchi, le chiusure… non so cosa ti succede… per favore però torna a lavorare seriamente! Questa E’ la vostra occasione per conquistare l’America, non sprecarla con le puttanate che stai facendo!”

Tom lo prese da parte nel camerino: “quando è nata Sylvia ci siamo fatti una promessa ricordi? Che avremmo sfondato anche per lei! Perché adesso ti comporti così, sei distratto, poco concentrato, anche durante le interviste o guardi in giro, o pensi ai cavoli tuoi… purtroppo David ha ragione! Spiegami perché fai cosi?”

“mi manca da matti Sylvia! Tomi non ce la faccio più!” Bill abbracciò il fratello e iniziò a singhiozzare, le mancava veramente la piccola, con tutto se stesso; era come se gli avessero tolto un pezzo del suo cuore e della sua anima. Ormai non gli bastava neanche più Cathe e per di più sapeva che anche alla ragazza mancava la piccola, lei cercava di non darlo a vedere, ma l’aveva vista piangere e asciugarsi frettolosamente una lacrima mentre fissava le foto con la piccola che avevano scattato nell’estate. E a Cathe gliel’aveva detto prima che a Tomi che anche a lui mancava Sylvia, che il rendimento era crollato proprio per quel motivo.

 

Cathe era appena fuori dalla porta socchiusa del camerino, aveva origliato un po’ il discordo e aveva preso una decisione, grande, troppo grande, ma l’unica che logicamente le era venuta in mente: prese il telefono e compose il numero:

“Simone, ciao! Sono Catharina… ho bisogno di un favore…”

 

 

 

 

“Cathe dove stiamo andando… sono le 7 e mezza del mattino!” Catharina aveva tirato giù dal letto Bill dopo appena mezz’ora di sonno, lei quella notte proprio non aveva dormito; l’aveva praticamente fatto caricare di peso sul van blindato da Saki; ma poco le importava, l’avrebbe ringraziata! Eccome!

 

Nel giro di mezz’ora arrivarono all’aeroporto di Toronto: era irreale il silenzio che regnava nei grandi padiglioni, ma aveva un che di affascinante; sperava di non trovare giornalisti, avevano fatto le cose con discrezione, ma un po’ all’oscuro di David.

-oh ma che me ne importa di David, lui sarà anche il manager ma alla Universal conto più io di lui!-

 

Trascinò giù dal van Bill e si diressero verso il terminal degli arrivi:

“Cathe perché mi hai trascinato qui?!” Bill la risposta la ottenne dagli altoparlanti

Volo Lufthansa 2398 proveniente da Francoforte in arrivo al gate 5!

 

“oh mio Dio Cathe… non può essere… non puoi averlo fatto davvero?!”  Come risposta Bill ottenne un sorriso da un’orecchia all’altra di Catharina… l’aveva fatto eccome ed era la cosa migliore che avesse potuto fare per loro 3!

Bill era incontenibile, saltellava contro la transenna in attesa che si aprissero le enormi porte a vetro smerigliate del gate degli arrivi, tremava quasi, aveva le lacrime agli occhi.

Si aprì la porta

 

 

Bill la vide, la sua piccola, con i codini, lo zainetto colorato, la maglietta della Diesel come la sua, le Stan Smith Shell come quelle di Catharina. La vide che dava la mano a Simone. Le corse incontro

“Sylvia!” la prese in braccio, incapace di non tremare, incapace di non piangere, piangeva di gioia, lacrimoni di gioia, li stava piangendo anche Catharina, era corsa anche lei ad abbracciare la piccola: si abbracciarono tutti e 3, Bill non riusciva a non stringerle le sue due ragazze, i suoi due amori.

“Cathe… grazie grazie davvero…” le disse con voce tremante “perché l’hai fatto? Io… io non so come ringraziarti!” solo in quel momento si accorse che Catharina piangeva

“non piangere… ehi va tutto bene!”

“lo so… ma piango di gioia, perché siamo tutti e 3 insieme!” non seppe neanche lei da dove le era uscita quella frase, ma sapeva che le veniva dal cuore, alla fin fine più che una sorpresa a Bill l’aveva fatta anche a se stessa, anche lei non ce la faceva più senza Sylvia e vederla lì in quel momento, in braccio a Bill… beh capì veramente cos’era la felicità.

 

 

 

 

 

 

 

Bill Cathe e Sylvia sparirono per tutta la giornata, era comunque in programma come giornata di riposo, quindi non c’era problemi da parte di David (che per altro, stranamente, accolse di buon occhio l’arrivo della piccola, sperava che Bill sarebbe stato più concentrato dopo).

Visitarono tutto il centro di Toronto, si scatenarono in folle shopping, infiniti giri in giostra; Sylvia era esaltatissima: finalmente aveva rivisto il suo papà e Catharina e non smetteva di guardare entusiasta fuori da finestrino del van con manine e nasino letteralmente appiccicate ai vetri. Inoltre era ancora eccitatissima per il viaggio aereo, l’aveva descritto nei minimi dettagli a Catharina, la piccola si ricordava che la ragazza le aveva detto di non amare molto volare, ma ostinatamente come qualsiasi bimba di tre anni Sylvia continuava a ripeterle che volare era bellissimo, che avrebbero volato insieme e che le avrebbe fatto passare qualsiasi paura.

La prese in braccio Cathe, sorrideva al pensiero di quella bimba più matura di lei e Bill, che non aveva paura di nulla, forse del buio, ma neanche! E la invidiava, perché lei aveva ancora quell’innocenza e quella spensieratezza tipicamente infantili, che invece Cathe non si ricordava di aver avuto; la invidiava soprattutto però perché la piccola aveva una famiglia, per carità, un po’ strana, molto strana… molto allargata. Ma sapeva che tutti le volevano bene.

“un penny per i tuoi pensieri!” Bill la riscosse dall’isolamento in cui si era nascosta: in realtà stava osservando lui con Sylvia sulle spalle che camminavano come una normale famiglia per le strade di Toronto, tutti e 3 insieme, come una famiglia: li aveva sentiti i commenti dei passanti, lei capiva l’inglese, Bill no… per fortuna anche perché il commento più gettonato era “che bella famigliola!” e se il ragazzo l’avesse capito Cathe si sarebbe sentita decisamente in imbarazzo

“sinceramente Bill.. pensavo a noi tre… qui in questo momento! È pazzesco cavolo non siamo una famiglia, non stiamo insieme noi 2… eppure tutti dicono che sembriamo davvero una famiglia!” dove avesse trovato il coraggio di dire quelle cose Cathe non lo sapeva, ma aveva paura della risposta di Bill:

“praticamente lo siamo… Cathe non stiamo insieme, lo so… ma è più il tempo che noi due passiamo insieme con Sylvia, magari lo potremmo…” il discorso venne interrotto dallo squillo del cellulare di Bill: David!

“e questo cosa vuole?!” disse Bill mentre faceva andare in braccio a Cathe Sylvia: le due lo guardarono con sguardo interrogativo mentre alzava sempre di più il tono della conversazione.

“ci avrei scommesso: ha piazzato un intervista stasera… dobbiamo rientrare!”

Per tutto il tragitto Cathe continuava a pensare a quel magari lo potremmo lasciato in sospeso da Bill.

 

 

 

 

“dai Cathe stai qui con me!” Sylvia cercava di convincere la ragazza a dormire con lei

“Sylvia non mi sembra il caso, se tuo papà quando rientra vuole dormire?! Occupo la sua parte di letto!”

“ma è grande.. dorme dall’altra parte! Ti pregoooo!”

-eh sì ci mancherebbe solo che dormissimo insieme… così faccio che impazzire- fu il pensiero di Catharina

“e va bene… ma solo 5 minuti!” furono le parole che pronunciò.

 

 

 

Bill le trovò abbracciate quando era rientrato nella sua suite: erano bellissime insieme, Sylvia e Cathe, abbracciata l’una all’altra; la piccola scomposta, con il dito in bocca e l’aria sognante, Catharina su un fianco, che cingeva dolcemente con un braccio la vita della piccola, il viso rilassato.

-solo due minuti-pensò Bill mentre le osservava

-solo due minuti-pensò mentre si sedeva sul bordo del letto cercando di non svegliarle

-solo due minuti-pensò mentre si sdraiava vicino alla su piccolina e la abbracciava cercando di non svegliarla

 

-solo tutta la vita così-sognò mentre stringeva le due in un unico abbraccio

 

 

“Bill!” Tom entrò nella suite del fratello, erano ormai le 11 del mattino dovevano partire; si avvicinò al letto, aspettando un mugugno del fratello: rimase bloccato nel vedere la scena; tornò nella sua suite e prese la macchina foto:

“fratello… mi ringrazierai un giorno per questa foto!”

 

Cathe, Sylvia, Bill… nel letto, Sylvia stringeva Catharina con un piccolo sorriso disegnato sulle labbra, Cathe con un braccio sotto la schiena della piccola la stringeva a sé, l’altro allungato a posarsi sul fianco di Bill, la testa appoggiata contro la spalla del ragazzo, lui una mano a stringere la spalla di Catharina, l’altro braccio che copriva e abbracciava entrambe.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Nightmare before Christmas.... (parte a) ***


 

Buongiorno a tutti! dopo lunga e travagliata gestazione causa vacanze (addirittura 4 giorni!) ecco il nuovo capitoletto... lunghino... diciamo che è una prima parte, e già qui spero vi divertirete... con il prossimo, giuro la smetto di farvi soffrire (e di farli soffrire)

 

grazie ancora a tutti per le recensioni!! mi illuminano le grigie giornate di studio!

 

bacioni!!!! e buone vacanze!!!

 

 

 

Nightmare before Christmas.....                     (parte a)

 

 

 

 

 

L’aveva svegliata un rumore sordo in lontananza, come una vibrazione: in effetti era stata la vibrazione del Sidekick di Bill e il movimento del ragazzo per tirarlo fuori dalla tasca dei jeans.

Catharina si rese solo conto in quel momento di dove fosse, vicino a chi fosse: vide le due braccine sottili di Sylvia stringerla, la sua cascata di ricciolini biondi appoggiati al suo seno, ma soprattutto vide i due profondi occhi di Bill che la fissavano dolcemente:

“buongiorno!” le disse il ragazzo

“buongiorno!” mugugnò Catharina “che ore sono?!”

“11 e mezza passate…”

“wow… fatto il giro dell’orologio… erano anni che non dormivo così tanto!”

“meglio così… vuol dire che io e Sylvia siamo meglio dei tranquillanti!” ridacchiò Bill

“già…” Cathe si accorse solo in quel momento di essere appoggiata alla spalla del ragazzo e cercò di spostarsi, come spaventata dalla situazione: ci aveva sperato tante volte, aveva sognato tante volte di svegliarsi così, ma trovarsi catapultata dal sogno alla realtà le sembrava irreale e impossibile.

Bill la trattenne con la mano con cui stringeva la spalla della ragazza: non voleva che Cathe scappasse, avrebbe voluto che quei momenti fossero durati ancora; era più di mezz’ora che era sveglio, era più di mezz’ora che guardava la ragazza e sua figlia dormire, più di mezz’ora che continuava a ripetere a se stesso di quanto erano belle insieme, di quanto fosse bella Cathe: non era la classica bellezza mozzafiato, né une delle groupie disposte a tutto che tante volte avevano cercato di infilarsi nel suo letto; non era neanche più l’arrogante figlia di papà dei primi giorni, quella pronta a giudicare ma che avrebbe fatto il diavolo a quattro se fosse stata giudicata; ormai era la sua Cathe e basta.

“dove stai scappando?” le disse Bill con un sorriso un po’ pensieroso

“è ora di andare, sono le 11 e mezza, evito di ricordarti che oggi non è vacanza!” rispose Catharina con un sorriso mesto: indubbiamente la giornata precedente era stata perfetta, si era divertita…ma qualcosa le diceva che quella situazione non poteva durare, o almeno non come era iniziata.

“Cathe… lo so… dobbiamo parlare noi due… senti noi…” venne interrotto da un mugugno di risveglio di Sylvia: la piccola si girò supina e sbadigliò allungando braccia e manine sui visi di Cathe e Bill, quindi si guardò in giro con sguardo un po’ accigliato.

“dov’è Markus?” per la piccola il fatto di essere tra Cathe e Bill era, a quanto pare, del tutto normale; il suo unico problema era il suo bradipo di peluche; Cathe si alzò per recuperare il pupazzo che era caduto ai piedi del letto:

“eccolo… l’hai lanciato!”

“no… io non ho lanciato Markus, è lui che è andato via!”

“punti di vista…” disse Bill sospirando divertito e scuotendo la testa mentre guardava Cathe; venne interrotto da Sylvia che si era già messa a saltellare sul letto:

“oggi dove mi portate di bello?”

“eh oggi niente giri Sylvia… papà deve lavorare, e Cathe anche… quindi starai con la nonna!”

“ma io mi annoio! La nonna non mi porta in posti belli come quelli in cui siamo stati ieri!”

Bill sfoderò uno dei suoi migliori aggrottamenti di sopracciglio e si voltò verso Cathe: “grazie… è da quando ti ha conosciuta che fa così… la vizi troppo!” le disse Bill facendo finta di essere arrabbiato

“io? Ma per favore, se non ho ancora capito chi tra te, tuo fratello, i tuoi, Georg Gustav o Andreas la vizia di più!?” Cathe si voltò dall’altra parte con aria fintamente offesa; vennero interrotti dalla piccola:

“cos’è? Un litigio tra innamorati?”

“NO!” le risposero i due in coro arrossendo: evitavano di guardarsi, sapevano che né l’uno né l’altra erano in gradi di reggere lo sguardo; Cathe mise fine a quella situazione:

“dai.. mi hai convinta, fino alle 3 sto con te e la nonna… ma poi tu stai brava e non voglio sentire discussioni!”

“e va bene…” Cathe aveva l’invidiabile capacità di convincere la piccola a fare quello che voleva, senza troppe discussioni e troppi capricci.

Le due si alzarono, Sylvia voleva a tutti i costi stare con Catharina e a nulla valsero le parole di Bill per convincerla a lasciare in pace Cathe almeno per il tempo di cambiarsi:

“Bill è inutile, la conosci, senti mi fai un favore, vai a cercare tua mamma che almeno venga a pranzo con noi, io scendo tra pochissimo, trova David e digli che dovrebbe arrivare un fax di Jutta, di prenderlo lui che poi passo io dopo a recuperarlo!” Cathe stava raccogliendo in giro i vestiti della piccola e dopo essersi messa in spalla Sylvia, vestiti, Markus e borsone da lavoro cercò di raggiungere la sua stanza con un equilibrio poco precario.

 


“passiamo a salutare gli zii?!” Sylvia era ormai pronta e continuava a scalpitare mentre Simone le faceva infilare a fatica il cappottino rosa di Burberry

“oki Sylvia, ma ricordati che non puoi correre loro incontro… siamo in una missione segretissima e tu non devi farti scoprire..” le ricordò Cathe: era ormai diventato il loro gioco, far finta di non conoscere né Bill, né Tom né Georg o Gustav, per evitare che qualcuno potesse riconoscere Sylvia come la figlia di Bill; l’aveva escogitato Cathe, se qualcuno le chiedeva della piccola diceva che era figlia di un suo amico (che in effetti era vero) che gliel’aveva affidata per la giornata (vero anche quello) e se qualcuno chiedeva alla piccola come si chiamava il papà, lei candidamente rispondeva Wilhelm (altrettanto vero anche quello, basta non collegare al nome il diminutivo Bill…); tutto sommato a Bill andava bene quel gioco, era un modo per far uscire la sua piccola dall’isolamento un po’ forzato di Loitsche, anche se comunque sguinzagliava dietro a Cathe e Sylvia almeno due guardie del corpo.

Arrivarono in una saletta separata della sala colazioni, predisposta appunto per i Tokio da parte del manager della band: David era con i ragazzi quella mattina, li aveva raggiunti ben conoscendo il contenuto del fax spedito da Jutta;lo sporse a Cathe che annunciò con aria trionfante

“taaa-daaan… fax appena arrivato dalla cara Jutta! Come rappresentante ufficiale della Universal posso annunciarvi che…ai prossimi EMA avrete ben che 7 nomination, che sinceramente guardando quelli contro cui siete e i posti a sedere che vi hanno assegnato … beh ne avete 5 ipotecate! Tra cui best group e best album!”

I Tokio, che fino a quel momento avevano trattenuto il fiato, esplosero in grida di gioia: si abbracciavano, ridevano, saltavano:

“e le altre due Cathe?!” le disse di botto Gustav

“mah sì, una ce la potete fare, se avete vinto best new act ai VMA, ce la fate come best video anche qui… però best tour non credo!”

“sì… secondo me abbiamo anche best tour…” le disse Bill che la guardava con occhi felici mentre stringeva tra le braccia Sylvia; Cathe gli rispose con un sorriso un po’ forzato

“sarò anche brava Bill, ma una certa Madonna non ha alle spalle una 23enne di belle speranze, ma un organizzazione molto migliore di quella che posso darvi io…”

“beh… sperare non costa nulla no?!” le rispose il cantante mentre le sporgeva una tazzina di fumante cioccolata.

 

 

“Cathe… perchè papà e gli zii erano felici prima?” Sylvia era tra Cathe e Simone, stavano andando a fare un giro per il centro di Toronto (seguite a debita distanza dalle guardie del corpo)

“perché Jutta ha mandato loro una specie di regalo!” era troppo prematuro spiegare alla bimba cosa fosse quel “regalo” ma la piccola aveva il suo bel caratterino e pretese che Cathe le raccontasse per bene ogni cosa; fortunatamente intervenne Simone:

“Sissi, quello che ha fatto Jutta è un regalo che le persone che fanno il lavoro di tuo papà e dello zio sperano di ricevere, è un premio per i loro sforzi e il loro impegno!”

“allora ne devono ricevere tanti!” disse risolutamente la piccola

“ne riceveranno fidati!” le dissero in coro Cathe e Simone

“Simone, posso chiederti una cosa?” disse Cathe con aria corrucciata sfruttando un momento di distrazione di Sylvia

“del tipo? Riguarda Bill?”

Cathe si morse leggermente il labbro inferiore a sentire quel nome; era imbarazzante chiedere quella cosa a Simone, soprattutto perché ne aveva già parlato con Bill e sapeva che il ragazzo non l’avrebbe approvata:

“in parte sì… Sylvia mi ha chiesto se una di queste sere la porto a vedere “dove suonano” il papà e gli zii… io ho sempre nicchiato, ma ti confesso che da una parte non spiacerebbe nemmeno a me… sottinteso starebbe dietro le quinte e farei attenzione,però… mi piacerebbe che lo vedesse sul palco!”

“ne hai già parlato con Bill?!”

“sì… e non è d’accordo…”

“se pensi di far sponda su di me, non posso assicurarti nulla, sai com’è Bill, se dice no è no… io in cuor mio ti direi di sì! È un po’ che Sylvia chiede anche a me di andare a sentire Bill e Tom, ti confesso che piacerebbe anche a me… ma Bill non vuole, però… se lo metti di fronte al fatto compiuto secondo me non dice nulla, soprattutto a te!”

“in che senso?!”

“eh dai… ho visto come lo guardi! E come lui guarda te… e non fare ‘sto viso stupito! Sarò anche sua mamma ma non sono cieca! Da quanto tempo va avanti ‘sta storia?”

“Simone! Io e Bill non abbiamo nessuna storia…”

“sì certo Miss brodo di giuggiole ogni volta che guardo Bill… tu sei innamorata di Bill, e anche di mia nipote… ti dico solo di andarci piano, di non soffrire e di non far soffrire nessuno dei due…”

“eh facile… basterebbe non svegliarsi come stamattina!”

“eheh…” ridacchiò Simone “Tom mi ha detto!”

“Tom che ne sa?!” rispose Catharina allarmata

“è passato a chiamare Bill e vi ha visti, beh come se ci fosse qualcosa da vedere…”

“appunto… temo ci ricamerà sopra molte cose!”

“Sì…. Comunque, sinceramente Cathe credo che l’unica sia parlare con Bill, seriamente, di quello che volete dal vostro rapporto, soprattutto per Sylvia; per quello che può valere, io se vuoi parlare ci sono, anche se lo so, sono la madre di una delle parti in causa, però io con mio figlio non ho mai avuto il classico rapporto madre figlio, siamo amici, confidenti, quindi… davvero Cathe, dovete parlare e al più presto!”

 

A Cathe era servito quel discorso chiarificatore con Simone, ormai quella donna era diventata la sua confidente per tante sue paure, anche perchè conosceva meglio di chiunque altro le parti in causa: poteva essere un errore, ma di Simone si fidava, si era fidata dal primo istante in cui l'aveva vista, sopratutto Simone si era fidata di lei, le aveva dato responsabilità anche per quanro riguardava il discorso Sylvia, le permetteva di passare del tempo con la bimba; se Simone aveva detto di portarla a sentire i Tokio, lei quella sera l'avrbbe fatto.

Sylvia era eccitatissima all’idea che quella sera avrebbe visto finalmente dal vivo suo papà e i suoi zii che cantavano e suonavano; la piccola continuava a fare salti di gioia e discorsi senza un filo logico, stava riversando su Cathe tutte le sue aspettative con discorsi strampalati ma teneri: ripeteva a Cathe che si sarebbe comportata benissimo, che avrebbe fatto la brava, continuava a chiederle com’era un concerto dal vivo, se ci fossero state tante persone, se bisognava vestirsi bene:

“ma figurati… sei perfetta così, stasera non c’è bisogno di essere eleganti!” Cathe guardava la piccola vestita completamente Diesel, era proprio una Kaulitz in miniatura, le aveva persino fatto la treccia con i ferma coda a teschio della Nightmare, tanto per la serie “se tuo padre poi si incazza con me, almeno tu ti sei divertita!”

“ma anche tu sei bellissima!” in effetti lo era: semplice, paio di jeans e maglietta nera, scarpe da ginnastica (la caviglia le faceva ancora male, anche se non lo dava troppo a vedere), trucco per una sera dark, capelli lisci: Sylvia era rimasta stupita al vederla con i capelli stirati, merito della super piastra di Georg.

“hai i capelli liscissimi Cathe!” gridò la piccolina tutta felice “sei come la mia mamma nella foto!”

Cathe sorrise a quel paragone: lei comunque non sarebbe mai stata una mamma per Sylvia, aveva paura di quella parola, voleva dire molte cose, troppe cose, e lei non si sentiva ancora pronta. Non era come le sue amiche, come Medina che alla sua età aveva avuto una bimba, come Jutta che portava in giro orgogliosa il suo pancione di quasi otto mesi. Per Cathe erano quelle le madri, non quelle come lei, che giocavano a fare più che altro da babysitter alla figlia del ragazzo di cui erano innamorate.

“no Sylvia…” disse amaramente Cathe dopo qualche attimo “tua mamma era molto più bella di me!”

“ma io ti voglio bene lo stesso!” disse la piccola abbracciandola. Cathe sorrise dolcemente e la strinse tra le  braccia:

“anche io piccola… dai adesso andiamo, che se no iniziano!”

 

 

 

 

 

 

Il concerto era veramente riuscito, storicamente Toronto era una platea difficile da conquistare, ma fortunatamente i Tokio non avevano avuto problemi; conclusero con Reden , Cathe adorava quella canzone, musicalmente parlando aveva un ottimo effetto calmante su di lei, la distendeva, le sgombrava la mente dai sui pensieri… non quella sera, quella sera l’avrebbe odiata. No, quella sera odiò Reden con tutta se stessa, odiò lo sguardo di Bill quando si accorse di lei appena dietro le quinte, appena sotto il palco, con Sylvia in braccio.

Già tanto che non si fosse bloccato a metà canzone, per fortuna l’aveva conclusa, aveva concluso proprio tutto il concerto ma dalla voce si capiva che qualcosa era cambiato, come se non gli importasse nulla della platea che aveva davanti. Anche i ragazzi se ne accorsero, non avevano visto Cathe e Sylvia e si stavano meravigliando del comportamento di Bill; il frontman fece cenno a Gustav di fare un breve assolo alla batteria e si diresse a parlare con il fratello:

“quella troia! Finisci tu… io scendo!”

“dove cazzo stai andando? Cosa c’è Bill?!”

“finisci ‘sto cazzo di concerto e ti spiego cosa c’è…”

Bill salutò la platea con fare sbrigativo, non era da lui, tutti in sala se ne accorsero, se ne accorse David e il resto della crew, se ne accorse Catharina: soprattutto si accorse della furia con cui Bill era sceso dal palco e le stava andando incontro. Fece appena in tempo a mettere Sylvia a terra (che fu subito presa sotto la custodia di Simone) che Bill la strattonò per un braccio trascinandola verso il camerino:

 

“che cazzo pensavi di fare eh?” le disse Bill praticamente urlando, Cathe aveva le lacrime agli occhi, non pensava di combinare un simile caos

“niente Bill, era da un po’ che Sylvia mi chiedeva di potervi sentire…”

“lo so!” sbraitò il frontman “lo so benissimo, lo chiede anche a me, a Tom e a mia madre, ma non mi sembra che l’abbia mai portata in mezzo a 3000 persone!”

“ma non è successo niente, nessuno l’ha vista…”

“non me ne frega niente! Potevano vederla!”

Cathe a quel punto si arrabbiò anche lei, davvero, era una persona calma e riflessiva ma qualcosa in lei scatto in quel momento:

“non l’hanno vista! Secondo te sono così scema da andare in mezzo alla platea? Tanto vale dirlo no? Secondo te io farei mai una cosa del genere a te e a Sylvia?”

“l’hai appena fatta! Mi chiedo se si può essere così cretine da non pensare a Sylvia?!”

“cazzo Bill eravamo dietro le quinte, non c’è nessuno nel backstage durante il concerto!”

“certo… e se qualcuno fosse arrivato?!”

“mi sembra di essere io quella che mette le firme sui pass del backstage, e mi sembra che Saki e le altre guardie siano lì per impedire che qualcuno arrivi al backstage…”

Furono interrotti da Tom Georg e Gustav che entrarono in quel momento, sconvolti per la scena che si presentava loro: un Bill adiratissimo che urlava contro una Cathe altrettanto furente:

“che è successo Bill?!”

“è successo che sta cretina ha portato Sylvia al concerto! Sai uno si sbatte per 3 anni per tenere la figlia lontano dai riflettori e arriva sta testa di cazzo che ti rovina!”

“scusa come mi hai chiamato?!” gli disse Cathe con tono stranamente calmo; Bill si rese conto solo in quel momento delle parole che aveva usato, non le pensava certamente, le aveva dette in un moto d’ira… e adesso era veramente difficile la situazione

“non volevo Cathe scusami…”

“non volevi vero?... tu non vuoi mai…” Cathe aveva le lacrime agli occhi e alzò di nuovo il tono della voce “tu non vuoi mai offendere la gente, tu non vuoi mai farla soffrire… ma cazzo piantala!”

“piantala tu…per favore, qui mi sembra che sia tu quella che ha trascinato una bambina di 3 anni in mezzo a un macello che è un nostro concerto!”

“fosse per te quella bambina di 3 anni non uscirebbe di casa!” Cathe era sempre più incazzata, probabilmente non ragionava neanche lei sulle parole che diceva, era un fiume in piena, le parole le uscivano più che altro dettate da stanchezza e frustrazione;

Bill la guardò con uno sguardo torvo e le sibilò: “tu non dirmi come devo educare mia figlia, per fortuna non sei sua madre!TU NON SEI SUA MADRE!!!”

Cathe non resistette oltre, iniziò a piangere e singhiozzare, le parole di Bill le avevano inferto un colpo nel cuore e nell’animo che mai avrebbe pensato di provare; scappò fuori dal camerino, scansò a mala pena Georg e Gustav, non si accorse nemmeno di Simone e Sylvia né di Saki che avevano assistito attoniti alla scena. Voleva solo correre via da quel camerino, non le importava se la crew la stesse fissando, se stesse fissando Bill, se Tom era uscito fuori dal camerino per rincorrerla, ma aveva desistito vedendo lo sguardo del gemello, un inequivocabile “o con me o contro di me”; 

corse fuori dal teatro, in un vicolo laterale: nevischiava, faceva freddo… Cathe non lo sentiva in quel momento: sentiva solo le parole di Bill che le rimbombavano nella testa, sentiva gli urli del ragazzo, vedeva la sua rabbia negli occhi. Aveva la testa appoggiata al muro, il freddo dei mattoni contro la fronte, le lacrime salate che le rigavano le guance e si spegnevano all’angolo della sua bocca; continuava a colpire il muro con i pugni: voleva farsi del male, ne aveva fatto a Bill e  soprattutto a Sylvia… cosa le era saltato in mente di portarla al concerto.


“shh… adesso basta, smettila! Non è colpa tua!” una voce rassicurante, l’unica che mai si sarebbe aspettata di sentire in quel momento, l’unica che non la stava accusando né giudicando.

Si sentì mettere un piumino attorno alle spalle : “vieni dentro Cathe, fa freddo!”

“no David, non ce la faccio… non posso andare lì dentro, non dopo quello che mi ha detto! Non dopo quello che gli ho fatto!”

David la strinse a se: “tu non hai fatto niente di male Cathe, hai fatto la cosa giusta… Bill non le pensava davvero quelle cose, non le pensa… e poi… Sylvia era felicissima, davvero Cathe, non ho mai visto quella bimba felice come prima al concerto! Dai adesso rientriamo!”

“non ce la faccio David, io me ne torno in albergo… scusami!”

 

*****

Bill era ancora fuori di sé, continuava ad andare su e giù per il camerino inveendo a bassa voce contro Cathe, anzi più che contro la ragazza contro se stesso, per ciò che le aveva detto.

Non le pensava certamente quelle cose, non sapeva neanche lui perché avesse reagito in quel modo: si sentiva un vigliacco per aver rinfacciato a Cathe una cosa che lui, in cuor suo, erano mesi che sperava, che desiderava. Soprattutto non si capacitava del fatto di averle detto quel “tu non sei sua madre!”: gli rimbombava nella testa quella sua stessa frase, gli rimbombava il tono con cui l’aveva pronunciata, il modo in cui l’aveva pronunciata. Era vero, Cathe non era la madre di Sylvia, ma lui ci sperava tutti i giorni, lo sognava tutte le notti che lo potesse diventare.

Tom Georg e Gustav non avevano il coraggio di parlagli, anche perché sinceramente non avrebbero saputo cosa dirgli. Soprattutto Tom: l’avrebbe insultato volentieri, molto volentieri, dopo una scenata del genere Cathe come minimo avrebbe fatto le valigie e sarebbe sparita dalle loro vite, certo non avrebbe considerato più minimamente Bill.

-è veramente cambiato- pensò Tom –non lo riconosco più, non è più il Bill di una volta, non avrebbe mai fatto così, perché?!-

Simone lo riscosse dai suoi pensieri: non tanto con le parole ma con un gesto che mai si sarebbe aspettato da sua madre: diede un sonoro ceffone a Bill.

“non ti ho mai dato sberle, e non me ne pento, ma questa ci voleva! Io ti ho insegnato il rispetto Bill, ti ho insegnato dove ci sono dei limiti e delle regole, ti ho insegnato che le altre persone non si devono mai attaccare né insultare. Adesso voglio sapere del perché di quella scenata a Catharina!”

Bill di massaggiava la guancia, non capiva se era più bruciante il dolore dello schiaffo o quello inferto al suo animo dalle parole della madre:

“non lo so il perchè mamma… proprio non lo so, mi sono uscite così di botto, forse… non le pensavo veramente!”

“e allora perché le hai dette?”

“perché… perché Cathe ha portato Sylvia a sentirci, dopo che le avevo detto almeno un migliaio di volte che ero contrario. E… e quando ho visto mia figlia lì, non ci ho più visto ti giuro, non volevo fosse così, volevo proteggerla, è la mia bambina, io… non…” Bill iniziò a singhiozzare.

Tom fece cenno a Georg e Gustav di portare Sylvia in albergo, la piccola era stanca e anche un po’ scombussolata per la scena a cui aveva involontariamente assistito; si mise sul divano accanto a Bill, con la speranza di far ragionare un po’ il gemello.

 

*****

 

“andiamo a trovare Cathe?” Sylvia era in braccio a Gustav, gli occhi pieni di sonno e la testa appoggiata alla spalla del batterista: il suo primo pensiero una volta tornata in albergo fu però per Catharina.

Georg e Gustav si guardarono, non sapevano neanche loro se quella fosse la decisione migliore, probabilmente Cathe avrebbe preferito star sola, senza la piccola a scombussolarla più di quanto già non lo fosse. Però anche loro avrebbero voluto andare da Cathe, per capire come stava, per consolarla, per cercare di farla ragionare.

Bussarono alla porta della stanza della ragazza: “Cathe!” le urlò Georg “per favore apri!”

Dopo qualche istante la ragazza comparve alla porta, il trucco sfatto dalle troppe lacrime versate, gli occhi gonfi: si getto tra le braccia di Georg:

“perché mi ha detto quelle cose?” ricominciò a singhiozzare e i due ragazzi decisero di riportarla in camera

“non l’ha fatto apposta Cathe, era fuori di sé, lo conosci anche tu, ogni tanto fa così!” Gustav le accarezzò dolcemente una guancia scostandole le ciocche di capelli che erano rimaste appiccicate per le lacrime

“ma io l’ho fatto per Sylvia, anche Simone era d’accordo!”

 i due ragazzi si guardarono stupiti: “Simone era d’accordo?”

“certo, la nonna era d’accordo!” rispose Sylvia, che nel frattempo si era accoccolata in braccio a Cathe e si faceva tranquillamente cullare, incurante della situazione.

“Cathe, ma perché non l’hai detto a Bill?!” le disse Georg

“fa differenza ormai? Tanto si sarebbe incazzato comunque…” disse Cathe a bassa voce, Sylvia si era addormentata in braccio alla ragazza

“non credo…” le rispose flemmatico Gustav “però anche tu perché sei scappata in quel modo?”

“cosa dovevo fare… urlargli in faccia che l’ho fatto perché mi sembrava giusto? Perché così mi crogiolavo nell’illusione di fare da mamma a questa bambina? No grazie ragazzi… così faceva che uccidermi direttamente…”

I due sghignazzarono: “ucciderti? Per favore, ma se mi sembra che quando ve ne state tutti e tre insieme non sei l’unica che gioca a fare la famiglia!” le disse Gustav “senti, quando ti decidi a dirglielo a Bill?!”

“mai… parliamoci chiaro, ha ragione lui… io non sono la madre di Sylvia e mai lo sarò… non ho voglia di lottare contro un fantasma!”

“perché invece non ci provi?!” Simone era rientrata nella suite, in effetti era anche sua, la divideva con Cathe e la piccola; colse i tre allo sprovvisto:

“Bill è incazzato nero, te lo dico già adesso, spero che suo fratello riesca a farlo ragionare, ma tu per favore, abbandona un po’ del tuo orgoglio e cerca di parlare con mio figlio, non potete andare avanti così!”

“Simone…” disse Cathe continuando a singhiozzare “io non voglio più andare avanti! Non c’è nulla di cui parlare!”

“oh certo? Del fatto che siete innamorati l’uno dell’altra invece? No perché se nessuno qui ha il coraggio di dire la verità, la dico io! Ti metto di fronte alla realtà, e fa male, lo so, ma almeno ti dai una mossa!”

Cathe rimase sconvolta a sentire quelle parole: non le sembrava possibile che Bill potesse provare altri sentimenti oltre all’odio, almeno dopo quella sera. Certo ci aveva spesso sperato che il comportamento di Bill, a volte strano e a volte enigmatico, potesse celare un interesse nei suoi confronti; che il fatto che si facesse Amburgo - Berlino, o Loitsche - Berlino solo per vederla senza una valida ragione, fosse in realtà un modo di nascondere il suo interesse per lei… ma Bill non poteva essere innamorato di una come lei.


*****

“sei un deficiente fratello! Sei un cretino!” Tom aveva letteralmente trascinato Bill nella suite, al diavolo il meet&greet, al diavolo gli autografi, al diavolo tutto!

“io? Ma per favore, che mi dici di quella che gioca a fare la mamma di mia figlia?!”

“BILL…ma se ci speri che un giorno diventi a tutti gli effetti la madre di Sylvia, che cazzo fai allora? La aggredisci? Le dai della testa di cazzo? Ma lo sei tu quello… sei un povero imbecille!”

“Io? Io… per favore Tomi… non ricordarmelo!” Bill si gettò sul letto, piangeva disperato, singhiozzava: Tom si avvicinò, lo prese tra le braccia:

“Bill perché volete farvi del male? Perché ne vuoi fare a Cathe e a Sylvia?!”

“io non voglio farle del male, ne ha già sofferto troppo nella sua vita… ma…”

“ma cosa?”

“ma mi sono sentito come tradito stasera, le avevo detto che non volevo che Sylvia venisse a sentirci dal vivo…lo sapeva!”

“lo sapeva anche nostra madre…” gli rispose il rasta “eppure è lei che le ha dato il permesso!” Bill sgranò gli occhi, mentre Tom annuiva; il frontman continuò a singhiozzare, pronunciando frasi senza senso, dettate dalla disperazione.

Tom lo strinse a sé, lo abbracciò, come faceva quando erano piccoli e Bill aveva qualche problema, correva sempre dal gemello, lui di solito risolveva tutto, aveva sempre il consiglio giusto; anche stavolta: prima di addormentarsi tenendo stretto a se Bill gli disse  una semplice frase:

“parla con Cathe… non essere orgoglioso, si aggiusta tutto, tu la ami… lei ti ama… non aver paura” probabilmente però Bill non sentì quella frase: si era ormai addormentato in un sonno pieno di incubi e dolore.

 

 

*****

 

Erano a Vancouver ed erano ormai passati 5 giorni, 5 giorni in cui Cathe aveva accuratamente evitato Bill e Bill Cathe: se uno entrava nella stanza l’altra usciva, si sedevano ai capi opposti di aerei e van; si ignoravano. E la cosa che faceva stare male entrambi, più degli ostinati silenti, dei mugugni detti a denti stretti, degli insulti mal celati ma del tutto fuori luogo, era il fatto che chi soffriva di più per quella situazione era Sylvia: la piccola non capiva perché papà e Cathe non si parlassero, perché non andassero più tutti e 3 in giro insieme, perché avessero litigato; lo sapeva benissimo la piccola che i due avevano litigato, e anche di brutto, l’aveva persino chiesto a David e a Saki il perché, dopo che la nonna e gli “zii” le avevano detto che non era successo nulla.

Saki era stato più diplomatico, aveva detto che a volte gli adulti si comportano da bambini e litigano per delle cose stupide, delle cose che a volte hanno già ma si dimenticano di avere, per delle cose che sono davanti ai loro occhi ma che per paura o per comodità fanno finta di non vedere.

Sylvia l’aveva guardato strano per quella risposta che più che chiarire le idee gliele aveva confuse di più, ma siccome Saki le era decisamente simpatico e in più la trattava come una principessa con tutti i crismi degni di un film, gli aveva fatto un bel sorriso e risposto con un candido “ah ok!”.

 

Il problema fu la partenza della piccola e di Simone: né Cathe né Bill avrebbero voluto separarsi dalla piccola, per loro era una sorta di legame, di tramite, era un modo per sentirsi vicini pur essendo lontani, pur volendo esserlo.

La accompagnarono entrambi in aeroporto, dopo molti giorni nessuno dei due si fece scudo degli altri membri dei Tokio o di David o di Saki o Simone, anche perché per ragioni pratiche e di sicurezza nessuno degli altri era andato; nessuno dei due trovò però il coraggio di parlarsi

“mi raccomando cucciola fai la brava con la nonna! Comportati bene anche in aereo! Promesso?” Bill le sporse il mignolo che subito Sylvia strinse con il suo

“promesso papà! Faccio la brava, ma anche tu lo devi fare!”

Bill sorrise: “io lo sono sempre!”

“no!” disse risolutamente la piccola “non parli con Cathe e la fai piangere, se fai così non ti voglio bene!”


Crollarono tutte le certezze di Bill in quel momento, una ad una: le certezze del suo modo di porsi con sua figlia, del suo rapporto con lei; le certezze su Cathe, sulla sua arrabbiatura che in realtà era una gran delusione per come si era comportato Bill.

Spiò con la coda dell’occhio la ragazza che stava salutando la piccola: Cathe piangeva, lacrime vere, sincere… piangeva perché si stava separando da Sylvia, piangeva perché se non fossero cambiate le cose quella poteva essere l’ultima volta in cui vedeva Sylvia.

Simone si avvicinò al figlio e l’abbraccio tra le proteste del ragazzo: “mamma per favore…”

“dai… sei mio figlio ancora! Sei grande ma non tanto! Fai il bravo e mi raccomando parla con Catharina!avete un mucchio di cose da dirvi!”

 


Sylvia e Simone erano appena sparite dietro la porta a vetri della sala di attesa passeggeri, ormai avevano passato il check-in, non c’era più modo di stare con la piccola, loro non avevano le carte di imbarco e sinceramente mai come in quel momento Catharina desiderò essere su un aereo. Stava piangendo, singhiozzava, le mancava quasi il fiato ma  comunque non riusciva a staccare gli occhi dalla porta scorrevole, né Bill riusciva a staccarli da Cathe.

Era troppo per lui vederla in quelle condizioni: si era davvero sbagliato a urlarle che non era la madre della sua bimba, forse lo era molto di più pur non avendo in comune neanche una goccia di sangue; se non le fosse importato veramente di sua figlia non sarebbe stata lì, non l’avrebbe portata a sentire il suo papà, facendo attenzione a mille particolari nell’organizzazione che anche allo stesso Bill erano sempre sfuggiti, non l’avrebbe scarrozzata negli ultimi 6 mesi, non le avrebbe regalato tanto momenti in cui la piccola si era divertita. Non gli avrebbe regalato gli stessi momenti in compagnia della figlia.

Se quello era amore… era nella sua forma più pura, nella sua dimensione più estatica.

 

Non resse oltre Bill, si avvicinò a Cathe mentre le parole di sua mamma gli rimbombavano nella testa: la abbracciò, pianse con lei, calde lacrime amare, per disperazione e per odio verso se stesso, per come aveva trattato la sua Catharina.

“mi dispiace… scusami davvero!” continuava a bisbigliarle. Cathe strabuzzò gli occhi, la testa affondata sulla spalla di Bill; riuscì solo a dire flebilmente: “devi scusare me… è colpa mia!”

Bill scosse la testa e la appoggiò contro quella di Cathe, mentre le baciava teneramente i capelli: “no… no… non dovevo dirti quelle cose, neanche le pensavo, non ho capito perché te le abbia dette! Mi sento così uno stupido!”

“no Bill, la stupida sono io! Sapevo che non volevi, ma io ho portato lo stesso Sylvia, l’ho fatto per lei, perché ti vedesse, perché fosse ancora più orgogliosa di te di quanto già non lo fosse!”

Bill tirò un po’ su con il naso: “ci sei riuscita sai… è 4 giorni che me la fa andare sul concerto! Grazie davvero Cathe, davvero!” prese il viso della ragazza tra le mani, si guardarono negli occhi qualche istante, Cathe chiuse i suoi, non riusciva a sostenere lo sguardo di Bill, non riusciva a perdersi in quei profondi occhi nocciola, aveva paura di perdersi.

Non seppe mai neanche Bill come ci riuscì, semplicemente chiuse gli occhi anche lui, avvicinò il viso a quello di Cathe e le diede un leggero bacio a fior di labbra, un bacio carico di amore ma soprattutto di riconoscenza, in quel momento voleva dire più di mille grazie. Più che un bacio era un soffio, una carezza delle morbide labbra di Bill su quelle di Cathe, più morbide di quanto il ragazzo se le aspettasse.


Si staccò in fretta, non poteva andare oltre, non dovevano andare oltre.


Cathe era rimasta basita di fronte a quel bacio che non era un bacio, era un grazie detto in silenzio, un grazie detto con il cuore, che valeva più di mille discorsi e mille parole; era un grazie che rinchiudeva in sé tanti ragionamenti prolissi ed inutili, che sintetizzava tante frasi che mai nessuno dei due avrebbe detto.


Si fissarono per qualche istante negli occhi, sguardi carichi di amore, di riconoscenza; Bill non riuscì ad evitare di passare la lingua sulle labbra, con un gesto che era molto più adatto a Tom che a lui: forse per cercare di riassaporare le labbra di Cathe, forse per tentare di aggrapparsi ad un’illusione.


Cathe era come immobilizzata tra le braccia di Bill, non riusciva a muovere un muscolo, né a capire il perché di quel gesto; era un grazie, doveva essere un grazie, il grazie più bello della sua vita.

Rise inconsapevolmente al gesto di Bill, a quel suo tentativo ti mantenere una specie di legame con le labbra di Cathe: la mise sul ridere, in quel momento era l’unica cosa che aveva voglia di fare… era impossibile come nel giro di un solo istante fosse passata dalla più totale disperazione alla furiosa gioia, da una stretta al cuore alla tachicardia galoppante:

“Dior!” disse in un soffio al ragazzo

“Dior?” le chiese Bill

“Dior addict ultra gloss reflect 347 orange raphia! Il lucidalabbra…”

“ah… bene…” Bill tirò fuori dal suo giubbino bianco (di Dior) gli occhiali da sole “Dior!”

Cathe sfoderò i suoi a mascherina: “Gucci!”

Si misero a ridere all’unisono, era pazzesco come fossero entrati in quel aeroporto guardandosi in cagnesco e adesso erano lì, a citare marchi dell’alta moda per evitare i pensare a quel… bacio… e così si poteva definire.

Bill mise un braccio attorno alle spalle di Catharina e si avviarono verso il van, scortati dall’onnipresente (ma discreto) Saki.

 

*****

“ragazzi è ufficiale, sono esausto e sto crollando di sonno!” Tom non ce la faceva più a stare in piedi, erano le 5 e mezza, il concerto era stato (come sempre) sold out, il meet&greet affollato, il locale in cui erano stati anche di più! Lui non ce la faceva proprio più, mentre Gustav era da un pezzo che non ce l’aveva più fatta visto che era crollato e si era addormentato direttamente sul van. Georg confabulava con David, erano due giorni che andavano avanti a parlottare, insospettendo non poco Catharina di tutto quel brusio di sottofondo: in quel momento non ne aveva voglia nemmeno lei, sognava di potersi spalmare letteralmente nel letto, e dormire almeno qualche ora.

Finalmente era riuscita a chiarire la situazione con Bill: chiarire, una parola grossa, considerando che nessuno dei due era riuscito a intavolare un discorso decente dopo quella mattina in aeroporto, dopo quel… bacio?! Non sapeva neanche lei come definirlo, sapeva però che si era portata le dita alle labbra un’infinità di volte in quella giornata, cercando di capacitarsi, cercando di capire se quella frazione di secondo in cui aveva sentito le labbra di Bill sulle proprie era stata vera o solo un sogno dai contorni troppo sfumati nella realtà.

Continuava a spiare con la coda dell’occhio Bill, seduto davanti a lei, la testa appoggiata al finestrino: cosa non avrebbe dato per parlargli, per chiedergli -perché?- oppure –cosa voleva dire quel bacio- o semplicemente –era un bacio?-

Anche se in realtà in quel momento le bastava condividere semplicemente quel silenzio con lui.

 

Bill guardava fuori con aria distratta, si faceva trasportare dalla danza delle luci della città proiettate sul finestrino del van: i vetri oscurati avevano la portentosa caratteristica di attutire tutto, dai rumori, alle luci: tu puoi gettare un occhio sul mondo, il mondo non lo può fare con te. È già una sicurezza questa.

Voleva però altri tipi di sicurezze, di certezze, soprattutto aveva bisogno di risposte, e l’unica persona che poteva dargliele era una ragazza seduta appena dietro di lui, la ragazza di cui si era innamorato, e con cui aveva un disperato bisogno di parlare per recuperare tutto ciò che poteva essere andato perso o perlomeno si era incrinato in quei 5 giorni di silenzio forzato.

