Katniss gioca da favorita

di Colpa delle stelle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Katniss gioca da favorita




- I Favoriti mi hanno proposto un'alleanza. -
La frase che mai avrei sognato di pronunciare un giorno, abbandona le mie labbra e zittisce tutti.
Peeta mi guarda incredulo, ma potrei giurare di intravedere un'ombra nei suoi occhi, che grida a gran voce: "tradimento".
Haymitich si limita a tagliare la carne nel suo piatto, per poi sollevare appena gli occhi. - Lo so. - dice, con noncuranza. - Gloss e Cashmere sono venuti a parlarmi stamattina, ma non ho ancora confermato niente. - lancia una breve occhiata a Peeta e continua. - Sei tu che devi decidere. -
Sposto lo sguardo su Effie, che sorride incoraggiante, e poi su Cinna, che invece sembra alquanto deluso.
Evito accuratamente lo sguardo d'accusa di Peeta.
Ormai ho deciso.
- Ho già detto di si. - comunico, ingoiando un grosso sorso d'acqua per cercare di calmare la tensione.
- Così non ti sei nemmeno preoccupata di consultarmi, esatto? Non ti è nemmeno passato per l'anticamera del cervello che noi due avremmo potuto allearci? - sbotta Peeta, colpendo infuriato con una mano il tavolo.
- C'è un solo vincitore Peeta, vedi di abituartici. -
Cerco di mantenere la calma e continuo a mangiare, senza curarmi della sua sfuriata.
Non ha il diritto di parlarmi così quando sa benissimo che uno di noi due deve per forza morire.
Si alza di scatto, facendo grattare la sedia sul pavimento. - Parli già come loro. - sibila, prima di lasciare il salone e sparire in camera sua, chiudendosi con forza la porta alle spalle.
Non protesto né provo a giustificarmi, perché so che sarebbe solo una bella presa in giro.
Mi sono sacrificata per salvare Prim e ora avrei lottato per tornare da lei, per garantirle una vita migliore e priva di stenti.
Sono disposta anche a cambiare, ad abbandonare me stessa pur di continuare a vivere e Peeta prima lo accetta, prima si renderà conto che contro di me è in pericolo come, se non di più, di quanto lo è rispetto agli altri Tributi.
Mollo la forchetta sul piatto e nascondo un sospiro nel tovagliolo, mentre mi pulisco la bocca dall'olio della carne.
Poi mi alzo e, senza dire niente, me ne vado in camera mia.

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Angolo d'autrice:
Salve popolo di Panem!
Rieccomi con una nuova long!
In realtà l'altra storia a capitoli è ancora in corso, ma visto che sia quella che questa sono finite e non mi resta altro che pubblicare i capitoli, ho voluto buttarmi in una nuova storia subito, senza aspettare.
Il prologo è corto, ma a grandi linee si capisce subito il filo trascinatore della storia.
Non ho nulla contro la coppia Katniss/Peeta, li adoro insieme, ma il mio sogno è sempre stato quello di vedere la Ragazza in Fiamme con Gale e ho voluto stravolgere un po' i settantaquattresimi Hunger Games per poter mettere così insieme i nostri due migliori amici.
Fatemi sapere con una recensione se ci sono riuscita o se è meglio che mi rassegni e lasci perdere la mia ossessione per la Everthorne.
A presto,
Colpa delle stelle

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1




Incocco una freccia e sollevo nel contempo l'arco, tendendo così il filo con il braccio destro.
Poi mi prendo qualche secondo per fissare il bersaglio e studiare la traiettoria.
Un respiro e scocco.
La punta della freccia si conficca nella fronte del manichino, sbilanciandolo leggermente.
Glimmer mi guarda entusiasta. - Bel tiro! - esclama, prima di apprestarsi a imitarmi.
Il risultato però è alquanto deludente: la sua freccia rimbalza sul braccio del manichino e cade a terra.
Mi guarda contrariata, mentre le sue sopracciglia dorate si aggrottano.
- Tranquilla, con un po' di allenamento saprai tirare bene anche tu. - affermo, cercando di apparire convinta.
Inutile dire che quella ragazza non avrebbe imparato a tirare nemmeno dopo un secolo di allenamenti.
- Lo sa benissimo che non riuscirà a imparare nemmeno se si allenasse tutto il giorno. - ghigna Cato avvicinandosi e avvolgendomi con un braccio le spalle.
Rabbrividisco al suo contatto e lo guardo male, allontanandomi all'istante.
Dire che odio i Favoriti è un eufemismo.
L'unica che riesco a sopportare è Clove, che per certi versi mi assomiglia: è scorbutica quanto me e non ama troppo parlare o perdere tempo.
Devo solo imparare ad essere sadica quanto lei, poi potrebbero considerarci a tutti gli effetti sorelle gemelle.
Marvel invece è un caso a parte.
Innamorato di Glimmer, che però sbava dietro a Cato, che si diverte ad illuderla.
Un ragazzo così spietato non potrà mai provare sentimenti simili all'amore.
- Ma no, non sei andata così male Glimmer! - la rassicura Marvel, confermando le mie supposizioni.
La bionda però non sembra ascoltarlo e continua a guardare Cato con aria mesta.
Lo guardo a mia volta, curiosa di come gestirà la situazione questa volta, ma lui si limita a ghignare e a sollevare le spalle. - Sono onesto, come sempre. - dice ironico, schiacciando l'occhio a Glimmer.
Li fisso per un'ultima volta, incapace persino di commentare quella situazione così fuori dagli schemi, e cerco un po' di tranquillità nella postazione delle spade.
Ho già dato troppo sfoggio delle mie abilità con l'arco.
L'addestratore, appena capisce le mie intenzioni, scatta verso di me, entusiasta di iniziare ad istruirmi, ma si fa subito indietro non appena vede Cato raggiungerci.
- Vuoi imparare a trafiggere qualcuno? - chiede, mulinando la sua arma con esperienza.
Sbuffo infastidita. - Saltiamo questo passaggio e passiamo subito alla parte dell'uccidere. - dico, afferrando una spada e posizionandomi di fronte a lui.
Cato ghigna e mi alza appena il braccio. - Innanzitutto, piega le ginocchia. Sembri uno stoccafisso.- mi dà un colpetto sulle gambe, facendomi quasi cadere, poi sposta la mano sulla mia, che avvolge il pomolo della spada, e rafforza la presa. - Stringi bene le dita sul manico, ma non rimanere rigida con il polso. - rilasso i muscoli del braccio, come mi è stato detto di fare, e contraggo le dita, in un vano tentativo di metterci più forza. - Il segreto è la velocità e la delicatezza del movimento. -
Si muove rapido verso di me e, dopo aver intrappolato la mia lama con la sua, me la toglie di mano e mi punta la spada sul petto.
Servirà delicatezza anche quando dovrò uccidere un tributo?
- Solo al momento dell'affondo fai forza. - conclude, senza però abbassare l'arma.
Rimango ferma sul posto, ripetendomi mentalmente le sue parole e i suoi movimenti.
Poi mi scosto con un balzo e gli strappo di mano la spada con una sola mossa.
- Proviamo. - dico, rimettendomi in posizione.
Cato scuote la testa, chiaramente divertito, ma non si fa pregare troppo e inizia subito ad attaccarmi.
Mentre paro i suoi colpi, non posso fare a meno di maledire la mia impulsività.
Non sono brava con la spada e quello può essere un buon motivo per escludermi dal loro gruppo.
Poi però penso a Glimmer e il ricordo della sua incapacità con l'arco mi fa sorridere, consentendomi di contrattaccare.
In un guizzo di vitalità, arrivo quasi a disarmarlo, ma poi vengo inevitabilmente sopraffatta dalla sua bravura e mi ritrovo nuovamente senza difese, con la sua spada puntata direttamente al cuore.
- Non male. - commenta, stranamente stupito, e concedendomi un sorriso soddisfatto.
Sorrido a mia volta. - Lo so. -
Rimaniamo in silenzio a fissarci per pochi istanti, poi la voce acuta di Glimmer riecheggia per la palestra e attira l'attenzione di Cato.
Finalmente da sola, sono libera di sospirare e liberare la tensione accumulata.
Respiro a fondo un paio di volte e mi sgranchisco le dita.
Garantirmi un posto nei Favoriti non è per niente facile.
- Immagino quanti nuovi modi hai imparato di scannare le persone. -
Peeta mi si avvicina, agguerrito.
Sospiro, ma non ribatto.
- E avrai già stilato la tua lista, no? - continua sprezzante, guardandomi negli occhi. -Magari per primo ci sono io, poi la ragazzina dell'11... e che ne dici di quella del 5? È intelligente, meglio farla fuori subito. -
La rabbia monta prepotente e mi fa ribollire il sangue nelle vene.
Se l'è cercata lui.
Lo afferro per le spalle e lo sbatto al muro più vicino, con un braccio sul suo collo.
- Scusa tanto se io non ho perso le speranze, se credo davvero di poter tornare a casa. - gli sibilo, a un metro dal viso, senza curarmi degli altri Tributi che mi guardano allibiti. - Non posso farci niente se tu sei solo un rammollito. Ora che ti devi mettere in gioco, ti tiri indietro perché hai paura. Invece di insultarmi, prova a pensare a cosa farai una volta nell'arena con la tua rassegnazione e poi pensa a me che uscirò vincitrice e abbraccerò di nuovo la mia famiglia. -
La folla del Distretto 12 festosa, Prim che ride e corre verso di me, mia madre che sorride, per la prima volta dopo tanto tempo, e Gale, i suoi occhi grigi, la sua espressione soddisfatta.
É questo che voglio, tornare a casa.
- Preferisco lottare che arrendermi e non mi interessa se dovrò uccidere o veder morire ventitré persone, chiaro? -
Ho il fiato grosso e il respiro accelerato.
Per colpa della foga, ho rischiato di mordermi la lingua e strozzarmi con la mia stessa saliva varie volte, ma non accenno a voler mollare la presa.
Solo quando le braccia di Cato mi staccano dal collo di Peeta, recupero la mia solita freddezza e mi guardo intorno per la prima volta, turbata.
Glimmer e Marvel se la ridono sotto i baffi e Clove mi sorride, con quell'espressione tanto sadica negli occhi.
Lo prendo per un complimento, il che, insieme alle occhiate terrorizzate degli altri Tributi e a quelle soddisfatte degli strateghi, non fa che esaltarmi.
Non mi curo nemmeno di Peeta riverso a terra che cerca di riprendere fiato.
Giro sui tacchi e non mi volto più.


Il nostro tavolo in mensa è il più chiassoso, il più allegro, il più vivo.
Gli altri Tributi mangiano in silenzio, con la testa china sul loro piatto, e ci lanciano di tanto in tanto degli sguardi invidiosi e malinconici.
L'unico che non ci fissa e quasi non nota la nostra presenza è Tresh, quello dell'11, che si limita a masticare il suo pezzo di pane con sguardo freddo e impenetrabile.
- Si pentirà quello di aver rifiutato la nostra alleanza. - dice Cato, seguendo il mio sguardo e indicando lo stesso Tresh.
- Lo immagino. - commento, riportando gli occhi in avanti a incontrare quelli di Clove.
- E sarà il primo che ucciderò nell'arena. - dice la ragazza, con un ghigno sulle labbra.
Glimmer scoppia a ridere e indica l'altro Tributo dell'11, una bambina di dodici anni così simile a Prim.
- Io penso che ucciderò quella invece. - ride, scambiandosi un cinque alto con Marvel, che scuote la testa. - Il primo che mi capiterà tra le mani lo ammazzo, non faccio tanti pronostici. -
- E tu Katniss? -
Al sentire il mio nome, per poco non mi strozzo con il cibo che stavo masticando.
- Co...cosa? - domando, fingendo di cadere dalle nuvole.
- Chi ucciderai per primo? - risponde Clove, sinceramente curiosa.
- Ho un conto in sospeso con Peeta dopo oggi. - invento sul momento, pentendomi all'istante delle mie parole.
- Non lo toccherà nessuno a parte te. - promette Cato, sollevando nel contempo il bicchiere. - Brindiamo a noi! - esclama, suscitando l'ennesima approvazione dagli altri.
Ricambio a malapena e quando arriva il momento di tornare ad allenarmi, sbuffo di sollievo.
Mantenere intatta la maschera è sempre più difficile.
Sento chiaramente lo sguardo accusatorio di Peeta mentre gli passo davanti affiancata da Marvel, ma chissà da dove riesco a trovare il coraggio e il menefreghismo di ricambiarlo, per poi proseguire imperterrita verso la postazione dei coltelli.
Clove scalpita e non mi azzardo a rubarle il posto, visto che entro poco dovremo seguire un altro esercizio obbligatorio e non potrà più sfogarsi come meglio crede per un po'.
La guardo incantata, mentre si allaccia la cintura dei coltelli in vita e inizia a tirarli, ininterrottamente, portando a compimento ogni tiro.
Quando anche l'ultimo manichino è infilzato, si ferma e ci sorride.
- Grande Clove! - urla Cato, assestandole una pacca sulla spalla che avrebbe fatto volare a terra chiunque, ma non lei.
Le sorrido a mia volta e le concedo un cinque, mentre Glimmer la guarda male, senza commentare.
Entrambe sono alla costante ricerca dell'approvazione di Cato e questo non può che portarle sempre allo scontro.
E mette sia me che Marvel in una posizione piuttosto scomoda.
Fortunatamente, in quel momento Atala ci chiama e ci raduna davanti ad una piattaforma, dove un istruttore a braccia incrociate ci aspetta, armato di uno strano bastone.
È arrivato il momento della lotta corpo a corpo.

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Angolo d'autrice:

Contrariamente a quello che mi aspettavo, la storia ha avuto successo ed ecco quindi il primo capitolo!
Ringrazio chiunque ha recensito il prologo, chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e anche chi legge in silenzio.
Alla prossima,
Lucinda_Lockwood

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2



L'abito che Cinna ha creato per me è semplicemente perfetto.
Il tessuto è di un colore così simile alle fiamme che, ogni volta che mi muovo, sembra sul punto di prendere fuoco, da un momento all'altro.
Le scarpe sono molto più basse di quanto mi aspettassi dopo le lezioni con Effie e questa piacevole sorpresa non può che avvantaggiarmi.
Me ne accorgo sin mentre faccio le poche scale che mi dividono dal palco e raggiungo Caesar, il commentatore degli Hunger Games.

