Nessun'altra

di Neruda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Nessun'altra, amore, dormirà con i miei sogni.
Andrai, andremo insieme attraverso le acque del tempo.
Nessuna attraverserà l'ombra con me,
solo tu, sempre viva, sempre sole, sempre luna.
(
PABLO NERUDA)



CAPITOLO 1


"Il Comandante della Guardia Reale Oscar François de Jarjayes!"

Gli fa uno strano effetto sentire pronunciare da altri il suo nome. Lo conosce da una vita eppure, ogni volta che quelle parole vagamente musicali giungono al suo orecchio scandite con voce altisonante, non può fare a meno di avvertire un fugace brivido nell'animo, quasi udisse il Fato stesso sussurrargli "La tua vita, il tuo destino".
All'annuncio del valletto, l'altera donna Comandante entra nel fastoso e affollato salone di palazzo Girodel e lui la segue senza essere presentato. Il nome di chi non possiede sangue nobile nelle vene non conta, l'ingresso di quell'uomo dagli occhi verdi, intensi e splendenti come il lauro dei poeti, passa sotto silenzio. Può darsi fosse davvero un poeta, secoli addietro, se è vero che le anime ritornano in diverse sembianze finché non hanno compiuto per intero il loro volo. Di certo, similmente agli antichi cantori, il suo cuore batte poiché l'unica amata esiste, ma Eros è un infante capriccioso e fa sì che la sua diletta non se ne avveda.
"André, riesci a vedere il Generale Girodel?"
"Mi pare di scorgerlo fra quel gruppo di Ufficiali, Oscar."
"Sì, è là... Vado a porgergli i miei saluti."
L'uomo si muove nuovamente dietro a lei, serio, con l'incedere sicuro di chi sarebbe disposto a seguirla fino in capo al mondo. La sua presenza si è affinata in discrezione durante anni di fedele servizio passati a svolgere la mansione assegnatagli, gioia diluita nel tormento: proteggere e assistere la contessa Jarjayes. La bellissima contessa Jarjayes, con il mare del nord negli occhi e il sole dell'estate nei capelli. Un buon osservatore guarda dall'ombra ed egli, celatamente, si è accorto ormai da tempo di quanto sia delicata e altrettanto forte quella donna, il corpo slanciato avvolto da un'austera divisa militare, maschile involucro che, a suo parere, ne esalta all'opposto il fascino finemente femminile.
"Buonasera Generale Girodel, vi ringrazio molto per il vostro cordiale invito e vi porgo i saluti di mio padre. Come saprete, da alcuni giorni è ammalato e si duole di non poter presenziare stasera al vostro ricevimento, in quanto costretto a letto dalla febbre."
"Ben arrivato Comandante Jarjayes, vogliate riferire al Generale vostro padre che gli auguro una pronta guarigione e che spero di rivederlo al più presto."
"Certamente."
"Sapete, stavamo qui discutendo a proposito delle strategie militari in uso nel passato presso l'esercito francese, volete unirvi alla nostra disquisizione, Comandante?"
"Con molto piacere, Generale."
La donna non ha bisogno di dire all'uomo dai capelli bruni, che fluenti gli ricadono sulle ampie spalle, cosa fare; lui già sa di dover attendere in disparte che la contessa termini la sua conversazione di cortesia. Ponendosi a ridosso di una colonna, considera che per una buffa ironia della sorte lei, la più affascinante fra le dame presenti, passerà l'intera serata a conversare di guerra con noiosi e pomposi signori attempati anziché intrattenersi e danzare in compagnia di giovanotti piacenti. Ancora non distingue se per lui sia una fortuna o una condanna il fatto che l'ultimogenita del conte Jarjayes sia considerata l'erede maschio del casato e, di conseguenza, non sia stata allevata al pari delle sue sorelle, date presto in spose a nobili di alto lignaggio, cosa che, se fosse avvenuta anche con lei, lo avrebbe precluso dal poterle stare sempre accanto. L'indisturbata vicinanza all'aristocratica donna che ama in cambio della segretezza riguardo ai propri sentimenti, che patto iniquo ha stipulato per lui la vita: vederla fiorire ogni giorno di più in bellezza e lealtà e dovere, a causa delle sue umili origini, sottacere ciò che il cuore vorrebbe invece gridarle.
L'uomo, immerso nelle proprie riflessioni, si guarda attorno per ingannare l'attesa, cogliendo nel frattempo una scena che, tra il clamore dei festeggiamenti, a chiunque altro pare sfuggire. Il giovane conte Girodel, intento a fare gli onori di casa agli ospiti, si avvicina a un'inserviente, la più graziosa delle cameriere, alla quale si rivolge in maniera affabile. Lei lo osserva in volto dolcemente, accennando un assenso quando il conte termina di parlarle. Mentre lui, dopo averle rivolto un sorriso, la lascia per ritornare dagli invitati, la ragazza indugia seguendolo con lo sguardo, stringendo appena la stoffa delle vesti fra le mani; un tenue sospiro le sfugge dalle labbra prima che lei torni, pensosa, alla propria occupazione.
Come non riconoscere una situazione ben nota, poiché vissuta? L'attendente abbassa appena il capo per nascondere l'amaro sorriso che le sue labbra lievemente carnose formano al pensiero di quanto si divertano a scherzare, a volte, i destini; si combinano facendosi beffe delle esistenze di cui muovono i fili, irridendole. Rialza il viso e vede la contessa dirigersi verso di lui.
"Mi accomodo con i signori, André. Non è necessario che tu stia qui ad aspettarmi, ti cercherò io quando sarà il momento di andare."
"Bene, Oscar. Rimarrò nei paraggi."
L'uomo ha afferrato il vero significato delle parole della donna, che in realtà ha inteso dirgli "Mi aspettano i soliti doverosi discorsi di etichetta, distraiti almeno tu". L'amicizia che li lega è radicata e profonda, risale ai tempi della loro infanzia quando, segnati entrambi da una particolare solitudine, si ritrovarono a vivere vicini divenendo l'uno la compagnia e l'affetto dell'altra. Considerati da chiunque il servo e la padrona, lui che da servo non è mai stato trattato e lei che da padrona non si è mai comportata, e da nessuno riconosciuti come due anime complementari che si sfiorano danzando sugli stessi passi, spesso bandendo le parole e affidandosi ai reciproci silenzi o agli sguardi rivelatori per comprendersi; per comprendere tutto, tranne quello che lui non lascia trasparire per paura di perderla, sperando che un giorno sia lei ad accorgersi del puro amore che le infonde da sempre, come acqua a dissetare una rosa.