 

 

Catharina si chiuse la porta della stanza dietro le spalle, adorava gli alberghi a 5 stelle in cui era “costretta” ad alloggiare quando era in tour con i Tokio, e certamente il Wegdwood di Vancouver quelle 5 stelle se le meritava tutte; forse la cosa che adorava di più erano però le enormi vasche idromassaggio di quegli alberghi, la vasca idromassaggio era sempre stata il suo sogno ma a casa si era dovuta accontentare della doccia idromassaggio, semplicemente perché più veloce e pratica da pulire.

-Già… casa…- pensò la ragazza: il suo pensiero però non si focalizzò sulla enorme villa di Berlino, troppo grossa per una persona sola, troppo vuota, troppo snob per come lei era diventata. Per lei il concetto di casa era ormai quello di Banhohfstrasse 19 a Loitsche, una casa abitata da persone, da abitudini, da cose lasciate in giro, non da un arredamento degno di una rivista di interior design che però non rispecchiava l’animo di Cathe.

Si riscosse da quei pensieri quando sentì bussare alla porta, due tocchi leggeri, sapeva benissimo di chi erano: aprì la porta semplicemente sorridendo, senza dire nulla:

“ciao!” le disse Bill, il suo Bill, vestito esattamente come a concerto ma con i capelli raccolti in una coda e un berretto in testa; prese un profondo respiro prima di dirle di getto porgendole semplicemente la mano: “Cathe… vieni con me!”.

Cathe altrettanto semplicemente afferrò il piumino Moncler e seguì Bill intrecciando le sue dita con quelle del ragazzo.

 

Si ritrovarono a passeggiare sul lungomare di Vancouver, nel freddo pungente delle ore che precedono l’alba: i loro respiri si trasformavano in vapore, le guance di Cathe erano rosse, ma aveva un’ espressione rilassata. Anche Bill l’aveva, la stessa identica espressione di una persona felice che però non sa come dire ad un’altra quanto fosse importante per lui. Camminavano a debita distanza, essere troppo vicini voleva dire abbassare fin troppo le difese del muro eretto a guardia dei loro cuori, era troppo prematuro. Continuavano a raccontarsi aneddoti divertenti del loro passato, a dire cretinate, a commentare una o l’altra persona; si ricordavano di tutte le giornate passate insieme, degli interminabili giri in macchina: discorsi divertenti ma vuoti, nessuno dei due voleva arrivare al dunque.

Cathe si decise, fu la prima a parlare: “perché siamo qui?”

“niente, avevo voglia di fare un giro e vedere l’alba…”

“i vampiri non amano l’alba!” gli disse Cathe con tono provocatorio

“no… i vampiri la amano, semplicemente non tollerano il sole, l’alba la puoi considerare fino al sorgere del sole!”

“si definisce aurora…” puntualizzò Cathe

“no… l’aurora è quando il cielo diventa chiaro! io comunque amo l’alba… è l’inizio di tutto…” le disse placidamente Bill

“anche dei discorsi senza senso come questi?!” lo ribeccò Cathe

“in effetti… comunque, ti ho portato qui perché avevo bisogno di parlare con te, da solo, tranquillo, senza avere almeno 30 persone con le orecchie tese!” Bill prese un profondo respiro:

“ti devo chiedere scusa Cathe, quello che ho detto l’altro giorno non lo pensavo veramente, tu non sei né una testa di cazzo né una cretina…sei veramente.. non so, sei tutto ciò che una persona può desiderare in una ragazza! Sei matura, intelligente, sveglia, riservata… mi sembra quasi impossibile!”

“ma sono in carne ed ossa!” disse Cathe mettendola sul ridere “comunque grazie davvero Bill…per tutto, per avermi perdonato, per avermi accettato, per… per Sylvia!perchè eri ancora arrabbiato con me e mi hai dato la possibilità di stare comunque con lei! Hai ragione non sono sua madre…” Cathe si sedette su una panchina,portandosi le ginocchia al busto e stringendole con le braccia; Bill a fianco a lei, ma seduto sullo schienale:

“Cathe sei molto più di una madre per quella bambina, davvero… mi sono però sempre chiesto perché tu l’hai accettata subito, non hai mai fatto domande…”

“se vuoi te le faccio adesso… no dai, seriamente… quando mi hai detto di avere una figlia la prima cosa che ho pensato non è stato –Bill ha una figlia?!?!- ma ti giuro che ho pensato –è giusto così!- mi sembrava la cosa più normale del mondo quella che mi stavi dicendo, mi sembrava nell’ordine delle cose, nel mio cuore era giusto che tu avessi una figlia… e che figlia!”

“eh beh.. preso tutto dal papà!” le rispose Bill facendole una smorfietta

“piantala! no davvero sai cosa mi ha conquistato di Sylvia dal primo momento che l’ho vista?! Il fatto che mi ha subito accettato: per lei in quel momento non ero un’estranea, non ero una che non aveva mai visto se non in foto… ero Catharina, quella di cui tutto sommato papà e zio parlavano bene; ti giuro per me valgono molto di più certe frasi e certi complimenti di tua figlia che il resto del mondo troverebbe quantomeno bislacchi di mille gratificazioni di Kipp o dei miei.”

“con i tuoi come va Cathe?!” l’avevano già fatto quel discorso, durante le loro peregrinazioni estive sulla cabrio di Bill, parlavano di tutto in quei momenti, delle loro aspettative, dei loro progetti, delle loro delusioni…

“mah… ogni tanto mando una mail giusto per dire che sono viva, ogni tanto una telefonata, non è che mi manchino molto!”

“una volta non avresti fatto un passo senza la loro approvazione!” le disse Bill sedendosi a fianco della ragazza

“è che una volta avevo bisogno di loro, avevo bisogno di sentire di avere una famiglia normale, come quella della mia migliore amica, adesso, non lo so… molte priorità sono cambiate nella mia vita, adesso vivo da sola, lontana dalla mia famiglia ma vicino alle mie amiche, a Berlino, ho un lavoro al seguito di quattro pazzi che non cambierei con nulla al mondo, nella mia vita c’è una bambina di 3 anni per certi versi più matura di me, che non so neanche io come definire…”

Cathe continuava a fissare le sue mani, non le piacevano, erano tozze e cicciottelle rispetto al resto del suo corpo, non erano certo il tipo di mani che piacevano a Bill;  ma a Bill non gliene importava, le prese tra le sue costringendo Cathe a voltarsi verso di lui, a incrociare il suo sguardo:

“figlioccia? Non sei sua madre ma puoi farle tranquillamente da madrina!” le disse Bill in un soffio: “ormai sei un punto di riferimento per lei…”

“mi spaventa questo Bill… io non so fare la madrina, non so darle consigli e mi spaventa quando sarà più grande, quando tu troverai una compagna… io sarò fuori dalle vostre vite, sarà lei la madre di tua figlia. Che riferimenti avrà Sylvia…” Bill spense quel discorso abbracciando Catharina e stringendola a sé; lei si perse come sempre in quell’abbraccio

“Cathe… tu non sarai mai fuori dalla mia vita, non voglio perderti, né io né Sylvia lo vogliamo, te l’ho già detto che sei importante per noi…”

Cathe lo strinse a sua volta: “anche tu e Sylvia lo siete per me… davvero, come ormai lo è tua madre, lo è Tom, lo sono Georg e Gustav; ormai siete un po’ la mia famiglia, quella che non ho mai avuto!”

“famiglia un po’ strana!” rise divertito Bill cercando di stemperare la tensione di quel momento: era inutile non trovava il coraggio di dichiararsi a Cathe, non ce la faceva proprio.

“beh sempre meglio della mia: i miei non erano mai a casa, sono cresciuta con la tata, che per quanto ti possa voler bene non è mai tua madre, e in più invidiavo da morire la mia amica Medina…”

“quella gnocca quinta coppa D?” disse Bill facendo un poco elegante gesto per indicare il prosperoso seno della ragazza

“proprio lei! figurati una come me… invidiosa anche delle tette della propria amica!” Bill fece finta di guardarle il seno, procurando una risata in Cathe: “ehi… mio caro Kaulitz, sono solo una seconda!”

“poco ma buono!”

“certo… son tutte originali! Comunque… oltre a essere invidiosa delle tette della Medi, ero e sono tutt’ora invidiosa del rapporto che ha con sua madre e suo padre, sono invidiosa che lei ha come madre una ex hippie, e sogno ancora adesso le vacanze che facevamo!”

“tu in vacanza in qualche località poco costosa? In tenda?”

“Gstaad ti sembra poco costosa? Il fatto che sua mamma fosse hippie non vuol dire che non si fosse velocemente abituata al lusso! No dai, era divertente andare in giro con la Medi, eravamo sempre insieme, anche se lei ha 3 anni più di me! Poi un bel giorno ha conosciuto un tipo ad una festa… un certo Noah, hai presente!?”

“urca!” rispose Bill: ormai i Tokio erano diventati amici di quello strano ragazzo, forse più pazzo di loro, forse più donnaiolo di Tom. “e si è messa con lui!”

“no… ha passato tutta la sera a dire –Cathe è bellissimo- -Cathe è lui, è l’amore della mia vita- poi ho capito a chi si riferiva… e appena compiuto 18 anni, anzi per essere esatti 18 anni e 2 giorni la mia amica ha fatto armi e bagagli e si è trasferita a casa del suo grande amore, lasciandomi triste e sola a Monaco! Naturalmente con gran approvazione dei suoi e gran disgusto dei miei: e io che la invidiavo, l’ho sempre invidiata…”

“Cathe.. non ti seguo… ma non sta con Noah?!”

“la Medi? No, con il padre di Noah, hanno 26 anni di differenza, e felici che sono! Però.. c’è da dire che hanno dato il mio nome alla figlia!”

“così abbiamo una Sophia in più… meno male che Sylvia è Sylvia, sarebbe dovuta essere Sophia… poi è andata come è andata…” disse Bill con tono amaro.

“Sylvia le sta meglio come nome… è troppo scatenata per essere una Sophia, è un nome che si addice di più a una persona con un carattere riflessivo!”

“perché invidi la tua amica?” le chiese Bill cercando di sviare il discorso, troppi ricordi stavano affiorando nella sua mente

“perché lei ha avuto a classica mega storia d’amore come in un film… io no… forse l’unica volta che mi sono seriamente innamorata… mi son presa una di quelle batoste!”

“Cathe… te l’ho già detto, non pensarci più!” le disse Bill tornando ad abbracciarla “se uno è un pirla è un pirla… io avessi la possibilità di stare con te farei salti di gioia!”

Cathe sorrise a quella frase… -avessi la possibilità-pensò –Bill tu ce l’hai la possibilità, maledetta la mia timidezza e la paura che ho di soffrire!-, si riscosse da quel pensiero e disse a bruciapelo al ragazzo: “davvero?”

“certo! Cathe… tu sei davvero unica come ragazza, già solo per come ti comporti con me e Sylvia, tu ti meriti solo del bene dalla vita, non uno che ti ha fatto soffrire… lo so sono frasi fatte ma è la verità! Tu sei importante ormai per me, come lo è Sylvia, quasi come Tomi… certo è diverso, io e lui siamo gemelli, è come se una parte di te fosse stata separata dalla tua anima, ogni volta che guardo Tom vedo me, e lui rivede lui stesso in me… è una cosa che non puoi capire se non sei omozigote!”

“no… poi non credo neanche di capire il rapporto tra due fratelli, sono figlia unica!”

“è diverso, dei fratelli si possono anche odiare, dei gemelli no! Sarebbe come dire: odio me stesso! si ci riesci 5 minuti, ma poi sei di nuovo tu, nella tua pelle, nei tuoi pensieri, ma trasposto in un'altra persona! È pazzesco questo!”

“è un po’ il concetto dell’amore… il proprio complemento!”

“no… l’amore sei complemento al 50%, io e Tom al 99%, siamo uguali al 99%!”

“tu non ti separeresti mai da lui vero?”

“no, mai… come neanche lo farei da mia figlia!”

“ma lì hai solo il 50% di geni in comune!”

“ma è di nuovo una parte di te stesso! Sangue del mio sangue! Cathe basta con questi discorsi, sono le 7 di mattina… son quasi due ore che parliamo del nulla!”

Cathe decise che era il momento di prendere la palla al balzo: se non voleva parlarle del nulla, allora avrebbero parlato di quel “bacio”

“Bill… se vuoi parlare di qualcosa… parliamo di ciò che è successo ieri mattina in aeroporto… parliamo di quel bacio!”

“non era un bacio… era un grazie!”

“bel modo di dire grazie… alternativo!” disse Cathe con una punta di ironia; Bill tolse lo sguardo dalla ragazza, altrimenti l’avrebbe baciata di nuovo, stavolta sul serio, giusto per farle capire cos’è un bacio:

“a parole non l’avresti capito, e poi… non lo so. In quel momento…era quel momento Cathe! Scusami davvero non volevo! Mi spiace averti spaventato!” si alzò dalla panchina, praticamente scappò via da Cathe, dal suo abbraccio, dall’abbraccio in cui aveva coinvolto la ragazza.

Cathe si alzò e lo raggiunse, lo abbracciò d’istinto: “ehi… va bene così, davvero! È stato molto più sincero quel grazie di mille detti a parole!” Bill la strinse a sé, Cathe si perse come sempre in quell’abbraccio.

 

*****

 


Erano ormai tornati a casa da un paio di giorni, il tour americano era stato un successo e loro si erano pure divertiti. Naturalmente era mancata a tutti casa, con tutto ciò che quella parola poteva sottintendere: dai genitori, a Sylvia, alla macchina, agli amici, ai lavori di casa, ai brunch del lunedì con le amiche


Soprattutto questo era mancato a Cathe, le due favolose ore del lunedì in cui si ritrovava con le amiche, Medina, Jutta, Sabine e Daniela, a… dire cazzate (per utilizzare un concetto riduttivo)

“buongiorno! Siamo tornate?!” come sempre Sabine la accolse con uno dei suoi caciarosissimi saluti, che facevano voltare mezza sala

“sì… e Santa Klaus  quest’anno è in anticipo… guardate cosa vi ho portato!” Cathe mostrò loro due borsoni pieni di costosissimi souvenir: “giusto per ringraziarvi di questa piccola meraviglia arancione!” disse coccolando orgogliosa la sua Birkin Bag

“la sua prima Birkin!” fecero in coro le quattro amiche “secondo voi vuole più bene a quella borsa o alla sua macchina!”

“ma c’è da chiedere?!”  disse Cathe facendo una smorfia

“con sua macchina intendevo Sua macchina!” disse Daniela “una certa cabrio biemmevù!” enfatizzò molto il BMW, d’altronde, 90 000 euro di macchina, bisogna un po’ enfatizzarla.

“simpatica… certo che quella macchina è proprio bella!”

“sai cosa ci farei io su quella macchina!!” disse esaltata Jutta in piena crisi di ormone gravidico galoppante

“Jutta!” le dissero le altre in coro “tu non ci faresti niente che non ci farebbe tutto il  genere femminile su quella macchina!”

“tranne Cathe!” aggiunse Medina “tu hai la possibilità di farci l’impossibile con il padrone di quella macchina e al massimo cosa fai? Andate a fare un giro in pista al Nurburgring per vedere se fa veramente i 250…” la bionda scosse la testa “che spreco!”

“spiritosona, una le porta giù una Mark  Jakobs nuova, e lei ti ringrazia con queste battutine!”

Jutta si intromise: “non devi raccontarci nulla?”

Cathe decise che era ora di passare al contrattacco, soprattutto perché aveva bisogno di raccontare una certa cosa alle sue amiche; assunse un aria sorniona prima di affrontare il discorso:

“no? Cosa dovrei raccontarvi? il viaggio è andato benissimo, è più il tempo che ho passato affondata a piagnucolare tra le sue braccia, mi sono divertita un mucchio con Sylvia, abbiamo litigato a causa della piccola e abbiamo fatto pace… come dire, baciandoci nel padiglione partenze dell’aeroporto di Vancouver!”

Tutto il locale si ammutolì a sentire l’urlo disumano di Sabine al baciandoci:

“oh mio Dio ti sei slinguata Bi…” venne prudentemente fermata dalla mano della sua compagna sulla bocca e da un provvidenziale “per favore smettila!”

“Sabine… non ci siamo baciati baciati…era un grazie!” disse Cathe per confondere ancora di più le acque

Le quattro amiche si guardarono perplesse: “ha uno strano modo di dire grazie quel ragazzo!” aggiunse la Medi “non bastava detto a parole?!”

“sinceramente gliel’ho chiesto… mi ha detto che in quel momento gli è venuta così, che forse era meglio dirmi grazie in quel modo che con mille parole… e io non so che fare!”

“parlarci seriamente? Dirgli che vuoi costruire qualcosa con lui e sua figlia? Cathe per favore… non puoi andare avanti così!”

“eh lo so… ma non ho neanche i coraggio di andare lì e dirgli tutto!”

Jutta le disse: “secondo me l’occasione la trovi! E anche tra breve!”

 

Le 5 amiche risero e scherzarono per il resto della mattina, prima di lanciarsi in folle shopping alla ricerca del vestito ideale che Cathe avrebbe indossato agli imminenti EMA.


*****  

6… 6 se li erano già portati a casa, 6 premi erano già nelle mani dei Tokio Hotel… mancava l’ultimo, ambito sognato e agognato da Cathe e dalla intera Universal: portarsi a casa quello voleva dire fare l’en-plein, battere la tanto rivale Sony, dimostrare che i Tokio non erano il solito fenomeno commerciale, ma erano rock allo stato puro.


Quell’anno la statuetta del best tour era consegnata da una certa Bar Rafaeli, alla cui vista la mascella di Tom cadde direttamente e Georg dovette fargliela richiudere prima che qualche telecamera si accorgesse del gesto poco carino del chitarrista.

Ci speravano tutti, ci speravano Bill, Tom, Georg e Gustav, ci sperava Jutta che guardava la diretta da casa, ci sperava David seduto accanto a Catharina, nella fila appena dietro ai Tokio.

Catharina era l’unica che sapeva, in cuor suo, che in quella busta non c’era in nome Tokio Hotel, ma quello di Madonna: se lo sentiva, l’aveva addirittura sognato, non ci sperava di certo. Non poteva esserci il nome Tokio Hotel, l’organizzazione che aveva alle spalle Madonna era maniacale, Madonna stessa era maniaca, David lo sapeva bene… eppure continuava a crogiolarsi nell’illusione del best tour.

Non potevano, dopo che l’avevano interrotto per l’intervento di Bill? Dopo che per tutto l’autunno si erano più che altro concentrati sul mercato americano? Su quello canadese? Era già stato tanto il best new act ai VMA…


“vince il premio… oh, per 127 voti…” odiavano tutti quelle pause di suspence, erano odiose quelle pause fuori luogo,

-dai dillo chi vince e chi perde, e poi chissene di quanti voti ho perso- pensò Catharina…


“Tokio Hotel!”


Cathe rimase come pietrificata mentre la platea esplodeva in un boato: vedeva l’ambiente intorno a lei scorrere come al rallentatore, le immagini quasi rarefatte, irreali; vedeva i ragazzi che urlavano e si abbracciavano, si ritrovò praticamente in braccio a David senza realmente rendersi conto di essersi alzata dalla poltrona, si sentì stringere da Bill senza realmente percepire le braccia del ragazzo attorno al suo corpo. Si sentì strattonare da Tom che stava letteralmente saltellando sulle poltrone.

I ragazzi salirono sul palco per ritirare il premio:

“wow… è il settimo stasera! Beh grazie davvero!” Bill aveva come sempre preso la parola, ma non era come al solito loquace e logorroico nei discorsi, stranamente non si mangiò nemmeno le parole: “veramente grazie a tutti coloro che ci hanno votati, è veramente importante questo premio, anche per tutto ciò che è successo durante il tour quest’anno! Ringraziamo davvero tanto, soprattutto dobbiamo ringraziare tutta la crew, tutti i ragazzi che fanno in modo che tutto funzioni, dobbiamo ringraziare anche David che ci ha permesso di essere qui, e soprattutto due persone spettacolari che hanno fatto in modo che tutto funzionasse, Jutta e Cathe! Grazie davvero!”


Cathe riprese parzialmente possesso delle sue facoltà quando si sentì mettere in mano da Bill il premio appena consegnato: “Grazie davvero Cathe… per tutto!”

 


L’after party era un vero macello, un caos tremendo, anche perché ormai i Tokio stavano degenerando a causa del quantitativo d’alcool ingerito. Ridevano saltavano da una parte all’altra, Tom era praticamente ubriaco perso, Georg sulla buona strada, mentre Bill e Gustav erano tutto sommato sobri.

Catharina si era seduta in un angolo e rimirava il premio per il Best tour, aveva deciso che ne avrebbe ordinato una copia da tenere i casa; Gustav le si sedette accanto:

“tutto bene?”

“eh beh… ci lavori per un anno, ma alla fine qualcosa ottieni!”gli disse sventolandogli sotto il naso il premio

“in effetti… beh è carino!”

“sì… ho deciso che nel mio soggiorno starà bene… davvero. Mi sembra pazzesco di essere qui, a festeggiare un anno di sacrifici e…” venne interrotta dallo squillo del cellulare

Mamma      comparve sul display

“e puntualmente c’è qualcuno che rovina la serata!” disse indicando il display a Gustav che annuì

Uscì in corridoio per cercare un po’ di silenzio e un po’ di privaci, Gustav rimase sulla porta del camerino a osservarla: ogni volta che la madre di Cathe telefonava alla ragazza, lei puntualmente dopo ci rimuginava incazzata, per cui i Tokio avevano imparato a tenerla d’occhio.


“mamma, scusa non ti sento bene che c’è un po’ di caos!”

“Cathe ti abbiamo vista! Che bello ti hanno pure ringraziato!” quella frase a Cathe non era piaciuta, sembrava l’ennesimo inizio di uno dei soliti discorsi di sua madre

“sì… mamma ma cos’è il caos da te? C’è un brusio di fondo!”

“sì tesoro, sono dalla zia, ho una bella notizia da darti… aspetta, c’è una persona che ti vuole parlare!”

Cathe rabbrividì, il suo sorriso si spense alla prima parola pronunciata dalla persona dall’altro capo del telefono:

“Ciao Cathe! Uè! Allora? Com’è?”

Cathe deglutì a fatica: non Lui, non quella sera!

“bene…” riuscì a sillabare a fatica, mentre iniziava a tremare

“volevo darti una bella notizia, io e Klara ci sposiamo a luglio! Sei contenta?”

“sì…” riuscì a pronunciare Cathe con un filo di voce “adesso devo andare!” gli chiuse letteralmente il telefono in faccia, non riusciva a capire niente, le mancava l’aria, si sentiva male, era impallidita e le mancava il respiro, iniziò a vedere dei puntini bianchi, poi le pareti girare… poi più niente.

Si accasciò a terra, senza reggersi, scivolando semplicemente con un tonfo secco.

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Capitolo 15
*** .....and dream after (parte b) ***


Capitolo catartico: per i protagonisti… e anche per me, vi consiglio di leggerlo con le musiche che ascolta Cathe… lo so non sono dei Tokio, però…

 

In corsivo ho messo i flash-back!

 

 

 

 

Capitolo 15: ….and dream after (parte b)

 

 

 

 

La testa le girava ancora vorticosamente, tutta la stanza intorno le sembrava girare: è una sensazione bruttissima riprendersi dopo uno svenimento, soprattutto con mal di testa causato dall’aver sbattuto violentemente per terra mentre si cadeva.

L’aveva già vissuta quella sensazione di limbo, aveva già vissuto quelle luci troppo abbaglianti sul suo viso, quel cicaleccio di fondo, quello stato di torpore totale in cui riversa il proprio corpo: temeva di essere tornata a due anni prima, a quell’ ospedale, a quel sondino tremendamente fastidioso nel naso che non ti permette di fare niente, all’avere le braccia come puntaspilli per le flebo.

Eppure, la prima cosa che le aveva fatto capire che non era in un ospedale, era l’odore… tutto il resto era confuso, l’odore no: era un odore strano, come di gomma… terribilmente fastidioso! Ma utile per farla rinvenire.

 

Sentì delle frasi in inglese,almeno pensava fosse inglese… quindi non era in Germania:

-no, è inglese perché sono a Liverpool, ci sono gli EMA, sono agli EMA… dove sono?!- pensò una confusissima Cathe mentre lentamente riprendeva possesso delle sue facoltà. Aprì gli occhi molto lentamente, le facevano quasi male a causa della luce, a suo dire, troppo intensa; emise un mugugno:

“ehi… come stai?” Bill fissava la ragazza preoccupato, si era seduto accanto a lei

“Non lo so….” Bisbigliò confusa Cathe “credo di essere svenuta!”

“sei volata lunga e distesa per terra come un sacco di patate… ci hai fatto prendere un colpo!” aggiunse Gustav, seduto accanto a Bill

“che ti è successo Cathe?!”

 

Già… che le era successo? Aveva voglia di rispondergli – niente Bill, figurati, solo che il ragazzo a cui sono morta dietro 2 anni, si sposa a luglio con mia cugina, e ci teneva pure a dirmelo di persona con un tono di voce abbastanza sadico-

 

“si sposa… Bill… si sposa!” gli rispose Catharina singhiozzando

 

 

 

*****   

 

 

 

Erano ormai passate quasi tre settimane dagli EMA, tre settimane in cui Cathe si era praticamente gettata a capofitto nel lavoro, cercando di non sentire il suo cuore e il suo animo; tre settimane in cui il cuore della ragazza era in completo subbuglio, in uno stato di profonda confusione, un po’ come la sua mente. Tre settimane in cui era completamente sparita dalla circolazione, in cui di vedere le sue amiche neanche a parlarne, di passare le serate alle feste con i Tokio figuriamoci, gli unici con cui aveva contatti erano i Kaulitz e Jutta.

Il più delle giornate le passava rinchiusa in casa, a lavorare all’uscita del nuovo album: i Tokio erano in studio da qualche giorno ad Amburgo, il disco doveva essere pronto per fine gennaio… poi, poi sarebbe ricominciato tutto, la stessa vita frenetica, i concerti, le serate promozionali, le interviste; chissà se sarebbe cambiato qualcosa oltre a tutto quello che era già cambiato… in effetti ne erano cambiate di cose, soprattutto nel suo cuore, nella suo animo: continuava a pensare a quella telefonata, al modo in cui quel ragazzo l’aveva chiamata, le sembrava l’avesse fatto apposta per farla soffrire, più di quanto non ci fosse già riuscito; chissà se lo sapeva come Cathe si sentiva, se se lo poteva anche solo immaginare, se l’avesse mai immaginato… per lui era probabilmente stato tutto un gioco, non era mai stato seriamente coinvolto, non si era rovinato vita e salute come Cathe, inseguendo un sogno impossibile, irrealizzabile.

Irrealizzabile come forse era un altro suo sogno: che aveva gli stessi profondi occhi scuri, ma un carattere completamente diverso; aveva trascurato molto Bill ultimamente, tanto da costringere il ragazzo a chiederle se andava davvero tutto bene, tanto da insinuare in lui dubbi sui sentimenti di Cathe, dubbi sul loro rapporto, su quello con Sylvia.

 

Rincorreva il filo dei suoi pensieri, non riusciva né a concentrarsi né a lavorare: Cathe appoggiò il suo notebook sull’enorme divano, con il remote accese il mega impianto stereo della BeO, maledetto Ipod caricato solo con canzoni che rispecchiavano il suo animo in subbuglio:  Heaven (slow version)

Si distese sul divano, stringendosi un po’ più nell’enorme maglione grigio per non sentire un freddo che più che essere dicembrino era quello del suo animo; la sua attenzione venne attratta da un alone grigio chiaro in un angolo del cuscino, sorrise ripensando a come era stato fatto:

 

“Sylvia non con le scarpe sul divano!” la piccola sfoderò il suo sorriso a Cathe, alla ragazza venne in mente il consiglio di Jutta di far foderare il divano di una stoffa meno delicata dell’ecrù.

 

Sorrise pensando ai momenti trascorsi con Sylvia, a quanto quella bambina portasse un po’ di confusione in quella casa: passava metà del tempo in contemplazione dell’enorme quantitativo di scarpe che Cathe possedeva, ne era sempre affascinata; le metteva i subbuglio l’armadio, o giocava con il suo computer, pacioccando sui tasti fino a cancellare qualche file di lavoro, con gran divertimento di tutti, soprattutto della stessa Cathe.

 

La canzone cambiò, Beautiful : le venne in mente il video della canzone, le venne in mente lei, anoressica che si guardava allo specchio vedendosi grassa anche se in realtà era solo pelle e ossa, le venne in mente quando si era risvegliata in ospedale, dopo essere collassata, Jutta accanto a lei, Medina, Noah, Sabine… le persone che contavano nella sua vita; non i suoi, i suoi neanche si erano accorti della sua magrezza, probabilmente nessuno li aveva avvertiti del ricovero, o se l’avevano fatto probabilmente si erano vergognati di lei…

Le venne in mente quando Bill aveva visto le foto che le avevano fatto appena dimessa, non quella che aveva sul palmare, altre… molto peggio di quella, molto più personali: era l’ombra di se stessa, le braccia scheletriche con ancora i lividi delle flebo, i capelli corti e fragili, lei che aveva sempre avuto una chioma leonina, le ginocchia sporgenti.

 

Bill aveva semplicemente abbracciato Cathe, l’aveva trascinata con sé sul divano: si era messa a piangere tra le sue braccia,mentre il ragazzo cercava di consolarla, di cercare di farle capire quanto era bella anche se non era pelle e ossa.

Il regalo più grande però gliel’aveva fatto qualche giorno dopo, durante un’intervista: aveva detto che l’ultima cosa che lui guardava in una ragazza era il peso, che il fatto che avesse detto che sarebbe stato anche con una più magra di lui non voleva certo dire che gli piacevano anoressiche,aveva detto che una ragazza era bella per lui quando era semplicemente se stessa.

Cathe l’aveva mentalmente ringraziato per quelle parole

 

 

 

Già… per quante cose doveva ringraziare Bill: per tanti momenti trascorsi insieme, per tanti discorsi fatti, per tante serate passate in compagnia sua e dei ragazzi, per le tante giornate passate con lui e Sylvia, per le tante passate semplicemente con lui

 

 

Quel 28 giugno se lo sarebbe ricordata per un bel po’ Catharina: era in cucina che lavorava come al solito, con il condizionatore sul massimo per cercare un po’ di refrigerio e combattere l’afa berlinese; mini di jeans e maglietta di un improponibile color geranio, con lo scollo a barchetta: se qualcuno l’avesse vista come minimo le avrebbe tolto la fascia di Miss Modaiola Superficiale che si era guadagnata per il suo griffatissimo armadio.

Neanche si accorse dell’8 cilindri a V che si era parcheggiato proprio davanti alla casa, con un sgommata sul pietrisco del suo cortile; semplicemente il suo cellulare vibrò, messaggio inequivocabile, 4 parole:

 mittente Bill

-sono sotto casa tua-

 

Scese con il cuore in gola e si precipitò letteralmente in cortile: era lì, appoggiato alla cabrio, cappellino nero con le strisce bianche, occhiali da sole calcati, coda e sorriso a 32 denti

“oh mein Gott!!” fu l’unica cosa che riuscì a dire Cathe

“bella eh? La motorizzazione ha deciso che potevo finalmente avere la patente, e ho deciso per questo gioiellino full optional in pronta consegna… sai dicono che quelli di Monaco siano tutti dei gioiellini!”

“scemo! È tua questa macchina? Mi stai dicendo che tu hai una bestiolina,  un gioiello tecnologico da 4,4 litri otto cilindri, una potenza di 333 CV? A livello di trasmissione il cambio SMG con i paddles al volante?
da 0 a 100 km/h in 6,1 secondi? 250 Km/h di massima?”

“ e tutto questo per solo 90,000 euro!”

“Bill… sei pazzo, manco sai guidare e ti compri sta bestiolina?!”

“vorrà dire che mi insegni tu… andiamo!”

 

 

Avevano scorrazzato per tutto il resto della giornata, andando semplicemente a zonzo, con la radio accesa e la capotte abbassata, parlando del più e del meno, dicendo cavolate, parlando di Sylvia e di quanto adorava la macchina del papà.

Andavano in giro parlando di quell’estate che si annunciava pazzesca, parlando di loro due, cantando come due pazzi sulle note di “all summer long” di Kid Rock.

 

 

Avevano scorrazzato per tutto il resto dell’estate, erano sempre insieme, Bill Cathe e Sylvia, a volte sulla cabrio di Bill, a volte sul fuoristrada di Cathe. A volte semplicemente lei e la piccola, in giro per Dahlem in bici, da sole o con la Medi e sua figlia Sophia, a giocare a fare le mamme, soprattutto Cathe.

 

Quanto le piaceva andare in giro con Sylvia, in giro per Berlino, magari nella stessa giornata prima per musei e poi per negozi:

“mi porti a vedere le mummie allora Cathe?” la ragazza voleva portare la piccola a vedere il museo egizio della capitale, sapeva che c’era una mummia esposta e che avrebbe certamente stuzzicato la curiosità della piccola

“certo… ma tu mi prometti che non hai paura! La mummia non ti fa niente… è brutta ma non fa nulla di male”

La piccola era rimasta incantata di fronte alla teca, come ogni bimba di 3 anni, aveva trovato strano che una mummia fosse verdognola, lei se la immaginava coperta di bende e forse era rimasta anche un po’ delusa; non lo era rimasta di fronte ai sandali degli antichi egizi e l’unica cosa che aveva detto era: “Cathe sono come i tuoi!” indicando i sandali bianchi della Hogan della ragazza.

 

Quella bimba adorava andare in giro per negozi, soprattutto di vestiti: si fermava in continuazione di fronte alle vetrine, soprattutto quelle con esposti abiti da sera. Aveva persino costretto Cathe a fare un giro nel negozio pur di vederla con addosso un vestito con strascico, con gran insulti delle commesse e gran divertimento della ragazza e della piccola.

 

Poi i bambini di tre anni hanno l’invidiabile capacità di, come dire, smontarti nel giro di un semplice sguardo; soprattutto hanno la capacità di procurare accessi di risa incontrollate nella maggior parte dei tuoi amici mentre tu vorresti scomparire, cadere, precipitare vasca dei coccodrilli

Sylvia aveva quella meravigliosa capacità: aveva visto un giorno Jutta con il suo bel pancione, orgogliosamente portato i giro, naturalmente aveva subito commentato con Cathe, naturalmente ad alta voce: “Cathe… Jutta è proprio grassa!”

“non è grassa… è incinta, aspetta un bambino!”

“ah… ma come?” ahia… discorso decisamente rischioso era stato il pensiero comune dei Tokio e di Cathe

“sì, non è grassa, ha la pancia grossa perché c’è un bambino nella sua pancia!”

Attimo di silenzio di Sylvia, quindi: “ma perché ha un bambino nella pancia? Come ci è finito?”

Che si risponde a una bambina di 3 anni, senza andarsi a impelagare in discorsi pericolosi?

Fortunatamente in quel momento Bill si era ricordato di essere il padre della creaturina curiosa: “eh diciamo che quando due persone si vogliono bene, a volte capita che… insomma… un bambino finisca nella pancia!”

5 secondi di silenzio, non 6! Poi la stoccata finale di Sylvia: “ma papà, allora se tu vuoi bene a Cathe, anche lei ha un bambino nella pancia?!”

Per la successiva ora e mezza Tom Kaulitz continuò a ridere come un ossesso, naturalmente seguito da Georg e Gustav; per l’ora e mezza seguente Bill e Cathe si sentirono in stereo la stessa battuta da parte di David e Jutta: “vuole un fratellino!!!”

 

 

 

Poi… le giornate in piscina, quella del loft berlinese dei gemelli, c’erano tutti, oltre a Cathe e ai Tokio c’erano Andreas e Noah, Medina Sabine e Daniela,i fiumi di birra che avevano fatto perdere molti freni inibitori a Tom che si era fiondato su Daniela sentendosi rispondere come due di picche che, mentre indicava la sua compagna Sabine, proprio lui, non era il suo tipo (Tom c’era rimasto male almeno una settimana!)

 

Gli urli delle sue amiche quando aveva detto che era andata a vedere le stelle cadenti con Bill e la cabrio; urli perché non aveva saputo sfruttare un’occasione come quella.

 

Già…le stelle cadenti:

 

“dai Bill almeno però mi fai mettere la canzone che ho sempre sognato di sentire su una cabrio mentre guardo le stelle cadenti!” Cathe aveva sfoderato il suo miglior sorrisone

“e sarebbe?!” rise Bill divertito

“Drops of Jupiter! Dei Train!” Cathe si era già appropriata del jack dell’Ipod

C’era un irreale silenzio sulle prime note della canzone, nessuno dei due si guardava, o meglio Cathe guardava il cielo mentre Bill la spiava con la coda dell’occhio, finchè non si mise a cantarla:

Tell me did you sail across the sun
Did you make it to the milky way to see the lights all faded
And that heaven is overrated

Tell me, did you fall for a shooting star
One without a permanent scar
And did you miss me while you were looking at yourself out there

 

“ma allora la conosci!” gli disse con tono fintamente offeso Cathe

“certo… ma perché volevi sentire questa canzone?”

“perché è una cosa che sono almeno 7 anni che dovevo fare…” puntualizzò Cathe

“tu sei tutta matta… adesso mi spieghi!” la pungolò Bill per spronarla a parlare

Cathe sospirò con tono fintamente offeso “è una cazzata, prometti di non sfottere!?”

“promesso!racconta” sorrisino di Bill

“allora, estate 2001, l’ultima folle estate da single della Medi, abbiamo sentito questa canzone, e il dj quando l’ha presentata ha detto che era la canzone ideale da sentire mentre si era su una cabrio, a guardare le stelle… ehm… con pochi vestiti addosso…” Cathe arrossì mentre Bill scoppiava a ridere

“siamo troppo vestiti allora! ma sono abbastanza cavaliere da non saltarti addosso!”

“cretino!”      “avessi detto una cosa simile a Tomi, non saresti uscita tanto vergine da ‘sta macchina!”

“e chi ti dice che io sia così vergine?!” gli rispose Cathe evitando di guardarlo

Bill rimase ammutolito qualche secondo, finchè esclamò: “Noah?!?!”

Cathe asserì mugugnando: “cmq… eravamo tutti e due ubriachi…. Non mi ricordo nulla… e ciò che è peggio neanche lui! È una vita che mi viene dietro e… quando succede non se lo ricorda!”

Bill scoppiò a ridere in modo quasi isterico, rigirandosi sul sedile, aveva le lacrime agli occhi: “con questa batti Georg! Fatti raccontare da lui…”

Passarono il resto della serata a ridere come due pazzi

 

 

 

 

 

Cathe si alzò dal divano, andò verso l’enorme vetrata del soggiorno, la pioggia che bagnava la terrazza, le gocce che scivolavano lente sui vetri: l’aver pensato a Bill le aveva fatto perdere la cognizione del tempo, forse le aveva messo ancora più confusione nel cuore.

 

Ma perché confusione? Perché quando pensava a Bill puntualmente si ritrovava a pensare anche a quella telefonata, a quel deficiente che l’aveva chiamata anche solo per metterla in difficoltà? Perché, se amava Bill, il suo primo pensiero al mattino non era più per il ragazzo ma era piuttosto rivolto a quella telefonata e al mittente?perchè, se amava Bill, continuava a pensare a quell’altro?

E le cose erano ancora più maledettamente complicate dalla presenza di Sylvia nella sua vita.

 

Aveva un disperati bisogno di parlare con qualcuno di totalmente imparziale, che l’avrebbe aiutata a ragionare, a capire.

 

Afferrò il cellulare e digitò velocemente un messaggio:

 

Ho bisogno di parlati, dal vivo, appena puoi vieni giù!

Non dire nulla a  Bill!

 

Destinatario: Tom

 

 

*****  

 

 

Tom era seduto uno dei divani della sala regia dello studio di registrazione, cercava di accordare la chitarra ma più che altro guardava il fratello, cercava di capire il perché degli ostinati silenzi di Bill, il perché di quegli occhi spenti, il perché di tante frasi lasciate a metà.

Sapeva benissimo che c’entrava Cathe, era palese: non capiva solo perché lei e suo fratello continuavano a girarsi intorno, il perché lei fosse diventata evasiva e adducesse strane scuse pur di rimanere sola.

 

Senti il cellulare che gli vibrava, aprì lo sportellino, lesse il messaggio.

Mollò lì tutto, la chitarra, lo studio, il fratello: senza dargli una minima spiegazione, semplicemente dicendogli “ti sto salvando il culo Bill! Non rompere!”

Mollò lì Georg e Gustav esterrefatti, superò un mezzo inviperito David; semplicemente prese le chiavi dell’Escalade e partì alla volta di Berlino.

 

 

 

Suonò ripetutamente a casa di Cathe, quel campanello era talmente fastidioso che la ragazza doveva per forza accorgersene, ma perché allora tardava ad aprire? Dov’era finita? Dov’era in generale la Cathe che lui conosceva, che odiava ma anche ammirava incondizionatamente (ma non l’avrebbe mai ammesso)

Catharina aprì: lo sguardo spento, il viso tirato e stanco, il maglione grigio XL che la faceva sembrare ancora più magra di quanto non lo fosse; vide Tom, gli si gettò al collo e iniziò a singhiozzare:

“scusami… non so che fare, non so con chi parlare…” gli disse mestamente la ragazza

Tom le accarezzava la schiena, poteva anche essere il SexGott, ma i quel momento sapeva che Cathe aveva solo bisogno di un amico, di qualcuno che le dicesse ciò che era meglio fare; lui certamente  non era così stronzo da abbandonarla. La riportò in casa:

“perché sei sparita?”

“perché non ce la faccio a incrociare lo sguardo di tuo fratello, non dopo quella telefonata!”

“cazzo Cathe, fregatene, si sposa… amen, morto un papa se ne fa un altro… che casualmente si chiama Bill..”

“Tom non sono in vena.. per favore…”

“tu è da 3 settimane che non lo sei, è da tre settimane che sei sparita! Ora… dato che non mi sono fatto 4 ore di macchina per sentirmi dire Tom non sono in vena… tu adesso fai quello che ti dico! Senza discutere! Per prima cosa fili a metterti qualcosa di decente addosso, usciamo di casa e parliamo seriamente! Io ho capito sai qual è il tuo problema!”

Cathe lo guardò scettica, ma non oppose tutto sommato troppa resistenza: si fidava di Tom, lui conosceva lei ma soprattutto conosceva Bill.

 

 

Passeggiavano sul lungo Spree: erano indubbiamente una “coppia” ben assortita, almeno ad un primo sguardo di un estraneo: Cathe elegante, cappottino nero, tacco 10, berrettino di lana che probabilmente costava mezzo stipendio di un comune mortale; Tom… beh era Tom… l’eleganza non rientrava nei suoi progetti a breve.

 

 

“Cathe.. mi spiace dirtelo ma qui il problema non è tanto quella testa di cazzo, ma tu… tu che non sai cosa vuoi!” Tom decise di metterla di fronte alla verità per spronarla

“certo che lo so!” gli rispose la ragazza, non capiva a cosa volesse arrivare Tom

“no invece … e adesso ti spiego la mia teoria: tu sei innamorata di mio fratello, non ci piove, e anche di sua figlia! Ma hai paura di due cose: di crescere e di avere delle responsabilità! La responsabilità di accettare veramente mia nipote come figlia, di farle veramente da madre; poi hai paura di crescere, come se non crogiolarsi più nelle certezze di quando avevi 15 anni potesse causare in te un trauma!”

“ma figurati!” quelle parole avevano comunque fatto scattare qualcosa in Cathe, sapeva benissimo che Tom aveva ragione, il discorso non faceva una piega: si chiedeva solo come quel ragazzo nel giro di un’ora fosse arrivato alla stessa conclusione per cui lei ci aveva impiegato quelle 3 settimane

“ Ah… e in più… tu sei schifosamente invidiosa di tua cugina, non tanto perché lei sta con quel deficiente, ma perché lei c’è riuscita dove tu non ce l’hai fatta! A impalmarlo! A te in realtà di lui non te ne frega niente… in quello sei come me, doveva semplicemente essere un altro esemplare nella tua collezione di cuori spezzati… e lui invece ha spezzato il tuo!”

“interessante questa teoria!” Cathe era sconvolta ma affascinata allo stesso tempo: mettendola di fronte alla realtà Tom stava ottenendo dei risultati!

“è realtà Cathe… te sei incazzata perché non è semplicemente crollato ai tuoi piedi giurandoti amore eterno… ma anche se te l’avesse giurato tu ti saresti stancata dopo una settimana, tu volevi stare con lui solo per dimostrare a tua madre e al mondo che eri in grado di avere lui come ragazzo, esattamente come voleva lei! Però dal tono che aveva tua mamma in quella telefonata, a lei tutto sommato sembra quasi che gliene freghi di più che sia riuscita tua  cugina che te… lei alla fin fine ha ottenuto quello che voleva… quando la mandi a fanculo?!”

Cathe si era seduta sul parapetto, alzò lo sguardo a incontrare quello di Tom:

“mi sa che hai ragione…” fece una breve pausa, il suo tono cambiò “hai schifosamente ragione: dovevo dimostrare a mia madre che ce l’avrei fatta, ma a me non me ne frega più nulla… è il fatto di non poter dire… è mio che mi scazza!”

Tom assunse un sorrisetto vittorioso –vedo che mi hai capito Cathe!-

“Cathe… tu puoi avere una famiglia un po’ strana, con mio fratello e Sylvia, con me, con mia madre e Gordon, con Georg e Gustav… fregatene di quello che è stato! Manda a cagare tua madre, taglia i ponti! Beh a meno che tu non voglia andare a quell’elegantissimo matrimonio a luglio… magari si mangia bene!”

Cathe si mise a ridere scendendo dal parapetto; abbracciò Tom e gli chiese a bruciapelo: “secondo te mi vuole bene?”

“mio fratello? Senti, vi girate attorno da troppo tempo: parliamoci chiaro Cathe, è come se foste insieme, anche se in realtà vivete in due città separate, ma per tutti, soprattutto per Sylvia, voi siete… siete praticamente una famiglia!”

“ma io non ho il coraggio di dirgli tutto… io… non so come si fa!”

“non posso dirtelo io… dovete viverla voi, io posso al massimo dirti di buttarti!”

Cathe gli sorrise e lo strinse un po’ più a se: “come farei senza il mio Tom?!”

Il rasta sbuffò, falsamente infastidito dallo slancio di affetto di Catharina: “dai adesso non fare così, potresti sempre passarmi il tuo invito a nozze: si mangia bene?”

“credo di sì… dovrebbero aver noleggiato una specie di castello, spero che il buffet sia altrettanto pomposo e ricco!”

Tom si mise a ridere: “e tu vorresti andare a quel matrimonio? Ma non puoi, lì è tutta gente elegante, non c’è birra, devi comportarti bene a tavola, è una tortura!”

Cathe sorrise divertita: “se vuoi ti dico già adesso come sarà quel matrimonio: noioso!”

Tom rise: “sai come me lo immagino io Cathe… allora innanzitutto estremamente kitch, credo che metà della gente presente avrà orrendi abiti a fiori estivi, poi… la sposa, me la immagino già, con suo incedere elegante in mezzo al prato dove faranno una spettacolare cerimonia modello soap opera di serie B americana “ Tom stava platealmente imitando  l’incedere della sposa “avrà un delizioso, elegantissimo vestito a 7 balze di pizzo con 4 fiocchi per balza, più incrostazioni di pailettes sberluccicanti, per non parlare dell’acconciatura alla Marge Simpson con tanto di fiori morti in testa!”