La chiacchierata con Haymitch il giorno prima non si era conclusa bene, spero solo che la carta dell' “essere me stessa e sorridere tanto” funzioni con i capitolini.
- Direttamente dal Distretto 12, Katniss Everdeen, la ragazza in fiamme! -
L'applauso dei capitolini mi accoglie e l'abbaglio dei flash mi da il tempo di riprendermi e nascondere la smorfia che mi è sfuggita sulle labbra.
- Benvenuta a Capitol City, Katniss! - mi accoglie Caesar, stringendomi subito la mano e invitandomi a sedere sulla poltrona di fronte a lui. - Dev'essere stato un gran cambiamento dal tuo Distretto. Cos'è che ti ha colpito di più da quando sei arrivata qui? -
Il vostro accento odioso, le parrucche troppo sgargianti, la vostra stupidità, il coraggio che avete nel mandare ventiquattro ragazzi giovani a scannarsi a vicenda in un'arena solo per divertirvi...
- Lo stufato d'agnello. - scherzo, causando una risata di Caesar e di alcuni spettatori nella platea.
In fin dei conti, non è così difficile.
Devo solo ignorare le loro parrucche, il loro accento, il fatto che magari, proprio in quel momento, qualcuno immagina la mia morte...
- Senza ombra di dubbio il piatto più gustoso che abbia mai mangiato. - annuisce Caesar, passandosi nel contempo una mano sulla pancia. - Non si nota, vero? -
- Non troppo. - rido, seguita da quasi tutti i capitolini.
L'unico aspetto positivo delle interviste, è proprio Caesar: è l'unico presentatore degli Hunger Games che mette a proprio agio i Tributi e consente ai capitolini di divertirsi, sempre.
Forse è proprio per questo che il Presidente Snow se lo vuole tenere stretto.
- Ma che mi dici del tuo costume alla sfilata? Avanti, voglio almeno una persona a cui non sia piaciuto. -
I capitolini si affannano a scuotere la testa e qualcuno fischia, come a voler denigrare chiunque osasse alzare la mano.
- Le fiamme erano pericolosamente vere e ho seriamente pensato di prendere fuoco anche io. -
Un'unica risata si solleva dal pubblico e Caesar addirittura si asciuga una lacrima dall'angolo dell'occhio.
Incredibile quanto a Capitol City si divertono per una semplice battuta.
- Poi però, quando ho visto l'effetto che faceva, non ho potuto non considerare il genio di Cinna. Il suo abito è fantastico, il più bello che abbia mai potuto indossare. - continuo, cercando il mio stilista nel pubblico. - Dopo questo, ovviamente. -
Caesar guarda il mio vestito, fa un fischio di approvazione e poi muove il dito, a formare un cerchio in aria.
Mi sta chiedendo una piroetta e io, da bravo Tributo che vuole catturare l'attenzione degli Sponsor, gliela concedo.
Inizio a girare, a girare, a girare e anche se mi gira la testa continuo a piroettare, mentre la gonna del mio vestito mi segue e spruzza scintille di fiamme intorno a me.
- Davvero incredibile! - applaude Caesar, afferrandomi subito dopo, prima che riesca a perdere l'equilibrio e imitare Haymitch con una caduta in grande stile dal palco.
- Uno spettacolo inimmaginabile. - aggiunge, tra i fischi del pubblico.
Sorrido, mentre le cose intorno a me smettono di girare e Caesar riprende con le domande.
Mai avrei immaginato di ritrovarmi un giorno su un palco, a volteggiare e a ridacchiare, davanti a una folla di sanguinari esaltati.
- Parliamo ora del tuo voto alla sessione di addestramento. Undici. - qualcun fischia dal pubblico e Caesar gli schiaccia l'occhio. - Sinceramente non ce lo aspettavamo dal Distretto 12. Vuoi dirci il tuo segreto?  -
Lancio un'occhiata dubbiosa verso il balcone degli Strateghi e mi permetto un attimo per ridacchiare di nuovo, poi torno a guardare Caesar e scuoto il dito.
- La mia bocca è sigillata. - rispondo. - Gli ordini sono ordini. -
Un mugolio si solleva dal pubblico, che guardano insistentemente verso il balcone degli Strateghi, sorridenti e consapevoli del segreto che portano sulle spalle.
Caesar si esprime in una smorfia di vera sofferenza, per poi scuoetere la testa e passare oltre.
- Torniamo indietro allora, al momento della Mietitura, quando ti sei offerta volontaria per tua sorella. - mi afferra la mano e la stringe, guardandomi negli occhi. -- Vuoi parlarci di lei? -
Non ho nessuna voglia di parlare di Prim, la piccola e fragile Prim, davanti a voi, ma devo farlo, proprio per lei.
- Si chiama Prim, ha dodici anni e le voglio bene, più di qualsiasi altra persona al mondo. -
Il silenzio ora è pesante, nessuno osa più aprire la bocca.
- E cosa ti ha detto mentre ti salutava? - chiede ancora Caesar, con gli occhi sgranati.
- Di combattere e tornare da lei. - sussurro, con gli occhi fissi davanti a me, in una chiara ostentazione di sicurezza. - E io lo farò. -
- Tu combatterai e vincerai, ne sono certo. -
Caesar mi prende la mano e la bacia con delicatezza, poi mi fa alzare e mi volta verso il pubblico.
- Katniss Everdeen, la ragazza in fiamme! -
Fischi, urla di giubilo, applausi a non finire e tanti sorrisi, poi sollevo la gonna con le mani, proprio come mi ha ordinato di non fare Effie, e ritorno nelle quinte del palco, con un sorriso sognante sulla faccia che nemmeno mi accorgo di avere.
Mi sembra quasi di galleggiare in una nuvola: niente più pensieri, niente più preoccupazioni, solo sollievo e consapevolezza di aver fatto colpo.
Almeno finché non arriva il turno di Peeta.
Il suo odio nei miei confronti è talmente forte, si sente così tradito, che non fa niente per nasconderlo.
Nemmeno Caesar riesce a frenarlo e prima che chiunque potesse prevederlo, si ritrova a insultare me e i Favoriti, la nostra alleanza mancata, quel filo di amicizia che
è nato tra di noi dal viaggio dal Distretto 12 fino a Capitol City.

La sorpresa lascia presto il posto alla rabbia, ma Haymitch deve aver intuito i miei pensieri, perché mi raggiunge subito dopo la fine delle interviste e mi trascina in ascensore, senza che riesca a raggiungere Peeta e parlargli.
Lo scorgo prima che le porte si chiudano, accompagnato da Portia, e l'ultima cosa che vedo sono i suoi occhi, addolorati, rivolti verso di me, in una muta richiesta di perdono.
 


Dopo l'ultimo giorno di allenamento credevo di aver scampato la parte più difficile e invece ora mi ritrovo qui, senza sonno e con la paura che mi tormenta.
L'intervista è andata bene, a parte la palese frecciatina di Peeta sul fatto che mi fossi alleata con i Favoriti.
I Capitolini però non avevano preso molto bene i suoi insulti e si vedeva chiaramente che l'unica ad essersi guadagnata la loro attenzione ero stata io.
Allargo le braccia sull'enorme letto e ripercorro ancora per qualche minuto tutta la serata, prima di alzarmi e uscire dalla stanza in punta di piedi.
Davanti all'enorme finestra del salone siede Peeta, con la fronte contro il vetro e gli occhi chiusi.
Sto per fare dietrofront, ma mi blocco quando sento che mi chiama.
- Katniss. - sussurra, voltandosi a guardarmi.
Colgo l'occasione per togliermi uno dei tanti pesi che ho sul cuore. - Scusa se ti ho aggredito l'altro giorno agli allenamenti. - dico, sedendomi di fronte a lui.
Per un momento ho il timore che mi assalga, quasi a voler bilanciare i conti, ma quando vedo che sorride stancamente mi rilasso.
- No, scusa tu per la mia scenata a pranzo. Come hai detto tu c'è un solo vincitore. -
Mi fisso le mani, senza dire niente, e aspetto.
- Ho sempre voluto rimanere me stesso e mi convincevo che nemmeno Capitol City mi avrebbe cambiato, e invece mi ritrovo ad urlarti contro davanti a tutta Panem solo perché sei più forte di me. -
Provo ad obiettare, ma non me ne lascia il tempo.
- Dopo il tuo 11 in addestramento ho addirittura pensato di ucciderti una volta nell'arena, ma poi ho pensato che così non sarei diventato altro che una pedina della capitale e non voglio far del male a nessuno. -
Le sue parole mi toccano nel profondo, aprono addirittura uno spiraglio di speranza nei miei pensieri bui, ma subito la verità li offusca di nuovo.
- Non posso permettermi di pensarla così. - commento, guardandolo fisso negli occhi.
Noto la comprensione e il dolore passare nel suo sguardo.
- Hai tua sorella da cui tornare. Tua madre e... Gale. - dice, calcando il nome del mio amico.
Annuisco, senza far caso all'irritazione nel suo tono.
- Se mi ucciderai nell'arena, lo accetterò. - continua, tornando a guardare il panorama notturno della capitale.
- Lo stesso vale per me. - ribatto.
Peeta sorride di nuovo, ma nessun sentimento di felicità muove le sue parole.
- Lo sai cos'ha detto mia madre quando è venuta a salutarmi? - mi chiede, lasciandomi allibita.
Ovviamente scuoto la testa e per un attimo mi ritrovo a pensare a suo padre e al pacchetto di biscotti che mi aveva regalato e che io puntualmente avevo buttato fuori dal finestrino del treno.
- Ha detto che il Distretto 12 potrebbe avere un vincitore quest'anno. - confessa, guardandomi. - Ma non si stava riferendo a me. -
Deglutisco rumorosamente, ripensando a quella donna così ostile che vende il pane nel mio Distretto.
Mia madre, anche se si era lasciata andare dopo la morte di mio padre, non avrebbe mai pronunciato delle parole del genere, non avrebbe mai dato per scontata la mia morte.
Perché sa bene che sono diversa da lei e che non mi arrenderò senza lottare.
- Mi dispiace Peeta. - riesco comunque a dire, senza far caso al magone che mi stringe la gola.
Mi allontano dalla finestra e raggiungo il corridoio velocemente.
Una volta nell'arena, avrei dovuto uccidere quel ragazzo.
Lo stesso ragazzo che mi ha creduto sua amica e che mi ha raccontato le sue paure.
- Lo so. - sussurra, ma non mi volto indietro di nuovo.
Devo nascondere le lacrime che mi rigano il volto.
Perché ora lo so.
Da quando ho ammesso che avrei provato ad ucciderlo nell'arena, ho capito: Capitol City mi ha cambiata e non c'è modo di tornare indietro.
Ma la cosa più grave, è che a me va bene.

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Angolo d'autrice:
Credo di odiare Peeta in questo capitolo, ma è solo un odio passeggero...
Dal prossimo capitolo, l'arena!
E finalmente un po' d'azione sanguinosa!
Dunque, ringrazio chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate, chi ha recensito e chi legge in silenzio.
Alla prossima,
Lucinda_Lockwood