Le ore trascorrono col passare degli astri in cielo. Nella sala gremita di persone il brusio delle voci, unito alle risate, si sovrappone alla chiara musica dei violini. La donna, mentre segue la conversazione dei militari, porta un calice di eccellente vino alle labbra e bevendo distoglie per qualche momento lo sguardo dai suoi interlocutori.
"Non concordo con voi, Colonnello. A mio parere la vittoria sarebbe stata conseguita ben più rapidamente, se in tale frangente l'artiglieria pesante fosse stata adoperata fin dall'inizio dell'assalto. Voi cosa ne pensate, Comandante Jarjayes?"
Lei, il cristallo vuoto in mano, continua a tenere lo sguardo fisso al di fuori di quella cerchia.
"Comandante?..."
Si volge al gruppo, appoggiando il calice sul tavolino e alzandosi dalla poltrona.
"Scusatemi, signori. Mio malgrado mi vedo costretta a terminare questo nostro interessante incontro, non vorrei si facesse troppo tardi per me, domattina dovrò recarmi alla reggia molto presto. Generale Girodel, vi ringrazio nuovamente per la piacevole serata. I miei ossequi a voi tutti."
Senza attendere i saluti in replica, la donna si avvia decisa. Una sorta di inquietudine, che la stupisce e assieme la irrita, muove la contessa nella direzione verso la quale li stava poco prima osservando con attenzione. Nota ancora la bella cameriera guardarlo assorta mentre lui le parla; rallenta un poco il passo, prossima a entrambi.
"André."
L'uomo si gira verso di lei, adocchia una sfumatura di blu cupo nel suo sguardo, e torna a rivolgersi alla ragazza.
"Arrivederci, Isabelle."
La cameriera lo saluta a sua volta e porge un inchino alla contessa, colpita dalla soavità dei lineamenti della giovane.
"Andiamo André, è tarda notte."
Notte in cui Era, stanca del gioco di Eros, ha voluto instillare una bruciante goccia di gelosia nel cuore della donna.




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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Ormai sei mia. Riposa con il tuo sogno nel mio sogno.
Amore, dolore e fatiche devono dormire ora.
Gira la notte sulle sue invisibili ruote
e accanto a me sei pura come l'ambra addormentata.
(
PABLO NERUDA)




CAPITOLO 2

 

La quiete della notte è rotta dal fruscio del vento, levatosi tiepido a smuovere le fronde, e dalla secca cadenza degli stivali della donna, che passano veloci sul selciato tradendo un malcelato nervosismo. Nella mente dell'uomo che da sempre l'accompagna prende lentamente forma una sottile congettura, forse uno sbaglio, forse la verità, certamente la più dolce speranza.
"La serata non stava procedendo bene, Oscar?"
La donna resta per alcuni attimi in silenzio.
"Sono solo stanca, voglio andare a riposare."