Cathe era piegata dalle risate: “ mia madre avrà come minimo qualcosa di leopardato, anzi direttamente un giaguaro che le si arrampica sulla spalla, ha la mania per ‘sti vestiti con bestie che si arrampicano sulle spalle!”

“certo… per non parlare del favoloso catering, dove verranno serviti quintali di cose al prezzemolo che rimarranno incastrati tra i denti di sposi e invitati… e quindi rimarranno per sempre immortalati dal servizio fotografico! Per non parlare del DVD da 6 ore e mezzo che riusciranno a propinare agli invitati, durerà più quel DVD che la cerimonia e il matrimonio messi insieme! Cathe…sarà uno dei peggiori matrimoni del secolo! Ma se tu preferisci andarci… come vuoi…”

“no di certo Tom… io, boh, non ci ho mai pensato a sposarmi, una sana convivenza?!”

Tomi la prese sottobraccio e incamminandosi le scoccò un bacio sulla guancia: “mio fratello ti adorerà per questo, però strano, ti immaginavo molto da abito bianco, fotografo, salatini e piedi gonfi!” si beccò il dito medio alzato di Cathe

“a proposito di bacini… me ne risulta uno all’aeroporto a Vancouver!” le disse a bruciapelo Tom

Cathe sospirò: certo quel bacio non se l’era scordato: “Tom non l’ho capito sai quel bacio, ne ho parlato con Bill, lui mi ha detto che era un grazie!”

“mio fratello è tutto strano, fossi stato io non mi sarei limitato a un bacetto a fior di labbra, anzi… mio fratello… va beh, sai anche tu chi è… Bill è Bill!”

“è quello vedi, ho paura anch’io, di illudermi di nuovo!”

“non ti stai illudendo, davvero, spero solo che la risolviate velocemente…”

“eh parli bene Tom, io qui a Berlino, voi ad Amburgo, e i più domani devo partire per Monaco, non posso perdermi Santa Lucia con i miei!”

“ma mandali a fanculo e vieni da noi a Loitsche, Sylvia sarebbe contenta!”

“sì, parli bene Tom… che dico: andati tutti a cagare!? E gli sbatto la porta in faccia?”

“potrebbe essere un’idea! Non ci avevo pensato, brava Cathe!” Tom aveva riportato il discorso su un piano più serio: se era riuscito ad eliminare il primo fantasma di Catharina, adesso bisognava eliminare il secondo, quello della sua famiglia: “seriamente Cathe, scappa fin che sei in tempo, prima di farti del male!”

 

 

*****    

 

23:47

Quei due puntini tra i numeri che lampeggiavano, quei due puntini che indicavano che erano ancora al 12 Dicembre, che non era ancora Santa Lucia.

 

Cathe era appena salita in macchina, reclinò la testa sul poggiatesta, fissando quei puntini luminosi tra ore e minuti dell’orologio della Mercedes. Le dicevano scappa, scappa via di qui, cosa aspetti a mettere in moto? Sono ancora quasi 5 ore di viaggio!

 

Collegò l’Ipod, girò la chiave… e partì

 

Cantò a squarciagola per tutto il viaggio, cantò wonderwall degli Oasis, patience dei Take That,  sweetest thing degli U2, nel random capitò All summer long, quella che aveva cantato per tutta l’estate a squarciagola, quella che adorava, quella su cui aveva capito di essere innamorata di Bill;

 

La macchina andava praticamente da sola, tanto era facile la strada, da Monaco è molto facile, basta prendere la A9, arrivare a Magdeburgo, uscire e prendere la strada per Loitsche (o Lo, come lo abbreviava sempre Catharina), Magdeburgo – Loitsche l’aveva fatto almeno un centinaio di volte.

 

 

 

Si fermò davanti al cancello di legno di Banhohfstrasse 19, erano le 4 e qualcosa, chissene dell’ora, chissene se in quel momento aveva un vestito di Chanel addosso, con una scomodissima gonna svasata, e un paio di stivali con un tacco da 10: ormai era lì, l’aveva fatto, l’aveva fatto… aveva ascoltato Tom; ora le bastava fare quell’ultima follia.

 

Prese le chiavi  dalla borsa e aprì il cancello, entrò in cortile: la piccola villetta bianca a qualche passo da lei, immersa in uno strano ed irreale silenzio, illuminata dalla fredda luna di dicembre, pochi passi la distanziavano dalla porta… le sembravano chilometri, le sembrava che i suoi passi sulle pietrine del cortile risuonassero più di mille tuoni; infilò la chiave nella toppa, Simone le aveva dato un mazzo di chiavi di riserva, con la scusa che così poteva andare e venire a trovare Sylvia e portarla in giro senza dipendere né da lei né dai gemelli.

 

Quella chiave però non girava, quella maledetta chiave in effetti non era neanche completamente infilata in quella stramaledetta toppa. Cathe iniziò a maledirla mentalmente, possibile che si dovesse rompere in quel momento, non voleva svegliare nessuno… e si ritrovava a dover litigare con quella porta, con quella chiave!

 

Divenne morbida ad un certo punto, come se finalmente si fosse sbloccata: solo che non l’aveva sbloccata lei … la porta si aprì, lentamente: si ritrovò davanti Bill, in tuta, i capelli leggermente arruffati, senza trucco, scalzo, gli occhi gonfi per il troppo sonno e le poche ore dormite che la fissavano interrogativi.

 

 

“ciao Bill…” dire quel nome era stato per lei una strana fatica, una strana sensazione, in teoria lei non doveva essere lì

“l’ho fatto Bill, l’ho fatto, ho fatto una cazzata gigantesca… non so neanche io come, me ne sono andata, era mezzanotte meno un quarto…. Hanno detto che se uscivo da quella porta non ero più loro figlia, io… Bill non lo so davvero.. ho guidato fino adesso, io…”

Aveva una paura tremenda in corpo, e un disperato bisogno di sentire la voce del ragazzo, di guardarlo negli occhi: fino a quel momento non era riuscita, guardava in giro, ma lo sguardo di Bill non ce la faceva a incrociarlo;

si sentì trascinare verso di lui, sentì le braccia del ragazzo stringerla, alzò lo sguardo: si fissarono negli occhi.

-Oh mio Dio- pensò Catharina

Sentì solo un bacio sulla guancia destra, lieve, leggero… un altro all’angolo della bocca, poi… poi semplicemente chiusero gli occhi tutti e due, lasciandosi finalmente andare…oh mio Dio fu l’unico pensiero di Cathe, quando sentì le labbra di Bill posarsi sulle sue, quando sentì la sua lingua prima sulle sue labbra e poi giocare con la sua, quando sentì il piercing del ragazzo, quando finalmente baciò Bill.

-oh mio Dio- pensò Bill quando finalmente baciò la sua Catharina.

 

Tutto il resto divenne un dettaglio: Cathe si sentì trascinare dentro casa, si ritrovò con le spalle contro la porta chiusa, mentre né lei né Bill riuscivano a staccarsi da quel bacio; non importava come e perché Catharina fosse lì in quel momento, erano solo futili ed inutili dettagli.

Divenne presto un dettaglio anche il maglioncino di Cathe, così come la felpa di Bill: il ragazzo la stava trascinando verso la sua camera, tanto tutti dormivano, Sylvia dormiva, c’erano loro due e basta in quel momento. La prese in braccio, evitando comunque di staccarsi anche solo per un istante da lei, dalle sue labbra; non riuscivano a staccarsi… Cathe non riusciva ad evitare che le sue mani scorressero sul corpo del ragazzo, lo esplorassero con mille carezze, gli accarezzassero il tatuaggio sia sul braccio che sulla pancia: era la cosa più sexy del mondo quella stella, da perderci la ragione.

 

 

Senza troppi complimenti Bill trascinò con sé sul letto Cathe, armeggiando con la zip del vestito della ragazza, con la zip degli stivali, iniziò a coprirla di baci, dalla bocca scese lungo la mandibola, il collo, la pancia: accarezzò il ventre della ragazza, il piercing all’ombelico retaggio del tour in America, una delle follie che Cathe aveva fatto durante quel viaggio.

 

Ormai si stavano confondendo in un groviglio di baci e di corpi, di fiato corto e di frasi sussurrate, di ti amo interrotti da baci appassionati e sospiri, di sguardi carichi di amore e di passione, di un tacito assenso a proseguire…

 

 

La porta della camera di Bill si aprì però di scatto, facendo voltare Cathe e Bill, con il cuore in gola:

“Papà ho sete…” disse Sylvia con voce assonnata.

 

 

 

 

 

 

 

Sono via fino alla fine della settimana prossima, causa vacanzina!!!  Buon ferragosto a tutti!!!!

ps: bastarda dentro neh… ihihihih

 

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Capitolo 16
*** trauen zu sich selbst ***


Bonjour! Tornata da una deliziosa settimana in montagna a rompermi tra libri e simpatici cugini anti-th… (ooopppssss…. Ecco cos’ho dimenticato nel bagagliaio della macchina, il cadavere del suddetto cuginetto… :-) scherzo!)

 

Beh dai non sono proprio così cattiva, sono peggio!!!… anche perché vi ho lasciato una settimana a cucinarvi a fuoco lento su come andava a finire…sì, sono decisamente cattiva, quasi peggio di Tom!

Indi, per evitare la vostra ira funesta, eccovi aggiornamento, ammetto che magari i capitoli saranno un po’ più corti, la “vena poetica” deve fare i conti con esami dell’uni, grande capo che mi vuole al lavoro, genitori parenti serpenti e affini, moroso (ah… nota dolente, senza contare che il campionato ricomincia, che palle!), casa da sistemare, pacemaker nuovo di pacca per mio nonno, … insomma le solite cose per cui mi ci vorrebbero giornate da 48 ore e magari uno staff da concerto dei Tokio, ma pazienza!

 

Inoltre… GRAZIE a TUTTI per le recensioni! Davvero siete stati molto carini anche si vi ho maltrattato lasciando il tutto in sospeso!

 

Ah… il proseguo… giusto… eheh!

 

 

 

She moves, she moves like a breeze
I swear I can't get her out of my dreams
To have her shining here by my side
I'd sacrifice all the tears in my eyes

*****

She needs somebody to lean on
Someone body, mind and soul
To take her hand, to take her world
And show her the time of her life, so true
Throw the pain away for good
No more contemplating boo

 

Aicha    -   Outlandish

 

 

 

 

Catharina e Bill erano rimasti come pietrificati di fronte a Sylvia: la piccola era in piedi, accanto alla porta, che fissava il padre con sguardo per metà interrogativo e per metà assonnato, anche se sembrava non essersi ancora accorta della presenza di Catharina.

Bill decise di sfruttare a loro vantaggio la situazione: che Sylvia non si fosse accorta di Cathe era già di per sé un ottimo, altrimenti la piccola sarebbe stata in grado di urlare a squarciagola il nome della ragazza, svegliando tutta casa. Solo Bill sperava mentalmente che l’istinto materno della ragazza fosse stato, almeno per quel momento, sopraffatto da quello femminile: l’ultima cosa che avrebbe voluto era che Catharina si alzasse e andasse dalla piccola.

 

Cathe  non aveva decisamente la capacità di alzarsi in quel momento: era rimasta immobile, pietrificata, le gambe distese  come una bambola di pezza malamente appoggiata sul letto, i ricci che le ricadevano sul viso scomposti, gli occhi grandi, spaventati, impauriti ma allo stesso tempo con una luce diversa, che Bill poteva giurare di non averle mai visto nello sguardo. Visto che fortunatamente Cathe non aveva reagito, Bill si alzò e prese in braccio la piccola, lui e Cathe avevano ancora abbastanza indumenti addosso per evitare spiacevoli situazioni; si diresse in cucina in un irreale silenzio, Sylvia con la testolina appoggiata alla spalla del padre, le braccine che gli circondavano il collo, ancora un po’addormentata: era rimasta alzata fino a tardi, voleva vedere tutta la processione di Santa Lucia, non c’era stato verso di metterla nel lettino fino a mezzanotte.

Si sentiva un po’ in colpa Bill: fino a due minuti prima stava cercando febbrilmente di slacciare il reggiseno di Cathe, completamente dimentico di sua figlia, e poi si ritrovava lì, in cucina, con la piccola in braccio. Gli sembrava la più irreale delle situazioni, nella frenesia dell’aver finalmente Cathe con lui, tra le sue braccia, si era scordato di sua figlia.

 

Sylvia bevette giusto due o tre sorsi d’acqua, posò il bicchiere e si accoccolò contro il petto di Bill: “ho sognato Cathe!” mugugnò la piccola prima di riaddormentarsi tra le braccia di Bill.

-oh piccola!- pensò Bill dandole un bacino sulla fronte mentre la riportava nella cameretta ; la adagiò nel lettino, si fermò ancora un attimo a guardarla: c’erano molti dubbi che lo assalivano in quel momento, molte domande a cui i suo cuore faceva fatica a dare una risposta, molti perché lasciati cadere, che quella risposta mai l’avrebbero trovata.

 

Non si accorse che Cathe lo stava fissando, appoggiata allo stipite della porta, mentre pensava le stesse cose di Bill:. non c’era bisogno di parole, non ce ne erano state in quella serata, forse non ce ne mai sarebbero state… ma vedendo Bill e Sylvia Cathe capì di aver fatto la cosa giusta.

Si avvicinò semplicemente al lettino della piccola, in punta di piedi per non svegliarla, ma con una falcata decisamente troppo felina che Bill non poté fare a meno di osservare: preferiva restare in quel silenzio rassicurante , senza parlare, senza dire ovvietà fuori luogo.

Catharina si sedette sul bordo del lettino e diede un piccolo bacino sulla fronte di Sylvia, se era lì in quel momento era per il piccolo miracolo che la pestifera Kaulitz aveva operato nel cuore della ragazza: era stato il suo modo di dirle grazie, ma soprattutto di dirle io sono qui, non ti lascio più.

Si voltò verso Bill, lo guardò finalmente negli occhi: era riuscita ad alzare lo sguardo verso il ragazzo, vinta la paura che i suoi occhi potessero rivelarle una verità diversa da quella che le suggeriva il cuore, come se guardare Bill avesse potuto riportarla alla realtà, farle capire che in realtà era tutto un sogno, che non era veramente a Loitsche.

Non trovò altro che amore negli occhi di Bill.

 

Bill intese lo sguardo di Cathe come un assenso a proseguire quello che era stato interrotto poco prima: la prese in braccio, non riusciva a smetterla di guardarla negli occhi, non riuscivano entrambi a smettere di guardarsi, di cercare l’uno il riflesso del proprio cuore nello sguardo dell’altra: erano una cosa sola, mentalmente e sentimentalmente.

Si chiusero finalmente la porta dietro le spalle, ormai esistevano solo più loro due.

 

 

 

°*°*°*°

 

Non sapevano da quanto tempo erano abbracciati: Bill appoggiato alla testata del letto con in braccio Cathe, guardavano entrambi fuori dalla finestra, i raggi azzurrognoli della luna piena che sfumavano nel freddo rosa dell’aurora di dicembre. Erano avvolti entrambi nel piumone, senza dire niente, senza fare più niente, semplicemente stando lì, a perdersi l’una tra le braccia dell’altro, i respiri lenti, le dita che si intrecciavano…

Carried away by a moonlight shadow.” Cathe piegò leggermente la testa per incontrare lo sguardo di Bill: il ragazzo le rivolse una strana occhiata, più che altro intesa a capire il significato di quella frase canticchiata da Catharina: “moonlight shadow … di Mike Oldfield… l’ho ascoltata venendo su da Monaco, l’ho sempre adorata!” Cathe spostò lo sguardo verso la finestra, mentre Bill le baciò teneramente i capelli:

“lo so!” le rispose il ragazzo mentre reclinava la testa contro la spalliera del letto, strinse un po’ più forte a sé Cathe, avrebbe voluto chiederle tante cose, tante domande ronzavano nella sua testa: “ e adesso Cathe?”

La ragazza prese un profondo respiro, sapeva benissimo cosa le stava chiedendo Bill, sapeva che in quel e adesso erano in realtà racchiuse altre mille domande: si aspettava un attacco di logorrea acuto di cui Bill era maestro, forse ci sperava in quelle mille parole in un minuto, per riempire quel silenzio e quel vuoto in cui era piombata la sua mente da quando se ne era andata da Monaco

“e adesso niente… adesso sono qui!” Cathe si massaggiò il sopracciglio destro, nella vana speranza di temporeggiare “non so neanche io, ho mille pensieri che mi ronzano in mente e non riesco a trovarne il filo logico!non so da dove iniziare…”

“semplicemente dall’inizio?!” la incalzò Bill

“sarebbe prima o dopo la marea di messaggi che mi hai mandato l’altro giorno?!” Bill ridacchiò: in effetti dopo che Tom era tornato ad Amburgo aveva iniziato a subissare Catharina di messaggi e chiamate, nella speranza che succedesse quello che alla fine era successo (con buona pace del povero Tom che si illudeva di avere il titolo di Cupido, ma che alla fine si sarebbe sentito dire da Bill un –te l’avevo detto Tomi che a me da retta e a te no!- )

“Cathe… cos’è successo?”

“è successo che volevo prendere in mano la mia vita, scegliere, decidere, impuntarmi, piuttosto soffrire ma almeno se devo o dovrò recriminare qualcuno per i miei sbagli quella sarò solo e soltanto io! Ero stufa Bill, di tutti, della loro ipocrisia, volevo cambiare pagina, volevo che ci foste tu e Sylvia, non i miei, non la mia famiglia, non i fantasmi del mio passato!” la ragazza prese una lunga pausa, voleva dire tutto a Bill ma aveva paura che il ragazzo potesse non approvare il suo comportamento o i suoi punti di vista:

“sono partita per Monaco poco dopo che tuo fratello era ripartito per tornare ad Amburgo, volevo togliermi di casa e sinceramente anche togliermi il fastidio dei miei, solo che 7 ore di viaggio da sola ti danno la possibilità di pensare, fin troppo… di pensare che non si può andare a trovare la propria famiglia con lo stato d’animo di uno che va al patibolo, non si può non riconoscere quella in cui si è cresciuti come casa, avevo talmente una confusione in testa perché non sapevo come fare a lasciarmi tutto alle spalle, a tagliare i ponti.”

L’attacco di logorrea era preso a Catharina: “Bill ero a dir poco stufa della loro ipocrisia, del loro cicaleccio, del fatto che il più grave problema di mia madre fosse se il color pervinca si abbini con il perla, del fatto che mio padre mi tratta alla stregua di una scimmietta ammaestrata e non come una persona! Per loro sono sempre stata solo una creatura da plasmare a loro immagine e somiglianza, per tutti era giusto così, io non potevo scegliere… non potevo decidere!” Si girò verso Bill, voleva guardarlo negli occhi: “solo che io avevo già scelto, ho scelto… te e Sylvia!”

 la ragazza era un fiume in piena: “ho impacchettato le ultime cose che rimanevano nella mia camera e le ho nascoste nel bagagliaio e poi a cena, dopo l’ennesima battutina sulla mia vita, li ho semplicemente mandati a fanculo, letteralmente, davanti a metà dei parenti e amici: ho detto a mia madre tutto ciò che pensavo di lei, del suo modo di comportarsi, della sua ipocrisia, della sua stupidità sul piano dei sentimenti, del fatto che era una gran puttana, giuro detto proprio così! Ho detto a mio padre che era un povero arrivista corrotto; ho detto che non valevano niente come persone, che preferivo andarmene e non doverli più sopportare; mio padre mi ha detto che se uscivo  da quella casa non facevo più parte della loro famiglia e ti giuro Bill, non sai che soddisfazione ho provato nello sbattere la porta uscendo! È stato chiudere un capitolo della mia vita!”

Bill aveva gli occhi lucidi, sospirò profondamente prima di accarezzare le guance di Cathe: “Ne hai avuto del fegato sai… sono tanto orgoglioso di te… per quello che può valere!”

Cathe lo zittì con un semplice bacio a fior di labbra: “per me vale molto, altrimenti non sarei qui!” gli si accoccolò contro il petto, scivolarono insieme sdraiandosi; Cathe ascoltava semplicemente il ritmico e martellante battito del cuore di Bill: “è qui con te che voglio stare, con te e con Sylvia! é l’unico posto in cui voglio stare!”

Bill le accarezzò con dolcezza la spalla nuda e ossuta: “anche io!” la strinse ancora più a sé: “Cathe perché proprio io?”

Catharina alzò leggermente la testa per incontrare lo sguardo di Bill: “allora perché io Bill?!” si sorrisero teneramente entrambi, nessuno aveva voglia di rispondere a quella domanda, almeno per il momento; Bill la strinse ancora più a sé, ormai stavano entrambi scivolando tra le braccia di Morfeo, era inutile continuare con discorsi e frasi fatte: l’importante era essere lì, insieme; Bill la baciò ancora per qualche attimo, stava diventando difficile per lui staccarsi dalle morbide labbra di Catharina; le accarezzò gentilmente la guancia: “ti amo Cathe!” “anche io Bill!”  

 

 

°*°*°*°

furono svegliati da un rumore sordo, una specie di tung attutito, seguito da una serie di imprecazioni dette con un tono di voce assonnato che non poteva essere altro che quello di Tom: “chi cazzo ha lasciato gli stivali in mezzo al corridoio?!” mentre sentivano il passo pesante di Tom che si trascinava verso il bagno, Cathe non poté a meno di indicare Bill con il dito bisbigliando: “Tom è stato tuo fratello!”

Bill ridacchiò divertito: “non mi sembrava ti dispiacesse molto però?!”

Cathe scosse la testa divertita: “tutt’altro! Spero solo che tuo fratello non li stia prendendo a calci, con quello che mi sono costati!”

“non credo… “ Bill fissò intensamente Catharina, le labbra piegate in un sorriso dolce: “potrei abituarmici sai…”

La ragazza lo guardò interrogativa, Bill proseguì: “a svegliarmi così, con te… è una bella sensazione!” Cathe gli si accoccolò contro: “confermo!” gli rispose la ragazza ridacchiando; Bill si fece però serio, prese il mento della ragazza con una mano per alzarle il viso e costringerlo a guardarlo negli occhi: “Cathe per me non è un gioco, voglio metterlo in chiaro fin da adesso, io voglio seriamente stare con te, voglio che tu faccia parte della mia vita e di quella di Sylvia ancora di più di quanto tu già non ne faccia; mi conosci, sono abbastanza impulsivo, sulle cose non ci ragiono più di tanto, ma su di noi… beh sono mesi che ci ragiono, mesi che cerco di capire se e come possiamo stare insieme… e io voglio  provarci, seriamente!” le diede un bacio a fior di labbra;

“Bill anche per me non è un gioco, non sarei andata contro tutto e tutti altrimenti, non mi sarei gettata alle spalle 23 anni di vita se fosse un gioco… solo che ho paura… e mille domande che mi frullano in testa, a cui cerco di rispondere da Monaco. Tu lunedì sei di nuovo ad Amburgo, Sylvia qui a Loitsche con tua mamma, io a Berlino, finchè siamo in tour ci vediamo, stiamo insieme, e poi?!”

“poi ci organizziamo, ricordati quanti tempi vuoti abbiamo, ok impegni ce ne sono ma quando non siamo in tour o in studio di tempo ne avremo…”

Cathe lo zittì: “tu Bill, io meno… di cose alla Universal ce ne sono da seguire, e non possiamo passare le giornate a inseguirci o a ritagliarci mezze ore per stare insieme, la mia paura è di non riuscire a fare tutto…”

“ehi… quand’è che ti lascerai andare? Quando imparerai semplicemente a viverla… guarda che ce la faremo, ok sarà magari difficile, ma ce la faremo!” Bill le diede un lungo bacio, tenero e appassionato allo stesso tempo

“e con Sylvia?” gli chiese Cathe con un sospiro, mentre si alzava e cercava in giro per la stanza le sue cose

“Sylvia niente, appena saremo più organizzati… boh viene a stare da noi!” le disse Bill in tutta naturalezza

Stare  

Da

Noi : quell’ultima frase continuava a rimbombarle nella testa

Stare da noi! :Cathe si bloccò con in mano un mucchietto dei suoi vestiti

Stare da noi? Pensò Cathe : “cosa intendi con stare da noi ?!” Bill si alzò dal letto trascinandosi dietro il piumone (onde evitare problemi in caso di irruzione in camera di bimbette bionde, visto che Cathe a quanto pare si era rivelata medaglia d’oro olimpica di lancio di boxer); le accarezzò una guancia: “stare da noi vuol semplicemente dire stare da noi… ti ho detto che sono molto serio, che voglio avere  una storia seria con te… nella serietà io includo anche mia figlia!”

“non ti sembra un po’ prematura una convivenza? Già non so neanche cosa siamo in questo momento?”

Bill sbuffò divertito: “devo mettermi in ginocchio e chiederti se vuoi diventare la mia ragazza?” si inginocchiò platealmente di fronte a Cathe: “ O come cavolo ti vuoi chiamare? Morosa? Compagna? Groupie del mio cuore? Vuoi che organizzi una conferenza stampa e dica a tutti che ti amo, che tu sei la ragazza che amo! Perché ti ripeto per me non è solo una storia di sesso… per me è di più!”

Cathe si inginocchiò di fronte a Bill, lo baciò teneramente: “a me basta che mi chiami Cathe, e soprattutto voglio che non bruciamo le tappe, che la prendiamo con calma, ragionando, organizzandoci… per Sylvia soprattutto!”

Bill le sorrise e tornò a baciarla, con più passione, trascinandola nuovamente verso il letto e coprendo entrambi con il piumone.

Vrrrrrrrr……….. Vrrrrrrrr ………… Vrrrrrrrr : il cellulare di Catharina si mise quasi subito a vibrare: la ragazza emerse dal piumone emettendo uno scazzatissimo “che palle! E chi è!” mentre Bill rotolava su un fianco per cercare il cellulare della ragazza: “non rispondere!” gli disse Catharina cercando invano dal trattenerlo dall’accettare la chiamata

“pronto?” disse Bill, dall’altro capo del telefono sentì solo un urlo prolungato, un acutissimo Ahhhhhh seguito da una serie impressionante di oh mio Dio, inframmezzati a continui lo sapevo : Jutta!

Bill scosse la testa e passò il cellulare a Cathe, emettendo un bofonchiato : “è Jutta!” si alzò raccogliendo le sue cose per dirigersi verso la doccia

 

“ciao Jutta!” disse Catharina con tono tutt’altro che amichevole

“oh mio Dio tesoro, non mi hai detto niente… ma cos’è sta novità?” Jutta aveva una voce abbastanza strana, forse provata secondo il pensiero di Cathe

“eh sì è una novità anche per me… però se mi avvisavi che ci tenevi così tanto,  la prossima volta ti chiamo per la telecronaca! O vuoi che lasci la chiamata aperta, per sentire, così appena torna Bill riprendiamo quello che tu hai gentilmente interrotto per non ho ancora capito cosa!!” il tono di Cathe si stava alterando

“sì ma quindi… tu e Bill?”

“sì io e Bill… Jutta cosa vuoi?” era decisamente alterata

“ah… ehm… no che mi hanno fatto il cesareo stamattina! L’ho chiamata Christianne! È una bimba!”

Fu il turno di Catharina di urlare, era la giornata delle novità quella: “Jutta… ma non doveva essere un maschio?!”

“ah boh! Mi secca solo che il corredo sia tutto azzurrino e sia una femmina…”

“sarebbe stato peggio il contrario! Dai… adesso fai la brava e torna dalla tua bimba! Vado a dare la bella notizia agli zii!”

“fai la brava anche tu! E mi raccomando passa a trovarmi così mi racconti bene!”

“no che non vengo, mi tocca farti il regalo! Ci sentiamo bella!”

 

Cathe si avvolse nel lenzuolo e si diresse verso il bagno, decisa a far sloggiare Bill, giusto per mettere in chiaro fin dai primi istanti che il bagno non sarebbe stato solo suo –tanto più che Cathe era famosa per metterci  5 minuti netti a fare la doccia- : era così irreale quella giornata, così tante novità per tutti, era un bel modo per iniziare un nuovo capitolo.

Tutto ciò la metteva decisamente di buon umore.

 

 

°*°*°*°

 

 

Se c’era una cosa che Catharina aveva sempre adorato di casa Kaulitz era l’assoluta, incredibile, invidiabile, meravigliosa capacità di qualsiasi occupante di quella casa di farsi i cavoli altri, senza per questo diventare invadente o noioso; e detto da una come Cathe stessa, che in quanto a cavoli altrui era maestra, era decisamente un complimento.

Ma soprattutto adorava il fatto che in quella casa chiunque fosse entrato, dal più vecchio amico dei gemelli, a una nuova conoscenza, era trattato in modo famigliare: né Simone né Gordon mettevano mai nessuno in difficoltà e avevano soprattutto il pregio di non squadrare nessuno dall’alto in basso né giudicarlo dalle apparenze; di questo Cathe se ne era accorta la prima sera in cui aveva conosciuto la mamma dei gemelli, ma era una certezza che aveva consolidato quella mattina, appena entrò in cucina: trovò Simone e Bill intenti a sorseggiare una tazza XXL di caffè, dall’espressione sui loro visi sembrava quasi che le volessero dire ti abbiamo aspettato prima di sparlarti dietro!

“buon giorno Simone!” disse Cathe arrossendo involontariamente: era plateale dove avesse passato la notte, e che non l’avesse passata dormendo era plateale dalle sue occhiaie e dal fatto che avesse addosso una tuta di Bill

Simone si alzò dalla sgabello per abbracciarla: “buongiorno pazza! Bill mi ha raccontato un po’ di cose… ne hai avuto di coraggio! Caffè?”

“liscio triplo grazie!” mentre rispondeva a Bill con un sorriso da pescecane e il ragazzo giungeva le mani con una delle sue smorfiette che significavano perdono

“beh me ne sono semplicemente andata di casa, sbattendo la porta e mandando a cagare i miei genitori davanti ai loro cari amici snob! Ce n’è di gente che lo fa!” disse noncurante Catharina mentre trangugiava il suo caffè, Simone le si sedette accanto:

“così tanta no… e adesso?!”

“adesso ho tagliato i ponti e ci ho guadagnato libertà, vago equilibrio nervoso, magari mi passa anche l’ulcera… e uno dei gemelli Kaulitz!” disse Cathe allungandosi verso Bill per ricevere un bacio, che non tardò ad arrivare

“un milione di ragazze ucciderebbe per essere al tuo posto!” le disse Bill per scherzare, con un tono che in effetti sarebbe stato più adatto a Tom; Cathe non si scompose minimamente: “e un milione di ragazzi per il tuo!” concluse sedendosi in braccio a Bill nella speranza, subito esaudita, di ricevere un altro bacio. Si alzò subito dopo, per aiutare Simone a sistemare la cucina, il minimo per ringraziarla dell’invasione di casa, privacy e vita.

Si sentì mettere una mano sulla spalla dalla donna: “davvero, Cathe… non mi sono sbagliata su di te, spero solo che adesso tu possa recuperare un po’ di serenità!”

“Simone, lo spero anche io, tanto più che sinceramente con Bill sarà un rapporto abbastanza complicato, sia sul fronte carriera che sul fronte Sylvia…” disse la ragazza con una punta di rammarico mentre asciugava le mug del caffè

“Sylvia ha tre anni!” intervenne Simone “ e ha uno spirito di adattamento incredibile, è l’unica cosa di cui ti assicuro che non devi preoccuparti… ti dico solo di andare piano con Bill, ve lo dico a entrambi!” diede una piccola pacca su una spalla al ragazzo cercando di richiamare la sua attenzione, che era stata catturata dall’ultimo numero di Vanity Fair: “l’unica cosa di cui non vi dovete preoccupare è Sylvia, piuttosto fate attenzione a voi due, a come ve la gestite e a cosa volete… i primi giorni sono bellissimi, poi  bisogna fare attenzione che il lavoro non vi rubi i vostri spazi e poi, Cathe, mi spiace dirtelo, ma con Bill e Sylvia tu ti sei presa anche Tom, hanno un rapporto a volte simbiotico, te ne sarai già accorta… lasciali spazio mi raccomando!”

Cathe annuì, avrebbe voluto parlare ancora con Simone ma sentì per le scale degli inconfondibili passetti  e una mezza imprecazione sommessa di Tom  che era stato travolto da Sylvia mentre cercava di guadagnare la cucina con movenza da bradipo:

“scusa zio! Papàààààààààààà!!!” la piccola attraversò come un fulmine la cucina travolgendo praticamente tutto quello che incontrava sul suo percorso, saltò in braccio al padre e iniziò a ricoprirlo di bacini, per la gioia di un divertito Bill

“ehi… non si saluta?” Catharina attirò l’attenzione della piccola che fino a quel momento non si era ancora accorta della sua presenza, complice il fatto di dare le spalle alla ragazza; la piccola si girò di scatto appena sentita la voce di Cathe: l’espressione sul suo viso era dolcissima, piena di meraviglia, la boccuccia spalancata e i grandi occhioni identici a quelli di Bill che quasi luccicavano. Era rimasta immobile in braccio al padre, stranamente non riusciva a spiccicare parola,  basita dalla sorpresa di vederla in cucina:

“Cathe… sei qui! Allora Santa Lucia esiste davvero!” Cathe si avvicinò alla piccola e la prese in braccio

“perché dici così?” la piccola le rispose con un sorriso: “le ho chiesto te come regalo! Vero che non te ne vai più via e stai sempre con me?”

Cathe la strinse a sé ancora più forte, la piccola si accoccolò nell’incavo tra la spalla e il collo, mentre Cathe alzava lo sguardo per incrociare quello di Bill: “no Prinzessin, non me ne vado più!”

 

 

°*°*°*°

 

“ e così mio fratello mi abbandona!” disse Tom in tono sconsolato, tra le dita l’accendino per tenere le mani occupate, lo sguardo vuoto che puntava sull’orizzonte della televisione l’ennesimo video hip hop di Viva, quella sera neanche Sami Deluxe in persona darebbe stato in grado di risvegliare Tom dallo stato di scazzo catatonico in cui era caduto dopo aver visto i fratello e Catharina baciarsi abbastanza appassionatamente in cucina sotto gli occhi compiaciuti e divertiti di Simone e Sylvia

“non ti abbandono! Sei stato tu che mi hai dato la possibilità di avere Catharina!” gli disse Bill sorridendogli

“ed è questo che mi scazza!” gli rispose sconsolato Tom “del fatto di avervi letteralmente spinto l’uno tra le braccia dell’altra… dovresti erigermi un monumento a grandezza naturale!”

“lo farò!” gli ripose Bill abbracciandolo, ricevendo come risposta uno sbuffo di Tom: “dai Bill adesso non fare così!”

“guarda che non me ne vado mica… sto comunque con te!” Bill appoggiò il mento sulla spalla del fratello

Tom finalmente spostò lo sguardo per incrociare quello identico di Bill: “adesso cosa fate? Me ne devo sloggiare dl loft? Mi vuoi costringere a traslocare da Georg e Gustav?” per tutta risposta si prese un pugno sull’avambraccio:

“il melodrammatico tra i gemelli Kaulitz sono io Tomi, non tu… non sei capace! E comunque non ti sfratto!”

“non andate a vivere insieme?!” disse in un soffio Tom, sperando in una risposta negativa – e votandosi a tutti i santi che conosceva pur di ottenerla-

“non a breve… ti ricordo che abbiamo un album in uscita e che ho una figlia a cui pensare… non voglio bruciare le tappe, non voglio che succeda come era successo con mamma e Gordon, non ho intenzione che mia figlia sia un pacchetto che cambia casa ogni settimana, sballottata tra papà, zii, matrigne, nonni… se e quando io e Cathe decideremo di andare a vivere insieme, lo faremo per interesse di Sylvia!”

Bill si scostò dall’abbraccio di Tom: “perché tutti volete che io e Cathe andiamo a vivere insieme? L’ha detto anche lei tutto il giorno che non si sente pronta, che ne sono già successi di cambiamenti in 24 ore che prima deve ancora metabolizzare… sembra però che il terrore di tutti sia che noi andiamo a vivere subito insieme!”

Tom si avvicinò al fratello e lo abbracciò: “abbiamo tutti paura che tu possa fare come ha fatto mamma, che Sylvia possa soffrire come abbiamo sofferto io e te, non sto accusando nostra madre, ma è logico che abbiamo paura!”

Bill si girò, abbracciando a sua volta il fratello: “non sai che paura ho io! Di soffrire, di far soffrire Sylvia e Catharina!” strinse un po’ più a sé Tom: “promettimi che ci sarai sempre!”

“te lo giuro fratellino!”

 

 

 

Cathe si era affacciata in soggiorno giusto per sentire l’ultima parte del discorso: era perfettamente d’accordo sia con Tom che con Bill, sinceramente era stata lei la prima a dire che non si sentiva pronta per andare subito a vivere con Bill, un discorso è stare insieme e tutte quelle belle parole degne di un film, un altro è la realtà. Sapeva che le convivenze affrettate erano deleterie, aveva visto con la sua amica Medina che era andata subito a vivere con il marito,  sapeva che di momenti di crisi ne avevano avuti, e loro erano solo in due.

Sylvia non doveva essere coinvolta prematuramente in qualcosa più grande di lei e Bill.

 

Si avvicinò al divano occupato dai gemelli, vederli abbracciati le diede la conferma di un suo timore ma anche di una sua speranza: che nel loro rapporto, anche se indirettamente, sarebbe stato sempre coinvolto anche Tom, almeno come angelo custode

-per fortuna- si ritrovò a pensare la ragazza

 

I gemelli si accorsero dell’arrivo di Cathe, Tom discretamente si alzò per cedere alla ragazza il suo posto:

“come stai?” le chiese Bill mentre lei gli si accoccolava contro, perdendosi nel suo abbraccio

“piacevolmente esausta, sono state le 24 ore più lunghe della mia vita!” rispose la ragazza sospirando “ha ragione Tom… dobbiamo andarci cauti per Sylvia!” Bill le baciò i capelli

“lo faremo, non preoccuparti! Credo che se non fossi andata cauta nella tua vita oggi non saresti qui!”

“no… ho agito di impulso, soprattutto per venirmene via ieri sera!” disse Cathe con voce stanca, mentre guardava distrattamente il video degli Outlandish,

“cosa ti hanno detto per farti scappare così? Certo che i tuoi riescono a tirare fuori il peggio di te stessa…”

“hanno detto che  io nella vita non combinerò mai niente di buono, che non ho mai combinato niente di buono… e sai cos’ho fatto io? Ho tirato fuori il cellulare e ho fatto vedere a mia madre una foto di Sylvia, non ti preoccupare tu non c’eri e non le ho di certo detto chi fosse la bambina nella foto… le ho detto che per me la cosa più bella della mia vita era vedere quella bambina che mi sorrideva, perché quel sorriso era sincero, mentre io a lei non gliene avevo mai fatto nessuno con gli stessi occhi carichi di amore! Le ho detto che per me non esisteva altro, che potevo anche non fare carriera o fare come lei, ma per avere la stessa sua vita schifosa… beh non era una grave perdita, e le ho rinfacciato 23 anni di odio!”

“ne hai avuto di coraggio!” le rispose Bill baciandola

“ho osato Bill… ieri sera ho finalmente osato… per essere me stessa, per cercare un noi… con te e con Sylvia!”

Bill la baciò, era un tacito grazie, un morbido ti amo, un desiderio di costruirlo insieme quel noi per cui Cathe aveva lottato.

 

 

 

 

 

 

 

 

Wow…  ce l’ho fatta, all’alba delle 8 di sera, dopo lunga e travagliata gestazione! Spero vi piaccia!

Grazie a tutti per la sopportazione, e scusatemi ancora per la lunga attesa!

 

Bacioni a tutti!!!

 

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Capitolo 17
*** Romeo and Juliet ??? ***


Buongiorno a tutti!!

Scusatemi per il ritardo dell’aggiornamento! Credevate/speravate fossi morta, ma deludo le vostre aspettative propinandovi un ennesimo capitolo! Credo che in alcuni pezzi per sopravvivere alla melensi dovrete farvi un po’ di insulina, ma compensa i futuri capitoli in cui di insulina da iniettarsi ce ne sarà ben poca!

Beh… ringraziamenti a tutti coloro che hanno recensito, sia alle affezionate lettrici che a tutti quelli che hanno letto e commentato per la prima volta! Davvero mi sostenete e mi date la forza di andare avanti!

Grazie soprattutto a Billa 483, a Sunsetdream e a BigAngel_Dark!!!!

ps: il titolo è ispirato a una canzone dei Dire Straits , appunto Romeo and Juliet, consiglio di ascoltarla!

Inoltre devo mettere un po’ di precisazioni: oltre al fatto che i Tokio Hotel e tutto il loro entourage non mi appartengono, men che meno mi appartengono Dior, Fendi, BMW, Mercedes-Benz, Patek Philippe, De Grisogono e qualsiasi altro marchio registrato! Magari…

Il pezzo della mail è stato riciclato da una mail che mi è veramente arrivata, e che è molto calzante su molti maschi! io posso dire che mi è arrivato dalla mia amica Lara, senza per questo voler offendere o abusare della capacità artistica del vero autore! Doverosa precisazione: chiunque esso sia, lo citerei volentieri e lo ringrazierei perché veramente… certi maschietti sono così!

Capitolo 17 :     Romeo and Juliet ???

“sei stanca?”

Catharina si riscosse dallo stato di isolamento volontario in cui si era eclissata; lei e Bill stavano andando a Berlino a trovare Jutta, più che altro era una scusa per passare un po’ di tempo insieme, da soli… ringraziavano di avere ancora un paio di giorni liberi prima che Bill tornasse ad Amburgo, mentre Catharina almeno per una settimana sarebbe dovuta rimanere a Berlino: lei doveva seguire i ragazzi in tour o nelle fasi di promozione dell’album, non durante la registrazione. Per quello bastavano Dave e Dunja

Cathe scosse la testa: “no…anche se ho bisogno di un caffè!”

Bill ridacchiò: “tu hai sempre bisogno di caffè…” guardò la ragazza con la coda dell’occhio: era tenera mentre si strofinava gli occhi in un modo terribilmente uguale a quello di Sylvia, il maglione grigio scuro che faceva risaltare la carnagione chiarissima, i ricci leggermente scompigliati.

“guarda la strada!” disse Cathe in tono fintamente acido appena si accorse dello sguardo del cantante: “se succede qualcosa alla mia macchina me la paghi!” come Bill fosse riuscito a convincerla a fargli guidare la Mercedes era un mistero, e naturalmente Cathe continuava a stressarlo per il modo in cui guidava; non contenta rincarò la dose:

“attento al tir… metti la freccia e sorpassalo!”

“si si si…. Lo vedo il tir, è abbastanza grosso…”

“appunto, fai attenzione, so come guidi!”

 il ragazzo scosse la testa divertito, cercò la mano di Catharina sul bracciolo tra i due sedili anteriori: “se mi faccio male io non mi interessa, se te ne fai tu sì… quindi guido bene stai tranquilla!”

Cathe gli diede una piccola pacca sul braccio prima di stringergli e a sua volta la mano, l’espressione del viso leggermente rabbuiata: “scemo! A me interessa che non ti faccia tu male! Se no posso dire addio alla mia favolosa carriera!”

Bill ridacchiò: “ah è solo per questo che ti interesso, buono a sapersi, e comunque bella carriera… essere svegliati alle 6 e un quarto della domenica da Kipp in preda a una crisi isterica?!”

“parli bene…ma questo lavoro mi serve… ricordati che non posso più chiedere aiuto ai miei!”

“ne hai mai chiesto?” Bill le lanciò un’occhiata indagatoria, mentre accendeva l’impianto stereo: nella mente di Catharina balenò un allora vuoi morire giovane?!, visto che  odiava quando qualcuno le toccava la sua radio senza chiederle il permesso, e certamente Bill non era esentato.

“volontariamente no… si sono sempre premurati loro...” Cathe emise un sospiro “mi chiedo come andrà adesso!” guardava distrattamente fuori dal finestrino, le tempie appoggiate al vetro, le piaceva quella strana sensazione di freddo

“andrà tutto bene!” la rassicurò Bill “scusa perché non prende il cd?”

Cathe sospirò: erano mesi che gli ripeteva che non poteva cercare di inserire velocemente il cd, il lettore Sony è stupido in quello, bisogna inserire con calma, senza lanciarlo… ma con Bill erano parole dette al vento.

“mi sembra tutto così strano … forse… forse ho esagerato a insultare mia madre davanti a tutti, potevo dirglielo in privato, forse era meglio!”

Bill tamburellò leggermente con le dita sulla coscia di Cathe: “dipende, lei cosa ti aveva detto?”

“che ero una fallita!”

“ok…” le rispose il ragazzo “e d’altro, cosa ti ha detto?!”

“mi ha giusto rinfacciato un po’ di cose, mi ha detto che non si è mai vergognata tanto di me come quando ha scoperto che ero anoressica, mi ha detto che per seguire una boy band come voi potevo fare che stare a casa, che tanto non sarei mai arrivata nella vita… il tutto inframmezzato a risatine isteriche!”  

“io le avrei allungato un ceffone!” le disse candidamente Bill

“dai, è comunque mia madre, non posso… l’avrei fatto volentieri anche io! Bill…” Catharina sospirò profondamente, più che altro per prendere tempo e riorganizzare i pensieri che le affollavano la mente

“Bill che razza di esempio posso essere per Sylvia? Cosa le posso dare? Io nella vita non ho mai combinato nulla di buono; Bill cosa posso insegnare a quella bambina se io per prima sono stata anoressica? se io per prima non rispetto i miei genitori? se io per prima in certi momenti mi sono comportata da arrivista senza scrupoli? Quante volte mi sono nascosta dietro al mio cognome, lo usavo come scudo… adesso Bill? Tu e Sylvia negli ultimi mesi siete stati la mia più grande certezza, naturalmente con i Tokio, solo che adesso è cambiato tra di noi, oltre ad essere il cantante dei Tokio, sei il mio ragazzo… e hai anche Sylvia…io, sono così confusa!”

“io non ne vedo il motivo!” Bill le strinse un po’ più forte la mano “il fatto che tu sia stata male, che sia stata anoressica, non vuol dire nulla: credo che non abbia mai interferito col tuo rapporto con Sylvia, non è un problema… io non credo che tu saresti in grado di farle del male. Il passato è passato! Se stiamo a guardare quello quante famiglie non dovrebbero esistere; Cathe… i miei genitori hanno divorziato, eppure quando Sylvia mi ha detto di essere incinta la prima cosa che ho pensato è che volevo quel bambino, che volevo stare con lei, certo non di darmela a gambe! E il fatto che tu ti sia liberata dei tuoi, che tu abbia capito che erano loro a causarti molti dei tuoi problemi e delle tue delusioni, vuol dire che sei matura e che ci ragioni su quelli che possono essere i tuoi bisogni!credo che tu te ne sia andata dalla tua famiglia anche per Sylvia… spero anche per me, ma credo soprattutto per Sylvia!” il ragazzo le sorrise dolcemente.

Catharina sospirò: “forse hai ragione, ma io ho paura di quello che Sylvia può dirmi, di quello che può pensare di noi!”

“smettila! l’hai vista,  è la bambina più felice del mondo!”

“Si Bill ma io non sono sua madre!non lo sarò mai!” si pentì di aver pronunciato quelle parole nello stesso istante in cui risuonarono nella Mercedes: Cathe temeva di essersi accaparrata il diritto della parola madre, che certo non le apparteneva

“Cathe, ne abbiamo già parlato, per lei sei come una mamma, ma sei anche di più, sei una amica, sei il suo punto di rifermento, sei la ragazza che identifica come figura femminile diversa dalla nonna;  sei importante per lei!”