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3




Il lento salire della piattaforma, che entro pochi secondi mi scaricherà nell'arena, dovrebbe solo irritarmi ancora di più, ma so già che non potrei essere più nervosa di come mi sento adesso.
Nonostante Cinna non approvi la mia alleanza con i Favoriti, il suo sostegno è stata l'unica àncora di salvezza a cui ho potuto aggrapparmi negli scorsi giorni.
Era lampante il fatto che non gli andasse giù questo mio improvviso cambio di fronte, ma gli era anche chiaro il perché l'avessi fatto, e non si sentiva in vena di giudicarmi.
Non conosco alcun particolare della vita privata del mio stilista, ma l'unica cosa di cui sono certa, è che non ha dovuto soffrire la fame e mantenere in vita da solo una famiglia per più della metà dei suoi anni.
E non è nemmeno costretto a partecipare agli Hunger Games, come invece devo fare io.
E non deve combattere con la certezza che, subito quel giorno, potrebbe uccidere un altro Tributo, magari della mia stessa età, che ha una famiglia a casa che lo aspetta.
Per mantenere fede alla promessa fatta a Prim, ma anche per ragioni più profonde, sono pronta a imbracciare un'arma e a privare della vita una persona.
Provo a ripetermi nella mente, ininterrottamente, le parole di incoraggiamento che Gale mi ha rivolto nel Palazzo di Giustizia.
Non c'è molta differenza.
Tra l'uccidere un uomo e un animale.
Non c'è molta differenza.
Forse se continuerò a ripetermelo, a lungo andare non mi farà più rizzare i peli sulle braccia.
E potrei anche arrivare a crederci, prima o poi.
La luce del giorno mi abbaglia improvvisamente e mi riporta alla realtà.
La Cornucopia dorata è davanti a me, scintillante in tutta la sua tentazione.
Dietro, un infinito campo di grano, all'apparenza vuoto e silenzioso, ma che potrebbe nascondere qualsiasi tipo di insidia.
A sinistra il lago e a destra i boschi.
Se non fossi alleata con i Favoriti, se volessi combattere questa battaglia da sola, sarebbe quello il primo luogo dove mi rifugerei.
Ma il mio obiettivo è cambiato.
- Signore e signori, che i settantaquattresimi Hunger Games abbiano inizio! -
La voce di Claudius Templesmith, l'annunciatore intramontabile dei giochi, riecheggia per l'intera arena ed è colei che da inizio al conto alla rovescia.
Mentre i secondi vengono scanditi, mi prendo qualche attimo per studiare la mia posizione e quella degli altri, e agire poi di conseguenza.
I metri che separano la linea dei Tributi dalla Cornucopia sembrano essere fatti apposta per me.
A scuola, durante le gare di corsa, ero sempre la prima nello sprint iniziale ed ero sempre la prima che tagliava il traguardo, superando anche ragazze più grandi e più robuste di me.
Il mio segreto sta nel fisico: sono piuttosto bassa e ho poca resistenza, ma sono nel contempo agile e veloce.
Nessuno può battermi negli scatti.
E ho come il presentimento che, grazie al cibo ingurgitato dal viaggio in treno fino ad ora, il mio corpo ci abbia guadagnato.
Automaticamente mi posiziono nell'assetto di corsa, con la schiena piegata verso la gamba destra e la gamba sinistra dietro, a bilanciare l'equilibrio.
Prima dello scadere del tempo, rivolgo solo un veloce sguardo a Cato, il più vicino a me, e ci scambiamo un'occhiata d'intesa.
Deve aver già capito quali sono le mie intenzioni.
Appena i secondi finiscono e il gong d'inizio dei giochi mi invade le orecchie, le mie gambe si muovono automaticamente e scattano in avanti, trascinando il resto del mio corpo con sé.
Nonostante mi concentri esclusivamente verso la Cornucopia e tutti i miei sensi siano indirizzati all'unico arco che fa bellamente mostra di sé vicino alle altri armi, riesco anche a rendermi conto che le mie speranze non mi hanno delusa.
Faccio in tempo ad imbracciare l'arco, a indossare la faretra e a incoccare una freccia prima che un altro Tributo riesca ad avvicinarsi alla Cornucopia.
Anche se non sembra interessato a me, ma solo allo zaino che stringe nelle mani, lo prendo subito come bersaglio e una freccia gli trapassa la gamba, da parte a parte.
Il suo urlo di dolore mi coglie alla sprovvista e mi blocca, quel poco che basta per non accorgermi che il Tributo dell'otto, munito di spada, ha l'intenzione di trafiggermi lo stomaco.
Reagisco d'istinto e prima ancora di svegliarmi dal torpore in cui sono caduta, una freccia si conficca nel petto del mio aggressore, che barcolla per pochi attimi e poi atterra sull'erba, con un tonfo sordo.
Un'altra volta mi ritrovo prigioniera delle mie emozioni e non posso fare a meno di provare orrore per me stessa.
Da semplice ragazza ad assassina in cinque secondi.
- Fuori uno. -
L'esclamazione di Cato, per quanto brutale, mi fa sentire potente e sicura.
Un Tributo in meno con cui contendere il titolo di vincitrice, un Tributo in meno che mi separa dal mio ritorno a casa.
Senza più ostacoli, mi inoltro nella Cornucopia, appena in tempo per indirizzare un'altra freccia verso un altro Tributo, quello del 6, che stava per sopraffare Marvel con un minuscolo pugnale.
Il colpo però non è mortale e si limita a raggiungerlo nel braccio che stringeva l'arma, costringendolo a mollarla.
A farlo fuori ci pensa Marvel subito dopo, trapassandolo con la lancia e un grugnito di soddisfazione.
Dopo avermi ringraziato velocemente con il capo, abbandona la Cornucopia e si getta allo scoperto, pronto ad ingaggiare lotta con chiunque invada il suo campo visivo.
So benissimo che dovrei seguirlo e buttarmi nello scontro anche io.
Questo è il momento giusto, il momento in cui i Tributi che non sono riusciti a scappare devono morire.
Dovrei essere al posto di Glimmer, che infilza ripetutamente il torace di un Tributo con un coltello seghettato.
O al posto di Cato, a cui basta un movimento del braccio per spezzare l'osso del collo ad un nemico.
Oppure al posto di Clove, che non esita a piantare il coltello nella schiena del tributo del 9, per poi indirizzarne un altro verso la ragazza del 3 e ancora verso quella del 10.
Sono ferma, con i sensi all'allerta in caso di un nuovo attacco, ma incapace di muovere un passo.
Non riesco nemmeno ad aiutare il mio alleato, il Tributo del Distretto 4, che muore per mano di Thresh.
I Favoriti sono conosciuti per il loro coraggio e la loro voglia di sangue, ma pochi li raffigurano come impulsivi e, la maggior parte delle volte, stupidi.
Nessuna persona intelligente sfiderebbe Tresh così apertamente perché è chiaro sin dall'inizio la fine che fai.
Solo dopo aver ucciso un altro Tributo, Glimmer mi corre incontro, con i capelli spettinati ma nessun graffio a rovinarle il viso.
- Hai trovato l'arco. - commenta, guardandosi ripetutamente intorno e tuffandosi subito sull'unica cintura di coltelli rimasta.
L'altra l'ha sicuramente presa Clove.
- Mi accontenterò di questi. - annuncia, sparendo di nuovo verso l'esterno.
Ormai però non è rimasto più nessuno da uccidere.
I Tributi morti sono sparsi davanti all'entrata della Cornucopia e quelli che potevano scappare lo hanno fatto senza remore.
Mi ritrovo a puntare lo sguardo sui ragazzi a terra, alla ricerca di un corpo che non trovo.
Solo dopo mi rendo conto di stare cercando Peeta e mi rilasso solo quando non lo vedo steso a terra.
Nemmeno io so il perché di quel sollievo inspiegabile.
- Faremo meglio a toglierci da qui. - esordisce Cato, lanciando un'occhiata ai cadaveri ai suoi piedi. - L'hovercraft rimuoverà i corpi e noi intanto ci organizzeremo per la caccia di stasera. -
Raccattiamo ognuno uno zaino, con l'essenziale per sopravvivere ad un giorno lontani dalla Cornucopia, e ci inoltriamo nel folto del bosco, là dove sono spariti la maggior parte dei Tributi.
L'unico che si è dileguato nel campo di grano dietro alla Cornucopia è stato Tresh e nessuno sembra avere il coraggio di seguirlo.
Neanche Cato, che proprio tre giorni prima aveva promesso sarebbe stato la sua prima vittima.
Dovrà rivedere i suoi piani.
- Siamo stati grandi. - esclama quasi subito Marvel. - Ne abbiamo fatti fuori un bel po'. -
- Tre, per la precisione. - si vanta Clove, indirizzando una palese occhiata soddisfatta a Glimmer, che conta solo due vittime.
- Due anche io. -
Cato non sembra particolarmente contento di non detenere il record di uccisioni della giornata.
- Una sola. - si lamenta Flick, quella del 4, che con i suoi capelli color miele e gli occhi azzurri sembra ancora più piccola della sua età, ma è sadica e vogliosa di vincere tanto quanto lo è Clove.
- Anche io. - sbuffa Marvel. - Ma considerando che se Katniss non avesse quasi fatto fuori quello che mi aveva attaccato non sarei qui, mi accontento. -
La sua affermazione mi fa rabbrividire, così come tutte quelle che l'hanno preceduta.
Così come non mi aspettavo di riuscire ad uccidere davvero qualcuno, non mi aspettavo nemmeno di ritrovarmi a parlare con i Favoriti di quante vittime avessi fatto fuori alla Cornucopia.
Dovrei vergognarmi di aver ucciso solo una persona, di ritrovarmi alla coda della classifica per la mia mancanza di freddezza.
Eppure non ci riesco.
La sera, quando l'inno di Panem invade l'arena e il filmato dei morti appare davanti ai miei occhi, mi rendo conto che anche il Tributo del 7, quello che aveva la gamba trapassata dalla mia freccia, è morto.
Insieme ad altre dieci persone.
Ho l'amaro in bocca, ma, egoisticamente, non posso che pensare ad una cosa sola: ho undici possibilità in più di tornare a casa.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4




Abbiamo setacciato il bosco per ore, senza mai una pausa che durasse più di dieci minuti, il tempo sufficiente per mangiare qualcosa, dissetarci e riprendere a cercare.
L'adrenalina del bagno di sangue appena concluso non vuole abbandonarci, ci scorre nelle vene e ci permette di continuare ad avanzare senza sentire spossatezza o i sintomi del sonno.
Per il momento però, non siamo riusciti a scovare nessun Tributo.
Ci eravamo anche accampati di nuovo e avevamo tutta l'intenzione di accendere un fuoco per combattere il freddo penetrante della notte, quando il rumore improvviso di un ramo spezzato annulla il silenzio.
Poi di un secondo e di un terzo.
Clove ed io ci sporgiamo appena dai cespugli e riusciamo a scorgere un bagliore poco distante da noi.
Qualcuno deve aver avuto la nostra stessa idea, ma si è evidentemente dimenticato di quanto potesse essere pericoloso accendere un fuoco nel buio della notte con i Favoriti a caccia.
O il nostro fuochista è inesperto o davvero troppo stupido.
L'aria fredda è pungente e talvolta fa rabbrividire anche me, ma non posso fare a meno di chiedermi come potesse vincere sull'istinto di sopravvivenza in un modo così schiacciante.
- Muoviamoci. - sussurra Cato, appena capisce la situazione.
Ci avviciniamo veloci, con il solo fruscio del vento come sottofondo, e le siamo addosso in un attimo.
Flick ed io rimaniamo in disparte, nascoste nel folto del fogliame, ma dalle suppliche iniziali e dalle seguenti urla di dolore, capisco comunque che si tratta di una ragazza, all'apparenza anche piuttosto giovane.
- Odio le persone che supplicano. Sprecano solo fiato. - sussurra Flick, contrariata.
Mi ritrovo ad annuire. - Come se servisse veramente a qualcosa. -
- Dodici fatti, undici da fare. -
Non può essere altri che Cato, che avanza sorridendo verso di noi, mentre Clove pulisce uno dei suoi coltelli con un po' di muschio.
- È meglio che ce la filiamo, così potranno raccogliere il corpo prima che cominci a puzzare. -
Trattengo uno sbuffo di irritazione, che Glimmer scambia di divertimento, e si lascia andare ad una sguaiata risata.
- Sei il migliore, Cato. - cinguetta, aggrappandosi al braccio di lui, che per tutta risposta le sorride spudoratamente.
Deve piacergli stare sempre al centro dell'attenzione.
Non posso certo dire lo stesso invece.
- Non dovremmo sentire un colpo di cannone, adesso? - domando, rendendomi improvvisamente conto di aspettarlo da un po'.
- Direi di si. Non c'è niente che gli impedisca di intervenire subito. - commenta Clove, colta di sorpresa dalla mia affermazione e da quello che significa.
- A meno che non sia davvero morta. - azzarda Marvel, attirandosi subito l'occhiataccia di Cato.
- Certo che è morta. L'ho pugnalata io. - replica subito, convinto.
- E allora dov'è il colpo di cannone? - domanda ironicamente Marvel, ignorando l'ennesima occhiata maligna di Cato.
Al Favorito dell'uno non doveva essere andato particolarmente a genio lo scambio di sorrisi tra Glimmer e lo stesso Cato.
- Qualcuno dovrebbe tornare indietro. Accertarsi che il lavoro sia finito. - propone Clove, sfoderando all'istante i coltelli.
- Già, non vogliamo dover andare a scovarla due volte. - dice Glimmer, nonostante mai si sia trovata veramente d'accordo con qualcosa proposto da Clove.
E come potrebbe?
Sono l'una l'opposto dell'altra.
L'unica cosa che le accomuna è la sete di sangue e la voglia di vincere, che le spinge ad appoggiarsi vicendevolmente solo in momenti come questi.
- Ho detto che è morta! - replica Cato, chiaramente infuriato.
A poco a poco, mentre gli altri continuano a litigare e il colpo di cannone non arriva, perdo la pazienza e sbotto. - Stiamo sprecando tempo! Vado io a finirla, poi ce ne andiamo. -
La mia proposta è accolta da un iniziale silenzio, ma poi tutti si ritrovano ad annuire.
Prima di potermi pentire delle mie parole, impugno il coltello che mi porge Clove e torno verso la luce del fuoco che continua a scoppiettare, a grandi passi e senza nemmeno nascondermi.
La ragazza può anche non essere morta, ma nemmeno guarita miracolosamente.
Mi accorgo però troppo tardi dell'ombra china verso lo zaino del Tributo, intenta a
frugarci dentro.

Le mie certezze si sciolgono come neve al sole nel rendermi conto che non dovrò solo porre fine alle sofferenze di una ragazza, sul punto di morire, ma che dovrò ucciderne anche un'altra, viva e vegeta.
Quando però con il piede pesto un ramo e lo scricchiolio fa voltare di scatto la ragazza, le faccio un rapido gesto, invitandola alla fuga.
Il Tributo del 5, quella che con gli altri abbiamo nominato “Faccia di Volpe” per il colore dei suoi capelli, non se lo fa ripetere due volte e scappa, sparendo subito nel buio della foresta.
A differenza della ragazza che ha appiccato il fuoco, Faccia di Volpe deve essere molto furba.
Si è messa frugare nello zaino alla ricerca di qualcosa di utile solo quando i Favoriti se ne sono andati e non hanno trovato nulla di utile.
Mi avvicino rapidamente alla ragazza stesa a terra, immersa in un lago di sangue, e le conficco il pugnale nel cuore, senza troppi complimenti.
Il colpo di cannone arriva puntuale, insieme al mio sospiro amareggiato.
E mentre mi rendo conto di aver ucciso la mia terza persona nell'arena, l'alba inizia e il sole prende il posto della luna nel cielo.
 

Poter mangiare così facilmente e con porzioni così abbondanti, esattamente come facevo a Capitol City, è un sollievo e forse l'unico aspetto positivo della mia alleanza con i Favoriti.
Oltre alla loro compagnia che, seppur strana e a tratti inquietante, mi fa sentire protetta e comunque a mio agio.
A volte però mi sembra sbagliato rimanermene ferma sotto un albero, ad un tiro di fionda dalla Cornucopia, a sgranocchiare della frutta essiccata incredibilmente buona e saporita.
Clove è seduta vicino a me, in silenzio, e ha impalato un coniglio per la coda, usandolo poi come bersaglio per i suoi tiri, sempre così precisi.
L'animale non è morto, continua a dimenarsi e a squittire, disperato.
Cerco comunque di non farci caso perché sarebbe stupido dare di matto proprio per un coniglio quando ho visto morire dodici persone in soli due giorni.
Marvel è seduto di fronte a noi, con le maniche arrotolate e il viso esposto al sole, in un vano tentativo di abbronzarsi e di ignorare le risate e le grida di entusiasmo di Glimmer e Cato, fermi sulla riva del lago a schizzarsi.
Flick giocherella con il tridente, carezzando con le dita ogni punta, e morsica di tanto in tanto una mela.
Sembrerebbe quasi una vacanza e non il secondo giorno degli Hunger Games.
Costretta a formare un'alleanza con i Favoriti, con la continua paura di non riuscire a mantenere la promessa fatta a Prim e la consapevolezza di aver ucciso tre persone.
Mai avrei pensato di potermi rilassare così tanto con persone che prima odiavo e che ora considero quasi amici.
Nonostante i volti delle mie vittime che continuano ad invadermi la mente mi facciano rizzare i peli delle braccia, mi piace stare seduta qui su un prato.
Se solo qualcuno trovasse il coraggio di attaccarci ora, ci decimerebbe senza difficoltà.
Ma l'unico abbastanza forte da poterlo fare è scomparso nel campo di grano dal bagno di sangue e non si è più fatto vedere.
- Mi annoio. - esordisce Flick ad un certo punto. - Andiamo a uccidere qualche Tributo? -
- I tontoloni sono già morti tutti e quelli furbi non si fanno certo trovare così facilmente. - obietta Marvel, tenendo gli occhi chiusi. - Poi è piacevole rimanere qua così, senza fare niente... -
L'ennesima risata di Glimmer giunge alle nostre orecchie e lo interrompe,
disegnandoli una palese smorfia di disappunto sul viso.