Risponde brusca, senza riuscire a trattenere altre e differenti parole.
"E per te André, stava andando bene?"
L'uomo la nota osservarlo di sottecchi, una scintilla gli arde nell'animo.
"Come vuoi che stesse andando... Stavo aspettando te."
La donna non sa che la replica nasconde una profonda verità. Mentre raggiungono la carrozza, lui la precede per aprirle lo sportello; lei si ferma, indugiando a salire.
"Mi pareva fossi in buona compagnia, André... Ho forse interrotto qualcosa?"
Un sorriso sul volto dell'attendente.
"Suppongo non intenzionalmente, vero Oscar?"
La donna, colta alla sprovvista, non risponde. I lineamenti tesi rimarcano la serietà della sua espressione, l'oscurità nasconde apparentemente il rossore che l'uomo indovina comparirle sulle gote; stringe una mano a pugno per frenarla dal protendersi ad accarezzare quelle rosee guance.
"Io e la cameriera stavamo solamente discorrendo di alcuni argomenti... Dato che come valletto del Comandante Jarjayes frequento ogni giorno la reggia, la ragazza era curiosa di sapere se mi capita di vedere il conte Victor intrattenersi con le dame di corte."
Improvviso lo stupore, sul viso della donna.
"E perché mai una sua domestica dovrebbe chiederti una cosa simile?"
L'uomo avvicina il volto a quello di lei, catturandone lo sguardo.
"Presumo perché...", le rivela in un sussurro, "...è innamorata di lui... E magari per il conte potrebbe valere altrettanto, chissà...".
La donna distoglie rapida gli occhi da quelli verdi, abissali, dell'uomo, posandoli sull'armoniosa statua di Afrodite posta al centro del roseto.
"E tu...cosa le hai riferito a riguardo?"
"La verità, ossia che Girodel non pare attratto da nessuna delle donne presenti a Versailles, né si atteggia in maniera frivola col alcuna di esse."
"Quindi...le hai donato una speranza..."
"Non si vive senza di essa, Oscar."
La contessa sposta lo sguardo sulla carrozza, apprestandosi a salirvi.
"André, ci stiamo attardando."
Dopo che lei si è accomodata, l'attendente richiude con garbo lo sportello e si avvia a slegare i cavalli.
"Lo so bene, Oscar."
All'interno della vettura che ha preso a muoversi, l'unico rumore che la donna pare udire è il battito del proprio cuore.
Le parole, la voce, lo sguardo dell'uomo hanno smosso qualcosa nel suo animo, ora tumultuoso, come un torrente che, liberato dal masso che lo ostruiva, riesce infine a defluire. Sono dunque in grado i sentimenti scorrere improvvisamente fragorosi e dirompenti, simili ad acque selvagge impossibili da imbrigliare? Quelle stesse emozioni che negli anni lei ha dovuto contenere, che un valoroso soldato non può mostrare per non dare adito nemmeno alla più insignificante debolezza, possono riuscire a erompere e tracimare dagli argini della ragione?

"Sì." 

L'incedere della carrozza si fa sempre più lento, finché i cavalli si fermano al di là dell'imponente cancello di villa Jarjayes. L'uomo scende e, al lume delle lanterne appese alla vettura, compie i soliti gesti usuali aprendo lo sportello, scostandosi di lato e piegandosi su un ginocchio in riverente attesa della discesa della contessa.
Avverte una mano poggiarglisi su una spalla; solleva il volto, colto di sorpresa.

"Alzati, André."
Lentamente lui si rialza, i loro volti si ritrovano vicini, come poco prima.
"Cosa c'è, Oscar?"

La donna non immagina la tenerezza che suscita in lui, le appare timorosa, quasi temesse le conseguenze di quel che sta per dire, di ciò che l'uomo confida lei stia per rivelargli.

"André... Cosa intendevi prima, dicendo che non si vive senza speranza?"

Ora sa, per l'uomo quella speranza è divenuta una vibrante certezza.

"Non si vive, se non si crede che si possa realizzare ciò che più si desidera."

"E tu... In cosa speri, André?"

Le forti mani dell'uomo sollevano delicatamente il volto di lei, sguardi verdi e azzurri si perdono fin nel profondo delle reciproche anime.

"In te... Mia Oscar... Nel tuo amore per me."

Le mani della donna si posano piano su quelle dell'uomo, una carezza al sostegno che da sempre lui le offre.

"André... Mi conosci davvero così bene... Riesci a leggermi dentro meglio di quanto lo faccia io... Tu mi avresti aspettato...avresti atteso che ti rivelassi del mio amore...anche tutta la vita?"

"Sì... Perché sapevo che è da me che saresti venuta... I nostri animi sono infiammati da una stessa passione che da sempre ci lega...e che non si può nascondere in eterno al cuore... Non mi importa dell'attesa, sei tu l'unica che io abbia mai amato...e nessun'altra".

Presso la luna passa una fugace nube, ombra di Era, che oscura per un istante l'intenso bacio degli amanti.


http://www.youtube.com/watch?v=FSea1YPxK1c

 

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