“Bill, io sono cresciuta con una tata, non ho mai avuto un punto di riferimento femminile, uno che chiamassi veramente mamma, con il cuore, non dicendo solo una serie di lettere! Io non mi ricordo di avere mai detto mia mamma, ma piuttosto mia madre! Io… io ho paura, con tutto quello che ne può derivare!

“Cathe… guarda che non ne devi avere, senti ci andremo avanti insieme, lo faremo insieme, per certi versi cresceremo insieme, perché fidati  è difficile crescere lontano dai tuoi, a 16 anni, con una figlia piccola e cercare il successo! Ma io non rimpiango nulla di ciò che ho fatto… quindi, piuttosto voltiamo pagina insieme, ma lasciati tutto alle spalle e smettila di pensare che non ce la fai!”

Cathe prese una lunga pausa : “sai che ti dico che hai ragione! Ma maledettamente ragione!… chissene! Chissene! Me ne frego… finchè ci sarete tu e Sylvia per me va tutto bene!solo, mi sa che dovrai avere una pazienza infinita con me!”

Bill rise di cuore: “ne ho avuta negli ultimi sei mesi, ne avrò di qui all’eternità!”

“ehi… guarda che il mondo finisce tra tre anni, ricordati dell’esperimento di Ginevra!”  gli rammentò Cathe, più che altro voleva stuzzicare Bill sul fratello:

“senti.. dopo che quella piattola di Tom per due giorni se ne è andato in giro ululando che finiva il mondo, moriremo tutti, e io non mi sono ancora fatto Jessica Alba… per favore! Poi dicono che sono io il fratello psicopatico, solo perché non l’hanno mai visto in privato, se no neanche metà delle sue fan stravedrebbero ancora per lui!”

Catharina sghignazzò allegramente: “dai, tanto credo che il mondo gli sia crollato ieri!”

“sì, quello sì… ha detto che non se lo sarebbe mai aspettato, che è un tradimento bello e buono, ma che con me non poteva farci niente, sapeva che alla fin fine il mio romanticismo ti avrebbe conquistato!” le disse Bill enfatizzando la parola romanticismo

“oh il modesto! Mi scusi… guarda che sto con te per i soldi!”

“ma piantala che sei più ricca di me!” Bill tornò a torturare letteralmente la radio, venne prontamente bloccato da Cathe: “la lasciamo in pace? Non ti ha fatto niente!”

Il ragazzo scosse la testa: “come dico sempre… donne e motori… donne e motori!”

°*°*°*°

“alla buon ora!!! Dove ti eri persa?”  Cathe non aveva fatto in tempo a mettere piede nella stanza di Jutta che subito si era sentita rimproverare dalla neo-mamma

“scusa… piccoli inconvenienti coniugali!” le rispose Catharina con aria raggiante: “dov’è la piccolina?”

Jutta le indicò la culla: “occhio… è mordace!” rispose in tono secco

“ti si è già attaccata?!” le chiese in tono squillante Medina, appena entrata nella stanza. Medina era  la migliore amica di Catharina, quasi una sorella per lei, erano praticamente cresciute insieme: le era stata vicino durante i giorni bui e appena aveva saputo di lei e Bill, da quella cara impicciona di Jutta, aveva più  o meno passato mezza giornata al telefono con Cathe.

“sì… e si è portata via mezzo capezzolo! Ho detto a quella specie di scimmione della caposala che non ho la minima intenzione di farmi sfasciare il seno! Voi due… mi avete portato ciò che vi ho chiesto?”

Cathe e Medina smisero per un attimo di fare moine alla figlia di Jutta e si voltarono verso la donna, lo sguardo leggermente esasperato: “panino con il prosciutto crudo e panino con la coppa!puoi ringraziare che siamo sotto Natale e le gastronomie italiane siano aperte anche la domenica mattina! E ricordati che hai partorito, puoi anche smetterla con le voglie!” Cathe le sporse due pacchettini, seguita a ruota da Medina: “Vogue, Elle, Vanity Fair… ne hai da leggere!”

“grazie…” rispose Jutta mentre sfogliava Vanity, dilaniando a morsi il primo panino che le era capitato: “a proposito… “ la donna si voltò verso Cathe, indicando con il dito la copertina di Vanity: “dove l’hai lasciato?” a volte Jutta aveva la stessa capacità espressiva di un pescecane affamato;

“fuori che parla con Noah!” rispose Medina

“meno male che qualcuno sa dov’è… non lo so io… come fai a saperlo tu Medi?” la rimbeccò Catharina

“sono appena arrivata… era fuori in corridoio con aria da cucciolo smarrito!” la ragazza tentò di imitare lo sguardo da cerbiatto, Jutta rise appena vide l’espressione contrariata di Catharina:

“non è un povero cucciolo smarrito! Ha già incastrato me con quello sguardo… fai attenzione! Poi dopo quello che ha combinato!”

Jutta sogghignò, aggiungendo con tono ironico: “che romantico il primo litigio!”

“romanticissimo! Credo che quelli della stazione di servizio ridano ancora adesso!”  le altre due donne si guardarono stupite alle parole di Catharina

“cos’ha combinato?” chiese Medina in tono cauto

Catharina le lanciò un’occhiata accigliata: “oltre al fatto che ha guidato la MIA macchina da Loitsche a qui in un modo a dir poco suicida? oltre al fatto che ha la mania di guidare seduto sul cesso e ha spostato metà delle regolazioni del MIO sedile? Oltre al fatto che per lui lo specchietto retrovisore serve per rifarsi il trucco e quindi esce in terza corsia senza guardare, con la MIA macchina? No… voleva mettere il diesel… diesel? Ve ne rendete conto? Su un AMG?”

“beh esistono modelli diesel..” abbozzò Medina con le lacrime agli occhi per le risate

“senti…  per favore, la MIA macchina fa parte dei modelli omologati dal TUV per andare ai 300 all’ora sulle autostrade… ora mi spieghi come farebbe ad andarci se fosse un diesel , ma non è questo il punto…  ho il tappo del bocchettone verde… benzina! Non gli balena nel cervellino che non puoi metterci il diesel… nero? Perché?”

Jutta e Medina erano definitivamente piegate in due dalle risate, la faccia di Catharina era tutta un programma: “gli ho solo più urlato –Bill!!!!- credo abbia capito sapete!”

“l’ha traumatizzato!” disse Medina con un’occhiata complice a Jutta, che non poté fare a meno di annuire sogghignando; Catharina esasperata dalle due si voltò verso la finestra della stanza: “ridete… ridete… spiritose!”

“dai… tanto hai fatto pace dopo cinque minuti!” le disse Jutta; Cathe si voltò, abbozzando un mezzo sorriso:

“veramente l’ho perdonato subito… non riesci mica a dirgli niente, ti mette su quello sguardo da povero cagnino bastonato, e tu… vai lì e gli chiedi scusa!”

Le altre due risero: “sei proprio cambiata sai!” le disse Medina “una volta l’avresti presa come un offesa personale, adesso lo perdoni? Così? Subito? Dove andremo a finire…”

“ahah… simpatica! No comunque hai ragione, una volta l’avrei presa male una cosa simile, avrei pensato che l’avesse fatto apposta, non sto dicendo proprio Bill, è un discorso in generale… adesso, boh sarà che ne sono cambiate di cose, per cui evito di incazzarmi per niente, a volte non ne ho neanche il tempo! Poi figurati, la pazienza mi è venuta a furia di stare con Sylvia!”

“come l’ha presa la piccola… di te e Bill?” le chiese Jutta

“mah direi bene, apparentemente per lei è la cosa più bella del mondo, anche se non so quale sia il suo concetto di coppia! per il momento le ho spiegato che io e Bill ci vogliamo bene e che gli adulti quando si vogliono bene cercano di costruire qualcosa insieme, le ho detto che magari ci baceremo o staremo tanto tempo insieme ma che lei non deve essere gelosa, sia per me che per Bill lei viene prima di tutto, le ho detto che saremo un po’ come Simone e Gordon.  Però, ha 3 anni… certe sfumature non so se le coglie!”

Medina ridacchiò: “eh meno male, già per poco non coglieva altro…”

“no comment! Ti giuro quando l’ho vista entrare ho solo pensato –merda!- però non se ne deve essere accorta! Mi è venuto male!”

“in effetti! Complimenti, dare questi spettacoli di fronte a un’innocente bambina di 3 anni!” disse Jutta mentre brandiva il secondo panino come una spada.

“ti ricordo che l’innocente bambina è nipote di Tom! Temo per un futuro prossimo venturo!”

“stai tranquilla!” le dissero in coro le alte due: “comunque… adesso che fate tu e Bill? Giocate a fare i fidanzatini o all’entusiasta patologico gli sono venute altre idee?” le chiese Jutta

“entusiasta patologico è carina! Mi sa che te la riciclo! Questa è anche meglio di furetto isterico!” ridacchiò Cathe

“chi lo chiama furetto isterico?” chiese sconvolta Medina

“un certo Noah?!” le disse Cathe in un soffio: “mah… apparentemente no, per il momento gioca a fare il fidanzatino, anche perché è stato lui il primo a dire andiamoci con i piedi di piombo per Sylvia; però temo che appena gli salta lo schizzo della convivenza potrò dire addio alla mia vita da single e ad armadio e bagno solo per me! dipende quanto  e quando Tom lo farà esasperare!”

“e Tom come l’ha presa?” le chiese sorniona Medina

“esattamente come l’ho presa io quando mi hai detto che stavi con tuo marito: muso più lungo della quaresima, aria scazzata, sguardo perso e cartello oggi mordo! Gli passerà…lo conosco! Si sfogherà con un po’ di sesso sfrenato in compagnia di qualche biondona più procace e disponibile del solito, si guarderà allo specchio, si sentirà un SexGott Super Sayan e concluderà dicendo che è indubbiamente più figo di suo fratello, povero sfigato che se ne fa una sola quando potrebbe avere ai suoi piedi l’universo! Tom  1  Bill  0!”

“no…” aggiunse Jutta: “ti sei dimenticata la successiva autoconsacrazione a SexGott Super Sayan  con delirio di onnipotenza di fronte al povero Georg,  appena una sera il nostro bassista ammetterà di essere andato in bianco!”

“giusto! Chiedo venia!” le tre si misero a ridere.

°*°*°*°

“Bill… togliti quel sorriso ebete dalla faccia!”  Noah era sempre più scazzato all’idea di dover aspettare che Medina, la sua “orrida” matrigna, finisse le sue ciance con Catharina e Jutta; tanto sapeva benissimo quali erano gli argomenti di conversazione: Cathe e Bill, Bill e Cathe, Catharina e Bill, Bill e Catharina.

E la faccenda non gli andava decisamente giù: in quel momento avrebbe preferito essere ovunque, in qualsiasi altro posto, tranne seduto accanto a Bill, per moltissimi motivi, tra cui:

1)      Lui lavorava per la Sony e se qualcuno avesse saputo che intratteneva rapporti di amicizia, nonché occasionalmente professionali con un certo Bill Kaulitz poteva dire addio al suo lauto stipendio;

2)      Odiava il modo di fare di Bill, i suoi cambi di umore repentini, i suoi sorrisini e le sue mossette, l’aria da furetto isterico;

3)      Soprattutto, ed era questo il motivo principale per cui non aveva nessuna voglia quel giorno di stare vicino a Bill, era da più o meno una ventina d’anni innamorato di Catharina e l’idea che un imberbe diciannovenne gliel’avesse portata via non gli piaceva

“che ti ho fatto Noah?!” gli chiese Bill con sguardo preoccupato; Noah lo squadrò da capo a piedi, scuotendo la testa:

“Catharina!”  gli rispose Noah sbuffando;  Bill assunse a quel punto un espressione seria e corrucciata:

“Cathe ha fatto la sua scelta… mi sembra abbastanza grande per decidere!” gli rispose acido

“è per il fatto che non ha scelto me che mi scazza! Ma non è questo i punto! Piuttosto Kaulitz…” si girò verso Bill “se le succede qualcosa, se la fai soffrire, se scopro che ha pianto anche solo una lacrima a causa tua… tu finisci male! È una promessa! Per me l’argomento è chiuso!”

Bill deglutì leggermente, dai discorsi che Cathe gli aveva fatto su Noah, Bill aveva capito che quel ragazzo avrebbe potuto veramente mettere in atto la sua minaccia; gli dispiaceva solo che poteva non essere più amici a causa di Catharina: si divertiva in compagnia del ragazzo, era ancora più pazzo di Tom.

“ok…capito l’antifona!” disse Bill agitando leggermente le mani; Noah gliele bloccò “agiti più tu le mani di Catharina, proprio vero che Dio li fa e poi li accoppia! Comunque… sappi che sono molto invidioso di te!”

Bill scoppiò a ridere: “lo so… scusami!” assunse uno dei suoi brevettati sguardi cucciolosi

“piantala! Cathe che ti ho fatto, potevi avere tutto se stavi con me!” disse Noah con tono fintamente esasperato

“ma tutto cosa, se mai una volta che sei uscito con noi  hai pagato mezza birra! Marcione!” gli rispose Bill

“senti… eh… vuoi morire oggi… ti ho già detto che sono geloso marcio, non cercare di suicidarti!” Disse Noah trangugiando l’ennesimo sorso di cappuccino; appoggiò la testa contro il muro:

“però ti devo ringraziare, davvero: quando siete arrivati, non ho potuto fare a meno di notare lo sguardo di Cathe, mentre ti guardava, era felice, raggiante, sono anni che non le vedevo quella luce negli occhi!”

“non è merito mio Noah, credo che sia riuscita a trovare un equilibrio da sola! Il fatto che finalmente sia riuscita a tagliare i ponti con i suoi, senza parlarne con nessuno, è tanto! Te lo saresti mai aspettato?”

“sinceramente no! Anche se ho ancora paura che certi fantasmi possano ritornare… Bill per favore, occhi aperti! Io… guarda ogni tanto penso a come non me ne sono mai accorto che si era ammalata, la vedevo tutti i giorni e non ho mai capito nulla! Quando l’ho vista in ospedale mi sono reso conto che non ho mai capito nulla di lei, del suo carattere, della sua fragilità: fuori ha questa corazza impenetrabile, riesce a farsi scivolare via da addosso la maggior parte delle difficoltà… ma dentro è molto, molto fragile! Ti dico di tenere gli occhi aperti perché la conosco…” Noah sospirò, dando l’occasione a Bill di parlare:

“e credi che il fatto di aver tagliato i ponti con i suoi alla lunga possa essere ancora più deleterio che mantenerli!”

Il ragazzo annuì, mentre Bill proseguiva: “ci ho pensato anche io sai, lo ammetto, non è per mancanza di fiducia in Cathe , ma in lei c’è sempre quel pessimismo di fondo, quella strana incapacità a lasciarsi andare completamente: a volte mi sembra che non riesca a vivere appieno il momento, a prendere le cose per come vengono. Ci deve sempre rimuginare, tenersele dentro, pensare e ripensare allo stesso fatto. Anche adesso, cerca di non darlo a vedere, fa l’entusiasta ma in realtà in parte soffre per aver fatto la scenata ai suoi, sembra quasi che le dispiaccia!”

“di sicuro le dispiace!” aggiunse Noah “ha un carattere che tutto sommato non l’aiuta. È troppo buona su certe cose, le dà troppo tutte vinte!”

“sì… la vedo anche nel lavoro, a volte si accolla dei problemi di cui non dovrebbe minimamente occuparsi, non ho ancora capito perché! Se per smania di dimostrare quanto vale o che…”

“non lo so Bill, quello non l’ho mai capito! Io l’ho sempre definita la sua tendenza a voler fare la prima donna in tutto, che poi non ha il carattere per farla! Su certe cose è debole!”

“mah guarda la prima donna ho anch’io la tendenza a farla… e non è che come carattere il mio sia tanto meglio!”

Noah lo squadrò con un occhiata scettica: “infatti mi sembra che tu non ce l’abbia fatta… o no?” Bill scosse la testa: Noah aveva ragione, se il suo fosse stato veramente un  carattere debole certo non sarebbe arrivato al successo

“Bill devi capire che Cathe non ha il tuo carattere, ha bisogno di certezze, di essere rassicurata sulle ovvietà! Ha bisogno di sostegno e puntelli alla sua vita, per trovare il modo di reagire! Altrimenti finisce come due anni fa!”

Sospirarono entrambi, Noah aggiunse: “tu non l’hai vissuta, io sì… vedere la ragazza di cui sei innamorato che lentamente si riduce in quello stato, e tu non te ne accorgi, ti senti male! Perché Cathe ha fatto in modo che nessuno se ne accorgesse!”

“sì… io ho solo visto le foto!” aggiunse Bill; Noah scosse la testa

“le foto sono niente! È peggio la sensazione di vedere, di parlare, di stare con il fantasma della persona che prima era Cathe, che è tremenda: ero in Giappone quando è stata male, so che mi sono fatto il volo Osaka – Francoforte pensando  che era colpa mia, che non me ne ero accorto. Ma non me ne ero accorto io come non se ne era accorta la Medi, come qualsiasi altra persona che le stava accanto! Ma cazzo pesava 34 kg! Era riuscita a nasconderlo a tutti, lei diceva che si sentiva un bulldozer , e lo era! Stranamente era piena di energie e di voglia di fare, era allegra e non si isolava! Tu dici –come fa a stare male? Non può stare male? Non ha l’aria da persona malata!-”

fece una pausa, aver messo Bill di fronte alla realtà era stato difficile per Noah, sapeva che Cathe non gli aveva detto tutto della malattia, di quanto fosse stata male:

 “i veri problemi sono iniziati però dopo il ricovero: i suoi non sono mai andati a trovarla, lei non accettava le cure, niente psicologa… perché diceva di sapere benissimo che il problema erano le battute di quel pirla, e a tutti noi faceva paura il fatto che si stesse facendo del male pur essendone consapevole! Era una specie di tunnel senza uscita…”

“e alla fine come ne è uscita?!” chiese Bill in un soffio: era spaventato all’idea che Cathe non gli avesse detto tutto dell’anoressia, era un argomento di cui non parlava volentieri e Bill non la stuzzicava di certo.

“uscita?quello è tutto da dimostrare… è per questo che ti ho detto di stare in campana! Più che altro le siamo stati tutti vicini, si è trasferita dalla Medi, la tenevamo d’occhio 24 ore al giorno e assolutamente non si parlava di certi argomenti; inoltre ne è uscita grazie a Esther, sua nonna! Non l’hai ancora conosciuta?”

Bill scosse la testa: “mai avuto l’onore!”

“più che onore è onere! Credo che tutto sommato sia il mito di Catharina, è una pazza scatenata che ha trascinato Cathe via dall’ospedale e portata a casa, l’ha costretta a mangiare, a riorganizzarsi la vita, le ha messo paletti e priorità e le ha detto che morto un papa se ne fa un altro e se quello è una testa di cazzo tu non ti devi rovinare! …Quante sberle non le ha dato! Quella donna è un panzer, la adoro! La adorerai anche tu! È molto rude, ma simpaticissima.”

“eh beh, se ha fatto guarire la mia Cathe devo solo ringraziarla! Me la immagino come una specie di donnone burbero!”

“Chiii? Esther? Non sbagliarti, se la vedi dici –che tenera nonnina- nel frattempo che tu l’hai pensato lei ti ha fatto tare, pelo contropelo, valutato e deciso come e quando morirai per mano sua! Quindi Kaulitz… auguri! E benvenuto in famiglia! E comunque… occhi aperti con Cathe!”

°*°*°*°

“di cosa avete spettegolato tu e Noah?” disse Cathe abbracciando Bill, erano in giro insieme per il centro di Berlino, alla ricerca dei regali di Natale; naturalmente Bill camuffato grazie a uno strategico berrettone di lana e agli occhiali da sole, coprenti ma non vistosi.

“di te! Abbiamo detto che sei bellissima!” le rispose il ragazzo baciandola,

“ehi… c’è gente.. e se ti riconoscono!?” gli rimproverò Cathe

“finiremo su Bravo! Che ti devo dire! E tu e le tue amiche di cosa avete sparlato?!” la incalzò Bill

“soliti discorsi da donne! Famiglia, lavoro, notti di sesso sfrenato!” ammiccò Catharina

“interessante, farò in modo che tu non rimanga a corto di argomenti di conversazione per le prossime volte!”

Si misero entrambi a ridere, il ragazzo la incalzò: “sotto il capitolo famiglia cosa hai messo?”

“le ultime prodezze di Sylvia! Io e Medina cercavamo di convincere Jutta che avere un figlio non è poi così male, al contrario di quello che lei sostiene!” Cathe ridacchiò mentre guardava l’ennesima vetrina tirata a lucido per Natale

“no decisamente, poi con Sylvia non ti stanchi mai! ti piace?” Bill le indicava la vetrina

“cosa?” Cathe lo guardò rabbuiata, erano davanti al negozio di Dior, non capiva cosa piacesse a Bill e soprattutto in quanti secondi il ragazzo si sarebbe catapultato nel negozio per comprarlo.

“la Saddle! Non ce l’hai… almeno ti regalo qualcosa!” le disse Bill in tutta naturalezza

“Bill…” Cathe gli scoccò un occhiata esasperata “non vorrei ricordarti tutto ciò che ultimamente mi hai regalato, compresa questa Fendi!” la ragazza gli sventolò sotto il naso la baguette bianca “ora, non mi serve la Saddle! Ne ho un mucchio di borse, di cui non ne porto abitualmente neanche la metà!”

“beh magari questa la porti!” obiettò il ragazzo “per comprarti l’ennesima tracolla… almeno questa è un po’ più carina!”

“le tracolle sono pratiche quando vado in giro con Sylvia, sai com’è, bimbetta di 10 chili, cappotto mio, cappotto della bambina, pelouche … almeno non avere la borsa in mano!” Cathe non capiva proprio Bill quando faceva così, le sembrava che prendesse tutto come un gioco, che non si accorgesse neanche lui che gestire un bambino era tutt’altro che semplice; si accorse dello sguardo del ragazzo appena in tempo per trattenersi dal proseguire la frase:

“Cathe so cosa stai pensando: se la portassi anche un po’ tu in giro capiresti!  Sai quanto mi piacerebbe poterlo fare: ma poi? Minimo due ore dopo sarei sulla copertina di Bravo, assediato dai paparazzi più di quanto non lo sia già così, e le fan probabilmente diventerebbero ancora più scatenate. Lo sai anche tu che mi costa veramente tanto non poter portare in giro mia figlia tranquillamente, è il solito discorso di quanto mi sento un padre degenere, l’avremo già fatto un milione di volte, ma è inutile… mi torturo a pensare che da una parte faccio tutto questo anche per il bene di Sylvia mentre dall’altra ho sempre il rammarico di farle mancare molte cose tra cui la mia presenza. Meno male che almeno adesso ci sei tu Cathe!” Bill la abbracciò stretta, affondando la testa tra i suoi capelli.

Cathe si rese conto per la prima volta in quel momento di quanto amava Bill, di quanto quel ragazzo fosse bravo a separare la vita privata da quella pubblica, ma soprattutto di quanto sarebbe stato difficile, per entrambi, gestire la loro relazione: era un rapporto a tre, come quello di tante famiglie che hanno già dei figli da altre unioni, complicato dal fatto di vivere in tre posti diversi, quando andava bene che non erano in viaggio o in tour! Sì sarebbe stata complicata.

E quindi lei avrebbe avuto un disperato bisogno di quella Saddle bag che si stagliava opulenta nella vetrina.

°*°*°*°

Catharina entrò di corsa al 1900, il locale specializzato in brunch frequentato ogni lunedì dalla ragazza e dalle sue amiche: era in terribile, tremendo ritardo, almeno secondo i suoi standard abituali; era invece in mostruoso anticipo rispetto a quelli di Jutta e Medina. Nonché in perfetto orario per quelli di Sabine e Daniela

Se li sentiva già i commenti delle sue amiche, le stavano già rimbombando nel cervello mentre proseguiva verso la saletta blu, una deliziosa parte del locale in stile liberty completamente bianca e blu:

-oggi le sento!- pensò la ragazza mente si affannava per cercare di tenere in mano tutte le cose che si stava trascinando dietro dal parcheggio, evitando nel frattempo di capitombolare giù dai suoi stivali tacco 10.

Si bloccò di scatto per evitare una cameriera e il relativo vassoio stracolmo che le avevano tagliato la strada: senti cozzare qualcosa contro la sua gamba e quindi un piccolo lamento:

“uhia Cathe!” Catharina si piegò sulle ginocchia, fissando Sylvia con occhi indagatori

“ti ho fatto male?”  la bimba scosse la testa per dire no, aveva un’aria stanca: era stata trascinata in giro per Berlino tutta la mattina, dopo una sveglia relativamente presto per la sua età. Bill era dovuto andare all’improvviso ad Amburgo, non era previsto che i Tokio tornassero in studio almeno fin dopo le festività natalizie e non certamente ad una settimana da Natale; David e Benjamin erano però stati irremovibili e i quattro ragazzi erano dovuto rientrare nella città anseatica prima del previsto.

Lasciando Sylvia e Cathe da sole almeno un paio di giorni.

“allora Sylvia, adesso stiamo un po’ qui, facciamo la pappa che c’è un enorme buffet dove puoi mangiare tutto quello che vuoi, però devi fare la brava, anche con Medina, Jutta, Sabine e Daniela. Ti metteresti da brava a disegnare? O a leggere o fare quello che vuoi, ma devi stare tranquilla! Me lo prometti vero?”

“Certo Cathe! Sarò bravissima!” disse la piccola con un enorme sorriso sornione che certamente non rincuorò Cathe. La ragazza si rimise in piedi: “speriamo!”

Entrò nella saletta dove la attendevano le sue amiche: appena videro Catharina e Sylvia assunsero un espressione tutt’altro che felice:

“si era detto niente bambini!” ringhiarono in coro Sabine e Daniela

“eh lo so ma è un’emergenza!” rispose Catharina stringendo un po’ più la mano di Sylvia “Bill è dovuto andare un attimo su ad Amburgo, solo che erano da me e che ci posso fare? A casa da sola non la lascio!”

“babysitter? Ci sono tante ragazze che fanno le babysitter , assumerne una? Tu non vuoi fa girare l’economia!”

“Daniela ragiona! E cosa le dice alla babysitter?” Sabine cercava di far ragionare la sua compagna “ che la piccola è figlia di … eh ci siamo capiti!”

“Sabine! Che ti succede? Non urli nel bel mezzo di un affollatissimo locale? Sta male per caso?” chiese ironicamente Cathe rivolgendosi a Daniela

“sindrome premestruale!” l’italiana si beccò un amorevole scappellotto dalla sua compagna

“comunque ragazze giuro che starà bravissima! Vero che stai brava?” chiese Cathe con un sorriso a Sylvia che nel frattempo si era messa a leggere il suo libretto illustrato.

“sì Cathe! Sto bravissima!” la piccola enfatizzò contenta il bravissima

“le altre due?” chiese Catharina, leggermente preoccupata, in effetti stava aumentando troppo il ritardo anche per i normali standard di Jutta e Medina

“eccomi!” Medina entrò urlando nella sala facendo voltare metà dei presenti e sentendosi dire un candido ma esasperato -mamma!- da sua figlia Sophia; Cathe Sabine e Daniela si scambiarono un’occhiata complice ed esclamarono all’unisono, mettendosi a ridere:

“si era detto niente bambini!”

“lo so… ma è un’emergenza!” rispose placidamente Medina, mentre la piccola Sophia si sistemava sulla sedia accanto a quella di Sylvia.

“quale grave catastrofe naturale si è abbattuta per non poter trovare la tua efficientissima babysitter?” le chiese Daniela

“è la babysitter stessa! Ha una qualche strana malattia, tipo esantematica, non ho ben capito ha detto che era coperta di puntini rossi!”

“oddio!” Cathe tirò fuori dalla borsa la sua agenda zeppa di foglietti e post-it, le sue amiche la guardavano preoccupata

“no… bene, allora Sylvia ha fatto la quinta e la sesta malattia, per il morbillo è vaccinata… altre malattie a puntini rossi?”

“la peste bubbonica?!” le chiese spavalda Sabine sperando di far rinsavire Cathe: era innegabile che la ragazza fosse terrorizzata all’idea che a Sylvia potesse capitare qualcosa quando le era affidata, a volte diventava quasi asfissiante, a detta dello stesso Bill.

“spiritosa, se la riporto a Simone coperta di puntini, quella mi strozza e mi serve a Natale come secondo! Per non parlare di cosa mi farebbe Bill!”

“Cathe… è normale che ai bambini vengano le malattie esantematiche! Tu le hai fatte tutte, varicella compresa, quindi non angosciarti! Te lo dico io, sarò pure un chirurgo plastico, ma comunque laureata in medicina!” le rispose placidamente Daniela

“scusatemi, hai ragione è che sono leggermente stressata!” Cathe girò lo sguardo verso Sylvia, placidamente impegnata a leggere il suo libro: “non so come comportarmi! Con Sylvia intendo…”

“è difficile i primi tempi!” le disse Jutta comparsa in quel momento nella sala, la figlia neonata nel marsupio: “lo dici a me! Piange tutte le notti e di giorno dorme!” la donna si lasciò letteralmente sprofondare sulla sedia, mentre Sabine prendeva in braccio la piccola Christianne, placidamente addormentata.

“Jutta ma almeno lei è tua figlia, io e Sylvia non siamo madre e figlia! In più sono piena di sensi di colpa!” ammise Catharina

“per che cosa?!” le chiesero in coro le sue amiche

“soliti discorsi, e in più Bill non mi dà certo una mano! Giusto ieri sera, cavolo mi sono incazzata di brutto, davvero… si sistemava le unghie che stasera hanno un’intervista, e fin lì mi sta bene, ma gli ho chiesto se prima di fare manicure mi poteva dare una mano in cucina, niente… poi lascia le cose in giro, il bagno dopo che è passato lui  un macello! Io non ci sto dietro a tutto!”

Daniela iniziò a sghignazzare: “mi viene in mente quella classica catena-mail, dai Cathe te l’avrò anche girata, il corso base per veri uomini!”

“già!” le disse Catharina: “aspetta com’era? Ah ecco: 1- imparare a vivere senza la mamma; 2-la mia donna non è la mia mamma; poi aspetta, c’era  quella del raffreddore e dell’agonia…”

Sabine tirò fuori il palmare dalla borsetta, evidentemente l’aveva in memoria; iniziò ad elencare:

smettere di dire boiate (con il proprio fratello lo aggiungo io) in presenza delle amiche della mia donna

Vincere la sindrome del telecomando

come arrivare fino al cesto dei panni sporchi senza perdersi

come sopravvivere ad un raffreddore senza agonizzare

stirare in due tappe (una camicia in meno di due ore)

digerire senza ruttare

CORSO DI CUCINA
Livello 1 (principianti : gli elettrodomestici:
ON = ACCESO - OFF = SPENTO
Livello 2 (avanzato)
La mia prima zuppa precotta senza bruciare la pentola.
Esercizi pratici: far bollire l’acqua prima di aggiungere gli spaghetti.
Sono inoltre previsti dei temi speciali di approfondimento; a causa della
complessità e difficoltà di comprensione dei temi i corsi avranno un
massimo di 8 iscritti:
TEMA 1 : il ferro da stiro; dalla lavatrice all’armadio: questo processo misterioso.
TEMA 2: tu e l’elettricità: vantaggi economici del contattare un tecnico
competente per le riparazione (anche le più basilari)
TEMA 3 : ultima scoperta scientifica : cucinare e buttare la spazzatura non
provocano ne’ impotenza ne’ tetraplegia (pratica in laboratorio)…
questa per Tom!
TEMA 4: perché non è reato regalarle fiori anche se sei già sposato con lei
TEMA 5 : il rullo di carta igienica: “nasce la carta igienica nel portarullo?”
(esposizioni sul tema della generazione spontanea)
TEMA 6: come abbassare la tavoletta del bagno passo a passo
(teleconferenza con l’Università di Harvard)
TEMA 7: gli uomini che guidano possono chiedere informazioni ai
passanti quando si perdono senza il rischio di sembrare impotenti
(testimonianze)
TEMA 8: la lavatrice: questa grande sconosciuta della casa
TEMA 9: differenze fondamentali tra il cesto della roba sporca e il suolo
(esercizi in laboratori di musicoterapica)
TEMA 10: l’uomo nel posto del passeggero: è geneticamente possibile non
parlare o agitarsi convulsamente mentre lei parcheggia?
TEMA 11: la tazza della colazione: levita da sé fino al lavandino?
(esercizi diretti da Silvan)
TEMA 12: comunicazione extrasensoriale: esercizi mentali in modo che
quando gli si dice che qualcosa è nel cassetto dell’armadio non domandi
“in quale cassetto e di quale armadio?”.

Cathe ti ritrovi in questa mail?” chiese Sabine a una Catharina con le lacrime agli occhi: in quel discorso rivedeva Bill, ma anche Tom, Georg, Gustav, Noah, David… insomma, il genere maschile!

“calma!” le disse risolutamente Medina, mentre cercava di ricomporsi dopo tanto ridere: “comunque, faglielo leggere e poi metti i paletti! Gli dici cosa vuoi, gli dici che hai bisogno che ti dia una mano, piuttosto lo costringi a mettere i Marigold ma ti fai aiutare in cucina, gli dici che i vestiti vanno piegati e riposti nell’armadio e non in giro! Se non lo fai adesso poi è tardi e lui prende brutte abitudini!”

“secondo te non sono 19 anni che glielo dice sua madre… se non ci riesce lei!”

“le mamme dei maschietti sono sempre tanto tenere e poco di polso con i loro bimbi, li considerano bambini a vita, è una causa persa!vedi il punto 1!” le disse Jutta con cognizione di causa; venne interrotta da Sylvia e Sophia che guardavano con insistenza la piccola Christianne, mentre le donne ridevano allegramente alle spalle del genere maschile

“Jutta possiamo vedere la bambina?” le chiese Sophia, mentre Sylvia faceva la ritrosa cercando di nascondersi dietro all’amichetta

“certo piccole!” Jutta sganciò il marsupio per mostrare la neonata alle due: le bambine continuavano ad osservarla in un silenzio indeciso ma pieno di curiosità

“perché non si muove?” chiese spavalda Sophia

“perché sta dormendo!” le disse con dolcezza Medina “i bambini piccoli dormono molto, e non li puoi disturbare!”  Sophia guardava affascinata la bambina, per lei era una specie di bambola che si muoveva ed emetteva strani suoni gutturali, molto meglio dei suoi bambolotti; Sylvia invece era più timorosa, quasi esitante di fronte alla piccola: riuscì solo ad allungare una manina per darle una carezza; si ritrasse subito appena Christianne emise qualche versetto e aprì gli occhi; Sylvia andò in braccio a Catharina e le disse sottovoce:

“non è carina! Ma ero brutta così anche io?”

“no piccola, tu eri bellissima!”le rispose la ragazza.

Jutta si girò divertita e chiese a Sylvia, ben sapendo di stuzzicare Cathe: “ti piacerebbe avere una sorellina per giocare?”

Cathe divenne letteralmente bordeaux dalla vergogna per le parole appena pronunciate da Jutta, era una provocazione bella e buona, e le sue amiche certo non le davano man forte, visto che si erano messe a ridacchiare; ci pensò Sylvia però, a dare un ottima risposta: “no! Sto benissimo da sola con Cathe!”

Cathe e Sylvia tornarono a casa poco prima dell’ora di cena, stanche ma divertite per la giornata passata insieme, tra divertimenti e negozi, alla ricerca dei regali per Natale: naturalmente avevano comprato un mucchio di cose, ma non avevano trovato il regalo per Bill. Cosa regali in effetti a uno che ha praticamente tutto ciò che gli piace, visto che si può permettere di comprarselo? Medina aveva consigliato a Cathe di prendergli giusto un pensierino costoso, per coccolare il bisogno di griffe di quel ragazzo e poi di fargli un regalo personalissimo e di poco valore materiale, ma che potesse significare davvero tanto.

Sul subito a Cathe quel suggerimento era sembrato scontato e degno di un bigliettino dei Baci Perugina, di cui lei era ghiottissima, ma più ci ragionava e più le sembrava la soluzione migliore.

°*°*°*°

“ehi… ecco dov’eri finito!” Cathe era uscita nel cortile posteriore della casa dei Kaulitz a Loitsche, sperava di trovare lì Bill, l’aveva cercato ovunque;

“ero qui…” gli rispose il ragazzo, imbacuccato in un piumino nero e con il berrettino calcato sulle orecchie, stava fumando una sigaretta seduto sul tappetone elastico di Sylvia, le gambe penzoloni.

 Cathe gli si avvicinò con fare circospetto, tenendo le mani dietro la schiena;

-tanto lo so che stai arrivando con il regalo per me!- pensò Bill: da quando era tornato da Amburgo Cathe continuava a fare la misteriosa sui regali, adducendo scuse strane del tipo non festeggio Natale, oppure la considero solo una festa commerciale. In effetti si era rivelato vero, a cena, quella sera, quando molto educatamente Catharina al posto di augurare Buon Natale ai presenti aveva candidamente augurato Mazel Tov :

“non lo sapevo sai…” le disse Bill mentre la ragazza si issava sul tappeto elastico per sedersi accanto a lui, naturalmente dopo avergli sporto il sacchetto con i regali

“dei regali?” gli rispose sorniona la ragazza

“del fatto che fossi Ebrea!”

“non sono molto praticante, più che altro sono di origini ebraiche, però tutto sommato è una tradizione che mi ha trasmesso mia nonna! I miei figurati, credono nel dio denaro!” disse Catharina con una punta di amarezza

“eh va beh…” le rispose Bill, mentre le allungava un pacchettino che aveva tirato fuori dalla tasca del piumino:

“Buon Natale Cathe! Mazel Tov!” la ragazza gli rispose con un mega sorriso, mentre iniziava a scarteggiare il pacchetto, seguita da Bill che assaltava letteralmente il suo.

“no… dai, il tuo aprilo dopo!”

Cathe continuò la sua opera di demolizione dei fiocchetti arancioni che Bill aveva fatto mettere: il ragazzo sapeva che la parte preferita dei regali era, per Cathe, l’aprirli, il sentire la carta lucida da pacchi che lentamente si strappa sotto l’impazienza curiosa delle dita;quindi il decorare con fiocchetti e carta qualsiasi persona che capitava a tiro!

Impallidì a leggere sulla confezione scura le lettere stampate:   DeGrisogono    Génève

“Bill sei impazzito o cosa? Qualsiasi cosa ci sia qui dentro è schifosamente costosa!” il tono di Catharina era poco convinto, era indubbiamente emozionata all’idea di aprire quella scatola, qualsiasi cosa ci fosse dentro sarebbe stata indubbiamente costosa, sicuramente mozzafiato ma soprattutto di gioielleria. E temeva quale tipo di gioielleria poteva essere.

Aprì piano la scatolina, scoppiando a ridere appena ne vide il contenuto: due bellissimo orecchini, molto grossi, pesanti, di diamanti visto quanto risplendevano ma soprattutto… a forma di teschio!

Si girò di scatto verso il ragazzo: “tu sei pazzo!”

“dimmi che non ti piacciono?!” le rispose candidamente Bill: era quelli i momenti in cui Cathe era dilaniata tra un sentimento di odio profondo dovuto al fatto che sperperasse dei capitali in regali inutilmente costosi, e un amore incondizionato per il fatto che quei regali costosi erano riservati e lei e a Sylvia.

“certo che mi piacciono, che domande sono?! Mi chiedo come tu faccia a sapere che li trovo terribilmente belli e  divertenti!”

“Sylvia! Ha visto che ti piacevano quando ti sei fermata di fronte alla vetrina e un giorno le ho chiesto se sapeva cosa ti sarebbe piaciuto per Natale, lei mi ha detto che guardavi sempre i teschi e mi ha portato a vederli!”

“Bill… ma non li metterò mai! Non posso andare in giro con degli orecchini simili!”

“lo so! Infatti non ci andrai!” Cathe non capì il senso di quella frase

“gli orecchini sono falsi, non sono quelli autentici di De Grisogono, sono pazzo e farei follie per te e per Sylvia ma non fino a questo punto! Sono di pura e autentica bigiotteria!sei fortunata che gli ho trovati identici, infatti ci sei rimasta male… va beh, l’idea dello scambio è di mio fratello, fosse per me te li avrei presi davvero! Ma sapevo che alla fine ti saresti arrabbiata! comunque il regalo vero è questo!”

Cathe rimase basita di fronte a quella dichiarazione, aveva veramente creduto in quella follia di Bill, nel fatto che le avesse davvero comprato quegli orecchini, sarebbe stata una follia che difficilmente Cathe gli avrebbe perdonato; si sentì mettere in mano un pacchettino più piccolo, sempre della stessa maison.

“spero sia della tua misura!”

Era un anello, il Galuchat nero: era un anello con tutti i significati che può avere un anello.

“lo sai che sono pazzo, completamente matto e entusiasta per tutte le cose; non mi interessa se stiamo insieme da 15 giorni, non credo che una persona abbia bisogno di stare insieme anni prima di regalare alla ragazza che ama un anello; non è un anello di fidanzamento, è solo un semplice anello, per dirti che ti amo! Davvero! Mi conosci, lo sai che sono impulsivo, ma sui sentimenti no! Non voglio che tu ora ti fasci la testa perché ti ho regalato un anello, potevo prenderti una collana o un braccialetto o altro, mi è piaciuto questo è l’ho preso…  cerca solo di capire che tu conti davvero molto per me, e per Sylvia, solo questo! L’anello lo metti anche al medio, così non è all’anulare con tutto ciò che ne deriva…”

Cathe lo zittì con un bacio, lungo e appassionato.

“grazie Bill! Davvero… e comunque lo metto al medio, va bene al medio!”

Forse il ragazzo rimase leggermente deluso da quello, avrebbe preferito di sicuro che Cathe lo infilasse all’anulare, per lui sarebbe stato come dire indirettamente al mondo lei è mia! Ma conosceva Cathe, meglio fare un passo alla volta.

Venne ridestato da Catharina che gli sventolava sotto il naso il suo regalo, con aria abbastanza seducente:

“non lo apri?” Bill non se lo fece ripetere e iniziò ad aprire il pacchettino che gli porgeva Catharina;

era un orologio, molto costoso, che indicava l’ora nelle principali capitali mondiali:

“e poi ti lamenti per il mio regalo! Tu invece un Patek Philippe… comunque bello! Mi piace, non ce l’avevo un orologio…”

“lo so… è per questo che te l’ho regalato, non li metti, e sei sempre in ritardo, così ho pensato di prendertene uno!”

“spettacoloso!” le rispose Bill battendo agitando il polso a cui aveva già infilato l’orologio: “ e l’altro regalo!?” il ragazzo si sporse curioso verso l’enorme pacco che era rimasto abbandonato accanto a Catharina:

“è una scemata, l’ho fatto io!” gli rispose la ragazza sbuffando, per nascondere una certa apprensione per il fatto che potesse non piacergli;

“lascia giudicare a me!” Bill aprì il regalo: era una mega cornice digitale in cui Cathe aveva pre-caricato foto e filmati di lei, Bill e Sylvia, in vari momenti; fece scorrere tutto il ciclatore, le batterie cariche bastavano sicuramente

Per prima vi era la prima foto di Sylvia, scattata appena dopo la sua nascita, che dormiva placidamente;

varie foto di Sylvia e Bill o della piccola con nonni o Tom

Sylvia che si preparava per il primo concerto dei Tokio a cui aveva assistito

Catharina (raggiante) che stringeva la sua Birkin in braccio a Bill (altrettanto raggiante)

L’espressione impagabile di Bill nel backstage dei VMA dopo la vittoria

Cathe e Bill davanti alla cabrio del ragazzo, dopo il giro di pista al Nürburgring

Cathe Bill e Sylvia davanti a un mega pupazzo di neve, nel giardino della casa di Cathe

Il filmato di Cathe e Sylvia in cucina, sorprese da Bill a cantare a squarciagola Toy Soldiers di Martika

Bill e Sylvia con gli stessi vestiti della Diesel

Bill e Tom che insegnano a nuotare a Sylvia

Fecero scorrere tantissime foto, video, filmati: forse la più bella era l’ultima foto, quella scattata in Canada da Tom, a loro tre ignari e addormentati. Bill sorrise dolcemente a Cathe:

“grazie davvero!” le disse abbracciandola, prima di prenderla in braccio e portarla in camera.

 

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Capitolo 18
*** das alles sind wir ***


 

Buonasera a tutte, anzi quasi buona notte, è praticamente l’una! Bene, eccovi un bel capitoletto… eheh… corto ma non disperate, domani ne arriva già un altro, cioè oggi… boh.. non degeneriamo! Insomma, visto che posso riassumere le mie ultime due settimane in un catartico 28 di tecnica (per fortuna passato sto maledetto esame!) bene… mi è tornato lo schizzo dello scrittore… indi….  Buona lettura a tutti!!!

 

Ps… grazie delle recensioni

 

Pps… occhio al salto temporale, siamo un anno dopo rispetto al capitolo precedente (l’ho fatto per avere maggior licenza poetica!!)

 

 

31  dicembre 2009

 

Un anno

Trascorso … passato … volato.

Un anno in cui erano cambiate moltissime cose

Era uscito il terzo album dei Tokio, c’erano stati due tour, uno prima dell’uscita e uno dopo.

Due tour stancanti, a tratti massacranti, a volte frustranti  per tutti i componenti della band e dello staff: perché se già è difficile reggere un tour e un disco in uscita, il tour che segue un terzo album è ancora più insidioso. Perché è il terzo album di per sé insidioso.

Perché tutti si aspettano conferme e innovazioni, vogliono canzoni nuove ma aderenza allo stile dei Tokio, vogliono cambiamento e tradizione, vogliono esibizioni spettacolari ma non spettacolo fine a se stesso.

Ecco perché con il primo va tutto bene, l’album di debutto serve appunto a lanciarti; il secondo poi si vende da solo, sull’onda del successo del primo; il terzo... beh devi dimostrare quello che vali, devi riuscire a trasmettere al pubblico ciò che sei veramente, dirgli ecco, questi siamo noi!

E i Tokio ce l’avevano fatta. 

Avevano dimostrato di essere rock, non pop.

Di essere quattro, uniti, con la stessa voglia di sempre di suonare e fare musica

E un conto in banca decisamente rimpolpato che certamente era un ottimo stimolo per qualsiasi progetto.

 

 

 

Progetto che nella mente di Bill erano Catharina e Sylvia, erano lui, Catharina e Sylvia come una vera famiglia.

Erano ormai insieme da 384 giorni, Bill li aveva contati per buona pace di Cathe che odiava quel genere di “smancerie”: gliel’aveva proprio detto in faccia al ragazzo quando Bill le ricordava i giorni trascorsi insieme; per Cathe erano stati 384 giorni di assoluta felicità che le avevano completamente sconvolto la vita, perché il loro rapporto era a tre, era particolare e complicato, era ancora più difficile da gestire se si vive separati o su un tour bus.

E in varie occasione, nei cinque complessivi mesi di tour, il loro rapporto era vacillato.

Non tanto per loro due, ma per dicerie e malelingue che in un ambiente di lavoro spesso si creano; se poi l’ambiente è un tour dei Tokio Hotel, le cose si complicano a dismisura.

Il doversi nascondere dai giornalisti, il non potersi baciare tranquillamente neanche nel backstage del concerto, il non potersi a volte nemmeno abbracciare, perché se no chissà cosa ci ricama sopra Bravo, il doversi ignorare, il dover mettere tutto sul piano professionale: né Cathe né Bill riuscivano a sopportarlo.

Alla fine si erano però dovuti arrendere all’evidenza della clandestinità: clandestini nell’andare fuori a cena, già di per sé un evento raro, per di più complicato dal fatto che vi può essere sempre il paparazzo o la fan urlante che ti attende al varco.