- Potremmo andare a caccia. - propongo, saltando in piedi.
Flick mi guarda, scocciata. - Abbiamo già un sacco di cibo. -
- Ma la selvaggina fresca è più buona. - accetta Marvel, alzandosi a sua volta.
Afferra la sua immancabile lancia e lo zaino, mentre io recupero l'arco e faccio un cenno a Cato.
A loro il compito di interpretarlo.
Mentre spariamo nel bosco, finalmente lontani dal lago, non posso fare a meno che tirare un sospiro di sollievo, attirando l'attenzione di Marvel.
- Sai cosa vuol dire vedere qualcuno che ami con qualcun altro, giusto? -
Lo guardo stupita e non ci metto molto a fare due più due.
Sicuramente ha scambiato la mia offerta di aiuto in una sorta di malessere personale.
Posso davvero essere innamorata di uno come Cato?
O di provare anche un qualsiasi tipo di attrazione verso un essere vile e mostruoso come lui?
Non riesco proprio a capire cosa ci trovasse Glimmer di così affascinante o cosa spingesse Clove a morire di gelosia e voglia di attenzioni nei suoi confronti.
- Ti sbagli. - dico irritata. - Cato non è di certo il mio tipo. -
Marvel sospira. - Vorrei poter dire la stessa cosa. -
- Quando hai capito di amare Glimmer? -
La domanda esce spontaneamente, senza che riesca a fermarla.
La Katniss del Distretto 12 non avrebbe mai dato confidenza ad un ragazzo del Distretto 1, Favorito in piena regola.
Non avrebbe proprio parlato con nessuno, in verità.
Se solo avessi saputo che uccidendo tre persone sarebbe cambiato anche il mio modo di rapportarmi con le persone, avrei ammazzato qualche Pacificatore.
Scuoto la testa, stupendomi dei miei stessi pensieri.
- Ci alleniamo insieme da una vita e siamo amici da quando siamo nati. - spiega Marvel, senza notare il mio improvviso turbamento. - Le nostre famiglie si conoscevano già da tempo, ma questo non ha impedito alla madre di Glimmer di obbligarla ad offrirsi volontaria. E non hanno impedito a me di offrirmi volontario. Ma io l'ho fatto per proteggerla. -
Lo guardo, amareggiata, e non so cosa dire per confortarlo.
La mia incapacità di formulare frasi giuste al momento giusto è rimasta e un po' mi tranquillizza, ma mentalmente non posso far altro che ripetermi come ho potuto uccidere tre persone ed essere lì a chiacchierare tranquillamente con Marvel.
Infondo però, tutto si spiega: assassino con assassino.
- Mi dispiace. - mi limito a dire, fissando terra.
Egoisticamente non posso fare a meno di pensare che tutto quel dolore rispetto a quello che ho dovuto passare io non è niente.
Vorrei vedere Marvel al posto mio come si comporterebbe, con il padre morto nelle miniere, a dover combattere la fame ogni giorno.
Al tempo stesso però, non ho mai nemmeno lontanamente provato cosa volesse dire essere innamorata di qualcuno che non ricambiasse i miei sentimenti.
L'unico ragazzo con cui trascorro il mio tempo nel Distretto 12 è Gale, ma mai l'ho guardato sotto un lato romantico.
Non è da me.
- Katniss! Marvel! -
La voce di Glimmer ci raggiunge e Marvel sobbalza nel vedersela davanti così, bagnata dall'acqua del lago e radiosa come non mai.
- Iniziamo il giro di perlustrazione. - ci avvisa, sorridendoci.
- Era ora. - borbotta Marvel, superandola senza nemmeno rivolgerle un'occhiata.
Glimmer mi guarda incredula e le faccio segno di non preoccuparsi.
- Ormoni. -

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5



Tutto mi sarei aspettata dal nostro giro di perlustrazione, ma mai e poi mai avrei immaginato di trovare Peeta, ferito e spaventato, a mollo in una pozza d'acqua.
Il sangue esce copioso da una ferita sulla gamba sinistra ed è pallido come un lenzuolo.
Ha pochi secondi di vantaggio grazie al baccano che facciamo ogni volta che ci spostiamo per la foresta, ma mi rendo comunque conto che è solo una questione di minuti, poi l'avremmo preso.
E avrei dovuto ucciderlo.
- Forza Katniss, prendiamo il Ragazzo del Pane. - urla Cato, chiaramente divertito.
Ci lanciamo al suo inseguimento, chiamandolo a gran voce e incitandolo ironicamente a fuggire.
Al contrario degli altri, io non parlo.
Tengo lo sguardo fisso sulla schiena di Peeta e non posso fare a meno di pensare a casa, al Forno del Distretto 12, dove tutti sicuramente stanno guardando i giochi e si aspettano che entro poco uccida il mio compagno.
Ci avviciniamo sempre di più e non posso fare a meno di rendermi conto che non voglio uccidere Peeta.
Qualunque altro Tributo non mi avrebbe fatto né caldo né freddo, ma con lui ho un debito e ucciderlo senza restituirgli il favore sarebbe una vigliaccata.
Era il periodo peggiore in cui successe, tre mesi dopo la morte di mio padre.
Da giorni non riuscivo più a portare a casa cibo e mi sarei anche rassegnata se lo stesso Peeta non mi avesse lanciato due pagnotte di pane bruciate per sfamare me e la mia famiglia.
Ci aveva salvato da morte certa, senza dubbio, e mi aveva ricordato cosa fosse la speranza.
Per questo adesso, mentre cerca di arrampicarsi disperatamente su un albero, non posso fare a meno di mordermi un labbro e di rimanermene ferma, sulla terra, senza osare seguirlo.
Glimmer lancia la spada a Cato e lo incita a salire.
- Forza Cato! -
- Uccidilo Cato! -
Cato non si lascia pregare e con la spada stretta in una mano, inizia a scalare l'albero.
- Vengo a prenderti, Ragazzo del Pane. -
Come avesse fatto Peeta ad arrampicarsi mi è sconosciuto: dopo appena due metri, i rami a cui si regge Cato scricchiolano e si rompono, facendolo precipitare a terra.
- Katniss, usa l'arco! - urla ancora Clove, facendomi trasalire.
Nessuno sa quanto mi so arrampicare bene e sono riuscita a tenere nascosta questa mia abilità fortunatamente, ma non posso ignorare l'arma e la faretra di frecce sulle mie spalle.
Avrei dovuto tirare ed ucciderlo.
- Lì sull'albero non può andare da nessuna parte e io voglio ucciderlo guardandolo negli occhi. - esordisco, con un'idea in testa. - Aspettiamo che scenda da solo. O guardiamolo morire. -
Gli altri sembrano prendere in considerazione la mia proposta e ci pensano su, qualche attimo.
Il primo ad appoggiarmi è Marvel.
- Mi piace questo piano. - commenta, facendo annuire Clove. - Anche a me. Sarà divertente. -
Flick e Glimmer annuiscono subito dopo e solo Cato sbuffa.
- Vorrà dire che dovremo aspettare ancora un po' per vedere il suo sangue scorrere. - dice amareggiato, rinfoderando la spada. - Accendiamo un fuoco e mangiamo. Poi decidiamo i turni di guardia. -
Annuiamo all'unisono e mentre Clove e Marvel si allontanano a cercare della legna, riesco a girare intorno all'albero sul quale si è rifugiato a Peeta e, nascosta dagli altri, a sporgermi appena verso di lui.
Una volta attirata la sua attenzione, alzo un braccio e gli indicò il ramo sopra di lui.
Inizialmente mi guarda stupito, ma poi solleva lo sguardo e sussulta.
Un nido di aghi inseguitori dondola sopra la sua testa, nemmeno troppo distante da lui.
Una volta che riabbassa lo sguardo, muovo appena le labbra, sperando che capisca: - Il debito è saldato. -
Peeta capisce al volo e un'espressione malinconica gli attraversa il viso mentre annuisce.
Gli ho appena offerto una buona occasione per scappare, l'ho aiutato a rimandare la sua morte e, se sarà abbastanza furbo da ascoltarmi, farà fessi Cato e gli altri, sicuramente.
Bisogna solo aspettare il buio.
 

L'inno finisce e sono certa di aver appena sentito il rumore di una lama che raspa contro il legno.
Tengo d'occhio gli altri, ma nessuno sembra accorgersene: ridono e parlano, come farebbero tutti i cacciatori che sono sicuri di avere la propria preda in trappola.
Marvel però non sta più in piedi dal sonno e Flick è già nel mondo dei sogni da un bel po' ormai.
- Faccio il primo turno di guardia. - annuncio, infilandomi l'arco a tracolla. - Voi dormite pure. -
Glimmer sembra accogliere con entusiasmo la mia proposta e si sdraia su un fianco, senza farselo ripetere due volte.
Cato e Clove la seguono a ruota, lasciandomi finalmente sola nel buio della notte.
Il coltello di Peeta continua a segare il ramo e sono consapevole che da un momento all'altro avrò addosso decine di aghi inseguitori pronti a pungermi.
- Katniss! -
Un sussurro improvviso mi fa sussultare.
Peeta si è sporto dal ramo, per quanto glielo consente la gamba ferita.
- Ti consiglio di toglierti da lì, ci sono quasi. -
Annuisco nella sua direzione e mi alzo, spostandomi verso la corteccia di un altro albero.
L'aria è spezzata ancora da qualche rumore, affrettato, e nel momento esatto in cui Cato apre un occhio, il nido cade dal ramo e si fracassa al suolo, aprendosi.
Lo sciame di aghi inseguitori si lancia all'istante verso di noi e scappo, senza nemmeno aspettare gli altri.
Sento Cato che grida - Al lago! Al lago! - e uno scalpiccio di passi che mi segue, poi un pungiglione mi raggiunge al collo e il dolore offusca tutto.
Me lo strappo via con forza, ma continuo a correre e decido di rallentare solo nei pressi della riva del lago.
Mi butto in acqua, dopo che un'altra puntura al ginocchio mi strappa un gemito di dolore, e riesco a togliere il pungiglione, di nuovo.
Clove si butta accanto a me e si immerge, con le ultime forze che le rimangono, per sfuggire agli insetti.
Cato e Marvel la imitano, ansimando e urlando di dolore.
La testa inizia subito a pulsare, ma riesco comunque a rendermi conto che il ronzio degli aghi inseguitori si è allontanato prima di trascinarmi di nuovo a riva e svenire, senza più forze.
 

Gli incubi sono terribili e inarrestabili, sembrano non avere una fine.
Imprigionata nel limbo del veleno degli aghi inseguitori non posso fare altro che continuare a combatterli, continuare a ripetermi che non sono reali.
Vedo Prim morta, annegata in una pozza del suo stesso sangue.
Mio padre che salta in aria nelle miniere, tentando inutilmente di scappare.
Mia madre, seduta sul letto, fredda e irraggiungibile com'era dopo la morte di suo marito.
E tutte le mie vittime che mi fanno a pezzi, che mi strappano i capelli, che mi trapassano con le mie stesse frecce.
La tortura continua per tanto tempo, troppo, e quando finalmente l'ultimo incubo finisce, apro gli occhi urlando.
Rimango sdraiata dove sono, tremante, cercando di combattere contro le immagini orribili che mi affollano la mente.
Il sudore della paura è appiccicato alla mia pelle e ho il fiatone, ma sono viva.
Mi tocco il collo, là dove la puntura pulsa ancora dolorosamente, e la trovo coperta da
una foglia.
Solo in quel momento mi accorgo di non essere più in riva al lago, ma nascosta dietro un cespuglio.
Sollevo lentamente il collo e scopro che anche sul ginocchio c'è una specie di fasciatura di foglie, che allevia il dolore.
Raccolgo alcune foglie dai rametti del cespuglio che mi ripara dal sole, identiche a quelle sulla mia gamba, e provo ad alzarmi, lentamente.
Ho la testa che scoppia e la gola riarsa, ma nel complesso sto bene.
Un fruscio leggero dagli alberi sopra di me mi fa istintivamente sollevare gli occhi e imbracciare l'arco.
Due grossi occhi scuri mi osservano, guardinghi, ma all'apparenza innocui.
La riconosco subito e, mentre vola da ramo in ramo, non posso fare a meno di ringraziarla.
Rue, il piccolo Tributo del Distretto 11, mi ha curata dal veleno degli aghi inseguitori.
L'ennesimo debito da ricambiare.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6




Il gruppo dei Favoriti si è ridotto a quattro.
Glimmer e Flick, per colpa degli aghi inseguitori e delle loro troppe punture, sono morte e non siamo neanche riusciti a guardare i loro volti nel cielo.
Siamo rimasti tutti svenuti, in preda al veleno, per due giorni abbondanti e ancora adesso stentiamo a riprenderci.
Non ci sono state altre morti nel corso del nostro riposo, semplicemente perché non abbiamo abbastanza forze per attaccare gli altri Tributi al momento.
Curiamo i bubboni che campeggiano ancora sulla nostra pelle con le foglie che mi ha mostrato Rue e ogni giorno è terribilmente simile all'altro.
Sediamo sul prato o all'ombra della Cornucopia, mangiamo, beviamo e poi dormiamo.
L'unica nota positiva di quella pausa forzata, è stata la “cattura” del Tributo del Distretto 3.
Il ragazzino si è avvicinato alla Cornucopia nel tentativo di rubare qualcosa da mangiare, spinto dalla fame, e non ci abbiamo messo molto a catturarlo.
Sarebbe anche morto se a Cato non fosse venuta un'idea geniale per mettere in scacco tutti gli altri Tributi, anche mentre siamo impossibilitati a cacciarli.
Il Tributo del 3, Jack, è riuscito a dissotterrare tutte le mine che circondavano le
pedane con le quali siamo arrivati nell'arena, e le ha riattivate, disponendole poi intorno alle nostre provviste, che abbiamo raggruppato in un'unica piramide.

Il piano è molto semplice: attirare gli altri Tributi con un'offerta che nessuno
potrebbe rifiutare e restare a guardarli nell'ombra mentre saltano in aria, uno dopo l'altro.

Per il momento però, nessuno si è ancora avvicinato.
- Forse abbiamo sottovalutato i nostri avversari. - esordisco ad un certo punto, con lo sguardo fisso sulla piramide appena fuori l'entrata della Cornucopia.
- Sembra che la fame non sia un bisogno primario per nessuno. -
Cato sbuffa e sta per replicare, quando si alza di scatto in piedi e indica un punto nel fitto del bosco.
Una coltre di fumo nera e densa si solleva tra gli alberi e si staglia verso le nuvole, su fino al cielo.
- Finalmente. - esclama Marvel, afferrando la sua lancia.
Clove ed io li seguiamo a ruota, iniziando a correre verso il bosco, e lasciamo il Tributo del 3 a fare la guardia.
La lancia che gli ha generosamente prestato Marvel gli sarebbe bastata per difendersi.
Altrimenti, un'anima in meno sulla coscienza.
- Presto, presto! - incita Cato, saettando tra gli alberi.
La sua sete di sangue è cresciuta ed essere costretto a rimanere fermo per un tempo
così lungo non lo ha aiutato.

Ora il momento di entrare in azione, di nuovo, è arrivato.
Arriviamo al falò di rami che abbiamo intravisto dalla Cornucopia e ci fermiamo, senza trovare colui che lo ha appiccato.
- Là ce n'è un altro! - esclama Clove, ricominciando a correre.
Mi volto di scatto, calcolando in un istante la distanza che ci separa dalla Cornucopia, e l'istinto di tornare indietro mi assale.
- Aspettate! - provo a fermarli, ma sono già tutti spariti verso il secondo falò e il fumo che comincia a salire nel cielo.
Senza più riflettere, taglio per l'interno della foresta, abbandonando il sentiero, e corro a tutta velocità verso ciò che sta attirando i miei compagni in trappola.
- Abbiamo perso Katniss, dividiamoci! -
Anche da così distante riesco a sentirli: sono gli unici che si metterebbero ad urlare in un posto così brulicante di pericoli.
E quella trappola puzzava tanto di Distretto 11.
Tresh deve aver cambiato idea e, abbandonato il campo di grano, essersi alleato con Rue.
Loro due insieme sono forti, formano un'accoppiata incredibile e non dobbiamo assolutamente sottovalutarti per troppo orgoglio, come abbiamo invece fatto fino ad adesso.
Sbuffo di frustrazione, ma continuo a procedere, con l'arco stretto in mano.
L'ultima cosa che devono fare in un momento del genere è proprio dividersi.
Poi però sento un grido, acuto e penetrante.
Chiaramente la voce di un bambino.
E l'unico Tributo così giovane rimasto è Rue.
Sbuco in una radura e la trovo intrappolata a terra, ingarbugliata in una fitta rete, ma non faccio in tempo ad avvicinarmi che compare Marvel e la trafigge con la lancia, in un battito di ciglia.
Agisco d'istinto.
Incocco una freccia, alzo l'arco e scocco.
La freccia compie un tiro perfetto e si conficca nella schiena di Marvel, che rimane per pochi secondi in piedi e poi si accascia a terra, accompagnato dal colpo di cannone.
L'asta si è conficcata perfettamente a sinistra, nel cuore.
Non gli ho lasciato scampo.
Reprimo il grido strozzato che lotta per uscire dalle mie labbra e mi avvicino alle due sagome a terra.
L'asta della lancia di Marvel è penetrata troppo a fondo nella pancia di Rue e le ha perforato lo stomaco, non ha possibilità di sopravvivere.
Mi inginocchio accanto a lei, abbandonando l'arco, e le sussurro un veloce - Mi dispiace. - ricevendo un sorriso in risposta.
- Grazie. Di avermi vendicato. -
Sono le ultime parole che pronuncia, prima di espirare per l'ultima volta e smettere di lottare.
Il suo sguardo si fa vacuo e il secondo cannone della giornata spara.
Le chiudo gli occhi, con delicatezza, e mi avvicino a Marvel.
Lo afferro per le braccia e lo giro su un fianco, con il viso rivolto alle telecamere.
Chiudo gli occhi anche a lui e mi lascio andare ad un gemito di sconforto.
- Mi dispiace. - ripeto, amaramente.
La consapevolezza di aver appena ucciso un amico mi secca la gola e rende ogni battito del mio cuore troppo doloroso.
L'unico aspetto che mi fa sentire meno meschina, è il fatto di averlo colpito di spalle.
Cogliere il nemico di sorpresa ed ucciderlo è da vigliacchi, ma quando la vittima in persona è un amico, non può che semplificare tutto.
Marvel non scoprirà mai che Katniss Everdeen, sua alleata, lo ha pugnalato alle spalle.
Un boato improvviso risuona in lontananza e mi ricorda del pericolo che corrono gli altri.
Asciugo velocemente l'unica lacrima che ho permesso di abbandonare i miei occhi e mi alzo, ricominciando a correre verso la Cornucopia alla velocità della luce.

 

 

Faccio appena in tempo a sbucare nella radura del bagno di sangue, che assisto all'uccisione del Tributo del Distretto 3 per mano dello stesso Cato.
Lui e Clove sono interi, ma la stessa cosa non si può dire della nostra piramide di provviste.
- Cos'è successo? - ansimo, guardandolo allarmata.
Il colpo di cannone accompagna le parole di Cato. -Ha sentito un rumore fra gli alberi ed è andato a controllare. Nel frattempo, qualcuno deve aver fatto saltare in aria le
nostre provviste.-

- Tresh? - azzardo, consapevole.
Chi altri si prenderebbe il disturbo, e il rischio, di sfidarci così apertamente?
- Lo abbiamo visto prima. - concorda Clove. - Mentre correva nel bosco, ma non siamo riusciti a raggiungerlo. -
Annuisco, mentre le sue parole confermano i miei sospetti.
Era un buon piano quello dei Tributi del Distretto 11, ma si è risolto con una morte in più, che non avevano calcolato.
- Dov'è Marvel? -
Costringo il mio viso ad assumere un'espressione impenetrabile e cerco di calmare i
battiti del mio cuore.

- Morto. - comunico. - Insieme alla bambina del Distretto 11. -
Clove è stupita, ma Cato sembra prendere stranamente bene la notizia.
- Ottimo, un peso in meno. - esulta, sorridendo. - Ora la nostra squadra è davvero efficiente. -
Evito di commentare e di mettere in dubbio la sua sicurezza.
Certo Cato, siamo ad un passo dal trovare gli altri Tributi quanto lo siamo dal vincere e non abbiamo da mangiare.
- Stasera ci accampiamo nel bosco. - annuncia Cato, recuperando un sacco a pelo
miracolosamente integro dal terreno. - E mangeremo quello che la natura ha da offrirci. Da domani ricominciamo la caccia. -

Immagino le urla entusiaste della gente che ci segue alle parole del mio alleato e non posso fare a meno di sorridere amaramente.
Non abbiamo ancora ricevuto doni dagli Sponsor, per il semplice fatto che non ne abbiamo mai avuto bisogno.
Ma ora tutto si complica.
Impugno l'arco e posiziono la prima freccia.
-Seguitemi, cercando di non fare troppo rumore. Stasera mangeremo selvaggina.-
Mentre cammino, non posso fare a meno di pensare al corpo di Marvel che cade in avanti, ucciso dallo stesso arco che tengo in mano e che entro poco userò di nuovo.
Rue con la pancia squarciata dalla lancia.
Cerco di ripetermi che ho ucciso Marvel solo per vendicare Rue, perché glielo dovevo, perché mi ricordava troppo Prim per ignorarla.
Ma non riesco a convincere nemmeno me stessa.
Un solo pensiero mi martella in testa, spietato: ho ucciso l'unico Favorito che non avrei mai dovuto uccidere.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7




La possibilità che gli Strateghi possano punirmi per l'omicidio di Marvel scompare presto dalla mia mente.
Ho ucciso un Favorito, ma allo stesso tempo anche io lo sono.
Sin da quando ho accettato la loro proposta, il primo giorno di allenamento, sono diventata una Favorita e nessuno potrà togliermi mai più questo titolo di dosso se non sarò io a volerlo.
La voglia di abbandonare Cato e Clove al loro destino si fa ogni giorno più forte.
Loro sono amici da tempo, sono stati compagni di allenamento per anni al loro
Distretto e hanno condiviso tutto il loro tempo di preparazione agli Hunger Games.
Sono uguali, hanno un affinità che quasi fa invidia a quello che ho io stessa con Gale, e la cosa mi disturba.
Mi disturba vederli ridere intorno ad un fuoco, mi disturba la loro calma esasperante, ma più di tutto, mi disturba il loro sangue freddo.
Sono la causa di più della metà della morte dei Tributi nell'arena e non se ne preoccupano, non sanno nemmeno cosa voglia dire avere i sensi di colpa.
Ma in un certo senso, a loro confronto, mi sento più umana.
Meno burattino di Capitol City, proprio come non vuole essere Peeta.
La ferita sulla sua gamba non l'ho dimenticata, ma il fatto che la sua foto non è ancora apparsa nel cielo mi tranquillizza.
Da quando gli ho offerto un modo per scappare, di tanto in tanto mi ritrovo a pensare a come possa essersela cavata, se Haymitch gli ha inviato qualche aiuto.
Tutti i doni degli Sponsor che ho ricevuto negli ultimi giorni li ho usati saggiamente e senza esporli troppo alla luce del sole.
Per lo più frecce nuove e una pomata più efficace delle foglie per le punture degli aghi inseguitori.
Visto che so cacciare e ho l'acqua costantemente a pochi passi da me, non potrei sperare in niente di meglio.
Ma in fatto di perfezione, non bisogna mai sottovalutare Capitol City.
Il suono delle trombe, appena dopo l'inno che non ha visto la morte di nessun Tributo, ci annuncia l'imminente inizio di un festino alla Cornucopia.
-Questo non è un festino normale. Sappiamo che ognuno di voi ha un disperato bisogno di qualcosa.-
Le parole di Claudius Templesmith mi lasciano basita e all'istante capisco che non sono io alla quale è destinato il dono alla Cornucopia, ma a Peeta.
E in un istante, mentre Clove e Cato immaginano trepidanti cosa ci aspetterà l'indomani mattina, il piano d'azione si è già formato nella mia mente.
Ho l'occasione di fare un favore a Peeta e di annullare una volta per tutte il nostro debito.
Sapere che è là fuori al freddo, da solo e con una gamba ferita, mi ha fatto pensare per tutta la notte.
Il pubblico del Distretto 12 sicuramente mi sta guardando.
Ci sta guardando.
E quella potrebbe essere una buona occasione per non sfigurare, per dimostrare a tutti che la mia umanità c'è ancora, anche se ben nascosta sotto il finto strato di forza e determinazione che sto ostentando in questi giorni.
E non mi basta sapere di aver salvato Peeta una volta.
Nel Distretto 12 odiavo contrarre debiti che poi non avrei saputo risolvere e negli Hunger Games, quando basta un secondo per vincere e il tuo tempo di vita non è mai deciso, devo sfruttare ogni occasione a mio favore.
Perché non posso vincere con il peso di una promessa non mantenuta sulle spalle.

 

Quando il sole raggiunge le cime degli alberi e l'alba finisce, Clove ed io siamo già appostate nei pressi della Cornucopia, pronte ad entrare in azione al momento opportuno.
E mentre il terreno si apre e spunta il tavolo con i vari doni, non possiamo che maledirci alla vista di Faccia di Volpe che sbuca dalla bocca della Cornucopia, afferra il sacco del proprio Distretto e scappa a gambe levate verso il bosco.
-Inseguiamola!- grida Clove, iniziando già a correre. -Ai nostri doni ci penserà Cato.-
La seguo per quelli che mi sembrano neanche venti metri e non posso fare a meno di fermarmi davanti al tavolo.
Quello è il momento giusto, sono da sola nella radura e nessuno mi può vedere.
Sto per afferrare il piccolo zainetto arancione, l'ho giusto sfiorato, quando un coltello mi si conficca nella mano, mandandomi a cadere all'indietro dalla sorpresa.
Urlo di dolore, ma non faccio in tempo ad estrarre la lama che Clove mi è addosso.
Lottiamo per un po' a terra, ma poi il dolore alla mano è troppo forte e sono costretta a cedere contro il peso della mia ormai ex-alleata.
-E così hai deciso di tradirci nel momento peggiore.- commenta, disgustata. -Volevi forse portare lo zaino a Peeta? Lo vuoi curare, per poi ucciderlo con le tue stesse
mani?-

Ringhio e scalcio, ma il sangue che sgorga dalla mia ferita alla mano mi rende debole.
-Considerati fortunata di essere stata una Favorita.- aggiunge, sprezzante. -Avrai una morte veloce, proprio come l'ha avuta la piccola Rue.-
La rabbia monta prepotente e provo per l'ultima volta a scrollarmela di dosso, con poco successo.
Almeno finché non vedo Clove letteralmente venire sollevata in aria e scaraventata a terra, lontana da me.
-Avete ucciso voi Rue!-
Tresh l'afferra di nuovo per la giacca e la sbatte contro la parete dorata della Cornucopia, con forza.
-No, non è vero!- protesta Clove, totalmente inerme di fronte alla forza del suo avversario.
-Ti ho sentita!- ribatte Tresh, scuotendola di nuovo.
Clove rinuncia a lottare e chiama a gran voce Cato, in un ultimo disperato tentativo di salvarsi.
Ma Tresh non gliene da tempo.
La butta a terra di nuovo e la colpisce brutalmente alla testa con un masso, che non mi sono nemmeno accorta avesse in mano, tanto la paura è grande.
Quando punta lo sguardo rabbioso su di me, non posso fare a meno di indietreggiare, senza nemmeno provare ad alzarmi e a scappare.
-Perché ha nominato Rue?- mi domanda, arrabbiato. -Che legame aveva con te?-
-Mi ha aiutata quando stavo male per le punture degli aghi inseguitori. E io in cambio l'ho vendicata, uccidendo quello del 1. Non ho potuto salvarla però, mi dispiace.- balbetto.
Sono quasi tentata dal chiudere gli occhi e morire al buio, quando Tresh abbassa il sasso insanguinato e mi punta un dito contro.
-Tu hai vendicato Rue e io non ti uccido. Siamo pari. Capisci?-
Annuisco in fretta, prima che cambi idea, e lo osservo mentre afferra il suo zaino e quello del Distretto 2 e scappa di nuovo verso il campo di grano.
Chi è nato nei Distretti remoti, proprio come noi due, sa bene cosa significa avere dei debiti e odiare di averli.
-Clove! Katniss!-
La voce di Cato mi riscuote e faccio appena in tempo ad alzarmi e a buttarmi di nuovo in terra accanto a Clove che lui sbuca dagli alberi, correndomi incontro.
Il disgusto che provo verso me stessa ha raggiunto apici che nemmeno avrei pensato esistessero.
Ho usato il buon cuore di Rue per salvarmi la vita.
E la cosa che più mi dispiace, è la consapevolezza di non meritarmi di essere viva.
Cato si lascia cadere dall'altro fianco della sua compagna e gli afferra la mano, preoccupato.
Gli occhi di Clove sono aperti, ma distanti.
Il suo petto si solleva in piccoli e veloci respiri e dalla sua bocca escono versi strozzati tutt'altro che rassicuranti.
Deve essere in coma.
-Cos'è successo?- mi domanda esasperato, guardandomi per la prima volta in faccia.
Spero vivamente di riuscire a mascherare al meglio tutte le emozioni contrastanti che
sto provando in questo momento.