Clandestini in vacanza: se vuoi andare in vacanza mai lasciare una traccia del tuo nome su biglietti aerei, prenotazioni, noleggi perché c’è sempre qualcuno che fa la soffiata ad un giornalista (nel migliore dei casi) o su un qualche forum dei Tokio (nel peggiore dei casi visto che la notizia si diffondeva in pochissimo tempo e Cathe e Bill si ritrovavano sommersi da orde di ragazzine urlanti, in preda a crisi isteriche per Bill ed isteria omicida per Cathe)

 

Ed era andato tutto bene finchè non era uscita su Bravo una foto di Cathe e Sylvia, la piccola sulle spalle della ragazza, in giro per Berlino. Con un titolo inequivocabile per chiunque leggesse

 

Ehi Catharina, Wer ist der Vater?

 

Lei rimaneva comunque la figlia di un parlamentare e uomo d’affari quindi era una preda decisamente interessante per i giornali scandalistici.

Soprattutto se la preda ha in spalla una bambina di quattro anni di cui tutti ignorano l’esistenza.

Dall’angolazione della foto vi era una somiglianza incredibile tra Cathe e la piccola e la ragazza non aveva potuto far altro che ringraziare la sua buona stella per aver fatto indossare a Sylvia gli occhiali da sole: puro scrupolo che per una volta si era rivelato quanto meno salvifico, perché il taglio degli occhi della piccola era identico a quello di Bill.

Ne aveva versate di lacrime su quel giornale ed era stato un caso che avesse notato l’articolo: Bravo veniva accuratamente sfogliato solo nelle pagine che riguardavano i Tokio per controllare che nessuno dalla redazione facesse cattiva pubblicità alla band; fortunatamente quel giorno in un eccesso di zelo misto noia, Gustav aveva continuato a sfogliare la rivista: tutti l’avevano solo più sentito esclamare o cazzo e visto correre da Catharina.

Aveva pianto per una buona mezz’ora, torturando la rivista, accartocciando le pagine pur di far sparire quella maledetta foto.

Continuava ad accollarsi la colpa, pensava fosse stato un suo errore, una sua leggerezza. Pianse tutto il pomeriggio tra le braccia di Bill, che cercava inutilmente di consolarla e farle capire che non era assolutamente colpa sua, che lui l’avrebbe protetta, le avrebbe protette.

Era stata forse quella foto che fece maturare in Bill un progetto, ben preciso, che sapeva benissimo che Catharina non avrebbe approvato, non avrebbe accettato forse.

Lo stare veramente insieme, come una famiglia: lui, Cathe e Sylvia.

 

Vivere tutte e tre insieme

 

La prima volta che l’aveva proposto a Catharina si era sentito ridere in faccia: la ragazza l’aveva definita la sua ennesima follia da diva delirante, l’aveva trattato come uno sconsiderato.

 

La seconda volta che Bill aveva intavolato la questione aveva fatto in modo di coinvolgere Tom e Simone, per avere man forte; si era sentito rispondere picche anche quella volta.

 

 

 

 

Anche quel 31 dicembre Bill stava di nuovo cercando di intavolare il discorso casa con Cathe: per la ragazza era l’ennesimo capriccio del compagno, affetto da divismo acuto nei momenti quanto meno inopportuni; in realtà era Catharina ad avere una paura incredibile di fare quel passo con Bill.

Perché significava smettere di  giocare e iniziare a fare la persona “adulta”, in accordo con i suoi 24 anni compiuti.

E lei non aveva voglia di farlo: era sempre stata più matura e più adulta della sua età anagrafica e da quando stava con Bill, di quattro anni più piccolo di lei, aveva riscoperto un certo modo di comportarsi più infantile, aveva rivissuto i suoi vent’anni, si era nuovamente calata nella parte dell’adolescente scanzonata; con l’aggravante di non averli più veramente 20 anni che la pungolava ogni sera prima di addormentarsi e ogni mattino appena sveglia.

Lei, Catharina, quella che non aveva mai avuto paura delle situazioni della vita, quella che bramava di crescere, di essere grande in fretta, che si ritrovava a rimpiangere certe situazioni che non aveva mai vissuto (o avuto voglia realmente di vivere).

Solo che a 24 anni non si hanno le stesse esigenze dei 20, e soprattutto in una ragazza, soprattutto in Catharina era iniziato a ticchettare un certo insistente orologio biologico che la portava a fare i conti con il suo essere “mamma” di Sylvia.

Non lo era e di certo non se ne era accaparrata il diritto in quell’anno passato con Bill e la piccola; forse più che non esserlo non voleva ammetterlo ma nel suo cuore qualcosa era cambiato da quando aveva conosciuto i nonni materni della piccola, che si erano rivelati persone davvero speciali, che l’avevano accettata senza condizioni, tranne quella di amare e difendere la piccola Sylvia come se fosse stata sua.

 

Perdendosi nel filo logico dei suoi pensieri Catharina non si era accorta che Bill era entrato in cucina per darle una mano: quel capodanno era stato organizzato a Berlino a casa di Catharina, più che altro perché era abbastanza grande e spaziosa per ospitare tutti ed era molto più comodo per tutti raggiungere Berlino piuttosto che Amburgo.

Il ragazzo si avvicinò ai fornelli annusando l’aria con fare circospetto  arricciando il naso come un coniglio:

“cos’è sta roba?” chiese con aria indagatoria a Catharina indicando una poltiglia verde che bubblava sul fuoco

“impiccione che fa troppe domande in umido! Controlla se va bene di sale!” gli rispose con un sorriso sghembo Catharina: non sopportava proprio quando Bill compariva in cucina, la metteva in soggezione;

“spiritosa! Adesso ho capito questo grembiule con il teschio!” le disse di rimando il ragazzo

“dai, mi serve per l’aspic di pesce quella poltiglia!”

“ma non è una roba che mangiano i gatti l’aspic?”

“oh Bill ma tu di cucina non capisci proprio nulla! Sparisci o dammi una mano a sistemare! Che tra poco arrivano tutti! Tuo fratello dov’è?” chiese Catharina preoccupata: l’ultima volta che aveva visto Tom era stato circa un’ora prima e il rasta aveva la videocamera in mano, associazione foriera di guai.

“sta documentando qualcosa con Sylvia, e sai che la faccenda mi preoccupa!” le disse il ragazzo abbracciandola e lasciandole un’umida scia di baci sul collo

“anche a me… l’importante è che non faccia come l’ultima volta, com’era già il titolo? Memorie di uno stitico?”

“quello l’hai pensato tu!”

“no Bill, ammettilo mezz’ora di ripresa di lui seduto sulla tazza che parla della sua vita! Per favore! Non mi sembrava un trattato sul bifidus actiregularis , eh ci manca solo più tuo fratello che fa la pubblicità a uno yoghurt!”

“ma se aveva la seggetta abbassata!tu non capisci!” le disse il ragazzo con fare melodrammatico

“no no… dopo un anno di convivenza non con uno ma con addirittura due Kaulitz, capisco capisco!”

“cosa capiresti?” in quel momento Tom fece il suo ingresso in cucina, brandendo la sua fedele telecamera

“capisco di essere circondata da deficienti?! Cosa te ne vai in giro con quella telecamera? Che te ne fai?” gli disse di rimando Catharina

“aspetta, questo è un documentario! Poi lo mettiamo su youtube!” le rispose Tom mentre trotterellava verso il cortile per accogliere Georg , Gustav e Andreas che erano appena arrivati

“sì, dopo Natale in casa Cupiello, capodanno a casa Kaulitz!” Cathe continuava a scuotere la testa mentre scendeva le scale

La scena che vide fu l’inizio del suo peggior incubo: la Audi di Georg era stata trasformata in un deposito di alcolici; ribaltati i sedili della fila posteriore, il bagagliaio era stato stipato con vari superalcolici, due casse di vino e due barilotti di birra da 10 litri.

In quel momento arrivarono Noah e Medina, con la piccola Sophia portata per fare compagnia a Sylvia: subito il ragazzo si affrettò a scendere dalla Golf GTI della matrigna per correre incontro ai Tokio:

“sono commosso! Sembra la succursale dell’Oktoberfest!” disse il ragazzo sfoderando il suo miglior sorriso, mentre aiutava a scaricare la macchina

Catharina nel frattempo si avvicinò all’amica Medina: “sarà un capodanno molto lungo!”, l’altra ragazza non poté che annuire.

 

 

 

 

All’ennesimo rumore di bicchiere infranto che proveniva dal soggiorno, Catharina non poté trattenere un paio di insulti, prima di lanciarsi in una filippica contro l’universo maschile; era in cucina, anzi lei, Medina, Sabine e Daniela si erano letteralmente rifugiate in cucina dopo che i ragazzi, sazi per l’abbondante cenone avevano deciso che non si può concludere l’anno degnamente senza una partita (mezzi ubriachi) a Guitar hero.

“sono deficienti vero?” chiese Cathe sfregandosi gli occhi dopo aver controllato l’orologio, solo le 22 e 24

“tranquilla, sono solo ubriachi!” le fece coro Medina

“non credo, siamo solo al vino e alla birra, non hanno ancora aperto il rum! Ne vedremo delle belle!” aggiunse sconsolata Daniela

Cathe non poté fare a meno di ridere: “dopo che l’anno scorso Tom Georg e Noah si sono messi a rifare il video di What’s my age again dei Blink 182 in giro per il cortile su ad Amburgo… io ho visto di tutto…”

“che figura di merda…” le fece eco Sabine ridacchiando a sua volta; vennero interrotte dal rumore del vetro che si infrangeva e l’urlo di Georg alla volta di Bill –capace!-

Catharina si affacciò in soggiorno per verificare la situazione: una bottiglia di vino in frantumi e il contenuto che si stava spandendo lentamente su tappeto e pavimento; sconsolata ritornò in cucina:

“allora?” le chiese Medina

“Sangria party!” ridacchiò Cathe

“cos’è il sangria party?” le chiese Gustav entrato in cucina in quel momento alla ricerca di qualcosa per pulire “dai ragazze venite in soggiorno così la smettono con la Play!”

Le quattro donne si alzarono, il biondo aveva ragione. Imperterrito pose la domanda di fronte agli altri ragazzi

“cos’è il Sangria Party?”

“vergogna! Si vede che non siete andati a scuola!” scosse la testa Noah, ricevendo in risposta il dito medio da parte di Bill

“il sangria party” iniziò a spiegare Cathe: “dato che da noi la gita dell’ultimo anno era tradizione farla a Barcellona, il sangria party era ciò che si faceva alla sera e si smaltiva di giorno! Più o meno!”

“soprattutto i prof, ecco perché in media in quelle gite ci si divertiva, prof ubriachi, studenti felici!” le fece eco Medina

“oh le superiori, che bei tempi!” Catharina sorrise ironicamente

“per favore, ammetti davanti a tutti cosa facevi a scuola!” le disse Noah “lo so perché me lo raccontava mia sorella, sua compagna di banco!” disse indicando Cathe, spaparanzata in poltrona accanto a Bill

“eh va bene!” disse la ragazza leggermente esasperata:

“lunedì: quadernone ad anelli strategicamente posizionato per mascherare lettura dell’AutoBild o del giornale sportivo!”

“martedì: scambio epistolare con la mia vicina di banco, leggi facevamo finta di prendere appunti, poi in realtà ci facevamo i cavoli nostri, commento su tutto e tutti!”

“mercoledì: programmazione weekend!”

“giovedì: lettura Vanity Fair e Vogue!”

“venerdì: giorno dedicato in quella cacchio di scuola privata alle assemblee di istituto, dove tutti parlano dei problemi del mondo che più o meno vertevano su: Jimmy Choo o Manolo Blahnik? Dior o Chanel? Borussia o Bayern?”

“beh dai che ti lamenti, certo che studiare da voi poco vero?” le fece eco Georg

“per favore, scuola privata? Internazionale pure? E chi studiava?”  gli rispose candidamente Catharina: la ragazza venne interrotta dal posarsi di un boccale vuoto che fece traballare il tavolino su cui era stato appoggiato; Tom era già decisamente ubriaco, ed era solo birra: il ragazzo fissò serio qualche secondo gli altri presenti, quindi iniziò a cantare una canzone goliardica dei Rammstein:

Seid’s freindlich – jawoi!
Seid’s freindlich hob I gsagt – jawoi!
Seid’s freindlich hob I gsagt no amoi –jawoi

Mir kannst no a Weissbier bringa !

 

Gli altri lo seguirono e si unirono al coro

 

Bayern, des samma mir! Jawoi!
Bayern, des samma mir! Jawoi!

Bayern, des samma mir!
Bayern jawoi des samma mir!
Bayern, des samma mir!
Mir samma mir des samma mir!
Bayern, des samma mir,
Bayern und des bayerische Bier!
Bayern und des Reinheitsgebot,
Des is unser flüssiges Brot!

Bayern des samma mir,
Bayern und des bayerische Bier!
Bayern, jawoi des samma mir!
Bayern und des bayerische Bier!
Bayern und des Reinheitsgebot,
Des is unser flüssiges Brot!
Bayern und des bayerische Bier,
Bayern, jawoi, des samma mir!

 

 

La serata degenerò a quel punto, perché dopo Tom che si mise a ballare latino americano (Booomba per essere precisi, ballandolo anche con un certo stile,beh forse si strusciava un po’ troppo addosso a Daniela se vogliamo sottilizzare,ma tutto sommato alla ragazza sembrava non dispiacere), Gustav e Georg ubriachi che si sfidavano a gare impossibili alla Play, Noah e Andreas che avevano deciso di trasformarsi in pupazzi di neve umani, Sabine e Medina che cantavano e urlavano come due disperate, mancavano solo più Cathe e Bill per completare il quadro.

 

 

Cathe era rimasta tutto sommato abbastanza sobria, come Bill: voleva fare un discorso con il ragazzo e anche se poteva non sembrare il momento più opportuno, non voleva sprecare quella serata

Si era resa conto dell’urgenza di dover parlare con Bill quando era andata a controllare Sylvia e Sophia: le due bambine si erano addormentate sul letto di Cathe, dopo aver guardato un DVD;

erano molto tenere insieme, ma lo era soprattutto Sylvia: le vennero in mente i discorsi di Medina e Jutta sull’avere dei figli, sull’avere una famiglia; si ricordò dei consigli di Simone, della sua massima del prendila come viene e vivila: possibile che avesse ancora qualcosa in lei che la bloccava? Che non le permetteva di vivere la sua vita appieno?

Forse era la paura di soffrire, l’incapacità di lasciarsi completamente andare ai sentimenti e ai momenti: pur cercando di nasconderli nel fondo del cuore e della mente, era proprio negli attimi più felici e spensierati, come ad esempio quella serata, che i brutti ricordi ritornavano a galla

Era quando pensava che tutto sarebbe andato bene che Cathe si ritrovava a doversi scontrare contro le sue ataviche paure, contro le ombre che costellavano la sua persona.

Era stato difficile ammettere davanti ai Deling, i nonni materni di Sylvia, quello che lei era realmente: una ragazza che era stata malata di anoressia, che aveva litigato con la propria famiglia al punto di tagliare completamente i rapporti; ma le era sembrata la decisione migliore: affrontare semplicemente la realtà, senza nascondere nulla.

Vera e Gregor Deling l’avevano accettata così per come era, senza preconcetti, senza battutine velenose o rimproveri; l’avevano colpita le parole di Vera, dette con il cuore di una madre:

Catharina, tu sei senza una famiglia, noi siamo senza nostra figlia. Abbiamo però tutte e due in comune una cosa: adoriamo Sylvia e faremmo di tutto per renderla felice. A noi basta questo, vedere nostra nipote crescere serena! Non possiamo impedire che Bill si rifaccia una vita, che costruisca una famiglia per Sylvia.

Io la mia bambina la posso amare e rivedere in mia nipote, e ti confesso che è dura vedere che ogni giorno che passa quella piccola peste assomiglia sempre di più a sua madre, ma sono orgogliosa, davvero, che Sylvia abbia te come riferimento! Tu faresti di tutto per lei, tu fai di tutto… soprattutto anteponi la sua felicità a qualsiasi cosa! E per me è questo che conta!

Cathe l’aveva abbracciata, ringraziandola per quelle parole che le avevano fatto finalmente capire qual era il suo posto e che certamente non doveva sentirsi un di più in quella famiglia.

 

 

Non si ricordava neanche Catharina come le erano venute in mente quelle parole, proprio in quel momento.

Si accorse solo in quell’attimo della presenza silenziosa di Bill alle sue spalle: la stava osservando, attentamente, quasi ossessivamente, voleva carpirne le emozioni, voleva chiederle una cosa ben precisa da quando era scoccata la mezzanotte

Cathe si girò lentamente lasciando a maniglia della porta, abbracciò Bill, perdendosi come sempre in lui:

“Cathe devo chiederti una cosa” il tono del ragazzo era insolitamente neutro, senza sfumature  che potessero farne intuire le emozioni; proseguì:

“saranno più o meno due mesi che te lo chiedo, in modo diretto o velato o romantico… insomma non ho ancora capito però perché tu non voglia venire a vivere con me, perché tu non consideri la possibilità di andare seriamente a vivere insieme io, te e Sylvia! Tanto più che se Jutta decide di lasciare il posto tu potresti prendere il suo e quindi dovresti essere alle calcagna mie e degli altri tutti i giorni! Qual è il problema?”

“Bill non c’è nessun problema… è che mi sembra prematuro!” gli rispose laconica la ragazza

“prematuro? Perché quando giochiamo a fare la famigliola in ferie non è immaturo quello? Cathe… io non ho più voglia di giocare! Ne sono cambiate di cose quest’anno, tra me e te, tra me e i ragazzi, è cambiata la vita dei Tokio come gruppo… abbiamo già fatto un enorme salto che è la conferma sul territorio europeo e su quello americano. Però… voglio farne un altro più grande con te… per favore!”

Cathe fissò Bill negli occhi, ne studiò il profilo, gli occhi, il naso, i capelli corvini sciolti sulle spalle, leggermente più corti come ai tempi di Rette Mich.

“ho paura Bill, ci sono troppe variabili, troppi problemi che potrebbero insorgere alla lunga… io, ho bisogno di capire un paio di cose, e ho bisogno di capirlo da sola! Dieci giorni! Ho bisogno solo di dieci giorni, anche per sapere di Jutta… e poi ti dico!”

La ragazza si sciolse dall’abbraccio e scese in soggiorno, lasciando Bill ad osservarla mentre si allontanava.

 

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Capitolo 19
*** indecision ***


Buona domenica a tutti!!  Ecco qui un nuovo capitoletto: prego preparate l’insulina, o prenotate da dentista per le carie… comunque, dal prossimo si cambia registro! E vi avverto già adesso, quindi…

Cha, ‘sti due sono stati cucinati a fuoco lento, sbollentati, quindi sono pronti per essere mangiati. Beh almeno per il momento sì.

Poi…. Eheh… chi vivrà vedrà!!

ps… premio per chi indovina da che canzone è tratto il titolo del capitolo

Pps… il premio NON sarà un componente dei Tokio, magari… vi piacerebbe eh…anche a me!

 

 

 

 

 

 

Capitolo 19:  indecision

 

 

 

 

 

Per Catharina il primo gennaio era un giorno come tutti gli altri, non sopportava l’idea di cominciare l’anno oziando fino alle due del pomeriggio nel letto, ciò avrebbe significato sottrarre tempo prezioso alla realizzazione dei buoni propositi per l’anno nuovo.

E ne aveva fatti di buoni propositi per il 2010, di cui uno decisamente a breve termine: entro il dieci doveva dare una risposta a Bill, entro il dieci doveva riorganizzare la sua vita in funzione di quella che sarebbe stata quella risposta.

E di quella risposta lei proprio non ne aveva idea.

O almeno faceva finta di non averla: in realtà, dalla prima volta in cui avevano intavolato il discorso convivenza, Cathe si era fatta una scaletta mentale delle prerogative ben precisa.

Che puntualmente cambiava quasi quotidianamente.

Sbuffò per l’ennesima volta ripercorrendo il filo dei suoi pensieri mentre scaricava la terza giro di lavastoviglie di quel primo gennaio. Non riuscendo a dormire si era svegliata abbastanza presto, alle 11 e mezza ( ma considerando che prima delle 6 lei e Bill non si erano addormentati, beh era decisamente presto), aveva caricato una prima volta la lavastoviglie, era andata a correre giusto per inaugurare il nuovo anno all’insegna del cardiofitness, era tornata, si era fatta la doccia, aveva caricato un secondo giro di lavastoviglie, aveva pulito la cucina e ricaricato la lavastoviglie.

Il tutto con un solo pensiero per la mente: che gli rispondo?!

Si voltò pigramente appena sentì dei passi strascicati lungo il corridoio, li riconobbe come quelli di Tom:

“buon giorno Tom!” gli disse con tono allegro, immaginando di ricevere come risposta un sommesso borbottio. Il ragazzo invece si appoggiò allo stipite della porta scorrevole e le sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi, mentre pigramente giocherellava con i suoi rasta portati sciolti. Le lanciò un’occhiata complice: sapeva che Catharina aveva già intuito come avesse trascorso la nottata, o meglio con chi;

“si! Veramente un buon giorno!” annuì il biondo mentre proseguiva verso il frigo alla ricerca di qualcosa da smangiucchiare

“Tommi…non mi devi raccontare niente?” gli chiese ironica Catharina, mentre il rasta si avviava verso il tavolo con una fetta della bavarese all’arancia avanzata dal cenone; si lasciò cadere sulla sedia brandendo il cucchiaio e puntandolo verso Catharina:

“come dice il detto? Chi tromba a capodanno… tromba tutto l’anno!” il rasta le lanciò un ultimo ghigno prima di affondare il cucchiaio nel dolce.

Cathe non poté fare a meno di ridere: “veramente è un detto più generale, del tipo chi fa una cosa a capodanno la fa tutto l’anno!”

“lo so… io infatti mi sono dedicato ad un’attività che spero di fare tutto l’anno!”

“basta che ti togli quella specie di aria da Confucio che aleggia sulla tua faccia! Dai non hai lo stile per fare il santone! Niente Gibson?”

“non ancora, prima lasciami fare colazione! Comunque, avevi ragione!” la rimbeccò il ragazzo mugugnando con la bocca piena

“del tipo?” gli chiese Cathe titubante

“su Sabine!”

“chi?” Cathe era allibita dalla risposta del rasta: “ero convinta che… insomma… Daniela, non Sabine!”

“eheh… sorpresa! Non ha resistito al mio fascino!” le rispose Tom mentre torturava il piercing al labbro “comunque, una gran nottata, veramente! Tu e il mio fratellino?”

Catharina non poté fare a meno di sospirare: si sentiva ancora in colpa per come aveva risposto a Bill la sera precedente, per come aveva ignorato come al solito il discorso, tranne poi finire a fare pace come sempre tra le lenzuola.

Tom la riscosse dai suoi pensieri: “ok, cos’è successo?”

“eh… è successo che stavolta mi ha messo una scadenza!” gli rispose Catharina voltando lo sguardo

“uh miracolo!” esclamò il rasta “cioè?”

“entro il dieci devo dargli una risposta, sull’andare a vivere insieme!”

“e tu?” Tom assunse un’aria sorniona

“E io non so che fare!” Cathe si sedette proprio di fronte e Tom “nel senso da una parte so benissimo che fare e dall’altro canto mi vengono in mente un mucchio di dubbi che non so proprio come dissipare”

“e quindi hai pensato: ma perché non chiediamo aiuto a Tom?” Cathe annuì incurvando le labbra in un ghigno poco rassicurante, il rasta proseguì: “allora cosa c’è che ti preoccupa?”

“in che ordine? Di gravità, cronologico…” Tom la interruppe: “basta che me lo dici! Avanti un po’ di logorrea alla Kaulitz!”

Catharina emise un sospiro stropicciandosi stancamente gli occhi: “allora, tuo fratello è lanciatissimo all’idea di trovare casa insieme e a me andrebbe benissimo, tanto più che sarebbe la soluzione a moltissimi nostri problemi, perché vorrebbe dire non dover vivere in due città separati e i soliti problemi che ne derivano. Ora il punto, anzi i punti sono almeno due!”

“tipo?” la incoraggiò Tom

“non c’è ancora nulla di definito e preciso, quindi non fasciarti la testa, ma Jutta probabilmente molla tutto per stare con la bambina. Nel senso che da production chief passa ad assistant, che poi sarebbe quello che in teoria avrei dovuto fare io quando mi hanno assunto alla Universal; se poi praticamente è un anno e mezzo che faccio il lavoro di Jutta e lei fa il mio, è stato solo a causa della sua gravidanza. Quindi io mi ritroverei a ricoprire a tempo pieno il ruolo di Jutta.”

“beh meglio ancora! Jutta girava sempre con noi e stava ad Amburgo, quello non sarebbe un problema!”

“sì Tom lo so che sarebbe una soluzione quasi perfetta, decisamente comoda, ma ti ho appena detto che Jutta molla tutto perché non riesce a stare dietro al lavoro e alla figlia, ora… visto e considerato che Sylvia verrebbe a stare con me e Bill, mi sembra una specie di suicidio che io prenda il posto di Jutta, perché se lei non ha tempo, meno ancora ne avrei io!”

“calma… tu non sei Jutta, Jutta non è te! Avete due modi completamente differenti di affrontare le situazioni, da quando ha avuto a bambina Jutta si perde in un bicchiere d’acqua…”

“quello lo ammetto anche io, ma il problema è nel tempo che potrei dedicare a Sylvia: lo sai che io sono cresciuta con la babysitter perché mia madre era molto più interessata alla carriera piuttosto che a me… io non voglio fare lo stesso errore, non voglio che mia figlia si ritrovi a sedici anni come è successo a me a pensare che non ha mai avuto sua madre accanto nei momenti fondamentali della sua vita!”

Tom sogghignò all’ultima frase di Catharina, che se ne accorse: “cosa c’è? Cosa ridi?”

“niente, vai avanti dopo ti spiego! Comunque, se tu dovessi fare il lavoro di Jutta, non sarebbe perfetto per te Bill e Sylvia vivere tutti insieme ad Amburgo? Tanto più che qui a Berlino non dovresti venire solo una volta ogni dieci giorno circa? Jutta faceva così!”

“sì, per il resto se ci sono problemi Berlino non è in capo al mondo, due ore di treno e sono giù!”

“ecco vedi, problema risolto!” concluse Tom

“ma mi sembra di fare le scarpe a Jutta, di giocare sporco con lei per prendermi il suo posto!”

“Cathe… è a Jutta che non interessa più avere questo suo posto, lei vuole stare con sua figlia non prendersi dei mal di pancia per una cosa in cui non crede più, se mai ci ha creduto! Jutta te l’ha preparato questo posto, è destinato a te! Eh va beh, dovrai stare qui e non andare a fare il manager in Mercedes… però non mi sembra poi così male!”

“no decisamente no, quindi dici che non perdo Jutta come amica se accetto il suo posto?!”

“noooo… te l’ho detto! Non farmi ripetere le cose!” aggiunse il rasta mentre riempiva con il caffè due mug: “quindi, problema uno risolto! Problema due!”

“i tour?!” gli disse Catharina sogghignando

“mia madre, Vera, tua nonna? Sono in tre… non bastano?” le rispose Tom con sguardo indagatore mentre le porgeva la tazza di caffè

“sì bastano, ma torniamo la discorso di prima: perché Sylvia deve stare tanto tempo senza me e suo padre? Che riferimenti avrebbe mentre siamo via?”

“gli stessi che ha adesso e che ha avuto prima che arrivassi tu! E mi sembra equilibrata, sveglia e intelligente! Ora Cathe, questi più che problemi mi sembrano scuse, sembra che tu non abbia voglia di andare a vivere con mio fratello; che tu abbia paura! Perché?”

Catharina si stupì dell’enfasi con cui Tom aveva pronunciato quel tu: troppa enfasi che mal celava il fondo di verità in quella frase.

Cathe aveva sì paura, ma non tanto dell’andare a vivere con Bill di per sé, ma di ciò che quel passo poteva rappresentare:

“perché sarebbe complicato Tom, perché già così la privacy è zero, abbiamo sempre qualcuno appostato in cortile, per strada, c’è sempre qualche paparazzo, poi da quando sono finita su Bravo con Sylvia ho sempre il terrore; e c’è una cosa che non so se avete mai considerato: l’anno prossimo Sylvia inizia le scuole e Kaulitz è un cognome troppo ingombrante anche in una scuola privata; te lo dice una che è una vita che convive con il suo cognome, che ancora adesso se mi presento tutto mi dicono –oh la figlia del ministro!- quando è più di un anno che ho tagliato i ponti con i miei! Tom ho paura che Sylvia possa passare quello che ho passato io e che passate costantemente voi ogni giorno: non voglio che lei debba chiedersi se le persone che la circondano e le sono amiche lo siano per Sylvia come persona o per il suo cognome.”

“in questo ti devo dare ragione: Kaulitz è un cognome importante e se utilizzasse il tuo sarebbe peggio; cambiarlo adesso con quello di sua madre? Deling?”

“adesso è impossibile: ci si deve rivolgere al tribunale dei minori e verrebbe fuori che è la figlia di Bill! Non lo possiamo fare!”

“beh comunque per quello si aggiusta, ci penserete a tempo debito” disse Tom sospirando “e cos’è che ti spaventa ancora?!”

“che Bill si possa stancare di me e mi lasci!”

“mio fratello non ti lascia! Siete andati tutti e due troppo oltre perché vi possiate lasciare!”

“Tom per favore se litighiamo abbastanza spesso!”

“le persone litigano spesso, qualsiasi coppia litiga, proprio perché siete due esseri pensanti con proprie idee in testa! È normale… tanto vi tenete il muso due minuti e al terzo siete già di nuovo lì appiccicati come due koala –schushami Bill, shono cattiva…- -no Cathe è colpa mia che shono pesshimo!- fate venire il diabete!”

Cathe non poté fare a meno di sogghignare: “non mi imiti bene!”

“lo so… per fortuna, ridurmi come te.. brrr! Comunque Cathe le persone che litigano sono altre: me li ricordo i miei gli ultimi tempi prima del divorzio, gli urli che non c’erano in quella casa, Bill ne aveva il terrore. È per quello che ti dico di stare tranquilla, mio fratello farà di tutto per proteggere te e Sylvia, perché lui c’è passato, ci siamo passati insieme e ti posso assicurare che se è brutto crescere da soli lo è ancora di più crescere sentendo i tuoi che litigano. Quelli tra te e Bill non sono litigi, nessuno ha mai rinfacciato nulla all’altra; sì vi scannate perché siete tutti e due puntigliosi e perfezionisti, ma poi ci arrivate entrambi a capire che sono quisquilie. Cathe dammi retta buttati, come quando hai fatto bunjee jumping e hai vinto la paura dell’altezza e degli aerei. Ti sei divertita? Adesso non hai più paura dell’altitudine?”

La ragazza scosse la testa: “e allora! buttati, prendila come viene, non fasciarti la testa, non scannarti per la divisione dei ripiani del guardaroba e qualunque cosa succeda vivi!”

Catharina non poté far altro che annuire: “posso comunque contare su di te Tom?”

“certo! Ma per che cosa?”

“per tutto! Se ho un dubbio o un problema posso chiedere a te?”

“certo scemina! Vieni qui!” il rasta abbracciò Cathe scoccandole un bacio sui capelli: “se fai soffrire il mio fratellino però mi incazzo di brutto!”

“prometto che non lo faccio soffrire!”

“sarà meglio signorina! Vedi che Tom ha sempre la soluzione ai problemi tra te e Bill?”

Cathe mugugnò in assenso; il rasta aggiunse: “come ti ho convinto?”

“con il qualunque cosa succeda vivila! Me lo dice sempre Medina, più che altro me lo dice sempre da quando sto con Bill, che se ho problemi ogni tanto mi sfogo con lei!”

“e anche stavolta ti sei già confidata con lei?”

“no! Stavolta ho chiesto a te perché ci conosci bene entrambi! Anzi tutti e tre se vogliamo includere Sylvia!”

Tom sogghignò: “sai perché prima mi sono messo a ridacchiare? Per una frase che hai detto, anzi, per un mia figlia che hai detto!”

Cathe alzò lo sguardo verso il ragazzo, sciogliendo l’abbraccio: “ho detto mia figlia?”

il rasta annuì: “e non vuoi andarci a vivere insieme? Ma di cosa hai paura? Che si stufi di te? Impossibile… e dove ne trova un'altra che praticamente malmena Bushido col Vogue pur di difenderlo, accampando la scusa che in quel momento rappresentavi la Universal e non solo la sua morosa?! Credo fosse la realizzazione di un sogno proibito del mio fratellino!”

“non farmelo ricordare ti prego! Che figura…” Cathe si coprì gli occhi con le mani continuando a ridere: “però c’è rimasto male a sapere che stavo con Bill, ha fatto una mezza battuta sul tipo che ero uno spreco!”

“concordo! Sei veramente gnoccona da quando hai messo su quei due chili, più che altro li hai messi in tette!”

“Tom… ma possibile che pensi solo a quello, poi magari usare un altro linguaggio no vero?”

“parla la contessina, quella che dice hello ruttando!”

“modestamente...” ammiccò Catharina, mentre iniziava ad armeggiare con il laptop; Tom alzò gli occhi al cielo:

“già al lavoro?”

“no volevo farti vedere le foto della montagna, devo scegliere quelle per la cornice!”

“ a me piace questa!” Tom indicò la foto usata come immagine desktop: Sylvia in mezzo a Cathe e Bill distesi sulla neve a pancia in giù “ e tu hai paura di tutto questo? Hai paura di vedere quel sorriso sul tuo viso o su quello di Sylvia o Bill? Cathe non scherzare… non sai quanto darei per avere la possibilità di essere come voi tre anche un solo giorno nella mia vita!”

La ragazza si voltò a guardare il rasta che aveva ancora gli occhi sullo schermo: aveva però uno sguardo diverso, ma era cambiato molto negli ultimi tempi Tom, sembrava che anche lui avesse stilato una lista di priorità della sua vita.

Sfruttò il momento di distrazione del biondo per andare a prendere un regalo per lui e il fratello, accuratamente nascosto in un cassetto; lo sporse a Tom:

“cos’è?” il ragazzo rigirava il pacchettino piatto tra le mani

“per te e Bill, te lo porti via una settimana, e quando tornate gli dico che andiamo a vivere insieme!”

“Bill lo sa?” Cathe scosse la testa: “sorpresa… io e Sylvia sfrutteremo la settimana per darci al folle shopping e alle attività costruttive madre-figlia! E inizio a guardare un po’ di appartamenti!”

“brava… mi hai tolto le parole di bocca! Maldive?” il ragazzo esclamò non appena ebbe scarteggiato il regalo: una settimana per lui e Bill.

Inizialmente Cathe aveva programmato la vacanza per i gemelli per cercare di fare ordine nel suo cuore da sola, sperando che in una settimana di distacco forzato le idee le si sarebbero chiarite: alla luce però del discorso fatto con Tom e della decisione maturata la settimana di distacco forzato sarebbe stata perfetta; lei avrebbe sistemato le cose con Jutta e la Universal, Bill ci avrebbe rimuginato una settimana, come un pollo a fuoco lento sullo spiedo, e forse avrebbe imparato che non si mettono scadenze a Catharina.

°*°*°*°

“Sylvia…” Cathe cercava di svegliare il più dolcemente possibile la piccola, ancora placidamente addormentata nel lettino; le aveva promesso che l’avrebbe portata in un posto divertente, rilassante e da cui sarebbe uscita con i capelli più alla moda di tutta Berlino: Udo Walz.

Udo Walz era indubbiamente il miglior parrucchiere di tutta la Germania, un taglio da lui ed eri una persona trasformata, certo non bisognava pensare a quanto sarebbe ammontato il conto, ma Catharina aveva deciso di inaugurare il nuovo anno con un radicale cambio di stile.

 “non voglio alzarmi! Voglio dormire!” disse risolutamente la piccola rigirandosi nel lettino e dando le spalle a Cathe

“dai Sylvietta alzati che dobbiamo andare, è tardino e dobbiamo passare a prendere Sophia e la zia Medina! Dai ti prometto che oggi ti divertirai tantissimo!”

La piccola si girò verso la ragazza strabuzzando un po’ gli occhi: “ma io mi annoio dal parrucchiere: con la nonna non è divertente! Devo stare lì due ore e non ho nulla da fare!”

“questo perché non sei tu che vai dal parrucchiere: oggi ti prometto che ci sarà una ragazza che si occuperà di te e dei tuoi capelli e poi Udo te li taglia come vuoi tu!”

“io voglio i dreads come lo zio Tomi!” la rimbeccò Sylvia

“non puoi avere i dreads, non sono da ragazza, stanno meglio ai maschi! Poi no ti si abbinano con niente nel guardaroba! E non puoi andare in giro con il cappottino Burberry e i dreads!”

“ma io non voglio un taglio da bambina! E voglio tenere i capelli lunghi!”

“li terrai lunghi, Udo ti taglierà i capelli esattamente come vuoi tu!”

“ok!” disse la bimba in tono poco convinto “Cathe… ma tu mi vuoi bene?!”

“certo Sylvia come puoi pensare che non te ne voglia?! Io ti voglio più bene di ogni altra persona!”

“davvero? Allora non mi lasci?”

Il discorso stava prendendo una piega che Cathe non aveva previsto: perché Sylvia le stava facendo quelle domande e soprattutto perché in quel momento

“piccola non ti lascio di certo? Perché dici così? È successo qualcosa?”

“perché non vuoi andare a vivere con il mio papà!?” Sylvia mise il broncio

“Sylvia ma io voglio andare a vivere con il tuo papà e anche con te! Andremo a vivere tutti e tre insieme appena papà e lo zio tornano! Intanto io e te inizieremo a guardare un po’ di appartamenti in giro, sceglieremo quello che ti piace, con una stanza tutta tua che potrai decorare e sistemare come vuoi!”

“allora sì! E posso avere anche un cane?”

“un cane? Eh sì, se c’è lo spazio molto volentieri! Sylvia ma come ti salta in testa che io non voglio andare a stare con te e papà?”

“l’ha detto lo zio Gustav allo zio Georg! Hanno detto che tu hai paura di andare a stare con papà perché ti sentiresti in gabbia: ma noi non abbiamo nessuna gabbia!”

Catharina ridacchiò: “ma lo zio Gustav stava scherzando, e poi sentirsi in gabbia è un modo di dire, nessuno mi mette in gabbia! Lo zio Gustav ha fatto quella battuta perché non sapeva mica che appena papà torna noi andiamo a stare tutti e tre insieme… e poi lo sai che lo zio Gus è geloso del tuo papà!”

“perché è geloso?” lo sguardo della piccola si era nuovamente illuminato anche se Cathe sapeva bene che il guizzo che era comparso negli occhi della piccola era foriero di guai

“perché ho preferito il tuo papà a lui… e lo zio non si è ancora rassegnato all’idea!”

“eh ma hai ragione! Papà è molto più bello di lui! E poi è alto, lo zio Gustav no… anche se gli voglio bene lo stesso!”

“ah… ecco… solo perché ti riempie di regali!” le disse Cathe ammiccante

“sì ma poi è anche simpatico! Ma anche lo zio Georg è simpatico, anche se il mio papà ha la macchina più bella della sua!”

“eh piccola ma la macchina di Georg è più potente!”

“sì ma da grande farò il meccanico e allora aggiusto la macchina di papà che sarà la più veloce del mondo, come quella del signor Mika!”

“eh magari, ora vestiti che siamo in ritardo!” le disse Catharina scuotendo la testa alle parole della piccola.

“Udo buongiorno!!!” dissero in coro Catharina e Medina non appena entrarono nel salone di Berlino Mitte: era il più bello dei saloni di Walz, nonché il primo aperto, con la balconata al piano superiore, area VIP riservata e molto esclusiva

“mie care… vi vedo in forma!” le accolse festante Udo, mentre le faceva accomodare: “e queste due bimbe chi sono?!” aggiunse salutando Sylvia e Sophia che avevano preso posto accanto alle due ragazze

“Sophia e Sylvia!” disse Catharina “beh Sophia la conosci, Sylvia… è la mia figlioccia!”

“wow grosse novità, allora è ufficiale!” Walz rimbeccò Catharina

“bah mi sembravano abbastanza ufficiali i 3 carati al mio dito!” gli rispose Cathe sventolandogli sotto gli occhi l’anello che Bill le aveva regalato l’anno precedente; Walz le bloccò la mano:

“Galuchat nero… mi devi ancora spiegare cosa fa il tuo compagno, perché deve essere abbastanza agiato economicamente…”

“Udo… mi paga anche il parrucchiere… trattalo bene!”

“lo venererò! Allora Sylvia, come tagliamo i capelli alla tua mamma?!” la piccola sorrise mentre si dondolava sui talloni accanto alla poltrona di Catharina

“le facciamo i dreads?”chiese candidamente la bimba: scoppiò una risata tra i presenti

“no piccola, i dreads non sono eleganti! Opterei mia cara per un bob corto destrutturato e un colore molto più caldo, un biondo Charlize?”

“mi affido alle tue cure Udo!” disse Cathe sorridendogli, mentre prendeva in braccio Sylvia

“e a te Sylvia come li sistemiamo i capelli?”  

“voglio la frangia!” affermò risoluta la piccola.

°*°*°*°

La settimana alle Maldive dei gemelli era letteralmente volata, anche perché quella settimana era durata solamente 4 giorni!

Tom non ce l’aveva fatta: dopo le prime due giornate passate da Bill a struggersi all’idea di una risposta negativa da parte di Catharina, il rasta aveva deciso, per la sanità mentale sua, del fratello e degli altri ospiti del resort, di raccontargli del discorso fatto con Cathe, delle paure della ragazza e della decisione maturata.

Bill era partito con la morte nel cuore all’idea che al ritorno la ragazza potesse dirgli di no, che potesse respingerlo e quindi in un primo momento il moro l’aveva fisicamente preso a sberle: per il cantante era inconcepibile che il gemello avesse segreti per lui, soprattutto su un argomento tanto delicato quale il suo rapporto con Catharina.

L’aveva poi perdonato, come sempre, dopo un paio d’ore di brevettato broncio ira funesta: era semplicemente andato da Tom, l’aveva abbracciato e gli aveva comunicato che avrebbero preso il primo aereo il mattino seguente per tornare a Berlino.

Naturalmente oltre al broncio epico di Bill, Tom si era anche sentito un’intercontinentale di insulti da parte di Catharina, inframmezzati a ringraziamenti e singhiozzi di felicità, all’idea che Bill tornasse prima del previsto: per la serie, Dio li fa e poi li accoppia.

-ma li accoppasse anche!- si era ritrovato a pensare Tom mentre scendeva dalla scaletta dell’aereo a Berlino Tempelhof, rimpiangendo i 30 gradi delle Maldive; il rasta era letteralmente imbacuccato nel piumino e malediceva il modo il cui Bill l’aveva camuffato per non farlo riconoscere: Jeans e felpa normali, cuffia di lana nera per mascherare i dreads. Guardava il gemello che percorreva i pochi metri che lo separavano dal terminal a grandi falcate, anch’egli imbacuccato in un normale piumino, ma senza nulla di troppo aderente, maglione e pantaloni normali, niente smalto né trucco, capelli nascosti dalla cuffia CK, le Onitzuka marroni.

A Tom quella del travestimento sembrava un’assurdità, tanto in un aeroporto tutti si baciano e si salutano, sono tutti occupati a recuperare parenti e bagagli, chi vuole che noti un ragazzo che corre incontro alla fidanzata e alla figlia. Lui sì, si sarebbe tolto volentieri dalla pazza folla e sarebbe filato in macchina, scortato da Saki o Tobi o da chiunque Catharina si fosse trascinata dietro.

Bill no, in quel momento bramava di arrivare finalmente oltre le porte scorrevoli del gate degli arrivi, bramava solo di poter rivedere le sue due ragazze, gli unici amori della sua vita.

E le vide. Lo aspettavano appena oltre il nastro che li separava, Sylvia in braccio a Catharina, imbacuccata nel piumino che lo guardava da sotto la frangia con occhi adoranti.

Vide anche la sua Catharina, mozzafiato con il nuovo taglio di capelli, biondissima, con i boccoli morbidi che le incorniciavano il viso.

Lasciò cadere il trolley, tanto ci avrebbe pensato Tom a recuperarlo, e corse loro incontro abbracciandole in un’unica grande stretta.

°*°*°*°

“guai a te se lo rifai!”

Cathe e Bill erano letteralmente spalmati nel letto, l’una tra braccia dell’altro: avevano parlato, discusso, litigato, fatto pace. Nel solito modo in cui facevano sempre pace.

Erano giunti alla conclusione che quei giorni di separazione avevano fatto decisamente bene ad entrambi: perché entrambi avevano fatto una lista delle prerogative della propria vita non influenzati dalla presenza dell’altro

“Cathe perché non mi hai detto subito quali erano le tue paure?”

“perché dovevo capirle anche io, perché tu come sempre l’hai presa con entusiasmo mentre sai che io sulle cose ci rimugino!”

“però potevi parlarne con me, non con Tom”

“ma tu eri una parte in causa, mi avresti in qualche modo convinto e magari io non ti avrei confidato tutte le mie preoccupazioni, magari per paura di deluderti o che tu ti arrabbiassi!”

“Cathe… tu non mi hai mai deluso e credo che non mi deluderai mai! Se ho deciso di passare la mia vita con te è perché sono certo della decisione che ho preso! Secondo te non ho considerato tutti gli aspetti? Compreso quello di Sylvia? Tom mi ha raccontato quali sono le tue preoccupazioni, ma secondo me le supereremo! È un anno che stiamo insieme, non siamo due bambini, si lo so siamo giovani e soprattutto io sono molto spensierato, ma ciò non vuol dire che lo sia anche quando in gioco c’è mia figlia! Lo sono mai stato?”

Cathe scosse la testa: “però devi capire che ho paura!”

“eh lo capisco infatti! Adesso ne hai ancora?”

“no! Adesso non più!”

“bene, allora alzati! E dammi l’anello!”

“Bill ma cosa stai facendo?” il ragazzo si inginocchiò di fronte alla ragazza:

“senti, ti sembrerò ridicolo, ma lasciami fare perché mi sono preparato così il discorso! Cathe… vuoi venire a vivere con me e Sylvia?”

La ragazza si inginocchiò di fronte a Bill, allungò verso di lui la mano, separando l’anulare dalle altre dita:

“sì!”

 

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Capitolo 20
*** our farewell ***


 

Ciao a tutti… imploro umile pietà per il mostruoso ritardo con cui pubblico! Mi vergogno quasi, ma è stato un mesetto bello pieno.

In compenso, per farmi perdonare, vi regalo un bel capitoletto ANGST (ve lo scrivo in maiuscolo così non potete lamentarvi), cui seguirà un altrettanto pesante capitolo!

 

PREMESSA DOVEROSA:  lo scrivo ALL’INIZIO E IN MAIUSCOLO così non potete dire di non averlo letto!

IN QUESTO CAPITOLO si trattano TEMATICHE e COMPORTAMENTI CHE NON VANNO IMITATI

NON VOGLIO DARE IDEE ALLA GENTE: CIO’ CHE FA CATHE NON DEVE ESSERE IMITATO

I ragazzi deficienti come Franz (vedi oltre) esistono!!!

(ne ho conosciuto uno che si è comportato allo stesso modo del simpatico personaggio che incontrerete se decidete di proseguire nella lettura),

se ne incontrate uno così, mandatelo a quel paesello prima che possa farvi del male (parlo per esperienza personale, ci ho messo più di un anno io a uscirne!)