-Ce l'avevamo quasi fatta, avevamo quasi preso lo zaino, quando Tresh ci è arrivato alle spalle e ha colpito Clove alla testa con un sasso. Ho provato a difenderci, ma alla
fine ho dovuto cedere.- invento sul momento, mentre mi stringo convulsamente la ferita alla mano e nascondo nella manica della giacca lo zaino arancione del mio Distretto.

Il cannone spara in quel momento e Cato sospira.
-Addio Clove.- sussurra, chiudendole gli occhi.
Sembra quasi sul punto di scoppiare a piangere contro ogni aspettativa, quando si rialza e fissa il tavolo che prima portava tutti gli zaini.
-Dove sono gli altri?- domanda, con voce spezzata.
-Il mio mancava già. Siamo arrivate appena in tempo per vedere Faccia di Volpe prendere il suo zaino e scappare.- comunico, mentendo di nuovo.
D'altronde, cosa posso fare in una situazione del genere, così in bilico tra la vita e la morte?
-Non mi stupirei se adesso mi volessi abbandonare e continuare da sola.- dice a un certo punto Cato, dopo vari minuti di silenzio.
I suoi occhi sono ancora puntati alla Cornucopia, in un vano tentativo di evitare il mio sguardo e di nascondere la sua rabbia.
Rabbia per non essere riuscito ad arrivare prima e salvare Clove.
-Ti sbagli. Sei forte e la tua alleanza mi serve.- ammetto, mio malgrado. -E non potrei fare molta strada con questa mano.-
Proprio in quel momento, un mancamento mi fa sbilanciare e Cato mi afferra con entrambe le braccia, salvandomi da una rovinosa caduta a terra.
-Vediamo di trovare qualcosa per quella ferita, hai già perso troppo sangue.-
Un familiare scampanellio però spezza l'aria prima che possiamo compiere un solo passo e il paracadute argentato si posa delicatamente sul terreno, vicino ai miei piedi.
-Il primo Sponsor al momento giusto.- commenta Cato, reggendomi con un braccio e raccogliendo nel frattempo il contenitore.
Se solo sapessi quanti altri doni ti ho nascosto Cato, probabilmente non mi vorresti più come tua alleata, mi rammarico, vorresti uccidermi tu stesso.
Cato apre la scatola, incurante dei miei funesti pensieri, e legge velocemente il biglietto di Haymitch, prima di afferrare una strana siringa e avvicinarmela al braccio.
-Che fai?- protesto, allarmata dalla punta affilata dell'ago e dallo strano liquido trasparente che si intravede dal vetro.
Il solito ghigno si apre sulla sua faccia. -Non mi dirai che hai paura di un ago?-
-Che dice il biglietto?- chiedo, evitando la sua domanda.
È chiaro che un ago così spaventerebbe anche lui se solo si trovasse nella mia situazione, a parti invertire.
-Il tuo mentore dice di infilartelo nel braccio e di mandare la medicina a scorrere nelle tue vene.- ironizza, aiutandomi a sedere. -A meno che tu non preferisca una morte per dissanguamento.-
Gli faccio una smorfia e sollevo con delicatezza la manica della mia giacca con la mano sana.
Ormai tanti puntini neri balenano nel mio campo visivo e nemmeno mi accorgo dell'ago nel mio braccio e del liquido denso che penetra nelle vene.
Subito tutto si sa sfocato e sento chiaramente di essere in procinto di svenire.
Provo ad avvertire Cato, ma ho la bocca impastata e non riesco nemmeno ad aprirla per parlare.
-Non preoccuparti, non ti lascerò qui.-
La mia paura più che altro è di morire proprio per mano sua, ma non lo do a vedere e mi limito ad annuire.
In questo momento, è l'unico aiuto di cui dispongo.
Vedo che dice altre cose, perché la sua bocca si muove, ma le parole non raggiungono le mie orecchie.
Mentre i miei occhi si chiudono inesorabili in un sonno artificiale, non posso fare a meno di sperare che per Peeta non sia troppo tardi.
La sua medicina è ancora legata al mio braccio, pronta per essere consegnata.
E se Peeta muore, la pietà di Tresh e la morte di Clove non varranno più niente.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8




 

I miei occhi si aprono e la prima cosa che incontrano è il cielo stellato dell'arena.
Non riesco a capire quanto tempo possa essere passato e Cato addormentato nel sacco a pelo vicino al mio non aiuta.
La sorpresa di essere ancora viva viene velocemente sostituita dal sollievo di scoprire che Cato non è solo un assassino a sangue freddo, ma anche un ragazzo che mantiene le promesse.
Sollevo un occhio sulla mia mano, appoggiata al mio petto, e trovo solo la cicatrice lasciata dal pugnale, che probabilmente mi terrò a vita.
Le forze però sono ritornate e la protuberanza che spunta da sotto la manica del mio braccio indica che ho ancora una missione da compiere: consegnare la medicina a Peeta.
Una missione altamente suicida di giorno, figuriamoci di notte.
Con la luce del sole però ci sarebbe anche Cato e con la sua presenza costante non combinerei un bel niente.
Meglio sfruttare quel inaspettato momento di pace.
Abbasso con delicatezza la cerniera del sacco a pelo e sguscio fuori, attenta a non far rumore.
Una volta in piedi, controllo per l'ultima volta che Cato dorma veramente e, con il mio fedele arco in mano e la faretra piena sulla schiena, mi inoltro nella foresta, appena ai confini della Cornucopia.
La fortuna sembra essere decisamente svoltata a mio favore: metà esposto alla luce della luna e metà nascosto da un cespuglio c'è Peeta, svenuto e pallido come un cadavere.
Il suo petto si alza e si abbassa, segno che sta respirando, ma le gocce di sudore che gli scendono dalla fronte indicano chiaramente che deve avere la febbre e la fasciatura lurida sulla gamba non lascia molto spazio all'immaginazione.
Sono arrivata appena in tempo.
Sciolgo il nodo che assicura il piccolo zainetto al mio braccio e lo apro, rivelando una siringa identica alla mia, ma dal liquido bluastro.
Senza troppe cerimonie, la conficco nel braccio di Peeta, certa che non possa sentirmi nelle condizioni in cui è.
Osservo con attenzione il contenuto della siringa che si svuota e, una volta vuota, la nascondo in un buco di un albero, insieme allo zaino con il numero 12.
Prima di andarmene e tornare alla Cornucopia, mi arrischio a inginocchiarmi di fronte a Peeta e osservarlo.
Che il debito con il ragazzo del pane è stato saldato mi sembra chiaro: gli ho salvato la vita per ben due volte lì nell'arena, quando il giorno prima dell'inizio dei giochi mi
sono addirittura ripromessa di non considerarlo nemmeno, di ucciderlo addirittura con le mie stesse mani.

La consapevolezza però di non poter uccidere un compagno di Distretto e tornare a casa, impunita, mi logora ancora dentro e non posso più ignorarla.
Se uccidere gli altri Tributi, persone che nemmeno conoscevo, mi è risultato difficile e imperdonabile, con Peeta diventa praticamente impossibile.
In quei pochi giorni a Capitol City ho imparato a conoscerlo, a scoprire che tipo di persona è e la sua bontà mi ha inevitabilmente spinto a vederlo come un amico e non come un avversario o colui con cui contendere il trono di quegli Hunger Games.
L'unica speranza e preghiera che mi sento in dovere di fare, è che qualcuno lo uccida prima che sia troppo tardi.
Mai nella storia dei giochi i Tributi del Distretto 12, il Distretto più povero di tutta Panem, si sono sfidati nello scontro finale e non voglio che l'occasione di vivere anche quella emozione succeda proprio con noi.
Perché non avrei problemi a decidere cosa fare, in una situazione del genere.
Voglio tornare a casa, da Prim, da mia madre e da Gale.
E niente è più importante di questo.
 

Una volta tornata alla Cornucopia, nonostante il cappuccio sulla testa e il sacco a pelo a coprirmi la faccia, non sono riuscita a chiudere occhio per tutto il resto della notte.
Troppi pensieri e troppi incubi, impossibile ignorarli.
Ogni giorno mi sono domandata come facesse Cato a dormire, all'apparenza, così facilmente, dopo aver ucciso così tante persone.
È ormai mezzogiorno quando decido una volta per tutte di svegliarlo, mossa dall'ansia che il colpo di cannone improvviso mi ha donato.
-Un nuovo morto.- mi giustifico, non appena il suo sguardo assonnato si punta nel mio.
-Speriamo sia Mellark.- commenta, strofinandosi a lungo gli occhi.
Se dopo così tanti sforzi per tenerlo in vita, Peeta mi muore così, da un momento all'altro, potrei addirittura arrivare ad uccidere il suo assassino.
Ovviamente, dopo avergli fatto un bell'applauso.
Contando però che Peeta è nascosto in un cespuglio in una zona dove a nessuno mai verrebbe in mente di controllare, è probabile che a morire sia stata Faccia di Volpe o
Tresh.

Tra i due, non so proprio chi ci possa aver rimesso le penne.
-Fra un po' ci sarà lo scontro finale.- esordisce Cato, arrotolando il sacco a pelo e infilandolo nello zaino. -E se rimarremo solo noi due, niente esitazioni.-
Mi tende la mano aperta e gliela stringo, senza esitare.
È stato un ottimo alleato e un compagno, seppur non me lo sarei mai immaginata, utile e non desidererei nessun altro con cui misurarmi nello scontro finale.
Se devo morire, lo voglio fare con onore, combattendo.
E non voglio vincere uccidendo un avversario indifeso, l'ho già fatto fin troppe volte.
In quel momento, il cielo si oscura e a poco a poco torna ad essere notte fonda, con tanto di luna piena nel centro del cielo.
-Devono avere fretta di chiudere.- commenta Cato, lanciandomi un'occhiata in tralice. -Andiamo?-
Annuisco e riesco giusto ad impugnare il mio arco, che un urlo agghiacciante invade l'arena e mi mette i brividi, mentre il colpo di cannone spara e la foto di Tresh appare nel cielo.
Cato, io e... Faccia di Volpe? Lo spero veramente.
Un ringhio gutturale emerge dalle profondità della foresta, pericolosamente vicino a Cato, e non riesco nemmeno a fare in tempo ad avvertirlo che un ombra enorme sbuca dal fogliame e lo assale, buttandolo a terra.
Una freccia raggiunge puntuale la gola dell'assalitore, un enorme cane dal pelo scuro.
Chiaramente un ibrido.
Aiuto Cato a rialzarsi, mentre un altro ringhio e uno scalpiccio di passi si fa strada dallo stesso punto nel quale è spuntato il primo bestione.
Lancio uno sguardo a Cato e lui non ci mette molto a capire: dobbiamo correre.
Ci dirigiamo subito verso la Cornucopia, quanto più veloce riusciamo a spingere le gambe, e vediamo che un'altra figura deve aver avuto la nostra stessa idea, perché sta cercando di arrampicarsi, con qualche difficoltà, sulla superficie dorata della Cornucopia.
La vede anche Cato e sta per assalirla, quando il ringhio degli ibridi si fa sempre più vicino.
-Dopo- gli urlo, mentre lancio l'arco sul tetto della Cornucopia e inizio a salire.
Le pareti della Cornucopia sono incandescenti, per colpa dei raggi del sole appena tramontato, e non riesco a trattenere un singulto di orrore quando guardo le mie mani bruciate.
Riprendo l'arco e incocco goffamente una freccia, trafiggendo un ibrido che tenta di afferrare Cato per un piede.
La bestia cade all'indietro e viene subito oscurato dal branco, ma non posso non notare quanto il verde dei suoi occhi e il suo pelo biondo mi fosse famigliare.
-Glimmer.-
Il verso di Cato, strozzato dalla fatica della corsa, mi scuote e mi rendo conto di cosa significa.
Rue, Thresh, Clove, Flick, Marvel, Jack, Faccia di Volpe e tutti gli altri Tributi sono lì.
Sono gli ibridi.
Quella che presumo sia Faccia di Volpe compie un salto altissimo e solo per un soffio manca la presa sulla testa di Peeta, riuscito a salire sul tetto per miracolo.
Non lo guardo nemmeno una volta, anche se sento il suo sguardo su di me, mentre come Cato cerca di riprendere fiato e, nel contempo, rimettere in funzione la gamba ferita, ancora troppo debole per rendere al meglio nella corsa.
Al secondo salto, un'altra mia freccia la colpisce.
-Ce l'ha con me perché l'ho uccisa io.- commenta Peeta, ansimando.
Non ho il tempo di replicare, troppo scossa dalla sorpresa.
Il mio compagno di Distretto ha in mano un coltello e si è già buttato su Cato, per trafiggerlo.
Impugno l'arco come una mazza e lo colpisco al petto, mandandolo a terra e lontano da noi.
Tendo una mano a Cato e lo aiuto ad alzarsi.
-Per l'ultima volta.- rantola lui, con una mano sulla milza e l'altra a stringere la spada.
Per l'ultima volta da alleati.
Poi uno di noi dovrà morire.