 

 

 

ok… dopo questa specie di paternale (lo so che pensate potevi evitartela, però… non si sa mai!), passiamo ai ringraziamenti

 

la mia sunsetdream grazie a cui ho sempre nuove idee: grazie tesora per le chiacchierate sul msn, per il supporto morale, per le foto carine (lo so che è un aggettivo riduttivo) dei quattro angioletti. Io ti venero mia cara! Non avendo ancora avuto tempo di raccontarti per bene, ti dico solo che dal vivo l’Escalade, anche se in un pietoso colore bianco ghiaccio, è un qualcosa di paurosamente gigantesco e spudoratamente bello. Ho meditato di “prenderlo in prestito” ed inseguire quello nero di nostra conoscenza… vieni anche tu?? Ehehehe

 

la mia billa483: peccato che non riusciamo spesso a sentirci, però ogni tanto compari un po’!

 

martina

 

cami: mia omonima…. Le Cami rullano!!!

 

Chiunque mi ha recensito e chiunque abbia letto  (recensite anche voi mi raccomando!)

 

 

 

 

 

Ah… un’altra cosa: alla fine del capitolo incontrerete un nuovo personaggio, tenetelo d’occhio… ritornerà!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 20: our farewell

 

 

 

Quella giornata aveva tutti presupposti per essere una classica giornata no, e Tom questo lo sapeva benissimo: già s'era alzato con il piede sbagliato, anzi si era decisamente svegliato male perché un raggio di sole l'aveva colpito proprio negli occhi facendogli maledire ulteriormente la propria pigrizia nel non tirare le tende prima di andare a dormire; si era ulteriormente incazzato quando aveva scoperto che l'acqua calda della doccia era finita, segno che sia suo fratello che Catharina erano già svegli da un pezzo: ne ebbe conferma quando sentì le urla dei due proveniva dalla cucina, mentre Sylvia, con l'espressione più corrucciata che può assumere una bambina di quattro anni e mezzo, risaliva le scale del loft dei gemelli.

 

"zio io quei due proprio non li capisco: litigano già di nuovo!" gli disse la piccola passandogli accanto e dirigendosi verso la sua cameretta

 

-la novità del giorno!- pensò Tom mentre cercava una scusa plausibile per Sylvia, come se quella bambina ne avesse bisogno: forse la piccola conosceva meglio di lui la psicologia spiccia di padre e matrigna, ma sopratutto sapeva che quando tirava aria di tempesta era meglio eclissarsi alla svelta, dedicandosi a migliori attività.

 

Tom invece insisteva, sopratutto nell'autolesionismo: aveva deciso che avrebbe risolto l'ennesimo litigio tra Bill e Cathe per la salute mentale sua e degli altri inquilini del complesso residenziale. Perché nel mentre cercavano una casa adatta alle loro esigenza, Cathe e Sylvia si erano trasferite a casa dei gemelli ad Amburgo, naturalmente con il beneplacito di Bill, ma un po’ meno quello di Tom che mal tollerava invasioni della sua privacy da parte della nipote o tanto meno gli schiamazzi su Skype o Messenger della cognata con le sue amiche fino a tarda notte. Perché Catharina aveva la capacità di schiamazzare sul msn: scoppiava a ridere, faceva pernacchie e martoriava la tastiera di quel povero computer disturbando Tom.

 

Quindi, anche quella mattina, aveva deciso di sopportare stoicamente gli ululati che provenivano dal piano inferiore del loft;

 

tanto l'argomento di discussione, lo sapeva benissimo, era sempre lo stesso da settimane a quella parte:

 

dove andare ad abitare.

 

perché sia Bill che Catharina avevano le idee perfettamente chiare su quale fosse il loro ideale di casa, quartiere, arredamento e cucina: peccato fossero agli antipodi l'uno dell'altra.

Ora, per dovere di cronaca, Catharina si era fissata ad andare a vivere in Elbchaussee, zona residenziale per famiglie molto carina e molto tranquilla, comoda alle scuole, ben servita dai mezzi pubblici, insomma la classica ottava meraviglia del patrimonio immobiliare per cui qualsiasi agenzia si sentiva autorizzata a maggiorare il prezzo delle case di un buon 20%.

Bill invece voleva a tutti i costi una casa: indipendente, lontana da qualsiasi centro abitato con più di 100 persone, isolata in mezzo a bucolici paesaggi (testuali parole del ragazzo!), possibilmente con laghetto e stalla fornita di un paio di simpatiche mucche.

Quando Tom si affacciò in cucina, appoggiandosi allo stipite della porta mentre spazzolava svogliatamente i denti,  le urla di Catharina stavano raggiungendo livelli da ultrasuoni:

“Ma certo Bill, le mucche… come dimenticarsi di queste deliziose creature che passano la giornata a ruminare e concimare il cortile: già ti vedo fare il nevrotico perché le meravigliose Michelin della tua altrettanto meravigliosa BMW ne hanno pestata una!”

“quindi tu credi che io non sappia vivere in campagna!” Bill stava assumendo un tono da diva isterica: “ti ricordo che Loitsche è in aperta campagna!”

“e io ti ricordo che non vivevi in una fattoria, tu le mucche le hai sempre viste in distanza!”

“perché naturalmente Monaco centro è piena di mucche! Già neanche Calcutta ne ha tante quante Monaco! ”

“cosa vuol dire… poi non pensi che magari gli sperduti paesini di campagna non sono certo famosi per avere scuole Steineriane? O hai cambiato idea sulla scuola per Sylvia!?”

Tom si intromise nel discorso, agitando lo spazzolino a mezz’aria: “mandate Sylvia in una Steiner?”

La risposta fu un corale: “certo! Problemi?”

“no figuratevi, però fratello su quello ha ragione Cathe, le scuole Steineriane sono di solito in città!”

“ma lo so Tom!” gli rispose sarcastico il fratello: “e casualmente c’è n’è una in Elbchaussee…”

“ed è anche privata!” aggiunse acida Catharina “che non sarebbe neanche male se vogliamo un po’ di privacy!”

Bill non poté fare a meno di sospirare,  ancora una volta le teorie di Cathe si stavano rivelando le più valide e coerenti; venne ridestato da Tom:

“fratello, cognata… è ora di andare! Non ho voglia di sentire anche le urla di David oltre alle vostre, i miei timpani sono già stati stressati abbastanza oggi!”

“no!” urlò Catharina ai gemelli che stavano già defilandosi dalla cucina: “non mi interessa se David in questi giorni ha la luna storta, se ha le sue cose o cos’altro! qui finiamo il discorso! Bill!...” il ragazzo si voltò rassegnato verso la compagna: “programmino della giornata, vado a prendere tua mamma e Vera che vengono su a vedere un po’ di appartamenti e poi se ne trovo qualcuno di carino lo metto in lista per andarli a rivedere con te ok?!”

Il moro mugugnò assente, ben immaginando l’espressione smarrita che il manager dei Tokio avrebbe assunto alla notizia che Cathe l’aveva piantato in asso anche quel giorno.

 

 

*°*°*°*

 

 

“Cathe!” Sylvia richiamò l’attenzione della ragazza dal seggiolino della Mercedes

“dimmi piccola!?” le rispose Catharina in un sospiro

“perché tu e papà non vi decidete a trovare una casa e ce ne andiamo a stare tutti e tre insieme? Voglio bene allo zio Tomi ma io voglio stare con voi due!”

“Sylvia te l’ho già detto perché, finché non troviamo una casa adatta alle nostre esigenze dobbiamo rassegnarci e stare ancora un po’ con lo zio!”

“sì ma né tu né papà vi impegnate a trovarla la casa! Ne vediamo un mucchio ma nessuna vi piace!” disse la piccola risolutamente incrociando le braccia, in una posa molto più adulta dei suoi quattro anni “io mi annoio ad andare tutti i giorni in giro a vedere case!”

Catharina sorrise stancamente, anche lei era ormai snervata per lo sfogliare brochure di agenzie immobiliari, visitare case e appartamenti o fare giri esplorativi dei quartieri di Amburgo alla ricerca del più vivibile per una bambina di quattro anni: “Sylvia ti prego resisti solo più questa settimana, già ho praticamente convinto papà ad andare a vivere in un bel quartiere immerso nel verde, bellissimo, tranquillo, e prendiamo anche un cane!” sapeva benissimo che il cane più che un arma di ricatto nei confronti di Sylvia si sarebbe presto trasformata in un’arma a doppio taglio per lei

“un cane? Davvero?” gli occhi della piccola si illuminarono all’idea di avere finalmente un cane tutto per sé: “davvero davvero Cathe?”

“promesso ma tu devi fare la brava, solo più questa settimana, intanto vengono su le nonne e ti diverti anche di più, e poi ti porto qualcosa da Berlino, ci devo andare entro questo weekend!”

“devi di nuovo andare a Berlino!? Ma io voglio stare con te!”

“piccola ma devo andare solo per una giornata, non mi fermo neanche per la notte, prendo il primo treno al mattino e l’ultimo alla sera  e sono di nuovo da te!”

“me l’hai promesso! Ricordatelo Cathe!”

“certo piccolina!” annuì la ragazza; la bimba non perse però l’occasione per ribadire la promessa appena fattale dalla matrigna:

“davvero prendiamo un cane?!”

Cathe ridacchiò, la piccola era davvero una Kaulitz: “certo! Quello che vuoi, però solo quando staremo in una casa tutta nostra, non con lo zio che sai che non li sopporta molto i cani!”

“si lo so… ma io voglio un cane come lo zio!”

“Catharina ridacchiò allibita: “cosa vuol dire come lo zio?”

“sì un cane rasta! Come quello che abbiamo visto pelosissimo l’altro giorno con tutte le treccine pulciose!”

Cathe scoppiò a ridere come una disperata, mentre cercava di posteggiare nei pressi della stazione di Amburgo: “guarda che lo zio Tomi non ha le pulci!”

“lo so… ma se avessimo un cane pulcioso gliele attacca e poi sarebbe carino lo zio pulcioso!”

“Sylvia come ti vengono in mente queste cose?” le chiese Catharina slacciando le cinture del seggiolino e prendendo in braccio la piccola

“perché a me starebbe simpatico… e poi voglio anche io i rasta come lo zio, così anche io sarei uguale a lui come lo è papà!”

“Sylvia tu non puoi essere uguale allo zio, papà e Tom sono uguali perché sono gemelli, tu non sei loro gemella… e poi mi offendo, una volta dicevi che da grande volevi essere come me!” Cathe fece finta di essere offesa

“ma io voglio ancora essere come te!tu sei la più bella e la più brava del mondo!”

“uh ma oggi mi stai proprio adulando!”

“no! È vero, le mie amiche hanno sì una mamma, ma io ho te, sei molto meglio di una mamma… tu sei Cathe!”

“Grazie prinzessin!” 

Il cuore di Cathe si riempì letteralmente di gioia per quelle parole, a molti potevano sembrare scontate, ma non per lei: a causa del suo carattere metteva spesso in discussione il suo ruolo per Sylvia e le sue capacità di farle da mamma, pensando spesso che la sua figura forse non le dava riferimenti affettivi stabili; altre volte invece temeva di essere di troppo, temeva di non poter diventare la vera mamma, temeva che Sylvia non l’avrebbe mai chiamata mamma.

E Dio solo sa quanto mi piacerebbe che mi chiamasse mamma

Pensò la ragazza mentre salutava Simone e Vera appena scese dal treno

Le due donne insieme erano veramente una forza della natura, Cathe sapeva che al minimo problema poteva parlarne tranquillamente con loro e che sicuramente le avrebbero dato una mano. Le piaceva soprattutto il rapporto che aveva sviluppato con Vera, di come la donna l’avesse quasi accettata come una figlia e non solo come la matrigna della nipote,  entrambe cercavano  nell’atra una figura persa: Vera cercava sua figlia, la rivedeva negli occhi di Cathe, nei suoi discorsi, nei sogni e nelle confidenze raccontate; Cathe vedeva in Vera la madre che non aveva mai avuto, la confidente e l’amica.

Erano i momenti in cui tutte le certezze della sua vita vacillavano, in cui avrebbe voluto dare un ulteriore calcio al suo passato e probabilmente mollare tutto e vivere una vita tranquilla.

Solo che vivere una vita tranquilla era praticamente impossibile per Catharina, perché non puoi vivere in pace se sei la compagna di Bill Kaulitz, e neanche ufficialmente.

 

 

“perché è complicato!” concluse Cathe allargando platealmente le braccia dal posto guida della Mercedes “perché non puoi andare lì e dire buongiorno sono Bill Kaulitz, questa è la mi compagna Catharina e lei è mia figlia Sylvia e vorremmo vedere un po’ di appartamenti in cui andare a vivere. Diventa molto complicato!”

Simone ridacchiò di gusto all’idea che il figlio entrasse in un’agenzia immobiliare esordendo con quelle testuali parole, non le sarebbe spiaciuto assistere alla scena: “eh va beh, adesso a che nome hai l’appuntamento?”

“Tr?mper, per fortuna gli agenti immobiliari non hanno l’età per collegare i due cognomi!”

“per fortuna!” aggiunse Vera dal sedile posteriore: “allora cara andiamo a vedere case o appartamenti?!”

“misto, vediamo se c’è qualcosa di carino e ad un prezzo abbastanza umano! Non ho voglia di prosciugarmi il conto in banca per una casa!”

“non voglio deluderti ma normalmente la gente lo fa!” aggiunse Simone

“normalmente la gente chiede il mutuo! Ma cosa faccio, vado in banca e dico buongiorno vorrei un mutuo, sa metto su casa con Bill? Così dopo due minuti lo sa mezzo mondo!” le rispose con veemenza Catharina

“può essere un’idea!”

“suicida come idea, Simone! Speriamo solo che oggi ci portino a vedere qualcosa di valido, se no c’è da spararsi!” concluse Cathe mentre parcheggiava di fronte all’agenzia immobiliare. Sylvia scendendo dalla macchina disse a Vera:

“speriamo sì, io mi annoio e voglio andare a stare con papà e Cathe!”

 

 

 

 

“la signora Tr?mper immagino!” chiese con aria baldanzosa il ragazzo sulla trentina dello studio immobiliare: era il classico personaggio che a Cathe non piaceva, non perché fosse maleducato o cos’altro, semplicemente non le piaceva a pelle. Aveva quell’aria troppo arrogante e saputa, quel fare da squalo affamato di affari che Cathe aveva visto fin troppe volte negli occhi di molti collaboratori Universal nonché in quelli dei suoi genitori.

“Buongiorno!” gli rispose con la stessa aria tronfia la ragazza: giusto per ricordargli che la potenziale cliente era lei e che le distanze dovevano essere mantenute: “sono Catharina Tr?mper! Spero non le dispiaccia se ho portato anche le nonne della mia piccola”gli rinfacciò educatamente indicando Sylvia

“no no, si figuri, meglio anzi così possono dare il loro parere, anche perché magari se danno una mano nell’acquisto…”

Come volevasi dimostrare  pensò Cathe lo squalo cerca di colpire!

“non si preoccupi, all’acquisto ci pensiamo io e mio marito!” proprio non sopportava di dover fingere che lei e Bill fossero sposati, ma era inutile: ancora nel 2010 c’erano persone che se non sentivano la parola marito non prendevano in considerazione le donne.

“suo marito non c’è?!” aggiunse con modi affettati il venditore

“a quest’ora è in studio!” soggiunse Catharina assumendo la stessa espressione del ragazzo; non aveva ancora capito come mai l’espressione è in studio facesse aumentare le quotazione di probabile cliente, ma ogni qual volta Cathe pronunciava quella frase magica, seguita da un avremmo intenzione di acquistare almeno dai 250 mq in su, i venditori diventavano a dir poco servizievoli, come se favoleggiassero su questo fantomatico marito.

Se li immaginava i discorsi nella loro mente:  -sarà un avvocato di grido-   - magari è un notaio famoso-  -cardiochirurgo neonatale, di sicuro-  -designer di fama mondiale-

E continuava a non capire il perché il mondo fosse solo apparenza.

 

 

Lo capì al terzo appartamento visitato, anzi più che altro capì il concetto di 250 mq delle agenzie immobiliari: non erano mai i metri effettivi, ma comprendevano di tutto, dal terrazzo al garage. Ma 250 calpestabili no.

“guardi mi spiace interromperla nuovamente!” disse una spazientita Catharina al venditore che stava cercando di magnificare i pregi di un banale appartamento vista tangenziale che non rasentava neanche i 200 mq “ma con 250 mq intendo 250 calpestabili, con doppi servizi, terrazzo e balcone, cucina abitabile, e garage doppio, non posto auto!”

“ma sono abbastanza rari da trovare! E tremendamente costosi!”

“guardi  il prezzo non è un problema, il concetto qui è un altro” disse stancamente Catharina mentre prendeva in braccio una ormai esausta Sylvia: “ha un appartamento, una casa, un loft un qualsiasi cribbio come quello che le ho appena descritto?”

Il ragazzo scosse la testa: “al momento no, sono difficili da trovare sul mercato!”

“beh ne cerchi uno! Se ce l’ha mi chiami, il mio numero ce l’ha!”

 

 

 

*°*°*°*

 

 

Cathe si lasciò cadere sul letto sbuffando e facendo pernacchie con le labbra, per richiamare l’attenzione di Bill; l’aveva ritrovato nella stessa posizione in cui l’aveva scorto prima di andare a fare la doccia: seduto a gambe incrociate sul letto, il laptop sulle ginocchia, lo guardo assente e la mano che guizzava anchilosata sul touchpad. La ragazza si girò sul fianco destro andando a cozzare contro il gomito del moro:

“stai cercando di farti del male?” Bill mugugnò in assenso, mentre Cathe recuperava gli occhiali abbandonati sul comodino: “no Bill così è autolesionismo, immobilienscout 24… non troveremo niente!”

“ah perché per agenzie abbiamo trovato vero?!”  Cathe scosse la testa in diniego, in totale quel giorno aveva visitato più di una quindicina tra case, appartamenti e villette, e nessuna soddisfava i gusti suoi o di Bill; la ragazza controllò distrattamente i criteri di ricerca impostati da Bill:

“Altona? Ma stai scherzando?”

“perché?” le chiese il ragazzo con un sorriso sardonico, mentre si distendeva nel letto: “mi sembrava ti piacesse!”

“ma a te no” gli rispose dubbiosa Catharina

“ma se ci vivo da quasi 5 anni ad Altona, magari se cerco casa in zona è perché mi piace, e perché sarebbe anche comoda per passare a trovare Tom, Georg e Gustav… e poi non c’è una Steiner in Elbchaussee?”

“si ma Bill stavo scherzando non dobbiamo prendere una casa per forza ad Altona!” venne interrotta dall’indice di Bill che le sventolava davanti come diniego:

“non casa… attico oppure loft!”

“di design?!” chiese Catharina con la sua classica smorfia che sottointendeva un ti adoro

“sì… stavo guardando se c’era qualcosa in giro di carino… ad un prezzo umano, prima ne ho visto uno davvero bellissimo, più di 300 mq,  su due piani, terrazza con pavimenti in cotto toscano, vista mozzafiato…”

“a quanto Bill?!” lo sguardo di Catharina si era illuminato

“troppo… 3 milioni e mezzo di euro…” disse il ragazzo in un soffio: aveva riletto più volte la cifra, gli sembrava inconcepibile per un loft, anche se di quella superficie

“cazzo… troppi! Non è giusto!” gli rispose Catharina accovacciandosi meglio al suo fianco e solleticandogli i polpacci con i piedi

“dai dammi un mano a vedere se c’è qualcos’altro di carino… accidenti però vai a scaldare i tuoi piedacci gelidi da un’altra parte!”

“uffi sei cattivo!” gli rispose Catharina strappandogli letteralmente il computer dalle mani; fecero scorrere diverse pagine ma nessuno degli annunci sembrava avere le caratteristiche adatte; ad un certo punto però Cathe si bloccò e cliccò freneticamente su una pagina, emettendo uno speranzoso eccolo!

Bill si affrettò a guardare il monitor, crogiolandosi per qualche secondo nell’ illusione che fosse qualcosa di valido e carino: in effetti lo era, aveva le caratteristiche precise che ricercavano Bill e Catharina, era ampio, ben illuminato e soprattutto comodissimo a scuola e autostrada  per lo studio di registrazione.

Cathe fissava attonita lo schermo, gli occhiali calcati sul naso e una buffa espressione sul volto: almeno così sembrava a Bill, che più che guardare il monitor guardava la compagna. Era da tempo che non vedeva quell’espressione sul suo volto, incredula felice  e spaurita allo stesso momento. Forse l’aveva vista solo quando se l’era ritrovata davanti alla porta di casa a Loitsche alle quattro del mattino, l’espressione tipica dei bambini che stanno combinando qualche disastro più grosso di loro ma che, allo stesso tempo,  assaporano con gusto.

E come quella notte Bill non seppe resistere all’espressione sul viso di Catharina proprio non sapeva resistere: le prese il pc dalle mani e salvò la pagina tra i preferiti, prima di abbandonare il laptop a terra e trascinare Cathe sotto le lenzuola.

 

 

 

*°*°*°*

 

 

“insomma, dopo averlo visto su internet  siamo andati a vederlo dal vivo, ed è veramente meraviglioso come appartamento anzi, chiamiamolo con il suo nome: super attico! Dovete vederlo ragazze è spettacolare, gigantesco, una cucina enorme, per altro della Snaidero, quindi italiana, mica la Schiffini  a cui sono abituata a casa dei gemelli… poi ha pure la sauna, una camera matrimoniale bellissima, un soggiorno gigantesco e una terrazza con vista meravigliosa!”

Catharina stava elencando le prodigiose qualità dell’appartamento che aveva visto su internet alle sue amiche: era dovuta andare a Berlino per la riunione settimanale con i vertici della Universal e aveva colto l’occasione per parlare alle sue amiche dell’attico che aveva visitato con Bill; avevano visitato un altro paio di appartamenti validi per le loro esigenze ma quello le era rimasto particolarmente impresso e naturalmente aveva iniziato a fantasticarci

“o forse ti è rimasto impresso il dopo visione salvifica su internet!” le chiese Sabine con un inequivocabile gesto della mano “non è che oltre alla casa mettete anche in cantiere altro?!” aggiunse ironicamente la ragazza; Catharina la guardò allibita, arrossendo:

“NO! Ti ripeto no…” le rispose arrossendo

“ma ci avete pensato.. ammettilo!” aggiunse Medina

“eh va beh, ma più che pensato è Bill che ogni tanto fa strane battutine, tipo che potremmo anche valutare le tre stanze da letto… non si sa mai… in un futuro…, poi appena finita la frase diventa rosso come un peperone e si eclissa, o se rimane dov’è inizia a diventare nervoso e minimo combina qualche disastro. Tom in compenso ride come un matto, per non parlare di Georg  o Gustav, ma ormai a quei tre mi sono abituata! E comunque in questo periodo non sarebbe proprio il caso di mettere un figlio in cantiere…”

“perché no?” le chiese Medina

“perché ti ricordo che Marzo e Aprile siamo in tour e quindi non me la sentirei proprio di affrontare massacranti viaggi per l’Europa, gravidanza, Sylvia e casa, tutto insieme. Per tacere di David!”

“si in effetti non sarebbe semplice da gestire” le rispose Daniela in tono costernato: “comunque, tornando alla casa, quanto costa la meraviglia?”

“Dani, mio tesoro, lascia che mi riprenda e che si riprenda anche la mia mascella che è caduta quando ci hanno chiesto 790 000 euro!” rispose sarcastica Catharina

“ urca… bruscolini proprio! Ma li vale almeno?!” le chiese la ragazza

“eh forse sì, ma magari anche qualcuno in meno lo preferirei, anche se in quella cifra è compreso doppio garage e spese, ma se magari riuscissimo a far rientrare anche l’arredamento…”

“Cathe per favore parli come se fossi una morta di fame, anzi come se tu e Bill foste dei morti di fame: guadagnate cifre da capogiro, anche se investite i soldi in una casa non è poi così male come investimento!”

“eh lo so, ma tutti nella casa non mi piace investirli, volevo anche tenere qualcosa per Sylvia e poi considera che l’anno prossimo comincia la scuola e se io e Bill siamo in tour magari Simone viene a stare su ad Amburgo per tenere la piccola… magari prendiamo un appartamentino anche per lei e Gordon.”

“chiedere a Tom di acquistare l’appartamento per i suoi sarebbe troppo vero? Va beh che è anche lui un morto di fame…” ridacchiò Sabine

“dai lo conosci,sai che bisogna prenderlo con la luna giusta per fargli queste richieste!” concluse Catharina

“certo che è vero, certa gente è proprio tirchia!” disse Medina “più soldi anno e più fanno i morti di fame!”

“sì sì!” le rispose Cathe: “di fronte a questi pancake di sicuro, sono buonissimi, poi avevo una fame, stamattina non ho fatto colazione pur di aver spazio nella pancia per il brunch, mi mancava questo rito con voi!”

“sei tu che sei fuggita ad Amburgo, ci hai abbandonato per il primo paio di occhioni color caramello che ti hanno conquistato!” le dissero praticamente in coro Sabine e Daniela

“potete biasimarmi?!” chiese a bruciapelo Catharina mentre ingoiava l’ennesimo boccone di pancake grondante di marmellata;

boccone che le andò praticamente di traverso quando sentì una mano appoggiarsi sulla sua spalla e una fin troppo nota voce richiamarla:

“ciao Cathe!”

Oh mio Dio no, fa che non sia lui! Pensò allarmata Catharina mentre brividi freddi le scorrevano lungo la schiena;  la ragazza alzò lo sguardo fino ad incrociare un paio di profondi occhi scuri e un espressione leggermente beffarda, mentre il proprietario della mano, su cui luccicava una fede, la salutava con finta cordialità.

No, ti prego no…. Vattene per favore! Cathe rimase letteralmente paralizzata sulla sedia, la forchetta a mezz’aria; deglutì a fatica per pronunciare uno strascicato saluto:

“ciao Franz!” mormorò la ragazza, impallidendo

“Cathe non mi aspettavo di trovarti qui a Berlino, come stai? Ti vedo in ottima forma, decisamente in carne… eheh, sempre a mangiare vero? Non ti smentisci mai!” le disse il ragazzo ridacchiando, mentre con un cenno indicava il piatto davanti alla ragazza: “comunque,  ti vedo molto cambiata, scommetto che te la passi bene! Sempre dietro a quei quattro ragazzini? ah tu hai sbagliato tutto, dovevi dare retta ai tuoi, guarda peccato che ci siamo persi di vista, mi è spiaciuto che tu non sia venuto al mio matrimonio con Klara, ci saremmo divertiti moltissimo!”

“eh peccato sì!” Catharina era pallida come un cencio e sentiva le sue gambe diventare sempre più molli, come sul punto di svenire;  l’anno passato praticamente lontano da Berlino, lontano dai brutti ricordi, le aveva fatto dimenticare anche la causa dei suoi guai e della sua malattia: quel Franz che era riapparso in quel momento e non aveva perso tempo per rimbeccarla sul cibo e sul fatto che mangiasse, sul fatto che pesasse 48 chili. Cercò di non pensare alla battuta del ragazzo ma piuttosto su una scusa per non averlo più di fronte, un modo per mandarlo via.

“guarda sono abbastanza di corsa, non ho molto tempo oggi Franz, quindi piuttosto ci sentiamo ok?!”

“uh certo, una super manager come te non avrà di certo tempo, dai magari ci vediamo allora! Torno da Klara, non vorrei mai mi dia per perso, la conosci no?! Ci vediamo Catharina! Ragazze arrivederci!”

Le tre ragazze rimasero allibite per il comportamento di Franz: lo conoscevano da molto e sapevano benissimo che era stato la causa dell’anoressia di Catharina, con le sue stupide battute e il suo continuo rimarcare la forma fisica della ragazza.

“che testa di cazzo!” sibilò Sabine: “mi chiedo come facesse a piacerti, è anche brutto! Oltre a essere un pezzo di…”

Medina nel frattempo cinse con un braccio la spalla di Catharina: aveva nascosto il viso in una mano, più che per celare i suoi occhi pieni di lacrime, per evitare di rivedere, anche solo per sbaglio, il viso del ragazzo. Alzò leggermente lo sguardo, fissando il piatto con i pancakes abbandonati: lo allontanò

“ragazze non ho più fame, andiamo per favore ho bisogno di aria!”

 

 

Oltre che di aria Catharina aveva bisogno di restare sola a riflettere: si era congedata in fredda dalle sue amiche, forse troppo sbrigativamente perché le tre ragazze potessero credere che stesse realmente bene, soprattutto psicologicamente;

no, psicologicamente era distrutta, continuava a pensare alle frase dette da Franz, dette con astio, con cattiveria gratuita, con ironia: lei non gli aveva fatto niente, non l’aveva di certo provocato e lui di nuovo, con la sua solita espressione arrogante, le aveva rinfacciato il suo modo di essere.

Aveva passato la restante parte della giornata a camminare , cercando di capire: capire il perché di quella battuta, il perché l’avesse trattata in quel modo, il perché le fosse piaciuto quel ragazzo così arrogante e pieno di sé, con mille difetti macroscopici; che però lei aveva sempre trovato perversamente calzanti su uno come lui; ma anche terribilmente attraenti.

Era la Dickensiana attrazione dell’uomo verso il male: lo sapeva benissimo, eppure, dopo quasi cinque anni, Catharina continuava a porsi la stessa domanda:

E se veramente fossi io quella sbagliata? E se avesse ragione lui?

Le rimbombava in testa come un mantra, come una maledizione; le venivano in mente le immagini di tutto ciò che aveva passato, le sensazioni, le domande che si era posta; di nuovo in quel maledetto undici febbraio: come quattro anni prima, si ritrovava ad un bivio in quel dannato e fottutissimo giorno.

Quattro anni prima il bivio era stato lottare o lasciarsi morire dopo essere collassata, per farla finita ed evitare ulteriore sofferenza.

Undici febbraio: mentre quelle lettere formavano un indistinta parola nella sua mente, Cathe afferrò la borsa e corse in bagno, in modo frenetico cercò lo spazzolino da denti tra le mille cianfrusaglie della pochette.

Scusami Sylvia

Pensò prima di infilare il gambo dello spazzolino in gola

Scusami Bill

Pensò mentre i conati acidi risalivano il suo esofago e la facevano piegare sul lavandino.

 

 

 

*°*°*°*

 

 

 

Quando si sedette al proprio posto sul treno per Amburgo, Catharina si sentiva in un limbo, divisa a metà tra il senso di colpa e il delirio di onnipotenza. Erano ormai passati ormai tre mesi da quando aveva ricominciato: odiava quella frase, le sembrava più adatta a qualcuno che si drogava piuttosto che a qualcuno come lei.

Ma come me… cosa? Un’anoressica depressa?

Le era difficile ammettelo, nel suo inconscio l’anoressia non esisteva, non era tornata a farle compagnia; cercava di negarlo a se stessa tutto ciò che faceva per essere magra.

Negava a se stessa le serate passate in palestra o in piscina per eliminare le poche calorie assunte con la scarsa dieta; negava a se stessa i pasti saltati, negava a se stessa i 6 chili persi nel primo mese e mezzo e gli altri 3 per cui lottava costantemente, la taglia 38 che cominciava ad essere larga per i suoi 39 chili, negava che lo spazzolino, i lassativi, che erano tornati a farle compagnia, e i diuretici che stavano diventando i suoi nuovi compagni.

 Era spesso stanca, a volte si addormentava sfinita sul divano e non aveva capacità di concentrazione; ma più il suo fisico dava segni di cedimento, più lei perseverava nel punirlo. Aveva scoperto quanto funzionassero bene quei farmaci, meglio di qualsiasi lassativo e senza quasi effetti collaterali: sì, a volte aveva accusato qualche capogiro, ma di fronte alle altre persone che la circondavano lo minimizzava con scuse quali stanchezzan insonnia o stress.

Soprattutto cercava di negarlo di fronte a Bill, sdrammatizzava il suo dimagrimento con scuse quasi assurde, come se il ragazzo non si accorgesse delle ossa sporgenti ogni volta che accarezzava il suo corpo.

 Si era ritrovata a pensare che se fosse dimagrita gradualmente né Bill né nessun altro se ne sarebbe accorto.

L’aveva minimizzato anche di fronte  Sylvia quella stessa mattina, e quel pensiero non le aveva dato pace durante tutta a giornata.

Perché Catharina iniziava ad aver paura quando stava con la piccola.

Folle, tremenda  subdola paura che la bambina potesse capire cosa le stava succedendo; che potesse allontanarsi da lei, spaventata dai suoi comportamenti: perché Sylvia era perfettamente cosciente di cosa accadesse quando Cathe si rinchiudeva in bagno.

La guardava con occhi diversi, aveva uno sguardo diverso, per metà indagatore e per metà giudice, come a volerle dire io so.

L’aveva visto quella mattina, quando se l’era ritrovata di fronte dopo che Cathe aveva svuotato nel lavandino la tazza del the: solo due sorsi, niente zucchero, niente dolcificante, solo acqua calda; aveva visto quel guizzo, le era addirittura sembrato che la piccola aggrottasse il sopracciglio nel gesto tipico di stizza che Bill riservava solo nei litigi con lei o il fratello;

io so

E tu non puoi nasconderti

Non poteva farlo, non di fronte all’incapacità di sollevare i 15 chili di Sylvia: era leggera, aveva la struttura fisica del padre, ma quella mattina Catharina non ce l’aveva proprio fatta a prenderla in braccio; appena issata aveva sentito la testa che le girava, una strana sensazione al cuore e il suo intero corpo che la tradiva: riappoggiandola a terra si era sentita trafiggere dall’occhiata della bimba.

io so… perché lo fai Cathe?

-vorrei proprio saperlo anche io Sylvia!- la ragazza fissava la foto sullo schermo del cellulare: si era spesso domandata il perché si stesse rovinando in quel modo; le sembrava semplicemente assurdo, non avrebbe avuto motivi, non aveva motivi per farlo: eppure non riusciva a smettere, non riusciva a confidarsi con nessuno.

Perché farlo avrebbe significato ammettere: ammettere la malattia, ammettere la ricaduta, ammettere di non essere sicura del passo che stava per fare con Bill.

Ecco perché non aveva preso ancora una decisione definitiva sulla casa: Cathe tergiversava, pur essendo convinta dell’attico in Elbchaussee: lo era stata dal primo momento in cui l’aveva visto su internet, e ancora di più dopo che l’avevano visto dal vivo. Bill l’assecondava, forse per paura di metterle premura nella scelta della casa, ma ogni giorno cercava comunque di capire il perché Cathe non avesse deciso.

E per Catharina stava diventando sempre più difficile mentirgli.

 

Stava per rimettere in borsa il suo N71 quando il cellulare si mise a squillare: Bill

Catharina tardò leggermente a rispondere, più che altro per evitare un tono di voce da cui potesse trasparire la sua preoccupazione:

“ohi!”

“Catheee!” la vocina squillante di Sylvia la fece quasi trasalire: certamente non si aspettava potesse essere la piccola all’altro capo del telefono, ma la cosa le fece migliorare decisamente il suo stato d’animo, anche se si rendeva perfettamente conto che appena riagganciato si sarebbe sentita ancora più in colpa;

“Sylvia! Cucciola sto quasi per partire da Berlino, tempo due ore e sono in stazione ad Amburgo, mi venite a prendere?” domanda retorica ma le piaceva sentire l’entusiasta risposta i Sylvia

“certamente! E con la macchina nuova!”

“la macchina nuova?!” Catharina si era scordata che quella sera consegnavano a Bill la nuova macchina, BMW serie 5 familiare, si era finalmente convinto che la cabrio non era di certo adatta per Sylvia anche se la piccola adorava farsi scorrazzare dal padre.

“sì certo! ci porta zio Tomi a prenderla e poi veniamo da te in stazione!” la bimba urlava entusiasta dall’altro capo del telefono, Bill però si fece passare Cathe

“ciao! Tutto a posto? Te ne eri dimenticata vero?”

“no non dimenticata, diciamo che non mi ricordavo!” disse ridacchiando la ragazza, in effetti si era completamente dimenticata, anche perché c’erano stati diversi disguidi in concessionaria e la consegna era stata posticipata di almeno una settimana

“beh in effetti, doveva arrivare giovedì scorso, oggi siamo a venerdì, con quello che l’ho pagata una settimana di ritardo mi sembra esagerato!”

 

Una settimana di ritardo

Quelle parole furono un fulmine a ciel sereno nella mente di Catharina: non badò più alla conversazione con il compagno, la sua attenzione si era focalizzata su quella frase.

Una settimana di ritardo, sette giorni…lei lo realizzò solo in quel momento: in effetti  dovevano arrivarle il giovedì precedente, era rimasta pure contrariata all’idea di dover inaugurare la nuova macchina all’insegna di mal di pancia e crampi alle gambe.

Poi la macchina non l’avevano consegnata e lei non ci aveva più fatto caso al ritardo del ciclo.

Oh merda!

 

 

 

 

*°*°*°*

 

 

 

 

Catharina aveva impiegato ancora una settimana a convincersi prima di fare il test, anzi più che farlo ad acquistarlo; passava davanti ad una farmacia e rallentava il passo, cercando in quei pochi secondi di prendere coraggio ed entrare: coraggio che le era sempre mancato.

Era troppo fragile in quel momento per pensare all’avere un figlio, era spaventata all’idea che ci potesse essere qualcosa dentro di lei; fisicamente sentiva che non ce l’avrebbe fatta: era particolarmente stanca, a volte le mancava il fiato e i capogiri erano la sua compagnia già appena sveglia; continuava a digiunare e si ostinava con massacranti sedute in palestra;

Era cosciente che se fosse stata realmente incinta, sarebbe stato deleterio per il bambino, ma ciò nonostante continuava.

Perché non era sicura di nulla, né dell’essere incinta, né di come avrebbe reagito Bill, né se lei avesse realmente voluto quel figlio.

Perciò tergiversava.

Era seduta sul lettone matrimoniale ancora sfatto, rigirava tra le mani la scatoletta rosa che era corsa ad acquistare non appena Bill era uscito per andare ad un’intervista, solo lui, per una volta Tom era rimasto a casa;

non lo sentì neanche salire le scale, si accorse della presenza del rasta solo quando vide aprirsi la porta della stanza: temendo fosse Sylvia, Catharina nascose furtivamente la scatola sotto il piumone, per evitare imbarazzanti domande della piccola; non fu però abbastanza veloce per evitare l’occhiata curiosa di Tom: il ragazzo rimase sulla porta con un sorriso stranamente tenero sulle labbra, quasi dolce, aggettivo incosueto se associato al ragazzo:

“cosa nascondi? Regalo per mio fratello?”

Cathe non poté fare a meno di sospirare, mentre si accoccolava a gambe incrociate sul letto, cercando di scomparire nell’enorme tuta da casa della Gap

“in un certo senso…” gli rispose tentennando la ragazza

“fai vedere allo zio Tomi cosa hai comperato…” il rasta le si avvicinò con aria sorniona

Zio Tomi… bravo! Hai centrato in pieno l’argomento pensò Catharina

La ragazza semplicemente gli porse l’astuccio, abbassando lo sguardo. Tanto si immaginava benissimo l’espressione del rasta: stupita, sconvolta, forse meravigliata, magari anche contenta; sentì il ragazzo sedersi accanto a lei e cingerle le spalle con un braccio:

“quanto hai di ritardo?”

“17 giorni…  è una settimana che sto cercando di fare il test ma non ho coraggio!” rispose la ragazza in un soffio

“Bill lo sa?”      touché pensò Cathe mi conosci proprio bene ormai!

“non gliel’ho ancora detto… ho paura di dirglielo…”

“tanto se sei incinta glielo devi comunque dire… quindi trova il coraggio e fai questo test… ma perché voi donne dovete essere così titubanti?! È la cosa che forse volete di più al mondo, e quando arriva il momento vi mettete a fare scene degne di una telenovela brasiliana!”

Catharina ridacchiò: “sei molto d’aiuto così…”

“cerco di spronarti…” il ragazzo le strofinò il braccio per sottolineare le sue parole: “credo che a Sylvia non spiacerebbe un fratellino o una sorellina!”

“adesso sarebbe troppo un macello, siamo a metà tra due tour e non abbiamo ancora deciso per la casa…”

Tom si alzò in piedi e le si parò davanti: “così vi deciderete!Cathe mi ricordo quando mio fratello mi ha detto che stava per arrivare Sylvia: era sgattaiolato in camera mia in piena notte, svegliandomi… mi aveva tirato via il piumone e si era accoccolato contro di me; mi ricordo che mi disse –Tomi ho combinato un casino- so che l’avevo guardato malissimo e poi mi ero accorto del suo sorriso estasiato, da un’orecchia all’altra –Sylvia è incinta…- era scoppiato a piangere, rideva e piangeva nello stesso momento, io so di avergli risposto che sarebbe stato un ottimo padre… e avevo pienamente ragione…”

“come sempre…” lo interruppe ironicamente Catharina

“quello è scontato…comunque credo che il punto qui sei tu, non Bill… se, come dice qui, comparissero due barrette rosse cosa faresti?”

Cathe prese un profondo respiro: si vide praticamente passare gli episodi salienti della sua vita, ebbe la stessa sensazione avuta quando Bill le aveva detto la prima volta di Sylvia, uno strano flash forward; si alzò per riprendere il test che aveva ancora in mano Tom;

“probabilmente urlerei come una matta e… piangerei, e riderei… e non so…!”

Il rasta l’abbracciò: “vado sotto a controllare Sylvia, se urli voglio che ti senta persino mia madre a Loitsche!”

Catharina ridacchiò mentre lo superava per raggiungere il bagno.

 

 

 

 

 

Scese dopo mezz’ora abbondante: con un braccio reggeva il cesto dei panni per l’asciugatura rapida nella seccatrice condominiale, molto più capiente e potente della sua; nell’altra mano il test;

sapeva benissimo che Tom l’attendeva al fondo delle scale: era fin troppo prevedibile che non sarebbe mai salito a cercarla, su certi argomenti era timoroso, quasi pudico; aveva abbassato lo sguardo per celare la punta di orgoglio nei suoi occhi

“probabilmente hai raggiunto gli ultrasuoni, ecco perché non ti ho sentita...” ridacchiò il ragazzo, solo in quel momento alzò gli occhi ad incrociare quelli di Catharina: rossi e gonfi di pianto, un’espressione tirata sul viso pallido, quasi sofferente, le labbra leggermente violacee;

“ti senti bene?” le chiese il rasta avvicinandosi

Cathe sospirò profondamente: in effetti in quel momento si sentiva malissimo, la testa le girava e si sentiva come un peso sullo sterno; appoggiò il cesto a terra  per dare a Tom il test

“negativo… non sono incinta!” gli rispose laconicamente

Il biondo sospirò amaramente, poteva solo immaginare come si sentisse Catharina in quel momento, ma anche a lui spiaceva fosse negativo: era un periodo abbastanza brutto per Cathe e aveva sinceramente sperato che lei fosse incinta; il bambino sarebbe stato uno sprono, magari sarebbe tornata a sorridere.

Magari sarebbe tornata a mangiare

Perché se Bill faceva finta i non accorgersene, per paura che Catharina fosse malata, Tom se ne era accorto benissimo: temeva realmente che fosse ricaduta nell’anoressia.

Un profondo sospiro della ragazza lo ridestò dai suoi pensieri:

“sarà per il prossimo mese…” gli disse laconicamente Catharina

Tom annuì: “beh certo, però mi raccomando, vai dal medico, è strano il tuo ritardo… ma sei sicura di stare bene?!”

“benissimo! Mai stata meglio!” gli rispose Cathe con un sorriso forzato, mentre riprendeva la cesta dei panni: “vado ad asciugarli… porto Sylvia con me!”

Mentre Catharina e Sylvia sparivano dietro la porta, Tom non potè fare a meno di sospirare

“se lo dici tu di stare bene…”

 

 

 

*°*°*°*

 

 

“non ce la farai mai, ti scopriranno prima che tu riesca ad arrivare al parcheggio! È violazione di domicilio, se scavalchi questa recinzione ti possono anche mettere dentro!”

Erika non badò alle parole delle sue amiche: per i suoi 17 anni si voleva regalare un sogno e magari anche una piccola rivalsa sulle sue amiche che credevano che non sarebbe mai stata in grado di entrare nel residence dove abitavano i gemelli.

Aveva una smodata passione per Tom, a detta di molti; una venerazione immeritata a detta di altri; un’infatuazione passeggera a detta dei suoi genitori; a detta sua era semplicemente amore.

Un amore particolare, fatto non da frasi degne dei cioccolatini, tag disegnate sul diario o poster attaccati ad un muro; era un amore cresciuto piano, giorno dopo giorno, nato già ai tempi dei Devilish: più che per Tom dei Tokio Hotel era per Tom il rasta di Loitsche; sapeva che sotto quella corazza mediatica che si era costruito in realtà era un ragazzo semplice, per cui Erika non si era intimorita e aveva deciso che l’avrebbe conosciuto.

O almeno avrebbe fatto una foto davanti all’Escalade, giusto per far morire di invidia le sue amiche.

Dall’alto del suo 1,79 , stessa altezza di Tom per cui ne andav fiera, iniziò a scvalcare la recinzione quando venne richiamata dalle sue amiche che le indicavano una ragazza con una bambina che passavano nel cortile:

“prego vai adesso che ci sono due persone: quella è gente ricca, non esita un attimo a chiamare la sicurezza o la polizia e tu come glielo spieghi?”

Erika aspettò che madre e figlia passassero ed entrassero nell’edificio basso appena accanto al parcheggio, lontano pochi metri dallo sfavillante Escalade nero parcheggiato proprio davanti al condominio dei gemelli

“Non glielo spiego perché tanto non mi beccheranno!” la ragazzina scavalcò la recinzione: “se avete paura non siete obbligate a stare qui!”

“buona fortuna!” le risposero ironicamente in coro le amiche, mentre Erika si allontanava a grandi falcate verso il fuoristrada

Era certamente un ragazza dall’aspetto non comune: alta per i suoi 17 anni, lunghi capelli neri e occhi grigi prennemente nascosti dietro gli occhiali da vista, rigorosamente Gucci;  intelligente e studiosa a dispetto del suo look dark firmato, grazie alla carta di credito paterna; la si poteva scambiare per la copia al femminile di Bill se si escludeva una smodata passione per macchine, moto e motori in generale, e per l’heavy metal.

Titubò qualche attimo prima di accarezzare il cofano dell’Escalade: la macchina del suo sogno fatto uomo era lì, sotto le sue dita; si voltò verso le sue amiche, lanciò loro uno sguardo di sfida prima di estrarre la macchina foto dalla tracolla e immortalare il fuoristrada. Non si accorse che nel frattempo le sue amiche si erano allontantate appena avevano scorto la bambina, passata nel cortile pochi istanti prima, avvicinarsi ad Erika.

 

Sylvia era rimasta sulla porta della lavanderia, non le piaceva quell’ambiente buio e angusto, con un forte odore di cloro: se vi andava con Cathe preferiva rimanere appena fuori o gironzolare per il cortile; la figura di Erika aveva attirato la sua attenzione: era simile al suo papà ma soprattutto non l’aveva mai vista in giro per il complesso residenziale.

Aveva quindo deciso di scoprire chi fosse, tanto più che la misteriosa ragazza era pericolosamente vicino al fuoristrada dello zio, suo parco giochi di elezione insieme alla Mercedes di Cathe.

 

“ciao! Come ti chiami?” la vocetta gioiosa di Sylvia fece trasalire Erika che si voltò subito, colta in flagranza mentre accarezzava la maniglia del fuoristrada: ci mise un attimo a collegare che la vocetta apparteneva alla biondissima bimbetta ch la stava fisando con occhi curiosi

“sono Erika, ciao!” le rispose titubante la ragazza

“piacere, io mi chiamo Sylvia! In che casa abiti?”

Erika si guardò intorno spaesata, la piccola sembrava molto sveglia a dispetto della sua età: “laggiù!” rispose vaga; aveva la sensazione di aver già visto da qualche parte quella bimba

“non ti ho mai vista per il cortile! Sei venuta anche tu a fare il bucato?”

“ehm… veramente no… tu invece aiuti la tua mamma?!”

“no, Cathe non è la mia mamma, è la compagna di papà!” Sylvia scandì quelle parole con un certo orgoglio

“ e tu comunque non l’aiuti!” puntualizzò Erika sperando che la piccola tornasse dalla matrigna

“no… la lavanderia puzza terribilmente, non mi piace!”

“scommetto però che ti piace questa macchina, o sbaglio?” le chiese Erika

“certo! Perché a te no? Ma perché la stai toccando? Non è mica tua!”

-sagace!- pensò Erika: “Sylvia ma quanti anni hai?”

“quattro  e mezzo! E tu?”

“17 oggi!” disse Erika con orgoglio, venne subito stroncata da Sylvia

“li porti male! Te ne davo almeno due in più!”

“ma non si dicono queste cose… i tuoi genitori non ti hanno insegnato che non bisogna commentare…”  Erika si interruppe quando sentì un rumore sordo provenire dal locale lavanderia, una specie di tonfo a cui seguirono una serie di suoni metallici, come delle scatolette che rotolavano per terra.

Sylvia trasalì e si mise a correre verso il locale chiamando Catharina; Erika la seguì, aveva avuto una strana sensazione: Cathe era riversa per terra, pallidissima, le labbra cianotiche e un livido rossastro sulla fronte, segno che nella caduta aveva battuto contro lo sportello aperto della lavatrice.

La ragazza si chinò per soccorrerla , perfettamente cosciente della gravità della situazione: suo padre era primario di una clinica, i sintomi che presentava Catharina li conosceva perfettamente;

provò a chiamarla un paio di volte, scuotendola leggermente sperando riprendesse conoscenza; si girò verso la piccola per mandarla a chiamare aiuto: Sylvia era rimasta paralizzata dalla paura, accucciata accanto a Cathe

“piccola vai a chiamare il tuo papà, dille che la mamma non è stata bene!” le intimò Erika

“papà non c’è, è uscito…” le rispose balbettante la bambina

“non c’è nessuno in casa?” Erika sperava che qualcuno accorresse in suo aiuto

“c’è lo zio!”

“corri a chiamarlo allora, presto!” mentre Sylvia spariva dalla visuale, Erika cercò di far riprendere Catharina

“ragazza svegliati, fammi il regalo di compleanno! Fallo per tua figlia!”

 

Erika non si rese conto se erano passati minuti o pochi attimi, si senti spostare da parte da un’ombra massiccia, mentre Sylvia iniziava a singhiozzare accanto alla figura

Accanto allo zio

Accanto a colui che la piccola aveva chiamato zio

Tom Kaulitz

“zio?” balbettò Erika, sconvolta per la visione e per le parole della piccola: il ragazzo si girò di colpo, non si era reso conto che la ragazza presente non fosse un’inquilina del complesso

“oh merda!” esclamò il ragazzo, angosciato all’idea che qualcuno avesse appena scoperto di Sylvia

“come zio? Sei suo zio?” Erika lo guardava interrogativa; Tom ribatté arrabbiato, in quel momento era comunque più preoccupato per Catharina che per il segreto riguardo a Sylvia

“sì sono suo zio contenta? E tu chi sei? Una fottuta giornalista? Ma come cazzo hai fatto ad entrare?!”

Erika non si perse d’animo: “non sono una giornalista se è quello che ti preoccupa, pensa piuttosto a lei, dobbiamo portarla in ospedale, cazzo questa è una crisi cardiaca! Mio padre è primario, la portiamo nella sua clinica, è qui vicino!”

Tom non se lo fece ripetere e prendendo in braccio Catharina la portò al fuoristrada: la adagiò sul sedile posteriore ed aiutò Sylvia ad issarsi; Erika fece per allontanarsi ma il rasta la bloccò:

“tu vieni con noi!” le disse strattonandola sul sedile accanto a Cathe.

 

 

 

 

 

 

Ok… che fatica! Per fortuna è finito…

Ve l’avevo scritto nelle prime righe che sarebbe stato angst e che il tema trattato, l’anoressia, NON va PER NESSUN MOTIVO imitato

Spero di non aver turbato la vostra suscettibilità, anche se temo in molti commenti negativi, va beh, preferisco decisamente gli  insulti; l’anoressia esiste, non è solo una moda! l’anoressia il più delle volte è solo la punta di un disagio più profondo.

 

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Capitolo 21
*** ascending... descending ***


Ecco qui, nuovo capitolo!
diciamo che è solo una prima parte, giusto per non farvi rimanere troppo con il fiato sospeso…
enjoy it!!
La canzone è “My skin” di Natalie Merchant: vi consiglio di ascoltarla



Capitolo 21:  ascending…descending





Take a look at my body

Look at my hands
There's so much here
That I don't understand

Your face saving promises
Whispered like prayers
I don't need them
I don't need them

I've been treated so wrong
I've been treated so long
As if I'm becoming untouchable






“Quando hai paura basta che ti rifugi in un posto tranquillo e pensi a cose belle, vedrai che passa tutto!”

Cathe lo ripeteva a Sylvia ogni qualvolta la piccola aveva paura; le aveva spiegato che il posto tranquillo poteva essere la sua cameretta, il piumone del lettone, la mansarda dai nonni o anche un punto recondito nel suo cuore, il posto tranquillo dove conservava i ricordi più belli e felici. Sarebbe bastato pensare a uno qualsiasi di quei momenti e tutto si sarebbe sistemato.

Non avrebbe più avuto paura.

Sylvia non ci riusciva: aveva pure chiuso gli occhietti, strizzando le manine a pugno, pur di allontanare l’immagine di Catharina distesa accanto a lei sul sedile dell’Escalade; ogni volta che li riapriva, però, Cathe era ancora lì, immobile, le labbra sempre più violacee, il viso pallido, le mani fredde.

Le si accoccolò contro, stringendole la vita, mentre con l’altra mano le accarezzava lentamente una guancia: esattamente come avrebbe fatto Catharina con lei.

Sentiva il confuso vociare di Tom ed Erika, quella strana ragazza che aveva conosciuto poco prima: parlavano di ospedale, cliniche, dottori; aveva visto la ragazza armeggiare con il cellulare e chiamare il padre, le aveva sentito pronunciare la parola cuore seguito da qualche parolone molto simile: accarezzò con la manina il petto di Catharina, per poi appoggiarvi sopra la guanciotta paffuta, bisbigliandole piano di non aver paura.

Perché lei ne aveva, così come Tom: Sylvia non aveva mai visto lo zio tanto preoccupato, la mano con cui cambiava le marce tremante, gli occhi riflessi dallo specchietto carichi di paura, mentre guidava infischiandosene deliberatamente dei limiti; perché doveva arrivare il prima possibile, perché doveva rispettare il tacito patto fatto al fratello, di proteggere Cathe e Sylvia quando lui non era con loro.

E Tom sentiva di essere venuto meno a quel patto, di non essere riuscito a proteggere le due ragazze Kaulitz come venivano affettuosamente chiamate in famiglia; perché quando Catharina era stata male, lui era spalmato sul divano a guardare insulse televendite, invece di aiutarla: perché sapeva benissimo che in Cathe c’era qualcosa che non andava, che stava male;

sapeva benissimo quanto era dimagrita

se ne era accorto quella stessa mattina quando l’aveva abbracciata, per infonderle un po’ di coraggio e mitigare la delusione per l’esito del test; quelle scapole ossute, le braccia sottili.

E nessuno si era accorto di niente

Si voltò un attimo, giusto il tempo per controllare Cathe e Sylvia, per tranquillizzare la piccola: vide la bimba accarezzare dolcemente la ragazza, sussurrarle piano quanto le voleva bene, per poi accoccolarsi più vicina e prometterle che le sarebbe stata vicina, in una strana e dolorosa inversione di ruoli;

Sylvia non volle allontanarsi neanche quando i paramedici sollevarono la ragazza per trasportarla al pronto soccorso: Tom fu costretto a prenderla in braccio, stringendola a sé per evitare che vedesse le reali condizioni di Cathe, ormai circondata da medici e infermieri.

La vide sparire dietro una porta a battenti, di uno strano e inquietante verde salvia, mentre le stesse persone che prima la circondavano iniziarono a gridare ordini, frasi strane e confuse, parole incomprensibili come non c’è polso, è in arresto oppure è cianotica o ancora dobbiamo intubarla.

Sentì ancora Erika chiedere al padre, primario in quell’ospedale e subito accorso dopo aver ricevuto la telefonata della figlia, di salvare Catharina: il tono supplice di chi sta soffrendo, così in contrapposizione all’occhiata gelida che le scoccò il padre.

Furono ultime parole che sentì, prima che il vociare confuso si calmasse, sparendo al di là della porta del pronto soccorso.

Tom rimase immobile per una manciata di minuti, lo sguardo fisso sulla porta mentre con una mano accarezzava distrattamente la schiena di Sylvia: la piccola aveva appoggiato la testa nell’incavo del collo del ragazzo, lo sguardo frastornato di chi non capisce cosa stia succedendo; si guardava in giro accigliata, per cercare di cogliere particolari che le permettessero di capire:

capire dove fosse Catharina

capire cosa stesse succedendo

aveva timore di chiedere a Tom, così silenzioso e cupo; sapeva che quando lo zio si comportava in quel modo era meglio non stuzzicarlo, anche se in quel momento la piccola colse un guizzo diverso nello sguardo del rasta, capì istintivamente che Tom aveva la sua stessa paura per ciò che stava accadendo a Catharina: allungò la manina per asciugare la lacrima che stava rigando la guancia del ragazzo.

Fu un gesto catartico per il ragazzo, lo costrinse a ritornare partecipe, dissolvendo l’isolamento in cui si era rifugiato:
per non pensare;
per non dover inventare una scusa per Sylvia;
per trovare il coraggio di chiamare Bill.
e non sapeva come dirlo al fratello.

Si sedette su una delle seggiole della sala d’aspetto, facendo accomodare Sylvia su quella accanto; pur essendo nella clinica privata più rinomata di Amburgo, quelle sedie sembravano quelle di un ospedale: fredde, strette, troppo scomode per fare qualsiasi cosa tranne ragionare.

Probabilmente erano progettate apposta come memento,  fatto sta che Tom le odiava;

ad esclusione della sua nascita, era stato solo altre due volte in una clinica: due anni prima, quando avevano operato Bill, e per fortuna era andato tutto nel migliore dei modi;

prima ancora, invece, per la nascita di Sylvia.

E tutto si stava ripetendo esattamente come quel giorno: la corsa disperata in ospedale, i medici che sparivano con Sylvia dietro le pesanti porte della sala operatoria; nessuno che ti dice niente, nessuno che ti guarda in faccia, nessuno che ha una parola di conforto.

Solo che Bill stavolta non era lì con lui

Se ci fosse stato, Tom avrebbe dovuto avere coraggio per entrambi, avrebbe dovuto tirare fuori la forza per asciugare le lacrime del gemello, per confortarlo, per assicurargli che stavolta sarebbe andato tutto bene;

era da solo invece, non riusciva neanche a trovare il coraggio per chiamare Bill.

Non avrebbe saputo come dirglielo

Perché fin che certe situazioni non le vivi sulla tua pelle, non le puoi capire; Tom nel suo egoismo aveva sempre pensato che certe cose accadono solo nei film, non nella vita reale; aveva sempre sperato di non dover chiamare il fratello e dirgli che la ragazza che amava rischiava di morire

Avrebbe voluto fosse qualcun altro a fare quella telefonata, a mandargli un messaggio o qualsiasi altra assurdità.
Sapeva però che se fosse stato qualcun altro ad avvertirlo, Bill non gliel’avrebbe mai perdonata;

lui non se lo sarebbe mai perdonato;

Si sentì strattonare una manica della felpa da Sylvia:
“dobbiamo chiamare papà!” gli disse semplicemente la piccola, mentre gli si sedeva in braccio, aggrappandosi  all’enorme felpa del ragazzo, per cercare protezione, la testa appoggiata al petto dello zio.

Tom la strinse a sé, mentre estraeva il cellulare dalla tasca dei pantaloni: la mano gli tremava, era terrorizzato all’idea di avvertire Bill

Era terrorizzato all’idea di non essere con Bill.




Contempt loves the silence
It thrives in the dark
With fine winding tendrils
That strangle the heart

They say that promises
Sweeten the blow
But I don't need them
No, I don't need them

I've been treated so wrong
I've been treated so long
As if I'm becoming untouchable



Bill era uscito dal locale in cui aveva dato appuntamento per l’intervista di pessimo umore; l’intervistatrice era la classica giornalista iena, con cui è impossibile parlare senza che le tue parole vengano travisate e i fatti raccontati distorti.

L’ultima cosa che avrebbe voluto il ragazzo era la sua vita privata messa in copertina: era stato ben abituato alle interviste concordate da Cathe con Vanity Fair (leggi Sabine, per cui ciò che tu le dicevi di scrivere lei lo scriveva) o con altri giornali in cui la ragazza aveva conoscenze;

ma quella che si era trovato di fronte quel mattino era la classica giornalista in carriera: più copie il suo giornale per teenager vendeva, meglio era per il suo conto in banca; più succulento lo scoop su Bill Kaulitz, meglio era per a sua carriera.

Gli aveva letteralmente sbattuto in faccia le foto che già avevano fatto il giro di Bravo e del web qualche settimana addietro: foto di lui e Cathe in giro per Amburgo, a piedi o con la cabrio;

foto che dicevano tutto o nulla, su cui si poteva ricamare qualsiasi cosa: l’intervistatrice era molto decisa nel ricamarci sopra la sua verità e a poco erano valse le smentite di Bill.

Dunja l’aveva dovuto trattenere un paio di volte dall’insultarla ed era stato un sollievo per entrambi quando avevano congedato la rampante impicciona:

“Dunja, la prossima volta l’intervista la combina Cathe, almeno siamo sicuri di chi ci troviamo di fronte!” le disse il ragazzo con tono esasperato mentre camminavano verso il parcheggio, guardando distrattamente le vetrine

“no no Bill, la prossima volta va direttamente Cathe al posto mio, sono già abbastanza stressata così senza bisogno che ci si metta pure una come quella! Santo cielo, è già tanto che non abbia fatto ricerche su Catharina!”

“ah sì ci mancherebbe solo più di avere alle calcagna i paparazzi; già è difficile così, se ancora ci ritroviamo le telecamere per casa è la volta che ci viene l’esaurimento, o che mio fratello picchia qualcuno sul serio…”

Bill si interruppe appena sentì squillare il cellulare: iniziò a frugare nella borsa mentre Dunja alzava gli occhi al cielo rassegnata mormorando qualcosa su quanto fosse sempre stracolma la borsa del ragazzo;

“ohi Tomi! Ho appena finito, quella donna era di uno stressante assurdo, davvero, pentolino di cazzi suoi proprio no!” era uno dei difetti di Bill, non dava il tempo a chi era dall’altro capo del telefono di proferire anche solo mezza sillaba; 
Bill però si interruppe quando sentì il sospiro di Tom: forse più che un sospiro era stato un Bill strozzato, ma il moro intuì che era successo qualcosa;

“cos’è successo Tomi?” impallidì pronunciando quella frase

Tom prese un lungo respiro, non sapeva neanche lui come dare la notizia a Bill, sperava solo che il ragazzo riuscisse a rimanere lucido quanto bastava a raggiungere l’ospedale:

“Catharina…” il rasta singhiozzò “è stata male, è svenuta e adesso… siamo qui all’ospedale, l’hanno portata dentro, credo al pronto soccorso, non so nulla Bill, ti prego vieni! Scusami scusami Bill!”

Dunja si girò sentendo il tonfo a terra della borsa di Bill: vide il ragazzo tremare, le labbra che si muovevano convulsamente mimando frasi senza senso, lo sguardo fisso e pieno di lacrime:

“Bill cosa è successo? Stai bene?”

Il ragazzo le porse il cellulare, riuscendo a pronunciare solamente uno strascicato Cathe; la donna si fece spiegare per sommi capi la situazione da Tom mentre trascinava Bill verso la macchina: il ragazzo era scosso dai singhiozzi, lo sguardo assente, mormorava continuamente il nome di Catharina.




*°*°*°*




Bill entrò come una furia nell’ospedale, correndo verso il bancone dell’astanteria per sapere dove avessero portato Cathe: il locale sembrava deserto, tranne qualche infermiere e qualche inserviente affaccendati; nessuno si voltò verso lui o Dunja, passavano tutti accanto senza degnarli neanche di uno sguardo;

Bill si guardò intorno, smarrito ed esasperato, alla ricerca di qualcuno che potesse dar loro informazioni: chiese ad un’infermiera che gli passò accanto:

“il pronto soccorso?” la voce rotta dal pianto, Dunja temette seriamente che Bill potesse svenire

“in fondo al corridoio deve girare a destra, c’è l’accettazione!”

Bill iniziò a correre come una furia nella direzione indicatagli, il cuore in gola mentre percorreva quei pochi metri che lo separavano da Catharina; spinse le pesanti porte a battente ritrovandosi in una larga sala: solo a quel punto scorse Tom, seduto su una delle panchette,Sylvia in braccio che gli torturava nervosamente uno dei rasta, mentre lui, la testa appoggiata contro il muro, aveva lo sguardo fisso sulla porta della sala in cui avevano portato Cathe

“Tom!” riuscì a biascicare il moro, il tono di voce flebile; il rasta si accorse solo allora del fratello: si alzò per andargli incontro, sapeva che il fratello in quel momento aveva solo bisogno di sapere cosa fosse successo e di piangere, piangere tutte le lacrime che aveva negli occhi, coccolando Sylvia e facendosi a sua volta coccolare.

Tom lo strinse forte a sé:

“l’hanno portata dentro un’ora fa, sono spariti tutti… nessuno ci dice nulla, non viene fuori nessuno…” venne interrotto da Sylvia: la piccola si era silenziosamente avvicinata ai due, voleva essere presa in braccio dal padre; Bill la prese tra le braccia, facendole accoccolare la testolina bionda nell’incavo del suo collo.

Si sedettero tutti e tre sulle panchette della sala d’attesa, stringendosi in un unico abbraccio:
“Bill scusami è colpa mia, non dovevo farla scendere da sola…” iniziò Tom : “era andata nella lavanderia per far asciugare delle cose, poi non so, è venuta su Sylvia di corsa a chiamarmi che Cathe era stata male, era svenuta… l’ha trovata quella ragazza!” concluse il rasta indicandogli Erika.

La ragazza era stata fin a quel momento appoggiata contro il muro, poco distante da Tom, cercando di eclissarsi, di non creare disturbo: le sembrava di essere di troppo in quel momento; stava ancora cercando di metabolizzare la bravata compiuta intrufolandosi a casa dei gemelli quando si era trovata a soccorrere Cathe, mentre nella mente le rimbombava  la notizia di Sylvia; si era precipitata nella clinica di suo padre, implorandogli di salvare a vita ad una ragazza che neanche conosceva.

E in quel momento era lì, a pregare per Cathe, soffrendo con Bill e Tom, temendo di dover dare spiegazioni al padre; alzò lo sguardo quando notò la figura di Bill avvicinarsi:

“hai trovato tu Cathe?” gli chiese a bruciapelo il ragazzo

“sì… ero in cortile quando ho sentito un tonfo e l’ho vista a terra, ho mandato la bambina a chiamare aiuto ed è sceso tuo fratello, poi l’abbiamo portata qui, mi padre è primario di cardiologia, a me sembrava un infarto… e ho pensato che magari sarebbe stato meglio così..”

“grazie… davvero…ehm..”

“Erika, mi chiamo Erika!” disse la ragazza porgendogli la mano, Bill la strinse con riconoscenza

“grazie…” le rispose Bill allontanandosi per ritornare dal fratello: aveva solo bisogno di sentire la voce di Tom, di nascondersi nella sua felpa, di coccolar Sylvia, cercando nella calma della piccola la forza per andare avanti.





Avevano perso la cognizione del tempo, non sapevano da quante ore erano lì, seduti su quelle panchette; Dunja aveva avvisato Georg e Gustav, ma anche David e gli altri membri dello staff, un po’ per conoscenza e un po’ perché non ci fossero fughe di notizie: la presenza di Sylvia e soprattutto il fatto che Erika avesse scoperto della bambina aveva messo in allarme tutti, in particolare Tom;

il ragazzo si era ritrovato a fissarla in cagnesco un paio di volte e stranamente Erika non aveva mai abbassato lo sguardo ma anzi, l’aveva sostenuto con aria di sfida; Tom le avrebbe volentieri chiesto spiegazioni ma non gli sembrava né il momento né il luogo adatto: era preoccupato quanto Bill per Catharina e dopotutto era stata la stessa Erika a suggerirgli di portarla nella clinica privata del padre.

Si alzò per raggiungere Georg e Gustav, subito accorsi appena avuta la notizia:

“ehi!” gli disse il bassista posandogli una mano sulla spalla: “come va?”

“si è chiuso nel suo mutismo, ogni tanto parlotta con Sylvia, cerca di rassicurarla ma più che altro è mia nipote che rassicura Bill!”

“i tuoi li hai già chiamati?” gli domandò Gustav

“sì, sono partiti subito per venire su, credo venga anche Vera, ma non so come possa reggere!”

“in effetti sarà un duro colpo, è molto affezionata a Cathe!”

“chi non le è affezionato di noi? Comunque ho avvertito anche Noah,  Medina , Sabine e Daniela, stanno venendo su anche loro, Noah era sconvolto…”

“lo immagino…” aggiunse Georg: “ma quella ragazza chi è?” chiese indicando Erika

Tom gli rispose con un sospiro velato di rabbia: “è quella che ha trovato Cathe, non so bene come abbia fatto ad entrare in cortile, mi ha detto Sylvia che l’ha vista vicino alla mia macchina ed è andata a controllare chi fosse, conoscete anche voi quella bambina, è tremendamente curiosa! Cazzo se va a dire in giro di Sylvia siamo veramente nella merda…” il ragazzo si voltò verso Erika , aggiungendo: “comunque dovrà darci qualche spiegazione!”

Il rasta si avvicinò alla ragazza,prendendola da parte:

“che cazzo ci facevi a casa mia?” le chiese malamente

“niente…” gli rispose la ragazza abbassando lo sguardo

“non è una riposta, voglio saper che ci facevi nel cortile, vicino alla mia macchina e soprattutto come hai visto Sylvia!” le ringhiò a bassa voce

Erika prese un profondo respiro, metà dei suoi pensieri erano concentrati su Cathe e l’altra metà sulla bambina; non aveva minimamente pensato che avrebbe dovuto rispondere delle sue azioni:

“senti lo so ho fatto una cazzata, ma…” sospirò, cercando di prendere tempo: “allora, credo di non doverti dire che sono una grande fan dei Tokio e in particolar modo tua, avevo scommesso con le mie amiche che sarei riuscita a fare una foto seduta sul cofano della tua macchina, ti potrà sembrare assurdo ma è così; e non so, ad un certo punto mi sono sentita chiamare dalla bambina e abbiamo iniziato a parlare finché non ho sentito il tonfo di Cathe! Non potevo immaginare che Sylvia fosse tua nipote, ti giuro non lo sapevo… ho fatto una gran cazzata lo so…”

“gigantesca!” aggiunse ironicamente Tom: “non credere di cavartela solo perché tuo padre è primario; se solo parli con qualcuno di Sylvia, non solo ti ritrovi metà degli avvocati di Amburgo contro, ma ti ritrovi me incazzato! È chiaro?!” Tom sottolineò le sue parole spingendo Erika contro il muro e bloccandola con il braccio

La ragazza annuì, senza però smettere di fissare Tom con occhi di sfida: “perfettamente!”

Il rasta fece per voltarsi ma Erika lo trattenne per una manica: “comunque, se avessi voluto rovinarvi vita e carriera, forse non ti avrei fatto portare qui Cathe, ma in un ospedale pubblico, così al primo cambio turno potevi star certo che la notizia trapelava. Questa è una clinica privata, lo sai quanti VIP entrano ed escono e nessuno se ne accorge, men che meno la stampa? Probabilmente sei ancora troppo ingenuo per pensare che al mondo esitano persone che rispettano gli altri!”

“le stesse persone che giusto cinque minuti fa mi hanno detto che si trovavano in un cortile privato, per fotografare una macchina? Io li definisco stalker queste persone!”

“se lo fossi in questo momento avrei venduto l’esclusiva a Bravo, mentre invece sono qui…forse ti potrà sembrare assurdo che una tua fan si interessi della sorte di Cathe! Mi sono sbagliata sul tuo conto, veramente… era meglio se restavi un poster appeso nella mia stanza. La realtà è sempre una delusione!”

Erika fece per allontanarsi quando si girò e si avvicinò nuovamente a Tom, mentre rovistava nella sua borsa: gli sporse la macchina foto: “tienila, così sei sicuro che non vendo l’esclusiva alla stampa!” aggiunse con un ghigno isterico.

In quel momento il padre della ragazza uscì dalla sala emergenza in cui avevano portato Catharina: il volto tirato, rabbuiato.

Era la parte peggiore del suo lavoro: parlare con i parenti

Tom, notando l’espressione sul volto del primario, decise di prendere Sylvia dalle braccia di Bill: in un moto istintivo la mise in braccio a Erika, in modo da poter sorreggere il fratello:

“è il compagno di Catharina vero?” gli chiese semplicemente, con un tono che alle orecchie di Bill suonò fastidiosamente neutro

Il moro annuì, stringendo un po’ più la mano del fratello

“ci sono state delle complicazioni…”



I'm a slow dying flower
Frost killing hour
The sweet turning sour
And untouchable

O, I need The darkness
The sweetness The sadness
The weakness
I need this

I need A lullaby
A kiss goodnight
Angel sweet Love of my life
O, I need this


Ci sono state complicazioni

Complicazioni

Quelle parole continuavano a vibrare come un’eco dolorosa nella mente di Bill, frastornandolo, confondendolo; sentiva le ginocchia cedergli, probabilmente se non fosse stato per Tom sarebbe caduto a terra

“quando l’abbiamo portata dentro era in arresto cardiaco, vuol dire che il suo cuore non batteva, siamo comunque riusciti a rianimarla, ma adesso è intubata, la teniamo sotto sedativi in modo che il cuore possa riprendere la sua normale funzionalità. La ragazza è affetta da un’insufficienza severa, con scompenso pressorio e ipokaliemia. Comunque… dovrebbe farcela, certamente i tempi di ripresa saranno abbastanza lunghi, dipenderanno molto da lei, ed è ciò che mi preoccupa di più.”

Il dottor Olshausen prese una lunga pausa, soffermandosi ad osservare le reazioni di Bill: il ragazzo lo stava fissando con occhi angosciati e sconvolti, mentre torturava nervosamente la manica della felpa di Tom; si era appoggiato al fratello dopo che il medico aveva detto che c’erano state complicazioni. In quel momento gli era sembrato di aver perso tutto, di non aver più ragioni per andare avanti; perché negli ultimi due anni Cathe era sempre stata accanto a lui, l’aveva confortato, spronato, fatto ridere e fatto piangere.

Ma era con lui.

Alzò lo sguardo: “cosa intende con dipende da lei? Non capisco…”

Il primario colse lo stupore negli occhi di Bill: “guardi, credo che i problemi della sua compagna siano dovuti alla sua estrema magrezza, pesa 38 chili…”

“cosa?” Bill lo guardò attonito: “Sì ultimamente è dimagrita molto, ma mi ha sempre detto che era per lo stress  e che pesava sui 44… non 38…”

Olshausen gli pose una mano sulla spalla: “Tutto mi fa pensare ad anoressia, sa per caso se ultimamente vi siano state situazioni che l’abbiano portata alla malattia, qualche fattore scatenante o qualche malattia pregressa che possa…”

Bill lo interruppe con un semplice gesto della mano mentre si sedeva, il medico si accomodò accanto: “Catharina era anoressica, è già stata ricoverata una volta, ma aveva detto che ne era fuori, sì è sempre stata magra ma…” Bill iniziò a singhiozzare, nascondendo il viso tra le mani: “Non mi sono accorto di nulla, perché?”

“probabilmente la sua ragazza ha fatto in modo che non si accorgesse di nulla; è sicuro che fosse uscita dall’anoressia?”

“apparentemente sì, era riuscita a ricostruirsi una vita, perché si era ammalata dopo la fine di una sua relazione, ma ora sono più di quattro anni da quando era stata male, pensavo ne fosse uscita, che il dimagrimento fosse dovuto allo stress per il tour e perché adesso ha un nuovo incarico, io… non…”.
Bill s’interruppe e iniziò a piangere nascosto tra le braccia di Tom, mentre il rasta cercava di confortarlo accarezzandogli dolcemente la testa;

Erano rimasti tutti sconvolti dalla rivelazione di Olshausen, Tom, Georg, Gustav: si guardavano interrogativi l’uno con l’altro, cercando di capire con lo sguardo se mai qualcuno si fosse accorto della ricaduta di Catharina.

Il pesante silenzio che era calato fu rotto da Sylvia: la piccola si fece mettere a terra e andò verso il padre, per essere presa in braccio: Bill la abbracciò stretta, cercando di infonderle coraggio; sapeva benissimo che in realtà sarebbe stata la piccola a infonderne a lui, si sentiva tremendamente a disagio per quell’inversione di ruoli, mai come in quel momento nella sua mente rimbombava il pensiero di essere un cattivo padre.

La piccola gli accarezzò una guancia: “Adesso Cathe guarisce vero?”

Bill sospirò profondamente, non sapeva cosa risponderle: “Sì, ma noi dobbiamo esserle vicini e darle tante coccole!”

“va bene!” gli disse la piccola con un sorriso quasi compito

“e devi essere forte e non fare i capricci, che per un po’ Cathe dovrà stare qui…” aggiunse il moro

“sì… ma stasera viene a casa con noi vero?” la piccola era speranzosa

“no prinzessin…” Bill la guardò con tenerezza, cercando di non mettersi a piangere: “Cathe dovrà restare qui per un po’ di tempo, non può venire a casa, perché deve guarire! Poi quando è tutto a posto torna a stare con noi!”.

Sylvia annuì con veemenza, ma i suoi occhi erano pieni di lacrime, iniziò a singhiozzare: “Ma io voglio andare da lei!”

Bill non seppe risponderle, si girò verso Olshausen, sperando che lui riuscisse a spiegare alla piccola la situazione; il primario intuì la richiesta di aiuto di Bill:

“come ti chiami piccola?”

“Sylvia! Tu sei il dottore di Cathe?”

“sì, senti… facciamo così, oggi Cathe ha bisogno di riposare e stare tranquilla, quindi non puoi andare a trovarla, però domani, se va tutto bene, puoi tornare qui, e Cathe è sveglia e giocherete insieme…”

Era una bugia, detta a fin di bene, ma pur sempre una bugia: Sylvia se ne accorse e si mise a piangere disperatamente:

“io voglio andare da lei, papà voglio andare da Cathe!”

“no Sylvia non piangere ti prego!” le disse il ragazzo tra le lacrime: “Solo per oggi, domani la andremo a trovare…”.

“no! Io voglio andare oggi, voglio andare adesso, voglio la mia Cathe!”

“piccola ti prego…”

“voglio la mia mamma!” gli disse la piccola nascondendo il viso contro la felpa di Bill mentre piangeva.




Do you remember the way
That you touched me before
All the trembling sweetness
I loved and adored?

Your face saving promises
Whispered like prayers
I don't need them
No, I don't need them





Fortunatamente Sylvia si era poi addormentata in braccio al padre, cullata dal suo respiro e dalle rassicurazioni che Bill aveva continuato a bisbigliarle nelle orecchie; quando Simone e Gordon erano arrivati, l’avevano riportata a casa sfruttando il fatto che fossero arrivate Medina e sua figlia Sophia e quindi la piccola avrebbe potuto far compagnia a Sylvia.

Bill era rimasto in ospedale fino a tarda sera: tutti gliel’avevano sconsigliato, dal dottor Olshausen, che l’aveva  rassicurato che avrebbe rispettato la loro privacy e l’aveva piuttosto esortato ad andare a casa con la figlia; a David e Dunja che avevano suggerito sarebbe stato più prudente, in caso vi fossero fughe di notizie;

il moro era però stato irremovibile, rimanendo con Noah e il fratello in ospedale: era riuscito a strappare al primario il permesso di vedere Cathe, anche solo cinque minuti.

La parola anoressia continuava però a rimbombargli nella testa

Insieme alla stessa petulante domanda: perché l’hai fatto Cathe?

Aveva bisogno di risposte.

Bill reclinò la testa contro il muro, sospirando profondamente: “perché l’ha fatto?” chiese più a se stesso che a Tom o Noah

Entrambi lo guardarono smarriti, cercando le parole giuste; Noah gli mise una mano sulla spalla: “la conosci anche tu, in Catharina non puoi cercare delle risposte, non ne ha mai date”

“ma dovevo accorgermene!”

Tom scosse la testa: “ha fatto in modo che nessuno se ne accorgesse, né tu né io ce ne siamo mai accorti…”

“non ce ne siamo voluti accorgere Tom, non me ne sono voluto accorgere… a volte mi faccio schifo, ho un carattere di merda, penso solo a me stesso e non mi sono reso conto che la ragazza che amo per poco non si lasciava morire!” singhiozzò Bill: “se non fosse stato per Erika credo che in questo momento non saremmo qui…”

“Erika è solo una stalker!” proruppe Tom

“Erika ha salvato la vita a Cathe…  non la ringrazierò mai abbastanza!”

In quel momento venne chiamato dal dottor Olshausen; Bill gli si avvicinò:

“posso vederla?!” gli chiese titubante

“sì ma solo pochi minuti, per favore non le crei stress!” gli rispose il primario porgendogli camice e mascherina: “sono obbligatori in terapia intensiva: ho il dovere di avvertirla che è intubata in questo momento, ed è sotto sedativi; è il motivo per cui le ho sconsigliato di farla vedere a sua figlia!”

Bill esitò qualche attimo prima di indossare il camice: “non so come spiegarlo a Sylvia…”

“tu sei Bill Kaulitz vero?” il moro annuì

“non sapevo avessi una figlia…”

“non l’ho mai detto a nessuno, è questo il motivo per cui prima i miei collaboratori l’hanno un po’ assalita… mi spiace le chiedo scusa!”

“no… non devi chiedere scusa, eri giustamente preoccupato per tua figlia; è solo molto strana la situazione…”

“mi considera un pessimo padre vero?”

“un pessimo padre non avrebbe spiegato alla figlia di quattro anni le reali condizioni di sua madre…”

Bill scosse la testa: “non è sua madre, è la matrigna…”

“la bambina l’ha chiamata mamma però…” si interruppe quando notò un sorriso affiorare sulle labbra di Bill:

“è stata la prima volta che l’ha chiamata mamma, Cathe ne sarebbe stata felicissima!”

“ne sarà felice! dovete solo uscirne insieme da questa situazione, non recrimini nulla alla sua ragazza, piuttosto cerchi di capirne i motivi…” si bloccò davanti alla porta della rianimazione:
“solo un paio di minuti e non la stressi, se risponde bene alle terapie è probabile che venga estubata già domani, ma per il momento deve assolutamente stare tranquilla!”

Bill si avvicinò cautamente al letto di Cathe: pallidissima, le flebo nelle braccia, il tubo del respiratore... mai come in quel momento Catharina gli era apparsa indifesa: “la posso toccare?”
Olshausen annuì

Bill allungò una mano a sfiorarle la guancia pallida, il ritmico stantuffo del respiratore di confondeva con i battiti del suo cuore: gli sembrava di vivere al rallentatore, in un mondo ovattato:

“ciao!” le sussurrò, sfiorandole con un bacio la fronte mentre con il pollice le carezzava il dorso della mano: “mi hai fatto prendere uno spavento! Non sai che paura ho avuto di perderti! Se volevi farmi uno scherzo ci sei riuscita…” ridacchiò, mentre una lacrima scura di kajal gli solcava le guance: “non farmelo più! Domani torno con Sylvia, credo stia architettando di portarti non so quale regalo; prima ti ha chiamata mamma sai, non sono mai stato così orgoglioso di lei!”

Bill iniziò a piangere, costringendo il primario ad allontanarlo: “vada da sua figlia adesso! Vada a casa tranquillo, torni domani mattina e vedrà che sarà sveglia!”




*°*°*°*




Bill si distese esausto sul letto, le ginocchia penzoloni da bordo, sprimacciando un po’ il cuscino per trovare una posizione comoda.

La sveglia scandiva le 23:47 e lui era esausto: tornato a casa aveva ancora giocato con Sylvia finché la piccola non era crollata esausta sul divano mentre guardavano abbracciati Madagascar 2.
Adorava guardare quel cartone con Catharina, anche se più che il sequel il suo preferito era l’originale; si rigirò nel letto, portando le ginocchia al petto, in posizione fetale: tutto in quella stanza gli ricordava di Catharina e dopo molte ore si era trovato a sorridere al pensiero della ragazza; era preoccupato ma le rassicurazioni del dottor Olshausen l’avevano tranquillizzato.

Per quello che riguardava l’anoressia, ne era certo, stavolta ne sarebbero usciti:  insieme. Se ne sarebbe fregato dei suoi impegni di lavoro, avrebbe costretto Cathe a dimenticarsi deliberatamente dei propri;

si ritrovò a fissare la foto sul comodino: una delle poche foto che Cathe aveva stampato dopo l’acquisto della cornice digitale; erano lui, Cathe e Sylvia al matrimonio di Daniela e Sabine. 

Era bellissima Cathe in quella foto.

Quando Bill l’aveva vista con quel vestito lungo grigio perla, non aveva potuto far altro che spalancare la bocca meravigliato, lo sguardo quasi stranito; Cathe gli aveva semplicemente sorriso,  dicendogli che sarebbe stata l’unica volta che l’avrebbe vista in Vera Wang.

Sorrise al pensiero di quei momenti; a dire il vero sorrise per la prima volta dopo tante ore: il fatto che Cathe si stesse riprendendo l’aveva tranquillizzato.

Ormai era solo questione di venirne fuori.

Si girò nel letto voltandosi verso la parte di Cathe, mentre stringeva il cuscino; vi era impregnato l’odore dello shampoo, misto a quello del profumo della ragazza.

Miele e cannella

Lo adorava, adorava sentirlo addosso a Catharina, come adorava sentirselo su di se.

Perché Cathe era una che si prendeva prepotentemente gli spazi, nel letto, nel cuore e nella vita.

Ti lasciava il suo odore addosso come un marchio, le sue abitudini come un sigillo.

E non le perdevi: per certi versi erano talmente affascinanti che non si poteva far altro che condividerle.

Sospirò profondamente affondando la testa nel cuscino, rimanendo immobile qualche secondo; fu costretto ad alzarsi quando sentì una specie di suono provenire dalla borsa di Cathe appoggiata su una cassapanca sotto la finestra.

Il ragazzo si mise a frugare dentro: quel suono sembrava quello classico del palmare quando si scarica, un fischio fastidioso che ti costringe a mettere l’apparecchio sotto carica; strideva nel  silenzio della stanza;

Bill cercò nei vari cassetti il caricabatterie, poteva essere ovunque conoscendo Cathe;
appoggiò il palmare sulla scrivania quando non riuscì ad aprirne uno: sembrava che qualcosa l’avesse bloccato, rimanendo incastrato; il moro sbuffò mentre cercava di far scattare il meccanismo: si ritrovò di fronte ad uno strano quaderno, o forse era un diario, con il dorso rovinato per il troppo spessore.

Sembrava il classico diario dei ricordi, molto più di un diario segreto.

Forse troppo adolescenziale per essere di Cathe, ma conoscendola ci poteva stare benissimo. Quella ragazza era una contraddizione vivente: amava le novità e restava attaccata ella cose più tradizionali. Contestava deliberatamente certi modi di fare trovandoli al contempo irresistibili.

Cambiava idea nel giro di cinque minuti, un po’ come Bill, ma era per quello che il ragazzo se ne era innamorato, trovandola così simile a se stesso.

Si risedette sul letto, titubando prima di sciogliere il nodo dei due nastri che cercavano di tenere compatto il diario: andava i pezzi solo a sfiorarlo, gli sembrava impossibile che fosse ancora apparentemente sfogliabile.
Sorrise appena lesse l’intestazione, nella scrittura minuta e tonda di Cathe


Cathe
14 dicembre 2008-

L’aveva iniziato il giorno dopo che si erano messi insieme: era pieno di ricordi, dal biglietto della salita alla Tour Eiffel, retaggio del concerto di Parigi dell’estate precedente, a varie foto con Sylvia;
il tutto inframmezzato dalla descrizione, a volte minuziosa, altre volte sommaria, di situazioni e avvenimenti.
Bill si soffermò a leggerne alcuni: forse era violazione della privacy ma non credeva che Catharina si potesse offendere, dopo tutto non gli aveva mai fatto mistero di aver tenuto un diario per anni, più che un diario segreto un quaderno dove annotava ricordi e sensazioni.

29 maggio 2009:
Bill è tutto matto, questo weekend mi ha portato a Helsinki al concerto dei Nightwish… ma se li odia?!, credo Tom abbia chiamato la croce verde, ed è incazzato perché passa il weekend senza il fratellino. Cmq… io sono troppo felice, per il concerto, per essere a HELLsinki, ci manca solo quel figo di Ville e siamo a posto!

Bill scosse la testa: si era sempre chiesto come a Catharina potesse piacere uno come Ville Valo. Proseguì nella lettura della minuziosa descrizione di Sylvia e Cathe a fare la spesa con la cabrio, con tanto di foto e didascalia a far la spesa in M6;

adorava il modo di scrivere di Catharina, gli sembrava di rivivere quei momenti, gli sembrava di immedesimarsi in lei e nei suoi pensieri, nelle sue aspirazioni, nelle sue paure

15 novembre 2009
Bill è tornato alla carica sulla storia convivenza “seria”, cioè convivenza seria la chiamo io, già viviamo insieme… ce l’ha su che dovremmo trovare una casa tutta nostra, mia sua e di Sylvia.
Ceeeeerto, tanto dopo una settimana ci ritroveremmo Tom alle costole: quel ragazzo non sa vivere senza il fratello, e cmq anche a me spiacerebbe non averlo sempre tra le palle. Ok scassa spesso e volentieri e tiene la casa un macello, ma almeno fa ridere.
Cmq… io non so cosa rispondere a Bill, io non ci ho mai pensato ad andare a vivere con un ragazzo, io e lui insieme da soli. Ho paura, conoscendomi so che mi stancherei dopo pochi giorni, o alla prima cosa che mette in disordine. Poi se ci ragiono è tre mesi che io e Bill viviamo insieme, forse ce la potrei fare.. boh, non so!!!



22 Novembre
Adesso si mette anche Tom, dice che così avremmo più privacy, che Sylvia starebbe meglio, che magari lui avrebbe più privacy! Ma perché i gemelli hanno sempre il cervellino che se funziona, funziona in sincro?

Ah… Jutta vuole mollare tutto… dice che potrei prendere il suo posto… sarebbe un casino!!



10 gennaio

Ho deciso… vado a vivere con Bill!
Ps…  tra un mese esce la nuova classe A…  ha già detto che me la compra, io gli ho detto di comprare una macchina familiare leggermente più parcheggiabile della mia! Per il momento siamo in lotta tra Mercedes e BMW… la Audi la escludo!
Ah… miracolo, forse Andi ha trovato una ragazza… ma io accendo un cero, se questa lo sopporta siamo a posto!



6 febbraio 2010

L’ho trovata! La casa dei miei sogni! L’ho vista su internet ieri sera e oggi pome vado a visitarla: è bellissima, comoda, gigantesca e tutta arancione… un punto a suo vantaggio!



7 febbraio
Ribadisco! È bellissima, è enorme e ha due spettacolari stanze più una terza che si può ricavare… non sarebbe male una stanza in più…” in futuro potrebbe servire”… Bill oggi se n’è uscito con questa battuta un po’ strana… poi è diventato paonazzo e si è eclissato.
Ho fatto finta di niente di fronte a tutti… ma non spiacerebbe neanche a me… adesso sarebbe un macello.
Ma nella mia vita gli imprevisti sono sempre stata la parte migliore…
Tornando da Luneburg ne abbiamo parlato… continuava a mugugnare… io lo stuzzicavo. Alla fine è riuscito a miagolare che non gli spiacerebbe se arrivasse  Paul
Ammetto che Paul Kaulitz non suona poi così male…



Bill sorrise, gli sembrava irreale che vi fosse lì, nero su bianco, quella tacita affermazione di Cathe. Implicava molte cose, molti cambiamenti.
Stridevano quelle parole con le condizioni di Cathe, con la sua ricaduta, con l’anoressia.
Il moro aveva continuato a leggere il diario apposta per trovare risposte alla sua domanda.

Perché Cathe?

Continuò a leggere, il sorriso che era affiorato sulle sue labbra svanì però rapidamente:



11 febbraio

Ero giù a Berlino, a pranzo con le ragazze ed è comparso Franz ad un certo punto… sai cosa mi dice quella merda? Neanche mi saluta, no…  mi dice:
“sempre a mangiare eh Cathe?”
STRONZO STRONZO STRONZO
Ma che cazzo ti ho fatto? Perché? Perché le uniche cose che riesci a dire sono solo insulti… pezzo di merda
Che ti ho fatto Franz eh? Che ti ho fatto??




13 febbraio
E se avesse ragione lui… se veramente fossi grassa… no grassa non sono ma se lo diventassi?


23 febbraio
Ci sono di nuovo dentro, lo so, ne sono cosciente e non riesco a fermarmi, non riesco a impedirmi di vomitare. Mi faccio schifo…
Oggi è già la quarta volta, se non faccio attenzione Sylvia mi potrebbe beccare, già mi guarda male così, me ne sono accorta… spero non lo dica a Bill
Non so perché lo stia facendo.



11 marzo
È un mese… sono già 5 chili in meno… Bill ha fatto una mezza battuta sulle mie scapole… è logico che se ne accorga, credo gli dia fastidio toccare le mie ossa;
perché ci tengo ancora così tanto a Franz? Perché ho ancora bisogno della sua approvazione??



28 marzo
Perché se tra noi è finita, penso ancora a lui? Perché se sto con Bill, ho ancora bisogno della approvazione di quella merda??
Comunque… i diuretici sono ottimi! Che testa di cazzo che sono!!



Bill continuò a leggere con occhi sgranati, nero su bianco una serie impressionante di numeri, di chili persi, di volte in cui Cathe aveva vomitato, di pensieri e poesie angoscianti; le mani iniziavano a tremargli, mentre proseguiva nella lettura:


5 maggio

Mi sono resa conto solo ora del ritardo… ma come cavolo si fa a non accorgersi che non ti arrivano!
Ho paura di fare il test…



Arrivò fino all’ultima scritta, recava la data di quel giorno: Bill lesse tutto d’un fiato, quasi non riusciva a respirare, gli occhi gli si erano riempiti di lacrime



Ho fatto il test… negativo.
Ci ho sperato! Ci speravo… lo volevo cazzo! Avrei avuto qualcosa di mio! Di nostro…

Tom mi ha beccato con il test in mano, mi ha detto di parlarne con Bill…

Di che cosa? Di che schifo di madre sarei? Dello schifo che sono per Sylvia?







O, I need
The darkness
The sweetness
The sadness
The weakness
I need this

I need
A lullaby
A kiss goodnight
The angel sweet
Love of my life
I need this

Is it dark enough?
Can you see me?
Do you want me?
Can you reach me?
Or I'm leaving

You better shut your mouth
Hold your breath
Kiss me now you'll catch my death
O, I mean it



Bill non resse più oltre: scagliò il diario contro la parete e si mise a vagare per la stanza; era angosciato, frustrato, deluso.