Angolo d'autrice:
E siamo giunti quasi alla fine ormai!
Ancora due capitoli più il prologo e la nostra Katniss forse ritroverà la pace.
Ho reintrodotto l'angolo autrice perché ci tengo a ringraziarvi: non avrei mai immaginato che la storia potesse ottenere questo successo ed è grazie a voi che avete recensito e inserito la storia tra le preferite, le seguite o le ricordate.
Alla prossima dunque,
Lucinda_Lockwood


 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9




Cato si fionda su Peeta e lo attera con una spallata, mentre tenta di sollevarsi.
Lottano per un po' fra di loro, finché non decido di intervenire e fare la mia parte.
Un altro ibrido però salta sulla Cornucopia e la mia freccia lo butta giù, atterrando subito dopo anche il suo compagno.
Thresh e Rue.
Solo loro possono saltare così in alto.
È ovvio che non sono gli occhi dei veri Thresh e Rue, sono solo ibridi, ma la somiglianza è talmente incredibile che mi fa tentennare e permette ad un altro ibrido di cercare di raggiungermi.
Clove.
Quando scocco e faccio fuori anche lei, avverto che la faretra sulla mia schiena è fin troppo leggera e che mi resta ormai l'ultima freccia, a decidere la mia sorte e quella di uno dei miei due avversari.
Mi volto verso Cato e Peeta e li ritrovo in piedi, il primo con le braccia strette intorno al collo dell'altro.
Uno schianto secco e la testa di Peeta si affloscia in avanti, ormai senza vita.
Il colpo di cannone rimbomba per l'arena e mi ammutolisce.
Avevo sperato così tanto che qualcuno lo uccidesse al posto mio, che ora non riesco nemmeno a capacitarmi che sia successo veramente.
Come Marvel, sento di aver perso un amico importante, un amico che sarebbe stato vero se non ci fossero stati gli Hunger Games in mezzo, a separarci.
Guardo Cato, infuriata, e noto che non ha ancora mollato il corpo della sua ultima vittima.
- Sapevo che avresti reagito così. - commenta, guardandomi.
I suoi occhi, a differenza dei miei, non ardono di rabbia, non sono vivi: sono vacui e
rassegnati.

- Ma io dovevo farlo, dovevo farlo per l'ultima volta. - continua, incurante di starsi scavando da solo la fossa. - Dovevo riempire di gloria il mio Distretto, dovevo uccidere. Sono nato per questo. -
Stringo convulsamente la presa sull'arco e la mia mano prude dalla voglia di scoccare la freccia e di conficcargliela nella fronte.
Ma non ci riesco.
- Ora però ho capito che tutto questo non ha niente di glorioso, niente onore. L'ho capito troppo tardi. -
Voglio urlagli di tacere, di trattenere il fiato e di invocare una morte veloce e indolore, perché io voglio scoccare la freccia.
Ma non ci riesco.
- Tu devi vincere. Sono orgoglioso di averti conosciuto e di essere stato al tuo fianco, Ragazza in Fiamme. Ma ora scocca. -
Il suo invito mi sveglia dalla trans in cui sono caduta e mi accorgo che Cato è ancora in piedi, vicino al corpo senza vita di Peeta, e non ha paura di guardarmi, di andare incontro alla morte, perché è quello che vuole.
Vuole morire.
E anche io voglio vederlo morto, voglio piantargli la freccia dritta nel cuore.
Voglio vederlo soffrire, per vendicare tutte le persone innocenti che ha ucciso.
Poi però mi rendo conto che anche io ho ucciso persone innocenti.
E non riesco a scoccare.
- Katniss. -
Punto gli occhi di nuovo su Cato e gli leggo il labbiale: - Per favore. -
Vuole morire, vuole porre fine alla sua vita.
Scocca quella freccia Katniss. Te lo sta chiedendo per favore.
La mia mano molla la corda dell'arco e la freccia vola in avanti, dritta nel cuore di Cato.
I suoi occhi sono fissi nei miei e per la prima volta sono chiari, vivi.
- Grazie. - sussurra, per l'ultima volta, prima di cadere all'indietro.
Respira ancora poche volte, rantolando, poi il cannone spara.
L'ho ucciso per una sua richiesta, l'ho ucciso per pietà.
E sarà l'unica morte della quale non sentirò mai i sensi di colpa.
Le trombe in quel momento squillano e il cielo si rischiara, abbagliandomi.
- Signori e signore, sono lieto di annunciarvi la vincitrice dei settantaquattresimi Hunger Games: Katniss Everdeen, dal Distretto 12! -
L'overcraft piomba su di me nemmeno un secondo dopo e due grosse braccia meccaniche si abbassano per raccogliere i cadaveri di Peeta e di Cato.
Il Distretto 12, nello stesso giorno, festeggerà la mia vittoria e piangerà la morte di Peeta.
Una scala, la stessa scala che mi aveva fatto salire sull'overcraft che mi aveva condotto nell'arena, si abbassa e non esito a toccarla, ritrovandomici subito incollata.
La salita è veloce e riesco giusto a concedere un ultimo sguardo all'arena, prima di sparire sull'overcraft.
I dottori si affannano subito intorno a me, in uno strano silenzio che trovo difficile sopportare, e nemmeno mi accorgo della siringa che, puntualmente, mi inseriscono nel braccio.
Abituata a restare con i sensi allerta ventiquattro ore su ventiquattro, con la minaccia costante di poter morire da un momento all'altro, la paura aumenta e mi ritrovo ad atterrare il medico con la siringa in mano, ma non faccio in tempo a fare altro.
La morfina è già entrata in circolo e i miei occhi si chiudono, inesorabili, in un sonno senza sogni.

 

Una piacevole sensazione di fresco è la prima cosa che avverto, indistintamente, appena apro gli occhi.
Nessuna nuova dose di morfina mi ferma questa volta e sono sparite anche le cinghie che prima mi bloccavano le braccia.
Richiudo gli occhi per un secondo, cercando di riordinare le idee, ma non mi è molto facile.
Le immagini dello scontro finale, finalmente non più ristrette nel mio cervello addormentato, sono libere di uscire e di invadermi la mente.
Al contrario di quello che mi aspettavo però, non mi scalfiscono nemmeno.
Marvel ucciso da me, Clove con la testa spaccata, Peeta steso a terra senza vita e Cato con una mia freccia nel petto.
Per un momento, mi sembra quasi di non averli mai conosciuti, di non aver mai fatto parte di quell'edizione degli Hunger Games.
Il mio corpo privo di cicatrici e la pelle completamente liscia e lucente non facilitano i miei ricordi.
Nello stesso momento in cui mi alzo finalmente dal cuscino, la porta della camera si apre ed entra Effie, accompagnata dal mio staff di preparatori, tutti frementi e colmi di agitazione.
- Oh Katniss, tesoro! Sei stata fenomenale! - si complimenta Effie, abbracciandomi con trasporto.
Da quando segue il Distretto 12 come accompagnatrice, devo essere il primo Tributo a riempirla così tanto di soddisfazione.
- Grazie a te forse l'anno prossimo mi promuoveranno ad un Distretto migliore! -
La guardo male, incredula che riesca a pensare una cosa del genere in un momento del genere, ma un'altra persona entra nella stanza e annulla la mia furia omicida.
Haymitch si avvicina, con un sorriso a metà sulle labbra.
Non ci penso due volte a buttarmi nelle sue braccia, fregandomene del contegno che dovrebbe assumere una vincitrice appena uscita dall'arena.
Lui mi stringe a sua volta, contro ogni mia aspettativa, e sussurra un confortante: - Ottimo lavoro, dolcezza. -
Per un momento ho quasi creduto che mi potesse accusare della morte di Peeta, che mi sgridasse.
Haymitch ha sempre preferito lui, avevano un legame sincero.
E invece si limita a continuare a sorridere.
- Avevo scelto te. - sussurra di nuovo, staccandosi dalle mie braccia. - Eri l'unica che potevo far tornare a casa. -
- E ce l'hai fatta. - commenta Cinna, apparendo sulla soglia affiancato da Portia.
Vedere la stilista di Peeta sola, senza più nessuno ormai da preparare, mi crea un vuoto allo stomaco, che però dura appena pochi secondi.
L'abbraccio di Cinna arriva puntuale e non potrei desiderare niente di meglio che l'affetto di un amico.
- Va con lui ora, ti devi preparare. - dice Haymitch, dopo poco tempo.
Annuisco e seguo Cinna e il mio staff di preparatori fuori dalla stanza, accompagnata dal parlottare entusiasta di Venia, Flavius e Octavia, che non accenna a smettere nemmeno mentre mi acconciano i capelli o mi limano le unghie.
Commenti sulla mia pelle ormai perfetta, sui Tributi morti, su quanto fossero eccitati durante lo scontro finale e di come non li abbia delusi, nemmeno un istante.
Con la mia vittoria, si apre davanti a loro un mondo di ricevimenti, feste, grandi eventi, ai quali possono partecipare perché sono stati loro a prepararmi, a rendermi presentabile per Capitol City.
E mi accompagneranno anche durante il Tour della Vittoria.
Cosa potrei desiderare di meglio?
Cinna rientra in quel momento, dopo essersi assentato per un secondo, con un vestito sottobraccio.
Arancione, sfumato di rosso sulla gonna ampia, che luccica e da l'impressione di andare a fuoco ad ogni passo che faccio.
Quando mi guardo allo specchio però, sotto gli strati di trucco che coprono la magrezza del mio viso, vedo che sono ancora io, Katniss.
Non la Ragazza in Fiamme che ha appena vinto gli Hunger Games, ma la ragazza del Distretto 12 che sta per tornare a casa e riabbracciare la sua famiglia.
E tutto ciò non fa che rendere il lavoro di Cinna ancora più incredibile.
- Perfetto. Come sempre. - dico al mio stilista, sorridendogli sinceramente.
Cinna ricambia il sorriso e mi invita a indossare la scarpe, semplici ballerine senza tacco. - Ho immaginato che volessi ritornare nei tuoi panni una volta per tutte. -
- Grazie. - sussurro, incapace di distogliere gli occhi dalla figura che ricambia il mio sguardo, nello specchio.
Sono identica a quando sono entrata nell'arena, ma le cicatrici che mi hanno tolto non sono andate via.
Il mio corpo è perfetto, ma dentro sento un vuoto incredibile e ogni volta mi stupisco a guardare al mio fianco, aspettandomi di trovarci Peeta, pronto per apparire al pubblico insieme a me.
Ma non accadrà: Peeta è morto.
- Katniss. -
La mano di Cinna si appoggia sulla mia spalla e mi esorta a uscire nel corridoio, per raggiungere la piattaforma che mi scorterà poi sul palco, insieme a tutta la mia equipe.
Mi lascio condurre dalla sua mano, senza protestare o fare pressioni, anche se so che dentro sto per esplodere.
So che devo trattenermi, che sarebbe inutile e altamente suicida urlare ora il mio odio in faccia a quelli di Capitol City.
Non con tutti che mi stanno guardando, con il presidente in prima fila a studiarmi.
Nessun passo falso e dritta verso la meta mi ripeto, mentre Cinna mi aiuta a salire sulla piattaforma e scompare nell'oscurità insieme ai miei preparatori, pronto a fare la sua entrata.
Il frastuono del pubblico è assordante e permette per un secondo ai miei pensieri di placarsi.
Restare da sola, al buio, mi fa sentire inerme e devo costringermi più e più volte a mantenere la calma, a ripetermi che non sono più nell'arena ormai.
Che ho vinto.
La voce di Caesar sovrasta in quel momento tutte le altre e mi annuncia.
Contemporaneamente la piattaforma si muove e respiro a fondo, più e più volte, tranquillizzandomi.
Quando la luce del pomeriggio mi investe e la folla dei capitolini appare davanti ai miei occhi, un sorriso ha già sostituito il mio dolore, finto e denso di rammaricamento tanto quanto lo sono io.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

 



Il saluto di Caesar alla folla e la presentazione della mia equipe dura pochi minuti, giusto il tempo necessario per non far passare inosservato nessuno.
Il momento di entrare in scena arriva presto, troppo presto.
Sento il mio nome pronunciato, vedo le persone che tendono le loro mani verso di me, in un disperato quanto vano tentativo di toccarmi, di sfiorare anche solo per un secondo la vincitrice.
Non ce la fanno: Caesar gli da a malapena il tempo di ammirarmi, prima di scortarmi al centro del palco, sulla poltrona di velluto rosso del vincitore.
Rosso come il sangue. Vogliono tenere vivo l'orrore fino alla fine.
Scaccio la paura alla svelta e mi siedo, sorridendo a Caesar e alle sue domande, che non mi deludono.
Sarà anche il conduttore del reality show più crudele di tutta Panem, ma non c'è un secondo in cui non mi faccia sentire a mio agio, quasi bene con me stessa.
Il nostro scambio di battute continua per un po': mi chiede poco dell'arena e tanto di casa, della voglia che sicuramente avrò di abbracciare la mia famiglia, di tornare nel
mio Distretto.

-In realtà, ci hai stupito Katniss!- dice ad un certo punto Caesar, placando il pubblico.
Sorrido di nuovo, anche se dentro è scattato il segnale di allarme: cos'ho fatto di sbagliato?
-Di nuovo?- scherzo, cercando di smorzare la tensione.
Caesar ride e annuisce. -Non ci aspettavamo un doppio gioco così accentuato da parte tua, in verità.-
Tutto si fa più chiaro e se prima mi ritrovo a sospirare di sollievo, dopo non riesco a trattenermi e devo far uscire, almeno una volta, tutto il mio disappunto.
-Meglio giocare con i sentimenti che con le vite delle persone.-
Il pubblico applaude di nuovo, come fa ad ogni parola che esce dalla mia bocca, e ignora l'espressione stupita di Caesar, che però si riprende subito.
-La tua tattica ti ha portato alla vittoria però, ed è questo l'importante.-
Mi sembra quasi di vedere l'espressione scandalizzata di Effie e il suo “Maleducazione” che così spesso mi riserva.
L'occhiataccia di Haymitch e le sue mani frementi dalla voglia di chiudersi intorno al mio collo e strangolarmi.
Gale che scuote la testa davanti alla mia sfacciataggine, ma che ride, appoggiandomi in pieno.
Caesar si limita a sorridere di nuovo e a girarsi, questa volta, verso lo schermo dietro di noi.
-Ma ora, il momento che tutti voi state aspettando. Il riassunto completo e dettagliato dei settantaquattresimi Hunger Games!-
Mentre i capitolini applaudono e strepitano, entusiasti, la mia poltrona ruota automaticamente e mi ritrovo davanti all'enorme schermo, già acceso e con le immagini delle Mietiture ad illuminarlo.
Porto le mani in grembo e stringo la mascella, morsicandomi l'interno della guancia.
Come sempre, il sapore ferroso del sangue invade presto la mia bocca, ma l'ignoro.
Devo rivivere il massacro per tre ore intere, davanti a milioni di persone che studieranno ogni mia singola reazione ad ogni singolo fotogramma.
Dritta alla metà e niente passi falsi, ora più che mai.