Si chiedeva se fosse colpa sua, o di Cathe, o di entrambi.

Forse era solo di Cathe, forse era lei che aveva deciso che era finita ancora prima di cominciare.

Si avventò contro qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano, scagliandola, rovesciandola, distruggendola. Aveva bisogno di sentire gli oggetti distruggersi sotto le sue mani per non perdere contatto con se stesso.

Si accasciò contro una parete, piangendo disperatamente.

In mente la solita domanda:

perché Cathe?

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Capitolo 22
*** the open door ***


Eccomi qui! Pensavate fossi emigrata/dispersa/sparita! Invece eccomi con un nuovo capitolo! Tenetevi forte… siamo quasi agli sgoccioli!

Innanzitutto chiedo umilmente scusa per l’incredibile ritardo con cui aggiorno. Potreste non credermi ma ultimamente sono stata veramente molto impegnata e in più con le feste di mezzo è stata una vera tragedia riuscire a scrivere in piena digestione da cenone… sorry!!!

Per chi ancora ha la pazienza di leggere…  buona lettura!!

Grazie mio fedele pubblico… vi voglio bene!!!

Grazie a tutti coloro che recensiscono, leggono, commentano o anche mi insultano sia pubblicamente che nella loro mente!

 

Grazie soprattutto alla mia Sunsetdream per i preziosi consigli e l’opera di betaggio!! Ti voglio bene mia tesora!!!

 

 

 

 

 

Capitolo 22: the open door

 

 

 

Tom e Simone si precipitarono nella camera di Bill, spaventati dai rumori e dai tonfi che sentivano: il moro stava distruggendo tutto ciò che era a portata di mano; scagliava gli oggetti a terra, contro le pareti, li pestava, voleva sentire sotto i suoi piedi il crepitio dei cocci.

Perché era lo stesso rumore che aveva sentito nel suo cuore dopo aver letto il diario di Cathe.

Il suo mondo era andato in pezzi in quel preciso istante: era come se fosse morta una parte di lui, uccisa dalla stessa persona che lui amava incondizionatamente.

O forse pensava di amare.

 

Venne fermato da Tom: il gemello lo bloccò poco prima che si scagliasse contro la specchiera, prima che si facesse seriamente del male.

Lo fissò con sguardo supplice e interrogativo, spaventato nel vedere, forse per la prima volta nella sua vita, un moto d’ira riflesso negli occhi di Bill:

“Bill calmati ti prego!” il rasta cercava di farlo ragionare: “calmati! Cosa sta succedendo?”

“vieni qui… siediti!” gli intimò Simone accompagnandolo verso il letto: era seriamente preoccupata per Bill e perfettamente a conoscenza del fatto che non sarebbe stato in grado, che non era in grado, di gestire da solo quella situazione; si sedette accanto al figlio e l’abbracciò:

“cos’è successo Bill?” gli chiese dolcemente, accarezzandogli piano la schiena e scostandogli dagli occhi pieni di lacrime le ciocche corvine sfuggite alla coda;

Bill rimase immobile per qualche istante, avvolto dal suo mutismo impenetrabile; Tom si accorse solo in quel momento del diario di Cathe ai suoi piedi, capovolto, come se fosse stato scagliato.

Lo raccolse, appoggiandolo sul letto accanto a loro; quel gesto riscosse Bill:

“tu lo sapevi!” il moro continuava a fissare il pavimento di legno chiaro, ma l’affermazione era chiaramente rivolta a Tom;

il rasta si mordicchiò il piercing, tentennando: aveva capito a cosa si riferiva Bill; incrociò lo sguardo indagatore della madre:

“mi ha chiesto lei di non dirtelo…” sospirò mentre distoglieva lo sguardo dal fratello: “io… te l’avrei detto, ma mi ha fatto promettere di non farne parola, soprattutto con te: era già abbastanza delusa così, non voleva che anche tu lo fossi!”

“adesso lo sono però!” aggiunse Bill in un soffio

Simone gli prese il mento con una mano, costringendolo a voltarsi verso di lei: “e adesso Bill?”

“adesso sono solo arrabbiato mamma!” proruppe il ragazzo alzandosi: “non riesco a capire più nulla, non so che fare!” aggiunse massaggiandosi le tempie

“dovete parlare, è l’unica cosa che puoi fare… sì Cathe ha sbagliato, ma prova a darle un’altra possibilità!” gli rispose pacatamente Simone;

“un’altra possibilità?” chiese il ragazzo ironico, afferrando il diario: “leggi tu stessa! Un’altra possibilità ad una che scrive queste cose, ad una che tiene di più al suo ex che a me? Cazzo stiamo cercando casa insieme e tu diventi anoressica perché quell’imbecille di Franz ha fatto una battuta? Vuol dire che di me non gliene frega niente, che non gliene frega nemmeno di Sylvia! Io mi chiedo che razza di madre si crede…”

“Bill tutti sbagliamo…” gli disse Tom

“sì lo so… io ho sbagliato quando ho pensato che sarebbe potuta essere la madre di Sylvia!”

“Non dire così…” lo ammonì Simone

“non dire così? Mamma ma ti senti? Perché cosa dovrei fare?” le chiese ironicamente: “dovrei forse dire che bello la ragazza che amo è anoressica, ha rischiato di morire e forse ha anche perso nostro figlio?”

La madre dei gemelli sgranò gli occhi: le parole di Bill le erano giunte come un fulmine a ciel sereno; si voltò verso Tom, che non poté fare a meno di annuire mentre le sporgeva il diario.

“Bill…” sussurrò Simone dopo aver letto l’ultimo appunto,

“non so se la amo ancora…” le disse il ragazzo tra i singhiozzi.

 

 

*°*°*°*

 

 

“Tomi… che devo fare?”

Bill si era calmato solo dopo molto tempo e ora se ne stava abbracciato al fratello, entrambi distesi sul letto del moro, il rasta che gli accarezzava lentamente la schiena

“non lo so Billi…” gli rispose amaramente: “devi capire ciò che provi per lei!”

“lo so ciò che provo: sono arrabbiato, deluso, incazzato, forse più con me che con lei!”

“la ami?” Tom lo zittì con quella domanda diretta; Bill non gli rispose ma si staccò dall’abbraccio, voltandosi verso il bordo del letto a dare le spalle al fratello. Rimase immobile qualche minuto, cercando di trovare una risposta, cercando di capire.

Sentì Tom alzarsi per ritornare poco dopo: aveva in mano la cornice digitale.

Costrinse Bill  girarsi e lo riavvolse nel suo abbraccio, prima di avviare il ciclatore delle foto: il tono di Tom era pacato, tranquillo:

“devi capire se la ami…” gli sussurrò in un orecchio, mentre fissava la foto sullo schermo, scattata quando ancora non stavano insieme

“non lo so…” gli rispose distrattamente Bill mentre accarezzava l’immagine con la mano: “sono solo molto deluso Tom, deluso dal suo comportamento, deluso…” si interruppe; Tom proseguì la frase:

“deluso dal tuo?” diretto, letale.

“forse… non me ne sono accorto, forse non me ne sono voluto accorgere! Però le ossa sporgenti le sentivo, ma non avevo il coraggio di chiederle nulla! Tom io ho paura di perderla davvero! Ho paura di rimanere solo…”

“non sei solo, hai me e Sylvia!”

“Sylvia ha bisogno di una mamma! Una vera, una che le possa insegnare molto, che sia con lei nei momenti più importanti della sua vita, nel bisogno. Le basto già io come figura di genitore assente!”

“tu non sei mai stato un padre assente, anzi piuttosto il contrario! Tu ci sei sempre stato quando tua figlia ha avuto bisogno di suo padre, e Cathe c’era quando avevo di una madre!”

Il rasta fece scorrere alcune fotografie: erano principalmente di Sylvia, impegnata in vari giochi, o mentre andava in bici senza rotelline o in piscina. In tutte c’era Cathe.

“chi le ha insegnato a nuotare? I passi fondamentali della danza? A fare la ruota? Cathe… sempre lei! Perché c’è sempre stata per Sylvia!”

“Tomi perché allora si è ridotta in questo stato?” chiese Bill accoccolandosi meglio contro il fratello

“per te…”

 

 

*°*°*°*

 

 

Catharina sbatté più volte le palpebre, cercando di avere una visione più nitida dell’ambiente che la circondava: si sentiva la testa pesante e una sensazione di debolezza le pervadeva tutto il corpo; le dava fastidio la luce intensa in cui era avvolta la stanza e il brusio confuso che la circondava era un rumore quasi insopportabile.

Sentì distintamente solo le parole dell’infermiera che stava armeggiando con una flebo e il suo braccio:

“Professore… si sta riprendendo!”

Immediatamente Olshausen si voltò verso il letto:

“Catharina? Sono il Dottor Olshausen.” Le disse pacatamente: “stia tranquilla, non si agiti: si trova in questa clinica perché due giorni fa si è sentita male, l’hanno portata qui in arresto cardiaco, ma non si preoccupi, il problema è al momento arginato, dovrà restare qui in rianimazione ancora poche ore!”

Un moto di terrore attraversò lo sguardo di Cathe; la ragazza cercò di parlare, ma emise solo un flebile lamento:

“è normale che non riesca a parlare, è stata intubata quindi in questo momento le sue corde vocali sono abbastanza infiammate. Cerchi di non sforzarle. Le dirò io tutto ciò che ha bisogno di sapere sulle sue condizioni”

Cathe annuì cercando comunque di parlare; il dottore la ammonì prontamente: “non parli per favore, piuttosto cerchi di muovere solo le labbra ma non si sforzi, intesi?”

Cathe articolò Sylvia?: si ricordava di essere scesa in lavanderia con Sylvia accanto e il suo primo pensiero era stato per la piccola. Non si ricordava cosa fosse successo, aveva il terrore che anche alla piccola fosse capitato qualcosa.

Olshausen la tranquillizzò bonario: “non si preoccupi per la bimba, sta benissimo! Anzi deve ringraziarne la prontezza di spirito. È stata lei a chiamare aiuto. Ora è là fuori che aspetta di poter entrare. E si rilassi, questa è una clinica privata, non ci saranno fughe di notizie: diciamo che un certo signor Jost mi ha praticamente minacciato di morte professionale se anche un solo giornalista fosse comparso a meno di un chilometro dall’ospedale, quindi…”

Catharina non poté fare a meno di sorridere: aveva avuto la conferma che il primario sapeva benissimo chi lei fosse e soprattutto di Sylvia, ma confidava nel buon senso organizzativo di David.  Aveva solo voglia però di vedere Bill e Sylvia.

Indicò la porta con un cenno della mano, cercando di far capire al primario il suo desiderio: l’uomo, però, la bloccò:

“aspetti, la piccola la vedrà appena la trasferiremo in una stanza di degenza, una rianimazione non è certamente l’ambiente più adatto a una bambina. Inoltre vorrei farle un discorso molto franco!” prese una lunga pausa mentre controllava sui vari monitor che circondava Catharina i parametri fisiologici della ragazza; si voltò improvvisamente fissandola con sguardo corrucciato:

“ sarò molto molto schietto con lei, anche a costo di metterle paura: lei pesa 38 chili, riportati al suo 1,70 fanno un indice di massa corporea di 13,15. Non starò a dirle che si chiama anoressia, non starò neanche a chiederle i motivi e non parlerei neanche del suo precedente ricovero. Le faccio solo un quadro preciso delle sue attuali condizioni.” Quell’attuali fu puntualizzato da un gesto quasi iroso della mano del primario

“lei è arrivata qui in arresto cardiaco e il quadro dei valori ematici era a dir poco sconvolgente. Ora, stavolta le è andata bene, molto bene, ma se non ricomincia a mangiare e ad alimentarsi seriamente, con una dieta bilanciata, sana, regolare… la prossima volta non si salva. Arresto cardiaco vuol dire che il suo cuore non aveva più la forza di battere. L’ipokaliemia da cui è affetta potrebbe seriamente comprometterle l’apparato renale, per tacere del resto: lei ha 24 anni e un inizio di osteoporosi e di ulcera. Uscirne sarà lunga e dura, non le nascondo nulla, le dico anche che avrà miriadi di medicine da prendere e che per le prossime tre settimane almeno lei dovrà stare ricoverata. Ora… lo so, le potrà sembrare una filippica senza senso, ma se non vuole farlo per lei, lo faccia almeno per sua figlia e per il suo compagno. Hanno entrambi bisogno di lei.”

Olshausen le strinse una mano: “io e il mio team siamo a sua completa disposizione, io sono cardiologo ed è stata affidata a me nell’immediatezza viste le sue condizioni; se lei lo vuole potrei comunque continuare ad essere il suo medico di riferimento ma le consiglierei anche un supporto psicologico. Mi ha detto il suo compagno che dopo il precedente ricovero aveva cercato di uscirne da sola, stavolta cerchi un aiuto!”

Catharina abbassò lo guardo: pur sentendosi debole e frastornata era perfettamente cosciente di quello che le era successo: non l’aveva mai sfiorata l’idea di perdere tutto, di morire. Si ritrovò a fissare le flebo, gli aghi nelle sue vene, il sondino di alimentazione nella succlavia, i monitor che la circondavano: l’idea di perdere tutto, di perdere Sylvia era quasi insopportabile.

Quasi non si accorse delle lacrime che scendevano sulle guance:

 “ora non pianga!” le disse Olshausen: “per il momento è stabile, dobbiamo solo fare un piano di terapia e le prometto che nel giro di un mese, massimo un mese e mezzo lei torna a casa! Ma solo se lei segue scrupolosamente il trattamento. Torno oggi pomeriggio per il giro di visite, nel frattempo lei stia tranquilla!”

 

 

 

°*°*°*°

 

 

 

Fino a metà pomeriggio Catharina non aveva potuto ricevere visite: l’avevano dapprima trasferita in una stanza di lungo degenza e quindi avevano iniziato a fissare una serie di scadenze, controlli e incontri che l’avevano frastornata.

Aveva avuto poco tempo per pensare, il che da una parte era stato anche positivo.

Quando si era trovata infatti da sola, cosciente e relativamente in forze, troppi pensieri l’avevano assalita: aveva paura di non sapere cosa dire a Bill, come spiegargli, come chiedergli scusa. Ma soprattutto non sapeva cosa dire a Sylvia.

Olshausen era ottimista se pensava di rimetterla in piedi nel giro di un mese: si ricordava dei racconti delle altre ragazze incontrate alle sedute di terapia di gruppo a cui aveva partecipato dopo il primo ricovero: tutte erano rimaste in ospedale almeno due mesi, e le condizioni in cui erano state ricoverate non erano certamente serie come le sue.

E due mesi, con il suo lavoro e con i suoi progetti di vita erano un tempo enorme.

 

 

Si voltò di scatto verso la porta appena sentì il cigolio dei cardini: si ritrovò di fronte a due occhi color cioccolato che la fissavano preoccupati e inquieti, un sorriso stanco e tirato come saluto:

“ehi… sei sveglia!”

“ciao Tomi!” gli rispose la ragazza, mentre il suo sorriso svaniva: aveva sperato fosse Bill.

Il rasta si avvicinò al letto cautamente, soppesando ogni passo e ogni parola:

“come ti senti?” le chiese quasi in un soffio

“senza forze e con il cervello confuso!” gli rispose Cathe ridacchiando: allungò una mano a cercare quella di Tom: “Sylvia?”

“è lì fuori con mia mamma, te la chiamo! È incontenibile, muore dalla voglia di vederti!”

Catharina fece appena in tempo a mettersi seduta che la bimba irruppe nella stanza, saltandole letteralmente al collo con un balzo che mai si sarebbe aspettata: la fissò qualche istante, mentre con le manine stringeva il camicione da ospedale di Catharina, come per sincerarsi che la ragazza fosse veramente lì con lei; non appena Cathe si accorse che gli occhi della piccola si riempivano di lacrime e il labbro iniziava a tremare la strinse a sé:

“amore sono qui, non piangere!” sapeva che erano parole perfettamente inutili e che la piccola sarebbe profusa in un pianto liberatorio; non si aspettava solo di sentire una semplice parola:

“mamma…” mugolò Sylvia tra le lacrime, prima di stringersi ancora più al petto della ragazza.

Il cuore di Cathe perse un battito a sentire quella parola: il tempo sembrò dilatarsi in uno spazio infinito, tutto sembrò al rallentatore per una frazione di secondo

Mamma

Quella parola le rimbombava nel cervello, la stava confondendo: Sylvia l’aveva chiamata mamma, le aveva fatto forse il più grande regalo che mai aveva sperato dalla vita.

Pensava di aver deluso tutti, e aveva avuto un’altra possibilità. Non sapeva neanche lei se piangere o ridere.

Avrebbe solo desiderato avere Bill al suo fianco, condividere con lui quel momento.

Lo conosceva bene però, conosceva il suo carattere. Era arrabbiato con lei e la sua assenza ne era la chiara manifestazione: avrebbe voluto chiedere spiegazioni a Tom, sapere quanto Bill fosse deluso o ferito, ma non con Sylvia presente.

La piccola era già abbastanza frastornata così senza aver bisogno di ulteriori stress;

Tom intuì i pensieri di Catharina dallo sguardo smarrito della ragazza: continuava ad accarezzare la testolina bionda di Sylvia e a sussurrarle quanto le voleva bene, ma certamente nei suoi occhi si potevano cogliere innumerevoli domande

Il rasta decise quindi di colmare il silenzio della stanza: “abbiamo avuto tutti paura!”

“cos’è successo Tomi?” Catharina incrociò il suo sguardo

“mi sembra ancora adesso assurdo: ti sei sentita male nella lavanderia e ti ha soccorsa una ragazza…” il biodo prese un profondo respiro: “a quanto pare si era intrufolata nel parcheggio per fotografare la Cadillac, classica fan stalker, Sylvia l’ha vista e le si è avvicinata, poi hanno sentito il tuo tonfo e  boh… è successo tutto così in fretta. C’è da dire che la stalker è la figlia del dottor Olshausen, è lei che mi ha suggerito di portarti qui!”

“clinica privata… in effetti è stata una buona scelta!”

“sì almeno non ci ritroviamo con stampa e paparazzi: credo che David sia stato molto convincente con il primario e questi a sua volta con la figlia, per fare in modo che non vi siano fughe di notizie. Per il momento è tutto tranquillo!”

“già…” gli rispose Cathe abbassando lo sguardo su Sylvia: la piccola stava osservando con molta attenzione i monitor e le flebo a cui Catharina era collegata; sia la ragazza che Tom si stupirono che la bimba non li aveva ancora subissati di domande.

Una carezza di Tom la costrinse a incrociare nuovamente lo sguardo del rasta: “come ti senti?”

Cathe inspirò profondamente: “fisicamente uno straccio, psicologicamente distrutta. Olshausen è stato molto chiaro con me stamattina.”

“lo so…” aggiunse Tom: “gli ho chiesto anche io e…” venne interrotto da Sylvia che continuava con insistenza a tirare un lembo del camicione di Catharina:

“perché hai un tubo nel collo?” chiese la piccola a bruciapelo, Catharina non sapeva come risponderle: probabilmente la verità sulle sue condizioni e sulla sua malattia non sarebbe stata comprensibile per Sylvia e il risultato sarebbe stata soltanto una maggiore confusione.

“perché serve per darmi da mangiare, non… non riesco a mangiare normalmente e allora i medici hanno escogitato questo sistema!”

Sylvia non sembrava convinta della risposta: “ma non riesci a mangiare o non vuoi mangiare?”

“cosa?” le chiesero praticamente in coro Catharina e Tom

La piccola rispose candidamente: “ho sentito lo zio Georg che l’altro giorno diceva che non volevi mangiare… sembrava anche arrabbiato ma non ho capito molto il perché, confabulava con zio Gus e Noah!”

“quei tre li pesto!” bisbigliò Tom, cercando di prendere tempo per inventare una spiegazione plausibile; Cathe ebbe maggior prontezza:

“Sylvia, Georg ha in parte ragione, anche se la mia malattia è abbastanza complicata. Però facciamo un patto noi due: tu fai la brava, stai tranquilla e mi vieni spesso a trovare in ospedale che dovrò stare qui a lungo, e io ti prometto che guarisco! Va bene? Prometti?”

La piccola le si gettò al collo, stringendola con le braccine: “promesso!”

“bene… ora che ne dici di andare con la nonna a fare merenda? Poi dopo tornate qui a trovarmi, tutte e due!”

La piccola scese con un balzello dal letto, incamminandosi verso la porta; si voltò e chiese a Cathe: “però tu guarisci vero?”

“sì! Adesso vai…” le disse Catharina con un sorriso.

Non appena la piccola uscì dalla stanza si voltò verso Tom; voleva solo fargli una semplice domanda:

“dov’è Bill?!”

Il rasta si mordicchiò nervosamente il piercing, evitando di incrociare lo sguardo della ragazza: Cathe lo costrinse a guardarla negli occhi prendendogli una mano tra le sue:

“Tomi non sono scema, ho bisogno di sapere!”

Tom sospirò, distogliendo lo sguardo da quello di Catharina: “è arrabbiato, e confuso e deluso… non so, probabilmente non sa neanche lui cosa vuole in questo momento!”

“non me di sicuro!” gli rimbeccò amaramente Cathe

“lui ti vuole eccome, ha solo… paura! Cathe senti, lo sai che con me puoi essere franca, ci siamo confidati tante cose, già solo il discorso dell’altro giorno… a me lo puoi dire, cos’è successo? non so perché ma tu e mio fratello mi avete investito del ruolo di pacere, beh io non lo so fare: non voglio fare da tramite! Se avete dei problemi dovreste risolverli voi due soli, invece no, tanto c’è Tom che ci pensa!” il rasta si agitava camminando per la stanza, facendo ridacchiare Catharina

“non sei credibile quando ti arrabbi!” Tom non aggiunse altro, ma si sedette accanto a Cathe:

“tu non lo sei quando menti: adesso voglio sapere il perché, lo voglio sapere io prima di Bill, perché così posso prevedere le razioni di mio fratello, posso aiutarlo, posso aiutarvi”

“prometti che non ti arrabbi se te lo dico?!”  Tom annuì

Catharina sospirò profondamente: conosceva bene Tom e certi suoi moti violenti d’ira, per sicurezza gli bloccò i polsi con la poca forza che aveva in corpo:

“ho… di nuovo visto Franz!”

“cosa?” gli chiese d’un fiato Tom, Cathe annuì, proseguendo:

“è stato a febbraio, quando ero andata a Berlino, l’ho incontrato al 1900 durante il brunch e, lo so è assurdo, ma lui ha fatto una battuta, tipo sempre a mangiare e da lì è nato tutto!”

“No Cathe ti prego no…” Tom cercò di divincolarsi dalla stretta della ragazza: “non puoi dirmelo, io lo ammazzo quel pezzo di merda, con le mie mani!” si alzò dal letto imprecando

“ma anche tu, cazzo, fregatene di uno così, mandalo a fanculo! Ma stai con Bill non con lui!hai Bill, hai Sylvia, hai tutto… Bill ti ama lo stesso, per come sei, senza remore e senza farsi nessuna domanda, non te la devi fare neanche tu! Bill ha per te un amore incondizionato, totale, devoto. Te ne devi fottere di quella merda!”

Cathe si mise a singhiozzare: non si aspettava una reazione simile da parte di Tom e si era pentita di essersi confidata con il ragazzo. Il rasta però l’abbracciò, prendendole il viso tra le mani per asciugarle le lacrime:

“voglio che rispondi sinceramente a una mia domanda: ami ancora Franz?”

Cathe si mordicchiò un labbro, tergiversando: “non lo so… no, o forse sì… non so!”

Tom prese un profondo respiro: “lo ami? Quello? O ami di più Sylvia che ti chiama mamma? Bill che ti dice che sei la sua principessa, la mamma di sua figlia? Ami quello che non è stato o ami quello che hai ?”

“io voglio Bill e Sylvia… ma devi capirmi! E se un giorno Bill mi lasciasse, se mi trovasse brutta? Non sono una supermodella, mi guardo anche io allo specchio!” il tono di Catharina era mutato dal disperato all’irato; Tom la abbracciò, cercando di farla calmare e ragionare:

“Bill ti ama per quello che sei, per tutto, anche per il tuo passato e per il tuo presente. Non frega nulla a nessuno se non sei miss universo: noi uomini con le strafighe ci andiamo solo a letto, sono solo scopate. Sono delle tacche sulla nostra cintura, dei poster ambulanti! Le donne vere le sposiamo invece, ci viviamo insieme, ci facciamo dei figli insieme. Perché non sono solo dei contenitori vuoti di bellezza, ma hanno contraddizioni, sogni, speranze delusioni e incazzature che ci rendono vivi e le rendono vive. Te lo metti nel tuo cervellino che Bill non vuole nessun’altra che te?”

“perché allora non è qui con me? Dov’è?” gli chiese Cathe quasi gridando, stordita da quel discorso

“il perché lo conosci… devi dargli tempo! Sarà lui stesso il primo a venire  a chiederti scusa per non averlo fatto prima, per non essere stato qui con te oggi: ma devi dargli i suoi tempi…” Tom le accarezzò lentamente una guancia, dandole un leggero bacio sulla fronte:

“ci siamo capiti? Devi dirgli, in tutta sincerità e franchezza, la verità. Sarà dolorosa per entrambi ma almeno ne uscirete!”

Cathe annuì, trattenendo in un abbraccio Tom: “grazie… è l’ennesimo grazie che ti devo!”

“figurati… non sai quanti te ne devo io!” le rispose il ragazzo ridacchiando: “senti, io parlerò con Bill, ti preparo il campo, ma tu mi raccomando, devi essere sincera con lui, dirgli tutto prima che lo scopra da solo! Promesso?”

“promesso!” disse in un sospiro la ragazza

“vado a recuperare Sylvia?!” il sorriso di Catharina, stanco, tirato ma vero, bastò a Tom come risposta.

 

 

 

°*°*°*°

 

Quattro giorni

Quattro giorni da quando l’avevano ricoverata

Quattro giorni in cui Bill non si era fatto vedere. Né una visita, né un messaggio, nemmeno una telefonata.

Quattro giorni in cui Cathe si era arrovellata cercando una spiegazione, cercando di capire il perché di quell’assenza;

in tutto quel tempo aveva soprattutto cercato le parole per spiegarsi con Bill: aveva pensato a mille modi per dirglielo, a mille modi per chiedergli scusa e per implorare il suo perdono. Più continuava a pensare, più il senso di colpa le pervadeva il cuore e le annebbiava la mente.

E ogni volta che si apriva la porta della stanza, Cathe sussultava al pensiero che finalmente fosse Bill.

Le sue aspettative erano deluse però ogni volta.

Non che le dispiacesse il via vai continuo di amiche e amici, anzi, la aiutavano a rilassarsi e a riprendere le fila della sua vita, ma sognava il momento in cui sarebbe apparso Bill.

 

 

Anche se adorava quelli in cui la porta si apriva all’improvviso e Sylvia irrompeva nella stanza con la sua allegra giocosità: passava le giornate con Cathe, anche se molti dicevano che non era né l’ambiente né la situazione più adatta per una bambina.

Cathe gli aveva etichettati come benpensanti: probabilmente avevano le loro buone ragioni, ma conoscendo il carattere di Sylvia sapeva benissimo che sarebbe stata in grado di fronteggiare e comprendere il ricovero di Catharina.

La piccola riusciva ogni giorno a inventarsi nuovi giochi ma anche nuovi modi per seminare lo scompiglio nell’intero reparto; inoltre aveva “stretto amicizia” con Erika: l’aveva incontrata e riconosciuta in corridoio e letteralmente trascinata a conoscere Catharina.

  Tom né al dottor Olshausen la situazione era granché piaciuta ma avevano preferito tacere per il bene di Catharina. Indubbiamente al primario non piaceva molto che la figlia frequentasse tanto assiduamente Cathe ma sapeva benissimo che i motivi che la spingevano a farlo erano un paio di occhi nocciola contornati da rasta.

Cathe ed Erika andavano però molto d’accordo: entrambe patite di musica metal e danza, avevano iniziato a parlare quasi per caso e la compagnia di Erika aveva fatto molto bene alla ragazza; in molti avevano osservato una certa vivacità in Catharina dopo che Erika era andata a trovarla, come se questa potesse farle dimenticare per qualche momento l’assenza di Bill.

Anche quel pomeriggio era comparsa Erika, all’ora di merenda (per Sylvia), portando con sé muffin al cioccolato per far star buona la bimba almeno dieci minuti e dare un po’ di tregua a Catharina.

“buongiorno…” disse Erika dalla soglia della stanza,

Cathe e Sylvia alzarono insieme lo sguardo: erano immerse nella lettura di Chocolat, a dispetto del titolo il libro preferito da Catharina; la piccola proruppe subito in uno dei suoi squillanti saluti:

“Erika!! Ciao sei passata anche oggi a trovarci!”

“potevo mancare?” le chiese la ragazza scompigliandole la frangetta: la piccola si passò subito freneticamente le mani nei capelli per cercare di accomodarseli; Cathe ed Erika ridacchiarono all’unisono:

“esattamente come suo padre!” disse Cathe: “allora, cosa mi racconti?”

“mah il solito, tutto nella norma… e tu? Sempre a rimuginare?”

Cathe annuì: le aveva spiegato abbastanza dettagliatamente la sua storia quando aveva capito che di lei si poteva fidare. A dispetto delle apparenze e dei 17 anni appena compiuti Erika si era dimostrata una ragazza molto saggia e matura e Cathe si era confidata volentieri con lei.

“certamente, oggi siamo a quattro giorni!” le disse in tono pacato per non farsi sentire troppo da Sylvia;

“tu hai provato a chiamarlo?”

“no! È cocciuta!” rispose Sylvia di rimando, tra un boccone di muffin e un altro,

“chi dice che sono cocciuta?” le disse Cathe con falso tono di rimprovero

“lo zio Tomi, dice che tu e papà siete cocciuti come due muli!”

“ringraziamo lo zio Tomi che porterà questa creatura sulla strada della totale anarchia!” disse ridacchiando: “ehi che combini, lascia stare il mio cellulare!”

Erika si era infatti impossessata del Nokia di Catharina: “o lo chiami tu o faccio partire io la chiamata!”

Cathe riprese il cellulare dalle mani della ragazza: “lasciamo perdere per il momento…” disse fissando la foto sullo schermo: ritraeva Bill e Sylvia abbracciati “credo sia meglio se parliamo a voce, ma io sono bloccata qui per il prossimo mese e mezzo!”

“dai… non ti abbattere, almeno fallo per Sylvia!”

“è abbastanza difficile essere forti anche per lei!” le rispose Cathe sospirando: “comunque… tu che mi dici?”

“che devo ancora chiedere scusa a qualcuno!” sbuffò Erika

“almeno la macchina foto te l’ha restituita?” chiese Catharina

“no… e credo sia un punto a mio vantaggio, almeno sarà costretto a riportarmela quando non avremo più motivi per incontrarci…”

“perché, una volta dimessa non passi più a trovarmi?”  chiese Cathe seguita a ruota da Sylvia

“certo sciocchine che passo a trovarvi! Almeno ho la scusa per vedere Tom!”

“certo che sei proprio una stalker!” le due ragazze si misero a ridere in coro, finché Erika non chiese:

“come avete fatto a tenere nascosta Sylvia per tutto questo tempo?”

“più che avete, è un come…” le rispose Catharina sfruttando un momento di distrazione della piccola: “è vissuta praticamente segregata a Loitsche dalla nascita fino all’inizio di quest’anno: niente gite, niente amici, a volte neanche usciva in cortile… da quando poi siamo qui ad Amburgo le cose sono persino più complicate; a volte mi chiedo se non sarebbe di tutelarla organizzando una bella conferenza stampa; almeno per quando andrà a scuola le acque si dovrebbero essere calmate!” aggiunse ironica

“beh sei speranzosa! Se già così c’è gente che osserva i vostri movimenti 24 ore al giorno, figuriamoci sapessero di Sylvia. Anche se chi parla dovrebbe farsi un bell’esame di coscienza!”

“chi parla non verrà mai abbastanza ringraziato da me! Se non era per te adesso non saremmo qui a parlare!”

“ciò non toglie che in effetti stavo facendo la stalker, Tom ha perfettamente ragione!”

“lascialo perdere, ormai per lui stalker è il tuo soprannome, ma non lo pensa veramente! Fidati ho avuto modo di scoprirlo!”

Erika la guardò con aria stupita, mentre Catharina riprendeva in braccio Sylvia: “non sgranare quegli occhioni! Fidati, conosco abbastanza bene Tom da sapere quando è arrabbiato; per carità non lo ammetterebbe neanche sotto tortura ma in realtà sa benissimo che ti deve ringraziare!”

“tu e Tom andate molto d’accordo vero?” chiese Erika, sollevata dalla risposta di Cathe

“per me è una specie di fratello! Come al solito gli devo tutto anche stavolta!”

“anche stavolta?” chiese Erika

“sì…già lo devo ringraziare perché mi ha fatto ragionare sui miei sentimenti per Bill e quindi averci permesso di stare insieme; poi perché mi ha convinto ad andare a vivere con Bill, insomma mi sa che anche stavolta lo devo ringraziare!”

Erika sorrise all’idea di un Tom completamente diverso dalla sua immagine pubblica; Cathe intuì i suoi pensieri:

“sotto sotto il SexGott è solo una facciata, non lo è in realtà; sì a volte è stronzo ma è un ruolo in cui si rifugia: lui è sempre stato il fratello maggiore, quello che doveva proteggere Bill, che doveva avere forza per entrambi. Ha comunque le sue debolezze anche lui! Giusto Sylvia? Tu sì che sei una debolezza dello zio, ti riempie di regali!” disse Catharina solleticando i fianchetti della piccola che proruppe in una risata

“sì, lo zio mi vizia molto! Ma anche papà!”

“secondo me tuo papà non solo ti vizia, ti stravizia!” aggiunse Erika: Cathe non poté fare a meno di annuire:

“sì la stravizia! Racconta un po’ a Erika della marea di giochi che hai e della miriade di vestiti! Che poi neanche li metti…”

“Bill è un ottimo padre vero?!” le chiese Erika

Catharina assentì: “a dispetto di quello che potrebbe dire  la gente è un padre favoloso! È attendo, premuroso, presente; non sai quanti voli intercontinentali si è fatto per stare magari anche solo due giorni con Sylvia. Lo dico con coscienza di causa, ho presente cosa vuol dire avere dei genitori assenti!”

“il discorso dell’altro giorno?” chiese Erika

“sì… spero solo che Sylvia non si ritrovi un giorno a provare per me e Bill quello che ho provato io per i miei genitori!” aggiunse amaramente Cathe

“no.. è impossibile!”

“speriamo…” concluse Cathe fissando per qualche istante la Sylvia.

Si voltarono entrambe pochi istanti dopo, sentendo aprire la porta: sulla soglia comparve Tom, lo sguardo leggermente corrucciato alla vista di Erika con Sylvia e Catharina.

Qualcosa gli diceva di non fidarsi della ragazza, anche se si era sempre dimostrata affidabile: probabilmente era solo a causa delle innumerevoli delusioni che gli avevano dato persone che credeva amiche.

“Sylvia vieni con me a fare merenda?” disse il ragazzo con tono quasi neutro

“ma zio ho appena mangiato un muffin che mi ha portato Erika!” gli rispose la bimba con sguardo annoiato

“Sylvia allora perché non vai a prendere una coca con lo zio?” la piccola annuì e dopo aver scoccato un bacio sulla guancia di Sylvia saltò giù dal letto correndo incontro a Tom; venne però richiamata da Catharina:

“Sylvia, non dimentichi niente?”

la piccola scosse la testa: “bacino te l’ho dato!”

“Sylvia, qui c’è anche Erika, chiedile se vuole unirsi a voi, è una cosa educata!”

-e un colpo basso nei confronti dello zio!- soggiunse mentalmente Catharina mentre ridacchiava osservando le facce sconvolte di Tom ed Erika

“non mi sembra il caso…” proruppe la ragazza ma venne interrotta da Tom:

“dai andiamo, ti offro un caffè!” le disse mentre con un gesto le indicava il corridoio; Erika sospirò, sibilando un questa me la paghi all’indirizzo di Cathe

“dai… è una buona occasione!” le sussurrò Catharina stessa mentre Erika raccoglieva tracolla e giubbotto.

“non credo proprio!” le rispose Erika scoccandole un bacio sulla guancia: “ci vediamo domani tesora! Fai la brava e chiamalo!” le disse sparendo oltre la porta e inseguendo Tom e Sylvia.

Cathe non poté fare a meno di sorridere a sua volta dopo aver visto il sorrisone a 32 denti comparso sul viso di Erika mentre trottava dietro a Tom.

Si voltò verso la finestra, allungando la mano sul comodino per afferrare il cellulare.

 

 

 

*°*°*°*

 

“sono qui!”

Cathe si voltò di scatto, lasciando cadere sul letto il cellulare: fissò Bill ancora sulla porta, lo sguardo basso, i capelli raccolti in una morbida coda sul collo, le mani che torturavano nervosamente i manici della borsa;

entrò nella stanza con passo lento, quasi faticoso. Catharina cercò di distogliere lo sguardo dal ragazzo: non aveva coraggio per guardarlo direttamente negli occhi; si lasciò ricadere sui cuscini, voltandosi verso la finestra.

Non si girò neanche quando sentì il materasso piegarsi leggermente sotto il peso di Bill e la mano del ragazzo che accarezzava lentamente il dorso della sua;

Catharina non riuscì a trattenere una lacrima: chiuse gli occhi, scuotendo leggermente la testa;

“scusami Bill!”

Il ragazzo sospirò profondamente, prendendo un interminabile momento di silenzio prima di rispondere alla ragazza:

“perché l’hai fatto?” il tono quasi adirato, molto deluso

“sono una cretina… è che ho avuto paura di perderti!”

Bill le prese il mento con una mano, costringendola a guardarlo negli occhi:

“stavi per perdermi veramente! Io stavo per perdere te! Sei la cosa più importante che ho con Sylvia, perché l’hai fatto?”

Cathe sospirò profondamente: “abbracciami ti prego!”gli chiese gettandosi letteralmente al collo di Bill; il moro ricambiò l’abbraccio della compagna, stringendola a sé

“Ho… rivisto Franz!” Catharina sentì Bill irrigidirsi nel suo abbraccio, lo trattenne istintivamente: “ero a Berlino con le ragazze, eravamo al 1900 per il brunch e lui ha fatto una stupida battuta, io… io ho pensato che potesse avere ragione, che fossi veramente grassa e che tu potessi non amarmi. Perché non sono bellissima, perché sono complicata, perché ho un carattere insicuro e perché sono un pessimo esempio per Sylvia.”

Bill la strinse, singhiozzando nei suoi capelli: “Cathe sei quasi morta, ti ho quasi perso.. io ti amo oltre qualsiasi cosa al mondo, sarei disposto a sacrificare ogni cosa per te, la mia carriera, i Tokio; ma tu sei perfetta così, con le tue contraddizioni e con le tue insicurezze. Non me ne frega niente se non sei una modella, io ho scelto di stare con te e basta. Stiamo cercando di costruire qualcosa insieme apposta, o almeno io voglio costruire con te e con Sylvia una famiglia! Puoi darmi del pazzo o dell’illuso ma io ci voglio riuscire!”

Si accomodò meglio sul letto per poterla fissare negli occhi: “io ti ho dato tutta la mia fiducia, però… devo capire una cosa: tu ami ancora Franz?”

“no!” Cathe scosse la testa in diniego: “no, non lo amo… ho solo avuto paura che potesse avere ragione, perché ci tengo troppo a te! Tengo a te e Sylvia più di ogni altra cosa al mondo. Lo so che il mio è stato un ragionamento malato, ma… Bill ho bisogno di aiuto, ti prego di non abbandonarmi!”

Catharina scoppiò finalmente in un pianto liberatorio tra le braccia di Bill: il ragazzo cercò di calmarla e coccolarla:

“va tutto bene, ne usciremo insieme! Stavolta per sempre, non permetterò mai più a nessuno di farti del male e di farti soffrire!”

“mi ci vorrà tanto di quel tempo per uscire! Anche solo per essere dimessa da questo ospedale!” piagnucolò la ragazza; Bill la confortò asciugandole le lacrime con il pollice:

Prinzessin di tempo ne abbiamo: dobbiamo recuperane, però ne abbiamo moltissimo davanti a noi. Lo so sono stato un cretino a non farmi vedere in questi quattro giorni, ma… ho avuto paura! Ho avuto paura che tu mi potessi… rifiutare! Che tu mi avessi già rifiutato in qualche modo. E che la malattia fosse un modo per somatizzarlo.”

Bill la abbracciò stretta, in modo da non incrociare il suo sguardo: sapeva benissimo di averle mentito e non sarebbe stato in grado di reggere quella menzogna se avesse guardato negli occhi Catharina.

Non era certamente più in collera con lei, in quei quattro giorni aveva ragionato molto sulle parole scritte da Cathe nel suo diario, e la conferma che la ragazza non fosse più innamorata di Franz l’aveva avuta dalle parole stesse di Catharina; solo Bill non aveva il coraggio di dirle di aver letto il diario.

 

 

 

*°*°*°*

 

 

 

Cathe fu dimessa i primi di Agosto, due mesi e mezzo dopo il suo ricovero.

I tempi di ripresa erano stati più lunghi del previsto, a causa del complicato stato generale della ragazza: aveva dovuto sopportare il sondino per più di un mese e il tornare ad alimentarsi normalmente era stato uno dei momenti più difficili.

Contravvenendo a qualsiasi regola dell’ospedale, Sylvia era praticamente sempre in braccio alla ragazza e a seconda del suo stato d’animo la chiamava o mamma o Cathe: per convincerla a fare qualcosa, era mamma.

Mamma era stato convincerla a mangiare: pur avendo solo quattro anni e mezzo, Sylvia era estremamente intuitiva, aveva capito subito che i problemi di Cathe erano legati al cibo. All’ennesimo momento di indecisione di Catharina di fronte al piatto di verdure, Sylvia aveva preso la forchetta al posto della ragazza e l’aveva praticamente imboccata:

“mamma devi mangiare!” le disse, ripetendo le parole dei medici e spingendo la forchetta carica di carote bollite contro le labbra della ragazza: Catharina le aveva istintivamente aperte, mentre incatenava il suo sguardo a quello di Bill. Avevano deciso in quel frangente, senza bisogno di troppo parole e discorsi, che era il momento di spiegare a Sylvia dell’anoressia.

E la piccola aveva capito. Aveva capito cosa comportava quella malattia che aveva fatto stare male la sua mamma.

E Cathe aveva capito le priorità della sua vita.

 

 

 

 

“si va a casa…” le disse Bill cingendole la vita alle spalle e scoccandole un bacio sulla nuca, mentre Catharina impacchettava nella valigia le innumerevoli cose che le avevano portato in ospedale;

“finalmente…” gli rispose voltandosi per baciarlo profondamente; vennero interrotti da un colpo di tosse ad hoc di Tom, comparso sulla porta:

“che sdolcinati, vero che fanno venire la carie Sylvia?!” disse bonariamente il rasta alla piccola ce teneva in spalla, che annuì con veemenza; il ragazzo proseguì: “ci sono un po’ di persone passate per festeggiare le dimissioni!”: Georg, Gustav, Noah, Medina, Sabine, Daniela ed Erika entrarono nella stanza per salutare Catharina

“ e c’è anche altro!” aggiunse David mentre entrava nella stanza sventolando un foglio: “ ti comunico ufficialmente che… hai vinto il premio come miglior giovane manager!”

Lo sguardo di Catharina si illuminò mentre veniva stretta da Bill: “non ci credo! Fa leggere!” la ragazza strappò letteralmente il foglio dalle mani di Jost, ancora incredula;

“incredibile...” bofonchiò “proprio oggi…”

“proprio oggi cosa…” le chiesero praticamente tutti in coro; si aggiunse anche il dottor Olshausen, entrato in quel momento con il foglio di dimissioni.

“allora, va beh tanto non sarebbe rimasto un segreto molto a lungo: visto tutto ciò che è successo ultimamente e visto che arrivare da 38 chili a 42 e 450, come sono adesso è stata una gran fatica, ho deciso che lascio la Universal.”

Un brusio si diffuse per la stanza: “come ci lasci?!” le chiesero in coro Georg e Gustav

“ho deciso che per un po’ farò la mamma di Sylvia a tempo pieno!” disse la ragazza prendendo in braccio la piccola: “sinceramente sono ancora solo poco più di 42 chili e mi ci vorrà molto tempo per riprendermi. Inoltre entro in una terapia di gruppo, per cui ho bisogno di tempo per gli incontri e le riunioni. Tranquilli, David ha già trovato un valido sostituto, una certa Dunja… quindi non avete nessuna nuova rompipalle! Cos’altro vi devo dire? Grazie per essermi stati vicino in questo periodo!”

 

 

 

Appena salita, Catharina reclinò la testa sul poggiatesta della BMW, aspettando che Bill si sedesse al volante:

“finalmente si va a casa!” gli disse mentre il ragazzo metteva in moto la macchina: “conoscendoli pensavo organizzassero una festa a sorpresa nel loft! Così avrei passato tutto domani a pulire!”

Bill sospirò, imboccando Elbchaussee: “e invece no… in effetti avrebbero voluto organizzare una festa a casa, ma gliel’ho categoricamente impedito!” fece un occhiolino a Sylvia.

Cathe lo notò: “cosa mi state nascondendo voi due?”

“niente!” le rispose festosa Sylvia dal seggiolino

“Bill!?” aggiunse Catharina sospettosa: “Bill attenzione hai sbagliato strada, dovevi girare prima! Possibile che non sai la strada… ma come guidi?!” gli disse in tono scherzoso Cathe; colse però lo sguardo del ragazzo:

“la so benissimo la strada di casa!” estrasse un mazzo di chiavi dalla tasca: il portachiavi arancione Hermes di Catharina, all’anello 4 chiavi che la ragazza non conosceva;

“Bill…” disse in un soffio

“calma calma… è cointestata, un po’ di soldi, almeno quelli delle bollette li tiri fuori anche tu!”

“Bill ma cosa…hai preso la casa in Elbchaussee?” Catharina lo guardò stranita

“Ti piaceva, mi piaceva e piaceva anche a Sylvia. Non potevamo rimanere per sempre con Tom, abbiamo bisogno di una casa tutta nostra! Dopo tutto quello che è successo, è per lasciarci tutto alle spalle ed avere un nuovo punto di inizio!”

Si ritrovò Catharina tra le braccia, la testa appoggiata contro la sua spalla:

“andiamo a casa Bill!”

 

 

 

 

 

Ed ecco qui… un nuovo capitolo terminato! Puff puff… che fatica!! Però, come premio per averlo letto fino in fondo… ecco come ho immaginato la casa di Bill Cathe e Sylvia!

 

http://www.immobilienscout24.de/46645318;jsessionid=01A3C0C204AD56CBA09150B728566F2D.worker1?exposeAction=ShowPictureOnPicturesTab&pictureIndexControl=0&sourceOfDoTabActionControl=LINK_TO_GALLERY&style=is24&is24EC=IS24&navigationbarurl=%2FSuche%2FWohnung-Kauf%2FUmkreissuche%2FHamburg%2F22605%2FOthmarschen%2Felbchaussee%2F-%2F5

 

lo so… l’indirizzo è assurdamente lungo e il sito è Immobilien Scout 24 (che non mi appartiene e non ci guadagno un bel nulla, mettiamolo pure come Disclaimer)… ma si sa che sono schiappa con il pc!!

Chiunque sarà nella sua vita il possessore di codesta meraviglia ha tutta la mia profonda invidia e ammirazione!!

Bacioni !!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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