 

I vari momenti della mia esperienza a Capitol City e negli Hunger Games si susseguono sullo schermo, in quello che sembra uno spettacolo cruente, destinato a non avere fine.
Rivivo tutto quello che ho passato nell'arena dall'esterno, con occhi nuovi, e in alcuni momenti mi meraviglio addirittura delle scelte che ho fatto.
La pietà dimostrata nei confronti di Peeta, per esempio.
Gli avevo praticamente confidato che non avrei esitato ad ucciderlo, quella volta che ci eravamo trovati sulla terrazza del nostro appartamento, e poi gli salvo la vita per ben due volte.
L'inaspettato affetto verso Rue, che mi ha addirittura spinta ad uccidere Marvel, offuscando automaticamente ogni rapporto che c'era stato tra di noi con una freccia.
Il momento in cui rinfaccio il mio atto di vendetta con Thresh per salvarmi la vita.
Quando guardo Clove morire e non alzo un dito per salvarla.
Quando mento a Cato e la sera stessa porto la medicina a un Peeta svenuto nei margini del bosco, sopravvissuto per miracolo ad una brutta ferita alla gamba.
E poi quando mi arrabbio per la morte del mio compagno, come se ci fosse stata un'altra scelta, come se avessimo potuto davvero arrivare a vincere gli Hunger Games in due.
I momenti che invece rappresentano la vera me sono pochi, troppo pochi, e l'unico che mi rimane veramente impresso, è quello rappresentato dalla morte di Cato.
Non è la vendetta a spingermi a scoccare quella freccia e nemmeno la voglia di vincere o, per assurdo, la voglia di tornare a casa, ma la consapevolezza di non voler accettare le regole di Capitol City.
Tutta Panem voleva uno scontro finale all'ultimo sangue e l'unica cosa che ha ottenuto è stata una morte veloce, senza divertimento, sotto richiesta dello stesso Cato.
La Katniss dello schermo non è la vera Katniss.
Mai avrei immaginato di arrivare ad uccidere delle persone, a volerlo fare con così tanto desiderio, e solo in quel momento mi rendo conto della paura di Peeta.
Sin dall'inizio lui voleva tornare a casa, ma ha preferito non uccidere nessuno e morire così com'è entrato nell'arena, per mantenere intatti i suoi ideali.
A quei tempi, solo due settimane fa, gli avevo risposto che non potevo permettermi di pensarla così, che avevo troppe persone da cui tornare, che avevano bisogno di me.
Ma ora vorrei non averlo fatto.
Quelle stesse persone per cui ho lottato, mi accetteranno lo stesso anche se sono
un'assassina?

L'inno di Panem spezza in quel momento l'aria e il presidente sale sul palco, accompagnato da una bambina che regge una corona.
È il momento dell'incoronazione.
Il sorriso di Snow è contenuto, ma ugualmente orribile, esasperato dalle labbra gonfie dal botulino, e mi inquieta, ma sono costretta a ricambiarlo, almeno finché non mi posa la corona sulla testa e toglie dal mio viso il suo sguardo da serpente.
Invoca un applauso per il mio coraggio e per la mia mancanza di paura, che si è rivelata fondamentale per il mio successo.
Conclude con un apprezzamento per la mia vittoria, entusiasmante a sentirlo parlare, e abbandona il palco, chiudendo così anche la serata.
Saluto il pubblico a lungo, con il peso intrascurabile della corona sulla mia testa, e quando finalmente Caesar da la buonanotte a tutti e ricorda l'appuntamento di domani, con la mia intervista conclusiva, abbasso il braccio indolenzito e mi rendo conto che la tortura non è ancora finita.
Mi aspetta una cena infinita nella residenza del presidente, per il cosiddetto Banchetto della Vittoria, e una marea di fotografie con le persone più importanti e influenti di tutta Panem.
Lo stesso presidente Snow ne reclama una e quando il suo braccio si appoggia sul mio fianco, non posso fare a meno di rabbrividire per lo sconcerto.
Di tanto in tanto, intravedo tra la folla di sconosciuti qualche volto amico, ma nessuno che si degna di avvicinarsi e aiutarmi.
Dopotutto, affrontare quella marea di capitolini mi sembra il male minore dopo due settimane di sfide mortali.
Solo a notte fonda Effie viene a chiamarmi e finalmente torniamo al dodicesimo piano del Centro di Addestramento, per un breve riposo prima della prossima intervista.
Inutile dire che non riesco a chiudere occhio e mi limito ad appoggiare la testa sul cuscino, nel silenzio opprimente della stanza.
Affronto il nuovo giorno di preparativi con entusiasmo, consapevole che quella sarà l'ultima mia apparizione in pubblico prima del Tour della Vittoria.
Il chiacchiericcio del mio staff, i consigli di Haymitch, le raccomandazioni di Effie, le stesse domande di Caesar non influiscono sul mio umore.
Galleggio in una bolla per tutto il tempo e nemmeno mi assicuro di aver detto la cosa giusta davanti alle telecamere.
Mi accorgo di essermi risvegliata dalla trans in cui sono caduta solo quando mi ritrovo ormai sul treno, in viaggio per il Distretto 12.
Stringo in mano la mia spilla della Ghiandaia Imitatrice, regalo di Madge, e non posso fare a meno di pensare che ora potrò finalmente ringraziarla.
Abbraccerò di nuovo Prim, non dovremo più lottare per la fame ad ogni ora di ogni giorno, potrò tornare a cacciare nel bosco se riuscirò di nuovo a tenere in mano un arco.
Ormai non devi più uccidere nessuno, Katniss.
Ma non è la prospettiva di un nuovo omicidio a spaventarmi.
Ogni volta che chiudo gli occhi rivedo le mie vittime, prendono il posto di ogni oggetto su cui poso gli occhi, non riesco a pensare ad altro.
Quasi mi rassicuro che è solo un momento, una fresca ferita che con il tempo si rimarginerà, ma sono speranze vane.
So bene che gli incubi non svaniranno, ne ho la prova lampante davanti agli occhi.
Probabilmente un giorno il dolore sarà talmente forte che cercherò di annegare i ricordi nell'alcool, proprio come fa Haymitch.
O forse mi limiterò a riporre il mio futuro nelle mani delle persone che amo, nella speranza che non mi abbondino mai, che mi accettino così come sono diventata.
 

Alla stazione ci sono tutti.
Prim, mia madre, Gale e i suoi fratelli con Hazelle, il vecchio Cray, Darius e pochi altri Pacificatori, ma nessuna telecamera.
Il sorriso che incurva le mie labbra però non è finto perché la gioia che spinge veloci le mie gambe verso di loro è vera.
Abbraccio tutti, rivolgo un altro sorriso perfino ai Pacificatori, e scopro con sollievo che nessuno mi evita o ha paura di me, nemmeno la piccola Posy.
La mia natura di combattente non è passata inosservata nemmeno una volta nel Distretto, è naturale che tutti si fossero aspettati di ritrovarla nell'arena.
Le forti braccia di Gale, il suo corpo di nuovo contro il mio e il profumo dei boschi che mi inonda le narici rappresentano il tassello che chiude il cerchio degli eventi.
Simboleggia la mia vittoria molto più di quanto non l'abbia fatto la corona sulla mia testa.
-Ce l'hai fatta, Catnip.- sussurra Gale, stringendomi ancora di più. -Ora non te ne
dovrai andare mai più.-

Smetto di pensare al Tour della Vittoria, all'Edizione della Memoria dell'anno prossimo in cui dovrò presenziare da mentore.
Tutto si annulla davanti al mio migliore amico, alla prospettiva che il giorno dopo saremo di nuovo insieme, a cacciare nei boschi, come abbiamo sempre fatto.
-Mai più, Gale.- lo rassicuro. -Mai più.-

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Angolo d'autrice:
L'ultimo capitolo, accidenti.
Quando mi sono iscritta a questo sito, mai avrei immaginato di arrivare a scrivere una storia a capitoli e di riuscire persino a completarla, senza farmi odiare da tutti gli utenti che la leggono :)
I ringraziamenti ufficiali (visto che saranno un po' lunghini) li rimando al prologo, che penso di riuscire a postare fra pochi giorni.
Questo capitolo poi, è il mio preferito, forse per l'incontro con Gale, per il loro abbraccio, forse perché adesso posso immaginarmi cosa succederà dopo...
Alla prossima,
Lucinda_Lockwood

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Capitolo 12
*** Epilogo ***


Epilogo




Mentre cammino sul sentiero, un leggero venticello smuove le foglie degli alberi e solleva appena i capelli sfuggiti alla mia treccia.
La giacca da caccia di mio padre è comoda e calda come la ricordavo ed è un ottimo riparo contro il freddo polare dell'inverno ormai inoltrato.
È dalla mia vittoria ai settantaquattresimi Hunger Games che non ritorno più nei boschi da sola, senza il costante supporto di Gale al mio fianco.
Con l'ultima morte di entrambi i Tributi del mio distretto, al bagno di sangue degli ottantaseiesimi Hunger Games, gli incubi si presentano ormai ogni notte e a volte mi sorprendono anche di giorno, mentre vago senza meta per il soggiorno di casa e non c'è nessuno che possa distrarmi.
Gale ed io non abbiamo perso tempo dopo la vittoria.
Una nuova famiglia si è unita alla comunità del Distretto 12 e ormai sono dodici anni che siamo sposati.
Abitiamo nel Villaggio dei Vincitori, ma non per mia scelta.
Avrei preferito di gran lunga cedere quel lusso eccessivo a mia mamma e a Prim, o alla famiglia di Gale, ma entrambe non hanno voluto sentire ragioni: avevo combattuto così tanto e con così tanta determinazione, che mi meritavo di raccogliere i frutti del mio lavoro.
Un lavoro di cui tutt'ora mi vergogno.
Supero l'ennesimo cespuglio innevato e ignoro una lepre che fugge nella direzione opposta alla mia, spingendo al massimo le zampe e saltando con un enorme balzo un tronco caduto.
La seguo con lo sguardo per pochi secondi, giusto il tempo di rassicurarmi che non ho l'arco in mano e che non devo catturarla, che ho del cibo caldo a casa che mi aspetta, e continuo a camminare, finché il limitare della foresta non appare davanti ai miei occhi.
Un enorme quercia è l'ultimo ostacolo da superare e dietro di lei già si intravede la recinzione, che spicca sul bianco del prato innevato.
Mi avvicino all'albero e mi inginocchio, attenta a non sporcare di terra i pantaloni.
Quella mia uscita non era prevista e voglio evitare di far preoccupare inutilmente mia madre.
Appoggio con delicatezza il piccolo mazzo di denti di leoni sulla montagnola tra le due radici, in modo che il vento freddo non li sorprenda troppo presto.
Seppellire una ciocca di capelli e il grembiule da lavoro di Peeta lì, non è stata una mia idea, ma un favore che suo padre mi ha rivolto, non appena ho messo piede nella forneria per comprare il pane.
Non sono riuscita a dire di no.
Non ho voluto dire di no.
Era il minimo che potessi fare per provare a sdebitarmi, per provare a rendere un po' meno acuti i sensi di colpa.
La sua morte è quella che non ho ancora accettato completamente, che si nasconde nell'ombra durante il giorno e che mi fa gridare la notte.
Durante quei momenti, nonostante un tempo non avrei mai permesso di apparire debole, c'è Gale al mio fianco e per quanto non possa capire il dolore che provo, le sue braccia e il suo conforto solo l'unica soluzione e l'unica àncora alla quale riesco ad aggrapparmi per non scivolare nella disperazione.
Così come ho realizzato il favore del signor Mellark, non ho potuto dire di no al suo desiderio, quello più profondo, che sin da ragazzini mi aveva confessato.
Sospiro e subito il fiato si condensa in una nuvoletta bianca.
Raddrizzo i fiori, già perfetti, e mi alzo, lasciandomi alle spalle quel maledetto albero e quelle sue maledette radici.
L'unico desiderio che mi sono sentita di esprimere, è arrivato dopo la vittoria di Thomas Cox, il figlio del farmacista.
Il sedicenne biondo, dagli occhi azzurri, che a Capitol City ha riscosso talmente tanto successo da indurlo a trasferirsi là, insieme alla famiglia, e lasciare a me e a Haymitch le incombenze da mentore.
Ha gli stessi capelli biondi, gli stessi occhi azzurri, ma il suo cuore non ne vale mezzo.
Un grido infantile mi coglie di sorpresa, proprio mentre sto scavalcando la recinzione, e sollevo gli occhi verso il prato, da dove vedo muoversi una sagoma di bambino, in corsa, e quella di un adulto, subito dietro.
- Mamma! -
Sorrido e affretto il mio passo, inconsciamente.
I corti capelli neri gli rimbalzano sulla fronte mentre corre verso di me, gli occhi grigi ridenti e felici.
È la fotocopia di Gale.
Nemmeno lui gli assomiglia, ma dovevo farlo.
Dovevo omaggiare la sua morte ancora una volta, dovevo fare di tutto per ricordare e tenere vivo il dolore, dovevo pagare per le mie scelte.
Che forse, se fossero state diverse, avrebbero potuto salvare entrambi.
Ma non l'hanno fatto.
Accolgo con un abbraccio mio figlio, depositandogli un bacio sulla guancia rossa dal freddo.
A Gale era costato molto, ma alla fine aveva soddisfatto il mio desiderio.
- Ciao Peeta. -

Tutto pur di farmi felice.

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Angolo d'autrice:
Quasi non mi sembra vero di avere cliccato proprio quel pulsante, "completa".
La prima storia conclusa, senza complicazioni o altri ostacoli... Incredibile!
So che questo epilogo a qualcuno potrà risultare senza senso/alquanto incapibile, ma nonostante abbia scritto una Everthorne, il personaggio di Peeta mi piace molto e non potevo non rendergli onore anche qui, dopo la sua morte.
Passo ai ringraziamenti...


È chiaro che senza nessuno di voi straordinari recensori, la storia non avrebbe avuto così tanto successo.
Ringrazio in particolare: Camille VanHorn (che nonostante le sue minacce, alla fine ha apprezzato la storia), Clovniss_Kia (i quali suggerimenti, consigli e segnalazioni degli errori sono stati indispensabili) e aui_everdeen_love (dalle recensioni simpatiche e sempre incoraggianti), che non si sono perse un capitolo.
Un grazie anche a tutti gli altri recensori e al loro supporto!
Ovviamente grazie anche a coloro che hanno inserito la storia tra le preferite/le seguite/le ricordate e anche a chi a letto in silenzio (i numeri sono esorbitanti!).

E niente, mi ritiro dalle scene, sperando che questo finale non vi abbia deluso! :)
Alla prossima,
Lucinda_Lockwood

 

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